Senza Tregua

di Strekon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risvegli ***
Capitolo 2: *** Quanto tempo è passato... ***
Capitolo 3: *** Una cruda realtà ***
Capitolo 4: *** Affari di famiglia ***
Capitolo 5: *** Pensieri e emozioni ***
Capitolo 6: *** Incontro di anime ***
Capitolo 7: *** Ricordi ***
Capitolo 8: *** Due corpi una mente ***
Capitolo 9: *** Incubi ***
Capitolo 10: *** Non ti abbandonerò mai ***
Capitolo 11: *** Il gioco delle coppie ***
Capitolo 12: *** Un latrato nella notte ***
Capitolo 13: *** Sospetti ***
Capitolo 14: *** Un piano quasi perfetto ***
Capitolo 15: *** Luci e ombre ***
Capitolo 16: *** Tutto bene ciò che finisce bene? ***
Capitolo 17: *** Sentimenti ***
Capitolo 18: *** La vita e la morte ***
Capitolo 19: *** Uno in più ***
Capitolo 20: *** Vendetta ***
Capitolo 21: *** Spiriti e demoni ***
Capitolo 22: *** Non è colpa mia! ***
Capitolo 23: *** Stai con me per sempre ***
Capitolo 24: *** 1° Settembre ***
Capitolo 25: *** Le ombre si diradano ***
Capitolo 26: *** Prior incantatio ***
Capitolo 27: *** Ricordi insistenti ***
Capitolo 28: *** Come il giorno e la notte ***
Capitolo 29: *** Prima del crepuscolo ***
Capitolo 30: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Risvegli ***


Il nulla più assoluto

Il nulla più assoluto. Un buio ottenebrante senza pace e vita. Il vuoto per infinite distanze, senza cieli azzurri, alberi in fiore, arcobaleni splendenti.

Nulla. Ma… forse una luce distante…sì, nella pace eterna dell’oscurità un sottile raggio  bianco di luce pura trapassò quel mondo di ombre. La scia luminosa, sempre più larga, squarciava, lentamente ma con insistenza, quello scudo di notte eterna, portando con estrema lentezza alla vista cosa copriva il nero drappo ormai a brandelli. Hogwarts. Bella come la ricordava. Il sole  illuminava i contorni rendendo la scuola simile all’immagine di un libro di fiabe. Un lieve venticello soffiava sulle verdi terre intorno al castello. Era un posto veramente magico. Perché era proprio quello, una scuola per maghi, una delle migliori d’Europa e probabilmente una delle più antiche. I babbani non l’avrebbero mai trovata, il mondo dei maghi sapeva come difendersi dai curiosi non maghi; si perché solo alcune  persone erano maghi, ma non tutti provenivano da famiglie di stregoni puri. Alcuni potevano essere maghi senza saperlo, come ad esempio Hermione Granger, nata e vissuta fino a 10 anni in una famiglia babbana, e solo dopo scoprì di avere doti magiche. Hermione… chi è Hermione? Il nome gli ricordava qualcosa ma, diavolo…più ci pensava e più il castello di Hogwarts spariva, coperto ancora da buio e incubi. Quel nome ispirava fiducia, forse era una sua cara amica? O forse era una parente… non ricordava, e più si sforzava più le tenebre lo avvolgevano. Non sapeva chi fosse, ma se voleva capire cosa stava accadendo doveva scacciare quel pensiero dalla testa. Lentamente ed inesorabilmente il ricordo svanì lasciando il posto, ancora, all’immagine della scuola di magia. Lo sguardo si sposto verso l’entrata, dove due enormi porte bloccavano il passaggio. Ma questo non fu un problema. Come se fatte di aria e di nulla gli passò attraverso con movimento costante, senza riflettere come se tutto fosse stato già programmato da tempo. In tutto il suo splendore apparve ai suoi occhi il salone principale di Hogwarts. I lampadari finemente lavorati illuminavano, nonostante fosse giorno, i grandi arazzi e le imponenti scale che avrebbero condotto ai piani superiori. Senza indugio il viaggio prosegui lungo la scala alla sua destra, rapidamente, quasi levitando sul tappeto rosso che copriva la rampa in questione. Senza preavviso comparvero come fantasmi un gran numero di persone. Indossavano la maggior parte una lunga tunica scura con un simbolo, non sempre uguale, all’altezza del cuore. Un grifone d’oro. Ma anche un tasso purpureo, un corvo dalle ali nere come la notte e un serpente verde come uno smeraldo. Quest’ultimo simbolo incupì il viaggiatore e gli riporto alla mente un nome. Malfoy. Cercò di non cascare ancora nella trappola di poco prima, e cercò assiduamente di non pensare a quel nome. Malfoy… I corridoi erano molto vuoti per essere una scuola così frequentata. Vide in giro addobbi natalizi e questo rispose al perché di così poca gente in giro: molti studenti erano a casa per le feste di natale. Senza esitazione il viaggio continuò salendo per le scale mobili che conducevano alla torre dei Grifondoro. Il nome della classe con lo stemma dorato… un altro ricordo…ma non ebbe il tempo di pensarci. Entrato nella sala comune vide una ragazza seduta su di una comoda poltrona di stoffa rossa. Era veramente bella. Capelli bruni e lunghi leggermente arricciati, occhi scuri intenti a leggere un grosso libro che teneva poggiato sulle gambe. Il fuoco scoppiettante nel camino alle sue spalle stagliava la ragazza e proiettava la sua ombra sul pavimento. Sfogliò una pagina e prese a rigirare una ciocca di capelli con le dita, come se qualcosa la tormentasse. Da una delle scale della sala comune scese un ragazzo. Probabilmente coetaneo ed amico della ragazza, poiché si avvicinò a lei dicendole qualche cosa che, però il viaggiatore non riuscì a sentire. Si accorse solo ora che non sentiva nessun suono. Nulla. Silenzio. Un silenzio che gli ricordò il buio da cui era avvolto fino a poco fa. La discussione fra i due ragazzi cominciò a farsi concitata. Il ragazzo dalla folta capigliatura rossa spalancò di più la bocca, probabilmente urlando; in risposta la ragazza si alzò di scatto lasciando cadere il libro ai suoi piedi, anche lei spalancando la bocca urlando. Lui si avvicinò di più sempre urlando. Anche lei non fu da meno. La distanza fra i due ormai non esisteva. Le labbra del ragazzo si posarono d’improvviso su quelle della ragazza bruna. Sorpresa fece un passo indietro mettendosi una mano sulla bocca. Altrettanto d’improvviso, ripresasi dalla sorpresa, spostò la mano dalla sua bocca e colpì con uno schiaffo il giovane dai capelli purpurei. Gli occhi lucidi di lei indicavano il dispiacere e la rabbia per quello che avevano fatto entrambi. Lui, con la testa piegata di lato dalla forza del colpo, biascicò qualcosa, probabilmente anche se si fosse sentito qualcosa, di incomprensibile, e con uno scatto, tornò da dove era spuntato in cima alle scale. La ragazza tornò a sedersi e nascose il volto fra le mani, appoggiandosi alle ginocchia. Pianse. Singhiozzò e respirò forte inarcando la schiena. Una valanga di emozioni attraversarono il corpo del viaggiatore. Chi erano quei due? Altri ricordi affiorarono nella sua mente, e tutto tornò ad incupirsi sotto una nebbia di terrore. Ancora tentò di farli sparire ma questa volta l’oscurità non avvolgeva la sua vista. La ragazza vide scendere il buio nella stanza e fuori dalla finestra imponenti nubi scure nascondevano il sole che brillava su Hogwarts. Il panico la avvolse. Paura. Terrore. Da come reagì, doveva essere una cosa che, seppur terrificante, si aspettava da tempo. Corse verso la scala dove era salito il ragazzo, ma lui la precedette e spuntò, nuovamente, sulla rampa delle scale. Lei ancora con le lacrime sul volto si aggrappò al suo braccio ed insieme corsero veloci verso l’uscita della torre. Troppo tardi. Una figura scura comparve nella stanza. Era alta e vestiva con una tunica nera che lo copriva completamente, lasciando libere solo le braccia e le mani; nella destra stringeva una bacchetta sottile  color avorio, in contrasto con le intenzioni del mangiamorte. Rapidamente sia lui che lei estrassero le bacchette e le puntarono contro il loro avversario. Dalla bacchetta del giovane partì una scia di scintille rosse come i suoi capelli che centrarono un pieno il mangiamorte. Ma non fu abbastanza. Contemporaneamente la ragazza e l’uomo incappucciato, ferito ma non sconfitto, scatenarono una tempesta di fuochi, colpendosi a vicenda. O così parve. Con uno scatto il giovane intercetto i dardi infuocati che lo ferirono alla spalla. Il suo volto divenne una maschera di dolore. Cadde prono, privo di sensi,  spingendo a terra l’amica mentre il mangiamorte con un rantolo morì. Lei non ebbe il tempo di reagire all’accaduto. Un’onda d’urto sproporzionatamente potente li investì, mentre una luce li accecava completamente. Furono sbalzati fuori dalla stanza, frantumando la vetrata e precipitando verso il lago che circondava il castello di Hogwarts. L’ultima cosa che la ragazza vide fu l’acqua, sempre più vicina, più vicina, vicina….

Ron Weasley si svegliò di soprassalto e aprì gli occhi.

 

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Capitolo 2
*** Quanto tempo è passato... ***


La pioggia cadeva lenta, fitta e con gocce pesanti che atterravano fragorosamente sui tetti e le strade

La pioggia cadeva lenta, fitta e con gocce pesanti che atterravano fragorosamente sui tetti e le strade. Ron osservava le strisce dia acqua che colavano lungo il vetro della finestra dell’ospedale magico dove era ricoverato. Quasi 3 anni. Erano passati quasi 3 anni da l’attacco a Hogwarts da parte dei mangiamorte seguaci di Voldemort. Ricordava poco di quel giorno e di come era riuscito a salvarsi. Come molti altri anche lui era rimasto in coma per tutto il tempo. Ora aveva 18 anni. Come era cambiato. Un po’ più alto, una voce più profonda che quasi non riconosceva. I suoi muscoli erano intorpiditi per la lunga permanenza steso a letto. Nonostante ciò si considerava fortunato. Lui era vivo. I medimaghi gli avevano spiegato che molti studenti, in seguito ad un’onda d’urto proveniente dall’interno della scuola sono stati sbalzati fuori, e lui e la sua amica erano stati fortunati; hanno attraversato una vetrata e sono precipitati subito nel lago. Erano vivi solo per questo. Molti altri furono meno fortunati e vennero schiantati contro pareti e soffitti. Per loro ci fu ben poco da fare. George… Ron pensò al fratello. Era in pessime condizioni, un coma degenerante. Ormai sopravviveva solo grazie ai macchinari incantati dei medimaghi. La signora Weasley non si allontanò mai da loro. Neanche un giorno, durante quegli anni. Fred dopo l’incidente non parlava più.

“Se ne sta chiuso in camera tutto il tempo” gli disse Molly con gli occhi ancora lucidi. “Non è più lui…”

Ron non riusciva ad immaginarsi i gemelli seri e senza voglia di vivere. Non riusciva a non pensare anche ad Hermione. Hermione… il suo cuore ancora si stringeva come pressato da una mola. Perché era successo proprio a loro. Dio che rabbia che provava per non essere riuscito a proteggerla. Dopo averle fatto scudo con il suo corpo dall’incantesimo lanciato dal  mangiamorte, provò un dolore troppo intenso e svenne. Se fosse rimasto cosciente sarebbe riuscito a proteggerla dalla caduta. Si sentiva male al pensiero di Hermione in coma per causa sua. Sì, era colpa sua dopotutto. Se non fosse risalito dopo il litigio per… il suo cuore si strinsi ancora di più. Ron si tastò il petto come per cercare di togliere un pugnale invisibile che gli affondava nelle carni.

I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di un’infermiera.

“Weasley?” chiese gentilmente.

“Si…” rispose stanco Ron.

“C’è una visita per te”

Ron alzò lo sguardo e si girò verso l’entrata della stanza. Silente lo osservava con uno sguardo fermo. Mai Ron aveva visto quella faccia poggiata sulla testa del preside di Hogwarts.

“Bentornato fra noi Ron” disse Silente avvicinandosi alla finestra.

“Grazie signore, ma non ne sono contento” rispose Ron sempre con voce molto spenta. Dopotutto era da molto che non parlava.

“E perché di grazia?” chiese il preside.

“Mi sembra egoistico”

“Egoistico?”

“Sì, perché io sto bene e gli altri studenti sono ancora in coma. O peggio morti.” Incalzò Ron alzando lievemente la voce.

“Vedi Weasley” rispose Silente “non è per scelta di nessuno che tu sei sveglio e stai bene. Qualcosa in te ti ha dato l’impulso per svegliarti dal sonno che ti tormentava.”

“Già…”

“I medimaghi mi hanno detto che però non ricordi cosa sognavi durante il tuo coma”

Ron annui leggermente con la testa. “Più mi sforzo e più i miei pensieri diventano bui ed oscuri”

“Non sforzarti Weasley. Col tempo sono sicuro che ricorderai. Dopotutto sei sveglio solo da una settimana”

Ron annui ancora “Lo spero davvero…”

“Stai pensando ai tuoi amici e compagni Ron?” gli chiese retoricamente Silente.

“Si. Vorrei vederli. Dice che posso chiedere di uscire per incontrarli?” domandò Ron con un tono speranzoso.

“Puoi Ron. Ma sappi che non ti piacerà quello che vedrai” lo avvertì il preside “non tutti sono stati fortunati come te”

“Non importa. Sono pronto per affrontare anche questo”

“D’accordo. Domani mattina passerò  a prenderti. La signorina Granger ed Harry non sono nel nostro ospedale. Sono a Londra fra i babbani”

Ron fu sorpreso, anche se non lo diede a vedere, che i suoi amici fossero fra i babbani. Anche se i genitori di Hermione, dopotutto, lo erano. Probabilmente era in un ospedale a Londra così che i suoi genitori le stessero vicino. Ma Harry? Perché era ricoverato anche lui in un ospedale babbano? Non di certo per i suoi zii. Loro odiavano Harry e tutte le sue stramberie. Probabilmente avrebbero staccato loro stessi la spina al nipote pur di non averlo più fra i piedi.

Silente si congedò “A domani” e si smaterializzò.

Ron fissò per un momento il punto in cui vi era il preside fino a poco prima. Spostò ancora lo sguardo fuori dalla finestra. La pioggia cadeva lenta, fitta e con gocce pesanti che atterravano fragorosamente sui tetti e le strade.

*****

Maledetti! Tutti maledetti! Li distruggerò tutti!

Un’ ombra vagava per i corridoi. Senza una meta precisa girava e rigirava spesso tornando dove già era stato.

Polvere! Farò in polvere la vostra anima e banchetterò con le vostri putride carni!

L’ombra non smetteva di bisbigliare fra se e se, come per confermare i suoi pensieri. Improvvisamente si fermò. Non un suono si levò da lei. L’ombra puntò il suo sguardo verso una persona incappucciata dietro l’angolo dove si era fermata. L’incappucciato fissava un punto davanti a se. Non vide l’ombra scivolare alle sue spalle. Non la udì sollevare la bacchetta e pronunciare l’incantesimo. Non senti il dolore mentre una spada infuocata a mezz’aria gli trapassava il cuore e continuava la sua corsa giù, fino al fianco, spezzandolo in due. Non si rese conto di essere morto prima di pensarlo.

Morte! Dolce suono di pace eterna! Accogli i seguaci che ti mando deturpa le loro nere anime!

Una risata proveniente dall’inferno risuonò nell’aria.

 

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Capitolo 3
*** Una cruda realtà ***


Silente arrivò puntuale

Silente arrivò puntuale. Come sempre. Ron, ormai dimesso dall’ospedale, lo aspettava nell’hall mentre sfogliava una rivista di manici di scopa. Quando i suoi problemi erano ridotti a quello. L’ultimo modello uscito era il Thunderbird 3000 che, secondo la rivista, avrebbe cambiato il modo di volare per sempre.

I soliti discorsi pensò Ron sconsolato. Ogni nuovo modello sbaraglia i precedenti, è sempre così.

Gli tornò alla mente la felicità del suo amico quando ricevette il primo anno la Nimbus 2000 e, il terzo, la Firebolt da parte di Sirius Black. Chissà dove era ora Sirius. Probabilmente con Harry, facendosi vedere il meno possibile. Dopotutto era ancora latitante. Ron vide il preside e si alzò dal comodo divanetto di velluto blu dirigendosi verso di lui.

“Buongiorno professor Silente” salutò Ron.

“Buongiorno Ron. Sei ancora sicuro di voler vedere i tuoi amici?” chiese con voce ferma.

“Sì, ormai ho deciso.”

“Bene allora andiamo” e detto ciò estrasse da sotto la veste una bottiglia quasi vuota di brandy. Ron toccò il passaporta ed entrambi furono trascinati, come se risucchiati dalla bottiglia.

Arrivarono in un parco dietro a due alti abeti. Faceva molto freddo ed una leggere nebbiolina impediva di vedere lontano. Con un tocco di bacchetta Silente cambiò i suoi abiti con qualcosa di più sobrio. Pantaloni, maglione e capelli e barba raccolti ed un po’ accorciati.

“Molto meglio” disse.

Ron non aveva mai visto il preside agghindato in modo diverso dal suo solito. Cercò di non farci troppo caso per evitare di offenderlo in qualche modo e perché in quel momento il suo pensiero era rivolto ad un’altra persona. Che cosa avrebbe detto ai suoi genitori? Scusate, ma era occupato a svenire per proteggere vostra figlia! Dio! Come avrebbe potuto giustificarsi? Cercò di pensare a qualcosa d’adatto da dire mentre camminavano in direzione dell’ospedale. Non gli venne in mente nulla d’adatto ed inconsciamente non si rese conto di aver raggiunto l’entrata della camera dove Hermione era ricoverata. Ebbe un tuffo al cuore. Se ne stava lì, fermo a fissare la porta azzurra con la scritta Granger Hermione 718 attaccata sopra.

“Ora ci hai ripensato?” gli chiese Silente interrompendo i suoi pensieri.

“Lei non entra?” chiese di rimando Ron.

“No. A me è già bastato la prima volta”

Il cuore cominciò a battergli che gli parve volesse uscire dal petto per cercare un cantuccio migliore dove stare. In che condizioni era Hermione? Il pensiero lo tormentava, nonostante la risposta alle sue frustrazioni fosse a meno di trenta centimetri da lui. Afferrò la maniglia metallica. Era fredda al tocco. La girò lentamente. La serratura scattò con un colpo secco, come un colpo di pistola, che risuonò nell'aria e lo colpì dritto al cuore. Spinse la porta aprendola mentre faceva un passo avanti entrando definitivamente nella stanza. I cardini piansero come ad un funerale prolungando il dolore nel animo di Ron. La luce del corridoio illuminò la stanza. Era entrato. Un costante bip risuonava nelle suo orecchie, ed era come una miriade di voci che ad ogni bip lo punivano per il destino di Hermione. Con passo fermo si diresse verso il letto –Bip- a sinistra dove vedeva accesi un gran numero di macchine. Dalla –Bip- finestra vicino al letto filtrava la poca luce che la mattina londinese –Bip- offriva. Raggiunse il letto. Ebbe un tuffo al cuore.

“Hermione…” sussurrò senza fiato.

La ragazza era stesa sul letto. Un’infinità di tubi, cavi e aghi le uscivano dall’esile corpo. I suoi lunghi capelli bruni erano raccolti in una treccia, così che non le dessero fastidio. Il suo petto si alzava e abbassava impercettibilmente, ma con regolarità. La coperta azzurra la copriva fino alla vita e nascondeva le gambe magre dovute alla prolungata permanenza a letto. Solo ora Ron notò il viso. Seppur magro, era sempre stupendo. Come aveva potuto lasciare che lei finisse così? Dio quanto si odiava! La vita di Hermione era rovinata a causa sua. Le lacrime cominciarono ad affiorare negli occhi di Ron. Tratteneva a stento i singulti che lo avrebbero spinto a piangere come un bambino. Ron sentì entrare qualcuno nella stanza. Si voltò e li vide. I signori Granger. La madre di Hermione fissava il ragazzo con gli occhi lucidi senza dire nulla.

“Io…mi..mi spiace. E’ colpa mia.” Singhiozzo Ron con la voce rotta dai singulti.

“No” disse la signora Granger “tu hai salvato mia figlia…l’hai riportata da me. Ed ora…ora lo hai rifatto.” Si avvicino a Ron e lo abbraccio forte iniziando a piangere sulla sua spalla.

*****

L’ombra stava riposando. Anche lei doveva farlo. Ma la sua sete di sangue non riposava. No. Doveva ancora uccidere. Si. Nulla l’avrebbe fermata. Rannicchiata in un angolo si copriva con i suoi vestiti per cercare riparo dal pungente freddo invernale. Neve. Una forte tormenta di neve si abbatteva sulla finestra che fissava con occhi freddi. I suoi sensi erano all’erta. Si accorse che si stavano avvicinando. Tre uomini entrarono nella stanza rapidamente circondando il punto dove stava accovacciato il mucchio di stracci.

“Sei finito maledetto! Ignis Telum!” gridò il primo, ed un proiettile infuocato colpi in pieno l’ombra.

Ventilo Iniuria” recitò il suo compagno. Un onda d’urto fece ribaltare gli stracci infuocati. Solo ora si accorsero che quelli erano solo stracci.

L’ombra scese alle loro spalle. Senza rumore. Alzò la bacchetta.

Aboleo Spiritus” disse con voce tranquilla ma terribile. L’uomo più vicino alla porta si strinse il petto e spalancò gli occhi. Dalla bocca cominciò ad uscirgli un fumo bianco e denso, e più il fumo usciva, più lui si svuotava, come se tutto l’interno del corpo si dileguasse. Quando l’uomo divenne una figura rattrappita il fumo si fermò. L’uomo cadde e si frantumò come un vaso di vetro al suolo.

“E’ bello vedervi, signori” ringhiò ironicamente l’ombra prima di eliminarli entrambi.

*****

“Sono contenta che tu ti sia ripreso Ron” disse la madre di Hermione “Questa è una speranza in più per nostra figlia. Significa che può riprendersi”

I suoi occhi erano ancora bagnati dal pianto di poco prima. Anche Ron era nelle sue stesse condizioni.

“Io mi sento in colpa per quello che è successo ad Hermione” disse lui “avevamo litigato ed eravamo in stanze diverse. Se fossi stato un po’ più rapido…se non…Ah! Se solo io fossi stato più comprensivo!”

“No Ron. Non è colpa tua. Il preside mi ha spiegato cosa è accaduto. Eventi che neanche lui è riuscito a sedare. Sai meglio di me che Silente è molto potente. Tu hai fatto quello che hai potuto. Ho visto la tua ferita dopo l’attacco. Se penso che, qualsiasi cosa te l'abbia procurata avrebbe potuto colpire e …uccidere la mia bambina…io…io ti ringrazio solo per questo!” spiegò la signora Granger con la voce rotta del pianto.

“Grazie signora. Ma avrei potuto fare di più. Non dica nulla, la prego”

Ron si girò ancora verso i letto. Guardava Hermione e pensava a tutti gli eventi che gli erano capitati. Durante l’estate dopo il quarto anno sia Harry che lei erano venuti per le ultime due settimane di vacanza alla Tana, la casa dei Weasley. E’ stato in quel momento che si è accorto da amarla. E’ stato in quel momento che lei si è accorta d’amare Krum. Victor Krum, il cercatore della squadra di quidditch della Bulgaria. La loro storia d’amore a distanza continuò per tutta l’estate e fino alla fine dell’anno. Avevano una fitta corrispondenza. Ron era geloso marcio e lo diede a vedere criticando Hermione e il suo nuovo ragazzo. Hermione litigava sempre con Ron e le loro liti finivano sempre con lei in lacrime e lui troppo orgoglioso e geloso per ammettere di avere esagerato. Che stupido! Era solo uno stupido. Anche ad Hogwarts, appena lei si lasciò con Krum non seppe far altro che provarci spudoratamente sfruttando la situazione di malessere in cui lei si trovava. Ecco perché si sentiva in colpa.

“Penso sia ora di andare Ron” Silente era appoggiato alla porta e lo fissava.

“Sì. Arrivederci signora. Ripasserò ancora” salutò Ron.

“Grazie Ron. Ti devo molto”

I due si diressero verso l’uscita, e lì Ron si fermò.

“Dove andiamo? Harry non è qui?” chiese il ragazzo.

“No” rispose serio Silente “Harry è…in un altro posto.”

Detto questo estrasse da una tasca un grosso bottone blu. Un altro passaporta. Il giovane Weasley si chiedeva dove li avrebbe portati questa volta. Come mai Harry non era nello stesso posto?

Ancora una volta arrivarono in un parco, anche se questa volta ne riusciva a vedere i confini delimitati da una pesante ringhiera di ferro battuto. Silente lo prese per una spalla e lo guardò in faccia.

“Mi spiace Ron.”

Ron guardò oltre le spalle del preside.

No! Non può essere! Dio ti prego fa che non sia vero!

Su di un cippo bianco vi era inciso un nome e due numeri.

HARRY POTTER

1984 –1999

Per sempre nei nostri cuori

 

 

TA-DAN! Colpo di scena! Beh la fic, anche se lentamente, continua. Spero che vi piaccia e vi prego recensitela! Se non vi va di scrivere un papiro va bene anche un “OK” se la trovate bella o un “KO” se pensate che potrebbe essere meglio. Naturalmente i commenti costruttivi sono ben accetti. See you again!

P.S. La data me la sono inventata io …spero che vada bene!

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Capitolo 4
*** Affari di famiglia ***


“Maledetto

“Maledetto!” disse fra se e se Draco Malfoy.

Camminava rapidamente lungo un corridoio di quello che pareva essere un castello medioevale. I lampi squarciavano il cielo notturno e nuvoloso illuminando per brevi istanti il tappeto rosso steso a terra che Draco calpestava rapidamente. Bacchetta alla mano e sguardo di odio puro erano le sue armi preferite, ed ora le usava entrambe. Il suo sguardo percorse il muro di mattoni dove, ogni qualche metro, un candelabro illuminava magicamente l’area. Finalmente raggiunse il suo obiettivo. Una porta di legno scuro gli sbarrava la strada. Senza esitare alzò la bacchetta.

Stupeficium!” gridò, e la porta quasi si scardinò dalla parete.

Avanzò rapidamente fin all’interno della stanza scavalcando, con un passo un po’ più lungo degli altri, quel che restava della porta. Lucius Malfoy si girò di scatto osservando suo figlio sorpreso ma al tempo stesso incuriosito dalla sua entrata ad effetto. Tolse la mano dalla sfera di cristallo su cui era posta e ripose le braccia lungo i fianchi, scostando lievemente il lungo mantello rosso che indossava.

“Draco! Ti sembra il modo! Avresti potuto bussare” disse teatralmente Lucius osservando la porta distrutta appena dietro al ragazzo biondo.

“Padre! Ho saputo di Hogwarts! Come ha osato il Signore Oscuro attaccare la mia scuola! Non hai detto nulla per fermarlo?” gridò con voce secca Draco squadrando il padre con occhi di ghiaccio.

Lucius parve sorpreso.

“Osare? Tu ritieni forse inopportuno accontentare i desideri di Voldemort?”

“Se questo significa perdere la mia scuola, sì! Chi crede di essere?”

“Ti stai forse ribellando al tuo Signore e padrone, Draco? Pensi che la volontà di ognuno di noi sia importante come la Sua?” chiese Lucios Malfoy avvicinandosi lievemente a suo figlio.

“Non mi sembra che fosse in programma nulla di simile! Mi sarei oppost…”

“TU NON PUOI OPPORTI A VOLDEMORT!” strillò il padre con il volto appiccicato a quello di Draco “Tu non hai possibilità di scegliere cosa sia meglio per te! Tu sei al servizio di Voldemort!”

“Neanche tu allora ti opponi? Eh? Vuoi dire che se io fossi stato ancora là mi avresti sacrificato per la causa del Signore oscuro?” ribatté Draco con eguale intensità.

“CERTO!” gridò fiero Lucius “Ah! Pensi che solo perché sei mio figlio dovresti avere un trattamento tanto diverso dagli altri? Ricorda Draco, i mangiamorte non sono altro che le braccia di una mente superiore, che li comanda nel modo migliore. Tu non sei più il primogenito della famiglia Malfoy, tu ora sei un mangiamorte. Punto e basta!”

Draco ammutolì, e divenne più pallido di quanto già lo fosse naturalmente di carnagione. Arretrò di un passo o due, con lo sguardo perso negli occhi del padre, che, intanto, si girò dando le spalle al figlio e tornò verso il tavolo con la sfera di cristallo.

“Sciocco” disse con più tranquillità “non pensare più a te stesso come il leader della situazione. I sacrifici sono all’ordine del giorno per chi è con Lord Voldemort. Anche i Tiger e i Goyle hanno sacrificato i propri figli nell’attacco. Se fossero spariti da Hogwarts sarebbe stato sospetto, non credi?” raggiunse il tavolo fece un piroetta su se stesso tornando a fissare il figlio. Draco puntava la bacchetta verso il padre.

“Maledetto bastardo!” grido con le lacrime agli occhi “Come puoi dire certe cose? Io sono tuo figlio! Ho solo quindici anni, come puoi dire che sono sacrificabile? Io sono tuo figlio, Cristo!”

“E così ti ribelli alla volontà del nostro Signore? Sono molto deluso Draco. Molto” e con gesto enfatico impugnò la bacchetta e la puntò a suo volta contro il figlio “Sono deluso, ma allo stesso tempo felice. Sì, felice di poter portare al mio Signore il cadavere di un traditore! Imperium!

Draco non ebbe il tempo di reagire. La maledizione senza perdono lo colpì in pieno ed una voce cominciò a parlargli, come un sussurro nel vento.

Draco. Non c’è più nulla da fare. Puoi soltanto morire per espiare le tue colpe.

Sì, l’unica cosa da fare era morire.

Impugna salda la bacchetta e puntala alla tempia.

Draco eseguì senza obbiettare l’ordine datogli.

Ora perfora la tua testa con un incantesimo. Su, forza…

Era pronto a lanciare l’incantesimo…ma perché poi?

Avanti Draco. Espia le tue colpe e sacrificati per il tuo Signore.

Sacrificarsi…no! Lui non lo avrebbe mai fatto per qualcun altro!

Draco! No! Sacrificati per lui…

“Nooo!” gridò Draco. Subito si riprese e gli tornò in mente l’incantesimo lanciatogli dal padre, che, ora, la fissava allibito per la forza di volontà che aveva appena dimostrato.

“L’unica persona per cui mi sacrifico è me stesso!” gridò tutto di un fiato “Nessuno mi può controllare se io non voglio! Ignis Flatus!

La bacchetta di Draco roteò per un attimo e, con un colpo secco, spuntarono dal nulla una serie di scintille rosse che in un attimo si ammassarono e colpirono la sfera di cristallo mandandola in frantumi con un esplosione infuocata. Le schegge di cristallo schizzarono in tutte le direzioni ed una raggiunse il petto di Lucius Malfoy. Subito dopo un’altra lo colpì in viso.

Lucius urlò di dolore. Mai prima d’ora qualcuno aveva osato tanto. Mai. Il dolore avvolgeva i suoi sensi. Nonostante la vista annebbiata vide suo figlio ancora fermo, probabilmente sorpreso da quello che aveva appena fatto. Gliela avrebbe fatta pagare. Subito. Piccolo insolente.

Acidus Respergo!” gridò con le ultime forze che gli erano rimaste, e puntò la bacchetta fra gli occhi del ragazzo biondo.

Una serie di scintille verdi presero forma e si unirono in un liquido più denso. Lo schizzo di acido viaggiava veloce verso Draco. Lui fissava suo padre. Poi lo schizzo. Poi il padre. Ancora l’acido in volo. Non ce l’avrebbe fatta. Sarebbe morto lì da miserabile. Punito dal padre per aver osato troppo. Punito? Ma lui era Draco Malfoy! Nessuno poteva dirgli che cosa fare! Nessuno. Se lui avesse voluto schivare lo schizzo acido l’avrebbe fatto per sua scelta.

Si abbassò di scatto mentre il liquido lo colpiva in pieno volto.

*****

“Ehi Draco! Che cosa stai fissando?”

“Mmh?” mormorò distrattamente Draco. Era una giornata limpida, come sempre più spesso capitava in quel periodo. Le montagne distanti avevano rapito il suo sguardo. Coperte di neve candida, con solo qualche macchia scura di alberi che intaccava la perfezione di quel paesaggio così omogeneo. Il sole stava ormai morendo e precipitava, freddo, dietro alle cime candide che osservava.

“Ci sei o no?” chiese una voce femminile accanto a lui.

“Sì, sì. Stavo solo ammirando il paesaggio. Pensavo che è un peccato che quella distesa di neve sia macchiata dagli alberi. Sembra quasi un cancro della natura. Mi ricorda che nessuno è perfetto, che ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio”

“Wow. Come siamo filosofici stasera. Va tutto bene?”

“Sì, certo. Quando sto con te va per forza tutto bene. Sei la mia salvezza non dimenticarlo” sussurrò dolcemente Draco.

Allungò le braccia per stirarsi i muscoli dal troppo riposo e cinse con un braccio la ragazza che gli stava sdraiata accanto. Lei aveva la testa poggiata sulla sua spalla. La faceva sentire bene stare con lui. Si sentiva sicura. Anche ora, nonostante fosse nuda, come lui del resto, coperta solo da un lenzuolo nelle parti più intime sentiva il calore del corpo di lui spandersi come una barriera protettiva. Quanto lo amava. Chissà se anche lui la amava. Non poteva saperlo. Dopotutto lei un tempo si sarebbe buttata in un pozzo piuttosto che pensare soltanto lontanamente di fare l’amore con Draco. Ad Hogwarts non lo sopportava proprio. Sempre a cercare di cacciare nei guai Harry, Hermione e suo fratello. Come lo odiava. Poi, invece, scoprì che era anche un ragazzo dolce, sensibile e molto solo. Solo dopo l’attacco ad Hogwarts si incontrarono di nuovo. Tutti e due erano tornati a casa per le feste di natalizie. Draco perché, come sempre, avrebbe passato il Natale in famiglia. Ginny perché aveva appena litigato con Harry e si erano lasciati; non gli andava proprio di passare le feste con lui, preferì andare a casa quell’anno. Non riuscì a capacitarsi di quello che avvenne. Pianse. Pianse molto e soffrì per aver lasciato come ultimo ricordo ad Harry la loro rabbia l’uno nei confronti dell’altro. Fu una sorpresa per lei vedere Malfoy consolarla per quello che era capitato ai suoi amici. Le disse di non preoccuparsi e che tutto si sarebbe sistemato e concluse con un “Mi dispiace” che pareva essere un’esplicita accusa a se stesso. Come se fosse colpa sua. Qualche giorno dopo fu ricoverato all’ospedale magico per una ferita da acido provocata da un incantesimo. Solo dopo si scoprì che fu suo padre –mangiamorte al servizio di Voldemort- a colpirlo per aver tradito la fedeltà della famiglia. Ginny rimase in ospedale, finché non si riprese del tutto. Solo in quel momento si accorse di amarlo. La ferita procurò a Draco una cicatrice ben evidente a partire dall’occhio sinistro fin dietro all’orecchio, senza contare la cecità quasi totale dell’occhio in questione. Lui, però, si riprese grazie soprattutto alle cure di Ginny. Probabilmente fu l’amore trasmesso da lei a ridargli la voglia di vivere. Sembrava un amore perfetto, ma che cos’è la perfezione senza qualche problema? Il problema più grave, ovviamente, venne da parte della famiglia Weasley, poco propensa ad affidare l’unica figlia femmina alle cure di un Malfoy. A nulla valsero le raccomandazioni di Arthur e Molly alla loro piccola Ginny: se a loro non andava bene Draco, a lei non sarebbero andati bene i suoi genitori. Scappò da casa ed andò ad abitare con lui che, a causa del distacco dalla sua famiglia, viveva da solo. Ed ora era lì. Dopo due anni che non parlava e vedeva la sua famiglia. Ancora felice. Ancora innamorata di Draco.

Un brivido le percorse la schiena. Si rannicchiò più vicino a lui, stringendolo in un forte abbraccio. Alzò la sguardo per guardarlo in viso e si accorse che lui stava facendo lo stesso. Le loro labbra si incontrarono. Si baciarono a lungo, dolcemente. Con un movimento lento lei si scoprì del tutto rivelando le sue nudità. Gli salì cavalcioni sul petto sempre baciandolo, ora con più intensità e foga. Lui le afferrò i fianchi e cominciò ad accarezzargli la schiena mentre lei si chinava sempre di più sulla sua bocca. I ruoli, in un attimo, si invertirono e lei si trovo stesa di schiena sul letto mentre Draco la stringeva a se sempre baciandola con trasporto. Erano al limite della resistenza, fecero l’amore una volta, e poi ancora e ancora. Raggiunsero la passione, intensa come sempre e si addormentarono, ancora, l’uno abbracciato all’altro.

*****

Ginny porse a Draco una tazza di caffè. Era bollente. Come piaceva a lui.

“Grazie amore” rispose lui mentre si allacciava la cravatta davanti allo specchio.

“Figurati” rispose lei. Era buffo guardarlo mentre faceva il nodo alla cravatta. Al Ministero della Magia, però, era obbligatoria, ed essendo il suo lavoro, era obbligato ad indossarla. Finì di farsi il nodo e iniziò a sorseggiare il caffè. Ottimo come sempre.

“Hai molto da fare oggi?” chiese Ginny.

“Può darsi. Il lunedì di solito è sempre così. Con il week-end sembra che i maghi oscuri si mostrino di più. Forse pensano che la domenica non li teniamo d’occhio.”

Draco lavorava all’Ufficio Detentori Magia Oscura, adatto al tipo di trascorsi che ha avuto e, soprattutto, lontano dalla sede di lavoro del signor Weasley, il padre di Ginny. Stava finendo di bere il suo caffè quando un picchiettio lo fece voltare verso la finestra.

“Leo!” esclamò Ginny entusiasta “E’ il gufo di mio fratello, beh…prima che lui…Hogwarts…” s’incupì ripensando a Ron.

“Ehi, che succede piccolina. Non devi intristirti…su dai…guarda che dice il messaggio” incalzò Draco per distrarla dal ricordo.

“Sì, hai ragione”

Ginny apri la finestra e il piccolo gufo (ormai non più tanto piccolo) entrò e cominciò a svolazzare in giro felice di aver completato la missione. Lei lo afferrò e gli slegò il messaggio dalla zampa. Aprì e lesse. Sbiancò e fissò Draco.

“Che è successo?” le chiese.

“Ron” disse con la voce rotta dal pianto “si è svegliato tre giorni fa”.

*****

Un altro incantesimo, un altro cadavere. Severus Piton non ne poteva più. Era stanco. Aveva lottato senza tregua per quasi due ore. Ormai era allo stremo delle forze. Un altro mangiamorte gli comparve davanti.

“Tu sei il traditore! Il maestro ti punirà” ghignò l’incappucciato.

“Certo, sono io perché non provi a fermarmi?” ringhiò con una forza che oramai recitava soltanto e che non aveva più.

Il mangiamorte alzò la bacchetta e si preparò lanciare un incantesimo, ma Piton, con uno scatto improvviso, afferrò e lanciò un pugnale dritto nel petto dell’uomo che barcollò un poco e poi stramazzò al suolo. Morto.

Dio ringrazi l’inventore della Belladonna. Non fa in tempo ad entrare in circolo che ti uccide

Piton ghignò lievemente e andò a recuperare il pugnale dal cadavere del mangiamorte. Ma non fu troppo scaltro. Dietro l’angolo da cui era spuntato il precedente nemico ne arrivò un altro che si trovò d’accordo con lui sull’uso della Belladonna. Con un colpo secco il mangiamorte piantò il pugnale nel fianco del professore di pozioni che gridò dal dolore prima di estrarre la bacchetta.

Avada Kedavra!

Quello spalancò gli occhi per la sorpresa prima di stramazzare al suolo, anche lui morto.

Maledizione! Anche il suo pugnale era intinto di Belladonna

Arrancando Piton si dirigeva verso il suo ufficio. Spalancò la porta e zoppicò verso il baule sotto la dispensa degli ingredienti.

Io…posso insegnarvi ad imbottigliare la fama…

Piton infilò la chiave nel baule e lo spalancò di scatto.

la…gl…gloria…

Afferrò una bottiglietta con un liquido nero come la pece e la stappò strappando con i denti il tappo di sughero.

addirittura…la…la morte!

In un sol colpo Piton bevve l’intero contenuto della bottiglietta. Con un grido si strinse le mani al collo e crollò al suolo fermo e morto.

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Capitolo 5
*** Pensieri e emozioni ***


Vagare nel buio

Vagare nel buio. Questo era il compito dell’ombra. Camminava rapidamente, ma quasi senza esistere. Il suo corpo lì, il suo ego altrove. Il suo obiettivo era semplice quanto terrificante. Uccidere. Uccidere senza pietà chi lo aveva ridotto così. Non ci sarebbero state scuse valide per interrompere la sua marcia di morte. Sterminare i suoi avversari lo appagava non poco. Ma era tempo di cambiare tattica. Sì, la feccia che eliminava regolarmente sembrava non esaurirsi mai. Era giunto il momento di scoprire chi era dietro a tutto questo e riservargli una fine orribile, come a tutti i suoi nemici, né più né meno. Avrebbe percorso i corridoi in cerca di un ostaggio, poi, con le buone o con le cattive, lo avrebbe fatto parlare. Un piano semplice, ma efficace. L’ombra si alzò. Un rumore? I suoi sensi erano ampiamente sviluppati durante questo periodo. Qualcuno si stava avvicinando. Con un salto, silenzioso come un gatto in caccia, raggiunse una trave sul soffitto, si accucciò e attese immobile. Lo vide entrare. Una figura alta, forse un po’ gobba, ciondolava lentamente verso il centro della stanza. I lunghi capelli neri si confondevano con la sua logora tunica. Guardava verso il basso, come per controllare che ad ogni passo i suoi piedi toccassero il terreno. Veramente troppo sciocco per sopravvivere, fu il pensiero dell’ombra. Come l’ultima foglia d’autunno scese dalla trave e planò dolcemente alle spalle del visitatore. Alzò lo sguardo per vedere la sua vittima da più vicino prima di ucciderla. Ma non era più lì. L’ombra sentì un brivido lungo la schiena. Che cos’era questa fastidiosa sensazione che provava? Paura? Non sapeva neanche più cosa fosse la paura. Si girò di scatto cercando l’uomo dai capelli neri. Niente. Sembrava come sparito. Scelse, per precauzione, di allontanarsi. Quella sensazione provata poco prima non era nella sua natura. Comminò rapidamente, quasi corse, lontano da quella stanza. Subito dimenticò l’accaduto. Subito si ricordò il suo compito. Era tempo di uccidere.

*****

“Un altro morto!” tuonò Holavson.

“Malfoy! Cosa dobbiamo fare con te? Non puoi andare in giro ad eliminare mangiamorte! Esiste un tribunale competente per giudicare i criminali”

“Signore mi ha attaccato in pieno giorno! Ho dovuto difendermi” replicò Draco.

“Difendermi? Hai spazzato via una strada per eliminarlo! Ti rendi conto del lavoro che dovrà essere fatto dal ministero per rimediare?” domandò acido Holavson.

Draco non disse più nulla. Sapeva che era venuto il momento di tacere. Alex Holavson era un duro da far paura. Oltre ad essere il suo capo e, come gli disse appena iniziò a lavorare lì, “il tuo peggior incubo, se non fai quel che ti dico!”.

Alex era sudato. La sua camicia era spolta e a mala pena ricordava il significato della parola “pulito”. Holavson era tornato a sedersi sulla poltrona dietro alla scrivania e sbuffava ancora qualcosa sul comportamento di Draco, che lo fissava in piedi davanti a lui. La poltrona scricchiolò rumorosamente. Era vecchia, ma anche Alex non era certo un peso piuma. Ogni volta che Draco lo guardava gli tornava in mente Neville Paciock. Senza troppi giri di parole congedò Draco.

“Ora levati dalle palle!”

Draco uscì composto e sull’attenti come era entrato, si chiuse la porta alle spalle e proseguì verso il suo ufficio. Destava quando criticavano i suoi modi. Lasciare in vita quella feccia non era nel suo stile. Meglio eliminarli quanto prima, quando se ne ha l’occasione. Marciava lungo il corridoio mentre la luce pallida del sole autunnale disegnava delle linee su tutto il pavimento.

“Malfoy! Ehi!” gridò una voce dietro di lui.

“Dimmi e fai in fretta che oggi non è giornata” disse secco voltandosi verso il ragazzo che l’aveva chiamato.

“Sei nei guai stavolta, il Ministro della Magia vuole vederti”

Cazzo!  Pensò Draco. Stavolta sarebbero stati cazzi amari per lui. Il ministro non chiamava la gente nel suo ufficio per nulla. Soprattutto se la gente in questione era lui. Salì due rampe di scale e raggiunse il quinto piano dove aveva sede l’ufficio del ministro. Si avvicinò alla porta e bussò con fermezza. Una parola di assenso proveniente dall’interno dell’ufficio lo spinse ad aprire la porta ed entrare. La porta si richiuse alle sue spalle mentre si metteva sull’attenti dinanzi alla scrivania.

“Battlemage Draco Malfoy a rapporto signore!” quasi gridò facendo battere i tacchi.

“Comodo Malfoy, lo so chi sei” sentenzio il ministro con un poco di disgusto nella voce.

“Ho sentito del disguido nella strada babbana” continuò guardando un plico di fogli davanti a se “brutta faccenda. Stai esagerando Draco, davvero. Sai che vorrei buttarti fuori dalla squadra più di qualsiasi cosa, ma che non posso perché sei uno dei migliori. Penso che tu te ne stia approfittando sapendo che non posso fare nulla. Almeno ufficialmente. Sappi che come persona, invece, potrei venire a spaccarti il muso in un qualsiasi momento.”

Ecco lo sapevo. Non mi sopporta ancora a causa di Ginny.

“Come sta mia sorella Draco?” chiese Percy Weasley, cambiando argomento quasi istantaneamente.

“Bene, signore. Stamattina ha saputo del risveglio di vostro fratello”

“Molto bene. Così vi sarà un motivo per farla tornare un po’ di tempo alla Tana”

“Non credo che voglia tornare”

“Prego?”

“Ho detto, signore, non cr…”

“Ho capito benissimo cosa hai detto razza di idiota!” Percy cominciava a scaldarsi “Perché non vorrebbe venire, secondo te?”

“Credo sia per me, signore. A causa del fatto che la sua…la vostra famiglia non mi accetti come lei vorrebbe”

Percy lo fissò intensamente. Draco non lo osservava direttamente, ma con la coda dell’occhio vedeva il suo volto e non prometteva nulla di buono. Gli occhi scuri del ministro lo fissarono attentamente. Diabolici.

Cazzo! E’ proprio incazzato!

“Vattene Malfoy, ma ricorda. Fai solo un altro errore, uno soltanto, e ti pentirai amaramente di non aver seguito tuo padre e i suoi mangiamorte!”

Il volto di Draco divenne di pietra. Paragonarlo a suo padre fu un grave errore da parte di Percy. Un gravissimo errore.

“Ascoltami bene Weasley da quattro soldi! Prova ancora a paragonarmi a quell’assassino di mio padre, e ti assicuro che i mangiamorte saranno l’ultimo dei tuoi problemi!”

Detto ciò Draco uscì sbattendo la porta con violenza.

*****

Dormi ancora eh? Quanto sei bella quando dormi. Sembri la principessa addormentata di qualche favola. Davvero sai? Non posso toglierti gli occhi di dosso. Non ce la faccio. Mi sei mancata troppo Hermione. Anche se non mi puoi rispondere o sentire io sono contento di stare vicino a te, ora. Quanto ti amo Hermione. Se mi ricordassi come mi sono svegliato forse potrei aiutarti. Ma la mia dannata testa non vuole saperne! Mi dispiace… d'altronde lo dicevi anche te, ricordi “Sei proprio scemo Ron”. Ormai avevo perso il conto di quante volte me lo avevi detto. Ma avevi ragione sai. Sì avevi proprio ragione, sono scemo. Già. Se fossi stato più intelligente ti avrei detto prima che ti amavo. Non brutalmente, come ho fatto. Scusami. Non so mai come comportarmi con te. I miei sensi sembrano annebbiati con te. Non capisco più nulla, se mi sei vicino, e mi guardi, e mi sorridi, e mi sfiori…meglio cambiare argomento. Non voglio sembrare ridicolo. Hai saputo di Harry? Non ce l’ha fatta. E’ stato un brutto colpo per me, ma mi sono ripreso. Almeno un po’. Ehi, a proposito! Percy è diventato ministro della magia! E’ sempre stato il suo sogno, dopotutto. Da quello che mi hanno detto sembra che abbia attaccato duramente Caramel per la sua ostinazione ha dichiarare che Voldemort non era effettivamente tornato. Quando Hogwarts è stata attaccata Caramel si è dimesso e all’unanimità e stato scelto Percy per come si era comportato per trattare la delicata  situazione che si era creata. Pare che però ora sia molto più irritante di prima, che valga di più la sua posizione che la famiglia. Credo che mamma esageri un po’. Con tutti i guai che sono capitati…eh sì, non ti ho ancora detto il meglio, Ginny è scappata di casa per andare a vivere con Draco Malfoy! Non ci potevo credere…che cavolo crede di fare quell’idiota con mia sorella!? Credo che andrò a trovarla tra un paio di giorni e le spiegherò la sciocchezza che ha fatto. La convincerò a tornare con noi. Chissà come la tratta quel verme di Malfoy! Scommetto che la fa soffrire, poverina…

*****

Ginny era sdraiata sul divano con gli occhi chiusi. Draco la baciava ovunque mentre lei lentamente lo spogliava dalla divisa di lavoro. I baci di Draco si fecero più audaci fino a raggiungere le sue zone più intime. Ginny ebbe un sussulto. Quanto le piaceva quando lui faceva così. Lui si alzò di scatto e la prese in braccio.

“Scusa amore, ma non resisto più…” la portò in camera da letto e la adagiò sulla coperta ancora in disordine riprendendo a baciarle il seno, il ventre e… sempre più in basso. Ginny credette di morire per alcuni infiniti secondi poi lentamente si riprese e squadrò Draco che la fissava, ancora sdraiato su di lei.

“Dovrò ricambiare…” sussurrò dolcemente lei. Draco si stese di fianco a Ginny. Lei monto sul suo petto a gambe aperte e cominciò a scendere lentamente, baciando la sua pelle chiara e liscia. Raggiunse la sua virilità e cominciò lentamente a giocarci, prima con le mani, poi con la bocca. Piano, talmente piano che Draco quasi urlò per il piacere. Dopo poco Ginny si fermò, cosciente che lui non poteva resistere ancora per molto a questo trattamento. Risalì il corpo di lui finché non sentì la sua carne dura sfiorargli il pube.

“Ti prego fammi tua. Non resisto più…”

Lui riprese a baciarla dietro l’orecchio, poi sul collo. Sempre con più intensità. Dio che bella sensazione provava. L’odore di lei lo inebriava. Sentiva i suoi seni stretti sul suo petto. Sentiva i suoi capelli sfiorargli il viso. Sentiva che era venuta il momento di diventare un'unica cosa con lei.

La virilità di Draco esplorò il corpo di lei, prima lentamente poi sempre più rapidamente. Ginny si mise dritta con la schiena seguendo i movimenti che dettava Draco con il bacino. Su e giù. E ancora su e poi giù,  fino a raggiungere insieme l’apice del piacere.

“Ti amo Draco”

Lui sorrise e la baciò teneramente.

Evvai! Ho scritto un altro capitolo. Domanda: visto che tanti visitano la mia fic, perchè recensiscono in 3? Vi prego RECENSITE! Vi pago! Davvero! Naturalmente scherzo… ma lasciate un commento, mi spinge a scrivere. Ditemi anche se vi interessa la storia o se la trovate troppo seria, o lenta, ecc…

Vi saluto e alla prossima CIAO CIAO ^_^!

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Capitolo 6
*** Incontro di anime ***


La luce verde lampeggiava

La luce verde lampeggiava. Ancora. Ancora. Un trillo ora accompagnava la luce verde. Draco aprì subito gli occhi e si diresse verso la scrivania dove una sfera di vetro grande come un limone brillava e suonava.

“Battlemage Malfoy a rapporto” quasi sussurrò alla sfera.

“Signor Malfoy, è richiesta la sua presenza al quartier generale. Il colonnello Holavson dice che finalmente l’hanno trovato” disse una voce femminile. Mentre parlava la luce della sfera pulsava ancora.

“D’accordo, arrivo subito”

La sfera si spense e tornò silenziosa. Draco sospirò lievemente e puntò lo sguardo verso la ragazza nel letto. Era appena tornato e già doveva andarsene. A lei non sarebbe piaciuto. Decise di vestirsi silenziosamente e poi sgattaiolare via lasciandole un messaggio. Sì, molto meglio. Scrisse due righe su un foglietto e glielo poggiò sul comodino vicino.

Amore, sono tornato in ufficio. Non preoccuparti se torno tardi. Ci vediamo domani. Un bacio, Draco.

Uscì dalla stanza e si diresse in salotto, per riprendere la divisa del ministero. Afferrò la bacchetta e si smaterializzò in un attimo.

Si ritrovò alle porte del quartier generale dei Battlemage, che poi altro non era che la sede del Ministero della Magia. L’ordine dei Battlemage nacque dopo la comparsa e misteriosa scomparsa di Voldemort. Dopo l’attacco a Hogwarts, infatti, sembrò essersi volatilizzato come capitò molti anni prima. Nonostante tutto, i mangiamorte e i devoti a Voldemort non credettero nella sua dipartita e continuarono a radunarsi, anche se a capo dei gruppi vi erano i maghi più fedeli e non lo stesso Signore Oscuro. Compito dei Battlemage era sventare i piani folli dei mangiamorte e mantenere al sicuro il mondo sia magico, che babbano. Draco entrò a far parte del gruppo dopo essersi dimesso dal ospedale, e divenne un ottimo elemento combattente, grazie, soprattutto, alle sue conoscenze di “famiglia”. Pochi all’inizio credettero alla buona fede di Draco. Dopotutto era figlio del mangiamorte Malfoy, perché non avrebbe dovuto seguirlo? Ma dopo pochi scontri tutti si ricredettero sul giudizio datogli: se fosse stato una spia non avrebbe combattuto ed eliminato tanti seguaci di Voldemort. Non glielo avrebbero permesso. O perdonato. In questo modo Malfoy raccolse impressioni favorevoli da chi lo vedeva combattere, ma molte anche sfavorevoli da chi non credeva nel suo cambiamento troppo radicale.

E’ proprio vero che le colpe dei genitori cadono sempre sui figli. Pensava spesso Draco; ed anche in quel momento, mentre raggiungeva il laboratorio 11 al quarto piano. Entrò aprendo la porta di scatto e dentro ci trovò già Alex, Percy e un uomo bagnato fradicio, sudato e con addosso l’aria di chi ha bisogno di una vacanza. Indossava un mantello di tela cerata, nero, che lo copriva completamente, tranne che la testa e i piedi, coperti altrettanto bene da un paio di anfibi dello stesso colore. Anche i capelli, schiacciati sulla fronte, erano spolti e lucidi.

“Draco” salutò la voce facendo un cenno al battlemage appena entrato.

“Remus. Sei un po’ fuori stagione per il bagno lo sai?”

“Smettila di dire stronzate Malfoy e dicci se è questo” gridò Holavson indicando il tavolo.

Draco squadrò il ripiano. Sopra vi era poggiato quello che sembrava un grosso tronco nero, spezzato, che si divideva in più rami quasi a formare una mano scheletrica. Al centro dell’intreccio di rami era incastrata una gemma grande come la testa di Holavson, liscia come la sua pelata e di un colore simile a quello della nebbia invernale. Anche quell’oggetto era bagnato come Lupin, che senza dubbio lo aveva portato fin lì.

Draco alzò gli occhi e osservò i tre in trepidante attesa di un suo verdetto. Percy era impassibile nel volto, ma il crocchiare delle dita sotto il mantello tradiva la sua sicurezza. Alex era agitato come non mai, e lo dava pienamente e vedere. Pareva un bambino che fissa l’orologio la notte di natale aspettando che scocchi la mezzanotte. Remus Lupin era tropo stanco per tradire una qualche emozione, ma in ogni caso non lo avrebbe dato a vedere.

“Sì” sentenziò Malfoy “E’ un Elaboratore Spirituale dei mangiamorte”.

*****

Ginny si svegliò d’improvviso. Non sapeva perché si era svegliata così, di scatto. Poi sentì il campanello trillare in modo prolungato, e capì il motivo. Si avvolse nella vestaglia rossa che indossava la sera e solo ora notò il biglietto sul comodino.

Fantastico… pensò Dobbiamo ancora sposarci e lui già sparisce di casa per lavoro!

Il campanello trillò ancora. Sbuffò scocciata e corse alla porta per scoprire chi era.

“Arrivo! Un attimo!” disse a voce alta in modo che il misterioso visitatore sentisse.

Sono appena le otto di mattina, chi può essere?

Ginny aprì la porta e per poco non ebbe un collasso.

“Ciao Ginny. Come stai?” la salutò Ron.

Lei gli getto le braccia al collo chiamandolo per nome. Lo strinse forte, così forte che Ron senti le suo forme sotto la sottile vestaglia. Era cresciuta in quegli anni, ed era diventata più donna. La sentì singhiozzare mentre il suo viso era ancora appoggiato alla sua spalla. Lui la strinse di più. Rimasero abbracciati per alcuni infiniti attimi, poi Ginny si allontanò e lo fissò, con gli occhi ancora lucidi dal pianto. Rise per un momento mentre lo osservava. Com’era cambiato. Era anni che non lo vedeva. Non andava mai in ospedale a fargli visita. Odiava vederlo steso inerme al letto, e soprattutto non voleva vedere i suoi genitori. Sapeva che sua madre avrebbe cominciato a parlarle, cercando di convincerla a tornare a casa ed abbandonare il suo amato Draco. E lei non voleva. Non voleva litigare per qualcosa che aveva già deciso. Punto e basta.

Ron accennò un sorriso, lei lo afferrò per la mano e lo trascinò dentro casa, chiudendo la porta alle sue spalle.

“Accomodati, ti prego” disse gentilmente Ginny.

Ron si diresse verso il divano dove erano ancora sparpagliati i vestiti di sua sorella. Troppo in disordine per sembrare gettati apposta. Ginny divenne rossa come i suoi capelli e si catapultò in avanti per afferrare velocemente tutta la biancheria e portarla in camera da letto. Ron era allibito, si sedette e vide una foto incorniciata sul tavolino vicino al divano. Draco e Ginny si baciavano sotto i suoi occhi e sorridevano un momento per poi tornare a baciarsi. Ron afferrò la cornice e la squadrò meglio. Ginny tornò sempre sorridendo.

“Scusami Ron, è che, sai, non aspettavo visite, e…” il sorriso sparì dal suo viso mentre guardava la faccia di Ron.

“Ginny, come mi spieghi questo?” chiese indicando la foto e appoggiandola dove stava prima.

“Spiegare cosa scusa? Non ti sarai fatto convincere da mamma, vero?”

“Non è un fatto di convinzioni, Ginny. Guardalo è Draco! Quel Draco Malfoy!”

“Cosa vuol dire? Lui non è come credi!” ora Ginny stava alzando la voce.

“Non è come credo? Ti ricordi cosa diceva e faceva Draco a Hogwarts: a morte i mezzosangue, Weasley straccioni, senza contare i suoi continui piani per metterci nei guai…”

“Stai parlando della scuola, Ron. Ma ti senti? Sembri ancora lo studente che si lamenta per il compagno di classe che gli fa i dispetti! Draco è cambiato. Ha rinnegato la sua famiglia e ora lavora al ministero come mago combattente, nella squadra dei Battlemage”

“Forse più che un alleato è una spia…”rimbeccò acido Ron.

“Come puoi dire così? Draco mi è stato vicino quando non c’era nessuno a consolarmi. Ed io sono stata vicino a lui quando è stato ferito” subito si pentì di avere detto quelle cose.

“Come?” chiese Ron con fare accusatore “Stavi da Malfoy e non dai tuoi fratelli in coma? O dalla tua “migliore” amica Hermione? Eh?”

Ginny rimase zitta. Fissava il pavimento sotto i suoi piedi e piangeva ancora, anche se ora non era per la felicità. Alzò lo sguardo e fissò il fratello.

“Cerca di capirmi! Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a dimenticare almeno per un po’ tutte le cose tristi che mi erano capitate! Nessuno pensava che anch’io stessi male!” Ginny ormai singhiozzava.

“Stavo male a vedere cosa vi era successo. Lui è l’unico che si è preoccupato di me come persona!”

“E così hai pensato di infilarti nel suo letto per “aiutarlo”! Gran bella pensata Ginny! Davvero!” urlò Ron alzandosi in piedi.

Ginny spalancò gli occhi scioccata dalle parole del fratello. Gli si avvicinò e gli si parò di fronte.

“Ritira quello che hai detto!” quasi sussurrò tanto era strozzata la voce in gola “Non puoi pensarlo, Ron. Sono tua sorella ed anche un essere umano. Ho bisogno di qualcuno che mi voglia bene!” Ginny lo afferrò per il colletto e iniziò a scuoterlo scandendo le parole. Ron la lasciava fare inerme. Infine lo spinse sul divano.

“Non pensi ad Harry?” chiese Ron con tono piatto.

“HARRY E’ MORTO , RON! E’ morto! Cristo cerca di capire!” urlava contro il fratello seduto sul sofà “Non posso stare tutta la vita a compiangere una “cotta” di scuola! Harry è morto! Non fa più parte né di me, né di te, di nessuno!”

“Ora vattene per favore” concluse Ginny cupa indicando la porta.

Ron si alzò. Il suo viso era serio. Imperterrito si diresse verso l’uscita. Spalancò la porta e fissò Ginny ancora bloccata in quella posizione.

“Addio Ginny” disse Ron e chiuse la porta alle sue spalle.

Ginny si accasciò al suolo, con le mani sul volto. Pianse, urlò, si disperò. Perché era successo? Perché anche Ron? Salì sul divano e si fece piccola piccola. Rannicchiata in quella posizione fetale, di addormentò nuovamente.

*****

“Con questo affare saremo in grado di richiamare gli spiriti dei defunti e di vedere come sono morti. Se lo spirito è ancora vivo o bloccato in qualche modo, ci verrà mostrato il luogo, se fisico, ove si trova.” Spiegò Lupin.

“Molto bene. Remus, sai farlo funzionare?” chiese Percy osservando attentamente lo strano macchinario magico.

“Forse. Non ne ho mai visto uno, ne ho sempre e solo sentito parlare” si voltò verso Malfoy “Forse Draco ne sa qualcosa di più?” chiese speranzoso.

“So per certo che funziona vocalmente. Lucius Malfoy lo utilizzava così” non lo chiamava più “padre” da quando lo aveva rinnegato.

“Bene. Allora tenterei con un incantesimo divinatorio unito con un altro legato al mondo delle anime” sentenziò Lupin.

Remus si avvicinò estraendo la bacchetta da sotto la veste.

Inviso Anima Comperio” recitò, e, in un attimo, la gemma grigia si illuminò di un verde acceso. Ora la pietra sembrava un grosso smeraldo.

“Ah ah! Funziona! Alla faccia di quegli idioti!” quasi grido Alex, che tornò subito silenzioso dopo che Percy gli lanciò un’occhiataccia.

“Ottimo. Facciamo un prova ministro?” chiese Lupin.

“Procedi Remus” acconsentì Percy.

“Bene ora serve il nome di un morto…”

“Giullian Frendey. E’ morto in battaglia la settimana scorsa” disse Draco.

“Bene, proviamo. Giullian Frendey” disse Lupin con voce solenne. Attesero. La Pietra brillava ancora di verde e non accennava a cambiare. La situazione divenne imbarazzante.

“Malfoy! Razza di idiota! Se non sai le cose stai zitto! Attivata a voce…imbecille!” tuonò Alex girandosi verso Draco.

“Credo che stia esagerando ora” disse Lupin rivolgendosi ad Holavson “credo che il problema non stia nell’utilizzo, ma nell’incantesimo che ho usato. Probabilmente non è quello giusto, anche se ha attivato l’oggetto”

Draco fu sorpreso di sentirsi difeso da qualcuno. Non era normale che qualcuno lo difendesse dagli insulti che prendeva. E lì ne prendeva davvero molti.

“Proverò con qualcuno ancora vivo. Draco Malfoy” subito la luce verde si diradò e sulla gemma comparve un edificio. Era il Ministero della Magia. L’immagine si mosse e raggiunse una finestra al quarto piano dell’edificio, vi entrò. Sulla gemma ore era ben visibile la stanza dove si trovavano i quattro uomini.

“Stupefacente” sentenziò Lupin “con un oggetto del genere possono sapere tutto di chiunque”

“Tranne dei luoghi protetti” precisò Percy.

“Ovviamente” disse Lupin “Bhe, ci servirebbe l’incantesimo giusto e poi il gioco sarebbe fatto. Sapremmo cosa è successo ad Hogwarts”

“Già, ma chi cavolo lo conosce? Eh? Solo un mangiamorte, forse, può conoscere il giusto incantesimo da usare” sentenziò bruscamente Holavson.

“L’unico che conoscevo insegnava pozioni ad Hogwarts, ma la stessa scuola è diventata la sua tomba” concluse Percy.

“No” intervenne Malfoy “non credo che Severus Piton conoscesse la for…” Draco si bloccò e si girò verso la pietra magica. L’immagine della stanza scomparve. Il castello di Hogwarts comparve al suo posto.

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­Wow! Fuori 6! Sono già al sesto capitolo! Allora come va? Vi piace la fic? Sta proseguendo bene no? Colpi di scena a raffica! A parte gli scherzi, recensite sempre e comunque che mi fa bene per scrivere. Colgo l’occasione per ringraziare:

Leona, Anja Weasley, iceygaze, mikan, Ameliè e Marzy per avere perso pochi secondi per un commento. TANKYOU!!!!!!!!!! Alla Prossima ^_^!!!

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Capitolo 7
*** Ricordi ***


Gli ultimi avvenimenti avevano scosso un po’ tutti

Gli ultimi avvenimenti avevano scosso un po’ tutti. Severus Piton non era morto. E probabilmente era vivo. O almeno così pareva dalla interpretazione dell’Elaboratore Spirituale. Percy prese la notizia con indifferenza. Come al solito. Sembrava che ormai nulla potesse scuoterlo un po’. Molto legato al lavoro, più che alla famiglia. Molly si lamentava spesso della sua assenza a casa, ma lui rispondeva che era il Ministro della magia, non poteva occuparsi di una famiglia di maghi, si sarebbe occupato di tutti i maghi. Questo era il suo compito. La signora Weasley non diceva nulla a proposito. Sembrava che dopo l’attacco ad Hogwarts tutta la sua famiglia, nel bene e nel male, si fosse sciolta; che i soliti nodi che la tenevano insieme fossero stati recisa da una spada. Una spada di nome Voldemort.

Era tardi ormai. Molti maghi stavano studiando il nuovo reperto recuperato da Remus Lupin durante l’attacco ad un covo di mangiamorte di Edimburgo. Percy ora aveva la situazione sotto controllo. Avrebbe avuto nuove notizie da comunicare alla stampa per tenere quieti gli animi e per far vedere che il ministero lavorava duramente alla faccenda “Signore Oscuro”. Ottimo. Per la prima volta dopo parecchio tempo era di buon umore. Firmava distrattamente le domande di ammissione alla squadra scelta dei Battlemage. Stava meglio ora che avevano qualche cosa su cui lavorare per scoprire cosa era successo ad Hogwarts quasi tre anni fa. Che bella sensazione. Era da molto che non la provava. Percy si fermò a meta di una firma.

Ron, che diavolo ti salta in mente

Davanti a lui vi era, compilata, una domanda di ammissione firmata da suo fratello. Non poteva farlo accedere all’addestramento da Battlemage. Molly l’avrebbe ucciso davvero questa volta. Anche se…un’idea cominciò a ballonzolare per la sua mente. Secondo un articolo di cui neanche ricordava il numero o la data, “…una nuova recluta può essere assegnata da addestrare a soldati con particolari meriti in campo. Alla fine dell’addestramento personale la recluta è a tutti gli effetti considerata Battlemage. L’unica persona avente il potere di autorizzare questo tipo di addestramento è il Ministro della Magia. Il permesso deve essere firmato…”.

E bravo il soldatino Malfoy. Fai una mossa falsa e questa volta sei fregato.

Soddisfatto Percy terminò la firma, prese un nuovo foglio e cominciò a scrivere.

*****

“Non voglio Ron Weasley come ombra vivente!” urlò Draco.

“Gli ordini non si discutono, Malfoy. Ora porta il culo fuori di qui ed inizia a far lavorare il nuovo arrivato!” tuonò di rimando Holavson.

Draco alzò le mani dalla scrivani del colonnello ed uscì dalla stanza. Seduto su una panca in corridoio Ron Weasley lo aspettava. Appena lo vide si alzò in piedi.

“Convinto ora Malfoy?” chiese Ron ironico. Draco gli sbatte in mano una lettera stropicciata.

“Regola numero uno: Signor Malfoy, senno non andiamo d’accordo. Regola numero due: non so che hai fatto a Ginny, ma se un’altra volta torno a casa e la ritrovo in quelle condizioni, non me ne frega niente. Ti spacco la faccia e mi dimetto, è chiaro?”

“Sì…” rispose con flemma Ron.

“Soldato! Rammenta la regola numero uno!”

“Sissignore!”

“Molto meglio ma abbiamo ancora molto da lavorare” concluse brusco Draco.

 I due si diressero verso il quarto piano, con Draco in testa. Entrarono nella stanza illuminata de parecchie candele e dalla gemma incastrata fra i rami neri. Lupin stava parlando con alcuni maghi dall’abito blu scuro, maghi scienziati, cioè studiosi di effetti e oggetti magici. I primi incaricati del caso “Hogwarts”. Lupin sembrava essersi sistemato da prima, ed ora vestiva un abito prevalentemente di cuoio, con da un lato un fodero con una spada e dall’altro la bacchetta. Interruppe il discorso in corso e salutò i nuovi arrivati.

“Draco, Ron. Abbiamo pensato ad un utilizzo dei poteri dell’Elaboratore Spirituale” l’uomo sorrise lievemente per l’affermazione fatta, come soddisfatto del risultato ottenuto. Puntò lo sguardo verso Ron che lo ricambiò dubbioso.

“Visto che per ora possiamo soltanto seguire le anime dei vivi, pensavamo di esaminare quella del tuo nuovo compagno, caro Draco”

“Non è mio compagno. Mi è stato assegnato come nuova recluta per volere del ministro” Draco pronunciò con enfasi quest’ultima parola “Comunque, a che scopo, scusa?”

“Per scoprire cosa mi ha svegliato…” sussurrò Ron fissando ancora l’ex professore.

“Esattamente. Questo potrebbe aiutare il risveglio dal coma degli altri ragazzi”

“Bene, procediamo”

Ron si avvicinò al manufatto oscuro si sedette su una sedia lì accanto.

“Bene Ron, per quello che abbiamo capito fino ad ora dovresti toccare la gemma dopo che avrò pronunciato il tuo nome rendendo te il suo bersaglio. Il resto dovrebbe venire da se. O almeno spero…” terminò Lupin mentre anche lui si avvicinava al tavolo.

“Mi raccomando, in caso di problemi interrompi il contatto, chiaro?”

“Certo signor Lupin, chiaro”

Remus estrasse la bacchetta e l’agitò un poco, quindi pronuncio il nome.

Ron Weasley” immediatamente Ron toccò la gemma e gli sembrò di toccare la propria anima.

 

Ron rivide il buio. Paura. Rivide lo squarcio nel buio. Speranza. Rivide lui e Hermione nella sala comune del Grifondoro. Amore. Risentì il dolore dal colpo del mangiamorte. Paura. Precipitò, ancora, con lei nel lago. Ansia. Ancora si svegliò di soprassalto. Braccia che lo stringevano, persone che piangevano. Mamma. Ansia. La finestra che mostrava la pioggia battente. Tristezza. Silente. Hermione in ospedale. Amore. La tomba di Harry. Frustrazione. Rabbia. Dispiacere. Ancora Hermione. Amore. Rabbia. Ginny non capisce. Delusione. Frustrazione. La domanda di ammissione ai Battlemage. Tensione. Assegnato a Malfoy. Assurdo. La chiacchierata con Percy. Comprensione. Accordo. Malfoy lo comanda a bacchetta. Rabbia. Tocca la gemma. Paura. Tensione. La morte sfiorò la sua anima.

 

Ron staccò di scatto la mano dalla gemma e la ritrasse come se fosse bollente. Spalancò gli occhi e si alzò in piedi impaurito. Guardò stupito il gruppetto che, allo stesso modo, lo osservava

“Ron, se non lo vuoi fare ti capiamo, non c’è bisogno di scattare così” gli disse Lupin con uno sguardo ed una voce sorpresa dal comportamento del ragazzo.

“Come scusa? Non avete visto quello che ho visto io?” chiese Ron con il volto sempre stralunato.

“E come potremmo? L’hai appena sfiorata e ti sei alzato di scatto. L’hai toccata solo per un attimo” gli disse Draco con far da saputello.

“Bhè, io in quel attimo ho vissuto il mio incubo, il mio risveglio e la mia vita fino a qui”

Un silenzio innaturale cadde nella stanza. I maghi dall’abito blu osservavano stupefatti prima l’oggetto, poi Ron. Così anche Draco.

“Stupefacente” sentenziò Remus “è in grado di trasmettere tutte le sensazioni e gli eventi al suo proprietario in una frazione di secondo. Non ho mai visto nulla del genere”

“Ma è anche pericoloso” disse Ron distogliendo dai suoi pensieri Lupin e gli altri spettatori “quando i ricordi stavano raggiungendo la mia attuale vita ho sentito come un brivido freddo penetrarmi dalla mano e poi in tutto il corpo. D’istinto ho interrotto il contatto, anche se non so bene cosa stesse accadendo”

“E’ probabile che fosse la soglia dell’esistenza, cioè il tuo presente fino ad ora” spiegò uno dei maghi in blu “attraversando quel confine avresti potuto vedere il tuo futuro, ma è probabile che una tale scarica di emozioni e eventi ti possa uccidere all’istante. La troppa conoscenza può uccidere, dopotutto”

Ron rabbrividì al pensiero di una morte del genere. Terribile da pensare. Gli venne in mente per un attimo la professoressa Cooman e le sue lezioni di divinazione. Sarebbe stata contenta di avere un oggetto del genere per leggere il futuro. Probabilmente sarebbe stata contenta anche di sapere che morte originale attendeva chi abusava dell’oggetto. Ne sarebbe stata deliziata.

Ora, comunque, ricordava perfettamente cosa era successo durante il suo sogno. Aveva rivissuto gli ultimi momenti ad Hogwarts prima di cadere in coma. Forse c’era una speranza per gli altri. Forse c’era una speranza per George. Forse c’era speranza per Hermione…ma come potevano comunicare alle persone in coma cosa fare per svegliarsi? Era tutto inutile. Dio che rabbia. Sapere che fare, ma non poterlo fare. Ron strinse i pugni e si morse lievemente un labbro.

“Ora so che cosa ho fatto per svegliarmi, ma non possiamo dirlo a chi è in coma. A cosa è servito tutto questo?” chiese con rabbia Ron.

“Hai ragione Ron. Non possiamo fare molto noi da fuori, anche se sappiamo cosa fare per aiutarli. L’unica soluzione sarebbe utilizzare un incantesimo di possessione, ma non è semplice eseguirlo. E’ molto rischioso e  poco sicuro” rispose Lupin.

Una speranza? C’era una speranza? Non se la sarebbe fatta sfuggire.

“Non so come funzioni un incantesimo di possessione, ma sono pronto a rischiare. Ormai non ho più nulla da perdere” e detto ciò squadrò Draco “assolutamente nulla!”

“D’accordo, ma sappi che è pericoloso anche per chi viene posseduto. I rischi sono alti per entrambe le parti”

Ron rifletté un momento. Hermione avrebbe rischiato la vita. Ancora. Questa volta lui non avrebbe fallito. No. L’avrebbe aiutata davvero. Sì. Ormai aveva deciso.

“Bene, sono pronto a rischiare anche per Hermione”

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Capitolo 8
*** Due corpi una mente ***


Ci vollero due settimane per ideare un nuovo incantesimo da utilizzare per possedere le persone in coma

Ci vollero due settimane per ideare un nuovo incantesimo da utilizzare per possedere le persone in coma. Durante tutto quel periodo Ron e Draco iniziarono l’addestramento bellico, ovvero combattimento nelle varie forme. Dato il livello d’odio fra i due, gli spettatori che assistevano alle sessioni d’allenamento sgranavano gli occhi di fronte allo spettacolo offerto. Lotte senza esclusione di colpi con incantesimi, ma anche armi bianche: spade, bastoni, coltelli, ed anche armi insolite come fruste, shuriken, nunchaku e chakram. In quest’ultima Draco era un vero maestro. Colpiva sempre il bersaglio designato con forza, anche se, a volte, era difficile imprimerne al colpo. Ron se la cavava meglio con la spada. Arma semplice ma letale, se usata come si deve, e Ron sembrava fosse nato con quella in mano. Ogni tanto Remus Lupin faceva una pausa, e andava a vederli allenarsi. Se la prima volta fu sorpreso dal duro addestramento che Draco imponeva a Ron, più passava il tempo e più il suo stupore aumentava. Ron riusciva a stargli dietro. Riusciva a mantenere il passo degli allenamenti e continuava a migliorare. Capiva che per entrambi era una specie di sfida. E l’oggetto della sfida era chiaro. Ginny. Nessuno dei due voleva mollare. Chi mollava, perdeva.

Che testardi. Se invece di incornarsi come due cervi in amore parlassero un po’…

Neanche Lupin credeva a quel che pensava. Assolutamente impossibile far ragionare due teste calde come quelle. Soprattutto se pensano di aver ragione entrambi. Remus li guardava combattere. Stavano usando i bastoni, ora. Draco colpiva rapidamente facendo indietreggiare Ron. Prese il bastone con la sola mano sinistra e attacco il rosso con un semplice colpo ad arco davanti a lui. Ron si abbassò in un attimo.

“Vuoi addestrarmi attaccando come una donnicciola?” chiese ironico Ron. Ma non era quello il vero attacco di Malfoy. Veloce come un lampo Draco impugnò la bacchetta con la mano destra e la puntò verso Ron, accucciato di fronte a lui.

Ventilo Iniuria

Ron fu scaraventato contro il muro e cadde pesantemente a terra di faccia. Non fece in tempo a provare dolore che Draco gli saltò sulla schiena bloccandolo a terra con il bastone premuto sul collo.

“Finché basta una donnicciola per batterti, non voglio sprecarmi troppo” rispose sibillino Draco. Ron era stremato. Ma più pensava a Malfoy e più…Con un urlo sovrumano, ed un atto di forza degno dell’urlo, Ron si alzò da terra sulle braccia e con una spinta fece cadere di schiena Draco con lui sopra. Il biondo doveva ancora riuscire a capire cosa era accaduto che Ron, con una capriola in avanti, si allontano dall’altro e raggiunse il suo bastone. Con un piede lo fece volare per aria e lo afferrò al volo con la mano destra, puntandolo verso Draco, ancora steso al suolo.

“Sono qui maestro. Ti stai riposando un po’?” chiese Ron con il fiatone nella voce. Draco ancora a terra aveva il bastone fra le mani. Era quantomeno sbalordito dall’accaduto. Ron era forte. Non solo come persona, ma proprio forzuto. Una forza sovrumana che pochi avevano e sfruttavano. Doveva starci attento, dopotutto lui non era tanto forte fisicamente. Molto veloce, ma poco forzuto. Si alzò in piedi da sdraiato con un colpo di reni e squadrò Ron.

“Non male Weasley, non male. Ricordati di usare di più la bacchetta. Le armi in cui ti addestro servono come completamento agli incantesimi, non il contrario. Per oggi basta così” Draco abbassò la guardia e ripose la bacchetta nel suo fodero in cintura. Ron fece roteare il bastone e lo puntò a terra. Entrambi, stremati, mentre si avvicinarono alle panche dove stava la loro roba, sentirono un applauso solitario. Lupin gli si avvicinò.

“Davvero notevole” disse visibilmente compiaciuto “un ottimo lavoro da parte di entrambi”

I due biascicarono un ringraziamento fra gli affanni della fatica. Troppo occupati a pensare alla loro sfida personale per ascoltare.

“Bene. Sono venuto qua per avvisarvi che siamo pronti. L’incantesimo è ultimato. L’autorizzazione per procedere è stata già firmata dai signori Granger. All’inizio erano un po’ dubbiosi, ma quando ho detto che saresti stato tu, Ron, a farlo, hanno accetto immediatamente” Remus sorrise guardando l’espressione stupita del ragazzo. I Granger si fidavano di lui. Buon segno.

“Dopo che vi sarete dati una sistemata raggiungetemi al laboratorio al quarto piano” i due annuirono e l’uomo si congedò.

I ragazzi si diressero verso le docce. Sudati si spogliarono e si fecero avvolgere dall’acqua che scendeva dall’alto. Ron ne aveva proprio bisogno. Che bella sensazione provava. Sembrava di rinascere. Chiuse gli occhi mentre l’acqua scorreva sul suo corpo. Appoggiò le mani sul muro e abbassò la testa così che l’acqua gli colpisse il collo. Il pensiero corse inesorabilmente ad Hermione. Gli tornò in mente la loro ultima estate insieme. Erano andati al mare per il week-end. Hermione in due pezzi stava d’incanto. Harry aveva occhi solo per Ginny, e anche lei spostava tutta la sua attenzione su di lui. Quel giorno si fidanzarono. Ron, invece, quel giorno seppe di Krum. Hermione gli aveva spiegato che era in caro ragazzo e che era sempre stato molto carino con lei, ma che ora era impegnata sentimentalmente con il ragazzo bulgaro. A Ron crollò il mondo addosso. Picchiò un pugno contro la parete della doccia.

Hermione, io non ti abbandonerò. Io ti starò sempre accanto. Sempre.

Girò il pomello della doccia e l’acqua smise di scendere. Si coprì con l’accappatoio e iniziò ad asciugarsi.

“Ron, non ho voglia di parlarne. Sì, ci siamo lasciati, ma non è come sembra”

“Hermione ma io…insomma la sai che mi piaci. Non puoi non tenerne conto”

“Non centri con questa storia Ron! Tu non puoi capire…va via ora, ti prego”

“No! Cristo non mi puoi trattare così! Io ti amo Hermione”

“Cos…Ron, non dire scemenze solo per fare scena, per piacere!”

“Io non faccio scena! Hermione io ti amo!”

“Ora basta Ron Weasley!”

Un bacio…uno schiaffo.

“Che diavolo hai fatto? Come ti sei permesso? Come, oh…Ron vattene!”

“Scusa Hermione”

Un pianto…

Ron finì di vestirsi e si diresse fuori dallo spogliatoio. Draco già lo attendeva.

“Weasley devi essere più svelto. Non possiamo attendere che ti riallacci le scarpe durante un combattimento” gli disse con fare provocatore Draco.

“Sì, certo signore” rispose senza troppo accanimento Ron.

“Ehi Weasley. Sono sicuro che ce la farai. Sei addestrato bene, molto bene visto che ti ho addestrato io”

Ron rimase sconcertato dalla frase di Draco. Un incoraggiamento? Da Malfoy? Credette di aver capito male, ma non era così.

“Gr-grazie, signore”

*****

Il terzetto arrivò all’ospedale babbano in un attimo. I loro vestiti erano molto più normali. Normali per gli standard babbani, perlomeno. Raggiunsero la stanza 718 e li trovarono già Silente e i signori Granger. Dopo i saluti entrarono tutti nella stanza e Lupin chiuse la porta.

Sigillum” un alone blu comparve sulla porta “Così possiamo agire con più tranquillità”

“Ben fatto Remus. Allora Ron sei pronto?” chiese Silente.

“Certo signore, sono pronto” rispose mentre spostava lo sguardo da Hermione ai suoi genitori.

“Molto bene. Remus, direi che possiamo iniziare”

Lupin annuì con la testa e appoggiò ai piedi del letto dove stava Hermione una sacca di tela che si era portato dietro per tutto il viaggio di cui nessuno dei due ragazzi chiese nulla. Estrasse quella che sembrava una fascia di gomma da cui pendevano quattro tubicini. Si avvicinò ad Hermione e gliela mise.

“Bene Ron. Stenditi su quel letto accanto ed indossa anche te questa” e gli passò una fascia del tutto simile alla precedente. Ron la indossò e si sdraiò sul letto. Girò la testa verso Hermione.

Non ti preoccupare amore sto arrivando.

“Mi raccomando Ron. Sai che è molto rischioso. Se ci sono problemi cerca di divincolarti. Sarà come sognare, quindi cerca di svegliarti. Noi cercheremo di intervenire il meno possibile”

Ron annuì impercettibilmente tanto era occupato a rimirare la sua bella. Lupin alzò la bacchetta e iniziò a recitare una formula velocemente. A tutti, maghi o meno, risultò quasi impossibile capire cosa dicesse. I piccoli tubi pendenti dalle fasci iniziarono a muoversi fino ad unirsi al centro della testa dei due ragazzi. Piccole scariche elettriche percorsero i tubicini. I Granger guardavano allibiti.

Somnium Potior

 

Fresco. Aria fredda. Profumo intenso di natura. Ron aprì gli occhi. Era steso sul prato del cortile di Hogwarts. Un vento freddo spirava da nord. Si alzò in piedi e osservo tutt’intorno.  Era Hogwarts, non cerano dubbi, ma era questo che sognava Hermione? Senza pensarci guardò in alto e quasi gli venne un colpo. Un’enorme sfera nera galleggiava a mezz’aria una cinquantina di metri sopra il castello. Sembrava fatta di fumo e notte, e ogni tanto qualche sbuffo di fumo usciva silenziosamente per poi dissolversi nell’aria. Era una visione terrificante. Con un groppo alla gola Ron si decise ad entrare nel castello per raggiungere la torre più alta e dal lì volare fino alla sfera. Sicuramente centrava qualcosa con quel sogno. Ne era certo. Camminò rapidamente per i corridoi deserti di Hogwarts. Tanto deserti poi non erano. Sentiva voci e suoni che gli ricordavano la scuola. Poco alla volta comparirono gli studenti e i professori.

Proprio come nel mio sogno

Corse verso la torre. Gli altri fantasmi del sogno non parevano considerarlo, come se non esistesse. Raggiunse la cime della torre, era proprio sotto l‘enorme bolla nera.

Perfetto. Ora la raggiungo.

“Intruso!” gracchiò una voce che si sparse per l’aria. Ron si immobilizzò. Si guardò attorno alla ricerca di qualcuno. O qualcosa. Un battito d’ali comparve nell’aria e dalla sfera scese una creatura grande più o meno come Ron, ma fatta della stessa sostanza della bolla nera. Aveva le fattezze di un pipistrello, anche se aveva sia braccia che gambe, tutte artigliate e molto pericolose.

“Ah! Tu non sei intruso! Tu sei evaso! Sì! Tu evaso! Io porto via te!” e si avvicinò in picchiata a Ron con gli artigli protesi.

Gladius Exto” recitò Ron e una spada lunga gli comparve in mano. Con un fendente deviò il colpo artigliato della creatura e la ferì sotto un ala. Gracchiò per il dolore.

“L’evaso risponde! Male evaso! Ti farò male” e virò nel cielo per tornare a picchiare verso Ron.

Le armi sono il completamento della magia, non viceversa. Ron agito la bacchetta ai suoi piedi.

Alipes” delle ali di luce azzurra comparvero ai suoi piedi. In un attimo spiccò il volo. La creatura sembrava allibita. Virò ancora verso il ragazzo in volo. Con uno scatto, troppo veloce per Ron, lo raggiunse. Un artiglio lo ferì al fianco. Ron cacciò un grido.

“Bastardo! Ventilo Iniuria!” il mostro fu spinto contro il castello, si schiantò contro una torre e precipito verso il suolo.

 

Un urlo ruppe il silenzio della stanza. Dal fianco di Ron cominciò a colare sangue. Lupin sbiancò. Sollevò la maglietta di Ron e vide il segno di un’artigliata.

“Qualcosa non sta andando come dovrebbe. Direi di interrompere subito” disse rivolto a Silente. Il preside annuì.

“Ron svegliati. Avanti Ron!” lo scosse energicamente, ma niente.

“Io lo lascerei continuare” tutti si girarono verso Draco. Lui stava guardando fuori dalla finestra come se fosse tutto nella norma “è un testardo, non rinuncerà così facilmente”

Per un po’ vi fu silenzio, indecisi sul da farsi.

“D’accordo. Facciamo come ha detto Draco” sentenziò Lupin.

“Ma Remus non mi sembra…”

“Io mi fido di Draco, Albus. So che non farebbe niente che possa nuocere a Ron”

 

Ron continuò a salire verso la sfera mentre controllava la ferita.

Non è grave. Posso continuare pensò guardando i tagli abbastanza profondi.

Arrivò al limite della sfera. Guardò dentro e vide solo ombre e nero. Fece la cosa più intuitiva.

Lumus” una piccola luce comparve sulla sua bacchetta e illumino leggermente la superficie nebulosa della bolla. Come un tentacolo, uno sbuffo di fumo spense la luce sulla bacchetta.

Non ti piace la luce, eh? Ora rimediamo subito…

Ron si allontanò di una decina di metri e sollevò solennemente la bacchetta.

Phoebus Surrideo” un ampio raggio di luce spuntò dalla bacchetta di Ron e colpì in pieno la sfera nera. Come ferita da una spada la sfera reagì. Colonne di fumo si levarono dalla bolle per andare a contrastare la luce accecante. Uno stridio permeava l’aria. La sfera soffriva. Il raggio di luce continuo cominciava a danneggiarla.

Spero che tutto questo serva a qualche cosa. Io sono qui per aiutare Hermione, non per giocare a bowling…

Appena Ron pensò ad Hermione la vide come in un flash della mente. Cos’era stato? Hermione? La vide ancora. Dove era? Ancora comparve per un attimo. Nella sfera! Era lì! Ma certo, anche lui era avvolto dall’oscurità all’inizio! Ecco che cos’era! Con un ultimo sforzo spinse la colonna di luce verso la bolla nera e subito si diresse al suo interno.

Sto arrivando Hermione. Non ti abbandono.

Il contatto con la sfera fu terribile. Sembrò di entrare un lago ghiacciato in pieno inverno. Freddo. Tanto freddo. Dov’era Hermione? L’avrebbe cercata.

Ron iniziò a nuotare nell’oscurità completa all ricerca della ragazza.

Fuori 8!! Ragazzi (e soprattutto ragazze…) ma siete troppo gentili! Grazie per i bei commenti e dora qualche risposta.

Ginny è un’incompresa, ma chissà che qualcosa non cambi…

Harry è morto. Vabbè, ma ha già avuto un’intera serie di libri, videogiochi, film e gadget. Deve venire a rompere anche qui?

Tutti i personaggi sono importanti anche Lupin (ed anche “felpato”….)

Chi ha detto che Draco è una vittima?…

Sono cattivo eh?

Grazie a tutti a quanto prima!! See you again!

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Capitolo 9
*** Incubi ***


“Sta diventando freddo” disse Lupin tastando la fronte del ragazzo steso sul letto

“Sta diventando freddo” disse Lupin tastando la fronte del ragazzo steso sul letto.

“Meglio coprirlo un po’, se peggiora lo svegliamo” affermò Silente.

Draco sollevò una coperta e la colpì con un incantesimo. Subito divenne calda e la passò a Lupin che, aiutato dalla signora Granger, la avvolse attorno a Ron. Il rosso tremava. Non si capiva se era terrore o freddo , ma tremava parecchio, come i vagoni traballanti di un treno. Dopo poco tempo il tremore sembrò calmarsi un poco, anche se l’aspetto del ragazzo era molto pallido. Draco lo osservò intensamente.

Andiamo Weasley. Non arrenderti ora. Ce la farai, lo so.

 

Ron fluttuava nell’oscurità più profonda. Il freddo che poco prima lo aveva investito sembrò attenuarsi, sebbene in minima parte. Ancora vagava alla ricerca di Hermione. Non sapeva di preciso dove andare, ma era sicuro di averla vista in mezzo alle ombre per un attimo. Era lì, ne era certo. Ma dove? Guardando in avanti gli sembrò di vedere qualcosa. Era…bianca? Cos’era? Decise di avvicinarsi il più possibile. Era un tavolo? Un…letto? Non fece in tempo a chiedersi cosa ci facesse lì un letto, che qualcosa gli afferrò le caviglie e lo fece cadere di petto sul pavimento. D’improvviso si accorse di essere dentro una stanza. L’enorme letto di poco prima troneggiava la centro della stanza. Le lenzuola e le coperte erano sparpagliate ed alcune toccavano anche per terra. Sopra il letto…Hermione, l’aveva trovata.

“Hermione!” gridò con quanto fiato avesse in corpo, ed era veramente poco. Le sue caviglie erano ancora avvolte da qualcosa che gli impediva di alzarsi. Solo allora notò le catene. Tirò con tutte le sue forze per liberarsi.

“Hermione, sono qui! Ti prego girati! Hermione!” ma la ragazza non dava segno di averlo visto. Da una lato della stanza una porta si aprì ed entrò Victor Krum. Aveva un ghigno malefico sul volto e si avvicinò al letto fissando la ragazza che ora sembrava impaurita.

“No, Victor no! Ti prego lasciami…no!” Hermione urlò terrorizzata mentre il ragazzo bulgaro le afferrava i polsi e la sbatteva di schiena sul letto. In un attimo gli fu sopra. Cominciò a baciarla, a passarle la lingua sul collo. Lei si disperava, stava piangendo, ma lui non accennava a smettere, anzi. Con uno scatto le strappò i vestiti di dosso e continuò la sua opera.

“No! Bastardo! Lascia che ti metta le mani addosso! Figlio di puttana lasciala stare!” Ron urlava come un pazzo sempre cercando di divincolarsi dalle catene. Per un attimo Ron tornò razionale.

La bacchetta. Cazzo Ron ragiona!

Afferrò la bacchetta e si preparò a lanciare un incantesimo per liberarsi. Ma le catene furono più veloci. Altre due gli afferrarono i polsi e lo sollevarono di peso sbattendolo contro il muro dietro di lui. La bacchetta gli cadde di mano. Ora vedeva chiaramente tutta la scena sul letto. La stava violentando. Hermione gridava, strepitava, ma nessuno poteva aiutarla. Nemmeno lui.

“NO! Basta! Fermati! Lasciala, lasciala, lascialaaaaa!”

 

Ron sobbalzò sul letto e la coperta che lo copriva cadde a terra. I suoi respiri si fecero affannosi. Stringeva i pugni con rabbia fino a ferirsi con le unghie. Lupin era visibilmente preoccupato.

“Ora basta. E’ meglio svegliarlo” gli altri acconsentirono. Lupin sollevò la bacchetta e lanciò l’incantesimo su Ron. Niente. Provò ancora. Nulla. La paura cominciava a crescere in lui. Afferrò Ron per le spalle ed iniziò a scuoterlo energicamente.

“Ron, non fare stronzate. Svegliati ti prego”

“Remus. Perché non funziona?” Draco si era avvicinato al letto.

“L’incantesimo funziona benissimo” disse lui “è Ron che, nel suo subconscio, rifiuta di svegliarsi”

 

Ron aveva assistito a tutta la violenza. Inerme. Senza il modo di fare qualcosa per salvare la sua Hermione. Lei era stesa sul letto e piangeva. Krum continuava ad abusare della ragazza che, ormai senza più lacrime, lo lasciava fare senza reagire. Alzò lo sguardo ed incrociò quello di Ron che ancora lo guardava con gli occhi iniettati di sangue.

“Infidioso? Pofero supito. L’hai appandonata, e per kolpa tua è successo qvesto…”  disse Krum rivolto al rosso appeso al muro.

“Stai zitto! Non è vero! Sei tu ad essere un bastardo violento! Te la faccio pagare, sai. Vieni qui da me ed affrontami, se hai coraggio” il piano di Ron era di attirare il bulgaro via da Hermione. E di salvare entrambi in qualche modo.

Krum si alzò, praticamente nudo, e raggiunse la parete. Si mise faccia a faccia con Ron. Sorrise. Un sorriso malvagio, pieno di odio. Lo colpì con un pugno allo stomaco. Ron spalancò gli occhi e la bocca mentre emetteva un verso di dolore. Un rivolo di sangue gli uscì dalle labbra.

