non tremo per il freddo

di _Madison_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


CAPITOLO 1 Nevicava e i bambini del quartiere erano rimasti a casa da scuola per giocare tutti insieme. A quella visione mi scappò un sorriso, ma svanì subito. Era un ricordo troppo bello, fottutamente bello. Ma faceva male. Troppo male. Perché ero ancora qui ? perché io ? perché non poteva essere lui al mio posto? Lui che mi aveva dato la forza di rialzarmi, perché ora non c’è più? Perché doveva capitare a noi ? erano domande senza risposta, nessuno mi rispondeva più. Nessuno mi cercava più. Mi avevano chiusa in un manicomio perché ero diventata pazza, talmente tanto che avrei potuto causare danni psicologici alle persone che mi circondavano. Poi un giorno il manicomio prese fuoco, uno per uccidersi si cosparse di benzina e si diede fuoco. Ci fecero uscire e, con tanta fortuna, riuscii a scappare. Avevo solo 17 anni ed ero sola. I miei erano morti in un incidente e mi affidarono ad un collegio. Mi portarono una ventina di volte in ospedale perché tentai il suicidio. Ma niente, nemmeno quello mi voleva. Mi odiavano tutti in quel collegio, perché sfogavo la mia rabbia su quelli più piccoli, avevo 14 anni, non capivo niente. Passò un anno, 15 anni. Un uomo, alto bello, con occhi azzurri e capelli biondi, decise di portarmi via, salvarmi, darmi amore. Niall si chiamava, 30 anni circa. ‘’chiamami papà se vuoi, con me starai al sicuro’’ mi ripeteva ogni giorno. Fino a quando, dopo qualche mese, ci riuscii. ‘’Papà’’ lo chiamavo. Mi dava tanto amore, con lui ero una nuova persona, solare, allegra, un angelo, mi sentivo davvero bene, forse più di prima e, anche lui era solo. La sua ragazza morì in un incendio e il suo desiderio era che il suo uomo non doveva più amare nessuno, solo la figlia che avrebbe adottato. Già, perché adottare? Perché me ? Alla prima posso rispondere: non poteva avere figli, ma alla seconda, alla seconda no. Perché non fece in tempo a dirmelo. Una malattia di cui non so il nome. Lo dovettero ricoverare e io non potevo vederlo. ‘’ sta benone ancora un paio di giorni e tonerà come nuovo’’ mi dicevano. Ma non era vero. Era morto sotto i miei occhi, per colpa di un infarto. Mi teneva la mano stretta e mi sorrideva, poi me la lasciò e chiuse gli occhi. Urlavo, come una pazza, ma i medici si limitarono a coprirlo con un lenzuolo. ‘’ non dovevi vederlo, era troppo debole per poter reggere al dolore di un operazione e alla visione di una persona cara’’ mi dissero. Pugnalata al cuore. Era colpa mia. Era morto per colpa mia. Di nuovo sola, ma non avrei più resistito a dovermi riabituare a star da sola, a una nuova vita. Il sudore scendeva sul mio collo e il sangue mi si gelò. Volevo andare da lui. Ma ancora una volta la morte non mi voleva. Un dottore mi prese il braccio, evitando che cadessi giù dal decimo piano. Mi ricoverarono, ma mi fece diventare ancora più pazza. Una stanzetta per i bambini. Matite, pennarelli, gomme, pastelli, forbici e temperini. Forbici e temperini. Bingo. Bingo un cazzo. Ancora una volta salva, ma non potevano reggermi ancora per molto. Decisero. Manicomio. Chiusa da sola in una stanza bianca, fatta di pareti di materassi. Un manicomio fatto per bene. A prova di suicidio. Adesso, mi nascondo in una casa di Londra. Sola. 17 anni. Probabilmente mi cercano ancora. Ma non mi troveranno mai. Ai tempi ero bassa, ciccia, occhi marrone scuro, capelli castano chiaro. Ora ero alta, magra, capelli sulle varie tonalità di viola e occhi azzurri, ovviamente usavo le lenti colorate. Mi chiamavo Allison Garret, ma cambiai anche quello. Ora ero Madison Jones.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


CAPITOLO 2 Di solito le ragazze della mia età pensano a divertirsi e a recuperare le materie insufficienti. Al contrario io andavo bene a scuola e non mi divertivo, dovevo lavorare per pagare l’affitto e avevo un debito di 100 euro per un tatuaggio. Si può pensare che sia stupido avere debiti per uno stupido tatuaggio, ma a me serviva per vivere. Da quando un tatuaggio serve per vivere? Da quando all’interno di un manicomio ti targano con il ferro rovente. Era all’interno del braccio, nella parte inferiore. Era un codice a barre con sotto scritto il numero di matricola e la categoria del ricovero. Il mio era una sorta di 3P4A8Z0Z5A. ‘’3485’’ ‘’PAZZA’’. 3485, un numero abbastanza piccolo. Magari fosse stato così. Le categorie a sua volta erano divise in altre poi per sesso ed età. Immaginatevi 3485 ragazze di 15 anni rinchiuse in sale di isolamento, sole. Ecco, moltiplicate lo stesso numero per i quindicenni maschi. 6970 quindicenni ricoverati come ‘’pazzi’’ in camere di isolamento. Già l’idea di quanto fosse grande si amplifica. Le stanze però erano sui 5 metri quadrati l’una. Ci facevano sentire più piccoli di quanto non ci sentissimo noi. Ma non finiva lì. Non so quanti eravamo di preciso, dato che non ci facevano uscire a noi, ma ce ne saranno state altre 50.000 mila di persone. Tutte ammucchiate, come se fossimo tutti morti, da eliminare e seppellire in fosse comuni. Al giorno se ne suicidavano 10, ne venivano uccisi 50 e 5 morivano di malattie . Già, venivamo anche uccisi se ti ribellavi alle loro decisioni o cercavi di scappare. Ma quei 65 non contavano nulla, il giorno dopo ne arrivavano il doppio. Era uno schifo, una vergogna per i diritti umani. Ma non eri un umano per loro: eri solo un problema e, come tali, bisogna eliminarli. Quel marchio mi ricordava ciò e non mi faceva più vivere così lo ricoprii di nero e col bianco ci incisi ‘’L’’ ‘’P’’ e ‘’N’’ con sotto scritto ‘’Silence’’. Erano i loro nomi. Lauren, Patrik e Niall. Lavoravo in una gelateria, in televisione dicono che chi è solo deve trovare un lavoro da condividere, di solito non credo a quello che dicono in televisione, ma questo sembrava funzionare. La gente non era come quella che avevo incontrato, non erano tutti freddi e senza cuore. E poi vedere i bambini mangiare il gelato e sporcarsi tutti era davvero divertente. Anche le colleghe non erano male: eravamo più o meno sulla stessa età e alcune venivano nella mia scuola, ma non mi affezionai a nessuna, non volevo che anche loro morissero, anche se mi sarebbe piaciuto poterle definire amiche. Oggi toccava a me pulire i tavolini quando all’improvviso la mia attenzione finì sul pianto di un bambino e le urla di un ragazzo, probabilmente il fratello maggiore. Notai che al bambino era caduto il gelato sulla felpa così mi avvicinai per visionare la situazione ‘’sei una testa di cazzo ! tu e i tuoi stupidi gelati, sei la rovina della mia vita’’ Ma con che razza di coraggio si può dire ad un bambino di appena 4 anni certe parole? Il bambino piangeva sempre più forte e ciò infastidiva i clienti, così dovetti intervenire. ‘’scusi, c’è qualche problema?’’ chiesi un po’ intimidita, ma nello stesso tempo irritata ‘’ mi pare evidente no? Su marmocchio andiamo a casa’’- nemmeno mi guardò in faccia e la cosa mi irritò molto. ‘’voglio il mio gelato’’ ‘’stai zitto, a casa facciamo i conti’’ Okay. Perdetti la pazienza. ‘’ lei, anzi tu, chi ti credi di essere per trattare così un bambino? Lascialo andare, così gli farai male!’’ gli strappai via dalle mani il piccolo, il quale si nascose dietro di me piangendo. ‘’senti ragazzina non intrometterti in affari che non ti riguardano’’ Stavamo l’uno difronte all’altro. Era il solito ragazzo sfacciato. Orecchino al lobo, barbetta , capelli tutti gellati, un tatuaggio sul braccio e vicino il collo, magari ne aveva altri, ma erano nascosti dalla giacca. ‘’ non mi interessa un fico secco se sono affari miei o tuoi. Non si trattano così i bambini, cafone!’’ Mi guardava con rabbia, ma non cedetti, lo guardai sempre più intensamente, nei suoi occhi marrone chiaro. Fece un movimento, molto veloce. Capii che voleva prendere il bambino per i suoi riccioli, ma lo precedetti bloccandogli il polso. ‘’il bambino ora viene con me e avrà il suo gelato. Dammi il tuo indirizzo e per le sette di sera sarà a casa, tu vai a farti una doccia calda e rifletti’’ . gli occhi mi si riempirono di lacrime e il mio respiro si affannava sempre di più. Il ragazzo mi fissava, mi diede l’indirizzo e se ne andò, zitto con le mani nelle tasche. Quando mi facevano schifo quelle persone, se così si potevano definire. Presi il piccolo e lo portai dentro. Chiesi ad una ragazza se poteva sostituirmi e portai il piccolo nella lavanderia sul retro. Lo feci sedere su una cassetta del latte, gli sfilai i vestiti e lo coprii con una coperta. ‘’piccolino, come ti chiami?’’ ‘’Mike’’ ‘’ma che bel nome ! io sono Madison. Allora, come lo vuoi il tuo super gelato?’’ ‘’ al cioccolato !’’ ‘’e dimmi, ci mettiamo la super panna montata con la crema di cioccolato che ti fa diventare forte forte?’’ ‘’si !’’ Che bel sorriso che aveva. Andai di là a preparare il gelato e intanto pensai a quel ragazzo. Nei suoi occhi c’era della malinconia e tanta rabbia. ‘’Madison stai esagerando con la panna !’’ mi disse una ragazza ‘’dio mio ! quanta ne ho messa? ‘’ mi scappò una risatina da ochetta. ‘’lascia pulisco io’’ Tornai di la e diedi il gelato al bambino che stava fissando l’oblò della lavatrice ‘’quello era tuo fratello?’’ ‘’si.’’ ‘’ ti tratta sempre così?’’ ‘’solo da quando mamma non c’è più. Dice che sia colpa mia se lei e papà non ci sono più’’ ‘’sono morti?’’ chiesi con un filo di voce ‘’solo mamma. Papà è finito in prigione’’ ‘’prigione?’’ ‘’ha ucciso mamma, Jawaad dice che l’ha uccisa perché lei per pagarmi il gelato e i giocattoli faceva cose brutte con altri uomini’’ Come si poteva incolpare un bambino per una cosa simile? Odiavo quel Jawaad più di prima. Diedi dei giochini a Mike e andai a finire il mio turno. Quando tornai di là lo trovai appisolato così lo misi sulle spalle e mi incamminai verso casa loro. ‘’Max Street 79’’ che ricordi. Andavo in quei vicoletti con le mie amiche prima dell’incidente. Probabilmente penso che credano io sia morta. Citofonai e il cancello si aprì. Salii. Bussai e mi ritrovai il ragazzo in canottiera e jeans. Aveva altri tatuaggi. ‘’ah sei tu, dov’è Mike?’’. Mi girai e gli feci segno che stava dormendo. Lo prese e lo portò a letto, io rimasi sulla soglia della porta. ‘’entra pure’’ ‘’ no, sono di fretta’’ risposi secca. Mi si avvicinò tanto da poter notare che la sua mano sanguinava ‘’la tua mano sanguina’’ ‘’non sono affari tuoi’’ Entrai in casa e iniziai a dargli contro ‘’senti, non mi interessa chi tu sia, ma non ti permetto di trattarmi come uno straccio nemmeno di incolpare tuo fratello della morte di tua madre ‘’ mi tappai la bocca, ma era troppo tardi. Lo vidi camminare verso di me con passo pesante e i pugni chiusi. Iniziavo ad aver paura. Indietreggiai fino a finire contro la parete. ‘’ti ho detto che devi farti gli affari tuoi’’ mi prese per il collo e mi sollevò di peso. ‘’non puoi capire cosa si provi a vivere soli con un bambino a dover pagare i debiti di mio padre e sopportare la morte di qualcuno. non ho un lavoro, viviamo nella merda e quel marmocchio non mi da pace’’ il suo volto non aveva espressione. Mi lasciò andare e io caddi a terra. Lo fissavo. Io capivo. Capivo più di lui. ‘’nemmeno tu sai quello che io ho dovuto passare, tu sei fortunato. Vorrei essere io al tuo posto, ma non sono affari tuoi, come i tuoi non sono miei. Posso solo dire che tu sei nella mia categoria delle persone che fanno schifo, che non hanno un cuore e che meritano tutto l’odio del mondo’’. Non lo guardai nemmeno in faccia e scappai via, piangendo. Volevo dimenticare quella giornata, lui e il bambino. Che schifo, era tutto uno schifo.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


