Aura Luminosa

di Symphonia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bianco come neve e nuvole ***
Capitolo 2: *** Furia Bianca ***
Capitolo 3: *** Una Romantica Proposta ***
Capitolo 4: *** Parlando di Fughe... ***
Capitolo 5: *** Voglio essere tua apprendista! ***
Capitolo 6: *** Tempesta di Mezzo Inverno ***
Capitolo 7: *** Il Vichingo e il Pirata ***



Capitolo 1
*** Bianco come neve e nuvole ***


“Questa è Berk. Un’isoletta abitata da ‘simpaticissimi’ vichinghi, immersa nelle ‘refrigeranti’ acque di Disperazione, semisperduta nelle ‘impercettibili’ nebbie del Nord e costantemente battuta da quella ‘fresca’ tramontana che congela i polmoni. Il miglior divertimento che abbiamo qui sono i nostri animali da compagnia: i draghi. Sì, quelle ‘spaventose creature’ sputa fuoco che volano di qua e di là, terrorizzando tutti. In realtà, sono esseri molto speciali con cui noi abbiamo creato un legame molto speciale, dopo tanti secoli di guerra. Ma questa ormai è finita da un po’ qui a Berk e ora draghi e umani convivono in pace… più o meno.”

            “Drago cattivo! Restituiscimi subito la sella!” lo rimproverò Hiccup.
Quel giorno Sdentato aveva una tremenda voglia di giocare e fare scherzi.
Stava tranquillamente saltellando qui e là nel prato innevato dietro casa, trascinandosi la sella in bocca e lasciando le sue evidenti orme di zampe e scie di coda dappertutto. Il padroncino era costretto ad inseguirlo, nonostante la sua gamba artificiale e continuava a sgridarlo, benché il suo tono esprimeva più divertimento che ammonimento. Ormai metà del suo corpo era bagnato fradicio a causa della neve. Continuarono a rincorrersi per un bel po’ e si allontanarono, finché il drago nero non notò qualcosa di strano volare da meridione, dalla costa. Dilatò gli occhioni verdi e focalizzò la figura; era un corvo con un qualcosa di strano attorcigliato ad una zampa. Accortosi dello strano comportamento del suo drago, Hiccup guardò in cielo e notò lo stesso uccello dirigersi verso casa sua. Sdentato emise un suono simile ad un ringhio.
“Non ti preoccupare, bello…” lo calmò Hiccup “E’ solo un corvo messaggero, non c’è niente di cui preoccuparsi! Sarà sicuramente qualcuno che ha scritto a mio padre.”
Sdentato lo guardò con gl’occhi pieni di curiosità e le tenere orecchie nere alzate, ma il giovane vichingo non gli diede altre informazioni. Si limitò a sorridergli e recuperò finalmente la sua sella che il drago aveva lasciato in custodita e sbavata nella neve. Tuttavia, intuì dallo sguardo di Sdentato la stessa domanda che ora si poneva anche lui: chi mai avrebbe potuto scrivere a suo padre e specialmente da un posto così lontano come l’oltre mare?
Ci rifletté un po’ su, poi fece le spallucce e decise di lasciar perdere. Era convinto che suo padre gliene avrebbe parlato, forse. Sellò il suo drago e se ne andarono a farsi un giro in quella fredda giornata.

            Era fantastico starsene lassù in cielo, fra le nuvole ad osservare il mondo dall’alto, da una prospettiva totalmente diversa. Rendeva il paesaggio magico, sublime. Era tutto così piccolo e diverso da lassù. Hiccup era sempre contento di vedere quel panorama meraviglioso dopo gli sforzi che faceva per volare assieme a Sdentato.
Eh, sì, cavalcare un drago era un’impresa abbastanza impegnativa, ma soddisfacente.
“Che ne dici? Saliamo ancora un po’?” domandò Hic avvicinandosi al muso di Sdentato.
Questo fece un verso di approvazione e le sue ali spiegate sbatterono. Una volta, due, tre e alla quarta erano già in mezzo alla coltre di nubi bianche. Un altro paio di sbattute e finalmente navigarono su quell’oceano bianco dove il sole splendeva senza limiti e il cielo era terso. La Furia Buia decise di planare un po’ su quella coltre creando un’evidente scia e facendo scuotere un po’ il padroncino. Hic sorrise e lo fece salire ancora un po’ di quota. Avvistarono un cumulo di nubi e decisero di girarci un paio di volte attorno ed aumentarono la velocità. Il ragazzo si abbassò sulla groppa del drago per non sentire completamente il vento gelido penetrargli sotto la maglia di lana verde e il gilet di pelliccia marrone. Guardò avanti e le nuvole gli sembravano sempre più bianche, più fitte, finché non sentì Sdentato sussultare.
“Che succede bello?” chiese Hic, non capendo il suo comportamento.
Il drago si guardò attorno e non vide altro che banchi di nuvole uno sopra l’altro, ma era molto agitato. Virò prima a destra poi a sinistra, poi di nuovo a destra mettendo a prova le abilità del cavalcatore, che dovette cambiare velocemente la posizione del piede per poter permettere all’ala artificiale posteriore di mantenere l’equilibrio.
“Ehi, ehi!!” lo riprese il vichingo “Vacci piano! Si può sapere che succede?”
Neanche il drago non sapeva spiegarselo, ma gli sembrava come se ci fosse qualcosa che non andasse.
Continuava a guardarsi attorno, avvertendo una presenza. Allora Hiccup cercò la ragione per cui il suo amico era così agitato, ma non la trovò. A sinistra c’erano solo nuvole tendenti ad un rosa pallido, mentre a destra queste si diradavano e mostravano il vasto mare blu che circondava l’isola. Osservò ancora qualcosa lì intorno, finché non notò le orecchie di Sdentato rizzarsi e lui guardare avanti. Aveva sentito qualcosa, un rumore sospetto.
In men che non si dica, i due vennero letteralmente spintonati via dalla corrente, come se qualcosa li avesse appena urtati. Ma Hic non aveva sentito niente, a parte la sensazione di nausea che gli venne dopo aver visto tutto vorticargli attorno velocemente, troppo velocemente. Stavano perdendo quota. Dopo l’iniziale stupore di quell’incredibile folata di vento, Hic dovette riprendere in fretta il controllo del suo drago e farlo planare. Sdentato si librò e rimasero sospesi in aria, sopra le gelide acque.
“Fiù! C’è mancato poco, eh?” ironizzò Hic, notando la differenza che li separava dallo strato blu delle onde.
Il drago non lo calcolò nemmeno e guardò da tutt’altra parte, più in alto, verso il banco di nubi. Qualunque cosa li avesse travolti in quel modo, aveva lasciato una scia dietro di sé, un lunghissimo tunnel tra le nuvole creato dal suo passaggio e fece capire ai due che la creatura in questione si stava dirigendo verso Berk.
Il viso di Hiccup si rabbuiò e, dando un paio di pacche a Sdentato, decise di seguire quella pista per vedere cosa stava succedendo. Il drago era anche lui deciso a scoprire la verità e sbatté le ali più forte che poté verso casa.

             Alla velocità a cui andavano, non ci misero molto a tornare a Berk. Arrivarono proprio dallo stesso verso in cui arrivò il corvo quella mattina: da sud. Passarono velocemente il porto e sotto Hiccup vide le case passargli veloci come non mai. Era saldamente aggrappato a Sdentato ed aveva come la sensazione che se si fosse staccato in quel momento, non ci avrebbe messo neanche mezzo secondo per volare via lui in persona, cosa che avrebbe voluto evitare molto volentieri.
Scrutò il cielo: la scia proseguiva verso la foresta e loro con lei. Sdentato sbatté le ali più forte, finché Hic non lo costrinse a rallentare e a planare nel bosco dove la traccia finiva. Scesero dolcemente e il drago si mise a fiutare l’aria attorno, ma l’odore dei pini gli offuscava l’olfatto. Il ragazzo invece trovò quel posto molto familiare e ci mise poco per orientarsi. Sentì una specie di ‘crack’ sotto i suoi piedi e controllò cosa aveva pestato di preciso, anche se era quasi sicuro che si trattasse di un ramo. Invece sotto la sua gamba destra - quella buona - c’era una squama semitrasparente. La raccolse, tirò fuori dalla tasca la squama di Sdentato, che teneva per ricordo, e le confrontò. Erano praticamente identiche, anche se sulle prime, a Hiccup sembrò più un pezzo di vetro tagliato a misura. D’istinto lo mise a contrasto con la luce solare e vide che assunse le sfumature dell’iride.
“Wow! Ehi, Sdentato hai visto che bello?” chiese non appena vide l’effetto ottenuto.
Sdentato non poteva non notarlo perché quella squama tralasciava delle piccole tracce di luce arcobaleno un po’ dappertutto, proprio come un pezzo di vetro. Era veramente stupenda.
Poi Hiccup notò che dietro la squama, c’era un buco fra le nuvole, come uno sbocco e capì che era la traccia che stavano cercando di seguire. E notò anche che finiva in punto molto preciso, molto noto a lui e al suo amico.
“Non può essere…” mormorò incredulo.
Si mise a correre a perdifiato saltando tronchi caduti durante le tempeste, evitando rami innevati e cercando di non inciampare nei suoi stessi piedi. Il suo fido drago lo seguì, raggiungendolo e superandolo data la sua grande agilità sulle quattro zampe. Arrivato verso dei grandi macigni, decise di appollaiarsi comodamente su un paio di esse. Anche Hiccup arrivò sul posto e, proprio come aveva immaginato, era finito in quel posto.
Nel covo.
Era quella piccolo bacino di terra in mezzo al bosco, attorniato dalle rocce e dalle radici degli alberi, dove la luce filtrava in mille modi diversi e si rifletteva nel laghetto, ora ghiacciato, circondato dalla coltre bianca che aveva coperto le erbacce e la terra morbida, quasi simile a sabbia. Sdentato era rimasto su quella roccia ad osservare un punto preciso del loro posto segreto e Hic dovette sporgersi tra le pareti per poterlo vedere. S’era messo in un punto quasi cieco dalla sua posizione, ma alla fine lo vide pure lui.
Un drago completamente bianco che sbatteva il muso contro la parete ghiacciata.
Probabilmente aveva fame e voleva procurasi un po’ di pesce. Non ci pensò su molto che s’alzò leggermente in volo, prese la mira e sputò la sua bella ed infuocata palla che esplose proprio come un fuoco d’artificio e spaccò il ghiaccio. Il draghetto contento, immerse il muso e cercò di raccattare qualcosa, ma riemerse quasi subito, scuotendolo.
Hiccup decise di avvicinarsi per poterlo vedere più da vicino. Strisciò lungo la parete, s’aggrappò ad una radice semigelata che gli fece rabbrividire le mani, trovò un appiglio e scese silenziosamente giù verso una sporgenza, sempre sotto lo sguardo attento del suo drago. Quest’ultimo ci mise molto meno e con l’agilità di una pantera arrivò silenzioso fino al laghetto, facendo cenno al compagno di buttarsi sulla sua groppa. Hiccup era un po’ scettico al riguardo,  tuttavia si buttò lo stesso. Finì nella neve con un tonfo sordo e non riuscì a trattenere un gemito di dolore. Subito si ritrovò il musetto nero del suo drago di fronte al suo viso, con gli occhioni verdi che gli chiedevano se stava bene e un piccolo verso.
“Ah, sto bene tranquillo! Fortuna che la neve è morbida!” esclamò, poi si rese conto che avrebbe fatto meglio a tacere.
Si voltò di scatto verso il drago che lo stava fissando con i suoi grandi occhi azzurri, proprio come il cielo limpido di quella mattina. Il suo corpo era completamente bianco, ma s’intravedevano le sfumature color iride provocate dai raggi del sole contro le sue squame, ma quello che lasciò Hiccup veramente di stucco, a bocca aperta, era la forma di quel drago.
Perché era completamente identico a Sdentato.



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- Ok, è corto. Troppo corto! Ma secondo voi, cosa dovrebbe fare una persona a cui balnea in testa un'idea e la vuole condivere con gli altri? Avessi le mani più veloci... Almeno scriverei cose più lunghe... Vabbé! Signori, questo era il prologo della mia storiella. Non vorrei scrivere nulla di che, solo un'idea balzana che mi è venuta in mente vedendo il film qualcosa come 30.000 volte e che ha continuato a frullarmi per la testa e per cui alla fine mi sono detta: "Perché no?". E giuro che farò tutto quello che posso per rendere al meglio la mia storia.
Sperando di avervi incuriositi un pò...