“Pikkolo uomo stupito! Vuoi sfidarmi ridotto kome sei?” disse beffardo Krum prima di colpirlo ancora. Ron emise un altro gemito ed altro sangue invase la sua bocca. Il sapore ferroso tipico del sangue comparve sul palato. Strinse le labbra e sputò in faccia al bulgaro. Si fermò, sorpreso dal gesto, si pulì la faccia dalla saliva di Ron con la mano, e lo fissò ancora con sguardo omicida.

“Hai kommesso il tuo ultimo errore!” gridò e si chinò ad afferrare la bacchetta. La puntò su Ron, pronto ad uccidere. Successe qualcosa a cui Krum non era preparato. Ma Ron sì. Era il piano a cui aveva pensato un attimo prima, e che sperava funzionasse.

Ron strinse la punta della bacchetta con i denti e la sfilò dalle mani di Krum con gesto rapido. La lanciò per aria verso la sua mano destra, che la afferrò prontamente.

Alohomora!” le catene si allentarono e Ron si liberò in un lampo. Il suo ginocchio salì velocemente fino a colpire il muso sorpreso di Krum. Il ragazzo cadde all’indietro battendo la testa. Si sollevò sui gomiti e fissò Ron con il naso sanguinante. Lo fissò e sorrise. Lentamente tutta la stanza, il letto Hermione e il sorriso beffardo di Krum sparirono, lasciando di nuovo spazio al freddo buio in cui poco prima Ron era avvolto. Un incubo. Perché è quello che era la sfera. Incubi. Paure, frustrazioni, terrore tutti uniti in un'unica cosa.

Ron si scosse un momento. Doveva stare attento. Non doveva cascarci nuovamente. Erano solo illusioni, sogni, non era la realtà. Ora doveva trovare Hermione. Sentiva le forze andarsene. Non aveva più molto tempo.

 

“Ora che facciamo?” chiese nervosamente Lupin.

“Aspettiamo ancora, sperando che non faccia sciocchezze”

Il sangue macchiava le labbra e il mento di Ron. La signora Granger lo aveva coperto nuovamente come meglio poteva. La stanza era silenziosa. Tremendamente silenziosa. Più che una stanza di ospedale, ora sembrava una tomba. Neanche il sibilo continuo dei macchinari riusciva a coprire quel silenzio.

Draco fissava nervosamente il letto dove stava steso Ron. Non lo capiva. Era “tornato” da neanche un mese ed ora era lì a rischiare ancora la vita. Per cosa poi? Sacrificarsi. Sacrificio. Non lo capiva. L’unica cosa per cui lui si sarebbe sacrificato era se stesso. Sì, solo se stesso.

 

Nuotò nel buio per un tempo infinito. Finalmente raggiunse il centro della sfera. O almeno quello era ciò che sembrava. Un disco piatto di luce nera roteava a pochi metri da lui. Per un attimo, ancora vide Hermione dentro quel disco. Neanche ebbe il tempo di pensarci, ci si tuffò contro e lo attraversò. Con sua grande sorpresa si ritrovò in piedi in un corridoio. Una luce fioca lo illuminava.

Lumus” la luce aumentò e gli permise di vedere la porta nascosta dalle ombre poco più avanti. Ron si avvicinò per entrare quando si fermò. Aveva già avuto abbastanza sorprese per oggi.

Stupeficium” tuonò e la porta si scardinò sbattendo a terra. Fu la scelta più saggia. Al di là della porta si apriva un ampia stanza dove due di quelle creature di fumo, che lo avevano attaccato prima di entrare nella sfera, lo attendevano pronte a colpire. La prima reagì subito e si alzò in volo per sfrecciare verso Ron. Senza fermarsi Ron fece comparire, ancora, una spada ,pronto a ricevere la carica del mostro. Gli artigli vorticarono attorno al ragazzo che con fermezza li schivò e parò, riuscendo a superarlo e a correre dentro la stanza. L’altro mostro, però, era pronto a colpire. Un artiglio lo ferì alla spalla destra e lo fece vacillare per un attimo. Con una piroetta si scansò dalle due creature e si mise a distanza di sicurezza. Le due ombre, però, non avevano intenzione di dargli tregua. Ron pensò che era meglio cambiare tattica contro quei due avversari.

Baculum Exto” lasciò la spada e un bastone ferrato comparve fra le sue mani. Lo impugnò saldo e si preparò allo scontro. Alzò una punta che colpì in pieno mento la prima creatura facendola volare all’indietro. Da quella posizione puntò il bastone verso la seconda che si avvicinava rapida e la spinse con forza centrandola al petto. Anche questa vacillò all’indietro, ma non cadde a terra come l’altra. Squadrò Ron con i suoi sottili occhi neri simili al carbone. Era un avversario forte e ben addestrato. Ci sarebbe stato da divertirsi. Alzo le braccia fumose sopra la testa. Una sfera di luce verde comparve fra i suoi artigli e la scagliò verso Ron.

Scutum!” la sfera colpì ed esplose sonoramente sollevando un gran polverone. Dal polverone apparve a mezz’aria Ron, in salto verso il mostro che aveva tentato di colpirlo. Bacchetta alla mano, puntò la creatura.

Ignis Telum” due frecce infuocate centrarono una il petto e l’altra il volto del mostro che cominciò a strillare con un grido acuto mentre le fiamme lo avvolgevano. Senza pietà Ron terminò il lavoro colpendolo con una raffica di colpi ben assestati che mandarono il mostro a sbattere qua e là ed infine a terra, consumato dalle fiamme. Ron si girò di scatto, troppo tardi per schivare il colpo. Un artiglio gli centrò la mano con cui reggeva il bastone, disarmandolo. Ron vacillò e cadde a terra. Il mostro gli fu subito addosso e continuò ad attaccarlo con una serie rapida di colpi. Strisciò di corsa sulle mani per schivare appena in tempo ogni colpo che la creatura gli infieriva.  Non poteva reggere per molto ancora a quella fuga disperata, strinse la bacchetta e se la puntò contro.

Ventilo Iniuria” con un volo Ron atterrò dietro ad un mucchio ci libri sparsi sul pavimento. Nell’atterraggio si era slogato una spalla.

Cazzo che male!

Si impose di non emettere alcun suono per sfruttare la posizione coperta affertagli dal caso. Ammesso che non lo avesse visto volare lì dietro. Attese per un lungo momento. Niente. Non se ne era accorto. Che fortuna sfacciata. Ne aveva proprio bisogno, dopo tutto quello che era già capitato. Lentamente e a gattoni decise di spiare oltre il mucchio di libri per controllare che tutto fosse tranquillo.

Con uno stridio acuto il mostro comparve sopra la catasta di volumi, con le ali e gli occhi spalancati ed un ghigno vittorioso sul volto. Ron cadde indietro per lo spavento, ed il mostro gli saltò sopra.

Accio Spada!” con un grido altrettanto acuto la bestia si impalò sulla lama appena arrivata fra le mani di Ron. Prima di accorgersene morì trafitto e lì rimase. Ron sfilò la spada dal petto del mostro e si alzò facendo leva sull’arma. Era ridotto proprio male. Ma ne era uscito vincitore. Respirò affannosamente mentre si dirigeva verso un'altra porta in fondo alla stanza. La spalancò, questa volta di persona, ed entrò zoppicando nella stanza. Appena entrò, finalmente, la vide. Hermione. Era stesa su di un tavolo di marmo nero, ed era nuda. Attorno a lei parecchie candele formavano un cerchio di fiamme che sembravano isolarla dal resto del mondo. Da lato opposto del tavolo una figura ammantata lo fissava per nulla sorpreso. Era Piton. Con volto impassibile e gli occhi spalancati guardava le ferite di Ron e la sua spalla slogata.

“Allora ci sei tu dietro a tutto questo! Io…non ci posso credere” disse Ron appoggiato alla porta per non cadere a terra.

“Se è questo ciò che vedi, credo proprio di sì. Hai fatto tutta questa strada per tornare dov’eri…ridicolo, non trovi?” disse il professore mentre abbandonava la sua posizione per avvicinarsi al rosso.

“Eri riuscito a scappare, neanche io so come hai fatto! Eppure sei tornato, perché?”

“Sono qua per Hermione…non me ne andrò senza di lei” sputò a terra per liberare la bocca dal sapore del sangue. Piton fissò la ragazza addormentata sul tavolo.

“Lei? Sei tornato indietro per lei? Gli esseri umani sono veramente strani, creature incredibili” sotto gli occhi allibiti di Ron Piton si trasformò…Lucius Malfoy!

“Ma che diavolo…? Chi o cosa sei tu?” chiese con sgarbo Ron.

“Io? Non è molto chiaro, a dir la verità. Dipende chi mi guarda cosa vede. Ecco, vedi, ho già cambiato aspetto” disse guardandosi il nuovo corpo trasformato “la mia è un’anatomia molto instabile. Muto a seconda dei pensieri delle persone, ma la mente rimane la mia”

“Non ho capito chi sei, e cosa ci fai qua, ma sappi che devo portare via quella ragazza. E non ho intenzione di fermarmi”

“Mi spiace, ma credo sia meglio che tu non faccia nulla di tutto ciò. Interromperesti il mio compito. In compenso sappi che ti rimetterò dove eri una volta! Sei contento? Potrai restare comunque con la tua amica!” Lucius mutò ancora e divenne il figlio, Draco.

“Dovrai fermarmi con la forza, e se anche ci riuscissi sappi che altri verranno per liberarla. Non resisterai per così tanto tempo” disse Ron recitando il meglio possibile. Un bluff. Era la sua ultima speranza. Se si fosse bevuto la storia, avrebbe avuta la possibilità di portare via Hermione, forse. Comunque non aveva altre idee al momento.

“Davvero? Sono in tanti come te?” chiese Draco meravigliato. Ron annuì con la testa.

“Caspita. Sarà maglio risolvere subito il problema, allora” dalla tunica estrasse un pugnale e si avvicinò al tavolo.

“Ehi, aspetta che vuoi fare?” chiese Ron preoccupato. Draco lo fissò come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“Me ne sbarazzo, che domande. Così non verranno tutte quelle persone a disturbare il mio lavoro” detto ciò affiancò il tavolo e sollevò il pugnale con uno scatto, pronto a scendere e uccidere la ragazza. Ron sbiancò. Con che freddezza lo aveva detto. Doveva fare qualcosa per fermarlo.

“Fermo!” Draco si fermò e si girò verso Ron portando il pugnale di nuovo al suo fianco.

“Si?” chiese Draco, che stava tornando Lucius Malfoy.

“Non farlo o dovrò eliminarti. Tu e tutto questo posto” disse con falsa spavalderia Ron.

“Davvero? E come?” domandò, sempre sorpreso, Lucius.

“Userò l’incantesimo Sorriso di Apollo. Questo posto è fatto della stessa sostanza della sfera nera. Si dissolverà in un lampo, e tu con lui”

“Potrebbe essere un buon piano, ma mi sembri un po’ spossato per lanciarlo, o mi sbaglio. Credo che moriresti se tentassi un incantesimo tanto potente. Peccato, sarebbe stata una buona idea”

Il tizio aveva ragione. Non ce la faceva a lanciarlo senza conseguenze. Probabilmente sarebbe morto. Ma lui sarebbe morto comunque. Mentre Hermione avrebbe avuto una possibilità, per quanto misera l’avrebbe avuta. Uno a zero per l’irrazionalità.

Lucius sollevò nuovamente il pugnale pronto a colpire.

Phoebus Surrideo!” dalla bacchetta di Ron partì una colonna di luce che corse verso Lucius.

“Esseri umani. Creature incredibili” la luce investì in pieno Malfoy, così anche Hermione e il resto della stanza. Tutto divenne di un bianco accecante.

Nove capitoli sulla cassa del morto oh oh oh  e una bottiglia di Gin! Evvai finito anche il 9!!!! Vabbè ci ho messo un po’, però alla fine l’ho fatto. Credo che sia un po’ più lungo del solito… Ringrazio tutti per le recensioni scritte. Un Tankyou speciale a Sunny che ha iniziato la nuova Fic: It never ends (Being a War Mage II) WOW!!! Non  perdetela mi raccomando.

See you again!!!!

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Capitolo 10
*** Non ti abbandonerò mai ***


Ginny sgranocchiava pensierosa qualche patatina

Ginny sgranocchiava pensierosa qualche patatina. Pensava ancora a suo fratello. Alla scenata di tre settimane prima. Odioso. Era stato odioso. Perché almeno lui non cercava di capire? Ron l’aveva sempre difesa, quando era più piccola. Era sempre al suo fianco. Diceva che il suo “E’ il compito del fratello maggiore”. Anche quando si era messa assieme ad Harry, Ron non aveva fatto passare la cosa alla leggera. Nonostante fosse il suo migliore amico, gli ha fatto il terzo grado prima di “approvare” la loro unione in modo ufficiale. E allora perché? Perché non era stato, rigido sì, ma comprensivo con lei anche questa volta? Era inutile farsi queste domande. Ginny il motivo lo conosceva benissimo. Un muro. Un muro di ipocrisia ed intolleranza aveva nascosto a Ron il vero Draco Malfoy. Per lui Malfoy si nasce e si rimane. Punto e basta. Se solo si fosse sforzato un po’ di più. Se avesse scavalcato quel muro per vedere le cose sotto un’altra prospettiva, come le vedeva Ginny.

Accartocciò il sacchetto ormai vuoto e lo abbandonò sul tavolo. Prese il pacco dei biscotti, lo aprì ed inizio a tuffarli nella tazza di latte davanti a lei. Draco le aveva raccontato dell’addestramento. Ron era entrato nei Battlemage, sicuramente a causa di Ginny. Sì, non poteva permettersi di non fare qualcosa che Malfoy faceva, e con successo. Era sicura che Draco profittasse della sua posizione su Ron per strigliarlo per bene. E lei era anche d’accordo. Così impara ad essere poco comprensivo e a trattarla in quel modo. Quando quella sera Draco tornò a casa e la trovò stesa sul divano distrutta e piangente, si preoccupò molto. Si fece spiegare tutto da lei e, dentro di se, il ragazzo decise di farla pagare in un qualche modo a Ron. L’occasione gli capitò fra le mani quando gli fu assegnato come cadetto speciale per l’addestramento proprio il giovane Weasley. Non chiedeva di meglio. Gli fece fare in corso intensivo fuori dalla norma, attendendo con calma il momento in cui avrebbe ceduto. Ma non successe. Ron mantenne il ritmo e migliorò a vista d’occhio. Mai un lamento, mai una replica. Un vero osso duro. Draco ne parlò a Ginny, e lei lo convinse ad essere meno severo e vendicativo nei suoi confronti. Se voleva fargli cambiare idea su di lui, Draco avrebbe dovuto cercare di far vedere il suo lato buono, come aveva fatto con Ginny.

Spalmò uno spesso strato di burro sulle due fette di pane e le coprì di un altro abbondante strato di marmellata. Leccò il cucchiaio e morse la prima fetta con gusto. Stava di nuovo razzolando tutta la dispensa ed erano solo le dieci del mattino. Draco sarebbe rimasto fuori tutto il giorno con Ron. Non le aveva detto cosa dovevano fare, solo che era molto importante e che sarebbe stato compito di Ron. Aveva già una missione dopo appena due settimane? Doveva essere veramente in gamba suo fratello.

Aprì un altro pacchetto di patatine e ricominciò a sgranocchiarle. Dio che schifo! Dopo la marmellata, ancora le patatine? La situazione stava diventando insostenibile. Ne avrebbe parlato con Draco quanto prima. Ginny abbassò lo sguardo sul suo ventre leggermente pronunciato. Anche perché ormai stava diventando evidente.

*****

“Dannazione! Ron, Ron, Rooooon!” Lupin urlava mentre con entrambe le mani scuoteva il corpo immobile di Ron.

“State indietro! Via!” estrasse la bacchetta e la puntò verso il ragazzo steso a letto. Una scarica elettrica colpì il corpo di Ron che sussultò per un momento.

“Ancora!” gridò Lupin e un’altra scarica partì dalla bacchetta.

“Ancora!” niente.

“Ancora!” nulla.

“Maledizione! Ancora!” il corpo ormai non rispondeva più neanche alle scariche elettriche liberate.

“Nooooo! Avanti Ron Weasley svegliati!” iniziò un massaggio cardiaco che faceva sobbalzare il ragazzo sul letto. Silente guardava senza dire nulla. Il suo sguardo era più esplicativo di mille parole. La signora Granger pianse sostenuta dal marito. Ron si era sacrificato per sua figlia, ed ora era morto. Draco aveva la testa appoggiata al vetro della finestra. Con gli occhi spalancati guardava a terra. Perché? Perché era successo? Perché tutte le disgrazie capitavano a loro? Ginny. Come avrebbe potuto dirglielo. Suo fratello era tornato per poi andarsene per sempre in neanche un mese. Lupin non si era ancora arreso, Continuava a cercare di rianimare un corpo ormai senza vita.

“Credo che tu ti possa fermare ora, Remus. Non c’è più nulla da fare, purtroppo” sentenziò il preside rimasto silenzioso fino ad ora.

“No! Non posso! Ho fatto una promessa Albus” Lupin cominciò a far comparire qualche lacrima sui suoi occhi “Quando Harry…io…anche Felpato l’ha fatta e …non posso arrendermi così! Avremmo dovuto proteggere Ron, Albus. Abbiamo fatto questa promessa quando Harry se ne è andato. Harry avrebbe fatto di tutto per aiutarli, ma lui ormai non c’era più. Io e Felpato abbiamo fatto una solenne promessa: aiutare e difendere i suoi migliori amici. Come amici di James era il nostro compito. Era…nostro…nostro dovere” Remus cadde sulle ginocchia e chinò la testa sul letto di Ron. Tutto capitava così in fretta. Le cose belle e le cose brutte. Tutte senza tregua.

*****

“Sono 14 galeoni e 4 falci” disse cordialmente la cassiera. Ginny pagò e ritirò il resto dalla sua mano.

“Grazie” salutò la commessa del negozio di alimentari ed uscì in strada. Ancora spese. Avrebbe chiesto a Draco altri soldi questa sera. Erano molti per una sola giornata da spendere, ma ne valeva la pena. Avrebbe preparato un sontuoso banchetto per due, a lume di candela. Lo avrebbe guardato negli occhi , lo avrebbe baciato, lo avrebbe stretto e… glielo avrebbe detto. Chissà come l’avrebbe presa? Il suo timore più grande era che lui si innervosisse e che la abbandonasse…No. Non Draco Malfoy. Ormai erano legati l’uno all’altra. Era impossibile sciogliere un legame del genere. O almeno così sperava Ginny.

Camminava pensierosa lungo il marciapiede ripassando mentalmente il discorso per la sera e il menu che aveva deciso di preparare. Ad un tratto lo sentì. Silenzio. Troppo silenzio. Un silenzio innaturale. Un fruscio alle sue spalle. Si girò di scatto per vedere qualcosa sparire dietro ad un cespuglio lungo la strada. La paura si fece strada nel suo cuore. Si volto e cominciò a camminare rapidamente, per non dare nell’occhio al suo inseguitore. Lo sentì ancora. Era molto silenzioso, ma Ginny riuscì ad avvertire la sua presenza dietro di lui. Camminava, ormai quasi correva, guardando indietro con la coda dell’occhio. Non fece attenzione a chi c’era di fronte a lei. Non vide comparire davanti a se l’uomo ammantato. Ginny emise un sussulto di paura quando posò gli occhi sulla figura di fronte a se. Era un uomo, ma molto strano. I suoi lineamenti erano marcati come spesso capita alle persone anziane molto magre. Ma quello non era una uomo anziano. La magia lo aveva ridotto così. Afferrò Ginny per un braccio. La sporta che trasportava cadde a terra. Le uova si infransero sul marciapiede. L’uomo la trattene con forza mentre con l’altra mano estrasse un pugnale. La luce riflessa della lama accecò per un momento la giovane Weasley.

“La dolce metà del giovane Malfoy, suppongo” ghignò l’uomo ammantato mostrando i denti gialli e appuntiti alla ragazza.

“Pensa come soffrirà Draco quando ti troverà  sbudellata sulla strada” l’uomo alzò il braccio e lo mosse deciso verso il ventre della ragazza.

Un urlo squarciò il silenzio della strada.

*****

Camminava nervosa lungo il corridoio che portava alla sala comune della sua casata. Ora era libera da qualsiasi legame. Anche lui lo era. Lo era stato per tanto tempo. Troppo. E lei non aveva mai trovato il coraggio di parlargli , di dirgli che lui le piaceva. Forse era un po’ azzardato provarci così, subito, ma il Natale creava la giusta atmosfera. Le dava coraggio, era difficile sentirsi tristi a Natale.  Arrivo di fronte al ritratto della signora grassa.

“Succo di more” disse Hermione.

“Se lo dici tu” rispose il ritratto aprendosi e permettendo alla giovane Grifondoro di entrare nella sala. Neanche a farlo apposta. Era nella sala anche lui. A dir la verità solo lui. Guardava fuori dalla grande vetrata il lago e il sole che andava a morire nelle sue acque. Quanto gli piaceva. Era proprio cotta, ma non l’aveva mai dato a vedere, anzi, se capitava l’occasione per stare da soli lei se ne andava sempre, imbarazzata. E poi preferiva litigarci che dirgli quanto lo amava. Era tropo timida. Ma lui non se la prendeva mai. Quando si rincontravano, amici come prima. Anche per questo lo amava così tanto. Fin dalla prima volta che lo aveva visto, sul treno per Hogwarts. E durante tutti quegli anni, le loro avventure li avevano avvicinati ancora di più. Erano amici, ora. Anche se lei avrebbe provato a cambiare questa amicizia in qualcosa di più. La preoccupazione gli attanagliava il petto. Lei era una strega, sì, ma mezzosangue. Si ripeteva continuamente che non era importante, anche lui glielo aveva detto più volte, ma più ci pensava e più sembrava “imperfetta” per lui. No. Non era importante. Si decise e piano si avvicinò alla panca dove si era seduto.

Avanti Hermione Granger! Non arrenderti proprio ora. Hai una possibilità, giocatela bene.

“C-ciao” disse timidamente lei.

Il ragazzo si girò sentendo la sua voce “Ciao Hermione. Avevi bisogno, perché senno preferirei stare un po’ solo…”

Fantastico. Proprio il momento giusto Hermione! Brava!

“Sì, avrei bisogno di parlarti”

“D’accordo, mi farà bene smettere di rimuginare per un po’. Dimmi tutto” la guardò e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi.

Non sorridere ti prego. Non arrivo in fondo al discorso se mi sorridi così…

“Ehm…dunque. E’ un po’ complicato da spiegare…ma…ultimamente, cioè a dir la verità è da parecchio, però non ho mai…perché…Dunque! Ehm…il fatto è che io…è da un po’ di tempo che ho capito che io…e che quindi mi chiedevo se anche tu… cosa ne pensi…Però ti capisco. Cioè sono una strega per metà babbana e…allora?” si fermò e lo guardò con aria interrogativa.

“Hermione, so che non ci crederai, ma per la prima volta nella mia vita non ho capito cosa diavolo stai dicendo” scavalcò con una gamba la panca e si mise a cavalcioni girandosi verso Hermione “prova a dirmelo con dei gesti se non ci riesci” scherzò il ragazzo.

Hermione lo prese alla lettera, si mise a cavalcioni anche lei, gli si avvicinò lentamente e lo guardò negli occhi per un momento. Lo baciò. Le sue labbra si appoggiarono su quelle di lui per pochi secondi che per lei sembrarono durare una vita intera. Così come si era avvicinata si allontanò tornando a guardarlo negli occhi. Erano entrambi imbarazzati, anche se lei era rossa per la vergogna, mentre lui per la sorpresa del gesto.

“Ah…wow…ehm…Hermione io non sapevo, cioè che tu…ma non credo che…capisci vero? E’ un brutto momento per me questo e ho un po’ di confusione, quindi…non…non credo sia il caso di…scusa ma devo andare, io ho…da fare giù e…scusa” il ragazzo si alzò ed uscì dalla sala comune.

Hermione rimase lì. Ferma. Immobile. Poggiò la testa sulla panca e la sbatte lievemente.

Che idiota! Che idiota! Come potevo pensare che si fosse ripreso! Stupida Hermione! Stupida Hermione! Stupida Hermione! Stupida Hermione!

Ad ogni stupida Hermione corrispondeva una testata alla panca. Alla fine si rialzò e tornò seduta composta a guardare fuori il lago che aveva già inglobato tutto il sole. Sospirò sonoramente abbassando le spalle e la testa.

Vabbè. Ci ho provato ed è andata così. Vedrò di parlargli ancora, magari domani. Sistemerò la faccenda, non voglio perderlo come amico.

Rassegnata si alzò in piedi e si avvicinò al camino. Su una poltrona era riposto un libro “La leggenda di Babbo Natale: le verità su una storia millenaria”. Era una lettura come un’altra per distrarsi un po’. Sollevò il librone e si sedette al suo posto nella poltrona. Lo poggiò sulle sue gambe e iniziò a sfogliarlo. Il fuoco proiettava la sua ombra sul pavimento.

*****

Ron aprì gli occhi. Gli faceva male ovunque. Neanche gli allenamenti con Malfoy lo avevano portato ad un dolore del genere. Come un lampo che attraversa il cielo si ricordò tutto. Hermione. Girò la testa per vedere dov’era. Vedeva il castello di Hogwarts alla sua destra e il terreno sotto di lui. Era sospeso a mezz’aria? No, era di schiena sulla chioma di un albero. Alzò la testa per guardarsi intorno. La sfera nera non occupava più il cielo. L’incubo era finito. O almeno così sperava. Dolorante, si alzò del tutto appoggiato ad un ramo e guardò attorno con maggior accuratezza. Nulla di strano o insolito. Solo Hogwarts. Ma in giro non vide Hermione. E neanche quel “coso” mutaforma. Lentamente e dolorosamente scese dall’albero e raggiunse il suolo. Si appoggiò al tronco e cercò di curarsi alla buona le ferite e le contusioni. La spalla gli doleva moltissimo. L’artigliata e la botta l’avevano resa inutilizzabile. La spalla destra, almeno, funzionava perfettamente. Ed ora? Cosa doveva fare ora? Cercare ancora Hermione? Dove? L’incubo era finito e non sapeva più che fare e…aspetta. L’incubo era finito. Ma il sogno no. Si alzò in piedi di scatto. Ora Hermione stava sognando. Sì, sognando. Bastava svegliarla. Era il sogno di Hermione, ora, questo. Quindi era lei che decideva, ora. Dove poteva essere quella secchiona di Hermione se…

”Biblioteca!” Ron quasi urlò e iniziò  a correre verso il castello. Dietro di lui, dalle acque del lago, uscì quella che sembrava una pozza di melma nera. Raggiunta la riva prese forma rapidamente. Victor Krum comparve al suo posto e vide il ragazzo correre zoppicando verso la scuola.

“E’ in biblioteca, dunque. Molto bene vedrò di rimettere tutto a posto. Quel ragazzo mi ha causato un bel po’ di guai” Krum cominciò a correre dietro a Ron. Lo raggiunse in un lampo e lo superò ancora più rapidamente.

“Ma che…ancora tu?” disse Ron senza fiato.

“Sì. Salve ancora. Sei stato molto sciocco a lanciare quell’incantesimo. Avrebbe potuto ucciderci entrambi. Ma per fortuna non era così potente come sembrava. Complimenti, comunque” disse Krum senza fiatone, con un sorriso e due occhi da marionetta stampati sulla faccia. Ron aveva energia per pochi incantesimi, ancora. E neanche dei più potenti. Doveva fare un accurata selezione per non sprecarne. Punto primo: arrivare prima del “coso”. Sconfiggerlo avrebbe richiesto troppa energia. Si fermò e puntò la bacchetta.

Alipes” spiccò il volo e planò verso la vetrata della biblioteca. Si appallottolò il più possibile parandosi il viso con le braccia per non ferirsi con i cocci di vetro. Fracassò l’enorme finestra e atterrò su un tavolo lì vicino. Una ventina di occhi lo puntarono e lo squadrarono sorpresi. Lo vedevano? Ora lo vedevano? A questo non aveva pensato. Così legata alle regole com’era, sicuramente anche nel sogno Hermione faceva reagire tutti secondo leggi ben definite.

“Ma non è Weasley?” “Sì, è lui” “Ma è impazzito o cosa?” “Ehi Ron sei grande! Hai visto che entrata?”

“Ronald Weasley che diavolo hai fatto?” il cuore di Ron ebbe un sussulto. Hermione lo guardava con aria severa, mani appoggiate sui fianchi e un piede che batteva furiosamente a terra. Ron scese con un salto dal tavolo e raggiunse l’amica. L’aspetto era ancora quello di una quindicenne, ma a lui non importava.

“La McGrannit ci toglierà cento punti per questa tua performance! Ti rendi conto di quello che hai fatto? Non si può volare nei pressi di Hogwarts per mezzo di scope o incantesimi! Tranne per il Quidditch, naturalmente. E poi…” Ron la strinse a se, l’abbracciò forte che quasi ebbe paura di stritolarla. La ragazza arrossì violentemente.

“Ron! Che fai, davanti a tutti…smettila mi metti in imbarazzo” biascicò Hermione mentre il ragazzo la liberava dalla stretta e la rimetteva a terra. Dagli altri studenti partirono fischi e applausi ed anche qualche “Dacci dentro Weasley!”

“Che hai fatto Ron, sembri più alto e più grande…sembri cresciuto” disse lei sorpresa.

“Dunque, la storia è un po’ complicata, ma se va tutto bene te la spiego mentre ce ne andiamo”

“Andiamo? Dove scusa?”

“Via di qua il più presto possibile”

“Sei forse impazzito?” lo guardò con aria sorpresa “Devo finire il tema di pozioni, e devo ancora iniziare una ricerca per Rhuf, e poi…”

“Hermione questo è un sogno” disse Ron mentre la trascinava verso la finestra distrutta.

“Eh? Ma sei uscito di zucca o cosa? E’ la scusa più stupida che abbia mai sentito per non fare un tema! Ron non dire…” Hermione si interruppe quando Ron la afferrò in vita e volò fuori dalla finestra. Cacciò un grido acuto.

“Ron Weasley! Riportami subito giù!”

“Lo farei, ma quel coso ce la con te” ed indicò la finestra da dove erano appena usciti. Lì Krum li fissava sotto gli occhi attoniti dagli altri studenti.

“Ma…ma è Victor! Ron non fare come al solito. Victor è un bravo ragazzo, e non se ne va in giro a spaccare vetri e rapire ragazze”

“Non è Krum, è il tuo incubo” disse serio Ron.

“Ecco! Sempre ad esagerare! Non posso fare quello che mi pare? Io e lui non stiamo più insieme, ma siamo buoni amici. Non è un incubo, come qualcun altro che conosco” e lanciò un occhiata a Ron.

“Non hai capito. Questo è un sogno e quello non e Krum, e la immagine fisica del tuo incubo. La definizione migliore che ho trovato finora è “cugino cattivo del molliccio” l’espressione di Ron era ancora seria.

Hermione lo fissò un momento “Stai dicendo sul serio? Ron questo è davvero un sogno? Anche tu allora non sei reale?”

“No, io sono entrato nel tuo sogno per risvegliarti. Ero l’unico che sapeva più o meno cosa fare”

“E l’hai fatto per me?” chiese con una vocina Hermione.

“Bhè…io…sì, l’ho fatto perché sei mia…amica” Ron divenne rosso come i suoi capelli.

“Grazie” mormorò piano la ragazza “Ma se questo è un sogno, perché non mi sveglio?” chiese, più decisa, Hermione. Ron vide una radura nel bosco e ci atterrò dolcemente. Fece scendere Hermione e si mise seduto per terra.

“Ora ti spiegherò tutto”

Iniziò a raccontarle di Hogwarts, di come i mangiamorte erano arrivati, dalla misteriosa scomparsa di Voldemort come molti anni prima, del suo risveglio, della sua famiglia, di Malfoy e Ginny ed infine di Harry.

“Harry è…” gli occhi le si riempirono di lacrime, il suo viso divenne rosso “non ci posso credere. Harry non può essere morto! Lui è…Dio ti prego no!” iniziò  a piangere. Un pianto liberatorio. Strillò e si sfogò con Ron che la abbracciò teneramente accarezzandole i capelli per consolarla. Passarono parecchi minuti prima che si staccassero l’uno dall’altra. Hermione guardò il suo amico negli occhi.

“Ed ora cosa facciamo?” chiese con un filo di voce.

“Non lo so” rispose lui “di solito eri tu a risolvere queste situazioni” passarono altri minuti silenziosamente.

“Non hai detto che hai dovuto rivivere gli attimi prima del coma per risvegliarti?” chiese lei “Potremmo riprovare con me”

“E’ un idea. Visto che non ce ne sono di migliori, proviamo” Ron lanciò ancora l’incantesimo per volare e afferrò Hermione per la vita. Insieme si diressero verso il castello. Senza farsi notare entrarono da un terrazzo e raggiunsero la sala comune di Grifondoro. Era vuota, tranne che per una ragazzo seduto di spalle che fissava il sole morire nel lago.

“Harry” lo chiamò Ron appena entrato. Il giovane Grifondoro si voltò e guardò Ron.

“Ascolta, Ron. Ci siamo lasciati di comune accordo. Non l’ho fatto apposta! Abbiamo litigato, ma cercherò di riappacificarmi con Ginny! Te lo prometto! Non picchiarmi ti prego!” lo supplicò il ragazzo con la cicatrice. Ron sorrise alla reazione dell’amico. Probabilmente l’avrebbe picchiato davvero. Ma in questo caso non era lì per quello. E soprattutto era un sogno, non doveva dimenticarlo. Hermione si tastò la fronte e strinse gli occhi.

“Tutto bene” gli chiese Ron.

La sua espressione tornò normale “Sì, mi è venuta in mente ora una cosa. Vai fuori, per piacere”

“Come scusa?”

“Esci Ron. Fa parte del piano per rivivere gli ultimi attimi” disse la ragazza. Ron annuì ed uscì dalla sala comune, mentre Hermione si avvicinava a Harry e si sedeva accanto a lui. Attese qualche minuto, pochi in realtà, poi Harry uscì dalla sala, visibilmente imbarazzato. Era rosso come un peperone.

“Ron, non mi guardare così. Io non centro” e corse via verso il basso. Ron, perplesso, entrò e vide la ragazza sulla poltrona  a leggere un librone.

“Ok Ron. Recita la tua parte e suggeriscimi la mia, visto che non la so” Ron annuì ma un pensiero gli attanagliava il cervello: lei si sarebbe ricordata tutto dopo il risveglio? Raggiunse la cima della scale e cominciò  a scendere verso la ragazza.

“E’ vero che hai mollato Victor Krum?” e poi sussurrò “Ron, non ho voglia di parlarne. Sì, ci siamo lasciati, ma non è come sembra”

“Ron, non ho voglia di parlarne. Sì, ci siamo lasciati, ma non è come sembra” disse incerta la ragazza.

“Hermione ma io…insomma la sai che mi piaci. Non puoi non tenerne conto” ancora sussurrò la frase alla ragazza.

“Non centri con questa storia Ron! Tu non puoi capire…va via ora, ti prego” la ragazza sembrava sempre più imbarazzata.

“No! Cristo non mi puoi trattare così! Io ti amo Hermione” Ron quasi sospirò le ultime parole per l’emozione che sentiva.

“Cos…Ron, non dire scemenze solo per fare scena, per piacere!” ora era rossa come un peperone. Non sapeva dove guardare per l’imbarazzo.

“Io non faccio scena! Hermione io ti amo!” ora Ron pareva più deciso. Aveva trovato coraggio. Si avvicinarono l’un l’altro.

“Ora basta Ron Weasley!” anche lei si avvicinò e con più voce urlò quest’ultima frase.

“Ehm… ora io…dovrei…b-baciarti” sussurrò Ron alla ragazza.

“Cosa?…ah…e io cosa dovrei…fare?” chiese lei sempre sussurrando.

“Dovresti…sì, insomma dovresti arretrare, guardarmi sconvolta e colpirmi con uno schiaffo”

“Ah…d-d’accordo”

Ron avvicinò le labbra quelle della ragazza. Sempre più vicino, sempre di più, sempre di più, ed infine la baciò. Fu emozionante per entrambi. Rimasero uniti in quel bacio a lungo. Molto più tempo di quello preventivato. Poi Hermione si staccò piano e guardò imbarazzata Ron.

“Wow…” fu l’unica cosa che il rosso riuscì a dire.

“Già…” sospirò Hermione ancora incantata da quell’incontro di labbra, più comunemente conosciuto come bacio.

“Ehm…Hermione? Lo schiaffo…” sussurrò Ron.

“Eh?…Ah, sì” disse lei e colpì il ragazzo con una schiaffo, che parve più simile ad una dolce carezza. Ron suggerì la nuova frase alla ragazza.

“Che diavolo hai fatto? Come ti sei permesso? Come, oh…Ron vattene!” ripeté con un filo di voce lei.

“Scusa Hermione” concluse Ron e si avviò verso le camere dei ragazzi.

La ragazza si accasciò al suolo e finse di piangere, ma stava ancora pensando a quanto appena accaduto. Davvero Ron aveva detto quelle cose a lei? E la sua reazione era stata quella di mandarlo al diavolo? Non ci poteva credere, anche se, dopotutto, era un altro il ragazzo di cui era innamorata…

Il cielo si fece nero. Hermione si alzò e raggiunse le scale dove Ron era già sceso.

“Sta funzionando” disse entusiasta ad Hermione. Insieme si diressero verso l’uscita dalla sala e li comparve la figura, come l’altra volta. Ma questa volta non era la figura ammantata. Era Krum.

“Bene, finalmente vi ho trovato. Non fai altro che combinare guai tu” disse rivoltò a Ron “Cerchi ancora di salvarla. Non ti è bastato rischiare la vita una volta? Sei veramente uno strano essere umano”

Hermione si voltò verso Ron. Rischiare la vita? Questo non glielo aveva detto.

“Va al diavolo molliccio troppo cresciuto! Ignis Telum!” le frecce centrarono il mutaforma che cominciò a bruciare.

“Ma guarda” disse sorpreso “sono più instabile ora. Mi puoi danneggiare. Credo che questa sia la fine per me” disse sempre con fermezza, come se fosse la cosa più ovvia “Ma la ragazza viene con me” dal braccio di Krum si staccò una bolla nera che corse veloce verso Hermione.

“Noooooo!” gridò Ron che, con un balzo, si interpose fra il proiettile nero e la ragazza. Cadde a terra immobile mentre il “mega molliccio” si liquefaceva davanti agli occhi di Hermione.

“Esseri umani…” biascicò con un ultimo singulto Krum prima di sparire del tutto.

“Ron! Ti prego parlami! Stai bene?” Hermione si chinò vicino a Ron che aprì debolmente gli occhi.

“Tieniti forte a me…ora si ballerà un po’…” sospirò il ragazzo con poca voce. L’onda d’urto arrivò e spazzò via tutto. I ragazzi volarono contro la vetrata che si frantumò e li fece precipitare verso il lago.

*****

Ron aprì gli occhi. Era buio. Sentiva freddo. Non ce l’aveva fatta. Sospirò debolmente e cominciò a riflettere sul da farsi. Aspetta…ma dov’era? Tastò sopra di lui. Acciaio freddo. Ai lati. Come sopra. Sotto di lui. Ancora l’acciaio. Era in un loculo da obitorio!

Fantastico! Uno muore per un po’, e per tutti sei già bello che andato.

Sentì dei rumori fuori. Una porta che sbatteva. Qualcuno che urlava.

“Non può entrare qui! Signorina per piacere si fermi…no, lasci stare i loculi!” Ron si sentì trascinare fuori come su di un carrello. Si fermò di scatto. Il volto sorridente di Hermione era sopra di lui e lo fissava con le lacrime agli occhi.

“Grazie…” mormorò lei prima di abbracciarlo più forte che poté. Sulla porta Lupin, Silente, Draco e i signori Granger fissavano sbalorditi e commentavano con frasi del tipo “Incredibile” “La mia bambina è tornata” “Così si fa, Weasley”. Lupin si girò verso l’inserviente dell’obitorio ancora sorpreso dal fatto di trovare un morto ancora vivo.

“Può osservare un momento questa bacchetta, per cortesia” gli disse indicando la sua bacchetta magica.

“Bentornata, Hermione” fu l’unica cosa che Ron riuscì a dire.

10 capitoli per me posson bastare….o no? Finito anche il decimo!!! Bello eh? A me è piaciuto molto ed è anche più lungo del solito. Mi sto esprimendo troppo lo so. A proposito: io continuo a scrivere se voi recensite!!! Non adagiatevi sugli allori, mi raccomando. Ci tengo alle recensioni. Bene ed ora ringraziamenti: (Questa volta li elenco tutti): Leona, Anja ( non ti preoccupare di commenti come i tuoi io farei scorpacciate), Iceygaze (chissà se c’è ancora?), Mikan (vedrai che pian piano tutti i personaggi salteranno fuori, nel bene e nel MALE), Amelie, Marzy (Harry è morto, ma salta fuori ogni tanto), Angi, Kiak, Eli (poverina! Quante volte hai dovuto scrivere il commento!), Firefly, Keijei (scusa di cosa? Non ti preoccupare!), Luke Skywalker, Giuggy (come ho già detto anke se morto Harry compare ogni tanto), Sunny (e come sentirsi dire da Giotto “hai fatto proprio un bel cerchio”!!) e ultima ma non meno importante (sono andato in ordine di apparizione) Kia (se è un sogno? Bho, forse si scoprirà…)

See you again!!!

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Capitolo 11
*** Il gioco delle coppie ***


Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto

Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto. Hermione si era svegliata. La notizia della giovane strega ripresasi dal coma, fece il giro del mondo dei maghi che subito ritrovarono la speranza per tutti i ragazzi ancora addormentati. Prima fra tutti la signora Weasley, che sperava nel risveglio di suo figlio George. Anche Fred era uscito dal suo “rifugio” ed ora stava sempre accanto al fratello gemello. Una chiara vena di ottimismo si fece strada in tutto il ministero. Tutto per merito di una persona. Ronald Weasley, o più comunemente Ron. Neanche da dire l’orgoglio di Percy nei confronti del fratello, anche se, come al solito, fu solo un’altra bella notizia per sfamare le “iene dell’informazione”. Per farli sentire appagati per un po’. Tutto sembrava andare per il meglio. Tutto sarebbe andato per il meglio se…

*****

Draco Malfoy quella sera tornò a casa in orario. Erano le otto in punto e lui era già a casa. Ginny questa volta non l’avrebbe sgridato. Ogni sera arrivava sempre più tardi. Erano discussioni infinite quelle che facevano sui suoi orari di lavoro. Lei sosteneva che non era mai in casa, lui che non era colpa sua ma dei turni massacranti che imponevano. Anche nel week-end, tecnicamente libero per Draco, molte volte era costretto a andare in servizio per mancanza di personale, o per cose che “solo lui può mettere in pratica”, come dicevano nel suo reparto. Ma quella sera no. Era stata una grande giornata in cui Ron si era distinto per il coraggio e l’abilità. I complimenti arrivarono sia sul ragazzo che su di lui, dopotutto chi lo aveva addestrato? Sentiva aria di promozione, e sapeva quanto la cosa facesse incazzare i suoi superiori, Holavson in particolare. Ma chi se ne importava? Ora era dalla parte giusta del ponte. Nessuno poteva criticare il suo lavoro dopo quello che aveva fatto. Anche se indirettamente. Tra due giorni ci sarebbe stata la nomina ufficiale di Battlemage a Ron Weasley. Avrebbe portato anche Ginny. Avrebbero parlato e avrebbero cercato di riappacificarsi. Sì, era un ottimo piano per gettare le basi della fiducia che Ron non aveva ancora nei confronti di Draco. Era proprio soddisfatto. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva bene. Non felice, ma sicuramente molto meglio del solito.

Entrò in casa e appese la sua giacca al gancio d’oro dietro la porta.

“Ginny! Sono a casa” disse ad alta voce per farsi sentire. Nessuna risposta. Strano, di solito non faceva in tempo a finire la frase che lei era già arrivata e lo baciava. Si diresse in camera da letto pensando di trovarla addormentata. Ultimamente la vedeva sempre più stanca. Le avrebbe chiesto se c’era qualche problema la sera stessa. Si spogliò della divisa per una più comoda tuta in pile. Poco chic ma dannatamente comoda, dopo una giornata in giacca e cravatta. Raggiunse la cucina dove, finalmente, ebbe un conferma della sua presenza in quella casa. Attaccato al frigo vi era un messaggio.

Sono andata a fare compere. Stasera dobbiamo parlare. Ginny

Era fuori. Da poco a quanto pare. I negozi erano o poco più di cinque minuti da casa se si andava a piedi. Decise di mettersi avanti apparecchiando la tavola. Doveva parlargli anche lei. Quella sera sarebbe stata una serata di discussioni, allora. Draco se ne compiacque. Aveva voglia di passare un po’ di tempo con la sua Ginny a parlare e giocare a fare gli innamorati. Sarebbe stato divertente.

Prese le posate i le sistemò insieme a tutte le altre stoviglie sul tavolo. C’era troppo silenzio. Alzò la bacchetta e colpì la radio sul frigo. Una musica ritmata cominciò a suonare in tutta la cucina. Era quello che i babbani chiamavano rap. Un genere strano, pensava Draco. Non che avesse molto senso: parole a raffica senza troppo collegamento fra di loro, a volta anche banali. Ma non aveva voglia di pensarci. Decise di farsi trasportare dal ritmo e cominciò a muoversi al tempo della musica.

Aprì il frigorifero per prendere le bevande, e solo allora notò un bloc-notes aperto poggiato accanto alla radio. Afferrò le bottiglie con una mano sola, mentre con l’altra prendeva il bloc-notes e con un piede chiudeva il frigorifero. Erano appunti di Ginny. Aveva diviso una pagina a metà. Sopra ad ogni colonna stava una lettera in stampatello e cerchiata. Una M a sinistra e una F a destra. Sotto le lettere in ogni colonna, Ginny aveva riportato alcuni nomi. Draco si sedette e cominciò a leggere.

Julian, Ernest, Robert, Simon, George, William, Albert, e la lista continuava per altre tre righe almeno. Sull’altra colonna la strana sequenza di nomi continuava.

Sharon, Tamara, Eve, Jennifer quest’ultimo era stato cancellato con una riga sopra Brenda, Phoebe e via così sempre per qualche riga. Draco stappò una bottiglia di birra e cominciò a berne un po’, mentre fissava ancora il foglio pieno di nomi.

Forse sta organizzando una festa pensò Draco, ma allora perché dividere i nomi in due gruppi? Forse alcuni erano da invitare ed altri no, ma allora perché aveva già cancellato un nome dalla colonna di destra? Forse era indecisa su chi invitare e allora li aveva divisi in gruppi. Sì, doveva essere così, anche se…a destra erano solo uomini. E a sinistra donne. Che siano coppie? Ma perché le ha divise? Non aveva molto senso…Alzò la bottiglia e ne bevve un lungo sorso. Era indecisa se invitare gli amici maschi o le amiche femmine…indecisa…maschi e femmine…questa sera deve parlare…

Draco sputò con uno spruzzo il sorso di birra per aria. Un bambino! Ginny era incinta! Oddio, non ne era sicuro, ma tutti gli indizi…è spesso stanca, il bloc-notes, deve parlare di qualcosa…tre indizi. E tre indizi fanno una prova! Ginny incinta! Ancora non ci poteva credere. Era contento, troppo contento. Ma anche preoccupato. Non sapeva se era pronto per fare il padre. Non ci aveva mai pensato. Anche perché con i trascorsi di padre avuti…Ma era troppo felice per pensare alla sua vecchia famiglia. Ora la sua famiglia era Ginny. E fra qualche mese anche qualcun altro. L’idea di vedere una piccola Ginny correre per casa lo faceva divertire. O un piccolo Draco. O, perché no, entrambi. Con il tempo si poteva pensare ad allargare ancora di più la famiglia.

Non correre Draco. Devi ancora diventare papà per la prima volta!

Draco si costrinse a tornare in se. Si calmò dall’entusiasmo e decise di far finta di nulla. Probabilmente lei ci teneva a dirglielo di persona. Non voleva rovinare il suo piano. Ripose il bloc-notes dov’era prima e cercò di prepararsi per recitare la sorpresa quando glielo avrebbe detto. Non era ancora tornata. Erano già le otto e mezza. Draco raggiunse la porta finestra che dava sul giardino e guardò in attesa di vederla spuntare in fondo alla strada. Si era alzato un po’ di vento. Parecchio vento, a dir la verità. I panni, attaccati allo stendibiancheria, volavano qua e là seguendo l’intensità del vento. Lo stendibiancheria? Perché aveva lasciato i panni fuori ad asciugare fino a quell’ora? Il sole tramontava alle cinque, massimo cinque e mezza d’inverno e non…Cinque e mezza? Una spada gelida gli attraversò il petto. Da quanto tempo era fuori Ginny? Si maledisse per la sua cecità. Corse verso la porta, la spalancò e, senza fermarsi, si diresse in fretta verso i negozi in fondo alla strada. Raggiunse quello degli alimentari quando il proprietario stava chiudendo tutto con un incantesimo di sigillo.

“Signor Backer, aspetti la prego” ansimò Draco per attirare l’attenzione dell’uomo.

“Oh, signor Malfoy. E’ un po’ tardi per far compere. Mi spiace passi domani” disse l’uomo sorridendo.

“No, non devo prendere nulla. Ginny, ha visto Ginny oggi?” chiese speranzoso di non sa quale risposta.

“La signorina Ginny? Sì è passata” rispose l’uomo sforzandosi di ricordare la ragazza.

“E verso che ora se lo ricorda?”

“Dunque…saranno state le…quattro. Quattro e mezza al massimo”

A Draco mancò la terra sotto i piedi. Era scomparsa da quattro ore. E non sapeva dove cercarla.

“Si sente bene?” domandò il signor Backer con espressione accigliata.

“Che strada fa Ginny per tornare a casa?” chiese Draco con un filo di voce.

“Di solito passa dal parco. E’ più lunga, ma ama girare fra gli alberi quando ha un po’ di tempo” non fece in tempo a finire la frase che Draco riprese a correre verso il parco. Più correva e più pensava. Più pensava e più la peggiore delle ipotesi si faceva strada nel suo cuore. Lo vide. Vide un fagotto steso a terra vicino ad un albero. Si avvicinò e il fagotto assunse un aspetto più umano.

No, ti prego no. Dio ti prego fa che non sia lei…

Si avvicinò di più. Il corpo era sottile e magro nascosto da quegli stracci. Di fianco al corpo vi era una sporta, caduta accidentalmente a terra. Lo capiva dalle uova rotte sul marciapiede lì accanto. Si avvicinò ancora, ormai era accanto al mucchio di stracci quando sentì una bacchetta premergli sul collo.

“Ma guarda come è piccolo il mondo! Tu devi essere quell’ingrato traditore di Draco Malfoy. Figlio del grande mangiamorte Lucius. Ho indovinato?” chiese gracchiando una voce alle sue spalle.

“Che ne dici di girarti lentamente e con le mani bene in vista?” chiese la voce. Draco alzò le braccia e prese a girarsi piano finché non vide in faccia il suo “nemico”. Un uomo dai lineamenti marcati gli puntava la bacchetta contro. Non era vecchio, probabilmente l’abuso di magia lo aveva ridotto così. I suoi denti gialli si aprirono in un ghigno spietato.

“Il padrone sarà molto contento di avere Draco Malfoy, traditore al servizio del ministero, fra suoi prigionieri” il mangiamorte lo colpì con un incantesimo. Draco crollò al suolo. L’ultima cosa che vide furono gli stracci, ancora sparsi per coprire un corpo ormai senza vita.

*****

Il mangiamorte volò per aria e andò a sbattere contro il muro. Cadde a terra, lamentandosi per il dolore. L’ombra gli fu subito addosso. Lo prese per la collottola e lo sollevò di peso. Il suo sguardo prometteva solo una cosa. Morte.

“Parla stupido, prima che ti trapani quel poco cervello che hai!” gridò l’ombra fissandolo intensamente. Il mangiamorte tremò e si riparò con le mani da quello sguardo omicida. Singhiozzava come un bambino appena caduto dalla bicicletta.

“Io…non lo so, davvero! Non so dove sia…è nascosto non si fa vedere da tutti. A volte parla soltanto con poche persone…ti prego lasciami…” lo supplicò il mago oscuro agitandosi nella sua stretta.

“Vuoi farmi credere che NON sai nulla? Eh? Come posso crederti? Non mi lasci altra scelta…” non ne fu sicuro, ma gli sembrò, per un attimo, di vedere sorridere l’ombra, da sotto il cappuccio che gli nascondeva il volto. Trascinò, sospeso a mezz’aria, il mangiamorte fina alla finestra più vicina. Glielo spinse contro, rompendo il vetro e lasciandolo penzolare nel vuoto. La pioggia scendeva abbondante e presto il mago oscuro fu bagnato dalla testa ai piedi. I lampi illuminavano la notte nera come il cielo, mentre i tuoni suonavano un lugubre requiem in onore della sua morte.

“Assapora gli ultimi momenti della vita, perché fra un po’ non saprai più cosa sia” urlò sopra i tuoni l’ombra, preparandosi a lasciare la sua preda.

“No! Ti prego, mio signore! Potrei aiutarti! Sì, invece di uccidermi, potrei spiare per tuo conto gli altri e portarti informazioni preziose…ti prego mio lord non lasciarmi” le lacrime di disperazione dell’uomo si confondevano con la pioggia che gli bagnava il viso.

L’ombra smise di sorridere e pensò alle parole che aveva appena udito. Una spia. Era un’idea niente male, strano che non gli fosse venuta in mente prima. Trascinò dentro la stanza il mangiamorte e lo sbatté a terra con violenza. Quello cominciò a respirare affannosamente e a tastarsi il collo, poi si mise sulle ginocchia e si avvicinò ai piedi dell’ombra.

“Grazie mio signore. Grazie!” disse fra le lacrime, spaventato, mentre gli baciava i piedi in segno di rispetto. Con un calcio l’ombra lo spedì gambe all’aria.

“Non toccarmi, feccia traditrice. Hai appena condannato i tuoi compagni per avere salva la vita. Se fossi io il tuo capo ti eliminerei all’istante” il cappuccio si voltò a fissare il mago bagnato. Anche se non lo si vedeva, era chiaro il disprezzo che l’ombra provava per quell’essere. Si avvicinò a lui e lo alzò in piedi con forza.

“Dimmi il tuo nome, feccia”

“Io…io sono Gaherl, signore. Per servirvi” e concluse la presentazione con un inchino. L’ombra allungò una mano verso la faccia di Gaherl. Si spaventò. Non per la mano che sia avvicinava, ma per la mano stessa. Era lucida, artificiale. Probabilmente di un qualche metallo. Neanche forgiata troppo bene. Doveva essere stata un protesi provvisoria, ma mai più cambiata con una definitiva. Quella mano finta gli strappò una ciocca di capelli. Gaherl sussultò quando i capelli si staccarono di netto.

“Questa” disse con voce fredda l’ombra indicando la ciocca con la bacchetta “è una piccola assicurazione della tua completa fedeltà. Funis Anima” recitò e i capelli appena strappati si intrecciarono a formare una corda di colore dorato. Subito dopo afferrò una mano del suo nuovo schiavo e gliela ferì con un pugnale estratto con una tale rapidità che Gaherl non si accorse di nulla.

“Ah!….Ahhh, mio signore, perché?” chiese l’uomo tutto tremante dal freddo e dalla paura. L’ombra fece cadere qualche goccia di sangue sul feticcio di capelli e quello prese a brillare di un verde intenso.

“Perché” iniziò a dire mentre riponeva fra le pieghe della tunica la treccia di capelli “se tenterai di tradirmi io spezzerò questo feticcio, e tu morirai all’istante”

Beccato. Era proprio quella l’intenzione di Gaherl. Salvarsi la vita e dire tutto ai suoi compagni appena tornato. Ma ora non poteva più farlo. Aveva le mani legate. Si poteva dire che la sua vita era appesa ad un filo. Anche se, in realtà, erano capelli. Decise di cambiare tattica. Avrebbe aiutato quell’essere piuttosto che morire. Poi, se la sarebbe cavata in qualche modo. L’importante era uscirne vivi.

“Ora” disse l’ombra sedendosi su di una poltrona lì vicino “discuteremo del tuo compito”

*****

Draco aprì gli occhi di soprassalto. Un tuono più forte degli altri lo aveva svegliato dal suo sonno. I muscoli delle braccia gli dolevano terribilmente. Ma dov’era? Una stanza molto piccola e fredda di mattoni a vista. Una segreta. Una prigione. Una piccola finestrella con delle sbarre lasciava intravedere l’esterno, dove l’acqua cadeva rumorosamente dal cielo ed entrava poco a poco nella stanza. Si sarebbe anche avvicinato per guardare fuori, ma due catene lo tenevano bloccato al muro, ma, per fortuna, non sospeso a mezz’aria come un salame a stagionare. Si ricordò di essere stato assalito da un mangiamorte. Ginny! Dio come aveva potuto dimenticare la sua Ginny! Aveva ancora davanti agli occhi il fagotto con il suo corpo immobile poggiato vicino all’albero. La spesa sparsa a terra. L’avrebbero pagata. L’avrebbero pagata tutti. Se prima Draco era arrabbiato con i maghi oscuri, ora era veramente incazzato! E voleva solo una cosa. Vendetta. Una sanguinaria e violenta vendetta per la sua Ginny e …Cristo il bambino…Anche il figlio che aspettava era…

Draco tirò un calcio contro al muro, meglio che poté data la sua posizione. Lanciò un urlo digrignando i denti. Aveva freddo. Addosso aveva solo i pantaloni e le scarpe. A terra stava la parte di sopra ella sua tuta. Probabilmente l’avevano tolta per prendere la bacchetta. E non avevano certo pensato che avesse freddo.

D’un tratto la porta si spalancò ed un uomo entrò nella cella. Era alto, dovette chinarsi per non sbattere la testa nello stipite della porta. I suoi capelli color platino erano lunghi, ed erano pettinati per rimanere dietro la nuca. Un lampo. Draco per un momento vide il suo volto. Troppo poco per capire chi fosse. Ma non gli sfuggì una cicatrice poco sopra l’occhio destro. L’uomo avanzò zoppicando e raggiunse il prigioniero, si fermò ad osservarlo un lungo momento.

“E’ un piacere rivederti, figliolo” Lucius Malfoy lo salutò con un inchino. Suo padre. Davanti a lui c’era suo padre. Non l’aveva più visto per anni, ma a quanto pare non era uscito neanche lui indenne dalla loro lotta prima di abbandonarsi.

“E’ stata una sorpresa vedere tornare Jail con te sulle spalle, come prigioniero. Due piccioni con una fava” sorrise divertito Lucius, e si girò facendo comparire una sedia con un colpo di bacchetta.

“Ti farò pagare anche questa, bastardo! Vendicherò Ginny con la tua morte, questa volta!” urlò Draco tirando le catene in direzione del padre. Lucius si voltò e osservò con occhi spalancati il figlio.

“Già…sarò curioso di vedere come. Non che non creda alle tue potenzialità, figliolo, ma vedi” sorrise debolmente mentre estraeva da sotto la veste la bacchetta di Draco “la tua attuale posizione mi spinge a pensare che le tue possibilità, ora come ora, siano piuttosto basse” Lucius si sedette sulla sedia.

“Ma non ti preoccupare, figliolo” continuò “avrai la tua parte in questa storia. Dopotutto, ci vuole qualcuno che tradisca il ministero, e chi può farlo meglio se non Draco Malfoy, figlio del grande mangiamorte Lucius Malfoy”

“La maledizione Imperio non funziona con me, te lo ricorderai, vero?” disse pungente Draco fissando la cicatrice che sfigurava il volto del padre.

“E tu credi che esista solo la maledizione Imperio per poterti obbligare a fare quello che vuoi? Se sempre stato troppo chiuso di mentalità, caro Draco. Esistono altri metodi”

“Al ministero controlleranno. Fanno sempre dei controlli per vedere se qualcuno è sotto l’influsso di un incantesimo e quale. Non passerete i controlli del ministero, mi bloccheranno e mi aiuteranno” disse Draco con aria di sfida.

“Può darsi di sì, o…anche di no. Chi lo sa? Se sei tanto convinto, qual è il tuo problema? Alla fine, secondo quel che dici, l’avrai vinta tu. Non ti preoccupare, allora” Malfoy padre si alzò e si avvicinò all’uscita.

“Aspetto con ansia la tua vendetta” disse girato di spalle mentre usciva dalla prigione. La sua voce trapanò il cervello di Draco. Aveva ragione, come avrebbe potuto liberarsi da lì senza aiuto? Era nei guai. Guai seri. E avrebbero corso seri rischi anche i ragazzi al ministero. Doveva andarsene quanto prima. La porta si richiuse con un tonfo sordo, lasciando Draco ancora solo con la sua frustrazione.

*****

Ron era agitato. Aveva affrontato mostri terribili. Aveva subito allenamenti durissimi con Malfoy. Aveva visto la morte in faccia per non sa neanche quante volte. Ma era comunque agitato. Stava per fare qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua. Il primo appuntamento. Con la ragazza che amava, Hermione. Aveva passato tutto il pomeriggio a cambiarsi d’abito, a pettinare la sua chioma che non voleva saperne di stare come decideva, a preparare la serata e, soprattutto, a fantasticare sulla sua bella Hermione. Molly, ora a casa da quando Ron si era svegliato e Fred era uscito dalla sua camera per stare in ospedale, guardava divertita e con un pizzico di emozione suo figlio tanto indaffarato a prepararsi e a correre su e giù per casa come se non avesse pace. Ma la verità è che Ron, in effetti, non aveva pace. Pensava continuamente a quello che avrebbe detto o fatto quella sera. E come lei avrebbe reagito. Ormai lei sapeva che la amava, quindi il più era già stato fatto. Ora bastava dimostrarlo, già fosse semplice. Ma il suo piano era perfetto, non poteva fallire. Verso le sette finì di prepararsi (Questi capelli, però non mi convincono…) e uscì di casa rasato, profumato e con un mazzo di fiori azzurri in mano. Il suo colore preferito. Non rose, però. Erano banali, e potevano essere fraintese. Fiori comuni, Ron non sapeva neanche che tipo di piante fossero. Ma era importante? No di certo. Guidò la nuova macchina comprata, e incantata, da suo padre fino a Londra e raggiunse la villetta di Hermione. Non era mai stato a casa sua. Proprio un bel posto. Il viale alberato fuori casa dava a tutta la zona un’atmosfera magica. I lampioni in stile ottocentesco mantenevano quell’aria nobile alla strada, nonostante l’abbondare di antenne e parabole sui tetti delle villette. Si diresse verso la porta dei Granger, non fece in tempo a suonare che la madre di Hermione aprì la porta.

“Ciao Ron. Entra pure. Ti ho visto arrivare dalla finestra” chiuse la porta alle sue spalle, dopo che il ragazzo entrò “come siamo eleganti stasera. Vuoi far colpo su qualcuno?” chiese con finta curiosità ed un poco di malizia al ragazzo.

“Eh? Bhè ecco, no, cioè sì…però sa com’è…” rispose nervosamente Ron.

“Stai tranquillo, Hermione è tutto il giorno che gira per casa a prepararsi. Adesso è su, te la vado a chiamare” la signora Granger sparì al piano di sopra. Hermione era agitata? Anche lei? Wow, forse poteva davvero essere una gran serata quella. Ron attese con calma… no, non con calma, era agitato come non mai, che Hermione scendesse ed infine, vederla spuntare sulla cima delle scale, valse tutta l’attesa. Non poteva definirla una ragazza, quella era un angelo. Banale forse da pensare, ma Ron non poteva collegare quella splendida fanciulla al mondo terreno. Doveva per forza essere un angelo. Indossava uno splendido abito da sera color crema pallido. Le lasciava scoperta la schiena e le spalle e faceva vedere tutte le sue forme ben definite. Dal bordo della gonna, che arrivava fino ai piedi, salivano ai guanti dei veli, intonati con l’abito, che rendevano quella ragazza la cosa migliore capitata a Ron fino ad ora. I capelli erano raccolti e fermati con una spilla, due corti boccoli le scendevano ai lati del viso fino all’orecchio. Al collo la collanina che aveva ricevuto come regalo di natale il quarto anno di scuola. Ron ricordava ancora la sua gioia alla vista di quel regalo. Glielo aveva fatto lui. Un trucco leggero concludeva quella visione a cui Ron si doveva ancora abituare. Infatti, Hermione scese le scale e raggiunse il ragazzo ancora imbambolato a fissarla con i fiori in mano.

“Ciao, Ron. Quelli sono per me?” chiese retoricamente lei.

“Ah? Eh…sì, sono…un pensiero,…eeeeh, sì sono per te” rispose confuso Ron, che ancora la fissava incantato. Hermione li prese e ringraziò afferrò la borsetta e si infilò la giacca. Ron ancora non si era mosso.

“Ron…mi spaventi. Stai bene? Se vuoi rimandiamo” a quelle parole Ron sembro ridestarsi dal suo lungo imbambolamento.

“No!” quasi gridò “Cioè, non importa. Sto bene, ero solo un po’…confuso, ecco” e aprì la porta alla ragazza facendole strada verso la macchina. In quel momento fu contento di aver fatto schiantare la vecchia Ford sul platano picchiatore. L’Opel Tigra era molto più adatta a quel genere di occasione. Con le modifiche del signor Weasley, dopotutto, portava più di un furgone da trasporto. Salirono in macchina e raggiunsero il ristorante babbano che Ron aveva prenotato. Tutto filò liscio e si sedettero ad un tavolo vicino ad una finestra che dava sul Tamigi. Ordinarono con calma, senza fretta, ed iniziarono a parlare fra di loro.

“E’ veramente bello questo posto, Ron” disse lei con un sorriso “molto accogliente e intimo”

“T-ti piace davvero? Sono contento. Non sono un grande conoscitore di ristoranti babbani. Questo lo conosco perché…bhè insomma è quello dove i miei genitori si sono …f-fidanzati…”

“Oh! Che cosa romantica!” disse Hermione entusiasta “E tu sai come è andata?”

“Eh? S-sì, certo…mio padre ha preso la mano di mia madre” intanto Ron afferrò dolcemente la mano di Hermione sul tavolo “e l’ha guardata negli occhi…”

Uno sguardo intenso si accese fra i due.

Ron la fissava come se non l’avesse mai vista prima d’ora, come se fosse il tesoro più prezioso del mondo e non avesse il coraggio di prenderlo tutto per se.

Hermione lo guardò con occhi dolci, fissando quel ragazzo dalla chioma rossa che non aveva mai visto realmente per quel che era.

“E…?” chiese lei con un sussurro.

“E poi …lui accarezzo la sua mano e le disse “Guarda, il Tamigi stasera è più bello del solito. Deve essere perché fa specchiare una così bella ragazza sulle sue acque”…poi afferrò la bacchetta e…” Ron estrasse la bacchetta, senza farsi notare dai presenti in sala. La puntò sulla superficie del fiume dove si specchiavano entrambi e l’agitò lievemente. Le stelle che si riflettevano sull’acqua scura cominciarono a muoversi fino a cerchiare l’immagine di Hermione che pareva ancora più bella circondata dagli astri luminosi. Piano, poi, le stelle si allontanarono da lei per formare una scritta sul pelo dell’acqua Ti amo mia dolce Hermione. Hermione fissava allibita quello spettacolo di luci sul fiume, poi tornò a fissare Ron davanti a lei. Era visibilmente imbarazzato per quello che aveva appena fatto e la fissava come poco prima, mentre lei cominciava a prendere colore per la situazione venutasi a creare.

“E…e tu?” chiese con poco più di un sussurro Ron.

“Io?…Io…io credo, credo che…sì?” rispose lei imbarazzata.

Hermione fissava le loro mani che erano ancora unite in un gioco di carezze reciproche. Ron mise la mano sotto il mento della giovane e lo sollevò finché i loro sguardi non si incontrarono. Le fissò i profondi occhi color nocciola mentre, lentamente, si avvicinava a lei. Hermione, per quanto possibile, si avvicinava ancora più lentamente, come se fosse timorosa di qualcosa. Con la mano libera scansò un fiore pendente dal vaso sul tavolo che divideva i loro corpi. I loro volti. Le loro bocche. Chiusero gli occhi entrambi. Le loro labbra si unirono, timidamente, e si allontanarono subito. Ancora si avvicinarono per incontrarsi ancora, questa volta per più tempo. Come calamitate, ancora una volta, si baciarono senza esitare, per poi prendere ancora distanza. Finalmente, meno timorosi, piegarono entrambi la testa di lato e aprirono le loro labbra durante quell’ultimo bacio. Le loro lingue cominciarono un gioco di esplorazione reciproca, trattenendosi per più o meno tempo nella bocca dell’altro. Dopo un tempo che ad entrambi sembrò troppo breve, si divisero e riaprirono gli occhi osservandosi a vicenda.

“Wow…” biascicò Ron senza fiato.

“Già…” rispose lei incantata del suo sguardo.

Non erano più imbarazzati, ora. Erano innamorati. I clienti del locale guardavano i due giovani con espressioni scandalizzate, ma anche divertite nel vedere due giovani innamorarsi.

Dopo cena fecero una romantica passeggiata lungo il fiume, abbracciati l’un l’altra come una cosa sola. Passarono attraverso il parco e raggiunsero l’automobile parcheggiata lì vicino. Ron la riaccompagnò a casa in orario, come prestabilito con il signor Granger (“Mi raccomando Ron, a mezzanotte in punto”), e si salutarono come, ormai da quella sera, era diventata abitudine consolidata. Un bacio. Hermione entrò in casa e Ron si allontanò in macchina. Attivò il turbo invisibile e spiccò il volo alzandosi fino a sfiorare ne nuvole. D’un tratto la macchina picchiò verso il suolo e passò rasente ai campi ed ai prati, come impazzita. Quella notte, gli abitanti di quelle zone, non videro nulla, ma sentirono solo un grido.

“Hermione ti amo! Wooohoooooo!”

11 capitoli! Ho sbaragliato la decade! Sono un figo, lo so…ma lasciamo perdere i viaggi di un pazzo e vediamo di commentare i commenti (si lo so che è stupido, ma dovrò lavorare anch’io, no?): Sunny carissima, so che sono un po’ scemo a commenti finali, ma cerca di capirmi, avevo 38 di febbre…; Eli e Kia, come vedete un po’ di positivo c’è anche in questo capitolo. Me la togliete una curiosità, siete sorelle?; Ice Ice Ice, quanto tempo! E’ bello risentirti. Ho appeso al muro il titolo di “Lord di Bastardisia de Bastardibus”, la mia mamma è così orgogliosa!; Mikan, non faccio soffrire i personaggi! E’ solo che se io ho una vita di schifo, perché gli altri no? Hai un debole per Draco o e una mia idea?; Ron, ti ringrazio! Sappi che io nella tua Fic mi ci specchio benissimo, per quello ho detto che è intensa! Problemi con le ragazze? No preoccuparti! Siamo in due…-_-“; Keijei, piaciuta la versione sborona di Ron? Non ti preoccupare per Ginny…anzi no, preoccupati anche se i morti tali restano…di solito…?

Vabbuò gente io scrivo come un matto e voi RECENSITE RECENSITE RECENSITE!

See you again!!!

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Capitolo 12
*** Un latrato nella notte ***


Lupin stava finendo di leggere una pila di rapporti che, a suo parere, sembravano non terminare mai

Lupin stava finendo di leggere una pila di rapporti che, a suo parere, sembravano non terminare mai. Con la domenica sembravano essersi moltiplicati sulla sua scrivania. Normalmente lavorava anche di domenica, ma era stata piena quella sera. Gli davano sempre tutta la giornata per stare a riposo quando la sera avrebbe dovuto…trasformarsi. Non che gli dispiacesse, anzi, però i suoi altri colleghi non badavano molto al fatto che lui ci fosse o meno. Loro ammucchiavano documenti e fogli sulla sua scrivania, attendendo il suo ritorno. Non potevano sapere che, in realtà, quel giorno al mese in cui non veniva a lavorare al ministero non era per sua volontà. La licantropia era proprio una maledizione. Ma c’era ben poco da fare. Non era ancora stato scoperto un modo per annullarla. Esistevano delle complesse pozioni per rallentarla e diminuirla, ma il dolore che si provava in quei giorni, era comunque fuori dalla norma. Era come sentire una creatura nascere in te. Che spingeva sul petto, in testa. Che non ti permetteva di pensare, di reagire alla situazione. E poi la creatura prendeva il sopravvento. Il tuo ego veniva preso e nascosto nelle profondità del tuo corpo materiale, mentre la bestia prendeva possesso del corpo e lo usava come meglio credeva. Era terribile. Terribile svegliarsi al mattino, nudi, in mezzo ai boschi, lontano da tutto. Già, perché non poteva certo stare in città o vicino ai centri abitati, l’istinto del predatore avrebbe avuto il sopravvento. Grazie a Dio Albus Silente, che già lo aveva aiutato con la sua maledizione quando frequentava Hogwarts, lo aiutava ancora adesso. Era lui che lo andava a riprendere, ovunque fosse, la mattina seguente. Era lui che custodiva il segreto assieme a pochi altri. Ne aveva parlato con il ministro della magia, e lo aveva convinto a fidarsi di Lupin nonostante la sua maledizione. Percy aveva sempre avuto molto rispetto e fiducia nei confronti di Silente, e se lui gli assicurava che non era un pericolo, non avrebbe potuto che fidarsi ciecamente.

Finì di ammucchiare i fogli e si alzò in piedi per sgranchirsi un po’ le gambe. Guardò l’ora. Le nove e un quarto. Aveva fatto più in fretta del previsto. Decise di concedersi un caffè prima di andare a vedere come procedeva l’analisi dell’Elaboratore Spirituale. Doveva anche passare in biblioteca. Altri studiosi stavano cercando di scoprire vie più sicure per risvegliare i ragazzi in coma. Quella che aveva usato Ron era una strada, ma se ogni volta si sarebbero dovuti affrontare gli incubi peggiori di ognuno di noi, la cosa poteva complicarsi notevolmente. Purtroppo non aveva assistito alla cerimonia d’investitura di Ron a Battlemage, ma era più che sicuro che ci fosse così tanta gente ad ammirare “l’eroe dei sogni”, come lo avevano chiamato sulla Gazzetta del Profeta, che il fatto che ci fosse o meno, non si sarebbe nemmeno notato. Infatti fu così, almeno da parte dei giornalisti.

Raggiunse le scale che portavano al piano di sotto, quando vide salire proprio il giovane eroe, tirato a lucido nella sua nuova divisa.

“Ron!” lo salutò Lupin appena lo vide.

“Professor Lupin! Vedo che sta bene, ieri era piena…” disse il ragazzo lasciando intendere a Remus di che parlasse.

“Già… mi spiace di non aver potuto assistere alla cerimonia di investitura. Mi sarebbe piaciuto vederla”

“Non si preoccupi, nulla di eclatante dal, mio punto di vista” disse Ron con un sorriso a trentadue denti “la festa vera e propria la terremo fra due giorni alla Tana. Mamma ha voluto organizzare una cena di “bentornata” a Hermione. Naturalmente è invitato anche lei professore, e…pensavo di chiederlo anche a Ginny e Malfoy”

Lupin spalancò gli occhi dalla sorpresa. Era un cedimento? Ron si era arreso all’evidenza e voleva “comprendere” sua sorella? Troppo bello per essere vero. Decise di indagare di più sulla faccenda.

“Vieni Ron, ti offro un caffè” disse sorridente Lupin, mentre scendeva qualche gradino per affiancarsi al ragazzo.

“Bhè, veramente…sa mia madre, lei cucina come una matta…ma sì, lo prendo volentieri comunque. Grazie” e insieme raggiunsero il piano terra dove stava una bella caffetteria stile primi dell’ottocento. Si sedettero ad un tavolo ed ordinarono due tazze di caffè ad una giovane cameriera vestita come se fosse appena uscita da un film degli anni settanta, come Greese o La febbre del sabato sera.

“E così” disse Remus dopo che la cameriera si fu allontanata “vuoi chiamare anche Draco alla festicciola famigliare?” sottolineò molto quest’ultima parola.

“Pensavo di sì, anche perché così Ginny potrà tornare un po’ di tempo alla Tana. Che Malfoy venga o meno non farà molta differenza” disse queste ultime parole recitando un tono di indifferenza assoluta. A Lupin non sfuggì il modo in cui ne aveva parlato. Sorrise fra se e se. Molto bene. Ron stava cominciando a vedere Draco da un altro punto di vista. Chissà che la famiglia Weasley al completo non cambiasse idea sul biondino più sfortunato del secolo?  Arrivarono i caffè e Ron ne bevve un sorso. Poggiò la tazza sul tavolino di marmo ed alzò lo sguardo fissando un punto alle spalle di Lupin.

“Parli del diavolo…” iniziò a dire piano rivolto al professore che stava ancora sorseggiando il caffè. Draco stava percorrendo l’affollato corridoio, ma fu impossibile non notarlo. I suoi capelli biondo platino e la sua cicatrice lo avrebbero distinto in mezzo a qualsiasi cosa.

“Draco! Ehi Draco. Vieni qua, ti offro qualcosa” lo chiamò Lupin alzando un braccio ed agitandolo per farsi notare. Draco si bloccò in mezzo alla calca di persone che camminavano avanti e indietro. Si girò con uno scatto e raggiunse il tavolo dei due.

“Salve Remus Lupin. Salve anche a te Ron Weasley. State bene?” disse il biondino sorridendo quasi meccanicamente e sedendosi al tavolo con loro.

“Ciao Draco Malfoy. La tua vita ti sorride?” chiese imitando il tono burocratico del ragazzo, prendendolo un po’ in giro. Ron sorrise, ma guardò il pavimento per non farsi vedere. Draco sbatté gli occhi più volte come a svegliarsi e poi fisso ancora Lupin con un espressione più umana.

“Scusami, Remus. Ho avuto qualche problema questo week-end. Sono solo un po’ stanco” disse il ragazzo sfregiato. Ron alzò gli occhi e lo guardò con aria pensierosa. Problemi? Che problemi? Non era neanche venuto alla sua investitura! Sperava che non ci fossero stati guai con Ginny. Se solo tentava di farla soffrire lo avrebbe…

“Allora Ron, non devi dire qualcosa al nostro Draco?” Lupin svegliò Ron dai suoi pensieri e la sua espressione tornò più normale, anche se molto dura mentre fissava il suo maestro.

“Sì, mi chiedevo se Ginny, ed anche tu se non se impegnato altrove, foste disposti a partecipare ad una festa di in onore di Hermione. Sarà alla Tana fra un paio di giorni, verso le sette di sera”

“Io…credo di sì, ma dovrò parlarne con la ragazza…con Ginny, intendo” rispose incerto Malfoy.

“D’accordo…fammi sapere qualcosa, allora” Lupin guardo il suo orologio. Le nove e mezza.

“Caspita ragazzi! E’ tardi, dobbiamo ancora presentarci al controllo settimanale. Speriamo di arrivare in tempo” Lupi si alzò e gli altri due lo seguirono immediatamente.

“Controllo settimanale? Che roba è?” chiese perplesso Ron alle spalle di un Lupin veramente rapido. Schivava le perone come il migliore sciatore, facendo strada ai due ragazzi.

“Un esame magico per controllare che non ci siano incantesimi attivi su chi lavora qui al ministero. Serve per precauzione nel caso di incantesimi di charme o roba più potente come la maledizione Imperio. Se qualcuno agisse sotto il controllo dei mangiamorte e lavorasse qua dentro, sarebbe una spia coi fiocchi. Involontaria ma perfetta. Mi capisci, vero?” Ron annuì. Erano veramente rigidi per la sicurezza lì al ministero. Meglio molto controllo e severità, che il contrario. Soprattutto con la gente che gira per questi posti. Il pensiero corse inesorabilmente al ragazzo che lo seguiva subito dietro. No. Doveva smetterla di pensare sempre male. Ginny aveva ragione. Non poteva fare di tutta l’erba un fascio e bruciarla così com’era. Doveva controllare se fra quell’erba non ci fosse ancora qualche germoglio, capace di ricrescere, se trattato adeguatamente. Doveva credere nella buona fede di Draco. Semplice a dirsi, ma a farsi.

Il terzetto raggiunse la salo di controllo a tempo ormai quasi scaduto. Una ragazza stava già chiudendo la porta.

“Priscilla! Priscilla, aspetta…” Lupin ansimava per la corsa fatta.

“Remus Lupin. Non ti smentisci mai. Mi spiace ma questa volta dovrai aspettare. Non posso fare sempre eccezioni solo per te” la ragazza squadrò Lupin con una sguardo accusatore mentre batteva nervosamente il piede a terra. In quella posa, a Ron tornò alla mente Hermione. Sembravano avere lo stesso atteggiamento.

“Ti prego, ti prego, ti prego! E poi non sono solo questa volta! Anche loro devono fare il controllo” ed indicò i due ragazzi alle sue spalle. Priscilla spalancò gli occhi.

“Ma…tu sei Ron Weasley! “L’eroe dei sogni”! O mio Dio le mie amiche non ci crederanno mai! E va bene, per questa volta vi faccio passare, ma che sia l’ultima, Remus” riaprì la porta e fece entrare il terzetto lanciando occhiate torve a Lupin, e sguardi di ammirazione  a Ron. Draco entrò per ultimo e chiuse la porta alle sue spalle.

“Va bene mettete queste e succhiate forte il bastoncino” passò ad ognuno dei tre due braccialetti, una fascia ed una stecca di legno simile a quelle dei ghiaccioli, ma molto più pesante. Ron guardò meglio la giovane Priscilla. Aveva veramente un bel corpo. Capelli biondi e ricci, occhi chiari (non capiva se grigi o azzurri) e due labbra carnose. Indossava una divisa da infermiera con gonna, tutta bianca, completa di cappellino da crocerossina, solo che sopra, invece che una croce rossa, vi era il marchio del ministero della magia. La ragazza si chinò a prendere la bacchetta da un carrello in acciaio.

“Però, hai messo su qualche chilo o sbaglio?” la punzecchiò Lupin fissandole il fondoschiena. Lei si rialzò di scatto e lo fissò con occhi infuocati.

“Fatti i fatti tuoi, Remus. E mettiti in bocca quella stecca, prima che te ne infili in gola una io” e si avvicinò all’uomo che ora stava a braccia aperte, sorridente, con in bocca la stecca.

Probatur” recitò, e i braccialetti e la fascia iniziarono a brillare. Dopo qualche secondo le luci si spensero e Priscilla estrasse dalla bocca di Remus la stecca, la osservò un attimo.

“18%. Sei a posto Remus, puoi andare. Anche se non ha mai capito perché la tua percentuale è così alta. Ma dai piani lati dicono che va bene così…non voglio sapere nulla” poggiò la stecca sul carrello di acciaio e ripeté la procedura con Ron.

“6%. Se a posto anche tu. Togliti tutto e appoggia lì sopra. Ed ora il caro Draco. Sta bene Ginny?” chiese Priscilla.

“Mmh?….Mm mm” mugugnò il biondino annuendo con la testa.

Probatur” le luci si accesero sui polsi e sulla fronte di Draco, sembrò durare più del solito, ma infine si spensero anche le sue. Priscilla prelevò la stecca e spalancò gli occhi.

“9%! Draco, non è mai stato così alto! Sei stanco ultimamente? Potrebbe essere per quello sai?” disse amorevolmente la ragazza.

“Sì, …è un periodo un po’ brutto…” rispose il ragazzo, mentre si toglieva e sensori da polsi e fronte.

                                                  *****

Sentiva male ovunque. La testa più di tutte. Aveva fame. Il suo stomaco brontolava rumorosamente. Un rumore continuo proveniva dalla sua destra. Era ritmato ed aveva pause veloci che lo rendevano piacevole da ascoltare. Il rumore terminò. Lo sentiva allontanarsi. L’odore antico dell’ambiente arrivò alle sue narici. Un odore di polvere e di vecchio. Starnutì forte. Si maledisse. Non sapeva dov’era e come mai era lì,  e farsi sentire con uno starnuto non parve l’idea miglior. Lo scricchiolio del pavimento si avvicinò a dove era, seguito da rumori sordi di passi pesanti. Chiunque si fosse avvicinato, doveva indossare delle scarpe molto pesanti, anfibi forse, o essere una persona di buona stazza. Lo sentì chinarsi verso il suo viso e togliergli la benda che copriva i suoi occhi.

Ginny sollevò piano le palpebre, era notte ma la poca luce che c’era le dava fastidio. Sirius Black le sorrise.

*****

Una mano veloce bloccò l’avanzare del pugnale verso il ventre di Ginny. Poi la mano girò di scatto su se stessa spezzando il polso del malcapitato. Un urlo squarciò il silenzio della strada. Il pugnale cadde a terra e tintinnò forte.

“Che maleducato! Aggredire una signorina indifesa in pieno giorno” il ginocchio di Sirius colpì lo stomaco del mangiamorte deforme che si piegò in due dal dolore.

“Io la feccia come te proprio non la sopporto…oggi in particolare” Black afferrò con entrambe le mani il poveretto piegato su se stesso e lo lanciò sul marciapiede qualche metro avanti. Quello atterrò con un tonfo ed un grido di dolore e cercò, subito, di alzarsi. Sirius si girò verso Ginny ancora sorpresa da quello che era capitato.

“Ciao Ginny. Stai bene piccola?” chiese con fare paterno ed occhi apprensivi. Lei annuì mentre lo fissava, e fissava anche il mangiamorte dietro di lui.

“Ora scusami, devo finire di spiegare una cosa a questo simpatico signore. Potresti girarti ed andare a ripararti dietro quell’albero” indicò una albero poco lontano, e Ginny fece come le era stato detto. Black si voltò verso il suo nemico, il suo sguardo tornò duro e freddo. I suoi capelli neri ,tagliati corti di alto e più lunghi sopra, esprimevano pienamente l’ira che provava in quel preciso momento. Con uno scatto in avanti raggiunse il mangiamorte e lo colpì ancora allo stomaco con un pugno ben assestato. E quello volò ancora all’indietro. Sofferente, si rialzò traballando.

“S-Sirius Black…eri scomparso! Come cavolo hai …non ha importanza. Io sono qui per portare a termine una missione” e guardò Ginny nascosta dietro l’albero “e la porterò  a termine. Per il Signore Oscuro!” il mago estrasse la bacchetta e la puntò verso Sirius.

Crucio!” l’aria si increspò e colpì il corpo di Black…o no? Black non era già più lì. Non sapeva come e neanche quando, ma in meno di cinque secondi il suo avversario era scomparso da di fronte a lui. Il mangiamorte si guardò intorno perplesso e spaventato. Fece la cosa più ovvia da fare. Corse verso l’albero dove stava nascosta la ragazza. Bacchetta in pugno era pronto ad eliminarla. Raggiunse la chioma dell’albero e Sirius Black gli piovve addosso. Da un ramo scese veloce sul suo avversario e lo scaravento a terra assieme a lui. Si rialzarono entrambi. E si fissarono per un lungo attimo. Sirius chiuse in un pugno la mano sinistra e la unì al palmo di quella destra all’altezza del suo petto. Chiuse gli occhi e cominciò a recitare, in una lingua che né Ginny né il mago oscuro comprendevano, una serie rapida di parole. Di colpo si fermò e spalancò gli occhi fissi sul suo avversario.

Alohan Hakete Namusho!” dalle sue mani partì una scarica elettrica simile ad un fulmine che centrò in pieno il mangiamorte. Con un ultimo urlo volò via, con una doppia capriola all’indietro, e si schiantò contro un albero che tremò all’impatto.

“E’ fatta” disse piano Sirius prima di girarsi e cambiare nuovamente espressione.

“Tutto bene, Ginny?” timidamente la ragazza si alzò da terra e raggiunse il suo salvatore. Nonostante il colore dominante di Sirius fosse proprio il nero, colore che Ginny riteneva triste e malinconico, lei lo fissò con sguardo perso, come se fosse un regalo inaspettato.

“Sì…” rispose lei. Aveva domande. Aveva troppe domande da fare. Perché era lì? Che voleva quel tizio, dal sorriso che uccide, da lei? Come sapeva Sirius che lei fosse in pericolo? Le domande le annebbiarono il cervello, e non si accorse che il mago oscuro non era stato ancora sistemato del tutto.

Avada Kevadra” disse con un filo di voce il mangiamorte con la bacchetta puntata verso la giovane Weasley. La scia verde corse verso i due. Sirius di scatto si girò, sorpreso di sentire ancora la voce del mago che credeva morto e sepolto. Alzò una mano e disse una parola che nella confusione neanche Ginny che gli era accanto riuscì a comprendere. La bolla verde rallentò un attimo prima del braccio di Sirius. Poi proseguì, colpendola in pieno.

*****

“Sirius! O mio Dio! Ma che è successo? Dove siamo? Come hai fatto a…Oh, Sirius che paura che ho avuto!” strinse forte il corpo di Black seduto sul bordo del letto accanto a lei. Le accarezzo i capelli mentre cominciava a piangere, sfogando la tensione accumulata.

“Va tutto bene ora. Tranquilla. Nessuno ci farà del male qui” Ginny si allontanò e lo fissò per un attimo.

“Qui? Dove siamo Sirius? Perché non mi hai portato a casa?” chiese lei con gli occhi lucidi.

“Era troppo pericoloso. Sarebbero tornati. Siamo a Chinatown. E’ uno dei miei tanti nascondigli sparsi per Londra”

“Perché qui? Potevi avvertire Ron, e Draco…o mio Dio! Draco! Dov’è? Lui non sa della tua innocenza! E non sa che io sono con te! Sarà disperato…”

“Sono tornato a casa vostra la sera stessa, Ginny. La porta era aperta e di Draco nessuna traccia. Credo che fosse uscito da poco per cercarti. Non l’ho più trovato neanche i giorni dopo” lei si allontanò e lo fissò ancora.

“I giorni dopo? Sirius da quanto tempo sono qui?” chiese lei con una vena di meraviglia nella voce.

“Oggi è lunedì sera. Venerdì ti ho portato via dal parco. Hai dormito per tre giorni. E’ normale dopo quello che è capitato. Cara mia ti sei presa un Avada Kedavra in pieno! Fortunatamente il mio scudo magico a bloccato parzialmente il colpo che ti ha solo stordito e resa cieca per un po’. A proposito, ci vedi bene ora?” chiese serio Sirius.

“Io…sì, la luce mi da un po’ fastidio ma va bene, grazie” Ginny aprì gli occhi come per confermare quel che aveva appena detto.

“E’ normale, la fascia imbevuta con una speciale pozione ti ha protetto dalla luce”

Cadde il silenzio fra i due. Ginny prese la parola.

“Sirius come…come facevi a sapere che ero in pericolo?”

“Io…bhè, ti ho seguito in questo ultimo anno” la ragazza sbiancò.

“Mi hai spiato per un anno!? Sirius Black, che razza di uomo sei? Un maniaco?” l’uomo sembrava allarmato.

“No, no. Non è come pensi. Vedi…è un patto”

“Un patto?”

“Esatto, un patto. Vedi, quando Harry è morto” Sirius si bloccò un momento per vedere la reazione della ragazza all’argomento “Harry”, ma non sembrò scomporsi più di tanto “dicevo, quando Harry è morto io e Remus abbiamo fatto un patto. Avremmo protetto gli amici di Harry dai pericolo di questi tempi bui. E gli amici erano tre: Ron, Hermione e tu, cara Ginny”

“Io? Perché anch’io? Io non era un amica io…”

“Eri la sua fidanzata. Ti voleva bene, non avrebbe permesso che ti venisse fatto alcun male. Non ti preoccupare, nessuno ti giudica per la decisione di vivere con Draco. E’ un bravo ragazzo, lo so. E dovrebbero capirlo anche quegli zucconi dei tuoi genitori” disse con un sorriso ed una carezza ai capelli della giovane. Ginny era comunque imbarazzata.

“Sirius allora tu sai…del…” chiese lei timidamente.

“Che sei incinta? Sì, lo so. Credo che Phoebe sia il nome migliore, se femmina” rispose sempre sorridendo. Sirius ormai sapeva più di lei più di quanto ne sapesse se stessa. Ma non lo incolpava per questo. Lo aveva fatto a fin di bene. Anche se l’aveva spiato per tanto tempo, lo aveva fatto per proteggerla. E poi lui la capiva. Capiva che era innamorata di Draco. Capiva che erano i suoi genitori a sbagliare, non lei. Capiva che sentire ancora parlare di Harry la infastidiva. Harry…Come poteva? Non poteva dimenticare Harry Potter. Non era certo colpa sua se era morto nell’assalto di Hogwarts. Dopotutto lei lo amava, anni prima. Ne era proprio cotta. Quando si lasciarono per lei fu un brutto colpo. Senza motivo Harry decise di mollarla. Così, come se fosse normale amministrazione. Ci soffrì, si arrabbiò e lo mandò al diavolo. Decise di non vederlo più per tutte le vacanze di natale. Invece, non lo vide mai più. Mai più. Basta pensare la passato. Ora era una nuova Ginny. Ed era Draco il suo amore. Il dolce Draco. Insieme avevano superato l’ostacolo di Hogwarts. Insieme avrebbero superato qualsiasi ostacolo la vita gli parasse davanti. Insieme. Ma ora dov’era Draco. Neanche Sirius lo aveva più visto.

Si girò a guardare Sirius.

“Devi fare una cosa, Sirius: Chiedi a Lupin se ha visto Draco. In questo modo sapremmo se sta bene” Black divenne serio e assentì col capo.

“D’accordo, la chiederò a Remus. Ma sappi che non l’incontrerò prima di mercoledì. Non posso farmi vedere troppo in giro. Capisci vero?” Ginny annuì con la testa.

“Va bene. Intanto rimaniamo qua. Ho comprato del cibo per noi. Spero che ti piaccia. C’è soprattutto roba cinese, qui” l’uomo aprì una sporta piena di pasti precotti e roba simile.

“Va benissimo. E poi siamo in due, qua” ed indicò il ventre con la mano “a dover mangiare. Buon appetito”

Insieme si sedettero sul letto e iniziarono a cenare.

Questi capitoli sono come i Cavalieri dello Zodiaco! 12! (vabbè sta battuta faceva merda….). Bando alle ciance, ciancio alle bande ne ho finito un altro? Siete tranquilli ora? Sì? Fate male! Draco sta ancora …ma non voglio svelarvi nulla! Ringraziamo: Eli e Kia, ormai lettrici di fiducia, (bacio le mani) che ora dovrebbero aver risposto ad alcune delle domande che le assillavano!(Forse…); Mikan, che d’ora in poi chiamerò amante di Draco che preferisce alla gogna la coppia R/H che G/D, ti capisco, anch’io non amo quando tutto va troppo bene…;Anja! La mitica Anja, corrispondente dalla lontano Inghilterra! Zenchiù so macc for iour inglish translescion!; Mikisainkeiko, non preoccuparti per la recensione, solo una cosa posso chiamarti Miki? (ho dovuto fare copia incolla per il tuo nome…); ed ultimo, ma  per NIENTE meno importante (Rullo di tamburi…..vrrrrrrrrrrrrr, SDENG!) ICE!!!! (applausi) che aspetta con ansia questo capitolo. Non so quando lo leggerai, ma qui  a Bologna (Italia) sono le 20:33.

Ps   festeggiamo tutti con gioia la dipartita di ieri sera di quell’idiota dell’UOMO GATTO!!!!! E’ stata la puntata più bella di Sarabanda che abbia mai visto (lacrime agli occhi….) Vabbuò gente per il prox capitolo….quanto prima, ma non aspettatevi miracoli del genere ogni sera!!

See you again!!!!!

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Capitolo 13
*** Sospetti ***


Ron era veramente stanco

Ron era veramente stanco. Aveva passato tutto il giorno ad allenarsi. Lottare per ore nella palestra contro tutti quelli che incontrava. Tutti volevano sfidare il nuovo eroe del ministero. Non che gli dispiacesse essere così popolare, anzi, aveva cercato la fama fin dal tempo di scuola, e con Harry Potter accanto era difficile essere notati. Ora, però, era lui la celebrità. C’era poco da fare, gli piaceva da matti che tutti lo riconoscessero e lo salutassero mentre camminava per strada. Avrebbe saltellato per la gioia, ma la compostezza, prima di tutto. Era tutto perfetto. Hermione lo amava. Fred si stava riprendendo. George da lì a poco si sarebbe svegliato, se tutto andava come preventivato. E poi Ginny. Avrebbe rivisto Ginny quella sera. Si sarebbero chiariti e avrebbero fatto pace. Aveva sbagliato a trattarla così, e lo sapeva bene. Anche se non stravedeva per Draco, lei era sempre sua sorella. Avrebbe accettato le sue scelte e, in caso di guai, la avrebbe aiutata al meglio, come aveva fatto fino ad ora. Si doveva sforzare a pensare a Draco come ad una nuova persona, non come l’odioso Serpeverde che non perdeva occasione per distruggere la fragile felicità sua e dei suoi amici. Come pensava spesso quando affrontava l’argomento Ginny e Draco, facile a dirsi, ma a farsi.