CAPITOLO 3 Distrutta. Completamente distrutta. Trenta ore di scuola, dieci di studio, venti di lavoro. Tutto in una settimana. Mi accorsi solo la domenica mattina di un altro problema. Sul mio collo iniziarono ad apparire dei segni viola. Mi ero dimenticata di quel giorno e, a pensarci, non li vidi più in gelateria. Mi svegliai verso le due del pomeriggio, il cielo era di un azzurro splendete e l’aria fredda si incrociava con i caldi raggi del sole così decisi di andare a fare una passeggiata. Presi qualche soldo, le chiavi, gli occhiali da sole e il cellulare, poi mi vestii come al solito : leggins, blazer e un maglione largo e lungo. Andai in bagno per darmi una sistemata. Dio mio sembrava che avevo messo due dita nella corrente. Cercai di sistemarli ma non ci riuscii. Decisi, allora, di raccoglierli in una coda alta. Il problema capelli era a posto, ma il mio collo era troppo in vista. Sciolsi di nuovo i capelli e misi un cappello e una sciarpa trovati sparsi tra la camera. Pronta, uscii. Infilai su i miei Ray-Ban, essendo stata senza vedere la luce per molto tempo ne ero diventata sensibile, e mi incamminai lungo le strade che percorrevano i quartieri più celebri di Londra. I negozi erano pieni di gente che comprava vestiti. Anche a me sarebbe piaciuto poter comprare qualche vestito elegante, ma non avevo di certo cinquecento euro da buttare via per nulla. Erano così belli. Non ci vedevo niente di male nel provarli. Entrai in un negozio di scarpe col tacco e abiti da sera. Adoravo le tonalità dell’azzurro così presi un vestitino smanicato con la scollatura a cuoricino che andava giù a tubino tutto arricciato e un paio di scarpe col tacco classiche. Entrai nel camerino e li provai. Non guardavo mai il mio corpo allo specchio, faceva paura. Vestita mi girai. Guardai tutto. Ero davvero carina. Peccato però, avevo solo un quarto di quei soldi e le cicatrici erano troppo visive, mi sentivo come se fossi nuda. Adesso capisco perché quando si hanno dei figli piccoli viene consigliato di leggere storie a lieto fine. È così bello sognare e credere che ci sia una soluzione a tutto, che tutto ciò che farai, vedrai, ascolterai e dirai sarà giusto. Davvero bello, un sogno. Peccato che non è così. Stava diventando buio così decisi di passare a prendere quattro cose con cui cenare, ma nel tragitto notai un negozietto mai visto. Ci feci un giretto. era un negozio ben diverso dai soliti. Percing, dilatatori, felpe americane, maglie larghe e poi il solito reparto bei vestiti e belle scarpe. Vicino la cassa notai un bigliettino ‘’ tutto a cinque euro’’ Quello sarebbe diventato il mio paradiso. Avevo un percing all’ombelico così ne comprai uno al quale pendevano delle stelline, un dilatatore e una canotta a righe. Feci per andare alla cassa quando mi cadde l’occhio su un vestitino molto buffo: era una camicia di jeans attaccata a una gonnellina che arrivava sopra al ginocchio blu notte a puà bianchi. Era meraviglioso. Presi anche quello e un paio di tacchi neri lucidi. Fanculo ai soldi, anche io volevo essere come le altre. Odiavo il lunedì. E come se non mi bastasse la febbre si presentò il nuovo professore di inglese.

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


CAPITOLO 4 Trentotto di febbre non era il massimo della salute per andare a scuola e al lavoro, ma non avevo altra scelta. Presi lo zaino e, accorgendomi di essere in ritardo, corsi verso scuola, ma arrivai comunque con dieci minuti di ritardo. Per fortuna il nuovo prof non era ancora arrivato. Mi sedetti come al solito in fondo all’aula, misi una cuffia e pasticciai qua e là un foglio bianco. ‘’buongiorno’’ Quella voce. ‘’sarò il vostro insegnante di inglese fino alla fine dell’anno’’ Mi mancava l’aria. ‘’faremo due lezioni di presentazione oggi in italiano e domani ve la chiedo in inglese, giusto per vedere i vostri livelli’’ Le mie compagne stavano impazzendo. La sua bellezza era stupefacente, ma non sapevano cosa ci fosse dietro. ‘’vorrei fare l’appello, così poi possiamo partire con le presentazioni’’ Ma che bello, come sono contenta. Questa si poteva definire sfortuna, un enorme sfortuna. ‘’ Madison Jones’’ Alzai la mano. I nostri sguardi si incrociarono e fece un piccolo sorrisetto malizioso, ricambiai con uno sguardo senza emozioni anche se dentro di me avevo paura. ‘’ direi che il primo a presentarmi dovrei essere io, quindi. Io sono il professor Malik. Mi chiamo Zayn ho 20 anni, sono alle prime armi e spero davvero di trovarmi bene in questa classe’’ Se si chiama Zayn perché Mike lo chiama Jawaad ? era strano. Tutto dolce all’apparenza, ma il primo a lasciarti i lividi sul tuo corpo, sul tuo cuore. ‘’bene, ora ad alzata di mano, chi vuole presentarsi?’’ Si alzarono più mani in quella classe che ad un concerto, ridicole. I due maschi che avevo in classe erano gay, ridicoli anche loro. Davvero, cosa aveva di bello quel ragazzo? Era solo uno dei tanti bei visini che si vedono anche nei film; poi se li vedi nella realtà sono solo dei montati. Fu la lezione più lunga mai vissuta, ma sapevo benissimo che era solo un’apparenza. La campanella suonò la fine delle lezioni così presi lo zaino e feci per dirigermi verso la porta, ma lui mi bloccò ‘’ma guarda un po’ chi si rivede’’ ‘’sei ridicolo’’ Si avvicinò a me facendomi indietreggiare fino a sbattere contro la lavagna. Un brivido mi percorse tutta la schiena: eravamo nella posizione a casa sua. Mise la sua mano, calda, sul mio volto. Gli spostai immediatamente la mano e mi girai, dimenticando di non aver via di uscita. Mi prese per i fianchi e mi tirò a se, non feci nulla: avevo paura che ribellandomi mi avrebbe rifatto del male, e con una mano mi tirò all’indietro i capelli, scoprendo i lividi. Li accarezzò con il pollice e poi ci appoggiò le labbra, calde e carnose. Rabbrividii. ‘’non aver paura, lasciami fare’’ – mi sussurrò all’orecchio. ‘’come faccio a non aver paura? Come ? sei tu ad aver fatto ciò al mio collo, sei tu che mi hai strangolata’’ – dissi a fil di voce con le lacrime agli occhi. Avevo paura, non paura di ciò che succedeva, paura di dover rivivere quello che ho dovuto sopportare in passato. Con molta velocità mi riprese i fianchi e mi girò verso di lui. Il suo sguardo ti rapiva, non riuscivi a capirlo. Non riuscivi nemmeno a pensare cosa potesse provare in quel momento. Aveva quello sguardo da cucciolo, ma non lo era. Si avvicinò a pochi centimetri da me. Riuscivo a sentire il suo calore fondersi con il mio freddo, sentivo i battiti, il respiro. Sentivo lui. ‘’scusami se ti ho fatto male, non volevo’’ ‘’ chiudiamo qui la storia’’ Mi prese il volto con le sue mani, soffici, così dolci e mi baciò la fronte. Non capivo più nulla: mi girava la testa, il cuore batteva troppo forte e l’aria veniva a mancare ad ogni sua parola, ad ogni suo respiro. Le lacrime iniziarono a scendere, arrossandomi gli occhi; e lui, lui mi guardava. Guardava e stava zitto, immobile. Lo scostai da me e scappai via, ma lui stava lì, nella stessa posizione di come l’avevo lasciato.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


