Hunger - The Angel

di RedF0x
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Distretto 12 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Samantha Wellwood! ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Il treno. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - La Sfilata ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Odio e Rancore ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Non Dovrei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Disperazione ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - L'intervista e l'alleanza. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - L'esame ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - 20, 19, 18... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Stanca ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Impulsiva. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - In Catene. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Muro ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - E' ora. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Fine. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Fine? ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Distretto 12 ***


 
Chiudo gli occhi.
Un profondo respiro e riesco quasi  a percepire la vita che muta intorno a me. L'erba che cresce, gli alberi che si innalzano alla ricerca di luce, i passi di un cerbiatto intento a brucare l'erba. Per quasi 10 minuti rimango in quello stato, muta e ferma come una statua, immersa in quel paradiso naturale. Tendo l'arco e spalanco gli occhi, la luce mi acceca per pochi secondi, ma la mia freccia è già stata scagliata verso la gola dell'animale, che con un muto lamento cade a terra. Mi alzo dal cespuglio nel quale ero nascosta e mi dirigo verso il mio bottino. 
- Mh, non male. -  
Una voce maschile mi prende alla sprovvista, quasi mi ero dimenticata di mio padre. 
- "Non male"?! - Lo guardo con aria grave, mentre si avvicina alla preda. - Da quando in qua una bambina di 11 anni è mai stata in grado di uccidere un cerbiatto con una sola freccia in questo distretto? -. 
Sorride e mi accarezza la testa. - Sono fiero di te, Samantha.  -
 
Il ricordo mi prende alla sprovvista, facendomi dimenticare del cervo che stavo cacciando da un'ora. Un passo falso, il cervo scappa via. 
- Maledizione. -
Incomincio a correre, sfruttando i tronchi caduti dopo il grande temporale di pochi giorni prima, 
con un po' di fortuna posso ancora prenderlo, l'arco ancora teso. 
 
- Ragazzi, guardate, c'è la Wellwood! -
Quella maledetta voce squillante mi prende contropiede. Cammino più velocemente. Risate.
- Hey, Sammy, dove vai? - Qualcuno mi prende: - E' maleducazione non rispondere! -
Altre risate, un paio di braccia mi bloccano la fuga, non cerco neppure di divincolarmi che un paio di pugni in pancia mi tolgono il respiro. - S...Smettetela! - Sussurro con voce roca. - E perché mai?! Il tuo paparino non sarà qui ad aiutarti oggi! - 
Questo non dovevano dirlo.
Tiro un calcio in mezzo le gambe al ragazzo che mi teneva stretta, lasciandogli sfuggire un' imprecazione, un secondo dopo un altro paio di braccia mi fermano di nuovo, ma con una semplice contropresa lo faccio cadere a terra. Nessuno prova ad avvicinarsi, ora. - Qualcuno vuole il resto?! - Urlo con il respiro affannato. Silenzio. Corro via. 

Ed ecco che ritrovo la mia preda, intenta a correre pochi metri davanti a me. Con un agile salto scendo dall'albero e ritorno all'inseguimento, prendendo la mira e scagliando la freccia.
Centro. Sento il tonfo del corpo che cade a terra. Mi avvicino all'animale abbattuto, provando quasi pena per quella creatura.
 
- Mamma dov'è papà? -
Incontro due occhi pieni di lacrime e disperazione. Incomincio a piangere anche io, capisco che c'è qualcosa che non va. 
- Tesoro, papà è andato in Paradiso. -
Mamma mi ha sempre raccontato una storia sul Paradiso. 
Sto per controbattere, per porre fine ai miei dubbi, ma lei mi precede.
- Piccola mia, purtroppo devo andare da papà, non riesce a stare in quel posto da solo. -
Non capisco. 
- Ma non posso venire anche io con te da papà? - 
Spalanca gli occhi, pieni di terrore e altrettanta disperazione.
- No, la vita è una sola per essere vissuta completamente, il distretto 12 ha un angelo tra i suoi abitanti, ma ancora non lo sa.  Adesso prepariamo la valigia e ti porto da tua zia, va bene? - 
- No, non voglio! La zia non è buona come te! -
- Tesoro, starai bene, fidati, saluterò papà da parte tua! -
Addio mamma.
 
- Hai preso soltanto un cervo? -
Le solite occhiate arcigne di mia zia, ormai ci ho fatto l'abitudine, dopo 3 anni.
- Era piuttosto grosso - Borbotto: - Ho fatto una sudata per prenderlo. -
Mi siedo sul tavolo della cucina, sbadigliando rumorosamente, mentre sento i soliti rimproveri e monologhi che io puntualmente ignoro. Sbuffo seccata e mi alzo da tavola.
- Vado in camera mia. -
Rispondo meccanicamente, forse sono così abituata ad isolarmi che ormai lo faccio normalmente. Mia zia finisce finalmente di parlare. 
- Cosa devo fare con te? - Mi fermo sulla soglia della porta, sorpresa dal tono tristemente disperato nella sua voce, mi giro ed incontro due occhi acquosi.
- Non chiuderti in te stessa, Sam. So che il distretto 12 non è un bel posto dove crescere, ma ciò non significa che tu debba diventare uno degli ibridi di Capitol City. -
Un piccolo detto, sta per "eseguire le azioni meccanicamente, sopravvivere invece di vivere". 
- Ti ricordi cosa disse mamma? -  Rimango ferma, immersa nei ricordi.
 
Il distretto 12 ha un angelo tra i suoi abitanti, ma ancora non lo sa.
 
- Quello che ti disse è vero, perché non mi vuoi stare a sentire? -
Trovo il coraggio di guardarla negli occhi:
- Zia, la mamma si è impiccata, le sue parole sono vane dopo quello che ha fatto. Mi diceva tutte quelle frasi sulla vita, ma lei si è uccisa per non vivere la sua. -
Chiudo gli occhi perché so già cosa mi aspetta, e lo schiaffo arriva forte, direttamente in faccia. Li riapro poco dopo, specchiando i miei occhi di fuoco in quelli in lacrime che ho davanti, altrettanto immersi nella collera:
- Non azzardarti a dirlo mai più! Tuo padre era tutto per Hanny, quando quell'incendio lo uccise il cuore di mia sorella, di tua madre morì tra le fiamme con lui! - Spalanco gli occhi, mai mia zia aveva parlato della morte di mio padre, mai. Poi continua, in tono molto più pacato: 
- Domani è il giorno della mietitura. Ti ho preparato il vestito già in camera da letto, niente caccia domani. Ci sono ancora un po' di avanzi. - Quasi ignoro questa frase, ritorno calma e le rispondo:
- Che ti piaccia o no, comunque, qua sono quella che contribuisce maggiormente per sopravvivere, quindi la scuola è fuori discussione. Non fino a quando non rischieremo di morire di fame se non vado a caccia per due giorni consecutivi. -
Con questo, mi alzo e me ne vado in camera mia senza aspettare, temendo una sua risposta.
 
Corro verso la cucina, i piedi nudi che battono sul terreno freddo:
- Mamma, non riesco a dormire! -
Lei sorride, quei sorrisi che vedi una sola volta nella vita, quei sorrisi che valgono più di mille lucciole, quei sorrisi che ti rimangono impressi nella mente, quei sorrisi che ti accompagnano poi prima di morire. E come ogni volta che non dormo mi prende per mano e mi riaccompagna a in camera mia, senza dire nulla, perché il silenzio vale molto di più. Mi fa stendere sul letto ed incomincia a cantare: 
 
Verrai, verrai,
all'albero verrai,
cui hanno appeso un uomo che tre ne uccise, o pare?
Strani eventi qui si sono verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all'albero degli impiccati.
 
Verrai, verrai,
all'albero verrai,
là dove il morto implorò l'amor suo di scappare?
Strani eventi qui si sono verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all'albero degli impiccati.
 
Verrai, verrai,
all'albero verrai,
ove ti dissi "Corri se ci vuoi liberare"?
Strani eventi qui si sono verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all'albero degli impiccati. 
 
Verrai, verrai
all'albero verrai,
di corda una collana, insieme a dondolare?
Strani eventi qui si sono verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all'albero degli impiccati. 
 
E come al solito intorno a me si fa silenzio. 
Era una cosa rara sentirla cantare, soprattutto quella canzone, così ricca di significati da poter essere punito chiunque  solo per averne intonato una strofa. Io avevo quel piccolo privilegio di  aver potuto sentire la voce di un angelo prima di morire.




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- ANGOLO DELL'AUTRICE -

Salve a tutti, questa è la prima fanfic che posto su EFP, nonchè la prima fanfic di Hunger Games.
"Dov'è nata 'sta idea?" Vi chiederete voi. Ebbene, prima di dormire la sera spesso immagino delle vere e proprie saghe mentali di vario genere per favorire il sonno e tra queste è uscita questa storia interessante. E' un Alternative Universe, vuol dire che non è mai esistita Katniss, non è mai esistito Peeta, non è mai esistito Gale.
Lo so, può sembrare solo una copia mal fatto della storia originale, ma fidatevi se vi dico che ha molte cose (appositamente) in comune e alcune completamente diverse.
Attualmente, sto lavorando sulla prima fan fic, ma sto già pensando (ho addirittura abbozzato su carta un pezzo di un capitolo random) in un seguito. 
Se leggete, per piacere, recensite! Mi piacerebbe tanto sapere se vi piaccia o no, o magari dove devo migliorare. 
Ho programmato di postare (ora che è estate) un capitolo al giorno, se tutto va bene.
Che altro dire? Grazie per aver letto! 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Samantha Wellwood! ***


Mi sveglio con un forte mal di testa, sento che sta per scoppiare, ma attribuisco questo male alla litigata di ieri e mi alzo dal letto di buon ora. 
Mi fa quasi strano vedere un vestito elegante sul letto e non la mia tipica tenuta da caccia, con un dito seguo i modesti ricami della camicietta e mi soffermo a calcolare la lunghezza della gonna, che mi dovrebbe arrivare all'incirca alle ginocchia. Le scarpe sono nere e lucide, le calze candide, lunghe e ricamate all'estremità con un piccolo pizzetto.
Prima di indossare quell'elegante tenuta non posso fare a meno di osservare il mio corpo allo specchio trasformato dopo un altro anno di caccia, fatiche e notti insonni.
Ho 17 anni, ma il mio corpo è il contrario di quello delle mie coetanee: ho delle braccia e gambe robuste, segni di giorni e giorni a cacciare conigli, scogliattoli e cervi. I miei lunghi e lisci capelli rossi non hanno mai incontrato forbice se non qualche volta le punte e ricadono leggeri sulle spalle e lungo la schiena. Perdo del tempo ad osservare meglio il volto scarno e pieno di lentiggini che mi sta davanti, gli occhi verdi e le sopracciglia folte fanno contrasto con la mia carnagione pallida. Insomma, mi considero una ragazza carina, ma so che qui nel distretto 12 la bellezza è messa in secondo, se non terzo piano. Una volta vestita e pettinata vado in cucina, immersa nel più completo silenzio, ma so già che mia zia è già intenta a cucinare per pranzo, ho il tempo di vedere all'interno del grosso pentolone arrugginito uno stufato fatto di avanzi di carne, frutta e verdura dal sapore discutibile che mia zia mi manda fuori di casa ed esce con me.
- Tranquilla, è la tua quasi ultima mietitura, se non sei andata in questi ultimi 6 anni, non andrai di certo ora -
In un sola frase capisco quanto poco mia zia mi conosca, visto che non ha nessun motivo per calmarmi quando quella più calma delle due sono io. Non sono affatto agitata, forse perché ho solo 8 biglietti o forse perché so che sono le mie ultime mietiture. Però su una cosa sono sicura, qui da noi questo è il giorno peggiore all'anno. Nei primi distretti oggi è solo uno dei tanti giorni di festa, ma almeno negli ultimi ogni cittadino si sveglia con la consapevolezza che prima di mezzogiorno due famiglia si chiuderanno nelle loro case in lutto e magari con il timore che una di quelle sia la sua. Insomma, penszieri alquanto pessimistici sulla società in cui viviamo al giorno d'oggi, certi - sicuramente i miei genitori, se fossero ancora vivi - direbbero pure realistici. Deve essere stato il grande monologo interiore, o che avessi superato di gran lunga mia zia, fatto sta che la strada davanti a me sbocca in una grande piazza quadrata completamente addobbata di manifesti e stemmi di Capitol City, amplificatori, un palco e grandissimi schermi per l'occasione. Prendo posto tra il ristretto gruppo dei diciassettenni e attendo l'inizio, che non si fa aspettare per molto.
Neanche 5 minuti dopo il mio arrivo il caratteristico inno di Capitol City si propaga a tutto volume per la piazzia se non oltre, precedendo un'inviata della capitale vestita con un sgargiante vestito color verde lime... fatto di carta. Non riesco a trattenere una risata e le ragazze intorno a me mi guardano come se avessi perso il senno della ragione. 
- Benvenuti alla 74esima edizione degli Hunger Games: e che la fortuna... - 
A bassa voce completo la frase, mentre la presentatrice fa un passetto in avanti verso le due enormi bacinelle di vetro piene di biglietti, il vestito produce un minaccioso rumore di carta stropicciata e strappata.
- ...possa sempre essere a vostro favore! -
Anche questa volta non riesco a trattenermi e parlo ad alta voce quel poco che permette di farmi sentire dal gruppo della mia età:
- E' lei che dovrebbe considerarsi fortunata se prima della fine del teatrino non si ritrova a gambe all'aria e con il vestito interamente strappato. -
La battuta ha l'effetto voluto, alcuni ridono nervosamente ed altri sorridono. Sento qualcuno sussurrare qualcosa come "non hai rispetto per quelli che moriranno là tra poche settimane" ma non ci do molto conto e continuo a studiare l'aspetto della capitolina a 5 metri di distanza da me, che si cimenta in pose per le telecamere e risolini alquanto imbarazzanti:
- Capitol City ci ha mandato un nuovo film! Non siete contenti? -
Mi guardo intorno, la contentezza è quasi palpabile.
Ed ecco che comunque segue il solito filmato, queste persone ci trattano da idioti, ogni anno escono con un "c'è un nuovo film!" e poi alla fine è sempre lo stesso, identico ed incredibilmente noioso filmato.
- Oh, quanto adoro questa parte! - Altri salti di gioia e risatine: - Ma ora, senza ulteriori indugi, scopriamo chi sarà il fortunato partecipante del distretto 12 negli Hunger Games! - 
Credo che le presentatrici abbiano uno specifico modo di muoversi e comportarsi, poiché passa un'eternità prima che prenda il biglietto, lo apra e legga il nome scritto sopra:
- ... Spens Yule! Avanti ragazzo, sali sul palco. - 
Un ragazzino di 13 anni viene portato sul palco da un paio di Pacificatori, il terrore nei suoi occhi visibile da così lontano.
- Che bel giovanotto! Avanti mettiti qua! - 
Posiziona il ragazzino alla sua sinistra, mentre questo sembra essere completamente paralizzato dalla paura.
- Ed ora passiamo alla ragazza! -
Passa un'altra eternità, sto seriamente pensando di sgattaiolare via prima della fine, visto che più che altro potrei sprecare quel tempo a procurarmi da vivere.
- Vediamo... questo! -
Prende uno dei tanti biglietti, lo pesa sulla mano come se possa cambiare il peso in base al nome, lo apre e legge:
- ...Samantha Wellwood! -
Merda. 
Rimango paralizzata, forse me lo sono solo immaginato, forse ero talmente annoiata e prestavo talmente poca attenzione che ho sentito male, ma le faccie dei miei coetanei che si allontanano da me come se fossi malata mi convincono del contrario. Deglutisco e faccio un passo avanti, mi sembra di avere le gambe di piombo, perchè solo quel piccolo movimento mi costa tutta la forza di volontà che avevo. Cado a terra in preda al panico e credo di urlare e piangere, perché altri 4 Pacificatori mi raggiungono e mi portano sul palco. Nell'agitazione più totale, gente con gli occhi sbarrati per la mia reazione, il pianto e le urla di mia zia che si sentono da qua, faccio l'unica cosa che in questi 3 anni mi hanno sempre calmato, incomincio a canticchiare la canzone di mamma. 
 
Verrai, verrai,
all'albero verrai,
cui hanno appeso un uomo che tre ne uccise, o pare?
Strani eventi qui si sono verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all'albero degli impiccati.
 