Stava finendo di asciugarsi subito dopo la doccia. Aprì il suo armadietto e cominciò a cercarci dentro il necessario per prepararsi. Una voce lo chiamò e subito distolse l’attenzione dalle sue cose per vedere chi fosse.

“Ciao Weasley. Stasera ci vediamo a casa tua” Draco lo salutò con la mano, mentre finiva di allacciarsi l’ultimo bottone della divisa.

“D’accordo. Vedi d’essere puntuale. Mamma ci tiene a questo ritorno dopo tanti anni” e guardò Draco con uno sguardo che lasciava ben poco spazio alle repliche.

“S-sì, arriveremo puntuali. Non preoccuparti” e detto ciò uscì dallo spogliatoio lasciando Ron solo a vestirsi. Draco era strano. Sembrava che dopo la sua trionfale missione avesse più rispetto per lui. Un rispetto quasi reverenziale. Altri la potrebbero definire paura. Ma perché? Draco non si era intimorito mai davanti a nulla negli anni precedenti. Aveva rinunciato al suo nobile lignaggio famigliare per amore di Ginny. E poi ultimamente era sempre stanco. Ogni giorno sempre di più, come se di notte non dormisse. Non che le cose da fare di notte fossero molte, sapendo di avere in giro per casa una giovane e procace ragazza disposta quasi a tutto…ma per quasi una settimana di fila? Beata gioventù, però…c’è un limite a tutto. Ma c’era poco da recriminare. Sotto quell’aspetto della vita le esperienze di Ron erano pari a zero. Bhè, semmai qualche punto con qualche ragazza a scuola lo aveva anche segnato, ma mai in modo… completo, diciamo. E sperava di raggiungere l’agognato risultato con la ragazza che amava. Dolce Hermione. Senza sforzo, sia chiaro, ma se lei avesse mai, in futuro, espresso un tale desiderio, Ron sarebbe stato più che felice di esaudirlo. Sarebbe stata un’esperienza nuova per entrambi. E si sentiva abbastanza pronto. Forse. Non prontissimo. Diciamo che sapeva come funzionava. Forse. Non era poi complicato! Erano cose che insegnavano in tutte le scuole. Non i professori, certo, ma gli studenti più grandi. Non se la vedeva proprio la McGrannit cominciare a parlare di sesso e riproduzione davanti a tutta la classe. Imbarazzante. Probabilmente anche poco chiaro. Cioè, il sesso è una cosa che uno deve provare a fare d’istinto, con una minima conoscenza acquisita, è l’esperienza personale che poi ti forgia. Sì, proprio così. Forse…

Ron finì di prepararsi e ripose la tuta d’allenamento e gli asciugamani sporchi nella sacca. Chiuse l’armadietto afferrò la sacca e si diresse verso l’uscita. Ma sulla panca c’era un’altra borsa. E le lettere D e F erano ben visibili su entrambi i lati della sacca. Draco l’aveva dimenticata lì. Era veramente strano in quel periodo. Uno attento come lui non si sarebbe mai scordato la borsa nello spogliatoio. Ma dopotutto lo diceva da tre giorni che non era la pieno della forma.

Stanco e con la testa altrove pensò Ron mentre si avvicinava per afferrare la sacca del biondino.

Gliela darò stasera. Anzi, fra mezz’ora. Caspita come si è fatto tardi! Guardò l’orologio e corse verso l’uscita dell’edificio. Salì sulla sua scopa e volò rapido verso la Tana. Non poteva ancora smaterializzarsi. Non aveva dato l’esame. Sia lui che Hermione si stavano preparando per bene. L’indomani avrebbero passato il pomeriggio ad imparare l’arte della smaterializzazione. La ragazza era tutta eccitata, dopotutto imparare le cose e studiare era il suo passatempo preferito. A dir la verità Ron, il giorno dopo più che a studiare, voleva passarlo assieme a lei come fidanzata e non come compagna di corso. Sapeva che sarebbe stata dura convincere Hermione a fare qualche pausa per scambiarsi qualche coccola affettuosa, ma tentar non nuoce. Forse…

Raggiunse la tana in poco meno di venti minuti. Era andato davvero forte, nonostante la scopa usata per il viaggio fosse una Comet. Harry ne sarebbe stato stupito. Atterrò piano in cortile e ripose la scopa nell’armadio lì fuori, fatto apposta per conservare i manici in attesa d’utilizzo. Un po’ come un appendiabiti. Entrò in casa e salutò a voce alta.

“Ciao a tutti io sono in casa!” Molly Weasley stava finendo di preparare il tavolo per la cena. I Granger erano già arrivati e parlavano animatamente con i signori Weasley. Arthur Weasley assillava il povero signor Granger chiedendogli continue delucidazioni sull’utilizzo degli Areopanni e sulle differenze fra un cavo elettrico e un laccio da scarpa. Si girarono tutti e quattro al saluto di Ron.

“Ron! Insomma abbiamo ospiti! Cerca di essere un po’ più civile” lo rimbeccò con poca serietà Molly.

“Scusate…ma Hermione è già arrivata?”

“Sì, è al piano di sopra …con tua sorella e la sua dolce metà” disse con un sorriso forzato Arthur girandosi poi verso il padre di Hermione e alzando visibilmente i sopraccigli in segno di stizza. Lui i Malfoy non li aveva proprio mai potuti digerire. Se per Ron era uno sforzo notevole sopportare la situazione, figurarsi per suo padre.

“Il professor Lupin?” chiese ancora Ron mentre si liberava del pesante cappotto e si sistemava le maniche della divisa.

“Se non l’hai sentito tu, caro, noi sappiamo solo che dovrebbe arrivare in orario” le rispose la madre ora impegnata e rimestare una marmitta piena di spezzatino. L’odore in quella cucina avrebbe risorto anche i morti da quanto era delizioso. Ron era proprio contento di essere di nuovo a casa. Come se fosse stato tutto preventivato da forze maggiori, Lupin comparve nel cortile della Tana e si diresse verso l’entrata.

“Buonasera a tutti. Oh, i signori Granger. State bene spero. Hermione è con voi?” la risposta della signora calcò la precedente data a Ron da suo padre, anche se lei non provò lo stesso disgusto a parlare del biondino. Anche perché lo chiamò più familiarmente “Draco”.

“D’accordo…allora, mentre lascio voi “adulti” ai vostri discorsi, io semmai vado di sopra a salutare gli altri. Con permesso” e Ron si congedò salendo i gradini due a due. Era da tre giorni che non vedeva Hermione. A lui sembrò una vita tutto quel periodo senza lei. Soprattutto dopo quello che era successo. Pensò al da farsi mentre saliva le scale. Forse era meglio non essere troppo possessivi nei suoi confronti. Forse sarebbe stato meglio trattarsi come al solito di fronte a gli altri. Si sarebbe imbarazzata, probabilmente. Concluse che era l’idea migliore e decise di metterla in pratica. Un po’ gli dispiaceva, però. Era troppo innamorato per comportarsi in quella maniera. Forse non era una grande idea. Forse lei avrebbe preferito diversamente. Forse…

Spalancò la porta della camera di Ginny e li trovò tutti e tre sul letto intenti a sfogliare vecchi album di foto scolastiche. Ricordare i bei vecchi tempi di Hogwarts con delle foto non era fra i piani di Ron per quella sera. Decise di lasciar perdere e di unirsi a loro. Hermione, appena entrò, saltò giù dal letto e gli corse incontro sorridente.

“Ciao soldato” disse affettuosamente lei mentre gli metteva le braccia intorno al collo e gli stampava un bacio a timbro sulla bocca. Ron arrossì e la fissò ad occhi spalancati. Dopotutto non era così preoccupata della reazione degli altri nel vederli così uniti. Rimase comunque travolto dall’esuberanza della ragazza, e lei se ne accorse. Tolse le braccia dal suo collo e gliele passò sulle spalle come se volesse togliere un po’ di polvere, poi si rimise seduta sul letto lasciando un posto per lui accanto a lei. Forse aveva un po’ esagerato. Forse sarebbe stato meglio andarci un po’ più con calma. Forse Ron preferiva non far vedere che loro stavano insieme a tutti i presenti. Forse…

Ron si sedette accanto alla ragazza bruna e cominciò a guardare l’album di foto. Hogwarts, terzo anno. Erano foto dove comparivano un po’ tutti i Grifondoro intenti a divertirsi ad Hogsmade. In una foto Ron faceva finta di strozzare Seamus per avergli appena tirato addosso una caccabomba. In quella dopo Hermione e Ron sorridevano davanti ad due bicchieri di burrobirre seduti ad un tavolo de I tre manici di scopa. Erano venuti proprio bene in quella foto. Sarà che ora erano l’uno cotto dell’altro, ma non riuscivano a pensare a quanto fossero una coppia perfetta. Ginny si divertiva a commentare, anche se lei ancora non compariva nelle foto. Ad Hogsmade potevano andare solo quelli dal terzo anno in su, e Ginny era la più piccolo lì in mezzo. Gli ambienti cambiarono, finalmente. Il giardino di Hogwarts era ora ben riconoscibile dallo sfondo delle foto. Ginny sorrideva solitari al centro di una foto, facendo il segno della vittoria con la mano. Nella successiva Harry inseguiva Ron per avergli rovesciato una boccetta di inchiostro sul tema per Piton. I temi di Piton erano i più lunghi e complicati da fare, e anche solo ricopiarli diventava un’impresa degna di Ercole.

Draco sembrava agitato. Era più sveglio del solito. Forse la tensione per la cena e l’invito inaspettato lo avevano scosso un po’ dal suo torpore. D’un tratto a Ron tornò in mente la borsa del ragazzo.

“A proposito” disse rivolgendosi a Draco “hai dimenticato la sacca da palestra nello spogliatoio prima. Te l’ho portata qua sapendo che saresti venuto. Non so se ho fatto bene ma…” non fece in tempo a finire la frase che Draco saltò giù dal letto e si fiondò giù dalle scale in cerca della borsa, biascicando un “grazie” in fretta e furia. Ron e Hermione su sorpresero alla reazione esagerata del ragazzo ala notizia della borsa e si guardarono un attimo dubbiosi. Era così importante? Avrebbe potuto prenderla il giorno dopo. Ginny fissò il suo compagno correre come un pazzo verso il piano terra e sussurrò un appena percettibile “deficiente…” mentre scuoteva la testa e tornava a sfogliare l’album fotografico. Draco non fece in tempo a tornare di sopra con la sacca che la signora Weasley li chiamò per la cena. Ora sembrava tornato nella sua normalità di quei giorni. Squadrò Ron un momento, poi poggiò la sacca sul letto e scese poco dopo i suoi compagni. Sedendosi a tavola prima accanto a Arthur, poi, accortosi della mossa azzardata, si spostò per finire fra Ginny e Lupin. Il posto migliore per lui, ora come ora. Ron non aveva ancora parlato con Ginny. Sentiva il bisogno impellente di fare pace con lei, ormai. Si piegò verso di lei e le sussurrò in un orecchio.

“Dopo dobbiamo parlare. Devo dirti una cosa importante” Ginny non sembrò scomporsi più di tanto a quelle parole, anzi, sorrise e sussurrò anche lei a Ron.

“D’accordo, parleremo tutti e quattro. Porta anche lei” ed indicò Hermione seduta accanto a Ron. Il ragazzo annuì con la testa e cominciò a servirsi da mangiare. Anche Hermione? Chissà come mai. Forse voleva chiedere scusa anche a lei per come si era comportata. Forse si preoccupava che anche lei pensasse il peggio sull’unione che aveva con Malfoy. Forse…

La cena fu perfetta. Dopotutto la signora Weasley era una cuoca provetta ed i complimenti si sprecarono da parte di tutti. Come finale per la serata passato insieme, Fred, ormai completamente ripresosi da quando la speranza era tornata a farsi spazio in lui, organizzò uno spettacolo pirotecnico degno di una festa internazionale. Luci e colori brillarono in cielo per oltre mezz’ora. Ron aiutò il fratello per i primi dieci minuti, poi si allontanò seguito da Hermione. Era venuto il momento di parlare con sua sorella e Malfoy. Senza farsi troppo notare si infilarono fra le alte piante di granturco, che, beffando la fredda stagione, crescevano protette magicamente dal freddo. Passando fra il gruppo ancora in osservazione, Ron notò l’assenza di Lupin. Che fine aveva fatto il professore?

 *****

Ginny stava finendo di sistemare le sue cose nel rifugio dove ormai viveva da due giorni con Sirius Black. Il giorno prima era andato a casa sua in a recuoerare un po’ della roba che le serviva. Non sapeva quanto tempo doveva restare lì, quindi era meglio organizzarsi. Aveva pulito l’appartamento. Per quanto possibile gli aveva dato un aspetto più umano e meno animale. Sapeva che per Sirius l’aspetto non contava. Era uno dei suoi tanti rifugi, non poteva fare le pulizie in tutti. Non era una colf, era un fuggitivo. Prese in beauty-case ed andò in bagno per svuotarlo. Spazzolino, lacca, pettine, forcine, profumi vari… la spazzola rossa. Dov’era la sua spazzola rossa? E’ strano, è sempre nel beauty-case insieme a tutto il resto. Forse l’aveva tirata fuori e non l’aveva rimessa a posto. Sì doveva essere così. Poteva benissimo farne a meno. Una spazzola non faceva certo la differenza per lei. E di certo non gliela avevano rubata. Ti pare che uno entri in casa de qualcuno per rubare una vecchia spazzola? Con tutta la roba costosa che c’era in quella casa. Finì di sistemare in bagno e si preparò per l’imminente ritorno di Sirius. La cena era già pronta sul tavolo.

*****

Un rumore fra le piante lo scosse dai suoi pensieri. Guardò in direzione del suono appena udito. Niente. Era straordinario come i sensi di lupo fossero sviluppati anche quando era in forma umana. Tornò a fumare la pipa che gli penzolava ancora dalla bocca. Adorava fumare la pipa all’aria aperta. Gli dava un senso di rilassatezza unico. Certo non poteva portarsela dietro mentre si trasformava, l’avrebbe persa sicuramente. Chiuse gli occhi e ascoltò ancora. I fuochi d’artificio scoppiavano rumorosi. Bene. Sarebbero stati tutti ancora occupati per un po’. Non voleva dire alla signora Weasley che Sirius sarebbe passato a fargli visita. Sapeva della sua innocenza, ma il ministero no. In caso di problemi i Weasley non ci sarebbero andati di mezzo. Meglio non rischiare. Finalmente un rumore e un odore che avrebbe riconosciuto fra mille, lo spinsero a girarsi si novanta gradi verso una pianta di granturco che tremava visibilmente.

“Era ora, Felpato” lo salutò Lupin. Un cane nero uscì dal fitto granturco e raggiunse il professore con una corsa. Durante il percorso la sua forma cambiò fino ad assumere un aspetto umano. Un uomo alto, vestito con pantaloni e giacca di cotone attillata completamente neri, sorrise a Remus che sbatteva la pipa a terra per liberarla dal tabacco.

“Scusa il ritardo. Questo posto non era molto semplice da raggiungere. Per fortuna la puzza di quell’affare che fumi mi ha guidato fino a qui” disse Sirius guardando la pipa ancora fumante.

“Dovresti provarla. A me piace molto. Mi rilassa” disse Remus infilando l’oggetto in una tasca dell’abito.

“Certo, un giorno o l’altro. Ma parliamo di qualcosa di serio. Tu sai che fine ha fatto Draco?” Lupin spalancò gli occhi e fece uno sguardo stupito dalla domanda dell’amico.

“Sì…è qui con tutti gli altri che partecipa alla cena dei Weasley. Stanno cercando di rappacificarsi con Ginny” Remus sorrise mentre dava la buona notizia.

“Ah…e partecipa alla cena senza Ginny?” Lupin, per quanto sorpreso, strabuzzò ancora di più gli occhi.

“Come scusa?”

Ho fatto 13!!! Tranquilli sono i capitoli! Se avessi fatto tredici sul serio il prossimo aggiornamento sarebbe nel 2004…Allora che ne pensate? Ragazzi vi devo ringraziare (come al solito) quindi, via con i “grazie”: Anja, che continua la sua opera dalla vecchia e cara Inghilterra. Buon lavoro e ancora grazie!; Mikan, che soffre per la situazione + di R/H. Hai letto il capitolo? I casini sono appena iniziati (Bwahahahahahah!!!!); Keijei, sconvolta dai due capitoli? Ti assicuro che è una roba che di solito non faccio! Ma come dice Sunny “se hai l’ispirazione buttala giù subito, senno perdi tutto”; Angi, come sopra, tenendo presente che nella fic nchio preferisco Draco a Ron, ma Ron è sempre Ron…(con Hermione soprattutto!!!!); Eli e Kia, Miiiiiii! Le mie lettrici preferite! Tutti sconvolti per sti due capitoli? Vabbè se siete così sconvolti non lo farò più….; Kiak, ti ringrazio per il deficiente, anke se in realtà sono un gran pezzo di m***a. Ci tengo a precisarlo, non vorrei che qualcuno m incontri e mi dia del deficiente! (eheheheh, tranqui che scherzo…); Sunny, tanto io sono cresciuto a pane nutella e Begin a war mage. Avanzo tendo alto il nome della maestra; Ice, niente tamburi stavolta, ho il mutuo da pagare non posso mica noleggiare il tamburini ogni volta!; Mikisainkeiko, ci ho rinunciato. Tanto per me è uguale. Tra parentesi, come facci a far sopravvivere il bimbo e non la mamma!?!?!? Vabbè vhe è un mondo magico, ma certe cose si fanno nel solito modo!!

Vabbuò ragazzuoli, ore 4:47 del 22 febbraio 2003. Buonanotte e buona lettura!!

See you again!!!!

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Capitolo 14
*** Un piano quasi perfetto ***


Lupin corse

“C’è bisogno di andare così lontano?” chiese Ron dopo aver camminato per un bel po’ dietro ad entrambi insieme ad Hermione. Nessuno dei due si voltò o accennò una risposta alla domanda del ragazzo. Forse non l’avevano sentito. Provò a chiederlo di nuovo. Come prima, neanche si girarono. Hermione guardava Ron sconcertata. Ma che stava succedendo? Dove stavano andando così di fretta? Accelerarono il passo e raggiunsero Draco e Ginny. Ron afferrò il biondino per una spalla e lo girò per guardarlo negli occhi.

“Ehi! Ho detto, c’è bisogno di andare così lontano?” il suo tono, ora, richiedeva una risposta. Ginny si fermò, e anche lei si voltò verso la coppia di ragazzi. Hermione stava riprendendo fiato da quella camminata tanto veloce. Draco alzò gli occhi al cielo e parlò, stancamente, alla sua giovane compagna.

“Senti, hanno ragione. Qui va bene?”

“Sì, credo di sì. Tanto un posto vale l’altro. Era per stare lontano dal lupo mannaro. Credo che sappia qualcosa” Hermione e Ron si fissarono ancora. Lontano da Lupin? E perché? Draco sorrise crudelmente, come spesso faceva ai tempi di Hogwarts, e posò gli occhi su quelli di Ron.

“Finalmente! Non ne potevo veramente più! Ho passato i tre giorni più brutti di tutta la mia vita! Ma ora…ne varrà la pena completamente, vero “eroe dei sogni”?” Ron non capì quello che sentiva. Cosa stava accadendo? Perché Draco diceva quelle cose? Non fece tempo a pensarlo che Ginny sollevò la bacchetta e la punto verso Hermione. Il sospirare affannato della ragazza si sospese per lo spavento. Il sorriso di Ginny divenne simile a quello di Malfoy.

Crucio” l’onda magica colpì Hermione che cadde a terra contorcendosi dal dolore. Ron sbiancò e mollò Draco. Si chinò accanto alla ragazza.

“No! Hermione, parlami ti prego! Ma che diavolo hai fatto!” urlava contro Ginny. La ragazza ancora non si era mossa. Alzò la bacchetta al cielo e recitò.

Morsmordre

*****

Lupin corse. Corse più forte che poté. Un cane nero lo seguiva a breve distanza e abbaiava per attirare l’attenzione. Bacchetta alla mano. Raggiunse il gruppo di persone che ancora guardava allibita i fuochi di artificio volare in cielo ed esplodere con un boato ed un colorato gioco di luci. Non si accorsero del professore che, trafelato, li raggiunse ancora ansimante. Il grosso cane tirò una manica della signora Weasley che si girò sorpresa e cacciò un gridolino nel vedere la bestia. Subito non realizzò di chi si trattava. Aveva visto Sirius Black trasformarsi da cane ad uomo quasi quattro anni prima e non pensò minimamente di trovarsi davanti il fuggitivo più ricercato degli ultimi anni intento a tirargli una manica. Poi se ne accorse e gridò di nuovo.

“Sirius Black! Cosa…Remus che succede?” la signora Weasley sembrava spaventata dalla situazione creatasi, e la faccia di Lupin, ancora piegato in due dalla corsa appena fatta, non prometteva nulla di buono.

“Black? Dove? Che dici mia cara? Cosa diavolo sta succedendo!?” il panico prese piede anche in Arthur che lasciò perdere i giochi esplosivi di Fred e spostò l’attenzione su i due appena arrivati e la moglie spaventata. I coniugi Granger non stavano capendo molto cosa stava accadendo, ma dalle reazioni delle persone davanti a loro, doveva essere qualcosa di grave. Remus tirò un respiro più profondo e parlò ansimando.

“Ron e Hermione…, dove sono…?” la sua faccia era rossa per lo sforzo. Fred si avvicinò notando che ora l’attenzione era spostata su Lupin che parlava.

“Io…non lo so. Erano qui attorno. Ron stava aiutando Fred a far partire i fuochi. Non so dove sia andato a finire” Molly non sapeva che dire. Non l’aveva ritenuta una cosa grave che i ragazzi si allontanassero da loro per cercare un po’ di privacy. Erano giovani, avevano bisogno di stare fra di loro, dopotutto.

“Sono andati fra il granturco, di là” Fred indicò un punto fra le piante dove si vedevano chiaramente i segni recenti del passaggio del gruppetto “ Ron mi ha detto che dovevano parlare. Credo per risolvere i loro dissapori” Lupin sembrò riprendersi subito. Guardò Arthur e gli fece cenno di seguirlo. Senza voltarsi e cominciando ad andare verso le piante parlò con voce stentorea.

“Andate tutti dentro. Arthur, Sirius, noi andiamo a prenderli. Ricordate di mirare per non uccidere. I nostri nemici sono Ginny e Draco, o almeno hanno quest’aspetto” con una galoppata il cane nero tornò umano, suscitando meraviglia fra i presenti non ancora venuti  a conoscenza della sua natura.

“S-Sirius Black!? Cosa ci fa lui qui? C-Come è arrivato a…Indietro!” il signor Weasley estrasse la bacchetta e la puntò contro l’uomo vestito di nero.

“Arthur, ti prego. Non è come sembra. Sirius è innocente. So che ti sembra difficile da accettare, ma fidati. Ti prego” Lupin usò un tono di voce che sembrava ed essere a metà fra la una supplica e uno che non ammette repliche. Arthur, seppur con grande sforzo, abbassò la bacchetta e annuì piano con il capo. Lupin aveva salvato suo figlio, non avrebbe mai permesso che gli accadesse qualcosa di male, ora. Insieme si diressero verso il campo. Fred li segui, anche lui con la bacchetta in pugno.

“Questa volta non voglio tirarmi indietro. Non so che sia successo, ma non ho fatto nulla per troppo tempo, Ora è il momento della riscossa” il signor Weasley non aveva mai visto suo figlio così serio. Ne fu orgoglioso, come sempre del resto. Era orgoglioso di tutti i suoi figli. Come poteva non esserlo.

Cominciarono a penetrare fra le piante alte più di due metri in cerca dei ragazzi, ma un lampo verde li bloccò nelle loro posizioni. Alzarono gli occhi al cielo, increduli davanti a quel che avevano di fronte. Il marchio nero brillava nel buio di quella notte.

*****

“Ma… Ginny, che significa… non… Malfoy ti ha….Oh mio Dio!” Ron non poteva credere a quel che aveva visto e pensare a quel che pensava. No, non poteva essere. Ginny rise di gusto. I suoi denti erano gialli e appuntiti.

“Che sciocco. Abbiamo fregato tutti così, vero Jail?” disse e si girò verso Draco. Anche il suo aspetto stava mutando. Il suo volto si stava come incavando e stava diventando più alto.

“Proprio così, Liaj, fratello mio. Potrai ottenere vendetta e perdono per il buon conseguimento della missione. Finisci la ragazza e recupera il ragazzo” degli occhi gialli e vispi si fecero vedere sul suo volto al posto dei suoi azzurri. Anche la cicatrice scomparve. Quella che pareva essere Ginny stava subendo la stessa mutazione, ma il suo volto aveva una bruciatura profonda che gli tagliava in due la faccia. Sembrava essere recente. Nera, come carbonizzata. Liaj non fece in tempo a raggiungere i due a terra che terminò la mutazione completamente. Due esseri, identici, fissavano Ron con sguardo omicida. Quelli non erano Draco e Ginny. Ma come avevano fatto a… non terminò la domanda nella sua mente che, quello che prima era Draco, estrasse una fiaschetta da sotto la tunica, l’aprì e verso il contenuto a terra.

“Una stupida pozione polisucco è stata sufficiente per fregare tutto il ministero. Veramente patetico…” il mangiamorte raggiunse i due e afferrò Ron per una spalla, scaraventandolo a terra. Afferrò Hermione e la sollevò di peso puntandogli la bacchetta sul petto.

“Saluta la tua amica, Weasley” ghignò Liaj fissando Ron, pronto a colpire la giovane. Ron non seppe che fare. Era capitato tutto troppo in fretta, doveva ancora realizzare cosa stesse succedendo. Non avrebbe potuto salvare Hermione. Questo lo aveva capito. Ne era conscio.

Cristo alzati Ron! Reagisci razza di idiota! La donna che ami sta per essere uccisa!

Con uno scatto, di cui neanche lui seppe mai con quali forze era riuscito a farlo, si alzò in piedi e saltò a peso morto contro il mangiamorte pronto a colpire. Lo avrebbe fermato con la vita, se necessario.

Ventilo Iniuria” una raffica di vento colpì Ron al fianco e lo scaraventò via, lontano da Hermione e dal suo aguzzino. Ma non fu l’unico. Anche Liaj, con una capriola, volò all’indietro atterrando ai piedi del fratello. Fred era arrivato appena in tempo. Era più giovane e agile, e conosceva quei campi come le sue tasche. Sorpreso dalla sua stessa audacia gridò e si parò davanti al fratello, mentre Lupin e gli altri raggiunsero Hermione. Arthur si chinò per accertarsi delle condizioni della ragazza. Stava bene, ma era molto scossa. Remus, bacchetta tesa, puntava Jail che osservava, alternando, il fratello e i nuovi arrivati. Sirius fissò l’uomo a terra vicino a Jail. Ancora lui. Aveva aggredito Ginny ed era riuscito ad uscirne vivo. Non sarebbe capitato ancora.

“E’ quello che ha aggredito Ginny” disse ai due attorno a lui, poi si rivolse all’interessato “questa volta non scapperai, te lo prometto” si mise in assetto da combattimento. Piegò braccia, gambe e mani come un esperto di arti marziali e respirò profondamente. Liaj tremava mentre fissava Black, pronto per dargli un’altra ripassata. L’ultima secondo le parole di Black. I due mangiamorte gemelli, dopo che furono entrambi in piedi, tenevano sotto tiro, per quanto possibile, i tre pronti a colpirli. “Fermi! Siete in arresto in nome del ministero della magia e dell’ordine dei Battlemage per violazione degli articoli 232, 345, 612, 1090 della costituzione magica! Non opponente resistenza e abbassate le bacchette” disse Lupin inflessibile. Il suo tono era così calmo e deciso che sorprese gli ascoltatori. Nonostante tutto quello che era capitato erano sempre al servizio del ministero. Non doveva dimenticarlo.

“Andate al diavolo, stupidi idioti! Che sciocchi, rimanete qua a pensare a noi, mentre c’è qualcuna che è sola soletta…” Jail disse questa frase con un odio profondo.

“Chi pensa alla piccola Weasley?” domandò divertito Liaj punzecchiando il gruppetto che lo puntava con le bacchette.

“E’ un bluff. Voi non sapete dov’è Ginny. Non si preoccupi signor Weasley, è al sicuro” Black girò lo sguardo verso l’uomo, preoccupato dai discorsi del mangiamorte.

“Smettete di fare resistenza ed arrendetevi! Appoggiate le bacchette a terra e inginocchiatevi senza lottare!” Lupin ormai urlava per convincere i due ad arrendersi.

“Gavroon Street, al numero 24. Secondo piano, se non sbaglio” disse con un sibilo Jail. Black spalancò gli occhi e cominciò a sudare freddo. Sapevano dove era nascosta Ginny. Era stato troppo imprudente.

“Remus sanno dove si trova Ginny. Che facciamo?” disse piano, con un tremito nella voce Sirius. Remus non staccava gli occhi di dosso ai ghigni dei due mangiamorte. Non doveva cedere all’ira. Non ora. Ma la luna era stata piena poco tempo fa. I sensi del lupo spingevano ancora per uscire allo scoperto. L’istinto ebbe il sopravvento.

Expelliarmus!” l’incantesimo colpì Jail. La sua bacchetta si staccò dalle dita e finì in mezzo al granturco. Cadde all’indietro, ma si rialzò subito. Liaj, contemporaneamente, lanciò un incantesimo su tutto il gruppo, attorno ad Hermione.

Ignis Flatus!” la palla di fuoco colpì in pieno Black che gridò dal dolore. Con un salto Lupin si allontanò dall’esplosione per avvicinarsi al mangiamorte. Arthur sollevò di peso Hermione e la lanciò lontano prima di essere investito anche lui dalle fiamme dell’incantesimo.

“Noooo! Papà!” Fred gridò e corse verso il padre steso a terra e completamente affumicato. Lì accanto Sirius Black lottava per mantenere i sensi svegli e non svenire. Ron pareva essersi ripreso e, zoppicando, corse verso Hermione. Il piede gli faceva male. Doveva essersi slogato una caviglia nell’impatto. Le cadute non erano il suo forte. Hermione sembrava svenuta.

Stupeficium” Ron crollò a terra colpito dalla forza dell’incantesimo. Jail pareva essersi ripreso la bacchetta e subito colpì il rosso per avvicinarsi ad Hermione. L’avvolse con il suo logoro mantello e fissò il ragazzo con occhi freddi e di sfida. Ron alzò la testa e ricambiò il suo sguardo. Provava odio in quel momento.

“Vienila a prendere ragazzo. Ti aspetto. Anche tua sorella e il suo ragazzo sono lì. Vienili a prendere giovane Weasley” disse con aria di sfida a Ron ancora steso a terra. Era appena tornata da lui e l’avrebbe persa di nuovo. Jail si preparò a scomparire con la ragazza, ma non tenne conto di un particolare. Un piccolo particolare. Una bacchetta spuntò dal mantello del mangiamorte andandosi a posare sotto il suo mento. Spalancò gli occhi e, finalmente, smise di ridere.

“Sorpresa” disse Hermione “Zephyro Glacies!” un turbine azzurro partì dalla bacchetta della ragazza e colpì in pieno la testa del mangiamorte, che con uno scatto cadde all’indietro. La testa colpì il suolo e si frantumò come un vaso di vetro. Hermione si sollevò da terra in un lampo e raggiunse Ron.

“Tutto bene?” Ron la guardò rapito. Quella ragazza era piena di sorprese.

“Sì, grazie… ma che razza di incantesimo era quello?” Hermione gli sorrise mentre lo aiutava ad alzarsi.

“Bello eh? L’ho imparato a scuola. In biblioteca c’è tanta di quella roba sugli incantesimi bellici che neanche te la immagini” il rosso era senza parole. Allora Hermione non perdeva il suo tempo in biblioteca solo per scrivere lunghi e noiosi temi o ricerche. I suoi occhi si persero nel suo sorriso. Quella sì che era una ragazza. Sotto tutti i punti di vista.

Intanto l’altro gemello ringhiò alla vista del fratello morto. Si vedeva bene la vena pulsare sulla sua fronte. Era veramente fuori di se. Avrebbe vendicato il fratello ucciso. Ma non ora. Con uno sonoro pop scomparve davanti agli occhi furenti dei presenti. Lupin provò a colpirlo con un incantesimo stordente, ma il mangiamorte fu più veloce e scomparve nel nulla. Lupin si avvicinò a Sirius e lo aiutò ad alzarsi. Era ferito, ma se la sarebbe cavata. Il signor Weasley, invece, era solo coperto di fuliggine. Il corpo di Black aveva assorbito quasi tutta l’esplosione, riparando Arthur. Fred lo aiutò ad alzarsi e, con Lupin, portarono i due feriti verso casa. Ron ed Hermione li raggiunsero correndo.

“Dobbiamo andare. Sanno dove sta Ginny!”

*****

Era ancora seduta a tavola. Fissava la porta in attesa del ritorno di Sirius. Testa appoggiata sulle mani e mani sul tavolo. Cominciava a scocciarsi. E a preoccuparsi. Doveva incontrarsi con Lupin per chiedere di Draco, e il fatto che non fosse ancora tornato non era un buon segno.

Avrà avuto dei problemi durante il viaggio. Sì, deve essere così. Più che un pensiero era un modo per convincere se stessa. Era logico che qualcosa non andasse. La cena si stava raffreddando e la notte aveva già preso sopravvento sul giorno a parecchio. Ciondolava le gambe sotto la sedia, come quando era a scuola ed era in apprensione per un esame o un test di magia. Aspettare e attendere non erano mai stati il suo forte. Ora basta. Era stufa di rimanere come un gargoyle di pietra davanti alla porta, seduta. Si alzò e decise che avrebbe iniziato a mangiare senza Sirius. A parte la fame, lo faceva per ripicca. Così impara a fare tardi e farla preoccupare.

Prese il suo piatto dalla tavola e si avvicinò ai fornelli dove stavano due pentole e una padella. Si servì un pezzo di pollo, il petto era il suo preferito, e un paio di cucchiaiate di patate rosolate. Dall’ultima pentola prese un carciofo gratinato alla birra, era una delle ricette che gli veniva meglio, e le piaceva parecchio. Poggiò il piatto davanti alla sedia e si sedette, di nuovo, per cenare.

Buon appetito Ginny.

Infilzò la prima patata, che sentì i passi sulle scale. Sbuffo stancamente, ma in realtà era contenta che Sirius fosse a casa. Si ficcò la patata in bocca, si alzò da tavola e andò ad aprire la porta. Masticava con gusto quella prelibatezza, proprio buona. Aprì la porta, pronta a fare una finta sgridata all’uomo, ma le parole le morirono in bocca.

“Sirius, non sei mai puntuale. Guarda che è già tutt…” un uomo ben vestito in giacca e cravatta si girò al suono della sua voce. Aveva capelli a caschetto, lievemente mossi e lucidi, come se fossero unti con lacca o gel. La sua pelle era pallida e i suoi occhi nascosti dalle lenti di un paio di occhiali neri. Non si capiva dove stesse guardando, ma vide la ragazza e sorrise. Spostò con il braccio il mantello nero che lo avvolgeva quasi completamente, e si alzò gli occhiali sulla fronte. Ora Ginny li vedeva. Erano bianchi. Completamente bianchi, ma non era cieco. La fissava. La fissava e sorrideva.

“Ginny Weasley?” chiese con voce pacata e profonda.

“Che cosa vuole? Perché è qui?” chiese lei di rimando. Era spaventata. Qualcuno che neanche sapeva chi fosse la cercava e lei era sola, senza aiuti di nessun genere.

“Suppongo di sì” disse retoricamente lui “me ne dispiaccio signorina, ma sono qui per portarla via. Mi hanno pagato per questo” e si inchinò, come per scusarsi di quello che stava per fare. Ginny spalancò gli occhi, cacciò un grido e sbatté la porta in faccia al suo rapitore.

“Ma perché la gente fa sempre così…” l’uomo parlava fra se e se sconsolato. Si rimise gli occhiali sul naso e afferrò salda la maniglia. La girò nel senso opposto e con un sonoro CRACK ruppe la serratura, la porta e anche un pezzo di muro. La spinse piano e con un cigolio si spalancò rivelando l’appartamento in rovina. Sul lato sinistro, che dava sulla strada, vi era una piccola cucina. Un tavolo era stato apparecchiato per due, e uno dei piatti era pieno di cibo. L’uomo si avvicinò e annusò le prelibatezze cucinate da Ginny.

“Quanto mi piacerebbe, ma ora non posso. Neanche poi, a dire il vero” con passo lento si diresse nel salotto, che veniva usato anche come camera da letto. Oltre ad un divano ed un letto distrutto non c’era nulla. Due porte nell’angolo della stanza. Si avvicinò con la consueta flemma. Aprì la prima. Il bagno, anche quello aveva visto giorni migliori. Aprì la seconda. Quella stanza sembrava essere un insieme di mobili, mobiletti, armadi, cassettiere e simili. Tutti ben chiusi. Sbuffò rassegnato. Sbatté le palpebre un paio di volte e gli occhi prima bianchi divennero come infuocati, di un rosso accesso. Cominciò a guardarsi intorno.

“Ridicolo” farfugliò, e si diresse ancora verso il bagno. Come se Ginny se ne fosse resa conto, uscì dal suo nascondiglio dietro la porta del bagno e corse verso l’uscita dell’appartamento. Una macchia scura le sfrecciò accanto. Quel tizio era, ora, davanti a lei, fra la porta e il suo corpo.

“Bambina cattiva. Ti ho detto che devi venire con me. Per piacere smettila di scappare e nasconderti” il suo tono di voce era sempre calmo. Innaturale per il tipo di persona che era. Seppur spaventata, Ginny pensò ad un piano di fuga, e sperò che funzionasse. Corse verso la finestra del salotto che dava sul vicolo e vi si gettò attraverso. Fortunatamente era aperta, non ebbe da preoccuparsi per i vetri infranti. Cominciò a precipitare dal terzo piano.

Wingardium Leviosa” il suo corpo si fece leggero ed atterrò piano su un cassonetto troppo piccolo per tutti quei rifiuti. Scese con un balzo e si diresse verso la strada principale. Meglio i babbani che quel tizio che voleva rapirla. Raggiunse la strada e si fermò a riprendere fiato. Non credeva ancora a quel che aveva appena fatto. Se l’era cavata da sola. Era riuscita a scappare lasciando il suo inseguitore a bocca asciutta. Prese coraggio e si disperse fra la folla di orientali. Entrò in un pub nascosto dalle bancarelle e si avvicinò al bancone.

“Salve posso sedermi qui?” chiese al signore dietro al bancone. Lui la guardò incuriosito.

“Sicuro bella signorina. Basta che te o il tuo amico consumiate qualcosa” Ginny divenne bianca per il terrore. Il suo amico? Si girò di scatto e vide accanto a lei l’uomo dagli occhi bianchi. Non aveva più gli occhiali da sole.

“Di spiace smetterla di scappare?” il suo sguardo ora pareva un po’ meno tranquillo di prima. Anche la sua voce lo era. Afferrò Ginny saldamente per una spalla e la trascinò fuori dal locale.

“Ora, signorina, faremo a modo mio” il suo tocco era freddo e faceva tremare la ragazza. Cercava di divincolarsi inutilmente, quando tre ragazzi dall’aria poco raccomandabile li fermarono entrambi.

“Ehi bello, mi sembri troppo pieno di grano per girare da queste parti in cerca di una puttanella” il ragazzo che sembrava essere il capo del gruppo si rivolse con aria strafottente al rapitore. Ora gli occhiali calzavano di nuovo sul suo naso.

“Non ti sembra il caso di darne un po’ anche a noi di tutti quei soldi? Avrai le tasche pesanti, amico” si fece avanti un altro del trio di bulli che stava circondando la coppia.

“Avanti, fratello. Siamo povera gente, dacci una mano, ti prego” il terzo bullo, un ragazzo di colore, finì di accerchiarli e parlò con falsa pietà nella voce.

“Penso che non sia il caso di essere così minacciosi. Purtroppo non ho nulla dietro da darvi. Vi consiglio di andarvene da qui ho un lavoro da sbrigare” e strattonò lievemente Ginny “non voglio compiere altri mansioni senza essere pagato. Non ne ricaverei nulla”

“Oh, l’amico non ha soldi. Che dite, gli buchiamo la carcassa e ci prendiamo il suo bel vestitino e la suo sgualdrinella?” il capo estrasse un coltello a serramanico e lo agitò solennemente di fronte all’uomo. I suoi compagni lo incitavano a proseguire. La lama si agitò un poco nell’aria.

“Allora? Vuoi sborsare ora? Preferisci uscirne vivo?” il tono del bullo era sempre più minaccioso.

“Detesto lavorare gratis…” commento piano l’uomo ammantato. In una attimo era scivolato alle spalle dal ragazzo con il coltello. Allungò il braccio e lo afferrò saldamente per il collo. Il ragazzo aprì gli occhi spaventato e cominciò ad ansimare. Lo stava soffocando. Con uno scatto lo sollevò da terra di quasi mezzo metro e lo lasciava penzolare. Il coltello era caduto a terra. Gli altri due bulli erano terrorizzati dalla scena.

“Ebbene? Non salvate il vostro amico? Non sembra avere una bella cera. Begli amici, meritate tutti lo steso destino” gettò la sua preda verso un mucchio si cassonetti e sollevo gli occhiali sopra la testa. Gli occhi bianchi ricomparvero sul suo volto. E tornarono rossi. Le sue mani divennero artigliate e veloci recisero la testa del ragazzo di colore. L’altro non ebbe il tempo di dire qualcosa che si ritrovò impalato nel petto dagli stessi artigli.

“Vite sprecate” sussurrò l’uomo estraendo le mani insanguinate dal petto dell’ultimo ragazzo. Ginny era sconvolta. Non poteva credere a ciò che aveva appena visto. Quell’uomo, se di un uomo si trattava, aveva ucciso a sangue freddo e con una facilità estrema, tre ragazzi forti e robusti. La paura era tanta, troppa per rimanere ferma e buona. Scappò di nuovo e raggiunse un altro stradino fra i palazzi decadenti. Sapeva che non sarebbe riuscita a fuggire. Quel tizio era dietro di lei, e da come si era mosso, non l’avrebbe lasciata fuggire per molto o tanto lontano. Anche se aveva ancora la bacchetta non era abbastanza addestrata per combattere contro qualcuno, soprattutto contro quel tale. Ginny correva e pensava, pensava e correva. La bacchetta! La estrasse e la allungò verso la strada. Pregò che funzionasse. Come la superficie di un lago, l’aria si increspò e comparve dal nulla un autobus blu enorme, che si fermò davanti alla ragazza. Una scritta sul davanti recitava Nottetempo.

“Benvenuta sul Nottetempo. Mezzo di emergenza per… ehi, con calma!” Ginny era già salita superando il bigliettaio.

“Sembra che la ragazza abbia fretta, eh Ernie. Parti và” il giovane bigliettaio si rivolse al conducente, un vecchio mago, che con un ceno di assenso, chiuse le porte e riprese a guidare. Era salva. Ce l’aveva fatta. Non poteva ancora crederci. Si sedette sfinita su un letto vicino al conducente e all’altro ragazzo e trasse un sospiro di sollievo.

“Allora? Vai di fretta eh? Dovresti pagare però, dove ti portiamo? A proposito, io sono Stan, mentre lui è Ernie” ed indicò l’autista intento a guidare.

Ginny non sapeva dove andare. Non c’era un luogo sicuro, a dire la verità. Infine decise.

“Al ministero, grazie”

“Orpo! Hai sentito Ernie? Vuole andare al ministero! Luogo importante per una ragazzina. Posso chiederti nove falci e il tuo nome?” Ginny allungò i soldi e rispose.

“Ginny Weasley, molto piacere Stan. Non sono mai stata così contenta di salire sul Nottetempo” Ginny si rilassò e sorrise al bigliettaio. Lui sorrise di rimando, poi la indicò spalancando gli occhi.

“Weasley! Come Ron Weasley, l’eroe dei sogni! Lo conosci? Sei sua parente? Cavoli che fortuna!” Stan la guardava rapito. L’eroe dei sogni? Stava parlando di Ron? Doveva essere successo qualcosa di importante, ma da quando viveva con Sirius non aveva ancora letto un giornale. Decise di far finta di non conoscere il fratello. Non sapeva cosa fosse successo, era meglio ignorare la cosa finché non si fosse informata.

“No, mi spiace. Siamo solo omonimi”

“Cavoli, peccato! Hai sentito Ernie, non sono parenti” Stan sembrava deluso dalla cosa. Si voltò per mettere in ordine i soldi appena incassati. Ginny cominciò a guardarsi attorno. Era sempre come lo ricordava. Era già salita sul Nottetempo in precedenza. L’estate di tre anni fa andò al mare con i suoi amici, ed usarono il Nottetempo per viaggiare. Fu un viaggio indimenticabile. Anche perché lei si fidanzò con Harry durante la vacanza, e rimasero l’una vicino all’altro a coccolarsi e baciarsi per tutto il viaggio di ritorno. Puntò lo sguardo verso il letto dove era stata abbracciata con Harry. Le pareva di sentire ancora le sensazioni di quel momento. Non era mai stata così felice in vita sua. Tornò alla realtà e vide che proprio su quel letto, stava sdraiata una persona. Aveva la veste logora che lo copriva completamente. I capelli neri parevano confondersi con quel vestito stracciato che indossava. D’un tratto girò la testa verso Ginny, e lei vide la sua faccia. Era pallida, quasi cadaverica. Quegli occhi la penetrarono nell’anima. Si girò di scatto incapace di sostenere quello sguardo. Sentiva che la stava ancora guardando. Decise di fare finta di nulla e si mise a parlare con Stan. Dopo poco cambiò il tema della conversazione, spostandolo sull’altro passeggero.

“Stan, chi è quel tizio” indicò Ginny l’uomo coperto di stracci.

“Chi? Quello là? Non lo so, non si è presentato. E’ salito ha detto “ministero, grazie” ha pagato e si è andato stendere sul letto. Poco loquace, eh Ernie?”

Anche lui andava al ministero. Non poteva essere un “nemico”, allora. Ultimamente Ginny dubitava di tutto e tutti, con quello che le era capitato.

“Quando arriveremo, Stan?”

“Domattina. Verso le otto e mezza, al massimo alle nove. Vuoi qualcosa per colazione? Se me lo dici, te la preparo domattina”

“Sì, grazie. Se hai qualcosa da mangiare anche adesso lo prendo volentieri” Stan annuì con un sorriso ed una strizzata d’occhio. Servì a Ginny una porzione di coniglio in umido con contorno di broccoletti saltati, il tutto accompagnato da una succo di zucca. Ginny mangiò soddisfatta. Soddisfatta di essere riuscita a scappare. Sirius avrebbe capito, e poi si sarebbe fatta viva lei per non farlo stare in pensiero. Al ministero, dopotutto, c’era Lupin. Lo avrebbe contattato. Decise di stendersi un po’. Si addormentò e sognò Draco. Erano insieme e felici. Con loro c’era un bambino. Era biondo ed aveva gli occhi scuri come i suoi. Giocavano felici tutti e tre. Spensierati e senza preoccupazioni. Una voce la chiamò svegliandola dal suo sogno del paradiso.

“Signorina Ginny. Stiamo per arrivare, è meglio che si prepari” Stan le era accanto con il vassoio della colazione.

Ecco il nuovo capitolo! Il 14!! Spero che piaccia perché l’ho cambiato 2/3 volte prima di finirlo. Speriamo in bene….ma ora passiamo ai ringraziamenti: Angi, fic lunga….che vuoi sono nella fase descrittiva della mia vita! Come vedi Draco (in un modo o nell’altro) si è salvato…Che vuol dire la coppia Piton/Harry? Non è una yaoi la mia fic!!!!; Eli e Kia, mistero chiarito? Ok come vedete questo capitolo è abbastanza polleggiato, lo uso come “raccordo tranquillo”. Continuate così che quando leggo le vostre recensioni son sempre più contento J; Keijei, wow, grazie per l’incoraggiamento! Come già detto, mistero chiarito…; Mikan, e no. Quello non era Draco, ma dov’è Draco? Mha, chissà…(eheheheh). MILLE punti a Mikan per aver beccato la Pozione Polisucco. Chi ha più punti alla fine della Fic puo sfasciare a mie spese una multipla con tutti gli optional ed il pieno appena fatto; Ice, vedo il tuo Master e rilancio di Corso di specializzazione (che rilancio schifoso NdHarry) (Và a giocare in autostrada, Potter, chissà che non ti stenda una macchina… NdMe), cmq in sto capitolo sono stato molto buono, non è successo nulla di MALVAGIO…; Mikisainkeiko, ti assicuro che ho avuto tempo per pensarci e il capitolo “sentimenti”, che pubblicherò quanto prima, sarà fuori dall’ordinario. Psicologia di Hermione per un bel pezzo…almeno si capisce cosa pensa sta ragazza!! (prima che tutti le diano della DFC); Anja, Come vedi tutto si è concluso bene…sé, ti piacerebbe! Aspetta che scriva il prox capitolo e vedrai come ti incasino la storia!!!!!; Giuggy, che ha scritto una sfilza di recensioni sto giro! Zenchiu! Mi minacci con l’uomo gatto!?!?!?!? Non posso fare altro che scrivere sottomesso…(dall’idiozia di quell’ “uomo”(????)); Kiak, hai fatto un riassunto perfetto! Pensa quando la storia sarà finita che casino che salta fuori!!!! Non distruggo le famiglie!!! Ma i Weasley, nei libri, stanno sempre tutti bene (sembra un film anni 30!!); Gius, scrivi assieme ad Angi quindi le risp sono le stesse. E’ bello vedere gente che legge e recensisci le fic a coppia!!; Ron, grande!! (ma quand’è che aggiorni…) noi eterni single (2 palle!!!!) sappiamo come comportarci! Schifo a scuola e Fan fic( o son scemo o sono un genio….); Matt,Pete & Dave (Anja's fiends), premettendo che il mio inglese fa schifo (Anja pensaci tu!!!!): Thankyou for your message! I add a chapter each 3-4 days (usually). I’m happy because english teenagers read my fic. I hope my english teacher suicide her self, when she read that Fic (EHEHEHEHEHEH, non si preoccupi prof, io l’adoro!); Ultimo, e soprattutto meno importante perché lo conosco di persona ed è mio amico, Sorti!!!! (applausi) Ok ok, il nome battlemage lo ha invetato lui per il gioco di ruolo di D&D quindi battlemage™ ora è registrato. Contento? Cmq Ginny è incinta a 17 anni. Paese che vai …..

Vabbuò gente, è tutto per ora. Mi raccomando: RECENSITE; RECENSITE; RECENSITE!!!!

PS Mi è venuta l’ispirazione per un'altra Fic…vedrò se scriverla subito o no.

See you again!!!!

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Capitolo 15
*** Luci e ombre ***


Diversi gruppi parlavano animatamente

Diversi gruppi parlavano animatamente. I mangiamorte erano tutti riuniti in una grande sala. Le vetrate permettevano di vedere l’esterno. Buio. Quella spessa cortina di tenebre che era comparsa dopo tre anni non accennava ad andarsene. Gaherl strisciava rapidamente qua e là per apprendere il maggior numero di notizie sugli ultimi avvenimenti. Si sarebbe incontrato con il suo padrone fra poche ore. Non voleva deluderlo di nuovo, non dopo l’ultima volta. Rabbrividì al pensiero del suo ultimo incontro con l’ombra.

“Maestro, posso… fare una domanda?”

“E sia, Gaherl, dimmi”

“Se lei non è un mangiamorte, anzi…come è rimasto intrappolato qui? E…la sua mano…è…”

“Come osi! Io sono qui perché…perché…non devo certo dirlo e te verme traditore! Crucio!”

Quella maledizione Cruciatus bruciava ancora sul suo petto. Ma aveva ripensato alla cosa a lungo durante quel periodo. Non sapeva perché era lì. Il suo maestro non aveva idea di come si fosse trovato lì dentro intrappolato. Ma uccideva tutto e tutti. Perché? Forse l’istinto lo spingeva ad agire? No. L’istinto avrebbe dovuto cercare di far capire che era meglio allearsi con gli intrappolati piuttosto che eliminarli. Eppure molte cose non gli erano ancora chiare. A volte tentava di vedere il suo volto sotto il cappuccio, ma sembrava saldamente cucito intorno alla sua testa.

Finì di raccogliere informazioni. Un nutrito gruppo di mangiamorte avrebbe, fra qualche ora, fatto un giro di ispezione nei sotterranei di Hogwarts. Era un bel colpo da riferire al suo maestro. Almeno si sarebbe sfogato un po’ con loro, invece che prenderlo a calci. Senza dare nell’occhio uscì dalla grande sala e si diresse sicuro lungo le scale, in un percorso che conosceva ormai troppo bene. La porta era chiusa. Bussò secondo uno speciale codice e quella si aprì rivelando una spoglia stanza. Una persona, in piedi, lo fissava entrare. O almeno credeva che lo fissasse, visto che era girato nella sua direzione.

“Sei in ritardo Gaherl” sentenziò l’ombra.

“Chiedo perdono signore, e stato difficile questa volta. Ma ho grandi notizie! Un gruppo di venti mangiamorte ispezionerà i sotterranei fra un paio d’ore” sorrideva e annuiva con la testa mentre riferiva la notizia.

“Venti? Sarà un ricco bottino… proprio ricco. Dimmi Gaherl, qual è la prima raccomandazione che ti ho detto un mese fa, quando hai iniziato a lavorare come spia?” si girò verso la finestra che mostrava le serre di vetro, ormai in rovina. Gaherl pensò un attimo alle parole del maestro. Perché quella domanda? Che fosse una specie di test per valutare la sua devozione? Doveva essere così. Sorrise compiaciuto e rispose.

“Di fare attenzione di non essere mai seguito” poi il suo sguardo si incupì. L’ombra gettò vicino ai suoi piedi la treccia di capelli del mangiamorte.

“Esatto. Avresti dovuto seguirla” sollevò il piede e pestò con forza il feticcio magico. In un attimo si sbriciolò. E Gaherl finì in cenere altrettanto rapidamente.

L’ombra impugnò la bacchetta e si girò verso la porta che, d’improvviso, si spalancò spinta da una forza magica. Una decina di maghi oscuri entrò e puntò la bacchetta verso l’ombra. Sorrisi compiaciuti si dipinsero sui loro volti.

“Beccato, e questa volta non riuscirai a farci fuori tutti. Di te non resterà che polvere” quello che pareva essere il capo del gruppo parlò deciso rivolto all’ombra.

“Se ne sei così sicuro non aspetto altro che una vostra mossa. Sempre che riuscirete a farne dopo che i vostri corpi carbonizzati copriranno il pavimento” disse con voce gelida l’essere, poi prese la bacchetta e la gettò fuori dalla finestra. Sorpresi, i maghi oscuri, fissarono la bacchetta precipitare verso il basso, e lasciarono il tempo all’ombra di agire. Anche lei si lanciò nel vuoto seguendo la verga magica, ma non prima di aver detto.

Ineo Simbolo” Sul pavimento della piccola stanza cominciò ad apparire una lunga linea rossa, incandescente. La linea disegnò a terra un complicato simbolo runico. Il mago oscuro che prima aveva parlato fissò, bloccato dalla sorpresa, la linea concludere il disegno magico. Un simbolo ad attivazione vocale. L’ombra l’aveva spuntata ancora.

Afferrò la bacchetta a mezz’aria pochi metri prima del terreno.

Wingardium Leviosa” e piano atterrò sopra il tetto della serra numero due. Appena i piedi si posarono un boato risuonò nell’aria. La stanza dove era fino a poco prima era esplosa, ed ora un denso fumo nero usciva dalla finestra, anche se ora più che una finestra era un vero e proprio squarcio. Un soffio di vento un po’ più intenso degli altri sollevò il suo cappuccio che ricadde sulle sue spalle. Ora il suo volto era scoperto. D’istinto, in un attimo, lo ritirò sopra la testa e si maledisse per la sua sbadataggine. Controllò che li attorno non ci fosse nessuno che lo avesse visto, poi, soddisfatto, scese dal tetto della serra e si diresse verso i sotterranei. Aveva un lavoro da sbrigare.

L’ombra si allontanò ignara che qualcuno fra i cespugli ancora la fissava mentre se ne andava.

*****

Ginny scese dal Nottetempo e salutò Stan ed Ernie. Si sistemò il vestito ed i capelli meglio che poté e si diresse verso l’entrata del palazzo. L’uomo dai capelli neri scese subito dopo di lei. Pareva aver rattoppato qualche buco della sua tunica con l’utilizzo della magia. Il suo aspetto rimaneva comunque poco rassicurante e dubbio. Pareva un clochard. Raggiunsero insieme l’entrata, aveva il passo molto più lungo del suo. Il suo cappuccio era abbassato sulla testa, ma Ginny ricordava ancora chiaramente il suo sguardo. Le pareva di averlo già visto. Le pareva che quello sguardo la terrorizzasse ogni volta. Eppure non aveva capito dove o come aveva già visto quegli occhi. Pensando agli occhi, le tornò in mente l’uomo della sera prima. Occhi bianchi coperti dalle lenti scure. Chi diavolo era? Più che altro, cosa diavolo era? Non era un mago, non aveva visto la bacchetta. E poi il suo atteggiamento calmo, compito. Così piatto, ma così terrificante. Quasi certamente lavorava per qualche gruppo di mangiamorte. Quello che aveva fallito nell’ucciderla, grazie all’intervento di Sirius, doveva ancora essere a piede libero.

Raggiunse il bancone di ricevimento per i visitatori e vi si appoggiò con i gomiti, accanto a lei l’uomo dai capelli neri la imitava. Una segretaria si avvicinò ai due. Forse credendoli insieme chiese ad entrambi.

“Desiderate?”

“Dovrei parlare con Remus Lupin, la ringrazio” ad una sola voce entrambi diedero la stessa risposta. Entrambi si girarono uno verso l’altro e si fissarono. Ancora quegli occhi. Quello sguardo. Poi l’uomo parlò rivolto alla ragazza.

“Ginny… Ginny Weasley, Grifondoro” lei spalancò gli occhi e quasi le parole le morirono in gola.

“Professor Piton…”

*****

Le reazioni dei presenti furono le più diverse fra loro. Ginny stava bene, subito fu circondata dai fratelli, Ron in primis, che la abbracciò e le ripeté fino allo spasimo “Mi dispiace”. Ginny era felice. Ron l’aveva perdonata, capita. Era di nuovo Ron. Il suo Ron. Anche Arthur Weasley le si avvicinò a la abbracciò forte.

“Mi dispiace, bambina mia. So di aver sbagliato, anche mamma lo sa. Quando abbiamo temuto di perderti abbiamo capito il nostro errore. Non sarà semplice, ma so che se ci impegneremo tutti riusciremo a tornare felici come un tempo” guardava la figlia con un tale amore che non poté fare a meno di piangere, subito seguito dalla ragazza. Anche Fred l’abbracciò e le scompigliò i capelli.

“Sorellina sono contento che tu sia ancora qui”

“Anch’io Fred. Mi sei mancato, mi siete mancati tutti quanti…” le lacrime cominciarono a scorrere a fiumi. Hermione la fissava distante, per non interferire con il “gruppo famigliare”. Ginny la vide e le si buttò addosso circondandola con le braccia. Hermione si lasciò andare, anche lei si unì alla felicità del momento. Un’innaturale leggerezza pervase il cuore di Ginny. Tutti le volevano bene. Tutti quanti. Come era stata stupida ad andarsene di casa anni prima. Era lei che per prima si era distaccata. Era iniziata per colpa sua quella sensazione di angoscia che le avvolgeva il cuore. Ma ora era finita. Ora finalmente, per cause tropo serie e troppo complicate da ignorare, era nuovamente in famiglia. Ma alla sua famiglia ora mancava una persona. Draco. Che fine aveva fatto il suo Draco? Per quello era lì. Per scoprirlo.

Piton entrò subito dopo Ginny. Lupin non aveva idea che anche quello strano tizio fosse stato condotto nel suo ufficio per incontrarlo. Poi il viso pallido di Piton comparve da sotto il cappuccio. Remus alzò gli occhi ed incrociò lo sguardo con l’uomo.

“Severus…o mio Dio” Lupin mollò sul tavolo una cartellina che teneva stretta in mano e con passo veloce raggiunse il professore afferrandolo per le spalle.

“Mio Dio. Non posso crederci… Severus, ma dove eri…? Cosa ti è successo? Io…io non capisco…” Piton parlò, la sua voce era distante.

“Capirai. Ho molte cose da dirvi. Molte. Ho scoperto cose credo molto utili al ministero per la faccenda Hogwarts…” si staccò dalla stretta di Lupin e si mise seduto su una sedia lì vicino. Un grosso cane nero lo fissava. Piton ricambiò il suo sguardo. A quanto pare entrambi erano sorpresi di vedere l’altro vivo. Il cane si avvicinò e balzò su una sedia accanto a Piton. Il più grande segno di rispetto che i due si fossero mai fatti. Sedersi l’uno accanto all’altro. L’attenzione di tutti i presenti si spostò sul professore.

“Vedo che c’è il raduno al completo proprio oggi. I Weasley, la signorina Granger, Lupin con il suo fedele segugio. E’ forse un caso?” chiese Piton. Il suo aspetto malconcio faceva pensare al peggio a chi lo guardava. Hermione prese la parola.

“Anche se sembra strano…sì, è un caso. Una serie di eventi, più o meno spiacevoli, ci ha condotto tutti qui oggi” Ginny sospirò alle parole della ragazza “bhè, quasi tutti. Manca Draco” Piton sgranò gli occhi.

“Malfoy? Al ministero? E suo padre che fine ha fatto?” la voce del professore di pozioni era sorpresa.

“D’accordo, credo che ora sia venuto il momento di spiegare bene tutto quello che è capitato” Lupin, detto questo, afferrò la cartellina che aveva in mano e pregò tutti di seguirlo. Percorsero un po’ di corridoi ed infine raggiunsero un’ampia stanza predisposta per le proiezioni di immagini magiche scattate in precedenza. Una serie di comode poltroncine erano schierate di fronte ad un muro bianco. Tutti si sedettero, tranne Lupin che chiuse la porta, spense la luce e si portò davanti al muro. Agitò la bacchetta e dal fondo della stanza un raggio luminoso colpì il muro.

“Bene. E’ ora di spiegare per filo e per segno quello che si sa e non si sa sul caso Hogwarts. Il 28 dicembre 1999 Hogwarts viene attaccata da un vero e proprio esercito di seguaci di Voldemort” i presenti rabbrividirono a sentire pronunciare il nome del mago oscuro “mangiamorte, giganti, disennatori e così via. Sembra la disfatta più totale, anche perché lo stesso… voi-sapete-chi, partecipa all’attacco. Lo scopo è chiaro. Uccidere mezzosangue e chi non è fedele a lui, e soprattutto eliminare Harry Potter” Remus si fermò, più che per riprendere fiato, per scacciare il pensiero di Harry.

“L’attacco sembra essere perfetto, ma succede qualcosa di inaspettato. Un potente incantesimo di sigillo colpisce tutto il castello. Con un onda d’urto potentissima tutte le persone presenti vengono sbalzate in giro con danni più o meno gravi. Molti studenti non riescono a sopravvivere, altri cadono in un coma profondo, che, per fortuna, ormai sembra essere scioglibile” lo sguardo di Remus cade su Ron ed Hermione che si tengono la mano l’un l’altro, come per proteggersi da qualcosa che conoscono fin troppo bene.

“L’incantesimo di sigillo riesce e chiude sotto una cupola magica tutta la scuola. E da tre anni che gli scienziati maghi studiano il problema” sul muro comparve l’immagine di Hogwarts. Molte persone dall’abito blu correvano qua e là per l’immagine “ma Hogwarts è assolutamente inaccessibile dall’esterno. Anche con viaggi in piani di passaggio la cortina impedisce il l’attraversamento”

“Parlando di situazioni più recenti, ieri sera sono stati eliminati quattro babbani nei pressi di Chinatown, a Londra” Ginny fissò Lupin, Black abbaiò, delle foto dei cadaveri comparvero sul muro “tre ragazzi, uno strangolato, l’altro trapassato da parte a parte con un oggetto veramente grande” la foto del ragazzo squarciato era comparsa sulla parete “e l’ultimo, senza testa, tagliata di netto. Poco più distante, una ragazza orientale è stata trovata morta. Il sangue gli è stato succhiato via da due buchi alla base del collo. Un vampiro, signori. Non se ne vedevano in giro da tempo. Ma è un vampiro, è chiaro. Ho fatto delle ricerche su tutti i vampiri negli ultimi anni visti in giro per Londra e città limitrofe, non sono molti, ma non sappiamo chi sia. Nessuno l’ha visto in faccia”

“Io sì” disse timidamente Ginny “l’ho visto, so chi è. Sono scappata da lui, sono salva per un pelo” Remus spalancò gli occhi. Abbozzò un sorriso.

“Eccellente. Dopo ti mostrerò le foto e mi dirai se lo riconosci. Ora, tornando a noi, dalle ultime ricerche sappiamo che Draco è stato portato via la sera di venerdì scorso, con oggi sono sei giorni che è scomparso. I rapitori direi che sono chiari a tutti: mangiamorte. Da quello che ci ha riferito il signor Backer, e dal cadavere ritrovato nel parco vicino a casa Malfoy, Draco è stato portato via con la forza da un tizio alto, magro e dai denti gialli. Uno dei gemelli che hanno attaccato ieri sera la Tana. Bene, direi che tutta questa complicata faccenda è stata spiegata, anche i fatti più recenti. Ora, direi che è il caso di fare qualche domanda al nostro amico Severus Piton” Remus si avvicinò all’uomo e le luci si riaccesero.

“D’accordo, Severus. Dicci quello che non sappiamo, ora” Piton sospirò e iniziò a parlare.

“Io sono morto il 28 dicembre 1999. La belladonna iniettata mi stava uccidendo. Ho preferito provare a non-vivere. Mi sono suicidato con una particolare pozione che mi avrebbe permesso di tornare come non-morto anni dopo il mio decesso. E’ inquietante, ma non potevo morire così, in quel luogo. Hogwarts. Sì, ero ad Hogwarts, e ne sono uscito. Non pensare sia possibile, Remus, non cominciare ad eccitarti all’idea. L’incantesimo di sigillo posto su Hogwarts non solo blocca l’entrata e l’uscita di persone, ma colpisce le loro menti impedendo loro di cercare un’uscita. Li ho osservati, i mangiamorte, i disennatori e… un tizio strano. Nessuno, anche se prova, riesce a trovare un’uscita. L’incantesimo glielo impedisce. Ma c’è di più. Quel tizio strano, uno dei mangiamorte, è impazzito, credo che sia un mangiamorte da come si batte e da come mi ha, una volta, sorpreso alle spalle. Va in giro per il castello ed elimina qualsiasi cosa si muova, ma ha cominciato ad evolversi. Quando me ne sono andato aveva costretto uno dei mangiamorte a spiare i compagni per facilitare il compito. Le persone rimaste la dentro non saranno più di 400, massimo 500. L’esercito, all’inizio, era di quasi 2000 unità. Quel tizio è un genio nella lotta. E’ veloce, è forte, è mortale, conosce un gran numero di incantesimi e molti li ha creati lui stesso. Ha passato anni a combattere contro quella feccia, ed è diventato una macchina che uccide. Fredda e spietata. Dopo essere rimasto ad osservare un po’ la situazione ho aperto un varco con la magia in un pezzo della cortina magica che impedisce il passaggio. Si rigenera rapidamente, sapete. A quest’ora sarà già chiusa. Sono uscito e con il Nottetempo sono arrivato fino a qua, ed ho incontrato la signorina Granger che fuggiva dal suo vampiro”

Dire che le espressioni di chi lo fissava fossero allibite, era poco. Miliardi di idee e pensieri passarono nella testa di ognuno. Solo Remus riuscì a porre una domanda.

“Ma…ma perché tu sei riuscito a cercare un uscita? Come hai…” Piton lo interruppe come era solito fare anche ad Hogwarts con gli studenti indisponenti.

“Perché, caro Remus, io sono morto. La mente di un morto è totalmente diversa da quella di un vivo. Molti incantesimi che colpiscono la mente non funzionano”

Il silenzio cadde sui presenti. Nessuno diceva nulla. Una miriade di emozioni passarono attraverso quelle facce. Paura, angoscia, speranza, ansia, terrore, stupore, incredulità, ammirazione, sfrontatezza,…troppo per elencarle tutte.

“Ed ora…che facciamo?” chiese Hermione rompendo il silenzio.

*****

Una abile massacro. L’ombra finì di spostare l’ultimo cadavere nel corridoio sotterraneo. Un peccato aver perso la spia. Era abile, ma non troppo.  Oggi ne aveva fatti fuori ben trenta, tenendo conto dei dieci esplosi nella stanza poco prima. Un bottino soddisfacente, e poi ora era stanco. Molto stanco. Salì le scale e raggiunse il piano terra. Salì ancora imboccando la scala alla sua destra. Non sapeva bene dove andare, ma sperava di trovare un alloggio per la notte. Un letto o qualcosa di simile. Camminò a lungo e la sua attenzione fu attratta da un quadro. Rappresentava una signora grassoccia, dormiva con la testa chinata sul petto. Il dipinto era leggermente staccato dal muro. L’ombra lo spinse piano. Una porta. Aprì il passaggio e percorse il corridoio. Una grande stanza con camino e tutto. Doveva essere uno dei dormitori. Decise di cercare un letto, dopotutto era il luogo migliore per trovarne. Due scale salivano verso quelli che probabilmente erano le stanze degli studenti. La scala a sinistra era distrutta. Andò a destra e entrò nella prima porta che incontrò. Ben cinque letti. Non poteva chiedere di meglio. Si butto su quello più vicino, sollevò le gambe sopra il materasso e prese a dormire. O almeno ci provò. Non riusciva. Ancora si tormentava per la distrazione di poche ore prima. il cappuccio gli era sceso di testa, non sapeva se qualcuno lo aveva visto in faccia. Sperava di no. La odiava. Odiava la sua faccia, per questo la nascondeva. La odiava a tal punto di non mostrarla a nessuno, neanche a se stesso. Si alzò dal letto rimuginando sul da farsi. Tanto non riusciva a dormire. Cominciò a guardarsi attorno. Un sacco di bauli. Degli studenti, probabilmente. Cominciò a aprirli per esplorarne il contenuto. Tutta robaccia. Poi, il quarto, lo trovò vuoto. Impossibile. Un baule di scuola vuoto? Allungò la mano e sentì qualcosa di solido. Afferrò e strappò con forza. Nel baule comparve la normale attrezzatura di uno studente. Libri, bilancia, calderone, ingredienti vari… e nella sua mano un mantello. Fu chiaro subito che cosa fosse. Un mantello dell’invisibilità. Un tesoro così prezioso in mano ad un ragazzino di Hogwarts. Ridicolo. Lo indossò per provarlo. Cadeva alla perfezione. Con quell’aggeggio avrebbe semplificato di molto il suo “lavoro”. Si sarebbe divertita molto di più. E non avrebbe avuto più bisogno di una spia. Ci avrebbe pensato l’ombra stessa a spiare i suoi nemici.

Capitolo 15! Ormai sono a tre quarti abbondanti della Fic! Almeno secondo le previsioni. Allora? Come va? Eh? Piace? Ditemelo!!!! Recensite ragazzi che senno non so più come fare!!! Ed ora…………Ringraziamenti!!!!: Giuggy, non snellisco (sotto minaccia felina men che meno…sei cattiva…J); Angi, non conosco il fumetto Arms, il personaggio è ispirato al personaggio (ripetizione) che interpreta un mio amico in un RPG, anche se gli occhiali e gli occhi bianchi li ho messi io…J; Ci, ringrazio questa nuova Recensionist, ma sappi che anch’io amo gli scontri Draco/Harry, e la mia prossima Fic sarà basata sul mago più figo di tutto l’antico regno (e non è Silvan…)J; Ice, grazie per il messaggio, ma non ti preoccupare, non è che mi ammazzo! Sei in gita scolastica (non conosco la tua età, potresti essere anche un pensionato in effetti….eheheh scherzo J; Keijei, zenchiu! Era proprio quello che volevo fare!! Azione, Romantico, Triste…. Proprio quello che volevo riuscire a trasmettere!!! Woooooohooooo!!!J; Kiak, caspita se continui con questi commenti mi metti in imbarazzo! (BLUSH) ho cambiato il capitolo 2 3 volte perché non mi convinceva (la storia sarebbe stata diversa). Vuoi una femmina? Chissà, ma ti pongo una domanda: se le radiazioni atomiche modificano il feto, cosa fa un’Avada Kedavra in fronte???? (sono bastardo eh?) baci baci J; Eli e Kia, vabbè, ormai per me siete come il caffè di mattina: senza non vado avanti! (che paragone del cavolo NdHarry) (Hai ragione, vai da Dante Alighieri e chiedigli un buon paragone NdMe) (D’accordo dov’è? NdHarry) (All’inferno, piccolo mago bastardo!!!!! NdMe) (Ahhhhhrrggghhh! NdHarry) avete dipendenza da Fic? Comincerò a spacciarle nelle disco…J. Appunto per Eli, io vado in macchina la bici si è rotta! PS Strekonuccio? (BLUSH); Mikan, ti comunico che sei in testa alla classifica con altri MILLE punti per aver beccato Piton!!! (ma sono così banale? Vabbè …) ora dentro la multipla sfasciabile c’è anche l’arbitro Moreno legato e imbavagliato! Contenta?J; Monica80, sorbole, una cara consanguinea! Sono di Granarolo (si quella del latte NdMe…) in provincia. Non ti preoccupare per il commento, l’importante è lasciare qualcosa. Curiosa eh? Vedrai che la storia allora ti piacerà…J; Anjulie, new recensionist! Grazie per il commento. E’ bello veder nuova gente fra le recensioni!J.

Ragazol, sem a post. Az vedem al prosim vulta can al nuv capitol. (Traduzione: Ragazzi, siamo a posto. Ci vediamo la prossima colta con il nuovo capitolo)

See you again!!!!!

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Capitolo 16
*** Tutto bene ciò che finisce bene? ***


Piton e Lupin erano ancora seduti nella stanza delle proiezioni

Piton e Lupin erano ancora seduti nella stanza delle proiezioni. Gli altri se ne erano andati a riposare un poco. Erano stati per tutti due giorni intensi. Non parlavano. Si fissavano per poi distogliere lo sguardo, e fissarsi ancora.

“Chi credi che sia?” chiese Lupin.

“Credo che sia l’unica persona in grado di fare quelle cose… la sua crudeltà è chiara” rispose Piton.

“Quindi i mangiamorte rimasti hanno ragione. Non è morto”

“Se le voci che girano sono quelle, ti assicuro che la sola visione di quel tizio all’opera li farebbe esultare per il ritorno del loro signore”

“Ma perché li elimina allora?” Remus si alzò in piedi, pareva scocciato dalla situazione delicate che si stava creando. Piton scosse al testa e guardò il pavimento.

“Non lo so. Forse l’incantesimo che ha sigillato Hogwarts lo ha colpito in modo particolare. Forse qualcosa è andato storto quel giorno. Non lo so ma ti assicuro che quello non può essere che lui…”

“Voldemort… è tornato…”

“Sì, Remus” continuò Piton. Alzò gli occhi e lo fissò di nuovo “lui ancora non è in grado di capirlo, ma è tornato. Ed è molto più forte. Se esce da lì dentro, è la fine per tutti. E’ la fine di tutto…”

Lupin si sedette ed il silenzio tornò, prepotente, a saturare la stanza.

“Hai un piano?” chiese Lupin.

“Forse… ma dovremmo discuterne con il ministero. Non sarà una cosa breve, ci vorrà del tempo. Mesi, forse anni… ma è l’unica idea che ho avuto”

“Che, in poche parole, quale sarebbe?”

“Lo eliminiamo noi prima che lui possa uscire” sentenziò freddo Piton.

*****

Faceva freddo. Molto freddo. Ed aveva fame. Era da quasi una settimana che non mangiava. Lo avevano abbandonato in quella prigione sotterranea. Suo padre non aveva avuto pietà. Senza cibo né acqua. Quella poca che beveva filtrava dal soffitto umido e entrava dalla finestra. Draco ormai era stremato. Non ce la faceva più. Ormai le forze lo stavano abbandonando. Era stanco, troppo stanco. Gli occhi si stavano chiudendo. Il sospiro della morte alitava sul suo collo. No. Ginny! Non poteva morire ora! Doveva ancora vendicare Ginny! L’avrebbe fatto. Si sarebbe spinto fino al limite umano per vendicare la dolce Ginny. Con uno sforzo notevole si impose di riaprire gli occhi. Li spalancò di scatto, per poi tenerli aperti a metà. Respirava affannosamente. Ma non doveva mollare. Prima o poi sarebbero venuti. Doveva solo aspettare. Si era liberato dalle catene, anche se illegalmente. Stronzate! Per uscire di lì avrebbe anche ucciso un esercito di babbani a sangue freddo. Per eliminare l’assassino di Ginny avrebbe anche venduto la sua anima al demone più infido degli inferi. Camminava in cerchio per non addormentarsi. Era un metodo valido, non gli lasciava il tempo di stancarsi. Un rumore. Passi. Qualcuno si avvicinava. Si nascose in un angolo della stanza, nell’ombra.

 

Lucius Malfoy era stato chiaro. Il prigioniero doveva restare in cella senza nutrirsi. Lasciarlo soffrire per la perdita della sua donna era il suo piano. Tropo crudele da sopportare anche per un bastardo come lui. Un doppiogiochista, questo era. Aveva fregato Malfoy e era riuscito quasi a far uccidere la ragazza. Era stato premiato per questo. Ora era pieno di soldi, e molti mangiamorte erano ai suoi ordini. Quando lavorava al ministero era molto più dura. Ma ora le cose sarebbero cambiate. Avrebbe infiltrato altri mangiamorte fra le file dei Battlemage. Nessuno sospettava di lui. Nessuno sospettava di Alex Holavson. Troppo grasso e stupido per riuscire in qualcosa. Stupidi maghi. Lui era il grande Alexis l’immortale. Un noto mangiamorte. Ma aveva cambiato il suo incartamento, foto compresa, prima di farsi assumere al ministero. Odiava la tenacità di tutti quei giovani maghi intenti a rovinare i piani dei maghi oscuri. Quante volte ne aveva eliminati mandandoli in missioni suicida. Tutti tranne Draco. Era troppo abile per farsi eliminare. Veramente abile. E Alexis temeva che la rappresaglia da parte del padre Lucius su di lui fosse terribile. Solo ora aveva scoperto che anche lui detestava il figlio. Ma non l’avrebbe ucciso, gli serviva, o almeno così diceva.

Raggiunse la porta della cella. Sotto il braccio aveva un po’ di cibo ed acqua. Avrebbe nutrito il poveretto, non riusciva a non fare nulla. Aprì la porta e vide le catene vuote. Una goccia di sudore percorse il suo viso spaventato. Un attimo, e il petto fu trapassato da potenti artigli, mentre le zanne gli mordevano il collo uccidendolo sul colpo. Un ghepardo dal manto biondo platino, maculato, con il muso sporco di sangue scese dal cadavere di Alexis l’immortale, che poi non così immortale non era. Il suo occhio segnato da una profonda cicatrice scrutò il corpo dell’uomo. Vide il cibo e lo divorò voracemente. Afferrò la bacchetta del mangiamorte fra le fauci ed uscì di corsa dalla prigione. Salì una rampa stretta di scale per cercare una cosa che voleva da tempo. Vendetta.

*****

Un ragazzo entrò veloce nella stanza delle proiezioni. Ron gli aveva riferito che Lupin si trovava lì. La porta sbatté forte e fece sobbalzare i due seduti sulle poltroncine.

“Signore…signore, l’abbiamo trovato” aveva il fiatone e parlava a raffica “Draco Malfoy, è appena scappato da una prigione. L’incantesimo che impediva la divinazione su di lui era solo nell’area dove era rinchiuso. Ora sappiamo dive si trova. Ed è…” prese a scrutare un foglio facendo scorrere il dito verso il basso.

“…Silvertown. Pochi chilometri fuori Londra. Ordino la mobilitazione dei battlemage?” chiese con tono ufficiale il ragazzo.

“Immediatamente. Avverti anche il ministro. Ci serviranno una cinquantina di uomini. Sceglili fra i più esperti. Questa volta non si fallisce. Non si deve fallire” il giovane batté i tacchi, annuì ed uscì da dove era entrato. Piton si alzò.

“Potrei unirmi alla festa, se il comandante qui presente lo permette…” disse ironico Piton.

“Certo Severus. Una bacchetta in più fa sempre bene. Avverti Arthur e Ron, per piacere. Io finisco di preparare la squadra” entrambi uscirono e, veloci, si diressero in direzioni opposte.

*****

Il ghepardo si fermò a prendere fiato. Il suo corpo mutò e tornò quello di sempre. Draco ansimava rumorosamente lungo un corridoio deserto del castello.

“Casa dolce casa…” mormorò prima di svoltare l’angolo e continuare la sua marcia, ora su due piedi. La magione dei Malfoy era veramente grande. L’avevano esplorata più volte in quegli anni sicuri che molti maghi oscuri si trovassero lì, ma ogni volta non trovavano nulla. Ed ora capiva perché. Quella spia traditrice di Alex Holavson, o qualunque fosse il suo nome, li doveva avvertire ogni volta. Per questo non trovavano mai nulla. Per questo riuscivano sempre a scamparla.

Sputò con disprezzo contro una parete sia per lo sforzo che per scacciare l’idea di quel traditore dalla sua testa. Afferrò una spada attaccata al muro come decorazione e continuò ad avanzare. Sapeva dove andare, Aveva percorso quello stesso corridoio anni prima. Come quella volta sfoderò le sue armi migliori. La bacchetta in mano e lo sguardo carico di odio. Raggiunse ancora la porta.

Stupeficium!” più che cadere a terra si sbriciolò sotto i suoi occhi. Con un balzo entrò nella stanza. Tre maghi lo fissarono senza parole, poi, ripresisi dalla sorpresa, si prepararono a lanciare incantesimi contro il nuovo arrivato. Draco roteò la spada e la afferrò per la lama. Con un colpo secco la scagliò addosso al  mangiamorte più vicino. La lama trapassò il suo petto, cadde a terra esanime. Rapidamente lanciò un incantesimo sul secondo.

Imperio!” il mago oscuro spalancò gli occhi e si buttò fra Draco e le frecce di fuoco partite dalla bacchetta dell’ultimo mangiamorte. Il suo corpo infuocato cadde a terra, consumato ancora dalle fiamme. Troppo veloce perché il mago oscuro lanciasse un altro incantesimo, Draco lo raggiunse. Pugno nello stomaco, ginocchiata in faccia. Steso sul pavimento stordito, o forse morto. Draco recuperò la bacchetta della sua ultima vittima e la puntò contro il tizio di spalle dal lungo mantello rosso. I capelli color platino di quell’uomo erano simili a quelli del ragazzo. Lucius Malfoy si girò a fissare Draco con la bacchetta in pugno, puntata verso di lui.

“Draco, che piacere vederti. Non provi una sensazione di deja-vu?” l’uomo non pareva per niente preoccupato dalla situazione in cui si trovava. Era il suo atteggiamento nei confronti di tutto.

“Zitto bastardo. Se non vuoi morire dimmi chi ha ucciso Ginny, prima che ti elimini all’istante” la voce di Draco era glaciale. Un auror che entrasse lì dentro in quel momento non avrebbe esitato a colpire Draco per salvare Lucius. Il vero nemico, ora, pareva il giovane Malfoy.

“Vuoi sapere chi ha ucciso la piccola Weasley? Mi spiace, ma non posso dirtelo”

“Parla o muori! Ignus Flatus” la palla esplosiva colpì un candelabro a pochi metri da Lucius Malfoy, mandandolo in frantumi.

“Vorrei poterti accontentare, ma lei è ancora viva. Non esiste il suo assassino” sorrise dopo aver detto ciò. Draco si bloccò ed il suo volto si ammorbidì decisamente dal marmo che sembrava.

“Non…non è vero! Tu menti! Vuoi prenderti ancora gioco di me!? Non scherzare col fuoco, ti potresti scottare. Dimmi chi ha ucciso Ginny!” un boato sotto di loro sorprese Draco.

“Sono arrivati. I battlemage sono veramente efficienti. Credo che sia venuta l’ora di finire questa commedia” sollevò la bacchetta con uno scatto “Accio Tavolo”.

Il tavolo alle spalle di Draco si sollevò e lo colpì in testa, buttandolo a terra. Proseguì la sua corsa e sfondò il vetro alle spalle di Lucius che si era preventivamente abbassato. Draco sollevò lo sguardo in direzione del padre, che sorrideva.

“Ci rivedremo figliolo, non temere. La mia vendetta di colpirà inesorabile. Te, la tua donna e vostro figlio” con una risata si buttò fuori dalla finestra. Fuggito. Era fuggito e si era preso gioco di lui, ancora una volta. Non ce la faceva più. Non aveva vendicato Ginny. Stava morendo da sconfitto. Si era sacrificato per niente. Si era sacrificato…sacrificio. Si era sacrificato per qualcun’altro. Lo aveva fatto. Perché? Lui si sarebbe sacrificato solo per se stesso. Solo per se…ma Ginny era se stesso. Loro erano una cosa sola. La amava troppo. Lui era lei. Lei era lui. Un'unica cosa. Amore. Era innamorato di Ginny. Solo ora lo aveva capito, e non glielo aveva mai detto. Era tropo tardi ora. Lei non c’era più ed anche lui cominciava a spegnersi. La vista si offuscava. I rumori, i boati le urla erano distanti. Non sentiva più il suo corpo pesante. Come era dolce la morte.

*****

Ginny era seduta su di una sedia lungo il corridoio dell’ospedale. Ron le era accanto e aveva il braccio attorno alle sue spalle. La testa di Ginny era poggiata al petto del fratello. Hermione, accanto a Ron, teneva il capo all’indietro, appoggiato al muro. Aveva gli occhi chiusi. L’altoparlante dell’ospedale chiamava continuamente dottori e medici qua e là per emergenze di vario tipo. Lupin, poco distante, guardava fuori dalla finestra. La pioggia scendeva e colorava di grigio quel cielo invernale. Due settimane a natale. Sarebbe stato un natale orribile. Ginny si sarebbe ripresa? Improbabile. Conosceva quanto bastava la ragazza per dire che la morte di Draco l’avrebbe distrutta. L’attacco alla magione dei Malfoy era stato eseguito alla perfezione. Poche perdite, qualche ferito, vittoria completa. Naturalmente di Lucius Malfoy neanche l’ombra. Ma era prevedibile. Non si sarebbe lasciato prendere facilmente.

Si allontanò dalla finestra ed andò a sedersi accanto a Ginny. Ron gli sussurrò.

“Si è addormentata… povera piccola. Deve essere stanca…” carezzò la testa della sorella e le diede un bacio affettuoso. Hermione sollevò la testa e fissò Ron. Si avvicinò a lui e si accoccolò al suo fianco. Lui sollevò il braccio e la abbracciò stretta.

La luce sopra la doppia porta davanti a loro si spense. Una delle ante si aprì ed uscì un medico. Si tolse i guanti sporchi di sangue. Sollevò lo sguardo triste e affranto. I ragazzi si erano alzati. Ginny ora era sveglia e Lupin era al loro fianco. Il medico sospirò e fissò il gruppo.

“E’ fuori pericolo, ma la mutazione instabile che ha subito il suo corpo lo ha sfiancato non poco. Non è un vero animagus, è stato sciocco da parte sua. Ma dopotutto ne uscito vivo. Poteva andare peggio, da quello che ho sentito. Bisogna essere ottimisti” sfiorò una spalla a Ginny.

“Fra qualche ora lo trasferiremo in una stanza. Lì potrete vederlo” salutò il gruppetto e tornò da dove era arrivato. Ginny sospirò forte e iniziò a piangere.

“Avanti Ginny. Hai sentito il dottore? Ottimismo. Tra un po’ lo andremo a vedere” Ron la prese per le spalle e poi la abbracciò ancora.

“Ron, lascia che ci pensi io” disse Hermione “andate a bere qualcosa voi due” Ron annuì e si allontanò con Lupin.

Hermione prese per le spalle Ginny e la condusse di nuovo a sedere. La rossa singhiozzava. I capelli coprivano il suo volto rigato di lacrime.

“Avanti Ginny, parla. Dì quello che vuoi, sfogati. So come ti senti, ed è uno schifo” Hermione le parlò con franchezza. Ginny alzò gli occhi su di lei.

“Hermione io… sto soffrendo. Tanto, troppo. Draco è in fin di vita per colpa mia. L’hanno preso e torturato, e lo ha fatto per me. Io… non so, ma mi manca, Hermione. Mi manca troppo. Il pensiero di perderlo mi fa soffrire terribilmente. Non potrei più vivere. Non sa nemmeno che presto sarà papà” qui Ginny rise un po’ fra i singhiozzi “e io sarò mamma. Ci pensi Hermione? Lo voglio con me. Deve stare con me, non può lasciarmi. Io e lui siamo una cosa sola…”

Hermione la abbracciò. La strinse forte. Anche lei piangeva. Quello che aveva detto Ginny era bellissimo. Amava Draco ad un livello tale che nemmeno immaginava.

 

“Sono contento di essere ancora vivo” Draco sussurrò piano. La voce era molto bassa. Per lo shock operatorio e per lo shock di vedere lì con lui la sua Ginny. Era ormai mezz’ora che parlavano da soli in quella stanza di ospedale.

“Anch’io sono contento che tu lo sia. E vedi di non cambiare idea…” Ginny rise con gli occhi lucidi. Anche Draco era nelle sue stesse condizioni.

“Devo ancora dirti una cosa importante. Sarai presto papà, Draco” lui sorrise ancora.

“Sai, mi ero preparato una recita per mostrare la mia sorpresa, ma mi fa troppo male dappertutto per farla. Lo sapevo, sapevo del bambino, anche per questo ho sofferto quando ti ho creduto morta” Ginny fu sorpresa dalla risposta, ma non gliene importò niente. Ora era felice. Era di nuovo con Draco. Erano ancora insieme.

“Ginny, in questi giorni ho pensato… mi sono accorto che c’è una cosa che non ti ho mai detto, e che ho scoperto da poco” fece una pausa e trasse un profondo respiro.

“Ti amo Ginny Weasley” disse tutto di un fiato. Ginny lo baciò teneramente e si stese nel letto accanto a lui.

“Anch’io ti amo Draco. Da impazzire” si unirono in un altro bacio, più lungo questa volta. Draco le parlò ancora.

“Non ci separeremo mai più. Te lo prometto. Nulla potrà separaci”

*****

Sul tetto della torre più alta di Hogwarts si stagliava contro la luna la sagoma di un uomo incappucciato. Appeso ad un merlo della torre, legato bene con una corda, vi era un altro uomo. L’ombra era seduta sul bordo e fissava l’appeso sotto di lui.

“Allora? Dove è il vostro capo?” disse tranquilla l’ombra.

“Non lo so, te lo giuro….non uccidermi! Potrei fare la spia per te…sì! Ti prego risparmiami…” l’uomo a testa in giù piagnucolava disperato.

“Mi spiace, ho già provato, e non ha funzionato un gran che” con uno scatto sfoderò un pugnale e recise la corda. L’uomo appeso precipitò accompagnato da un grido.

“Ho ancora molto lavora da fare” indossò il mantello e scomparve nel nulla.

Capitolo 16!!! Sarete contenti ora! Draco è salvo, e stanno tutti bene….sé magari! Ringraziamenti:::::::::::::::::::::::::::: Eli e Kia, grazie, l’idea è geniale, lo so. Ma è chiaro che tutta Hogwarts e i suoi occupanti sono in trappola e non sanno come uscire perché non pensano di farlo? Era chiaro vero? Vabbè, intanto grazie e….ancora Stekonuccio? Ci farò il callo (BLUSH) J; Angi, Draco è tornato!! Are you happy? Well, ….e così l’ombra sarei io?!?!? Grazie! Ma io sono molto più bastardo!!! J;Gius, a caccia dell’identità dell’ombra? Tranquilla si scoprirà….forse…potrei finire la fic con il dubbio eterno di chi sia l’ombra…. Bell’idea!!! EhehehehJ; Sunny, è bello rivederti e sapere che leggi la mia Fic! Ora leggo il tuo nuovo Capitolo, poi recensisco J; Giuggy, ho comprato un cane di trenta tonnellate per contrastare l’uomo gatto, ma lui ha letto la mia fic e ha detto che mi divora se non scrivo….dalla padella alla brace….J; Danny88, new recensionist!! Grazie per il commento!!J; Niav, tre parole? Credevo sole, cuore e fluoooooooro! Eheheh scherzo, grazie per i complimenti J; Keijei, ta-dan, ed entra in scena piton!!!! Fico eh? Spero piaccia in versione non morto. A me gusta, e a te? Ciao J; Kiak, hai citato il sacro mahatma!!!! Lode e gloria e Kiak!!! E’ bellissima questa citazione! Non la conoscevo, ma già che siamo in tema non violenza….make love, not war!!!! PACE PACE PACE!!!!!!!!!!! E che Bush prenda i suoi missili e se li ficchi tutti nel c….appuccino! che è buono con i missili….grazie kiak per ricordare chi ha fatto grandi cose, molti scordano….

Giovani, per ora è tutto. Scriverò quanto prima (scuola permettendo), quindi: RECENSITE RECENSITE RECENSITE!!!!!!

See you again!!!!!!

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Capitolo 17
*** Sentimenti ***


Ron stringeva forte l’arma in pugno

Ron stringeva forte l’arma in pugno. Non li vedeva più. Si era nascosto in un attimo dietro quel cumulo di terra prima che lo colpissero. Chinato sulle ginocchia restava in attesa di un qualche rumore. Niente. Si dovevano essere nascosti anche loro. La tensione era troppa. Doveva stare attento a non scoprirsi. Ma doveva aiutare la squadra. Forse erano in difficoltà, lontano da lì. Prese una decisione. Piano sollevò la testa per sbirciare la zona. Fu il suo ultimo errore. SPAM!

“Ah ah ah! Ron ti ho preso! Hai visto che era lì dietro, lo dicevo io” la palla di neve scagliata da Ginny colpì in pieno la faccia del fratello. Draco accanto a lei era armato anche lui e pronto a colpire ancora il rosso. Ron si pulì la faccia dalla neve e si alzò di scatto.

“Piccola monella! Adesso la paghi!” prese la palla di neve e la lanciò forte verso Ginny. La colpì in pieno, lei cadde a terra e iniziò a ridere. La palla di Draco colpì la terra dove Ron era tornato a ripararsi.

“Fermo Weasley! No mi scappi! Devo vendicare la mia ragazza, ti seppellirò nella neve bastardo” disse Draco in tono ironico iniziando a correre dietro al rosso, che subito si era alzato ed era scappato di corsa in mezzo al campo arato, candido per via della neve. Una voce di ragazza in coro con una maschile pervase l’aria fredda.

Multi Leviosa” una moltitudine di palle di neve, almeno una trentina, si sollevarono da terra attorno ai due ragazzi.

“Ma cos…” provò a chiedere Draco, ma le sferette di ghiaccio presero a colpirlo a raffica. Lui cercò di pararsi, ed infine cadde a terra, sopraffatto dall’attacco. Hermione e Fred raggiunsero Ron che si era buttato a terra, timoroso di essere colpito. Si tolse le mani da sopra la testa e si alzò, bagnato da capo a piedi.

“Cavoli! Veramente un bel colpo ragazzi” disse Ron mentre si spazzava via la neve dagli abiti.

“Grazie, ma è stata un idea della tua ragazza” fece Fred “è davvero micidiale quando si spreme le meningi” Hermione sorrise sorniona.

“Lo so. Sono un genio. Ehi Draco si sta riprendendo…”

“Non pensiamo a Draco, manca ancora il terzo. Vedete nulla?” chiese Ron. I due scrutarono la zona attorno a loro.

“No niente. Deve essere ancora nasc…” Hermione non terminò la frase che una decina di fuochi d’artificio si accesero attorno a loro. Con un fischio acuto, le scintille si alzarono a formare una specie di barriera. Poi di colpo si spensero. La calma prima della tempesta. Con un boato collettivo esplosero tutti i fuochi, coprendo di una sostanza verde, viscida e schifosa i tre ragazzi. Quando il fumo si diradò tre figure coperte da uno spesso strato di melma verdognola erano paralizzate, schifate da quello che avevano addosso. Draco, Ginny e George li fissavano e ridevano come pazzi.

