This is war

di SpencerReidFever
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.

-It's the moment of truth and the moment to lie
The moment to live and the moment to die-

 

 
La vita è una lotta continua. Dalle mie parti sentire colpi di pistola è all’ordine del giorno e della notte. Sì c’è la guerra! Ma non mi trovo in Afganistan. Tuttavia ho visto la crudeltà dell’uomo, chiunque l’ha vista da queste parti.
Gli uomini non si fanno scrupoli, alcuni sono automi senza cuore, senza pietà.. macchine per uccidere, non sono degni di essere chiamati uomini.
La paura è sempre nell’aria, bisogna far finta di non vedere, di non sentire, ma soprattutto non bisogna parlare. Mi era capitato più volte di far finta di niente, le scene di violenza non mi toccano più ormai.
La paura ci assedia come un’ombra minacciosa. È uno stile di vita. Ormai continua routine.
A scuola non educano, cercano di farci entrare in testa  un paio di teoremi e regole grammaticali, lo sanno che quei pochi di noi rimasti a scuola diventeranno contadini o  entreranno in guerra.
I giorni sono grigi anche quando c’è il sole.
Vorrei solo andarmene da qui, avere una possibilità per il futuro, che non sia piegarmi alla guerra.
Io mi chiamo Angela, ma tutti mi chiamano Angie ho da poco compiuto i diciotto anni e frequento l’ultimo anno ad un liceo linguistico, il mio sogno è andare a vivere a Londra, New York o Las Vegas. Infatti sto perfezionando il mio inglese, ma a poco serve avere dei sogni.
Qui te li fanno appassire in fretta, li rinsecchiscono come il gelo con i fiori.
Ora dovrei spiegare dove vivo. È un piccolo paese al nord Italia in Veneto più precisamente nella riviera del Brenta che prende tutti i paesini sulle rive del fiume Brenta, dove c’è la guerra. Sì, c’è la guerra della malavita.
So che può sembrare strano. Mafia al nord? Quando mai? Non lo sa quasi nessuno.
Nessuno sa della “Mala del Brenta” è un’associazione molto piccola rispetto alle grandi famiglie del sud, ma comunque altrettanto distruttiva. La guerra è tra due famiglie che si sono tradite l’una con l’altra.
Non so esattamente cosa sia accaduto tra questi due fronti, non ci è permesso sapere, solo che c’è una vittima al giorno come minimo. Parenti di persone importanti, molte vite sono state stroncate qui, ogni tanto sbagliano pure il bersaglio o ammazzano gente a caso solo per  mandare messaggi.
Ogni mattina prima di uscire mia madre si fissa che dobbiamo fare un Ave Maria in modo che la giornata fili liscia.
Non credo in Dio. Non credo in niente, non ho più fede verso niente e nessuno.
Ho paura in realtà, ho paura che le persone che amo possano essermi strappate via, è inevitabile affezionarsi alle persone quando ci vivi per tanto tempo.
I miei genitori sono gente onesta pur essendo amici di Rossi, Felice Rossi uno dei boss, conosce mio padre da sempre, ma nessuno gli ha mai fatto niente per questo. Mio padre è un fruttivendolo, mentre mia madre è una casalinga.
Parlando di me sono una ragazza normale, mediamente alta, ma estremamente magra, sono sottopeso da sempre, da quando sono nata, ho un seno scarso che veleggia tra una seconda e una terza, i capelli lisci  biondo scuro e gli occhi castani e le labbra piene.
Ho tre tatuaggi: uno sul polso con scritto Dark Angel in arabo; uno dietro il collo raffigura una specie di spago intrecciato e infine uno tra le scapole  dove c’è la scritta “You need me, I don’t need you!” tratta dalla canzone del mio cantante preferito Ed Sheeran. I tatuaggi li ho fatti in tre anni, ho cominciato dal polso per il mio sedicesimo compleanno, poi quello dietro il collo per il diciassettesimo e infine per il mio diciottesimo la scritta tra le scapole.
Il primo ha una storia un po’ speciale.
Dark Angel è un motociclista che mi ha salvato all’età di quindici anni, non ho mai saputo il suo nome.
Ero in una zona abbandonata tra i campi avevo un appuntamento con un ragazzo che mi aveva dato buca, sentivo la puzza di benzina ma non ci feci caso, d’un tratto un motociclista si fermò accanto a me, la paura mi aveva investito paralizzandomi all’istante. Mi afferrò e mi fece salire sulla moto di forza borbottando “Fidati di me!”  e partì a tutta velocità mentre il capannone esplose alle nostre spalle , il botto che produsse mi rimbombo nelle orecchie, poco dopo il motociclista si fermò davanti al mio condominio.
“Non dovresti andare in giro da sola, potrei non esserci io a salvarti la prossima volta!”mi disse senza togliersi il casco nero.
“Non è giusto che una ragazza della mia età debba andare in giro con la scorta per il proprio quartiere!”ribattei io.
“È vero”disse un istante prima di ripartire.
 
Lo avevo soprannominato Dark Angel perché era il mio angelo custode, vestito di nero e avvolto dal mistero.
 
 
 

 

Salve a tutti questa è una storia particolare, parla di guerra della malavita e di tutto ciò che ci riguarda. Ci tengo a precisare che la mala del Brenta è esistita veramente e le informazioni sono tutte reali. Grazie se siete arrivati fino a qua! Mi lasciate una recensione? A presto.
SpencerReidFever

  
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1.

 

