Il lato oscuro della luna.

di Salice_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ospite. ***
Capitolo 2: *** Una ragione per vivere. ***
Capitolo 3: *** Il male minore. ***
Capitolo 4: *** Su Edren. ***
Capitolo 5: *** La tortura. ***
Capitolo 6: *** La fuga. ***
Capitolo 7: *** Ancora in fuga. ***
Capitolo 8: *** Furia. ***
Capitolo 9: *** Si torna a casa. ***
Capitolo 10: *** Il peggio deve ancora venire. ***
Capitolo 11: *** Vecchi eroi. ***
Capitolo 12: *** Il futuro è incerto. ***
Capitolo 13: *** La vigilia di Natale. ***
Capitolo 14: *** Sull'orlo della follia. ***
Capitolo 15: *** I'll go crazy. ***
Capitolo 16: *** 1497. ***
Capitolo 17: *** Sotto la pioggia. ***
Capitolo 18: *** Confidenze. ***
Capitolo 19: *** The dark side of the Moon. ***
Capitolo 20: *** Il destino ci spezza. ***
Capitolo 21: *** E ritorno da te. ***
Capitolo 22: *** Oblio. ***



Capitolo 1
*** L'ospite. ***



Ciao a tutti! Sono finalmente tornata con il Sequel di "Il mio cuore è gelido come l'inverno."
Per chi non abbia mai letto la FF sopracitata: vi invito ad andarla a leggere per avere le idee più chiare su questa. Sono 20 capitoli e si leggono piuttosto velocemente e in modo scorrevole.
Per chi volesse procedere subito con la lettura di questa storia: all'interno di questo capitolo ho inserito una sorta di breve riassunto dei fatti che dovrebbe far capire cosa è successo in precedenza.
Buona lettura!


L'ospite.

Era una giornata come tutte le altre, mentre il tramonto calava su Tokyo: Zakuro era appena uscita dagli studi di registrazione, decisa a tornarsene a casa. Si sfilò i suoi occhiali da sole scuri e riprese a camminare, mentre il vento freddo di fine novembre le sferzava il volto dai lineamenti perfetti.
Una volta arrivata a casa, chiuse silenziosamente la porta dietro di sé, per poi appendere il cappotto all’appendiabiti. Non aveva bisogno di annunciare la sua presenza: ormai da sei mesi nessuno aspettava più con ansia il suo ritorno.
Si portò lentamente al centro del grande salone, mentre il suo sguardo freddo come il ghiaccio si perdeva in uno dei quadri rappresentanti mari tempestosi che erano appesi alla parete, senza che in realtà lei li vedesse.
Era ormai da sei mesi che il Mew Project si era concluso, e lei e le sue ex compagne si erano completamente perse di vista: avevano smesso di lavorare al Caffè Mew Mew, anche se lei sospettava che Ichigo, Minto, Retasu e Purin continuassero comunque a vedersi. Lei invece, l’ex portatrice del DNA del Lupo solitario, aveva abbandonato tutto, continuando da sola per la sua strada, senza guardarsi indietro; anzi, da mesi ormai evitava deliberatamente il parco Hinoara e la grande costruzione rosa che si ergeva al centro, ovvero il Caffè Mew Mew.
Ma la cosa più importante era che ormai da sei mesi non vedeva più Kisshu, l’unica persona che Zakuro avesse veramente amato. Lei si era innamorata del nemico e lui, durante la battaglia contro Deep Blue, aveva dato la sua vita per salvarla. Zakuro aveva poi compiuto un vero e proprio miracolo riuscendo a riportare in vita Kisshu grazie ai suoi poteri di Mew Mew, ma alla fine, il giorno prima della partenza dell’alieno, la ragazza era fuggita, pur di non essere costretta a dire ‘Addio’ al suo amato.
Da quel giorno, ogni notte l’incubo della morte di Kisshu torna a perseguitarla; Zakuro si sveglia nel cuore della notte, urlando e piangendo disperata, trovandosi distesa nel suo enorme letto, sola.
Zakuro si massaggiò gli occhi con una mano, esausta. “Senza Kisshu mi sembra impossibile andare avanti: tutto procede in una monotonia irreale, tale da farmi credere che io sia sempre in attesa di  qualcosa che non arriverà mai.”
Ma Zakuro era un muro forte e invalicabile, che non sarebbe crollato neppure se sottoposto alle più furiose tempeste; con questi pensieri, si diresse al piano di sopra, per concedersi un meritato riposo.
La sveglia sul comodino segnava le 03:20 del mattino, quando Zakuro venne svegliata da degli spifferi di aria gelida che entravano nella camera. Si alzò a sedere sul letto, voltandosi verso la finestra e notando con stupore un piccolo gattino grigio dagli occhi grandi e incredibilmente azzurri accucciato sul davanzale.
- Ryan! – esclamò stupefatta la ragazza, alzandosi dal letto facendo frusciare la sua camicia da notte di seta color lavanda mentre si affrettava a prendere il gattino tra le braccia e chiudere la finestra. Adagiò l’animale sul materasso e, dopo un secondo, questo venne avvolto da una luce azzurra: quando il bagliore scomparve, al posto del piccolo gattino si trovò un ragazzo alto, bellissimo, dagli splendidi capelli biondi come il grano che gli ricadevano sui gelidi occhi azzurri. Ryan Shirogane, giovane americano ricchissimo, proprietario del Caffè Mew Mew e ideatore del Mew Project.
Questo si voltò verso Zakuro, sorridendole mestamente, prima di mormorare: - Buonasera Zakuro. –
La modella gli restituì uno sguardo vago con i suoi profondi occhi blu, domandando, senza giri di parole: - Che cosa ci fai qui? –
Ryan si passò stancamente una mano fra i capelli biondi, scompigliandoli.
- Ti devo parlare. Ho bisogno che la squadra Mew Mew si ricomponga. -
Zakuro lo osservò aggrottando le sopracciglia sottili. – Non abbiamo nessun nuovo nemico da combattere, però, dico bene? – Affermò la modella. – Non mi è ricomparso il simbolo. –
Ryan sorrise. – Acuta e perspicace come sempre, vedo. –
Zakuro gli sorrise di rimando, e il biondo continuò: - Infatti, per adesso sia io che Kyle crediamo che la Terra non sia nuovamente in pericolo, ma ieri mattina abbiamo ricevuto una e-mail piuttosto preoccupante. –
- Una e-mail? Con scritto che cosa? – chiese Zakuro perplessa.
Ryan non rispose: si limitò ad alzarsi in piedi e prese a frugare nella tasca dei suoi jeans, estraendo poi un foglio di carta piegato in quattro.
- Ecco, leggi. – disse semplicemente, porgendolo alla modella.
Zakuro dispiegò il foglio e cominciò a leggere.
 
Buongiorno, ho provato in mille modi a contattarvi e finalmente spero di aver trovato il modo giusto per farlo.
Non posso rivelarvi tramite e-mail la mia identità, ma voglio solo dirvi che avrei un bisogno urgente di parlare con le ex Mew Mew.
Mi dispiace di non potervi offrire altro che la mia parola come presupposto per fidarvi di me, ma spero che questo vi basti.
La mattina del 29 di novembre del corrente anno, spero di potervi incontrare al vostro ex quartier generale per discutere di quanto ho da dirvi: spero vivamente che accettiate di incontrarmi.
Un saluto.
 
Zakuro alzò gli occhi dalla breve e coincisa lettera, tornando a fissare l’azzurro delle iridi di Ryan.
- Gli alieni. – sillabò lei lentamente, con voce atona.
Il biondo annuì, dicendo: - Anche io e Kyle abbiamo immediatamente pensato a loro, anche perché la squadra Mew Mew non ha altre conoscenze al di fuori dei tre alieni, ma non è da escludere che possa essere qualcun altro. –
La modella sospirò, chiudendo gli occhi, in un attimo di smarrimento; questo, però, durò solo qualche secondo, dopodiché lei restituì il foglio stampato a Ryan.
- Quindi ci dovremo riunire tutti per far fronte a questo imprevisto? -
- Esatto. – rispose il ragazzo. – Ci vediamo alle 6:00 di mattina del 29 al Caffè Mew Mew, e lì aspetteremo il nostro “ospite”. –
Ryan si alzò e si avvicinò alla finestra, ma prima di abbandonare la camera si voltò di nuovo verso Zakuro, seduta compostamente sul letto.
- Prendila come una sorta di rimpatriata, Zakuro. Anche a me fa strano, dopo sei mesi, tornare a queste cose. – aggiunse sorridendo.
Zakuro annuì, mentre le sue labbra carnose si increspavano in un sorriso.
- Va bene Ryan. Io ci sarò. -
Il biondo si tramutò di nuovo in Art, il piccolo gattino grigio, e saltò fuori dalla finestra della camera, mentre Zakuro rimase immobile sul letto, in balia di due splendidi occhi color dell’oro che continuavano insistentemente a farsi strada tra i suoi ricordi.
 
Alle prime ore del 29 di novembre, Zakuro stava uscendo di casa, vestita di tutto punto; per quel giorno aveva annullato tutti i suoi appuntamenti, avendo qualcosa di più importante da fare.
Durante il tragitto da casa sua al Caffè si era imposta di non pensare a chi avrebbe potuto incontrare tra poche ore, ma, si sa, la ragione è solita giocare brutti scherzi.
“Forse è tornato. Ma, se così fosse, per che cosa? Il tono della e-mail era piuttosto allarmato, e di sicuro il mittente è qui per chiederci aiuto. Se davvero fosse Kisshu?”
Seppur contro la propria volontà, Zakuro si ritrovò a pensare all’alieno dai capelli verde scuro e gli occhi dorati, la pelle diafana e il sorriso malizioso. In tutti quei mesi non era riuscita a dimenticarlo e il pensiero che quella mattina potesse incontrarlo dopo tutto quel tempo la rendeva nervosa.
Alle 6:00 in punto, Zakuro alzò lo sguardo, trovandosi di fronte l’imponente costruzione rosa nella quale per più di un anno aveva lavorato sotto copertura: il Caffè Mew Mew.
Prese un profondo respiro, dopodiché aprì la porta. All’interno del locale si trovavano già Minto, Retasu e Purin, che, non appena la videro, le corsero incontro per salutarla.
Negli occhi delle tre ragazze era evidente lo sguardo preoccupato che vi albergava. Dopo un breve silenzio, Zakuro domandò: - Siete già state informate? –
Minto annuì. – Si, sappiamo già tutto. –
- Sono preoccupata: non ho idea di che cosa possa accadere adesso. – fece Retasu, tormentandosi le mani.
La piccola Purin, dal canto suo, accennò un sorriso, esclamando: - Io invece sono contenta del fatto che forse potrò rivedere Taru-Taru! –
Le quattro rimasero ancora qualche minuto a chiacchierare, quando nel locale piombò come una furia una ragazza dai capelli rossi raccolti in due buffi codini, che prese a scusarsi a raffica, cercando di riprendere fiato.
- Ichigo, possibile che anche in una situazione del genere tu riesca ad essere in ritardo?! – la ammonì Minto, profondamente irritata dal comportamento della ex leader delle Mew Mew.
Ichigo si aggiustò la gonna, prima di ribattere: - Buongiorno anche a te Minto, anche io sono felice di vederti! Accidenti, come sei acida! –
Fortunatamente, dai sotterranei spuntarono Ryan e Kyle, ponendo subito fine alla discussione.
- Smettetela di litigare voi due, la situazione è piuttosto seria. – le freddò Ryan con la sua proverbiale arroganza.
Kyle, dal canto suo, rivolse un sorriso radioso alle cinque ragazze. – Buongiorno! Sono felice di rivedervi! –
Passò un po’ di tempo, ma del misterioso “ospite” non c’era alcuna traccia. Ryan se ne stava appoggiato con la schiena al muro, a braccia conserte, Kyle era seduto al tavolo con Purin, Minto era al suo solito tavolino intenta a sorseggiare thè, tentando di nascondere in quel gesto il suo nervosismo. Ichigo era seduta scompostamente sulla sedia, reggendosi il volto con una mano, mentre Zakuro se ne stava dall’altra parte della sala, in piedi, reggendosi i gomiti e lanciando occhiate nervose al grande orologio appeso alla parete: segnava le 7:00.
Trascorsero ancora alcuni interminabili minuti, prima che la porta del Caffè Mew Mew si spalancasse, rivelando sulla soglia una figura umana ma con lunghe orecchie appuntite.
Il cuore di Zakuro perse un battito, ma quando la porta si richiuse e la creatura si fu portata sotto la luce delle lampade al neon, poté constatare che non si trattava né di Pie o Taruto, né tantomeno di Kisshu.
La figura, infatti, era quella di una donna. L’aliena dimostrava una certa età per via delle rughe sottili che le segnavano il volto, ma i tratti del suo viso davano l’idea che la donna da giovane fosse di una bellezza sconvolgente. Ella aveva lunghi capelli verde scuro raccolti in una treccia laterale, che cadeva morbida, e grandi e penetranti occhi grigi; indossava un lungo abito color bianco perla e sulle sue labbra sottili era dipinto un sorriso gentile e cordiale, che tradiva però una certa agitazione.
La donna scrutò i volti di tutti i presenti, prima di prendere la parola. La sua voce era dolce ma decisa.
- Buongiorno ragazzi, io vi conosco, ma voi no, per cui mi presento: io sono Leandra Ikisatashi, la madre di Kisshu. -  



Ed ecco a voi il primo capitolo! Spero di avervi incuriosito. Per favore, recensite, anche in modo negativo: per me il vostro parere è molto importante!
Salice_

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Capitolo 2
*** Una ragione per vivere. ***


Una Ragione Per Vivere.

Un silenzio gelido calò all’interno del locale: l’aliena che si era appena palesata di fronte al gruppo era la madre di Kisshu.
“Non posso crederci.” Pensò Zakuro. “Questa donna è sua madre? Quella di cui lui mi aveva tanto parlato? E perché è qui?”
Ryan fu il primo a riprendersi dallo shock, avvicinandosi all’aliena e tendendole la mano.
- Buongiorno Leandra, io sono Ryan Shirogane, l’ideatore del Progetto Mew. Così è stata lei a contattarci? –
Leandra annuì, prima di rispondere: - Sì, sono stata io, anche se con molte difficoltà, devo ammetterlo. Mettersi in contatto con voi qui sulla Terra non è una cosa molto semplice! –
Kyle si era alzato a sua volta per presentarsi alla donna, mentre le ragazze non riuscivano a fare altro che stare immobili a fissare quell’aliena così simile a Kisshu, sia fisicamente che per il modo di fare.
Dopo aver parlato ancora un po’ con i due americani, Leandra rivolse la sua attenzione alle cinque ragazze.
- E voi invece dovete essere le Mew Mew. –
- Si, sono loro. – confermò Kyle, sorridendo.
Leandra alzò un sopracciglio. – Non sembrano così forti da essere riuscite a sconfiggere Deep Blue. Senza offesa! –
Ichigo si accigliò, ma lasciò correre, passando alle presentazioni.
- Molto piacere signora, io sono Ichigo e loro sono le mie compagne: Minto, Retasu, Purin e Zakuro! – fece la rossa indicando le sue amiche una volta pronunciato il loro nome.
Gli occhi grigi di Leandra si soffermarono in quelli blu di Zakuro, una volta udito il nome della giovane, che sostenne lo sguardo della donna.
Le labbra sottili dell’aliena si piegarono in un sorriso. – Così sei tu la famosa Zakuro. Mio figlio mi ha parlato molto di te. – disse facendo l’occhiolino alla modella.
Zakuro assorbì il significato di quelle parole, scioccata: così Kisshu aveva raccontato a sua madre di lei?
All’improvviso, le tornò alla mente quel giorno di pioggia durante il quale Kisshu aveva espresso la sua felicità al pensiero di far conoscere la madre a Zakuro. Alla ragazza venne da sorridere a quel ricordo, pensando a come, per assurdo, sei mesi dopo si fosse ritrovata in compagnia di quella donna.
Leandra continuò a scrutare Zakuro, ma la modella poté quasi giurare di aver visto un’ombra di tristezza attraversare gli occhi grigi della donna.
Ryan riprese le redini del discorso. – Bene Leandra, ci dica pure il motivo della sua presenza qui; immagino non si tratti di una visita di cortesia. –
L’aliena scosse il capo, facendo ondeggiare la sua lunga treccia, e rispose: - Certo che no. Io mi sono recata qui per chiedere il vostro aiuto: su Edren, il mio pianeta, la situazione è piuttosto critica. Dopo la disfatta di Deep Blue, i nostri tre soldati scelti, Kisshu, Pie e Taruto, sono tornati a casa convinti di essere accolti da eroi, ma così non è stato: il popolo ha sì accettato l’Acqua Mew per rendere florido il nostro pianeta, ma la morte di Deep Blue non è andata giù a molte persone. Il nostro nuovo capo, subentrato subito dopo la sconfitta di Deep Blue, ha convinto la maggior parte della popolazione del fatto che i tre ragazzi fossero dei traditori, responsabili della morte del loro leader e del fatto che la nostra gente non possa tornare sulla Terra. –
Il gruppo rimase a bocca aperta, senza fiatare, fino a che Minto non prese la parola.
- Ma come, alla vostra gente non basta il fatto di aver ricevuto l’Acqua Mew per poter rendere così vivibile Edren? Come fanno a pensare che siano dei traditori? –
Leandra, con voce rassegnata, continuò a spiegare. – Perché le persone si fidavano ciecamente di Deep Blue; in pochi credono che lui non abbia fatto altro che mentire per tutto il tempo e, di conseguenza, vogliono che sia resa giustizia al loro ex capo. In più la nuova leader, Cordelia, è una fidata seguace di Deep Blue, e purtroppo è lei a comandare e decidere le sorti dei nostri tre soldati. –
Ichigo la guardò confusa, domandando: - Il vostro nuovo capo è una donna? –
Leandra annuì, dicendo: - Sì, una donna spietata. Quando Kisshu, Pie e Taruto sono arrivati su Edren si è presa l’Acqua Cristallo in modo da risanare il pianeta e ha condotto loro nelle celle di sicurezza, con l’accusa di alto tradimento della patria. Non c’è stato verso di smuoverla dalla sua idea, e la maggior parte della nostra gente è d’accordo con lei, invocando giustizia. –
- Quindi, lei è qua per chiedere il nostro aiuto? Che cosa vuole che facciamo? – mormorò Ryan, rivolto all’aliena. Lei lo perforò con i suoi penetranti occhi grigi, rispondendo: - Vorrei che voi mi aiutaste a salvare mio figlio e gli altri due soldati da un destino ingiusto e crudele. –
Le ragazze si scambiarono uno sguardo confuso: come avrebbero fatto ad affrontare una missione del genere?
Mentre tutti si ponevano questo interrogativo, Zakuro si avvicinò a Leandra, domandando con voce ferma: - Non ci sta dicendo tutta la verità. –
L’aliena sbatté le palpebre un paio di volte, fissando gli occhi color zaffiro della modella, ma non rispose. Zakuro, interpretando il suo silenzio come un chiaro invito ad andare avanti, proseguì: - Che cosa stanno rischiando Kisshu, Pie e Taruto? Cosa
sta accadendo loro? Me lo dica, la prego. –
Al tono duro e che non ammetteva repliche di Zakuro, la facciata di determinazione di Leandra crollò, e la donna si sciolse in un pianto disperato, coprendosi il viso con le mani affusolate.
In prega ai singhiozzi, rispose: - Mio figlio, Pie e Taruto sono tenuti prigionieri da quando hanno fatto ritorno su Edren; li hanno torturati con ogni mezzo, senza che noi potessimo intervenire. C’è stata l’ultima udienza pochi giorni fa e la corte, comandata da Cordelia, li ha giudicati colpevoli. Verranno giustiziati. –
Con queste parole, Leandra concluse il suo discorso, abbandonandosi alle lacrime di una donna che non ha ormai più speranze.
Le ragazze si portarono le mani alla bocca, inorridite, e le lacrime resero lucidi anche i loro occhi; Ryan e Kyle ricevettero quella notizia con la stessa potenza di un pugno in pieno volto, che li destabilizzò completamente. Zakuro, invece, aveva avvertito qualcosa dentro di lei, all’altezza del suo petto, spezzarsi.
“No, non è possibile. Uccideranno Kisshu.”
Kyle fu il primo a riscuotersi e andò a consolare Leandra, per poi voltarsi verso le ex Mew Mew e chiedere: - La scelta sta a voi ragazze: che volete fare? –
Ichigo prese subito la parola. – Che domande sono? Andiamo su Edren a salvare Kisshu, Pie e Taruto! –
L’aliena sollevò gli occhi pieni di lacrime, guardando le ragazze con immensa gratitudine. – Vi ringrazio. Vi prego, salvate mio figlio! Vi prego! – dopodiché, la sua voce fu nuovamente spezzata dai singhiozzi.
Kyle fece sedere Leandra, offrendole del thé e provando a tranquillizzarla, mentre Ryan passò subito al lato pratico della situazione.
- Allora, adesso dobbiamo elaborare un piano. Per quando è prevista la condanna? –
Leandra, asciugandosi gli occhi, rispose: - Fra quattro giorni. –
Ryan si passò una mano sul mento, pensieroso. – E quanti giorni di viaggio ci vogliono per raggiungere Edren? –
- Due. –
- Come?! – sbottò Purin. – Ma abbiamo pochissimo tempo per agire! –
- Non sono potuta arrivare prima. – si giustificò sconsolata l’aliena. – Ho dovuto trovare il modo più sicuro per contattarvi, così da non essere scoperta, e ho avuto vari problemi a farmi prestare una navicella abbastanza grande per trasportare tutti sul mio pianeta: fortunatamente, fra le persone contrarie al regime di Cordelia ho delle buone conoscenze. –
Zakuro fece: - Quindi l’unica cosa da fare è partire questa notte; non abbiamo alternative. Dobbiamo assolutamente arrivare in tempo. –
- Si ragazze, ma c’è un problema. – fece Retasu inserendosi nella discussione. – Come facciamo ad affrontare questa missione senza i nostri poteri? È ormai dalla battaglia finale che non li possediamo più! –
Il silenzio calò nella sala, ma venne interrotto prontamente da Kyle.
- I geni degli Animali Codice Rosso sono resi inattivi, ma continuano a esistere all’interno del vostro codice genetico; in situazioni di pericolo dovrebbero risvegliarsi. –
- Dovrebbero? – ripeté Ichigo. – E se così non fosse? –
- In tal caso, li salveremo con o senza i nostri poteri. Lo faremo ad ogni costo, con qualunque mezzo. – decretò Zakuro con rabbia.
Le ragazze annuirono alle parole della Mew Lupo e Leandra posò nuovamente il suo sguardo su di lei, mormorandole: - Kisshu aveva proprio ragione quando mi diceva che tu eri una ragazza speciale. –
Nuovamente, Zakuro non rispose al riferimento della donna al figlio tenuto prigioniero, limitandosi a tacere.
Ryan riprese il discorso, dicendo: - Bene ragazze, allora partirete questa notte. Io e Kyle rimarremo qua sulla Terra per controllare la situazione: se ci fossero problemi, troveremo il modo di raggiungervi. Ora andate a casa a prepararvi, ci vediamo alle 22:00 qua. –
Dopo quelle parole, la squadra delle Mew Mew abbandonò il Caffè, ognuna persa nei suoi pensieri sull’inaspettata e imminente partenza per Edren.
 
Era ormai sera e Zakuro era intenta a preparare i bagagli: una piccola valigia con qualche vestito sarebbe stata sufficiente, di sicuro quella che si apprestavano ad affrontare non era una gita di piacere. Durante i preparativi, Zakuro continuava a ripetersi mentalmente, come un mantra, una preghiera: “Ti prego, fa che Kisshu si salvi. Ti prego, fa che vada tutto bene.”
La ragazza poi si diresse al piano inferiore per cercare le ultime cose da inserire nella valigia, quando la sua attenzione fu attirata da qualcosa di insolito: Leandra seduta compostamente sul divano bianco di Zakuro, intenta a guardarsi intorno con evidente curiosità.
La donna posò il suo sguardo sulla modella, in piedi sull’ultimo gradino della scalinata, e le sorrise. – Buonasera cara. Complimenti per la casa, è molto bella! –
Zakuro si avvicinò con tranquillità a Leandra e, accennando un sorriso, buttò lì: - Sa signora, la conosco da poche ore e noto già molte somiglianze tra lei e suo figlio. Anche lui aveva la bizzarra abitudine di teletrasportarsi in casa mia di nascosto. –
Leandra sorrise educatamente, in un misto di orgoglio e ironia, prima di dire: - Mi dispiace di essere piombata in questo modo in casa tua, ma avrei bisogno di parlare con te. –
- Va bene. – acconsentì Zakuro, sedendosi all’altro capo del divano. – Mi dica. –
- Oh, ti prego, dammi del tu Zakuro, mi fai sentire vecchia altrimenti! – fece Leandra per sdrammatizzare e la modella si aprì in un sorriso sincero, annuendo.
- Sai, - cominciò l’aliena tornando seria – mio figlio appena ha messo piede su Edren è stato portato in cella, ma a me, come ai genitori di Pie e Taruto, è stata data la possibilità di vederlo un’ora al giorno, da dietro le sbarre. Da sei mesi viene torturato senza sosta, in pubblica piazza: Cordelia è un’amante della violenza e desidera che i suoi prigionieri siano torturati di fronte agli occhi di tutto il popolo, in modo da rendere ciò un efficace deterrente. Giorno dopo giorno, durante quell’ora di colloquio, vedevo Kisshu fare ritorno nella sua cella sempre più mal ridotto, con ferite sempre più gravi; lo vedevo sputare sangue, vedevo i suoi occhi segnati dai lividi e dalle occhiaie, vedevo i suoi vestiti squarciati dalle frustate, ma mai, MAI, sono riuscita a leggere la rassegnazione nel suo sguardo. E sai perché? –
Zakuro, incapace di parlare, si limitò a fare un cenno di diniego con il capo.
- Perché l’amore che prova per te lo spinge ad andare avanti. Durante le mie brevi visite, oltre che dell’umiliazione subita ad essere torturato in pubblico, passando da eroe a prigioniero, mio figlio mi raccontava sempre qualcosa di te. Mi parlava della tua voce, ferma, rassicurante e soave, o dei tuoi capelli, così belli e morbidi. Poi mi parlava dei tuoi occhi, blu come zaffiri, fieri e penetranti, come mai ne aveva visti in vita sua. Mi diceva sempre che ti ama più della sua stessa vita, e che sei la ragione che lo spinge ogni giorno a sopportare le oppressioni dei potenti e le umiliazioni; vuole resistere per tornare sulla Terra e vederti di nuovo. –
Leandra terminò il suo discorso e continuò a fissare Zakuro, che però non parlava: era troppo scossa per poter proferire parola. Dopo alcuni minuti di silenzio, la donna si alzò con tutta l’intenzione di andarsene e lasciare la modella a riflettere in tutta tranquillità, quando la voce di Zakuro la raggiunse.
- Perché mi stai dicendo questo? Vuoi farmi sentire in colpa per non aver salutato per un’ultima volta Kisshu prima della sua partenza? È questo che vuoi? –
Leandra si voltò nuovamente verso la ragazza, sinceramente turbata.
- No Zakuro, non sto cercando di smuovere la tua coscienza: probabilmente, avrai avuto le tue buone ragioni per non voler dire addio a mio figlio. Ciò che voglio farti capire è l’amore che lui prova per te e come tu sia diventata l’unica ragione che lo tiene in vita. –
E, con queste ultime parole, Leandra si smaterializzò, lasciando Zakuro seduta sul suo divano bianco, in balia del sorriso di Kisshu che continuava a farsi spazio nella sua mente.


Ecco a voi un nuovo capitolo! Per favore, recensite in tanti!
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Capitolo 3
*** Il male minore. ***


Il Male Minore.

Le cinque Mew Mew, Ryan, Kyle e Leandra si trovavano finalmente riuniti al Caffè Mew Mew, armati di valigie e di determinazione, pronti ad una nuova missione.
Zakuro non aveva smesso per un attimo di pensare alle parole dell’aliena, e non riuscì a fare a meno di colpevolizzarsi.
“Ho sempre cercato di agire al meglio, scegliendo sempre la cosa più giusta da fare, non quella più facile. Ma ora che mi trovo davanti all’eventualità che Kisshu non possa farcela, mi rendo conto di quanto avrei voluto potergli dire addio, senza che un destino ingiusto riuscisse a strapparlo via dalla vita.”
Zakuro venne riscossa dai suoi pensieri da Ryan, che stava augurando buona fortuna alla squadra.
- Mi raccomando ragazze, tornate sane e salve. Io e Kyle vi aspetteremo qui. –
Con queste parole si congedarono, e Leandra, con un semplice schiocco di dita, smaterializzò le cinque ex paladine e lei stessa all’interno di una fitta radura, in mezzo alla quale, perfettamente nascosta dalla boscaglia, si trovava una grossa astronave.
Le ragazze rimasero per un attimo a contemplare quell’immensa struttura extraterrestre, prima che la donna le invitasse ad entrare, precedendole all’interno della navicella. Inaspettatamente, una volta dentro si aveva l’idea di ritrovarsi in un vero e proprio appartamento: c’era un piccolo salottino, reso più vivace da alcune piante qua e là, con un divano, due poltrone e un televisore.
- Wow! – esclamò Purin, meravigliata, e Leandra sorrise benevola.
- Venite ragazze, vi mostro le vostre camere. – disse prima di precedere le cinque lungo uno stretto corridoio, che portava a tre porte; l’aliena aprì due di quelle, rivelando una camera con due letti singoli e un’altra con tre.
- Dividetevi nel modo che preferite: per qualsiasi cosa sappiate che mi troverete o nella sala comandi o nell’altra stanza, qui a fianco. Ora vi lascio da sole, in modo da sistemarvi, mentre io comincerò le manovre per il decollo. –
Con questo, Leandra sparì lungo lo stesso corridoio dal quale erano arrivate, lasciando le Mew Mew lì con i loro bagagli.
- Io sto con Zakuro! – saltò su Minto esaltata, facendo un passettino verso la modella, che annuì senza grande interesse.
- Ok, allora io, Retasu e Purin staremo nella camera da tre. – fece Ichigo.
Dopo essersi così divise, le ragazze si ritirarono nelle rispettive stanze, cominciando a disfare i bagagli.
La navicella si muoveva nell’atmosfera in maniera così fluida che nessuna si accorse di essere decollata, se non quando Retasu si affacciò incuriosita ad uno degli oblò, per poi lanciare un urletto.
- Ragazze, guardate qua! –
Le cinque si riunirono attorno alla compagna nel salottino, accalcandosi attorno al finestrino, per assistere così ad uno spettacolo mozzafiato: la Terra, il loro pianeta, che pian piano si allontanava, mentre loro erano dirette verso un luogo sconosciuto.
Le Mew Mew rimasero ancora un po’ a bighellonare in sala, fino a che Ichigo, Minto, Retasu e Purin non decretarono di essere stanchissime e si diressero così in camera. Zakuro, che era troppo turbata dai suoi incessanti pensieri per poter riuscire a dormire, decise di aggirarsi un po’ nella navicella, giungendo fino alla porta chiusa della sala comandi. Una volta lì, neppure lei seppe quale strana forza la spinse ad abbassare quella dannata maniglia, ma sta di fatto che entrò nell’abitacolo, trovando Leandra seduta al posto di comando, intenta a pilotare l’astronave.
La donna non lasciò nemmeno a Zakuro il tempo di annunciare la sua presenza.
- Non hai sonno tesoro? –
Zakuro scosse la testa. – Veramente sono troppo agitata per riuscire a dormire e ho pensato di fare un giro; forse, però, ora è meglio che io me ne vada. –
- Oh no, sciocchezze! – fece Leandra agitando freneticamente una mano di fronte a sé – A me farebbe piacere se tu rimanessi qua a farmi compagnia. Vieni, siediti pure. –
Zakuro, allora, si avvicinò lentamente, per poi prendere posto sul sedile del passeggero e cominciare a scrutare lo spazio che si estendeva attorno a lei.
Leandra ruppe il silenzio: - Non capita tutti i giorni di assistere ad uno spettacolo simile, vero? –
- Direi di no. – concordò Zakuro.
La ragazza si soffermò poi a studiare con la coda dell’occhio la donna seduta accanto a sé. Le mani dalle dita lunghe e affusolate, ma attraversate dalle rughe, segnate dal tempo; il viso provato dalla sofferenza, contratto in una maschera di indifferenza e concentrazione; gli occhi grigi attenti e vigili, ma velati da una tristezza struggente, che fece provare alla modella la sensazione che il suo cuore venisse stretto improvvisamente in una morsa metallica. Per questo insieme di cose, forse, Zakuro fu spinta a cercare di rassicurare, in qualche modo, Leandra.
- Vedrai, salveremo Kisshu. –
A quelle parole la donna si voltò verso Zakuro, fissandola negli occhi blu, e, inaspettatamente, sorrise.
- Lo spero. Kisshu è un ragazzo molto forte e testardo: tra i tre è quello che fino ad ora ha dato più problemi a Cordelia. –
- In che senso? – domandò Zakuro inarcando un sopracciglio.
Leandra sospirò: - Nel senso che, nonostante le torture e le umiliazioni subite, mio figlio continua ogni giorno ad entrare nell’Arena a testa alta, guardando Cordelia negli occhi, quasi volesse sfidarla a fare di più. Taruto, povera stella, è ancora piccolo, non è altro che un bambino; Pie invece, nonostante sia per natura freddo e distaccato, continua a piegarsi innanzi agli affronti subiti. Io rimprovero sempre mio figlio per questo suo modo di fare, sai, ho paura che Cordelia possa prendere la sua arroganza molto sul personale, ma non so cosa farci: in quello, purtroppo, lui ha preso tutto da suo padre. –
Zakuro rimase per un po’ in silenzio, prima di porre la sua domanda, quella che più la opprimeva.
- Mi sarà possibile vedere Kisshu? Prima della condanna, intendo. –
Leandra distolse lo sguardo dalla strada per posarlo in quello color dell’oceano della modella, leggendovi dentro preoccupazione e frustrazione in quantità di molto superiore a quanto realmente la ragazza non esprimesse a parole.
- Per la buona riuscita del piano, è bene che lui non riceva le vostre visite, anzi: a questo proposito, ti dico che tu e le tue compagne dovrete passare inosservate, nascondendovi sotto i mantelli tipici di Edren. I rivoltosi ci aiuteranno, ma il resto della gente non deve assolutamente essere al corrente della vostra presenza qui. –
- Capisco. – fece semplicemente Zakuro annuendo e facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli scuri. Senza alcun preavviso, poi, Leandra poggiò la sua mano anziana su quella giovane e tonica della ragazza, che alzò lo sguardo su di lei, incontrando i suoi occhi grigi.
- So che tu ami mio figlio, e averti qui, disposta a correre rischi inenarrabili per la sua salvezza, mi riempie il cuore di una speranza che ormai da mesi avevo creduto di aver perso. –
- E’ il minimo che io possa fare. – rispose Zakuro rivolgendo la sua attenzione al paesaggio che scorreva fuori dal finestrino. – Kisshu ha sacrificato la sua vita per salvarmi durante la battaglia contro Deep Blue: amare una persona è cercare di proteggerla ad ogni costo, con ogni mezzo. Così come lui ha fatto con me. –
Dopo un attimo di esitazione, riprese: - Pur di rivedere, anche se solo per un secondo, i suoi occhi e il suo sorriso, e sentire di nuovo la sua voce, sono disposta a morire su un pianeta sconosciuto e ostile. Penso che morire per la persona che si ama, sia un buon modo per andarsene. –
Leandra, con gli occhi umidi di lacrime, accarezzò una guancia di Zakuro con fare materno, cosa che la fece sussultare impercettibilmente.
- Non hai mai smesso di amarlo, vero? –
La ragazza fece un gesto di diniego. – No, mai. Lui è la mia vita: come potrei smettere di amare la mia stessa vita? –
L’aliena, commossa dai forti sentimenti che quella ragazza terrestre provava per il suo unico figlio, lasciò cadere il discorso, tornando a rivolgere la sua attenzione alle operazioni di pilotaggio. Si impegnò nel suo compito con un’attenzione meticolosa, quasi maniacale, fino a che il suo sguardo argentato non fu attirato dalla modella, che si era addormentata sul sedile del passeggero, i capelli che le ricadevano sul volto perfetto e le mani appoggiate morbidamente in grembo.
Leandra sorrise dolcemente, mormorando, più a se stessa che a qualcuno in particolare: - Buonanotte Zakuro. -


Chiedo venia per l'enorme ritardo, ma sono stata molto occupata con la scuola. Questo breve capitoletto è di passaggio, ma getta le basi per quello che sarà il prossimo capitolo!
Recensite in tanti ^^
Salice_

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Capitolo 4
*** Su Edren. ***


Su Edren.

