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Il nulla più assoluto. Un
buio ottenebrante senza pace e vita. Il vuoto per infinite distanze, senza
cieli azzurri, alberi in fiore, arcobaleni splendenti.
Nulla. Ma… forse una luce
distante…sì, nella pace eterna dell’oscurità un sottile raggiobianco di luce pura trapassò quel mondo di
ombre. La scia luminosa, sempre più larga, squarciava, lentamente ma con
insistenza, quello scudo di notte eterna, portando con estrema lentezza alla
vista cosa copriva il nero drappo ormai a brandelli. Hogwarts. Bella come la
ricordava. Il soleilluminava i
contorni rendendo la scuola simile all’immagine di un libro di fiabe. Un lieve
venticello soffiava sulle verdi terre intorno al castello. Era un posto
veramente magico. Perché era proprio quello, una scuola per maghi, una delle
migliori d’Europa e probabilmente una delle più antiche. I babbani non
l’avrebbero mai trovata, il mondo dei maghi sapeva come difendersi dai curiosi
non maghi; si perché solo alcunepersone erano maghi, ma non tutti provenivano da famiglie di stregoni
puri. Alcuni potevano essere maghi senza saperlo, come ad esempio Hermione
Granger, nata e vissuta fino a 10 anni in una famiglia babbana, e solo dopo
scoprì di avere doti magiche. Hermione… chi è Hermione? Il nome gli ricordava
qualcosa ma, diavolo…più ci pensava e più il castello di Hogwarts spariva,
coperto ancora da buio e incubi. Quel nome ispirava fiducia, forse era una sua
cara amica? O forse era una parente… non ricordava, e più si sforzava più le
tenebre lo avvolgevano. Non sapeva chi fosse, ma se voleva capire cosa stava
accadendo doveva scacciare quel pensiero dalla testa. Lentamente ed
inesorabilmente il ricordo svanì lasciando il posto, ancora, all’immagine della
scuola di magia. Lo sguardo si sposto verso l’entrata, dove due enormi porte
bloccavano il passaggio. Ma questo non fu un problema. Come se fatte di aria e
di nulla gli passò attraverso con movimento costante, senza riflettere come se
tutto fosse stato già programmato da tempo. In tutto il suo splendore apparve
ai suoi occhi il salone principale di Hogwarts. I lampadari finemente lavorati
illuminavano, nonostante fosse giorno, i grandi arazzi e le imponenti scale che
avrebbero condotto ai piani superiori. Senza indugio il viaggio prosegui lungo
la scala alla sua destra, rapidamente, quasi levitando sul tappeto rosso che
copriva la rampa in questione. Senza preavviso comparvero come fantasmi un gran
numero di persone. Indossavano la maggior parte una lunga tunica scura con un
simbolo, non sempre uguale, all’altezza del cuore. Un grifone d’oro. Ma anche
un tasso purpureo, un corvo dalle ali nere come la notte e un serpente verde
come uno smeraldo. Quest’ultimo simbolo incupì il viaggiatore e gli riporto
alla mente un nome. Malfoy. Cercò di non cascare ancora nella trappola di poco
prima, e cercò assiduamente di non pensare a quel nome. Malfoy… I corridoi
erano molto vuoti per essere una scuola così frequentata. Vide in giro addobbi
natalizi e questo rispose al perché di così poca gente in giro: molti studenti
erano a casa per le feste di natale. Senza esitazione il viaggio continuò
salendo per le scale mobili che conducevano alla torre dei Grifondoro. Il nome
della classe con lo stemma dorato… un altro ricordo…ma non ebbe il tempo di
pensarci. Entrato nella sala comune vide una ragazza seduta su di una comoda
poltrona di stoffa rossa. Era veramente bella. Capelli bruni e lunghi
leggermente arricciati, occhi scuri intenti a leggere un grosso libro che
teneva poggiato sulle gambe. Il fuoco scoppiettante nel camino alle sue spalle
stagliava la ragazza e proiettava la sua ombra sul pavimento. Sfogliò una
pagina e prese a rigirare una ciocca di capelli con le dita, come se qualcosa
la tormentasse. Da una delle scale della sala comune scese un ragazzo.
Probabilmente coetaneo ed amico della ragazza, poiché si avvicinò a lei
dicendole qualche cosa che, però il viaggiatore non riuscì a sentire. Si
accorse solo ora che non sentiva nessun suono. Nulla. Silenzio. Un silenzio che
gli ricordò il buio da cui era avvolto fino a poco fa. La discussione fra i due
ragazzi cominciò a farsi concitata. Il ragazzo dalla folta capigliatura rossa
spalancò di più la bocca, probabilmente urlando; in risposta la ragazza si alzò
di scatto lasciando cadere il libro ai suoi piedi, anche lei spalancando la
bocca urlando. Lui si avvicinò di più sempre urlando. Anche lei non fu da meno.
La distanza fra i due ormai non esisteva. Le labbra del ragazzo si posarono
d’improvviso su quelle della ragazza bruna. Sorpresa fece un passo indietro
mettendosi una mano sulla bocca. Altrettanto d’improvviso, ripresasi dalla
sorpresa, spostò la mano dalla sua bocca e colpì con uno schiaffo il giovane
dai capelli purpurei. Gli occhi lucidi di lei indicavano il dispiacere e la
rabbia per quello che avevano fatto entrambi. Lui, con la testa piegata di lato
dalla forza del colpo, biascicò qualcosa, probabilmente anche se si fosse
sentito qualcosa, di incomprensibile, e con uno scatto, tornò da dove era
spuntato in cima alle scale. La ragazza tornò a sedersi e nascose il volto fra
le mani, appoggiandosi alle ginocchia. Pianse. Singhiozzò e respirò forte
inarcando la schiena. Una valanga di emozioni attraversarono il corpo del
viaggiatore. Chi erano quei due? Altri ricordi affiorarono nella sua mente, e
tutto tornò ad incupirsi sotto una nebbia di terrore. Ancora tentò di farli
sparire ma questa volta l’oscurità non avvolgeva la sua vista. La ragazza vide
scendere il buio nella stanza e fuori dalla finestra imponenti nubi scure
nascondevano il sole che brillava su Hogwarts. Il panico la avvolse. Paura.
Terrore. Da come reagì, doveva essere una cosa che, seppur terrificante, si
aspettava da tempo. Corse verso la scala dove era salito il ragazzo, ma lui la
precedette e spuntò, nuovamente, sulla rampa delle scale. Lei ancora con le
lacrime sul volto si aggrappò al suo braccio ed insieme corsero veloci verso
l’uscita della torre. Troppo tardi. Una figura scura comparve nella stanza. Era
alta e vestiva con una tunica nera che lo copriva completamente, lasciando
libere solo le braccia e le mani; nella destra stringeva una bacchetta
sottilecolor avorio, in contrasto con
le intenzioni del mangiamorte. Rapidamente sia lui che lei estrassero le
bacchette e le puntarono contro il loro avversario. Dalla bacchetta del giovane
partì una scia di scintille rosse come i suoi capelli che centrarono un pieno
il mangiamorte. Ma non fu abbastanza. Contemporaneamente la ragazza e l’uomo
incappucciato, ferito ma non sconfitto, scatenarono una tempesta di fuochi,
colpendosi a vicenda. O così parve. Con uno scatto il giovane intercetto i dardi
infuocati che lo ferirono alla spalla. Il suo volto divenne una maschera di
dolore. Cadde prono, privo di sensi,spingendo a terra l’amica mentre il mangiamorte con un rantolo morì. Lei
non ebbe il tempo di reagire all’accaduto. Un’onda d’urto sproporzionatamente
potente li investì, mentre una luce li accecava completamente. Furono sbalzati
fuori dalla stanza, frantumando la vetrata e precipitando verso il lago che
circondava il castello di Hogwarts. L’ultima cosa che la ragazza vide fu
l’acqua, sempre più vicina, più vicina, vicina….
Ron Weasley si svegliò di
soprassalto e aprì gli occhi.
La pioggia cadeva lenta, fitta e con gocce pesanti che atterravano
fragorosamente sui tetti e le strade
La pioggia cadeva lenta,
fitta e con gocce pesanti che atterravano fragorosamente sui tetti e le strade.
Ron osservava le strisce dia acqua che colavano lungo il vetro della finestra
dell’ospedale magico dove era ricoverato. Quasi 3 anni. Erano passati quasi 3
anni da l’attacco a Hogwarts da parte dei mangiamorte seguaci di Voldemort.
Ricordava poco di quel giorno e di come era riuscito a salvarsi. Come molti
altri anche lui era rimasto in coma per tutto il tempo. Ora aveva 18 anni. Come
era cambiato. Un po’ più alto, una voce più profonda che quasi non riconosceva.
I suoi muscoli erano intorpiditi per la lunga permanenza steso a letto.
Nonostante ciò si considerava fortunato. Lui era vivo. I medimaghi gli avevano
spiegato che molti studenti, in seguito ad un’onda d’urto proveniente
dall’interno della scuola sono stati sbalzati fuori, e lui e la sua amica erano
stati fortunati; hanno attraversato una vetrata e sono precipitati subito nel
lago. Erano vivi solo per questo. Molti altri furono meno fortunati e vennero
schiantati contro pareti e soffitti. Per loro ci fu ben poco da fare. George…
Ron pensò al fratello. Era in pessime condizioni, un coma degenerante. Ormai
sopravviveva solo grazie ai macchinari incantati dei medimaghi. La signora
Weasley non si allontanò mai da loro. Neanche un giorno, durante quegli anni.
Fred dopo l’incidente non parlava più.
“Se ne sta chiuso in
camera tutto il tempo” gli disse Molly con gli occhi ancora lucidi. “Non è più
lui…”
Ron non riusciva ad
immaginarsi i gemelli seri e senza voglia di vivere. Non riusciva a non pensare
anche ad Hermione. Hermione… il suo cuore ancora si stringeva come pressato da
una mola. Perché era successo proprio a loro. Dio che rabbia che provava per
non essere riuscito a proteggerla. Dopo averle fatto scudo con il suo corpo
dall’incantesimo lanciato dalmangiamorte, provò un dolore troppo intenso e svenne. Se fosse rimasto
cosciente sarebbe riuscito a proteggerla dalla caduta. Si sentiva male al
pensiero di Hermione in coma per causa sua. Sì, era colpa sua dopotutto. Se non
fosse risalito dopo il litigio per… il suo cuore si strinsi ancora di più. Ron
si tastò il petto come per cercare di togliere un pugnale invisibile che gli affondava
nelle carni.
I suoi pensieri furono
interrotti dalla voce di un’infermiera.
“Weasley?” chiese
gentilmente.
“Si…” rispose stanco Ron.
“C’è una visita per te”
Ron alzò lo sguardo e si
girò verso l’entrata della stanza. Silente lo osservava con uno sguardo fermo.
Mai Ron aveva visto quella faccia poggiata sulla testa del preside di Hogwarts.
“Bentornato fra noi Ron”
disse Silente avvicinandosi alla finestra.
“Grazie signore, ma non ne
sono contento” rispose Ron sempre con voce molto spenta. Dopotutto era da molto
che non parlava.
“E perché di grazia?”
chiese il preside.
“Mi sembra egoistico”
“Egoistico?”
“Sì, perché io sto bene e
gli altri studenti sono ancora in coma. O peggio morti.” Incalzò Ron alzando
lievemente la voce.
“Vedi Weasley” rispose Silente “non è per scelta di
nessuno che tu sei sveglio e stai bene. Qualcosa in te ti ha dato l’impulso per
svegliarti dal sonno che ti tormentava.”
“Già…”
“I medimaghi mi hanno
detto che però non ricordi cosa sognavi durante il tuo coma”
Ron annui leggermente con
la testa. “Più mi sforzo e più i miei pensieri diventano bui ed oscuri”
“Non sforzarti Weasley.
Col tempo sono sicuro che ricorderai. Dopotutto sei sveglio solo da una
settimana”
Ron annui ancora “Lo spero
davvero…”
“Stai pensando ai tuoi
amici e compagni Ron?” gli chiese retoricamente Silente.
“Si. Vorrei vederli. Dice
che posso chiedere di uscire per incontrarli?” domandò Ron con un tono
speranzoso.
“Puoi Ron. Ma sappi che
non ti piacerà quello che vedrai” lo avvertì il preside “non tutti sono stati
fortunati come te”
“Non importa. Sono pronto
per affrontare anche questo”
“D’accordo. Domani mattina
passeròa prenderti. La signorina
Granger ed Harry non sono nel nostro ospedale. Sono a Londra fra i babbani”
Ron fu sorpreso, anche se
non lo diede a vedere, che i suoi amici fossero fra i babbani. Anche se i
genitori di Hermione, dopotutto, lo erano. Probabilmente era in un ospedale a
Londra così che i suoi genitori le stessero vicino. Ma Harry? Perché era
ricoverato anche lui in un ospedale babbano? Non di certo per i suoi zii. Loro
odiavano Harry e tutte le sue stramberie. Probabilmente avrebbero staccato loro
stessi la spina al nipote pur di non averlo più fra i piedi.
Silente si congedò “A
domani” e si smaterializzò.
Ron fissò per un momento
il punto in cui vi era il preside fino a poco prima. Spostò ancora lo sguardo
fuori dalla finestra. La pioggia cadeva lenta, fitta e con gocce pesanti che
atterravano fragorosamente sui tetti e le strade.
*****
Maledetti! Tutti maledetti! Li distruggerò tutti!
Un’ ombra vagava per i
corridoi. Senza una meta precisa girava e rigirava spesso tornando dove già era
stato.
Polvere! Farò in polvere
la vostra anima e banchetterò con le vostri putride carni!
L’ombra non smetteva di
bisbigliare fra se e se, come per confermare i suoi pensieri. Improvvisamente
si fermò. Non un suono si levò da lei. L’ombra puntò il suo sguardo verso una
persona incappucciata dietro l’angolo dove si era fermata. L’incappucciato
fissava un punto davanti a se. Non vide l’ombra scivolare alle sue spalle. Non
la udì sollevare la bacchetta e pronunciare l’incantesimo. Non senti il dolore
mentre una spada infuocata a mezz’aria gli trapassava il cuore e continuava la
sua corsa giù, fino al fianco, spezzandolo in due. Non si rese conto di essere
morto prima di pensarlo.
Morte! Dolce suono di pace
eterna! Accogli i seguaci che ti mando deturpa le loro nere anime!
Una risata proveniente
dall’inferno risuonò nell’aria.
Silente arrivò
puntuale. Come sempre. Ron, ormai dimesso dall’ospedale, lo aspettava nell’hall
mentre sfogliava una rivista di manici di scopa. Quando i suoi problemi erano
ridotti a quello. L’ultimo modello uscito era il Thunderbird 3000 che,
secondo la rivista, avrebbe cambiato il modo di volare per sempre.
I soliti
discorsi pensò Ron sconsolato. Ogni nuovo modello sbaraglia i
precedenti, è sempre così.
Gli tornò alla
mente la felicità del suo amico quando ricevette il primo anno la Nimbus
2000 e, il terzo, la Firebolt da parte di Sirius Black. Chissà dove
era ora Sirius. Probabilmente con Harry, facendosi vedere il meno possibile.
Dopotutto era ancora latitante. Ron vide il preside e si alzò dal comodo
divanetto di velluto blu dirigendosi verso di lui.
“Buongiorno
professor Silente” salutò Ron.
“Buongiorno Ron.
Sei ancora sicuro di voler vedere i tuoi amici?” chiese con voce ferma.
“Sì, ormai ho
deciso.”
“Bene allora andiamo” e detto ciò
estrasse da sotto la veste una bottiglia quasi vuota di brandy. Ron toccò il
passaporta ed entrambi furono trascinati, come se risucchiati dalla bottiglia.
Arrivarono in un
parco dietro a due alti abeti. Faceva molto freddo ed una leggere nebbiolina
impediva di vedere lontano. Con un tocco di bacchetta Silente cambiò i suoi
abiti con qualcosa di più sobrio. Pantaloni, maglione e capelli e barba
raccolti ed un po’ accorciati.
“Molto meglio”
disse.
Ron non aveva
mai visto il preside agghindato in modo diverso dal suo solito. Cercò di non
farci troppo caso per evitare di offenderlo in qualche modo e perché in quel
momento il suo pensiero era rivolto ad un’altra persona. Che cosa avrebbe detto
ai suoi genitori? Scusate, ma era occupato a svenire per proteggere vostra
figlia! Dio! Come avrebbe potuto giustificarsi? Cercò di pensare a qualcosa
d’adatto da dire mentre camminavano in direzione dell’ospedale. Non gli venne
in mente nulla d’adatto ed inconsciamente non si rese conto di aver raggiunto
l’entrata della camera dove Hermione era ricoverata. Ebbe un tuffo al cuore. Se
ne stava lì, fermo a fissare la porta azzurra con la scritta Granger
Hermione718 attaccata sopra.
“Ora ci hai
ripensato?” gli chiese Silente interrompendo i suoi pensieri.
“Lei non entra?”
chiese di rimando Ron.
“No. A me è già
bastato la prima volta”
Il cuore
cominciò a battergli che gli parve volesse uscire dal petto per cercare un
cantuccio migliore dove stare. In che condizioni era Hermione? Il pensiero lo
tormentava, nonostante la risposta alle sue frustrazioni fosse a meno di trenta
centimetri da lui. Afferrò la maniglia metallica. Era fredda al tocco. La girò
lentamente. La serratura scattò con un colpo secco, come un colpo di pistola,
che risuonò nell'aria e lo colpì dritto al cuore. Spinse la porta aprendola
mentre faceva un passo avanti entrando definitivamente nella stanza. I cardini
piansero come ad un funerale prolungando il dolore nel animo di Ron. La luce
del corridoio illuminò la stanza. Era entrato. Un costante bip risuonava
nelle suo orecchie, ed era come una miriade di voci che ad ogni bip lo
punivano per il destino di Hermione. Con passo fermo si diresse verso il letto –Bip-
a sinistra dove vedeva accesi un gran numero di macchine. Dalla –Bip- finestra
vicino al letto filtrava la poca luce che la mattina londinese –Bip- offriva.
Raggiunse il letto. Ebbe un tuffo al cuore.
“Hermione…”
sussurrò senza fiato.
La ragazza era stesa sul letto.
Un’infinità di tubi, cavi e aghi le uscivano dall’esile corpo. I suoi lunghi
capelli bruni erano raccolti in una treccia, così che non le dessero fastidio.
Il suo petto si alzava e abbassava impercettibilmente, ma con regolarità. La
coperta azzurra la copriva fino alla vita e nascondeva le gambe magre dovute
alla prolungata permanenza a letto. Solo ora Ron notò il viso. Seppur magro,
era sempre stupendo. Come aveva potuto lasciare che lei finisse così? Dio
quanto si odiava! La vita di Hermione era rovinata a causa sua. Le lacrime
cominciarono ad affiorare negli occhi di Ron. Tratteneva a stento i singulti
che lo avrebbero spinto a piangere come un bambino. Ron sentì entrare qualcuno
nella stanza. Si voltò e li vide. I signori Granger. La madre di Hermione
fissava il ragazzo con gli occhi lucidi senza dire nulla.
“Io…mi..mi
spiace. E’ colpa mia.” Singhiozzo Ron con la voce rotta dai singulti.
“No” disse la
signora Granger “tu hai salvato mia figlia…l’hai riportata da me. Ed ora…ora lo
hai rifatto.” Si avvicino a Ron e lo abbraccio forte iniziando a piangere sulla
sua spalla.
*****
L’ombra stava
riposando. Anche lei doveva farlo. Ma la sua sete di sangue non riposava. No.
Doveva ancora uccidere. Si. Nulla l’avrebbe fermata. Rannicchiata in un angolo
si copriva con i suoi vestiti per cercare riparo dal pungente freddo invernale.
Neve. Una forte tormenta di neve si abbatteva sulla finestra che fissava con
occhi freddi. I suoi sensi erano all’erta. Si accorse che si stavano avvicinando.
Tre uomini entrarono nella stanza rapidamente circondando il punto dove stava
accovacciato il mucchio di stracci.
“Sei finito
maledetto! Ignis Telum!” gridò il primo, ed un proiettile infuocato
colpi in pieno l’ombra.
“Ventilo
Iniuria” recitò il suo compagno. Un onda d’urto fece ribaltare gli stracci
infuocati. Solo ora si accorsero che quelli erano solo stracci.
L’ombra scese
alle loro spalle. Senza rumore. Alzò la bacchetta.
“Aboleo
Spiritus” disse con voce tranquilla ma terribile. L’uomo più vicino alla
porta si strinse il petto e spalancò gli occhi. Dalla bocca cominciò ad
uscirgli un fumo bianco e denso, e più il fumo usciva, più lui si svuotava,
come se tutto l’interno del corpo si dileguasse. Quando l’uomo divenne una
figura rattrappita il fumo si fermò. L’uomo cadde e si frantumò come un vaso di
vetro al suolo.
“E’ bello
vedervi, signori” ringhiò ironicamente l’ombra prima di eliminarli entrambi.
*****
“Sono contenta
che tu ti sia ripreso Ron” disse la madre di Hermione “Questa è una speranza in
più per nostra figlia. Significa che può riprendersi”
I suoi occhi
erano ancora bagnati dal pianto di poco prima. Anche Ron era nelle sue stesse
condizioni.
“Io mi sento in
colpa per quello che è successo ad Hermione” disse lui “avevamo litigato ed eravamo
in stanze diverse. Se fossi stato un po’ più rapido…se non…Ah! Se solo io fossi
stato più comprensivo!”
“No Ron. Non è
colpa tua. Il preside mi ha spiegato cosa è accaduto. Eventi che neanche lui è
riuscito a sedare. Sai meglio di me che Silente è molto potente. Tu hai fatto
quello che hai potuto. Ho visto la tua ferita dopo l’attacco. Se penso che,
qualsiasi cosa te l'abbia procurata avrebbe potuto colpire e …uccidere la mia
bambina…io…io ti ringrazio solo per questo!” spiegò la signora Granger con la
voce rotta del pianto.
“Grazie signora.
Ma avrei potuto fare di più. Non dica nulla, la prego”
Ron si girò ancora verso i letto.
Guardava Hermione e pensava a tutti gli eventi che gli erano capitati. Durante
l’estate dopo il quarto anno sia Harry che lei erano venuti per le ultime due
settimane di vacanza alla Tana, la casa dei Weasley. E’ stato in quel momento
che si è accorto da amarla. E’ stato in quel momento che lei si è accorta d’amare
Krum. Victor Krum, il cercatore della squadra di quidditch della Bulgaria. La
loro storia d’amore a distanza continuò per tutta l’estate e fino alla fine
dell’anno. Avevano una fitta corrispondenza. Ron era geloso marcio e lo diede a
vedere criticando Hermione e il suo nuovo ragazzo. Hermione litigava sempre con
Ron e le loro liti finivano sempre con lei in lacrime e lui troppo orgoglioso e
geloso per ammettere di avere esagerato. Che stupido! Era solo uno stupido.
Anche ad Hogwarts, appena lei si lasciò con Krum non seppe far altro che
provarci spudoratamente sfruttando la situazione di malessere in cui lei si
trovava. Ecco perché si sentiva in colpa.
“Penso sia ora
di andare Ron” Silente era appoggiato alla porta e lo fissava.
I due si
diressero verso l’uscita, e lì Ron si fermò.
“Dove andiamo?
Harry non è qui?” chiese il ragazzo.
“No” rispose
serio Silente “Harry è…in un altro posto.”
Detto questo
estrasse da una tasca un grosso bottone blu. Un altro passaporta. Il giovane
Weasley si chiedeva dove li avrebbe portati questa volta. Come mai Harry non
era nello stesso posto?
Ancora una volta
arrivarono in un parco, anche se questa volta ne riusciva a vedere i confini
delimitati da una pesante ringhiera di ferro battuto. Silente lo prese per una
spalla e lo guardò in faccia.
“Mi spiace Ron.”
Ron guardò oltre
le spalle del preside.
No! Non può
essere! Dio ti prego fa che non sia vero!
Su di un cippo
bianco vi era inciso un nome e due numeri.
HARRY POTTER
1984 –1999
Per
sempre nei nostri cuori
TA-DAN! Colpo di scena! Beh la
fic, anche se lentamente, continua. Spero che vi piaccia e vi prego
recensitela! Se non vi va di scrivere un papiro va bene anche un “OK” se la
trovate bella o un “KO” se pensate che potrebbe essere meglio. Naturalmente i
commenti costruttivi sono ben accetti. See you again!
P.S. La data me la sono inventata io …spero che vada bene!
Camminava
rapidamente lungo un corridoio di quello che pareva essere un castello
medioevale. I lampi squarciavano il cielo notturno e nuvoloso illuminando per
brevi istanti il tappeto rosso steso a terra che Draco calpestava rapidamente.
Bacchetta alla mano e sguardo di odio puro erano le sue armi preferite, ed ora
le usava entrambe. Il suo sguardo percorse il muro di mattoni dove, ogni
qualche metro, un candelabro illuminava magicamente l’area. Finalmente raggiunse
il suo obiettivo. Una porta di legno scuro gli sbarrava la strada. Senza
esitare alzò la bacchetta.
“Stupeficium!”
gridò, e la porta quasi si scardinò dalla parete.
Avanzò
rapidamente fin all’interno della stanza scavalcando, con un passo un po’ più lungo
degli altri, quel che restava della porta. Lucius Malfoy si girò di scatto
osservando suo figlio sorpreso ma al tempo stesso incuriosito dalla sua entrata
ad effetto. Tolse la mano dalla sfera di cristallo su cui era posta e ripose le
braccia lungo i fianchi, scostando lievemente il lungo mantello rosso che
indossava.
“Draco! Ti
sembra il modo! Avresti potuto bussare” disse teatralmente Lucius osservando la
porta distrutta appena dietro al ragazzo biondo.
“Padre! Ho
saputo di Hogwarts! Come ha osato il Signore Oscuro attaccare la mia scuola!
Non hai detto nulla per fermarlo?” gridò con voce secca Draco squadrando il
padre con occhi di ghiaccio.
Lucius parve
sorpreso.
“Osare? Tu
ritieni forse inopportuno accontentare i desideri di Voldemort?”
“Se questo
significa perdere la mia scuola, sì! Chi crede di essere?”
“Ti stai forse
ribellando al tuo Signore e padrone, Draco? Pensi che la volontà di ognuno di
noi sia importante come la Sua?” chiese Lucios Malfoy avvicinandosi lievemente
a suo figlio.
“Non mi sembra
che fosse in programma nulla di simile! Mi sarei oppost…”
“TU NON PUOI
OPPORTI A VOLDEMORT!” strillò il padre con il volto appiccicato a quello di
Draco “Tu non hai possibilità di scegliere cosa sia meglio per te! Tu sei al
servizio di Voldemort!”
“Neanche tu
allora ti opponi? Eh? Vuoi dire che se io fossi stato ancora là mi avresti
sacrificato per la causa del Signore oscuro?” ribatté Draco con eguale
intensità.
“CERTO!” gridò
fiero Lucius “Ah! Pensi che solo perché sei mio figlio dovresti avere un trattamento
tanto diverso dagli altri? Ricorda Draco, i mangiamorte non sono altro che le
braccia di una mente superiore, che li comanda nel modo migliore. Tu non sei
più il primogenito della famiglia Malfoy, tu ora sei un mangiamorte. Punto e
basta!”
Draco ammutolì,
e divenne più pallido di quanto già lo fosse naturalmente di carnagione.
Arretrò di un passo o due, con lo sguardo perso negli occhi del padre, che,
intanto, si girò dando le spalle al figlio e tornò verso il tavolo con la sfera
di cristallo.
“Sciocco” disse
con più tranquillità “non pensare più a te stesso come il leader della
situazione. I sacrifici sono all’ordine del giorno per chi è con Lord
Voldemort. Anche i Tiger e i Goyle hanno sacrificato i propri figli
nell’attacco. Se fossero spariti da Hogwarts sarebbe stato sospetto, non
credi?” raggiunse il tavolo fece un piroetta su se stesso tornando a fissare il
figlio. Draco puntava la bacchetta verso il padre.
“Maledetto
bastardo!” grido con le lacrime agli occhi “Come puoi dire certe cose? Io sono
tuo figlio! Ho solo quindici anni, come puoi dire che sono sacrificabile? Io
sono tuo figlio, Cristo!”
“E così ti
ribelli alla volontà del nostro Signore? Sono molto deluso Draco. Molto” e con
gesto enfatico impugnò la bacchetta e la puntò a suo volta contro il figlio
“Sono deluso, ma allo stesso tempo felice. Sì, felice di poter portare al mio
Signore il cadavere di un traditore! Imperium!”
Draco non ebbe
il tempo di reagire. La maledizione senza perdono lo colpì in pieno ed una voce
cominciò a parlargli, come un sussurro nel vento.
Draco. Non
c’è più nulla da fare. Puoi soltanto morire per espiare le tue colpe.
Sì, l’unica cosa
da fare era morire.
Impugna salda
la bacchetta e puntala alla tempia.
Draco eseguì
senza obbiettare l’ordine datogli.
Ora perfora la tua testa con un
incantesimo. Su, forza…
Era pronto a
lanciare l’incantesimo…ma perché poi?
Avanti Draco.
Espia le tue colpe e sacrificati per il tuo Signore.
Sacrificarsi…no!
Lui non lo avrebbe mai fatto per qualcun altro!
Draco! No! Sacrificati per lui…
“Nooo!” gridò
Draco. Subito si riprese e gli tornò in mente l’incantesimo lanciatogli dal
padre, che, ora, la fissava allibito per la forza di volontà che aveva appena
dimostrato.
“L’unica persona
per cui mi sacrifico è me stesso!” gridò tutto di un fiato “Nessuno mi può
controllare se io non voglio! Ignis Flatus!”
La bacchetta di
Draco roteò per un attimo e, con un colpo secco, spuntarono dal nulla una serie
di scintille rosse che in un attimo si ammassarono e colpirono la sfera di
cristallo mandandola in frantumi con un esplosione infuocata. Le schegge di
cristallo schizzarono in tutte le direzioni ed una raggiunse il petto di Lucius
Malfoy. Subito dopo un’altra lo colpì in viso.
Lucius urlò di
dolore. Mai prima d’ora qualcuno aveva osato tanto. Mai. Il dolore avvolgeva i
suoi sensi. Nonostante la vista annebbiata vide suo figlio ancora fermo,
probabilmente sorpreso da quello che aveva appena fatto. Gliela avrebbe fatta
pagare. Subito. Piccolo insolente.
“Acidus
Respergo!” gridò con le ultime forze che gli erano rimaste, e puntò la
bacchetta fra gli occhi del ragazzo biondo.
Una serie di
scintille verdi presero forma e si unirono in un liquido più denso. Lo schizzo
di acido viaggiava veloce verso Draco. Lui fissava suo padre. Poi lo schizzo.
Poi il padre. Ancora l’acido in volo. Non ce l’avrebbe fatta. Sarebbe morto lì
da miserabile. Punito dal padre per aver osato troppo. Punito? Ma lui era Draco
Malfoy! Nessuno poteva dirgli che cosa fare! Nessuno. Se lui avesse voluto
schivare lo schizzo acido l’avrebbe fatto per sua scelta.
Si abbassò di
scatto mentre il liquido lo colpiva in pieno volto.
*****
“Ehi Draco! Che
cosa stai fissando?”
“Mmh?” mormorò
distrattamente Draco. Era una giornata limpida, come sempre più spesso capitava
in quel periodo. Le montagne distanti avevano rapito il suo sguardo. Coperte di
neve candida, con solo qualche macchia scura di alberi che intaccava la
perfezione di quel paesaggio così omogeneo. Il sole stava ormai morendo e
precipitava, freddo, dietro alle cime candide che osservava.
“Ci sei o no?”
chiese una voce femminile accanto a lui.
“Sì, sì. Stavo
solo ammirando il paesaggio. Pensavo che è un peccato che quella distesa di
neve sia macchiata dagli alberi. Sembra quasi un cancro della natura. Mi
ricorda che nessuno è perfetto, che ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio”
“Wow. Come siamo
filosofici stasera. Va tutto bene?”
“Sì, certo.
Quando sto con te va per forza tutto bene. Sei la mia salvezza non
dimenticarlo” sussurrò dolcemente Draco.
Allungò le
braccia per stirarsi i muscoli dal troppo riposo e cinse con un braccio la
ragazza che gli stava sdraiata accanto. Lei aveva la testa poggiata sulla sua
spalla. La faceva sentire bene stare con lui. Si sentiva sicura. Anche ora,
nonostante fosse nuda, come lui del resto, coperta solo da un lenzuolo nelle
parti più intime sentiva il calore del corpo di lui spandersi come una barriera
protettiva. Quanto lo amava. Chissà se anche lui la amava. Non poteva saperlo.
Dopotutto lei un tempo si sarebbe buttata in un pozzo piuttosto che pensare
soltanto lontanamente di fare l’amore con Draco. Ad Hogwarts non lo sopportava
proprio. Sempre a cercare di cacciare nei guai Harry, Hermione e suo fratello.
Come lo odiava. Poi, invece, scoprì che era anche un ragazzo dolce, sensibile e
molto solo. Solo dopo l’attacco ad Hogwarts si incontrarono di nuovo. Tutti e
due erano tornati a casa per le feste di natalizie. Draco perché, come sempre,
avrebbe passato il Natale in famiglia. Ginny perché aveva appena litigato con
Harry e si erano lasciati; non gli andava proprio di passare le feste con lui,
preferì andare a casa quell’anno. Non riuscì a capacitarsi di quello che
avvenne. Pianse. Pianse molto e soffrì per aver lasciato come ultimo ricordo ad
Harry la loro rabbia l’uno nei confronti dell’altro. Fu una sorpresa per lei
vedere Malfoy consolarla per quello che era capitato ai suoi amici. Le disse di
non preoccuparsi e che tutto si sarebbe sistemato e concluse con un “Mi
dispiace” che pareva essere un’esplicita accusa a se stesso. Come se fosse
colpa sua. Qualche giorno dopo fu ricoverato all’ospedale magico per una ferita
da acido provocata da un incantesimo. Solo dopo si scoprì che fu suo padre
–mangiamorte al servizio di Voldemort- a colpirlo per aver tradito la fedeltà
della famiglia. Ginny rimase in ospedale, finché non si riprese del tutto. Solo
in quel momento si accorse di amarlo. La ferita procurò a Draco una cicatrice
ben evidente a partire dall’occhio sinistro fin dietro all’orecchio, senza
contare la cecità quasi totale dell’occhio in questione. Lui, però, si riprese
grazie soprattutto alle cure di Ginny. Probabilmente fu l’amore trasmesso da
lei a ridargli la voglia di vivere. Sembrava un amore perfetto, ma che cos’è la
perfezione senza qualche problema? Il problema più grave, ovviamente, venne da
parte della famiglia Weasley, poco propensa ad affidare l’unica figlia femmina
alle cure di un Malfoy. A nulla valsero le raccomandazioni di Arthur e Molly
alla loro piccola Ginny: se a loro non andava bene Draco, a lei non sarebbero
andati bene i suoi genitori. Scappò da casa ed andò ad abitare con lui che, a
causa del distacco dalla sua famiglia, viveva da solo. Ed ora era lì. Dopo due
anni che non parlava e vedeva la sua famiglia. Ancora felice. Ancora innamorata
di Draco.
Un brivido le percorse la schiena. Si rannicchiò più
vicino a lui, stringendolo in un forte abbraccio. Alzò la sguardo per guardarlo
in viso e si accorse che lui stava facendo lo stesso. Le loro labbra si
incontrarono. Si baciarono a lungo, dolcemente. Con un movimento lento lei si scoprì
del tutto rivelando le sue nudità. Gli salì cavalcioni sul petto sempre
baciandolo, ora con più intensità e foga. Lui le afferrò i fianchi e cominciò
ad accarezzargli la schiena mentre lei si chinava sempre di più sulla sua
bocca. I ruoli, in un attimo, si invertirono e lei si trovo stesa di schiena
sul letto mentre Draco la stringeva a se sempre baciandola con trasporto. Erano
al limite della resistenza, fecero l’amore una volta, e poi ancora e ancora.
Raggiunsero la passione, intensa come sempre e si addormentarono, ancora, l’uno
abbracciato all’altro.
*****
Ginny porse a
Draco una tazza di caffè. Era bollente. Come piaceva a lui.
“Grazie amore”
rispose lui mentre si allacciava la cravatta davanti allo specchio.
“Figurati” rispose lei. Era buffo guardarlo mentre faceva
il nodo alla cravatta. Al Ministero della Magia, però, era obbligatoria, ed
essendo il suo lavoro, era obbligato ad indossarla. Finì di farsi il nodo e
iniziò a sorseggiare il caffè. Ottimo come sempre.
“Hai molto da
fare oggi?” chiese Ginny.
“Può darsi. Il
lunedì di solito è sempre così. Con il week-end sembra che i maghi oscuri si
mostrino di più. Forse pensano che la domenica non li teniamo d’occhio.”
Draco lavorava
all’Ufficio Detentori Magia Oscura, adatto al tipo di trascorsi che ha avuto e,
soprattutto, lontano dalla sede di lavoro del signor Weasley, il padre di
Ginny. Stava finendo di bere il suo caffè quando un picchiettio lo fece voltare
verso la finestra.
“Leo!” esclamò
Ginny entusiasta “E’ il gufo di mio fratello, beh…prima che lui…Hogwarts…”
s’incupì ripensando a Ron.
“Ehi, che
succede piccolina. Non devi intristirti…su dai…guarda che dice il messaggio”
incalzò Draco per distrarla dal ricordo.
“Sì, hai
ragione”
Ginny apri la
finestra e il piccolo gufo (ormai non più tanto piccolo) entrò e cominciò a
svolazzare in giro felice di aver completato la missione. Lei lo afferrò e gli
slegò il messaggio dalla zampa. Aprì e lesse. Sbiancò e fissò Draco.
“Che è
successo?” le chiese.
“Ron” disse con
la voce rotta dal pianto “si è svegliato tre giorni fa”.
*****
Un altro
incantesimo, un altro cadavere. Severus Piton non ne poteva più. Era stanco.
Aveva lottato senza tregua per quasi due ore. Ormai era allo stremo delle
forze. Un altro mangiamorte gli comparve davanti.
“Tu sei il
traditore! Il maestro ti punirà” ghignò l’incappucciato.
“Certo, sono io
perché non provi a fermarmi?” ringhiò con una forza che oramai recitava
soltanto e che non aveva più.
Il mangiamorte
alzò la bacchetta e si preparò lanciare un incantesimo, ma Piton, con uno scatto
improvviso, afferrò e lanciò un pugnale dritto nel petto dell’uomo che barcollò
un poco e poi stramazzò al suolo. Morto.
Dio ringrazi l’inventore della
Belladonna. Non fa in tempo ad entrare in circolo che ti uccide
Piton ghignò
lievemente e andò a recuperare il pugnale dal cadavere del mangiamorte. Ma non
fu troppo scaltro. Dietro l’angolo da cui era spuntato il precedente nemico ne
arrivò un altro che si trovò d’accordo con lui sull’uso della Belladonna. Con
un colpo secco il mangiamorte piantò il pugnale nel fianco del professore di
pozioni che gridò dal dolore prima di estrarre la bacchetta.
“Avada
Kedavra!”
Quello spalancò
gli occhi per la sorpresa prima di stramazzare al suolo, anche lui morto.
Maledizione! Anche il suo
pugnale era intinto di Belladonna
Arrancando Piton
si dirigeva verso il suo ufficio. Spalancò la porta e zoppicò verso il baule
sotto la dispensa degli ingredienti.
Io…posso insegnarvi ad
imbottigliare la fama…
Piton infilò la
chiave nel baule e lo spalancò di scatto.
la…gl…gloria…
Afferrò una
bottiglietta con un liquido nero come la pece e la stappò strappando con i
denti il tappo di sughero.
addirittura…la…la
morte!
In un sol colpo
Piton bevve l’intero contenuto della bottiglietta. Con un grido si strinse le
mani al collo e crollò al suolo fermo e morto.
Vagare nel buio. Questo era il compito dell’ombra.
Camminava rapidamente, ma quasi senza esistere. Il suo corpo lì, il suo ego
altrove. Il suo obiettivo era semplice quanto terrificante. Uccidere. Uccidere
senza pietà chi lo aveva ridotto così. Non ci sarebbero state scuse valide per
interrompere la sua marcia di morte. Sterminare i suoi avversari lo appagava
non poco. Ma era tempo di cambiare tattica. Sì, la feccia che eliminava
regolarmente sembrava non esaurirsi mai. Era giunto il momento di scoprire chi
era dietro a tutto questo e riservargli una fine orribile, come a tutti i suoi
nemici, né più né meno. Avrebbe percorso i corridoi in cerca di un ostaggio,
poi, con le buone o con le cattive, lo avrebbe fatto parlare. Un piano
semplice, ma efficace. L’ombra si alzò. Un rumore? I suoi sensi erano
ampiamente sviluppati durante questo periodo. Qualcuno si stava avvicinando.
Con un salto, silenzioso come un gatto in caccia, raggiunse una trave sul
soffitto, si accucciò e attese immobile. Lo vide entrare. Una figura alta,
forse un po’ gobba, ciondolava lentamente verso il centro della stanza. I
lunghi capelli neri si confondevano con la sua logora tunica. Guardava verso il
basso, come per controllare che ad ogni passo i suoi piedi toccassero il
terreno. Veramente troppo sciocco per sopravvivere, fu il pensiero dell’ombra.
Come l’ultima foglia d’autunno scese dalla trave e planò dolcemente alle spalle
del visitatore. Alzò lo sguardo per vedere la sua vittima da più vicino prima
di ucciderla. Ma non era più lì. L’ombra sentì un brivido lungo la schiena. Che
cos’era questa fastidiosa sensazione che provava? Paura? Non sapeva neanche più
cosa fosse la paura. Si girò di scatto cercando l’uomo dai capelli neri.
Niente. Sembrava come sparito. Scelse, per precauzione, di allontanarsi. Quella
sensazione provata poco prima non era nella sua natura. Comminò rapidamente,
quasi corse, lontano da quella stanza. Subito dimenticò l’accaduto. Subito si
ricordò il suo compito. Era tempo di uccidere.
*****
“Un altro morto!”
tuonò Holavson.
“Malfoy! Cosa
dobbiamo fare con te? Non puoi andare in giro ad eliminare mangiamorte! Esiste
un tribunale competente per giudicare i criminali”
“Signore mi ha
attaccato in pieno giorno! Ho dovuto difendermi” replicò Draco.
“Difendermi? Hai
spazzato via una strada per eliminarlo! Ti rendi conto del lavoro che dovrà
essere fatto dal ministero per rimediare?” domandò acido Holavson.
Draco non disse
più nulla. Sapeva che era venuto il momento di tacere. Alex Holavson era un
duro da far paura. Oltre ad essere il suo capo e, come gli disse appena iniziò
a lavorare lì, “il tuo peggior incubo, se non fai quel che ti dico!”.
Alex era sudato.
La sua camicia era spolta e a mala pena ricordava il significato della parola
“pulito”. Holavson era tornato a sedersi sulla poltrona dietro alla scrivania e
sbuffava ancora qualcosa sul comportamento di Draco, che lo fissava in piedi
davanti a lui. La poltrona scricchiolò rumorosamente. Era vecchia, ma anche
Alex non era certo un peso piuma. Ogni volta che Draco lo guardava gli tornava
in mente Neville Paciock. Senza troppi giri di parole congedò Draco.
“Ora levati
dalle palle!”
Draco uscì
composto e sull’attenti come era entrato, si chiuse la porta alle spalle e
proseguì verso il suo ufficio. Destava quando criticavano i suoi modi. Lasciare
in vita quella feccia non era nel suo stile. Meglio eliminarli quanto prima,
quando se ne ha l’occasione. Marciava lungo il corridoio mentre la luce pallida
del sole autunnale disegnava delle linee su tutto il pavimento.
“Malfoy! Ehi!”
gridò una voce dietro di lui.
“Dimmi e fai in
fretta che oggi non è giornata” disse secco voltandosi verso il ragazzo che
l’aveva chiamato.
“Sei nei guai
stavolta, il Ministro della Magia vuole vederti”
Cazzo!Pensò Draco. Stavolta sarebbero stati
cazzi amari per lui. Il ministro non chiamava la gente nel suo ufficio per
nulla. Soprattutto se la gente in questione era lui. Salì due rampe di
scale e raggiunse il quinto piano dove aveva sede l’ufficio del ministro. Si
avvicinò alla porta e bussò con fermezza. Una parola di assenso proveniente
dall’interno dell’ufficio lo spinse ad aprire la porta ed entrare. La porta si
richiuse alle sue spalle mentre si metteva sull’attenti dinanzi alla scrivania.
“Battlemage
Draco Malfoy a rapporto signore!” quasi gridò facendo battere i tacchi.
“Comodo Malfoy,
lo so chi sei” sentenzio il ministro con un poco di disgusto nella voce.
“Ho sentito del disguido
nella strada babbana” continuò guardando un plico di fogli davanti a se “brutta
faccenda. Stai esagerando Draco, davvero. Sai che vorrei buttarti fuori dalla
squadra più di qualsiasi cosa, ma che non posso perché sei uno dei migliori.
Penso che tu te ne stia approfittando sapendo che non posso fare nulla. Almeno
ufficialmente. Sappi che come persona, invece, potrei venire a spaccarti il
muso in un qualsiasi momento.”
Ecco lo
sapevo. Non mi sopporta ancora a causa di Ginny.
“Come sta mia
sorella Draco?” chiese Percy Weasley, cambiando argomento quasi
istantaneamente.
“Bene, signore.
Stamattina ha saputo del risveglio di vostro fratello”
“Molto bene.
Così vi sarà un motivo per farla tornare un po’ di tempo alla Tana”
“Non credo che
voglia tornare”
“Prego?”
“Ho detto,
signore, non cr…”
“Ho capito
benissimo cosa hai detto razza di idiota!” Percy cominciava a scaldarsi “Perché
non vorrebbe venire, secondo te?”
“Credo sia per
me, signore. A causa del fatto che la sua…la vostra famiglia non mi accetti
come lei vorrebbe”
Percy lo fissò
intensamente. Draco non lo osservava direttamente, ma con la coda dell’occhio
vedeva il suo volto e non prometteva nulla di buono. Gli occhi scuri del
ministro lo fissarono attentamente. Diabolici.
Cazzo! E’
proprio incazzato!
“Vattene Malfoy,
ma ricorda. Fai solo un altro errore, uno soltanto, e ti pentirai amaramente di
non aver seguito tuo padre e i suoi mangiamorte!”
Il volto di
Draco divenne di pietra. Paragonarlo a suo padre fu un grave errore da parte di
Percy. Un gravissimo errore.
“Ascoltami bene
Weasley da quattro soldi! Prova ancora a paragonarmi a quell’assassino di mio padre,
e ti assicuro che i mangiamorte saranno l’ultimo dei tuoi problemi!”
Detto ciò Draco
uscì sbattendo la porta con violenza.
*****
Dormi ancora
eh? Quanto sei bella quando dormi. Sembri la principessa addormentata di
qualche favola. Davvero sai? Non posso toglierti gli occhi di dosso. Non ce la
faccio. Mi sei mancata troppo Hermione. Anche se non mi puoi rispondere o
sentire io sono contento di stare vicino a te, ora. Quanto ti amo Hermione. Se
mi ricordassi come mi sono svegliato forse potrei aiutarti. Ma la mia dannata
testa non vuole saperne! Mi dispiace… d'altronde lo dicevi anche te, ricordi “Sei
proprio scemo Ron”. Ormai avevo perso il conto di quante volte me lo avevi
detto. Ma avevi ragione sai. Sì avevi proprio ragione, sono scemo. Già. Se fossi
stato più intelligente ti avrei detto prima che ti amavo. Non brutalmente, come
ho fatto. Scusami. Non so mai come comportarmi con te. I miei sensi sembrano
annebbiati con te. Non capisco più nulla, se mi sei vicino, e mi guardi, e mi
sorridi, e mi sfiori…meglio cambiare argomento. Non voglio sembrare ridicolo.
Hai saputo di Harry? Non ce l’ha fatta. E’ stato un brutto colpo per me, ma mi
sono ripreso. Almeno un po’. Ehi, a proposito! Percy è diventato ministro della
magia! E’ sempre stato il suo sogno, dopotutto. Da quello che mi hanno detto
sembra che abbia attaccato duramente Caramel per la sua ostinazione ha
dichiarare che Voldemort non era effettivamente tornato. Quando Hogwarts è
stata attaccata Caramel si è dimesso e all’unanimità e stato scelto Percy per
come si era comportato per trattare la delicatasituazione che si era creata. Pare che però ora sia molto più
irritante di prima, che valga di più la sua posizione che la famiglia. Credo
che mamma esageri un po’. Con tutti i guai che sono capitati…eh sì, non ti ho
ancora detto il meglio, Ginny è scappata di casa per andare a vivere con Draco
Malfoy! Non ci potevo credere…che cavolo crede di fare quell’idiota con mia
sorella!? Credo che andrò a trovarla tra un paio di giorni e le spiegherò la
sciocchezza che ha fatto. La convincerò a tornare con noi. Chissà come la
tratta quel verme di Malfoy! Scommetto che la fa soffrire, poverina…
*****
Ginny era
sdraiata sul divano con gli occhi chiusi. Draco la baciava ovunque mentre lei
lentamente lo spogliava dalla divisa di lavoro. I baci di Draco si fecero più
audaci fino a raggiungere le sue zone più intime. Ginny ebbe un sussulto.
Quanto le piaceva quando lui faceva così. Lui si alzò di scatto e la prese in
braccio.
“Scusa amore, ma
non resisto più…” la portò in camera da letto e la adagiò sulla coperta ancora
in disordine riprendendo a baciarle il seno, il ventre e… sempre più in basso.
Ginny credette di morire per alcuni infiniti secondi poi lentamente si riprese
e squadrò Draco che la fissava, ancora sdraiato su di lei.
“Dovrò
ricambiare…” sussurrò dolcemente lei. Draco si stese di fianco a Ginny. Lei
monto sul suo petto a gambe aperte e cominciò a scendere lentamente, baciando
la sua pelle chiara e liscia. Raggiunse la sua virilità e cominciò lentamente a
giocarci, prima con le mani, poi con la bocca. Piano, talmente piano che Draco
quasi urlò per il piacere. Dopo poco Ginny si fermò, cosciente che lui non
poteva resistere ancora per molto a questo trattamento. Risalì il corpo di lui
finché non sentì la sua carne dura sfiorargli il pube.
“Ti prego fammi
tua. Non resisto più…”
Lui riprese a
baciarla dietro l’orecchio, poi sul collo. Sempre con più intensità. Dio che
bella sensazione provava. L’odore di lei lo inebriava. Sentiva i suoi seni
stretti sul suo petto. Sentiva i suoi capelli sfiorargli il viso. Sentiva che
era venuta il momento di diventare un'unica cosa con lei.
La virilità di
Draco esplorò il corpo di lei, prima lentamente poi sempre più rapidamente.
Ginny si mise dritta con la schiena seguendo i movimenti che dettava Draco con
il bacino. Su e giù. E ancora su e poi giù, fino a raggiungere insieme l’apice del piacere.
“Ti amo Draco”
Lui
sorrise e la baciò teneramente.
Evvai! Ho
scritto un altro capitolo. Domanda: visto che tanti visitano la mia fic, perchè
recensiscono in 3? Vi prego RECENSITE! Vi pago! Davvero! Naturalmente scherzo…
ma lasciate un commento, mi spinge a scrivere. Ditemi anche se vi interessa la
storia o se la trovate troppo seria, o lenta, ecc…
La luce verde
lampeggiava. Ancora. Ancora. Un trillo ora accompagnava la luce verde. Draco
aprì subito gli occhi e si diresse verso la scrivania dove una sfera di vetro
grande come un limone brillava e suonava.
“Battlemage Malfoy
a rapporto” quasi sussurrò alla sfera.
“Signor Malfoy,
è richiesta la sua presenza al quartier generale. Il colonnello Holavson dice
che finalmente l’hanno trovato” disse una voce femminile. Mentre parlava la
luce della sfera pulsava ancora.
“D’accordo,
arrivo subito”
La sfera si
spense e tornò silenziosa. Draco sospirò lievemente e puntò lo sguardo verso la
ragazza nel letto. Era appena tornato e già doveva andarsene. A lei non sarebbe
piaciuto. Decise di vestirsi silenziosamente e poi sgattaiolare via lasciandole
un messaggio. Sì, molto meglio. Scrisse due righe su un foglietto e glielo
poggiò sul comodino vicino.
Amore, sono
tornato in ufficio. Non preoccuparti se torno tardi. Ci vediamo domani. Un
bacio, Draco.
Uscì dalla stanza
e si diresse in salotto, per riprendere la divisa del ministero. Afferrò la
bacchetta e si smaterializzò in un attimo.
Si ritrovò alle
porte del quartier generale dei Battlemage, che poi altro non era che la sede
del Ministero della Magia. L’ordine dei Battlemage nacque dopo la comparsa e
misteriosa scomparsa di Voldemort. Dopo l’attacco a Hogwarts, infatti, sembrò
essersi volatilizzato come capitò molti anni prima. Nonostante tutto, i
mangiamorte e i devoti a Voldemort non credettero nella sua dipartita e
continuarono a radunarsi, anche se a capo dei gruppi vi erano i maghi più
fedeli e non lo stesso Signore Oscuro. Compito dei Battlemage era sventare i
piani folli dei mangiamorte e mantenere al sicuro il mondo sia magico, che babbano.
Draco entrò a far parte del gruppo dopo essersi dimesso dal ospedale, e divenne
un ottimo elemento combattente, grazie, soprattutto, alle sue conoscenze di
“famiglia”. Pochi all’inizio credettero alla buona fede di Draco. Dopotutto era
figlio del mangiamorte Malfoy, perché non avrebbe dovuto seguirlo? Ma dopo
pochi scontri tutti si ricredettero sul giudizio datogli: se fosse stato una
spia non avrebbe combattuto ed eliminato tanti seguaci di Voldemort. Non glielo
avrebbero permesso. O perdonato. In questo modo Malfoy raccolse impressioni
favorevoli da chi lo vedeva combattere, ma molte anche sfavorevoli da chi non
credeva nel suo cambiamento troppo radicale.
E’ proprio
vero che le colpe dei genitori cadono sempre sui figli. Pensava spesso
Draco; ed anche in quel momento, mentre raggiungeva il laboratorio 11 al quarto
piano. Entrò aprendo la porta di scatto e dentro ci trovò già Alex, Percy e un
uomo bagnato fradicio, sudato e con addosso l’aria di chi ha bisogno di una
vacanza. Indossava un mantello di tela cerata, nero, che lo copriva
completamente, tranne che la testa e i piedi, coperti altrettanto bene da un
paio di anfibi dello stesso colore. Anche i capelli, schiacciati sulla fronte,
erano spolti e lucidi.
“Draco” salutò
la voce facendo un cenno al battlemage appena entrato.
“Remus. Sei un
po’ fuori stagione per il bagno lo sai?”
“Smettila di
dire stronzate Malfoy e dicci se è questo” gridò Holavson indicando il tavolo.
Draco squadrò il
ripiano. Sopra vi era poggiato quello che sembrava un grosso tronco nero,
spezzato, che si divideva in più rami quasi a formare una mano scheletrica. Al
centro dell’intreccio di rami era incastrata una gemma grande come la testa di
Holavson, liscia come la sua pelata e di un colore simile a quello della nebbia
invernale. Anche quell’oggetto era bagnato come Lupin, che senza dubbio lo
aveva portato fin lì.
Draco alzò gli occhi e osservò i tre in trepidante attesa
di un suo verdetto. Percy era impassibile nel volto, ma il crocchiare delle
dita sotto il mantello tradiva la sua sicurezza. Alex era agitato come non mai,
e lo dava pienamente e vedere. Pareva un bambino che fissa l’orologio la notte
di natale aspettando che scocchi la mezzanotte. Remus Lupin era tropo stanco
per tradire una qualche emozione, ma in ogni caso non lo avrebbe dato a vedere.
“Sì” sentenziò
Malfoy “E’ un Elaboratore Spirituale dei mangiamorte”.
*****
Ginny si svegliò
d’improvviso. Non sapeva perché si era svegliata così, di scatto. Poi sentì il
campanello trillare in modo prolungato, e capì il motivo. Si avvolse nella
vestaglia rossa che indossava la sera e solo ora notò il biglietto sul
comodino.
Fantastico…
pensò Dobbiamo ancora sposarci e lui già sparisce di casa per lavoro!
Il campanello
trillò ancora. Sbuffò scocciata e corse alla porta per scoprire chi era.
“Arrivo! Un
attimo!” disse a voce alta in modo che il misterioso visitatore sentisse.
Sono appena
le otto di mattina, chi può essere?
Ginny aprì la
porta e per poco non ebbe un collasso.
“Ciao Ginny.
Come stai?” la salutò Ron.
Lei gli getto le
braccia al collo chiamandolo per nome. Lo strinse forte, così forte che Ron
senti le suo forme sotto la sottile vestaglia. Era cresciuta in quegli anni, ed
era diventata più donna. La sentì singhiozzare mentre il suo viso era ancora
appoggiato alla sua spalla. Lui la strinse di più. Rimasero abbracciati per
alcuni infiniti attimi, poi Ginny si allontanò e lo fissò, con gli occhi ancora
lucidi dal pianto. Rise per un momento mentre lo osservava. Com’era cambiato.
Era anni che non lo vedeva. Non andava mai in ospedale a fargli visita. Odiava
vederlo steso inerme al letto, e soprattutto non voleva vedere i suoi genitori.
Sapeva che sua madre avrebbe cominciato a parlarle, cercando di convincerla a
tornare a casa ed abbandonare il suo amato Draco. E lei non voleva. Non voleva
litigare per qualcosa che aveva già deciso. Punto e basta.
Ron accennò un
sorriso, lei lo afferrò per la mano e lo trascinò dentro casa, chiudendo la
porta alle sue spalle.
“Accomodati, ti
prego” disse gentilmente Ginny.
Ron si diresse
verso il divano dove erano ancora sparpagliati i vestiti di sua sorella. Troppo
in disordine per sembrare gettati apposta. Ginny divenne rossa come i suoi
capelli e si catapultò in avanti per afferrare velocemente tutta la biancheria
e portarla in camera da letto. Ron era allibito, si sedette e vide una foto
incorniciata sul tavolino vicino al divano. Draco e Ginny si baciavano sotto i
suoi occhi e sorridevano un momento per poi tornare a baciarsi. Ron afferrò la
cornice e la squadrò meglio. Ginny tornò sempre sorridendo.
“Scusami Ron, è
che, sai, non aspettavo visite, e…” il sorriso sparì dal suo viso mentre
guardava la faccia di Ron.
“Ginny, come mi
spieghi questo?” chiese indicando la foto e appoggiandola dove stava prima.
“Spiegare cosa scusa?
Non ti sarai fatto convincere da mamma, vero?”
“Non è un fatto
di convinzioni, Ginny. Guardalo è Draco! Quel Draco Malfoy!”
“Cosa vuol dire?
Lui non è come credi!” ora Ginny stava alzando la voce.
“Non è come
credo? Ti ricordi cosa diceva e faceva Draco a Hogwarts: a morte i mezzosangue,
Weasley straccioni, senza contare i suoi continui piani per metterci nei guai…”
“Stai parlando
della scuola, Ron. Ma ti senti? Sembri ancora lo studente che si lamenta per il
compagno di classe che gli fa i dispetti! Draco è cambiato. Ha rinnegato la sua
famiglia e ora lavora al ministero come mago combattente, nella squadra dei
Battlemage”
“Forse più che
un alleato è una spia…”rimbeccò acido Ron.
“Come puoi dire
così? Draco mi è stato vicino quando non c’era nessuno a consolarmi. Ed io sono
stata vicino a lui quando è stato ferito” subito si pentì di avere detto quelle
cose.
“Come?” chiese
Ron con fare accusatore “Stavi da Malfoy e non dai tuoi fratelli in coma? O
dalla tua “migliore” amica Hermione? Eh?”
Ginny rimase
zitta. Fissava il pavimento sotto i suoi piedi e piangeva ancora, anche se ora
non era per la felicità. Alzò lo sguardo e fissò il fratello.
“Cerca di
capirmi! Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a dimenticare almeno per un
po’ tutte le cose tristi che mi erano capitate! Nessuno pensava che anch’io
stessi male!” Ginny ormai singhiozzava.
“Stavo male a
vedere cosa vi era successo. Lui è l’unico che si è preoccupato di me come
persona!”
“E così hai
pensato di infilarti nel suo letto per “aiutarlo”! Gran bella pensata Ginny!
Davvero!” urlò Ron alzandosi in piedi.
Ginny spalancò
gli occhi scioccata dalle parole del fratello. Gli si avvicinò e gli si parò di
fronte.
“Ritira quello
che hai detto!” quasi sussurrò tanto era strozzata la voce in gola “Non puoi
pensarlo, Ron. Sono tua sorella ed anche un essere umano. Ho bisogno di
qualcuno che mi voglia bene!” Ginny lo afferrò per il colletto e iniziò a
scuoterlo scandendo le parole. Ron la lasciava fare inerme. Infine lo spinse
sul divano.
“Non pensi ad
Harry?” chiese Ron con tono piatto.
“HARRY E’ MORTO
, RON! E’ morto! Cristo cerca di capire!” urlava contro il fratello seduto sul
sofà “Non posso stare tutta la vita a compiangere una “cotta” di scuola! Harry
è morto! Non fa più parte né di me, né di te, di nessuno!”
“Ora vattene per
favore” concluse Ginny cupa indicando la porta.
Ron si alzò. Il
suo viso era serio. Imperterrito si diresse verso l’uscita. Spalancò la porta e
fissò Ginny ancora bloccata in quella posizione.
“Addio Ginny”
disse Ron e chiuse la porta alle sue spalle.
Ginny si
accasciò al suolo, con le mani sul volto. Pianse, urlò, si disperò. Perché era
successo? Perché anche Ron? Salì sul divano e si fece piccola piccola.
Rannicchiata in quella posizione fetale, di addormentò nuovamente.
*****
“Con questo
affare saremo in grado di richiamare gli spiriti dei defunti e di vedere come
sono morti. Se lo spirito è ancora vivo o bloccato in qualche modo, ci verrà
mostrato il luogo, se fisico, ove si trova.” Spiegò Lupin.
“Molto bene.
Remus, sai farlo funzionare?” chiese Percy osservando attentamente lo strano
macchinario magico.
“Forse. Non ne
ho mai visto uno, ne ho sempre e solo sentito parlare” si voltò verso Malfoy
“Forse Draco ne sa qualcosa di più?” chiese speranzoso.
“So per certo
che funziona vocalmente. Lucius Malfoy lo utilizzava così” non lo chiamava più
“padre” da quando lo aveva rinnegato.
“Bene. Allora
tenterei con un incantesimo divinatorio unito con un altro legato al mondo
delle anime” sentenziò Lupin.
Remus si
avvicinò estraendo la bacchetta da sotto la veste.
“Inviso Anima
Comperio” recitò, e, in un attimo, la gemma grigia si illuminò di un verde
acceso. Ora la pietra sembrava un grosso smeraldo.
“Ah ah!
Funziona! Alla faccia di quegli idioti!” quasi grido Alex, che tornò subito silenzioso
dopo che Percy gli lanciò un’occhiataccia.
“Ottimo.
Facciamo un prova ministro?” chiese Lupin.
“Procedi Remus”
acconsentì Percy.
“Bene ora serve
il nome di un morto…”
“Giullian
Frendey. E’ morto in battaglia la settimana scorsa” disse Draco.
“Bene, proviamo.
Giullian Frendey” disse Lupin con voce solenne. Attesero. La Pietra
brillava ancora di verde e non accennava a cambiare. La situazione divenne
imbarazzante.
“Malfoy! Razza
di idiota! Se non sai le cose stai zitto! Attivata a voce…imbecille!” tuonò
Alex girandosi verso Draco.
“Credo che stia
esagerando ora” disse Lupin rivolgendosi ad Holavson “credo che il problema non
stia nell’utilizzo, ma nell’incantesimo che ho usato. Probabilmente non è
quello giusto, anche se ha attivato l’oggetto”
Draco fu
sorpreso di sentirsi difeso da qualcuno. Non era normale che qualcuno lo
difendesse dagli insulti che prendeva. E lì ne prendeva davvero molti.
“Proverò con
qualcuno ancora vivo. Draco Malfoy” subito la luce verde si diradò e
sulla gemma comparve un edificio. Era il Ministero della Magia. L’immagine si
mosse e raggiunse una finestra al quarto piano dell’edificio, vi entrò. Sulla
gemma ore era ben visibile la stanza dove si trovavano i quattro uomini.
“Stupefacente”
sentenziò Lupin “con un oggetto del genere possono sapere tutto di chiunque”
“Tranne dei
luoghi protetti” precisò Percy.
“Ovviamente”
disse Lupin “Bhe, ci servirebbe l’incantesimo giusto e poi il gioco sarebbe
fatto. Sapremmo cosa è successo ad Hogwarts”
“Già, ma chi
cavolo lo conosce? Eh? Solo un mangiamorte, forse, può conoscere il giusto
incantesimo da usare” sentenziò bruscamente Holavson.
“L’unico che
conoscevo insegnava pozioni ad Hogwarts, ma la stessa scuola è diventata la sua
tomba” concluse Percy.
“No”
intervenne Malfoy “non credo che Severus Piton conoscesse la for…” Draco
si bloccò e si girò verso la pietra magica. L’immagine della stanza scomparve.
Il castello di Hogwarts comparve al suo posto.
Wow! Fuori 6! Sono già al sesto capitolo!
Allora come va? Vi piace la fic? Sta proseguendo bene no? Colpi di scena a
raffica! A parte gli scherzi, recensite sempre e comunque che mi fa bene per
scrivere. Colgo l’occasione per ringraziare:
Leona, Anja Weasley,
iceygaze, mikan, Ameliè e Marzy per avere perso pochi secondi per un commento.
TANKYOU!!!!!!!!!! Alla Prossima ^_^!!!
Gli ultimi avvenimenti avevano scosso un po’ tutti
Gli ultimi
avvenimenti avevano scosso un po’ tutti. Severus Piton non era morto. E
probabilmente era vivo. O almeno così pareva dalla interpretazione
dell’Elaboratore Spirituale. Percy prese la notizia con indifferenza. Come al
solito. Sembrava che ormai nulla potesse scuoterlo un po’. Molto legato al
lavoro, più che alla famiglia. Molly si lamentava spesso della sua assenza a
casa, ma lui rispondeva che era il Ministro della magia, non poteva occuparsi
di una famiglia di maghi, si sarebbe occupato di tutti i maghi. Questo era il
suo compito. La signora Weasley non diceva nulla a proposito. Sembrava che dopo
l’attacco ad Hogwarts tutta la sua famiglia, nel bene e nel male, si fosse
sciolta; che i soliti nodi che la tenevano insieme fossero stati recisa da una
spada. Una spada di nome Voldemort.
Era tardi ormai.
Molti maghi stavano studiando il nuovo reperto recuperato da Remus Lupin
durante l’attacco ad un covo di mangiamorte di Edimburgo. Percy ora aveva la
situazione sotto controllo. Avrebbe avuto nuove notizie da comunicare alla
stampa per tenere quieti gli animi e per far vedere che il ministero lavorava
duramente alla faccenda “Signore Oscuro”. Ottimo. Per la prima volta dopo
parecchio tempo era di buon umore. Firmava distrattamente le domande di ammissione
alla squadra scelta dei Battlemage. Stava meglio ora che avevano qualche cosa
su cui lavorare per scoprire cosa era successo ad Hogwarts quasi tre anni fa.
Che bella sensazione. Era da molto che non la provava. Percy si fermò a meta di
una firma.
Ron, che diavolo ti salta in
mente
Davanti a lui vi
era, compilata, una domanda di ammissione firmata da suo fratello. Non poteva
farlo accedere all’addestramento da Battlemage. Molly l’avrebbe ucciso davvero
questa volta. Anche se…un’idea cominciò a ballonzolare per la sua mente.
Secondo un articolo di cui neanche ricordava il numero o la data, “…una
nuova recluta può essere assegnata da addestrare a soldati con particolari
meriti in campo. Alla fine dell’addestramento personale la recluta è a tutti
gli effetti considerata Battlemage. L’unica persona avente il potere di
autorizzare questo tipo di addestramento è il Ministro della Magia. Il permesso
deve essere firmato…”.
E bravo il
soldatino Malfoy. Fai una mossa falsa e questa volta sei fregato.
Soddisfatto Percy
terminò la firma, prese un nuovo foglio e cominciò a scrivere.
*****
“Non voglio Ron
Weasley come ombra vivente!” urlò Draco.
“Gli ordini non
si discutono, Malfoy. Ora porta il culo fuori di qui ed inizia a far lavorare
il nuovo arrivato!” tuonò di rimando Holavson.
Draco alzò le
mani dalla scrivani del colonnello ed uscì dalla stanza. Seduto su una panca in
corridoio Ron Weasley lo aspettava. Appena lo vide si alzò in piedi.
“Convinto ora
Malfoy?” chiese Ron ironico. Draco gli sbatte in mano una lettera stropicciata.
“Regola numero
uno: Signor Malfoy, senno non andiamo d’accordo. Regola numero due: non so che
hai fatto a Ginny, ma se un’altra volta torno a casa e la ritrovo in quelle
condizioni, non me ne frega niente. Ti spacco la faccia e mi dimetto, è
chiaro?”
“Sì…” rispose
con flemma Ron.
“Soldato!
Rammenta la regola numero uno!”
“Sissignore!”
“Molto meglio ma
abbiamo ancora molto da lavorare” concluse brusco Draco.
I due si diressero verso il quarto piano, con
Draco in testa. Entrarono nella stanza illuminata de parecchie candele e dalla
gemma incastrata fra i rami neri. Lupin stava parlando con alcuni maghi
dall’abito blu scuro, maghi scienziati, cioè studiosi di effetti e oggetti
magici. I primi incaricati del caso “Hogwarts”. Lupin sembrava essersi
sistemato da prima, ed ora vestiva un abito prevalentemente di cuoio, con da un
lato un fodero con una spada e dall’altro la bacchetta. Interruppe il discorso
in corso e salutò i nuovi arrivati.
“Draco, Ron.
Abbiamo pensato ad un utilizzo dei poteri dell’Elaboratore Spirituale” l’uomo
sorrise lievemente per l’affermazione fatta, come soddisfatto del risultato
ottenuto. Puntò lo sguardo verso Ron che lo ricambiò dubbioso.
“Visto che per
ora possiamo soltanto seguire le anime dei vivi, pensavamo di esaminare quella
del tuo nuovo compagno, caro Draco”
“Non è mio
compagno. Mi è stato assegnato come nuova recluta per volere del ministro”
Draco pronunciò con enfasi quest’ultima parola “Comunque, a che scopo, scusa?”
“Per scoprire
cosa mi ha svegliato…” sussurrò Ron fissando ancora l’ex professore.
“Esattamente.
Questo potrebbe aiutare il risveglio dal coma degli altri ragazzi”
“Bene,
procediamo”
Ron si avvicinò
al manufatto oscuro si sedette su una sedia lì accanto.
“Bene Ron, per
quello che abbiamo capito fino ad ora dovresti toccare la gemma dopo che avrò
pronunciato il tuo nome rendendo te il suo bersaglio. Il resto dovrebbe venire
da se. O almeno spero…” terminò Lupin mentre anche lui si avvicinava al tavolo.
“Mi raccomando,
in caso di problemi interrompi il contatto, chiaro?”
“Certo signor
Lupin, chiaro”
Remus estrasse
la bacchetta e l’agitò un poco, quindi pronuncio il nome.
“Ron Weasley”
immediatamente Ron toccò la gemma e gli sembrò di toccare la propria anima.
Ron rivide il
buio. Paura. Rivide lo squarcio nel buio. Speranza. Rivide lui e Hermione nella
sala comune del Grifondoro. Amore. Risentì il dolore dal colpo del mangiamorte.
Paura. Precipitò, ancora, con lei nel lago. Ansia. Ancora si svegliò di
soprassalto. Braccia che lo stringevano, persone che piangevano. Mamma. Ansia.
La finestra che mostrava la pioggia battente. Tristezza. Silente. Hermione in
ospedale. Amore. La tomba di Harry. Frustrazione. Rabbia. Dispiacere. Ancora
Hermione. Amore. Rabbia. Ginny non capisce. Delusione. Frustrazione. La domanda
di ammissione ai Battlemage. Tensione. Assegnato a Malfoy. Assurdo. La
chiacchierata con Percy. Comprensione. Accordo. Malfoy lo comanda a bacchetta.
Rabbia. Tocca la gemma. Paura. Tensione. La morte sfiorò la sua anima.
Ron staccò di
scatto la mano dalla gemma e la ritrasse come se fosse bollente. Spalancò gli
occhi e si alzò in piedi impaurito. Guardò stupito il gruppetto che, allo
stesso modo, lo osservava
“Ron, se non lo
vuoi fare ti capiamo, non c’è bisogno di scattare così” gli disse Lupin con uno
sguardo ed una voce sorpresa dal comportamento del ragazzo.
“Come scusa? Non
avete visto quello che ho visto io?” chiese Ron con il volto sempre stralunato.
“E come
potremmo? L’hai appena sfiorata e ti sei alzato di scatto. L’hai toccata solo
per un attimo” gli disse Draco con far da saputello.
“Bhè, io in quel
attimo ho vissuto il mio incubo, il mio risveglio e la mia vita fino a qui”
Un silenzio
innaturale cadde nella stanza. I maghi dall’abito blu osservavano stupefatti
prima l’oggetto, poi Ron. Così anche Draco.
“Stupefacente” sentenziò
Remus “è in grado di trasmettere tutte le sensazioni e gli eventi al suo
proprietario in una frazione di secondo. Non ho mai visto nulla del genere”
“Ma è anche pericoloso” disse Ron
distogliendo dai suoi pensieri Lupin e gli altri spettatori “quando i ricordi
stavano raggiungendo la mia attuale vita ho sentito come un brivido freddo
penetrarmi dalla mano e poi in tutto il corpo. D’istinto ho interrotto il
contatto, anche se non so bene cosa stesse accadendo”
“E’ probabile che fosse la soglia
dell’esistenza, cioè il tuo presente fino ad ora” spiegò uno dei maghi in blu
“attraversando quel confine avresti potuto vedere il tuo futuro, ma è probabile
che una tale scarica di emozioni e eventi ti possa uccidere all’istante. La
troppa conoscenza può uccidere, dopotutto”
Ron rabbrividì al pensiero di una
morte del genere. Terribile da pensare. Gli venne in mente per un attimo la
professoressa Cooman e le sue lezioni di divinazione. Sarebbe stata contenta di
avere un oggetto del genere per leggere il futuro. Probabilmente sarebbe stata
contenta anche di sapere che morte originale attendeva chi abusava
dell’oggetto. Ne sarebbe stata deliziata.
Ora, comunque, ricordava
perfettamente cosa era successo durante il suo sogno. Aveva rivissuto gli
ultimi momenti ad Hogwarts prima di cadere in coma. Forse c’era una speranza
per gli altri. Forse c’era una speranza per George. Forse c’era speranza per
Hermione…ma come potevano comunicare alle persone in coma cosa fare per
svegliarsi? Era tutto inutile. Dio che rabbia. Sapere che fare, ma non poterlo
fare. Ron strinse i pugni e si morse lievemente un labbro.
“Ora so che cosa ho fatto per
svegliarmi, ma non possiamo dirlo a chi è in coma. A cosa è servito tutto
questo?” chiese con rabbia Ron.
“Hai ragione Ron. Non possiamo fare
molto noi da fuori, anche se sappiamo cosa fare per aiutarli. L’unica soluzione
sarebbe utilizzare un incantesimo di possessione, ma non è semplice eseguirlo.
E’ molto rischioso epoco sicuro”
rispose Lupin.
Una speranza? C’era una speranza?
Non se la sarebbe fatta sfuggire.
“Non so come funzioni un
incantesimo di possessione, ma sono pronto a rischiare. Ormai non ho più nulla
da perdere” e detto ciò squadrò Draco “assolutamente nulla!”
“D’accordo, ma sappi che è
pericoloso anche per chi viene posseduto. I rischi sono alti per entrambe le
parti”
Ron rifletté un momento. Hermione
avrebbe rischiato la vita. Ancora. Questa volta lui non avrebbe fallito. No.
L’avrebbe aiutata davvero. Sì. Ormai aveva deciso.
“Bene,
sono pronto a rischiare anche per Hermione”
Ci vollero due settimane per ideare un nuovo incantesimo da utilizzare
per possedere le persone in coma
Ci vollero due
settimane per ideare un nuovo incantesimo da utilizzare per possedere le
persone in coma. Durante tutto quel periodo Ron e Draco iniziarono
l’addestramento bellico, ovvero combattimento nelle varie forme. Dato il
livello d’odio fra i due, gli spettatori che assistevano alle sessioni d’allenamento
sgranavano gli occhi di fronte allo spettacolo offerto. Lotte senza esclusione
di colpi con incantesimi, ma anche armi bianche: spade, bastoni, coltelli, ed
anche armi insolite come fruste, shuriken, nunchaku e chakram. In quest’ultima
Draco era un vero maestro. Colpiva sempre il bersaglio designato con forza,
anche se, a volte, era difficile imprimerne al colpo. Ron se la cavava meglio
con la spada. Arma semplice ma letale, se usata come si deve, e Ron sembrava
fosse nato con quella in mano. Ogni tanto Remus Lupin faceva una pausa, e
andava a vederli allenarsi. Se la prima volta fu sorpreso dal duro
addestramento che Draco imponeva a Ron, più passava il tempo e più il suo
stupore aumentava. Ron riusciva a stargli dietro. Riusciva a mantenere il passo
degli allenamenti e continuava a migliorare. Capiva che per entrambi era una
specie di sfida. E l’oggetto della sfida era chiaro. Ginny. Nessuno dei due
voleva mollare. Chi mollava, perdeva.
Che testardi. Se invece di
incornarsi come due cervi in amore parlassero un po’…
Neanche Lupin
credeva a quel che pensava. Assolutamente impossibile far ragionare due teste
calde come quelle. Soprattutto se pensano di aver ragione entrambi. Remus li
guardava combattere. Stavano usando i bastoni, ora. Draco colpiva rapidamente
facendo indietreggiare Ron. Prese il bastone con la sola mano sinistra e
attacco il rosso con un semplice colpo ad arco davanti a lui. Ron si abbassò in
un attimo.
“Vuoi
addestrarmi attaccando come una donnicciola?” chiese ironico Ron. Ma non era
quello il vero attacco di Malfoy. Veloce come un lampo Draco impugnò la bacchetta
con la mano destra e la puntò verso Ron, accucciato di fronte a lui.
“Ventilo
Iniuria”
Ron fu
scaraventato contro il muro e cadde pesantemente a terra di faccia. Non fece in
tempo a provare dolore che Draco gli saltò sulla schiena bloccandolo a terra
con il bastone premuto sul collo.
“Finché basta
una donnicciola per batterti, non voglio sprecarmi troppo” rispose sibillino
Draco. Ron era stremato. Ma più pensava a Malfoy e più…Con un urlo sovrumano,
ed un atto di forza degno dell’urlo, Ron si alzò da terra sulle braccia e con
una spinta fece cadere di schiena Draco con lui sopra. Il biondo doveva ancora
riuscire a capire cosa era accaduto che Ron, con una capriola in avanti, si
allontano dall’altro e raggiunse il suo bastone. Con un piede lo fece volare
per aria e lo afferrò al volo con la mano destra, puntandolo verso Draco,
ancora steso al suolo.
“Sono qui maestro.
Ti stai riposando un po’?” chiese Ron con il fiatone nella voce. Draco ancora a
terra aveva il bastone fra le mani. Era quantomeno sbalordito dall’accaduto.
Ron era forte. Non solo come persona, ma proprio forzuto. Una forza sovrumana
che pochi avevano e sfruttavano. Doveva starci attento, dopotutto lui non era
tanto forte fisicamente. Molto veloce, ma poco forzuto. Si alzò in piedi da
sdraiato con un colpo di reni e squadrò Ron.
“Non male
Weasley, non male. Ricordati di usare di più la bacchetta. Le armi in cui ti
addestro servono come completamento agli incantesimi, non il contrario. Per
oggi basta così” Draco abbassò la guardia e ripose la bacchetta nel suo fodero
in cintura. Ron fece roteare il bastone e lo puntò a terra. Entrambi, stremati,
mentre si avvicinarono alle panche dove stava la loro roba, sentirono un
applauso solitario. Lupin gli si avvicinò.
“Davvero
notevole” disse visibilmente compiaciuto “un ottimo lavoro da parte di
entrambi”
I due
biascicarono un ringraziamento fra gli affanni della fatica. Troppo occupati a
pensare alla loro sfida personale per ascoltare.
“Bene. Sono
venuto qua per avvisarvi che siamo pronti. L’incantesimo è ultimato.
L’autorizzazione per procedere è stata già firmata dai signori Granger.
All’inizio erano un po’ dubbiosi, ma quando ho detto che saresti stato tu, Ron,
a farlo, hanno accetto immediatamente” Remus sorrise guardando l’espressione
stupita del ragazzo. I Granger si fidavano di lui. Buon segno.
“Dopo che vi
sarete dati una sistemata raggiungetemi al laboratorio al quarto piano” i due
annuirono e l’uomo si congedò.
I ragazzi si
diressero verso le docce. Sudati si spogliarono e si fecero avvolgere
dall’acqua che scendeva dall’alto. Ron ne aveva proprio bisogno. Che bella
sensazione provava. Sembrava di rinascere. Chiuse gli occhi mentre l’acqua
scorreva sul suo corpo. Appoggiò le mani sul muro e abbassò la testa così che
l’acqua gli colpisse il collo. Il pensiero corse inesorabilmente ad Hermione.
Gli tornò in mente la loro ultima estate insieme. Erano andati al mare per il
week-end. Hermione in due pezzi stava d’incanto. Harry aveva occhi solo per
Ginny, e anche lei spostava tutta la sua attenzione su di lui. Quel giorno si
fidanzarono. Ron, invece, quel giorno seppe di Krum. Hermione gli aveva
spiegato che era in caro ragazzo e che era sempre stato molto carino con lei,
ma che ora era impegnata sentimentalmente con il ragazzo bulgaro. A Ron crollò
il mondo addosso. Picchiò un pugno contro la parete della doccia.
Hermione, io
non ti abbandonerò. Io ti starò sempre accanto. Sempre.
Girò il pomello
della doccia e l’acqua smise di scendere. Si coprì con l’accappatoio e iniziò
ad asciugarsi.
“Ron, non ho voglia di
parlarne. Sì, ci siamo lasciati, ma non è come sembra”
“Hermione ma
io…insomma la sai che mi piaci. Non puoi non tenerne conto”
“Non centri
con questa storia Ron! Tu non puoi capire…va via ora, ti prego”
“No! Cristo
non mi puoi trattare così! Io ti amo Hermione”
“Cos…Ron, non
dire scemenze solo per fare scena, per piacere!”
“Io non
faccio scena! Hermione io ti amo!”
“Ora basta
Ron Weasley!”
Un bacio…uno
schiaffo.
“Che diavolo
hai fatto? Come ti sei permesso? Come, oh…Ron vattene!”
“Scusa
Hermione”
Un pianto…
Ron finì di
vestirsi e si diresse fuori dallo spogliatoio. Draco già lo attendeva.
“Weasley devi
essere più svelto. Non possiamo attendere che ti riallacci le scarpe durante un
combattimento” gli disse con fare provocatore Draco.
“Sì, certo
signore” rispose senza troppo accanimento Ron.
“Ehi Weasley.
Sono sicuro che ce la farai. Sei addestrato bene, molto bene visto che ti ho
addestrato io”
Ron rimase
sconcertato dalla frase di Draco. Un incoraggiamento? Da Malfoy? Credette di
aver capito male, ma non era così.
“Gr-grazie,
signore”
*****
Il terzetto
arrivò all’ospedale babbano in un attimo. I loro vestiti erano molto più
normali. Normali per gli standard babbani, perlomeno. Raggiunsero la stanza 718
e li trovarono già Silente e i signori Granger. Dopo i saluti entrarono tutti
nella stanza e Lupin chiuse la porta.
“Sigillum”
un alone blu comparve sulla porta “Così possiamo agire con più tranquillità”
“Ben fatto
Remus. Allora Ron sei pronto?” chiese Silente.
“Certo signore,
sono pronto” rispose mentre spostava lo sguardo da Hermione ai suoi genitori.
“Molto bene.
Remus, direi che possiamo iniziare”
Lupin annuì con la testa e appoggiò ai piedi del letto
dove stava Hermione una sacca di tela che si era portato dietro per tutto il
viaggio di cui nessuno dei due ragazzi chiese nulla. Estrasse quella che
sembrava una fascia di gomma da cui pendevano quattro tubicini. Si avvicinò ad
Hermione e gliela mise.
“Bene Ron.
Stenditi su quel letto accanto ed indossa anche te questa” e gli passò una
fascia del tutto simile alla precedente. Ron la indossò e si sdraiò sul letto.
Girò la testa verso Hermione.
Non ti
preoccupare amore sto arrivando.
“Mi raccomando
Ron. Sai che è molto rischioso. Se ci sono problemi cerca di divincolarti. Sarà
come sognare, quindi cerca di svegliarti. Noi cercheremo di intervenire il meno
possibile”
Ron annuì
impercettibilmente tanto era occupato a rimirare la sua bella. Lupin alzò la
bacchetta e iniziò a recitare una formula velocemente. A tutti, maghi o meno,
risultò quasi impossibile capire cosa dicesse. I piccoli tubi pendenti dalle
fasci iniziarono a muoversi fino ad unirsi al centro della testa dei due
ragazzi. Piccole scariche elettriche percorsero i tubicini. I Granger
guardavano allibiti.
“Somnium
Potior”
Fresco. Aria
fredda. Profumo intenso di natura. Ron aprì gli occhi. Era steso sul prato del
cortile di Hogwarts. Un vento freddo spirava da nord. Si alzò in piedi e
osservo tutt’intorno.Era Hogwarts, non
cerano dubbi, ma era questo che sognava Hermione? Senza pensarci guardò in alto
e quasi gli venne un colpo. Un’enorme sfera nera galleggiava a mezz’aria una
cinquantina di metri sopra il castello. Sembrava fatta di fumo e notte, e ogni
tanto qualche sbuffo di fumo usciva silenziosamente per poi dissolversi
nell’aria. Era una visione terrificante. Con un groppo alla gola Ron si decise
ad entrare nel castello per raggiungere la torre più alta e dal lì volare fino
alla sfera. Sicuramente centrava qualcosa con quel sogno. Ne era certo. Camminò
rapidamente per i corridoi deserti di Hogwarts. Tanto deserti poi non erano.
Sentiva voci e suoni che gli ricordavano la scuola. Poco alla volta comparirono
gli studenti e i professori.
Proprio come nel mio sogno
Corse verso la
torre. Gli altri fantasmi del sogno non parevano considerarlo, come se non
esistesse. Raggiunse la cime della torre, era proprio sotto l‘enorme bolla
nera.
Perfetto. Ora la
raggiungo.
“Intruso!” gracchiò
una voce che si sparse per l’aria. Ron si immobilizzò. Si guardò attorno alla
ricerca di qualcuno. O qualcosa. Un battito d’ali comparve nell’aria e dalla
sfera scese una creatura grande più o meno come Ron, ma fatta della stessa
sostanza della bolla nera. Aveva le fattezze di un pipistrello, anche se aveva
sia braccia che gambe, tutte artigliate e molto pericolose.
“Ah! Tu non sei
intruso! Tu sei evaso! Sì! Tu evaso! Io porto via te!” e si avvicinò in
picchiata a Ron con gli artigli protesi.
“Gladius Exto”
recitò Ron e una spada lunga gli comparve in mano. Con un fendente deviò il
colpo artigliato della creatura e la ferì sotto un ala. Gracchiò per il dolore.
“L’evaso risponde!
Male evaso! Ti farò male” e virò nel cielo per tornare a picchiare verso Ron.
Le armi sono il
completamento della magia, non viceversa. Ron agito la bacchetta ai suoi piedi.
“Alipes”
delle ali di luce azzurra comparvero ai suoi piedi. In un attimo spiccò il
volo. La creatura sembrava allibita. Virò ancora verso il ragazzo in volo. Con
uno scatto, troppo veloce per Ron, lo raggiunse. Un artiglio lo ferì al fianco.
Ron cacciò un grido.
“Bastardo! Ventilo
Iniuria!” il mostro fu spinto contro il castello, si schiantò contro una
torre e precipito verso il suolo.
Un urlo ruppe il silenzio della stanza. Dal fianco di Ron
cominciò a colare sangue. Lupin sbiancò. Sollevò la maglietta di Ron e vide il
segno di un’artigliata.
“Qualcosa non sta andando come dovrebbe. Direi di
interrompere subito” disse rivolto a Silente. Il preside annuì.
“Ron svegliati. Avanti Ron!” lo scosse energicamente, ma
niente.
“Io lo lascerei continuare” tutti si girarono verso Draco.
Lui stava guardando fuori dalla finestra come se fosse tutto nella norma “è un
testardo, non rinuncerà così facilmente”
Per un po’ vi fu silenzio, indecisi sul da farsi.
“D’accordo. Facciamo come ha detto Draco” sentenziò Lupin.
“Ma Remus non mi sembra…”
“Io mi fido di Draco, Albus. So che non farebbe niente che
possa nuocere a Ron”
Ron continuò a
salire verso la sfera mentre controllava la ferita.
Non è grave.
Posso continuare pensò
guardando i tagli abbastanza profondi.
Arrivò al limite
della sfera. Guardò dentro e vide solo ombre e nero. Fece la cosa più
intuitiva.
“Lumus” una
piccola luce comparve sulla sua bacchetta e illumino leggermente la superficie
nebulosa della bolla. Come un tentacolo, uno sbuffo di fumo spense la luce
sulla bacchetta.
Non ti piace la luce, eh? Ora
rimediamo subito…
Ron si allontanò di
una decina di metri e sollevò solennemente la bacchetta.
“Phoebus
Surrideo” un ampio raggio di luce spuntò dalla bacchetta di Ron e colpì in
pieno la sfera nera. Come ferita da una spada la sfera reagì. Colonne di fumo
si levarono dalla bolle per andare a contrastare la luce accecante. Uno stridio
permeava l’aria. La sfera soffriva. Il raggio di luce continuo cominciava a
danneggiarla.
Spero che tutto
questo serva a qualche cosa. Io sono qui per aiutare Hermione, non per giocare
a bowling…
Appena Ron pensò ad
Hermione la vide come in un flash della mente. Cos’era stato? Hermione? La vide
ancora. Dove era? Ancora comparve per un attimo. Nella sfera! Era lì! Ma certo,
anche lui era avvolto dall’oscurità all’inizio! Ecco che cos’era! Con un ultimo
sforzo spinse la colonna di luce verso la bolla nera e subito si diresse al suo
interno.
Sto arrivando
Hermione. Non ti abbandono.
Il contatto con la
sfera fu terribile. Sembrò di entrare un lago ghiacciato in pieno inverno.
Freddo. Tanto freddo. Dov’era Hermione? L’avrebbe cercata.
Ron
iniziò a nuotare nell’oscurità completa all ricerca della ragazza.
Fuori 8!! Ragazzi (e soprattutto ragazze…) ma siete troppo
gentili! Grazie per i bei commenti e dora qualche risposta.
Ginny è un’incompresa, ma chissà che qualcosa non cambi…
Harry è morto. Vabbè, ma ha già avuto un’intera serie di
libri, videogiochi, film e gadget. Deve venire a rompere anche qui?
Tutti i personaggi sono importanti anche Lupin (ed anche
“felpato”….)
“Sta diventando freddo” disse Lupin tastando la fronte del ragazzo steso
sul letto
“Sta diventando
freddo” disse Lupin tastando la fronte del ragazzo steso sul letto.
“Meglio coprirlo
un po’, se peggiora lo svegliamo” affermò Silente.
Draco sollevò
una coperta e la colpì con un incantesimo. Subito divenne calda e la passò a
Lupin che, aiutato dalla signora Granger, la avvolse attorno a Ron. Il rosso
tremava. Non si capiva se era terrore o freddo , ma tremava parecchio, come i
vagoni traballanti di un treno. Dopo poco tempo il tremore sembrò calmarsi un
poco, anche se l’aspetto del ragazzo era molto pallido. Draco lo osservò
intensamente.
Andiamo
Weasley. Non arrenderti ora. Ce la farai, lo so.
Ron fluttuava nell’oscurità più profonda. Il freddo che
poco prima lo aveva investito sembrò attenuarsi, sebbene in minima parte.
Ancora vagava alla ricerca di Hermione. Non sapeva di preciso dove andare, ma
era sicuro di averla vista in mezzo alle ombre per un attimo. Era lì, ne era
certo. Ma dove? Guardando in avanti gli sembrò di vedere qualcosa. Era…bianca?
Cos’era? Decise di avvicinarsi il più possibile. Era un tavolo? Un…letto? Non
fece in tempo a chiedersi cosa ci facesse lì un letto, che qualcosa gli afferrò
le caviglie e lo fece cadere di petto sul pavimento. D’improvviso si accorse di
essere dentro una stanza. L’enorme letto di poco prima troneggiava la centro
della stanza. Le lenzuola e le coperte erano sparpagliate ed alcune toccavano
anche per terra. Sopra il letto…Hermione, l’aveva trovata.
“Hermione!” gridò con quanto fiato avesse in
corpo, ed era veramente poco. Le sue caviglie erano ancora avvolte da qualcosa
che gli impediva di alzarsi. Solo allora notò le catene. Tirò con tutte le sue
forze per liberarsi.
“Hermione, sono qui! Ti prego girati!
Hermione!” ma la ragazza non dava segno di averlo visto. Da una lato della
stanza una porta si aprì ed entrò Victor Krum. Aveva un ghigno malefico sul
volto e si avvicinò al letto fissando la ragazza che ora sembrava impaurita.
“No, Victor no! Ti prego lasciami…no!”
Hermione urlò terrorizzata mentre il ragazzo bulgaro le afferrava i polsi e la
sbatteva di schiena sul letto. In un attimo gli fu sopra. Cominciò a baciarla,
a passarle la lingua sul collo. Lei si disperava, stava piangendo, ma lui non
accennava a smettere, anzi. Con uno scatto le strappò i vestiti di dosso e
continuò la sua opera.
“No! Bastardo! Lascia che ti metta le mani
addosso! Figlio di puttana lasciala stare!” Ron urlava come un pazzo sempre
cercando di divincolarsi dalle catene. Per un attimo Ron tornò razionale.
La bacchetta. Cazzo Ron ragiona!
Afferrò la bacchetta e si preparò a lanciare
un incantesimo per liberarsi. Ma le catene furono più veloci. Altre due gli
afferrarono i polsi e lo sollevarono di peso sbattendolo contro il muro dietro
di lui. La bacchetta gli cadde di mano. Ora vedeva chiaramente tutta la scena
sul letto. La stava violentando. Hermione gridava, strepitava, ma nessuno
poteva aiutarla. Nemmeno lui.
Ron sobbalzò sul
letto e la coperta che lo copriva cadde a terra. I suoi respiri si fecero
affannosi. Stringeva i pugni con rabbia fino a ferirsi con le unghie. Lupin era
visibilmente preoccupato.
“Ora basta. E’
meglio svegliarlo” gli altri acconsentirono. Lupin sollevò la bacchetta e
lanciò l’incantesimo su Ron. Niente. Provò ancora. Nulla. La paura cominciava a
crescere in lui. Afferrò Ron per le spalle ed iniziò a scuoterlo energicamente.
“Ron, non fare
stronzate. Svegliati ti prego”
“Remus. Perché
non funziona?” Draco si era avvicinato al letto.
“L’incantesimo
funziona benissimo” disse lui “è Ron che, nel suo subconscio, rifiuta di
svegliarsi”
Ron aveva assistito a tutta la violenza.
Inerme. Senza il modo di fare qualcosa per salvare la sua Hermione. Lei era
stesa sul letto e piangeva. Krum continuava ad abusare della ragazza che, ormai
senza più lacrime, lo lasciava fare senza reagire. Alzò lo sguardo ed incrociò
quello di Ron che ancora lo guardava con gli occhi iniettati di sangue.
“Infidioso? Pofero supito. L’hai
appandonata, e per kolpa tua è successo qvesto…”disse Krum rivolto al rosso appeso al muro.
“Stai zitto! Non è vero! Sei tu ad essere un
bastardo violento! Te la faccio pagare, sai. Vieni qui da me ed affrontami, se
hai coraggio” il piano di Ron era di attirare il bulgaro via da Hermione. E di
salvare entrambi in qualche modo.
Krum si alzò, praticamente nudo, e raggiunse
la parete. Si mise faccia a faccia con Ron. Sorrise. Un sorriso malvagio, pieno
di odio. Lo colpì con un pugno allo stomaco. Ron spalancò gli occhi e la bocca
mentre emetteva un verso di dolore. Un rivolo di sangue gli uscì dalle labbra.
“Pikkolo uomo stupito! Vuoi sfidarmi ridotto
kome sei?” disse beffardo Krum prima di colpirlo ancora. Ron emise un altro
gemito ed altro sangue invase la sua bocca. Il sapore ferroso tipico del sangue
comparve sul palato. Strinse le labbra e sputò in faccia al bulgaro. Si fermò,
sorpreso dal gesto, si pulì la faccia dalla saliva di Ron con la mano, e lo
fissò ancora con sguardo omicida.
“Hai kommesso il tuo ultimo errore!” gridò e
si chinò ad afferrare la bacchetta. La puntò su Ron, pronto ad uccidere.
Successe qualcosa a cui Krum non era preparato. Ma Ron sì. Era il piano a cui
aveva pensato un attimo prima, e che sperava funzionasse.
Ron strinse la punta della bacchetta con i
denti e la sfilò dalle mani di Krum con gesto rapido. La lanciò per aria verso
la sua mano destra, che la afferrò prontamente.
“Alohomora!” le catene si allentarono
e Ron si liberò in un lampo. Il suo ginocchio salì velocemente fino a colpire
il muso sorpreso di Krum. Il ragazzo cadde all’indietro battendo la testa. Si sollevò
sui gomiti e fissò Ron con il naso sanguinante. Lo fissò e sorrise. Lentamente
tutta la stanza, il letto Hermione e il sorriso beffardo di Krum sparirono,
lasciando di nuovo spazio al freddo buio in cui poco prima Ron era avvolto. Un
incubo. Perché è quello che era la sfera. Incubi. Paure, frustrazioni, terrore
tutti uniti in un'unica cosa.
Ron si scosse un momento. Doveva stare
attento. Non doveva cascarci nuovamente. Erano solo illusioni, sogni, non era
la realtà. Ora doveva trovare Hermione. Sentiva le forze andarsene. Non aveva
più molto tempo.