-Love is louder than war.-
 

È una tipica mattina di metà Gennaio, mi alzo verso le sette e vado a vestirmi in bagno, leggins di pelle nera, una maglia a maniche lunghe bordeaux con delle borchie dorate sulle spalle, mi trucco con matita nera, mascara e rossetto rosso, indosso scarpe col tacco nere tempestate di borchie dorate. Poi metto una catena al collo, bracciali ai polsi.
Vado in cucina dove c’è mia madre che mi ha preparato la colazione; latte e cereali, mio padre è già al lavoro.
Vado a lavarmi i denti e prendo la mia borsa, indosso il giubbotto di pelle ed esco.
Passo davanti a casa della mia amica Marina, è una ragazza alta con riccissimi capelli biondi e occhi verdi. È già fuori che mi aspetta, mi stampa un bacio sulla guancia per salutarmi.
“Buongiorno Angie!” mi saluta allegramente
“Buongiorno a te Mary!” la saluto con altrettanto entusiasmo.
Tiro fuori le sigarette e gliene offro una.. gliene devo un bastimento in realtà.
Arrivammo a scuola in anticipo, ci sediamo sul muretto all’entrata dove il nostro gruppo al completo ci aspetta: Michele, Tommy, Serena e Jacopo. Li saluto con un bacio sulla guancia, tranne Michele che lo bacio sulla bocca. Non so ancora cosa c’è tra di noi.
Michele e Tommy non sono più a scuola con noi. A sedici anni hanno lasciato gli studi per lavorare in un supermercato, in realtà,lo sanno tutti, è tutta una copertura, non ne parla nessuno, so bene in realtà qual è il compito di Michele. Spaccia. Mentre Tommy è quello che taglia la roba. Ma cerco di non pensarci.
Stiamo chiacchierando  un po’.
“Hanno sgamato Enrico” ci rivela Tommy  sputando per terra
“Chi?” domando preoccupata sperando di aver capito male.
“Oh tranquilla non il clan.. la polizia!” mi tranquillizzò Tommy.. in un certo senso. Almeno era ancora vivo. Enrico era come un fratello per me
ma era entrato nel clan sbagliato e aveva chiuso i rapporti con tutti noi.
Suonò la campanella, baciai Michele, salutai Tommy e entrai insieme a Jacopo, Serena e Mary.
Verso metà della terza ora udimmo dei colpi di pistola provenire dall’ingresso, Mary mi strinse la mano facendomi avvertire tutta la sua paura, la professoressa continuò la lezione, vidi Jacopo allungare il collo verso la finestra per vedere cosa fosse accaduto all’ingresso e poi sgranò gli occhi.
Mi spaventai a quella reazione “Jacopo.. che è successo?” chiesi, in realtà volevo solo sapere il nome della vittima. “Uno schifoso piedi piatti!” sibilò con un ghigno, sentii Marina rilassarsi .
A nessuno importava dei poliziotti, c’era una sorta di odio ingiustificato verso di loro .
Dopo altre tre ore uscimmo finalmente dalla scuola non facendo caso alla “Scena del crimine” sul cancello di ingresso.
Mentre tornavamo a casa ricevetti un messaggio da Michele
“Da me alle 16!” sorrisi “Ok” risposi semplicemente.
“Angie tu e Michele state insieme allora?” mi chiese Marina.
“Non stiamo assieme.. facciamo sesso! Non provo dei sentimenti per lui!” spiegai alzando le spalle.
“Vi vedrei bene!” aggiunse facendomi ridere.
Era solo attrazione fisica e a me stava bene così, ogni volta che facevamo sesso lui diceva di amarmi, non gli rispondevo mai.
Pranzai a casa con mia madre e mio padre che appena finito il suo piatto di pasta, mi stampò un bacio sulla fronte, uno sulle labbra di mia madre e tornò al lavoro.
Alle 16 mi presentai a casa di Michele , aveva quattro più di me e suo fratello (strano ma vero) è uno sbirro, mi aprì lui. Non lo avevo mai incontrato di persona Michele era alto con i capelli biondi e gli occhi azzurri, mentre il fratello era un po’ più basso con i capelli castani e gli occhi nocciola molto più dolci di quelli del fratello.
“Posso aiutarti?” mi chiese sorpreso di vedermi
“Cerco Michele!” dissi, lui mi fece entrare e chiamò il fratello a gran voce.
Quello  comparve dopo poco lasciandomi un umido bacio a fior di labbra davanti al fratello.
“Dunque lui è il mio fratellone Bruno.. lei invece è Angela!” ci presentò
“Beh piacere!” disse porgendomi la mano che strinsi energicamente.
La sua voce era familiare, ma non ricordavo dove l’avevo già sentita, in quale occasione.
Michele mi portò in camera sua cominciando a baciarmi freneticamente e mi tolse i vestiti io feci altrettanto con lui lasciando uscire dalla mia bocca qualche risata e gemito.
Circa mezz’ora dopo sono sul suo letto distesa.
“Piccola devo farmi una doccia se vuoi vatti a prendere qualcosa da bere in frigo, ti raggiungo in cucina!” mi disse prima di baciarmi.
Mi infilai i miei vestiti e poi andai a prendere una lattina di sprite dal frigo, ignorando Bruno col suo sguardo di disapprovazione che mi perforava le spalle.
Mi sedetti di fronte a lui sul tavolo della cucina guardandolo con aria di sfida.
“Sai per caso come va il lavoro di mio fratello?” mi chiese facendomi innervosire parecchio.
“Non so niente del suo lavoro!” risposi mentendo
“Andiamo..sei la sua ragazza e vuoi farmi credere di non saperne nulla? Con chi dovrebbe parlarne se non con te?” mi disse indagatore.
“Prima di tutto chi ti ha detto che sono la sua ragazza, me lo scopo quando mi gira.. tutto qui! E in secondo luogo non mi piacciono gli interrogatori!” sbottai perdendo la pazienza.
Gettai la lattina vuota nel cestino e presi la borsa decisa ad andarmene, mi infilai le scarpe mentre arrivava Michele.
“Piccola dove vai?” mi chiese
“A casa almeno io non vivo in un commissariato!”borbottai
“No tesoro! So che è un rompipalle ma ti prego rimani!” mi disse cominciando a baciarmi il collo.
“No dai Michele.. non voglio!” dissi cercando di togliermelo di dosso.
Per tutta risposta lui mi prese per i polsi e mi sbatté sulla  porta d’ingresso.
“Non mi importa di quello che vuoi!” ringhiò a denti stretti.
Non era la prima volta che era violento ma mi fece molta più paura del solito.
“Dai cazzo! Lasciami!” gridai nel panico.
“Che cazzo fai Michele sei impazzito?” gridò il fratello togliendomelo di dosso.
Cominciarono a gridarsi addosso e io non so neanche perché scoppiai a piangere e uscii di corsa da quella casa.
Volevo andarmene da questa città di merda!
D’un tratto sentii una porta sbattere, allungai il passo per paura che fosse Michele e che mi stesse inseguendo.
Ma non era Michele che gridava il mio nome, era la voce familiare a cui non riuscivo a dare un volto “Angela!” gridava Bruno in mezzo alla strada, mi fermai e mi asciugai le lacrime.
“Ehi mi dispiace per il suo comportamento e anche per il mio!” esclamò una volta che mi fu vicino col fiatone.
Mi sentivo uno schifo francamente. Bruno mi asciugò una lacrima che mi rigava la guancia e che non ero riuscita a trattenere. Mi sento strana il mio cuore batteva forte e il respiro diventò corto e affannato, chiusi gli occhi beandomi di quella carezza.
“Ti accompagno a casa!” mi sussurrò regalandomi un sorriso, lo seguii nel garage e mi porse un casco.
“In moto?” chiesi sorpresa.
“È  un problema?”mi chiese di rimando.
“No solo che.. non sei proprio il tipo da moto!” scherzai.
Lui ridacchiò e tolse il cavalletto della moto e la portò fuori.
Mi sistemai dietro di lui e strinsi la sua vita, mise in moto e partì portandomi a casa senza che gli dessi alcuna indicazione.
Non mi sorprese in realtà nel quartiere ero abbastanza  popolare.
Tolsi il casco e lo fece anche lui, dedussi che voleva parlare.