Non è stata una buona idea. I Pacificatori capiscono le parole e mi stringono le braccia ancora di più, mi lascio uscire un urlo di dolore strozzato e per la prima sento le urla di protesta del mio distretto scoppiare. Alzo la testa e smetto di cantare.
- L... lasciatemi andare, cammino anche da sola. - 
Sogghigno e gli scagnozzi mi lasciano andare, raggiungo la presentatrice che ha una strana espressione in faccia... forse... pietà? 
- Non ho bisogno la pietà di nessuno. -
Dico con voce roca rivolta alla donna di carta davanti a me e quella cambia subito espressione, assumento una rigida espressione severa, per poi ritornare a sorridere come prima.
- Bhè... vuoi dire qualcosa...? -
Si capisce da un miglio che ha dei ripensamenti per avermi dato la possibilità di poter prendere il microfono, perché ritrae l'aggeggio dalla mia bocca, ma è troppo tardi, le parole sono più veloci della sua mano.
- Addio. -
E' l'unica cosa che mi sento in gradi dire, è stato bello prendere in giro fino a quando non mi sono trovata il coltello dalla parte della lama, e le parole mi escono spontanee. Alzo gli occhi al pubblico per studiare la loro reazione, ed un migliaio di persone sicronizzate si portano la mano alla bocca ed alzano le tre dita al cielo, in un enorme corteo di buonafortuna.
 
Verrai, verrai,
all'albero verrai,
ove ti dissi "Corri se ci vuoi liberare"?
Strani eventi qui si sono verificati
e nessuno mai verrebbe a curiosare
se a mezzanotte ci incontrassimo
all'albero degli impiccati. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Il treno. ***


Mi sveglio sul divano.
"Che brutto sogno, mi sento completamente distrutta. Che ore sono? Devo andare a caccia, non posso saltare anche oggi, ora manca solo un'altra mietitura e sarò finalmente libera."
Poi mi rendo conto di dove sono. Questa non è casa mia, sono sdraiata su un lussuoso divano color rosso tenue e non sullo straccietto rappezzato del mio saloto.
La realtà mi si para davanti con un muro, a cui vado irrimediabilmente contro. Urlo, ma il Pacificatore alla porta non da cenno di avermi sentito. 
Non passo neppure del tempo ad esplorare la stanza lussuosa che la porta si apre di scatto. 
- SAM! -
Un paio di braccia mi circondano il collo e mi ritrovo senza potermi muovere abbracciata a mia zia in lacrime. 
- Zia, calmati... -
Ma lei mi interrompe:
- NO! Senti, sei forte okey? Sei forte! Vinci! Vinci non per il distretto, non per portare onore al 12, vinci per te stessa! Vinci per tuo padre, vinci per tua madre! Vinci per te stessa! Ce la puoi fare, sei allenata, brava a caccia! -
Questa volta sono io a fermarla, perché un'altra parola e so che scoppierò in lacrime anche io:
- Ascolta zia, ora ascoltami! - Mi sciolgo rudemente dall'abbraccio e le fermo i polsi: - Piantala, morirò prima del secondo giorno, lo sappiamo tutte e due. Quindi ascoltami attentamente: trovati il cibo nel bosco, sei abbastanza informata per non prendere cose velenose, fai anche qualche trappola, quella semplice semplice che ti ho fatto imparare il mese scorso! - Lei continua a singhiozzare istericamente, non capisco se mi ha sentito o no, ma il Pacificatore interrompe i miei pensieri. 
- Basta, tempo finito! Ora via! -
Prende violentemente per un braccio mia zia, e solo ora mi rendo conto di tutte le cose che non le ho detto, di quanto sono sempre stata cattiva con lei, quando mi voleva solo bene. Incomincio a piangere come una disperata, in preda alla collera allontano il Pacificatore ma non posso fare molto visto che sono disarmata contro un uomo robusto, armato e protetto. Con un calcio in pancia mi butta per terra, senza fiato. Il dolore allo stomaco arriva quasi immediatamente e mi ritrovo sul pavimento di marmo freddo ad annaspare in cerca di aria che mi è stata tolta per il colpo troppo forte. Nel frattemo mia zia è stata buttata fuori ed al suo posto entra la capitolina: - Bene ragazza... oh dov'è finita? - Passa due minuti buoni a cercarmi, per poi trovarmi per terra ai suoi piedi: - Santo cielo! Cosa è successo?! - Mi agguanta un braccio per aiutarmi ad alzarmi, ma io l'allontano con violenza e mi alzo da sola. 
- Niente. -
Sembra che la mia risposta le vada bene, o evidentemente è troppo eccitata per accettare un evento negativo.
- Bene! Io sono Silver Keene, oh ma che sciocca, tu dovresti già conoscermi! -
La guardo con frustrazione per un secondo, poi rispondo schietta:
- No - Mi giro di spalle e guardo dalla finestra per l'ultima volta il mio distretto. - Non ti conosco. - 
Devo averla seccata parecchio, perché con un tono molto più rigido mi dice di seguirla. Arriviamo verso un'altra sala enorme, piena di poltrone e divani, su uno di questi è seduto il ragazzino che insieme a me morirà nell'arena, ancora pallido ed agitato.
- Oh bene, ci siamo tutti allora, vogliamo andare? -
Dice Silver, riaquistando la sua parlata da cucciolo. Il ragazzino però sembra non averla sentita, perché guarda insistentemente me terrorizzato, io ricambio con uno sguardo interrogativo e lui porta il dito alla sua guancia. Alzo la mano verso il mio viso e noto con orrore che mi sono sporcata la guancia di sangue. Cerco di pulirmi il più velocemente possibile, e sembra che la cosa diverti il ragazzino, perché lo sento ridere per la prima volta. Ci rinuncio, lancio un'occhiata tagliente a Spens e distolgo lo sguardo. Ho solo il tempo per notare l'enorme vetrata sulla mia testa che Silver ci spinge tutti e due fuori dalla porta dall'altra parte della stanza e ci fa salire sul treno. Sto davvero cominciando a seccarmi, non ci può trattare come bambini e da una parte sono nauseata dai continui spostamenti.
Ma non mi dilungo troppo su questi pensieri perché davanti a me si para la cosa più bella che abbia mai visto.
Un tavolo enorme pieno di cibo. 
Tra la miriade di colori e paste intravedo torte, pasticcini, tacchini farciti, bistecche, frittate e tanto altro. Ho l'impulso di fiondarmi sul tavolo ma prima lancio un'occhiata a Silver (che mi è improvvisamente diventata molto più simpatica) e dopo il suo consenso prendo un piatto, riempiendolo con ogni tipo di bellezza per il palato e sedendomi rudemente al lunghissimo tavolo che fino a prima non avevo notato. Sarà stato il cibo, o che il motore del treno è incredibilmente silenzioso, fatto sta che solo dopo aver mangiato due piatti di cibo e bevuto bicchieri e bicchieri di una spremuta alle more noto che siamo in movimento. 
- Wow... -
Silver sorride e mi guarda:
- Silenzioso, non è vero? -
Ed incomincia a parlare di stilisti e nomi influenti a Capitol City (anche se non capisco il nesso tra il treno e gli stilisti) come se io sapessi a menadito di che cosa stia parlando.
Al distretto 12 la moda non è al secondo piano, ma proprio non è considerata. L'importante è che quello che indossi ti tenga caldo in estate e che ti protegga dagli insetti. Tutto qui. Soltanto il giorno della mietitura le persone preferiscono vestirti eleganti per l'occasione.
- Assaggia questo! -
Spens mi mette sotto il naso un bicchiere stracolmo di un liquido rossastro, dal profumo intenso. 
- Oh, quello è vino di prima qualità! Venuto direttamente dalle cantide della miglior riserva di Capitol City. -
Da quelle poche frasi che ho sentito dire da Silver, ho constatato che ha sviluppato un'insana passione per Capitol City e qualsiasi cosa inerente ad essa, quindi la ignoro come al solito e prendo un piccolo sorso della miscela. Tossisco, perché sento che la gola mi brucia. Silver ridacchia:
- Mai assaggiato eh? -
Non mi trattengo:
- No, nel distretto 12 è già tanto se non muori di fame, figuriamoci avere il "piacere" di poter bere qualcosa solo perché è buono".
Silenzio, Spens ridacchia nervoso e Silver mi guarda con la stessa occhiata dura di 20 minuti prima. 
- E' la verità -
Rispondo pacata. Mi alzo e mi sgranchisco le gambe.
- Piuttosto, dov'è il nostro mentore? -
Silver finalmente accenna a parlare, mi risponde che è nella cabina accanto. Cammino velocemente verso una porta di vetro alla mia destra seguita da Spens e mi ritrovo in un piccolo salottino con tele, stanno trasmettendo le mietiture degli altri distretti.
Di tutti i tributi mi rimangono impresse poche persone, quelle a mio parere più pericolose:
Dixie Ogillby e Gaius Spectral, entrambi del distretto 1; la prima tenera e carina e l'altro già dall'apparenza pericoloso, entrambi offertisi volontari. Per il distretto 2 e 3 credo di essermi dimenticata i loro nomi 5 secondi dopo che il presentatore li ha detti. Nel distretto 4 invece si è offerta volontaria prima una ragazzina coi capelli castani ed occhi verdi leggermente più scuri dei miei di nome Eta. 
Poi arriva quello che più di tutti mi è rimasto in testa, un ragazzo piuttosto robusto, con una mascella pronunciata e scompigliati, corti capelli neri, deve avere 18 anni, anche lui offerto volontario. Sembra che però non l'abbia fatto con molta voglia. Il presentatore si dilunga su di lui, parlando di come sia passato in anonimo per il distretto. L'unica cosa che riesco a notare è che la ragazza rimane attaccata a lui tutto il tempo, abbracciandolo o dandogli baci sulla guancia, quando lui ha l'aria di volere scappare via da un momento all'altro.
Arriva poi il turno del distretto 12, quello che più temevo semplicemente per la mia reazione. Sembra che abbiano inquadrato solo il mio svenimento e la mia salita sul palco dopo, quando sembro più sicura che mai. Grazie al cielo hanno tagliato il mio addio. 
Solo alla fine della trasmissione mi rendo conto che c'è anche un'altra persona insieme a noi, letteralmente sdraiata in una rozza posa sul divano. 
E' una donna dai fluenti capelli neri e con una corporatura robusta. Si gira verso di noi e tende la mano pigramente: 
- Io sono la vostra mentore, il mio nome è Iberis. Patti chiari: io odi qualsiasi cosa che riguardi i Favoriti, è per questo che vi allenerò così bene da far vincere uno di voi due in questa edizione, il distretto 12 è fin troppo sottovalutato. -
Rimango spiazzata dalla sua affermazione così schietta, tanto che mi soffermo un po' prima di stringerle la mano. Al che lei dice rivolta a me:
- Tu mi piaci, la tua batosta a Capitol City un'ora fa è stata meravigliosa, sei anche piuttosto brava a far finta di svenire, quindi posso scommettere che tu voglia fare il tipico stratagemma del tipo "sono troppo bella, buona e carina per combattere", vero? -
Fa l'imitazione di una vocina carina carina, che mi diverte e anche se non è vero, annuisco in risposta alla sua domanda. Devo per forza guadagnarmi la simpatia non solo di Capitol City, ma anche della mia mentore. Passiamo il resto del giorno a parlare di strategie, soprattutto per scegliere il modo di comportarsi di Spens (il mio ormai è già stato deciso, e qui non ci sono dubbi). Dopo cena, la nostra mentore ci da il permesso di stare a parlare per una mezzoretta da soli. 
- Di la verità, stavi veramente fingendo? - Chiede.
- Quando? - Rispondo sulla difensiva.
- Alla mietitura. -
- Ovvio, non avevo altro modo per attirare l'attenzione di Capitol City su di me. -
Ridacchio, il ragazzino pare crederci. 
- Insomma, brava la nostra mentore, eh? -
Un altro patetico modo di iniziare una discussione. Ridendo rispondo:
- Comincio a pensare che abbia una cotta per lei, è tutto il giorno che la guardi sognante. -
Il volto del ragazzo si cosparge di rosso. 
- No insomma, i-io non v-volevo... -
- Si va bene, vai a letto, è troppo tardi per te, piccolo. -
Ridacchio maligna, lui mi guarda male ma ubbidisce ed esce dalla stanza. Finalmente sola, alzo le gambe da terra e seduta sul divano me le stringo al petto, affondando la faccia e chiudendo gli occhi, sospirando profondamente.


--------------------------   L'ANGOLO DELL'AUTRICE  ----------------------------

Ed eccoci ad un nuovo capitolo, visto che questa sera non avevo niente da fare ho scritto e postato anche se in teoria lo avrei dovuto fare domani. Credo che d'ora in poi scriverò sì un capitolo al giorno, ma se ho voglia di scriverne un'altro o ho l'ispirazione ne potrò scrivere anche più di uno, ma la regola del capitolo al giorno varrà comunque, quindi se ho ad esempio 5 capitoli scritti, ne posterò comunque 1 ogni giorno e non magari 2.
Ora dopo il casino che ho scritto, vi rivelo che non sono molto soddisfatta di questo capitolo, non so perché. Avrei preferito dilungarmi molto di più sulla presentazione degli altri tributi ma avevo paura che potesse diventare un po' pesante (ho sempre questa paura, visto che la mia scrittura essendo molto riflessiva a volte tende ad essere pesante per i lettori meno accaniti!).
In più credo di aver scritto e cancellato la parte iniziale all'incirca 5 volte perché non riuscivo mai ad inquadrare perfettamente la reazione di Samantha e quella della zia, poi sono riuscita ad arrivare un compromesso che mi ha lasciata soddisfatta.

Ringrazio la mia recensitrice doc SofiaVoglino per le due stupende recensioni che mi ha scritto e per la sua pubblicità su twitter, in più ci tengo a ringraziare di cuore le 90 persone che hanno letto la mia storia! 
Ci terrei nelle vostre recensioni, perché davvero ho bisogno di qualcuno che mi dica dove devo migliorare e dove no, inoltre io tendo spesso a mollare le mie storie e sapere che ci sono persone che ci tengono e recensiscono i mie i capitoli mi da la carica per continuare a scrivere!
Baci Baci!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - La Sfilata ***


- Cosa succede se esce il mio biglietto, papà? -
- Vorrà dire che il distretto quest'anno avrà la dodicenne più combattiva e brava che sia mai esistita. -
 
Vengo svegliata dai raggi del sole, e mi rendo conto di essermi addormentata sul divano, la tele ancora accesa che trasmette l'arrivo dei tributi dai distretti più vicini. Mi alzo e mi sgranchisco le gambe, non faccio in tempo a capire che ore sono che un'agitata Silver irrompe nel vagone.
- Santo cielo cara! Ti ho cercato dappertutto! Dov'eri finit... -
S'interrompe bruscamente guardandomi in faccia e non capisco il perché, la guardo con sguardo confusa e lei con una scrollata di spalle cambia discorso:
- Abbiamo un sacco di cose da fare, tra meno di un'ora saremo nella meravigliosa Capitol City! Vedrete, vi aspetteranno banchetti, feste e ammirazione! -
E anche la morte.
Ma come al solito smetto di ascoltarla e vado dritta filata in camera mia, sul letto su cui non ho mai dormito vi è un vestito candido ed un cinturino rosso, abbinati a delle scarpette nere e delle calze bianchissime. Mi vesto senza pensarci troppo e colgo solo ora l'occasione di guardarmi allo specchio. Sono davvero ridotta male: riflessi vi sono due occhi gonfi e rossi di chi ha pianto tutta la notte, ma non ricordo cosa ho sognato.
- FORZA! Dobbiamo parlare del programma di oggi, sarà meraviglioso! -
Sbuffo, mi lavo la faccia e pettino i capelli scompigliati dalla brutta dormita.
- Avanti! Vestitevi e venite nel vagone mangiare. -
Sto seriamente pensando di strozzarla, si aspetta dei tributi felici e sorridenti. Come possiamo essere contenti se sappiamo di morire tra meno di 2 settimane? Trovo la forza di andare solo per mangiare, nulla di più.
Mangiando un pasticcino alla crema tento di capire il programma della giornata dalla sua parlantina veloce e incapibile, fallendo miseramente. Sto quasi per chiederle di ripetere più piano che un'altra voce di donna mi precede:
- Silver smettila, non stanno capendo nulla, non parlano la tua lingua -
Non ho bisogno di voltarmi per capire che è stata Iberis a parlare, che è entrata nel vagone seguita da niente poco di meno di Spens in persona, anche lui sembra aver dormito male. Accenna ad un saluto controvoglia. Sposto lo sguardo su Silver, che guarda arcigna la nostra mentore, puntando un dito contro di lei:
- Sciocchezze: Sammy ha capito tutto, non è stupida come TE! -
Ridacchio, se questo è il massimo della cattiveria a Capitol City mi domando che faccia farebbe se sapesse le litigate che si fa mia zia con il vicino. 
Il mio umore cala ancora di più, perché mi rendo conto che non la vedrò mai più. 
- Non è vero cara? -
Silver mi manda uno dei suoi sguardi che dovrebbero sembrare dolci, ma che hanno l'effetto contrario la maggior parte delle volte. - 
- No, non ho capito un accidenti. - 
Lo sguardo della capitolina si fa ancora più tagliente, ma ormai presto attenzione a Iberis, che spiega in un linguaggio alla mia portata cosa c'è da fare:
- Tra meno di mezz'ora saremo a Capitol City, usciti dal treno aspettatevi una bella accoglienza, è il momento perfetto per far capire ai capitolini come vi comportate. Quindi Sam, tu fai la carina, fai qualche piroetta e qualche saltino tipico della città... -
Poi guarda ironica Silver: - Non dovresti avere problemi, visto che questa qua li fa sempre. - Questa volta guarda Spens: - Tu devi comportarti come ci siamo accordati ieri, quindi fai quello un po' impacciato. Devi sembrare un bambino alquanto indifeso. - Ed in quel momento mi viene una domanda che avrei dovuto chiedere il giorno prima: - E tra di noi come ci dobbiamo comportare? -.
Iberis passa un paio di secondi in silenzio, soppesando la mia domanda: - Tu dei comportarti come una sorella maggiore, protettiva. Diremo che vi conoscete da molto, che siete vicini di casa e che sei svenuta quando ti hanno nominata perché non sopportavi l'idea di dover combattere contro la persona che ti sta più a cuore al mondo, Capitol City va matta per queste tipo di situazioni strappalacrime. -
Rimango un po' confusa, e lo stesso lo si può dire di Spens, ma non obiettiamo. 
- Bene, poi mi porteremo direttamente a rendervi decenti per la sfilata, sarà insieme all'intervista uno dei momenti più importanti, perché Sam deve dare modo di far vedere quanto sia affezionata a Capitol City. - 
L'idea non mi piace affatto, ma Iberis va avanti senza darmi la possibilità di controbattere: - Quindi devi inventarti qualcosa, fare in modo che Capitol City si ricordi di te. Ah, per gli stilisti... - 
Ma non fa in tempo a finire di parlare che Silver (non mi sarei aspettata nessun'altro) la precede: - Sono magnifici! Il loro primo lavoro fu nell'edizione scorsa! - 
Mi ricordo lievemente di alcuni vestiti veramente belli, dei vestiti da minatore trasformati in abiti elegantissimi. Sono subito più sollevata. 
Grazie al cielo le urla dei capitolini ed il treno che si ferma mi permette di non stare a sentire più di tanto Silver. 
- Bene, pronti? Forza! Ricordatevi di recitare! - 
 
Carina e in sintonia con Capitol City. I capitolini mi piacciono. Anche se si divertono a vedermi morire nelle più atroci sofferenze in un luogo del tutto inadatto a vivere mi piacciono.
 