“Bel colpo George… è stato fantastico…” disse Draco fra le risate.

“Ragazzi dovreste vedere le vostre facce in questo momento… sono uno spasso…” anche Ginny si stava sbellicando.

“Amici miei, è bello essere di nuovo a casa…” disse George con un sospiro, smettendo di ridere per un momento. Gli sguardi dei tre smelmati non cambiava, e neanche le loro posizioni. La melma cadeva viscida verso terra formando delle piccole pozze. Erano sconvolti. Ron afferrò la bacchetta.

“Adesso vi sistemo. Bastardi!” disse con un grido. Il trio smise di ridere e si preparò alla battaglia. Cominciarono a lanciare neve alla rinfusa sui Ron e gli altri per impedirgli di colpirli. Fred afferrò una piccola miccia e gli diede fuoco. Contemporaneamente una scia di fuochi rossi circondo Ginny e gli altri due. Con una esplosione, subito dopo un fischio acuto, i tre furono ricoperti da una specie di fango denso e puzzolente. Più che fango era…

“Ma, ma questa roba è…” fece George tastandosi il petto e annusando.

“Già, è proprio così. I miei sono Petardi melmosi extralusso. Roba di prima scelta…” disse Fred a braccia incrociate fissando i tre che ora erano sconvolti anche più degli altri.

“Fred! Brutto idiota! Ti odio!” Ginny guardava il fratello con rabbia.

“Ragazzi, perché non li prendiamo e dividiamo con loro tutta questa roba che abbiamo addosso?” propose Draco. Con tacito assenso cominciarono a rincorrere Hermione, Ron e Fred, che scappavano a più non posso per i campi innevati. Raggiunsero la Tana e aprirono la porta. Entrarono di corsa in salotto mettendosi sulla difensiva. Subito seguirono i tre ragazzi puzzolenti. Cominciarono a fissarsi.

“Arrendetevi e fatevi punire per aver fatto questo”

“Neanche per sogno avete iniziato voi”

“Ma falla finita, è Hermione che ha usato la magia”

“Cosa centro io? Nessuno aveva detto che non si poteva. E poi è George che ha usato per primo i fuochi”

“Sì, i miei erano schifosi, ma non fino a sto punto!”

“Se sbagli a comprare le cose non è colpa di nessuno. E poi non li avrei mai usati se George non avesse fatto esplodere i suoi!”

“Certo come no. Però li avevi già piazzati. Cos’è, volevi vedere se cresceva una pianta di Petardi melmosi?”

“Insomma! Era una guerra di palle di neve! Non ci doveva essere nient’altro!”

“Nessuno ha detto il contrario, dopotutto Hermione ha usato la magia”

“Ancora io? Ma siamo maghi! E’ normale usarla, no?”

“Sì, ma palle di neve è palle di neve!”

“Ma che dici…”

“Non è…”

“Cosa cosa? Ma…”

“Ehi, io non…”

“Allora volete…”

“Chi ha…”

“BASTA TUTTI QUANTI!” i sei ragazzi si zittirono al grido della signora Weasley. Li fissava dal tinello, sporchi, puzzolenti e ridicoli come erano.

“Voi quattro andate fuori a pulirvi che mi avete già sporcato la casa abbastanza!” disse secca rivolta ai ragazzi, poi con tono più dolce “Ginny, Hermione, care. Andatevi a pulire in bagno, non fatevi coinvolgere dagli scherzi di questi quattro”

“Ma come, loro in bagno e noi fuori al freddo?” chiese Fred sbigottito.

“Sì, e ringrazia che oggi è la vigilia di natale! Ora sbrigatevi, che tra un po’ arriveranno tutti” e tornò a concentrarsi sui fornelli. I ragazzi uscirono e si diedero una sistemata, con l’aiuto della magia. Persero più tempo a ridere su quello che era successo che a pulirsi. Erano troppo felici. George si era svegliato da una decina di gironi e già stava bene, anzi se è possibile stava meglio di prima. Con lui molti ragazzi avevano ripreso a vivere. Seamus, Neville anche Alicia, la ragazza di George ad Hogwarts, ed anche ora, dopo il risveglio, stavano insieme. I rapporti fra Fred ed Angelina migliorarono notevolmente. Con il risveglio della sua migliore amica cominciò a tornare quella di sempre, come aveva già fatto Fred nei confronti del gemello. Non vi era nulla di ufficiale fra i due, ma chissà… anche lei quella sera sarebbe stata ospite alla Tana, su invito di Fred naturalmente.

Una volta sistemati rientrarono tutti in casa e diedero una mano alla signora Weasley a sistemare la sala, troppo piccola per ospitare tutti. Ma Arthur aveva pensato anche a questo, e con un colpo di bacchetta aveva sistemato le dimensioni della stanza. Ora ci sarebbero state due squadre di Quidditch intere lì dentro. Ma a giocare, non a mangiare. Anche le ragazze tornarono pulite e sorridenti nella sala grande, anzi enorme, e finirono i preparativi per la sera. Verso le cinque fecero una pausa e si concessero un tè caldo seduti tutti davanti al fuoco. Molly li servì volentieri, ma non si unì a loro. Era in ritardo. Da quello che diceva era in ritardo da tre gironi per quella cena.

“Allora Fred, Angelina come sta?” punzecchiò Hermione, seduta sulla poltrona davanti al camino. A Fred andò di traverso il tè e tossì un po’ prima di rispondere.

“Eh? Bene, cioè, ora meglio. Stasera glielo potrai chiedere tu, scusa, perché lo chiedi a me?” rispose imbarazzato.

“Così, tanto per fare conversazione. Mi pare che ultimamente ti vedi più con lei che con te stesso…” continuò ironica Hermione. Fred arrossì lievemente.

“Sì? Bhè…Ah! Ma George, raccontaci un po’ di Alicia! Sta meglio ora eh? Vero? Eh? Dicci dicci…” Fred si girò verso il fratello gemello implorandolo con lo sguardo di cambiare argomento. George colse la palla la balzo, e sorrise a labbra strette.

“Molto meglio. Mi parla sempre di Angelina. “Sai Angelina e Fred hanno fatto questo, sai hanno fatto quello…sono così carini…”. Ehi Fred tutto bene? Stai diventando color ravanello…” tutti risero e Fred si lasciò andare ad una risata anche lui, ma non prima di essere saltato addosso a George. Il fuoco scoppiettava tranquillo, Ron aggiunse un altro ciocco di legna alle fiamme. Si risedette sul tappeto, con la testa sulle ginocchia di Hermione.

“Come va Ginny? Intendo con il bambino. Non ne abbiamo mai parlato molto” chiese Ron alla sorella. Ginny sdraiata con Draco fra le sue braccia sul divano alzò lo sguardo verso il fratello.

“Bene, cioè, escludendo il fatto che vomiterei l’anima a volte, piuttosto bene. Sono solo al terzo mese, dopotutto. Sentendo quello che dice mamma, e ne dovrebbe sapere un bel po’ su questo argomento, il peggio deve ancora arrivare” fece una smorfia divertita e lasciò cadere la testa all’indietro, sul petto di Draco.

“La mia Ginny è coraggiosa. Non sarà un pupo di qualche chilo ad intimorirla. Vero amore?” disse Draco fissandola negli occhi con la faccia sopra la sua.

“Vero…” rispose lei prima di baciarlo teneramente. Hermione e Ron distolsero lo sguardo. Era da un po’ che loro non stavano da soli. Vederli baciare aveva ricordato i bei momenti passati insieme. E li aveva imbarazzati. Fred ne approfittò per attuare la sua vendetta.

“Bhè ragazzi, voi due niente? Cercate di capire, io e George non ci possiamo certo baciare”

“Non è il mio tipo” disse George scherzando e stando al gioco del fratello gemello. Ron si voltò rosso per l’imbarazzo e squadrò i gemelli con due occhi poco amichevoli.

“Guarda Fred, l’eroe dei sogni va a fuoco. Credi sia il caso di spegnerlo?”

“Credo sia meglio. L’incendio si sta propagando anche intorno a lui. Guarda quella ragazza dietro, seduta in poltrona” anche Hermione era imbarazzata e la sua faccia rossa lo dava a vedere. Ron si alzò di scatto seguito dalla ragazza.

“Bene, io vado…di sopra, devo finire di fare…cose…per stasera” Ron salì rapido per le scale. Hermione filò verso la cucina.

“Do una mano a vostra madre. Ginny puoi venire per piacere” Ginny annuì e seguì l’amica in cucina. I tre rimasti si guardarono per un momento.

“Ma che avranno quei due? Perché fanno così?” domando Fred.

*****

Ron entrò in camera sua e chiuse la porta. Si buttò sul letto con la faccia nel cuscino. Il silenzio lo avvolse. Ma perché? Perché entrambi reagivano così? Non aveva senso! Lui non avrebbe mai avuto quella reazione, ma da qualche giorno Hermione era diversa. Insomma, si erano baciati, si amavano, eppure qualcosa non andava. Ma cosa?

Ron si rigirò sulle coperte e fissò il soffitto. Le braccia incrociate dietro la testa facevano da cuscino. Cosa non andava? Riesaminò la loro situazione. D’accordo, era fuori dall’ordinario, ma non vedeva errori da parte sua. Forse Hermione aveva qualche problema. Poteva confidarlo a lui. Ne avrebbero parlato. Forse non poteva confidarlo a lui perché …riguardava lui!

Si alzò a sedere sul letto, si mise a gambe incrociate. Dalla finestra vedeva cadere grossi fiocchi di neve. Aveva ricominciato a scendere fitta. Anche una settimana fa nevicava. Avevano dato l’esame per la smaterializzazione giovedì scorso. Lei era tutta eccitata all’idea di dare un nuovo esame. Amava quel genere di cose. Si erano preparati bene e superarono i test senza difficoltà. Dopo appena due ore erano abilitati alla smaterializzazione. Hermione gli saltò addosso e lo abbracciò forte. La tensione accumulata si scaricò. Ron la baciò per la contentezza. E lì successe qualcosa. Lei non lo diede a vedere, ma Ron lo aveva capito. Era successo qualcosa che l’aveva bloccata. Un pensiero che veloce come il fulmine l’aveva illuminata. Non riusciva a capire. C’era qualcosa di male in lui? No, almeno non credeva. Aveva fatto errori con lei? No, anzi le aveva dichiarato il suo amore. Poteva in qualche modo aiutarla a risolvere la situazione che, probabilmente, la tormentava e che le impediva di essere più naturale con lui? Improbabile…

Steso sul letto si allungò verso il cassetto del comodino. Lo aprì ed afferrò un piccolo pacchetto con un fiocco azzurro sopra. Il suo colore preferito. Se lo rigirò un po’ fra le mani pensieroso sul da farsi. Lo infilò nella tasca dei pantaloni. Sospirò, scese dal letto e si diresse al piano terra. Gli ospiti erano arrivati era ora di festeggiare. Scacciò il più possibile questi brutti pensieri e raggiunse gli altri.

*****

Hermione finì di poggiare l’ultimo piatto sulla tavola imbandita. Ma perché? Perché reagiva così? Era successo la settimana scorsa, dopo l’esame. Qualcosa in lei l’aveva scossa. Cosa? Non riusciva a capirlo. Il peggio era che Ron ci soffriva. Lo vedeva come stava male nel vederla così, non fredda, ma senza più spinta. Insomma, diversa da prima! La cosa grave era che nemmeno lei sapeva il perché. Non riusciva a capirlo, era qualcosa che la opprimeva che le faceva pesare il cuore. Solo quando stava con Ron. Solo con lui. Eppure lo amava. O no? Certo che lo amava! Allora perché? Non ne aveva idea.

Accese l’ultima candela rossa e spense la fiamma sulla sua bacchetta. Ginny le fu accanto.

“Tutto bene?” chiese la rossa dolcemente.

“Sì, cioè no, però non so perché… non capisco che cosa sta accadendo. Sono un po’ confusa…” rispose Hermione sedendosi su una sedia. Ginny la imitò e continuò a parlarle.

“E’ successo qualcosa con Ron? Mi sembrate un po’…distanti, diciamo, ultimamente. Perché prima vi siete imbarazzati? Non state insieme?”

“Ecco, vedi Ginny, è successo qualcosa, ma non so che cosa. So solo che ha frenato il mio amore per tuo fratello. Non so,… io amo Ron, me lo ripeto continuamente. Eppure… non lo so. Tu che ne pensi?”

“Come è successo, e quando?”

“Alla fine dell’esame per smaterializzarci. Come un flash…” Ginny la fissò assorta.

“Ascolta Hermione, non so cosa ti ha scosso a tal punto, ma non credo di poterti aiutare. Sembra qualcosa di molto personale, che solo tu puoi comprendere… o forse Ron. Ma non sentirti obbligata a parlarne con lui. Non credo sarebbe entusiasta di sentirti dire che lo ami, ma forse no” Hermione annuì.

“D’accordo, hai ragione. Grazie Ginny”

“Figurati, sono qui per questo, no” strizzò l’occhio all’amica e la abbracciò. La porta di casa si aprì ed un grosso cane nero entro trotterellando, seguito da ben sette persone. Hermione si alzò e salutò i suoi genitori, Lupin e Silente. Strinse la mano a Piton che, nonostante il suo aspetto fuori dall’ordinario, si era sistemato un po’ rispetto agli stracci indossati. Anche gli altri ragazzi accolsero i nuovi arrivati fra cui c’era anche Percy, finalmente distante dal suo lavoro per un giorno. Arthur si tolse il cappotto e portò gli altri giacconi nella stanza accanto. Il tempo di fare due chiacchiere e anche Alicia e Angelina arrivarono per mezzo della polvere volante. Il camino dei Weasley permetteva di utilizzare la polvere volante anche se acceso, era l’ultimo modello in fatto di tecnologia magica. Si sedettero tutti a tavola ed iniziarono a fare man bassa delle prelibatezze preparate da Molly. Il tono della cena era allegro, i gemelli praticamente non avevano occhi che per le loro belle, con loro grande piacere. Nessuno li aveva visti così concentrati in qualcosa come ora. Draco era ormai entrato a tutti gli effetti a far parte della famiglia, e si divertiva a scherzare e discutere con gli altri ospiti. Ginny era contenta di vederlo così. Se non parlavano o non mangiavano, si stavano baciando.

L’unica coppia con qualche problema sembrava quella composta da Ron e Hermione. Uno accanto all’altro non parlavano e fissavano timidamente il piatto. Non sapevano che dire. Troppo imbarazzo. Non potevano comportarsi così! Indipendentemente dalla loro situazione, dopotutto era natale. Come se volessero farlo apposta , entrambi alzarono lo sguardo verso l’altro.

“Sai volevo dirti…” “Pensavo che dopotutto…”

“No, scusa, dì pure…” “Oh, scusa, parla tu…”

Silenzio imbarazzante. La situazione tornò quella di prima. Ron restava girato verso sinistra dando quasi le spalle ad Hermione, e lei altrettanto verso destra. Parlavano con gli altri ragazzi e ospiti, ma non fra di loro. Ci avevano provato, con scarsi risultati.

La cena si protrasse per lungo tempo, infine sia arrivò alla mezzanotte: era natale. Si iniziarono a scambiare i regali. Fred con Angelina, George con Alicia, Draco con Ginny, Lupin e Sirius con i Weasley, con Piton e con i Granger. I Weasley, in particolare Molly, fece dono a tutti quanti dei suoi famosi maglioni natalizi. Silente ricevette alcuni regali dagli ex alunni, che ricambiò. Solo due regali rimanevano non consegnati. Solo due.

*****

Che faccio? Glielo do? Forse è meglio aspettare. Da come si comporta forse preferisce non farlo davanti a tutti. E’ meglio aspettare. Ma poi ho paura di non trovare il momento adatto. Potrebbe non presentarsi il momento adatto! Allora è meglio consegnarle subito il regalo. Sì, molto meglio. Anche se…lei non ha preso nulla per me, credo. La metterei in imbarazzo davanti ai nostri amici. Sarebbe una pessima idea. Potrei chiamarla in disparte, per stare da soli. Lei non ama stare sola con me ultimamente… Che faccio? Potrei farlo consegnare da qualcun altro, lei non si sentirebbe in imbarazzo e…ma che cavolo dico! E’ il mio regalo per Hermione! Io devo consegnarglielo! Anche se non direttamente, dopotutto. Potrei lasciarglielo nella giacca. Lei tasterebbe la giacca e lo noterebbe. E se non lo nota? Che figura ci faccio? Del vigliacco…Come odio questa situazione del cavolo! Hermione ti prego parlami, dimmi qualcosa che mi spinga a darti questo dono. Ti prego girati e guardami, prima che sia troppo tardi…

 

E adesso? Non posso certo dargli il mio regalo. Non glielo avrei dato qui, è ovvio, ma glielo avrei fatto intendere. E lo avrei fatto se questa dannata sensazione non mi martoriasse il petto! Perché proprio ora? Ora che sono felice? O almeno lo ero…fino a qualche giorno fa. Ma lo sono ancora! Oh, diammine, che ti succede Hermione? Tu ami Ron? Sì, è ovvio. E allora cosa ti blocca? Non lo so, non capisco. Era questo il momento per farti saltare in testa i sensi di colpa? Colpa di che cosa? Non erano sensi di colpa…era amore…Ma che cavolo vuol dire! Io sono innamorata di Ron! Solo Ron! Solo…o forse, anche? No, ora ho davvero le idee confuse, comincio ad avere mal di testa… devo ragionare, devo pensare su quello che è accaduto. Ho bisogno di tempo. Scusa Ron. Scusa se non ti guardo, il tuo volto mi distruggerebbe la poca auto stima rimastami. Scusa se non ti parlo, peggiorerei solo le cose. Credo sia meglio per me stare un po’ da sola in questi giorni. Poi, appena avrò raggiunto una conclusione, ti parlerò. Te lo prometto, Ron. Scusa.

*****

Stesa sul letto pensava meglio. Guardò l’orologio. Le tre di pomeriggio del venticinque dicembre. Il vialetto era coperto di neve. Il brusio dello spazzaneve che puliva la strada imitava i suoi pensieri. Confusi, continui, senza sosta. Non poteva continuare così. Si alzò dal letto ed andò alla sua scrivania. Prese carta e penna e cominciò ad annotare tutte le cose che pensava, a raffica.

Hermione muoveva veloce la penna sul foglio. Aveva deciso di risolvere la questione in modo razionale, come aveva sempre fatto. Raccogliere i dati, analizzarli, giungere alle conclusioni. Il tempo passò inesorabile, e dopo circa un’ora, Hermione aveva riempito una decina di fogli con scritte piccole piccole, ed enormi, quasi urlate. Veloci, appena accennate, oppure decise, ben evidenziate, con rabbia. Si fermò e lasciò la penna sul tavolo. Sospirò, sfinita. Raccolse i fogli e cominciò a leggerli e sfogliarli.

Era innamorata di Ron, e su questo non c’erano dubbi ormai. Un senso di colpa, apparso all’improvviso, la opprimeva. Non era un senso di colpa, ma era amore. Era innamorata di qualcun altro. Ma non di qualcun altro, ma anche di qualcun altro. Di chi era innamorata oltre Ron? E Perché? Riprese a sfogliare le pagine piene di pensieri veloci come fulmini. Ora non poteva più nasconderlo. Era innamorata di Harry. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Anche ora che non c’era più lei lo amava. Ma amava anche Ron allo stesso modo. No, non era una pensiero tanto per non sentirsi in colpa. Era proprio così. Era innamorata di entrambi i suoi migliori amici. Non sapeva come era successo, e quando fosse capitato, ma li amava entrambi. E con la morte di uno dei due era crollata una parte di se stessa. Ma se ne era resa conto solo pochi giorni fa. Anche ad Hogwarts non si era mai esposta troppo con nessuno dei due. Avrebbe fatto un torto verso l’altro, nella sua ottica. Anche se, alla fine, si era dichiarata ad Harry, aveva capito subito il suo errore, e quella stessa identica sensazione, che ora sentiva così forte, l’aveva provata allora ad Hogwarts. Che fare? Ormai aveva deciso. L’avrebbe detto a Ron, avrebbe spiegato le sue ragioni e avrebbe atteso una sua reazione. Non poteva sopportare l’idea di perdere anche lui.

Un picchiettio sul vetro della finestra la fece destare dai suoi ragionamenti. Leo svolazzava fuori con una lettera fra le zampe. Hermione aprì la finestra, afferrò Leo e lesse la lettera.

 

Cara Hermione,

            ciao come stai oggi? Ieri ti ho vista un po’ giù di morale, eppure era vigilia di Natale! Ho pensato che ti sarebbe piaciuto, per risollevarti un po’, uscire con me, George e Fred (ci sono anche Alicia e Agelina…). Pensavamo di andare a pattinare sul ghiaccio. C’è una pista niente male a Londra, ed è gestita da una mago. Nessun babbano lo sa, naturalmente, però è un amico quindi ci fa entrare volentieri senza pagare! Aspetto una tua conferma. Comunque l’appuntamento è per oggi alle 17:00 alla Tana. Da lì andremo tutti insieme alla pista. Che fai vieni? Spero di sì!

 

Un bacio

Ron

 

Strinse la lettera al petto. Era proprio l’occasione perfetta. In fretta si cambiò d’abito e si pettinò. Scese al piano terra, passando per la cucina. Sua madre, intenta a finire di mettere a posto i piatti del pranzo, la chiamò.

“Herm, dove vai così di fretta? Se esci sappi che io e tuo padre andiamo a cena da zia Linda. Che fai non vieni?” chiese la madre. Hermione afferrò il barattolo rosso accanto allo zucchero e prese una manciata di polvere volante.

“No mamma, vado da Ron. Salutami zia Linda e dille che passerò a salutarla durante le feste. Ciao ci vediamo stasera quando tornate” e diede un bacio sulla guancia alla madre. Raggiunse il camino in salotto davanti al quale il padre, seduto in poltrona, leggeva il giornale.

“Ciao Herm, non fare tardi” disse senza guardarla, sfogliano il quotidiano.

“Sì, ciao papà” entrò nel camino e buttò la polvere ai suoi piedi.

“La Tana!” delle fiamme verdi la investirono e sparì in un lampo.

*****

“Che cosa avete fatto?” Ron era furioso. I gemelli lo guardavano sorridenti.

“Andiamo Ronnie, è ora che tu ed Hermione la smettiate di far finta di nulla! Sarà qui fra poco, scommetti” disse George tranquillo, subito seguito da Fred.

“Ha ragione, Ron. E poi non ti preoccupare, ci saremo anche noi. E Alicia e Angelina”

“Già, così io dovrò fare coppia con Hermione, no grazie, non è il caso. E poi io non so pattinare” Ron rimaneva imbronciato sul letto.

“Uffa come sei noioso! Andiamo, vestiti che tra un po’ partiamo. Papà ci ha dato l’auto”

“No, non vengo e poi non è detto che lei abbia accettato. Sicuramente dovrà fare qualcosa e…” la voce di Molly arrivò dal piano terra nella camera di Ron.

“Ron! C’è Hermione qui per te. La faccio salire?” Ron spalancò gli occhi e il suo cuore iniziò a battere forte. George uscì e Fred sorrise ancora al fratello prima di seguire il gemello.

“Ti aspettiamo giù, ok?” Ron annuì. Appena la porta si chiusa schizzò in piedi come se avesse un fuoco nel fondoschiena e cominciò a cercare qualcosa di decente da mettersi.

Cristo, oh Cristo! Ha accettato! E adesso? Non sono pronto…un vestito adatto, uno qualsiasi, avanti…no, questo è nero…nero è segno di sicurezza, spaventa il nero…la camicia beige! Sì, è perfetta…oh, no…manca un bottone in fondo! No no no! E adesso? La felpa grigia! Sì, sopra la camicia…grigia non è il massimo, però sempre meglio che il bottone saltato…Cavolo! Possibile che non abbia nell’armadio almeno un paio di jeans neri! No, nero no…è troppo spavaldo, sicuro di se stesso…Blu? Anche il blu non è male…ma è banale! Tutti i jeans sono blu! Forse quelli un po’ strappati… sì, anche perché è il meglio che offre la casa… Ok sono pronto!…Ma che dico!

Si fiondò davanti allo specchio, afferrò la spazzola e cominciò a pettinarsi i capelli scompigliati.

Così…ecco così va bene e… oh no! La barba ancora da fare! E’ lunga, cazzo! …Vabbè, dai non è poi così lunga. E’ alla…come si chiama quel babbano famoso…ah, sì, Mickey Rourke! Alle donne piace quel genere di cose! Speriamo…

Si diede una spruzzata con il profumo ricevuto per regalo e scese respirando profondamente per abbassare la crescente agitazione. Arrivò in sala e salutò le nuove arrivate.

“Salve ragazze. Tutto bene?” Alicia e Angelina sorrisero sornione a vederlo scendere. Ridacchiarono un po’ fra di loro.

“Sì, certo. Ora scusa, andiamo dai tuoi fratelli per…” disse Alicia

“I biglietti! Dobbiamo ancora metterci d’accordo” completò prontamente Angelina. Si allontanarono lasciando soli i due ragazzi. Un silenzio del tutto simile a quello della sera precedente li circondò. Ron timidamente alzò gli occhi e incrociò il suo sguardo. Cos’era quell’espressione? Non era più crucciata, era rilassata, era felice era sorridente. E lo guardava, lo fissava, lo scrutava.

“Ciao Ron, come stai?” Hermione lo salutò nascondendo al meglio la tensione che provava. Ron balbettò un po’ all’inizio, poi prese coraggio.

“Io…bene, grazie e tu? Meglio, cioè avevo visto che eri … ma stati meglio ora?”

“Si grazie” sorrise e si avvicinò al ragazzo “gli altri sono fuori che aspettano, andiamo?” lo prese per mano e si appoggiò con la testa al suo braccio. Ron era senza parole. Fino al giorno prima…e adesso…mah! Non capiva bene cosa stesse succedendo, ma gli piaceva molto. Raggiunsero gli altri in macchina e in meno di un ora arrivarono a Londra. La nuova macchina era veramente veloce. Scesero e, come da accordo con il proprietario, entrarono subito in pista. Era molto affollata, anche se poteva esserlo molto di più. Era natale, dopotutto. Si cambiarono le scarpe con i pattini e scesero in pista. Ron non era il solo ad essere alla prima volta, anche le altre due ragazze non avevano mai provato. Ma i gemelli approfittarono dell’occasione per istruirle a dovere, con loro grande gioia. Hermione, al contrario, sembrava esserci nata sui pattini. Era veloce, aggraziata, aveva un equilibrio perfetto. Ma soprattutto era bellissima. Oggi in particolare modo. Ron era imbambolato a guardarla fuori dalla pista. Hermione gli si avvicinò slittando e frenando prima del parapetto.

“Allora, non vieni? Avanti che facciamo un giro!” era entusiasta di essere lì.

“Ecco io veramente…non so pattinare, non l’ho mai fatto…” Ron aveva la testa bassa, Hermione rise e lo indicò con un dito.

“Non posso crederci! Il grande Ron non sa pattinare! Avanti vieni in pista, ti insegno io” propose la brunetta. Ron spalancò gli occhi.

“Cosa? No, meglio di no…”

“Perché?”

“Bhè, è…è imbarazzante… cioè tu sei la ragazza dovrei essere io a portarti…non credo sia una buona idea…”

“Ronald Weasley! Alzati in piedi e sali in pista! Imparerai a pattinare te lo giuro su Dio!” a Ron rimase ben poca scelta. Timoroso poggiò i piedi sul piano ghiacciato e…ma no, non era poi così complicato stare in piedi. Credeva peggio. Hermione gli arrivò accanto e lo prese per mano.

“Allora, prima di tutto, afferrami per i fianchi. Io starò davanti e tu dietro. In questo modo potrai imparare senza far vedere a tutti che in realtà non sei ancora capace. Sembrerò io l’imbranata, così il tuo orgoglio maschile sarà salvo, contento?” Ron aprì la bocca, ma non ne uscì nulla.

“Bene e ora, afferrami” e diede le spalle al ragazzo.

Ok Ron. Calmo, sta calmo. E’ solo pattinaggio, e non è il sedere! Sono i fianchi…i fianchi affusolati, belli, morbidi al tatto. Oh come è calda al tocco la sua pelle…

“Ehi Ron, ho detto stringi le gambe, altrimenti perdi l’equilibrio e cadi” disse Hermione mentre trascinava piano il ragazzo attaccato a lei.

“Eh? Sì, certo…scusa. Sai non sono ancora pratico” si scusò lui.

“Sì, certo. Vedi bene dove vai o ti copro?”

Copri pure quanto vuoi…oh cavolo!

“Ci vedi o no?”

Vedo, eccome se vedo…vedo benissimo…vorrei non vedere altro…

Hermione si girò con uno scatto e Ron le venne contro. Entrambi caddero a terra, e Ron finì sopra la ragazza.

“Avevo detto fermati un attimo!” tuonò lei. Ron balbetto le sue scuse.

“S-scusa…non avevo sentito…scusami tanto” tentò di rialzarsi a fatica. Aiutò la ragazza ad alzarsi, ma lei emise un lamento acuto.

“Ahi! No, fermo Ron. Ho paura di essermi fatta male. Cavoli la caviglia…” gli altri ragazzi arrivarono vedendo Hermione a terra.

“Tutto bene?” chiese Fred.

“No, Hermione si è fatta male. Portiamola fuori pista, avanti” decise Ron. Gli altri annuirono e fecero come ordinato.

Seduto su una panca al limite della pista, Hermione si tastava la caviglia dolorante. Ron le era accanto, era abbacchiato per quanto successo.

“Scusa Hermione. E’ stata colpa mia. Mi dispiace…” il suo sguardo era triste, sapeva di aver rovinato qualcosa che stava funzionando meglio delle altre volti, oggi.

“Non ti preoccupare, non è niente. E poi sono io che ho insistito. Non è colpa tua, e poi è solo una storta. Solo che vorrei andare a casa, per riposare un po’ e mettere una pomata o qualcosa prima che si gonfi” Hermione strinse i denti per il dolore. Ron annuì.

“D’accordo, ci penso io” chiamò George e gli disse di tornar indietro con la polvere volante nel camino del proprietario della pista. In questo modo avrebbe potuto prendere la macchina e portare Hermione a casa.

“Va bene, ci vediamo più tardi, allora” disse George passando le chiavi al fratello.

“Sì, grazie. E scusati con gli latri, ma Hermione preferisce andare a casa” salutò il fratello e raggiunse Hermione. Sostenendola durante il percorso, raggiunsero la macchina e partirono in direzione di casa Granger.

In mezz’ora arrivarono. Ron aiutò ancora la ragazza e la accompagnò in casa. La fece stendere sul divano e chiuse la porta d’ingresso.

“Bene. Dov’è tua madre che le dico che sei tornata?” chiese il rosso.

“Oh, i miei genitori non ci sono. Sono andati a cena da mia zia Linda. Ti dispiace aiutarmi per stasera?” chiese lei piano. Ron avvampò. Loro due. Soli. In casa. Tutta la sera. Sempre soli. E le aveva chiesto se poteva aiutarla…Ron aveva il cervello in fumo. Decise di calmarsi e con una finta non-calanche disse.

“Certo, nessun problema” Hermione sorrise.

“Grazie Ron. Ti spiace andarmi a prendere un bicchiere d’acqua? I rubinetti funzionano come a casa tua, qui” il rosso annuì e si diresse in cucina.

Hermione non poteva ancora credere a quello che aveva fatto. Era un piano diabolico, e lo aveva pensato sul momento, alla pista di pattinaggio. Fingere quella storta per restare sola con lui. Sapeva che la casa era vuota, e ne avrebbe approfittato. Eccome se lo avrebbe fatto…

Ron tornò con l’acqua e la allungò alla ragazza

“Grazie” e bevve un lungo sorso “ora, che ne dici di aiutarmi a salire in camera. Vorrei mettere qualcosa sulla caviglia e cambiarmi d’abito” si meravigliò della sua audacia. Ron quasi meccanicamente annuì ancora, ormai il poco sangue che arrivava ancora alla testa non bastava. Hermione si appoggiò alla sua spalla, ma lui la sollevò di peso in braccio.

“Posso?” chiese.

“Certo, grazie” rispose lei imbarazzata. Notò con piacere che stava diventando più audace. Raggiunsero la camera della ragazza e Ron la stese sul letto. Ma sul letto c’erano ancora gli appunti dei pensieri di Hermione. Primo imprevisto di una lunga serata.

“Cosa sono questi?” chiese Ron afferrandone uno dove stava scritta a grandi lettere AMO RON.

“Questi? Bhè questi sono…il motivo dei miei recenti cambiamenti nei tuoi confronti…” ora Ron pareva interessato al discorso, lasciò il foglio e si sedette sul letto accanto a lei. La fissava aspettando un seguito del discorso.

“Allora, premetto che la cosa ha sconvolto anche me, ma spero vivamente che tu mi possa capire, Ron. Così come sei riuscito a capire Ginny” si schiarì la voce e si appoggiò alla spalliera del letto per guardarlo bene in faccia.

“Ho capito la verità Ron: sono innamorata di te, lo sono e lo sarò sempre. Ed ho capito anche un’altra cosa Ron: non sei l’unico di cui sono innamorata” Hermione si fermò per guardare in faccia il ragazzo, che, per ora, non lasciva trasparire emozioni, e non aveva reazioni “Io amo anche Harry, Ron. O almeno lo amerei se fosse vivo. Con la morte di Harry una parte di me è morta, ma con la sua morte il mio tormento è cessato. Vi ho sempre amato, entrambi, ma a scuola non avrei mai potuto rivelarmi a qualcuno, ci ho provato, sapendo già come sarebbe andata a finire. I sensi di colpa che mi attanagliavano lo stomaco per essermi dichiarata ad Harry e non a te. Gli stessi che ho provato subito dopo l’esame. Lo so, Ron, è difficile da capire e se non lo accetterai lo comprenderò. Anch’io avrei qualche dub…” le sue parole furono interrotte dalle labbra del ragazzo che si posarono sulle sue. Lei si rilassò e chiuse gli occhi assaporando quel bacio tanto atteso e tanto rimandato. Poi Ron si staccò e la fissò negli occhi.

“Quello che hai detto è…non so bene come definirlo, ma lo capisco. Sì, lo capisco e lo accetto, e lo sai perché? Perché io sono innamorato di te, Hermione. Anche dopo quello che hai detto io ti amo, e per me questa è la cosa più importante. Ma ancora più importante è che tu mi ami, Hermione. Ed ora so che è così” Hermione aveva le lacrime agli occhi. Sì. Era quello che voleva sentire. Era quello che sperava sentire. Ora era felice. Passò le braccia attorno al collo del ragazzo e lo baciò ancora, con più passione. Lentamente infilò una mano sotto la sua felpa e cominciò a slacciare i bottoni della camicia. Uno, due, tre, quattro,…mancava l’ultimo. Poco male. Gli passò un mano sul petto muscoloso facendolo sussultare. Anche Ron non rimase fermo. Alzò il maglioncino attillato e passò la mano sul suo seno. Dio che sensazione stupenda. Quanto tempo aveva sognato di farlo. Infilò sotto il vestito di lana anche l’altra mano e slacciò il reggiseno della ragazza. Ancora si staccarono dal bacio, entrambi si fissarono, ansimanti.

“Questo era il mio regalo per te, Ron. Buon natale” sorrise lei.

“Il mio te lo darò più tardi. Molto più tardi…” si spoglio di felpa e camicia e riprese a baciarla intensamente, mentre anche lei si sfilava il maglione rosa lanciandolo per aria. Ron portò l’attenzione sul seno della ragazza, e lei sembrò apprezzare. Lentamente, ma inesorabilmente si spogliarono del tutto, sconquassando coperte e lenzuola del letto. Era il grande passo. Ed era venuto il momento di compierlo.

“Ron, io…per me è la prima volta…” sussurrò Hermione imbarazzata.

“Non ti preoccupare” rispose lui “non lo è solo per te…” lentamente la baciò e le sue labbra si fecero sempre più audaci. Hermione emetteva degli urletti di piacere ogni tanto. Quella sera Ron Weasley non tornò a casa per cena…

Ok ok. Ho tagliato il meglio secondo alcuni, ma suvvia! Si sa come funziona in questi casi, no? D’accordo, passiamo a i merci ufficiali: Mikan, non sbavare su draco che mi serve ancora un po’(eheheheh); Sunny, io ti dico chi è l’ombra e tu mi dici la soluzione dell’indovinello. Ci stai?; Angi e Gius, ci siete andate vicino, ritentate e sarete più fortunate….; Giuggy, No! Il coniglio no! Anche se, sai faccio l’alberghiero e ho un paio di ricette con il coniglio che sono la fine del mondo…; Mikisainkeiko, il problema è che sono bastardo geneticamente. Che vuoi ce la vie!; Miss Piton, grazie, ma nuovi complimenti sono ben accetti; Keijei, Draco l’animagus! Figo eh? Dammi commenti anche su questo capitolo, è il più difficile che abbia mai scritto…; Ci, già una fic su Harry, sappi che i toni di quella fic saranno molto più rilassati, ma moooooooooooooolto…..; Sorti, ci sto, mi garba (osborn!!!) proposta: a 4 mani? Diritti tuoi idee nostre! Fammi sapere…; Eli, com problemi di multipersonalità associata e incosciente è piena di dubbi! Che vuoi,  pian piano si capirà tutto!!!!; Kia, le lacrime? Adirittura! Caspita! A proposito, appunto per entrambe: Strekonuccio è un soprannome che mi garba il giusto, quindi, inizierò a chiamarvi Elisuccia e Kiuccia!!!; Kiak, niente ramanzina, ma quella tua amica non si è inkazzata? Mah, vabbè…; Ale chan, grazie in effetti Herry Potter l’ho chiuso nell’armadio. Tanto non esce…eheheheh.

 

Ok raga ore 22:55 a tempo di record nuovo capitolo!!! RECENSITE !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

See you again!!!!

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Capitolo 18
*** La vita e la morte ***


La signora Granger aprì la porta di casa ed entrò, subito seguita dal marito

La signora Granger aprì la porta di casa ed entrò, subito seguita dal marito. Avevano fatto presto, erano appena le dieci di sera. Zia Linda era molto stanca, quindi rincasarono prima del solito.

“Quella lì fuori non è l’auto di quel ragazzo…Ron” chiese il padre di Hermione chiudendo la porta d’ingresso alle sue spalle. La signora fissò l’auto attraverso la finestra della sala.

“Sì, mi pare di sì. Devono essere in casa” si tolse il cappotto e salì al piano di sopra per vedere dove erano i due ragazzi, mentre il signor Granger si toglieva le  scarpe e la giacca. Salì le scale e raggiunse la camera di Hermione. La porta era semi aperta, e dentro vedeva che le luci erano spente. Lentamente aprì la porta e infilò la testa dentro per cercare la figlia, allungò la mano e accese la luce della camera.

“Hermione? Sei qui? Abbiamo…oh mio Dio!” la faccia della signora Granger divenne allarmata e sconvolta.

“Hermione! Cosa hai fatto…al piede?” Hermione era stesa sul letto con la caviglia fasciata, sollevata con dei cuscini per non farla sforzare. La ragazza stropicciò gli occhi assonnati e fissò l’entrata della stanza dove stava sua madre.

“Oh, ciao mamma…sono caduta a pattinare…Ron mi ha portato a casa e mi ha aiutata e medicarmi e a passare la serata” la madre della ragazza le era di fianco, seduto nel bordo del letto. Dalla porta fece capolino Ron con un bicchiere d’acqua.

“Salve signora Granger, non si preoccupi Hermione sta bene. E’ solo una storta” sorrise lui avvicinandosi al letto e porgendo il bicchiere alla ragazza. Lei sorrise e ringraziò, bevve un poco e lo poggiò sul comodino.

“Per fortuna non è nulla. A vederti così mi sono preoccupata…grazie Ron, sei sempre molto gentile” disse sincera la madre di Hermione al rosso. Lui rispose modesto.

“Si figuri, non è nulla per me, davvero”

“Grazie ancora, ma sarete affamati, vi preparo qualcosa da mangiare. Un paio di sandwich, vanno bene?” i ragazzi annuirono e la signora scese in cucina  a preparare lo spuntino. Ron e Hermione si guardarono un attimo ed accennarono una risatina silenziosa.

“Appena in tempo…”sussurrò lei, rilassandosi dopo quell’attimo di tensione.

“Già, ancora un minuto e saremmo stati colti sul fatto…” disse con voce dolce e la baciò ancora, chiudendo gli occhi. Ron parlò ancora.

“Chissà che male quella caviglia, eh?” chiese ironico. Lei rise piano e gli rispose.

“E’ la miglior storta che abbia mai avuto…”

La madre di Hermione tornò con i panini, che i ragazzi mangiarono di gusto. Subito dopo Ron decise di tornare a casa, i suoi genitori dovevano essere già abbastanza preoccupati. Salutò Hermione e i genitori e partì in direzione della Tana. Fra qualche giorno si sarebbero rincontrati. E l’occasione non sarebbe stata delle più piacevoli.

*****

Le auto del ministero giunsero puntuali. Ne scesero il ministro stesso, Lupin ed il suo fedele segugio nero e alcune persone che lavoravano con lui. Dalle altre spuntarono i restanti componenti della famiglia Weasley, assieme ad Hermione, Angelina e Alicia. Molti altri ex studenti di Hogwarts vennero al cimitero quel giorno. Erano le quattro in punto del 28 dicembre. Molte persone si erano radunate oggi nel cimitero babbano di Londra. Il ministero con alcuni incantesimi lo aveva sigillato per qualche ora, così da renderlo accessibile solo ai maghi. Tutti vestiti di nero, o scuro, si radunarono silenziosamente e lentamente davanti ad una lapida bianca, né troppo vistosa, né troppo in disparte, così come era il suo occupante da vivo. Percy prese la parola subito dopo le benedizioni del prete alla tomba.

“Harry Potter era così. Era importante, ma a lui non importava. Lui viveva la sua vita come un ragazzo qualsiasi. Non voleva essere al centro dell’attenzione, anche se a causa dei suoi involontari trascorsi, vi era sempre. Sincero, modesto, generoso, il miglior amico che si potesse avere” lo sguardo di Percy cadde su Ron che rispose con gli occhi mentre abbracciava Hermione, che piangeva silenziosamente “ed il migliore che abbiamo avuto. In un qualche modo ci ha salvato di nuovo. Con lui se ne andato ancora il Signore oscuro è sparito, si spera, per sempre. Che sia un caso? Che sia una incredibile coincidenza? Non si sa, ma a me piace pensare che sia lui ad aver vinto, che sia lui ad essere sopravvissuto allo scontro. Per questo, grazie Harry. Qui, oggi, dopo tre anni ti rendiamo omaggio ancora, ed oggi molti di più, grazie all’impresa di un tuo amico, Ron Weasley. Per questo, se tutti sono d’accordo, abbiamo pensato di trasferire il luogo di riposo di Harry Potter nel nostro mondo, dove riceverà gli onori che merita” con un tacito assenso di capo generale, la proposta del ministro fu approvata in pieno. Alcuni tizi del ministero cominciarono a scavare le zolle intorno al cippo, mentre le persone presenti si allontanavano. Lupin si avvicinò a Percy.

“E’ una cosa molto bella quella che stai facendo per Harry, grazie”

“Non ringraziarmi, lo faccio volentieri. Ci vorrà un po’ di tempo, sarà una tomba abbastanza sfarzosa e grande. Spero che ti piacerà. I lavori finiranno in una decina di mesi. Nel mentre sarà la bara sarà conservata nel cimitero di Hogsmade, se sei d’accordo” Lupin annuì tirando su col naso, commosso.

“Sì, perfetto. Non c’è problema. Ministro, dovremmo anche parlare con lei per la faccenda Hogwarts. Dovrebbe ascoltare le informazioni di Piton, sono molto interessanti”

“Sì lo farò. Il mese prossimo, però. Ora vorrei pensare a distrarmi un po’, sai sotto le feste” Lupin fu sorpreso della risposta, ma accettò la cosa di buon grado.

Così silenziosamente come erano arrivati, la carovana di persone in nero se ne andò, portando con se, però, una bara bianca di medie dimensioni. Una volta caricata sull’automobile del ministero predisposta al trasporto, fu portata via di corsa, verso Hogsmade. Fra lacrime e sospiri di tristezza, passò anche quel triste pomeriggio di ricordi.

*****

“Ti senti bene?” chiese Draco a Ginny appena furono a casa. Lei annuì silenziosa con il capo. Si sedette, piano, sul divano e sospirò forte.

“Scusami, a me i funerali commuovano sempre…anche le ricorrenze di questo tipo…” Draco gli fu subito accanto e la abbracciò. La baciò dolcemente sulla fronte e la cullò teneramente fra le sue braccia. Senza rendersene conto si addormentarono così, e si svegliarono solo la mattina successiva.

A parte i crampi per la posizione scomoda, Draco era contento di vedere finalmente Ginny dormire un po’. Ultimamente era sempre più insonne, forse a causa del bambino, forse a causa dello stress. Comunque si stava preoccupando, e vederla, ora, così lo rendeva più sereno che mai. Faceva freddo quella mattina. Decise di accendere un po’ il fuoco, e con un colpo di bacchetta prese a scoppiettare nel camino in salotto. Accarezzo la pelle di Ginny. Era fredda. Troppo fredda. Fuori dalla norma. Draco si allarmò e subito la stese sul divano, scivolando in piedi. La scosse energicamente.

“Ginny? Ehi Ginny? Che hai? Avanti…” ma la ragazza era svenuta. Ora Draco era seriamente preoccupato. In un lampo prese Ginny fra le braccia e si smaterializzò all’ospedale magico.

 

“Che cosa è successo? Cosa ha avuto?” chiese una paffuta infermiera al biondo, oltremodo agitato.

“Non lo so mi sono svegliato e … era così, è svenuta, ma non so da quanto tempo…” la stese su una barella spinta da due infermieri.

“D’accordo, lei aspetti qui. Non si muova e non si preoccupi. Se vuole avvisare qualcuno lo faccia. Lei è il marito, vero?” chiese l’infermiera.

“Sì, più o meno…ma Ginny dove la portate? Voglio esserci anch’io!”

“Ho detto non si preoccupi. Tornerò fra un istante. Si metta tranquillo e chiami qualcuno” e detto ciò seguì la barella lungo il corridoio lasciando Draco solo.

 

Erano ormai passate tre ore, e l’istante promesso era sempre più lungo. Draco camminava avanti e indietro per il corridoio. Nervoso, stanco, preoccupato, arrabbiato, frustrato. Ron e i suoi fratelli erano seduti davanti a lui e lo fissavano camminare e agitarsi. George intervenne.

“Adesso basta, Draco. Calmati, vedrai che tra un po’ arriverà qualcuno per dirci di Ginny. Siediti, forza…” gli argomenti di George erano poco convincenti. Tentò Fred a convincere il ragazzo.

“Dai Draco, tanto sai come vanno queste cose. Ci mettono molto solo perché vogliono essere sicuri che non sia nulla di grave. E tanto sappiamo che non lo sarà” le parole del ragazzo sembrarono convincere Draco che si sedette insieme a loro, accanto a Ron. Sospirò forte e cominciò a piangere silenzioso. Ron, sorpreso dalla reazione emotiva del ragazzo, si avvicinò a lui e lo colpì sulle spalle.

“Avanti Draco, non disperare. Va tutto bene. Sono sicuro che…ecco guarda” l’infermiera paffuta si stava avvicinando a passo spedito. Appena Draco la vide si alzò in piedi e gli arrivò di fronte. I tre Weasley gli furono subito dietro, temendo una sua reazione.

“Allora? Come sta Ginny? E’ da tre ore che aspetto?” il suo tono era tutt’altro che calmo. L’infermiera si schiarì la voce.

“Dunque, la paziente, come credo che tutti sappiate, è in gravidanza” aspettò una reazione da parte dei giovani per essere sicura che ne fossero al corrente, poi proseguì “pare che il feto, al terzo mese mi pare, abbia subito uno shock magico di qualche tipo. Voi ne sapete nulla? Ha utilizzato incantesimi particolari o subito strani sortilegi?” Draco sbiancò. Sapeva benissimo cosa era successo a Ginny. Solo lui, Lupin e Sirius sapevano dell’incantesimo. Farlo sapere agli altri sarebbe stato un brutto colpo.

“Sì, lei ha…subito una maledizione senza perdono, ma ne è uscita indenne…una Avada Kedavra…” alle sue spalle senti Ron sospirare un “Cosa?” subito seguito dai fratelli. La reazione della donna fu la più normale possibile, dopo aver saputo ciò.

“Un A-Av-Avada Ked…oh mio Dio! E’ più che ovvio che lo shock sia presente! Oh mio Dio…D’accordo, ora informerò i medimaghi della cosa. Lei signor…”

“Malfoy, Draco Malfoy” la donna divenne ancora più titubante.

“Ah, Malfoy…bene signor Draco, aspetti qua. Trasferiremo Ginny in una stanza e lì potrà vederla. Cerchi di avere ancora un po’ di pazienza” lui assentì con il capo e l’infermiera corse da dove era venuta. Ron voltò Draco di scatto e lo fissò negli occhi.

“Come un Avada Kedavra!? Quando è successo? Come diavolo…Draco, spiega cosa è successo!” il rosso scandì bene le singole parole con un tono molto freddo. I gemelli non furono da meno e guardarono storto il biondo. Draco sospirò e cominciò a parlare. Gli raccontò del tentativo di rapimento di Ginny, di Sirius che l’aveva salvata e del Avada Kedavra. Appena Draco finì di parlare, il silenzio cadde sul quartetto di ragazzi.

“E’ stato uno di quei tizi che ci ha attaccato nel campo, vero?” chiese Fred serio. Draco annuì.

“Sì, da quanto mi ha detto Sirius era lui. Ed è scappato di nuovo”

“Mia sorella, nonché la tua donna, sta soffrendo per causa di quel verme, e tu non hai fatto nulla!” Ron era arrabbiato all’inverosimile. Fissava Draco con ira e urlava contro di lui tutto il suo disprezzo.

“Tu sai che hanno tentato di ucciderla, sai che aveva subito uno shock magico, sai che Lucius Malfoy ti ha giurato vendetta perché lo hai tradito, e la cosa migliore che sei riuscito a fare è stata…Niente!?” Draco deglutì rumorosamente, ma Ron non aveva finito “Ora Ginny è in pericolo anche per colpa tua. Ti consiglio di risolvere la situazione, o sarò io a fartela pagare. E con gli interessi, è chiaro?” Draco deglutì ancora ed annuì impercettibilmente con il capo.

L’infermiera paffuta tornò immediatamente e comunicò ai ragazzi la stanza dove riposava Ginny. Di corsa, raggiunsero la sua camera ed entrarono. Ginny sollevò la testa e sorrise nel vederli tutti lì. Sorrise di più quando vide Draco. Lui l’abbracciò e si sedette accanto a lei, sul bordo del letto.

“Allora? Come stai?” le chiese lui accarezzandole i capelli, scostandoli dal viso.

“Meglio. Mi hanno dato qualcosa per sentire meno freddo. Tra un po’ dovrebbe arrivare il dottore che mi ha visitato. Ha detto che deve parlare con te. Tu mi dirai tutto, vero? Non mi nasconderai nulla anche se brutta, vero?” aveva gli occhi lucidi mentre pronunciava queste parole.

“Sì, amore mio. Ti dirò tutto, non ci sono segreti. Nessuno” e la baciò sulla fronte per tranquillizzarla. Anche i fratelli di Ginny si avvicinarono al letto chiedendole come si sentiva e se desiderava qualcosa. Ron pareva più freddo degli altri a parlare. Era ancora agitato per la notizia di poco prima. Dalla porta entrò un medico, riconoscibile dalla tunica bianca e il tesserino all’altezza del cuore.

“Buonasera, sono il dottor Looren. Come stai Ginny? Senti ancora freddo?” la ragazza disse di no, e l’attenzione del dottore si spostò sulla cartelletta che teneva in mano.

“Bene, dunque…Malfoy Draco, chi è di voi, ragazzi?” Draco fece un cenno e si avvicinò al medico “dobbiamo parlare in privato” continuò Looren.

“No dottore, quello che so io lo devono sapere tutti, qui dentro. Anche Ginny. Non si preoccupi e ci dica cosa ha scoperto” Draco fu inflessibile nell’esporre la sua scelta. Il dottor Looren, se pur con qualche perplessità, continuò il discorso.

“D’accordo. L’incantesimo che ha colpito Ginny è fuori dall’ordinario. Non esistono casi di persone sopravvissute alla maledizione, tranne, bhè, lo sapete…Comunque l’incantesimo ha funzionato solo in parte, e ora sta cercando di concludere la sua…“opera”, puntando verso il bambino nel grembo di Ginny. Essendo un caso del tutto nuovo per la medicina magica, stiamo appurando alcune teorie. La più accreditata fino ad ora riguarda lo scontro di forze” si fermò a riprendere fiato e a vedere la reazione, praticamente nulla, dei suoi ascoltatori “uno scontro di forze, fra la vita e chi la genera” ed indicò Ginny “e la morte stessa, ovvero la maledizione a cui è stata sottoposta. Prima che mi chiediate se esiste un rimedio, no. Ancora no. Il caso è del tutto nuovo, quindi sarà necessario studiarlo dal principio. Per ora ritengo sia meglio tenerla sotto osservazione. Naturalmente lei, signor Malfoy, può restare con Ginny quanto vuole. Anche voi ragazzi, usate però un po’ di discrezione. Non vogliamo file di persone e giornalisti che girano per l’ospedale. Per quelle vespe dell’informazione questo è miele che cola…” tutti furono d’accordo sulle parole del medico, che se ne andò dopo aver fatto firmare alcuni documenti a Draco e Ginny.

La tensione era palpabile. Il silenzio era mortale. Ron si alzò per primo e si diresse verso l’uscita a passo deciso.

“Dove vai?” chiese George. Ron si girò per rispondergli prima di proseguire la sua marcia.

“Vado a cercare informazioni su quel tizio. Mi farò dire quello che sa per aiutare Ginny. E non dovrei essere l’unico a farlo…”

*****

I libri coprivano la scrivania di Lucius Malfoy. Finalmente aveva trovato un metodo per vendicarsi del suo “figliastro”. Un piano crudele e raffinato. Sarebbe occorso tempo, però. Parecchio tempo. E sarebbe servito suo figlio. Ora che tutti credevano in lui, quale miglior piano che incastrarlo. Incolparlo di qualcosa di cui non ha colpa. Farlo ripudiare anche da chi credeva in lui. Nessuno, poi, lo avrebbe più aiutato. Nessuno si sarebbe più fidato. Solo e abbandonato lo avrebbe sistemato personalmente. Dolore. Avrebbe sofferto all’inverosimile. La sua vendetta sarebbe stata compiuta. Ma era ora di metterla in pratica. Basta sognare ad occhi aperti. Sentì bussare alla porta.

“Avanti…” disse Lucius chiudendo un grosso libro rilegato in pelle di salamandra di fuoco. La porta si aprì ed entrò un uomo alto, capelli neri e mantello sulle spalle. Un paio di occhiali da sole sottili gli calzavano sul naso. Si inchinò velocemente a Lucius e poi parlò.

“Voleva vedermi?”

“Sì, sai sono rimasto deluso dalla tua ultima impresa. Uno come te che commette simili errori… disdicevole, direi” Lucius Malfoy era pungente mentre pronunciava quelle parole.

“Me ne scuso, è stata una mia distrazione. Saprò rimediare” Malfoy si alzò dalla sedia e si avvicinò al vampiro.

“Sì, lo so, e sarà meglio per te. Anche perché ti ho già pagato per la missione. Spero che non ti sia fatto seguire fino qui. Ricordi la prima raccomandazione che ti ho dato quando hai iniziato a lavorare per me, vero?” a Lucius Malfoy piaceva trattare i suoi subordinati come un tempo lui stesso veniva trattato dal Signore Oscuro.

“Certo, di fare attenzione di non essere mai seguiti. Non si preoccupi signore, nessuno mi ha seguito. E difficile starmi dietro, glielo assicuro” Malfoy annuì soddisfatto.

“Molto bene. Ora ti parlerò del tuo nuovo compito. Non sarà come al solito un omicidio. Questa volta è una ricerca. Sappi che è lunga e complicata, ma sono sicuro che riuscirai a portare a termine il tuo compito egregiamente”

“Sicuro, di che si tratta?”

“Una seria di ingredienti. Alcuni sono semplici da trovare, almeno per te. Gli ultimi due saranno un po’ più complicati, soprattutto l’ultimo, visto che è… vivo” disse queste ultime parole con enfasi. Il vampiro non ne fu particolarmente impressionato.

“D’accordo, farò come ordinato” Lucius sorrise ed allungò una pergamena arrotolata all’uomo.

“Eccellente. Ora puoi andare” e detto questo, con un inchino, il vampiro lasciò la stanza.

*****

Draco era seduto accanto al letto di Ginny. Ora lei dormiva. Grazie al cielo dormiva, negli ultimi giorni era sempre peggio. Con il passare del tempo diventava sempre più difficile tranquillizzarla. Spesso veniva presa da attacchi di panico e piangeva, si disperava. Era veramente orribile vederla in quello stato. I medimaghi la circondavano mentre lei si agitava come un’indemoniata. Con alcuni semplici incantesimi tranquillizzanti e delle pozioni la facevano tornare tranquilla. Ma si vedeva che soffriva. Quante volte la sentiva piangere nel sonno, quante volte la vedeva passare notti insonni a guardare il cielo stellato, fuori dalla finestra.

Più piano che poté si alzò dalla sedia e si tolse il mantello di cotone. Anche se era notte faceva troppo caldo per tenerlo. La bella stagione stava ormai prendendo il sopravvento sul freddo inverno. Prese un pezzo di dolce alla zucca che la signora Weasley aveva portato quel pomeriggio per festeggiare la pasqua appena trascorsa. Il suo sapore dolce affievolì per un attimo le frustrazioni ed i problemi di Draco. Fissò ancora la ragazza addormentata. Com’era bella. Era chiaro che la amasse, come non poteva amarla. Non l’avrebbe mai abbandonata, e avrebbe fatto di tutto per lei. Ma non se la sentiva di abbandonarla, ora. Fin da subito aveva partecipato con Ron alle ricerche sul mangiamorte assalitore e sul misterioso vampiro. Prese il fascicolo appoggiato sul tavolo dell’inchiesta che era stata aperta. Guardò la foto del vampiro. Capelli neri a caschetto e unti, carnagione chiara, dopotutto era un non morto, occhi bianchi. Inquietanti occhi bianchi coperti, spesso da occhiali scuri. Il nome vero non si conosceva, era chiamato Skanax. Per tutto l’inverno le indagini si erano per lo più incentrate sulla sua ricerca più che su quella di Liaj, il mangiamorte che l’aveva attaccata. Ma non si era trovata una vera pista, e i battlemage brancolavano nel buio. Ron primo fra tutti. L’indagine era stata affidata a lui e se non ci fossero stati notevoli miglioramenti l’indagine sarebbe stata chiusa, e Ron avrebbe ricevuto un reclamo ufficiale e molte lettere con spiegazioni e scuse da riempire. A nessuno importava se una ragazza incinta fosse in pericolo, la burocrazia era rigida e non guardava in faccia a nessuno.

Lasciò cadere il fascicolo sul tavolo da dove l’aveva preso e tornò a sedersi sulla sedia. Ginny dormiva ancora. Decise di riposare un po’ gli occhi anche lui. Si appoggiò allo schienale meglio che poté e chiuse gli occhi sperando di fare sogni piacevoli.

 

Un urlo lo svegliò di soprassalto. Balzò in piedi spaventato. Ginny era sveglia e delirava in preda a forti convulsioni. Si agitava nel letto come un pesce sulla terra ferma. Draco suonò il campanello di allarme per chiamare i medimaghi, poi la afferrò per le spalle. Lei si muoveva con forza e strillava poche parole.

“Ghaaa….la morte….senza controllo……No! Non io! Lasciami stare, lasciami stare!!!! ………..E’ rosso, è tutto rosso… vento, tanto freddo….lascia!!! No, no, no…….ancora no…..” ancora un urlo “il sangue…..lasciami lasciami……..” un ruggito profondo. Strinse i polsi di Draco fra le sue mani. Draco si meravigliò di tutta quella forza nelle mani della ragazza. Pianto le sue unghie nella carne del ragazzo. Cominciò a sanguinare e presto le lenzuola si tinsero di sangue. I medimaghi entrarono in tempo per staccare di peso Draco dalla stretta della ragazza e trascinarlo fuori.

“No! Lasciatemi! Non voglio lasciarla, ha bisogno di me!” anche Draco ora urlava mentre veniva trascinato fuori dalla stanza a forza.

“Si calmi la prego! Se ne stanno occupando i miei colleghi. Lei si è ferito, venga con me che la medico” un infermiere prestante lo tratteneva a fatica.

“No! Devo stare con lei! Voi non capite, ho bisogno di lei…ha bisogno di me… noi siamo una cosa sola… Ginny” la voce a poco più di un sussurro mente stanco si accasciava a terra e cominciava a piangere. L’infermiere allentò la presa e si chinò accanto a lui. Le urla di Ginny si sentivano chiaramente anche lì nel corridoio.

“Avanti” disse l’uomo con tono più pacato “non si preoccupi. Vedrà che ce la farà. Venga con me intanto, anche lei ha bisogno di riposare un poco” e aiutò ad alzarsi il biondino. Lo accompagnò in un ambulatorio poco distante e, preso l’occorrente cominciò a medicare i graffi e tagli sui suoi polsi. Draco non sentiva il dolore. Tutto il suo dolore era concentrato su Ginny. Soffriva terribilmente nel vederla ridotta così, e sapeva che la colpa era di suo padre, ma prima di tutti, era sua. Dopotutto se lui non si fosse esposto più di tanto nessuno avrebbe cercato di fare del male a Ginny. Era colpa sua se ora lei era in quelle condizioni.

L’infermiere finì di medicarlo e fasciò i suoi polsi con delle bende bianche, che subito si tinsero di rosso.

“Credo sia meglio si riposi un po’ qui, che ne dice?” propose l’uomo mentre metteva a posto i medicamenti. Draco, ancora molto scosso, annuì con la testa.

“Grazie, credo che sia meglio…mi svegli se ci sono novità, d’accordo?”

“Non si preoccupi, la avvertirò subito se accade qualcosa. Ora si riposi” e lanciò un incantesimo soporifero sul ragazzo. In pochi minuti Draco fu nel mondo dei sogni. Per una volta i suoi sogni non furono incubi.

*****

“Buonasera signore. Mi spiace ma il cimitero chiude al tramonto, non pos…” la frase dell’uomo fu interrotta da una mano che rapida gli afferrò il collo e lo torse a novanta gradi.

“Che brutta abitudine chiudere al tramonto. Non lo trovo affatto giusto per quelli come me” lanciò il cadavere contro il grande cancello di ferro battuto, nero come la morte. Sopra il cancello era stata affissa una scritta, sempre in ferro battuto Cimitero di Hogsmade. Skanax entro, placido come sempre e camminando con una flemma fuori dall’ordinario, nel cimitero dei maghi. Con le mani in tasca avanzava lentamente fra le lapidi di marmo e le croci di pietra. Raggiunse l’ufficio del custode e, una volta entrato, spalancò il cassetto dell’archivio alla lettera P. Trovo il foglio che gli serviva. Gli diede una rapida scorsa e lo gettò a terra. Così come era giunto fin lì, raggiunse una cripta poco distante. Con un calcio sbriciolò la porta di pietra e continuò la sua lenta avanzata. Scese di qualche metro lungo le scale di pietra scura e, dopo pochi metri, si fermò davanti ad un tombino, ancora senza lapide. Afferrò il gancio del tombino e tirò indietro con uno scatto. Anche quello si frantumò e una bara bianca spuntò nello stretto cunicolo. Trascinò fuori la bara e la poggiò a terra.

“Harry Potter. E’ un onore conoscerti…” con la stessa forza strappò il coperchio inchiodato facendolo volare per aria. Con un sonoro Konk atterrò a pochi metri di distanza. Skanax sorrise. I capelli erano scompigliati proprio come si diceva. E quella cicatrice…parlava da se. Afferrò il cadavere per un braccio. Non era decomposto. I maghi probabilmente lo avevano protetto dalla decomposizione con qualche incantesimo. Lo facevano spesso. Con la mano libera prese un sacco di tela che portava in cintura, poco più grande di una mano, e vi infilò dentro il cadavere del ragazzo. Il sacco non cambiò di dimensione, e il vampiro lo ripose dov’era prima. Con le mani nuovamente in tasca uscì dalla cripta e si diresse verso l’uscita. Inginocchiata di fronte ad una lapide vi era una ragazzina. Skanax la fissò a lungo. Avrà avuto al massimo quindici anni. Graziosa, con i capelli raccolti che lasciavano scoperto il collo…quella vena così grossa…così sporgente. Skanax sorrise. Non aveva ancora mangiato oggi, era ora di cena.

Va bene ragazzi, state diventando tosti, davvero. Cominciate a analizzare la storia, e sono molto contento di ciò. Partiamo con i ringraziamenti: Keijei, sono contento che il capitolo scorso ti sia piaciuto! Sai per me è difficile analizzare la psicologia delle donne, come per tutti gli uomini, del resto….; Elisuccia e Kiuccia, grazie di cuore! La scena del pattinaggio è presa da scene di vita vissuta… non proprio identica, ma quasi. Che dite, questo capitolo mette angoscia? Sì? Allora è perfetto!!! J; Sunny, so che l’ho proposto io, ma non posso accettare, ho deciso che devo scoprire la soluzione a quel dannato indovinello!! Ho già una decina di idee…mi servirebbe la tua mail, però. (Fra parentesi per tutti la mia è Strekon@virgilio.it, per insulti critiche domande o quant’altro che preferite non scrivere sul sito); Manica80, ti consiglio di leggere in fondo, ho pensato ad una cosuccia… ciao ciao concittadinaJ; mikan, io l’ho tagliata, ma non l’ho mica scrita! Certo potrei scriverla… non ci avevo pensato. Vedrò, ho in ballo già altre tre fic…; kiak, ………….per certe battute esiste una bolgia dell’inferno, ti avverto. Io ci sono stato (il livello qualitativo delle mie battute non è il migliore….) e non è bello. Anche tu leggi in fondo…; Mikisainkeiko, per me bastardo è più che un complimento (tanto lo sono biologicamente) ma tendo a precisare ancora che sono uno s*****o con i contro cazzi. E’ questione di precisione….; Giada Black, new recensionist!!!! Grazie come vedi il capitolo nuovo è già qui!!!; Angi e Gius, Herm sprecata con Ron? Sarà che io mi identifico molto con il rosso, ma per me sono una coppia coi fiocchi (anche se preferisco di più H/H a dir la verità….) identificandomi con Ron la “topa” non posso mica mollarla al morto, vi pare? Il mio preferito in “WAL&J?” è sicuramente James!!!!! L’atteggiamento cazzuto che ha è troppo bello (Forza Ly/asu/Eli continua così!!!); Anja, anja, anja!!! Ma dove eri finita!!! Dammi notizie ogni tanto o do per dispersi dei recensionist, io. E a proposito di scommesse….leggi in fondo….; Maichy, grazie se gentile. Quanti capitoli? Io cerco di trattenermi ma le cose da dire sono veramente tante… chi lo sa?

ATTENZIONE ATTENZIONE

Bandito concorso “Chi Cavolo è l’ombra!?!?” I partecipanti al concorso possono spedire la loro teoria alla mia E-mail (qui sopra) con motivazione del perché. Ad ogni capitolo vedrò di inserire una classifica con le varie percentuali. Attenzione: si accettano anche risposte con personaggi nuovi (chi ha detto che l’ombra è qualcuno di conosciuto?) ad esempio “Per me è il cugino zoppo di Voldemort che ha sempre odiato le divise logore dei mangiamorte”. Chiaro? Bene! Aspetto le vostre e-mail

Mi raccomando RECENSITE RECENSITE RECENSITE!!!!!

 

See you again!!!!

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Capitolo 19
*** Uno in più ***


FURTO AL CIMITERO

FURTO AL CIMITERO

E’  stato trafugato il cadavere del celebre ragazzo sopravvissuto

Più che un campo santo pare un campo di guerra. Ieri sera, presumibilmente intorno alle sei di pomeriggio, un uomo non ancora identificato dalle forze dell’ordine è entrato con la forza nel cimitero di Hogsmade. Sia le guardie intorno alla struttura che il becchino, responsabile della sicurezza del luogo, (foto a lato) sono stati barbaramente uccisi. Il misterioso tombarolo ha fatto saltare la porta della cripta e il tombino dove riposava il corpo del famoso Harry Potter (foto a lato n°2) e ha recuperato la salma. La squadra scelta dei Battlemage, seppur non implicata in faccende di questo tipo, ha iniziato un’indagine ed ha isolato il cimitero momentaneamente. Ancora nessuna lettera con richiesta di riscatto è stata pervenuta, e il ministero sta perdendo la faccia di fronte a questo scandalo. E’ stato proprio il natale scorso lo stesso ministro, Percy Weasley, a voler trasferire il corpo di Potter nel cimitero di Hogsmade, in attesa di dedicargli una tomba più grande e degna del nome che il ragazzo ha portato in vita. Era proprio necessario un trasferimento così immediato? Quello che è certo è che il ministero ha commesso un grave errore che ora sarà difficile da rimediare. Sarà indetta una conferenza stampa straordinaria a cui tutti possono assistere per sentire la versione dello stesso ministro e dei suoi collaboratori. Invitiamo tutti gli interessati a partecipare numerosi. La conferenza si terrà il pomeriggio di  oggi, 31 maggio, nel palazzo ministeriale della cultura. La smaterializzazione sul luogo è consentita per tutto il giorno.

Il servizio continua all’interno alle pagine 3, 4, 5

Gustav Ferrent

 

Percy sbatté il giornale sulla scrivania.

“Perfetto!” esclamò “Proprio quello che ci voleva! Maledetti giornalisti… è tutto pronto per oggi? Non voglio altre sorprese” Lupin batté i tacchi e si mise sull’attenti.

“Signorsì. Cercheremo di scremare i giornalisti il più possibile. Anche questo…Gustav Ferrent” Percy annuì soddisfatto.

“Eccellente. Ma mi domando chi ha potuto fare una cosa del genere? E soprattutto perché?”

“Bhè, per come la vedo io credo che sia una questione di soldi. Spero vivamente che si tratti solo di un esaltato che chieda quanto prima un riscatto. Tremo al pensiero del corpo di Harry… in mano…a poteri oscuri” la voce di Lupin tremava. Era in ansia per la sorte di Harry. Non per il cadavere, ma per la sua anima. Esistevano, infatti, in sacco di magie nere in grado di violare la morte. Con conseguenze più o meno nefaste.

“Lo speriamo tutti” Percy cambiò argomento per allentare la tensione creatasi “Remus, domani è piena, vero?” Lupin fu sorpreso dalla domanda

“Sì, è piena. Come al solito mancherò. Chiedo scusa dell’inconveniente…”

“Nessun problema, ma abbiamo un rimedio per evitare di farti correre qua e la. Abbiamo dovuto cercare tutti gli ingredienti, e ci è voluto un po’, ma infine… vero professor Piton?” Piton era stato silenzioso fino ad ora. Guardava fuori dalla finestra con gli occhi sbarrati. Quello sguardo era diventato normale, per lui, dopo la sua ricomparsa. Inconvenienti della non morte. Lentamente si girò verso i due accanto alla scrivania.

“Già, Remus. Dovresti ringraziarmi. Credo di essere ormai l’unico in grado di preparare questa pozione” sfilò da sotto la tunica una fiasca grande come una mano “Usala con parsimonia. Rifarla richiederà molto tempo. Bevine un sorso solo quando senti la bestia prendere il sopravvento. Non abusarne e non sprecarne, mi raccomando”

Remus non credeva ai suoi occhi. E alle sue orecchie. Quanto aveva desiderato quella pozione. Ai tempi di Hogwarts, quando insegnava, era proprio Piton che gliela preparava. Non aveva mai pensato di chiedergliela ancora. Mentalmente lo benedisse e afferrò la boccetta.

“Grazie…ti devo molto” disse con un sussurro. Rigirava la fiasca fra le sue mani e la fissava ancora incredulo. Piton interruppe i suoi pensieri.

“Allora Remus, hai intenzione di dire le novità su Hogwarts oppure riferisco io?” Lupin si svegliò dallo stato catatonico in cui sembrava caduto e tornò subito lucido. Percy pareva interessato.

“Novità? Finalmente si è scoperto qualcosa?”

“Più che qualcosa, si è trovata una, si spera, soluzione alla barriera magica. Dopo aver accertato che dall’esterno anche i non morti non possono attraversarla” gettò uno sguardo su Piton per spiegare la faccenda “si è ricercato un modo per interromperla con i nuovi dati in nostro possesso, e sa cosa abbiamo scoperto?” Percy fece cenno di no con la testa.

“Quella barriera una volta all’anno si apre da sola. La magia che pervade Hogwarts è mille volte più potente dell’incantesimo che l’ha colpita”

“Si apre da sola? E non ce ne siamo mai accorti in tutti questi anni?” Percy era sconvolto e alterato dalla notizia “Come? E Quando?” Piton sogghignò. Quel suo tipico sogghigno che tutti i suoi studenti odiavano e continuavano ad odiare. Percy compreso.

“Ma come signor Weasley, non ha ricevuto la lettera da Hogwarts quest’estate? Le lezioni inizieranno, come sempre il…” Percy completò per lui.

“…il primo settembre”

*****

Il liquido in cui era immerso lo scaldava. Era piacevole. Tutto attorno a lui era di un bianco cangiante. Una scia di polvere penetrò quell’acqua pallida, che divenne subito blu. Un blu malato. Sporco. Un blu maledetto.  Si stava abituando a questo nuovo ambiente, quando udì un forte grido. Inconsciamente sorrise. Il liquido blu si increspò ancora mentre un oggetto grande come una mano lo tingeva di rosso sangue. Subito il rosso sangue divenne più simile a quello del fuoco.  Cominciava a piacergli quella situazione. Ad ogni cambiamento si sentiva meglio. Più forte. D’un tratto il liquido in cui era immerso tornò bianco. Accecante, luminoso, ma piacevole. Sentì le sue ossa stirarsi, il suo corpo fragile crescere. Mano a mano che cresceva, il liquido scompariva, come assorbito. Ed infine terminò. Si rizzò in piedi, circondato dal vapore. Un uomo gli porse dei vestiti che subito indossò. Il vapore si diradò, e lo vide. Legato, imbavagliato, sanguinante. Quella dannata cicatrice che gli era costata la vita.

 

L’ombra si svegliò di scatto. Ansimava e si lamentava. Cos’era stato? Un sogno… un incubo? Lei non sognava mai. Scese dal letto dove stava riposando, ancora con il fiatone. Si appoggiò al muro e cercò di ricordare. Non riusciva. Era inutile. Più si sforzava e più dimenticava. Qualsiasi cosa avesse sognato, doveva averla colpita. Si riprese lentamente. Si maledisse. Era un segno di debolezza. Non era debole. Non poteva esserlo. Non era debole…

Batte forte la mano di metallo contro il muro, e questo si crepò visibilmente. Ecco, era forte. Aveva quasi fatto un buco nel muro. Era mortale. Era letale. Si tirò su il cappuccio della tunica. Afferrò il mantello dell’invisibilità sul letto e si coprì bene.

Tutto questo la stava distruggendo. Neanche eliminare le schiere infinite di mangiamorte la esaltava più tanto. Era stanca di pensare ai pesci piccoli. Aveva passato mesi a scoprire dove si nascondesse il loro capo. Niente. Nessuno sapeva nulla. Tutti muti come pesci. E lei li eliminava. In questo modo, alla fine sarebbero rimasti solo loro due. Un piano perfetto. Lungo, ma perfetto. Non poteva fallire. Certo che con il mantello era diventato tutto molto più semplice. Troppo semplice, quasi ridicolo. Prese una decisione. Si sfilò il mantello e, piegato alla rinfusa, lo incastrò nella cintura. Ora era tutto tornato come un tempo. Molto più esaltante vedere le facce terrorizzate della gente mentre inesorabilmente si avvicinava. Guardò fuori dalla finestra. Il sole stava calando. Era tempo di uccidere.

*****

“E’ inaccettabile una cosa del genere!”

“Al ministero non pensate ad altro che arricchirvi con le tasche di noi poveri cittadini?”

“Ha ragione Ferrent! Non potete fare quello che volete. Vogliamo che siano rispettati i nostri diritti”

“Che sicurezza potete offrire se vi rubano dei cadaveri da sotto il naso?”

“E’ vero signor ministro che ha autorizzato lei lo spostamento della salma di Harry Potter nel cimitero di Hogsmade per tenerla più al sicuro? E’ lei il primo responsabile della faccenda quindi?”

“Il ministro ha agito per vie ufficiali, non lo ha certo deciso di punto in bianco!” Lupin si era alzato in piedi in difesa di Percy e delle pesanti calunnie che gli venivano rivolte. Percy lo afferrò per la manica trascinandolo in basso, a sedere. Si alzò lui stesso

“Signori, se la discussione diventasse un po’ più civile sarò felice di rispondere a tutte le vostre domande. Pretendo però rispetto per tutti i presenti ed un comportamento più adeguato” attese che le sue richieste fossero state esaudite e poi continuò “Vi ringrazio, e ora…….. prego, lei” disse indicando un giornalista in seconda fila. Questo si alzò con un blocco in mano e una penna fra i capelli ricci e biondi.

“Osborn Greenbottle, del quotidiano Il mondo magico. E’ vero che il ministero non ha ancora una idea certa di chi possa aver compiuto un tale atto di profanazione?” chiese veloce come una mitraglia.

“Il ministero ha mobilitato un’unità della squadra scelta dei Battlemage. A capo delle operazioni c’è il qui presente Remus Lupin” indicò l’uomo al suo fianco che fece un cenno con la testa “Per ora si stanno raccogliendo indizi. Dopotutto la profanazione è stata scoperta solo stamattina. Prego, lei or…” ma il giornalista biondo non gli diede il tempo di chiamare qualcun altro.

“Ed è vero che si pensa che dietro tutto ciò ci sia lo zampino dei mangiamorte? Mi corregga se sbaglio, ma lei-sa-chi, pur essendo scomparso nuovamente, ha ancora molti fedeli in giro per il mondo, giusto? Come si sta comportando il ministero a tal proposito?”

“Lei sta sviando il fine della conferenza stampa. Non abbiamo ancora prove certe di chi siano i responsabili, quindi la prego di non azzardare ipotesi in modo ufficiale. Non è il suo compito” Percy rispose stizzito e fissò male il giornalista. Con la mano indicò una donna in prima fila “Prego, lei ora”

“Agatha Christie, della rivista Misteri. Mi chiedevo se era possibile avere informazioni sulla sicurezza applicata alla zona durante il periodo. E’ possibile avere dettagliati rapporti sulla morte dei sette soldati di guardia e sul becchino responsabile del cimitero?” Percy strabuzzò gli occhi.

“Richiesta insolita, ma più che accettabile. Lasci il suo nome dopo al ragazzo che vi ha accompagnato. Le faremo pervenire tutto via gufo” la donna ringraziò e si sedette al suo posto. Percy non fece in tempo a chiamare il prossimo che un uomo alto, capelli bianchi, pochi in realtà, vestito con una camicia bianca e un gilè giallo limone, si alzò di scatto prendendo la parola.

“Gustav Ferrent, de La Gazzetta del Profeta. Ringrazio, intanto, i suoi ragazzi qui fuori per la calorosa accoglienza riservatami” disse con tono pungente “Sorvolando su questo, ero curioso di chiedere al ministro della magia qui presente il motivo di un tanto anticipato spostamento della salma di Harry Potter dal cimitero della Londra babbana. Non crede sia stata una mossa un po’ azzardata?”

“Signor Ferrent, è un piacere vederla” Percy sorrise a denti stretti mentre attorno a lui i suoi collaboratori parlottavano convulsamente “Credo che la mossa non sia stata azzardata. E’ stato un caso, diciamo. Poteva essere rubata in un qualsiasi momento. Voglio ricordarle che la proposta e stata approvata da tutto il consiglio dei ministri” Ferrent non gli diede tregua.

“Eppure è stato lei a proporre la cosa per primo, giusto? Ho qui una serie di documentazioni che provano quello che dico. Inoltre pare che il preventivo per la tomba di Harry Potter sfiori l’assorda somma di ventiquattro mila galeoni” un brusio di indignazione si levò dalla platea. Sia i giornalisti presenti che le altre persone non credevano alle proprie orecchie “E si tratta del solo materiale per la costruzione. Abbiamo calcolato che aggiungendo il costo per la mano d’opera, la manutenzione e tutto il resto si raggiunge l’astronomica cifra di quaranta mila galeoni. Non le sembra un po’ caro per un, con tutti il rispetto per la persona di cui si parla, morto?”

Il brusio di sottofondo aumento e presto si trasformò in voci vere e proprie. Le urla si fecero pesanti mentre gli uomini del ministero e il ministro stesso cercavano di portare alla calma la situazione.

“Signori, vi prego. Calmatevi. Non c’è nulla per cui agitarsi così tanto. Il prezzo è…” Percy non riuscì a completare la frase.

“Si vergogni, quelli sono i soldi del ministero! Non vanno sprecati in questo modo! La gente ha bisogno di opere pubbliche non di tombe elaborate!”

“Spendete quei soldi per la nostra sicurezza!”

“E’ uno scandalo! Si vergogni!”

Le urla contro Percy stavano diventando insostenibili. Cominciò a volare anche qualche oggetto verso il palco dove sedevano tutti i rappresentanti del ministero. Lupin prese Percy per la spalla abbassandolo in tempo prima che una sedia lo colpisse in faccia.

“Credo sia meglio andare ora…” Lupin non pareva troppo entusiasta della situazione. Percy lo capì subito. Il gruppetto con loro due in testa si diresse nel retro del palco e li si smaterializzò, raggiungendo il Ministero.

Salirono le scale ed entrarono nell’ufficio di Percy. Lì, Remus, gli rivolse la domanda.

“E’ vero quello che ha detto quel tizio?” chiese scuro in volto.

“Come? Certo, ho ricevuto il consenso del consiglio prima di agire e …” Lupin lo interruppe. Quel giorno pareva che Percy non riuscisse a terminare un discorso.

“No, no. Intendo i quaranta mila galeoni. Perché hai fatto una cosa del genere?” Percy divenne serio.

“Se ci fosse stato il tempo di spiegare, avrei spiegato. La cifra non proviene che in minima parte soltanto dalle casse del ministero, circa cinquemila galeoni. Il resto sono afferte di ammiratori e stimatori di Harry. Amici, conoscenti, semplici maghi che pur non conoscendolo credevano in lui. La somma è stata raccolta con il preciso intento di commemorarlo nel nostro mondo. Quello che quel Gustav Ferrent aveva in mano non era altro che il preventivo depositato al catasto. Ma si sa che la gente vuole certi scandali. Soprattutto chi è in contrasto con il ministero”

Lupin rimase allibito. Non sapeva nulla di tutta la faccenda. Imbarazzato si scusò con Percy per averlo accusato ingiustamente con quella domanda.

“Non preoccuparti, ne avevi tutto il diritto. Ora sai come stanno le cose” fece una pausa e si sedette alla scrivania “penso che ora sia megl….” Ma ancora una volta la porta che sia priva di scatto interruppe le sue parole. Non era proprio giornata per i discorsi.

“Signor ministro, mi scusi per non aver bussato. Posso?” chiese la segretaria di Percy con la porta ancora aperta. Lui si mise la faccia fra le mani e sospirò deciso.

“Certo, tanto ormai sei dentro… che è successo ancora?” chiese ormai preparato a tutto.

“Sua sorella. Ha avuto le prime doglie”

*****

La barella spalancò la porta a doppia anta. Tre infermieri la spingevano e controllavano senza sosta numeri e valori dei macchinari collegati alla ragazza stesa sul lettino. Una donna trascinava la barella, quindi era davanti a tutta la carovana, e teneva lata una flebo il cui ago era piantato nel braccio della giovane dai capelli rossi. Un altro ragazzo, non in divisa come gli altri quattro era accanto alla barella in corsa e teneva stretta la mano della ragazza.

“Coraggio amore, resisti. Puoi farcela, non mollare! Su, dai, respira” disse Draco mentre imitava la respirazione da eseguire. Ginny annuiva rapidamente e stringeva gli occhi e i denti dal dolore. Soffiava come le avevano insegnato durante quei mesi in ospedale. Era vicino al grande evento. Aveva paura, ma era felice. Avrebbe urlato ma non ne aveva le forze, tanto era presa dal dolore.

La barella correva come una scopa di un cercatore all’inseguimento del boccino dorato. Al limitare di una porta che conduceva in sala parto Draco fu fermato da un grosso medico baffuto, bardato e pronto per seguire la ragazza.

“Fermo qua! Lei non può entrare. Si sistemi qui fuori e attenda, per piacere” l’uomo era stato deciso nell’esporre la cosa al ragazzo. Draco spalancò gli occhi e si allontanò dall’uomo.

“Cosa? Non ci penso neanche! Mi faccia entrare, forza. Via dalla mia strada!” il medico fu irremovibile.

“No, mi spiace resti qui ed attenda per piac…” Draco andò su tute le furie.

“Eh no, cazzo! E’ da natale che la gente in questo posto non mi dice altro che devo attendere! Adesso basta, cazzo! Mi faccia entrare o la disintegro sul posto, e le assicuro che lo posso fare!”

Il medico deglutì rumorosamente e si allargò il colletto stretto del camice da sala operatoria. Annuì con il capo.

“Va bene, d’accordo. Si vada a vestire in quella saletta lì e poi mi segua. Spero che abbia lo stomaco forte” Draco gridò in risposta mentre correva a vestirsi.

“Non si preoccupi, ho visto di tutto io”

 

In un attimo fu pronto ed entrò anche lui in sala parto. Ginny era circondata da una moltitudine di persone che si ruotavano fra di loro instancabilmente. Una serie infinita di macchinari emetteva suono acuti o mostrava linee ondulate verdine. Draco le fu accanto in un lampo.

“Amore come stai? Sono qui, sono Draco” la mano di lei lo afferrò per il colletto. La sua voce era un grugnito di dolore.

“Come credi che stia, pezzo di idiota! Qualcosa grande come un cocomero sta cercando di uscire da un buco largo come un limone!” urlò un attimo e poi riprese a respirare a sbuffi. Draco era rimasto allibito dalla reazione della ragazza. Un medico lo allontanò un attimo per sentirle il polso.

“Sta scendendo. Il battito diminuisce” il puntino sullo schermo si muoveva con meno intensità. Il bip, d’un tratto, divenne un suono prolungato.

“Arresto cardiaco! Via con il massaggio, forza!” un infermiera cominciò ad esercitare il massaggio cardiaco a Ginny. Draco era dietro quella calca di persone e non sapeva che fare.

“Libera!” gridò ancora il medico e dalla sua bacchetta una scarica elettrica colpi il petto di Ginny.

“Avanti, continuate!”

“Libera!” un'altra saetta colpì Ginny

 

Seduti fuori dalla sala c’era una vera e propria schiera di persone. La maggior parte tutte con i capelli rossi. Solo un uomo e una ragazza si distinguevano dagli altri. La famiglia Weasley al completo era in attesa di sapere il verdetto su Ginny. Lo shock magico subito le aveva fatto passare sei mesi d’inferno. Convulsioni, scatti d’ira di cui lei non ricordava nulla. Colpa del Avada Kedavra. Ma lei era ancora lì, pronta a lottare per il suo bambino. Ora tutto stava nel vedere chi o cosa avrebbe vinto nella “volata finale”. Molly camminava avanti e indietro mugugnando qualcosa di incomprensibile e molto simile al verso di un cane che si lamenta. Arthur era seduto vicino a Percy ed entrambi stavano fumando una sigaretta. Non lo facevano di solito, ma per l’occasione… e poi la tensione era troppa. Ron andava avanti e indietro come sua madre e inutilmente Hermione cercava di calmarlo.

“Avanti Ron, siediti. Piuttosto fuma anche tu!” scherzò Hermione. Ma Ron la prese in parola.

“Buona idea, grazie” si fece dare una sigaretta da Percy e si sedette accanto alla ragazza. Dopo le prime boccate, seguite da colpi di tosse, capì come si doveva fare e continuò imperterrito. Hermione lo fisso sbigottita, e lui altrettanto.

“Che c’è ora!?” chiese Ron.

“Ma… io dicevo tanto per scherzare!” fece lei.

“Andiamo, una non farà mai male. E poi non l’ho mai fatto in vita mia” Hermione rinunciò. Tanto, ora come ora, non poteva certo convincerlo.

Gli unici tranquilli, se escludiamo Lupin che fumava intensamente la sua pipa puzzolente, erano i gemelli. Sia Fred che George avevano organizzato una specie di scommessa sul nome del loro futuro nipote. Giravano fra i vari reparti a raccogliere le scommesse. Il commento di Molly fu “Quei due non cambieranno mai, non hanno proprio rispetto” ma neanche lei credeva in quello che diceva. Purtroppo sia Charlie che Bill erano impegnati all’estero e non sarebbero arrivati in tempo. Avevano avvisato via gufo che sarebbero tornati a casa quanto prima, ma non sapevano ancora quando.

D’un tratto la porta si spalancò e il medico con i baffoni spuntò sulla porta. Subito tutti lo circondarono, Molly in primis.

“Allora dottore, come sta?” chiese lei preoccupata.

“Ha avuto un arresto cardiaco” le facce di tutte si contrassero in un espressione di sgomento “ma si è subito ripresa. Pare che alla fine sia stata più forte lei che la magia che l’ha colpita” una serie di esclamazioni soddisfatte partirono dalla bocca di tutti i presenti.

“Ora è in fase di parto. Sapremo tutto fra poco, comunque sappiamo già che è una femmina, Ora scusate ma devo rientrare” e sparì nuovamente dalla porta da cui era venuto.

L’atmosfera divenne più rilassata. Molly abbracciò il marito, anche Hermione e Ron si accoccolarono l’uno sull’altra seduti sulle scomode sedie in corridoio. I gemelli si diedero il cinque in segno di vittoria. Percy e Lupin si sedettero di nuovo, più calmi di prima. Orami il peggio era passato. Anche i gemelli cominciarono a chiedere alla famiglia di fare scommesse.

“Ma insomma ragazzi, è vostra sorella!” Molly era indignata. Arthur la abbracciò e le sussurrò

“Lasciali fare. E’ il oro modo per festeggiare la cosa” Molly, seppur con qualche dubbio, acconsentì.

“Allora ragazzi, che nomi vanno per la maggiore?” chiese Ron curioso. Fred afferrò il foglio pieno di nomi.

“Allora, sono per lo più nomi inglesi, ma anche qualcuno di fuori. Credo che alcuni siano inventati…”

“Sì, ma quali hanno più scommesse sopra?” chiese Hermione. George strappò di mano il foglio al fratello.

“Dunque, sapendo che è una femmina…sono: Giuggy, Giada, Kia, …”

“Kia? Ma non era la marca di qualcosa?” chiese Ron.

“E sta un po’ zitto, continua George” lo rimbeccò Hermione.

“Dicevo: …Kia, Keijei, Eli (“Ehi questo è carino!” “Ron stai zitto che non capisco!”), Kiak, Maichy, Angi, Gius, Anja, Monica (“Bello! Un nome italiano!” “Herm, tappati tu ora!”), Mikan, Sunny (“E’ un gelato Sunny?” “Non saprei…”) e uno un po’ complicato…dunque si legge…Mikisainkeiko! Bene e questo è tutto!”

“Sono un sacco. Ma quanti soldi avete raccolto?”

“Bhè, 2 galeoni la puntata…circa quattrocentosettanta”

“Cosa? Ma sono un sacco di soldi!”

“Abbiamo naso per gli affari noi”

 

Ginny si lamentava ancora. Draco le era accanto. Ora che il pericolo era passato si sentiva più tranquillo. Ma lei no. Dire che era agitata era poco. Si poteva dire che avrebbe volentieri spaccato la faccia a qualcuno purché quel dolore finisse.

“Avanti tesoro, respira. Su. Uno…. Due….Uno….Due….” Draco cercava di aiutarla meglio che poteva.

“Draco! Ti giuro che se continui ti lancio una maledizione per cui ti farò patire lo stesso dolore!” Ginny gridava fuori di se. Draco sobbalzò. Non era abituato a sentire parlare Ginny a quel modo. Il medico baffuto appena rientrato lo chiamò.

“Bene, ora può aiutarmi. E’ qui per questo, no?”

“Sicuro” rispose Draco. Ginny, a gambe aperte, sbuffava e spingeva a più non posso. Il suo sforzo era evidente.

“Ecco, vede quella cosa? E’ la testa di sua figlia!” indicò un punto ben preciso. Draco deglutì.

“S-Sì, certo…wow, fantastico. E ora?”

“Ora convinca sua moglie a spingere più che può. Dobbiamo farla uscire da lì”

“D-D’accordo…” il coraggio di Draco stava vacillando. Tornò da Ginny e si fece forza.

“Ok amore. La vogliamo questa bambina vero?”

“Sì, sì…”annuiva lei fra il dolore.

“D’accordo, allora spingi più che puoi! Forza respira! Spingi, spingi!” Draco gridava a più non posso. Ginny eseguiva la meglio. Dopotutto era la prima volta per lei. Sembrava impegnarsi molto, ma nessun cenno da parte del medico baffuto. Draco tornò dal medico che aveva in mano un oggetto in acciaio delle dimensioni di una testa. Lo agitava e quello si apriva e chiudeva, come se fosse a molla.

“C-Co-Cosa è quello? C-Che deve fare?” chiese Draco. Ormai la sicurezza era solo un ricordo.

“Questo? E’ un divaricatore a pressione. Credo sia il caso di usarlo… sembra avere difficoltà a far uscire il pargolo”

Le orecchie di Draco sentirono solo le parole “divaricatore a pressione”, perché poi con un tonfo svenne a terra.

*****

“Buongiorno cuor di leone!” un saluto svegliò Draco completamente. Si alzò di scatto sul letto in cui era disteso. Aveva ancora addosso i vestiti della sala operatoria. Ron ed Hermione lo fissavano mentre si girava e si guardava attorno.

“Dov’è Ginny?” chiese in un lampo.

“Due stanze più in la, sta coccolando la vostra bimba” Ron sorrise mentre pronunciava quelle parole.

“Congratulazioni Draco. Avanti vai!” Hermione spronò il biondino che subito si gettò fuori dal letto e corse nel corridoio come un pazzo. Papà. Era papà! Corse come un matto per una decina di metri, poi vide la stanza con un fiocco rosa attaccato. Si fiondò dentro senza diminuire la velocità.

“Ginny!” gridò. Le persone intorno al letto si girarono a fissarlo mentre si fiondava in mezzo a loro. Arthur e Molly si fecero da parte, così come i gemelli e Percy. Lupin era sulla porta e lo incrociò mentre entrava.

“Era ora” gli disse vedendolo in piedi. Draco raggiunse il letto. Stesa, coperta fino alla vita, c’era Ginny. Ed in braccio aveva la cosa più bella che Draco avesse mai visto. Era sua figlia. La loro figlia. La loro bambina. Si inginocchiò accanto al letto, ammutolito. Ginny sorridente, colpita dai raggi del sole, lo fissava mentre baciava affettuosamente sulla fronte la neonata. Le sue manine si muovevano convulse a cercare qualcosa. Draco allungò la sua mano verso quella creaturina così indifesa, e lei afferrò il suo dito. Forse solo per un attimo, ma sorrise nel sentire la presenza del padre.

Draco non trattenne più le lacrime, e neanche Ginny. Si fissarono a lungo mentre la bimba agitava ancora le manine e spalancava gli occhioni azzurri.

“Ciao mammina” disse dolcemente Draco.

“Ciao papà…”

Capitolo commovente @__@ sigh…. Vabbè ringraziamo: Tutti, non ci ho voglia di elencarvi inizia Buffy! Rimedio la prossima volta!!!!

 

RECNSITE RECNSITE RECENSITE!!!!!

 

See you again!!!!!!!

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Capitolo 20
*** Vendetta ***


Le stelle a tratti in mezzo alle nuvole illuminavano il cielo notturno della campagna inglese

Le stelle a tratti in mezzo alle nuvole illuminavano il cielo notturno della campagna inglese. Un lieve venticello profumato piegava le chiome verdi degli alberi, che con un fruscio scrosciante si lamentavano del troppo caldo. Il canto costante delle cicale annunciava a tutti l’arrivo dell’estate. Fra le spighe di grano piegate dal brezza si intravedeva una sagoma nera, scura e allungata. Non era un’animale notturno. Non era un uomo in agguato. Era una automobile. Ferma lì ormai da qualche ora. Dei lamenti bassi riempivano il silenzio insieme alle cicale. Dei sospiri, gemiti. Degli urletti veri e propri, a volte anche degli urli. Se quel grano avesse avuto le mani e le orecchie, probabilmente avrebbe usato le prime per tapparsi le seconde. E se avesse avuto la bocca avrebbe detto qualcosa del tipo “Basta, voglio dormire!”