“Ora che
facciamo?” chiese nervosamente Lupin.
“Aspettiamo
ancora, sperando che non faccia sciocchezze”
Il sangue
macchiava le labbra e il mento di Ron. La signora Granger lo aveva coperto
nuovamente come meglio poteva. La stanza era silenziosa. Tremendamente
silenziosa. Più che una stanza di ospedale, ora sembrava una tomba. Neanche il
sibilo continuo dei macchinari riusciva a coprire quel silenzio.
Draco fissava
nervosamente il letto dove stava steso Ron. Non lo capiva. Era “tornato” da
neanche un mese ed ora era lì a rischiare ancora la vita. Per cosa poi?
Sacrificarsi. Sacrificio. Non lo capiva. L’unica cosa per cui lui si sarebbe
sacrificato era se stesso. Sì, solo se stesso.
Nuotò nel buio per un tempo infinito.
Finalmente raggiunse il centro della sfera. O almeno quello era ciò che
sembrava. Un disco piatto di luce nera roteava a pochi metri da lui. Per un
attimo, ancora vide Hermione dentro quel disco. Neanche ebbe il tempo di
pensarci, ci si tuffò contro e lo attraversò. Con sua grande sorpresa si
ritrovò in piedi in un corridoio. Una luce fioca lo illuminava.
“Lumus” la luce aumentò e gli permise
di vedere la porta nascosta dalle ombre poco più avanti. Ron si avvicinò per
entrare quando si fermò. Aveva già avuto abbastanza sorprese per oggi.
“Stupeficium” tuonò e la porta si
scardinò sbattendo a terra. Fu la scelta più saggia. Al di là della porta si
apriva un ampia stanza dove due di quelle creature di fumo, che lo avevano
attaccato prima di entrare nella sfera, lo attendevano pronte a colpire. La
prima reagì subito e si alzò in volo per sfrecciare verso Ron. Senza fermarsi
Ron fece comparire, ancora, una spada ,pronto a ricevere la carica del mostro.
Gli artigli vorticarono attorno al ragazzo che con fermezza li schivò e parò,
riuscendo a superarlo e a correre dentro la stanza. L’altro mostro, però, era
pronto a colpire. Un artiglio lo ferì alla spalla destra e lo fece vacillare
per un attimo. Con una piroetta si scansò dalle due creature e si mise a
distanza di sicurezza. Le due ombre, però, non avevano intenzione di dargli
tregua. Ron pensò che era meglio cambiare tattica contro quei due avversari.
“Baculum Exto” lasciò la spada e un
bastone ferrato comparve fra le sue mani. Lo impugnò saldo e si preparò allo
scontro. Alzò una punta che colpì in pieno mento la prima creatura facendola
volare all’indietro. Da quella posizione puntò il bastone verso la seconda che
si avvicinava rapida e la spinse con forza centrandola al petto. Anche questa
vacillò all’indietro, ma non cadde a terra come l’altra. Squadrò Ron con i suoi
sottili occhi neri simili al carbone. Era un avversario forte e ben addestrato.
Ci sarebbe stato da divertirsi. Alzo le braccia fumose sopra la testa. Una
sfera di luce verde comparve fra i suoi artigli e la scagliò verso Ron.
“Scutum!” la sfera colpì ed esplose
sonoramente sollevando un gran polverone. Dal polverone apparve a mezz’aria
Ron, in salto verso il mostro che aveva tentato di colpirlo. Bacchetta alla
mano, puntò la creatura.
“Ignis Telum” due frecce infuocate
centrarono una il petto e l’altra il volto del mostro che cominciò a strillare
con un grido acuto mentre le fiamme lo avvolgevano. Senza pietà Ron terminò il
lavoro colpendolo con una raffica di colpi ben assestati che mandarono il
mostro a sbattere qua e là ed infine a terra, consumato dalle fiamme. Ron si
girò di scatto, troppo tardi per schivare il colpo. Un artiglio gli centrò la
mano con cui reggeva il bastone, disarmandolo. Ron vacillò e cadde a terra. Il
mostro gli fu subito addosso e continuò ad attaccarlo con una serie rapida di
colpi. Strisciò di corsa sulle mani per schivare appena in tempo ogni colpo che
la creatura gli infieriva.Non poteva
reggere per molto ancora a quella fuga disperata, strinse la bacchetta e se la
puntò contro.
“Ventilo Iniuria” con un volo Ron
atterrò dietro ad un mucchio ci libri sparsi sul pavimento. Nell’atterraggio si
era slogato una spalla.
Cazzo che male!
Si impose di non emettere alcun suono per
sfruttare la posizione coperta affertagli dal caso. Ammesso che non lo avesse
visto volare lì dietro. Attese per un lungo momento. Niente. Non se ne era
accorto. Che fortuna sfacciata. Ne aveva proprio bisogno, dopo tutto quello che
era già capitato. Lentamente e a gattoni decise di spiare oltre il mucchio di
libri per controllare che tutto fosse tranquillo.
Con uno stridio acuto il mostro comparve
sopra la catasta di volumi, con le ali e gli occhi spalancati ed un ghigno
vittorioso sul volto. Ron cadde indietro per lo spavento, ed il mostro gli
saltò sopra.
“Accio Spada!” con un grido
altrettanto acuto la bestia si impalò sulla lama appena arrivata fra le mani di
Ron. Prima di accorgersene morì trafitto e lì rimase. Ron sfilò la spada dal
petto del mostro e si alzò facendo leva sull’arma. Era ridotto proprio male. Ma
ne era uscito vincitore. Respirò affannosamente mentre si dirigeva verso
un'altra porta in fondo alla stanza. La spalancò, questa volta di persona, ed
entrò zoppicando nella stanza. Appena entrò, finalmente, la vide. Hermione. Era
stesa su di un tavolo di marmo nero, ed era nuda. Attorno a lei parecchie
candele formavano un cerchio di fiamme che sembravano isolarla dal resto del
mondo. Da lato opposto del tavolo una figura ammantata lo fissava per nulla
sorpreso. Era Piton. Con volto impassibile e gli occhi spalancati guardava le
ferite di Ron e la sua spalla slogata.
“Allora ci sei tu dietro a tutto questo! Io…non ci posso
credere” disse Ron appoggiato alla porta per non cadere a terra.
“Se è questo ciò che vedi, credo proprio di
sì. Hai fatto tutta questa strada per tornare dov’eri…ridicolo, non trovi?”
disse il professore mentre abbandonava la sua posizione per avvicinarsi al
rosso.
“Eri riuscito a scappare, neanche io so come
hai fatto! Eppure sei tornato, perché?”
“Sono qua per Hermione…non me ne andrò senza
di lei” sputò a terra per liberare la bocca dal sapore del sangue. Piton fissò
la ragazza addormentata sul tavolo.
“Lei? Sei tornato indietro per lei? Gli
esseri umani sono veramente strani, creature incredibili” sotto gli occhi
allibiti di Ron Piton si trasformò…Lucius Malfoy!
“Ma che diavolo…? Chi o cosa sei tu?” chiese
con sgarbo Ron.
“Io? Non è molto chiaro, a dir la verità.
Dipende chi mi guarda cosa vede. Ecco, vedi, ho già cambiato aspetto” disse
guardandosi il nuovo corpo trasformato “la mia è un’anatomia molto instabile.
Muto a seconda dei pensieri delle persone, ma la mente rimane la mia”
“Non ho capito chi sei, e cosa ci fai qua,
ma sappi che devo portare via quella ragazza. E non ho intenzione di fermarmi”
“Mi spiace, ma credo sia meglio che tu non
faccia nulla di tutto ciò. Interromperesti il mio compito. In compenso sappi
che ti rimetterò dove eri una volta! Sei contento? Potrai restare comunque con
la tua amica!” Lucius mutò ancora e divenne il figlio, Draco.
“Dovrai fermarmi con la forza, e se anche ci
riuscissi sappi che altri verranno per liberarla. Non resisterai per così tanto
tempo” disse Ron recitando il meglio possibile. Un bluff. Era la sua ultima
speranza. Se si fosse bevuto la storia, avrebbe avuta la possibilità di portare
via Hermione, forse. Comunque non aveva altre idee al momento.
“Davvero? Sono in tanti come te?” chiese
Draco meravigliato. Ron annuì con la testa.
“Caspita. Sarà maglio risolvere subito il
problema, allora” dalla tunica estrasse un pugnale e si avvicinò al tavolo.
“Ehi, aspetta che vuoi fare?” chiese Ron
preoccupato. Draco lo fissò come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“Me ne sbarazzo, che domande. Così non
verranno tutte quelle persone a disturbare il mio lavoro” detto ciò affiancò il
tavolo e sollevò il pugnale con uno scatto, pronto a scendere e uccidere la
ragazza. Ron sbiancò. Con che freddezza lo aveva detto. Doveva fare qualcosa
per fermarlo.
“Fermo!” Draco si fermò e si girò verso Ron
portando il pugnale di nuovo al suo fianco.
“Si?” chiese Draco, che stava tornando
Lucius Malfoy.
“Non farlo o dovrò eliminarti. Tu e tutto
questo posto” disse con falsa spavalderia Ron.
“Davvero? E come?” domandò, sempre sorpreso,
Lucius.
“Userò l’incantesimo Sorriso di Apollo.
Questo posto è fatto della stessa sostanza della sfera nera. Si dissolverà in
un lampo, e tu con lui”
“Potrebbe essere un buon piano, ma mi sembri
un po’ spossato per lanciarlo, o mi sbaglio. Credo che moriresti se tentassi un
incantesimo tanto potente. Peccato, sarebbe stata una buona idea”
Il tizio aveva ragione. Non ce la faceva a
lanciarlo senza conseguenze. Probabilmente sarebbe morto. Ma lui sarebbe morto
comunque. Mentre Hermione avrebbe avuto una possibilità, per quanto misera
l’avrebbe avuta. Uno a zero per l’irrazionalità.
Lucius sollevò nuovamente il pugnale pronto
a colpire.
“Phoebus Surrideo!” dalla bacchetta
di Ron partì una colonna di luce che corse verso Lucius.
“Esseri umani. Creature incredibili” la luce
investì in pieno Malfoy, così anche Hermione e il resto della stanza. Tutto
divenne di un bianco accecante.
Nove capitoli sulla cassa del morto oh oh ohe una bottiglia di Gin! Evvai finito anche
il 9!!!! Vabbè ci ho messo un po’, però alla fine l’ho fatto. Credo che sia un
po’ più lungo del solito… Ringrazio tutti per le recensioni scritte. Un Tankyou
speciale a Sunny che ha iniziato la nuova Fic: It never ends (Being a War
Mage II) WOW!!! Nonperdetela mi
raccomando.
Ginny sgranocchiava pensierosa qualche patatina. Pensava
ancora a suo fratello. Alla scenata di tre settimane prima. Odioso. Era stato
odioso. Perché almeno lui non cercava di capire? Ron l’aveva sempre difesa,
quando era più piccola. Era sempre al suo fianco. Diceva che il suo “E’ il
compito del fratello maggiore”. Anche quando si era messa assieme ad Harry, Ron
non aveva fatto passare la cosa alla leggera. Nonostante fosse il suo migliore
amico, gli ha fatto il terzo grado prima di “approvare” la loro unione in modo
ufficiale. E allora perché? Perché non era stato, rigido sì, ma comprensivo con
lei anche questa volta? Era inutile farsi queste domande. Ginny il motivo lo
conosceva benissimo. Un muro. Un muro di ipocrisia ed intolleranza aveva
nascosto a Ron il vero Draco Malfoy. Per lui Malfoy si nasce e si rimane. Punto
e basta. Se solo si fosse sforzato un po’ di più. Se avesse scavalcato quel
muro per vedere le cose sotto un’altra prospettiva, come le vedeva Ginny.
Accartocciò il
sacchetto ormai vuoto e lo abbandonò sul tavolo. Prese il pacco dei biscotti,
lo aprì ed inizio a tuffarli nella tazza di latte davanti a lei. Draco le aveva
raccontato dell’addestramento. Ron era entrato nei Battlemage, sicuramente a
causa di Ginny. Sì, non poteva permettersi di non fare qualcosa che Malfoy
faceva, e con successo. Era sicura che Draco profittasse della sua posizione su
Ron per strigliarlo per bene. E lei era anche d’accordo. Così impara ad essere
poco comprensivo e a trattarla in quel modo. Quando quella sera Draco tornò a
casa e la trovò stesa sul divano distrutta e piangente, si preoccupò molto. Si
fece spiegare tutto da lei e, dentro di se, il ragazzo decise di farla pagare
in un qualche modo a Ron. L’occasione gli capitò fra le mani quando gli fu
assegnato come cadetto speciale per l’addestramento proprio il giovane Weasley.
Non chiedeva di meglio. Gli fece fare in corso intensivo fuori dalla norma,
attendendo con calma il momento in cui avrebbe ceduto. Ma non successe. Ron
mantenne il ritmo e migliorò a vista d’occhio. Mai un lamento, mai una replica.
Un vero osso duro. Draco ne parlò a Ginny, e lei lo convinse ad essere meno
severo e vendicativo nei suoi confronti. Se voleva fargli cambiare idea su di
lui, Draco avrebbe dovuto cercare di far vedere il suo lato buono, come aveva
fatto con Ginny.
Spalmò uno
spesso strato di burro sulle due fette di pane e le coprì di un altro
abbondante strato di marmellata. Leccò il cucchiaio e morse la prima fetta con
gusto. Stava di nuovo razzolando tutta la dispensa ed erano solo le dieci del
mattino. Draco sarebbe rimasto fuori tutto il giorno con Ron. Non le aveva
detto cosa dovevano fare, solo che era molto importante e che sarebbe stato
compito di Ron. Aveva già una missione dopo appena due settimane? Doveva essere
veramente in gamba suo fratello.
Aprì un altro
pacchetto di patatine e ricominciò a sgranocchiarle. Dio che schifo! Dopo la
marmellata, ancora le patatine? La situazione stava diventando insostenibile.
Ne avrebbe parlato con Draco quanto prima. Ginny abbassò lo sguardo sul suo
ventre leggermente pronunciato. Anche perché ormai stava diventando evidente.
*****
“Dannazione!
Ron, Ron, Rooooon!” Lupin urlava mentre con entrambe le mani scuoteva il corpo
immobile di Ron.
“State indietro!
Via!” estrasse la bacchetta e la puntò verso il ragazzo steso a letto. Una
scarica elettrica colpì il corpo di Ron che sussultò per un momento.
“Ancora!” gridò
Lupin e un’altra scarica partì dalla bacchetta.
“Ancora!”
niente.
“Ancora!” nulla.
“Maledizione!
Ancora!” il corpo ormai non rispondeva più neanche alle scariche elettriche
liberate.
“Nooooo! Avanti
Ron Weasley svegliati!” iniziò un massaggio cardiaco che faceva sobbalzare il
ragazzo sul letto. Silente guardava senza dire nulla. Il suo sguardo era più
esplicativo di mille parole. La signora Granger pianse sostenuta dal marito.
Ron si era sacrificato per sua figlia, ed ora era morto. Draco aveva la testa
appoggiata al vetro della finestra. Con gli occhi spalancati guardava a terra.
Perché? Perché era successo? Perché tutte le disgrazie capitavano a loro?
Ginny. Come avrebbe potuto dirglielo. Suo fratello era tornato per poi
andarsene per sempre in neanche un mese. Lupin non si era ancora arreso,
Continuava a cercare di rianimare un corpo ormai senza vita.
“Credo che tu ti
possa fermare ora, Remus. Non c’è più nulla da fare, purtroppo” sentenziò il
preside rimasto silenzioso fino ad ora.
“No! Non posso!
Ho fatto una promessa Albus” Lupin cominciò a far comparire qualche lacrima sui
suoi occhi “Quando Harry…io…anche Felpato l’ha fatta e …non posso arrendermi
così! Avremmo dovuto proteggere Ron, Albus. Abbiamo fatto questa promessa
quando Harry se ne è andato. Harry avrebbe fatto di tutto per aiutarli, ma lui
ormai non c’era più. Io e Felpato abbiamo fatto una solenne promessa: aiutare e
difendere i suoi migliori amici. Come amici di James era il nostro compito.
Era…nostro…nostro dovere” Remus cadde sulle ginocchia e chinò la testa sul
letto di Ron. Tutto capitava così in fretta. Le cose belle e le cose brutte.
Tutte senza tregua.
*****
“Sono 14 galeoni
e 4 falci” disse cordialmente la cassiera. Ginny pagò e ritirò il resto dalla
sua mano.
“Grazie” salutò la commessa del negozio di alimentari ed
uscì in strada. Ancora spese. Avrebbe chiesto a Draco altri soldi questa sera.
Erano molti per una sola giornata da spendere, ma ne valeva la pena. Avrebbe
preparato un sontuoso banchetto per due, a lume di candela. Lo avrebbe guardato
negli occhi , lo avrebbe baciato, lo avrebbe stretto e… glielo avrebbe detto.
Chissà come l’avrebbe presa? Il suo timore più grande era che lui si
innervosisse e che la abbandonasse…No. Non Draco Malfoy. Ormai erano legati
l’uno all’altra. Era impossibile sciogliere un legame del genere. O almeno così
sperava Ginny.
Camminava
pensierosa lungo il marciapiede ripassando mentalmente il discorso per la sera
e il menu che aveva deciso di preparare. Ad un tratto lo sentì. Silenzio.
Troppo silenzio. Un silenzio innaturale. Un fruscio alle sue spalle. Si girò di
scatto per vedere qualcosa sparire dietro ad un cespuglio lungo la strada. La
paura si fece strada nel suo cuore. Si volto e cominciò a camminare
rapidamente, per non dare nell’occhio al suo inseguitore. Lo sentì ancora. Era
molto silenzioso, ma Ginny riuscì ad avvertire la sua presenza dietro di lui.
Camminava, ormai quasi correva, guardando indietro con la coda dell’occhio. Non
fece attenzione a chi c’era di fronte a lei. Non vide comparire davanti a se
l’uomo ammantato. Ginny emise un sussulto di paura quando posò gli occhi sulla
figura di fronte a se. Era un uomo, ma molto strano. I suoi lineamenti erano
marcati come spesso capita alle persone anziane molto magre. Ma quello non era
una uomo anziano. La magia lo aveva ridotto così. Afferrò Ginny per un braccio.
La sporta che trasportava cadde a terra. Le uova si infransero sul marciapiede.
L’uomo la trattene con forza mentre con l’altra mano estrasse un pugnale. La
luce riflessa della lama accecò per un momento la giovane Weasley.
“La dolce metà
del giovane Malfoy, suppongo” ghignò l’uomo ammantato mostrando i denti gialli
e appuntiti alla ragazza.
“Pensa come
soffrirà Draco quando ti troveràsbudellata sulla strada” l’uomo alzò il braccio e lo mosse deciso verso
il ventre della ragazza.
Un urlo squarciò
il silenzio della strada.
*****
Camminava nervosa lungo il corridoio che
portava alla sala comune della sua casata. Ora era libera da qualsiasi legame.
Anche lui lo era. Lo era stato per tanto tempo. Troppo. E lei non aveva mai
trovato il coraggio di parlargli , di dirgli che lui le piaceva. Forse era un
po’ azzardato provarci così, subito, ma il Natale creava la giusta atmosfera.
Le dava coraggio, era difficile sentirsi tristi a Natale.Arrivo di fronte al ritratto della signora
grassa.
“Succo di more” disse Hermione.
“Se lo dici tu” rispose il ritratto
aprendosi e permettendo alla giovane Grifondoro di entrare nella sala. Neanche
a farlo apposta. Era nella sala anche lui. A dir la verità solo lui. Guardava
fuori dalla grande vetrata il lago e il sole che andava a morire nelle sue
acque. Quanto gli piaceva. Era proprio cotta, ma non l’aveva mai dato a vedere,
anzi, se capitava l’occasione per stare da soli lei se ne andava sempre,
imbarazzata. E poi preferiva litigarci che dirgli quanto lo amava. Era tropo
timida. Ma lui non se la prendeva mai. Quando si rincontravano, amici come
prima. Anche per questo lo amava così tanto. Fin dalla prima volta che lo aveva
visto, sul treno per Hogwarts. E durante tutti quegli anni, le loro avventure
li avevano avvicinati ancora di più. Erano amici, ora. Anche se lei avrebbe
provato a cambiare questa amicizia in qualcosa di più. La preoccupazione gli
attanagliava il petto. Lei era una strega, sì, ma mezzosangue. Si ripeteva
continuamente che non era importante, anche lui glielo aveva detto più volte,
ma più ci pensava e più sembrava “imperfetta” per lui. No. Non era importante.
Si decise e piano si avvicinò alla panca dove si era seduto.
Avanti Hermione Granger! Non arrenderti
proprio ora. Hai una possibilità, giocatela bene.
“C-ciao” disse timidamente lei.
Il ragazzo si girò sentendo la sua voce
“Ciao Hermione. Avevi bisogno, perché senno preferirei stare un po’ solo…”
Fantastico. Proprio il momento giusto
Hermione! Brava!
“Sì, avrei bisogno di parlarti”
“D’accordo, mi farà bene smettere di
rimuginare per un po’. Dimmi tutto” la guardò e sfoderò uno dei suoi migliori
sorrisi.
Non sorridere ti prego. Non
arrivo in fondo al discorso se mi sorridi così…
“Ehm…dunque. E’ un po’ complicato da
spiegare…ma…ultimamente, cioè a dir la verità è da parecchio, però non ho
mai…perché…Dunque! Ehm…il fatto è che io…è da un po’ di tempo che ho capito che
io…e che quindi mi chiedevo se anche tu… cosa ne pensi…Però ti capisco. Cioè
sono una strega per metà babbana e…allora?” si fermò e lo guardò con aria
interrogativa.
“Hermione, so che non ci crederai, ma per la
prima volta nella mia vita non ho capito cosa diavolo stai dicendo” scavalcò
con una gamba la panca e si mise a cavalcioni girandosi verso Hermione “prova a
dirmelo con dei gesti se non ci riesci” scherzò il ragazzo.
Hermione lo prese
alla lettera, si mise a cavalcioni anche lei, gli si avvicinò lentamente e lo
guardò negli occhi per un momento. Lo baciò. Le sue labbra si appoggiarono su
quelle di lui per pochi secondi che per lei sembrarono durare una vita intera.
Così come si era avvicinata si allontanò tornando a guardarlo negli occhi.
Erano entrambi imbarazzati, anche se lei era rossa per la vergogna, mentre lui
per la sorpresa del gesto.
“Ah…wow…ehm…Hermione io non sapevo, cioè che
tu…ma non credo che…capisci vero? E’ un brutto momento per me questo e ho un
po’ di confusione, quindi…non…non credo sia il caso di…scusa ma devo andare, io
ho…da fare giù e…scusa” il ragazzo si alzò ed uscì dalla sala comune.
Hermione rimase lì. Ferma. Immobile. Poggiò
la testa sulla panca e la sbatte lievemente.
Che idiota!
Che idiota! Come potevo pensare che si fosse ripreso! Stupida Hermione! Stupida
Hermione! Stupida Hermione! Stupida Hermione!
Ad ogni stupida Hermione corrispondeva una
testata alla panca. Alla fine si rialzò e tornò seduta composta a guardare fuori
il lago che aveva già inglobato tutto il sole. Sospirò sonoramente abbassando
le spalle e la testa.
Vabbè. Ci ho
provato ed è andata così. Vedrò di parlargli ancora, magari domani. Sistemerò
la faccenda, non voglio perderlo come amico.
Rassegnata si alzò in piedi e si avvicinò al
camino. Su una poltrona era riposto un libro “La leggenda di Babbo Natale: le
verità su una storia millenaria”. Era una lettura come un’altra per distrarsi
un po’. Sollevò il librone e si sedette al suo posto nella poltrona. Lo poggiò
sulle sue gambe e iniziò a sfogliarlo. Il fuoco proiettava la sua ombra sul
pavimento.
*****
Ron aprì gli
occhi. Gli faceva male ovunque. Neanche gli allenamenti con Malfoy lo avevano
portato ad un dolore del genere. Come un lampo che attraversa il cielo si
ricordò tutto. Hermione. Girò la testa per vedere dov’era. Vedeva il castello
di Hogwarts alla sua destra e il terreno sotto di lui. Era sospeso a mezz’aria?
No, era di schiena sulla chioma di un albero. Alzò la testa per guardarsi
intorno. La sfera nera non occupava più il cielo. L’incubo era finito. O almeno
così sperava. Dolorante, si alzò del tutto appoggiato ad un ramo e guardò
attorno con maggior accuratezza. Nulla di strano o insolito. Solo Hogwarts. Ma
in giro non vide Hermione. E neanche quel “coso” mutaforma. Lentamente e
dolorosamente scese dall’albero e raggiunse il suolo. Si appoggiò al tronco e
cercò di curarsi alla buona le ferite e le contusioni. La spalla gli doleva
moltissimo. L’artigliata e la botta l’avevano resa inutilizzabile. La spalla
destra, almeno, funzionava perfettamente. Ed ora? Cosa doveva fare ora? Cercare
ancora Hermione? Dove? L’incubo era finito e non sapeva più che fare e…aspetta.
L’incubo era finito. Ma il sogno no. Si alzò in piedi di scatto. Ora Hermione
stava sognando. Sì, sognando. Bastava svegliarla. Era il sogno di Hermione,
ora, questo. Quindi era lei che decideva, ora. Dove poteva essere quella
secchiona di Hermione se…
”Biblioteca!” Ron quasi urlò e iniziòa correre verso il castello. Dietro di lui,
dalle acque del lago, uscì quella che sembrava una pozza di melma nera.
Raggiunta la riva prese forma rapidamente. Victor Krum comparve al suo posto e
vide il ragazzo correre zoppicando verso la scuola.
“E’ in biblioteca, dunque. Molto bene vedrò
di rimettere tutto a posto. Quel ragazzo mi ha causato un bel po’ di guai” Krum
cominciò a correre dietro a Ron. Lo raggiunse in un lampo e lo superò ancora
più rapidamente.
“Ma che…ancora tu?” disse Ron senza fiato.
“Sì. Salve ancora. Sei stato molto sciocco a
lanciare quell’incantesimo. Avrebbe potuto ucciderci entrambi. Ma per fortuna
non era così potente come sembrava. Complimenti, comunque” disse Krum senza
fiatone, con un sorriso e due occhi da marionetta stampati sulla faccia. Ron
aveva energia per pochi incantesimi, ancora. E neanche dei più potenti. Doveva
fare un accurata selezione per non sprecarne. Punto primo: arrivare prima del
“coso”. Sconfiggerlo avrebbe richiesto troppa energia. Si fermò e puntò la
bacchetta.
“Alipes” spiccò il volo e planò verso
la vetrata della biblioteca. Si appallottolò il più possibile parandosi il viso
con le braccia per non ferirsi con i cocci di vetro. Fracassò l’enorme finestra
e atterrò su un tavolo lì vicino. Una ventina di occhi lo puntarono e lo
squadrarono sorpresi. Lo vedevano? Ora lo vedevano? A questo non aveva pensato.
Così legata alle regole com’era, sicuramente anche nel sogno Hermione faceva
reagire tutti secondo leggi ben definite.
“Ma non è Weasley?” “Sì, è lui” “Ma è
impazzito o cosa?” “Ehi Ron sei grande! Hai visto che entrata?”
“Ronald Weasley che diavolo hai fatto?” il
cuore di Ron ebbe un sussulto. Hermione lo guardava con aria severa, mani
appoggiate sui fianchi e un piede che batteva furiosamente a terra. Ron scese
con un salto dal tavolo e raggiunse l’amica. L’aspetto era ancora quello di una
quindicenne, ma a lui non importava.
“La McGrannit ci toglierà cento punti per
questa tua performance! Ti rendi conto di quello che hai fatto? Non si può
volare nei pressi di Hogwarts per mezzo di scope o incantesimi! Tranne per il
Quidditch, naturalmente. E poi…” Ron la strinse a se, l’abbracciò forte che
quasi ebbe paura di stritolarla. La ragazza arrossì violentemente.
“Ron! Che fai, davanti a tutti…smettila mi
metti in imbarazzo” biascicò Hermione mentre il ragazzo la liberava dalla
stretta e la rimetteva a terra. Dagli altri studenti partirono fischi e
applausi ed anche qualche “Dacci dentro Weasley!”
“Che hai fatto Ron, sembri più alto e più
grande…sembri cresciuto” disse lei sorpresa.
“Dunque, la storia è un po’ complicata, ma
se va tutto bene te la spiego mentre ce ne andiamo”
“Andiamo? Dove scusa?”
“Via di qua il più presto possibile”
“Sei forse impazzito?” lo guardò con aria
sorpresa “Devo finire il tema di pozioni, e devo ancora iniziare una ricerca
per Rhuf, e poi…”
“Hermione questo è un sogno” disse Ron
mentre la trascinava verso la finestra distrutta.
“Eh? Ma sei uscito di zucca o cosa? E’ la
scusa più stupida che abbia mai sentito per non fare un tema! Ron non dire…”
Hermione si interruppe quando Ron la afferrò in vita e volò fuori dalla
finestra. Cacciò un grido acuto.
“Ron Weasley! Riportami subito giù!”
“Lo farei, ma quel coso ce la con te” ed
indicò la finestra da dove erano appena usciti. Lì Krum li fissava sotto gli
occhi attoniti dagli altri studenti.
“Ma…ma è Victor! Ron non fare come al
solito. Victor è un bravo ragazzo, e non se ne va in giro a spaccare vetri e
rapire ragazze”
“Non è Krum, è il tuo incubo” disse serio
Ron.
“Ecco! Sempre ad esagerare! Non posso fare
quello che mi pare? Io e lui non stiamo più insieme, ma siamo buoni amici. Non
è un incubo, come qualcun altro che conosco” e lanciò un occhiata a Ron.
“Non hai capito. Questo è un sogno e quello
non e Krum, e la immagine fisica del tuo incubo. La definizione migliore che ho
trovato finora è “cugino cattivo del molliccio” l’espressione di Ron era ancora
seria.
Hermione lo fissò un momento “Stai dicendo
sul serio? Ron questo è davvero un sogno? Anche tu allora non sei reale?”
“No, io sono entrato nel tuo sogno per
risvegliarti. Ero l’unico che sapeva più o meno cosa fare”
“E l’hai fatto per me?” chiese con una
vocina Hermione.
“Bhè…io…sì, l’ho fatto perché sei mia…amica”
Ron divenne rosso come i suoi capelli.
“Grazie” mormorò piano la ragazza “Ma se
questo è un sogno, perché non mi sveglio?” chiese, più decisa, Hermione. Ron
vide una radura nel bosco e ci atterrò dolcemente. Fece scendere Hermione e si
mise seduto per terra.
“Ora ti spiegherò tutto”
Iniziò a raccontarle di Hogwarts, di come i
mangiamorte erano arrivati, dalla misteriosa scomparsa di Voldemort come molti
anni prima, del suo risveglio, della sua famiglia, di Malfoy e Ginny ed infine
di Harry.
“Harry è…” gli occhi le si riempirono di
lacrime, il suo viso divenne rosso “non ci posso credere. Harry non può essere
morto! Lui è…Dio ti prego no!” iniziòa
piangere. Un pianto liberatorio. Strillò e si sfogò con Ron che la abbracciò
teneramente accarezzandole i capelli per consolarla. Passarono parecchi minuti
prima che si staccassero l’uno dall’altra. Hermione guardò il suo amico negli occhi.
“Ed ora cosa facciamo?” chiese con un filo
di voce.
“Non lo so” rispose lui “di solito eri tu a
risolvere queste situazioni” passarono altri minuti silenziosamente.
“Non hai detto che hai dovuto rivivere gli
attimi prima del coma per risvegliarti?” chiese lei “Potremmo riprovare con me”
“E’ un idea. Visto che non ce ne sono di
migliori, proviamo” Ron lanciò ancora l’incantesimo per volare e afferrò
Hermione per la vita. Insieme si diressero verso il castello. Senza farsi
notare entrarono da un terrazzo e raggiunsero la sala comune di Grifondoro. Era
vuota, tranne che per una ragazzo seduto di spalle che fissava il sole morire
nel lago.
“Harry” lo chiamò Ron appena entrato. Il
giovane Grifondoro si voltò e guardò Ron.
“Ascolta, Ron. Ci siamo lasciati di comune
accordo. Non l’ho fatto apposta! Abbiamo litigato, ma cercherò di
riappacificarmi con Ginny! Te lo prometto! Non picchiarmi ti prego!” lo
supplicò il ragazzo con la cicatrice. Ron sorrise alla reazione dell’amico.
Probabilmente l’avrebbe picchiato davvero. Ma in questo caso non era lì per
quello. E soprattutto era un sogno, non doveva dimenticarlo. Hermione si tastò
la fronte e strinse gli occhi.
“Tutto bene” gli chiese Ron.
La sua espressione tornò normale “Sì, mi è
venuta in mente ora una cosa. Vai fuori, per piacere”
“Come scusa?”
“Esci Ron. Fa parte del piano per rivivere
gli ultimi attimi” disse la ragazza. Ron annuì ed uscì dalla sala comune,
mentre Hermione si avvicinava a Harry e si sedeva accanto a lui. Attese qualche
minuto, pochi in realtà, poi Harry uscì dalla sala, visibilmente imbarazzato.
Era rosso come un peperone.
“Ron, non mi guardare così. Io non centro” e
corse via verso il basso. Ron, perplesso, entrò e vide la ragazza sulla
poltronaa leggere un librone.
“Ok Ron. Recita la tua parte e suggeriscimi
la mia, visto che non la so” Ron annuì ma un pensiero gli attanagliava il
cervello: lei si sarebbe ricordata tutto dopo il risveglio? Raggiunse la cima
della scale e cominciòa scendere verso
la ragazza.
“E’ vero che hai mollato Victor Krum?” e poi
sussurrò “Ron, non ho voglia di parlarne. Sì, ci siamo
lasciati, ma non è come sembra”
“Ron, non ho voglia di parlarne. Sì, ci
siamo lasciati, ma non è come sembra” disse incerta la ragazza.
“Hermione ma io…insomma la sai che mi piaci.
Non puoi non tenerne conto” ancora sussurrò la frase alla ragazza.
“Non centri con questa storia Ron! Tu non
puoi capire…va via ora, ti prego” la ragazza sembrava sempre più imbarazzata.
“No! Cristo non mi puoi trattare così! Io ti
amo Hermione” Ron quasi sospirò le ultime parole per l’emozione che sentiva.
“Cos…Ron, non dire scemenze solo per fare
scena, per piacere!” ora era rossa come un peperone. Non sapeva dove guardare
per l’imbarazzo.
“Io non faccio scena! Hermione io ti amo!”
ora Ron pareva più deciso. Aveva trovato coraggio. Si avvicinarono l’un
l’altro.
“Ora basta Ron Weasley!” anche lei si
avvicinò e con più voce urlò quest’ultima frase.
“Ehm… ora io…dovrei…b-baciarti” sussurrò Ron
alla ragazza.
“Cosa?…ah…e io cosa dovrei…fare?” chiese lei
sempre sussurrando.
“Dovresti…sì, insomma dovresti arretrare,
guardarmi sconvolta e colpirmi con uno schiaffo”
“Ah…d-d’accordo”
Ron avvicinò le labbra quelle della ragazza.
Sempre più vicino, sempre di più, sempre di più, ed infine la baciò. Fu
emozionante per entrambi. Rimasero uniti in quel bacio a lungo. Molto più tempo
di quello preventivato. Poi Hermione si staccò piano e guardò imbarazzata Ron.
“Wow…” fu l’unica cosa che il rosso riuscì a
dire.
“Già…” sospirò Hermione ancora incantata da
quell’incontro di labbra, più comunemente conosciuto come bacio.
“Ehm…Hermione? Lo schiaffo…” sussurrò Ron.
“Eh?…Ah, sì” disse lei e colpì il ragazzo
con una schiaffo, che parve più simile ad una dolce carezza. Ron suggerì la
nuova frase alla ragazza.
“Che diavolo hai fatto? Come ti sei
permesso? Come, oh…Ron vattene!” ripeté con un filo di voce lei.
“Scusa Hermione” concluse Ron e si avviò
verso le camere dei ragazzi.
La ragazza si accasciò al suolo e finse di
piangere, ma stava ancora pensando a quanto appena accaduto. Davvero Ron aveva
detto quelle cose a lei? E la sua reazione era stata quella di mandarlo al
diavolo? Non ci poteva credere, anche se, dopotutto, era un altro il ragazzo di
cui era innamorata…
Il cielo si fece nero. Hermione si alzò e
raggiunse le scale dove Ron era già sceso.
“Sta funzionando” disse entusiasta ad
Hermione. Insieme si diressero verso l’uscita dalla sala e li comparve la
figura, come l’altra volta. Ma questa volta non era la figura ammantata. Era
Krum.
“Bene, finalmente vi ho trovato. Non fai altro
che combinare guai tu” disse rivoltò a Ron “Cerchi ancora di salvarla. Non ti è
bastato rischiare la vita una volta? Sei veramente uno strano essere umano”
Hermione si voltò verso Ron. Rischiare la
vita? Questo non glielo aveva detto.
“Va al diavolo molliccio troppo cresciuto! Ignis
Telum!” le frecce centrarono il mutaforma che cominciò a bruciare.
“Ma guarda” disse sorpreso “sono più
instabile ora. Mi puoi danneggiare. Credo che questa sia la fine per me” disse
sempre con fermezza, come se fosse la cosa più ovvia “Ma la ragazza viene con
me” dal braccio di Krum si staccò una bolla nera che corse veloce verso
Hermione.
“Noooooo!” gridò Ron che, con un balzo, si
interpose fra il proiettile nero e la ragazza. Cadde a terra immobile mentre il
“mega molliccio” si liquefaceva davanti agli occhi di Hermione.
“Esseri umani…” biascicò con un ultimo
singulto Krum prima di sparire del tutto.
“Ron! Ti prego parlami! Stai bene?” Hermione
si chinò vicino a Ron che aprì debolmente gli occhi.
“Tieniti forte a
me…ora si ballerà un po’…” sospirò il ragazzo con poca voce. L’onda d’urto
arrivò e spazzò via tutto. I ragazzi volarono contro la vetrata che si frantumò
e li fece precipitare verso il lago.
*****
Ron aprì gli occhi. Era buio.
Sentiva freddo. Non ce l’aveva fatta. Sospirò debolmente e cominciò a
riflettere sul da farsi. Aspetta…ma dov’era? Tastò sopra di lui. Acciaio
freddo. Ai lati. Come sopra. Sotto di lui. Ancora l’acciaio. Era in un loculo
da obitorio!
Fantastico!
Uno muore per un po’, e per tutti sei già bello che andato.
Sentì dei rumori fuori. Una porta
che sbatteva. Qualcuno che urlava.
“Non può entrare qui! Signorina per
piacere si fermi…no, lasci stare i loculi!” Ron si sentì trascinare fuori come
su di un carrello. Si fermò di scatto. Il volto sorridente di Hermione era
sopra di lui e lo fissava con le lacrime agli occhi.
“Grazie…” mormorò lei prima di
abbracciarlo più forte che poté. Sulla porta Lupin, Silente, Draco e i signori
Granger fissavano sbalorditi e commentavano con frasi del tipo “Incredibile”
“La mia bambina è tornata” “Così si fa, Weasley”. Lupin si girò verso
l’inserviente dell’obitorio ancora sorpreso dal fatto di trovare un morto
ancora vivo.
“Può osservare un momento questa
bacchetta, per cortesia” gli disse indicando la sua bacchetta magica.
“Bentornata,
Hermione” fu l’unica cosa che Ron riuscì a dire.
10 capitoli per me posson
bastare….o no? Finito anche il decimo!!! Bello eh? A me è piaciuto molto ed è
anche più lungo del solito. Mi sto esprimendo troppo lo so. A proposito: io continuo
a scrivere se voi recensite!!! Non adagiatevi sugli allori, mi raccomando. Ci
tengo alle recensioni. Bene ed ora ringraziamenti: (Questa volta li elenco
tutti): Leona, Anja ( non ti preoccupare di commenti come i tuoi io farei
scorpacciate), Iceygaze (chissà se c’è ancora?), Mikan (vedrai che pian piano
tutti i personaggi salteranno fuori, nel bene e nel MALE), Amelie, Marzy (Harry
è morto, ma salta fuori ogni tanto), Angi, Kiak, Eli (poverina! Quante volte
hai dovuto scrivere il commento!), Firefly, Keijei (scusa di cosa? Non ti
preoccupare!), Luke Skywalker, Giuggy (come ho già detto anke se morto Harry
compare ogni tanto), Sunny (e come sentirsi dire da Giotto “hai fatto proprio
un bel cerchio”!!) e ultima ma non meno importante (sono andato in ordine di
apparizione) Kia (se è un sogno? Bho, forse si scoprirà…)
Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto
Finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto.
Hermione si era svegliata. La notizia della giovane strega ripresasi dal coma,
fece il giro del mondo dei maghi che subito ritrovarono la speranza per tutti i
ragazzi ancora addormentati. Prima fra tutti la signora Weasley, che sperava
nel risveglio di suo figlio George. Anche Fred era uscito dal suo “rifugio” ed
ora stava sempre accanto al fratello gemello. Una chiara vena di ottimismo si
fece strada in tutto il ministero. Tutto per merito di una persona. Ronald
Weasley, o più comunemente Ron. Neanche da dire l’orgoglio di Percy nei
confronti del fratello, anche se, come al solito, fu solo un’altra bella
notizia per sfamare le “iene dell’informazione”. Per farli sentire appagati per
un po’. Tutto sembrava andare per il meglio. Tutto sarebbe andato per il meglio
se…
*****
Draco Malfoy
quella sera tornò a casa in orario. Erano le otto in punto e lui era già a
casa. Ginny questa volta non l’avrebbe sgridato. Ogni sera arrivava sempre più
tardi. Erano discussioni infinite quelle che facevano sui suoi orari di lavoro.
Lei sosteneva che non era mai in casa, lui che non era colpa sua ma dei turni
massacranti che imponevano. Anche nel week-end, tecnicamente libero per Draco,
molte volte era costretto a andare in servizio per mancanza di personale, o per
cose che “solo lui può mettere in pratica”, come dicevano nel suo reparto. Ma
quella sera no. Era stata una grande giornata in cui Ron si era distinto per il
coraggio e l’abilità. I complimenti arrivarono sia sul ragazzo che su di lui,
dopotutto chi lo aveva addestrato? Sentiva aria di promozione, e sapeva quanto
la cosa facesse incazzare i suoi superiori, Holavson in particolare. Ma chi se
ne importava? Ora era dalla parte giusta del ponte. Nessuno poteva criticare il
suo lavoro dopo quello che aveva fatto. Anche se indirettamente. Tra due giorni
ci sarebbe stata la nomina ufficiale di Battlemage a Ron Weasley. Avrebbe
portato anche Ginny. Avrebbero parlato e avrebbero cercato di riappacificarsi.
Sì, era un ottimo piano per gettare le basi della fiducia che Ron non aveva
ancora nei confronti di Draco. Era proprio soddisfatto. Per la prima volta dopo
tanto tempo si sentiva bene. Non felice, ma sicuramente molto meglio del
solito.
Entrò in casa e
appese la sua giacca al gancio d’oro dietro la porta.
“Ginny! Sono a
casa” disse ad alta voce per farsi sentire. Nessuna risposta. Strano, di solito
non faceva in tempo a finire la frase che lei era già arrivata e lo baciava. Si
diresse in camera da letto pensando di trovarla addormentata. Ultimamente la
vedeva sempre più stanca. Le avrebbe chiesto se c’era qualche problema la sera
stessa. Si spogliò della divisa per una più comoda tuta in pile. Poco chic ma
dannatamente comoda, dopo una giornata in giacca e cravatta. Raggiunse la
cucina dove, finalmente, ebbe un conferma della sua presenza in quella casa.
Attaccato al frigo vi era un messaggio.
Sono andata a
fare compere. Stasera dobbiamo parlare. Ginny
Era fuori. Da
poco a quanto pare. I negozi erano o poco più di cinque minuti da casa se si
andava a piedi. Decise di mettersi avanti apparecchiando la tavola. Doveva
parlargli anche lei. Quella sera sarebbe stata una serata di discussioni,
allora. Draco se ne compiacque. Aveva voglia di passare un po’ di tempo con la
sua Ginny a parlare e giocare a fare gli innamorati. Sarebbe stato divertente.
Prese le posate
i le sistemò insieme a tutte le altre stoviglie sul tavolo. C’era troppo
silenzio. Alzò la bacchetta e colpì la radio sul frigo. Una musica ritmata
cominciò a suonare in tutta la cucina. Era quello che i babbani chiamavano rap.
Un genere strano, pensava Draco. Non che avesse molto senso: parole a raffica
senza troppo collegamento fra di loro, a volta anche banali. Ma non aveva
voglia di pensarci. Decise di farsi trasportare dal ritmo e cominciò a muoversi
al tempo della musica.
Aprì il
frigorifero per prendere le bevande, e solo allora notò un bloc-notes aperto
poggiato accanto alla radio. Afferrò le bottiglie con una mano sola, mentre con
l’altra prendeva il bloc-notes e con un piede chiudeva il frigorifero. Erano
appunti di Ginny. Aveva diviso una pagina a metà. Sopra ad ogni colonna stava
una lettera in stampatello e cerchiata. Una M a sinistra e una F a destra.
Sotto le lettere in ogni colonna, Ginny aveva riportato alcuni nomi. Draco si
sedette e cominciò a leggere.
Julian,
Ernest, Robert, Simon, George, William, Albert, e la lista continuava per
altre tre righe almeno. Sull’altra colonna la strana sequenza di nomi
continuava.
Sharon,
Tamara, Eve, Jennifer quest’ultimo era stato cancellato con una riga sopra Brenda,
Phoebe e via così sempre per qualche riga. Draco stappò una bottiglia di
birra e cominciò a berne un po’, mentre fissava ancora il foglio pieno di nomi.
Forse sta
organizzando una festa pensò Draco, ma allora perché dividere i nomi in due
gruppi? Forse alcuni erano da invitare ed altri no, ma allora perché aveva già
cancellato un nome dalla colonna di destra? Forse era indecisa su chi invitare
e allora li aveva divisi in gruppi. Sì, doveva essere così, anche se…a destra
erano solo uomini. E a sinistra donne. Che siano coppie? Ma perché le ha
divise? Non aveva molto senso…Alzò la bottiglia e ne bevve un lungo sorso. Era
indecisa se invitare gli amici maschi o le amiche femmine…indecisa…maschi e
femmine…questa sera deve parlare…
Draco sputò con
uno spruzzo il sorso di birra per aria. Un bambino! Ginny era incinta! Oddio,
non ne era sicuro, ma tutti gli indizi…è spesso stanca, il bloc-notes, deve
parlare di qualcosa…tre indizi. E tre indizi fanno una prova! Ginny incinta!
Ancora non ci poteva credere. Era contento, troppo contento. Ma anche
preoccupato. Non sapeva se era pronto per fare il padre. Non ci aveva mai
pensato. Anche perché con i trascorsi di padre avuti…Ma era troppo felice per
pensare alla sua vecchia famiglia. Ora la sua famiglia era Ginny. E fra qualche
mese anche qualcun altro. L’idea di vedere una piccola Ginny correre per casa
lo faceva divertire. O un piccolo Draco. O, perché no, entrambi. Con il tempo
si poteva pensare ad allargare ancora di più la famiglia.
Non correre
Draco. Devi ancora diventare papà per la prima volta!
Draco si costrinse a tornare in se. Si calmò
dall’entusiasmo e decise di far finta di nulla. Probabilmente lei ci teneva a
dirglielo di persona. Non voleva rovinare il suo piano. Ripose il bloc-notes
dov’era prima e cercò di prepararsi per recitare la sorpresa quando glielo
avrebbe detto. Non era ancora tornata. Erano già le otto e mezza. Draco
raggiunse la porta finestra che dava sul giardino e guardò in attesa di vederla
spuntare in fondo alla strada. Si era alzato un po’ di vento. Parecchio vento,
a dir la verità. I panni, attaccati allo stendibiancheria, volavano qua e là
seguendo l’intensità del vento. Lo stendibiancheria? Perché aveva lasciato i
panni fuori ad asciugare fino a quell’ora? Il sole tramontava alle cinque,
massimo cinque e mezza d’inverno e non…Cinque e mezza? Una spada gelida gli
attraversò il petto. Da quanto tempo era fuori Ginny? Si maledisse per la sua
cecità. Corse verso la porta, la spalancò e, senza fermarsi, si diresse in
fretta verso i negozi in fondo alla strada. Raggiunse quello degli alimentari
quando il proprietario stava chiudendo tutto con un incantesimo di sigillo.
“Signor Backer,
aspetti la prego” ansimò Draco per attirare l’attenzione dell’uomo.
“Oh, signor
Malfoy. E’ un po’ tardi per far compere. Mi spiace passi domani” disse l’uomo
sorridendo.
“No, non devo
prendere nulla. Ginny, ha visto Ginny oggi?” chiese speranzoso di non sa quale
risposta.
“La signorina
Ginny? Sì è passata” rispose l’uomo sforzandosi di ricordare la ragazza.
“E verso che ora
se lo ricorda?”
“Dunque…saranno
state le…quattro. Quattro e mezza al massimo”
A Draco mancò la
terra sotto i piedi. Era scomparsa da quattro ore. E non sapeva dove cercarla.
“Si sente bene?”
domandò il signor Backer con espressione accigliata.
“Che strada fa
Ginny per tornare a casa?” chiese Draco con un filo di voce.
“Di solito passa
dal parco. E’ più lunga, ma ama girare fra gli alberi quando ha un po’ di
tempo” non fece in tempo a finire la frase che Draco riprese a correre verso il
parco. Più correva e più pensava. Più pensava e più la peggiore delle ipotesi
si faceva strada nel suo cuore. Lo vide. Vide un fagotto steso a terra vicino
ad un albero. Si avvicinò e il fagotto assunse un aspetto più umano.
No, ti prego no. Dio ti prego
fa che non sia lei…
Si avvicinò di
più. Il corpo era sottile e magro nascosto da quegli stracci. Di fianco al
corpo vi era una sporta, caduta accidentalmente a terra. Lo capiva dalle uova
rotte sul marciapiede lì accanto. Si avvicinò ancora, ormai era accanto al
mucchio di stracci quando sentì una bacchetta premergli sul collo.
“Ma guarda come
è piccolo il mondo! Tu devi essere quell’ingrato traditore di Draco Malfoy.
Figlio del grande mangiamorte Lucius. Ho indovinato?” chiese gracchiando una
voce alle sue spalle.
“Che ne dici di
girarti lentamente e con le mani bene in vista?” chiese la voce. Draco alzò le
braccia e prese a girarsi piano finché non vide in faccia il suo “nemico”. Un
uomo dai lineamenti marcati gli puntava la bacchetta contro. Non era vecchio,
probabilmente l’abuso di magia lo aveva ridotto così. I suoi denti gialli si
aprirono in un ghigno spietato.
“Il padrone sarà
molto contento di avere Draco Malfoy, traditore al servizio del ministero, fra
suoi prigionieri” il mangiamorte lo colpì con un incantesimo. Draco crollò al
suolo. L’ultima cosa che vide furono gli stracci, ancora sparsi per coprire un
corpo ormai senza vita.
*****
Il mangiamorte
volò per aria e andò a sbattere contro il muro. Cadde a terra, lamentandosi per
il dolore. L’ombra gli fu subito addosso. Lo prese per la collottola e lo
sollevò di peso. Il suo sguardo prometteva solo una cosa. Morte.
“Parla stupido, prima che ti trapani quel poco cervello
che hai!” gridò l’ombra fissandolo intensamente. Il mangiamorte tremò e si
riparò con le mani da quello sguardo omicida. Singhiozzava come un bambino
appena caduto dalla bicicletta.
“Io…non lo so,
davvero! Non so dove sia…è nascosto non si fa vedere da tutti. A volte parla
soltanto con poche persone…ti prego lasciami…” lo supplicò il mago oscuro
agitandosi nella sua stretta.
“Vuoi farmi
credere che NON sai nulla? Eh? Come posso crederti? Non mi lasci altra scelta…”
non ne fu sicuro, ma gli sembrò, per un attimo, di vedere sorridere l’ombra, da
sotto il cappuccio che gli nascondeva il volto. Trascinò, sospeso a mezz’aria,
il mangiamorte fina alla finestra più vicina. Glielo spinse contro, rompendo il
vetro e lasciandolo penzolare nel vuoto. La pioggia scendeva abbondante e
presto il mago oscuro fu bagnato dalla testa ai piedi. I lampi illuminavano la
notte nera come il cielo, mentre i tuoni suonavano un lugubre requiem in onore
della sua morte.
“Assapora gli
ultimi momenti della vita, perché fra un po’ non saprai più cosa sia” urlò
sopra i tuoni l’ombra, preparandosi a lasciare la sua preda.
“No! Ti prego,
mio signore! Potrei aiutarti! Sì, invece di uccidermi, potrei spiare per tuo
conto gli altri e portarti informazioni preziose…ti prego mio lord non lasciarmi”
le lacrime di disperazione dell’uomo si confondevano con la pioggia che gli
bagnava il viso.
L’ombra smise di
sorridere e pensò alle parole che aveva appena udito. Una spia. Era un’idea
niente male, strano che non gli fosse venuta in mente prima. Trascinò dentro la
stanza il mangiamorte e lo sbatté a terra con violenza. Quello cominciò a
respirare affannosamente e a tastarsi il collo, poi si mise sulle ginocchia e
si avvicinò ai piedi dell’ombra.
“Grazie mio
signore. Grazie!” disse fra le lacrime, spaventato, mentre gli baciava i piedi
in segno di rispetto. Con un calcio l’ombra lo spedì gambe all’aria.
“Non toccarmi,
feccia traditrice. Hai appena condannato i tuoi compagni per avere salva la
vita. Se fossi io il tuo capo ti eliminerei all’istante” il cappuccio si voltò
a fissare il mago bagnato. Anche se non lo si vedeva, era chiaro il disprezzo
che l’ombra provava per quell’essere. Si avvicinò a lui e lo alzò in piedi con
forza.
“Dimmi il tuo
nome, feccia”
“Io…io sono
Gaherl, signore. Per servirvi” e concluse la presentazione con un inchino.
L’ombra allungò una mano verso la faccia di Gaherl. Si spaventò. Non per la
mano che sia avvicinava, ma per la mano stessa. Era lucida, artificiale.
Probabilmente di un qualche metallo. Neanche forgiata troppo bene. Doveva
essere stata un protesi provvisoria, ma mai più cambiata con una definitiva.
Quella mano finta gli strappò una ciocca di capelli. Gaherl sussultò quando i
capelli si staccarono di netto.
“Questa” disse
con voce fredda l’ombra indicando la ciocca con la bacchetta “è una piccola
assicurazione della tua completa fedeltà. Funis Anima” recitò e i
capelli appena strappati si intrecciarono a formare una corda di colore dorato.
Subito dopo afferrò una mano del suo nuovo schiavo e gliela ferì con un pugnale
estratto con una tale rapidità che Gaherl non si accorse di nulla.
“Ah!….Ahhh, mio
signore, perché?” chiese l’uomo tutto tremante dal freddo e dalla paura.
L’ombra fece cadere qualche goccia di sangue sul feticcio di capelli e quello
prese a brillare di un verde intenso.
“Perché” iniziò
a dire mentre riponeva fra le pieghe della tunica la treccia di capelli “se
tenterai di tradirmi io spezzerò questo feticcio, e tu morirai all’istante”
Beccato. Era
proprio quella l’intenzione di Gaherl. Salvarsi la vita e dire tutto ai suoi
compagni appena tornato. Ma ora non poteva più farlo. Aveva le mani legate. Si
poteva dire che la sua vita era appesa ad un filo. Anche se, in realtà, erano
capelli. Decise di cambiare tattica. Avrebbe aiutato quell’essere piuttosto che
morire. Poi, se la sarebbe cavata in qualche modo. L’importante era uscirne
vivi.
“Ora” disse
l’ombra sedendosi su di una poltrona lì vicino “discuteremo del tuo compito”
*****
Draco aprì gli occhi di soprassalto. Un tuono più forte
degli altri lo aveva svegliato dal suo sonno. I muscoli delle braccia gli
dolevano terribilmente. Ma dov’era? Una stanza molto piccola e fredda di
mattoni a vista. Una segreta. Una prigione. Una piccola finestrella con delle
sbarre lasciava intravedere l’esterno, dove l’acqua cadeva rumorosamente dal
cielo ed entrava poco a poco nella stanza. Si sarebbe anche avvicinato per
guardare fuori, ma due catene lo tenevano bloccato al muro, ma, per fortuna,
non sospeso a mezz’aria come un salame a stagionare. Si ricordò di essere stato
assalito da un mangiamorte. Ginny! Dio come aveva potuto dimenticare la sua
Ginny! Aveva ancora davanti agli occhi il fagotto con il suo corpo immobile
poggiato vicino all’albero. La spesa sparsa a terra. L’avrebbero pagata.
L’avrebbero pagata tutti. Se prima Draco era arrabbiato con i maghi oscuri, ora
era veramente incazzato! E voleva solo una cosa. Vendetta. Una sanguinaria e
violenta vendetta per la sua Ginny e …Cristo il bambino…Anche il figlio che
aspettava era…
Draco tirò un
calcio contro al muro, meglio che poté data la sua posizione. Lanciò un urlo
digrignando i denti. Aveva freddo. Addosso aveva solo i pantaloni e le scarpe.
A terra stava la parte di sopra ella sua tuta. Probabilmente l’avevano tolta
per prendere la bacchetta. E non avevano certo pensato che avesse freddo.
D’un tratto la
porta si spalancò ed un uomo entrò nella cella. Era alto, dovette chinarsi per
non sbattere la testa nello stipite della porta. I suoi capelli color platino
erano lunghi, ed erano pettinati per rimanere dietro la nuca. Un lampo. Draco
per un momento vide il suo volto. Troppo poco per capire chi fosse. Ma non gli
sfuggì una cicatrice poco sopra l’occhio destro. L’uomo avanzò zoppicando e
raggiunse il prigioniero, si fermò ad osservarlo un lungo momento.
“E’ un piacere
rivederti, figliolo” Lucius Malfoy lo salutò con un inchino. Suo padre. Davanti
a lui c’era suo padre. Non l’aveva più visto per anni, ma a quanto pare non era
uscito neanche lui indenne dalla loro lotta prima di abbandonarsi.
“E’ stata una
sorpresa vedere tornare Jail con te sulle spalle, come prigioniero. Due
piccioni con una fava” sorrise divertito Lucius, e si girò facendo comparire
una sedia con un colpo di bacchetta.
“Ti farò pagare
anche questa, bastardo! Vendicherò Ginny con la tua morte, questa volta!” urlò
Draco tirando le catene in direzione del padre. Lucius si voltò e osservò con
occhi spalancati il figlio.
“Già…sarò
curioso di vedere come. Non che non creda alle tue potenzialità, figliolo, ma
vedi” sorrise debolmente mentre estraeva da sotto la veste la bacchetta di
Draco “la tua attuale posizione mi spinge a pensare che le tue possibilità, ora
come ora, siano piuttosto basse” Lucius si sedette sulla sedia.
“Ma non ti
preoccupare, figliolo” continuò “avrai la tua parte in questa storia.
Dopotutto, ci vuole qualcuno che tradisca il ministero, e chi può farlo meglio
se non Draco Malfoy, figlio del grande mangiamorte Lucius Malfoy”
“La maledizione
Imperio non funziona con me, te lo ricorderai, vero?” disse pungente
Draco fissando la cicatrice che sfigurava il volto del padre.
“E tu credi che
esista solo la maledizione Imperio per poterti obbligare a fare quello che
vuoi? Se sempre stato troppo chiuso di mentalità, caro Draco. Esistono altri
metodi”
“Al ministero
controlleranno. Fanno sempre dei controlli per vedere se qualcuno è sotto
l’influsso di un incantesimo e quale. Non passerete i controlli del ministero,
mi bloccheranno e mi aiuteranno” disse Draco con aria di sfida.
“Può darsi di
sì, o…anche di no. Chi lo sa? Se sei tanto convinto, qual è il tuo problema?
Alla fine, secondo quel che dici, l’avrai vinta tu. Non ti preoccupare, allora”
Malfoy padre si alzò e si avvicinò all’uscita.
“Aspetto con
ansia la tua vendetta” disse girato di spalle mentre usciva dalla prigione. La
sua voce trapanò il cervello di Draco. Aveva ragione, come avrebbe potuto
liberarsi da lì senza aiuto? Era nei guai. Guai seri. E avrebbero corso seri
rischi anche i ragazzi al ministero. Doveva andarsene quanto prima. La porta si
richiuse con un tonfo sordo, lasciando Draco ancora solo con la sua
frustrazione.
*****
Ron era agitato.
Aveva affrontato mostri terribili. Aveva subito allenamenti durissimi con
Malfoy. Aveva visto la morte in faccia per non sa neanche quante volte. Ma era
comunque agitato. Stava per fare qualcosa che non aveva mai fatto in vita sua.
Il primo appuntamento. Con la ragazza che amava, Hermione. Aveva passato tutto
il pomeriggio a cambiarsi d’abito, a pettinare la sua chioma che non voleva
saperne di stare come decideva, a preparare la serata e, soprattutto, a
fantasticare sulla sua bella Hermione. Molly, ora a casa da quando Ron si era
svegliato e Fred era uscito dalla sua camera per stare in ospedale, guardava
divertita e con un pizzico di emozione suo figlio tanto indaffarato a
prepararsi e a correre su e giù per casa come se non avesse pace. Ma la verità
è che Ron, in effetti, non aveva pace. Pensava continuamente a quello che
avrebbe detto o fatto quella sera. E come lei avrebbe reagito. Ormai lei sapeva
che la amava, quindi il più era già stato fatto. Ora bastava dimostrarlo, già
fosse semplice. Ma il suo piano era perfetto, non poteva fallire. Verso le
sette finì di prepararsi (Questi capelli, però non mi convincono…) e
uscì di casa rasato, profumato e con un mazzo di fiori azzurri in mano. Il suo
colore preferito. Non rose, però. Erano banali, e potevano essere fraintese.
Fiori comuni, Ron non sapeva neanche che tipo di piante fossero. Ma era
importante? No di certo. Guidò la nuova macchina comprata, e incantata, da suo
padre fino a Londra e raggiunse la villetta di Hermione. Non era mai stato a
casa sua. Proprio un bel posto. Il viale alberato fuori casa dava a tutta la
zona un’atmosfera magica. I lampioni in stile ottocentesco mantenevano
quell’aria nobile alla strada, nonostante l’abbondare di antenne e parabole sui
tetti delle villette. Si diresse verso la porta dei Granger, non fece in tempo
a suonare che la madre di Hermione aprì la porta.
“Ciao Ron. Entra
pure. Ti ho visto arrivare dalla finestra” chiuse la porta alle sue spalle,
dopo che il ragazzo entrò “come siamo eleganti stasera. Vuoi far colpo su
qualcuno?” chiese con finta curiosità ed un poco di malizia al ragazzo.
“Eh? Bhè ecco,
no, cioè sì…però sa com’è…” rispose nervosamente Ron.
“Stai
tranquillo, Hermione è tutto il giorno che gira per casa a prepararsi. Adesso è
su, te la vado a chiamare” la signora Granger sparì al piano di sopra. Hermione
era agitata? Anche lei? Wow, forse poteva davvero essere una gran serata
quella. Ron attese con calma… no, non con calma, era agitato come non mai, che
Hermione scendesse ed infine, vederla spuntare sulla cima delle scale, valse
tutta l’attesa. Non poteva definirla una ragazza, quella era un angelo. Banale
forse da pensare, ma Ron non poteva collegare quella splendida fanciulla al
mondo terreno. Doveva per forza essere un angelo. Indossava uno splendido abito
da sera color crema pallido. Le lasciava scoperta la schiena e le spalle e
faceva vedere tutte le sue forme ben definite. Dal bordo della gonna, che
arrivava fino ai piedi, salivano ai guanti dei veli, intonati con l’abito, che
rendevano quella ragazza la cosa migliore capitata a Ron fino ad ora. I capelli
erano raccolti e fermati con una spilla, due corti boccoli le scendevano ai
lati del viso fino all’orecchio. Al collo la collanina che aveva ricevuto come
regalo di natale il quarto anno di scuola. Ron ricordava ancora la sua gioia
alla vista di quel regalo. Glielo aveva fatto lui. Un trucco leggero concludeva
quella visione a cui Ron si doveva ancora abituare. Infatti, Hermione scese le scale
e raggiunse il ragazzo ancora imbambolato a fissarla con i fiori in mano.
“Ciao, Ron.
Quelli sono per me?” chiese retoricamente lei.
“Ah? Eh…sì,
sono…un pensiero,…eeeeh, sì sono per te” rispose confuso Ron, che ancora la
fissava incantato. Hermione li prese e ringraziò afferrò la borsetta e si
infilò la giacca. Ron ancora non si era mosso.
“Ron…mi
spaventi. Stai bene? Se vuoi rimandiamo” a quelle parole Ron sembro ridestarsi
dal suo lungo imbambolamento.
“No!” quasi
gridò “Cioè, non importa. Sto bene, ero solo un po’…confuso, ecco” e aprì la
porta alla ragazza facendole strada verso la macchina. In quel momento fu
contento di aver fatto schiantare la vecchia Ford sul platano
picchiatore. L’Opel Tigra era molto più adatta a quel genere di
occasione. Con le modifiche del signor Weasley, dopotutto, portava più di un
furgone da trasporto. Salirono in macchina e raggiunsero il ristorante babbano
che Ron aveva prenotato. Tutto filò liscio e si sedettero ad un tavolo vicino
ad una finestra che dava sul Tamigi. Ordinarono con calma, senza fretta, ed
iniziarono a parlare fra di loro.
“E’ veramente
bello questo posto, Ron” disse lei con un sorriso “molto accogliente e intimo”
“T-ti piace
davvero? Sono contento. Non sono un grande conoscitore di ristoranti babbani.
Questo lo conosco perché…bhè insomma è quello dove i miei genitori si sono
…f-fidanzati…”
“Oh! Che cosa
romantica!” disse Hermione entusiasta “E tu sai come è andata?”
“Eh? S-sì,
certo…mio padre ha preso la mano di mia madre” intanto Ron afferrò dolcemente
la mano di Hermione sul tavolo “e l’ha guardata negli occhi…”
Uno sguardo
intenso si accese fra i due.
Ron la fissava
come se non l’avesse mai vista prima d’ora, come se fosse il tesoro più
prezioso del mondo e non avesse il coraggio di prenderlo tutto per se.
Hermione lo
guardò con occhi dolci, fissando quel ragazzo dalla chioma rossa che non aveva
mai visto realmente per quel che era.
“E…?” chiese lei
con un sussurro.
“E poi …lui
accarezzo la sua mano e le disse “Guarda, il Tamigi stasera è più bello del
solito. Deve essere perché fa specchiare una così bella ragazza sulle sue
acque”…poi afferrò la bacchetta e…” Ron estrasse la bacchetta, senza farsi
notare dai presenti in sala. La puntò sulla superficie del fiume dove si
specchiavano entrambi e l’agitò lievemente. Le stelle che si riflettevano
sull’acqua scura cominciarono a muoversi fino a cerchiare l’immagine di
Hermione che pareva ancora più bella circondata dagli astri luminosi. Piano,
poi, le stelle si allontanarono da lei per formare una scritta sul pelo
dell’acqua Ti amo mia dolce Hermione. Hermione fissava allibita quello
spettacolo di luci sul fiume, poi tornò a fissare Ron davanti a lei. Era
visibilmente imbarazzato per quello che aveva appena fatto e la fissava come
poco prima, mentre lei cominciava a prendere colore per la situazione venutasi
a creare.
“E…e tu?” chiese
con poco più di un sussurro Ron.
“Io?…Io…io
credo, credo che…sì?” rispose lei imbarazzata.
Hermione fissava
le loro mani che erano ancora unite in un gioco di carezze reciproche. Ron mise
la mano sotto il mento della giovane e lo sollevò finché i loro sguardi non si
incontrarono. Le fissò i profondi occhi color nocciola mentre, lentamente, si avvicinava
a lei. Hermione, per quanto possibile, si avvicinava ancora più lentamente,
come se fosse timorosa di qualcosa. Con la mano libera scansò un fiore pendente
dal vaso sul tavolo che divideva i loro corpi. I loro volti. Le loro bocche. Chiusero
gli occhi entrambi. Le loro labbra si unirono, timidamente, e si allontanarono
subito. Ancora si avvicinarono per incontrarsi ancora, questa volta per più
tempo. Come calamitate, ancora una volta, si baciarono senza esitare, per poi prendere
ancora distanza. Finalmente, meno timorosi, piegarono entrambi la testa di lato
e aprirono le loro labbra durante quell’ultimo bacio. Le loro lingue
cominciarono un gioco di esplorazione reciproca, trattenendosi per più o meno
tempo nella bocca dell’altro. Dopo un tempo che ad entrambi sembrò troppo
breve, si divisero e riaprirono gli occhi osservandosi a vicenda.
“Wow…” biascicò
Ron senza fiato.
“Già…” rispose
lei incantata del suo sguardo.
Non erano più
imbarazzati, ora. Erano innamorati. I clienti del locale guardavano i due
giovani con espressioni scandalizzate, ma anche divertite nel vedere due
giovani innamorarsi.
Dopo cena fecero
una romantica passeggiata lungo il fiume, abbracciati l’un l’altra come una
cosa sola. Passarono attraverso il parco e raggiunsero l’automobile
parcheggiata lì vicino. Ron la riaccompagnò a casa in orario, come prestabilito
con il signor Granger (“Mi raccomando Ron, a mezzanotte in punto”), e si salutarono
come, ormai da quella sera, era diventata abitudine consolidata. Un bacio.
Hermione entrò in casa e Ron si allontanò in macchina. Attivò il turbo invisibile
e spiccò il volo alzandosi fino a sfiorare ne nuvole. D’un tratto la macchina
picchiò verso il suolo e passò rasente ai campi ed ai prati, come impazzita.
Quella notte, gli abitanti di quelle zone, non videro nulla, ma sentirono solo
un grido.
“Hermione
ti amo! Wooohoooooo!”
11 capitoli! Ho sbaragliato la decade! Sono un figo, lo so…ma
lasciamo perdere i viaggi di un pazzo e vediamo di commentare i commenti (si lo
so che è stupido, ma dovrò lavorare anch’io, no?): Sunny carissima, so che sono
un po’ scemo a commenti finali, ma cerca di capirmi, avevo 38 di febbre…; Eli e
Kia, come vedete un po’ di positivo c’è anche in questo capitolo. Me la
togliete una curiosità, siete sorelle?; Ice Ice Ice, quanto tempo! E’ bello
risentirti. Ho appeso al muro il titolo di “Lord di Bastardisia de Bastardibus”,
la mia mamma è così orgogliosa!; Mikan, non faccio soffrire i personaggi! E’
solo che se io ho una vita di schifo, perché gli altri no? Hai un debole per
Draco o e una mia idea?; Ron, ti ringrazio! Sappi che io nella tua Fic mi ci
specchio benissimo, per quello ho detto che è intensa! Problemi con le ragazze?
No preoccuparti! Siamo in due…-_-“; Keijei, piaciuta la versione sborona di
Ron? Non ti preoccupare per Ginny…anzi no, preoccupati anche se i morti tali
restano…di solito…?
Vabbuò gente io scrivo come un matto e voi RECENSITE
RECENSITE RECENSITE!
Lupin stava finendo di leggere una pila di rapporti che, a suo parere,
sembravano non terminare mai
Lupin stava
finendo di leggere una pila di rapporti che, a suo parere, sembravano non
terminare mai. Con la domenica sembravano essersi moltiplicati sulla sua
scrivania. Normalmente lavorava anche di domenica, ma era stata piena quella
sera. Gli davano sempre tutta la giornata per stare a riposo quando la sera
avrebbe dovuto…trasformarsi. Non che gli dispiacesse, anzi, però i suoi altri
colleghi non badavano molto al fatto che lui ci fosse o meno. Loro
ammucchiavano documenti e fogli sulla sua scrivania, attendendo il suo ritorno.
Non potevano sapere che, in realtà, quel giorno al mese in cui non veniva a
lavorare al ministero non era per sua volontà. La licantropia era proprio una
maledizione. Ma c’era ben poco da fare. Non era ancora stato scoperto un modo
per annullarla. Esistevano delle complesse pozioni per rallentarla e
diminuirla, ma il dolore che si provava in quei giorni, era comunque fuori
dalla norma. Era come sentire una creatura nascere in te. Che spingeva sul
petto, in testa. Che non ti permetteva di pensare, di reagire alla situazione.
E poi la creatura prendeva il sopravvento. Il tuo ego veniva preso e nascosto
nelle profondità del tuo corpo materiale, mentre la bestia prendeva possesso
del corpo e lo usava come meglio credeva. Era terribile. Terribile svegliarsi
al mattino, nudi, in mezzo ai boschi, lontano da tutto. Già, perché non poteva
certo stare in città o vicino ai centri abitati, l’istinto del predatore
avrebbe avuto il sopravvento. Grazie a Dio Albus Silente, che già lo aveva
aiutato con la sua maledizione quando frequentava Hogwarts, lo aiutava ancora
adesso. Era lui che lo andava a riprendere, ovunque fosse, la mattina seguente.
Era lui che custodiva il segreto assieme a pochi altri. Ne aveva parlato con il
ministro della magia, e lo aveva convinto a fidarsi di Lupin nonostante la sua
maledizione. Percy aveva sempre avuto molto rispetto e fiducia nei confronti di
Silente, e se lui gli assicurava che non era un pericolo, non avrebbe potuto
che fidarsi ciecamente.
Finì di ammucchiare
i fogli e si alzò in piedi per sgranchirsi un po’ le gambe. Guardò l’ora. Le
nove e un quarto. Aveva fatto più in fretta del previsto. Decise di concedersi
un caffè prima di andare a vedere come procedeva l’analisi dell’Elaboratore
Spirituale. Doveva anche passare in biblioteca. Altri studiosi stavano cercando
di scoprire vie più sicure per risvegliare i ragazzi in coma. Quella che aveva
usato Ron era una strada, ma se ogni volta si sarebbero dovuti affrontare gli
incubi peggiori di ognuno di noi, la cosa poteva complicarsi notevolmente.
Purtroppo non aveva assistito alla cerimonia d’investitura di Ron a Battlemage,
ma era più che sicuro che ci fosse così tanta gente ad ammirare “l’eroe dei
sogni”, come lo avevano chiamato sulla Gazzetta del Profeta, che il fatto che
ci fosse o meno, non si sarebbe nemmeno notato. Infatti fu così, almeno da
parte dei giornalisti.
Raggiunse le
scale che portavano al piano di sotto, quando vide salire proprio il giovane
eroe, tirato a lucido nella sua nuova divisa.
“Ron!” lo salutò
Lupin appena lo vide.
“Professor
Lupin! Vedo che sta bene, ieri era piena…” disse il ragazzo lasciando intendere
a Remus di che parlasse.
“Già… mi spiace
di non aver potuto assistere alla cerimonia di investitura. Mi sarebbe piaciuto
vederla”
“Non si
preoccupi, nulla di eclatante dal, mio punto di vista” disse Ron con un sorriso
a trentadue denti “la festa vera e propria la terremo fra due giorni
alla Tana. Mamma ha voluto organizzare una cena di “bentornata” a Hermione. Naturalmente
è invitato anche lei professore, e…pensavo di chiederlo anche a Ginny e Malfoy”
Lupin spalancò
gli occhi dalla sorpresa. Era un cedimento? Ron si era arreso all’evidenza e
voleva “comprendere” sua sorella? Troppo bello per essere vero. Decise di
indagare di più sulla faccenda.
“Vieni Ron, ti
offro un caffè” disse sorridente Lupin, mentre scendeva qualche gradino per
affiancarsi al ragazzo.
“Bhè,
veramente…sa mia madre, lei cucina come una matta…ma sì, lo prendo volentieri
comunque. Grazie” e insieme raggiunsero il piano terra dove stava una bella
caffetteria stile primi dell’ottocento. Si sedettero ad un tavolo ed ordinarono
due tazze di caffè ad una giovane cameriera vestita come se fosse appena uscita
da un film degli anni settanta, come Greese o La febbre del sabato
sera.
“E così” disse
Remus dopo che la cameriera si fu allontanata “vuoi chiamare anche Draco alla
festicciola famigliare?” sottolineò molto quest’ultima parola.
“Pensavo di sì,
anche perché così Ginny potrà tornare un po’ di tempo alla Tana. Che Malfoy
venga o meno non farà molta differenza” disse queste ultime parole recitando un
tono di indifferenza assoluta. A Lupin non sfuggì il modo in cui ne aveva
parlato. Sorrise fra se e se. Molto bene. Ron stava cominciando a vedere Draco da
un altro punto di vista. Chissà che la famiglia Weasley al completo non
cambiasse idea sul biondino più sfortunato del secolo?Arrivarono i caffè e Ron ne bevve un sorso.
Poggiò la tazza sul tavolino di marmo ed alzò lo sguardo fissando un punto alle
spalle di Lupin.
“Parli del
diavolo…” iniziò a dire piano rivolto al professore che stava ancora
sorseggiando il caffè. Draco stava percorrendo l’affollato corridoio, ma fu
impossibile non notarlo. I suoi capelli biondo platino e la sua cicatrice lo
avrebbero distinto in mezzo a qualsiasi cosa.
“Draco! Ehi
Draco. Vieni qua, ti offro qualcosa” lo chiamò Lupin alzando un braccio ed
agitandolo per farsi notare. Draco si bloccò in mezzo alla calca di persone che
camminavano avanti e indietro. Si girò con uno scatto e raggiunse il tavolo dei
due.
“Salve Remus
Lupin. Salve anche a te Ron Weasley. State bene?” disse il biondino sorridendo
quasi meccanicamente e sedendosi al tavolo con loro.
“Ciao Draco
Malfoy. La tua vita ti sorride?” chiese imitando il tono burocratico del
ragazzo, prendendolo un po’ in giro. Ron sorrise, ma guardò il pavimento per
non farsi vedere. Draco sbatté gli occhi più volte come a svegliarsi e poi
fisso ancora Lupin con un espressione più umana.
“Scusami, Remus.
Ho avuto qualche problema questo week-end. Sono solo un po’ stanco” disse il
ragazzo sfregiato. Ron alzò gli occhi e lo guardò con aria pensierosa.
Problemi? Che problemi? Non era neanche venuto alla sua investitura! Sperava
che non ci fossero stati guai con Ginny. Se solo tentava di farla soffrire lo
avrebbe…
“Allora Ron, non
devi dire qualcosa al nostro Draco?” Lupin svegliò Ron dai suoi pensieri e la
sua espressione tornò più normale, anche se molto dura mentre fissava il suo
maestro.
“Sì, mi chiedevo
se Ginny, ed anche tu se non se impegnato altrove, foste disposti a partecipare
ad una festa di in onore di Hermione. Sarà alla Tana fra un paio di giorni,
verso le sette di sera”
“Io…credo di sì,
ma dovrò parlarne con la ragazza…con Ginny, intendo” rispose incerto Malfoy.
“D’accordo…fammi
sapere qualcosa, allora” Lupin guardo il suo orologio. Le nove e mezza.
“Caspita
ragazzi! E’ tardi, dobbiamo ancora presentarci al controllo settimanale.
Speriamo di arrivare in tempo” Lupi si alzò e gli altri due lo seguirono
immediatamente.
“Controllo
settimanale? Che roba è?” chiese perplesso Ron alle spalle di un Lupin
veramente rapido. Schivava le perone come il migliore sciatore, facendo strada
ai due ragazzi.
“Un esame magico
per controllare che non ci siano incantesimi attivi su chi lavora qui al
ministero. Serve per precauzione nel caso di incantesimi di charme o
roba più potente come la maledizione Imperio. Se qualcuno agisse sotto il
controllo dei mangiamorte e lavorasse qua dentro, sarebbe una spia coi fiocchi.
Involontaria ma perfetta. Mi capisci, vero?” Ron annuì. Erano veramente rigidi
per la sicurezza lì al ministero. Meglio molto controllo e severità, che il
contrario. Soprattutto con la gente che gira per questi posti. Il pensiero
corse inesorabilmente al ragazzo che lo seguiva subito dietro. No. Doveva
smetterla di pensare sempre male. Ginny aveva ragione. Non poteva fare di tutta
l’erba un fascio e bruciarla così com’era. Doveva controllare se fra quell’erba
non ci fosse ancora qualche germoglio, capace di ricrescere, se trattato adeguatamente.
Doveva credere nella buona fede di Draco. Semplice a dirsi, ma a farsi.
Il terzetto
raggiunse la salo di controllo a tempo ormai quasi scaduto. Una ragazza stava
già chiudendo la porta.
“Priscilla!
Priscilla, aspetta…” Lupin ansimava per la corsa fatta.
“Remus Lupin.
Non ti smentisci mai. Mi spiace ma questa volta dovrai aspettare. Non posso
fare sempre eccezioni solo per te” la ragazza squadrò Lupin con una sguardo
accusatore mentre batteva nervosamente il piede a terra. In quella posa, a Ron
tornò alla mente Hermione. Sembravano avere lo stesso atteggiamento.
“Ti prego, ti
prego, ti prego! E poi non sono solo questa volta! Anche loro devono fare il
controllo” ed indicò i due ragazzi alle sue spalle. Priscilla spalancò gli
occhi.
“Ma…tu sei Ron
Weasley! “L’eroe dei sogni”! O mio Dio le mie amiche non ci crederanno mai! E
va bene, per questa volta vi faccio passare, ma che sia l’ultima, Remus” riaprì
la porta e fece entrare il terzetto lanciando occhiate torve a Lupin, e sguardi
di ammirazione a Ron. Draco entrò per
ultimo e chiuse la porta alle sue spalle.
“Va bene mettete
queste e succhiate forte il bastoncino” passò ad ognuno dei tre due
braccialetti, una fascia ed una stecca di legno simile a quelle dei ghiaccioli,
ma molto più pesante. Ron guardò meglio la giovane Priscilla. Aveva veramente
un bel corpo. Capelli biondi e ricci, occhi chiari (non capiva se grigi o
azzurri) e due labbra carnose. Indossava una divisa da infermiera con gonna,
tutta bianca, completa di cappellino da crocerossina, solo che sopra, invece
che una croce rossa, vi era il marchio del ministero della magia. La ragazza si
chinò a prendere la bacchetta da un carrello in acciaio.
“Però, hai messo
su qualche chilo o sbaglio?” la punzecchiò Lupin fissandole il fondoschiena.
Lei si rialzò di scatto e lo fissò con occhi infuocati.
“Fatti i fatti
tuoi, Remus. E mettiti in bocca quella stecca, prima che te ne infili in gola
una io” e si avvicinò all’uomo che ora stava a braccia aperte, sorridente, con
in bocca la stecca.
“Probatur”
recitò, e i braccialetti e la fascia iniziarono a brillare. Dopo qualche
secondo le luci si spensero e Priscilla estrasse dalla bocca di Remus la
stecca, la osservò un attimo.
“18%. Sei a
posto Remus, puoi andare. Anche se non ha mai capito perché la tua percentuale
è così alta. Ma dai piani lati dicono che va bene così…non voglio sapere nulla”
poggiò la stecca sul carrello di acciaio e ripeté la procedura con Ron.
“6%. Se a posto
anche tu. Togliti tutto e appoggia lì sopra. Ed ora il caro Draco. Sta bene
Ginny?” chiese Priscilla.
“Mmh?….Mm mm”
mugugnò il biondino annuendo con la testa.
“Probatur”
le luci si accesero sui polsi e sulla fronte di Draco, sembrò durare più del
solito, ma infine si spensero anche le sue. Priscilla prelevò la stecca e
spalancò gli occhi.
“9%! Draco, non
è mai stato così alto! Sei stanco ultimamente? Potrebbe essere per quello sai?”
disse amorevolmente la ragazza.
“Sì, …è un
periodo un po’ brutto…” rispose il ragazzo, mentre si toglieva e sensori da polsi
e fronte.
*****
Sentiva male ovunque. La testa più di tutte. Aveva fame.
Il suo stomaco brontolava rumorosamente. Un rumore continuo proveniva dalla sua
destra. Era ritmato ed aveva pause veloci che lo rendevano piacevole da
ascoltare. Il rumore terminò. Lo sentiva allontanarsi. L’odore antico
dell’ambiente arrivò alle sue narici. Un odore di polvere e di vecchio.
Starnutì forte. Si maledisse. Non sapeva dov’era e come mai era lì,e farsi sentire con uno starnuto non parve
l’idea miglior. Lo scricchiolio del pavimento si avvicinò a dove era, seguito
da rumori sordi di passi pesanti. Chiunque si fosse avvicinato, doveva
indossare delle scarpe molto pesanti, anfibi forse, o essere una persona di
buona stazza. Lo sentì chinarsi verso il suo viso e togliergli la benda che
copriva i suoi occhi.
Ginny
sollevò piano le palpebre, era notte ma la poca luce che c’era le dava
fastidio. Sirius Black le sorrise.
*****
Una
mano veloce bloccò l’avanzare del pugnale verso il ventre di Ginny. Poi la mano
girò di scatto su se stessa spezzando il polso del malcapitato. Un urlo
squarciò il silenzio della strada. Il pugnale cadde a terra e tintinnò forte.
“Che
maleducato! Aggredire una signorina indifesa in pieno giorno” il ginocchio di
Sirius colpì lo stomaco del mangiamorte deforme che si piegò in due dal dolore.
“Io la feccia come te proprio non la sopporto…oggi in
particolare” Black afferrò con entrambe le mani il poveretto piegato su se
stesso e lo lanciò sul marciapiede qualche metro avanti. Quello atterrò con un
tonfo ed un grido di dolore e cercò, subito, di alzarsi. Sirius si girò verso
Ginny ancora sorpresa da quello che era capitato.
“Ciao
Ginny. Stai bene piccola?” chiese con fare paterno ed occhi apprensivi. Lei
annuì mentre lo fissava, e fissava anche il mangiamorte dietro di lui.
“Ora
scusami, devo finire di spiegare una cosa a questo simpatico signore. Potresti
girarti ed andare a ripararti dietro quell’albero” indicò una albero poco
lontano, e Ginny fece come le era stato detto. Black si voltò verso il suo nemico,
il suo sguardo tornò duro e freddo. I suoi capelli neri ,tagliati corti di alto
e più lunghi sopra, esprimevano pienamente l’ira che provava in quel preciso
momento. Con uno scatto in avanti raggiunse il mangiamorte e lo colpì ancora
allo stomaco con un pugno ben assestato. E quello volò ancora all’indietro.
Sofferente, si rialzò traballando.
“S-Sirius
Black…eri scomparso! Come cavolo hai …non ha importanza. Io sono qui per
portare a termine una missione” e guardò Ginny nascosta dietro l’albero “e la
porteròa termine. Per il Signore
Oscuro!” il mago estrasse la bacchetta e la puntò verso Sirius.
“Crucio!”
l’aria si increspò e colpì il corpo di Black…o no? Black non era già più lì.
Non sapeva come e neanche quando, ma in meno di cinque secondi il suo
avversario era scomparso da di fronte a lui. Il mangiamorte si guardò intorno
perplesso e spaventato. Fece la cosa più ovvia da fare. Corse verso l’albero
dove stava nascosta la ragazza. Bacchetta in pugno era pronto ad eliminarla.
Raggiunse la chioma dell’albero e Sirius Black gli piovve addosso. Da un ramo
scese veloce sul suo avversario e lo scaravento a terra assieme a lui. Si
rialzarono entrambi. E si fissarono per un lungo attimo. Sirius chiuse in un
pugno la mano sinistra e la unì al palmo di quella destra all’altezza del suo
petto. Chiuse gli occhi e cominciò a recitare, in una lingua che né Ginny né il
mago oscuro comprendevano, una serie rapida di parole. Di colpo si fermò e
spalancò gli occhi fissi sul suo avversario.
“Alohan
Hakete Namusho!” dalle sue mani partì una scarica elettrica simile ad un
fulmine che centrò in pieno il mangiamorte. Con un ultimo urlo volò via, con
una doppia capriola all’indietro, e si schiantò contro un albero che tremò
all’impatto.
“E’
fatta” disse piano Sirius prima di girarsi e cambiare nuovamente espressione.
“Tutto
bene, Ginny?” timidamente la ragazza si alzò da terra e raggiunse il suo
salvatore. Nonostante il colore dominante di Sirius fosse proprio il nero,
colore che Ginny riteneva triste e malinconico, lei lo fissò con sguardo perso,
come se fosse un regalo inaspettato.
“Sì…”
rispose lei. Aveva domande. Aveva troppe domande da fare. Perché era lì? Che
voleva quel tizio, dal sorriso che uccide, da lei? Come sapeva Sirius che lei
fosse in pericolo? Le domande le annebbiarono il cervello, e non si accorse che
il mago oscuro non era stato ancora sistemato del tutto.
“Avada
Kevadra” disse con un filo di voce il mangiamorte con la bacchetta puntata verso
la giovane Weasley. La scia verde corse verso i due. Sirius di scatto si girò,
sorpreso di sentire ancora la voce del mago che credeva morto e sepolto. Alzò
una mano e disse una parola che nella confusione neanche Ginny che gli era
accanto riuscì a comprendere. La bolla verde rallentò un attimo prima del
braccio di Sirius. Poi proseguì, colpendola in pieno.
*****
“Sirius! O mio Dio! Ma che è successo? Dove siamo? Come
hai fatto a…Oh, Sirius che paura che ho avuto!” strinse forte il corpo di Black
seduto sul bordo del letto accanto a lei. Le accarezzo i capelli mentre
cominciava a piangere, sfogando la tensione accumulata.
“Va
tutto bene ora. Tranquilla. Nessuno ci farà del male qui” Ginny si allontanò e
lo fissò per un attimo.
“Qui?
Dove siamo Sirius? Perché non mi hai portato a casa?” chiese lei con gli occhi
lucidi.
“Era
troppo pericoloso. Sarebbero tornati. Siamo a Chinatown. E’ uno dei miei tanti
nascondigli sparsi per Londra”
“Perché
qui? Potevi avvertire Ron, e Draco…o mio Dio! Draco! Dov’è? Lui non sa della
tua innocenza! E non sa che io sono con te! Sarà disperato…”
“Sono
tornato a casa vostra la sera stessa, Ginny. La porta era aperta e di Draco
nessuna traccia. Credo che fosse uscito da poco per cercarti. Non l’ho più
trovato neanche i giorni dopo” lei si allontanò e lo fissò ancora.
“I
giorni dopo? Sirius da quanto tempo sono qui?” chiese lei con una vena di
meraviglia nella voce.
“Oggi
è lunedì sera. Venerdì ti ho portato via dal parco. Hai dormito per tre giorni.
E’ normale dopo quello che è capitato. Cara mia ti sei presa un Avada
Kedavra in pieno! Fortunatamente il mio scudo magico a bloccato
parzialmente il colpo che ti ha solo stordito e resa cieca per un po’. A
proposito, ci vedi bene ora?” chiese serio Sirius.
“Io…sì,
la luce mi da un po’ fastidio ma va bene, grazie” Ginny aprì gli occhi come per
confermare quel che aveva appena detto.
“E’
normale, la fascia imbevuta con una speciale pozione ti ha protetto dalla luce”
Cadde
il silenzio fra i due. Ginny prese la parola.
“Sirius
come…come facevi a sapere che ero in pericolo?”
“Io…bhè,
ti ho seguito in questo ultimo anno” la ragazza sbiancò.
“Mi
hai spiato per un anno!? Sirius Black, che razza di uomo sei? Un maniaco?”
l’uomo sembrava allarmato.
“No,
no. Non è come pensi. Vedi…è un patto”
“Un
patto?”
“Esatto,
un patto. Vedi, quando Harry è morto” Sirius si bloccò un momento per vedere la
reazione della ragazza all’argomento “Harry”, ma non sembrò scomporsi più di
tanto “dicevo, quando Harry è morto io e Remus abbiamo fatto un patto. Avremmo
protetto gli amici di Harry dai pericolo di questi tempi bui. E gli amici erano
tre: Ron, Hermione e tu, cara Ginny”
“Io?
Perché anch’io? Io non era un amica io…”
“Eri
la sua fidanzata. Ti voleva bene, non avrebbe permesso che ti venisse fatto
alcun male. Non ti preoccupare, nessuno ti giudica per la decisione di vivere
con Draco. E’ un bravo ragazzo, lo so. E dovrebbero capirlo anche quegli
zucconi dei tuoi genitori” disse con un sorriso ed una carezza ai capelli della
giovane. Ginny era comunque imbarazzata.
“Sirius
allora tu sai…del…” chiese lei timidamente.
“Che
sei incinta? Sì, lo so. Credo che Phoebe sia il nome migliore, se femmina”
rispose sempre sorridendo. Sirius ormai sapeva più di lei più di quanto ne
sapesse se stessa. Ma non lo incolpava per questo. Lo aveva fatto a fin di
bene. Anche se l’aveva spiato per tanto tempo, lo aveva fatto per proteggerla.
E poi lui la capiva. Capiva che era innamorata di Draco. Capiva che erano i
suoi genitori a sbagliare, non lei. Capiva che sentire ancora parlare di Harry
la infastidiva. Harry…Come poteva? Non poteva dimenticare Harry Potter. Non era
certo colpa sua se era morto nell’assalto di Hogwarts. Dopotutto lei lo amava,
anni prima. Ne era proprio cotta. Quando si lasciarono per lei fu un brutto
colpo. Senza motivo Harry decise di mollarla. Così, come se fosse normale
amministrazione. Ci soffrì, si arrabbiò e lo mandò al diavolo. Decise di non
vederlo più per tutte le vacanze di natale. Invece, non lo vide mai più. Mai
più. Basta pensare la passato. Ora era una nuova Ginny. Ed era Draco il suo
amore. Il dolce Draco. Insieme avevano superato l’ostacolo di Hogwarts. Insieme
avrebbero superato qualsiasi ostacolo la vita gli parasse davanti. Insieme. Ma
ora dov’era Draco. Neanche Sirius lo aveva più visto.
Si
girò a guardare Sirius.
“Devi
fare una cosa, Sirius: Chiedi a Lupin se ha visto Draco. In questo modo
sapremmo se sta bene” Black divenne serio e assentì col capo.
“D’accordo,
la chiederò a Remus. Ma sappi che non l’incontrerò prima di mercoledì. Non
posso farmi vedere troppo in giro. Capisci vero?” Ginny annuì con la testa.
“Va
bene. Intanto rimaniamo qua. Ho comprato del cibo per noi. Spero che ti
piaccia. C’è soprattutto roba cinese, qui” l’uomo aprì una sporta piena di
pasti precotti e roba simile.
“Va
benissimo. E poi siamo in due, qua” ed indicò il ventre con la mano “a dover
mangiare. Buon appetito”
Insieme si sedettero sul letto e iniziarono
a cenare.
Questi
capitoli sono come i Cavalieri dello Zodiaco! 12! (vabbè sta battuta faceva
merda….). Bando alle ciance, ciancio alle bande ne ho finito un altro? Siete
tranquilli ora? Sì? Fate male! Draco sta ancora …ma non voglio svelarvi nulla!
Ringraziamo: Eli e Kia, ormai lettrici di fiducia, (bacio le mani) che ora
dovrebbero aver risposto ad alcune delle domande che le assillavano!(Forse…);
Mikan, che d’ora in poi chiamerò amante di Draco che preferisce alla gogna la
coppia R/H che G/D, ti capisco, anch’io non amo quando tutto va troppo
bene…;Anja! La mitica Anja, corrispondente dalla lontano Inghilterra! Zenchiù
so macc for iour inglish translescion!; Mikisainkeiko,
non preoccuparti per la recensione, solo una cosa posso chiamarti Miki? (ho
dovuto fare copia incolla per il tuo nome…); ed ultimo, maper NIENTE meno importante (Rullo di
tamburi…..vrrrrrrrrrrrrr, SDENG!) ICE!!!! (applausi) che aspetta con ansia
questo capitolo. Non so quando lo leggerai, ma quia Bologna (Italia) sono le 20:33.
Psfesteggiamo tutti con gioia la dipartita di ieri sera di quell’idiota
dell’UOMO GATTO!!!!! E’ stata la puntata più bella di Sarabanda che abbia mai
visto (lacrime agli occhi….) Vabbuò gente per il prox capitolo….quanto prima,
ma non aspettatevi miracoli del genere ogni sera!!
Ron era
veramente stanco. Aveva passato tutto il giorno ad allenarsi. Lottare per ore
nella palestra contro tutti quelli che incontrava. Tutti volevano sfidare il
nuovo eroe del ministero. Non che gli dispiacesse essere così popolare, anzi,
aveva cercato la fama fin dal tempo di scuola, e con Harry Potter accanto era
difficile essere notati. Ora, però, era lui la celebrità. C’era poco da fare,
gli piaceva da matti che tutti lo riconoscessero e lo salutassero mentre
camminava per strada. Avrebbe saltellato per la gioia, ma la compostezza, prima
di tutto. Era tutto perfetto. Hermione lo amava. Fred si stava riprendendo.
George da lì a poco si sarebbe svegliato, se tutto andava come preventivato. E
poi Ginny. Avrebbe rivisto Ginny quella sera. Si sarebbero chiariti e avrebbero
fatto pace. Aveva sbagliato a trattarla così, e lo sapeva bene. Anche se non
stravedeva per Draco, lei era sempre sua sorella. Avrebbe accettato le sue
scelte e, in caso di guai, la avrebbe aiutata al meglio, come aveva fatto fino
ad ora. Si doveva sforzare a pensare a Draco come ad una nuova persona, non
come l’odioso Serpeverde che non perdeva occasione per distruggere la fragile
felicità sua e dei suoi amici. Come pensava spesso quando affrontava
l’argomento Ginny e Draco, facile a dirsi, ma a farsi.
Stava finendo di
asciugarsi subito dopo la doccia. Aprì il suo armadietto e cominciò a cercarci
dentro il necessario per prepararsi. Una voce lo chiamò e subito distolse
l’attenzione dalle sue cose per vedere chi fosse.
“Ciao Weasley.
Stasera ci vediamo a casa tua” Draco lo salutò con la mano, mentre finiva di
allacciarsi l’ultimo bottone della divisa.
“D’accordo. Vedi
d’essere puntuale. Mamma ci tiene a questo ritorno dopo tanti anni” e guardò
Draco con uno sguardo che lasciava ben poco spazio alle repliche.
“S-sì,
arriveremo puntuali. Non preoccuparti” e detto ciò uscì dallo spogliatoio
lasciando Ron solo a vestirsi. Draco era strano. Sembrava che dopo la sua
trionfale missione avesse più rispetto per lui. Un rispetto quasi reverenziale.