Non proprio il modo migliore per ricordarsi di sorridere. Qualcuno apre la porta principale del treno e vengo abbagliata dalla luce, le urla dei capitolini mi frastornano per un attimo. Al che io tiro fuori il sorriso più smagliante che ho e con una piroetta faccio un salto giù dal treno, saltellando nel più convincente stile Capitol City mi avvicino ai capitolini e mando una sacco di baci, provocando un'ovazione generale. Mi giro sorridendo e faccio in tempo a vedere Spens cadere per terra nel tentativo di cercare di scendere, scoppio in una risata cristallina ed un colpo di genio mi assale: mimo al mio compagno di stare fermo e davanti a tutta Panem risalgo sul vafone solo per poter scendere di nuovo, cadendo esattamente come lui, scatenando una serie di risate incontrollabili. Lancio un'occhiata alla mia mentore e lei mi sussurra qualcosa come "ben fatto". 
 
La stanza in cui entro è piuttosto spoglia per i canoni di Capitol City, mi fanno stendere su un tappetino e con un "ci vediamo dopo!" Silver mi lascia nelle mani di 4 sconosciuti intenti a cospargere della cera su un pezzo di carta.
- Cosa volete fare?! - Rispondo sconcertata: - Cos'è quella roba? - 
I capitolini ridono, se non stessero per torturarmi sicuramente mi sarei messa a ridere per come vestono, ma non ci penso troppo in questo momento. 
- Da voi non esiste la ceretta?! Come fate a vivere con tutti questi peli sul corpo?! -
Spalanco gli occhi, la donnona vestita in oro che ha parlato mi sembra veramente sconcertata.
 
Dopo la tortura mi lasciano in un'altra stanza, ancora più modesta di quella di prima, l'unico oggetto che c'è è un abito rinchiuso in una fodera, messo su un piccolo tavolo davanti a me. Prima di poter fare qualcosa, un tizio piuttosto strano entra nella camera. 
Un uomo abbastanza alto, con un crestino ed un sacco di aggeggi di metallo (loro li chiamano piercing, o qualcosa del genere) e ricoperto di tatuaggi tranne che in faccia e sul collo. Comincio seriamente a preoccuparmi. L'unica domanda che in quel momento mi viene è stata:
- Perché devo essere nuda? -  Sbotto seccata, comprendomi con le mani in imbarazzo. 
- Perché devo vedere se quegli incompetenti hanno fatto un buon lavoro o è la volta buona che me li tolgo dai piedi con i loro trattamenti dolorosi. -
Con una sola frase si è guadagnato tutta la mia stima. Senza dire niente apre la zip della fodera e fa uscire il mio vestito. 
Rimango a bocca aperta: un vestito molto simile a quello dell'anno scorso. Con un corpetto fatto dello stesso metallo rozzo della tenuta da minatori nel mio distretto, il vestito poi si apre in una bella gonna, guardo meglio e sembra che sia fatta di fuoco. Il tessuto forma delle onde rosse di varie tonalità. 
- Wow... -
Il ragazzo sorride soddisfatto e lo indosso. 
- Sei meravigliosa, ora lasciati sistemare. -
Mi trucca, un ombretto nero che dovrebbe indicare la polvere di carbone ed un mascara. I capelli me li raccoglie in uno chignon dal quale cadono alcune ciocche disordinate.
- Perfetta. I tuoi genitori sarebbero fieri di te. -
Mi volto scioccata. Cosa? Conosceva i miei genitori? Come fa? Neppure Capitol City sa di loro, nè intendo parlarne. Ma lui non mi lascia finire di parlare e mi butta fuori dalla stanza, davanti ad una Silver in lacrime di commozione. 
- Sei... MERVAGLIOSA! - 
 
Sto letteralmente andando a fuoco, e non per il vestito. 
Sono già sul carro, stiamo per partire, ed io non ho la minima idea di che cosa fare per guadagnarmi l'amore del pubblico. 
- Buona fortuna. - Sento la voce di Iberis lontanissima, per quanto sono stressata.
Ed il carro parte, gli altri distretti sono già usciti, siamo gli ultimi. Una volta fuori sento le urla del pubblico, l'ammirazione per il mio vestito. Mi guardo intorno e noto che i capitolini più ricchi hanno la fortuna di poter guardare la sfilata praticamente vicinissimi ai carri, quindi per la seconda volta lo stesso giorno, faccio una pazzia. 
Ridendo, prendo per mano Spens e salto giù dal carro con lui, provocando confusione tra il pubblico e gli altri tributi. Corro verso il pubblico saltellando e portando con me il mio compagno, che per poco non cade di nuovo a terra. E batto le mani ai capitolini davanti a me, il pubblico è in delirio ed io rido, poi, appena in tempo, percorriamo il resto del percorso che ci divide dagli altri distretti già in fila per il discorso e risaliamo sul carro.
 
- Non ti credevo così coraggiosa! Il pubblico ne è rimasto estasiato! -
Ma io non ascolto Silver come al solito, e mi rivolgo a Spens:
- Era voluta la tua caduta dal treno e quella che rischiavi di fare 20 minuti fa, vero? -
Ho sempre desiderato fargli quella domanda, forse perché voglio vedere se è sincero almeno lui su il suo modo di comportarsi.
Lui rimane per un attimo in silenzio e poi mi dice in tono pacato:
- Come il tuo svenimento. -
 
---------------- L'ANGOLO DELL'AUTRICE -----------------------

Eccoci con un nuovo capitolo! D'ora in poi posterò intorno le cinque, perché è l'orario in cui mi trovo meglio a postare. 
Cosa posso dire? Il capitolo all'inizio era troppo lungo, quando scrivo su foglio faccio fatica a ricordarmi quante pagine sono già occupate dalle parole, quindi ho tagliato e riscritto intere parti. 
Ringrazio tutte le persone che hanno visualizzato, e vi invito a mettere la storia tra le seguite se volete continuare a leggere, poiché ogni volta che posterò un capitolo nuovo invierò un messaggio a tutti quelli che l'hanno messa per avvisarli! Ed in più vi consiglio di recensire se vedete che qualche cosa che non va o anche solo per i complimenti!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Odio e Rancore ***


Sono troppo frastornata per capire quello che mi accade intorno.
Silver che si complimenta, Iberis che mi da delle pacche sulla spalla, ma la verità è che io voglio soltanto andare a dormire. Per una volta sono sincera con me stessa e con le persone che mi stanno attorno: io non dovrei gioire di nulla, io sono qua per morire, sono qua per partecipare e far divertire degli stupidi sadici. Non so come sia arrivata a questa conclusione, fino ad un attimo fa ero felice, perché ero felice? Questa volta niente giri di parole, niente modi di sviare la discussione:
- Scusate ma non sono dell'umore adatto, se volete continuare a gioire del fatto che quando morirò nell'arena almeno i capitolini avranno un minimo di rimorsi di coscienza fate pure, ma senza di me. Mi sono stancata di fare la buona. -
Me ne vado senza aspettare una risposta, anche se sento Iberis borbottare qualcosa come "Quando mai lo è stata?". Ma non me ne frega più niente. Non mi curo di rovinare il vestito, corro dritta filata nell'ascensore e schiaccio un bottone con il numero "12".
L'attico che mi si presenta davanti a me è enorme, ma non me ne curo, sono troppo arrabbiata per fare qualsiasi cosa che non sia prendere a calci i mobili. Noto che c'è già il cibo in tavola, ma prendo solo una coscia e con il piatto in mano me ne vado in quella che mi indicano come camera mia.

Odio Capitol City, odio tutto e tutti. Perché devo essere qua? Cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Io non volevo tutto questo. Io volevo rimanere nel mio monotono distretto 12, vivere la mia monotona vita. Lo avrei preferito di gran lunga  che dover fingere di essere felice di andare a morire.

Qualcuno bussa alla porta, incerto, ma non me ne curo e rimango distesa sul mio letto, a pancia in su. Sento di nuovo la porta bussare, questa volta più forte, urlo con tutto il fiato che ho in corpo: - Lasciatemi stare! - Silenzio. Poi sento la voce di Spens: - Non puoi allontanarti da tutto e tutti Sam, lo sai anche tu. Piuttosto fammi entrare, la scenata che hai fatto davanti agli altri tributi ci ha procurato un sacco di guai. -
Mi lascio sfuggire un'imprecazione: - Non me ne frega assolutamente niente. Tanto prima o poi quelli mi uccideranno comunque. Tanto vale far capire che se mi uccidono prima mi fanno un favore. -
La risposta deve aver scioccato parecchio Spens, perché lo sento scappare via ed urlare dalla sala da pranzo qualcosa come "E' impazzita!".

Ma non lo ascolto. Non me ne frega nulla, se prima avevo paura di morire, e poi la speranza di poter vincere, ora voglio solo ritornare alla mia vita di prima. Affondo la faccia nel cuscino e piango tutte le lacrime che ho in corpo. Nessuno più prova a disturbarmi.

Sto correndo a perdifiato, un dolore lancinante alla gamba mi spinge a fermarmi, ma continuo, perché so che è questione di vita o di morte.
- Sammy Sammy, dove sei?! -
Sento le risate dei favoriti farsi largo nel mio profondo. La fine arriva prima che possa fare qualcosa, faccio in tempo a sentire il cannone.


Mi alzo in un bagno di sudore, la luna è ancora alta. Apro la porta della mia camera, un altro brutto sogno. Ci ho fatto l'abitudine. Ma la collera non mi è ancora scomparsa. Decido di andare nel salotto principale a pensare da sola.
Mi strofino gli occhi rossi e gonfi, per la seconda volta in due giorni. La verità è che non so più su cosa rimuginare, ora che ogni minima fibra del mio corpo è stata svuotata sono talmente stanca anche solo per pensare, per fare i miei monologhi da donna vissuta.
Ma la verità è che sono solo una bambinetta spaesata, non sono forte, non sono in un gradito più in alto degli altri. Ho avuto soltanto la fortuna di saper cacciare, niente di più. Mi sono sempre comportata impulsivamente, troppo. Ho sempre allontanato le persone intorno a me e solo ora mi rendo conto di avere allontanato solo me stessa.
- Non dormi, eh? -
Mi giro senza rispondere, e nel buio identifico la sagoma di Spens, non rispondo.
- Siamo silenziosi stasera. -
- Non ho voglia di parlare, mi sembra ovvio. -
- Non chiuderti in te stessa, Sam. -

- Non chiuderti in te stessa, Sam. So che il distretto 12 non è un bel posto dove crescere, ma ciò non significa che tu debba diventare uno degli ibridi di Capitol City. -

- Benvenuti Tributi, in questa settimana imparerete... -
Ho già smesso di ascoltare il tizio palestrato davanti a me. Almeno qua non devo fingere di essere carina ed interessata a tutto, una vera benedizione per il mio cervello visto l'esaurimento mentale di ieri sera.
- Bene, ora potete andare nelle varie postazioni. -
Sbuffo e mi guardo intorno spaesata, indecisa su cosa scegliere. Per la verità potrei benissimo dirigermi direttamente alla postazione del tiro con l'arco. Ma l'ultima cosa che voglio è avere un'arma in mano, al momento.
Mi dirigo incerta verso la postazione dei nodi, praticamente deserta.
Dopo mezz'ora constato di saper maneggiare piuttosto bene quei pezzi di corda, forse perché faccio trappole da quando ho 11 anni.
- La corda va sotto a quella destra, non nel cerchio in mezzo. -
Mi lascio sfuggire ad un altro tributo di fianco, me ne pento all'incirca 2 secondi dopo, visto che non è Spens e visto che è niente poco di meno che... il tributo del distretto 4.
Mi guarda arcigno per due secondi, ed in quei occhi vedo il mio stesso sguardo, quello che ho rivolto a mia zia per tutti questi anni ed alle persone intorno a me in questi ultimi giorni, una fitta di rimorso allo stomaco mi spinge a distogliere lo sguardo.
- So benissimo cavarmela da solo, grazie. -
- Si scusa, che stupida, non ha bisogno di aiuto. -
Glielo dico senza un apparente motivo, forse perché è quello che vorrei che fosse detto a me in queste situazioni, e mi dirigo finalmente verso la postazione di tiro con l'arco, molto più calma di prima.
- Bene, allora, l'arco si tiene così e... -
- So già come si usa un arco, non ho bisogno che un capitolino mi dica cosa fare. -
L'ultima cosa che voglio è che un abitante di Capitol City mi dica come usare un'arma, tiro un paio di frecce, ma l'arco è ben diverso da quello che usavo nel distretto 12 e quelle due frecce vanno a conficcarsi una nella spalle del manichino e l'altra nella coscia. L'addestratore sbuffa e borbotta qualcosa come "Insolente, e poi non sa tirare una freccia". Lo guardo in collera e concentrandomi molto di più tendo l'arco, questa volta si conficca esattamente nel cuore del manichino, mi giro soddisfatta ma incontro i due occhi di ghiaccio che mi guardavano arcigni fino a poco prima.
- La mano sinistra dovrebbe essere più in alto. -
- Non ho bisogno del tuo aiuto -
Sogghigna e si allontana senza dire nulla, diretto alla postazione per le strategie di mimetizzazione, ma non arriva a destinazione che la sua compagna di distretto lo raggiunge incollandosi a lui.
- Fanno venire la nausea, eh? -
Mi giro di scatto e Dixie Ogillby ride, dietro di lei il gruppo dei Favoriti. Riesco a riconoscere Gaius (l'altro tributo del distretto 1), i due energumeni del distretto 2 (non sembrano molto intelligenti) ed il maschio del distretto 3.
- Stiamo andando alla sezione del combattimento con le spade, vuoi unirti a noi? -
La guardo di traverso.

I Favoriti vogliono che un tributo del distretto 12 stia con loro?

Non mi sembra vero, ma non ci penso due volte a rispondere:
- No grazie, non sono stata allenata e viziata come tutti voi, rischierei di essere fuori luogo. -
Darei la mia vita prima dell'inizio dei giochi per rivedere la loro reazione.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Non Dovrei. ***


E' il secondo giorno dell'allenamento, ho ancora i muscoli doloranti da ieri, ancora non do segni di parlare con Silver ed Iberis, mi sta bene così poiché è colpa della prima se il mio nome è uscito e della seconda se mi stavo trasformando in un ibrido di Capitol City, che agisce solo per ricevere il favore di una massa di ignoranti sadici che non aspettano altro che vedermi uccisa dai favoriti, o da qualche animale spaventoso. 
Depressa mi dirigo verso la postazione di mimetizzazione, dove Alex (il Tributo del distretto 4) è intento ad osservare un manichino pitturato che sembra essere fatto di roccia. 
- Non ho mai riso così tanto ieri, ci vuole coraggio o forse un'irrefrenabile voglia di morire per non accettare l'invito dei favoriti -
 
La seconda. 
 