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Capitolo 2
*** Furia Bianca ***


                    Hiccup guardava il drago con gli occhi sbarrati e il drago bianco scrutava lui, quasi spaventato. Lo notò dal suo comportamento: corpo e orecchie abbassate, occhi che diventavano delle fessure, ali pronte a spiccare il volo. Il giovane vichingo non si lasciò intimorire e gli si avvicinò piano piano, con cautela, tendendogli la mano, mentre Sdentato lo seguiva con gli occhioni dilatati.
“Tranquillo, piccolo… Non ti facciamo niente.”
Questo fece un verso molto basso e spostò il peso sulle zampe posteriori. Ma quell’essere umano non voleva smettere di venirgli incontro. Lo fissò con tutta la rabbia che aveva, ma niente poteva fermarlo. Era deciso a venirgli amichevolmente incontro.
“Davvero… Non devi avere paura.” mormorò con tono sereno.
Allora, gli occhi del drago vacillarono. Gli sembrò di ricordare qualcosa e la paura si trasformò timidamente in gioia.
Ora il draghetto era più rilassato, anche se non osava avvicinarsi spontaneamente al ragazzo. Lasciò che questi venisse da lui. E continuò a scrutarlo con i grandi occhioni azzurrastri e le orecchie, sfumate ora di un roseo albore, alzate. Sentì il profumo di aria marina avvicinarsi alle sue narici, finché il palmo della mano non gli accarezzò il muso. Il drago bianco emise un verso più acuto, simile ad uno sbuffo e lo guardò dritto negli occhi.
Il ragazzo aveva gli occhi verdi, calmi e rassicuranti e il suo respiro non era quello di un essere spaventato, bensì regolare e fiducioso. Tutto questo al drago parve strano, ma non così tanto da diventare diffidente.
Sdentato invece, guardava i due in modo sprezzante, quasi ingelosito e decise di avvicinarsi anche lui per far vedere chi comanda. Con un verso a metà tra uno sbuffo scocciato e un ringhio, Sdentato mise da parte Hic e fissò il nuovo arrivato con gli occhi simili a quelli di un lupo irritato. I due si guardarono faccia a faccia, anzi, muso a muso sarebbe meglio dire, per lunghi istanti e la somiglianza parve a Hic veramente incredibile.
Erano praticamente identici, se non fosse stato per alcune piccole differenze che sembravano accidentali.
Ad esempio, le ali di Sdentato erano un po’ più corte di quelle del drago bianco, mentre quest’ultimo era più basso per via delle zampe relativamente più corte. Sicuramente non sarebbero mai riusciti a correre alla stessa velocità per lunghi tratti. Anche le ali sulla coda erano sostanzialmente di grandezza diversa, probabilmente per la legge di madre natura del mantenere l’equilibrio in volo, così come le orecchie che erano quasi il doppio più larghe di quelle della Furia Buia.
E poi c’erano le differenze più visibili: il colore e la fiamma. Se Sdentato non aveva problemi a mimetizzarsi nel cielo notturno, quel drago bianco tra le nuvole era praticamente impercettibile. E se il fuoco di Sdentato sembrava un tuono pronto ad esplodere, quello del suo gemello sembrava più un fuoco d’artificio o un fulmine scoppiato a ciel sereno per quanto li riguardava.
Hic trattenne il fiato.
Li trovava entrambi meravigliosi così, uno di fronte all’altro, senza che facessero niente, che lasciassero i grandi occhi che avevano in comune, parlare. Non avrebbe nemmeno pensato di dire qualcosa in quel momento così magico e continuava a posare gli occhi prima sull’uno poi sull’altro, finché le figure non si mescolarono.
“Per il sacro Odino! Sono pure peggio di Testa di Tufo e Testa Bruta!” disse fra sé e sé.
Non appena lo sentirono parlare, nonostante avesse cercato di farlo a voce più bassa che poté, i due draghi si voltarono simultaneamente a guardarlo con la stessa espressione di smarrimento. Hiccup respirò a fondo la gelida aria di quel giorno e la espirò altrettanto a fondo. Li riguardò per bene ed in effetti ammise che gli ricordavano due gemelli come Testa di Tufo e Testa Bruta, solo infinitamente più dolci negli sguardi.
“Ehm… Hai fame? Al villaggio c’è tutto il pesce che vuoi!” fu la prima cosa che gli venne in mente da dire in quella situazione e gli sembrò pure la più stupida.
Sdentato sembrò reagire in maniera permalosa a quell’invito e li precedette saltando su per le rocce agile e veloce. Il drago bianco lo osservò affascinato nel suo numero e fece qualche passo felpato vicino alla parete. Preparò bene le zampe e cominciò anche lui a saltare sulle rocce, ma con meno successo. Capitombolò giù e finì nella neve proprio come Hiccup poco prima.
“Mi sa che quelle zampe corte non lo aiutino…” borbottò guardando i suoi goffi tentativi di scalare la roccia semigelata.
La graffiava, si aggrappava ai rami e cadeva. Saltava a zig zag, scivolava e cadeva. E ovviamente, tutto questo divertiva un mondo Sdentato che lo guardava dall’alto, accomodato sulla coltre di neve, vicino ad un pino che dava sul dirupo.
Il draghetto bianco, cercava in tutti i modi di imitarlo, ma ogni volta che riusciva ad arrivare a metà scalata, per qualche ragione, ruzzolava sgraziatamente giù. Più Hiccup lo guardava e più quel drago gli ricordava la situazione che viveva prima della cattura di Sdentato. Era profondamente cambiato da quel giorno, aveva capito che la loro amicizia proibita e ciò che imparava da essa era il suo maggior punto di forza, quello che lo differenziava dagli altri vichinghi, rendendolo alla fine il più speciale.
E ora quel drago bianco era nella sua stessa situazione.
Cercava di imitare uno che era simile a lui, non riusciva a trovare un’altra via d’uscita e di certo il compagno non lo aiutava. Se ne stava lì sopra a guardarlo letteralmente dall’alto in basso, con lo sguardo trionfante.
“Vola via.” suggerì di colpo, fermando il drago prima che potesse riprovare di nuovo.
Questo lo studiò con uno sguardo più determinato e penetrante. Si fissarono a lungo, poi il draghetto bianco decise di staccarsi dalla parete, con lo stupore di Sdentato decretato dal rizzarsi delle sue orecchiette nere e del notevole dilatamento delle pupille. Ora il suo sguardo accompagnava ogni sua mossa. Sembrava essersi guadagnato più rispetto dal drago nero. Cerchiò una mezzaluna di orme fino al laghetto ghiacciato e si preparò per prendere la rincorsa, guardando dritto negli occhi la Furia Buia. Cominciò a prendere velocità e saltò sul primo spuntone sicuro che trovò. Ora saltò più agile su una altro e poi su un’altra sporgenza ancora.
Hiccup seguiva con lo sguardo il suo nuovo amico. Si preoccupò molto quando lo vide perdere di nuovo l’equilibrio e rischiare di cadere. Determinato, non volle cedere e agguantò una radice giusto in tempo, ma ormai le zampette non avrebbero permesso un altro sforzo di quel genere e il drago aveva tutta l’intenzione di non voler volare. Questo non significava però non utilizzare le ali. Scaltramente, il drago bianco si aiutò con un battito a darsi la spinta per raggiungere una sporgenza più ampia. Gli mancava poco per raggiungere la cima e Sdentato ora lo guardava curioso. Sembrava chiedersi se ci sarebbe riuscito.
L’amichetto aveva ormai capito il trucco, quindi quel pezzo gli sembrò molto più facile, se non per l’ultimo sforzo, dove le zampe posteriori dovettero spingere un bel po’ per non farlo finire di nuovo a terra. Fece una bella capriola neve fresca, orgoglioso dell’impresa che era riuscito a compiere e decise di rotolarsi ancora un po’ in quella soffice coperta.
Hiccup prese il solito stretto sentiero che gli permetteva di arrivare al covo e raggiunse il suo drago, che guardava il gemello leggermente compiaciuto.
“Qualcosa mi dice che l’hai fatto apposta.” lo stuzzicò, cominciando ad avviarsi verso casa.
Sdentato emise un goffo brontolio e se ne andò veloce come un felino, superando il nuovo arrivato. Hic gli fu dietro e fece cenno al drago bianco di seguirli. Questo si sentì in dovere di lasciare il divertimento appena scoperto e di andargli dietro. Mentre passeggiavano per il sentiero, Hic affiancò Sdentato ed iniziò a rimuginare qualcosa sottovoce, attirando l’attenzione dell’amico. Gli diede un’occhiata d’intesa e pensò un po’ a come spiegargli il suo pensiero.
“Sai, stavo pensando… E’ vero che ti assomiglia,” e già a questo punto, il borbottio di Sdentato divenne molto basso e seccato “però non è una Furia Buia! Cioè forse sarà sempre una Furia, ma non Buia. Mi stavo per l’appunto chiedendo come chiamarlo… Tu che ne dici di Furia…”
Il drago nero neanche lo ascoltò e volse il muso da tutt’altra parte, continuando per la sua strada.
“Andiamo, Sdentato! Non sarai mica geloso?”
Questo si fermò di colpo e rizzò le orecchie. Segno di avvertimento. Sentiva qualcosa nell’aria.
Il vichingo controllò l’ambiente circostante, ma non sentì niente e non vide niente di particolare. Ma poi, ascoltando più attentamente, sentì un brusio in lontananza. Ormai erano arrivati ai margini più esterni del bosco, per cui ogni singolo forte rumore proveniente dal villaggio era chiaramente udibile.
Anche l’amico bianco lo notò e per qualche inspiegabile motivo si mise a correre verso la costa abitata. E Hiccup e Sdentato dietro di lui.

            Il giovane vichingo non mancò qualche accidentale scivolata e la Furia Buia qualche miracolante presa al volo, ma scesero comunque giù per la discesa a gran velocità. Il drago bianco era primo fra tutti e tre. Correva incessantemente verso la folla di gente che si era raggruppata alla piazza del villaggio.
“Gente di Berk…” proclamò il gigantesco vichingo vestito della sua solita tunica verde con sopra le piastre da combattimento e avvolto nella calda pelliccia d’orso bruno. Stoick era in procinto di fare un discorso, quando questa creatura tutta bianca gli saltò oltre la folla sulle sue spalle per buttarsi poi addosso ad un’altra persona.
Hiccup e Sdentato arrivarono lì giusto in tempo per poter vedere la scena. Si erano tutti ammassati lì, attorno a quel drago che non avevano mai visto e che stava leccando una ragazza che nessuno aveva mai visto. E questa stava ridendo come non mai, nonostante fosse appena stata buttata a gambe all’aria.
“Va bene, va bene! Ho capito! Luminosa, adesso basta, per favore!” esclamava ridendo e cercando di non farsi sbavare il farsetto in cuoio e il cappuccio. “Ti prego, smettila! Luminosa…”
“Luminosa?” domandò Hic, sbalordito.
Quindi quel drago bianco era già ammaestrato da qualcuno. Da quella ragazza che ora si stava rialzando sui gomiti e che ‘Luminosa’ stava riempiendo di coccole. Quando si rialzò vide che era piuttosto mingherlina e non arrivava all’altezza di Astrid. Portava una farsetto di cuoio marroncino con una cappuccio avvolto dal peluria chiara, una maglietta di lana pesante con le maniche svasate attorcigliate da dei spaghi sugli avambracci e dei lunghi pantaloni neri. Portava gli stivaloni coperti dalla peluria d’orso proprio come la maggior parte dei vichinghi su Berk.
“Questa…” cercò di spiegare Stoick, ricompostosi “è Aura, la figlia del capo dei vichinghi del sud, Guglielmus Tremendous II, grande conquistatore che ora governa come duca sulle terre della Normandia e mio caro amico.” presentò poi con tono fiero.
La ragazza con le code legate poco sotto le orecchie e cadenti sulle spalle, fece un nervoso sorriso. Venne subitò accerchiata dalla maggior parte degli abitanti che cominciarono a chiederle ogni sorta di cosa dal suo luogo di provenienza. Non rispose a molte domande, più che altro perché ne fu sommersa, mentre l’altro figlio del capo la guardava incredulo.
“Da quando siamo divisi in vichinghi del nord e vichinghi del…”
“E’ una concezione di tuo padre, Hic. Lascia perdere.” lo bloccò Skaracchio prima che cominciassero a discutere fuori al freddo sulla citata divisione della tribù.
“Lasciatela respirare, per l’amor di Odino! E’ nostra ospite, avrete tutto il tempo per domandarle quello che volete!!” sentenziò poi l’Immenso con quel suo vocione profondo e pieno di rispetto.
La gente pian piano si disperse e in pochi minuti tutti ritornarono alle proprie faccende un po’ delusi, tutti tranne alcuni bambini che rimasero a contemplare il drago bianco. Ma questi non s’interessava molto a loro, certamente non quanto s’interessasse alla sua padroncina.
Stoick la condusse verso il gruppo di suo figlio e anche il drago li seguì. Osservò il gigantesco vichingo presentare i piccoli guerrieri uno ad uno: c’erano i gemelli Testa di Tufo e Testa Bruto che aveva sentito nominare, Gambedipesce, un ragazzo grassoccio e paffutissimo con i capelli simili a paglia, Moccicoso, un ragazzo che sembrava un duro, Astrid, un’altra ragazza con i capelli biondi intrecciati e il gonnellino ricoperto da borchie e Hiccup, che ormai conosceva benissimo e sapeva che era una persona molto simpatica.
“… E questo è tutto. Mi raccomando, l’affido a voi fino all’ora di cena.” concluse Stoick e se ne andò insieme a Skaracchio a concludere le loro di faccende.
“Ma certo papà, non ti preoccupare!” gli urlò dietro il figlio con tono un po’ svogliato.
Luminosa li ricontrollò uno ad uno e scambiò con la sua padroncina un’occhiata d’intesa. Aura le sorrise e le diede una grattatina sotto le orecchie proprio dove piaceva a lei, mentre Sdentato le guardava sempre in maniera un po’ presuntuoso. C’era qualcosa che gli puzzava in quelle due. Specialmente quando la ragazza cercò di avvicinarlo.
“Ehi, tu sei una Furia Buia… Tranquillo, piccolo… Non ti faccio niente.” mormorò serenamente porgendogli la mano.
Sdentato fece per arretrare il muso, ma qualcosa lo stava letteralmente trascinando. Era un odorino che gli stuzzicava le narici e lo faceva avvicinare alla mano sempre più. Alla fine, Aura riuscì ad accarezzarlo senza troppi problemi ed effettivamente Sdentato scoprì che il suo era un tocco molto gentile e delicato.
“Che strano. Di solito non fa così.” osservò Hic.
“Ti rivelo un segreto…. I draghi adorano l’odore del sale! E anche per questo che preferiscono il pesce di mare a quello di fiume.” gli sussurrò Aura facendogli l’occhiolino. “Visto che non c’era niente di cui aver paura?” domandò poi al drago nero.
“Questo spiega perché prima quel drago bianco prima non è scappato…” ripensò il giovane vichingo.
Sdentato ritirò il muso quasi offeso dal fatto di essersi lasciato ingannare così facilmente e se ne tornò dal suo padroncino, lasciando gli altri ragazzini blaterare in pace. Le fecero fare un giro per il villaggio mentre lui li accodava assieme al suo ‘gemello’ bianco. Erano arrivati ad un punto della conversazione che trovò interessante, così rizzò le orecchie per poter sentire meglio.
“E quindi il tuo drago si chiama Luminosa?” chiese Hiccup, per assicurarsi di aver capito bene.
“Esattamente. Le ho dato questo nome perché la prima volta che l’ho vista volare, mi era sembrata una nuvola luminosissima a causa del sole che le batteva sulle scaglie… Vero, piccola?” chiese voltandosi.
L’amica rispose con un verso allegro e scodinzolando un po’ e Hic e Aura si scambiarono un sorriso. Un gesto che a qualcuno non sfuggì di certo.
“E dimmi…”  Astrid s’intromise letteralmente tra i due “Da quanto tempo l’addestri?”
“Astrid…” la riprese Hic.
“Che c’è? E’ solo una curiosità… Allora?”
“I-io? Beh… Da un paio di lune se non sbaglio…”
“Anche noi!” intervenne Moccicoso col suo tono da avances, ma nessuna delle due gli badò molto.
“Ma davvero? Hic da molto di più invece!”
“Sul serio? Allora ti faccio i miei complimenti allora: sei il primo vichingo che abbia mai montato un drago. Lode a te!”
Hiccup ringraziò con un sorriso sia il complimento sia il tono di ironia che la nuova arrivata aveva usato. Sapeva che non lo faceva in mala fede. Poi cercò di tornare all’argomento che invece interessava a lui.
“Sai, noi abbiamo il compito di catalogare nuove specie di drago e…”
“E Hic e Sdentato ne hanno abbattuto uno enorme! L’abbiamo d-denominato Morte Rossa! Ha-ha gli occhi piccoli e-e…” cominciò a balbettare Gambedipesce estasiato.
“E non sarebbero mai riusciti a vincere senza il mio provvidenziale aiuto.” si vantò Testa di Tufo.
“Ma cosa dici? C’ero anch’io lì con te, idiota!” Testa Bruta lo picchiò sulla testa e i due gemelli si ritrovarono in un’altra delle loro litigate. Moccicoso e Gambedipesce cercarono di farli smettere a malavoglia.
“Morte Rossa?”
“Il drago che regnava sul nido dei draghi e li controllava.” spiegò in breve Hic.
“Un po’ come un’ape regina con le sue operaie.” aggiunse Astrid.
“Ho capito. Quindi catalogate nuovi tipi di drago?” chiese ancora la ragazza castana.
“Già e sarei curioso di sapere come la definiresti tu, Luminosa. Perché se non hai un nome per la sua specie, io stavo pensando a…”
“Furia Bianca.” conclusero i due all’unisono.
Si stupirono entrambi di quella risposta e si guardarono negli occhi. Verde nel verde. Alla fine, ci risero su insieme.