Altri la potrebbero definire paura. Ma perché? Draco non si era intimorito mai
davanti a nulla negli anni precedenti. Aveva rinunciato al suo nobile lignaggio
famigliare per amore di Ginny. E poi ultimamente era sempre stanco. Ogni giorno
sempre di più, come se di notte non dormisse. Non che le cose da fare di notte
fossero molte, sapendo di avere in giro per casa una giovane e procace ragazza
disposta quasi a tutto…ma per quasi una settimana di fila? Beata gioventù,
però…c’è un limite a tutto. Ma c’era poco da recriminare. Sotto quell’aspetto
della vita le esperienze di Ron erano pari a zero. Bhè, semmai qualche punto
con qualche ragazza a scuola lo aveva anche segnato, ma mai in modo… completo,
diciamo. E sperava di raggiungere l’agognato risultato con la ragazza che
amava. Dolce Hermione. Senza sforzo, sia chiaro, ma se lei avesse mai, in
futuro, espresso un tale desiderio, Ron sarebbe stato più che felice di
esaudirlo. Sarebbe stata un’esperienza nuova per entrambi. E si sentiva
abbastanza pronto. Forse. Non prontissimo. Diciamo che sapeva come funzionava.
Forse. Non era poi complicato! Erano cose che insegnavano in tutte le scuole.
Non i professori, certo, ma gli studenti più grandi. Non se la vedeva proprio
la McGrannit cominciare a parlare di sesso e riproduzione davanti a tutta la
classe. Imbarazzante. Probabilmente anche poco chiaro. Cioè, il sesso è una
cosa che uno deve provare a fare d’istinto, con una minima conoscenza
acquisita, è l’esperienza personale che poi ti forgia. Sì, proprio così. Forse…
Ron finì di
prepararsi e ripose la tuta d’allenamento e gli asciugamani sporchi nella
sacca. Chiuse l’armadietto afferrò la sacca e si diresse verso l’uscita. Ma
sulla panca c’era un’altra borsa. E le lettere D e F erano ben visibili su
entrambi i lati della sacca. Draco l’aveva dimenticata lì. Era veramente strano
in quel periodo. Uno attento come lui non si sarebbe mai scordato la borsa
nello spogliatoio. Ma dopotutto lo diceva da tre giorni che non era la pieno
della forma.
Stanco e con
la testa altrove pensò Ron mentre si avvicinava per afferrare la sacca del
biondino.
Gliela darò
stasera. Anzi, fra mezz’ora. Caspita come si è fatto tardi! Guardò
l’orologio e corse verso l’uscita dell’edificio. Salì sulla sua scopa e volò
rapido verso la Tana. Non poteva ancora smaterializzarsi. Non aveva dato
l’esame. Sia lui che Hermione si stavano preparando per bene. L’indomani
avrebbero passato il pomeriggio ad imparare l’arte della smaterializzazione. La
ragazza era tutta eccitata, dopotutto imparare le cose e studiare era il suo
passatempo preferito. A dir la verità Ron, il giorno dopo più che a studiare,
voleva passarlo assieme a lei come fidanzata e non come compagna di corso.
Sapeva che sarebbe stata dura convincere Hermione a fare qualche pausa per
scambiarsi qualche coccola affettuosa, ma tentar non nuoce. Forse…
Raggiunse la
tana in poco meno di venti minuti. Era andato davvero forte, nonostante la
scopa usata per il viaggio fosse una Comet. Harry ne sarebbe stato
stupito. Atterrò piano in cortile e ripose la scopa nell’armadio lì fuori,
fatto apposta per conservare i manici in attesa d’utilizzo. Un po’ come un
appendiabiti. Entrò in casa e salutò a voce alta.
“Ciao a tutti io
sono in casa!” Molly Weasley stava finendo di preparare il tavolo per la cena.
I Granger erano già arrivati e parlavano animatamente con i signori Weasley.
Arthur Weasley assillava il povero signor Granger chiedendogli continue
delucidazioni sull’utilizzo degli Areopanni e sulle differenze fra un
cavo elettrico e un laccio da scarpa. Si girarono tutti e quattro al saluto di
Ron.
“Ron! Insomma
abbiamo ospiti! Cerca di essere un po’ più civile” lo rimbeccò con poca serietà
Molly.
“Scusate…ma
Hermione è già arrivata?”
“Sì, è al piano
di sopra …con tua sorella e la sua dolce metà” disse con un sorriso forzato
Arthur girandosi poi verso il padre di Hermione e alzando visibilmente i
sopraccigli in segno di stizza. Lui i Malfoy non li aveva proprio mai potuti
digerire. Se per Ron era uno sforzo notevole sopportare la situazione,
figurarsi per suo padre.
“Il professor
Lupin?” chiese ancora Ron mentre si liberava del pesante cappotto e si
sistemava le maniche della divisa.
“Se non l’hai
sentito tu, caro, noi sappiamo solo che dovrebbe arrivare in orario” le rispose
la madre ora impegnata e rimestare una marmitta piena di spezzatino. L’odore in
quella cucina avrebbe risorto anche i morti da quanto era delizioso. Ron era
proprio contento di essere di nuovo a casa. Come se fosse stato tutto
preventivato da forze maggiori, Lupin comparve nel cortile della Tana e si
diresse verso l’entrata.
“Buonasera a
tutti. Oh, i signori Granger. State bene spero. Hermione è con voi?” la
risposta della signora calcò la precedente data a Ron da suo padre, anche se
lei non provò lo stesso disgusto a parlare del biondino. Anche perché lo chiamò
più familiarmente “Draco”.
“D’accordo…allora, mentre lascio voi “adulti” ai vostri
discorsi, io semmai vado di sopra a salutare gli altri. Con permesso” e Ron si
congedò salendo i gradini due a due. Era da tre giorni che non vedeva Hermione.
A lui sembrò una vita tutto quel periodo senza lei. Soprattutto dopo quello che
era successo. Pensò al da farsi mentre saliva le scale. Forse era meglio non
essere troppo possessivi nei suoi confronti. Forse sarebbe stato meglio
trattarsi come al solito di fronte a gli altri. Si sarebbe imbarazzata,
probabilmente. Concluse che era l’idea migliore e decise di metterla in
pratica. Un po’ gli dispiaceva, però. Era troppo innamorato per comportarsi in
quella maniera. Forse non era una grande idea. Forse lei avrebbe preferito
diversamente. Forse…
Spalancò la
porta della camera di Ginny e li trovò tutti e tre sul letto intenti a
sfogliare vecchi album di foto scolastiche. Ricordare i bei vecchi tempi di
Hogwarts con delle foto non era fra i piani di Ron per quella sera. Decise di
lasciar perdere e di unirsi a loro. Hermione, appena entrò, saltò giù dal letto
e gli corse incontro sorridente.
“Ciao soldato”
disse affettuosamente lei mentre gli metteva le braccia intorno al collo e gli
stampava un bacio a timbro sulla bocca. Ron arrossì e la fissò ad occhi
spalancati. Dopotutto non era così preoccupata della reazione degli altri nel
vederli così uniti. Rimase comunque travolto dall’esuberanza della ragazza, e
lei se ne accorse. Tolse le braccia dal suo collo e gliele passò sulle spalle
come se volesse togliere un po’ di polvere, poi si rimise seduta sul letto
lasciando un posto per lui accanto a lei. Forse aveva un po’ esagerato. Forse
sarebbe stato meglio andarci un po’ più con calma. Forse Ron preferiva non far
vedere che loro stavano insieme a tutti i presenti. Forse…
Ron si sedette
accanto alla ragazza bruna e cominciò a guardare l’album di foto. Hogwarts,
terzo anno. Erano foto dove comparivano un po’ tutti i Grifondoro intenti a
divertirsi ad Hogsmade. In una foto Ron faceva finta di strozzare Seamus per
avergli appena tirato addosso una caccabomba. In quella dopo Hermione e Ron
sorridevano davanti ad due bicchieri di burrobirre seduti ad un tavolo de I
tre manici di scopa. Erano venuti proprio bene in quella foto. Sarà che ora
erano l’uno cotto dell’altro, ma non riuscivano a pensare a quanto fossero una
coppia perfetta. Ginny si divertiva a commentare, anche se lei ancora non
compariva nelle foto. Ad Hogsmade potevano andare solo quelli dal terzo anno in
su, e Ginny era la più piccolo lì in mezzo. Gli ambienti cambiarono,
finalmente. Il giardino di Hogwarts era ora ben riconoscibile dallo sfondo
delle foto. Ginny sorrideva solitari al centro di una foto, facendo il segno
della vittoria con la mano. Nella successiva Harry inseguiva Ron per avergli
rovesciato una boccetta di inchiostro sul tema per Piton. I temi di Piton erano
i più lunghi e complicati da fare, e anche solo ricopiarli diventava un’impresa
degna di Ercole.
Draco sembrava
agitato. Era più sveglio del solito. Forse la tensione per la cena e l’invito
inaspettato lo avevano scosso un po’ dal suo torpore. D’un tratto a Ron tornò
in mente la borsa del ragazzo.
“A proposito”
disse rivolgendosi a Draco “hai dimenticato la sacca da palestra nello spogliatoio
prima. Te l’ho portata qua sapendo che saresti venuto. Non so se ho fatto bene
ma…” non fece in tempo a finire la frase che Draco saltò giù dal letto e si
fiondò giù dalle scale in cerca della borsa, biascicando un “grazie” in fretta
e furia. Ron e Hermione su sorpresero alla reazione esagerata del ragazzo ala
notizia della borsa e si guardarono un attimo dubbiosi. Era così importante?
Avrebbe potuto prenderla il giorno dopo. Ginny fissò il suo compagno correre
come un pazzo verso il piano terra e sussurrò un appena percettibile
“deficiente…” mentre scuoteva la testa e tornava a sfogliare l’album
fotografico. Draco non fece in tempo a tornare di sopra con la sacca che la
signora Weasley li chiamò per la cena. Ora sembrava tornato nella sua normalità
di quei giorni. Squadrò Ron un momento, poi poggiò la sacca sul letto e scese
poco dopo i suoi compagni. Sedendosi a tavola prima accanto a Arthur, poi,
accortosi della mossa azzardata, si spostò per finire fra Ginny e Lupin. Il
posto migliore per lui, ora come ora. Ron non aveva ancora parlato con Ginny.
Sentiva il bisogno impellente di fare pace con lei, ormai. Si piegò verso di
lei e le sussurrò in un orecchio.
“Dopo dobbiamo
parlare. Devo dirti una cosa importante” Ginny non sembrò scomporsi più di
tanto a quelle parole, anzi, sorrise e sussurrò anche lei a Ron.
“D’accordo,
parleremo tutti e quattro. Porta anche lei” ed indicò Hermione seduta accanto a
Ron. Il ragazzo annuì con la testa e cominciò a servirsi da mangiare. Anche
Hermione? Chissà come mai. Forse voleva chiedere scusa anche a lei per come si
era comportata. Forse si preoccupava che anche lei pensasse il peggio
sull’unione che aveva con Malfoy. Forse…
La cena fu perfetta. Dopotutto la signora Weasley era una
cuoca provetta ed i complimenti si sprecarono da parte di tutti. Come finale
per la serata passato insieme, Fred, ormai completamente ripresosi da quando la
speranza era tornata a farsi spazio in lui, organizzò uno spettacolo
pirotecnico degno di una festa internazionale. Luci e colori brillarono in
cielo per oltre mezz’ora. Ron aiutò il fratello per i primi dieci minuti, poi
si allontanò seguito da Hermione. Era venuto il momento di parlare con sua
sorella e Malfoy. Senza farsi troppo notare si infilarono fra le alte piante di
granturco, che, beffando la fredda stagione, crescevano protette magicamente
dal freddo. Passando fra il gruppo ancora in osservazione, Ron notò l’assenza
di Lupin. Che fine aveva fatto il professore?
*****
Ginny stava
finendo di sistemare le sue cose nel rifugio dove ormai viveva da due giorni
con Sirius Black. Il giorno prima era andato a casa sua in a recuoerare un po’
della roba che le serviva. Non sapeva quanto tempo doveva restare lì, quindi
era meglio organizzarsi. Aveva pulito l’appartamento. Per quanto possibile gli
aveva dato un aspetto più umano e meno animale. Sapeva che per Sirius l’aspetto
non contava. Era uno dei suoi tanti rifugi, non poteva fare le pulizie in
tutti. Non era una colf, era un fuggitivo. Prese in beauty-case ed andò in
bagno per svuotarlo. Spazzolino, lacca, pettine, forcine, profumi vari… la
spazzola rossa. Dov’era la sua spazzola rossa? E’ strano, è sempre nel
beauty-case insieme a tutto il resto. Forse l’aveva tirata fuori e non l’aveva
rimessa a posto. Sì doveva essere così. Poteva benissimo farne a meno. Una
spazzola non faceva certo la differenza per lei. E di certo non gliela avevano
rubata. Ti pare che uno entri in casa de qualcuno per rubare una vecchia
spazzola? Con tutta la roba costosa che c’era in quella casa. Finì di sistemare
in bagno e si preparò per l’imminente ritorno di Sirius. La cena era già pronta
sul tavolo.
*****
Un rumore fra le piante lo scosse dai suoi pensieri.
Guardò in direzione del suono appena udito. Niente. Era straordinario come i
sensi di lupo fossero sviluppati anche quando era in forma umana. Tornò a
fumare la pipa che gli penzolava ancora dalla bocca. Adorava fumare la pipa
all’aria aperta. Gli dava un senso di rilassatezza unico. Certo non poteva
portarsela dietro mentre si trasformava, l’avrebbe persa sicuramente. Chiuse
gli occhi e ascoltò ancora. I fuochi d’artificio scoppiavano rumorosi. Bene.
Sarebbero stati tutti ancora occupati per un po’. Non voleva dire alla signora
Weasley che Sirius sarebbe passato a fargli visita. Sapeva della sua innocenza,
ma il ministero no. In caso di problemi i Weasley non ci sarebbero andati di
mezzo. Meglio non rischiare. Finalmente un rumore e un odore che avrebbe
riconosciuto fra mille, lo spinsero a girarsi si novanta gradi verso una pianta
di granturco che tremava visibilmente.
“Era ora,
Felpato” lo salutò Lupin. Un cane nero uscì dal fitto granturco e raggiunse il
professore con una corsa. Durante il percorso la sua forma cambiò fino ad
assumere un aspetto umano. Un uomo alto, vestito con pantaloni e giacca di
cotone attillata completamente neri, sorrise a Remus che sbatteva la pipa a
terra per liberarla dal tabacco.
“Scusa il
ritardo. Questo posto non era molto semplice da raggiungere. Per fortuna la
puzza di quell’affare che fumi mi ha guidato fino a qui” disse Sirius guardando
la pipa ancora fumante.
“Dovresti
provarla. A me piace molto. Mi rilassa” disse Remus infilando l’oggetto in una
tasca dell’abito.
“Certo, un
giorno o l’altro. Ma parliamo di qualcosa di serio. Tu sai che fine ha fatto
Draco?” Lupin spalancò gli occhi e fece uno sguardo stupito dalla domanda
dell’amico.
“Sì…è qui con
tutti gli altri che partecipa alla cena dei Weasley. Stanno cercando di
rappacificarsi con Ginny” Remus sorrise mentre dava la buona notizia.
“Ah…e partecipa
alla cena senza Ginny?” Lupin, per quanto sorpreso, strabuzzò ancora di più gli
occhi.
“Come
scusa?”
Ho fatto 13!!! Tranquilli sono i
capitoli! Se avessi fatto tredici sul serio il prossimo aggiornamento sarebbe
nel 2004…Allora che ne pensate? Ragazzi vi devo ringraziare (come al solito)
quindi, via con i “grazie”: Anja, che continua la sua opera dalla vecchia e
cara Inghilterra. Buon lavoro e ancora grazie!; Mikan, che soffre per la
situazione + di R/H. Hai letto il capitolo? I casini sono appena iniziati
(Bwahahahahahah!!!!); Keijei, sconvolta dai due capitoli? Ti assicuro che è una
roba che di solito non faccio! Ma come dice Sunny “se hai l’ispirazione buttala
giù subito, senno perdi tutto”; Angi, come sopra, tenendo presente che nella
fic nchio preferisco Draco a Ron, ma Ron è sempre Ron…(con Hermione
soprattutto!!!!); Eli e Kia, Miiiiiii! Le mie lettrici preferite! Tutti
sconvolti per sti due capitoli? Vabbè se siete così sconvolti non lo farò
più….; Kiak, ti ringrazio per il deficiente, anke se in realtà sono un gran
pezzo di m***a. Ci tengo a precisarlo, non vorrei che qualcuno m incontri e mi
dia del deficiente! (eheheheh, tranqui che scherzo…); Sunny, tanto io sono
cresciuto a pane nutella e Begin a war mage. Avanzo tendo alto il nome della
maestra; Ice, niente tamburi stavolta, ho il mutuo da pagare non posso mica
noleggiare il tamburini ogni volta!; Mikisainkeiko, ci ho rinunciato. Tanto per me è uguale. Tra parentesi,
come facci a far sopravvivere il bimbo e non la mamma!?!?!? Vabbè vhe è un
mondo magico, ma certe cose si fanno nel solito modo!!
Vabbuò ragazzuoli,
ore 4:47 del 22 febbraio 2003. Buonanotte e buona lettura!!
“C’è bisogno di
andare così lontano?” chiese Ron dopo aver camminato per un bel po’ dietro ad
entrambi insieme ad Hermione. Nessuno dei due si voltò o accennò una risposta
alla domanda del ragazzo. Forse non l’avevano sentito. Provò a chiederlo di
nuovo. Come prima, neanche si girarono. Hermione guardava Ron sconcertata. Ma
che stava succedendo? Dove stavano andando così di fretta? Accelerarono il
passo e raggiunsero Draco e Ginny. Ron afferrò il biondino per una spalla e lo
girò per guardarlo negli occhi.
“Ehi! Ho detto,
c’è bisogno di andare così lontano?” il suo tono, ora, richiedeva una risposta.
Ginny si fermò, e anche lei si voltò verso la coppia di ragazzi. Hermione stava
riprendendo fiato da quella camminata tanto veloce. Draco alzò gli occhi al cielo
e parlò, stancamente, alla sua giovane compagna.
“Senti, hanno
ragione. Qui va bene?”
“Sì, credo di
sì. Tanto un posto vale l’altro. Era per stare lontano dal lupo mannaro. Credo
che sappia qualcosa” Hermione e Ron si fissarono ancora. Lontano da Lupin? E
perché? Draco sorrise crudelmente, come spesso faceva ai tempi di Hogwarts, e
posò gli occhi su quelli di Ron.
“Finalmente! Non ne potevo veramente più! Ho passato i tre
giorni più brutti di tutta la mia vita! Ma ora…ne varrà la pena completamente,
vero “eroe dei sogni”?” Ron non capì quello che sentiva. Cosa stava accadendo?
Perché Draco diceva quelle cose? Non fece tempo a pensarlo che Ginny sollevò la
bacchetta e la punto verso Hermione. Il sospirare affannato della ragazza si
sospese per lo spavento. Il sorriso di Ginny divenne simile a quello di Malfoy.
“Crucio”
l’onda magica colpì Hermione che cadde a terra contorcendosi dal dolore. Ron
sbiancò e mollò Draco. Si chinò accanto alla ragazza.
“No! Hermione,
parlami ti prego! Ma che diavolo hai fatto!” urlava contro Ginny. La ragazza
ancora non si era mossa. Alzò la bacchetta al cielo e recitò.
“Morsmordre”
*****
Lupin corse.
Corse più forte che poté. Un cane nero lo seguiva a breve distanza e abbaiava
per attirare l’attenzione. Bacchetta alla mano. Raggiunse il gruppo di persone
che ancora guardava allibita i fuochi di artificio volare in cielo ed esplodere
con un boato ed un colorato gioco di luci. Non si accorsero del professore che,
trafelato, li raggiunse ancora ansimante. Il grosso cane tirò una manica della
signora Weasley che si girò sorpresa e cacciò un gridolino nel vedere la
bestia. Subito non realizzò di chi si trattava. Aveva visto Sirius Black
trasformarsi da cane ad uomo quasi quattro anni prima e non pensò minimamente
di trovarsi davanti il fuggitivo più ricercato degli ultimi anni intento a
tirargli una manica. Poi se ne accorse e gridò di nuovo.
“Sirius Black!
Cosa…Remus che succede?” la signora Weasley sembrava spaventata dalla
situazione creatasi, e la faccia di Lupin, ancora piegato in due dalla corsa
appena fatta, non prometteva nulla di buono.
“Black? Dove?
Che dici mia cara? Cosa diavolo sta succedendo!?” il panico prese piede anche
in Arthur che lasciò perdere i giochi esplosivi di Fred e spostò l’attenzione
su i due appena arrivati e la moglie spaventata. I coniugi Granger non stavano
capendo molto cosa stava accadendo, ma dalle reazioni delle persone davanti a
loro, doveva essere qualcosa di grave. Remus tirò un respiro più profondo e
parlò ansimando.
“Ron e
Hermione…, dove sono…?” la sua faccia era rossa per lo sforzo. Fred si avvicinò
notando che ora l’attenzione era spostata su Lupin che parlava.
“Io…non lo so.
Erano qui attorno. Ron stava aiutando Fred a far partire i fuochi. Non so dove
sia andato a finire” Molly non sapeva che dire. Non l’aveva ritenuta una cosa
grave che i ragazzi si allontanassero da loro per cercare un po’ di privacy.
Erano giovani, avevano bisogno di stare fra di loro, dopotutto.
“Sono andati fra
il granturco, di là” Fred indicò un punto fra le piante dove si vedevano
chiaramente i segni recenti del passaggio del gruppetto “ Ron mi ha detto che
dovevano parlare. Credo per risolvere i loro dissapori” Lupin sembrò
riprendersi subito. Guardò Arthur e gli fece cenno di seguirlo. Senza voltarsi
e cominciando ad andare verso le piante parlò con voce stentorea.
“Andate tutti
dentro. Arthur, Sirius, noi andiamo a prenderli. Ricordate di mirare per non
uccidere. I nostri nemici sono Ginny e Draco, o almeno hanno quest’aspetto” con
una galoppata il cane nero tornò umano, suscitando meraviglia fra i presenti
non ancora venutia conoscenza della
sua natura.
“S-Sirius
Black!? Cosa ci fa lui qui? C-Come è arrivato a…Indietro!” il signor Weasley
estrasse la bacchetta e la puntò contro l’uomo vestito di nero.
“Arthur, ti prego. Non è come sembra. Sirius è innocente.
So che ti sembra difficile da accettare, ma fidati. Ti prego” Lupin usò un tono
di voce che sembrava ed essere a metà fra la una supplica e uno che non ammette
repliche. Arthur, seppur con grande sforzo, abbassò la bacchetta e annuì piano
con il capo. Lupin aveva salvato suo figlio, non avrebbe mai permesso che gli
accadesse qualcosa di male, ora. Insieme si diressero verso il campo. Fred li
segui, anche lui con la bacchetta in pugno.
“Questa volta
non voglio tirarmi indietro. Non so che sia successo, ma non ho fatto nulla per
troppo tempo, Ora è il momento della riscossa” il signor Weasley non aveva mai
visto suo figlio così serio. Ne fu orgoglioso, come sempre del resto. Era
orgoglioso di tutti i suoi figli. Come poteva non esserlo.
Cominciarono a
penetrare fra le piante alte più di due metri in cerca dei ragazzi, ma un lampo
verde li bloccò nelle loro posizioni. Alzarono gli occhi al cielo, increduli
davanti a quel che avevano di fronte. Il marchio nero brillava nel buio di
quella notte.
*****
“Ma… Ginny, che
significa… non… Malfoy ti ha….Oh mio Dio!” Ron non poteva credere a quel che
aveva visto e pensare a quel che pensava. No, non poteva essere. Ginny rise di
gusto. I suoi denti erano gialli e appuntiti.
“Che sciocco.
Abbiamo fregato tutti così, vero Jail?” disse e si girò verso Draco. Anche il
suo aspetto stava mutando. Il suo volto si stava come incavando e stava
diventando più alto.
“Proprio così,
Liaj, fratello mio. Potrai ottenere vendetta e perdono per il buon
conseguimento della missione. Finisci la ragazza e recupera il ragazzo” degli
occhi gialli e vispi si fecero vedere sul suo volto al posto dei suoi azzurri.
Anche la cicatrice scomparve. Quella che pareva essere Ginny stava subendo la
stessa mutazione, ma il suo volto aveva una bruciatura profonda che gli
tagliava in due la faccia. Sembrava essere recente. Nera, come carbonizzata.
Liaj non fece in tempo a raggiungere i due a terra che terminò la mutazione
completamente. Due esseri, identici, fissavano Ron con sguardo omicida. Quelli
non erano Draco e Ginny. Ma come avevano fatto a… non terminò la domanda nella
sua mente che, quello che prima era Draco, estrasse una fiaschetta da sotto la
tunica, l’aprì e verso il contenuto a terra.
“Una stupida
pozione polisucco è stata sufficiente per fregare tutto il ministero. Veramente
patetico…” il mangiamorte raggiunse i due e afferrò Ron per una spalla,
scaraventandolo a terra. Afferrò Hermione e la sollevò di peso puntandogli la
bacchetta sul petto.
“Saluta la tua
amica, Weasley” ghignò Liaj fissando Ron, pronto a colpire la giovane. Ron non
seppe che fare. Era capitato tutto troppo in fretta, doveva ancora realizzare
cosa stesse succedendo. Non avrebbe potuto salvare Hermione. Questo lo aveva
capito. Ne era conscio.
Cristo alzati
Ron!Reagisci razza di idiota! La donna che ami sta per essere uccisa!
Con uno scatto,
di cui neanche lui seppe mai con quali forze era riuscito a farlo, si alzò in
piedi e saltò a peso morto contro il mangiamorte pronto a colpire. Lo avrebbe
fermato con la vita, se necessario.
“Ventilo
Iniuria” una raffica di vento colpì Ron al fianco e lo scaraventò via,
lontano da Hermione e dal suo aguzzino. Ma non fu l’unico. Anche Liaj, con una
capriola, volò all’indietro atterrando ai piedi del fratello. Fred era arrivato
appena in tempo. Era più giovane e agile, e conosceva quei campi come le sue
tasche. Sorpreso dalla sua stessa audacia gridò e si parò davanti al fratello,
mentre Lupin e gli altri raggiunsero Hermione. Arthur si chinò per accertarsi
delle condizioni della ragazza. Stava bene, ma era molto scossa. Remus,
bacchetta tesa, puntava Jail che osservava, alternando, il fratello e i nuovi
arrivati. Sirius fissò l’uomo a terra vicino a Jail. Ancora lui. Aveva
aggredito Ginny ed era riuscito ad uscirne vivo. Non sarebbe capitato ancora.
“E’ quello che
ha aggredito Ginny” disse ai due attorno a lui, poi si rivolse all’interessato
“questa volta non scapperai, te lo prometto” si mise in assetto da
combattimento. Piegò braccia, gambe e mani come un esperto di arti marziali e
respirò profondamente. Liaj tremava mentre fissava Black, pronto per dargli
un’altra ripassata. L’ultima secondo le parole di Black. I due mangiamorte
gemelli, dopo che furono entrambi in piedi, tenevano sotto tiro, per quanto
possibile, i tre pronti a colpirli. “Fermi! Siete in arresto in nome del
ministero della magia e dell’ordine dei Battlemage per violazione degli
articoli 232, 345, 612, 1090 della costituzione magica! Non opponente
resistenza e abbassate le bacchette” disse Lupin inflessibile. Il suo tono era
così calmo e deciso che sorprese gli ascoltatori. Nonostante tutto quello che
era capitato erano sempre al servizio del ministero. Non doveva dimenticarlo.
“Andate al
diavolo, stupidi idioti! Che sciocchi, rimanete qua a pensare a noi, mentre c’è
qualcuna che è sola soletta…” Jail disse questa frase con un odio profondo.
“Chi pensa alla
piccola Weasley?” domandò divertito Liaj punzecchiando il gruppetto che lo
puntava con le bacchette.
“E’ un bluff.
Voi non sapete dov’è Ginny. Non si preoccupi signor Weasley, è al sicuro” Black
girò lo sguardo verso l’uomo, preoccupato dai discorsi del mangiamorte.
“Smettete di
fare resistenza ed arrendetevi! Appoggiate le bacchette a terra e
inginocchiatevi senza lottare!” Lupin ormai urlava per convincere i due ad
arrendersi.
“Gavroon Street,
al numero 24. Secondo piano, se non sbaglio” disse con un sibilo Jail. Black
spalancò gli occhi e cominciò a sudare freddo. Sapevano dove era nascosta
Ginny. Era stato troppo imprudente.
“Remus sanno
dove si trova Ginny. Che facciamo?” disse piano, con un tremito nella voce
Sirius. Remus non staccava gli occhi di dosso ai ghigni dei due mangiamorte.
Non doveva cedere all’ira. Non ora. Ma la luna era stata piena poco tempo fa. I
sensi del lupo spingevano ancora per uscire allo scoperto. L’istinto ebbe il
sopravvento.
“Expelliarmus!”
l’incantesimo colpì Jail. La sua bacchetta si staccò dalle dita e finì in mezzo
al granturco. Cadde all’indietro, ma si rialzò subito. Liaj,
contemporaneamente, lanciò un incantesimo su tutto il gruppo, attorno ad
Hermione.
“Ignis
Flatus!” la palla di fuoco colpì in pieno Black che gridò dal dolore. Con
un salto Lupin si allontanò dall’esplosione per avvicinarsi al mangiamorte.
Arthur sollevò di peso Hermione e la lanciò lontano prima di essere investito
anche lui dalle fiamme dell’incantesimo.
“Noooo! Papà!”
Fred gridò e corse verso il padre steso a terra e completamente affumicato. Lì
accanto Sirius Black lottava per mantenere i sensi svegli e non svenire. Ron pareva
essersi ripreso e, zoppicando, corse verso Hermione. Il piede gli faceva male.
Doveva essersi slogato una caviglia nell’impatto. Le cadute non erano il suo
forte. Hermione sembrava svenuta.
“Stupeficium”
Ron crollò a terra colpito dalla forza dell’incantesimo. Jail pareva essersi
ripreso la bacchetta e subito colpì il rosso per avvicinarsi ad Hermione.
L’avvolse con il suo logoro mantello e fissò il ragazzo con occhi freddi e di
sfida. Ron alzò la testa e ricambiò il suo sguardo. Provava odio in quel momento.
“Vienila a
prendere ragazzo. Ti aspetto. Anche tua sorella e il suo ragazzo sono lì.
Vienili a prendere giovane Weasley” disse con aria di sfida a Ron ancora steso
a terra. Era appena tornata da lui e l’avrebbe persa di nuovo. Jail si preparò
a scomparire con la ragazza, ma non tenne conto di un particolare. Un piccolo
particolare. Una bacchetta spuntò dal mantello del mangiamorte andandosi a
posare sotto il suo mento. Spalancò gli occhi e, finalmente, smise di ridere.
“Sorpresa” disse
Hermione “Zephyro Glacies!” un turbine azzurro partì dalla bacchetta
della ragazza e colpì in pieno la testa del mangiamorte, che con uno scatto
cadde all’indietro. La testa colpì il suolo e si frantumò come un vaso di
vetro. Hermione si sollevò da terra in un lampo e raggiunse Ron.
“Tutto bene?”
Ron la guardò rapito. Quella ragazza era piena di sorprese.
“Sì, grazie… ma
che razza di incantesimo era quello?” Hermione gli sorrise mentre lo aiutava ad
alzarsi.
“Bello eh? L’ho
imparato a scuola. In biblioteca c’è tanta di quella roba sugli incantesimi
bellici che neanche te la immagini” il rosso era senza parole. Allora Hermione
non perdeva il suo tempo in biblioteca solo per scrivere lunghi e noiosi temi o
ricerche. I suoi occhi si persero nel suo sorriso. Quella sì che era una
ragazza. Sotto tutti i punti di vista.
Intanto l’altro
gemello ringhiò alla vista del fratello morto. Si vedeva bene la vena pulsare
sulla sua fronte. Era veramente fuori di se. Avrebbe vendicato il fratello
ucciso. Ma non ora. Con uno sonoro pop scomparve davanti agli occhi
furenti dei presenti. Lupin provò a colpirlo con un incantesimo stordente, ma
il mangiamorte fu più veloce e scomparve nel nulla. Lupin si avvicinò a Sirius
e lo aiutò ad alzarsi. Era ferito, ma se la sarebbe cavata. Il signor Weasley,
invece, era solo coperto di fuliggine. Il corpo di Black aveva assorbito quasi
tutta l’esplosione, riparando Arthur. Fred lo aiutò ad alzarsi e, con Lupin,
portarono i due feriti verso casa. Ron ed Hermione li raggiunsero correndo.
“Dobbiamo andare.
Sanno dove sta Ginny!”
*****
Era ancora
seduta a tavola. Fissava la porta in attesa del ritorno di Sirius. Testa
appoggiata sulle mani e mani sul tavolo. Cominciava a scocciarsi. E a
preoccuparsi. Doveva incontrarsi con Lupin per chiedere di Draco, e il fatto
che non fosse ancora tornato non era un buon segno.
Avrà avuto
dei problemi durante il viaggio. Sì, deve essere così. Più che un pensiero
era un modo per convincere se stessa. Era logico che qualcosa non andasse. La
cena si stava raffreddando e la notte aveva già preso sopravvento sul giorno a
parecchio. Ciondolava le gambe sotto la sedia, come quando era a scuola ed era
in apprensione per un esame o un test di magia. Aspettare e attendere non erano
mai stati il suo forte. Ora basta. Era stufa di rimanere come un gargoyle di
pietra davanti alla porta, seduta. Si alzò e decise che avrebbe iniziato a
mangiare senza Sirius. A parte la fame, lo faceva per ripicca. Così impara a
fare tardi e farla preoccupare.
Prese il suo
piatto dalla tavola e si avvicinò ai fornelli dove stavano due pentole e una
padella. Si servì un pezzo di pollo, il petto era il suo preferito, e un paio
di cucchiaiate di patate rosolate. Dall’ultima pentola prese un carciofo
gratinato alla birra, era una delle ricette che gli veniva meglio, e le piaceva
parecchio. Poggiò il piatto davanti alla sedia e si sedette, di nuovo, per
cenare.
Buon appetito
Ginny.
Infilzò la prima
patata, che sentì i passi sulle scale. Sbuffo stancamente, ma in realtà era
contenta che Sirius fosse a casa. Si ficcò la patata in bocca, si alzò da
tavola e andò ad aprire la porta. Masticava con gusto quella prelibatezza,
proprio buona. Aprì la porta, pronta a fare una finta sgridata all’uomo, ma le
parole le morirono in bocca.
“Sirius, non sei
mai puntuale. Guarda che è già tutt…” un uomo ben vestito in giacca e cravatta
si girò al suono della sua voce. Aveva capelli a caschetto, lievemente mossi e
lucidi, come se fossero unti con lacca o gel. La sua pelle era pallida e i suoi
occhi nascosti dalle lenti di un paio di occhiali neri. Non si capiva dove
stesse guardando, ma vide la ragazza e sorrise. Spostò con il braccio il
mantello nero che lo avvolgeva quasi completamente, e si alzò gli occhiali
sulla fronte. Ora Ginny li vedeva. Erano bianchi. Completamente bianchi, ma non
era cieco. La fissava. La fissava e sorrideva.
“Ginny Weasley?”
chiese con voce pacata e profonda.
“Che cosa vuole?
Perché è qui?” chiese lei di rimando. Era spaventata. Qualcuno che neanche
sapeva chi fosse la cercava e lei era sola, senza aiuti di nessun genere.
“Suppongo di sì”
disse retoricamente lui “me ne dispiaccio signorina, ma sono qui per portarla
via. Mi hanno pagato per questo” e si inchinò, come per scusarsi di quello che
stava per fare. Ginny spalancò gli occhi, cacciò un grido e sbatté la porta in
faccia al suo rapitore.
“Ma perché la
gente fa sempre così…” l’uomo parlava fra se e se sconsolato. Si rimise gli
occhiali sul naso e afferrò salda la maniglia. La girò nel senso opposto e con
un sonoro CRACK ruppe la serratura, la porta e anche un pezzo di muro.
La spinse piano e con un cigolio si spalancò rivelando l’appartamento in
rovina. Sul lato sinistro, che dava sulla strada, vi era una piccola cucina. Un
tavolo era stato apparecchiato per due, e uno dei piatti era pieno di cibo. L’uomo
si avvicinò e annusò le prelibatezze cucinate da Ginny.
“Quanto mi
piacerebbe, ma ora non posso. Neanche poi, a dire il vero” con passo lento si
diresse nel salotto, che veniva usato anche come camera da letto. Oltre ad un
divano ed un letto distrutto non c’era nulla. Due porte nell’angolo della
stanza. Si avvicinò con la consueta flemma. Aprì la prima. Il bagno, anche
quello aveva visto giorni migliori. Aprì la seconda. Quella stanza sembrava
essere un insieme di mobili, mobiletti, armadi, cassettiere e simili. Tutti ben
chiusi. Sbuffò rassegnato. Sbatté le palpebre un paio di volte e gli occhi
prima bianchi divennero come infuocati, di un rosso accesso. Cominciò a
guardarsi intorno.
“Ridicolo”
farfugliò, e si diresse ancora verso il bagno. Come se Ginny se ne fosse resa
conto, uscì dal suo nascondiglio dietro la porta del bagno e corse verso
l’uscita dell’appartamento. Una macchia scura le sfrecciò accanto. Quel tizio
era, ora, davanti a lei, fra la porta e il suo corpo.
“Bambina
cattiva. Ti ho detto che devi venire con me. Per piacere smettila di scappare e
nasconderti” il suo tono di voce era sempre calmo. Innaturale per il tipo di
persona che era. Seppur spaventata, Ginny pensò ad un piano di fuga, e sperò
che funzionasse. Corse verso la finestra del salotto che dava sul vicolo e vi
si gettò attraverso. Fortunatamente era aperta, non ebbe da preoccuparsi per i
vetri infranti. Cominciò a precipitare dal terzo piano.
“Wingardium
Leviosa” il suo corpo si fece leggero ed atterrò piano su un cassonetto troppo
piccolo per tutti quei rifiuti. Scese con un balzo e si diresse verso la strada
principale. Meglio i babbani che quel tizio che voleva rapirla. Raggiunse la
strada e si fermò a riprendere fiato. Non credeva ancora a quel che aveva
appena fatto. Se l’era cavata da sola. Era riuscita a scappare lasciando il suo
inseguitore a bocca asciutta. Prese coraggio e si disperse fra la folla di
orientali. Entrò in un pub nascosto dalle bancarelle e si avvicinò al bancone.
“Salve posso
sedermi qui?” chiese al signore dietro al bancone. Lui la guardò incuriosito.
“Sicuro bella
signorina. Basta che te o il tuo amico consumiate qualcosa” Ginny divenne
bianca per il terrore. Il suo amico? Si girò di scatto e vide accanto a lei
l’uomo dagli occhi bianchi. Non aveva più gli occhiali da sole.
“Di spiace
smetterla di scappare?” il suo sguardo ora pareva un po’ meno tranquillo di
prima. Anche la sua voce lo era. Afferrò Ginny saldamente per una spalla e la
trascinò fuori dal locale.
“Ora, signorina,
faremo a modo mio” il suo tocco era freddo e faceva tremare la ragazza. Cercava
di divincolarsi inutilmente, quando tre ragazzi dall’aria poco raccomandabile
li fermarono entrambi.
“Ehi bello, mi
sembri troppo pieno di grano per girare da queste parti in cerca di una
puttanella” il ragazzo che sembrava essere il capo del gruppo si rivolse con
aria strafottente al rapitore. Ora gli occhiali calzavano di nuovo sul suo
naso.
“Non ti sembra
il caso di darne un po’ anche a noi di tutti quei soldi? Avrai le tasche
pesanti, amico” si fece avanti un altro del trio di bulli che stava circondando
la coppia.
“Avanti,
fratello. Siamo povera gente, dacci una mano, ti prego” il terzo bullo, un
ragazzo di colore, finì di accerchiarli e parlò con falsa pietà nella voce.
“Penso che non
sia il caso di essere così minacciosi. Purtroppo non ho nulla dietro da darvi.
Vi consiglio di andarvene da qui ho un lavoro da sbrigare” e strattonò
lievemente Ginny “non voglio compiere altri mansioni senza essere pagato. Non
ne ricaverei nulla”
“Oh, l’amico non
ha soldi. Che dite, gli buchiamo la carcassa e ci prendiamo il suo bel
vestitino e la suo sgualdrinella?” il capo estrasse un coltello a serramanico e
lo agitò solennemente di fronte all’uomo. I suoi compagni lo incitavano a
proseguire. La lama si agitò un poco nell’aria.
“Allora? Vuoi
sborsare ora? Preferisci uscirne vivo?” il tono del bullo era sempre più
minaccioso.
“Detesto
lavorare gratis…” commento piano l’uomo ammantato. In una attimo era scivolato
alle spalle dal ragazzo con il coltello. Allungò il braccio e lo afferrò
saldamente per il collo. Il ragazzo aprì gli occhi spaventato e cominciò ad
ansimare. Lo stava soffocando. Con uno scatto lo sollevò da terra di quasi
mezzo metro e lo lasciava penzolare. Il coltello era caduto a terra. Gli altri
due bulli erano terrorizzati dalla scena.
“Ebbene? Non
salvate il vostro amico? Non sembra avere una bella cera. Begli amici, meritate
tutti lo steso destino” gettò la sua preda verso un mucchio si cassonetti e
sollevo gli occhiali sopra la testa. Gli occhi bianchi ricomparvero sul suo
volto. E tornarono rossi. Le sue mani divennero artigliate e veloci recisero la
testa del ragazzo di colore. L’altro non ebbe il tempo di dire qualcosa che si
ritrovò impalato nel petto dagli stessi artigli.
“Vite sprecate”
sussurrò l’uomo estraendo le mani insanguinate dal petto dell’ultimo ragazzo.
Ginny era sconvolta. Non poteva credere a ciò che aveva appena visto.
Quell’uomo, se di un uomo si trattava, aveva ucciso a sangue freddo e con una
facilità estrema, tre ragazzi forti e robusti. La paura era tanta, troppa per
rimanere ferma e buona. Scappò di nuovo e raggiunse un altro stradino fra i
palazzi decadenti. Sapeva che non sarebbe riuscita a fuggire. Quel tizio era
dietro di lei, e da come si era mosso, non l’avrebbe lasciata fuggire per molto
o tanto lontano. Anche se aveva ancora la bacchetta non era abbastanza
addestrata per combattere contro qualcuno, soprattutto contro quel tale. Ginny
correva e pensava, pensava e correva. La bacchetta! La estrasse e la allungò
verso la strada. Pregò che funzionasse. Come la superficie di un lago, l’aria
si increspò e comparve dal nulla un autobus blu enorme, che si fermò davanti
alla ragazza. Una scritta sul davanti recitava Nottetempo.
“Benvenuta sul
Nottetempo. Mezzo di emergenza per… ehi, con calma!” Ginny era già salita
superando il bigliettaio.
“Sembra che la
ragazza abbia fretta, eh Ernie. Parti và” il giovane bigliettaio si rivolse al
conducente, un vecchio mago, che con un ceno di assenso, chiuse le porte e
riprese a guidare. Era salva. Ce l’aveva fatta. Non poteva ancora crederci. Si
sedette sfinita su un letto vicino al conducente e all’altro ragazzo e trasse
un sospiro di sollievo.
“Allora? Vai di
fretta eh? Dovresti pagare però, dove ti portiamo? A proposito, io sono Stan,
mentre lui è Ernie” ed indicò l’autista intento a guidare.
Ginny non sapeva
dove andare. Non c’era un luogo sicuro, a dire la verità. Infine decise.
“Al ministero,
grazie”
“Orpo! Hai
sentito Ernie? Vuole andare al ministero! Luogo importante per una ragazzina.
Posso chiederti nove falci e il tuo nome?” Ginny allungò i soldi e rispose.
“Ginny Weasley,
molto piacere Stan. Non sono mai stata così contenta di salire sul Nottetempo”
Ginny si rilassò e sorrise al bigliettaio. Lui sorrise di rimando, poi la
indicò spalancando gli occhi.
“Weasley! Come
Ron Weasley, l’eroe dei sogni! Lo conosci? Sei sua parente? Cavoli che
fortuna!” Stan la guardava rapito. L’eroe dei sogni? Stava parlando di Ron?
Doveva essere successo qualcosa di importante, ma da quando viveva con Sirius
non aveva ancora letto un giornale. Decise di far finta di non conoscere il
fratello. Non sapeva cosa fosse successo, era meglio ignorare la cosa finché
non si fosse informata.
“No, mi spiace.
Siamo solo omonimi”
“Cavoli,
peccato! Hai sentito Ernie, non sono parenti” Stan sembrava deluso dalla cosa.
Si voltò per mettere in ordine i soldi appena incassati. Ginny cominciò a
guardarsi attorno. Era sempre come lo ricordava. Era già salita sul Nottetempo
in precedenza. L’estate di tre anni fa andò al mare con i suoi amici, ed
usarono il Nottetempo per viaggiare. Fu un viaggio indimenticabile. Anche
perché lei si fidanzò con Harry durante la vacanza, e rimasero l’una vicino
all’altro a coccolarsi e baciarsi per tutto il viaggio di ritorno. Puntò lo
sguardo verso il letto dove era stata abbracciata con Harry. Le pareva di
sentire ancora le sensazioni di quel momento. Non era mai stata così felice in
vita sua. Tornò alla realtà e vide che proprio su quel letto, stava sdraiata
una persona. Aveva la veste logora che lo copriva completamente. I capelli neri
parevano confondersi con quel vestito stracciato che indossava. D’un tratto
girò la testa verso Ginny, e lei vide la sua faccia. Era pallida, quasi
cadaverica. Quegli occhi la penetrarono nell’anima. Si girò di scatto incapace
di sostenere quello sguardo. Sentiva che la stava ancora guardando. Decise di
fare finta di nulla e si mise a parlare con Stan. Dopo poco cambiò il tema
della conversazione, spostandolo sull’altro passeggero.
“Stan, chi è
quel tizio” indicò Ginny l’uomo coperto di stracci.
“Chi? Quello là?
Non lo so, non si è presentato. E’ salito ha detto “ministero, grazie” ha
pagato e si è andato stendere sul letto. Poco loquace, eh Ernie?”
Anche lui andava
al ministero. Non poteva essere un “nemico”, allora. Ultimamente Ginny dubitava
di tutto e tutti, con quello che le era capitato.
“Quando
arriveremo, Stan?”
“Domattina.
Verso le otto e mezza, al massimo alle nove. Vuoi qualcosa per colazione? Se me
lo dici, te la preparo domattina”
“Sì, grazie. Se
hai qualcosa da mangiare anche adesso lo prendo volentieri” Stan annuì con un
sorriso ed una strizzata d’occhio. Servì a Ginny una porzione di coniglio in
umido con contorno di broccoletti saltati, il tutto accompagnato da una succo
di zucca. Ginny mangiò soddisfatta. Soddisfatta di essere riuscita a scappare.
Sirius avrebbe capito, e poi si sarebbe fatta viva lei per non farlo stare in
pensiero. Al ministero, dopotutto, c’era Lupin. Lo avrebbe contattato. Decise
di stendersi un po’. Si addormentò e sognò Draco. Erano insieme e felici. Con
loro c’era un bambino. Era biondo ed aveva gli occhi scuri come i suoi.
Giocavano felici tutti e tre. Spensierati e senza preoccupazioni. Una voce la
chiamò svegliandola dal suo sogno del paradiso.
“Signorina
Ginny. Stiamo per arrivare, è meglio che si prepari” Stan le era accanto con il
vassoio della colazione.
Ecco il nuovo capitolo! Il 14!! Spero che piaccia perché
l’ho cambiato 2/3 volte prima di finirlo. Speriamo in bene….ma ora passiamo ai
ringraziamenti: Angi, fic lunga….che vuoi sono nella fase descrittiva
della mia vita! Come vedi Draco (in un modo o nell’altro) si è salvato…Che vuol
dire la coppia Piton/Harry? Non è una yaoi la mia fic!!!!; Eli e Kia,
mistero chiarito? Ok come vedete questo capitolo è abbastanza polleggiato, lo
uso come “raccordo tranquillo”. Continuate così che quando leggo le vostre
recensioni son sempre più contento J; Keijei, wow,
grazie per l’incoraggiamento! Come già detto, mistero chiarito…; Mikan,
e no. Quello non era Draco, ma dov’è Draco? Mha, chissà…(eheheheh). MILLE punti
a Mikan per aver beccato la Pozione Polisucco. Chi ha più punti alla fine della
Fic puo sfasciare a mie spese una multipla con tutti gli optional ed il pieno
appena fatto; Ice, vedo il tuo Master e rilancio di Corso di specializzazione
(che rilancio schifoso NdHarry) (Và a giocare in autostrada, Potter, chissà che
non ti stenda una macchina… NdMe), cmq in sto capitolo sono stato molto buono,
non è successo nulla di MALVAGIO…; Mikisainkeiko, ti assicuro che ho avuto tempo per pensarci
e il capitolo “sentimenti”, che pubblicherò quanto prima, sarà fuori
dall’ordinario. Psicologia di Hermione per un bel pezzo…almeno si capisce cosa
pensa sta ragazza!! (prima che tutti le diano della DFC); Anja, Come
vedi tutto si è concluso bene…sé, ti piacerebbe! Aspetta che scriva il prox
capitolo e vedrai come ti incasino la storia!!!!!; Giuggy, che ha
scritto una sfilza di recensioni sto giro! Zenchiu! Mi minacci con l’uomo
gatto!?!?!?!? Non posso fare altro che scrivere sottomesso…(dall’idiozia di
quell’ “uomo”(????)); Kiak, hai fatto un riassunto perfetto! Pensa
quando la storia sarà finita che casino che salta fuori!!!! Non distruggo le
famiglie!!! Ma i Weasley, nei libri, stanno sempre tutti bene (sembra un film
anni 30!!); Gius, scrivi assieme ad Angi quindi le risp sono le stesse.
E’ bello vedere gente che legge e recensisci le fic a coppia!!; Ron,
grande!! (ma quand’è che aggiorni…) noi eterni single (2 palle!!!!) sappiamo
come comportarci! Schifo a scuola e Fan fic( o son scemo o sono un genio….); Matt,Pete
& Dave (Anja's fiends), premettendo che il mio inglese fa schifo (Anja
pensaci tu!!!!): Thankyou for your message! I add a chapter each 3-4 days
(usually). I’m happy because english teenagers read my fic. I hope my english
teacher suicide her self, when she read that Fic (EHEHEHEHEHEH, non si
preoccupi prof, io l’adoro!); Ultimo, e soprattutto meno importante perché lo
conosco di persona ed è mio amico, Sorti!!!! (applausi) Ok ok, il nome
battlemage lo ha invetato lui per il gioco di ruolo di D&D quindi
battlemage™ ora è registrato. Contento? Cmq Ginny è incinta a 17 anni. Paese
che vai …..
Vabbuò gente, è tutto
per ora. Mi raccomando: RECENSITE; RECENSITE; RECENSITE!!!!
PS Mi è venuta
l’ispirazione per un'altra Fic…vedrò se scriverla subito o no.
Diversi gruppi
parlavano animatamente. I mangiamorte erano tutti riuniti in una grande sala.
Le vetrate permettevano di vedere l’esterno. Buio. Quella spessa cortina di
tenebre che era comparsa dopo tre anni non accennava ad andarsene. Gaherl
strisciava rapidamente qua e là per apprendere il maggior numero di notizie
sugli ultimi avvenimenti. Si sarebbe incontrato con il suo padrone fra poche
ore. Non voleva deluderlo di nuovo, non dopo l’ultima volta. Rabbrividì al
pensiero del suo ultimo incontro con l’ombra.
“Maestro,
posso… fare una domanda?”
“E sia,
Gaherl, dimmi”
“Se lei non è
un mangiamorte, anzi…come è rimasto intrappolato qui? E…la sua mano…è…”
“Come osi! Io
sono qui perché…perché…non devo certo dirlo e te verme traditore! Crucio!”
Quella maledizione Cruciatus bruciava ancora sul suo
petto. Ma aveva ripensato alla cosa a lungo durante quel periodo. Non sapeva
perché era lì. Il suo maestro non aveva idea di come si fosse trovato lì dentro
intrappolato. Ma uccideva tutto e tutti. Perché? Forse l’istinto lo spingeva ad
agire? No. L’istinto avrebbe dovuto cercare di far capire che era meglio
allearsi con gli intrappolati piuttosto che eliminarli. Eppure molte cose non
gli erano ancora chiare. A volte tentava di vedere il suo volto sotto il
cappuccio, ma sembrava saldamente cucito intorno alla sua testa.
Finì di
raccogliere informazioni. Un nutrito gruppo di mangiamorte avrebbe, fra qualche
ora, fatto un giro di ispezione nei sotterranei di Hogwarts. Era un bel colpo
da riferire al suo maestro. Almeno si sarebbe sfogato un po’ con loro, invece
che prenderlo a calci. Senza dare nell’occhio uscì dalla grande sala e si
diresse sicuro lungo le scale, in un percorso che conosceva ormai troppo bene.
La porta era chiusa. Bussò secondo uno speciale codice e quella si aprì
rivelando una spoglia stanza. Una persona, in piedi, lo fissava entrare. O
almeno credeva che lo fissasse, visto che era girato nella sua direzione.
“Sei in ritardo
Gaherl” sentenziò l’ombra.
“Chiedo perdono
signore, e stato difficile questa volta. Ma ho grandi notizie! Un gruppo di
venti mangiamorte ispezionerà i sotterranei fra un paio d’ore” sorrideva e
annuiva con la testa mentre riferiva la notizia.
“Venti? Sarà un
ricco bottino… proprio ricco. Dimmi Gaherl, qual è la prima raccomandazione che
ti ho detto un mese fa, quando hai iniziato a lavorare come spia?” si girò
verso la finestra che mostrava le serre di vetro, ormai in rovina. Gaherl pensò
un attimo alle parole del maestro. Perché quella domanda? Che fosse una specie
di test per valutare la sua devozione? Doveva essere così. Sorrise compiaciuto
e rispose.
“Di fare
attenzione di non essere mai seguito” poi il suo sguardo si incupì. L’ombra
gettò vicino ai suoi piedi la treccia di capelli del mangiamorte.
“Esatto. Avresti
dovuto seguirla” sollevò il piede e pestò con forza il feticcio magico. In un
attimo si sbriciolò. E Gaherl finì in cenere altrettanto rapidamente.
L’ombra impugnò
la bacchetta e si girò verso la porta che, d’improvviso, si spalancò spinta da
una forza magica. Una decina di maghi oscuri entrò e puntò la bacchetta verso
l’ombra. Sorrisi compiaciuti si dipinsero sui loro volti.
“Beccato, e
questa volta non riuscirai a farci fuori tutti. Di te non resterà che polvere”
quello che pareva essere il capo del gruppo parlò deciso rivolto all’ombra.
“Se ne sei così
sicuro non aspetto altro che una vostra mossa. Sempre che riuscirete a farne
dopo che i vostri corpi carbonizzati copriranno il pavimento” disse con voce
gelida l’essere, poi prese la bacchetta e la gettò fuori dalla finestra.
Sorpresi, i maghi oscuri, fissarono la bacchetta precipitare verso il basso, e
lasciarono il tempo all’ombra di agire. Anche lei si lanciò nel vuoto seguendo
la verga magica, ma non prima di aver detto.
“Ineo Simbolo”
Sul pavimento della piccola stanza cominciò ad apparire una lunga linea rossa,
incandescente. La linea disegnò a terra un complicato simbolo runico. Il mago
oscuro che prima aveva parlato fissò, bloccato dalla sorpresa, la linea
concludere il disegno magico. Un simbolo ad attivazione vocale. L’ombra l’aveva
spuntata ancora.
Afferrò la
bacchetta a mezz’aria pochi metri prima del terreno.
“Wingardium
Leviosa” e piano atterrò sopra il tetto della serra numero due. Appena i
piedi si posarono un boato risuonò nell’aria. La stanza dove era fino a poco
prima era esplosa, ed ora un denso fumo nero usciva dalla finestra, anche se
ora più che una finestra era un vero e proprio squarcio. Un soffio di vento un
po’ più intenso degli altri sollevò il suo cappuccio che ricadde sulle sue
spalle. Ora il suo volto era scoperto. D’istinto, in un attimo, lo ritirò sopra
la testa e si maledisse per la sua sbadataggine. Controllò che li attorno non
ci fosse nessuno che lo avesse visto, poi, soddisfatto, scese dal tetto della
serra e si diresse verso i sotterranei. Aveva un lavoro da sbrigare.
L’ombra si
allontanò ignara che qualcuno fra i cespugli ancora la fissava mentre se ne
andava.
*****
Ginny scese dal Nottetempo e salutò Stan ed Ernie. Si
sistemò il vestito ed i capelli meglio che poté e si diresse verso l’entrata
del palazzo. L’uomo dai capelli neri scese subito dopo di lei. Pareva aver
rattoppato qualche buco della sua tunica con l’utilizzo della magia. Il suo
aspetto rimaneva comunque poco rassicurante e dubbio. Pareva un clochard.
Raggiunsero insieme l’entrata, aveva il passo molto più lungo del suo. Il suo
cappuccio era abbassato sulla testa, ma Ginny ricordava ancora chiaramente il
suo sguardo. Le pareva di averlo già visto. Le pareva che quello sguardo la
terrorizzasse ogni volta. Eppure non aveva capito dove o come aveva già visto
quegli occhi. Pensando agli occhi, le tornò in mente l’uomo della sera prima.
Occhi bianchi coperti dalle lenti scure. Chi diavolo era? Più che altro, cosa
diavolo era? Non era un mago, non aveva visto la bacchetta. E poi il suo
atteggiamento calmo, compito. Così piatto, ma così terrificante. Quasi
certamente lavorava per qualche gruppo di mangiamorte. Quello che aveva fallito
nell’ucciderla, grazie all’intervento di Sirius, doveva ancora essere a piede
libero.
Raggiunse il bancone di ricevimento per i visitatori e vi
si appoggiò con i gomiti, accanto a lei l’uomo dai capelli neri la imitava. Una
segretaria si avvicinò ai due. Forse credendoli insieme chiese ad entrambi.
“Desiderate?”
“Dovrei parlare
con Remus Lupin, la ringrazio” ad una sola voce entrambi diedero la stessa
risposta. Entrambi si girarono uno verso l’altro e si fissarono. Ancora quegli
occhi. Quello sguardo. Poi l’uomo parlò rivolto alla ragazza.
“Ginny… Ginny
Weasley, Grifondoro” lei spalancò gli occhi e quasi le parole le morirono in
gola.
“Professor
Piton…”
*****
Le reazioni dei
presenti furono le più diverse fra loro. Ginny stava bene, subito fu circondata
dai fratelli, Ron in primis, che la abbracciò e le ripeté fino allo spasimo “Mi
dispiace”. Ginny era felice. Ron l’aveva perdonata, capita. Era di nuovo Ron.
Il suo Ron. Anche Arthur Weasley le si avvicinò a la abbracciò forte.
“Mi dispiace,
bambina mia. So di aver sbagliato, anche mamma lo sa. Quando abbiamo temuto di
perderti abbiamo capito il nostro errore. Non sarà semplice, ma so che se ci
impegneremo tutti riusciremo a tornare felici come un tempo” guardava la figlia
con un tale amore che non poté fare a meno di piangere, subito seguito dalla
ragazza. Anche Fred l’abbracciò e le scompigliò i capelli.
“Sorellina sono
contento che tu sia ancora qui”
“Anch’io Fred.
Mi sei mancato, mi siete mancati tutti quanti…” le lacrime cominciarono a
scorrere a fiumi. Hermione la fissava distante, per non interferire con il
“gruppo famigliare”. Ginny la vide e le si buttò addosso circondandola con le
braccia. Hermione si lasciò andare, anche lei si unì alla felicità del momento.
Un’innaturale leggerezza pervase il cuore di Ginny. Tutti le volevano bene.
Tutti quanti. Come era stata stupida ad andarsene di casa anni prima. Era lei
che per prima si era distaccata. Era iniziata per colpa sua quella sensazione
di angoscia che le avvolgeva il cuore. Ma ora era finita. Ora finalmente, per
cause tropo serie e troppo complicate da ignorare, era nuovamente in famiglia.
Ma alla sua famiglia ora mancava una persona. Draco. Che fine aveva fatto il
suo Draco? Per quello era lì. Per scoprirlo.
Piton entrò
subito dopo Ginny. Lupin non aveva idea che anche quello strano tizio fosse
stato condotto nel suo ufficio per incontrarlo. Poi il viso pallido di Piton
comparve da sotto il cappuccio. Remus alzò gli occhi ed incrociò lo sguardo con
l’uomo.
“Severus…o mio
Dio” Lupin mollò sul tavolo una cartellina che teneva stretta in mano e con
passo veloce raggiunse il professore afferrandolo per le spalle.
“Mio Dio. Non
posso crederci… Severus, ma dove eri…? Cosa ti è successo? Io…io non capisco…”
Piton parlò, la sua voce era distante.
“Capirai. Ho
molte cose da dirvi. Molte. Ho scoperto cose credo molto utili al ministero per
la faccenda Hogwarts…” si staccò dalla stretta di Lupin e si mise seduto su una
sedia lì vicino. Un grosso cane nero lo fissava. Piton ricambiò il suo sguardo.
A quanto pare entrambi erano sorpresi di vedere l’altro vivo. Il cane si
avvicinò e balzò su una sedia accanto a Piton. Il più grande segno di rispetto
che i due si fossero mai fatti. Sedersi l’uno accanto all’altro. L’attenzione
di tutti i presenti si spostò sul professore.
“Vedo che c’è il
raduno al completo proprio oggi. I Weasley, la signorina Granger, Lupin con il suo
fedele segugio. E’ forse un caso?” chiese Piton. Il suo aspetto malconcio
faceva pensare al peggio a chi lo guardava. Hermione prese la parola.
“Anche se sembra
strano…sì, è un caso. Una serie di eventi, più o meno spiacevoli, ci ha
condotto tutti qui oggi” Ginny sospirò alle parole della ragazza “bhè, quasi
tutti. Manca Draco” Piton sgranò gli occhi.
“Malfoy? Al
ministero? E suo padre che fine ha fatto?” la voce del professore di pozioni
era sorpresa.
“D’accordo,
credo che ora sia venuto il momento di spiegare bene tutto quello che è
capitato” Lupin, detto questo, afferrò la cartellina che aveva in mano e pregò
tutti di seguirlo. Percorsero un po’ di corridoi ed infine raggiunsero un’ampia
stanza predisposta per le proiezioni di immagini magiche scattate in
precedenza. Una serie di comode poltroncine erano schierate di fronte ad un
muro bianco. Tutti si sedettero, tranne Lupin che chiuse la porta, spense la
luce e si portò davanti al muro. Agitò la bacchetta e dal fondo della stanza un
raggio luminoso colpì il muro.
“Bene. E’ ora di
spiegare per filo e per segno quello che si sa e non si sa sul caso Hogwarts.
Il 28 dicembre 1999 Hogwarts viene attaccata da un vero e proprio esercito di
seguaci di Voldemort” i presenti rabbrividirono a sentire pronunciare il nome
del mago oscuro “mangiamorte, giganti, disennatori e così via. Sembra la
disfatta più totale, anche perché lo stesso… voi-sapete-chi, partecipa
all’attacco. Lo scopo è chiaro. Uccidere mezzosangue e chi non è fedele a lui,
e soprattutto eliminare Harry Potter” Remus si fermò, più che per riprendere
fiato, per scacciare il pensiero di Harry.
“L’attacco
sembra essere perfetto, ma succede qualcosa di inaspettato. Un potente
incantesimo di sigillo colpisce tutto il castello. Con un onda d’urto potentissima
tutte le persone presenti vengono sbalzate in giro con danni più o meno gravi.
Molti studenti non riescono a sopravvivere, altri cadono in un coma profondo,
che, per fortuna, ormai sembra essere scioglibile” lo sguardo di Remus cade su
Ron ed Hermione che si tengono la mano l’un l’altro, come per proteggersi da
qualcosa che conoscono fin troppo bene.
“L’incantesimo
di sigillo riesce e chiude sotto una cupola magica tutta la scuola. E da tre
anni che gli scienziati maghi studiano il problema” sul muro comparve
l’immagine di Hogwarts. Molte persone dall’abito blu correvano qua e là per
l’immagine “ma Hogwarts è assolutamente inaccessibile dall’esterno. Anche con
viaggi in piani di passaggio la cortina impedisce il l’attraversamento”
“Parlando di
situazioni più recenti, ieri sera sono stati eliminati quattro babbani nei
pressi di Chinatown, a Londra” Ginny fissò Lupin, Black abbaiò, delle foto dei
cadaveri comparvero sul muro “tre ragazzi, uno strangolato, l’altro trapassato
da parte a parte con un oggetto veramente grande” la foto del ragazzo
squarciato era comparsa sulla parete “e l’ultimo, senza testa, tagliata di
netto. Poco più distante, una ragazza orientale è stata trovata morta. Il
sangue gli è stato succhiato via da due buchi alla base del collo. Un vampiro,
signori. Non se ne vedevano in giro da tempo. Ma è un vampiro, è chiaro. Ho
fatto delle ricerche su tutti i vampiri negli ultimi anni visti in giro per
Londra e città limitrofe, non sono molti, ma non sappiamo chi sia. Nessuno l’ha
visto in faccia”
“Io sì” disse
timidamente Ginny “l’ho visto, so chi è. Sono scappata da lui, sono salva per
un pelo” Remus spalancò gli occhi. Abbozzò un sorriso.
“Eccellente.
Dopo ti mostrerò le foto e mi dirai se lo riconosci. Ora, tornando a noi, dalle
ultime ricerche sappiamo che Draco è stato portato via la sera di venerdì
scorso, con oggi sono sei giorni che è scomparso. I rapitori direi che sono
chiari a tutti: mangiamorte. Da quello che ci ha riferito il signor Backer, e
dal cadavere ritrovato nel parco vicino a casa Malfoy, Draco è stato portato
via con la forza da un tizio alto, magro e dai denti gialli. Uno dei gemelli
che hanno attaccato ieri sera la Tana. Bene, direi che tutta questa complicata
faccenda è stata spiegata, anche i fatti più recenti. Ora, direi che è il caso
di fare qualche domanda al nostro amico Severus Piton” Remus si avvicinò
all’uomo e le luci si riaccesero.
“D’accordo,
Severus. Dicci quello che non sappiamo, ora” Piton sospirò e iniziò a parlare.
“Io sono morto
il 28 dicembre 1999. La belladonna iniettata mi stava uccidendo. Ho preferito
provare a non-vivere. Mi sono suicidato con una particolare pozione che mi
avrebbe permesso di tornare come non-morto anni dopo il mio decesso. E’
inquietante, ma non potevo morire così, in quel luogo. Hogwarts. Sì, ero ad
Hogwarts, e ne sono uscito. Non pensare sia possibile, Remus, non cominciare ad
eccitarti all’idea. L’incantesimo di sigillo posto su Hogwarts non solo blocca
l’entrata e l’uscita di persone, ma colpisce le loro menti impedendo loro di cercare
un’uscita. Li ho osservati, i mangiamorte, i disennatori e… un tizio strano.
Nessuno, anche se prova, riesce a trovare un’uscita. L’incantesimo glielo
impedisce. Ma c’è di più. Quel tizio strano, uno dei mangiamorte, è impazzito,
credo che sia un mangiamorte da come si batte e da come mi ha, una volta,
sorpreso alle spalle. Va in giro per il castello ed elimina qualsiasi cosa si
muova, ma ha cominciato ad evolversi. Quando me ne sono andato aveva costretto
uno dei mangiamorte a spiare i compagni per facilitare il compito. Le persone
rimaste la dentro non saranno più di 400, massimo 500. L’esercito, all’inizio,
era di quasi 2000 unità. Quel tizio è un genio nella lotta. E’ veloce, è forte,
è mortale, conosce un gran numero di incantesimi e molti li ha creati lui
stesso. Ha passato anni a combattere contro quella feccia, ed è diventato una
macchina che uccide. Fredda e spietata. Dopo essere rimasto ad osservare un po’
la situazione ho aperto un varco con la magia in un pezzo della cortina magica
che impedisce il passaggio. Si rigenera rapidamente, sapete. A quest’ora sarà
già chiusa. Sono uscito e con il Nottetempo sono arrivato fino a qua, ed ho
incontrato la signorina Granger che fuggiva dal suo vampiro”
Dire che le
espressioni di chi lo fissava fossero allibite, era poco. Miliardi di idee e
pensieri passarono nella testa di ognuno. Solo Remus riuscì a porre una
domanda.
“Ma…ma perché tu
sei riuscito a cercare un uscita? Come hai…” Piton lo interruppe come era
solito fare anche ad Hogwarts con gli studenti indisponenti.
“Perché, caro
Remus, io sono morto. La mente di un morto è totalmente diversa da quella di un
vivo. Molti incantesimi che colpiscono la mente non funzionano”
Il silenzio
cadde sui presenti. Nessuno diceva nulla. Una miriade di emozioni passarono
attraverso quelle facce. Paura, angoscia, speranza, ansia, terrore, stupore,
incredulità, ammirazione, sfrontatezza,…troppo per elencarle tutte.
“Ed ora…che
facciamo?” chiese Hermione rompendo il silenzio.
*****
Una abile massacro. L’ombra finì
di spostare l’ultimo cadavere nel corridoio sotterraneo. Un peccato aver perso
la spia. Era abile, ma non troppo.Oggi
ne aveva fatti fuori ben trenta, tenendo conto dei dieci esplosi nella stanza
poco prima. Un bottino soddisfacente, e poi ora era stanco. Molto stanco. Salì
le scale e raggiunse il piano terra. Salì ancora imboccando la scala alla sua
destra. Non sapeva bene dove andare, ma sperava di trovare un alloggio per la
notte. Un letto o qualcosa di simile. Camminò a lungo e la sua attenzione fu
attratta da un quadro. Rappresentava una signora grassoccia, dormiva con la
testa chinata sul petto. Il dipinto era leggermente staccato dal muro. L’ombra
lo spinse piano. Una porta. Aprì il passaggio e percorse il corridoio. Una
grande stanza con camino e tutto. Doveva essere uno dei dormitori. Decise di
cercare un letto, dopotutto era il luogo migliore per trovarne. Due scale
salivano verso quelli che probabilmente erano le stanze degli studenti. La
scala a sinistra era distrutta. Andò a destra e entrò nella prima porta che
incontrò. Ben cinque letti. Non poteva chiedere di meglio. Si butto su quello
più vicino, sollevò le gambe sopra il materasso e prese a dormire. O almeno ci
provò. Non riusciva. Ancora si tormentava per la distrazione di poche ore
prima. il cappuccio gli era sceso di testa, non sapeva se qualcuno lo aveva
visto in faccia. Sperava di no. La odiava. Odiava la sua faccia, per questo la
nascondeva. La odiava a tal punto di non mostrarla a nessuno, neanche a se
stesso. Si alzò dal letto rimuginando sul da farsi. Tanto non riusciva a
dormire. Cominciò a guardarsi attorno. Un sacco di bauli. Degli studenti,
probabilmente. Cominciò a aprirli per esplorarne il contenuto. Tutta robaccia.
Poi, il quarto, lo trovò vuoto. Impossibile. Un baule di scuola vuoto? Allungò
la mano e sentì qualcosa di solido. Afferrò e strappò con forza. Nel baule
comparve la normale attrezzatura di uno studente. Libri, bilancia, calderone,
ingredienti vari… e nella sua mano un mantello. Fu chiaro subito che cosa
fosse. Un mantello dell’invisibilità. Un tesoro così prezioso in mano ad un
ragazzino di Hogwarts. Ridicolo. Lo indossò per provarlo. Cadeva alla
perfezione. Con quell’aggeggio avrebbe semplificato di molto il suo “lavoro”.
Si sarebbe divertita molto di più. E non avrebbe avuto più bisogno di una spia.
Ci avrebbe pensato l’ombra stessa a spiare i suoi nemici.
Capitolo
15! Ormai sono a tre quarti abbondanti della Fic! Almeno secondo le previsioni.
Allora? Come va? Eh? Piace? Ditemelo!!!! Recensite ragazzi che senno non so più
come fare!!! Ed ora…………Ringraziamenti!!!!: Giuggy, non snellisco (sotto
minaccia felina men che meno…sei cattiva…J); Angi, non
conosco il fumetto Arms, il personaggio è ispirato al personaggio (ripetizione)
che interpreta un mio amico in un RPG, anche se gli occhiali e gli occhi
bianchi li ho messi io…J; Ci, ringrazio questa nuova Recensionist, ma
sappi che anch’io amo gli scontri Draco/Harry, e la mia prossima Fic sarà
basata sul mago più figo di tutto l’antico regno (e non è Silvan…)J;
Ice, grazie per il messaggio, ma non ti preoccupare, non è che mi
ammazzo! Sei in gita scolastica (non conosco la tua età, potresti essere anche
un pensionato in effetti….eheheh scherzo J; Keijei,
zenchiu! Era proprio quello che volevo fare!! Azione, Romantico, Triste…. Proprio
quello che volevo riuscire a trasmettere!!! Woooooohooooo!!!J;
Kiak, caspita se continui con questi commenti mi metti in imbarazzo!
(BLUSH) ho cambiato il capitolo 2 3 volte perché non mi convinceva (la storia
sarebbe stata diversa). Vuoi una femmina? Chissà, ma ti pongo una domanda: se
le radiazioni atomiche modificano il feto, cosa fa un’Avada Kedavra in
fronte???? (sono bastardo eh?) baci baci J; Eli e Kia,
vabbè, ormai per me siete come il caffè di mattina: senza non vado avanti! (che
paragone del cavolo NdHarry) (Hai ragione, vai da Dante Alighieri e chiedigli
un buon paragone NdMe) (D’accordo dov’è? NdHarry) (All’inferno, piccolo mago
bastardo!!!!! NdMe) (Ahhhhhrrggghhh! NdHarry) avete dipendenza da Fic?
Comincerò a spacciarle nelle disco…J. Appunto per Eli,
io vado in macchina la bici si è rotta! PS Strekonuccio? (BLUSH); Mikan,
ti comunico che sei in testa alla classifica con altri MILLE punti per aver
beccato Piton!!! (ma sono così banale? Vabbè …) ora dentro la multipla
sfasciabile c’è anche l’arbitro Moreno legato e imbavagliato! Contenta?J;
Monica80, sorbole, una cara consanguinea! Sono di Granarolo (si quella
del latte NdMe…) in provincia. Non ti preoccupare per il commento, l’importante
è lasciare qualcosa. Curiosa eh? Vedrai che la storia allora ti piacerà…J;
Anjulie, new recensionist! Grazie per il commento. E’ bello veder nuova
gente fra le recensioni!J.
Ragazol,
sem a post. Az vedem al prosim vulta can al nuv capitol. (Traduzione: Ragazzi,
siamo a posto. Ci vediamo la prossima colta con il nuovo capitolo)
Capitolo 16 *** Tutto bene ciò che finisce bene? ***
Piton e Lupin erano ancora seduti nella stanza delle proiezioni
Piton e Lupin
erano ancora seduti nella stanza delle proiezioni. Gli altri se ne erano andati
a riposare un poco. Erano stati per tutti due giorni intensi. Non parlavano. Si
fissavano per poi distogliere lo sguardo, e fissarsi ancora.
“Chi credi che
sia?” chiese Lupin.
“Credo che sia
l’unica persona in grado di fare quelle cose… la sua crudeltà è chiara” rispose
Piton.
“Quindi i
mangiamorte rimasti hanno ragione. Non è morto”
“Se le voci che
girano sono quelle, ti assicuro che la sola visione di quel tizio all’opera li
farebbe esultare per il ritorno del loro signore”
“Ma perché li
elimina allora?” Remus si alzò in piedi, pareva scocciato dalla situazione
delicate che si stava creando. Piton scosse al testa e guardò il pavimento.
“Non lo so. Forse l’incantesimo che ha sigillato Hogwarts
lo ha colpito in modo particolare. Forse qualcosa è andato storto quel giorno.
Non lo so ma ti assicuro che quello non può essere che lui…”
“Voldemort… è
tornato…”
“Sì, Remus”
continuò Piton. Alzò gli occhi e lo fissò di nuovo “lui ancora non è in grado
di capirlo, ma è tornato. Ed è molto più forte. Se esce da lì dentro, è la fine
per tutti. E’ la fine di tutto…”
Lupin si sedette
ed il silenzio tornò, prepotente, a saturare la stanza.
“Hai un piano?”
chiese Lupin.
“Forse… ma dovremmo
discuterne con il ministero. Non sarà una cosa breve, ci vorrà del tempo. Mesi,
forse anni… ma è l’unica idea che ho avuto”
“Che, in poche
parole, quale sarebbe?”
“Lo eliminiamo
noi prima che lui possa uscire” sentenziò freddo Piton.
*****
Faceva freddo. Molto freddo. Ed aveva fame. Era da quasi
una settimana che non mangiava. Lo avevano abbandonato in quella prigione
sotterranea. Suo padre non aveva avuto pietà. Senza cibo né acqua. Quella poca
che beveva filtrava dal soffitto umido e entrava dalla finestra. Draco ormai
era stremato. Non ce la faceva più. Ormai le forze lo stavano abbandonando. Era
stanco, troppo stanco. Gli occhi si stavano chiudendo. Il sospiro della morte
alitava sul suo collo. No. Ginny! Non poteva morire ora! Doveva ancora vendicare
Ginny! L’avrebbe fatto. Si sarebbe spinto fino al limite umano per vendicare la
dolce Ginny. Con uno sforzo notevole si impose di riaprire gli occhi. Li
spalancò di scatto, per poi tenerli aperti a metà. Respirava affannosamente. Ma
non doveva mollare. Prima o poi sarebbero venuti. Doveva solo aspettare. Si era
liberato dalle catene, anche se illegalmente. Stronzate! Per uscire di lì
avrebbe anche ucciso un esercito di babbani a sangue freddo. Per eliminare
l’assassino di Ginny avrebbe anche venduto la sua anima al demone più infido
degli inferi. Camminava in cerchio per non addormentarsi. Era un metodo valido,
non gli lasciava il tempo di stancarsi. Un rumore. Passi. Qualcuno si
avvicinava. Si nascose in un angolo della stanza, nell’ombra.
Lucius Malfoy
era stato chiaro. Il prigioniero doveva restare in cella senza nutrirsi.
Lasciarlo soffrire per la perdita della sua donna era il suo piano. Tropo
crudele da sopportare anche per un bastardo come lui. Un doppiogiochista,
questo era. Aveva fregato Malfoy e era riuscito quasi a far uccidere la
ragazza. Era stato premiato per questo. Ora era pieno di soldi, e molti
mangiamorte erano ai suoi ordini. Quando lavorava al ministero era molto più
dura. Ma ora le cose sarebbero cambiate. Avrebbe infiltrato altri mangiamorte
fra le file dei Battlemage. Nessuno sospettava di lui. Nessuno sospettava di
Alex Holavson. Troppo grasso e stupido per riuscire in qualcosa. Stupidi maghi.
Lui era il grande Alexis l’immortale. Un noto mangiamorte. Ma aveva cambiato il
suo incartamento, foto compresa, prima di farsi assumere al ministero. Odiava
la tenacità di tutti quei giovani maghi intenti a rovinare i piani dei maghi
oscuri. Quante volte ne aveva eliminati mandandoli in missioni suicida. Tutti
tranne Draco. Era troppo abile per farsi eliminare. Veramente abile. E Alexis
temeva che la rappresaglia da parte del padre Lucius su di lui fosse terribile.
Solo ora aveva scoperto che anche lui detestava il figlio. Ma non l’avrebbe
ucciso, gli serviva, o almeno così diceva.
Raggiunse la
porta della cella. Sotto il braccio aveva un po’ di cibo ed acqua. Avrebbe
nutrito il poveretto, non riusciva a non fare nulla. Aprì la porta e vide le
catene vuote. Una goccia di sudore percorse il suo viso spaventato. Un attimo,
e il petto fu trapassato da potenti artigli, mentre le zanne gli mordevano il
collo uccidendolo sul colpo. Un ghepardo dal manto biondo platino, maculato,
con il muso sporco di sangue scese dal cadavere di Alexis l’immortale, che poi
non così immortale non era. Il suo occhio segnato da una profonda cicatrice
scrutò il corpo dell’uomo. Vide il cibo e lo divorò voracemente. Afferrò la
bacchetta del mangiamorte fra le fauci ed uscì di corsa dalla prigione. Salì
una rampa stretta di scale per cercare una cosa che voleva da tempo. Vendetta.
*****
Un ragazzo entrò
veloce nella stanza delle proiezioni. Ron gli aveva riferito che Lupin si
trovava lì. La porta sbatté forte e fece sobbalzare i due seduti sulle
poltroncine.
“Signore…signore,
l’abbiamo trovato” aveva il fiatone e parlava a raffica “Draco Malfoy, è appena
scappato da una prigione. L’incantesimo che impediva la divinazione su di lui
era solo nell’area dove era rinchiuso. Ora sappiamo dive si trova. Ed è…” prese
a scrutare un foglio facendo scorrere il dito verso il basso.
“…Silvertown.
Pochi chilometri fuori Londra. Ordino la mobilitazione dei battlemage?” chiese
con tono ufficiale il ragazzo.
“Immediatamente.
Avverti anche il ministro. Ci serviranno una cinquantina di uomini. Sceglili
fra i più esperti. Questa volta non si fallisce. Non si deve fallire” il
giovane batté i tacchi, annuì ed uscì da dove era entrato. Piton si alzò.
“Potrei unirmi
alla festa, se il comandante qui presente lo permette…” disse ironico Piton.
“Certo Severus.
Una bacchetta in più fa sempre bene. Avverti Arthur e Ron, per piacere. Io
finisco di preparare la squadra” entrambi uscirono e, veloci, si diressero in
direzioni opposte.
*****
Il ghepardo si
fermò a prendere fiato. Il suo corpo mutò e tornò quello di sempre. Draco
ansimava rumorosamente lungo un corridoio deserto del castello.
“Casa dolce
casa…” mormorò prima di svoltare l’angolo e continuare la sua marcia, ora su
due piedi. La magione dei Malfoy era veramente grande. L’avevano esplorata più
volte in quegli anni sicuri che molti maghi oscuri si trovassero lì, ma ogni
volta non trovavano nulla. Ed ora capiva perché. Quella spia traditrice di Alex
Holavson, o qualunque fosse il suo nome, li doveva avvertire ogni volta. Per
questo non trovavano mai nulla. Per questo riuscivano sempre a scamparla.
Sputò con
disprezzo contro una parete sia per lo sforzo che per scacciare l’idea di quel
traditore dalla sua testa. Afferrò una spada attaccata al muro come decorazione
e continuò ad avanzare. Sapeva dove andare, Aveva percorso quello stesso
corridoio anni prima. Come quella volta sfoderò le sue armi migliori. La
bacchetta in mano e lo sguardo carico di odio. Raggiunse ancora la porta.
“Stupeficium!”
più che cadere a terra si sbriciolò sotto i suoi occhi. Con un balzo entrò
nella stanza. Tre maghi lo fissarono senza parole, poi, ripresisi dalla
sorpresa, si prepararono a lanciare incantesimi contro il nuovo arrivato. Draco
roteò la spada e la afferrò per la lama. Con un colpo secco la scagliò addosso
almangiamorte più vicino. La lama
trapassò il suo petto, cadde a terra esanime. Rapidamente lanciò un incantesimo
sul secondo.
“Imperio!”
il mago oscuro spalancò gli occhi e si buttò fra Draco e le frecce di fuoco
partite dalla bacchetta dell’ultimo mangiamorte. Il suo corpo infuocato cadde a
terra, consumato ancora dalle fiamme. Troppo veloce perché il mago oscuro
lanciasse un altro incantesimo, Draco lo raggiunse. Pugno nello stomaco,
ginocchiata in faccia. Steso sul pavimento stordito, o forse morto. Draco
recuperò la bacchetta della sua ultima vittima e la puntò contro il tizio di
spalle dal lungo mantello rosso. I capelli color platino di quell’uomo erano
simili a quelli del ragazzo. Lucius Malfoy si girò a fissare Draco con la
bacchetta in pugno, puntata verso di lui.
“Draco, che
piacere vederti. Non provi una sensazione di deja-vu?” l’uomo non pareva per
niente preoccupato dalla situazione in cui si trovava. Era il suo atteggiamento
nei confronti di tutto.
“Zitto bastardo.
Se non vuoi morire dimmi chi ha ucciso Ginny, prima che ti elimini all’istante”
la voce di Draco era glaciale. Un auror che entrasse lì dentro in quel momento
non avrebbe esitato a colpire Draco per salvare Lucius. Il vero nemico, ora,
pareva il giovane Malfoy.
“Vuoi sapere chi
ha ucciso la piccola Weasley? Mi spiace, ma non posso dirtelo”
“Parla o muori! Ignus
Flatus” la palla esplosiva colpì un candelabro a pochi metri da Lucius
Malfoy, mandandolo in frantumi.
“Vorrei poterti
accontentare, ma lei è ancora viva. Non esiste il suo assassino” sorrise dopo
aver detto ciò. Draco si bloccò ed il suo volto si ammorbidì decisamente dal
marmo che sembrava.
“Non…non è vero!
Tu menti! Vuoi prenderti ancora gioco di me!? Non scherzare col fuoco, ti
potresti scottare. Dimmi chi ha ucciso Ginny!” un boato sotto di loro sorprese
Draco.
“Sono arrivati.
I battlemage sono veramente efficienti. Credo che sia venuta l’ora di finire
questa commedia” sollevò la bacchetta con uno scatto “Accio Tavolo”.
Il tavolo alle
spalle di Draco si sollevò e lo colpì in testa, buttandolo a terra. Proseguì la
sua corsa e sfondò il vetro alle spalle di Lucius che si era preventivamente
abbassato. Draco sollevò lo sguardo in direzione del padre, che sorrideva.
“Ci rivedremo
figliolo, non temere. La mia vendetta di colpirà inesorabile. Te, la tua donna
e vostro figlio” con una risata si buttò fuori dalla finestra. Fuggito. Era
fuggito e si era preso gioco di lui, ancora una volta. Non ce la faceva più.
Non aveva vendicato Ginny. Stava morendo da sconfitto. Si era sacrificato per
niente. Si era sacrificato…sacrificio. Si era sacrificato per qualcun’altro. Lo
aveva fatto. Perché? Lui si sarebbe sacrificato solo per se stesso. Solo per
se…ma Ginny era se stesso. Loro erano una cosa sola. La amava troppo. Lui era
lei. Lei era lui. Un'unica cosa. Amore. Era innamorato di Ginny. Solo ora lo
aveva capito, e non glielo aveva mai detto. Era tropo tardi ora. Lei non c’era
più ed anche lui cominciava a spegnersi. La vista si offuscava. I rumori, i
boati le urla erano distanti. Non sentiva più il suo corpo pesante. Come era
dolce la morte.
*****
Ginny era seduta
su di una sedia lungo il corridoio dell’ospedale. Ron le era accanto e aveva il
braccio attorno alle sue spalle. La testa di Ginny era poggiata al petto del
fratello. Hermione, accanto a Ron, teneva il capo all’indietro, appoggiato al muro.
Aveva gli occhi chiusi. L’altoparlante dell’ospedale chiamava continuamente
dottori e medici qua e là per emergenze di vario tipo. Lupin, poco distante,
guardava fuori dalla finestra. La pioggia scendeva e colorava di grigio quel
cielo invernale. Due settimane a natale. Sarebbe stato un natale orribile.
Ginny si sarebbe ripresa? Improbabile. Conosceva quanto bastava la ragazza per
dire che la morte di Draco l’avrebbe distrutta. L’attacco alla magione dei
Malfoy era stato eseguito alla perfezione. Poche perdite, qualche ferito,
vittoria completa. Naturalmente di Lucius Malfoy neanche l’ombra. Ma era
prevedibile. Non si sarebbe lasciato prendere facilmente.
Si allontanò
dalla finestra ed andò a sedersi accanto a Ginny. Ron gli sussurrò.
“Si è addormentata…
povera piccola. Deve essere stanca…” carezzò la testa della sorella e le diede
un bacio affettuoso. Hermione sollevò la testa e fissò Ron. Si avvicinò a lui e
si accoccolò al suo fianco. Lui sollevò il braccio e la abbracciò stretta.
La luce sopra la
doppia porta davanti a loro si spense. Una delle ante si aprì ed uscì un
medico. Si tolse i guanti sporchi di sangue. Sollevò lo sguardo triste e
affranto. I ragazzi si erano alzati. Ginny ora era sveglia e Lupin era al loro
fianco. Il medico sospirò e fissò il gruppo.
“E’ fuori
pericolo, ma la mutazione instabile che ha subito il suo corpo lo ha sfiancato
non poco. Non è un vero animagus, è stato sciocco da parte sua. Ma dopotutto ne
uscito vivo. Poteva andare peggio, da quello che ho sentito. Bisogna essere
ottimisti” sfiorò una spalla a Ginny.
“Fra qualche ora
lo trasferiremo in una stanza. Lì potrete vederlo” salutò il gruppetto e tornò
da dove era arrivato. Ginny sospirò forte e iniziò a piangere.
“Avanti Ginny.
Hai sentito il dottore? Ottimismo. Tra un po’ lo andremo a vedere” Ron la prese
per le spalle e poi la abbracciò ancora.
“Ron, lascia che
ci pensi io” disse Hermione “andate a bere qualcosa voi due” Ron annuì e si
allontanò con Lupin.
Hermione prese
per le spalle Ginny e la condusse di nuovo a sedere. La rossa singhiozzava. I
capelli coprivano il suo volto rigato di lacrime.
“Avanti Ginny,
parla. Dì quello che vuoi, sfogati. So come ti senti, ed è uno schifo” Hermione
le parlò con franchezza. Ginny alzò gli occhi su di lei.
“Hermione io…
sto soffrendo. Tanto, troppo. Draco è in fin di vita per colpa mia. L’hanno
preso e torturato, e lo ha fatto per me. Io… non so, ma mi manca, Hermione. Mi
manca troppo. Il pensiero di perderlo mi fa soffrire terribilmente. Non potrei
più vivere. Non sa nemmeno che presto sarà papà” qui Ginny rise un po’ fra i
singhiozzi “e io sarò mamma. Ci pensi Hermione? Lo voglio con me. Deve stare
con me, non può lasciarmi. Io e lui siamo una cosa sola…”
Hermione la
abbracciò. La strinse forte. Anche lei piangeva. Quello che aveva detto Ginny
era bellissimo. Amava Draco ad un livello tale che nemmeno immaginava.
“Sono contento
di essere ancora vivo” Draco sussurrò piano. La voce era molto bassa. Per lo
shock operatorio e per lo shock di vedere lì con lui la sua Ginny. Era ormai
mezz’ora che parlavano da soli in quella stanza di ospedale.
“Anch’io sono
contento che tu lo sia. E vedi di non cambiare idea…” Ginny rise con gli occhi
lucidi. Anche Draco era nelle sue stesse condizioni.
“Devo ancora
dirti una cosa importante. Sarai presto papà, Draco” lui sorrise ancora.
“Sai, mi ero
preparato una recita per mostrare la mia sorpresa, ma mi fa troppo male
dappertutto per farla. Lo sapevo, sapevo del bambino, anche per questo ho
sofferto quando ti ho creduto morta” Ginny fu sorpresa dalla risposta, ma non
gliene importò niente. Ora era felice. Era di nuovo con Draco. Erano ancora
insieme.
“Ginny, in
questi giorni ho pensato… mi sono accorto che c’è una cosa che non ti ho mai
detto, e che ho scoperto da poco” fece una pausa e trasse un profondo respiro.
“Ti amo Ginny
Weasley” disse tutto di un fiato. Ginny lo baciò teneramente e si stese nel
letto accanto a lui.
“Anch’io ti amo
Draco. Da impazzire” si unirono in un altro bacio, più lungo questa volta.
Draco le parlò ancora.
“Non ci separeremo
mai più. Te lo prometto. Nulla potrà separaci”
*****
Sul tetto della
torre più alta di Hogwarts si stagliava contro la luna la sagoma di un uomo
incappucciato. Appeso ad un merlo della torre, legato bene con una corda, vi
era un altro uomo. L’ombra era seduta sul bordo e fissava l’appeso sotto di
lui.
“Allora? Dove è
il vostro capo?” disse tranquilla l’ombra.
“Non lo so, te
lo giuro….non uccidermi! Potrei fare la spia per te…sì! Ti prego risparmiami…”
l’uomo a testa in giù piagnucolava disperato.
“Mi spiace, ho
già provato, e non ha funzionato un gran che” con uno scatto sfoderò un pugnale
e recise la corda. L’uomo appeso precipitò accompagnato da un grido.
“Ho ancora molto lavora da fare”
indossò il mantello e scomparve nel nulla.
Capitolo 16!!! Sarete contenti ora! Draco è salvo, e stanno
tutti bene….sé magari! Ringraziamenti:::::::::::::::::::::::::::: Eli e Kia,
grazie, l’idea è geniale, lo so. Ma è chiaro che tutta Hogwarts e i suoi
occupanti sono in trappola e non sanno come uscire perché non pensano di farlo?
Era chiaro vero? Vabbè, intanto grazie e….ancora Stekonuccio? Ci farò il callo
(BLUSH) J;
Angi, Draco è tornato!! Are you happy? Well, ….e così l’ombra sarei io?!?!?
Grazie! Ma io sono molto più bastardo!!! J;Gius, a caccia
dell’identità dell’ombra? Tranquilla si scoprirà….forse…potrei finire la fic
con il dubbio eterno di chi sia l’ombra…. Bell’idea!!! EhehehehJ;
Sunny, è bello rivederti e sapere che leggi la mia Fic! Ora leggo il tuo nuovo
Capitolo, poi recensisco J; Giuggy, ho comprato un cane di trenta tonnellate
per contrastare l’uomo gatto, ma lui ha letto la mia fic e ha detto che mi
divora se non scrivo….dalla padella alla brace….J; Danny88, new
recensionist!! Grazie per il commento!!J; Niav, tre parole?
Credevo sole, cuore e fluoooooooro! Eheheh scherzo, grazie per i complimenti J;
Keijei, ta-dan, ed entra in scena piton!!!! Fico eh? Spero piaccia in versione
non morto. A me gusta, e a te? Ciao J; Kiak, hai citato il
sacro mahatma!!!! Lode e gloria e Kiak!!! E’ bellissima questa citazione! Non
la conoscevo, ma già che siamo in tema non violenza….make love, not war!!!!
PACE PACE PACE!!!!!!!!!!! E che Bush prenda i suoi missili e se li ficchi tutti
nel c….appuccino! che è buono con i missili….grazie kiak per ricordare chi ha
fatto grandi cose, molti scordano….
Giovani, per ora è tutto. Scriverò quanto prima (scuola
permettendo), quindi: RECENSITE RECENSITE RECENSITE!!!!!!
Ron stringeva
forte l’arma in pugno. Non li vedeva più. Si era nascosto in un attimo dietro
quel cumulo di terra prima che lo colpissero. Chinato sulle ginocchia restava
in attesa di un qualche rumore. Niente. Si dovevano essere nascosti anche loro.
La tensione era troppa. Doveva stare attento a non scoprirsi. Ma doveva aiutare
la squadra. Forse erano in difficoltà, lontano da lì. Prese una decisione.
Piano sollevò la testa per sbirciare la zona. Fu il suo ultimo errore. SPAM!
“Ah ah ah! Ron
ti ho preso! Hai visto che era lì dietro, lo dicevo io” la palla di neve
scagliata da Ginny colpì in pieno la faccia del fratello. Draco accanto a lei
era armato anche lui e pronto a colpire ancora il rosso. Ron si pulì la faccia
dalla neve e si alzò di scatto.
“Piccola monella!
Adesso la paghi!” prese la palla di neve e la lanciò forte verso Ginny. La
colpì in pieno, lei cadde a terra e iniziò a ridere. La palla di Draco colpì la
terra dove Ron era tornato a ripararsi.
“Fermo Weasley!
No mi scappi! Devo vendicare la mia ragazza, ti seppellirò nella neve bastardo”
disse Draco in tono ironico iniziando a correre dietro al rosso, che subito si
era alzato ed era scappato di corsa in mezzo al campo arato, candido per via
della neve. Una voce di ragazza in coro con una maschile pervase l’aria fredda.
“Multi
Leviosa” una moltitudine di palle di neve, almeno una trentina, si
sollevarono da terra attorno ai due ragazzi.
“Ma cos…” provò
a chiedere Draco, ma le sferette di ghiaccio presero a colpirlo a raffica. Lui
cercò di pararsi, ed infine cadde a terra, sopraffatto dall’attacco. Hermione e
Fred raggiunsero Ron che si era buttato a terra, timoroso di essere colpito. Si
tolse le mani da sopra la testa e si alzò, bagnato da capo a piedi.
“Cavoli!
Veramente un bel colpo ragazzi” disse Ron mentre si spazzava via la neve dagli
abiti.
“Grazie, ma è
stata un idea della tua ragazza” fece Fred “è davvero micidiale quando si
spreme le meningi” Hermione sorrise sorniona.
“Lo so. Sono un
genio. Ehi Draco si sta riprendendo…”
“Non pensiamo a
Draco, manca ancora il terzo. Vedete nulla?” chiese Ron. I due scrutarono la
zona attorno a loro.
“No niente. Deve
essere ancora nasc…” Hermione non terminò la frase che una decina di fuochi
d’artificio si accesero attorno a loro. Con un fischio acuto, le scintille si
alzarono a formare una specie di barriera. Poi di colpo si spensero. La calma
prima della tempesta. Con un boato collettivo esplosero tutti i fuochi,
coprendo di una sostanza verde, viscida e schifosa i tre ragazzi. Quando il
fumo si diradò tre figure coperte da uno spesso strato di melma verdognola
erano paralizzate, schifate da quello che avevano addosso. Draco, Ginny e
George li fissavano e ridevano come pazzi.
“Bel colpo
George… è stato fantastico…” disse Draco fra le risate.
“Ragazzi
dovreste vedere le vostre facce in questo momento… sono uno spasso…” anche
Ginny si stava sbellicando.
“Amici miei, è
bello essere di nuovo a casa…” disse George con un sospiro, smettendo di ridere
per un momento. Gli sguardi dei tre smelmati non cambiava, e neanche le loro
posizioni. La melma cadeva viscida verso terra formando delle piccole pozze.
Erano sconvolti. Ron afferrò la bacchetta.
“Adesso vi
sistemo. Bastardi!” disse con un grido. Il trio smise di ridere e si preparò
alla battaglia. Cominciarono a lanciare neve alla rinfusa sui Ron e gli altri
per impedirgli di colpirli. Fred afferrò una piccola miccia e gli diede fuoco.