Il tributo del distretto 4 mi lancia uno sguardo per la prima volta non arcigno. 
- Comunque, stai sicura che ti faranno molto male nell'arena, per averli umiliati davanti a tutti. -
Non avevo mai visto questo lato della situazione, comincio a pentirmi di averli provocati. Piuttosto guardo Alex, che lancia delle occhiate agitate verso la porta principale, come se dovesse uscire un mostro da un momento all'altro.  Non posso fare a meno di ridere.
 
Almeno io non ho una stalker che sembra che tenti di uccidermi prima del previsto con i suoi abbracci.
 
All'inizio è confuso, poi capisce per che cosa rido, s'irrigidisce e mi guarda nuovamente arcigno. 
- Non è divertente. -
- Io dico di sì. - 
Contrae la mascella e cambia discorso:
- Devo dedurre che tu abbia lasciato alle spalle il profilo di carina ed adorabile amante di Capitol City -
Inspiegabilmente arrossisco, perché? 
- Direi di si - Taglio corto, innervosita. La discussione sta prendendo una piega che non mi piace per niente: - Piuttosto, perché non ti aggiungi ai Favoriti e la smetti di lanciarmi certe frecciatine? -
Mi guarda disgustato per un secondo:
- Non sono esattamente il mio tipo -
Rido ironica.
- Neppure... ehm... Eta, la ragazza del tuo distretto, è il tuo tipo vero? No perché per caso se non lo avessi notato è con loro, e dalla sua espressione concentrata ti sta cercando. Oh, ti ha trovato. Qual'è la vostra strategia? Gli "innamorati del colesterolo"? -
Non ha neppure il tempo di rispondermi per le rime che la gallina lo chiama, mi lancia un'occhiata disperata e controvoglia si avvicina al gruppo dei Favoriti. -
Rido, ma una fitta allo stomaco ed una vocina nella testa mi tolgono il sorriso.
 
Non dovrei fraternizzare con il nemico, non dovrei ridere con lui, nell'arena non ci penserà due volte ad uccidermi.
 
Ma la vocina s'interrompe, ed io troppo scioccata non credo all'orrenda scena che mi trovo davanti agli occhi:
 
Spens con i Favoriti.
 
 
Non riesco a credere in quello che vedo, seduta sul tavolo del nostro attico metto da parte ogni rancore ed urlo contro Iberis:
- Siamo pazzi?! Con i Favoriti?! Perché sta con loro?! -
La mia mentore, con calma risoluta, mi risponde in tono pacato:
- E' più intelligente di te, sa come vincere, vuole stare con loro per avere protezione, piuttosto dovresti seguire il suo esempio e scusarti per averli umiliati davanti a tutti, ieri. -
Spalanco gli occhi, in preda ad una collera incontrollata.
- Sta con il nemico! Si sa come sono fatti i Favoriti! Lo uccideranno quando non avranno più bisogno di lui! -
- E di te cosa dovremo dire? -
Vengo presa contropiede da Spens in persona, appena entrato:
- D... da quanto stavi ascoltando? -
- Ho ascoltato abbastanza per capire quanto incoerente sei. -
Mi trattengo dal strangolarlo.
- Cosa vuoi dire? - 
- Tu ed il ragazzone del distretto 4, non fare finta di niente, vi ho visti parlare ieri ed anche oggi, per quanto vuoi andare avanti? - 
Sono sconcertata, non credevo che il ragazzino fosse così sveglio, l'ho più che altro sempre visto come una creatura da proteggere.
- Non centra nulla! Io non mi sono alleata con lui! -
- Vogliamo scommettere che starete insieme per tutti gli Hunger Games? Che ti dice che lui non fraternizzi solo per poterti uccidere dopo averti usata? - 
Ancora continuo a rimanere senza parole, davvero pensa questo? 
- Ricordati che è un Favorito! -
Sto per rispondergli che lui ha detto di odiarli, ma mi trattengo, perché in realtà ho dei dubbi anche io. Davvero è quello che dice di essere? 
- Visto? Anche te hai dei dubbi! Aggiungiti ai Favoriti, so che te l'hanno già chiesto e so anche che aspettano che chiedi scusa perché hanno bisogno di te. -
Trovo un minimo di sicurezza, credo di andare a fuoco: 
- Mai! Piuttosto mi faccio uccidere nel bagno di sangue, piuttosto muoio disidratata, di caldo, di freddo, ma non morirò mai nel sonno, quando non avranno più bisogno di me. - 
Faccio cadere un vaso e mi chiudo in camera mia, come al solito.
Non piango neppure più, ma una vocina si fa largo di nuovo tra i miei pensieri.
 
Sei diventata una debole. Zittita da un ragazzino saccente di 13 anni. Sei la rovina del Distretto 12. Perché sei ancora qui? 
 
Ma per una volta non l'ascolto, poiché un pensiero molto più forte della semplice disperazione la fa zittire.
 
- I Favoriti hanno una cosa che tu non hai. -
- Cioè? -
- Una ragione per sopravvivere. -

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Disperazione ***


E' passato un giorno ed ancora non ho finito i vocaboli per insultare Spens e la mia mentore.
Il mio compagno di distretto è sempre stato praticamente un bambino terrorizzato, mi rendo conto che non solo portava una maschera per il pubblico, ma portava una maschera anche per me. La cosa non mi piace. Di questo passo non mi posso fidare di nessuno, neanche della mia mentore. Persa nei miei pensieri non mi rendo conto di essere finita in un corridoio totalmente deserto ed a me sconosciuto. Quanto può essere grande questo posto?
Mi guardo intorno, ma non faccio in tempo ad orientarmi che senza fare apposta mi ritrovo ad origliare una discussione. Non ho bisogno di vederli per capire che sono Alex e la sua compagna di distretto.
 
- Cosa diavolo ti viene in mente?! Dobbiamo continuare a fare gli innamorati, Capitol City non ci noterà mai! -
Mi fa quasi strano sentire Eta parlare seriamente, e non con quella vocetta acuta.
- Non ti è mai passato per quel cervello così acuto che io non voglio partecipare a questa falsa? -
La cosa deve averla scioccata parecchio, perché la sento trattenere il respiro:
- Oseresti andare contro agli ordini del nostro mentore? - 
Mi affaccio solo per poterli vedere in faccia, scorgo la mia stessa collera negli occhi del ragazzo, ma vedo anche che in quello sguardo c'è... paura?
- Io... io non intendevo... -
Realizzo che avrei preferito andare dritta alla sala d'addestramento e non origliare questa discussione.
- Sì! Tu intendevi proprio questo! - 
- Ed anche se fosse?! Io non ho mai voluto essere qui! Non ho mai voluto andare a morire per soddisfare le voglie sadiche di Capitol City! -

Da quel poco che so dei primi distretti, capisco che si è pentito di aver detto questa frase 2 secondi dopo aver parlato.

- Andresti contro le tradizioni del nostro distretto?! Anche se non tutti sono allenati fino in tenera età tu ed io abbiamo avuto la fortuna di poter crescere tra armi e combattimenti! Mi stai dicendo che preferiresti vivere nel distretto 12, non è così?! -
Non capisco cosa centri il mio distretto, non siamo gli unici ad odiare Capitol City. Alex sembra condividere il mio stesso pensiero.
- Cosa centra il distretto 12 ora?! -
- Non fare finta di nulla, ti ho visto con la rossa mentre ridevate allegramente e flirtavate! -
Contrae la mascella nervoso.
- Di nuovo. Eta, "gli innamorati" sono solo una falsa. Scendi dalle nuvole. -
Spalanco gli occhi, ora non dovrei VERAMENTE sentire questa discussione.
Non ci penso due volte ad allontanarmi in silenzio, finalmente ritrovo un corridoio a me familiare. Devo essere piuttosto sconvolta quando entro perché tutti mi guardano storti.
Dovrei pensare ad allenarmi, ma per tutto il giorno la mia mente è occupata da un solo pensiero. Ma soprattutto di un bruttissimo presentimento.
 
Alex non è mai entrato per quella porta.
 
Non dovrei preoccuparmi. Io e lui non ci alleeremo mai. Lui è del distretto 4, il suo mentore non gli permetterà mai di starmi neanche vicino se viene a sapere cosa è successo.
Mi addormento con gli stessi pensieri.
 
- Andresti contro le tradizioni del nostro distretto?! -
 
- Forza! E' l'ultimo giorno d'allenamento! Stasera ci sarà l'intervista! -
Per una volta ringrazio l'esuberanza di Silver, l'unica in questo attico che è ancora disposta a parlarmi. Mi alzo un po' controvoglia, ormai i muscoli si sono abituati e non mi fanno più male. Mangio qualcosa senza aspettare gli altri e mi dirigo nella sala d'allenamento.
Come mi sarei aspettata non c'è ancora nessuno. Meglio per me.
Il responsabile del tiro con l'arco mi saluta allegramente, col passare dei giorni si è sempre più affezionato a me, o forse si è affezionato alla mia bravura nell'arco, cosa più plausibile.
Sto per prendere l'arco in mano per fare due tiri di riscaldamento che la porta si apre lentamente, producendo un leggero cigolio. Sono quasi sicura che sia Spens, con quello che è successo ieri ho deciso di unirmi ai Favoriti. Non che mi fidi. Lo faccio solo per permettermi di avere protezione e provviste per l'inizio, quando ne avrò abbastanza scapperò con qualche cosa nel mio turno di guardia alla notte.
Ma non è Spens, piuttosto una figura zoppicante, con un occhio nero ed una ferita sulla fronte.
 
Alex.
 
Non credo che lo avrei mai fatto in condizioni normali, ma corro verso di lui buttando l'arco per terra.
- Cosa Cristo hai fatto?! -
Lui mi guarda sorpreso, non deve avermi notato.
- Niente. -
Mi allontana con un brusco movimento della mano.
- Non è "niente". Se è stata Eta per ie... -
M'interrompo, più sorpresa di lui per essere sta così stupida da farmi sfuggire una cosa simile.
- C... cosa? -
Tento di trovare una scusa valida, ma invano.
- I-io... -
M'interrompe, riacquistando un po' di sicurezza di prima:
- Zitta. Non ho molto tempo, incontriamoci stasera dopo l'intervista sul tetto. -
Mi mordo il labbro, non so cosa scegliere.
So per certo cosa vuole chiedermi, ma da una parte sono spaventata per la reazione che farà la mia mentore a sapere che ho disubbidito i suoi ordini. Proprio ora che mi ero decisa ad unirmi ai Favoriti. Cosa dovrei fare?
 
- Samantha, non diffidare degli altri distretti. Non tutti sono Favoriti e tuoi nemici. -
- E come faccio a capire se sono buoni o no? -
- Basta vedere quanta disperazione c'è nei loro occhi. -
 
Lo guardo e non ci penso due volte a rispondergli.
- Va bene. -

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - L'intervista e l'alleanza. ***


- Sarai magnifica, vedrai! -
Per la prima volta Silver mi dice qualcosa per cercare di calmarmi. In questi giorni è stata l'unica che mi è stata accanto, anche se non so se è un lato positivo, visto che dovrebbe dire che a lei non frega nulla se vado con i Favoriti o no. In ogni modo, l'unica cosa che mi distrae da quello che tra poco dovrò fare è solo il dolore alle gambe, che hanno appena ricevuto un altro trattamento da quei 4 sadici.
- Non so neppure cosa dire. -
Rispondo sincera, non voglio più fare la gentile, ma non voglio neppure mostrarmi troppo forte. La cosa mi irrita, non so cosa aspettarmi.
- Forza, devi andare a vestirti per l'intervista! -
Finalmente ritorna la Silver che conosco, vengo portata verso una stanza piuttosto pulita da ogni sfarzo, di nuovo al centro vi è un tavolino e su di esso un vestito dentro ad una fodera.
Il mio stilista entra poco dopo, sembra che ci siano più piercing di una settimana fa e la sua cresta è diventata di un colore verde metallizzato.
- Pronta per il tuo nuovo vestito? -
Sono talmente agitata da non provare nessun minimo di curiosità. Ma con lui sento di poter essere sincera:
- Al momento penso all'intervista. -
Sorride e si siede su una sedia in un angolo.
- Immagino che Silver non ti abbia detto nulla. -
- "detto nulla" cosa? -
- Le domande non sono improvvisate, dietro ci sta un'indagine veramente profonda. Mandano addirittura dei giornalisti apposta per intervistare le famiglie e trarne qualche informazione spinosa o talmente importante da permettere a Caesar Flickerman di creare un'intervista interessante. -
Rimango leggermente spiazzata, ed anche un po' preoccupata.
- Quindi, stai sicura che metteranno in ballo i tuoi genitori. -
Mi ricordo in quel momento delle cose che non sono riuscita a chiedergli la prima volta che ci siamo incontrati.
- Come fai a sapere dei miei genitori? -
Chiedo sulla difensiva.
- Lunga storia. -
- Ho tutto il tempo. -
- Non direi. -
Arriccio il labbro inferiore irritata.
- Facciamo un patto, se ne esci viva e vinci gli Hunger Games ti dirò quello che vuoi sapere. -
- Sei meschino. -
- E perché? -
- Sai che non vincerò mai. -
Mi guarda severo.
- C'è chi ha potenziale in te Sam, sei solo tu che non lo riesci a vedere in te stessa. -

Il distretto 12 ha un angelo di fuoco tra i suoi abitanti, ma ancora non lo sa.

Rimango in silenzio qualche secondo, immersa nei ricordi.
Cosa si aspettano da me? Io non sono nulla. Non sono stata addestrata fin dalla tenera età , io non sono grande e forte.
- E' già tardi, ti mostro il tuo vestito. E le lenti a contatto. -
- "le lenti" che? -
M'interrompo, estasiata da quello che ho davanti.
Per stile è molto simile a quello che ho indossato alla sfilata, ma è molto più lungo e stretto sul fondo. Un vestito rosso fiammante con dei ricami neri. Il mio stilista mi da il tempo di ammirare il vestito e mi mette sotto il naso una scatoletta.
- Mettile. -
La apro, all'interno ci sono... dei bulbi oculari piatti?
- Non ho idea di come si mettano. -
Dopo 10 minuti buoni a provare, riesco finalmente a metterle. Ma allo specchio non noto nulla di strano.
- Ma mi stai prendendo per il culo? Non c'è nulla. -
Guardo arcigna il mio riflesso, ed urlo.
 
I miei occhi stanno andando a fuoco.
 
Letteralmente, vedo il verde dell'iride bruciare come se fosse un foglia, lasciando lo spazio alle fiamme.
- COSA DIAVOLO MI HAI FATTO?! -
Ride, devo avere un'aria molto stupida.
- Calmati, volpe, sono delle lenti a contatto. Semplicemente ho fatto in modo che i tuoi occhi vadano a fuoco quando ti arrabbi e che sprizzino scintille quando sei sorpresa. -
Mi calmo, osservando meglio i miei occhi, ora tornati normali.
- Sei un genio. -
Ridacchia:
- Lo so. -
 
- Bene! Diamo il benvenuto a Samantha Wellwood! -
Mi sudano le mani, accennando ad un sorriso esco fuori da dietro le quinte, sento la folla battere le mani ed urlare il mio nome. Caesar mi fa accomodare su una confortevole poltrona color blu marino.
- E' davvero un piacere conoscerti di persona, la tua mietitura ha attirato non poco l'attenzione, il pubblico è svenuto per l'emozione. -
Una battuta alquanto sgradevole, visto che sono svenuta dal terrore. Ma a Capitol City piace, sento il pubblico ridere di buon gusto.
- Il piacere è tutto mio Caesar, vuoi la verità? -
In teoria dovrei dire che sono svenuta perché non sopportavo l'idea di dover combattere con la persona che mi sta più a cuore al mondo, ma dopo quello che è successo l'idea rimane accantonata in un angolino del mio cervello. Caesar si sporge, in tono confidenziale:
- Sono tutto orecchi, bella. -
- Sono svenuta perché ero letteralmente invasa dal terrore! -
Cerco di metterla su un piano comico, Caesar ed il pubblico ridono.
- Davvero molto divertente! Piuttosto, qui a Capitol City tutti amano il tuo sguardo truce, potresti deliziarci della visione? -
Sorrido, la cosa non mi sorprende visto che le domande sono formate prima, devono sapere delle mie lenti a contatto. Giro la testa verso il pubblico e faccio uscire tutta la rabbia che per tutto il tempo dell'intervista ho accantonato in un angolo.
Devo essermi arrabbiata abbastanza bene, perché il pubblico grida sorpreso.
- O mio Dio! - Caesar ride. - E' meraviglioso! -
Mi volto verso di lui e sorrido. Arriva la domanda che più temevo.
- Ebbene, volevo chiederti, com'è stato vivere nel distretto 12 senza genitori? -
Mi meraviglio per la schiettezza dell'intervistatore, il pubblico produce un lungo "ooh".
- Non è stato facile. Mia zia è una piccola commerciante nel distretto ed io l'ho sempre aiutata nel suo lavoro. - Mi trattengo dal dire che sostengo la famiglia cacciando, visto che è illegale.
- Tua madre si è impiccata, vero? -
Mando giù il groppo in gola, noto che alcuni del pubblico piangono. Ridicoli.
- Sì, si è impiccata. -
Cerco di non far trasparire l'odio che provo per Caesar, perché lo potrebbe leggere dai miei occhi. Realizzo che è per questo che il mio stilista mi ha dato queste lenti. La cosa mi irrita e non mi piace.
- Tu... cosa ne pensi? -
Sospiro, cercando di schiarirmi le idee. Non ho proprio idea di come rispondere, poiché due sono le reazioni: o mi danno del mostro ipocrita se dico che è stata una codarda, o dicendo che mi manca rischio di andare contro i miei principi di non mostrarmi la carina e debole che non sono.  Vengo salvata da un "gong".
- Oh, che disdetta! I due minuti sono finiti!  Ed ora l'ultimo tributo della serata... Stens Yule! -
Gli stringo la mano ed esco piuttosto di corsa, non ho neppure la forza di seguire l'intervista del mio compagno di distretto, quindi ignorando Silver che si complimenta con me me ne vado in camera. La verità mi si para davanti.
 
