Era veleno ed antidoto.

di angytom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** He need you. ***
Capitolo 2: *** I'm stronger than this. ***
Capitolo 3: *** Everybody need somebody. ***
Capitolo 4: *** Holding my breath. ***
Capitolo 5: *** I care about you. ***
Capitolo 6: *** Never let me go. ***



Capitolo 1
*** He need you. ***




Era veleno ed antidoto



Erano passati cinque mesi da quando decisi di andarmene da Londra e da lui per trasferirmi a Parigi, dove c’era mio padre ad aspettarmi.
Ovviamente non fu affatto facile il cambiamento e il distacco dalla mia vecchia vita, ma piano piano ero riuscita a superarlo: avevo trovato più tempo per me stessa, avevo trovato tempo per riflettere, per cercare di capire cosa avessi sbagliato con lui
In realtà nei miei pensieri quel ‘lui’ affiorava ovunque.
Lui era  dappertutto, ma allo stesso tempo da nessuna parte.
Le prime settimane ero riuscita addirittura a confonderlo con altri ragazzi che mi passavano davanti, a vederlo davanti a me la notte o a vederlo sotto casa ad aspettarmi per uscire. Ero impazzita e lo sapevo, ma una parte di me voleva che le cose rimanessero cosi, perché non osavo immaginare cosa mi sarebbe accaduto se l’avessi completamente dimenticato. Sapevo che era una fottuta paura psicologica, ma poco importava.
Mi ero allontanata da lui continuando ad amarlo.
Continuando a cercare ovunque la sua presenza.
Continuando a sentire la sua mancanza.
Continuando a chiedermi cosa stesse facendo.
Continuando ad immaginarlo vicino a me, nonostante tutto.
Era quel nonostante tutto che mi fregava.
Nonostante tutto io continuavo ad amarlo, come solo una pazza avrebbe potuto fare.
Per quanto potesse sembrarmi strano, le prime settimane era lui a cercarmi insistentemente. Era riuscito a mandarmi cinquanta sms in un solo giorno e venti chiamate in una mattinata. Continuava a scrivermi che senza di me era disperato, che gli mancavo, che io avevo bisogno di lui, che tanto sapeva che prima o poi io sarei tornata da lui, che io lo amavo, che non l’avrei mai lasciato. In tutti quei messaggi però, non ce ne era uno in cui dicesse che per una volta era lui ad aver bisogno di me, non ce ne era uno che diceva che mi amasse o che non mi avrebbe mai lasciato. Semplicemente Zayn pensava che il mio mondo girasse attorno a lui e per quanto mi costasse ammetterlo, era così.
Mi sentivo una perdente, un’illusa, una stupida.
“Allie..” quella voce mi fece voltare di scatto e vidi mia nonna con tutto il suo splendore.
“Nonna!” esclamai correndole incontro. Mi lanciai fra le sue braccia e per un breve istante mi sentii a casa.
“Quanto sei cresciuta amore” disse lei iniziando ad accarezzarmi la testa.
“Mi sei mancata” le sorrisi io.
“Anche tu tesoro, ma come mai sei tornata? Cos’è successo?” chiese lei sedendosi sul mio letto e facendo spazio anche a me.
“E’ lunga da spiegare nonna..” risposi io abbassando lo sguardo.
“C’entra quel Zayn di cui mi avevi parlato?” mi chiese lei assumendo un’espressione preoccupata e allo stesso tempo intenerita.
“L’ho lasciato” dissi io tutto in un soffio.
“E perché mai tesoro? Mi avevi assicurato che fra voi andasse tutto bene” riprese lei confusa.
“Hai mai avuto la sensazione di dar tanto ma di non esser ricambiata?” le chiesi io guardandola negli occhi. All’inizio vidi esitazione nel rispondere, poi però parlò.
“Sai, prima che conoscessi tuo nonno frequentavo un ragazzo. Mi piaceva da impazzire, pensavo fosse il ragazzo perfetto, credevo mi amasse e in effetti era cosi, solo che mi amava a modo suo. Non era cattivo, non era violento, era buono solo che non riusciva ad aprirsi fino a che un giorno sono scappata perché non ce la facevo più, perché davo e non ricevevo niente, gli davo il mio amore, la mia vita... e lui non ricambiava. Non dico che non tenesse a me, anzi. Ma ci sono persone a cui l’amore spaventa Allie, e sta a te decidere se rimanere e lottare, anche essendo consapevole che probabilmente le cose non cambieranno, o lasciar perdere tutto. Io ho lasciato perdere e tu a quanto pare hai fatto la stessa cosa mia senza nemmeno saperlo” mi accarezzò una guancia cercando di asciugare le lacrime che scendevano e continuò.
“Hai 19 anni Allie, puoi ancora fare ciò che vuoi, puoi ancora sceglierti la vita che vuoi. Sei ancora in tempo. Asciugati le lacrime e sii fiera di ciò che sei, chiuso un portone se ne apre un altro” non la lasciai continuare che presi subito parola “E se non volessi aprire un altro portone?” mia nonna mi guardò sorpresa dalla mia risposta e continuò “Non rimanere attaccata al ricordo, questo è l’unico consiglio che posso darti. Sei giovane e bella puoi fare ciò che vuoi. Vivi Allie, la vita non è finita. Vai avanti, ma staccati il ricordo di lui dal tuo petto. Volta pagina, ce la puoi fare tesoro” disse lei abbracciandomi e mi lasciai cullare e coccolare dal suo odore, dalle sue mani e dai suoi baci affettuosi sulla mia testa.
Rimanemmo cosi per una decina di minuti senza proferire parola, finche non ripresi.
“Non so più cosa pensare, sono confusa” dissi sospirando esausta.
Una parte di me sarebbe ritornata a Londra e da lui, ma l’altra non l’avrebbe mai fatto.
Una parte avrebbe voluto rispondere alle sue chiamate in quei giorni, l’altra glielo impediva.
Ero divisa in due ed ogni santa volta dentro di me c’era una guerra.
Probabilmente Zayn per me era un’ossessione, un qualcosa che andava oltre il normale.
E per quanto volessi odiarlo, il mio cuore sarebbe sempre appartenuto a lui.
 
 
I giorni passavano in fretta, sembravano volare e io ero sempre allo stesso punto se non per il fatto che a forza di mandare giù e cercare di non piangere ero quasi arrivata a non sentire più niente per nessuno, nemmeno per lui.
Pensavo ai suoi occhi, al suo sorriso, alle sue labbra, alle sue mani sulle mia e non provavo più niente: apatia, ecco come la chiamava la psicologa che mi stava seguendo.
“Ti sei costruita un muro Allie, ma cosi stai peggiorando solo la situazione” era ciò che mi ripeteva sempre, ma io facevo finta di niente, come se escludere tutte le emozioni e i sentimenti nella mia vita fosse la soluzione per dimenticare, per proteggermi, per rendermi invulnerabile, per rendermi forte. Non ero molto sicura che ciò potesse durare a lungo, ma per adesso era l’unica cosa che sembrava funzionasse. L’unica cosa che per adesso mi trasmetteva un minimo di controllo emotivo: ero io a controllare le mie emozioni, non più lui. Ero io a controllarmi, solo e soltanto io e non avrei permesso più a nessuno di manipolarmi o di usarmi.
Misi le popcorn nella padella e aspettai impaziente che si facessero, poi le versai tutte nella ciotola e tornai in sala sdraiandomi sul divano e accendendo la tv fino a che non sentii il campanello suonare. Sbuffai infastidita e quando andai ad aprire il fiato mi si mozzò.
“Ti prego Allie torna. Io e i ragazzi non sappiamo più come comportarci, è impazzito. Abbiamo bisogno di te, lui ha bisogno di te” sbattei le palpebre un paio di volte per essere sicura che quello davanti a me fosse davvero Harry e quando mi resi conto che tutto ciò era reale sbiancai e lui se ne accorse perché si avvicinò preoccupato.
“Ehi st-“ non lo lasciai finire che lo spinsi via.
“Io non tornerò mai, mettetevelo in testa.” dissi con una freddezza tale che fece paura anche a me. Ero diventata davvero cosi? In quel momento mi sentii la copia esatta di quel ‘lui’ che cercavo in tutti i modi di non pensare più.
Era possibile essere tanto diversi quanto uguali?
“Ti porterò di peso se è necessario, ma devi tornare”
E no, non ero pronta a riaffrontare tutto daccapo.
Non ero pronta a riaffrontare di nuovo lui.
Ma infondo una parte di me sapeva benissimo che se avesse avuto bisogno io sarei tornata. Io, per lui, sarei sempre tornata.
 








Buonasera! :)
Inizio col dire che in realtà non era in programma continuare Don't leave me now,don't say goodbye (
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1998542&i=1) però poi alcune mie amiche mi hanno consigliato di farlo perché secondo loro sarebbe stata una bella storia e sto cercando in tutti i modi di renderla tale e spero piano piano di riuscirci.
Questo è il primo capitolo.. e recensite vi supplico! è importantissimo per me sapere cosa voi ne pensiate çç

Devo scappare,alla prossima! E grazie a chi leggerà,grazie infinite. 

 

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Capitolo 2
*** I'm stronger than this. ***




Era veleno ed antidoto
 


“Lui ha bisogno di te”
Quella frase rimbombava nella mia testa in un modo quasi malato e non ne potevo più.
A quanto pare era questo il mio destino: continuare a star male per lui e non uscirne mai, continuare ad occuparmi di lui anche se non ne valeva la pena.
Perché io? Perché dovevo sempre pensare prima a lui poi a me? Perché non potevo mandarlo al diavolo definitivamente e cancellarlo dalla mia vita?
Stavo distruggendo me stessa per qualcuno che non mi voleva.
Un odio mi salii al cuore e iniziai a lanciare qualunque oggetto mi capitasse fra le mani.
“Sono stanca” urlai esasperata accucciandomi a terra.
Io non volevo tornare, io non volevo star male di nuovo più di quanto già non stessi, io non volevo rivederlo, non volevo rincontrare i suoi occhi, non volevo dover iniziare tutto daccapo. Ma per quanto avrei voluto non vederlo per il resto della mia inutile vita, quella parte di me bisognosa di lui stava prendendo il controllo dei miei pensieri: non potevo lasciarlo da solo, non dopo ciò che mi aveva detto Harry. Non potevo lasciar che cadesse in un buco nero senza aver almeno provato a fermarlo.
A costo di distruggermi ulteriormente.
A costo di perdere me stessa per lui come avevo già fatto.
A costo di veder sanguinare la mia anima e il mio cuore.
Io l’avrei salvato.
 