Ron si accasciò, respirando forte, di lato accanto ad Hermione sul panno blu steso a terra. Una coperta leggera nascondeva le loro nudità alla notte. Entrambi erano esausti ed attesero che la loro respirazione tornasse normale.

“Accidenti, Ron. Se continuiamo così…” Hermione biascicava ancora fra i respiri affannosi.

“Cosa?… Qualcosa non andava?…”Ron era ancora steso a lato della ragazza, si mise poggiato sul gomito per fissarla mentre il suo petto ancora fremeva e sobbalzava dalla recente passione provata. Hermione chiuse gli occhi, si concentrò e tornò a respirare normalmente.

“No, è solo che… Ron Weasley, tu mi stai portando a fare le cose più proibite che mi era ripromessa di non fare! Queste fughe in campagna… fra l’erba, la natura…è…strano” Ron si avvicino e le baciò la spalla nuda.

“Lo so. Sono un ragazzaccio. Ti sto mettendo sulla brutta strada” disse lui ridendo “Ma devi ammettere che è dannatamente romantico…e piacevole…e sensuale…e eccitante…”

“Sì, lo è” lei sorrise sentendo le sue labbra dargli tanti piccoli baci sulla pelle, avvicinandosi sempre di più alle sue mani “Lo sai che amo tutto questo, Ron?”

“Tutto cosa?” i suoi baci non si interrompevano.

“Questo. La nostra felicità. La felicità di Draco e Ginny quando è nata Eve. A proposito, Ginny è tornata a casa ieri pomeriggio, vero?”

“Mhmm…” mugugnò il tono di assenso lui. Le sue labbra non si staccavano da lei, e lentamente stavano risalendo fino al collo.

“Dovremmo andarli a trovare uno di questi giorni. Vorrei rivedere la bambina. E’ così carina…” sorrise al pensiero della piccola Eve. L’aveva trovata dolcissima fin dalla prima volta che l’aveva vista. Come non poteva esserlo? Era una bambina di appena venti giorni, tutti i bambini piccoli sono dolcissimi.

 Ron allungò il braccio per circondare la ragazza. Le sfiorò con la mano i seni perfetti cingendola vicino a se, mentre ormai si era perso in quel mare. Quel mare chiamato Hermione.

“Ron, tu cosa ne pensi?” gli chiese lei.

“Mhmmm? Di cosa?” chiese lui poco propenso a staccare la bocca dal corpo di lei per parlare.

“Di tua nipote, e di chi sennò? Come l’hai presa tu?” Hermione poneva la domanda seriamente, ma Ron era ancora troppo impegnato per risponderle.

“Ron? Ehi, ti dispiace se per un attimo parliamo invece di rotolarci continuamente uno sopra l’altro?” il tono di Hermione stava cambiando radicalmente. Ron, seppure a malincuore, decise che era meglio accontentarla. Ci sarebbe stato tutto il tempo. Si stese nuovamente a faccia in su, le braccia incrociate dietro la testa, a fissare le stelle. A cercare una risposta a quella e a mille altre domande.

“Non lo so Herm. Voglio dire, adesso sono zio. Non che cambi molto, soprattutto rispetto al fatto che quei due ora sono genitori di Eve, però effettivamente mi fa sentire strano” Hermione si girò, sempre appoggiata al gomito, per guardarlo in faccia. Tirò un po’ su la coperta che stava scendendo verso i piedi.

“Come strano?”

“Sì, strano. Voglio dire. C’è una nuova persona, ora. Un essere vivente talmente piccolo che sta in una mano, ma talmente importante da meritare il meglio che le si può offrire. E questo è bellissimo, ma mi fa sentire diverso. Un anno fa neanche eravamo coscienti, e ora Ginny è mamma. E Draco è papà. E tra poco più di un mese si sposano. E noi ci amiamo, e questa è la parte migliore di tutta questa stranezza…”

“Lo capisco, sai” disse Hermione “Anch’io a volte mi trovo a pensare alla marea di avvenimenti che sono capitati in questo periodo. Il nostro risveglio, i nostri amici, tutto insomma. Con il fatto di essere stati assenti per quasi tre anni, probabilmente dobbiamo ancora abituarci a tutto. Una specie di Jet lag temporale” Ron la fissò con aria dubbiosa.

“Jet cosa?”

“Niente, lascia stare. Babbanese”

“Oh…” disse lui e rimise la testa a terra, davanti alle stelle. Lei cambiò argomento.

“A volte mi meraviglio anche di come è cambiato il mio corpo. Sai crescere di tre anni in piena adolescenza e non rendersene conto può essere un brutto colpo per una ragazza” si accoccolò a fianco del ragazzo, guardando nella sua stessa direzione, e lui la cinse con il braccio.

“Oh, anche per un ragazzo non è uno scherzo. Barba in faccia, una cosa che avevo solo iniziato a vedere ai tempi di Hogwarts. E poi la voce che cambia, più profonda, stentavo a riconoscerla all’inizio. Bhè, e poi… quello che succede a tutti i ragazzi. Maschi e femmine. Tempeste ormonali”

“Bhè, a me sembra che quelle ci siano ancora adesso” disse lei ironica “Anche troppo, forse”

“Che vuoi, dovrò recuperare…” rispose lui altrettanto ironico. Hermione si mise sui gomiti e si avvicinò alla sua faccia.

“Ronald Weasley, sei la persona più impertinente e sexy di tutto il mondo” e lo baciò, mordendogli il labbro inferiore. Entrambi chiusero gli occhi.

“Lo so, sono il meglio” ricambiò in egual modo, mentre la sua lingua saettava in cerca di quella di lei. Si stava cominciando a scaldare nuovamente, quando Hermione interruppe l’eccitazione in crescita.

“Sai, mi sono presentata al corso” Ron all’inizio non fece molto caso alle sue parole tanto era impegnato a baciarla sul collo “Lupin mi sta insegnando tutto sulle evocazioni” e qui Ron spalancò gli occhi e si bloccò. Con uno scatto sposto la testa all’indietro per fissare gli occhi di lei.

“Evocazioni?”

“Sì, sai, richiamare con la magia creature, animali, e così via” Ron la fissò ancora.

“Non era questo che intendevo, io volevo dire “Perché? A che scopo?” Hermione tornò sdraiata al suo fianco.

“Mi sembra arrivato il momento che anche Hermione Granger si dia da fare” alzò lo sguardo verso quello di lui e si fissarono sottosopra. Lei sorridente, lui senza parole. Ron non sorrideva affatto dopo quello che aveva sentito.

“Hermione, senti, non è necessario che anche tu debba rischiare. Ci sono un milione di altre cose che potresti fare se vuoi aiutare… insomma, non lo trovo necessario, ecco” Hermione si alzò in piedi davanti a Ron. Il suo corpo perfetto e nudo veniva illuminato dalla mezza luna brillante.

“Cosa non trovi necessario? Ron, io non rischio nulla. E’ solo per essere pronti a tutto e …” non finì il discorso perché Ron, con fare saputello la interruppe.

“Sì, certo. Secondo te, sapendo e vedendo quanto sei brava non ti propongono di fare parte dei battlemage o di qualsiasi altra squadra di maghi che combattono? Andiamo, Herm. Sei ridicola quando fai così”

“Ah, io sarei ridicola? E tu allora? Non hai fatto in tempo a capire dov’eri che sei entrato nei battlemage solo per fare rabbia a Draco! Bella prova di maturità, complimenti!” Hermione si stava scaldando. Ron si alzò in piedi di fronte alla ragazza. Ora erano entrambi nudi e arrabbiati.

“Senti un po’ morettina, questa “persona ridicola” ti ha tirato fuori dall’incubo che stavi vivendo e ha rischiato la vita per te! Mi sembra che dopotutto non lo facessi solo per confrontarmi con Malfoy, no?”

“Come no! Sicuro! Sono certa che sapevi benissimo che ti saresti infilato nella mia testa per svegliarmi! E poi questo non centra…”

“Come non c’entra! Io quasi mi faccio ammazz…”

“Ron smettila!”

“No, smettila una cavolo! Potevo mori…”

Con uno schiaffo sulla faccia del ragazzo, Hermione interruppe la conversazione.

“Smettila, smettila, dannazione! Non dirlo, stai zitto!” Hermione strillava. Ron, con la guancia rossa per il colpo, agitò la bacchetta con rabbia e i vestiti sparsi intorno alla coperta tornarono a coprirlo alla perfezione.

“Lo sai che ti dico” gli disse mentre si sistemava la cintura dei pantaloni “Fai quello che ti pare! Fatti ammazzare, se ci tieni tanto. Ma non venirmi a chiedere aiuto, io ti avevo avvertito” e con questo si allontanò, perdendosi fra pensieri, stelle e spighe di grano.

Hermione, con le lacrime a gli occhi, urlò nella sua direzione.

“Ron sei uno stupido!” e si piegò, in ginocchio sul panno blu steso a terra. Singhiozzava rumorosamente mentre grosse lacrime le rigavano il viso. Ron non capiva. Non capiva che lei lo faceva solo per non essere l’ultima arrivata. Lo faceva solo per aiutare, anche lei, in qualche modo. Non lo faceva per combattere. Questo mai. Non amava combattere. Non lo avrebbe mai fatto, o almeno sperava di non doverlo fare mai. L’ultima volta che aveva lanciato un incantesimo bellico contro qualcuno lo aveva fatto fuori. D’accordo, era un mangiamorte ed era lì per rapirla ed eliminare gli altri, però stenderlo, così, le aveva fatto un certo effetto. Cioè, lei aveva attaccato e “ucciso” una persona. Roba da terapia con psichiatra a vita. Ma per fortuna lei era Hermione Granger. Non si sarebbe fatta stendere mentalmente da quanto era accaduto. E così fu, infatti. Ma pensare di ritrovarsi impreparata di nuovo di fronte a certe cose la faceva stare male. Per quello aveva seguito il corso di Evocazione di Remus Lupin. Era roba di poco conto. Qualche animale, due o tre mostri… neanche uno spirito di qualche tipo. La parte più difficile non era evocarli, ma comandarli mentalmente, senza farseli sfuggire di controllo. Finché erano animali, nessun problema per lei. Con i mostri, già diventava impegnativo. Lei riusciva a comandare solo i più semplici o i più stupidi, un troll dei boschi, ad esempio. Con gli spiriti… mai ci aveva provato, mai ci avrebbe provato e soprattutto mai ci sarebbe riuscita. Basti pensare che lo stesso Salazar Serpeverde fu in grado di evocare e controllare al massimo un basilisco adulto, ed era già difficile per lui. Evocare uno spirito era qualcosa di impensabile se non si era preparati al meglio. Essere più di uno era consigliabile, così da avere più possibilità contro lo spirito. Poi erano necessari bracieri, rune mistiche, procedimenti complicati ed un pentacolo dove richiamare lo spirito che, di solito, non era troppo contento della festicciola organizzatagli per intrappolarlo e fargli fare quello che volevano i maghi, e cercava in tutti i modi di interrompere il contatto. Se ci fosse riuscito, della gente lì vicino non sarebbe rimasto che una strana poltiglia, questo è poco ma sicuro.

Lentamente la ragazza si rivestì nella maniera più classica, senza magia, e tornò a sedersi sulla coperta. Guardava la luna metà e la paragonava alla loro storia d’amore. Una storia a metà. Ma la vera metà era lei. Quel suo assurdo attaccamento ad Harry. Anche se Ron non lo diceva era sicura che lo tormentasse il pensiero di non averla tutta per se. Nel corpo e nella mente. Anche se, ultimamente, lei non pensava molto ad Harry. Anzi, proprio per niente. Solo a Ron. Nessun altro tranne Ron. Il dolce Ron, il sexy Ron,….quello stupido di Ron! Lo detestava quando la trattava così, come una bambolina che si può rompere da un momento all’altro. Lei era libera di fare quel che vuole. Neanche quello stupido di Ron poteva impedirglielo. Detestava quando si parlava di come avesse rischiato la vita per lei. Se avesse fallito lui… sarebbe morto. Per causa sua. Non poteva neanche pensarci. L’amore che la legava la ragazzo era troppo forte, la morte, però, poteva recidere anche quel legame. Ogni volta che ci pensava aveva come delle fitte al cuore. Panico. Per questo aveva reagito così. Per questo, perché lo amava.

 

“Al diavolo lei e le evocazioni…” Ron era seduto sotto un albero, vicino ad un piccolo specchio d’acqua che i contadini babbano usavano per annaffiare le piante. Lanciò un sasso piatto sul pelo dell’acqua, che rimbalzò per ben tre volte prima di sparire, inghiottito. Harry gli aveva insegnato a lanciare i sassi piatti a quel modo. Ad Hogwarts li lanciavano nel grande lago cercando di colpire il grosso polipo che ogni tanto compariva a pelo d’acqua. Tanto era talmente grosso che non si sarebbe mai accorto di un sassolino che centrava il suo enorme corpo molliccio. Harry… è colpa sua tutta quella situazione. Perché Hermione si era innamorata anche di lui? Cristo che rabbia! Sapeva di avere dei punti in meno rispetto a lui, dopotutto era il grande Harry Potter! E dire che era il suo migliore amico… ma chi vuole prendere in giro, anche in quel momento non poteva odiare Harry, anche se era morto. Non poteva incolparlo di qualcosa di cui non si era nemmeno reso conto prima di morire.

Gettò un altro sasso, sempre tre rimbalzi. D’accordo, Harry non c’entra. E’ Hermione che si è messa in testa di fare l’evocatrice. Non che gli dia fastidio, ma sapeva che sarebbe finita in quel modo. Lei era troppo brava. L’avrebbero notata e le avrebbero praticamente imposto di entrare a far parte della squadra dei battlemage come evocatrice. Certo, chi evoca creature, di solito, sta dietro alla fanteria, però a lui non piaceva. Era pericoloso. Non poteva permetterle di fare qualcosa di così pericoloso. Non doveva rischiare così per niente. Cristo, c’erano migliaia di lavori più tranquilli e sicuri da fare, perché l’evocatrice? Non poteva di certo colpevolizzarla così, però. Si rese conto solo in quel momento di essersi comportato male nei suoi confronti.

Appoggiò la testa alle ginocchia e si dondolò un poco.

“Cristo Ron, che cazzo hai fatto…” lui amava quella ragazza, non poteva perderla per una litigata di quel genere. Deciso più che mai, si alzò per tornare da lei e riappacificarsi. Gettò l’ultimo sasso sul pelo dell’acqua. Tre rimbalzi. Harry ne faceva sempre quattro.

*****

“Ciao piccolina. Hai sonno, eh?” Ginny prese in braccio la bambina dal box in salotto. Aveva gli occhi lucidi, si vedeva che era stanca.

“Forza, andiamo a fare la nanna, eh?” e diede un bacio sulla fronte della piccola Eve che, calma si appoggiava al petto materno. Ginny raggiunse la camera da letto e le mise il pigiamino azzurro che Draco aveva comperato l’altro giorno. Era stato davvero dolce. Vederlo tornare a casa con quel vestitino per la loro bambina. Ginny ne fu felice. Cominciò a cullare la piccola Eve fra le sue braccia e a cantare una dolce ninnananna.

Dormi mio dolce amor

La mamma è qui con te

Dormi mio tesor

Chiudi gli occhi e pensa a me

Temere non dovrai di fare un brutto sogno

Se chiamerai, nel momento del bisogno

Noi saremo qua, a vegliare su di te

Noi saremo qua, qua vicino a te

Il dolce canto di Ginny presto si trasformò in un sussurrò portando Eve fra le braccia di Morfeo. Ancoro mugugnando la ninnananna, stese la bambina nella sua culla e la coprì bene. La fissò assorta da quanto fosse splendida quella piccola creatura di cui ora era la madre. Presa com’era dai suoi pensieri non si accorse di due braccia che le cingevano il corpo. Draco poggiò la sua testa sulla sua spalla e la baciò teneramente su una guancia, mentre lei fissava ancora la piccola che dormiva.

“Hai mai visto qualcosa di più bello?” chiese Ginny al ragazzo.

“No, non credo proprio. Sei stanca amore?” chiese Draco di rimando.

“Non troppo. Oggi la mamma è venuta a darmi man forte. Si è occupata praticamente di tutta la casa, non l’ho mai vista così splendente, a dire il vero” Draco prese a sussurrargli all’orecchio.

“Che dici se ce ne andiamo di là in salotto, con qualche candela accesa, un po’ di musica romantica, un bicchiere di vino e ci coccoliamo un po’…..” la cullava come se stesse ballando un lento immaginario, e lei seguiva i suoi movimenti, sorridente e con gli occhi chiusi.

“Direi che è una magnifica idea, degna di un magnifico uomo…” piegò la testa per baciarlo. Le loro labbra si incontrarono in un bacio romantico e prolungato. Draco si allontanò per guardarla negli occhi.

“Ehi, ma ti ho mai detto che quando ti bacio mi sembra di sciogliermi come un gelato in piena estate?” Ginny annuì piano.

“No, ma qualcosa del genere. Mi hai detto che mi ami…”

“Appunto…” e si baciarono ancora, cullandosi uno fra le braccia dell’altro.

*****

Camminava fra le vie di Londra con la testa bassa, nascosta dalla folta chioma untuosa e da un cappello marrone. Un cane nero trotterellava al suo fianco, cercando di mantenere il suo passo rapido fra la folla. Per essere così tardi c’era molta gente in giro per le strade. Non pensava di trovare così tante persone, ma fortunatamente nessuno lo aveva ancora visto in faccia. Vedere una faccia gialla dagli occhi freddi come pezzi di ghiaccio avrebbe spaventato qualsiasi babbano. Piton lo sapeva bene. La cosa che non sapeva ancora era perché si trovava lì. Era da anni che non si recava in quel posto. Ma quella sera qualcosa lo spinse ad andarci. Sirius lo accompagnò volentieri. Tutta quella folla, però, ora lo stava stufando. Imboccò un viottolo laterale, anche se sapeva che erano quelli i posti dove fare pessimi incontri. Poco male. Era pronto, se se ne fosse presentata l’occasione. Dopo poco tempo, raggiunse il fiume, il Tamigi, e quindi il suo obiettivo. Attraversò il ponte mobile per cui Londra era famosa in tutto il mondo. Una straordinaria opera di ingegneria babbana, in effetti. Raggiunse il muro che lo separava dalla torre. Si girò verso il cane nero e si tolse il cappello.

“Che fai, mi aspetti qui o vieni con me?” chiese. Il cane tornò umano, e Sirius Black rispose.

“Ti seguo Severus. Sono curioso di vedere, dopo quello che mi hai detto” Piton sorrise debolmente. Le ombre dei lampioni non lo diedero a vedere.

“Bene allora seguimi” con un colpo di bacchetta spiccò il volo e superò il muro ti pietra, subito seguito da Sirius. Evitando gli sguardi delle poche forze dell’ordine babbane raggiunsero la torre bianca al centro dell’antico complesso.

Alhomora” la porta si aprì ed entrambi entrarono chiudendosela alle spalle. Piton non pronunciò una sillaba e, sicuro, si diresse verso una scala secondaria. Sirius, che prima d’ora non era mai stato nella Torre di Londra, si guardò un po’ in giro. Certe cose babbane non le avrebbe mai capite. Raggiunse Piton di corsa a metà delle scale e parlò.

“Possibile che nessun babbano se ne sia mai accorto?” chiese curioso.

“Che vuoi, se fosse così semplice non sarebbe certo opera della mia famiglia. E poi i babbani non hanno la minima idea di come si utilizzi davvero un camino” dopo pochi passi giunse davanti ad una porta, la aprì ed insieme entrarono. La stanza pareva essere uno studio medico medioevale di un qualche tipo. Aggeggi vari e mobiletti erano sparsi per tutta la stanza. Nel lato opposto a quello della porta, un camino grezzo e malandato. Probabilmente non aveva neanche più la canna fumaria. Il cuore di Piton avrebbe palpitato per l’emozione se ancora avesse battuto nel suo petto. La mano malaticcia raggiunse la scrivania poco distante e la toccò, rapido, in alcuni punti ben precisi. D’incanto apparve sul piano di legno scuro una boccetta di vetro dall’aria fragile. Il liquido bianco al suo interno ondeggiò, denso, quando Piton l’afferro.

“Sirius accendi il fuoco in quel camino per favore” senza ribattere Sirius eseguì alla perfezione curioso di vedere il seguito di quella vicenda. Piton cominciò a parlare mentre le fiamme cominciavano ad alzarsi.

“Il mio antenato era abile nel fare pozioni. Tutti in famiglia erano concordi nel dire che avevo preso molto da lui. L’eccitazione di vedere bollire insieme tutti gli ingredienti. Il piacere dell’attesa per vederne il risultato. Sensazioni uniche per me. Ed anche per lui, con la sola differenza che lui non sapeva fare altro” Black lo guardò stupito “Era un Magono. Una grave pecca nel nostro nobile albero genealogico di sangue puro. Ma lui non si arrese, anche se non poteva fare magie, poteva sempre fare pozioni. Ed era diventato abile. Davvero abile. Io, pur essendo in grande esperto, non sono nulla di fronte alle sue conoscenze”

Piton sospirò non tanto per prendere aria, non gli sarebbe servita i non morti non respirano, ma per dare più enfasi alle sue parole.

“E questa è la sua eredità” lanciò la boccetta fra le fiamme crepitanti. Una lieve esplosione, poi uno sbuffo di fumo. Le fiamme crebbero fino ad uscire dalla cappa del camino, ma non bruciavano. Alte ormai quasi due metri si aprirono come si apre una tenda. Era un passaggio magico, e dietro di esso si vedevano le sagome di una stanza.

“Con tutta la confusione che vi è in giro ora, credo sia meglio essere pronti a tutto. Il materiale che ha conservato in questo luogo ci aiuterà nella nostra crociata. Mi darai una mano a prepararlo?” Sirius era senza parole. Quella storia era incredibile, e Piton gliela aveva rivelata con tanta sincerità che ne rimase allibito.

“Certo, ti aiuterò. Ma che tipo di pozioni troveremo qui?” chiese di rimando Sirius. Piton, in procinto di attraversare il passaggio di fuoco si girò di scatto.

“Se esiste, qui c’è” sentenziò, e proseguì fra le lingue di fuoco. Attraversò il portale e la sensazione fredda di quelle fiamme sulla sua pelle morta fu piacevole. Giunse in una piccola stanza piena di alambicchi, filtri, bottiglie, scatoline, sacchetti, e quant’altro. Sirius comparve poco dopo di lui e fissò il luogo sempre con la sorpresa sul volto.

“Bene, direi che possiamo cominciare” sentenziò Piton.

 

Carichi di scatole di legno e sacchi vari i due attraversarono il portale a ritroso. Erano rimasti lì dentro per almeno cinque o sei ore. I vestiti di Sirius puzzavano terribilmente di ingredienti vari per le pozioni che avevano preparato.

“Credo di avere fatto bollire alambicchi abbastanza per tutto il resto della mia vita” disse mentre respirava l’aria fresca fuori dalla stanzetta magicamente nascosta. Piton sogghignò e poggiò le scatole sulla scrivania di fronte a lui.

“C’è chi è portato e chi no…” agitò la bacchetta verso il camino. Il fuoco si spense e il portale si chiuse del tutto. Stava per caricarsi nuovamente delle scatole di pozioni, quando si fermò e fissò un punto ben preciso fra le ombre notturne. La sua voce uscì gracchiante, come una cornacchia.

“Che piacere vederti Lucius” Sirius Black quasi lasciò cadere quello che aveva in mano, poggiò la roba varia e puntò lo sguardo nella stessa direzione di Piton. Alcuni passi ben definiti fecero spuntare la figura di Lucius Malfoy dalle ombre. Sguardo sorridente, fissò i due e prese a parlare.

“Severus, Sirius Black. La feccia del crimine qui radunata, curioso non trovi?”

“Parla per te, Malfoy. Io so di essere innocente, non mi importa sapere nient’altro” disse freddo Black.

“Eh già, anche Giovanna D’arco la pensava così, ma poi sappiamo tutti come è andata” pungente e sibillino rispose Malfoy mentre si avvicinava a Piton.

“Allora Severus, sempre a sfogliare nei ricordi, eh? Pensavo fossi morto ad Hogwarts, ma sei uno dalle mille risorse. Dovevo immaginarlo”

“Dimmi che cosa vuoi Lucius” disse senza neanche badare alla frase dell’uomo che rovistava senza interesse fra le pozioni nelle scatole.

“Bhè, pensavo che, dopo tutto quello che è successo, fossi un tantino più comprensivo. Dovrei ucciderti sul posto per tradimento a Voldemort, lo sai questo vero?” un silenzio carico di tensione calò sui tre “Ma non lo farò. Dopotutto Voldemort è scomparso, forse per sempre, perciò tu non hai tradito più nessuno, tranne che la mia fiducia e la nostra promessa” Sirius pensò che quell’uomo non poteva avere la fiducia di neanche un mucchio di letame.

“Ti propongo un accordo. Abbandona questi pezzenti ed unisciti a me, il nuovo Signore Oscuro. Non tradire la fiducia del futuro padrone del mondo, e ricordati della promessa che ci facemmo. Allora che ne dici?” ancora silenzio. Sirius guardava febbrilmente Piton, fermo con gli occhi vitrei che fissavano il sorriso arcigno di Lucius Malfoy. Una goccia di sudore gli scese lungo il volto. Piton poteva tradirli? Non ci aveva pensato più da quando aveva collaborato con il ministero, ma ora…

Spostò lo sguardo su Malfoy, ancora in attesa di una risposta dallo zombie davanti a lui. Era sicuro di se, e la sua espressione non lo smentiva. Piton sbatté le palpebre e guardò negli occhi l’uomo di fronte e se.

“Sparisci tu, il Signore Oscuro e la tua pidocchiosa fiducia. Non me ne faccio nulla della fiducia di un uomo del genere” il ghigno vittorioso di Lucius si trasformò presto in uno sguardo bieco e odioso.

“E così hai scelto. Mi hai deluso, Severus. La nostra promessa reciproca era a vita” Piton afferrò il materiale sul tavolo e raggiunse Sirius dietro di lui.

“Hai detto bene, Lucius. A vita, e nel mio caso sono libero dalla promessa da almeno tre anni. Addio” con uno sguardo disse a Sirius di prendere la roba e andarsene. Subito lo seguì, e lo seguì anche la voce di Malfoy.

“Infine te ne pentirai! Sarò io a vincere, sarò io a comandare tutto! Ti inchinerai a me un giorno, e quel giorno io gioirò nel vederti strisciare! Ricordatelo Severus, è una promessa!” i due carichi di pozioni scesero le scale ed ignorarono le minacce dell’uomo.

Ora Sirius era sicuro di avere Piton dalla loro parte.

*****

Si diedero un ultimo bacio davanti alla porta di casa. Era da tanto che non uscivano insieme. Ginny si stacco dalle sue labbra, tenendo però sempre le braccia attorno al suo collo.

“Allora… ragazzo misterioso. Vuoi venire dentro a bere qualcosa, o preferisci salutarmi qui?” Draco sorrise e decise di stare al gioco d’amore appena iniziato.

“Non saprei… se i tuoi genitori sono in casa? Potrebbero scoprirci…” la baciò ancora con più trasporto.

“No, non credo. A quest’ora staranno dormendo, e poi sono maggiorenne ormai…” Draco fece finta di essere sorpreso dalla risposta.

“Maggiorenne? Ma allora hai compiuto gli anni da poco…” allungò le braccia attorno al suo corpo e lasciò scivolare una catenina dorata attorno al collo della ragazza. “Bisogna farti un regalo, no?”

Lei rimase di stucco e guardò il pendente che penzolava dalla catenina. Una pietra preziosa, un rubino forse, non era espertissima. Intagliato con la magia per sembrare un piccolo sole splendente.

“Per la mia principessa, bella come il sole. Splendente come la più luminosa delle stelle in cielo. Buon compleanno Ginny” lei era senza parole, quindi fece l’unica cosa che era in grado di fare. Lo baciò. Lo baciò intensamente, le loro lingue saettavano fra le loro bocche per scoprirsi, assaporarsi. Lei gli passo le mani dietro la nuca per avvicinare di più quella bocca alla sua. Poi, senza fiato, sciolsero quell’intensa unione. Draco ansimava dalla forza di quel bacio.

“Caspita… ricordami di regalarti il sole stesso il prossimo anno…” lei sorrise, forse aveva un po’ esagerato. Abbracciati ed innamorati si appoggiarono l’uno contro all’altro ed entrarono in casa. Draco non fece in tempo a poggiare la chiave sulla toppa, che questa si cigolò aprendosi da sola. Era stata forzata.

“Oh mio Dio…Eve” biascicò Ginny. Draco si incupì in volto e si fece avanti.

“Ginny, tu aspetta qui, non entrare” spalancò la porta ed uno spettacolo orribile gli si presentò di fronte. Tutti e cinque i battlemage di guardia alla loro casa erano sparsi, questo era il termine più adatto, nel salotto. La testa sanguinante di uno lo guardava con gli occhi spalancati e la bocca paralizzata in un urlo silenzioso. Draco deglutì davanti a quello spettacolo.

Dio ti prego no. Non ora. Non Eve…

Camminò piano nel salotto e raggiunse le scale che portavano al piano di sopra. Un vagito di neonato. Sentirlo fu come un colpo al cuore. Incapace di comprendere cosa stesse accadendo corse su per le scale facendo tre gradini alla volta e raggiunse la camera da letto. La luce era accesa. Sentiva una voce famigliare.

“Ma che bella bambina. Ciao, io sono il nonno” Lucius si girò verso l’entrata della stanza dove suo figlio lo guardava con odio. Non aveva mai visto Draco così. Per un momento gli fece paura. Ma solo per un momento.

“Ben arrivato figliolo. Stavo facendo conoscenza con mia nipote. Vero piccolina?” disse mentre scuoteva il naso sul suo visino piangente. Draco estrasse la bacchetta e fece un passo in avanti.

“Ah! Fermo lì! Non vorrei che mi scivolasse fuori dalle finestra… Skanax, tienilo buono per piacere” il vampiro silenzioso ed invisibile, spuntò da un ombra e si mise di fronte a Draco. Era la prima volta che vedeva il vampiro da vicino. Le lenti nere non gli permettevano di vedere i suoi famosi occhi bianchi. Ginny spuntò di corsa sulla porta.

“Eve! O mio Dio… è lui! Draco…” era spaventata a morte. Mille pensieri le passarono per le mente.

“Molto bene, ora ci siamo tutti. Skanax, procedi” con uno scatto il vampiro disarmò Draco e gli fracassò una spalla con un colpo secco. Le urla di Draco si levarono forti, mentre veniva sbattuto di peso sul letto, tenuto stretto dal vampiro. Lucius rimise Eve nella sua culla e si avvicinò al figlio.

“Draco, Draco, Draco. Che hai combinato…” prese dalla cintura un piccolo sacco di tela e ne rovesciò il contenuto a terra, sopra un pentacolo rosso che prima non aveva notato. Il cadavere di Harry Potter si accasciò sopra il cerchio magico “Trafugare la salma del celebre Harry Potter. Disdicevole per uno come te. Con la tua fragile reputazione. Cercare di animarlo per conto dei mangiamorte, poi è il colmo” Skanax strappò la manica del vestito di Draco, e Lucius si gli puntò contro la bacchetta. Con uno schiocco verde e numerose scintille, un tatuaggio verde comparve sul braccio di Draco. Il simbolo di riconoscimento dei mangiamorte. Ginny sulla porta sussultò mentre Lucius Malfoy completava l’opera lasciando accanto al cadavere un libro nero intitolato Tomo della morte e del ritorno maledetto.

Draco stringeva i denti per il dolore al braccio. Lucius continuò il suo racconto.

“Sai, Draco, eri così intento al tuo lavoro che non ti sei accorto che tua moglie stava entrando. Lei ti ha scoperto, tu hai cercato di spiegare, ma niente. C’era solo una cosa da fare. Eliminarla” in un attimo afferrò la bacchetta di Draco ancora a terra e la puntò verso Ginny.

“Questa volta è davvero la fine stupida ragazzina, ti sei salvata già troppe volte, Avada Kedavra!” la scia verde scaturita dalla bacchetta colpì Ginny in pieno, scaraventandola contro il muro in corridoio. Con gli occhi spalancati crollò a terra violentemente.

Tu-tum, tu-tum…. A chi diceva che non c’erano più bastardate, eccovi accontentati. Non mi odiate però!!!!!! Vediamo di fare un po’ di ringraziamenti: Giada, grazie grazie. Draco versione paparino però mi lasci un po’ in dubbio, a te no?; Mony, il nome come vedi l’ho già deciso, quelli citati nel capitolo scorso erano i nomi delle recensionist. Un modo per dire grazie!; Keijei, che vuoi, presa dal parto non ha notato molto chi aveva davanti… io non proverò mai, ma credo non sia molto piacevole sul momento….J; Giuggy, se odi Lucius ti sarà piaciuto questo capitolo….eheheheh. No problem, Draco è grossissimo! Se fosse vero….; Maichy, addirittura piangere! Ehi, non ti scogliere in lacrime, è solo la fic di un povero pazzo! Cmq sono contento di saper trasmettere certe emozioni….J; Ale chan, grrrrrrazie! New recensionist! Vedi di non scannare la povera Giada però…; Kiak, merci ma petit cherie (ma l’avrò scritto bene?), ma qui piangono tutte! Non piangente sennò piango anch’io….Sigh….(hai visto che è una femmina?J); Eli e Kia, forse voi ragassuole non siete così, ma quelle che conosco io sì!!! Eheheheh, scherzo (Anna non uccidermi!). Scusate ma Buffy è Buffy! Non posso registrarlo: Tv e Computer sono la stessa cosa…J; Ice, non cadere in depressione, tanto ho già pronto il seguitoJJJJJJJJ; Ci, sì lo so sono bastardo. Dopo questo capitolo anche di più mi sa. Cmq mi sa che se vuoi una fic con harry scritta da me dovrai aspettare la fine di questa. Non voglio scriverne due contemporaneamente. Devo anche vivere! J; Mikisainkeiko, Eve, come la prima donna che ha camminato sulla terra. Altrimenti Adamo….. somatizza!J; Sunny, come ho già detto, visione del parto dall’universo maschile. Poi mi saprete dire voi… fra qualche anno…(ehehehehehJ); Mikan, bastardaggine?, nel capitolo scorso? E allora questo cos’è? Tranquilla, il peggio deve ancora arrivare!J; Gius e Angi, navigate di frodo a scuola???? Anch’io a volte…. È comodo e gratis!!!!!!!!!

NOTIZIE IMPORTANTI!!!!!!!!

1)      IL CONCORSO PROSEGUE, SCRIVETE NUMEROSI A “CHI CAVOLO E’ L’OMBRA!?!?!?” (La classifica qui sotto)

2)      Leggete la Fic “Senza Trama”!!!! Parodia di “Senza Tregua”. L’ha scritta Sorti, un mio amico (ma ancora non per molto….).

 

Classifica provvisoria

Voldemort                              5

Codaliscia                              4

Lo spettro di Harry               3

 

Presidente del consiglio        -5

Presidente del milan             -5

Ex ministro degli esteri         -5

Presidente mediaset             -5

Puffo forzuto                          2/3

I Jalisse                                 -2X

L’entropia dell’universo       2001 odissea…

La mia prof d’italiano           sette e mezzo

 

C’è uno straordinario pareggio a –5 fra ben quattro persone, che sfida elettrizzante!!!!

A parte gli scherzi, i risultati sono solo i primi tre. Continuate a scrivere!!!!!!!

RECENSITE!!!!!!

See you again!!!!!

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Capitolo 21
*** Spiriti e demoni ***


Il corpo di Ginny cadde pesantemente sul pavimento

Il corpo di Ginny cadde pesantemente sul pavimento. Il grido disperato di Draco coprì il pianto della bambina nella culla.

“Noooooooo!” si agitò sotto il peso di Skanax, ma era troppo debole e ferito per potersi muovere. Lucius Malfoy, che aveva ancora la bacchetta puntata verso la porta, si mosse verso suo figlio. Draco aveva il volto rigato dalle lacrime, ma nemmeno se ne rendeva conto. L’ira che provava in quel momento era al massimo e non lasciava spazio ad altri sentimenti. Ed era concentrata in pieno su suo padre.

“Vaffanculo bastardo! Ti spaccherò la testa in due, stronzo! E tu lasciami, sanguisuga di merda!” Skanax strinse la presa e Draco quasi si immobilizzò. Lucius infilò la bacchetta nel fodero della cintura del figlio.

“Me ne dispiaccio, figliolo. Ma era necessario per attuare il mio piano, lei era l’ultimo ingrediente…” detto ciò sfoderò la sua bacchetta e la puntò verso il figlio “Vedi, l’incantesimo che ti lancerò è un incantesimo di sfiducia. Una volta colpito chiunque stenterà a crederti e ti vedrà come un nemico. L’ingrediente finale era la morte di chi si fida più di tutti di te” Lucius fissò il cadavere in corridoio “Ed è toccato a lei. Spero che ti divertirai a scappare e lottare contro chi credevi amici per il resto della tua vita”.

Lucius Malfoy prese ad agitare convulsamente la bacchetta e a pronunciare una serie veloce di formule magiche. Draco lo fissava ancora. Il suo unico pensiero era di allontanare quella testa bionda dal corpo a cui era attaccata. Neanche pensava alle conseguenze dell’incantesimo di cui presto sarebbe stato bersaglio. In un climax crescente la voce di Lucius aumentò di intensità, fino a raggiungere l’urlo vero e proprio. All’interno della stanza un forte vento si era alzato e stava facendo volare ovunque tende, vestiti e quant’altro. Con gesto solenne Lucius placò tutto quel vento e indicò il figlio con la bacchetta, che ora era rossa e pulsava come un cuore.

Defides Extremus!” la bolla rossa ancora pulsante colpì al petto Draco e si frantumò in centinaia di piccole luci che gli penetrarono nel corpo. Il ragazzo trasse un profondo respiro come se gli mancasse l’aria, poi la sua respirazione tornò normale.

“Fatto. Il lavoro è terminato. Dimenticavo, credo che prenderò con me la mia nipotina. Crescerà sotto la mia ala protettiva. La farò diventare forte vedrai” si avvicinò alla culla e prese in braccio la piccola Eve. Lei, ancora piangente, si agitava disperata.

“Su, su amore del nonno. Non piangere. Non è degno per una Malfoy frignare così. Avanti sme…” le parole di Lucius si interruppero quando una voce cavernosa e demoniaca sovrastò i rumori e i suoni di quella stanza.

“LASCIA…STARE…LA MIA…BAMBINA…” Malfoy, con in mano Eve, si voltò in direzione di quella voce. Ginny Weasley levitava a mezz’aria. I suoi occhi da rettile, monocromatici, verdi come lo smeraldo puntavano il mago oscuro. Le braccia erano leggermente aperte, come in preghiera, e i capelli rossi fluttuavano nell’aria come immersi in acqua. Avanzò, sempre levitando, fino al letto. Lentamente puntò lo sguardo verso Skanax, che la fissava allibito. Possibile che fosse ancora viva? No, era impossibile. Non fece in tempo a pensarci che un’onda d’urto potentissima lo sbalzò contro la parete che si frantumò facendo precipitare il vampiro nel giardino attorno alla casa. Draco era senza parole. Non sapeva cosa pensare o cosa fare. Cosa stava succedendo? Perché Ginny era viva e cosa le era successo?

La ragazza buttò lo sguardo su Malfoy, e lui lasciò la bambina che atterrò placidamente nella culla. Lucius era spaventato. Il suo piano non stava funzionando. Stava andando tutto a rotoli. Decise che era meglio tagliare la corda finché era in tempo. Ma Ginny sembrò leggergli nel pensiero. Con uno scatto gli fu di fronte e lo afferrò per la gola sollevandolo da terra.

“IO E TE…DOBBIAMO DISCUTERE…”disse con quella voce proveniente degli inferi. Lucius cercava inutilmente di liberarsi dalla stretta per respirare, ma Ginny lo scaraventò fuori dalla finestra con forza. Draco, che si era alzato tenendosi la spalla dolorante, non lo vide atterrare vicino.

“Ginny…cosa è successo…?” ansimava mentre poneva questa domanda. La ragazza si girò verso il biondo e lo fissò con lo stesso sguardo riservato agli altri due.

“LASCIA…STARE…LA MIA…BAMBINA…” un'altra onda d’urto sbalzò un incredulo Draco fuori dalla finestra. Atterro rovinosamente sul prato e mancò di poco il grosso albero lì vicino. Steso di schiena si rialzò con il solo braccio funzionante, appoggiandosi all’albero. Non fece in tempo a prendere fiato che Skanax gli saltò addosso. Schivò il suo balzo e mise qualche metro fra lui ed il vampiro. Skanax sogghignava e lo fissava da sopra gli occhiali. Passò la lingua sul suo labbro sanguinante con aria di sfida. Draco, ansante, si mise in posizione difensiva. Lo avrebbe eliminato una volta per tutte, in qualche modo. Doveva solo ricordarsi come si eliminano i vampiri. Paletto nel cuore…non sapeva dove prenderlo un paletto, dargli fuoco…avrebbe evitato le fiamme facilmente, tagliargli la testa… ecco un buon piano. Afferrò il chackram con la mano sinistra e lo fece roteare attorno alle dita, con aria minacciosa. Skanax capì immediatamente le sue intenzioni e si preparò a schivare il colpo.

In quel momento Draco pensò ad un piano migliore, non avrebbe fallito. Lanciò con forza il chackram, ma non verso il vampiro, bensì verso l’albero accanto a lui. Il disco tagliente rimbalzò e si diresse verso la gola del mostro succhia sangue. Seppur sorpreso dal gesto, con un minimo sforzo fece un passo indietro e schivò la lama rotante.

“Patetico” disse con aria di sfida, ma solo in quel momento capì il vero piano del ragazzo. Mentre il chackram volava e rimbalzava distraendo il vampiro, Draco corse in avanti, bacchetta in pugno. Aspettò il momento propizio e piantò la sua bacchetta nel petto di Skanax. Quest’ultimo spalancò gli occhi bianchi. Gli occhiali scuri gli caddero dal naso, rivelando la sua faccia terrorizzata. Draco digrignò i denti mentre spingeva in profondità la verga magica.

“Undici pollici, anima di scarabeo di fuoco. Legno di frassino, figlio di puttana” le vesti del vampiro si svuotarono e il suo corpo si ridusse in polvere, spargendosi a terra. Uno in meno sulla lista dei “cattivi”.

Si sollevò da terra. Durante il colpo finale era caduto pesantemente al suolo. In quel momento vide Ginny levitare a mezz’aria in giardino. Aveva in mano la piccola Eve e viaggiava sicura verso il prato buio. La bambina dormiva beatamente mentre la sua mamma le accarezzava dolcemente la testa. I suoi brillanti occhi verdi, simili a quelli di un serpente, fissavano Eve con espressione dolce. Draco ansimò e bestemmiò per il dolore alla spalla e alla gamba. Si era storto la caviglia con il volo fuori dalla finestra, e solo ora sentiva il l’arto dolergli. Corse zoppicando verso Ginny, cercando di raggiungerla. Non poteva abbandonarla. Qualcosa la stava usando. Non l’avrebbe permesso.

“Ginny, amore….fermati…guardami….sono io, Draco” ripeteva incessantemente il giovane dietro di lei, ma non dava segno di averlo sentito. Oppure faceva finta di nulla. Ginny si fermò e Draco, finalmente le fu accanto.

“Ginny, che succede?….Che hai?” ma ancora non ottenne risposta. L’attenzione della ragazza era focalizzata su Lucius Malfoy che, a stento, si reggeva in piedi dopo il volo fatto. Rise. Rise come un pazzo nel vederli entrambi lì davanti a lui. Ormai aveva fatto trenta. Poteva fare anche trentuno.

“Non so come ti abbia potuto resistere al Avada Kedavra, ma ora mi hai stancato. E’ troppo, ti farò pentire di non essere morta prima, stupida ragazza. E tu, Draco, subirai lo stesso destino!” prese la bacchetta e tracciò un cerchio grande come lui davanti a se. Una sottile linea rosso fuoco prese a seguire quella traccia immaginaria appena fatta da Lucius. Cominciò a recitare una formula, quasi urlandola.

Signore dell’Abisso! Figlio del caos dell’universo! Fratello dell’odio! Padre del dolore di noi mortali! Accetta in dono la mia anima e la vita di chi non ti elogia! Strappami queste spoglie mortali, come promesso, e rendimi eterno al tuo fianco! Rendimi partecipe dell’Apocalisse che un giorno distruggerà questo mondo! Fammi ottenere la vendetta sui miei nemici, ti offro la mia anima in cambio. Prendila e fammi partecipe delle tue schiere di demoni!” il cerchio rosso si allargò fino a raddoppiare le sue dimensioni. Il cielo nero coprì le sue stelle con spesse nubi scure, illuminate a tratti dai fulmini, che presto presero a scendere sconquassanti sulla terra intorno ai tre. I tuoni coprivano qualsiasi suono e il forte vento che si era alzato spingeva via Draco dalla sua salda posizione. Si stese a terra per non essere spazzato via dal turbine. Ginny era imperturbabile. Carezzava ancora la testolina di Eve dormiente, anche se lo sguardo che aveva ora era sprezzante davanti a quella manifestazione di pura magia. Sembrava che il mondo stesse per finire, quando dal portale davanti a Malfoy, perché è di questo che si trattava, cominciò ad uscire un denso fumo, rosso come il sangue. Alte fiamme spuntarono come se eruttate ed invasero l’area circostante. Il fumo avvolse Lucius che spalancò gli occhi, impaurito da quanto aveva appena fatto, ma eccitato all’idea di quanto sarebbe accaduto. Si sentì uno strappo. La pelle di Malfoy stava venendo strappata dal fumo mortale che lo avvolgeva. Lui gridò dal dolore, ma l’opera continuò. Lembo per lembo la pelle venne tolta completamente dal suo corpo. Il resto del suo corpo si sciolse in una pozza di sangue denso e nero sotto gli occhi schifati di Draco. Suo padre aveva venduto l’anima ad un demone pur di vincere la sua guerra. Era pazzo. Completamente pazzo. Ma ormai non era più lui.

Il sangue nero si levò e si contorse in aria come un tentacolo minaccioso, poi prese forma e divenne solido. Un enorme serpente lungo più di quindici metri fissava i due ragazzi. La sua pelle lucida e nera rifletteva le fiamme che li circondavano. Sibilò in direzione di Ginny e prese a parlare con voce stridula.

Mortali…sciocchi esseri mortali…sarete il mio primo sacrificio…sarete il mio battesimo con il Signore dell’Abisso! Sarò il nuovo terrore di questo mondo…il nuovo Signore Oscuro!” sibilò ancora e alzò la testa, pronto ad attaccare. Ginny sorrideva come se nulla fosse, mentre l’enorme serpente prese ad oscillare minaccioso e a scuotere la coda. Draco sapeva cosa sarebbe accaduto. Non poteva perdere la sua famiglia. Si parò davanti a Ginny appena in tempo per proteggerla dal morso della bestia. Lanciò un grido di dolore. La sua schiena fu bucata dalle file di denti aguzzi del demone. Strinse gli occhi rigati di lacrime di sofferenza. Li aprì piano e guardo Ginny, davanti a lui. Lo sguardo spavaldo e gli occhi verdi la rendevano inquietante, ma non per lui. Lei era Ginny.

“Ginny…ti prego…scappa, va via…porta via Eve…ti prego…” Draco era senza forza. La vita lo stava abbandonando. Ginny sorrise davanti a quello spettacolo. Il serpente ritirò le fauci spalancate. Draco cadde in ginocchio davanti a lei, dando sempre le spalle al demone. Ansimava, il sangue caldo gli colava lungo le braccia e gli copriva completamente la testa.

“Vai…via…scappa via…amore, ti prego…via…” ebbe un conato di vomito. Sputò sangue ai suoi piedi. Poggiò le mani a terra. Era questa la morte? Quel senso di lontananza da tutto? La vista si stava offuscando. Il sangue gli copriva gli occhi. Lacrime e sangue. Un unione di dolore e di morte.

“D-Draco…” come un sussurrò udì quella voce. Alzò d’istinto la testa. Era Ginny. Non quella di prima. La sua Ginny gli aveva parlato. Il suo aspetto era sempre lo stesso, ma ora i suoi occhi trasmettevano altre emozioni. Lo guardava con quegli enormi occhi smeraldo. Tristi. Affranti. Una lacrima scese dai quegli occhi. Cadde sul terreno caldo, sporco di sangue. La lacrima della salvezza.

*****

Ron e Lupin comparvero con uno sonoro schiocco seguiti subito da un’altra ventina di battlemage pronti allo scontro. Da quella piccola collinetta si poteva vedere tutto la zona circostante. E quello che vide Lupin non fu per niente piacevole.

“Mio Dio… Che cos’è?” chiese fissando l’enorme mostro strisciante illuminato dalle fiamme che lo circondarono. Ron era sconvolto dallo spettacolo. Non aveva mai visto qualcosa di più mostruoso. Remus afferrò la piccola sfera che teneva in tasca e la portò alla bocca.

“Una squadra di evocatori, è un emergenza. Presto” ordinò senza distogliere lo sguardo da quello spettacolo.

“Quella lì vicino è la casa di Draco e Ginny… oh Cristo! Lucius Malfoy!” gridò Ron colpito da una folgorazione.

“Presto, dieci di voi raggiungano la casa del soldato Malfoy e facciano rapporto al più presto. Gli altri dieci con me e Weasley. Dobbiamo avvicinarci il più possibile a quel serpente troppo cresciuto” con un cenno del capo i battlemage eseguirono gli ordini e si misero in marcia. Uno schiocco come di frusta avvertì i presenti dell’arrivo degli evocatori. Ron sorrise. Tanto se lo sarebbe dovuto immaginare. Hermione ed altri due uomini erano appena apparsi dove poco prima era comparso lui assieme a Lupin.

“Allora Remus, che cos… oh santo Dio! Granger, analisi magimetrica. Dimmi che cos’è quel mostro” disse freddamente l’uomo a capo del gruppetto. Hermione estrasse, con fare sicuro, una lente e se la posò davanti all’occhio destro. Fluttuava a mezz’aria e si illuminava come le luci giroscopiche delle discoteche. Gli occhi di Hermione si spalancarono.

“E’…è un demone dei piani inferiori. Evocazione sacrificale di altissimo livello. Chiunque l’abbia compiuta o è pazzo, o è potentissimo. Oppure tutte e due. Non ho mai visto nulla del genere…”

“Non sei l’unica, Granger. Ci troviamo di fronte a qualcosa di mostruoso. Remus, bisogna agire subito. Avviciniamoci il più possibile, da lì potremmo vedere con più calma la situazione” Lupin annuì e con un cenno ordinò a tutta la squadra di seguirlo.

Attraversarono il parco fitto di alberi. L’odore fresco dell’estate era in contrasto con quello spettacolo infernale. Il cielo era senza stelle. Quando furono ad una ventina di metri dall’obbiettivo si fermarono e osservarono la scena. Non fu nulla di piacevole. Draco Malfoy era inginocchiato a terra. Si sosteneva puntando a terra le mani sanguinanti, come tutto il resto del corpo. Davanti a lui, Ginny. Ma non era la Ginny che Ron, Hermione e Lupin conoscevano. Era diversa. Levitava a trenta centimetri dal suolo, e, da come si muovevano le sue vesti e i suoi capelli, sembrava stesse galleggiando in una piscina. Solo Ron notò i suoi occhi. Verdi. Verdi come lo smeraldo e crudeli come quelli dell’enorme serpente che li sovrastava. Hermione non perse tempo e continuò l’analisi con la lente utilizzata precedentemente. L’ambiente era bollente. Un caldo infernale faceva sudare come se fosse piena estate.

“Si è evoluto da un essere umano… deve essere successo poco tempo fa… minuti, probabilmente…” le parole di Hermione non fecero altro che aumentare la tensione fra le file dei battlemage.

“Un momento… aspettate solo un momento…” continuò la ragazza “Ginny…Ginny è posseduta! C’è uno spirito evocato che la controlla!” il superiore di Hermione prese la sua lente e se la passò sull’occhio.

“Cosa? Andiamo…sei ancora inesperta, non può essere…” le fiamme crepitanti intorno a loro violarono il silenzio che era caduto “N-non è possibile… è un ospite…” Ron si avvicinò all’uomo e lo prese per il colletto.

“Che cos’è? Spiegati!” gridò troppo teso per usare le buone maniere.

“E’ un ospite… il suo corpo è stato preparato a ricevere lo spirito… la ragazza è lo strumento di uno spirito… è un caso rarissimo…” Ron era fuori di se.

“Non me ne frega nulla che sia raro o meno, dimmi come aiutarla!” l’uomo tentennò non sapendo come rispondere. Lupin si avvicinò per dividere i due. Una voce sibilante impregnò l’aria calda.

Draco…Draco…Smettila di resistere…lasciati uccidere…sacrificati per tuo padre…per il Signore Oscuro…” le narici del mostro si aprirono per aspirare l’aria e sbuffarla fuori subito dopo “Ahh…abbiamo ospiti, mi pare…” e girò la grossa testa verso gli alberi dove stavano nascosti Lupin e gli altri “Sarà un sacrificio grandioso…Lode a te, Signore dell’Abisso!

Con uno scatto rapido strisciò in direzione dei nuovi arrivati. Spalancò la bocca pronto a divorarli. Ron era paralizzato con le mani ancora strette attorno al vestito del suo superiore. Anche l’uomo non era da meno. Lupin, pur avendo il cuore in gola, sapeva di doversi muovere da lì al più presto. Ma il solo sapere non bastava. La paura aveva colpito anche il suo cuore di lupo. Le fauci raggiunsero il trio. Hermione urlò. Non fu l’unica.

“Fermo! Murus Permaneo!” il muso del demone si schiantò contro una parete invisibile. Ron riuscì a vedere la gola del mostro, spalancata. I succhi gastrici risalivano l’esofago per spargersi lungo tutta la lingua biforcuta. Lentamente ritirò la bocca, e Ron vide anche i suoi occhi. Ira. Allo stato puro. Si voltò a guardare Ginny che aveva fermato il mostro con quell’incantesimo. In condizioni normali nessuno si sarebbe sorpreso. Ma Ginny non era in grado di lanciare quell’incantesimo, in condizioni normali. Era magia di alto livello. Forse solo Silente avrebbe potuto tentare di lanciarlo con buoni risultati di successo. Solo lui e Voldemort. La ragazza accarezzò la testa della piccola Eve, ancora dormiente. Sembrava che tutto quel trambusto non la sfiorasse minimamente. La cullò con un braccio, tenendo l’altro libero di agire. Il demone sibilò tutta la sua rabbia.

Sciocca ragazzina…ancora, ancora intralci i miei piani…ti detesto…” con un grido acuto si lanciò verso Ginny. Hermione la vide sorridere a labbra strette, sprezzante del pericolo. Il serpente azzannò il vuoto. Ginny era scomparsa per riapparire alle sue spalle. Con grande sorpresa di tutti i presenti.

“Sei lento, Lucius” disse la ragazza dalla chioma infuocata. Quei capelli così rossi sembravano proprio delle fiamme “Se vuoi ti faccio vedere qualcosa di veloce” schioccò le dita in direzione degli alberi. Tre si sradicarono e si lanciarono, volando, addosso al demone. Lui ruggì con rabbia e distrusse tutti i tronchi con il suo morso micidiale e la sua coda.

Questo non è molto veloce, ragazzina…” si pentì subito di quella frase. Vide solo in quel momento che, mentre era impegnato a distruggere quegli alberi, Ginny aveva creato con la magia una serie di bolle verdi grosse come palloni da calcio. Saranno state almeno una quarantina. Cinquanta forse. Lei sorrise ancora spavalda.

“Ma davvero? Chissà quante di queste riuscirai a schivare… ti lascio indovinare di che incantesimo si tratta. Avada Kedavra!” gridò alzando l’unico braccio libero al cielo. Le sfere partirono simultaneamente puntando contro il mostro. La velocità a cui viaggiavano era impressionante. Più che viaggiare, volavano come delle vespe in cerca del polline. E quel mostro era il fiore. Lucius Malfoy era nei guai. Non sapeva a cosa poteva resistere il suo nuovo corpo, ma sicuramente era meglio evitare di prendersi in fronte tutte quelle maledizioni mortali. Si preparò a schivare e a parare gli attacchi. Poi il suo sguardo si posò sul figlio, accasciato a terra. Svenuto, forse morto. Che importava? Era un ottimo ostaggio per fermare quella ragazzina. Afferrò Draco con la coda. Le spire del mostro si avvolsero attorno al suo corpo ferito. Draco si lamentò per il dolore. Era vivo. Meglio così. Se lo portò davanti al muso appuntito e lo dondolò davanti agli occhi della ragazza.

Io fermerei tutto…potrebbe farsi male…” Ginny smise di ridere. Abbassò il braccio e le sfere scomparvero in tante nuvole di vapore verde. Squadrò il demone con sguardo freddo. Quegli occhi da rettile la aiutavano a trasmettere l’odio che provava in quel momento. Non sapeva che fare. Aveva Draco in ostaggio. Per un momento, prima, non si era resa conto di avere di fronte il ragazzo. Lo aveva sbattuto fuori dalla finestra assieme agli altri. Poi, le sue parole, l’avevano fatta tornare in se. Ora sentiva quel potere scorrere nelle sue vene. Sentiva quell’energia in grado di dare vita e morte. Ma non poteva più usarla. Che fare? Era l’unica in grado di combattere contro il demone Malfoy, ma che fare?

Lascia fare a me Ginny…

Cos’era stato? Una voce? Chi aveva parlato? Chi l’aveva chiamata?

Abbandonati…Non sei in gradi di salvarlo da sola…Abbandonati a me…E’ l’unico modo…

Abbandonarsi? A chi? Abbandonarsi a… all’istinto? Come aveva fatto prima? Era pericoloso. Mortalmente pericoloso. Ma se voleva salvare Draco…

Ginny abbandonò la testa che le cadde sul petto. I suoi capelli smisero di fluttuare. Lentamente scese a terra e si accasciò, priva di sensi. Eve si stese al suo fianco.  Ron spalancò la bocca, ma non ne uscì nulla. Solo Lupin fu abbastanza freddo da agire. Corse in mezzo al campo di combattimento per recuperare la ragazza.

“No! Remus che diavolo fai! Torna indietro!” Hermione gridava inutilmente. Remus stringeva i denti e correva a più non posso. Sussurrava per darsi forza.

“La promessa…la promessa…la promessa…manterrò la promessa!” raggiunse la ragazza. Il demone ghignò.

Remus Lupin…il mio sacrificio sarà la mia vendetta…eccezionale…” lanciò il corpo di Draco lontano, con la coda. Hermione lo fece scendere lentamente con un incantesimo. Il demone sibilò e si buttò verso Lupin. Lui strinse i denti. Avrebbe afferrato Ginny e lanciata lontano da lì. Una promessa è una promessa. Si chinò per afferrarla, ma si trovò fra le braccia la piccola Eve. Sbadigliò ed apri i suoi occhioni azzurri fissando l’uomo. Emise un vagito divertito. Ginny era di nuovo in piedi, o meglio in aria. Il suo sguardo era tornato quello iniziale. Allungò la mano verso il serpente. La strinse con forza in un pugno, mentre sul suo volto compariva un ghigno soddisfatto. La testa del demone esplose spargendo sangue e carne per almeno trenta metri. Il suo corpo viscido cadde al suolo e si contorse negli ultimi spasmi di morte. La voce cavernosa parlò per Ginny.

“AVADA KEDAVRA…SERPENTE SCHIFOSO…” si girò verso Lupin, coperto di sangue di demone. Con il suo corpo aveva protetto la bambina, che non pareva affatto preoccupata dalla situazione. Anzi, rideva.

“MI PIACE…QUESTO CORPO…NON MI SFRUTTA…MI MERITA…DILLE CHE ACCETTO…”Ginny sbatté le palpebre. Gli occhi tornarono normali. Cadde al suolo svenuta. Remus ne aveva viste abbastanza per tutta la sua vita.

*****

“Allora che cosa è successo?” Ron era impaziente. Aveva ancora la sigaretta fra le labbra mentre poneva quella domanda a Lupin, che era appena uscito dal laboratorio dell’ospedale. Hermione li raggiunse e lasciò perdere la rivista che stava sfogliando. Remus prese un respiro profondo. Aveva ancora la testa bagnata. Dopo essere stato coperto di cervello di demone si era lavato in fretta e furia.

“Lucius Malfoy ha cercato di incastrare Draco. Abbiamo trovato la salma di Harry, grazie a Dio. Volevano solo usarla come prova per incastrarlo. Proseguendo, sembra che Lucius Malfoy avesse fatto un qualche patto con un demone abissale, e che avesse concluse il “contratto” proprio in quel momento” Hermione incrociò le braccia sul petto.

“Ecco chi era, Lucius Malfoy. Va avanti, ti prego”

“D’accordo. Allora, Malfoy ha colpito Ginny con un Avada Kedavra, MA” e sottolineo il ma per evitare interruzioni “non è rimasta uccisa. Sembra che la maledizione abbia richiamato lo spirito che Hermione aveva visto”

“Uno spirito evocato con un Avada Kedavra? Ma…è uno spirito della morte!” Hermione era allibita. Una vena di preoccupazione si faceva strada nella sua voce.

“Della morte? Che vuol dire?” Ron chiedeva spiegazioni. Non ne sapeva molto di spiriti ed evocazioni. Lupin rispose.

“E’ uno dei più potenti, Ron. E’ in grado di decidere la morte delle persone, se controllato. E’ chiaro che Ginny non è riuscita a controllarlo, ma lo spirito l’ha comunque aiutata alla fine. Lei si è fidata e lui ha eliminato il demone Malfoy” Ron deglutì. Non era bello. Non era per niente bello quello che sentiva.

“Ora lo spirito ha trovato casa in Ginny. Non la infastidirà finché uno shock di un qualche tipo non lo risveglierà dal suo torpore. Prima di abbandonare il controllo di Ginny mi ha detto che gli piace quel corpo e che accetta di viverci perché lei lo merita. E’ un caso unico nella storia. E’ qualcosa di fenomenale, inspiegabile da tutti i libri di evocazione fino ad ora scritti”.

Ron spense la sigaretta nel posacenere lì accanto. Non gli piaceva tutta quella storia di spiriti e demoni, ma almeno Ginny stava bene.

“E Draco come si sente?” chiese premurosamente Hermione.

“Draco è stato ferito gravemente. Ma se la caverà. E’ troppo testardo per morire quello” rise Lupin mentre rispondeva alla ragazza preoccupata per la sorte del biondino. Remus guardò l’ora.

“Bhè ragazzi, io vado. Fra due giorni c’è la riunione speciale per Hogwarts. Vedete di esserci tutti. Anche Draco, diteglielo appena lo vedete” i ragazzi annuirono e salutarono Lupin che si smaterializzò con uno schiocco.

Rimasero solo loro due. In quel corridoio di ospedale. Si sedettero entrambi. Distanti, però. Lasciarono fra di loro una sedile libero. Ron si accese un’altra sigaretta e aspirò il fumo pungente, facendolo uscire dalle narici. Non si parlavano da quattro giorni. Il giorno della litigata in campagna. Nemmeno si ricordavano perché era iniziata. Ah, sì. Hermione voleva fare l’evocatrice, Ron non voleva per il suo bene, ma a lei non importava. Per lei Ron era geloso di Harry, ma non voleva litigarci per questo. Tutti e due erano convinti che fosse meglio fare la pace. Ma erano troppo orgogliosi per fare il primo passo.

Hermione afferrò la sigaretta fra le labbra di Ron con un movimento rapido. Lui fu sorpreso dal gesto.

“Avevi detto che una non ti avrebbe fatto male. Non stai esagerando ora?” disse lei con quel suo tipico tono che Ron aveva imparato bene a distinguere quando andavano a scuola. Il tono “Dammi ascolto che io ne so più di te”.

“Ti dispiace ridarmela?” chiese lui. Più che una richiesta sembrava essere un’imposizione gentile. Lei negò con il capo e la spense nel portacenere.

“Questa roba ti ammazza, Ron. Non fa bene alla salute” lui fece un risolino nervoso e senza guardarlo rispose.

“E che ti importa della mia salute. Preoccupati della salute tua, piuttosto”

“La mia salute? Io sto benissimo, grazie. Sei tu che ti ammazzi con queste”

“Ah, io mi ammazzo? Herm, correggimi se sbaglio. Eri o no in prima linea in mezzo al pericolo ieri sera?” chiese lui con un velo di ironia nella voce.

“Che centra. Sasha me l’ha chiesto ed io ho accettato. Non mi hanno imposto niente”

“Oh, adesso è Sasha, non è più il signor Hook?”

“Oh Ron, smettila di fare il geloso, fai solo pena”

“Io faccio pena? E tu che vai ad elemosinare da Sasha i complimenti accettando tutto quello che ti propone? Ti comporti ancora come una bambina…”

“Come ti permetti” si era alzata in piedi e aveva le braccai sui fianchi “L’unico bambino qua sei tu, caro Ron! Io faccio quello che voglio, e se Sash… insomma, il signor Hook, mi chiede di andare in missione, io accetto, se voglio” Ron si accese un'altra sigaretta. Non la guardava nemmeno. Fissava la finestra di fronte a lui.

“Sì, certo. Vacci anche a letto, se te lo chiede”

Hermione lo colpì con uno schiaffo, girandogli la testa di lato e facendogli sbuffare fuori il fumo che aveva appena aspirato.

“Sta diventando un’abitudine…” disse con sufficienza Ron. Hermione era rossa dalla rabbia.

“Porto Eve da tua madre. Se rimani, dillo a Ginny o Draco. Chissà se questo riesci a farlo senza rovinare tutto. Idiota…” andò via lungo il corridoio. Senza guardarsi indietro. Quello stupido di Ron. Lei voleva fare la pace, ma lui rovinava sempre tutto. Al diavolo anche Sasha! Si ripromise di non pensarci perlomeno fino a sera.

Ron tirò l’ultimo respiro e spense la sigaretta. Schiacciò la cicca bene e sbuffo l’ultima tirata. Quella stupida di Hermione. Lui voleva riappacificarsi con lei, ma riusciva sempre a farlo arrabbiare per qualcosa. Anche quel Sasha. Gli avrebbe parlato esplicitamente. Tanto perché non allungasse le mani. Aveva visto come la guardava quando era girata. Se non fosse stato d’accordo, gli avrebbe strappato gli occhi e ficcati nelle mutande. Sì, era una buona idea. Si avvicinò alla finestra. Vide Hermione nel cortile con in braccio Eve. Vista così poteva essere lei la mamma di quella bambina. E lui il papà. Chissà? Prese il pacchetto dalla tasca e lo fissò un attimo. Prese la mira e tirò. Centrò il cestino al primo colpo. Meglio smettere finché era in tempo.

Tutto bene eh? Dai non sono così bastardo….sé buona notte! Facciamo un po’ di Grazie Grazie: Maichy, Non piangete che stanno tutti bene. A parte Lucius che è un po’ sparso ovunque…; Ice, bello! arcigogolanta o trascendente! Che significa il primo? Non sono così bastardo, dai…; Mikan, visto che stanno tutti bene? Vabbè a parte l’innesto di spirito che ha Ginny, ma quanti hanno subito interventi di peacemaker? E allora!…J; Keijei, che finezza quella di piton eh? Mi è venuta così, non l’aveva neanche pensata. Dio che genio!J; Kiak, grazie per l’esauriente recensione. Per ben 4 volte! Vabbè, la barzelletta è orribile cmq uccidi tuo fratello ( a meno che non sia grosso e cattivo….ehehehehJ); Kiak, grazie per l’esauriente recensione. Per ben 4 volte! Vabbè, la barzelletta è orribile cmq uccidi tuo fratello ( a meno che non sia grosso e cattivo….ehehehehJ); Kiak, grazie per l’esauriente recensione. Per ben 4 volte! Vabbè, la barzelletta è orribile cmq uccidi tuo fratello ( a meno che non sia grosso e cattivo….ehehehehJ); Kiak, grazie per l’esauriente recensione. Per ben 4 volte! Vabbè, la barzelletta è orribile cmq uccidi tuo fratello ( a meno che non sia grosso e cattivo….ehehehehJ); Sunny, ah! L’arte del suspence! Questa tecnica bastarda come poche! Ho avuto una buona maestra…ehehehJ; Ci, in effetti buffy è l’emblema della sfiga! Che vuoi lei ammazza i vampiri… anche Draco lo fa…. Fico eh?J; Sorti, tranqui voti registrati! Muro sfondato e superato!J; Enika, voto registrato, ma gradirei che mi scriveste per e-mail i vostri voti, senno faccio un gran casino!! TYJ; Ale chan, niente maledizione. Se vuoi spacco uno specchi e ti spedisco i cocci per confermare! 7 anni di sfiga! Però il mio avvocato me ne fa avere solo 4. E’ un bravo avvocato…; Anja, mmmh… stronzetto mi mancava…. Grazie! Voto registrato, ma spedite per e-mail please!!!! Ringrazia da parte mia tutti i ragazzi inglesi che continuano a seguire la fic di questo povero pazzo!!!!! ^____^; Eli e Kia, avete appena recensito e io ho appena aggiornato! “Vermiciattolo” dopo questo capitolo è il sostantivo più adatto, credo…. Che volete, il campo di grano con due in mezzo…. Un sogno che si avvera…. Ehi, io dovrei essere uno dei due però! (Kia quand’è che aggiorni???????)

 

La classifica un'altra volta, sennò non aggiorno più!!! Ore 23:48, Vado a studiare Montale!!!! (2 palle”)

 

See you again!!!!

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Capitolo 22
*** Non è colpa mia! ***


Ok, ore 23:29, praticamente 23:30

Ok, ore 23:29, praticamente 23:30. Sono a casa dalle 17:34, ma ho dormito fino a mezz’ora fa. Il riposo del guerriero. Gli americani bombardano, “Vertigo” è appena finito su rete4 (bel film, cmq), mi sono perso C.S.I. e quindi sono incazzato…. Doccia fatta. Boccia di Lambrusco a portata di mano. Pronto per scrivere un nuovo capitolo. Preparatevi al peggio. Anche se sarà difficile ora come ora… Buona lettura. Ore 23:31.

 

 

Sasha aspettava appoggiato al muro vicino all’ingresso del ministero. Guardava nervosamente l’orologio. Era in ritardo, ma non gli importava. Per quella ragazza avrebbe aspettato anche l’apocalisse. Bhè, forse un po’ prima dell’apocalisse. Giusto per salutarla prima di non vederla mai più. Sospirò sommessamente. Si guardava le punte dei piedi. Forse aveva esagerato. Chiederle di uscire, così, dopo neanche un mese che la conosceva. Forse si era spaventata. Ma di cosa, poi? Lui voleva solo stare un po’ con lei. Gli piaceva quella ragazza. C’era, però, quel ragazzo che le stava sempre appiccicato. Un battlemage di fanteria. Lo aveva anche ridicolizzato facendolo sentire stupido davanti a lei, quattro giorni prima. Ron Weasley era il suo nome, se non si sbagliava. Il fratello del ministro in persona. Una bella grana se anche lui si era invaghito di Hermione. Ma aveva dalla sua parte il fatto di lavorare nello stesso reparto, gli evocatori. Questo gli avrebbe dato qualche punto su Ron.

Sospirò ancora. Decise di sedersi per leggere i giornali che forniva il ministero. C’erano quotidiani e riviste di tutti i tipi. Anche babbani, per tenersi aggiornati anche sul loro mondo. Aprì le prime pagine di un quotidiano in bianco e nero. Ancora guerra fra i babbani. Le sezioni dei battlemage degli U.S.A e dell’Italia si stavano preoccupando di fermare al più presto quei maghi oscuri. Negli ultimi anni, infatti, molti maghi seguaci di Voldemort, quindi che vorrebbero morti babbani e mezzosangue, erano saliti al potere con mezzi più o meno leciti, ai governi di molti paesi del mondo. Anche un paese potente come gli stati uniti. Gerogerus, figlio del suo omonimo padre, stava conducendo una crociata inutile contro babbani in tutto il mondo sostenuto anche da Hector Blair, nipote dell’omonima strega, e Silvanus, un magono, ma molto astuto e potente. Quest’ultimo aveva usato parecchi oggetti magici per circuire i babbani elettori e diventare capo del governo Italiano. Naturalmente questi erano i nomi da maghi dei tre. Si erano adattati con nomi babbani che dessero poco nell’occhio. L’obbiettivo di Gerogerus era fare in modo che i babbani si distruggessero fra di loro. E ci stava riuscendo perfettamente. Senza magie, solo a parole. Potenza dei mass-media.

Chiuse le pagine del giornale e finalmente la vide entrare. Sorrise e gli si avvicinò.

“Buongiorno Hermione” lei, sorpresa di sentirsi chiamare, girò lo sguardo verso la voce che l’aveva salutata. Sorrise.

“Oh, buongiorno signor Ho…cioè, salve Sasha. Scusa per il ritardo. Sai, con Eve e tutto il resto…” lui fece cenno di no con la mano.

“Non ti preoccupare. Non c’è problema. Piuttosto, volevo sapere la tua risposta al mio invito…allora? Che ne dici?” lei fissò il pavimento e si intrecciò le dita con fare nervoso.

“Ecco, vedi… io non saprei… sai la bimba… quella ragazza, Ginny, è ancora in ospedale… dovrei… insomma, dovrei starle dietro io, ecco” il fare timido di Hermione fu ben chiaro. Anche Sasha se ne accorse. Decise di rischiare. Vedeva uno spiraglio di luce e voleva sfruttarlo al massimo.

“Bhè, se è un problema potremmo stare in casa. Così tu puoi tenere sotto controllo la bambina e anche uscire con me. Allora, che ne dici?” a quel punto era difficile dirgli di no.

“Se la metti così… d’accordo. Stasera?” chiese lei sempre nervosa.

“Sì, alle sette, se ti va bene. Tu sai dove abito vero?” si rivolse a lei con un sorriso smagliante. Sotto l’aspetto esteriore quel tizio le ricordava Allock.

“Certo, cioè, sì lo so. Alle sette, allora…” si salutarono. Ognuno per la sua strada.

Hermione salì le scale rapidamente per mettere più distanza possibile fra lei e Sasha. Perché aveva accettato? Non doveva accettare! Ma lui era stato così carino, al contrario di qualcun altro…

Scosse la testa e chiuse gli occhi come per togliersi di mente quei pensieri. Era solo un collega che voleva aiutarla nel lavoro. Sì, proprio così. Non c’era nessun altro motivo per cui aveva accettato. Più se lo ripeteva e più le sue mani si stringevano a pugno. Si mordeva il labbro inferiore. No non era quello il motivo. Lui ci stava provando, era chiaro ormai. Lei aveva accettato più che altro per fare rabbia a Ron. Così imparava quello scemo! No, non è vero. Non poteva fare quello a Ron. Dopo la riunione avrebbe detto a Sasha che non poteva. Si sarebbe inventata un impegno misterioso, o qualcosa di simile.

Sorrise convinta e raggiunse il quinto piano. Parli del diavolo… Ron era seduto sul tavolo del controllo. Braccia dietro la testa. Gamba sul tavolo, l’altra penzolante. Si girò vedendola arrivare. Sorrise, ma fu un sorriso tutt’altro che spontaneo. Hermione conosceva quel sorriso. Stava per recitare la sua parte.

“Oh, Hermione. Bene arrivata. Sei in ritardo, lo sai? Draco e Lupin sono già dentro. C’è anche Piton” il suo tono era compìto. Sembrava si stesse trattenendo.

“Sì, lo so. Sai con Eve… ma ci sta pensando tua madre adesso”

“Eh sì” continuò Ron “Fra Eve e Sasha…” fece ciondolare anche l’altra gamba e poggiò le mani sul tavolo. Hermione si fermò. La sua faccia era come paralizzata. Ecco dove voleva andare a parare.

“Ah… senti Ron, ora basta. Hai stufato. Io e Sasha siamo solo amici. E poi lui è solo il mio cap…”

“Ah-ha. Capisco. Che fai stasera alla sette Herm?” Ron punzecchiò Hermione, Lei si avvicinò al ragazzo e lo fissò dritto negli occhi.

“Mi hai spiato?” chiese con rabbia. Come poteva essere caduto così in basso da spiarla.

“Ti giuro di no. Certo che parlare davanti a tutti, nella hall. Sai è pieno di dispositivi di controllo qui” indicò il tavolo alle sue spalle dove si vedevano parecchi schermi che cambiavano immagine ogni paio di secondi e mostravano tutti i luoghi più importanti dell’edificio.

“Ora se mi vuoi scusare, dovrei partecipare ad un’importante riunione. Se devi andare a casa per prepararti per stasera fai pure. Lo dico io a gli altri” il tono di Ron stava facendo andare Hermione fuori dai gangheri. Era veramente stanca di farsi prendere in giro da lui. Lei voleva fare la pace, ma a lui probabilmente non era passato neanche per l’anticamera del cervello di discutere con lei da persone civili.

Ron si girò di spalle e percorse il corridoio verso la sala della riunione. Che idiota! Era stato veramente un idiota se pensava che quel tizio non fosse importante per Hermione. Voleva andare a cena da lui? Che vada, quella cretina! Si era preparato tutto un discorso in quei giorni per scusarsi con lei, ma appena l’aveva vista sullo schermo parlare con Sasha… fanculo tutto! Con rabbia aprì la porta della sala subito seguito da Hermione.

“Se lo vuoi proprio sapere io non ci volevo neanche andare a cena fuori con lui!” urlò lei alle spalle del ragazzo. In fondo alla stanza i discorsi fra Lupin, Draco e Silente cessarono per girarsi verso i due appena entrati. Anche Piton, assorto come al solito a fissare il cielo alla finestra si girò. Altrettanto fecero tutti e trenta i battlemage seduti, pronti a partecipare alla riunione. Ron si voltò per risponderle per le rime.

“Infatti hai fatto molta resistenza nel rifiutare” cominciò ad imitare la vocina di Hermione “No, non posso, scusa. Ah, ci ho ripensato. Porto del vino?”

“Che stronzo che sei!” gli disse la giovane a denti stretti ed occhi socchiusi. Lei che si era anche preoccupata per lui.

“Credo di non essere l’unico…” lei alzò la mano pronto a colpirlo, ma Ron gliela afferrò prima che lo schiaffo lo raggiungesse.

“Direi che ultimamente ne ho prese abbastanza. Se volevo schiaffi con frequenza facevo un abbonamento, sai Herm?” il suo tono era sibillino. Lo faceva solo per farla arrabbiare di più. Non voleva trattarla così, ma non poteva fare la figura del cretino agli occhi degli altri. L’altra mano di Hermione lo colpì in pieno sul volto. Dalla platea di spettatori si levarono commenti “Ah però…” “Graffia la gattina, eh?” “Weasley, ti sei rammollito?”. Risate più che altro. Qualche fischio. Un applauso.

Ron la spinse via con forza, mollandole il braccio.

“Ma va al diavolo…” e si sedette nell’angolo vicino alle finestre. Che razza di stupida! Vada a farsi fottere! Se ha dei problemi con lui può anche scomparire. Hermione si sedette in prima fila, come al solito. Prima di iniziare chiese qualcosa a Lupin. Lui sorrise e assentì col capo. In un modo o nell’altro ora erano tutti pronti e vigili. La riunione poteva iniziare. Lupin prese la parola.

“Buongiorno a tutti, ragazzi. Siamo ormai ad una svolta. Hogwarts non è più così inaccessibile. Grazie a recenti studi e alle nuove informazioni forniteci da Severus Piton” indicò l’uomo accanto alla finestra che fece un mezzo inchino “Sappiamo, per certo, che Hogwarts, una volta all’anno, è accessibile” mormorii sommessi fra i battlemage. Anche Ron, imbronciato com’era, inarco un sopracciglio nel sentire quella notizia. Hermione rimase quasi impassibile. O almeno, Ron non vide la sua faccia dato che era di spalle. Lupin continuò il suo discorso.

“Il primo settembre. Chi ha studiato ad Hogwarts come me sa che il primo settembre le lezioni iniziavano. Inesorabilmente e comunque. Pare che la magia che obbligava Hogwarts ad aprire le sue porte quel giorno, sia più forte dell’incantesimo di sigillo che l’ha colpita” ora la folla di ascoltatori si era zittita completamente. Per tutti quegli anni avevano atteso una cosa del genere, e finalmente… La voce di Remus non si fece attendere.

“Alla luce di queste nuove scoperte, stiamo organizzando un piano per entrare e liberare Hogwarts una volta per tutte. Se accetterete, sarete voi, e solo voi, a partecipare all’impresa. Pochi soldati ben addestrati, piuttosto che il contrario. Sappiamo solo in parte quello che ci attende lì dentro. Non dobbiamo rischiare, dobbiamo essere pronti a tutto. Mangiamorte, dissenatori, mostri di vario genere probabilmente, e… lui, signori. Il Signore Oscuro, colui-che-non-deve-essere-nominato” prese fiato un momento indeciso se pronunciare o meno il nome “…Voldemort”

Un uccellino cinguettò tranquillo. Si poggiò su un ramo dell’albero. Il legno scricchiolò al suo peso. Una mosca ronzava per la stanza. Atterrò sul tavolo sonoramente. Il silenzio in quello stanza sfiorava l’incredibile. Mai si era riuscita a creare una pace del genere. Piton lo tenne a mente, nel caso dovesse tornare ad insegnare era un buon metodo per ottenere silenzio.

“Chi accetta l’incarico effettuerà un addestramento particolare quest’estate. Prima di andarvene prego gli interessati di firmare questo foglio che li identifica come facenti parti al “Piano Hogwarts”, d’ora in poi denominato Piano H” Draco ruppe il silenzio con questo discorso e si mise in piedi con in mano un plico di fogli, una lunga penna ed una boccetta d’inchiostro. Uno ad uno tutti i presenti firmarono. Stavano per partecipare a qualcosa che li avrebbe segnati per sempre sui libri di storia. Per ultimi firmarono Ron ed Hermione. Ron scorse i nomi nel foglio. Sorrise malignamente.

“Bene, bene… il signor Hook non partecipa?” Hermione, che stava già uscendo dalla stanza, si voltò sentendolo parlare. Stava per rifarlo. Stava per iniziare a litigare ancora con lui.

“No, Hook ha declinato l’invito a partecipare. Dice che non fa per lui” Lupin rispose alla domanda di Ron.

“Caspita… ha coraggio da vendere questo tizio. Un vero leone, direi” Ron era cosciente di stare punzecchiando Hermione. Firmò e si voltò per andarsene. Ma si trovò faccia a faccia con la ragazza. Non l’aveva mai vista così arrabbiata. No, non era arrabbiata. Era fuori di se. Era proprio incazzata.

“Credi di essere tanto migliore degli altri solo perché tu ti butti come un pesce nella mischia invece che seguirla da lontano? Bhè, ti sbagli mister virilità. Non è così. Se qualcuno ha la testa su le spalle non è per forza un vigliacco, può essere semplicemente uno col cervello. E preferisce tenerlo attaccato al resto del corpo piuttosto che darlo in pasto agli squali, come fai tu ultimamente. Ora scusa, devo andarmi a preparare per stasera” e se ne andò con passo pesante fuori dalla sala riunioni.

Ron era esterrefatto. Batté le palpebre rimaste ferme per fissare la ragazza che si sfogava su di lui. Era imbarazzato per la figura appena fatta. Si girò verso gli altri che erano rimasti zitti fino a quel momento. Silente ridacchiava sotto i baffi. Draco raccolse i fogli con aria assorta facendo finta di nulla. Lupin biascicò qualcosa del tipo “Bhè, insomma, non distraiamoci… sono solo ragazzi…”. Piton tornò a guardare fuori dalla finestra come sempre.

“S-Scusate, devo andare” Ron salutò e si smaterializzò davanti a tutti, diretto alla Tana. Gliela avrebbe fatta pagare. Eccome se lo avrebbe fatto.

*****

L’acqua calda sciacquava via la schiuma dai capelli e dal corpo tornito di Sasha. Con gli occhi chiusi si godeva quel momento di relax. Il vapore rendeva tutto il luogo nebbioso. Lo scroscio dell’acqua copriva tutti i rumori dello spogliatoio. Proprio tutti.

Girò la maniglia del rubinetto e si coprì con l’asciugamano, mentre con un altro si asciugava alla buona la testa. Lasciò il secondo asciugamano attorno al collo e si diresse verso il suo armadietto nella stanza accanto. Stava iniziando a vestirsi quando una voce lo chiamò.

“Sasha Hook?” lui si voltò e vide quel ragazzo. Ron, quello che ronzava attorno ad Hermione. Decise di recitare la parte dello gnorri.

“Oh, ciao. Hai bisogno di me?” disse con tono più cordiale possibile mentre continuava a vestirsi. Era bravo a recitare.

“Più o meno… tu sai perché sono qui vero?” chiese Ron avvicinandosi di qualche passo. Passi decisi. Ben staccati l’uno dall’altro. I passi di chi è carico di un peso notevole. E non solo fisico.

“No, non credo… dovrei saperlo?” decise di continuare il gioco di domande. Oltre che un bravo attore era bravo anche a capire gli stati d’animo delle persone. E Ron in quel momento sembrava amareggiato, per non dire incazzato.

“Speravo di sì… o almeno speravo che tu lo capissi. Sono qui per una ragazza. E’ mora, stupenda e ci esci a cena stasera. Hai capito ora?” il tono di Ron stava diventando strafottente mano a mano che si avvicinava a lui. Intanto Sasha si era completamente vestito.

“Oh, intendi Hermione. C’è qualche problema con Hermione?” la recita di Sasha stava continuando alla perfezione.

“No, nessuno. Volevo solo informarti che si ti sei invaghito di lei, arrivi tardi. Perché io ormai ne sono già innamorato. Ultimamente abbiamo avuto qualche piccolo scontro, a causa tua fra l’altro, e volevo solo informarti. Dammi una buona ragione per saltarti addosso e sarò più che felice di farti cambiare tutti i documenti. Dopo che ti avrò ripassato non ti riconoscerà più nessuno, credo” disse Ron con tranquillità e con un sorriso sempre più ampio sulle labbra. E poi “Buona serata. Vedi di non strafare, per piacere” e scomparì smaterializzandosi.

Sasha non credette alle sue orecchie. D’accordo era stato schietto e sincero al massimo, ma quanto meno ridicolo. Un amore ed in guerra, dopotutto, nessuna regola era valida. Le minacce ancora meno. Decise di lasciare perdere i suoi insulsi discorsi.

“Imbecille… crede di potermi fermare…” chiuse l’armadietto, afferrò il borsone e si voltò per uscire dallo spogliatoio. Appena girato si ritrovò Ron davanti. Pur essendo più alto del ragazzo rosso, in quel momento si senti sovrastato dal suo sguardo. Sussultò appena vedendoselo apparire davanti.

“Ancora qui? Guarda, ho capito che intendi, ma non c’è scritto Proprietà Privata su Hermione. Credo di avere il diritto di uscire con lei, se lo desidera. E spostati idiota…” spinse Ron con forza facendolo cadere addosso ad una panchina. Il rosso sorrise. Non aspettava altro. Allungò la gamba e Sasha inciampò nel suo sgambetto, rovinando a terra sorpreso. La borsa gli cadde di mano andando a sbattere contro un armadietto di fronte. Non fece in tempo a rialzarsi che Ron lo tirò su di peso sbattendolo contro il muro poco distante. Lo teneva bloccato con l’avambraccio premuto sul collo, mentre con l’altra mano gli premeva lo sterno. La sua faccia fu di fronte a quella dell’altro, ancora stordito dalla caduta e dalla botta contro la parete.

“Non aspettavo altro per riempirti di pugni, stronzo! Tu spingi me, io gonfio te” e lo colpì con forza allo stomaco. Sasha sbuffò fuori l’aria e si piegò lievemente per il dolore. Ron lo mollò e cadde a terra tenendosi con entrambe le mani il ventre. Ron lo sollevò per un braccio in modo che gli vedesse la faccia.

“Questo è un assaggio. Pensa ancora soltanto di poter uscire con Hermione e ti darò il resto” lo lasciò, e quello tornò a terra, ancora stordito dal colpo. Ron lasciò lo spogliatoio con un ghigno di vittoria.

*****

Il suo ghignò durò poco. Meno di un secondo. Lupin lo afferrò per le spalle e gli riservò lo stesso trattamento che Ron aveva riservato a Sasha qualche attimo prima. Con le spalle al muro il rosso fissò stupito l’uomo che, con occhi freddi, gli penetrava la testa.

“Chi cazzo credi di essere Ron? Eh? Chi credi di essere? Credi di potere fare quello che ti pare? Pensi che riempire di lividi e minacciare il tuo rivale in amore sia la scelta migliore? Eh?” Lupin gridava e spingeva forte il ragazzo contro il muro. Ron, seppur sorpreso all’inizio, reagì di scatto e spinse Remus lontano da lui con forza. Troppa forza per Lupin. Cadde a terra con un tonfo.

“Non dirmi cosa fare! So benissimo cosa posso fare o no! Lasciami in pace! Tu non centri con me o Hermione!” una mano gli batté un paio di volte sulla spalla. Ron si girò e provò un fortissimo dolore. Alla faccia, prima. Alla testa, appena questa toccò il suolo.

“Ti ringrazio Remus, ma so difendermi da solo dagli imbecilli e dalle minacce. Però che male. Era da un po’ di tempo che non davo un pugno” Sasha agitava la mano convulsamente per scacciare il dolore.

“Hai proprio la testa dura, ragazzo. Mi spiace di averti fatto male, ma non potevo lasciarti impunito. Ho tutto lo stomaco a pezzi per colpa tua” mentre diceva queste parole Sasha aiutò Remus ad alzarsi in piedi.

“Forse è stato un po’ sbrigativo come metodo, ma efficace” disse Lupin mentre fissava Ron steso a terra. Probabilmente svenuto. Sasha si scusò per l’irruenza, anche se dopotutto Ron non era stato da meno poco prima. Si congedò lasciando soli Lupin e il ragazzo, che ancora non accennava a muoversi. Lupin lo sollevò di peso e lo trascinò allo spogliatoio. Gli tornò alla mente un’analoga situazione di parecchi anni prima, quando ancora frequentava Hogwarts.

Aveva trascinato il suo amico ubriaco fino alle docce per svegliarlo. James sembrò non gradire quell’idea. Gli sferrò un pugno. Un gran pugno, a dire il vero. Subito Remus rispose e finirono con l’essere bagnati e pieni di ferite e contusioni entrambi. Anche quella volta fu a causa di una donna. Sì, in effetti la ragazza piaceva a James e non a Remus. Ma al tempo Lily non voleva saperne di James Potter, così lui, da perfetto ragazzo ferito, decise di ubriacarsi. Dopotutto erano quelle cose che consolidavano un’amicizia. Scacciò il ricordo di James, non era il momento quello. Spinse Ron sotto la doccia e, come molti anni prima, aprì il rubinetto. Così come molti anni prima l’acqua svegliò il ragazzo. Così come molti anni prima Lupin si prese un pugno nello stomaco dal ragazzo bagnato.

E dire che l’esperienza insegna… pensò mentre crollava a terra. Ron era furibondo.

“Grazie! Ti ringrazio proprio! Va al diavolo! Credevo che stessi dalla mia parte… ma ora ho capito. Non ti preoccupare per me! Non ho bisogno di nessuno! Nessuno!” gridò Ron. Estrasse la bacchetta e si smaterializzò. Lupin, ancora a terra, si sosteneva con le mani. Si alzò in piedi e chiuse il rubinetto della doccia. Emise un sospiro rassegnato. Sperò con tutto il cuore che Ron non facesse sciocchezze. Non era il momento quello. Non era il momento per niente di insensato quello. Proprio per niente.

*****

“Ehi carino, sei tutto solo?” Ron alzò la testa dal tavolo e spostò la vista dal suo bicchiere di Whisky a chi lo aveva chiamato. Una ragazza di colore lo fissava sorridendo mentre masticava con impegno una gomma. Aveva un trucco pesante intorno agli occhi ed un rossetto in netto contrasto con la sua carnagione scura. I capelli neri erano ricci e parevano un cespuglio. Per il resto non indossava poi molto. Un vestito, se così si poteva chiamare, che le copriva a malapena il seno prosperoso e la zona pelvica. Spalle e schiena erano scoperti. Anche il ventre lo era, e un piercing all’ombelico completava l’immagine della ragazza.

“Allora sei solo? Dai, offrimi qualcosa…” si sedette di fianco a Ron girando la sedia così da poter appoggiare la braccia allo schienale e aprire leggermente le gambe. Ron non era del tutto in se. Quel Whisky lo aveva sfiancato. Quello e gli altri dieci. Ma tanto lì non badavano molto se eri ubriaco o meno. Bastava vendere il più possibile.

La morettina prese il bicchiere di Ron e lo finì in un sorso. Ebbe un veloce singulto. Poi rimise il bicchiere davanti al ragazzo.

“Mi sembri un po’ piccolo per bere tutto questo alcol. Non ti andrebbe di spendere meglio il tuo denaro?” chiese lei maliziosa. Sorrise e prese fra le sue mani quella del ragazzo. Ron provò un brivido. Era chiaro che la ragazza cercasse in tutti i modi di invogliarlo ad andare a letto con lui. Una prostituta ben organizzata. Aspettava che i clienti fossero ubriachi fradici e li soggiogava con quello che madre natura le aveva offerto.

Avvicinò la bocca alla mano del rosso. Tirò fuori la lingua e gliela leccò. Ammiccò ancora verso di lui. Ron non aveva ancora spiccicato una parola.

“Allora, che ne dici… sarà piacevole, vedrai…” Ron non avrebbe mai accettato. Andare a letto con una prostituta non era nella lista delle cose che avrebbe voluto fare nella vita. Ma l’alcol e la frustrazione parlarono per lui.

“Perché no… dove andiamo…?” le parole uscirono poco convinte dalla sua bocca. Lei lo alzò in piedi e lo portò al piano di sopra. Entrarono entrambi in una stanza buia. Appena la porta fu chiusa lei lo baciò ficcandogli la lingua in gola. Era un bacio violento. Avventato. A Ron piaceva molto. Subito le mani di lei iniziarono a toccarlo ovunque. Neanche da dire che ormai era nuda. La sua lingua saettava lungo il collo del rosso. Sul suo petto.

Caddero sul letto. Lei gli era a cavalcioni sopra.

“Prima volta?” chiese lei senza smettere di toccarlo in ogni centimetro della pelle.

“Mmhh…no…con Hermione…” Ron emise un gemito quando la ragazza raggiunse il suo membro. Alzò la testa ed inarcò un sopracciglio.

“Ah… comincio a capire… delusione d’amore… brutta storia” si fermò e si sdraiò accanto a lui “Vuoi parlarne?”

Ron fu sorpreso di sentire quelle parole. Spalancò gli occhi e voltò il viso di lato verso quello della ragazza. La fissò un attimo.

“Parlarne? Se volevo parlarne andavo da mia madre! Credo che il tuo lavoro sia un altro cara…”

“Giulia” disse lei.

“…Giulia” completò Ron. Giulia sospirò e scese dal letto. Si infilò una larga T-shirt con un disegno di un panda dagli occhi enormi. Tornò sul letto e si strinse le gambe al petto.

“Parli così anche con lei?” Ron non seppe che rispondere. Era lì, in una stanza di una squallida osteria londinese con le brache calate e discretamente eccitato per merito di quella ragazza, e lei gli chiede come tratta Hermione? Era shockato dalla situazione. Poi realizzò di essere nudo davanti ad una estranea. Imbarazzato si tirò su i pantaloni e si limitò a guardare nella sua direzione, nel buio della stanza. L’alcol era ormai solo un lontano ricordo.

“Io… no, non credo…”

“Non credi o ne sei certo?” chiese ancora Giulia.

“Senti, non lo so. Io credevo di avere accettato di passare una notte con una, senza offesa, prostituta, non con una psicologa”

“Psichiatra” disse lei.

“Come?”

“Sono laureata in psicologia avanzata. Sono una psichiatra prima che una psicologa” quelle parole spiazzarono Ron. Non avrebbe mai pensato che una ragazza del genere fosse laureata. Conosceva il valore di una laurea nel mondo babbano. Suo padre gli aveva accennato il loro metodo di studi.

“M-mi dispiace… non volevo offenderti…” lei sollevò il viso da dietro le ginocchia. Sorrise.