Dopo domani a quest'ora, se non sarò già stata uccisa, sarà finita la mia prima giornata nell'arena.
 
Il solo pensiero fa cedere tutta la mia sicurezza, mi accascio a terra, tremante.
Poi alzo lo sguardo.
 
Alex.
 
Me ne ero quasi dimenticata, sarà già sul tetto. Mi vesto con una canottiera e dei pantaloncini ed esco. Un vento freddo mi trapassa il corpo, facendomi rabbrividire da capo a piedi, sento il tributo ridere ed ho già più caldo.
- Te ne esci così? Ma vuoi farti uccidere prima di domani? -
Lo guardo arcigna, non ho ancora tolto le lenti a contatto e lui guarda i miei occhi bruciare.
- Oh, no okay così fai paura. -
Rido sinceramente e mi siedo vicino a lui, guardando le luci degli altri grattacieli. C'è un silenzio alquanto imbarazzante, ed io sto congelando.
Lui sembra stare piuttosto bene, ha una giacca pesante e scommetto che sotto abbia anche una maglia a maniche lunghe piuttosto calda, a solo pensare a questo sento più freddo.
- Allora... -
Tenta di iniziare una discussione, si gira verso di me. Il nero all'occhio ed il rossore ad una guancia sono spariti, attribuisco questa pronta guarigione alle medicine di Capitol City, ma non capisco perché abbiano lasciato la ferita sul sopracciglio sinistro. Risponde ai miei dubbi:
- Il mio mentore lo ha lasciato, avrei dovuto dire che me lo sono fatto oggi allenandomi duramente. -
- In teoria.-
- Esattamente. Piuttosto... -
Sospira.
- Sono qui per proporti un'alleanza, sono stanco di essere comandato a bacchetta e suppongo che anche tu sia della mia stessa opinione. Anche se continui a fingere. -
- Io non continuo affatto a fingere. -
Mi guarda sorpreso:
- Vuoi dire che tutte quelle cose su tua mamma ed il distretto 12 sono vere? -
- Esattamente. -
- Oh. -
Dovrebbe chiedere scusa, ma a quanto pare è troppo orgoglioso per farlo.
- E' tutto vero tranne una cosa. -
- Cioè? -
Mi mordo il labbro, non so se dovrei dirglielo.
- Non me ne frega un accidenti del commercio, io vado a cacciare. -
Ride.
- Questo spiega la tua bravura innata per l'arco. -
Arrossisco, e sono felice che attribuisca questo rossore al freddo.
- Comunque, ci stai? -
Scossa mi rendo conto di non aver risposto alla sua domanda.  Mi mordo il labbro:
- Cosa mi dice che tu non lo faccia per usarmi e poi uccidermi quando non ho più bisogno di te? -
- Non ho modo di provare che vengo in pace. -
Rimango un po' in silenzio, e poi gli rispondo piano:
- Va bene. -
- Direi che hai fatto la cosa giusta. -
Rimango con gli occhi fissi verso le luci della città, le gambe vicine al petto. Lo sento alzarsi, senza dire una parola.
- A dopo domani mattina, dopo i 20. -
Lo saluto battendo i denti, ride. Sento quasi immediatamente un calore improvviso sulle mie spalle, mi giro solo quando lo sento chiudere la porta dietro di me. Porto una mano dietro.
 
Il suo giubbotto. 


----------------- L'ANGOLO DELL'AUTRICE -----------
 
Ciao a tutti!
Ecco un nuovo capitolo. Ho avuto mooolte difficoltà perché come al solito non trovavo le parole giuste.
(Recensite o vi mando nella prossima mietitura a morire <3)
Spero che vi sia piaciuto, vorrei potervi dare di più ma mi limito a questo per ora.
Sono veramente ansiosa di scrivere i capitoli all'interno dell'arena, perché ho un sacco di cose da raccontarvi!
(Recensite o ve ne pentirete amaramente <3)
In più, aggiungo che questo post non ha assolutamente nulla che vi costringa a recensire!
Ma una recensione è ben gradita!
(Recensite, sciocchi [cit.])

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - L'esame ***


- Spens Yule, prego: si accomodi in sala. -
Il ragazzino che si alza davanti a me è agitato, ha la fronte imperlata di sudore e continua a far schioccare le dita. Mi sembra quasi di vedere il mio compagno di distretto di una volta.
- Buona fortuna. -
Gli sussurro guardandolo negli occhi, dimenticandomi quello che è diventato. Mi lancia uno sguardo duro e so che ha ufficialmente posto un muro tra noi due.
Il bambino che è cresciuto troppo in fretta.
Tiro un profondo respiro, cerco di far sparire la preoccupazione che ha preso posto nel mio cervello, con il risultato di rendere ancora più ingombrante il peso sullo stomaco.
Dovrei essere più agitata per domani, visto che nel 70 % dei casi sarò già morta, ma l'esame per ora è in primo piano. Non so il perché, ma considero molto più importante il ricevere un buono voto dagli Strateghi.
 
Forse, vuoi solo far vedere a Capitol City quanto sei brava.
 
Per una volta la voce nella mia testa dice qualcosa di plausibile e non cattivo.
Sospiro e copro il viso con le mani, ringrazio il Cielo di essere l'ultima a tenere l'esame e quindi l'unica rimasta in sala.
Sono passati 20 minuti e so già che è questione di secondi prima che mi facciano accomodare dentro, mi lego i capelli in una coda alta e togliendo il sudore dalla fronte mi alzo per sgranchirmi le gambe.
Giusto in tempo, perché sento di nuovo la voce metallica che aveva chiamato Spens e prima di lui tutti gli altri tributi.
- Samantha Wellwood: si accomodi in sala. -
Sospiro per la terza volta, entro nella stanza indicata tramite una lussuosa porta di legno intagliato.
La sala davanti a me è enorme, divisa in varie sezioni ognuna destinata ad un tipo di combattimento o disciplina. Sembra quasi la sala d'allenamento ma completamente deserta. Mando giù il groppo in gola ed alzo lo sguardo verso l'enorme vetrata che mi divide dagli Strateghi, anche se ho dei dubbi sul fatto che sia un semplice pannello di vetro.
 
Stanno proprio facendo il loro lavoro, direi.
 
Quello che mi trovo davanti è una massa di capitolini che mangiano una torta, parlottando tra di loro (anche se non ho modo di sentire quello che dicono, poiché il vetro è insonorizzato) e guardano tutto all'infuori che me.
Alzo un sopracciglio seccata, cercando di contenere la collera. Avrei in questo momento preferito avere ancora quelle lenti a contatto, ma devo averle perse durante la notte.
Mi guardo in giro, devo assolutamente trovare un modo per attirare la loro attenzioni, o mi scordo del buon voto. Accantono l'idea visto che finirei col comportarmi come di solito non faccio. Mi limito a schiarirmi la gola infastidita, prendo un arco e lo peso sul palmo della mano. Non è molto diverso da quello che ho usato per tutta la settimana, quindi non credo di avere qualche problema nel tirare. Prendo una freccia e tendo la corda, constatando che è esattamente uguale a quello dell'allenamento, la lancerei subito, ma ho le mani che tremano. Cerco di calmarmi.
 In condizioni del genere non riuscirei neppure a prendere un orso. Fermo.
Prendo un profondo respiro e chiudo gli occhi, mi sembra quasi di essere nella mia foresta, nel mio distretto 12, con il mio arco e le mie frecce.
Riapro gli occhi di scatto e scocco la freccia, che va a conficcarsi esattamente nel cuore del manichino.  Ne lancio un altro paio ed anche queste vanno a trapassare la testa del mio obiettivo. Mi giro soddisfatta verso il vetro. Alcuni mi stanno osservando e mi fanno cenno di andare avanti, ma la maggior parte sembra non cedere a parlare, anzi... la discussione sembra essersi trasformata in un litigio vero e proprio.
Sbuffo.
 
Cosa cavolo posso fare?!
 
Mi guardo intorno, e noto una parete artificiale in roccia. Prendo la rincorsa e mi aggrappo agli appigli, incomincio ad arrampicarmi più velocemente che posso.
Arrivata in cima prendo un profondo respiro, faccio un salto all'indietro e mi aggrappo ad una sbarra attaccata al soffitto che dovrebbe funzionare come sostegno per il tetto. Raccogliendo tutte le forze che mi rimangono salgo direttamente sul tubo e salto da uno all'altro fino ad arrivare vicina al vetro della sala degli Strateghi.
Mi siedo e batto il pugno forte sulla parete trasparente, i capitolini che prima non prestavano attenzione sobbalzano e si girano confusi, non capendo come sia riuscita a salire fino lì sopra. Li guardo con aria di rimprovero. Ed urlo:
- Si può avere una tipo di simulazione?! -
Lo Stratega più vicino ad un pannello con un sacco di pulsanti annuisce e mi mima di scendere, per poi schiacciare un pulsante. Tutte le sezioni rientrano nel muro, lasciandomi nel bel mezzo di una sala enorme e vuota. Le uniche cose che sono rimaste sono le armi, prendo due pugnali e mi preparo.
 
- Per vincere non puoi usale solo l'arco. -
Guardo cocciuta mio padre, incrociando le braccia.
- E perché no? -
Lui ride, devo avere un'aria molto stupida.
- Perché l'arco è solo un'arma da usare da lontano. -
- Oh. - Che stupida, non ci avevo mai pensato. - Quindi cosa mi insegnerai ad usare? -
Tira fuori dalla tasca una spada in versione ridotta.
- Pugnali. -
 
La sala si scurisce, prendo un respiro profondo e tendo l'udito al massimo, pronta ad ogni minimo rumore. Sento dei passi dietro di me, mi giro appena in tempo per schivare una spada virtuale guidata da una figura altrettanto virtuale scartando di lato. Lo pugnalo dritto al cuore. Il mio gesto mi lascia un attimo in uno stato di paura, poiché la simulazione è così realistica che sembra che abbia veramente ucciso un uomo, vedo il sangue sulla mia arma, sui miei vestiti, sul pavimento e sul corpo privo di vita.
Questo attimo di certezza mi costa quasi caro, perché per poco una freccia non mi trapassava la testa (anche se non lo avrebbe mai fatto) se non mi fossi abbassata appena sentito il familiare sibilo della freccia che trapassa il vento.
Il nemico è troppo lontano, prendo la mira e lancio il pugnale che tenevo nella mano destra, per poi conficcare l'altro nello stomaco di un secondo nemico alla mia destra. Incomincio a correre per riprendere l'altro pugnale, che si è conficcato nel muro. Avrei continuato, ma la simulazione finisce e le luci si accendono di nuovo.
- Bene, ora può andare. -
Ansimando alzo lo sguardo, e con orrore noto che tre quarti degli Strateghi hanno la paura stampata in faccia.
 
- Forza! E' iniziato il programma! -
Silver ci invita tutti a sederci lungo il confortevole divano davanti alla televisione, ben lontana dal catorcio che abbiamo nel distretto 12. Sembra che l'ansia per i risultati abbia spazzato via un po' di rancore che Iberis nutre nei miei confronti, perché per la prima volta in quattro giorni parla in mia presenza, nominandomi:
- Sam secondo me avrà un voto basso, non abbiamo preparato un buon programma... -
 
Non lo abbiamo proprio preparato, brutta egoista senza scrupoli.
 
- ...e agli strateghi non basta qualche tiro di freccia. -
Si legge in faccia che lo ha fatto apposta, ma l'ansia per i risultati mi spinge ad ignorarla.
Evito di ascoltare i voti di tutti gli altri tributi e mi soffermo solo su quello di Alex (anche se non posso fare a meno di sentire che Dixie e Gaius hanno preso tutti e due 11), il mio alleato segreto ha preso 10, il che mi da qualche speranza sulla buona riuscita del nostro piano. Man mano che il presentatore va verso i distretti più lontani la morsa allo stomaco si fa sentire sempre di più.
- Bene, ora passiamo all'ultimo distretto... il distretto 12! Spens Yule ha totalizzato... 6! -
Vedo il mio compagno arricciare il labbro deluso, e sotto sotto provo un po' di soddisfazione. Ma la mia mentore non batte ciglio, probabilmente hanno un piano.
- Ed ora, l'ultimo tributo. Samantha Wellwood ha totalizzato un voto di... 11! -
 
Undici.
 
Guardo con sfida Iberis, la quale sorriso di fino 5 minuti fa pare afflosciarsi.
- Un voto basso eh? Chi ti dice che abbia tirato solo un paio di freccie? -
 
- Cosa succede se esce il mio biglietto, papà? -
- Vorrà dire che il distretto 12 avrà la ragazza più brava e combattiva che sia mai esistita. -



-------------------------------- ANGOLO DELL'AUTRICE ------------------------------------


Bene, ciao a tutti, spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Vi lascio un po' d'informazioni sul prossimo, anche se conto di postarlo entro la fine della giornata:

- Sam sarà finalmente all'interno dell'arena! 
- Lo schema dell'arena è totalmente inventato da me, anche se ho tratto dal secondo libro di HG l'idea della ghiandaia chiacchierone. Consiste in un varie sezioni concentriche, ho anche utilizzato l'idea dell'aqua intorno alla Cornucopia, anche se con una piccola variazione. 

Mi sto sentendo davvero una Strategha (ed anche piuttosto sadica), è davvero un compito difficile, poiché devi dare un'arena diversa dalle altre edizioni e devi fare in modo che i tributi alla fine si trovino tutti al centro, o almeno in un punto unico. 

Spero di non avermi annoiato!
Vi ringrazio di cuore e se volete lasciate una recensione, una critica, dei consigli, un pollice in su, commentate, guardate gli altri video... no aspetta quello è Youtube.
No, okey era pessima.
Ciao!

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - 20, 19, 18... ***


Mi sveglio con una Silver tutt'altro che esuberante.
Entra nella mia stanza con aria funebre, aprendo le finestre. Se ne esce senza dirmi una parola.
 
Non che io non stessi già male di mio
 
Più che altro non provo assolutamente nulla, come se fossi stata svuotata da tutte le mie emozioni. E mi rendo conto che sono troppe le cose che non ho detto, troppe le cose che non ho fatto.
Comincio a capire cosa intendesse mamma quando diceva che la vita è una sola.
 
Capitol City si è presa tutto, la mia personalità, il mio passato, le mie convinzioni.
Ed ora si prenderà anche la mia vita.
 
La rabbia è tanta, troppa, così tanta che per contenerla mi convinco di essere calma. Ma sotto sotto non sono ancora senza emozioni perché sento a distanza da giorni la stessa cosa che provai alla mietitura: un'irrefrenabile, enorme e devastante
 
Paura.
 
 
Il mio stilista irrompe nella solita stanza spoglia, con aria grave.
- Sei pronta? -
- No. -
Con lui sento di poter essere sincera, mi aiuta a vestirmi.
Andrò a morire con un giubbotto pesante, che copre la maglietta a maniche corte. I pantaloni sono pesanti e lunghi, ho degli stivali imbottiti di pelo.
- Dovresti tenere un portafortuna del tuo distretto, ne hai? -
- No, e non ne voglio tenere. -
Ogni minima cosa che potrebbe riguardare il 12 mi procurerebbe un collasso emotivo nel giro di due secondi.
- 30 Secondi all'inizio, prego, prendere posto. -
La voce meccanica mi fa piombare nella più totale disperazione, corro ad abbracciare il mio stilista.
- Tranquilla, andrà tutto bene, vai. -
Non voglio morire.
- Ho paura. -
- Lo capisco, ma devi andare per forza. -
- 20 secondi all'inizio. -
- Morirò. -
- Ricorda, hai un motivo per sopravvivere. Fallo per loro. -
- Sono morti, la cosa non mi aiuta affatto. -
- 10 secondi all'inizio. -
- Sono tante le cose che ancora non sai, ora vai. Sei forte, puoi farcela. Tornerai trionfante dai giochi più solida di adesso. -
Trovando un coraggio che non mi appartiene entro dentro al tubo, incomincio insolitamente a piangere, poggio una mano contro il vetro del cilindro per cercare il contatto con il mio stilista anche se separata da lui. Sento che la piattaforma sta salendo.
Vengo accecata dalla luce di un sole artificiale, quando riapro gli occhi intorno a me vedo solo un enorme lago, che s'interrompe per una lunga striscia che collega la Cornucopia alla terra ferma, più in là vi è solo una lunga distesa di alberi. Il terrore negli occhi di Spens, la sicurezza in quelli di Alex, ed il conto alla rovescia inizia.
 