 
“Quindi sei sicura?” mi chiese Harry mentre eravamo già in viaggio verso Londra.
“Beh non mi hai lasciato altra scelta, anche se non lo fossi cosa cambierebbe?” chiesi io facendo spallucce.
“Lo sai che non vorrei mai vederti soffrire Allie, ma dobbiamo aiutarlo, è mio amico non posso far finta di niente” disse lui guardandomi dritto negli occhi.
“Mi spieghi cosa gli è successo?” chiesi io appoggiando la testa contro il sedile.
“Ha iniziato a bere e ogni volta torna a casa ubriaco e la maggior parte delle volte diventa violento e se la prende con noi. E tutto questo è successo quando hai deciso di andartene e anche se non ci crederai, secondo me lui teneva a te più di quanto pensasse e sappiamo tutti, compresa te, che non lo ammetterà mai.” rispose il riccio sospirando.
“Tutte cazzate Harry. Cercherò di fare qualcosa, ma alla prima che combina me ne vado” dissi io cercando di credere veramente a ciò che avevo appena detto.
Me ne sarei andata davvero? O sarei rimasta lì? La risposta la sapevo, ma dalla mia bocca non sarebbe mai uscita. Non mi sarei fatta vedere debole di nuovo, sarei potuta crollare, ma non avrei dato modo a nessuno di vedere quanto ferita fossi. Non questa volta.
“Qualunque cosa succeda sappi solo che ci siamo noi con te, io sarò sempre con te” disse lui poggiandomi una mano sulla spalla.
A quel contatto mi scansai e lo guardai dritto negli occhi.
“Non sono più una bambina, non ho più bisogno di nessuno e non ho bisogno del vostro appoggio. Farò ciò che potrò, poi sarà un vostro problema” dissi secca io.
Il riccio mi guardò sorpreso dalla mia reazione e dalle mie parole e sorrise leggermente.
“Sei cambiata” rispose lui.
“Si cambia per sopravvivere”.
A quella frase mi guardò ancora per qualche secondo come se volesse scavare all’interno di me per trovare la Allie che lui conosceva, per cercare un qualcosa che gli avrebbe dato la conferma che in realtà io ero sempre lì e quando si rese conto che non c’era più niente della vecchia me, distolse lo sguardo quasi deluso.
Ma la Allie degli anni precedenti c’era ancora, era lì rinchiusa da qualche parte. Ma non sarebbe uscita, non adesso, non dopo ciò che avrei dovuto affrontare.
 
 
“Sei stanca?” mi chiese Harry una volta atterrati in aeroporto.
“No, non molto” risposi io cercando di risultare tranquilla, ma il punto era che non ci riuscivo: stavo andando nel panico.
“Sei sicura? Ti vedo strana” disse lui tirandomi delicatamente il braccio per guardarmi meglio.
La verità era che stavo per avere un attacco di panico: non ero pronta ne psicologicamente e tanto meno emotivamente ad incontrarlo di nuovo.
“S-si” continuai io sorridendogli debolmente non molto decisa.
“Allie stai tranquilla,ok? E anche se tu non vuoi sentirlo dire, con te ci siamo noi” disse lui avvicinandosi a me abbracciandomi.
A quel contatto all’inizio rimasi fredda, poi capii che infondo quello non era solo un abbraccio dato tanto per; quell’abbraccio significava che lui c’era, che lui aveva capito benissimo come mi sentissi, che non mi avrebbe lasciato sola, che mi comprendeva, che mi voleva bene e che ci sarebbe stato sempre. A quel punto senza pensarci troppo sprofondai nel suo petto e ricambiai l’abbraccio.
“ Grazie” dissi io stringendolo maggiormente.
Dopo qualche minuto ci staccammo entrambi e iniziammo ad incamminarci verso l’uscita dove avremmo preso un taxi che ci avrebbe portato direttamente a casa. Da lui.
Per tutto il viaggio nessuno dei due proferii parola e quando iniziai ad intravedere le mura gialline della villa che condividevano il mio cuore persi dei battiti.
E quando poi vidi la sua macchina parcheggiata accanto a quella degli altri sentii una stretta allo stomaco: lui c’era, era in casa.
Harry pagò il taxi e scendemmo entrambi.
“Sei pronta?” mi chiese lui dandomi una mano a prendere le valigie.
“Certo” fu l’unica parola che uscii dalle mia bocca. Ero troppo intenta a cercare di soffocare le mille sensazioni che stavano attanagliando il mio stomaco e le mille fitte al cuore per iniziare a parlare proprio ora, davanti a quella casa, con lui dentro.
Ci avvicinammo alla porta principale ed Harry tirò fuori il mazzo di chiavi per poi aprire, facendo entrare prima me.
Richiuse la porta alle sue spalle e sospirò stanco.
“Se vuoi puoi andarti a fare una doccia Allie, tanto lo sai che è come se fossi a casa tua qui” disse lui sdraiandosi sul divano.
Io annuii silenziosamente e feci per salire le scale con le mie valigie, finché il riccio non mi richiamò.
“Allie! Ti voglio bene” a quella frase sorrisi istintivamente e gli mimai un ‘anche io’ con le labbra per poi salire su e dirigermi nella camera degli ospiti, che diveniva mia ogni volta che mi fermavo a dormire da loro per qualche giorno.
Aprii la porta e un dolce odore di vaniglia mi invase le narici. Entrai e spalancai la finestra facendo passare un po’ di luce. Sistemai le valigie e mi sedetti sul letto sospirando.
Non sapevo come comportarmi, non sapevo cosa fare.
Forse andarmene da Parigi era stato un errore, forse avrei dovuto continuare a seguire le sedute dello psicologo, forse avrei dovuto dare retta a mia nonna. O forse no. Magari le cose sarebbero cambiate, magari lui sarebbe cambiato, magari saremmo cambiati insieme.
O magari saremo rimasti gli stessi: io avrei continuato a soffrire e lui sarebbe rimasto... lui.
Sbuffai spazientita da tutti quei ‘forse’ che occupavano la mia mente e mi alzai uscendo dal piccolo balcone della camera che si affacciava sul giardino.
E fu allora che, voltandomi alla mia sinistra, vidi chi avevo tanto amato e odiato.
Sentii il pavimento sotto i piedi mancare e ebbi come la sensazione di cadere nel vuoto: c’eravamo solo io con le mie paure e lui con il suo orgoglio, io con i miei timori e lui con la sua presunzione, io con il bisogno di essere amata e lui con il suo bisogno di essere indispensabile per qualcuno, io con la necessità di non essere più ferita e lui consapevole del fatto che l’avrebbe rifatto.
Lo vidi alzare gli occhi da terra e sentendosi osservato, posarli su l’unica persona che in quel momento lo stava trapassando da parte a parte: me.
I nostri sguardi si incollarono come se fossero stati creati apposta per quello, come se in quel momento si fossero ritrovati, dopo essersi cercati a lungo.
Ci stavamo abbracciando con lo sguardo senza nemmeno rendercene conto.
Ci stavamo scusando attraverso occhi che sembravano non volersi più staccare.
Ci stavamo urlando quanto bisogno avessimo entrambi l’uno dell’altro.
Quanto avremmo voluto che le cose fossero diverse.
Quanto avremmo voluto che entrambi fossimo ciò che non eravamo.
Mi era mancato? Si dannazione.
Lo amavo ancora? Come non mai.
Necessitavo di lui? Più di ogni altra cosa al mondo.
Avevo paura? Si.
E successe tutto all’improvviso, lui scostò il suo sguardo da me  e corse dentro furioso.
A quella scena sentii il respiro divenire irregolare  e quando sentii Harry alzare la voce dal piano di sotto, capii cosa stava per accadere.
Avrei dovuto essere abbastanza forte.
Avrei dovuto essere abbastanza coraggiosa.
Avrei dovuto essere chi lui non avrebbe mai pensato divenissi.
Freddacome il ghiaccio.
Indifferente tanto da cercar di nascondere il dolore.
E l’unico modo per essere tutto ciò era diventare come lui.
La porta si spalancò di colpo e uno Zayn completamente sopraffatto dalla rabbia entrò nella stanza fino a raggiungermi.
“Perché cazzo sei tornata?” mi chiese lui con un tono cosi cattivo che mi lasciò senza parole. Non era questa la persona che mi sarei aspettata di trovarmi davanti. Lui era tutto, ma non cattivo.
“Rispondi dannazione” urlò lui stringendomi i polsi in una presa forte e fottutamente dolorosa.
Mi stupii quando mi resi conto che l’unica parte del corpo che mi stava facendo male non erano i polsi o le braccia, ma qualcos’altro, quella parte che tanto lui amava ferire: il mio cuore.
“Lasciami.” dissi io cercando di mantenere la calma.
“Prima te ne vai, sparisci per fottuti mesi e ora ti ripresenti qui? Con quale coraggio?” vidi i suoi occhi, se dapprima rabbiosi, ora coperti da un leggero velo di tristezza. Mi soffermai sul suo viso e non potei non notare le occhiaie e le guance scavate.
Si stava distruggendo.
“Non sono affari che ti riguardano. Niente è più tuo affare, mettitelo in testa” a quella frase lo vidi sussultare e piano piano mi lasciò i polsi.
“Domani tornatene a casa di tua madre, io qui non ti ci voglio vedere” disse lui rimettendo di nuovo quella maschera di indifferenza che ormai conoscevo bene.
“Va benissimo, meno ti vedo e meglio mi sento.” quella frase, pronunciata da me con il suo stesso tono e con la sua stessa freddezza, mi fece accapponare la pelle. Non capivo nemmeno da dove avessi trovato il coraggio per dire una cosa del genere, ma ci ero riuscita.
Mi guardò per un’ultima volta prima di uscire e di sbattere la porta.
A quel punto mi accasciai a terra e per quanto avessi voluto davvero piangere e dimostrare nuovamente a me stessa quanto fossi debole, non lo feci.
Non ero sicura su come mi sarei dovuta comportare, ma di una cosa ne ero certa: avrei vinto io
.















