Dance in the Alley of sin

di Reo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Position I ***
Capitolo 2: *** Position II ***
Capitolo 3: *** Position III ***
Capitolo 4: *** Position IV ***
Capitolo 5: *** Position V ***



Capitolo 1
*** Position I ***


Dance in the alley of sin. 
Tutti i diritti sui personaggi a Katsura Hoshino, che ringrazio profondamente per aver creato uno dei manga più belli di questo decennio. 

La carrozza si fermò poco vicino Londra. Il vento freddo e pungente di fine ottobre scompigliò i capelli del ragazzo mentre usciva. 
<< Non dovrei dirtelo visto che l'ho appena fatto, ma non dovresti accettare i passaggi dagli sconosciuti. >> disse un uomo con il viso dipinto da pagliaccio.
<< Soprattutto in questi tempi pericolosi. Hai un viso così carino da sembrare una ragazza, attireresti molti malintenzionati >> continuò l'uomo accarezzando i capelli albini del ragazzo in questione. 
<< Grazie mille, Ralph. >> disse il ragazzo, arrossendo appena. 
<< Di nulla, Allen. Fai attenzione, sai come gira il mondo da queste parti. >> disse l'uomo facendo ripartire i cavalli
Allen salutò distrattamente l'uomo. Ora era completamente da solo, e per quella poca esperienza che quindici anni di vita gli avevano dato quando rimaneva da solo iniziavano i guai. 
Si alzò il cappuccio del giaccone e riprese la valigia in mano. Londra era vicina. Dopo anni lontano da casa in giro per il mondo, era tornato. Certo, il viaggio era stato raccapricciante, e il motivo per cui era partito ancora di più, ma ora era li, e nessuno l'avrebbe fermato. 

<< Documento di riconoscimento. >> disse il poliziotto alla porta della città. 
<< Ehm non ne ho. >> disse Allen grattandosi una guancia imbarazzato. 
<< Sei un nomade, per caso? >> chiese l'uomo guardandolo con disprezzo. 
<< Una specie. >> rispose il ragazzo.
<< Mi dispiace ma senza documento non si entra, ultimamente Londra è diventata la città dei nomadi e degli irlandesi, porci. >> disse il poliziotto, era abbastanza evidente che quell'uomo provava una genuina antipatia per Allen, il quale ormai abituato a quel genere di trattamento si allontanò dall'uomo. 
Ovviamente Allen non aveva intenzione di arrendersi al primo ostacolo, infatti quando vide che il poliziotto era ormai troppo lontano per vederlo, scavalcò il muro che lo divideva dalla città, atterrando agilmente dalla parte opposta. 
<< Semplice, e pulito >> sussurrò Allen. 
<< COME HAI FATTO AD ENTRARE TU?! >> urlò un altro poliziotto ad una ventina di metri da lui. 
<< Dannazione.. >> Allen iniziò a correre con tutta l'energia che gli rimaneva in corpo. Nonostante fosse ben allenato a quei inseguimenti, il poliziotto gli teneva testa, e per un paio di volte Allen aveva corso il rischio il rischio di essere preso. 
<< Mai come in questi momenti adoro il maestro con tutto me stesso >> sussurrò Allen svoltando in un vicolo. 
Corse per così tanto tempo, che la prospettiva della prigione diventò allettante. 
Quando le sue gambe lo stavano per abbandonare, qualcuno lo trascinò in vicolo un po' più di nascosto. Una mano gli premette sulla bocca, ed un altra gli bloccò le braccia. Per un attimo pensò che il poliziotto l'avesse preso, ma poi si accorse che i vestiti di chi lo teneva fermo erano troppo vecchi e puzzolenti per essere di un uomo in divisa. 
Stava per girarsi verso il suo salvatore ma questi parlò: 
<< Ah finalmente se ne andato, pensavo restasse qui per tutta la notte >> 
Allen si girò verso di lui. Fra tutte le persone che avrebbero potuto salvarlo, l'aveva fatto quella più strana. 
Una benda a coprire un occhio, mentre quello scoperto era di un verde acceso, capelli rossi tenuti su da una fascia dai motivi orientali e un sorriso da perfetto imbecille. 
<< Che hai combinato, piccolo criminale? >> chiese il rosso, lasciando il ragazzo.
<< Ti ringrazio per l'aiuto, davvero. >> disse Allen sorridendo innocentemente, non gli andava che quel tipo sapesse i fatti suoi.
<< Non cambiare argomento, rispondimi. >> lo esortò il ragazzo, era un tipo alquanto difficile da incantare.
Allen distolse lo sguardo mordendosi il labbro inferiore. 
<< Ho rubato una cosa. >> disse cercando di fare la faccia più seria che poteva fare.
<< Ahahah, non sai per niente mentire >> scoppiò a ridere l'altro. 
<< Sono entrato in città di nascosto. >> rispose in fine Allen arrossendo per l'imbarazzo. 
<< Sei proprio un criminale >> ridacchiò il rosso, accarezzando con energia la testa di Allen, facendo così cadere il cappuccio che gli ricopriva il viso.
Il rosso sgranò gli occhi, lui aveva visto ragazzi e ragazze bellissimi, persone che sembravano divinità greche. Ma quel ragazzo era un angelo
Capelli bianchi, occhi di argento vivo con una strana cicatrice a forma di pentacolo sopra destro che continuava fino alla guancia, una cicatrice strana, ma che non stonava con il viso dell'albino. Allen interpretò male l'espressione del ragazzo, fece per rimettersi il cappuccio ma l'altro lo fermò.
<< Non coprirti. >> balbettò il rosso, guardando negli occhi l'altro. Si guardarono per un po',ma poi Allen distolse lo sguardo arrossendo. 
"O mio dio, ci mancava anche un idiota così" pensò l'albino, mentre l'altro lo guardava malizioso. 
<< Immagino che non hai un soldo. >> disse il rosso divertito. 
Ecco un ulteriore problema di Allen non aveva denaro, e non poteva nemmeno ripiegare sul suo talento come Pierrot visto che ormai era buio e le strade erano vuote. 
<< Esatto >> annuì Allen mordendosi le labbra. 
<< A quest'ora non ci vuole niente a guadagnarli >> ridacchiò l'altro. 
Allen gli indirizzò un'occhiata curiosa. L'altro gli prese il mento alzandolo quanto bastava per essere tremendamente vicini. 
<< Mi avanzano una trentina di stelline, che ne dici di guadagnartele? >> gli sussurrò il rosso, premendo violentemente le labbra contro le sue. 
<< Co-cosa stai facendo? Non so nemmeno chi sei! >> urlò Allen diventando di un adorabile rosso. 
<< Ah io sono Lavi, continuiamo ora? >> chiese il ragazzo guardandolo maliziosamente. 




TA-DAN-DAN *musichetta spettrale* sono tornata con fanfiction su un manga davvero fantastico, amo le ALLENxLAVI, soprattutto quelle a raiting rosso ohohoh (Dio quanto sto cadendo in basso).VI PREGO VI SCONGIURO,recensitemi la storia,giusto per sapere se fa troppo schifo T^T 
Non ho più cose da dire e finirò a dire cavolate così per riempire questo spazio.
CHE LO YAOI SIA CON VOI, ALLA PROSSIMA POKEMON BANANA (?)

 

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Capitolo 2
*** Position II ***


Dance in the alley of sin. 
Tutti i diritti sui personaggi a Katsura Hoshino,che ringrazio profondamente per aver creato uno dei manga più belli di questo decennio.