Contemporaneamente una scia di fuochi rossi circondo Ginny e gli altri due. Con
una esplosione, subito dopo un fischio acuto, i tre furono ricoperti da una
specie di fango denso e puzzolente. Più che fango era…
“Ma, ma questa
roba è…” fece George tastandosi il petto e annusando.
“Già, è proprio
così. I miei sono Petardi melmosi extralusso. Roba di prima scelta…”
disse Fred a braccia incrociate fissando i tre che ora erano sconvolti anche
più degli altri.
“Fred! Brutto
idiota! Ti odio!” Ginny guardava il fratello con rabbia.
“Ragazzi, perché
non li prendiamo e dividiamo con loro tutta questa roba che abbiamo addosso?”
propose Draco. Con tacito assenso cominciarono a rincorrere Hermione, Ron e
Fred, che scappavano a più non posso per i campi innevati. Raggiunsero la Tana
e aprirono la porta. Entrarono di corsa in salotto mettendosi sulla difensiva.
Subito seguirono i tre ragazzi puzzolenti. Cominciarono a fissarsi.
“Arrendetevi e
fatevi punire per aver fatto questo”
“Neanche per
sogno avete iniziato voi”
“Ma falla
finita, è Hermione che ha usato la magia”
“Cosa centro io?
Nessuno aveva detto che non si poteva. E poi è George che ha usato per primo i
fuochi”
“Sì, i miei
erano schifosi, ma non fino a sto punto!”
“Se sbagli a
comprare le cose non è colpa di nessuno. E poi non li avrei mai usati se George
non avesse fatto esplodere i suoi!”
“Certo come no.
Però li avevi già piazzati. Cos’è, volevi vedere se cresceva una pianta di Petardi
melmosi?”
“Insomma! Era
una guerra di palle di neve! Non ci doveva essere nient’altro!”
“Nessuno ha
detto il contrario, dopotutto Hermione ha usato la magia”
“Ancora io? Ma
siamo maghi! E’ normale usarla, no?”
“Sì, ma palle di
neve è palle di neve!”
“Ma che dici…”
“Non è…”
“Cosa cosa? Ma…”
“Ehi, io non…”
“Allora volete…”
“Chi ha…”
“BASTA TUTTI
QUANTI!” i sei ragazzi si zittirono al grido della signora Weasley. Li fissava
dal tinello, sporchi, puzzolenti e ridicoli come erano.
“Voi quattro
andate fuori a pulirvi che mi avete già sporcato la casa abbastanza!” disse
secca rivolta ai ragazzi, poi con tono più dolce “Ginny, Hermione, care.
Andatevi a pulire in bagno, non fatevi coinvolgere dagli scherzi di questi
quattro”
“Ma come, loro
in bagno e noi fuori al freddo?” chiese Fred sbigottito.
“Sì, e ringrazia
che oggi è la vigilia di natale! Ora sbrigatevi, che tra un po’ arriveranno
tutti” e tornò a concentrarsi sui fornelli. I ragazzi uscirono e si diedero una
sistemata, con l’aiuto della magia. Persero più tempo a ridere su quello che
era successo che a pulirsi. Erano troppo felici. George si era svegliato da una
decina di gironi e già stava bene, anzi se è possibile stava meglio di prima.
Con lui molti ragazzi avevano ripreso a vivere. Seamus, Neville anche Alicia,
la ragazza di George ad Hogwarts, ed anche ora, dopo il risveglio, stavano
insieme. I rapporti fra Fred ed Angelina migliorarono notevolmente. Con il
risveglio della sua migliore amica cominciò a tornare quella di sempre, come
aveva già fatto Fred nei confronti del gemello. Non vi era nulla di ufficiale
fra i due, ma chissà… anche lei quella sera sarebbe stata ospite alla Tana, su
invito di Fred naturalmente.
Una volta
sistemati rientrarono tutti in casa e diedero una mano alla signora Weasley a
sistemare la sala, troppo piccola per ospitare tutti. Ma Arthur aveva pensato
anche a questo, e con un colpo di bacchetta aveva sistemato le dimensioni della
stanza. Ora ci sarebbero state due squadre di Quidditch intere lì dentro. Ma a
giocare, non a mangiare. Anche le ragazze tornarono pulite e sorridenti nella
sala grande, anzi enorme, e finirono i preparativi per la sera. Verso le
cinque fecero una pausa e si concessero un tè caldo seduti tutti davanti al
fuoco. Molly li servì volentieri, ma non si unì a loro. Era in ritardo. Da
quello che diceva era in ritardo da tre gironi per quella cena.
“Allora Fred,
Angelina come sta?” punzecchiò Hermione, seduta sulla poltrona davanti al
camino. A Fred andò di traverso il tè e tossì un po’ prima di rispondere.
“Eh? Bene, cioè, ora meglio. Stasera glielo potrai
chiedere tu, scusa, perché lo chiedi a me?” rispose imbarazzato.
“Così, tanto per
fare conversazione. Mi pare che ultimamente ti vedi più con lei che con te
stesso…” continuò ironica Hermione. Fred arrossì lievemente.
“Sì? Bhè…Ah! Ma
George, raccontaci un po’ di Alicia! Sta meglio ora eh? Vero? Eh? Dicci dicci…”
Fred si girò verso il fratello gemello implorandolo con lo sguardo di cambiare
argomento. George colse la palla la balzo, e sorrise a labbra strette.
“Molto meglio.
Mi parla sempre di Angelina. “Sai Angelina e Fred hanno fatto questo, sai hanno
fatto quello…sono così carini…”. Ehi Fred tutto bene? Stai diventando color
ravanello…” tutti risero e Fred si lasciò andare ad una risata anche lui, ma
non prima di essere saltato addosso a George. Il fuoco scoppiettava tranquillo,
Ron aggiunse un altro ciocco di legna alle fiamme. Si risedette sul tappeto,
con la testa sulle ginocchia di Hermione.
“Come va Ginny?
Intendo con il bambino. Non ne abbiamo mai parlato molto” chiese Ron alla
sorella. Ginny sdraiata con Draco fra le sue braccia sul divano alzò lo sguardo
verso il fratello.
“Bene, cioè,
escludendo il fatto che vomiterei l’anima a volte, piuttosto bene. Sono solo al
terzo mese, dopotutto. Sentendo quello che dice mamma, e ne dovrebbe sapere un
bel po’ su questo argomento, il peggio deve ancora arrivare” fece una smorfia
divertita e lasciò cadere la testa all’indietro, sul petto di Draco.
“La mia Ginny è
coraggiosa. Non sarà un pupo di qualche chilo ad intimorirla. Vero amore?”
disse Draco fissandola negli occhi con la faccia sopra la sua.
“Vero…” rispose lei prima di baciarlo teneramente.
Hermione e Ron distolsero lo sguardo. Era da un po’ che loro non stavano da
soli. Vederli baciare aveva ricordato i bei momenti passati insieme. E li aveva
imbarazzati. Fred ne approfittò per attuare la sua vendetta.
“Bhè ragazzi,
voi due niente? Cercate di capire, io e George non ci possiamo certo baciare”
“Non è il mio
tipo” disse George scherzando e stando al gioco del fratello gemello. Ron si
voltò rosso per l’imbarazzo e squadrò i gemelli con due occhi poco amichevoli.
“Guarda Fred,
l’eroe dei sogni va a fuoco. Credi sia il caso di spegnerlo?”
“Credo sia
meglio. L’incendio si sta propagando anche intorno a lui. Guarda quella ragazza
dietro, seduta in poltrona” anche Hermione era imbarazzata e la sua faccia
rossa lo dava a vedere. Ron si alzò di scatto seguito dalla ragazza.
“Bene, io
vado…di sopra, devo finire di fare…cose…per stasera” Ron salì rapido per le
scale. Hermione filò verso la cucina.
“Do una mano a
vostra madre. Ginny puoi venire per piacere” Ginny annuì e seguì l’amica in
cucina. I tre rimasti si guardarono per un momento.
“Ma che avranno
quei due? Perché fanno così?” domando Fred.
*****
Ron entrò in
camera sua e chiuse la porta. Si buttò sul letto con la faccia nel cuscino. Il
silenzio lo avvolse. Ma perché? Perché entrambi reagivano così? Non aveva
senso! Lui non avrebbe mai avuto quella reazione, ma da qualche giorno Hermione
era diversa. Insomma, si erano baciati, si amavano, eppure qualcosa non andava.
Ma cosa?
Ron si rigirò sulle coperte e fissò il soffitto. Le
braccia incrociate dietro la testa facevano da cuscino. Cosa non andava?
Riesaminò la loro situazione. D’accordo, era fuori dall’ordinario, ma non
vedeva errori da parte sua. Forse Hermione aveva qualche problema. Poteva
confidarlo a lui. Ne avrebbero parlato. Forse non poteva confidarlo a lui
perché …riguardava lui!
Si alzò a sedere
sul letto, si mise a gambe incrociate. Dalla finestra vedeva cadere grossi
fiocchi di neve. Aveva ricominciato a scendere fitta. Anche una settimana fa
nevicava. Avevano dato l’esame per la smaterializzazione giovedì scorso. Lei
era tutta eccitata all’idea di dare un nuovo esame. Amava quel genere di cose.
Si erano preparati bene e superarono i test senza difficoltà. Dopo appena due
ore erano abilitati alla smaterializzazione. Hermione gli saltò addosso e lo
abbracciò forte. La tensione accumulata si scaricò. Ron la baciò per la contentezza.
E lì successe qualcosa. Lei non lo diede a vedere, ma Ron lo aveva capito. Era
successo qualcosa che l’aveva bloccata. Un pensiero che veloce come il fulmine
l’aveva illuminata. Non riusciva a capire. C’era qualcosa di male in lui? No,
almeno non credeva. Aveva fatto errori con lei? No, anzi le aveva dichiarato il
suo amore. Poteva in qualche modo aiutarla a risolvere la situazione che,
probabilmente, la tormentava e che le impediva di essere più naturale con lui?
Improbabile…
Steso sul letto
si allungò verso il cassetto del comodino. Lo aprì ed afferrò un piccolo
pacchetto con un fiocco azzurro sopra. Il suo colore preferito. Se lo rigirò un
po’ fra le mani pensieroso sul da farsi. Lo infilò nella tasca dei pantaloni.
Sospirò, scese dal letto e si diresse al piano terra. Gli ospiti erano arrivati
era ora di festeggiare. Scacciò il più possibile questi brutti pensieri e
raggiunse gli altri.
*****
Hermione finì di
poggiare l’ultimo piatto sulla tavola imbandita. Ma perché? Perché reagiva
così? Era successo la settimana scorsa, dopo l’esame. Qualcosa in lei l’aveva
scossa. Cosa? Non riusciva a capirlo. Il peggio era che Ron ci soffriva. Lo
vedeva come stava male nel vederla così, non fredda, ma senza più spinta.
Insomma, diversa da prima! La cosa grave era che nemmeno lei sapeva il perché.
Non riusciva a capirlo, era qualcosa che la opprimeva che le faceva pesare il
cuore. Solo quando stava con Ron. Solo con lui. Eppure lo amava. O no? Certo
che lo amava! Allora perché? Non ne aveva idea.
Accese l’ultima
candela rossa e spense la fiamma sulla sua bacchetta. Ginny le fu accanto.
“Tutto bene?”
chiese la rossa dolcemente.
“Sì, cioè no,
però non so perché… non capisco che cosa sta accadendo. Sono un po’ confusa…”
rispose Hermione sedendosi su una sedia. Ginny la imitò e continuò a parlarle.
“E’ successo
qualcosa con Ron? Mi sembrate un po’…distanti, diciamo, ultimamente. Perché
prima vi siete imbarazzati? Non state insieme?”
“Ecco, vedi
Ginny, è successo qualcosa, ma non so che cosa. So solo che ha frenato il mio
amore per tuo fratello. Non so,… io amo Ron, me lo ripeto continuamente.
Eppure… non lo so. Tu che ne pensi?”
“Come è
successo, e quando?”
“Alla fine
dell’esame per smaterializzarci. Come un flash…” Ginny la fissò assorta.
“Ascolta
Hermione, non so cosa ti ha scosso a tal punto, ma non credo di poterti
aiutare. Sembra qualcosa di molto personale, che solo tu puoi comprendere… o
forse Ron. Ma non sentirti obbligata a parlarne con lui. Non credo sarebbe
entusiasta di sentirti dire che lo ami, ma forse no” Hermione annuì.
“D’accordo, hai
ragione. Grazie Ginny”
“Figurati, sono qui per questo, no” strizzò l’occhio
all’amica e la abbracciò. La porta di casa si aprì ed un grosso cane nero entro
trotterellando, seguito da ben sette persone. Hermione si alzò e salutò i suoi
genitori, Lupin e Silente. Strinse la mano a Piton che, nonostante il suo
aspetto fuori dall’ordinario, si era sistemato un po’ rispetto agli stracci
indossati. Anche gli altri ragazzi accolsero i nuovi arrivati fra cui c’era
anche Percy, finalmente distante dal suo lavoro per un giorno. Arthur si tolse
il cappotto e portò gli altri giacconi nella stanza accanto. Il tempo di fare
due chiacchiere e anche Alicia e Angelina arrivarono per mezzo della polvere
volante. Il camino dei Weasley permetteva di utilizzare la polvere volante
anche se acceso, era l’ultimo modello in fatto di tecnologia magica. Si
sedettero tutti a tavola ed iniziarono a fare man bassa delle prelibatezze
preparate da Molly. Il tono della cena era allegro, i gemelli praticamente non
avevano occhi che per le loro belle, con loro grande piacere. Nessuno li aveva
visti così concentrati in qualcosa come ora. Draco era ormai entrato a tutti
gli effetti a far parte della famiglia, e si divertiva a scherzare e discutere
con gli altri ospiti. Ginny era contenta di vederlo così. Se non parlavano o
non mangiavano, si stavano baciando.
L’unica coppia
con qualche problema sembrava quella composta da Ron e Hermione. Uno accanto
all’altro non parlavano e fissavano timidamente il piatto. Non sapevano che
dire. Troppo imbarazzo. Non potevano comportarsi così! Indipendentemente dalla
loro situazione, dopotutto era natale. Come se volessero farlo apposta ,
entrambi alzarono lo sguardo verso l’altro.
“Sai volevo
dirti…” “Pensavo che dopotutto…”
“No, scusa, dì
pure…” “Oh, scusa, parla tu…”
Silenzio
imbarazzante. La situazione tornò quella di prima. Ron restava girato verso
sinistra dando quasi le spalle ad Hermione, e lei altrettanto verso destra.
Parlavano con gli altri ragazzi e ospiti, ma non fra di loro. Ci avevano
provato, con scarsi risultati.
La cena si
protrasse per lungo tempo, infine sia arrivò alla mezzanotte: era natale. Si
iniziarono a scambiare i regali. Fred con Angelina, George con Alicia, Draco
con Ginny, Lupin e Sirius con i Weasley, con Piton e con i Granger. I Weasley,
in particolare Molly, fece dono a tutti quanti dei suoi famosi maglioni
natalizi. Silente ricevette alcuni regali dagli ex alunni, che ricambiò. Solo
due regali rimanevano non consegnati. Solo due.
*****
Che faccio?
Glielo do? Forse è meglio aspettare. Da come si comporta forse preferisce non
farlo davanti a tutti. E’ meglio aspettare. Ma poi ho paura di non trovare il
momento adatto. Potrebbe non presentarsi il momento adatto! Allora è meglio
consegnarle subito il regalo. Sì, molto meglio. Anche se…lei non ha preso nulla
per me, credo. La metterei in imbarazzo davanti ai nostri amici. Sarebbe una
pessima idea. Potrei chiamarla in disparte, per stare da soli. Lei non ama
stare sola con me ultimamente… Che faccio? Potrei farlo consegnare da qualcun
altro, lei non si sentirebbe in imbarazzo e…ma che cavolo dico! E’ il mio
regalo per Hermione! Io devo consegnarglielo! Anche se non direttamente,
dopotutto. Potrei lasciarglielo nella giacca. Lei tasterebbe la giacca e lo
noterebbe. E se non lo nota? Che figura ci faccio? Del vigliacco…Come odio
questa situazione del cavolo! Hermione ti prego parlami, dimmi qualcosa che mi
spinga a darti questo dono. Ti prego girati e guardami, prima che sia troppo
tardi…
E adesso? Non
posso certo dargli il mio regalo. Non glielo avrei dato qui, è ovvio, ma glielo
avrei fatto intendere. E lo avrei fatto se questa dannata sensazione non mi
martoriasse il petto! Perché proprio ora? Ora che sono felice? O almeno lo
ero…fino a qualche giorno fa. Ma lo sono ancora! Oh, diammine, che ti succede
Hermione? Tu ami Ron? Sì, è ovvio. E allora cosa ti blocca? Non lo so, non
capisco. Era questo il momento per farti saltare in testa i sensi di colpa?
Colpa di che cosa? Non erano sensi di colpa…era amore…Ma che cavolo vuol dire!
Io sono innamorata di Ron! Solo Ron! Solo…o forse, anche? No, ora ho davvero le
idee confuse, comincio ad avere mal di testa… devo ragionare, devo pensare su
quello che è accaduto. Ho bisogno di tempo. Scusa Ron. Scusa se non ti guardo,
il tuo volto mi distruggerebbe la poca auto stima rimastami. Scusa se non ti
parlo, peggiorerei solo le cose. Credo sia meglio per me stare un po’ da sola
in questi giorni. Poi, appena avrò raggiunto una conclusione, ti parlerò. Te lo
prometto, Ron. Scusa.
*****
Stesa sul letto
pensava meglio. Guardò l’orologio. Le tre di pomeriggio del venticinque
dicembre. Il vialetto era coperto di neve. Il brusio dello spazzaneve che
puliva la strada imitava i suoi pensieri. Confusi, continui, senza sosta. Non
poteva continuare così. Si alzò dal letto ed andò alla sua scrivania. Prese
carta e penna e cominciò ad annotare tutte le cose che pensava, a raffica.
Hermione muoveva
veloce la penna sul foglio. Aveva deciso di risolvere la questione in modo
razionale, come aveva sempre fatto. Raccogliere i dati, analizzarli, giungere
alle conclusioni. Il tempo passò inesorabile, e dopo circa un’ora, Hermione
aveva riempito una decina di fogli con scritte piccole piccole, ed enormi,
quasi urlate. Veloci, appena accennate, oppure decise, ben evidenziate, con
rabbia. Si fermò e lasciò la penna sul tavolo. Sospirò, sfinita. Raccolse i
fogli e cominciò a leggerli e sfogliarli.
Era innamorata
di Ron, e su questo non c’erano dubbi ormai. Un senso di colpa, apparso
all’improvviso, la opprimeva. Non era un senso di colpa, ma era amore. Era
innamorata di qualcun altro. Ma non di qualcun altro, ma anche di
qualcun altro. Di chi era innamorata oltre Ron? E Perché? Riprese a sfogliare
le pagine piene di pensieri veloci come fulmini. Ora non poteva più
nasconderlo. Era innamorata di Harry. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Anche
ora che non c’era più lei lo amava. Ma amava anche Ron allo stesso modo. No,
non era una pensiero tanto per non sentirsi in colpa. Era proprio così. Era
innamorata di entrambi i suoi migliori amici. Non sapeva come era successo, e
quando fosse capitato, ma li amava entrambi. E con la morte di uno dei due era
crollata una parte di se stessa. Ma se ne era resa conto solo pochi giorni fa.
Anche ad Hogwarts non si era mai esposta troppo con nessuno dei due. Avrebbe
fatto un torto verso l’altro, nella sua ottica. Anche se, alla fine, si era
dichiarata ad Harry, aveva capito subito il suo errore, e quella stessa
identica sensazione, che ora sentiva così forte, l’aveva provata allora ad
Hogwarts. Che fare? Ormai aveva deciso. L’avrebbe detto a Ron, avrebbe spiegato
le sue ragioni e avrebbe atteso una sua reazione. Non poteva sopportare l’idea
di perdere anche lui.
Un picchiettio
sul vetro della finestra la fece destare dai suoi ragionamenti. Leo svolazzava
fuori con una lettera fra le zampe. Hermione aprì la finestra, afferrò Leo e
lesse la lettera.
Cara
Hermione,
ciao come stai oggi? Ieri ti ho
vista un po’ giù di morale, eppure era vigilia di Natale! Ho pensato che ti
sarebbe piaciuto, per risollevarti un po’, uscire con me, George e Fred (ci
sono anche Alicia e Agelina…). Pensavamo di andare a pattinare sul ghiaccio.
C’è una pista niente male a Londra, ed è gestita da una mago. Nessun babbano lo
sa, naturalmente, però è un amico quindi ci fa entrare volentieri senza pagare!
Aspetto una tua conferma. Comunque l’appuntamento è per oggi alle 17:00 alla
Tana. Da lì andremo tutti insieme alla pista. Che fai vieni? Spero di sì!
Un bacio
Ron
Strinse la
lettera al petto. Era proprio l’occasione perfetta. In fretta si cambiò d’abito
e si pettinò. Scese al piano terra, passando per la cucina. Sua madre, intenta
a finire di mettere a posto i piatti del pranzo, la chiamò.
“Herm, dove vai
così di fretta? Se esci sappi che io e tuo padre andiamo a cena da zia Linda.
Che fai non vieni?” chiese la madre. Hermione afferrò il barattolo rosso
accanto allo zucchero e prese una manciata di polvere volante.
“No mamma, vado
da Ron. Salutami zia Linda e dille che passerò a salutarla durante le feste.
Ciao ci vediamo stasera quando tornate” e diede un bacio sulla guancia alla
madre. Raggiunse il camino in salotto davanti al quale il padre, seduto in
poltrona, leggeva il giornale.
“Ciao Herm, non
fare tardi” disse senza guardarla, sfogliano il quotidiano.
“Sì, ciao papà”
entrò nel camino e buttò la polvere ai suoi piedi.
“La Tana!” delle
fiamme verdi la investirono e sparì in un lampo.
*****
“Che cosa avete
fatto?” Ron era furioso. I gemelli lo guardavano sorridenti.
“Andiamo Ronnie,
è ora che tu ed Hermione la smettiate di far finta di nulla! Sarà qui fra poco,
scommetti” disse George tranquillo, subito seguito da Fred.
“Ha ragione,
Ron. E poi non ti preoccupare, ci saremo anche noi. E Alicia e Angelina”
“Già, così io
dovrò fare coppia con Hermione, no grazie, non è il caso. E poi io non so
pattinare” Ron rimaneva imbronciato sul letto.
“Uffa come sei
noioso! Andiamo, vestiti che tra un po’ partiamo. Papà ci ha dato l’auto”
“No, non vengo e
poi non è detto che lei abbia accettato. Sicuramente dovrà fare qualcosa e…” la
voce di Molly arrivò dal piano terra nella camera di Ron.
“Ron! C’è
Hermione qui per te. La faccio salire?” Ron spalancò gli occhi e il suo cuore
iniziò a battere forte. George uscì e Fred sorrise ancora al fratello prima di
seguire il gemello.
“Ti aspettiamo
giù, ok?” Ron annuì. Appena la porta si chiusa schizzò in piedi come se avesse
un fuoco nel fondoschiena e cominciò a cercare qualcosa di decente da mettersi.
Cristo, oh
Cristo! Ha accettato! E adesso? Non sono pronto…un vestito adatto, uno
qualsiasi, avanti…no, questo è nero…nero è segno di sicurezza, spaventa il
nero…la camicia beige! Sì, è perfetta…oh, no…manca un bottone in fondo! No no
no! E adesso? La felpa grigia! Sì, sopra la camicia…grigia non è il massimo,
però sempre meglio che il bottone saltato…Cavolo! Possibile che non abbia
nell’armadio almeno un paio di jeans neri! No, nero no…è troppo spavaldo,
sicuro di se stesso…Blu? Anche il blu non è male…ma è banale! Tutti i jeans
sono blu! Forse quelli un po’ strappati… sì, anche perché è il meglio che offre
la casa… Ok sono pronto!…Ma che dico!
Si fiondò
davanti allo specchio, afferrò la spazzola e cominciò a pettinarsi i capelli
scompigliati.
Così…ecco
così va bene e… oh no! La barba ancora da fare! E’ lunga, cazzo! …Vabbè, dai
non è poi così lunga. E’ alla…come si chiama quel babbano famoso…ah, sì, Mickey
Rourke! Alle donne piace quel genere di cose! Speriamo…
Si diede una
spruzzata con il profumo ricevuto per regalo e scese respirando profondamente
per abbassare la crescente agitazione. Arrivò in sala e salutò le nuove
arrivate.
“Salve ragazze.
Tutto bene?” Alicia e Angelina sorrisero sornione a vederlo scendere.
Ridacchiarono un po’ fra di loro.
“Sì, certo. Ora
scusa, andiamo dai tuoi fratelli per…” disse Alicia
“I biglietti!
Dobbiamo ancora metterci d’accordo” completò prontamente Angelina. Si
allontanarono lasciando soli i due ragazzi. Un silenzio del tutto simile a
quello della sera precedente li circondò. Ron timidamente alzò gli occhi e
incrociò il suo sguardo. Cos’era quell’espressione? Non era più crucciata, era
rilassata, era felice era sorridente. E lo guardava, lo fissava, lo scrutava.
“Ciao Ron, come
stai?” Hermione lo salutò nascondendo al meglio la tensione che provava. Ron
balbettò un po’ all’inizio, poi prese coraggio.
“Io…bene, grazie
e tu? Meglio, cioè avevo visto che eri … ma stati meglio ora?”
“Si grazie”
sorrise e si avvicinò al ragazzo “gli altri sono fuori che aspettano, andiamo?”
lo prese per mano e si appoggiò con la testa al suo braccio. Ron era senza
parole. Fino al giorno prima…e adesso…mah! Non capiva bene cosa stesse
succedendo, ma gli piaceva molto. Raggiunsero gli altri in macchina e in meno
di un ora arrivarono a Londra. La nuova macchina era veramente veloce. Scesero
e, come da accordo con il proprietario, entrarono subito in pista. Era molto
affollata, anche se poteva esserlo molto di più. Era natale, dopotutto. Si
cambiarono le scarpe con i pattini e scesero in pista. Ron non era il solo ad
essere alla prima volta, anche le altre due ragazze non avevano mai provato. Ma
i gemelli approfittarono dell’occasione per istruirle a dovere, con loro grande
gioia. Hermione, al contrario, sembrava esserci nata sui pattini. Era veloce,
aggraziata, aveva un equilibrio perfetto. Ma soprattutto era bellissima. Oggi in
particolare modo. Ron era imbambolato a guardarla fuori dalla pista. Hermione
gli si avvicinò slittando e frenando prima del parapetto.
“Allora, non
vieni? Avanti che facciamo un giro!” era entusiasta di essere lì.
“Ecco io
veramente…non so pattinare, non l’ho mai fatto…” Ron aveva la testa bassa,
Hermione rise e lo indicò con un dito.
“Non posso
crederci! Il grande Ron non sa pattinare! Avanti vieni in pista, ti insegno io”
propose la brunetta. Ron spalancò gli occhi.
“Cosa? No,
meglio di no…”
“Perché?”
“Bhè, è…è
imbarazzante… cioè tu sei la ragazza dovrei essere io a portarti…non credo sia
una buona idea…”
“Ronald Weasley!
Alzati in piedi e sali in pista! Imparerai a pattinare te lo giuro su Dio!” a
Ron rimase ben poca scelta. Timoroso poggiò i piedi sul piano ghiacciato e…ma
no, non era poi così complicato stare in piedi. Credeva peggio. Hermione gli
arrivò accanto e lo prese per mano.
“Allora, prima
di tutto, afferrami per i fianchi. Io starò davanti e tu dietro. In questo modo
potrai imparare senza far vedere a tutti che in realtà non sei ancora capace.
Sembrerò io l’imbranata, così il tuo orgoglio maschile sarà salvo, contento?”
Ron aprì la bocca, ma non ne uscì nulla.
“Bene e ora,
afferrami” e diede le spalle al ragazzo.
Ok Ron.
Calmo, sta calmo. E’ solo pattinaggio, e non è il sedere! Sono i fianchi…i
fianchi affusolati, belli, morbidi al tatto. Oh come è calda al tocco la sua
pelle…
“Ehi Ron, ho
detto stringi le gambe, altrimenti perdi l’equilibrio e cadi” disse Hermione
mentre trascinava piano il ragazzo attaccato a lei.
“Eh? Sì,
certo…scusa. Sai non sono ancora pratico” si scusò lui.
“Sì, certo. Vedi
bene dove vai o ti copro?”
Copri pure
quanto vuoi…oh cavolo!
“Ci vedi o no?”
Vedo, eccome se vedo…vedo
benissimo…vorrei non vedere altro…
Hermione si girò
con uno scatto e Ron le venne contro. Entrambi caddero a terra, e Ron finì
sopra la ragazza.
“Avevo detto
fermati un attimo!” tuonò lei. Ron balbetto le sue scuse.
“S-scusa…non
avevo sentito…scusami tanto” tentò di rialzarsi a fatica. Aiutò la ragazza ad
alzarsi, ma lei emise un lamento acuto.
“Ahi! No, fermo
Ron. Ho paura di essermi fatta male. Cavoli la caviglia…” gli altri ragazzi
arrivarono vedendo Hermione a terra.
“Tutto bene?”
chiese Fred.
“No, Hermione si
è fatta male. Portiamola fuori pista, avanti” decise Ron. Gli altri annuirono e
fecero come ordinato.
Seduto su una
panca al limite della pista, Hermione si tastava la caviglia dolorante. Ron le
era accanto, era abbacchiato per quanto successo.
“Scusa Hermione.
E’ stata colpa mia. Mi dispiace…” il suo sguardo era triste, sapeva di aver
rovinato qualcosa che stava funzionando meglio delle altre volti, oggi.
“Non ti
preoccupare, non è niente. E poi sono io che ho insistito. Non è colpa tua, e
poi è solo una storta. Solo che vorrei andare a casa, per riposare un po’ e
mettere una pomata o qualcosa prima che si gonfi” Hermione strinse i denti per
il dolore. Ron annuì.
“D’accordo, ci
penso io” chiamò George e gli disse di tornar indietro con la polvere volante
nel camino del proprietario della pista. In questo modo avrebbe potuto prendere
la macchina e portare Hermione a casa.
“Va bene, ci
vediamo più tardi, allora” disse George passando le chiavi al fratello.
“Sì, grazie. E
scusati con gli latri, ma Hermione preferisce andare a casa” salutò il fratello
e raggiunse Hermione. Sostenendola durante il percorso, raggiunsero la macchina
e partirono in direzione di casa Granger.
In mezz’ora
arrivarono. Ron aiutò ancora la ragazza e la accompagnò in casa. La fece
stendere sul divano e chiuse la porta d’ingresso.
“Bene. Dov’è tua
madre che le dico che sei tornata?” chiese il rosso.
“Oh, i miei
genitori non ci sono. Sono andati a cena da mia zia Linda. Ti dispiace aiutarmi
per stasera?” chiese lei piano. Ron avvampò. Loro due. Soli. In casa. Tutta la
sera. Sempre soli. E le aveva chiesto se poteva aiutarla…Ron aveva il cervello
in fumo. Decise di calmarsi e con una finta non-calanche disse.
“Certo, nessun
problema” Hermione sorrise.
“Grazie Ron. Ti
spiace andarmi a prendere un bicchiere d’acqua? I rubinetti funzionano come a
casa tua, qui” il rosso annuì e si diresse in cucina.
Hermione non
poteva ancora credere a quello che aveva fatto. Era un piano diabolico, e lo
aveva pensato sul momento, alla pista di pattinaggio. Fingere quella storta per
restare sola con lui. Sapeva che la casa era vuota, e ne avrebbe approfittato.
Eccome se lo avrebbe fatto…
Ron tornò con
l’acqua e la allungò alla ragazza
“Grazie” e bevve
un lungo sorso “ora, che ne dici di aiutarmi a salire in camera. Vorrei mettere
qualcosa sulla caviglia e cambiarmi d’abito” si meravigliò della sua audacia.
Ron quasi meccanicamente annuì ancora, ormai il poco sangue che arrivava ancora
alla testa non bastava. Hermione si appoggiò alla sua spalla, ma lui la sollevò
di peso in braccio.
“Posso?” chiese.
“Certo, grazie”
rispose lei imbarazzata. Notò con piacere che stava diventando più audace.
Raggiunsero la camera della ragazza e Ron la stese sul letto. Ma sul letto
c’erano ancora gli appunti dei pensieri di Hermione. Primo imprevisto di una
lunga serata.
“Cosa sono
questi?” chiese Ron afferrandone uno dove stava scritta a grandi lettere AMO
RON.
“Questi? Bhè
questi sono…il motivo dei miei recenti cambiamenti nei tuoi confronti…” ora Ron
pareva interessato al discorso, lasciò il foglio e si sedette sul letto accanto
a lei. La fissava aspettando un seguito del discorso.
“Allora,
premetto che la cosa ha sconvolto anche me, ma spero vivamente che tu mi possa
capire, Ron. Così come sei riuscito a capire Ginny” si schiarì la voce e si
appoggiò alla spalliera del letto per guardarlo bene in faccia.
“Ho capito la
verità Ron: sono innamorata di te, lo sono e lo sarò sempre. Ed ho capito anche
un’altra cosa Ron: non sei l’unico di cui sono innamorata” Hermione si fermò
per guardare in faccia il ragazzo, che, per ora, non lasciva trasparire
emozioni, e non aveva reazioni “Io amo anche Harry, Ron. O almeno lo amerei se
fosse vivo. Con la morte di Harry una parte di me è morta, ma con la sua morte
il mio tormento è cessato. Vi ho sempre amato, entrambi, ma a scuola non avrei
mai potuto rivelarmi a qualcuno, ci ho provato, sapendo già come sarebbe andata
a finire. I sensi di colpa che mi attanagliavano lo stomaco per essermi
dichiarata ad Harry e non a te. Gli stessi che ho provato subito dopo l’esame.
Lo so, Ron, è difficile da capire e se non lo accetterai lo comprenderò.
Anch’io avrei qualche dub…” le sue parole furono interrotte dalle labbra del
ragazzo che si posarono sulle sue. Lei si rilassò e chiuse gli occhi
assaporando quel bacio tanto atteso e tanto rimandato. Poi Ron si staccò e la
fissò negli occhi.
“Quello che hai
detto è…non so bene come definirlo, ma lo capisco. Sì, lo capisco e lo accetto,
e lo sai perché? Perché io sono innamorato di te, Hermione. Anche dopo quello
che hai detto io ti amo, e per me questa è la cosa più importante. Ma ancora
più importante è che tu mi ami, Hermione. Ed ora so che è così” Hermione aveva
le lacrime agli occhi. Sì. Era quello che voleva sentire. Era quello che
sperava sentire. Ora era felice. Passò le braccia attorno al collo del ragazzo
e lo baciò ancora, con più passione. Lentamente infilò una mano sotto la sua
felpa e cominciò a slacciare i bottoni della camicia. Uno, due, tre,
quattro,…mancava l’ultimo. Poco male. Gli passò un mano sul petto muscoloso
facendolo sussultare. Anche Ron non rimase fermo. Alzò il maglioncino attillato
e passò la mano sul suo seno. Dio che sensazione stupenda. Quanto tempo aveva
sognato di farlo. Infilò sotto il vestito di lana anche l’altra mano e slacciò
il reggiseno della ragazza. Ancora si staccarono dal bacio, entrambi si
fissarono, ansimanti.
“Questo era il
mio regalo per te, Ron. Buon natale” sorrise lei.
“Il mio te lo
darò più tardi. Molto più tardi…” si spoglio di felpa e camicia e riprese a
baciarla intensamente, mentre anche lei si sfilava il maglione rosa lanciandolo
per aria. Ron portò l’attenzione sul seno della ragazza, e lei sembrò
apprezzare. Lentamente, ma inesorabilmente si spogliarono del tutto,
sconquassando coperte e lenzuola del letto. Era il grande passo. Ed era venuto
il momento di compierlo.
“Ron, io…per me
è la prima volta…” sussurrò Hermione imbarazzata.
“Non
ti preoccupare” rispose lui “non lo è solo per te…” lentamente la baciò e le
sue labbra si fecero sempre più audaci. Hermione emetteva degli urletti di
piacere ogni tanto. Quella sera Ron Weasley non tornò a casa per cena…
Ok ok. Ho tagliato il meglio secondo alcuni, ma suvvia! Si
sa come funziona in questi casi, no? D’accordo, passiamo a i merci
ufficiali: Mikan, non sbavare su draco che mi serve ancora un po’(eheheheh);
Sunny, io ti dico chi è l’ombra e tu mi dici la soluzione dell’indovinello. Ci
stai?; Angi e Gius, ci siete andate vicino, ritentate e sarete più fortunate….;
Giuggy, No! Il coniglio no! Anche se, sai faccio l’alberghiero e ho un paio di
ricette con il coniglio che sono la fine del mondo…; Mikisainkeiko, il problema è che sono bastardo geneticamente. Che vuoi ce
la vie!; Miss Piton, grazie, ma nuovi complimenti sono ben accetti; Keijei,
Draco l’animagus! Figo eh? Dammi commenti anche su questo capitolo, è il più
difficile che abbia mai scritto…; Ci, già una fic su Harry, sappi che i toni di
quella fic saranno molto più rilassati, ma moooooooooooooolto…..; Sorti, ci
sto, mi garba (osborn!!!) proposta: a 4 mani? Diritti tuoi idee nostre! Fammi
sapere…; Eli, com problemi di multipersonalità associata e incosciente è piena
di dubbi! Che vuoi,pian piano si
capirà tutto!!!!; Kia, le lacrime? Adirittura! Caspita! A proposito, appunto
per entrambe: Strekonuccio è un soprannome che mi garba il giusto, quindi, inizierò
a chiamarvi Elisuccia e Kiuccia!!!; Kiak, niente ramanzina, ma quella
tua amica non si è inkazzata? Mah, vabbè…; Ale chan, grazie in effetti Herry
Potter l’ho chiuso nell’armadio. Tanto non esce…eheheheh.
Ok raga ore 22:55 a
tempo di record nuovo capitolo!!! RECENSITE !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
La signora Granger aprì la porta di casa ed entrò, subito seguita dal
marito
La signora
Granger aprì la porta di casa ed entrò, subito seguita dal marito. Avevano
fatto presto, erano appena le dieci di sera. Zia Linda era molto stanca, quindi
rincasarono prima del solito.
“Quella lì fuori non è l’auto di quel ragazzo…Ron” chiese
il padre di Hermione chiudendo la porta d’ingresso alle sue spalle. La signora
fissò l’auto attraverso la finestra della sala.
“Sì, mi pare di
sì. Devono essere in casa” si tolse il cappotto e salì al piano di sopra per
vedere dove erano i due ragazzi, mentre il signor Granger si toglieva lescarpe e la giacca. Salì le scale e
raggiunse la camera di Hermione. La porta era semi aperta, e dentro vedeva che
le luci erano spente. Lentamente aprì la porta e infilò la testa dentro per
cercare la figlia, allungò la mano e accese la luce della camera.
“Hermione? Sei
qui? Abbiamo…oh mio Dio!” la faccia della signora Granger divenne allarmata e
sconvolta.
“Hermione! Cosa
hai fatto…al piede?” Hermione era stesa sul letto con la caviglia fasciata,
sollevata con dei cuscini per non farla sforzare. La ragazza stropicciò gli
occhi assonnati e fissò l’entrata della stanza dove stava sua madre.
“Oh, ciao
mamma…sono caduta a pattinare…Ron mi ha portato a casa e mi ha aiutata e
medicarmi e a passare la serata” la madre della ragazza le era di fianco,
seduto nel bordo del letto. Dalla porta fece capolino Ron con un bicchiere
d’acqua.
“Salve signora
Granger, non si preoccupi Hermione sta bene. E’ solo una storta” sorrise lui
avvicinandosi al letto e porgendo il bicchiere alla ragazza. Lei sorrise e
ringraziò, bevve un poco e lo poggiò sul comodino.
“Per fortuna non
è nulla. A vederti così mi sono preoccupata…grazie Ron, sei sempre molto
gentile” disse sincera la madre di Hermione al rosso. Lui rispose modesto.
“Si figuri, non
è nulla per me, davvero”
“Grazie ancora,
ma sarete affamati, vi preparo qualcosa da mangiare. Un paio di sandwich, vanno
bene?” i ragazzi annuirono e la signora scese in cucinaa preparare lo spuntino. Ron e Hermione si
guardarono un attimo ed accennarono una risatina silenziosa.
“Appena in
tempo…”sussurrò lei, rilassandosi dopo quell’attimo di tensione.
“Già, ancora un
minuto e saremmo stati colti sul fatto…” disse con voce dolce e la baciò
ancora, chiudendo gli occhi. Ron parlò ancora.
“Chissà che male
quella caviglia, eh?” chiese ironico. Lei rise piano e gli rispose.
“E’ la miglior
storta che abbia mai avuto…”
La madre di
Hermione tornò con i panini, che i ragazzi mangiarono di gusto. Subito dopo Ron
decise di tornare a casa, i suoi genitori dovevano essere già abbastanza
preoccupati. Salutò Hermione e i genitori e partì in direzione della Tana. Fra
qualche giorno si sarebbero rincontrati. E l’occasione non sarebbe stata delle
più piacevoli.
*****
Le auto del
ministero giunsero puntuali. Ne scesero il ministro stesso, Lupin ed il suo
fedele segugio nero e alcune persone che lavoravano con lui. Dalle altre
spuntarono i restanti componenti della famiglia Weasley, assieme ad Hermione,
Angelina e Alicia. Molti altri ex studenti di Hogwarts vennero al cimitero quel
giorno. Erano le quattro in punto del 28 dicembre. Molte persone si erano
radunate oggi nel cimitero babbano di Londra. Il ministero con alcuni
incantesimi lo aveva sigillato per qualche ora, così da renderlo accessibile
solo ai maghi. Tutti vestiti di nero, o scuro, si radunarono silenziosamente e
lentamente davanti ad una lapida bianca, né troppo vistosa, né troppo in
disparte, così come era il suo occupante da vivo. Percy prese la parola subito
dopo le benedizioni del prete alla tomba.
“Harry Potter
era così. Era importante, ma a lui non importava. Lui viveva la sua vita come
un ragazzo qualsiasi. Non voleva essere al centro dell’attenzione, anche se a
causa dei suoi involontari trascorsi, vi era sempre. Sincero, modesto,
generoso, il miglior amico che si potesse avere” lo sguardo di Percy cadde su
Ron che rispose con gli occhi mentre abbracciava Hermione, che piangeva
silenziosamente “ed il migliore che abbiamo avuto. In un qualche modo ci ha
salvato di nuovo. Con lui se ne andato ancora il Signore oscuro è sparito, si
spera, per sempre. Che sia un caso? Che sia una incredibile coincidenza? Non si
sa, ma a me piace pensare che sia lui ad aver vinto, che sia lui ad essere
sopravvissuto allo scontro. Per questo, grazie Harry. Qui, oggi, dopo tre anni
ti rendiamo omaggio ancora, ed oggi molti di più, grazie all’impresa di un tuo
amico, Ron Weasley. Per questo, se tutti sono d’accordo, abbiamo pensato di
trasferire il luogo di riposo di Harry Potter nel nostro mondo, dove riceverà
gli onori che merita” con un tacito assenso di capo generale, la proposta del
ministro fu approvata in pieno. Alcuni tizi del ministero cominciarono a
scavare le zolle intorno al cippo, mentre le persone presenti si allontanavano.
Lupin si avvicinò a Percy.
“E’ una cosa
molto bella quella che stai facendo per Harry, grazie”
“Non
ringraziarmi, lo faccio volentieri. Ci vorrà un po’ di tempo, sarà una tomba
abbastanza sfarzosa e grande. Spero che ti piacerà. I lavori finiranno in una
decina di mesi. Nel mentre sarà la bara sarà conservata nel cimitero di
Hogsmade, se sei d’accordo” Lupin annuì tirando su col naso, commosso.
“Sì, perfetto.
Non c’è problema. Ministro, dovremmo anche parlare con lei per la faccenda
Hogwarts. Dovrebbe ascoltare le informazioni di Piton, sono molto interessanti”
“Sì lo farò. Il
mese prossimo, però. Ora vorrei pensare a distrarmi un po’, sai sotto le feste”
Lupin fu sorpreso della risposta, ma accettò la cosa di buon grado.
Così
silenziosamente come erano arrivati, la carovana di persone in nero se ne andò,
portando con se, però, una bara bianca di medie dimensioni. Una volta caricata
sull’automobile del ministero predisposta al trasporto, fu portata via di
corsa, verso Hogsmade. Fra lacrime e sospiri di tristezza, passò anche quel
triste pomeriggio di ricordi.
*****
“Ti senti bene?”
chiese Draco a Ginny appena furono a casa. Lei annuì silenziosa con il capo. Si
sedette, piano, sul divano e sospirò forte.
“Scusami, a me i funerali commuovano sempre…anche le
ricorrenze di questo tipo…” Draco gli fu subito accanto e la abbracciò. La
baciò dolcemente sulla fronte e la cullò teneramente fra le sue braccia. Senza
rendersene conto si addormentarono così, e si svegliarono solo la mattina
successiva.
A parte i crampi
per la posizione scomoda, Draco era contento di vedere finalmente Ginny dormire
un po’. Ultimamente era sempre più insonne, forse a causa del bambino, forse a
causa dello stress. Comunque si stava preoccupando, e vederla, ora, così lo
rendeva più sereno che mai. Faceva freddo quella mattina. Decise di accendere un
po’ il fuoco, e con un colpo di bacchetta prese a scoppiettare nel camino in
salotto. Accarezzo la pelle di Ginny. Era fredda. Troppo fredda. Fuori dalla
norma. Draco si allarmò e subito la stese sul divano, scivolando in piedi. La
scosse energicamente.
“Ginny? Ehi
Ginny? Che hai? Avanti…” ma la ragazza era svenuta. Ora Draco era seriamente
preoccupato. In un lampo prese Ginny fra le braccia e si smaterializzò
all’ospedale magico.
“Che cosa è
successo? Cosa ha avuto?” chiese una paffuta infermiera al biondo, oltremodo
agitato.
“Non lo so mi
sono svegliato e … era così, è svenuta, ma non so da quanto tempo…” la stese su
una barella spinta da due infermieri.
“D’accordo, lei
aspetti qui. Non si muova e non si preoccupi. Se vuole avvisare qualcuno lo
faccia. Lei è il marito, vero?” chiese l’infermiera.
“Sì, più o
meno…ma Ginny dove la portate? Voglio esserci anch’io!”
“Ho detto non si
preoccupi. Tornerò fra un istante. Si metta tranquillo e chiami qualcuno” e
detto ciò seguì la barella lungo il corridoio lasciando Draco solo.
Erano ormai
passate tre ore, e l’istante promesso era sempre più lungo. Draco camminava
avanti e indietro per il corridoio. Nervoso, stanco, preoccupato, arrabbiato,
frustrato. Ron e i suoi fratelli erano seduti davanti a lui e lo fissavano
camminare e agitarsi. George intervenne.
“Adesso basta,
Draco. Calmati, vedrai che tra un po’ arriverà qualcuno per dirci di Ginny.
Siediti, forza…” gli argomenti di George erano poco convincenti. Tentò Fred a
convincere il ragazzo.
“Dai Draco,
tanto sai come vanno queste cose. Ci mettono molto solo perché vogliono essere
sicuri che non sia nulla di grave. E tanto sappiamo che non lo sarà” le parole
del ragazzo sembrarono convincere Draco che si sedette insieme a loro, accanto
a Ron. Sospirò forte e cominciò a piangere silenzioso. Ron, sorpreso dalla
reazione emotiva del ragazzo, si avvicinò a lui e lo colpì sulle spalle.
“Avanti Draco,
non disperare. Va tutto bene. Sono sicuro che…ecco guarda” l’infermiera paffuta
si stava avvicinando a passo spedito. Appena Draco la vide si alzò in piedi e
gli arrivò di fronte. I tre Weasley gli furono subito dietro, temendo una sua
reazione.
“Allora? Come
sta Ginny? E’ da tre ore che aspetto?” il suo tono era tutt’altro che calmo.
L’infermiera si schiarì la voce.
“Dunque, la
paziente, come credo che tutti sappiate, è in gravidanza” aspettò una reazione
da parte dei giovani per essere sicura che ne fossero al corrente, poi proseguì
“pare che il feto, al terzo mese mi pare, abbia subito uno shock magico di
qualche tipo. Voi ne sapete nulla? Ha utilizzato incantesimi particolari o
subito strani sortilegi?” Draco sbiancò. Sapeva benissimo cosa era successo a
Ginny. Solo lui, Lupin e Sirius sapevano dell’incantesimo. Farlo sapere agli
altri sarebbe stato un brutto colpo.
“Sì, lei
ha…subito una maledizione senza perdono, ma ne è uscita indenne…una Avada
Kedavra…” alle sue spalle senti Ron sospirare un “Cosa?” subito seguito dai
fratelli. La reazione della donna fu la più normale possibile, dopo aver saputo
ciò.
“Un A-Av-Avada Ked…oh
mio Dio! E’ più che ovvio che lo shock sia presente! Oh mio Dio…D’accordo, ora
informerò i medimaghi della cosa. Lei signor…”
“Malfoy, Draco
Malfoy” la donna divenne ancora più titubante.
“Ah, Malfoy…bene
signor Draco, aspetti qua. Trasferiremo Ginny in una stanza e lì potrà vederla.
Cerchi di avere ancora un po’ di pazienza” lui assentì con il capo e
l’infermiera corse da dove era venuta. Ron voltò Draco di scatto e lo fissò
negli occhi.
“Come un Avada
Kedavra!? Quando è successo? Come diavolo…Draco, spiega cosa è successo!” il
rosso scandì bene le singole parole con un tono molto freddo. I gemelli non
furono da meno e guardarono storto il biondo. Draco sospirò e cominciò a
parlare. Gli raccontò del tentativo di rapimento di Ginny, di Sirius che l’aveva
salvata e del Avada Kedavra. Appena Draco finì di parlare, il silenzio cadde
sul quartetto di ragazzi.
“E’ stato uno di
quei tizi che ci ha attaccato nel campo, vero?” chiese Fred serio. Draco annuì.
“Sì, da quanto
mi ha detto Sirius era lui. Ed è scappato di nuovo”
“Mia sorella,
nonché la tua donna, sta soffrendo per causa di quel verme, e tu non hai fatto
nulla!” Ron era arrabbiato all’inverosimile. Fissava Draco con ira e urlava
contro di lui tutto il suo disprezzo.
“Tu sai che
hanno tentato di ucciderla, sai che aveva subito uno shock magico, sai che
Lucius Malfoy ti ha giurato vendetta perché lo hai tradito, e la cosa migliore
che sei riuscito a fare è stata…Niente!?” Draco deglutì rumorosamente, ma Ron
non aveva finito “Ora Ginny è in pericolo anche per colpa tua. Ti consiglio di
risolvere la situazione, o sarò io a fartela pagare. E con gli interessi, è
chiaro?” Draco deglutì ancora ed annuì impercettibilmente con il capo.
L’infermiera
paffuta tornò immediatamente e comunicò ai ragazzi la stanza dove riposava
Ginny. Di corsa, raggiunsero la sua camera ed entrarono. Ginny sollevò la testa
e sorrise nel vederli tutti lì. Sorrise di più quando vide Draco. Lui
l’abbracciò e si sedette accanto a lei, sul bordo del letto.
“Allora? Come
stai?” le chiese lui accarezzandole i capelli, scostandoli dal viso.
“Meglio. Mi
hanno dato qualcosa per sentire meno freddo. Tra un po’ dovrebbe arrivare il
dottore che mi ha visitato. Ha detto che deve parlare con te. Tu mi dirai
tutto, vero? Non mi nasconderai nulla anche se brutta, vero?” aveva gli occhi
lucidi mentre pronunciava queste parole.
“Sì, amore mio.
Ti dirò tutto, non ci sono segreti. Nessuno” e la baciò sulla fronte per
tranquillizzarla. Anche i fratelli di Ginny si avvicinarono al letto
chiedendole come si sentiva e se desiderava qualcosa. Ron pareva più freddo
degli altri a parlare. Era ancora agitato per la notizia di poco prima. Dalla
porta entrò un medico, riconoscibile dalla tunica bianca e il tesserino
all’altezza del cuore.
“Buonasera, sono
il dottor Looren. Come stai Ginny? Senti ancora freddo?” la ragazza disse di
no, e l’attenzione del dottore si spostò sulla cartelletta che teneva in mano.
“Bene,
dunque…Malfoy Draco, chi è di voi, ragazzi?” Draco fece un cenno e si avvicinò
al medico “dobbiamo parlare in privato” continuò Looren.
“No dottore,
quello che so io lo devono sapere tutti, qui dentro. Anche Ginny. Non si
preoccupi e ci dica cosa ha scoperto” Draco fu inflessibile nell’esporre la sua
scelta. Il dottor Looren, se pur con qualche perplessità, continuò il discorso.
“D’accordo.
L’incantesimo che ha colpito Ginny è fuori dall’ordinario. Non esistono casi di
persone sopravvissute alla maledizione, tranne, bhè, lo sapete…Comunque
l’incantesimo ha funzionato solo in parte, e ora sta cercando di concludere la
sua…“opera”, puntando verso il bambino nel grembo di Ginny. Essendo un caso del
tutto nuovo per la medicina magica, stiamo appurando alcune teorie. La più
accreditata fino ad ora riguarda lo scontro di forze” si fermò a riprendere
fiato e a vedere la reazione, praticamente nulla, dei suoi ascoltatori “uno
scontro di forze, fra la vita e chi la genera” ed indicò Ginny “e la morte
stessa, ovvero la maledizione a cui è stata sottoposta. Prima che mi chiediate
se esiste un rimedio, no. Ancora no. Il caso è del tutto nuovo, quindi sarà
necessario studiarlo dal principio. Per ora ritengo sia meglio tenerla sotto
osservazione. Naturalmente lei, signor Malfoy, può restare con Ginny quanto
vuole. Anche voi ragazzi, usate però un po’ di discrezione. Non vogliamo file
di persone e giornalisti che girano per l’ospedale. Per quelle vespe
dell’informazione questo è miele che cola…” tutti furono d’accordo sulle parole
del medico, che se ne andò dopo aver fatto firmare alcuni documenti a Draco e
Ginny.
La tensione era
palpabile. Il silenzio era mortale. Ron si alzò per primo e si diresse verso
l’uscita a passo deciso.
“Dove vai?”
chiese George. Ron si girò per rispondergli prima di proseguire la sua marcia.
“Vado a cercare
informazioni su quel tizio. Mi farò dire quello che sa per aiutare Ginny. E non
dovrei essere l’unico a farlo…”
*****
I libri
coprivano la scrivania di Lucius Malfoy. Finalmente aveva trovato un metodo per
vendicarsi del suo “figliastro”. Un piano crudele e raffinato. Sarebbe occorso
tempo, però. Parecchio tempo. E sarebbe servito suo figlio. Ora che tutti
credevano in lui, quale miglior piano che incastrarlo. Incolparlo di qualcosa
di cui non ha colpa. Farlo ripudiare anche da chi credeva in lui. Nessuno, poi,
lo avrebbe più aiutato. Nessuno si sarebbe più fidato. Solo e abbandonato lo
avrebbe sistemato personalmente. Dolore. Avrebbe sofferto all’inverosimile. La
sua vendetta sarebbe stata compiuta. Ma era ora di metterla in pratica. Basta
sognare ad occhi aperti. Sentì bussare alla porta.
“Avanti…” disse
Lucius chiudendo un grosso libro rilegato in pelle di salamandra di fuoco. La
porta si aprì ed entrò un uomo alto, capelli neri e mantello sulle spalle. Un
paio di occhiali da sole sottili gli calzavano sul naso. Si inchinò velocemente
a Lucius e poi parlò.
“Voleva
vedermi?”
“Sì, sai sono
rimasto deluso dalla tua ultima impresa. Uno come te che commette simili
errori… disdicevole, direi” Lucius Malfoy era pungente mentre pronunciava
quelle parole.
“Me ne scuso, è
stata una mia distrazione. Saprò rimediare” Malfoy si alzò dalla sedia e si
avvicinò al vampiro.
“Sì, lo so, e sarà meglio per te. Anche perché ti ho già
pagato per la missione. Spero che non ti sia fatto seguire fino qui. Ricordi la
prima raccomandazione che ti ho dato quando hai iniziato a lavorare per me,
vero?” a Lucius Malfoy piaceva trattare i suoi subordinati come un tempo lui
stesso veniva trattato dal Signore Oscuro.
“Certo, di fare
attenzione di non essere mai seguiti. Non si preoccupi signore, nessuno mi ha
seguito. E difficile starmi dietro, glielo assicuro” Malfoy annuì soddisfatto.
“Molto bene. Ora
ti parlerò del tuo nuovo compito. Non sarà come al solito un omicidio. Questa
volta è una ricerca. Sappi che è lunga e complicata, ma sono sicuro che
riuscirai a portare a termine il tuo compito egregiamente”
“Sicuro, di che
si tratta?”
“Una seria di
ingredienti. Alcuni sono semplici da trovare, almeno per te. Gli ultimi due
saranno un po’ più complicati, soprattutto l’ultimo, visto che è… vivo” disse
queste ultime parole con enfasi. Il vampiro non ne fu particolarmente
impressionato.
“D’accordo, farò
come ordinato” Lucius sorrise ed allungò una pergamena arrotolata all’uomo.
“Eccellente. Ora
puoi andare” e detto questo, con un inchino, il vampiro lasciò la stanza.
*****
Draco era seduto accanto al letto di Ginny. Ora lei
dormiva. Grazie al cielo dormiva, negli ultimi giorni era sempre peggio. Con il
passare del tempo diventava sempre più difficile tranquillizzarla. Spesso
veniva presa da attacchi di panico e piangeva, si disperava. Era veramente
orribile vederla in quello stato. I medimaghi la circondavano mentre lei si
agitava come un’indemoniata. Con alcuni semplici incantesimi tranquillizzanti e
delle pozioni la facevano tornare tranquilla. Ma si vedeva che soffriva. Quante
volte la sentiva piangere nel sonno, quante volte la vedeva passare notti
insonni a guardare il cielo stellato, fuori dalla finestra.
Più piano che
poté si alzò dalla sedia e si tolse il mantello di cotone. Anche se era notte
faceva troppo caldo per tenerlo. La bella stagione stava ormai prendendo il
sopravvento sul freddo inverno. Prese un pezzo di dolce alla zucca che la
signora Weasley aveva portato quel pomeriggio per festeggiare la pasqua appena
trascorsa. Il suo sapore dolce affievolì per un attimo le frustrazioni ed i
problemi di Draco. Fissò ancora la ragazza addormentata. Com’era bella. Era
chiaro che la amasse, come non poteva amarla. Non l’avrebbe mai abbandonata, e
avrebbe fatto di tutto per lei. Ma non se la sentiva di abbandonarla, ora. Fin
da subito aveva partecipato con Ron alle ricerche sul mangiamorte assalitore e
sul misterioso vampiro. Prese il fascicolo appoggiato sul tavolo dell’inchiesta
che era stata aperta. Guardò la foto del vampiro. Capelli neri a caschetto e
unti, carnagione chiara, dopotutto era un non morto, occhi bianchi. Inquietanti
occhi bianchi coperti, spesso da occhiali scuri. Il nome vero non si conosceva,
era chiamato Skanax. Per tutto l’inverno le indagini si erano per lo più
incentrate sulla sua ricerca più che su quella di Liaj, il mangiamorte che
l’aveva attaccata. Ma non si era trovata una vera pista, e i battlemage
brancolavano nel buio. Ron primo fra tutti. L’indagine era stata affidata a lui
e se non ci fossero stati notevoli miglioramenti l’indagine sarebbe stata
chiusa, e Ron avrebbe ricevuto un reclamo ufficiale e molte lettere con
spiegazioni e scuse da riempire. A nessuno importava se una ragazza incinta
fosse in pericolo, la burocrazia era rigida e non guardava in faccia a nessuno.
Lasciò cadere il
fascicolo sul tavolo da dove l’aveva preso e tornò a sedersi sulla sedia. Ginny
dormiva ancora. Decise di riposare un po’ gli occhi anche lui. Si appoggiò allo
schienale meglio che poté e chiuse gli occhi sperando di fare sogni piacevoli.
Un urlo lo
svegliò di soprassalto. Balzò in piedi spaventato. Ginny era sveglia e delirava
in preda a forti convulsioni. Si agitava nel letto come un pesce sulla terra
ferma. Draco suonò il campanello di allarme per chiamare i medimaghi, poi la
afferrò per le spalle. Lei si muoveva con forza e strillava poche parole.
“Ghaaa….la
morte….senza controllo……No! Non io! Lasciami stare, lasciami stare!!!! ………..E’
rosso, è tutto rosso… vento, tanto freddo….lascia!!! No, no, no…….ancora no…..”
ancora un urlo “il sangue…..lasciami lasciami……..” un ruggito profondo. Strinse
i polsi di Draco fra le sue mani. Draco si meravigliò di tutta quella forza
nelle mani della ragazza. Pianto le sue unghie nella carne del ragazzo.
Cominciò a sanguinare e presto le lenzuola si tinsero di sangue. I medimaghi
entrarono in tempo per staccare di peso Draco dalla stretta della ragazza e
trascinarlo fuori.
“No! Lasciatemi!
Non voglio lasciarla, ha bisogno di me!” anche Draco ora urlava mentre veniva
trascinato fuori dalla stanza a forza.
“Si calmi la
prego! Se ne stanno occupando i miei colleghi. Lei si è ferito, venga con me
che la medico” un infermiere prestante lo tratteneva a fatica.
“No! Devo stare
con lei! Voi non capite, ho bisogno di lei…ha bisogno di me… noi siamo una cosa
sola… Ginny” la voce a poco più di un sussurro mente stanco si accasciava a
terra e cominciava a piangere. L’infermiere allentò la presa e si chinò accanto
a lui. Le urla di Ginny si sentivano chiaramente anche lì nel corridoio.
“Avanti” disse
l’uomo con tono più pacato “non si preoccupi. Vedrà che ce la farà. Venga con
me intanto, anche lei ha bisogno di riposare un poco” e aiutò ad alzarsi il
biondino. Lo accompagnò in un ambulatorio poco distante e, preso l’occorrente
cominciò a medicare i graffi e tagli sui suoi polsi. Draco non sentiva il dolore.
Tutto il suo dolore era concentrato su Ginny. Soffriva terribilmente nel
vederla ridotta così, e sapeva che la colpa era di suo padre, ma prima di
tutti, era sua. Dopotutto se lui non si fosse esposto più di tanto nessuno
avrebbe cercato di fare del male a Ginny. Era colpa sua se ora lei era in
quelle condizioni.
L’infermiere
finì di medicarlo e fasciò i suoi polsi con delle bende bianche, che subito si
tinsero di rosso.
“Credo sia
meglio si riposi un po’ qui, che ne dice?” propose l’uomo mentre metteva a
posto i medicamenti. Draco, ancora molto scosso, annuì con la testa.
“Grazie, credo
che sia meglio…mi svegli se ci sono novità, d’accordo?”
“Non si
preoccupi, la avvertirò subito se accade qualcosa. Ora si riposi” e lanciò un
incantesimo soporifero sul ragazzo. In pochi minuti Draco fu nel mondo dei
sogni. Per una volta i suoi sogni non furono incubi.
*****
“Buonasera
signore. Mi spiace ma il cimitero chiude al tramonto, non pos…” la frase
dell’uomo fu interrotta da una mano che rapida gli afferrò il collo e lo torse
a novanta gradi.
“Che brutta
abitudine chiudere al tramonto. Non lo trovo affatto giusto per quelli come me”
lanciò il cadavere contro il grande cancello di ferro battuto, nero come la
morte. Sopra il cancello era stata affissa una scritta, sempre in ferro battuto
Cimitero di Hogsmade. Skanax entro, placido come sempre e camminando con
una flemma fuori dall’ordinario, nel cimitero dei maghi. Con le mani in tasca
avanzava lentamente fra le lapidi di marmo e le croci di pietra. Raggiunse
l’ufficio del custode e, una volta entrato, spalancò il cassetto dell’archivio
alla lettera P. Trovo il foglio che gli serviva. Gli diede una rapida
scorsa e lo gettò a terra. Così come era giunto fin lì, raggiunse una cripta
poco distante. Con un calcio sbriciolò la porta di pietra e continuò la sua
lenta avanzata. Scese di qualche metro lungo le scale di pietra scura e, dopo
pochi metri, si fermò davanti ad un tombino, ancora senza lapide. Afferrò il
gancio del tombino e tirò indietro con uno scatto. Anche quello si frantumò e
una bara bianca spuntò nello stretto cunicolo. Trascinò fuori la bara e la
poggiò a terra.
“Harry
Potter. E’ un onore conoscerti…” con la stessa forza strappò il coperchio
inchiodato facendolo volare per aria. Con un sonoro Konk atterrò a pochi
metri di distanza. Skanax sorrise. I capelli erano scompigliati proprio come si
diceva. E quella cicatrice…parlava da se. Afferrò il cadavere per un braccio.
Non era decomposto. I maghi probabilmente lo avevano protetto dalla
decomposizione con qualche incantesimo. Lo facevano spesso. Con la mano libera
prese un sacco di tela che portava in cintura, poco più grande di una mano, e
vi infilò dentro il cadavere del ragazzo. Il sacco non cambiò di dimensione, e
il vampiro lo ripose dov’era prima. Con le mani nuovamente in tasca uscì dalla
cripta e si diresse verso l’uscita. Inginocchiata di fronte ad una lapide vi
era una ragazzina. Skanax la fissò a lungo. Avrà avuto al massimo quindici
anni. Graziosa, con i capelli raccolti che lasciavano scoperto il collo…quella
vena così grossa…così sporgente. Skanax sorrise. Non aveva ancora mangiato
oggi, era ora di cena.
Va bene ragazzi, state diventando
tosti, davvero. Cominciate a analizzare la storia, e sono molto contento di
ciò. Partiamo con i ringraziamenti: Keijei, sono contento che il capitolo
scorso ti sia piaciuto! Sai per me è difficile analizzare la psicologia delle
donne, come per tutti gli uomini, del resto….; Elisuccia e Kiuccia, grazie di
cuore! La scena del pattinaggio è presa da scene di vita vissuta… non proprio
identica, ma quasi. Che dite, questo capitolo mette angoscia? Sì? Allora è
perfetto!!! J;
Sunny, so che l’ho proposto io, ma non posso accettare, ho deciso che devo
scoprire la soluzione a quel dannato indovinello!! Ho già una decina di idee…mi
servirebbe la tua mail, però. (Fra parentesi per tutti la mia è Strekon@virgilio.it, per insulti critiche
domande o quant’altro che preferite non scrivere sul sito); Manica80, ti
consiglio di leggere in fondo, ho pensato ad una cosuccia… ciao ciao
concittadinaJ;
mikan, io l’ho tagliata, ma non l’ho mica scrita! Certo potrei scriverla… non
ci avevo pensato. Vedrò, ho in ballo già altre tre fic…; kiak, ………….per certe
battute esiste una bolgia dell’inferno, ti avverto. Io ci sono stato (il
livello qualitativo delle mie battute non è il migliore….) e non è bello. Anche
tu leggi in fondo…; Mikisainkeiko, per
me bastardo è più che un complimento (tanto lo sono biologicamente) ma tendo a
precisare ancora che sono uno s*****o con i contro cazzi. E’ questione di
precisione….; Giada Black, new recensionist!!!! Grazie come vedi il capitolo
nuovo è già qui!!!; Angi e Gius, Herm sprecata con Ron? Sarà che io mi
identifico molto con il rosso, ma per me sono una coppia coi fiocchi (anche se
preferisco di più H/H a dir la verità….) identificandomi con Ron la “topa” non
posso mica mollarla al morto, vi pare? Il mio preferito in “WAL&J?” è
sicuramente James!!!!! L’atteggiamento cazzuto che ha è troppo bello (Forza
Ly/asu/Eli continua così!!!); Anja, anja, anja!!! Ma dove eri finita!!! Dammi
notizie ogni tanto o do per dispersi dei recensionist, io. E a proposito di
scommesse….leggi in fondo….; Maichy, grazie se gentile. Quanti capitoli? Io
cerco di trattenermi ma le cose da dire sono veramente tante… chi lo sa?
ATTENZIONE ATTENZIONE
Bandito concorso “Chi Cavolo è
l’ombra!?!?” I partecipanti al concorso possono spedire la loro teoria alla mia
E-mail (qui sopra) con motivazione del perché. Ad ogni capitolo vedrò di
inserire una classifica con le varie percentuali. Attenzione: si accettano
anche risposte con personaggi nuovi (chi ha detto che l’ombra è qualcuno di
conosciuto?) ad esempio “Per me è il cugino zoppo di Voldemort che ha sempre
odiato le divise logore dei mangiamorte”. Chiaro? Bene! Aspetto le vostre
e-mail
E’stato trafugato il cadavere del celebre ragazzo sopravvissuto
Più che un campo santo pare un campo di guerra.
Ieri sera, presumibilmente intorno alle sei di pomeriggio, un uomo non ancora
identificato dalle forze dell’ordine è entrato con la forza nel cimitero di
Hogsmade. Sia le guardie intorno alla struttura che il becchino, responsabile
della sicurezza del luogo, (foto a lato) sono stati barbaramente uccisi. Il
misterioso tombarolo ha fatto saltare la porta della cripta e il tombino dove
riposava il corpo del famoso Harry Potter (foto a lato n°2) e ha recuperato la
salma. La squadra scelta dei Battlemage, seppur non implicata in faccende di
questo tipo, ha iniziato un’indagine ed ha isolato il cimitero momentaneamente.
Ancora nessuna lettera con richiesta di riscatto è stata pervenuta, e il
ministero sta perdendo la faccia di fronte a questo scandalo. E’ stato proprio
il natale scorso lo stesso ministro, Percy Weasley, a voler trasferire il corpo
di Potter nel cimitero di Hogsmade, in attesa di dedicargli una tomba più
grande e degna del nome che il ragazzo ha portato in vita. Era proprio
necessario un trasferimento così immediato? Quello che è certo è che il
ministero ha commesso un grave errore che ora sarà difficile da rimediare. Sarà
indetta una conferenza stampa straordinaria a cui tutti possono assistere per
sentire la versione dello stesso ministro e dei suoi collaboratori. Invitiamo
tutti gli interessati a partecipare numerosi. La conferenza si terrà il
pomeriggio dioggi, 31 maggio, nel
palazzo ministeriale della cultura. La smaterializzazione sul luogo è
consentita per tutto il giorno.
Il servizio continua all’interno alle pagine 3, 4,
5
Gustav Ferrent
Percy sbatté il
giornale sulla scrivania.
“Perfetto!”
esclamò “Proprio quello che ci voleva! Maledetti giornalisti… è tutto pronto
per oggi? Non voglio altre sorprese” Lupin batté i tacchi e si mise
sull’attenti.
“Signorsì.
Cercheremo di scremare i giornalisti il più possibile. Anche questo…Gustav
Ferrent” Percy annuì soddisfatto.
“Eccellente. Ma
mi domando chi ha potuto fare una cosa del genere? E soprattutto perché?”
“Bhè, per come
la vedo io credo che sia una questione di soldi. Spero vivamente che si tratti
solo di un esaltato che chieda quanto prima un riscatto. Tremo al pensiero del
corpo di Harry… in mano…a poteri oscuri” la voce di Lupin tremava. Era in ansia
per la sorte di Harry. Non per il cadavere, ma per la sua anima. Esistevano,
infatti, in sacco di magie nere in grado di violare la morte. Con conseguenze
più o meno nefaste.
“Lo speriamo
tutti” Percy cambiò argomento per allentare la tensione creatasi “Remus, domani
è piena, vero?” Lupin fu sorpreso dalla domanda
“Sì, è piena.
Come al solito mancherò. Chiedo scusa dell’inconveniente…”
“Nessun
problema, ma abbiamo un rimedio per evitare di farti correre qua e la. Abbiamo
dovuto cercare tutti gli ingredienti, e ci è voluto un po’, ma infine… vero
professor Piton?” Piton era stato silenzioso fino ad ora. Guardava fuori dalla
finestra con gli occhi sbarrati. Quello sguardo era diventato normale, per lui,
dopo la sua ricomparsa. Inconvenienti della non morte. Lentamente si girò verso
i due accanto alla scrivania.
“Già, Remus.
Dovresti ringraziarmi. Credo di essere ormai l’unico in grado di preparare
questa pozione” sfilò da sotto la tunica una fiasca grande come una mano “Usala
con parsimonia. Rifarla richiederà molto tempo. Bevine un sorso solo quando
senti la bestia prendere il sopravvento. Non abusarne e non sprecarne, mi
raccomando”
Remus non
credeva ai suoi occhi. E alle sue orecchie. Quanto aveva desiderato quella
pozione. Ai tempi di Hogwarts, quando insegnava, era proprio Piton che gliela
preparava. Non aveva mai pensato di chiedergliela ancora. Mentalmente lo
benedisse e afferrò la boccetta.
“Grazie…ti devo
molto” disse con un sussurro. Rigirava la fiasca fra le sue mani e la fissava
ancora incredulo. Piton interruppe i suoi pensieri.
“Allora Remus,
hai intenzione di dire le novità su Hogwarts oppure riferisco io?” Lupin si
svegliò dallo stato catatonico in cui sembrava caduto e tornò subito lucido.
Percy pareva interessato.
“Novità?
Finalmente si è scoperto qualcosa?”
“Più che
qualcosa, si è trovata una, si spera, soluzione alla barriera magica. Dopo aver
accertato che dall’esterno anche i non morti non possono attraversarla” gettò
uno sguardo su Piton per spiegare la faccenda “si è ricercato un modo per
interromperla con i nuovi dati in nostro possesso, e sa cosa abbiamo scoperto?”
Percy fece cenno di no con la testa.
“Quella barriera
una volta all’anno si apre da sola. La magia che pervade Hogwarts è mille volte
più potente dell’incantesimo che l’ha colpita”
“Si apre da
sola? E non ce ne siamo mai accorti in tutti questi anni?” Percy era sconvolto
e alterato dalla notizia “Come? E Quando?” Piton sogghignò. Quel suo tipico
sogghigno che tutti i suoi studenti odiavano e continuavano ad odiare. Percy
compreso.
“Ma come signor
Weasley, non ha ricevuto la lettera da Hogwarts quest’estate? Le lezioni
inizieranno, come sempre il…” Percy completò per lui.
“…il primo
settembre”
*****
Il liquido in cui era immerso lo scaldava.
Era piacevole. Tutto attorno a lui era di un bianco cangiante. Una scia di
polvere penetrò quell’acqua pallida, che divenne subito blu. Un blu malato.
Sporco. Un blu maledetto.Si stava
abituando a questo nuovo ambiente, quando udì un forte grido. Inconsciamente
sorrise. Il liquido blu si increspò ancora mentre un oggetto grande come una mano
lo tingeva di rosso sangue. Subito il rosso sangue divenne più simile a quello
del fuoco.Cominciava a piacergli quella
situazione. Ad ogni cambiamento si sentiva meglio. Più forte. D’un tratto il
liquido in cui era immerso tornò bianco. Accecante, luminoso, ma piacevole.
Sentì le sue ossa stirarsi, il suo corpo fragile crescere. Mano a mano che
cresceva, il liquido scompariva, come assorbito. Ed infine terminò. Si rizzò in
piedi, circondato dal vapore. Un uomo gli porse dei vestiti che subito indossò.
Il vapore si diradò, e lo vide. Legato, imbavagliato, sanguinante. Quella
dannata cicatrice che gli era costata la vita.
L’ombra si svegliò di scatto. Ansimava e si lamentava.
Cos’era stato? Un sogno… un incubo? Lei non sognava mai. Scese dal letto dove
stava riposando, ancora con il fiatone. Si appoggiò al muro e cercò di
ricordare. Non riusciva. Era inutile. Più si sforzava e più dimenticava.
Qualsiasi cosa avesse sognato, doveva averla colpita. Si riprese lentamente. Si
maledisse. Era un segno di debolezza. Non era debole. Non poteva esserlo. Non
era debole…
Batte forte la
mano di metallo contro il muro, e questo si crepò visibilmente. Ecco, era
forte. Aveva quasi fatto un buco nel muro. Era mortale. Era letale. Si tirò su
il cappuccio della tunica. Afferrò il mantello dell’invisibilità sul letto e si
coprì bene.
Tutto questo la
stava distruggendo. Neanche eliminare le schiere infinite di mangiamorte la
esaltava più tanto. Era stanca di pensare ai pesci piccoli. Aveva passato mesi
a scoprire dove si nascondesse il loro capo. Niente. Nessuno sapeva nulla.
Tutti muti come pesci. E lei li eliminava. In questo modo, alla fine sarebbero
rimasti solo loro due. Un piano perfetto. Lungo, ma perfetto. Non poteva
fallire. Certo che con il mantello era diventato tutto molto più semplice.
Troppo semplice, quasi ridicolo. Prese una decisione. Si sfilò il mantello e,
piegato alla rinfusa, lo incastrò nella cintura. Ora era tutto tornato come un
tempo. Molto più esaltante vedere le facce terrorizzate della gente mentre
inesorabilmente si avvicinava. Guardò fuori dalla finestra. Il sole stava
calando. Era tempo di uccidere.
*****
“E’ inaccettabile
una cosa del genere!”
“Al ministero
non pensate ad altro che arricchirvi con le tasche di noi poveri cittadini?”
“Ha ragione
Ferrent! Non potete fare quello che volete. Vogliamo che siano rispettati i
nostri diritti”
“Che sicurezza
potete offrire se vi rubano dei cadaveri da sotto il naso?”
“E’ vero signor ministro che ha autorizzato lei lo
spostamento della salma di Harry Potter nel cimitero di Hogsmade per tenerla
più al sicuro? E’ lei il primo responsabile della faccenda quindi?”
“Il ministro ha
agito per vie ufficiali, non lo ha certo deciso di punto in bianco!” Lupin si
era alzato in piedi in difesa di Percy e delle pesanti calunnie che gli
venivano rivolte. Percy lo afferrò per la manica trascinandolo in basso, a
sedere. Si alzò lui stesso
“Signori, se la
discussione diventasse un po’ più civile sarò felice di rispondere a tutte le
vostre domande. Pretendo però rispetto per tutti i presenti ed un comportamento
più adeguato” attese che le sue richieste fossero state esaudite e poi continuò
“Vi ringrazio, e ora…….. prego, lei” disse indicando un giornalista in seconda
fila. Questo si alzò con un blocco in mano e una penna fra i capelli ricci e
biondi.
“Osborn
Greenbottle, del quotidiano Il mondo magico. E’ vero che il ministero
non ha ancora una idea certa di chi possa aver compiuto un tale atto di
profanazione?” chiese veloce come una mitraglia.
“Il ministero ha
mobilitato un’unità della squadra scelta dei Battlemage. A capo delle
operazioni c’è il qui presente Remus Lupin” indicò l’uomo al suo fianco che
fece un cenno con la testa “Per ora si stanno raccogliendo indizi. Dopotutto la
profanazione è stata scoperta solo stamattina. Prego, lei or…” ma il
giornalista biondo non gli diede il tempo di chiamare qualcun altro.
“Ed è vero che
si pensa che dietro tutto ciò ci sia lo zampino dei mangiamorte? Mi corregga se
sbaglio, ma lei-sa-chi, pur essendo scomparso nuovamente, ha ancora molti
fedeli in giro per il mondo, giusto? Come si sta comportando il ministero a tal
proposito?”
“Lei sta sviando
il fine della conferenza stampa. Non abbiamo ancora prove certe di chi siano i
responsabili, quindi la prego di non azzardare ipotesi in modo ufficiale. Non è
il suo compito” Percy rispose stizzito e fissò male il giornalista. Con la mano
indicò una donna in prima fila “Prego, lei ora”
“Agatha
Christie, della rivista Misteri. Mi chiedevo se era possibile avere
informazioni sulla sicurezza applicata alla zona durante il periodo. E’
possibile avere dettagliati rapporti sulla morte dei sette soldati di guardia e
sul becchino responsabile del cimitero?” Percy strabuzzò gli occhi.
“Richiesta
insolita, ma più che accettabile. Lasci il suo nome dopo al ragazzo che vi ha
accompagnato. Le faremo pervenire tutto via gufo” la donna ringraziò e si
sedette al suo posto. Percy non fece in tempo a chiamare il prossimo che un
uomo alto, capelli bianchi, pochi in realtà, vestito con una camicia bianca e
un gilè giallo limone, si alzò di scatto prendendo la parola.
“Gustav Ferrent,
de La Gazzetta del Profeta. Ringrazio, intanto, i suoi ragazzi qui fuori
per la calorosa accoglienza riservatami” disse con tono pungente “Sorvolando su
questo, ero curioso di chiedere al ministro della magia qui presente il motivo
di un tanto anticipato spostamento della salma di Harry Potter dal cimitero
della Londra babbana. Non crede sia stata una mossa un po’ azzardata?”
“Signor Ferrent,
è un piacere vederla” Percy sorrise a denti stretti mentre attorno a lui i suoi
collaboratori parlottavano convulsamente “Credo che la mossa non sia stata
azzardata. E’ stato un caso, diciamo. Poteva essere rubata in un qualsiasi
momento. Voglio ricordarle che la proposta e stata approvata da tutto il
consiglio dei ministri” Ferrent non gli diede tregua.
“Eppure è stato
lei a proporre la cosa per primo, giusto? Ho qui una serie di documentazioni
che provano quello che dico. Inoltre pare che il preventivo per la tomba di
Harry Potter sfiori l’assorda somma di ventiquattro mila galeoni” un brusio di
indignazione si levò dalla platea. Sia i giornalisti presenti che le altre
persone non credevano alle proprie orecchie “E si tratta del solo materiale per
la costruzione. Abbiamo calcolato che aggiungendo il costo per la mano d’opera,
la manutenzione e tutto il resto si raggiunge l’astronomica cifra di quaranta
mila galeoni. Non le sembra un po’ caro per un, con tutti il rispetto per la
persona di cui si parla, morto?”
Il brusio di
sottofondo aumento e presto si trasformò in voci vere e proprie. Le urla si
fecero pesanti mentre gli uomini del ministero e il ministro stesso cercavano
di portare alla calma la situazione.
“Signori, vi
prego. Calmatevi. Non c’è nulla per cui agitarsi così tanto. Il prezzo è…”
Percy non riuscì a completare la frase.
“Si vergogni,
quelli sono i soldi del ministero! Non vanno sprecati in questo modo! La gente
ha bisogno di opere pubbliche non di tombe elaborate!”
“Spendete quei
soldi per la nostra sicurezza!”
“E’ uno
scandalo! Si vergogni!”
Le urla contro
Percy stavano diventando insostenibili. Cominciò a volare anche qualche oggetto
verso il palco dove sedevano tutti i rappresentanti del ministero. Lupin prese
Percy per la spalla abbassandolo in tempo prima che una sedia lo colpisse in
faccia.
“Credo sia
meglio andare ora…” Lupin non pareva troppo entusiasta della situazione. Percy
lo capì subito. Il gruppetto con loro due in testa si diresse nel retro del
palco e li si smaterializzò, raggiungendo il Ministero.
Salirono le
scale ed entrarono nell’ufficio di Percy. Lì, Remus, gli rivolse la domanda.
“E’ vero quello
che ha detto quel tizio?” chiese scuro in volto.
“Come? Certo, ho
ricevuto il consenso del consiglio prima di agire e …” Lupin lo interruppe.
Quel giorno pareva che Percy non riuscisse a terminare un discorso.
“No, no. Intendo
i quaranta mila galeoni. Perché hai fatto una cosa del genere?” Percy divenne
serio.
“Se ci fosse
stato il tempo di spiegare, avrei spiegato. La cifra non proviene che in minima
parte soltanto dalle casse del ministero, circa cinquemila galeoni. Il resto
sono afferte di ammiratori e stimatori di Harry. Amici, conoscenti, semplici
maghi che pur non conoscendolo credevano in lui. La somma è stata raccolta con
il preciso intento di commemorarlo nel nostro mondo. Quello che quel Gustav
Ferrent aveva in mano non era altro che il preventivo depositato al catasto. Ma
si sa che la gente vuole certi scandali. Soprattutto chi è in contrasto con il
ministero”
Lupin rimase
allibito. Non sapeva nulla di tutta la faccenda. Imbarazzato si scusò con Percy
per averlo accusato ingiustamente con quella domanda.
“Non
preoccuparti, ne avevi tutto il diritto. Ora sai come stanno le cose” fece una
pausa e si sedette alla scrivania “penso che ora sia megl….” Ma ancora una
volta la porta che sia priva di scatto interruppe le sue parole. Non era
proprio giornata per i discorsi.
“Signor
ministro, mi scusi per non aver bussato. Posso?” chiese la segretaria di Percy
con la porta ancora aperta. Lui si mise la faccia fra le mani e sospirò deciso.
“Certo, tanto
ormai sei dentro… che è successo ancora?” chiese ormai preparato a tutto.
“Sua sorella. Ha
avuto le prime doglie”
*****
La barella
spalancò la porta a doppia anta. Tre infermieri la spingevano e controllavano
senza sosta numeri e valori dei macchinari collegati alla ragazza stesa sul
lettino. Una donna trascinava la barella, quindi era davanti a tutta la
carovana, e teneva lata una flebo il cui ago era piantato nel braccio della
giovane dai capelli rossi. Un altro ragazzo, non in divisa come gli altri
quattro era accanto alla barella in corsa e teneva stretta la mano della
ragazza.
“Coraggio amore, resisti. Puoi farcela, non mollare! Su,
dai, respira” disse Draco mentre imitava la respirazione da eseguire. Ginny
annuiva rapidamente e stringeva gli occhi e i denti dal dolore. Soffiava come
le avevano insegnato durante quei mesi in ospedale. Era vicino al grande
evento. Aveva paura, ma era felice. Avrebbe urlato ma non ne aveva le forze,
tanto era presa dal dolore.
La barella
correva come una scopa di un cercatore all’inseguimento del boccino dorato. Al
limitare di una porta che conduceva in sala parto Draco fu fermato da un grosso
medico baffuto, bardato e pronto per seguire la ragazza.
“Fermo qua! Lei
non può entrare. Si sistemi qui fuori e attenda, per piacere” l’uomo era stato
deciso nell’esporre la cosa al ragazzo. Draco spalancò gli occhi e si allontanò
dall’uomo.
“Cosa? Non ci
penso neanche! Mi faccia entrare, forza. Via dalla mia strada!” il medico fu
irremovibile.
“No, mi spiace
resti qui ed attenda per piac…” Draco andò su tute le furie.
“Eh no, cazzo! E’ da natale che la gente in questo posto
non mi dice altro che devo attendere! Adesso basta, cazzo! Mi faccia entrare o
la disintegro sul posto, e le assicuro che lo posso fare!”
Il medico
deglutì rumorosamente e si allargò il colletto stretto del camice da sala
operatoria. Annuì con il capo.
“Va bene,
d’accordo. Si vada a vestire in quella saletta lì e poi mi segua. Spero che
abbia lo stomaco forte” Draco gridò in risposta mentre correva a vestirsi.
“Non si
preoccupi, ho visto di tutto io”
In un attimo fu
pronto ed entrò anche lui in sala parto. Ginny era circondata da una
moltitudine di persone che si ruotavano fra di loro instancabilmente. Una serie
infinita di macchinari emetteva suono acuti o mostrava linee ondulate verdine.
Draco le fu accanto in un lampo.
“Amore come
stai? Sono qui, sono Draco” la mano di lei lo afferrò per il colletto. La sua
voce era un grugnito di dolore.
“Come credi che
stia, pezzo di idiota! Qualcosa grande come un cocomero sta cercando di uscire
da un buco largo come un limone!” urlò un attimo e poi riprese a respirare a
sbuffi. Draco era rimasto allibito dalla reazione della ragazza. Un medico lo
allontanò un attimo per sentirle il polso.
“Sta scendendo.
Il battito diminuisce” il puntino sullo schermo si muoveva con meno intensità.
Il bip, d’un tratto, divenne un suono prolungato.
“Arresto
cardiaco! Via con il massaggio, forza!” un infermiera cominciò ad esercitare il
massaggio cardiaco a Ginny. Draco era dietro quella calca di persone e non
sapeva che fare.
“Libera!” gridò
ancora il medico e dalla sua bacchetta una scarica elettrica colpi il petto di
Ginny.
“Avanti,
continuate!”
“Libera!”
un'altra saetta colpì Ginny
Seduti fuori
dalla sala c’era una vera e propria schiera di persone. La maggior parte tutte
con i capelli rossi. Solo un uomo e una ragazza si distinguevano dagli altri.
La famiglia Weasley al completo era in attesa di sapere il verdetto su Ginny.
Lo shock magico subito le aveva fatto passare sei mesi d’inferno. Convulsioni,
scatti d’ira di cui lei non ricordava nulla. Colpa del Avada Kedavra. Ma lei
era ancora lì, pronta a lottare per il suo bambino. Ora tutto stava nel vedere
chi o cosa avrebbe vinto nella “volata finale”. Molly camminava avanti e
indietro mugugnando qualcosa di incomprensibile e molto simile al verso di un
cane che si lamenta. Arthur era seduto vicino a Percy ed entrambi stavano
fumando una sigaretta. Non lo facevano di solito, ma per l’occasione… e poi la
tensione era troppa. Ron andava avanti e indietro come sua madre e inutilmente
Hermione cercava di calmarlo.
“Avanti Ron,
siediti. Piuttosto fuma anche tu!” scherzò Hermione. Ma Ron la prese in parola.
“Buona idea,
grazie” si fece dare una sigaretta da Percy e si sedette accanto alla ragazza.
Dopo le prime boccate, seguite da colpi di tosse, capì come si doveva fare e
continuò imperterrito. Hermione lo fisso sbigottita, e lui altrettanto.
“Che c’è ora!?”
chiese Ron.
“Ma… io dicevo
tanto per scherzare!” fece lei.
“Andiamo, una
non farà mai male. E poi non l’ho mai fatto in vita mia” Hermione rinunciò.
Tanto, ora come ora, non poteva certo convincerlo.
Gli unici
tranquilli, se escludiamo Lupin che fumava intensamente la sua pipa puzzolente,
erano i gemelli. Sia Fred che George avevano organizzato una specie di
scommessa sul nome del loro futuro nipote. Giravano fra i vari reparti a
raccogliere le scommesse. Il commento di Molly fu “Quei due non cambieranno
mai, non hanno proprio rispetto” ma neanche lei credeva in quello che diceva.
Purtroppo sia Charlie che Bill erano impegnati all’estero e non sarebbero
arrivati in tempo. Avevano avvisato via gufo che sarebbero tornati a casa
quanto prima, ma non sapevano ancora quando.
D’un tratto la
porta si spalancò e il medico con i baffoni spuntò sulla porta. Subito tutti lo
circondarono, Molly in primis.
“Allora dottore,
come sta?” chiese lei preoccupata.
“Ha avuto un
arresto cardiaco” le facce di tutte si contrassero in un espressione di
sgomento “ma si è subito ripresa. Pare che alla fine sia stata più forte lei
che la magia che l’ha colpita” una serie di esclamazioni soddisfatte partirono
dalla bocca di tutti i presenti.
“Ora è in fase
di parto. Sapremo tutto fra poco, comunque sappiamo già che è una femmina, Ora
scusate ma devo rientrare” e sparì nuovamente dalla porta da cui era venuto.
L’atmosfera
divenne più rilassata. Molly abbracciò il marito, anche Hermione e Ron si
accoccolarono l’uno sull’altra seduti sulle scomode sedie in corridoio. I
gemelli si diedero il cinque in segno di vittoria. Percy e Lupin si sedettero
di nuovo, più calmi di prima. Orami il peggio era passato. Anche i gemelli
cominciarono a chiedere alla famiglia di fare scommesse.
“Ma insomma
ragazzi, è vostra sorella!” Molly era indignata. Arthur la abbracciò e le
sussurrò
“Lasciali fare.
E’ il oro modo per festeggiare la cosa” Molly, seppur con qualche dubbio,
acconsentì.
“Allora ragazzi,
che nomi vanno per la maggiore?” chiese Ron curioso. Fred afferrò il foglio
pieno di nomi.
“Allora, sono
per lo più nomi inglesi, ma anche qualcuno di fuori. Credo che alcuni siano
inventati…”
“Sì, ma quali
hanno più scommesse sopra?” chiese Hermione. George strappò di mano il foglio
al fratello.
“Dunque, sapendo
che è una femmina…sono: Giuggy, Giada, Kia, …”
“Kia? Ma non era
la marca di qualcosa?” chiese Ron.
“E sta un po’
zitto, continua George” lo rimbeccò Hermione.
“Dicevo: …Kia,
Keijei, Eli (“Ehi questo è carino!” “Ron stai zitto che non capisco!”), Kiak,
Maichy, Angi, Gius, Anja, Monica (“Bello! Un nome italiano!” “Herm, tappati tu
ora!”), Mikan, Sunny (“E’ un gelato Sunny?” “Non saprei…”) e uno un po’
complicato…dunque si legge…Mikisainkeiko!
Bene e questo è tutto!”
“Sono un sacco. Ma quanti soldi avete
raccolto?”
“Bhè, 2 galeoni la puntata…circa
quattrocentosettanta”
“Cosa? Ma sono un sacco di soldi!”
“Abbiamo naso per gli affari noi”
Ginny si lamentava ancora. Draco le era
accanto. Ora che il pericolo era passato si sentiva più tranquillo. Ma lei no.
Dire che era agitata era poco. Si poteva dire che avrebbe volentieri spaccato
la faccia a qualcuno purché quel dolore finisse.
“Avanti tesoro, respira. Su. Uno….
Due….Uno….Due….” Draco cercava di aiutarla meglio che poteva.
“Draco! Ti giuro che se continui ti lancio una
maledizione per cui ti farò patire lo stesso dolore!” Ginny gridava fuori di
se. Draco sobbalzò. Non era abituato a sentire parlare Ginny a quel modo. Il
medico baffuto appena rientrato lo chiamò.
“Bene, ora può aiutarmi. E’ qui per questo,
no?”
“Sicuro” rispose Draco. Ginny, a gambe aperte,
sbuffava e spingeva a più non posso. Il suo sforzo era evidente.
“Ecco, vede quella cosa? E’ la testa di sua
figlia!” indicò un punto ben preciso. Draco deglutì.
“S-Sì, certo…wow, fantastico. E ora?”
“Ora convinca sua moglie a spingere più che
può. Dobbiamo farla uscire da lì”
“D-D’accordo…” il coraggio di Draco stava
vacillando. Tornò da Ginny e si fece forza.
“Ok amore. La vogliamo questa bambina vero?”
“Sì, sì…”annuiva lei fra il dolore.
“D’accordo, allora spingi più che puoi! Forza
respira! Spingi, spingi!” Draco gridava a più non posso. Ginny eseguiva la
meglio. Dopotutto era la prima volta per lei. Sembrava impegnarsi molto, ma
nessun cenno da parte del medico baffuto. Draco tornò dal medico che aveva in
mano un oggetto in acciaio delle dimensioni di una testa. Lo agitava e quello
si apriva e chiudeva, come se fosse a molla.
“C-Co-Cosa è quello? C-Che deve fare?” chiese
Draco. Ormai la sicurezza era solo un ricordo.
“Questo? E’ un divaricatore a pressione. Credo
sia il caso di usarlo… sembra avere difficoltà a far uscire il pargolo”
Le orecchie di Draco sentirono solo le parole
“divaricatore a pressione”, perché poi con un tonfo svenne a terra.
*****
“Buongiorno cuor
di leone!” un saluto svegliò Draco completamente. Si alzò di scatto sul letto
in cui era disteso. Aveva ancora addosso i vestiti della sala operatoria. Ron
ed Hermione lo fissavano mentre si girava e si guardava attorno.
“Dov’è Ginny?”
chiese in un lampo.
“Due stanze più
in la, sta coccolando la vostra bimba” Ron sorrise mentre pronunciava quelle
parole.
“Congratulazioni
Draco. Avanti vai!” Hermione spronò il biondino che subito si gettò fuori dal
letto e corse nel corridoio come un pazzo. Papà. Era papà! Corse come un matto
per una decina di metri, poi vide la stanza con un fiocco rosa attaccato. Si
fiondò dentro senza diminuire la velocità.
“Ginny!” gridò.
Le persone intorno al letto si girarono a fissarlo mentre si fiondava in mezzo
a loro. Arthur e Molly si fecero da parte, così come i gemelli e Percy. Lupin
era sulla porta e lo incrociò mentre entrava.
“Era ora” gli
disse vedendolo in piedi. Draco raggiunse il letto. Stesa, coperta fino alla
vita, c’era Ginny. Ed in braccio aveva la cosa più bella che Draco avesse mai
visto. Era sua figlia. La loro figlia. La loro bambina. Si inginocchiò accanto
al letto, ammutolito. Ginny sorridente, colpita dai raggi del sole, lo fissava
mentre baciava affettuosamente sulla fronte la neonata. Le sue manine si
muovevano convulse a cercare qualcosa. Draco allungò la sua mano verso quella
creaturina così indifesa, e lei afferrò il suo dito. Forse solo per un attimo,
ma sorrise nel sentire la presenza del padre.
Draco non
trattenne più le lacrime, e neanche Ginny. Si fissarono a lungo mentre la bimba
agitava ancora le manine e spalancava gli occhioni azzurri.
“Ciao mammina”
disse dolcemente Draco.
“Ciao
papà…”
Capitolo commovente @__@ sigh…. Vabbè ringraziamo: Tutti,
non ci ho voglia di elencarvi inizia Buffy! Rimedio la prossima volta!!!!
Le stelle a tratti in mezzo alle nuvole illuminavano il cielo notturno
della campagna inglese
Le stelle a
tratti in mezzo alle nuvole illuminavano il cielo notturno della campagna
inglese. Un lieve venticello profumato piegava le chiome verdi degli alberi,
che con un fruscio scrosciante si lamentavano del troppo caldo. Il canto
costante delle cicale annunciava a tutti l’arrivo dell’estate. Fra le spighe di
grano piegate dal brezza si intravedeva una sagoma nera, scura e allungata. Non
era un’animale notturno. Non era un uomo in agguato. Era una automobile. Ferma
lì ormai da qualche ora. Dei lamenti bassi riempivano il silenzio insieme alle
cicale. Dei sospiri, gemiti. Degli urletti veri e propri, a volte anche degli
urli. Se quel grano avesse avuto le mani e le orecchie, probabilmente avrebbe
usato le prime per tapparsi le seconde. E se avesse avuto la bocca avrebbe
detto qualcosa del tipo “Basta, voglio dormire!”