Rieccomi qui con il secondo capitolo :)
Ho visto che alcune l'hanno aggiunta fra le seguite/preferite e vi ringrazio mille!
Fortunatamente questo capitolo l'avevo già scritto qualche giorno fa, mentre per il terzo dovrete aspettare.
Vi dirò: mi piace molto più questo che il primo in realtà. I don't know. afhfjkhajkfhajkf Spero solo di riuscire a fare un buon lavoro.
Che ne pensate dello Allayn? (?) 
A me piacciono molto e amo scrivere su di loro, specialmente ciò che sente Allie! La poverina ha una confusione in testa che a volte faccio fatica anche io lol
Detto questo vi ricordo sempre che mi piacerebbe ricevere qualche recensione che sia negativa o positiva.. e se avessi sbagliato qualche verbo mi scuso subito.
Grazie di nuovo! Ricordatevi che è il continuo della os Don't leave me now,don't say goodbye quindi leggete prima quella. :3
Alla prossima. Xx



 

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Capitolo 3
*** Everybody need somebody. ***





Era  veleno ed antidoto

 
 



“Quindi come vanno le cose li?” mi chiese mia nonna dall’altra parte della cornetta.
Erano passati due giorni dal mio arrivo nella casa dei ragazzi  e dalla discussione con Zayn;
Lo stesso giorno infatti avevo ripreso le valigie e ero tornata di corsa a casa di mia madre, visto che l’ultima cosa che volevo fare era rivederlo.
“B-bene” risposi io buttandomi di peso sul letto e stropicciandomi gli occhi.
“Devo crederti? Sai che puoi dirmi qualunque cosa” riprese lei dolcemente.
“Sono tornata, ma non capisco il perché. Harry mi ha chiesto di aiutare Zayn, ma perché proprio IO? Non so come comportarmi nonna, non so se essere indifferente quanto lui o se essere me stessa. I-io.. non ce la faccio più. Vorrei  dimenticare tutto” risposi io sospirando.
“Dimenticare non servirà a niente tesoro. Sei tornata perché in fondo era questo ciò che sentivi di fare, l’avresti fatto anche se non ti avesse cercato il tuo amico e ora che sei li non tirarti indietro, puoi farcela. Ma cambiare te stessa, o cercare di farlo, non aggiusterà le cose, le farà solo peggiorare. E chi ne pagherà le conseguenze sarai tu” a sentire l’ultima frase un brivido mi trapassò la schiena.
“E se non riuscissi a farne a meno? Se cambiassi senza rendermene conto nonna..” dissi io lasciando la frase in sospeso.
“Cerchi di cambiare per proteggerti, ma le corazze prima o poi si sgretolano e quando questo accade è li che son danni Allie e quei danni non si riparano” rispose lei seria.
“Ti dispiace se ci sentiamo un altro giorno? Non me la sento più di parlarne” ripresi io.
Lei sembrò capire il mio stato d’animo perché non mi fece altre domande e mi salutò.
“A presto Allie” attaccai il telefono e lo lanciai contro la parete.
Perché doveva essere tutto cosi complicato?
Se solo mi fossi innamorata di qualcun altro, se solo avessi capito in tempo che stargli vicino sarebbe stato un suicidio non l’avrei fatto, ma a volte i sentimenti superano di gran lunga la ragione.
Alla fine la colpa di tutto non ero mica sua, ma mia; mia perché bastava che si parlasse di lui per farmi andare in palla, mia perché per quanto avrei dovuto evitarlo mi mancava, mia perché lui era lui e non l’avrei mai lasciato solo. C’era qualcosa che mi spingeva a stargli vicino, un qualcosa che non riuscivo a spiegare. C’era un filo tra di noi che ci faceva ricongiungere sempre, come se fossimo nati l’uno per l’altra, come se fossimo destinati a stare insieme, e per quanto continuavo a ripetermi che fosse da stupidi pensarlo, non ne potevo fare a meno.
Il flusso dei miei pensieri venne interrotto di nuovo dal cellulare che squillava, ormai a terra. Mi alzai dal letto velocemente andandolo a raccogliere e quando lessi ‘Zayn’ sbiancai; sentii il respiro accelerare e i battiti del cuore aumentare e immancabilmente gli occhi mi divennero lucidi. Non ero sicura di rispondere, come non ero sicura nemmeno di non farlo, ma quella vocina che tanto odiavo mi stava urlando di premere la cornetta verde e di sentire cosa avesse da dirmi. Ma avevo paura. Paura di non essere in grado di gestire quel turbinio di emozioni che mi avrebbero travolta nel risentirlo di nuovo, paura di non riuscire a controllare la mia voce che non avrebbe dovuto in nessun modo inclinarsi, paura perché era questa ormai l’unica cosa che provavo quando c’era di mezzo lui. Avevo paura di Zayn, perché sapevo benissimo di non essere in grado di proteggermi. Sapevo quanto fossi debole e tremendamente spoglia dinnanzi a lui. In tutto questo cambiare a cosa sarebbe servito, allora? A niente, ma ero stanca di apparire come quella troppo fragile, o troppo buona: io volevo essere cosi tanto forte da non permettere a nessuno, tanto meno a lui, di giocare di nuovo con i miei sentimenti. Ma un conto era esserlo davvero, un conto era fare finta.
Senza pensarci ulteriormente premetti sulla cornetta e avvicinai il cellulare al mio orecchio.
“Allie?” la sua voce mi oltrepassò da parte a parte e dovetti appoggiare il braccio alla sedia accanto a me per non sentirmi senza nessun appoggio. Era questo ciò che odiavo di Zayn: riusciva in qualche modo, a farmi sentire priva di ogni appiglio, come se fossi sola, come se non avessi niente a cui aggrapparmi, se non lui.
“Ciao Zayn” dissi io cercando in tutti i modi di mascherare ciò che stavo provando.
“Possiamo incontrarci fra dieci minuti? Al parco vicino casa tua. Devo parlarti” quel ‘devo parlarti’ non fece altro che agitarmi ancora di più.
“Ok a fra poco” senza dargli modo di ribattere, attaccai e cercai di tranquillizzarmi.
In fondo era solo un incontro, ce l’avrei fatta. O almeno speravo.
Indossai un paio di jeans e una maglia azzurra, mi pettinai i lunghi capelli castani e corsi al piano di sotto prendendo la borsa,ma quando andai ad aprire la porta me lo ritrovai davanti.
“Non avevi detto al parco?” chiesi io confusa.
Si voltò e indicò la pioggia che piano piano stava iniziando a cadere.
“Ok, entra allora” lo lasciai passare e si sedette sul divano.
Tolsi la borsa dalla spalla e gli feci segno con la testa di iniziare a parlare.
Sembravo cosi sicura delle mie azioni che per un momento ebbi come paura che presto non lo sarei stata più e che davanti a lui sarei tornata la stessa di qualche mese prima, ma scacciai quel pensiero dalla mia testa, che per ora non mi avrebbe di certo aiutato, e incrociai le braccia al petto in attesa.
“E’ stato Harry a dirti di tornare, vero?” chiese lui incatenando le sui iridi nocciola scuro nelle mie.
“No” risposi io decisa.
“Non raccontarmi cazzate Allie, sai che con me non funziona” disse lui serrando la mascella.
“Ho detto no Zayn” insistetti io prendendo più coraggio possibile.
“Mi stai prendendo per il culo” continuò lui ghignando.
“Harry non mi ha detto niente, che cosa vuoi?” chiesi io restando impassibile.
“Allie non farmi incazzare, non mi sembra il caso” rispose lui alzandosi dal divano e avvicinandosi lentamente a me.
“Forse è meglio che te ne vada” dissi io facendo qualche passo indietro.
Quella situazione stava iniziando a spaventarmi davvero, soprattutto perché Zayn non sembrava calmo, anzi tutt’altro. E come se non bastasse, a peggiorare tutto era il fatto che sentivo le lacrime sempre più vicine e l’ultima cosa che volevo era avere una crisi di pianto proprio lì, davanti a lui.
“Tanto l’hai fatto già tu qualche mese fa, sbaglio?” a quella frase sentii la rabbia salirmi e andai diritta verso lui spingendolo.
“Che cosa stai cercando di fare? Vuoi farmi sentire in colpa? Non sarò io a sentirlo Zayn, non questa volta. Sei solo uno stronzo” dissi io stringendo i denti per cercare di mantenere quell’auto controllo che fino a poco tempo fa avevo e che ora, sembrava come essersi dissolto nel nulla.
Dal canto suo, Zayn appoggiò le sue forti mani sulle mie spalle e mi spinse contro il muro.
“Non chiamarmi più stronzo, hai capito?” disse lui alzando la voce.
“Perché altrimenti cosa mi fai? Vuoi farmi altro male? Oh beh, per questo non devi preoccuparti” risposi io di getto. Mi pentii subito di ciò che uscii dalla mia bocca perché vidi Zayn assumere un’espressione corrucciata e poi ridacchiare quasi divertito.
“Stai ancora male per me allora..e io che pensavo ti fosse passata” disse lui accarezzandomi la guancia. A quel contatto sobbalzai e lo guardai confusa.
Si avvicinò ulteriormente e fece combaciare perfettamente il mio corpo al suo.
“Ti conosco meglio di chiunque altro Allie, quindi è inutile che cerchi di essere ciò che non sei. Se stai cercando di essere come me –fidati che l’ho capito- lascia perdere..ti farai del male solo tu. Dimenticati di me, torna a Parigi, vivi la tua vita li e lascia stare ciò che dice Harry. Non sono quello giusto per te, non saprò mai amarti e prendermi cura di te. Lasciami andare, fallo per te. Tu meriti di più, meriti la felicità che io non saprò mai darti. E sai che è cosi quindi per fav-“ non lo lasciai continuare che gli appoggiai un dito sulle labbra.
“Perché per una volta non lasci andare te stesso? Io non riesco a capirti, anzi non sono mai riuscita a farlo. I tuoi atteggiamenti dicono una cosa, le tue parole un’altra..sei sempre stato cosi Zayn e per me è cosi difficile provare solo a capire” scosse la testa e strinse con dolcezza le mia dita con le sue “Non provare a capirmi, prova solo a pensare a te per una volta” il mio cuore iniziò a battere all’impazzata e i miei occhi si inumidirono immediatamente. Lui se ne accorse perché avvicinò il suo viso al mio e fece scontrare i nostri nasi con delicatezza.
“Perché piangi ancora per me Allie?” mi chiese lui incastrando i miei occhi cioccolato nei suoi.
A quella domanda, nonostante quel contatto cosi intimo, ripensai a tutto ciò che avevo passato per colpa sua e alla promessa che mi ero fatta sul non doverci ricadere, e senza pensarci ulteriormente lo spinsi via e lui mi rivolse uno sguardo stranito.
“Come se ti interessasse” dissi alzando la voce.
Vidi il viso di Zayn inclinarsi in un espressione infastidita e avvicinarsi di nuovo a me.
“Perché non te ne torni a Parigi? Faresti un favore a tutti, specialmente a me” nell’udire quella frase sentii il cuore spezzarsi, e il famoso muro che avevo cercato di costruire nel lasso di tempo in cui ero stata lontana da lui crollare, ma forse, il momento giusto di tirare fuori quella parte di me abbastanza forte era arrivato. E non mi sarei tirata indietro, non ora.
“Vuoi sapere perché sono tornata?” gli chiesi io sprezzante continuando subito “Perché Harry mi ha chiesto di aiutarlo, visto che sei diventato un peso anche per i tuoi di amici. Ha detto che bevi e che te la prendi con loro, ecco perché sono tornata. Pensavi davvero che fossi tornata perché ti amassi ancora? O perché dipendessi da te come hai sempre pensato? No Zayn! Non questa volta. Mi fai pena, sono qui perché mi fai pena. Mi fanno pena i tuoi comportamenti, il tuo modo di parlare con me, mi fa pena il modo in cui cerchi di nasconderti dietro quella finta indifferenza, mi fa pena come sei Zayn, mi fa pena il fatto che pensi che il mondo intero ruoti intorno a te quando in realtà a nessuno importa. E c’è stato davvero un tempo in cui avrei dato tutto per te, ma le cose cambiano. Io sono cambiata Zayn, quindi se pensi di ferirmi di nuovo o di provare a farmi star male ricambierò con la stessa moneta. Ti odio Zayn, ti odio cosi tanto che non lo immagini nemmeno. Sei stata la mia rovina dannazione. E sai cosa? Vuoi ubriacarti? Vuoi distruggerti la vita? Bene,fallo pure! Ma senza di me, non questa volta” E cosi dalla mia bocca presero vita parole che non pensavo potessi mai dire, non a lui. Fuoriuscii un uragano che non ero in grado di arrestare, un uragano che aveva come scopo ferirlo: ferirlo, perché era stato lui il primo a farlo con me. Era una sorta di rivincita dopo tutto ciò che avevo passato e che continuavo a passare, e in quel preciso istante capii che in realtà la colpa di tutto non era mia come avevo sempre pensato, ma sua: non ero io quella sbagliata, era lui. Volevo vederlo distrutto quanto lo fossi io. Volevo fargli sentire ciò che si provava ad essere trattati come lui aveva sempre trattato me. Doveva sentirsi ferito.
“Quella è la porta Zayn ed esci dalla mia fottuta vita per sempre”  senza proferire parola si avvicinò all’uscita e mi guardò negli occhi “Se è questo ciò che vuoi lo farò” io annuii e per una volta, dopo cosi tanto, sentii i ruoli invertirsi.
E stavolta il leone ero io.
Quando oltrepassò la soglia chiusi violentemente la porta, ma non feci in tempo a voltarmi che lo sentii di nuovo bussare con forza.
“Apri Allie” nell’udire quella voce divenuta rabbiosa improvvisamente, le gambe presero a tremare e gli occhi a farsi gonfi di lacrime. Avrebbe dovuto solo andarsene e non tornare mai più, ma a quanto pare non era ancora soddisfatto: voleva vedermi crollare davanti ai suoi occhi.
Egoista.
Con la mano tremante aprii di nuovo e senza alcun motivo, diede un pugno sulla porta facendola aprire completamente. A quella scena sobbalzai impaurita e lo guardai spaesata.
“Quindi ti faccio pena? E’ davvero questo ciò che pensi?” a quelle due domande capii che in realtà, avevo centrato il bersaglio: ero riuscita a ferirlo.
“L’unica che mi fa pena sei tu Allie, torni qui sperando di fare la paladina della giustizia, fai la vittima facendo credere a tutti di star male per me..e sai perché lo fai? Perché se non ti comportassi cosi probabilmente resteresti da sola! E scommetto che durante quei fottuti sei mesi tu a Parigi sia stata benissimo, quanti te ne sei portati a letto eh?” e senza rendermene conto la mia mano colpii la sua guancia con tutta la forza possibile, con tutta la delusione e il dolore che in quel momento provavo. Io che per sei mesi non avevo fatto altro che pensarlo, immaginarlo e volerlo accanto a me; io che per sei mesi non avevo fatto altro che chiedermi cosa stesse facendo e come gli stessero andando le cose; io che per sei mesi non avevo smesso nemmeno per un momento di amarlo; io che per sei fottutissimi mesi avrei voluto perdermi solo fra le sue braccia... E ora mi trovavo li, forse più ferita di prima, forse più sanguinante di quanto già non fossi, con un lui che non riconoscevo più, con un lui che probabilmente non avevo mai conosciuto davvero.
“Vattene da casa mia ORA” dissi fredda e decisa.
Lui si voltò verso di me e si massaggiò la guancia dolorante.
“Non farlo mai più” sussurrò lui fulminandomi con lo sguardo.
“E tu non rivolgerti più a me in quel modo, ora vattene” dissi io rimanendo impassibile. Lo vidi indietreggiare e voltandosi sbatté la porta andandosene.
Mi accasciai a terra e allungai le gambe sul pavimento freddo dell’ingresso che mi parve cosi vuoto e privo di vita. E scoppiai: lacrime su lacrime, dolore su dolore... frantumata, ecco come mi sentivo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