Prima di tutto, devo scusarmi con voi per l'enorme ritardo, e pensare che volevo pubblicare un capitolo alla settimana. *sigh*
Mi dispiace davvero ma l'ispirazione è un po' come quando devi andare in bagno (scusate l'esempio poco elegante).
Spero che questo capitolo vi piaccia, ho cercato di seguire tutti i consigli che mi avete dato nelle recensioni, al fine di rendere più piacevole la vostra lettura.
Ringrazio Rakegy
e B.Rabbit, per aver recensito. E tutti quelli che hanno messo la ff nelle preferite/seguite.
Vi sono grata anche solo per averla letta.
Ad ogni modo abbiamo una storia da portare avanti. I personaggi sono pronti, sta a voi leggere ora!
Reo.




<< Ma mi hai preso per una puttana di strada?! >> urlò Allen scansando malamente il rosso.
<< ahahah l'occasione fa l'uomo ladro, e nel tuo caso, puttana. >> rispose l'altro.
<< E poi siamo due uomini. Per quanto io ricordi a Londra si può essere processati per sodomia, giusto? >>
<< Lascia che ti spieghi una cosa. >> disse Lavi avvicinandosi sensuale all'altro.
<< Qui a Londra, a meno che non ti becchi la polizia, puoi fare tutto quel che vuoi. Una legge è solo un pezzo di carta che si usa per mettere a tacere, o mandare in carcere chi da fastidio ai potenti. Le persone che rispettano la legge si possono contare sulle dita di una mano. >>
Lavi, mentre parlava, si avvicinava sempre di più all'altro che lo guardava con freddezza, tentando di mascherare l'ansia.
<< Quindi tutto è lecito, qui nei bassi fondi, amico mio! >> concluse il rosso, sorridendo e stringendo la mano di Allen con forza.
Allen avrebbe volentieri steso con un pugno l'altro; prima lo trattava alla stregua di una puttana e poi faceva l'amicone!
"Il mio arrivo a Londra non è dei migliori, direi" pensò tra se e se Allen.
<< Beh visto che non mi sei utile, vado a spendere le mie trenta stelline, alla prossima ehm come hai detto che ti chiami? >> chiese Lavi, alla faccia della sincerità!
<< Non l'ho detto. >> rispose Allen.
<< Allora alla prossima! >> il rosso s'incamminò fuori dal vicolo.
<< A-aspetta! >> Allen tentò di fermarlo, ma l'unica cosa che riuscì a vedere era il rosso che correva verso un luogo imprecisato mentre gli urlava un "Niente di personale, ognuno per se!"
Bene. Non solo aveva passato le ultime ore tra una carrozza che puzzava come un tubo di scarico, corse sfrenate per Londra e un maniaco che lo aveva scambiato per una prostituta di basso rango, ora aveva anche perso forse l'unica persona abbastanza folle da rivolgergli la parola.
Quella non era la sua giornata, come non lo erano state le 1.460 giornate prima di quella.
Sospirò appena, si aggiustò il capuccio, riprese la viligia in mano e diede una testata abbastanza potente al muro, giusto per riorganizzare le idee.
Si guardò intorno, prima di uscire dal vicolo, aveva via libera. Si diresse verso la strada principale. C'erano giusto un paio di locande aperte. Optò per l'unica che non puzzasse troppo di piscio e cavolfiore scaduto.

Allen non era per niente un ragazzo fortunato, e ciò era stato dimostrato negli avvenimenti delle ultime ore, però ogni volta che si siedeva ad un tavolo da gioco, non c'era posta in gioco che lui non potesse vincere.
Guardò sconsolato le carte che aveva davanti. Normalmente chinque avrebbe perso con carte del genere, ma Allen aveva un asso nella manica, anzi quattro.

Dopo aver spillato ai tre ubriaconi che giocavano con lui il necessario per una cena e per fittare una camera per una notte all'osteria li vicina, Allen lasciò la locanda accompagnato da sguardi di ammirazione ed odio, miscelati alle urla di qualcuno che lo chiamava "imbroglione".
Sì, lo era. Fino al midollo. Ma non gli sarebbero bastate quattro urla per fargli venire i sensi di colpa per quello che aveva fatto. Ognuno ha il suo talento, amen.

Dopo esser stato quasi cacciato da un'osteria per aver quasi finito le provviste di un mese, trovò un piccolo albergo ancora aperto. Le pareti erano state una volta di un bel marrone quercia, ma ora erano mangiate dalla muffa. L'aria sapeva di umidità, ma per aver qualcosa sopra la testa Allen era disposto anche a dormire sotto un albero.
Quello che doveva essere il proprietario dell'albergo diede malvolentieri una camera al ragazzo.
Raggiunta la piccola camera che affacciava sulla strada, Allen si tolse il cappotto e gli stivali, si distese sul letto e per un attimo si ricordò di essere stato baciato da quello sconosciuto. Aveva cercato di non pensarci per tutta la sera, ma il suo pensiero era sempre fisso su quel momento.
La rabbia gli rese impossibile il sonno, si era fatto baciare! E non aveva nemmeno picchiato a sangue quel tizio.
Tirò un cuscino contro il muro. Forse aveva ragione il maestro, quando gli diceva che era un poco di buono con tendenze ambigue.
Ricordare quel uomo, gli fece aumentare ancora di più la rabbia.
Nonostante il rispetto che provava per il suo maestro e la gratitudine per averlo salvato quattro anni prima, non poteva perdonargli tutti i debiti che gli aveva fatto pagare e il fatto di averlo cacciato di casa pochi giorni di prima, per un motivo che nemmeno lui aveva ben capito.
Recuperò il cuscino e si mise sotto le coperte, erano dure come un pezzo di metallo, come il letto, e non davano calore, ma comunque Allen riuscì a prendere sonno, tra un insulto tirato al maestro ed uno a Lavi.


L'indomani Allen fu svegliato da un gran fracasso. Si stropicciò gli occhi assonnato, ed andò ad aprire la finestra.
Impallidì nel vedere un paio di guardie che stavano parlando con il proprietario dell'albergo. Questo cercava di trattenere le guardie dall'entrare nell'albergo, una delle due guardie prese la pistola e la puntò verso l'uomo, che ressegnato si faceva da parte per far passare le guardie.
Allen prese le sue cose alla svelta, doveva scappare il prima e possibile. Aprì la porta, e sentì le voci delle guardie che salivano le scale, si guardò intorno. Non c'erano uscite secondarie, aveva due alternative, la finestra della sua camera, o salire sul tetto e sperare di riuscire a scappare.
Optò per la prima, "sperare" solamente non era una buona idea.
Chiuse la porta a chiave, e corse alla finestra. Approfittò di una carrozza che stava passando in quel esatto momento per saltare.
Per un attimo sentì le guardie tentare di sfondare la porta, pregò tutti i santi che conosceva di non morire, almeno non quel giorno.
La porta cadde giù con poche spinte, i due poliziotti si guardarono intorno sospettosi, videro la finestra aperta, e si precipitarono vicino ad essa.
Nessuna traccia del loro obiettivo.