Il viaggio dalla Terra fino ad Edren durò due giorni esatti; due giorni durante i quali non accadde nulla di particolarmente rilevante, dal momento che le Mew Mew continuavano a sentire la tensione aumentare e quindi, solitamente, si chiudevano in infrangibili silenzi.
La notte del secondo giorno di viaggio, poi, la navicella spaziale atterrò su una base che pareva essere posizionata nel sottosuolo. Una volta che i motori furono spenti, Leandra si avvicinò alle ragazze, tutte in piedi nel salottino con gli sguardi evidentemente agitati, e cominciò a porgere loro dei lunghi mantelli con tanto di cappuccio.
- E’ necessario che li indossiate: in questo modo nasconderete l’assenza di lunghe orecchie e non attirerete su di voi l’attenzione. -
Le ragazze indossarono diligentemente il loro nuovo indumento: Ichigo aveva un mantello porpora, Minto blu notte, Retasu verde scuro, Purin arancione e Zakuro di un viola quasi nero. Leandra si assicurò che le ragazze avessero tirato su il cappuccio in modo da farlo ricadere parzialmente anche sugli occhi, prima di rivolgere loro un sorriso rassicurante; dopodiché, aprì lo sportello della navicella e il gruppo uscì.
Effettivamente, si trovavano sotto il suolo: alzando lo sguardo, infatti, si potevano notare delle crepe che lasciavano intravedere una piccola porzione di cielo, di colore rosso acceso.
Leandra, quasi fosse riuscita a leggere nella mente delle Mew Mew, disse: - Siamo dovute atterrare in questa vecchia base sotterranea per non essere viste. Tra non molto dovremo incontrare gli altri. –
- Gli altri chi? – chiese Ichigo preoccupata, ma la donna non ebbe il tempo di rispondere.
In quel momento, infatti, da una buia galleria spuntò un gruppo composto più o meno da una trentina di alieni, che si avvicinarono con un misto di gioia e curiosità a loro.
- Leandra, finalmente sei tornata! – esclamò una donna dai lunghi capelli rossi andando incontro a lei. – E hai anche portato le ragazze! -
Le cinque Mew Mew non stavano capendo nulla della situazione nella quale si erano ritrovate, ma, ancora una volta, Leandra venne loro in aiuto.
- Ragazze, questi sono gli altri che, come me, si oppongono al regime di Cordelia; ovviamente, dobbiamo agire in gran segreto. Non siamo in molti, ma potrete contare su di noi. -
Mentre quelle persone cominciavano a fare conversazione con le cinque ragazze, parlando come se finalmente le loro più remote speranze si fossero realizzate, dal gruppo si staccarono due persone, un uomo e una donna, e si avvicinarono a loro.
Lui era un alieno di mezz’età, alto e robusto, con capelli brizzolati e occhi di un viola molto intenso; lei, invece, era una donna minuta dai corti capelli biondi e occhi castani.
L’uomo fu il primo a parlare. – E così voi siete le Mew Mew. Speravamo che decideste di raggiungerci. –
Le ragazze non risposero, guardando la coppia con aria interrogativa, fino a che Leandra non si decise a dare delle spiegazioni.
- Ragazze, loro sono Alexander e Dyana, i genitori di Pie e Taruto. -
Le Mew Mew rimasero a bocca aperta: per loro era già stato strano vedere Leandra, ma non immaginavano minimamente di incontrare anche i genitori degli altri due alieni.
“Be’, ma è normale che anche loro siano qui: i loro figli sono tenuti prigionieri e rischiano di morire.” Pensò Zakuro, dandosi mentalmente della stupida.
Dyana prese la parola. – Grazie per essere venute. Ora, però, immagino che sarete stanche: noi possiamo ospitarvi a casa nostra, abbiamo dello spazio. –
Leandra annuì. – Già, casa mia è piccola e non c’è abbastanza posto per tutte e cinque; vi toccherà dividervi nuovamente. –
Dopo qualche breve scambio di parole, Ichigo, Minto e Purin decisero di andare con Alexander e Dyana, mentre Zakuro e Retasu sarebbero state ospitate da Leandra. Si congedarono dal resto dei rivoltosi e, ostentando indifferenza, uscirono in superficie.
Edren era, agli occhi delle Mew Mew, stranissimo: il cielo, infatti, era tinto di una curiosa tonalità porpora e le case erano tutte rigorosamente bianche con porte, finestre e infissi blu. Erano sbucati in una zona piuttosto centrale e attorno a loro si stendeva una lunga via piena di bancarelle e negozi di ogni genere, alcuni dei quali anche piuttosto insoliti. Guardando più in là, si poteva notare una catena di montagne rocciose dai cucuzzoli acuminati e, dal lato opposto, una grossa distesa di acqua cristallina, ma di un insolito colore lilla. Le fronde degli alberi non erano verdi e rigogliose, ma ricordavano molto quelle delle piante terrestri durante l’autunno, con colori come il rosso, l’arancione e il marrone, nonostante sugli alberi prosperassero strani frutti e fiori coloratissimi. Per molti aspetti, Edren era simile alla Terra. “Credo che gli abitanti di questo posto abbiano cercato di ricreare gli elementi del pianeta Terra ai quali erano più affezionati.” Ponderò Zakuro soffermandosi a fissare dei grossi alberi carichi di fiori azzurri che si buttavano a picco sul mare, creando un bellissimo gioco di colori in quell’immenso specchio violetto.
- Allora, vi piace Edren? – domandò sinceramente interessata Dyana, riportando le ragazze con i piedi per terra.
- Si, è molto particolare, ma non è poi troppo diverso dalla Terra. – rispose Ichigo titubante.
- Avrete modo di vederlo meglio domani. – fece Alexander con tono incolore, lo stesso tipico di Pie. – Ora è meglio avviarci verso casa. –
Gli otto si salutarono così e il gruppo si divise, con Ichigo, Minto e Purin che seguivano i genitori di Pie, e Retasu e Zakuro al fianco di Leandra.
Dopo pochi minuti di cammino, il terzetto giunse di fronte ad una tipica casetta di Edren, dall’aspetto umile ma accogliente.
Leandra posò il palmo della mano su un sensore sopra alla porta, che si aprì con un “bip”, e invitò le altre due a entrare. – Prego, fate pure come se foste a casa vostra! –
Zakuro e Retasu entrarono e la Mew Lupo pensò immediatamente a quanto fosse carina quell’abitazione, nonostante non fosse di certo grande come la sua villa. I pavimenti erano in legno levigato e lucidato e le pareti color crema; c’era un piccolo salottino con un televisore, un divano e alcuni pouf dai colori delicati. Oltre un arco, si poteva scorgere una piccola cucina, in mezzo alla quale troneggiava un tavolino in legno che avrebbe potuto ospitare al massimo quattro persone.
- E’ un po’ piccolina, ma in tre dovremmo starci. – buttò lì Leandra con un leggero imbarazzo. – Non è proprio come casa tua Zakuro, mi spiace. -
Zakuro sussultò, per poi voltarsi verso la donna e rivolgerle un sorriso rassicurante.
- Non ci sono problemi, staremo sicuramente benissimo. -
Retasu annuì alle parole della modella e Leandra, ora molto più tranquilla, disse: - Bene, allora adesso vi accompagno al piano di sopra nelle vostre stanze e poi preparo velocemente qualcosa da mangiare, in modo che possiate andare presto a letto per riposare. –
E con questo, la donna fece strada alle due per una piccola scalinata in legno, fino ad arrivare al piano di sopra, dove si trovava un corridoio con quattro porte, due su ogni lato. Aprì la prima porta a sinistra e si rivolse a Retasu: - Questa è la camera degli ospiti, tu potresti accomodarti qui gioia! –
- V-Va bene! – rispose la Mew Focena in evidente imbarazzo; dopodiché, quella scivolò in camera per posare il suo bagaglio e farsi una doccia rigenerante.
Leandra, rimasta sola con Zakuro, la guidò fino alla fine del corridoio, di fronte all’ultima porta sul lato destro, e disse: - Questa è la camera di mio figlio. Non penso sia un problema per te passare la notte qui. –
- No, assolutamente. – rispose Zakuro, mentre il suo cuore la tradiva, cominciando ad accelerare i battiti.
Leandra, allora, aprì la porta e fece segno alla ragazza di entrare, per poi comunicare: - Di fronte c’è camera mia e di fianco a te il bagno; ora è meglio che vada a cucinare qualcosa, altrimenti si fa troppo tardi. Vi do una voce quando è pronto! – In pochi secondi, la donna si allontanò, lasciando la modella da sola di fronte alla camera di Kisshu.
“Va bene, entriamo.” Si intimò mentalmente prima di afferrare la sua valigia, entrare e richiudersi la porta alle spalle.
La camera di Kisshu era abbastanza grande: al suo interno si trovava un letto singolo dalle lenzuola azzurrine, una scrivania in legno che ospitava pile di libri sparsi alla rinfusa. In un angolo della stanza si trovava una poltrona massaggiante e sull’altra parete un piccolo armadio, anch’esso in legno, e uno specchio piuttosto grande. Le pareti erano color crema e il pavimento di legno, come nel resto dell’abitazione.
Zakuro abbandonò il suo bagaglio vicino alla porta e si sedette automaticamente sul letto morbido, mentre le sue narici venivano invase all’istante dal profumo di Kisshu. La ragazza, con un nodo alla gola, prese così a guardarsi intorno, notando per prima cosa una fotografia solitaria, in una cornice dorata, appoggiata sul comodino. Zakuro la prese in mano per osservarla meglio: essa ritraeva una donna giovane e bellissima, dai lunghi capelli verde scuro che le scendevano fino al bacino e che doveva essere sicuramente Leandra, di fianco ad un uomo alto e dal fisico tonico, con un sorrisetto sornione che lasciava intravedere un canino ad increspargli le labbra sottili, capelli blu scuro raccolti in un codino laterale simile a quello che portava Pie e, cosa che la colpì di più, splendidi occhi color dell’oro.
- Il padre di Kisshu. – mormorò Zakuro nel silenzio solitario della stanza, guardando il ragazzo che sorrideva all’obiettivo passando un braccio attorno alle spalle di una giovanissima Leandra.
In mezzo ai due, poi, c’era un bambino dall’aria molto dolce: il suo viso era piccolo ma dagli zigomi alti, incorniciato da capelli verde scuro raccolti in due corti codini laterali. Gli occhi dorati del bimbo sorridevano insieme alle sue labbra, incurvate in un sorriso spontaneo, mentre il bambino si stringeva ai due genitori.
Una lacrima indesiderata abbandonò le ciglia di Zakuro, per poi arrestarsi sulle lenzuola, alla vista di Kisshu da piccolo assieme alla sua famiglia, prima che il lutto del padre sconvolgesse la sua vita.
Zakuro non seppe esattamente per quanto tempo rimase in quella posizione, seduta sul letto del suo amato, con quella fotografia tra le mani, persa in un piccolo limbo di oblio e disperazione; seppe soltanto che venne riportata alla realtà da Retasu, che era venuta a comunicarle che aveva appena finito di fare la doccia.
- Grazie Retasu, allora vado subito. – mormorò Zakuro fingendo indifferenza e cominciò a prendere le cose necessarie per lavarsi, per poi chiudersi in bagno. Si infilò sotto il getto di acqua tiepida e lasciò che questa le scorresse per un po’ sui lunghi capelli, sul collo, tra i seni, fino giù, sulla sua pancia piatta e le sue lunghe gambe. Qualcosa bagnava anche le sue guancie, ma non si trattava di acqua dolce: al contrario, questa era salata. Zakuro piangeva silenziosamente lacrime amare, che rigavano il suo volto senza che dalla sua bocca fuoriuscissero singhiozzi. Il dolore più grande è quello di chi piange in silenzio.
Dopo essersi lavata, uscì dalla doccia, si asciugò, indossò una camicia da notte e prese a frizionare i suoi lunghi capelli viola, prima di completare l’opera asciugandoli con il phon. Non appena posò il marchingegno sul lavabo, la voce di Leandra giunse insistentemente alle sue orecchie dal piano di sotto.
- Ragazzeee! È pronto!! -
Zakuro uscì in fretta dal bagno, mentre Retasu chiudeva la porta della sua stanza, e le due si incamminarono di sotto insieme.
“Leandra è una donna molto alla mano.” Rifletté Zakuro mentre scendeva i gradini in legno “Ed è dolce e premurosa, nonostante la sua apparenza energica; è una mamma. Quanto avrei voluto che la mia fosse così.” Si ritrovò a pensare la ragazza, provando per la prima volta una sorta di invidia nei confronti di Kisshu.
- Ah eccovi, finalmente! Venite, che si fredda! – esclamò Leandra vedendole arrivare in salotto e le precedette in cucina. Il piccolo tavolino era stato decorato con una tovaglia rosa antico e lì erano stati disposti tre piatti. La padrona di casa si sedette a capotavola, con Retasu alla sua destra e Zakuro a sinistra.
- Spero che vi piaccia quello che ho preparato. È un piatto molto semplice: una sorta di minestrone fatto con erbe e piante particolari che crescono sul nostro pianeta. È nutriente ma, allo stesso tempo, concilia anche il riposo. – spiegò Leandra indicando le scodelle, contenenti un denso liquido bluastro, per poi cominciare a mangiare. Le due ragazze si lanciarono un’occhiata obliqua, poi Zakuro immerse il cucchiaio nel liquido e assaggiò, dovendo ammettere che quel cibo era proprio buono: saporito al punto giusto ma con un qualcosa che le ricordava il gusto del pollo. Retasu aveva imitato la modella, e anche lei osservava il piatto con espressione stupefatta.
Le due ragazze dissero all’unisono: - E’ molto buono! –
- Sono contenta che sia di vostro gradimento! – fece Leandra sorridendo e soffiando su una cucchiaiata di zuppa.
Una volta terminato il pasto e aver sparecchiato, Retasu e Zakuro diedero la buonanotte alla donna, per poi recarsi di sopra, stanche e con l’intento di concedersi un sonno ristoratore. In corridoio, Retasu disse a Zakuro: - La mamma di Kisshu è una persona molto piacevole, vero? –
La modella annuì. – Già. Anche se la conosco poco, penso sia un’ottima madre oltre che una brava persona. –
- Zakuro? – la richiamò la compagna, mentre la Mew Lupo stava già entrando nella camera di Kisshu.
- Si? Dimmi. –
Retasu prese a torcersi le mani, imbarazzata. – Stai tranquilla, lo salveremo. –
Zakuro si voltò per fissarla con i suoi occhi blu e le venne quasi da sorridere.
- Ne sono sicura. Ho un’espressione così disperata? -
La ragazzina fece un passo in avanti verso la modella. – No, so che tu cerchi sempre di nascondere quello che provi, ma in questo caso è evidente che tu sia preoccupata e in ansia. Dopo quello che c’è stato tra di voi, mi stupirei se così non fosse. – mormorò – Andrà tutto bene. –
Zakuro rimase per qualche secondo in silenzio, la mano sulla maniglia, prima di rispondere freddamente: - Grazie Retasu. Buonanotte, a domani. – E sgusciare in camera, nella sua amata solitudine. Come un automa, si infilò tra le coperte nelle quali aveva dormito Kisshu e ben presto si abbandonò ad uno sonno senza sogni, ad eccezione della voce ben conosciuta dell’alieno dagli occhi dorati che invocava il suo nome.
… Zakuro…
 
Il giorno dopo, le ragazze si erano alzate di buon ora, avevano fatto colazione e si erano vestite, indossando poi i loro mantelli, per vedersi con le altre, con le quali avevano appuntamento davanti alla casa di Alexander e Dyana. Una volta giunte davanti all’abitazione, trovarono i genitori di Pie e Taruto, Ichigo, Purin e Minto che le aspettavano. I tre alieni decisero di portare le ragazze a fare un giro nel centro della cittadella, in modo che conoscessero un minimo il loro mondo.
Erano le prime ore del pomeriggio, e Zakuro notò come l’espressione di Leandra fosse lentamente mutata da serena a rigida, come se stesse aspettando che accadesse qualcosa; anche Alexander e Dyana sembravano a disagio.
- Qualcosa non va? – mormorò Ichigo a Minto cercando di non farsi sentire dagli adulti.
- Non lo so. – rispose la moretta – Ma c’è molta tensione nell’aria, non capisco il motivo. –
La domanda generale delle Mew Mew ottenne risposta pochi minuti dopo, quando delle trombe cominciarono a suonare e la folle interruppe di botto tutto ciò che stava facendo.
- E’ l’ora. – disse lentamente Dyana, cercando la mano del marito come a richiedere protezione.
Leandra si avvicinò ad Alexander e mormorò: - Sei sicuro che sia giusto far assistere le ragazze ad una cosa simile? –
L’alieno brizzolato annuì con convinzione, rispondendole: - Devono sapere a cosa vanno incontro. –
Le Mew Mew continuavano a scambiarsi sguardi confusi; Leandra si avvicinò a loro con fare grave e parlò.
- Ascoltatemi bene: ciò a cui state per assistere è tutt’altro che piacevole, ma pensiamo che mettervi di fronte alla realtà nuda e cruda sia molto più efficace di mille parole. Seguiteci. -
Le ragazze erano scioccate, ma non esitarono quando i tre alieni cominciarono a muoversi insieme alla folla.
Dopo pochi minuti di cammino, si ritrovarono nella piazza centrale della città, dove al centro si stagliava una specie di enorme campo di battaglia, coperto da una cupola luminosa, che doveva essere sicuramente opera di qualche potere alieno. Molte persone si stavano già sistemando sugli spalti al di fuori della cupola, come se si preparassero ad assistere ad una partita di calcio; l’unica differenza, era che sui loro volti era dipinto l’orrore.
Leandra si rivolse nuovamente alle ragazze.
- Questa è l’Arena: qui vengono torturati i prigionieri di Edren. -
Le cinque trattennero il respiro all’unisono.
La prima a riacquistare l’uso della parola fu Zakuro, che sussurrò: - Vuoi dire che ci hai portate qui per assistere alla loro tortura? –
Leandra non rispose, e continuò: - Statemi a sentire: vedete quelle guardie? – disse indicando un punto alle sue spalle. Sporgendosi, le Mew Mew notarono la presenza di una cinquantina di alieni completamente vestiti di nero, con tanto di elmetto e scudo.
- Loro vi obbligheranno a prendere posto sugli spalti: qui tutto il popolo è obbligato ad assistere a questa scena ogni giorno. – prese a spiegare la donna. – Non ribellatevi, o passerete dei guai seri. Non parlate con nessuno, per nessun motivo. Noi non potremo rimanere con voi. -
Purin impallidì. – Quindi ci lascerete qui da sole? –
Dyana accarezzò la testolina bionda della bambina da sopra al cappuccio, sputando con stizza: - Noi tre siamo obbligati ad entrare nell’Arena. Vogliono che le famiglie dei traditori assistano in maniera molto ravvicinata alle torture, all’interno di gabbie che annullano l’effetto dei nostri poteri, come quella grande cupola del resto. –
Le guardie si stavano lentamente avvicinando al gruppo, e Leandra soffiò con tono quasi impercettibile: - Una volta finito, noi ci recheremo nelle celle per il colloquio; voi andate sotto casa mia e aspettateci lì. –
Una volta terminata la frase, tre guardie afferrarono in malo modo la madre di Kisshu; altri alieni fecero lo stesso con Alexander e Dyana, conducendoli all’interno della cupola e, successivamente, all’interno di gabbie costituite da vetrate trasparenti, una per ognuno.
Altre guardie presero a spintonare le ragazze fino agli spalti e loro, con il cuore in gola, si arrampicarono fino a raggiungere i posti più alti, dai quali si aveva una visione completa dell’Arena. Nessuna era in grado di parlare, tanta era la paura che attanagliava il loro cuore. Si trattava di qualcosa di indescrivibile, mai provato prima.
“Ti prego, fa che sia tutto un incubo.” Si ritrovò a pregare disperatamente Zakuro.
Quel giorno, purtroppo, le sue preghiere non sarebbero state ascoltate.
Un tappeto rosso comparve dal nulla in mezzo all’arena, le persone che erano rimaste in piedi senza trovare posto cominciarono a scansarsi rapidamente, inchinandosi al passaggio di qualcuno. La figura indistinta si fece largo tra la folla ed entrò nella cupola, prendendo a camminare sul tappeto rosso ed entrando così nella visuale delle Mew Mew.
Si trattava di un’aliena bellissima, alta e slanciata, con lunghi capelli neri dai riflessi bluastri legati in una coda alta che scendeva fino al bacino; indossava un tubino blu a collo alto, con un buco sul petto che lasciava intravedere un’abbondante porzione di seno e stivaletti corti, dello stesso colore, dal tacco vertiginoso, ma che non le impedivano di camminare in modo risoluto in mezzo all’Arena. Gli occhi della ragazza erano dello stesso colore del ghiaccio, freddi come un lago congelato, e provocavano brividi sulla pelle delle persone ogniqualvolta qualcuno incrociava il suo sguardo. Il suo volto bellissimo era però tirato in un’espressione di sadica follia.
Una voce proveniente dagli altoparlanti annunciò: - Signori e signore, inchinatevi alla nostra sovrana, Cordelia! –
“E così, quella è Cordelia.” Realizzò Zakuro non riuscendo a staccare gli occhi da quell’aliena bellissima e circondata da un’aura di pazzia. Nessuna delle cinque ragazze si inchinò, a differenza del resto della popolazione, ma nessuno parve far caso a loro.
Nelle gabbie di sicurezza, Dyana aveva preso a piangere, mentre Alexander teneva la testa bassa e i pugni serrati; per quanto riguarda Leandra, sembrava quasi che avesse eretto un muro tra lei e ciò a cui stava per assistere.
Cordelia si voltò verso la sua gente ed esordì, con voce suadente: - Che entrino i primi due prigionieri! –
A quelle parole, un portone al fondo dell’arena si spalancò, e da lì uscirono due guardie che spintonavano in malo modo una Pie e una Taruto; i due erano conciati malissimo, con i vestiti stracciati, il volto coperto di graffi e lividi e un’espressione completamente vuota. Non sembrava neanche avessero più la forza di vivere.
Le Mew Mew si portarono le mani alla bocca e Retasu cominciò a versare sommessamente delle lacrime, raggiunta immediatamente dai singhiozzi di Purin; Minto e Zakuro erano sconvolte e incapaci di parlare, mentre Ichigo sussurrò: - Come è possibile che gli abbiano fatto questo? –
Le guardie lasciarono andare Pie e Taruto al centro dell’Arena e legarono loro i polsi con delle spesse corde, prima di ritirarsi dalla scena. Cordelia si portò davanti ai due, ammirando la loro sofferenza: Taruto era a terra, gli occhi lucidi, troppo stanco per stare in piedi, mentre Pie era al suo fianco, dolorante. Lo sguardo dell’alieno più grande si soffermò sulle figure dei genitori, che lo fissavano con immenso dolore, incapaci di poter fare qualsiasi cosa per aiutare i loro figli.
La sovrana si leccò le labbra ed esclamò: - Che inizi lo spettacolo! –
Dopodiché, creò un Chimero drago, dalla corazza completamente nera e la coda piena di spessi aculei acuminati. Il mostro, dopo aver lanciato un potente ruggito, tentò immediatamente di colpire Taruto con i suoi artigli affilati, ma Pie, vedendo che il fratellino non aveva modo di rialzarsi, si frappose fra lui e il Chimero, venendo colpito al suo posto; rotolò per alcuni metri, sollevando un gran polverone, mentre una macchia di sangue si allargava sulla sua schiena.
La folla urlava, alcuni d’eccitazione, altri per l’orrore.
Il drago riprese a concentrarsi su Taruto, cominciando a frustarlo senza sosta con la sua coda, aprendo nel corpo del piccolo delle ferite profonde dalle quali cominciava a sgorgare il sangue; l’alieno tentò di rialzarsi e strisciare lontano dal pericolo, ma il Chimero gli fu nuovamente addosso.
Cordelia ordinò: - Brucialo lentamente. –
A quel comando, il mostro prese ad alitare su Taruto del fuoco, facendolo urlare di dolore; le fiamme persistevano per qualche secondo poi sparivano, ma, dopo un attimo di tregua, il Chimero tornava a sputarne altre. Era una tremenda agonia.
Nel mentre, Cordelia si diresse a passo sicuro verso Pie, che era riuscito ad alzarsi sulle ginocchia. La ragazza stese il braccio di fronte a sé  e lo colpì con un potente fulmine scaturito dalla sua mano, facendolo piegare in due per il dolore. Quando le scosse furono terminate, Pie cercò di soffocare i tremiti che avevano invaso il suo corpo, ma invano. Cordelia allora estrasse un lungo coltello dalla cintura di pelle che portava in vita e lo piantò senza molte cerimonie nella spalla sinistra di Pie, che si lasciò andare ad un grido disumano; non contenta, la ragazza prese a far ruotare la lama con un movimento circolare, lacerando tutti i tessuti.
Quella tortura durò per più di mezz’ora, fino a che Cordelia, con un gesto della mano, fece sparire il Chimero drago ed estrasse dalla carne di Pie il coltello. Con un cenno del capo, le guardie tornarono a prendere i due prigionieri, in condizioni pietose e disperate, trascinandoli dentro al portone dal quale erano venuti.
- E’ una cosa orribile! – strillò Minto sull’orlo delle lacrime.
Zakuro era in attesa, immobile, il cuore fermo in gola. Sapeva già che cosa sarebbe successo.
Dopo pochi minuti, il portone si aprì di nuovo, e di lì uscirono due guardie che trasportavano la figura di un ragazzo che, al contrario degli altri due, urlava con rabbia e si dimenava con tutte le sue forze dalla presa dei suoi carcerieri. La luce illuminò il volto di Kisshu, incatenato con le braccia dietro alla schiena e una palla di piombo attaccata alla caviglia. I suoi capelli verdi, un tempo morbidi e lucenti, ora erano aggrovigliati, sporchi di sudore, sangue e fango, e gli ricadevano disordinatamente sul volto. I vestiti erano stracciati e sporchi di sangue che si era seccato, le sue braccia e il suo busto presentavano moltissimi segni lucenti simili a bruciature; le labbra sottili erano spaccate e distorte in un ringhio che metteva in mostra i piccoli canini. I suoi occhi color dell’oro erano contornati da pesanti occhiaie, i capillari erano scoppiati, ma le sue pupille verticali, immerse in quel mare d’oro colato, esprimevano due cose: rabbia e disprezzo. Lo sguardo di Kisshu era pericoloso, metteva paura nonostante lui fosse immobilizzato e con il corpo livido.
Zakuro si lasciò sfuggire un grido di orrore, non riuscendo a staccare gli occhi dal ragazzo al centro dell’Arena.
- OH NO, KISSHU! -



Spazio Autrice:
Grazie per aver letto! Che cosa succederà adesso? Vi dirò tutto con il prossimo capitolo!
Recensite in tanti, per favore, devo sapere se sto facendo un buon lavoro o meno!
Salice_



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Capitolo 5
*** La tortura. ***


La Tortura.

- Toglietemi queste mani di dosso, brutti bastardi! – urlava Kisshu rabbioso, strattonando con forza le forti braccia che lo reggevano. Le due guardie, però, non badarono alle sue parole, trascinandolo nel bel mezzo dell’Arena e poi abbandonandolo lì. Kisshu alzò i suoi occhi dorati sulla madre, che lo guardava sofferente, mentre lacrime silenziose le rigavano il viso.
“Pezzi di merda, costringere mia madre ad assistere ogni giorno allo stesso spettacolo pietoso.” Si ritrovò a pensare l’alieno, cercando in tutti i modi di liberare le sue braccia dalle catene, con l’unico risultato di far affondare ancor di più le manette nei suoi polsi.
- Guarda guarda chi c’è, la mia vittima preferita! – esclamò Cordelia, avvicinandosi ancheggiando a Kisshu, che prese a guardarla con puro odio.
La ragazza gli prese il mento tra le dita, soffiando: - Sai, tra tutti i prigionieri, tu sei quello che mi fa divertire di più! –
Kisshu, rabbioso, non perse l’occasione per sputare in faccia a Cordelia, che si ritrasse immediatamente, pulendosi il volto con aria disgustata.
- Come ti permetti, inutile creatura?! – strillò quella, mentre Kisshu sorrideva, folle.
Lui ringhiò: - Non devi toccarmi, puttana. –
Il viso di Cordelia divenne una maschera di odio, ma si ricompose quasi subito; dopodiché, incrociò le braccia al petto e fece: - Perfetto, credo che tu abbia particolarmente voglia di soffrire oggi. Ti accontento subito. –
Con queste parole invocò la sua arma, un gatto a nove code, e lo fece ruotare nella sua mano affusolata.
- Sei pronto, Ikisatashi? – e, senza attendere risposta, sferzò il viso dell’alieno, che cominciò a sanguinare. Kisshu digrignò i denti, imponendosi di non urlare dal dolore.
Cordelia continuò a deriderlo, dicendo: - Sei completamente incatenato e non puoi muoverti con quella palla al piede; guardati, sei in piedi, inerme di fronte a me! – e lo colpì nuovamente con la sua arma. Questa volta Kisshu si lasciò sfuggire un grido, e il sorriso sadico sul volto di Cordelia si allargò sempre di più.
La folla era in delirio.
La sovrana, a quel punto, afferrò con due mani il colletto della maglietta di Kisshu e la stracciò, lasciandolo a petto nudo in mezzo all’Arena. Si posò un indice sulle labbra, mormorando: - Accidenti, che fisico! Vediamo se riesce a sopportare questo! – e cominciò a frustare il corpo dell’alieno, dapprima lentamente, poi ad un ritmo sempre più veloce, provocando numerose ferite dalle quali prendeva a scorrere il sangue. Kisshu, dal canto suo, rantolava dal dolore, senza mai smettere di fissare Cordelia negli occhi di ghiaccio, sfidandola a continuare.
“Non cederò! Mai nella mia vita ti darò questa soddisfazione!” pensò Kisshu disperatamente, facendo di tutto pur di sopportare il dolore indescrivibile.
Ad un certo punto Cordelia, stanca di vedere che la sua vittima non cedeva, gli assestò a tradimento un calcio nello stomaco con il suo stivale dal tacco alto, facendo ricadere Kisshu sulle ginocchia, mozzandogli il respiro.
- Così va molto meglio. – osservò la tiranna, compiaciuta.
Si chinò su di lui e gli graffiò la guancia con le sue lunghe unghie, aprendogli la pelle e sporcandosi le dita con il suo sangue; dopodiché posò il suo indice imbrattato sulle labbra dischiuse di Kisshu, domandando: - Ti piace il gusto del tuo sangue? –
- Appena sarò libero, ti porrò la stessa domanda. – la freddò Kisshu, fulminandola con lo sguardo.
Cordelia proruppe in una risatina, esclamando: - Credo non ti sia chiara una cosa: tu non sarai mai libero. Morirai con queste catene appese ai tuoi polsi. –
Accecato dalla rabbia, Kisshu diede una forte testata alla sua sovrana, che aveva il viso molto vicino al suo, spaccandole il carnoso labbro superiore. L’alieno prese poi a ridere, una risata folle, mentre i suoi occhi divenivano vitrei.
- Allora Cordelia, ti piace il gusto del tuo sangue? -
La ragazza si pulì rapidamente con il dorso della mano, guardando Kisshu con tutto l’odio che provava nei suoi confronti, prima di assestargli un precisissimo destro in pieno volto. Ormai resa folle dalla furia cieca che aveva risvegliato in lei Kisshu, lo afferrò per i capelli verdi, sbattendo il suo viso al suolo, per poi rialzarsi e prendere a calciarlo ininterrottamente; in faccia, sul petto, sulle gambe, ovunque. Dopo qualche minuto di quello strazio, Cordelia si allontanò di qualche passo, godendosi lo spettacolo del corpo di Kisshu martoriato di fronte a lei.
Soddisfatta, gli voltò le spalle, ma la voce spavalda dell’alieno la raggiunse.
- Non vincerai, Cordelia. Non vincerai mai contro di me. -
La sovrana chiuse gli occhi, cercando di calmarsi e darsi un contegno, per poi riaprirli e rispondere, con voce velenosa: - Oh, sì che vincerò. Domani morirai. – Poi, rivolgendosi alle guardie, tuonò: - Portatelo via! –
 
- No, non è vero. Vi prego, ditemi che non è vero! – implorò Zakuro, mentre calde lacrime rigavano il suo bel viso, ma non ottenne risposta; anche le sue compagne erano troppo scioccate per riuscire a proferire parola. Tutte e cinque rimasero lì, come pietrificate, osservando le guardie rimettere in piedi Kisshu e trascinarlo a forza fuori dall’Arena, mentre Cordelia si allontanava a passi pesanti dalla parte opposta. Da quella postazione, videro anche altre guardie che tiravano fuori Dyana, Alexander e Leandra dalle teche, immobilizzandoli e conducendoli fuori dalla cupola.
- Dobbiamo andarcene. – si fece sentire Retasu, la voce rotta dai singhiozzi. – Dobbiamo dirigersi a casa di Leandra! –
Senza rispondere, le Mew Mew, con una lentezza irreale, si alzarono e abbandonarono gli spalti, per mettersi in cammino. Zakuro fu l’ultima a scendere, il volto coperto quasi del tutto dal suo cappuccio scuro, in modo da nascondere il suo viso umano e le lacrime che non accennavano a fermarsi.
 
Kisshu venne ricondotto nelle celle di sicurezza, distrutto; come ogni giorno, fu costretto a sfilare di fronte agli altri prigionieri, che lo fissavano, alcuni con odio, altri con pietà, altri ancora con ammirazione. Passò di fronte alla cella di Taruto, accucciato a terra che piangeva sommessamente, e a quella di Pie, che scosse la testa sconsolato al suo passaggio. Una volta giunto a destinazione, una guardia aprì la sua cella digitando un codice che lui non vide, poi venne lanciato in malo modo lì dentro; le sbarre vennero prontamente richiuse.
La sua prigione non era altro che una stanza quadrata, larga pochi metri, dal soffitto altissimo. Non c’erano finestre, la luce non entrava da nessuna parte; l’unica cosa che illuminava quel posto orribile erano delle torce infuocate appese agli angoli del corridoio. La cella era sporca, lurida, e presentava solo un gabinetto in un angolo e una pila di stracci buttati al centro della stanza a mo’ di letto.
Kisshu si lasciò cadere stancamente a terra, cercando di fermare il rivolo di sangue che scendeva dalla sua fronte.
“Con tutte le botte che mi ha dato quella stronza, è un miracolo che io non abbia perso i sensi.”
Mentre Kisshu era riverso sul pavimento, nell’inutile tentativo di pulire il suo corpo dal sangue rappreso, venne raggiunto da una voce.
- Sei un pazzo, Ikisatashi. -
L’alieno dagli occhi d’oro alzò lo sguardo, incontrando quello di un vecchio, rinchiuso nella cella di fronte alla sua, che se ne stava seduto a gambe incrociate, lisciandosi la lunga barba sporca e canuta.
Kisshu abbozzò un ghigno.
- Serji, lei ritiene che un innocente che non ha voglia di essere schernito dal gioco dei potenti sia un pazzo? -
Serji abbassò lo sguardo tristemente.
- Molte volte si. -
Il loro breve dialogo venne interrotto dai passi delle guardie, che avevano fatto ritorno in quella prigione.
- Colloqui! – gridò una di esse. Dopodiché, cominciò a pronunciare dei nomi: ogni persona chiamata, si affrettava a raggiungere la cella del familiare.
- Ikisatashi! –
Leandra apparve correndo nel campo visivo di Kisshu, inginocchiandosi di fronte alla cella e afferrando le sbarre con le mani. Quale errore aveva mai compiuto nella sua vita per arrivare a vedere il suo unico figlio in quelle condizioni?
Le lacrime cominciarono silenziosamente a sgorgare dai suoi occhi grigi, guardando Kisshu: era sdraiato su un fianco sopra ad un mucchio di stracci sporchi, i polsi segnati dal metallo delle manette. Sul petto ancora nudo, risaltavano i numerosi segni delle frustate, che continuavano a sanguinare; il volto del ragazzo era sporco e incrostato dal sangue rappreso, e il suo sguardo dorato era, in quel momento, indecifrabile.
- Kisshu! Oh, Kisshu! – pianse Leandra appoggiando la testa alle sbarre, disperata. In quella prigione, tutti i loro poteri erano annullati: era praticamente impossibile evadere.
Kisshu strisciò vicino alla madre e fece passare una mano magra tra le sbarre, andando ad accarezzare i lunghi capelli verdi della donna.
- Mamma, basta, sono qui. Sto bene, mi vedi? –
Leandra alzò lo sguardo, occhi argentati in occhi d’oro, e sussurrò: - Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto? –
- Non lo so. – rispose Kisshu muovendo impercettibilmente il capo in un cenno di diniego.
“Domani sarà il giorno decisivo.” Si ritrovò a pensare il ragazzo, sapendo che, l’indomani a mezzogiorno, sarebbe stato giustiziato. “Come può adesso una madre dare il suo addio al figlio? Come può rassegnarsi al fatto che questa è l’ultima volta in cui mi vedrà, se non all’interno di una bara?”
Rimasero in quella posizione per tutto il resto del colloquio, madre e figlio vicini, uniti da un unico dolore, mentre il tempo a loro disposizione scadeva e le guardie cominciavano a richiamare tutti.
Leandra rivolse un ultimo sguardo al figlio, che si sorprese di leggere una strana luce di determinazione in quegli occhi grigi contornati dalle rughe.
- A domani, Kisshu. -
- Come sarebbe a dire a domani? – mormorò lui. “Forse il dolore la sta facendo impazzire e ha dimenticato che domani mi uccideranno. Be’, meglio così allora.”
- Ok a domani mamma. – si corresse Kisshu, prima che Leandra venisse afferrata dalle spalle da una guardia e portata via. Quando la porta della prigione si richiuse ed il ragazzo rimase nuovamente solo, si lasciò cadere pesantemente a terra, mentre la solita e familiare rabbia cominciava a prendere possesso di lui. La cosa strana, era che questa volta, l’odio non era solo: quel giorno, era accompagnato dalla disperata certezza che la sua vita sarebbe terminata l’indomani.
 
A notte fonda, all’incirca verso le 3:00, Kisshu si svegliò di soprassalto, sentendo la porta della sua cella aprirsi. Mentre le sue pupille si assottigliavano, al buio riconobbe la sagoma di una guardia, che lo afferrò senza tante cerimonie e lo trascinò fuori.
- Dove cazzo mi stai portando?! – sbottò furioso Kisshu, prima di essere immobilizzato, imbavagliato e coperto da un sacco che gli era stato messo sopra alla testa.
“Dannazione, che sta succedendo?”
Dopo parecchi minuti, Kisshu venne liberato e i suoi occhi ripresero a vedere, cominciando a studiare l’ambiente circostante: si trovava in una camera da letto sontuosissima, enorme e con finestre ampie coperte da tendaggi porpora. Kisshu avvertì la guardia alle sue spalle smaterializzarsi fuori dalla stanza, e rivolse quindi la sua attenzione sull’immenso letto matrimoniale che occupava la stanza: distesa fra i cuscini scuri, fasciata in un’aderente camicia da notte in pizzo nero trasparente, c’era Cordelia.
- Buonasera Ikisatashi. – miagolò lei con voce suadente, facendo segno a Kisshu di avvicinarsi; quello, dal canto suo, rimase immobile all’interno della stanza, maledicendo mentalmente le polsiere di metallo che stringevano i suoi polsi e che bloccavano i suoi poteri, impedendogli di teletrasportarsi via.
- A che cosa devo quest’onore? – domandò Kisshu sarcasticamente, incrociando le braccia al petto nudo.
Cordelia si passò la lingua sulle labbra, alzandosi e avvicinandosi a lui.
- Diciamo solo che, prima di ucciderti, ho deciso di farti, e farmi, un piccolo regalo. -
La ragazza poggiò le sue mani affusolate sulle spalle larghe di Kisshu, prendendo a baciare le sue labbra sottili; dopo un secondo di smarrimento, lui non esitò a spingerla via con forza, guardandola con disgusto.
- Tu devi essere impazzita! – soffiò lui, mentre Cordelia si ricomponeva e prendeva di nuovo ad avvicinarsi.
- Non credo proprio. Voglio provare l’emozione di fare sesso con te, prima che tu muoia. – rivelò quella senza mezzi termini.
Kisshu impallidì. “E’ pazza, non ci sono altre spiegazioni.” Alzò il mento con fare spavaldo e le disse: - Be’, questo non è nei miei piani. Che hai intenzione di fare, costringermi? –
Il sorriso folle sul volto di Cordelia divenne più ampio.
- E’ proprio quello che farò. -
Con queste parole, assestò a Kisshu un calcio nella tibia, prima di afferrarlo malamente e sbatterlo con forza sovrumana sul letto. Cordelia si stese sopra di lui, prendendo a baciarlo sul collo e sui pettorali; Kisshu, però, la afferrò per la lunga coda di capelli corvini, togliendosela di dosso.
- E’ una guerra questa? – fece Kisshu adirato. – Allora, sappi che non vincerai. -
Cordelia tornò all’attacco, mettendosi a cavalcioni su di lui e immobilizzando i polsi di lui con delle radici che aveva fatto spuntare dal nulla dal materasso.
- Questa tua sfida mi eccita, come tutte quelle che mi hai sempre lanciato. – riprese la ragazza chinandosi nuovamente su Kisshu, che riprese a dimenarsi nonostante avesse le braccia immobilizzate. – Direi che se ti trovi in questa situazione, è solo colpa tua: non avresti dovuto sfidarmi ogni giorno, da sei mesi a questa parte, nell’Arena. -
Dopodiché, poggiò di nuovo le sue labbra carnose su quelle screpolate di lui, che digrignò i denti e serrò le sue, in modo da non ricambiare il bacio di quella psicopatica.
Cordelia si scostò leggermente da lui, guardandolo con una finta aria dispiaciuta, mormorando: - Che c’è Kisshu, non ti piaccio abbastanza? Non sono come quella puttana umana per la quale hai voltato le spalle al grande Deep Blue?! –
Kisshu, a sentir nominare Zakuro, perse completamente il lume della ragione: sollevò il busto ulrando di rabbia, e riuscì a calciare a terra Cordelia, colpendola al petto, mentre il volto della Mew Lupo continuava a danzare innanzi ai suoi occhi.
- Non permetterti mai più di nominare il suo nome! – le intimò Kisshu ringhiando, mentre Cordelia si rialzava.
- Adesso mi sono stancata. – fece lei con voce aspra, richiamando il suo gatto a nove code.
Si teletrasportò sul letto, sopra Kisshu, e prese a sferzare il suo petto con la sua arma, cogliendolo alla sprovvista; dopodiché, gli sfilò i pantaloni, lottando per un po’ con lui che continuava a divincolarsi, ma alla fine ci riuscì.
Kisshu era nudo di fronte a lei, steso sul suo letto, il corpo martoriato dalle ferite che lei stessa gli aveva inferto in tutti quei mesi; era lì, immobilizzato, e la guardava con odio, un disprezzo quasi tangibile. A quello sguardo, l’eccitazione di Cordelia aumentò a dismisura.
Lei prese a baciarlo ovunque, lungo tutto il corpo, graffiando la pelle diafana del torace di lui, mordendo e leccando. Kisshu provò più volte ad assestare nuovamente calci e ginocchiate alla sua sovrana, ma quella aveva prontamente fatto crescere nuove radici atte a bloccare le gambe della sua vittima.
Cordelia si sfilò le mutande, anch’esse di pizzo, lasciandole cadere oltre l’orlo del materasso, posizionandosi poi sopra di lui. Avvicinò il suo volto perfetto a quello distorto dalla rabbia di Kisshu, mormorando: - Adesso scopami. È un ordine. –
L’alieno dagli occhi dorati, inaspettatamente, prese a ridere sguaiatamente, suscitando lo sguardo stupito di Cordelia.
- Spiacente mia cara, ma credo sia impossibile: mi fai talmente schifo che non mi viene neanche duro. -
E riprese a ridere, una risata folle, malata, intrisa di disperazione. Tutto quello fu troppo per Cordelia, che scese da lui, ricomponendosi, e con un gesto della mano fece sparire le radici che lo tenevano legato. Kisshu ne approfittò immediatamente per rimettersi i pantaloni e lanciare uno sguardo di puro odio alla ragazza, in piedi di fronte a lui. Cordelia lo fissò ancora per un secondo, prima di chiamare la sua guardia di fiducia e ordinarle di ricondurre Kisshu nella sua cella. Mentre lui veniva trascinato fuori dalla camera da letto reale, la voce fredda della sovrana lo raggiunse nuovamente.
- Derek, informa tutti i sottoufficiali che la sentenza è anticipata: i prigionieri saranno giustiziati all’alba. –
Le parole morirono nella gola di Kisshu. “E’ finita.”
- Va bene, mia Signora. – rispose prontamente la guardia Derek.
Kisshu venne sbattuto nuovamente dietro le sbarre e il suo carceriere si allontanò tranquillamente, diretto in un qualche pub per bere qualcosa.
Non sapeva che lui, Derek Jarinya, ufficiale dell’esercito e guardia di fiducia di Cordelia, avrebbe passato un brutto quarto d’ora una volta uscito dall’edificio.
 