Ron si accasciò, respirando forte, di lato accanto ad
Hermione sul panno blu steso a terra. Una coperta leggera nascondeva le loro
nudità alla notte. Entrambi erano esausti ed attesero che la loro respirazione
tornasse normale.
“Accidenti, Ron.
Se continuiamo così…” Hermione biascicava ancora fra i respiri affannosi.
“Cosa?… Qualcosa
non andava?…”Ron era ancora steso a lato della ragazza, si mise poggiato sul
gomito per fissarla mentre il suo petto ancora fremeva e sobbalzava dalla
recente passione provata. Hermione chiuse gli occhi, si concentrò e tornò a
respirare normalmente.
“No, è solo che…
Ron Weasley, tu mi stai portando a fare le cose più proibite che mi era
ripromessa di non fare! Queste fughe in campagna… fra l’erba, la
natura…è…strano” Ron si avvicino e le baciò la spalla nuda.
“Lo so. Sono un
ragazzaccio. Ti sto mettendo sulla brutta strada” disse lui ridendo “Ma devi
ammettere che è dannatamente romantico…e piacevole…e sensuale…e eccitante…”
“Sì, lo è” lei
sorrise sentendo le sue labbra dargli tanti piccoli baci sulla pelle,
avvicinandosi sempre di più alle sue mani “Lo sai che amo tutto questo, Ron?”
“Tutto cosa?” i
suoi baci non si interrompevano.
“Questo. La
nostra felicità. La felicità di Draco e Ginny quando è nata Eve. A proposito,
Ginny è tornata a casa ieri pomeriggio, vero?”
“Mhmm…” mugugnò
il tono di assenso lui. Le sue labbra non si staccavano da lei, e lentamente
stavano risalendo fino al collo.
“Dovremmo
andarli a trovare uno di questi giorni. Vorrei rivedere la bambina. E’ così
carina…” sorrise al pensiero della piccola Eve. L’aveva trovata dolcissima fin
dalla prima volta che l’aveva vista. Come non poteva esserlo? Era una bambina
di appena venti giorni, tutti i bambini piccoli sono dolcissimi.
Ron allungò il braccio per circondare la
ragazza. Le sfiorò con la mano i seni perfetti cingendola vicino a se, mentre
ormai si era perso in quel mare. Quel mare chiamato Hermione.
“Ron, tu cosa ne
pensi?” gli chiese lei.
“Mhmmm? Di
cosa?” chiese lui poco propenso a staccare la bocca dal corpo di lei per
parlare.
“Di tua nipote,
e di chi sennò? Come l’hai presa tu?” Hermione poneva la domanda seriamente, ma
Ron era ancora troppo impegnato per risponderle.
“Ron? Ehi, ti
dispiace se per un attimo parliamo invece di rotolarci continuamente uno sopra
l’altro?” il tono di Hermione stava cambiando radicalmente. Ron, seppure a
malincuore, decise che era meglio accontentarla. Ci sarebbe stato tutto il
tempo. Si stese nuovamente a faccia in su, le braccia incrociate dietro la
testa, a fissare le stelle. A cercare una risposta a quella e a mille altre
domande.
“Non lo so Herm.
Voglio dire, adesso sono zio. Non che cambi molto, soprattutto rispetto al
fatto che quei due ora sono genitori di Eve, però effettivamente mi fa sentire
strano” Hermione si girò, sempre appoggiata al gomito, per guardarlo in faccia.
Tirò un po’ su la coperta che stava scendendo verso i piedi.
“Come strano?”
“Sì, strano.
Voglio dire. C’è una nuova persona, ora. Un essere vivente talmente piccolo che
sta in una mano, ma talmente importante da meritare il meglio che le si può
offrire. E questo è bellissimo, ma mi fa sentire diverso. Un anno fa neanche
eravamo coscienti, e ora Ginny è mamma. E Draco è papà. E tra poco più di un
mese si sposano. E noi ci amiamo, e questa è la parte migliore di tutta questa
stranezza…”
“Lo capisco,
sai” disse Hermione “Anch’io a volte mi trovo a pensare alla marea di
avvenimenti che sono capitati in questo periodo. Il nostro risveglio, i nostri
amici, tutto insomma. Con il fatto di essere stati assenti per quasi tre anni,
probabilmente dobbiamo ancora abituarci a tutto. Una specie di Jet lag
temporale” Ron la fissò con aria dubbiosa.
“Jet cosa?”
“Niente, lascia
stare. Babbanese”
“Oh…” disse lui e
rimise la testa a terra, davanti alle stelle. Lei cambiò argomento.
“A volte mi
meraviglio anche di come è cambiato il mio corpo. Sai crescere di tre anni in
piena adolescenza e non rendersene conto può essere un brutto colpo per una
ragazza” si accoccolò a fianco del ragazzo, guardando nella sua stessa
direzione, e lui la cinse con il braccio.
“Oh, anche per
un ragazzo non è uno scherzo. Barba in faccia, una cosa che avevo solo iniziato
a vedere ai tempi di Hogwarts. E poi la voce che cambia, più profonda, stentavo
a riconoscerla all’inizio. Bhè, e poi… quello che succede a tutti i ragazzi.
Maschi e femmine. Tempeste ormonali”
“Bhè, a me
sembra che quelle ci siano ancora adesso” disse lei ironica “Anche troppo,
forse”
“Che vuoi, dovrò
recuperare…” rispose lui altrettanto ironico. Hermione si mise sui gomiti e si
avvicinò alla sua faccia.
“Ronald Weasley,
sei la persona più impertinente e sexy di tutto il mondo” e lo baciò,
mordendogli il labbro inferiore. Entrambi chiusero gli occhi.
“Lo so, sono il
meglio” ricambiò in egual modo, mentre la sua lingua saettava in cerca di
quella di lei. Si stava cominciando a scaldare nuovamente, quando Hermione
interruppe l’eccitazione in crescita.
“Sai, mi sono
presentata al corso” Ron all’inizio non fece molto caso alle sue parole tanto
era impegnato a baciarla sul collo “Lupin mi sta insegnando tutto sulle
evocazioni” e qui Ron spalancò gli occhi e si bloccò. Con uno scatto sposto la
testa all’indietro per fissare gli occhi di lei.
“Evocazioni?”
“Sì, sai,
richiamare con la magia creature, animali, e così via” Ron la fissò ancora.
“Non era questo
che intendevo, io volevo dire “Perché? A che scopo?” Hermione tornò sdraiata al
suo fianco.
“Mi sembra
arrivato il momento che anche Hermione Granger si dia da fare” alzò lo sguardo
verso quello di lui e si fissarono sottosopra. Lei sorridente, lui senza
parole. Ron non sorrideva affatto dopo quello che aveva sentito.
“Hermione,
senti, non è necessario che anche tu debba rischiare. Ci sono un milione di
altre cose che potresti fare se vuoi aiutare… insomma, non lo trovo necessario,
ecco” Hermione si alzò in piedi davanti a Ron. Il suo corpo perfetto e nudo
veniva illuminato dalla mezza luna brillante.
“Cosa non trovi
necessario? Ron, io non rischio nulla. E’ solo per essere pronti a tutto e …”
non finì il discorso perché Ron, con fare saputello la interruppe.
“Sì, certo.
Secondo te, sapendo e vedendo quanto sei brava non ti propongono di fare parte
dei battlemage o di qualsiasi altra squadra di maghi che combattono? Andiamo,
Herm. Sei ridicola quando fai così”
“Ah, io sarei
ridicola? E tu allora? Non hai fatto in tempo a capire dov’eri che sei entrato
nei battlemage solo per fare rabbia a Draco! Bella prova di maturità,
complimenti!” Hermione si stava scaldando. Ron si alzò in piedi di fronte alla
ragazza. Ora erano entrambi nudi e arrabbiati.
“Senti un po’
morettina, questa “persona ridicola” ti ha tirato fuori dall’incubo che stavi
vivendo e ha rischiato la vita per te! Mi sembra che dopotutto non lo facessi
solo per confrontarmi con Malfoy, no?”
“Come no!
Sicuro! Sono certa che sapevi benissimo che ti saresti infilato nella mia testa
per svegliarmi! E poi questo non centra…”
“Come non
c’entra! Io quasi mi faccio ammazz…”
“Ron smettila!”
“No, smettila
una cavolo! Potevo mori…”
Con uno schiaffo
sulla faccia del ragazzo, Hermione interruppe la conversazione.
“Smettila,
smettila, dannazione! Non dirlo, stai zitto!” Hermione strillava. Ron, con la
guancia rossa per il colpo, agitò la bacchetta con rabbia e i vestiti sparsi
intorno alla coperta tornarono a coprirlo alla perfezione.
“Lo sai che ti
dico” gli disse mentre si sistemava la cintura dei pantaloni “Fai quello che ti
pare! Fatti ammazzare, se ci tieni tanto. Ma non venirmi a chiedere aiuto, io
ti avevo avvertito” e con questo si allontanò, perdendosi fra pensieri, stelle
e spighe di grano.
Hermione, con le
lacrime a gli occhi, urlò nella sua direzione.
“Ron sei uno
stupido!” e si piegò, in ginocchio sul panno blu steso a terra. Singhiozzava
rumorosamente mentre grosse lacrime le rigavano il viso. Ron non capiva. Non
capiva che lei lo faceva solo per non essere l’ultima arrivata. Lo faceva solo
per aiutare, anche lei, in qualche modo. Non lo faceva per combattere. Questo
mai. Non amava combattere. Non lo avrebbe mai fatto, o almeno sperava di non
doverlo fare mai. L’ultima volta che aveva lanciato un incantesimo bellico
contro qualcuno lo aveva fatto fuori. D’accordo, era un mangiamorte ed era lì
per rapirla ed eliminare gli altri, però stenderlo, così, le aveva fatto un
certo effetto. Cioè, lei aveva attaccato e “ucciso” una persona. Roba da
terapia con psichiatra a vita. Ma per fortuna lei era Hermione Granger. Non si
sarebbe fatta stendere mentalmente da quanto era accaduto. E così fu, infatti.
Ma pensare di ritrovarsi impreparata di nuovo di fronte a certe cose la faceva
stare male. Per quello aveva seguito il corso di Evocazione di Remus Lupin. Era
roba di poco conto. Qualche animale, due o tre mostri… neanche uno spirito di
qualche tipo. La parte più difficile non era evocarli, ma comandarli
mentalmente, senza farseli sfuggire di controllo. Finché erano animali, nessun
problema per lei. Con i mostri, già diventava impegnativo. Lei riusciva a
comandare solo i più semplici o i più stupidi, un troll dei boschi, ad esempio.
Con gli spiriti… mai ci aveva provato, mai ci avrebbe provato e soprattutto mai
ci sarebbe riuscita. Basti pensare che lo stesso Salazar Serpeverde fu in grado
di evocare e controllare al massimo un basilisco adulto, ed era già difficile
per lui. Evocare uno spirito era qualcosa di impensabile se non si era
preparati al meglio. Essere più di uno era consigliabile, così da avere più
possibilità contro lo spirito. Poi erano necessari bracieri, rune mistiche,
procedimenti complicati ed un pentacolo dove richiamare lo spirito che, di
solito, non era troppo contento della festicciola organizzatagli per
intrappolarlo e fargli fare quello che volevano i maghi, e cercava in tutti i
modi di interrompere il contatto. Se ci fosse riuscito, della gente lì vicino
non sarebbe rimasto che una strana poltiglia, questo è poco ma sicuro.
Lentamente la
ragazza si rivestì nella maniera più classica, senza magia, e tornò a sedersi
sulla coperta. Guardava la luna metà e la paragonava alla loro storia d’amore.
Una storia a metà. Ma la vera metà era lei. Quel suo assurdo attaccamento ad
Harry. Anche se Ron non lo diceva era sicura che lo tormentasse il pensiero di
non averla tutta per se. Nel corpo e nella mente. Anche se, ultimamente, lei
non pensava molto ad Harry. Anzi, proprio per niente. Solo a Ron. Nessun altro
tranne Ron. Il dolce Ron, il sexy Ron,….quello stupido di Ron! Lo detestava
quando la trattava così, come una bambolina che si può rompere da un momento
all’altro. Lei era libera di fare quel che vuole. Neanche quello stupido di Ron
poteva impedirglielo. Detestava quando si parlava di come avesse rischiato la
vita per lei. Se avesse fallito lui… sarebbe morto. Per causa sua. Non poteva
neanche pensarci. L’amore che la legava la ragazzo era troppo forte, la morte,
però, poteva recidere anche quel legame. Ogni volta che ci pensava aveva come
delle fitte al cuore. Panico. Per questo aveva reagito così. Per questo, perché
lo amava.
“Al diavolo lei
e le evocazioni…” Ron era seduto sotto un albero, vicino ad un piccolo specchio
d’acqua che i contadini babbano usavano per annaffiare le piante. Lanciò un
sasso piatto sul pelo dell’acqua, che rimbalzò per ben tre volte prima di
sparire, inghiottito. Harry gli aveva insegnato a lanciare i sassi piatti a
quel modo. Ad Hogwarts li lanciavano nel grande lago cercando di colpire il
grosso polipo che ogni tanto compariva a pelo d’acqua. Tanto era talmente
grosso che non si sarebbe mai accorto di un sassolino che centrava il suo
enorme corpo molliccio. Harry… è colpa sua tutta quella situazione. Perché Hermione
si era innamorata anche di lui? Cristo che rabbia! Sapeva di avere dei punti in
meno rispetto a lui, dopotutto era il grande Harry Potter! E dire che era il
suo migliore amico… ma chi vuole prendere in giro, anche in quel momento non
poteva odiare Harry, anche se era morto. Non poteva incolparlo di qualcosa di
cui non si era nemmeno reso conto prima di morire.
Gettò un altro
sasso, sempre tre rimbalzi. D’accordo, Harry non c’entra. E’ Hermione che si è
messa in testa di fare l’evocatrice. Non che gli dia fastidio, ma sapeva che
sarebbe finita in quel modo. Lei era troppo brava. L’avrebbero notata e le
avrebbero praticamente imposto di entrare a far parte della squadra dei
battlemage come evocatrice. Certo, chi evoca creature, di solito, sta dietro alla
fanteria, però a lui non piaceva. Era pericoloso. Non poteva permetterle di
fare qualcosa di così pericoloso. Non doveva rischiare così per niente. Cristo,
c’erano migliaia di lavori più tranquilli e sicuri da fare, perché
l’evocatrice? Non poteva di certo colpevolizzarla così, però. Si rese conto
solo in quel momento di essersi comportato male nei suoi confronti.
Appoggiò la
testa alle ginocchia e si dondolò un poco.
“Cristo Ron, che
cazzo hai fatto…” lui amava quella ragazza, non poteva perderla per una
litigata di quel genere. Deciso più che mai, si alzò per tornare da lei e
riappacificarsi. Gettò l’ultimo sasso sul pelo dell’acqua. Tre rimbalzi. Harry
ne faceva sempre quattro.
*****
“Ciao piccolina.
Hai sonno, eh?” Ginny prese in braccio la bambina dal box in salotto. Aveva gli
occhi lucidi, si vedeva che era stanca.
“Forza, andiamo
a fare la nanna, eh?” e diede un bacio sulla fronte della piccola Eve che,
calma si appoggiava al petto materno. Ginny raggiunse la camera da letto e le
mise il pigiamino azzurro che Draco aveva comperato l’altro giorno. Era stato
davvero dolce. Vederlo tornare a casa con quel vestitino per la loro bambina.
Ginny ne fu felice. Cominciò a cullare la piccola Eve fra le sue braccia e a
cantare una dolce ninnananna.
“Dormi mio
dolce amor
La mamma è
qui con te
Dormi mio
tesor
Chiudi gli
occhi e pensa a me
Temere non
dovrai di fare un brutto sogno
Se chiamerai,
nel momento del bisogno
Noi saremo qua, a vegliare su di te
Noi saremo
qua, qua vicino a te”
Il dolce canto
di Ginny presto si trasformò in un sussurrò portando Eve fra le braccia di
Morfeo. Ancoro mugugnando la ninnananna, stese la bambina nella sua culla e la
coprì bene. La fissò assorta da quanto fosse splendida quella piccola creatura
di cui ora era la madre. Presa com’era dai suoi pensieri non si accorse di due
braccia che le cingevano il corpo. Draco poggiò la sua testa sulla sua spalla e
la baciò teneramente su una guancia, mentre lei fissava ancora la piccola che
dormiva.
“Hai mai visto
qualcosa di più bello?” chiese Ginny al ragazzo.
“No, non credo
proprio. Sei stanca amore?” chiese Draco di rimando.
“Non troppo.
Oggi la mamma è venuta a darmi man forte. Si è occupata praticamente di tutta
la casa, non l’ho mai vista così splendente, a dire il vero” Draco prese a
sussurrargli all’orecchio.
“Che dici se ce
ne andiamo di là in salotto, con qualche candela accesa, un po’ di musica
romantica, un bicchiere di vino e ci coccoliamo un po’…..” la cullava come se
stesse ballando un lento immaginario, e lei seguiva i suoi movimenti,
sorridente e con gli occhi chiusi.
“Direi che è una
magnifica idea, degna di un magnifico uomo…” piegò la testa per baciarlo. Le
loro labbra si incontrarono in un bacio romantico e prolungato. Draco si
allontanò per guardarla negli occhi.
“Ehi, ma ti ho
mai detto che quando ti bacio mi sembra di sciogliermi come un gelato in piena
estate?” Ginny annuì piano.
“No, ma qualcosa
del genere. Mi hai detto che mi ami…”
“Appunto…” e si
baciarono ancora, cullandosi uno fra le braccia dell’altro.
*****
Camminava fra le vie di Londra con la testa bassa,
nascosta dalla folta chioma untuosa e da un cappello marrone. Un cane nero
trotterellava al suo fianco, cercando di mantenere il suo passo rapido fra la
folla. Per essere così tardi c’era molta gente in giro per le strade. Non
pensava di trovare così tante persone, ma fortunatamente nessuno lo aveva
ancora visto in faccia. Vedere una faccia gialla dagli occhi freddi come pezzi
di ghiaccio avrebbe spaventato qualsiasi babbano. Piton lo sapeva bene. La cosa
che non sapeva ancora era perché si trovava lì. Era da anni che non si recava
in quel posto. Ma quella sera qualcosa lo spinse ad andarci. Sirius lo
accompagnò volentieri. Tutta quella folla, però, ora lo stava stufando. Imboccò
un viottolo laterale, anche se sapeva che erano quelli i posti dove fare
pessimi incontri. Poco male. Era pronto, se se ne fosse presentata l’occasione.
Dopo poco tempo, raggiunse il fiume, il Tamigi, e quindi il suo obiettivo.
Attraversò il ponte mobile per cui Londra era famosa in tutto il mondo. Una
straordinaria opera di ingegneria babbana, in effetti. Raggiunse il muro che lo
separava dalla torre. Si girò verso il cane nero e si tolse il cappello.
“Che fai, mi
aspetti qui o vieni con me?” chiese. Il cane tornò umano, e Sirius Black
rispose.
“Ti seguo
Severus. Sono curioso di vedere, dopo quello che mi hai detto” Piton sorrise
debolmente. Le ombre dei lampioni non lo diedero a vedere.
“Bene allora
seguimi” con un colpo di bacchetta spiccò il volo e superò il muro ti pietra,
subito seguito da Sirius. Evitando gli sguardi delle poche forze dell’ordine
babbane raggiunsero la torre bianca al centro dell’antico complesso.
“Alhomora”
la porta si aprì ed entrambi entrarono chiudendosela alle spalle. Piton non
pronunciò una sillaba e, sicuro, si diresse verso una scala secondaria. Sirius,
che prima d’ora non era mai stato nella Torre di Londra, si guardò un po’ in
giro. Certe cose babbane non le avrebbe mai capite. Raggiunse Piton di corsa a
metà delle scale e parlò.
“Possibile che
nessun babbano se ne sia mai accorto?” chiese curioso.
“Che vuoi, se
fosse così semplice non sarebbe certo opera della mia famiglia. E poi i babbani
non hanno la minima idea di come si utilizzi davvero un camino” dopo
pochi passi giunse davanti ad una porta, la aprì ed insieme entrarono. La
stanza pareva essere uno studio medico medioevale di un qualche tipo. Aggeggi
vari e mobiletti erano sparsi per tutta la stanza. Nel lato opposto a quello
della porta, un camino grezzo e malandato. Probabilmente non aveva neanche più
la canna fumaria. Il cuore di Piton avrebbe palpitato per l’emozione se ancora
avesse battuto nel suo petto. La mano malaticcia raggiunse la scrivania poco
distante e la toccò, rapido, in alcuni punti ben precisi. D’incanto apparve sul
piano di legno scuro una boccetta di vetro dall’aria fragile. Il liquido bianco
al suo interno ondeggiò, denso, quando Piton l’afferro.
“Sirius accendi
il fuoco in quel camino per favore” senza ribattere Sirius eseguì alla
perfezione curioso di vedere il seguito di quella vicenda. Piton cominciò a
parlare mentre le fiamme cominciavano ad alzarsi.
“Il mio antenato
era abile nel fare pozioni. Tutti in famiglia erano concordi nel dire che avevo
preso molto da lui. L’eccitazione di vedere bollire insieme tutti gli
ingredienti. Il piacere dell’attesa per vederne il risultato. Sensazioni uniche
per me. Ed anche per lui, con la sola differenza che lui non sapeva fare altro”
Black lo guardò stupito “Era un Magono. Una grave pecca nel nostro nobile
albero genealogico di sangue puro. Ma lui non si arrese, anche se non poteva
fare magie, poteva sempre fare pozioni. Ed era diventato abile. Davvero abile.
Io, pur essendo in grande esperto, non sono nulla di fronte alle sue
conoscenze”
Piton sospirò
non tanto per prendere aria, non gli sarebbe servita i non morti non respirano,
ma per dare più enfasi alle sue parole.
“E questa è la
sua eredità” lanciò la boccetta fra le fiamme crepitanti. Una lieve esplosione,
poi uno sbuffo di fumo. Le fiamme crebbero fino ad uscire dalla cappa del camino,
ma non bruciavano. Alte ormai quasi due metri si aprirono come si apre una
tenda. Era un passaggio magico, e dietro di esso si vedevano le sagome di una
stanza.
“Con tutta la
confusione che vi è in giro ora, credo sia meglio essere pronti a tutto. Il materiale
che ha conservato in questo luogo ci aiuterà nella nostra crociata. Mi darai
una mano a prepararlo?” Sirius era senza parole. Quella storia era incredibile,
e Piton gliela aveva rivelata con tanta sincerità che ne rimase allibito.
“Certo, ti aiuterò.
Ma che tipo di pozioni troveremo qui?” chiese di rimando Sirius. Piton, in
procinto di attraversare il passaggio di fuoco si girò di scatto.
“Se esiste, qui
c’è” sentenziò, e proseguì fra le lingue di fuoco. Attraversò il portale e la
sensazione fredda di quelle fiamme sulla sua pelle morta fu piacevole. Giunse
in una piccola stanza piena di alambicchi, filtri, bottiglie, scatoline,
sacchetti, e quant’altro. Sirius comparve poco dopo di lui e fissò il luogo
sempre con la sorpresa sul volto.
“Bene, direi che
possiamo cominciare” sentenziò Piton.
Carichi di
scatole di legno e sacchi vari i due attraversarono il portale a ritroso. Erano
rimasti lì dentro per almeno cinque o sei ore. I vestiti di Sirius puzzavano
terribilmente di ingredienti vari per le pozioni che avevano preparato.
“Credo di avere
fatto bollire alambicchi abbastanza per tutto il resto della mia vita” disse
mentre respirava l’aria fresca fuori dalla stanzetta magicamente nascosta.
Piton sogghignò e poggiò le scatole sulla scrivania di fronte a lui.
“C’è chi è
portato e chi no…” agitò la bacchetta verso il camino. Il fuoco si spense e il
portale si chiuse del tutto. Stava per caricarsi nuovamente delle scatole di
pozioni, quando si fermò e fissò un punto ben preciso fra le ombre notturne. La
sua voce uscì gracchiante, come una cornacchia.
“Che piacere
vederti Lucius” Sirius Black quasi lasciò cadere quello che aveva in mano,
poggiò la roba varia e puntò lo sguardo nella stessa direzione di Piton. Alcuni
passi ben definiti fecero spuntare la figura di Lucius Malfoy dalle ombre.
Sguardo sorridente, fissò i due e prese a parlare.
“Severus, Sirius
Black. La feccia del crimine qui radunata, curioso non trovi?”
“Parla per te,
Malfoy. Io so di essere innocente, non mi importa sapere nient’altro” disse
freddo Black.
“Eh già, anche
Giovanna D’arco la pensava così, ma poi sappiamo tutti come è andata” pungente
e sibillino rispose Malfoy mentre si avvicinava a Piton.
“Allora Severus,
sempre a sfogliare nei ricordi, eh? Pensavo fossi morto ad Hogwarts, ma sei uno
dalle mille risorse. Dovevo immaginarlo”
“Dimmi che cosa
vuoi Lucius” disse senza neanche badare alla frase dell’uomo che rovistava
senza interesse fra le pozioni nelle scatole.
“Bhè, pensavo
che, dopo tutto quello che è successo, fossi un tantino più comprensivo. Dovrei
ucciderti sul posto per tradimento a Voldemort, lo sai questo vero?” un
silenzio carico di tensione calò sui tre “Ma non lo farò. Dopotutto Voldemort è
scomparso, forse per sempre, perciò tu non hai tradito più nessuno, tranne che
la mia fiducia e la nostra promessa” Sirius pensò che quell’uomo non poteva
avere la fiducia di neanche un mucchio di letame.
“Ti propongo un
accordo. Abbandona questi pezzenti ed unisciti a me, il nuovo Signore Oscuro.
Non tradire la fiducia del futuro padrone del mondo, e ricordati della promessa
che ci facemmo. Allora che ne dici?” ancora silenzio. Sirius guardava
febbrilmente Piton, fermo con gli occhi vitrei che fissavano il sorriso arcigno
di Lucius Malfoy. Una goccia di sudore gli scese lungo il volto. Piton poteva
tradirli? Non ci aveva pensato più da quando aveva collaborato con il
ministero, ma ora…
Spostò lo
sguardo su Malfoy, ancora in attesa di una risposta dallo zombie davanti a lui.
Era sicuro di se, e la sua espressione non lo smentiva. Piton sbatté le
palpebre e guardò negli occhi l’uomo di fronte e se.
“Sparisci tu, il
Signore Oscuro e la tua pidocchiosa fiducia. Non me ne faccio nulla della
fiducia di un uomo del genere” il ghigno vittorioso di Lucius si trasformò
presto in uno sguardo bieco e odioso.
“E così hai
scelto. Mi hai deluso, Severus. La nostra promessa reciproca era a vita” Piton
afferrò il materiale sul tavolo e raggiunse Sirius dietro di lui.
“Hai detto bene,
Lucius. A vita, e nel mio caso sono libero dalla promessa da almeno tre anni.
Addio” con uno sguardo disse a Sirius di prendere la roba e andarsene. Subito
lo seguì, e lo seguì anche la voce di Malfoy.
“Infine te ne
pentirai! Sarò io a vincere, sarò io a comandare tutto! Ti inchinerai a me un
giorno, e quel giorno io gioirò nel vederti strisciare! Ricordatelo Severus, è
una promessa!” i due carichi di pozioni scesero le scale ed ignorarono le
minacce dell’uomo.
Ora Sirius era
sicuro di avere Piton dalla loro parte.
*****
Si diedero un ultimo bacio davanti alla porta di casa. Era
da tanto che non uscivano insieme. Ginny si stacco dalle sue labbra, tenendo
però sempre le braccia attorno al suo collo.
“Allora… ragazzo
misterioso. Vuoi venire dentro a bere qualcosa, o preferisci salutarmi qui?”
Draco sorrise e decise di stare al gioco d’amore appena iniziato.
“Non saprei… se
i tuoi genitori sono in casa? Potrebbero scoprirci…” la baciò ancora con più
trasporto.
“No, non credo.
A quest’ora staranno dormendo, e poi sono maggiorenne ormai…” Draco fece finta
di essere sorpreso dalla risposta.
“Maggiorenne? Ma
allora hai compiuto gli anni da poco…” allungò le braccia attorno al suo corpo
e lasciò scivolare una catenina dorata attorno al collo della ragazza. “Bisogna
farti un regalo, no?”
Lei rimase di
stucco e guardò il pendente che penzolava dalla catenina. Una pietra preziosa,
un rubino forse, non era espertissima. Intagliato con la magia per sembrare un
piccolo sole splendente.
“Per la mia
principessa, bella come il sole. Splendente come la più luminosa delle stelle
in cielo. Buon compleanno Ginny” lei era senza parole, quindi fece l’unica cosa
che era in grado di fare. Lo baciò. Lo baciò intensamente, le loro lingue
saettavano fra le loro bocche per scoprirsi, assaporarsi. Lei gli passo le mani
dietro la nuca per avvicinare di più quella bocca alla sua. Poi, senza fiato,
sciolsero quell’intensa unione. Draco ansimava dalla forza di quel bacio.
“Caspita…
ricordami di regalarti il sole stesso il prossimo anno…” lei sorrise, forse
aveva un po’ esagerato. Abbracciati ed innamorati si appoggiarono l’uno contro
all’altro ed entrarono in casa. Draco non fece in tempo a poggiare la chiave
sulla toppa, che questa si cigolò aprendosi da sola. Era stata forzata.
“Oh mio Dio…Eve”
biascicò Ginny. Draco si incupì in volto e si fece avanti.
“Ginny, tu
aspetta qui, non entrare” spalancò la porta ed uno spettacolo orribile gli si
presentò di fronte. Tutti e cinque i battlemage di guardia alla loro casa erano
sparsi, questo era il termine più adatto, nel salotto. La testa sanguinante di
uno lo guardava con gli occhi spalancati e la bocca paralizzata in un urlo
silenzioso. Draco deglutì davanti a quello spettacolo.
Dio ti prego no. Non ora. Non
Eve…
Camminò piano
nel salotto e raggiunse le scale che portavano al piano di sopra. Un vagito di
neonato. Sentirlo fu come un colpo al cuore. Incapace di comprendere cosa
stesse accadendo corse su per le scale facendo tre gradini alla volta e
raggiunse la camera da letto. La luce era accesa. Sentiva una voce famigliare.
“Ma che bella
bambina. Ciao, io sono il nonno” Lucius si girò verso l’entrata della stanza
dove suo figlio lo guardava con odio. Non aveva mai visto Draco così. Per un
momento gli fece paura. Ma solo per un momento.
“Ben arrivato
figliolo. Stavo facendo conoscenza con mia nipote. Vero piccolina?” disse
mentre scuoteva il naso sul suo visino piangente. Draco estrasse la bacchetta e
fece un passo in avanti.
“Ah! Fermo lì!
Non vorrei che mi scivolasse fuori dalle finestra… Skanax, tienilo buono per
piacere” il vampiro silenzioso ed invisibile, spuntò da un ombra e si mise di
fronte a Draco. Era la prima volta che vedeva il vampiro da vicino. Le lenti
nere non gli permettevano di vedere i suoi famosi occhi bianchi. Ginny spuntò
di corsa sulla porta.
“Eve! O mio Dio…
è lui! Draco…” era spaventata a morte. Mille pensieri le passarono per le
mente.
“Molto bene, ora
ci siamo tutti. Skanax, procedi” con uno scatto il vampiro disarmò Draco e gli
fracassò una spalla con un colpo secco. Le urla di Draco si levarono forti,
mentre veniva sbattuto di peso sul letto, tenuto stretto dal vampiro. Lucius
rimise Eve nella sua culla e si avvicinò al figlio.
“Draco, Draco,
Draco. Che hai combinato…” prese dalla cintura un piccolo sacco di tela e ne
rovesciò il contenuto a terra, sopra un pentacolo rosso che prima non aveva
notato. Il cadavere di Harry Potter si accasciò sopra il cerchio magico
“Trafugare la salma del celebre Harry Potter. Disdicevole per uno come te. Con
la tua fragile reputazione. Cercare di animarlo per conto dei mangiamorte, poi
è il colmo” Skanax strappò la manica del vestito di Draco, e Lucius si gli
puntò contro la bacchetta. Con uno schiocco verde e numerose scintille, un
tatuaggio verde comparve sul braccio di Draco. Il simbolo di riconoscimento dei
mangiamorte. Ginny sulla porta sussultò mentre Lucius Malfoy completava l’opera
lasciando accanto al cadavere un libro nero intitolato Tomo della morte e
del ritorno maledetto.
Draco stringeva
i denti per il dolore al braccio. Lucius continuò il suo racconto.
“Sai, Draco, eri
così intento al tuo lavoro che non ti sei accorto che tua moglie stava
entrando. Lei ti ha scoperto, tu hai cercato di spiegare, ma niente. C’era solo
una cosa da fare. Eliminarla” in un attimo afferrò la bacchetta di Draco ancora
a terra e la puntò verso Ginny.
“Questa
volta è davvero la fine stupida ragazzina, ti sei salvata già troppe volte, Avada
Kedavra!” la scia verde scaturita dalla bacchetta colpì Ginny in pieno,
scaraventandola contro il muro in corridoio. Con gli occhi spalancati crollò a
terra violentemente.
Tu-tum, tu-tum…. A chi diceva che non c’erano più
bastardate, eccovi accontentati. Non mi odiate però!!!!!! Vediamo di fare un
po’ di ringraziamenti: Giada, grazie grazie. Draco versione paparino però mi
lasci un po’ in dubbio, a te no?; Mony, il nome come vedi l’ho già deciso,
quelli citati nel capitolo scorso erano i nomi delle recensionist. Un modo per
dire grazie!; Keijei, che vuoi, presa dal parto non ha notato molto chi aveva
davanti… io non proverò mai, ma credo non sia molto piacevole sul momento….J;
Giuggy, se odi Lucius ti sarà piaciuto questo capitolo….eheheheh. No problem,
Draco è grossissimo! Se fosse vero….; Maichy, addirittura piangere! Ehi, non ti
scogliere in lacrime, è solo la fic di un povero pazzo! Cmq sono contento di
saper trasmettere certe emozioni….J; Ale chan,
grrrrrrazie! New recensionist! Vedi di non scannare la povera Giada però…;
Kiak, merci ma petit cherie (ma l’avrò scritto bene?), ma qui piangono tutte!
Non piangente sennò piango anch’io….Sigh….(hai visto che è una femmina?J);
Eli e Kia, forse voi ragassuole non siete così, ma quelle che conosco io sì!!!
Eheheheh, scherzo (Anna non uccidermi!). Scusate ma Buffy è Buffy! Non posso
registrarlo: Tv e Computer sono la stessa cosa…J; Ice, non cadere in
depressione, tanto ho già pronto il seguitoJJJJJJJJ;
Ci, sì lo so sono bastardo. Dopo questo capitolo anche di più mi sa. Cmq mi sa
che se vuoi una fic con harry scritta da me dovrai aspettare la fine di questa.
Non voglio scriverne due contemporaneamente. Devo anche vivere! J;
Mikisainkeiko, Eve, come la prima donna
che ha camminato sulla terra. Altrimenti Adamo….. somatizza!J; Sunny, come
ho già detto, visione del parto dall’universo maschile. Poi mi saprete dire
voi… fra qualche anno…(ehehehehehJ); Mikan, bastardaggine?, nel capitolo scorso?
E allora questo cos’è? Tranquilla, il peggio deve ancora arrivare!J; Gius e Angi,
navigate di frodo a scuola???? Anch’io a volte…. È comodo e gratis!!!!!!!!!
NOTIZIE
IMPORTANTI!!!!!!!!
1)IL
CONCORSO PROSEGUE, SCRIVETE NUMEROSI A “CHI CAVOLO E’ L’OMBRA!?!?!?” (La classifica
qui sotto)
2)Leggete la Fic
“Senza Trama”!!!! Parodia di “Senza Tregua”. L’ha scritta Sorti, un mio amico
(ma ancora non per molto….).
Classifica provvisoria
Voldemort5
Codaliscia4
Lo spettro di Harry3
Presidente del consiglio-5
Presidente del milan-5
Ex ministro degli esteri-5
Presidente mediaset-5
Puffo forzuto2/3
I Jalisse-2X
L’entropia dell’universo2001
odissea…
La mia prof d’italianosette
e mezzo
C’è uno straordinario pareggio a –5 fra ben quattro persone,
che sfida elettrizzante!!!!
A parte gli scherzi, i risultati sono solo i primi tre.
Continuate a scrivere!!!!!!!
Il corpo di Ginny cadde pesantemente sul pavimento
Il corpo di
Ginny cadde pesantemente sul pavimento. Il grido disperato di Draco coprì il
pianto della bambina nella culla.
“Noooooooo!” si
agitò sotto il peso di Skanax, ma era troppo debole e ferito per potersi
muovere. Lucius Malfoy, che aveva ancora la bacchetta puntata verso la porta,
si mosse verso suo figlio. Draco aveva il volto rigato dalle lacrime, ma
nemmeno se ne rendeva conto. L’ira che provava in quel momento era al massimo e
non lasciava spazio ad altri sentimenti. Ed era concentrata in pieno su suo
padre.
“Vaffanculo
bastardo! Ti spaccherò la testa in due, stronzo! E tu lasciami, sanguisuga di
merda!” Skanax strinse la presa e Draco quasi si immobilizzò. Lucius infilò la
bacchetta nel fodero della cintura del figlio.
“Me ne
dispiaccio, figliolo. Ma era necessario per attuare il mio piano, lei era
l’ultimo ingrediente…” detto ciò sfoderò la sua bacchetta e la puntò verso il
figlio “Vedi, l’incantesimo che ti lancerò è un incantesimo di sfiducia. Una
volta colpito chiunque stenterà a crederti e ti vedrà come un nemico.
L’ingrediente finale era la morte di chi si fida più di tutti di te” Lucius
fissò il cadavere in corridoio “Ed è toccato a lei. Spero che ti divertirai a
scappare e lottare contro chi credevi amici per il resto della tua vita”.
Lucius Malfoy prese ad agitare convulsamente la bacchetta
e a pronunciare una serie veloce di formule magiche. Draco lo fissava ancora.
Il suo unico pensiero era di allontanare quella testa bionda dal corpo a cui
era attaccata. Neanche pensava alle conseguenze dell’incantesimo di cui presto
sarebbe stato bersaglio. In un climax crescente la voce di Lucius aumentò di
intensità, fino a raggiungere l’urlo vero e proprio. All’interno della stanza
un forte vento si era alzato e stava facendo volare ovunque tende, vestiti e
quant’altro. Con gesto solenne Lucius placò tutto quel vento e indicò il figlio
con la bacchetta, che ora era rossa e pulsava come un cuore.
“Defides
Extremus!” la bolla rossa ancora pulsante colpì al petto Draco e si
frantumò in centinaia di piccole luci che gli penetrarono nel corpo. Il ragazzo
trasse un profondo respiro come se gli mancasse l’aria, poi la sua respirazione
tornò normale.
“Fatto. Il
lavoro è terminato. Dimenticavo, credo che prenderò con me la mia nipotina.
Crescerà sotto la mia ala protettiva. La farò diventare forte vedrai” si
avvicinò alla culla e prese in braccio la piccola Eve. Lei, ancora piangente,
si agitava disperata.
“Su, su amore
del nonno. Non piangere. Non è degno per una Malfoy frignare così. Avanti sme…”
le parole di Lucius si interruppero quando una voce cavernosa e demoniaca
sovrastò i rumori e i suoni di quella stanza.
“LASCIA…STARE…LA
MIA…BAMBINA…” Malfoy, con in mano Eve, si voltò in direzione di quella voce.
Ginny Weasley levitava a mezz’aria. I suoi occhi da rettile, monocromatici,
verdi come lo smeraldo puntavano il mago oscuro. Le braccia erano leggermente
aperte, come in preghiera, e i capelli rossi fluttuavano nell’aria come immersi
in acqua. Avanzò, sempre levitando, fino al letto. Lentamente puntò lo sguardo
verso Skanax, che la fissava allibito. Possibile che fosse ancora viva? No, era
impossibile. Non fece in tempo a pensarci che un’onda d’urto potentissima lo
sbalzò contro la parete che si frantumò facendo precipitare il vampiro nel
giardino attorno alla casa. Draco era senza parole. Non sapeva cosa pensare o
cosa fare. Cosa stava succedendo? Perché Ginny era viva e cosa le era successo?
La ragazza buttò
lo sguardo su Malfoy, e lui lasciò la bambina che atterrò placidamente nella
culla. Lucius era spaventato. Il suo piano non stava funzionando. Stava andando
tutto a rotoli. Decise che era meglio tagliare la corda finché era in tempo. Ma
Ginny sembrò leggergli nel pensiero. Con uno scatto gli fu di fronte e lo
afferrò per la gola sollevandolo da terra.
“IO E
TE…DOBBIAMO DISCUTERE…”disse con quella voce proveniente degli inferi. Lucius
cercava inutilmente di liberarsi dalla stretta per respirare, ma Ginny lo
scaraventò fuori dalla finestra con forza. Draco, che si era alzato tenendosi
la spalla dolorante, non lo vide atterrare vicino.
“Ginny…cosa è
successo…?” ansimava mentre poneva questa domanda. La ragazza si girò verso il
biondo e lo fissò con lo stesso sguardo riservato agli altri due.
“LASCIA…STARE…LA
MIA…BAMBINA…” un'altra onda d’urto sbalzò un incredulo Draco fuori dalla
finestra. Atterro rovinosamente sul prato e mancò di poco il grosso albero lì
vicino. Steso di schiena si rialzò con il solo braccio funzionante,
appoggiandosi all’albero. Non fece in tempo a prendere fiato che Skanax gli
saltò addosso. Schivò il suo balzo e mise qualche metro fra lui ed il vampiro.
Skanax sogghignava e lo fissava da sopra gli occhiali. Passò la lingua sul suo
labbro sanguinante con aria di sfida. Draco, ansante, si mise in posizione
difensiva. Lo avrebbe eliminato una volta per tutte, in qualche modo. Doveva
solo ricordarsi come si eliminano i vampiri. Paletto nel cuore…non sapeva dove
prenderlo un paletto, dargli fuoco…avrebbe evitato le fiamme facilmente,
tagliargli la testa… ecco un buon piano. Afferrò il chackram con la mano
sinistra e lo fece roteare attorno alle dita, con aria minacciosa. Skanax capì
immediatamente le sue intenzioni e si preparò a schivare il colpo.
In quel momento
Draco pensò ad un piano migliore, non avrebbe fallito. Lanciò con forza il
chackram, ma non verso il vampiro, bensì verso l’albero accanto a lui. Il disco
tagliente rimbalzò e si diresse verso la gola del mostro succhia sangue. Seppur
sorpreso dal gesto, con un minimo sforzo fece un passo indietro e schivò la
lama rotante.
“Patetico” disse
con aria di sfida, ma solo in quel momento capì il vero piano del ragazzo.
Mentre il chackram volava e rimbalzava distraendo il vampiro, Draco corse in
avanti, bacchetta in pugno. Aspettò il momento propizio e piantò la sua
bacchetta nel petto di Skanax. Quest’ultimo spalancò gli occhi bianchi. Gli
occhiali scuri gli caddero dal naso, rivelando la sua faccia terrorizzata.
Draco digrignò i denti mentre spingeva in profondità la verga magica.
“Undici pollici,
anima di scarabeo di fuoco. Legno di frassino, figlio di puttana” le
vesti del vampiro si svuotarono e il suo corpo si ridusse in polvere,
spargendosi a terra. Uno in meno sulla lista dei “cattivi”.
Si sollevò da
terra. Durante il colpo finale era caduto pesantemente al suolo. In quel
momento vide Ginny levitare a mezz’aria in giardino. Aveva in mano la piccola
Eve e viaggiava sicura verso il prato buio. La bambina dormiva beatamente
mentre la sua mamma le accarezzava dolcemente la testa. I suoi brillanti occhi
verdi, simili a quelli di un serpente, fissavano Eve con espressione dolce.
Draco ansimò e bestemmiò per il dolore alla spalla e alla gamba. Si era storto
la caviglia con il volo fuori dalla finestra, e solo ora sentiva il l’arto
dolergli. Corse zoppicando verso Ginny, cercando di raggiungerla. Non poteva
abbandonarla. Qualcosa la stava usando. Non l’avrebbe permesso.
“Ginny,
amore….fermati…guardami….sono io, Draco” ripeteva incessantemente il giovane
dietro di lei, ma non dava segno di averlo sentito. Oppure faceva finta di
nulla. Ginny si fermò e Draco, finalmente le fu accanto.
“Ginny, che
succede?….Che hai?” ma ancora non ottenne risposta. L’attenzione della ragazza
era focalizzata su Lucius Malfoy che, a stento, si reggeva in piedi dopo il
volo fatto. Rise. Rise come un pazzo nel vederli entrambi lì davanti a lui.
Ormai aveva fatto trenta. Poteva fare anche trentuno.
“Non so come ti
abbia potuto resistere al Avada Kedavra, ma ora mi hai stancato. E’ troppo, ti
farò pentire di non essere morta prima, stupida ragazza. E tu, Draco, subirai
lo stesso destino!” prese la bacchetta e tracciò un cerchio grande come lui
davanti a se. Una sottile linea rosso fuoco prese a seguire quella traccia
immaginaria appena fatta da Lucius. Cominciò a recitare una formula, quasi
urlandola.
“Signore
dell’Abisso! Figlio del caos dell’universo! Fratello dell’odio! Padre del
dolore di noi mortali! Accetta in dono la mia anima e la vita di chi non ti
elogia! Strappami queste spoglie mortali, come promesso, e rendimi eterno al
tuo fianco! Rendimi partecipe dell’Apocalisse che un giorno distruggerà questo
mondo! Fammi ottenere la vendetta sui miei nemici, ti offro la mia anima in
cambio. Prendila e fammi partecipe delle tue schiere di demoni!” il cerchio
rosso si allargò fino a raddoppiare le sue dimensioni. Il cielo nero coprì le
sue stelle con spesse nubi scure, illuminate a tratti dai fulmini, che presto
presero a scendere sconquassanti sulla terra intorno ai tre. I tuoni coprivano
qualsiasi suono e il forte vento che si era alzato spingeva via Draco dalla sua
salda posizione. Si stese a terra per non essere spazzato via dal turbine.
Ginny era imperturbabile. Carezzava ancora la testolina di Eve dormiente, anche
se lo sguardo che aveva ora era sprezzante davanti a quella manifestazione di
pura magia. Sembrava che il mondo stesse per finire, quando dal portale davanti
a Malfoy, perché è di questo che si trattava, cominciò ad uscire un denso fumo,
rosso come il sangue. Alte fiamme spuntarono come se eruttate ed invasero
l’area circostante. Il fumo avvolse Lucius che spalancò gli occhi, impaurito da
quanto aveva appena fatto, ma eccitato all’idea di quanto sarebbe accaduto. Si
sentì uno strappo. La pelle di Malfoy stava venendo strappata dal fumo mortale
che lo avvolgeva. Lui gridò dal dolore, ma l’opera continuò. Lembo per lembo la
pelle venne tolta completamente dal suo corpo. Il resto del suo corpo si
sciolse in una pozza di sangue denso e nero sotto gli occhi schifati di Draco.
Suo padre aveva venduto l’anima ad un demone pur di vincere la sua guerra. Era
pazzo. Completamente pazzo. Ma ormai non era più lui.
Il sangue nero
si levò e si contorse in aria come un tentacolo minaccioso, poi prese forma e
divenne solido. Un enorme serpente lungo più di quindici metri fissava i due
ragazzi. La sua pelle lucida e nera rifletteva le fiamme che li circondavano.
Sibilò in direzione di Ginny e prese a parlare con voce stridula.
“Mortali…sciocchi
esseri mortali…sarete il mio primo sacrificio…sarete il mio battesimo con il
Signore dell’Abisso! Sarò il nuovo terrore di questo mondo…il nuovo Signore
Oscuro!” sibilò ancora e alzò la testa, pronto ad attaccare. Ginny
sorrideva come se nulla fosse, mentre l’enorme serpente prese ad oscillare
minaccioso e a scuotere la coda. Draco sapeva cosa sarebbe accaduto. Non poteva
perdere la sua famiglia. Si parò davanti a Ginny appena in tempo per
proteggerla dal morso della bestia. Lanciò un grido di dolore. La sua schiena
fu bucata dalle file di denti aguzzi del demone. Strinse gli occhi rigati di
lacrime di sofferenza. Li aprì piano e guardo Ginny, davanti a lui. Lo sguardo
spavaldo e gli occhi verdi la rendevano inquietante, ma non per lui. Lei era
Ginny.
“Ginny…ti
prego…scappa, va via…porta via Eve…ti prego…” Draco era senza forza. La vita lo
stava abbandonando. Ginny sorrise davanti a quello spettacolo. Il serpente
ritirò le fauci spalancate. Draco cadde in ginocchio davanti a lei, dando
sempre le spalle al demone. Ansimava, il sangue caldo gli colava lungo le
braccia e gli copriva completamente la testa.
“Vai…via…scappa
via…amore, ti prego…via…” ebbe un conato di vomito. Sputò sangue ai suoi piedi.
Poggiò le mani a terra. Era questa la morte? Quel senso di lontananza da tutto?
La vista si stava offuscando. Il sangue gli copriva gli occhi. Lacrime e
sangue. Un unione di dolore e di morte.
“D-Draco…” come
un sussurrò udì quella voce. Alzò d’istinto la testa. Era Ginny. Non quella di
prima. La sua Ginny gli aveva parlato. Il suo aspetto era sempre lo stesso, ma
ora i suoi occhi trasmettevano altre emozioni. Lo guardava con quegli enormi
occhi smeraldo. Tristi. Affranti. Una lacrima scese dai quegli occhi. Cadde sul
terreno caldo, sporco di sangue. La lacrima della salvezza.
*****
Ron e Lupin
comparvero con uno sonoro schiocco seguiti subito da un’altra ventina di
battlemage pronti allo scontro. Da quella piccola collinetta si poteva vedere
tutto la zona circostante. E quello che vide Lupin non fu per niente piacevole.
“Mio Dio… Che
cos’è?” chiese fissando l’enorme mostro strisciante illuminato dalle fiamme che
lo circondarono. Ron era sconvolto dallo spettacolo. Non aveva mai visto
qualcosa di più mostruoso. Remus afferrò la piccola sfera che teneva in tasca e
la portò alla bocca.
“Una squadra di
evocatori, è un emergenza. Presto” ordinò senza distogliere lo sguardo da
quello spettacolo.
“Quella lì vicino è la casa di Draco e Ginny… oh Cristo!
Lucius Malfoy!” gridò Ron colpito da una folgorazione.
“Presto, dieci
di voi raggiungano la casa del soldato Malfoy e facciano rapporto al più
presto. Gli altri dieci con me e Weasley. Dobbiamo avvicinarci il più possibile
a quel serpente troppo cresciuto” con un cenno del capo i battlemage eseguirono
gli ordini e si misero in marcia. Uno schiocco come di frusta avvertì i
presenti dell’arrivo degli evocatori. Ron sorrise. Tanto se lo sarebbe dovuto
immaginare. Hermione ed altri due uomini erano appena apparsi dove poco prima
era comparso lui assieme a Lupin.
“Allora Remus,
che cos… oh santo Dio! Granger, analisi magimetrica. Dimmi che cos’è quel
mostro” disse freddamente l’uomo a capo del gruppetto. Hermione estrasse, con
fare sicuro, una lente e se la posò davanti all’occhio destro. Fluttuava a
mezz’aria e si illuminava come le luci giroscopiche delle discoteche. Gli occhi
di Hermione si spalancarono.
“E’…è un demone
dei piani inferiori. Evocazione sacrificale di altissimo livello. Chiunque
l’abbia compiuta o è pazzo, o è potentissimo. Oppure tutte e due. Non ho mai
visto nulla del genere…”
“Non sei
l’unica, Granger. Ci troviamo di fronte a qualcosa di mostruoso. Remus, bisogna
agire subito. Avviciniamoci il più possibile, da lì potremmo vedere con più
calma la situazione” Lupin annuì e con un cenno ordinò a tutta la squadra di
seguirlo.
Attraversarono
il parco fitto di alberi. L’odore fresco dell’estate era in contrasto con
quello spettacolo infernale. Il cielo era senza stelle. Quando furono ad una
ventina di metri dall’obbiettivo si fermarono e osservarono la scena. Non fu
nulla di piacevole. Draco Malfoy era inginocchiato a terra. Si sosteneva
puntando a terra le mani sanguinanti, come tutto il resto del corpo. Davanti a
lui, Ginny. Ma non era la Ginny che Ron, Hermione e Lupin conoscevano. Era
diversa. Levitava a trenta centimetri dal suolo, e, da come si muovevano le sue
vesti e i suoi capelli, sembrava stesse galleggiando in una piscina. Solo Ron
notò i suoi occhi. Verdi. Verdi come lo smeraldo e crudeli come quelli
dell’enorme serpente che li sovrastava. Hermione non perse tempo e continuò
l’analisi con la lente utilizzata precedentemente. L’ambiente era bollente. Un
caldo infernale faceva sudare come se fosse piena estate.
“Si è evoluto da
un essere umano… deve essere successo poco tempo fa… minuti, probabilmente…” le
parole di Hermione non fecero altro che aumentare la tensione fra le file dei
battlemage.
“Un momento…
aspettate solo un momento…” continuò la ragazza “Ginny…Ginny è posseduta! C’è
uno spirito evocato che la controlla!” il superiore di Hermione prese la sua
lente e se la passò sull’occhio.
“Cosa?
Andiamo…sei ancora inesperta, non può essere…” le fiamme crepitanti intorno a
loro violarono il silenzio che era caduto “N-non è possibile… è un ospite…” Ron
si avvicinò all’uomo e lo prese per il colletto.
“Che cos’è?
Spiegati!” gridò troppo teso per usare le buone maniere.
“E’ un ospite…
il suo corpo è stato preparato a ricevere lo spirito… la ragazza è lo strumento
di uno spirito… è un caso rarissimo…” Ron era fuori di se.
“Non me ne frega
nulla che sia raro o meno, dimmi come aiutarla!” l’uomo tentennò non sapendo
come rispondere. Lupin si avvicinò per dividere i due. Una voce sibilante
impregnò l’aria calda.
“Draco…Draco…Smettila
di resistere…lasciati uccidere…sacrificati per tuo padre…per il Signore Oscuro…”
le narici del mostro si aprirono per aspirare l’aria e sbuffarla fuori subito
dopo “Ahh…abbiamo ospiti, mi pare…” e girò la grossa testa verso gli
alberi dove stavano nascosti Lupin e gli altri “Sarà un sacrificio
grandioso…Lode a te, Signore dell’Abisso!”
Con uno scatto
rapido strisciò in direzione dei nuovi arrivati. Spalancò la bocca pronto a
divorarli. Ron era paralizzato con le mani ancora strette attorno al vestito
del suo superiore. Anche l’uomo non era da meno. Lupin, pur avendo il cuore in
gola, sapeva di doversi muovere da lì al più presto. Ma il solo sapere non
bastava. La paura aveva colpito anche il suo cuore di lupo. Le fauci raggiunsero
il trio. Hermione urlò. Non fu l’unica.
“Fermo! Murus
Permaneo!” il muso del demone si schiantò contro una parete invisibile. Ron
riuscì a vedere la gola del mostro, spalancata. I succhi gastrici risalivano
l’esofago per spargersi lungo tutta la lingua biforcuta. Lentamente ritirò la
bocca, e Ron vide anche i suoi occhi. Ira. Allo stato puro. Si voltò a guardare
Ginny che aveva fermato il mostro con quell’incantesimo. In condizioni normali
nessuno si sarebbe sorpreso. Ma Ginny non era in grado di lanciare
quell’incantesimo, in condizioni normali. Era magia di alto livello. Forse solo
Silente avrebbe potuto tentare di lanciarlo con buoni risultati di successo.
Solo lui e Voldemort. La ragazza accarezzò la testa della piccola Eve, ancora
dormiente. Sembrava che tutto quel trambusto non la sfiorasse minimamente. La
cullò con un braccio, tenendo l’altro libero di agire. Il demone sibilò tutta
la sua rabbia.
“Sciocca
ragazzina…ancora, ancora intralci i miei piani…ti detesto…” con un grido
acuto si lanciò verso Ginny. Hermione la vide sorridere a labbra strette,
sprezzante del pericolo. Il serpente azzannò il vuoto. Ginny era scomparsa per
riapparire alle sue spalle. Con grande sorpresa di tutti i presenti.
“Sei lento,
Lucius” disse la ragazza dalla chioma infuocata. Quei capelli così rossi
sembravano proprio delle fiamme “Se vuoi ti faccio vedere qualcosa di veloce”
schioccò le dita in direzione degli alberi. Tre si sradicarono e si lanciarono,
volando, addosso al demone. Lui ruggì con rabbia e distrusse tutti i tronchi
con il suo morso micidiale e la sua coda.
“Questo non è
molto veloce, ragazzina…” si pentì subito di quella frase. Vide solo in
quel momento che, mentre era impegnato a distruggere quegli alberi, Ginny aveva
creato con la magia una serie di bolle verdi grosse come palloni da calcio.
Saranno state almeno una quarantina. Cinquanta forse. Lei sorrise ancora
spavalda.
“Ma davvero?
Chissà quante di queste riuscirai a schivare… ti lascio indovinare di che
incantesimo si tratta. Avada Kedavra!” gridò alzando l’unico braccio
libero al cielo. Le sfere partirono simultaneamente puntando contro il mostro.
La velocità a cui viaggiavano era impressionante. Più che viaggiare, volavano
come delle vespe in cerca del polline. E quel mostro era il fiore. Lucius Malfoy
era nei guai. Non sapeva a cosa poteva resistere il suo nuovo corpo, ma
sicuramente era meglio evitare di prendersi in fronte tutte quelle maledizioni
mortali. Si preparò a schivare e a parare gli attacchi. Poi il suo sguardo si
posò sul figlio, accasciato a terra. Svenuto, forse morto. Che importava? Era
un ottimo ostaggio per fermare quella ragazzina. Afferrò Draco con la coda. Le
spire del mostro si avvolsero attorno al suo corpo ferito. Draco si lamentò per
il dolore. Era vivo. Meglio così. Se lo portò davanti al muso appuntito e lo
dondolò davanti agli occhi della ragazza.
“Io fermerei
tutto…potrebbe farsi male…” Ginny smise di ridere. Abbassò il braccio e le
sfere scomparvero in tante nuvole di vapore verde. Squadrò il demone con
sguardo freddo. Quegli occhi da rettile la aiutavano a trasmettere l’odio che
provava in quel momento. Non sapeva che fare. Aveva Draco in ostaggio. Per un
momento, prima, non si era resa conto di avere di fronte il ragazzo. Lo aveva
sbattuto fuori dalla finestra assieme agli altri. Poi, le sue parole, l’avevano
fatta tornare in se. Ora sentiva quel potere scorrere nelle sue vene. Sentiva
quell’energia in grado di dare vita e morte. Ma non poteva più usarla. Che
fare? Era l’unica in grado di combattere contro il demone Malfoy, ma che fare?
Lascia fare a me Ginny…
Cos’era stato?
Una voce? Chi aveva parlato? Chi l’aveva chiamata?
Abbandonati…Non sei in gradi di
salvarlo da sola…Abbandonati a me…E’ l’unico modo…
Abbandonarsi? A
chi? Abbandonarsi a… all’istinto? Come aveva fatto prima? Era pericoloso.
Mortalmente pericoloso. Ma se voleva salvare Draco…
Ginny abbandonò
la testa che le cadde sul petto. I suoi capelli smisero di fluttuare.
Lentamente scese a terra e si accasciò, priva di sensi. Eve si stese al suo
fianco.Ron spalancò la bocca, ma non
ne uscì nulla. Solo Lupin fu abbastanza freddo da agire. Corse in mezzo al
campo di combattimento per recuperare la ragazza.
“No! Remus che
diavolo fai! Torna indietro!” Hermione gridava inutilmente. Remus stringeva i
denti e correva a più non posso. Sussurrava per darsi forza.
“La promessa…la
promessa…la promessa…manterrò la promessa!” raggiunse la ragazza. Il demone
ghignò.
“Remus
Lupin…il mio sacrificio sarà la mia vendetta…eccezionale…” lanciò il corpo
di Draco lontano, con la coda. Hermione lo fece scendere lentamente con un
incantesimo. Il demone sibilò e si buttò verso Lupin. Lui strinse i denti.
Avrebbe afferrato Ginny e lanciata lontano da lì. Una promessa è una promessa.
Si chinò per afferrarla, ma si trovò fra le braccia la piccola Eve. Sbadigliò
ed apri i suoi occhioni azzurri fissando l’uomo. Emise un vagito divertito.
Ginny era di nuovo in piedi, o meglio in aria. Il suo sguardo era
tornato quello iniziale. Allungò la mano verso il serpente. La strinse con
forza in un pugno, mentre sul suo volto compariva un ghigno soddisfatto. La
testa del demone esplose spargendo sangue e carne per almeno trenta metri. Il
suo corpo viscido cadde al suolo e si contorse negli ultimi spasmi di morte. La
voce cavernosa parlò per Ginny.
“AVADA KEDAVRA…SERPENTE
SCHIFOSO…” si girò verso Lupin, coperto di sangue di demone. Con il suo corpo
aveva protetto la bambina, che non pareva affatto preoccupata dalla situazione.
Anzi, rideva.
“MI PIACE…QUESTO
CORPO…NON MI SFRUTTA…MI MERITA…DILLE CHE ACCETTO…”Ginny sbatté le palpebre. Gli
occhi tornarono normali. Cadde al suolo svenuta. Remus ne aveva viste
abbastanza per tutta la sua vita.
*****
“Allora che cosa è successo?” Ron era impaziente. Aveva
ancora la sigaretta fra le labbra mentre poneva quella domanda a Lupin, che era
appena uscito dal laboratorio dell’ospedale. Hermione li raggiunse e lasciò
perdere la rivista che stava sfogliando. Remus prese un respiro profondo. Aveva
ancora la testa bagnata. Dopo essere stato coperto di cervello di demone si era
lavato in fretta e furia.
“Lucius Malfoy
ha cercato di incastrare Draco. Abbiamo trovato la salma di Harry, grazie a
Dio. Volevano solo usarla come prova per incastrarlo. Proseguendo, sembra che
Lucius Malfoy avesse fatto un qualche patto con un demone abissale, e che
avesse concluse il “contratto” proprio in quel momento” Hermione incrociò le
braccia sul petto.
“Ecco chi era,
Lucius Malfoy. Va avanti, ti prego”
“D’accordo.
Allora, Malfoy ha colpito Ginny con un Avada Kedavra, MA” e sottolineo il ma
per evitare interruzioni “non è rimasta uccisa. Sembra che la maledizione abbia
richiamato lo spirito che Hermione aveva visto”
“Uno spirito
evocato con un Avada Kedavra? Ma…è uno spirito della morte!” Hermione era
allibita. Una vena di preoccupazione si faceva strada nella sua voce.
“Della morte?
Che vuol dire?” Ron chiedeva spiegazioni. Non ne sapeva molto di spiriti ed
evocazioni. Lupin rispose.
“E’ uno dei più
potenti, Ron. E’ in grado di decidere la morte delle persone, se controllato.
E’ chiaro che Ginny non è riuscita a controllarlo, ma lo spirito l’ha comunque
aiutata alla fine. Lei si è fidata e lui ha eliminato il demone Malfoy” Ron
deglutì. Non era bello. Non era per niente bello quello che sentiva.
“Ora lo spirito
ha trovato casa in Ginny. Non la infastidirà finché uno shock di un qualche
tipo non lo risveglierà dal suo torpore. Prima di abbandonare il controllo di
Ginny mi ha detto che gli piace quel corpo e che accetta di viverci perché lei
lo merita. E’ un caso unico nella storia. E’ qualcosa di fenomenale,
inspiegabile da tutti i libri di evocazione fino ad ora scritti”.
Ron spense la
sigaretta nel posacenere lì accanto. Non gli piaceva tutta quella storia di
spiriti e demoni, ma almeno Ginny stava bene.
“E Draco come si
sente?” chiese premurosamente Hermione.
“Draco è stato
ferito gravemente. Ma se la caverà. E’ troppo testardo per morire quello” rise
Lupin mentre rispondeva alla ragazza preoccupata per la sorte del biondino.
Remus guardò l’ora.
“Bhè ragazzi, io
vado. Fra due giorni c’è la riunione speciale per Hogwarts. Vedete di esserci
tutti. Anche Draco, diteglielo appena lo vedete” i ragazzi annuirono e
salutarono Lupin che si smaterializzò con uno schiocco.
Rimasero solo
loro due. In quel corridoio di ospedale. Si sedettero entrambi. Distanti, però.
Lasciarono fra di loro una sedile libero. Ron si accese un’altra sigaretta e
aspirò il fumo pungente, facendolo uscire dalle narici. Non si parlavano da
quattro giorni. Il giorno della litigata in campagna. Nemmeno si ricordavano
perché era iniziata. Ah, sì. Hermione voleva fare l’evocatrice, Ron non voleva
per il suo bene, ma a lei non importava. Per lei Ron era geloso di Harry, ma
non voleva litigarci per questo. Tutti e due erano convinti che fosse meglio
fare la pace. Ma erano troppo orgogliosi per fare il primo passo.
Hermione afferrò
la sigaretta fra le labbra di Ron con un movimento rapido. Lui fu sorpreso dal
gesto.
“Avevi detto che
una non ti avrebbe fatto male. Non stai esagerando ora?” disse lei con quel suo
tipico tono che Ron aveva imparato bene a distinguere quando andavano a scuola.
Il tono “Dammi ascolto che io ne so più di te”.
“Ti dispiace
ridarmela?” chiese lui. Più che una richiesta sembrava essere un’imposizione
gentile. Lei negò con il capo e la spense nel portacenere.
“Questa roba ti
ammazza, Ron. Non fa bene alla salute” lui fece un risolino nervoso e senza
guardarlo rispose.
“E che ti
importa della mia salute. Preoccupati della salute tua, piuttosto”
“La mia salute?
Io sto benissimo, grazie. Sei tu che ti ammazzi con queste”
“Ah, io mi
ammazzo? Herm, correggimi se sbaglio. Eri o no in prima linea in mezzo al
pericolo ieri sera?” chiese lui con un velo di ironia nella voce.
“Che centra.
Sasha me l’ha chiesto ed io ho accettato. Non mi hanno imposto niente”
“Oh, adesso è Sasha,
non è più il signor Hook?”
“Oh Ron,
smettila di fare il geloso, fai solo pena”
“Io faccio pena?
E tu che vai ad elemosinare da Sasha i complimenti accettando tutto
quello che ti propone? Ti comporti ancora come una bambina…”
“Come ti
permetti” si era alzata in piedi e aveva le braccai sui fianchi “L’unico
bambino qua sei tu, caro Ron! Io faccio quello che voglio, e se Sash… insomma,
il signor Hook, mi chiede di andare in missione, io accetto, se voglio” Ron si
accese un'altra sigaretta. Non la guardava nemmeno. Fissava la finestra di
fronte a lui.
“Sì, certo.
Vacci anche a letto, se te lo chiede”
Hermione lo
colpì con uno schiaffo, girandogli la testa di lato e facendogli sbuffare fuori
il fumo che aveva appena aspirato.
“Sta diventando
un’abitudine…” disse con sufficienza Ron. Hermione era rossa dalla rabbia.
“Porto Eve da
tua madre. Se rimani, dillo a Ginny o Draco. Chissà se questo riesci a farlo
senza rovinare tutto. Idiota…” andò via lungo il corridoio. Senza guardarsi
indietro. Quello stupido di Ron. Lei voleva fare la pace, ma lui rovinava
sempre tutto. Al diavolo anche Sasha! Si ripromise di non pensarci perlomeno
fino a sera.
Ron
tirò l’ultimo respiro e spense la sigaretta. Schiacciò la cicca bene e sbuffo
l’ultima tirata. Quella stupida di Hermione. Lui voleva riappacificarsi con
lei, ma riusciva sempre a farlo arrabbiare per qualcosa. Anche quel Sasha. Gli
avrebbe parlato esplicitamente. Tanto perché non allungasse le mani. Aveva
visto come la guardava quando era girata. Se non fosse stato d’accordo, gli
avrebbe strappato gli occhi e ficcati nelle mutande. Sì, era una buona idea. Si
avvicinò alla finestra. Vide Hermione nel cortile con in braccio Eve. Vista
così poteva essere lei la mamma di quella bambina. E lui il papà. Chissà? Prese
il pacchetto dalla tasca e lo fissò un attimo. Prese la mira e tirò. Centrò il
cestino al primo colpo. Meglio smettere finché era in tempo.
Tutto bene eh? Dai non sono così bastardo….sé buona notte!
Facciamo un po’ di Grazie Grazie: Maichy, Non piangete che stanno tutti
bene. A parte Lucius che è un po’ sparso ovunque…; Ice, bello! arcigogolanta o trascendente! Che significa il
primo? Non sono così bastardo, dai…; Mikan, visto che stanno tutti bene?
Vabbè a parte l’innesto di spirito che ha Ginny, ma quanti hanno subito interventi
di peacemaker? E allora!…J; Keijei, che finezza quella di piton
eh? Mi è venuta così, non l’aveva neanche pensata. Dio che genio!J; Kiak,
grazie per l’esauriente recensione. Per ben 4 volte! Vabbè, la barzelletta è
orribile cmq uccidi tuo fratello ( a meno che non sia grosso e
cattivo….ehehehehJ); Kiak, grazie per l’esauriente recensione. Per ben 4 volte!
Vabbè, la barzelletta è orribile cmq uccidi tuo fratello ( a meno che non sia
grosso e cattivo….ehehehehJ); Kiak, grazie per l’esauriente
recensione. Per ben 4 volte! Vabbè, la barzelletta è orribile cmq uccidi tuo
fratello ( a meno che non sia grosso e cattivo….ehehehehJ); Kiak,
grazie per l’esauriente recensione. Per ben 4 volte! Vabbè, la barzelletta è
orribile cmq uccidi tuo fratello ( a meno che non sia grosso e
cattivo….ehehehehJ); Sunny, ah! L’arte del suspence! Questa tecnica bastarda come
poche! Ho avuto una buona maestra…ehehehJ; Ci, in effetti buffy è
l’emblema della sfiga! Che vuoi lei ammazza i vampiri… anche Draco lo fa…. Fico
eh?J;
Sorti, tranqui voti registrati! Muro sfondato e superato!J;
Enika, voto registrato, ma gradirei che mi scriveste per e-mail i vostri
voti, senno faccio un gran casino!! TYJ; Alechan,
niente maledizione. Se vuoi spacco uno specchi e ti spedisco i cocci per confermare!
7 anni di sfiga! Però il mio avvocato me ne fa avere solo 4. E’ un bravo
avvocato…; Anja, mmmh… stronzetto mi mancava…. Grazie! Voto registrato,
ma spedite per e-mail please!!!! Ringrazia da parte mia tutti i ragazzi inglesi
che continuano a seguire la fic di questo povero pazzo!!!!! ^____^; Eli e
Kia, avete appena recensito e io ho appena aggiornato! “Vermiciattolo” dopo
questo capitolo è il sostantivo più adatto, credo…. Che volete, il campo di
grano con due in mezzo…. Un sogno che si avvera…. Ehi, io dovrei essere uno dei
due però! (Kia quand’è che aggiorni???????)
La classifica un'altra volta, sennò non aggiorno più!!! Ore
23:48, Vado a studiare Montale!!!! (2 palle”)
Ok, ore 23:29, praticamente 23:30. Sono a casa dalle 17:34,
ma ho dormito fino a mezz’ora fa. Il riposo del guerriero. Gli americani
bombardano, “Vertigo” è appena finito su rete4 (bel film, cmq), mi sono perso
C.S.I. e quindi sono incazzato…. Doccia fatta. Boccia di Lambrusco a portata di
mano. Pronto per scrivere un nuovo capitolo. Preparatevi al peggio. Anche se
sarà difficile ora come ora… Buona lettura. Ore 23:31.
Sasha aspettava
appoggiato al muro vicino all’ingresso del ministero. Guardava nervosamente
l’orologio. Era in ritardo, ma non gli importava. Per quella ragazza avrebbe
aspettato anche l’apocalisse. Bhè, forse un po’ prima dell’apocalisse. Giusto
per salutarla prima di non vederla mai più. Sospirò sommessamente. Si guardava
le punte dei piedi. Forse aveva esagerato. Chiederle di uscire, così, dopo
neanche un mese che la conosceva. Forse si era spaventata. Ma di cosa, poi? Lui
voleva solo stare un po’ con lei. Gli piaceva quella ragazza. C’era, però, quel
ragazzo che le stava sempre appiccicato. Un battlemage di fanteria. Lo aveva
anche ridicolizzato facendolo sentire stupido davanti a lei, quattro giorni
prima. Ron Weasley era il suo nome, se non si sbagliava. Il fratello del
ministro in persona. Una bella grana se anche lui si era invaghito di Hermione.
Ma aveva dalla sua parte il fatto di lavorare nello stesso reparto, gli
evocatori. Questo gli avrebbe dato qualche punto su Ron.
Sospirò ancora. Decise di sedersi per leggere i giornali
che forniva il ministero. C’erano quotidiani e riviste di tutti i tipi. Anche
babbani, per tenersi aggiornati anche sul loro mondo. Aprì le prime pagine di
un quotidiano in bianco e nero. Ancora guerra fra i babbani. Le sezioni dei
battlemage degli U.S.A e dell’Italia si stavano preoccupando di fermare al più presto
quei maghi oscuri. Negli ultimi anni, infatti, molti maghi seguaci di
Voldemort, quindi che vorrebbero morti babbani e mezzosangue, erano saliti al
potere con mezzi più o meno leciti, ai governi di molti paesi del mondo. Anche
un paese potente come gli stati uniti. Gerogerus, figlio del suo omonimo padre,
stava conducendo una crociata inutile contro babbani in tutto il mondo
sostenuto anche da Hector Blair, nipote dell’omonima strega, e Silvanus, un
magono, ma molto astuto e potente. Quest’ultimo aveva usato parecchi oggetti
magici per circuire i babbani elettori e diventare capo del governo Italiano.
Naturalmente questi erano i nomi da maghi dei tre. Si erano adattati con nomi
babbani che dessero poco nell’occhio. L’obbiettivo di Gerogerus era fare in modo
che i babbani si distruggessero fra di loro. E ci stava riuscendo
perfettamente. Senza magie, solo a parole. Potenza dei mass-media.
Chiuse le pagine
del giornale e finalmente la vide entrare. Sorrise e gli si avvicinò.
“Buongiorno
Hermione” lei, sorpresa di sentirsi chiamare, girò lo sguardo verso la voce che
l’aveva salutata. Sorrise.
“Oh, buongiorno
signor Ho…cioè, salve Sasha. Scusa per il ritardo. Sai, con Eve e tutto il
resto…” lui fece cenno di no con la mano.
“Non ti
preoccupare. Non c’è problema. Piuttosto, volevo sapere la tua risposta al mio
invito…allora? Che ne dici?” lei fissò il pavimento e si intrecciò le dita con
fare nervoso.
“Ecco, vedi… io
non saprei… sai la bimba… quella ragazza, Ginny, è ancora in ospedale… dovrei…
insomma, dovrei starle dietro io, ecco” il fare timido di Hermione fu ben
chiaro. Anche Sasha se ne accorse. Decise di rischiare. Vedeva uno spiraglio di
luce e voleva sfruttarlo al massimo.
“Bhè, se è un
problema potremmo stare in casa. Così tu puoi tenere sotto controllo la bambina
e anche uscire con me. Allora, che ne dici?” a quel punto era difficile dirgli
di no.
“Se la metti
così… d’accordo. Stasera?” chiese lei sempre nervosa.
“Sì, alle sette,
se ti va bene. Tu sai dove abito vero?” si rivolse a lei con un sorriso smagliante.
Sotto l’aspetto esteriore quel tizio le ricordava Allock.
“Certo, cioè, sì
lo so. Alle sette, allora…” si salutarono. Ognuno per la sua strada.
Hermione salì le
scale rapidamente per mettere più distanza possibile fra lei e Sasha. Perché
aveva accettato? Non doveva accettare! Ma lui era stato così carino, al
contrario di qualcun altro…
Scosse la testa
e chiuse gli occhi come per togliersi di mente quei pensieri. Era solo un
collega che voleva aiutarla nel lavoro. Sì, proprio così. Non c’era nessun
altro motivo per cui aveva accettato. Più se lo ripeteva e più le sue mani si
stringevano a pugno. Si mordeva il labbro inferiore. No non era quello il
motivo. Lui ci stava provando, era chiaro ormai. Lei aveva accettato più che
altro per fare rabbia a Ron. Così imparava quello scemo! No, non è vero. Non
poteva fare quello a Ron. Dopo la riunione avrebbe detto a Sasha che non
poteva. Si sarebbe inventata un impegno misterioso, o qualcosa di simile.
Sorrise convinta
e raggiunse il quinto piano. Parli del diavolo… Ron era seduto sul tavolo del
controllo. Braccia dietro la testa. Gamba sul tavolo, l’altra penzolante. Si
girò vedendola arrivare. Sorrise, ma fu un sorriso tutt’altro che spontaneo.
Hermione conosceva quel sorriso. Stava per recitare la sua parte.
“Oh, Hermione.
Bene arrivata. Sei in ritardo, lo sai? Draco e Lupin sono già dentro. C’è anche
Piton” il suo tono era compìto. Sembrava si stesse trattenendo.
“Sì, lo so. Sai
con Eve… ma ci sta pensando tua madre adesso”
“Eh sì” continuò
Ron “Fra Eve e Sasha…” fece ciondolare anche l’altra gamba e poggiò le mani sul
tavolo. Hermione si fermò. La sua faccia era come paralizzata. Ecco dove voleva
andare a parare.
“Ah… senti Ron,
ora basta. Hai stufato. Io e Sasha siamo solo amici. E poi lui è solo il mio
cap…”
“Ah-ha. Capisco.
Che fai stasera alla sette Herm?” Ron punzecchiò Hermione, Lei si avvicinò al
ragazzo e lo fissò dritto negli occhi.
“Mi hai spiato?”
chiese con rabbia. Come poteva essere caduto così in basso da spiarla.
“Ti giuro di no.
Certo che parlare davanti a tutti, nella hall. Sai è pieno di dispositivi di
controllo qui” indicò il tavolo alle sue spalle dove si vedevano parecchi
schermi che cambiavano immagine ogni paio di secondi e mostravano tutti i
luoghi più importanti dell’edificio.
“Ora se mi vuoi
scusare, dovrei partecipare ad un’importante riunione. Se devi andare a casa
per prepararti per stasera fai pure. Lo dico io a gli altri” il tono di Ron
stava facendo andare Hermione fuori dai gangheri. Era veramente stanca di farsi
prendere in giro da lui. Lei voleva fare la pace, ma a lui probabilmente non
era passato neanche per l’anticamera del cervello di discutere con lei da
persone civili.
Ron si girò di
spalle e percorse il corridoio verso la sala della riunione. Che idiota! Era
stato veramente un idiota se pensava che quel tizio non fosse importante per
Hermione. Voleva andare a cena da lui? Che vada, quella cretina! Si era
preparato tutto un discorso in quei giorni per scusarsi con lei, ma appena
l’aveva vista sullo schermo parlare con Sasha… fanculo tutto! Con rabbia aprì
la porta della sala subito seguito da Hermione.
“Se lo vuoi
proprio sapere io non ci volevo neanche andare a cena fuori con lui!” urlò lei
alle spalle del ragazzo. In fondo alla stanza i discorsi fra Lupin, Draco e
Silente cessarono per girarsi verso i due appena entrati. Anche Piton, assorto
come al solito a fissare il cielo alla finestra si girò. Altrettanto fecero
tutti e trenta i battlemage seduti, pronti a partecipare alla riunione. Ron si
voltò per risponderle per le rime.
“Infatti hai
fatto molta resistenza nel rifiutare” cominciò ad imitare la vocina di Hermione
“No, non posso, scusa. Ah, ci ho ripensato. Porto del vino?”
“Che stronzo che
sei!” gli disse la giovane a denti stretti ed occhi socchiusi. Lei che si era
anche preoccupata per lui.
“Credo di non
essere l’unico…” lei alzò la mano pronto a colpirlo, ma Ron gliela afferrò
prima che lo schiaffo lo raggiungesse.
“Direi che
ultimamente ne ho prese abbastanza. Se volevo schiaffi con frequenza facevo un
abbonamento, sai Herm?” il suo tono era sibillino. Lo faceva solo per farla
arrabbiare di più. Non voleva trattarla così, ma non poteva fare la figura del
cretino agli occhi degli altri. L’altra mano di Hermione lo colpì in pieno sul
volto. Dalla platea di spettatori si levarono commenti “Ah però…” “Graffia la
gattina, eh?” “Weasley, ti sei rammollito?”. Risate più che altro. Qualche
fischio. Un applauso.
Ron la spinse
via con forza, mollandole il braccio.
“Ma va al
diavolo…” e si sedette nell’angolo vicino alle finestre. Che razza di stupida!
Vada a farsi fottere! Se ha dei problemi con lui può anche scomparire. Hermione
si sedette in prima fila, come al solito. Prima di iniziare chiese qualcosa a
Lupin. Lui sorrise e assentì col capo. In un modo o nell’altro ora erano tutti
pronti e vigili. La riunione poteva iniziare. Lupin prese la parola.
“Buongiorno a
tutti, ragazzi. Siamo ormai ad una svolta. Hogwarts non è più così
inaccessibile. Grazie a recenti studi e alle nuove informazioni forniteci da
Severus Piton” indicò l’uomo accanto alla finestra che fece un mezzo inchino
“Sappiamo, per certo, che Hogwarts, una volta all’anno, è accessibile” mormorii
sommessi fra i battlemage. Anche Ron, imbronciato com’era, inarco un
sopracciglio nel sentire quella notizia. Hermione rimase quasi impassibile. O
almeno, Ron non vide la sua faccia dato che era di spalle. Lupin continuò il
suo discorso.
“Il primo
settembre. Chi ha studiato ad Hogwarts come me sa che il primo settembre le
lezioni iniziavano. Inesorabilmente e comunque. Pare che la magia che obbligava
Hogwarts ad aprire le sue porte quel giorno, sia più forte dell’incantesimo di
sigillo che l’ha colpita” ora la folla di ascoltatori si era zittita
completamente. Per tutti quegli anni avevano atteso una cosa del genere, e
finalmente… La voce di Remus non si fece attendere.
“Alla luce di
queste nuove scoperte, stiamo organizzando un piano per entrare e liberare
Hogwarts una volta per tutte. Se accetterete, sarete voi, e solo voi, a
partecipare all’impresa. Pochi soldati ben addestrati, piuttosto che il
contrario. Sappiamo solo in parte quello che ci attende lì dentro. Non dobbiamo
rischiare, dobbiamo essere pronti a tutto. Mangiamorte, dissenatori, mostri di
vario genere probabilmente, e… lui, signori. Il Signore Oscuro, colui-che-non-deve-essere-nominato”
prese fiato un momento indeciso se pronunciare o meno il nome “…Voldemort”
Un uccellino
cinguettò tranquillo. Si poggiò su un ramo dell’albero. Il legno scricchiolò al
suo peso. Una mosca ronzava per la stanza. Atterrò sul tavolo sonoramente. Il
silenzio in quello stanza sfiorava l’incredibile. Mai si era riuscita a creare
una pace del genere. Piton lo tenne a mente, nel caso dovesse tornare ad
insegnare era un buon metodo per ottenere silenzio.
“Chi accetta
l’incarico effettuerà un addestramento particolare quest’estate. Prima di
andarvene prego gli interessati di firmare questo foglio che li identifica come
facenti parti al “Piano Hogwarts”, d’ora in poi denominato Piano H” Draco ruppe
il silenzio con questo discorso e si mise in piedi con in mano un plico di
fogli, una lunga penna ed una boccetta d’inchiostro. Uno ad uno tutti i
presenti firmarono. Stavano per partecipare a qualcosa che li avrebbe segnati
per sempre sui libri di storia. Per ultimi firmarono Ron ed Hermione. Ron
scorse i nomi nel foglio. Sorrise malignamente.
“Bene, bene… il
signor Hook non partecipa?” Hermione, che stava già uscendo dalla stanza, si
voltò sentendolo parlare. Stava per rifarlo. Stava per iniziare a litigare
ancora con lui.
“No, Hook ha
declinato l’invito a partecipare. Dice che non fa per lui” Lupin rispose alla
domanda di Ron.
“Caspita… ha
coraggio da vendere questo tizio. Un vero leone, direi” Ron era cosciente di
stare punzecchiando Hermione. Firmò e si voltò per andarsene. Ma si trovò faccia
a faccia con la ragazza. Non l’aveva mai vista così arrabbiata. No, non era
arrabbiata. Era fuori di se. Era proprio incazzata.
“Credi di essere
tanto migliore degli altri solo perché tu ti butti come un pesce nella mischia
invece che seguirla da lontano? Bhè, ti sbagli mister virilità. Non è così. Se
qualcuno ha la testa su le spalle non è per forza un vigliacco, può essere
semplicemente uno col cervello. E preferisce tenerlo attaccato al resto
del corpo piuttosto che darlo in pasto agli squali, come fai tu ultimamente.
Ora scusa, devo andarmi a preparare per stasera” e se ne andò con passo pesante
fuori dalla sala riunioni.
Ron era
esterrefatto. Batté le palpebre rimaste ferme per fissare la ragazza che si
sfogava su di lui. Era imbarazzato per la figura appena fatta. Si girò verso
gli altri che erano rimasti zitti fino a quel momento. Silente ridacchiava
sotto i baffi. Draco raccolse i fogli con aria assorta facendo finta di nulla.
Lupin biascicò qualcosa del tipo “Bhè, insomma, non distraiamoci… sono solo
ragazzi…”. Piton tornò a guardare fuori dalla finestra come sempre.
“S-Scusate, devo
andare” Ron salutò e si smaterializzò davanti a tutti, diretto alla Tana.
Gliela avrebbe fatta pagare. Eccome se lo avrebbe fatto.
*****
L’acqua calda sciacquava via la schiuma dai capelli e dal
corpo tornito di Sasha. Con gli occhi chiusi si godeva quel momento di relax.
Il vapore rendeva tutto il luogo nebbioso. Lo scroscio dell’acqua copriva tutti
i rumori dello spogliatoio. Proprio tutti.
Girò la maniglia
del rubinetto e si coprì con l’asciugamano, mentre con un altro si asciugava
alla buona la testa. Lasciò il secondo asciugamano attorno al collo e si
diresse verso il suo armadietto nella stanza accanto. Stava iniziando a
vestirsi quando una voce lo chiamò.
“Sasha Hook?”
lui si voltò e vide quel ragazzo. Ron, quello che ronzava attorno ad Hermione.
Decise di recitare la parte dello gnorri.
“Oh, ciao. Hai
bisogno di me?” disse con tono più cordiale possibile mentre continuava a
vestirsi. Era bravo a recitare.
“Più o meno… tu
sai perché sono qui vero?” chiese Ron avvicinandosi di qualche passo. Passi
decisi. Ben staccati l’uno dall’altro. I passi di chi è carico di un peso
notevole. E non solo fisico.
“No, non credo…
dovrei saperlo?” decise di continuare il gioco di domande. Oltre che un bravo
attore era bravo anche a capire gli stati d’animo delle persone. E Ron in quel
momento sembrava amareggiato, per non dire incazzato.
“Speravo di sì…
o almeno speravo che tu lo capissi. Sono qui per una ragazza. E’ mora, stupenda
e ci esci a cena stasera. Hai capito ora?” il tono di Ron stava diventando
strafottente mano a mano che si avvicinava a lui. Intanto Sasha si era
completamente vestito.
“Oh, intendi
Hermione. C’è qualche problema con Hermione?” la recita di Sasha stava
continuando alla perfezione.
“No, nessuno.
Volevo solo informarti che si ti sei invaghito di lei, arrivi tardi. Perché io
ormai ne sono già innamorato. Ultimamente abbiamo avuto qualche piccolo
scontro, a causa tua fra l’altro, e volevo solo informarti. Dammi una buona
ragione per saltarti addosso e sarò più che felice di farti cambiare tutti i
documenti. Dopo che ti avrò ripassato non ti riconoscerà più nessuno, credo”
disse Ron con tranquillità e con un sorriso sempre più ampio sulle labbra. E
poi “Buona serata. Vedi di non strafare, per piacere” e scomparì
smaterializzandosi.
Sasha non
credette alle sue orecchie. D’accordo era stato schietto e sincero al massimo,
ma quanto meno ridicolo. Un amore ed in guerra, dopotutto, nessuna regola era
valida. Le minacce ancora meno. Decise di lasciare perdere i suoi insulsi
discorsi.
“Imbecille…
crede di potermi fermare…” chiuse l’armadietto, afferrò il borsone e si voltò
per uscire dallo spogliatoio. Appena girato si ritrovò Ron davanti. Pur essendo
più alto del ragazzo rosso, in quel momento si senti sovrastato dal suo
sguardo. Sussultò appena vedendoselo apparire davanti.
“Ancora qui?
Guarda, ho capito che intendi, ma non c’è scritto Proprietà Privata su
Hermione. Credo di avere il diritto di uscire con lei, se lo desidera. E
spostati idiota…” spinse Ron con forza facendolo cadere addosso ad una
panchina. Il rosso sorrise. Non aspettava altro. Allungò la gamba e Sasha
inciampò nel suo sgambetto, rovinando a terra sorpreso. La borsa gli cadde di
mano andando a sbattere contro un armadietto di fronte. Non fece in tempo a
rialzarsi che Ron lo tirò su di peso sbattendolo contro il muro poco distante.
Lo teneva bloccato con l’avambraccio premuto sul collo, mentre con l’altra mano
gli premeva lo sterno. La sua faccia fu di fronte a quella dell’altro, ancora
stordito dalla caduta e dalla botta contro la parete.
“Non aspettavo
altro per riempirti di pugni, stronzo! Tu spingi me, io gonfio te” e lo colpì
con forza allo stomaco. Sasha sbuffò fuori l’aria e si piegò lievemente per il
dolore. Ron lo mollò e cadde a terra tenendosi con entrambe le mani il ventre.
Ron lo sollevò per un braccio in modo che gli vedesse la faccia.
“Questo è un
assaggio. Pensa ancora soltanto di poter uscire con Hermione e ti darò il
resto” lo lasciò, e quello tornò a terra, ancora stordito dal colpo. Ron lasciò
lo spogliatoio con un ghigno di vittoria.
*****
Il suo ghignò durò poco. Meno di un secondo. Lupin lo
afferrò per le spalle e gli riservò lo stesso trattamento che Ron aveva
riservato a Sasha qualche attimo prima. Con le spalle al muro il rosso fissò
stupito l’uomo che, con occhi freddi, gli penetrava la testa.
“Chi cazzo credi
di essere Ron? Eh? Chi credi di essere? Credi di potere fare quello che ti
pare? Pensi che riempire di lividi e minacciare il tuo rivale in amore sia la
scelta migliore? Eh?” Lupin gridava e spingeva forte il ragazzo contro il muro.
Ron, seppur sorpreso all’inizio, reagì di scatto e spinse Remus lontano da lui
con forza. Troppa forza per Lupin. Cadde a terra con un tonfo.
“Non dirmi cosa
fare! So benissimo cosa posso fare o no! Lasciami in pace! Tu non centri con me
o Hermione!” una mano gli batté un paio di volte sulla spalla. Ron si girò e
provò un fortissimo dolore. Alla faccia, prima. Alla testa, appena questa toccò
il suolo.
“Ti ringrazio
Remus, ma so difendermi da solo dagli imbecilli e dalle minacce. Però che male.
Era da un po’ di tempo che non davo un pugno” Sasha agitava la mano
convulsamente per scacciare il dolore.
“Hai proprio la
testa dura, ragazzo. Mi spiace di averti fatto male, ma non potevo lasciarti
impunito. Ho tutto lo stomaco a pezzi per colpa tua” mentre diceva queste
parole Sasha aiutò Remus ad alzarsi in piedi.
“Forse è stato
un po’ sbrigativo come metodo, ma efficace” disse Lupin mentre fissava Ron
steso a terra. Probabilmente svenuto. Sasha si scusò per l’irruenza, anche se
dopotutto Ron non era stato da meno poco prima. Si congedò lasciando soli Lupin
e il ragazzo, che ancora non accennava a muoversi. Lupin lo sollevò di peso e
lo trascinò allo spogliatoio. Gli tornò alla mente un’analoga situazione di
parecchi anni prima, quando ancora frequentava Hogwarts.
Aveva trascinato
il suo amico ubriaco fino alle docce per svegliarlo. James sembrò non gradire
quell’idea. Gli sferrò un pugno. Un gran pugno, a dire il vero. Subito Remus
rispose e finirono con l’essere bagnati e pieni di ferite e contusioni
entrambi. Anche quella volta fu a causa di una donna. Sì, in effetti la ragazza
piaceva a James e non a Remus. Ma al tempo Lily non voleva saperne di James
Potter, così lui, da perfetto ragazzo ferito, decise di ubriacarsi. Dopotutto
erano quelle cose che consolidavano un’amicizia. Scacciò il ricordo di James,
non era il momento quello. Spinse Ron sotto la doccia e, come molti anni prima,
aprì il rubinetto. Così come molti anni prima l’acqua svegliò il ragazzo. Così
come molti anni prima Lupin si prese un pugno nello stomaco dal ragazzo
bagnato.
E dire che
l’esperienza insegna… pensò mentre crollava a terra. Ron era furibondo.
“Grazie! Ti
ringrazio proprio! Va al diavolo! Credevo che stessi dalla mia parte… ma ora ho
capito. Non ti preoccupare per me! Non ho bisogno di nessuno! Nessuno!” gridò
Ron. Estrasse la bacchetta e si smaterializzò. Lupin, ancora a terra, si
sosteneva con le mani. Si alzò in piedi e chiuse il rubinetto della doccia.
Emise un sospiro rassegnato. Sperò con tutto il cuore che Ron non facesse
sciocchezze. Non era il momento quello. Non era il momento per niente di
insensato quello. Proprio per niente.
*****
“Ehi carino, sei tutto solo?” Ron alzò la testa dal tavolo
e spostò la vista dal suo bicchiere di Whisky a chi lo aveva chiamato. Una
ragazza di colore lo fissava sorridendo mentre masticava con impegno una gomma.
Aveva un trucco pesante intorno agli occhi ed un rossetto in netto contrasto
con la sua carnagione scura. I capelli neri erano ricci e parevano un
cespuglio. Per il resto non indossava poi molto. Un vestito, se così si poteva
chiamare, che le copriva a malapena il seno prosperoso e la zona pelvica.
Spalle e schiena erano scoperti. Anche il ventre lo era, e un piercing
all’ombelico completava l’immagine della ragazza.
“Allora sei
solo? Dai, offrimi qualcosa…” si sedette di fianco a Ron girando la sedia così
da poter appoggiare la braccia allo schienale e aprire leggermente le gambe.
Ron non era del tutto in se. Quel Whisky lo aveva sfiancato. Quello e gli altri
dieci. Ma tanto lì non badavano molto se eri ubriaco o meno. Bastava vendere il
più possibile.
La morettina
prese il bicchiere di Ron e lo finì in un sorso. Ebbe un veloce singulto. Poi
rimise il bicchiere davanti al ragazzo.
“Mi sembri un
po’ piccolo per bere tutto questo alcol. Non ti andrebbe di spendere meglio il
tuo denaro?” chiese lei maliziosa. Sorrise e prese fra le sue mani quella del
ragazzo. Ron provò un brivido. Era chiaro che la ragazza cercasse in tutti i
modi di invogliarlo ad andare a letto con lui. Una prostituta ben organizzata.
Aspettava che i clienti fossero ubriachi fradici e li soggiogava con quello che
madre natura le aveva offerto.
Avvicinò la bocca
alla mano del rosso. Tirò fuori la lingua e gliela leccò. Ammiccò ancora verso
di lui. Ron non aveva ancora spiccicato una parola.
“Allora, che ne
dici… sarà piacevole, vedrai…” Ron non avrebbe mai accettato. Andare a letto
con una prostituta non era nella lista delle cose che avrebbe voluto fare nella
vita. Ma l’alcol e la frustrazione parlarono per lui.
“Perché no… dove
andiamo…?” le parole uscirono poco convinte dalla sua bocca. Lei lo alzò in
piedi e lo portò al piano di sopra. Entrarono entrambi in una stanza buia.
Appena la porta fu chiusa lei lo baciò ficcandogli la lingua in gola. Era un
bacio violento. Avventato. A Ron piaceva molto. Subito le mani di lei
iniziarono a toccarlo ovunque. Neanche da dire che ormai era nuda. La sua
lingua saettava lungo il collo del rosso. Sul suo petto.
Caddero sul
letto. Lei gli era a cavalcioni sopra.
“Prima volta?”
chiese lei senza smettere di toccarlo in ogni centimetro della pelle.
“Mmhh…no…con
Hermione…” Ron emise un gemito quando la ragazza raggiunse il suo membro. Alzò
la testa ed inarcò un sopracciglio.
“Ah… comincio a
capire… delusione d’amore… brutta storia” si fermò e si sdraiò accanto a lui
“Vuoi parlarne?”
Ron fu sorpreso
di sentire quelle parole. Spalancò gli occhi e voltò il viso di lato verso quello
della ragazza. La fissò un attimo.
“Parlarne? Se
volevo parlarne andavo da mia madre! Credo che il tuo lavoro sia un altro
cara…”
“Giulia” disse
lei.
“…Giulia”
completò Ron. Giulia sospirò e scese dal letto. Si infilò una larga T-shirt con
un disegno di un panda dagli occhi enormi. Tornò sul letto e si strinse le
gambe al petto.
“Parli così
anche con lei?” Ron non seppe che rispondere. Era lì, in una stanza di una
squallida osteria londinese con le brache calate e discretamente eccitato per
merito di quella ragazza, e lei gli chiede come tratta Hermione? Era shockato
dalla situazione. Poi realizzò di essere nudo davanti ad una estranea.
Imbarazzato si tirò su i pantaloni e si limitò a guardare nella sua direzione,
nel buio della stanza. L’alcol era ormai solo un lontano ricordo.
“Io… no, non
credo…”
“Non credi o ne
sei certo?” chiese ancora Giulia.
“Senti, non lo
so. Io credevo di avere accettato di passare una notte con una, senza offesa,
prostituta, non con una psicologa”
“Psichiatra”
disse lei.
“Come?”
“Sono laureata
in psicologia avanzata. Sono una psichiatra prima che una psicologa” quelle
parole spiazzarono Ron. Non avrebbe mai pensato che una ragazza del genere
fosse laureata. Conosceva il valore di una laurea nel mondo babbano. Suo padre
gli aveva accennato il loro metodo di studi.