“Non preoccuparti, non potevi saperlo. Se voglio arrivare alla fine del mese non posso campare con quel pezzo di carta. La gente, nonostante le apparenze, ha sempre meno bisogno di analizzare il proprio subconscio. Oppure non crede sia necessario. Tu credi che sia meglio analizzarsi interiormente ogni tanto o no?”

“Ecco…io… non so, non ho mai provato”

“Prima volta, quindi?” chiese lei facendo riferimento alla domanda di poco prima. Ron arrossì, la situazione era imbarazzante. Il buio della stanza non mostrò la sua vergogna.

“Bhè, credo di sì…” Giulia scese dal letto e si sedette accanto a lui.

“D’accordo, sfogati. Parla della tua storia con questa Hermione. Avanti…” Ron non seppe perché, ma quella ragazza gli dava sicurezza. Sapeva che avrebbe potuto parlarle di tutta la sua vita come se fosse stata la sua migliore amica. Iniziò a parlare.

“Hermione è… è perfetta. La conosco da più di sette anni, ormai. Siamo stati compagni per gli anni della scuola, poi… bhè, eventi troppo superiori alle nostre capacità ci hanno separato, fino all’inverno scorso. Mi sono dichiarato. Di nuovo. Lo aveva fatto già tre anni prima, ma la situazione non era delle migliori al tempo. Glielo dissi prima che ci separammo… non soffrì granché. Non mi accorsi di questi tre anni che trascorsero. Quando mi risvegliai” Ron capì di aver parlato troppo “Volevo dire, “risvegliai” nel senso di rendermi conto di amarla. Andai ad incontrarla, ed anche lei aveva capito di amarmi” Ron trasse un sospiro profondo.

“Ma i guai erano appena iniziati. Dopo le prime settimane lei smise di parlarmi. Settimane terribili. Mi sono sentito una merda, meno che nulla. Per lei quasi non esistevo e non sapevo perché. Poi me lo disse. Amava un altro. Ma non un altro, anche un altro. Il mio migliore amico a dir la verità. Morto” qui Ron fece una pausa. Giulia continuava a fissarlo. Sembrava che nulla potesse scuotere quel volto imperturbabile.

“Non gli diedi peso. Va bene, lo amava, ma amava anche me. E poi Harry era morto. Si chiamava Harry, il mio amico. Quel giorno noi… bhè, fu la nostra prima esperienza. Ma non rimase a lungo isolata. Devo dire che ho passato un bel periodo. Poi venne quel giorno. Avevamo organizzato un pic-nic. Tanto era solo una scusa per restare da soli e fare l’amore lontano da tutti e tutto. Andò tutto bene finché…” Ron non seppe come proseguire. Non poteva certo dirle che voleva diventare evocatrice. Giulia era una babbana, non doveva sapere nulla. Gli tornò alla mente la guerra.

“Finché non mi disse che voleva partire per la guerra.”

“Una ragazza?” anche la compostezza di Giulia vacillò di fronte a quella notizia.

“Bhè, non il fronte vero e proprio. Lei è…una stratega, ecco. Sarebbe rimasta dietro le linee di combattimento. E poi non sarebbe andata spesso al centro della battaglia. Naturalmente mi opposi. Troppo, forse. E litigammo. Non gli detti peso. Capitava a tutti, prima o poi. La rincontrai qualche giorno dopo, ed indovina? Era in prima linea. Lei e quell’altro idiota, Sasha Hook. Ci salvammo per un pelo quella volta. Gli feci notare il pericolo che aveva corso. Ma lei niente, glielo aveva chiesto il suo superiore, quel Hook. Allora le dissi… bhè, che se ci sarebbe andata anche a letto se glielo avesse ordinato. Mi meritai quello schiaffo”

“Il segno del pugno non centra, allora?” chiese curiosa Giulia guardando il viso di Ron.

“No, quello viene dopo. Dicevo, mi ripromisi di fare la pace con lei, ma quando la vidi stava parlando con Hook. La invitò ad un appuntamento, e lei… accettò. Odio. Mi arrabbiai molto. Troppo. Litigammo ancora per colpa di quel tizio. Mi beccai un altro schiaffo. E’ successo stamattina, sai. Poco dopo sono andato negli spogliatoi degli uomini. Ho beccato Sasha da solo. L’ho minacciato. L’ho picchiato. Pensavo di essere soddisfatto. Pensavo di averla fatta franca. Mi sbagliavo. Un mio amico mi attendeva fuori dalla stanza. Tra un po’ menavo anche lui. Il pugno di Sasha mi raggiunse prima” indicò il viso gonfio e rosso “Lui se ne andò. Io, incazzato, insultai il mio amico che aveva cercato di aiutarmi e venni qui ad ubriacarmi. Il resto lo sai”

Giulia rimase un attimo in silenzio. Strinse le labbra. Sospirò. Poi parlò. Dolcemente. Calma. Come avrebbe fatto una mamma.

“Mi sembra chiara che tu ami quella ragazza. Forse la ami troppo” accennò una risata “E anche lei ti ama” Ron si alzò in piedi.

“Lei mi ama? Ma se adesso probabilmente e fra le gambe di quell’idiota!”

“Io credo che abbia accettato solo per farti dispetto, sai. Se voleva farti sapere della sua serata con un altro lo avrebbe detto davanti a tutti, sicura che tu lo sentissi. E non parlo solo come psicologa, ma anche come donna. Probabilmente voleva anche rinunciare all’appuntamento prima che tu litigasi ancora con lei. MA le donne sono vendicative. Soprattutto per le cose a cui tengono. Cose e persone, caro Ron”

“Ehi, io non ti ho detto il mio nome! Come fai a saperlo?” fra le amni di Ron arrivò il suo portafoglio babbano. Usava quello quando girava per Londra.

“C’è ancora tutto. Non molto a dire il vero” rise ancora Giulia “Hai sentito come parlavi?”

“Cosa?” chiese Ron infilando in tasca il portafoglio.

“Quando mi parlavi di lei. Ti sei sentito. Eri dolce. La tua voce era un continuo susseguirsi di sospiri, pause, sguardi lontani persi nel vuoto. Tu le parli così?”

“Io… no” ammise Ron “Io sono sempre altezzoso con lei. Sicuro, troppo orgoglioso. Lo faccio perché ho paura di perderla”

“Credo che le piacerebbe sentirsi chiamare per nome da questo nuovo Ron. Tu che dici?”

“Io… io credo di sì. Grazie. Mi hai aperto gli occhi. Stavo per fare la cazzata più grande della mia vita, senza offesa…”

“Figurati” sorrise lei. Scese dal letto e aprì la porta della camera. La luce del corridoio illuminò il pavimento “Credo sia meglio tu vada a casa. E’ tardi, sai”

Ron fu in procinto di andare, ma si fermò a metà strada. Giulia aveva fatto tanto per lui. Non poteva andarsene così. Chiuse la porta e accese la luce della camera.

“Ron? Che fai? E’ meglio se vai via, davvero…” lui la zittì con la mano

“Hai fatto molto per me. Grazie. Ma un grazie non può bastare, e poi ti devo ancora pagare” le fece l’occhiolino e si avvicinò al letto. Estrasse un sacchetto minuscolo di tela e lo rovesciò sul letto. Un men che non si dica le coperte furono piene di monete d’oro, argento e bronzo. Giulia sbiancò davanti a quello spettacolo.

“M-ma cosa… come stavano lì dentro… dove hai preso…ma chi sei tu?” la sua faccia era un misto di curiosità, paura, felicità e incredulità. Ron sorrise ed estrasse la bacchetta dalla tasca.

“E non hai ancora visto il meglio. Reddo Argentum” una scintilla dorata colpì il mucchio di monete. Queste si fusero come all’interno di un altoforno per prendere la forma definitiva. Sterline. Centinaia di mucchietti di banconote con sopra una graziosa signora che sorrideva.

“Credo che ora tu possa smettere di fare questo lavora per il resto della tua vita. Ora siamo pari” Sorrise ancora vedendo lo sguardo incredulo di lei mentre si avvicinava la letto pieno di soldi impilati in tanti mucchietti.

“Ma tu chi sei? Come fai a… fare questo?” era seduta sul letto. Lo fissava ancora incredula.

“Ronald Weasley. Battlemage di terzo grado del ministero della magia inglese. Questo sarà il nostro piccolo segreto, d’accordo?” lei annuì ancora a bocca aperta.

“Molto bene. Ora scusami, ma devo andare. La mia ragazza mi aspetta” alzò la bacchetta e in un attimo Giulia fu la sola persona in quella stanza.

Ragazzi… ho iniziato venerdì a scrivere sto capitolo! Se quella simpaticona della prof di ita non mi avesse abbattuto con un 6+, avrei anche finito prima…ma perché ;_____;…………… Vabbè cmq mi sono ripreso!!!!!! Ah ah !!!! alla facciaccia tua prof!!!!!!! Quindi concludiamo e pubblichiamo: Ice primo assoluto a recensire! Ci ho pensato secoli a come far fuori Skanax, e questo è stato il modo più fico che ho trovato!!! J Piace molto anche a me!; Sunny, sono onorato di tanta attenzione! Ma non dire che non aggiorni per colpa mia che gli occhi me li cavano i tuoi fan! (quindi anche me stesso? Bho…); Ci pace e amore in questa fic! Solo demoni che esplodono e ragazze indemoniate. Che calma eh?J; Keijei sacrificio tipico di Draco. Ormai per Ginny quello si farebbe esplodere la testa. Ah, l’amore! J; Giuggy eheheheh dolce vendetta…. Cmq Lucius non è morto! Gli è esplosa la testa! (si vabbè è morto….); Mikisainkeiko anch’io amo i casini extraplanari! Demoni, diavoli, spiriti, avvocati, agenti delle imposte,… tutte le creature delle tenebre! Quanti capitoli? Fammi fare un conto…28, credo.J ma ho già pronto il seguito ed altre 2 fic. Non così lunghe ma carine (spero…); Maichy non le studio di notte ti dirò tre parole: gioco a D&D. Ti basta come risposta?J; Eli e Kia il contadino? Bene bene…. Mi vendicherò del vostro simpatico umorismo… state certe che la mia vendetta sarà terribile…bwahahahahahahahahahah (kia giuro che se non aggiorni ti picchio! J); Ale chan hanno tutti le loro colpe. Bamboline vodoo? Le fai anche su commissione? Ci sono due recensioniste a caso * dito puntato verso Eli e Kia * che hanno bisogno di una piccola punizione…..bwahahahahahahahah!; mikan ormai mi sono affezionato a Remus. Lo metto un po’ ovunque, come il prezzemolo! J; Kiak ma mi butto nel cratere di un vulcano per fermare l’eruzione, per te, honey!!!!!!!!!! Per quanto riguarda la barzelletta, apro ora ufficialmente l’angolo dell’umorismo: La sai l’ultima? Kiak sì! Commentate numerosi le ilari storielle della giovane barzellettiera italiana! Honey Honey J!; Enika sì di solito sono raccomandati, ma nella mia fic no. Ti assicuro che tutto è andato troppo…liscio( chi ha orecchie per intendere, intenda J).

 

Ok ragazzuoli, ultime cose: VI PREGO LEGGETE E COMMENTATE “SENZA TRAMA”, PARODIA DI “SENZA TREGUA”, BY SORTI. Se avete letto la mia fic vi assicuro che è davvero divertente ^___^! E poi ci sono anch’io fra i personaggi!!!!

 

See you again!!!!!

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Capitolo 23
*** Stai con me per sempre ***


“Sasha, scusa, ma è …imbarazzante

“Sasha, scusa, ma è …imbarazzante. Scusa…” Hermione cercava di svincolare le attenzioni di Sasha al suo riguardo. Si alzò in piedi lasciando solo lui sul divano rosso. La musica romantica di sottofondo trasformava quel luogo più che in un salotto in una casa del piacere. Le candele sparse per la stanza rendevano il tutto simile ad una sacrestia di una chiesa. Sasha, con addosso soltanto la camicia sbottonata e dei pantaloni elastici di una tuta, si alzò di conseguenza. Partì ancora recitando alla perfezione.

“Perché? C’è qualcosa che non va?” chiese lui. Calice di vino alla mano ne bevve un sorso prima di poggiarlo sul tavolino di cristallo. Lei indietreggiò un altro poco. Non poteva andarsene. Eve stava dormendo nella stanza accanto. Era in trappola sotto certi punti di vista.

“No, niente, è che tutto questo… mi sembra un po’ troppo…intimo, non credi?” Hermione stava lentamente cadendo dentro la tela tessuta dal ragno. Un ragno molto furbo. Sasha si avvicinò ancora con passo dinoccolato. Sorrideva. Per Hermione quel sorriso era qualcosa di micidiale. Era un sorriso viscido. Aveva come l’impressione che non sarebbe mai uscita indenne da lì. Gli diede le spalle per evitare quel sorriso. Lui decise di giocare le sue ultime carte.

“Intimo? Dici che è intimo… mah, non credo. Io sono sempre così a casa. Perché tu non ti rilassi un po’, invece? Mi sembri un po’ tesa per un’uscita serale…” le poggiò le mani sulle spalle. Strinse piano, leggermente. Stava iniziando un massaggio dolce. Hermione chiuse gli occhi. Era senza fiato. Era un massaggio perfetto. Sentiva la tensione allontanarsi dal suo corpo, come se fosse stata aria che usciva dalla sua bocca. Si lasciò sfuggire un lamento. Errore fatale.

“Sento che ti stai cominciando a rilassare. Bene, era ora…” disse con voce suadente Sasha. Quella voce. Era qualcosa di incredibilmente sexy. Non aveva mai udito parole pronunciate con tanta sensualità. I suoi muscoli si rilassarono completamente. Le sfuggì un altro lamento, questa volta più prolungato. Lui avvicinò la bocca la suo collo. Cominciò a baciarla piano, leggermente. Tanti piccoli baci fino alle spalle. Lasciava scivolare il vestito di Hermione lungo le spalle mano a mano che si avvicinava con la sua bocca. La pelle della ragazza si increspò. Aveva appena avuto un brivido. Di piacere. Perché? Perché le piaceva così tanto che Sasha si prendesse tutte quelle attenzioni? Si era ripromessa di non cascarci. Si era ripromessa anche di fare pace con Ron, dopotutto. Anche Ron… non le diceva nulla Ron in quel momento. Le importava solo che Sasha non si fermasse, che continuasse il suo trattamento.

“Allora? Va meglio ora?” chiese lui durante una rara pausa i quel massaggio eccitante. Si tolse completamente la camicia. La lanciò per aria. Ora solo un sottile paio di pantaloni lo separava dalla nudità completa. Le afferrò i fianchi mentre la bocca tornava a fare il suo lavoro anche sulla schiena della ragazza, ora. Stava scendendo con le mani lungo quel corpo perfetto quando…RRRRRRRING!

Il campanello interruppe tutta l’atmosfera che si era venuta a creare. Come se una sveglia avesse trillato per svegliarla, Hermione aprì gli occhi e si accorse di avere il vestito praticamente a metà del petto. In fretta se lo tirò su e lo risistemò meglio che poté. Sasha sbuffò stufato dell’interruzione. Afferrò la camicia a terra e se la infilò senza tante cerimonie. Ancora con l’abito sbottonato si diresse all’ingresso dell’appartamento. Aprì la porta e quasi non poté credere ai suoi occhi.

“Signor Hook, buonasera. Le chiedo scusa del disturbo, ma so che Hermione Granger si trova qui” Ron si mise sull’attenti e salutò il suo superiore. Sasha era senza parole. Come osava presentarsi lì dopo quello che era successo? A bocca spalancata vide un sorriso formarsi sul volto del giovane battlemage.

“Posso entrare? Devo parlare con la signorina Granger” con un inchino appena accennato, Ron entrò superando l’uomo sull’ingresso. Sasha chiuse la porta e lo seguì fino in salotto. Inutile dire che Hermione fu sorpresa di vederlo lì. Anche Ron notò il suo imbarazzo. Forse era arrivato appena in tempo. Esaminò il salotto. Luce e musica soffusa. Tutte quelle candele. Si girò verso Hermione.

“Hermione, Ginny è stata dimessa. Devi portare Eve a casa Malfoy quanto prima. Subito se è possibile” Hermione balbettò qualcosa.

“Sì, certo… io, la porto subito…scusa Sasha, ma devo proprio andare. Grazie comunque per la serata” la ragazza andò nella stanza accanto a prendere Eve. Nel salotto rimasero solo loro due.

“Weasley, che diavolo vuoi? Non ti è bastata la lezione di prima?” Ron si girò verso l’uomo. Il suo sguardo era rimasto rapito dalla bellezza di Hermione.

“Lezione? Intendi il pugno? Certo, anzi, è stato proprio quello che mi ha aiutato” Hermione tornò in salotto con la bimba addormentata fra le braccia. Reggeva una pesante borsa da prima infanzia a tracolla. Ron le si avvicinò e prese la borsa, così da alleggerirla.

“Grazie…” disse lei. Era sorpresa di vedere quell’atteggiamento nei suoi confronti da parte di Ron. Era…diverso. Sembrava un’altra persona in quel momento.

“Di nulla. Se non ti aiuto in queste piccole cose, come potrò aiutarti nella nostra vita insieme?” Hermione lo guardò a bocca aperta. Dal calore che provava sul viso era probabilmente arrossita.

“V-vita insieme… Ron, ma che…”

“Avanti. Noi siamo fidanzati, giusto? Anche se abbiamo litigato ultimamente, quale coppia non lo fa ogni tanto? E poi è stata principalmente colpa mia, quindi ne approfitto per chiederti scusa. Sono stato un insensibile” si inchinò piegando la schiena in segno di pentimento. Subito tornò retto sui piedi e sorridente “Bhè, ora possiamo andare da Ginny. Signor Hook, grazie per l’ospitalità. Ci vediamo lunedì in ufficio” salutò con il saluto dei battlemage Sasha e trascinò Hermione fuori da quell’appartamento. Sasha sentì la porta chiudersi. La musica continuava a riempire la stanza. Senza quella probabilmente si sarebbero sentite le lancette dell’orologio ticchettare forte come dei tuoni. Se ne era andata. Con Ron, per giunta. Non aveva fatto in tempo ad accorgersene che erano spariti da sotto il suo naso. Non sarebbe finita certo lì! Si infilò rapido le scarpe e parti spedito al loro inseguimento. L’avrebbe fatta pagare cara a Ron. Carissima. Non fece in tempo ad aprire la porta, che si ritrovò Ron davanti. Sorrideva e lanciava per aria e riafferrava, come se fosse una monetina, una delle candele che Sasha aveva in casa. Probabilmente l’aveva presa di nascosto prima di uscire. Sasha rimase sbalordito nuovamente di vederlo ancora lì davanti a lui, e ancora non parlò per la sorpresa, ma Ron lo sostituì volentieri.

“Sorpreso? Volevo solo farti sapere che ora Hermione ed io stiamo di nuovo insieme, anche se in realtà non c’eravamo mai separati. Per quel pugno…bhè, dopotutto siamo pari. Anche io ti ho colpito. Non aveva intenzione di colpirti di nuovo… fino ad un attimo fa!” con forza Ron tirò un calcio in pieno petto a Sasha. Lui volò indietro e cadde sul pavimento del suo appartamento. Emise alcuni lamenti di dolore e si tastò il petto con entrambe le mani. Ron entrò di nuovo e gli lanciò la candela accanto. Sul fondo della candela era visibile la scritta “Candele del piacere”.

“Giuro che non ti avrei mai colpito di nuovo, ma ho scoperto il tuo trucco, figlio di puttana… le candele” Sasha si mise a sedere per terra. Ancora respirava a fatica.

“La scritta sul fondo. Utilizzare certi mezzi per inibire i sensi delle ragazze per portarsele a letto… mi fai davvero schifo. Ma soprattutto mi fai pena. E rabbia. Tanta rabbia” il rosso fissava Sasha con occhi di fuoco. Sembravano emettere scintille mirate a bruciare l’uomo a terra.

“Ma ora siamo pari. Ultima cosa: se tenti solo di pensare, ma che dico pensare, uno come te non può pensare, molto meglio dire immaginare Hermione o chiunque dei miei amici, giuro che accetterò con piacere una gita ad Azkaban per i prossimi dodici anni pur di farti fuori io stesso” l’espressione di Ron tornò normale e sorridente.

“Buona serata. Spero che tu non te la sia presa troppo” e con questo se ne andò definitivamente.

*****

“Ron, non sei neanche capace di farti il nodo all cravatta. Lascia stare, ci penso io” Hermione prese le estremità della cravatta e cominciò ad intrecciarle con precisione. Ron stava fermo immobile con la testa rivolta verso l’alto. Sentiva le mani di lei scivolare fra il suo collo e la stoffa di seta. Quel dolce tocco era impagabile. Sentire che qualcuno si prende cura di te. Che per qualcuno tu sei qualcosa, che non sei solo. E quel qualcuno è la ragazza che ami più di te stesso… Cos’era per lui Hermione? Hermione era…era fumo. Sì, fumo. Come il fumo, lei, dolce e sensuale. Lo aspiri una volta e ne vuoi sempre di più. Una droga di cui non puoi fare a meno. Un fumo che ti copre la vista. Non vedi nient’altro che lei, ovunque e per forza. Ma non soffri per questo, anzi, sei contento di essere avvolto da quella inebriante nebbia. Perché lei ti inebria, il suo odore. Ti toglie il fiato, il respiro. Ti porta quasi alla morte con lei, ma sei contento di andartene così. Fra le sue braccia. Fra il suo corpo…Hermione.

“Ecco, fatto. Proprio come a scuola, ti ricordi?” chiese Hermione allontanandosi da lui a guardandolo per intero. Vestito in smoking Ron era uno splendore. Diverso dal solito, ma affascinante. Cos’era per lei Ron? Era… il fuoco. Il fuoco che si era acceso in lei dopo averlo conosciuto. Il fuoco che ti brucia l’anima, che ti circonda, ti protegge. Una fiamma perenne che le illumina la strada da seguire. Che la aiuta quando è sola, abbandonata nel mare della vita. Un fuoco che ti spinge ad agire prima che ti possa scottare. Brucia la razionalità ed alimenta l’istinto. Perché lui sfavilla accanto a lei, come un angelo brillante. Così bello che quasi ti uccide, ma sei contenta di morire così. Nelle sue spire infuocate. Fra il suo calore…Ron.

“Devo ammettere che vestito così sono veramente un figo” spostò lo sguardo su Hermione “Ma quasi scompaio accanto a questa stupenda ragazza” Hermione gli sorrise e si avvicinò a lui. Lo prese per il colletto e avvicinò le loro labbra.

“Amo questi baci improvvisi. Potrei continuarli all’infinito…” Hermione si allontanò.

“No Ron. Dobbiamo andare. Siamo già in ritardo” disse guardando l’orologio. In quel momento le campane iniziarono a suonare “Ecco, senti. La cerimonia sta per iniziare. Forza muoviamoci”

Ron annuì con il capo, anche se avrebbe continuato volentieri quel bacio. Afferrò l’orologio e lo allacciò in un attimo. Si guardò un momento intorno, smarrito.

“Herm, hai visto la mia bacchetta? Non la vedo” Hermione, che era già sulla porta pronta ad andarsene, rientrò nella stanza alzando gli occhi al cielo. Spostò qua e la un po’ dei vestiti sul letto ed infine trovò la bacchetta del ragazzo.

“Eccola. Tieni, e poi sbrighiamoci” gliela lanciò. Ron l’afferrò al volo e se la mise in tasca. O almeno, quella era la sua intenzione, ma qualcosa nelle tasche non gli permetteva di infilargliela.

“Aspetta Herm. C’è qualcosa…” ora Hermione era veramente scocciata.

“Senti Ron, le campane hanno già finito di suonare. Ci perderemo tutto il matrimonio se non ti muovi e poi…” Ron, mentre Hermione lo incitava a darsi una mossa, aveva estratto il misterioso oggetto che stava nella tasca. Un piccolo pacchetto con un fiocco azzurro stava stretto fra le mani di Ron. Il regalo di Natale per Hermione! Se l’era proprio scordato. L’aveva infilato nei pantaloni e… ma dopotutto quelli erano i “pantaloni della festa”. Li utilizzava si e no due volta all’anno. E con il matrimonio di Draco e Ginny le volte erano salite a tre.

“Per chi è quello?” chiese Hermione sospettosa. Ron era assalito dai dubbi. Cosa doveva fare? Sì, era per lei, ma era in quella tasca da Natale, poteva essere più un offesa che un regalo.

“Presumo sia per qualcuno di importante, visto che non me lo vuoi dire. Certo, c’era da immaginarselo da uno come te” Hermione si stava arrabbiando. Era chiaro che si arrabbiasse. Ron cercò di spiegare.

“No, Herm, non è come sembra…cavoli, ascolta è stato l’inverno scorso… a natale…io, mi sono scordato, sai con il fatto che eravamo finalmente fidanzati…”

“Ascolta Ron, non voglio sapere nulla dei tuoi intrecci amorosi prima di me! Non me ne frega nulla! Fai quello che ti pare! E vedi di muoverti!” stava uscendo dalla stanza per raggiungere il luogo della cerimonia. Ron non poteva permetterlo. L’aveva quasi persa una volta non poteva rischiare ancora. Corse in avanti la superò e gli si inginocchiò di fronte. Allungò il pacchettino verso di lei, guardandola negli occhi.

“Tieni, è per te. Scusami se non te l’ho dato quando dovevo. Sono un idiota, ho sbagliato, lo so. Ma ti prego non lasciarmi ancora”

Hermione, sorpresa dal gesto del ragazzo, si fermò. Lo fisso negli occhi. Poi il suo sguardo tornò uguale a prima.

“Sei un po’ patetico quando ti inventi certe cose, Ron. E sei ancora più patetico quando pensi di risolverle i tuoi problemi in questo modo. Ora è meglio che raggiungiamo gli altri prima che sia tardi” lo superò scartandolo di lato e scese i primi gradini delle scale. Ron era allibito. Per una volta che non usava trucchi o menzogne. Lui che l’amava più di qualsiasi altra cosa la mondo, la stava perdendo ancora. Non poteva permetterlo. Non ancora. L’avrebbe legata a se per sempre. Non doveva perderla, perché lei era la sua dolce Hermione. Pensarla lontana da se equivaleva a morire in solitudine.

“Vuoi sposarmi?” quelle due fatidiche parole uscirono dalla bocca di Ron. Lentamente si alzò e scartò il pacchetto. Aprì la scatolina nera e prese l’anello dalla custodia. Era un anello dorato con un prezioso zeffiro al centro. Arrivò alle spalle di Hermione, a metà del secondo gradino. Era ancora girata dopo aver sentito la domanda di Ron. Il suo cuore stava vagando qua e là per tutto il suo corpo, ma la gola sembrava il posto migliore per lui in quel momento. Quando la mano di lui le sfiorò la spalla si girò di scatto, pronta a rispondergli per le rime dopo quell’ultima presa in giro. Ma non ne ebbe la forza. Ron si era nuovamente inginocchiato davanti a lei, le aveva preso la mano e, lentamente, le aveva infilato l’anello al dito baciandole dolcemente il dorso. Gli sguardi dei due si incrociarono e, mentre quello di lei tradiva incertezza e sgomento, quello di Ron era sicuro e deciso come poche volte lo era stato in vita sua.

“Hermione Granger, vuoi essere mia moglie?” Ron non distolse per un attimo gli occhi da quelli di lei. Hermione aveva cominciato ad ansimare. La tensione era troppa.

“Io…io…Ron, io…n-non so…non so cosa dire…io…”

“Dì solo “Sì, Ron. Lo voglio”. Fallo e farai di me la persona più felice del mondo” sorrise Ron, tenendo ancora stretta la mano della ragazza fra le sue.

“Io…sì, Ron…io lo voglio…lo voglio, Ron. Sì, Ron. Sì, sì, sì, sì!” quasi gridò e si buttò fra le braccia del ragazzo. Lui, tornato in piedi, la afferrò a la strinse a se teneramente. Era fatta. L’aveva detto, e lei aveva accettato. Era felice. Felice sopra ogni cosa. Le lacrime di Hermione gli avevano bagnato il volto e scorrevano ancora copiose dalla gioia. I suoi singhiozzi erano un misto di eccitazione e felicità. Si ritrovarono faccia a faccia. Si baciarono. Ancora. E poi ancora. Tanti baci tante labbra che si incontravano per trasmettere il loro amore.

Ron cadde di schiena sul letto. A forza di baciarsi erano tornati dentro la camera. Hermione gli fu subito sopra. Gli passò una mano sul petto, lentamente, slacciando i bottoni della camicia. Ron allungò le sue sulla schiena della ragazza e abbassò la zip del suo vestito.

“Guarda che siamo già in ritardo… non credo che ci aspetteranno…” disse Ron senza fiato.

“Ci aspetteranno, se non lo faranno… pazienza”

 

“Ma dove diavolo sono quei due!” Molly Weasley era fuori di se. Era ormai mezz’ora che aspettavano l’arrivo di Ron ed Hermione. Ed era da circa mezz’ora che la signora Weasley sbraitava a destra e a manca.

“Irresponsabili… proprio oggi, con il matrimonio… mai mi sarei aspettata una cosa del genere, mai…” Ginny si alzò dalla sedia dove ciondolava stancamente le gambe e si avvicinò alla madre.

“Dai mamma. Siediti, stai calma. Sono sicura che stanno arrivando” ma la signora Weasley non pareva ascoltarla.

“Mi meraviglio di Hermione. Ron, lo sappiamo come è fatto… ma Hermione… non ho parole…”

Draco aveva iniziato una partita a carte dei maghi con i gemelli, Charlie e Bill. Nonostante tutto quella agitazione, Draco era fra i più tranquilli di tutti. Richiamò l’attenzione di Ginny e le parlò sottovoce.

“porta tua madre dai genitori di Hermione, dentro il gazebo. Così almeno si distrae un po’. E poi smette di lamentarsi senza sosta!” Ginny gli lanciò un occhiata densa di significato. Poteva essere un “ D’accordo, ma mia madre non si lamenta senza sosta!”. In tutti i modi Ginny acompagno la madre nel gazebo dove era stata allestita una chiesa all’aperto. Draco tirò un sospiro di sollievo.

“Allora? Chi è di mazzo?” nessuno fece in tempo a rispondergli che Ron comparve poco distante da loro. Il suo smoking era stropicciato in alcuni punti. La camicia e la giacca erano allacciate male, e la cravatta sembrava essere stata annodata da un marinaio ubriaco. Bill si alzò in piedi e corse verso il fratello appena arrivato.

“Ron sempre meglio tardi che mai, eh? Ma come ti sei combinato… di un po’, ma tu non sai dov’è Hermione, vero?” gli chiese malizioso Bill mentre gli stava riallacciando bene la giacca.

“Hermione? Mah, io non l’ho vista… davvero!”

“Sì, certo. Hai avuto un incidente con un sarto che ti ha tirato una maledizione mentre venivi in qua? Chissà come mai sei vestito così alla rinfusa…” ridacchiarono i gemelli raccogliendo le loro carte dal tavolo. Draco sospirò sonoramente e si alzò in piedi.

“Non è carino far aspettare tutta questa gente. Tua madre sta già dando di matto, sai? Avanti diamoci una mossa, altrimenti gli invitati se ne vanno tutti”

Su consiglio di Draco, appena Ron fu in ordine, corsero tutti verso la piccola cappella all’aperto. Tutti i ragazzi si sistemarono vicino all’altare in trepidante attesa. Le occhiate della platea sembrarono trafiggere Ron, ma mai come quelle del prete che gli rivolse un sorriso stiracchiato. Draco gli parlò all’orecchio.

“Credo che non abbino preso molto bene la tua scappatella improvvisa. Alcuni mi sembrano proprio incazzati… guarda tua madre!” Draco indicò con un cenno della testa Molly. La signora Weasley guardava Ron con occhi furenti. Ron stiracchiò il labbro ed accennò un saluto nella sua direzione. In un qualche modo la madre gli rispose, sbollendo parte della rabbia. Acanto a lei Arthur Weasley sembrava ridersela sotto i baffi.

Papà è sempre papà pensò Ron. Vicino a suo padre vi era la signora Granger. Pur non guardandolo direttamente, parlottava con Arthur ridendo. Almeno lei non sembrava arrabbiata. Ron avrebbe continuato lo scrutamento di tutti gli ospiti, non molti a dire il vero, ma una musica solenne risuonò nell’aria. La marcia nuziale ruppe il brusio di voci che si era venuto a creare. La musica proseguiva potente e forte, così che tutti la sentissero bene. Poi la sposa comparve in fondo al corridoio fra le panche. Hermione, a braccetto con il padre, percorse la pedana rossa fino a raggiungere l’altare, dove lasciò il braccio della figlia per cederlo a Ron. Assieme ad un’occhiataccia. Ron non gli badò. L’eccitazione del momento era troppa. Hermione gli sorrideva in quel bell’abito bianco. Senza veli o strascichi. Molto semplice, ma di una bellezza disarmante. Il velo leggero incastrato fra le trecce dei capelli era la parte migliore di tutto l’insieme. Lei si avvicinò con l’intenzione di baciarlo, lui non fu da meno.

“Ah-Ehm… se siete così gentili da aspettare, questa volta, la fine della cerimonia ve ne sarei grato” il prete si intromise con un colpo di tosse invitandoli ad inginocchiarsi.

“Sì…ci scusi…” disse lei.

“Chiedo scusa…” disse lui.

Entrambi si inginocchiarono tenendosi per mano. La bocca del prete si aprì in un sorriso e cominciò a recitare la funzione.

“Cari fratelli e sorelle siamo oggi qui riuniti per celebrare l’unione di questi due giovani ragazzi nel sacro ed eterno vincolo del matrimonio…”

*****

Scivolò lungo il condotto di scarico dei rifiuti. Atterrò rovinosamente in una pozza d’acqua. Dietro di lui due tizi lo raggiunsero assieme ad un grosso ragno da loro evocato.

“E’ in trappola! L’abbiamo ferito, avanti! E’ nostro questa volta!”

L’ombra scivolò all’indietro con una capriola e subito fu pronta a combattere. Alzo la bacchetta pronta a recitare la sua formula più letale.

Aboleo Spiritus” il fumo bianco uscì dalla bocca del primo mangiamorte. Poi, una volta secco e vuoto, cadde a terra frantumandosi come un bicchiere di vetro.

“Fuori uno…” biascicò l’ombra. Le forze cominciavano a scomparire. Le avevano teso un agguato. Ne era uscita viva, ma si era dovuta infilare nei condotti fognari per scappare dalla maggior parte di loro. Una volta finita qui li avrebbe cercati e gliela avrebbe fatta pagare. Fino all’ultimo.

Si nascose dietro ad un muro lungo il condotto. Aspetto il momento propizio. ZACK!

Con un colpo secco tagliò la gola del secondo mago oscuro prima che se ne accorgesse. Il corpo morto cadde a terra con troppo rumore. Il ragno evocato lo sentì e subito gli fu addosso. Non poteva combattere il ragno con un pugnale. Otto braccia contro due. E poi non ne aveva le forze. Corse via, inseguito dal mostro più forte che poté. Raggiunse una pozza dove confluivano tutti i condotti. Una grande faccia di pietra osservava l’acqua davanti a se. La sua bocca era spalancata in un grido silenzioso. Era un passaggio, quella bocca.

L’ombra attraversò la pozza e raggiunse il buco. Ci entrò sempre con il ragno alle calcagna. Con un balzo anche il ragno entrò nello stretto cunicolo. Pochi rumori concitati di combattimento e subito, come sparata da un razzo, l’ombra uscì e si schiantò in acqua. Riemerse in un attimo e puntò la bacchetta verso la bocca di pietra.

Sigillum!” la bocca si chiuse con uno scatto proprio mentre il ragno cercava di uscire. Con un grido acuto il ragno morì. Il suo sangue verdastro si sparse lungo le labbra di pietra. Il volto sembrò sorridere soddisfatto di quel pasto inaspettato. Ancora annaspando l’ombra raggiunse il bordo della vasca e si issò all’asciutto. Respirò a fondo per un bel po’ prima di ritornare a respirare normalmente. Le sembrava di aver visto qualcosa sul fondo della pozza. Un mostro addormentato? Con tutta quella confusione si sarebbe dovuto svegliare. Decise di indagare. Sollevò la bacchetta e pronunciò una formula complicata. Le acque si aprirono davanti a lei come tagliate da un coltello. Sul fondo vide sì un mostro, ma solo il cadavere. Un basilisco adulto. Raggiunse il fondo della vasca. Sorrise sotto il cappuccio. Un alleato asservito totalmente a se era proprio quello che ci voleva. Frugò nelle tasche ed estrasse una piccola fiala contente un liquido bianco. La stappò ed il liquido si rivelò essere un gas denso.

Alzò la bacchetta e pronunciò altre complicate formule. Il gas candido vagò un po’ per l’aria per poi infilarsi nelle narici e nella bocca del mostro. L’ombra concluse l’incantesimo. Silenzio per un lungo attimo. Il basilisco aprì gli occhi ed emise un grido strozzato.

“Bentornato mio servitore” disse piano l’ombra

D’accordo mi sbrigo così pubblico. Anche se sto capitolo non mi convince granchè: Ice, ok dopo che siamo chiariti tutto a posto, giusto? Ora che tu sai…. Che ne pensi…?J; Eli e Kia, Ron puro e casto? Ma che è? Stiamo scherzando? Ron è uno sborone di merda! E lo mostra bene!J; Sunny, certo che qui Ron cambia un po’, eh? Fede al dito e arrivederci, chi lo sente più?J; Maichy, ma a molti è piaciuta l’idea di Giulia vedo. Bene, se pensi che l’ho avuta al momento non è male… sono contentoJ; Ci, speriamo di no! Giulia, un personaggio nato un mezzo secondo e dal successo sconvolgente! Non ho parole!J; Mikisainkeiko, come vedi va tutto bene! Anche troppo. Ma non vi preoccupate nei prossimi capitoli… Si balla!!!!!!!!!; Mikan, se vuoi faccio scontrare Ron e Lupin quando questo è Lupo mannaro. Sono sicuro che il pezzo più grande che troviamo di Ron è come un francobollo!; Kiak, mia dolce pulzella! Honey vuol dire Honey ( dolcezza, zucchero in senso affettuoso. Ma non fai inglese?) Aspetto altre barzellette!!! Vuoi sapere perché mi butto nel vulcano e ti salvo? Potrei scriverci una mini fic…. Fammi sapere!!! Ciao Honey!!J; Ale chan, ma tua fai una fic! Non sta a te valutare ma a noi recensionisti. E poi se non provi non puoi saperlo!!!J; Alexis, quale onore aver la sua persona fra i recensionist J grazie per la recensione!; Keijei, io l’ho detto che Ron è un figo!! (Su mia immagine e somiglianza dopotutto…J); Giuggy, ehi un’altra minaccia di morte! E’ da tanto che non ne avevo grazie! Come vedi si è sistemato tutto!!!!!!; Serena, a parte tutto, scherzi vero??? Io sennò tristeLL.

 

Gente ore 21:22 (ritardo di un ora e mezza… mortacci…)

 

See you again!!!!!!

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Capitolo 24
*** 1° Settembre ***


Le automobili del ministero arrivarono tutte puntuali

Nuvole in cielo lo macchiavano e lo incupivano. Un vento pungente sferzava per tutta Londra, come un fiume di aria che senza tregua sferza cose e persone.

Le automobili del ministero arrivarono tutte puntuali. Alle dieci e mezza erano già tutti al binario 9 ¾  della stazione di King’s Cross. Una trentina di uomini in divisa era, chi seduto chi in piedi, in attesa. Un’attesa snervante. Il vecchio espresso per Hogsmade era immobile sui binari freddi. Sembrava un treno fantasma da quanto era sporco e buio. In quegli anni i suoi bei colori brillanti erano stati coperti da strati di fango, polvere e sporcizia di vario genere.

Piton sembrava stranamente euforico. Era eccitato all’idea di tornare ad Hogwarts. Camminava avanti e indietro lungo la banchina ripetendo fra se e se parole a bassa voce. Ogni tanto controllava qualcosa nella sacca che portava a tracolla. Annuiva e riprendeva la sua marcia.

Lupin, invece, era preoccupato. Preoccupato per la sera. La luna quella notte sarebbe stata piena. Non sapeva bene quando sarebbero usciti di lì, ma voleva evitare di rischiare di “trasformarsi”, quello era il termine più giusto, in un problema invece che rimanere un valido alleato. Era difficile non pensarci, anche se Sirius gli aveva assicurato che avrebbe protetto lui gli altri nel caso la mutazione in licantropo lo mandasse fuori di testa. Il cane nero stava seduto come una sfinge con la testa poggiata sulle zampe anteriori. Ogni tanto sbadigliava annoiato.

Anche Draco pareva agitato. Stava seduto su una panchina al centro della banchina. Le sue gambe si muovevano convulsamente come quando veniva interrogato ad Hogwarts da qualche professore. Pensava a Ginny. E ad Eve. Ora che era lì, pronto per partire, non se la sentiva di lasciarle sole. Quello era il suo più grande terrore. Lasciarle, abbandonarle. Per sempre. Non era una missione facile. Per niente. Dentro il castello di Hogwarts si nascondeva Voldemort. Non un mago qualsiasi, il Signore Oscuro. Se non tornava dalla sua famiglia, se non le vedeva di nuovo… era terrorizzato all’idea. Non voleva perdere tutto questo proprio ora. Non ora che lo aveva guadagnato così faticosamente. Non voleva andarsene così presto, voleva vivere ancora con le sue “ragazze”. Sentì un tocco leggero sulla spalla. Hermione gli si era seduta accanto e lo aveva circondato con un braccio. Sembrava aver capito il suo complicato stato d’animo.

“Non ti preoccupare Draco. Pensala così, domani sarà tutto finito. E’ solo per un giorno”

“Grazie Hermione. Vedrò di pensarci il meno possibile” gli disse Draco con un sorriso spontaneo. Di rimando anche la ragazza sorrise e gli diede una pacca sulla spalla. Si alzò e lo guardò dall’alto in basso.

“Forza Malfoy. Non vorrai rimanere a piangere su te stesso. Si torna a scuola, hai fatto tutti i compiti?” chiese sarcasticamente Hermione. Draco si mise in piedi di fronte a lei.

“Perché Granger? Credi che una come te possa superare la bravura e abilità di un Malfoy?” disse un tono pomposo Draco prendendosi  in giro da solo. Gli sembrava di tornare indietro nel tempo quando durante il viaggio di andata ad Hogwarts andava a punzecchiare Ron, Hermione ed Harry.

“Ehi, Malfoy, lasciala stare! Vedi di tornare nella tua carrozza!” intervenne Ron mettendosi fra la ragazza e Draco.

“Certo Weasley. Io tutti i pezzenti li lascio da soli, non ti pr…Ah ah ah! Non ce la faccio! E’ ridicolo! Ma davvero dicevo queste cose?” anche gli altri due si misero a ridere. Incredibile come era cambiato Draco. Dall’odioso Draco scolastico era uscito un ragazzo che sembrava il suo esatto alter ego. Era normale che Ginny si fosse innamorata di lui.

“Mi sono perso qualcosa di divertente?” la voce matura del vecchio preside li riportò alla realtà e li fece smettere di ridere a crepapelle. Silente si avvicinò ai tre con le labbra increspate in un sorriso, appena visibile sotto la sua folta barba.

“Parlavamo dei vecchi tempi. Quando eravamo ancora studenti” disse Ron asciugandosi le lacrime agli occhi.

“Vecchi tempi? Ma avete appena diciotto anni! Se voi parlate dei vecchi tempi io di che dovrei parlare?” chiese Silente. Ron boccheggiò indeciso se chiedere scusa per avere usato certi termini con uno che avrà avuto sicuramente più di cento anni. Il suo boccheggiare non fece altro che far esplodere un’altra risata generale a cui si accodò quando vide che anche Silente rideva di gusto.

“Siete preoccupati?” chiese d’un tratto il preside riportando la discussione nella serietà. I tre annuirono con la testa.

“Sì. Sono… non lo so. Ma tornare ad Hogwarts dopo quello che è successo… non lo so, davvero. Sicuramente non lo faccio con gioia, ma qualcuno deve pur farlo, no?”

“Sono d’accordo con Ron” disse Hermione “Credo che la paura per noi tutti sia di perdere quello che finalmente ora abbiamo” lanciò un’occhiata al marito, che rispose di rimando con lo stesso sguardo. Paura di perdersi.

“E tu Draco?” Silente si voltò verso il ragazzo biondo.

“Io ho paura, signore” gli altri lo guardarono sorpresi “Ho paura. Paura per Ginny. Paura per Eve. Paura di morire e non vederle mai più. La sola idea mi terrorizza,  mi fa tremare, mi distrugge il cervello. Ed ho paura perché io… non ho mai paura. Non ne ho mai avuta così tanta in vita mia”

Il sentire dire da Draco stesso quelle parole lasciò i tre sbalorditi. Draco Malfoy aveva paura. Non l’aveva mai dato a vedere, ma ora l’aveva ammesso su due piedi. Così, come se fosse la cosa più normale del mondo. Draco era davvero cambiato. Era maturato molto ed aveva fatto le sue scelte di vita. Ed aveva scelto bene, per fortuna.

Hermione gli si avvicinò e lo abbracciò forte. Non era un abbraccio d’amore. Era l’abbraccio di una mamma. Qualcosa che Draco non aveva mai avuto realmente. Pur avendo gli occhi lucidi, si svegliò da quel suo stato d’animo. Sorrise flebilmente.

“D’accordo, adesso basta pensare a cose negative. Torniamo a scuola!” quasi gridò ed alzò le braccia i tono entusiasta. Come se tutto fosse stato programmato come nel copione di un film, il treno accese le sue luci ed emise uno sbuffo di vapore seguito da una suono acuto. L’espresso stava per partire.

In fretta gli uomini salirono sul treno assieme agli altri soldati ed al preside Silente. Presero posizione in varie carrozze. A causa del lungo tempo di inutilizzo anche gli interni lasciavano molto a desiderare. Oltre a polvere ovunque, erano anche danneggiati in alcuni punti. Poco attenti a questi dettagli, dopo circa un quarto d’ora il treno partì. Alle undici in punto.

*****

I vagoni correvano pigri sui binari umidi e freddi. Pioggia che scendeva, ormai, da qualche ora, senza tregua. L’acqua rigava i vetri dei finestrini del treno, come fiumi disegnati distrattamente sulle cartine geografiche. Correvano uniformi, per poi incresparsi nelle curve più strette del convoglio di acciaio. Ma erano tristi. In quel giorno, anche il cielo piangeva. Un panico silenzioso, letale come un fumo tossico, aveva avvolto tutti i vagoni dell’espresso. Se la morte avesse fatto visita, si sarebbe ritirata impaurita dalla freddezza di quel luogo. Hogwarts era sempre più vicina. Il momento di combattere si stava inesorabilmente avvicinando.

Hermione era stretta fra le possenti braccia di Ron, la testa poggiata contro il suo petto. L’abbraccio del ragazzo la proteggeva e la avvolgeva con amore e dolcezza, mentre affondava il viso nei suoi capelli bruni. Il dondolare del treno li cullava in quell’unione silenziosa. Sospiri. Respiri. Fruscii di vestiti, l’uno contro l’altro. Piccoli movimenti, impercettibili, per non rovinare quel momento quasi sacro. La mano del cuore di ognuno si intrecciò con l’altra. Le dita sottili di lei avvolsero quelle decise di lui, unite in una cosa sola. Lo sguardo rilassato ma nello stesso tempo sofferente dei due si perse nel cielo plumbeo carico di pioggia che severa bagnava senza distinzione alcuna terra, acqua, persone.

Hermione si strinse di più all’amato. Ron le baciò affettuosamente la nuca e la cinse più vicino a se, con il braccio attorno alla vita. Entrambi avrebbero voluto che il tempo si fermasse in quel momento. In quel secondo. In quel minuscolo ed insignificante attimo di eternità. Un sogno irrealizzabile. Impossibile, quasi impensabile. La voce di Morfeo ebbe la meglio su i due giovani sposi. Un sonno senza sogni. O troppo complicati da ricordare. Troppo… sognanti. Troppo vaghi, incerti, insicuri. Non era il momento dei sogni. Era il momento della verità. E quel momento era appena arrivato.

Una scossa energica svegliò Ron dal suo riposo. Dopo un primo momento di disorientamento, ricordò dov’era e perché era lì. Draco aveva ancora la mano sulla sua spalla.

“Siamo arrivati. E’ ora di scendere”

Ron annuì con il capo e sbatté un po’ gli occhi per abituarli alla, seppur scarsa, luce. Il tempo non era migliorato. La pioggia scendeva meno fitta ma continuava a flagellare la terra.

Svegliò Hermione con un bacio sulla guancia. Lei sorrise con ancora gli occhi chiusi. Sapeva chi l’aveva svegliata ed era contenta di trovarsi fra le sue braccia. Furono gli ultimi a scendere dall’espresso. Ad Hermione mancò il saluto di Hagrid che era abituata a ricevere al suo arrivo ad Hogwarts. Chissà come stava il mezzogigante, ora. Era da anni che non lo vedeva. Probabilmente era ancora in giro per le montagne scozzesi con Madame Maxime a cercare di allearsi con quanti più giganti possibili. Anche se Voldemort non era più presente, il problema dei mangiamorte lo era eccome. Ed era un problema serio. Soprattutto se avevano dalla loro parte giganti, dissennatori ed altri mostri terrificanti. Con la scomparsa definitiva di Lucius Malfoy, però, il problema dei seguaci di Voldemort si era notevolmente ridotto. La paura di finire come quest’ultimo, con l’anima strappata e fatto a pezzi da uno spirito della morte aveva spinto molti maghi oscuri a defilarsi per un po’ di tempo. Al momento la situazione era tranquilla. Ma solo al momento.

Il vento sferzava i volti dei presenti sulla banchina della fermata del treno. Bene o male si coprirono tutti con mantelli con cappuccio o semplici tabarri di lana. Trovato un punto coperto Lupin parlò alla truppa.

“Bene, ci siamo. Se tutto va come deve andare le carrozze trainate da cavalli invisibili ci scorteranno dentro il perimetro di Hogwarts. Avremo tempo fino a mezzanotte per ispezionare il castello. Non voglio rischiare che la barriera si chiuda intrappolando qualcuno di noi, piuttosto usciamo prima anche se la missione non è terminata. Ora sono le ore…sette e dieci, abbiamo meno di cinque ore per svolgere al meglio il Piano H. Il nostro lavoro dovrà essere preciso ma rapido. Mi raccomando” si schiarì ancora la voce e continuò “Ora, sappiate che siete sotto silenzio militare. Quello che vedrete e che succederà non dovrà mai, e dico mai, essere riferito a nessun altro, salvo mia autorizzazione. Quindi, Sirius, procedi pure”

A quelle parole molti soldati si allontanarono spaventati da Lupin. Il cane nero ai suoi piedi si trasformò fino ad assumere forma umana. Un grosso ed alto uomo dai capelli ed il pizzetto neri. Aveva indosso una coreana dal collo alto e dei pantaloni di pelle in abbinamento con gli stivali alti fino al ginocchio. Un bel mantello dall’ampio collo completavano l’insieme. Tutti i capi erano rigorosamente neri.

“Ma…è Sirius Black!” gridò una voce fra la folla. Lo sgomento e la paura si fecero breccia fra i cuori coraggiosi di quei battlemage.

“So che è difficile crederlo con le voci che girano sul suo conto, e troppo lungo e complicato da spiegare, ma vi prego di fidarvi di lui come si fidano di lui i soldati Granger, Malfoy e Weasley. E come ci fidiamo Silente, Piton e io stesso. Lui non è colpevole dei crimini di cui è accusato. E’ dura da credere, ma vi prego di trattare Sirius Black come trattereste me. Se la missione verrà compromessa da un vostro comportamento scorretto, pagherete in prima persona tutte le conseguenze del caso. E per mano mia” con questo Remus zittì tutti i mormorii ed ottenne la completa attenzione “E’ chiaro?”

“Sissignore!” risposero come un sol uomo i battlemage facendo battere i tacchi degli stivali. Velocemente si defilarono tutti verso le carrozze, ma Sirius trattenne i suoi amici ancora un attimo.

“Grazie ragazzi, per me vuol dire molto partecipare a questa missione. Io e Voldemort abbiamo ancora un conto in sospeso. Mi sono allenato per questo mi sono preparato allo scontro da quando è morto Harry. Ho vagato per il mondo per più di un anno… ed infine ce l’ho fatta. Ho scoperto un nuovo potere da sfruttare. Ed ora lo voglio condividere con voi. Draco, passami il tuo chackram” Draco sfoderò l’arma con un guizzò della mano e la porse all’uomo in nero. Sirius la afferrò e lo mise fra le sue mani unite come in preghiera. Cominciò a cantilenare parole incomprensibili. D’incanto il chackram si mise a levitare e roteare a mezz’aria. Con gli occhi chiusi, Sirius continuava a parlare in quella strana lingua.. Poi si fermò. L’arma volante si illuminò e fu percorsa da scariche elettriche. Con un gesto veloce Sirius la afferrò e la passò al biondo, ancora con gli occhi spalancati.

“Starei attento a maneggiare quel cerchio ora. Potrebbe essere elettrizzante” ridacchio sommessamente “Ha appena ricevuto la benedizione di Quetzalcoatl. Fanne buon uso” detto ciò ripeté lo stesso rito sulla spada di Ron. Era una spada molto bella e maneggevole. Un regalo di matrimonio da parte di un certo “Felpato”. Anche la piccola balestra a due colpi di Hermione venne colpita dallo spirito elettrico dell’uccello del tuono. Neanche da dire chi gliela regalò. Remus si avvicinò al gruppetto appena Sirius consegnò la balestra ad Hermione.

“Sirius Black, chi sei tu?”

“Sono sempre io, amico mio. Diciamo che ho scelto un’altra specializzazione” e strizzò l’occhio al amico d’infanzia. Remus gli sorrise e lo colpì con una manata sulla spalla.

“D’accordo, ma un giorno dovrai raccontarmi del tuo viaggio. Certo che potevi vestirti in modo un po’ più, come dire, allegro. Il nero, nonostante ti stia bene, non ha contribuito al discorso che ho fatto alla truppa”

“Mi spiace Lunastorta, ma questa è la mia divisa. Non combatto mai una battaglia seria senza questa addosso”

Insieme seguirono gli altri verso le carrozze.

*****

Dopo meno di un quarto d’ora, Hogwarts comparve all’orizzonte. Le carrozze correvano verso il castello in rovina. Dopo tutti quegli anni senza visite il tempo aveva fatto del suo meglio per rovinarlo. Silente deglutì per l’emozione. Stava per tornare. Quella era la sua casa. La sua scuola. Ne era ancora il preside, dopotutto. La carrozza in testa ospitava Draco, Ron, Hermione e il vecchio preside. Avevano raggiunto l’inizio dell’ultimo tratto di strada che li separava dal cancello di Hogwarts e quindi dalla barriera. La cupola scura e semitrasparente era ben visibile. Copriva tutta Hogwarts ed anche un buon pezzo del parco vicino. Ed era sempre più vicina. Le ruote delle carrozze sollevavano schizzi di fango. E l’entrata era sempre più vicina. La vegetazione cresciuta di parecchio in quegli anni strisciava i rami lungo la carovana di carrozze. E il cancello era ormai a due passi. Un passo. Eccolo. L’impatto non fu terribile come lo avevano immaginato. La barriera si comportò come una grande parete elastica. All’impatto si piegò verso l’interno, finché, finalmente, cedette. Con lo squarcio fatto dalla prima, tutte le altre carrozze raggiunsero il giardino davanti all’entrata e si fermarono a semicerchio.

Lupin scese in religioso silenzio, subito seguito da Silente.

“E’ fatta. Ha funzionato…”

“Certo che ha funzionato, ne dubitavi forse?” chiese acido Piton. Superò il gruppo di soldati e salì i primi gradini della scala che conduceva al portone del castello.

“Aspetta Severus. Marceremo compatti. Non vogliamo rischiare che nessuno di noi si ferisca o peggio” intervenne il preside per fermare il professore non-morto. Seppur con poca voglia, Piton si fermò e tornò sui suoi passi. Lupin osservava lo squarcio assieme a Sirius.

“Credo che resterà aperto per molto?”

“No, non credo. Ma penso che possa venire forzato di nuovo. Credo che solo oggi possa essere forzato”

“Eppure Piton per uscire ha detto di aver fatto un buco nella barriera…” disse piano Lupin. Sirius scosse la testa rassegnato.

“Non lo so. A me sembra pulito. Ti ho raccontato della Torre di Londra”

“Sì, sì, mi hai detto quello che è successo. Speriamo di non aver preso un granchio colossale” si allontanò dall’amico e radunò gli uomini.

Draco, Ron ed Hermione stavano vagando con lo sguardo per tutto il castello e per le serre poco distanti. Il parco, il lago, la vecchia capanna di Hagrid. La voce di Sirius li svegliò da quello stato di paresi. Subiti il trio si accodò agli altri. Era tempo di entrare.

*****

“Tu mi hai chiamato con un nome! Tu sai chi sono!” l’ombra aveva sollevato da terra il mago oscuro davanti a se. Attorno ai due una decina di statue di pietra immobili e con espressioni terrorizzati sul volto assistevano allo spettacolo. L’enorme basilisco strisciava minaccioso fra le persone che aveva appena pietrificato. Sibilava soddisfatto del suo lavoro.

“Parla stupido esempio di mago o preferisci finire fra le fauci della mia bestiolina…” il mangiamorte negò con il capo energicamente

“E allora parla feccia di essere vivente! Parla!” gli piantò la bacchetta sotto il mento con fare minaccioso. Il mago oscuro sfruttò la posizione della bacchetta dell’ombra. Troppo distante per difenderla da un attacco preciso. Con un colpo secco della mano disarmò l’ombra e si staccò dalla presa d’acciaio della sua mano. L’ombra non fece in tempo a sorprendersi per l’accaduto che la stessa mano lo colpì duramente nello stomaco. Si piegò in due e si accasciò a terra. Cadde sulle ginocchia, tossendo. Senza esitare il mangiamorte corse via, il più lontano possibile da quell’essere. Girò per molti angoli e per altrettanti corridoi, infine si fermò, contro la parete a riprendere fiato. L’aveva scampata. L’aveva scampata davvero. Non ci poteva credere. Aveva visto in faccia l’ombra ed era riuscito a scamparla. Per un attimo si era tradito chiamandola per nome. Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Errore imperdonabile. Il muro alle sue spalle si sbriciolò ed una mano di acciaio gli cinse il collo strozzandolo. Le punte di quella mano gli avevano aperto numerose ferite. Sollevato a mezz’aria annaspava per respirare. Stringeva con la poca forza rimasta il polso dell’ombra che lo teneva sollevato il più possibile.

“Quindi tu mi hai visto in faccia. Mesi fa, alle serre. Il cappuccio mi era sceso di testa per un attimo. Per questo mi hai chiamato per nome… sai chi sono. Credo che terrai il segreto tutto per te. Io non voglio più sapere chi sono. Io so chi sono!” estrasse il pugnale cesellato e lo passò rapido sugli occhi del mago oscuro. Se avesse avuto aria probabilmente avrebbe urlato per il dolore.

*****

In stretto contatto fra di loro e con le armi estratte il gruppo di battlemage salì le rampe di scale per raggiungere la sala dei banchetti. Non avevano ancora incontrato nessuno, e questo era un bene. Dovevano solo scoprire cosa era successo lì tre anni fa e come rimediare alla cosa. E poi c’era Voldemort. Non era uno degli obiettivi incontrarlo, ma se fosse capitato… sarebbe stato necessario eliminarlo. Il livello di abilità in combattimento dei maghi si era molto alzato da quando il signore oscuro era risorto. E lì era radunato il fior fiore dei battlemage. Senza contare che c’era anche Silente, l’unico in grado di fronteggiare Voldemort anche nella sua prima venuta. Silente era davvero potente.

Arrivarono alle grandi porte della sala da pranzo. I soldati contarono fino a tre e le spalancarono di scatto. Quello che videro fu impressionante. La bellezza di quel salone era stata annientata. Piccole baracche e tende erano sparse ovunque come in un accampamento. Gli stendardi delle quattro casate erano a brandelli, o ancora appesi, o usati come materiale per costruire amache lenzuoli, coperte e altri utensili. Un paio di fuochi erano accesi e illuminavano l’ambiente. Silente si fece strada fra quel campo di profughi e, per la prima volta che i presenti ricordassero, si tolse gli occhiali.

“Mio Dio…” sospirò senza fiato. Una figura sbucò da una tenda e corse verso un’uscita laterale.

“Fermatelo!” gridò Lupin e subito tre battlemage gli furono addosso. Lo presero con forza e lo portarono davanti al loro capo. Remus lo fissò da capo a piedi. Era un uomo magro e basso. Aveva la barba incolta lunga e le vesti quasi a pezzi. I suoi occhi erano… sfregiati, da un taglio recente. Quell’uomo era stato accecato con una ferita sugli occhi. I suoi lunghi e arruffati capelli grigi gli coprivano il resto del volto. L’uomo mugugnò. Lupin gli spostò i capelli dal volto e vide i segni sul collo. Altre ferite fresche.

“Dimmi il tuo nome” ordinò Remus. L’omino mugugnò ancora impaurito.

“Ho detto dimmi il tuo nome. Hai un nome, vero?” l’uomo scosse il capo ciondolando e si accasciò a terra ansimante. Aprì la bocca nella sua direzione. Non aveva la lingua.

“Oh santo Dio…” Remus si chinò e gli afferrò il capo per aiutarlo a non svenire dal dolore. Anche la lingua aveva lasciato il suo posto da poco tempo “Chi ha potuto fare…mio Dio, Severus, vieni qua” Piton si avvicinò a esamino l’uomo come aveva appena fatto Lupin.

“Non può essere che lui. I mangiamorte non trattano così i loro compagni. O vivi o morti. Questa è crudeltà allo stato puro”

“Mettetelo in un letto, o la cosa più simile ad un letto che trovate. Vedete che non stia male. Ci serve vivo e comunque e meglio che lo rimanga, lui l’ha visto” cinque battlemage si allontanarono per prendersi cura del mangiamorte. Era talmente mal messo che non avrebbe potuto arrecare danno. Più che paura faceva pena, in quelle condizioni.

Ron cercava ricordi del suo passato. Il tavolo dei Grinfondoro era ribaltato di lato, usato come muro di una casupola. Non poteva credere a tutto ciò. Il male che si distruggeva da solo. Voldemort che eliminava i suoi alleati. Impensabile…

“Attenzione! E’ un orco, no sono tre!” un battlemage alla porta diede l’allarme appena in tempo. Tre grossi orchi armati di asce bipenni entrarono di prepotenza nella sala e si scagliarono sul piccolo esercito del ministero, sbavando e gridando.

“Usate meno incantesimi possibili! Non rischiate ma non sprecatene!” gridò Lupin prima di prepararsi per la battaglia. Un orco prese di mira Hermione e la caricò con forza. Lei subito reagì.

Voco Lupus!” una nube di fumo e in un attimo davanti alla ragazza stava un lupo inferocito grande quanto una motocicletta. Subito il lupo si gettò contro l’orco e lo azzannò ad un polpaccio. Quello ringhiò per il dolore e diede un calcio alla bestia. Ron lo affiancò subito con la spada in pugno.

“Pronto a combattere orco schifoso. Avanti…” Ron partì all’assalto con una carica. Capite le intenzioni del mostro, si abbassò appena in tempo per evitare un fendente dell’ascia. Avvantaggiato dalla posizione rotolò fra le sue gambe e gli fu alle spalle ancor prima che l’orrenda creatura terminasse il fendente iniziale. Sollevò la spada pronto a colpire, ma una mazzata lo schiantò al fiancò mandandolo a terra parecchi metri più in là. Ora anche un troll si era unito al combattimento. Non uno solo a dire la verità, ben cinque, tutti impegnati con il grosso dell’esercito. L’orco grugnì in segno di vittoria e caricò Ron, ancora a terra. Il rosso si rese conto tropo tardi dell’ascia che pendeva sulla sua testa. Il biondo invece no. Il suo chackram fulminò il manico in legno e lo tagliò di netto. La lama cadde a terra con un rumore sordo. In contemporanea il lupo evocato morse il posteriore del mostro giallognolo, e Ron, ripresosi dal brutto colpo almeno in parte, trafiggeva il suo petto scoperto. La carne sfrigolo fritta dall’elettricità dell’arma. Presto il puzzo di carne bruciata coprì il fetore dell’orco. Sputando sangue nero, cadde sulle ginocchia e poi a terra, morto. Ma il troll non era certo stato a guardare. Aveva già pestato un paio di lupi che Hermione aveva invocato in difesa, ed ora era arrivato alla ragazza. Anche l’ultimo lupo tentò un disperato assalto, ma finì schiantato al volo dalla mazza pesante del mostro. Hermione non era fatta per il corpo a corpo. Indietreggiò e puntò, assai poco convinta, la balestra verso il troll. Ron aveva ancora la spada conficcata nel petto dell’orco. Non sarebbe mai arrivato in tempo, a meno che… aveva funzionato una volta, perché non riprovare ora?

Wingardiun Leviosa!” la mazza del troll rimase sospesa a mezz’aria. Dopo un attimo di sorpresa il troll ricevette la sua mazza sulla testa un paio di volte, giusto per stare sul sicuro. Ron raggiunse Hermione.

“Tutto bene tesoro?” chiese lui tenendosi il fianco.

“Sì, grazie, ma tu sei ferito”

“Naa, è stato solo un colpetto. Nulla confronto agli allenamenti con Draco. Vero Dra…” Ron vide qualcosa di spaventoso. Un dissennatore stava sospeso sopra Draco e da sotto il cappuccio stava allungando una specie di proboscide nera. Draco era in ginocchio e lo fissava ad occhi spalancati. Lacrime di dolore scorrevano lungo il suo volto. Stava per ricevere il bacio della morte.

“Herm, presto!” la ragazza annuì. Si misero di schiena l’un l’altra e puntarono la bacchetta verso il dissennatore.

Expecto Patronum!” gridarono ad una sola voce. Le due scie d’argento scivolarono attorno al corpo del dissennatore trascinandolo lontano da Draco. Lo sbatterono a terra e presero forma davanti al ragazzo biondo. Ron ed Hermione. In versione argentata a causa dell’incantesimo. Come un sol essere gli saltarono addosso e scacciarono il mostro succhia anime lontano da lì.

Il tempo di raggiungere Draco, e le loro copie magiche sparirono in un guizzo di fumo.

“Draco? Ehi Draco, come va? Tutto bene?” chiese Ron chinato davanti a lui. Draco aveva ancora gli occhi azzurri spalancati ed il volto terrorizzato. Le lacrime non accennavano a smettere.

“So-sono morte, Ron… le hanno uccise… e non ero lì per proteggerle… è colpa mia Ron… sono morte a causa mia… Ginny… Eve… non ci sono più a causa mia…”

“Oh Cristo…No Draco! No! Ascoltami, guardami! Non era reale, guardami e ripeti con me! Non era reale, non era reale!” Hermione gli prese il volto fra le mani e lo fissò negli occhi “Ripeti Draco! Non era reale! Era un dissennatore, non era reale!” Draco sbatté le palpebre e afferrò le spalle di Hermione.

“Non era reale…non era reale…sì, non era reale… Non era reale…” Draco si accasciò al suolo e respirò profondamente. Dopo poco si riprese e si sollevò da terra.

“Grazie ragazzi. Le mie paure… non mi sono accorto che si avvicinava, per fortuna l’avete visto in tempo. Grazie” Ron gli batté una mano sulla spalla.

“Ehi, siamo una squadra. A proposito, il tuo chackram, e grazie per la prontezza di riflessi”

Dopo essersi sistemati il trio raggiunse il resto del gruppo, dove solo due battlemage erano rimasi feriti.

*****

Chi sono questi qua? Non li ho mai visti prima…sono forti, e tanti. Una brutta accoppiata…

L’ombra aveva osservato tutto il combattimento da sotto il mantello dell’invisibilità. Aveva pensato di mandare un po’ di mostri per stanare qualche altro mago. Non avrebbe mai pensato che…

Poco male. Li prenderò in piccoli gruppi. Li eliminerò con calma, non ho fretta.

L’ombra si eclissò così come era arrivata. Soltanto Piton ebbe come una sensazione di…

Alè alè! L’assalto è iniziato. Ed il meglio deve ancora venire!!!!!! Ringraziamo e pubblichiamo: Sunny, ciao o mia musa del sole (perché il tuo nick è sunny…) ti prego torna ascrivere perché senno mi ammazzo… non è vero ma grazie per continuare a seguire la fic di questo indegno vecchio pazzo!!!!J; Ice, ok il matrimonio è venuto male, ma adesso è chiaro no? Sì lo so sono bastardo….EehehehehehehJ; Sorti, non è un romanzo rosa!!! Un po' di pace a st 4!!! Ti assicuro che gli ultimi capitoli.... bwahahahahah Terribili!!!!!; Yuechan, new recensionist!!!!!! Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh (come il pagliaccio Baraldi.…). Draco e Ginny stanno troppo bene insieme! Harry e Ginny invece per me non troppo. E poi qui Harry non c’è più! Chi ci mettevo, Neville?????J; Ci, il tocco alla Strekon. Sembra una roba che si mangia. Lo dirò alla mia prof di ita….J; Alexis, ma noooooooooooo! E’ il basilisco del 2 libro di Harry!!! Un gran bel mostro, per meJ; Kiak (e meio), le français? C’est superbe! Mais je prefere l’anglais. Kiak mia! Per piccina che tu sia! Ma che cosa ti è successo che non ho ben capito?(moto, infermiere…. Bho?) allora scrivo la fic!!! L’ho già scritta mano!!!!JJJJJJJ; Mikisainkieiko, la mia beta tester preferita!!!!!! Ho corretto come mi hai detto e devo dire che è migliorato molto il capitolo!! Zenchiù!!!!J; Maichy, i serpenti non ti gustano? Ti sarà piaciuto l’episodio di Lucius demone!!!!!!!JJ; Giuggy, a me sto capitolo mi è piaciuto una cifra!!!!!! E a te? È abbastanza interessante????; Keijei, Ron il geloso…. È una questione d’onore…. (tanto Ron si comporta come farei io….J); Mikan, ok organizzo l’incontro del secolo i biglietti sono già in prevendita in tutta Bologna!!!; Ladyofshadows, zenchiù! Ma tu continua la tua fic! Ho deciso che inizierò a seguirla!!!!; Ale-chan, ho scritto il procedimento in una recensione per pubblicare le fic. E’ una crossover fra Harry potter e….????? me curioso!!!; Serena, Ah, il magicuoco! Ma sei l’unica (insieme a Kiak) che legge senza trama? Avanti raga, leggetela anche voi!!!!; Enika, degno del miglior show del sabato sera. L’ombra ha bisogno di alleati….

 

E sto giro niente Eli e Kia….fatevi sentire…..

Ah, vabbè ore 00:20

 

See you again!!!!

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Capitolo 25
*** Le ombre si diradano ***


Per prima cosa… un po’ di confusione

Per prima cosa… un po’ di confusione. Per distrarli mentre li separo. Saranno morti prima di rendersene conto. Ci penserai tu mia cara bestiola…

L’ombra accarezzò con la mano di acciaio il dorso del basilisco. Il grosso serpente aveva gli occhi ben chiusi. Così gli aveva ordinato l’ombra, per non rischiare di essere pietrificata. Interruppe le carezze e si mise di fronte alla creatura.

“Vai. Attaccali fanne fuori quanti puoi, ma non rischiare. Sono forti e se vogliono possono eliminarti facilmente. In caso di guai striscia verso il giardino e da lì alle serre. L’entrata segreta per le fogne è pronta. Potrai raggiungere qualsiasi luogo del castello. Ora vai e fai il tuo lavoro. Aspetterò fuori dalla sala”

Il basilisco sibilò in tono di approvazione e scivolò silenzioso lungo il corridoio, verso la sala grande. L’ombra si sistemò il mantello sulle spalle e seguì a passo lento la scia del mostro. La luna era alta in cielo. Piena. Tonda e luminosa. Offuscata, solo a tratti e per brevi momenti, da stracci di nubi del temporale di poco prima. Dalle finestre rotte il vento pungente della sera si insinuava per i corridoi di Hogwarts. L’ombra lo avvertiva appena. Il mantello era anche un buon indumento per proteggersi dal freddo. Scivolò fra le statue immobili dei mangiamorte. Con il suo nuovo alleato aveva decimato i maghi oscuri. Praticamente nessuno era rimasto in vita. Pochi, pochissimi, ma ora… Quelle persone. Chi erano? Da dove venivano? Perché non li aveva mai incontrati? Erano diversi dagli altri maghi. Erano organizzati. E più forti. Li aveva visti combattere contro quelle creature che aveva evocato. La ragazza era un evocatrice, ma non sembrava molto esperta. L’ombra lo era di più. Se la ragazza avesse dimostrato più abilità del normale, avrebbe avuto una sorpresa per lei. Anche i due ragazzi erano forti. Il rosso a corpo a corpo era mortale. Una forza spaventosa, ed una resistenza pari alla forza. Non aveva praticamente fatto una piega quando il troll lo aveva colpito. Giusto un attimo di torpore. Notevole, veramente notevole. Anche il ragazzo biondo era tosto. Agile, scattante ed esperto negli incantesimi. Aveva dovuto richiamare un dissennatore per metterlo alla prova. E quelli non si evocano di certo, si spingono con la forza a fare quello che vuoi. Complicati da addestrare i dissennatori.

Anche nella calca più grande aveva distinto qualche valido combattente. Il vecchio era un mago potente. Aveva percepito la sua magica aura bianca quando gli era passato accanto. Micidiale. Sarebbe stato il primo ad essere eliminato. Troppo pericoloso lasciarlo agire. Anche il tizio in nero. Usava una tecnica particolare. Sentiva la magia scorrere in lui, ma non lo aveva visto recitare formule o sfoderare bacchette. Inoltre conosceva le arti marziali. Infine quei due. Uno era sudato ed agitato, e probabilmente era il capo del gruppo. Aveva urlato lui gli ordini a tutti quando i mostri li avevano attaccati. Quel suo senso di malessere, però. Non lo convinceva… aveva qualcosa di strano. Lo avrebbe osservato meglio per scoprire il suo segreto. L’altro era…era lui! Quel tizio di parecchi mesi prima! Quello che lo aveva fatto mettere in agitazione. Paura. Sciocchezze, l’ombra no ha mai avuto paura. Mai. Piuttosto lo aveva sottovalutato. Non sarebbe capitato ancora.

Impegnata com’era nel pensare, l’ombra non si accorse di essere arrivata alle porte della sala grande. Il basilisco stava entrando, silenzioso, in quel preciso momento. Lo spettacolo stava per iniziare.

*****

Un ruggito fece voltare la maggior parte delle persone verso l’ingresso della sala. Buona parte di quelle non si mosse più da quella posizione.

“E’ un basilisco! Accecatolo e non incrociate il suo sguardo! Silente presto, dietro il tavolo!” Lupin ed il preside si gettarono dietro al tavolo ribaltato riparandosi dallo sguardo del mostro. Ron ed altri battlemage puntarono la bacchetta verso il muso del mostro.

Caecus Totalus!” diverse scie luminose colpirono in pieno gli occhi del basilisco che si agito in preda alla rabbia. Per ora il suo sguardo non avrebbe più fatto danni. Hermione raggiunse Ron appena in tempo per vedere comparire da una nuvola di fumo delle pantere nere avvolte dalle fiamme.

“Gatti infernali!” gridò la ragazza “Sono stati appena evocati… ma chi…?” entrambi si guardarono circospetti in giro mentre il basilisco ingaggiava battaglia con i battlemage rimasti. Anche Draco lo colpì con qualche incantesimo.

L’ombra era entrata. Scatenò i gatti infernali contro il tizio in nero. Sirius si rese conto appena in tempo dei due felini e li evitò con un salto all’indietro. Atterrò a piedi pari e si mise in posizione di attacco. Non poteva colpirli in corpo a corpo. Le fiamme di cui erano circondati lo avrebbero ustionato. Ron capì al volo la situazione in cui era Sirius e si lanciò in suo aiuto. Ma un'altra nuvola di fumo comparve davanti a lui. E dalla nuvola di fumo…

Voco Aracne” un enorme ragno spuntò dalla nebbia e si lanciò su Ron. Lui, più per il terrore dei ragni che per altro, indietreggiò e agitò ad arco la spada davanti a se, per tenerlo lontano.

“Herm, ti dispiace… se vuoi affronto anche un drago, ma il ragno no… e stai indietro bestiaccia!” agitò ancora la spada.

“Zitto! L’ho sentito… c’è qualcuno qui… e sta evocando queste creature… è invisibile!” una folgorazione colpì la mente di Hermione.

“Invisibile?”

“Sì, deve essere così. Guarda. Silente e Lupin sono isolati. Sirius è da solo contro creature difficili da combattere per lui. Draco e gli altri sono contro il basilisco, troppo impegnati. Noi siamo soli contro di lui. Ci ha isolato tutti per renderci vulnerabili!”

E’ anche una fine stratega la ragazzina… pensò l’ombra. Si trovava dietro al ragno e lo incitava ad attaccare appena vedeva il ragazzo con la spada abbassare la guardia.

“Ma dov’è Piton?” domandò Ron. Anche l’ombra si voltò di scatto. Dov’era quel tizio. Si era ripromessa di tenerlo sott’occhio, ma l’eccitazione per la battaglia di quel momento l’aveva distratta. Appena si voltò vide il professore di pozioni davanti ai suoi occhi. La fissava.

“Bu!” gridò Piton e gli afferrò il mantello. Con un colpo secco glielo sfilò e rivelò la sua presenza a tutti. L’ombra fece una capriola e spiccò un balzo. Superò Ron e gli atterrò un paio di metri dietro. Atterrò inginocchiato e sollevò una nuvola di polvere attorno a se. Lentamente si rimise in piedi, mentre Ron si voltava per squadrarlo, come del resto anche Hermione. Piton aveva pensato al ragno e lo aveva bloccato con una fiala di pozione paralizzante. Quel tizio era inquietante. Le vesti nere e logore e l’ampio cappuccio lo rendevano il protagonista indiscusso dei peggiori incubi di ognuno di loro.

“Un ottimo trucco. Complimenti, beccato in pieno. Voi non siete come gli altri maghi. Siete forti. Mi piacete. Avanti fatevi sotto” l’ombra sfoderò la sua bacchetta nella mano destra e la agitò lievemente.

Ron non sapeva che fare. Era Voldemort. Cristo, Voldemort! Incerto impugnò la bacchetta e strinse la spada più fortemente. Si mise in posizione d’attacco.

“Herm, stai dietro. Ho idea che ci sarà da andare in lotta a corpo a corpo. Proteggimi le spalle con qualche evocazione, se puoi” la ragazza annuì e si mise accanto a Piton.

“Professore, se ha qualche altro trucco è ora che lo tiri fuori. Il momento mi sembra propizio” guardò l’uomo incappucciato “Ed ora a noi due Voldemort” lo disse con così tanto coraggio che non credette neanche di essere stato lui a parlare. L’ombra ghignò e si preparò al combattimento.

Stava per estrarre il pugnale quando… vide con la coda dell’occhio una scia azzurra che si avvicinava sempre di più. Alzò la mano di acciaio e la interpose fra di se e quel proiettile brillante. Con un sonoro suono metallico e una valanga di scintille in chackram di Draco venne bloccato dalla mano dell’ombra. Le sottili scariche elettriche si diffusero lungo il suo braccio senza eccessivi problemi.

“Giocattolo interessante…” disse rivolto al ragazzo biondo che ancora non poteva credere ai suoi occhi. Con un guizzo della mano l’ombra rigirò il disco e fece un giro su se stesso. Lanciò il chackram verso Ron, ma non era Ron il suo bersaglio. Solo quando fu troppo tardi Piton se ne rese conto. La lama rotante troncò di netto la testa la professore. Il suo corpo si afflosciò a terra e la sua testa ruzzolò lontana verso la parete.

“Uno a zero per me…” ridacchiò l’ombra. Ora, il problema che aveva sottovalutato non c’era più.

“Bastardo!” ruggì Ron e lo caricò con forza. L’ombra estrasse rapida il lungo pugnale intarsiato e bloccò, seppur con fatica, la carica del ragazzo. Le scintille guizzarono fra le loro lame assieme ad un suono cristallino.

“La pagherai anche per questo!”

“Interessante… non vedo l’ora di ricevere il conto, ragazzino!” con una rotazione decisa del polso fece scivolare lontano la spada di Ron e lo colpì con un calcio. Ron barcollò appena.

E’ proprio resistente questo tizio… meglio rimediare subito…

L’ombra punto la bacchetta verso di se e pronunciò un incantesimo.

Armis” i muscoli delle braccia si tesero e divennero enormi “Sono pronto ragazzino. Continuiamo pure…”

Ron si bilanciò sul piede destro e sferrò un attacco deciso cambiando all’ultimo momento il piede d’appoggio. La spada scivolo fra le pieghe dell’abito dell’ombra e la colpì al fianco. Un lamento stridulo si levò dalle sue labbra mentre Ron ritrovava l’equilibrio con una mezza giravolta. La spada era sempre alta e puntata verso il nemico. Il contrattacco non si fece attendere. L’ombra si poggiò al pavimento con le mani, fece una ruota subito dopo il colpo di spada che lo aveva ferito. Ron si ritrovò a puntare la spada verso un tizio a testa in giù che gli puntava contro la bacchetta.

Ventilo Diabolus” una sferzante corrente bollente colpì in pieno Ron. L’onda d’urto lo fece volare all’indietro per parecchi metri e il forte calore di quel vento gli ustionò gravemente la pelle in più punti. La mani gli si riempirono di vesciche dolorosissime. Lasciò la spada d’istinto, prima che il calore del metallo, anche quello bollente dopo l’incantesimo, peggiorasse le ferite sulle sue mani. L’ombra completò la ruota e si girò verso Hermione.

“Fuori dai piedi, ragazzina. Ventilo Iniuria” anche Hermione, incapace di reagire, venne schiantata parecchi metri indietro. L’ombra raggiunse Ron ancora a terra e gli calciò via la bacchetta dalle mani prima che potesse reagire.

“E’ stato più divertente del solito. Patetico, ma divertente” disse con voce stridula. Alzò il pugnale e lo abbassò di scatto.

Una mano lo bloccò a metà della corsa. Alle sue spalle Sirius Black lo disarmò con una lieve torsione del polso e lo immobilizzò tenendolo per le spalle in una morsa d’acciaio. L’ombra piegò le ginocchia, spiccò un balzo ed utilizzò il corpo dell’uomo come trampolino per arrivargli alle spalle. Da lì gli piantò il ginocchio sulla schiena con forza. Quel colpo fece gridare Sirius. Non si perse d’animo, mollò la presa e si mise di fronte all’ombra. Iniziò uno scontro di arti marziali. Il primo pugno di Sirius fu schivato, così come fu deviato dall’altra mano libera quello dell’ombra. Con un calcio ben piazzato l’ombra retrocedette per non farsi colpire così da dare il tempo a Sirius di concentrarsi e lanciare un attacco. Unì le mani davanti al petto, una a pugno e l’altra aperta.

Alohan Hakete Namusho!” una scarica elettrica partì dalle sue mani contro l’ombra. Il fulmine colpì un piede dell’ombra che cercò disperatamente di schivare l’attacco magico. Fece una mezza capriola e si mise accucciato a fissarlo.

“Magia naturale! Interessante… Avanti, io sono ancora vivo…” si alzò in piedi vedendo di poggiare il meno possibile il piede colpito. Era meglio non sforzarlo. Notò solo ora che i suoi due gatti infernali erano stati sconfitti dal mago anziano e dal capo del gruppo. Ecco perché quel tizio in nero non era più occupato. Decise di occupare il duo che lo aveva aiutato.

Voco Draco” un piccolo drago rosso spuntò da una nuvola di fumo sul soffitto e si gettò in picchiata ruggendo verso Silente e Lupin. I due si buttarono di lato per evitare il morso del rettile. Il drago riprese quota e si preparò ad un nuovo attacco.

Intanto Sirius era saltato addosso all’ombra con un calcio volante. Quest’ultima roteò su se stessa ed aggirò il colpo appena in tempo. Altrettanto rapidamente puntò la bacchetta verso il petto di Sirius che si paralizzò in quella posizione. Aveva sbagliato mossa.

“Scacco, uomo in nero” gracchiò l’ombra.

Il chackram colpì in pieno la mano metallica con cui l’ombra puntava la bacchetta. Sia la protesi d’acciaio che la bacchetta che teneva stretta fra le dita volarono sul pavimento lasciando solo il moncherino puntato verso Sirius. L’animagus agì di scatto e colpì l’ombra con un pugno. Semplice, ma efficace. L’ombra barcollò e cadde all’indietro. Sirius si avvicinò ma venne colpito a piedi pari sul petto e finì a terra. Con un colpo di reni l’ombra si rimise in piedi, infilò le mani sotto la veste e ne estrasse altri due lunghi pugnali. Con gesto secco li lanciò verso le spalle di Sirius, ancora a terra. Le lame gli trapassarono la carne lo inchiodarono al pavimento. Con un grido di sofferenza Sirius tentò di alzarsi da quella trappola, ma il dolore era troppo. Il calcio in faccia che infine lo colpì fu l’ultima goccia. Svenne mentre il sangue cominciava ad uscire dalle braccia ferite e tingere di porpora il pavimento.

“Scacco matto” ansimo l’ombra. Si era salvata per poco questa volta.

Si voltò di scatto per vedere il ragazzo biondo avvicinarsi correndo con in mano un bastone da combattimento. L’ombra sfilò l’asta di una bandiera attaccata al muro, tolse lo stendardo e si preparò a difendersi. Maneggiare il bastone con una mano sola era incredibilmente complicato, ma non per lei. Bloccò il primo colpo di Draco e rispose subito con due affondi, come se il bastone fosse una spada. Draco si abbasso per schivarli e schiantò l’arma con forza sul fianco del nemico, dove già era stato colpito da Ron. L’ombra vacillò e cadde ancora a terra. Le doleva il fianco e quel colpo non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Mentre il giovane battlemage si rialzava di scatto, l’ombra fece vorticare l’asta di legno e lo colpi agli stinchi. Draco cadde di faccia sul pavimento, ma allungò le mani appena in tempo per rallentare la caduta. Con la forza rimasta si molleggiò sulle braccia e si allontanò dall’ombra con una piroetta a mezz’aria. Atterrò accanto al suo chackram. Finalmente un po’ di fortuna. Lo afferrò e lo lanciò con forza verso l’ombra. Quella, intanto, si era rialzata e con la punta del bastone aveva recuperato la mano mozzata. La avvicinò al moncherino e impugnò la bacchetta con la destra.

Redintegro” la mano di acciaio si saldò nuovamente al polso. Si accorse del chackram che volava nella sua direzione d inizio una serie di capriole all’indietro sempre più veloci per schivare l’arma. Arrivata alla parete spiccò un ultimo balzo verso l’alto ed il disco rotante si piantò con forza nel muro. Appena l’ombra fu a terra colpì con decisione il pezzo di chackram che spuntava dal muro con la mano metallica. L’arma si spezzò in due.

“Mi stava stancando questo giochino…” disse mentre tornava ad avvicinarsi a Draco. Si guardò intorno per esaminare la situazione. Il drago da lei evocato dava filo da torcere al vecchio mago, ma non sembrava particolarmente preoccupato. L’altro tizio, il capo, se ne stava più distante e lasciava fare tutto al vecchio. Ora stava ansimando come se qualcosa lo opprimesse. Il basilisco continuava a giocare con i battlemage. Nonostante fossero tutti ben addestrati, un basilisco, anche se accecato, era comunque una bestia difficile da combattere. Annusava l’aria in cerca delle sue prede che si muovevano rapidamente proprio per sviarlo. Con un colpo di coda, preannunciato da un ruggito, spazzo via parecchi soldati davanti a se. Allungò le fauci e ne prese uno ancora a terra. Serrò le mandibole con forza, e quello non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi che stava morendo. I denti acuminati lo avevano spezzato in due. Il basilisco sputò il cadavere a terra e cercò di scrutare, per quanto possibile, l’area attorno a lui. Niente da fare, la cecità magica era ancora troppo forte. In più il salone era buio e, nonostante la luna fosse piena, le nuvole bloccavano i suoi raggi e… la luna piena! L’ombra ridacchiò e si fermò ad una decina di metri da Draco. Puntò la bacchetta verso il capo della truppa.

Vultus Videor” Lupin si irrigidì. Sentì le ossa come frantumarsi dentro il suo corpo. La pelle si tendeva all’inverosimile. Larghe macchie di pelo cominciarono a coprire il suo corpo che ingrandendosi stracciava i vestiti. Il muso si allungò e gli occhi divennero rosso sangue. Remus Lupin non esisteva più. Ora c’era un lupo mannaro al suo posto. Con un lungo ululato per celebrare la sua venuta, attirò gli sguardi di tutti i presenti.

“Oh merda… Remus!” Draco grido per attirare il licantropo “Ehi, stupido lupo troppo cresciuto! Vieni qua! Avanti!”

Gli occhi iniettati di sangue del lupo mannaro lo squadrarono un attimo. Ma solo un attimo. Intanto Silente aveva colpito il drago con un proiettile di ghiaccio. I draghi rossi non sopportano troppo il freddo. Il licantropo corse verso il vecchio preside e si butto su di lui. Silente non ebbe il tempo di reagire. Remus, perché era di lui che si trattava, usò le spalle dell’uomo come trampolino e volò addosso al drago in volo. Gli fu sulle spalle in un lampo, ed ancora più rapidamente cominciò a colpirlo alla base del collo con tutta la forza che aveva. Parecchie scaglie rosse e sangue dello stesso colore scesero dal dorso del rettile che ruggiva di dolore. Con un ultimo colpo Lupin lacerò le ali del mostro ce precipitò a terra con uno schianto. Dal polverone uscì correndo il licantropo. Spiccò un altro balzo e colpì al volo il basilisco. Anche il serpentone ruggì dal dolore.

“La pozione funziona…” biascicò Silente appena si riprese dallo shock. L’ombra non gradì più di tanto quello che era appena accaduto. Sputò a terra, scocciata e ordinò mentalmente al basilisco.

Il vecchio. Prendi il vecchio… pietrificalo…

Il mostro scivolò fra i battlemage guidato solo dal suo naso. Lupin gli correva dietro con la bava alla bocca.

Salveo Viisum” recitò una voce alle spalle di Silente. L’uomo si voltò pronto ad affrontare il suo nemico. L’ombra aveva ancora la bacchetta puntata alle spalle del vecchio uomo.

“Finalmente ci incontriamo di nuovo, Voldemort”

“Voldemort dovrei essere io, suppongo… ma noi ci conosciamo?” chiese l’ombra abbassando la bacchetta. Poi alzò lo sguardo e lo puntò dietro all’uomo.

“Oh! Guarda chi c’è!” Silente si voltò senza pensare e… le braccia si irrigidirono, così come le gambe. La bocca si aprì per la sorpresa e tale rimase. La barba bianca divenne grigia, come il resto del corpo. Ora al posto di Silente c’era una sua perfetta copia in pietra.

Il basilisco si ergeva maestoso sopra la statua del preside. Felice di aver recuperato il suo sguardo mortale per mezzo dell’incantesimo del suo padrone. Si girò appena in tempo per vedere il lupo mannaro balzargli sulla testa e piantargli gli artigli negli occhi. Prima ancora che il mostro potesse gridare per il dolore, Lupin morse la testa squamosa del rettile e vi piantò con forza gli artigli. Un miscuglio di sangue e cervello coprirono il pelo grigio del licantropo, mentre il serpente si schiantava con un tonfo a terra, morto.

Ignis Flatus” recitò l’ombra. Una palla di fuoco colpì in pieno Remus che con un guaito volò lontano, schiantandosi contro il muro. Il pelo che lo ricopriva, ora, era tutto bruciacchiato, e parecchie ferite ed ustioni lo avevano fatto cedere allo stordimento. Ma era ancora vivo.

Ora rimaneva solo il ragazzo biondo. Lo fissò con sguardo omicida. Draco non fu da meno. Alzò la bacchetta ed evocò una spada fra le sue mani. L’ombra lo imitò alla perfezione. Era pronto a caricare quando qualcosa la colpì al la spalla. Un dardo. Scariche elettriche si trasmettevano dal proiettile al suo braccio. Niente più che un lieve solletico. Si strappò via il dardo e si voltò verso l’origine dell’attacco. Hermione aveva ancora la balestra puntata verso l’essere.

“Ne ho un altro, sai. E la prossima volta prenderò meglio la mira, te lo assicuro” Hermione pronunciò questa frase con una durezza rara da vedersi nel volto della ragazza normalmente. In quel momento anche Ron si alzò e si avvicinò al luogo di combattimento. Aveva la spada in pugno e nell’altra il pugnale che Sirius aveva tolto dalle mani dell’ombra. Li roteò vorticosamente davanti a lui con fare minaccioso.

“Ed io non mi lascerò più fregare così. Preparati siamo tre contro uno. Non hai molte possibilità”

L’ombra abbassò la spada. Rise. Cominciò a ridere forte. Una risata acuta, gracchiante risuonò per l’aria e bloccò anche i pochi battlemage ancoro in grado di combattere che si stavano avvicinando al quartetto. Lanciò l’arma senza cura in mezzo alla stanza e si puntò la bacchetta sul petto.

“D’accordo. Avete vinto. Avada Kedavra!” la bolla verde la centrò in pieno e lo sbalzò di parecchi metri indietro. Atterrò con uno schianto fra un mucchio di detriti e rimase immobile.

I tre ragazzi non credettero ai loro occhi. Si era uccisa. Piuttosto che cadere per mano loro aveva preferito uccidersi lei stessa. Questo non se lo sarebbe aspettato nessuno da Voldemort. Ron si inginocchiò a terra e tossì con forza. Le armi gli caddero di mano con un clangore metallico. Hermione gli fu subito accanto e lo sorresse con un braccio.

“Come va? Stai molto male?”

“No, tutto bene. Stavo bluffando alla grande con Voldemort…” ridacchiò “Quasi ringrazio che si sia fatto fuori da solo quello psicopatico…”

Anche Draco li raggiunse. Era quello messo meno peggio dei tre.

“Ragazzi, come state?”

“Ron è un po’ a pezzi, ma c’è chi sta peggio” Hermione guardò il corpo senza testa di Piton, il licantropo bruciacchiato e la statua di Silente. Anche Sirius era ferito gravemente. Draco corse nella sua direzione ed estrasse i due pugnali dalle sue spalle. L’uomo si lamentò un po’. Buon segno, vuol dire che era vivo. Draco lo sollevò piano e lo appoggio di schiena alla parete, seduto a terra.

“Sirius, ci sei? Come ti senti?”

“Non male, ma neanche benissimo… che fine ha fatto Voldemort…?”

“Si è… suicidato. Si è lanciato un Avada Kedavra addosso. Ha preferito togliersi la vita da solo che per mano nostra…”

Sirius chiuse gli occhi e si zittì, anche se non si capì se per pensare o per scacciare il dolore. Poi parlò ancora.

“E gli altri…?”

“C’è chi sta peggio di te. Silente è di pietra e Remus è stato bruciacchiato da un incantesimo. Credo che stia bene, però”

Sirius si alzò con sforzo enorme tenendosi la spalla destra con la mano opposta. Era quella con la ferita peggiore fra le due, e quella che gli faceva più male. Uno dei battlemage ancora in salute si avvicinò a Draco e fece il saluto militare.

“Signore, credo sia meglio abbandonare il luogo subito, signore. Posso dare l’ordine?” Draco fece cenno di sì con il capo.

“Certo, lasciamo questo posto. Recuperate i cadaveri. Anche quello.” ed indicò l’ombra stesa fra i detriti. Il battlemage esitò un po’ a rispondere, ma poi fece cenno di aver capito e si allontanò per eseguire l’ordine.

Hermione sostenne Ron fino ad una seggiola, o qualcosa di simile. Sirius e Draco recuperarono Lupin e lo stesero accanto allo sgabello di Ron.

“Non è grave. E’ stato solo impatto dell’incantesimo. I licantropi hanno la pelle dura” sentenziò Sirius esaminandolo. Ron sospirò e rivolse gli occhi al soffitto. Finalmente era finita.

Tu-Tum

Ron rimise la testa in avanti e guardò i suoi amici.

“Cos’è stato?” chiese.

“Cos’è stato cosa?” chiese di rimando Hermione

Tu-Tum

“Questo rumore. Che cos’è?” Hermione si alzò in piedi.

“Non lo so… sembra…”

Tu-Tum Tu-Tum

“Sembrano… dei passi…” disse infine la ragazza.

