La tesi degli angeli crudeli

di Mosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- Discrepanze ***
Capitolo 2: *** Espiazoni ***
Capitolo 3: *** Ricerche - Incontri ***
Capitolo 4: *** Risvegli ***



Capitolo 1
*** Prologo- Discrepanze ***


 

 

Salve a tutti cari lettori.Prima di lasciarvi a quella che spero sia per voi una piacevole lettura, vi sarebbero appena un paio di piccole note che ci tengo a specificare

 

La storia, come vi accorgerete leggendo è ambientata dopo la sconfitta del diciassettesimo angelo, ma prima di End of Evangelion. Inoltre, ad aggiungersi al cast dei personaggi “classici” di questo anime,( che spero di rendere al meglio) ho inserito alcuni personaggi di mia personale creazione. Perdonatemi quindi se mi sono permesso di accostare i personaggi di Anno-sensei a quelli che posso aver concepito da solo. Detto questo, spero che il mio piccolo lavoro vi piaccia e vi lascio alla lettura di questa fanfiction. Buon proseguimento ^^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Sapevo che ti avrei trovato qui, sorella mia.”

 

Quella voce risuonò forte all'interno della stanza e intorno alle pareti del suo cuore.Un giovane ragazzo sedeva accovacciato lungo l’asse che teneva ben serrata la finestra contro il muro. Una gamba penzolava pigra oltre la soglia, sfidando con noncuranza il vuoto che dava dabasso. Due lunghe ciocche di capelli bianchi scendevano in due file perfettamente ordinate lungo i due lati della fronte, come per fare da corona a due splendidi occhi verdi che osservavano con aria di sufficienza le due figure che gli si offrivano dinanzi.Una splendida ragazza stava in piedi, davanti un piccolo lettino d’ospedale. La macchina alla sua destra, con un bip regolare e martellante, scandiva il battito di un cuore da tempo troppo debole.

 

“Non dovresti essere qui…non è ancora il momento”

 

Un ammonimento. Non vi era  alcun segno di ira o  disappunto nella sua voce che, anzi, sembrava irradiare uno strano senso di calma e placidità. Un sorriso sereno gli si dischiuse sul volto mentre i raggi del sole lo illuminavano quasi per metà

 

“Hai ragione fratello mio….e solo che….è talmente bella”

 

E bella lo era davvero. Lunghi capelli rossi che le scendevano pefetti lungo le spalle, una splendida figura snella e aggraziata eppure allo stesso tempo formosa e carnale, un sacrilego tempio dove sporcarsi, un amaro e dolce calice al quale dissetarsi. La ragazza le passò dolcemente una mano lungo la fronte scostandole una ciocca di quella criniera così superba e selvaggia.

 

“Guardati, non sembri neanche più tu…” aggiuse pietoso il ragazzo

 

“Ridi pure per quel che mi importa” rispose lei con voce colma di disprezzo “Di pure tutto quello che vuoi….ma io non la abbandonerò…voglio restare qui”

 

La ragazza si chinò su quel volto dormiente e chissà, sognante, facendo si che i lunghi capelli neri le andassero a solleticare dolcemente il viso. Posò leggermente le labbra sulla sua guancia destra cercando di trasmetterle con quel suo bacio la sua presenza. Era davvero bella, quando dormiva. E questo la faceva soffrire

 

“Svegliati , piccola della stirpe dei Lilim. Fammi vedere il tuo sorriso ancora una volta…”

 

C’era tanta dolcezza in quelle sue parole, tanta come un vaso che trabocca per la troppa acqua in esso contenuta.

 

La baciò di nuovo

 

“Svegliati per favore…”

 

“Stai diventando patetica Malahidael”

 

“Taci Cassiel !…tu che incarni la solitudine non puoi capire…”

 

Le parole le scorsero fuori come veleno dalle ghiandole di un serpente.