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Ta-ta-daaaa... Mi avete scoperto. Il titolo della storia non è nient'altro che i nomi delle due nuove arrivate messi assieme. Che originalità eh? Ah, però in un certo senso sono contenta di essere riuscita a scrivere questo pezzo. Luminosa era un personaggino che avevo in mente tutto il tempo e non sapevo come sarebbe dovuto essere come drago, così ho scelto una versione modificata di Sdentato, perché la trovavo un'idea simpatica... Ma forse voi la troverete sciocca.
Ehm... Non si nota che Astrid è un pochino gelosa di Aura, vero? XD

Spero comunque che la storia sia piacevole fino a qui. :)






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Capitolo 3
*** Una Romantica Proposta ***


                            Durante la cena nella sala del consiglio, Aura fu nuovamente tempestata di domande e circondata dalla folla. La sua popolarità era dovuta al fatto che era estranea a loro e che provenisse da una tribù vichinga molto più numerosa di quella di Berk. In molti si aspettarono da lei di sentire storie avvincenti sulla conquista della Normandia, ma non fu così.
Parlarono per lo più di draghi.
Aura era rimasta senza parole quando scoprì che a Berk, draghi e umani andavano d’amore e d’accordo, nonostante gli svariati secoli di guerra. Allora gli abitanti fecero a gara per raccontarle la storia di Hiccup e Sdentato e della battaglia contro la Morte Rossa. Lei annuiva ed ascoltava attentamente, ma il suo sguardo un po’ disorientato, suggeriva una certa assenza. Da un buchetto nella folla scorse Luminosa gustarsi un buon merluzzo islandese e sorrise.
Stoick e Skaracchio la osservavano da un tavolo un po’ più lontani e discutevano, come al solito, da buoni amici con un boccale di birra tra le mani. Stoick era particolarmente allegro quella sera.
“Non trovi che sia fantastico? Pare che il nostro vecchio Guglielmus verrà presto a trovarci!”
“Sì, fantastico. Quella vecchia testa calda dovrà raccontarcele di cose!” rispose Skaracchio studiando il pollo infilzato sulla sua mano intercambiabile.
“E’ vero. Le sue conquiste giù nel grande continente sono delle vere leggende ormai!” continuò ad elogiare il capo tribù non notando il tono sarcastico dell’amico.
“Certo, certo… ma a te non sembra strano che abbia una figlia?”
“E perché dovrebbe? Quell’uomo ha diritto come tutti noi di avere un famiglia.”
“Non intendevo questo… Non ricordo che fosse sposato, l’ultima volta che ci siamo visti.”
“Sarà stato almeno quindici anni fa! Avrà trovato una pollastrella giù al sud, sicuramente. Suvvia Skaracchio, non t’impunterai adesso su una così banale…” disse con tono gioviale Stoick, staccando un’ala abbrustolita dal pollo che invece aveva di fronte a sé.
“Sarà…” borbottò Skaracchio passando la lingua sul suo dente finto. “Però c’è qualcosa che non mi torna.”
Continuò a fissare la ragazzina da lontano. Era giovane quanto il gruppetto di ragazzi della loro isola, questo era certo. Aveva dei folti capelli castano chiari, legati in due code sotto le orecchie che si adagiavano morbidamente sulle spalle. La frangia invece l’aveva tirata indietro e le creava una soffice collinetta sul capo. Gli occhi erano di un verde abbastanza acceso, le orecchie rotonde, il naso un po’ a patata e sulle guancie era cosparsa di lentiggini. La squadrò ancora un po’ e poi fece le spallucce, lasciando perdere inutili assurde ipotesi, come gli aveva consigliato Stoick. Si voltò e addentò il suo cosciotto di pollo.
Intanto la gran parte del gruppo dei ragazzi s’era unito alla tavolo di Aura, così Hiccup e Astrid rimasero a cenare da soli. Parlavano del più e del meno, di quello che era successo negli ultimi giorni e Astrid era eccitata e continuava a ripetere di essere riuscita a fare un’acrobazia degna di questo nome. Hic le sorrise e annuì bevendo dal suo bicchiere un po’ della rossa bevanda calda.
“E se fuori dalla portata di Berk ci fossero molti altri draghi che noi ancora non conosciamo?” domandò poi, cambiando argomento.
“Che intendi dire?”
“Che noi conosciamo per lo più i draghi che sono citati nel libro o che vivevano al nido nel Helheim’s Gate. Aura viene dalla Normandia e ha detto lei stessa che qui ci sono dei draghi a lei sconosciuti e che le ci sono voluti cinque giorni e mezzo di volo per arrivare fin qui. Noi non abbiamo mai volato per simili distanze, Astrid. Chissà quanti altri tipi di draghi ci possono essere là fuori…” le spiegò il giovane.
La ragazza sospirò e scosse leggermente la testa. Gli occhi azzurri lo osservarono; teneva il mento appoggiato sulla mano destra ed era incantato su uno Sdentato intento a mangiucchiare la sua razione di pesce. Aveva un’aria sognante e piena di aspettative, proprio come quella di un bambino. Sorrise, capendo che non poteva farci nulla con quel suo lato avventuroso. Ma a lei il suo Hic piaceva esattamente così com’era.
“E allora che vorresti fare? Un viaggetto con Sdentato per il grande continente?” c’era del divertimento nella sua voce.
“Non sarebbe poi una così cattiva idea, no?” chiese Hic, completamente serio invece.
Gli occhi della ragazza si sbarrarono di colpo.
“Tu sei proprio pazzo.” sentenziò poi bevendo dal suo boccale.
“Andiamo, Astrid!” esclamò, neanche ascoltandola. “A vedere il mondo fuori da Berk, intendo. Andiamo là dove una nave ci metterebbe troppo tempo ad arrivare, mentre noi molto di meno. Scopriamo il mondo!”
“Il vin brulé deve averti dato alla testa, Hiccup. E poi spiegami cosa c’è di male nel rimanere a Berk?”
“E tu allora spiegami cosa c’è di male nel voler vedere il mondo?“
Erano entrambe domande con delle risposte diverse, ma comunque incomplete. Si fissarono incessantemente per lunghi istanti con i brusii, le chiacchiere e le risate del resto della tribù in sottofondo. Erano entrambi testardi e entrambi volevano la risposta l’uno dall’altra.
“Facciamo un tentativo!” cercò di convincerla il ragazzo.
“Io e te?” domandò Astrid, incredula.
“Solo io, te e i nostri draghi, ovviamente. Ma se non vuoi venire…”
“Non ho mai detto questo, però… Mi dispiacerebbe lasciare qui la mia famiglia.” ammise poi la bionda, guardando altrove. Odiava dimostrarsi debole.
“Ma non sarà per sempre. Facciamo un viaggio breve! Vediamo fino a dove possiamo arrivare in… due giorni di volo, va bene?” insistette Hiccup, cercando al contempo un compromesso quasi disperato. “Non ti sto di certo chiedendo di fuggire di casa…” sbuffò poi.
“No, mi stai chiedendo di fuggire con te, che non è poi così diverso...” gli fece notare la ragazza e lui arrossì. “Ma… ci penserò su.”
Si rimisero a mangiare la loro cena, seduti uno di fronte all’altro. L’argomento era ormai esaurito, Hic non avrebbe potuto far altro che insistere, ma sapeva che non era una buona idea. Rischiava di farla arrabbiare sul serio e la prospettiva delle conseguenze non era delle migliori e non lo allettava neppure. Quante lo aveva picchiato? Tre? Forse erano di più. Buttò comunque un occhio sulla ragazza e vide un sorriso sulle sue labbra, mentre tagliuzzava il pezzo di pollo. Capì che la sola idea di andarsene loro due da soli le aveva fatto piacere. O forse le piaceva soltanto la cena di quella sera. Non sapeva quale delle due opzioni era la corretta.
Cercò un altro argomento di cui parlare che non fosse la nuova arrivata. Aveva già visto che ad Astrid non piaceva quel tema. Optò per uno che lei gli aveva accennato ma che non avevano approfondito ancora.
“Intanto che ci pensi su, che ne dici di farmi vedere questa fantastica acrobazia che avresti imparato?” le domandò il ragazzo con tono allegro.
Astrid alzò lo sguardo interessata.
“Adesso?” chiese atona.
“Dopo cenato.” specificò il ragazzo, ma non ebbe risposta. “Non ti va di fare un giro notturno con me?” le propose con un tono molto più smielato.
Astrid non poté fare a meno di sorridere.
“Hiccup…”
“Sì?”
Si sporse dal tavolo, fino ad avvicinarsi alla sua faccia e capì subito di averlo messo in soggezione. Era diventato rosso come un pomodoro e le sue dita si stavano aggrovigliando e giocherellavano nevrotici, invece di tenere le posate.
“Ti suggerisco di smettere di ascoltare i consigli di Moccicoso sul fattore avances.” concluse poi, con un sorrisetto soddisfatto sul volto. Poi si alzò e si diresse verso l’enorme porta che dava sul gelido villaggio. “Dai, andiamo.”
Le piaceva avere l’ultima parola, ma le piaceva ancor di più vedere Hic balbettante come quelle volte in cui non lo calcolava nemmeno. S’avvicinò a Tempestosa, che se ne stava in fondo alla sala con gli altri draghi, e le diede un paio di delicati colpetti al collo per avvertirla che se ne stavano andando. Hiccup s’alzò dal tavolo sospirando e sfoggiando un mezzo sorriso come se fosse felice di esser stato beccato. Doveva immaginarselo fin da subito che Moccicoso era la persona meno indicata da cui prendere spunto. Appena arrivato al portone si ritrovò Sdentato che quatto quatto, l’aveva raggiunto in un batter d’occhio senza doverlo chiamare.

                        Era una serata limpida per essere inverno inoltrato. Le stelle erano luminosissime e le nuvole sembravano distanti chilometri all’orizzonte e coprivano la luna. I due giovani vichinghi montarono sui loro draghi e spiccarono il volo in quella fredda nottata senza pensarci troppo. Sorvolarono tutto il villaggio. Visto dall’alto era un ammasso di tetti neri e di ponti di legno, avvolto dai boschi semi-verdastri e il tutto era coperto dalla coltre bianca. Quella sera, il mare suonava un’armoniosa melodia di onde.
Volarono oltre il porto, verso il mare e salirono di quota ancor di più. Notarono che le nuvole si stavano avvicinando. Non erano così lontane come loro credevano, ma ad Astrid andava bene lo stesso. Ordinò a Tempestosa di prendere un po’ di velocità, mentre Hic chiedeva a Sdentato di rimanere sospeso in un punto preciso per non finire addosso alle due.
Astrid salì verso il banco di nubi e scese giù in picchiata, facendo un grande buco tra i pesanti veli grigiastri. Riuscì a controllare bene la distanza che la separava dal mare, grazie alle torce che erano state accese su alcuni scogli in mezzo al mare, lontani un paio di chilometri dal molo. Al posto di planare, fece un bel po’ di giravolte verso destra e poi Tempestosa riaprì le ali e passarono lateralmente tra due scogli molto vicini fra loro. Hic era rimasto ad osservare tutta l’esibizione e sorrise soddisfatto. Astrid lo raggiunse in fretta e lo affiancò.
“Allora? Che te ne pare?”
“Diventi ogni giorno più brava.” si complimentò lui, sorridente.
“Grazie maestro!” fu la sua risposta divertita.
I due cavalcarono il cielo insieme per un po’ sulla coltre grigiastra e salendo notarono che diventava sempre più bianca e densa. Scoprirono un vero e proprio regno di nubi con tanto di gigantesche torri bianche. La luna era la regina splendente di quel vasto reame. Le stelle sembravano così vicine da poterle toccare, prenderle in mano e portarle a casa. La loro pallida luce risaltava quella della loro regina che fece indossare al suo cielo la corona boreale, offrendo alla coppia uno spettacolo perdifiato. I due rimasero sui loro fidi destrieri a solcare il cielo, a guardare quella vastissima infinita cupola ed erano talmente incantati che non notarono il cambio d’umore dei loro draghi.
Sarebbero volentieri rimasti lassù per sempre, ma sapevano che presto sarebbero dovuti tornare a casa, perché non avevano avvertito nessuno della loro uscita e probabilmente si sarebbe scatenato il putiferio se non sarebbero tornati.