Tiky Mikk, quella mattina era stato svegliato dalla cameriera di turno che veniva a servigli la colazione.
Mentre beveva il thè, osservò la piccola cameriera, era davvero apetitosa.
<< Scusami, non riesco ad allacciare il colletto della camicia, potresti aiutarmi? >> quella scusa attaccava con tutte le cameriere, e quella, a giudicare dalle guancie rosse e le mani tremanti, era come tutte.
Dieci minuti dopo, usciva dalla sua camera da letto, con i vestiti perfettamente ordinati, ed un paio di giarrettiere nel taschino della giacca.
Tiky mikk era, a detta di mezzo mondo, un gran donnaiolo, l'altra metà invece diceva che solo le donne non gli bastavano.
Si accese distrattamente un sigaro, sapeva di non poter fumare in casa, ma le regole non gli erano mai piaciute.
Arrivò nell'enorme atrio della villa di suo padre. Padre adottivo per l'esattezza, i suoi veri genitori erano spariti da anni.
Doveva ringraziare la fortuna se ora era lì, in una lussuossima villa, con una famiglia, e non sotto un ponte, in compagnia dei topi.
Sospirò appena, e raggiunse il giardino. Mandò a chiamare una carrozza, fumando un altro sigaro nell'attesa.
<< Sir.Mikk pranzerà con il conte, oggi? >> domandò un vecchio ma fidato cameriere.
<< Spero proprio di sì, non riesco a vederlo da giorni, e non vorrei che si dimenticasse che sono suo figlio >> rispose Tiky ridacchiando.
<< Allora l'attendiamo per il pranzo. Buona gionata. >> il cameriere fece un breve inchino e si dileguò.
La carrozza arrivò giusto in tempo per l'inizio del terzo sigaro.
Disse al cocchiere che era di fretta e di accompagnarlo nel minor tempo possibile a Piccadilly Street, e di non dire a nessuno dov'era diretto.
Si lasciarono dietro le campagne e le adorabili villette perse nel verde  in quella zona poco vicino Londra, ed in pochi minuti raggiunsero la città. Quel giorno splendeva un bel sole, e le strade affollate erano un problema per chi andava di fretta.
Vide un parecchie guardie andare verso un albergo.
Mentre si chiedeva perché la polizia fosse lì, sentì un tonfo provenire dal tettuccio della carrozza, che cedette pochi secondi dopo.
<< Sir.Mikk è successo qualcosa? state bene? >> chiese il cocchiere.
Tiky Mikk poteva dire che nella vita gli fossero successe le cose più strane ed imprevedibili. Ma di ritrovarsi davanti un ragazzo albino che aveva appena sfondato il tetto della sua carrozza, non gli era mai successo.
 
Allen guardò il signore che aveva di fronte, era sicuramente qualcuno di importante, lo capiva dalla stoffa dei vestiti, e dal pregiato sigaro che stava fumando.
Aveva appena firmato la sua condanna alla prigione, eppure quella carrozza non sembrava così delicata.
<< Sir.Mikk è successo qualcosa? state bene? >>
Ecco, ora il Signor.Mikk o qualunque fosse il suo nome, lo avrebbe denunciato.
Cercò lo sguardo dell'uomo, e si porto un dito alla bocca, sperando che l'uomo capisse di tacere.

Tyki Mikk poteva dire che nella vita gli fossero successe le cose più strane ed imprevedibili, ma di ritrovarsi davanti uno dei più bei ragazzi che avesse mai visto dopo che questo gli aveva sfondato il tetto della carrozza. non gli era mai successo.
<< Va tutto bene, si sbrighi a ripartire. >> rispose Tyki.
Quella era decisamente una mattina fortunata per entrambi, o forse no.





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Capitolo 3
*** Position III ***


Dance in the alley of sin. 
Tutti i diritti sui personaggi a Katsura Hoshino,che ringrazio profondamente per aver creato uno dei manga più belli di questo decennio. 

Non è che vi devo chiedere scusa, di più! Un silenzio durato mesi e mesi! E pensare che ogni volta mi dicevo "Oggi inizio a scrivere il nuovo capitolo" e nel frattempo i mesi passavano, prima il freddo poi il caldo, finisce la scuola (EVVAI!), iniziano le vacanze, ed ora anche il capitolo nuovo. 
Fantastico, vero? *Arrivano pomodori ed ortaggi vari in faccia all'autrice*
Ringrazio tutti quelli che hanno messo tra i preferiti, seguiti, ecc, questa ff. E un ringraziamento speciale a chi ha recensito, ovvero
B Rabbit e Lelouch vi britannia. 
Grazie davvero, e ci vediamo al prossimo capitolo (spero presto!) 
Tanto yaoi a tutti.


Il 45° distretto di polizia era tutto in subbuglio, avevano ricevuto quella notte l'allarme che uno straniero era penetrato nella città senza autorizzazione, l'avevano inseguito tutta la notte e quella mattina erano stati sul punto di catturarlo, purtroppo all'ultimo il fuggiasco era riuscito a sparire nel nulla. 
Normalmente avrebbero sospeso le ricerche, ora trovarlo sarebbe stato completamente impossibile. Tanto bella e affollata Londra. 
Il capitano era ancora di più di malumore quel giorno, non che vantasse un carattere allegro e spensierato, ma mai era stato così burbero. 
- Capitano, abbiamo intenzione di interrompere le ricerche di quel ragazzo. - disse un poliziotto. 
- Io non sono stato consultato al riguardo. - rispose il capitano fulminando il sottoposto. 
Il capitano, così soprannominato dai poliziotti del distretto, era un ragazzo orientale, sui vent'anni, con i lineamenti quasi femminili e gli occhi scuri come due pozzi, portava i capelli lunghi sempre chiusi in una coda, e non sorrideva mai, nemmeno sotto tortura. 
Sapevano solo il suo cognome Kanda, per il resto c'erano diverse congetture. 
- Ma il sergente Tiedoll ha detto che..- 
- Me ne frego di quello che dice quel vecchio sordo! -
- Ed invece dovresti. - disse un uomo entrando nell'ufficio del capitano. 
- Buongiorno, Sergente Tiedoll. - salutò con un semi inchino l'altro poliziotto. 
Kanda restò zitto limitandosi a fissare il sergente. 
-  Può andare. - disse Kanda congedando il sottoposto 
- Ma insomma, ti sembrano questi i modi? Se ti arrabbi per tutto non instaurerai mai un rapporto di fiducia con la tua squadra, Yuu-kun. - 
- Primo, gestisco la mia squadra come voglio. Secondo, voglio essere consultato prima di prendere una decisione. E terzo, NON OSARE MAI PIU' CHIAMARMI "YUU-KUN"! -  esclamò Kanda afferrando per il colletto della divisa il sergente. 
- Ma io ti chiamo per nome perché per me sei come un figlio! Dai, Yuu-kun, fai il buono. - rispose Tiedoll tentando di allentare la presa delle mani di Kanda sul suo collo. 
Kanda ringhiò appena per poi lasciare l'altro. 
- Quindi avete sul serio intenzione di interrompere le ricerche? - chiese il capitano.
- Sai bene che cercando a caso per Londra questo ragazzo sprecheremo solo energie. - rispose Tiedoll. 
- Ma anche tu conosci la situazione in cui ci troviamo, Komui ci ha avvertiti di fare attenzione! - 
- Conosco alla perfezione quello che sta accadendo, ma, non posso farci nulla, tranquillo metteremo in giro un annuncio, e nel caso qualcuno lo vedrà ci chiameranno. - 
- Non ci credi nemmeno tu, come posso crederci io? Perché sono diventato un poliziotto quando non posso far rispettare la legge? O quanto meno provarci. - gridò Kanda incrociando le dita. 
- Mi dispiace, Yuu-kun, sono ordini dall'alto. Vedrò quello che posso fare per aumentare il numero di annunci, ma più di questo non potrò fare. - 
- Ah come va con Lenalee? Da quello che mi hanno raccontato a breve vi sposerete. - aggiunse poi Tiedoll. 
L'espressione di Kanda divenne meno tesa. 
- Forse, se tutto andrà bene. - rispose nascondendo il viso tra le mani. 
 