- Zakuro! Zakuro, SVEGLIATI! -
La ragazza aprì improvvisamente i suoi occhi blu, trovandosi di fronte quelli grigi di Leandra, carichi d’agitazione.
- Che succede Leandra? – domandò Zakuro confusa mentre avvertiva un pizzicorio fastidioso all’ombelico.
- Ti spiegheremo tutto di sotto. Forza, dobbiamo muoverci, gli altri sono già tutti qua!! – fece la donna agitata.
Zakuro, ora più reattiva, scese immediatamente dal letto, abbassando lo sguardo sulla sua pancia piatta, scoperta grazie al top da notte verde acqua intonato ai pantaloncini da notte che indossava; il respirò le si bloccò.
Ai lati dell’ombelico era ricomparso un segno familiare, molto familiare: due code di lupo, di colore rosa. Il suo simbolo da Mew Mew.
Zakuro alzò lo sguardo su Leandra, agitata.
- Leandra, mi è ricomparso il simbolo! Ho di nuovo i miei poteri! -
La donna sorrise impercettibilmente, ma non si scompose, rispondendo: - Lo so già, è accaduto anche alle altre. Forza, non c’è un minuto da perdere! –
Zakuro, sempre più confusa, seguì rapidamente la madre di Kisshu fino al piano di sotto, trovando il piccolo salottino gremito di persone: Ichigo, Minto e Retasu erano sedute sul piccolo divano, pallide come cadaveri, mentre Purin era in piedi di fronte all’entrata, stretta a Dyana, che cercava di infonderle fiducia. Alexander si era abbandonato su una poltrona e si massaggiava gli occhi, con aria stanca.
Le ragazze sorrisero impercettibilmente a Zakuro, che non ricambiò, fissando tutti i presenti.
- Che sta succedendo? -
Alexander si alzò dalla sua comoda seduta, dicendo: - Ora che siete tutte presenti posso cominciare a spiegare. Ascoltate attentamente quello che vi dico, non abbiamo molto tempo. –
Zakuro incrociò le braccia al petto, rimanendo al fianco di Leandra, mentre il suo sguardo veniva automaticamente attirato dal cielo fuori della finestra: era color rosso intenso, e ciò voleva dire che era ancora notte fonda.
Alexander cominciò: - Ho appena minacciato la guardia di fiducia di Cordelia per avere informazioni sulla sentenza; devo dire che questi ufficiali sono piuttosto facili da convincere. – Si abbandonò ad un sorriso amaro, che scomparve immediatamente. – I ragazzi verranno giustiziati all’alba. –
Le cinque ragazze gridarono, sconvolte.
- Come sarebbe a dire “all’alba”? Perché hanno anticipato l’ora della condanna? – domandò Ichigo senza capire.
Alexander sospirò. – Una decisione dell’ultimo minuto di Cordelia. Probabilmente, aveva paura che qualcuno potesse aver organizzato una sorta di procedura di evasione, e aveva ragione. –
Minto prese la parola. – Non importa se hanno anticipato l’orario: ora noi abbiamo di nuovo i nostri poteri, ci recheremo lì e li libereremo in ogni caso! –
L’intera squadra annuì convinta.
- Non è facile, ragazze. – si intromise Leandra. – La condanna si terrà tra poche ore, nella torre più alta del castello di Cordelia, ma arrivarci sarà un’impresa: è completamente sorvegliato, e non abbiamo conoscenze di rivoltosi al suo interno per aiutarvi a far irruzione lì! -
Mentre tutti intorno a lei si agitavano, Zakuro cominciò a ragionare. Aveva visto il castello reale quel pomeriggio, mentre facevano ritorno a casa dopo essere state all’Arena. Sapeva come arrivarci, aveva notato un fitto bosco alle spalle della costruzione, che si ergeva un una montagna a picco sul mare. Potevano arrivarci sia nuotando, che volando, o a piedi; con i loro poteri di Mew Mew, sarebbe stata una passeggiata.
La modella attirò l’attenzione di tutti i presenti su di sé, portandosi al centro della sala.
- Ho un piano. -
 
Alle prime luci dell’alba, Kisshu, Pie e Taruto vennero tirati fuori dalle loro celle, incatenati e condotti al palazzo reale, costretti a sfilare attraverso una folla di persone urlanti, che non facevano altro che gridare degli epiteti.
- Traditori! –
- Infami! - 
- Serpi! –
- Bastardi! –
Furono condotti all’interno della costruzione e poi obbligati a salire scale su scale, passando per corridoi seminascosti, fino a salire lentamente dei grossi gradini di pietra di una grossa torre, che portavano alla cima. I loro pensieri erano vari, era come se, innanzi agli occhi di ciascuno dei tre alieni, stesse passando la loro intera vita. La salita per quelle scale pareva non terminare mai.
Dopo un tempo che sembrava infinito, giunsero nella sala più alta della torre; la porta si richiuse pesantemente alle loro spalle, mentre il sole cominciava a spuntare timidamente da dietro le nubi, oltre le alte finestre.
Nella stanza c’erano dieci guardie armate e un boia, che se ne stava in un angolo, passando lentamente un dito sulla lama affilata della sua ascia.
“Quindi è così che morirò: mi faranno saltare questa testa calda dal collo.” Si ritrovò a pensare Kisshu con un briciolo di ironia, quel poco che gli rimaneva.
Taruto piangeva disperato: lui era solo un bambino, eppure la realtà della guerra lo aveva toccato così in fretta.
Pie aveva uno sguardo gelido; evidentemente, era pronto a morire da soldato, come gli avevano insegnato all’Accademia.
Kisshu no. Kisshu era furioso, per l’ingiustizia del quale era stato vittima.
“Avrei sopportato l’idea di morire da eroe sulla Terra, per una missione che avrebbe portato la mia gente a vivere meglio, anche se ho capito tardi che così non sarebbe stato. Sono morto per amore di Zakuro, e lo rifarei mille altre volte: quello si che è stato un motivo valido per abbandonare la vita. Ma questo? Questo, in confronto a tutto ciò che ho passato, è una perdita di tempo. –
La voce di una guardia interruppe i suoi pensieri.
- Ikisatashi, tu sarai il primo. -
“Poco male, per lo meno me ne andrò immediatamente da questo mondo di merda.”
Kisshu si avvicinò a testa alta al blocco di cemento posto in mezzo alla stanza circolare; una guardia alle sue spalle lo spinse ad inginocchiarsi e poggiare la testa su quel piano freddo, inclinandola leggermente di lato. Da quella posizione, poteva ora vedere il sole, che tingeva il cielo di Edren di un color rosa antico: era l’alba.
Il boia prese posto al fianco di Kisshu e alzò la sua lunga ascia, reggendola con due mani e facendo forza sulle sue braccia muscolose.
- Il tuo ultimo desiderio? -
A Kisshu, malgrado tutto, venne da sorridere.
- Mi spiace, ma è qualcosa che tu non potrai mai realizzare. –
Kisshu chiuse gli occhi, pronto a morire.
Improvvisamente un rumore sordo, come di un qualcosa che crolla.
Poi, il silenzio.
Il rumore della lama che fendeva l’aria non arrivò mai.
Kisshu riaprì gli occhi, notando una marea di calcinacci, mattoni e pietre a terra, poco distanti da lui: il soffitto della stanza era inspiegabilmente crollato.
Aguzzando la vista in mezzo a quel polverone, Kisshu riuscì a scorgere cinque figure femminili che si avvicinavano a lui con passo sicuro. Quella in testa al gruppo, alta e dal fisico perfetto, aveva i capelli lunghi e orecchie da lupo.

- ZAKURO! -

Avviso Autrice:
Salve a tutti! Oggi ho voluto regalarvi un capitolo bello lungo per farmi perdonare anticipatamente del fatto che per una settimana sarò a Parigi, e quindi non potrò aggiornare! Tranquilli, appena tornerò posterò un nuovo capitolo; nel mentre fatemi sapere cosa ne pensate di questo e della storia in generale fin’ora! Recensite in tanti,
Salice_



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Capitolo 6
*** La fuga. ***


La Fuga.

“Non posso crederci; devo essere impazzito.”
Di fronte agli occhi di Kisshu si ergeva la figura perfetta di Zakuro, la sua Zakuro. Lo sguardo della Mew Lupo era indecifrabile, tra un misto di rabbia e determinazione; quegli occhi blu come il mare sembravano voler dire solo una cosa, trasmettere un’unica certezza: ‘Non fallirò.’
Il boia rimase impietrito nella sua posizione a braccia sollevate, intento a osservare incuriosito la squadra delle Mew Mew che si avvicinava velocemente. Le guardie, dopo qualche secondo di smarrimento, realizzarono e si schierarono di fronte ai tre prigionieri, mentre l’allarme risuonava in tutta la fortezza.
- Che cosa ci fate qui?! CHI SIETE?! – domandò il luogotenente, adirato.
Mew Ichigo si fece avanti, facendo trillare il fiocco con tanto di campanellino appeso alla sua lunga coda nera.
- Noi siamo le Mew Mew, e vi puniremo per quello che avete fatto! -
Dopodiché, impugnò la sua arma a forma di cuore e inondò le guardie con un oceano di luce.
Kisshu ne approfittò per alzarsi dalla sua posizione scomoda, cercando poi inutilmente di liberare i suoi polsi dalle manette; inaspettatamente, una potente sferzata di luce viola colpì la catena proprio mentre l’alieno era intento a cercare di spezzare le manette, liberandolo.
Kisshu alzò i suoi occhi dorati, incontrando quelli scuri di Mew Zakuro, a qualche metro di distanza da lui, l’arma stretta nella mano destra e lo sguardo fiero.
La battaglia infuriava attorno a loro, ma i due non sembravano accorgersi di Mew Minto e Mew Ichigo che sbaragliavano velocemente le forze armate di Edren o di Mew Purin e Mew Retasu, che avevano a loro volta liberato Pie e Taruto dalle catene; in quel momento, per quella manciata di secondi, esistevano solo loro due. Di nuovo, dopo tutto quel tempo.
- Zakuro… - mormorò l’alieno dagli occhi d’oro, senza capire.
Dopo un attimo, la Mew Lupo gli fu a fianco e afferrò saldamente un braccio del ragazzo, per poi scambiarsi uno sguardo d’intersa con la sua leader.
Mew Zakuro si rivolse per la prima volta a Kisshu, mormorando: - Sei pronto? –
Senza attendere risposta, saltò fuori dalla finestra della torre, trascinando un Kisshu privo dei suoi poteri con sé. I due atterrarono agilmente in una piazzola sottostante, assieme alle altre quattro ragazze e ai due alieni, fuggiti anche loro per quella stessa via.
Un numero spropositato di guardie reali stavano già correndo fuori dai portoni, apprestandosi a circondare gli otto fuggitivi.
- FORZA! – incitò sinteticamente Mew Ichigo, scagliando il suo attacco assieme a Mew Minto, mentre Mew Retasu si apriva un varco tra la folla grazie al suo Fiocco D’Acqua; Mew Purin riuscì ad immobilizzare un bel po’ di persone e Zakuro approfittò di quel momento per afferrare nuovamente Kisshu per un polso e trascinarlo fuori dalla mischia. I due presero a fuggire velocemente dal castello, seguiti a ruota dagli altri sei e dalle guardie; ad un certo punto, il gruppo si divise con l’intento comune di confondere i loro inseguitori, e Kisshu e Zakuro si ritrovarono a correre a perdifiato nel fitto bosco alle spalle della fortezza.
Kisshu arrancava, le gambe atletiche che si muovevano per l’adrenalina, dimentico del dolore provocato dalle numerose ferite, mentre Mew Zakuro lanciava attacchi alla cieca alle sue spalle, senza voltarsi per non perdere tempo prezioso.
Nessuno dei due seppe per quanto corsero per la boscaglia: pochi secondi, minuti, ore forse. Non ne avevano idea. I respiri affannati in sincronia, i muscoli, veloci e scattanti, che guizzavano, e i denti digrignati dalla tensione, dalla paura.
Ad un certo punto, le guardie avevano quasi raggiunto i due, ma Mew Zakuro reagì con il sangue freddo e la prontezza di spirito che da sempre la caratterizzavano: si voltò, invocò la sua arma e attaccò senza pietà.
- FIOCCO D’INCENDIO! -
Con un colpo secco, la Mew Lupo erse una barriera di fiamme tra loro e le guardie di Edren, che rimasero bloccate, impotenti di fronte a quel muro di fuoco alto più di tre metri.
- Forza, andiamo! – gridò Zakuro, prima di riprendere a fuggire nel folto del bosco assieme a Kisshu.
I due fuggirono fino al limitare della foresta, facendosi strada tra gli arbusti dai colori caldi e accesi, fino a che non giunsero nel bel mezzo di una radura; lì, si ergeva in piedi una figura alta, vestita con un lungo mantello grigio polvere e il volto nascosto dal cappuccio.
- Eccovi, siete gli ultimi. – esclamò l’individuo con voce incolore. Egli allora allargò le mani, mentre la Mew Mew e il ragazzo alieno si fermavano di colpo, e dopo un secondo il terzetto venne teletrasportato lontano dal bosco.
 
Ricomparvero all’interno di una casa; Zakuro atterrò con grazia in piedi, mentre Kisshu, ferito, lasciò che le sue gambe stanche cedessero sotto il peso del suo corpo straziato. Il ragazzo si ritrovò disteso carponi su un freddo pavimento di legno.
Quel pavimento.
Era impossibile non riconoscerlo; quante volte, da bambino, aveva giocato lì per terra, sotto l’occhio attento dei genitori?
Kisshu, ancora scosso dagli avvenimenti dell’ultima ora, alzò in fretta il capo per vedere sua madre correre verso di lui, inginocchiarsi a terra a sua volta e gettargli le braccia al collo, piangendo.
- Oh mio Dio, Kisshu! Sei vivo, sei vivo! -
Il ragazzo, sebbene sconvolto e confuso all’inverosimile, ricambiò immediatamente l’abbraccio della madre, che singhiozzava sulla sua spalla, mentre lui le accarezzava dolcemente la schiena.
- Mamma tranquilla, sono salvo. – fece Kisshu lentamente cercando di rassicurare la donna. – Ma che è successo? Come sono finito qui? -
Leandra non rispose; si asciugò rapidamente gli occhi grigi e si alzò, fornendo a Kisshu l’intera visuale del salotto di casa loro. Questo era occupato dalla squadra Mew Mew al completo, più Pie e Taruto, a loro volta sconvolti ma salvi; in casa c’erano anche Dyana e la misteriosa figura incappucciata, che mostrò finalmente il suo volto a Kisshu: era Alexander.
Kisshu rimase ancora qualche secondo a fissare tutte quelle persone a bocca aperta; Dyana, come sua madre, aveva gli occhi lucidi dal pianto, Taruto piangeva disperato abbracciato alla madre, mentre Pie, in piedi di fianco a lei, la cingeva per un fianco. Alexander si unì ai tre, posando le mani sulle spalle di entrambi i figli, con aria stanca ma immensamente sollevata. Le Mew Mew erano piene di graffi e lividi, ma, nonostante ciò, sorridevano, fiere di essere riuscite a portare a termine la loro missione.
Kisshu, stanco di vedere le sue domande ignorate, riprese: - Allora? Qualcuno vuole spiegarmi come abbiamo fatto io, Pie e Taruto a salvare la pelle poco prima che ci decapitassero?! –
Pie annuì solennemente, dando man forte al compagno. – Esatto, ora che finalmente siamo tutti qui sarebbe giusto che sapessimo cosa è successo. –
Gli adulti, allora, si ricomposero e cominciarono a spiegare ai ragazzi del piano che avevano elaborato velocemente durante la notte, dell’idea di Zakuro di fare irruzione nel castello e dell’altissimo rischio che aveva corso Alexander aspettando al limitare del bosco l’arrivo di tutti per poi teletrasportarli a casa Ikisatashi.
Dopo che la situazione fu chiara a tutti, gli animi dei presenti parvero calmarsi del tutto; solo in quel momento, Kisshu si accorse di essere ancora inginocchiato a terra, sul pavimento di legno, e di percepire uno sguardo insistente puntato sulla sua schiena.
Non ebbe alcun bisogno di voltarsi per capire a chi appartenessero gli occhi viola che non lo avevano abbandonato per un secondo, dalla prima volta in cui li aveva rivisti.


Ecco a voi un nuovo capitolo! So che non è lunghissimo, ma sono tornata oggi da Parigi e non volevo lasciarvi ancora per molto tempo senza nuovi assaggi della mia storia :)
Vi ringrazio per aver letto; per favore, fatemi sapere che cosa ne pensate!
Salice_


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Capitolo 7
*** Ancora in fuga. ***


Di nuovo in fuga.

Dopo che le numerose ferite dei ragazzi furono curate come meglio si poteva, Leandra prese nuovamente la parola.
- Temo che tenervi nascosti qua sia troppo rischioso: sicuramente a breve Cordelia farà prelevare me, Dyana e Alexander per interrogarci, e qui vi troverebbero di sicuro. –
Taruto parlò per la prima volta da quando era stato liberato dalla cella.
- E dove dovremmo nasconderci? –
- L’unica cosa da fare – esordì Alexander – è che voi vi rechiate sulla Terra. Andrete con le ragazze e starete lì fino a che le acque non saranno più calme. –
Tutti gli occupanti della stanza annuirono, seppur stupiti.
- Adesso – riprese Alexander – è bene che andiate; dovete andare da persone che vi possano aiutare a raggiungere il pianeta Terra. Pie? –
- Sì papà. –
- Sai cosa fare. –
I tre alieni, allora, si affrettarono a salutare i rispettivi genitori, mentre le Mew Mew si tenevano in disparte, non volendo essere di troppo in quell’atmosfera così intima.
Leandra abbracciò nuovamente Kisshu, sussurrando al suo orecchio: - Sta’ attento, ti prego. –
- Anche tu mamma. Hai rischiato troppo per me. – rispose il ragazzo facendo scivolare tra le sue dita affusolate una ciocca di capelli verdi che era sfuggita alla treccia della madre.
Leandra, per tutta risposta, lo guardò rivolgendogli una sorta di sorriso.
- Sono tua madre: è naturale che io abbia fatto quello che ho fatto. –
Kisshu le rivolse un ultimo sorriso malinconico, prima di voltarsi verso Pie e Taruto.
- Andiamo? – domandò.
Pie annuì; fece qualche passo fino al centro della stanza, dopodiché schioccò le dita e teletrasportò via con sé i suoi due compagni e la squadra delle Mew Mew.
 
Gli otto ricomparvero all’interno di uno stretto cunicolo, che aveva tutta l’aria di essere stato scavato nel sottosuolo; Retasu, dopo essersi guardata attorno per qualche secondo, si rivolse all’alieno.
- Questo posto somiglia tantissimo a quello in cui siamo giunte noi con la navicella di Leandra! –
Pie si voltò a guardarla, senza nemmeno l’ombra di un sorriso ad illuminargli il volto, e rispose pacatamente: - Perché in realtà è proprio il luogo che voi avete visto. Qui nella ex Città Sotterranea si ritrovano tutti i ribelli, e sicuramente ci aiuteranno a fuggire. –
Guidato da Pie, il gruppo cominciò ad incamminarsi attraverso il lungo corridoio; nessuno di loro aveva la forza per parlare, ancora troppo sconvolti dall’avvenimento di poche ore prima.
Kisshu continuava a lanciare occhiate oblique a Zakuro, che camminava a pochi passi di distanza da lui, senza degnarlo di uno sguardo. Era come se non lo vedesse, percorreva imperterrita la sua strada senza distrazioni, a testa alta.
“Non posso credere che sia tornata.” – si ritrovò a pensare il ragazzo. – “Dopo tutto questo tempo è venuta fin qui per salvarmi, e ora fa finta che io non esista. Non riesco a capire che cosa le stia passando per la testa.”
La voce di Pie interruppe il filo dei suoi pensieri.
- Siamo arrivati. –
Innanzi al gruppo si apriva una sala enorme, occupata da diverse astronavi, di varie grandezze; lì, una cinquantina di persone, ovvero i rivoltosi che le Mew Mew avevano conosciuto, cominciò a muoversi velocemente verso i nuovi arrivati.
Un’anziana dai lunghi capelli candidi raccolti in uno chignon si rivolse ai tre ragazzi.
- Eccovi qui, meno male! La notizia della vostra fuga si sta già spargendo in tutta Edren! – rivelò con voce allarmata.
- Forza, non c’è tempo da perdere! – esclamò un uomo con corti capelli scuri, facendo cenno al gruppo di seguirlo. Li condusse di fronte ad una grossa astronave, molto simile a quella utilizzata da Leandra per raggiungere la Terra, e li aiutò ad imbarcarsi.
- Grazie dell’aiuto, Shamay. – fece Pie accennando un piccolo inchino.
L’uomo agitò una mano di fronte a sé, dicendo: - Non dovete ringraziarci di nulla! Ora andate, non c’è molto tempo! –
I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte e subito richiusero il portoncino della navicella. Le Mew Mew, una volta lì, si liberarono dei loro mantelli colorati, e Minto si lasciò cadere su una morbida poltroncina.
- Sono esausta, è successo tutto troppo in fretta! –
Pie e Kisshu si eclissarono nella sala comandi e cominciarono ad avviare le procedure per il decollo; nel giro di pochi minuti, l’astronave si stava già muovendo silenziosamente nello spazio.
Passarono alcune ore, e in quel lasso di tempo le Mew Mew erano rimaste sedute sul divano e sulle poltrone nella sala principale assieme a Taruto, discutendo della procedura di evasione che avevano messo in atto.
- E’ stata una grande idea quella di irrompere nella fortezza in quel modo. – decretò Ichigo rivolta a Zakuro, mentre le sue compagne annuivano.
Taruto, che se ne stava seduto su una poltroncina tastandosi con delicatezza la medicazione sulla gamba, si introdusse nel discorso: - Vi ringrazio veramente per averci salvati; non so come avremmo fatto senza il vostro aiuto. –
Inaspettatamente, la piccola Purin abbandonò la sua morbida seduta per saltare sul bracciolo della poltrona del piccolo alieno e abbracciarlo forte, lasciandolo basito.
- Oh Taru-Taru, non ci devi ringraziare! Non avrei mai permesso che ti facessero del male! –
Taruto, dopo lo smarrimento iniziale, sorrise di buon grado, assumendo un colore molto simile a quello dei capelli di Ichigo.
Una volta che i due più piccoli del gruppo ebbero sciolto l’abbraccio, Retasu si rivolse a Taruto: - Io non riesco ancora a capire come abbiate fatto a sopportare tutte quelle violenze e crudeltà tutti i giorni, per sei mesi. –
Taruto sospirò, mentre un brivido gli percorreva la schiena al semplice ricordare le angherie di Cordelia.
- Non era il dolore fisico la cosa peggiore: quello che faceva veramente male erano le umiliazioni subite, il fatto che quella donna si divertisse nel vederci soffrire e nel far soffrire di riflesso i nostri genitori. Cordelia è spietata. –
- Fammi capire bene, - si mise in mezzo Minto – Cordelia ha preso l’Acqua Mew e l’ha utilizzata per risanare Edren, ma voi che l’avete portata lì siete stati condannati a morte?! –
- Esatto. – annuì il piccolo, rassegnato. – Girano voci che lei fosse una delle più grandi seguaci di Deep Blue, e, dopo la sua scomparsa, è riuscita a prendere il suo posto al comando di Edren; sinceramente, non so di preciso con quale mezzi sia arrivata ad avere il potere. Sta di fatto che noi tre per lei eravamo una minaccia: per questo siamo stati fatti prigionieri. Non ci è stato permesso raccontare al popolo la verità su Deep Blue, e tutti ci reputano responsabili della sua morte. –
Zakuro sollevò un sopracciglio. – E allora tutti i ribelli che abbiamo incontrato? Perché loro sono dalla vostra parte? –
Taruto si voltò verso la bella Mew Lupo, seduta sul divano tra Ichigo e Minto, e rispose: - Perché quelle persone nutrivano dei dubbi nei confronti di Deep Blue già da tempo, e il vederci arrivare con un metodo alternativo per salvare il pianeta e con la notizia della morte del nostro ex leader, non ha fatto altro che confermare le loro opinioni. Purtroppo, si tratta di una netta minoranza della popolazione, per questo si ritrovano di nascosto: la libertà di opinione non è professata su Edren. –
- E’ terribile. – mormorò Retasu con sguardo affranto.
I sei rimasero per qualche minuti in silenzio; un silenzio esausto, nel quale la tensione per un futuro ignoto era palpabile. Un silenzio che fu rotto da Purin, che si rivolse a Taruto: - Sei sicuro che le vostre ferite guariranno? –
Il piccolo alieno accennò un sorriso, rispondendo: - Certo, stai tranquilla: i nostri tessuti si rigenerano molto prima di quelli di voi terrestri. – Poi, mentre un’ombra gli passava sul viso, aggiunse: - Quello messo peggio di tutti è Kisshu: lui ha sempre cercato di ribellarsi con tutte le sue forze, ottenendo come unico risultato l’essere torturato ancora di più da Cordelia. –
A quelle parole, Zakuro sussultò impercettibilmente, ricordando quanto il corpo di Kisshu fosse martoriato.
“Quando, una volta giunta nella torre, ho visto la figura di Kisshu ferma immobile pensavo di essere arrivata tardi; grazie a Dio, però, ce l’abbiamo fatta.”
La modella continuò a immergersi sempre più nei suoi pensieri, mentre le chiacchiere attorno a lei proseguivano.
“La cosa che più mi ha lasciata sconcertata di Kisshu sono stati i suoi occhi. In quegli abissi dorati, sono riuscita a leggere mille sentimenti differenti: rabbia, odio, umiliazione, rassegnazione, malinconia. E ancora una tristezza incredibile, come se i suoi occhi ospitassero il dolore di almeno dieci persone. La cosa brutta è che penso di esserne, anche solo in parte, la causa.”
Il filo dei pensieri di Zakuro venne interrotto dall’arrivo di Pie nel salottino; l’alieno sembrava stanchissimo, e si massaggiava la testa con due dita.
- Hey, ma cosa fate ancora in piedi, non siete stanche? –
Ichigo sbadigliò sonoramente. – In effetti io sono cotta! –
- Allora forza, vi accompagno alle vostre camere: fatevi una bella dormita, ve la meritate. –
E, con questo, l’alieno più grande condusse le cinque ragazze e Taruto in un lungo corridoio che presentava diverse porte: dietro ognuna di queste c’era una piccola stanzetta con un letto singolo. Ognuna si infilò in una camera, Taruto compreso, ma solamente dopo aver insistito un bel po’ con Pie per provare a guidare l’astronave.
- Dai Pie, guarda che sono capace! –
- Sisi, come no. – sfotté Pie. – Vai a dormire anche tu, che è meglio. Lascia che sia Kisshu a portare per un po’ questo affare. –
- Ma dai, ti prego, non faccio nessun pasticcio! Poi Kisshu ha anche bisogno di una pausa. –
Pie fulminò il fratellino con i suoi occhi gelidi. – No, Kisshu è bello sveglio e può ancora guidare. Tra tre o quattro ore andrò io a dargli nuovamente il cambio. –
Dopodiché l’alieno maggiore si rinchiuse nella propria camera, facendo capire chiaramente a Taruto che la conversazione era finita lì; il piccolo, rassegnato, si buttò a sua volta sotto le coperte, esausto.



Eccomi qua, ho riaggiornato! Si tratta di un capitoletto di passaggio, nel quale non accadono grandi cose, lo ammetto, ma è basilare per il prossimo capitolo! Fatemi sapere cosa ne pensate,
Salice_

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Capitolo 8
*** Furia. ***


Furia.

Kisshu stava guidando da ormai parecchie ore: i suoi occhi color dell’oro erano arrossati e stanchi, cerchiati da profonde occhiaie, quando Pie fece il suo ingresso nella sala comandi.
- Kisshu, sono venuto a darti il cambio. – annunciò.
- Finalmente, era l’ora. – sbottò il ragazzo alzandosi stancamente dalla sedia e cedendo il posto a Pie.
Senza proferire parola, abbandonò la stanza, recandosi in camera sua con l’intento di riposarsi un po’. Si chiuse la pesante porta di metallo alle spalle e si posizionò di fronte al grosso specchio appeso alla parete, scrutando la sua immagine riflessa: i segni delle ferite sul corpo erano ben evidenti, alcune non avevano ancora smesso di sanguinare, ai suoi polsi erano ancora strette le polsiere che bloccavano i suoi poteri. I capelli verdi erano sfuggiti agli abituali codini ed erano sporchi, aggrovigliati e incrostati dal sangue. La cosa peggiore, però, era il volto dell’alieno: la pelle diafana segnata dai lividi, le labbra spaccate, tagli ovunque. Nello sguardo dorato di Kisshu albergava un insieme di sentimenti che avrebbero spaventato chiunque si fosse ritrovato a scrutare quegli occhi chiari: in quegli abissi era possibile leggere rabbia, odio, rancore.
“Ho passato sei mesi d’inferno, ma i segni sul mio corpo non sono nemmeno lontanamente paragonabili alle ferite della mia anima. La cosa migliore e peggiore allo stesso tempo che mi sia capitata è stata conoscere Zakuro: per lei ho dato tutto, anche la mia stessa vita. La amo da morire, e lei mi ha ricambiato sparendo dalla mia esistenza e facendomi marcire in un mare di rimpianti. Che cosa ho fatto per meritare questo? Ora lei è tornata, mi ha salvato dalla prigionia di Cordelia, e non mi rivolge la parola, anzi; non mi guarda nemmeno in faccia.”
Con questi pensieri e con qualcosa di rabbioso che gli si muoveva nel petto, Kisshu si diresse fuori dalla sua camera, portandosi di fronte a quella di Zakuro. Aprì silenziosamente la porta ed entrò, mentre le sue pupille verticali si abituavano al buio. Si portò di fianco al letto in cui dormiva la modella, fermandosi ad osservarla nell’oscurità, accarezzando con gli occhi il suo volto perfetto, le labbra carnose dischiuse e i capelli scuri sparsi sul cuscino.
“Lei è la causa di tutti i miei tormenti, il motivo per cui tutto nella mia vita è andato storto.” Cominciò a pensare Kisshu, mentre una furia cieca prevaleva su qualsiasi idea razionale. “Gliela farò pagare: deve soffrire, così come ho sofferto io!”
In un secondo, Kisshu mosse le sue braccia forti verso la ragazza, andando ad afferrare il suo esile collo e cominciando a stringerlo con decisione. Zakuro spalancò gli occhi blu, cercando di prendere aria, ma senza riuscirci: la presa di Kisshu era troppo forte.
Lo sguardo del ragazzo era completamente folle e la sua bocca sottile distorta in una smorfia di odio, fino a che qualcosa nei pozzi scuri di Zakuro non attirò la sua attenzione: la disperazione.
Come se avesse preso la scossa, Kisshu si staccò da lei, facendo qualche passo indietro, sconvolto. Zakuro si tirò su a sedere portandosi una mano alla gola, inalando quanta più aria era possibile.
- Kisshu, sei impazzito?! – esclamò la modella con voce spezzata, fissando il ragazzo in piedi di fronte a lei, che si fissava le mani, confuso.
Silenzio. Kisshu non accennava a rispondere. Zakuro allora si alzò dal letto e, con passo incerto, si avvicinò a colui che fino a pochi istanti prima aveva cercato di soffocarla.
- Che cosa avevi intenzione di fare? – sibilò Zakuro con voce ferma, senza demordere. – Stavi cercando di uccidermi? -
Kisshu digrignò i denti e, in uno spasmo, strinse le mani a pugno, per poi puntare i suoi occhi dorati in quelli blu di Zakuro, che sussultò leggendovi la furia più cieca.
- Perché mi stai facendo questo Zakuro, PERCHE?! – ringhiò lui – Perché hai fatto di tutto pur di farmi soffrire e perché continui a farlo ancora adesso, non rivolgendomi la parola e senza degnarmi di uno sguardo? Qual è il tuo scopo, Zakuro? -
La modella si limitò a fissarlo gelidamente, le braccia incrociate al petto e i lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle, conferendole un’aria mistica. Dopo alcuni secondi di silenzio carico di tensione, Zakuro chiuse gli occhi e mormorò: - Tu non capisci Kisshu. –
Lo sguardo dell’alieno si assottigliò. – Scusa, come dici? –
- Non capisci. – ripeté Zakuro. – Credevo di essere stata abbastanza chiara nella lettera che ti avevo lasciato: io odio gli addii. -
La ragazza spalancò i suoi occhi color zaffiro e li incatenò a quelli d’oro del suo interlocutore. – Credi che per me sia stato facile? Pensi che si sia trattato di una passeggiata recarmi sul tuo pianeta e trarti in salvo? –
Zakuro stette in silenzio per qualche secondo, dopodiché riprese: - Il fatto è che tu non sai come affrontare la vita. Dovresti averlo imparato, e a questo punto mi domando se io abbia fatto veramente la scelta giusta decidendo di salvarti dopo la battaglia contro Deep Blue. –
Fu un attimo.
Kisshu sbatté violentemente la ragazza contro il muro, i suoi occhi dai tratti felini illuminati dalla rabbia e dal rancore.
- Come puoi far finta di nulla, Zakuro?! – urlò esasperato. – Sono sei mesi, sei fottutissimi mesi che non ci vediamo, sei sparita dalla mia vita, mi hai fatto star male come un cane e hai ancora il coraggio di guardarmi negli occhi dicendomi una cosa del genere?! Tu mi fai schifo! –
Zakuro, per tutta risposta, si sollevò dalla parete contro la quale era stata spinta, e assestò uno schiaffo secco sulla guancia dell’alieno; questo si portò una mano alla parte lesa, guardando Zakuro stupefatto.
- Sei solo un idiota, Kisshu. –
Zakuro assunse una posizione eretta e fiera, guardando il ragazzo di fronte a sé con rabbia.
- Non esisti solo tu in questo cazzo di universo, hai capito? Cerca di capire le ragioni che possono aver spinto chi ti circonda a fare determinate scelte, al posto di criticare! -
Kisshu fece ricadere la mano che aveva ancora appoggiata alla guancia lungo il fianco; la rabbia continuava a pulsare dentro di lui, come un mostro nero che lentamente mordeva e graffiava il fegato, e in un secondo di ritrovò faccia a faccia con Zakuro. Le immobilizzò il mento con le dita, in modo da obbligarla a guardarlo negli occhi, e le si rivolse con tutto il rancore che aveva dentro.
- Invece tu, cara la mia Zakuro, cerca di capire che non stiamo facendo a gara a chi ha sofferto di più; il nostro trascorso non è un vanto, né un motivo di discussione. Ci è accaduto questo e basta. Le persone non hanno ciò che si meritano: hanno ciò che gli capita, e nessuno può farci niente. -
Zakuro rimase immobile a fissare il volto di Kisshu, deformato dalla rabbia, mentre un brivido le percorreva la schiena.
L’alieno continuò: - Nessuno ti ha chiesto di venirmi a salvare dalla mia prigionia; per quanto mi riguarda, se l’opinione che ti sei fatta di me è questa, avresti anche potuto lasciarmi marcire in quella cella. Tu ti domandi se hai fatto la scelta giusta a usare i tuoi poteri per salvarmi, mentre io non rimpiango assolutamente di aver donato la mia vita per te, anzi: morirei purché tu possa vivere ancora mille volte, senza pensarci un attimo. È per questo motivo che mi fai schifo. –
Le parole di Kisshu vennero seguite dalla porta della camera che si spalancava, rivelando Pie sulla soglia.
- Che sta succedendo? – esclamò quello, trovandosi davanti la scena di Kisshu, infuriato e con gli occhi sgranati, completamente fuori di sé, che stringeva il volto di Zakuro con le sue dita forti e affusolate. La ragazza, in equilibrio precario sulle lunghe gambe, si limitava a fissare gli occhi folli e dorati di Kisshu con espressione indecifrabile.
L’alieno dai capelli verdi rivolse la sua attenzione a Pie e automaticamente lasciò la presa sulla ragazza, che finì in ginocchio sul pavimento.
- Kisshu. – riprese Pie avvicinandosi con passo risoluto ai due – Lasciala stare ed esci immediatamente da questa stanza. -
Zakuro era ancora a terra, la testa bassa e i capelli che le coprivano il volto dai tratti delicati, mentre Kisshu non accennava a voler lasciare la camera.
- Andiamo. – si fece sentire ancora l’alieno più grande – ADESSO. -
Inaspettatamente, Kisshu prese a muovere qualche passo verso il suo compagno, che lo afferrò per una spalla e lo sospinse fuori dalla stanza, per poi seguirlo, se non dopo aver lanciato uno sguardo fugace alla ragazza inginocchiata sul pavimento.
Appena la porta si chiuse, Zakuro alzò di scatto la testa, rivelando la mascella serrata dalla tensione e gli occhi vitrei, quasi privi di vita. Si mise ambo le mani tra i capelli e si strinse la testa, esausta, serrando le palpebre per impedirsi di urlare.
“Perché? PERCHE?!”

Angolo Autrice:
Va bene, lo ammetto, sono in un ritardo imperdonabile! Scusate, ma tra le vacanze e altro non sono più riuscita a mantenere il ritmo con lo scrivere, ma prometto che mi farò perdonare! Intanto fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo scioccante, e non vogliatemi troppo male per quello che ho fatto accadere!
Salice_


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Capitolo 9
*** Si torna a casa. ***


Si Torna a Casa.

Una volta chiusa la porta, Pie sbatté malamente Kisshu contro il muro, inchiodandolo con i suoi gelidi occhi scuri.
- Sei impazzito? Che cosa volevi farle?! -
Kisshu non rispose, limitandosi a digrignare i denti in una smorfia di rabbia e ad abbassare il capo.
- Allora? – insistette l’altro – Ho sentito le tue urla dalla sala comandi; che cosa è successo? -
L’alieno dai capelli verdi scostò da sé il compagno, per poi rispondere rabbiosamente: - Non capisco che cosa le stia passando per la testa, Pie. Ha detto che rimpiange il fatto di avermi salvato dopo la battaglia contro Deep Blue. –
Pie si limitò a fissarlo con sguardo incolore, per poi decretare: - Non lo pensa davvero. –
- E tu che cosa ne sai?! -
- E’ logico. Adesso mettiti a dormire, io devo tornare a guidare: con il pilota automatico inserito non andremo molto lontano. –
E con questo, Pie si dileguò, abbandonando un Kisshu sconvolto nel bel mezzo del corridoio; questo si diresse quindi nella sua stanza, sbattendosi la pesante porta metallica alle spalle. Si lasciò cadere malamente sul letto e prese a fissare il soffitto senza realmente vederlo, in balia delle immagini dell’incontro che aveva avuto prima con Zakuro.
Le sue mani attorno al fragile collo della ragazza.
Lui che la spinge con violenza contro il muro.
Lo schiaffo di lei.
Il loro essere faccia a faccia.
“Il dolore mi sta facendo impazzire.” Si ritrovò a pensare Kisshu scuotendo impercettibilmente il capo. “Mai, mai avrei pensato di poter far del male a Zakuro, eppure è successo; sto perdendo la testa.”
E, con questi pensieri, Kisshu scivolò in un sonno senza sogni, maledicendo se stesso e la rabbia che Cordelia gli aveva fatto montare dentro in tutti quei mesi.
 
Il mattino seguente, Zakuro si presentò a colazione con tutto l’intento di far finta di nulla; fu molto contenta nel notare l’assenza di Kisshu al tavolo. “Sicuramente starà guidando lui.”
- Buongiorno Zakuro! – la salutarono le compagne, alle quali la modella rispose con un sorriso cortese. Si sedette al tavolo e cominciò a versarsi del cappuccino gentilmente offertole da Taruto, che stava svolgendo gli “onori di casa”, dal momento che Pie era in uno stato comatoso e alle prese con un’enorme tazza di caffè. Nonostante la stanchezza, l’alieno dai capelli scuri incrociò lo sguardo di Zakuro, come se volesse dirle qualcosa, ma la ragazza non riuscì a dare una sua interpretazione a quell’occhiata.
La colazione proseguì tra chiacchiere e risate, alle quali si aggiungevano i numeri da circo di Purin che, nel tentativo di insegnare a Taruto a far ruotare i piatti, per poco non distrusse l’intera astronave. Zakuro si alzò per riporre la sua tazza nel lavello, ma un tocco leggero sulla sua spalla la indusse a voltarsi.
Era Pie, a pochissima distanza da lei.
- Avrei bisogno di parlarti. – mormorò – Per favore, seguimi in laboratorio. -
Zakuro, senza proferire parola, si accinse ad abbandonare la stanza assieme all’alieno; in tutta quella baraonda, nessuno si accorse dell’assenza dei due.
Durante il tragitto fino alla sala adibita a laboratorio, i due non si rivolsero la parola; Zakuro non si fidava del tutto di Pie. Nonostante l’avesse, in un certo senso, “salvata” la sera prima, ricordava benissimo di come avesse cercato più e più volte di ucciderla nel corso delle loro battaglie.
“E Kisshu mi ha sempre salvata, ogni volta.” Si ritrovò a pensare.
Pie aprì una pesante porta di ferro e fece cenno a Zakuro di entrare, per poi seguirla e richiudersi la stessa alle spalle. I due si trovavano all’interno di un laboratorio alieno, fornito di lettini, strani macchinari, diversi monitor e boccette colorate disposte sui vari scaffali.
Pie incrociò le braccia al petto e Zakuro, fissandolo negli occhi, domandò: - Allora? Di cosa volevi parlarmi? –
Pie stette per qualche secondo in silenzio, prima di prendere parola.
- Voglio sapere per quale motivo hai salvato Kisshu. -
Zakuro sgranò impercettibilmente gli occhi, intuendo dove l’alieno volesse andare a parare.
- Dopo la battaglia contro Deep Blue o ieri? -
- Entrambi. –
- E’ evidente il motivo per cui l’ho fatto. – sputò lì la modella, sinteticamente.
- E allora dillo. – insistette Pie con voce ferma.
Zakuro gli lanciò un’occhiata tagliente. – Vuoi sentirti dire che l’ho fatto perché lo amo? Sai benissimo che è per quello. –
- E allora perché rimpiangi di averlo salvato? Su che cosa stai mentendo, Zakuro? -
La ragazza si gettò la lunga chioma viola alle spalle, prima di rispondere: - E’ naturale che io non pensassi veramente quello che ho detto riguardo all’essermi pentita di averlo salvato; ero arrabbiata e stavo solo cercando di smuoverlo in qualche modo, per fargli capire e accettare le mie ragioni. –
Pie, dopo aver ascoltato Zakuro, appoggiò stancamente la schiena alla parete e ribatté: - Ascolta Zakuro, voglio dirti una cosa: Kisshu non è più quello di prima, e penso che anche tu sia riuscita a notarlo nonostante sia passato appena un giorno da quando vi siete rivisti. La prigionia forzata che abbiamo subito ha avuto su di lui l’effetto di aumentare la rabbia e l’odio che da sempre esistono in lui, e la frustrazione in seguito al tuo abbandono. Penso che potrebbe impazzire da un momento all’altro, e quello che tu stai facendo non lo aiuta di certo; mi viene da domandarti se davvero lo ami come dici. –
Zakuro lo fulminò con i suoi occhi blu.
- Entrambi abbiamo avuto una vita difficile, per questo… -
- E allora? – la interruppe Pie, alzando leggermente il tono. – Hai idea di cosa voglia dire essere tenuti prigionieri pur essendo innocenti? Come credi che possa poi una persona che ha subito un’ingiustizia tale riaffacciarsi alla vita? Non puoi saperlo, Zakuro, e sei fortunata. –
- Molte volte io mi sento prigioniera della mia stessa vita. – mormorò la ragazza, con un filo di voce.
- Non è la stessa cosa. – decretò Pie, abbandonando la sua posizione rigida appoggiata alla parete. – Ti ho detto quello che mi interessava, adesso vai pure. –
Zakuro, vedendosi congedare in quel modo, passò di fronte a Pie a testa alta, per poi abbandonare la stanza.
 