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Capitolo 4
*** Parlando di Fughe... ***


                Erano atterrati dolcemente nei pressi del porto e camminavano vicini sui ponti, parlando del più e del meno, seguiti dai loro draghi. Nulla di strano fino a lì, era tutto come al solito. Tranne per il fatto che si sentivano osservati. Più volte da quando erano scesi a terra, Astrid buttò un occhio lì attorno, ma non vide anima viva.
Lentamente, il villaggio era andato a dormire. C’era il solito vichingo che faceva un giro di guardia con la torcia nei pressi del piazzale - nonostante non ci fosse il pericolo di altre razzie - e nulla di più. Passarono di fronte alla bottega di Skaracchio e Hic dovette fare uno sforzo enorme per non scivolare sul ghiaccio e fare la sua solita bella figura. Colpa di quella stupidissima gamba artificiale. E come al solito, Sdentato fece in modo che non cadde.
“Grazie, bello.”
“Sei un bravissimo drago, Sdentato.” si complimentò la ragazza.
Questo fece un verso compiaciuto e affiancò il padroncino, mentre l’Uncinato lo imitava e si mise alla sinistra di Astrid. Camminarono ancora per un po’, in silenzio, sotto la luna adesso timidamente nascosta dietro le nuvole. Hic alzò lo sguardo dal terreno bianco sulla ragazza bionda, che accarezzava la sua Tempestosa. Poi posò lo sguardo sulla mano libera e avvicinò la sua per prenderla. Nel momento esatto in cui gliela sfiorò, sentì qualcosa di pesante cadergli addosso e farlo ruzzolare giù per la via semighiaccata.
La neve attutì la caduta di schiena del ragazzo, che non appena senti il gelo entrargli da ogni parte del corpo riaprì gli occhi tremanti. Per un attimo pensò di essere stato investito da una valanga, dato che era coperto di bianco, ma toccandolo sentì che era troppo ruvida per essere neve. Questa aprì gli occhioni azzurrastri ed emise un rantolo. Hic tirò un sospirò di sollievo, quando vide che a cadergli addosso era stata Luminosa con le sue gigantesche ali che le facevano da guscio. Lei fissò il ragazzo, che le abbozzò un sorriso e sentendo il suo odore, si allontanò leggermente.
Tremava come una foglia. Tremavano le ali, la coda, persino la sua pelle ricoperta di scaglie. A Hic parve strano che un drago potesse soffrire così tanto il freddo, ma quando si avvicinò per calmarla, questa lo scansò con forza, cercando un riparo, forse, chissà dove. Intanto, scesero giù dalla via scavata nella neve anche Astrid, Tempestosa e Sdentato, che furono lasciati indietro. Erano arrivato fino ad uno spiazzo di terra bianca, vicina ai ponti che davano passaggi accessibili sulla scogliera e al molo. Proprio da quelle parti, giunse anche un’altra persona, di corsa ed urlando.
“Luminosa!” strillava Aura ansiosa.
Il drago bianco si voltò e si mise a correre di scatto verso la padroncina che proveniva dal basso, mentre gli altri raggiunsero Hic, che non smise ti guardare il drago. Si sentiva più rassicurato nel vedere Aura e nel farsi accarezzare da lei.
“Hiccup, va tutto bene?” domandò Astrid preoccupata, una volta tanto e attirando la sua attenzione. Gli occhioni verdi di Sdentato dietro di lei domandavano la stessa cosa.
“Ah, sì. Sono a posto tranquilli.” rispose con tono poco curante, ma sincero.
Si era solo inzuppato i vestiti, però la gamba artificiale, fortunatamente, era intatta e il colpo preso alla schiena già gli doleva meno. Tutto sommato gli era andata bene. Poteva finire su una roccia o contro una casa e farsi male sul serio.
“Sono desolata…” mormorò Aura avvicinandosi. “Sicuro di non esserti fatto niente?”
“Sono a posto, davvero.” la rassicurò, annuendo col capo.
La ragazza tirò un sospirò di sollievo. Si voltò verso il suo drago con una faccia leggermente contrariata.
“Luminosa, se vuoi combattere la tua paura del buio, devi smetterla di scendere in picchiata alla prima persona rassicurante che trovi!” la sgridò con un tono stranamente dolce però.
Probabilmente non era la prima volta che capitava, pensò Hic. Tuttavia quell’argomento stuzzicò a morte la sua curiosità. Astrid però lo precedette prima ancora che lui potesse fiatare.
“Paura del buio? Un drago?” domandò Astrid incredula.
“Ah, avuto una brutta esperienza una notte e da allora si ostina a non voler più volare quando diventa buio. Sennò ci avremmo messo meno ad arrivare e…” spiegava Aura, ma si bloccò non appena notò che i due erano insieme. L’aveva capito pure lei che era nuova, che quei due avevano un legame molto più profondo di una semplice simpatia reciproca. “Credo di aver interrotto qualcosa, quindi se non ti sei fatto male Hic, io toglierei il disturbo…” insinuò, spintonando Luminosa per il muso verso la collina.
Le due sparirono quasi subito dalla loro vista, specie la Furia Bianca per colpa delle sue squame che si mimetizzarono con l’ambiente imbiancato circostante. Tuttavia Astrid continuava a squadrarle in modo sospettoso. Poi si girò verso Hiccup che stava cercando di ripulirsi i pantaloni. Mise le mani sui fianchi e la sua faccia si tramutò in un’espressione seria. Quando Hic alzò lo sguardo, vide un bagliore di furore attraversarle gli occhi.
“Perché sta andando verso casa tua?” domandò secca.
Hic seguì con lo sguardo la scia di orme lasciate dalle due. In effetti, si stavano dirigendo verso la collina dove era ubicata casa sua. Lo sguardo con cui replicò ad Astrid era incerto, senza risposta, dubbioso e per di più aveva alzato le spalle. Proprio non sapeva che risponderle.
Questo deluse molto la ragazza, che sbuffò una nuvola bianca di condensa e incrociò le braccia al petto.
“Io sono praticamente arrivata a casa, per cui… buonanotte.” ribadì con tono più scocciato.
Alzò i tacchi e intimò a Tempestosa di seguirla. Se ne andò con passi veloci e affondamenti rumorosi nella neve. Hic non ebbe il tempo di risponderle, ma aveva capito che adesso era arrabbiata con lui e che avrebbe dovuto trovare un modo per farsi perdonare. Sospirò anche lui una nuvoletta e si diresse verso casa.

            Aprì la pesante porta di quercia e ritrovò Aura ad accarezzare Luminosa, che era in procinto di addormentarsi vicino al focolare. Il drago bianco era accucciato proprio lì davanti e sembrava una specie di enorme masso bianco con una coda dalle scintillanti sfumature aranciastre. Hic pensò, che la scena non era poi così diversa da quello che faceva lui con Sdentato, quando dormiva sul pavimento. Difatti, il drago poteva anche decidere di appendersi ad una trave e dormire a testa in giù. Neanche fosse stato un pipistrello.
“Buonasera…” mormorò con un sorriso un po’ nervoso sul volto.
“Oh, ehi… Hiccup! Come va?” domandò lei, lasciando il suo drago appisolarsi.
“Tutto a posto… Ma cosa ci fai tu…”
“E’ la buona tradizione che il capo tribù offra la sua dimora ai suoi ospiti! Non mi dirai che te ne sei dimenticato?” domandò il padre entrando in casa dietro di lui.
“Ah, no certo papà…” rispose Hic, trattenendo un sussulto. “Beh, se non c’è nient’altro io vado a dormire.” liquidò poi, salendo di fretta la scaletta che lo portava in camera sua.
“Hiccup!” lo chiamò Aura seguendolo in camera. “Spero di non averti causato problemi prima.”
“No, tranquilla. Davvero, è tutto a posto.” le disse il ragazzo, ma non riuscì a nascondere la sfumatura di sarcasmo nella voce.
Il voltò di Aura si rattristì e fece per tornarsene di sotto dove Stoick le stava preparando il letto che di solito usava Hic di sotto.
“Volevo chiederti…” la fermò Hiccup. “Hai attraversato tutto il mare fin dalla Normandia, per cui… dovresti conoscere qualche posto che non sia lontanissimo da qui.”
“Posto?” domandò lei confusa, voltandosi. Lo guardò in faccia e lo vide leggermente nervoso. Capì perfettamente quale era la ragione per cui le aveva fatto quella domanda. “Aaaah… Ma certo! Un posto! E dimmi… quanto lontano vorresti?”
“Due giorni.” rispose secco, mentre Sdentato si preparava a dormire su una trave.
“Di andata o di ritorno?”
“Uhm… a questo non ci avevo pensato…”
La ragazza sospirò e ci pensò un po’ su a braccia incrociate. Mugolò un paio di nomi incomprensibili e fece delle mappe in aria con il dito.
“Sì. C’è… un’isola lontana da qui quasi un giorno di volo, in effetti. Se si parte all’alba, si arriva prima che la luna sia già alta in cielo. Non è male come posto: non c’è neve, sulla costa è pieno di sabbia…”
“Sabbia?”
“E’ come terra o roccia tritata. Molto fine, molto morbida, ti piacerà vedrai. Però fa freddo e le onde intorno all’isola sono piuttosto alte. Ma è un buon posto per una… fuga romantica.” intuì lei, sorridendo.
Hiccup sobbalzò e divenne di colpo tutto rosso. Balbettò anche lui qualcosa, mentre Sdentato dietro faceva quel suono buffo che era la sua risata.
“Cos’hai da ridere tu?” lo rimbeccò “E ad ogni modo, non è una fuga romantica!” riferì poi ad Aura, indicandola mentre sorrideva maliziosa
“La gelosia è un buon segno.” lo informò.
Il vichingo si sentì costretto a cedere. Scrollò le spalle e sbuffò sonoramente. Si diresse verso il letto e ci si sedette sopra, fissando la candela lì vicino.
 “Se lo dici tu…” ammise infine.
La ragazza lo guardò un po’ perplessa e buttò un occhio al resto della stanza. C’erano parecchi disegni appesi un po’ ovunque e raffiguravano quasi tutti draghi o caratteristiche di draghi o ancora dei progetti. C’erano poche candele e la luce veniva prevalentemente dal focolare della stanza di sotto. Poi si volse verso Hic e vide che non era più seduto, ma stava dando una grattata a Sdentato. Poi notò che sul letto c’era qualcosa di relativamente anomalo per uno come lui.
“A cosa ti serve un elmo?” chiese.
Hic si voltò di scatto verso l’interlocutrice che stava girando e rigirando l’oggetto tra le mani, curiosa. Fece una faccia un po’ allarmata e le tolse bruscamente il copricapo dalle mani.
“Ah, questo… No, a niente di che, in realtà. Solo che è… Non ridere, ma è metà del pettorale di mia madre. Mio padre ha l’altro e…” cercò di spiegare timidamente il ragazzo.
“Che gesto dolce regalartelo.” lo troncò con tono sincero e un po’ malinconico.
“Già… Ehi, non ti fa ridere?” si stupì Hic.
“E perché dovrebbe? Me la regalasse mio padre un oggetto che era di mia madre! E raccontami, com’era la tua?” domandò ancora curiosa Aura.
“La ricordo poco, a dire il vero, ma so che era una brava persona. Oh, e che cucinava un ottimo pesce affumicato con castagne.”
I due risero insieme a quella risposta. Hiccup poteva guardò l’elmo con sguardo melanconico e non poté fare a meno di sorridere tristemente al pensiero di sua madre. Sdentato lo raggiunse e gli diede un colpetto sulla guancia. Ricevette una strofinatina sul muso. Poi il suo sguardo si posò d’istinto su quello di Aura e un’idea improvvisa lo folgorò.
“Perché sei venuta a Berk?” domandò di scatto.
La ragazza strabuzzò gli occhi e vacillò un po’ prima di rispondere. Sembrava quasi che non l’avrebbe voluta dire. Lo sguardo insistente del ragazzo la convinse a svuotare il sacco.
“E’ una vacanza.”
“Vacanza da cosa?” s’ostinò a chiedere il ragazzo. Sentiva che c’era sotto qualcosa.
“Dalla Normandia, da mio padre e… da tutto il resto.” sospirò lei.
“Quindi sei fuggita!” concluse Hic.
Aveva colto nel segno. Glielo si poteva leggere in faccia, in quei suoi occhi verdi che aveva ragione. L’espressione di Aura si tramutò da cupa e vacillante in un sorriso piuttosto nervoso.
“Non è una vera e propria fuga. E’ solo… un viaggetto in incognito, ecco tutto.” rispose bruscamente e scappò giù per la scaletta. “Buonanotte.” fu l’ultima cosa che Hic sentì dire da lei.
“Sì, buonanotte…” mormorò, fissando le scale di legno e tenendo il muso di Sdentato fra le mani, pensando a chissà cosa.