 
 
Passarono l'intero viaggio a guardarsi in silenzio, non potevano parlare a causa del cocchiere che si sarebbe insospettito nel sentire il conte parlare da solo, eppure le domande erano tantissime. 
La carrozza si fermò vicino ad un palazzo dall'aria malconcia. 
Mentre il cocchiere scendeva per andare ad aprire la porta, Tyki sussurò ad Allen. 
- Nasconditi appena puoi dietro quel vicolo, sarò di ritorno presto. - 
Scese il più fretta e possibile in modo da non far notare la presenza di Allen, e poi ordinò al servo di badare alla carrozza. 
Allen vide il conte sparire nell'edificio, si guardò intorno, e approfittando della distrazione del cocchiere ubbidì all'ordine di Tyki Mikk. 
Si sedette su una scatola vuota di pomodori, e valutò i pro e i contro di scappare in quel momento. 
Chissà cosa voleva quell'uomo da lui, insomma l'aveva salvato come un buon samaritano. Che a Londra esistessero persone del genere? 
Purtroppo questo non era assolutamente vero, e allora che fini aveva il conte Mikk? 
Se adesso sarebbe scappato avrebbe corso un enorme rischio, il conte conosceva la sua posizione e non avrebbe avuto tanto tempo prima di allontanarsi quanto bastava, e poi lui puntava a cercare una casa a Londra, non poteva vivere come un latitante! 
Si torturò le mani più volte, com'era finito in quella situazione? 
Fino a pochi giorni prima si trovava al nord della Francia con il suo maestro, in viaggio da anni e senza una meta precisa, poi da un momento all'altro il maestro aveva messo le sue cose in una valigia, gliel'aveva tirata con forza sulla testa per poi ordinargli di andare via, possibilmente a Londra, e di non ritornare più.
Si strinse le ginocchia al petto, in quel momento a causa della botta non aveva potuto chiedere spiegazioni, ed ora era lì, e non ne sapeva nemmeno il motivo. 
- Che cosa orribile. - sussurò l'albino. 
- Brutta giornata? - chiese ironico Tyki Mikk accendendosi un altro sigaro e appoggiandosi al muro. 
- Brutta settimana, brutto anno, brutto secolo. - rispose Allen sospirando. 
Il conte ridacchiò appena. 
- Cosa ti è successo? - chiese poi aspirando il fumo. 
- Una storia lunga... - rispose vago Allen.
- Abbiamo tutto il tempo. - disse Tyki facendo segno al cocchiere di aspettare. 
- Beh, ho commesso un crimine e la polizia mi sta alle costole, per fuggire mi sono lanciato dalla finestra, sfondando il tetto della vostra carrozza, ed ora sono qui. -  disse tutto di un fiato il ragazzo. 
- Nemmeno i poemi greci che studiavo erano così lunghi. - rise Tyki. 
- Poco lo spiritoso. - 
- E, se mi è dato sapere, di quale crimine si è macchiato, questo passerotto smarrito? - chiese il conte prendendo tra le dita il viso del giovane. 
- Preferirei non dirlo. - 
- Allora la polizia sarà ben felice di scoprirlo da se. -
- Cos'è una minaccia? - 
- Non puoi pretendere che qualcuno si fidi di te se tu prima non ti fidi di lui, ragazzino. - 
Allen sospirò, allontanandosi dalle dita dell'altro. 
- E sia, sono entrato di nascosto in città, senza autorizzazione. - 
- Che crimine imperdonabile! - ridacchiò Tyki. 
- Poco sarcasmo, caro il mio conte. - esclamò Allen, non accorgendosi che pian pian si stava avvicinando sempre di più al viso dell'altro. 
Tyki sorrise maliziosamente leccandosi le labbra. 
- Ti credo, ma vorrei una prova della tua fiducia. - 
Allen comprese le intenzioni dell'altro e lo scansò. 
- Perché tutti mi fraintendono? - urlò poi. 
- Ah un uccellino troppo puro per queste cose. - sussurò Tyki. 
- Cosa, pervertito? - 
- Io un pervertito? - tossì il conte. 
- Ad ogni modo mi spiegherai tutto con calma a casa mia. Seguimi. - aggiunse avviandosi verso la carrozza. 
- E' sicuro? - 
- Mi pare ovvio, mi ispiri fiducia nonostante tutto. - disse Tyki spegnendo il sigaro contro il legno pregiato della carrozza. 
-E poi mi annoio da morire in questi ultimi tempi. - aggiunse sottovoce in modo che l'altro non lo sentisse.
- Certo che il tuo cocchiere è un bel po' sordo o cieco per non vedere il buco sul tetto della carrozza. - disse Allen sorridendo. 
- Oppure addestrato molto bene a non far domande. - sorrise il conte leccandosi il labbro inferiore. 
Ed ora ci divertiamo un po'.

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Capitolo 4
*** Position IV ***


Dance in the alley of sin. 
Tutti i diritti sui personaggi a Katsura Hoshino,che ringrazio profondamente per aver creato uno dei manga più belli di questo decennio. 

Non ci posso credere! Sono già qui, ed ho appen pubblicato un nuovo capitolo! (E non è nemmeno già cambiata la stagione! ) Dovete ringraziare di ciò B rabbit   
, io scrivendo semplicemente per le persone e per farle diventire, sorprendere, e sognare, non credevo che a qualcuno importasse più di tanto della storia, però lei mi ha fatto capire che la storia le stava a cuore, eh beh, anche se c'è solo una persona a leggere la mia storia, io sono felice comunque. 
Come al solito ringrazio tutti quelli che recensiscono, mettono nelle seguite/preferite/ricordate, o semplicemente leggono questa mia ff. 
Alla prossima! 
P.s: Spero prestissimo! (ma non troppo!)



Allen si sentiva leggermente spaesato. No, non leggermente, si sentiva molto spaesato. 
Davanti a lui c'era una meravigliosa villa, enorme, alta tre piani. Prima di raggiungere l'ingresso c'era un giardino, le siepi erano ben colte, e c'erano anche tanti bellissimi e rarissimi fiori. La villa rispettava i gusti dell'epoca, dipinta quasi completamente di bianco, le finestre e le colonne erano di un pregiato marmo di colore nero. 
La carrozza si fermò vicino ad una fontana posta al centro dell'immenso giardino, sopra di essa c'era una venere che si copriva pudicamente l'intimità con un velo. 
- Cenerentola, è il momento di uscire dalla carrozza. - rise Tiky porgendo una mano ad Allen. 
Il ragazzo lo scostò e uscì portandosi dietro la pesante valigia. 
Ora poteva vedere anche meglio la villa, in confronto alla sua vecchia casa lui poteva considerarsi alla stregua di un uomo primitivo che vive in una grotta.
- Allora ragazzino, ti piace il tuo nuovo posto di lavoro? - Allen guardò sospettoso l'altro. 
- Beh, se vuoi vivere qua qualcosa devi fare. Tranquillo sarai trattato con i guanti e riceverai anche uno stipendio, oltre vitto e alloggio! Tutto quello che dovrai fare è il mio maggiordomo. - 
Allen sospirò, la proposta era allettante, vitto, alloggio, stipendio, e protezione. Cosa poteva desiderare di più? Beh, aveva come una strana sensazione, soprattutto perché non riusciva a trovare il motivo per cui quell'uomo l'aveva assunto senza nemmeno sapere bene chi fosse. 
- Accetto, ma ad una condizione.. niente più sarcasmo! - esclamò Allen. 
- Perfetto, ragazzino! Benvenuto allora, nella villa del conte del millennio. - disse Tyki conducendo l'altro all'interno dell'edificio. 
Subito due cameriere presero il cappotto e la valigia di Allen, Tyki le presentò al ragazzo, per poi lasciarlo lì con le due per andare nelle sue stanze. 
Allen sorrise gentilmente alle due giovani cameriere che arrossirono. 
Una delle due gli chiese il nome e l'età. 
- Il mio nome è Allen Walker, ed ho quindici anni. - 
- Solo quindici anni?! Ormai assumono solo quelli che hanno meno di vent'anni. - esclamò una cameriera con i capelli castani e occhiaie profonde. 
- Io invece sono Miranda Lotto, per mia sfortuna ho già ventisei anni, sono perseguitata dalla sfortuna! Sono sicura che mi licenzieranno, sono una maldestra, distratta, inutile, serva! - iniziò a piangere la stessa. 
- Avanti su signorina Miranda, a ventisei anni si è nel fiore della giovinezza, non si butti giù così, coraggio! - tentò di consolarla Allen. 
Miranda si asciugò le lacrime. 
- Lo pensi davvero? - un lieve sorriso venne accennato sul viso della cameriera. 
Allen le sorrise a sua volta, poi fece sbucare dal nulla una rosa, e con sorpresa della cameriera gliela sistemo tra i capelli. 
-  Quando sorride sembra molto più giovane e bella, lo sa? - disse innocentemente. 
Miranda rincuorata si pulì le ultime lacrime e ritrovata l'energia, accompagnò Allen nella sua nuova camera. 
- La mia camera è due porte più avanti, bussami se hai bisogno. - disse Miranda. 
- Lo farò senz'altro. - 
- La cena verrà servita alle sei e mezzo. Noi della servitù mangiamo quando i padroni hanno finito, dopodiché alle otto prepariamo il thè, poi visto che sei il maggiordomo del conte Mikk vai da lui a vedere di cosa ha bisogno, indossa la divisa, sii gentile e rispettoso, chiama tutti conte o contessa e rispondi con garbo alle loro richieste, altre domande? - 
- Siete stata cristallina, ora vado a preparami, ho avuto una lunga giornata. - 
- A dopo Allen, sii puntuale, alle cinque ti voglio in cucina. - disse infine la donna andando dall'altra parte della casa. 
Allen entrò nella sua stanza, era abbastanza piccola, ma accogliente, c'era un letto singolo con le lenzuola pulite, un armadio spazioso, una finestra che dava sul retro della casa, peccato che avrebbe dovuto condividere il bagno, però per il resto non poteva lamentarsi. 
Il ragazzo si gettò sul letto abbracciando il cuscino, insomma, meno di due giorni prima non avrebbe mai creduto che sarebbe stato assunto come maggiordomo in una villa del genere, forse la fortuna stava girando dalla sua parte? O forse il destino si stava prendendo di nuovo beffe di lui? 
 