- Il rientro è previsto all’alba! – annunciò Purin contenta, mentre tutti erano riuniti per la cena; tutti, tranne Kisshu, che continuava a guidare, e Pie, ancora rintanato in laboratorio.
- Ragazze, ma dove staremo quando arriveremo sulla Terra? – domandò Taruto alle cinque Mew Mew.
- Ehm… - mormorò Ichigo – A questo non avevo pensato. –
Retasu si inserì nella conversazione. – Al Caffè Mew Mew c’è del posto! Sicuramente Ryan e Kyle vi ospiteranno lì! –
Al termine della cena, Ichigo, Minto, Taruto, Retasu e Purin decisero di spostarsi nell’altra stanza, in sala, per chiacchierare ancora un po’ prima di andare a dormire. Zakuro, tenutasi in disparte, cominciò a raccogliere in un piatto del brodo e alcune cotolette avanzate dalla cena, mettendo il tutto a riscaldare.
“Deve essere tutto il giorno che Kisshu non tocca cibo.”
- Zakuro? -
La modella si voltò e incontrò il volto di Minto che faceva capolino dalla porta della cucina. – Non vieni di là con noi? –
- Si, vi raggiungo tra poco. -
La ragazza si richiuse la porta alle spalle e Zakuro afferrò il vassoio con la cena e si diresse alla cabina di pilotaggio, trattenendo il respiro prima di bussare.
- Avanti. – rispose una voce roca.
Zakuro abbassò la maniglia ed entrò nella sala comandi in silenzio.
Kisshu era intento a guidare, non staccava lo sguardo dai monitor che lampeggiavano di fronte a lui. Aveva gli occhi arrossati e cerchiati da profonde occhiaie, mentre un taglio sulla tempia aveva ripreso a sanguinare.
- Allora Pie, cosa vuoi? – domandò bruscamente Kisshu senza voltarsi.
- Ho pensato di portarti la cena. – rispose Zakuro mestamente.
Kisshu, udendo la sua voce, si voltò di scatto, incontrando i suoi occhi blu come il mare.
- Zakuro? -
La modella si avvicinò a lui e prese posto sul sedile del passeggero, appoggiando il vassoio sul ripiano di fronte a loro.
- E’ tutto il giorno che non mangi; non so come tu faccia ad essere ancora in piedi. –
- Non ho fame. – rispose Kisshu aspramente.
Zakuro sospirò e, tornando a fissare il ragazzo alieno, riprese: - Kisshu, ti chiedo scusa per quello che è successo ieri sera e per il modo in cui sono fuggita sei mesi fa. –
Kisshu non rispose; si limitò a sollevare un sopracciglio, e Zakuro interpretò quel gesto come un chiaro invito a proseguire.
- Purtroppo, vittima delle mie insicurezze e paure, non ero in grado di accettare l’idea di dirti ‘addio’: non sai quanto io mi odi per questo. Sappi anche che non pensavo minimamente quello che ti ho detto ieri notte, assolutamente. Ti ho salvato due volte, e non mi pento di nessuna di queste. Perdona il mio carattere freddo e duro, che mi spinge a cercare di smuovere gli animi e la coscienza altrui, quando in realtà dovrei pensare innanzi tutto alla mia. So che per te non è stato facile, nulla è stato facile; avevo la presunzione di poter capire tutto, senza riuscirci. Sono umana, non una macchina, e ho commesso un errore; un errore molto grave. Ho rischiato di perderti. -
- Ma allora perché? – esordì Kisshu con tono grave – Perché mi hai fatto del male? Tu non hai la più pallida idea di quanto io abbia sofferto in questi mesi, non tanto per le torture a cui ero sottoposto, quanto per la tua mancanza. Tornare da te sulla Terra per rivederti è stato l’unico motivo in grado di tenermi in vita. –
- Mi dispiace. – disse semplicemente Zakuro abbassando il capo, gli occhi di colpo lucidi.
- Zakuro… - Kisshu, mosso da un moto di dolcezza, dopo aver inserito il pilota automatico, si allungò verso la modella per poi sfiorarle una guancia con le nocche. La ragazza alzò lo sguardo umido, incontrando quello dorato di Kisshu; lui le passò un braccio attorno alle spalle, tirandola a sé, e avvicinò le labbra sottili a quelle carnose di lei, prima di mormorare poche semplici parole.
- Non sai quanto tu mi sia mancata. –
La distanza tra le loro bocche venne annullata da un bacio; un bacio sperato, cercato, un bacio inizialmente dolce ma che divenne pian piano sempre più passionale. Kisshu affondò le sue dita affusolate tra i capelli morbidi di Zakuro, che invece stava attirando a sé il suo compagno; nel giro di pochi minuti l’atmosfera all’interno della sala comandi era diventata molto più calda. Kisshu prese a baciare il collo di Zakuro, scendendo giù fino ai seni e slacciando durante il suo percorso i bottoni della camicetta, aiutandola a liberarsi del fastidioso indumento; la modella, in jeans e reggiseno, abbandonò la sua postazione per mettersi a cavalcioni di Kisshu e baciare le sue labbra tagliate e screpolate, accarezzare la sua pelle diafana e piena di lividi da sotto la maglietta. Sotto di lei, avvertì l’erezione del ragazzo crescere, cosa che la fece eccitare ulteriormente. Ansimando, sfilò la maglia del suo partner, rimanendo poi per un secondo ad ammirare il suo fisico perfetto sporcato dai segni delle frustate. Kisshu, in un impeto di passione, sollevò Zakuro di peso, per poi metterla a sedere sul ripiano di fronte a loro, spostando il vassoio con la sua cena ormai fredda, e sfilandole i pantaloni e gli slip di pizzo in meno di un secondo. Dopo averle tolto anche il reggiseno, prese a baciarla dappertutto, scendendo poi verso il basso, ansimando, e sorridendo contro la pelle candida di Zakuro ogniqualvolta la ragazza gemeva per il piacere. La penetrò con due dita, facendole sfuggire un gridolino, e constatando che l’eccitazione di lei era quasi pari alla sua.
- Zakuro… - sussurrò ancora in preda al piacere, abbassandosi i pantaloni e allargando le gambe della modella, che le cinse attorno alla vita di lui. Le fu dentro in pochi secondi, avevano entrambi un bisogno disperato di sentirsi nuovamente l’uno parte dell’altra. Presero a fare l’amore lì, tra le leve e i monitor della cabina di pilotaggio, mentre facevano ritorno sulla Terra; cominciarono ad amarsi selvaggiamente, muovendosi al ritmo della propria passione. Zakuro gettò la testa all’indietro e chiuse gli occhi, in estasi, mentre Kisshu continuava a farla andare su e giù, senza fermarsi. La modella affondò le proprie mani tra i capelli verdi e annodati di Kisshu, il quale aveva preso invece a mordicchiarle i capezzoli; entrambi ansimavano senza preoccuparsi di essere sentiti da nessuno. Zakuro venne una prima volta, ma Kisshu continuò imperterrito a farla sua, stringendo il corpo sudato e accaldato della sua compagna.
- Zakuro, vieni con me. – sospirò il ragazzo, cercando gli occhi blu velati di piacere della modella.
I due stavano per giungere insieme all’orgasmo, quando…
 
…Quando la porta della sala comandi si aprì e Pie fece il suo ingresso, naturalmente senza aver bussato.
- Kisshu, sono troppe ore che guidi, dovresti riposar… OH CAZZO! -
- PIE!!!! – gridarono i due amanti adirati, mentre Pie usciva alla velocità della luce richiudendo dietro di sé la porta, scioccato.


Spazio Autrice:
Eccomi qua, ho riaggiornato! Fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo; per me è importante! :)
Grazie mille a chi mi segue e recensisce sempre,
Salice_

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Capitolo 10
*** Il peggio deve ancora venire. ***


Il Peggio Deve Ancora Venire.

All’alba, Zakuro venne svegliata dal tocco dolce e delicato di Kisshu sulla sua spalla; dopo la nottata passata insieme nella sala comandi, i due si erano ricomposi e la modella si era addormentata placidamente sul sedile del passeggero, mentre Kisshu si era rimesso alla guida dell’astronave. Pie, di fatti, non aveva avuto più il coraggio di entrare per dare il cambio al compagno.
- Hey piccola, sveglia. -
- Mhh… - mormorò Zakuro assonnata, mentre si sedeva in modo più composto. – Che succede? –
Kisshu le rivolse un sorriso furbo, il primo che aveva fatto breccia sulle sua labbra sottili dopo molto tempo.
- Siamo arrivati. Eccoti a casa. -
Zakuro, incredula, si sporse per guardare fuori dal finestrino: si trovavano in mezzo ad un parco, tra il candore della neve di inizio dicembre. Senza dubbio, erano di nuovo sulla Terra, a Tokyo; la Lupa avrebbe riconosciuto quell’ambiente ovunque.
Felice, gettò le braccia al collo dell’alieno seduto al suo fianco, mentre lui la stringeva a sé, sorridendo.
- Forza, andiamo dagli altri. – mormorò Kisshu una volta sciolto l’abbraccio; la modella annuì.
I due fecero così la loro comparsa nel salottino della navicella, dove trovarono il resto del gruppo al completo: Le Mew Mew, raggianti per essere tornate sul loro pianeta, Taruto, con indosso un berretto di lana in modo da nascondere le sue orecchie oblunghe, e Pie, con un cappellino simile a quello del fratello in testa e una scintilla di sarcasmo comparsa negli occhi gelidi alla vista della coppia.
- Allora Kisshu, sei riuscito a completare questo atterraggio? – lo schernì Pie, mentre il resto dei presenti si guardava con aria interrogativa; Zakuro fece tranquillamente finta di nulla.
- Taci, idiota. – lo zittì Kisshu, apprestandosi ad uscire dalla navicella.
Gli otto abbandonarono il loro curioso mezzo di strasporto, immergendosi fino alle ginocchia nella neve fresca; doveva aver nevicato da poco.
- Ma ragazzi, - esordì Purin, mentre finivano di scaricare i bagagli – Non pensate che qualcuno noterà quest’affare nel parco? -
- Non siamo stupidi, Scimmietta. – le rispose ironicamente Taruto, scoccandole uno sguardo divertito.
Immediatamente, i tre alieni di disposero a triangolo attorno alla navicella, e, con dei potenti fasci di energia che scaturirono direttamente dalle loro mani, crearono una grossa bolla, dentro la quale si trovava l’astronave.
- Ecco fatto. – fece Kisshu scrollandosi le mani – Ora questo gioiellino sarà invisibile agli occhi di tutti, tranne che a noi! -
- Geniale. – mormorò Minto con finta ammirazione, cosa che non sfuggì assolutamente all’alieno dai capelli verdi; inutile dire che i due presero a battibeccare.
- Volete finirla?! – si fece sentire Pie, che, assieme a Taruto, aveva appena indossato un pesante cappotto scuro in modo da coprire i suoi abiti alieni. – Piuttosto, sembriamo abbastanza umani così? –
Retasu annuì, arrossendo per l’imbarazzo. – Certo! Nessuno potrebbe avere dubbi. –
- Perfetto. – sentenziò l’alieno.
Taruto nel mentre afferrò Kisshu per un braccio, allontanandolo da una Minto che lo guardava in cagnesco. – Quando ti degnerai di indossare anche tu cappotto e berretto, potremo muoverci di qui! –
Mentre Kisshu copriva le sue fattezze aliene, Zakuro osservava il gruppo: sembrava che, ora che il peggio era passato, l’atmosfera fosse molto più rilassata. I tre ragazzi riuscivano persino a scherzare con leggerezza, nonostante i mesi di ingiusta prigionia e le ferita ancora visibili sul corpo.
Gli otto si incamminarono così allegramente verso il Caffè Mew Mew, felici di essere nuovamente tutti insieme, sani e salvi.
Non sapevano quanto si sbagliavano.
 
Una volta giunti nel bel mezzo del parco Hinoara, qualcosa di orribile attirò la loro attenzione.
Dove si ergeva la splendente costruzione del Caffè Mew Mew, si trovava ora un mucchio di detriti, resti di un incendio che doveva essere stato di dimensioni spropositate; attorno all’area circostante era stato posto un nastro rosso e bianco, che limitava la zona colpita, in modo che nessuno potesse avvicinarsi. Ciò che rimaneva della costruzione, era completamente arso dalle fiamme e si reggeva in piedi per miracolo.
Le ragazze si portarono le mani alla bocca, come per reprimere un grido d’orrore.
- Ryan! Kyle! – gridò Zakuro, cominciando a correre verso ciò che rimaneva del Caffè; inaspettatamente, qualcuno la afferrò dalla vita, bloccando la sua corsa e i suoi piedi in mezzo alla neve.
- Kisshu! – esclamò la Mew Lupo, riconoscendo quella stretta. – Lasciami andare! –
- Ferma, ti prego! – Le intimò l’alieno, con una nota di panico nella voce. – Non possiamo rischiare di avvicinarci. –
- Ma che stai dicendo? –
- Non si tratta di un semplice incendio. – mormorò Kisshu, senza mollare la presa su Zakuro e non riuscendo a staccare gli occhi dalle macerie. – E’ stato un attacco alieno. –
I due vennero raggiunti dagli altri, stupiti e sconvolti quanto Zakuro.
- Cosa stai dicendo, Kisshu? – chiese Ichigo senza capire.
- La verità. – rispose lui.
Pie fece qualche passo al centro del gruppo, studiando i resti del locale da dietro il nastro, per poi rivolgersi ai compagni: - Kisshu ha ragione; si percepiscono le tracce di un potere simile al nostro. È stato un attentato. –
- Oh mio Dio! – gemette Retasu, mentre l’aria che usciva dalla sua bocca si condensava all’istante. – Che sarà successo a Ryan e Kyle? -
Ichigo prese prontamente la parola. – Dobbiamo recarci immediatamente all’ospedale; saranno lì sicuramente! Devono stare bene, per forza! –
Nonostante quelle frasi di speranza, la paura negli animi degli otto ragazzi non riuscì a scemare; i tre alieni si prepararono per teletrasportarsi tutti nei pressi dell’ospedale
“Ti prego, fa che vada tutto bene. Fa che siano salvi.” si ripeteva mentalmente Zakuro, mentre Kisshu le prendeva una mano fra le sue.
In un battito di ciglia, il parco innevato attorno a loro sparì.
 
 Il gruppo ricomparve sul retro dell’ospedale.
- Forza, andiamo! – intimò Ichigo, e i ragazzi entrarono nella costruzione di corsa; dopo aver scoperto in quale reparto si trovassero i loro due amici, si affrettarono a raggiungere il quinto piano, dove si trovavano i ricoverati per grandi ustioni.
- Eccoci! – esclamò Zakuro, col fiatone per la corsa. – Camera 747. –
Con un profondo respiro, abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, seguita dagli altri sette.
All’interno della camera, vi erano due lettini, che ospitavano ciascuno una figura immobile; non ci volle molto per riconoscere in quella dai capelli biondi scompigliati sul cuscino Ryan.
Kyle, nell’altro lettino, era attaccato ad un respiratore: sicuramente, le sue condizioni dovevano essere peggiori di quelle di Ryan.
Un’infermiera arrivò alle spalle del gruppo, e rivelò loro che Kyle era messo piuttosto male, con ustioni in tutto il corpo, e al momento era sedato, mentre Ryan stava meglio, benché fosse anche lui ferito.
Una volta rimasti da soli, gli alieni si mantennero ad una discreta distanza dai due infortunati, mentre le ragazze si avvicinavano a loro per constatare le loro condizioni.
Dopo qualche minuto, Zakuro si sedette silenziosamente su una sedia al capezzale del letto di Ryan, fissando la sua figura addormentata con sguardo triste. Kisshu, senza proferire parola, si portò alle spalle di lei e la abbracciò.
- Mi dispiace. – le sussurrò all’orecchio.
- Non sai quanto dispiaccia a me. – rispose una voce tagliente, che non era quella di Zakuro.
Gli sguardi di tutti si puntarono su Ryan, che, inaspettatamente, aprì gli occhi, mostrando i suoi assonnati ma bellissimi pozzi azzurri, che si andarono a posare in quelli oro di Kisshu.
- Non credo che tu sia mai stato quasi bruciato vivo. – continuò, mentre si tirava su, dolorante.
La squadra Mew Mew lo circondò, chi piangendo dalla felicità, chi ringraziando il cielo, e anche Pie e Taruto si avvicinarono al letto.
- State tutti bene? – domandò Ryan, e il modo in cui si preoccupò di loro fece provare a Zakuro una stretta al cuore.
“Lui si è sempre preoccupato per noi.”
La modella mascherò il tutto con un sorriso mesto, ribattendo: - E’ curioso il fatto che tu lo chieda a noi! –
Dopo qualche risata, il tono di Ichigo si fece serio.
- Ryan, cos’è successo? -
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli biondi, rivelando una spessa fasciatura sul braccio, che si andava a sommare a quella che aveva sul torace.
- Non ne ho la più pallida idea. Io e Kyle eravamo in laboratorio e, tutto ad un tratto, ci siamo trovati circondati dalle fiamme: era come se qualcosa fosse esploso, ma non c’è stato alcun rumore. Mentre fuggivamo, Kyle è stato colpito da una trave infuocata e ha perso i sensi e io l’ho portato di peso fuori dal locale. Per fortuna i pompieri sono arrivati immediatamente sul posto e hanno spento le fiamme prima che tutto venisse raso al suolo. Ho paura che i dati sul computer siano stati danneggiati, se non addirittura persi del tutto. -
Tutti avevano ascoltato il racconto, scioccati.
Il pensiero di Zakuro andò subito al passato di Ryan: in un incendio di entità aliena, da bambino aveva perso entrambi i genitori. Poteva solo immaginare quanto vivere nuovamente un’esperienza simile l’avesse sconvolto.
Mentre il resto del gruppo faceva domande all’americano, un barlume di lucidità passò negli occhi dorati di Kisshu, che serrò la mascella.
- Ryan! – si fece sentire l’alieno dai capelli verdi – Quando è accaduto l’incendio? -
- La scorsa notte. – rispose quello sollevando un sopracciglio. – Perché? –
Kisshu non rispose.
“Che sul serio non si tratti di…”
 
Dopo essersi congedato, il gruppo abbandonò l’ospedale, in silenzio. Durante il cammino, Taruto si rivolse alle Mew Mew.
- Scusate, ma noi adesso dove staremo? In teoria, dovevamo sistemarci al Caffè… -
- Non preoccupatevi! – saltò su Purin, recuperando la sua proverbiale allegria – Io vivo sola con i miei fratelli e mia sorella: potete stare entrambi a casa mia! –
Pie e Taruto si lanciarono un’occhiata e annuirono, riconoscenti, mentre Kisshu passava un braccio attorno alle spalle di Zakuro.
- Io anche avrei bisogno di un posto in cui passare la notte… -
- Che ne dici di quella casa abbandonata che avevi trovato? – scherzò la ragazza lanciandogli uno sguardo ironico, suscitando il sorriso dell’alieno.
- Mi spiace, preferisco stare a casa tua. – disse baciandole i capelli.
 
Era tarda notte; Kisshu e Zakuro si trovavano nel grande letto matrimoniale della ragazza e, dopo l’amplesso, si stavano coccolando a vicenda.
Kisshu era intento ad accarezzare la pancia piatta della ragazza, quando questa si tirò su a sedere sul letto.
- Che succede? – mormorò l’alieno guardandola interrogativo.
Zakuro ci mise un po’ a rispondere. Si voltò lentamente verso il suo compagno, la luce della abat-jour che illuminava il suo volto bellissimo e stanco, e rispose: - Voglio recarmi al Caffè. –
Kisshu sgranò gli occhi. – Sei impazzita? –
- No. – fece Zakuro con un cenno di diniego – Voglio vedere se riesco a scoprire qualcosa sull’attentatore; in più, potremo provare a vedere se i dati di Ryan e Kyle sono andati persi del tutto. -
Kisshu sospirò stancamente, prima di tirarsi su a sua volta.
- Non ti lascerò di certo andare da sola. Forza, prepariamoci. -
 
I due si avvicinarono di soppiatto ai resti del Caffè Mew Mew, preoccupandosi di passare inosservati nonostante il parco fosse deserto a quell’ora. La modella, al riparo di un grosso albero, si tramutò in Mew Zakuro, e Kisshu richiamò uno dei suoi Sai.
- Pronta? – domandò l’alieno mettendosi al fianco della ragazza, la sua arma stretta nella mano destra.
- Prontissima. –
Con questo accordo, i due entrarono silenziosamente nel locale, o meglio, in ciò che ne rimaneva: infatti, tutto il piano superiore era andato distrutto. L’unica cosa ad essersi salvata era la sala principale e, di conseguenza, il laboratorio sotterraneo, ed era lì che erano diretti Kisshu e Zakuro.
Dopo aver attraversato la sala, faticando a non inciampare tra le macerie e i numerosi buchi nel pavimento, i due giunsero di fronte alle scale che portavano ai sotterranei. Kisshu tento inutilmente di pulirsi lo spesso strato di cenere dai pantaloni, sovrappensiero, per poi rivolgersi alla Mew Lupo.
- Vado avanti io; stammi vicina. -
- Ok, ti copro le spalle. – annuì Zakuro.
I due si avviarono nei sotterranei, scavalcando calcinacci e detriti rosi dalle fiamme, fino a raggiungere il laboratorio, anch’esso in condizioni disastrose.
Kisshu cominciò a darsi da fare con il computer, scoprendo con stupore che era ancora in funzione. Facendo comparire una sorta di sfera computerizzata di fronte a lui, riuscì inaspettatamente a passare i dati dei due scienziati nel suo strano macchinario, salvandoli.
Kisshu impiegò vari minuti a terminare il processo; dopodiché, si voltò per cercare Zakuro.
- Tesoro, dove sei? Io sono riuscito a recuperare i dati! -
Silenzio. Zakuro non era nella stanza.
Mentre il panico cominciava a montare dentro di lui, Kisshu lasciò il laboratorio, l’impugnatura della sua arma stretta nel pugno; accorse nel corridoio principale che conduceva alle scale, si arrestò, vedendo la figura di Mew Zakuro in piedi davanti a lui, di schiena.
- Ma sei matta?! – la rimproverò Kisshu – Sei sparita senza dirmi nulla! Poteva esserti successo qualsiasi cosa! -
Zakuro, però, non rispose. Continuava a fissare insistentemente la parete di fronte a lei, come se ne fosse rapita. Una volta riscossasi un minimo dai suoi pensieri, richiamò l’alieno.
- Kisshu. – sussurrò, con voce atona. – Vieni a vedere. -
Il ragazzo si avvicinò cautamente a lei, e quello che vide oltre la sua spalla gli fece gelare il sangue nelle vene.
Sul muro c’era una scritta enorme; le lettere erano state tracciate da una potente luce rossastra, che continuava a brillare audace, imprimendo ancor di più il messaggio nelle menti dei due giovani.
 
Avete sfidato la persona sbagliata. È appena cominciata una battaglia dalla quale non uscirete vivi.


Angolo Autrice:
Eccomi qua con un nuovo capitolo, mi scuso per il ritardo :(
Spero di essermi fatta perdonare stuzzicando la vostra curiosità: sembrava che le cose procedessero per il meglio, e invece?
Grazie a chi legge e recensisce la mia storia!
Salice_


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Capitolo 11
*** Vecchi eroi. ***


Vecchi Eroi.

Kisshu e Zakuro correvano all’impazzata per la città, a notte fonda; l’alieno con il cuore in gola per l’ansia e la mente che lavorava freneticamente per arrivare a capo di quel nuovo spaventoso enigma, la ragazza che aveva ripreso le sue sembianze normali ed era intenta a chiudere una conversazione telefonica con Purin.
- No, non è uno scherzo. Ci vediamo sotto casa di Ichigo, ho già avvisato le altre; a dopo. -
Sempre correndo, Zakuro fece scivolare nuovamente il cellulare nella tasca del suo giaccone, per poi rivolgersi a Kisshu: - Fatto, anche Purin è stata avvertita. Ora sbrighiamoci! –
L’alieno annuì senza proferire parola, afferrando la mano della ragazza e trascinandola con lui nella corsa.
“Non posso crederci.” Continuava a pensare Kisshu. “Non possono avere scoperto che siamo fuggiti sulla Terra, è impossibile che siano già qua.”
I due raggiunsero affannati la casetta della leader delle Mew Mew; tutto attorno a loro era tranquillo, la città dormiva profondamente e nessuna luce illuminava l’abitazione. Nessuna, a parte quella della camera di Ichigo, che uscì sul terrazzo e si arrampicò sull’albero di fronte, per poi saltare giù, atterrando davanti ai suoi compagni con l’agilità e l’eleganza del gatto selvatico di Iriomote.
- Eccomi. – si annunciò, scostandosi una ciocca di capelli rossi dal viso, in quel momento estremamente pallido. – Le altre dovrebbero essere qui a momenti. –
Le parole di Ichigo vennero seguite dai passi concitati di Retasu e Minto che li stavano raggiungendo di corsa; entrambe avevano un’aria estremamente scossa e indossavano i loro cappotti sopra al pigiama.
In quel momento, poi, dal nulla si materializzarono Pie, Taruto e Purin. Negli occhi dei due bambini era evidente la paura; in quelli di Pie, solo una gelida tensione.
- Perfetto, ora ci siamo tutti. – constatò Ichigo.
- Oh mio Dio, Zakuro, stai bene? Non siete stati attaccati? – domandò Minto terrorizzata, scrutando il volto impassibile del suo idolo.
Zakuro scosse il capo. – No, non c’era nessuno nel Caffè. –
Kisshu fece una smorfia, fulminando la moretta con lo sguardo. – Comunque grazie per l’interessamento; sto bene anche io, non ti preoccupare! –
- Smettila Kisshu – fece Pie altero. – Non è il momento di fare dell’ironia. Parliamo del messaggio che avete trovato all’interno del locale. -
Zakuro prese la parola: - Era una minaccia. Sicuramente siamo stati seguiti. –
Retasu si portò le mani al volto, spaventata, mentre Taruto si inseriva nel discorso.
- Come hanno fatto a scoprire che siamo fuggiti qua? Avranno interrogato i nostri genitori? E se gli avessero fatto del male? -
Un silenzio teso seguì le parole del ragazzino. Pie chiuse gli occhi e sospirò, prima di parlare.
- E’ molto probabile che siano stati torturati, ma escludo il fatto che abbiano rivelato qualcosa sul nostro nascondiglio. -
Taruto sussultò all’idea che Cordelia potesse aver fatto del male ai suoi genitori, e Purin istintivamente andò a cercare la sua mano, stringendola in modo da rassicurarlo.
- Scusate – si fece sentire Retasu, facendo timidamente un passo in avanti. – Non è possibile che Cordelia abbia semplicemente immaginato che voi foste fuggiti sulla Terra? Dopotutto, mi sembra abbastanza scaltra per aver fatto due più due. -
Ichigo negò le parole della compagna scuotendo la testa con convinzione.
- No, è impossibile. Non sapevano neanche chi fossimo quando siamo piombati nel palazzo di Cordelia, non era facile capire che siamo umane. -
Kisshu, inaspettatamente, cominciò a ridere, una risata senza allegria. Sette paia di occhi lo fulminarono.
- No Ichigo, è qui che ti sbagli. Voi Mew Mew siete piuttosto famose su Edren. Certo, non sapevano che aspetto aveste, fino a che non siete venute a liberarci. Con ogni probabilità, ha ragione Retasu. -
Il gruppo ammutolì alle parole di Kisshu.
- Ma perché attaccare il Caffè? – si interrogò Minto ad alta voce. – Per farci capire che ci hanno scoperti? O volevano colpire Kyle e Ryan? -
- Secondo me non sapevano neanche l’esistenza di loro due. – rispose Purin, con voce tremante ma convinta. – Per me, volevano semplicemente avvertirci che hanno capito il nostro gioco. –
Ichigo si passò una mano sul viso, esausta. – E adesso, che cosa facciamo? –
- Aspettiamo. – fece Zakuro laconica.
 
Il mattino seguente, il gruppo si riunì per recarsi all’ospedale da Ryan e Kyle: dovevano assolutamente avvisarli riguardo all’accaduto. Fortunatamente, in quella camera d’ospedale erano ricoverati solo i due americani, quindi non sarebbero stati ascoltati da orecchie indiscrete.
Le Mew Mew e i tre alieni fecero il loro ingresso nella stanza, rimanendo sorpresi nel vedere Ryan seduto sul letto intento a bere una tazza di caffè, ma ancora di più nel scoprire che Kyle era sveglio.
Dopo aver riferito il fatto ai due ragazzi, questi rimasero impietriti.
Kyle, dopo aver ascoltato il resoconto dei suoi amici, prese la parola.
- Quindi, siamo nuovamente in battaglia. -
- Esatto. – confermò Zakuro.
Ryan posò la tazza sul comodino, posando i suoi occhi di ghiaccio su Kisshu.
- Grazie per aver recuperato i nostri dati; ci saranno molto utili, per non dire fondamentali, in questa situazione. -
- Che cosa proponete di fare? – domandò Minto, guardando speranzosa i due americani.
Questi si scambiarono un’occhiata di intesa, come se avessero appena stabilito un tacito accordo.
- Per ora tenete gli occhi aperti. – cominciò Ryan, rivolgendosi a tutti. – Tra due giorni ci dimetteranno; non appena saremo fuori di qui, ci recheremo in una delle mie case, alla periferia di Tokyo. Ho un laboratorio anche lì, in questo modo potremo cominciare le ricerche. -
- Fino a quando? – sussurrò Ichigo, avendo paura di conoscere già la risposta.
- A tempo indeterminato. –
 
Molti minuti più tardi, il gruppo si congedò e abbandonò l’ospedale. Decisero così di recarsi in un bar del centro per mangiare qualcosa, con l’inconscio intento di esorcizzare la situazione di pericolo in cui si trovavano.
Quando tutti ebbero di fronte il loro pranzo, il discorso inevitabilmente ricadde su quel fatto.
- Quindi, siamo di nuovo in fuga. – sottolineò Pie con amarezza, dando un morso alla sua piadina.
- Già. – confermò Kisshu tristemente. – Da eroi a esuli. –
- Scusate, ma quante case ha Ryan? – fece Taruto cercando di smorzare la tensione.
Purin fece spallucce, rispondendo semplicemente: - Bho, lui è miliardario! –
Ichigo finì di sorseggiare rumorosamente il suo thé freddo. – Quindi, non è stato un caso il fatto che i nostri poteri abbiano fatto ritorno: la Terra ha nuovamente bisogno di noi. –
Le Mew Mew annuirono, ora con una nuova convinzione.
- Spero tanto che Cordelia abbia inviato qua quell’imbecille di Derek! – fece Kisshu sbattendo un pugno sul tavolo e rovesciando la cioccolata calda di Retasu. – Non vedo l’ora di fargliela pagare per quello che mi ha fatto! -
- Ovvero? – domandò Minto con sincera curiosità.
Così Kisshu prese a raccontare di come Derek lo avesse prelevato dalla cella per portarlo in camera di Cordelia; fece tutto questo lanciando occhiate preoccupate a Zakuro, che, ad ogni sua parola, induriva lo sguardo color del mare.
- Accidenti! – esclamò Taruto. – Non ce lo avevi raccontato! -
- Ho cercato di rimuovere. – scherzò Kisshu, passando un braccio attorno alle spalle di Zakuro, che sembrò rilassarsi un minimo.
All’improvviso, però, le parole del ragazzo vennero seguite da un forte boato e da una folla di persone che fuggiva nella direzione opposta.
- Ma che sta succedendo? – saltò su Minto.
Le persone gridavano terrorizzate, scappando di fronte a loro; in pochi secondi, era scoppiato il panico più totale.
La stessa consapevolezza colpì tutti quanti nel medesimo istante.
“Si ricomincia.”
Gli otto si alzarono velocemente dal tavolo e, non visti, si lanciarono in mezzo alla calca, andando verso la direzione dalla quale tutti stavano fuggendo; si fecero largo tra le persone terrorizzate fino ad arrivare ad una strada con incrocio, e ciò che videro li fece immobilizzare sul posto.
Un enorme Chimero, simile ad un coccodrillo ma in grado di reggersi in piedi sulle zampe posteriori, era al centro della strada e aveva capovolto diverse automobili, mandandone in fiamme altre; sicuramente, alcuni loro occupanti dovevano aver perso la vita.
Un’enorme spaccatura si apriva nell’asfalto, lì dove la spessa coda del mostro sbatteva a terra, agitandosi freneticamente.
I suoi occhi da rettile, rossi come il sangue, si puntarono sul gruppo di nuovi arrivati, mentre il Chimero apriva le enormi fauci, incollate da uno spesso strato di bava appiccicosa.
- Oddio! – gridò Minto, terrorizzata.
- Forza ragazze, non c’è tempo da perdere! – urlò Ichigo.
La squadra delle Mew Mew compì la sua trasformazione, non vista da nessuno.
- Mew Ichigo! –
- Mew Minto! –
- Mew Retasu! –
- Mew Purin! –
- Mew Zakuro! –
- METAMORFOSI! –
Le cinque paladine della giustizia apparvero nei loro sgargianti costumi, pronte al combattimento.
- Dobbiamo aiutare quelle persone! – strillò Purin, indicando le auto capovolte.
- Distraiamo noi il Chimero! – urlò Pie richiamando il suo ventaglio rosso, mentre i suoi due compagni annuivano. Gli alieni si lanciarono contro il mostro, attaccandolo tutti insieme.
Le Mew Mew approfittarono di quel diversivo per soccorrere le persone coinvolte nell’incidente, e riuscirono a salvarne sei, estraendole in tempo dalle macerie delle loro automobili.
Zakuro aveva aperto a forza tre macchine, ma all’interno era riuscita a trovare solo corpi privi di vita.
“Sono arrivata tardi.”
 
- Predi questo, orribile creatura! – gridò Kisshu colpendo il Chimero alla testa con un fulmine scaturito dai suoi Sai; questo barcollò per qualche secondo, per poi riprendersi e lanciarsi all’attacco del ragazzo, che però lo schivò agilmente.
“Questo bestione è fortissimo, ma anche estremamente lento.” Ragionò Kisshu.
In un attimo di distrazione, stava per essere colpito dalla coda del rettile, ma questa venne bloccata dalla frusta di Mew Zakuro, che aveva appena fatto la sua comparsa sul campo di battaglia assieme alle sue compagne.
- Levati di lì! – gridò la Mew Lupo, mentre Kisshu si materializzava in alto.
A quel punto la ragazza liberò il mostro e balzò in cima ad un lampione, per poi colpirlo nuovamente.
Nel mentre, Purin cercava di immobilizzare il Chimero, ma questo rimaneva intrappolato per non più di un secondo: con forti scossoni, riusciva sempre a liberarsi.
- Sembra che il Fiocco Immobilizza non abbia effetto su di lui! – gridò amareggiata Mew Purin, mentre veniva riadagiata a terra da Taruto, che si era adoperato per sollevarla in modo che attaccasse dall’alto.
Ichigo era riuscita ad appendersi al dorso del Chimero e, facendo forza con le braccia, si issò su di lui, per poi appoggiare il Fiocco del Cuore sulle sue squame.
- FIOCCO DI LU… -
Non riuscì a completare la formula: il mostro si impennò ruggendo infastidito, e scagliò la Mew Gatto lontano; questa andò a sbattere contro la facciata di un palazzo, scivolando poi a terra.
- Ora tocca a me! – si fece sentire Minto incoccando una freccia nella sua balestra. – Fiocco d’Azione! -
La freccia di luce si conficcò nel fianco del Chimero, ma questo parve non esserne troppo turbato: dopo un solo urlo di dolore, scoccò uno sguardo truce a Mew Minto, per poi cercare di imprigionarla tra le sue fauci. Aveva già la bocca spalancata, pronta ad azzannare la Mew Mew, quando un potente getto d’acqua lo colpì, facendolo quasi soffocare. Abbassando lo sguardo, Minto vide Mew Retasu sotto di lei, le nacchere strette tra le mani e lo sguardo colmo di determinazione.
- Grazie Retasu! – le urlò.
- Di nulla! – rispose la Mew Focena, lanciandosi in avanti per attaccare nuovamente il Chimero.
Zakuro, dall’alto della sua postazione, aveva circondato il mostro da un muro di fiamme, in modo da circoscrivere l’area in cui potesse muoversi; Mew Ichigo stava tornando alla carica, l’arma a forma di cuore stretta tra le mani, assieme a Mew Purin, che non si era ancora persa d’animo.
Minto continuava a volteggiare sopra al testone del Chimero, confondendolo e scoccando frecce a raffica su di lui, approfittando dell’agilità che poteva ottenere in volo.
Taruto levò le manine di fronte a sé e, concentrandosi, fece sbucare dall’asfalto delle enormi radici, che andarono a bloccare le zampe davanti della creatura, rendendola meno offensiva. Questo, vedendosi imprigionato, prese ad agitarsi convulsamente, urlando e muovendo la coda all’impazzata, rischiando di colpire Mew Retasu.
- NO! – urlò la Mew Focena, coprendosi il volto con le braccia, spaventata; non aveva il tempo di fuggire via.
Inaspettatamente, però, si sentì sollevata da terra. Aprì gli occhi, confusa: Pie era corso in suo aiuto, sollevandola in alto con lui, tenendola stretta per la vita.
- Pie… - mormorò la ragazza, imbarazzata.
- Sei sempre così distratta! – la rimproverò l’alieno, ma Retasu giurò di aver visto l’ombra di un sorriso attraversare i suoi gelidi occhi scuri.
Nel mentre, Kisshu volò sopra il muro di fiamme, trovandosi faccia a faccia con il mostro, che lo fissava adirato, le enormi narici allargate, le lunghe zanne che sporgevano dalla bocca.
- ZAKURO! – urlò l’alieno, rivolto alla compagna.
La Mew Lupo, senza aver bisogno di ulteriori spiegazioni, agì: lei e Kisshu durante la lotta non avevano bisogno di parole inutili per coordinarsi e sapere cosa fare.
Lei avvolse prontamente la sua frusta attorno al collo del Chimero, strattonandola, in modo che la creatura reclinasse il capo all’indietro. Kisshu allora fece forza sul braccio destro, nel quale stringeva uno dei suoi Sai, e con un urlo di rabbia affondò: la lama si immerse quasi completamente nella gola del Chimero, che lanciò un urlo disperato. Il sangue prese a zampillare copiosamente dalla ferita, imbrattando completamente Kisshu; nel giro di pochi secondi, il mostro si accasciò a terra con un tonfo, morto. Dopodiché, sparì, sgretolandosi come cenere.
Il gruppo si riunì al centro della strada ormai deserta, stanco ma fiero del proprio lavoro di squadra.
- Ce l’abbiamo fatta! – gioì Ichigo, mentre Zakuro si massaggiava il braccio destro, indolenzito per aver trattenuto con tutte le sue forze il Chimero.
Purin e Taruto si diedero il cinque, esultanti, e Minto incrociò le braccia al petto, sorridendo.
Pie tornò a terra e adagiò con delicatezza Mew Retasu, per poi allontanarsi e dirigersi verso il fratellino, lasciando la ragazza sconcertata e un po’ delusa.
Zakuro si avvicinò con passo risoluto a Kisshu, che, disgustato, stava osservando i suoi vestiti completamente sporchi del sangue scuro del Chimero.
- Sei stato grande. – sorrise la Mew Lupo, prendendo il volto di Kisshu tra le mani e depositando sulle sue labbra un bacio.
Lui sorrise soddisfatto sulla bocca carnosa della modella, prima di ricambiare il bacio e abbracciarla, senza preoccuparsi di imbrattare anche i suoi abiti e il suo corpo perfetto di sangue.