“Scusa ancora!” mi disse
“Conosco Michele.. so che perde la testa ogni tanto..” lo tranquillizzai
“Veramente parlavo di me!Mi dispiace per come mi sono comportato!” spiegò Bruno passandosi una mano sulla testa rasata.
“Ma che dici.. anzi dovrei ringraziarti per aver calmato Michele e avermi accompagnata a casa!” lo ringraziai
“Beh non è giusto che una ragazza della mia età debba andare in giro con la scorta per il proprio quartiere!”disse con un furbo sorriso citando le mie stesse parole di pochi anni prima, in un attimo mi fu tutto chiaro.
“Sei tu?” domandai con un filo di voce scioccata.
“Oh.. ti ricordi..” mi disse timidamente.
Il cuore accelerò i battiti mentre la mia  mente rivedeva quel salvataggio di tre anni prima. Sorrisi e poi mi tirai su la manica del giubbotto  scoprendo il polso sinistro mostrando la scritta araba tatuata.
“Significa Angelo oscuro l’ho fatto dopo il nostro incontro pensando a te.. anche se non sapevo chi tu fossi!” gli rivelai provocandogli un sorriso.
Nessuno sapeva il significato del mio tatuaggio. Gli occhi di Bruno si illuminarono, mi prese delicatamente  il polso per vedere meglio la scritta, poi mi guardò negli occhi senza perdere il suo sorriso, colsi l’occasione, volevo farlo. Posai le mie labbra sulle sue, inizialmente lui si irrigidì sorpreso dalla mia spigliatezza, ma poi si lasciò andare, mi prese il viso tra le mani, mentre sentivo i fuochi d’artificio ovunque nel mio corpo.
Ad un tratto la magia svanì e si staccò da me.
“Angie… noi non possiamo..” mi disse sospirando addolorato
“Perché no?” chiesi delusa
“Può essere pericoloso, ho sei anni in più di te, il posto dove viviamo non concederà mai che tu possa avere a che fare con me che sono un carabiniere!” mi rispose
“Bruno.. io sono maggiorenne!” dissi cercando di trattenere il dolore
“Può essere pericoloso..” ripeté ma nella sua voce capii che stava cedendo
“Non mi importa!” replicai avvicinandomi a lui
“Potresti soffrire..” continuò
“Non mi importa!” ripetei senza smettere di avanzare verso di lui.
“Noi non dovremmo.. dimmi di no!” chiese implorante ma non lo voleva davvero. Non risposi mi limitai a guardarlo intensamente.
“Sei sicura?” mi chiese ancora in un sussurro.
“Sì!” risposi decisa senza perdere il mio sorriso.
In un attimo la magia tornò, le sue labbra furono nuovamente sulle mie ricreando dei fuochi d’artificio in tutto il mio corpo, mi aggrappai al suo collo mentre lui mi stringeva i fianchi, aprii la bocca  permettendo alla sua lingua di accarezzare la mia. Sorrisi in quel bacio. Dopo qualche minuto ci staccammo per riprendere fiato, la felicità si impossessò del mio cuore.
Nei giorni seguenti io e Bruno continuammo a vederci di nascosto da Michele, era irascibile e non sapevamo come avrebbe potuto reagire.
Una settimana dopo invitai Bruno a casa quando mia madre uscì per andare a trovare la zia.
“Sai che non devi sentirti obbligata a fare niente che tu non voglia vero?” mi domandò una volta che fummo rimasti soli.
“Lo so.. sul serio.. mi farebbe piacere stare con te Bruno!” risposi con un sorriso malizioso.
Cominciò a baciarmi dapprima in modo lento poi più rapido e passionale facendomi distendere sul divano mentre mi accarezzava le cosce, gli tolsi la maglietta e lui fece lo stesso con la mia, mi tolse i leggins e io gli slacciai le braghe, cominciò a baciarmi dietro al collo facendomi eccitare sempre di più, ansimavo, gli tolsi le braghe.
“Sei sicura?” mi chiese affannato
“Mai stata più sicura!” gli soffia sulle labbra.
Mi sorrise e tornò a baciarmi strusciandosi su di me facendomi sentire l’affiorare insistente del suo desiderio, lo toccai attraverso i boxer facendolo gemere, lo accarezzai, ma lui dopo un po’ tolse la mia mano e cominciò a lasciarmi una scia umida di baci dal collo fino all’elastico degli slip.
Mi baciò l’ombelico e mi tolse le mutande ormai fradice, ansimai. Mi guardò malizioso e poi affondò il viso nella mia intimità strappandomi un gemito più forte degli altri e facendomi sgranare gli occhi.
Ad un tratto si staccò e cercò i suoi jeans  con lo sguardo.
“Prendo la pillola!” lo informai provocandogli un sorriso compiaciuto.
Mi baciò ancora, aprii le mie gambe facendogli intendere che volevo di più.
Scivolò dentro di me mentre mi teneva le cosce strappandomi un gemito.
Per la prima volta feci l’amore in vita mia e fu fantastico arrivammo all’apice insieme sentendomi sazia e soddisfatta d’amore. Mi chiedevo come facessi prima a vivere senza amore, senza Bruno, senza sapere che potevo essere felice amando.
L’amore di cui tanto si sente parlare, l’amore delle canzoni, l’amore delle farfalle, l’amore.. quell’amore che è più forte della guerra.
Dopo esserci coccolati un po’ ci rivestimmo e mangiammo uno spuntino.
“Devo andare!” disse verso le diciassette
“Nooo! Ti accompagno giù però!” gli dissi infilandomi le scarpe al volo.
Così feci, lo accompagnai alla sua moto parcheggiata davanti al mio condominio, ci baciammo a lungo per salutarci.
“Sono felice di averti ritrovata!” esclamò ad un millimetro dalle mie  labbra , sorrisi felice.
“Anche io!” mormorai stampandogli un ultimo bacio.
“Ma bene! Vedo che vi divertite molto assieme!” disse la voce di Michele accompagnata da alcuni suoi battiti di mano, guardammo verso di lui .
“Insomma fai tanto il moralista fratellone.. ma te la scopi eh?!” disse facendoci percepire la nota carica di rabbia nella sua voce.
Non mi piaceva la situazione che si stava creando fra i due fratelli.
“Michele lui non è come te!” esclamai.
“Zitta puttana!” gridò quello secco facendomi tremare.
“Ehi non parlarle così!” gridò più forte Bruno mettendosi davanti a me, gli stringo il braccio facendogli capire il mio allarme. Lui si girò verso di me.
“Shhh.. tranquilla!” sussurrò dolcemente Bruno accarezzandomi la guancia per poi stamparmi un bacio. Michele approfittò di quel suo momento di distrazione e tirò fuori la pistola facendomi sussultare.
“Bruno!” gridai per avvertirlo.
Lui non fece in tempo a voltarsi, uno sparo, un botto che lacerò l’aria, un botto come ne ho sentiti tanti.
Michele sparò. Sparò al fratello.
Bruno venne colpito al petto e cadde all’indietro, cominciai a piangere. Mi chinai, lo sorressi.
“Bruno ti prego guardami!” dissi tra i singhiozzi
“ Mi.. mi dispiace di non.. non essere riuscito a proteggerti!” sussurrò balbettando, prima di rovesciare gli occhi all’indietro e spirare.
Boccheggiai , per poi disperarmi:
“No no cazzo!!” gridai strappandomi i capelli e urlando mentre le lacrime non accennavano a smettere di uscire. Mi alzai di scatto, in quel momento arrivò mio padre di ritorno dal lavoro, Michele puntò la pistola verso di me e sparò ancora, chiusi gli occhi pronta a seguire Bruno, Michele non capiva che mi stava facendo un favore. Sentii il rumore dello sparo e un corpo che cade.. ma questo corpo non è il mio. Vidi mio padre a terra davanti a me privo di vita con un colpo in testa  e una pozza di sangue che si allargava sull’asfalto. Michele era sorpreso quanto me!
“Piove! Piove!” urlarono i passanti. Michele scappò. Scappò perché ha capito che una volante sta arrivando, quando c’è la guerra si inventano i linguaggi in codice.
Io caddi sulle ginocchia sotto choc. Guardai un punto fisso con le lacrime che continuavano a scendere inarrestabili.
 