Alle sei e mezzo la cena venne servita nella grande sala da pranzo, il menù a base di pesce venne servito su piatti di porcellana di manifattura cinese, richiesti dal conte stesso, la tavola decorata con i fiori del giardino aveva i colori del rosso e del bianco. 
Allen aiutò solo in cucina e a preparare la tavola, servire le pietanze era compito delle cameriere, ora doveva solo aiutare con il resto della cena e con il dolce, poi avrebbe potuto cenare anche lui. Era affamatissimo, avendo saltato il pranzo, e vedere tutte quelle delizie passargli davanti senza che lui potesse mangiarle, era una meravigliosa e crudele tortura. 
Finalmente mezz'ora dopo, quando anche l'ultimo piatto fu riportato in cucina, gli fu' concesso di mangiare. 
Tutti i servi mangiavano sullo stesso bancone, ad Allen sembrò un'unica grande famiglia, e divorò con gusto tutto quello che gli veniva messo davanti. 
- Prima sprecavamo sempre tantissimo cibo, anche se il Conte e il Signor. Mikk mangiano per venti uomini. - ridacchiò una cameriera provocando risate generali. 
- Beh ora che c'è Allen invece non c'è più problema! - aggiunse un cameriere. 
- Allen mangi un sacco e pure sei piccolissimo! Sei un tipo strano, anche i tuoi capelli sono un po' assurdi! - 
- Margot! Non essere maleducata con il nuovo arrivato. - la riproverò Miranda. 
Allen sorrise, si sentiva sereno in quel momento, niente a che vedere con l'ansia che aveva provato in quei giorni, ora sentiva quel classico calore che provoca l'essere circondato da persone gentili e affiatate. 
Una grande e felice famiglia, pensò Allen ridacchiando contento. 
- Oh cielo, è già il momento di preparare il thé. - disse Miranda guardando l'ororologio. 
- Allen, portalo al Signor.Mikk. - disse un'altra cameriera dai capelli biondi porgendo un vassoio al ragazzo. 
- Vado e torno. - acconsentì il ragazzo. 
Allen però si ricordò troppo tardi che non conosceva per niente la villa, per questo girò a vuoto per circa dieci minuti, poi trovò una stanza, e bussò con decisione. 
- Chi è?  - 
Il ragazzo riconobbe la voce del conte Mikk. 
- Sono venuto a portare il thé, signore. - 
- Entra pure. -
La stanza era illuminata da un paio di candele, ed ad occhio e croce assomigliava ad uno studio, Tyki era seduto su una poltrona che dava le spalle ad un'enorme finestra. 
- Ohi, ragazzino! La divisa ti sta a pennello! - disse Tyki alzando il pollice destro. 
la potrona che invece si trovava di fronte a quella del conte si girò di botto, rivelando un altro ospite. 
Allen perse due anni preziosi della sua vita e rischiò di far cadere il vassoio. 
- TU! - 
Indicò l'altro mentre ansimava per cercare di riprendersi dallo shock. 
L'ospite misterioso era nella sua stessa situazione, solo non ansimava come un cane. 
- Allen, ma tu cosa ci fai.. - il ragazzo bloccò la frase a metà, Allen gli mise una mano intorno al collo ed iniziò a stringere. 
- Tu, che lasci un povero ragazzo solo nel bel mezzo della notte dopo averlo scambiato per una prostituta e poi ti ripresenti qui vestito in questo modo, lurido bastardo guercio! - Allen disse tutto di un fiato fissando il povero Lavi che aveva cambiato in poco tempo colorito. 
Aveva abbandonato gli abiti da pezzente per un completo di alta sartoria, e la bandana era sparita, ora i capelli rossi erano lasciati sciolti e andavano a coprire l'occhio coperto dalla solita benda. 
- Lasciami spiegare.. - tentò di dire con il poco fiato che gli restava. 
. Ohi ragazzino, non ti conviene uccidere il mio caro fratellino, non pensi? - decise di intervenire Tyki. 
- Fra-fratellino? - ripetè Allen, lasciando semi cosciente Lavi. 
- Eh già, adottivo per la precisione. - disse Tyki sorseggiando il suo thè. 
Allen lanciò uno sguardo di fuoco a Lavi, il quale rispose con un sorriso incerto. 
- Mi sa che le presentazioni sono inutili, ma io le farò lo stesso. - esclamò poi il conte. 
- Questo è Lavi Junior Bookman, uno dei miei fratelli adottivi. - aggiunse indicando il rosso. 
- Invece questo è il mio nuovo maggiordomo, Allen Walker. - sta volta parlò indicando l'altro. 
- Non credevo tu riuscissi a passare da fuggiasco a maggiordomo. - sorrise malizioso Lavi. 
- Ed io non credevo che ad un conte piacesse andare a prostitute nel tempo libero. - rispose Allen più che mai infuriato. 
- Insomma le attività di mio fratello non sono così deprorevoli come sembrano, si diverte, è giovane, Allen non giudicarlo solo per questo! - disse Tyki ridendo tra una parola e l'altra. 
- Non lo trovo molto divertente. - esclamò Allen. 
- Beh, visto che dobbiamo vivere sotto lo stesso tetto, tanto vale andare d'accordo, neh Allen? - disse Lavi porgendo una mano al ragazzo. 
- Non mi sono mica scordato del bacio! - urlò Allen schiaffeggiando la mano. 
Lavi incrociò le braccia dietro la testa. 
- Ma dai! Mica sarà stato il tuo primo bacio! - esclamò poi. 
Silenzio tombale. 
- Riporto le tazze in cucina. - 
- Ma cosa?? Allen, era davvero il tuo primo bacio? - ripetè Lavi. 
- C'è altro signor Mikk? O posso andare? - 
- Cosa è davvero stato il tuo primo bacio? In quindici anni nemmeno un bacio così casto hai dato? - sta volta si unì anche Tyki alle domande di Lavi, e la cosa urtò i nervi di Allen. 
- Mentre gli adolescenti fanno pratica a scambiarsi saliva, io mi spaccavo la schiena ogni giorno per qualche misero spicciolo! - urlò Allen, al limite della pazienza. 
- Embè, perdonami, allora! Non lo sapevo! - tentò di scusarsi Lavi. 
- C'è altro Signor. Mikk? - 
- Nient'altro, puoi andare, ti chiamerò in caso di bisogno. - rispose Tyki. 
- Insomma Allen, rispondimi! - Lavi venne ampiamente ignorato dal ragazzo che uscì fuori dallo studio. 
Lavi lo seguì, e lo tenne fermo per un braccio. 
- Allen, ti ho chiesto scusa, quante altre volte te lo devo chiedere per farmi perdonare? - 
- Beh, diciamo finchè non ti sposi, avrai una figlia ed io la bacierò per vendetta. - rispose Allen per poi andarsene lasciando l'altro in mezzo al corridoio, ancora mezzo sconvolto. 
 