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~ ZUN-ZUN-ZUUUUUUUN!!
Ed ecco che si scopre qualcosa su Aura e anche su Luminosa. Sì lo so: è veramente strano che un drago abbia paura del buio, ma la trovavo un'idea divertente e poi volevo trovare un'espediente per far trasparire l'animo di Lumi un po' più giocoso e infantile. Credete che Astrid seguirà Hic fino alla fantomatica isola? In realtà, devo dire che la mia preoccupazione più grossa sia quella di uscire un po' da alcuni personaggi (e dire che io odio gli OOC! O.O) e il timore sinceramente mi sta uccidendo.
Quello e il mio esame di storia. In un certo senso devo però ringraziare il prof per avermelo dato, altrimenti l'idea dei Normanni non credo che l'avrei mai trovata...
Grazie per avermi seguita fino a qui, al prossimo capitolo!^^




    

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Capitolo 5
*** Voglio essere tua apprendista! ***


        ‘Bum, bum, bum’ faceva il tetto. Altri tre pesanti colpi fecero cadere un po’ di polvere dal soffitto. Tutto quel baccano assurdo svegliò Aura, che mugolò una specie di lamento. Aprì pigramente un occhio, tanto quanto le bastava per poter vedere Hiccup scendere giù per le scale frettolosamente, gridando qualcosa al suo drago. O almeno quella era la scena che le sembrava di aver capito. Era intontita dal sonno e non aveva nessuna voglia di alzarsi.
Quando Hic aprì il pesante portone di casa sua, si ritrovò davanti Luminosa con gli occhioni azzurri che lo fissavano allegramente. Era di buon umore e sicuramente più sveglia di quella pigrona della sua padrona.
“Buongiorno, Luminosa!” la salutò lui tendendole la mano.
Lei ci strofinò sopra il muso e poi si fece largo in casa, mentre il ragazzo spariva da qualche parte all’esterno. Un paio di passi ed individuò la sua padroncina avvolta nella coperta di lana verdognola, ancora mezza addormentata. Ci si avvicinò e cominciò a uggiolare, dandole dei buffetti alle guancie. Questa si voltò dall’altra parte, lamentandosi. Luminosa non si arrese e continuò a darle colpetti e a produrre lamenti, finché questa non si sarebbe svegliata.
“Eddai, Lumi… Voglio dormire…” borbottò con tono sonnolento.
Il drago bianco fece un chiaro verso di disappunto e cominciò a zampettare sopra la pancia, provocandole del solletico, ma lei ancora non cedeva. Alla fine la toccò involontariamente così forte, da farla sobbalzare sul materasso di legno.
“Ahia! Ma Lumi!” sbottò lei, guardandola male.
Il drago la fissò con occhi dolcemente colpevoli e guaì un verso di scuse. Lei tirò un sospiro di rassegnazione e pigramente si tolse la coperta di dosso e appoggiò i piedi sul gelido pavimento. Rabbrividì all’istante. Lumi le si strofinò prima sul braccio dopodiché cercò uno spazio sotto l’ascella. Aura alzò il braccio e la lasciò passare, appoggiandosi poi su di lei. Il drago bianco espirò una nuvoletta di vapore che strappò il primo sorriso della giornata.
“Ho capito, ho capito…” borbottò con tono finto la ragazza. “Sì, andiamo a volare… Certo che sei insistente, però!”
Appena uscite di casa si diedero un’occhiata intorno. Si poteva vedere all’orizzonte l’accenno dei primi colori dell’alba, ma del sole non c’era ancora traccia. Era ancora troppo presto. La città era coperta da un velo bianco zuccherino solo che sapeva di freddo pungente.
“No, questa non è di certo la Normandia…” mormorò distrattamente la ragazza al panorama.
Luminosa si voltò a scrutarla, ma non disse più nulla. Così tornò a fissare l’orizzonte giocherellando con le zampe nella neve, mentre Aura seguì con curiosità alcune tracce che portavano dietro casa. Non appena girato l’angolo del tetto, vide il drago nero volarle a giusto verso di lei, a un paio di centimetri dalla sua faccia. Poi s’alzò in volo sopra la sua testa verso il cielo variopinto. Aura si voltò di scatto e d’istinto gli corse dietro giù per la collina, come una bambina che inseguiva un aquilone.
“Hiccup!!” strillò più volte, finché il ragazzo non si girò.
“Aura!”
“La porterai all’isola di cui ti ho parlato?” gli chiese, sempre con tono esageratamente alto, per paura che il battito d’ali di Sdentato coprisse la sua voce.
“Sì!”
“Allora non dirle che te l’ho suggerita io!!”
“E perché scusa?” chiese ingenuamente il ragazzo.
“Fa’ come ti dico e andrà tutto bene vedrai! Il perché non ti serve saperlo.” sentenziò la ragazza con un po’ di fiatone.
La Furia Buia non avrebbe volato a lungo e la sua andatura era sempre più lenta e si abbassava sempre di più a causa del pilota, che lo fece praticamente sfiorare il suolo spesso e bianco. Il drago pensò bene che dato la distrazione del giovane, fosse il caso di affiancare la ragazza a piedi.
“D’accordo. Però tu tieni la bocca chiusa con mio padre e tutti gli altri, intesi?” chiese lui non accortosi nemmeno dell’atterraggio.
Aura prese un’aria un po’ buffa e sbadatamente stava pensando con gli occhi per aria. Borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre Luminosa la seguiva a grandi balzi fino a raggiungerla. Aura la guardò e fece le spallucce e tornò a guardare Hic in modo molto vacuo.
“Temo di essermi dimenticata qualcosa di molto importante.” disse con tono convincentemente ignorante.
Hiccup rise e diede un paio di pacche al suo drago per intimargli a riprendere il loro volo. Il drago spiegò le ali e Aura rischiò di cascare pericolosamente all’indietro. Sdentato le rivolse uno sbuffo divertito.
“Grazie.” disse Hic, non notandolo.
“Prego.” borbottò lei rivolgendogli un sorriso, lasciando perdere la rudezza del suo amico nero.
Presero il volo e con un paio di ampi battiti d’ali furono già in alto nel cielo. Aura continuò a contemplare quell’armonia di movimenti, rapidi e potenti abbastanza da non far cadere la creatura, in contrasto con tutti quei colori luminosi dell’alba. Rimase lì a guardarli andare via, finché non le venne in mente qualcos’altro da dire.
“Ricordati di segnare sul tuo taccuino la pianta dell’isola e da dove siete arrivati, sennò avrete difficoltà a ritrovare la strada di casa!” gridò con tutta la voce che le era rimasta.
Notò Hiccup voltarsi e farle un cenno di saluto con un sorriso d’intesa dipinto in faccia. Aura guardò la sua amica un po’ perplessa, ma lei la tranquillizzò con un buffetto sulla guancia e poi sbuffò scuotendo leggermente il capo. I suoi occhi non nascondevano la sicurezza che il vichingo avesse capito e glielo voleva trasmettere. D’altro canto, la trovò a dir poco apprensiva, neanche fosse stata sua madre. Riuscì a trasmettere anche quello.
“Dici? Credevo fosse importante ricordarglielo.” le rispose la ragazza un po’ imbarazzata.
Gli occhi del drago si aguzzarono e la guardarono male. Brontolò qualcosa con tono basso e sbuffò di nuovo una nuvoletta di fumo grigiastra, indicandola con la testa. Aura si irrigidì di colpo, stupefatta.
“Non sono una vecchia nonna brontolona!” ribatté convinta.
In realtà, non aveva capito minimamente cosa le avesse detto l’amica, ma le piaceva interpretare i versi e i suoni che faceva a modo suo, così si divertivano entrambe creando le situazioni più buffe. A volte Aura si chiedeva se però il suo drago capisse a pieno quello che lei intendeva invece dire.

            Il volo di Hic durò nuovamente poco, il tempo di sbadigliare e di stiracchiarsi. Sdentato virò dolcemente verso il molo e cercò un posto dove atterrare. L’amico umano gli indicò un ponte di legno poco lontano e scesero silenziosamente.
Hic si precipitò verso la casa all’estrema destra del ponte, in salita verso la piazza del villaggio. Bussò insistentemente sul pesante portante più di un paio di volte, finché non sentì che dietro di esso qualcuno gli stava venendo ad aprire.
“Buongiorno Astrid. Bella mattinata, non trovi?” salutò tutto pimpante.
“Il sole non è ancora sorto, Hic…” si lamentò invece la ragazza bionda con gl’occhi azzurrastri, che era venuta ad aprirgli.
“Mi avevi detto che ci avresti pensato… allora?”
“No.” fu secca la sua risposta.
Stava per richiudere il portone quando Hic la bloccò con la gamba buona. In una prova di forza tra i due, Hic riuscì a varcare la soglia. Certo quelle case saranno anche state nuove, ma di certo non erano a prova di insistenza e testardaggine vichinga.
“Astrid là fuori c’è l’avventura, il mondo intero e…” disse un po’ incerto, cercando però di convincerla ancora. “Tanti nuovi alberi che aspettano di essere conficcati dalle tue meravigliose asce lanci con tanta grazia e grinta.” sparò poi stupidamente, non sapendo più cosa dire.
“Ti ho detto di no.” chiarì lei con tono scocciato.
Era appoggiata alla porta chiusa e la luce della finestra dietro gettava ombra sulla sua figura chiaramente buttata giù dal letto troppo presto e quindi trascurata. Era spettinata con gli abiti sgualciti, ma cosa più importante, con il limite della pazienza più basso del solito. E il suo standard era già basso di suo.
“Eddai, non farti pregare, Astrid!” la scongiurò “Vieni con me…”
“Hiccup, ti avverto è l’ultima volta che ti rispondo: no!” sbraitò lei.
“Vuoi che mi metta a pregarti in ginocchio forse?”
I due si guardarono testardamente negli occhi. Era la battaglia del verde dei prati nascosti sotto la neve contro il blu dei mari invernali. Hic nonostante gli venne difficile, fece per inginocchiarsi, quando Astrid gli fece cennò di smetterla.
“Ah… Ti detesto quando fai così…” brontolò la ragazza. Poi tirò un profondo sbuffo, ma il ragazzo poté intravedere un accenno di sorriso “Va bene hai vinto! Verrò con te… Ma solo per due giorni. Chiaro?”
“Come il sole.” rispose lui con un raggiante sorriso stampato sul volto.
“E adesso sparisci.” lo cacciò la ragazza, indicando la porta.
“Ma…”
“Fuori!”
Hiccup non ebbe il tempo di protestare che venne buttato letteralmente fuori di casa a forza. Sempre meglio dei calci. Mostrò un sorriso trionfante a Sdentato, che gli rispose con un movimento d’orecchi.
Aveva camminato in cerchio ormai già cinque volte, aveva creato nel terreno bianco un vero e proprio solco. Sbuffò aria fredda tutto il tempo, calciò la neve e si girava e rigirava le mani per non congelarle e malediceva la lentezza delle donne nel prepararsi, anche quando si trattava delle vichinghe come Astrid che pensavano alle cose pratiche.
Finalmente sentì lo scricchiolio delle tipiche porte del villaggio e con la coda dell’occhio vide l’uscio aprirsi. Ne uscì Astrid - per Hiccup splendida come al solito - sempre vestita nella sua maglia azzurra a righe gialle, rivestita con le spalliere di ferro e la gonnellina rosa borchiata e i capelli intrecciati. Portava una borsa sulla spalla e con un paio di falcate nella neve fu subito piantata davanti al ragazzo.
“Sono pronta. Vediamo dove mi porti.”


            Erano passate un paio d’ore dalla partenza di Hiccup e Aura non le aveva certo passate a recuperare il sonno. Era uscita a volare con Luminosa per provare spericolanti acrobazie tra gli scogli, cercare di non cadere e rischiare puntualmente la vita ad alta quota. Era la faticosa vita del “pilota di draghi”, se così si potevano definire.
Il suo giro terminò con un tranquillo slalom fra le montagne e la discesa sul bosco innevato per tornare al punto di partenza: la casa del capo tribù. Aura scese con aria soddisfatta e diede un paio di pacche al suo draghetto bianco che le fece un verso di compiacimento.La ragazza le sorrise e si diresse giù verso la città, seguita fedelmente da Luminosa, che si divertiva a lasciare impronte nella neve. Arrivate alla piazzetta del villaggio, Aura si guardò un po’ intorno disorientata, mentre Luminosa le grugnì qualcosa.
“L’avevo vista ieri qui da qualche parte ti dico!” esclamò voltandosi all’amica. Controllò per bene le case una ad una e finalmente la ritrovò. “Eccola!”
La ragazza aveva appena indicato la bottega di Skaracchio, colui che durante la guerra fabbricava armi e adesso al massimo poteva creare utensili per la cucina e i campi. Si diresse verso di essa quasi di corsa, mentre Lumi si voltò a guardare da un’altra parte ed era indecisa se seguirla o meno. Alla fine, vedendo che non la calcolava nemmeno perché troppo presa a sporgersi all’interno, se ne andò per le sue anche lei.
“C’è nessuno? Oh, eh… Buongiorno, uhm… Skaracchio, giusto?” chise la ragazza non appena vide il massivo uomo rimettere apposto alcuni attrezzi.
“Cosa ti porta qui, ramoscella?” ribatté burbero.
“Ah, la cortesia campagnola…” mormorò sarcastica. “Pura curiosità. Cosa fabbrichi?”
“Varie cose, guarda un po’ in giro che io devo finire questo.” le rispose mostrandole in velocità l’oggetto che aveva nella mano.
Lo stava rimettendo a posto, martellandolo sull’incudine, dopo averlo scaldato a dovere.
“Questo…?” domandò la ragazza sbirciando. L’oggetto la lasciò alquanto sorpresa e tentò di trattenere le risate.  “Fantastico! Questi sono oggetti per… mani intercambiabili?”
L’uomo dai baffoni biondi intrecciati e il dente di pietra sporgente, si voltò e le puntò il martello contro, guardandola dubbioso.
“Problemi?”
“No.” rispose lei sorridente e scuotendo la testa. “Sono sorpresa perché… giù in Normandia un paio di queste cose tornerebbero utili! Tipo… questo cucchiaio!” continuò poi, prendendo il primo oggetto che le capitò sotto mano.
L’uomo la squadrò, alzando e aggrottando le folte sopracciglia svariate volte. Mise via l’oggetto dall’incudine e brontolò qualcosa che Aura non comprese. Tornò a fissare la ragazza e giocherellò con il baffo destro. La ragazza aveva lo sguardo vacuo, perso nel vuoto e che non lasciava intravedere niente. Se c’era una buona cosa che aveva imparato dal suo drago era che per prima cosa bisognava dimostrare indifferenza e poi aprirsi. Così almeno era successo tra loro due.
“D’accordo principessina, cosa vuoi?” sentenziò infine Skaracchio.
La ragazza alzò semplicemente le spalle mingherline.
“Niente di che… Solo curiosare, come mi hai appena suggerito tu. Cosa c’è da quella parte?”
“E’ lo studio di Hiccup…” spiegò Skaracchio seguendo il dito che indicava la stanza dietro. La ragazza non indugiò ad andare a curiosare dentro. “Non puoi…! E’ lo studio del mio e del mio apprendista, cavolo...!”
La ragazza si bloccò, prima di varcare la soglia della stanza buia. Si voltò con lentezza come se stesse pensando a qualcosa, poi guardò il fabbro stupita.
“Hic è tuo apprendista? Sul serio?!”
“Cosa vuoi che faccia quel… ramoscello, oltre che ad ammaestrare draghi?” rispose con tono ironico e quasi stridulo l’omaccione.
“Ti piace la parola ramoscello, vero?” sospirò non riuscendo però a trattenere un sorriso.
“Abbastanza. Vedi dimostra quel senso di deb...”
“Ma perché lui può fare l’apprendista e io no?! Cavolo!” troncò la ragazza, prima di entrare nel discorso dei poveri ragazzi che avevano le braccia identici a dei spaghetti, non avevano ancora formato il fisico da vichinghi come tutti e che sembravano degli alberelli.
“Tu vorresti fare l’apprendista di un fabbro?” domandò Skaracchio, soffocando la risata che influenzò il suo tono di voce. “Questa sì che fa ridere!!”
“Gli uomini… tutti uguali!” brontolò lei. Poi sparì dentro la stanzina e accese un paio di candele per vederci meglio. Purtroppo non c’erano finestre e bisognava arrangiarsi. “Questi progetti sono fantastici…” pensò guardando i disegni appesi alla parete sopra la scrivania.
“Questi disegni sono tutti suoi?” domandò poi a voce abbastanza alta da farsi sentire fin dall’altra parte.
Il vichingo scosse la testa e zoppicando sulla sua gamba di legno la raggiunse nella stanzetta. Diede un’occhiata al muro e annuì con la testa con un sorriso orgoglioso, nascosto sotto i baffoni di paglia.
“Quelli sulla coda e sui draghi sì.”
“Sembra… la coda di una Furia Buia? Mi sembrava che la coda di Sdentato avesse un colore strano. Quindi è artificiale!”
“Esattamente! All’inizio l’aveva costruito Hic con del cuoio battuto o qualcosa del genere, poi è andata a fuoco nella battaglia e io gliel’ho dovuto ricostruire.”
“Davvero ingegnoso come sistema…” mormorò annuendo a sua volta, studiando gli schemi.
Erano chiari e precisi, erano sicuramente fatti da una persona che sapeva lavorare bene di cervello, Aura lo notò subito. Poi le balenò in mente un’idea.
“Insegnami a costruire quest’ala!” esortò la ragazza.
“Cosa??”
Skaracchio non credeva alle sue orecchie. Se avrebbe accettato avrebbe dovuto tenere un’altra apprendista nella sua bottega, per insegnarle a costruire un’ala che forse non le sarebbe mai servita e che lui stesso ci mise del tempo a fare. Ma notò una scintillio strano nei suoi occhi verdastri.
“Ti prego, prendimi come tua apprendista! Voglio imparare a costruire quell’ala!” lo pregò Aura.
“Ma sei una…” il vichingo prese fiato, perché non riusciva a concepire l’idea di… “donna…”
Il voltò della ragazza si tramutò in uno sguardo di furore come se niente fosse. La sua schiena s’irrigidì e fece la faccia più arrabbiata che poté, ma non serviva a far capitolare Skaracchio. Anche perché non faceva paura come le vichinghe che aveva frequentato nei suoi bei tempi.
“E allora? Cosa credi che non sappia creare qualcosa in fucina?” strillò lei.
“Esattamente.” sentenziò il biondo deciso.
“Ti faccio vedere di cosa sono capace! Dammi del ferro e ti costruisco un coltello, una spada, quello che vuoi.” sfidò la ragazza al limite della tolleranza.
Skaracchio la scrutò e notò che lo scintillio nei suoi occhi era determinazione. Sorrise sotto i baffi e tornò dall’altra parte, dal suo caro incudine, tallonato da Aura. Prese qualcosa da una cassetta lì vicino e la gettò alla ragazza che riuscì a stento a prenderla al volo. Notò che tra le sue mani c’era del ferro e dell’argento grezzo.
“Crea un pugnale. Lo voglio di buona fattura, ben calibrato e a doppio filo, sono stato chiaro?”
Sul volto della ragazza si dipinse un raggiante sorriso.
“Come il sole! Non ti deluderò!”
“Heh, staremo a vedere.” brontolò l’uomo divertito ed uscì dalla bottega.