La sera mi trovai in commissariato, mi sentivo un vegetale, mia madre  pianse, ma poi si tirò su, so cosa pensa: che deve essere forte per me.
Forte.  Prima forte significava non piegarsi alla guerra e ora.. ora significa avere la forza di chiudere gli occhi… di chiudere gli occhi e rivedere il corpo di Bruno che cade, il corpo di Bruno che mi guarda, mi parla, e il corpo di Bruno senza vita con un rivolo di sangue secco che gli esce da un angolo della bocca.
I carabinieri erano tutti incazzati, tutti tristi.. per aver perso un compagno.
Il commissario Solmi mi fece sedere di fronte a lui, mi chiese chi fosse stato.
 E io raccontai tutto. Ma proprio tutto! Raccontai della mala del Brenta, raccontai del supermercato, dello spaccio di Michele, della moto e degli affari loschi in cui quell’assassino, l’assassino della mia anima era imboscato.
“Potresti testimoniarlo in tribunale?” domandò il commissario
“Sì!” risposi secca con una punta di rabbia nella voce.
Il mio rancore era tanto.. volevo giustizia.. ne ero come affamata, una cosa mai provata.
Poi entrò un agente.
“Mi scusi commissario è arrivata una lettera per la ragazza dove c’era un biglietto e un proiettile calibro 9!” disse l’agente.
“La stessa pistola che ha ucciso le vittime!” disse il commissario.
Vittime. Vittima. Deriva dal latino victima e significa sacrificio. Si erano entrambi sacrificati per me, per farmi vivere.
“La prossima volta non sarai così fortunata!” lesse l’agente.
Scoppiai nuovamente  a piangere.
“È stata tutta colpa mia!” dissi tra i singhiozzi.
“No tesoro.. non è stata colpa tua!” mi disse mia madre stringendomi.
“Vorrei introdurvi in un programma di protezione testimoni!”  ci informò il commissario consegnandoci un  fascicolo rosso.
“Qui c’è la vostra nuova identità aprite pure!”aggiunse poi.
Mi morsi il labbro e aprii.
 
 
 

Ciao questo è il primo capitolo e finalmente la storia comincia a prendere forma, spero che vi piaccia, mi lasciate una recensione? Baci SpencerReidFever

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***



Capitolo 2.


-A fuking photo!-

 
Ci trasferiamo a Corpus Cristi in California, mi chiamo Patricia Morgan ora… si lo so è un nome del cazzo! Mi hanno tinto i capelli ora sono di un castano scuro quasi nero. La mia storia è semplice, vengo dall’Italia, da Firenze. Mio padre era italiano e dopo la sua morte per cancro al fegato ci siamo trasferiti a Corpus Christi dai parenti di mia madre. Questa è la storia che avrei dovuto raccontare alla gente, ero brava a mentire quindi non mi trovavo male, ma mi dava fastidio il fatto di dover mentire su mio padre e su Bruno. Ero così lontana dalle loro tombe, non ero potuta andare ai funerali, la polizia me lo aveva impedito causandomi una crisi isterica accompagnata da un pianto convulsivo.  Non so se avrei raccontato a qualcuno la mia storia, non so se avrei voluto parlare con qualcuno.. avevo paura di legarmi alla gente, paura di soffrire ancora , non sbatto due volte sullo stesso muro.. non mi fiderò di niente e di nessuno. Io e mia madre avremmo vissuto da suoi “parenti”, era una donna che collaborava con l’INTERPOL , era divorziata e aveva due figli un maschio e una femmina Patch e Annie. Loro non sapevano nulla della mia storia, solo Emilee la conosceva, non sapevano neanche che la madre collaborasse con i servizi segreti. Sapevano che eravamo cugini di secondo o terzo grado.
Partimmo dopo un paio di giorni dalla morte di Bruno e papà, di mattina, la polizia non mi aveva fatto salutare nessuno dicevano tutti che era “troppo rischioso” io piangevo, mia madre mi consolava, lei piangeva, io la consolavo. Avevamo perso entrambe gli uomini che ci avevano fatto innamorare, era da due giorni che non dormivo, non facevo altro che vedere Bruno morire, vedevo la luce che abbandonava i suoi occhi dolci facendoli spegnere e rendendoli freddi. Poco prima che l’aereo decollasse mi guardai il polso “Dark Angel” pensai prima di addormentarmi di colpo spossata. Mi svegliò dolcemente mia madre dicendomi che eravamo arrivate, dopo aver recuperato i bagagli fermammo un taxi che ci condusse nella nostra nuova casa, la casa di questa Emilee di cui al dipartimento di polizia avevo tanto sentito parlare. Era una gran bella casa , molto grande, il cielo era sereno, mi sarei aspettata un grigio spento, invece Corpus Cristi  era una pittoresca e solare cittadina, sogno di ogni ragazza, ma di certo non mio. Suonammo al campanello e una donna sui quarant’anni con lisci capelli castani e occhi verdi ci aprì sorridendo solare, realizzai che lì era l’unica persona a conoscere la nostra vera storia.
“Ciao io sono Emilee entrate pure!” disse Emilee  aprendo la porta per farci spazio , prima di entrare lanciai un’occhiata al quartiere, sembrava tranquillo.
Entrai chiudendomi la porta alle spalle. Anche all’interno la casa era davvero stupenda.
“Io sono Dolores e lei è mia figlia Trish!” disse mia madre, Emilee sorrise e ci strinse la mano per poi chiamare i suoi figli
“Patch, Annie scendete!” gridò, dopo pochi istanti dalle scale comparvero un ragazzo alto con i capelli castani ricci e gli occhi verdi come quelli di Emilee doveva avere la mia età circa, la ragazza invece era sui vent’anni aveva i capelli lisci e castani ma molto più scuri di quelli della madre e gli occhi scuri come i miei; sorrisero educati e io ricambiai timidamente.
“Loro sono Dolores e sua figlia Trish!” ci presentò Emilee ai suoi figli         “Loro invece sono i miei figli Patch e Annie!” disse poi rivolta a noi.   “Piacere!” dissero in coro.                                                                              “Annie perché non dai una mano a Dolores con le valige? Patch anche tu.. aiuta Trish!Io preparo il pranzo. ” disse ai figli.
Patch  prese le due valige più grosse e senza smettere di sorridere mi fece cenno di  seguirlo su per le scale, così feci portando due scatoloni e la mia borsa, entrammo in una stanza carina ed ordinata dove aleggiava un profumo fresco di lavanda che era lo stesso di Patch, posò le valige sul letto sforzando i muscoli delle braccia che mi proibii di guardare.              “Ecco tu starai qui, ora è la tua stanza  quindi puoi abbellirla come ti pare con tutti poster che vuoi.” Mi spiegò.
“Grazie!” lo ringraziai guardando a terra. “Mia madre mi ha detto che starai nella mia  stessa scuola e abbiamo quasi tutti i corsi in comune quindi qualunque cosa ti serva basta chiedere!” mi spiegò.                                                                                       
“Ti ringrazio per la tua disponibilità!” dissi improvvisando un sorriso          
“Figurati.. oggi pomeriggio devo uscire con i miei amici se ti va puoi venire con me..” mi propose.                                                               
“Grazie per l’invito ma io passo per oggi, devo sistemare le mie cose magari un’altra volta.” Rifiutai educatamente                                                         
“Ci conto ci vediamo a pranzo!” mi disse prima di lasciarmi finalmente sola.
Cominciai a disfare le valige e ciò che c’era negli scatoloni, mentre trasformavo quella stanza nella mia stanza, pensai che in realtà non sapevo un bel niente di come ci si comportava da quelle parti.. era come in Riviera? Non avevo ancora sentito spari.. che fosse un posto pacifico? Mentre sistemavo una foto mia e di mio padre sul comodino bussarono alla porta.                                                                                                                    “Avanti” dissi, entrò Emilee che si sedette accanto a me sul letto                              
“Ciao..- cominciò per poi posarmi una mano sulla spalla- so che non è facile, ma se avrai bisogno di parlare sfogarti urlare puoi chiamarmi per qualunque cosa davvero.. ti darò una mano a superare tutto questo casino!” poi mi posò un biglietto sul comodino col suo numero. Era stata molto gentile.
“Grazie per  quello che fai..” le dissi. Poi le lacrime si intromisero senza essere interpellate nei miei occhi. Mi trattenevo da troppo, scoppiai in un pianto di rabbia e delusione. Emilee mi abbracciò
“Non abbiamo nemmeno fatto in tempo a dirlo ai miei…!” dissi tra i singhiozzi.                 
“Oh tesoro mi dispiace così tanto!” mi consolò lei                                                       “La cosa peggiore è che è tutta colpa mia!” continuai senza smettere di lacrimare.                                                                                                           “Sono certa che non è così!Ormai è successo darti la colpa non riporterà indietro nessuno!” mi disse riuscendo stranamente a tranquillizzarmi.                         “Mamma è pronto..- disse la voce di Patch entrando nella stanza- oh è successo qualcosa?” chiese preoccupato                                                     “Sì Patch , Trish ha solo un po’ di disturbi ormonali.. cose da donne!” disse Emilee strizzandomi l’occhio.                                                               Li seguii al piano di sotto dove pranzammo tutti assieme, scoprii che Annie  non viveva più in quella casa ora stava in  un appartamento col suo ragazzo Austin, la stanza che occupavo io era la sua di quando viveva ancora nella casa natale. Dopo pranzo io e mia madre sparecchiammo e caricammo la lavastoviglie ignorando le lamentele di Emilee. Poi Patch uscì, così fece anche Annie. Io andai in camera a finire di sistemare le ultime cose. Poi anche mia madre ed Emilee uscirono per un giro in centro. Tirai fuori i miei quaderni, da uno di esso uscì un foglio, era una foto.. l’unica foto che ritraeva me e Bruno assieme. L’avevamo scattata quel pomeriggio. Mi riportò nel mio salotto con un flashback.
 