Lavi ritornò nello studio del fratello. 
- A quanto pare ti sei giocato l'albino. - rise Tyki. 
- Ma stai zitto. - disse gettandosi sulla poltrona. 
- E pensare che quando l'ho visto l'ho trovato così innocente, alla fine  davvero lo era. - continuò
-  Ehi, l'ho visto prima io! - 
- Sì, ma adesso lui ti odia.. - 
- Non è ancora detta l'ultima parola. - 
- Certo certo. - 
- Non mi credi? Beh allora, facciamo una scommessa, fratellone. - 
- E' passato il tempo in cui scommettevo sugli altri, fratellino. - 
- Cosa c'è hai paura di perdere? - 
- Io? Guarda che la tua misera esperienza non vale niente in confronto alla mia. - 
- Allora accetti? - sorrise malizioso Lavi. 
- Parlami della scommessa. - 
Lavi ghignò, era fatta. 
- Il primo che gli ruba la verginità vince. - 
- Mmh? eh cosa vince? - 
Lavi diede un piccolo bacio sulle labbra del più grande. 
- Lo scoprirai solo se vinci. - rise ad un soffio dalle sue labbra. 
Si avviò verso la porta e prima di chiuderla sentì un debole. 
- Accetto. - 
Chiuse la porta, e tutti e due i fratelli iniziarono a ghignare immaginando cosa sarebbe accaduto di lì in avanti, mentre Allen provava un bruttissimo presentimento.
Che le danze si aprono. 



N.d.A: Scusate se le mie descrizioni sulla villa sono un po' orrende, ma non ho un vocabolario vastissimo! In futuro le descrizioni saranno migliori ( Spero, credo)

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Capitolo 5
*** Position V ***


Dance in the alley of sin. 
Tutti i diritti sui personaggi a Katsura Hoshino,che ringrazio profondamente per aver creato uno dei manga più belli di questo decennio. 

Dovrei postrarmi ai piedi di tutti quelli che aspettavano da tempo questo capitolo, davvero, ho rimandato per giorni la stesura del quinto capitolo usando scuse varie e inutili, diciamo che i principali motivi per cui il capitolo l'ho pubblicato solo ora sono: il caldo, e la poca voglia di accendere il cervello. Poi ho avuto l'illuminazione che poi ho dimenticato, ma per fortuna è tornata, quindi eccoci qui! Voi con un nuovo capitolo, io più esaurita del solito perché la storia sta arrivando ad un punto importantissimo, ed io sono un'idiota con la laurea. 
Come al solito ringrazio tutti quelli che hanno recensito, messo trai i preferite/seguite/ricordate, o semplicemente letto questa ff.
Vi lascio da soli, ma in buone mani (spero!) 
Alla prossima! 




Lenalee si lasciò scivolare fino a toccare il pavimento. 
L'ennesima discussione con suo fratello. 
Aveva raggiunto il limite. 
Si accorse di non aver smesso nemmeno per un attimo di piangere, e pensare che mentre urlava, credeva di sembrare forte e sicura delle sue parole. 
Eppure credeva che stesse andando tutto per il meglio, nessuno si era accorto del suo cambiamento, nessuno l'aveva sentita o vista di notte mentre piangeva e si dimenava, stava mentendo alla perfezione. 
Invece era bastata una domanda di suo fratello per far crollare tutto. 
"Riguardo al matrimonio, a te va bene?" 
No. 
Non andava per niente bene. Avrebbe dovuto sposare il suo migliore amico, un fratello per lei, ma per cui non provava nessun sentimento che si potesse avvicinare all'amore. 
Suo fratello si era scusato con lei, ormai era in età da matrimonio e Kanda era la scelta migliore, il ragazzo aveva già accettato e molti già li davano per prossimi sposi. 
Solo che nessuno aveva calcolato un particolare. Linalee non avrebbe mai sposato qualcuno che non amava, neanche sotto costrizione, avrebbe lottato fino all'ultimo. 
Ma sembrava che a nessuno importasse se lei fosse consenziente o meno, aveva provato a parlarne con suo fratello, che aveva sempre evitato l'argomento come la peste, con la sua vecchia cameriera, che le aveva consigliato di accettare la proposta perché Kanda era ricco e avvenente, non c'era di meglio sul mercato. Ed infine, aveva provato a parlarne con Kanda, che le aveva detto di fare come le pareva, a lui non cambiava nulla in fondo. 
Non voleva arrendersi, solo non riusciva più a combattere, si sentiva schiacciata del peso dell'aspettative di tutti. 
Anche mentre insultava il fratello sperava che lui la fermasse, l'abbracciasse e la confortasse. Invece il fratello le aveva dato della bambina viziata, per poi darle uno schiaffo. Uno di quelli leggeri, dati per la rabbia, subito dopo si era scusato e aveva tentato di toccarla. 
Lenalee aveva evitato qualsiasi altro contatto fisico con Komui, e poi era scappata in camera sua. 
Ed ora era lì, stesa sul pavimento, immobile, solo le lacrime scivolavano giù dai suoi occhi scuri. 
Solo un'altra volta aveva pianto così tanto, il giorno della morte dei suoi genitori. 
Credeva di non aver mai provato un dolore grande come quello, ma quello che le stava accadendo ora era quasi peggio. 
La sua dignità in quanto persona e il suo volere venivano calpestati da una società basata su matrimoni di convenienza. 
Suo fratello era un diretto dipendente della casata reale, scienziato di corte, così l'avevano soprannominato i suoi superiori, e conduceva un progetto segreto per la sicurezza dell'intera Inghilterra, ciò non bastava a garantirle una buona reputazione nell'alta società. 
Ma a Lenalee non interessava per niente essere popolare o guadagnare il rispetto di quei maiali travestiti da nobili. 
Invece il fratello voleva solo il meglio per lei, voleva risparmiarle una vita miserabile additata da tutti come la "zitella". 
Forse doveva solo accettare il tutto, dimenticare il suo sogno, e sposare Kanda, avere una vita normale, insomma. 
Lenalee tirò un pugno allo specchio che aveva in camera, il quale prima di rompersi in tanti pezzi rifletté per l'ultima volta il suo riflesso, Lenalee non piangeva più, nemmeno per il dolore che la ferita alla mano le dava. 
Prese un pezzo appuntito di specchio. 
Lo avvicinò al suo viso. 
- Scusami fratellone, Io non mi arrenderò. - 
Prese i suoi lunghi capelli di cui suo fratello andava tanto fiero, e li tagliò. 
Le ciocche nere cadevano inermi sul pavimento, come ad andare a sostituire la stessa Lenalee che fino a qualche minuti prima era stesa lì. 
Si tolse anche il lungo vestito rosso e nero, restando solo con una sottoveste bianca. 
Uscì fuori dalla suo stanza, non badando a niente, non le interessava nemmeno di essere vista. 
Il sangue che le usciva dalla mano le sporcò in poco tempo l'unico indumento che indossava e dava alla ragazzo un'aspetto macabro. 
Entrò nella stanza del fratello, rimosse gli ultimi indumenti, e prese alcuni abiti maschili, quelli meno pregiati e piccoli che trovò. 
Stracciò un pezzo di stoffa dalle tende e si fasciò la mano, poi gettò giù dalla finestra la sottana bianca. 
Ritornò in camera sua e riempì una valigia con pochi averi: qualche soldo, un quaderno, una sciarpa che un tempo era di suo padre ed infine i due fermagli con cui era solita legare i capelli. 
Ora non le servivano più, eppure ci era comunque legata, gli erano stati regalati da una vecchia amica di sua madre, il ricordo di quella donna era ancora vivido nella mente di Lenalee, una donna forte, che era andata contro il volere di tutti e si era ribellata. 
Quella donna ora abitava in Giappone, Lenalee sarebbe andata lì da lei. 
Ora era pronta ad abbandonare tutto. 
Ora era pronta a realizzare il suo sogno. 
Legò tutte le coperte e le tende che riuscì a trovare insieme, e scrisse un veloce biglietto al fratello, aiutandosi con la fune improvvisata che aveva creato scese giù in giardino, e ricordandosi di un passaggio scoperto da piccola arrivò al cancello della villa. 
- Addio. - 
Sussurrò prima di essere inghiottita dalle tenebre della notte.