“No” disse Draco “Sembra più…”

Tu-Tum Tu-Tum Tu-Tum

“Sembra più il battito di un cuore. Amplificato per mille”

“E’ vero. E’ un cuore che batte… ma che significa…?” domando Hermione. Ron si alzò in piedi barcollante e rivolse lo sguardo al mucchio di detriti. L’ombra mosse una mano. Poi la mosse ancora. Poi un piede. Poi tutto il corpo fu come colpito da una scarica elettrica verde smeraldo. Poi fu la fine.

L’ombra si alzò in volo. Levitava un paio di metri sopra il pavimento. Tutto il luogo tremava come colpito da un terremoto mentre dal suo corpo cosparso di scariche verdi partivano saette in tutte le direzioni. Appiccò fuochi qua e là quando le saette colpivano bersagli infiammabili. Il pavimento si stava sbriciolando sotto l’ombra come se l’energia magica prodotta fosse troppo potente da contenere. Infine, con un ultimo grido acuto, tutta quell’esplosione di potenza cessò. L’ombra levitava ancora a mezz’aria e piccole scariche le correvano sul corpo.

Ron afferrò la spada e si girò verso Hermione che cercava di fermarlo.

“Stai indietro. Non è ancora finita. Voglio che tu te ne vada da qui! Subito!” l’ombra indicò nella direzione del ragazzo e strinse il pugno. Hermione non fece in tempo ad esporre il suo più completo disaccordo sulla proposta di Ron, che lo vide spalancare gli occhi e la bocca. Sul petto del ragazzo comparve una larga macchia rossa. Poi il cuore esplose. Una miriade di schizzi di sangue coprirono il suo corpo e quello di Hermione. Con un tonfo il cadavere di Ron cadde a terra e li rimase. Con il petto squarciato.

Hermione non riuscì a reagire davanti a ciò. Boccheggiò un po’ ad occhi spalancati mentre il sangue fresco di Ron gli colava lungo il volto pallido. Cadde anche lei in ginocchio, ma la sua espressione non mutò. La sua sola reazione furono le lacrime. Due scie di lacrime spuntate dagli occhi che correvano lungo il volto sporco.

*****

Draco quasi non si accorse dell’accaduto. Schizzi di sangue gli colpirono lievemente il volto. Non si rese conto subito dell’orribile fine di Ron. Poi se ne accorse. Vide Hermione inginocchiata, piangente. Vide il cadavere devastato a terra. Allora reagì.

“No! Ron! Ron!” scosse inutilmente il corpo senza vita del ragazzo “No! Ti prego…No!”

Sirius non aveva tolto gli occhi dal cadavere. Non aveva mantenuto il patto. Un'altra persona era morta per colpa di Voldemort. Ancora morte. Ancora… Anche dai suoi occhi cominciarono a scendere amare lacrime. Il suo volto non accennava a cambiare espressione. Immobilizzato dal terrore.

“LA MORTE VI COGLIERÀ… PER MANO MIA…” l’ombra parlo solo allora Draco e Sirius sollevarono lo sguardo per vederla avanzare volando verso loro. La sua veste ed il suo mantello stracciati oscillavano come tentacoli rendendolo simile ad un sole nero con i raggi fluttuanti. Il cappuccio non era più sulla sua testa. Distrutto dall’energia magica come parecchie parti dei suoi vestiti. I capelli neri erano scossi da un vento misterioso e si agitavano convulsamente. Gli occhi verdi fissavano il terzetto con odio. Un ghigno era dipinto sul suo volto scarno e sporco. La luce della luna lo illuminava in pieno rendendo impossibile guardarlo in volto. Solo i suoi occhi brillanti ed i capelli scuri erano definiti e chiari.

“E’ uno spirito della morte! Sì, deve essere così come per Ginny. Guarda, le movenze e la voce sono le stesse… però lui riesce a controllarlo. Ne ha tutto il potere al suo servizio” l’ombra continuava ad avvicinarsi fluttuando. Sirius rispose a Draco scuotendo la testa.

“Me ne ha parlato Remus quando è successo… deve essere così, sì. Cosa facciamo? Cosa possiamo fare?” l’ombra era sempre più vicino. Draco prese Hermione per un braccio e se la caricò di peso. La ragazza non diede cenno di reagire alla cosa. I suoi occhi erano sempre spalancati ed immobili.

“E’ arrivato il momento di ritirarsi. Non ce la possiamo fare. Non voglio altri morti” disse con un singhiozzo. Sirius annuì e raccolse come meglio poté Remus fa le sue braccia.

“D’accordo, andiamocene… abbiamo già perso abbastanza uomini… via di qui, presto” anche Sirius non sembrò convinto delle sue parole, ma per quel giorno era già morta troppa gente.

*****

“Cornellius che cavolo vuol dire! Spiegami questo!” Percy ringhiò arrabbiato verso l’anziano uomo seduto di fronte a se. Lui balbettò un poco poi pronunciò qualcosa di più comprensibile.

“L’ho fatto per i giornalisti… Percy cerca di capirmi…”

“Io sono il ministro Weasley per te, cerca di ricordartelo! E dopo questo tu sarai meno di niente!” Percy era proprio arrabbiato.

“Ma… signor ministro” disse con riluttanza e sempre con la voce che tremava “A chi importava veramente di Harry Potter. Insomma, non aveva neanche una famiglia di maghi, viveva con dei semplici babbani e…” non finì la frase che un pugno lo colpì al volto mandandolo steso a terra.

“Ti rendi conto di che cazzo hai detto! Harry Potter! Acclamato da tutti, conosciuto da tutti! E tu l’hai commemorato prendendo un cadavere a caso e dandogli il suo aspetto! Imbecille! Non capisco come tu possa essere stato ministro della magia! E secondo te i genitori di quell’altro ragazzino morto saranno contenti di sapere il casino che hai combinato? Eh?” gridò Percy fuori di se. Caramel si alzò da terra tastandosi la faccia dolorante.

“I giornalisti! Percy i giornalisti! Loro volevano il cadavere di Potter e io gliel’ho dato! Cos’altro dovevo fare!?”

“Niente!” disse freddamente Percy “dovevi startene fermo a scaldare la poltrona e non fare nulla! Mi vergogno di avere avuto un ministro del genere e di averlo servito… ora vattene. Ti chiamerò per le varie conferenze stampe dove porgerai le tue formali scuse davanti a tutti”

“No, ti prego! Non farmi questo! Sono ancora rispettato nonostante non abbia creduto nel ritorno di Voldemort! Ti prego…”

“Non se ne parla. Ci vediamo in conferenza Cornellius. Ora via, per piacere”

Caramel si alzò da terra e si pulì un po’ il vestito dalla polvere. Raggiunse la porta e uscì sbattendola furiosamente. Percy incrociò le dita delle mani e poggiò i gomiti sul tavolo. La bocca si nascose dietro le mani.

*****

Hermione reagì. Dalle braccia di Draco scivolò a terra e corse ancora accanto al cadavere di Ron. Tutti gli altri erano già in procinto di uscire e Draco neanche si rese conto che la ragazza fosse corsa via. Lei si chinò sul suo volto.

“Non ti preoccupare amore. Arrivo presto anch’io. Non ti abbandonerò mai. Mai” e gli baciò lo labbra leggermente mentre le lacrime gli bagnavano il volto. Lei passò la mano sui suoi occhi per chiuderli e togliergli quell’espressione terrorizzata da viso. Si alzò in piedi e la sua espressione dolce mutò radicalmente. Fissò l’ombra a mezz’aria che ancora si avvicinava. Le sembrò di vederla sorridere. Hermione alzò la bacchetta.

“Preparati Voldemort. Questo sarà il mio ultimo incantesimo. Ti spazzerò via maledetto bastardo!” prese la bacchetta con entrambe le mani e se la mise davanti al volto, come in preghiera. Chiuse gli occhi e iniziò a recitare.

“Hermione fermati torna indietro!” gridò Draco inutilmente.

Terra…Ignis…Aqua…Aer… Spiritus Elementum…” l’aria attorno ad Hermione iniziò ad incresparsi, come uno specchio d’acqua. I fuochi in giro per la stanza cominciarono a vorticare e ad alzarsi sempre di più. Le finestre si ruppero ed un enorme vortice d’acqua proveniente dal lago lì accanto entrò con prepotenza inaudita. Le pietre sbriciolate dall’ombra poco prima si squagliarono per poi unirsi fra loro e crescere sempre di più. L’ombra non stette a guardare e lanciò un incantesimo sulla ragazza. La scarica blu partita dalle mani dell’essere a mezz’aria si schiantò contro una parete invisibile poco prima del suo bersaglio, dissolvendosi. La parete si rivelò per quello che era. Aria. Aria sotto il controllo di Hermione. Un enorme turbine crebbe fino a sfiorare il soffitto. Sbatteva qua e là le cose che incontrava sul suo cammino. Anche il fuoco era cresciuto. La colonna di fuoco si agitava convulsamente. La furia degli elementi.

Voco Erus Elementum! Voco Erus Elementum…la mia vita per sconfiggerti…” finita di pronunciare la frase Hermione tirò la testa indietro con uno scatto. La bacchetta le cadde di mano. Cominciò a tremare come in preda alle convulsioni più terribili. Poi piombò a terra sul corpo di Ron. Lo abbracciò prima di perdere tutte le forze.

“Eccomi Ron… sto arrivando…” la testa gli cadde sulla spalla del ragazzo e tutto il corpo smise di tremare.

“Oh no… no ti prego…” Draco corse verso la ragazza. Intanto le gli elementi avevano preso forma. Esseri enormi e mostruosi ricoperti dal loro caratteristico elemento naturale erano ora presenti nella sala. L’essere di fuoco aprì la bocca e parlò con voce tonante.

“ESSA CI HA CHIAMATO… HA DATO LA VITA PER SUGGELLARE IL NOSTRO ACCORDO…” tutti e quattro gli esseri fissarono l’ombra “TU VERRAI SCONFITTO…” l’ombra si voltò verso l’essere che aveva parlato.

“SE E’ QUESTO IL VOSTRO COMPITO SARA’  DI BREVE DURATA…” l’ombra chiuse gli occhi e si concentrò per un attimo. Poi piombò a terra con uno schianto. Si rimise in piedi subito. L’essere di terra parlò.

“LA SUA ANIMA E’ CAMBIATA… NON E’ PIÙ LUI IL NOSTRO OBIETTIVO… IL NOSTRO COMPITO E’ TERMINATO…” così come erano arrivate le creature elementali scomparvero in un turbinio di fuoco, aria, acqua e polvere.

Draco era senza parole. L’ombra l’aveva scampata ancora. Ed Hermione si era sacrificata inutilmente. Non poteva permettere a quell’essere di continuare a vivere. Non poteva. Afferrò la spada di Ron e la roteò assieme alla sua, davanti al corpo.

“Abbiamo ancora il coraggio di combattere vedo… mi sembra che ormai per voi sia inutile, ma se volete continuare…” l’ombra afferrò una spada a terra e sfoderò un altro lungo pugnale. Fece qualche passo avanti e finalmente uscì dalla brillante luce lunare. Il suo volto fu ben visibile.

Draco rallentò l’oscillare vorticoso delle lame. Il suo volto divenne una maschera di emozioni. Tutto e nulla passò nella sua mente guardando quel volto. Le armi quasi gli caddero di mano.

“Che c’è? Ci hai già ripensato?” gli chiese Harry Potter mentre ruotava spada e pugnale pronto a combattere.

Ok ok ormai ci erano già arrivati tutti… ice soprattutto…eheheheheheheh. Ragazzi so che può sembrare banale, ma l’ombra era harry fin dal 1° capitolo, quindi…. L’ ho solo tirata per le lunghe, in questo modo avete avuto tempo per pensarci e la soluzione dopo un po’ era chiara… Vabbè sarà quel che sarà. In tutti i modi penso che la morte massiccia di tutta quella gente abbia fatto cmq un po’ di scena. Ok ho quasi pianto davanti alla scena di Ron ed Hermione che muoiono… vabbè sono scemo e mi rattristo da solo…. Anche la musica non aiuta… may it be di LOTR … che triste che è……LLLL……

Vabbè va, ringraziamo e pubblichiamo…..: Ice, ah ah ah! Che sipatica che è la tua prof! Che non sia la stessa mia? Ah, Nietzche (che noi a scola chiamiamo come si scrive, cioè Nietzche) che simpatico umorista! Cmq si scrive STREKON come STRACCHINO, prima la T poi la K con in mezzo la R. E’ un fatto di precisione… JJJJJ; Eli e Kia, che strano legame di sangue… vabbè non sono fatti miei. Credevo che vi fosse successo qualcosa… kiak è stata investita l’altro giorno… che fatto mondo… non ci sono più le mezze stagioni… una mano lava l’altra… chi va con lo zoppo, è un assistente sociale. Tanto va la gatta al largo che muore, così i topi ballano ma arriva il cane ed uno dei topi dice “Tranquilli, can che abbaia non morde”. Ma quello non abbaia e li fa fuori tutti. Poi il cane corre per l’aia ma è tornato lo zoppo di prima e lo picchia di brutto. Ok ho fumato da poco, ma adesso mi riprendo subito *Strekon fa un bel respiro profondo e sviene di testa sulla tastiera* 7856y8rgu095oijgàfjgprkgògljfjfàajgàòfkgfjhàòfjfàhghjàhjfhjòj Ah! *Strekon si riprende* vabbè cmq grazie per la recensione… se vedemu!J; Sunny, non so se sei già partita, nel caso di becchi anche questo. Nastro azzurro????? Ahahahahah, divertente. Come puoi vedere mi sono morti nell’ultimo capitolo…. E’ per un'altra fic che ho in mente e sto scrivendo. Grazie cmqJ!!!!; Mikisainkeiko, sei cara lo sai? Cavoli se lo sapevo non facevo la correzione… ma va là! Fatina Mikisainkeiko! (da quando ho imparato a scrivere il tuo nome lo faccio sempre più spesso!!!!!!). Piuttosto il chapter come ti è sembrato…. Ho bisogno di sentirmi dire che sono un gran bastardo, provvedi per piacere. Erano troppo belli i capitoli precedenti…. Troppo…J; Kiak, oh kiak che mi illumini la giornata! Come stai! Ma chi è sto pazzo in moto!?!?!?!?!? Lo piglio e lo ribalto, altro che vulcano… ci butto lui nel vulcano!!!!!! Sono stao in ospedale per un anno intero quando avevo 7 anni e mia madre è infermiera. Sì so com’è fatto un ospedale. Lo considero un po’ triste, a dire il vero…. Le frasi nel bacio perugina le scrivo io! Quindi puoi ben capire ti faccio un esempio “Per tutte le volte chi mi hai detto ti amo ho vissuto fino ad ora. Per tutte le volte che me lo dirai ancora io vivrò per te” bellina no?J. Scherzi a parte, io la fic l’ho scritta sul serio (con l’aiuto di una mia amica ma l’ho scritta)JJJ; Maichy, capisco il tuo punto di vista, ma io l’esperienza con un dissenatore la vedo un po’ come un incubo ad occhi aperti, incredibilmente reale. E poi Draco era già frustrato da questo suo terrore, si è lasciato un po’ prendere. Apprezzo che tu abbia espresso la tua opinione J, fa bene sentirsi giudicati ogni tanto! Ciao ciao JJJJ; Ci, troppa pace. Troppo amore. Sangue come se piovesse in sto capitolo!!!!!!! Credo che ormai il mistero fosse stato risolto da tutti, ma vabbè, la storia è questaJ!; Keijei, mistero risolto e arrivederci! Il chap è arrivato in 2 gg! Ho fatto i salti mortali per scriverlo. Speriamo che vada bene…. Un baciuzJ; Beth, new recensionist!!!!!!!!!! Bene grazie, molto gentile! L’ombra è infine comparsa agli occhi di Draco. A voi le impressioni del caso….; Ale chan, se vuoi te lo spiego con più chiarezza. L’ho scritto in modo sbrigativo… a proposito di altre fic… leggere in fondoJ; Yuechan, non era un attacco il mio! Stavo scherzando! Era chiaro, vero? Sono contento che ti piaccia! Continua a leggerla che ormai siamo agli sgoccioli…; Giuggy, la spiegazione è in un po’ di recensioni, guarda lì. Poi… Grazie!!!! Se ti piace l’azione ti sarà piaciuto anche questo chap!!!!!!! Fammi sapere!!!!J; Mikan, e sì solo a Bologna. Io vivo lì. Fra parentesi hai notato che Draco è ancora vivo!!!! Come sono magnanimo…..J.

 

Dunque domandone da un sacco di Euro: che fic scrivo dopo la fine di questa???????????

Possibilità:

1.      seguito di Senza tregua (ma andrebbe a rilento perché non è ancora ben definito nei particolari)

2.      stupi-fic su i Harry al 5° anno

3.      altra fic più corta sul futuro più concreto del trio.

Credo sia tutto fatemi sapere!!!!

 

See you again!!!!

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Capitolo 26
*** Prior incantatio ***


Harry camminava lungo il corridoio ancora imbarazzato per quello che era accaduto

Harry camminava lungo il corridoio ancora imbarazzato per quello che era accaduto. Non poteva credere che Hermione lo avesse baciato. Era già capitato, ma sulla guancia, o comunque con tono di amicizia. Ma quello era un bacio. Uno vero. Era un bacio d’amore.

Si passò le mani fra i capelli scuotendoli come se fosse possibile scacciare quei pensieri dalla sua testa in quel modo. Sospirò e si aggiustò gli occhiali. Se ne andava in giro a testa bassa. Senza neanche guardare le facce di chi incrociava. Un’improvvisa manata sulla spalla lo destò da quel suo mormorio continuo.

“Harry! Vecchia canaglia! Ancora in giro ad affliggerti per Ginny? Non ti preoccupare. Passerà. Vedi di farci la pace appena torna. A proposito… credo che non possiamo allenarci per il quidditch oggi” Fred Weasley gli fu davanti con un sorriso a trentadue denti.

“Cosa? E Perché?” Harry sperava di allenarsi al più presto. Almeno quello lo avrebbe distratto un po’ da Ginny, Hermione e le sue medie scolastiche.

“Chiedo scusa capitano” implorò Fred quasi in ginocchio “ma vedi… ecco quest’anno Angelina è rimasta a scuola… sai pensavamo di fare un giro per il parco… mi capisci vero…?”

Harry sorrise e ammiccò a Fred.

“D’accordo, d’accordo. Ma domani ti voglio in campo puntuale. Ed anche George e le altre. Mi raccomando”

“Non ti preoccupare mio comandante. Domani ci saremo tutti. Lo dici tu a Ron?” chiese il gemello. Ecco qualcosa a cui Harry non aveva pensato. Ron. Se avesse scoperto di quello che era successo con Hermione probabilmente gli avrebbe spaccato la faccia a pugni. O a calci, era indifferente.

Salutò Fred che corse via in fretta e furia e tornò ad affliggersi. D’accordo, dopotutto la sua vita non andava così male ora. I suoi voti erano scarsi. Poco male, avrebbe recuperato con l’anno nuovo. Ginny lo aveva mollato per una litigata di cui neanche ricordava il motivo. Nessun problema, le avrebbe parlato al ritorno dalle vacanze. Hermione lo aveva baciato e si era dichiarato a lui. Ok, questo era un problema. Non tanto per Hermione, era sicuro che avrebbe capito le sue motivazioni del rifiuto, quanto per Ron. Di solito Ron era poco propenso a scoprire il perché di certe cose. Lui prima agiva poi parlava.

Harry sospirò ancora. Lo aspettavano giorni duri… ma dopotutto era natale! Era inutile preoccuparsi di certe cose in quel momento! Un po’ rincuorato dai suoi pensieri si diresse verso la sala grande per la cena. Era tutta addobbata con luci brillanti e decorazioni natalizie. L’atmosfera era festosa e allegra.

Harry ritrovò il buon umore e si sedette al tavolo di Grifondoro accanto a Seamus e si servì una porzione di arrosto.

“Salve signor prefetto” lo salutò scherzosamente Seamus.

“Ciao. Ma dove sono tutti? Dov’è Ron?” chiese Harry mentre versava un cucchiaio colmo di salsa ai mirtilli sulla carne che aveva nel piatto.

“E chi lo sa? Ron è tutto il giorno che se ne sta chiuso in camera… credo che sia ancora per Hermione” disse con un sorriso “E’ proprio cotto!”

“Eh già…” rispose Harry cercando di essere più naturale possibile. Perché Hermione gli aveva fatto questo! La sua amicizia con Ron era in serio pericolo. C’era poco da fare. Decise che gli avrebbe parlato. E lo avrebbe fatto subito. Si alzò da tavola lasciando il piatto ancora intatto.

“Ehi! E questo lo lasci tutto qui?” gli chiese Seamus vedendolo alzarsi ed andarsene. Harry senza neanche  voltarsi annuì col capo e agitò una mano nella sua direzione.

“Tanto meglio” disse fra se e se il ragazzo stringendo le spalle. Prese il piatto colmo di carne e salsa e se ne servì un’abbondante razione.

Harry era già nel corridoio e camminava verso la torre di Grifondoro. Certo che non si ricordava che così tante persone fossero rimaste ad Hogwarts quell’anno. Erano tutte silenziose e sembravano fissarlo. Che avevano da guardarlo!? D’accordo, era Harry Potter, ma ormai era il quinto anno che trascorreva in quel castello. Non era una novità per nessuno. Certo che… certe facce. Provò come un brivido, ma non vi diede peso. Continuò il suo percorso verso le scale del castello passando per il giardino. Attraversò il cortile interno coperto di neve. Ok, ora qualcosa non andava. Molti studenti erano sotto il portico e lo fissavano mentre, solitario, percorreva il giardino innevato. Si fermò e ruotò su se stesso un paio di volte prima di accorgersi che vi era un silenzio innaturale tutto attorno. Il cuore gli batteva a mille. Sapeva che cosa stava accadendo. Era solo contento che Ginny fosse lontana da lì in quel momento. Doveva avvertire gli altri. Doveva avvertire Silente. Non c’era tempo. Estrasse la bacchetta e la agitò attorno a se.

Aura Ignis!” tutte le persone nel portico si rivelarono per quello che erano. Mangiamorte. Harry riconobbe le loro logore divise. Poi lo sentì. Un dolore accecante. La cicatrice gli pulsava terribilmente. Era come se la testa gli scoppiasse. Pulsava. E pulsava ancora. Poi Lo vide in piedi sul pozzo. Voldemort.

“E’ bello rivederti Harry Potter. Questa volta sono venuto io a farti visita. Contento?” chiese con voce pacata il signore oscuro mentre scendeva dal pozzo e affondava le gambe nella neve. Anche lui aveva la bacchetta in mano. Si rivolse ai suoi seguaci che fermi fissavano il loro signore.

“Andate. Fate fuori i mezzosangue. Cercate Silente e sistematelo. Arriverò subito” i suoi occhi erano fissi ancora sul giovane mago. Harry non tremava, non aveva paura. Silente lo aveva preparato a quello. Sapeva come combattere Voldemort.

“Allora Harry Potter. Come ti salverai questa volta?”

“Come al solito, credo. E tu?” Voldemort rimase sorpreso dalla risposta del ragazzo. Non tanto dalla risposta, ma del fatto che avesse avuto il coraggio di rispondere.

“Ti sei fatto sprezzante, giovane Potter. Vedo che Silente ha fatto un buon lavoro…” disse Voldemort con un sogghigno mentre compieva una specie di orbita attorno ad Harry. I loro sguardi si incrociarono più volte. Sguardi di fuoco.

“Non parlare di Silente. Io sono qui, non volevi qualcosa da me, o sbaglio?” chiese nervosamente Harry.

“Quanta fretta… vuoi correre dai tuoi amici prima che arrivino i miei ragazzi? Tempo sprecato. Mettitelo in testa, loro non sono niente. Nulla. Materiale sacrificabile per un fine più grande”

“Tu sei pazzo”

“Dici? No, non credo. Un pazzo avrebbe già perso. Io invece sono ancora il capo. Io sono ancora il Signore Oscuro. La stella di Voldemort brilla ancora alta nel cielo”

“Ed ora” continuò Voldemort che aveva messo cinque o sei metri fra lui ed Harry “Possiamo iniziare il ostro duello. Inchino giovane Potter” disse estraendo la bacchetta e piegando lievemente la schiena. Harry non si mosse. La sua aura infuocata lo avvolgeva ancora.

“Ho detto inchino!” Voldemort agitò la bacchetta, ma questa volta Harry non sentì una mano opprimente imporgli l’inchino. Era diventato più forte. Anche se erano passati poco più di sei mesi si era allenato duramente in previsione di questo incontro.

“Va al diavolo Voldemort” disse freddamente Harry. Alzò la bacchetta e si preparò a combattere. Anche Voldemort, preso alla sprovvista, si preparò al combattimento.

Era fatta. Con quell’incantesimo, ricercato per mesi dai maghi del ministero, Harry avrebbe riportato Voldemort allo stato di spirito, come qualche anno fa, e lo avrebbe sigillato per sempre in un qualche angolo dell’esistenza. Sarebbe stato lì in eterno. Non poteva ucciderlo. Non ne aveva il coraggio. Sì, aveva eliminato talmente tanta gente che la morte non sarebbe stata un problema per nessuno. Ma per Harry sì. Non voleva abbassarsi al suo livello. Non voleva diventare il giudice che decideva fra la vita e la morte. Non lui. Non Harry Potter.

Anche Voldemort era preparato allo scontro. Avrebbe colpito quell’arrogante maghetto da strapazzo con un incantesimo mnemonico. Non si sarebbe ricordato nulla. Con calma, senza una sua eventuale reazione, lo avrebbe studiato. Doveva scoprire dove si annidava quella parte di se stesso che quindici anni prima gli era stata tolta per essere rinchiusa dentro il corpo di Harry Potter. Si sentiva nudo senza. Era potente, certo, ma ancora ricordava con sofferenza il vero potere. Il sapere tutto di tutti in ogni momento. Le conoscenze magiche. Quel ragazzino gliele aveva strappate quando lo aveva sconfitto. Lui le avrebbe riprese. A costo di aprirgli la testa in due.

Le bacchette vorticarono per un momento davanti ai loro volti. Le vesti lunghe di Voldemort seguirono l’oscillazione del braccio. C’era qualcosa che non aveva calcolato. Prior Incantatio. Era troppo tardi per fermarsi.

Sigillum Spiritus Totalus!” “Oblivius Cerebra!

Con un sonoro scoppio ed un susseguirsi di lampi fulmini e saette una sottile linea d’oro unì le due bacchette. Era diverso dalla prima volta. La linea sembrava essere più veloce. Il potere di Harry era molto aumentato, forse era per quello. Entrambe le bacchette iniziarono a vibrare potentemente. Sia Voldemort che Harry la tenevano stretta fino a sbiancarsi le nocche. Chi mollava perdeva. Ampi anelli d’oro li avvolsero come già era capitato in precedenza. Quella gabbia brillante li avrebbe isolati dal resto del mondo.

Un vento proveniente dal nulla li investì entrambi allontanandoli l’uno dall’altro. La luce di quella linea d’oro era sempre più accecante ed una grossa perla di luce viaggiava lungo di essa. Era sempre a metà, come spinta da due forze in contrasto. Non era la stessa perla luminosa dell’altra volta. Harry se la ricordava bene. Era più luminosa, quasi di fuoco, e più grande, molto più grande. A pensare a questo si era deconcentrato e la bolla aveva guadagnato qualche metro nella sua direzione. Voldemort grugnì soddisfatto. Ora la bacchetta di Harry sembrava essere in preda a fortissime convulsioni. Non poteva essere sconfitto. Non doveva essere sconfitto. Con un grido che superò di intensità l’ululato del vento, Harry si concentrò e spinse all’indietro la perla luminosa, ribaltando la situazione.

Ora era Voldemort nei guai. La mano gli tremava terribilmente.

“Non ancora! Non di nuovo, Potter!” gridò Voldemort, anche lui sopra il vento sferzante.

Gli occhiali volarono via dal volto di Harry. Poco male. In questo modo poteva evitare di vedere quegli occhi rossi puntati su di lui. Ora vedeva solo due macchie indistinte color porpora.

Il canto della fenice si fece prepotente nelle orecchie dei due. Lo spirito delle bacchette si stava svegliando. Il tempo a loro disposizione stava scadendo. Harry si decise. Afferrò la bacchetta con entrambe le mani e sospinse quanta più energia magica verso Voldemort. Non poteva dargliela vinta.

Voldemort non fu da meno. Ridusse gli occhi ad una fessura e si concentrò per focalizzare energia verso la bacchetta. Mai avrebbe pensato che quel ragazzino gli avrebbe dato così tanto filo da torcere. Silente non aveva fatto un buon lavoro. Aveva fatto un ottimo lavoro.

Il vento aumentò di intensità e cominciò a spazzare via la neve da terra, creando una piccola tormenta che avvolse entrambi i duellanti. Quella dannata bacchetta continuava a tremare. Vibrare, contorcersi quasi su se stessa. Poi smise. Tutto d’un tratto, così come aveva iniziato. Il filo d’oro fu come risucchiato da entrambi i lati all’interno della bolla splendente. La perla luminosa fluttuò un poco nell’aria, poi, vinta dalla forza di gravità, precipitò a terra sotto gli occhi dei due maghi, ancora troppo scioccati dall’accaduto per reagire. La perla sciolse la neve soltanto avvicinandosi e infine tocco il terreno bruciandolo lievemente. Ma quello fu il meno.

La bolla esplose. Un esplosione di luce silenziosa che avvolse sia Voldemort che Harry scaraventandoli sotto il portico da cui erano circondati. La luce multicolore li avvolse accecandoli. La terra cominciò a tremare. Un’onda d’urto spaventosa li scaraventò contro la parete ed investì tutto il castello, poi, come se risucchiati, entrambi furono sbattuti nel fulcro dell’esplosione di luce, che non accennava a smettere di brillare.

Si alzarono da terra entrambi provati dall’esperienza appena subita, e si puntarono ancora con la bacchetta. Il vento e il ruggire dell’onda d’urto coprivano ogni suono.

“Che tu sia maledetto, Potter! Questa sarà la tua tomba!” ringhiò Voldemort.

“Vai al diavolo! Vattene all’inferno, e non tornare mai più, Voldemort!” tuonò Harry con quanto fiato aveva in corpo. Entrambi alzarono la bacchetta. Entrambi furono avvolti da uno sciame di scintille rosse come il fuoco provenienti dalle bacchette. Dal fulcro dell’esplosione due sottili raggi dorati partirono e colpirono i due avversari.

 

Harry vede solo luce. Luce. Dolore. Il terreno duro a contatto con il suo volto. I suoi occhi chiusi. Dolore. Dolore e rabbia. Una rabbia incredibile. Una voglia terribile di sfogarsi. Di liberarsi da questo flagello che lo opprimeva. Ira, ira, ira…

Gridò alzandosi in piedi di scatto. Il sole stava scomparendo dietro all’orizzonte. Si sentiva debole, spossato, distrutto, ma pieno di rabbia. Cos’era quel posto? Perché era lì? Si tastò il corpo per cercare una sicurezza che gli mancava. Guardò il giardino dove si trovava. Sembrava ce un esplosione lo avesse devastato. Poi vide una persona a terra. Un cadavere forse. Si avvicinò cercando di capire se fosse vivo o morto. Tutti gli indizi avrebbero portato a pensare il contrario, ma dopotutto lui era vivo e non sapeva perché era lì e… chi era? Non ricordava il suo nome. Sentiva solo un’immensa rabbia salirgli alla testa mano a mano che si avvicinava a quel tizio.

Sfiorò appena la tunica nera da cui era avvolto. Un brivido gli percorse la mano. Che orribile sensazione! Non gli piaceva, e se quell’essere gliela dava… avrebbe dovuto liberarsene. Subito. Lo puntò con la bacchetta e lo fece levitare fin sopra il pozzo. Con un gesto secco simile a quello di un fendente, il corpo smise di levitare e precipitò verso il fondo.

Aveva appena ucciso… bello. Una bellissima sensazione. Gli piaceva, la amava. Era inebriante, spettacolare. Lo faceva godere di un piacere mai provato. Ancora un brivido. Il piacere. Una risatina gli sfuggì dalle labbra. Si meravigliò della usa voce acuta, squillante.

Una figura vestita in nero spuntò lungo il porticato e lo fissò con terrore. Quello sguardo gli procurò un altro brivido. L’ombra non attese che quell’essere si muovesse. Fece appena in tempo a dire “Il padrone! E’ stato sconfitto! Il nostro Sign…” che si ritrovò il collo piegato a novanta gradi di lato.

L’ombra non sapeva come o perché riuscisse a fare quelle cose. Ma gli piaceva. Eccome. Rise ancora e si buttò nelle tenebre. La caccia era appena iniziata.

*****

“Morirai come i tuoi compagni. Sarà un piacere vederti agonizzare sotto i miei occhi” ringhiò Harry rivolto a Draco ancora immobile davanti a quella rivelazione. Harry fece oscillare le lame fra le sue mani, circondando il suo corpo in una danza di riflessi e luci.

“Harry…” quelle parole furono quasi un sussurro pronunciate da Sirius. Corse accanto a Draco non sapendo neanche lui che fare.

“Harry, come hai… che cosa hai fatto? Non ti ricordi di me? Di tutti noi?” gridò Sirius disperato. Le sue emozioni erano in forte contrasto. Da un lato odio per quel massacro inutile. Dall’altro l’amore verso Harry. Era vivo. Era ancora vivo. Non sapeva come o per quale strana ragione ma era vivo!

“Sirius, lascia perdere. Non è in se…” lo ammonì Draco. Aveva capito meglio di chiunque altro la situazione delicata in cui erano. Harry smise di far ruotare le lame e fissò il padrino con aria incredula.

“S-Sirius…” mormorò con voce tremante. L’uomo non credette alle sue orecchie. Corse verso Harry e lo afferrò per le spalle.

“Sì Harry sono io! Ti ricordi? Sai chi sono, ti ricordi di me?”

“Io… io…” disse Harry lamentoso e con il volto verso il basso “A dire il vero non ne ho un idea” il suo ghigno freddo e spietato tornò a farsi spazio sul volto sporco. Sollevò il pugnale in un lampo e lo pianto in profondità nel ventre di Sirius. Ruoto la lama con uno scatto e la sfilò dal corpo agonizzante di Black con una pedata al petto.

“Il trucco più vecchio del mondo… patetico” rigirò il pugnale nella sua mano di acciaio e lo puntò assieme alla spada verso Draco.

“Ora rimani solo tu. Sei pronto?”

Draco non ci vedeva più dalla rabbia. Quante volte a scuola aveva cercato il modo per scontrarsi con Harry Potter. Lo detestava perché era mitizzato da tutti. Non aveva smesso di detestarlo se non dopo la sua morte. Si era sacrificato per salvarli tutti a quanto si diceva. Ma ora. Era vivo. E aveva eliminato praticamente tutta la squadra di battlemage. Tutti i suoi amici. Ora poteva sfogarsi. La lezione che avrebbe sempre voluto dargli stava per cominciare.

“Qui ci penso io. Voi state indietro e portate al sicuro Lupin. Cercate di andarvene, andate via” Sentenziò Draco rivolto ai pochi battlemage in gradi di rispondergli che assentirono e si defilarono con il licantropo sulle spalle.

“Alla morte…?” domandò Draco retoricamente. Ricevette risposta da Harry.

“Alla morte, biondino”

Con un balzo Harry gli fu sopra e vorticò le lame a ventaglio di fronte a se. Draco si scansò, scartando l’attacco con uno scatto verso destra. Ne approfittò e spinse le lame in due affondi mirati al ragazzo ancora in volo. Entrambi furono deviati dalle lame di Harry con una pioggia di scintille. Stettero per qualche secondo fermi a bloccare uno le armi dell’altro e a guardarsi negli occhi. Grigi contro verdi.

“Sembra uno scontro interessante…” sussurrò Harry. Draco roteò le spade e le fece scivolare alla sua destra. Spiccò un balzo in avanti e si lanciò all’attacco con la sola mano destra. Teneva la spada sulla sinistra pronta a parare. Infatti, Harry fermò l’attacco di Draco con il pugnale e tentò un fendente con la spada, bloccata anche quella.

“Molto interessante…” continuò con voce gracchiante Harry. Ritirò le lame e lanciò un attacco incrociato dall’alto, che fu bloccato allo stesso modo, incrociando le spade sopra la testa. Draco ne approfittò e lo colpì al petto con un calcio. Harry cadde a terra, ma con una capriola all’indietro fu di nuovo in piedi e pronto allo scontro. Appena in tempo per parare una raffica di colpi da parte del biondino che lo fecero retrocedere fino alla finestra distrutta. Con una balzo all’indietro balzò sul davanzale ed corse lungo il cornicione esterno. Draco lo seguì in un lampo. La luce della luna piena rendeva l’ambiente luminoso, per fortuna. Con un occhio quasi cieco Draco aveva difficoltà a seguire tutti i movimenti del suo avversario. Lo vide girare l’angolo dell’edificio e si precipitò al suo inseguimento. Appena girò l’angolo una spada quasi gli tranciò il naso. Grazie ai suoi grandi riflessi si ritrasse appena in tempo per schivare il colpo. La spada destra colpita dalla lama dell’avversario, gli sfuggì di mano e precipitò verso il basso. Ora aveva solo un arma per combattere. Passò la spada sulla mano destra e colpì con forza alla sua sinistra. Harry si lasciò cadere verso il basso, lanciò in pugnale verso Draco, che si riparò dietro l’angolo. Con la mano metallica libera si appese al cornicione e si dondolò verso la finestra al piano di sotto. La sfasciò e cadde pesantemente sul pavimento. Era in un bagno. Subito fu in piedi e si girò verso la finestra dove era appena entrato aspettando di veder scendere il suo avversario. Roteò nervosamente la spada pronto al combattimento.

Una finestra alla sua destra si frantumò. Draco e una miriade di frammenti di vetro gli piovvero addosso alla sprovvista. D’istinto Harry si abbassò. Sentì la lama dell’avversario passargli sopra la testa e superarlo. Sperando di indovinare la sua posizione, sollevò la spada con uno scatto. La senti penetrare per un attimo nella carne. Sorrise e fece un passo indietro mettendosi sulla difensiva. Draco si tasto il petto dove una ferita superficiale faceva mostra di se. Un graffio, roba da poco.

“Il primo colpo è mio, biondino…” sorrise Harry vedendolo tastarsi la ferita. Draco tirò due colpi all’aria per scaldarsi e si mise in posizione.

“Non importa chi tira il primo colpo, ma l’ultimo…” rispose pungente Draco. Harry smise di ridere e si preparò. Lo scontro era appena iniziato.

Harry corse a sinistra con uno scatto improvviso. Draco lo seguì in parallelo. Si scambiavano fugaci sguardi fra le colonne che li separarono. Con un balzo uscirono dalla stanza quasi scardinando la porta a doppia anta. Cominciarono a rincorrersi. Harry in testa dettava la marcia. Salì una rampa di scale. A metà della seconda cadde a terra. La spada di Draco, infilata fra le due ringhiere, gli aveva fatto lo sgambetto. Mentre Draco sfilava la spada, Harry si molleggiò sulle braccia e spiccò un balzo fino al pianerottolo superiore. Draco era in procinto di salire la seconda rampa, quando vide Harry scivolare lungo il corrimano con la spada in avanti come un cavaliere in carica sul cavallo. Si ritrasse fino alla parete e sollevò la spada con un ampio arco fino a bloccare quella di Harry contro la muro sopra la sua testa.

Ora erano faccia a faccia. Entrambi ansimavano per la fatica e per la corsa. Il sudore imperlava la loro fronte. Solo in quel momento Draco la notò. La cicatrice. Verde. Verde come uno smeraldo. Brillante e luminosa come gli occhi, lucidi per la fatica.

“Che c’è, biondino, sei stanco?” chiese ansimando Harry.

“Neanche un po’. Non mi arrendo così facilmente, sono un Malfoy” rispose Draco con il fiato corto. Gli occhi di Harry brillarono per un attimo. Con un grido liberò la spada dalla morsa in cui era bloccata e la strisciò a cerchio lungo la parete, con una marea di scintille, puntando le gambe di Draco. Il ragazzo biondo se ne accorse e saltò a piedi pari al momento giusto. Schivò l’arma che continuò la sua corsa a vuoto. Rapido Draco rispose all’attacco con un pugno violento in faccia. Harry arretrò tastandosi il volto offeso.

“Sei distratto. Cadi nei trucchi più semplici” gli disse Draco mentre riafferrava la spada con la mano destra. Harry tolse la mano dalla faccia. Il naso gli sanguinava ed il suo ghigno era una maschera di rabbia.

“Quando vorrò i tuoi consigli te li chiederò. Ora combatti!” e si lanciò ancora verso Draco con un affondo. Draco lo deviò con la spada. Gli afferrò il braccio con la mano libera e gli tirò una testata alla bocca che fece gridare di dolore Harry il quale rispose subito con un altro fendente facilmente schivato dal biondino.

Draco si lasciò l’avversario alle spalle e corse su per la rampa di scale. Imboccò il primo corridoio e lo percorse per una decina di metri prima di voltarsi nel sentire i passi del suo avversario avvicinarsi.

Harry era fermo all’inizio del corridoio. Il sangue gli colava dal volto e macchiava con piccole gocce il vecchio tappeto steso a terra. Ansimava e fissava intensamente lo sguardo di ghiaccio di Draco. Con un movimento veloce fece volare la spada nell’altra mano ed estrasse la bacchetta con la mano libera.

Aboleo Spiritus!” Draco reagì subito. Fece cadere a terra la spada, estrasse la bacchetta e la agitò fra di se e la nuvola di denso fumo bianco che correva nella sua direzione.

Revolvo!” la nuvola di fumo arrivò ad una spanna dalla faccia di Draco, giro su se stessa e puntò verso Harry. Anche lui non fu da meno.

Revolvo” ancora la nuvola ritornò sui suoi passi. Ma Draco non era già più lì. Nel tempo che Harry ci aveva messo per riflettere l’incantesimo, lui era scappato di soppiatto. Il fumo denso si dissolse dopo una trentina di metri lasciando il vuoto tutto attorno.

Harry non lo avrebbe lasciato andare. Lo aveva umiliato. E la loro sfida non era ancora finita.

“Ti eliminerò Malfoy…Malfoy… il tuo nome mi da un senso di vomito…” scese le scale da cui era venuto per tornare sui suoi passi.

*****

Draco corse ed in un lampo ritrovò la sala grande. Si ricordava ancora bene la planimetria del castello. Entrò e vide i battlemage ancora lì dentro intenti ad ascoltare qualcuno… Piton!? Ma Piton era stato il primo a morire! Incredulo si avvicinò al professore.

“Che diavolo sta accadendo qui! E’ la seconda volta che scampi alla morte tu” disse indicando Piton “Hai una spiegazione oppure devo preoccuparmi?” Piton sorrise.

“Niente di strano. Un non-morto come me non muore certo per cose banali come la testa troncata di netto. Io non seguo più le regole normali della vita. Io sono oltre la vita mio caro” squadrò Draco da capo a piedi “Vedo che ti sei scontrato già con Potter. E dimmi come è andata?” chiese curioso.

“L’ho abbandonato e sono tornato qua per vedere che tutti se ne fossero andati. Ma vedo che non si sono mossi. Almeno hanno raccolto i cadaveri” fisso il mucchio di corpi impilati poco lontano.

“Incredibile” disse sospirando Piton “Maghi e soldati esperti ed allenati non sono bastati a sconfiggerlo. Anzi! Li ha sconfitti lui stesso! Mi spiace per Weasley e la Granger. Per Silente sono sicuro di riuscire a fare qualcosa con le mie pozioni. Può essere complicato ma non impossibile. Sirius è ridotto maluccio… credo che sia in vita per miracolo. Ora le sue emorragie sono stare fermate, ma sarebbe meglio portarlo in un ospedale al più presto”

Draco sospirò e si sedette accanto a Piton. Almeno Sirius e Silente non erano spacciati. Ma Ron ed Hermione… come lo avrebbe detto a Ginny? Non poteva neanche pensarci. Ancora sofferenze. Ancora dolore. Ancora… un momento! Come faceva Piton a sapere dell’identità di Harry? Si voltò e non pose neanche la domanda. Piton già se l’aspettava.

“Finalmente l’hai notato. Dimmi Draco, se ti avessi detto che quel tizio invece che Voldemort era Potter, tu l’avresti attaccato? Prima che uccidesse tutta questa gente, tu gli saresti saltato addosso insieme a tutti gli altri? Sii sincero”

“Io…ma come ha potuto non dircelo!” Draco si alzò in piedi e lo guardo costernato “Harry Potter era vivo e lei non ha detto niente! Perché? Avremmo potuto fare qualcosa per aiutarlo invece che organizzarci per una guerra!” Piton si alzò in piedi u gridò.

“Era proprio questo il mio problema. Voi non l’avreste mai attaccato. Voi l’avreste aiutato! Ma non si può aiutare. E’ impossibile. Io l’ho seguito per mesi. Il primo settembre dell’anno scorso sono riuscito ad uscire da qua. Ho aspettato qualche mese prima di ripresentarmi. Per sicurezza, non sapevo quanto eravate a conoscenza di quello che succedeva qui dentro” afferrò la testa di Draco fra le mani “Io l’ho visto combattere per mesi, Draco. L’unica cosa da fare era eliminarlo. Toglierlo dai piedi! Ormai è una creatura della notte. Non vive neanche più di giorno! Uccide di notte e dorme di giorno! Lo hai visto tu stesso di cosa è capace” indicò il mucchio di cadaveri.

“E Voldemort allora? Dov’è? Dovrebbe essere qua, no?”

“Ma quale Voldemort! Per quello che ho potuto capire Voldemort è stato eliminato proprio da Potter tre anni fa. Fu Potter a vincere lo scontro, ma qualche cosa è andato storto… ed ora è così. Pazzo, non riconosce più nulla. Uccide. Uccide e basta”

“E per questo non poteva aiutarlo? Che cosa ne sapeva lei! Forse se ci avesse detto tutto Ron ed Herm sarebbero ancora vivi! E’ stata una stronzata quello che ha fatto se ne rende conto!?” gridò Draco con la bocca secca. Piton lo fissò inespressivo come era solito fare ai tempi della scuola.

“No. Voi non mi avreste mai dato retta. Non lo avreste mai attaccato ed ucciso se aveste saputo che era Potter. La mia è stata la scelta più saggia per tutti” la voce rispecchiò il suo sguardo. Draco annuì e richiamò uno dei battlemage.

“Soldato, arresta quest’uomo. Severus Piton, è accusato di aver tenuto per suo conto informazione di vitale importanza per scopi personali e dell’omicidio indiretto di una decina di battlemage. Per ora sarà tenuto in stato di fermo e sotto la sorveglianza dei battlemage rimasti” il soldato eseguì l’ordine e Piton non si oppose all’arresto. Parlò solo un ultima volta.

“Non vuoi nemmeno sapere come ho fatto a scoprire che in realtà era Potter?” Draco lo guardò.

“Come?”

Piton indicò con un cenno del capo la sua borsa delle pozioni. Da una tasca laterale spuntava una pergamena tutta rovinata.

Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. Fanne buon uso”

Ok ok ci ho messo un casino, sta settimana è stata fitta di impegni pomeriggi e casini vari, nonché il ricevimento genitori (“Suo figlio è un genio…” “ Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo…” “Chi è lei signora?…Ah, Giacomo! Sì, sì…” “Buona pasqua…” “Se vuole essere più utile bisogna che si dia fuoco, almeno scalda!”). Vabbè, ma è solo un capitolo di passaggio questo, il prossimo, max quello dopo, dovrebbe essere l’ultimo. Sigh…. Anche questo finisce, me triste……..vabè raga ma rispondetemi! Che fic scrivere dopo? Ringraziamo, và: Ice, ah! Che bella colazione! Non è vero che sono morti tutti. Sol quelli che tutti preferiscono!!!! *evil smile*. Ti consiglio di leggere senza trama. Nell’ultimo capitolo sei anche citato in coda!; Anja, hai ragione. Ho corretto la cosa. Ora usa una mano per lanciare entrambi i pugnali. Difficile da fare, ma lui è Harry Potter!!! J; Beth, commento sbrigativo, ma essenziale. Era un po’ quello che volevo trasmettere; Ale chan, caspita! Eliminare Potter solo perché ha fatto una strage? Esagerata… piuttosto, basta cliccare sul mio nome in autori per vedere le fic che ho pubblicato!J; Eli e Kia, a Bologna? E Dove? Neanche io abito in città, poco fuori. Venite in città per la fiera del fumetto per caso? Io ci vadso domani (che poi è oggi 13/04/03). A proposito IL 12/04/03 era il mio complex!!!!!!! Non che voglia farlo notare ma è una specie di scusante per il ritardo di pubblicazione del new chap… (Eli cara, ti si è fuso il Pc? Perché non agiorni??????LLL); Alexis, mi scuso del ritardo. La ff su SW la farò quanto prima (forse con la pasqua, chi lo sa?) ne ho in corso un po’ da scrivere…J; Keijei, su su, vedrai che torna tutto a posto (se, bonasera…) arriva un bell’angelo (al massimo piero angela…) e risorge tutti i buoni!(si, i buoni della coop…); Yuechan, che vuoi il massacro arriva sul più bello. Tanto Neville ce lo metto nel seguito di senza tregua. Ho già deciso!!!!JJJJ; Nenè, Ehilà visto che oggi è domenica, alla cara sunny è già venuto un colpo direiJ, recuperabili? Che vuol dire? Ah, qualcosa tipo: in realtà non era sangue ma sugo di pomodoro? Non sono morti stanno solo dormendo tanto? Mhhhh…improbabile….; Ci, sono caaaaaaaaaaaaaaaatttttttiiiiivvvvvvvooooooo!!!!!!! Cattivissimo, ma anche buono e sincero *occhi grandi piangenti*………….. No, non è vero. Sono un bastardo. Eh sì, come vedi Harry è anche qui fin dal 2° chap a dire il veroJ; Mikisainkeiko, perché? Perché sono la mia coppia preferita!!! (alla faccia! Chissà se li odiavi! NdTutti) sono sempre al cnetro dei colpi di scena, dei colpi di cuore… mmhh questa era brutta. Vabbè ma non piangere. Draco sta bene ehehehehehehehehehehJ; Ever, un idea cattivissima che sconvolga il pubblico. Io devo vendere al meglio la mia merce!!!! Un buon piano di marketing è la cosa migliore! Mio Dio… parlo come la mia prof di economia….J; Sorti, un grattacielo? TI chiederò asilo politico mi sa….; Kiak, tu, tu che sei diveeeeeeeersa! Almeno tu… non mi odi! TY TY TY TY TY TY TY * Strekon in lacrime*. Che cavolo direbbe Freud se fosse vivo?!?!?!?!?!?!? Non lo so dimmelo te!!!!!!. Non cambierai dimmi cheeeee per sempre sarai sinceeraaa… tutta la tua solidarietà ed anche un bazzoka per fermare gli altri, và! I miei rispetti cherie e la mia gratitudine!JJJJ; Maichy, ma Piton è vivo (oddio vivo è una parola grossa…)che faccio elimino anche Draco?!?!?!? Eh? Eh? JJJ; Elyfra, ehi grazie. Anche se del muso ispiratrice non me lo avevano mai datoJ; miky, come ho potuto? Facile mi sono messo all tastiera dopo aver riletto la serie completa di Berserk ( tell me what tell me what tell what you want…) ti assciuro che le parole scendono da sole!!!!J; LadyofShadow, no problemo! Per me un commento è sempre un commento!!!!!JJ; Giuggy, per finire finirà. Non benissimo, anzi.. maluccio direi, però finirà. Mi accodo anchio nel far soffrire quell’idiota di Caramell! Non lo sopporto!!!!!!!!! Caramell ti odio!!!!!!!! Un po’ come dio Vissani!!!!!!!!!!!!!!!!; Ary, grazie a te e alla tua gemella! Si chiama Baraldi?!?!? Come il pagliaccio!!!!! Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!! Ciao bambin… coff cough sput bam!!!!!! *Strekon morto a terra*

 

Va bene ragazzi. Ore… cacchio! 3:33! Pubblico e buona notte!!!!!!

Parentesi. La frase sborona che Draco dice a Harry l’ho presa da un libro  “le lande di fuoco” troppo bella per non essere riportata!!!!!! Chiusa parentesi!

See you again!!!!!!

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Capitolo 27
*** Ricordi insistenti ***


“Ha ucciso due dei nostri

“Ha ucciso due dei nostri! E’ un traditore, Prendetelo!”

L’ombra scivolò lungo il corridoio inseguita da una decina di maghi dalle vesti nere. Erano tanti. Troppi. Non sarebbe mai riuscito a tenergli testa. Percorse caoticamente una strada casuale, infine giunse alla fine del corridoio. Quasi cadde nel baratro davanti a se. Nonostante ci fosse una scala che si piegava ad angolo una decina di metri sopra la sua testa, davanti a se non c’era nulla. Molte rampe di scale erano come sparse lungo quell’immensa tromba. Aspetta… ma si stavano muovendo! Bastava aspettare la scala giusta e il gioco era fatto. Era solo una questione di tempo. Merce rara che l’ombra non aveva in quel momento. Sentivo lo scalpiccio dietro di se farsi sempre più vicino.

Ventilo Iniuria!” l’ombra fu sbalzata in avanti con forza. Il suo corpo compii un arco nel vuoto. Si rese conto di essere in volo a mezz’aria appena in tempo per allungare le braccia ed appendersi ad una rampa in movimento davanti a se. Il gradino più basso lo colpì in pieno petto facendole sputare fuori tutta l’arai che aveva nei polmoni. Ciondolando malamente con le gambe, si issò, trascinandosi, aggrappato ai primi scalini di pietra di quell’imponente rampa di scale. Salì rapidamente i gradini e si nascose, protetto, dietro l’angolo del corrimano. Quella strana rampa mobile aveva una struttura ad “L” che puntava verso l’alto. Vide un paio di frecce infuocate piantarsi nel corrimano davanti a se. Mancato per poco.

“Chiama un dissennatore. Loro fluttuano, lo inseguirà fra le scale” disse ad alta voce uno degli inseguitori. L’ombra non aveva idea di che cosa fosse un dissennatore, ma il loro nome non prometteva nulla di buono.

C’era poco da fare. Erano numericamente superiori, quasi impossibile batterli. Ma non sarebbe certo morto da vigliacco, nascondendosi fino all’ultimo. No. Anche se non ricordava chi fosse era certo che non gli sarebbe mai piaciuto tirarsi indietro come un cane bastonato. Non lui. Non… picchiò il pugno sinistro per terra. Quanto lo faceva arrabbiare il fatto di non ricordarsi nulla. Lanciò un grido e si alzò puntando la bacchetta davanti a se.

Ignis Flatus!” una sfera di fuoco centrò il mangiamorte più esposto riducendolo ad un ammasso scomposto di carne ed ossa. I nove rimasti reagirono e lo bersagliarono con parecchi incantesimi. La balaustra di pietra, però, dava all’ombra una copertura di cui gli altri maghi erano sprovvisti. Rischiò di essere centrato da un fulmine in pieno volto, ma per fortuna si abbassò in tempo. Dal puzzo di bruciato proveniente dai suoi capelli capì che questa volta ci era andato molto vicino.

Vide un armatura in cima alla rampa, che ora si stava lentamente muovendo verso un altro corridoio più in alto.

Accio Armatura!” come un essere volante l’armatura piombò con gran clangore a metà della rampa ad “L” distraendo per un attimo i mangiamorte che la bersagliarono sicuri che il loro obiettivo si fosse scoperto nel momento sbagliato. L’ombra si alzò ancora pronta a colpire.

Manus Niger!” gridò l’ombra. Una luce nera esplose dalla sua bacchetta e si fiondò su uno dei mangiamorte. Come una mano dalla forza sovrumana, strinse forte il collo del malcapitato che iniziò ad annaspare in preda al soffocamento. La mano lo sollevò e lo gettò nella tromba delle scale. Senza un grido il mago oscuro scomparve nelle tenebre. La mano si aprì ancora pronta a colpire un altro mago, ma fu presto sedata a suon di incantesimi.

Bhè, due loro, ed io sono ancora intero pensò l’ombra riprendendo fiato. Si mosse di qualche passo verso destra per sorprendere i suoi avversari ancora una volta. Con l’incantesimo sulle labbra si alzò, pronto a colpire. Le parole gli morirono in gola. Se ne stava in piedi con il braccio teso verso una creatura alta e ammantata di nero. L’essere sibilava come il vento fra le rocce e si avvicinava all’ombra.

L’ombra sentì un brivido. Si ritrasse da quella creatura salendo la scale a perdifiato verso il nuovo corridoio. L’apertura era ancora lontana, e il dissennatore non accennava a rallentare la sua marcia. L’ombra si girò a guardarlo mentre fluttuava inesorabilmente nella sua direzione. Il sudore gli imperlava la fronte. Quando ormai il dissennatore gli fu a meno di venti centimetri, l’ombra cadde a terra per il terrore. I maghi oscuri non lo bersagliavano neanche più con gli incantesimi. Quella cosa avrebbe pensato a sbarazzarsi del presunto traditore.

L’ombra fissava il suo volto vuoto e nero. Era buio, non vi era luce in quella faccia. Per quanto possibile si accasciò ancora di più al suolo. Vide, indistintamente un tentacolo nero uscire da quel cappuccio e schioccare per aria come una frusta. Qualcosa nella mente dell’ombra si stava prepotentemente imponendo davanti a quello spettacolo terrificante.

Una donna… capelli rossi, urlava spaventata… un tizio ammantato… Sentiva la paura crescere in se. Paura? Era quella strana sensazione già provata quando aveva sfiorato il corpo di quel tizio. No! Paura no! Non aveva paura! Di nulla di nessuno! Mai! Altre immagini si imposero nella sua mente… un dolore lancinante…dolore.

Sentì le ossa sbriciolarsi. La sua mano sinistra era scivolata, mentre si inginocchiava vinto dal terrore, fra la scala mobile e la parete in avvicinamento. La carne si sfaldò e i muscoli si appiattirono vinti da quella inesorabile morsa di pietra. Urlò con tutte le sue forze il suo dolore. Un urlò che nulla aveva di umano. Il sangue gli macchiava tutto il braccio e colava lungo la parete del muro in rivoli inquietanti. Quel estremo dolore lo fece tornare alla realtà. Vide l’essere in nero che cercava di abbrancarlo con uno pseudopodio viscido. Il dissennatore tentennò per un attimo davanti all’urlo dell’ombra. Quell’attimo all’ombra fu più che sufficiente.

Tirò con forza il braccio con la mano spappolata. Ormai era impossibile salvarla, tanto valeva liberarsi come meglio poteva e combattere. Un rumore inquietante di brandelli di carne strappati gli penetrò le orecchie. Il polso reciso sprizzava sangue dappertutto. Non aveva idea se sarebbe sopravvissuto, ma stare lì a morire non era nei suoi piani. Raccolse le ultime forze rimastigli ed infilò il corridoio per coprirsi dall’assalto dei maghi oscuri. Puntò la bacchetta verso il dissennatore e… ma che incantesimo usare? Quel tizio sembrava essere un fantasma proveniente dallo stesso inferno. Non sapeva che usare. Non sapeva che fare. Tanto valeva… un pensiero gli attraversò la mente.

Expecto Patronum!” un lampo d’argento esplose sulla punta della bacchetta dell’ombra e ne uscì una serie di scie dello stesso brillante colore. Le strisce colorate presero forma. Un cervo. Travolse il dissennatore scacciandolo via. Il cervo compì una curva nell’aria sopra le rampe ancora in movimento. Raggiunse l’ombra e la fissò con occhi apprensivi. Sembrava spaventato dal suo aspetto. Forse avrebbe parlato, ma, così come era apparso, l’animale d’argento sparì in un guizzo di fumo dello stesso colore.

L’ombra fissò sorpreso tutto lo spettacolo che lui stesso aveva offerto. Si era ricordato. L’incantesimo per quelle creature. Chiunque fosse, sapeva combattere quelle creature. Non sentì neanche più il dolore al polso. Lo shock di essersi strappato la mano era sopra ogni tipo di dolore. Nonostante ciò il sangue seguitava ad uscire e inzaccherava il pavimento di pietra lavorata.

Sentì i maghi oscuri avvicinarsi. Doveva scappare ancora. Cominciò a correre lungo il corridoio nella speranza di trovare presto una deviazione o una porta dove infilarsi. Non era nelle condizioni di combattere. Era ferito e non solo nel corpo. La sua mente sanguinava ricordi e non sapeva cosa fare. Era un dolore inarrestabile. Soprattutto su quella cicatrice che aveva in fronte. Purtroppo per lui non trovò alcuna scappatoia da quel lungo percorso.

Avada Kedavra!” la luce verde sprigionata dalla bacchetta di uno dei maghi in testa alla comitiva centrò in pieno la schiena dell’ombra. Senza un lamento, sospinta in avanti dalla forza dell’incantesimo, l’ombra rotolò a terra un paio di volte e si fermò, immobile, di schiena.

“Finalmente! Non avevo mai visto un tizio con così poca voglia di morire” si lamentò lo stesso mangiamorte che aveva lanciato l’incantesimo.

“Torniamo dagli altri e avvisiamoli. Missione compiuta” si voltò, imitato dagli altri mangiamorte, e ritornò sui suoi passi, verso le scale.

Una forte esplosione di energia e una forte zaffa di vento li investì schiantandoli a terra tutti. Il corridoio era percorso da scariche di energia elettrica verde, come un enorme cavo elettrico. Quando il mangiamorte alzò la testa vide quella luce verde in fondo al corridoio. Una sagoma si stagliava davanti a quella luce.

“Sei ancora vivo…? E’ impossibile…” le parole gli morirono in gola. La mano dell’ombra si strinse forte attorno al collo dell’uomo. I loro sguardi si incrociarono. L’ombra sembrava avvolta da una palpabile energia magica. Il suo volto si contorceva in smorfie dolorose. I suoi occhi serpentini color verde smeraldo squadravano il mangiamorte terrorizzato. Le palpebre si sollevarono di più, spalancate. La testa dell’uomo esplose in tanti piccoli pezzi, spargendosi tutto attorno. La mano destra mollo il collo senza testa della prima vittima. Si girò a fissare gli altri maghi. I loro volti erano paralizzati. Quello che avevano visto andava oltre ogni logica e comprensione.

L’ombra si contorceva ancora in preda a forti spasmi. Si strinse le mani al petto piegandosi in due. Emise un ruggito profondo, degno di un orco. I maghi si allontanarono più in fretta che potettero. L’ombra si rimise retto sulla schiena e puntò uno dei fuggiaschi. Il suo torace si aprì come una zip, divaricandogli le costole. Un’esplosione di sangue sporcò il pavimento.

“NON COSI’… IN FRETTA…” ruggì cupamente l’ombra. Si lanciò con un balzo in avanti all’inseguimento dei maghi oscuri. Correva a quattro zampe come il più feroce dei predatori. Perché era quello. Un predatore senza controllo assetato di sangue. Il suo polso completamente spappolato si era come cauterizzato da solo, impedendo al sangue di uscire ancora. In tutti i modi era privo della mano.

Presto gli fu dietro e con un balzo aggraziato si attacco alla parete laterale del corridoio, poi al soffitto. Li superò in velocità e gli atterrò di fronte con un rumore sordo. Il mantello che portava si sfilacciò per l’impatto mentre altre scariche partivano dal suo corpo per spargersi a cerchio attorno a lui. Ghignò malevolmente davanti a quelle persone. Il dolore prese il sopravvento. Si inginocchiò, ancora, testandosi il petto dolorante. Gridava a denti stretti. Sembrava lottare contro se stesso.

Lascia, basta…No! Io mi controllo!…Fermati stupido! Io ho il potere!…E io lo sfrutterò!…Non puoi! Io governo la morte! Solo io…Zitto! Non puoi nulla!…Io non ho paura di nulla! Nulla!…Ma io non sono paura!…Sì, lo sei, e ti dominerò, anzi già lo sto facendo!…Idiota! Rinunci al potere!… No tu rinunci alla tua libertà! Sei mio, spirito!

Le convulsioni cessarono assieme al lamento dell’ombra. Guardò davanti a se le facce dei maghi. Poveri sciocchi senza speranza.

“FINE DEI GIOCHI RAGAZZI…” con una serie rapida di sguardi ad ognuno di loro, li uccise. Quando anche l’ultima testa cadde a terra lontana dal suo corpo, l’ombra si irrigidì per un lungo attimo. I suoi occhi tornarono normali, come la sua voce. Nessuna scarica elettrica gli percorreva il corpo. Ora aveva attorno a se il solo puzzo di morte.

Cadde in ginocchio ansante. Che sforzo terribile. Aveva controllato con le sue sole forze uno spirito della morte dentro al suo corpo. Lo aveva sfruttato al massimo del suo potere. Un arma micidiale, letale. Ma faticosa, spossante. Sentiva ancora la testa pulsargli come ogni muscolo del corpo. Era una tecnica di combattimento che avrebbe usato solo nei casi estremi. Non poteva rischiare inutilmente ogni volta. Dopotutto lo spirito poteva ribellarsi durante la possessione. Ciondolò, appoggiato al muro, fino alla rampa di scale da cui era partito tutto. Si sostenne al corrimano e le scese con calma. Notò solo ora come l’energia sprigionata gli avesse chiuso la ferita. Ora aveva solo un moncherino. Fissò con dolore i resti della propria mano schiacciati fra la pietra. Poi vide l’armatura. Più precisamente il guanto dell’armatura. Un’idea gli ballò nella mente. Con qualche trattamento magico poteva creare una perfetta mano sostitutiva, anzi, forse anche migliore dell’originale. Afferrò il guanto sinistro con la mano destra e lo soppesò fra le dita. La caccia era appena iniziata.

*****

Harry era seduto a terra nel bagno del secondo piano. Con uno straccio umido si tastava il naso ferito. Un pugno, era caduto nell’attacco più vecchio del mondo. Si alzò in piedi e si avvicinò al lavandino per sciacquarsi la faccia dalla polvere. Si guardò allo specchio. Quel volto. Odiava quel volto. Quello sfregio sulla fronte era la cosa che detestava di più. Era un ricordo del suo passato, ma lui non ricordava nulla. Per questo lo odiava. Batté il pugno sul lavandino di ceramica. Vibrò paurosamente, li per rompersi.

Unì le mani a pozzetto e si getto con forza l’acqua sul volto. Sbuffò mentre l’acqua gli scorreva ancora sul volto producendo un piccolo effetto geyser. Si asciugò con lo stesso straccio di prima e si sedette ancora a terra. Creò una spada per fare coppia con quella che aveva ancora. Se la infilò in cintura così come la bacchetta.

Poggiò le braccia sulle ginocchia piegate e vi nascose in mezzo la testa. Cos’era quella sensazione? Ormai la conosceva. L’aveva ogni volta che qualcosa dal suo passato tornava e lui non ricordava. Quindi quel nome, Malfoy, lo conosceva anche in passato. Malfoy… gli diceva qualcosa. Dentro di se era sicuro che centrasse qualcosa con la sua storia. Anche Voldemort. Quando il ragazzo dai capelli rossi lo aveva chiamato così, aveva come provato un brivido. Che fosse davvero lui Voldemort? Eppure quel tizio in nero lo aveva chiamato…Harry? Sì, doveva essere Harry. E quell’altro mangiamorte lo aveva chiamato Potter. Aveva dovuto tagliargli la lingua ed accecarlo. Pur non conoscendo la sua identità quel piccolo mangiamorte pareva convinto di quel che diceva. Quindi lui era… Harry Potter? Per lo meno ora aveva un nome. Oppure Voldemort? No, il tizio in nero lo aveva chiamato Harry dopo che il cappuccio gli era caduto di testa. Forse, però, si sbagliavano. Insomma, quel Sirius lo aveva trattato come se lo conoscesse e fosse un amico. Eppure Malfoy lo aveva attaccato nonostante sapesse della sua identità. Il mistero non era ancora del tutto chiaro.

Harry Potter? Lui aveva già letto questo nome! Si alzò di scatto e si fiondò fuori dal bagno. Velocemente raggiunse la sala trofei. Ecco dove l’aveva già visto. Harry Potter. Su una grossa coppa. Si avvicinò per leggere meglio: Torneo Tremaghi 1° classificato. Era arrivato primo ad un torneo. Interessante. Sulla base del trofeo vi era un’altra scritta: Alla memoria di Cederic Diggory E adesso questo chi era? Un morto, questo è sicuro. Era alla memoria.

Il nome Cederic gli diceva qualcosa. Non ricordava bene, ma forse era un suo compagno di classe. Sì, quindi aveva frequentato la scuola di quel castello. Forse lo aveva ucciso lui questo Cederic. Nulla di più facile, contando l’abilità intrinseca che aveva in quel genere di cose.

“Rispolveri i ricordi?” chiese una voce alle sue spalle. Di scatto come in una danza perfetta, Harry estrasse le spade e le puntò verso l’entrata, da dove veniva la voce. Draco se ne stava appoggiato allo stipite a braccia conserte. Ai suoi fianchi pendevano due spade, come per Harry. Aveva un’aria calma e rilassata. Troppo rilassata, pensò fra se e se Harry.

“Sei tornato per restare definitivamente?” domandò acido Harry. Draco sorrise e si sollevò dalla dallo stipite avvicinandosi lentamente al ragazzo.

“Vorrei fare un esperimento, se non ti spiace” disse Draco.

“Mi spiace eccome. Se sei venuto fin qui per parlare, hai perso tempo. Io combatto, non parlo”

“Anch’io combatto” disse Draco “Combatto la tua mente. Se ti dicessi Ron Weasley, tu cosa diresti?”

Harry vacillò un momento. Weasley. La parola gli ricordava qualcosa di rosso. Tante persone. Povertà. Amore. Scosse la testa per lasciare perdere quei ricordi. Roteò le lame e partì all’attacco.

“Combatti, invece di perdere tempo in chiacchiere!” fece scendere le lame in parallelo verso le spalle di Draco. Con movimento fulmineo Draco estrasse le sue spade e blocco le due armi affilate con le else delle sue. Le spostò con un colpo netto e vorticò in una danza nella sua direzione. Non puntava ad ucciderlo. Puntava a tenerlo impegnato il più possibile.

“Ginny Weasley!” gridò Draco “Ginny, capelli rossi, viso d’angelo. Te la ricordi?”

Harry ringhiò davanti alle sue parole e i suoi affondi si fecero più intensi. Sembrava di vedere il riflesso di uno spadaccino solitario da quanto combaciavano gli attacchi e le parate fra di loro. Draco mosse le spade in cerchio cercando di creare punti vuoti nella difesa dell’avversario.

“Hermione Granger!”

Harry si lecco le labbra come per idratarle. Ma non erano certo secche. Pensò al nome fatto dal biondino, e ancora si umettò le labbra. Che cavolo stava succedendo! Si inginocchiò per schivare un attacco e contemporaneamente partì con un fendente alle gambe di Draco. Il ragazzo biondo incrociò le spade ad “X” davanti ai suoi piedi, fermando l’attacco, poi con un balzo, facendo leva sulle lame, piroettò alle spalle di Harry. Gli appoggiò le armi affilate come rasoi sulle spalle e le avvicinò entrambe al suo collo. Harry si paralizzò in quella posizione. Come cavolo aveva fatto a sorprenderlo così? Perché non si era accorto della usa mossa? Quei nomi… lo distraevano! Pensò al da farsi mentre Draco gli parlava.

“Ora mi ascolterai, spero” con uno scatto della testa Harry si avvicinò all’avversario, facendo scorrere le lame sui lati del suo collo. Due lunghe ferite gli si aprirono nella pelle sudata. Sorpreso da quella mossa, Draco non reagì e si prese in pieno la testata in faccia che lo fece arretrare di un paio di metri. Harry ruotò di scatto tentando di colpirlo invano, poi si risistemò in posizione di attacco.

“Cercavi di distrarmi parlando. Mi spiace non ci sei riuscito. Giochi sporco, Malfoy. Come sempre…” le ultime due parole gli uscirono con grande sorpresa sia sua che del biondo. Come sempre? Cosa vuol dire “come sempre”? Anche in passato era così infame il suo modo di scontrarsi?

“Allora qualcosa ti ricordi” sorrise Draco “Meglio così” e si lanciò in una serie di attacchi rapidi ai fianchi di Harry. Con dei movimenti oscillanti Harry li bloccò tutti ed indietreggio fino alla parete. Fece una finta e si buttò a destra. Draco non ci cascò e si preparò a bloccargli la fuga. Ma l’avversario fu più furbo e gli scivolò fra le gambe, sorprendendolo alle spalle.

“Ma che bravo” ironizzò Draco “Allora, sfregiato, è tutto qui quello che sai fare?”. Sfregiato? Harry sentì la rabbia saligli. Lui odiava quella cicatrice, e fargliela notare lo fece solo arrabbiare di più. Per un attimo, però, gli sembrò di essere già stato chiamato in quel modo. Il passato continuava a bussargli nella porta della mente, ma lui non apriva.

Rapidamente incrociò le spade più volte cercando di non fare capire da dove avesse attaccato con il prossimo colpo. Draco rincarò la dose parlandogli ancora di vecchi ricordi.

“Mi deludi. Sempre con quei poveracci e le mezzobabbane. Che fine ingloriosa per Harry Potter…” disse scuotendo la testa con fare rassegnato.

“Vai al diavolo Malfoy!” gridò Harry. Lo aveva urlato d’istinto, come se fosse normale. Una specie di rituale. Un botta e risposta che da molto non faceva. La cicatrice si illuminò per una attimo, Draco la notò. Fu come un piccolo flash verde brillante. L’espressione di Harry tornò quella dell’essere senza pietà che aveva ucciso i suoi migliori amici e tutta quell’altra gente.

Alzò il braccio sinistro e lanciò la spada che fendette l’aria e colpì Draco al fianco, aprendogli un ampio squarcio. Il dolore ebbe la meglio e le dita lasciarono le spade che caddero a terra. Draco seguì l’esempio delle sue armi e cadde in ginocchio tenendosi la ferita stretta con le mani. Usciva un bel po’ di sangue da quel taglio. Troppo sangue. La vista cominciò ad offuscarsi ed il respiro si fece più pesante. Harry gli si avvicinò. Gli sembrò di vederlo sorridere.

“E’ un peccato che sia finita qui. Si stava facendo interessante” alzò la spada e la abbassò con forza sul collo del ragazzo. Draco vide solo nero.

*****

Ginny sentì un brivido percorrerle la schiena che le fece cambiare espressione. Anche la bambina sembrò notare quel cambiamento. Lasciò il paperottolo di gomma a terra e allungò le braccia verso la madre accanto a lei. Ginny si rivolse ad Eve e gli sorrise amorevolmente.

“Vuoi fare la nanna? Hai ragione, anche la mamma è stanca” la sollevò prendendola da sotto le ascelle e la appoggiò al petto. La bimba si prese il pollice in bocca e chiuse gli occhioni azzurri.

“Povera la mia bimba stanca… vuoi dormire con me stanotte? Così non sarai sola” Ginny si diresse verso il suo letto e vi adagiò sopra la bambina, che continuò a dormire beatamente. Si infilò anche lei sotto il lenzuolo bianco ed abbracciò morbidamente la figlia. Ma chi voleva prendere in giro. Non era Eve ad essere sola, era lei. Sentiva la mancanza di Draco. Era via solo da un giorno, ma aveva avuto come un brutto presentimento. Non tanto la presenza di Voldemort, qualcos’altro. Non sapeva bene cosa, ma non la faceva dormire. Era una sensazione terribile, come un mal di testa che non finisce mai. Che c’è, ma non fa male, da solo ansia.

Si fece avvolgere dal grande cuscino dove appoggiava la testa. Doveva dormire se non voleva impazzire.

Ancora un brivido, come poco prima. Una specie di sesto senso. Si mise dritta sulla schiena e fissò i monti fuori dalla finestra. La luce della luna piena li rischiarava facendoli diventare un paesaggio grandioso. Si alzò attenta di non svegliare la figlia e si avvicinò alla finestra. Poggiò una mano sul vetro freddo. Lasciò l’impronta del palmo, che in poco tempo scomparve.

Draco…ti prego torna da noi…

Guardò l’orologio. Era da poco passata la mezzanotte. Ormai mancava poco al suo ritorno. Sarebbero usciti tutti da quel posto prima della mezzanotte, gli aveva detto Lupin. Non sapevano se la barriera fosse stata ancora attraversabile dopo il primo settembre. Lasciò Eve a dormire nel grande letto matrimoniale, almeno lei dormiva. Si diresse in salotto e sprofondò sulla poltrona. Avrebbe atteso il suo ritorno. Tanto quella brutta sensazione che non la faceva dormire non accennava ad andarsene. Fissò il grande pendolo sulla parete. Pochi minuti dopo la mezzanotte. Sbatté gli occhi. Cinque del mattino.

Si rizzò in piedi. Si era addormentata! Si avvolse nella camicia da notte e corse in camera da letto. Eve dormiva ancora beatamente. Solo Eve. Rigirò la casa da cima a fondo. Niente. Era dannatamente vuota. Sentì bussare alla porta.

“Draco…”disse con voce spezzata. Corse verso l’ingresso e spalancò la porta. Non era Draco, era un battlemage, lo riconosceva dalla divisa, ma non era Draco.

“Signora Malfoy?” chiese quello.

“Sì…” Ginny mondò giù un enorme nodo che aveva in gola.

“Mi spiace, non sono rientrati. Nessuno. E’ da più di cinque ore che cerchiamo di capire che è successo… mi spiace”

Ginny sentì gli occhi bagnarsi. Scosse la testa come per negare quello che quel soldato aveva appena detto. No, non poteva essere. Draco, Ron, Hermione…Sirius, Remus, Silente…Piton…e tutti quegli altri soldati. Scomparsi per sempre…No…

Cadde in ginocchio piangente mentre il soldato la sosteneva meglio che poteva.

Va bene è un po’ più corto del solito, però spero che siate felici di sapere che ho allungato un po’ la ff!!!! Un pezzo di qua un aggiunta di la… alla fine si è allungata troppo per un solo chap! Quindi continua ancora per un po’!!!!!!! Spero siate contenti di ciò! E ora… ringraziamenti: Mikisainkeiko, e sì. Piton è sempre Piton. Dopotutto uno è bastardo per genetica, credoJ. Infatti non è uscito nessuno da Hogwarts…; Alexis, grazie. Per la risposta, leggi il chap precedente quando Percy  e Caramell discutonoJ; Kiak, ciarciauz! Metà della roba ho già rispost, quindi, grazie per gli auguri ( a proposito grazie a tutti quelli che li hanno fattiJJJ!) e sarai contenta per Draco immagino….bwahahahah!; Ice, la fine si avvicina, ma come vedi l’ho rimandata di un po’J! Spero che questi ti porti a vivere più a lungo J. Torna normale? Bhè, se la mia normalità per te è normale….; Sunny, WOW! Sono riuscito a far gridare Sunny! Non l’aveva mai visto! Che soddisfazione…J! Fra parentesi, grandioso il nuovo chap della tua ff BWM III (ehi la sigla sembra BMW, l’ho notato solo ora!), saluta anche tua sorella!; Beth, ho allungato a posta mi ci vuole un po’ di tempo! Non è così facile risorgere i morti!J; Maichy, bhè, credo di rischiare la vita ora!J, ma no dai! Ci sono ancora un paio di chap per sistemare le cose! (Sì come no….J); Ale chan, hai visto la mano metallica? E’ chiaro ora? E’ una bella sostituta no?; Enika, e sì che avevi visto bene! La storia continua un po’ di più del normale preventivato!J yuppieeeee!; Ci, grazie, sono un genio!J Io l’aveva detto che amo gli scontri D/H, e infatti….J; Keijei, no il castello no che è fico. Poi quelle cose succedono solo nei film di 4° categoria… che tristezza!!!!!!!!!!J; Giuggy, prenderò il tuo finale alla lettera! Bhè, quasi alla lettera…J; Ever, bhè grazie! Pensavo che il vecchio trucco prior incantatio fosse troppo scontato, invece… bene cosìJ!!!!!; Pan_z, new recensionist! Graize di cuore!!!!!!

Dunque, special Thanks to:

Ciack, che si sta leggendo tutta la ff da capo a piedi. Sarà una cosa lunga, ma buon lavoro e grazie per i commenti (se mai leggerai sto chap!J)

Mony-chan (o Fil), per la bella e-mail che mi ha spedito! Dovete ringraziare lei se ho finito il chap per oggi! J

 

Note dell’autore: dunque, la morte di alcuni personaggi ha un po’ sconvolto le menti di molti lettori. Tendo a precisare che io sono solo uno scrittore (parola grossa) di FF, le mie scelte derivano da una trama specifica, non dall’odio nei confronti di qualcuno! Tendo a precisarlo visto che molti credo abbiamo smesso di leggere la FF solo per questo motivo. Nel caso me ne scuso, ma la trame è una ed indissolubile!

 

Ore 16:15 sono in ritardo folle!

 

See you again!!!!!

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Capitolo 28
*** Come il giorno e la notte ***


La testa gli faceva un male cane

La testa gli faceva un male cane. Sentiva il sangue pulsargli contro le tempie, segno che qualcosa era stretto attorno alla sua testa. Infatti non vedeva nulla, doveva essere una benda di qualche tipo. Anche le mani erano bloccate dietro la schiena. Strette, probabilmente con una corda di un qualche tipo. Una di quelle grezze a sentire come grattava i suoi polsi. Per lo meno le gambe erano libere. Sentiva che poteva muoverle. Alzò la testa dal petto e mastico un po’ con la bocca, secca per il troppo riposo. Come era arrivato fin lì? La ferita al fianco! Ora ricordava. Ma non sentiva più il dolore, e tantomeno il sangue sgorgargli a fiotti. Che diavolo era successo? Che in realtà fosse…morto? Nessuno poteva salvarsi in quella situazione. Soprattutto con quel pazzo di Harry pronto a farlo fuori. Forse questo era il purgatorio. In effetti, secondo l’opera dantesca, prima di raggiungere il paradiso le anime dei morti dovevano espiare le loro colpe con anni, se non secoli, di pene del purgatorio. La legge del contrappasso. In effetti lui ne aveva fatte di cotte e di crude, sia prima che dopo il suo distacco dal padre. Certo che lo stare in purgatorio voleva dire che, presto o tardi, avrebbe raggiunto il paradiso. Gli era andata bene, dopotutto. Cercò di ricordare le varie pene descritte nell’opera, ma non gli venne in mente nulla. In tutti i modi aveva gli occhi bendati e le mani legate. Quindi stava pagando per qualcosa che aveva fatto con le sue mani –e di che cosa ne aveva un idea ben precisa- e per qualcosa che i suoi occhi avevano visto. Per un primo periodo della sua carriera di battlemage aveva fatto la spia, effettivamente. Forse non veniva approvato lo spionaggio. Poco male. Ormai quel che era fatto era fatto. Aveva un unico rammarico. Ginny ed Eve.

 Lui lo sapeva. Sapeva che qualcosa sarebbe andato storto. E così se ne era andato. Ginny non l’avrebbe presa di certo bene. Ed Eve, bhè lei era ancora piccola, non avrebbe capito. Di certo, però, Draco era dispiaciuto di non poterla veder crescere. Di sostenerla, quando aveva bisogno di lui. Di poter fare il padre, insomma. Almeno non aveva più paura. Se era morto, c’era poco da fare. Il peggio che gli capitasse era capitato, quindi le sue paure erano finite. Bhè, non del tutto, a dire il vero. Ma si poteva avere paura da morti? In effetti non aveva mai provato, ma uno morto come fa ad aver paura? D’accordo, qualcosa non stava andando come aveva previsto.

Annusò l’aria in cerca di un qualche indizio. Sentì dei passi farsi sempre più vicini. Cominciò a muovere le gambe velocemente, come per difendersi. Una mano decisa gli strappò via la benda dagli occhi. Quegli occhi verdi e i capelli arruffati, ma più di tutti quella cicatrice, gli fecero capire che non si trovava certo in purgatorio. Forse all’inferno. O forse non era ancora morto. E questa era la parte più strana di tutto quel complicato disegno che la sua confusa mente aveva appena fatto. Perché era ancora vivo?

“Sorpreso di poter ancora respirare, biondino?” chiese Harry chinato davanti a lui. Sorrise e si rimise in piedi.

“Perché mi hai risparmiato?” Draco nutriva la speranza che qualcosa in Harry avesse fermato la sua vena omicida. Sperava con tutto il cuore che la sua pietà verso di lui non fosse solo un errore.

“Perché mi servi. Tu sai chi ero, e chi sono” rispose Harry “Quindi me lo dovrai dire. Iniziamo con la base. Come ti chiami?”

Draco rimase allibito da quella domanda. Eppure lo aveva già chiamato per nome diverse volte.

“Draco Malfoy. Ma questo dovevi saperlo già” disse Draco. Harry lo fissò senza tradire un emozione in quel volto impassibile.

“Ti ho già detto che non mi ricordo nulla. Perché continui a insistere!” Harry alzò un po’ la voce. Il suo tono sembrava seccato.

“Eppure quando combattevamo mi hai chiamato Malfoy. Non ricordi?”

Harry sbatté gli occhi un paio di volte. Si poggiò contro al muro tenendosi le tempie fra il medio ed il pollice della mano destra.

“No, non ricordo. Non ricordo nulla, dannazione!” sbatté la mano metallica con forza sul muro, che si crepò visibilmente.

“D’accordo, d’accordo. Scusa, vedrò di non fare altre domande stupide” disse Draco con sottomissione. Doveva cercare di mettere a suo agio Harry. Era il piano migliore che gli era venuto in mente, e in quella situazione parlare era l’unica cosa da fare.

La notte stava per trasformarsi in giorno come ogni mattina, spazzata via dai caldi raggi del sole. Questo voleva dire che la mezzanotte era passata e lui non era uscito. Quindi era in trappola. Non che gliene importasse molto a dire il vero. Gli andava bene di rimanere lì. Non era un brutto posto, era la sua vecchia scuola.

Ma che cavolo dico…io non voglio restare intrappolato qui! Oddio, è l’incantesimo che sta facendo effetto, come aveva detto Piton! Devo sbrigarmi ad andarmene. Anche se non so ancora come…

“Allora, cosa vuoi sapere ancora?” chiese Draco mentre cercava di liberarsi dalle corde che gli bloccavano le mani dando meno nell’occhio possibile.

“Cosa voglio sapere? Quegli altri. Chi erano? Li conoscevo?” disse secco Harry avvicinandosi alla finestra.

“Gli altri? Il ragazzo coi capelli rossi, Ron Weasley. La ragazza, Hermione Granger. Il mago anziano era Albus Silente, preside della scuola. Ah, Ron era… insomma era il tuo migliore amico” deglutì dopo avere detto ciò. Harry si girò a fissarlo. Increspò le labbra in una sorriso ed inarco un sopracciglio.

“Migliore amico. E l’ho ammazzato io. Dannatamente crudele e spietato. Se mi ricordassi qualcosa forse piangerei. La ragazza la conoscevo?”

“Sì, voi tre eravate un trio inseparabile a scuola. Ed io ero il vostro incubo. Scherzi, prese in giro, mi divertivo così”

“Eri un bulletto figlio di papà immagino. Credimi, si vede ancora”

Draco sorrise. Per quanto la situazione fosse delle peggiori stava riuscendo a parlare con Harry senza dover parare i suoi colpi di spada o i suoi incantesimi. In un modo o nell’altro lo poteva considerare un buon risultato. Ma non doveva dimenticare che quell’Harry aveva ucciso a sangue freddo tutti i suoi amici. Anche se era Harry Potter, ancora lui non se ne rendeva conto. In quel momento era solo una macchina di morte. Doveva tenerlo bene a mente.

“Quello in nero era Sirius Black, il tuo padrino” Harry lo guardò stupito.

“Il mio padrino? E i miei genitori?”

“Loro… sono morti” Harry alzò le spalle e strinse le labbra.

“Poco male, nemmeno mi ricordo di loro. Come sono morti?”

“Ecco… sono stati uccisi” Harry si avvicinò a Draco con uno scatto talmente rapido che il biondo per un attimo aveva pensato avesse usato la smaterializzazione. Lasciò perdere per un attimo il lavoro con le corde che stava allentando per squadrare Harry.

“Come uccisi!? Anche se non li ricordo, questo non mi piace. E da chi sono stati uccisi? Rispondi!”

“Voldemort! E’ stato Voldemort, quasi vent’anni fa!”

Un ombra passò sugli occhi di Harry. Voldemort. Molte delle persone che aveva affrontato lo avevano chiamato Voldemort. Questo vuol dire che lo paragonavano ad un essere spietato. Non sapeva se esserne lusingato o profondamente offeso.

“Parlami di Voldemort” ordinò a Draco. Il ragazzo cominciò a narrare la storia di Voldemort prima e dopo il suo ritorno. Di come fosse diventato meno di nulla, senza accennare che il bambino nella culla era lui, e di come fosse scomparso di nuovo dopo che Hogwarts fosse stata attaccata. Entrambi stettero zitti per lunghi minuti.

“Veramente un grand’uomo. Mi sarebbe davvero piaciuto essere lui, come affermava qualcuno dei tuoi amici” ridacchiò Harry.

“Ma…ma, ha ucciso i tuoi genitori!” si lamentò Draco.

“E allora? Due persone per l’onnipotenza! Direi che sono più che sacrificabili. Anche se fossero mia madre e mio padre” Harry fece una pausa in cui Draco si riprese dalle parole del ragazzo. Gli tornò in mente suo padre, il discorso che avevano fatto dopo l’attacco ad Hogwarts. Quello non era più Harry Potter. Avevano ragione, Harry era morto quattro anni fa. Ormai non c’era più speranza.

“Chi era il bambino che ha fermato l’incantesimo di Voldemort in culla?” chiese d’un tratto Harry. Ora Draco non sapeva come rispondere, così gli disse la verità.

“Lui è… morto. Quattro anni fa. E’ scomparso per sempre distrutto dallo stesso Voldemort. Per un breve periodo di tempo ho sperato che in realtà fosse solo manipolato da un qualche incantesimo, ma poi ho capito. Ormai non c’era più nulla da fare. Se ne era andato per sempre”

“Che sciocco! Si sarebbe dovuto preparare ad un eventuale scontro. Se quel Voldemort era tornato, era ovvio che volesse vendetta!”

“Ma lui si era preparato, e credimi, gliela fatta pagare. Non è stato l’unico sconfitto ad uscire dallo scontro” Draco non aveva la minima idea di come fossero andate realmente le cose, ma un piccolo bluff, ora come ora, era la cosa migliore per distrarre ancora Harry.

“Dici? Allora anche questo Voldemort è morto… ma bene, allora adesso veniamo alla domanda principale: io chi sono?” Harry scandì bene le ultime tre parole chinandosi con la faccia di fronte a quella di Draco. Il ragazzo biondo ricambiò il suo sguardo. Che cosa gli avrebbe detto ora?

“Vedi… dunque, il tuo nome è Harry…”

“Potter?” chiese il ragazzo con la cicatrice.

“Sì, Harry Potter. Eppure ero sicuro che tu lo avessi capito. Cosa ci facevi prima giù nella sala dei trofei? Non guardavi la coppa del torneo Tremaghi?”

“Io…io” Harry effettivamente non si ricordava perché era in quella stanza. Ricordava solo di aver steso Draco con un colpo di elsa per farlo parlare.

“Non lo so… non mi… non riesco a ricordarmi…”

Draco capì. Harry scordava gli eventi ricollegabili al suo passato. Ma non sempre, solo in determinati momenti. Come mai? Forse era la magia di quel posto che impediva di uscire. Forse era un altro incantesimo. Non lo sapeva, ma sapeva che Harry, dopo aver avuto quelle nuove rivelazioni, forse non era del tutto perduto. Forse la sua mente poteva essere ricondotta sulla giusta strada.

“Sento un gran mal di testa. Sono un po’ stanco… credo sia ora di riposarmi…” disse Harry sbadigliando. Harry si tastò la cicatrice che brillò per un attimo.

Draco capì. La cicatrice. Aveva brillato anche nella sala trofei. Era quella che, per qualche motivo, faceva scordare tutto ad Harry. Lentamente Harry si appoggio contro il vetro della finestra e si sedette sul pavimento. La luce del nuovo giorno penetrava dal vetro e illuminava debolmente tutta la stanza. Harry si portò la mano metallica davanti al volto per proteggere gli occhi dall’alba.

“Ehi! No Harry! Non puoi dormire! Ma che cavolo di assassino spietato sei? E se ti beccano mentre dormi? Avanti, stai sveglio! Ho scoperto perché scordi tutto, la cicatrice! Deve esser…” il discorso di Draco fu interrotto da un clangore metallico. La mano finta di Harry cadde a terra con un tonfo. Anche la veste nera del ragazzo sembrò quasi sgonfiarsi, come un pallone aerostatico. Al posto di Harry non c’era altro che un mucchio di vestiti vuoti. Harry era sparito ed il sole era appena sorto.

Legato e a terra, ora Draco era solo assieme ai suoi pensieri.

*****

Non riusciva a respirare bene. Era steso a terra, affaticato. Stremato, le forze l’avevano abbandonato. Si convinse che non poteva rimanere lì. Doveva muoversi, spostarsi. Doveva trovare qualcuno. Ogni volta che dormiva il suo corpo ospite spariva, e lui tornava una specie di fantasma strisciante e viscido.

Voltò un paio di angoli in cerca di esseri viventi. Niente. Nemmeno con i suoi sensi magici sviluppati avvertiva nulla. Tutti spariti? Tutti morti? Quel misterioso essere a cui i suoi uomini davano la caccia aveva vinto? No. Impossibile. Era solo uno. Non potevano perdere. Quel tizio era sfuggevole. Mandava in pattuglia schiere di maghi per cercarlo. Ma lui era furbo. Attaccava solo di notte. E di giorno si nascondeva. Ma dove? Quel posto non era enorme e loro erano tanti. Troppi per essere decimati di giorno in giorno, mese in mese. Perché? Come faceva ad essere così potente. Da quello che gli raccontavano alcuni di loro era un combattente formidabile questo tizio. L’avrebbe affrontato lui stesso! Nessuno poteva batterlo. Nessuno poteva battere Lord Voldemort, Signore Oscuro.

Il fantasma pietoso di Voldemort avvertì finalmente qualcosa. Esseri viventi. Una ventina circa. Allora non era tutto perduto. Compiaciuto seguì la scia che aveva fiutato e presto giunse in un ampia stanza illuminata dal sole appena sorto. Non erano i suoi servitori, i mangiamorte. Erano… del ministero! Avrebbe riconosciuto quel simbolo sulla loro divisa fra mille, quei maledetti guastafeste. Cosa ci facevano lì? Avevano tolto di mezzo tutti i suoi devoti maghi, probabilmente. Anzi, senza probabilmente. Erano troppo rilassati per sembrare preoccupati di un probabile attacco.

Voldemort scrutò meglio quel piccolo esercito e vide delle facce note.

Ah! Remus Lupin… sembra ridotto maluccio… chissà se era piena questa notte, non ricordo…

Il fuggiasco Black! Il tempo sembra essersi fermato per lui. Sarà in cerca di vendetta per Potter. Entrambi i Potter, probabilmente…

Quello è… Severus Piton! Sporco traditore. Alleato con il nemico. La pagherai cara traditore del tuo Signore. Anzi, la pagherai subito insieme agli altri…

Lo spettro di Voldemort scivolò lungo il soffitto a cupola, sorvolando le persone nella stanza. In un lampo scese, come una goccia di pioggia e atterrò addosso a Sirius.

Sirius si alzò in piedi di scatto, occhi sbarrati. Remus, che si era ripreso dall’incantesimo e dalla shockante notizia dell’identità dell’ombra, lo fissò preoccupato.

“Che c’è Sirius? La ferita ti fa ancora male?” Black era rigido nella sua posa e tentennava lievemente facendo vibrare le mani strette in pugno. Poi, così come aveva iniziato, smise. Respiro un paio di volte per riprendere fiato da quella lunga apnea, e tornò seduto.

“No. Nulla. Credevo di aver sentito qualcosa, ma niente. Credo che farò un giro qui attorno” si rialzò congedandosi dal gruppetto. Remus lo seguì con lo sguardo finché non uscì dalla sala. Si scambiò un occhiata con Piton.

“Ma che gli è preso…”

“Non chiederlo a me. Io sono un vostro prigioniero, ricordi?” Remus increspò le labbra in un sorriso stiracchiato.

“In effetti. Severus, ma come hai potuto? Ron ed Herm ed una altra decina di battlemage sono morti a causa tua, te ne rendi conto?”