“Dai Bruno solo una foto per ricordare la giornata!” lo pregai per l’ennesima volta facendolo cedere. Sbuffò e poi mi disse: “Ok solo una però!” . Sorrisi “Sììì!” esultai stampandogli un bacio. Scattai la foto dall’alto con la mia macchina digitale e poi la guardammo comparire sul piccolo schermo, sorrisi “Allora.. ti piace?” chiesi sorridendo “E’ ovvio che mi piace.. ci sei tu.. con me!” disse per poi baciarmi dolcemente. Sembrava tutto così semplice.
“Sono felice di averti ritrovata!”una lacrima sul pavimento.
“Potresti soffrire!”                                                                                                        
“Non mi importa!”
 un’ altra lacrima incontrollata.
“Sei sicura?”                                                                                                                          
“Sì”
fiumi di lacrime di dolore.
Caddi in ginocchio in preda al dolore, dondolandomi avanti indietro cercando di esaurire il dolore, sapendo che non c’era nessuno in casa quindi mi lascai andare nel pianto, pianto che credevo potesse liberarmi. “Bruno è stata tutta colpa mia!” mormorai tra i singhiozzi. Poi mi tirai su, il dolore era infinito, forte, bruciante. Il beauty-case sul comò attirò la mia attenzione, lo aprii e ne estrassi un rasoio. Mi morsi il labbro.. mi sedetti sul letto e quasi inconsciamente tirai su la manica della giacca rosa cipria e incisi un primo taglio, non fece male, vidi la pelle aprirsi sotto la lama fredda e pochi istanti dopo quel solco si colorò di rosso, ne feci altri due sentendo il beneficio di quel primo. Un brivido mi percorse la colonna vertebrale, e il dolore era momentaneamente sparito, le mie emozioni controllate e inizialmente non ci fu né dolore mentale né fisico. Pulii il sangue sul mio polso  e asciugai le lacrime secche sul mio viso. Raccolsi nuovamente la foto di Bruno e la  attaccai al muro. Dovevo essere forte. Avevo voglia di piangere, gridare, rotolarmi per terra, strapparmi i capelli, correre.. Ma dovevo essere forte. Accesi il PC e cercai  alcune canzoni dei Sonohra la mia band preferita, scelsi “The sky is yours”  la mia canzone preferita, poi dopo aver messo video media player in modalità casuale andai verso l’armadio per sistemarvi i miei vestiti e rimasi sorpresa quando lo aprii e lo trovai ancora mezzo pieno, all’interno dell’anta c’era un post it giallo che diceva:
Cara Trish  mia madre dice che  hai l’età di mio fratello e porti la taglia 36-38 (beata te!), quindi ti lascio dei miei vecchi vestiti di moda Londinese, se non ti piacciono puoi anche buttarli via! Baci Annie!”
 riattaccai il post it compiaciuta e dopo aver messo a posto anche i miei abiti nell’armadio curiosai tra i nuovi vestiti ereditati  e trovai cosa mettermi per il primo giorno di scuola, trovai dei jeans skinny blu scuro,  una maglietta bianca e sopra una giacca rosa chiaro, la bigiotteria e le scarpe le avrei decise domani mattina, preparai una borsa bianca con varie stampe e ci misi dentro  un quaderno a spirale e un piccolo astuccio color ciclamino con dentro penne e matite. Poi mi gettai sul letto e cominciai a leggere “Storia di un corpo” di Paolo Giordano. Mentre il mio PC cantava “Seguimi o uccidimi”   dei Sonohra  mi ritrovai a pensare alla Riviera e al fatto che era da tutto il giorno che stavo in questo paese e non avevo ancora sentito un colpo di pistola e probabilmente era meglio così, non avrebbe fatto altro che ricordarmi di Bruno e papà, mi avrebbe fatto rivivere il trauma. Mi infilai il giubbotto e andai sul balconcino, richiusi una finestra e fumai una sigaretta. Poi feci una doccia, mi asciugai i capelli tirandoli col phon così da renderli perfettamente lisci e mi infilai un paio di pantaloni della tuta e una felpa , raccolsi i capelli in una specie di chignon poi infilai le cuffiette e feci partire “I cry” dal mio ipod. Mentre ascoltavo la musica pensavo a quanto potessi in realtà apparire ad un’adolescente normale , senza problemi, senza una tragica storia alle spalle a metà di una canzone dei Simple plan, Patch entrò nella mia stanza bussando, mi tolsi gli auricolari bianchi. 
“E’ pronta la cena!” mi disse con un sorriso. Scesi con lui e in cucina trovai mia madre ed Emilee sedute a tavola e un ragazzo.
“Lui è il mio migliore amico Adrian! Lei invece è Trish mia cugina!” ci presentò Patch
“Piacere!” dissi tendendogli la mano. Lui me la baciò sotto il mio sguardo perplesso.
“Piacere mio!” disse poi sorridendo. Era un ragazzo con le spalle larghe, capelli castano chiaro, lisci ma lievemente arruffati sul dietro, occhi di un azzurro davvero intenso, labbra sottili e il mento ricoperto da un lieve filo di barba  sprizzava gioia da tutti i pori. Guardai il mio piatto dove c’erano spaghetti al sugo
“Spaghetti per cena?” chiesi sorpresa.
“Cosa c’è di strano?” mi chiese Patch, alzai le spalle
“Niente!” mentii. Mi faceva strano mangiare degli spaghetti per cena, in Italia li ho sempre mangiati a pranzo. Durante la cena Adrian mi spiegò che aveva Vent’anni  ed era stato bocciato per i risultati scolastici inaccettabili nella nostra scuola.
“Se ti serve qualcosa  puoi sempre venire da me la mia porta è sempre aperta!” mi disse sorridendo. Lo ringraziai, pur sapendo che non sarei mai andata a parlargli. Dopo cena sparecchiai con mia madre. Poi lei andò a dormire dato che l’indomani si sarebbe alzata molto presto per andare al lavoro in una galleria d’arte. Io feci per salire le scale quando Patch e Adrian mi fermarono.
“Senti noi andiamo a bere una birra con degli amici.. perché non vieni anche tu?” mi propose Patch.
“No grazie non mi va molto!” risposi sincera
“Andiamo così conosci i ragazzi!” insistette Adrian
“Ho detto di no! Buona notte!” dissi forse in modo troppo brusco senza neanche guardarli in faccia e cominciando a salire le scale. Appena entrai in camera presi la foto dal muro e la tenni fra le mani mentre stavo seduta sul letto, accarezzai con le dita la figura di Bruno. Persi la cognizione del tempo, ad un tratto bussarono alla porta facendomi sobbalzare.
“Avanti!” dissi poi, Patch entrò e si sedette accanto a me e guardò l’immagine che tenevo tra le mani.
“E’ il tuo ragazzo?” mi chiese , mi asciugai una lacrima che era scappata contro il mio volere
“Non più!” risposi girando la foto 
“Mi dispiace.. non dev’essere facile!” mi consolò Patch posandomi una mano sulla spalla
“No per niente!” confessai
“C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?” mi chiese
“Nessuno può aiutarmi!” dissi a malincuore  scuotendo la testa, restammo in silenzio per qualche istante, poi grazie al cielo Patch cambiò argomento  “Sai sei davvero fortunata ad essere mia cugina!” disse strizzandomi l’occhio
“E perché?” chiesi
“Beh  perché si dà il caso che io ed i miei amici siamo i più fighi della scuola!” rispose lui fiero
“Beh buon per te modestone!” lo presi in giro
“Questo vuol dire che passerai ad una vetta di popolarità incredibile senza dover fare fatica!” chiarì lui 
“Un momento.. siete dei puttanieri insomma!” borbottai alzando il sopraciglio 
“In realtà non è proprio così.. io e Yasser siamo normali, anche Adrian lo è ma è più grande quindi non gliene frega proprio di essere popolare! Poi ci sono Mason e Adam loro sono quelli che tu definisci puttanieri ecco!” mi spiegò lui
“Non ti devi mica giustificare io non giudico nessuno! Possono fare quello che vogliono… neanche io in Italia ero esattamente una santa… almeno prima di Bruno!” dissi abbassando lo sguardo scossa nuovamente da una fitta al cuore 
“Ah ok.. comunque ti conviene stare con me e i ragazzi così gli altri non ti romperanno le palle… sei troppo bella ci proverebbero subito!”mi consigliò Patch facendomi avvampare
“Ok.. grazie Patch!” lo ringraziai sorpresa. Gli ero veramente grata per come mi trattava, si stava prendendo cura di me e non era obbligato a farlo. Mi scoccò un bacio sulla fronte augurandomi la buonanotte. Mi lavai i denti e poi andai a dormire. Quella notte feci incubi su incubi, vedevo la morte di mio padre, Bruno che moriva tra le mie braccia rovesciando gli occhi all’indietro, l’odore acre del sangue che gli era uscito come un rivolo dalla bocca. Mi svegliai grazie alla sveglia sul cellulare alle sette, aprii gli occhi e  mi alzai felice di lasciare quel letto che era stato il custode dei miei brutti sogni. Mi vestii con le cose decise il giorno primo aggiungendo un orologio dorato e numerosi bracciali , mi pettinai i capelli e mi truccai, presi la borsa bianca e scesi a fare colazione. In cucina c’era Patch che stava mangiando dei cereali
“Buongiorno!” lo salutai
“Buongiorno a te!”mi salutò a sua volta, presi una mela e mi sedetti davanti a lui.
“Partiamo tra quindici minuti!” mi informò mostrandomi le chiavi
“Hai la macchina?” chiesi sorpresa
“Certo è la 4x4 qua fuori!” annunciò indicando la finestra. Rimasi sorpresa nel vedere la macchina grigia. Poco dopo uscimmo da casa e salii dal lato sbagliato.
“Se volevi guidare bastava chiederlo!” borbottò Patch
“Oh no ho sbagliato scusa! Forza dell’abitudine!” dissi scoppiando a ridere mentre mi sedevo dalla parte giusta. Patch mise in moto e attaccò la radio con “Glad you came” in dieci minuti arrivammo a scuola. Era una struttura di cemento armato grigia dall’aria piuttosto triste e inquietante allo stesso tempo, c’erano parecchi ragazzi e ragazze sedute sulle gradinate vicino al parcheggio , scendemmo dalla macchina e notando che ero in difficoltà Patch mi affiancò e mi disse
“Andrà tutto bene te lo prometto!” regalandomi un sorriso facendo comparire le sue adorabili fossette, annuii più tranquilla, ci dirigemmo verso un muretto dove stavano un gruppo di ragazzi che si voltarono verso di noi sorridenti. Ad un tratto il mio sguardo cadde su uno di loro. Impallidii. Non era possibile! Non ancora!
 