Spazio Autrice:
Ed eccomi qua con un nuovo capitolo! Diciamo che la situazione non è decisamente delle migliori; dopo questo attacco ignoto, ci saranno ancora parecchie cose su cui far luce.
Ringrazio tutti coloro che sanno seguendo la mia storia, e soprattutto blackmiranda, seby19993_ e B_bb_r_ !
Forza, fatemi sapere cosa ne pensate!
Salice_




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Capitolo 12
*** Il futuro è incerto. ***


Il Futuro è Incerto.

Il giorno in cui dimisero Ryan e Kyle dall’ospedale, il gruppo si era finalmente riunito e aveva deciso di festeggiare l’evento con una cena a casa di Zakuro, una cosa molto semplice: pizza per tutti, dolci, alcune birre e il piacere di stare ciascuno in compagnia dell’altro.
Ryan era quasi completamente guarito, mentre Kyle, nonostante oramai fosse fuori pericolo, era pieno di ustioni molto profonde ovunque. Ciò, però, non era in grado di spegnere il sorriso gentile e rassicurante dal suo volto, sorriso che rivolgeva continuamente alle sue ragazze, per incoraggiarle.
I dieci ragazzi erano seduti attorno al lungo tavolo nella sala da pranzo di Zakuro, intenti a consumare la loro cena, quando il discorso ricadde, inevitabilmente, sulla recente battaglia avvenuta contro il Chimero rettile.
- La cosa strana – cominciò Ryan, appoggiando la sua bottiglia di birra al tavolo – è il fatto che non ci fosse nessun alieno presente al combattimento; hanno creato un Chimero lasciandolo agire da solo, rimanendo dietro le quinte. –
- Evidentemente credevano bastasse quello per sconfiggerci! – ribatté Minto stizzita.
Purin prese la parola: - Be’, effettivamente quel mostro era molto più forte di quelli incontrati fin’ora. –
Il resto della squadra annuì, pensieroso.
- Che cosa dovremmo aspettarci, adesso? – mormorò Ichigo, senza rivolgersi a qualcuno in particolare.
Pie puntò il suo sguardo di ghiaccio in quello castano della leader delle Mew Mew, prima di rispondere: - Non ne ho idea. Sinceramente, mi aspettavo che l’esercito di Cordelia ci attaccasse direttamente, senza creare Chimeri; a questo punto, non so più a quale gioco stia giocando. –
Un silenzio carico di tensione calò sulla tavolata. Inevitabilmente, Zakuro rivide davanti ai suoi occhi i corpi senza vita, intrappolati in quelle bare di lamiera, che lei non era riuscita a salvare.
“Quante vite dovranno essere spezzate ancora? Quante persone dovranno pagare per le nostre azioni?”
- In ogni caso – esordì Kyle – domani ci trasferiremo nella seconda casa di Ryan e cominceremo le ricerche; entro le prossime ventiquattro ore, saremo nuovamente operativi. -
La serata trascorse all’insegna dei sentimenti più discordanti: paura, agitazione, speranza aleggiavano nella villa. A mezzanotte, i ragazzi fecero ritorno ognuno a casa propria, mentre Ryan e Kyle si diressero nella casa in periferia del biondo, lasciando soli Kisshu e Zakuro.
Dopo aver sparecchiato e sistemato la sala, i due si lasciarono cadere sul divano, esausti. Kisshu prese ad accarezzare i lunghi capelli di Zakuro, appoggiata al suo petto marmoreo.
- Sei preoccupata? – domandò l’alieno a mezza voce, continuando a coccolare la ragazza.
- E’ naturale. Ci troviamo di fronte a nuovi nemici, mentre una guerra è scoppiata attorno a noi. –
Zakuro si ritrovò a pensare amaramente al fatto che lei non avesse nessuno da avvisare per la sua assenza. Immaginò le ragazze inventare storie più o meno credibili per giustificare la loro improvvisa sparizione del giorno seguente, parlando con i genitori e cercando di tranquillizzarli. Lei non aveva nessuno a cui dare spiegazioni, e, forse, era anche meglio così: nessuno avrebbe sofferto per lei. Nemmeno il suo lavoro di attrice la preoccupava più; non si sarebbe più fatta rintracciare da nessuno. Zakuro Fujiwara sarebbe uscita di scena, in silenzio.
 
Kisshu continuava ad accarezzare sovrappensiero i capelli di Zakuro, quando la stanza attorno a lui sparì, assieme alla ragazza. Improvvisamente, l’alieno si vide catapultato in una camera buia, mentre tre figure prendevano forma di fronte a lui: in loro riconobbe Dyana, Alexander e Leandra. I tre erano coperti di graffi e ferite, mentre i loro occhi erano cerchiati da profonde occhiaie; sulle gote di Leandra era possibile vedere la strada tracciata dal sale delle lacrime, che si era seccato sulla sua pelle. Kisshu prese a guardarsi attorno freneticamente, in preda al panico, senza poter fare nulla per aiutarli. Sua madre, al centro del terzetto, mosse qualche passo verso di lui, stendendo le labbra in un sorriso sollevato, mormorando qualcosa, una frase, che Kisshu riuscì a interpretare leggendo il labiale:
“Stiamo bene.”
Con un ultimo sorriso benevolo, Leandra sparì, assieme ai genitori di Pie e Taruto e al resto della stanza buia; attorno a Kisshu, riprese forma il salotto di Zakuro, che lo fissava attonita.
- KISSHU?! Che ti è successo?! -
Solo in quel momento, il ragazzo si rese conto ti essere balzato in piedi non appena quelle immagini avevano preso forma innanzi a lui; era fermo in una posizione rigida, la mascella contratta e gli occhi dorati sgranati, mentre Zakuro, alle sue spalle, non riusciva a mascherare la paura negli occhi scuri.
Kisshu si voltò lentamente nella sua direzione, le labbra sottili dischiuse per la sorpresa.
- Ho avuto una visione. – disse semplicemente.
- Una visione? –
- Si. – ammise rilassando le spalle e voltandosi completamente verso la ragazza. – Da sempre ho il potere di ricevere messaggi da mia madre tramite la telepatia, e questi si manifestano attraverso delle visioni. –
- E che cosa hai visto? – domandò Zakuro aggrottando la fronte.
Malgrado tutto, Kisshu sorrise. – Stanno bene. Mia madre e i genitori di Pie e Taruto sono stati interrogati e torturati affinché parlassero, ma così non è stato. Stanno bene. –
Zakuro si lasciò andare ad un sospiro di sollievo e avvolse le sue braccia attorno alla vita dell’alieno, che ricambiò l’abbraccio.
- Sono felice che sia tutto a posto. -
 
Il mattino seguente, la squadra Mew Mew e i tre alieni erano a bordo del treno che li avrebbe condotti nella dimora di Ryan; Pie e Taruto erano sollevati dopo essere venuti a conoscenza della visione di Kisshu, soprattutto il più piccolo, che, nonostante volesse ostentare sicurezza, non aveva mai smesso per un secondo di essere in ansia per i suoi genitori.
Le ragazze erano piuttosto silenziose, ognuna con la maniglia della propria valigia stretta nel piccolo pugno e la paura impressa negli occhi: la paura dell’ignoto.
Dopo quasi tre ore di viaggio, il gruppetto scese dal treno e si avviò verso l’uscita della stazione.
I tre alieni erano perfettamente vestiti da umani, bardati in sciarpe e pesanti cappotti per proteggersi dal freddo e dalla neve; nessuno avrebbe mai potuto capire che non erano di quel pianeta, a meno che non si fossero soffermati sui loro occhi dai tratti felini.
Le ragazze erano riuscite ad inventare la scusa comune di un soggiorno alle terme offerto da Ryan e della durata di una settimana; per il momento poteva bastare, avrebbero inventato qualcos’altro più avanti.
Una volta giunti al luogo dell’incontro, nel bel mezzo della periferia della città, notarono immediatamente Ryan e Kyle ad attenderli seduti sulla panchina, l’uno elegantemente, l’altro con aria svogliata.
- Eccovi, finalmente. – li accolse Ryan alzandosi, mentre Kyle rivolgeva a tutti uno splendido sorriso.
- E’ sempre un piacere vederti, Biondo. – fece Kisshu con un sarcasmo che gli fece guadagnare un’occhiata truce da parte di Ryan.
Kyle si alzò a sua volta e si intromise in quella che, sicuramente, sarebbe sfociata in una futura litigata tra l’americano e l’alieno.
- Forza ragazzi, seguiteci. -
Vennero condotti di fronte ad una grande villa, che sembrava estremamente fuori posto in mezzo a tutte le altre case ingrigite e lasciate a loro stesse.
- Aspetta Ryan. – si fece avanti Pie, rivolgendosi al padrone di casa. – Io e gli altri abbiamo pensato di creare una barriera difensiva attorno a casa tua, come abbiamo fatto per l’astronave; in questo modo, nessuno potrà essere a conoscenza del nostro nascondiglio. -
Ryan era sinceramente sorpreso; sorrise, apprezzando la trovata geniale degli alieni.
- Perfetto, ottima idea. Procedete quando volete: la strada è deserta. -
Così, i tre alieni agirono come avevano fatto in precedenza con la navicella spaziale, racchiudendo la casa in una sorta di bolla di luce e salvaguardando così la loro incolumità, per adesso e per i giorni a venire.
Una volta che Kisshu, Pie e Taruto ebbero completato la loro opera, il gruppo entrò finalmente in quella che, da quel momento, sarebbe stata la loro nuova dimora: l’interno era arredato con uno stile sobrio e moderno e le pareti bianche facevano risaltare ancora di più gli immensi spazi in cui si trovavano. Ryan condusse gli ospiti al piano superiore, dove si trovava la zona notte e le diverse camere da letto; i due americani dormivano in due stanze separate, mentre a disposizione del resto del gruppo erano rimaste quattro camere matrimoniali. Gli otto dovettero, quindi, dividersi a coppie: Kisshu e Zakuro, Minto e Ichigo, Purin e Retasu, Pie e Taruto.
Dopo aver sistemato i loro bagagli nelle rispettive camere, si riunirono tutti nella sala da pranzo per mangiare l’ottimo cibo che Kyle aveva preparato per loro. Il pranzo trascorse tra chiacchiere e risate; sembrava quasi di vedere un gruppo di adolescenti in vacanza, anche se così non era. Ognuno cercava solamente di ergere un muro tra il presente e quello che era un futuro incerto e farraginoso.
Dopo mangiato, i due scienziati si rinchiusero in laboratorio assieme a Pie, mentre le ragazze, Kisshu e Taruto si recarono nel giardino improvvisando una battaglia a palle di neve che degenerò in una vera e propria lotta corpo a corpo nel momento in cui Kisshu creò un’enorme sfera innevata con i suoi poteri e la scagliò addosso a Minto, infradiciandola dalla testa ai piedi. Inutile dire che, alla fine della giornata, tutti erano bagnati fradici e dovettero riunirsi di fronte al caminetto per non prendersi un malanno.
 
Nel pieno della notte, Kisshu si svegliò di soprassalto; doveva aver fatto qualche sogno agitato, nonostante non ricordasse precisamente in che cosa consistesse. Completamente vigile, buttò un occhio sulla sveglia digitale sul comodino: segnava le 01:37.
Kisshu si voltò per guardare Zakuro, che dormiva beatamente di fianco a lui e sembrava non essersi accorta di nulla.
“Non è il caso che io la svegli, potrebbe preoccuparsi inutilmente.” Pensò Kisshu guardando il profilo addormentato della modella; non riuscendo però a riprendere sonno, si alzò silenziosamente dal letto e si diresse al piano di sotto con l’intento di uscire in giardino a fare due passi.
“Magari potrei ripagare Minto di oggi lanciandole un po’ di  neve sul letto mentre dorme.” Questo pensiero fece sorridere malignamente l’alieno. Mentre era in preda alle sue congetture più o meno serie, Kisshu si bloccò nel bel mezzo del corridoio, vedendo la luce della cucina accesa: c’era qualcuno.
Le pupille del ragazzo si erano fatte completamente verticali per abituarsi al buio, e in quel momento il suo sguardo si indurì ancor  di più; richiamò uno dei suoi Sai e, volteggiando a qualche centimetro dal suolo per non far rumore, si diresse di fronte alla porta semichiusa della stanza. Una volta lì, prese un profondo respiro e assestò un potente calcio alla porta, spalancandola, per poi lanciarsi nel bel mezzo della cucina brandendo la sua arma in mano.
- Hai fatto male a venire qui stanot… -
 Le parole piene di rabbia di Kisshu gli morirono in gola per lasciare posto ad una risata alla vista dell’occupante della stanza: Ryan, seduto su una sedia, lo sguardo leggermente velato e un bicchierino contenente un liquido trasparente in una mano.
- KISSHU, CHE CAZZO FAI?! – urlò il biondo, vedendo comparire l’alieno armato nella stanza.
- Ma che cazzo ci fai tu a quest’ora qua da solo? – domandò a sua volta Kisshu dopo aver smesso di ridere.
- Potrei farti la stessa domanda. – rispose Ryan sollevando un sopracciglio.
- Non avevo più sonno e ho pensato di fare un giro, prima di imbattermi in un cretino che mi ha fatto pensare che qualcuno ci avesse scoperti. –
Ryan sorrise mestamente. – Complimenti Kisshu, vedo che non sei il tipo da abbassare la guardia, e questo ti fa onore; ora, però, potresti anche far sparire quell’affare. – fece indicando con la testa l’arma dell’alieno, ancora stretta nella sua mano affusolata.
Kisshu, ricominciando a ridere, smaterializzò la spada che stava brandendo, avvicinandosi poi all’americano.
- Tu invece come mai sei qui? -
- Più o meno per il tuo stesso motivo. Avevo troppi pensieri per la testa e sono sceso a bere una cosa. –
Kisshu abbassò lo sguardo sulla bottiglia piena di quel misterioso liquido trasparente che troneggiava sul tavolo e diffondeva un forte odore di anice in tutta la stanza.
- Cos’è quest’affare? – domandò l’alieno incuriosito.
- Sambuca. –
- Fammi assaggiare! – fece Kisshu togliendo prontamente il bicchierino dalle mani di Ryan e bevendo quel goccio che vi era rimasto.
- Come ti permetti?! – si alterò il biondo, mentre Kisshu strabuzzava gli occhi.
- E’ buona! Però fa bruciare la gola. –
Questa fu la volta di Ryan di ridere. – E ci credo! Non avete niente di simile su Edren? –
 - No. – rispose Kisshu scuotendo il capo. – Dai, bevo anche io! – propose poi l’alieno, andando verso la mensola per prendere un bicchiere per sé.
- Non credo sia il caso. – rispose seriamente Ryan mentre Kisshu si sedeva di fronte a lui, il bicchierino vuoto tra le mani. – Se non sei abituato potrebbe farti un effetto un po’ strano.
- Ti ricordo che non è la prima volta che bevo i vostri alcolici terrestri; reggo sicuramente più di te. –
Ryan si passò una mano fra i capelli biondi, sconsolato. – Si, va bene. –
- Non ci credi? Facciamo una gara? -
- Dai Kisshu, non sono in vena. –
- E’ perché sei consapevole del fatto che perderesti! – continuò Kisshu convinto, fulminando l’americano.
Continuò a punzecchiarlo per i seguenti cinque minuti, fino a che Ryan, scocciato, sbuffò: - E va bene! Vuoi fare la gara? Facciamola! –
- Perfetto! – rise Kisshu strofinandosi le mani; tempo un secondo e aveva già riempito i due bicchierini di Sambuca.
- Alla salute. – dissero all’unisono, prima di inghiottire il liquido in un’unica sorsata.
Il calore pervase il viso dei due giovani, rendendo i loro occhi lucidi, ma poco gli importava; quella fu la volta di Ryan di versare da bere, e, ancora una volta, i due ingollarono la Sambuca in un sol sorso.
Dopo aver bevuto cinque shot a testa, Ryan era seduto a braccia conserte, lo sguardo forzatamente serio, intento ad osservare il suo compagno; Kisshu si reggeva il volto col mento e aveva un ghigno storto impresso sulle labbra sottili. Non appena i loro sguardi si incrociarono, i due scoppiarono a ridere.
- Ne hai avuto abbastanza? – domandò a bruciapelo Ryan, tra le risa.
- Scherzi? Dimentichi che io sono un soldato! – ribatté Kisshu, versando nuovamente da bere.
“Ho la netta sensazione che la cosa ci stia sfuggendo di mano.” Si ritrovò a pensare Ryan, mentre mandava giù l’ennesimo bicchiere.
 
Erano le 03:50 quando Zakuro si svegliò con l'impressione che ci fosse qualcosa di insolito. Voltandosi dall’altro lato, si accorse immediatamente di che cosa si trattasse: Kisshu non era nel letto. La modella si alzò, sistemandosi la camicia da notte di seta rossa, leggermente trasparente, prima di dirigersi al piano inferiore. Una volta giunta in corridoio, udì delle risatine sommesse che attribuì senza alcun dubbio a Kisshu e un forte odore di fumo, molto nauseante.
“Ma che cosa sta succedendo?”
Zakuro varcò la soglia della cucina e riuscì a trattenere a stento una risata: Kisshu e Ryan erano seduti al tavolo, uno di fronte all’altro, ubriachi marci e a petto nudo. Di fianco a loro giacevano due bottiglie vuote di sambuca e una scatola di sigari che Ryan doveva aver tirato fuori da non si sa dove; proprio in quel momento, i due reggevano tra le dita un sigaro a testa e stavano fumando allegramente, facendo cadere la cenere in un bicchiere e impregnando la stanza di fumo.
- Qualcuno ha intenzione di spiegarmi che cosa state facendo? – domandò Zakuro reggendosi i gomiti, mentre di due si voltavano verso di lei.
- Un party! – rispose Kisshu prima di scoppiare nuovamente a ridere, seguito da Ryan. – Vuoi aggiungerti, Tesoro? –
- No, grazie. – rispose la modella trattenendo il sorriso che cercava di stirarle le labbra alla vista di quella scenetta inconsueta. – Anzi, penso che sia meglio che torniate a letto. –
Ryan la guardò come se avesse appena bestemmiato. – Ma sei impazzita? Ci stiamo divertendo! –
- Lo vedo. – fece con sarcasmo Zakuro, mentre le sue parole venivano nuovamente soffocate dalle risate sguaiate dei due ragazzi.
La modella si diresse verso la finestra e la aprì leggermente, in modo da mandar via la puzza di fumo, dopodiché tolse gentilmente i sigari dalle mani dei due ubriachi, che non opposero resistenza; li spense con cura e li buttò via.
Kisshu si stava dondolando pericolosamente sulla sedia, quando si rese conto dello sguardo malizioso che Ryan stava riservando alla figura perfetta di Zakuro.
- SHIROGANE! – urlò, facendo sobbalzare gli altri due presenti. – Smetti di guardare Zakuro o ti infilzo! – minacciò, faticando a tenere gli occhi aperti.
SBAM!
La testa di Kisshu ricadde pesantemente sul tavolo: si era addormentato di colpo, i capelli verdi che erano sfuggiti ai codini sparpagliati sulle spalle, le braccia piegate accanto a lui sul tavolo.
Ryan cominciò a ridere più di prima, mentre Zakuro scuoteva la testa, rassegnata.
Quando l’americano ebbe finito di sganasciarsi, la modella gli domandò: - Almeno tu hai intenzione di tornare a dormire? –
Il biondo la guardò seriamente, come se la vedesse per la prima volta, prima di risponderle.
- Si, forse è meglio: non vorrei mai fare la fine di questo idiota. -
Detto ciò, si alzò con passo incerto e si diresse verso l’uscita, assieme a Zakuro. Dopo qualche passo, i due si voltarono verso Kisshu, che aveva preso a russare placidamente.
- Che cosa facciamo con lui? – fece Ryan indicandolo con la mano.
- Lasciamolo qui. –
Ryan e Zakuro si diressero ognuno nelle rispettive camere, lasciando che Kisshu continuasse a dormire beatamente con la faccia sul tavolo.

 
Angolo Autrice:
Ciao! Eccomi con un nuovo capitolo; è di passaggio, come avrete capito. Ho voluto inserire una parte divertente alla fine, dato che l’inizio mi sembrava piuttosto pesante, per staccare anche dal resto della storia che, fin’ora, non è stato molto felice. E poi, una bevuta tra amici ci sta sempre :)
Fatemi sapere che cosa ne pensate!
Salice_

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Capitolo 13
*** La vigilia di Natale. ***


La vigilia di Natale.

La settimana trascorse velocemente, senza particolari sviluppi; Ryan, Kyle, Pie e Kisshu continuavano a lavorare senza sosta in laboratorio, cercando qualsiasi cosa che potesse metterli sulla giusta strada, ma invano. Le ragazze riuscirono a trovare una scusa plausibile per la loro prolungata permanenza a casa di Ryan, senza destare sospetti.
Erano gli ultimi giorni di dicembre, e la squadra Mew Mew si era ritrovata a combattere contro altri sei Chimeri spuntati dal nulla; non era stata notata nessuna presenza aliena e nessun indizio sull’entità della minaccia si era palesato.
Arrivò in fretta il giorno della vigilia di Natale. Un Natale da trascorrere forzatamente lontano dalle famiglie, un Natale senza gioia, dominato dall’ansia e dall’incertezza, un Natale senza luci colorate e gli animi spenti.
Le ragazze erano sempre più demoralizzate: nonostante continuassero a combattere e a farsi in quattro, non riuscivano a venire a capo di nulla. Purin continuava a mantenere la sua facciata di spudorata allegria, anche se alle volte crollava, vinta dall’esasperazione. Il sorriso dolce sul volto di Retasu si era spento e pareva che nulla fosse in grado di tranquillizzarla. Minto era stanca, il suo volto pallido segnato da scure occhiaie; basti pensare che aveva addirittura rinunciato a raccogliere i suoi capelli neri nei soliti due chignon. Ichigo sembrava aver perso la facoltà di sorridere, passando le giornate a sospirare continuamente. Zakuro si era chiusa in un silenzio impenetrabile, elevando un muro sempre più altro tra lei e l’incertezza del presente; un muro che solo un paio di occhi color dell’oro riuscivano ad abbattere.
- Quella che gli alieni stanno combattendo contro di noi è una guerra psicologica. – Si era ritrovata più volte ad affermare Zakuro.
Mai fu detto qualcosa di più vero.
Taruto era diventato stranamente silenzioso, mentre Pie combatteva la frustrazione gettandosi rabbiosamente nelle sue ricerche, fino a procurarsi potenti emicranie. Kyle cercava di rivolgere sempre un sorriso di incoraggiamento a tutti, nonostante non riuscisse a conferire forza nemmeno a se stesso. Ryan, nel suo silenzio ostinato, passava notti insonni davanti a quei maledetti monitor, cercando in qualsiasi cosa una soluzione, nonostante l’ennesimo buco nell’acqua lo costringesse ogni volta a serrare con forza la mascella dalla rabbia e a passarsi stancamente una mano fra i capelli biondi. Kisshu era provato sia fisicamente che mentalmente; nonostante tutto, lui era quello che aveva risentito di più della forzata e ingiusta prigionia passata su Edren. Il suo carattere menefreghista e testardo non lo aveva aiutato, anzi: le ferite impresse nella sua psiche si erano fatte sempre più profonde e non accennavano a voler guarire. Aveva paura di poter impazzire da un momento all’altro, guidato dalla rabbia e da quell’incontenibile desiderio di vendetta che solo Zakuro, con il suo sangue freddo, riusciva a placare in lui.
Era il 24 di dicembre, quando i ragazzi si riunirono tutti quanti nel salotto di Ryan.
- Direi che continuando di questo passo non arriveremo da nessuna parte. – esordì Ryan incrociando le braccia al petto.
Le Mew Mew gli rivolsero un’occhiata curiosa, invitandolo così a continuare.
- Prendiamoci una pausa, per oggi. Andate pure a fare un saluto alle vostre famiglie; non è giusto tenervi lontano da loro per tutto questo tempo e per questa guerra. -
- Poi, - si inserì Kyle accennando un sorriso – stasera ci rivedremo di nuovo tutti qua per festeggiare il Natale tutti insieme. –
Quella notizia sembrò scaldare un po’ i cuori delle ragazze, che annuirono felici all’idea di rivedere i propri genitori. Subito dopo pranzo, Minto e Ichigo abbandonarono la villa di Ryan per dirigersi a casa, con un nuovo sorriso impresso sulle labbra; Purin aveva convinto Taruto ad andare dai suoi fratellini assieme a lei, cercando con successo di coinvolgerlo nella sua nuova e ritrovata felicità.
Retasu decise di rimanere; i suoi genitori erano partiti per Osaka per passare il Natale con alcuni parenti, e a nulla sarebbe servito far ritorno nella sua casa vuota.
Pie rivolse un pensiero ai genitori lontani, soffermandosi a riflettere sul significato di quella strana festività terrestre che sapeva tanto di amore e famiglia, per poi avviarsi verso il cortile esterno a fare una passeggiata senza proferire parola.
Kisshu e Zakuro, entrambi senza nessuna famiglia alla quale fare ritorno, abbandonarono l’abitazione per fare un giro in centro, in mezzo alle persone impegnate nei regali dell’ultimo minuto e fingendo di trovarsi in una situazione del tutto normale.
La coppia stava camminando tranquillamente per le affollate vie di Tokyo, quando Zakuro venne fermata da una donna alta e dai capelli biondi raccolti in un elegante chignon: in lei, riconobbe la sua manager.
- Oh cielo, signorina Fujiwara, da quanto tempo non la vedo! -
Inaspettatamente, la donna abbracciò di slancio l’ex modella, che rimase per qualche secondo stupita prima di ricambiare l’abbraccio.
Le due presero così a parlare, mentre Alina, così si chiamava, cominciava a domandare a Zakuro il motivo della sua improvvisa sparizione. Kisshu approfittò della situazione per defilarsi, dicendo di aver appena visto un conoscente, mentre Zakuro, troppo impegnata a propinare una scusa qualunque, non realizzò che Kisshu, essendo alieno, non poteva avere alcuna conoscenza estranea su quel pianeta.
Dopo quasi venti minuti, Zakuro e Alina ripresero entrambe la propria strada; la Lupa sapeva che quello era stato il punto definitivo che andava a segnare la fine della sua carriera.
Aguzzando la vista in mezzo al via-vai di persone, intravide Kisshu, elegantemente seduto sulla panchina di un parco poco distante. Zakuro attraversò la strada e si diresse verso il giovane ragazzo alieno, pensando a quanto fosse bello con indosso pregiati abiti umani, soffermandosi sul ghigno divertito dipinto sulle sue labbra fredde e sui suoi occhi dorati che la fissavano intensamente, mentre alcuni ciuffi di scuri capelli verdi sfuggivano da sotto al berretto di lana.
- Mi chiedo quali conoscenze umane tu possa avere al di fuori di noi. – buttò lì Zakuro con un sorriso a mezze labbra una volta che fu di fronte al ragazzo.
Kisshu sorrise a sua volta, rispondendo: - Immagino di non essere bravo quanto te a mentire, dolce tesoro. –
Con questo si alzò e si portò di fronte a Zakuro; si avvicinò e le accarezzò delicatamente una guancia con la sua mano affusolata, provocandole un brivido lungo la schiena.
- Sai Zakuro, nonostante io sia lontano dal mio pianeta e dai miei cari, con te non riesco a sentirmi solo. Sei tutto ciò che di più bello la vita ha potuto donarmi. -
- Come siamo sentimentali. – commentò freddamente Zakuro, abbandonandosi però ad una risata che contagiò anche il suo compagno.
- Ho qualcosa per te. – le rivelò mestamente Kisshu, cominciando a frugare nella tasta interna del suo cappotto;  dopo pochi secondi, estrasse un piccolo pacchettino, incartato con una carta blu cobalto e ornato da un fiocco argentato.
Zakuro sgranò i suoi bellissimo occhi scuri, stupefatta.
- Ma Kisshu, perché? Io non ti ho preso nulla, non lo ritengo necessario… -
- Oh, io sì invece mia cara. So benissimo che, per te, farsi i regali in queste festività imposte non ha molto senso, e su questo mi trovi d’accordo, anche perché tu sei il regalo più bello che io possa mai desiderare. Ma ho visto questo piccolo oggetto, e non ho potuto fare a meno di pensare a te. –
Con mano leggermente tremante, Zakuro accettò il pacchetto e cominciò a scartarlo in religioso silenzio, mentre Kisshu carpiva gelosamente ogni suo movimento.
Nella scatolina di una nota gioielleria, appoggiata su un morbido strato di cotone, si trovava una collana dalla catenina estremamente fine ed elegante, in oro bianco. Zakuro la prese fra le dita per osservarla meglio, posando tutta la sua attenzione sul ciondolo finemente lavorato che penzolava: una mezza luna in argento diamantato, che, con la sua eleganza, rifletteva i timidi raggi del sole che facevano capolino fra le nubi, proiettandoli sulla ragazza dallo sguardo stupito che reggeva quel magnifico gioiello.
- Kisshu, ma è bellissimo! – esclamò Zakuro stupefatta, puntando i suoi occhi color del mare in quelli d’oro dell’alieno.
- Ammetto di avere degli ottimi gusti. – scherzò Kisshu togliendo gentilmente la collana dalle mani della ragazza, per poi attivarsi per allacciarla attorno al suo esile collo.
Il ciondolo ricadde delicatamente sul petto di Zakuro, che lo osservò ancora per un secondo prima di rivolgersi a Kisshu.
- C’è un motivo ben preciso che ti ha spinto a scegliere proprio questo simbolo? -
Il sorriso sul volto dell’alieno si allargò. – Non vedevo l’ora che mi facessi questa domanda. – ammise, prima di cominciare a spiegare.
- Forse non l’hai mai saputo, ma prima che tu entrassi a far parte della squadra Mew Mew, io ti controllavo spesso. Per ordine di Deep Blue, ero stato messo sulle tracce della quinta Mew Mew, quella che agiva da sola, e che si diceva fosse la più potente di tutte.
Ricordo perfettamente la prima volta in cui ti vidi: avevo appena creato un Chimero pesce, ordinando di attaccare una coppia che stava passeggiando sul ponte nei pressi del parco Ihnoara. La creatura stava per farli fuori, quando venne distrutta da un solo colpo sferrato da una frusta di luce. Sollevando lo sguardo, ti vidi per la prima volta: in piedi su di un lampione, a braccia conserte, la tua figura perfetta stagliata contro la Luna. Quella Luna che, pallida e lucente, metteva particolarmente in risalto la tua sagoma, in ombra e avvolta dal mistero. Io ero nascosto in mezzo agli alberi, rapito dalla scena alla quale avevo appena assistito: non potevo sapere che mi ero messo sulle tracce della persona che poi mi avrebbe rubato il cuore.
Questo è uno dei ricordi più importanti che ho, e la Luna è ciò che rappresenta al meglio te, con il tuo modo di vigilare costantemente sulla città, in silenzio, proprio come la Luna. –
Kisshu terminò il suo racconto, senza mai abbandonare gli occhi color zaffiro della ragazza. Attorno a loro aveva preso a nevicare,e i piccoli fiocchi di neve si posavano sulle loro teste indisturbati.
Zakuro, emozionata per via di quell’alieno che amava più di se stessa, lo strinse in un abbraccio, che lui non tardò a ricambiare, serrando le palpebre e abbandonandosi al calore della ragazza, che sembrava cullarlo dolcemente.
- Grazie Kisshu. Ti amo. -
L’alieno non fece in tempo a comunicare a sua volta il suo sentimento: in quel momento, un rumore sordo, simile ad un’esplosione, squarciò l’aria. Il terreno tremò sotto di loro, mentre la folla si agitava e prendeva a scappare da una parte all’altra, terrorizzata.
 
Pie stava camminando lentamente in mezzo al giardino innevato, la sciarpa avvolta stretta al collo per proteggersi dal freddo e le mani affondate nel giaccone. Passeggiava senza meta e pensava alla sua missione, scervellandosi senza sosta sui dati che aveva ricavato con i due scienziati americani, cercando di giungere ad una conclusione che non c’era.
Non sapeva da quanto tempo fosse lì fuori al freddo, quando sentì una voce dolce chiamare il suo nome.
- Pie! -
L’alieno si voltò lentamente, notando Retasu poco distante da lui.
“Non l’ho neanche sentita arrivare.”
La ragazza indossava un pesante cappotto scuro e portava, per la prima volta, i capelli sciolti lungo le spalle, che si agitavano al vento. Il suo volto pallido era arrossato dal vento freddo e i piedi, coperti dagli stivali, sprofondavano quasi completamente nella neve.
- Retasu. – fece Pie con voce incolore voltandosi completamente verso la Mew Mew.
La ragazza si avvicinò a lui, arrossendo lievemente, e Pie non seppe dire se per il freddo o per altre cause.
- Non hai freddo? È da più di mezz’ora che sei fuori. -
- Sto bene, grazie. – rispose Pie, per poi scoccarle un’occhiata obliqua. – Tu invece cosa fai ancora qui? Non vai dalla tua famiglia? –
Retasu scosse il capo, incrociando le mani in grembo. – No, i miei genitori e mio fratello sono partiti; non ho nessuno da andare a trovare. –
- Mi spiace. – fece Pie, per poi darle le spalle.
- No, non fa niente: a me basta sapere che loro stanno bene! – sorrise la Mew Mew, portandosi a fianco dell’alieno.
- A te non mancano i tuoi genitori? –
Pie odiava le domande personali: odiava tutto ciò che avesse a che fare con i sentimenti, ma, nonostante tutto, si ritrovò a rispondere alla domanda di Retasu.
- Io sono un soldato, e sono stato abituato a stare lontano dalla mia famiglia. Non ti nego che sono stato preoccupato per loro dopo aver lasciato Edren, ma la visione di Kisshu mi ha rassicurato. Sai, anche a me basta sapere che stiano bene. – concluse con un mezzo sorriso.
Retasu gli sorrise benevola, e qualcosa nell’animo del gelido Pie si agitò: da sempre, gli occhi azzurri di quella ragazza gli facevano provare una strana sensazione, e quel giorno, in quel giardino freddo, si sentiva particolarmente attratto da lei.
- Visto che sei sola, vuoi fare una passeggiata con me? – si ritrovò a proporle Pie, prima di domandarsi cosa lo avesse spinto a farlo.
- Oh… Va-va bene! –
I due presero così a camminare insieme, fianco a fianco, mentre i loro respiri si condensavano all’istante. Dopo alcuni minuti, Retasu non poté trattenersi dal porre una nuova domanda all’alieno.
- Che piega pensi prenderà questa guerra? –
Pie si ritrovò a fissare quegli occhi azzurri e dolci con i suoi, grigi e incantatori, prima di trovare le parole giuste.
- Non lo so ancora, di preciso. Tutto ciò in cui credevo si è rivelato essere qualcosa di incorporeo ed effimero, tutte le mie supposizioni non avevano basi solide su cui reggersi. Per la prima volta nella mia vita, mi pare di aver perso il controllo sulla situazione, e non so come comportarmi. -
Retasu avrebbe voluto rispondergli che non doveva preoccuparsi di nulla, che a tutto c’è una soluzione; che, finché erano uniti, niente avrebbe potuto fermarli. Avrebbe voluto rassicurarlo, abbracciarlo, sciogliere il ghiaccio che c’era in lui. Avrebbe voluto aiutarlo. Ma non lo fece.
La sua sbadataggine si manifestò per l’ennesima volta: Retasu inciampò in un ramo secco che fuoriusciva dalla neve e, nel misero tentativo di non cadere, si aggrappò al bracciò di Pie, trascinandolo a sua volta al suolo.
L’alieno, troppo preso dai suoi pensieri, non riuscì a reagire in tempo, trovandosi fradicio di neve a cavalcioni di Retasu, stesa a pancia in su sotto di lui in mezzo a quel manto candido, i lunghi capelli verdi sparsi al suolo.
“Sembra un angelo.”
Retasu arrossì di botto e prese a scusarsi a raffica, assumendo un colorito molto simile a quello dei capelli di Ichigo.
Malgrado tutto, Pie si ritrovò a sorridere alla ragazza sotto di lui.
- Sei sempre così distratta… -
Quelle parole risuonarono come una eco lontana, facendole balzare il cuore in gola.
Pie avrebbe potuto alzarsi e abbandonare quell’imbarazzante posizione, avrebbe potuto offrirle una mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Avrebbe potuto far finta di nulla e dirigersi nuovamente per la sua strada, lasciando la Mew Mew ad osservarlo attonita, come aveva sempre fatto. Ma non lo fece.
Con estrema lentezza, l’alieno avvicinò il volto a quello di Retasu, che si ritrovò a socchiudere le palpebre. Mentre leggeri fiocchi di neve cominciavano a cadere su di loro, Pie trovò le labbra rosee della ragazza, depositandovi un bacio casto; gli sguardi dei due si incrociarono nuovamente, e, in quel silenzio, era come se mille e più parole fossero state pronunciate. L’alieno si chinò nuovamente su di lei e la baciò nuovamente, questa volta con più foga, mentre la sua lingua si faceva strada all’interno della bocca della Mew Focena, che ricambiò il bacio di buon grado.
Retasu, ora più disinibita, lasciò che le sue mani fredde accarezzassero la nuca di Pie, la sua treccia di capelli viola, il suo collo pallido, mentre lui faceva aderire alla perfezione i loro corpi, andando ad accarezzare le guancie infuocate della ragazza.
Dopo qualche minuto, Pie sciolse il bacio, sollevandosi leggermente per osservare Retasu negli occhi.
- Pie… -
Improvvisamente, il suolo sotto di loro cominciò a tremare, mentre il rumore di un’esplosione poco distante li faceva sobbalzare.
 
- Che sta succedendo?! – urlò Kisshu stringendo possessivamente a sé la ragazza.
- Non lo so. – rispose Zakuro guardandosi intorno, mentre le persone in fuga li spintonavano. – Ma ho un brutto presentimento. –
Le nuvole coprirono completamente il sole, e il cielo si oscurò di colpo.
- Questo non è un terremoto. – mormorò Kisshu con lo sguardo puntato in un punto imprecisato oltre alla spalla di Zakuro. La ragazza si voltò, giusto in tempo per vedere un’immensa coltre di fumo che si innalzava da uno dei tanti quartieri di Tokyo.
- Vieni con me! – esclamò Kisshu afferrando la ragazza per un braccio, dopodiché, non visti, saltarono sui rami di un albero nelle vicinanze, dal quale si poteva godere di una vista migliore sul luogo della catastrofe.
- Trasformati. – le ordinò. – Più tardi potrebbe essere pericoloso. –
Zakuro annuì e, una volta estratto il suo ciondolo Mew, si tramutò in Mew Zakuro.
Kisshu afferrò per la vita la ragazza e si alzò in volo nel cielo terso, in modo da fare il più velocemente possibile.
Una volta giunti sul luogo del disastro, Kisshu atterrò e lasciò andare la Lupa, che si mise immediatamente in posizione di difesa, guardandosi intorno.
Si trovavano in una zona periferica della città; questa era stata quasi completamente rasa al suolo e alti muri di fuoco si ergevano nonostante la neve fresca.
- Non vedo nessun Chimero… - sussurrò Mew Zakuro.
Una risata folle, senza gioia, scoppiò alle loro spalle, obbligandoli a voltarsi di scatto.
Ciò che videro di fronte a loro li lasciò senza fiato: era la figura alta e slanciata di un’aliena dai lunghi capelli corvini stretti in una coda; i suoi occhi color del ghiaccio dardeggiavano impazziti. Stretto nella mano destra, aveva un gatto a nove code.
Cordelia.

 
Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Mi scuso per l’enorme ritardo, solo che tra scuola e tutto non sono più riuscita a mettermi ad aggiornare seriamente! Spero almeno di essermi fatta perdonare con questo capitolo.
Cosa succederà ora che Cordelia si è mostrata?
Fatemi sapere che cosa ne pensate!
Salice_
Ps: Per quanto riguarda il punto in cui Kisshu racconta della prima volta in cui vide Zakuro, mi riferisco all’episodio numero 10 dell’anime.

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Capitolo 14
*** Sull'orlo della follia. ***


Sull'orlo della follia.