- 20, 19, 18... -
Sono terrorizzata, lancio un'occhiata ad Alex.
- 17, 16, 15... -
Ricambia il mio sguardo, non ho tempo per piangermi addosso, ora.
-14, 13, 12... -
C'è un arco piuttosto vicino a me, ma farei meglio a prendere solo dei pugnali e correre ad aiutare Alex.
- 11, 10, 9... -
Prendo un profondo respiro e mi preparo a scattare.
- 8, 7, 6... -
- Qual'è la parte più brutta dei giochi, papà? -
- 5, 4, 3... -
- Il conto alla rovescia. -
- 2... 1... -
 
Confusione. La confusione più totale.
L'adrenalina è l'unica cosa che ancora mi da la forza di lottare.
 
Ma per chi?
 
 
- Non abbiamo molto: una borraccia mezza piena, il tuo arco, la mia spada, i tuoi pugnali, carne essiccata, un sacco a pelo. -
Non lo ascolto, sono intenta a togliere il sangue seccato dalle mani senza doverle guardare direttamente. Ed il bello è che non ho la ben che minima idea di chi abbia ucciso.
- Dobbiamo muoverci, sbaglio o fa più caldo qua? -
E' vero, camminiamo per un tempo che sembra infinito, l'acqua non  tarda a diventare pochissima, man mano che ci avventuriamo sempre più lontano dalla Cornucopia il clima si fa sempre più afoso e rovente, cosa alquanto insolita.
Arriva presto sera, il ciclo giorno/notte nell'arena è molto più veloce.
- E' meglio dormire sugli alberi, sei brava a salire? -
Mi chiede mentre tento ininterrottamente di togliere del sangue che ormai non c'è più dalle mani. Accenno ad un sorriso nervoso e mi arrampico su un albero piuttosto alto.
 
- Sam, Sam. -
Vengo svegliata da una rude pacca sulla schiena, mi alzo a sedere così violentemente che rischio di cadere dall'albero.
- Cosa c'è? Favoriti? -
Ho il cuore in gola, ma lui sembra essere calmo:
 - No, c'è appena stato il resoconto delle uccisioni. -
Mando giù il groppo in gola, è il momento che più temevo, perché quello che sento sicuramente non potrà piacermi. Sospiro e sussurro:
- Chi è stato ucciso? -
 
Fa che non sia Spens. Fai che non sia Spens.
 
Non capisco neanche perché, lui sicuramente vedendo le facce scorrere sul cielo non pensasse la stessa cosa.
- Sono morti la femmina del 2, quelli del 5, la ragazza del 6, quelli del 7 e dell'8 e la ragazza del 9. -
Respiro affannosamente. Lo guardo negli occhi di ghiaccio.
- E... chi ho ucciso io? -
Lui è sorpreso, non credeva che gli facessi quella domanda. E lo sono anche io. Non credevo di trovare il coraggio di parlare.
Lui guarda in basso.
- quelli del 5, e la ragazza del 9. -
Spalanco gli occhi, spaventata.
Mi sono trasformata in una macchina, gli animali sono ben diversi dagli esseri umani. In questo momento 3 famiglia e 2 distretti saranno il lutto per colpa mia. 3 madri piangeranno e non chiuderanno occhio stanotte.
 
Ho ucciso 3 persone. Sono un fottuto ibrido, non c'è differenza tra me e quelle bestie assassine.
 
Mi sembra quasi di ricordare i loro occhi colmi di paura, il sangue che schizza da tutte le parti e sulle mie mani.
 


------------------------------ ANGOLO DELL'AUTRICE ------------------------------------

Ed eccoci arrivati alla fine di un altro capitolo!
Spero vi sia piaciuto, non ho molto da aggiungere. Avrei preferito fare il capitolo più lungo, raccontare di più, ma alla fine (giustamente) il capitolo sarebbe risultato troppo lungo e pesante. Preferisco aggiungere un capitolo in più che annoiarvi.
Quindi, se volete lasciate una recensione, un consiglio, una critica, io sono felice di accogliere tutto! 
Ciao!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Stanca ***


Risate.
 
Mi alzo spaventata, tanto velocemente che per poco non cado, ringrazio di cuore di avere una corda legata alla vita che mi permette di non precipitare al suolo. E' l'alba, mi sono svegliata giusto in tempo.
- No ma dico, gli avete sentiti mentre urlavano? -
E' la voce di Gaius, mi appiattisco contro l'albero e mi guardo intorno, sono praticamente sotto di noi.
 
Fai che non alzino lo sguardo, fai che non alzino lo sguardo.
 
Mi giro per chiamare Alex, ma noto che è già sveglio, probabilmente prima di me. Porta un dito alla bocca e mima di stare in silenzio. I Favoriti ridono.
- "No, ti prego! Non ci uccidere! Ahhh!" -
Eta fa una distorta imitazione delle loro voci, ma Dixie la interrompe seria.
Ho il tempo di notare il volto del mio alleato irrigidirsi.
- Ora che abbiamo ucciso i tributi del 10 e dell'11, dobbiamo concentrarci su quelli più isolati, quelli che non hanno alleanze. -
Il maschio del 2 la guarda confuso:
- Non sarebbe meglio prendere il 4 e la 12? Sono solo due e noi siamo in sette. -
Dixie lo guarda come si osserverebbe un animale da circo, deve considerarlo molto stupido.
- No, voglio la 12 viva. Dobbiamo prenderli separatamente. Poi del 4 potete fare quello che volete, ma Sammy è mia. -
Trattengo il respiro, ho il cuore in gola.
Grazie al cielo se ne vanno quasi subito, rilasso i muscoli.
- Oh menomale che se ne son... -
Ma non ho tempo di sentire tutta la frase che mi sento mancare l'aria, la vista mi si offusca e svengo.
 
Sammy Sammy, dove sei?
Tu ci hai ucciso, ed ora ti pentirai dei tuoi peccati.
Ci rincontriamo dritti all'inferno.
 
Vengo svegliata da un colpo di cannone, con la fronte imperlata di sudore incomincio a scalciare, facendo cadere rovinosamente a terra Alex.
- Ma dico, sei impazzita per caso? -
Arrossisco.
 
Mi stava... portando in braccio?
 
- Cosa... cosa mi è successo? -
- Sei svenuta per il caldo, era troppo rischioso rimanere su quell'albero con i Favoriti in giro pronti a farti a fette, l'unica soluzione era continuare a muoversi. -
Provo una fitta e dei tremendi sensi di colpa, perché non ho bisogno di saperlo da lui che è stravolto. Sudato dalla testa ai piedi ha l'aria di non aver mangiato.
- Vuoi? -
Mi porge una borraccia colma d'acqua. Mi guardo intorno.
Non siamo più immersi nel caldo, ma nella neve. Incomincio a battere i denti e lui mi lancia la mia giacca.
- Forse è meglio rimanere qui. Abbiamo una sorgente e per il cibo possiamo tranquillamente cacciare. -
Annuisco, prendendo un lungo sorso d'acqua.
- Quanti siamo rimasti? -
Anche se è il secondo giorno, mi è ancora difficile formulare questa frase.
- Nove. Per sapere meglio chi è morto dobbiamo aspettare stasera. -
- Bene, io vado a cacciare. - Mi alzo, anche se ho ancora dei capogiri, e prendo l'arco.
- Ferma. Non stai ancora bene, vuoi farci ammazzare perché stai troppo male? -
Mi prende un braccio rudemente, gli lancio un'occhiata di fuoco.
- Sto. Bene. -
Allontano velocemente la mano, cercando d'ignorare il cuore che ha mancato un battito al contatto.
- Non ho bisogno di una balia. So benissimo cavarmela da sola. -
- Non direi. Dovresti piuttosto ringraziarmi per averti salvato. Avrei potuto benissimo ignorarti e lasciarti svenuta sull'albero. -
Spalanco gli occhi, questo significa che non posso fidarmi di lui? O il contrario?
- E perché mai non lo hai fatto, di grazia? -
Lui abbassa di colpo lo sguardo, giocherellando con un filo d'erba spuntato dalla neve fresca.
- Perché mentre eri svenuta hai parlato. -
- Cosa? -
- O meglio, hai cantato. -
Non ho bisogno di chiederglielo per sapere la canzone. Perché lui mi guarda agitato, una fiamma nei suoi occhi sembra sciogliere il ghiaccio dell'iride, e sono sicura che non abbia una lente a contatto.
- Tu sei come me. -


---------------------- ANGOLO DELL'AUTRICE ------------------------

Lo so, sono imperdonabile. Questo capitolo è corto, fa schifo e sarà l'unico della giornata. 
Il perché?
Avrei dovuto abbozzare su carta questo ed il prossimo capitolo ieri sera, ma ero troppo stanca e per di più ho dovuto riscrivere lo schema dei capitolo (praticamente uno schema dove scrivo cosa succede in ogni capitolo, che giorno nell'arena è ed eventi importanti, così ad esempio non manco una morte o qualche cosa che serve nei prossimi) e alla fine ero così stanca che ho abbozzato metà di questo e sono andata a dormire.
In aggiunta oggi sono dovuta andare a prendere i pomodori... nel campo. Sì, i miei genitori fanno il sugo fatto in casa e ci mandano un giorno all'anno per prendere i pomodori. (Perché non chiedono a quelli della fattoria di prenderli con le macchine? Non si sa)
Lanciatemi tutte le casse di frutta marcia (per piacere, non pomodori!) che volete, vi accolgo a braccia aperte!

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Impulsiva. ***


- Te l'ho detto: devi riposarti. -
- Te l'ho detto: sto benissimo. -
E' il tramonto, sono passate più o meno quattro ore e già non so stare ferma.
Da una parte Alex potrebbe avere ragione, faccio ancora molta fatica tra continui capogiri e perdite d'equilibrio, ma non voglio fare la ferite che non riesce a neppure muoversi.
Mi ferma mentre sto per prendere l'arco, lo guardo incollerita ma ride:
- Bellezza, con me non funzionano quegli occhi da volpe. -
Ringhio  e cerco di allontanarlo da me, ma devo ammettere che è troppo forte.
Non capisco, perché non mi lascia andare e basta?
Sarebbe molto più comodo, se vengo ammazzata non avrebbe neppure la colpa. Oh, ma è ovvio.
 
Io gli servo.
 
Sono stanca di servire alle persone, è tutta la vita che lo faccio.
Mi piacerebbe qualche volta poter fare quello che voglio senza dover nulla a nessuno.
 
Ma è quello che hai sempre fatto.
 
Quell'orribile vocina nella testa arriva a tormentarmi anche nell'arena, come se non ci fossero abbastanza cose per rendermi le giornate difficili. Non riesco a capire se sono pazza o se è normale essere continuamente tormentati da se stessi.
 
Tua zia, voleva per te un futuro sicuro, un futuro che tua madre non ha saputo darti. Ma te continuavi a fare di testa tua, ti immischiavi in guai dai quali puoi non riuscivi ad uscirne.
 
Basta, basta!
Mi tappo le orecchie, come se potessi non ascoltare una voce nella mia testa solo in questo modo, ed ovviamente continua.
 
Quante brutta parole, quante volte in cui lei ha lasciato passare le tue azioni illegali, quante volte non le hai mostrato gratitudine!
 
E' la goccia che fa traboccare il vaso.
Credo di urlare, di piangere, ma alla fine smetto di cercare di prendere l'arco, allontanando il mio alleato. Anzi, mi ritrovo letteralmente tra le sue braccia.
 
Cosa cavolo sto facendo?!
 
Mi allontano subito da quelle bracci forti ed accoglienti, non alzo nemmeno lo sguardo per paura di quello che potrei trovare guardandolo e sussurro:
- Scusa, hai ragione. Non sto ancora tanto bene. -
 
Bugia.
 
Questa volta non è la vocina, sono io stessa ad ammetterlo.
- Piuttosto, si sta facendo buio, è meglio salire su quell'albero. -
Trovando un coraggio che non mi appartiene alzo lo sguardo.
Non mi sta guardando male, sorpreso o sarcastico, la sua sembra...
 
Comprensione.
 
Non pietà: comprensione. Quasi come se volesse dire "So cosa provi, siamo più simili di quanto pensi".
Ma è solo la mia impressione, lui è cresciuto con tutto quello che voleva, è stato addestrato e si è offerto volontario. Io no.
 
Ecco tutto.
 
----------------
 
Sto quasi per addormentarmi, ma lo scoppiettio vivace di un fuoco mi sveglia.
Sotto di me, il tributo femmina del distretto 6 si scalda le mani incurante di tutto il fumo.
Non ho tempo di pensare, ci sta mandando tutti e tre a morire.
Non ascolto nemmeno le suppliche di Alex di rimanere sull'albero.
Furtiva salto giù e prima che il tributo possa capire cosa sta succedendo ho già lanciato il pugnale diretto alla sua testa, con la speranza di procurarle meno dolore possibile.
Solo dopo aver sentito il cannone ho il coraggio di avvicinarmi a spegnere il fuoco e frugare nella sua roba.
Ma non faccio in tempo a fare neanche un passo che un forte colpo alla testa mi manda distesa sul terreno ghiacciato.
Negli ultimi secondi prima di sprofondare nell'oblio aspetto il colpo di cannone che non arrivò mai.
 
Appena tornata da scuola, poggio la cartella sul tavolo della cucina e chiamo ad alta voce.
- Mamma! Sono tornata! -
Nessuno risponde, anche se sento delle voci al di là della porta che conduce il salotto.
- Se voi vi aspettate che io lasci tutto per venire con voi vi sbagliate di grosso! -
E' mamma, non l'ho mai sentita così arrabbiata.
- Sarà solo per poco, tra meno di un mese potranno venire anche i suoi cari. -
L'altra voce mi è del tutto sconosciuta, tendo l'orecchio un po' di più perché mamma ha smesso di urlare ed ora parla molto più piano:
- Non verrei comunque. Senta, mia figlia ha solo 10 anni, non voglio che veda tutto quello che c'è là. E' troppo giovane e già suo padre le ha riempito la testa con gli Hunger Games. Siamo al sicuro. -
- No che non lo siete, crede che quello che sta facendo qui non sia passato ai piani più alti? Lei si sta mettendo in guai grossi, e con lei tutta la sua famiglia! -
Qualcuno apre la porta, faccio in tempo ad ostentare una faccia ignara, ma l'uomo e le guardie così simili a Pacificatori mi fanno un po' paura.
- Chi sono questi signori, mamma? -
Lei mi rivolge un sorriso.
- Niente tesoro, i signori se ne stavano andando via. -


---------------------------- ANGOLO DELL'AUTRICE -------------------------------

Anche questo fa schifo. Ma sono stata veramente piena di cose da fare in questi giorni.
Domani facciamo la salsa dai pomodori che abbiamo preso, quindi non sono sicura di poter postare un capitolo. D'ora in poi abbasso il numero e faccio un capitolo al giorno, almeno fino a quando non avrò più tempo.
Bene, ora. Volevo raccontarvi un po' di cose.
Primo, l'arena sembra semplice. Ma è molto più complicata e sì, ci saranno anche degli Ibridi. Ma niente mostri che ti sbranano, è una cosa che mi è venuta di colpo un paio di sere fa.
Secondo, con l'alleanza Sam/Alex volevo far notare due tipi di poverta. 
Di che cosa sto parlando? Ebbene.
Sam è una ragazza povera, deve andare a caccia ogni giorno per non morire di fame. Ma lei è animata da principi forti, più o meno gli stessi di Katniss.
Alex è un ragazzo a cui non è mai mancato nulla, i suoi genitori sono entrambi morti (come Sam) e lui ha vissuto con il suo tutore che è niente poco di meno che l'insegnante che addestra i tributi prima degli Hunger Games. Quando Eta dice nei capitoli scorsi "[...] tu ed io abbiamo avuto la fortuna di poter crescere tra armi e combattimenti! " è riferita al fatto che il distretto 4 non è come l'1 o il 2, molte famiglie sono povere e c'è bisogno di gente che vada a pesca per guadagnarsi da vivere, ma Alex (essendo sotto la custodia dell'allenatore, che è pressoché benestante) e Eta (anche lei da famiglia ricca) hanno la possibilità di sprecare il tempo allenandosi. Quindi Alex non è povero. Ma lui non ha mai voluto allenarsi, a me piace dire che è "povero di speranze per il futuro". 
Quindi, Sam povera ma animata da principi forti.
Alex benestante, ma povero di qualsiasi speranza verso il suo futuro.