Hola! :)
Mi credete se vi dico che questo capitolo è stato un parto? Spero solo di essere riuscita nel mio intento: trasmettervi ciò che ha sentito Allie. Spero davvero di avervi almeno trasmesso qualcosa,perché ci ho messo tanto sia a scriverlo che a renderlo passabile.
Se cosi non fosse mi spiace davvero,ne farò uno migliore! çç
Parlando del capitolo, adoro Allie e il suo (se cosi vogliamo chiamarlo) “nuovo” carattere: per non farsi ferire, ferirebbe lei stessa Zayn ma a quanto pare il moro riesce sempre a buttarla giù in un modo o nell’altro. Amo il modo in cui entrambi si “distruggono” a vicenda, amo il modo in cui entrambi cercano di ferirsi... quando in realtà basterebbe solo che Zayn cercasse di essere chiaro e di esprimere ciò che prova, ma a volte viene più facile ferire, anzi a volte viene automatico.
Ditemi ciò che pensate, è davvero importantissimo ragazze! Grazie a tutte.
Alla prossima! :3

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Capitolo 4
*** Holding my breath. ***


 



Era veleno ed antidoto



Come on, come on
Don’t leave me like this
I thought I had you figured out
Can’t breathe whenever you’re gone
Can’t turn back now
I’m haunted

-Taylor Swift 'Haunted'.







I giorni passavano ed io ero sempre li, su quel dannato letto che ormai aveva preso le mie stesse forme. I giorni passavano ed io ero sempre la stessa, la stessa di sempre, la stessa da una vita. Non riuscivo a capire cosa c’era che non andava in me, ma ero sicura che qualcosa di sbagliato ce lo avessi e come. E probabilmente quel ‘qualcosa di sbagliato’ aveva un nome ed un cognome. Passavano i minuti, le ore e le giornate ma lui in qualche modo non passava mai. Era una di quelle presenze assenti che divoravano l’anima e contorcevano il cuore. Ed io ero abbastanza masochista da cercare in tutti i modi di immaginarlo a fianco a me. Non avevo mai creduto nell’amore vero, per lo meno non dopo la separazione dei miei, ma quella parte di me che ormai non faceva altro che farmi confondere, cercava in tutti i modi di non farmi perdere le speranze. Speranze che, dopo tutto ciò che stavo passando, svanivano giorno per giorno. Dicevano che il tempo curasse tutte le ferite, e se quel famoso tempo per me non sarebbe bastato? Se invece del tempo io avessi avuto bisogno di qualcuno, di una presenza solida e vera, che mettesse cerotti su ferite che io stessa faticavo a richiudere? Se avessi necessitato di qualcuno, invece che di tempo? Il tempo era passato, e passava, ma io ero sempre lì: stessi pensieri, stesse guerre interiori e stesso cuore spezzato.
Un cuore calpestato che in qualche modo preferiva restare cosi: era meglio averlo distrutto, ma dalla sua presenza viva, che sano e ricomposto senza lui.
Mi alzai con fatica dal mio letto e mi stropicciai gli occhi con fare stanco, andai in bagno e mi lavai il viso per poi scrutarlo attentamente: da quando trattavo me stessa in questo modo? Perché in fondo quelle occhiaie cosi scure, quella pelle pallida, quei capelli cosi trascurati e quelle labbra cosi disidratate, non erano altro che la descrizione netta e precisa di come mi sentivo dentro. Una descrizione dolorosa, viva e terribilmente reale.
Quando sentii la voce di mia madre pronunciare il mio nome da dietro la porta sobbalzai. “Allie sono giorni che non tocchi cibo, non fai altro che passare le giornate chiusa dentro la tua camera e sono preoccupata. Ti prego parla con me, sono tua madre posso capire ma dammi la possibilità di farlo… Ho parlato con tua nonna” quando la sentii dire ‘nonna’ spalancai gli occhi e riprese “mi ha raccontato di Zayn e di come stai tu. Ed io non ne sapevo niente Allie, io pensavo che te ne fossi andata perché volevi stare con tuo padre, non perché volessi allontanarti da lui. Tesoro io non ti riconosco più, ti voglio bene, ti prego parla con me” senza farmelo ripetere due volte uscii dal bagno e mi avvicinai velocemente alla porta per aprirle, ma mi bloccai quando la sentii dire “rivoglio indietro mia figlia” seguito poi da due singhiozzi. Le mie mani si chiusero a pugno e gli occhi si riempirono di lacrime che fuoriuscirono scagliandosi contro le mie guance per incrociarsi sul mento spigoloso e un urlo soffocato prese vita dalle mie labbra rosee e screpolate. “Allie amore ti prego apri” urlò lei battendo contro la porta. Ma invece di aprirle e di tuffarmi fra le sue braccia, mi accasciai a terra e strinsi con forza il tessuto morbido del tappeto azzurro che ricopriva gran parte della mia camera, e i singhiozzi divennero sempre più forti, sempre più violenti, sempre più soffocanti, sempre più distruttivi. Improvvisamente non sentii più niente, ne le urla disperate di mia madre, ne le spinte contro la porta, no. L’unica cosa che riuscivo a sentire era il mio pianto, le mie urla, il mio corpo stanco e il mio respiro sempre più affaticato e poi vuoto. Quel vuoto che mi inghiottiva sempre, quel vuoto che sentivo da tempo ormai.
E poi una voce, la voce di qualcuno che mi richiamava: c’era qualcuno con mia madre, lo sentivo dalle voci che si mescolavano. Non era più sola.
C’era Harry.
“Allie giuro che sfondo la porta, ti prego aprici” urlò lui con tutta la forza possibile. E fu proprio quell’urlo a risvegliarmi. Fu quell’urlo a farmi rendere conto di quanto fossi caduta in basso e di quanto stessi sbagliando tutto. Improvvisamente la parte coraggiosa di me che cercavo sempre di far uscire, prese il sopravvento.
“Dannazione Allie apri questa fottuta porta” meno lacrime.
“Che cazzo stai facendo Allie?” meno singhiozzi.
Cosi, come fa un soldato dopo essere stato ferito, mi alzai barcollando e mi aggrappai alla maniglia della porta e quando vidi il viso di mia madre ricoperto di lacrime mi lanciai fra le sue braccia e lei mi strinse a sé.
“Mi hai fatto spaventare tesoro, non farlo mai più” disse lei cercando di calmarsi.
 “Sc-scusami” sussurrai io ancora sconvolta, cosi si staccò da me e prese ad asciugarmi gli occhi. “Vado a prepararti un the, ti lascio con Harry ok?” mi chiese lei baciandomi la fronte e scomparendo con passo veloce verso le scale.
Cosi, abbassai lo sguardo per evitare di incontrare quello del riccio con il timore di leggerci chiaramente quanto gli facessi pena, ma quando due braccia forti e robuste mi circondarono la vita e mi strinsero, capii che in realtà in quel momento non avrei dovuto avere paura del giudizio di Harry, non avrei dovuto avere paura di lui perché non era un pericolo o una minaccia da cui avrei dovuto proteggermi: Harry era mio amico e non mi avrebbe fatto del male, non in quel momento e probabilmente mai.
“Ero passato per venirti a trovare, ma quando ho sentito urlare tua madre mi è preso un colpo Allie. Accidenti a te, dio mi hai fatto cagare in mano” mormorò lui prima di riprendere “Ti voglio tanto bene” mormorò lui e cosi senza farmelo ripetere affondai la mia testa nel suo petto tonico e senza volerlo presi a respirare il suo profumo, come se quell’odore potesse farmi da antibiotico.
Mi aggrappai ad Harry, mi ancorai alle sue braccia cercando la protezione e la comprensione che avevo sempre desiderato e che non era mai arrivata da nessuno, tanto meno dall’unica persona che avrei voluto abbracciare in quel momento, ma che non c’era e che probabilmente non ci sarebbe più stata.
 “Non puoi tenerti tutto dentro altrimenti esplodi, devi imparare a parlare. Per qualunque cosa ci sono io” nel sentire quelle parole sospirai e un’ondata di piacere misto a contentezza si fece largo dentro me.
“Grazie Harry, senza di te non saprei cosa fare”.
 