Cordelia se ne stava lì, fiera, di fronte a Kisshu e Zakuro. La sua lunga coda corvina dai riflessi blu ondeggiava mossa dal vento; con il braccio sinistro si reggeva il destro e, con movimenti rotatori del polso, sferzava la neve con la sua arma. Le labbra carnose dell’aliena si incresparono in un sorriso malato, che andò a scoprire due canini appuntiti, mentre i suoi occhi color del ghiaccio saettavano dall’uno all’altro.
- Allora Ikisatashi, ci rivediamo. – esordì Cordelia muovendo qualche passo verso la coppia; Kisshu e Zakuro richiamarono prontamente le loro armi, pronti a difendersi.
- Credevi che bastasse fuggire su un altro pianeta per liberarti di me? – continuò la sovrana con voce tagliente, rivolta a Kisshu. – Pensavi che io non avrei mantenuto la mia promessa di ucciderti? –
- Sempre che io non uccida prima te. – ringhiò Zakuro inaspettatamente, inchiodando l’aliena con i suoi occhi color zaffiro.
Cordelia le restituì lo sguardo, fissandola con un certo interesse.
- Oh, tu invece devi essere Mew Zakuro, la puttana per la quale Ikisatashi ha voltato le spalle a Deep Blue! –
Fu un attimo: la provocazione di Cordelia andò a segno.
A quelle parole, Kisshu si lanciò prontamente sull’aliena, cercando di colpirla con i suoi Sai; questa, però, era tutt’altro che impreparata. Infatti, ruotò su se stessa, schivando il colpo, per poi assestare un potente calcio alla spalla del ragazzo, che si lasciò sfuggire uno dei suoi Sai di mano.
- Non permetterti di parlare in questo modo di Zakuro! – urlò Kisshu, il volto deformato dalla rabbia, prima di avventarsi nuovamente su Cordelia.
Zakuro, prontamente, bloccò i polsi della ragazza aliena con la sua frusta, cogliendola di sorpresa. Questa, però, non venne colpita dal nuovo attacco di Kisshu; infatti, Cordelia si smaterializzò, per poi ricomparire a pochi centimetri dal viso di Zakuro, sferrandole così un pugno in piena faccia.
La Mew Lupo cadde rovinosamente a terra, mentre la neve si macchiava del sangue che fuoriusciva dalla sua bocca; la testa le girava violentemente, ma, nonostante il dolore, Zakuro si rialzò sui gomiti, voltandosi verso la sua nemica.
Kisshu e Cordelia avevano preso a combattere a mezz’aria, l’uno cercando di affondare la sua arma nella carne della giovane, l’altra schivandosi e ferendo il ragazzo con il gatto a nove code. Cordelia si portò a distanza di sicurezza e colpì Kisshu con un raggio azzurro scaturito dalla sua mano, atterrandolo in mezzo alla neve.
Zakuro si trascinò fino alla figura dell’amato, sconvolta.
- Kisshu! Stai bene? -
Per tutta risposta, l’alieno si rialzò e sputò del sangue sul suolo innevato.
- Si, tutto ok! -
Cordelia galleggiava a qualche metro dal suolo, osservando soddisfatta la scena.
- Sei proprio patetico, Ikisatashi. – lo schernì la ragazza. – Innamorarsi di un’umana. -
Dopodiché scoppiò nuovamente a ridere; questa volta, però, la sua risata venne messa a tacere quasi subito.
- ELETTROSILURO! -
Cordelia cadde in mezzo alla neve, colpita da un fulmine. La coppia sollevò il capo, notando con gioia che Pie e Mew Retasu erano appena giunti sul campo di battaglia.
L’aliena si alzò all’istante, rivolgendo uno sguardo di puro odio ai due nuovi arrivati, specialmente al suo suddito.
- Pie! – fece stizzita. – L’altro traditore della patria! -
Kisshu e Zakuro si rialzarono, schierandosi al fianco di Pie e Retasu, pronti al combattimento.
- Hai le ore contate, Cordelia! – le intimò Kisshu con rabbia, esponendo in bella vista i suoi canini appuntiti.
Gli occhi felini della ragazza aliena si assottigliarono, mentre la neve cadeva indisturbata sui suoi capelli corvini e macchiava il suo abito blu.
- Fossi in voi non ne sarei così sicura! – ribatté Cordelia, prima di spiccare un salto che la portò di fronte ai suoi quattro avversari. Nel giro di un secondo, colpì Mew Retasu con un calcio in piena faccia, facendola cadere a terra; dopodiché sferzò con forza la guancia di Pie, sulla quale si aprì un profondo taglio che prese a sanguinare.
Zakuro erse prontamente un muro di fiamme tra lei e la sua nemica, ma questo non bastò a contrastare Cordelia: l’aliena lo superò senza problemi, colpendo la Mew Lupo con un pugno alla bocca dello stomaco, che la fece piegare in due.
Kisshu, il suo ultimo avversario, cadde malamente tra la neve a seguito di un potente fascio di luce blu che lo aveva colpito.
Cordelia atterrò in piedi, guardandosi intorno con soddisfazione, vedendo i quattro nemici a terra, tremanti, che cercavano di rialzarsi.
- Ora, il colpo finale! – urlò estatica, prima di alzare le braccia al cielo; dai palmi delle sue mani affusolate cominciarono a crearsi potenti saette azzurre, che Cordelia scagliò senza pietà sui suoi quattro avversari, colpendoli in pieno.
Nessuno riuscì ad evitare il colpo.
Kisshu era sdraiato in una pozza di sangue, fuoriuscito dalle ferite che si era provocato in tutto il corpo e sulla testa; nonostante ciò, non aveva perso conoscenza, anche se le sue gambe si rifiutavano di collaborare, impedendogli di alzarsi.
Mew Zakuro era riversa al suolo e non dava alcun segno di vita.
Pie era scosso da tremori irrefrenabili e aveva preso a vomitare sangue, mentre Mew Retasu, livida e col vestito squarciato in più punti, si era avvicinata all’alieno per cercare di aiutarlo.
Cordelia si abbandonò ad un sorriso sadico, prima di voltare loro le spalle con tutto l’intento di andarsene e abbandonare i suoi nemici ad una morte certa.
 
Ma qualcosa nel suo piano era andato storto.
Con tutto il silenzio e il passo felpato che caratterizzano i lupi, Mew Zakuro si alzò, dopo aver finto di essere svenuta, e si lanciò su Cordelia, prendendola alle spalle.
L’aliena cadde in avanti nella neve, mentre le mani di Zakuro andavano a cercare il suo esile collo, stringendolo e graffiandolo, con l’intento di strangolare quella creatura dagli occhi di ghiaccio.
Uno sguardo omicida saettò fra le due.
Occhi blu in occhi azzurri.
Cordelia riuscì a scrollarsi di dosso la Mew Lupo assestandole un calcio all’addome; ne approfittò immediatamente per rialzarsi e cercare di colpire Zakuro, quando alle orecchie dei presenti giunse l’inconfondibile rumore di una lama che fende l’aria.
Kisshu aveva disperatamente lanciato uno dei suoi Sai verso Cordelia, colpendola di striscio e procurandole un taglio sul fianco, lacerando la stoffa del vestito blu.
La sovrana di Edren lo fissò con astio, prima di urlare: - TI INSEGNO IO A STARE AL TUO POSTO! –
Con queste parole, fece comparire dal nulla delle funi, che si avvilupparono attorno al corpo di Kisshu, immobilizzandolo al suolo, in ginocchio, senza la facoltà di intromettersi nella battaglia.
Pie e Retasu, incapaci di muoversi, non potevano far altro che osservare la scena, scioccati.
Cordelia si voltò così verso Mew Zakuro, che si stava velocemente rialzando.
- E ora a noi due, umana! -
 
- KYLE, ACCIDENTI, VIENI QUI! – urlava Ryan in preda al panico di fronte ai monitor che avevano preso a lampeggiare come impazziti.
L’amico lo raggiunse di corsa nel laboratorio, e i due americani si ritrovarono di fronte alle scene della catastrofe che stava imperversando in città; quella calamità naturale di nome Cordelia.
- Presto, contatta le altre ragazze! – ordinò Ryan, mettendosi a elaborare disperatamente alcuni dati al computer.
- Subito Ryan! –
Kyle abbandonò la stanza, mentre Ryan assestava un pugno contro al muro, digrignando i denti.
“E’ troppo presto. Come siamo arrivati a questo punto?”
 
Kisshu cercava invano di liberarsi dalle funi che lo imprigionavano: i suoi poteri erano come bloccati e non riusciva a teletrasportarsi.
L’unica cosa che gli rimaneva da fare era osservare impotente la battaglia tra Mew Zakuro e Cordelia.
“Non è possibile! Io devo aiutarla!” pensava disperatamente l’alieno, ringhiando rabbioso.
I suoi occhi furono costretti ad assistere alla scena di Zakuro che si rialzava prontamente dalla neve, evitando per un pelo una frustata di Cordelia.
Mew Zakuro richiamò la sua arma e le due ragazze si attaccarono nello stesso momento: le loro due fruste si annodarono per qualche istante tra di loro, prima che le proprietarie le liberassero.
Due armi così simili.
Kisshu vide Cordelia tentare di sferrare un pugno in pieno viso a Zakuro, che fortunatamente si difese bloccandole la mano affusolata con la sua, prima di respingerla.
Mani bellissime, dalle dita lunghe e sottili.
Le due ragazze atterrarono in piedi contemporaneamente, per poi scagliarsi l’una contro l’altra, senza pietà. Il cinismo contrapposto alla follia.
Mew Zakuro colpì il viso di Cordelia con una frustrata, procurandole un taglio dal quale prese a scorrere il sangue, imbrattando quella pelle diafana. Sul volto di Zakuro si dipinse un sorriso trionfale.
Due ragazze dal viso perfetto, bellissimo, l’uno deformato dalla rabbia, l’altro dalla pazzia.
Mew Zakuro, in un momento di distrazione, venne atterrata dalla sua avversaria e spinta in mezzo alla neve, sovrastata dalla figura di Cordelia che cercava di tenerla ferma con tutte le sue forze.
La frusta di Zakuro e il gatto a nove code di Cordelia giacevano alcuni metri più in là, conficcati nella neve, abbandonati dalle loro proprietarie che erano entrambe finite disarmate.
Kisshu si ritrovò a urlare il nome della sua amata, impotente.
Cordelia avvicinò il suo volto di una bellezza sconvolgente a quello di Zakuro, come se si stesse sporgendo a specchiarsi in un lago.
Quella bocca carnosa.
- Hai perso, sudicia umana! – soffiò Cordelia sul viso di Zakuro, inchiodandola con lo sguardo.
Occhi gelidi.
- NO! – urlò Kisshu.
 
- FIOCCO D’AZIONE! -
La freccia di Mew Minto colpì la spalla sinistra di Cordelia, che fu costretta a scostarsi dalla Mew Lupo, rimettendosi in piedi.
Di fronte a lei, si stavano avvicinando correndo Mew Minto, Mew Ichigo, Mew Purin, Taruto e Ryan.
Zakuro si rialzò, annaspando, mentre la speranza tornava a scaldare il suo cuore alla vista del resto della squadra.
Cordelia si guardò intorno, per la prima volta in difficoltà; non poteva combattere contro tutte quelle persone da sola. Era troppo persino per lei.
- Bene, la squadra Mew Mew al completo! – fece Cordelia sprezzante, asciugandosi il sangue dalla guancia con il dorso della mano. – Mi dispiace, ma ora vi devo abbandonare. Sappiate che avrete anche vinto la battaglia, ma non la guerra! -
E con questo, la sovrana di Edren si smaterializzò, sparendo tra la neve che cadeva dal cielo e le increspature d’aria.
 
Nel momento in cui Cordelia scomparve, anche le funi che tenevano legato Kisshu si dissolsero, liberandolo. Gli ultimi arrivati cominciarono a soccorrere i quattro compagni di squadra, mentre Kyle arrivava a tutta velocità in macchina, trasportando tutto il necessario per soccorrere gli infortunati.
Pie venne immediatamente caricato in macchina, seguito da Retasu e Taruto, ansiosi di accertarsi delle sue condizioni.
Ryan aiutò Kisshu a rialzarsi; questo, facendo forza sulle gambe atletiche, barcollò fino a raggiungere Zakuro, che stava cercando di ripulirsi dal sangue, aiutata da Minto e Ichigo. Appena vide il suo compagno avvicinarsi, si lasciò cadere fra le sue braccia, stringendolo a sé.
- Dio Zakuro, grazie al cielo sei salva. – mormorò l’alieno all’orecchio della ragazza, ora tornato umano.
- Già… Tu stai bene? –
Kisshu annuì, posando poi le sue labbra su quelle di Zakuro.
Quella bocca. 
Come se avesse ricevuto una scossa, l’alieno si scostò dalla ragazza per guardarla in volto.
Il resto della squadra era riunito attorno alla macchina di Kyle, preoccupati per le condizioni di Pie e Retasu.
Zakuro gli scoccò uno sguardo interrogativo.
- Tutto bene? -
Kisshu si soffermò sugli occhi di Zakuro, bellissimi, dalla forma particolare, e sui capelli scuri che le incorniciavano il viso.
“Devo essere impazzito.”
- Si… Tutto bene. -
 
Dopo la battaglia, il gruppo fece ritorno a casa di Ryan. I festeggiamenti della vigilia di Natale trascorsero in un’atmosfera tutt’altro che serena: in pochi riuscivano a mandar giù i manicaretti preparati da Kyle a causa di una potente morsa alla bocca dello stomaco. Fu Pie a rompere il silenzio carico di tensione che era sceso sulla tavolata.
- Non credevo che si scomodasse Cordelia in persona per cercarci. -
Kisshu scosse il capo a sua volta.
- Nemmeno io lo pensavo, eppure è così. -
- Mi chiedo solo perché non abbia continuato a combattere anche dopo il nostro arrivo! – esclamò Ichigo addentando una coscia di pollo. – A quanto ho visto su Edren, dispone di tutti i poteri necessari per fronteggiarci. –
Ryan incrociò le braccia al petto, pensieroso, prima di parlare.
- Evidentemente, le serve un piano ben preciso per attaccarvi tutti insieme. Quella di oggi non mi sembrava una mossa ampiamente pianificata. -
Kisshu rimase in silenzio, mentre la convinzione sempre maggiore che Cordelia quel giorno stesse cercando lui si faceva strada nella sua mente. Ma non comunicò questo suo presentimento al resto del gruppo; continuò, invece, a fissare il modo in cui la pelle candida di Zakuro, seduta al suo fianco, sembrava brillare sotto le luci al neon.
 
Dopo la cena, la maggior parte dei commensali decise di recarsi a letto in quanto troppo provati dalla giornata appena trascorsa. Solo Kisshu, Zakuro, Ryan e Pie rimasero in sala a sorseggiare dell’ottimo vino bianco, forse nel vano tentativo di annebbiare i vari e vorticosi pensieri che non accennavano ad abbandonare la loro mente.
- Quindi, la vera e propria battaglia è appena iniziata. – affermò Zakuro con voce incolore, portandosi il flut alle labbra.
Ryan annuì con un movimento del capo, che gli fece ricadere alcuni ciuffi di capelli azzurri sugli occhi.
- Quindi, - cominciò Pie – suppongo che il messaggio che tu e Kisshu avete trovato all’interno del Caffè Mew Mew sia stato opera di Cordelia. -
- Lo credo anche io. A quanto pare, è venuta qui sulla Terra da sola, senza scorta. – asserì la Lupa.
Kisshu era ancora stranamente silenzioso. Si sentiva come se si trovasse sull’orlo della pazzia; era come se ci fosse un tassello mancante del puzzle che continuava a sfuggirgli, mentre i suoi pensieri si rincorrevano all’infinito, senza trovare un terreno fertile sul quale posarsi. Le immagini della battaglia del pomeriggio continuavano a scorrere davanti ai suoi occhi, e più cercava di dare loro un significato, più questo si dissolveva.
“Dannazione. Sto impazzendo.”
Si ritrovò a fissare le lunghe gambe elegantemente accavallate di Zakuro, il suo collo esile, la forma del viso.
Era come se, in quei tratti così familiari, ci fosse qualcosa che non tornava.
Aveva mal di testa e non sapeva dove le sue varie congetture sarebbero mai andate a parare.
Non visto, si soffermò sugli occhi a mandorla di Zakuro, blu come zaffiri; qualcosa in qualche angolo remoto del cervello di Kisshu, lo spinse ad immaginare quelle iridi infuocate di un altro colore. Prima di rendersene conto, nella sua mente balenava l’immagine di un paio di occhi color del ghiaccio.
Il rumore del bicchiere di Kisshu che si infrangeva al suolo spinse gli altri tre a voltarsi nella sua direzione.
L’alieno dai capelli verdi era seduto rigidamente sulla sedia, gli occhi dorati sbarrati, come se non vedesse realmente ciò che aveva di fronte.
Prontamente, Zakuro gli afferrò una mano, interrogandolo: - Kisshu, che sta succedendo?! –
Questo, per tutta risposta, ritrasse gentilmente la mano e si alzò, posando il suo sguardo sul suo compagno.
- Pie, vieni con me. -

E, senza attendere risposta, si recò fuori dalla stanza, seguito a ruota da Pie. Ryan e Zakuro rimasero soli in sala, a lanciarsi sguardi interrogativi e confusi.
 

Angolo Autrice:
Eccomi, sono tornata con il capitolo riguardante la battaglia che stavate aspettando. Ora la situazione si fa sempre più complicata e meno chiara; in più, abbiamo un Kisshu provato psicologicamente e sull’orlo della pazzia, cosa che, nella situazione in cui si trovano i nostri personaggi, non giova assolutamente. Cosa ne pensate?
Salice_

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Capitolo 15
*** I'll go crazy. ***


I'll go crazy.

Kisshu non si fermò fino a che non giunse in cantina.
Una volta lì, aspettò che Pie lo raggiungesse, dopodiché chiuse la porta alle loro spalle. Si trovavano nella penombra, ma il maggiore dei due riuscì comunque a scorgere lo sguardo stralunato di Kisshu.
- Allora, che sta succedendo? – esordì Pie incrociando le braccia al petto e portandosi di fronte all’alieno dai capelli verdi.
Kisshu non rispose; si limitò a serrare la mascella, puntando i suoi occhi dorati in quelli scuri di Pie, ma senza vederlo realmente.
- Allora? -
Come riscosso dai suoi pensieri, Kisshu rispose: - Durante la battaglia di oggi, ho notato qualcosa di strano. –
- Del tipo? – domandò Pie sollevando un sopracciglio.
- Insomma… - cominciò Kisshu, che non riusciva a stare fermo e aveva preso a misurare la stanza a grandi passi – Non ti pare che Cordelia e Zakuro siano molto simili tra loro? –
Aveva sganciato la bomba. Pie rimase per qualche secondo spiazzato, prima di ritrovare la voce.
- Come puoi pensarlo? Zakuro è un’umana, mentre Cordelia… -
- E’ forse l’unica differenza! – lo interruppe Kisshu con enfasi, voltandosi verso il compagno, uno sguardo folle che balenava nei suoi occhi felini. – Pensaci, hanno molte cose in comune: entrambe le loro armi sono fruste, sono alte uguali, hanno le stesse mani dalle dita affusolate. Lo stesso fisico, le stesse labbra, persino molte delle loro più sottili espressioni sono uguali! Non hai fatto caso ai lineamenti del loro volto? Il viso di Cordelia e quello di Zakuro sono praticamente identici! Il taglio degli occhi è lo stesso, cambia solo il colore, più chiaro per Cordelia e più scuro per Zakuro. Pensaci Pie, te ne devi essere reso conto anche tu! Cordelia ha persino il riflesso incondizionato di sollevare un angolo del labbro superiore, come se stesse ringhiando, prima di perdere la pazienza, proprio come fa Zakuro. –
Pie rimase per un po’ in silenzio, osservando Kisshu che aveva ripreso a muoversi in preda all’agitazione dopo aver terminato il suo discorso. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, dopodiché sospirò, esausto.
- Kisshu, io non vorrei offenderti, ma penso che tu non stia troppo bene. -
- Non mi credi?! Pensi che io abbia torto? –
- Io penso semplicemente che tutti quei mesi di prigionia ti abbiano piuttosto provato dal punto di vista psicologico; forse sei solo stanco di questa situazione e dovresti evitare di cercare soluzioni che non hanno motivo di esistere. –
Kisshu lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, deluso. Sentiva la rabbia montargli dentro, ma non voleva aggredire Pie, no; stava cercando di spiegargli ciò che aveva in mente.
- Io non ho detto che penso che Zakuro e Cordelia siano sorelle o che so io; sto solo dicendo che le somiglianze sono troppe per poter essere ignorate! -
Pie alzò la voce: - Ok, ammesso e non concesso che si somiglino, questo a che cosa mai porterebbe? Il tuo ragionamento non ha né capo né coda Kisshu, mi dispiace. Sinceramente, comincio a pensare che tu stia perdendo la testa. –
In quel momento, il buon proposito di Kisshu di stare calmo andò a farsi benedire.
In un attimo fu su Pie e lo spinse ferocemente contro alla parete, per poi prenderlo per il collo e sollevarlo di alcuni centimetri.
- Stai dicendo che sto impazzendo? Tu credi che io sia fuori di testa, Pie!? -
Kisshu non distoglieva gli occhi da quelli di Pie, continuando a tenerlo fermo. La cosa grave era che Kisshu, nelle parole del compagno, aveva visto i suoi dubbi precedenti confermati: stava veramente impazzendo? Il pensiero di avere qualcosa che non andava in lui non faceva altro che farlo star peggio.
Pie riuscì a liberarsi dalla stretta di Kisshu assestandogli un calcio all’addome, togliendoselo di dosso. Purtroppo, quel gesto gli costò piuttosto caro: il poco autocontrollo di Kisshu, già agli sgoccioli, si esaurì definitivamente. L’alieno dallo sguardo dorato tornò alla carica e assestò un pugno a Pie, colpendolo alla tempia, gli occhi fuori dalle orbite, i denti digrignati e una vena che pulsava nel collo.
Pie si portò a distanza di sicurezza, toccandosi poi la parte lesa con le dita, che si macchiarono subito di sangue.
- Vedi Kisshu, non dico che tu sia mai stato normale, ma ora stai veramente perdendo il cervello, e questa ne è la conferma! Marcisci col tuo esaurimento e le tue supposizioni. – mormorò Pie in tono glaciale, scoccando a Kisshu uno sguardo carico di rancore. Dopodiché si smaterializzò lasciando Kisshu solo nella cantina, intento a tempestare di calci e pugni la parete spoglia davanti alla quale poco prima si trovava il suo compagno.
 
Zakuro e Ryan erano rimasti in sala da soli, scambiando solo qualche parola e limitandosi a comunicare in silenzio. Pie non aveva fatto ritorno e i due sospettavano che stesse succedendo qualcosa nella cantina dove si erano recati i due alieni.
- Secondo me dovremmo andare a vedere che sta succedendo. – propose Ryan in tono risoluto alzandosi e sistemandosi la maglia del pigiama – E’ da più di un’ora che sono là sotto. -
- D’accordo. – Zakuro annuì.
I due si diressero in cantina, facendo attenzione a non fare rumore; una volta giunti davanti alla lucida porta nera tesero l’orecchio: nessun rumore arrivava dall’interno.
Ryan e Zakuro si scambiarono un’occhiata eloquente.
- Andiamo. – decise la modella afferrando la maniglia e abbassandola.
I loro occhi impiegarono qualche secondo per abituarsi alla scarsa illuminazione della stanza, ma quando cominciarono a scorgere i contorni degli oggetti con più chiarezza, notarono una figura scura accucciata in un angolo.
- Kisshu… - mormorò Zakuro, scattando in avanti.
A prima vista, il bell’alieno sembrava semplicemente addormentato, ma dopo uno sguardo più attento, Ryan e Zakuro si accorsero che era sveglio. Se ne stava per terra, sul pavimento sudicio, rannicchiato su se stesso, reggendosi la testa fra le braccia. Nel silenzio della stanza, rimbombavano le parole che Kisshu ripeteva a bassa voce come un mantra.
- Ho sbagliato tutto… Ho sbagliato tutto… Dannazione… -
Zakuro si inginocchiò di fianco a lui, andando a toccare una spalla dell’alieno per riscuoterlo.
- Kisshu… -
- Lasciami stare! –
L’alieno dai capelli verdi spinse via con rabbia la mano della modella, che rimase impassibile di fianco a lui, nonostante i suoi occhi blu tradissero un minimo la sua agitazione.
Il biondo si accostò silenziosamente alla coppia, cercando di comunicare con Kisshu.
- Kisshu, che ti è successo? Stai bene? -
- Dannazione… E’ colpa mia, è sempre stata colpa mia… -
L’alieno continuava a parlare da solo, come se fosse l’unico occupante di quella stanza, pronunciando frasi sconnesse, mentre Ryan e Zakuro non avevano idea di come comportarsi.
Alla fine, Zakuro tentò di nuovo di afferrare il braccio di Kisshu; lui non la allontanò.
- Ora vieni con noi Kisshu, ti aiutiamo a tornare in camera. -
Capite le intenzioni della ragazza, Ryan afferrò Kisshu dall’altra parte e insieme lo sollevarono. L’alieno si alzò tremando sulle gambe, lasciando però ricadere la testa sulla spalla, i capelli verdi che andavano a coprire gli occhi tenuti ostinatamente chiusi.
- Ho sbagliato, non sarei dovuto tornare… Non sarei dovuto tornare. -
Zakuro e Ryan trascinarono con fatica Kisshu su per le scale, cercando di fare il meno rumore possibile. Intanto l’alieno, fuori di sé, continuava a parlare, la disperazione nella voce.
- Dovevo morire, mi è capitata l’opportunità così tante volte. Perché sono rimasto in vita? A quale scopo? Ho sbagliato tutto… -
- Smettila Kisshu! – gli intimò Ryan, mentre sbuffava aprendo la porta della stanza della coppia per adagiare l’alieno sul letto.
- E’ inutile – mormorò lentamente Zakuro, aiutandolo a stendere il compagno sul materasso – Non dà segno di sentirci. –
Kisshu continuava a tenersi la testa fra le mani, le unghie affondate fra i capelli, sussurrando a mezza bocca parole amare. Nel farlo, muoveva il capo da una parte all’altra, come se cercasse di scacciare chissà quali pensieri.
Zakuro rimase impietrita per alcuni minuti di fronte a quella scena straziante, così come Ryan; dopodiché, si sedette sul bordo del letto e obbligò l’alieno a voltarsi verso di lei.
- Guardami, Kisshu! GUARDAMI! -
Improvvisamente, Kisshu sollevò le palpebre di scatto, provocando a Zakuro un freddo brivido lungo la schiena. I suoi occhi dorati erano vitrei, come se non vedesse realmente ciò che aveva innanzi e la pupilla aveva abbandonato i suoi tratti tipicamente felini, essendosi dilatata a dismisura; persino il colore delle iridi di Kisshu sembrava spento, e in esso risaltava particolarmente il dettaglio dei vari capillari scoppiati.
Aveva uno sguardo folle.
- Oh cielo… - mormorò Ryan dopo un attimo di smarrimento – Zakuro, allontanati! -
Ma la Mew Lupo non lo ascoltò. Rimase a fissare freddamente gli occhi velati di pazzia di Kisshu, attendendo una qualsiasi reazione, che non tardò ad arrivare.
- Tu… - mormorò semplicemente Kisshu, fissando un punto leggermente sopra alla spalla destra di Zakuro. Con un sospiro, lasciò cadere la testa di lato sul guanciale, mentre le sue braccia si appoggiarono morbidamente sulle lenzuola;tra le dita, alcuni ciuffi di capelli verde scuro. Si era appena addormentato.
 
Mentre Zakuro continuava a vegliare silenziosamente sulla figura addormentata di Kisshu, Ryan era corso a chiamare Kyle, chiedendogli di raggiungerli immediatamente. Quando il moro fu lì, venne messo al corrente dell’accaduto.
- Non era in sé – mormorò Ryan rivolto al compagno – Sembrava accecato dalla follia in quel momento. -
- Da quello che mi dite – sovvenne Kyle grattandosi il mento – Quella che gli è capitata aveva tutta l’aria di essere una profonda crisi di nervi; in più, sappiamo quanto impulsivo e facile all’ira sia Kisshu… -
Ma Zakuro non ascoltava più i due scienziati: nella sua mente, rimbombavano insistenti le parole di Pie.
Kisshu non è più quello di prima…
Potrebbe impazzire da un momento all’altro…
“Che il dolore abbia avuto veramente come conseguenza quella di farlo uscire di testa? E io cosa posso fare per aiutarlo?”
Il suo sguardo si posò per l’ennesima volta sulla figura dormiente dell’alieno; nonostante dormisse, la mascella era contratta e i pugni chiusi.
Erano ormai le prime ore del mattino quando i due ragazzi lasciarono la stanza per ritirarsi in laboratorio per i loro consueti rilevamenti giornalieri. Zakuro si distese di fianco a Kisshu e prese ad accarezzare i capelli verdi, annodati come la sua anima.
 
Parecchie ore più tardi, Zakuro venne svegliata dal sole che filtrava dalla finestra; dopo un iniziale attimo di smarrimento, tutti i dettagli della nottata appena trascorsa le riaffiorarono alla mente, e subito si voltò verso Kisshu, sorprendendolo sveglio. L’alieno teneva gli occhi spalancati fissi sul soffitto e le braccia incrociate al petto.
- Kisshu? Ti senti bene? – domandò Zakuro alzandosi su un gomito per osservarlo meglio.
- Mh. – grugnì Kisshu senza battere ciglio.
La modella abbassò lo sguardo, sentendo che il suo proverbiale sangue freddo stava per abbandonarla.
- Ti prego, dimmi che è successo… -
- No. – la interruppe bruscamente Kisshu. – Lasciami in pace. –
Dopo aver assimilato il significato di quella risposta, Zakuro si tirò su a sedere. – D’accordo, come vuoi. –
Senza proferire altre parole, la ragazza gli voltò la schiena e abbandonò la camera, per recarsi silenziosamente al piano inferiore.
Una volta in cucina, trovò tutto il resto della squadra riunito e, a giudicare dal loro vociare concitato, dovevano essere venuti a conoscenza degli eventi di poche ore prima.
- Zakuro! – esclamò Minto non appena la modella fece il suo ingresso – Stai bene? E Kisshu? -
- Kisshu mi ha letteralmente cacciata. – fece Zakuro evitando accuratamente di rispondere alla prima domanda della Mew Bird. – Vuole rimanere da solo. –
Mentre il gruppo continuava a discutere dell’accaduto, lo sguardo indagatore di Zakuro si posò sulla figura di Pie, seduto compostamente su una poltrona leggermente in disparte. Attorno alla testa, troneggiava uno spesso bendaggio.
- Pie, che ti è successo? – domandò schietta Zakuro, mentre tutti attorno a lei tacevano.
L’alieno sollevò un sopracciglio, in un misto di ironia e sarcasmo.
- Perché non lo chiedi al tuo caro Kisshu? -
- Perché in questo momento è in camera e non vuole parlarmi. – ribatté freddamente la modella.
Dopo un attimo di silenzio, Pie riprese: - Quell’idiota mi ha aggredito. Non voglio più avere niente a che fare con lui. –
E, con queste parole, Pie si smaterializzò.
Zakuro cercò confusa gli sguardi dei suoi compagni e Taruto le spiegò cosa era successo tra i due alieni e di come Pie fosse stanco della situazione.
- Ho capito. – mormorò la giovane una volta che Taruto ebbe terminato il suo racconto. Zakuro si avvicinò in silenzio all’appendiabiti e prese il suo cappotto color tortora.
- Zakuro, che stai facendo? – esclamò Ichigo guardando la compagna senza capire.
- Esco a fare due passi. – rispose la Lupa con voce piatta – Ci vediamo più tardi. –

E, senza aspettare risposte, aprì la porta e sparì nella neve che scendeva lentamente dal cielo livido.
 
Angolo Autrice:
Lo so, sono in un ritardo imperdonabile! Mi spiace, ho avuto molte, moltissime cose da fare, ma giuro che mi farò perdonare andando avanti con la storia. Spero che questa mia negligenza non vi abbia fatto decidere di abbandonare questo racconto. Un abbraccio forte a tutti coloro che continuano pazientemente a seguirmi, nonostante i miei ritardi!
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Capitolo 16
*** 1497. ***


1497.

Kisshu camminava lentamente in mezzo alla nebbia. Il luogo in cui si trovava sembrava etereo: non esisteva né pavimento né soffitto e il tutto era avvolto da una sottile foschia grigia. Attorno a lui, il nulla.
Kisshu si guardava intorno con panico crescente aspettandosi un attacco da un momento all’altro; tentò più volte di richiamare i suoi Sai, ma senza successo: i poteri erano come bloccati.
- C’è qualcuno?! – urlò l’alieno al vuoto, anche se una leggera vibrazione del suo tono di voce tradì la sua ansia.
Riprese a camminare con passo incerto, non avendo la più pallida idea di dove si trovasse né di come avesse fatto ad arrivare lì.
Improvvisamente, la nebbia a pochi metri da lui prese a diradarsi e Kisshu riuscì a scorgere la sagoma di una figura incappucciata.
- Chi è là?! – tuonò Kisshu bloccandosi sul posto.
Lo sconosciuto, però, non diede segno di voler attaccare. Al contrario, si voltò verso di lui e cominciò a parlare con voce incorporea, ma inconfondibilmente femminile.
- Il successore di Deep Blue non è venuto alla luce secondo le leggi della natura. Cordelia è la pura essenza della malvagità dell’ex sovrano, malvagità che potrà essere annientata soltanto da quanto di più uguale e contrario a ciò esista sulla Terra.
I due alter ego si scontreranno alla fine, e l’unica cosa in grado di poter rendere Cordelia vulnerabile sarà il predestinato sacrificio dell’altro. –
Kisshu rimase immobile ancora qualche secondo, ascoltando l’eco lontana delle parole appena pronunciate dalla figura incappucciata, prima che questa iniziasse pian piano a dissolversi.
- No, aspetta! Non andare! -
Quella mistica donna non diede ascolto alle parole di Kisshu, sparendo completamente tra la nebbiolina. L’alieno ebbe ancora il tempo di muovere qualche passo incerto verso il punto in cui si trovava la creatura, prima che la foschia cominciasse a farsi più densa, fino ad inghiottirlo con lei, il suo urlo disperato soffocato dalle spire del fumo.
Dopodiché, Kisshu si svegliò di soprassalto.
 
Una debole luce filtrava dalle finestre della camera matrimoniale in cui l’alieno dormiva nella dimora di Ryan Shirogane.
Kisshu si stropicciò gli occhi stanchi, mentre la realtà che lo circondava prendeva consapevolezza in lui.
“Dannazione, era un sogno. Solo uno stupido sogno.”
Cercando di regolarizzare il respiro e convincere il suo cuore a battere più lentamente, Kisshu cominciò a rivivere frammenti del sogno appena passato, accorgendosi che il fatto che fosse tutta finzione non lo rassicurava per nulla, anzi; la sua preoccupazione continuava a montare, incontrollata.
“Prima lo scontro con Pie, poi il vuoto totale che ho in mente subito dopo che lui si è teletrasportato; non ricordo come io sia arrivato in camera, né cosa sia successo in quel lasso di tempo. E ora, questo.”
Kisshu si voltò alla sua sinistra, per osservare la figura di Zakuro addormentata, distesa al suo fianco. La ragazza aveva l’espressione rilassata tipica del sonno e la bocca carnosa leggermente dischiusa; i lunghi capelli viola le ricadevano disordinatamente sul cuscino, tanto da farla assomigliare vagamente ad un piccolo sole scuro.
Kisshu incrociò le braccia al petto, distogliendo lo sguardo da quella visione che gli faceva provare una morsa allo stomaco.
“Nella mia vita, ho sempre agito per me stesso, facendo la cosa migliore per me, per il mio personale tornaconto. Con Zakuro è stato diverso. Sono persino andato incontro alla morte a braccia aperte per lei.
Dicono che quando si ami veramente una persona, si cerchi di fare qualsiasi cosa pur di farla star bene… Anche se questo implica la possibilità di uscire di scena.”
Kisshu rimase ancora per un po’ perso nelle sue considerazioni, fino a che non venne riscosso da alcuni leggeri movimenti; Zakuro si stava svegliando. Non appena la modella ebbe aperto gli occhi, si precipitò immediatamente su di lui per sapere come stava, ma Kisshu, tenendo ostinatamente lo sguardo puntato al soffitto, rispose con un verso accompagnato da una smorfia della bocca.
Ma Zakuro non demorse: - Ti prego, dimmi che è successo… -
- No. – la interruppe immediatamente Kisshu, prima che potesse dire altro, prima che le sue parole fossero in grado di farlo tornare sui suoi passi. – Lasciami in pace. -
Zakuro lo fissò per un attimo con i suoi occhi blu, ma Kisshu si obbligò a non ricambiare lo sguardo; solo quando avvertì il peso del suo corpo abbandonare il materasso sul quale erano distesi, seguito da alcune parole da lei pronunciate ma che l’alieno non reputò degne di ascolto, solo allora cedette alla tentazione si seguire con lo sguardo la figura perfetta della ragazza che si allontanava senza più degnarlo di uno sguardo.
Kisshu ebbe il fortissimo impulso di chiamare a gran voce il suo nome, di chiederle di tornare. Avrebbe voluto alzarsi e stringerla a sé, senza lasciarla andare via da quella camera, da lui.
Ma non lo fece. Rimase immobile fra le lenzuola sudate, contemplando la voragine nel suo cuore che si espandeva all’infinito. Quando la porta si richiuse dietro Zakuro, Kisshu si portò le mani al viso, in un misero e infantile tentativo di nascondersi da se stesso.
“Ora so cosa devo fare.”
 
Zakuro camminava ormai da un paio di ore nel centro di Tokyo, osservando i passanti affrettarsi per le strade coperte di neve. Fece aderire meglio la sciarpa al suo collo, mettendosi poi a osservare alcune vetrine, senza però far caso a cosa vi era esposto; tutti i suoi pensieri erano rimasti lontani da quel luogo, bloccati a casa Shirogane.
“Devo lasciare a Kisshu il tempo che gli serve per rendersi conto di che cosa gli sta succedendo; stargli addosso non porterebbe a nessun risultato positivo.”
La ragazza aveva sperato di scoprire da Pie che cosa era realmente accaduto la notte precedente nella cantina, ma l’alieno, che aveva incontrato nel cortile sul retro, aveva liquidato la sua domanda dicendo che erano ‘cose di poca importanza’ e ‘le solite paranoie di Kisshu’.
“E’ tutta colpa di Cordelia e delle sofferenze che gli ha inflitto se Kisshu è ridotto così.” Pensò Zakuro con rabbia. “Ha distrutto la sua vita, i suoi sogni di gloria, la sua dignità e libertà. Per questo, non la perdonerò mai, e giuro che pagherà a caro prezzo per quello che ha fatto.”
La ragazza continuò a camminare senza meta, immersa nei suoi pensieri, nell’odio verso Cordelia, fino a raggiungere una pista di pattinaggio, nella quale alcuni ragazzini si stavano divertendo.
Improvvisamente, Zakuro si bloccò.
“Ma è stata anche colpa mia.”
Abbassò lo sguardo, affondando le mani strette a pugno nelle tasche del cappotto che ondeggiava al vento.
“Se io non avessi abbandonato Kisshu in quel modo, in questo momento starebbe meglio. Sperando di agire nel modo più giusto, ho soltanto peggiorato una situazione che ora potrebbe essere irreversibile.”
Zakuro riprese lentamente a camminare nella direzione opposta, dirigendosi verso casa. Non riusciva a togliersi dalla testa la spiacevole convinzione di essere parzialmente la causa delle sofferenze di Kisshu, e non sapeva perdonarselo.
Implacabili, le parole che Leandra le aveva rivolto la prima volta in cui avevano avuto occasione di dialogare da sole le cominciarono a rimbalzare insistentemente in testa.
- L’amore che prova per te lo spinge ad andare avanti. Durante le mie brevi visite, oltre che dell’umiliazione subita ad essere torturato in pubblico, passando da eroe a prigioniero, mio figlio mi raccontava sempre qualcosa di te. Mi parlava della tua voce, ferma, rassicurante e soave, o dei tuoi capelli, così belli e morbidi. Poi mi parlava dei tuoi occhi, blu come zaffiri, fieri e penetranti, come mai ne aveva visti in vita sua. Mi diceva sempre che ti ama più della sua stessa vita, e che sei la ragione che lo spinge ogni giorno a sopportare le oppressioni dei potenti e le umiliazioni; vuole resistere per tornare sulla Terra e vederti di nuovo. -
- Come ho potuto? – mormorò a bassa voce Zakuro, ponendo la domanda più a se stessa che a qualcuno in particolare.
La ragazza accelerò il passo, immergendosi nuovamente nella folla vociante del centro di Tokyo.
Dopo alcuni minuti di cammino, Zakuro giunse nella zona periferica della casa di Ryan, ma qualcosa la obbligò a bloccarsi.
Kisshu se ne stava seduto comodamente su un muretto poco distante, le gambe penzolanti avvolte in un paio di jeans. Indossava un Montgomery di lana intrecciata grigio e blu, lasciato sbottonato sul collo malgrado il vento tagliente, e un cappellino di lana grigio scuro. Nonostante il suo essere vestito elegantemente, qualcosa lo tradiva: il suoi capelli sciolti e liberi dei codini erano ribelli e si agitavano nell’aria gelida, gli occhi erano cerchiati da profonde occhiaie e il suo volto sembrava, se possibile, ancora più pallido del solito.
Quando Kisshu vide Zakuro, sollevò l’angolo della bocca in un sorrisetto, prima di saltare giù dalla sua seduta. La ragazza si avvicinò al bell’alieno, guardandolo stupefatta.
- E tu cosa ci fai qui? -
- Ti aspettavo! – rispose Kisshu con una naturalezza disarmante.
Zakuro aggrottò la fronte, e Kisshu ebbe la visione di quella piccola ruga verticale che le si formava quando era pensierosa e che tanto amava. Dopo un attimo, la ragazza parlò di nuovo:
- Ma, come facevi a sapere che sarei arrivata ora? -
- Non lo sapevo. Mi sono seduto e mi son detto: “Ok, conto fino a dieci, se non arriva me ne vado.” e sei arrivata. –
- E a che numero sei arrivato? – domandò Zakuro, incuriosita.
- Millequattrocentonovantasette, ma potevo continuare. –
Zakuro rimase senza parole, ma non se ne preoccupò: in alcuni momenti della vita, le parole diventano del tutto superflue. La ragazza eliminò la poca distanza che li separava e si lasciò avvolgere dalle braccia forti di Kisshu, che appoggio il mento sui suoi lunghi capelli viola. Zakuro chiuse gli occhi, cancellando tutto e tutti dalla sua mente, eliminando qualsiasi interferenza tra lei e il ragazzo che la stava stringendo.
Dopo alcuni secondi, minuti o forse ore, i due sciolsero l’abbraccio e rimasero a guardarsi negli occhi. Kisshu cercava di catturare tutto ciò che poteva della ragazza che amava, ogni dettaglio, volendosene quasi saziare, come se non riuscisse a staccare gli occhi da lei.
Zakuro stava per proporre a Kisshu di tornare a casa insieme, quando la voce di lui la colpì come una pugnalata alle spalle.
- Scusami per quello che sto per fare. -
E, senza proferire altre parole, Kisshu prese il volto di lei fra le mani e le depositò un dolce bacio sulle labbra. Quando riaprì gli occhi dorati, incontrò lo sguardo confuso di Zakuro.
- Vedi, - cominciò lentamente Kisshu, cercando di raccogliere tutto il coraggio che poteva – Devo andarmene. Non posso continuare a stare con te. –
Qualcosa nel petto di Zakuro si spezzò.
- Ma… Cosa stai dicendo? -
- La verità. Devo allontanarmi da te. –
- No Kisshu! – fece Zakuro con panico sempre crescente, ma cercando ad ogni modo di mantenere il suo tono di voce fermo. – Ti prego, perdonami per gli errori che ho fatto, ma non andartene! Ti giuro che voglio aiutarti a uscire da questa situazione, voglio affrontare questo ostacolo insieme a te. –
Kisshu sospirò e un sorriso amaro dispiegò le sue labbra sottili, nonostante tutto.
- Non è quello il fatto; tu non hai alcuna colpa. Dico soltanto che sia meglio per entrambi stare lontani l’uno dall’altro. -
- Ma come…? –
- Per te sarà meglio stare lontano da me. – puntualizzò l’alieno.
Inaspettatamente, Zakuro afferrò le braccia di Kisshu con forza, facendogli quasi male, anche se nulla in quel momento lo ferì di più dello sguardo disperato che la ragazza gli stava rivolgendo.
- Dimmi perché stai facendo questo?! Non mi ami più? E’ una scusa vigliacca per lasciarmi?! -
- No, lo giuro. – rispose Kisshu imponendosi di stare calmo – Proprio perché ti amo, devo lasciarti andare. Esiste un momento giusto per andarsene dalla vita di una persona, e il mio tempo è appena arrivato. Addio Zakuro. –
E con questo, Kisshu scansò dolcemente la modella, avviandosi nella direzione dalla quale lei era arrivata, senza voltarsi.
Zakuro rimase immobile per qualche istante, prima di reagire d’istinto e correre dietro a Kisshu, afferrandolo da dietro e stringendolo a sé, affondando il viso nella sua schiena mentre gli occhi color zaffiro si riempivano di lacrime.
- KISSHU, TI PREGO! -
“Zakuro, non farlo.” Si ritrovò a pensare l’alieno, mentre il nodo che aveva alla gola si faceva sempre più stretto. “Lasciami, o non avrò più il coraggio di andarmene.”
Con questi pensieri disperati, Kisshu strinse i denti e si scrollò di dosso la ragazza in malo modo; Zakuro cadde all’indietro in mezzo alla neve.
Kisshu voltò impercettibilmente il capo in modo da vedere la modella con la coda dell’occhio.
- Lasciami andare, Zakuro. Non seguirmi. -
E, nonostante una voce nella sua testa urlasse forte di girarsi e abbracciare la ragazza che amava, Kisshu si allontanò a passo sicuro lungo la via, senza voltarsi mai, fino a che non scomparve alla vista di Zakuro che, in ginocchio nella neve, continuava a guardarlo allontanarsi senza fare più nulla per trattenerlo.
Quando la figura di Kisshu fu ormai invisibile all’orizzonte, calde lacrime caddero dagli occhi blu di Zakuro, tracciando percorsi di sale sulle sue guancie, laddove poco prima si trovavano le mani affusolate di Kisshu.
 