CAPITOLO 5 Dopo una settimana la febbre mi lasciò in pace così potetti tornare a scuola e al lavoro. Camminavo e la pioggia cadeva sui miei capelli, percorrendo il mio volto e finendo sul mio collo per poi sparire. La scuola era sparita sotto quella nebbia fitta e così anche le persone. Non riuscivo a orientarmi. Camminavo a vuoto con le cuffie nelle orecchie e non mi accorsi di essere finita in mezzo alla strada, quando una macchina iniziò a suonare il claxon più volte, ma io non sentivo. Me ne accorsi solo dopo quando due fari gialli mi accecarono. Stavano solo a qualche centimetro da me. ‘’ma sei impazzita?’’ Mi limitai a guardarlo, ma la nebbia non mi permetteva di distinguere chi fosse e la pioggia copriva i suoi respiri affannati seguiti dalla poca voce che emetteva. ‘’Madison.. Sali in macchina’’ ‘’ scusa, chi sei?’’ Si avvicinò a me e la sua ombra iniziava ad avere una forma. ‘’io. Vieni con me, sei tutta bagnata’’ Mi prese la mano, aprii la portiera e mi fece salire, dandomi il suo giubbotto. ‘’ Madison stai bene?’’ ‘’che cosa vuoi da me… Jawaad?’’ ‘’non chiamarmi così, chiamami Zayn’’ ‘’ perché Mike ti chiama così?’’ ‘’ in famiglia mi chiamavano così’’ Lo guardai. ‘’sei tutta bagnata e tremi come una foglia dio mio’’ fece per avvicinare la sua mano, ma mi voltai dall’altra parte. Mise l’auto in moto e velocemente parcheggiò vicino un bar ‘’Madison io non so più che fare con te. ti ho già chiesto scusa più di così non so che dirti. Mi spiace aver trattato così Mike, gli ho chiesto scusa e lo sto trattando bene. Madison guardami per favore ! io non sono come ti ho mostrato, siamo partiti col piede sbagliato! Tu non devi aver paura di me!’’ Mi voltai. Il suo viso si era arrossato e i battiti del suo cuore rimbombavano in quel silenzio. ‘’ vuoi sapere quello che dovresti fare?’’ ‘’so già quello che vuoi dire e la risposta è no. Non me ne andrò’’ ‘’vorrei credere che non sei come quel giorno, ma non posso. Non devi stare vicino a me. Se tu ti affezionerai a me.. morirai, come tutti gli altri’’ ‘’ che cosa stai dicendo? Madison guardami per favore ! cosa vorresti dire? Perché dovrei morire?’’ Un sorriso comparve sul mio volto ‘’ andiamo a scuola Zayn, andiamo’’ Non riusciva a concentrarsi sulla lezione, continuava a fissarmi e la cosa mi irritava molto. ‘’scusate non mi sento molto bene, fate i primi quattro esercizi a fine lezione chiedo gentilmente alla signorina Jones di ritirare i fogli che poi valuterò’’ *drin* ‘’Madison fermati’’ ‘’devo andare al lavoro’’ La sua mano prese la mia tirandomi a sé ‘’ perché hai detto quelle cose stamattina?’’ ‘’Zayn, davvero, lasciami andare. La tua vita è già troppo complicata, io potrei farla finire’’ ‘’ sei pazza’’ Lo guardai ‘’ non volevo offenderti’’ ‘’non l’hai fatto, hai detto solo la verità’’ Presi e me ne andai, come l’ultima volta, ma stavolta mi seguì. ‘’ Ciao Madison!’’- disse qualcuno da dietro al bancone. Era il piccolo Mike. Gli sorrisi e già sapendo, gli preparai il suo bel gelato che poi andai a servirgli al tavolo. C’era anche lui. ‘’voleva un gelato’’- disse. Sorrisi e tornai a servire gli altri clienti lasciandogli quella frase lì in attesa di una risposta. Toccava me chiudere la gelateria quando notai qualcosa sotto il tavolo che si muoveva ‘’mike ma che ci fai qui ? sono le otto Zayn ti starà cercando per tutta Londra’’ ‘’ in realtà è stato lui a dirmi di nascondermi qui così tu mi avresti portato a casa e avreste parlato ma tu questo non devi saperlo’’ Scoppiai a ridere. Non ci potevo credere. Non avevo mai visto qualcuno fare una cosa simile per stare un po’ con una ragazza. ‘’Mike dio mio che spavento! Ti ho cercato dappertutto!’’ ‘’ Jawaad ho avuto tanta paura’’ ‘’ piccolino non farlo mai più ! vai a mangiare ora’’ Avrei voluto avere un paio di pop corn e godermi la scena su una poltrona con massaggio. Aspettai che Mike andasse via per vedere cosa avesse da dirmi. ‘’ Madison grazie mille, mi hai salvato la vita ! farò tutto ciò che vuoi per ringraziarti’’ ‘’ sei pessimo ragazzo, la prossima volta non usare un bambino di quattro anni per invitarmi a casa tua’’ Il suo viso cambiò completamente colore e gli uscì a malapena un piccolo ‘’scusa’’ al quale io risi. ‘’ Jawaad Madison può rimanere da noi?’’ ‘’ non so Mike, devi chiedere a lei’’ ‘’ rimango solo per te Mike’’ Guardai Zayn e mi avvicinai al suo orecchio ‘’ stai tranquillo, non ho intenzione di ucciderlo. Io punto su di te’’

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


CAPITOLO 6 Il suo sguardo si impietrì. Mi fece accomodare al tavolo mentre accompagnava Mike a letto. Era davvero una piccola casa. Si vedeva che ci abitavano un bambino e un ragazzo. I vestiti sparsi per casa, pentole di chissà quanti giorni ancora da lavare e giochi abbandonati agli angoli della casa. Le pareti erano tappezzate di foto di quando erano piccoli assieme ai loro genitori con qualche vecchia cartolina vicino alle foto del mare. Erano passati ormai venti minuti e Zayn non era ancora arrivato quindi decisi di mettermi a lavare i piatti, tanto per far qualcosa. In quella casa era calato il silenzio. Si poteva sentire solo il rumore dell’acqua che cadeva sulle pentole. Ma anche quel ticchettio finì. quell’acqua aveva cambiato vittima: ora percorreva le mie mani e le sue, le nostre per poi finire anch’essa di far rumore, lasciando solo i nostri respiri danzare. Lui era dietro di me. Le sue mani, finirono attorno alla mia vita, sotto la maglia. Le sue labbra, così calde da farti sciogliere, percorsero il mio collo e io lo lasciai fare. Sapevo che era sbagliato, ma era perfetto. Sapevo che sarebbe potuto riaccadere, ma io volevo tornare ad amare. Sapevo, ma fingevo il contrario. Presi le sue mani e gliele strinsi. Mi strinse forte i fianchi facendomi male, un male piacevole. Mi giravi verso di lui. Il suo viso, il suo corpo, i suoi capelli, le labbra, gli occhi, lui. Tutto perfetto. ‘’Madison perché hai detto quelle cose oggi?’’- mi chiese, a pochi centimetri da me. Lo presi per la maglia, avvicinando i suoi fianchi ai miei ‘’dimentica tutto Zayn, dimentica come ho fatto io’’ I suoi occhi fissavano terra mentre io lo guardavo. ‘’ehi..’’ – gli sorrisi E lui, che consideravo uno dei tanti, ora era ciò che mi faceva battere il cuore. Mi aveva rubato il cuore. Il mio era diventato il suo. Non potevo amarlo, erano passate poche settimane, non sapevo nulla di lui. Ma era il mio pezzo di calamita mancante. Mi attraeva, nonostante io lo evitassi. Ma due calamite, una volta vicine, si attaccano. E così, come in ogni film, le nostre labbra si sfiorarono, per poi unirsi, senza più paure. Mise la sua mano dietro il mio collo, evitando che mi staccassi, per poi sbattermi al muro, dall’altra parte della casa. Lì, su quella parete, dove lui mi aveva quasi soffocata ora mi stava baciando. Era una strana sensazione. Prese le mie mani e le mise contro il muro, appoggiandoci sopra le sue e, senza rancore, le sue labbra finirono più in basso, oltre al collo, lasciandomi dei segni violacei sul seno; per poi prendermi in braccio e portarmi in camera sua, lasciando che il pavimento si prendesse cura dei nostri indumenti. ##mi scuso per il fatto che esca scritto tutto vicino, ma non sono molto pratica. spero vi piaccia