            Passarono le ore e Aura s’asciugava il sudore dalla fronte. Aveva buttato gli schizzi del pugnale sulla sedia, ormai sapeva come doveva farlo. Batteva il martello per dare la forma e cercò lo strumento per incidere sul ferro caldo. E fu allora che la notò.
La folla che s’era radunata nella piazza e che era ben visibile dalla finestra della bottega.
“Miei cari amici, ho un annuncio da farvi!” tuonava solenne la voce di Stoick.
“Un altro?” Aura alzò gli occhi al cielo pensando che ne aveva già abbastanza di tutte quelle cerimonie. “Beh, almeno lui dialoga con i suoi sudditi…” pensò poi, sospirando.
Lasciò un attimo il suo lavoro in sospeso e si avvicinò alla finestra per sentire il discorso. Il mormorio era cessato, ora tutti ascoltavano il loro capo che veleggiava su di loro, probabilmente da uno sgabello trovato sistemato a fortuna.
“Ho ricevuto una bella notizia dal nostro ex-compagno Guglielmus Tremendous II. Verrà presto a farci visita! Per cui dobbiamo preparare…”
La ragazza barcollò a sentirne soltanto il nome. Sgranò gli occhi e con fare quasi terrorizzato, indietreggiò verso l’incudine. Finì per poggiare la mano proprio sulla punta della lama che non aveva raffreddato del tutto e quindi corse verso il barile a rinfrescarsi e per poi fasciarla. La guardò un secondo e notò che le sue mani le aveva maltrattate in maniera così orribile che sembravano un campo da guerra e di torture continue. In effetti, si era scottata tante volte e oramai a quel dolore c’era praticamente abituata. Comunque non era la sua preoccupazione principale in quel momento.
“Non può, non deve venire qui!” mormorò con le lacrime agli occhi.
La folla si era come dissolta neanche fosse stata nebbia e c’era il viavai di gente per la preparazione. Luminosa era scesa e dovette saltare sui tetti per non investire qualcuno. Con una certa goffaggine saltò giù da uno di questi e e attraverso la piazzetta per raggiungere l’amica che aveva ripreso il lavoro. Fece per dirigersi verso la porta quando un omaccione grosso e con una gamba finta passarle davanti.
“Allora con questo pugnale?”
“Eh? Ah, bene, guarda!” disse, tirando fuori la lama per mostrargliela. Il drago bianco lanciò un  urlò acutissimo non appena vide la lama grigiastra scontrarsi con i pallidi raggi solari. “Scusami, Luminosa! Non volevo spaventarti! Tranquilla, sai che non ti faccio niente… Il pugnale lo lascio lì sul tavolo. Adesso buona, piccola… Così da brava…” cercò di calmarla correndo fuori dalla bottega.
“E’ di ottima fattura non c’è che dire. Il peso e la calibratura sono piuttosto equilibrati ed è a doppio filo come ti ho chiesto.” notò con stupore l’omaccione.
“Posso farti da apprendista ora? Cominciamo domani?” domandò lei impaziente.
“Come?” si distrasse l’uomo. “Ah, beh… D’accordo. Ti prendo come apprendista, vedo che te la sai cavare. Però il pugnale te lo puoi tenere.” sentenziò e glielo lanciò.
“Davvero?”
“Certamente. Non credo che tu ti sia impegnata a farlo per me, vero?”
“Ah, certo… A domani allora!”
Il drago bianco continuava a ringhiare basso, mentre Aura attraversava la piazza alla ricerca del capo villaggio. Le rimase a fianco, ma continuava a fissare il pugnale intanto che veniva infilato in una tasca maldestramente cucita al’interno del gilet di cuoio.  Poi fissò la ragazza con aggressività tramite le fessure nere e non accennava a smettere di digrignare i denti.
“Suvvia, Lumi, è solo un pugnale. E’ utile per tagliare corde e prendere pesci!” si giustificò lei.
Luminosa non ne volle sapere e le diede uno spintone, facendola finire in un cumulo di neve della casa lì accanto. La ragazza cadde di schiena e la guardò male, mentre lei non accennava a smettere col suo fare ostile. Aura era altrettanto testarda e, togliendosi la neve di dosso dopo essersi rialzata, controllò di nuovo dove poteva essere finito l’uomo che era pure più grosso di Skaracchio. Luminosa invece la tirò per insistentemente per il gilet, ostacolandola e continuando a ringhiarle contro.
“Non rigirare il coltello nella piaga! Tu hai i tuoi denti e se credi che non mi inquietino di tanto in tanto, ti sbagli di grosso!”
Il drago guaì per il rimprovero ed abbassò le orecchie. La vichinga l’accarezzò con un sorriso rassicurante e le mostrò che con quel pugnale non le avrebbe fatto niente di male. Poi cercò Stoik, ma aveva ormai perso le speranze. Sospirò e fece per andarsene verso il bosco, quando sentì qualcuno chiamarla.
“Aura! Hai visto mio figlio Hiccup? Non lo riesco a trovare da nessuna parte.” le disse Stoick, raggiungendola.
“E’ urgente?” domandò da finta preoccupata, ringraziando però il cielo per averglielo mandato.
“Come? Beh, no, ma sono un po’ preoccupato. C’è tanto da fare e vorrei che lui tenesse a bada i draghi quando i nostri compagni Normanni verranno. Sono un po’ come dire…” spiegò Stoick con aria chiaramente da indaffarato.
“Paurosi verso le armi?” finì lei, lanciando un’occhiata che Luminosa respinse con uno sbuffo.
“Già.”
“Sono sicurissima che è andato a svolazzare su per le montagne… Tornerà presto.” lo rassicurò poco curante e tentò di svignarsela.
“Credo tu abbia ragione. Intanto occupiamoci di preparare tutto quanto. Non mi ricordo se tuo padre preferiva la carne di maiale o di Yak.” continuò l’uomo seguendola e indirizzandola verso la piazzetta.
La ragazza alzò gli occhi al cielo e sbuffò mentre Stoick le parlava di cose di cui lei non sarebbe riuscita ad interessarsi neanche sotto tortura. Osservava i draghi che stavano volenterosamente aiutando gli abitanti del villaggio.
“Non saprei… Piuttosto dovrei avvertirti che…”
“Oh, sono sicuro che sarà un grande avvenimento per la nostra tribù!” la interruppe Stoick con un chiara alleggria dipinta sul volto barbuto.
“Puoi ascoltarmi solo un momento, per favore?” cercò di attirare la sua attenzione con modo gentile.
“Sembra ieri quando abbiamo solcato insieme gli oceani alla scoperta di nuove terre da saccheggiare per la prima volta! Che bei tempi…” raccontava l’omaccione senza badarle.
“Stoick, per la grazia di Odino, ascoltami!” strillò infine Aura, superata la soglia della sua pazienza.
Stoick la fulminò, mentre altri abitanti la guardarono, attirati dallo strillo. Addirittura Lumi s’era distratta dal giocare con la neve, per vedere cosa stava combinando la sua padroncina.
“Non dovresti imprecare, ragazza.” la rimproverò poi Stoick.
“E tu non dovresti ignorare qualcuno che ti parla!” si sfogò la ragazza. Aveva urlato così forte che le era venuto il fiatone. Poi alzò il viso in modo serio e cupo. “Tra quanto arriva esattamente mio… padre?”
“Tre… Forse quattro giorni al massimo.” rispose l’uomo scrutandola.
La ragazza abbassò nuovamente il viso e prese a giocherellare con della neve sporca sulle sue scarpe. La montagna le rimase davanti come se attendesse qualche importante rivelazione. Aura guardò nuovamente la gente collaborare con i draghi e pensò bene a cosa dirgli.
“Ho troppo poco tempo…” mormorò ed alzò il volto di scatto. “Stoick, devo avvertirti che…”
Ma il capo villaggio era troppo impegnato ad ascoltare le idee di alcune signore vichinghe per prestarle ascolto. In men che non si dica fu trascinato in una conversazione a catena con altre persone che proponevano idee per l’evento, allontanandosi dalla ragazza e lasciandola da sola con il suo drago ai limiti della piazza. La creature le diede un buffetto sulla guancia, ma questo non la tirò su di morale.
“Non mi ascolta…” sussurrò a Luminosa accarezzandola.
Il drago girò ed abbassò un po’ il capo per cercare di intravedere almeno lo sguardo piantato in terra. L’unica cosa che vide furono due grandi laghi verdastri pronti a sgorgare su uno sfondo di guance arrossate.

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E... anche questo capitolo è stato maciullato! Lo so, sono in ritardo e vorreste tirarmi addosso tutte le prime, seconde e terze cose che vi capitano per il mio astronomico ritardo. Che volete farci... Io studio per gli esami di recupero, devo passare l'anno! Sennò altro che storie, qualcuno mi butterà nella fossa... Beh, lasciamo perdere. In fondo, a nessuno importa.
Cosa ne pensate? Perché Aura vuole costruire un'ala artificiale? E cos'avrebbe di così importante da dire? E perché Hic non sveglia Astrid con una serenata ogni tanto così magari la farebbe arrabbiare meno? (nah, questa è una domanda stupida da porsi...)
Per queste e tante altre domande e risposte ci ritroveremo nei prossimi capitoli che (spero) scriverò presto!

Bye,
   bye^^


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Capitolo 6
*** Tempesta di Mezzo Inverno ***


            Aura stava letteralmente falciando l’enorme distesa di neve che aveva coperto il sentiero che collegava la foresta al villaggio. Era una coltre completamente bianca, in salita e se soltanto si fosse girata un attimo, avrebbe notato il meraviglioso panorama che si poteva intravedere in quel giorno troppo limpido per essere invernale. Stava per arrivare nei pressi della casa di Hiccup quando qualcuno la affiancò.
“Hey, Aura! Bellissima, hai voglia di fare un giretto con me? Posso farti vedere…” partì a ruota libera Moccicoso, senza notare che lei neanche calcolava le sue avances.
La ragazza girò gli occhi al cielo e cercò di evitare di sospirare scocciata. Non era in vena per quelle cose. Aveva altro a cui pensare, come ad esempio trovare un momento per parlare tranquillamente con Stoick.
“Non te la prendere, Moccio, ma… Ce l’ho già un fidanzato.” rispose con tono piatto.
“Cosa?”
“Ah, davvero?” chiese ironicamente una voce femminile alle sue spalle. “E dov’è adesso? Lo hai lasciato a casa in Normandia per caso? O magari è un principe del grande continente?”
Era Testabruta, la gemella di Testaditufo, una vichinga sfrontata dai capelli biondo cenere e dai grandi occhi chiari. Era giusto dietro Moccicoso, seguita da suo fratello e da quel grassottello di Gambedipesce.  
“Per tua informazione, è un piacente pirata.” ribatté la ragazza con tono altrettanto sprezzante.
“Fa’ attenzione che non ti tradisca allora!” le rise in faccia quella, scatenando anche la risata del gemello, ma Aura non vi badò molto.
Continuava a camminare verso la foresta, dove poco più avanti la aspettava Luminosa. Mentre Gambedipesce parlottava su chissà che cosa, lei pensava a come togliersi gli amichetti di Hic dai piedi e poter andare a volare, perché necessitava estremamente di sfogarsi in libertà.
E niente trasmetteva quella sensazione meglio del cielo.
“Non c’è questo rischio.” disse poi con una vocina divertita e snob. “Da quando mi conosce, le altre donzelle le butta in pasto agli squali o meglio… ai draghi marini.”
Pochi attimi dopo, si voltò a controllare la reazione dei ragazzi. La fissavano con la bocca aperta, chi stupito, chi spaventato e chi dubbioso. Allora lei fece un sorrisetto soddisfatto e raggiunto il suo drago lo intimò ad alzarsi con un paio di pacche sul dorso.
“Nel caso passi da queste parti ve lo presenterò. Andiamo, Luminosa.” ordinò poi, salendole in groppa e volò via verso le montagne.