 

Buonasera a tutti :) incredibile ma vero sono riuscita ad aggiornare in meno di una settimana ;) spero mi lasciate un  parere a presto.
SpencerReidFever.


 

     Patch: 

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Adrian :


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***




Capitolo tre.

-Now I'm asking you to stay-

 
Erano quattro ragazzi e una ragazza.
“Dunque loro sono Yasser e la sua ragazza Debrah; Mason; Adam.. e già conosci Adrian. Ragazzi lei è Trish!”  fece le presentazioni Patch.
Io non riuscivo a staccare gli occhi di dosso da Adam. Era identico, certo la pettinatura era diversa, ma il viso, il fisico e il modo di porsi era identico a quello di Bruno.
Adam aveva i capelli all’insù.. Bruno era rasato invece.
“Piacere!”dissero in coro
“Ehm.. piacere mio!”dissi coe risvegliandomi da un incanto.
“Da dove vieni?”mi chiese educata Debrah
“Da Firenze, in Italia.”Risposi.
“E perché sei venuta qui?”mi chiese ancora Yasser
“Mio padre è morto e mia madre ha trovato lavoro qui.. sto a casa di mio cugino!”risposi
“Mi dispiace..”mi disse sincero Yasser
“E’ tutto ok..-lo tranquillizzai- scusate ma ora dovrei andare in segreteria a prendere i libri e poi sistemare le cose nell’armadietto!”annunciai
“Ti accompagno!”esclamò Patch
“Non so quanto ti convenga..”lo informò Mason  al quale Patch rivolse un’occhiata interrogativa
“Ho visto Amanda che ti cercava!”specificò il biondo, Patch sbiancò.
“Tranquillo la accompagno io!”si offrì Adam. Mi irrigidii, non avevo capito niente né dell’atteggiamento di Patch, né tantomeno quello degli altri.
Io e Adam ci dirigemmo verso la segreteria.
“Grazie di accompagnarmi, non eri obbligato!”dico per spezzare quell’imbarazzante silenzio che si era creato
“Figurati lo faccio con piacere!”rispose regalandomi un sorriso. Anche la voce, sembrava quella di Bruno, bassa, dolce ma estremamente amichevole. E se avessi fatto finta che fosse lui, mi sarebbe mancato di meno? Probabilmente sì, ma era una cosa stupida.  Troppo stupida, abbandonai l’idea all’istante.
“Comunque Amanda è l’assistente del preside ed è innamorata di Patch, lui l’ha respinta ma lei è davvero insistente!”mi spiegò
“Oh povero Patch!”commentai io
“Già.. sono in parecchie  innamorate di lui..ma lui non da retta a nessuna!”mi informò Adam per poi aggiungere con un sorriso malizioso
“Sei fortunata!”lo guardai interrogativa
“Ho visto come ti guarda”si spiegò meglio  Adam, avvampai
“Intanto siamo parenti, e poi non sono in cerca di una storia ora come ora…”annunciai aprendo la porta della segreteria
“Nome?”mi chiese la ragazza alla scrivania
“Patricia Giannetti!”risposi
“Un attimo!”replicò quella prima di sparire dietro una porta alle sue spalle.
“Quindi niente storie serie?”domandò Adam con voce maliziosa appoggiandosi al bancone.
“Al momento no, in Italia fino a un paio di settimane fa avevo uno scopamico ma poi mi sono innamorata di suo fratello ma ci siamo dovuti lasciare!”raccontai apparendo lievemente dispiaciuta. In realtà dentro stavo morendo, sentivo i polmoni lottare, lo stomaco contorcersi spasticamente e la schiena tremare.
“Beh è interessante..”ammiccò lui ma non ebbe il tempo di continuare che la segretaria tornò.
“Ecco questi sono i tuoi libri e la combinazione del tuo armadietto!Firma su questo modulo a destra sul fondo! Benvenuta!”mi disse solare. Ringraziai, firmai il figlio che mi porse. Adam prese i miei libri 
“Te li porto io così non vado in palestra per niente!”mi disse facendomi l’occhiolino e cominciando a camminare, ridacchiai.
Mentre passavamo per i corridoi tutti mi fissavano, era frustrante.
“Che numero di armadietto hai?”mi chiese curioso Adam
“Uhm il centodiciannove!”risposi sbirciando dal foglietto dove c’era il numero e la combinazione. Adam si illuminò e sorrise
“Sei fortunata è davanti a quello mio e dei ragazzi!”mi spiegò.
Non sapevo se volevo avere qualcosa a che fare con Adam, non avrebbe fatto altro che ravvivare il dolore che provavo.
Non potevo far finta che fosse lui. Adam non era Bruno. Bruno era morto! Dovevo accettarlo, ma non era così facile e io non ero così moralista da pensare, esclusivamente e ciò che era giusto.
Aprii l’armadietto e presi i libri dalle mani di Adam per poi posarli dentro, attaccai una foto di me e mio padre e una di me e Bruno, l’unica di me e Bruno.
“Ti manca molto?”mi chiese Adam serio indicando mio padre nella figura.
“Sì.. ma lui è il mio eroe!”gli confidai senza togliere gli occhi di dosso dalla foto.
“Grazie per l’aiuto, ora devo andare in classe!”dissi prendendo il libro di letteratura prima di chiudere l’armadietto.
“Posso accompagnarti!”affermò lui
“No grazie!”dissi secca
“Ehi va tutto bene.. ho detto qualcosa di sbagliato?”mi chiese colpevolizzandosi del mio repentino cambio di umore.
“No! Non è colpa tua.. cerca di starmi alla larga!”mormorai ancora acida, per poi accelerare il passo e infilarmi nell’aula numero sei, dove Patch mi teneva un posto, accanto a lui.
Sistemai il libro sul banco, mentre la campanella suonava, indicando l’inizio delle lezioni. Entrò la professoressa e fece l’appello.
“Giannetti Patricia.. oh sei nuova.. perché non ci parli un po’ di te?”mi invitò la donna facendomi alzare e affrontare ciò che temevo dall’inizio della giornata. La mia presentazione.
“Io mi chiamo Trish ho diciotto anni e vengo da Firenze in Italia, mi sono trasferita qui con mia madre da mio cugino Patch.”spiegai per poi risedermi.
La professoressa incominciò la lezione su Oscar Wilde, sebbene ce la mettessi tutta alcune parole non ero in grado di capirle. La lingua fin’ora non era mai stato un problema, avevo capito persino tutto quello che diceva Adam che parlava ad una velocità supersonica. Finita la lezione la professoressa mi trattenne in classe
“Trish volevo proporti di fare un corso di inglese per stranieri ogni giorno dopo le lezioni, sarai seguita da un  tutor!”mi propose
“Sì credo che non possa che farmi bene!”acconsentii
“Perfetto allora hai la postazione numero tre della biblioteca durerà circa un mese per cominciare poi vedremo se avrai ancora bisogno!”disse poi porgendomi un cartoncino col numero della postazione. Lo misi nella borsa e andai in corridoio, dove Patch mi aspettava per andare con me nell’aula di biologia.
Ci sedemmo nei banchi dietro ai ragazzi .
“Io non voglio sezionare la rana mi fa schifo!”si lamentò Adrian col bisturi in mano, mentre osservava la povera rana stecchita che si trovava sul tavolo di ognuno.
“E neanche io voglio farlo perché è un omicidio!” si accodò Yasser, il risultato fu la perdita della pazienza del professore e quindi sia Adrian che Yasser vennero sbattuti fuori dall’aula, tuttavia ciò non impedì a Yasser di gridare
“Rispetto ai diritti degli animali!”col pugno alzato. Era una scena davvero ridicola, scoppiai a ridere seguita anche da Patch.
Dopo aver sezionato la rana, la campanella dell’intervallo ci fece sospirare di sollievo. Andai a posare il libro nel mio armadietto e poi mi diressi fuori.
“Dove vai scusa?”mi chiese la voce di Patch quando gli passai davanti.
“A fumare..”risposi ovvia indicando la sigaretta dietro il mio orecchio.
“Cosa?Neanche per idea ti fa male!”mi rimbeccò lui seguendomi fuori.
Accesi la sigaretta e mormorai sovrappensiero
“Non sarà il fumo ad uccidermi!”buttai fuori un rivolo di fumo.
“E questo cosa vorrebbe dire?”chiese il riccio sconvolto
“Niente, lascia perdere!”risposi continuando a fumare. Quando finii gettai a terra la sigaretta. La frustrazione di quell’inizio giornata si era dissolta rapidamente col fumo.
“Da quanto stanno assieme?”chiesi indicando  Debrah e Yasser seduti su una panchina distante dalla nostra che si scambiavano effusioni tra una boccata di fumo e l’altra.
“Circa tre mesi, prima erano migliori amici, ma poi hanno capito che volevano di più!”mi rispose Patch seguito dalla campanella.