“M-mi dispiace…
non volevo offenderti…” lei sollevò il viso da dietro le ginocchia. Sorrise.
“Non
preoccuparti, non potevi saperlo. Se voglio arrivare alla fine del mese non
posso campare con quel pezzo di carta. La gente, nonostante le apparenze, ha
sempre meno bisogno di analizzare il proprio subconscio. Oppure non crede sia
necessario. Tu credi che sia meglio analizzarsi interiormente ogni tanto o no?”
“Ecco…io… non
so, non ho mai provato”
“Prima volta,
quindi?” chiese lei facendo riferimento alla domanda di poco prima. Ron
arrossì, la situazione era imbarazzante. Il buio della stanza non mostrò la sua
vergogna.
“Bhè, credo di
sì…” Giulia scese dal letto e si sedette accanto a lui.
“D’accordo,
sfogati. Parla della tua storia con questa Hermione. Avanti…” Ron non seppe
perché, ma quella ragazza gli dava sicurezza. Sapeva che avrebbe potuto
parlarle di tutta la sua vita come se fosse stata la sua migliore amica. Iniziò
a parlare.
“Hermione è… è
perfetta. La conosco da più di sette anni, ormai. Siamo stati compagni per gli
anni della scuola, poi… bhè, eventi troppo superiori alle nostre capacità ci
hanno separato, fino all’inverno scorso. Mi sono dichiarato. Di nuovo. Lo aveva
fatto già tre anni prima, ma la situazione non era delle migliori al tempo.
Glielo dissi prima che ci separammo… non soffrì granché. Non mi accorsi di
questi tre anni che trascorsero. Quando mi risvegliai” Ron capì di aver parlato
troppo “Volevo dire, “risvegliai” nel senso di rendermi conto di amarla. Andai
ad incontrarla, ed anche lei aveva capito di amarmi” Ron trasse un sospiro
profondo.
“Ma i guai erano
appena iniziati. Dopo le prime settimane lei smise di parlarmi. Settimane
terribili. Mi sono sentito una merda, meno che nulla. Per lei quasi non esistevo
e non sapevo perché. Poi me lo disse. Amava un altro. Ma non un altro, anche un
altro. Il mio migliore amico a dir la verità. Morto” qui Ron fece una pausa.
Giulia continuava a fissarlo. Sembrava che nulla potesse scuotere quel volto
imperturbabile.
“Non gli diedi
peso. Va bene, lo amava, ma amava anche me. E poi Harry era morto. Si chiamava
Harry, il mio amico. Quel giorno noi… bhè, fu la nostra prima esperienza. Ma
non rimase a lungo isolata. Devo dire che ho passato un bel periodo. Poi venne
quel giorno. Avevamo organizzato un pic-nic. Tanto era solo una scusa per
restare da soli e fare l’amore lontano da tutti e tutto. Andò tutto bene
finché…” Ron non seppe come proseguire. Non poteva certo dirle che voleva
diventare evocatrice. Giulia era una babbana, non doveva sapere nulla. Gli
tornò alla mente la guerra.
“Finché non mi
disse che voleva partire per la guerra.”
“Una ragazza?”
anche la compostezza di Giulia vacillò di fronte a quella notizia.
“Bhè, non il
fronte vero e proprio. Lei è…una stratega, ecco. Sarebbe rimasta dietro le
linee di combattimento. E poi non sarebbe andata spesso al centro della
battaglia. Naturalmente mi opposi. Troppo, forse. E litigammo. Non gli detti
peso. Capitava a tutti, prima o poi. La rincontrai qualche giorno dopo, ed
indovina? Era in prima linea. Lei e quell’altro idiota, Sasha Hook. Ci salvammo
per un pelo quella volta. Gli feci notare il pericolo che aveva corso. Ma lei
niente, glielo aveva chiesto il suo superiore, quel Hook. Allora le dissi… bhè,
che se ci sarebbe andata anche a letto se glielo avesse ordinato. Mi meritai
quello schiaffo”
“Il segno del
pugno non centra, allora?” chiese curiosa Giulia guardando il viso di Ron.
“No, quello
viene dopo. Dicevo, mi ripromisi di fare la pace con lei, ma quando la vidi stava
parlando con Hook. La invitò ad un appuntamento, e lei… accettò. Odio. Mi
arrabbiai molto. Troppo. Litigammo ancora per colpa di quel tizio. Mi beccai un
altro schiaffo. E’ successo stamattina, sai. Poco dopo sono andato negli
spogliatoi degli uomini. Ho beccato Sasha da solo. L’ho minacciato. L’ho
picchiato. Pensavo di essere soddisfatto. Pensavo di averla fatta franca. Mi
sbagliavo. Un mio amico mi attendeva fuori dalla stanza. Tra un po’ menavo
anche lui. Il pugno di Sasha mi raggiunse prima” indicò il viso gonfio e rosso
“Lui se ne andò. Io, incazzato, insultai il mio amico che aveva cercato di
aiutarmi e venni qui ad ubriacarmi. Il resto lo sai”
Giulia rimase un
attimo in silenzio. Strinse le labbra. Sospirò. Poi parlò. Dolcemente. Calma.
Come avrebbe fatto una mamma.
“Mi sembra
chiara che tu ami quella ragazza. Forse la ami troppo” accennò una risata “E
anche lei ti ama” Ron si alzò in piedi.
“Lei mi ama? Ma
se adesso probabilmente e fra le gambe di quell’idiota!”
“Io credo che
abbia accettato solo per farti dispetto, sai. Se voleva farti sapere della sua
serata con un altro lo avrebbe detto davanti a tutti, sicura che tu lo
sentissi. E non parlo solo come psicologa, ma anche come donna. Probabilmente
voleva anche rinunciare all’appuntamento prima che tu litigasi ancora con lei.
MA le donne sono vendicative. Soprattutto per le cose a cui tengono. Cose e
persone, caro Ron”
“Ehi, io non ti
ho detto il mio nome! Come fai a saperlo?” fra le amni di Ron arrivò il suo
portafoglio babbano. Usava quello quando girava per Londra.
“C’è ancora
tutto. Non molto a dire il vero” rise ancora Giulia “Hai sentito come parlavi?”
“Cosa?” chiese
Ron infilando in tasca il portafoglio.
“Quando mi
parlavi di lei. Ti sei sentito. Eri dolce. La tua voce era un continuo susseguirsi
di sospiri, pause, sguardi lontani persi nel vuoto. Tu le parli così?”
“Io… no” ammise
Ron “Io sono sempre altezzoso con lei. Sicuro, troppo orgoglioso. Lo faccio
perché ho paura di perderla”
“Credo che le
piacerebbe sentirsi chiamare per nome da questo nuovo Ron. Tu che dici?”
“Io… io credo di
sì. Grazie. Mi hai aperto gli occhi. Stavo per fare la cazzata più grande della
mia vita, senza offesa…”
“Figurati”
sorrise lei. Scese dal letto e aprì la porta della camera. La luce del
corridoio illuminò il pavimento “Credo sia meglio tu vada a casa. E’ tardi,
sai”
Ron fu in
procinto di andare, ma si fermò a metà strada. Giulia aveva fatto tanto per
lui. Non poteva andarsene così. Chiuse la porta e accese la luce della camera.
“Ron? Che fai?
E’ meglio se vai via, davvero…” lui la zittì con la mano
“Hai fatto molto
per me. Grazie. Ma un grazie non può bastare, e poi ti devo ancora pagare” le
fece l’occhiolino e si avvicinò al letto. Estrasse un sacchetto minuscolo di
tela e lo rovesciò sul letto. Un men che non si dica le coperte furono piene di
monete d’oro, argento e bronzo. Giulia sbiancò davanti a quello spettacolo.
“M-ma cosa… come
stavano lì dentro… dove hai preso…ma chi sei tu?” la sua faccia era un misto di
curiosità, paura, felicità e incredulità. Ron sorrise ed estrasse la bacchetta
dalla tasca.
“E non hai
ancora visto il meglio. Reddo Argentum” una scintilla dorata colpì il
mucchio di monete. Queste si fusero come all’interno di un altoforno per
prendere la forma definitiva. Sterline. Centinaia di mucchietti di banconote
con sopra una graziosa signora che sorrideva.
“Credo che ora
tu possa smettere di fare questo lavora per il resto della tua vita. Ora siamo
pari” Sorrise ancora vedendo lo sguardo incredulo di lei mentre si avvicinava
la letto pieno di soldi impilati in tanti mucchietti.
“Ma tu chi sei?
Come fai a… fare questo?” era seduta sul letto. Lo fissava ancora incredula.
“Ronald Weasley.
Battlemage di terzo grado del ministero della magia inglese. Questo sarà il
nostro piccolo segreto, d’accordo?” lei annuì ancora a bocca aperta.
“Molto
bene. Ora scusami, ma devo andare. La mia ragazza mi aspetta” alzò la bacchetta
e in un attimo Giulia fu la sola persona in quella stanza.
Ragazzi… ho iniziato venerdì a scrivere sto capitolo! Se
quella simpaticona della prof di ita non mi avesse abbattuto con un 6+, avrei
anche finito prima…ma perché ;_____;…………… Vabbè cmq mi sono ripreso!!!!!! Ah ah
!!!! alla facciaccia tua prof!!!!!!! Quindi concludiamo e pubblichiamo: Ice primo
assoluto a recensire! Ci ho pensato secoli a come far fuori Skanax, e questo è
stato il modo più fico che ho trovato!!! J Piace molto anche a
me!; Sunny, sono onorato di tanta attenzione! Ma non dire che non
aggiorni per colpa mia che gli occhi me li cavano i tuoi fan! (quindi anche me
stesso? Bho…); Ci pace e amore in questa fic! Solo demoni che esplodono
e ragazze indemoniate. Che calma eh?J; Keijei
sacrificio tipico di Draco. Ormai per Ginny quello si farebbe esplodere la
testa. Ah, l’amore! J; Giuggy eheheheh dolce vendetta…. Cmq Lucius
non è morto! Gli è esplosa la testa! (si vabbè è morto….); Mikisainkeiko
anch’io amo i casini extraplanari! Demoni, diavoli, spiriti, avvocati, agenti
delle imposte,… tutte le creature delle tenebre! Quanti capitoli? Fammi fare un
conto…28, credo.J
ma ho già pronto il seguito ed altre 2 fic. Non così lunghe ma carine (spero…);
Maichy non le studio di notte ti dirò tre parole: gioco a D&D. Ti
basta come risposta?J; ElieKia il contadino? Bene
bene…. Mi vendicherò del vostro simpatico umorismo… state certe che la
mia vendetta sarà terribile…bwahahahahahahahahahah (kia giuro che se non
aggiorni ti picchio! J); Alechan hanno tutti le loro colpe.
Bamboline vodoo? Le fai anche su commissione? Ci sono due recensioniste a caso
* dito puntato verso Eli e Kia * che hanno bisogno di una piccola
punizione…..bwahahahahahahahah!; mikan ormai mi sono affezionato a
Remus. Lo metto un po’ ovunque, come il prezzemolo! J; Kiak ma mi
butto nel cratere di un vulcano per fermare l’eruzione, per te, honey!!!!!!!!!!
Per quanto riguarda la barzelletta, apro ora ufficialmente l’angolo
dell’umorismo: La sai l’ultima? Kiak sì! Commentate numerosi le ilari
storielle della giovane barzellettiera italiana! Honey Honey J!;
Enika sì di solito sono raccomandati, ma nella mia fic no. Ti assicuro
che tutto è andato troppo…liscio( chi ha orecchie per intendere, intenda
J).
Ok ragazzuoli, ultime cose: VI PREGO LEGGETE E COMMENTATE
“SENZA TRAMA”, PARODIA DI “SENZA TREGUA”, BY SORTI. Se avete letto la mia fic
vi assicuro che è davvero divertente ^___^! E poi ci sono anch’io fra i
personaggi!!!!
“Sasha, scusa,
ma è …imbarazzante. Scusa…” Hermione cercava di svincolare le attenzioni di
Sasha al suo riguardo. Si alzò in piedi lasciando solo lui sul divano rosso. La
musica romantica di sottofondo trasformava quel luogo più che in un salotto in
una casa del piacere. Le candele sparse per la stanza rendevano il tutto simile
ad una sacrestia di una chiesa. Sasha, con addosso soltanto la camicia
sbottonata e dei pantaloni elastici di una tuta, si alzò di conseguenza. Partì
ancora recitando alla perfezione.
“Perché? C’è
qualcosa che non va?” chiese lui. Calice di vino alla mano ne bevve un sorso
prima di poggiarlo sul tavolino di cristallo. Lei indietreggiò un altro poco.
Non poteva andarsene. Eve stava dormendo nella stanza accanto. Era in trappola
sotto certi punti di vista.
“No, niente, è
che tutto questo… mi sembra un po’ troppo…intimo, non credi?” Hermione stava
lentamente cadendo dentro la tela tessuta dal ragno. Un ragno molto furbo.
Sasha si avvicinò ancora con passo dinoccolato. Sorrideva. Per Hermione quel
sorriso era qualcosa di micidiale. Era un sorriso viscido. Aveva come
l’impressione che non sarebbe mai uscita indenne da lì. Gli diede le spalle per
evitare quel sorriso. Lui decise di giocare le sue ultime carte.
“Intimo? Dici
che è intimo… mah, non credo. Io sono sempre così a casa. Perché tu non ti
rilassi un po’, invece? Mi sembri un po’ tesa per un’uscita serale…” le poggiò
le mani sulle spalle. Strinse piano, leggermente. Stava iniziando un massaggio
dolce. Hermione chiuse gli occhi. Era senza fiato. Era un massaggio perfetto.
Sentiva la tensione allontanarsi dal suo corpo, come se fosse stata aria che
usciva dalla sua bocca. Si lasciò sfuggire un lamento. Errore fatale.
“Sento che ti stai cominciando a rilassare. Bene, era
ora…” disse con voce suadente Sasha. Quella voce. Era qualcosa di
incredibilmente sexy. Non aveva mai udito parole pronunciate con tanta
sensualità. I suoi muscoli si rilassarono completamente. Le sfuggì un altro
lamento, questa volta più prolungato. Lui avvicinò la bocca la suo collo.
Cominciò a baciarla piano, leggermente. Tanti piccoli baci fino alle spalle.
Lasciava scivolare il vestito di Hermione lungo le spalle mano a mano che si
avvicinava con la sua bocca. La pelle della ragazza si increspò. Aveva appena
avuto un brivido. Di piacere. Perché? Perché le piaceva così tanto che Sasha si
prendesse tutte quelle attenzioni? Si era ripromessa di non cascarci. Si era
ripromessa anche di fare pace con Ron, dopotutto. Anche Ron… non le diceva
nulla Ron in quel momento. Le importava solo che Sasha non si fermasse, che
continuasse il suo trattamento.
“Allora? Va
meglio ora?” chiese lui durante una rara pausa i quel massaggio eccitante. Si
tolse completamente la camicia. La lanciò per aria. Ora solo un sottile paio di
pantaloni lo separava dalla nudità completa. Le afferrò i fianchi mentre la
bocca tornava a fare il suo lavoro anche sulla schiena della ragazza, ora.
Stava scendendo con le mani lungo quel corpo perfetto quando…RRRRRRRING!
Il campanello
interruppe tutta l’atmosfera che si era venuta a creare. Come se una sveglia
avesse trillato per svegliarla, Hermione aprì gli occhi e si accorse di avere
il vestito praticamente a metà del petto. In fretta se lo tirò su e lo
risistemò meglio che poté. Sasha sbuffò stufato dell’interruzione. Afferrò la
camicia a terra e se la infilò senza tante cerimonie. Ancora con l’abito
sbottonato si diresse all’ingresso dell’appartamento. Aprì la porta e quasi non
poté credere ai suoi occhi.
“Signor Hook,
buonasera. Le chiedo scusa del disturbo, ma so che Hermione Granger si trova
qui” Ron si mise sull’attenti e salutò il suo superiore. Sasha era senza
parole. Come osava presentarsi lì dopo quello che era successo? A bocca
spalancata vide un sorriso formarsi sul volto del giovane battlemage.
“Posso entrare?
Devo parlare con la signorina Granger” con un inchino appena accennato, Ron
entrò superando l’uomo sull’ingresso. Sasha chiuse la porta e lo seguì fino in
salotto. Inutile dire che Hermione fu sorpresa di vederlo lì. Anche Ron notò il
suo imbarazzo. Forse era arrivato appena in tempo. Esaminò il salotto. Luce e
musica soffusa. Tutte quelle candele. Si girò verso Hermione.
“Hermione, Ginny
è stata dimessa. Devi portare Eve a casa Malfoy quanto prima. Subito se è
possibile” Hermione balbettò qualcosa.
“Sì, certo… io,
la porto subito…scusa Sasha, ma devo proprio andare. Grazie comunque per la
serata” la ragazza andò nella stanza accanto a prendere Eve. Nel salotto
rimasero solo loro due.
“Weasley, che
diavolo vuoi? Non ti è bastata la lezione di prima?” Ron si girò verso l’uomo.
Il suo sguardo era rimasto rapito dalla bellezza di Hermione.
“Lezione?
Intendi il pugno? Certo, anzi, è stato proprio quello che mi ha aiutato”
Hermione tornò in salotto con la bimba addormentata fra le braccia. Reggeva una
pesante borsa da prima infanzia a tracolla. Ron le si avvicinò e prese la
borsa, così da alleggerirla.
“Grazie…” disse
lei. Era sorpresa di vedere quell’atteggiamento nei suoi confronti da parte di
Ron. Era…diverso. Sembrava un’altra persona in quel momento.
“Di nulla. Se
non ti aiuto in queste piccole cose, come potrò aiutarti nella nostra vita
insieme?” Hermione lo guardò a bocca aperta. Dal calore che provava sul viso
era probabilmente arrossita.
“V-vita insieme…
Ron, ma che…”
“Avanti. Noi
siamo fidanzati, giusto? Anche se abbiamo litigato ultimamente, quale coppia
non lo fa ogni tanto? E poi è stata principalmente colpa mia, quindi ne
approfitto per chiederti scusa. Sono stato un insensibile” si inchinò piegando
la schiena in segno di pentimento. Subito tornò retto sui piedi e sorridente
“Bhè, ora possiamo andare da Ginny. Signor Hook, grazie per l’ospitalità. Ci
vediamo lunedì in ufficio” salutò con il saluto dei battlemage Sasha e trascinò
Hermione fuori da quell’appartamento. Sasha sentì la porta chiudersi. La musica
continuava a riempire la stanza. Senza quella probabilmente si sarebbero
sentite le lancette dell’orologio ticchettare forte come dei tuoni. Se ne era
andata. Con Ron, per giunta. Non aveva fatto in tempo ad accorgersene che erano
spariti da sotto il suo naso. Non sarebbe finita certo lì! Si infilò rapido le
scarpe e parti spedito al loro inseguimento. L’avrebbe fatta pagare cara a Ron.
Carissima. Non fece in tempo ad aprire la porta, che si ritrovò Ron davanti.
Sorrideva e lanciava per aria e riafferrava, come se fosse una monetina, una
delle candele che Sasha aveva in casa. Probabilmente l’aveva presa di nascosto
prima di uscire. Sasha rimase sbalordito nuovamente di vederlo ancora lì
davanti a lui, e ancora non parlò per la sorpresa, ma Ron lo sostituì
volentieri.
“Sorpreso?
Volevo solo farti sapere che ora Hermione ed io stiamo di nuovo insieme, anche
se in realtà non c’eravamo mai separati. Per quel pugno…bhè, dopotutto siamo
pari. Anche io ti ho colpito. Non aveva intenzione di colpirti di nuovo… fino
ad un attimo fa!” con forza Ron tirò un calcio in pieno petto a Sasha. Lui volò
indietro e cadde sul pavimento del suo appartamento. Emise alcuni lamenti di
dolore e si tastò il petto con entrambe le mani. Ron entrò di nuovo e gli
lanciò la candela accanto. Sul fondo della candela era visibile la scritta
“Candele del piacere”.
“Giuro che non
ti avrei mai colpito di nuovo, ma ho scoperto il tuo trucco, figlio di puttana…
le candele” Sasha si mise a sedere per terra. Ancora respirava a fatica.
“La scritta sul
fondo. Utilizzare certi mezzi per inibire i sensi delle ragazze per portarsele
a letto… mi fai davvero schifo. Ma soprattutto mi fai pena. E rabbia. Tanta
rabbia” il rosso fissava Sasha con occhi di fuoco. Sembravano emettere
scintille mirate a bruciare l’uomo a terra.
“Ma ora siamo
pari. Ultima cosa: se tenti solo di pensare, ma che dico pensare, uno come te
non può pensare, molto meglio dire immaginare Hermione o chiunque dei miei
amici, giuro che accetterò con piacere una gita ad Azkaban per i prossimi
dodici anni pur di farti fuori io stesso” l’espressione di Ron tornò normale e
sorridente.
“Buona serata.
Spero che tu non te la sia presa troppo” e con questo se ne andò
definitivamente.
*****
“Ron, non sei
neanche capace di farti il nodo all cravatta. Lascia stare, ci penso io”
Hermione prese le estremità della cravatta e cominciò ad intrecciarle con
precisione. Ron stava fermo immobile con la testa rivolta verso l’alto. Sentiva
le mani di lei scivolare fra il suo collo e la stoffa di seta. Quel dolce tocco
era impagabile. Sentire che qualcuno si prende cura di te. Che per qualcuno tu
sei qualcosa, che non sei solo. E quel qualcuno è la ragazza che ami più di te
stesso… Cos’era per lui Hermione? Hermione era…era fumo. Sì, fumo. Come il fumo,
lei, dolce e sensuale. Lo aspiri una volta e ne vuoi sempre di più. Una droga
di cui non puoi fare a meno. Un fumo che ti copre la vista. Non vedi
nient’altro che lei, ovunque e per forza. Ma non soffri per questo, anzi, sei
contento di essere avvolto da quella inebriante nebbia. Perché lei ti inebria,
il suo odore. Ti toglie il fiato, il respiro. Ti porta quasi alla morte con
lei, ma sei contento di andartene così. Fra le sue braccia. Fra il suo
corpo…Hermione.
“Ecco, fatto.
Proprio come a scuola, ti ricordi?” chiese Hermione allontanandosi da lui a
guardandolo per intero. Vestito in smoking Ron era uno splendore. Diverso dal
solito, ma affascinante. Cos’era per lei Ron? Era… il fuoco. Il fuoco che si
era acceso in lei dopo averlo conosciuto. Il fuoco che ti brucia l’anima, che
ti circonda, ti protegge. Una fiamma perenne che le illumina la strada da
seguire. Che la aiuta quando è sola, abbandonata nel mare della vita. Un fuoco
che ti spinge ad agire prima che ti possa scottare. Brucia la razionalità ed alimenta
l’istinto. Perché lui sfavilla accanto a lei, come un angelo brillante. Così
bello che quasi ti uccide, ma sei contenta di morire così. Nelle sue spire
infuocate. Fra il suo calore…Ron.
“Devo ammettere
che vestito così sono veramente un figo” spostò lo sguardo su Hermione “Ma
quasi scompaio accanto a questa stupenda ragazza” Hermione gli sorrise e si
avvicinò a lui. Lo prese per il colletto e avvicinò le loro labbra.
“Amo questi baci
improvvisi. Potrei continuarli all’infinito…” Hermione si allontanò.
“No Ron.
Dobbiamo andare. Siamo già in ritardo” disse guardando l’orologio. In quel
momento le campane iniziarono a suonare “Ecco, senti. La cerimonia sta per
iniziare. Forza muoviamoci”
Ron annuì con il
capo, anche se avrebbe continuato volentieri quel bacio. Afferrò l’orologio e
lo allacciò in un attimo. Si guardò un momento intorno, smarrito.
“Herm, hai visto
la mia bacchetta? Non la vedo” Hermione, che era già sulla porta pronta ad
andarsene, rientrò nella stanza alzando gli occhi al cielo. Spostò qua e la un
po’ dei vestiti sul letto ed infine trovò la bacchetta del ragazzo.
“Eccola. Tieni,
e poi sbrighiamoci” gliela lanciò. Ron l’afferrò al volo e se la mise in tasca.
O almeno, quella era la sua intenzione, ma qualcosa nelle tasche non gli permetteva
di infilargliela.
“Aspetta Herm.
C’è qualcosa…” ora Hermione era veramente scocciata.
“Senti Ron, le
campane hanno già finito di suonare. Ci perderemo tutto il matrimonio se non ti
muovi e poi…” Ron, mentre Hermione lo incitava a darsi una mossa, aveva
estratto il misterioso oggetto che stava nella tasca. Un piccolo pacchetto con
un fiocco azzurro stava stretto fra le mani di Ron. Il regalo di Natale per
Hermione! Se l’era proprio scordato. L’aveva infilato nei pantaloni e… ma
dopotutto quelli erano i “pantaloni della festa”. Li utilizzava si e no due
volta all’anno. E con il matrimonio di Draco e Ginny le volte erano salite a
tre.
“Per chi è
quello?” chiese Hermione sospettosa. Ron era assalito dai dubbi. Cosa doveva
fare? Sì, era per lei, ma era in quella tasca da Natale, poteva essere più un
offesa che un regalo.
“Presumo sia per
qualcuno di importante, visto che non me lo vuoi dire. Certo, c’era da
immaginarselo da uno come te” Hermione si stava arrabbiando. Era chiaro che si
arrabbiasse. Ron cercò di spiegare.
“No, Herm, non è
come sembra…cavoli, ascolta è stato l’inverno scorso… a natale…io, mi sono
scordato, sai con il fatto che eravamo finalmente fidanzati…”
“Ascolta Ron,
non voglio sapere nulla dei tuoi intrecci amorosi prima di me! Non me ne frega
nulla! Fai quello che ti pare! E vedi di muoverti!” stava uscendo dalla stanza
per raggiungere il luogo della cerimonia. Ron non poteva permetterlo. L’aveva
quasi persa una volta non poteva rischiare ancora. Corse in avanti la superò e
gli si inginocchiò di fronte. Allungò il pacchettino verso di lei, guardandola
negli occhi.
“Tieni, è per
te. Scusami se non te l’ho dato quando dovevo. Sono un idiota, ho sbagliato, lo
so. Ma ti prego non lasciarmi ancora”
Hermione,
sorpresa dal gesto del ragazzo, si fermò. Lo fisso negli occhi. Poi il suo
sguardo tornò uguale a prima.
“Sei un po’
patetico quando ti inventi certe cose, Ron. E sei ancora più patetico quando
pensi di risolverle i tuoi problemi in questo modo. Ora è meglio che
raggiungiamo gli altri prima che sia tardi” lo superò scartandolo di lato e
scese i primi gradini delle scale. Ron era allibito. Per una volta che non
usava trucchi o menzogne. Lui che l’amava più di qualsiasi altra cosa la mondo,
la stava perdendo ancora. Non poteva permetterlo. Non ancora. L’avrebbe legata
a se per sempre. Non doveva perderla, perché lei era la sua dolce Hermione.
Pensarla lontana da se equivaleva a morire in solitudine.
“Vuoi sposarmi?”
quelle due fatidiche parole uscirono dalla bocca di Ron. Lentamente si alzò e scartò
il pacchetto. Aprì la scatolina nera e prese l’anello dalla custodia. Era un
anello dorato con un prezioso zeffiro al centro. Arrivò alle spalle di
Hermione, a metà del secondo gradino. Era ancora girata dopo aver sentito la
domanda di Ron. Il suo cuore stava vagando qua e là per tutto il suo corpo, ma
la gola sembrava il posto migliore per lui in quel momento. Quando la mano di
lui le sfiorò la spalla si girò di scatto, pronta a rispondergli per le rime
dopo quell’ultima presa in giro. Ma non ne ebbe la forza. Ron si era nuovamente
inginocchiato davanti a lei, le aveva preso la mano e, lentamente, le aveva
infilato l’anello al dito baciandole dolcemente il dorso. Gli sguardi dei due
si incrociarono e, mentre quello di lei tradiva incertezza e sgomento, quello
di Ron era sicuro e deciso come poche volte lo era stato in vita sua.
“Hermione
Granger, vuoi essere mia moglie?” Ron non distolse per un attimo gli occhi da
quelli di lei. Hermione aveva cominciato ad ansimare. La tensione era troppa.
“Io…io…Ron,
io…n-non so…non so cosa dire…io…”
“Dì solo “Sì,
Ron. Lo voglio”. Fallo e farai di me la persona più felice del mondo” sorrise
Ron, tenendo ancora stretta la mano della ragazza fra le sue.
“Io…sì, Ron…io
lo voglio…lo voglio, Ron. Sì, Ron. Sì, sì, sì, sì!” quasi gridò e si buttò fra
le braccia del ragazzo. Lui, tornato in piedi, la afferrò a la strinse a se
teneramente. Era fatta. L’aveva detto, e lei aveva accettato. Era felice.
Felice sopra ogni cosa. Le lacrime di Hermione gli avevano bagnato il volto e scorrevano
ancora copiose dalla gioia. I suoi singhiozzi erano un misto di eccitazione e
felicità. Si ritrovarono faccia a faccia. Si baciarono. Ancora. E poi ancora.
Tanti baci tante labbra che si incontravano per trasmettere il loro amore.
Ron cadde di schiena
sul letto. A forza di baciarsi erano tornati dentro la camera. Hermione gli fu
subito sopra. Gli passò una mano sul petto, lentamente, slacciando i bottoni
della camicia. Ron allungò le sue sulla schiena della ragazza e abbassò la zip
del suo vestito.
“Guarda che
siamo già in ritardo… non credo che ci aspetteranno…” disse Ron senza fiato.
“Ci
aspetteranno, se non lo faranno… pazienza”
“Ma dove diavolo
sono quei due!” Molly Weasley era fuori di se. Era ormai mezz’ora che
aspettavano l’arrivo di Ron ed Hermione. Ed era da circa mezz’ora che la
signora Weasley sbraitava a destra e a manca.
“Irresponsabili…
proprio oggi, con il matrimonio… mai mi sarei aspettata una cosa del genere,
mai…” Ginny si alzò dalla sedia dove ciondolava stancamente le gambe e si
avvicinò alla madre.
“Dai mamma.
Siediti, stai calma. Sono sicura che stanno arrivando” ma la signora Weasley
non pareva ascoltarla.
“Mi meraviglio
di Hermione. Ron, lo sappiamo come è fatto… ma Hermione… non ho parole…”
Draco aveva
iniziato una partita a carte dei maghi con i gemelli, Charlie e Bill.
Nonostante tutto quella agitazione, Draco era fra i più tranquilli di tutti.
Richiamò l’attenzione di Ginny e le parlò sottovoce.
“porta tua madre dai genitori di Hermione, dentro il
gazebo. Così almeno si distrae un po’. E poi smette di lamentarsi senza sosta!”
Ginny gli lanciò un occhiata densa di significato. Poteva essere un “
D’accordo, ma mia madre non si lamenta senza sosta!”. In tutti i modi Ginny
acompagno la madre nel gazebo dove era stata allestita una chiesa all’aperto.
Draco tirò un sospiro di sollievo.
“Allora? Chi è
di mazzo?” nessuno fece in tempo a rispondergli che Ron comparve poco distante
da loro. Il suo smoking era stropicciato in alcuni punti. La camicia e la
giacca erano allacciate male, e la cravatta sembrava essere stata annodata da
un marinaio ubriaco. Bill si alzò in piedi e corse verso il fratello appena
arrivato.
“Ron sempre
meglio tardi che mai, eh? Ma come ti sei combinato… di un po’, ma tu non sai
dov’è Hermione, vero?” gli chiese malizioso Bill mentre gli stava riallacciando
bene la giacca.
“Hermione? Mah,
io non l’ho vista… davvero!”
“Sì, certo. Hai
avuto un incidente con un sarto che ti ha tirato una maledizione mentre venivi
in qua? Chissà come mai sei vestito così alla rinfusa…” ridacchiarono i gemelli
raccogliendo le loro carte dal tavolo. Draco sospirò sonoramente e si alzò in
piedi.
“Non è carino
far aspettare tutta questa gente. Tua madre sta già dando di matto, sai? Avanti
diamoci una mossa, altrimenti gli invitati se ne vanno tutti”
Su consiglio di
Draco, appena Ron fu in ordine, corsero tutti verso la piccola cappella
all’aperto. Tutti i ragazzi si sistemarono vicino all’altare in trepidante
attesa. Le occhiate della platea sembrarono trafiggere Ron, ma mai come quelle
del prete che gli rivolse un sorriso stiracchiato. Draco gli parlò
all’orecchio.
“Credo che non
abbino preso molto bene la tua scappatella improvvisa. Alcuni mi sembrano
proprio incazzati… guarda tua madre!” Draco indicò con un cenno della testa Molly.
La signora Weasley guardava Ron con occhi furenti. Ron stiracchiò il labbro ed
accennò un saluto nella sua direzione. In un qualche modo la madre gli rispose,
sbollendo parte della rabbia. Acanto a lei Arthur Weasley sembrava ridersela
sotto i baffi.
Papà è sempre
papà pensò Ron. Vicino a suo padre vi era la signora Granger. Pur non
guardandolo direttamente, parlottava con Arthur ridendo. Almeno lei non
sembrava arrabbiata. Ron avrebbe continuato lo scrutamento di tutti gli ospiti,
non molti a dire il vero, ma una musica solenne risuonò nell’aria. La marcia
nuziale ruppe il brusio di voci che si era venuto a creare. La musica
proseguiva potente e forte, così che tutti la sentissero bene. Poi la sposa
comparve in fondo al corridoio fra le panche. Hermione, a braccetto con il
padre, percorse la pedana rossa fino a raggiungere l’altare, dove lasciò il
braccio della figlia per cederlo a Ron. Assieme ad un’occhiataccia. Ron non gli
badò. L’eccitazione del momento era troppa. Hermione gli sorrideva in quel bell’abito
bianco. Senza veli o strascichi. Molto semplice, ma di una bellezza disarmante.
Il velo leggero incastrato fra le trecce dei capelli era la parte migliore di
tutto l’insieme. Lei si avvicinò con l’intenzione di baciarlo, lui non fu da
meno.
“Ah-Ehm… se
siete così gentili da aspettare, questa volta, la fine della cerimonia ve ne
sarei grato” il prete si intromise con un colpo di tosse invitandoli ad
inginocchiarsi.
“Sì…ci scusi…”
disse lei.
“Chiedo scusa…”
disse lui.
Entrambi si
inginocchiarono tenendosi per mano. La bocca del prete si aprì in un sorriso e
cominciò a recitare la funzione.
“Cari fratelli e
sorelle siamo oggi qui riuniti per celebrare l’unione di questi due giovani
ragazzi nel sacro ed eterno vincolo del matrimonio…”
*****
Scivolò lungo il
condotto di scarico dei rifiuti. Atterrò rovinosamente in una pozza d’acqua.
Dietro di lui due tizi lo raggiunsero assieme ad un grosso ragno da loro
evocato.
“E’ in trappola!
L’abbiamo ferito, avanti! E’ nostro questa volta!”
L’ombra scivolò
all’indietro con una capriola e subito fu pronta a combattere. Alzo la
bacchetta pronta a recitare la sua formula più letale.
“Aboleo
Spiritus” il fumo bianco uscì dalla bocca del primo mangiamorte. Poi, una
volta secco e vuoto, cadde a terra frantumandosi come un bicchiere di vetro.
“Fuori uno…”
biascicò l’ombra. Le forze cominciavano a scomparire. Le avevano teso un
agguato. Ne era uscita viva, ma si era dovuta infilare nei condotti fognari per
scappare dalla maggior parte di loro. Una volta finita qui li avrebbe cercati e
gliela avrebbe fatta pagare. Fino all’ultimo.
Si nascose
dietro ad un muro lungo il condotto. Aspetto il momento propizio. ZACK!
Con un colpo
secco tagliò la gola del secondo mago oscuro prima che se ne accorgesse. Il
corpo morto cadde a terra con troppo rumore. Il ragno evocato lo sentì e subito
gli fu addosso. Non poteva combattere il ragno con un pugnale. Otto braccia
contro due. E poi non ne aveva le forze. Corse via, inseguito dal mostro più
forte che poté. Raggiunse una pozza dove confluivano tutti i condotti. Una
grande faccia di pietra osservava l’acqua davanti a se. La sua bocca era
spalancata in un grido silenzioso. Era un passaggio, quella bocca.
L’ombra
attraversò la pozza e raggiunse il buco. Ci entrò sempre con il ragno alle
calcagna. Con un balzo anche il ragno entrò nello stretto cunicolo. Pochi
rumori concitati di combattimento e subito, come sparata da un razzo, l’ombra
uscì e si schiantò in acqua. Riemerse in un attimo e puntò la bacchetta verso
la bocca di pietra.
“Sigillum!”
la bocca si chiuse con uno scatto proprio mentre il ragno cercava di uscire.
Con un grido acuto il ragno morì. Il suo sangue verdastro si sparse lungo le
labbra di pietra. Il volto sembrò sorridere soddisfatto di quel pasto
inaspettato. Ancora annaspando l’ombra raggiunse il bordo della vasca e si issò
all’asciutto. Respirò a fondo per un bel po’ prima di ritornare a respirare
normalmente. Le sembrava di aver visto qualcosa sul fondo della pozza. Un
mostro addormentato? Con tutta quella confusione si sarebbe dovuto svegliare.
Decise di indagare. Sollevò la bacchetta e pronunciò una formula complicata. Le
acque si aprirono davanti a lei come tagliate da un coltello. Sul fondo vide sì
un mostro, ma solo il cadavere. Un basilisco adulto. Raggiunse il fondo della vasca.
Sorrise sotto il cappuccio. Un alleato asservito totalmente a se era proprio
quello che ci voleva. Frugò nelle tasche ed estrasse una piccola fiala contente
un liquido bianco. La stappò ed il liquido si rivelò essere un gas denso.
Alzò la
bacchetta e pronunciò altre complicate formule. Il gas candido vagò un po’ per
l’aria per poi infilarsi nelle narici e nella bocca del mostro. L’ombra
concluse l’incantesimo. Silenzio per un lungo attimo. Il basilisco aprì gli
occhi ed emise un grido strozzato.
“Bentornato
mio servitore” disse piano l’ombra
D’accordo mi sbrigo così pubblico. Anche se sto capitolo non
mi convince granchè: Ice, ok dopo che siamo chiariti tutto a posto, giusto? Ora
che tu sai…. Che ne pensi…?J; Eli e Kia, Ron puro e casto? Ma che è? Stiamo
scherzando? Ron è uno sborone di merda! E lo mostra bene!J;
Sunny, certo che qui Ron cambia un po’, eh? Fede al dito e arrivederci, chi lo
sente più?J;
Maichy, ma a molti è piaciuta l’idea di Giulia vedo. Bene, se pensi che l’ho
avuta al momento non è male… sono contentoJ; Ci, speriamo di no!
Giulia, un personaggio nato un mezzo secondo e dal successo sconvolgente! Non
ho parole!J;
Mikisainkeiko, come vedi va tutto bene!
Anche troppo. Ma non vi preoccupate nei prossimi capitoli… Si balla!!!!!!!!!;
Mikan, se vuoi faccio scontrare Ron e Lupin quando questo è Lupo mannaro. Sono
sicuro che il pezzo più grande che troviamo di Ron è come un francobollo!;
Kiak, mia dolce pulzella! Honey vuol dire Honey ( dolcezza, zucchero in senso
affettuoso. Ma non fai inglese?) Aspetto altre barzellette!!! Vuoi sapere
perché mi butto nel vulcano e ti salvo? Potrei scriverci una mini fic…. Fammi
sapere!!! Ciao Honey!!J; Ale chan, ma tua fai una fic! Non sta a te valutare ma a noi
recensionisti. E poi se non provi non puoi saperlo!!!J; Alexis,
quale onore aver la sua persona fra i recensionist J grazie per la
recensione!; Keijei, io l’ho detto che Ron è un figo!! (Su mia immagine e
somiglianza dopotutto…J); Giuggy, ehi un’altra minaccia di morte! E’ da tanto che non ne avevo
grazie! Come vedi si è sistemato tutto!!!!!!; Serena, a parte tutto, scherzi
vero??? Io sennò tristeLL.
Gente ore 21:22
(ritardo di un ora e mezza… mortacci…)
Le automobili del ministero arrivarono tutte puntuali
Nuvole in cielo
lo macchiavano e lo incupivano. Un vento pungente sferzava per tutta Londra,
come un fiume di aria che senza tregua sferza cose e persone.
Le automobili
del ministero arrivarono tutte puntuali. Alle dieci e mezza erano già tutti al
binario 9 ¾della stazione di King’s
Cross. Una trentina di uomini in divisa era, chi seduto chi in piedi, in
attesa. Un’attesa snervante. Il vecchio espresso per Hogsmade era immobile sui
binari freddi. Sembrava un treno fantasma da quanto era sporco e buio. In
quegli anni i suoi bei colori brillanti erano stati coperti da strati di fango,
polvere e sporcizia di vario genere.
Piton sembrava
stranamente euforico. Era eccitato all’idea di tornare ad Hogwarts. Camminava
avanti e indietro lungo la banchina ripetendo fra se e se parole a bassa voce.
Ogni tanto controllava qualcosa nella sacca che portava a tracolla. Annuiva e
riprendeva la sua marcia.
Lupin, invece, era preoccupato. Preoccupato per la sera.
La luna quella notte sarebbe stata piena. Non sapeva bene quando sarebbero
usciti di lì, ma voleva evitare di rischiare di “trasformarsi”, quello era il
termine più giusto, in un problema invece che rimanere un valido alleato. Era
difficile non pensarci, anche se Sirius gli aveva assicurato che avrebbe
protetto lui gli altri nel caso la mutazione in licantropo lo mandasse fuori di
testa. Il cane nero stava seduto come una sfinge con la testa poggiata sulle
zampe anteriori. Ogni tanto sbadigliava annoiato.
Anche Draco
pareva agitato. Stava seduto su una panchina al centro della banchina. Le sue
gambe si muovevano convulsamente come quando veniva interrogato ad Hogwarts da
qualche professore. Pensava a Ginny. E ad Eve. Ora che era lì, pronto per
partire, non se la sentiva di lasciarle sole. Quello era il suo più grande
terrore. Lasciarle, abbandonarle. Per sempre. Non era una missione facile. Per
niente. Dentro il castello di Hogwarts si nascondeva Voldemort. Non un mago
qualsiasi, il Signore Oscuro. Se non tornava dalla sua famiglia, se non le
vedeva di nuovo… era terrorizzato all’idea. Non voleva perdere tutto questo
proprio ora. Non ora che lo aveva guadagnato così faticosamente. Non voleva
andarsene così presto, voleva vivere ancora con le sue “ragazze”. Sentì un
tocco leggero sulla spalla. Hermione gli si era seduta accanto e lo aveva
circondato con un braccio. Sembrava aver capito il suo complicato stato
d’animo.
“Non ti
preoccupare Draco. Pensala così, domani sarà tutto finito. E’ solo per un
giorno”
“Grazie
Hermione. Vedrò di pensarci il meno possibile” gli disse Draco con un sorriso
spontaneo. Di rimando anche la ragazza sorrise e gli diede una pacca sulla
spalla. Si alzò e lo guardò dall’alto in basso.
“Forza Malfoy.
Non vorrai rimanere a piangere su te stesso. Si torna a scuola, hai fatto tutti
i compiti?” chiese sarcasticamente Hermione. Draco si mise in piedi di fronte a
lei.
“Perché Granger?
Credi che una come te possa superare la bravura e abilità di un Malfoy?” disse
un tono pomposo Draco prendendosiin
giro da solo. Gli sembrava di tornare indietro nel tempo quando durante il
viaggio di andata ad Hogwarts andava a punzecchiare Ron, Hermione ed Harry.
“Ehi, Malfoy,
lasciala stare! Vedi di tornare nella tua carrozza!” intervenne Ron mettendosi
fra la ragazza e Draco.
“Certo Weasley.
Io tutti i pezzenti li lascio da soli, non ti pr…Ah ah ah! Non ce la faccio! E’
ridicolo! Ma davvero dicevo queste cose?” anche gli altri due si misero a
ridere. Incredibile come era cambiato Draco. Dall’odioso Draco scolastico era
uscito un ragazzo che sembrava il suo esatto alter ego. Era normale che Ginny
si fosse innamorata di lui.
“Mi sono perso
qualcosa di divertente?” la voce matura del vecchio preside li riportò alla
realtà e li fece smettere di ridere a crepapelle. Silente si avvicinò ai tre
con le labbra increspate in un sorriso, appena visibile sotto la sua folta
barba.
“Parlavamo dei
vecchi tempi. Quando eravamo ancora studenti” disse Ron asciugandosi le lacrime
agli occhi.
“Vecchi tempi?
Ma avete appena diciotto anni! Se voi parlate dei vecchi tempi io di che dovrei
parlare?” chiese Silente. Ron boccheggiò indeciso se chiedere scusa per avere
usato certi termini con uno che avrà avuto sicuramente più di cento anni. Il
suo boccheggiare non fece altro che far esplodere un’altra risata generale a
cui si accodò quando vide che anche Silente rideva di gusto.
“Siete
preoccupati?” chiese d’un tratto il preside riportando la discussione nella
serietà. I tre annuirono con la testa.
“Sì. Sono… non
lo so. Ma tornare ad Hogwarts dopo quello che è successo… non lo so, davvero.
Sicuramente non lo faccio con gioia, ma qualcuno deve pur farlo, no?”
“Sono d’accordo
con Ron” disse Hermione “Credo che la paura per noi tutti sia di perdere quello
che finalmente ora abbiamo” lanciò un’occhiata al marito, che rispose di
rimando con lo stesso sguardo. Paura di perdersi.
“E tu Draco?”
Silente si voltò verso il ragazzo biondo.
“Io ho paura,
signore” gli altri lo guardarono sorpresi “Ho paura. Paura per Ginny. Paura per
Eve. Paura di morire e non vederle mai più. La sola idea mi terrorizza,mi fa tremare, mi distrugge il cervello. Ed
ho paura perché io… non ho mai paura. Non ne ho mai avuta così tanta in vita
mia”
Il sentire dire
da Draco stesso quelle parole lasciò i tre sbalorditi. Draco Malfoy aveva
paura. Non l’aveva mai dato a vedere, ma ora l’aveva ammesso su due piedi.
Così, come se fosse la cosa più normale del mondo. Draco era davvero cambiato.
Era maturato molto ed aveva fatto le sue scelte di vita. Ed aveva scelto bene,
per fortuna.
Hermione gli si
avvicinò e lo abbracciò forte. Non era un abbraccio d’amore. Era l’abbraccio di
una mamma. Qualcosa che Draco non aveva mai avuto realmente. Pur avendo gli
occhi lucidi, si svegliò da quel suo stato d’animo. Sorrise flebilmente.
“D’accordo,
adesso basta pensare a cose negative. Torniamo a scuola!” quasi gridò ed alzò
le braccia i tono entusiasta. Come se tutto fosse stato programmato come nel
copione di un film, il treno accese le sue luci ed emise uno sbuffo di vapore
seguito da una suono acuto. L’espresso stava per partire.
In fretta gli uomini
salirono sul treno assieme agli altri soldati ed al preside Silente. Presero
posizione in varie carrozze. A causa del lungo tempo di inutilizzo anche gli
interni lasciavano molto a desiderare. Oltre a polvere ovunque, erano anche
danneggiati in alcuni punti. Poco attenti a questi dettagli, dopo circa un
quarto d’ora il treno partì. Alle undici in punto.
*****
I vagoni
correvano pigri sui binari umidi e freddi. Pioggia che scendeva, ormai, da
qualche ora, senza tregua. L’acqua rigava i vetri dei finestrini del treno,
come fiumi disegnati distrattamente sulle cartine geografiche. Correvano
uniformi, per poi incresparsi nelle curve più strette del convoglio di acciaio.
Ma erano tristi. In quel giorno, anche il cielo piangeva. Un panico silenzioso,
letale come un fumo tossico, aveva avvolto tutti i vagoni dell’espresso. Se la
morte avesse fatto visita, si sarebbe ritirata impaurita dalla freddezza di
quel luogo. Hogwarts era sempre più vicina. Il momento di combattere si stava
inesorabilmente avvicinando.
Hermione era
stretta fra le possenti braccia di Ron, la testa poggiata contro il suo petto.
L’abbraccio del ragazzo la proteggeva e la avvolgeva con amore e dolcezza,
mentre affondava il viso nei suoi capelli bruni. Il dondolare del treno li
cullava in quell’unione silenziosa. Sospiri. Respiri. Fruscii di vestiti, l’uno
contro l’altro. Piccoli movimenti, impercettibili, per non rovinare quel
momento quasi sacro. La mano del cuore di ognuno si intrecciò con l’altra. Le
dita sottili di lei avvolsero quelle decise di lui, unite in una cosa sola. Lo
sguardo rilassato ma nello stesso tempo sofferente dei due si perse nel cielo
plumbeo carico di pioggia che severa bagnava senza distinzione alcuna terra,
acqua, persone.
Hermione si
strinse di più all’amato. Ron le baciò affettuosamente la nuca e la cinse più
vicino a se, con il braccio attorno alla vita. Entrambi avrebbero voluto che il
tempo si fermasse in quel momento. In quel secondo. In quel minuscolo ed
insignificante attimo di eternità. Un sogno irrealizzabile. Impossibile, quasi
impensabile. La voce di Morfeo ebbe la meglio su i due giovani sposi. Un sonno
senza sogni. O troppo complicati da ricordare. Troppo… sognanti. Troppo vaghi,
incerti, insicuri. Non era il momento dei sogni. Era il momento della verità. E
quel momento era appena arrivato.
Una scossa
energica svegliò Ron dal suo riposo. Dopo un primo momento di disorientamento,
ricordò dov’era e perché era lì. Draco aveva ancora la mano sulla sua spalla.
“Siamo arrivati.
E’ ora di scendere”
Ron annuì con il
capo e sbatté un po’ gli occhi per abituarli alla, seppur scarsa, luce. Il
tempo non era migliorato. La pioggia scendeva meno fitta ma continuava a
flagellare la terra.
Svegliò Hermione
con un bacio sulla guancia. Lei sorrise con ancora gli occhi chiusi. Sapeva chi
l’aveva svegliata ed era contenta di trovarsi fra le sue braccia. Furono gli
ultimi a scendere dall’espresso. Ad Hermione mancò il saluto di Hagrid che era
abituata a ricevere al suo arrivo ad Hogwarts. Chissà come stava il
mezzogigante, ora. Era da anni che non lo vedeva. Probabilmente era ancora in
giro per le montagne scozzesi con Madame Maxime a cercare di allearsi con
quanti più giganti possibili. Anche se Voldemort non era più presente, il
problema dei mangiamorte lo era eccome. Ed era un problema serio. Soprattutto
se avevano dalla loro parte giganti, dissennatori ed altri mostri terrificanti.
Con la scomparsa definitiva di Lucius Malfoy, però, il problema dei seguaci di
Voldemort si era notevolmente ridotto. La paura di finire come quest’ultimo,
con l’anima strappata e fatto a pezzi da uno spirito della morte aveva spinto
molti maghi oscuri a defilarsi per un po’ di tempo. Al momento la situazione
era tranquilla. Ma solo al momento.
Il vento
sferzava i volti dei presenti sulla banchina della fermata del treno. Bene o
male si coprirono tutti con mantelli con cappuccio o semplici tabarri di lana.
Trovato un punto coperto Lupin parlò alla truppa.
“Bene, ci siamo.
Se tutto va come deve andare le carrozze trainate da cavalli invisibili ci scorteranno
dentro il perimetro di Hogwarts. Avremo tempo fino a mezzanotte per ispezionare
il castello. Non voglio rischiare che la barriera si chiuda intrappolando
qualcuno di noi, piuttosto usciamo prima anche se la missione non è terminata.
Ora sono le ore…sette e dieci, abbiamo meno di cinque ore per svolgere al
meglio il Piano H. Il nostro lavoro dovrà essere preciso ma rapido. Mi
raccomando” si schiarì ancora la voce e continuò “Ora, sappiate che siete sotto
silenzio militare. Quello che vedrete e che succederà non dovrà mai, e dico
mai, essere riferito a nessun altro, salvo mia autorizzazione. Quindi, Sirius,
procedi pure”
A quelle parole
molti soldati si allontanarono spaventati da Lupin. Il cane nero ai suoi piedi
si trasformò fino ad assumere forma umana. Un grosso ed alto uomo dai capelli
ed il pizzetto neri. Aveva indosso una coreana dal collo alto e dei pantaloni
di pelle in abbinamento con gli stivali alti fino al ginocchio. Un bel mantello
dall’ampio collo completavano l’insieme. Tutti i capi erano rigorosamente neri.
“Ma…è Sirius
Black!” gridò una voce fra la folla. Lo sgomento e la paura si fecero breccia
fra i cuori coraggiosi di quei battlemage.
“So che è
difficile crederlo con le voci che girano sul suo conto, e troppo lungo e
complicato da spiegare, ma vi prego di fidarvi di lui come si fidano di lui i
soldati Granger, Malfoy e Weasley. E come ci fidiamo Silente, Piton e io
stesso. Lui non è colpevole dei crimini di cui è accusato. E’ dura da credere,
ma vi prego di trattare Sirius Black come trattereste me. Se la missione verrà
compromessa da un vostro comportamento scorretto, pagherete in prima persona
tutte le conseguenze del caso. E per mano mia” con questo Remus zittì tutti i
mormorii ed ottenne la completa attenzione “E’ chiaro?”
“Sissignore!”
risposero come un sol uomo i battlemage facendo battere i tacchi degli stivali.
Velocemente si defilarono tutti verso le carrozze, ma Sirius trattenne i suoi
amici ancora un attimo.
“Grazie ragazzi,
per me vuol dire molto partecipare a questa missione. Io e Voldemort abbiamo
ancora un conto in sospeso. Mi sono allenato per questo mi sono preparato allo
scontro da quando è morto Harry. Ho vagato per il mondo per più di un anno… ed
infine ce l’ho fatta. Ho scoperto un nuovo potere da sfruttare. Ed ora lo
voglio condividere con voi. Draco, passami il tuo chackram” Draco sfoderò
l’arma con un guizzò della mano e la porse all’uomo in nero. Sirius la afferrò
e lo mise fra le sue mani unite come in preghiera. Cominciò a cantilenare
parole incomprensibili. D’incanto il chackram si mise a levitare e roteare a
mezz’aria. Con gli occhi chiusi, Sirius continuava a parlare in quella strana
lingua.. Poi si fermò. L’arma volante si illuminò e fu percorsa da scariche
elettriche. Con un gesto veloce Sirius la afferrò e la passò al biondo, ancora
con gli occhi spalancati.
“Starei attento
a maneggiare quel cerchio ora. Potrebbe essere elettrizzante” ridacchio
sommessamente “Ha appena ricevuto la benedizione di Quetzalcoatl. Fanne buon
uso” detto ciò ripeté lo stesso rito sulla spada di Ron. Era una spada molto
bella e maneggevole. Un regalo di matrimonio da parte di un certo “Felpato”.
Anche la piccola balestra a due colpi di Hermione venne colpita dallo spirito
elettrico dell’uccello del tuono. Neanche da dire chi gliela regalò. Remus si
avvicinò al gruppetto appena Sirius consegnò la balestra ad Hermione.
“Sirius Black,
chi sei tu?”
“Sono sempre io,
amico mio. Diciamo che ho scelto un’altra specializzazione” e strizzò l’occhio
al amico d’infanzia. Remus gli sorrise e lo colpì con una manata sulla spalla.
“D’accordo, ma
un giorno dovrai raccontarmi del tuo viaggio. Certo che potevi vestirti in modo
un po’ più, come dire, allegro. Il nero, nonostante ti stia bene, non ha
contribuito al discorso che ho fatto alla truppa”
“Mi spiace
Lunastorta, ma questa è la mia divisa. Non combatto mai una battaglia seria
senza questa addosso”
Insieme
seguirono gli altri verso le carrozze.
*****
Dopo meno di un
quarto d’ora, Hogwarts comparve all’orizzonte. Le carrozze correvano verso il castello
in rovina. Dopo tutti quegli anni senza visite il tempo aveva fatto del suo
meglio per rovinarlo. Silente deglutì per l’emozione. Stava per tornare. Quella
era la sua casa. La sua scuola. Ne era ancora il preside, dopotutto. La
carrozza in testa ospitava Draco, Ron, Hermione e il vecchio preside. Avevano
raggiunto l’inizio dell’ultimo tratto di strada che li separava dal cancello di
Hogwarts e quindi dalla barriera. La cupola scura e semitrasparente era ben
visibile. Copriva tutta Hogwarts ed anche un buon pezzo del parco vicino. Ed
era sempre più vicina. Le ruote delle carrozze sollevavano schizzi di fango. E
l’entrata era sempre più vicina. La vegetazione cresciuta di parecchio in
quegli anni strisciava i rami lungo la carovana di carrozze. E il cancello era
ormai a due passi. Un passo. Eccolo. L’impatto non fu terribile come lo avevano
immaginato. La barriera si comportò come una grande parete elastica.
All’impatto si piegò verso l’interno, finché, finalmente, cedette. Con lo
squarcio fatto dalla prima, tutte le altre carrozze raggiunsero il giardino
davanti all’entrata e si fermarono a semicerchio.
Lupin scese in
religioso silenzio, subito seguito da Silente.
“E’ fatta. Ha
funzionato…”
“Certo che ha
funzionato, ne dubitavi forse?” chiese acido Piton. Superò il gruppo di soldati
e salì i primi gradini della scala che conduceva al portone del castello.
“Aspetta
Severus. Marceremo compatti. Non vogliamo rischiare che nessuno di noi si
ferisca o peggio” intervenne il preside per fermare il professore non-morto.
Seppur con poca voglia, Piton si fermò e tornò sui suoi passi. Lupin osservava
lo squarcio assieme a Sirius.
“Credo che
resterà aperto per molto?”
“No, non credo.
Ma penso che possa venire forzato di nuovo. Credo che solo oggi possa essere
forzato”
“Eppure Piton per uscire ha detto di aver fatto un buco
nella barriera…” disse piano Lupin. Sirius scosse la testa rassegnato.
“Non lo so. A me
sembra pulito. Ti ho raccontato della Torre di Londra”
“Sì, sì, mi hai
detto quello che è successo. Speriamo di non aver preso un granchio colossale”
si allontanò dall’amico e radunò gli uomini.
Draco, Ron ed
Hermione stavano vagando con lo sguardo per tutto il castello e per le serre
poco distanti. Il parco, il lago, la vecchia capanna di Hagrid. La voce di Sirius
li svegliò da quello stato di paresi. Subiti il trio si accodò agli altri. Era
tempo di entrare.
*****
“Tu mi hai
chiamato con un nome! Tu sai chi sono!” l’ombra aveva sollevato da terra il
mago oscuro davanti a se. Attorno ai due una decina di statue di pietra
immobili e con espressioni terrorizzati sul volto assistevano allo spettacolo.
L’enorme basilisco strisciava minaccioso fra le persone che aveva appena
pietrificato. Sibilava soddisfatto del suo lavoro.
“Parla stupido
esempio di mago o preferisci finire fra le fauci della mia bestiolina…” il
mangiamorte negò con il capo energicamente
“E allora parla feccia di essere vivente! Parla!” gli
piantò la bacchetta sotto il mento con fare minaccioso. Il mago oscuro sfruttò
la posizione della bacchetta dell’ombra. Troppo distante per difenderla da un
attacco preciso. Con un colpo secco della mano disarmò l’ombra e si staccò
dalla presa d’acciaio della sua mano. L’ombra non fece in tempo a sorprendersi
per l’accaduto che la stessa mano lo colpì duramente nello stomaco. Si piegò in
due e si accasciò a terra. Cadde sulle ginocchia, tossendo. Senza esitare il
mangiamorte corse via, il più lontano possibile da quell’essere. Girò per molti
angoli e per altrettanti corridoi, infine si fermò, contro la parete a riprendere
fiato. L’aveva scampata. L’aveva scampata davvero. Non ci poteva credere. Aveva
visto in faccia l’ombra ed era riuscito a scamparla. Per un attimo si era
tradito chiamandola per nome. Si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.
Errore imperdonabile. Il muro alle sue spalle si sbriciolò ed una mano di
acciaio gli cinse il collo strozzandolo. Le punte di quella mano gli avevano
aperto numerose ferite. Sollevato a mezz’aria annaspava per respirare.
Stringeva con la poca forza rimasta il polso dell’ombra che lo teneva sollevato
il più possibile.
“Quindi tu mi
hai visto in faccia. Mesi fa, alle serre. Il cappuccio mi era sceso di testa
per un attimo. Per questo mi hai chiamato per nome… sai chi sono. Credo che
terrai il segreto tutto per te. Io non voglio più sapere chi sono. Io so
chi sono!” estrasse il pugnale cesellato e lo passò rapido sugli occhi del mago
oscuro. Se avesse avuto aria probabilmente avrebbe urlato per il dolore.
*****
In stretto contatto fra di loro e con le armi estratte il
gruppo di battlemage salì le rampe di scale per raggiungere la sala dei
banchetti. Non avevano ancora incontrato nessuno, e questo era un bene.
Dovevano solo scoprire cosa era successo lì tre anni fa e come rimediare alla
cosa. E poi c’era Voldemort. Non era uno degli obiettivi incontrarlo, ma se
fosse capitato… sarebbe stato necessario eliminarlo. Il livello di abilità in
combattimento dei maghi si era molto alzato da quando il signore oscuro era
risorto. E lì era radunato il fior fiore dei battlemage. Senza contare che
c’era anche Silente, l’unico in grado di fronteggiare Voldemort anche nella sua
prima venuta. Silente era davvero potente.
Arrivarono alle
grandi porte della sala da pranzo. I soldati contarono fino a tre e le
spalancarono di scatto. Quello che videro fu impressionante. La bellezza di
quel salone era stata annientata. Piccole baracche e tende erano sparse ovunque
come in un accampamento. Gli stendardi delle quattro casate erano a brandelli,
o ancora appesi, o usati come materiale per costruire amache lenzuoli, coperte
e altri utensili. Un paio di fuochi erano accesi e illuminavano l’ambiente.
Silente si fece strada fra quel campo di profughi e, per la prima volta che i
presenti ricordassero, si tolse gli occhiali.
“Mio Dio…”
sospirò senza fiato. Una figura sbucò da una tenda e corse verso un’uscita
laterale.
“Fermatelo!”
gridò Lupin e subito tre battlemage gli furono addosso. Lo presero con forza e
lo portarono davanti al loro capo. Remus lo fissò da capo a piedi. Era un uomo
magro e basso. Aveva la barba incolta lunga e le vesti quasi a pezzi. I suoi
occhi erano… sfregiati, da un taglio recente. Quell’uomo era stato accecato con
una ferita sugli occhi. I suoi lunghi e arruffati capelli grigi gli coprivano
il resto del volto. L’uomo mugugnò. Lupin gli spostò i capelli dal volto e vide
i segni sul collo. Altre ferite fresche.
“Dimmi il tuo
nome” ordinò Remus. L’omino mugugnò ancora impaurito.
“Ho detto dimmi
il tuo nome. Hai un nome, vero?” l’uomo scosse il capo ciondolando e si
accasciò a terra ansimante. Aprì la bocca nella sua direzione. Non aveva la
lingua.
“Oh santo Dio…”
Remus si chinò e gli afferrò il capo per aiutarlo a non svenire dal dolore.
Anche la lingua aveva lasciato il suo posto da poco tempo “Chi ha potuto
fare…mio Dio, Severus, vieni qua” Piton si avvicinò a esamino l’uomo come aveva
appena fatto Lupin.
“Non può essere
che lui. I mangiamorte non trattano così i loro compagni. O vivi o morti.
Questa è crudeltà allo stato puro”
“Mettetelo in un
letto, o la cosa più simile ad un letto che trovate. Vedete che non stia male.
Ci serve vivo e comunque e meglio che lo rimanga, lui l’ha visto” cinque
battlemage si allontanarono per prendersi cura del mangiamorte. Era talmente
mal messo che non avrebbe potuto arrecare danno. Più che paura faceva pena, in
quelle condizioni.
Ron cercava
ricordi del suo passato. Il tavolo dei Grinfondoro era ribaltato di lato, usato
come muro di una casupola. Non poteva credere a tutto ciò. Il male che si
distruggeva da solo. Voldemort che eliminava i suoi alleati. Impensabile…
“Attenzione! E’
un orco, no sono tre!” un battlemage alla porta diede l’allarme appena in
tempo. Tre grossi orchi armati di asce bipenni entrarono di prepotenza nella
sala e si scagliarono sul piccolo esercito del ministero, sbavando e gridando.
“Usate meno
incantesimi possibili! Non rischiate ma non sprecatene!” gridò Lupin prima di
prepararsi per la battaglia. Un orco prese di mira Hermione e la caricò con
forza. Lei subito reagì.
“Voco Lupus!”
una nube di fumo e in un attimo davanti alla ragazza stava un lupo inferocito
grande quanto una motocicletta. Subito il lupo si gettò contro l’orco e lo
azzannò ad un polpaccio. Quello ringhiò per il dolore e diede un calcio alla
bestia. Ron lo affiancò subito con la spada in pugno.
“Pronto a
combattere orco schifoso. Avanti…” Ron partì all’assalto con una carica. Capite
le intenzioni del mostro, si abbassò appena in tempo per evitare un fendente
dell’ascia. Avvantaggiato dalla posizione rotolò fra le sue gambe e gli fu alle
spalle ancor prima che l’orrenda creatura terminasse il fendente iniziale.
Sollevò la spada pronto a colpire, ma una mazzata lo schiantò al fiancò
mandandolo a terra parecchi metri più in là. Ora anche un troll si era unito al
combattimento. Non uno solo a dire la verità, ben cinque, tutti impegnati con
il grosso dell’esercito. L’orco grugnì in segno di vittoria e caricò Ron,
ancora a terra. Il rosso si rese conto tropo tardi dell’ascia che pendeva sulla
sua testa. Il biondo invece no. Il suo chackram fulminò il manico in legno e lo
tagliò di netto. La lama cadde a terra con un rumore sordo. In contemporanea il
lupo evocato morse il posteriore del mostro giallognolo, e Ron, ripresosi dal
brutto colpo almeno in parte, trafiggeva il suo petto scoperto. La carne
sfrigolo fritta dall’elettricità dell’arma. Presto il puzzo di carne bruciata
coprì il fetore dell’orco. Sputando sangue nero, cadde sulle ginocchia e poi a
terra, morto. Ma il troll non era certo stato a guardare. Aveva già pestato un
paio di lupi che Hermione aveva invocato in difesa, ed ora era arrivato alla
ragazza. Anche l’ultimo lupo tentò un disperato assalto, ma finì schiantato al
volo dalla mazza pesante del mostro. Hermione non era fatta per il corpo a
corpo. Indietreggiò e puntò, assai poco convinta, la balestra verso il troll.
Ron aveva ancora la spada conficcata nel petto dell’orco. Non sarebbe mai
arrivato in tempo, a meno che… aveva funzionato una volta, perché non riprovare
ora?
“Wingardiun
Leviosa!” la mazza del troll rimase sospesa a mezz’aria. Dopo un attimo di
sorpresa il troll ricevette la sua mazza sulla testa un paio di volte, giusto
per stare sul sicuro. Ron raggiunse Hermione.
“Tutto bene
tesoro?” chiese lui tenendosi il fianco.
“Sì, grazie, ma
tu sei ferito”
“Naa, è stato
solo un colpetto. Nulla confronto agli allenamenti con Draco. Vero Dra…” Ron
vide qualcosa di spaventoso. Un dissennatore stava sospeso sopra Draco e da
sotto il cappuccio stava allungando una specie di proboscide nera. Draco era in
ginocchio e lo fissava ad occhi spalancati. Lacrime di dolore scorrevano lungo
il suo volto. Stava per ricevere il bacio della morte.
“Herm, presto!”
la ragazza annuì. Si misero di schiena l’un l’altra e puntarono la bacchetta
verso il dissennatore.
“Expecto
Patronum!” gridarono ad una sola voce. Le due scie d’argento scivolarono
attorno al corpo del dissennatore trascinandolo lontano da Draco. Lo sbatterono
a terra e presero forma davanti al ragazzo biondo. Ron ed Hermione. In versione
argentata a causa dell’incantesimo. Come un sol essere gli saltarono addosso e
scacciarono il mostro succhia anime lontano da lì.
Il tempo di
raggiungere Draco, e le loro copie magiche sparirono in un guizzo di fumo.
“Draco? Ehi
Draco, come va? Tutto bene?” chiese Ron chinato davanti a lui. Draco aveva
ancora gli occhi azzurri spalancati ed il volto terrorizzato. Le lacrime non
accennavano a smettere.
“So-sono morte,
Ron… le hanno uccise… e non ero lì per proteggerle… è colpa mia Ron… sono morte
a causa mia… Ginny… Eve… non ci sono più a causa mia…”
“Oh Cristo…No
Draco! No! Ascoltami, guardami! Non era reale, guardami e ripeti con me! Non
era reale, non era reale!” Hermione gli prese il volto fra le mani e lo fissò
negli occhi “Ripeti Draco! Non era reale! Era un dissennatore, non era reale!”
Draco sbatté le palpebre e afferrò le spalle di Hermione.
“Non era
reale…non era reale…sì, non era reale… Non era reale…” Draco si accasciò al
suolo e respirò profondamente. Dopo poco si riprese e si sollevò da terra.
“Grazie ragazzi.
Le mie paure… non mi sono accorto che si avvicinava, per fortuna l’avete visto
in tempo. Grazie” Ron gli batté una mano sulla spalla.
“Ehi, siamo una
squadra. A proposito, il tuo chackram, e grazie per la prontezza di riflessi”
Dopo essersi
sistemati il trio raggiunse il resto del gruppo, dove solo due battlemage erano
rimasi feriti.
*****
Chi sono questi qua? Non li ho
mai visti prima…sono forti, e tanti. Una brutta accoppiata…
L’ombra aveva osservato tutto il combattimento da sotto il
mantello dell’invisibilità. Aveva pensato di mandare un po’ di mostri per
stanare qualche altro mago. Non avrebbe mai pensato che…
Poco male. Li
prenderò in piccoli gruppi. Li eliminerò con calma, non ho fretta.
L’ombra
si eclissò così come era arrivata. Soltanto Piton ebbe come una sensazione di…
Alè alè! L’assalto è iniziato. Ed il meglio deve ancora
venire!!!!!! Ringraziamo e pubblichiamo: Sunny, ciao o mia musa del sole
(perché il tuo nick è sunny…) ti prego torna ascrivere perché senno mi ammazzo…
non è vero ma grazie per continuare a seguire la fic di questo indegno vecchio
pazzo!!!!J;
Ice, ok il matrimonio è venuto male, ma adesso è chiaro no? Sì lo so sono
bastardo….EehehehehehehJ; Sorti, non è
un romanzo rosa!!! Un po' di pace a st 4!!! Ti assicuro che gli ultimi
capitoli.... bwahahahahah Terribili!!!!!; Yuechan, new recensionist!!!!!!
Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh (come il pagliaccio Baraldi.…). Draco e Ginny stanno
troppo bene insieme! Harry e Ginny invece per me non troppo. E poi qui Harry
non c’è più! Chi ci mettevo, Neville?????J; Ci, il tocco alla Strekon. Sembra una roba
che si mangia. Lo dirò alla mia prof di ita….J; Alexis, ma noooooooooooo! E’ il basilisco
del 2 libro di Harry!!! Un gran bel mostro, per meJ; Kiak (e
meio), le français? C’est superbe! Mais je prefere l’anglais. Kiak mia! Per
piccina che tu sia! Ma che cosa ti è successo che non ho ben capito?(moto,
infermiere…. Bho?) allora scrivo la fic!!! L’ho già scritta mano!!!!JJJJJJJ; Mikisainkieiko, la mia beta tester
preferita!!!!!! Ho corretto come mi hai detto e devo dire che è migliorato
molto il capitolo!! Zenchiù!!!!J; Maichy, i serpenti non ti gustano? Ti sarà
piaciuto l’episodio di Lucius demone!!!!!!!JJ; Giuggy, a me sto capitolo mi è piaciuto una
cifra!!!!!! E a te? È abbastanza interessante????; Keijei, Ron il geloso…. È
una questione d’onore…. (tanto Ron si comporta come farei io….J); Mikan, ok
organizzo l’incontro del secolo i biglietti sono già in prevendita in tutta
Bologna!!!; Ladyofshadows, zenchiù! Ma tu continua la tua fic! Ho deciso che
inizierò a seguirla!!!!; Ale-chan, ho scritto il procedimento in una recensione
per pubblicare le fic. E’ una crossover fra Harry potter e….????? me
curioso!!!; Serena, Ah, il magicuoco! Ma sei l’unica (insieme a Kiak) che legge
senza trama? Avanti raga, leggetela anche voi!!!!; Enika, degno del miglior
show del sabato sera. L’ombra ha bisogno di alleati….
Per prima
cosa… un po’ di confusione. Per distrarli mentre li separo. Saranno morti prima
di rendersene conto. Ci penserai tu mia cara bestiola…
L’ombra
accarezzò con la mano di acciaio il dorso del basilisco. Il grosso serpente
aveva gli occhi ben chiusi. Così gli aveva ordinato l’ombra, per non rischiare
di essere pietrificata. Interruppe le carezze e si mise di fronte alla
creatura.
“Vai. Attaccali
fanne fuori quanti puoi, ma non rischiare. Sono forti e se vogliono possono
eliminarti facilmente. In caso di guai striscia verso il giardino e da lì alle
serre. L’entrata segreta per le fogne è pronta. Potrai raggiungere qualsiasi
luogo del castello. Ora vai e fai il tuo lavoro. Aspetterò fuori dalla sala”
Il basilisco sibilò in tono di approvazione e scivolò
silenzioso lungo il corridoio, verso la sala grande. L’ombra si sistemò il
mantello sulle spalle e seguì a passo lento la scia del mostro. La luna era
alta in cielo. Piena. Tonda e luminosa. Offuscata, solo a tratti e per brevi
momenti, da stracci di nubi del temporale di poco prima. Dalle finestre rotte
il vento pungente della sera si insinuava per i corridoi di Hogwarts. L’ombra
lo avvertiva appena. Il mantello era anche un buon indumento per proteggersi
dal freddo. Scivolò fra le statue immobili dei mangiamorte. Con il suo nuovo
alleato aveva decimato i maghi oscuri. Praticamente nessuno era rimasto in
vita. Pochi, pochissimi, ma ora… Quelle persone. Chi erano? Da dove venivano?
Perché non li aveva mai incontrati? Erano diversi dagli altri maghi. Erano
organizzati. E più forti. Li aveva visti combattere contro quelle creature che
aveva evocato. La ragazza era un evocatrice, ma non sembrava molto esperta.
L’ombra lo era di più. Se la ragazza avesse dimostrato più abilità del normale,
avrebbe avuto una sorpresa per lei. Anche i due ragazzi erano forti. Il rosso a
corpo a corpo era mortale. Una forza spaventosa, ed una resistenza pari alla
forza. Non aveva praticamente fatto una piega quando il troll lo aveva colpito.
Giusto un attimo di torpore. Notevole, veramente notevole. Anche il ragazzo
biondo era tosto. Agile, scattante ed esperto negli incantesimi. Aveva dovuto
richiamare un dissennatore per metterlo alla prova. E quelli non si evocano di
certo, si spingono con la forza a fare quello che vuoi. Complicati da
addestrare i dissennatori.
Anche nella calca più grande aveva distinto qualche
valido combattente. Il vecchio era un mago potente. Aveva percepito la sua
magica aura bianca quando gli era passato accanto. Micidiale. Sarebbe stato il
primo ad essere eliminato. Troppo pericoloso lasciarlo agire. Anche il tizio in
nero. Usava una tecnica particolare. Sentiva la magia scorrere in lui, ma non
lo aveva visto recitare formule o sfoderare bacchette. Inoltre conosceva le
arti marziali. Infine quei due. Uno era sudato ed agitato, e probabilmente era
il capo del gruppo. Aveva urlato lui gli ordini a tutti quando i mostri li
avevano attaccati. Quel suo senso di malessere, però. Non lo convinceva… aveva
qualcosa di strano. Lo avrebbe osservato meglio per scoprire il suo segreto.
L’altro era…era lui! Quel tizio di parecchi mesi prima! Quello che lo aveva
fatto mettere in agitazione. Paura. Sciocchezze, l’ombra no ha mai avuto paura.
Mai. Piuttosto lo aveva sottovalutato. Non sarebbe capitato ancora.
Impegnata
com’era nel pensare, l’ombra non si accorse di essere arrivata alle porte della
sala grande. Il basilisco stava entrando, silenzioso, in quel preciso momento.
Lo spettacolo stava per iniziare.
*****
Un ruggito fece voltare la maggior parte delle persone
verso l’ingresso della sala. Buona parte di quelle non si mosse più da quella
posizione.
“E’ un basilisco! Accecatolo e non incrociate il suo
sguardo! Silente presto, dietro il tavolo!” Lupin ed il preside si gettarono
dietro al tavolo ribaltato riparandosi dallo sguardo del mostro. Ron ed altri
battlemage puntarono la bacchetta verso il muso del mostro.
“Caecus Totalus!” diverse scie luminose colpirono
in pieno gli occhi del basilisco che si agito in preda alla rabbia. Per ora il
suo sguardo non avrebbe più fatto danni. Hermione raggiunse Ron appena in tempo
per vedere comparire da una nuvola di fumo delle pantere nere avvolte dalle
fiamme.
“Gatti infernali!” gridò la ragazza “Sono stati appena
evocati… ma chi…?” entrambi si guardarono circospetti in giro mentre il
basilisco ingaggiava battaglia con i battlemage rimasti. Anche Draco lo colpì
con qualche incantesimo.
L’ombra era entrata. Scatenò i gatti infernali contro il
tizio in nero. Sirius si rese conto appena in tempo dei due felini e li evitò
con un salto all’indietro. Atterrò a piedi pari e si mise in posizione di
attacco. Non poteva colpirli in corpo a corpo. Le fiamme di cui erano
circondati lo avrebbero ustionato. Ron capì al volo la situazione in cui era
Sirius e si lanciò in suo aiuto. Ma un'altra nuvola di fumo comparve davanti a
lui. E dalla nuvola di fumo…
“Voco Aracne” un enorme ragno spuntò dalla nebbia
e si lanciò su Ron. Lui, più per il terrore dei ragni che per altro,
indietreggiò e agitò ad arco la spada davanti a se, per tenerlo lontano.
“Herm, ti dispiace… se vuoi affronto anche un drago, ma
il ragno no… e stai indietro bestiaccia!” agitò ancora la spada.
“Zitto! L’ho sentito… c’è qualcuno qui… e sta evocando
queste creature… è invisibile!” una folgorazione colpì la mente di Hermione.
“Invisibile?”
“Sì, deve essere così. Guarda. Silente e Lupin sono
isolati. Sirius è da solo contro creature difficili da combattere per lui.
Draco e gli altri sono contro il basilisco, troppo impegnati. Noi siamo soli
contro di lui. Ci ha isolato tutti per renderci vulnerabili!”
E’ anche una fine stratega la ragazzina… pensò
l’ombra. Si trovava dietro al ragno e lo incitava ad attaccare appena vedeva il
ragazzo con la spada abbassare la guardia.
“Ma dov’è Piton?” domandò Ron. Anche l’ombra si voltò di
scatto. Dov’era quel tizio. Si era ripromessa di tenerlo sott’occhio, ma
l’eccitazione per la battaglia di quel momento l’aveva distratta. Appena si
voltò vide il professore di pozioni davanti ai suoi occhi. La fissava.
“Bu!” gridò Piton e gli afferrò il mantello. Con un colpo
secco glielo sfilò e rivelò la sua presenza a tutti. L’ombra fece una capriola
e spiccò un balzo. Superò Ron e gli atterrò un paio di metri dietro. Atterrò
inginocchiato e sollevò una nuvola di polvere attorno a se. Lentamente si
rimise in piedi, mentre Ron si voltava per squadrarlo, come del resto anche
Hermione. Piton aveva pensato al ragno e lo aveva bloccato con una fiala di
pozione paralizzante. Quel tizio era inquietante. Le vesti nere e logore e
l’ampio cappuccio lo rendevano il protagonista indiscusso dei peggiori incubi
di ognuno di loro.
“Un ottimo trucco. Complimenti, beccato in pieno. Voi non
siete come gli altri maghi. Siete forti. Mi piacete. Avanti fatevi sotto”
l’ombra sfoderò la sua bacchetta nella mano destra e la agitò lievemente.
Ron non sapeva che fare. Era Voldemort. Cristo,
Voldemort! Incerto impugnò la bacchetta e strinse la spada più fortemente. Si
mise in posizione d’attacco.
“Herm, stai dietro. Ho idea che ci sarà da andare in
lotta a corpo a corpo. Proteggimi le spalle con qualche evocazione, se puoi” la
ragazza annuì e si mise accanto a Piton.
“Professore, se ha qualche altro trucco è ora che lo tiri
fuori. Il momento mi sembra propizio” guardò l’uomo incappucciato “Ed ora a noi
due Voldemort” lo disse con così tanto coraggio che non credette neanche di
essere stato lui a parlare. L’ombra ghignò e si preparò al combattimento.
Stava per estrarre il pugnale quando… vide con la coda
dell’occhio una scia azzurra che si avvicinava sempre di più. Alzò la mano di
acciaio e la interpose fra di se e quel proiettile brillante. Con un sonoro
suono metallico e una valanga di scintille in chackram di Draco venne bloccato
dalla mano dell’ombra. Le sottili scariche elettriche si diffusero lungo il suo
braccio senza eccessivi problemi.
“Giocattolo interessante…” disse rivolto al ragazzo
biondo che ancora non poteva credere ai suoi occhi. Con un guizzo della mano
l’ombra rigirò il disco e fece un giro su se stesso. Lanciò il chackram verso
Ron, ma non era Ron il suo bersaglio. Solo quando fu troppo tardi Piton se ne
rese conto. La lama rotante troncò di netto la testa la professore. Il suo
corpo si afflosciò a terra e la sua testa ruzzolò lontana verso la parete.
“Uno a zero per me…” ridacchiò l’ombra. Ora, il problema
che aveva sottovalutato non c’era più.
“Bastardo!” ruggì Ron e lo caricò con forza. L’ombra
estrasse rapida il lungo pugnale intarsiato e bloccò, seppur con fatica, la
carica del ragazzo. Le scintille guizzarono fra le loro lame assieme ad un
suono cristallino.
“La pagherai anche per questo!”
“Interessante… non vedo l’ora di ricevere il conto,
ragazzino!” con una rotazione decisa del polso fece scivolare lontano la spada di
Ron e lo colpì con un calcio. Ron barcollò appena.
E’ proprio resistente questo tizio… meglio rimediare
subito…
L’ombra punto la bacchetta verso di se e pronunciò un
incantesimo.
“Armis” i muscoli delle braccia si tesero e
divennero enormi “Sono pronto ragazzino. Continuiamo pure…”
Ron si bilanciò sul piede destro e sferrò un attacco
deciso cambiando all’ultimo momento il piede d’appoggio. La spada scivolo fra
le pieghe dell’abito dell’ombra e la colpì al fianco. Un lamento stridulo si
levò dalle sue labbra mentre Ron ritrovava l’equilibrio con una mezza
giravolta. La spada era sempre alta e puntata verso il nemico. Il contrattacco
non si fece attendere. L’ombra si poggiò al pavimento con le mani, fece una
ruota subito dopo il colpo di spada che lo aveva ferito. Ron si ritrovò a
puntare la spada verso un tizio a testa in giù che gli puntava contro la
bacchetta.
“VentiloDiabolus” una sferzante corrente
bollente colpì in pieno Ron. L’onda d’urto lo fece volare all’indietro per
parecchi metri e il forte calore di quel vento gli ustionò gravemente la pelle
in più punti. La mani gli si riempirono di vesciche dolorosissime. Lasciò la
spada d’istinto, prima che il calore del metallo, anche quello bollente dopo
l’incantesimo, peggiorasse le ferite sulle sue mani. L’ombra completò la ruota
e si girò verso Hermione.
“Fuori dai piedi, ragazzina. Ventilo Iniuria”
anche Hermione, incapace di reagire, venne schiantata parecchi metri indietro.
L’ombra raggiunse Ron ancora a terra e gli calciò via la bacchetta dalle mani prima
che potesse reagire.
“E’ stato più divertente del solito. Patetico, ma
divertente” disse con voce stridula. Alzò il pugnale e lo abbassò di scatto.
Una mano lo bloccò a metà della corsa. Alle sue spalle
Sirius Black lo disarmò con una lieve torsione del polso e lo immobilizzò
tenendolo per le spalle in una morsa d’acciaio. L’ombra piegò le ginocchia,
spiccò un balzo ed utilizzò il corpo dell’uomo come trampolino per arrivargli
alle spalle. Da lì gli piantò il ginocchio sulla schiena con forza. Quel colpo
fece gridare Sirius. Non si perse d’animo, mollò la presa e si mise di fronte
all’ombra. Iniziò uno scontro di arti marziali. Il primo pugno di Sirius fu
schivato, così come fu deviato dall’altra mano libera quello dell’ombra. Con un
calcio ben piazzato l’ombra retrocedette per non farsi colpire così da dare il
tempo a Sirius di concentrarsi e lanciare un attacco. Unì le mani davanti al
petto, una a pugno e l’altra aperta.
“Alohan Hakete Namusho!” una scarica elettrica
partì dalle sue mani contro l’ombra. Il fulmine colpì un piede dell’ombra che
cercò disperatamente di schivare l’attacco magico. Fece una mezza capriola e si
mise accucciato a fissarlo.
“Magia naturale! Interessante… Avanti, io sono ancora
vivo…” si alzò in piedi vedendo di poggiare il meno possibile il piede colpito.
Era meglio non sforzarlo. Notò solo ora che i suoi due gatti infernali erano
stati sconfitti dal mago anziano e dal capo del gruppo. Ecco perché quel tizio
in nero non era più occupato. Decise di occupare il duo che lo aveva aiutato.
“Voco Draco” un piccolo drago rosso spuntò da una
nuvola di fumo sul soffitto e si gettò in picchiata ruggendo verso Silente e
Lupin. I due si buttarono di lato per evitare il morso del rettile. Il drago
riprese quota e si preparò ad un nuovo attacco.
Intanto Sirius era saltato addosso all’ombra con un
calcio volante. Quest’ultima roteò su se stessa ed aggirò il colpo appena in
tempo. Altrettanto rapidamente puntò la bacchetta verso il petto di Sirius che
si paralizzò in quella posizione. Aveva sbagliato mossa.
“Scacco, uomo in nero” gracchiò l’ombra.
Il chackram colpì in pieno la mano metallica con cui
l’ombra puntava la bacchetta. Sia la protesi d’acciaio che la bacchetta che
teneva stretta fra le dita volarono sul pavimento lasciando solo il moncherino
puntato verso Sirius. L’animagus agì di scatto e colpì l’ombra con un pugno.
Semplice, ma efficace. L’ombra barcollò e cadde all’indietro. Sirius si
avvicinò ma venne colpito a piedi pari sul petto e finì a terra. Con un colpo
di reni l’ombra si rimise in piedi, infilò le mani sotto la veste e ne estrasse
altri due lunghi pugnali. Con gesto secco li lanciò verso le spalle di Sirius,
ancora a terra. Le lame gli trapassarono la carne lo inchiodarono al pavimento.
Con un grido di sofferenza Sirius tentò di alzarsi da quella trappola, ma il
dolore era troppo. Il calcio in faccia che infine lo colpì fu l’ultima goccia.
Svenne mentre il sangue cominciava ad uscire dalle braccia ferite e tingere di
porpora il pavimento.
“Scacco matto” ansimo l’ombra. Si era salvata per poco
questa volta.
Si voltò di scatto per vedere il ragazzo biondo
avvicinarsi correndo con in mano un bastone da combattimento. L’ombra sfilò
l’asta di una bandiera attaccata al muro, tolse lo stendardo e si preparò a
difendersi. Maneggiare il bastone con una mano sola era incredibilmente
complicato, ma non per lei. Bloccò il primo colpo di Draco e rispose subito con
due affondi, come se il bastone fosse una spada. Draco si abbasso per schivarli
e schiantò l’arma con forza sul fianco del nemico, dove già era stato colpito
da Ron. L’ombra vacillò e cadde ancora a terra. Le doleva il fianco e quel
colpo non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Mentre il giovane
battlemage si rialzava di scatto, l’ombra fece vorticare l’asta di legno e lo colpi
agli stinchi. Draco cadde di faccia sul pavimento, ma allungò le mani appena in
tempo per rallentare la caduta. Con la forza rimasta si molleggiò sulle braccia
e si allontanò dall’ombra con una piroetta a mezz’aria. Atterrò accanto al suo
chackram. Finalmente un po’ di fortuna. Lo afferrò e lo lanciò con forza verso
l’ombra. Quella, intanto, si era rialzata e con la punta del bastone aveva
recuperato la mano mozzata. La avvicinò al moncherino e impugnò la bacchetta
con la destra.
“Redintegro” la mano di acciaio si saldò
nuovamente al polso. Si accorse del chackram che volava nella sua direzione d
inizio una serie di capriole all’indietro sempre più veloci per schivare
l’arma. Arrivata alla parete spiccò un ultimo balzo verso l’alto ed il disco
rotante si piantò con forza nel muro. Appena l’ombra fu a terra colpì con
decisione il pezzo di chackram che spuntava dal muro con la mano metallica.
L’arma si spezzò in due.
“Mi stava stancando questo giochino…” disse mentre
tornava ad avvicinarsi a Draco. Si guardò intorno per esaminare la situazione.
Il drago da lei evocato dava filo da torcere al vecchio mago, ma non sembrava
particolarmente preoccupato. L’altro tizio, il capo, se ne stava più distante e
lasciava fare tutto al vecchio. Ora stava ansimando come se qualcosa lo
opprimesse. Il basilisco continuava a giocare con i battlemage. Nonostante
fossero tutti ben addestrati, un basilisco, anche se accecato, era comunque una
bestia difficile da combattere. Annusava l’aria in cerca delle sue prede che si
muovevano rapidamente proprio per sviarlo. Con un colpo di coda, preannunciato
da un ruggito, spazzo via parecchi soldati davanti a se. Allungò le fauci e ne
prese uno ancora a terra. Serrò le mandibole con forza, e quello non ebbe
nemmeno il tempo di accorgersi che stava morendo. I denti acuminati lo avevano
spezzato in due. Il basilisco sputò il cadavere a terra e cercò di scrutare,
per quanto possibile, l’area attorno a lui. Niente da fare, la cecità magica
era ancora troppo forte. In più il salone era buio e, nonostante la luna fosse
piena, le nuvole bloccavano i suoi raggi e… la luna piena! L’ombra ridacchiò e
si fermò ad una decina di metri da Draco. Puntò la bacchetta verso il capo
della truppa.
“Vultus Videor” Lupin si irrigidì. Sentì le ossa
come frantumarsi dentro il suo corpo. La pelle si tendeva all’inverosimile.
Larghe macchie di pelo cominciarono a coprire il suo corpo che ingrandendosi
stracciava i vestiti. Il muso si allungò e gli occhi divennero rosso sangue.
Remus Lupin non esisteva più. Ora c’era un lupo mannaro al suo posto. Con un
lungo ululato per celebrare la sua venuta, attirò gli sguardi di tutti i
presenti.
“Oh merda… Remus!” Draco grido per attirare il licantropo
“Ehi, stupido lupo troppo cresciuto! Vieni qua! Avanti!”
Gli occhi iniettati di sangue del lupo mannaro lo
squadrarono un attimo. Ma solo un attimo. Intanto Silente aveva colpito il
drago con un proiettile di ghiaccio. I draghi rossi non sopportano troppo il
freddo. Il licantropo corse verso il vecchio preside e si butto su di lui.
Silente non ebbe il tempo di reagire. Remus, perché era di lui che si trattava,
usò le spalle dell’uomo come trampolino e volò addosso al drago in volo. Gli fu
sulle spalle in un lampo, ed ancora più rapidamente cominciò a colpirlo alla
base del collo con tutta la forza che aveva. Parecchie scaglie rosse e sangue
dello stesso colore scesero dal dorso del rettile che ruggiva di dolore. Con un
ultimo colpo Lupin lacerò le ali del mostro ce precipitò a terra con uno
schianto. Dal polverone uscì correndo il licantropo. Spiccò un altro balzo e
colpì al volo il basilisco. Anche il serpentone ruggì dal dolore.
“La pozione funziona…” biascicò Silente appena si riprese
dallo shock. L’ombra non gradì più di tanto quello che era appena accaduto.
Sputò a terra, scocciata e ordinò mentalmente al basilisco.
Il vecchio. Prendi il vecchio… pietrificalo…
Il mostro scivolò fra i battlemage guidato solo dal suo
naso. Lupin gli correva dietro con la bava alla bocca.
“Salveo Viisum” recitò una voce alle spalle di
Silente. L’uomo si voltò pronto ad affrontare il suo nemico. L’ombra aveva
ancora la bacchetta puntata alle spalle del vecchio uomo.
“Finalmente ci incontriamo di nuovo, Voldemort”
“Voldemort dovrei essere io, suppongo… ma noi ci
conosciamo?” chiese l’ombra abbassando la bacchetta. Poi alzò lo sguardo e lo
puntò dietro all’uomo.
“Oh! Guarda chi c’è!” Silente si voltò senza pensare e…
le braccia si irrigidirono, così come le gambe. La bocca si aprì per la sorpresa
e tale rimase. La barba bianca divenne grigia, come il resto del corpo. Ora al
posto di Silente c’era una sua perfetta copia in pietra.
Il basilisco si ergeva maestoso sopra la statua del
preside. Felice di aver recuperato il suo sguardo mortale per mezzo
dell’incantesimo del suo padrone. Si girò appena in tempo per vedere il lupo
mannaro balzargli sulla testa e piantargli gli artigli negli occhi. Prima
ancora che il mostro potesse gridare per il dolore, Lupin morse la testa
squamosa del rettile e vi piantò con forza gli artigli. Un miscuglio di sangue
e cervello coprirono il pelo grigio del licantropo, mentre il serpente si
schiantava con un tonfo a terra, morto.
“Ignis Flatus” recitò l’ombra. Una palla di fuoco
colpì in pieno Remus che con un guaito volò lontano, schiantandosi contro il
muro. Il pelo che lo ricopriva, ora, era tutto bruciacchiato, e parecchie
ferite ed ustioni lo avevano fatto cedere allo stordimento. Ma era ancora vivo.
Ora rimaneva solo il ragazzo biondo. Lo fissò con sguardo
omicida. Draco non fu da meno. Alzò la bacchetta ed evocò una spada fra le sue
mani. L’ombra lo imitò alla perfezione. Era pronto a caricare quando qualcosa
la colpì al la spalla. Un dardo. Scariche elettriche si trasmettevano dal
proiettile al suo braccio. Niente più che un lieve solletico. Si strappò via il
dardo e si voltò verso l’origine dell’attacco. Hermione aveva ancora la
balestra puntata verso l’essere.
“Ne ho un altro, sai. E la prossima volta prenderò meglio
la mira, te lo assicuro” Hermione pronunciò questa frase con una durezza rara
da vedersi nel volto della ragazza normalmente. In quel momento anche Ron si
alzò e si avvicinò al luogo di combattimento. Aveva la spada in pugno e
nell’altra il pugnale che Sirius aveva tolto dalle mani dell’ombra. Li roteò
vorticosamente davanti a lui con fare minaccioso.
“Ed io non mi lascerò più fregare così. Preparati siamo
tre contro uno. Non hai molte possibilità”
L’ombra abbassò la spada. Rise. Cominciò a ridere forte.
Una risata acuta, gracchiante risuonò per l’aria e bloccò anche i pochi
battlemage ancoro in grado di combattere che si stavano avvicinando al
quartetto. Lanciò l’arma senza cura in mezzo alla stanza e si puntò la
bacchetta sul petto.
“D’accordo. Avete vinto. Avada Kedavra!” la bolla
verde la centrò in pieno e lo sbalzò di parecchi metri indietro. Atterrò con
uno schianto fra un mucchio di detriti e rimase immobile.
I tre ragazzi non credettero ai loro occhi. Si era
uccisa. Piuttosto che cadere per mano loro aveva preferito uccidersi lei
stessa. Questo non se lo sarebbe aspettato nessuno da Voldemort. Ron si
inginocchiò a terra e tossì con forza. Le armi gli caddero di mano con un
clangore metallico. Hermione gli fu subito accanto e lo sorresse con un
braccio.
“Come va? Stai molto male?”
“No, tutto bene. Stavo bluffando alla grande con
Voldemort…” ridacchiò “Quasi ringrazio che si sia fatto fuori da solo quello
psicopatico…”
Anche Draco li raggiunse. Era quello messo meno peggio
dei tre.
“Ragazzi, come state?”
“Ron è un po’ a pezzi, ma c’è chi sta peggio” Hermione
guardò il corpo senza testa di Piton, il licantropo bruciacchiato e la statua
di Silente. Anche Sirius era ferito gravemente. Draco corse nella sua direzione
ed estrasse i due pugnali dalle sue spalle. L’uomo si lamentò un po’. Buon
segno, vuol dire che era vivo. Draco lo sollevò piano e lo appoggio di schiena
alla parete, seduto a terra.
“Sirius, ci sei? Come ti senti?”
“Non male, ma neanche benissimo… che fine ha fatto
Voldemort…?”
“Si è… suicidato. Si è lanciato un Avada Kedavra addosso.
Ha preferito togliersi la vita da solo che per mano nostra…”
Sirius chiuse gli occhi e si zittì, anche se non si capì
se per pensare o per scacciare il dolore. Poi parlò ancora.
“E gli altri…?”
“C’è chi sta peggio di te. Silente è di pietra e Remus è
stato bruciacchiato da un incantesimo. Credo che stia bene, però”
Sirius si alzò con sforzo enorme tenendosi la spalla
destra con la mano opposta. Era quella con la ferita peggiore fra le due, e
quella che gli faceva più male. Uno dei battlemage ancora in salute si avvicinò
a Draco e fece il saluto militare.
“Signore, credo sia meglio abbandonare il luogo subito,
signore. Posso dare l’ordine?” Draco fece cenno di sì con il capo.
“Certo, lasciamo questo posto. Recuperate i cadaveri.
Anche quello.” ed indicò l’ombra stesa fra i detriti. Il battlemage esitò un
po’ a rispondere, ma poi fece cenno di aver capito e si allontanò per eseguire
l’ordine.
Hermione sostenne Ron fino ad una seggiola, o qualcosa di
simile. Sirius e Draco recuperarono Lupin e lo stesero accanto allo sgabello di
Ron.
“Non è grave. E’ stato solo impatto dell’incantesimo. I
licantropi hanno la pelle dura” sentenziò Sirius esaminandolo. Ron sospirò e
rivolse gli occhi al soffitto. Finalmente era finita.