Dopo questa luuuunga spiegazione, potete riempirmi di frutta marcia, forza. Sono qui!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - In Catene. ***


Vengo svegliata da un getto d'acqua freddissima, spalanco gli occhi del tutto ignara del perché sia ancora viva e di dove sia.
Poi sento la risata inconfondibile di Gaius.
 
- Non sarebbe meglio prendere il 4 e la 12? Sono solo due e noi siamo in sette. -
- No, voglio la 12 viva. -
 
- Ben svegliata principessa! -
Dixie. La vedo sorridere maligna, i lunghi capelli biondo cenere sporchi di sangue che le ricadono goffamente sulle spalle, il viso è ricoperto di terra e spiccano gli occhi di ghiaccio spalancati dalla felicità.
Tento di scappare, di muovermi, ma come mi sarei aspettata ho mani e piedi legati saldamente.
Ansimo in preda alla collera, mentre guardo con disgusto il volto della mia avversaria, orribilmente deformato dalla pazzia e dalla vendetta.
- Sei una stronza. -
Sussurro con voce roca, mentre cerco ancora di slegarmi, invano.
Ridono di nuovo, la bionda mi punta alla gola il mio stesso pugnale, sussurrando:
- Non credo che sia una buona idea insultarmi quando ho la possibilità di ucciderti, torturarti nei modi più lenti e dolorosi possibili, farti soffrire così tanto che alla fine mi pregherai di tagliarti la gola. -
La mia rabbia sale ancora di più, tanto che ho voglia di sputarle in faccia.
 
Bugiarda. Non ha mai avuto bisogno di me. Non hai mai veramente avuto bisogno di nessuno, hai tentato di approfittarti di me e tutt'ora ti approfitti di quella calca di idioti che al tuo comando formano i Favoriti.
 
Ma non ho tempo d'insultarla ancora per molto, perché lei intuendo i miei pensieri ha spostato il pugnale dalla gola alla coscia, facendo una leggera pressione sulla pelle tanto che si forma un piccolo taglio che incomincia a sanguinare.
- Un piccolo assaggio per avermi umiliata davanti a tutti. -
Conficca un quarto di pugnale nella carne, in un unico movimento fulmineo. Sento la gamba bruciare terribilmente, vorrei urlare ma non voglio darle questa soddisfazione. Vengo percossa da convulsioni violente mentre sposta il pugnale lentamente sempre più in basso, squarciandomi la gamba formando una linea retta.
Ridono di me. Ridono di come sia diventata da predatore preda, di come cerchi disperatamente di morire con dignità, quando il mio onore è l'ultima cosa di cui dovrei preoccuparmi pensando a tutte le cose che mi farà.
Dopo pochi secondi fa uscire il pugnale dalla mia coscia, anche se a me sembrano l'eternità. Il sangue esce copioso dalla ferita e realizzo che è questione di ore prima che muoia dissanguata, sempre se quella pazza omicida non decida di farmi sorbire ben altro.
Le mie ipotesi hanno conferma quando ridendo maniacalmente fa cenno a Gaius:
- Un po' di tortura psicologica non fa mai male, eh? Una piccola lezione per la principessa. -
Non aspetta la risposta, dal cerchio esce fuori quello che meno mi sarei aspettata.
- Spens! -
Urlo al ragazzo tremante in ginocchio davanti a me, è un ammasso di ferite alcune delle quali ancora sanguinanti ed altre che sembrano aver avuto un'infezione. Altre risate.
 
Non può essere vero. Lui sapeva sempre come muoversi. Mi ha sempre detto di non preoccuparmi. Aveva sempre la situazione sotto mano.
Lui che sapeva la strategia vincente. Lui che è riuscito senza saper maneggiare perfettamente un'arma guadagnarsi la stima e l'appoggio della nostra mentore.
 
- Abbiamo scoperto che il bambino progettava di scapparsene uccidendoci tutti nel sonno. -
Si abbassa prendendo violentemente la testa del mio compagno dai capelli.
- Se mammina non gli ha insegnato che non si deve mentire agli amici... -
Sussurra marcando l'ultima parola.
-...Glielo insegneremo noi. -
- NO! -
Urlo con tutto il fiato che ho in corpo, tento disperatamente di rompere le corde dimenandomi. ma non ho fatto i conti con la gamba. Il dolore mi togliere il respiro.
E lui è già a terra, immerso in una pozza di sangue, ma ancora vivo.
- Mi dispiace, Sam -
Ho il tempo di vedere nei suoi occhi tutto il rancore, la tristezza e la rassegnazione che questi si spengono orribilmente, precedendo il colpo di cannone. -
Chiudo gli occhi, tremante, rifiutandomi di vedere quel massacro, ma uno schiaffo mi costringe a riaprirli.
- Ora è giunto il momento di una seconda lezione... -
Vedo la pazzia nel suo sguardo, ma s'interrompe, gli occhi fissi dietro di me verso qualcosa che io non posso vedere.
Eta è la prima che si fa avanti, trattenendo il respiro.
- Sono in pace; scusa Eta, non ero sicuro sui miei sentimenti, la rossa era solo una macchina omicida da usare contro gli altri sfigati. -.
Un urlo strozzato mi esce dalla gola.
 
Alex.
Quello che sempre ha detto di essere contro agli Hunger Games. Quello che ha sempre disprezzati i Favoriti, quello che è sempre stato contro ai sentimenti di Eta.
 
- Se non vi dispiace slegatela e la ucciderò personalmente. -
 
Non può essere vero, non può essere lui.
 
Mi giro di scatto, finalmente libera. E' lui, non ci sono dubbi.
Eta corre dal traditore, la gioia che esce da tutti i pori.
Ma c'è qualcosa che non va.
La felicita pare svanire di colpo dai suoi occhi, lasciando il terrore puro.
 
Ha un coltello nello stomaco
 
Sento Dixie sussurrare isterica:
- Bugiardo. -
Gli occhi di Alex le trapassano l'anima.
- Non sono un bugiardo, hai veramente vinto la 74esima edizione degli Hunger Games. -
Non è Alex.
 
E' il presidente Snow in persona.
 
Sta tendendo le mani, una corona tra esse.
Ora c'è veramente qualcosa che non va.
Dixie è incredula, come se fosse posseduta si avvicina tremante verso Snow, ma Gaius la ferma, strattonandola rudemente per un braccio.
- Vuole solo ucciderci, non è lui Dixie, stai attenta. -
Ma gli occhi di Snow si soffermano pochi secondi ad esaminare Gaius.
 
Non più Snow, ora Dixie.
 
- Ma io non voglio ucciderti, io ti amo Gaius. -
La guarda, gli occhi pieni di desiderio, ma il fatto che abbia la vera Dixie tra le braccia lo riporta alla realtà.
- STAI LONTANA DA ME! -
Scappano via, dimenticandosi della loro prigioniera, rimasta bloccata in uno stato di terrore puro. L'altra Dixie mi guarda per 5 secondi ed in quel lasso di tempo mi sento pressoché nuda, spogliata da ogni maschera.
- Non hai effetto su di me. -
Gli vorrei dire, ma la voce mi si strozza in gola.
 
Mamma.




--------------------- ANGOLO DELL'AUTRICE ----------------------

Eccoci ad un nuovo capitolo. Di questo mi sento piuttosto soddisfatta.
Sì, sono ibridi. Ho voluto creare dei "mostri" che invece di sbranare le persone le portino a fidarsi di loro ed ucciderle. 
Hanno lo stesso concetto dei Mollicci di Harry Potter più o meno, l'unica differenza è che non mostrano la tua paura ma quello che desideri di più e quando ti avvicini di ammazzano.
E' un modo molto ingegnoso, se fossi una Stratega li avrei sicuramente usati, perché oltre a mettere un bel po' di scompiglio rivelano cose al pubblico e questo è più portato a seguire il reality a mio parere.
Sono perfida, malsana, lo so.
Come sono fatti realmente? Sono delle palle di luce, ma quando l'Ibrido (gli troverò un nome, promesso!) si è avvicinato la prima volta aveva già la forma di Alex poiché la più vicina e la prima che ha visto è stata Eta. 
Non vi dico nulla su quello che è comparso, visto che spesso amate fare le analisi voi. Sono curiosa di sapere cosa avete dedotto!
Bye!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Muro ***


Indietreggio di un paio di passi e inciampo sul corpo senza vita di Spens, mi rifiuto di guardare quello spettacolo raccapricciante e l'unica cosa che posso fare è tenere gli occhi fissi sulla donna dai capelli lunghi così simili ai miei che non fa altro che avvicinarsi.
- Tesoro... vieni qua. -
Scuoto la testa violentemente. Non è lei, devo pensare in modo razionale. E' morta, morta, morta. Non può essere lei.
Tende le braccia verso di me.
- Papà arriverà tra poco, intanto cantiamo una di quelle canzoni che ti piace tanto. -
Irrompe in una risata cristallina.
 
E se fosse vera? Infondo è possibile. Non ho mai visto il suo corpo, so solo quello che mi ha detto mia zia.
 
Mi alzo, ricoperta di sangue del mio compagno, la sento cantare, una dolce canzone che è ben lontana da quelle che era solita intronarmi alla notte prima di dormire.
Cammino verso di lei, incerta sul da farsi.
Scrollo le spalle.
 
Almeno, se mi sbaglio, sarà la miglior morte che potrei trovare qua dentro.
 
- FERMATI! SAM! -
Mi ferma, in due secondi il vero Alex (questa volta ne sono certa) mi protegge col suo stesso corpo, la spada conficcata nello stomaco di mia madre.
Una rabbia disumana dentro di me scoppia. Come ha potuto?! Era mia madre! L'ha uccisa, ed ora ucciderò lui!
Ma mi ferma, perché al di là del mio alleato non c'è più mia madre.
 
Ci sono io.
 
Mi vedo sgranare gli occhi, i lineamenti mostruosamente deformati dalla paura.
- T... tu mi hai ucciso? -
La voce esce flebile dalle mie (sue) labbra, ma non c'è tristezza o rancore negli occhi di Alex, che con un unico movimento secco estrae la spada dalla sua pancia.
- Tu non sei lei. -
Rimane due secondi girato, le spalle che si alzano e si abbassano freneticamente.
Credo di urlare, ma non sono sicura. La visione del corpo distrutto di Spens mi ritorna alla mente e come uno schiaffo mi riporta alla cruda realtà.
 
Lui è morto, non tornerà mai più. Non mi guarderà più con quello sguardo che non vuole essere duro. Con quello sguardo da bambino cresciuto troppo in fretta che vorrebbe tornare indietro. L'unico sguardo che potrei trovare da lui è quello spento di chi non è più lì del suo cadavere.
 
Questa volta sono sicura di urlare, troppo devastata dal corpo senza vita che ho davanti a me, stranamente già in decomposizione. Ma la risposta è già nella mia mente, il tempo nell'arena è molto più veloce, e non si tratta solo del ciclo giorno-notte.
E' la volta buona che Alex si gira.
- Sei viva. -
Non è una domanda. E' una costatazione. Come se stesse cercando di convincersi da solo.
Un enorme capogiro mi prende alla sprovvista, la vista si riempie di macchie bianche ed incomincio a sudare freddo. So che la gamba ha perso troppo sangue, so che morirò tra poco.
Neanche due secondi dopo sento due braccia possenti sollevarmi da terra, ed un paio di labbra premere sull'angolo sinistro della bocca.
Poi, di nuovo, il buio.
 
- Tesoro, puoi evitare di andare al lavoro oggi? -
- Perché mai? -
- Solo un brutto presentimento. -
 
- Forza, forza! -
Le imprecazioni mi giungono deboli, ovattate.
Poi qualcosa di incredibilmente fresco sulla gamba.
 
- Sono stati ancora quegli uomini, vero? -
- Si, ma non... -
- No, Hanny, è giunta l'ora di farla finita, irrompono in casa e ti dicono che quello che stai scatenando nel distretto ha allertato i capi di Capitol City. A me suona più che altro una minaccia. -
 
Mi guardo intorno spaesata, vedendo solo pareti rocciose. Sono in una grotta, ed anche piuttosto umida. Uno sgradevolissimo odore mi giunge alle narici, nell'angolo più lontano da me noto un piccolo mucchio di pesci marci, mi ritraggo alla vista dei vermi.
- Oh, un piccolo regalo dal mio distretto a quanto pare, simpatici eh? -
Sorrido ed ignorando il fastidioso malessere alla gamba corro incontro ad abbracciare il mio alleato.
- Ehi ehi, siamo affettuosi oggi. -
So in una sola frase che ha abbattuto lo spesso muro che ci divideva.
- Dai, ora rimettiti di nuovo per terra, ringrazia i tuoi sponsor anonimi per averti salvato, non me. -
Faccio come mi è stato detto, mentre i ricordi del corpo senza vita di Spens mi ritornano alla mente. Soffoco un singhiozzo.
- E' colpa mia. -
Dico con voce roca, solo parlare mi costa tutta la forza di volontà che ho.
- No che non lo è, ora sta ferma che devo mettere altra pomata sulla ferita. -
Alzo lo sguardo e noto un enorme taglio sulla sua guancia, intorno al quale il sangue che continua ad uscire si è seccato.
- Dovresti metterla anche tu. -
- Io non ho una coscia tagliata in due. -
- Fa niente. -
Prendo rudemente il barattolino dalle sue mani e soppeso sulla mano, è sicuramente opera di Capitol City. Colgo con due dita un po' di medicina e la spalmo sulla sua guancia, al tocco con la sua pelle le immagini vivide delle sue labbra contro le mie mi colgono di sorpresa.
Sento di dover ricambiare il gesto.
Lui mi guardo sorpreso, ma dentro a me già sono partiti i sensi di colpa.
 
Mi sto affezionando troppo, uno di noi due alla fine dovrà morire.
 
Cerco d'iniziare una discussione, esitante.
- Chi è morto? -
Chiedo contando le provviste che ci sono rimaste, anche se è solo un pretesto per non guardarlo negli occhi.
- Eta, quelli del 2, il ragazzo del 3, Sp... -
Sento i suoi occhi addosso, e so che è titubante dal nominarlo, ma io devo andare avanti.
- e Spens. -
La morsa allo stomaco si restringe pericolosamente, ma la ignoro. Lui sembra un po' sollevato per la mia reazione.
- Questo significa... -
 
Questo significa che siamo rimasti solo in 4.


---------------------- ANGOLO DELL'AUTRICE ----------------------

Ed un altro capitolo è uscito. Mi piace, anche se non sono convinta di qualcosa.
Non ho molto da dirvi, l'unica cosa è che purtroppo nemmeno domani riesco a postare un capitolo perché alle 6 di mattina parto per Firenze (Abito in Lombardia) e starò via per tutto il giorno, tornerò stanchissima alla sera. 
Ringrazio per tutte le visualizzazioni, perché ce ne sono state molte, ci rinuncio a fare la conta totale perché non ci crederei neppure! CIoè, posso leggere ad esempio che ho 500 visualizzazioni, ma non realizzerei mai che 500 persone in tutta Italia hanno letto la mia fan fic, sarebbe troppo per il mio sistema nervoso!
Lasciate una recensione, un mi piace, un video risposta qua sotto e non la sopra! (No aspetta, non siamo neppure sul canale di Daniele Doesn't Matter. )
A parte gli scleri, grazie davvero di tutto!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - E' ora. ***


- Sam, Sam. -
Credo di stare urlando, perché Alex è piuttosto preoccupato, non ricordo neppure cosa stavo sognando e sinceramente non lo voglio sapere.
Passo una mano sulla fronte per togliere il sudore, poi guardo il mio alleato.
Due profonde occhiaie gli solcano il viso, ha il viso sporco di sangue e la cicatrice di un taglio sulla guancia è ben visibile ed ancora un po' rossa.
Deve aver fatto la guardia per molto tempo, a giudicare dalla faccia tutto al di fuori che riposata.
- Avresti dovuto svegliarmi per fare la guardia, so cavarmela. -
- Avrei dovuto. -
Gli lancio un'occhiata grave, anche se non sono molto arrabbiata con lui.
Poi mi ricordo dove sono, sono in un'arena pericolosa. Siamo in quattro, e due di noi vogliono cercare di uccidermi. Credo che sia giunta l'ora di rompere l'alleanza ed andarsene uno il più lontano possibile dall'altro, con la speranza di non doverci ammazzare a vicenda.
Perché è questa la realtà, o muoio io, o muori lui. Nella peggiore (o migliore?) delle ipotesi moriamo tutti e due senza doverci uccidere. Non c'è un lieto fine in questa fiaba malsana. Capitol City vuole del sangue, vuole violenza, e purtroppo lo avrà.
Faccio in tempo a raccogliere forza di volontà e parole per dirgli tutto questo che lui interrompe i miei pensieri.
- Ah, mentre dormivi è arrivato un regalo dal tuo distretto. -
Gli lancio una mezza occhiata disperata e lui mi porge un biglietto, lo leggo ad alta voce.
- Con la speranza che non ti servino. -

Che vuol dire? Con la speranza che muoia prima di usarle? Con la speranza che non debba più uccidere nessuno?