        Stavano volteggiando in aria, creando buchi e forme qui e là per le nuvole leggere, sorvolando le ombre che si stagliavano sulla morbida celestiale distesa e passando oltre i sottili raggi solari. L’aria era fredda a quell’altezza e soprattutto, a quella velocità.
Fortuna che non era inverno inoltrato. Il grande gelo era principalmente passato, presto sarebbe arrivata la primavera e poi l’estate con il consueto scioglimento delle nevi, ma avrebbero aspettato ancora molto prima del suo arrivo. Il mare era calmo e ad ovest il tempo rifletteva la meravigliosa giornata.
Erano partiti all’alba, vedendo le meravigliose sfumature provocate dallo scintillio dei sprazzi di sole qui e là fra le nuvole e avevano volato a lungo, ormai quasi sei ore, senza mai fermarsi. Erano troppo impegnati a farsi scherzi a vicenda, a giocare a nascondino fra le nuvole, a scendere abbastanza da poter toccare il mare con le dita sporgendosi dai propri draghi.
Ma ormai la stanchezza e la fame cominciavano a farsi sentire, oltre ai dolori di Astrid, che era sprovvista di sella. Non si era lamentata per tutta la durata del volo forse perché era troppo orgogliosa per ammetterlo - o forse perché voleva arrivare fino a destinazione per la curiosità -, ma Hiccup lo intuiva dalle smorfie che faceva ad ogni virata o altro faticoso movimento. Ammise con se stesso di non averci pensato e cercò di rimediare controllando se di sotto c’era un qualche posto dove fermarsi.
Niente. Il più assoluto blu del nulla.
Hic sospirò e guardò nuovamente Astrid che ricambiò con un sorriso un po’ forzato. Non appena lei tornò alla sua visuale, la sua faccia fece un’altra smorfia di dolore.
“Stai bene?” si sentì di chiedere il vichingo.
“Sì… E’ tutto a posto, davvero.” mentì lei con tono basso.
“Forse dovremmo fermarci… Sai per fare una sosta e riposare tutti quanti un po’…”
“In effetti, non sarebbe una cattiva idea…” ammise finalmente la ragazza.
Continuarono a controllare i dintorni e notarono che le nuvole stranamente diventavano sempre più fitte e dense. Nell’aria Sdentato e Tempestosa percepivano il tipico odore della pioggia e della neve, quell’odore che stuzzicava il loro olfatto, tanto spinoso e pesante era. Abbassandosi di quota, i quattro non trovarono altro che scogli e onde. Tuttavia alla loro sinistra vedevano che le acque stavano costruendo una vera e propria fragorosa armonia.
Era una mareggiata.
Quel forte rumore di qualcosa d’infranto e gli schizzi spaventarono i draghi che si allontanarono, ma Hic e Astrid pensarono bene di seguire la scia del mare mosso alzandosi di quota. Sapevano che le mareggiate avvenivano principalmente verso le coste. Incitarono la Furia Buia e l’Uncinato Mortale a sforzarsi con un paio di pacche e attraversarono un altro cumulo di nubi grigiastre. Hiccup perse di vista Astrid per un lasso di tempo che gli parve interminabile, tra i turbinii dei venti e la nebbia.
“Astrid! Astrid!! Dove sei finita?” urlava sconsolato.
Non aveva ricevuto risposta, mentre Sdentato cercava di mantenere la posizione nonostante la corrente contraria. Si avvicinavano alla tempesta sempre di più e questo alla Furia Buia non piacque. Hic si abbassò sulla sella, continuando a cercare la sua amica più in sotto, finché non vide qualcosa di scuro passargli accanto. Fece virare Sdentato in un altro ammasso di nuvole e quando ne uscì, trovò la ragazza bionda che cercava qualcosa in modo disorientato. Poi i suoi occhi blu lo videro e parve più serena.
“Terra in vista!!” fu la prima cosa che gli urlò, indicando un punto impreciso molto più sotto di loro.

        “Terra in vista!!” urlava un tipo smilzo dalla coffa della nave.
La vedetta aveva giusto. Oltre quei curvi giganti scuri e il fradicio inferno che portavano con loro, c’era il verde delle foreste, il nero e il grigio delle rocce, il bianco della neve. Ma prima di quello c’era per l’appunto un inferno d’acqua da passare.
Gli uomini più forzuti issarono le vele, altri corsero a prendere le loro posizioni, chi alla ricerca di altre funi, chi alla stiva per controllare che niente si fosse rotto o perso, chi urlava istruzioni di ogni genere, chi ancora pregava la propria divinità. E c’era anche chi stava al timone, colui che governava il vascello e chi lo aiutava in quella difficile impresa.
Scappare dalla burrasca. Niente di più.
“Reggetevi forte!!” urlò qualcuno a prua.
Neanche un istante dopo, li travolse un’onda, che lasciò l’evidente segno della sua potenza. C’era acqua ovunque e una parte di quell’accozzaglia di gente era tramortita. Ora quelli che pregavano imprecavano, quelli che controllavano la stiva ne uscirono velocemente, alcuni nel panico più totale. C’era chi aveva mollato la presa alle canape e si fecero aiutare da altri per riprenderle, c’era chi nel tenerle aveva quasi perso un braccio.
“Non c’è la faremo mai!! Torniamo indietro!!” strillava il navigatore, un uomo dai lunghi baffi argentei e di una certa stazza, al timoniere.
Lui si tolse i capelli corvini grondanti di gocce salate dal suo viso pallido, scoprendo i profondi occhi marroni, testardi e determinati. Era lo sguardo di chi non voleva arrendersi.
“Mai!! Raggiungeremo quella terra e arriveremo a destinazione!  Tutta a dritta!!” gridò il giovane uomo al suo equipaggio.
Questo riprese a comportarsi come prima, gridando di tutto e di più, maledicendo a destra e a manca, aiutandosi come un organo compatto, come fratelli. Finché un’altra onda non li travolse di nuovo là, davanti a lui, sul ponte. Sballottati, alcuni persero pericolosamente l’equilibrio e c’era chi si era aggrappato di fortuna al parapetto. Purtroppo c’era anche chi non aveva avuto altrettanta fortuna e scaltrezza.
“Brunh!!” esclamò il moro, non appena vide uno dei suoi tra i flutti bluastri.
Si gettò a capofitto sul ponte ordinando quello che gli altri uomini dovevano fare e rassicurando quelli che erano andati nel panico più totale e avevano perso le loro postazioni. Urlava a squarciagola, ma non era per quello che nessuno lo ignorava.
Il suo compagno più vecchio prese il timone e lo seguì con lo sguardo di chi quella situazione l’aveva già vissuta. Era in ansia, ma il suo sguardo stoico non lasciava trasparire il nulla, se non il suo senso del dovere. Strinse la presa, ma non si decise a virare, a portargli via da lì. Rimase a fissare il giovane immolato nel suo compito.
“Ritornate ai vostri posti!! Tirate quelle cime!! Voi tre, con quelle funi, venite qui!!” continuò a ordinare l’intrepido moro.
Poi si voltò verso il timone. I suoi occhi marroni fissarono quelli che erano il lago blu argenteo più vecchio della sua nave. E gli sorrise ritrovando una fiducia che sembrava aver perso.
“Sostituiscimi!!” fu il suo ultimo ordine.
Ora la faccia dell’uomo vecchio strappò il velo imperturbabile che l’avvolgeva e divenne cupa, ma allo stesso tempo, nel profondo lui si aspettava un simile comando. Abbassò lo sguardo rassegnato.
E poi tutto fu storia, la storia che già lui conosceva. Ripartiva nel momento in cui apriva bocca per fiatare.
“Non puoi…” mormorò soltanto, invece di urlarlo ai quattro venti come chiunque altro avrebbe fatto, capendo le sue intenzioni.
E tra lo stupore di tutti gli altri, si buttò in mare.

         Erano atterrati bruscamente, sbattuti dalle forti correnti d’aria, nonostante i draghi fossero dei duri nel farsi trascinare da esse. Non ebbero il tempo di tirare un sospiro di sollievo, che dovettero correre a trovare un rifugio dai venti di quella tempesta di metà inverno. Sembrava quasi il finimondo, tra tutte quelle onde e i tamburi del cielo che si udivano suonare all’orizzonte.
Erano scesi verso la spiaggia, spruzzata lievemente dal nevischio portato presto via dalle maree, verso le rocce, lontano dal mare, come avevano sempre fatto anche sulla loro isola. Nel tragitto però, notarono che così come la marea portava via dalla spiaggia, ad essa anche donava. C’era un corpo rivestito di alghe e stracci bagnati, inerme sulla fredda sabbia.
“Hiccup!!” strillò Astrid. “C’è una persona laggiù!”
“Aiutiamola!” disse Hiccup non appena anche lui la vide.
Si chinò su di essa e la voltò a pancia in su. Il volto era provato, insabbiato, ma il cuore batteva. La respirazione invece era peggiore e non accennava a riprendere i sensi e i due vichinghi non potevano rimanere lì in eterno. Così Hic lo caricò di peso su Sdentato, grazie anche all’aiuto di Astrid, e ritornarono alla ricerca di un rifugio che Tempestosa si occupò di trovare. Un ammasso di roccia tra le scogliere, profondo abbastanza da potersi riparare da quei burrascosi venti. I tre corsero verso di esso a perdifiato, neanche li inseguisse un cataclisma, anche se poco ci mancava.
Era una tempesta piuttosto violenta, una di quelle che si presentava alla fine dell’inverno per gli abitanti del sud. Un regalo per non dimenticare il grande e vecchio gelo, dicevano alcuni.
Ma questo loro non potevano saperlo. Per loro l’inverno era ben lontano dalla sua fine.
“Qui dovremmo essere al sicuro. Grazie, Tempestosa.” disse Astrid, accarezzando dolcemente il drago.
L’Uncinato gracchiò un verso allegro e si strusciò contro la mano della sua padrona. Dopo aver sentito una specie di tonfo, l’attenzione di entrambe si posò sulla Furia Buia che trasportava lo sconosciuto.
“Vacci piano, Hiccup!”lo rimproverò avvicinandosi.
“Che vuoi che ti dica, è un po’ pesante…” si scusò lui, inginocchiandosi vicino al corpo inerme.
“Respira ancora?”
“Non proprio. Deve..” disse spingendo le mani con forza sul torace “Aver …” continuò spingendo un altro colpo “bevuto!” terminò con una spinta maggiore.
Alla terza spinta, il ragazzo sputò una considerevole quantità d’acqua, tossì e mosse le palpebre, mugolando qualcosa che Hic non comprese. Era semicosciente, grondante di acqua, sabbia e alghe dappertutto, ma almeno adesso respirava regolarmente. Astrid tirò fuori dalla sua borsa una bisaccia piena d’acqua, si avvicinò al ragazzo, gli alzò la testa coperta dai ricci corvini appiccicati sulla faccia e lo fece bere.
“Dev’essere un pescatore finito in acqua, tu che dici?” domandò a Hic, senza staccargli lo sguardo di dosso.
“Non ne ho idea.” rispose lui incrociando le gambe “Anche se non mi sembra un pescatore…” constatò poi dal suo abbigliamento.
Portava un pesante gilet di cuoio nero a colletto alto, una camicia blu notte ripresa ai polsi e semi aperta sul torace, i lunghi pantaloni nero pece coprivano le gambe fino alle ginocchia, dove sparivano negli stivaloni di camoscio marrone. Non era proprio quello che lui considerava un abbigliamento da pescatore.
Astrid invece gli badò poco.
Si preoccupò che lo sconosciuto riuscisse a stare bene, nonostante le sue condizioni. Tirò fuori dalla sacca una coperta e gliela mise con cura sotto la testa e gli levò lo sporco della sabbia dalla sua pallida pelle. Notò che aveva una piccola cicatrice che gli segnava lo zigomo sinistro, le ciglia lunghe e nere come piume e le sopracciglia che sembravano ali di gabbiano.
Hic la guardava mentre lo accudiva assorta nei suoi pensieri. Sbuffò rumorosamente e appoggiò il mento sulla mano, guardando Sdentato.
“Forse non è stata una grande idea partire…” brontolò al drago.
Questo fece un verso quasi dispiaciuto e adagiò il suo gran muso nero sulle sue gambe, mentre il padrone lo accarezzava disinteressato, pensieroso.
Ora anche Hiccup conosceva la gelosia in prima persona.


    

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    Ebbene sì, sono (finalmente?) tornata!! Lo so, il capitolo non è un granché lungo e mi dispiace, ma volevo lasciarlo così, anche perché non sapevo quando avrei aggiornato... Ah, e scusatemi per lo schifo di titolo ispirato a "Sogno di mezza estate", ma non sapevo cosa metterci...
Prendetelo come un preludio a qualcosa di fantast... ehm... no... beh, insomma, vorrei che fosse fantastico, ma non so se verrà fuori così bene...
Eh, eh, eh... Ammetto di aver fatto quell'incontro "un po' forzato", perché volevo a tutti i costi far ingelosire Hiccup... Eh, lo so, a volte sono proprio cattiva! La domanda che vi pongo però, è la seguente: non ci sono avversari degni di nota nel film e mi è toccato crearne uno di punto in bianco o.... no? Trarrete sicuramente le vostre conlusioni. ^-^

Sperando che questo capitoletto vi sia piaciuto, vi lascio recensire in pace.