Tu-Tum
Ron rimise la testa in avanti e guardò i suoi amici.
“Cos’è stato?” chiese.
“Cos’è stato cosa?” chiese di rimando Hermione
Tu-Tum
“Questo rumore. Che cos’è?” Hermione si alzò in piedi.
“Non lo so… sembra…”
Tu-Tum Tu-Tum
“Sembrano… dei passi…” disse infine la ragazza.
“No” disse Draco “Sembra più…”
Tu-Tum Tu-Tum Tu-Tum
“Sembra più il battito di un cuore. Amplificato per
mille”
“E’ vero. E’ un cuore che batte… ma che significa…?”
domando Hermione. Ron si alzò in piedi barcollante e rivolse lo sguardo al
mucchio di detriti. L’ombra mosse una mano. Poi la mosse ancora. Poi un piede.
Poi tutto il corpo fu come colpito da una scarica elettrica verde smeraldo. Poi
fu la fine.
L’ombra si alzò in volo. Levitava un paio di metri sopra
il pavimento. Tutto il luogo tremava come colpito da un terremoto mentre dal
suo corpo cosparso di scariche verdi partivano saette in tutte le direzioni.
Appiccò fuochi qua e là quando le saette colpivano bersagli infiammabili. Il
pavimento si stava sbriciolando sotto l’ombra come se l’energia magica prodotta
fosse troppo potente da contenere. Infine, con un ultimo grido acuto, tutta
quell’esplosione di potenza cessò. L’ombra levitava ancora a mezz’aria e
piccole scariche le correvano sul corpo.
Ron afferrò la spada e si girò verso Hermione che cercava
di fermarlo.
“Stai indietro. Non è ancora finita. Voglio che tu te ne
vada da qui! Subito!” l’ombra indicò nella direzione del ragazzo e strinse il
pugno. Hermione non fece in tempo ad esporre il suo più completo disaccordo
sulla proposta di Ron, che lo vide spalancare gli occhi e la bocca. Sul petto
del ragazzo comparve una larga macchia rossa. Poi il cuore esplose. Una miriade
di schizzi di sangue coprirono il suo corpo e quello di Hermione. Con un tonfo
il cadavere di Ron cadde a terra e li rimase. Con il petto squarciato.
Hermione non riuscì a reagire davanti a ciò. Boccheggiò
un po’ ad occhi spalancati mentre il sangue fresco di Ron gli colava lungo il
volto pallido. Cadde anche lei in ginocchio, ma la sua espressione non mutò. La
sua sola reazione furono le lacrime. Due scie di lacrime spuntate dagli occhi
che correvano lungo il volto sporco.
*****
Draco quasi non si accorse dell’accaduto. Schizzi di
sangue gli colpirono lievemente il volto. Non si rese conto subito
dell’orribile fine di Ron. Poi se ne accorse. Vide Hermione inginocchiata,
piangente. Vide il cadavere devastato a terra. Allora reagì.
“No! Ron! Ron!” scosse inutilmente il corpo senza vita
del ragazzo “No! Ti prego…No!”
Sirius non aveva tolto gli occhi dal cadavere. Non aveva
mantenuto il patto. Un'altra persona era morta per colpa di Voldemort. Ancora
morte. Ancora… Anche dai suoi occhi cominciarono a scendere amare lacrime. Il
suo volto non accennava a cambiare espressione. Immobilizzato dal terrore.
“LA MORTE VI COGLIERÀ… PER MANO MIA…” l’ombra parlo solo
allora Draco e Sirius sollevarono lo sguardo per vederla avanzare volando verso
loro. La sua veste ed il suo mantello stracciati oscillavano come tentacoli
rendendolo simile ad un sole nero con i raggi fluttuanti. Il cappuccio non era più
sulla sua testa. Distrutto dall’energia magica come parecchie parti dei suoi
vestiti. I capelli neri erano scossi da un vento misterioso e si agitavano
convulsamente. Gli occhi verdi fissavano il terzetto con odio. Un ghigno era
dipinto sul suo volto scarno e sporco. La luce della luna lo illuminava in
pieno rendendo impossibile guardarlo in volto. Solo i suoi occhi brillanti ed i
capelli scuri erano definiti e chiari.
“E’ uno spirito della morte! Sì, deve essere così come
per Ginny. Guarda, le movenze e la voce sono le stesse… però lui riesce a
controllarlo. Ne ha tutto il potere al suo servizio” l’ombra continuava ad
avvicinarsi fluttuando. Sirius rispose a Draco scuotendo la testa.
“Me ne ha parlato Remus quando è successo… deve essere
così, sì. Cosa facciamo? Cosa possiamo fare?” l’ombra era sempre più vicino.
Draco prese Hermione per un braccio e se la caricò di peso. La ragazza non
diede cenno di reagire alla cosa. I suoi occhi erano sempre spalancati ed
immobili.
“E’ arrivato il momento di ritirarsi. Non ce la possiamo
fare. Non voglio altri morti” disse con un singhiozzo. Sirius annuì e raccolse
come meglio poté Remus fa le sue braccia.
“D’accordo, andiamocene… abbiamo già perso abbastanza
uomini… via di qui, presto” anche Sirius non sembrò convinto delle sue parole,
ma per quel giorno era già morta troppa gente.
*****
“Cornellius che cavolo vuol dire! Spiegami questo!” Percy
ringhiò arrabbiato verso l’anziano uomo seduto di fronte a se. Lui balbettò un
poco poi pronunciò qualcosa di più comprensibile.
“L’ho fatto per i giornalisti… Percy cerca di capirmi…”
“Io sono il ministro Weasley per te, cerca di
ricordartelo! E dopo questo tu sarai meno di niente!” Percy era proprio
arrabbiato.
“Ma… signor ministro” disse con riluttanza e sempre con
la voce che tremava “A chi importava veramente di Harry Potter. Insomma, non
aveva neanche una famiglia di maghi, viveva con dei semplici babbani e…” non
finì la frase che un pugno lo colpì al volto mandandolo steso a terra.
“Ti rendi conto di che cazzo hai detto! Harry Potter!
Acclamato da tutti, conosciuto da tutti! E tu l’hai commemorato prendendo un
cadavere a caso e dandogli il suo aspetto! Imbecille! Non capisco come tu possa
essere stato ministro della magia! E secondo te i genitori di quell’altro
ragazzino morto saranno contenti di sapere il casino che hai combinato? Eh?”
gridò Percy fuori di se. Caramel si alzò da terra tastandosi la faccia
dolorante.
“I giornalisti! Percy i giornalisti! Loro volevano il cadavere
di Potter e io gliel’ho dato! Cos’altro dovevo fare!?”
“Niente!” disse freddamente Percy “dovevi startene fermo
a scaldare la poltrona e non fare nulla! Mi vergogno di avere avuto un ministro
del genere e di averlo servito… ora vattene. Ti chiamerò per le varie
conferenze stampe dove porgerai le tue formali scuse davanti a tutti”
“No, ti prego! Non farmi questo! Sono ancora rispettato
nonostante non abbia creduto nel ritorno di Voldemort! Ti prego…”
“Non se ne parla. Ci vediamo in conferenza Cornellius.
Ora via, per piacere”
Caramel si alzò da terra e si pulì un po’ il vestito
dalla polvere. Raggiunse la porta e uscì sbattendola furiosamente. Percy
incrociò le dita delle mani e poggiò i gomiti sul tavolo. La bocca si nascose
dietro le mani.
*****
Hermione reagì. Dalle braccia di Draco scivolò a terra e
corse ancora accanto al cadavere di Ron. Tutti gli altri erano già in procinto
di uscire e Draco neanche si rese conto che la ragazza fosse corsa via. Lei si
chinò sul suo volto.
“Non ti preoccupare amore. Arrivo presto anch’io. Non ti
abbandonerò mai. Mai” e gli baciò lo labbra leggermente mentre le lacrime gli
bagnavano il volto. Lei passò la mano sui suoi occhi per chiuderli e togliergli
quell’espressione terrorizzata da viso. Si alzò in piedi e la sua espressione
dolce mutò radicalmente. Fissò l’ombra a mezz’aria che ancora si avvicinava. Le
sembrò di vederla sorridere. Hermione alzò la bacchetta.
“Preparati Voldemort. Questo sarà il mio ultimo
incantesimo. Ti spazzerò via maledetto bastardo!” prese la bacchetta con
entrambe le mani e se la mise davanti al volto, come in preghiera. Chiuse gli
occhi e iniziò a recitare.
“Hermione fermati torna indietro!” gridò Draco
inutilmente.
“Terra…Ignis…Aqua…Aer… Spiritus Elementum…” l’aria
attorno ad Hermione iniziò ad incresparsi, come uno specchio d’acqua. I fuochi
in giro per la stanza cominciarono a vorticare e ad alzarsi sempre di più. Le
finestre si ruppero ed un enorme vortice d’acqua proveniente dal lago lì
accanto entrò con prepotenza inaudita. Le pietre sbriciolate dall’ombra poco
prima si squagliarono per poi unirsi fra loro e crescere sempre di più. L’ombra
non stette a guardare e lanciò un incantesimo sulla ragazza. La scarica blu
partita dalle mani dell’essere a mezz’aria si schiantò contro una parete
invisibile poco prima del suo bersaglio, dissolvendosi. La parete si rivelò per
quello che era. Aria. Aria sotto il controllo di Hermione. Un enorme turbine
crebbe fino a sfiorare il soffitto. Sbatteva qua e là le cose che incontrava
sul suo cammino. Anche il fuoco era cresciuto. La colonna di fuoco si agitava
convulsamente. La furia degli elementi.
“Voco Erus Elementum! Voco Erus Elementum…la mia
vita per sconfiggerti…” finita di pronunciare la frase Hermione tirò la testa
indietro con uno scatto. La bacchetta le cadde di mano. Cominciò a tremare come
in preda alle convulsioni più terribili. Poi piombò a terra sul corpo di Ron.
Lo abbracciò prima di perdere tutte le forze.
“Eccomi Ron… sto arrivando…” la testa gli cadde sulla
spalla del ragazzo e tutto il corpo smise di tremare.
“Oh no… no ti prego…” Draco corse verso la ragazza.
Intanto le gli elementi avevano preso forma. Esseri enormi e mostruosi
ricoperti dal loro caratteristico elemento naturale erano ora presenti nella
sala. L’essere di fuoco aprì la bocca e parlò con voce tonante.
“ESSA CI HA CHIAMATO… HA DATO LA VITA PER SUGGELLARE IL
NOSTRO ACCORDO…” tutti e quattro gli esseri fissarono l’ombra “TU VERRAI
SCONFITTO…” l’ombra si voltò verso l’essere che aveva parlato.
“SE E’ QUESTO IL VOSTRO COMPITO SARA’DI BREVE DURATA…” l’ombra chiuse gli occhi e
si concentrò per un attimo. Poi piombò a terra con uno schianto. Si rimise in
piedi subito. L’essere di terra parlò.
“LA SUA ANIMA E’ CAMBIATA… NON E’ PIÙ LUI IL NOSTRO
OBIETTIVO… IL NOSTRO COMPITO E’ TERMINATO…” così come erano arrivate le
creature elementali scomparvero in un turbinio di fuoco, aria, acqua e polvere.
Draco era senza parole. L’ombra l’aveva scampata ancora.
Ed Hermione si era sacrificata inutilmente. Non poteva permettere a quell’essere
di continuare a vivere. Non poteva. Afferrò la spada di Ron e la roteò assieme
alla sua, davanti al corpo.
“Abbiamo ancora il coraggio di combattere vedo… mi sembra
che ormai per voi sia inutile, ma se volete continuare…” l’ombra afferrò una
spada a terra e sfoderò un altro lungo pugnale. Fece qualche passo avanti e
finalmente uscì dalla brillante luce lunare. Il suo volto fu ben visibile.
Draco rallentò l’oscillare vorticoso delle lame. Il suo
volto divenne una maschera di emozioni. Tutto e nulla passò nella sua mente
guardando quel volto. Le armi quasi gli caddero di mano.
“Che c’è? Ci hai già ripensato?”
gli chiese Harry Potter mentre ruotava spada e pugnale pronto a combattere.
Ok ok ormai ci erano già arrivati tutti… ice
soprattutto…eheheheheheheh. Ragazzi so che può sembrare banale, ma l’ombra era
harry fin dal 1° capitolo, quindi…. L’ ho solo tirata per le lunghe, in questo
modo avete avuto tempo per pensarci e la soluzione dopo un po’ era chiara…
Vabbè sarà quel che sarà. In tutti i modi penso che la morte massiccia di tutta
quella gente abbia fatto cmq un po’ di scena. Ok ho quasi pianto davanti alla
scena di Ron ed Hermione che muoiono… vabbè sono scemo e mi rattristo da solo….
Anche la musica non aiuta… may it be di LOTR … che triste che è……LLLL……
Vabbè va, ringraziamo e pubblichiamo…..: Ice,
ah ah ah! Che sipatica che è la tua prof! Che non sia la stessa mia? Ah,
Nietzche (che noi a scola chiamiamo come si scrive, cioè Nietzche) che
simpatico umorista! Cmq si scrive STREKON come STRACCHINO, prima la T poi la K
con in mezzo la R. E’ un fatto di precisione… JJJJJ; Eli e Kia, che strano legame di sangue… vabbè
non sono fatti miei. Credevo che vi fosse successo qualcosa… kiak è stata
investita l’altro giorno… che fatto mondo… non ci sono più le mezze stagioni…
una mano lava l’altra… chi va con lo zoppo, è un assistente sociale. Tanto va
la gatta al largo che muore, così i topi ballano ma arriva il cane ed uno dei
topi dice “Tranquilli, can che abbaia non morde”. Ma quello non abbaia e li fa
fuori tutti. Poi il cane corre per l’aia ma è tornato lo zoppo di prima e lo
picchia di brutto. Ok ho fumato da poco, ma adesso mi riprendo subito *Strekon
fa un bel respiro profondo e sviene di testa sulla tastiera*
7856y8rgu095oijgàfjgprkgògljfjfàajgàòfkgfjhàòfjfàhghjàhjfhjòj Ah! *Strekon si
riprende* vabbè cmq grazie per la recensione… se vedemu!J; Sunny, non so se sei già partita, nel caso di
becchi anche questo. Nastro azzurro????? Ahahahahah, divertente. Come puoi
vedere mi sono morti nell’ultimo capitolo…. E’ per un'altra fic che ho in mente
e sto scrivendo. Grazie cmqJ!!!!; Mikisainkeiko, sei cara lo sai? Cavoli se lo sapevo non
facevo la correzione… ma va là! Fatina Mikisainkeiko! (da quando ho imparato a
scrivere il tuo nome lo faccio sempre più spesso!!!!!!). Piuttosto il chapter
come ti è sembrato…. Ho bisogno di sentirmi dire che sono un gran bastardo,
provvedi per piacere. Erano troppo belli i capitoli precedenti…. Troppo…J; Kiak, oh kiak che mi illumini la giornata!
Come stai! Ma chi è sto pazzo in moto!?!?!?!?!? Lo piglio e lo ribalto, altro
che vulcano… ci butto lui nel vulcano!!!!!! Sono stao in ospedale per un anno
intero quando avevo 7 anni e mia madre è infermiera. Sì so com’è fatto un
ospedale. Lo considero un po’ triste, a dire il vero…. Le frasi nel bacio
perugina le scrivo io! Quindi puoi ben capire ti faccio un esempio “Per tutte
le volte chi mi hai detto ti amo ho vissuto fino ad ora. Per tutte le volte che
me lo dirai ancora io vivrò per te” bellina no?J. Scherzi a parte, io la fic l’ho scritta sul serio
(con l’aiuto di una mia amica ma l’ho scritta)JJJ; Maichy, capisco il tuo punto di vista, ma io
l’esperienza con un dissenatore la vedo un po’ come un incubo ad occhi aperti,
incredibilmente reale. E poi Draco era già frustrato da questo suo terrore, si
è lasciato un po’ prendere. Apprezzo che tu abbia espresso la tua opinione J, fa bene sentirsi giudicati ogni tanto! Ciao ciao JJJJ; Ci, troppa pace. Troppo amore. Sangue come se
piovesse in sto capitolo!!!!!!! Credo che ormai il mistero fosse stato risolto
da tutti, ma vabbè, la storia è questaJ!; Keijei, mistero risolto e arrivederci! Il
chap è arrivato in 2 gg! Ho fatto i salti mortali per scriverlo. Speriamo che
vada bene…. Un baciuzJ; Beth, new recensionist!!!!!!!!!! Bene grazie, molto gentile!
L’ombra è infine comparsa agli occhi di Draco. A voi le impressioni del caso….;
Ale chan, se vuoi te lo spiego con più chiarezza. L’ho scritto in modo
sbrigativo… a proposito di altre fic… leggere in fondoJ; Yuechan, non era un attacco il mio! Stavo
scherzando! Era chiaro, vero? Sono contento che ti piaccia! Continua a leggerla
che ormai siamo agli sgoccioli…; Giuggy, la spiegazione è in un po’ di
recensioni, guarda lì. Poi… Grazie!!!! Se ti piace l’azione ti sarà piaciuto
anche questo chap!!!!!!! Fammi sapere!!!!J; Mikan, e sì solo a Bologna. Io vivo lì. Fra
parentesi hai notato che Draco è ancora vivo!!!! Come sono magnanimo…..J.
Dunque domandone da un sacco di Euro: che fic scrivo
dopo la fine di questa???????????
Possibilità:
1.seguito di Senza tregua
(ma andrebbe a rilento perché non è ancora ben definito nei particolari)
2.stupi-fic su i Harry al
5° anno
3.altra fic più corta sul
futuro più concreto del trio.
Harry camminava lungo il corridoio ancora imbarazzato per quello che era
accaduto
Harry
camminava lungo il corridoio ancora imbarazzato per quello che era accaduto.
Non poteva credere che Hermione lo avesse baciato. Era già capitato, ma sulla
guancia, o comunque con tono di amicizia. Ma quello era un bacio. Uno vero. Era
un bacio d’amore.
Si passò le mani fra i
capelli scuotendoli come se fosse possibile scacciare quei pensieri dalla sua
testa in quel modo. Sospirò e si aggiustò gli occhiali. Se ne andava in giro a
testa bassa. Senza neanche guardare le facce di chi incrociava. Un’improvvisa
manata sulla spalla lo destò da quel suo mormorio continuo.
“Harry! Vecchia canaglia!
Ancora in giro ad affliggerti per Ginny? Non ti preoccupare. Passerà. Vedi di
farci la pace appena torna. A proposito… credo che non possiamo allenarci per
il quidditch oggi” Fred Weasley gli fu davanti con un sorriso a trentadue
denti.
“Cosa? E Perché?” Harry
sperava di allenarsi al più presto. Almeno quello lo avrebbe distratto un po’
da Ginny, Hermione e le sue medie scolastiche.
“Chiedo scusa capitano”
implorò Fred quasi in ginocchio “ma vedi… ecco quest’anno Angelina è rimasta a
scuola… sai pensavamo di fare un giro per il parco… mi capisci vero…?”
Harry sorrise e ammiccò a
Fred.
“D’accordo, d’accordo. Ma
domani ti voglio in campo puntuale. Ed anche George e le altre. Mi raccomando”
“Non ti preoccupare mio
comandante. Domani ci saremo tutti. Lo dici tu a Ron?” chiese il gemello. Ecco
qualcosa a cui Harry non aveva pensato. Ron. Se avesse scoperto di quello che
era successo con Hermione probabilmente gli avrebbe spaccato la faccia a pugni.
O a calci, era indifferente.
Salutò Fred che corse via in fretta e furia e tornò ad
affliggersi. D’accordo, dopotutto la sua vita non andava così male ora. I suoi
voti erano scarsi. Poco male, avrebbe recuperato con l’anno nuovo. Ginny lo
aveva mollato per una litigata di cui neanche ricordava il motivo. Nessun
problema, le avrebbe parlato al ritorno dalle vacanze. Hermione lo aveva
baciato e si era dichiarato a lui. Ok, questo era un problema. Non tanto per
Hermione, era sicuro che avrebbe capito le sue motivazioni del rifiuto, quanto
per Ron. Di solito Ron era poco propenso a scoprire il perché di certe cose.
Lui prima agiva poi parlava.
Harry sospirò ancora. Lo
aspettavano giorni duri… ma dopotutto era natale! Era inutile preoccuparsi di
certe cose in quel momento! Un po’ rincuorato dai suoi pensieri si diresse
verso la sala grande per la cena. Era tutta addobbata con luci brillanti e
decorazioni natalizie. L’atmosfera era festosa e allegra.
Harry ritrovò il buon
umore e si sedette al tavolo di Grifondoro accanto a Seamus e si servì una
porzione di arrosto.
“Salve signor prefetto” lo
salutò scherzosamente Seamus.
“Ciao. Ma dove sono tutti?
Dov’è Ron?” chiese Harry mentre versava un cucchiaio colmo di salsa ai mirtilli
sulla carne che aveva nel piatto.
“E chi lo sa? Ron è tutto
il giorno che se ne sta chiuso in camera… credo che sia ancora per Hermione”
disse con un sorriso “E’ proprio cotto!”
“Eh già…” rispose Harry
cercando di essere più naturale possibile. Perché Hermione gli aveva fatto
questo! La sua amicizia con Ron era in serio pericolo. C’era poco da fare.
Decise che gli avrebbe parlato. E lo avrebbe fatto subito. Si alzò da tavola
lasciando il piatto ancora intatto.
“Ehi! E questo lo lasci
tutto qui?” gli chiese Seamus vedendolo alzarsi ed andarsene. Harry senza
neanchevoltarsi annuì col capo e agitò
una mano nella sua direzione.
“Tanto meglio” disse fra
se e se il ragazzo stringendo le spalle. Prese il piatto colmo di carne e salsa
e se ne servì un’abbondante razione.
Harry era già nel
corridoio e camminava verso la torre di Grifondoro. Certo che non si ricordava
che così tante persone fossero rimaste ad Hogwarts quell’anno. Erano tutte
silenziose e sembravano fissarlo. Che avevano da guardarlo!? D’accordo, era
Harry Potter, ma ormai era il quinto anno che trascorreva in quel castello. Non
era una novità per nessuno. Certo che… certe facce. Provò come un brivido, ma
non vi diede peso. Continuò il suo percorso verso le scale del castello
passando per il giardino. Attraversò il cortile interno coperto di neve. Ok,
ora qualcosa non andava. Molti studenti erano sotto il portico e lo fissavano
mentre, solitario, percorreva il giardino innevato. Si fermò e ruotò su se
stesso un paio di volte prima di accorgersi che vi era un silenzio innaturale
tutto attorno. Il cuore gli batteva a mille. Sapeva che cosa stava accadendo.
Era solo contento che Ginny fosse lontana da lì in quel momento. Doveva
avvertire gli altri. Doveva avvertire Silente. Non c’era tempo. Estrasse la
bacchetta e la agitò attorno a se.
“Aura Ignis!” tutte
le persone nel portico si rivelarono per quello che erano. Mangiamorte. Harry
riconobbe le loro logore divise. Poi lo sentì. Un dolore accecante. La
cicatrice gli pulsava terribilmente. Era come se la testa gli scoppiasse.
Pulsava. E pulsava ancora. Poi Lo vide in piedi sul pozzo. Voldemort.
“E’ bello rivederti Harry
Potter. Questa volta sono venuto io a farti visita. Contento?” chiese con voce
pacata il signore oscuro mentre scendeva dal pozzo e affondava le gambe nella
neve. Anche lui aveva la bacchetta in mano. Si rivolse ai suoi seguaci che
fermi fissavano il loro signore.
“Andate. Fate fuori i
mezzosangue. Cercate Silente e sistematelo. Arriverò subito” i suoi occhi erano
fissi ancora sul giovane mago. Harry non tremava, non aveva paura. Silente lo
aveva preparato a quello. Sapeva come combattere Voldemort.
“Allora Harry Potter. Come
ti salverai questa volta?”
“Come al solito, credo. E
tu?” Voldemort rimase sorpreso dalla risposta del ragazzo. Non tanto dalla risposta,
ma del fatto che avesse avuto il coraggio di rispondere.
“Ti sei fatto sprezzante,
giovane Potter. Vedo che Silente ha fatto un buon lavoro…” disse Voldemort con
un sogghigno mentre compieva una specie di orbita attorno ad Harry. I loro
sguardi si incrociarono più volte. Sguardi di fuoco.
“Non parlare di Silente.
Io sono qui, non volevi qualcosa da me, o sbaglio?” chiese nervosamente Harry.
“Quanta fretta… vuoi
correre dai tuoi amici prima che arrivino i miei ragazzi? Tempo sprecato.
Mettitelo in testa, loro non sono niente. Nulla. Materiale sacrificabile per un
fine più grande”
“Tu sei pazzo”
“Dici? No, non credo. Un
pazzo avrebbe già perso. Io invece sono ancora il capo. Io sono ancora il
Signore Oscuro. La stella di Voldemort brilla ancora alta nel cielo”
“Ed ora” continuò
Voldemort che aveva messo cinque o sei metri fra lui ed Harry “Possiamo
iniziare il ostro duello. Inchino giovane Potter” disse estraendo la bacchetta
e piegando lievemente la schiena. Harry non si mosse. La sua aura infuocata lo
avvolgeva ancora.
“Ho detto inchino!”
Voldemort agitò la bacchetta, ma questa volta Harry non sentì una mano
opprimente imporgli l’inchino. Era diventato più forte. Anche se erano passati
poco più di sei mesi si era allenato duramente in previsione di questo
incontro.
“Va al diavolo Voldemort”
disse freddamente Harry. Alzò la bacchetta e si preparò a combattere. Anche
Voldemort, preso alla sprovvista, si preparò al combattimento.
Era fatta. Con
quell’incantesimo, ricercato per mesi dai maghi del ministero, Harry avrebbe
riportato Voldemort allo stato di spirito, come qualche anno fa, e lo avrebbe
sigillato per sempre in un qualche angolo dell’esistenza. Sarebbe stato lì in
eterno. Non poteva ucciderlo. Non ne aveva il coraggio. Sì, aveva eliminato
talmente tanta gente che la morte non sarebbe stata un problema per nessuno. Ma
per Harry sì. Non voleva abbassarsi al suo livello. Non voleva diventare il
giudice che decideva fra la vita e la morte. Non lui. Non Harry Potter.
Anche Voldemort era
preparato allo scontro. Avrebbe colpito quell’arrogante maghetto da strapazzo
con un incantesimo mnemonico. Non si sarebbe ricordato nulla. Con calma, senza
una sua eventuale reazione, lo avrebbe studiato. Doveva scoprire dove si
annidava quella parte di se stesso che quindici anni prima gli era stata tolta
per essere rinchiusa dentro il corpo di Harry Potter. Si sentiva nudo senza.
Era potente, certo, ma ancora ricordava con sofferenza il vero potere.
Il sapere tutto di tutti in ogni momento. Le conoscenze magiche. Quel ragazzino
gliele aveva strappate quando lo aveva sconfitto. Lui le avrebbe riprese. A
costo di aprirgli la testa in due.
Le bacchette vorticarono
per un momento davanti ai loro volti. Le vesti lunghe di Voldemort seguirono
l’oscillazione del braccio. C’era qualcosa che non aveva calcolato. Prior
Incantatio. Era troppo tardi per fermarsi.
“SigillumSpiritus
Totalus!” “Oblivius Cerebra!”
Con un sonoro scoppio ed
un susseguirsi di lampi fulmini e saette una sottile linea d’oro unì le due
bacchette. Era diverso dalla prima volta. La linea sembrava essere più veloce.
Il potere di Harry era molto aumentato, forse era per quello. Entrambe le
bacchette iniziarono a vibrare potentemente. Sia Voldemort che Harry la
tenevano stretta fino a sbiancarsi le nocche. Chi mollava perdeva. Ampi anelli
d’oro li avvolsero come già era capitato in precedenza. Quella gabbia brillante
li avrebbe isolati dal resto del mondo.
Un vento proveniente dal
nulla li investì entrambi allontanandoli l’uno dall’altro. La luce di quella
linea d’oro era sempre più accecante ed una grossa perla di luce viaggiava
lungo di essa. Era sempre a metà, come spinta da due forze in contrasto. Non
era la stessa perla luminosa dell’altra volta. Harry se la ricordava bene. Era
più luminosa, quasi di fuoco, e più grande, molto più grande. A pensare a
questo si era deconcentrato e la bolla aveva guadagnato qualche metro nella sua
direzione. Voldemort grugnì soddisfatto. Ora la bacchetta di Harry sembrava
essere in preda a fortissime convulsioni. Non poteva essere sconfitto. Non
doveva essere sconfitto. Con un grido che superò di intensità l’ululato del
vento, Harry si concentrò e spinse all’indietro la perla luminosa, ribaltando
la situazione.
Ora era Voldemort nei
guai. La mano gli tremava terribilmente.
“Non ancora! Non di nuovo,
Potter!” gridò Voldemort, anche lui sopra il vento sferzante.
Gli occhiali volarono via
dal volto di Harry. Poco male. In questo modo poteva evitare di vedere quegli
occhi rossi puntati su di lui. Ora vedeva solo due macchie indistinte color
porpora.
Il canto della fenice si
fece prepotente nelle orecchie dei due. Lo spirito delle bacchette si stava
svegliando. Il tempo a loro disposizione stava scadendo. Harry si decise.
Afferrò la bacchetta con entrambe le mani e sospinse quanta più energia magica
verso Voldemort. Non poteva dargliela vinta.
Voldemort non fu da meno.
Ridusse gli occhi ad una fessura e si concentrò per focalizzare energia verso
la bacchetta. Mai avrebbe pensato che quel ragazzino gli avrebbe dato così
tanto filo da torcere. Silente non aveva fatto un buon lavoro. Aveva fatto un
ottimo lavoro.
Il vento aumentò di
intensità e cominciò a spazzare via la neve da terra, creando una piccola
tormenta che avvolse entrambi i duellanti. Quella dannata bacchetta continuava
a tremare. Vibrare, contorcersi quasi su se stessa. Poi smise. Tutto d’un
tratto, così come aveva iniziato. Il filo d’oro fu come risucchiato da entrambi
i lati all’interno della bolla splendente. La perla luminosa fluttuò un poco
nell’aria, poi, vinta dalla forza di gravità, precipitò a terra sotto gli occhi
dei due maghi, ancora troppo scioccati dall’accaduto per reagire. La perla
sciolse la neve soltanto avvicinandosi e infine tocco il terreno bruciandolo
lievemente. Ma quello fu il meno.
La bolla esplose. Un
esplosione di luce silenziosa che avvolse sia Voldemort che Harry
scaraventandoli sotto il portico da cui erano circondati. La luce multicolore
li avvolse accecandoli. La terra cominciò a tremare. Un’onda d’urto spaventosa
li scaraventò contro la parete ed investì tutto il castello, poi, come se
risucchiati, entrambi furono sbattuti nel fulcro dell’esplosione di luce, che
non accennava a smettere di brillare.
Si alzarono da terra
entrambi provati dall’esperienza appena subita, e si puntarono ancora con la
bacchetta. Il vento e il ruggire dell’onda d’urto coprivano ogni suono.
“Che tu sia maledetto,
Potter! Questa sarà la tua tomba!” ringhiò Voldemort.
“Vai al diavolo! Vattene
all’inferno, e non tornare mai più, Voldemort!” tuonò Harry con quanto fiato
aveva in corpo. Entrambi alzarono la bacchetta. Entrambi furono avvolti da uno
sciame di scintille rosse come il fuoco provenienti dalle bacchette. Dal fulcro
dell’esplosione due sottili raggi dorati partirono e colpirono i due avversari.
Harry vede solo luce.
Luce. Dolore. Il terreno duro a contatto con il suo volto. I suoi occhi chiusi.
Dolore. Dolore e rabbia. Una rabbia incredibile. Una voglia terribile di
sfogarsi. Di liberarsi da questo flagello che lo opprimeva. Ira, ira, ira…
Gridò alzandosi in piedi
di scatto. Il sole stava scomparendo dietro all’orizzonte. Si sentiva debole,
spossato, distrutto, ma pieno di rabbia. Cos’era quel posto? Perché era lì? Si
tastò il corpo per cercare una sicurezza che gli mancava. Guardò il giardino
dove si trovava. Sembrava ce un esplosione lo avesse devastato. Poi vide una
persona a terra. Un cadavere forse. Si avvicinò cercando di capire se fosse
vivo o morto. Tutti gli indizi avrebbero portato a pensare il contrario, ma
dopotutto lui era vivo e non sapeva perché era lì e… chi era? Non ricordava il
suo nome. Sentiva solo un’immensa rabbia salirgli alla testa mano a mano che si
avvicinava a quel tizio.
Sfiorò appena la tunica
nera da cui era avvolto. Un brivido gli percorse la mano. Che orribile
sensazione! Non gli piaceva, e se quell’essere gliela dava… avrebbe dovuto
liberarsene. Subito. Lo puntò con la bacchetta e lo fece levitare fin sopra il
pozzo. Con un gesto secco simile a quello di un fendente, il corpo smise di
levitare e precipitò verso il fondo.
Aveva appena ucciso…
bello. Una bellissima sensazione. Gli piaceva, la amava. Era inebriante,
spettacolare. Lo faceva godere di un piacere mai provato. Ancora un brivido. Il
piacere. Una risatina gli sfuggì dalle labbra. Si meravigliò della usa voce
acuta, squillante.
Una figura vestita in nero spuntò lungo il porticato e lo
fissò con terrore. Quello sguardo gli procurò un altro brivido. L’ombra non
attese che quell’essere si muovesse. Fece appena in tempo a dire “Il padrone!
E’ stato sconfitto! Il nostro Sign…” che si ritrovò il collo piegato a novanta
gradi di lato.
L’ombra non sapeva come o
perché riuscisse a fare quelle cose. Ma gli piaceva. Eccome. Rise ancora e si
buttò nelle tenebre. La caccia era appena iniziata.
*****
“Morirai come i tuoi
compagni. Sarà un piacere vederti agonizzare sotto i miei occhi” ringhiò Harry
rivolto a Draco ancora immobile davanti a quella rivelazione. Harry fece
oscillare le lame fra le sue mani, circondando il suo corpo in una danza di
riflessi e luci.
“Harry…” quelle parole
furono quasi un sussurro pronunciate da Sirius. Corse accanto a Draco non
sapendo neanche lui che fare.
“Harry, come hai… che cosa
hai fatto? Non ti ricordi di me? Di tutti noi?” gridò Sirius disperato. Le sue
emozioni erano in forte contrasto. Da un lato odio per quel massacro inutile.
Dall’altro l’amore verso Harry. Era vivo. Era ancora vivo. Non sapeva come o
per quale strana ragione ma era vivo!
“Sirius, lascia perdere.
Non è in se…” lo ammonì Draco. Aveva capito meglio di chiunque altro la
situazione delicata in cui erano. Harry smise di far ruotare le lame e fissò il
padrino con aria incredula.
“S-Sirius…” mormorò con
voce tremante. L’uomo non credette alle sue orecchie. Corse verso Harry e lo
afferrò per le spalle.
“Sì Harry sono io! Ti
ricordi? Sai chi sono, ti ricordi di me?”
“Io… io…” disse Harry
lamentoso e con il volto verso il basso “A dire il vero non ne ho un idea” il
suo ghigno freddo e spietato tornò a farsi spazio sul volto sporco. Sollevò il
pugnale in un lampo e lo pianto in profondità nel ventre di Sirius. Ruoto la
lama con uno scatto e la sfilò dal corpo agonizzante di Black con una pedata al
petto.
“Il trucco più vecchio del
mondo… patetico” rigirò il pugnale nella sua mano di acciaio e lo puntò assieme
alla spada verso Draco.
“Ora rimani solo tu. Sei
pronto?”
Draco non ci vedeva più
dalla rabbia. Quante volte a scuola aveva cercato il modo per scontrarsi con
Harry Potter. Lo detestava perché era mitizzato da tutti. Non aveva smesso di
detestarlo se non dopo la sua morte. Si era sacrificato per salvarli tutti a
quanto si diceva. Ma ora. Era vivo. E aveva eliminato praticamente tutta la
squadra di battlemage. Tutti i suoi amici. Ora poteva sfogarsi. La lezione che
avrebbe sempre voluto dargli stava per cominciare.
“Qui ci penso io. Voi
state indietro e portate al sicuro Lupin. Cercate di andarvene, andate via”
Sentenziò Draco rivolto ai pochi battlemage in gradi di rispondergli che
assentirono e si defilarono con il licantropo sulle spalle.
“Alla morte…?” domandò
Draco retoricamente. Ricevette risposta da Harry.
“Alla morte, biondino”
Con un balzo Harry gli fu
sopra e vorticò le lame a ventaglio di fronte a se. Draco si scansò, scartando
l’attacco con uno scatto verso destra. Ne approfittò e spinse le lame in due
affondi mirati al ragazzo ancora in volo. Entrambi furono deviati dalle lame di
Harry con una pioggia di scintille. Stettero per qualche secondo fermi a
bloccare uno le armi dell’altro e a guardarsi negli occhi. Grigi contro verdi.
“Sembra uno scontro
interessante…” sussurrò Harry. Draco roteò le spade e le fece scivolare alla
sua destra. Spiccò un balzo in avanti e si lanciò all’attacco con la sola mano
destra. Teneva la spada sulla sinistra pronta a parare. Infatti, Harry fermò
l’attacco di Draco con il pugnale e tentò un fendente con la spada, bloccata
anche quella.
“Molto interessante…”
continuò con voce gracchiante Harry. Ritirò le lame e lanciò un attacco
incrociato dall’alto, che fu bloccato allo stesso modo, incrociando le spade
sopra la testa. Draco ne approfittò e lo colpì al petto con un calcio. Harry
cadde a terra, ma con una capriola all’indietro fu di nuovo in piedi e pronto
allo scontro. Appena in tempo per parare una raffica di colpi da parte del
biondino che lo fecero retrocedere fino alla finestra distrutta. Con una balzo all’indietro
balzò sul davanzale ed corse lungo il cornicione esterno. Draco lo seguì in un
lampo. La luce della luna piena rendeva l’ambiente luminoso, per fortuna. Con
un occhio quasi cieco Draco aveva difficoltà a seguire tutti i movimenti del
suo avversario. Lo vide girare l’angolo dell’edificio e si precipitò al suo
inseguimento. Appena girò l’angolo una spada quasi gli tranciò il naso. Grazie
ai suoi grandi riflessi si ritrasse appena in tempo per schivare il colpo. La
spada destra colpita dalla lama dell’avversario, gli sfuggì di mano e precipitò
verso il basso. Ora aveva solo un arma per combattere. Passò la spada sulla
mano destra e colpì con forza alla sua sinistra. Harry si lasciò cadere verso
il basso, lanciò in pugnale verso Draco, che si riparò dietro l’angolo. Con la
mano metallica libera si appese al cornicione e si dondolò verso la finestra al
piano di sotto. La sfasciò e cadde pesantemente sul pavimento. Era in un bagno.
Subito fu in piedi e si girò verso la finestra dove era appena entrato aspettando
di veder scendere il suo avversario. Roteò nervosamente la spada pronto al
combattimento.
Una finestra alla sua
destra si frantumò. Draco e una miriade di frammenti di vetro gli piovvero
addosso alla sprovvista. D’istinto Harry si abbassò. Sentì la lama
dell’avversario passargli sopra la testa e superarlo. Sperando di indovinare la
sua posizione, sollevò la spada con uno scatto. La senti penetrare per un
attimo nella carne. Sorrise e fece un passo indietro mettendosi sulla
difensiva. Draco si tasto il petto dove una ferita superficiale faceva mostra
di se. Un graffio, roba da poco.
“Il primo colpo è mio,
biondino…” sorrise Harry vedendolo tastarsi la ferita. Draco tirò due colpi
all’aria per scaldarsi e si mise in posizione.
“Non importa chi tira il
primo colpo, ma l’ultimo…” rispose pungente Draco. Harry smise di ridere e si
preparò. Lo scontro era appena iniziato.
Harry corse a sinistra con
uno scatto improvviso. Draco lo seguì in parallelo. Si scambiavano fugaci
sguardi fra le colonne che li separarono. Con un balzo uscirono dalla stanza
quasi scardinando la porta a doppia anta. Cominciarono a rincorrersi. Harry in
testa dettava la marcia. Salì una rampa di scale. A metà della seconda cadde a
terra. La spada di Draco, infilata fra le due ringhiere, gli aveva fatto lo
sgambetto. Mentre Draco sfilava la spada, Harry si molleggiò sulle braccia e
spiccò un balzo fino al pianerottolo superiore. Draco era in procinto di salire
la seconda rampa, quando vide Harry scivolare lungo il corrimano con la spada
in avanti come un cavaliere in carica sul cavallo. Si ritrasse fino alla parete
e sollevò la spada con un ampio arco fino a bloccare quella di Harry contro la
muro sopra la sua testa.
Ora erano faccia a faccia.
Entrambi ansimavano per la fatica e per la corsa. Il sudore imperlava la loro
fronte. Solo in quel momento Draco la notò. La cicatrice. Verde. Verde come uno
smeraldo. Brillante e luminosa come gli occhi, lucidi per la fatica.
“Che c’è, biondino, sei
stanco?” chiese ansimando Harry.
“Neanche un po’. Non mi
arrendo così facilmente, sono un Malfoy” rispose Draco con il fiato corto. Gli
occhi di Harry brillarono per un attimo. Con un grido liberò la spada dalla
morsa in cui era bloccata e la strisciò a cerchio lungo la parete, con una
marea di scintille, puntando le gambe di Draco. Il ragazzo biondo se ne accorse
e saltò a piedi pari al momento giusto. Schivò l’arma che continuò la sua corsa
a vuoto. Rapido Draco rispose all’attacco con un pugno violento in faccia.
Harry arretrò tastandosi il volto offeso.
“Sei distratto. Cadi nei
trucchi più semplici” gli disse Draco mentre riafferrava la spada con la mano
destra. Harry tolse la mano dalla faccia. Il naso gli sanguinava ed il suo
ghigno era una maschera di rabbia.
“Quando vorrò i tuoi
consigli te li chiederò. Ora combatti!” e si lanciò ancora verso Draco con un
affondo. Draco lo deviò con la spada. Gli afferrò il braccio con la mano libera
e gli tirò una testata alla bocca che fece gridare di dolore Harry il quale
rispose subito con un altro fendente facilmente schivato dal biondino.
Draco si lasciò
l’avversario alle spalle e corse su per la rampa di scale. Imboccò il primo
corridoio e lo percorse per una decina di metri prima di voltarsi nel sentire i
passi del suo avversario avvicinarsi.
Harry era fermo all’inizio
del corridoio. Il sangue gli colava dal volto e macchiava con piccole gocce il
vecchio tappeto steso a terra. Ansimava e fissava intensamente lo sguardo di
ghiaccio di Draco. Con un movimento veloce fece volare la spada nell’altra mano
ed estrasse la bacchetta con la mano libera.
“Aboleo Spiritus!”
Draco reagì subito. Fece cadere a terra la spada, estrasse la bacchetta e la
agitò fra di se e la nuvola di denso fumo bianco che correva nella sua
direzione.
“Revolvo!” la
nuvola di fumo arrivò ad una spanna dalla faccia di Draco, giro su se stessa e
puntò verso Harry. Anche lui non fu da meno.
“Revolvo” ancora la
nuvola ritornò sui suoi passi. Ma Draco non era già più lì. Nel tempo che Harry
ci aveva messo per riflettere l’incantesimo, lui era scappato di soppiatto. Il
fumo denso si dissolse dopo una trentina di metri lasciando il vuoto tutto
attorno.
Harry non lo avrebbe
lasciato andare. Lo aveva umiliato. E la loro sfida non era ancora finita.
“Ti eliminerò
Malfoy…Malfoy… il tuo nome mi da un senso di vomito…” scese le scale da cui era
venuto per tornare sui suoi passi.
*****
Draco corse ed in un lampo ritrovò la sala grande. Si
ricordava ancora bene la planimetria del castello. Entrò e vide i battlemage
ancora lì dentro intenti ad ascoltare qualcuno… Piton!? Ma Piton era stato il
primo a morire! Incredulo si avvicinò al professore.
“Che diavolo sta accadendo
qui! E’ la seconda volta che scampi alla morte tu” disse indicando Piton “Hai
una spiegazione oppure devo preoccuparmi?” Piton sorrise.
“Niente di strano. Un
non-morto come me non muore certo per cose banali come la testa troncata di
netto. Io non seguo più le regole normali della vita. Io sono oltre la vita mio
caro” squadrò Draco da capo a piedi “Vedo che ti sei scontrato già con Potter.
E dimmi come è andata?” chiese curioso.
“L’ho abbandonato e sono
tornato qua per vedere che tutti se ne fossero andati. Ma vedo che non si sono
mossi. Almeno hanno raccolto i cadaveri” fisso il mucchio di corpi impilati
poco lontano.
“Incredibile” disse
sospirando Piton “Maghi e soldati esperti ed allenati non sono bastati a
sconfiggerlo. Anzi! Li ha sconfitti lui stesso! Mi spiace per Weasley e la
Granger. Per Silente sono sicuro di riuscire a fare qualcosa con le mie
pozioni. Può essere complicato ma non impossibile. Sirius è ridotto maluccio…
credo che sia in vita per miracolo. Ora le sue emorragie sono stare fermate, ma
sarebbe meglio portarlo in un ospedale al più presto”
Draco sospirò e si sedette
accanto a Piton. Almeno Sirius e Silente non erano spacciati. Ma Ron ed
Hermione… come lo avrebbe detto a Ginny? Non poteva neanche pensarci. Ancora
sofferenze. Ancora dolore. Ancora… un momento! Come faceva Piton a sapere
dell’identità di Harry? Si voltò e non pose neanche la domanda. Piton già se
l’aspettava.
“Finalmente l’hai notato.
Dimmi Draco, se ti avessi detto che quel tizio invece che Voldemort era Potter,
tu l’avresti attaccato? Prima che uccidesse tutta questa gente, tu gli saresti
saltato addosso insieme a tutti gli altri? Sii sincero”
“Io…ma come ha potuto non
dircelo!” Draco si alzò in piedi e lo guardo costernato “Harry Potter era vivo
e lei non ha detto niente! Perché? Avremmo potuto fare qualcosa per aiutarlo
invece che organizzarci per una guerra!” Piton si alzò in piedi u gridò.
“Era proprio questo il mio
problema. Voi non l’avreste mai attaccato. Voi l’avreste aiutato! Ma non si può
aiutare. E’ impossibile. Io l’ho seguito per mesi. Il primo settembre dell’anno
scorso sono riuscito ad uscire da qua. Ho aspettato qualche mese prima di ripresentarmi.
Per sicurezza, non sapevo quanto eravate a conoscenza di quello che succedeva
qui dentro” afferrò la testa di Draco fra le mani “Io l’ho visto combattere per
mesi, Draco. L’unica cosa da fare era eliminarlo. Toglierlo dai piedi! Ormai è
una creatura della notte. Non vive neanche più di giorno! Uccide di notte e
dorme di giorno! Lo hai visto tu stesso di cosa è capace” indicò il mucchio di
cadaveri.
“E Voldemort allora?
Dov’è? Dovrebbe essere qua, no?”
“Ma quale Voldemort! Per
quello che ho potuto capire Voldemort è stato eliminato proprio da Potter tre
anni fa. Fu Potter a vincere lo scontro, ma qualche cosa è andato storto… ed
ora è così. Pazzo, non riconosce più nulla. Uccide. Uccide e basta”
“E per questo non poteva
aiutarlo? Che cosa ne sapeva lei! Forse se ci avesse detto tutto Ron ed Herm
sarebbero ancora vivi! E’ stata una stronzata quello che ha fatto se ne rende
conto!?” gridò Draco con la bocca secca. Piton lo fissò inespressivo come era
solito fare ai tempi della scuola.
“No. Voi non mi avreste
mai dato retta. Non lo avreste mai attaccato ed ucciso se aveste saputo che era
Potter. La mia è stata la scelta più saggia per tutti” la voce rispecchiò il
suo sguardo. Draco annuì e richiamò uno dei battlemage.
“Soldato, arresta
quest’uomo. Severus Piton, è accusato di aver tenuto per suo conto informazione
di vitale importanza per scopi personali e dell’omicidio indiretto di una
decina di battlemage. Per ora sarà tenuto in stato di fermo e sotto la
sorveglianza dei battlemage rimasti” il soldato eseguì l’ordine e Piton non si
oppose all’arresto. Parlò solo un ultima volta.
“Non vuoi nemmeno sapere
come ho fatto a scoprire che in realtà era Potter?” Draco lo guardò.
“Come?”
Piton
indicò con un cenno del capo la sua borsa delle pozioni. Da una tasca laterale
spuntava una pergamena tutta rovinata.
“Giuro solennemente di non avere
buone intenzioni.
Fanne buon uso”
Ok ok ci ho messo un casino, sta settimana è stata fitta
di impegni pomeriggi e casini vari, nonché il ricevimento genitori (“Suo figlio
è un genio…” “ Se non ci fosse bisognerebbe inventarlo…” “Chi è lei
signora?…Ah, Giacomo! Sì, sì…” “Buona pasqua…” “Se vuole essere più utile
bisogna che si dia fuoco, almeno scalda!”). Vabbè, ma è solo un capitolo di
passaggio questo, il prossimo, max quello dopo, dovrebbe essere l’ultimo.
Sigh…. Anche questo finisce, me triste……..vabè raga ma rispondetemi! Che fic
scrivere dopo? Ringraziamo, và: Ice, ah! Che bella colazione! Non è vero
che sono morti tutti. Sol quelli che tutti preferiscono!!!! *evil smile*. Ti
consiglio di leggere senza trama. Nell’ultimo capitolo sei anche citato in
coda!; Anja, hai ragione. Ho corretto la cosa. Ora usa una mano per
lanciare entrambi i pugnali. Difficile da fare, ma lui è Harry Potter!!! J;
Beth, commento sbrigativo, ma essenziale. Era un po’ quello che volevo
trasmettere; Ale chan, caspita! Eliminare Potter solo perché ha fatto
una strage? Esagerata… piuttosto, basta cliccare sul mio nome in autori per
vedere le fic che ho pubblicato!J; Eli e Kia, a Bologna? E Dove? Neanche io
abito in città, poco fuori. Venite in città per la fiera del fumetto per caso?
Io ci vadso domani (che poi è oggi 13/04/03). A proposito IL 12/04/03 era il
mio complex!!!!!!! Non che voglia farlo notare ma è una specie di scusante
per il ritardo di pubblicazione del new chap… (Eli cara, ti si è fuso il Pc?
Perché non agiorni??????LLL);
Alexis, mi scuso del ritardo. La ff su SW la farò quanto prima (forse
con la pasqua, chi lo sa?) ne ho in corso un po’ da scrivere…J;
Keijei, su su, vedrai che torna tutto a posto (se, bonasera…) arriva un
bell’angelo (al massimo piero angela…) e risorge tutti i buoni!(si, i buoni
della coop…); Yuechan, che vuoi il massacro arriva sul più bello. Tanto
Neville ce lo metto nel seguito di senza tregua. Ho già deciso!!!!JJJJ;
Nenè, Ehilà visto che oggi è domenica, alla cara sunny è già venuto un
colpo direiJ,
recuperabili? Che vuol dire? Ah, qualcosa tipo: in realtà non era sangue ma
sugo di pomodoro? Non sono morti stanno solo dormendo tanto?
Mhhhh…improbabile….; Ci, sono caaaaaaaaaaaaaaaatttttttiiiiivvvvvvvooooooo!!!!!!!
Cattivissimo, ma anche buono e sincero *occhi grandi piangenti*………….. No, non è
vero. Sono un bastardo. Eh sì, come vedi Harry è anche qui fin dal 2° chap a
dire il veroJ;
Mikisainkeiko, perché? Perché sono la mia coppia preferita!!! (alla
faccia! Chissà se li odiavi! NdTutti) sono sempre al cnetro dei colpi di scena,
dei colpi di cuore… mmhh questa era brutta. Vabbè ma non piangere. Draco
sta bene ehehehehehehehehehehJ; Ever, un idea cattivissima che sconvolga il
pubblico. Io devo vendere al meglio la mia merce!!!! Un buon piano di marketing
è la cosa migliore! Mio Dio… parlo come la mia prof di economia….J;
Sorti, un grattacielo? TI chiederò asilo politico mi sa….; Kiak, tu,
tu che sei diveeeeeeeersa! Almeno tu… non mi odi! TY TY TY TY TY TY TY *
Strekon in lacrime*. Che cavolo direbbe Freud se fosse vivo?!?!?!?!?!?!? Non lo
so dimmelo te!!!!!!. Non cambierai dimmi cheeeee per sempre sarai
sinceeraaa… tutta la tua solidarietà ed anche un bazzoka per fermare gli
altri, và! I miei rispetti cherie e la mia gratitudine!JJJJ; Maichy,
ma Piton è vivo (oddio vivo è una parola grossa…)che faccio elimino anche
Draco?!?!?!? Eh? Eh? JJJ;
Elyfra, ehi grazie. Anche se del muso ispiratrice non me lo avevano mai
datoJ;
miky, come ho potuto? Facile mi sono messo all tastiera dopo aver
riletto la serie completa di Berserk ( tell me what tell me what tell what you
want…) ti assciuro che le parole scendono da sole!!!!J; LadyofShadow,
no problemo! Per me un commento è sempre un commento!!!!!JJ;
Giuggy, per finire finirà. Non benissimo, anzi.. maluccio direi, però
finirà. Mi accodo anchio nel far soffrire quell’idiota di Caramell! Non lo
sopporto!!!!!!!!! Caramell ti odio!!!!!!!! Un po’ come dio
Vissani!!!!!!!!!!!!!!!!; Ary, grazie a te e alla tua gemella! Si chiama
Baraldi?!?!? Come il pagliaccio!!!!!
Ehhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!! Ciao bambin… coff cough sput
bam!!!!!! *Strekon morto a terra*
Va bene ragazzi. Ore… cacchio! 3:33! Pubblico e buona
notte!!!!!!
Parentesi. La frase sborona che Draco dice a Harry l’ho
presa da un libro“le lande di fuoco”
troppo bella per non essere riportata!!!!!! Chiusa parentesi!
“Ha ucciso due
dei nostri! E’ un traditore, Prendetelo!”
L’ombra scivolò lungo il corridoio inseguita da una decina
di maghi dalle vesti nere. Erano tanti. Troppi. Non sarebbe mai riuscito a
tenergli testa. Percorse caoticamente una strada casuale, infine giunse alla
fine del corridoio. Quasi cadde nel baratro davanti a se. Nonostante ci fosse
una scala che si piegava ad angolo una decina di metri sopra la sua testa,
davanti a se non c’era nulla. Molte rampe di scale erano come sparse lungo
quell’immensa tromba. Aspetta… ma si stavano muovendo! Bastava aspettare la
scala giusta e il gioco era fatto. Era solo una questione di tempo. Merce rara
che l’ombra non aveva in quel momento. Sentivo lo scalpiccio dietro di se farsi
sempre più vicino.
“Ventilo
Iniuria!” l’ombra fu sbalzata in avanti con forza. Il suo corpo compii un
arco nel vuoto. Si rese conto di essere in volo a mezz’aria appena in tempo per
allungare le braccia ed appendersi ad una rampa in movimento davanti a se. Il
gradino più basso lo colpì in pieno petto facendole sputare fuori tutta l’arai
che aveva nei polmoni. Ciondolando malamente con le gambe, si issò,
trascinandosi, aggrappato ai primi scalini di pietra di quell’imponente rampa
di scale. Salì rapidamente i gradini e si nascose, protetto, dietro l’angolo
del corrimano. Quella strana rampa mobile aveva una struttura ad “L” che
puntava verso l’alto. Vide un paio di frecce infuocate piantarsi nel corrimano
davanti a se. Mancato per poco.
“Chiama un
dissennatore. Loro fluttuano, lo inseguirà fra le scale” disse ad alta voce uno
degli inseguitori. L’ombra non aveva idea di che cosa fosse un dissennatore, ma
il loro nome non prometteva nulla di buono.
C’era poco da
fare. Erano numericamente superiori, quasi impossibile batterli. Ma non sarebbe
certo morto da vigliacco, nascondendosi fino all’ultimo. No. Anche se non
ricordava chi fosse era certo che non gli sarebbe mai piaciuto tirarsi indietro
come un cane bastonato. Non lui. Non… picchiò il pugno sinistro per terra.
Quanto lo faceva arrabbiare il fatto di non ricordarsi nulla. Lanciò un grido e
si alzò puntando la bacchetta davanti a se.
“Ignis
Flatus!” una sfera di fuoco centrò il mangiamorte più esposto riducendolo
ad un ammasso scomposto di carne ed ossa. I nove rimasti reagirono e lo
bersagliarono con parecchi incantesimi. La balaustra di pietra, però, dava
all’ombra una copertura di cui gli altri maghi erano sprovvisti. Rischiò di
essere centrato da un fulmine in pieno volto, ma per fortuna si abbassò in
tempo. Dal puzzo di bruciato proveniente dai suoi capelli capì che questa volta
ci era andato molto vicino.
Vide un armatura
in cima alla rampa, che ora si stava lentamente muovendo verso un altro
corridoio più in alto.
“Accio
Armatura!” come un essere volante l’armatura piombò con gran clangore a
metà della rampa ad “L” distraendo per un attimo i mangiamorte che la
bersagliarono sicuri che il loro obiettivo si fosse scoperto nel momento
sbagliato. L’ombra si alzò ancora pronta a colpire.
“Manus Niger!”
gridò l’ombra. Una luce nera esplose dalla sua bacchetta e si fiondò su uno dei
mangiamorte. Come una mano dalla forza sovrumana, strinse forte il collo del
malcapitato che iniziò ad annaspare in preda al soffocamento. La mano lo
sollevò e lo gettò nella tromba delle scale. Senza un grido il mago oscuro
scomparve nelle tenebre. La mano si aprì ancora pronta a colpire un altro mago,
ma fu presto sedata a suon di incantesimi.
Bhè, due
loro, ed io sono ancora intero pensò l’ombra riprendendo fiato. Si mosse di
qualche passo verso destra per sorprendere i suoi avversari ancora una volta.
Con l’incantesimo sulle labbra si alzò, pronto a colpire. Le parole gli
morirono in gola. Se ne stava in piedi con il braccio teso verso una creatura
alta e ammantata di nero. L’essere sibilava come il vento fra le rocce e si
avvicinava all’ombra.
L’ombra sentì un
brivido. Si ritrasse da quella creatura salendo la scale a perdifiato verso il
nuovo corridoio. L’apertura era ancora lontana, e il dissennatore non accennava
a rallentare la sua marcia. L’ombra si girò a guardarlo mentre fluttuava
inesorabilmente nella sua direzione. Il sudore gli imperlava la fronte. Quando
ormai il dissennatore gli fu a meno di venti centimetri, l’ombra cadde a terra
per il terrore. I maghi oscuri non lo bersagliavano neanche più con gli incantesimi.
Quella cosa avrebbe pensato a sbarazzarsi del presunto traditore.
L’ombra fissava
il suo volto vuoto e nero. Era buio, non vi era luce in quella faccia. Per
quanto possibile si accasciò ancora di più al suolo. Vide, indistintamente un
tentacolo nero uscire da quel cappuccio e schioccare per aria come una frusta.
Qualcosa nella mente dell’ombra si stava prepotentemente imponendo davanti a
quello spettacolo terrificante.
Una donna…
capelli rossi, urlava spaventata… un tizio ammantato… Sentiva la paura crescere
in se. Paura? Era quella strana sensazione già provata quando aveva sfiorato il
corpo di quel tizio. No! Paura no! Non aveva paura! Di nulla di nessuno! Mai!
Altre immagini si imposero nella sua mente… un dolore lancinante…dolore.
Sentì le ossa
sbriciolarsi. La sua mano sinistra era scivolata, mentre si inginocchiava vinto
dal terrore, fra la scala mobile e la parete in avvicinamento. La carne si
sfaldò e i muscoli si appiattirono vinti da quella inesorabile morsa di pietra.
Urlò con tutte le sue forze il suo dolore. Un urlò che nulla aveva di umano. Il
sangue gli macchiava tutto il braccio e colava lungo la parete del muro in
rivoli inquietanti. Quel estremo dolore lo fece tornare alla realtà. Vide
l’essere in nero che cercava di abbrancarlo con uno pseudopodio viscido. Il
dissennatore tentennò per un attimo davanti all’urlo dell’ombra. Quell’attimo
all’ombra fu più che sufficiente.
Tirò con forza
il braccio con la mano spappolata. Ormai era impossibile salvarla, tanto valeva
liberarsi come meglio poteva e combattere. Un rumore inquietante di brandelli
di carne strappati gli penetrò le orecchie. Il polso reciso sprizzava sangue
dappertutto. Non aveva idea se sarebbe sopravvissuto, ma stare lì a morire non
era nei suoi piani. Raccolse le ultime forze rimastigli ed infilò il corridoio
per coprirsi dall’assalto dei maghi oscuri. Puntò la bacchetta verso il
dissennatore e… ma che incantesimo usare? Quel tizio sembrava essere un
fantasma proveniente dallo stesso inferno. Non sapeva che usare. Non sapeva che
fare. Tanto valeva… un pensiero gli attraversò la mente.
“Expecto
Patronum!” un lampo d’argento esplose sulla punta della bacchetta
dell’ombra e ne uscì una serie di scie dello stesso brillante colore. Le
strisce colorate presero forma. Un cervo. Travolse il dissennatore scacciandolo
via. Il cervo compì una curva nell’aria sopra le rampe ancora in movimento.
Raggiunse l’ombra e la fissò con occhi apprensivi. Sembrava spaventato dal suo
aspetto. Forse avrebbe parlato, ma, così come era apparso, l’animale d’argento
sparì in un guizzo di fumo dello stesso colore.
L’ombra fissò
sorpreso tutto lo spettacolo che lui stesso aveva offerto. Si era ricordato.
L’incantesimo per quelle creature. Chiunque fosse, sapeva combattere quelle
creature. Non sentì neanche più il dolore al polso. Lo shock di essersi
strappato la mano era sopra ogni tipo di dolore. Nonostante ciò il sangue
seguitava ad uscire e inzaccherava il pavimento di pietra lavorata.
Sentì i maghi
oscuri avvicinarsi. Doveva scappare ancora. Cominciò a correre lungo il
corridoio nella speranza di trovare presto una deviazione o una porta dove
infilarsi. Non era nelle condizioni di combattere. Era ferito e non solo nel
corpo. La sua mente sanguinava ricordi e non sapeva cosa fare. Era un dolore
inarrestabile. Soprattutto su quella cicatrice che aveva in fronte. Purtroppo
per lui non trovò alcuna scappatoia da quel lungo percorso.
“Avada
Kedavra!” la luce verde sprigionata dalla bacchetta di uno dei maghi in
testa alla comitiva centrò in pieno la schiena dell’ombra. Senza un lamento,
sospinta in avanti dalla forza dell’incantesimo, l’ombra rotolò a terra un paio
di volte e si fermò, immobile, di schiena.
“Finalmente! Non
avevo mai visto un tizio con così poca voglia di morire” si lamentò lo stesso
mangiamorte che aveva lanciato l’incantesimo.
“Torniamo dagli
altri e avvisiamoli. Missione compiuta” si voltò, imitato dagli altri
mangiamorte, e ritornò sui suoi passi, verso le scale.
Una forte
esplosione di energia e una forte zaffa di vento li investì schiantandoli a
terra tutti. Il corridoio era percorso da scariche di energia elettrica verde,
come un enorme cavo elettrico. Quando il mangiamorte alzò la testa vide quella
luce verde in fondo al corridoio. Una sagoma si stagliava davanti a quella
luce.
“Sei ancora
vivo…? E’ impossibile…” le parole gli morirono in gola. La mano dell’ombra si
strinse forte attorno al collo dell’uomo. I loro sguardi si incrociarono.
L’ombra sembrava avvolta da una palpabile energia magica. Il suo volto si
contorceva in smorfie dolorose. I suoi occhi serpentini color verde smeraldo
squadravano il mangiamorte terrorizzato. Le palpebre si sollevarono di più,
spalancate. La testa dell’uomo esplose in tanti piccoli pezzi, spargendosi
tutto attorno. La mano destra mollo il collo senza testa della prima vittima.
Si girò a fissare gli altri maghi. I loro volti erano paralizzati. Quello che
avevano visto andava oltre ogni logica e comprensione.
L’ombra si
contorceva ancora in preda a forti spasmi. Si strinse le mani al petto
piegandosi in due. Emise un ruggito profondo, degno di un orco. I maghi si
allontanarono più in fretta che potettero. L’ombra si rimise retto sulla
schiena e puntò uno dei fuggiaschi. Il suo torace si aprì come una zip,
divaricandogli le costole. Un’esplosione di sangue sporcò il pavimento.
“NON COSI’… IN
FRETTA…” ruggì cupamente l’ombra. Si lanciò con un balzo in avanti
all’inseguimento dei maghi oscuri. Correva a quattro zampe come il più feroce
dei predatori. Perché era quello. Un predatore senza controllo assetato di
sangue. Il suo polso completamente spappolato si era come cauterizzato da solo,
impedendo al sangue di uscire ancora. In tutti i modi era privo della mano.
Presto gli fu
dietro e con un balzo aggraziato si attacco alla parete laterale del corridoio,
poi al soffitto. Li superò in velocità e gli atterrò di fronte con un rumore
sordo. Il mantello che portava si sfilacciò per l’impatto mentre altre scariche
partivano dal suo corpo per spargersi a cerchio attorno a lui. Ghignò
malevolmente davanti a quelle persone. Il dolore prese il sopravvento. Si
inginocchiò, ancora, testandosi il petto dolorante. Gridava a denti stretti.
Sembrava lottare contro se stesso.
Lascia, basta…No! Io mi
controllo!…Fermati stupido! Io ho il potere!…E io lo sfrutterò!…Non puoi! Io governo
la morte! Solo io…Zitto! Non puoi nulla!…Io non ho paura di nulla! Nulla!…Ma io
non sono paura!…Sì, lo sei, e ti dominerò, anzi già lo sto facendo!…Idiota!
Rinunci al potere!… No tu rinunci alla tua libertà! Sei mio, spirito!
Le convulsioni
cessarono assieme al lamento dell’ombra. Guardò davanti a se le facce dei
maghi. Poveri sciocchi senza speranza.
“FINE DEI GIOCHI
RAGAZZI…” con una serie rapida di sguardi ad ognuno di loro, li uccise. Quando
anche l’ultima testa cadde a terra lontana dal suo corpo, l’ombra si irrigidì
per un lungo attimo. I suoi occhi tornarono normali, come la sua voce. Nessuna
scarica elettrica gli percorreva il corpo. Ora aveva attorno a se il solo puzzo
di morte.
Cadde in
ginocchio ansante. Che sforzo terribile. Aveva controllato con le sue sole
forze uno spirito della morte dentro al suo corpo. Lo aveva sfruttato al
massimo del suo potere. Un arma micidiale, letale. Ma faticosa, spossante.
Sentiva ancora la testa pulsargli come ogni muscolo del corpo. Era una tecnica
di combattimento che avrebbe usato solo nei casi estremi. Non poteva rischiare
inutilmente ogni volta. Dopotutto lo spirito poteva ribellarsi durante la
possessione. Ciondolò, appoggiato al muro, fino alla rampa di scale da cui era
partito tutto. Si sostenne al corrimano e le scese con calma. Notò solo ora
come l’energia sprigionata gli avesse chiuso la ferita. Ora aveva solo un
moncherino. Fissò con dolore i resti della propria mano schiacciati fra la
pietra. Poi vide l’armatura. Più precisamente il guanto dell’armatura. Un’idea
gli ballò nella mente. Con qualche trattamento magico poteva creare una
perfetta mano sostitutiva, anzi, forse anche migliore dell’originale. Afferrò
il guanto sinistro con la mano destra e lo soppesò fra le dita. La caccia era
appena iniziata.
*****
Harry era seduto a terra nel bagno del secondo piano. Con
uno straccio umido si tastava il naso ferito. Un pugno, era caduto nell’attacco
più vecchio del mondo. Si alzò in piedi e si avvicinò al lavandino per
sciacquarsi la faccia dalla polvere. Si guardò allo specchio. Quel volto.
Odiava quel volto. Quello sfregio sulla fronte era la cosa che detestava di
più. Era un ricordo del suo passato, ma lui non ricordava nulla. Per questo lo
odiava. Batté il pugno sul lavandino di ceramica. Vibrò paurosamente, li per
rompersi.
Unì le mani a
pozzetto e si getto con forza l’acqua sul volto. Sbuffò mentre l’acqua gli
scorreva ancora sul volto producendo un piccolo effetto geyser. Si asciugò con
lo stesso straccio di prima e si sedette ancora a terra. Creò una spada per
fare coppia con quella che aveva ancora. Se la infilò in cintura così come la
bacchetta.
Poggiò le
braccia sulle ginocchia piegate e vi nascose in mezzo la testa. Cos’era quella
sensazione? Ormai la conosceva. L’aveva ogni volta che qualcosa dal suo passato
tornava e lui non ricordava. Quindi quel nome, Malfoy, lo conosceva anche in
passato. Malfoy… gli diceva qualcosa. Dentro di se era sicuro che centrasse
qualcosa con la sua storia. Anche Voldemort. Quando il ragazzo dai capelli
rossi lo aveva chiamato così, aveva come provato un brivido. Che fosse davvero
lui Voldemort? Eppure quel tizio in nero lo aveva chiamato…Harry? Sì, doveva
essere Harry. E quell’altro mangiamorte lo aveva chiamato Potter. Aveva dovuto
tagliargli la lingua ed accecarlo. Pur non conoscendo la sua identità quel
piccolo mangiamorte pareva convinto di quel che diceva. Quindi lui era… Harry
Potter? Per lo meno ora aveva un nome. Oppure Voldemort? No, il tizio in nero
lo aveva chiamato Harry dopo che il cappuccio gli era caduto di testa. Forse,
però, si sbagliavano. Insomma, quel Sirius lo aveva trattato come se lo
conoscesse e fosse un amico. Eppure Malfoy lo aveva attaccato nonostante
sapesse della sua identità. Il mistero non era ancora del tutto chiaro.
Harry Potter?
Lui aveva già letto questo nome! Si alzò di scatto e si fiondò fuori dal bagno.
Velocemente raggiunse la sala trofei. Ecco dove l’aveva già visto. Harry
Potter. Su una grossa coppa. Si avvicinò per leggere meglio: Torneo Tremaghi
1° classificato. Era arrivato primo ad un torneo. Interessante. Sulla base
del trofeo vi era un’altra scritta: Alla memoria di Cederic Diggory E
adesso questo chi era? Un morto, questo è sicuro. Era alla memoria.
Il nome Cederic
gli diceva qualcosa. Non ricordava bene, ma forse era un suo compagno di
classe. Sì, quindi aveva frequentato la scuola di quel castello. Forse lo aveva
ucciso lui questo Cederic. Nulla di più facile, contando l’abilità intrinseca
che aveva in quel genere di cose.
“Rispolveri i
ricordi?” chiese una voce alle sue spalle. Di scatto come in una danza
perfetta, Harry estrasse le spade e le puntò verso l’entrata, da dove veniva la
voce. Draco se ne stava appoggiato allo stipite a braccia conserte. Ai suoi
fianchi pendevano due spade, come per Harry. Aveva un’aria calma e rilassata.
Troppo rilassata, pensò fra se e se Harry.
“Sei tornato per
restare definitivamente?” domandò acido Harry. Draco sorrise e si sollevò dalla
dallo stipite avvicinandosi lentamente al ragazzo.
“Vorrei fare un
esperimento, se non ti spiace” disse Draco.
“Mi spiace
eccome. Se sei venuto fin qui per parlare, hai perso tempo. Io combatto, non
parlo”
“Anch’io
combatto” disse Draco “Combatto la tua mente. Se ti dicessi Ron Weasley, tu
cosa diresti?”
Harry vacillò un
momento. Weasley. La parola gli ricordava qualcosa di rosso. Tante persone.
Povertà. Amore. Scosse la testa per lasciare perdere quei ricordi. Roteò le
lame e partì all’attacco.
“Combatti,
invece di perdere tempo in chiacchiere!” fece scendere le lame in parallelo
verso le spalle di Draco. Con movimento fulmineo Draco estrasse le sue spade e
blocco le due armi affilate con le else delle sue. Le spostò con un colpo netto
e vorticò in una danza nella sua direzione. Non puntava ad ucciderlo. Puntava a
tenerlo impegnato il più possibile.
“Ginny Weasley!”
gridò Draco “Ginny, capelli rossi, viso d’angelo. Te la ricordi?”
Harry ringhiò
davanti alle sue parole e i suoi affondi si fecero più intensi. Sembrava di
vedere il riflesso di uno spadaccino solitario da quanto combaciavano gli
attacchi e le parate fra di loro. Draco mosse le spade in cerchio cercando di
creare punti vuoti nella difesa dell’avversario.
“Hermione
Granger!”
Harry si lecco
le labbra come per idratarle. Ma non erano certo secche. Pensò al nome fatto
dal biondino, e ancora si umettò le labbra. Che cavolo stava succedendo! Si
inginocchiò per schivare un attacco e contemporaneamente partì con un fendente
alle gambe di Draco. Il ragazzo biondo incrociò le spade ad “X” davanti ai suoi
piedi, fermando l’attacco, poi con un balzo, facendo leva sulle lame, piroettò
alle spalle di Harry. Gli appoggiò le armi affilate come rasoi sulle spalle e
le avvicinò entrambe al suo collo. Harry si paralizzò in quella posizione. Come
cavolo aveva fatto a sorprenderlo così? Perché non si era accorto della usa
mossa? Quei nomi… lo distraevano! Pensò al da farsi mentre Draco gli parlava.
“Ora mi
ascolterai, spero” con uno scatto della testa Harry si avvicinò all’avversario,
facendo scorrere le lame sui lati del suo collo. Due lunghe ferite gli si
aprirono nella pelle sudata. Sorpreso da quella mossa, Draco non reagì e si
prese in pieno la testata in faccia che lo fece arretrare di un paio di metri.
Harry ruotò di scatto tentando di colpirlo invano, poi si risistemò in
posizione di attacco.
“Cercavi di distrarmi
parlando. Mi spiace non ci sei riuscito. Giochi sporco, Malfoy. Come sempre…”
le ultime due parole gli uscirono con grande sorpresa sia sua che del biondo.
Come sempre? Cosa vuol dire “come sempre”? Anche in passato era così infame il
suo modo di scontrarsi?
“Allora qualcosa
ti ricordi” sorrise Draco “Meglio così” e si lanciò in una serie di attacchi
rapidi ai fianchi di Harry. Con dei movimenti oscillanti Harry li bloccò tutti
ed indietreggio fino alla parete. Fece una finta e si buttò a destra. Draco non
ci cascò e si preparò a bloccargli la fuga. Ma l’avversario fu più furbo e gli
scivolò fra le gambe, sorprendendolo alle spalle.
“Ma che bravo”
ironizzò Draco “Allora, sfregiato, è tutto qui quello che sai fare?”.
Sfregiato? Harry sentì la rabbia saligli. Lui odiava quella cicatrice, e
fargliela notare lo fece solo arrabbiare di più. Per un attimo, però, gli
sembrò di essere già stato chiamato in quel modo. Il passato continuava a
bussargli nella porta della mente, ma lui non apriva.
Rapidamente incrociò
le spade più volte cercando di non fare capire da dove avesse attaccato con il
prossimo colpo. Draco rincarò la dose parlandogli ancora di vecchi ricordi.
“Mi deludi.
Sempre con quei poveracci e le mezzobabbane. Che fine ingloriosa per Harry
Potter…” disse scuotendo la testa con fare rassegnato.
“Vai al diavolo
Malfoy!” gridò Harry. Lo aveva urlato d’istinto, come se fosse normale. Una
specie di rituale. Un botta e risposta che da molto non faceva. La cicatrice si
illuminò per una attimo, Draco la notò. Fu come un piccolo flash verde
brillante. L’espressione di Harry tornò quella dell’essere senza pietà che
aveva ucciso i suoi migliori amici e tutta quell’altra gente.
Alzò il braccio
sinistro e lanciò la spada che fendette l’aria e colpì Draco al fianco,
aprendogli un ampio squarcio. Il dolore ebbe la meglio e le dita lasciarono le
spade che caddero a terra. Draco seguì l’esempio delle sue armi e cadde in
ginocchio tenendosi la ferita stretta con le mani. Usciva un bel po’ di sangue
da quel taglio. Troppo sangue. La vista cominciò ad offuscarsi ed il respiro si
fece più pesante. Harry gli si avvicinò. Gli sembrò di vederlo sorridere.
“E’ un peccato
che sia finita qui. Si stava facendo interessante” alzò la spada e la abbassò
con forza sul collo del ragazzo. Draco vide solo nero.
*****
Ginny sentì un brivido percorrerle
la schiena che le fece cambiare espressione. Anche la bambina sembrò notare
quel cambiamento. Lasciò il paperottolo di gomma a terra e allungò le braccia
verso la madre accanto a lei. Ginny si rivolse ad Eve e gli sorrise
amorevolmente.
“Vuoi fare la nanna? Hai ragione,
anche la mamma è stanca” la sollevò prendendola da sotto le ascelle e la
appoggiò al petto. La bimba si prese il pollice in bocca e chiuse gli occhioni
azzurri.
“Povera la mia bimba stanca… vuoi
dormire con me stanotte? Così non sarai sola” Ginny si diresse verso il suo
letto e vi adagiò sopra la bambina, che continuò a dormire beatamente. Si
infilò anche lei sotto il lenzuolo bianco ed abbracciò morbidamente la figlia.
Ma chi voleva prendere in giro. Non era Eve ad essere sola, era lei. Sentiva la
mancanza di Draco. Era via solo da un giorno, ma aveva avuto come un brutto
presentimento. Non tanto la presenza di Voldemort, qualcos’altro. Non sapeva
bene cosa, ma non la faceva dormire. Era una sensazione terribile, come un mal
di testa che non finisce mai. Che c’è, ma non fa male, da solo ansia.
Si fece avvolgere dal grande
cuscino dove appoggiava la testa. Doveva dormire se non voleva impazzire.
Ancora un brivido, come poco prima.
Una specie di sesto senso. Si mise dritta sulla schiena e fissò i monti fuori
dalla finestra. La luce della luna piena li rischiarava facendoli diventare un
paesaggio grandioso. Si alzò attenta di non svegliare la figlia e si avvicinò
alla finestra. Poggiò una mano sul vetro freddo. Lasciò l’impronta del palmo,
che in poco tempo scomparve.
Draco…ti prego torna da noi…
Guardò l’orologio. Era da poco
passata la mezzanotte. Ormai mancava poco al suo ritorno. Sarebbero usciti
tutti da quel posto prima della mezzanotte, gli aveva detto Lupin. Non sapevano
se la barriera fosse stata ancora attraversabile dopo il primo settembre.
Lasciò Eve a dormire nel grande letto matrimoniale, almeno lei dormiva. Si
diresse in salotto e sprofondò sulla poltrona. Avrebbe atteso il suo ritorno.
Tanto quella brutta sensazione che non la faceva dormire non accennava ad
andarsene. Fissò il grande pendolo sulla parete. Pochi minuti dopo la
mezzanotte. Sbatté gli occhi. Cinque del mattino.
Si rizzò in piedi. Si era addormentata!
Si avvolse nella camicia da notte e corse in camera da letto. Eve dormiva
ancora beatamente. Solo Eve. Rigirò la casa da cima a fondo. Niente. Era
dannatamente vuota. Sentì bussare alla porta.
“Draco…”disse con voce spezzata.
Corse verso l’ingresso e spalancò la porta. Non era Draco, era un battlemage,
lo riconosceva dalla divisa, ma non era Draco.
“Signora Malfoy?” chiese quello.
“Sì…” Ginny mondò giù un enorme
nodo che aveva in gola.
“Mi spiace, non sono rientrati.
Nessuno. E’ da più di cinque ore che cerchiamo di capire che è successo… mi
spiace”
Ginny sentì gli occhi bagnarsi.
Scosse la testa come per negare quello che quel soldato aveva appena detto. No,
non poteva essere. Draco, Ron, Hermione…Sirius, Remus, Silente…Piton…e tutti
quegli altri soldati. Scomparsi per sempre…No…
Cadde in
ginocchio piangente mentre il soldato la sosteneva meglio che poteva.
Va bene è un po’ più corto del solito, però spero che siate
felici di sapere che ho allungato un po’ la ff!!!! Un pezzo di qua un aggiunta
di la… alla fine si è allungata troppo per un solo chap! Quindi continua ancora
per un po’!!!!!!! Spero siate contenti di ciò! E ora… ringraziamenti:
Mikisainkeiko, e sì. Piton è sempre Piton. Dopotutto uno è bastardo per
genetica, credoJ.
Infatti non è uscito nessuno da Hogwarts…; Alexis, grazie. Per la risposta,
leggi il chap precedente quando Percye
Caramell discutonoJ; Kiak, ciarciauz! Metà della roba ho già rispost,
quindi, grazie per gli auguri ( a proposito grazie a tutti quelli che li hanno
fattiJJJ!)
e sarai contenta per Draco immagino….bwahahahah!; Ice, la fine si avvicina, ma
come vedi l’ho rimandata di un po’J! Spero che questi ti
porti a vivere più a lungo J. Torna normale? Bhè, se la mia normalità per te è
normale….; Sunny, WOW! Sono riuscito a far gridare Sunny! Non l’aveva mai
visto! Che soddisfazione…J! Fra parentesi, grandioso il nuovo chap della tua ff
BWM III (ehi la sigla sembra BMW, l’ho notato solo ora!), saluta anche tua
sorella!; Beth, ho allungato a posta mi ci vuole un po’ di tempo! Non è così
facile risorgere i morti!J; Maichy, bhè, credo di rischiare la vita ora!J,
ma no dai! Ci sono ancora un paio di chap per sistemare le cose! (Sì come no….J);
Ale chan, hai visto la mano metallica? E’ chiaro ora? E’ una bella sostituta
no?; Enika, e sì che avevi visto bene! La storia continua un po’ di più del
normale preventivato!J yuppieeeee!; Ci, grazie, sono un genio!J
Io l’aveva detto che amo gli scontri D/H, e infatti….J; Keijei, no il
castello no che è fico. Poi quelle cose succedono solo nei film di 4°
categoria… che tristezza!!!!!!!!!!J; Giuggy, prenderò il
tuo finale alla lettera! Bhè, quasi alla lettera…J; Ever, bhè grazie!
Pensavo che il vecchio trucco prior incantatio fosse troppo scontato, invece…
bene cosìJ!!!!!;
Pan_z, new recensionist! Graize di cuore!!!!!!
Dunque, special Thanks to:
Ciack, che si sta leggendo tutta la ff da capo a piedi. Sarà
una cosa lunga, ma buon lavoro e grazie per i commenti (se mai leggerai sto
chap!J)
Mony-chan (o Fil), per la bella e-mail che mi ha spedito!
Dovete ringraziare lei se ho finito il chap per oggi! J
Note dell’autore: dunque, la morte di alcuni personaggi ha
un po’ sconvolto le menti di molti lettori. Tendo a precisare che io sono solo
uno scrittore (parola grossa) di FF, le mie scelte derivano da una trama
specifica, non dall’odio nei confronti di qualcuno! Tendo a precisarlo visto
che molti credo abbiamo smesso di leggere la FF solo per questo motivo. Nel
caso me ne scuso, ma la trame è una ed indissolubile!
La testa gli faceva un male cane. Sentiva il sangue
pulsargli contro le tempie, segno che qualcosa era stretto attorno alla sua
testa. Infatti non vedeva nulla, doveva essere una benda di qualche tipo. Anche
le mani erano bloccate dietro la schiena. Strette, probabilmente con una corda
di un qualche tipo. Una di quelle grezze a sentire come grattava i suoi polsi.
Per lo meno le gambe erano libere. Sentiva che poteva muoverle. Alzò la testa
dal petto e mastico un po’ con la bocca, secca per il troppo riposo. Come era
arrivato fin lì? La ferita al fianco! Ora ricordava. Ma non sentiva più il
dolore, e tantomeno il sangue sgorgargli a fiotti. Che diavolo era successo?
Che in realtà fosse…morto? Nessuno poteva salvarsi in quella situazione.
Soprattutto con quel pazzo di Harry pronto a farlo fuori. Forse questo era il
purgatorio. In effetti, secondo l’opera dantesca, prima di raggiungere il
paradiso le anime dei morti dovevano espiare le loro colpe con anni, se non
secoli, di pene del purgatorio. La legge del contrappasso. In effetti lui ne
aveva fatte di cotte e di crude, sia prima che dopo il suo distacco dal padre.
Certo che lo stare in purgatorio voleva dire che, presto o tardi, avrebbe
raggiunto il paradiso. Gli era andata bene, dopotutto. Cercò di ricordare le varie
pene descritte nell’opera, ma non gli venne in mente nulla. In tutti i modi
aveva gli occhi bendati e le mani legate. Quindi stava pagando per qualcosa che
aveva fatto con le sue mani –e di che cosa ne aveva un idea ben precisa- e per
qualcosa che i suoi occhi avevano visto. Per un primo periodo della sua
carriera di battlemage aveva fatto la spia, effettivamente. Forse non veniva
approvato lo spionaggio. Poco male. Ormai quel che era fatto era fatto. Aveva
un unico rammarico. Ginny ed Eve.
Lui lo sapeva. Sapeva che qualcosa sarebbe
andato storto. E così se ne era andato. Ginny non l’avrebbe presa di certo
bene. Ed Eve, bhè lei era ancora piccola, non avrebbe capito. Di certo, però,
Draco era dispiaciuto di non poterla veder crescere. Di sostenerla, quando
aveva bisogno di lui. Di poter fare il padre, insomma. Almeno non aveva più
paura. Se era morto, c’era poco da fare. Il peggio che gli capitasse era
capitato, quindi le sue paure erano finite. Bhè, non del tutto, a dire il vero.
Ma si poteva avere paura da morti? In effetti non aveva mai provato, ma uno
morto come fa ad aver paura? D’accordo, qualcosa non stava andando come aveva
previsto.
Annusò l’aria in
cerca di un qualche indizio. Sentì dei passi farsi sempre più vicini. Cominciò
a muovere le gambe velocemente, come per difendersi. Una mano decisa gli
strappò via la benda dagli occhi. Quegli occhi verdi e i capelli arruffati, ma
più di tutti quella cicatrice, gli fecero capire che non si trovava certo in
purgatorio. Forse all’inferno. O forse non era ancora morto. E questa era la
parte più strana di tutto quel complicato disegno che la sua confusa mente
aveva appena fatto. Perché era ancora vivo?
“Sorpreso di
poter ancora respirare, biondino?” chiese Harry chinato davanti a lui. Sorrise
e si rimise in piedi.
“Perché mi hai
risparmiato?” Draco nutriva la speranza che qualcosa in Harry avesse fermato la
sua vena omicida. Sperava con tutto il cuore che la sua pietà verso di lui non
fosse solo un errore.
“Perché mi
servi. Tu sai chi ero, e chi sono” rispose Harry “Quindi me lo dovrai dire.
Iniziamo con la base. Come ti chiami?”
Draco rimase
allibito da quella domanda. Eppure lo aveva già chiamato per nome diverse
volte.
“Draco Malfoy.
Ma questo dovevi saperlo già” disse Draco. Harry lo fissò senza tradire un
emozione in quel volto impassibile.
“Ti ho già detto
che non mi ricordo nulla. Perché continui a insistere!” Harry alzò un po’ la
voce. Il suo tono sembrava seccato.
“Eppure quando
combattevamo mi hai chiamato Malfoy. Non ricordi?”
Harry sbatté gli
occhi un paio di volte. Si poggiò contro al muro tenendosi le tempie fra il
medio ed il pollice della mano destra.
“No, non
ricordo. Non ricordo nulla, dannazione!” sbatté la mano metallica con forza sul
muro, che si crepò visibilmente.
“D’accordo,
d’accordo. Scusa, vedrò di non fare altre domande stupide” disse Draco con
sottomissione. Doveva cercare di mettere a suo agio Harry. Era il piano
migliore che gli era venuto in mente, e in quella situazione parlare era
l’unica cosa da fare.
La notte stava
per trasformarsi in giorno come ogni mattina, spazzata via dai caldi raggi del
sole. Questo voleva dire che la mezzanotte era passata e lui non era uscito.
Quindi era in trappola. Non che gliene importasse molto a dire il vero. Gli
andava bene di rimanere lì. Non era un brutto posto, era la sua vecchia scuola.
Ma che cavolo
dico…io non voglio restare intrappolato qui! Oddio, è l’incantesimo che sta
facendo effetto, come aveva detto Piton! Devo sbrigarmi ad andarmene. Anche se
non so ancora come…
“Allora, cosa vuoi sapere ancora?” chiese Draco
mentre cercava di liberarsi dalle corde che gli bloccavano le mani dando meno
nell’occhio possibile.
“Cosa voglio sapere? Quegli altri. Chi erano? Li
conoscevo?” disse secco Harry avvicinandosi alla finestra.
“Gli altri? Il ragazzo coi capelli rossi, Ron
Weasley. La ragazza, Hermione Granger. Il mago anziano era Albus Silente,
preside della scuola. Ah, Ron era… insomma era il tuo migliore amico” deglutì
dopo avere detto ciò. Harry si girò a fissarlo. Increspò le labbra in una
sorriso ed inarco un sopracciglio.
“Migliore amico. E l’ho ammazzato io. Dannatamente
crudele e spietato. Se mi ricordassi qualcosa forse piangerei. La ragazza la
conoscevo?”
“Sì, voi tre eravate un trio inseparabile a scuola.
Ed io ero il vostro incubo. Scherzi, prese in giro, mi divertivo così”
“Eri un bulletto figlio di papà immagino. Credimi, si
vede ancora”
Draco sorrise. Per quanto la situazione fosse delle
peggiori stava riuscendo a parlare con Harry senza dover parare i suoi colpi di
spada o i suoi incantesimi. In un modo o nell’altro lo poteva considerare un
buon risultato. Ma non doveva dimenticare che quell’Harry aveva ucciso a sangue
freddo tutti i suoi amici. Anche se era Harry Potter, ancora lui non se ne
rendeva conto. In quel momento era solo una macchina di morte. Doveva tenerlo
bene a mente.
“Quello in nero era Sirius Black, il tuo padrino”
Harry lo guardò stupito.
“Il mio padrino? E i miei genitori?”
“Loro… sono morti” Harry alzò le spalle e strinse le
labbra.
“Poco male, nemmeno mi ricordo di loro. Come sono
morti?”
“Ecco… sono stati uccisi” Harry si avvicinò a Draco
con uno scatto talmente rapido che il biondo per un attimo aveva pensato avesse
usato la smaterializzazione. Lasciò perdere per un attimo il lavoro con le corde
che stava allentando per squadrare Harry.
“Come uccisi!? Anche se non li ricordo, questo non mi
piace. E da chi sono stati uccisi? Rispondi!”
“Voldemort! E’ stato Voldemort, quasi vent’anni fa!”
Un ombra passò sugli occhi di Harry. Voldemort. Molte
delle persone che aveva affrontato lo avevano chiamato Voldemort. Questo vuol
dire che lo paragonavano ad un essere spietato. Non sapeva se esserne lusingato
o profondamente offeso.
“Parlami di Voldemort” ordinò a Draco. Il ragazzo
cominciò a narrare la storia di Voldemort prima e dopo il suo ritorno. Di come
fosse diventato meno di nulla, senza accennare che il bambino nella culla era
lui, e di come fosse scomparso di nuovo dopo che Hogwarts fosse stata
attaccata. Entrambi stettero zitti per lunghi minuti.
“Veramente un grand’uomo. Mi sarebbe davvero piaciuto
essere lui, come affermava qualcuno dei tuoi amici” ridacchiò Harry.
“Ma…ma, ha ucciso i tuoi genitori!” si lamentò Draco.
“E allora? Due persone per l’onnipotenza! Direi che
sono più che sacrificabili. Anche se fossero mia madre e mio padre” Harry fece
una pausa in cui Draco si riprese dalle parole del ragazzo. Gli tornò in mente
suo padre, il discorso che avevano fatto dopo l’attacco ad Hogwarts. Quello non
era più Harry Potter. Avevano ragione, Harry era morto quattro anni fa. Ormai
non c’era più speranza.
“Chi era il bambino che ha fermato l’incantesimo di
Voldemort in culla?” chiese d’un tratto Harry. Ora Draco non sapeva come
rispondere, così gli disse la verità.
“Lui è… morto. Quattro anni fa. E’ scomparso per
sempre distrutto dallo stesso Voldemort. Per un breve periodo di tempo ho
sperato che in realtà fosse solo manipolato da un qualche incantesimo, ma poi
ho capito. Ormai non c’era più nulla da fare. Se ne era andato per sempre”
“Che sciocco! Si sarebbe dovuto preparare ad un
eventuale scontro. Se quel Voldemort era tornato, era ovvio che volesse
vendetta!”
“Ma lui si era preparato, e credimi, gliela fatta
pagare. Non è stato l’unico sconfitto ad uscire dallo scontro” Draco non aveva
la minima idea di come fossero andate realmente le cose, ma un piccolo bluff,
ora come ora, era la cosa migliore per distrarre ancora Harry.
“Dici? Allora anche questo Voldemort è morto… ma
bene, allora adesso veniamo alla domanda principale: io chi sono?” Harry scandì
bene le ultime tre parole chinandosi con la faccia di fronte a quella di Draco.
Il ragazzo biondo ricambiò il suo sguardo. Che cosa gli avrebbe detto ora?
“Vedi… dunque, il tuo nome è Harry…”
“Potter?” chiese il ragazzo con la cicatrice.
“Sì, Harry Potter. Eppure ero sicuro che tu lo avessi
capito. Cosa ci facevi prima giù nella sala dei trofei? Non guardavi la coppa
del torneo Tremaghi?”
“Io…io” Harry effettivamente non si ricordava perché
era in quella stanza. Ricordava solo di aver steso Draco con un colpo di elsa
per farlo parlare.
“Non lo so… non mi… non riesco a ricordarmi…”
Draco capì. Harry scordava gli eventi ricollegabili
al suo passato. Ma non sempre, solo in determinati momenti. Come mai? Forse era
la magia di quel posto che impediva di uscire. Forse era un altro incantesimo.
Non lo sapeva, ma sapeva che Harry, dopo aver avuto quelle nuove rivelazioni,
forse non era del tutto perduto. Forse la sua mente poteva essere ricondotta
sulla giusta strada.
“Sento un gran mal di testa. Sono un po’ stanco…
credo sia ora di riposarmi…” disse Harry sbadigliando. Harry si tastò la
cicatrice che brillò per un attimo.
Draco capì. La cicatrice. Aveva brillato anche nella
sala trofei. Era quella che, per qualche motivo, faceva scordare tutto ad
Harry. Lentamente Harry si appoggio contro il vetro della finestra e si sedette
sul pavimento. La luce del nuovo giorno penetrava dal vetro e illuminava
debolmente tutta la stanza. Harry si portò la mano metallica davanti al volto
per proteggere gli occhi dall’alba.
“Ehi! No Harry! Non puoi dormire! Ma che cavolo di
assassino spietato sei? E se ti beccano mentre dormi? Avanti, stai sveglio! Ho
scoperto perché scordi tutto, la cicatrice! Deve esser…” il discorso di Draco
fu interrotto da un clangore metallico. La mano finta di Harry cadde a terra
con un tonfo. Anche la veste nera del ragazzo sembrò quasi sgonfiarsi, come un
pallone aerostatico. Al posto di Harry non c’era altro che un mucchio di
vestiti vuoti. Harry era sparito ed il sole era appena sorto.
Legato e a terra, ora Draco era solo assieme ai suoi
pensieri.
*****
Non riusciva a respirare bene. Era steso a terra,
affaticato. Stremato, le forze l’avevano abbandonato. Si convinse che non
poteva rimanere lì. Doveva muoversi, spostarsi. Doveva trovare qualcuno. Ogni
volta che dormiva il suo corpo ospite spariva, e lui tornava una specie di
fantasma strisciante e viscido.
Voltò un paio di angoli in cerca di esseri viventi.
Niente. Nemmeno con i suoi sensi magici sviluppati avvertiva nulla. Tutti
spariti? Tutti morti? Quel misterioso essere a cui i suoi uomini davano la
caccia aveva vinto? No. Impossibile. Era solo uno. Non potevano perdere. Quel
tizio era sfuggevole. Mandava in pattuglia schiere di maghi per cercarlo. Ma
lui era furbo. Attaccava solo di notte. E di giorno si nascondeva. Ma dove?
Quel posto non era enorme e loro erano tanti. Troppi per essere decimati di
giorno in giorno, mese in mese. Perché? Come faceva ad essere così potente. Da
quello che gli raccontavano alcuni di loro era un combattente formidabile
questo tizio. L’avrebbe affrontato lui stesso! Nessuno poteva batterlo. Nessuno
poteva battere Lord Voldemort, Signore Oscuro.
Il fantasma pietoso di Voldemort avvertì finalmente
qualcosa. Esseri viventi. Una ventina circa. Allora non era tutto perduto. Compiaciuto
seguì la scia che aveva fiutato e presto giunse in un ampia stanza illuminata
dal sole appena sorto. Non erano i suoi servitori, i mangiamorte. Erano… del
ministero! Avrebbe riconosciuto quel simbolo sulla loro divisa fra mille, quei
maledetti guastafeste. Cosa ci facevano lì? Avevano tolto di mezzo tutti i suoi
devoti maghi, probabilmente. Anzi, senza probabilmente. Erano troppo rilassati
per sembrare preoccupati di un probabile attacco.
Voldemort scrutò meglio quel piccolo esercito e vide
delle facce note.
Ah! Remus
Lupin… sembra ridotto maluccio… chissà se era piena questa notte, non ricordo…
Il fuggiasco
Black! Il tempo sembra essersi fermato per lui. Sarà in cerca di vendetta per
Potter. Entrambi i Potter, probabilmente…
Quello è… Severus
Piton! Sporco traditore. Alleato con il nemico. La pagherai cara traditore del
tuo Signore. Anzi, la pagherai subito insieme agli altri…
Lo spettro di Voldemort scivolò lungo il soffitto a
cupola, sorvolando le persone nella stanza. In un lampo scese, come una goccia
di pioggia e atterrò addosso a Sirius.
Sirius si alzò in piedi di scatto, occhi sbarrati.
Remus, che si era ripreso dall’incantesimo e dalla shockante notizia
dell’identità dell’ombra, lo fissò preoccupato.
“Che c’è Sirius? La ferita ti fa ancora male?” Black
era rigido nella sua posa e tentennava lievemente facendo vibrare le mani
strette in pugno. Poi, così come aveva iniziato, smise. Respiro un paio di
volte per riprendere fiato da quella lunga apnea, e tornò seduto.