Lancio un'occhiata confusa ad Alex, lui di risposta scrolla le spalle.
- Era così anche l'altro biglietto, non si sa chi li mandi. -
Poi mi porge il regalo.
Un faretra con 10 frecce nere, lucide e ben costruite, che finiscono in punte dall'aria letale. Devono essere state costruite apposta per avere migliore velocità e potenza di tiro, perché non ne ho mai viste così.
- Dovrebbero aiutarci, tra dieci minuti partiamo. -
Lo guardo di nuovo confusa, lui mi guarda serio.
- E' giunta l'ora di farla finita. Sono andato a vedere un po' la situazione fuori ed ho visto che Dixie e Gaius stanno rispettivamente da una parte all'altra di una sponda del lago, immobili. Credo che vogliano due combattimenti uno contro uno. -
Rabbrividisco:
- E'... -
Ma m'interrompe, un po' frustrato:
- E' orribile, malsano, crudele. Ma sono gli Hunger Games. -
Rimango sorpresa da quella constatazione così diretta, a Capitol City non piacerà sicuramente. Mi mordo il labbro e trovo il coraggio di parlare.
- Cosa succede se siamo gli ultimi due? -
Non dovevo dirlo, mi guarda disperato. La disperazione di chi purtroppo deve sottostare a delle regole ridicole e non ha altra scelta.
- Morirò bene. -
Spalanco gli occhi scioccata. No, non lo può fare.
- No. -
Gli dico dura, quasi urlando. Ma si vede che ha già deciso, ed io non posso fare altro che piangere. Perché so che non mi permetterà di uccidermi al posto suo.
- Forza, abbiamo un appuntamento. -
Si alza e mi tende la mano, non ho bisogno di chiederglielo per sapere con chi ci dobbiamo incontrare.

Con la morte.

- Oh, Sammy e l'amato finalmente si fanno vivi. -
Sento la voce ironica di Dixie, e non posso fare altro che odiarla. Odiarla per come mi ha ridotto, per come abbia fatto sgorgare ogni mio minimo sentimento e di come lo abbia mostrato al pubblico. Ma la realtà è che dovrei essere arrabbiata con Capitol City, gli Strateghi hanno messo quelle schifose bestiacce nell'arena, gli Strateghi ci hanno costretto ad ucciderci per poter vivere la nostra vita a spese di quella di altre 23 persone.
- Dixie. -
La saluto sfrontata con un cenno della testa, e vedo la furia nei suoi occhi di ghiaccio. Lancio un'occhiata veloce verso Alex e noto che è davanti a Gaius senza proferire parola, mentre esamina il nemico.
Dixie sembra non averne bisogno, perché si avventa su di me con una forza maniacale, faccio in tempo a scrollarmela di dosso che un colpo laterale per poco non mi becca alla testa.
Fa quasi paura, ma non posso non reagire, anche se vorrei farlo.
Corro di lato, per mettere una certa distanza, ho bisogno di tempo per trovare i punti deboli e magari stancarla. Ma conoscendola ha già programmato tutto.
- Sammy Sammy, non scappare! -
Ringhio in preda alla collera e tiro fuori l'arco, ora che ci separa una certa distanza, lancio una freccia, ma la evita facilmente, ne lancio un'altra e questa volta la becca al braccio, urla di dolore ma continua a correre verso di me. Non faccio in tempo a scoccare un'altra freccia che mi atterra saltandomi sopra, sento freddo della lama del pugnale premere sulla mia gola e la pazzia nei suoi occhi che saranno l'ultima cosa che vedrò. E' finita, morirò.

- Per vincere non puoi usale solo l'arco. -
Guardo cocciuta mio padre, incrociando le braccia.
- E perché no? -
Lui ride, devo avere un'aria molto stupida.
- Perché l'arco è solo un'arma da usare da lontano. -
- Oh. - Che stupida, non ci avevo mai pensato. - Quindi cosa mi insegnerai ad usare? -
Tira fuori dalla tasca una spada in versione ridotta.
- Pugnali. -


Il ricordo mi riporta alla realtà, la lama nella mia tasca che quasi brucia a contatto con la pelle, sorrido. Dixie mi guarda sconcertata.
- Cosa hai da ridere?! Ti sto uccidendo, non vedrai mai più il tuo amato, dovresti piangere. -
Con tutta la forza che mi rimane inverto la situazione, ora sono io su di lei e con un colpo alla mano ho mandato òa sua arma lontano, il colpo di pugnale arriva veloce, dritto alla gola. Il sangue che ne esce mi prende in pieno il viso, cerco di pulirmi gli occhi che incominciano subito a bruciare, e solo quando riesco ad aprirli realizzo di averla uccisa.
Il terrore nei suoi occhi è ancora visibile, il viso sfigurato dalla paura, i capelli sporchi di terra e del suo stesso sangue.
Ansimando cerco di rialzarmi, dopo vari tentativi mi ritrovo in piedi, la ferita alla gamba riaperta che sanguina copiosa, zoppico per una decina di metri trovando il coraggio di vedere l'altro combattimento.
Urlo nel vedere il corpo senza vita di Gaius a terra, in una pozza di sangue.
E non so se è stato un urlo di gioia, o di disperazione.



--------------------- ANGOLO DELL'AUTRICE ---------------------------

Lo odio, lo odio, lo odio!
Non mi piace, mi fa schifo, peggio di quell'altro. L'ho riscritto 3 volte ed una è peggio dell'altra.
L'ho già detto che non lo sopporto?
Avrei voluto scrivere molto di più, ma il capitolo sarebbe venuto molto più lungo ed avrei dovuto dividerlo, cosa che odio.
Volevo togliere alcune parti, ma il capitolo sarebbe venuto troppo corto (cosa che già è).
Ammazzatemi di critiche, di botte, di frutta marcia, me le merito per questo obrobrio.
Okey, sto male. ahahah

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Fine. ***


Corri.

La gamba sanguina, ma non me ne curo.

Continua a correre.

Il respiro si fa sempre più assente, sento di soffocare.

Forza, forza!

La vista si annebbia, ma io sono già tra le sua braccia, togliendogli il pugnale di mano e tenendolo stretto per non farglielo riprendere.
- Non lo fare, ti prego... -
Sussurro nel panico, sento che mi sta accarezzando i capelli come se fossero puliti e soffici, quando sono l'esatto contrario.
- Ho già deciso, e tu lo sai. -
Non vuole essere duro, ma rassicurante, non serve a placare i miei singhiozzi isterici.
- Potremmo ribellarci entrambi, fare qualcosa in modo tale che gli strateghi siano costretti e farci uscire. -
Ride amaro, sento le lacrime scorrere sul mio viso e per una volta non le voglio nascondere, voglio far vedere a Capitol City quanto sia crudele. Ma non credo che possa funzionare, non impareranno mai dai loro errori. Ed ovviamente ne andremo sempre a discapito noi.
- Non servirebbe a nulla, usciremo di qui e poi? Verremo perseguitati per la nostra bravata, agli Strateghi non piace essere fregati e tu lo sai meglio di me. -
Annuisco tremante, e come ultimo e futile atto di ribellione scosto la testa dal suo petto, mostrando a tutta Panem il mio volto in lacrime e lanciando uno di quegli sguardi taglienti che piace ai capitolini, sperando di ottenere l'effetto contrario.
Lo sento ridere, quasi non ci credo.
Mi giro e vedo non uno sguardo disperato o spaventato. Vedo uno sguardo sereno. E' felice, felice come non l'ho mai visto, non credo che tanta contentezza possa esistere in una sola persona. Gli lancio un'occhiata sorpresa, impietrita, mentre le sue braccia mi stringono, mentre passa goffamente una mano tra i miei capelli.

Ha cambiato idea, quindi? Troveremo un altro modo.

Ma aspetta...
- NO! -
Urlo, ma è troppo tardi, sento la fredda lama trapassargli lo stomaco, mi ha costretto a conficcare il pugnale nella sua carne. Ritraggo la mano come se l'arma scottasse, pulendo energicamente le mani sporche di sangue strofinandole e piangendoci sopra.

Non può essere vero, no. E' uno sbaglio. Lui non è morto.
E' un incubo, un'altra allucinazione. I giochi sono finiti, siamo usciti tutti e due, ora mi sveglierò accanto a lui.


Ma non è allucinazione, è reale, io sono qui. Lui è qui.
E' a terra, in una pozza di sangue. Urlo, e sono urla reali.
Piango, e posso sentire le lacrime che mi scorrono sulle guance.
Mi butto sul suo corpo, e posso quasi sentire il calore delle sue mani andarsene via.
Un colpo di cannone, è vero, mi raggiunge alle orecchie assordante, non me lo sono immaginata, anche se lo vorrei.
Eccome se lo vorrei, vorrei che sia solo un incubo, vorrei potermi svegliare e sentire le su braccia forti che mi stringono e la sua voce profonda dirmi che era solo un sogno, che è con me. Che non siamo più nell'arena.
Oppure vorrei svegliarmi e ritrovarmi a casa mia, nel distretto 12, ridendo di un incubo e di un amore vissuto solo in una notte.
Ma non succederà mai, lui è qui, gli occhi spenti, posso ancora vedere una scintilla che è solo l'ombra della felicità con cui ha accettato di morire per mano mia.
- Signori e signore, sono felice di augurarvi la vincitrice dei 75esimi Hunger Games. -

Avrei voluto non esserlo.




-------------- ANGOLO DELL'AUTRICE -----------

Lo so, è piccolino. Ma ho preferito lasciare tutto il capitolo per questo evento.
Mi aspettavo di piangere nello scriverlo, ma non l'ho fatto. 
Okey, mi è venuto un po' il magone, ma non mi è uscita la lacrima, ma forse so perché. 
Spero che vi piaccia, e che non mi dobbiate lanciare addosso sacchi di rifiuti per quello che ho scritto.
Si, sono in lutto. Sto piuttosto depressa, e sto scrivendo un commento da cani, ma non riesco a scrivere in un italiano corretto in questo momento.
Baci.
PS: manca un capitolo, ed il prologo finale, che posterò domani quando mi sarò ripresa. Poi sarà finalmente completa. Vi ringrazio di cuore per tutto il sostegno che mi avete dato, tutte le visualizzazioni, le recensioni. Qui su EFP sento proprio di aver trovato una famiglia, se prima ero insicura sul postare le mie storie o continuare a recensire e basta, ora sono solo molto ansiosa di scrivere mille altre fan fiction, storie lunghe che magari mi sono passate per un attimo nella testa, oppure enormi saghe mentali come questa. Spero di non avervi rotto, ma ci tenevo a ringraziarvi!

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Fine? ***


Vorrei essere morta.

Quell'unico pensiero si fa spazio nella mia mente e non se ne va via da quando tre giorni fa un hovercraft mi ha preso dall'arena.
Francamente non m'importa più di nulla, non m'importa di essere sopravvissuta, non m'importa di stare andando a casa.
Non credo di avere più nessuna forza di vivere, sono stanca di lottare per un vita migliore quando questa mi muore all'ultimo secondo tra le braccia.
le lacrime cominciano a scorrere, non voglio neppure cercare di nasconderle, tanto in questa maledetta stanza chiusa da fuori non c'è mai nessuno.
L'unica che mi ha fatto l'onore di parlarmi è stata Iberis. La mia ex mentore.
Non che sia stata una discussione di qualche importanza, per la verità non ho proprio parlato. So solo che sto andando a casa, che tra poco avrò l'intervista con Caesar, che ho vinto.
Ma sinceramente non so più niente. Sono stata presa dall'arena di colpo, sono stata curata e rimessa in sesto. Nonostante sia uscita mi sento ancora in trappola, sotto il comando di qualcuno. Insomma, non sono ancora libera.
La mia stanza non doveva inizialmente servire a questo scopo, perché sul pavimento ci sono dei graffi, sembra che qualcuno abbia spostato di gran fretta dei mobili. Oltre al mio letto non c'è nulla, solo gli avanzi dei pasti di 3 giorni, dai quali ho mangiato un boccone e basta.

Potrei morire di fame e nessuno se ne accorgerebbe.

Anche se scherzo, non posso fare a meno di meditare su questa possibilità. Morire e non dover più soffrire. Fare come mia madre. Ora non la considero più vigliacca, aveva le sue ragioni.

Le stesse mie.

Alla fine il ciclo si ripete, un'altra ragazza che si suicida. Ma questa volta non ci sarà nessuno a piangere per la mia morte, o crescere senza una mamma.
L'aspettativa della morte diventa quasi una beatitudine per me, anche se ho combattuto proprio per essere viva. D'altronde, cosa posso fare ora che l'unica ragione per cui respiravo ancora nell'arena è morta? Cosa posso fare?
Non ho tempo di pensare ad altri motivi per suicidarmi che il rumore di qualcosa che sbatte mi fa saltare dalla paura.
Mi giro verso la fonte del baccano, con mia sorpresa il muro su un lato della stanza si è alzato, rivelandone un'altra identica alla mia, forse messa meglio. Qualcosa d'invisibile le divide, se non fossi ferma e con gli occhi fissi non avrei visto il luccicare dei bordi del campo di forza.
Sento il cuore in gola.

Cosa vogliono fare? Perché?

Quasi mi dimentico che qualcuno sta sbattendo contro lo scudo, e faccio in tempo a vedere due occhi di ghiaccio, così familiari, che la paura comincia ad intensificarsi. Solo due secondi dopo sto già tremando. Alex.

Non è lui.
E' morto, l'ho visto morire.
E' un'illusione.


So di star piangendo, non riesco a reggermi in piedi e cado per terra.

Lui è morto, è morto per colpa mia.

Senza rendermene conto sono in un angolo della stanza, coricata e con la testa abbassata per non guardare quei penetranti occhi ghiacciati.

E' un ibrido. Vogliono uccidermi, ma prima vogliono che io soffra ancora di più.

Dovrei calmarmi, ma sto continuando a tremare. Tra i singhiozzi sussurro.
- Stai lontano da me...
Non voglio morire, non per mano sua. Sarebbe troppo, morirei con questo ultimo ricordo. Non voglio vedere quei meravigliosi occhi azzurri iniettati di sangue, non voglio vedere quel bellissimo sorriso sarcastico tramutarsi in un ghigno.
- Ti prego, basta. Perché mi fate questo... -
La rabbia verso Capitol City arriva immediata, perché so di essere stata spiata per tutti questi giorni, so che studiavano ogni mio comportamento. Capitol City mi ha sempre tenuto in pugno, anche se voleva convincermi del contrario.
- Vattene via mostro... vattene via... -
Sento le lacrime scorrere sulle guance, ma non è tempo di fermarle. E' di nuovo tempo di scappare, di combattere, perché non voglio morire così.
Sento un leggero rumore, ed ora so che non c'è nessun muro tra di noi. Il tempo è scaduto.
Poi solo tanto calore, mi giunge inaspettato, rinchiusa nell'angolino della mia sudicia stanza. Sto quasi credendo che abbiano cambiato idea, che qualcuno mi stia proteggendo, e le mie ipotesi hanno conferma, ma non come mi aspettavo.
- Sono vivo, Sam, puoi fidarti di me. -
L'ho sempre fatto.

Sto cominciando a considerare che una vita passata con lui sia molto meglio di una coltellata nello stomaco.

----- ANGOLO DELLA SCRITTRICE ----

E la nostra storia è quasi giunta al termine. Ed io ho già voglia di ideare il seguito.
Questa volta non voglio parlare propriamente del capitolo, ma di voi.
Si voi, le ragazze/i ragazzi che hanno seguito questa mia prima fan fiction, le ragazze che hanno recensito i capitoli con tanto impegno.
Voi mi avete reso una persona migliore, perché prima io non avevo il coraggio di far leggere ad altri le mie storie, mi vergognavo troppo. Ma poi siete arrivati voi, mi avete fatto capire quanto sia importante per me far leggere ad altri le mie storie, e credetemi se vi dico che difficilmente smetterò di farlo.
Vi ringrazio di cuore, veramente. Non so come sarebbe stato senza di voi, mi avete veramente migliorato la vita, in un certo senso.
Vi voglio bene, tanto, sempre.

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Vorrei poter dire che la mia vita sia cambiata in meglio, che l'andare a vivere con Alex nel distretto dei vincitori mi abbia fatto dimenticare tutto.

Ma sarebbe una bugia.

Certi fantasmi non ti lasciano mai, la notte tornano a tormentarti, vividi ed incredibilmente crudeli.
La vita nel distretto 12 non è delle migliori, ed io non posso fare altro che osservare impotente.
Ma questa è la storia di come sono diventata L'Angelo, l'inizio dell vera guerra che inizia con la visita di familiari uomini con scorta armata e pacificatori con mandato d'arresto.

- Per chi? -
- Alex Ivory. -

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