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


CAPITOLO 7 Nessuno avrebbe dovuto saperlo. L’acqua era calda, talmente tanto da far diventare la mia pelle rossa, troppo rossa. Presi l’accappatoio, soffice, e uscii dalla doccia. Che cosa avevo fatto. Ormai era la fine. I suoi segni viola. Quella notte non l’avrei dimenticata. Un’altra vittima innocente, un’altra mia vittima. L’asciai l’accappatoio cadere a terra, ripercorrendo con i miei polpastrelli il tragitto delle sue labbra. ‘’ scusami, ti ho fatto male?’’- la sua voce varcò la porta prima di lui ‘’è un dolore.. piacevole’’ Il suo sguardo però non era concentrato su quei lividi e nemmeno sul mio corpo semiscoperto, aveva notato ciò che nascondevo da anni, aveva notato la mia storia. ‘’Madison, che cosa ti sei fatta’’ Sorrisi. ‘’ è una storia lunga, è la mia storia racchiusa in piccole ferite. Un giorno, te la racconterò’’ Si avvicinò lentamente, accarezzandomi una spalla disse ‘’ chiunque ti abbia fatto ciò, se ne pentirà’’. Fece per baciarmi le mie labbra ancora bagnate, ma lo fermai ‘’ in realtà, sono io che ho ucciso le persone che ho amato e queste, queste sono le pene del dolore. In fondo io le amavo, non volevo ucciderle’’ Fece due, forse tre, passi indietro ‘’ ecco perché…io non volevo che ci frequentassimo.. ma tu, tu sei qualcosa di me. Qualcosa che forse metterà fine a queste disgrazie’’ ‘’Madison.. chi sei?’’ ‘’ un vivo che voleva morire, per non amare più’’ ‘’e adesso?’’ ‘’ dipende da te’’ ‘’da me?’’ ‘’si, ma questa volta, se la morte ti chiamerà io sparirò. Assieme al ricordo’’ ‘’ se vale la pena averti, correrò il rischio’’ Ci fu un momento di silenzio. ‘’Madison’’ ‘’sì, anche lui.’’ Altro momento di silenzio. Si avvicinò a me. In quel momento ero la malinconia in persona, ma non potevo farci nulla. Se qualcuno mi amava e io ricambiavo, moriva. Non potevo farci niente, al cuore non si comanda. Mi prese fra le sue braccia, tra cui piansi. Non potevo andare avanti così. Mi ripromisi che, se uno dei due fosse morto per me, avrei ricorso a metodi più drastici, dove nessuno può salvarti. ‘’zayn, vorrei fermare il tempo. Vorrei tornare a ieri. Vorrei che la mia vita iniziasse da lì, credere che il passato sia solo un sogno, credere nell’amore, nel per sempre. Zayn non voglio più soffrire. Non voglio più vedere la gente morire sotto i miei occhi, voglio dimenticare le urla, gli spari, il dolore, non voglio più vedere il sangue che scorre nel lavello, le lamette per casa, voglio tornare a vedere la luce, il sereno, la felicità. Voglio diventare l’infinito di qualcuno’’ mi accasciai a terra urlando. I flashback vagavano nella mia mente come fantasmi, facendomi impazzire. E lui, lui non capiva, perché non sapeva. mi guardava, con gli occhi pieni di dubbi. Si mise a terra pure lui, mi prese la testa e me la accarezzò, ricordandomi Niall. Sì, perché anche lui faceva così. Non chiedeva nulla, prendeva e mi accarezzava, dicendomi che ci sarebbe stato, sempre. Il problema che tutti usano il ‘’sempre’’ quando non dovrebbero. Perché in fondo, siamo mortali. E il ‘’sempre’’ non esiste, nessuno l’ha mai vissuto, nessuno l’ha mai visto. Tutto ha una fine. Il ‘’sempre’’ non esiste. ‘’Madison, andrà tutto bene’’ Cercavo solamente di crederci.

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


 CAPITOLO 8
‘’Madison fermati ti prego!’’
‘’non posso è più forte di me’’
‘’mi sta venendo a mancare il fiato!’’
Urlavo, come una pazza e poi caddi a terra.
‘’ Madison ! stai bene?’’
Risi.
‘’mai stata bene, Zayn, mai stata meglio’’
‘’ sei fuori di testa tu’’
E anche lui, lentamente, si accasciò a terra.
‘’è stato…liberatorio’’
Eravamo entrambi sotto quel cielo azzurro, i raggi del sole riflettevano sulla nostra pelle umida facendola brillare e quel manto verde, che ci avvolgeva, era così soffice, così vivo. E quel venticello, passava delicatamente su di noi facendo oscillare delicatamente i rami degli alberi, postando le loro ombre che sembravano danzare.
E lui, con la nuca fra le braccia, le palpebre socchiuse per il troppo sole e un sorriso da far invidia al mondo, era li con me. E io, io lo fissavo. Quel suo essere così bello, misterioso, rude , ma allo stesso tempo dolce mi faceva impazzire. Quando stavo con lui non capivo più niente, niente contava più: eravamo solo noi, il resto, anche solo per un secondo, veniva a mancare.
‘’ hai intenzione di andare avanti a fissarmi?’’
Cambiai velocemente colore. Nonostante quello che fosse successo qualche settimana prima, noi non stavamo assieme. Avevamo deciso di rimanere amici, conoscenti, a volte anche estranei, ma nessuno doveva saperlo, insomma, lui era un professore e io un’alunna.
‘’ fissavo un filo d’erba, non è che tutto il mondo si concentra sempre su di te’’
Sorrise, ma non come al solito. Era quel sorriso incomprensibile: non sapevi mai che potesse passargli per la mente.
Balzò sopra di me, sedendosi su i miei fianchi, tenendomi le mani fra le sue.
‘’ Zayn. Solo amici, l’hai detto tu’’. Ma le mie parole contavano poco quando si impuntava su qualcosa.
Prese i miei capelli fra le sue mani e pian piano le sue labbra, mantenendo sempre lo stesso ritmo, si appoggiavano e si levavano dal mio collo, fino ad arrivare alla guancia sinistra per poi alzare lo sguardo, guardarmi negli occhi e poi adagiarsi sulle mie labbra. Non era la prima volta che lo faceva. Un giorno lo fece anche a scuola. A fine lezione mi portò nelle aule di laboratorio e rifece la stessa cosa, ma con più violenza. Quando ne ebbe abbastanza prese e se ne andò, lasciandomi lì. Ogni volta che accadeva per lui era come se nulla fosse stato e io mi limitavo a piangere, anche se quel giorno, presi una lametta e mi tagliai. Lui però non lo sa.
‘’Madison, torniamo a casa, devi studiare’’
Non riuscivo a non piangere. Le lacrime invasero il mio viso, l’aria veniva a mancare e iniziai a singhiozzare. Con una mano coprii la bocca cercando di attenuare i suoni che la mia bocca emetteva, ma era tutto inutile. Mi guardava, come aveva sempre fatto, ma questa volta mi strinse a se chiedendomi scusa.
 
 
 
 
 
‘’ non è difficile da capire, basta solo imparare la desinenza della coniugazione e sei a posto ’’
‘’okay..’’
Non riuscivo a non pensarci. Forse, una pistola puntata nella tempia mi avrebbe fatto meno paura.
‘’vuoi fare una pausa? Ti vedo strana’’
‘’ lo sai bene cos’ho. Smettila, non far finta di non sapere perché non è divertente. Che cosa vuoi da me veramente? Io non ti capisco.’’
‘’ mi piace il tuo sapore. Mi ricordi la morte’’
Mi impietrii. Lo aveva detto davvero.
‘’Zayn tu non sai a cosa stai andando incontro! Non è uno scherzo Zayn! Non lo è! Perché ci tieni così tanto a vedere la morte? Perché fai così con me? Perché sei ancora qui? Sei l’unico che è rimasto con me! Se ne sono andati tutti, tutti hanno paura della morte, perché tu no?’’
Sorrise
‘’ non ho paura di andar contro a nessuno, se qualcosa mi interessa davvero.’’
Scappai via da casa sua. Quel ragazzo era qualcosa di incomprensibile.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


 CAPITOLO 9
stavo distesa sul letto, fissando il soffitto.
Che cosa stava succedendo? 
Le palpebre si facevano sempre più pesanti e le lacrime cessarono di scendere.
 " che cosa sto facendo.."- sussurrai tra me e me. Non capivo perché lui mi trattasse così ne tanto meno perché io lo lasciassi fare. Forse era amore? Ma il suo cos'era? Non era di certo amore: le persone, solitamente, se si amano stanno assieme e si dicono cose dolci. Noi non eravamo nulla di tutto questo. Non ci fidavamo l'uno dell'altro, non ci dicevamo nulla di dolce, eravamo violenti,  freddi e non stavamo assieme. Eppure era successo. C'era piaciuto. Ci siamo detti ti amo, ma a quanto pare non significava niente.
Il cellulare suonò all'arrivo di un messaggio
''Ei piccola ti va di uscire?"
E adesso che gli rispondevo? Non avevo voglia di vederlo.
"Scusa ho molte cose da fare e non mi sento bene"
 Non rispose.
 