 
Fortunatamente quella mattina passò presto e nel pomeriggio decisi di concentrarmi su me stessa e su ciò che mi avrebbe fatto bene in quel momento, ovvero una cioccolata calda. Cosi mi piazzai davanti allo specchio tirando fuori tutti i trucchi che avessi e iniziai a passare il fondo tinta prima sulle occhiaie e poi su tutto il viso, cercando di sistemarmi nel modo migliore possibile visto che ne sentivo la necessità.
Ero stanca di piangere e di disperarmi, dovevo metterci un punto una volta per tutte e dimenticare. Anche se non volevo, dovevo dimenticare, dovevo farlo per me.
Mi preparai velocemente e scesi le scale per poi andare a salutare mia madre che trafficava in cucina.
“Mamma io esco” dissi io aprendo la porta di casa e prendendo la borsa.
Lei si voltò verso me con un sorriso enorme e annuii entusiasta.
Appena uscii il freddo pungente caratteristico di Londra, mi colpì in pieno facendomi cosi rabbrividire e riparare ulteriormente nella mia calda e morbida felpa nera.
Da quanto era che non mettevo piede fuori casa? Forse da troppo, poiché qualunque persona o qualunque negozio, riusciva a catturare la mia attenzione in un modo quasi assurdo:  sembravo una bambina che aveva appena ricevuto la sua prima barbie. Non riuscivo a stare ferma, guardavo ogni cosa come se avessi paura che potesse scomparire da un momento all’altro lasciandomi sola.
Quando vidi uno Starbucks aperto mi intrufolai dentro aspettando il mio turno e ordinai una cioccolata calda che arrivò subito dopo. Mi sedetti e iniziai a sorseggiarla lentamente, alternando ogni tanto dei soffi delicati con l’intento di raffreddarla almeno un po’.
Mi voltai verso la grande vetrata di fianco a me osservando la gente che camminava tranquilla e una figura che conoscevo bene catturò la mia attenzione. Persi qualche battito e quando misi a fuoco bene lo riconobbi: Zayn.
Volevo davvero con tutta me stessa distogliere lo sguardo e fare finta di niente, ma non ci riuscii. L’unica cosa che feci fu seguire la sua direzione con gli occhi e senza pensarci più di tanto, presi la cioccolata e la buttai nel secchio per poi correre fuori seguendolo da lontano e cercando di non farmi vedere.  Dalla sua andatura e dal modo in cui teneva la sigaretta fra le dita, capii subito che era nervoso e probabilmente incazzato perché camminava in modo veloce e ogni tanto, senza rendersene conto, spintonava i passanti senza nemmeno scusarsi.
Continuai a rincorrerlo per altri cinque minuti, poi quando lo vidi girare in un vicolo, rallentai il passo e cercando di essere più silenziosa possibile ripresi a seguirlo. Mi guardai intorno e mi accorsi di essere in uno dei quartieri meno frequentati e soprattutto, meno consigliati di Londra. Ovviamente solo una come me poteva cacciarsi in un guaio simile. Quando lo vidi fermarsi e appoggiarsi ad un muretto, mi nascosi dietro una macchina spiandolo da lontano, subito dopo notai due tipi grossi e inquietanti avvicinarsi a lui e dargli una pacca sulla spalla. Lui non si mosse, non fece un fiato, anzi li ignorò come se non esistessero, come se li ci fosse solo lui e nessun altro. Uno dei due uomini si avvicinò minacciosamente e lo schiaffeggiò ridacchiando e a quel punto vidi Zayn perdere la pazienza: si alzò dal muretto e lo spinse via sussurrandogli qualcosa che purtroppo non riuscii a capire. L’altro uomo prese Zayn dal colletto della felpa e lo buttò letteralmente a terra e a quella scena sussultai. Non volevo che qualcuno gli facesse del male, nessuno doveva toccarlo o provare solo a sfiorarlo, anche perché il solo pensiero di vederlo gonfio di lividi e sangue non faceva altro che agitarmi di più.
“Ti diamo altri tre giorni. Vogliamo quei cazzo di soldi altrimenti ti facciamo fuori” quell’urlo cosi cattivo mi trapassò il timpano e dovetti coprirmi la bocca con le mani per evitare di urlare e di rovinare tutto.
Quando poi li vidi andare via e allontanarsi da li e da lui, sospirai sollevata e alzai la testa cercando di capire dove fosse andato visto che era magicamente scomparso.
“Che diavoli ci fai qui Allie?” mi voltai di scatto nel sentire la sua voce dietro le mie spalle e me lo ritrovai davanti con uno sguardo confuso e con un’espressione tesa.
“Z-zayn” balbettai io “ero venuta a fare un giro” ripresi facendo spallucce.
“Mi racconti sempre cazzate” disse lui sbuffando innervosito “ti avverto: se ti azzardi a dire a qualcuno ciò che hai visto io ti-“ non lo lasciai continuare che presi parola “tu cosa Zayn? Mi ucciderai? E poi chi diavolo sono quei due e perché tu sei qui?” dissi io appoggiandomi allo sportello dell’auto e passandomi una mano sulla testa che sentivo scoppiare.
“Da quando devo darti tutte queste spiegazioni?” chiese lui con un tono poco attento, anzi quasi distratto da qualcos’altro, cosi alzai il mio sguardo e incontrai il suo che mi scrutava per cercare di capire se stessi bene.
“Che cos’hai?” mormorò lui prima di avvicinarsi a me.
A quella domanda sentii i battiti del mio cuore accelerare e la bocca farsi secca.
Quindi si, probabilmente avrei dovuto dimenticarlo, avrei dovuto cercare di togliermelo dalla testa, avrei dovuto cancellarlo dalla mia vita per sempre ma se me lo ritrovavo davanti l’unica cosa che riuscivo a pensare era a quanto volessi le sue braccia attorno al mio corpo.
Avrei potuto sentirmi al sicuro con chiunque, ma nessuno sarebbe mai stato lui.
“Ho un po’ di mal di testa, ora passerà” risposi io senza curarmene troppo, ma quando lo vidi avvicinarsi ancora e allungare un braccio verso le mie spalle e poggiare le sue labbra sulla mia fronte, sentii lo stomaco sotto sopra e un calore impossessarsi delle mie guance.
“Credo tu abbia la febbre Allie” disse lui scostandosi e sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Forse è meglio che me ne ritorno a casa” risposi io e come accadeva sempre, mi persi nei suoi occhi. Occhi che racchiudevano cosi tanto, quel tanto che avrei voluto scoprire ma che in qualche modo cercava sempre di nascondermi e di mascherare.
“Ti chiedo solo una cosa: non venire più qui. E’ pericoloso Allie e l’ultima cosa che voglio è che qualcuno ti faccia male” disse lui.
Tutta quella situazione mi sembrava terribilmente surreale, cosi come le sue stesse parole.
“E allora non venirci nemmeno tu, nemmeno io voglio che qualcuno ti faccia del male” dissi di getto e lui ne rimase sorpreso perché lo vidi ridacchiare.
“Nessuno mi torcerà mai un capello Allie, tranquilla.” rispose lui regalandomi un sorriso, se pur leggero e quasi impercettibile. Un sorriso che catturai subito e che chiusi nel mio cuore come quando si cerca di chiudere a chiave qualcosa a cui si tiene, qualcosa che abbiamo paura che qualcuno possa portarci via senza chiederci il permesso.
“In che guaio ti sei cacciato?” chiesi io cercando di essere più tranquilla possibile, cosi da evitare di iniziare a discutere.
“Niente che io non sia capace di risolvere da solo” rispose lui intrecciando le sue dita lungo la ciocca di capelli che per colpa del vento non faceva altro che svolazzare.
“Quindi tornare a casa quasi sempre ubriachi è qualcosa che puoi risolvere da solo? Cosi come dover dare dei soldi a due uomini alquanto spaventosi?” ripresi di nuovo io.
E per cercare di evitare che si arrabbiasse visto che lo conoscevo bene, allungai la mia mano fino a toccare la sua, ancora intenta a giocare con la mia ciocca di capelli, stringendogliela delicatamente.
Lo vidi sussultare a quel tocco e fissare la mia mano quasi incredulo.
“E’ la mia vita, posso fare ciò che voglio” disse lui deciso, ma fu il suo sguardo a tradirlo, perché potei notare quanto in realtà fosse spaventato e solo.
“Quando vuoi e se vuoi io ci sono, anche se non dovrei. Io ci sono sempre” sussurrai io sciogliendo la mia stretta e scansando la sua mano dai miei capelli “Ora forse è meglio che vada, ciao Zayn” dissi io prima di allontanarmi da lui e iniziando a camminare.
“Grazie Allie” e quando sentii quelle due parole non riuscii a non sorridere.
Non sarei mai riuscita ad odiarlo o ad avercela con lui, cosi come non sarei mai riuscita a lasciarlo fuori per sempre dalla mia vita.
C’era ancora posto per noi, lo sentivo.
Forse non adesso. 