“Un sacrifico accettabile per eliminare Potter” sentir parlare di Harry a quel modo portava ogni volta Lupin a pensare che non poteva essere vero. Non poteva essere davvero così. Harry non poteva aver fatto realmente tutto quello che aveva visto. Non Harry. Anche se era lui esternamente, Piton aveva ragione. Quello non era più Harry Potter. Era l’ombra di se stesso. Uno scarabocchio, un errore, un virus che aveva intaccato la perfezione. Così semplice, gentile, puro e buono. Quello era l’Harry che Lupin ricordava. Non quel mostro assetato di sangue. Forse aveva ragione Piton. L’unica cosa da fare era eliminarlo. Per il bene di tutti, ma soprattutto per il suo bene. Il vero Harry non avrebbe mai voluto vivere in quelle condizioni. Soprattutto dopo quello che aveva fatto ai suoi migliori amici. Ron ed Hermione. Erano morti senza neanche sapere la verità. Il destino è proprio terribile quando ci si mette. Sembrava un piano disegnato da un crudele regista, invece era una terrificante realtà. Senza contare che erano chiusi lì dentro. Non erano usciti entro la mezzanotte, quindi erano in trappola. Che poi non era una vera e propria trappola. Era un metodo alternativo di vivere. Dopotutto lì dentro c’era tutto quello che serviva. Chi aveva bisogno di uscire?

“Sta già facendo effetto?” chiese Piton fissando il panorama fuori dalla finestra infranta. Lupin si destò dai suoi pensieri e lo fissò incerto.

“Come scusa?” chiese di rimando senza aver capito la domanda rivoltagli. Piton sorrise.

“Credo di sì. Vi sta annebbiando il cervello quest’incantesimo” Remus aprì gli occhi e si alzò in piedi. Dolorante, si avvicinò a Piton e lo guardò in volto.

“L’incantesimo mnemonico! Oddio…sì, sta funzionando. Proprio ora pensavo che restare qua non mi desse fastidio, ma non è così! Dobbiamo uscire al più presto…Severus, hai idee?”

“Mi spiace, nessuna. Basterà far passare un anno e non perdere il conto dei giorni. E poi io non ne vengo colpito. Vi aiuterò…forse”

“Come forse?!” chiese incredulo Lupin. Piton non mosse il suo sguardo dal panorama. Increspò solo un po’ le labbra secche e giallognole.

“Dopotutto perché dovrei aiutare chi mi accusa di omicidio indiretto… sono accuse scomode, non credi? Per uno che vi ha fatto entrare nella sigillatissima Hogwarts” il suo sorriso si allargò notevolmente mentre vedeva nascere lo stupore sul volto di Lupin.

“Questo è un ricatto…” disse l’uomo alzandosi faticosamente di nuovo in piedi.

“Puoi vederlo così, Remus” disse Piton, che finalmente lo guardò negli occhi “Oppure lo puoi chiamare favore per un altro… a te la scelta”

“No” rispose Lupin “Credo di non avere scelta… ma perché gli altri non sono usciti prima comunque… non capisco”

“Non si fidavano di Black. E volevano cercare il soldato Malfoy. Loro non potevano sapere la gravità della loro decisione”

“Eh tu? Non gli hai detto nulla?”

“Dimentichi forse che era un prigioniero?” chiese ironico Piton. Remus quasi gli saltò addosso dalla rabbia.

“Bel piano, Severus. Davvero un buon piano. In questo modo ti liberi dall’accusa. Ma in questo modo perdi molta della fiducia e della stima che nutrivo per te” Piton rise piano.

“Se avessi lacrime piangerei. Ma sono un non-morto. Purtroppo il mio corpo si sta corrompendo alla tomba, Remus. Sarà la mia natura d’ora in poi”

Il discorso finì dopo che Piton, detta questa frase, si alzò raggiungendo il corridoio. Le corde con cui era legato erano a terra, sciolte dal complicato nodo. Sarebbe potuto andare via in un qualsiasi momento, ma era rimasto. Nonostante tutto, per quanto sporca fosse, un minimo di etica la conservava anche nel suo nuovo stato di non-morto.

Remus decise di raggiungere l’amico Sirius nel suo girovagare. Voleva parlare un po’ con lui su Harry e tutto il resto. Non avevano ancora avuto il tempo per fare due chiacchiere in tutto quel trambusto. Diede ai battlemage qualche ordine per l’impianto della “base” provvisoria. Con un cenno di assenso si misero all’opera e prepararono cuccette e piccoli fornelli da campo per cucinare qualcosa di caldo. Con tristezza Remus osservò il mucchio di sacchi neri allineati poco distanti. Tutti così giovani. I più giovani erano proprio Ron ed Hermione. Distolse lo sguardo prima che la cascata dei suoi pensieri lo portasse ancora a scordarsi di chi aveva ancora bisogno di lui. A chi era ancora vivo. A Sirius, a Draco. A tutti quelli che credevano ancora in lui. Superò la statua di Silente, Piton avrebbe sperimentato qualche pozione quanto prima, sperando che la sua vecchia dispensa nel sotterraneo fosse ancora intatta.

Zoppicando verso la porta, Remus notò in un angolo accovacciato quel piccolo mangiamorte. Non poteva neanche essere considerato un prigioniero. Era ridotto così male che non sarebbe di certo scappato, anzi. Forse aver incontrato i battlemage era stata la sua salvezza. Completamente cieco e senza la lingua per parlare non avrebbe certo nuociuto a qualcuno. Si rigirò su se stesso cercando di cercare una posizione migliore per dormire. Solo allora Lupin notò che indossava un paio di guanti. Anche quelli ridotti male, coprivano malamente le mani rovinate. All’improvviso uno starnuto. Il mangiamorte starnutì. Uno spiffero freddo lo aveva colpito alla schiena, causandogli pelle d’oca e un forte brivido. Uno starnuto fine, piccolo. A denti stretti, quasi contenuto per paura di fare troppo rumore. Timido, riottoso. Lupin avrebbe riconosciuto quello starnuto fra mille. Lo aveva sentito per sette anni, ogni volta che si ammalava. Non avrebbe mai pensato di rivederlo.

“Peter!” gridò avvicinandosi all’omino che, nel sentire quel nome, alzò la testa come in risposta.

“Emuf…” biascicò il mangiamorte in risposta. Lupin si chinò davanti a lui e gli afferrò le braccia che lo cercavano alla cieca.

“Emuf… fono io, Pieh…” Lupin gli sfilò il guanto. La mano d’argento. Non c’erano dubbi era proprio Peter Minus.

“Peter, ma che ci fai qui? Eri anche te con i mangiamorte quattro anni fa?” Peter annuì gravemente.

“E uh?” chiese Minus rimettendosi seduto a terra. Intanto i battlemage sembravano aver capito cosa stava succedendo.

“Io? Io ero fuori, Peter. Hogwarts è sotto un incantesimo” Remus spiegò al piccolo uomo malconcio gli avvenimenti di quegli anni e la maledizione di Hogwarts. Peter sembrò scaldarsi ed emise degli urli striduli di agitazione.

“Che succede? Che hai? Soldato, prendi dell’acqua” un battlemage portò una borraccia d’acqua a Lupin che la passò fra le mani di Peter. Il poveretto bevve un lungo sorso e si sbrodolò il resto lungo il mento e il petto.

“Ehhi, Ehhi Poteh. Oh e folo…” tentò di parlare Peter. Indicò un segno a saetta sulla fronte per farsi capire.

“Harry, stai parlando di Harry, giusto? Harry…non è solo! Che significa? Spiegati!” chiese Remus cercando di comprendere i mugugni senza senso di Minus.

“Uolemoh, ihl ihore ofhuo…”

“Uol? Uol, Uol…Vuol? Vold? Voldemort! Che centra Voldemort, è morto” Peter fece cenno di no con la testa.

“Hui uive…”

“Lui vive…? Non capisco… Racherson, dammi una mano, presto. Dobbiamo capire cosa vuole comunicarci…”

*****

Draco era finalmente libero dalle corde. Non essendoci più nessuno a sorvegliarlo, si era avvicinato fino ad una finestra rotta e con un coccio di vetro le aveva recise. Anche il suo polso sanguinava, però. Poco male, roba da poco.

Si avvicinò a quello che fino ad una ventina di minuti prima era Harry. Non c’era più nella. Solo il vestito e la mano metallica. Oltre alla bacchetta, naturalmente. Ma che diavolo era successo? Decise di scoprirlo, ma prima doveva riunirsi con gli altri. Ammesso e non concesso che li trovasse ancora dentro. Secondo il copione dovevano uscire prima della mezzanotte, ma…

Corse verso l’uscita e si schiantò addosso a qualcuno. Schiena a terra si sollevò sui gomiti per vedere chi fosse l’uomo misterioso. Occhi neri, capelli neri e divisa perfettamente nera.

“Sirius!” Draco non sapeva se essere felice perché lui fosse qui, o rammaricarsi perché non era fuori da quella trappola magica.

“Eh? Che vuoi tu?” chiese sgarbatamente Sirius. Poi guardandolo meglio…

“Malfoy!” lo squadrò dall’alto in basso. Uno sguardo sorpreso e disgustato allo stesso momento.

Draco Malfoy fra le fila del ministero… Lucius che cosa hai fatto per trasformare il giovane Draco in questo modo… non era ancora un mangiamorte, ma la pagherà cara anche lui per il suo tradimento. Sono convinto che Lucius ne sarà felice…

Comunque pare che i due si conoscano. Dovrò recitare la parte di Black per un po’… la vendetta è un piatto da consumarsi freddo…

“Draco, che ci fai tu qui?” chiese con più garbo Sirius. Draco si alzò aiutato dall’uomo e gli spiegò l’accaduto.

“Ci siamo attaccati. Con la mappa che mi ha dato Piton sono riuscito a vedere dove andava e lo seguito per parlargli. Mi aveva praticamente ucciso, invece ha deciso di risparmiarmi la vita. E lo sai perché?” chiese sorridendo lievemente. Sirius fece cenno di no con la testa.

“Per sapere, Sirius. Lui non si ricorda. Non ricorda niente di nulla. E quando dei ricordi potrebbero svegliare la sua mente, lui dimentica tutto di nuovo. L’ho visto mentre capitava. Gli si illumina la cicatrice per un attimo e poi è come se non gli avessi rivelato nulla di nuovo. Ritorna lo spietato di sempre”

Non si ricorda? Dimentica quando i ricordi diventano importanti? Ma questo è il mio incantesimo mnemonico! E poi, la cicatrice…Potter è ancora vivo!? Maledetto ragazzino… si è salvato dunque. E possibile che nessuno l’abbia mai visto? Ameno che…

Sirius si strinse la testa forte. Fu come un pugno alla base del collo. Un dolore incredibile.

“Sirius, tutto bene?” chiese Draco reggendolo per un braccio.

“Sì, tutto ok… solo un lieve giramento di testa…”

No, per niente tutto bene… Vediamo, Prior Incantatio, e poi sono svenuto. Mi sono risvegliato nel pozzo, ed ero meno di nulla. Una fantasma di me stesso, come ho vissuto per più di dieci anni… allora ho posseduto un corpo. Era un mangiamorte, mi rivelai agli altri e subito mi credettero. Dissi a pochi di loro, i più fidati di mantenere segreta questa mia identità. Poi comparve quel tizio. Falciava decine di maghi alla volta. Cominciò la sua caccia, ma niente…quindi quel tizio poteva essere Potter? E come faceva ad essere così forte…?

“C’è di più, Sirius. Harry si è appena dissolto”

“Come dissolto?” chiese stupito Sirius. Draco annuì a braccia incrociate

“Dissolto. Sparito. Evaporato nel nulla. Di lui è rimasto solo l’abito e la mano metallica” il ragazzo biondo si fece di lato ed indicò il fagotto di abiti. Sirius si avvicinò per toccare gli stracci di tunica e la mano metallica. Li sfiorò appena. Un brivido, paura.

“Tutto bene Sirius?” l’uomo annuì distrattamente “Va bene, allora vedo di riunirci con gli altri. Sono rimasti anche gli altri vero?” Sirius annuì ancora.

Quella strana sensazione che aveva appena provato. Paura. Harry Potter era scomparso. Lui si era appena svegliato. Qualcosa stava andando a posto nella sua mente. Ora sapeva perché non aveva mai incontrato il misterioso assassino, cioè Potter. Sentì una spada puntargli la schiena.

“Chi sei tu?” chiese freddamente Draco. Sirius si girò lentamente e guardò Draco. La sua espressione era fredda come un pezzo di ghiaccio. Merito di quegli occhi. In una mano teneva stretta la spada che puntava al suo petto, ora. Nell’altra una pergamena malridotta. Una piantina di Hogwarts.

“La mappa mi rivela i nomi di tutte le persone che girano per il castello, e tu non sei Sirius. Il tuo nome è come cancellato, chi sei?” Sirius sorrise.

“Chi sono? Eppure dovresti saperlo” chiuse gli occhi e si concentrò.

Draco sentì un dolore lancinante al braccio, come se andasse a fuoco. Non riuscì a reggere la spada che cadde a terra. Sirius gli fu subito addosso, lo sollevò di peso e lo lanciò contro la parete. Draco atterrò con un tonfo. La schiena gli faceva male, ma non come il braccio. Si chiedeva come mai non avesse ancora preso fuoco. Scoprì la pelle all’aria strappando la manica della divisa. Il marchio nero pulsava con forza ed era ben evidente. Gli occhi del teschio erano rossi come rubini.

“V-Voldemort?” disse tremando Draco.

“Bravo Malfoy, hai vinto un premio. Dimmi, tuo padre sa che ti sei messo con il nemico?” parlò Sirius.

“Mio padre era un pazzo assassino. Come te. Io sono diverso” Draco ritrovò un po’ di coraggio. Anche il tatuaggio cominciava a fargli meno male.

“Assassino? Perché tu non hai ucciso, giovane Malfoy? Guarda che io c’ero durante la prima caccia al babbano che abbiamo fatto, e c’eri anche tu” ridacchiò la voce di Sirius. Draco cominciò a sudare. I suoi occhi erano come spiritati al ricordo.

 

“No ti prego…è il mio bambino… lasciala stare…”

“Zitta sporca babbana!” Draco colpì la donna con un violento schiaffo che la fece ribaltare di lato e poi cadere a terra. Il bambino che la donna teneva in braccio scivolò sul pavimento freddo. Una mano si poggiò sulla spalla di Draco.

“Figliolo, non bisogna picchiarle” disse Lucius guardando la donna e sorridendo. Anche lei sorrise rinfrancata dalle parole dell’uomo. Lucius gli allungò una mano e la aiutò ad alzarsi. A metà del gesto piantò nel ventre della donna un lungo pugnale intarsiato e lo girò con forza. Il volto della donna emise un muto grido. Lucius tornò a fissare Draco.

“Bisogna ucciderle” estrasse con uno scatto il pugnale e la fece cadere pesantemente a terra.

“Mamma! Mamma!” gridò il ragazzino strisciando vicino al corpo agonizzante della madre. Lucius passò il pugnale grondante di sangue al figlio.

“E ora, tocca a te. Forza” Draco afferrò il pugnale con la mano tremante e lo alzò sopra il piccolo bambino inginocchiato, piangente.

Rimase a mezz’aria per parecchio. Non poteva deludere suo padre. Non davanti ai suoi occhi. Non aveva scappatoie. Doveva. Doveva farlo. Ci pensò ancora per poco. Fece scendere il pugnale.

 

“Vedi che ricordi, allora. Quel bambino è morto per causa tua” la voce di Sirius lo derise ancora.

“Smettila di tormentarti. Tu sei sporco come me, anzi. Forse anche di più. Lascia perdere questi disperati che credono di poter cambiare il mondo contrastandomi. Siedi al tavolo dei vincitori, quando tutto sarà finito. Torna da me, nel mio abbraccio. Tuo padre ne sarebbe fiero, ovunque egli sia”

“No…non mi ingannerai. Non credo che rivedrai mio padre. Non in questa vita, almeno. Potresti sempre andare all’inferno, sono sicuro chi lì lo incontrerai” Sirius smise di ridere. Fece cenno di no con il capo.

“Hai venduto tuo padre? Riprovevole, molto riprovevole. Allora hai ragione. Puoi solo morire” ondeggiò la mano verso una grossa statua di un gargoyle, questo si sollevò e levitò fin sopra la testa di Draco. La mano di Sirius libera puntò ancora il ragazzo e il tatuaggio riprese a sfrigolare orribilmente. Draco lanciò un grido di dolore.

“E qui si chiude la storia dei Malfoy. Chissà come verrete ricordati” sorrise acido ancora una volta. Con un colpo secco della mano Sirius smise di puntare la statua a mezz’aria. Il gargoyle precipitò sul capo di Draco.

Accio Gargoyle!” la statua, all’ultimo momento, volò via in una angolo a novanta gradi e si schiantò contro il muro, sbriciolandosi. Gli occhi di Sirius si girarono a guardare chi aveva osato tanto.

Remus Lupin. E con lui Severus Piton e Peter Minus. Una riunione di traditori.

“Ma bene. La feccia di entrambe le parti al gran completo” Remus neanche lo ascoltò.

“Soldati, mirate a bloccarlo. E’ posseduto da Voldemort!” alle spalle di Lupin una decina di bacchette si levarono assieme alla sua e quella di Piton e puntarono Sirius.

“Patetico. Neanche mi uccidono” si lamentò la voce di Sirius. Mentre schivava i primi incantesimi di blocco. Con un guizzo della mano fece volare fra le sue dita la bacchetta di Harry, ancora a terra. Dopotutto loro due avevano la stessa bacchetta. Sarebbe stata perfetta. La sventolò verso la porta. Un forte vento sbalzò tutti per aria nel corridoio. Ma la mano di Sirius non si fermò. Indicò con la mano libera le armature in fila lungo le pareti e con gesto secco caddero a terra travolgendo i battlemage. Piton neanche si accorse di avere una gamba bloccata sotto una pesante armatura. Remus e Peter erano illesi. Solo il volo li aveva un po’ ammaccati.

“Che cos’hai Remus. Hai paura ad attaccare il corpo del tuo caro amico? Avanti combatti!” spostò secco la mano ancora una volta, e Lupin venne sbattuto contro la parete, come se spinto di peso. Il suo naso riprese a sanguinare. Gli occhi di Sirius si soffermarono sui due traditori. Peter si teneva forte il braccio, segno che anche a lui il simbolo bruciava terribilmente. Piton invece no. Guardandolo meglio Voldemort capì. Un non-morto.

“Complimenti per la tua nuova forma, Severus” fece un mezzo inchino Sirius “Ma sai benissimo quanto me che anche tu puoi morire. Anzi, molto peggio. Puoi cessare di esistere”

Per la prima volta da molto tempo, Piton provò un brivido di paura. Prima che il corpo di Sirius fosse troppo vicino, afferrò la bacchetta e la agitò sopra la testa. Niente. Cavolo, non ci si poteva smaterializzare ad Hogwarts! Era senza possibilità. Era giunto alla fine. O no?

Con un urlo Draco saltò sulle spalle di Sirius e gli strinse forte il collo fra le braccia. Voldemort, sorpreso, arrancò e mollò la bacchetta che cadde a terra.

“Pazzo… se mi uccidi morirà anche Black…!”

“Già, quindi se non vuoi morire e meglio che abbandoni questo corpo!” rispose Draco urlandogli nelle orecchie. Aveva ragione. Il corpo di Sirius si irrigidì e un sottile filo di fumo uscì dalla sua bocca e dal suo naso per prendere forma a mezz’aria. Il fantasma di Voldemort, con un urlo spettrale, si alzò in volo e si allontanò velocemente da lì. Sirius si accasciò a terra tenendosi il collo che Draco gli aveva appena mollato. Anche lui si mise a terra in ginocchio.

“Grazie…Draco…” disse fra gli affanni Sirius. Vide la bacchetta di Harry a terra. Nel bene o nel male era meglio liberarsene. Fece per allungare la mano, quando questa volò via, alle spalle dell’uomo. Sirius si girò appena in tempo per vedere Lupin, sorridente afferrarla al volo.

“Grazie molte. Anche questo corpo va benissimo” disse la voce di Lupin. Con uno scatto superò tutti lungo il corridoio e si perse nelle tenebre.

“Maledizione… Remus!” gridò inutilmente Sirius.

“Aspetta, meglio che ci organizziamo prima. Vediamo se stiamo tutti bene e poi lo inseguiremo. Non andrà lontano vedrai” disse Draco, Sirius annuì e cominciò ad aiutare Piton e gli altri a liberarsi dalle pesanti armature.

Peter si avvicinò a tentoni e solo ora Sirius lo notò.

“Peter Minus!” gridò a denti stretti Sirius. Peter riconobbe la voce ed emise un lamento di dolore cominciando a correre lontano da lì. Sirius lo afferrò per la collottola e lo sollevò da terra. Lo guardò in faccia.

“Sappi che non me ne frega niente se sei stato ridotto così” aprì il palmo davanti alla faccia del mangiamorte “Non sai quanto ho aspettato questo momento, Peter. La mia vendetta sarà un piatto freddissimo, ormai. Ma ora le pagherai tutte, bastardo!” Peter si lamentò ancora mentre sentiva chiaramente qualcosa sfrigolare davanti alla sua faccia. Una piccola bolla di energia elettrica brillava nel palmo di Sirius. La sua espressione era severa e piena di rabbia. Una rabbia che doveva scaricare.

“Sirius, fermati! Ci serve! Peter ci serve!” gridò Piton. Ma Black sembrava essere su un altro mondo, ora. Draco capì la gravità della situazione e balzò, ancora, addosso all’uomo in nero, deconcentrandolo ed impedendogli così di eliminare Minus. Peter cadde a terra e li rimase, tanta era la paura. Sirius si voltò per squadrare Draco con odio.

“Ma che diavolo fai! Perché mi hai fermato!”

“Ci serve, Sirius” disse con voce pacata avvicinandosi al trio “Sa un sacco di cose su questo posto. In questi ultimi anni. E’ grazie a lui che abbiamo capito che Voldemort non era ancora sconfitto. Ed è lui che ha sentito il richiamo del tatuaggio. Io non lo avverto più ormai. La mia pelle è morta” disse scoprendosi il braccio per mostrare il simbolo privo di forza. Sirius si calmò un po’ e li guardò tutti.

“Va bene. D’accordo. Ma se tenta di fare il furbo io non ci penso un attimo. Giù una volta mi è scappata perché sono stato troppo clemente”

“Non ti preoccupare. Se usciamo di qua subirà il processo come tutti gli altri. I mangiamorte non meritano nulla. Minus in particolare” sentenziò Piton. Peter tremò nel sentire quelle parole. Anche se, per ora, era vivo, non sapeva ancora quale sarebbe stato il suo destino. E se il suo destino era il tribunale dei maghi… non ci poteva pensare. Sentì Sirius imprecare a quella decisione ed allontanarsi con passi pesanti. Avrebbe dovuto trovare una soluzione. E al più presto.

Quindi ora i ringraziamenti. Fra l’altro il prossimo è ufficialmente l’ultimo capitolo. Ci sarà poi un epilogo finale, ma niente di più!!J Ed ora i “grazie grazie”

Ci, ma chi è quello strano personaggio di cui parli? Io non l’ho mai visto. Mah, ma che versione ahi letto tu dei libri? Vabbè vedrò di informarmi…J

Beth, ma no! Draco sta benone! E’ Harry lo strano! Non fai in tempo a metterlo in una FF che sparisce!!! J Il prossimo cmq è l’ultimo (promesso) + un piccolo epilogo!

Eli e Kia, la mano tagliata è alla Berserk, non alla Skywalker J; cmq Draco non è morto, hanno solo qualche problema del tipo “Caspita Voldemort ci da la caccia!” Roba da poco. Si risolve subito!!! J

Mony-chan, special tnks!!!!! JJJJ. Vabbè tanto lo sapevi che Draco stava bene, no? Giusto sono tutti in trappola. Fra l’altro tutte “Draco, oh il mio Draco”, ma i poveretti lì dentro sono quasi una ventina!!!! Non è che a loro va meglio!!!! J

Mikisainkeiko, già detto, il prossimo is the last! Ma vi volete mettere in testa che non esistono incantesimi che resuscitano!!! (è scritto nell’ultimo libro di HP credo…)

Ice, non te l’ho mai chiesto ma posso chiamarti Ice vero? Cmq… bho! Per ora Harry è puf! ScomaprsoJ Vedremo come va a finire…. JJJJJJJ

Maichy, Draco è vivo!!!!!!!!!! Alè evviva!!! Potrai ricongiungerti con lui!!!!! E’ vivo!!!!………………………..Per ora………..Bwahahahahahahahahah!!!!!

Keijei, e già. Chi cavolo lo ferma Harry adesso? Ma più che altro chi ferma Voldemort? Ma più che altro: la volete piantare tutte con questo Draco!?!?!?!? E che caspita!!! Un po’ di contegno. Ma sapete che non credevo che pensaste fosse morto nel chap precedente? Non volevo dare quell’impressione ( e poi, dai troppo scontato!)J

Sunny (e sua sorella Nenè), bene bene, sono contento che ti sia piaciuto. La ciliegina sulla torta al prossimo (nulla di spettacolare, molto sobrio…). Grazie per la risposta al Copiright dei figli dei protagonisti ^ ^ Molto grazie!!!

Yuechan, mi sembra di essere una agenzia matrimoniale in crisi. Qui la metà (se magari, i tre quarti) delle recensioni gridano e si disperano per Draco. Ma va la!!!! A parte che sta benissimo, ma poi è un mezzo figlio di papà! Cioè nella mia FF è anche decente, ma nei libri… dai è insopportabile! Nell’ultimo a superato se stesso!!! Vabbè dopo questo piccolo sfogo… ciao ciao ^ ^( nn mi odiare per quello che ho detto ^ ^)

Oby86, come ho già detto con qualcuno, Eve potrebbe avere un fratellino (senza potrebbe), quindi ecco spiegati i “figli” dei protagonisti. ^ ^ Non mi picchiare please!!!!!!!

Kiak, mi meraviglio di te! Stare a pregare in ginocchio per…ancora Draco -__-#. Ok Strekon, con calma…1 2 3 4 5 6 7 8 9 10… ok mi sono ripreso….. Dunque!! Mia piccola Cherie! Stanno bene i belli *anche Strkon si controlla credendo di essere ferito mortalmente* tiro un sospiro di sollievo. Mi aveva appena chiamato Sorti… ho avuto paura! J

Sorti, vabbè parliamo poi domai che è uguale….Jù

Ary, grazie grazie grazie grazie!!!!! Si lo scrivo il seguito MA, (perché c’è un ma) con calma! Ho un sacco di roba da fare e la matura è alle porte…. Prima il dovere poi il piacere! (Grazie anche a Marina!)

Ever, grazie, ma tu mi aduli ^///^. Addirittura mi odi? Che carina… cmq , per l’ennesima volta, Draco è vivo smettete di portare fiori alla sua tomba anche perché poi si incazza!!! J

Yarel, new recensionist!!!! GRAZIE TANTO!!!!! ^ ^ Vabbè ti rifarai con il seguito!!!!!

Alexis, bene vorrei ringraziare in modo speciale il caro Alexis che non mi ha minacciato di morte e che non ha pianto come una vedova siciliana alla dipartita (che fra l’altro aveva previsto non vera, sei un grande !!!!!!) di Draco. (come ho già detto non vera) GRAZIE!!!!!!! Qualcuno che non mi viole morto. In una giuria basta uno in disaccordo per rinviare al sentenza, no? ^ ^

Fredryck, oh! Eccolo qua! Grazie per il commento, due cose: 1) Ron è il MIO personaggio preferito, quindi ciccia… (naturalmente dopo Hermione, ciao piccola Herm ^ ^); 2) Se Draco mi uccide Harry, va contro la sua morale!! Non è Politicaly correct ^ ^!!

Miky, niente omicidi! Ecco il capitolo! Grazie per il commento cmq! ^ ^

 

Adesso finisco e pubblico un paio di cose. Ma lo sapevate che Sirius Black lo interpreta Gary Oldman!?!?!?!?!? E’ un gran bravo attore non pensavo prendesse una parte del genere (non è nel suo stile, intendo ^ ^)

Altra cosa, ma qualcuno di voi ha intenzione di comprare il libro 5° di HP in english per anticipare i tempi e leggerselo in lingua madre? Fatemi sapere

 

Ore 00:11

 

See you again!!!!

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Capitolo 29
*** Prima del crepuscolo ***


Il corpo di Remus Lupin se ne stava steso sulla comoda poltrona di velluto scuro

Il corpo di Remus Lupin se ne stava steso sulla comoda poltrona di velluto scuro. Così quello era l’ufficio si Silente. Veramente un bel posto, arredato con una cura che solo il vecchio preside poteva avere. Era ore che cercava un angolo tranquillo in quel dannato castello. Sembrava che ovunque andasse in qualche modo riuscissero a sapere dov’era e a raggiungerlo. Non poteva affrontarli. Non ora. Non poteva lasciarsi fregare come con Black. Doveva mantenere il controllo del corpo il più a lungo possibile. Sì, certo, lui era il signore oscuro e tutto il resto, ma finché non avesse controllato perfettamente il suo nuovo corpo, non avrebbe potuto sfidarli. Aveva difficoltà a tenere a bada la volontà di Lupin. Era come uno scontro impari. Uno contro due.

Certo la sua aspirazione non era di avere quel corpo a disposizione. Era anni che ci lavorava. Non era ancora pronto, ma ormai non poteva aspettare. Era una emergenza e, anche se incompiuto, doveva utilizzarlo. Gli mancavano solo un paio di cose. Una l’aveva appena trovata. La sua bacchetta, era fondamentale per riconoscere il nuovo corpo, e soprattutto per utilizzare al pieno il suo potere.

L’altro lo stava cercando. Ed era sicuro di trovarlo proprio qui, nell’ufficio di silente. Una piuma di fenice. Era sicuro che il vecchio mago avesse un esemplare dell’uccello, testimone era il trespolo accanto alla scrivania, ma ora dov’era?

Rassegnato il corpo di Lupin si alzò sbuffando. Non aveva molto tempo. L’avrebbero trovato anche qui. Cominciò ad aprire tutti i cassetti in cerca dell’oggetto o di qualche indizio che lo aiutasse. I cassetti chiusi li faceva semplicemente esplodere con un semplice sguardo. Niente. Passò alla libreria addossata alle pareti. Era fitta di libri. Tanti troppi, per lo più inutili. Ma nessuno piuma comparve fra i vecchi volumi. E pensare che una piuma era proprio stretta fra le sue mani, dentro la bacchetta.  Buttò a terra con rabbia gli ultimi libri e passò ai mobiletti e agli armadi dietro la scrivania.

Spalancò di scatto le ante. Ecco qualcosa di interessante. Il vecchio cappello parlante. Come svegliatosi per la luce le vecchie cuciture del copricapo senziente si mossero, come per squadrare chi era davanti a lui.

“Ah, Lupin” disse il cappello “Cosa ti porta qui? Sei il nuovo professore assegnato a scorrazzarmi qua e là per Hogwarts? Che fine a fatto la McGrannit?” Lupin attese per un po’. Non l’aveva riconosciuto. Pensava fosse quell’inetto di Lupin. Poteva giocare a suo vantaggio.

“No, caro cappello parlante. Sto cercando una cosa per Silente. Tu sai dov’è la sua fenice?” chiese la voce di Remus.

“Fanny? Non è sul trespolo? Sarà a farsi un volo qui in giro… tra poco torna, tranquillo” la bocca di Lupin trattenne a stento un acido commento. Riprese a parlare.

“Non mi serve la fenice, mi serve una sua piuma. Silente ne ha estremo bisogno” recitò alla perfezione la voce di Lupin. Il cappello si piegò di lato, come per alzare un sopracciglio.

“Una piuma? Allora prendila dalla sua collezione”

“Quale collezione?” chiese con tono incredulo Lupin.

“Fra i suoi libri vi è una collezione di ingredienti magici. Probabilmente c’è anche la piuma che ti serve. Basta che quando Silente torna ne prenda un’altra per sostituirla”

L’espressione di Lupin divenne raggiante. Si allontanò di corsa verso i libri che aveva buttato a terra in cerca del agognato tomo. Quasi scavò fra i vari tomi, li lanciò per aria senza cura. Infine lo trovò. Ingredienti magici rari. Tremando per l’eccitazione lo aprì e fece sfogliare velocemente fra le dita le pagine spesse. Eccola. Una piuma di fenice, in tutto il suo splendore. Gli scappò una verso di soddisfazione quando la strinse fra le sue dita.

“Professore? E lo smistamento quest’anno?” chiese il capello dal suo angolo nell’armadio. Il volto di Lupin, sorridente e malvagio, lo fissò e rispose.

“Niente smistamento. C’è già stato quest’anno, non ricordi?”

“Ah sì? D’accordo… mi sembrano anni che non smisto. Mah, il tempo a volte vola, altre no…arrivederci professore”

Ma Lupin non era già più lì per ascoltarlo.

*****

“Si sta muovendo” disse Draco fissando ancora la mappa del malandrino. Sulla sua superficie vedeva chiaramente il punto offuscato rappresentante Lupin scendere di corsa dall’ufficio di Silente e dirigersi verso i piani alti.

“Dove?” chiese Sirius davanti a lui, marciando con gli occhi ben aperti.

“Di sopra. Sta andando verso la torre più piccola. Ad ovest” Sirius si fermò e si girò verso Draco, che alzò gli occhi dal pezzo di carta per guardarlo.

“Direzione?” Draco rigirò un po’ il foglio davanti agli occhi, poi annuì col capo.

“Se prendiamo a destra lì in fondo” indico il fondo del corridoio “E poi saliamo per le scale mobili potremmo anche tagliargli la strada. Ammesso che le scale siano in posizione per farci passare” Sirius grugnì il suo disappunto. Che fare? Rischiare e cercare di superarlo oppure seguirlo standogli semplicemente dietro.

“Andiamo per le scale. Ho ancora qualche trucco utile per la nostra caccia” Piton parlò secco sfiorando il borsone delle pozioni appeso a tracolla. Non aveva più parlato da quando erano partiti in quell’inseguimento. Non era molto loquace, era pensieroso, distratto. Peter Minus stava zitto anche lui. Non per volontà, quanto per forza. Zompettava accanto a Piton tenendogli un lembo della tunica per guidarsi. Fra tutta quella combriccola Piton gli sembrava l’unico affidabile, dopo la scomparsa di Remus. Non aveva ben capito che cosa fosse successo, ma Voldemort aveva in qualche modo Rapito Remus, e loro ora stavano andando a salvarlo. Non che gli piacesse parecchio l’idea di buttarsi fra le fauci di Voldemort, ma piuttosto che rimanere da solo, ridotto com’era, in quel freddo castello preferiva di gran lunga stare in compagnia. I soldati ancora in forma si erano divisi. La metà stava partecipando alla spedizione, mentre l’altra metà era rimasta nel campo provvisorio a tenere d’occhio i feriti e la statua del preside. Per i morti non c’era problema.

Sirius si girò a fissare il professore non-morto.

“Allora, che facciamo?” chiese Draco poggiandosi contro la parete a braccia incrociate. Sirius sembrò soppesare un po’ la situazione. Da come batteva le dita ritmicamente sul suo mento e dai suoi occhi, sembrava fortemente indeciso se fidarsi o no di Piton. Draco aveva gettato la spugna. Lui lo aveva condannato per la morte degli altri, ma Remus lo aveva liberato, e l’autorità di Remus era sicuramente più alta della sua. Non potendo dichiarare nullo l’ordine di liberazione, nonostante ora al comando ci fosse lui quale battlemage con grado più alto presente,  decise di non considerarlo. Ora, per lui, Severus Piton era meno di zero. Ma avrebbe fatto i conti con lui, in un modo o nell’altro.

“Va bene. Andiamo per le scale e speriamo bene” detto questo Sirius ricominciò a marciare subito seguito dagli altri che faticavano a tenere il suo passo. Per lui era importante quanto la sua vita salvare Lupin. Lo conosceva da più di vent’anni. Lo aveva sempre aiutato, sempre. Nonostante fosse stato ritenuto il colpevole della morte di Lily e James, Remus gli aveva creduto, infine. Non lo aveva mai abbandonato, mai. E lui non avrebbe potuto fare di meno. Aveva perso già troppe persone in quell’assurda guerra contro Voldemort e i suoi tirapiedi. James, Lily, Ron, Hermione…Harry. Non era certo morto Harry, ma era come se lo fosse. Non poteva considerare quel folle omicida il suo Harry.

Perdonami James, ho fallito.

Strinse gli occhi per scacciare quei pensieri. Non era il momento quello. Per niente. Ora il suo obiettivo era di recuperare l’amico e scacciare Voldemort. Era stanco di ritrovarselo sempre fra i piedi. Era ora di mettere la parola fine a questa storia.

Raggiunse per primo la tromba delle scale. Guardò la loro posizione. Pessima posizione. Nessuna scala era in grado di aprire la strada fino alla zona ovest. Anche gli altri giunsero allo sbocco del corridoio. Sirius si girò verso Piton. Neanche lo guardò, ma Piton capì che toccava a lui ora.

“Avanti, datti da fare” gli disse Draco in tono brusco. Piton li ignorò entrambi. Come avrebbe ignorato chiunque se gli avesse fatto comodo. Senza esitare si portò al ciglio del baratro ed infilò una mano nella sacca delle pozioni. Ricercò per un po’ con il solo ausilio delle mani, non guardava neanche quello che toccava. Il tintinnio di vetri che cozzavano fra loro riempiva quel silenzio carico di tensione che nessuno aveva il coraggio di spezzare. Piton mormorava fra se parole incomprensibili mentre fissava con gli occhi di un falco le varie rampe sopra e sotto di se. Infine in tintinnio dei vetri cessò. Con un sorriso soddisfatto Piton estrasse un grosso sacco di pelle di un qualche animale misterioso. Lo stappò ed il tappo penzolò, legato con una cordicella, al collo del contenitore.

Si chinò a terra e versò un sottile strato di pozione lungo il bordo dell’apertura. Il liquido che ne uscì era denso come il gel per capelli o il dentifricio, e di colore azzurro.

Piton si rialzò tappando la sacca che tenne in mano. Ed estrasse una altra bottiglia trasparente che sembrava non contenere nulla.

“E quella che roba è?” chiese Draco fissando la nuova bottiglia.

“Questa è una sostanza molto semplice. Acqua, Malfoy. Fondamentale per reidratare la pozione di prima” sorrise Piton.

Ne versò un po’ sul gel azzurro. All’inizio non successe nulla, ma la reazione non si fece attendere. La densa pozione sembrò gonfiarsi. Si dilatava sempre più, verso l’esterno, e rapidamente crebbe fino all’inverosimile puntando verso l’alto. Piton sembrava concentrato e strizzava le labbra secche fino quasi a sembrare ridicolo. Con altrettanta forza strizzava la sacca della pozione. La colonna di melma azzurra salì rapidamente fino a raggiungere il buco nella parete a loro interessato. Si agganciò, come incollata, e in un attimo si solidificò con rumori simili a quelli di due pietre che si sfregano.

Piton, soddisfatto, ripose i due contenitori e con un inchino invitò l’avanzata dei suoi compagni, ancora stupiti da quella misteriosa pozione.

“Prego, dopo di voi” Sirius lo superò con indifferenza e cominciò a percorrere quella strada sospesa nel vuoto. Dopo di lui anche Draco lo seguì non senza qualche dubbio. Infine i battlemage rimasti e Piton chiusero la fila. Quel ponte era straordinariamente solido. Un po’ ripido, sì, ma perfetto. Sirius ringraziò il cielo di aver aiutato Piton nella preparazione di tutte quelle pozioni. Ancora si ricordava la puzza terribile che aveva dovuto sopportare.

Un forte tremito fece vacillare il ponte i chi lo percorreva. Un soldato cadde di lato e Draco lo afferrò appena in tempo per la mano, prima che precipitasse nel vuoto.

“Consiglierei a chi ha problemi di equilibrio di sbrigarsi a percorrere il resto della strada. Sembra che le scale non siano contente del mio lavoro” disse un calmissimo Piton che ancora non si era mosso nonostante il forte scossone. Sirius non sopportava quel suo atteggiamento da “so tutto io”, ma non era il momento migliore per rinfacciarglielo. Una delle rampe aveva sbattuto violentemente contro il loro ponte magico facendolo tremare. Quella cosa in mezzo alla tromba delle scale impediva il normale spostamento di tutte quelle rampe.

Sirius si chinò ad aiutare Draco a sostenere il peso del battlemage penzolante. Non riuscivano a tirarlo su, troppo pesante. E il fatto che la scala continuasse a tremare pericolosamente non aiutava per niente. Draco ebbe un idea. Si rivolse al ragazzo che sosteneva con entrambe le mani.

“Ok, ho avuto un idea. Quella rampa di scale sta per passare sotto di te. Al momento giusto mollati e atterra lì. Ritorna al campo base e rimanici. Conosci la strada, vero?”

“Sissignore” disse quello, titubante.

“D’accordo, allora al mio tre. Ci sei Sirius?” l’uomo fece un cenno con il capo.

“Bene. Uno…due…tre!” il battlemage precipitò, e con una mezza capriola si fermò sui gradini della scala. Un sorriso gli comparve sul volto. Ce l’aveva fatta.

“Ottimo lavoro!” gli urlò Draco “Ora vai e informa gli altri di come siamo messi noi” il soldato assentì col capo e partì verso il corridoio più in basso.

Un altro scossone fece tremare il ponte azzurro. Intanto gli altri soldati e Piton avevano raggiunto l’apertura ed erano in salvo. Questo fu più intenso di prima e sbalzò Draco fuori dal ponte. Appena resosi conto della situazione afferrò i bordi del ponte e si ancorò ad esso. Ora aveva le mani su entrambi i bordi e si reggeva a fatica. Erano ore che non riposava come si deve, come tutti del resto.

“Draco! Aspetta, ti aiuto!” gridò Sirius. La sua voce era coperta dal crocchiare inquietate del ponte. Si stava spezzando.

“Presto, afferra la mia mano!” gridò ancora Sirius. Draco si allungò, ma proprio in quel momento il ponte si spezzo in due. La prima parte non resse. Si staccò dal bordo dove era attaccata e precipitò, con un sonoro rombo nell’oscurità sottostante. Draco non si fece prendere dal panico. Indietreggiò appeso come una scimmia fino al punto in cui si era spezzato, verso la metà, e si issò sopra di esso. Sirius tirò un sospiro di sollievo. Draco ripercorse l’ultimo pezzo di ponte sospeso preceduto da Sirius che arrivò all’apertura sostenuto dagli altri ragazzi. Ma fu l’unico ad arrivare. Un altro sonoro CRACK stacco un altro pezzo di ponte a cui Draco era attaccato. Si stese sulla superficie e la strinse forte a se. Il pezzo di ponte precipitò. Ed anche Draco, inghiottito dalle tenebre.

*****

Debole il battito. C’era talmente tanto silenzio che riusciva a sentire le pulsazioni del suo cuore. Un formicolio partiva dal piede. Era fastidioso. Voleva spostare la gamba, ma non poteva. Era bloccata da qualcosa di più pesante. Non aveva la forza di volontà, tantomeno quella fisica, di muoversi da quella posizione. Come in qui giorni afosi d’estate in cui anche il tragitto dal giardino al frigorifero per concedersi una bibita fresca sembra troppo lungo e faticoso. Talmente faticoso che uno rinuncia a farlo. Come ora rinunciava a spostare la gamba. A strisciare via da lì. A stringere le mano a pugno. Ad aprire gli occhi. Questo poteva farlo.

Con sforzo incredibile, anche quello sembrava assorbire tutte le sue energie, alzò le palpebre, piano. Era ancora buio. Fantastico, dopo tutto lo sforzo che uno ha fatto ci si ritrova nella stessa situazione. Ancora non vedeva nulla. Una vaga luce riflessa. Luce? Ma era buio prima. Era notte. Hogwarts!

Hermione alzò il busto di scatto con un sospiro di paura simile a chi si risveglia da un incubo. Si tolse di testa il sacco nero in cui era avvolta. Il suo respiro era affannoso. Si guardò intorno ad occhi spalancati. Ora ricordava. Il suo incantesimo. I signori elementali. Ron.

In quel momento si accorse di essere accanto agli altri cadaveri. Era morta? Impossibile, sentiva il suo cuore battere, il suo respiro alzargli il petto ritmicamente, ma soprattutto lo sguardo dei battlemage che la fissavano straniati. Uno corse nella sua direzione ed allungo una mano per tirarla fuori da quel cumulo di corpi morti. Lei accettò ben volentieri l’aiuto e striscio lontano. Si poggiò con la schiena alla parete. Respirava ancora con affanno e ora aveva gli occhi chiusi. Qualcosa era andato storto. Era sicura di aver completato brillantemente l’incantesimo. Non aveva mai sbagliato uno in vita sua. Aprì gli occhi e fisso il battlemage che l’aveva liberata, ora seduto davanti a se.

“Che cosa è successo?” chiese la ragazza “Dove sono tutti? Il mio incantesimo ha funzionato?”

“Sì, l’incantesimo ha funzionato…ma gli elementali hanno perso. E poi lei non conosce ancora la verità” la fronte di Hermione si corrugò.

“Che verità? Dove sono tutti”

“Voldemort” il respiro di Hermione si fermò per un attimo.

“Voldemort?” ripeté sorpresa dalle sue stesse parole.

“Sì, è vivo e riesce a possedere i corpi in cui si deposita, per quanto ne ho capito” Hermione scosse la testa confusa.

“Aspetta un momento. Voldemort aveva già un corpo che controllava benissimo. Ci ha attaccato fino a che non ha…ucciso quasi tutti, perché ora è uno spettro che possiede i corpi?”

“No” rispose a testa bassa il soldato “Quello non era Voldemort”

Non era Voldemort? La testa le faceva già un male cane per conto suo, ora stava proprio per scoppiarle.

“Come non era Voldemort? Chi era?”

Il soldato cadde in silenzio. Si alzò in piedi dalla posizione inginocchiata in cui era.

“Non credo di essere la persona più adatto per dirglielo, mi spiace” Hermione non credeva alle sue orecchie.

“Come? Prima mi metti la pulce nell’orecchio e poi ritiri tutto? Avanti parla, chi è”

“Io non cr…”

“Dimmi chi è!”

Silenzio. Attimi di silenzio.

“Potter. Harry Potter”

Il respiro quasi le si bloccò ancora. Se prima non era morta ora lo sembrava di certo. Di colpo divenne pallida, gli occhi divennero lucidi, ma non piangeva. Non poteva avere lacrime. Non poteva neanche pensare.

No, no, no, no, no, no, no, no…Non può essere così. Harry è morto. Lui non è Harry. Lui ha ucciso Ron. Ha ucciso tutti. No…Non può essere Harry. Non l’avrebbe mai fatto. E’ morto, morto, morto! Ron… ha ucciso Ron, e Piton, e ci ha attaccato tutti… Perché? Non è Harry! Ha ucciso il suo migliore amico, non è Harry! Harry…no! Ron…è morto. Il cuore…E’ stato lui, non Harry. Non è Harry! Non è possibile, non è giusto! Io l’ho odiato, l’ho attaccato…io amavo Harry, non posso averlo odiato! Ma non può essere Harry! Perché? Perché il destino si fa beffe di tutti noi? Perché non ci lascia vivere e basta? Perché non possiamo sopravvivere e basta? Basta lottare, basta tutto! Perché Harry? Perché non è andato tutto diversamente?

Hermione si alzò di scatto e prese per il colletto il soldato davanti a se. Il suo volto era rigato di lacrime.

“Perché? Perché Harry? Rispondi! Perché, perché, perché!” scuoteva con forza il corpo del ragazzo che inerme la lasciava fare. In quei momenti non c’erano parole per consolare o spiegare certe cose. La cosa migliore era buttarle via, fuori. E se le lacrime erano l’unica cosa che le scacciava, ben vengano. Smise di scuoterlo ed abbassò il capo singultando lievemente.

“E’ stato Voldemort” disse la ragazza con il volto nascosto fra i lunghi capelli.

“Come scusa?” chiese il battlemage sorpreso di sentirla parlare dopo quello sfogo.

“E’ colpa di Voldemort. Indipendentemente da tutto, è colpa sua. Anche se Harry è ridotto così, è colpa sua!” gridò la ragazza “Dov’è?”

Il ragazzo stette zitto.

“Dov’è! Sei sordo o cosa?” urlò Hermione in faccia al giovane. Si sentiva l’odio in quella voce. Un odio profondo che usciva dal suo corpo e lo investiva in pieno volto.

“Gli altri lo stanno inseguendo. Ha posseduto il corpo del capitano Lupin. Sono sulle sue tracce”

“Bene, mi metterò in marcia e li seguirò”

“Ma, ma…” si lamentò il soldato “Hogwarts è grande. Non si sa dove siano ora gli altri. E’ troppo pericoloso, non posso mandarla. Lupin non approverebbe”

“Sentimi bello” ribatté Hermione prendendolo ancora per il colletto “Per Lupin e tutti gli latri io sono già bella che andata. Il peggio che mi potrà capitare sarà di morire, di nuovo. Quindi non inventarti scuse e dimmi dove sono andati”

“Io, io… non lo so, davvero. Utilizzavano una mappa che segnava la posizione di tutti nel castello”

Ah! Hanno trovato la mappa del Malandrino di Harry…

“Però” continuo quello “Ora come ora, non saprei…”

Sentirono lo scalpicciare veloce di qualcuno fuori dalla stanza. I battlemage si alzarono silenziosi e si appiattirono al muro accanto alla porta, bacchetta in pugno. Anche Hermione e l’altro battlemage con cui stava parlando si appiattirono contro la parete cercando di essere più silenziosi possibile. I passi raggiunsero la porta e la superarono. I due più vicini saltarono addosso al intruso buttandolo a terra e bloccandolo con una presa di lotta. Quello cadde con un tonfo e si lamentò per la botta.

“Ehi, sono io. Sono Looren!” si lamentò l’uomo appena entrato. Gli altri battlemage si alzarono e lo mollarono dalla stretta in cui era intrappolato. Hermione e il battlemage, vedendo che non si trattava di visite indesiderate, si avvicinarono per parlargli.

“Che ci fai tu qui?” chiese poco cortesemente il soldato accanto ad Hermione.

“Abbiamo avuto dei problemi e mi sono diviso dal resto della squadra. Alle scale mobili. Ora stanno andando verso la torre ovest, Lupin sembra si stia dirigendo lì”

Il ragazzo appena arrivato ebbe appena il tempo di dire quelle poche parole che Hermione lo superò di corsa, scomparendo nel corridoio.

“No! Si fermi Granger!” urlò alla ragazza

“Maledizione… d’accordo, ci muoviamo. Prendete tutto quello che vi serve e raggiungiamo la torre ovest”

“E i cadaveri?”

“Lasciamoli qui, non li prenderà nessuno…” gli altri lo guardarono ad occhi sbarrati. Lui ricambiò il loro sguardo e sbuffò rassegnato.

“E va bene, portiamoceli dietro per sicurezza, ma ci rallenteranno molto. Sono le…” il battlemage guardò l’orologio al su polso “Cinque e dieci. Avete quindici minuti per prepararvi e iniziare la marcia. Avanti, muoversi!”

*****

“Ok, con calma Draco. Con calma… pensa a cosa fare, avanti…” disse Draco a se stesso con voce tremante. Se ne stava disteso di schiena sul pezzo di ponte spezzato. Durante la caduta si era incastrato fra una rampa di scale e un foro della parete da cui partiva un lungo corridoio. Il lastrone di materiale azzurro tremava e produceva sinistri rumori ed inquietanti scricchiolii ogni volta che Draco tentava di muovere anche solo un dito. Anche respirare faceva vibrare tutta la struttura, quindi respirava lentamente e il meno possibile.

Con un movimento a rallentatore alzò la gamba destra che penzolava da un lato del ponte distrutto e la abbassò sulla superficie ruvida del lastrone azzurro. Attese un attimo sperando che tutto quel movimento non avesse destabilizzato il precario equilibrio del ponte, poi piegò il ginocchio a novanta gradi, come già lo era l’altro. Sperò con tutto il cuore che il ponte non crollasse proprio in quel momento e continuò la sua manovra di evasione dal pericolo.

Alzò le braccia e le stese sopra la sua testa allungandole il più possibile verso la salvezza. Ancora poco. Solo un altro po’. Il ponte spezzato cedette per un attimo poggiandosi per pochi centimetri ancora sul bordo delle scale. O adesso o mai più.

Draco si spinse con le gambe e scivolò all’indietro lungo il lastrone. Nello stesso momento quello cedette precipitando nel vuoto. Draco allungò le mani il più possibile e afferrò il bordo del corridoio. Si sostenne con le mani mentre il tuonare del ponte che sbatacchiava contro le varie rampe di scale sotto di lui lo faceva ringraziare di essere così leggero. Con un ultimo sforzo si issò nel foro e si stese ansante sul pavimento del corridoio.

“Ora ho qualcosa da raccontare ai miei nipotini quando sarò vecchio…” disse a se stesso per riprendersi. Si mise in piedi e raggiunse la fine del corridoio. Sapeva che erano diretti alla torre ovest. Li avrebbe raggiunti attraverso un’altra strada. Si guardò un po’ in giro per ricordare la strada migliore per arrivare alla torre, quando un rumore imponente lo avvertì dell’arrivo di qualcuno. Mise la mano alla cintura in cerca della mappa, ma non la trovo. Probabilmente era scivolata durante la caduta. Un vero peccato, era proprio utile.

Si appiattì nel corridoio a lato e attese di vedere chi si avvicinava.

*****

Hermione camminava con passo veloce verso la torre ovest. Avrebbe corso, ma le gambe gli dolevano ancora. Erano addormentate e un lieve formicolio le percorreva a partire dalla pianta del piede fino alla coscia. Strinse le labbra in una smorfia. Ogni tanto le sentiva cedere per il troppo fastidio. Ma cavoli, lei era un’evocatrice! Non poteva avere problemi di questo tipo. Fece scivolare la bacchetta nelle sue dita sottili e la agitò con un guizzo davanti a se.

Voco Aquila” il fumo si addensò ed un’enorme aquila gigante comparve fra la nebbia. Con un sorriso le salì in groppa e la spronò al volo. L’aquila emise uno stridio acuto e partì veloce volando lungo il corridoio. Le sue enormi ali sfioravano le pareti e producevano un cupo rimbombo ad ogni battito. Hermione prese tempo per riflettere. Perché era ancora viva?

Dopotutto l’incantesimo aveva funzionato. Aveva evocato i signori degli elementi, un evocazione che richiede un sacrificio immenso, non solo per attuarla quanto per farli agire sotto la propria volontà. E lei gli aveva donato la vita. Ma loro non l’avevano presa. Eppure lei l’aveva sentita. Aveva sentito la vita scivolare via come un sospiro, l’ultimo, dalla sua bocca. Come aspirata da un vortice misterioso e magico. Ma era sola in quel vortice? Cercò di ricordare gli ultimi momenti prima della sua presunta morte.

Lei stesa accanto al corpo morto del suo Ron. Piangeva, probabilmente. E poi aveva cominciato a sentirsi debole sempre più debole… poi il dolore fu troppo e svenne. Svenne non morì. Eppure non doveva provare dolore, quindi non poteva svenire. Un dolore intenso, al ventre.

 

“Herm, tutto a posto? Ti vedo un po’ strana” gli disse Ron steso ancora nudo sul letto mentre lei tornava coperta solo da una vestaglia dal bagno. Aveva lo sguardo incupito, come se non avesse dormito per tutta la notte, cosa, fra l’altro, esatta.

“Sì Ron, tutto bene. Sono solo stanca…”

“A me sembri un po’ più che stanca” la abbraccio mentre si distendeva accanto a lui nel letto scompigliato “Sono questi tour de force a sfiancarti?” chiese lui malizioso mentre le baciava il collo nascosto dai capelli bruni.

“Ma smettila, stupido” rispose lei dandole un colpetto affettuoso sulla testa in segno di rimprovero.

“Senti Ron, a te non viene mai voglia di…come dire, aumentare?”

“Aumentare? In che senso?”

“Nel senso, diventare un po’ più di due. Non più solo io e te… che ne pensi?”

Ron divenne silenzioso e rifletté sulla domanda che la moglie gli aveva appena posto.

“Di più, eh? Desumo che no stiamo parlando di prendere un cane vero?” chiese lui ironicamente. Hermione si girò a fissarlo con la sua tipica espressione di quando non viene presa seriamente.

“D’accordo, d’accordo. Se stiamo parlando di un bambino, io credo… che sia un po’ presto, non trovi? Voglio dire, abbiamo tempo per pensarci e decidere di farlo quando ci sentiremo più pronti, no?”

“E tu non ti senti pronto?” Ron deglutì e fece una faccia stralunata.

“Aspetta, perché me lo chiedi?” Hermione si strinse nelle spalle e si poggiò di schiena al suo petto.

“E se poi non avessimo il tempo per scegliere quando? E se fosse già capitato?”

Ron strabuzzò gli occhi, le afferrò le spalle e la girò, faccia a faccia. Lei fu sorpresa dalla reazione del marito e ricambio lo stesso sguardo stupito.

“Che vuol dire già capitato? Cioè, noi ci stiamo attenti, no? Non può essere capitato, voglio dire…vero?” Hermione sbuffò e lo guardò con rassegnazione.

“Era un test per vedere come l’avresti presa nel caso che fossi rimasta incinta. Sappi che per ora non l’hai superato” e gli fece la linguaccia.

“Brutta monella!” disse lei sorridendo e cominciandole a farle il solletico. Hermione cominciò a ridere e a rotolarsi sul letto mentre Ron non accennava a smettere.

“No…basta, Ron… ti prego…basta basta!” gridò lei fra le risate e i lacrimoni che le salivano agli occhi. Ron smise di torturarla con le mani e cominciò a torturarla con le sue labbra. Le baciò le spalle nude, il colla e la bocca.

“No, Ron dai. Tra poco dobbiamo andare e siamo ancora ridotti così” Ron si fermò, sbuffò rassegnato e si diresse verso il bagno.

“Va bene, adesso mi preparo. Devi fare la doccia? Altrimenti la faccio io”

“Fai pure, io l’ho già fatta mentre dormivi” Ron assentì e sparì dentro il bagno. Hermione si distese sul letto. Sentì l’acqua cominciare a scrosciare nel box e la porta di quest’ultimo chiudersi. Ron non l’aveva presa un granché bene. Quello non era un test, e lei lo sapeva bene. Prima o poi glielo avrebbe dovuto dire. Ci erano stati attenti, sì, ma non troppo a quanto pare. E lei non se ne era accorta finché non aveva sentito quelle fitte e qui conati un paio di giorni fa. Eppure era già alla fine del secondo mese. Il medico aveva detto che, a causa della sua particolare struttura fisica, il cambiamento era stato pressoché impercettibile. Con l’avanzare della gravidanza si sarebbe notato forse un po’ di più, ma non di molto.

Almeno in questo modo poteva tenerlo nascosto a Ron finché non fosse stato il momento giusto.

 

Hermione si accarezzò il ventre. Possibile che…non poteva pensare di aver sacrificato il suo bambino invece che lei. Stava per cadere in uno stato di depressione, colpevole per quello che aveva fatto, quando lo sentì. Un calcio. Nel ventre. Il piccolo aveva scalciato. Allora stava bene! Hermione tirò un sospiro di sollievo, anche se non capiva bene perché lei fosse ancora viva. Decise di smettere di pensarci. La sua missione più importante ora era quella di vendicare Ron con la morte di Voldemort.

L’aquila sbatté le ali vigorosamente e corse verso un incrocio di corridoi.

Draco saltò fuori di scatto pronto a colpire chiunque fosse. Non si sarebbe mai aspettato di vedere un aquila di trecento chili piombargli addosso mentre cercava di frenare per evitarlo. Il suo grido di sorpresa fu coperto dallo stridio dell’aquila che si lamentava dell’ostacolo sulla sua strada. Draco finì schiantato contro la parete e perse i sensi per la botta.

Hermione rimase un groppa all’uccello per un pelo. Lo fece atterrare e scese dal suo dorso.

“Draco?” si avvicinò al ragazzo e si chinò accanto a lui. Lo schiaffeggiò dolcemente.

“Ehi Draco, avanti, riprenditi!” il biondo si lamentò un po’ poi aprì gli occhi come quella voce gli aveva consigliato. Gridò di nuovo.

“Hermione! Dovresti essere morta!” la ragazza prese un aria imbronciata.

“Anch’io sono felice di vederti…” entrambi si alzarono in piedi.

“No, aspetta. Non era quello che intendevo, ma… come…”

“Ascolta, è un po’ complicato. E non sono sicura di come sia andata veramente, quindi per ora non ci penso, d’accordo?” disse lei seccata.

“Ok, d’accordo. Ma che ci fai qua?”

“Stava andando alla torre ovest. Voldemort si sta dirigendo lì” Draco parve sorpreso.

“Come… No, non importa, non lo voglio sapere. Stavo andando la anch’io. Mi sono separato dagli altri per un piccolo incidente” Draco pensò a Piton e la fatto che poteva strozzarlo comodamente. Tanto non sarebbe morto.

“Allora andiamoci assieme. E prima che me lo chiedi, sì, so tutto di Harry e di Voldemort. E voglio raggiungerlo solo per farlo fuori, è chiaro?”

Draco non capì se parlava di fare fuori Harry o Voldemort, ma fece cenno di sì con il capo e non disse più una parola. Era chiaro che Hermione si stesse trattenendo e che quindi agisse così bruscamente. Doveva cercare di non farla agitare. Non sapeva come avrebbe reagito una volta davanti al nemico.

Montò sul aquila assieme a lei e partirono in volo verso ovest.

*****

In quella che sembrava un orribile vasca di pietra galleggiava, in un liquido verde come la melma delle più putridi delle paludi, un essere di forma vagamente umana. Due gambe, due braccia e la testa. Queste erano le caratteristiche che facevano sospettare che in realtà, quella cosa, fosse un uomo vero e proprio. Gli occhi di Lupin lo guardarono ammirato.

“Sarà perfetto…” parlò la sua voce. Senza troppe cerimonie Lupin raggiunse una specie di piattaforma costruita sopra la vasca. Sbarrò gli occhi ai piedi della polla e un allegro fuoco bluastro scoppiettò tutto intorno ad essa. Presto il liquido verde cominciò a sobbollire e a ricoprire l’essere antropomorfo che vi galleggiava sopra.

Con un colpo di bacchetta circolare Lupin indicò le due porte e le finestre nella stanza che in un attimo si chiusero con un colpo secco e si illuminarono, ricoperte da una patina blu.

“Nessuno mi disturberà nel momento del trionfo…” parlò ancora la voce di Lupin. L’uomo prese la piuma di fenice da una delle innumerevoli tasche del suo abito e la osservò con un sorriso. Una cosa così semplice capace di scatenare grandi poteri magici. Incredibile.

I suoi pensieri furono interrotti da un violento percuotere contro la porta da cui era entrato anche lui poco prima. Sentì delle voci.

“E’ sigillata. Provate a sciogliere l’incantesimo, anche se dubito… Severus, tu vieni con me” la voce di Sirius arrivò forte e chiara alle orecchie di Lupin.

“Devo sbrigarmi…” parlò la sua voce. Chiuse gli occhi e si concentrò. La piuma sembrò diventare più brillante di quanto già non fosse. La lasciò e quella, placidamente, scese verso il liquido della vasca. Al contatto con la melma verde si udì un forte sfrigolio, simile a quello di un fiammifero che si accende.

Il liquido cominciò ad aumentare la sua ebollizione fino a diventare frenetica. Poi, il fuoco. Fiamme, spire infuocate. La polla di liquido divenne un immenso braciere da cui spuntava un falò alto più di tre metri. Le fiamme gialle erano sfumate in più punti di arancio e rosso, richiamo alla piuma che aveva provocato quell’esplosione di fuoco.

Dalla piattaforma sopraelevata Lupin poteva sentire il calore di quel fuoco rinnovatore scaldargli la pelle e il corpo. Alzò la bacchetta e cominciò a cantilenare un’antica formula, compiendo gesti arcani e tenendo gli occhi chiusi per aumentare la concentrazione. Più la cantilena proseguiva, più le fiamme sembravano mutare di colore e diventare di un rosso vivo, più che gialle. Ad un tratto la cantilena terminò.

“E’ tempo di tornare…” sussurrò a se stesso. Lupin si irrigidì e dalla sua bocca uscì lo spettro che per ore lo aveva posseduto. Il corpo dell’uomo si accasciò su se stesso mentre un braccio gli penzolava fuori dalla piattaforma, verso le fiamme purpuree. La bacchetta era accanto al corpo di Remus. Lo spettro di Voldemort la guardò e quella volò, a fatica, fin dentro le fiamme rosse. Voldemort ridacchiò compiaciuto. Ormai era fatta.

Volò con orbite circolari attorno alle fiamme e scendendo lentamente al fulcro di quell’enorme braciere.

Alohan Hakete Namusho!” la porta alla sua destra esplose in migliaia di schegge, distrutta da una forte scarica elettrica che proseguì la sua corsa fino contro alla parete. Sirius e Piton entrarono di corsa appena in tempo per vedere lo spettro di Voldemort scendere fra le fiamme e scomparire alla loro vista. Contemporaneamente la stanza tremò come colpita da un forte terremoto. La piattaforma vacillò. Lupin inizio a scivolare lentamente verso le fiamme.

“No! Remus!” gridò Sirius e spiccò un balzo verso le scale della piattaforma che si piegava lentamente fino ad immergersi nella punta delle fiamme.

Piton si fece avanti e un ombra lo investì. Un ombra? Dalla finestra il sole basso mostrava un ampia ombra che si avvicinava pericolosamente alla finestra. Il rumore di vetri infranti accolse l’arrivo di un immenso uccello. Un aquila gigante. Dall’immenso volatile si staccò un'altra ombra che con una capriola atterrò fra Piton e Sirius, entrambi voltati verso il nuovo arrivato.

“Malfoy, hai più vite di un gatto” sibilò Piton fra le labbra secche.

“Detto da lei, professore, lo considero un complimento” il biondino fece un mezzo inchino sorridendo.

L’aquila si fiondò su Lupin e lo acchiappò al volo fra le sue zampe muscolose, poi, con una virata, atterrò posando a terra l’uomo svenuto. Subito tutti gli furono attorno. Solo dopo un attimo Sirius e Severus capirono chi cavalcava l’aquila.

“Hermione?!” Sirius gli cacciò le braccia attorno al corpo magro sollevandola da terra “Oh mio Dio, ma come è possibile?” Hermione sorrise.

“E’ una storia lunga che racconterò se riusciamo ad uscire di qui tutti interi. E soprattutto se riusciremo a fare fuori Voldemort!” la sua espressione divenne più seria che mai.

La torre tremò ancora mentre le fiamme rosse aumentarono di intensità fino a raggiungere il soffitto. Come un eruzione, le fiamme lo squarciarono e fecero piovere grossi cocci sopra i quattro attorno a Lupin.

Murus Arcano!” recitò Draco, e vennero coperti da una cupola di colore giallo intenso. Sentirono parecchi pezzi cadere sopra di loro con rumori sordi e tonfi prepotenti. Quando sembrarono terminare, Draco sospese l’incantesimo.

Le pareti e il tetto della torre erano completamente crollati, lasciando all’aria aperta il braciere che proiettava lunghe ombre assieme al sole in procinto a scomparire dietro le montagne. Le fiamme calarono di intensità fino a diventare alte poco meno di due metri. Un oscura figura si sporse da quel braciere. Un uomo, nudo. Mise un piede sul bordo della polla e, facendo leva, ne uscì completamente. Aveva un aspetto anziano, ma per niente malandato. Capelli leggermente lunghi, castani, tirati indietro come se bagnati. Era Voldemort. Ed era tornato. Sorrise malvagio e con un guizzo della bacchetta si fece comparire addosso degli ampi abiti neri, una tunica ed un fastoso mantello.

“E’ bello tornare a respirare con la propria bocca. Anche la mia voce mi pare strana tanto è il tempo che non la sentivo” li guardò come si può guardare un cane inzuppato durante un temporale “E voi mi sembrate tanto patetici” Voldemort spostò il lungo mantello dietro le spalle con un movimento della mano. La cupa luce del sole che nascondeva con il suo corpo illuminò per un attimo il volto di Draco e gli altri.

Sirius digrignò i denti e si preparò ad attaccarlo. Draco gli prese una spalla. Incrociò lo sguardo con lui.

“Sirius, no. Non è questo il modo”

“E’ meglio dare ragione a Malfoy, sai Black?” si girò verso l’altra porta, ormai crollata, dove Peter era circondato da tutti i battlemage rimasti, pronti al combattimento. Vi erano anche quelli rimasti con i cadaveri. Erano arrivati da poco.

“Ed è meglio che state buoni anche voi. Oggi sono di cattivo umore” sorrise senza mostrare i denti. I battlemage si paralizzarono intimoriti. Voldemort si rivolse ancora ai quattro in piedi vicino a lui. La sua lunga ombra sembrava minacciarli, pur non essendo realmente pericolosa.

In quel momento Lupin si alzò, sostenuto da Hermione. Si era ripreso, almeno in parte.

“Oh, vedo che sei ancora vivo. Perdonami, non capiterà di nuovo” Voldemort sollevò la bacchetta accanto alla testa.

“Il momento della verità ragazzi” disse Lupin a voce non troppo alta, così che lo sentisse solo chi gli era accanto.

“In posizione!” gridò. Tutti contemporaneamente estrassero la bacchetta, battlemage compresi, e se la misero davanti al volto. Solo Sirius si mise in posizione di attacco. Lui non aveva bisogno della bacchetta.

“Signori, è stato un onore avervi come compagni. Buona fortuna a tutti” disse mentre si concentrava per richiamare a se tutto il potere che Quetzalcoatl poteva concedergli.

“Siete l’apoteosi del patetismo” sillabò malvagio Voldemort. Con un movimento veloce abbassò la bacchetta davanti a se, imitato dal sole all’orizzonte.

Non riuscì più a muovere la mano. Una forza misteriosa la teneva ferma a metà della sua corsa. Non capiva cosa fosse, sapeva solo di essere paralizzato. Fissò con disappunto la sua bacchetta, poi capì. Un'altra mano tratteneva la bacchetta. Una mano giovane, sporca, ma con una forza incredibile. Attaccato a quella mano c’era Harry Potter. Ricambiò il suo sguardo di disappunto e strattonò la bacchetta.

“Ehi vecchio, non lo sai che è la bacchetta a scegliere il mago. Questa ha scelto me!” con uno strattone Harry portò via la bacchetta dalle dita di Voldemort, ma, incredibilmente, la bacchetta si era sdoppiata. Ora entrambi ne impugnavano una identica in tutto e per tutto all’altra.

*****

Ginny raggiunse con un ingente truppa di soldati il confine di Hogwarts. Non poteva credere di essere venuta fin lì legata al solo filo della speranza. Lei ci sperava. Ci credeva. Voleva che Draco tornasse. Voleva che Ron tornasse. Voleva che tornassero tutti. Ma maledizione, no. No. Perché? Perché l’avevano abbandonata tutti? Era sempre così, quando la piccola Ginny diventava troppo pesante da sopportare, tutti se ne andavano. Vi odio, vi odio, vi odio!

“Avevi promesso che saresti tornato!” gridò Ginny verso Hogwarts “Lo avevi promesso!” cominciò a piangere come una ragazzina che non ha il vestito che il padre gli aveva promesso di comprare.

Un soldato si avvicinò per tranquillizzarla. La invitò a sedersi su una roccia piatta lì accanto.

“Lo aveva promesso di tornare…” sospirò ancora quando si sentì più calma.

Il sole era quasi al tramonto, quando un forte rombo fece voltare tutti verso il castello. La cima di una torre stava crollando, e dal tetto crollato ora saliva furiosamente una grande fiaccola rossa.

“Draco…” sussurrò Ginny. Corse verso uno dei soldati.

“Sono loro! Devono essere per forza loro! Forse è un segnale, oppure, non so! Avanti facciamo qualcosa”

Il soldato la guardò esitante.

“Non…d’accordo, adesso chiedo il da farsi, ma lei non si muova da qui” e corse verso una jeep parcheggiata lì vicino.

*****

“Harry Potter. Sono anni che ti cerco” sibilò Voldemort al ragazzo che si era schierato davanti a quelli che fino a un giorno prima erano stati i suoi nemici. Harry si girò verso Draco.

“Ehi biondino, il nostro duello è solo rimandato. Tienilo bene a mente”

Draco annuì ancora basito per quanto successo. Hermione, pur sapendo che Harry fosse ancora vivo, non poteva credere di averlo proprio davanti agli occhi in quel momento. Era come comparso dal nulla.

“Ma da dove è arrivato? Io neanche l’ho visto” chiese.

“Non è arrivato da nessuna parte. La bacchetta è il suo collegamento con questo mondo. Ed è rispuntato dove si trovava la sua bacchetta, fra le dita di Voldemort” spiegò Piton esaurientemente “Comincio a vederci più chiaro, ora. E’ una specie di trappola in cui sono caduti entrambi”

“Entrambi? Spiegati” disse Lupin ancora appoggiato ad Hermione.

“Sì, qualcosa che ha iniziato lo scontro quattro anni fa, e che ora hanno modo di portarlo a termine… ci sono! Prior Incantatio!”

“Che cosa?” chiese ancora Lupin pieno di dubbi.

“Ma certo” disse un raggiante Piton “Deve essere stato il contatto fra le due bacchette. Un altro Prior Incantatio, come la prima volta che si sono scontrati. Ecco che cosa è successo ad Hogwarts. Un Prior Incantatio. Uno che dura da quasi quattro anni”

“Vuoi dire che non sono mai riusciti a scioglierlo?” chiese Sirius mentre squadrava i due contendenti intenti a analizzarsi a vicenda.

“Esattamente, perché non si incontravano mai. Harry di giorno e Voldemort di notte. Solo i pochi minuti del tramonto e dell’alba fanno in modo che ci siano entrambi. Questo è un vero colpo di fortuna!” terminò Piton.

“Ma che bella spiegazione” disse Harry che aveva ascoltato tutto “Questo vuol dire che se siamo tutti qui è colpa mia e sua” e fece un cenno verso Voldemort. Piton annuì solennemente.

“Bene, tu sei Voldemort, vero? Sappi che non mi piace il fatto che tu abbia ucciso i miei genitori. Nessuno ti aveva autorizzato. Quindi considerala una piccola vendetta” strizzò l’occhio al signore oscuro che sembrò atterrito da quell’atteggiamento tanto spavaldo da parte del ragazzo.

“Sembri molto sicuro di te, Potter. Cosa ti fa credere di essere il più forte” ghigno Voldemort che si preparò alla sfida agitando la bacchetta.

“Io non credo di essere il più forte” disse a testa china Harry “Io sono il più forte” alzò la testa e sorrise malignamente mentre il volto di Voldemort divenne una maschera di sorpresa.

Con uno scatto Harry arrivò davanti a Voldemort. Gli pianto un pungo ben assestato far le costole. Questo grugni di dolore e si piegò in due. Harry continuò la sua opera con una ginocchiata che raggiunse il volto del signore oscuro, facendolo vacillare all’indietro. In equilibrio precario Voldemort si tastò la mascella e si asciugò il labbro insanguinato. Fissò Harry con occhi sbarrati, mentre il ragazzo già lo puntava con la bacchetta.

Ignis Flatus!” la palla di fuoco schizzò in direzione di Voldemort che la evitò all’ultimo istante buttandosi di lato. Il proiettile di fuoco continuò la sua corsa fino a schiantarsi sulla superficie del lago con un boato assordante e una marea di schizzi in tutte le direzioni.

“Non dovevano essere un granché bravi i miei vecchi a combattere. Non vali quasi nulla” sentenziò Harry mentre si avvicinava a passo spedito all’avversario ancora a terra. Voldemort si rialzò e lo puntò con la bacchetta.

“Stupido Potter! Come puoi solo sperare di contrastare il mio potere! Io sono Lord Voldemort! Nessuno mi può fermare!” Harry sorrise.

“Le convinzioni sono importanti nella vita. Avanti continua a parlare. Sei divertente quando fai il grand’uomo. Non volevi uccidermi? Avanti, sono qui per te” allargò le braccia invitandolo a colpire. Voldemort grugnì di rabbia. Come osava quello stupido ragazzino prendersi gioco di lui!

Avada…

“Ci sarà da divertirsi” rise Harry.

Perché non tremava? Perché non provava paura? Voldemort non capiva il perché quel ragazzo non reagisse davanti alla sua maledizione senza perdono. Era incomprensibile una reazione del genere. Decise che gli avrebbe fatto solo molto male e riformulò l’incantesimo.

“Crucio!” l’aria si increspò ed Harry si fece schermo con una mano. L’incantesimo colpì il suo palmo senza danni, poi si dissolse.

“Non…non può essere. Era una maledizione senza perdono… non puoi pararla con una mano…” Voldemort ora era veramente impaurito. Non aveva provato spesso quella strana sensazione. Paura. L’amava molto. Amava vedere gli altri crollare davanti a se per la paura. Amava spargere il seme del terrore nei suoi nemici, ma anche nei suoi alleati. Ma non voleva diventare lui vittima dai quell’orrenda emozione. Non voleva essere lui il bersaglio di quel puro terrore che tanto ammirava e utilizzava quando era al potere. Non lo voleva. E quello che non voleva lui era legge. Nessuno poteva impedirglielo. Nessuno. Neanche Potter. Come poteva essere così forte. Era poco più di un ragazzino quando lo aveva affrontato e non aveva sputo tenergli testa. Solo il Prior Incantatio lo aveva salvato. E ora era lì. Lo minacciava di morte. Era assurdo. Ora lui era il portatore di paura. Il nobile Potter. Il beniamino, l’amico di tutti era lì per ucciderlo. Non per dovere, non pere vendetta, quello che aveva detto prima era solo una menzogna, lo aveva capito benissimo. Lo uccideva solo per piacere. Per il gusto di vincere, di essere il più forte di tutti. Nemmeno si accorse che si stava avvicinando minaccioso con una spada in mano.

“Salutami i tuoi amici all’inferno Voldemort” sentenziò Harry. Alzò la spada e con movimento veloce la piantò nel petto del signore oscuro. Voldemort aprì gli occhi e spalancò la bocca per il dolore e la sorpresa della sconfitta. Era giunta la fine quindi? Il suo tempo era venuto? Sembrava proprio di sì. Cadde in ginocchio mentre Harry estraeva la spada dal petto per alzarla di nuovo. L’ultimo raggio di luce del sole stava illuminando l’atto finale di una lotta che durava ormai da troppo tempo. Con un movimento circolare la spada colpì in pieno il collo di Voldemort e tranciò di netto la sua testa. Il sole scomparve dietro le montagne all’orizzonte e con lui il corpo di Voldemort che si accasciò al suolo e divenne polvere nera. In cumulo di polvere nera in cui brillava solo una piuma di fenice.

In quel preciso istante il cielo attorno ad Hogwarts sembro incresparsi. Si sentirono inquietanti scricchiolii vitrei, poi tutto crollò. Come un immensa cupola di vetro la barriera attorno ad Hogwarts crollò liberando per sempre dalla maledizione il castello.

Harry vacillò. Si tenne la testa con una mano mentre l’altra perdeva sensibilità e faceva cadere la bacchetta a terra. Cadde sulla ginocchia tenendosi la testa con entrambe le mani. Svenne e rimase a terra immobile.

“Presto legatelo e disarmatelo. Non ci deve scappare” ordinò Draco zittendo con una mano le proteste dei suoi compagni “Credetemi non c’è altro modo. Credo che Azkaban sia il meglio per lui”

Piton sorrise soddisfatto. Fissò il braciere. Possibile che… si rivolse a Sirius.

“Sirius, prendi il sacco pieno di cadaveri e gettalo nel braciere prima che si spenga”

“Come prego?” chiese Sirius stralunato.

“Fallo e basta!” gridò Piton. Sirius afferrò il sacco pieno di cadaveri e con fatica lo lanciò fra le fiamme rosse del braciere. Hermione gridò indignata.

“Che diavolo fai!” sbraitò Hermione. La ragazza corse verso Piton che se ne stava appoggiato di schiena a braccia incrociate contro il braciere. Lo afferrò per il colletto e lo scosse violentemente.

“Brutto idiota, ti sembra sensato bruciare i cadaveri? Perché l’hai fatto? Perché l’ha…”

“Granger, per piacere. I morti sono morti! O solo avuto un intuizione che spero per te si riveli…”

“Herm?” la chiamò una voce. Non poteva essere quella voce. Non poteva essere davvero lui. Come era possibile.

“…esatta. Ecco, appunto” terminò Piton.

Ron Weasley spuntò dalle fiamme del braciere e con lui anche gli altri battlemage rimasti uccisi.

“Herm, che succede? Perché urli tanto?” gli chiese Ron fra le fiamme. All’improvviso Ron si accorse dov’era e spalancò gli occhi.

“Al fuoco!” gridò “Brucia! Ma siete matti! Mi volete ammazzare!” e saltò fuori dal braciere in un attimo controllandosi per bene che non avesse ustioni di nessun tipo e che fosse tutto intero. La casacca, adire il vero, era squarciata sul petto, ma non si ricordava minimamente il perché.

Hermione gli buttò le braccia al collo e lo riempì di baci mentre piangeva dalla gioia.

Mamma mia che lavoraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaccio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Sono in terribile ritardo, lo so, ma ho avuto molto da fare. Cmq siamo alla fine, Epilogo+ mega sorpresa (non è nulla di straordinario, una roba così….).

Dovreri ringrazire, ma ho pensato che lo faccio nell’epilogo così mi viene meglio. Quindi, visto che ormai la storia è finita, spera che vi sia piaciuta(sai la storia che la fine) e che esprimiate i vostri commenti. ^ ^

 

Ore 3:13 (che lavoraccio quello del Fanwriter…..° °)

 

See you again!!!!

 

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Capitolo 30
*** Epilogo ***


Le doppie porte incastonate nella parete di resistente cemento armato scivolarono all’interno del muro

Le doppie porte incastonate nella parete di resistente cemento armato scivolarono all’interno del muro. Draco e Ron proseguirono il loro cammino. Attraversarono un lungo corridoio sempre nelle stese condizioni. Cemento a vista. Veramente un posto lugubre e triste. Anche a Natale.

Ron ripensò all’ultimo anno. Quante ne aveva passate. Quante cose erano cambiate da un anno a questa parte. Una per tutte. Hermione. Erano sposati ora. E non erano più soli. Da due settimane era nato il piccolo Christopher Weasley, già ribattezzato da tutti Chris. Quando Hermione glielo aveva detto non aveva reagito come la volta precedente. L’esperienza di morte lo aveva maturato, e non poco. Il fatto di morire lo aveva spaventato. Sapere che c’era qualcuno pronto a testimoniare che sei esistito, che sei valso qualcosa per lui, era il modo migliore per scacciare quella paura. E Chris aveva fatto proprio un buon lavoro da quel punto di vista. Ma anche il parto non fu per niente semplice. Era nato di sette mesi, prematuro, e subito venne il dubbio che in realtà la magia lanciata da Hermione per evocare gli elementali avesse danneggiato il feto, ma per fortuna non fu così. Casualità, dissero i medici. Meglio la casualità che la magia a volte.

La più contenta, neanche da dire, non fu certo Hermione, come è logico che sia, ma Molly. La felicità di mamma Weasley alla notizia del secondo nipotino fu tale che per poco non soffocò il figlio in un mare di abbracci e baci. Ron non l’aveva mai vista così. Mai tranne forse quando è nata Eve. La nascita di bambini probabilmente la deliziava. Dopotutto aveva avuto ben sette figli!

Dopo circa dieci giorni Hermione fu dimessa e ad entrambi fu dato un periodo di vacanza dal lavoro così da riposare un po’ e pensare solo a loro e al nuovo arrivato.

E adesso Ron era lì. Ne aveva parlato a lungo anche con la moglie e alla fine aveva deciso.

Varcò l’ultimo cancello rinforzato che scivolo, anche lui, all’interno della parete, annunciato dal fischio acuto di una sirena e da una luce gialla lampeggiante. Draco lo seguì a ruota. Qualche giorno prima gli aveva chiesto di accompagnarlo in questa visita. Da solo non se la sentiva di andare. Draco acconsentì di buon grado.

Anche lui, in quel periodo, era a casa. Non per vacanza, quanto per obbligo. La squadra scelta dei battlemage era stata sciolta, e lui non aveva più un vero lavoro. Lo avrebbe trovato, ne era certo, al ministero. In un altro ramo, sicuramente minore, ma l’avrebbe trovato. Intanto si godeva questo periodo di festa a casa con la sua famiglia. Trovare Ginny ad Hogwarts ad aspettarlo quel giorno lo fece sentire come in paradiso. Come faceva ad amarla così tanto? Non lo capiva neanche lui a volte. E la piccola Eve cresceva. E più cresceva e più decideva che il periodo migliore per dormire era in pieno giorno, con grande disappunto dei genitori che si alzavano la notte per convincerla del contrario. Ma la famiglia ha i suoi pro e i suoi contro. E Draco era contento di entrambi.

Finalmente arrivarono davanti alla porta di acciaio che tanto bramavano. Il numero 004 era inciso a fuoco sulla superficie. Draco bussò e entrambi attesero impazienti. Un rumore secco di chiavistelli che venivano aperti fece capire ai due di essere attesi, come preventivato. La porta si aprì rivelando un piccolo gnomo blu vestito di stracci e con una cintura piena di mazzi di chiavi.

“Siete qui per lo 07?” chiese l’esserino blu.

“Sì, siete stati avvisati vero?” chiese di rimando Ron mentre entrava assieme a Draco nello stretto corridoio oltre la porta.

“Sicuro, dal ministro in persona!” esclamò entusiasta lo gnomo. Seguirono pazientemente i piccoli passi dello gnomo accompagnati dal sottofondo delle chiavi di acciaio che sbatacchiavano fra di loro. Quell’esserino sembrava avere una parlantina incredibile. Parlava e parlava in continuazione e citava sempre più spesso il ministro della magia. Per lui, probabilmente, aver ricevuto una lettera dal ministro in persona era qualcosa di straordinario. Per Ron e Draco no. Dopotutto era uno di famiglia. Anche Percy sembrava essersi smosso dalla sua rigida posizione di ministro. La dichiarazione che fece fare a Cornelius Caramel entrò negli annali delle figuracce e delle meschinità possibili di un uomo. Ora, anche nel consiglio di cui faceva parte, Caramel valeva meno di zero. Aveva, inoltre, annunciato con piacere la riapertura di Hogwarts a partire dal prossimo anno, con a capo, naturalmente, Albus Silente. Il vecchio preside era stato portato alla normalità con un potente infuso di mandragola e sangue di medusa. Una pozione che Piton preparò magistralmente in soli sei giorni. Anche il vecchio professore di pozioni fu reintegrato nella sua vecchia cattedra, con l’aggiunta di quella di Difesa contro le Arti Oscure, a lungo desiderata e finalmente ottenuta. Nel suo attuale stato Piton non aveva bisogno di dormire e tantomeno di mangiare. Poteva farlo, sì, ma non era necessario per sopravvivere. Molte famiglie avrebbero potuto indignarsi di fronte all’eventualità di mandare i loro figli in un posto dove un insegnante era un non-morto, ma anche Hagrid era un mezzo-gigante, e nessuno, tranne all’inizio, si era mai lamentato più di tanto. Anche gli altri professori tornarono tutti ai loro ruoli principali. La Cooman ne uscì con una frase ad effetto del tipo “L’avevo previsto”, suscitando uno sbuffo scocciato da parte della McGrannit.

Lo gnomo blu si fermò davanti ad una parete di apparente pietra con scolpito sopra il numero 07.

“Eccoci” disse l’esserino “Posso procedere?”

Entrambi i ragazzi annuirono e lo gnomo si diede da fare. Estrasse una chiave piccola e dorata e la agitò di fronte alla parete, come se fosse una bacchetta. Il muro scomparve davanti ai loro occhi e divenne trasparente. Al di là della parete vi era una stanza grande non più di nove metri quadri. Sul lato destro vi era un piccolo letto, mentre sul sinistro un lavandino e dei sanitari. Non c’era neanche una finestra. L’unica fonte di illuminazione era una candela che stava accesa magicamente, senza consumarsi mai. Per avere buio bastava coprirla con un drappo a qualcosa di simile.. Sul letto vi era una figura. Era scarna, magra. Voltò la testa verso la parete trasparente e la luce che entrava da quella finestra momentanea.

“Cinque minuti” disse più seriamente lo gnomo e se ne andò per la sua strada. Cadde un silenzio incerto. Nessuno dei tre sapeva se doveva parlare o no per primo, così iniziò Ron a rompere quel silenzio.

“Ciao Harry”

Harry si alzò e avvicinò il viso al muro. Fissò Draco per un attimo in cerca della sua approvazione.

“Ron Weasley, giusto?” Draco annuì. Ron sorrise lievemente.

“Come stai Harry?” Harry rise .

“Come vuoi che stia! Sono in trappola per l’eternità da quanto ho capito. Potrebbe andare meglio grazie” rispose acido.

“Voglio dire, come ti senti dopo quello che è successo?” Harry tornò serio e si grattò il mento ispido per la barba con una mano.

“Oh, quello. Bhè, mi spiace per te ma non mi ricordo nulla. Quindi, buon per te se sei risorto con la fiamma della fenice. A me non importa nulla”

Ron ingoiò il rospo. Ne aveva parlato anche con Draco. Lo aveva avvertito che quello che avrebbe visto non sarebbe stato l’Harry che ricordava.

“Ti capisco. Anche senza i dissennatori Azkaban non è il meglio per vivere”

“Grazie, devo commuovermi?” chiese ironico Harry. Più che ironico sembrava seccato.

Ancora silenzio. Draco diede uno scossone a Ron ed indicò l’orologio. Il tempo stava per scadere.

“Sai, sono rimasto sorpreso da come ha sconfitto Voldemort. Mi è sembrato di capire che è stato un giochetto per te” sorrise forzatamente Ron.

“Era debole. Non so come avesse fatto ad essere il più potente. Anche tu eri più forte di lui. Mi hai dato del filo da torcere, lo ricordi vero? Anche Malfoy era più forte. Probabilmente qualcosa non è andato come doveva andare ed era più debole del previsto” sbuffò Harry rassegnato.

“Sembra invece che si fosse indebolito perché non era più abituato a combattere.”

“Davvero?” chiese Harry.

“Già. E sembra che la causa della sua distruzione, dopotutto, non sia altro che il suo piano di invasione. Con tutti quei mangiamorte da eliminare hai fatto, diciamo,  un buon allenamento. Per questo sei diventato così forte contro le arto oscure. Per questo non ti è sembrato forte. Perché TU eri davvero più forte di lui”

Harry valutò le informazioni che aveva appena ricevuto. Quindi lui era uno forte. Interessante. La voce di Ron interruppe ancora i suoi pensieri.

“Fra l’altro, non so quanto possa contare, ma… ecco, mi spiace per quanto è accaduto. Per me eri e sarai sempre Harry, il mio amico Harry”

Harry lo guardò in faccia e sghignazzò.

“Credo che tu sia fuori di testa, caro Weasley! Il tuo amico Harry?” scoppiò nuovamente a ridere “Va bene, va bene. Come preferisci” si rivolse a Draco.

“A proposito, potevi dirmelo che il bambino in culla che ha sconfitto Voldemort ero io. Potevi evitare di parlare per rebus da decifrare”

“Come l’hai saputo?” chiese Draco sorpreso. Harry sorrise.

“Le voci girano, Malfoy. Quanti “Harry Potter che hanno sconfitto Voldemort in culla” credi che esistano?” Draco inarcò un sopracciglio e annuì. Era vero, dopotutto.

Il piccolo gnomo blu tornò da loro.

“Tempo scaduto. E’ ora di andare” Draco annuì e trascinò via Ron che non aveva molta voglia di andarsene. Si diressero di spalle verso l’uscita quando la voce di Harry raggiunse le orecchie di Ron per l’ultima volta.

“Credo che dispiaccia anche a me…”

Ron si voltò appena in tempo per vedere la parete tornare di pietra e lo 07 comparire di nuovo, scolpito con forza. Draco afferrò per una spalla Ron.

“Andiamo” disse. Ron annuì con il capo mentre cominciavano a bruciargli gli occhi. Non avrebbe pianto, era stupido farlo in un momento come quello. Riflette sulle ultime parole di Harry.

Quante cose erano capitate a quel ragazzo. Ma le aveva sempre accettate tutte. Le cose belle e quelle brutte. Tutte sempre e comunque. Tutte, senza tregua.

 

FINE

 

Cari ragazzuoli infin siam giunti. Allora? Che ne pensate? Io ho pensato che è bene ringraziare tutti dal primo all’ultimo. E’ difficile, lo so, ma io ci provo comunque.

Era il 23 gennaio di quest’anno. Aveva appena finito di gustarmi Harry Potter e la camera dei Segreti al cinema e già aveva voglia di vedere il prossimo film. E leggere il prossimo libro. Come tutti sappiamo le attese saranno parecchio lunghe (ahimè), quindi decisi di cercare in rete informazioni su HP e quant’altro di interessante sulla seria. Poi… fanfics? Su HP? Perché no. Provai a leggerne alcune. Davvero niente male (e qui Sunny Docet ^ ^), belle, intriganti, dei veri e propri capolavori! A malapena sapevo che cosa era una FF (ma qui il sito di Erika è stato più che esauriente a spiegare tutto sulle FF ^ ^), ma decisi di provare a scriverne una. Perché no? Io amo molto scrivere e questo sito sembrava fatto a posta per me. E allora…via! Mi sono imbarcato in un opera colossale!

“Chissà come andrà? Chissà se piacerà?” domande legittime per un Fanwriter. Poi… il successo! Wow! Ero esterrefatto! Possibile che quello che scriveva prendesse così tanto? Preoccupato facevo leggere i miei capitoli anche a amici e compagni di classe e la reazione era la stessa. Bello, bello, bello ^ ^!

Allora mi sono fatto prendere la mano. Ho allungato la storia (eh sì, l’ho allungata ^ ^), ho dato nuove caratteristiche ai personaggi e ne ho creati un paio io stesso. Pochi ma buoni, dicevano una volta. E poi sono giunto all fine. Per citare Guccini “La tristezza poi ci avvolse come miele…”. Perché è così che mi sento ora. Triste e senza qualcosa da fare. D’accordo, ho altre ff in serbo, ma la prima volta non si scorda mai, giusto? ^  ^

E allora basta demoralizzarsi! Morto un Papa se ne fa un altro! E io sono pronto a farne un altro. Ci vorrà un po’ (la scuola è micidiale ultimamente) ma tornerò prepotente, tranquilli. Per ora tutto quello che poso fare e ringraziarvi e quello che posso dire è, appunto

 

Grazie

Grazie per chi mi ha seguito e ha recensito.

Grazie per chi non ama recensire ma comunque legge la mia FF

Grazie per chi non l’ha neanche letta! (bisogna avere delle critiche, no? ^ ^)

Grazie per chi mi ha spronato a continuare.

Grazie per chi mi ha sostenuto nel momento di maggior bisogno.

Grazie per chi non ha mai mollato e mai mollerà. Sarà il mio esempio.

Grazie per tutto e per tutti.

 

 

E ora il grande speciale!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Su esempio di Sunny (Non sono degno Sensei ç__ç) ho pensato di ricercare gli attori migliori per il “cast” di senza tregua. Con i collegamenti dovreste andare direttamente alla foto (ho paura che dobbiate iscrivervi al gruppo di yahoo. Se non vi và, scrivete una mail a me e vi spedirò le foto: Strekon@virgilio.it)

 

INTERPRETI PRINCIPALI DI “SENZA TREGUA” (in ordine di apparizione, o quasi)

 

Ron Weasley: Brendan Fraser

Molly Weasley: Goldie Hown

Fred/George Weasley: Stefano Accorsi

Albus Silente: Ian McKellen

Harry Potter: Josh Hartnett

Hermione Granger: Jennifer Love Hewitt

Draco Malfoy: Jamese Wesley Masters

Ginny Weasley: Julia Stiles

Alexis Holavson: Bob Hoskins       

Percy Weasley: Paul Bettany

Severus Piton: Alan Rickman

Remus Lupin: Ewan McGregor

Arthur Weasley: Gerard Depardieu

Gemelli mangiamorte: Liaj   Ozzy Osborne

              Jail    Marylin Manson

Lucius Malfoy: Jason Isaacs

Sirius Black: Johnny Deep

Gaherl il mangiamorte: Kevin Spacey

Skanak the vampire: Andy Garcia

Sasha Hook: Leonardo Di caprio

Giulia: Halle Berry

Peter Minus: Danny Devito

Voldemort: Christopher Walken

 

Due guest star!!!!

Felpato, Sirius: Fritz detto "Igor

Draco Ghepardo: Giampiero

 

 

 

Ore 5:52, ultimo aggiornamento Senza tregua

 

 

See you again!!!! (prima o poi ci rivedremo ^ ^)

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