Angolo Autrice:
Vi prego, non odiatemi per la piega che ho fatto prendere alla storia, vi prego. Se ho fatto questo c’è un motivo!
Che cosa pensate potrà accadere ora che la situazione ha preso questa piega? Che ne pensate della storia fino ad ora? Fatemi sapere che cosa ne pensate, mi fareste felice ^^
Un abbraccio a chi continua a seguire questa mia storia,

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Capitolo 17
*** Sotto la pioggia. ***


Sotto la pioggia.

Zakuro camminava lentamente per le affollate vie di Tokyo, un ombrello scuro quanto il suo animo per ripararla dalla pioggia che cadeva dal cielo come lacrime silenziose.
La ragazza paragonava spesso quelle gocce d’acqua alle lacrime che lei stessa non riusciva a versare in molte situazioni; le emozioni, per quanto vengano represse e soffocate, prima o poi devono manifestarsi.
“E quando accadrà, chissà quale reazione potrò mai avere.”
Erano ormai tre mesi che Kisshu era sparito, abbandonandola nel pieno di una guerra con una scusa labile e che non reggeva il peso delle sue azioni.
Zakuro si abbandonò su una panchina nei pressi di un parco e chiuse l’ombrello, lasciando che la pioggia le bagnasse i capelli e le scorresse sulle guancie come lacrime fittizie.
“Ha detto che sarebbe stato meglio per me vivere lontana da lui, ma per quale motivo? Ho giurato di rimanergli vicina nonostante la situazione difficile in cui si trovava, nonostante tutto. Però, ha preferito andarsene senza spiegazioni.”
Il suo antivento grigio era ormai zuppo d’acqua e alcuni bambini avvolti in un impermeabile la additavano, probabilmente chiedendosi perché rimanesse da sola sotto la pioggia quando aveva un ombrello, ma poco importava.
Zakuro si massaggiò gli occhi stanchi con le dita, per poi tornare a fissare la strada di fronte a lei senza realmente vederla.
“Ma io, come posso biasimarlo? Alla fine, Kisshu ha fatto ciò che io feci a lui tempo fa. È fuggito dai problemi, così come sono fuggita io. Non sono nella condizione migliore per giudicarlo e incolparlo per la sua scelta, non quando sono stata la prima a metterla in atto.”
Immersa in questi pensieri, Zakuro quasi non si accorse di qualcosa che suonava insistentemente nella sua borsa.
Quando avvertì il suono cominciò a cercare, pensando si trattasse del cellulare, e rimase sorpresa nell’accorgersi che era il suo ciondolo Mew a produrre quel rumore.
Dopo essersi rapidamente guardata intorno, afferrò il monile e rispose alla chiamata.
- Eccomi. -
- Zakuro, guai in vista. – la raggiunse la voce di Ryan, distorta dall’apparecchio – C’è stato un attacco nei pressi della scuola elementare. Le altre ragazze stanno già correndo sul posto. –
Alla Mew Lupo si gelò il sangue nelle vene: era da settimane ormai che non subivano l’attacco di Chimeri.
- Perfetto, vado subito. -
Chiuse velocemente la comunicazione e cominciò a correre sul luogo della battaglia, gli stivali che calpestavano e schizzavano l’acqua delle pozzanghere, l’ombrello abbandonato solitario vicino alla panchina.
Dopo una decina di minuti di corsa, raggiunse il quartiere della scuola elementare: lì le sue compagne di squadra erano già trasformate.
Zakuro compì rapidamente la metamorfosi e si unì al Mew Team, che si guardava attorno con circospezione.
- Che è successo? – domandò immediatamente rivolta a Mew Ichigo.
- Non ne ho idea. – rispose la Leader – Il monitor segnalava un attacco alieno, ma qua pare che non ci sia niente e nessuno. Non ci sono nemmeno segni di lotta o altro. –
Come un gelo che cala lentamente nello stomaco, in Mew Zakuro cominciò sempre più a farsi strada la convinzione che fossero state attirate in una trappola.
Si rivolse alle compagne, mormorando: - Ragazze, penso sia meglio andarcene di qui al più presto. –
- Non credo proprio. -
Il gruppo si voltò giusto in tempo per vedere Cordelia apparire di fronte a loro, le mani appoggiate sui fianchi.
“Lo sapevo!”
- Bene bene, - proseguì l’aliena avanzando lentamente verso le Mew Mew – Sono felice di constatare che siete cadute nella mia trappola. Vedo che inviare un falso allarme ai vostri sistemi di ricezione ha dato i suoi frutti. -
- Non vedo come potremmo essere in trappola! – esclamò Mew Minto stringendo i pugni – Siamo pur sempre cinque contro una! –
- Questo sì. – concesse Cordelia fingendo di riflettere sulla questione. – Ma c’è anche da dire che, in tutte la battaglie che avete combattuto contro i miei Chimeri, ho avuto il tempo di studiare il vostro modo di lottare e calcolare i vostri punti deboli. –
“Bastarda, aveva pianificato tutto per arrivare a questo.”
- Forza ragazze, attacchiamo! – urlò Mew Ichigo, e le cinque Mew Mew si lanciarono al volo sull’avversaria, le armi alla mano.
Cordelia le scartò facilmente tutte quante, evitando per un soffio il Fiocco Immobilizza di Mew Purin; in un attimo fu su Mew Retasu, che cercò di attaccare ma vide le sue nacchere sbalzate via da un semplice gesto della mano dell’aliena.
- Ad esempio, - cominciò Cordelia afferrando la Mew Focena per il collo e portandola in alto con sé per alcuni metri – Tu sei debole e non adatta alla guerra. -
E con questo la scagliò con forza a terra, dove si accasciò, priva di sensi.
- Tu invece, - continuò volando verso Mew Minto, che si stava avvicinando a lei dall’alto, e colpendola con un precisissimo fascio di luce blu proprio all’attaccatura delle ali – Quando non sei in volo non possiedi nessuna caratteristica degna di nota. –
Mew Minto cadde pesantemente al suolo; cercò più e più volte di rialzarsi in aria, ma sulla sua schiena si trovava una profonda ferita dalla quale sgorgava inesorabilmente sangue che andava a macchiarle il vestitino azzurro. Invano tentò di prendere la mira e colpire la nemica con le sue frecce: aveva ragione, quando si trovava al suolo era del tutto destabilizzata e non aveva un minimo di precisione.
Nel mentre, Mew Purin continuava a scagliare il suo attacco, ma Cordelia era troppo veloce.
- Per quanto riguarda te, - riprese Cordelia teletrasportandosi di fronte a Purin – Sei fin troppo agile. -
L’aliena creò così un’enorme sfera di energia dal palmo delle sue mani aperte, che scagliò contro Mew Purin; un attacco talmente potente e di così grande estensione era impossibile da evitare, e la ragazzina si ritrovò accasciata contro la parete della scuola, coperta del suo stesso sangue.
Cordelia si portò a debita distanza e proseguì implacabile con la sua estenuante spiegazione: - Per questo motivo l’unico modo per metterti k.o. è scagliare un attacco su larga scala e avere il 100% di probabilità di colpirti. –
Mentre Cordelia si occupava di Mew Purin, però, Zakuro si era portata silenziosamente alle sue spalle e si era arrampicata sulla facciata di un edificio poco distante. Con un balzo, si ritrovò dietro alla sua nemica, pronta a colpirla a tradimento, quando…
…Quando Cordelia la intercettò con la coda dell’occhio e, senza nemmeno voltarsi, le assestò una precisa gomitata nella faccia. Mew Zakuro cadde rovinosamente sull’asfalto, la sua frusta schizzata chissà dove, mentre un fiotto di sangue sgorgava dalla sua bocca. La Mew Lupo alzò la testa in tempo per vedere l’aliena piombare su di lei e saltare con tutta la sua forza sulla sua gamba, che emise un rumore terribile; Zakuro urlò dal dolore, la bocca ancora impastata dal sangue e la gamba piegata in un’angolazione del tutto innaturale.
- Tu invece, Zakuro, sei scaltra e giochi sporco: ho imparato a guardarmi alle spalle, per tua sfortuna. -
- Che cosa vuoi realmente?! – urlò Mew Zakuro con rabbia e in preda al dolore, cercando gli occhi color del ghiaccio della sua avversaria.
Quella stirò le labbra in un sorriso folle, malato.
- Sai, il mio vero obiettivo siete voi. È una questione di orgoglio: voi mi avete sfidata, e dovete essere distrutte. -
Ora restava solo Mew Ichigo. La leader delle Mew Mew, durante quella rapida lotta, era rimasta come impietrita, senza sapere che cosa fare, guardando impotente le sue compagne venir abbattute una ad una.
Cordelia si voltò verso di lei, la lunga coda di capelli corvini che danzò come una fiamma scura durante la sua giravolta.
- Bene, ora siamo io e te. Il tuo problema, cara Ichigo, è che da sola non sei in grado di fare nulla. -
E con queste parole, Cordelia si scagliò su di lei. Richiamò il suo gatto a nove code con una velocità incredibile e disarmò con esso Mew Ichigo, che vide la sua arma a forma di cuore sfuggirle dalle mani guantate, portata via dalla frusta della nemica.
 - Ops, vedo che sono in vantaggio. – osservò Cordelia, il sorriso isterico che si allargava a dismisura sulle sue labbra, deturpando quel bel viso diafano. Improvvisamente, però, schioccò le dita e la sua arma si dissolse.
Ichigo rimase a fissare quella scena per una frazione di secondo di troppo: Cordelia, infatti, ne approfittò per colpirla con un calcio allo stomaco, facendola cadere all’indietro.
- Ho pensato di giocare allo stesso livello, senza armi, ma vedo che sono in ogni caso nettamente superiore a te. -
Cordelia si aprì in una risata, che persistette anche durante il corpo a corpo, mentre parava i pugni di Mew Ichigo immobilizzandole le mani e le torceva il braccio all’indietro.
Le altre ragazze cercavano in tutti i modi di rialzarsi per dare manforte alla loro leader, ma senza riuscirci.
Cordelia continuava a ridere e menar colpi precisi su Mew Ichigo, che ormai faceva una gran fatica a difendersi, mentre la pioggia continuava a imperversare su di loro. La Mew Neko cadde a terra e l’aliena si portò a passo risoluto su di lei, quando una vocina robotica raggiunse le orecchie dei presenti.
- Ichigo! Ichigo! -
Il piccolo Masha era spuntato da chissà dove e stava cercando, al massimo delle sue capacità, di prendere parte alla battaglia. Afferrò con la piccola bocca l’estremità della coda di Cordelia, che, sorpresa, ruotò velocemente su di sé: il robottino rosa finì sbalzato via, portando con sé alcuni ciuffi di capelli corvini.
- E’ finita, Mew Ichigo! – esclamò la sovrana dopo essersi ricomposta, evocando nuovamente il suo gatto a nove code e levandolo sopra la testa.
Ma il colpo diretto a colpire la leader delle Mew Mew non la raggiunse mai, bloccato da una sorta di barriera invisibile: Pie e Taruto si erano appena teletrasportati sul campo di battaglia.
Pie era comparso al fianco di Ichigo e l’aveva protetta dall’attacco di Cordelia, mentre Taruto lanciava occhiate disperate al resto della squadra, constatando le condizioni delle ragazze.
- Voi! – gridò Cordelia, l’esultanza che aveva rapidamente lasciato spazio alla rabbia.
- Noi. – convenne Pie con voce incolore, - Ora basta Cordelia, le ucciderai. Ci ritiriamo. –
E con questo, i due fratelli si scambiarono un segno d’intesa; schioccarono le dita e il gruppetto si dissolse quasi all’istante.
Prima che tutte le numerose increspature d’aria sparissero completamente, la voce di Pie risuonò nuovamente nel vento, sicura e minacciosa.
- Ricorda: hai vinto la battaglia, ma non la guerra. -
Cordelia, rimasta sola, si lasciò andare ad un urlo di rabbia, per poi sputare a terra, furiosa.

 
Angolo Autrice:
Eccomi, scusate per il ritardo!
Come vedete, nel mentre le ragazze si sono trovate nuovamente ad affrontare Cordelia, che ormai conosce alla perfezione tutti i loro punti deboli e sa come sfruttarli a suo vantaggio.
Come pensate si evolveranno le cose? Recensite in tanti!
Un abbraccio,
Salice_

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Capitolo 18
*** Confidenze. ***


Confidenze.

Dopo la battaglia le Mew Mew erano state tempestivamente curate da Kyle e Ryan; per guarire le ferite riportate da Zakuro e Purin era stato necessario l’utilizzo dell’Acqua Mew, in quanto la gamba rotta della Lupa e le costole incrinate della bambina avrebbero impiegato troppo tempo per guarire completamente.
Quella era la prima battaglia dalla quale la squadra Mew Mew dovette ritirarsi, e ciò aveva contribuito a buttare giù le ragazze psicologicamente; Ichigo, in particolar modo, cominciava a nutrire dei dubbi sulla sua adeguatezza come leader in seguito alle parole di Cordelia.
Quel giorno, molte settimane dopo l’accaduto, le ragazze, gli scienziati e i due alieni erano riuniti in sala a discutere della loro nemica.
- Cordelia è troppo forte, non c’è nulla da fare! – esclamò Minto abbattuta, appoggiandosi stancamente allo schienale della morbida poltrona di chinz.
- E’ vero! – confermò Purin – Quella è una macchina da guerra: da sola è riuscita a mettere al tappeto tutte noi. –
Zakuro sospirò sommessamente. – E ora che conosce tutti i nostri punti deboli non so quante chances di vittoria ci rimangano. –
Retasu e Ichigo tacevano, l’una torcendosi le mani e l’altra affondando le dita nella frangetta rossa, spettinandola.
- Se Pie e Taruto non fossero arrivati in tempo sul posto, non oso pensare a cosa sarebbe potuto succedere. – sussurrò Kyle, che per la prima volta non esibiva il suo sorriso gentile e fiducioso.
Pie era appoggiato al muro, ma abbandonò la sua posizione per dichiarare: - Cordelia è una creatura spietata e dalla mente profondamente analitica; adora provocare la sofferenza in chi la circonda e gettare le persone nel terrore e nello sconforto. Contro di noi sta combattendo più che altro una battaglia psicologica. –
Taruto annuì, mentre tutti i presenti elaboravano lentamente le parole dell’alieno maggiore.
- Se soltanto Kisshu non se ne fosse andato… - cominciò il più piccolo, interrompendosi però a causa di una forte gomitata di Purin nelle costole.
Gli sguardi di quasi tutti i presenti saettarono sul volto di Zakuro, seduta in una poltrona accanto alla finestra.
La ragazza conservava la sua espressione imperturbabile, senza mostrare alcun cedimento al nome del suo ex compagno, ma in realtà moriva dentro. Ogni volta che i suoi pensieri si soffermavano nuovamente su di lui, Zakuro avvertiva qualcosa nel petto, all’altezza del cuore, spezzarsi. Non era ancora riuscita ad accettare il fatto che Kisshu se ne fosse andato.
Un silenzio carico di tensione era calato sulla stanza, interrotto soltanto dagli sbuffi di Ryan, che continuava a passarsi la mano fra i capelli biondi imprecando a bassa voce.
Era una giornata primaverile e il tiepido sole splendeva nel cielo, gli uccellini cinguettavano dai rami dei ciliegi che costeggiavano il viale e Masha svolazzava sulle teste dei presenti, ignaro di quanto la situazione fosse critica.
- Eppure deve esserci un modo… - sussurrò Ryan, rivolto più a se stesso che a qualcuno in particolare. Il suo sguardo vagò per la stanza, come se tra i mobili fosse possibile trovare una soluzione al problema che li affliggeva.
Dopo alcuni minuti, però, Ryan si alzò senza preavviso, scoccando a Kyle un’occhiata d’intesa; i due si diressero così in laboratorio, lasciando le Mew Mew e i due alieni in sala ad arrovellarsi il cervello su quel rompicapo.

 

Era pomeriggio inoltrato quando Zakuro abbandonò l’abitazione per fare una passeggiata; aveva sempre amato la solitudine, nella quale poteva riflettere tranquillamente e trovare conforto. Nel silenzio cercava un’ancora di salvezza dagli scherni della vita.
Si stava avviando verso un piccolo boschetto in periferia che aveva scoperto pochi giorni prima, quando una voce dolce la richiamò.
- Zakuro, aspetta! –
L’ex modella si voltò, vedendo una Retasu molto affannata chiudere in fretta il portone e correre verso di lei.
- Retasu. – mormorò Zakuro voltandosi solamente di qualche centimetro per guardare ma Mew Focena. Questa si torceva le mani incontrollabilmente, mentre un lieve rossore colorava le sue guance: era senza dubbio nervosa per qualcosa.
- Zakuro, volevo chiederti… Ehm, sempre se ti vada… Se avresti voglia di andare a prendere un aperitivo insieme. –
Zakuro alzò un sopracciglio, sorpresa. In tutto quel tempo, non aveva mai stretto grandi rapporti con Retasu; certo, la considerava una splendida persona, una ragazza adorabile, ma aveva molta più confidenza con Minto e Ichigo.
- C’è un motivo ben preciso che ti ha spinta a questa richiesta? – domandò Zakuro con una punta di freddezza che non riuscì a controllare.
Retasu abbassò lo sguardo.
- Pensavo potessimo scambiare due parole; la situazione, ora come ora, non è semplice per nessuno, e forse sarebbe meglio… -
Retasu si interruppe: per la prima volta da mesi Zakuro sorrideva.
- Ho detto qualcosa di sbagliato? – chiese la Mew Focena, intimidita.
Zakuro, però, le si avvicinò e, posandole gentilmente una mano sulla spalla, disse: - Vieni Retasu, c’è un locale carino a pochi minuti da qui. –
Retasu, seppur presa in contropiede, non riuscì a non sorridere a sua volta e a seguire la Mew Lupo.
Le due si sedettero in un locale che dava sulla strada, con tavolini e sedie di vimini, e ordinarono due bicchieri di vino bianco.
Zakuro aspettò di bere il primo sorso della sua consumazione prima di rivolgersi a Retasu.
- Cosa ti preoccupa di più in questo momento? –
Retasu si fermò a metà dell’atto di addentare una pizzetta, e rispose: - Ho sempre più paura che non riusciremo a sconfiggere Cordelia. Lei è nettamente più forte di noi, e sono terrorizzata al pensiero di quello che potrebbe accadere alla città e al resto del pianeta se dovessimo fallire. –
Zakuro posò lentamente il bicchiere sul tavolo.
- Ascolta Retasu: quella di Cordelia è una battaglia personale contro di noi. Abbiamo liberato i suoi tre prigionieri più importanti, rinchiusi nel carcere di massima sorveglianza di Edren, e l’abbiamo sfidata. Non le interessa il dominio della Terra. E in ogni caso, finché siamo tutti uniti non è ancora detta l’ultima parola. –
Il discorso di Zakuro fu seguito da un silenzio imbarazzato di Retasu. Sembrava quasi che la ragazza avesse qualcosa da dire, ma che stesse attentamente soppesando le parole.
- Tecnicamente non siamo più uniti. – buttò lì.
Zakuro ebbe un sussulto, che mascherò gettandosi i capelli dietro le spalle; aveva intuito dove la sua compagna voleva arrivare.
- Quello che voglio dire, - continuò Retasu prendendo coraggio – è che Kisshu ci ha lasciati. Ha abbandonato la squadra, certo, ma prima di tutto ha abbandonato te. –
- Le decisioni di Kisshu sono più che lecite e sicuramente ha avuto i suoi motivi. Noi non siamo nessuno per poter giudicare. – la interruppe Zakuro in tono duro.
-  Il punto è che tu stai male: non lo dai a vedere, ma so che questa cosa ti sta distruggendo. Ti prego Zakuro, se hai voglia di sfogarti fallo. –
La Mew Lupo assorbì il significato di quelle parole, sconcertata. Nessuno, a parte Kisshu, aveva mai tentato di capirla e tantomeno aveva provato a chiederle di parlare delle sue emozioni. Solitamente, era lei a far ragionare e aiutare gli altri.
- Logicamente sto male, ma questo non deve influire sul mio modo di combattere. – snocciolò Zakuro, tentando di mettere fine a quella conversazione.
Purtroppo, però, Retasu non sembrava essere della stessa opinione.
- Qui non si parla di combattimenti e missioni: è il tuo cuore che va preso in causa. –
Zakuro bevve dell’altro vino e, malgrado tutto, sorrise.
- E’ strano che qualcuno parli a me di cuore, dal momento che mi sono sempre definita come una persona in grado di amare solo con la mente. In ogni caso, la cosa peggiore è il fatto di averlo perso non una, ma due volte: questo non riesco ad accettarlo. –
Retasu era sul punto di ribattere, di dare il suo appoggio alla compagna, quando il cellulare di Zakuro squillò.
La ragazza afferrò il dispositivo e provò una sensazione di panico nel leggere il nome sul display.
- Pronto? –
- Zakuro, sono Ryan. – rispose la voce del biondo all’altro capo del telefono.
- Sì lo so. –
Il ragazzo non sembrava aver colto la sua ironia.
- Ascolta, abbiamo fatto una scoperta sorprendente. Raggiungici subito in laboratorio. –
- Perfetto, arrivo subito. – mormorò Zakuro.
- Retasu è con te? –
- Sì, è qui seduta con me. –
- Bene, venite qui tutte e due. –
Ryan chiuse la telefonata, lasciando Zakuro per una frazione di secondo intenta a fissare il vuoto di fronte a lei.
- Andiamo. – intimò a Retasu senza troppi complimenti, e le due, dopo aver lasciato i soldi sul tavolo, si affrettarono a raggiungere casa di Ryan.

 

Le ragazze entrarono precipitosamente nel laboratorio, trovandovi tutta la squadra riunita attorno a Ryan e Kyle, ansiosa di ricevere spiegazioni.
Zakuro notò immediatamente che, nonostante avessero appena scoperto qualcosa che avrebbe potuto aiutarli nella loro lotta contro Cordelia, Kyle non sorrideva.
- Bene Ryan, ora ci siamo tutti. – si limitò a dire il moro.
- Che succede?! – esordì Ichigo, un’ansia evidente impressa nei suoi occhi color cioccolato.
Ryan si voltò verso il computer più vicino e cominciò a digitare i tasti. Sempre dando la schiena ai ragazzi, cominciò: - Durante la battaglia, Masha è riuscito a strappare alcuni capelli a Cordelia… -
- E’ vero! – esclamò Ichigo – E’ successo mentre stava combattendo contro di me. –
- Ti prego di non interrompermi. In ogni caso, io e Kyle abbiamo pensato di analizzarli per vedere che cosa sarebbe saltato fuori. –
Ryan, finalmente, si voltò.
- Come penso immaginiate, nel computer abbiamo inserito tutti i vostri dati e i vostri valori, in modo da poter sempre controllare la situazione e il corretto funzionamento del Mew Power nel vostro organismo. –
Le ragazze e gli alieni annuirono, incuriositi. Dove voleva andare a parare Ryan?
- Analizzando i campioni forniti da Masha, abbiamo scoperto una cosa tanto stupefacente quanto preoccupante. –
Il suo sguardo color del ghiaccio si posò in quello blu oltremare della Mew Lupo.
- Zakuro, tu e Cordelia condividete lo stesso codice genetico. –

 

Angolo Autrice:

Ciao a tutti lettori, scusatemi per il tremendo ritardo. Purtroppo questo non è stato un periodo troppo felice per me e ho avuto qualche difficoltà ad aggiornare, ma finalmente sono qui. Spero che la mia lunga assenza non vi abbia portato a stancarvi della storia.
Sarei felice di riuscire a farmi perdonare con questo nuovo capitolo!
Dopo questa rivelazione, che cosa succederà?
Forza, fatemi sapere che cosa ne pensate!

Salice_

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Capitolo 19
*** The dark side of the Moon. ***


The dark side of the Moon.

Le parole di Ryan furono seguite dal silenzio.
Gli occhi di tutti i componenti della stanza erano puntati su Zakuro, che continuava a sostenere lo sguardo indecifrabile del biondo.
La mew Lupo avvertì un brivido lungo la schiena, un brivido che non aveva nulla a che fare con il freddo. Finalmente, quando la sua bocca si decise ad emetter un suono, la ragazza parlò.

- Ryan, che stai dicendo? Com’è possibile? –
Il biondo scoccò a Kyle un’occhiata che era un misto di preoccupazione e di ansia, e subito quello si avvicinò a lui per posargli una mano sulla spalla.
Era la prima volta che la squadra vedeva Ryan vacillare.
- Non sappiamo come sia successo, – ricominciò dopo una breve pausa – ma sospettiamo che, dal momento che condividete lo stesso codice genetico, tu e Cordelia siate in qualche modo unite. Cercheremo di svolgere ulteriori analisi per giungere ad una soluzione, anche se non abbiamo nulla dal quale cominciare. –
In fondo al gruppo, Pie impallidì e strinse spasmodicamente i pugni: e se le deduzioni di Kisshu non fossero state del tutto errate?

- Ryan, scusami tanto, - ricominciò Zakuro con voce ferma che nascondeva a malapena l’ansia e la confusione che regnavano in lei a quella notizia – Cordelia è di razza aliena. Come possiamo avere lo stesso codice genetico? –
Le ragazze annuirono alle parole di Zakuro, e Minto esclamò: - Infatti! –
Questa volta toccò a Kyle prendere la parola: - La verità è che, di fatti, Cordelia non ha un codice genetico simile a quello di Pie, Taruto o Kisshu. Il suo è esattamente uguale, in tutto per tutto, a quello di Zakuro. –
- Allora significa che Cordelia non è una vera aliena? – strillò Taruto.
- Non essere sciocco! – lo ammonì Pie – Cordelia è la sovrana di Edren e possiede i poteri tipici della nostra razza; sul fatto che sia come noi non ci sono dubbi. –
- Ma allora quello che avete appena detto non ha senso! – esclamò Ichigo, cercando di nascondere il panico nella sua voce – Questa storia non regge. –

- Abbiamo controllato più e più volte. Il risultato è esatto. – mormorò Kyle, come se pronunciare quelle parole gli costasse uno sforzo enorme.
Zakuro aveva avvertito il mondo crollarle addosso; non riusciva a capacitarsi di come Cordelia, la sua nemica, potesse condividere il suo stesso codice genetico. Non aveva idea di che cosa significasse e di come gestire la situazione.
La paura la attanagliava, ma la ragazza lottava per non darlo a vedere, per essere forte, per sembrarlo…
Improvvisamente, il rumore di qualcosa che cadeva a terra raggiunse le orecchie dei presenti, che ammutolirono all’istante.
- Cosa è stato? – mormorò Purin, spaventata, cercando lo sguardo di Taruto.
- Non lo so, ma veniva dal piano di sopra. – rispose Ichigo, senza smettere di guardare con insistenza il soffitto.
Ryan e Kyle si erano posizionati ai lati della squadra, come aspettandosi un attacco da un momento all’altro.
Pie fece un passo avanti.
- Vado avanti io. – decretò – Voi seguitemi senza fare rumore. –
Così la squadra, guidata da Pie, salì fino al piano di sopra e si avviò in corridoio, trattenendo quasi il respiro. L’alieno dai capelli scuri si immobilizzò di fronte alla porta che conduceva in sala, voltandosi verso il resto del gruppo, che lo fissava attonito. Pie si portò l’indice alle labbra in un chiaro invito a fare silenzio, dopodiché spalancò la porta con un calcio e piombò nella stanza, la sua arma alla mano.
Zakuro, dalla sua posizione al fondo del corteo, non riuscì a vedere l’espressione di Pie, ma udì le sue parole.
- Non ci posso credere! –
- Forza, andiamo! – soffiò Minto cominciando a spingere le persone di fronte a lei per entrare in sala. Non appena tutto il gruppo si fu trasferito nella stanza, Zakuro notò con stupore Pie, in piedi di fronte al divano, sul quale era seduta una figura femminile.
- Finalmente vi ho trovati! – esclamò la voce.
Leandra si alzò elegantemente dal divano di Ryan, scuotendo la lunga treccia di capelli verdi.
Bastò lanciare una sola occhiata all’aliena per capire che doveva aver subito dei maltrattamenti: la veste era stracciata in alcuni punti e sulla guancia sinistra spiccava un vistoso livido nero. Per il resto, però, gli occhi grigi della donna erano svegli e dardeggianti.

- Leandra! – esclamò Ryan con stupore, avanzando di alcuni passi – Che cosa fai qui? Che ti è successo? –
- Oh, niente di importante. – sminuì Leandra con un’alzata di spalle, passandosi però una mano sulla parte lesa – Vi ho cercati ovunque, ma non è stato per niente facile. –
- Ma come hai fatto a trovarci? – domandò Minto, confusa – La casa è protetta dalla barriera che hanno creato Kisshu, Pie e Taruto! –
Leandra aprì la bocca per rispondere, ma l’imprecazione di Pie la precedette.
- Accidenti! Come abbiamo potuto non pensarci? –
- Di cosa stai parlando, Pie? – chiese Zakuro.
- La barriera che siamo riusciti ad ergere io, Kisshu e Taruto funziona al 100% solamente se tutti coloro che l’hanno creata rimangono nell’area protetta. Ora che Kisshu se n’è andato non siamo più del tutto al sicuro. –
Si massaggiò stancamente gli occhi, dopodiché si rivolse a Leandra: - Che cosa si vede adesso al posto di questa casa? –
- Un edificio pericolante e in disuso. – rispose semplicemente la donna.
- Quindi siamo stati esposti agli attacchi di Cordelia senza saperlo? – esclamò Ichigo in un misto di rabbia e incredulità.
- Esatto. È stata una fortuna che non ci abbia trovati. – fece Taruto.
Il gruppo cominciò a parlare concitatamente, ma Leandra ristabilì la calma con un semplice gesto della mano.
- Ora non ha alcun senso parlare di questo. Sono venuta per discutere di una questione di vitale importanza. –
- Di cosa stai parlando? – mormorò Kyle a mezza voce, come se avesse fiutato il pericolo.
- Sedetevi, vi spiegherò tutto. –
Le cinque Mew Mew, i due alieni e Ryan e Kyle presero posto chi sul divano o sulle poltrone, chi sul tappeto. Ryan preferì rimanere in piedi, così come Leandra, che si portò al centro della stanza.
- Alcuni mesi fa una Veggente di Edren ha pronunciato una profezia riguardante il modo per sconfiggere Cordelia. Pensavo che voi ne foste a conoscenza, ma devo essermi sbagliata. –

- Una profezia? – sussurrò Purin – E cosa dice? –
Leandra si schiarì la voce e prese a recitare: - Il successore di Deep Blue non è venuto alla luce secondo le leggi della natura. Cordelia è la pura essenza della malvagità dell’ex sovrano, malvagità che potrà essere annientata soltanto da quanto di più uguale e contrario a ciò esista sulla Terra.
I due alter ego si scontreranno alla fine, e l’unica cosa in grado di poter rendere Cordelia vulnerabile sarà il predestinato sacrificio dell’altro.

Il gruppo cominciò a scambiarsi occhiate confuse, mentre le loro menti ragionavano su quel rompicapo.
Leandra rimase in silenzio, in attesa che qualcuno giungesse ad un conclusione.
Alla fine, Ryan esordì: - Allora, procediamo con ordine. ‘Non è venuto alla luce secondo le leggi della natura’. Ciò significa che Cordelia non è stata partorita? –
- E’ esatto. – confermò Leandra con voce incolore.
- Quindi è stata creata? – domandò Taruto
- In un certo senso. –
- Scommetto che è stata creata da Deep Blue quando era ancora al potere allora! –
- Non essere sciocco Taruto, siamo stati noi con l’Acqua Cristallo a risvegliarlo. Non avrebbe mai avuto né il tempo né il modo per creare Cordelia. – lo ammonì Pie con severità.
- Questa profezia, - cominciò Ichigo titubante – vuole dirci chi è in grado di sconfiggere Cordelia, giusto? –
- Giusto. – confermò Leandra – Non ci siete ancora arrivati, vero? –
La squadra scosse la testa. Zakuro aveva uno strano presentimento, un qualcosa che la rendeva inquieta.
- Pensateci: ‘Cordelia è la pura essenza della malvagità dell’ex sovrano, malvagità che potrà essere annientata soltanto da quanto di più uguale e contrario a ciò esista sulla Terra.’ – recitò Leandra – Vuol dire che l’unica persona capace di batterla abita sulla Terra. È un umano. –
Zakuro sgranò gli occhi; anche Pie stava cominciando a capire.
- Chi ha sconfitto Deep Blue l’ultima volta? –
Dopo che Leandra ebbe formulato la domanda a cui tutti avrebbero saputo dare la risposta, gli occhi dei presenti si puntarono sulla figura di Zakuro, seduta rigidamente sulla poltrona.
La Mew Lupo incrociò i suoi occhi fiammeggianti con quelli di Leandra, forte di una nuova consapevolezza.
- E’ per questo che io e Cordelia condividiamo lo stesso codice genetico, vero? –
Leandra annuì.
Il resto del gruppo trattenne il fiato quando l’aliena parlò nuovamente.
- Zakuro, ti chiedo di scavare nei tuoi ricordi, nonostante so quanto sia difficile e doloroso. Deve essere accaduto qualcosa, nel momento in cui hai inferto il colpo mortale a Deep Blue, di insolito. Cerca di ricordare. –
Zakuro abbassò il capo, mentre le immagini della battaglia finale le scorrevano innanzi agli occhi.
La stanza circolare del faro.
Il corpo di Kisshu a terra, in una pozza di sangue.
Zakuro che si alza e affonda uno dei Sai di Kisshu nel torace di Deep Blue.
E poi, tutto ad un tratto, ricordò.
- Quando l’ho ucciso, - cominciò con una voce che era poco più di un sussurro – ho sentito qualcosa di freddo entrarmi dentro. Come se tutto il sangue che avevo nelle vene si fosse congelato. –
Sentiva lo sguardo di Ryan puntato sulla sua schiena, ma non si voltò per accertarsene: continuava a fissare Leandra che, con una lentezza disarmante, annuì per l’ennesima volta.
- Nel momento in cui hai finito Deep Blue, una parte di lui è schizzata fuori dal suo corpo assieme alle gocce di Acqua Mew, attaccandosi all’unica cosa vivente rimasta in quella stanza. –
Ryan si afferrò la testa con le mani, tremando, mentre Kyle chiudeva gli occhi, come se stesse provando un dolore immenso. Le ragazze si portarono le mani alla bocca, orripilate, e Purin strinse convulsamente il braccio di Taruto, che cercò senza molto successo di rassicurarla. Zakuro rimase impassibile alla rivelazione, nonostante qualcosa in lei si agitasse furiosamente, come se contenesse un oceano in tempesta.
Pie, invece, sbatté un pugno sul tavolino, facendo sobbalzare i presenti.
- Kisshu aveva ragione! – ruggì – Ha sempre avuto ragione. Mi aveva fatto notare le somiglianze fra Zakuro e Cordelia già molto tempo fa, dopo il primo scontro, ma io, diffidando della sua salute mentale, non gli ho creduto. –
- Pie, perché non mi hai detto che Kisshu pensava questo? – lo aggredì Zakuro – E perché lui non ha detto niente a me? –
- Kisshu credeva di essere impazzito. – mormorò Retasu, prendendo per la prima volta parte alla conversazione – Evidentemente, soltanto una parte di lui credeva a questa teoria. –
Ryan si riscosse dai suoi pensieri e fece cenno ai ragazzi di tacere. Dopodiché si rivolse a Leandra: - Prima hai detto che pensavi che noi fossimo già a conoscenza della profezia, ma come avremmo mai potuto saperlo dal momento che è stata pronunciata su Edren? –
- Ah sì, ho dimenticato di dirvi qualcosa. – rispose Leandra con voce stanca, le occhiaie che contornavano le sue iridi argentate ancora più profonde – Ho inviato la visione della profezia a Kisshu, ma lui, pensando di essere impazzito, ha deciso di non farne parola con nessuno, allontanandosi da tutto e da tutti. –
Poi, rispondendo alla domanda inespressa che sembrava averle posto Zakuro con uno sguardo: - Ho parlato con lui prima di recarmi da voi. Sono riuscita a trovarlo e mi ha spiegato la situazione. –
- Sta bene? – domandò immediatamente Zakuro.
- Diciamo di sì. – si limitò a rispondere Leandra, nonostante il suo sguardo fosse diventato decisamente più triste – Ma non sa se tornerà. –
Fu questa notizia, più di quella di condividere lo stesso codice genetico di Cordelia e di essere destinata a sconfiggerla dal momento che una parte di lei viveva nel suo corpo, a far sprofondare Zakuro nelle tenebre: fin dal primo momento in cui aveva visto Leandra in quella stanza aveva sperato in un ritorno di Kisshu.
Pie però interruppe il filo dei pensieri di Zakuro.
- Ma come ha fatto Kisshu a non capire che quella che gli stavi inviando era una visione? –
- Stava dormendo. – rispose Leandra – Quando si ricevono visioni durante il sonno, queste vengono modificate sotto forma di sogni. Kisshu mi ha detto di aver creduto di essere impazzito e di essere in preda al delirio. –
Zakuro teneva gli occhi ostinatamente fissi sul ciondolo Mew che stringeva nella mano, in modo da non dover incrociare gli sguardi terrorizzati delle sue compagne.
- Come posso sconfiggere Cordelia? – mormorò Zakuro – La profezia dice che devo sacrificarmi. –
Leandra non rispose, e Minto si lasciò andare ai singhiozzi, sprofondando nel divano fra Ichigo e Retasu.
- Non basterebbe semplicemente eliminare la parte di Deep Blue che vive in lei? – esordì Kyle, che era stato in silenzio fino a quel momento.
- Sì, ma come si fa? – si allarmò Ichigo – La profezia dice chiaramente che Zakuro deve sacrificarsi, quindi deve essere lei a… a… - le parole le morirono in gola.
- A uccidermi. – terminò per lei Zakuro con tono piatto.
Anche sulle guance della leader delle Mew Mew cominciarono a scorrere le lacrime.
- Nel caso, serve qualcosa che la faccia resuscitare. Esiste una sola cosa in grado di riportare in vita una persona. – fece Ryan, lanciando un’occhiata d’intesa a Kyle.
- Ovvero questa? –
Leandra aveva estratto dalla tasca della veste un strano contenitore che custodiva una singola goccia estremamente luminosa: il contenitore con la goccia di Acqua Cristallo di Kisshu.
- Me l’ha data mio figlio quando l’ho trovato. – disse Leandra a mo’ di spiegazione.
Zakuro rimase per alcuni istanti immobile, fissando quella piccolissima parte del Cristallo che sarebbe stata sufficiente a farla tornare nel mondo dei vivi.
Ancora una volta, Kisshu le stava salvando la vita.
Le mani della ragazza corsero inconsapevolmente al suo collo, trovando il ciondolo a forma di luna che le aveva regalato l’alieno a Natale.
Lei, Zakuro, la Luna che vegliava silenziosamente sulla città, proteggendola, aveva appena conosciuto il suo lato rimasto in ombra, il suo lato oscuro.
E ora non restava altro da fare se non sconfiggerlo.