Hola :)
Eccomi qui con il quarto capitolo che è più lungo degli altri tre lol
Vorrei ringraziare chi ha aggiunto la storia fra i preferiti e fra le seguite, mi fa davvero piacere.
E se volete lasciare qualche recensione sarei ancora più felice.
Spero che comunque questo capitolo vi sia piaciuto, a me personalmente si.
Adoro Allie e Zayn più di ogni altra cosa, ma devo ammettere che la scena con Harry mi è piaciuta davvero. (Y)
Parlando di Allie ormai si capisce perfettamente che soffre, sta male per Z, però appena se lo ritrova davanti non riesce più a mantenere le sue promesse di stargli lontano, specialmente se quest'ultimo non l'aggredisce e non la ferisce. Appena Zayn si lascia un po andare Allie fa cadere tutti i suoi muri. 
E beh niente, al prossimo allora! Grazie di nuovo a tutte :)

 

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Capitolo 5
*** I care about you. ***



 


Era veleno ed antidoto

 

 

Lost and insecure
You found me you found me
Lying on the floor
Surround me surround me
Why’d you have to wait
Where were you where were you
Just a little late
You found me you found me

-The Fray 'You found me'.



 

Zayn
 
 
L’incontro che avevo avuto lo stesso giorno con Allie mi aveva spiazzato e più riflettevo e più mi davo del coglione da solo: cercavo in tutti i modi di allontanarla da me per il suo bene e puntualmente lei si riavvicinava facendo precipitare tutte le mie promesse.
Continuavo a ferirla e lei non se ne rendeva conto, anzi conoscendola semplicemente non le importava.
Continuavo a farla star male e lei in qualche modo non riusciva a starmi lontano, come d’altronde non ci riuscivo nemmeno io.
Era una sorta di calamita: potevo girarci intorno, potevo allontanarmi e resistere, ma prima o poi le sarei piombato contro volendo o non volendo.
Ogni volta che ero con lei, sentivo come se dentro me avvenisse una guerra.
Testa e cuore.
 
 
“Zayn posso parlarti?” la voce cristallina di Allie attirò la mia attenzione e la guardai entrare nella mia stanza quasi imbarazzata e a disagio.
“Che vuoi?” chiesi io alzandomi dal letto e piazzandomi davanti a lei.
“Louis vorrebbe andare a ballare, ci andiamo?” a quella domanda posta con cosi tanta gentilezza e amore, sentii dentro me una piccola fiamma accendersi: nessuno si era mai rivolto a me in questo modo, nessuno cercava di prendersi cura di me come faceva lei. Ma mi ero costruito troppe maschere per poter crollare cosi facilmente e tentando in tutti i modi di spingere quella fottuta fiamma via da me, la guardai e iniziai a ridere divertito.
“Da quando dovremmo andarci insieme scusa?” risposi io guardandola dritta negli occhi.
La delusione nel suo sguardo fu quasi palpabile, ma non doveva importarmi.
Lei per me non era niente.
“Ci andrò con Harry allora” disse lei soffocando la tristezza che la stava travolgendo e che io notai senza però, riuscire a fare niente.
Quando ero mai riuscito a fare qualcosa per qualcuno? Se non ferire?
“E comunque” riprese lei dirigendosi verso l’uscita “Oggi è il mio compleanno” quando poi la vidi uscire e chiudere la porta, rimasi lì con lo sguardo fisso sul pomello: avrei dovuto aprire e chiederle scusa o semplicemente infischiarmene? Ovviamente optai per la seconda.
 
 
Fin da quando la vidi camminare affianco ad Harry verso l’entrata della scuola, sentii una parte di me che pensavo morta per sempre, riaccendersi: era cosi bella che faceva male, cosi spontanea e innocente che non sembrava nemmeno reale. Ma lo era, lei era vera.
 
 
“Chi è quella vicino ad Harry?” chiesi a Liam dandogli un buffetto sulla spalla per attirare la sua attenzione.
“Uh! E’ Allie, pensavo te l’avessero presentata i ragazzi” rispose lui sorridendo.
“Anche lei fa parte del vostro gruppetto?” chiesi di nuovo io incuriosito.
“Si ci conosciamo da quando siamo bambini, siamo cresciuti insieme” disse lui “Te la presento vieni” cosi senza farmelo ripetere due volte, seguii Liam nonostante ci fosse una parte di me che continuava ad urlarmi di starle lontano. E io il perché lo sapevo bene.
“Liam, Zayn” disse Harry accorgendosi di noi per poi sbadigliare assonnato.
E fu li che sentii quella risata.
La risata più bella e più cristallina che io avessi mai sentito.
Si voltò verso di noi e diede un bacio sulla guancia a Liam e poi posò il suo sguardo su di me.
Ghiaccio e fuoco.
Freddo e caldo.
Luna e sole.
Notte e giorno.
Zayn e Allie.
 
 
Ricordare quei momenti non faceva altro che farmi star male e far riemergere la mia parte debole e sanguinante.
 
 
“Non sai nemmeno cosa significa amare qualcuno Zayn! Non sai cosa significa perché non l’hai mai provato. Hai mai tentato di volermi bene veramente? Ci sei mai riuscito? La risposta la so io: NO. Perché a te infondo di me non te ne frega un bel niente. Ti sono stata vicino, sempre. Ti ho amato, sempre. Mi sono presa cura di te, sempre. E tu? Tu niente. Non puoi pretendere di venire qui e di fermarmi, non puoi venire qui e dirmi di non andarmene. Ti ho sempre dato tutto, tu no. Io per te non ero altro che una fottuta seconda scelta e questa cosa mi ha distrutto. Sono stata un’idiota a pensare di poterti cambiare, di poterti far diventare una persona migliore, perché parliamoci chiaro: tu sei uno stronzo e gli stronzi non cambiano. Gli stronzi rimangono stronzi. E sai che c’è? Tu resta pure stronzo quanto vuoi, ma io me ne vado.” 
 
 
Tutte quelle frasi che aveva pronunciato con cosi tanta rabbia e frustrazione prima di andarsene, vibravano ancora nella mia mente fino a farmi male.
Facevano cosi male perché non erano altro che verità.
Ma quando senti di essere solo dolore per la persona a cui tieni più di qualunque altra cosa, come dovresti comportarti? Se non fossi altro che un ammasso di ferite pronte a riaprirsi da un momento all’altro, cosa faresti? Lasceresti che quella persona ti rimanga accanto o l’allontaneresti per il suo bene?
Io tenevo ad Allie, ci tenevo davvero. Ma non ero pronto. Non ero pronto a lasciare andare la mia corazza, non ero pronto a farmi vedere realmente da lei. Non ero pronto a renderla partecipe del mio passato, perché ero convinto che l’avrebbe spaventata e a quel punto avrei dovuto dirle addio per sempre. E non ero pronto nemmeno a quello.
 