Alzai la musica al massimo cercando disperatamente di sistemare la mia camera un po' troppo in disordine. Sembravo una piccola casalinga: bandana rossa tra i capelli, un paio di pantaloncini di jeans e una maglia larga nera fino all'ombelico dal quale si intravedevano le stelle del pearcing e che lasciava scoperta una spalla dalla quale si poteva intravedere la spallina del reggiseno.
Ci impiegai tre ore circa solamente per sistemare la camera.
Stanca, andai a riempire la vasca per farmi un bel bagno caldo e rilassante. Feci per togliermi i jeans, pronta ad immergermi fra tutte quelle bolle,  ma qualcuno bussò alla porta.
Aprii. Un ragazzo, nascosto dietro un mazzo di rose rosse, si presentò sul ciglio della porta.
"Ei dolcezza"
"Zayn..ti avevo detto di non venire.." dissi un po' intimidita. Sorrise
"Queste sono per te"
Questa volta fui io a sorridere. Erano di un rosso acceso ed emanavano un profumo delizioso
"É un pensiero molto carino, grazie" arrossii delicatamente fissando i piedi mentre mi dondolavo avanti e indietro per l'imbarazzo. Mi accarezzò con le sue mani, fredde, facendomi rabbrividire.
"Sei così...bella" Mi tirò a se, dolcemente, come non aveva mai fatto.
 La sua dolce mano accarezzava il mio viso e con il pollice ridefiniva le mie labbra poi ci appoggiò sopra le sue e, infine, tolse il pollice. Quel bacio fu il più delicato, il più innocente che mi avesse mai dato. Ci staccammo, assaporando ogni singolo momento, ogni singola emozione.
" Zayn, c'è qualcosa che mi blocca"
"Godiamoci il presente. Dimentichiamoci ciò che è stato e ciò che sarà"
Lo presi per mano e lo feci entrare. Sorrideva.
 "Uhm, stavi per farti un bagno?"
No ma, come eravamo finiti nel bagno?
"Si, ma non ti preoccupare lo farò più tardi’’
Mi piegai per levare il tappo dello scarico, ma, da dietro, mi prese la mano
"l'acqua non si spreca e un'improvvisa voglia di fare un bagno mi invade" rise compiaciuto.
Lo guardavo stranita. Facendo conto che la mia vita l'ho passata in una stanza da sola non avevo mai avuto esperienze di questo tipo, era l'unico con cui avessi fatto qualcosa, ma provavo comunque un grande imbarazzo.
"Madison.. tutto bene? "
"Chi io? Benissimo solo che.."
"É normale aver paura, ma credimi: rende tutto ancora più piacevole"
Mi si avvicinò, con quel suo fare così sexy, e iniziò a slacciarmi i jeans che caddero ad altezza polpacci, lasciandomi in mutande. Mi avvicinò al suo pube e si poteva sentire, chiaramente, un leggero rigonfiamento, chiaro segno di eccitamento. Sentii una sorta di bruciore allo stomaco, ma credo fosse quello che solitamente viene definito come "farfalle allo stomaco". Mi morse il labbro inferiore mentre cercava, invano, di slacciarmi  reggiseno.
"Cristo"
Risi compiaciuta alla vista della sua goffaggine
 "Lascia faccio io" e anche quello, cadde.
 "Sei ancora più bella al naturale"
Non badai molto al suo dire; presi e lo misi  spalle al muro e gli infilai le mani sotto la canotta grigia che poi si sfilò e lo stesso fece con i pantaloni.
" Madison e quelle non le togli?"
 In effetti non avevo mai visto nessuno avere un rapporto con un paio di mutandine addosso. Immaginai di essere come in un film quando, in occasioni simili, la cinepresa riprende dalle cosce in giù.
 "Adesso si che ragioniamo...Madison"
In un battito di ciglia ci ritrovammo nella vasca: io sopra di lui, lui sotto di me.
Gli baciai il collo tenendo le mani fra i suoi capelli mentre lui mise le sue mani sul mio sedere. Con un astuto movimento entrò in me. Diedi un piccolo urlo sgozzato che lui zittì dandomi un violento bacio alla francese. Il dolce piacere si fondeva con un atroce dolore, ma non riuscivi a farne a meno. A continuare a far quei movimenti mi vennero i crampi alle gambe, ma lui non mi permise di smettere. Mi prese i fianchi e aumentò i miei movimenti fino a quando cedetti. Mi staccai da lui e emisi un forte gemito
"Zayn ti prego basta"
" Se devi essere mia devi esserlo fino in fondo: quindi no."
Mi riprese e mi trascinò di nuovo su di lui tenendosi ben saldo al mio bacino mentre mi lasciava i soliti segni violacei sul collo.
l dolore, i nostri respiri, i movimenti e i battiti accelerati stavano diventando soffocanti e le lacrime iniziarono a scendere. Lui se ne accorse così si calmò, passando a movimenti più dolci, e mi baciò delicatamente le labbra per poi leccare le mie lacrime.
" amore piangi, sono lacrime di un dolore fottutamente piacevole, piangi ora e non piangerai mai più. Amore io ti amo, guarda quanto ti piace, guardaci-indicò lo specchio- quanta passione, tutto questo è amore. Amore faremo di noi l'infinito e non ne potrai più fare a meno.  Tu vuoi questo vero? Lo so che lo vuoi fino in fondo e l'avrai. Ho ragione Madison, vero?"
morsi le labbra, annuii e gli diedi uno di quei baci che piacciono tanto a lui.
 
 
avevo perso, di nuovo..
 

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


CAPITOLO 10
I raggi del sole riflettevano sulla finestra aperta così, anche per il freddo, mi svegliai. Andai in bagno a darmi una sistemata e poi scesi per far colazione.
‘’giorno splendore’’
Un secondo, qualcosa non mi quadrava.
‘’Zayn, come ci sei entrato in casa mia?’’- chiesi un po’ intimorita
Rise e se ne uscì con un ‘’ allora eri davvero ubriaca’’
Mi appoggiai un secondo per riflettere al lavello. Avevamo fatto un ‘’bagno’’ assieme, ma non ricordavo altro.  Lo fissai, mi passai la mano sul viso per poi  fissare il vuoto.
‘’stai tranquilla, non è successo nulla. Abbiamo mangiato una pizza e abbiamo esagerato un po’ con la birra, nient’altro’’
Feci un sorriso forzato e mi sedetti a tavola. Era una colazione coi fiocchi : brioches calda al cioccolato, un cappuccino e classico succo con qualche biscotto. Fecimo colazione in silenzio, si poteva sentire solo il ticchettio dell’orologio e lo sbattere del cucchiaino contro la tazza. Fissavo il cappuccino che girava vertiginosamente nella tazza. A pensarci, noi siamo simili, la nostra vita è simile: la vita è un continuo girare poi, quando qualcuno la ostacola, si ferma.
Si alzò da tavola, sparecchiandola per poi deporre tutto nel lavello e si accese una sigaretta.
‘’vado a darmi una sistemata’’- dissi, fissando il pavimento.
Il bagno era parallelo alla cucina, lasciai la porta socchiusa e lo osservai. Aspirava da quella sigaretta con una forza indescrivibile, aspirava come se fosse ossigeno, passandosi la mano sul volto come per lavarsi dai troppi pensieri.
Raccolsi i miei capelli mossi in una coda alta, mi truccai un poco gli occhi e le labbra e mi misi un paio di pantaloncini di jeans con sotto delle collante nere con ai lati dei fori che davano vita ad una farfalla e un maglione largo, anch’esso bucherellato.
Uscii. Camminai lentamente verso la cucina, verso di lui.
Salii su quell’unico gradino che divideva l’anticamera dalla cucina e il suo sguardo incrociò il mio. Mi fissò per qualche secondo, forse erano anche minuti, poi si voltò, tirò per l’ultima volta e spense ciò che ne era rimasto di quella sigaretta. Feci qualche passo verso di lui con lo sguardo rivolto a terra per poi arrivare davanti a lui e guardarlo fra le sue iridi nocciola, perfette. il mio cuore batteva all’impazzata, quel silenzio era soffocante, metteva paura.
Si staccò dal tavolo e fece un passo verso di me. Indietreggiai.
Il suo sguardo era così spento e pesante e non riuscivo a non pensare a cosa era successo il giorno prima. Quella vasca, noi, i nostri respiri, le palpitazioni e poi il vuoto, non ricordavo più nulla.
Notando il mio gesto ritornò alla posizione di prima, ripassandosi le mani sul volto, per poi rimanere in fissa su un punto vuoto.
Rimanemmo così per troppo tempo, nessuno sapeva cosa dire, fare, non ci comprendevamo, il silenzio ci soffocava, il ticchettio dell’orologio era irritante, la mie testa girava, sentivo come se qualcuno mi stesse scuotendo con una forza devastante. Lui era li fermo, impassibile, cosa pensava? Perché si comportava così? Cosa c’era di strano ? in quale giro eravamo finiti? Che gioco ci stava giocando il destino? Le lacrime bagnarono le mie guance rosate che pian piano diventarono nere per via del mascara colato.
Scosse la testa e si diresse verso la porta d’ingresso, ma lo rincorsi e lo abbracciai forte, iniziando a singhiozzare. Non so di preciso perché mi misi a piangere, ero troppo confusa, mi sentivo bene ma allo stesso tempo un completo schifo. Lui mi stringeva, come se non volesse che io lo lasciassi andare, come se io fossi solo sua.
‘’perché, zayn, perchè?’’- stavo delirando. Sentivo un mix di emozioni , troppi ricordi, troppe domande, troppo tutto.
‘’non lo so, vediamo come andrà’’- mi staccò da se e mi fissò intensamente, accarezzandomi la nuca, sorridendo.
‘’ vai a pulirti il viso, è ora di andare a scuola’’
 