 

Angolo Autrice:

Ciao a tutti lettori!
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento. Ho cercato di dare risposte a tutti i quesiti lasciati in sospeso nei capitoli precedenti, dando finalmente anche la motivazione che mi ha spinta a scegliere proprio questo come titolo della storia.
Ammetto che, in questo caso, ho preso un po’ di ispirazione da Harry Potter.
Che cosa ne pensate? Ora Zakuro deve sconfiggere Cordelia, ma, nonostante abbia l’Acqua Mew, non sarà facile. Come farà?
Fatemi sapere che cosa ne pensate!
Salice_

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Capitolo 20
*** Il destino ci spezza. ***


Il destino ci spezza.

Zakuro osservata il soffitto della sua camera senza realmente vederlo. Nella sua testa continuavano a risuonare le parole di Leandra, facendole prendere maggior consapevolezza del suo destino.

Nel momento in cui hai finito Deep Blue, una parte di lui è schizzata fuori dal suo corpo assieme alle gocce di Acqua Mew, attaccandosi all’unica cosa vivente rimasta in quella stanza.

I due alter ego si scontreranno alla fine, e l’unica cosa in grado di poter rendere Cordelia vulnerabile sarà il predestinato sacrificio dell’altro.

Chi ha sconfitto Deep Blue l'ultima volta?

La profezia parlava di lei, su questo non c’erano dubbi. Zakuro sapeva che l’esito di quella battaglia dipendeva da lei e, per l’ennesima volta, provò la frustrante sensazione di avere un macigno di responsabilità sulle spalle.
Era ormai trascorsa una settimana dalla visita di Leandra; la donna aveva dovuto abbandonare la Terra dopo solamente due giorni dalla sua rivelazione per non rischiare che la sua assenza su Edren destasse sospetti. Nonostante non ne avesse fatto parola con nessuno, la squadra aveva capito che Leandra era stata torturata in modo da estorcerle informazioni sui fuggitivi e sulle Mew Mew.

Ryan e Kyle avevano supposto che Cordelia avrebbe potuto attaccare da un momento all’altro; dopo il loro ritiro dal campo di battaglia era solo questione di giorni prima che la sovrana di Edren si facesse viva. Le Mew Mew erano sempre in allerta e cercavano di non dividersi mai.
Zakuro no. Lei preferiva stare sola, e nella solitudine che precede un passo importante si era chiusa anche questa volta, rimuginando.
Nonostante tentasse di celarlo agli altri e a se stessa, aveva paura: paura di non essere all’altezza del suo compito, paura di deludere, di commettere un errore imperdonabile, paura di morire.
Da quando aveva scoperto di essere una Mew Mew aveva accettato l’idea che, presto o tardi, avrebbe dovuto rischiare la vita per la missione, lo aveva sempre saputo. Ma scoprire di essere stata prescelta per morire, di dover andare incontro alla morte a braccia aperte, la terrorizzava.

In quel momento non riuscì ad evitare di pensare a tutte le cose che avrebbe voluto fare prima di morire.
Non si sarebbe mai sposata.
Non aveva ancora visitato molti paesi lontani.
Non avrebbe più ascoltato il chiacchiericcio eccitato di Ichigo prima di un incontro con Mark.
Non avrebbe più potuto spronare Minto ad essere più forte.
Non si sarebbe potuta sdebitare con Retasu per esserle stata vicino.
Non avrebbe mai assistito alla cerimonia del diploma di Purin.
Ryan non avrebbe mai saputo di essere la cosa più simile ad un fratello per lei.

Kyle non le avrebbe più rivolto i suoi dolci sorrisi.
Non avrebbe mai assistito al ritorno in patria di Pie e Taruto da eroi.
Soprattutto, non avrebbe mai più rivisto Kisshu.
Il cielo primaverile si fece scuro in una frazione di secondo e il boato di un’esplosione lontana distrasse Zakuro dai suoi pensieri.
Era giunta l’ora. Come i due scienziati americani avevano previsto, Cordelia doveva essere tornata all’attacco.
La ragazza rimase ancora distesa sul letto, cercando di assorbire completamente la percezione del suo cuore che batteva, del respiro irregolare, del suo corpo.
Non ci sarebbero più stati occhi dorati nei quali annegare e braccia forti non l’avrebbero stretta in un abbraccio rassicurante. Non in quel momento.

Mentre l’allarme risuonava in tutta la casa e i passi concitati al piano inferiore annunciavano a Zakuro che la squadra si stava riunendo in laboratorio, lei rivolse ancora i suoi pensieri a Kisshu, non riuscendo però ad essere arrabbiata con lui per essere stata abbandonata. Ormai non aveva più importanza, tra poche ore sarebbe morta.
Con un ultimo sospiro Zakuro si alzò dal letto e si diresse in laboratorio.

 

La squadra era riunita di fronte a Ryan e Kyle, in piedi davanti ai monitor; su di essi lampeggiavano dei puntini rossi.
- E’ il momento. – esordì Ryan evitando palesemente gli occhi di Zakuro, come se guardarla potesse fargli del male – Facciamo in modo che questa sia l’ultima battaglia. –
Le ragazze e i due alieni annuirono, i lineamenti del volto tesi.
Zakuro era stata molto chiara sull’argomento: aveva rassicurato tutti della buona riuscita del piano e non voleva essere guardata come una malata terminale, prossima al trapasso. Sapeva che, se i suoi compagni avessero mantenuto un atteggiamento fiducioso, per lei sarebbe stato più facile, nel caso l’Acqua Mew non funzionare, accettare di andarsene.
Kyle, dopo aver digitato brevemente al computer, affermò: - Secondo le coordinate, Cordelia si trova al porto. –
- Perfetto. – asserì Ichigo, cercando di prendere in mano la situazione e infondere fiducia nei compagni.
- Sapete cosa fare. – le congedò Ryan. – Ci rivediamo qui. –
La squadra annuì e si avviò fuori dal laboratorio. Zakuro riuscì a compiere solo pochi passi prima di essere richiamata.
- Zakuro. –

Ryan aveva pronunciato il suo nome come se da quello dipendesse la sua vita.
- Ryan. – rispose la Mew Lupo voltandosi e avvicinandosi al ragazzo; Kyle si spostò a controllare alcuni dati su uno dei numerosi monitor, lasciando  il biondo di fronte a Zakuro.
Ryan fissava tristemente la ragazza quando fece un movimento improvviso, come se avesse voluto abbracciarla ma si fosse fermato a metà del gesto. Le mise quindi le mani sulle spalle e le sussurrò, senza staccare gli occhi dai suoi: - Abbiamo programmato tutto, vedrai che andrà tutto bene. –
- Lo so Ryan. –
La presa del ragazzo sulle sue spalle si fece leggermente più forte; per un attimo parve quasi che volesse aggiungere qualcosa, invece si limitò a lasciar andare Zakuro e incrociare le braccia al petto.
Zakuro non si sarebbe dilungata in un discorso strappalacrime su quanto fosse terrorizzata dalla situazione o su quanto l’affliggesse l’idea di non rivederlo mai più, no. Non gli avrebbe detto addio.
- Ci vediamo più tardi. – mormorò solamente Zakuro, prima di dare le spalle a Ryan e correre fuori dal laboratorio per raggiungere i suoi compagni.

 

Il Mew Team giunse al porto di Tokyo nel giro di pochi minuti, trovandosi di fronte ad uno spettacolo catastrofico: il cielo era completamente nero e, nonostante fosse mezzogiorno, i raggi del sole non riuscivano a penetrare le spesse nubi, attraverso le quali si riuscivano a scorgere diversi lampi azzurri. Il vento faceva agitare le vele delle barche e spazzava via i resti di un edificio che era stato raso al suolo.
Cordelia se ne stava in piedi sulle macerie, i lunghi capelli neri legati nella solita coda alta che ondeggiavano nell’aria divenuta improvvisamente gelida e gli occhi color del ghiaccio animati dalla follia.
- Vedo che siete arrivati. – esordì Cordelia con un ghigno che le deformò la bocca carnosa.
L’unico vantaggio della squadra in quel momento era che l’aliena fosse completamente all’oscuro della profezia.
La sovrana di Edren mosse qualche passo verso la squadra Mew Mew, evocando il suo gatto a nove code.
- Durante l’ultima battaglia ve la siete squagliata solo grazie a questi due traditori. – sputò velenosa con un cenno del capo in direzione di Pie e Taruto, che stavano richiamando le proprie armi – Ma questa volta non vi lascerò andare. –
Zakuro scoccò un’occhiata a Mew Ichigo, in piedi di fronte a Cordelia: era nettamente più bassa di lei e sul suo viso roseo si leggeva la paura.

- Che abbia inizio lo spettacolo! – gridò Cordelia cominciando a menar fendenti con la sua arma. Fortunatamente i sette riuscirono a evitare i colpi appena in tempo, chi alzandosi in volo, chi balzando via.
Pie fu il primo a reagire, scagliando sull’avversaria un fulmine, che però venne facilmente bloccato da un gesto della mano di Cordelia.
Mew Purin tentò di imprigionarla con il Fiocco Immobilizza, ma senza successo; l’aliena si era scansata all’ultimo secondo, lasciando che l’attacco rimbalzasse contro la chiglia di una barca. Mew Minto e Mew Retasu tentarono un attacco incrociato, collegando le loro due armi, mentre Taruto lanciò le sue bolas. Cordelia, però, erse prontamente una barriera invisibile attorno a sé, proteggendosi dagli attacchi.
Fu così la volta di Mew Ichigo e Mew Zakuro, che si portarono ai due lati di Cordelia e, quando la barriera svanì, attaccarono in coppia. L’aliena questa volta non ebbe il tempo di evitare il colpo o di ripararsi nuovamente; cadde a terra rovinosamente, graffiandosi le braccia e il viso, ma quando si rialzò le sue gambe erano miracolosamente ferme e la mano destra stringeva convulsamente il gatto a nove code.

- Non avete speranze! – gridò.
Girò su se stessa e, sotto gli sguardi sbalorditi della squadra Mew Mew, alzò le braccia in direzione del mare. Un’onda di dimensioni gargantuesche si levò al largo e cominciò ad avvicinarsi precipitosamente al molo. Zakuro aguzzò la vista e si accorse che l’onda che a breve li avrebbe investiti non era fatta di acqua, ma di schegge di vetro sottilissime e aghi. Anche il resto della squadra doveva essersi accorto di quel particolare; infatti, Zakuro udì qualcuno urlare, anche se non riuscì a riconoscere chi fosse, e Mew Ichigo gridare: - Presto, usiamo il Mew Power per proteggerci! –
Utilizzando le proprie armi riuscirono ad ergere appena in tempo una barriera fra loro e lo tsunami di vetro, ma quella protezione non durò a lungo; la potenza dell’attacco di Cordelia fu tale da spezzare la barriera protettiva, e la squadra venne investita dai cocci aguzzi.

Mew Zakuro trattenne il respiro mentre gli aghi e le schegge di vetro le penetravano nella pelle, procurandole tagli ovunque.
Quando rialzò la testa l’ondata era ormai finita, ma con conseguenze disastrose: il molo era completamente cosparso di cocci di vetro e i suoi compagni sanguinavano da ogni parte del corpo a causa dei numerosi tagli sottili che si erano provocati. Zakuro, sdraiata sulla schiena, incrociò lo sguardo di Minto, che aveva il volto contratto in una smorfia di dolore mentre il sangue le ricadeva sugli occhi, e capì che doveva avere il suo stesso aspetto.
Il rumore di una frusta che colpisce il suolo fece voltare di scatto il viso di Zakuro a destra: Cordelia aveva approfittato della confusione generale per avvicinarsi a lei.

- Sei dura a morire, vero? – domandò Cordelia con una malcelata nota d’odio nella voce, e le sue parole colpirono Zakuro molto più di quanto l’aliena si aspettasse.
Cordelia si chinò su di lei, specchiandosi in quegli occhi così simili ai suoi, i lineamenti deformati dalla follia.
Levò il braccio che reggeva il gatto a nove code in alto sopra la sua testa, pronta a colpire.
- Di’ addio a questo mondo, Zakuro. –
La Mew Lupo chiuse gli occhi, rassegnata e incapace di difendersi, aspettandosi nuove ondate di dolore laddove si fosse abbattuta la frusta.
- Mi dispiace Cordelia, ma per farlo dovrai passare sul mio cadavere. –
Si udì il tonfo di un corpo che cade pesantemente a terra, poi più nulla.
La ragazza riuscì a percepire un profumo fresco, come di pioggia e salsedine; un profumo troppo familiare.
Zakuro sollevò le palpebre, ma le braccia che la sorreggevano non erano femminili e gli occhi che la guardavano non erano azzurri.
Erano dorati.

 

 

Angolo Autrice:

Ciao a tutti! So di essere imperdonabile, ma ho avuto un po’ di difficoltà a scrivere questo capitolo; non sapendo come collegare una scena all’altra l’ho creato dal nulla e spero sia di vostro gradimento. In più sono stata fuori città per tre giorni, cosa che ha soltanto peggiorato il mio ritardo.

Per quanto riguarda il prossimo capitolo, non vi farò attendere molto, anche perché siamo alla fine della storia: mancano probabilmente 2 capitoli, 3 al massimo.
Mi piacerebbe sapere che cosa pensate del capitolo e della storia fino ad ora, dal momento che è quasi terminata.
Che cosa pensate succederà ora che Kisshu è tornato, e perché l’ha fatto dopo aver detto a sua madre il contrario?
Fatemi sapere che cosa ne pensate. Grazie a tutti coloro che leggono e/o recensiscono,
Salice_

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Capitolo 21
*** E ritorno da te. ***


E ritorno da te.

- Kisshu! – riuscì a mormorare Zakuro dopo alcuni istanti di smarrimento.
Kisshu era lì che la osservava, i capelli verdi scarmigliati raccolti nei suoi soliti codini; indossava gli abiti alieni e le labbra sottili erano stirate in una smorfia di preoccupazione. Gli occhi dorati, però, sembravano animati da un sentimento discordante: trafiggevano Zakuro come se volessero comunicare con l’anima della ragazza, la fissavano come se l’alieno non riuscisse a saziarsi della presenza della Mew Lupo e cercasse di assorbire quanto più poteva di lei.

Il resto della squadra si era rialzato dalle macerie e si avvicinava lentamente ai due, lasciandosi andare ad esclamazioni incredule sul ritorno del compagno.
Kisshu, però, aveva occhi solo per Zakuro. La aiutò a mettersi a sedere e rimase inginocchiato accanto a lei, accarezzandole il volto segnato dai graffi con la sua mano affusolata, senza mai distogliere lo sguardo da quei pozzi blu.
- Stai bene? – sussurrò Kisshu, lasciando le che sue dita si impigliassero fra i capelli viola di Zakuro.
- Ora che ci sei sì. –
D’impeto i due si strinsero in un abbraccio che voleva dire molte cose, che cercava di dar voce a tutte le domande inespresse poste in tutti quei mesi; quell’abbraccio era rassicurazione, gioia, tenerezza, e forse qualcosa di più. Kisshu strinse a sé Zakuro con forza, come se avesse paura di perderla per sempre se solo avesse allentato la stretta. I polmoni della ragazza si riempirono dell’odore di Kisshu, di quell’odore di pioggia, mare e libertà che tanto amava.
E le parole sgorgarono dalle sue labbra prima che lei se ne rendesse conto.

- Perché sei tornato? –
Non “Perché te ne sei andato?”, no; a Zakuro importava solo il motivo della sua presenza lì, sul campo di battaglia. Lì, fra le sue braccia.
- Non potevo sopportare che tu affrontassi la sfida più ardua della tua vita senza di me. Non potevo permettere che tu ti affidassi solamente al destino. –
E con quelle parole lo sguardo di Kisshu si spostò verso un punto imprecisato sopra alla spalla di Zakuro. Lei e il resto della squadra seguirono la direzione dettata da quegli occhi dorati, trovandosi davanti al corpo di Cordelia, esanime e apparentemente privo di  vita. L’aliena giaceva a terra in una pozza di sangue, uno dei Sai di Kisshu conficcato nella schiena.
- E’ morta? – mormorò Ichigo senza riuscire a distogliere lo sguardo dal corpo della sua nemica.
- Lo spero. – rispose Kisshu senza guardarla. Dopodiché tornò a fissare Zakuro: - Ero terrorizzato all’idea che dovessi andare incontro alla morte seguendo le parole di quella profezia; se l’Acqua Mew che ho consegnato a mia madre non avesse funzionato non sarei mai riuscito a perdonarmi. Per questo ho deciso di agire. –
Pie, Minto e Ichigo riportarono la loro attenzione su Cordelia, sdraiata a pancia in giù sull’asfalto, come se avessero paura che la ragazza potesse rialzarsi da un momento all’altro. Purin, Taruto e Retasu rimasero educatamente in disparte, sentendosi a disagio in un’atmosfera così intima com’era quella che circondava Kisshu e Zakuro in quel momento.
- Potrai mai perdonarmi per essermene andato? – mormorò Kisshu prendendo delicatamente il volto di Zakuro fra le mani.
- L’importante è che ora tu sia qui. Sono felice che tu abbia avuto la forza di tornare. –

- E di restare. –
Con quelle semplici parole era come se i due avessero appena firmato un contratto inviolabile; Zakuro sapeva che Kisshu non se ne sarebbe più andato, ed era altrettanto certa che lei sarebbe rimasta sempre al suo fianco, nonostante tutto.
Kisshu affondò il volto nell’incavo del collo di lei, stringendola nuovamente a sé, e sussurrò: - Non ti lascerò mai più. –
Zakuro si limitò ad annuire, dopodiché chiuse gli occhi e appoggiò la guancia ai capelli verdi di Kisshu, beandosi della sua presenza e del calore che il suo corpo le donava.
Un avvenimento improvviso però riuscì a distruggere quel momento di tenerezza: Cordelia si era mossa.

Gli occhi di tutti i presenti saettarono su di lei, mentre il panico si dipingeva sui loro volti. Cordelia, tremando da capo a piedi, si mise in ginocchio, alzando lo sguardo color ghiaccio sui suoi nemici. L’arma di Kisshu era ancora conficcata nella sua schiena e l’abitino blu era completamente imbrattato di sangue, ma l’aliena era viva e più furiosa che mai.
- Ma come è possibile? – mormorò Mew Purin indietreggiando di alcuni passi.
Negli occhi di Cordelia, oltre che la furia cieca, dimorava anche la sorpresa: non riusciva a spiegarsi come, dopo aver ricevuto un colpo mortale, potesse essere ancora in vita.
- Tu! – ringhiò incrociando lo sguardo dorato di Kisshu, che nel mentre si era posizionato di fronte a Zakuro per proteggerla, -
Hai cercato di uccidermi! –
- Ammetto di averci provato, sì. – rispose Kisshu recuperando il suo proverbiale sarcasmo.
- Ma non ci sei riuscito. – continuò Cordelia alzandosi in piedi – Voi sciocchi non potete niente contro di me, niente! Sono persino più forte della morte. –
Zakuro si rialzò e tentò di schierarsi assieme ai suoi compagni, ma Kisshu la teneva ostinatamente nascosta dietro di sé; evidentemente, anche lui aveva capito che, dopo quell’inutile tentativo, rimaneva soltanto un modo per uccidere Cordelia.
- Me la pagherete! – urlò ancora Cordelia, lo sguardo reso folle da una luce inquietante che le illuminava il volto, prima di lanciarsi su Kisshu.
L’alieno rispose all’attacco appena in tempo, richiamando l’ultimo dei suoi Sai, e gettandosi in un corpo a corpo.
- Presto, dobbiamo aiutarlo! – si fece sentire Minto, spiccando il volo verso i due combattenti. Il resto della squadra la seguì, fatta eccezione per due persone.
Zakuro incrociò lo sguardo roseo della sua leader, la quale pareva preda di un dolore invisibile.

- Zakuro… - cominciò Mew Ichigo, ma la Mew Lupo la interruppe.
- Sapevamo da subito che sarebbe dovuto succedere. – affermò con decisione – Il tentativo di Kisshu non poteva funzionare, non finché una parte di Deep Blue vive in me. So quello che devo fare. –
Ichigo non sembrava convinta delle parole di Zakuro, ma non ebbe tempo di replicare: la battaglia si era spostata a terra e la Mew Neko fu costretta ad intervenire.
Zakuro avanzò qualche passo vacillante, ma subito Kisshu le fu addosso e la bloccò per le braccia.
- Zakuro, lascia fare a me! – gridò, ma una nota di panico nella voce dell’alieno tradì la sua disperazione.
Sembrava che Kisshu fosse deciso a fare di tutto pur di evitare il sacrificio di Zakuro.

- Kisshu, hai sentito la profezia! – urlò di rimando la ragazza divincolandosi dalla stretta dell’alieno – Finché io non anniento ciò che rimane di Deep Blue, qualsiasi attacco non sarà in grado di uccidere Cordelia! –
Zakuro si voltò in modo da guardare negli occhi Kisshu, che lasciò cadere la sua arma a terra.
- Ho l’Acqua Mew che mi hai dato, è tutto studiato nei minimi dettagli! – spiegò lei, forse più per convincere se stessa che Kisshu. Il momento della verità era vicino.
- No Zakuro! – si impuntò l’alieno rafforzando la presa sulle braccia della ragazza. – Non rischierò di perderti di nuovo! –
- Lasciami! – urlò Zakuro, mentre la disperazione cominciava a sopraffarla. Si voltò e vide i suoi compagni cercare di tenere testa a Cordelia, che sembrava più forte che mai. Mew Minto era a terra, esausta, e Taruto era appena stato colpito al volto dal gatto a nove code di Cordelia. Qualsiasi cosa cercassero di fare Mew Mew e alieni insieme non era sufficiente di fronte alla furia omicida della sovrana di Edren.
“Devo farlo.”

Zakuro avvertì la stretta di Kisshu sulle sue braccia allentarsi, fino ad abbandonarla del tutto; evidentemente, l’alieno aveva creduto di essere riuscito a farla desistere dal suo obiettivo. La Mew Lupo richiamò mentalmente tutto il suo coraggio e le sue forze, mentre attendeva il momento migliore per agire. La sua mano sinistra corse inconsciamente alla tasca dei pantaloncini viola, dove si trovava il contenitore con una singola goccia di Acqua Mew.
Cordelia, il Sai di Kisshu ancora piantato nella schiena, continuava a menare fendenti sul Mew Team, i lineamenti del suo bel volto deturpati dall’ira.
Kisshu si portò al fianco di Zakuro, ipnotizzato dall’immagine della loro nemica che dimostrava una forza e una capacità di combattimento invidiabili.

La Mew Lupo attese. Non poteva permettersi di compiere passi falsi, non in quel momento.
Cordelia se la stava vedendo con Mew Ichigo e, nonostante la leader delle Mew Mew le stesse dando del filo da torcere, la superiorità dell’aliena era troppo evidente.
Zakuro attese che Kisshu fosse completamente rapito dalla battaglia che infuriava attorno a loro prima di agire.

“E’ il momento.”
Con estrema rapidità la ragazza si abbassò e raccolse il Sai di Kisshu da terra, dopodiché balzò alcuni metri più in là. Questa azione non durò che pochissimi secondi, ma furono più che sufficienti per permettere a Zakuro di allontanarsi da Kisshu. L’alieno si era accorto con un impercettibile ma imperdonabile ritardo delle mosse dell’amata e non era riuscito a fermarla. In quel momento la fissava ad occhi sgranati senza avvicinarsi, come se avesse paura che un suo minimo gesto potesse scatenare un’azione irreversibile. Tese una mano leggermente tremante verso Zakuro, prima di esclamare: - Zakuro, ti prego, metti giù quell’affare e torna qua! –

Ma la ragazza non rispose; si limitò a guardarlo negli occhi, con uno sguardo che aveva tutta l’intenzione di chiedere perdono per le sue azioni, prima di alzare l’arma che brandiva in mano.
- Zakuro, non farlo! –
L’urlo di Kisshu aveva raggiunto le orecchie di Pie che, nel bel mezzo della battaglia, si voltò, rendendosi conto di quello che, di lì a poco, sarebbe accaduto.
Mew Zakuro scoccò un’ultima occhiata a Kisshu, prima di afferrare l’impugnatura dell’arma con entrambe le mani.

- NO, ZAKURO! –
Lei affondò il Sai nel torace, all’altezza del cuore. Sgranò gli occhi in preda al dolore, mentre una macchia scarlatta si allargava nel punto in cui la lama spariva nella carne. Zakuro cadde sulle ginocchia; rantolando si accasciò in avanti e il suo corpo venne scosso da spasmi involontari, prima che la luce della vita abbandonasse quegli occhi blu come il mare.

 

L’urlo straziante di Kisshu squarciò l’aria.
La battaglia si arrestò; il Mew Team fissava disperato la figura priva di vita di Zakuro, mentre Cordelia mostrava solamente una macabra curiosità, non riuscendo a spiegarsi il perché di un suicidio.
Kisshu urlò ancora, prima di cominciare a correre in direzione della Mew Lupo. Si gettò accanto a lei e sollevò il suo corpo inerte, prestando attenzione ad un qualsiasi segnale che gli facesse pensare che fosse ancora viva. Il suo cuore, però, aveva smesso di battere, e dalle labbra carnose non fuoriusciva alcun respiro.
- Zakuro… - mormorò Kisshu, gli occhi dorati resi lucidi dalle lacrime che insistevano per essere versate dopo tanto tempo.
La mano diafana dell’alieno andò a cercare quella pallida della ragazza ed intrecciò le dita alle sue. Con l’altra abbassò le palpebre di Zakuro, e Kisshu ebbe il bizzarro pensiero di una persiana che si abbassa su due finestre dal quale si vede il cielo notturno.

Il resto della squadra si era portato alle spalle di Kisshu e attendeva che accadesse qualcosa, che l’Acqua Mew facesse il suo effetto, ma invano; il corpo senza vita di Zakuro giaceva nella braccia di un Kisshu che, versando lacrime silenziose, aveva preso ad accarezzarne il viso.
Mew Minto cadde a sua volta in ginocchio, il viso nascosto tra le mani guantate.
Il resto della squadra si accorse con difficoltà del grido di dolore di Cordelia; l’aliena, infatti, si era piegata in due portandosi una mano al petto, il volto contratto in una smorfia di sofferenza. Quando abbassò lo sguardo sulla mano che si era portata al cuore, notò con un sussulto che era sporca di sangue. Cordelia era stata ferita nello stesso identico punto in cui il Sai di Kisshu aveva penetrato la carne di Zakuro.

- Che sta succedendo? – la sentirono ruggire, prima che uno spasmo la fece cadere a terra.
Cordelia rotolò su un fianco, la sofferenza impressa sul volto. Il gesto estremo di Zakuro aveva dato i suoi frutti.
Kisshu quasi non si accorse del fatto che la loro nemica fosse finalmente vulnerabile; per lui la battaglia era terminata con la morte di Zakuro, così come tutta la sua vita.

“Non sono riuscito a salvarla. Nulla di quello che ho fatto è servito.”
Kisshu avvertì il corpo di Mew Zakuro diventare improvvisamente freddo, quasi ghiacciato, e poi di nuovo caldo. Con il cuore in gola, avvicinò di più il viso a quello della ragazza, cercando di capire che cosa stesse succedendo.

In quel momento, però, Zakuro venne avvolta da una luce azzurra. Kisshu rafforzò la presa sulle braccia della Mew Lupo, come se avesse paura di vederla scomparire, ma questo non accadde; il corpo privo di vita venne pervaso dall’energia scaturita da quella singola goccia di Acqua Mew che Kisshu aveva donato a Zakuro, compiendo il suo miracolo.
Quando il bagliore azzurro si fu disperso, Kisshu abbassò lo sguardo dorato sul corpo di Mew Zakuro, stretto fra le sue braccia.

Il suo petto aveva ripreso ad alzarsi e abbassarsi ritmicamente.
Kisshu guardò sbalordito il bellissimo viso di Zakuro, sporcato dalla polvere e dal sangue rappreso, quando il suo sguardo venne catturato da quello color del mare della sua amata.
Zakuro schiuse le labbra in un mezzo sorriso, prima di carezzare la guancia di Kisshu, che continuava a sorreggerla e a fissarla come si fa solamente con la propria ragione di vita.
- Kisshu. – mormorò Zakuro con un filo di voce.
- Bentornata da me, dolce tesoro. –

 

 

Angolo Autrice:

Ciao a tutti lettori e lettrici!
Lo so, sono nuovamente in un ritardo imperdonabile, ma vogliate perdonarmi: è estate anche per me alla fine!
Ho deciso di scrivere un capitolo bello lungo per farmi perdonare del ritardo e spero sia di vostro gradimento.

Vi voglio anche annunciare che il prossimo capitolo sarà l’ultimo! La cosa mi intristisce parecchio, ma prima o poi anche questa fanfiction doveva terminare.

Allego ora lo stato che ho pubblicato sulla mia pagina Facebook, sperando che possa piacervi e che vi faccia capire l’importanza che ha per me questa storia.

 

 

Per me la mia Fanfiction "Il mio cuore è gelido come l'inverno" e il suo sequel "Il lato oscuro della luna" non sono solamente semplici storielle nel fandom Tokyo Mew Mew.
Questa serie rappresenta il mio unico stereotipo di amore. Un amore discordante, assurdo, tormentato. Perché le storie d'amore che vale la pena ricordare non sono tutte rose e fiori. La realtà è fatta di persone che, per quanto ti abbiano amato, sono destinate ad andarsene; è fatta di lontananza, disperazione, fuga dal compagno e da se stessi. Nella realtà devi essere consapevole del fatto che chi credevi fosse più vicino ti ferirà. La realtà non è facile.
Zakuro rappresenta me, in tutto e per tutto.
Una ragazza fredda e distaccata, che cerca di alienarsi dal mondo circostante per non rischiare di essere ferita, una persona che attacca per non essere attaccata. Zakuro descrive perfettamente il modo in cui io mi trovo ad affrontare la vita, con sangue freddo e meticolosità, tentando di avere il controllo su ogni mia azione. Zakuro è la figura che, meglio di qualunque altra, rispecchia la difficoltà che incontro nell'aprirmi all'altra persona, a lasciarmi amare, e come io sappia distruggermi e auto ripararmi in silenzio.
Kisshu rappresenta l'amore per me.
Perché l'amore è follia, possesso, rabbia, ossessione, ma anche paura e desolazione. E' un qualcosa che ti riempie lasciandoti
però con l'amaro in bocca, qualcosa che, molte volte, ti spinge a battere in ritirata nel tentativo di capire quanto sia vero il sentimento che provi. L'amore ti brucia dentro come un fuoco dannato, ti dà alla testa, ti rende completamente schiavo dell'istinto. 
Zakuro e Kisshu non potrebbero essere più diversi come personaggi, ma il loro bizzarro accostamento è del tutto voluto.
Loro sono la dimostrazione di come amare una persona riesca a farci sentire vulnerabili, folli e vivi allo stesso tempo.
Kisshu e Zakuro sono complementari.

 Salice_

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Capitolo 22
*** Oblio. ***


Oblio.

- Grazie al cielo sei viva, Zakuro! –
L’urlo della piccola Purin raggiunse le orecchie di Zakuro e Kisshu, tirandoli fuori a forza dal momento magico che stavano vivendo. La Mew Scimmia si lanciò letteralmente addosso a Zakuro, stringendola forte mentre calde lacrime le rigavano le guance; Kisshu rimase per un secondo interdetto, dopodiché avvolse entrambe le Mew Mew in un abbraccio stritolante.
Anche Ichigo, Retasu, Minto e Taruto si unirono ai festeggiamenti, correndo a completare quell’abbraccio collettivo, mentre Pie si asciugava il sudore dalla fronte e si lasciava andare forse al primo, vero sorriso della propria vita.
Mew Zakuro, nonostante fosse ancora spossata dagli eventi degli ultimi minuti, accettò di buon grado le attenzioni delle sue compagne e degli alieni, inspirando profondamente ogni boccata d’aria fresca con una consapevolezza diversa.
Era viva.
Ce l’aveva fatta.
Mentre il cielo tornava lentamente ad essere azzurro e limpido, il gruppo non prestò attenzione a Cordelia, agonizzante ad alcuni metri di distanza.

L’aliena continuava a rantolare e sputare sangue, ma sembrava quasi che la vita non volesse abbandonare quelle membra.
Distesa a pancia in giù sull’asfalto, Cordelia piegò la testa di lato puntando i suoi occhi azzurri e velati sul gruppetto festante; alcune ciocche di lunghi capelli neri, che erano sfuggiti alla sua coda, le accarezzarono il volto dai lineamenti delicati deturpato dalle ferite.
Il suo sguardo color del ghiaccio si soffermò su Mew Zakuro, al centro della calca, che si rialzava in piedi aiutata da Kisshu.
E subito qualcosa balenò nella mente di Cordelia; l’ultimo pensiero malvagio della sovrana di Edren parve improvvisamente lecito, così come lo è una giusta vendetta.
- Non… E’ ancora… Finita… - rantolò Cordelia tendendo un braccio in direzione delle Mew Mew e degli alieni.
Dal palmo della mano aperta scaturì un lampo di luce nera, che investì in pieno Zakuro; la Mew Lupo venne come imprigionata da una sorta di bolla opaca e le Mew Mew e gli alieni sbalzati via dalla forza dell’incantesimo.
- NO! –
Mentre il resto della squadra gridava, terrorizzato da quell’attacco improvviso, Kisshu si lanciava disperatamente contro la prigione di Zakuro, tentando invano di scalfirla. Sembrava che la ragazza, all’interno della bolla, stesse soffrendo.
Cordelia proruppe in una risata folle prima di pronunciare le sue ultime parole.
- Perdonatemi, ma non potrei mai accettare di morire per mano di una sudicia umana senza che su questa venga lanciata una maledizione! –

Kisshu si voltò verso di lei, e nel suo sguardo dorato era possibile leggere tutto l’odio che provava per quella donna.
- Che cosa le stai facendo?! –
- Ho deciso di imporle un destino di gran lunga peggiore della morte. – rispose Cordelia, mentre un rivolo di sangue le colava per il mento – L’oblio. –
Kisshu urlò; Zakuro continuava a contorcersi all’interno della bolla.
- Le conferirò un aspetto e un’identità del tutto nuovi, così come i suoi ricordi. – continuò Cordelia, implacabile – La manderò da qualche parte su questo pianeta. Sarà impossibile per voi riconoscerla e lei non conserverà alcun vostro ricordo. Sarà come se Zakuro Fujiwara non fosse mai esistita. –
Cordelia pronunciò questa frase con voce sempre più debole, anche se la nota di esaltazione fu ben udibile. Abbassò la mano e si lasciò andare alla sua ultima risata folle, prima che la morte riuscisse, finalmente, a portarla via con sé.
Cordelia morì, il braccio che aveva scagliato la maledizione disteso a terra di fronte a lei, gli occhi azzurri e vitrei spalancati e lo spettro dell’ultima risata impresso sul volto.


Contemporaneamente alla morte di Cordelia, la bolla opaca si dissolse e con essa Zakuro.
Kisshu cadde in avanti, urlando tutta la sua rabbia e disperazione. Le sue braccia che, fino a pochi minuti prima, stringevano Zakuro, ora abbracciavano il nulla. Lasciò che il suo viso toccasse l’asfalto sul quale aveva camminato la sua amata, gridando la sua sofferenza al resto della squadra che in quel momento era scosso dai singhiozzi, a Tokyo, alla Terra.
Erano arrivati così vicini alla fine, talmente vicini che aveva pensato che Cordelia fosse morta e che la guerra fosse finita per sempre. Ora, invece, una nuova guerra era appena scoppiata all’interno del suo cuore trucidato.
Era tornato da lei, promettendo di non lasciarla andare mai più. Anche questa volta, non era stato in grado di mantenere la propria promessa.

Kisshu si lasciò andare a lacrime di frustrazione, non desiderando altro in quel momento se non poter dire addio alla vita e congedarsi da questo mondo. Senza Zakuro al suo fianco, nessun respiro e nessun battito del suo cuore aveva più senso.
Dopo un tempo che parve interminabile, una mano fredda si posò sulla spalla di Kisshu, inducendolo al alzare il capo: era Pie, e aveva impressa sul volto diafano un’aria addolorata che non gli aveva mai visto prima.
Senza una parola Kisshu fece per alzarsi facendo forza sulle braccia, quando avvertì sotto le dita affusolate qualcosa di freddo e metallico. Abbassando lo sguardo, si accorse di aver appoggiato le mani sopra a due piccoli oggetti.
Li raccolse delicatamente, e fissandoli una nuova pugnalata lo colpì al cuore.
Di Zakuro erano rimasti solamente il medaglione da Mew Mew e la collana con il ciondolo a forma di mezzaluna che le aveva regalato Kisshu.

 

 
Angolo Autrice:
So che mi odierete, non c’è bisogno di dirlo.
Diciamo che questa è stata la dimostrazione di come, in poco meno di mille parole, si possa sconvolgere gli eventi.
Vi avevo fatto credere che Cordelia fosse morta, ma così non è stato: il suo ultimo, folle gesto è stato lanciare su Zakuro una maledizione che le conferisse un’altra origine, un’altra identità e dei nuovi ricordi. La sua memoria è stata cancellata e modificata in modo che per i suoi compagni, e per Kisshu soprattutto, sia impossibile ritrovarla e farle ricordare chi è veramente.
Non posso credere che questa storia sia finita, mi ci ero affezionata tantissimo, ho messo tutta me stessa qui dentro.
Grazie a tutti coloro che hanno letto e/o recensito, e a quelli che l’hanno inserita fra le ricordate/seguite/preferite.

 

 

 

 

Non me ne sono ancora andata: volevo concludere questo ultimo Angolo Autrice di questa storia dicendovi una cosa.

Preparatevi a leggere il Sequel!

 
Credevate veramente che vi avrei lasciati così?
Ora vi svelo un segreto: questa serie è nata dal principio con l’idea di comprendere 3 long fictions, ovvero “Il mio cuore è gelido come l’inverno”, “Il lato oscuro della luna” e la terza ed ultima parte; però non ve l’ho detto perché mi sono divertita a farvi credere ogni volta che l’ultimo capitolo segnasse definitivamente la fine di questa KisshuXZakuro!

 

Per ringraziarvi dell’affetto con cui mi avete sempre seguita durante i capitoli, vi lascio con qualche anticipazione del Sequel.
Il titolo sarà “Possiamo imparare ad amarci di nuovo.” e il rating arancione, a meno che io non cambi idea nel corso della storia. Nella parte iniziale potrebbe essere definita quasi come una AU, in quanto tratterà dei tentativi di Kisshu di ritrovare Zakuro in giro per il mondo.

 

Il modo in cui sto facendo comportare Zakuro e Kisshu in questa serie è del tutto voluto: i due sono sfuggenti l’uno nei confronti dell’altro, e la sparizione di Zakuro simboleggia l’imprevedibilità della vita e il modo in cui noi uomini siamo schiavi e vittime degli eventi. Un amore, per essere vero, deve affrontare mille difficoltà. In amore, bisogna saper andarsene, tornare e ricominciare. È questo che voglio esprimere con le mie storie.

 

Grazie a tutti, davvero! Non so quando pubblicherò il primo capitolo di “Possiamo imparare ad amarci di nuovo.”, ma di certo mi metterò al lavoro a breve. Grazie ancora a tutti, di tutto.
Un abbraccio forte,
Salice_

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