Bye,
    bye^^





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Capitolo 7
*** Il Vichingo e il Pirata ***


    Si era svegliato e al rumor di gocce è balzato in piedi preoccupato.
Questo fu il risveglio di Zephros in una caverna umida e tetra. Poteva sentire l’odore di fiamma spenta, tastava la roccia e la sabbia sotto di lui e sgranò gli occhi a ciò che si ritrovò proprio di fronte.
Due draghi stavano beatamente ronfando.
Suppose che fossero lì a fare la guardia a lui, ma non capiva perché non l’avessero sbranato subito. E quella fu solo la prima di una moltitudine di domande. Non riuscì a porsele tutte, già che la testa gli doleva nuovamente dal dolore. Si appoggiò su un ginocchio e si lasciò scappare un gemito.
“Ti fa tanto male?” domandò una voce maschile, entrando nella caverna.
Il suo volto s’alzò di scatto verso il ragazzo castano, che gli si stava avvicinando. Si chinò e gli tastò il ginocchio. Il moro trattenne un altro gemito, ma quando lo sconosciuto gli toccò lo stinco, non poté non lamentarsi dal dolore provocatogli.
“Fai piano!!” sbraitò, svegliando il drago nero, mentre quello colorato sbuffò e si voltò dall’altra parte.
“Hai preso una brutta botta.” sentenziò il castano.
Zephros non lo ascoltò. Era troppo preso a fissare il drago nero, di cui non riconosceva la forma. Lo sconosciuto lo osservò e poi posò lo sguardo su Sdentato.
“Tranquillo, non ti farà niente.
Il moro di nuovo non lo ascoltò. Era assorto nei suoi pensieri e quel ragazzo castano lo lasciò fare. Afferrò la sacca che Zephros aveva usato come cuscino e ne tirò fuori una boccetta di vetro con dentro del liquido giallastro, piuttosto appiccicoso.
“Arrotolati i pantaloni… se ci riesci.”
“Perché mi vuoi aiutare, se sono tuo prigioniero?”
Il castano sorrise.
“Se fossi mio prigioniero, primo non ti aiuterei e secondo ti avrei legato per bene.” mormorò serenamente.
Zephros lo guardò con fare dubbioso. In effetti, non era legato e non aveva certo paura di quel ragazzo mingherlino, ma ubbidì. Si tolse gli stivali e scoprì l’enorme chiazza rosso-violacea che evidenziava lo stinco. Quello sconosciuto castano era rimasto piuttosto stupito da quello spettacolo, mentre Zephros sbuffò senza badarci troppo.
“Devo aver sbattuto contro uno scoglio… Di nuovo.” borbottò.
Poi si ricordò per quale ragione si era provocato una simile ferita. Si era buttato dalla nave per cercare di salvare un uomo in mare.
“Dov’è? Dov’è Brunh??” domandò in preda al panico.
Si guardò attorno, ma del biondino minuto e lentigginoso che lo accompagnava nei suoi viaggi, non c’era nemmeno l’ombra.
“Sulla spiaggia abbiamo trovato solo te…” gli rispose un’altra voce dispiaciuta, questa volta femminile.
Era rientrata anche una ragazza, che mollò della legna da ardere vicino al piccolo falò spento. Si avvicinò e controllò anche lei lo stato della sua gamba.
“E’ ridotta male… Mettigliene un bel po’ di pomata, Hic, mi raccomando.”
Il mingherlino annuì pigramente, mentre Zephros li osservava vacuo. Era troppo preso a pensare alla fine del suo compagno per preoccuparsi di quella, che lui definiva una stupida ferita.
“Dove? Dove mi avete trovato?” chiese e con fare nervoso s’aggrappò alla spalla della ragazza.
Lei, stupita, non gli rispose subito, ma Hiccup lo fulminò con lo sguardo e si preoccupò bene di fargli mollare la presa. Lui gemette di nuovo e il castano fu costretto ad appoggiarlo al muro per farlo stare buono.
“Sulla spiaggia.” rispose secco. “Ma lo cercherai dopo, in queste condizioni non ti reggi nemmeno in piedi.”
Zephros non lo ascoltò neanche e gli dimostrò il contrario, alzandosi. Guardò la coppia di vichinghi con aria gelida e, esibendo un affascinante sorriso, fece un galante inchino. Dopodiché si diresse verso l’uscita della grotta zoppicando.
“E’ una follia, fermati!” cercò di fermarlo la ragazza.
Quello non le diede retta, ma sapeva che aveva ragione. Aveva la gamba in condizioni se non pessime, perlomeno indecenti per un simile sforzo. Gli doleva ad ogni singolo movimento, ma non se la sentiva di rimanere fermo a non fare nulla.
Ben presto, inciampò. Però, al posto di sentire il suo tonfo e la terra che si appiccicava sul corpo umido, sentì qualcosa di ruvido e caldo sorreggerlo. Quando aprì gli occhi, venne attratto dal muso nero del drago, che lo stava sorreggendo.
Occhi neri fissavano il nero.
Tuttavia non provava paura, perché scoprì che si trattava di una creatura che già conosceva.
“Luminosa?”

    Hiccup si meravigliò a sentire quel nome. Rimase a fissarlo a bocca aperta con la pomata sulla mano, pronto a spalmarla sulla gamba di quello sconosciuto. Poi si rese conto che aveva scambiato le due Furie, una per l’altra.
“No, lui si chiama Sdentato. Te lo già detto: non ti farà del male.” disse, anche se sentiva che non ce n’era bisogno.
“Lo so.” rispose il moro, guardandolo fiducioso.
Sdentato lo fece sedere per terra, in modo che potessero finalmente curarlo. Hic si trattenne dal fare altre domande. Gli si avvicinò e gli spalmò l’intruglio giallognolo sulla ferita. Astrid invece, armeggiava con la sacca alla ricerca di qualcosa.
“Come fai a conoscere Luminosa?” chiese alla fine il castano.
La curiosità di Hiccup era troppo grande per trattenere quella domanda. Lo guardò negli occhi di profondo oceano scuro e vi trovò un sentimento che non riconobbe. Ma ben presto svanì e gli occhi tornarono ad essere più gelidi del ghiaccio nero.
“Tu come fai a conoscerla!” ringhiò, infastidito.
“Una ragazza di nome Aura è venuta poco fa sulla nostra isola…” spiegò la bionda secca, portando delle bende e un fazzoletto.
“Berk!” la interruppe il moro. “Siete… vichinghi?” chiese piuttosto scettico.
“Perché ti stupisci tanto?” domandò in tutta risposta Astrid.
“Credevo che i vichinghi odiassero i draghi…”
“E’ una lunga storia.” liquidò l’argomento la ragazza.
“Credo che abbiamo tutto il tempo, signorina.” proferì con tono caldo lo sconosciuto.
“E non chiamarmi signorina!”
“Non mi hai detto il tuo nome.”
“Se è per questo, neanche tu ti sei presentato.” borbottò Hic scocciato.
Il moro lo squadrò e sorrise malizioso, già pronto alla loro reazione per quando si sarebbe presentato.
“Io sono Zephros, capitano della nave pirata Niflheimr, e viaggio alla ricerca di nuove terre da scoprire assieme alla mia ciurma.”
“Un pirata.” concluse il castano per nulla sbalordito.
Hiccup lo squadrava dalla testa ai piedi con scetticismo, mentre Astrid sembrava interessata, quasi emozionata da quell’informazione. Non aveva mai incontrato un vero pirata in vita sua. Ne aveva solo sentito parlare nelle vecchie storie di suo nonno.
Zephros la osservava, divertito dal risultato ottenuto e con un sorriso irriverente, posò il suo sguardo su Hiccup.
“Amico, se quella è la tua ragazza, dovresti fare in modo che non fissi altri ragazzi a parte te.” sussurrò eloquente.
Il castano sobbalzò e lo guardò ancora più infastidito di prima. Lo detestava proprio e non se ne preoccupava a nasconderlo. Non era solo per l’interesse di Astrid nei suoi confronti, ma era il suo atteggiamento così sfacciatamente irriverente a dargli fastidio.
“Io sono Astrid e lui è Hiccup. Dimmi, come sei finito qui?”
“Stavo venendo giustappunto a Berk, ma ho perso uno dei miei uomini in mare e mi sono tuffato per salvarlo… O almeno così mi auguravo.”
“Capisco…”
“E che ci andavi a fare a Berk?”
“Vacanza.”
“Sì, anche Aura mi ha risposto così, anche se dubito che i pirati vadano in vacanza.”
Il moro rise e si passò una mano tra i capelli bagnati. Un ciuffo gli ricadde davanti e notò che era color rame. Si guardò le dita e sbuffò.
“Devo togliermi questa roba… A quanti metri è il mare?”
“Venti, forse trenta metri da qui.”
“Dovrei farcela.”
Zephros si rialzò e cominciò a zoppicare verso l’uscita. Sdentato lo seguiva con lo sguardo, mentre Tempestosa eseguiva qualcosa che doveva essere uno sbadiglio. Anche Astrid e Hiccup lo osservarono, la prima preoccupata e l’altro indifferente, tanto che si preoccupò di più di chiudere quella pomata così puzzolente e appiccicosa.
“Hiccup, aiutalo!” lo rimproverò Astrid.
“E va bene… Almeno così mi lavo le mani.” brontolò lui.
Il ragazzo si alzò pesantemente e uscì pigramente dalla grotta. Sdentato lo seguì finché non vide il padroncino raggiungere lo sconosciuto. Zephros si faceva strada tra le rocce e, nonostante la gamba artificiale, Hiccup fu più svelto di lui. Lo sorresse mettendogli il braccio destro intorno alla sua spalla e lo portò verso il bagnasciuga.
“Oh, la tua ragazza ti costringe ad aiutarmi?”
“Sembrerebbe sia così.”
“Povero     Hiccup Horrendus Haddock III…”
Hiccup sobbalzò e mollò accidentalmente la presa. Zephros perse l’equilibrio, ma riuscì ad affondare i piedi nella sabbia. Scosse la testa divertito e si diede una ripulita.
Si tolse il gilet nero e la camicia blu notte, facendo vedere al mingherlino una schiena piuttosto ben scolpita, anche se con qualche cicatrice. Hiccup si dovette trattenere da quella che definì una “pura esibizione di egocentrismo” e ringraziò Thor di essere lui lì e non Astrid.
Che la gelosia si stesse lentamente trasformando in invidia? Non lo sapeva nemmeno lui.
In realtà, si chiedeva di più come mai un estraneo, per lo più un pirata, lo conoscesse così bene. Non ebbe il tempo di chiederglielo ad alta voce, che quello si immerse.
Quando risalì il nero scivolava via dai capelli come pece. I suoi occhi neri erano coperti da una folta chioma color rame e dalle punte di gialla fiamma d’orata. Era decisamente un bel ragazzo, nonostante la cicatrice sullo zigomo sinistro e i vari tagli sulla schiena. Notò anche che dimostrava non solo una stazza maggiore della sua, ma anche la maturità dell’età, che suppose, forse attorno ai diciotto.
Zephros sorrideva eloquente, come per dirgli che ora non aveva più niente da nascondergli. Il castano ci mise un po’ per capirlo, ma quando sgranò gli occhi il pirata scoppiò a ridere.
“Ci sei arrivato finalmente!”
“S-Siegfried?! Sei… sei davvero tu?”
“Già! Sono Siegfried Ærnmund Øzenturblenter II, futuro capo della tribù dei Guerrieri Spelakkiati, che governa la penisola dei Picchi Nordici.”
Il castano lo guardava sbalordito.
Caspita se lo conosceva quell’antipatico! Era alla Riunione dei Tribali ogni sacro benedettissimo anno di Thor e si era sempre dimostrato un ragazzo disattento a quel evento, sebbene avesse risolutezza da vendere come futuro capo. Era sempre stato il più promettente tra quelli che aveva conosciuto - perché non tutti sempre partecipavano -. Ed ora era lì, a presentarsi e a parlargli come se fosse un vecchio amico.
“Senti… Sai per caso dove posso trovare gli ingredienti per l’intruglio nero? Sai, io non li conosco…”
“A dire il vero, nemmeno io. Come diavolo hai fatto a tingerteli di nero?”
“E’ Aura che di solito me lo fa. Beh, a quanto pare, dovrò ritornare veramente da lei, alla fin fine.”
“Come??”
“Ah, già non te l’ho detto. Tutto questo dovrebbe essere un segreto! Per cui puoi…”
Hiccup non riusciva più a proferire parola. Conosceva Aura e si comportava come se fosse in una normalissima situazione. Non se ne rendeva conto? Era un vichingo! I vichinghi non utilizzavano le navi come i pirati! Erano diversi! Come poteva gironzolare qui e là come se fosse un passatempo?
“No! Non ti reggerò la farsa. Mai!! Sei un vichingo, non un pirata!”
“E tu sei un vichingo, ma non uccidi i draghi.”
“Cosa diavolo c’entra?!” sbottò il castano, infastidito da tutte quelle bugie.
“C’entra, perché se vorrai salvare il tuo amico alato, allora dovrai portarmi da Aura immediatamente. Siete in pericolo.” spiegò Siegfried con tono serio e lo sguardo cupo.
“Di che cosa stai blaterando?”
Era titubante quando lo chiese. La rabbia svaniva di fronte alla paura di quel qualcosa di orribile che stava per rivelargli. Perché sapeva che non gli sarebbe piaciuto, bastava osservarlo negli occhi che si obbligavano a fissarlo.
“Di una guerra che scoppierà molto presto e tra le vittime, verranno mietuti anche i draghi che tu ami tanto.”





***

N.A: Ho cambiato il nome di Oswald in Siegfried, non chiedetemi perché... Comunque, spero che il mio nuovo personaggio Zephros (o Siegfried, come preferite) vi piaccia^^ E’ creato appositamente per questa fiction e siete pregati di non fregarmelo. *coff coff* Un po’ angst la fine, lo so…
Questo capitolo lo dedico a Vic394 per ringraziarla della fan fiction che mi ha dedicato e per lo spunto del nome della tribù di Siegfried XD (Yak spelakkiati! :’D)

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