 
 
‘’Zayn, che cosa siamo?’’- chiesi continuando a cambiare stazione della radio
‘’ saremo quello che tu vorrai’’
(https://www.youtube.com/watch?v=_9u4Jmtz_ww)
Feci un sospiro profondo.
‘’noi non dovremmo essere niente’’
‘’ sappiamo bene che non può essere così’’
‘’lasciami qui, nessuno dovrà sapere di noi’’
Presi lo zaino e scesi dalla macchina.
Ne avevo ancora di strada da fare, ma preferivo ammazzarmi di fatica che rimanere in quell’auto ad ascoltare il silenzio.
‘’saremo quello che tu vorrai’’. Ma io cosa volevo ? perché ho riaffidato me stessa nelle mani di altri? Perché sto rifacendo quello che non sarebbe mai dovuto accadere? Perché rivolevo vedere qualcuno morire sotto i miei occhi? Perché dovevo stare in silenzio? Perché Madison era diversa dalla vecchia Allison? Perché Allison aveva permesso questo? Perché Madison deve pagarne le conseguenze ? perché Madison portava i ricordi di Allison sulle sue spalle? Perché Madison doveva essere Allison e Allison Madison? Perché io non potevo essere io?
 
 
 
 
‘’ commencent la semaine de récupération, puis, qui, dans ma région, nous allons vérifier après la fenêtre de six heures. ceux qui n'ont rien à, comme chaque année, elle sera à la maison pour une semaine. bonne chance à tous et que vous voyez. (stanno iniziando le settimane dei recuperi quindi, chi ha sotto la mia materia, faremo la verifica dopo le sei ore di sportello. chi invece non ha sotto niente, come ogni anno, starà a casa per una settimana. buona fortuna a tutti e arrivederci.)’’
 rimanere a casa una settimana  per me significava lavoro extra, busta paga più pesante.
Uscii dall’aula per tornare a casa e il telefono squillò.
‘’Madison sono vicino al bar. Ti va di venire con me all’asilo ? c’è la recita di Mike’’
‘’ verrei, ma devo lavorare’’
‘’ ti prego, Mike ci teneva tanto. finiremo in tempo te lo prometto’’
‘’aspettami lì, arrivo’’
Come facevo a dire di ‘’no’’ a quel cucciolo di bambino?
Presi e con passo svelto mi incamminai verso il bar, curandomi che nessuno mi stesse seguendo.
‘’com’è andata? ‘’
‘’ sarebbe andata meglio se quella di francese non avesse urlato tutto il tempo. A te?’’
‘’sarebbe andata meglio se voi avreste studiato di più per il compito’’
‘’ vuoi dire che la mia è andata male?’’
‘’no, ma rispetto agli esercizi che abbiamo fatto a casa sei stata un po’ deludente’’
‘’ hai sprecato tempo per me e ti ho deluso, scusami’’
‘’ tesoro, non si può essere bravi in tutto, ma tu l’altro giorno mi hai fatto cambiare idea’’
‘’ che scemo che sei ! Dai metti in moto che Mike ci aspetta’’
Ci facemmo una risata e partimmo. Fu un viaggio abbastanza divertente : cantammo tuto il tempo, ridendo e scherzando, poi parcheggiammo l’auto. Silenzio
‘’ comunque.. davvero, ieri sono stato bene. Volevo essere dolce, ma … non sono riuscito a controllarmi, scusa’’
‘’ anche io sono stata bene… non devi scusarti’’
Ci fu un momento di imbarazzo. Dio mio, quel ragazzo lo sentivo così mio.
Ci avviammo verso l’entrata e vidi Mike da dietro una finestra salutarci con la sua piccola mano, ricambiammo il gesto e prendemmo i posti a sedere in seconda fila, per vedere meglio. Aspettammo una decina di minuti e poi entrarono in scena. La recita si basava sul tema carnevalesco e si esibirono con canti e balli molto carini. Presi la mia canon e immortalai quel momento, un giorno potrebbe tornar utile e poi, è pur sempre un ricordo.
Finì  prima che iniziasse il mio turno di lavoro, così corsi via, dimenticandomi di Mike. Dopo essermi messa il grembiule mandai un messaggio a Zayn
‘’ scusami se sono scappata così senza dirvi nulla, salutami Mike’’
‘’ c’è rimasto un po’ maluccio.. passa quando finisci da me. Non accetto un no come risposta’’
A quanto pare, non avevo altra scelta.
 
 
 
 
Suonai il campanello ed entrai. Quel piccolo funghetto ricciolo dalle iridi verdi, come smeraldi, mi abbracciò.
‘’ ti è piaciuta la recita?’’
‘’ eri il bimbo più bello, ti ho fatto tante foto sai?’’
‘’ voglio vederle !’’
Ci sedemmo sul divanetto e osservammo tutti quei click, ricordi. Molte persone pensano che i ricordi siano molto distanti dalla vita che si sta vivendo, ma a mio parere non è così. Il ricordo fa parte del passato. Quando passa un secondo, è già parte del passato e, in quel secondo, può esser successo di tutto.
Dalla porta della cucina ne uscì Zayn con addosso solo un paio di jeans, che si passava l’asciugamano tra i capelli bagnati.
‘’Mike, l’acqua è pronta, vai a lavarti’’. Prese quattro paperelle e andò.
‘’ posso vederle?’’
Annuii e si sedette vicino a me.
‘’ sei brava molto brava a scattare foto’’
‘’ sono i soggetti che ci stanno dentro a renderle belle. E se questi non se ne accorgono che li stai fotografando, sono ancora più belle’’
‘’ se noi fossimo i soggetti, saremmo perfetti’’
Un brivido percorse ogni singola parte del mio corpo, ormai non potevo più negarlo, ero fottutamente persa di lui.
Prese la macchina fotografica e girò l’obbiettivo verso di noi. Primo scatto. Mi sforzai a sorridere, ma lui aveva un’ aria cupa.
‘’ dio mio è una foto, mica un funerale ! sorridi un po’ ‘’
‘’ se sorrido vengo male’’
‘’ non diciamo cazzate, il tuo sorriso è stupendo’’
Ci fissammo un attimo e poi scoppiammo a ridere.
‘’ guarda, si fa così’’
Presi le mie piccole dita e, con l’indice, gli presi la parte più esterna delle labbra e gliele tirai su. Secondo scatto. Era davvero buffa come foto.
‘’ vedi, non è poi così difficile’’
E così tra un dispetto e l’altro la macchina, posizionata sul tavolo, stava immortalando quei piccoli attimi.
‘’ smettila di farmi i pizzicotti sui fianchi ! mi fanno il solletico’’
‘’ nah, mi sto divertendo’’
‘’basta ti prego non respiro più’’
Ridevo come una pazza e lo stesso, faceva lui. Finalmente mi lasciò tregua, mi distesi sul divano con il respiro che affannava e lui, si posizionò sopra di me.
‘’ hai detto che le foto vengono migliori se i soggetti non si accorgono di essere fotografati, quindi chiudi gli occhi’’
Li chiusi, e le sue labbra finirono contro le mie. Palancai di colpo gli occhi e mi rialzai, puntandogli il dito contro
‘’ non puoi vincere sempre tu ne tanto meno iniziare ! così non c’è gusto’’
‘’ non sono io che vinco, sei tu che ti perdi ad ogni mio movimento’’
Arrossii talmente tanto che avrei vinto una gara di abbronzatura.
Presi tra la mia mano le sue guance e gli feci un cioppi cioppi e lo baciai  talmente tanto veloce che non realizzò nemmeno il gesto
‘’ credo che finirai tutta la memoria della macchina fotografica’’
‘’ poco importa, sta riprendendo tutto ciò che ora conta’’
Ora era lui che stava perdendo. Avevo vinto, per la prima volta era lui ad essere caduto.
Si avvicinò lentamente  a me facendomi assaporare, ancora una volta, quel raro e stupendo bacio che solo lui sapeva dare, ma la dolce melodia delle nostre labbra fu interrotta dalla voce del piccolo Mike che aveva finito di lavarsi. Risi e allontanai Zayn da me il quale si alzò e andò da lui. Appena sparì nell’altra stanza presi le mie cose e senza dire niente andai via.
Non riuscivo ancora a crederci, un sorriso apparve sul mio volto e corsi via, sembrava tutto così perfetto, così infinito.
spero che la storia vi piaccia, mi farebbe molto piacere se mi lasciaste una recensione :) il mio contatto twitter se vi interessa è @Barbara_Ghidoli