Alle sette in punto Miranda bussò alla porta della camera di Allen, chiedendogli gentilmente se era sveglio. 
Il ragazzo le rispose che era quasi pronto. 
In verità era pronto da un pezzo, aveva avuto tutto il tempo di sistemare la sua divisa in maniera impeccabile, di fare qualche esercizio fisico, di rifare il letto, di disfare la valigia, e di fare un giretto per le cucine e il giardino della villa. 
Ci aveva visto giusto, quel posto era enorme, e non solo la villa, anche il giardino si estendeva per quasi mezzo chilometro, avevano addirittura un piccolo orto dove crescevano delle strane piante, per non parlare delle cantine, quasi infinite, e una moltitudine di passaggi segreti che Allen non aveva avuto il coraggio di esplorare. 
Insomma, quel posto era un vero labirinto, e visto che ci doveva lavorare doveva conoscere al più presto e possibile almeno la villa e le varie stanze, magari avrebbe chiesto a Miranda di fargli fare un giro. 
Nonostante l'ora la cucina era già in fermento, il conte adorava mangiare con i suoi vari figli, anche se la maggior parte mangiava in camera, queste erano le uniche cose che Allen per ora sapeva di quella stramba famiglia. 
La casata "Noah",  tutti conti, quasi tutti adottati dal cosiddetto "Conte del millennio", padrone della villa, e di tutti gli averi della famiglia. 
In totale ne erano tredici, ma molti erano all'estero o sparivano per interi periodi. 
Era una famiglia strana, a detta degli altri servitori, ma pagavano profumatamente e trattavano bene tutti, e non c'erano mai stati episodi spiacevoli. 
Miranda nutriva una specie di adorazione per ogni membro di quella famiglia, a cui diceva di dover la vita, visto che l'avevano tolta dalla strada e dato un lavoro, e insultarli davanti a lei era come insultare lei stessa. 
Portata la colazione in tavola, Allen si fece spiegare a grandi linee dove fosse la camera del conte Mikk, e con un vassoio ricolmo di cibo raggiunse la camera del conte. 
Bussò, e appena ricevuta risposta entrò socchiudendo la porta. 
Tyki Mikk quella mattina era indecente, i capelli sciolti ricadevano selvaggi sul viso, i cui tratti Allen non riusciva a capire se fossero francesi o spagnoli, ma la cosa peggiore fu che quando vide Allen scostò le coperte rivelando il corpo completamente nudo. 
- Avevate caldo, oppure di norma ci si spoglia la mattina? - disse Allen abbassando lo sguardo. 
- Se vuoi guardare non mi prendo collera, le cose belle si mostrano ad ogni ora del giorno, e della notte. - sussurrò il conte. 
Allen porse con violenza il vassoio su un mobiletto vicino al letto, rischiando di rovesciando il contenuto. 
Tyki rise prendendo la propria tazza di thè e assaggiandone il contenuto, poi prese un biscotto e lo morse, e involontariamente lecco via le briciole dalle proprie labbra. 
Allen che aveva guardato tutta la scena, ebbe la reazione che tutti avrebbero se dopo ore svegli senza aver mangiato niente qualcuno ti sventolasse davanti del cibo. 
- Cose questo sguardo affamato? Ti dai alla fame giù nelle cucine? - 
Allen arrossì, tentando di mascherare con dei colpi di tosse il rumore del proprio stomaco che brontolava. 
- Dai su, prendi qualcosa dal mio vassoio, tanto devo andare a fare delle commissioni e sicuramente mangerò qualcos'altro. - 
- Non è necessario, signore. - rispose Allen imbarazzato. 
- Non farti pregare. - continuò il conte porgendo al ragazzo una fetta di torta alla panna che aveva un aspetto delizioso. 
- Devo rifiutare. - e pensare che ci stava mettendo così impegno a non addentare quella torta! Doveva rimanere composto e fare il suo lavoro, non poteva prendersi certe libertà! 
- Bene, allora ti imboccherò io! - esclamò il conte, per poi cingere la vita del ragazzo con il braccio libero, e con l'altro poggiare la torta sulla bocca del ragazzo. 
Allen venne terribilmente infastidito da quel gesto, e tentò di scostarsi. 
- Conte, mi lasci subito. - minacciò quasi l'altro. 
- Il tuo stomaco brontola! Cadrai per terra come una pera se non mangi qualcosa. - 
- No, è una questione d'orgoglio. - 
- Con l'orgoglio non ti sfami, ragazzino. - 
Vista da fuori poteva sembrare qualcosa di ardentemente erotico, ma la verità era che per i due era uno scontro sul far cedere la volontà dell'altro, quasi come una madre che cerca di dar da mangiare al proprio piccolo e dispettoso figlio. 
- Avanti su, apri la bocca, è molto buono, fidati. - 
- Mai, non posso accettarlo, caro il mio conte. - 
La porta si spalancò e Lavi ci scivolò dentro nell'atto di dire qualcosa, ma poi alla vista che ne conseguì si blocco sul posto, fermo come una statua. 
- Ehm, io... - tentò di riprendersi. 
Allen spalancò la bocca tentando di difendersi, ma Tyki ne approfittò per infilargli metà torta in bocca. 
- Caro fratellino, un uomo adulto a volte deve fare cose che gli altri non si aspetterebbero mai. -  disse Tyki. 
- Come far mangiare a qualcuno una torta nudo? - urlò Allen, una volta inghiottita la torta, che alla fine era davvero ottima. 
- Anche. - rispose vestendosi. 
- Ehm, ero venuto a svegliarti, non pensavo di trovarvi.. così - disse Lavi. 
- Ma che così e così, io vado, tornerò dopo a prendere le tazze, se avete bisogno chiamate, arrivederci, addio, figli maschi, e tante belle  cose. - esclamò Allen dandosi una sistemata ad uscendo dalla stanza. 
Lavi tirò un sospiro gettandosi su una poltrona. 
- Mi chiedo che opinione si sia fatto di me. - disse passandosi una mano sul volto. 
- Sicuramente migliore della mia. - esclamò Tyki facendo il nodo della cravatta. 
Lavi rise prendendo il pacchetto di sigarette da un cassetto del comodino. 
- Fumi ancora questa robaccia? - 
- I sigari per quanto raffinati lasciano un odore terribile, con queste sono al sicuro dai cattivi odori sui vestiti. - rispose prendendo una sigarette dal pacchetto. 
Lavi prese un fiammifero e lo accese porgendo la fiamma dorata all'altro, mentre bruciare un po' di sigaretta si rivolsero uno sguardo d'intesa carico di elettricità. 
- Quando metterai la testa apposto? Hai diciannove anni, va bene divertirsi però dovresti pensare al tuo futuro, i tempi sono cambiati. - 
Lo sguardo di Lavi perse luminosità. 
- Parla per te, sei sulla soglia dei trent'anni ed ancora rifiuti di prendere moglie. - 
- Per me è diverso, io aiuto il conte in altri modi, e poi ho già avuto abbastanza richieste di matrimonio da dar moglie all'intera città. Mi basterebbe scegliere chi più mi aggrada. - 
- Oh, il grande Mikk che va in pensione, conosco persone che darebbero un occhio per farsi che questo non accadi. - 
- Tu sei fra quelle? - rise Tyki indicando l'occhio buono dell'altro. 
Lavi si mise una mano sulla benda, cambiando espressione, da beffarda e scherzosa a quasi ferita. 
- Dai su non prendertela, so della tua "cottarella", ma per me tu sei solo un carinissimo fratellino con molti segreti. - disse Tyki dando un lieve bacio sulla nuca al ragazzo. 
- Quindi la scommessa non vale più. - 
- Voglio ritirarmi con il gran finale, quindi no, la scommessa vale, nonostante tutto. - 
Tyki si inginocchiò vicino al fratello, e gli mise le mani sulle ginocchia.
- Prima o poi troverai la persona giusta, forse inizialmente sarai confuso ma poi scoprirai che è quella giusta, e allora tutto quello che hai passato, tutto il dolore, tutte le lacrime, tutto avrà senso, troverai qualcuno che forse non cancellerà il tuo passato, ma renderà migliore qualsiasi cosa. - 
Lavi scostò le mani dell'altro. 
- Cazzate sparate da un vecchiaccio. - disse uscendo via dalla camera. 
Tyki si concesse un tiro più lungo degli altri. 
Dopo qualche secondo una cameriera entrò nella camera. 
- Ho visto il conte Lavi, uscire furioso da qui, posso far qualcosa? - 
- Ehi, pensi che io sia un vecchiaccio? - 