Allie
 
Come aveva sospettato Zayn, una volta tornata a casa ancora scossa dal nostro incontro, il termometro aveva segnato ben trentotto di febbre e sentivo le guance andare a fuoco e la testa pulsare terribilmente. Nonostante il mio stato disastrato, sentivo dentro me il bisogno di rivederlo di nuovo: volevo rivedere Zayn più di ogni altra cosa al mondo. Avevo un disperato bisogno di lui e una disperata paura che potesse accadergli qualcosa. L’immagine di quei due tizi che lo minacciavano e lo colpivano, si era stanziata nella mia mente e non voleva uscire. Dovevo cercare di capire al più presto in che razza di guaio si era cacciato e aiutarlo o per lo meno tentare di farlo.
Non mi importava quanto in realtà io stessi sbagliando tutto o quanto io stessi di nuovo lasciandogli modo di giocare con i miei sentimenti, io dovevo aiutarlo. Ero tornata perché lui aveva bisogno di me e l’avrei aiutato, a qualunque costo.
Mi sedetti sul divano con l’intento di addormentarmi, ma il campanello della porta mi fece sobbalzare. Mi alzai lentamente cercando di non sbandare e andai ad aprire.
“Liam!” esclamai io sorpresa prima di abbracciarlo.
“In persona! Da quando sei tornata non sei passata mai a trovarci” disse lui mettendo su un’espressione che tutto sembrava, fuorché arrabbiata.
Risi divertita, ma il forte mal di testa non mi fu molto d’aiuto perché mi appoggiai al muro dietro di me, massaggiandomi la fronte.
“Tutto bene?” chiese lui perplesso.
“Ho la febbre in realtà. Ti va di sederci? Non ce la faccio a stare in piedi” risposi io e lui senza farselo ripetere mi accompagnò fino al divano e si accomodò accanto a me.
“Hai preso qualche medicinale?” riprese lui fissandomi preoccupato.
Io annuii debolmente e incrociai le gambe poggiando la testa sulla sua spalla.
“Come vanno le cose?” chiesi io sbadigliando leggermente.
“Prima parliamo di te: come stai?” dal tono di voce e dal suo sguardo, mi resi conto che in realtà voleva davvero sapere come stessi, non gli sarebbe bastato un ‘bene,grazie’ perché non ci avrebbe creduto, come d’altronde non avrei fatto nemmeno io.
Lui sembrò notare la mia confusione nel rispondere, perché si scostò e mi guardò negli occhi.
“Come va con Zayn?” mi chiese di nuovo scrutandomi a fondo.
“Cercherò di stargli vicino” risposi io sospirando.
“Sei incredibile Allie, è davvero cosi importante per te?” riprese lui con un’espressione intenerita sul volto.
“Più di quanto pensiate” dissi io ridacchiando leggermente.
“Zayn è il mio migliore amico e tengo a lui, ma tengo anche a te e per quanto vorrei la felicità per entrambi, non puoi pensare sempre a lui e non puoi prendertene cura come se fosse una questione tua. Devi metterti in testa che anche tu sei importante e che dovresti iniziare a curare te stessa, invece che continuare a farlo con lui” disse prima di alzarsi.
“Io non riesco a pensare a me stessa se so che c’è lui”  risposi abbassando lo sguardo.
Nonostante tutto ero ancora li mettendo Zayn al primo posto come avevo sempre fatto.
Ero ancora li ad occuparmi e a preoccuparmi per lui, anche se avrei dovuto lasciar perdere. Ma no, non l’avrei mai fatto.
“Dovresti iniziare a pensarci invece, perché non puoi essere sicura che lui pensi a te” quella frase mi colpii fino in fondo e dovetti mordermi il labbro a sangue per evitare di piangere.
Liam aveva ragione.
“T-tu lo sai vero? Sei il suo migliore amico parlava più con te che con tutti gli altri.. tu sai tutto di lui” dissi io afferrando i polsini della felpa e iniziando a stringerli con agitazione “Tu sai anche a chi deve dare quei soldi, vero Liam? Cosi come sai perché non è mai riuscito ad aprirsi con me. Tu sai tutto cazzo! Dimmi che cos’ha” ripresi io alzando la voce.
Avevo bisogno di risposte, ma sapevo benissimo che non me l’avrebbe mai date. Avrei dovuto aspettare che fosse Zayn a darmele, ma  quanto avrei dovuto aspettare? E avrei dovuto davvero attenderle? La vita del moro e lui stesso non erano altro che un puzzle e non ero sicura di riuscire a far combaciare tutti i pezzi, ma avrei tentato. Per lui l’avrei fatto.
“Chiedilo a lui, io non posso risponderti” disse avvicinandosi alla porta.
“Non mi da risposte!” esclamai io sbuffando prima di alzarmi e seguirlo.
“Stasera, come tutte le sere d’altronde” disse lui sospirando “puoi trovarlo al Flower, sarà molto probabilmente ubriaco, ma tenta di parlargli lo stesso” riprese prima di darmi un bacio sulla guancia “Ciao Allie”.
Improvvisamente non sentii nemmeno più la febbre.
Sapevo cosa fare e dove andare.
Cosi, dopo aver cenato e aver avvertito mia madre che sarei uscita, mi coprii bene e mi incamminai verso il Flower. Poco mi importava se avrei potuto rischiare una polmonite con quel freddo, dovevo vederlo.
Camminai per circa dieci minuti poi quando vidi le insegne luminose del locale, presi un bel respiro facendomi coraggio ed entrai. La puzza di alcool di quel posto mi trapassò da parte a parte e dovetti tapparmi il naso schifata.
“Un locale migliore no eh” sussurrai fra me e me prima di iniziare la mia ricerca.
“Stai cercando qualcuno?” una donna sui quarant’anni si piazzò davanti a me con sguardo confuso “continui a guardarti intorno e quindi..” riprese lei regalandomi un sorriso gentile.
“Sto cercando un ragazzo: moro, pelle ambrata, abbastanza alto..” dissi io cercando di farle una descrizione più chiara possibile. La vidi pensare e poi illuminarsi improvvisamente “Intendi Zayn? E’ all’ultimo tavolo” disse lei prima di farmi un cenno di saluto e andarsene.
Ero pronta psicologicamente? No.
Avrei potuto benissimo girare i tacchi e andarmene, ma se si trattava di lui non sarei andata da nessuna parte, avrei affrontato tutto e cosi, facendomi coraggio, mi diressi verso gli ultimi tavoli e il respiro mi si mozzò: aveva la testa buttata su di esso ed era circondato da bicchierini di vodka, alcuni pieni alcuni già consumati. A quella terribile vista mi sentii malissimo e gli occhi divennero lucidi.
Era completamente perso.
Rimasi a fissarlo per minuti che sembrarono ore e poi decisi di avvicinarmi.
“Zayn?” lo chiamai io dolcemente.
Lo vidi alzare la testa di scatto e piantare le sue iridi nocciola nelle mie.
“Ciao Allie” disse lui afferrando un altro bicchierino e scolandoselo tutto.
“Ti fa male” ripresi io contrariata.
“Anche tu mi fai male, sai?” a quella frase strabuzzai gli occhi confusa “E io faccio male a te. Ci feriamo a vicenda” riprese lui allungando la mano verso il secondo bicchierino che riuscii a scansare. Lui mi guardò in cagnesco e sbuffò.
“Che palle che sei” disse lui lasciandosi andare sulla poltroncina.
“Sono solo preoccupata” risposi io facendo spallucce.
“Ho vent’anni Allie e non ho bisogno che qualcuno si preoccupi per me” mormorò lui “Tanto meno che lo faccia tu visto che mi hai lasciato” cercai in tutti i modi di scacciare la rabbia che stava salendo nel sentir pronunciare quelle parole e sospirai.
Non era lucido e discutere non sarebbe servito a niente.
“Non ti ho lasciato, non l’ho mai fatto” dissi io cercando il suo sguardo che non mi negò.
“Si che l’hai fatto, tutti mi lasciano” sussurrò lui.
“Io non sono tutti Zayn” a quella frase vidi nei suoi occhi brillare regalandomi un leggero sorriso.
“Sei troppo buona” rispose lui passandosi una mano fra i capelli completamente spettinati.
“Non sono troppo buona Zayn, sto solo cercando di starti vicino” continuai io.
“Non credo di avertelo mai detto prima d’ora ma sei bellissima” nell’udire quella frase non riuscii a trattenermi dal ridere imbarazzata e lo ringraziai.
“Io sono una brutta persona Allie” disse lui continuando “Io non merito di essere felice, come non merito di averti vicino. Sono un bastardo” scossi la testa contrariata e gli presi la mano “Non è vero, non sei una brutta persona Zayn e tu come tutti meriti di essere felice” dissi io incastrando le mie dita nelle sue. Lo vidi fissare le nostre mani e poi alzare il suo sguardo verso di me.
“Come diavolo fai a farmi sentire cosi?” mi chiese lui perplesso.
“Cosi come?” richiesi io aggrottando la fronte.
“Come se fossi al sicuro” a quell’affermazione sentii lunghi brividi passarmi nella schiena ed arrivare nella pancia fino a farmi vibrare il cuore.
“Se non fossi ubriaco marcio queste cose non le diresti mai” costatai io con un sorriso amaro sul volto.
“Probabilmente hai ragione” rispose lui facendo spallucce “perché sei qui?” chiese divenendo improvvisamente freddo.
Io deglutii cercando di essere prontissima ad un altro attacco del moro, poiché sentivo parecchio nervosismo sia dalla sua parte che dalla mia.
“Voglio sapere chi sono quei due di oggi pomeriggio” dissi diretta e decisa.
“Ancora?” disse lui sbuffando “Non sono affari che ti riguardano ed ora è meglio che te ne vada perché mi stai facendo incazzare” continuò lui attaccandosi all’ultimo bicchiere rimasto sul tavolo.
“Se non sarai tu a darmi delle risposte le troverò da sol-“ non mi lasciò terminare che lo vidi alzarsi e sbattere una mano sul tavolo furioso.
“Mi hai stancato” urlò lui e senza darmi tempo di rispondere, mi tirò per il braccio e mi portò all’uscita del locale.
“Non puoi e non devi immischiarti, hai capito?” disse stringendo ossessivamente il mio polso. Mi lasciai sfuggire un gemito di dolore che lui sembrò non notare troppo preso a prendersela con me.
“Mi stai facendo male Zayn” sussurrai io cercando il modo per liberarmi, ma lui aumentò la presa e mi mise un dito sulle labbra “Tu devi restare fuori da questa storia Allie” ripeté freddo e impassibile.
“Ti prego lasciami, mi stai facendo davvero male” dissi io prima di singhiozzare impaurita.
“Io non voglio farti del male, ma tu devi lasciarmi stare e lasciar perdere la mia vita, hai capito? Smettila di inseguirmi ovunque! Non fai altro che incasinarmi le idee” disse lui prima di lasciarmi il polso e tirare un calcio alla sedia di plastica accanto a noi.
A quell’azione indietreggiai e stavolta notò la mia paura perché lo vidi respirare profondamente cercando di calmarsi.
“Non voglio farti del male Allie, ma devi stare lontano da tutta questa storia” mormorò “Lascia gestire a me i miei problemi” disse avvicinandosi e allungando la sua mano verso il mio polso indolenzito “I-io” balbettò a disagio “Io tengo a te Allie”.
E senza darmi modo di rispondere prese e se ne andò lasciandomi impalata li.
Lui teneva a me.
Ed ecco un motivo in più per cui non avrei lasciato perdere i suoi problemi.
 
 
 







Ciaaao :)
Ed ecco a voi il quinto capitolo.
Ho amato scrivere il punto di vista di Zayn e spero sia piaciuto anche a voi! Ho aggiunto dei flashback in modo tale di rendere il tutto un pò più chiaro e credo che li metterò anche nel prossimo. Da come avete capito (se l'avete capito lol) Zayn nasconde qualcosa... e io so cosa ahaha, ma non vi anticiperò assolutamente niente di niente di niente di niente.
E sarà un segreto che continuerà a tenere a lungo nascosto ad Allie. Ho fatto un mini spoiler senza rendermene conto. lol
E niente, spero vi sia piaciuto! Ma non sperate troppo che i due si avvicinino ulteriormente eh, anzi ci sarà tantissima tensione e non ci sarà molto posto per scene sdolcinatissime. 
Ho adorato la scena al Flower (nome che mi è venuto cosi ahaha) e quel "io tengo a te allie" mi ha fatto tanta tenerezza.
Al prossimo! :) E grazie a tutte di cuore.


ps: vi piace il banner? Per me è fantastico e ringrazio Michi, senza di te non saprei cosa fare donna. La ragazza nel banner si chiama Dora Lovey e ho scelto lei per rappresentare Allie, mi piace tantissimo e se vi va cercate anche voi le sue foto sul web giusto per darle un'occhiata c:



 
 
 

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Capitolo 6
*** Never let me go. ***



 


Era veleno ed antidoto



 

Don’t make me sad, don’t make me cry
Sometimes love’s not enough when the road gets tough
I don’t know why
Keep making me laugh,
Let’s go get high
Road’s long, we carry on
Try to have fun in the meantime

-Lana Del Rey 'Born to die'.