“No. Nulla. Credevo di aver sentito qualcosa, ma
niente. Credo che farò un giro qui attorno” si rialzò congedandosi dal
gruppetto. Remus lo seguì con lo sguardo finché non uscì dalla sala. Si scambiò
un occhiata con Piton.
“Ma che gli è preso…”
“Non chiederlo a me. Io sono un vostro prigioniero,
ricordi?” Remus increspò le labbra in un sorriso stiracchiato.
“In effetti. Severus, ma come hai potuto? Ron ed Herm
ed una altra decina di battlemage sono morti a causa tua, te ne rendi conto?”
“Un sacrifico accettabile per eliminare Potter”
sentir parlare di Harry a quel modo portava ogni volta Lupin a pensare che non
poteva essere vero. Non poteva essere davvero così. Harry non poteva aver fatto
realmente tutto quello che aveva visto. Non Harry. Anche se era lui
esternamente, Piton aveva ragione. Quello non era più Harry Potter. Era l’ombra
di se stesso. Uno scarabocchio, un errore, un virus che aveva intaccato la
perfezione. Così semplice, gentile, puro e buono. Quello era l’Harry che Lupin
ricordava. Non quel mostro assetato di sangue. Forse aveva ragione Piton.
L’unica cosa da fare era eliminarlo. Per il bene di tutti, ma soprattutto per
il suo bene. Il vero Harry non avrebbe mai voluto vivere in quelle condizioni.
Soprattutto dopo quello che aveva fatto ai suoi migliori amici. Ron ed
Hermione. Erano morti senza neanche sapere la verità. Il destino è proprio
terribile quando ci si mette. Sembrava un piano disegnato da un crudele
regista, invece era una terrificante realtà. Senza contare che erano chiusi lì
dentro. Non erano usciti entro la mezzanotte, quindi erano in trappola. Che poi
non era una vera e propria trappola. Era un metodo alternativo di vivere.
Dopotutto lì dentro c’era tutto quello che serviva. Chi aveva bisogno di
uscire?
“Sta già facendo effetto?” chiese Piton fissando il
panorama fuori dalla finestra infranta. Lupin si destò dai suoi pensieri e lo
fissò incerto.
“Come scusa?” chiese di rimando senza aver capito la
domanda rivoltagli. Piton sorrise.
“Credo di sì. Vi sta annebbiando il cervello
quest’incantesimo” Remus aprì gli occhi e si alzò in piedi. Dolorante, si
avvicinò a Piton e lo guardò in volto.
“L’incantesimo mnemonico! Oddio…sì, sta funzionando.
Proprio ora pensavo che restare qua non mi desse fastidio, ma non è così!
Dobbiamo uscire al più presto…Severus, hai idee?”
“Mi spiace, nessuna. Basterà far passare un anno e
non perdere il conto dei giorni. E poi io non ne vengo colpito. Vi
aiuterò…forse”
“Come forse?!” chiese incredulo Lupin. Piton non
mosse il suo sguardo dal panorama. Increspò solo un po’ le labbra secche e
giallognole.
“Dopotutto perché dovrei aiutare chi mi accusa di
omicidio indiretto… sono accuse scomode, non credi? Per uno che vi ha fatto
entrare nella sigillatissima Hogwarts” il suo sorriso si allargò notevolmente
mentre vedeva nascere lo stupore sul volto di Lupin.
“Questo è un ricatto…” disse l’uomo alzandosi
faticosamente di nuovo in piedi.
“Puoi vederlo così, Remus” disse Piton, che
finalmente lo guardò negli occhi “Oppure lo puoi chiamare favore per un altro…
a te la scelta”
“No” rispose Lupin “Credo di non avere scelta… ma
perché gli altri non sono usciti prima comunque… non capisco”
“Non si fidavano di Black. E volevano cercare il
soldato Malfoy. Loro non potevano sapere la gravità della loro decisione”
“Eh tu? Non gli hai detto nulla?”
“Dimentichi forse che era un prigioniero?” chiese
ironico Piton. Remus quasi gli saltò addosso dalla rabbia.
“Bel piano, Severus. Davvero un buon piano. In questo
modo ti liberi dall’accusa. Ma in questo modo perdi molta della fiducia e della
stima che nutrivo per te” Piton rise piano.
“Se avessi lacrime piangerei. Ma sono un non-morto.
Purtroppo il mio corpo si sta corrompendo alla tomba, Remus. Sarà la mia natura
d’ora in poi”
Il discorso finì dopo che Piton, detta questa frase,
si alzò raggiungendo il corridoio. Le corde con cui era legato erano a terra,
sciolte dal complicato nodo. Sarebbe potuto andare via in un qualsiasi momento,
ma era rimasto. Nonostante tutto, per quanto sporca fosse, un minimo di etica
la conservava anche nel suo nuovo stato di non-morto.
Remus decise di raggiungere l’amico Sirius nel suo
girovagare. Voleva parlare un po’ con lui su Harry e tutto il resto. Non
avevano ancora avuto il tempo per fare due chiacchiere in tutto quel trambusto.
Diede ai battlemage qualche ordine per l’impianto della “base” provvisoria. Con
un cenno di assenso si misero all’opera e prepararono cuccette e piccoli
fornelli da campo per cucinare qualcosa di caldo. Con tristezza Remus osservò
il mucchio di sacchi neri allineati poco distanti. Tutti così giovani. I più
giovani erano proprio Ron ed Hermione. Distolse lo sguardo prima che la cascata
dei suoi pensieri lo portasse ancora a scordarsi di chi aveva ancora bisogno di
lui. A chi era ancora vivo. A Sirius, a Draco. A tutti quelli che credevano
ancora in lui. Superò la statua di Silente, Piton avrebbe sperimentato qualche
pozione quanto prima, sperando che la sua vecchia dispensa nel sotterraneo
fosse ancora intatta.
Zoppicando verso la porta, Remus notò in un angolo
accovacciato quel piccolo mangiamorte. Non poteva neanche essere considerato un
prigioniero. Era ridotto così male che non sarebbe di certo scappato, anzi.
Forse aver incontrato i battlemage era stata la sua salvezza. Completamente
cieco e senza la lingua per parlare non avrebbe certo nuociuto a qualcuno. Si
rigirò su se stesso cercando di cercare una posizione migliore per dormire.
Solo allora Lupin notò che indossava un paio di guanti. Anche quelli ridotti
male, coprivano malamente le mani rovinate. All’improvviso uno starnuto. Il
mangiamorte starnutì. Uno spiffero freddo lo aveva colpito alla schiena,
causandogli pelle d’oca e un forte brivido. Uno starnuto fine, piccolo. A denti
stretti, quasi contenuto per paura di fare troppo rumore. Timido, riottoso.
Lupin avrebbe riconosciuto quello starnuto fra mille. Lo aveva sentito per
sette anni, ogni volta che si ammalava. Non avrebbe mai pensato di rivederlo.
“Peter!” gridò avvicinandosi all’omino che, nel
sentire quel nome, alzò la testa come in risposta.
“Emuf…” biascicò il mangiamorte in risposta. Lupin si
chinò davanti a lui e gli afferrò le braccia che lo cercavano alla cieca.
“Emuf… fono io, Pieh…” Lupin gli sfilò il guanto. La
mano d’argento. Non c’erano dubbi era proprio Peter Minus.
“Peter, ma che ci fai qui? Eri anche te con i
mangiamorte quattro anni fa?” Peter annuì gravemente.
“E uh?” chiese Minus rimettendosi seduto a terra.
Intanto i battlemage sembravano aver capito cosa stava succedendo.
“Io? Io ero fuori, Peter. Hogwarts è sotto un incantesimo”
Remus spiegò al piccolo uomo malconcio gli avvenimenti di quegli anni e la
maledizione di Hogwarts. Peter sembrò scaldarsi ed emise degli urli striduli di
agitazione.
“Che succede? Che hai? Soldato, prendi dell’acqua” un
battlemage portò una borraccia d’acqua a Lupin che la passò fra le mani di
Peter. Il poveretto bevve un lungo sorso e si sbrodolò il resto lungo il mento
e il petto.
“Ehhi, Ehhi Poteh. Oh e folo…” tentò di parlare
Peter. Indicò un segno a saetta sulla fronte per farsi capire.
“Harry, stai parlando di Harry, giusto? Harry…non è
solo! Che significa? Spiegati!” chiese Remus cercando di comprendere i mugugni
senza senso di Minus.
“Uolemoh, ihl ihore ofhuo…”
“Uol? Uol, Uol…Vuol? Vold? Voldemort! Che centra
Voldemort, è morto” Peter fece cenno di no con la testa.
“Hui uive…”
“Lui vive…? Non capisco… Racherson, dammi una mano,
presto. Dobbiamo capire cosa vuole comunicarci…”
*****
Draco era finalmente libero dalle corde. Non
essendoci più nessuno a sorvegliarlo, si era avvicinato fino ad una finestra
rotta e con un coccio di vetro le aveva recise. Anche il suo polso sanguinava,
però. Poco male, roba da poco.
Si avvicinò a quello che fino ad una ventina di
minuti prima era Harry. Non c’era più nella. Solo il vestito e la mano
metallica. Oltre alla bacchetta, naturalmente. Ma che diavolo era successo?
Decise di scoprirlo, ma prima doveva riunirsi con gli altri. Ammesso e non
concesso che li trovasse ancora dentro. Secondo il copione dovevano uscire
prima della mezzanotte, ma…
Corse verso l’uscita e si schiantò addosso a
qualcuno. Schiena a terra si sollevò sui gomiti per vedere chi fosse l’uomo
misterioso. Occhi neri, capelli neri e divisa perfettamente nera.
“Sirius!” Draco non sapeva se essere felice perché
lui fosse qui, o rammaricarsi perché non era fuori da quella trappola magica.
“Eh? Che vuoi tu?” chiese sgarbatamente Sirius. Poi
guardandolo meglio…
“Malfoy!” lo squadrò dall’alto in basso. Uno sguardo
sorpreso e disgustato allo stesso momento.
Draco Malfoy
fra le fila del ministero… Lucius che cosa hai fatto per trasformare il giovane
Draco in questo modo… non era ancora un mangiamorte, ma la pagherà cara anche
lui per il suo tradimento. Sono convinto che Lucius ne sarà felice…
Comunque pare
che i due si conoscano. Dovrò recitare la parte di Black per un po’… la
vendetta è un piatto da consumarsi freddo…
“Draco, che ci fai tu qui?” chiese con più garbo
Sirius. Draco si alzò aiutato dall’uomo e gli spiegò l’accaduto.
“Ci siamo attaccati. Con la mappa che mi ha dato
Piton sono riuscito a vedere dove andava e lo seguito per parlargli. Mi aveva
praticamente ucciso, invece ha deciso di risparmiarmi la vita. E lo sai
perché?” chiese sorridendo lievemente. Sirius fece cenno di no con la testa.
“Per sapere, Sirius. Lui non si ricorda. Non ricorda
niente di nulla. E quando dei ricordi potrebbero svegliare la sua mente, lui
dimentica tutto di nuovo. L’ho visto mentre capitava. Gli si illumina la
cicatrice per un attimo e poi è come se non gli avessi rivelato nulla di nuovo.
Ritorna lo spietato di sempre”
Non si
ricorda? Dimentica quando i ricordi diventano importanti? Ma questo è il mio
incantesimo mnemonico! E poi, la cicatrice…Potter è ancora vivo!? Maledetto
ragazzino… si è salvato dunque. E possibile che nessuno l’abbia mai visto?
Ameno che…
Sirius si strinse la testa forte. Fu come un pugno
alla base del collo. Un dolore incredibile.
“Sirius, tutto bene?” chiese Draco reggendolo per un
braccio.
“Sì, tutto ok… solo un lieve giramento di testa…”
No, per niente
tutto bene… Vediamo, Prior Incantatio, e poi sono svenuto. Mi sono risvegliato
nel pozzo, ed ero meno di nulla. Una fantasma di me stesso, come ho vissuto per
più di dieci anni… allora ho posseduto un corpo. Era un mangiamorte, mi rivelai
agli altri e subito mi credettero. Dissi a pochi di loro, i più fidati di
mantenere segreta questa mia identità. Poi comparve quel tizio. Falciava decine
di maghi alla volta. Cominciò la sua caccia, ma niente…quindi quel tizio poteva
essere Potter? E come faceva ad essere così forte…?
“C’è di più, Sirius. Harry si è appena dissolto”
“Come dissolto?” chiese stupito Sirius. Draco annuì a
braccia incrociate
“Dissolto. Sparito. Evaporato nel nulla. Di lui è
rimasto solo l’abito e la mano metallica” il ragazzo biondo si fece di lato ed
indicò il fagotto di abiti. Sirius si avvicinò per toccare gli stracci di
tunica e la mano metallica. Li sfiorò appena. Un brivido, paura.
“Tutto bene Sirius?” l’uomo annuì distrattamente “Va
bene, allora vedo di riunirci con gli altri. Sono rimasti anche gli altri
vero?” Sirius annuì ancora.
Quella strana sensazione che aveva appena provato.
Paura. Harry Potter era scomparso. Lui si era appena svegliato. Qualcosa stava
andando a posto nella sua mente. Ora sapeva perché non aveva mai incontrato il misterioso
assassino, cioè Potter. Sentì una spada puntargli la schiena.
“Chi sei tu?” chiese freddamente Draco. Sirius si
girò lentamente e guardò Draco. La sua espressione era fredda come un pezzo di
ghiaccio. Merito di quegli occhi. In una mano teneva stretta la spada che
puntava al suo petto, ora. Nell’altra una pergamena malridotta. Una piantina di
Hogwarts.
“La mappa mi rivela i nomi di tutte le persone che
girano per il castello, e tu non sei Sirius. Il tuo nome è come cancellato, chi
sei?” Sirius sorrise.
“Chi sono? Eppure dovresti saperlo” chiuse gli occhi
e si concentrò.
Draco sentì un dolore lancinante al braccio, come se
andasse a fuoco. Non riuscì a reggere la spada che cadde a terra. Sirius gli fu
subito addosso, lo sollevò di peso e lo lanciò contro la parete. Draco atterrò
con un tonfo. La schiena gli faceva male, ma non come il braccio. Si chiedeva
come mai non avesse ancora preso fuoco. Scoprì la pelle all’aria strappando la
manica della divisa. Il marchio nero pulsava con forza ed era ben evidente. Gli
occhi del teschio erano rossi come rubini.
“V-Voldemort?” disse tremando Draco.
“Bravo Malfoy, hai vinto un premio. Dimmi, tuo padre
sa che ti sei messo con il nemico?” parlò Sirius.
“Mio padre era un pazzo assassino. Come te. Io sono
diverso” Draco ritrovò un po’ di coraggio. Anche il tatuaggio cominciava a
fargli meno male.
“Assassino? Perché tu non hai ucciso, giovane Malfoy?
Guarda che io c’ero durante la prima caccia al babbano che abbiamo fatto, e
c’eri anche tu” ridacchiò la voce di Sirius. Draco cominciò a sudare. I suoi
occhi erano come spiritati al ricordo.
“No ti prego…è
il mio bambino… lasciala stare…”
“Zitta sporca
babbana!” Draco colpì la donna con un violento schiaffo che la fece ribaltare
di lato e poi cadere a terra. Il bambino che la donna teneva in braccio scivolò
sul pavimento freddo. Una mano si poggiò sulla spalla di Draco.
“Figliolo, non
bisogna picchiarle” disse Lucius guardando la donna e sorridendo. Anche lei
sorrise rinfrancata dalle parole dell’uomo. Lucius gli allungò una mano e la
aiutò ad alzarsi. A metà del gesto piantò nel ventre della donna un lungo
pugnale intarsiato e lo girò con forza. Il volto della donna emise un muto
grido. Lucius tornò a fissare Draco.
“Bisogna
ucciderle” estrasse con uno scatto il pugnale e la fece cadere pesantemente a
terra.
“Mamma!
Mamma!” gridò il ragazzino strisciando vicino al corpo agonizzante della madre.
Lucius passò il pugnale grondante di sangue al figlio.
“E ora, tocca
a te. Forza” Draco afferrò il pugnale con la mano tremante e lo alzò sopra il
piccolo bambino inginocchiato, piangente.
Rimase a
mezz’aria per parecchio. Non poteva deludere suo padre. Non davanti ai suoi
occhi. Non aveva scappatoie. Doveva. Doveva farlo. Ci pensò ancora per poco.
Fece scendere il pugnale.
“Vedi che ricordi, allora. Quel bambino è morto per
causa tua” la voce di Sirius lo derise ancora.
“Smettila di tormentarti. Tu sei sporco come me,
anzi. Forse anche di più. Lascia perdere questi disperati che credono di poter
cambiare il mondo contrastandomi. Siedi al tavolo dei vincitori, quando tutto
sarà finito. Torna da me, nel mio abbraccio. Tuo padre ne sarebbe fiero,
ovunque egli sia”
“No…non mi ingannerai. Non credo che rivedrai mio
padre. Non in questa vita, almeno. Potresti sempre andare all’inferno, sono
sicuro chi lì lo incontrerai” Sirius smise di ridere. Fece cenno di no con il
capo.
“Hai venduto tuo padre? Riprovevole, molto
riprovevole. Allora hai ragione. Puoi solo morire” ondeggiò la mano verso una
grossa statua di un gargoyle, questo si sollevò e levitò fin sopra la testa di
Draco. La mano di Sirius libera puntò ancora il ragazzo e il tatuaggio riprese
a sfrigolare orribilmente. Draco lanciò un grido di dolore.
“E qui si chiude la storia dei Malfoy. Chissà come
verrete ricordati” sorrise acido ancora una volta. Con un colpo secco della
mano Sirius smise di puntare la statua a mezz’aria. Il gargoyle precipitò sul
capo di Draco.
“Accio Gargoyle!”
la statua, all’ultimo momento, volò via in una angolo a novanta gradi e si schiantò
contro il muro, sbriciolandosi. Gli occhi di Sirius si girarono a guardare chi
aveva osato tanto.
Remus Lupin. E con lui Severus Piton e Peter Minus.
Una riunione di traditori.
“Ma bene. La feccia di entrambe le parti al gran
completo” Remus neanche lo ascoltò.
“Soldati, mirate a bloccarlo. E’ posseduto da
Voldemort!” alle spalle di Lupin una decina di bacchette si levarono assieme
alla sua e quella di Piton e puntarono Sirius.
“Patetico. Neanche mi uccidono” si lamentò la voce di
Sirius. Mentre schivava i primi incantesimi di blocco. Con un guizzo della mano
fece volare fra le sue dita la bacchetta di Harry, ancora a terra. Dopotutto
loro due avevano la stessa bacchetta. Sarebbe stata perfetta. La sventolò verso
la porta. Un forte vento sbalzò tutti per aria nel corridoio. Ma la mano di
Sirius non si fermò. Indicò con la mano libera le armature in fila lungo le
pareti e con gesto secco caddero a terra travolgendo i battlemage. Piton
neanche si accorse di avere una gamba bloccata sotto una pesante armatura.
Remus e Peter erano illesi. Solo il volo li aveva un po’ ammaccati.
“Che cos’hai Remus. Hai paura ad attaccare il corpo
del tuo caro amico? Avanti combatti!” spostò secco la mano ancora una volta, e
Lupin venne sbattuto contro la parete, come se spinto di peso. Il suo naso
riprese a sanguinare. Gli occhi di Sirius si soffermarono sui due traditori.
Peter si teneva forte il braccio, segno che anche a lui il simbolo bruciava
terribilmente. Piton invece no. Guardandolo meglio Voldemort capì. Un non-morto.
“Complimenti per la tua nuova forma, Severus” fece un
mezzo inchino Sirius “Ma sai benissimo quanto me che anche tu puoi morire.
Anzi, molto peggio. Puoi cessare di esistere”
Per la prima volta da molto tempo, Piton provò un
brivido di paura. Prima che il corpo di Sirius fosse troppo vicino, afferrò la
bacchetta e la agitò sopra la testa. Niente. Cavolo, non ci si poteva
smaterializzare ad Hogwarts! Era senza possibilità. Era giunto alla fine. O no?
Con un urlo Draco saltò sulle spalle di Sirius e gli
strinse forte il collo fra le braccia. Voldemort, sorpreso, arrancò e mollò la
bacchetta che cadde a terra.
“Pazzo… se mi uccidi morirà anche Black…!”
“Già, quindi se non vuoi morire e meglio che
abbandoni questo corpo!” rispose Draco urlandogli nelle orecchie. Aveva
ragione. Il corpo di Sirius si irrigidì e un sottile filo di fumo uscì dalla
sua bocca e dal suo naso per prendere forma a mezz’aria. Il fantasma di
Voldemort, con un urlo spettrale, si alzò in volo e si allontanò velocemente da
lì. Sirius si accasciò a terra tenendosi il collo che Draco gli aveva appena
mollato. Anche lui si mise a terra in ginocchio.
“Grazie…Draco…” disse fra gli affanni Sirius. Vide la
bacchetta di Harry a terra. Nel bene o nel male era meglio liberarsene. Fece
per allungare la mano, quando questa volò via, alle spalle dell’uomo. Sirius si
girò appena in tempo per vedere Lupin, sorridente afferrarla al volo.
“Grazie molte. Anche questo corpo va benissimo” disse
la voce di Lupin. Con uno scatto superò tutti lungo il corridoio e si perse
nelle tenebre.
“Maledizione… Remus!” gridò inutilmente Sirius.
“Aspetta, meglio che ci organizziamo prima. Vediamo
se stiamo tutti bene e poi lo inseguiremo. Non andrà lontano vedrai” disse
Draco, Sirius annuì e cominciò ad aiutare Piton e gli altri a liberarsi dalle
pesanti armature.
Peter si avvicinò a tentoni e solo ora Sirius lo
notò.
“Peter Minus!” gridò a denti stretti Sirius. Peter
riconobbe la voce ed emise un lamento di dolore cominciando a correre lontano
da lì. Sirius lo afferrò per la collottola e lo sollevò da terra. Lo guardò in
faccia.
“Sappi che non me ne frega niente se sei stato
ridotto così” aprì il palmo davanti alla faccia del mangiamorte “Non sai quanto
ho aspettato questo momento, Peter. La mia vendetta sarà un piatto freddissimo,
ormai. Ma ora le pagherai tutte, bastardo!” Peter si lamentò ancora mentre
sentiva chiaramente qualcosa sfrigolare davanti alla sua faccia. Una piccola
bolla di energia elettrica brillava nel palmo di Sirius. La sua espressione era
severa e piena di rabbia. Una rabbia che doveva scaricare.
“Sirius, fermati! Ci serve! Peter ci serve!” gridò
Piton. Ma Black sembrava essere su un altro mondo, ora. Draco capì la gravità
della situazione e balzò, ancora, addosso all’uomo in nero, deconcentrandolo ed
impedendogli così di eliminare Minus. Peter cadde a terra e li rimase, tanta
era la paura. Sirius si voltò per squadrare Draco con odio.
“Ma che diavolo fai! Perché mi hai fermato!”
“Ci serve, Sirius” disse con voce pacata
avvicinandosi al trio “Sa un sacco di cose su questo posto. In questi ultimi
anni. E’ grazie a lui che abbiamo capito che Voldemort non era ancora
sconfitto. Ed è lui che ha sentito il richiamo del tatuaggio. Io non lo avverto
più ormai. La mia pelle è morta” disse scoprendosi il braccio per mostrare il
simbolo privo di forza. Sirius si calmò un po’ e li guardò tutti.
“Va bene. D’accordo. Ma se tenta di fare il furbo io
non ci penso un attimo. Giù una volta mi è scappata perché sono stato troppo
clemente”
“Non ti preoccupare. Se usciamo di qua subirà il
processo come tutti gli altri. I mangiamorte non meritano nulla. Minus in
particolare” sentenziò Piton. Peter tremò nel sentire quelle parole. Anche se,
per ora, era vivo, non sapeva ancora quale sarebbe stato il suo destino. E se
il suo destino era il tribunale dei maghi… non ci poteva pensare. Sentì Sirius
imprecare a quella decisione ed allontanarsi con passi pesanti. Avrebbe dovuto
trovare una soluzione. E al più presto.
Quindi
ora i ringraziamenti. Fra l’altro il prossimo è ufficialmente l’ultimo
capitolo. Ci sarà poi un epilogo finale, ma niente di più!!J Ed ora i “grazie
grazie”
Ci,
ma chi è quello strano personaggio di cui parli? Io non l’ho mai visto. Mah, ma
che versione ahi letto tu dei libri? Vabbè vedrò di informarmi…J
Beth,
ma no! Draco sta benone! E’ Harry lo strano! Non fai in tempo a metterlo in una
FF che sparisce!!! J Il prossimo cmq è l’ultimo (promesso) + un piccolo epilogo!
Eli
e Kia, la mano tagliata è alla Berserk, non alla Skywalker J; cmq Draco non è morto,
hanno solo qualche problema del tipo “Caspita Voldemort ci da la caccia!” Roba
da poco. Si risolve subito!!! J
Mony-chan,
special tnks!!!!! JJJJ. Vabbè tanto lo sapevi che Draco stava bene, no?
Giusto sono tutti in trappola. Fra l’altro tutte “Draco, oh il mio Draco”, ma i
poveretti lì dentro sono quasi una ventina!!!! Non è che a loro va meglio!!!! J
Mikisainkeiko,
già detto, il prossimo is the last! Ma vi volete mettere in testa che non
esistono incantesimi che resuscitano!!! (è scritto nell’ultimo libro di HP
credo…)
Ice,
non te l’ho mai chiesto ma posso chiamarti Ice vero? Cmq… bho! Per ora Harry è
puf! ScomaprsoJ Vedremo come va a finire…. JJJJJJJ
Maichy,
Draco è vivo!!!!!!!!!! Alè evviva!!! Potrai ricongiungerti con lui!!!!! E’
vivo!!!!………………………..Per ora………..Bwahahahahahahahahah!!!!!
Keijei,
e già. Chi cavolo lo ferma Harry adesso? Ma più che altro chi ferma Voldemort?
Ma più che altro: la volete piantare tutte con questo Draco!?!?!?!? E che
caspita!!! Un po’ di contegno. Ma sapete che non credevo che pensaste fosse
morto nel chap precedente? Non volevo dare quell’impressione ( e poi, dai
troppo scontato!)J
Sunny
(e sua sorella Nenè), bene bene, sono contento che ti sia piaciuto. La
ciliegina sulla torta al prossimo (nulla di spettacolare, molto sobrio…).
Grazie per la risposta al Copiright dei figli dei protagonisti ^ ^ Molto
grazie!!!
Yuechan,
mi sembra di essere una agenzia matrimoniale in crisi. Qui la metà (se magari,
i tre quarti) delle recensioni gridano e si disperano per Draco. Ma va la!!!! A
parte che sta benissimo, ma poi è un mezzo figlio di papà! Cioè nella mia FF è
anche decente, ma nei libri… dai è insopportabile! Nell’ultimo a superato se
stesso!!! Vabbè dopo questo piccolo sfogo… ciao ciao ^ ^( nn mi odiare per
quello che ho detto ^ ^)
Oby86,
come ho già detto con qualcuno, Eve potrebbe avere un fratellino (senza
potrebbe), quindi ecco spiegati i “figli” dei protagonisti. ^ ^ Non mi
picchiare please!!!!!!!
Kiak,
mi meraviglio di te! Stare a pregare in ginocchio per…ancora Draco -__-#. Ok
Strekon, con calma…1 2 3 4 5 6 7 8 9 10… ok mi sono ripreso….. Dunque!! Mia
piccola Cherie! Stanno bene i belli *anche Strkon si controlla credendo di
essere ferito mortalmente* tiro un sospiro di sollievo. Mi aveva appena
chiamato Sorti… ho avuto paura! J
Sorti,
vabbè parliamo poi domai che è uguale….Jù
Ary,
grazie grazie grazie grazie!!!!! Si lo scrivo il seguito MA, (perché c’è un ma)
con calma! Ho un sacco di roba da fare e la matura è alle porte…. Prima il
dovere poi il piacere! (Grazie anche a Marina!)
Ever,
grazie, ma tu mi aduli ^///^. Addirittura mi odi? Che carina… cmq , per
l’ennesima volta, Draco è vivo smettete di portare fiori alla sua tomba anche
perché poi si incazza!!! J
Yarel,
new recensionist!!!! GRAZIE TANTO!!!!! ^ ^ Vabbè ti rifarai con il seguito!!!!!
Alexis,
bene vorrei ringraziare in modo speciale il caro Alexis che non mi ha
minacciato di morte e che non ha pianto come una vedova siciliana alla
dipartita (che fra l’altro aveva previsto non vera, sei un grande !!!!!!) di
Draco. (come ho già detto non vera) GRAZIE!!!!!!! Qualcuno che non mi viole
morto. In una giuria basta uno in disaccordo per rinviare al sentenza, no? ^ ^
Fredryck,
oh! Eccolo qua! Grazie per il commento, due cose: 1) Ron è il MIO personaggio
preferito, quindi ciccia… (naturalmente dopo Hermione, ciao piccola Herm ^ ^);
2) Se Draco mi uccide Harry, va contro la sua morale!! Non è Politicaly correct
^ ^!!
Miky,
niente omicidi! Ecco il capitolo! Grazie per il commento cmq! ^ ^
Adesso
finisco e pubblico un paio di cose. Ma lo sapevate che Sirius Black lo
interpreta Gary Oldman!?!?!?!?!? E’ un gran bravo attore non pensavo prendesse
una parte del genere (non è nel suo stile, intendo ^ ^)
Altra
cosa, ma qualcuno di voi ha intenzione di comprare il libro 5° di HP in english
per anticipare i tempi e leggerselo in lingua madre? Fatemi sapere
Il corpo di Remus Lupin se ne stava steso sulla comoda poltrona di
velluto scuro
Il corpo di
Remus Lupin se ne stava steso sulla comoda poltrona di velluto scuro. Così
quello era l’ufficio si Silente. Veramente un bel posto, arredato con una cura
che solo il vecchio preside poteva avere. Era ore che cercava un angolo
tranquillo in quel dannato castello. Sembrava che ovunque andasse in qualche
modo riuscissero a sapere dov’era e a raggiungerlo. Non poteva affrontarli. Non
ora. Non poteva lasciarsi fregare come con Black. Doveva mantenere il controllo
del corpo il più a lungo possibile. Sì, certo, lui era il signore oscuro e
tutto il resto, ma finché non avesse controllato perfettamente il suo nuovo
corpo, non avrebbe potuto sfidarli. Aveva difficoltà a tenere a bada la volontà
di Lupin. Era come uno scontro impari. Uno contro due.
Certo la sua aspirazione non era di avere quel corpo a
disposizione. Era anni che ci lavorava. Non era ancora pronto, ma ormai non
poteva aspettare. Era una emergenza e, anche se incompiuto, doveva utilizzarlo.
Gli mancavano solo un paio di cose. Una l’aveva appena trovata. La sua
bacchetta, era fondamentale per riconoscere il nuovo corpo, e soprattutto per
utilizzare al pieno il suo potere.
L’altro lo stava cercando. Ed era sicuro di trovarlo
proprio qui, nell’ufficio di silente. Una piuma di fenice. Era sicuro che il
vecchio mago avesse un esemplare dell’uccello, testimone era il trespolo
accanto alla scrivania, ma ora dov’era?
Rassegnato il
corpo di Lupin si alzò sbuffando. Non aveva molto tempo. L’avrebbero trovato
anche qui. Cominciò ad aprire tutti i cassetti in cerca dell’oggetto o di
qualche indizio che lo aiutasse. I cassetti chiusi li faceva semplicemente
esplodere con un semplice sguardo. Niente. Passò alla libreria addossata alle
pareti. Era fitta di libri. Tanti troppi, per lo più inutili. Ma nessuno piuma
comparve fra i vecchi volumi. E pensare che una piuma era proprio stretta fra
le sue mani, dentro la bacchetta.Buttò
a terra con rabbia gli ultimi libri e passò ai mobiletti e agli armadi dietro
la scrivania.
Spalancò di
scatto le ante. Ecco qualcosa di interessante. Il vecchio cappello parlante.
Come svegliatosi per la luce le vecchie cuciture del copricapo senziente si
mossero, come per squadrare chi era davanti a lui.
“Ah, Lupin”
disse il cappello “Cosa ti porta qui? Sei il nuovo professore assegnato a
scorrazzarmi qua e là per Hogwarts? Che fine a fatto la McGrannit?” Lupin
attese per un po’. Non l’aveva riconosciuto. Pensava fosse quell’inetto di
Lupin. Poteva giocare a suo vantaggio.
“No, caro
cappello parlante. Sto cercando una cosa per Silente. Tu sai dov’è la sua
fenice?” chiese la voce di Remus.
“Fanny? Non è
sul trespolo? Sarà a farsi un volo qui in giro… tra poco torna, tranquillo” la
bocca di Lupin trattenne a stento un acido commento. Riprese a parlare.
“Non mi serve la
fenice, mi serve una sua piuma. Silente ne ha estremo bisogno” recitò alla
perfezione la voce di Lupin. Il cappello si piegò di lato, come per alzare un
sopracciglio.
“Una piuma?
Allora prendila dalla sua collezione”
“Quale
collezione?” chiese con tono incredulo Lupin.
“Fra i suoi
libri vi è una collezione di ingredienti magici. Probabilmente c’è anche la
piuma che ti serve. Basta che quando Silente torna ne prenda un’altra per
sostituirla”
L’espressione di
Lupin divenne raggiante. Si allontanò di corsa verso i libri che aveva buttato
a terra in cerca del agognato tomo. Quasi scavò fra i vari tomi, li lanciò per
aria senza cura. Infine lo trovò. Ingredienti magici rari. Tremando per
l’eccitazione lo aprì e fece sfogliare velocemente fra le dita le pagine
spesse. Eccola. Una piuma di fenice, in tutto il suo splendore. Gli scappò una
verso di soddisfazione quando la strinse fra le sue dita.
“Professore? E
lo smistamento quest’anno?” chiese il capello dal suo angolo nell’armadio. Il
volto di Lupin, sorridente e malvagio, lo fissò e rispose.
“Niente
smistamento. C’è già stato quest’anno, non ricordi?”
“Ah sì?
D’accordo… mi sembrano anni che non smisto. Mah, il tempo a volte vola, altre
no…arrivederci professore”
Ma Lupin non era
già più lì per ascoltarlo.
*****
“Si sta muovendo”
disse Draco fissando ancora la mappa del malandrino. Sulla sua superficie
vedeva chiaramente il punto offuscato rappresentante Lupin scendere di corsa
dall’ufficio di Silente e dirigersi verso i piani alti.
“Dove?” chiese
Sirius davanti a lui, marciando con gli occhi ben aperti.
“Di sopra. Sta
andando verso la torre più piccola. Ad ovest” Sirius si fermò e si girò verso
Draco, che alzò gli occhi dal pezzo di carta per guardarlo.
“Direzione?”
Draco rigirò un po’ il foglio davanti agli occhi, poi annuì col capo.
“Se prendiamo a
destra lì in fondo” indico il fondo del corridoio “E poi saliamo per le scale
mobili potremmo anche tagliargli la strada. Ammesso che le scale siano in
posizione per farci passare” Sirius grugnì il suo disappunto. Che fare?
Rischiare e cercare di superarlo oppure seguirlo standogli semplicemente
dietro.
“Andiamo per le scale. Ho ancora qualche trucco utile per
la nostra caccia” Piton parlò secco sfiorando il borsone delle pozioni appeso a
tracolla. Non aveva più parlato da quando erano partiti in quell’inseguimento.
Non era molto loquace, era pensieroso, distratto. Peter Minus stava zitto anche
lui. Non per volontà, quanto per forza. Zompettava accanto a Piton tenendogli
un lembo della tunica per guidarsi. Fra tutta quella combriccola Piton gli
sembrava l’unico affidabile, dopo la scomparsa di Remus. Non aveva ben capito
che cosa fosse successo, ma Voldemort aveva in qualche modo Rapito Remus, e
loro ora stavano andando a salvarlo. Non che gli piacesse parecchio l’idea di
buttarsi fra le fauci di Voldemort, ma piuttosto che rimanere da solo, ridotto
com’era, in quel freddo castello preferiva di gran lunga stare in compagnia. I
soldati ancora in forma si erano divisi. La metà stava partecipando alla
spedizione, mentre l’altra metà era rimasta nel campo provvisorio a tenere
d’occhio i feriti e la statua del preside. Per i morti non c’era problema.
Sirius si girò a
fissare il professore non-morto.
“Allora, che
facciamo?” chiese Draco poggiandosi contro la parete a braccia incrociate.
Sirius sembrò soppesare un po’ la situazione. Da come batteva le dita
ritmicamente sul suo mento e dai suoi occhi, sembrava fortemente indeciso se
fidarsi o no di Piton. Draco aveva gettato la spugna. Lui lo aveva condannato
per la morte degli altri, ma Remus lo aveva liberato, e l’autorità di Remus era
sicuramente più alta della sua. Non potendo dichiarare nullo l’ordine di
liberazione, nonostante ora al comando ci fosse lui quale battlemage con grado
più alto presente,decise di non
considerarlo. Ora, per lui, Severus Piton era meno di zero. Ma avrebbe fatto i
conti con lui, in un modo o nell’altro.
“Va bene.
Andiamo per le scale e speriamo bene” detto questo Sirius ricominciò a marciare
subito seguito dagli altri che faticavano a tenere il suo passo. Per lui era
importante quanto la sua vita salvare Lupin. Lo conosceva da più di vent’anni.
Lo aveva sempre aiutato, sempre. Nonostante fosse stato ritenuto il colpevole
della morte di Lily e James, Remus gli aveva creduto, infine. Non lo aveva mai
abbandonato, mai. E lui non avrebbe potuto fare di meno. Aveva perso già troppe
persone in quell’assurda guerra contro Voldemort e i suoi tirapiedi. James,
Lily, Ron, Hermione…Harry. Non era certo morto Harry, ma era come se lo fosse.
Non poteva considerare quel folle omicida il suo Harry.
Perdonami
James, ho fallito.
Strinse gli
occhi per scacciare quei pensieri. Non era il momento quello. Per niente. Ora
il suo obiettivo era di recuperare l’amico e scacciare Voldemort. Era stanco di
ritrovarselo sempre fra i piedi. Era ora di mettere la parola fine a questa
storia.
Raggiunse per
primo la tromba delle scale. Guardò la loro posizione. Pessima posizione.
Nessuna scala era in grado di aprire la strada fino alla zona ovest. Anche gli
altri giunsero allo sbocco del corridoio. Sirius si girò verso Piton. Neanche
lo guardò, ma Piton capì che toccava a lui ora.
“Avanti, datti
da fare” gli disse Draco in tono brusco. Piton li ignorò entrambi. Come avrebbe
ignorato chiunque se gli avesse fatto comodo. Senza esitare si portò al ciglio
del baratro ed infilò una mano nella sacca delle pozioni. Ricercò per un po’
con il solo ausilio delle mani, non guardava neanche quello che toccava. Il
tintinnio di vetri che cozzavano fra loro riempiva quel silenzio carico di
tensione che nessuno aveva il coraggio di spezzare. Piton mormorava fra se
parole incomprensibili mentre fissava con gli occhi di un falco le varie rampe
sopra e sotto di se. Infine in tintinnio dei vetri cessò. Con un sorriso
soddisfatto Piton estrasse un grosso sacco di pelle di un qualche animale
misterioso. Lo stappò ed il tappo penzolò, legato con una cordicella, al collo
del contenitore.
Si chinò a terra
e versò un sottile strato di pozione lungo il bordo dell’apertura. Il liquido
che ne uscì era denso come il gel per capelli o il dentifricio, e di colore
azzurro.
Piton si rialzò
tappando la sacca che tenne in mano. Ed estrasse una altra bottiglia
trasparente che sembrava non contenere nulla.
“E quella che
roba è?” chiese Draco fissando la nuova bottiglia.
“Questa è una
sostanza molto semplice. Acqua, Malfoy. Fondamentale per reidratare la pozione
di prima” sorrise Piton.
Ne versò un po’
sul gel azzurro. All’inizio non successe nulla, ma la reazione non si fece
attendere. La densa pozione sembrò gonfiarsi. Si dilatava sempre più, verso
l’esterno, e rapidamente crebbe fino all’inverosimile puntando verso l’alto.
Piton sembrava concentrato e strizzava le labbra secche fino quasi a sembrare
ridicolo. Con altrettanta forza strizzava la sacca della pozione. La colonna di
melma azzurra salì rapidamente fino a raggiungere il buco nella parete a loro
interessato. Si agganciò, come incollata, e in un attimo si solidificò con
rumori simili a quelli di due pietre che si sfregano.
Piton,
soddisfatto, ripose i due contenitori e con un inchino invitò l’avanzata dei
suoi compagni, ancora stupiti da quella misteriosa pozione.
“Prego, dopo di
voi” Sirius lo superò con indifferenza e cominciò a percorrere quella strada
sospesa nel vuoto. Dopo di lui anche Draco lo seguì non senza qualche dubbio.
Infine i battlemage rimasti e Piton chiusero la fila. Quel ponte era
straordinariamente solido. Un po’ ripido, sì, ma perfetto. Sirius ringraziò il
cielo di aver aiutato Piton nella preparazione di tutte quelle pozioni. Ancora
si ricordava la puzza terribile che aveva dovuto sopportare.
Un forte tremito
fece vacillare il ponte i chi lo percorreva. Un soldato cadde di lato e Draco
lo afferrò appena in tempo per la mano, prima che precipitasse nel vuoto.
“Consiglierei a
chi ha problemi di equilibrio di sbrigarsi a percorrere il resto della strada.
Sembra che le scale non siano contente del mio lavoro” disse un calmissimo
Piton che ancora non si era mosso nonostante il forte scossone. Sirius non
sopportava quel suo atteggiamento da “so tutto io”, ma non era il momento
migliore per rinfacciarglielo. Una delle rampe aveva sbattuto violentemente
contro il loro ponte magico facendolo tremare. Quella cosa in mezzo alla tromba
delle scale impediva il normale spostamento di tutte quelle rampe.
Sirius si chinò
ad aiutare Draco a sostenere il peso del battlemage penzolante. Non riuscivano
a tirarlo su, troppo pesante. E il fatto che la scala continuasse a tremare
pericolosamente non aiutava per niente. Draco ebbe un idea. Si rivolse al
ragazzo che sosteneva con entrambe le mani.
“Ok, ho avuto un
idea. Quella rampa di scale sta per passare sotto di te. Al momento giusto
mollati e atterra lì. Ritorna al campo base e rimanici. Conosci la strada,
vero?”
“Sissignore”
disse quello, titubante.
“D’accordo,
allora al mio tre. Ci sei Sirius?” l’uomo fece un cenno con il capo.
“Bene.
Uno…due…tre!” il battlemage precipitò, e con una mezza capriola si fermò sui
gradini della scala. Un sorriso gli comparve sul volto. Ce l’aveva fatta.
“Ottimo lavoro!”
gli urlò Draco “Ora vai e informa gli altri di come siamo messi noi” il soldato
assentì col capo e partì verso il corridoio più in basso.
Un altro
scossone fece tremare il ponte azzurro. Intanto gli altri soldati e Piton
avevano raggiunto l’apertura ed erano in salvo. Questo fu più intenso di prima
e sbalzò Draco fuori dal ponte. Appena resosi conto della situazione afferrò i
bordi del ponte e si ancorò ad esso. Ora aveva le mani su entrambi i bordi e si
reggeva a fatica. Erano ore che non riposava come si deve, come tutti del
resto.
“Draco! Aspetta,
ti aiuto!” gridò Sirius. La sua voce era coperta dal crocchiare inquietate del
ponte. Si stava spezzando.
“Presto, afferra
la mia mano!” gridò ancora Sirius. Draco si allungò, ma proprio in quel momento
il ponte si spezzo in due. La prima parte non resse. Si staccò dal bordo dove
era attaccata e precipitò, con un sonoro rombo nell’oscurità sottostante. Draco
non si fece prendere dal panico. Indietreggiò appeso come una scimmia fino al
punto in cui si era spezzato, verso la metà, e si issò sopra di esso. Sirius
tirò un sospiro di sollievo. Draco ripercorse l’ultimo pezzo di ponte sospeso
preceduto da Sirius che arrivò all’apertura sostenuto dagli altri ragazzi. Ma
fu l’unico ad arrivare. Un altro sonoro CRACK stacco un altro pezzo di
ponte a cui Draco era attaccato. Si stese sulla superficie e la strinse forte a
se. Il pezzo di ponte precipitò. Ed anche Draco, inghiottito dalle tenebre.
*****
Debole il
battito. C’era talmente tanto silenzio che riusciva a sentire le pulsazioni del
suo cuore. Un formicolio partiva dal piede. Era fastidioso. Voleva spostare la
gamba, ma non poteva. Era bloccata da qualcosa di più pesante. Non aveva la
forza di volontà, tantomeno quella fisica, di muoversi da quella posizione.
Come in qui giorni afosi d’estate in cui anche il tragitto dal giardino al
frigorifero per concedersi una bibita fresca sembra troppo lungo e faticoso.
Talmente faticoso che uno rinuncia a farlo. Come ora rinunciava a spostare la
gamba. A strisciare via da lì. A stringere le mano a pugno. Ad aprire gli
occhi. Questo poteva farlo.
Con sforzo
incredibile, anche quello sembrava assorbire tutte le sue energie, alzò le
palpebre, piano. Era ancora buio. Fantastico, dopo tutto lo sforzo che uno ha
fatto ci si ritrova nella stessa situazione. Ancora non vedeva nulla. Una vaga
luce riflessa. Luce? Ma era buio prima. Era notte. Hogwarts!
Hermione alzò il
busto di scatto con un sospiro di paura simile a chi si risveglia da un incubo.
Si tolse di testa il sacco nero in cui era avvolta. Il suo respiro era affannoso.
Si guardò intorno ad occhi spalancati. Ora ricordava. Il suo incantesimo. I
signori elementali. Ron.
In quel momento
si accorse di essere accanto agli altri cadaveri. Era morta? Impossibile,
sentiva il suo cuore battere, il suo respiro alzargli il petto ritmicamente, ma
soprattutto lo sguardo dei battlemage che la fissavano straniati. Uno corse
nella sua direzione ed allungo una mano per tirarla fuori da quel cumulo di
corpi morti. Lei accettò ben volentieri l’aiuto e striscio lontano. Si poggiò con
la schiena alla parete. Respirava ancora con affanno e ora aveva gli occhi
chiusi. Qualcosa era andato storto. Era sicura di aver completato
brillantemente l’incantesimo. Non aveva mai sbagliato uno in vita sua. Aprì gli
occhi e fisso il battlemage che l’aveva liberata, ora seduto davanti a se.
“Che cosa è
successo?” chiese la ragazza “Dove sono tutti? Il mio incantesimo ha
funzionato?”
“Sì,
l’incantesimo ha funzionato…ma gli elementali hanno perso. E poi lei non
conosce ancora la verità” la fronte di Hermione si corrugò.
“Che verità?
Dove sono tutti”
“Voldemort” il
respiro di Hermione si fermò per un attimo.
“Voldemort?”
ripeté sorpresa dalle sue stesse parole.
“Sì, è vivo e
riesce a possedere i corpi in cui si deposita, per quanto ne ho capito” Hermione
scosse la testa confusa.
“Aspetta un
momento. Voldemort aveva già un corpo che controllava benissimo. Ci ha
attaccato fino a che non ha…ucciso quasi tutti, perché ora è uno spettro che
possiede i corpi?”
“No” rispose a
testa bassa il soldato “Quello non era Voldemort”
Non era
Voldemort? La testa le faceva già un male cane per conto suo, ora stava proprio
per scoppiarle.
“Come non era
Voldemort? Chi era?”
Il soldato cadde
in silenzio. Si alzò in piedi dalla posizione inginocchiata in cui era.
“Non credo di
essere la persona più adatto per dirglielo, mi spiace” Hermione non credeva
alle sue orecchie.
“Come? Prima mi
metti la pulce nell’orecchio e poi ritiri tutto? Avanti parla, chi è”
“Io non cr…”
“Dimmi chi è!”
Silenzio. Attimi
di silenzio.
“Potter. Harry
Potter”
Il respiro quasi
le si bloccò ancora. Se prima non era morta ora lo sembrava di certo. Di colpo
divenne pallida, gli occhi divennero lucidi, ma non piangeva. Non poteva avere
lacrime. Non poteva neanche pensare.
No, no, no, no, no, no, no, no…Non può essere così. Harry
è morto. Lui non è Harry. Lui ha ucciso Ron. Ha ucciso tutti. No…Non può essere
Harry. Non l’avrebbe mai fatto. E’ morto, morto, morto! Ron… ha ucciso Ron, e
Piton, e ci ha attaccato tutti… Perché? Non è Harry! Ha ucciso il suo migliore
amico, non è Harry! Harry…no! Ron…è morto. Il cuore…E’ stato lui, non Harry.
Non è Harry! Non è possibile, non è giusto! Io l’ho odiato, l’ho attaccato…io
amavo Harry, non posso averlo odiato! Ma non può essere Harry! Perché? Perché
il destino si fa beffe di tutti noi? Perché non ci lascia vivere e basta?
Perché non possiamo sopravvivere e basta? Basta lottare, basta tutto! Perché
Harry? Perché non è andato tutto diversamente?
Hermione si alzò di
scatto e prese per il colletto il soldato davanti a se. Il suo volto era rigato
di lacrime.
“Perché? Perché Harry?
Rispondi! Perché, perché, perché!” scuoteva con forza il corpo del ragazzo che
inerme la lasciava fare. In quei momenti non c’erano parole per consolare o
spiegare certe cose. La cosa migliore era buttarle via, fuori. E se le lacrime
erano l’unica cosa che le scacciava, ben vengano. Smise di scuoterlo ed abbassò
il capo singultando lievemente.
“E’ stato Voldemort”
disse la ragazza con il volto nascosto fra i lunghi capelli.
“Come scusa?” chiese il battlemage
sorpreso di sentirla parlare dopo quello sfogo.
“E’ colpa di Voldemort.
Indipendentemente da tutto, è colpa sua. Anche se Harry è ridotto così, è colpa
sua!” gridò la ragazza “Dov’è?”
Il ragazzo stette zitto.
“Dov’è! Sei sordo o
cosa?” urlò Hermione in faccia al giovane. Si sentiva l’odio in quella voce. Un
odio profondo che usciva dal suo corpo e lo investiva in pieno volto.
“Gli altri lo stanno
inseguendo. Ha posseduto il corpo del capitano Lupin. Sono sulle sue tracce”
“Bene, mi metterò in marcia
e li seguirò”
“Ma, ma…” si lamentò il
soldato “Hogwarts è grande. Non si sa dove siano ora gli altri. E’ troppo
pericoloso, non posso mandarla. Lupin non approverebbe”
“Sentimi bello” ribatté
Hermione prendendolo ancora per il colletto “Per Lupin e tutti gli latri io
sono già bella che andata. Il peggio che mi potrà capitare sarà di morire, di
nuovo. Quindi non inventarti scuse e dimmi dove sono andati”
“Io, io… non lo so,
davvero. Utilizzavano una mappa che segnava la posizione di tutti nel castello”
Ah! Hanno trovato la mappa del Malandrino di Harry…
“Però” continuo quello
“Ora come ora, non saprei…”
Sentirono lo scalpicciare
veloce di qualcuno fuori dalla stanza. I battlemage si alzarono silenziosi e si
appiattirono al muro accanto alla porta, bacchetta in pugno. Anche Hermione e
l’altro battlemage con cui stava parlando si appiattirono contro la parete
cercando di essere più silenziosi possibile. I passi raggiunsero la porta e la
superarono. I due più vicini saltarono addosso al intruso buttandolo a terra e
bloccandolo con una presa di lotta. Quello cadde con un tonfo e si lamentò per
la botta.
“Ehi, sono io. Sono
Looren!” si lamentò l’uomo appena entrato. Gli altri battlemage si alzarono e
lo mollarono dalla stretta in cui era intrappolato. Hermione e il battlemage,
vedendo che non si trattava di visite indesiderate, si avvicinarono per
parlargli.
“Che ci fai tu qui?”
chiese poco cortesemente il soldato accanto ad Hermione.
“Abbiamo avuto dei
problemi e mi sono diviso dal resto della squadra. Alle scale mobili. Ora
stanno andando verso la torre ovest, Lupin sembra si stia dirigendo lì”
Il ragazzo appena
arrivato ebbe appena il tempo di dire quelle poche parole che Hermione lo
superò di corsa, scomparendo nel corridoio.
“No! Si fermi Granger!”
urlò alla ragazza
“Maledizione… d’accordo,
ci muoviamo. Prendete tutto quello che vi serve e raggiungiamo la torre ovest”
“E i cadaveri?”
“Lasciamoli qui, non li
prenderà nessuno…” gli altri lo guardarono ad occhi sbarrati. Lui ricambiò il
loro sguardo e sbuffò rassegnato.
“E va bene, portiamoceli
dietro per sicurezza, ma ci rallenteranno molto. Sono le…” il battlemage guardò
l’orologio al su polso “Cinque e dieci. Avete quindici minuti per prepararvi e
iniziare la marcia. Avanti, muoversi!”
*****
“Ok, con calma Draco. Con
calma… pensa a cosa fare, avanti…” disse Draco a se stesso con voce tremante.
Se ne stava disteso di schiena sul pezzo di ponte spezzato. Durante la caduta
si era incastrato fra una rampa di scale e un foro della parete da cui partiva
un lungo corridoio. Il lastrone di materiale azzurro tremava e produceva
sinistri rumori ed inquietanti scricchiolii ogni volta che Draco tentava di
muovere anche solo un dito. Anche respirare faceva vibrare tutta la struttura,
quindi respirava lentamente e il meno possibile.
Con un movimento a
rallentatore alzò la gamba destra che penzolava da un lato del ponte distrutto
e la abbassò sulla superficie ruvida del lastrone azzurro. Attese un attimo
sperando che tutto quel movimento non avesse destabilizzato il precario equilibrio
del ponte, poi piegò il ginocchio a novanta gradi, come già lo era l’altro.
Sperò con tutto il cuore che il ponte non crollasse proprio in quel momento e
continuò la sua manovra di evasione dal pericolo.
Alzò le braccia e le
stese sopra la sua testa allungandole il più possibile verso la salvezza.
Ancora poco. Solo un altro po’. Il ponte spezzato cedette per un attimo
poggiandosi per pochi centimetri ancora sul bordo delle scale. O adesso o mai
più.
Draco si spinse con le
gambe e scivolò all’indietro lungo il lastrone. Nello stesso momento quello
cedette precipitando nel vuoto. Draco allungò le mani il più possibile e
afferrò il bordo del corridoio. Si sostenne con le mani mentre il tuonare del
ponte che sbatacchiava contro le varie rampe di scale sotto di lui lo faceva
ringraziare di essere così leggero. Con un ultimo sforzo si issò nel foro e si
stese ansante sul pavimento del corridoio.
“Ora ho qualcosa da
raccontare ai miei nipotini quando sarò vecchio…” disse a se stesso per
riprendersi. Si mise in piedi e raggiunse la fine del corridoio. Sapeva che
erano diretti alla torre ovest. Li avrebbe raggiunti attraverso un’altra
strada. Si guardò un po’ in giro per ricordare la strada migliore per arrivare
alla torre, quando un rumore imponente lo avvertì dell’arrivo di qualcuno. Mise
la mano alla cintura in cerca della mappa, ma non la trovo. Probabilmente era
scivolata durante la caduta. Un vero peccato, era proprio utile.
Si appiattì nel corridoio
a lato e attese di vedere chi si avvicinava.
*****
Hermione camminava con
passo veloce verso la torre ovest. Avrebbe corso, ma le gambe gli dolevano
ancora. Erano addormentate e un lieve formicolio le percorreva a partire dalla
pianta del piede fino alla coscia. Strinse le labbra in una smorfia. Ogni tanto
le sentiva cedere per il troppo fastidio. Ma cavoli, lei era un’evocatrice! Non
poteva avere problemi di questo tipo. Fece scivolare la bacchetta nelle sue
dita sottili e la agitò con un guizzo davanti a se.
“Voco Aquila” il fumo si addensò ed un’enorme aquila gigante
comparve fra la nebbia. Con un sorriso le salì in groppa e la spronò al volo.
L’aquila emise uno stridio acuto e partì veloce volando lungo il corridoio. Le
sue enormi ali sfioravano le pareti e producevano un cupo rimbombo ad ogni
battito. Hermione prese tempo per riflettere. Perché era ancora viva?
Dopotutto l’incantesimo
aveva funzionato. Aveva evocato i signori degli elementi, un evocazione che
richiede un sacrificio immenso, non solo per attuarla quanto per farli agire
sotto la propria volontà. E lei gli aveva donato la vita. Ma loro non l’avevano
presa. Eppure lei l’aveva sentita. Aveva sentito la vita scivolare via come un
sospiro, l’ultimo, dalla sua bocca. Come aspirata da un vortice misterioso e
magico. Ma era sola in quel vortice? Cercò di ricordare gli ultimi momenti
prima della sua presunta morte.
Lei stesa accanto al
corpo morto del suo Ron. Piangeva, probabilmente. E poi aveva cominciato a
sentirsi debole sempre più debole… poi il dolore fu troppo e svenne. Svenne non
morì. Eppure non doveva provare dolore, quindi non poteva svenire. Un dolore
intenso, al ventre.
“Herm, tutto a posto? Ti vedo un po’ strana” gli disse
Ron steso ancora nudo sul letto mentre lei tornava coperta solo da una
vestaglia dal bagno. Aveva lo sguardo incupito, come se non avesse dormito per
tutta la notte, cosa, fra l’altro, esatta.
“Sì Ron, tutto bene. Sono solo stanca…”
“A me sembri un po’ più che stanca” la abbraccio mentre
si distendeva accanto a lui nel letto scompigliato “Sono questi tour de force a
sfiancarti?” chiese lui malizioso mentre le baciava il collo nascosto dai
capelli bruni.
“Ma smettila, stupido” rispose lei dandole un colpetto
affettuoso sulla testa in segno di rimprovero.
“Senti Ron, a te non viene mai voglia di…come dire,
aumentare?”
“Aumentare? In che senso?”
“Nel senso, diventare un po’ più di due. Non più solo io
e te… che ne pensi?”
Ron divenne silenzioso e rifletté sulla domanda che la
moglie gli aveva appena posto.
“Di più, eh? Desumo che no stiamo parlando di prendere un
cane vero?” chiese lui ironicamente. Hermione si girò a fissarlo con la sua
tipica espressione di quando non viene presa seriamente.
“D’accordo, d’accordo. Se stiamo parlando di un bambino,
io credo… che sia un po’ presto, non trovi? Voglio dire, abbiamo tempo per
pensarci e decidere di farlo quando ci sentiremo più pronti, no?”
“E tu non ti senti pronto?” Ron deglutì e fece una faccia
stralunata.
“Aspetta, perché me lo chiedi?” Hermione si strinse nelle
spalle e si poggiò di schiena al suo petto.
“E se poi non avessimo il tempo per scegliere quando? E
se fosse già capitato?”
Ron strabuzzò gli occhi, le afferrò le spalle e la girò,
faccia a faccia. Lei fu sorpresa dalla reazione del marito e ricambio lo stesso
sguardo stupito.
“Che vuol dire già capitato? Cioè, noi ci stiamo attenti,
no? Non può essere capitato, voglio dire…vero?” Hermione sbuffò e lo guardò con
rassegnazione.
“Era un test per vedere come l’avresti presa nel caso che
fossi rimasta incinta. Sappi che per ora non l’hai superato” e gli fece la
linguaccia.
“Brutta monella!” disse lei sorridendo e cominciandole a
farle il solletico. Hermione cominciò a ridere e a rotolarsi sul letto mentre
Ron non accennava a smettere.
“No…basta, Ron… ti prego…basta basta!” gridò lei fra le
risate e i lacrimoni che le salivano agli occhi. Ron smise di torturarla con le
mani e cominciò a torturarla con le sue labbra. Le baciò le spalle nude, il
colla e la bocca.
“No, Ron dai. Tra poco dobbiamo andare e siamo ancora
ridotti così” Ron si fermò, sbuffò rassegnato e si diresse verso il bagno.
“Va bene, adesso mi preparo. Devi fare la doccia?
Altrimenti la faccio io”
“Fai pure, io l’ho già fatta mentre dormivi” Ron assentì
e sparì dentro il bagno. Hermione si distese sul letto. Sentì l’acqua
cominciare a scrosciare nel box e la porta di quest’ultimo chiudersi. Ron non
l’aveva presa un granché bene. Quello non era un test, e lei lo sapeva bene.
Prima o poi glielo avrebbe dovuto dire. Ci erano stati attenti, sì, ma non
troppo a quanto pare. E lei non se ne era accorta finché non aveva sentito
quelle fitte e qui conati un paio di giorni fa. Eppure era già alla fine del
secondo mese. Il medico aveva detto che, a causa della sua particolare
struttura fisica, il cambiamento era stato pressoché impercettibile. Con
l’avanzare della gravidanza si sarebbe notato forse un po’ di più, ma non di
molto.
Almeno in questo modo poteva tenerlo nascosto a Ron
finché non fosse stato il momento giusto.
Hermione si accarezzò il
ventre. Possibile che…non poteva pensare di aver sacrificato il suo bambino
invece che lei. Stava per cadere in uno stato di depressione, colpevole per
quello che aveva fatto, quando lo sentì. Un calcio. Nel ventre. Il piccolo
aveva scalciato. Allora stava bene! Hermione tirò un sospiro di sollievo, anche
se non capiva bene perché lei fosse ancora viva. Decise di smettere di
pensarci. La sua missione più importante ora era quella di vendicare Ron con la
morte di Voldemort.
L’aquila sbatté le ali
vigorosamente e corse verso un incrocio di corridoi.
Draco saltò fuori di
scatto pronto a colpire chiunque fosse. Non si sarebbe mai aspettato di vedere
un aquila di trecento chili piombargli addosso mentre cercava di frenare per
evitarlo. Il suo grido di sorpresa fu coperto dallo stridio dell’aquila che si
lamentava dell’ostacolo sulla sua strada. Draco finì schiantato contro la
parete e perse i sensi per la botta.
Hermione rimase un groppa
all’uccello per un pelo. Lo fece atterrare e scese dal suo dorso.
“Draco?” si avvicinò al
ragazzo e si chinò accanto a lui. Lo schiaffeggiò dolcemente.
“Ehi Draco, avanti,
riprenditi!” il biondo si lamentò un po’ poi aprì gli occhi come quella voce
gli aveva consigliato. Gridò di nuovo.
“Hermione! Dovresti
essere morta!” la ragazza prese un aria imbronciata.
“Anch’io sono felice di
vederti…” entrambi si alzarono in piedi.
“No, aspetta. Non era
quello che intendevo, ma… come…”
“Ascolta, è un po’
complicato. E non sono sicura di come sia andata veramente, quindi per ora non
ci penso, d’accordo?” disse lei seccata.
“Ok, d’accordo. Ma che ci
fai qua?”
“Stava andando alla torre
ovest. Voldemort si sta dirigendo lì” Draco parve sorpreso.
“Come… No, non importa,
non lo voglio sapere. Stavo andando la anch’io. Mi sono separato dagli altri
per un piccolo incidente” Draco pensò a Piton e la fatto che poteva strozzarlo
comodamente. Tanto non sarebbe morto.
“Allora andiamoci
assieme. E prima che me lo chiedi, sì, so tutto di Harry e di Voldemort. E
voglio raggiungerlo solo per farlo fuori, è chiaro?”
Draco non capì se parlava
di fare fuori Harry o Voldemort, ma fece cenno di sì con il capo e non disse
più una parola. Era chiaro che Hermione si stesse trattenendo e che quindi
agisse così bruscamente. Doveva cercare di non farla agitare. Non sapeva come
avrebbe reagito una volta davanti al nemico.
Montò sul aquila assieme
a lei e partirono in volo verso ovest.
*****
In quella che sembrava un
orribile vasca di pietra galleggiava, in un liquido verde come la melma delle
più putridi delle paludi, un essere di forma vagamente umana. Due gambe, due
braccia e la testa. Queste erano le caratteristiche che facevano sospettare che
in realtà, quella cosa, fosse un uomo vero e proprio. Gli occhi di Lupin lo
guardarono ammirato.
“Sarà perfetto…” parlò la
sua voce. Senza troppe cerimonie Lupin raggiunse una specie di piattaforma costruita
sopra la vasca. Sbarrò gli occhi ai piedi della polla e un allegro fuoco
bluastro scoppiettò tutto intorno ad essa. Presto il liquido verde cominciò a
sobbollire e a ricoprire l’essere antropomorfo che vi galleggiava sopra.
Con un colpo di bacchetta
circolare Lupin indicò le due porte e le finestre nella stanza che in un attimo
si chiusero con un colpo secco e si illuminarono, ricoperte da una patina blu.
“Nessuno mi disturberà
nel momento del trionfo…” parlò ancora la voce di Lupin. L’uomo prese la piuma
di fenice da una delle innumerevoli tasche del suo abito e la osservò con un
sorriso. Una cosa così semplice capace di scatenare grandi poteri magici.
Incredibile.
I suoi pensieri furono
interrotti da un violento percuotere contro la porta da cui era entrato anche
lui poco prima. Sentì delle voci.
“E’ sigillata. Provate a
sciogliere l’incantesimo, anche se dubito… Severus, tu vieni con me” la voce di
Sirius arrivò forte e chiara alle orecchie di Lupin.
“Devo sbrigarmi…” parlò
la sua voce. Chiuse gli occhi e si concentrò. La piuma sembrò diventare più
brillante di quanto già non fosse. La lasciò e quella, placidamente, scese
verso il liquido della vasca. Al contatto con la melma verde si udì un forte
sfrigolio, simile a quello di un fiammifero che si accende.
Il liquido cominciò ad
aumentare la sua ebollizione fino a diventare frenetica. Poi, il fuoco. Fiamme,
spire infuocate. La polla di liquido divenne un immenso braciere da cui
spuntava un falò alto più di tre metri. Le fiamme gialle erano sfumate in più
punti di arancio e rosso, richiamo alla piuma che aveva provocato
quell’esplosione di fuoco.
Dalla piattaforma
sopraelevata Lupin poteva sentire il calore di quel fuoco rinnovatore
scaldargli la pelle e il corpo. Alzò la bacchetta e cominciò a cantilenare
un’antica formula, compiendo gesti arcani e tenendo gli occhi chiusi per
aumentare la concentrazione. Più la cantilena proseguiva, più le fiamme
sembravano mutare di colore e diventare di un rosso vivo, più che gialle. Ad un
tratto la cantilena terminò.
“E’ tempo di tornare…”
sussurrò a se stesso. Lupin si irrigidì e dalla sua bocca uscì lo spettro che
per ore lo aveva posseduto. Il corpo dell’uomo si accasciò su se stesso mentre
un braccio gli penzolava fuori dalla piattaforma, verso le fiamme purpuree. La
bacchetta era accanto al corpo di Remus. Lo spettro di Voldemort la guardò e
quella volò, a fatica, fin dentro le fiamme rosse. Voldemort ridacchiò
compiaciuto. Ormai era fatta.
Volò con orbite circolari
attorno alle fiamme e scendendo lentamente al fulcro di quell’enorme braciere.
“AlohanHaketeNamusho!” la porta alla sua destra esplose in migliaia di
schegge, distrutta da una forte scarica elettrica che proseguì la sua corsa
fino contro alla parete. Sirius e Piton entrarono di corsa appena in tempo per
vedere lo spettro di Voldemort scendere fra le fiamme e scomparire alla loro
vista. Contemporaneamente la stanza tremò come colpita da un forte terremoto.
La piattaforma vacillò. Lupin inizio a scivolare lentamente verso le fiamme.
“No! Remus!” gridò Sirius
e spiccò un balzo verso le scale della piattaforma che si piegava lentamente
fino ad immergersi nella punta delle fiamme.
Piton si fece avanti e un
ombra lo investì. Un ombra? Dalla finestra il sole basso mostrava un ampia
ombra che si avvicinava pericolosamente alla finestra. Il rumore di vetri
infranti accolse l’arrivo di un immenso uccello. Un aquila gigante.
Dall’immenso volatile si staccò un'altra ombra che con una capriola atterrò fra
Piton e Sirius, entrambi voltati verso il nuovo arrivato.
“Malfoy, hai più vite di
un gatto” sibilò Piton fra le labbra secche.
“Detto da lei,
professore, lo considero un complimento” il biondino fece un mezzo inchino
sorridendo.
L’aquila si fiondò su
Lupin e lo acchiappò al volo fra le sue zampe muscolose, poi, con una virata,
atterrò posando a terra l’uomo svenuto. Subito tutti gli furono attorno. Solo
dopo un attimo Sirius e Severus capirono chi cavalcava l’aquila.
“Hermione?!” Sirius gli
cacciò le braccia attorno al corpo magro sollevandola da terra “Oh mio Dio, ma
come è possibile?” Hermione sorrise.
“E’ una storia lunga che
racconterò se riusciamo ad uscire di qui tutti interi. E soprattutto se
riusciremo a fare fuori Voldemort!” la sua espressione divenne più seria che
mai.
La torre tremò ancora
mentre le fiamme rosse aumentarono di intensità fino a raggiungere il soffitto.
Come un eruzione, le fiamme lo squarciarono e fecero piovere grossi cocci sopra
i quattro attorno a Lupin.
“Murus Arcano!” recitò Draco, e vennero coperti da una cupola di
colore giallo intenso. Sentirono parecchi pezzi cadere sopra di loro con rumori
sordi e tonfi prepotenti. Quando sembrarono terminare, Draco sospese
l’incantesimo.
Le pareti e il tetto
della torre erano completamente crollati, lasciando all’aria aperta il braciere
che proiettava lunghe ombre assieme al sole in procinto a scomparire dietro le
montagne. Le fiamme calarono di intensità fino a diventare alte poco meno di
due metri. Un oscura figura si sporse da quel braciere. Un uomo, nudo. Mise un
piede sul bordo della polla e, facendo leva, ne uscì completamente. Aveva un
aspetto anziano, ma per niente malandato. Capelli leggermente lunghi, castani,
tirati indietro come se bagnati. Era Voldemort. Ed era tornato. Sorrise
malvagio e con un guizzo della bacchetta si fece comparire addosso degli ampi
abiti neri, una tunica ed un fastoso mantello.
“E’ bello tornare a
respirare con la propria bocca. Anche la mia voce mi pare strana tanto è il
tempo che non la sentivo” li guardò come si può guardare un cane inzuppato
durante un temporale “E voi mi sembrate tanto patetici” Voldemort spostò il
lungo mantello dietro le spalle con un movimento della mano. La cupa luce del
sole che nascondeva con il suo corpo illuminò per un attimo il volto di Draco e
gli altri.
Sirius digrignò i denti e
si preparò ad attaccarlo. Draco gli prese una spalla. Incrociò lo sguardo con
lui.
“Sirius, no. Non è questo
il modo”
“E’ meglio dare ragione a
Malfoy, sai Black?” si girò verso l’altra porta, ormai crollata, dove Peter era
circondato da tutti i battlemage rimasti, pronti al combattimento. Vi erano
anche quelli rimasti con i cadaveri. Erano arrivati da poco.
“Ed è meglio che state
buoni anche voi. Oggi sono di cattivo umore” sorrise senza mostrare i denti. I
battlemage si paralizzarono intimoriti. Voldemort si rivolse ancora ai quattro
in piedi vicino a lui. La sua lunga ombra sembrava minacciarli, pur non essendo
realmente pericolosa.
In quel momento Lupin si
alzò, sostenuto da Hermione. Si era ripreso, almeno in parte.
“Oh, vedo che sei ancora
vivo. Perdonami, non capiterà di nuovo” Voldemort sollevò la bacchetta accanto
alla testa.
“Il momento della verità
ragazzi” disse Lupin a voce non troppo alta, così che lo sentisse solo chi gli
era accanto.
“In posizione!” gridò.
Tutti contemporaneamente estrassero la bacchetta, battlemage compresi, e se la
misero davanti al volto. Solo Sirius si mise in posizione di attacco. Lui non
aveva bisogno della bacchetta.
“Signori, è stato un
onore avervi come compagni. Buona fortuna a tutti” disse mentre si concentrava
per richiamare a se tutto il potere che Quetzalcoatl poteva concedergli.
“Siete l’apoteosi del
patetismo” sillabò malvagio Voldemort. Con un movimento veloce abbassò la
bacchetta davanti a se, imitato dal sole all’orizzonte.
Non riuscì più a muovere la
mano. Una forza misteriosa la teneva ferma a metà della sua corsa. Non capiva
cosa fosse, sapeva solo di essere paralizzato. Fissò con disappunto la sua
bacchetta, poi capì. Un'altra mano tratteneva la bacchetta. Una mano giovane,
sporca, ma con una forza incredibile. Attaccato a quella mano c’era Harry
Potter. Ricambiò il suo sguardo di disappunto e strattonò la bacchetta.
“Ehi vecchio, non lo sai
che è la bacchetta a scegliere il mago. Questa ha scelto me!” con uno strattone
Harry portò via la bacchetta dalle dita di Voldemort, ma, incredibilmente, la
bacchetta si era sdoppiata. Ora entrambi ne impugnavano una identica in tutto e
per tutto all’altra.
*****
Ginny raggiunse con un
ingente truppa di soldati il confine di Hogwarts. Non poteva credere di essere
venuta fin lì legata al solo filo della speranza. Lei ci sperava. Ci credeva.
Voleva che Draco tornasse. Voleva che Ron tornasse. Voleva che tornassero
tutti. Ma maledizione, no. No. Perché? Perché l’avevano abbandonata tutti? Era
sempre così, quando la piccola Ginny diventava troppo pesante da sopportare,
tutti se ne andavano. Vi odio, vi odio, vi odio!
“Avevi promesso che
saresti tornato!” gridò Ginny verso Hogwarts “Lo avevi promesso!” cominciò a
piangere come una ragazzina che non ha il vestito che il padre gli aveva
promesso di comprare.
Un soldato si avvicinò
per tranquillizzarla. La invitò a sedersi su una roccia piatta lì accanto.
“Lo aveva promesso di
tornare…” sospirò ancora quando si sentì più calma.
Il sole era quasi al
tramonto, quando un forte rombo fece voltare tutti verso il castello. La cima
di una torre stava crollando, e dal tetto crollato ora saliva furiosamente una
grande fiaccola rossa.
“Draco…” sussurrò Ginny.
Corse verso uno dei soldati.
“Sono loro! Devono essere
per forza loro! Forse è un segnale, oppure, non so! Avanti facciamo qualcosa”
Il soldato la guardò
esitante.
“Non…d’accordo, adesso
chiedo il da farsi, ma lei non si muova da qui” e corse verso una jeep
parcheggiata lì vicino.
*****
“Harry Potter. Sono anni
che ti cerco” sibilò Voldemort al ragazzo che si era schierato davanti a quelli
che fino a un giorno prima erano stati i suoi nemici. Harry si girò verso
Draco.
“Ehi biondino, il nostro
duello è solo rimandato. Tienilo bene a mente”
Draco annuì ancora basito
per quanto successo. Hermione, pur sapendo che Harry fosse ancora vivo, non
poteva credere di averlo proprio davanti agli occhi in quel momento. Era come
comparso dal nulla.
“Ma da dove è arrivato?
Io neanche l’ho visto” chiese.
“Non è arrivato da
nessuna parte. La bacchetta è il suo collegamento con questo mondo. Ed è
rispuntato dove si trovava la sua bacchetta, fra le dita di Voldemort” spiegò
Piton esaurientemente “Comincio a vederci più chiaro, ora. E’ una specie di
trappola in cui sono caduti entrambi”
“Entrambi? Spiegati”
disse Lupin ancora appoggiato ad Hermione.
“Sì, qualcosa che ha
iniziato lo scontro quattro anni fa, e che ora hanno modo di portarlo a
termine… ci sono! Prior Incantatio!”
“Che cosa?” chiese ancora
Lupin pieno di dubbi.
“Ma certo” disse un raggiante
Piton “Deve essere stato il contatto fra le due bacchette. Un altro Prior
Incantatio, come la prima volta che si sono scontrati. Ecco che cosa è successo
ad Hogwarts. Un Prior Incantatio. Uno che dura da quasi quattro anni”
“Vuoi dire che non sono
mai riusciti a scioglierlo?” chiese Sirius mentre squadrava i due contendenti
intenti a analizzarsi a vicenda.
“Esattamente, perché non
si incontravano mai. Harry di giorno e Voldemort di notte. Solo i pochi minuti
del tramonto e dell’alba fanno in modo che ci siano entrambi. Questo è un vero
colpo di fortuna!” terminò Piton.
“Ma che bella
spiegazione” disse Harry che aveva ascoltato tutto “Questo vuol dire che se
siamo tutti qui è colpa mia e sua” e fece un cenno verso Voldemort. Piton annuì
solennemente.
“Bene, tu sei Voldemort,
vero? Sappi che non mi piace il fatto che tu abbia ucciso i miei genitori.
Nessuno ti aveva autorizzato. Quindi considerala una piccola vendetta” strizzò
l’occhio al signore oscuro che sembrò atterrito da quell’atteggiamento tanto
spavaldo da parte del ragazzo.
“Sembri molto sicuro di
te, Potter. Cosa ti fa credere di essere il più forte” ghigno Voldemort che si
preparò alla sfida agitando la bacchetta.
“Io non credo di essere
il più forte” disse a testa china Harry “Io sono il più forte” alzò la testa e sorrise malignamente mentre il volto di
Voldemort divenne una maschera di sorpresa.
Con uno scatto Harry
arrivò davanti a Voldemort. Gli pianto un pungo ben assestato far le costole.
Questo grugni di dolore e si piegò in due. Harry continuò la sua opera con una
ginocchiata che raggiunse il volto del signore oscuro, facendolo vacillare
all’indietro. In equilibrio precario Voldemort si tastò la mascella e si
asciugò il labbro insanguinato. Fissò Harry con occhi sbarrati, mentre il ragazzo
già lo puntava con la bacchetta.
“Ignis Flatus!” la palla di fuoco schizzò in direzione di Voldemort
che la evitò all’ultimo istante buttandosi di lato. Il proiettile di fuoco
continuò la sua corsa fino a schiantarsi sulla superficie del lago con un boato
assordante e una marea di schizzi in tutte le direzioni.
“Non dovevano essere un
granché bravi i miei vecchi a combattere. Non vali quasi nulla” sentenziò Harry
mentre si avvicinava a passo spedito all’avversario ancora a terra. Voldemort
si rialzò e lo puntò con la bacchetta.
“Stupido Potter! Come
puoi solo sperare di contrastare il mio potere! Io sono Lord Voldemort! Nessuno
mi può fermare!” Harry sorrise.
“Le convinzioni sono
importanti nella vita. Avanti continua a parlare. Sei divertente quando fai il
grand’uomo. Non volevi uccidermi? Avanti, sono qui per te” allargò le braccia
invitandolo a colpire. Voldemort grugnì di rabbia. Come osava quello stupido
ragazzino prendersi gioco di lui!
“Avada…”
“Ci sarà da divertirsi”
rise Harry.
Perché non tremava?
Perché non provava paura? Voldemort non capiva il perché quel ragazzo non
reagisse davanti alla sua maledizione senza perdono. Era incomprensibile una
reazione del genere. Decise che gli avrebbe fatto solo molto male e riformulò
l’incantesimo.
“Crucio!” l’aria si
increspòed Harry si fece schermo con
una mano. L’incantesimo colpì il suo palmo senza danni, poi si dissolse.
“Non…non può essere. Era
una maledizione senza perdono… non puoi pararla con una mano…” Voldemort ora
era veramente impaurito. Non aveva provato spesso quella strana sensazione.
Paura. L’amava molto. Amava vedere gli altri crollare davanti a se per la
paura. Amava spargere il seme del terrore nei suoi nemici, ma anche nei suoi
alleati. Ma non voleva diventare lui vittima dai quell’orrenda emozione. Non
voleva essere lui il bersaglio di quel puro terrore che tanto ammirava e
utilizzava quando era al potere. Non lo voleva. E quello che non voleva lui era
legge. Nessuno poteva impedirglielo. Nessuno. Neanche Potter. Come poteva essere
così forte. Era poco più di un ragazzino quando lo aveva affrontato e non aveva
sputo tenergli testa. Solo il Prior Incantatio lo aveva salvato. E ora era lì.
Lo minacciava di morte. Era assurdo. Ora lui era il portatore di paura. Il
nobile Potter. Il beniamino, l’amico di tutti era lì per ucciderlo. Non per
dovere, non pere vendetta, quello che aveva detto prima era solo una menzogna,
lo aveva capito benissimo. Lo uccideva solo per piacere. Per il gusto di
vincere, di essere il più forte di tutti. Nemmeno si accorse che si stava
avvicinando minaccioso con una spada in mano.
“Salutami i tuoi amici
all’inferno Voldemort” sentenziò Harry. Alzò la spada e con movimento veloce la
piantò nel petto del signore oscuro. Voldemort aprì gli occhi e spalancò la
bocca per il dolore e la sorpresa della sconfitta. Era giunta la fine quindi?
Il suo tempo era venuto? Sembrava proprio di sì. Cadde in ginocchio mentre
Harry estraeva la spada dal petto per alzarla di nuovo. L’ultimo raggio di luce
del sole stava illuminando l’atto finale di una lotta che durava ormai da
troppo tempo. Con un movimento circolare la spada colpì in pieno il collo di
Voldemort e tranciò di netto la sua testa. Il sole scomparve dietro le montagne
all’orizzonte e con lui il corpo di Voldemort che si accasciò al suolo e
divenne polvere nera. In cumulo di polvere nera in cui brillava solo una piuma
di fenice.
In quel preciso istante
il cielo attorno ad Hogwarts sembro incresparsi. Si sentirono inquietanti
scricchiolii vitrei, poi tutto crollò. Come un immensa cupola di vetro la
barriera attorno ad Hogwarts crollò liberando per sempre dalla maledizione il
castello.
Harry vacillò. Si tenne
la testa con una mano mentre l’altra perdeva sensibilità e faceva cadere la
bacchetta a terra. Cadde sulla ginocchia tenendosi la testa con entrambe le
mani. Svenne e rimase a terra immobile.
“Presto legatelo e
disarmatelo. Non ci deve scappare” ordinò Draco zittendo con una mano le
proteste dei suoi compagni “Credetemi non c’è altro modo. Credo che Azkaban sia
il meglio per lui”
Piton sorrise
soddisfatto. Fissò il braciere. Possibile che… si rivolse a Sirius.
“Sirius, prendi il sacco
pieno di cadaveri e gettalo nel braciere prima che si spenga”
“Come prego?” chiese
Sirius stralunato.
“Fallo e basta!” gridò
Piton. Sirius afferrò il sacco pieno di cadaveri e con fatica lo lanciò fra le
fiamme rosse del braciere. Hermione gridò indignata.
“Che diavolo fai!”
sbraitò Hermione. La ragazza corse verso Piton che se ne stava appoggiato di
schiena a braccia incrociate contro il braciere. Lo afferrò per il colletto e
lo scosse violentemente.
“Brutto idiota, ti sembra
sensato bruciare i cadaveri? Perché l’hai fatto? Perché l’ha…”
“Granger, per piacere. I
morti sono morti! O solo avuto un intuizione che spero per te si riveli…”
“Herm?” la chiamò una
voce. Non poteva essere quella voce. Non poteva essere davvero lui. Come era
possibile.
“…esatta. Ecco, appunto”
terminò Piton.
Ron Weasley spuntò dalle
fiamme del braciere e con lui anche gli altri battlemage rimasti uccisi.
“Herm, che succede?
Perché urli tanto?” gli chiese Ron fra le fiamme. All’improvviso Ron si accorse
dov’era e spalancò gli occhi.
“Al fuoco!” gridò
“Brucia! Ma siete matti! Mi volete ammazzare!” e saltò fuori dal braciere in un
attimo controllandosi per bene che non avesse ustioni di nessun tipo e che
fosse tutto intero. La casacca, adire il vero, era squarciata sul petto, ma non
si ricordava minimamente il perché.
Hermione
gli buttò le braccia al collo e lo riempì di baci mentre piangeva dalla gioia.
Mamma
mia che lavoraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaccio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Sono
in terribile ritardo, lo so, ma ho avuto molto da fare. Cmq siamo alla fine,
Epilogo+ mega sorpresa (non è nulla di straordinario, una roba così….).
Dovreri
ringrazire, ma ho pensato che lo faccio nell’epilogo così mi viene meglio.
Quindi, visto che ormai la storia è finita, spera che vi sia piaciuta(sai la
storia che la fine) e che esprimiate i vostri commenti. ^ ^
Ore
3:13 (che lavoraccio quello del Fanwriter…..° °)
Le doppie porte incastonate nella parete di resistente cemento armato
scivolarono all’interno del muro
Le doppie porte
incastonate nella parete di resistente cemento armato scivolarono all’interno
del muro. Draco e Ron proseguirono il loro cammino. Attraversarono un lungo
corridoio sempre nelle stese condizioni. Cemento a vista. Veramente un posto
lugubre e triste. Anche a Natale.
Ron ripensò
all’ultimo anno. Quante ne aveva passate. Quante cose erano cambiate da un anno
a questa parte. Una per tutte. Hermione. Erano sposati ora. E non erano più
soli. Da due settimane era nato il piccolo Christopher Weasley, già
ribattezzato da tutti Chris. Quando Hermione glielo aveva detto non aveva
reagito come la volta precedente. L’esperienza di morte lo aveva maturato, e
non poco. Il fatto di morire lo aveva spaventato. Sapere che c’era qualcuno
pronto a testimoniare che sei esistito, che sei valso qualcosa per lui, era il
modo migliore per scacciare quella paura. E Chris aveva fatto proprio un buon
lavoro da quel punto di vista. Ma anche il parto non fu per niente semplice.
Era nato di sette mesi, prematuro, e subito venne il dubbio che in realtà la
magia lanciata da Hermione per evocare gli elementali avesse danneggiato il
feto, ma per fortuna non fu così. Casualità, dissero i medici. Meglio la
casualità che la magia a volte.
La più contenta,
neanche da dire, non fu certo Hermione, come è logico che sia, ma Molly. La
felicità di mamma Weasley alla notizia del secondo nipotino fu tale che per
poco non soffocò il figlio in un mare di abbracci e baci. Ron non l’aveva mai
vista così. Mai tranne forse quando è nata Eve. La nascita di bambini
probabilmente la deliziava. Dopotutto aveva avuto ben sette figli!
Dopo circa dieci
giorni Hermione fu dimessa e ad entrambi fu dato un periodo di vacanza dal
lavoro così da riposare un po’ e pensare solo a loro e al nuovo arrivato.
E adesso Ron era
lì. Ne aveva parlato a lungo anche con la moglie e alla fine aveva deciso.
Varcò l’ultimo
cancello rinforzato che scivolo, anche lui, all’interno della parete,
annunciato dal fischio acuto di una sirena e da una luce gialla lampeggiante.
Draco lo seguì a ruota. Qualche giorno prima gli aveva chiesto di accompagnarlo
in questa visita. Da solo non se la sentiva di andare. Draco acconsentì di buon
grado.
Anche lui, in
quel periodo, era a casa. Non per vacanza, quanto per obbligo. La squadra scelta
dei battlemage era stata sciolta, e lui non aveva più un vero lavoro. Lo
avrebbe trovato, ne era certo, al ministero. In un altro ramo, sicuramente
minore, ma l’avrebbe trovato. Intanto si godeva questo periodo di festa a casa
con la sua famiglia. Trovare Ginny ad Hogwarts ad aspettarlo quel giorno lo
fece sentire come in paradiso. Come faceva ad amarla così tanto? Non lo capiva
neanche lui a volte. E la piccola Eve cresceva. E più cresceva e più decideva
che il periodo migliore per dormire era in pieno giorno, con grande disappunto
dei genitori che si alzavano la notte per convincerla del contrario. Ma la
famiglia ha i suoi pro e i suoi contro. E Draco era contento di entrambi.
Finalmente
arrivarono davanti alla porta di acciaio che tanto bramavano. Il numero 004 era
inciso a fuoco sulla superficie. Draco bussò e entrambi attesero impazienti. Un
rumore secco di chiavistelli che venivano aperti fece capire ai due di essere
attesi, come preventivato. La porta si aprì rivelando un piccolo gnomo blu
vestito di stracci e con una cintura piena di mazzi di chiavi.
“Siete qui per
lo 07?” chiese l’esserino blu.
“Sì, siete stati
avvisati vero?” chiese di rimando Ron mentre entrava assieme a Draco nello
stretto corridoio oltre la porta.
“Sicuro, dal
ministro in persona!” esclamò entusiasta lo gnomo. Seguirono pazientemente i
piccoli passi dello gnomo accompagnati dal sottofondo delle chiavi di acciaio
che sbatacchiavano fra di loro. Quell’esserino sembrava avere una parlantina
incredibile. Parlava e parlava in continuazione e citava sempre più spesso il
ministro della magia. Per lui, probabilmente, aver ricevuto una lettera dal
ministro in persona era qualcosa di straordinario. Per Ron e Draco no.
Dopotutto era uno di famiglia. Anche Percy sembrava essersi smosso dalla sua
rigida posizione di ministro. La dichiarazione che fece fare a Cornelius
Caramel entrò negli annali delle figuracce e delle meschinità possibili di un
uomo. Ora, anche nel consiglio di cui faceva parte, Caramel valeva meno di
zero. Aveva, inoltre, annunciato con piacere la riapertura di Hogwarts a
partire dal prossimo anno, con a capo, naturalmente, Albus Silente. Il vecchio
preside era stato portato alla normalità con un potente infuso di mandragola e
sangue di medusa. Una pozione che Piton preparò magistralmente in soli sei
giorni. Anche il vecchio professore di pozioni fu reintegrato nella sua vecchia
cattedra, con l’aggiunta di quella di Difesa contro le Arti Oscure, a lungo
desiderata e finalmente ottenuta. Nel suo attuale stato Piton non aveva bisogno
di dormire e tantomeno di mangiare. Poteva farlo, sì, ma non era necessario per
sopravvivere. Molte famiglie avrebbero potuto indignarsi di fronte
all’eventualità di mandare i loro figli in un posto dove un insegnante era un
non-morto, ma anche Hagrid era un mezzo-gigante, e nessuno, tranne all’inizio,
si era mai lamentato più di tanto. Anche gli altri professori tornarono tutti
ai loro ruoli principali. La Cooman ne uscì con una frase ad effetto del tipo
“L’avevo previsto”, suscitando uno sbuffo scocciato da parte della McGrannit.
Lo gnomo blu si
fermò davanti ad una parete di apparente pietra con scolpito sopra il numero
07.
“Eccoci” disse
l’esserino “Posso procedere?”
Entrambi i
ragazzi annuirono e lo gnomo si diede da fare. Estrasse una chiave piccola e
dorata e la agitò di fronte alla parete, come se fosse una bacchetta. Il muro
scomparve davanti ai loro occhi e divenne trasparente. Al di là della parete vi
era una stanza grande non più di nove metri quadri. Sul lato destro vi era un
piccolo letto, mentre sul sinistro un lavandino e dei sanitari. Non c’era
neanche una finestra. L’unica fonte di illuminazione era una candela che stava
accesa magicamente, senza consumarsi mai. Per avere buio bastava coprirla con
un drappo a qualcosa di simile.. Sul letto vi era una figura. Era scarna,
magra. Voltò la testa verso la parete trasparente e la luce che entrava da
quella finestra momentanea.
“Cinque minuti”
disse più seriamente lo gnomo e se ne andò per la sua strada. Cadde un silenzio
incerto. Nessuno dei tre sapeva se doveva parlare o no per primo, così iniziò
Ron a rompere quel silenzio.
“Ciao Harry”
Harry si alzò e
avvicinò il viso al muro. Fissò Draco per un attimo in cerca della sua
approvazione.
“Ron Weasley,
giusto?” Draco annuì. Ron sorrise lievemente.
“Come stai
Harry?” Harry rise .
“Come vuoi che
stia! Sono in trappola per l’eternità da quanto ho capito. Potrebbe andare
meglio grazie” rispose acido.
“Voglio dire,
come ti senti dopo quello che è successo?” Harry tornò serio e si grattò il
mento ispido per la barba con una mano.
“Oh, quello.
Bhè, mi spiace per te ma non mi ricordo nulla. Quindi, buon per te se sei
risorto con la fiamma della fenice. A me non importa nulla”
Ron ingoiò il
rospo. Ne aveva parlato anche con Draco. Lo aveva avvertito che quello che
avrebbe visto non sarebbe stato l’Harry che ricordava.
“Ti capisco.
Anche senza i dissennatori Azkaban non è il meglio per vivere”
“Grazie, devo
commuovermi?” chiese ironico Harry. Più che ironico sembrava seccato.
Ancora silenzio.
Draco diede uno scossone a Ron ed indicò l’orologio. Il tempo stava per
scadere.
“Sai, sono
rimasto sorpreso da come ha sconfitto Voldemort. Mi è sembrato di capire che è
stato un giochetto per te” sorrise forzatamente Ron.
“Era debole. Non
so come avesse fatto ad essere il più potente. Anche tu eri più forte di lui.
Mi hai dato del filo da torcere, lo ricordi vero? Anche Malfoy era più forte.
Probabilmente qualcosa non è andato come doveva andare ed era più debole del
previsto” sbuffò Harry rassegnato.
“Sembra invece
che si fosse indebolito perché non era più abituato a combattere.”
“Davvero?”
chiese Harry.
“Già. E sembra
che la causa della sua distruzione, dopotutto, non sia altro che il suo piano
di invasione. Con tutti quei mangiamorte da eliminare hai fatto, diciamo,un buon allenamento. Per questo sei
diventato così forte contro le arto oscure. Per questo non ti è sembrato forte.
Perché TU eri davvero più forte di lui”
Harry valutò le
informazioni che aveva appena ricevuto. Quindi lui era uno forte. Interessante.
La voce di Ron interruppe ancora i suoi pensieri.
“Fra l’altro,
non so quanto possa contare, ma… ecco, mi spiace per quanto è accaduto. Per me
eri e sarai sempre Harry, il mio amico Harry”
Harry lo guardò
in faccia e sghignazzò.
“Credo che tu
sia fuori di testa, caro Weasley! Il tuo amico Harry?” scoppiò nuovamente a
ridere “Va bene, va bene. Come preferisci” si rivolse a Draco.
“A proposito,
potevi dirmelo che il bambino in culla che ha sconfitto Voldemort ero io.
Potevi evitare di parlare per rebus da decifrare”
“Come l’hai
saputo?” chiese Draco sorpreso. Harry sorrise.
“Le voci girano,
Malfoy. Quanti “Harry Potter che hanno sconfitto Voldemort in culla” credi che
esistano?” Draco inarcò un sopracciglio e annuì. Era vero, dopotutto.
Il piccolo gnomo
blu tornò da loro.
“Tempo scaduto.
E’ ora di andare” Draco annuì e trascinò via Ron che non aveva molta voglia di
andarsene. Si diressero di spalle verso l’uscita quando la voce di Harry
raggiunse le orecchie di Ron per l’ultima volta.
“Credo che
dispiaccia anche a me…”
Ron si voltò
appena in tempo per vedere la parete tornare di pietra e lo 07 comparire di
nuovo, scolpito con forza. Draco afferrò per una spalla Ron.
“Andiamo” disse.
Ron annuì con il capo mentre cominciavano a bruciargli gli occhi. Non avrebbe
pianto, era stupido farlo in un momento come quello. Riflette sulle ultime
parole di Harry.
Quante cose
erano capitate a quel ragazzo. Ma le aveva sempre accettate tutte. Le cose
belle e quelle brutte. Tutte sempre e comunque. Tutte, senza tregua.
FINE
Cari ragazzuoli infin siam giunti. Allora? Che ne pensate? Io
ho pensato che è bene ringraziare tutti dal primo all’ultimo. E’ difficile, lo
so, ma io ci provo comunque.
Era il 23 gennaio di quest’anno. Aveva appena finito di
gustarmi Harry Potter e la camera dei Segreti al cinema e già aveva
voglia di vedere il prossimo film. E leggere il prossimo libro. Come tutti
sappiamo le attese saranno parecchio lunghe (ahimè), quindi decisi di cercare
in rete informazioni su HP e quant’altro di interessante sulla seria. Poi…
fanfics? Su HP? Perché no. Provai a leggerne alcune. Davvero niente male (e qui
Sunny Docet ^ ^), belle, intriganti, dei veri e propri capolavori! A malapena
sapevo che cosa era una FF (ma qui il sito di Erika è stato più che esauriente
a spiegare tutto sulle FF ^ ^), ma decisi di provare a scriverne una. Perché
no? Io amo molto scrivere e questo sito sembrava fatto a posta per me. E
allora…via! Mi sono imbarcato in un opera colossale!
“Chissà come andrà? Chissà se piacerà?” domande legittime
per un Fanwriter. Poi… il successo! Wow! Ero esterrefatto! Possibile che quello
che scriveva prendesse così tanto? Preoccupato facevo leggere i miei capitoli
anche a amici e compagni di classe e la reazione era la stessa. Bello, bello,
bello ^ ^!
Allora mi sono fatto prendere la mano. Ho allungato la
storia (eh sì, l’ho allungata ^ ^), ho dato nuove caratteristiche ai personaggi
e ne ho creati un paio io stesso. Pochi ma buoni, dicevano una volta. E poi
sono giunto all fine. Per citare Guccini “La tristezza poi ci avvolse come
miele…”. Perché è così che mi sento ora. Triste e senza qualcosa da fare.
D’accordo, ho altre ff in serbo, ma la prima volta non si scorda mai, giusto?
^^
E allora basta demoralizzarsi! Morto un Papa se ne fa un
altro! E io sono pronto a farne un altro. Ci vorrà un po’ (la scuola è
micidiale ultimamente) ma tornerò prepotente, tranquilli. Per ora tutto quello
che poso fare e ringraziarvi e quello che posso dire è, appunto
Grazie
Grazie per chi mi ha seguito e ha recensito.
Grazie per chi non ama recensire ma comunque legge la mia FF
Grazie per chi non l’ha neanche letta! (bisogna avere delle
critiche, no? ^ ^)
Grazie per chi mi ha spronato a continuare.
Grazie per chi mi ha sostenuto nel momento di maggior
bisogno.
Grazie per chi non ha mai mollato e mai mollerà. Sarà il mio
esempio.
Grazie per tutto e per tutti.
E ora il grande speciale!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Su esempio di Sunny (Non sono degno Sensei ç__ç) ho pensato
di ricercare gli attori migliori per il “cast” di senza tregua. Con i
collegamenti dovreste andare direttamente alla foto (ho paura che dobbiate
iscrivervi al gruppo di yahoo. Se non vi và, scrivete una mail a me e vi
spedirò le foto: Strekon@virgilio.it)
INTERPRETI PRINCIPALI
DI “SENZA TREGUA” (in ordine di apparizione, o quasi)