- Se il mattino ha l'oro in bocca il mio ha il letam.. - Allen fu gettato per terra da qualcosa. 
Si massaggiò il fondo schiena trattenendo un paio di imprecazioni. 
La sua attenzione fu catturata da un piccolo gemito. 
- Ahia ahia ahia. -  Pochi metri più in là c'era qualcuno, una ragazzino. 
Era raggomitolata su se stessa, aveva un vestito bianco tutto fronzoli e merletti, aveva il viso rivolto verso il pavimento, e s'intravedeva solo una massa di capelli neri corti quasi tendenti ad un blu violaceo. 
- Ehi, scusami, ti sei fatta male? - 
La ragazzina si girò con le lacrime agli occhi tentando di dire qualcosa, però alla vista di Allen i suo enormi occhi dorati s'illuminarono. 
Prese le mani del ragazzo tra le sue,  e gli disse: 
- Il conte mi aveva parlato di un nuovo maggiordomo, Tyki prende sempre e solo i migliori, sembri una ragazza, immagino che te l'abbiano già detto, però davvero credevo fossi una cameriera ma ora che ti guardo vicino sei abbastanza maschile. - 
Una valanga di parole dette senza riprendere fiato, una certa malizia in ogni sillaba, e vari insulti alla sua virilità, intontirono Allen, al punto che non riuscì a rispondere e si mise a boccheggiare. 
La ragazzina si alzò in piedi e si rassettò il vestitino quasi da bambola. 
- Piacere, io sono Road Kamelot, figlia di Sheril Kamelot, a sua volta figlio del conte. - 
Porse la mano ad Allen, il quale tentò di stringerla ma fu subito tirato su con forza dalla ragazzina. 
- Questo incidente sarà il nostro piccolo segreto. - sussurrò Road facendo l'occhiolino per poi andarsene canticchiando. 
Allen ebbe un brivido, i bambini in quella famiglia crescevano con pane, latte, e malizia? 
Scosse la testa e si avviò verso le cucine. 
 
 



- Che storia, non credevo che Nea avesse il coraggio di fare un cosa del genere. - 
esclamò un uomo elegantemente vestito, con i lunghi capelli neri. 
- Nessuno si aspettava una cosa del genere da uno come lui. - disse una donna bionda. 
- Secondo me, era già da un po' che progettava una cosa del genere. - disse ad un tratto Tyki lasciando gli altri interlocutori sorpresi. 
- Sono d'accordo con Tyki. - accordò un uomo, il più maestoso di tutti, mentre continuava a mettere zucchero nel suo té. 
- Spero che la cosa non ho avuto ripercussioni sulla nostra famiglia agli occhi della società, vero, Sheril? - chiese la donna bionda. 
- Nessuna ripercussione, è stato tutto taciuto in tempo, abbiamo messo in giro la voce che fosse tutta una messa in scena ideata da qualche nostro nemico, Lulu bell. -  rispose l'altro. 
-  E per quanto riguarda Nea, Wisely? - chiese  l'uomo continuando a mettere zollette di zucchero nel tè. 
- Sistemato, come richiesto, Conte. - sorrise sadicamente un ragazzo con i capelli bianchi con la fronte circondata da una bandana. 
- Perfetto. - il Conte lasciò cadere l'ultima zolletta nella tazza. 
 
 




- Sei rimasto tutto il tempo qui fuori? Stavi origliando? - chiese Tyki. 
- No, il conte mi aveva fatto promettere di non farlo, ed io mantengo le promesse. - rispose Lavi sorridendo. 
- Sì, certo. - Tyki prese una sigaretta e cercò il pacchetto di fiammiferi. 
- Siete rimasti per ben due ore lì dentro, non posso nemmeno sapere l'argomento principale? - chiese Lavi con una punta di rabbia nella voce. 
- Del tempo, delle mele, del diabete del Conte.. - Tyki si guadagnò un'occhiataccia dal fratello. 
Lavi sospirò. 
- Credevo che ormai queste riunioni segrete non fossero più un problema per me, avevi detto che una volta compiuti diciott'anni avrei potuto.. - 
- Lavi, non sono cose che decido io, il conte è molto volubile, non so nemmeno io cosa frulli in quel cervello pieno di zucchero, ma stai pur certo che avrà un motivo valido per non farti partecipare a queste riunioni. - 
- Però addirittura Wisely che è più piccolo di me partecipa! E anche Maitora che non dice mezza parola. - 
- Wisely è Wisely, conosci bene quello di cui è capace, e per quanto riguarda Maitora, lui ehm, è abbastanza grande, forse ha la mia età, forse. - 
- Jusdero e Debit non hanno partecipato alla riunione solo perché sono in viaggio, e Road non partecipa solo perché non capirebbe niente. - 
- Oh Road capirebbe su questo non ci piove. - ridacchiò Tyki. 
- Allora quali qualità servono per far davvero parte di questa famiglia? - 
- Lavi, tu già fai parte della famiglia. - disse Tyki mettendo una mano sulla spalla dell'altro. 
- Partecipare o meno a queste riunioni "segrete" non cambia niente, e poi ti dirò sono assurdamente noiose, non sai che scocciatura che ti scampi. - continuò ridacchiando. 
Lavi sorrise al maggiore, ma mentre tornavano alle proprie camere non riusciva a non pensare al perché lui non poteva fare cose che agli altri membri erano concesse, come visitare i sotterranei, o partecipare a queste riunioni, o prendere parte agli affari di famiglia, tutto ciò lo demoralizzava. 
 

P.s SPOILERRRRRRRRR: Wisely e Maitora sono due membri della famiglia Noah, se ne volete sapere di più consultate qui: http://dgrayman.wikia.com/wiki/Wisely

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