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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


 CAPITOLO 11
Il campanello suonò.
Presi il borsone e mi avviai verso la macchina. Zayn mi salutò con la mano e mi fece segno di caricare nel bagagliaio il borsone e poi salii in auto.
Era la settimana dei recuperi quindi ne approfittammo per partire e andare al mare. Dovevamo staccarci entrambi da quella città. A scuola un ragazzo di terza superiore ci aveva visto a scuola assieme, ha scattato delle foto e ha iniziato a ricattarci di farle vedere a tutta la scuola. Nonostante avessimo pagato la somma di denaro che ci aveva chiesto la voce ha iniziato a spargersi sempre di più fino ad arrivare alla preside e abbiamo semplicemente detto che io sono la baby sitter del fratello del signor Malik e a volte mi dava un passaggio a casa. Per fortuna ci credette.
Non mi interessava l’opinione degli altri semplicemente perché non stavamo assieme, non lo siamo mai stati e mai lo saremo.
‘’zayn, posso mettere la musica? Mi sto annoiando’’
‘’ fai come vuoi’’
‘’con chi l’hai lasciato Mike? Non potevamo farlo venire?’’
‘’con una signora che conosceva mia madre e comunque no, volevo stare con te’’
‘’ quanto manca?’’
‘’ancora un po’ ‘’
‘’ quanto un po’?’’
‘’Madison stai zitta dio santo!’’
‘’ perché mi devi sempre trattare male?!?’’
Inchiodò la macchina in un campo aperto e si voltò verso di me. Avevo paura. Quello sguardo era come quello di tanto tempo fa.  Scese dalla macchina e aprì la mia portiera. Nei suoi occhi era calato il buio e ciò significava solo una cosa: DOLORE. Mi prese per i capelli e mi tirò fuori dalla macchina alla quale poi mi sbatté contro
‘’ zayn lasciami mi fai male!’’. Le mie urla rimbombavano in quel campo isolato.
‘’ quando ti dico che devi stare zitta, devi stare zitta hai capito? Sei solo una puttanella!’’
Gli tirai uno schiaffo, in lacrime e poi le sue iridi nocciola mi fissarono.
‘’Madison ti giuro che non volevo lo sai che..’’
‘’Zayn delle tue scuse non me ne faccio più niente ! non puoi scaricare il tuo odio su di me! Non puoi dirmi ‘’Ti amo’’ e poi darmi della puttana! Non puoi ! che cazzo credi che solo tu hai problemi a sto mondo? Pensavo che in questa settimana sarebbe cambiato qualcosa, ma già da adesso è una merda totale! Mi fai schifo, cazzo, schifo! Sei una merda! Ti odio’’
Le lacrime annebbiarono i miei occhi, trasformando tutto in figure insicure. Sentii due braccia stringere il mio corpo come non avevano mai fatto e due occhi bagnati posarsi sulle mie guance. Per la prima volta sentii in quelle lacrime delle parole, un significato, un sentimento.
‘’ almeno tu, ti prego, non odiarmi. Sei l’unica cosa che mi è rimasta’’
‘’ non puoi controllare i sentimenti degli altri se prima non sai controllare i tuoi.’’
Respirò profondamente, socchiudendo gli occhi e mi baciò. Sentivo le sue labbra tremare per la prima volta e lo stesso le sue grandi mani che cercavano di accarezzarmi il viso.
‘’Madison io ti giuro che in queste due settimane cambierà tutto. Saremo solo io,  te e l’amore’’
Il sangue mi si gelò. Quelle parole, avrebbero segnato la sua fine.


#ammetto che è un po' corto, ma la frase finale a mio parere dava un bell'effetto. spero vi piaccia e che lasciate una piccola recensione.

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


 CAPITOLO 12
‘’ Zayn sono le otto e tu stai cucinando dalle sei o ti muovi o ordino una pizza’’
‘’ ti ho promesso che sarei migliorato e lo voglio fare in tutti i sensi’’
‘’ allora cambia anche il tempo che ci metti per cucinare e poi comunque tu non sai cucinare’’ –risi compiaciuta.
‘’ spiritosa, piuttosto chiama a casa per sentire come sta Mike’’
Chiamai. Quella chiamata fu devastante, la possibilità che Allison torni tra la gente.
 
 
‘’allora, come sta?’’- chiese Zayn mentre versava della birra nei bicchieri
‘’ la signora, ha detto che Mike ha la febbre alta e la gola arrossata. L’ha portato dal dottore e gli han prescritto degli antibiotici’’- dissi a sguardo basso
‘’sarà la solita influenza d’asilo, poi gli passa. Anche se devo dire che Mike si ammala difficilmente’’
‘’lo spero vivamente’’- sospirai
Mi sedetti a tavola, era tutto così invitante, ma più fissavo il piatto meno fame avevo.
‘’ non ti piace? Ammetto che non sono i miglior gnocchi al formaggio di sto mondo, ma sono commestibili’’’
Risi ‘’ nono sono buoni e ti faccio i miei complimenti, ma mi è passata la fame. Scusami’’
Mi alzai e mi diressi verso il bagno. Immersi il mio viso nell’acqua gelida, lasciando che l’acqua bagnasse la mia maglia bianca.
‘’Allison, chiunque, ma non loro’’ – dissi sospirando
‘’ chi è Allison?’’
A quella domanda mi si bloccò il cuore. Non mi ero accorta che Zayn fosse dietro di me. Mi girai, asciugandomi il viso con la maglia, risposi : ‘’ diciamo, la mia coscienza’’.
‘’Madison, andiamo a dormire. Oggi non è stata una bella giornata’’
Annuii.
 
 
 
Non riuscivo a dormire, i sensi di colpa mi stavano divorando.
Presi la giacca di Zayn e uscii, avevo bisogno di aria.
La casa che avevamo affittato stava in centro del piccolo paesino di ‘’Roseto’’ in Abruzzo, avevamo deciso di andare in Italia visto che ne parlavano tutti bene.
Camminavo sul marciapiede, prendendo a calcio una lattina, quando misi in tasca le mani e tra esse mi ritrovai un pacchetto di sigarette. Sapevo benissimo che quelle cose distruggevano le persone, infatti imploravo sempre Zayn di non usarle. Lui non lo sa, ma io a lui ci tengo davvero e l’unico modo per evitare che lui si facesse del male era farle sparire, ma non le buttai. Presi l’accendino e ne accesi una. Avevo già provato a fumare, ma non presi mai il vizio. Poi, ne accesi un’altra e poi un’altra ancora, senza accorgermene: le finii. Avevo la testa pesante, piena di pensieri, dubbi, ma soprattutto, piena di Allison.
Cercavo di essere positiva, pensando che Mike avesse preso solo  una stupida influenza, ma era tutto inutile. Allison stava tornando e me ne resi conto solo dopo tanti anni che una stupida tinta, due lenti a contatto e un nome diverso non avrebbero cambiato nulla.
Raggiunsi la spiaggia e mi sedetti su una sdraio, sulla quale mi addormentai.
Non capivo nulla. Sapevo solo che avevo giocato nuovamente col fuoco, pensando solo a me stessa, segnando la vita di altre persone innocenti.