Andammo a lezione di storia europea. Un uomo sulla cinquantina parlò per tre ore della seconda guerra mondiale. Fu un parto quella lezione.
Poi andammo a mensa dove Adam e Adrian erano già seduti sul tavolo centrale. Io,Patch, Yasser, Debrah e Mason li raggiungemmo col vassoio in mano; notai Adrian lanciarmi occhiate fugaci. Non stavo bene, mi sembrava di avere Bruno davanti per tutto il tempo, ma la mia razionalità mi impediva di saltargli addosso, stringerlo e dirgli che non doveva andarsene mai più.
“Piccola non mi rompere, abbiamo scopato, è stato divertente ma finisce qui!”esclamò Mason con voce annoiata rivolto ad una ragazza che si era fermata al nostro tavolo, la poverina scappò via dopo essere arrossita notevolmente mentre Mason sbuffava.
“Sei stato proprio cattivo Mason!”constatai, lui alzò le spalle e tornò a mangiare.
“Facci l’abitudine tra lui e Adam si contano parecchi cuori infranti qui! Assisterai spesso a queste scenette!”mi informò Debrah, guardai Adam che abbassò lo sguardo.
No lui non era come Bruno. Bruno era gentile, dolce e inizialmente mi aveva respinto per paura che soffrissi e infine aveva ragione. I tagli sul mio polso cominciarono a bruciare, come a volersi farsi notare.
“Vado in bagno!”annunciai dirigendomi fuori dalla mensa a passo spedito.
Arrivai nel bagno e mi chiusi in uno di essi, tirai fuori la lametta rubata dal temperino il giorno prima. Tirai su la manica sinistra e incisi un nuovo taglio sul polso che dopo pochi attimi si colorò di rosso. Una goccia cadde a terra e come al solito non mi fece male e liberò i miei pensieri. Quando il taglio cominciò a cicatrizzarsi iniziò anche a bruciare. Eliminando momentaneamente i ricordi. Sfogavo le mie emozioni sul dolore fisico dopodiché mi vergognavo come una ladra. Mi ricomposi, asciugai il sangue, mi tirai giù la manica e uscii dal bagno scontrandomi con qualcuno. Occhi caramello. Bruno. Non. Adam.
“Si può sapere che ti prende?”mi domandò lui irritato, feci  per andarmene senza calcolarlo ma mi afferrò per il polso. Mi morsi il labbro  per non mugolare dal dolore, ma la mia smorfia non passò inosservata a Adam.
“Cos’hai al polso?”mi chiese
“Niente.. una storta!”mentii io, ma Adam non se la bevve.
“Fammi vedere!”mi ordinò.
“Ma anche no!”risposi con una risata nervosa colta da un improvviso panico. Adam mi tirò su la manica lentamente, non opposi resistenza, in fondo non me ne importava niente. Vide i due taglia già cicatrizzati, e poi il terzo ancora fresco. Mi guardò assottigliando lo sguardo. Mi aspettai che mi chiedesse il perché, che mi facesse una ramanzina invece, sorprendendomi ancora mi abbracciò, mi lasciai andare alle lacrime. Tra le sue braccia rivisitavo tutte le emozioni che avevo vissuto con Bruno, ma per l’ennesima volta mi resi conto che lui non era Bruno! Mi divincolai, ma non avevo la forza di andarmene, lui rimase lì a guardarmi.
“Adam te l’ho già detto… Stammi lontano!”ribadii
“Perché?” mi chiese lui prontamente. Non gli dissi la verità, gli dissi ogni cosa che una comune adolescenti gli avrebbe detto.
“Perché mi spezzeresti il cuore!”.
Detto ciò mi diressi nell’aula di Arte senza dargli il tempo di ribattere. Dopo un paio d’ore, finalmente quella giornata era conclusa. Forse per gli altri.. ma non per me, avrei passato altre due ore a fare lezione di inglese. Patch mi disse:
“Vorrei venire a prenderti ma ho calcio..”sorrisi rassicurante.
“Tranquillo prendo l’autobus!”risposi. Mi stampò un bacio sulla guancia, salutai tutti e poi mi diressi in biblioteca. Arrivai alla postazione tre ma del mio tutor non vi era ancora traccia. Finché non vidi  Adam arrivare e sedersi alla mia postazione.
“Sono il tuo tutor!”mi annunciò
“Cazzo!”mi lasciai sfuggire in italiano
“Cosa?”chiese confuso.
“Niente lascia perdere! Iniziamo!”risposi, lui annuì.
Mi sorprese distaccandosi completamente dai nostri conflitti e facendo una chiara e illuminante lezione di letteratura, chiarendo tutti i miei dubbi su quella materia.
Dopo circa un’ora chiuse il libro.
“Bene abbiamo finito per oggi!” decretò.
Misi via le mie cose della borsa, volevo precipitarmi fuori il più in fretta possibile ma lui esordì :
“Dobbiamo parlare!”deglutii irrigidendomi.
“Non ce n’è motivo!”replicai cercando di apparire calma.
“Invece c’è!”rispose lui alzandosi, uscimmo in cortile e ci sedemmo sul muretto.
“Che cosa vuoi dirmi?”chiesi tagliando corto, odiavo quella situazione.
“Che cosa vuol dire che ti spezzerei il cuore? Hai detto chiaramente che non vuoi storie serie! Non ci conosciamo nemmeno!”disse lui, sospirai e aprii il portafoglio dove vi era una foto di Bruno. Di lui solo. Non avrei detto tutta la verità a Adam, ma una spiegazione gliela dovevo.
“Quello è identico a me!”esclamò
“Già.. a parte per i capelli e l’atteggiamento!”esclamai “Era l’amore della mia vita! Non incontrerò mai nessuno come lui! Per questo mi spezzeresti il cuore.. mi ricordi così tanto lui!” confessai con un nodo in gola, Adam era sorpreso ma trovò comunque cosa dirmi.
“Non è colpa mia se te lo ricordo! Io non sono lui Trish! Io sono un’altra persona.. forse non migliore, ma non precluderti la possibilità di conoscermi! Forse hai ragione ad evitarmi o forse no! Non lo saprai mai se non ti aprirai davvero!”esclamò con gli occhi addolorati, che mi ricordarono.. Ahimè quelli morenti di Bruno.
Una lacrima rigò la mia guancia, ma fu prontamente raccolta dal polpastrello di Adam, mi voltai a guardarlo e mi sorrise incoraggiante.
“Ti accompagno a casa!”mi disse dolcemente.
Poco dopo ero accanto a lui in auto.
“E’ vero che sei un puttaniere?”chiesi di punto in bianco
“Diciamo che non mi piacciono le storie serie, voglio sperimentare.. e spesso diversifico le amanti!”spiegò.
“E non ti sei mai innamorato?”chiesi curiosa, lui scosse la testa.
“No! Ho provato a fidanzarmi una volta.. ma dopo due settimane era già piena di corna! Non mi piace tradire le persone! Ho deciso almeno fino al college di non  avere storie serie!”disse, ci pensai. Solo sesso, nessuna storia, nessun obbligo,nessun dolore.
“Credo che adotterò la tua tecnica!”rivelai, lui sorrise,
“Anche Mason lo ha fatto!”mi informò Adam
“A proposito verrai venerdì alla festa di Devine?”mi chiese Adam
“Non lo so ancora!”risposi
“Beh se verrai sarà pieno di gente, se vuoi un consiglio è il terreno di calcio perfetto.”mi confessò
“Magari potresti consigliarmi uno dannatamente bravo a letto!”dissi
“Certo1 secondo le voci che giro c’è un certo Adam Grey che dicono sia un martello pneumatico! Lo conosci?”mi chiese
“Ma che modesto!”dissi sarcastica per poi scoppiare a ridere
“E’ una proposta?”chiesi afferrando poi il doppio senso.
“Perché accetteresti?”mi chiese a sua volta.
Rimasi in silenzio. Che effetti avrebbe avuto una scopata con Adam nella mia sfera emotiva? Avrebbe aiutato o incasinato le cose?
“Non lo so forse.. le scopate sono scopate e se fatte bene potrebbero diventare un gradevole passatempo!”constatai
“Beh ti assicuro che  ne vale la pena! Comunque non sono l’unico bravo a letto. Anche Mason lo è da quel che dicono!”mi informò
“Certo io sono molto meglio!”si affrettò ad aggiungere poi parcheggiando davanti a casa. stranamente a furia di parlarne la voglia di una scopata mi era venuta.
Adam era lì e mi ricordava così tanto il ragazzo che amo.
“Perché non muovi il culo dentro casa? più precisamente nella mia stanza?” chiesi maliziosa
“Devo dedurre che hai accettato la mia proposta!”disse lui sorridendo
“Diciamo che è una sfida e ho deciso di vedere se riesci a farmi impazzire!”dissi scendendo dalla macchina, lui mi seguì raccogliendo il guanto di sfida che gli avevo appena lanciato, inoltre posso giurare di aver visto i suoi occhi posarsi sul mio fondoschiena mentre entravo in casa.
“Non c’è nessuno! Emilee e mia madre sono al lavoro e Patch  è a calcio per ancora un’oretta!”dissi mordendomi il labbro inferiore.
 