 

Erano ormai ben due giorni che non riuscivo a chiudere occhio e il susseguirsi di incubi riguardanti il moro non facevano altro che peggiorare il mio stato d’animo e la preoccupazione che provavo al pensiero di lui immischiato in chissà quale casino di cui io, purtroppo, non ero a conoscenza. Sapevo che Zayn non era uno sprovveduto, sapevo che era in grado di difendersi ma ciò di certo non placava il mio senso di protezione nei suoi confronti e quel “Io tengo a te Allie” pronunciato due giorni prima non faceva altro che rimbombare nella mia testa fino a soffocarmi.
Quella frase era arrivata al punto di sbriciolare ogni parte di me.
Era incredibile il fatto che nonostante tutto fossi ancora li a sentire quelle sensazioni che solo lui riusciva a darmi, era incredibile il semplice fatto che fossi ancora li per lui. Ma sapevo che aveva bisogno di me. Lo sentivo. Il punto era che esserne cosi sicura non portava niente di buono: e se in realtà, ero io quella che voleva fosse cosi? Se fossi io quella che tentava in tutti i modi di aggrapparsi ad ogni minima cosa che lo riguardasse? Se fossi solo e soltanto io a credere che avesse necessità di me? Se fossi io quella che voleva che lui avesse bisogno di me? Magari quanto io avevo bisogno di lui.
Non avevo mai pensato di poter arrivare a provare emozioni simili, cosi come non avevo mai pensato di potermi attaccare a qualcuno in modo quasi ossessivo.
E se fin da bambina avevo sempre pensato che l’amore portasse solo tante rose, oggi finalmente ero arrivata alla conclusione che si, di rose ne portava, peccato piene di spine che a me facevano sanguinare per fino le interiora.
“Perché non contatti qualche tua vecchia amica?” mi chiese mia madre tutta presa a sperimentare una nuova ricetta alla quale non ero molto interessata.
“Non ne ho voglia e poi non credo nemmeno di avercele” risposi io facendo spallucce.
Lei si voltò verso di me e scosse la testa rassegnata. “Si che ce l’hai, ma dovresti imparare a cercarle! E poi scusa non è meglio che tu abbia qualche amica invece che Harry e gli altri? Non credo siano una compagnia giusta per te” disse lei “Non che io abbia qualcosa contro di loro, è da tantissimo che li conosci ma un’amica ti aiuterebbe” riprese prima di voltarsi di nuovo continuando il suo lavoro.
“Non ho voglia di conoscere gente nuova e poi ultimamente sono impegnata” risposi io infastidita.
Sapevo quanto lei voleva che frequentassi gente nuova, ma in quel momento l’ultima cosa a cui pensavo era quella di conoscere gente e poi a dirla tutta, ‘Harry e gli altri’ , come li chiamava lei, mi bastavano.
“Impegnata con quello, giusto?” a quella domanda sbuffai alterata e feci per andarmene ma lei si voltò di nuovo “Devi dimenticarlo Allie, non è quello giusto” disse pulendosi le mani sul grembiulino da cucina.
“Tu non puoi sapere se sia o no quello giusto” dissi io serrando la mascella.
“Mi è bastato vederti ridotta in quello stato giorni fa e sapere qualcosa da tua nonna per capire quanto non sia quello adatto a te” rispose lei assumendo un’espressione spaventosamente preoccupata avvicinandosi lentamente “E, per quanto io non voglia dirlo, se continuerai a frequentarlo dovrò fare a modo mio” mormorò, avvicinando la sua mano alla mia guancia per accarezzarmi, cosa che non gli lasciai fare perché la scansai bruscamente.
“Ho diciannove anni, cosa pensi di poter fare? Non puoi decidere tu della mia vita” risposi io di getto trattenendo a stento il nervosismo che quella conversazione mi stava iniziando a dare.
“Solo perché pensi di avere diciannove anni non significa che tu sia libera di farti del male” disse lei con un tono di voce freddo e deciso. Forse troppo deciso.
“Stanne fuori mamma” ripresi io “Tu non sai assolutamente n i e n t e, non immischiarti” dissi con durezza.
“Ti ho sempre reputato una ragazza intelligente, ma a quanto pare non lo sei. Chi ti ama veramente non ti fa soffrire, chi ti ama veramente ti fa del bene, ricordatelo sempre” 
E non so per quanto rimasi a fissarla, non so per quanto rimasi a ragionare su ciò che aveva detto.
Sapevo solo che, nonostante tutto, aveva ragione.

 
Dopo la discussione avvenuta in mattinata con mia madre, decisi di rintanarmi nella mia camera per pensare meglio a come mi sarei dovuta comportare e se avrei dovuto fare ciò che stavo, in quel momento, pensando: avrei seguito Zayn e sarei di nuovo andata in quel posto, nonostante lui non volesse. Ma da quando dovevo dargli retta? Infondo non eravamo niente e non poteva di certo impedirmi di fare ciò che volevo. Senza rigirarci troppo su, mi infilai un maglione e un jeans chiaro e scesi di corsa al piano di sotto senza dare troppa importanza allo sguardo di mia madre che mi stava perforando da parte a parte.
“Dove credi di andare? Per oggi è previsto un diluvio e fa freddissimo. Resta a casa” mi ordinò lei guardandomi dritta negli occhi. Era rarissimo che usasse un tono di voce del genere con me, visto che era altrettanto raro che litigassimo, ma a quanto pare ciò che gli avevo detto prima non le era andato giù. Ovviamente non mi avrebbe fermato, ne lei e ne nessun altro.
Io sarei uscita comunque che lei volesse o meno.
“Non mi sembra di averti chiesto il permesso” risposi io sfacciatamente e cosi, senza darle tempo di ribattere, uscii sbattendo la porta alle mie spalle. Alzai lo sguardo verso il cielo e notai diverse nuvole grigie che sembravano non promettere niente di buono e mi diedi dell'idiota da sola: forse sarei dovuta rimanere a casa come mi aveva "consigliato" mia madre, ma l'idea svanii di colpo quando pensai a Zayn.
"Al diavolo tutto!" esclamai sbuffando prima di iniziare ad incamminarmi. 
Di certo non avrei mollato per un acquazzone.
Continuai fin che non mi ritrovai davanti casa dei ragazzi e, mentre stavo per avvicinarmi all'entrata vidi la porta spalancarsi e quando notai il moro tutto preso a parlare al telefono, mi voltai di scatto dalla parte opposta e mi accucciai dietro ad un cespuglio cercando di nascondermi nel migliore dei modi. 
"Ci sarò" borbottò teso prima di attaccare.
Lo vidi accendersi una sigaretta e aspirare il fumo per poi rilassare le spalle.
"Tana per Allie!" esclamò secco voltandosi dalla mia parte e fulminandomi con lo sguardo.
Sussultai e subito dopo sbuffai alzandomi.
"Che ci fai qui?" mi chiese risoluto.
"Sono venuta per vedere te" risposi io avvicinandomi.
"E' successo qualcosa?" continuò lui senza degnarmi di un minimo di attenzione. Sembrava come se non gli importasse che fossi li e ciò non fece altro che farmi innervosire ancora di più. Ci mancava solo lui e il quel suo essere fottutamente stronzo a peggiorar la mia giornata.
"Ero preoccupata per te" dissi francamente io. Tanto valeva che fossi sincera invece di dover raccontargli bugie, no?
Lui mi studiò con lo sguardo per qualche secondo e poi mi sorrise leggermente.
"Sto bene Allie, puoi stare tranquilla. Ho sistemato le mie cose da solo, non ho bisogno di un'infermiera che mi corra dietro" riprese lui con un ghigno derisorio sul volto.
Il suo comportamento stava iniziando a darmi sui nervi e dovetti cercare tutta la forza possibile per non mandarlo al diavolo all'istante.
"Hai ridato quei soldi?" chiesi io cambiando completamente discorso.
"Non vedo il motivo per cui dovrei dirlo, sopratutto a te" a quella frase la mia finta calma andò letteralmente a puttane e strinsi le mani a pugno.
"Fottiti tu e le tue battutine di mer-" ma per mia sfortuna non feci in tempo nemmeno a terminare la frase che si parò davanti a me incatenando il suo sguardo al mio.
In quel momento il mio odio nei suoi confronti si stava ingigantendo: non sopportavo il modo in cui riusciva a farmi mancare l'aria con un solo sguardo, come riusciva ad incatenarmi a lui senza lasciarmi via di fuga. 
Mi teneva in trappola.
"Ti va di venire con me in un posto?" a quella domanda spalancai gli occhi incredula e notando la mia confusione si affrettò a continuare "Non ti sto prendendo in giro, puoi stare tranquilla" disse lui.
Deglutii sorpresa e annuii, sebbene non fossi molto convinta.
"V-va bene" balbettai io. 
Lui mi guardò soddisfatto e mi fece segno di raggiungere la sua macchina parcheggiata lungo il viale. Cacciò fuori le chiavi dalla tasca dei pantaloni ed aprii.
Entrammo in auto entrambi e subito dopo mise a moto.
Nessuno dei due parlò, nessuno dei due era intenzionato a farlo. 
Essere insieme, da soli, nella sua macchina mi faceva sentire strana. Terribilmente strana e schiava di ciò che eravamo stati in passato. Un maledetto passato, tra l'altro.
Quando però intravidi da lontano  le insegne del Flower mi voltai verso di lui con un'espressione perplessa.
"Che ci facciamo qui?" chiesi più confusa di prima.
"Hai mai bevuto Allie?" a quella domanda strabuzzai gli occhi.
Poi lo guardai. Guardai il suo profilo. Il ciuffo che gli ricadeva delicatamente sulla fronte. La forma dei suoi occhi. Il profilo delle sue labbra e il mio cuore non resse.
Sospirai cercando di rilassarmi e sprofondai nel sedile.
"Voglio ucciderti" mormorai io rassegnata.
Quando poi lo sentii ridere si accese qualcosa dentro me e  capii di essere nel posto giusto, al momento giusto e sopratutto con la persona giusta.  Che poi che mia madre non fosse d'accordo non mi interessava.
C'eravamo solo io e lui ed ora, era l'unica cosa che contava.













VI CHIEDO PERDONO.
Ho ritardato lo so, ma purtroppo sono stata impegnata e poi come se non bastasse ho avuto una sorta di blocco (?) e non riuscivo più a scrivere niente. E quello che avete letto è tutto quello che mi è riusciuto. Non mi fa impazzire e credo faccia leggermente pena, ma cercherò di dare il mio meglio al prossimo con la speranza che non mi blocchi di nuovo.
Da come avete letto, all'inizio abbiamo lo scontro fra la mamma di Allie e Allie stessa.. e secondo voi quel “E, per quanto io non voglia dirlo, se continui a frequentarlo dovrò fare a modo mio” cosa significa? Che farà la mammina? Bho, non ve lo dico. lol
Mi è piaciuto di più scrivere la parte della discussione con la mamma che il pezzo con Zayn anche perché penso che faccia un po schifo, ma sorvoliamo! Parliamo dell'instabilità e del caratteraccio del moro che io personalmente adoro mentre Allie no haha eeee poi arriviamo alla parte del Flowers e di Zayn che vuole farla bere! Che cosa accadrà? :) Lo scoprirete al prossimo.
Ringrazio chi ha aggiunto la storia fra le preferite e le seguite: vi ringrazio davvero tanto. E' importantissimo per me. Spero di non avervi deluso.
Baci. 

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