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


http://www.youtube.com/watch?v=PKSOiNzXs5o 

CAPITOLO 13
Mi svegliai dal ticchettio della pioggia sul mio viso. Mi guardai intorno, smarrita. Non ricordavo nulla di ciò che fosse successo la sera prima. Rimasi un secondo seduta a riflettere quando il mio occhio cadde sulla manica del giubbotto. Era sporca. Piovendo, la macchia non si era assorbita e ci passai su la mano. Guardai i miei polpastrelli, erano di un colore rossiccio. D’istinto, alzai la manica.
‘’Madison, non cambierai mai’’- dissi scuotendo la testa.
Mi alzai e mi incamminai verso casa. La pioggia cadeva a gocce sempre più grosse e la strada era deserta, completamente. L’aria era così forte che ci misi il doppio del tempo per arrivare a casa e, infreddolita, riuscii a malapena a infilare la chiave nella serratura. Aprii.
Era tutto buio, pensavo che Zayn dormisse ancora, ma appena mi girai vidi un viso illuminato da una candela e due occhi rossi. Urlai dallo spavento e cercai di aprire la porta per scappare, ma le mani tremavano e lui con una mano mi tirava verso di sé ‘’ aiuto, aiuto!’’ ripetevo e mi accasciai piangendo
‘’ non farci del male’’- dissi singhiozzando.
Con un soffio spense la candela e la sua mano si posò sul mio viso, mi baciò.
‘’ calmati’’- mi disse con voce ferma e calda e mi ribaciò.
Solo allora capii, ero al sicuro, totalmente al sicuro.
Accese la luce, ma io la spensi subito.
‘’ vedere è abitudine, provare è raro’’ dissi accarezzandogli il viso e le sue mani fecero pressione sui miei fianchi. Mi prese in braccio e poi mi appoggiò delicatamente sul letto e mi accarezzò.
 Ogni suo gesto mi lasciava senza fiato, ma non lo nego:  avevo paura. Ma era ora di finirla con queste paure era ora di cambiare gioco, buttarsi, toccare il fondo, vivere ogni secondo come se fosse l’ultimo, vincere.
Il punto è che  non ci riuscivo, non c’ero mai riuscita, ma in quel momento sentivo di potercela fare.
‘’ non aver paura, non ti farò male’’
‘’ non mi importa, in questo gioco tutto è lecito’’
Stavolta, sapevamo ciò che volevamo. Una mano nei jeans, una sul petto, due labbra appoggiate, lingue sincronizzate e poi giù.
I nostri corpi, bagnati, si erano uniti. Si erano uniti senza paura, per la prima volta.
I respiri erano sempre più sgozzati , ma noi volevamo, volevamo toccare il fondo.
Feci per urlare, ma mi zittì baciandomi. Continuava, senza pietà, ma non reggevo più. Le mie mani, che fino un secondo prima accarezzavano i suoi capelli, finirono sulla sua schiena la quale venne graffiata dalle mie unghie azzurre e urlò. Gli feci talmente male che si alzò sulle ginocchia.
‘’ cristo dio che male! Sei pazza?’’
Scesi dal letto e mi misi alle sue spalle. Passai entrambe le mani sui suoi addominali baciandogli il collo. Si girò verso di me e mi tirò a sé con velocità baciandomi grezzamente, ma lo respinsi e tenni la mano sul suo petto sussurandogli
‘’ vado a farmi la doccia, quando torno voglio la colazione pronta’’
Rimasi sul ciglio della porta, voltata di schiena, accesi la luce e lui stava li e mi fissava con quel sorrisino sexy mentre si leccava le labbra
‘’ non abituarti a vincere, sono io il re di questo gioco’’
Girai solamente la testa e sorrisi
‘’ a volte il re cade e il popolo vince’’.
 
 


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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


CAPITOLO 14
Andai in bagno, mi feci una doccia e, una volta pronta, scesi e un odore di bruciato mi intasò il setto nasale
‘’penso sia meglio andare in un bar’’- disse Zayn
‘’dovevi solo scaldare due brioches!’’-dissi ridendo
Aprii le finestre per far girare aria e ci incamminammo ad un bar non molto lontano
‘’Mad non hai caldo con quel maglioncino? C’è un sole caldissimo!’’
‘’siamo a gennaio(non mi ricordo bene il periodo quindi.) io sono freddolosa’’
In realtà stavo morendo di caldo, ma lui non sapeva che, dopo l’episodio della macchina, mi ero tagliata. Non sarà ne la prima ne l’ultima volta, questo è certo. Le volte che avrei voluto dirgli tutto e niente, parlargli col corpo, lo sguardo, lui mi picchiava. Non rimaneva altro che piangere.
Mi prese la mano, portandomi di nuovo lì con la testa.
‘’noi, non lo abbiam mai fatto, lo sai Mad ?’’
‘’cosa?’’
‘’parlare. Noi non abbiam mai parlato. Ci siamo solamente legati fisicamente, parliamo a monosillabi, io la tua voce, non la ricordo. Ricordo solo le tue urla’’
‘’ Zayn,  non pensarci, lascia che sia il tempo a dirci quando sarà il momento’’
‘’ il tempo è l’angoscia di tutti, il tempo, porta via ciò che dovrebbe rimanere per sempre e io, in questo momento, vorrei abbracciarti, senza farti male’’
Rimasi lì,  impassibile, il tempo aveva portato via ad entrambi chi di più caro avevamo. Noi, non potevamo aspettare, noi dovevamo vivere.
‘’fallo, ora. Non hai niente da perdere’’
‘’proprio ora? E se prima mangiamo? Io ho fame’’
Scoppiammo a ridere e senza accorgermene ero finita tra le sue braccia e mi baciava, ridendo. Io ridevo, lui rideva, ero tra le sue braccia e non provavo nessun tipo di dolore.
 ‘’Mad, scusami per tutto, davvero’’
‘’ di certo se non fosse successo starei molto meglio, ma è anche vero che forse grazie a quelle situazioni non saremmo qui’’
Gli accarezzai la guancia destra, guardandolo negli occhi, senza battere ciglio.
‘’vorrei conoscerti meglio’’
‘’anche io, ma quel poco che so mi basta per capire che la tua pancia vuole solo mangiare’’
Sembrava che procedesse tutto alla perfezione, ma era solo apparenza. Bastò una sola chiamata a rovinare tutto
‘’Madison, dobbiamo partire, adesso!’’
Lasciai una mancia e corremmo via, mano nella mano, prendemmo le valigie e salii in macchina, all’oscuro di tutto, anche se, guardando l’espressione di zayn, capii che qualcosa non andava.
 

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


CAPITOLO 15
‘’Zayn ti prego! Cosa sta succedendo? Rallenta! Vai troppo veloce’’
‘’non posso Mad, dobbiamo raggiungere casa subito!’’
Stringeva così forte il volante, che le vene delle mani erano ben in evidenza. Non capivo, le uniche parole che pronunciava erano ‘’veloce’’ ‘’sto arrivando’’ ‘’possiamo farcela’’. Eppure un presentimento lo avevo, ma no, non volevo crederci.
‘’Mad, promettimi che almeno tu resterai’’
‘’Zayn, che cosa stai dicendo?’’
‘’tu promettimelo e basta’’
‘’ferma la macchina’’
‘’non posso’’
‘’ho detto che devi fermare la macchina’’
Accostò in un campo, precisamente quello dell’andata.
‘’finchè non mi spieghi, io non ho intenzione di partire’’
‘’Mike’’
‘’cosa?’’
Tirò un pugno al volante, facendo suonare il clakzon
‘’zayn..’’
‘’ è in coma, la febbre è aumentata troppo velocemente e non se ne sono accorti’’
Il sangue mi si gelò, ciò che temevo di più al mondo si stava realizzando.
‘’Zayn, questa è una gara contro il tempo e noi la dobbiamo vincere’’
Girò la chiave e premette l’acceleratore, sembrava che avesse capito cosa intendevo. I minuti passavano lenti, ne riuscivi ad assaporare l’ansia tanto da farti mancare l’aria.
Sapevo che sarebbe successo, ma ormai non potevo tornare indietro. La colpa era mia, solo mia, solo di Allison.
 
 
 
 
‘’ dottore come sta?’’- chiese Zayn con voce tremante
‘’la febbre è calata di poco, è ancora in coma, ma dovrebbe farcela’’
Gli mise una mano sulla spalla e se ne andò.
Quel medico, mi ricordava qualcuno.
Eravamo davanti la porta della sua camera, ci guardammo in faccia e annuii. Zayn afferrò la maniglia e delicatamente aprì la porta.
Entrammo e vidimo uno scricciolo, con i riccioli scombinati e i suoi occhi verde smeraldo.. spenti.
Mi strinse forte la mano, poi si avvicinò al letto.
L’odore di quella stanza e quel medico, mi ricordavano qualcosa, ma il punto è che non sapevo cosa.
Guardavo dall’angolo della porta e all’improvviso Zayn esplose a piangere; feci per avvicinarmi a lui, ma all’improvviso, solo per qualche istante, non li vidi più.
Non c’erano più loro: eravamo io e Niall, mio padre adottivo. Fu allora che ricordai.
Le lacrime iniziarono a sgorgar fuori e i gemiti sempre più acuti. Misi una mano davanti la bocca e corsi fuori dalla stanza.
Mi sedetti per terra, continuando a piangere, poi sentii la porta della stanza aprirsi e ne uscì Zayn anche lui in lacrime. Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia, avevo paura di ricordare ancora.
‘’Mad…’’
Mi porse la mano, per aiutarmi ad alzarmi. Mi guardava negli occhi e poi appoggiò la sua fronte sulla mia, per poi appoggiarci le labbra. Chiusi gli occhi. Sentivo le sue lacrime cadere sul mio viso e la cosa mi spezzava il cuore, ero impotente.
‘’Zayn, meglio andare a casa, devi riposare’’
Si staccò e ci incamminammo a testa bassa, in silenzio.
 
 
*rumore di chiavi che cadono*
‘’Zayn lascia, faccio io’’
Aprii la porta ed entrò, io rimasi sullo zerbino e gli consegnai le chiavi
‘’Mad che..’’
‘’ è meglio che stiamo ognuno nelle proprie case’’
‘’ avevi promesso che saresti rimasta, per sempre’’
‘’ho bisogno di stare un po’ da sola’’
Feci due passi indietro e mi girai, ma la sua mano toccò la mia facendomi girare ancora verso di lui, a pochi centimetri di distanza.
‘’ me lo avevi giurato’’
‘’ io…io non ti ho detto che me ne vado, ho solo detto che oggi, è meglio fare così’’
Gli accarezzai il viso e, lentamente, mi avvicinai alle sue labbra sfiorandole con le mie, per poi toccarsi definitivamente con le mie. Fu il bacio più lungo e triste che ci fossimo mai dati.
Mi staccai da lui e sussurrai un misero ‘’scusa’’, che uscì a malapena e corsi via. Avrei voluto rimanere con lui, lo avrei voluto per tutta la vita, ma quella notte Allison doveva pagare.
 
 

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