Ciao a tutti. Vedo che la storia non è calcolata minimamente, tuttavia 
è la mia storia e mi piace scriverla,
quindi credo proprio che continuerò.
;) a presto.
SpencerReidFever

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


 

Capitolo quattro.

-I wanna be drunk when I wake up-

 

N.B. Questo capitolo è narrato in prima persona da Mason.


 
Il motivo del mio atteggiamento da puttaniere non era facile da spiegare.. e nemmeno da accettare per me. Cercavo di non pensarci ma puntualmente quando ero con una tipa pensavo a lui. Non fraintendetemi non ero gay! Ero etero. I maschi non mi attraevano per niente dal punto di vista fisico, tranne lui.. era bellissimo, ma non solo, mi muoveva qualcosa dentro, sentivo i brividi e le farfalle nello stomaco.
Mi sono innamorato del mio migliore amico. Lui è fidanzato! Non era un segreto che Debrah mi stesse antipatica, lo sapeva anche lei. Ma nessuno sapeva il perché. Non avevo neanche mai pensato di rivelargli i miei sentimenti, la sua amicizia era troppo importante e poi era già difficile da accettare per me.. figurarsi per lui.
Camminavo per il centro senza una meta, erano circa le cinque del pomeriggio e passai davanti ad uno starbucks quando la porta del locale si spalancò e il mio migliore amico mi venne addosso. Aveva il viso stravolto dalle lacrime.
“Yasser che succede?”chiesi apprensivo, mi faceva male vederlo così.
Fece un cenno verso la vetrina del locale e vidi Debrah che baciava un ragazzo, una fitta di rabbia mi investì, avrei voluto darle una lezione!
Ma dovevo pensare a Yasser ora.. aveva bisogno di me. Lo presi delicatamente per un braccio per poi condurlo su una panchina di legno al lato della strada, lontano da lì. Gli porsi un fazzoletto, lo prese mormorando un ‘grazie’. Si asciugò le lacrime soffocando i singhiozzi.
“Non riesco a vederti così! Cosa posso fare?”chiesi mettendomi le mani nei capelli angosciato.
“Già il fatto che sei qui è sufficiente!”mi rispose smettendo di piangere.
“Che stronza!”esclamai sfogando la mia rabbia attraverso gli occhi .
Come poteva trattare così il ragazzo che amo? Come poteva farlo soffrire così? Lei poteva averlo, e lo buttava via!
“Già! Non capisco il perché.. ma ora basta! Non mi faccio prendere per il culo! La cosa peggiore è che stavo per innamorarmi di lei!”disse Yasser recuperando le ultime lacrime scappate dai suoi occhi sulle sue guancie.
“Oh.. Yasser mi dispiace!Lei non ti merita! Troverai qualcuno che ti farà innamorare, ti tratterà come meriti e andrà tutto bene!”lo tranquillizzai. Mi gettò le braccia al collo e mi abbracciò forte.
“Grazie Mason.. sei la persona migliore che conosca!”mi sussurrò facendomi saltare il cuore e provocandomi un brivido gelido. Non so quanto sarei stato in grado di resistere.
“Se è per questo anche tu!”ricambiai sorridendo.
“Senti a casa mia non c’è nessuno fino a domani sera.. avevo pensato di portarci quella troia.. ma preferisco bermi una birra col mio migliore amico.. ti va?”mi propose poi.
“Certo! E poi non mi va di lasciarti da solo!”risposi.
La felicità occupò il posto della rabbia nel mio petto.
Andammo a casa di Yasser e mi porse una birra, poi Debrah lo chiamò. Avevo il terrore che si rimettesse con lei, non volevo che lo facesse soffrire e in gran parte anche per la mia gelosia.
“No.. tu ascolta me.. è finita non cercarmi mai più!”esclamò Yasser al telefono per poi sbatterlo sul tavolo arrabbiato. Dopo un sorriso gli comparve sul volto, si rivolse a me e mi disse:
“Bene! È sistemata!”sorrisi anche io. Yasser bevve l’ultimo sorso della sua bottiglia e ne prese un’ altra.
Yasser non era adatto a bere alcool, forse a causa del suo poco peso, tuttavia gli era facile perdere il controllo.. immaginavo come sarebbe finita.
Infatti due ore dopo è completamente ubriaco , io sono un po’ brillo ma comunque lucido. Yasser attacca la musica alla radio e si mette a ballare in modo piuttosto scoordinato. Lo seguo per tutta la sala per paura che perda l’equilibrio e sbatta la testa. In effetti cade, ma non a terra, cade addosso a me. Io barcollo, non reggo il suo peso e cadiamo entrambi distesi sul suo divano rosso. Scoppiamo a ridere mentre la radio canta le prime note di “You’re beautifull” di James Blunt.  Lo sguardo di Yasser cambiò, divenne improvvisamente serio e il suo respiro si fece più corto, affannato. Si avvicinò a me  e posò le sue labbra sulle mie. Un brivido mi scosse tutto il corpo, restai fermo, leccò le mie labbra , lo staccai.
“Yass sei ubriaco!”mormorai col respiro corto. Lo volevo da morire ma non così.
“Non è vero! Io ti voglio!”mi disse fissandomi negli occhi, apparendo perfettamente lucido. Per poi rifondarsi sulle mie labbra chiudendo gli occhi. Non avevo la forza né la voglia di rifiutarlo. Le nostre lingue si unirono e sentii i miei pantaloni starmi stretti appena mi strinse i fianchi facendo scontrare i nostri bacini. Yasser mi tolse la maglia e mi baciò il petto facendomi eccitare ulteriormente, gli tolsi la felpa e gli mordicchiai  il collo facendolo gemere. Avvertii il suo desiderio attraverso i jeans. Si abbassò e baciò il cavallo dei miei pantaloni per poi togliermi i jeans e massaggiare la mia erezione sopra i boxer facendomi gemere di piacere.
“Yass.. sei sicuro?”chiesi col respiro affannato, lui sorrise malizioso.
“Voglio sentire il tuo sapore!”mi sussurrò all’orecchi per poi leccarlo. Scese verso i miei boxer e li abbassò in fretta scoprendo la mia erezione insoddisfatta.
Pensai al fatto che il ragazzo che amo stesse per prendersi cura di me.
La bocca calda di Yasser sulla mia punta mi fece tornare concentrato su ciò che stava accadendo in quella stanza.
“Oddio..”gemetti quando la sua bocca investì tutta la mia lunghezza, gli misi una mano dietro alla nuca provocandogli un sorriso compiaciuto.
Aumentò la velocità facendomi gemere sempre più forte e impedendomi di trattenere certi urli di piacere troppo esagerati.
“Yass.. sto per.. venire!”lo avvisai con la voce roca per avvertirlo se avesse voluto concludere quell’opera meravigliosa con la mano, ma non accennò a smettere anzi, aumentò la velocità.
“Sì Yass.. sìì!”gridai venendo nella sua bocca, inarcando la schiena, mentre il mio corpo veniva irradiato dal piacere così incredibile, mai provato con nessuna.
Yasser tornò a baciarmi sulle labbra facendomi sentire il mio stesso sapore.
“Sai di buono sai?”mi sussurrò affannato, strusciando la sua erezione ormai libera dai boxer sulla mia gamba nuda.
Toccava a me farlo stare bene ora, lo baciai mentre gli palpavo l’erezione.
Mi spostai per mordergli il collo e poi soffiargli in un orecchio.
“Vorresti farlo con me?”chiesi.
Lui si fece serio ma poi annuì convinto con un sorriso malizioso. Gli presi due dita e cominciai a leccarle facendogli capire che volevo solo farlo stare bene,che poteva possedermi lui. Yasser sorrise e portò le dita alla mia apertura posandomi un delicato bacio sulle labbra. Non era la mia prima volta con un uomo. Poco tempo prima, volevo chiarirmi le idee  sulla mia sessualità, sui miei sentimenti. Ne avevo concluso che gli uomini non mi piacevano.
Il dito di Yasser mi penetrò strappandomi un gemito, non mi fece male. Infilò un secondo dito che invece mi diede fastidio.
Al terzo strinsi gli occhi dal dolore.
“Scusa!”disse mortificato
“Vai avanti!”lo tranquillizzai io, aprì le dita in me facendomi gemere. Ero pronto. Mi distesi a terra e divaricai le gambe il più possibile, Yasser si inginocchiò. “Se ti faccio male.. dimmelo, così ci fermiamo!” mi sussurrò. Annuii mentendo, non glielo avrei mai detto. Posizionò la punta sulla mia apertura e poi entrò in me lasciandosi sfuggire un gemito. Trattenni un urlo di dolore, mi si formò una smorfia sul viso, che non passò inosservata. “Scusa!” esclamò per poi baciarmi le labbra. Io annuii come a dargli il permesso, lui cominciò a spingere dapprima piano, poi accelerò. Il silenzio era rotto dai nostri pesanti gemiti, ad un certo punto spinse più a fondo inclinandosi leggermente trovando il mio punto più sensibile, cacciai un urlo incontrollato godendo come mai prima. Yasser vedendo il piacere che mi stava donando colpì quello stesso punto ripetutamente facendomi venire dopo poco gridando il suo nome. Lui venne dopo di me con un urlo strozzato, sul quale c’era il mio nome. Yasser, esausto si accasciò su di me per poi uscire e distendersi accanto a me sul pavimento di legno, prese una coperta dal divano vicino a noi con la quale ci coprì e insieme ci addormentammo.
Il giorno dopo avevamo scuola, ma nessuno di noi due si svegliò in tempo. Io mi svegliai intorno alle dieci e non trovai Yasser accanto a me. Avevo dolore al collo e anche nel mio posteriore. In parte dovuto al fatto che avevo dormito nudo sul pavimento, ma soprattutto per ciò che era accaduto la notte precedente. Mi misi i boxer e andai in cucina dove trovai Yasser che si teneva la testa tra le mani. Quanto era bello.
“Oh ciao.. vai a farti una doccia.. e poi.. parliamo!”mi disse. Feci come aveva detto e mi rivestii. Poi tornai in cucina dove l’imbarazzo era palpabile. Probabilmente Yasser non si ricordava nulla di ciò che era accaduto.. ma allora perché voleva parlarmi?
“Mason.. quello che è successo ieri notte è stato bello..”cominciò. Mi pompai di gioia.
“Te lo ricordi?”chiesi interrompendolo
“Certo.. ero brillo ma cosciente!”chiarì lui per poi riprendere a parlare
“E’ stato bello, ma non dovrà più ripetersi!”concluse.
Sentii un crack, mi guardai intorno per vedere se si fosse rotto qualcosa, ma poi una sensazione di sgretolamento si impossessò del mio petto, inizialmente pensai di fare l’indifferente, ma poi non riuscii ad evitare di far trasparire i miei sentimenti, la mie emozioni. 
Una lacrima scese da un solo occhio,la mia mano provvede ad asciugarla. “Vuoi dirmi stanotte per te non ha significato nulla?” chiesi con la voce rotta dal dolore.
“Non dico questo.. sono così confuso Mason!”mi confessò lui
“Yasser ho sentito qualcosa ieri con te e non dirmi che per te non era così! Ti ho visto mentre facevamo l’amore!”gli dissi gettandogli addosso la verità.
“Non so Mason.. davvero.. ti prego!”disse lui, lasciai trasparire il mio dolore attraverso le lacrime che non accennavano a smettere di cadere dai miei occhi.
“Sai cosa? Nessuno ti amerà mai come ti amo io! Nemmeno te stesso con tutta la vanità che hai in corpo! Facciamo finta che non sia successo nulla.. ma quando alla festa di Devine mi farò una tipa di cui non mi frega niente davanti ai tuoi occhi spero che tu soffra come stai facendo soffrire me!”urlai colto da una rabbia improvvisa, anche gli occhi di Yasser divennero lucidi, uscii dalla cucina afferrai il mio giubbotto e prima di uscire di casa sbattendo violentemente la porta udii i singhiozzi di Yasser.
Mi sedetti su una panchina alla fermata dell’autobus, continuavo a piangere, mi infilai le cuffiette dell’ipod  e salii sull’autobus diretto a scuola per le lezioni pomeridiane con “It’s not over” di Chris Daughtry nelle orecchie.
Avrei voluto aggrapparmi il più possibile ai ricordi della sera precedente, ebbi la visione sfocata di Yasser che spingeva dentro di me e rabbrividii. Avevo fatto l’amore col ragazzo che amavo, mi ero lasciato andare la prima volta mi ero spogliato della mia maschera da puttaniere.
Ricordai le sue parole “Ero solo un po’ brillo!”. Quindi non mi aveva baciato solo perché era ubriaco.. ma allora perché rendeva le cose così complicate?
Ci riflettei un po’, se avesse ricambiato i miei sentimenti  non mi sarei vergognato di lui. Certo ero popolare, ma il segreto era la sicurezza delle proprie azioni, persino con una gonna sarei stato figo! E poi per Yasser avrei rinunciato alla mia popolarità. Ma le cose erano chiare, lui non provava i miei stessi sentimenti.
Mi sentivo usato, quando andavo con le ragazze le facevo sentire così, ma questo non mi avrebbe fatto diventare una ragazzo rispettoso; anzi d’ora in poi avrei avuto bisogno di scopate su scopate per soffocare il dolore, anche se sapevo che avrei comunque pensato a Yasser.
Avevo detto che per me avevamo fatto l’amore, gli avevo detto che sentivo qualcosa e lui si era limitato a dire “Non so.. Mason..ti prego!” io non sono l’oggetto di nessuno, io usavo le ragazze per il sesso, io le facevo soffrire. Io ero colui che esercitava l’azione, non colui che la subiva. Io ero il soggetto non il complemento oggetto.
Il dolore si attenuò lasciando posto, per l’ennesima volta, alla rabbia. Non avrei più potuto essere amico di Yasser e  questo mi faceva male. Ma mi aveva usato e gli amici non si usano, io non mi sarei mai abbassato a questo!
 

Salve a tutti! ;) questo capitolo è il primo della storia d’amore tra Mason e Yasser.
Ci sarà un capitolo narrato da Mason più o meno ogni cinque.
Se vi piacerà molto magari anche ogni tre.. vedremo.
Ringrazio Lonnie che ha scritto la prima recensione.
Qualcuno me ne lascia una anche su questo capitolo?
A presto.

SpencerReidFever

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