 

“Per favore figlia della Luna Nera…tu che un tempo sei stata mia più di qualsiasi altra creatura che abbia mai camminato questa Terra o l’Altra…”

 

La sentiva nascere….dal bianco per poi passare all’azzurro dell’iride fino a sfociare nella pupilla nera come la notte. Una goccia…una

 

“Perché dormi ancora…? Sei forse stanca di vivere? stanca di combattere? Tu, che eri sempre pronta a lottare, tu che eri sempre l’ultima a lasciare il campo di battaglia….Tu , che sfoggiavi ogni cicatrice come un motivo d’orgoglio piuttosto che di vergogna…La più battagliera, la più coraggiosa….e in quel coraggio tu eri mia e io ero tua…Eppure tu adesso perchè…”

 

… lacrima

 

“…dormi…”

 

Pianse…e in quel pianto sembrò che il cielo stesso sarebbe dovuto crollare

 

Un fulmine squarciò in due il manto celeste mentre melanconiche nubi nere velavano con il loro vello il disco solare. Un breve mormorio di pioggia cominciò a discendere dall’alto e ogni goccia sembrava scandire una piccola nenia in onore di quella Bella Addormentata

 

“Guarda cosa hai fatto…figlia di Lilith…”

 

La donna si inginocchiò ai piedi di quel letto le cui lenuzuola sterilizzate andavano a coprire il profumo di lei

 

“Hai fatto piangere il cielo…”

 

Il giovane alla finestra tirò un sospiro. Compativa, anche se non comprendeva. Era forse per quello che erano nati? Compatire?

 

“E non guardarmi così, Cassiel.”

 

“Non ti sto guardando in nessun modo particolare”

 

“Tu provi pietà…Dillo! Ammettilo che provi pietà!”

 

Il giovane si passò una mano tra i capelli e rivolse lo sguardo oltre la finestra

 

“Ti sbagli…io non provo nulla…”

 

Un paio di bianche ali spuntarono dalla sua schiena nel mentre, con un gesto che lasciava trasparire una ultraterrena magnificenza, si librava in volo oltre quelle mura di ospedale.

 

“E non dovresti provare nulla neanche tu, Angelo della Fortezza…poiché noi siamo chiamati a giudicare e giudicare e ciò per cui siamo infine stati creati. A noi non è concesso conoscere nè tantomeno amare. Quel frutto è già stato mangiato”

 

La donna si rimise in piedi in uno scatto d’ira, inveiendo contro l’alata figura

 

“Che male c’è nell’amare qualcuno! Non siamo forse noi Angeli espressioni dell’ Eterno Amore? RISPONDIMI!”

 

Ma quelle parole si persero come un eco lontano nel vento, poiché colui a cui erano destinate era già lontano

 

Ricadde allora di nuovo sul pavimento battendo con forza i pugni serrati. Un’altra goccia di sofferenza trafisse il suo essere e scivolò timidamente al suolo. La sua voce, rotta dal pianto riuscì solamente a sussurrare qualcosa…stretta nella morsa di un dolore lancinante che le lambiva il petto…Una preghiera…una supplica…o forse era una…

 

“Padre mio…perché mi hai abbandonato…?”

 

….richiesta di morte…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Espiazoni ***


 

 

Shinji Ikari, quattordici anni, nazionalità giapponese. Era lui. E non c’erano dubbi su questo

Eppure, sebbene questa descrizione sia tanto semplice e minimale, Shinji Ikari non si sentiva completamente realizzato.

Ricominciamo da capo.

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese. Non bastava… doveva provare ad aggiungere qualcosa di più.

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese. Di media statura.Occhi e capelli scuri. Discretamente attraente a discapito di quanto lui stesso potesse credere.

Ecco.Aveva fatto un passo avanti. La sua forma. La sua figura. Ciò che egli vedeva riflesso in uno specchio e ciò che gli altri vedevano e riconoscevano come Shinji Ikari.

Era questo lui? Non del tutto.Doveva provare ancora

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese….studente mediocre. Per svogliatezza, piuttosto che per poca intelligenza.Carente negli sport. Discretamente abile col violoncello. Incapace di nuotare

Ecco, già aveva aggiunto qualcosa in più. Il suo valore. Ciò che sapeva, o che non sapeva fare. Questo era lui? No, o almeno non del tutto.

Provò a fare un ulteriore sforzo.

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese. Figlio di Gendo Rokubungi e Yui Ikari. Un padre assente per il proprio lavoro. Una madre assente per aver smesso di vivere. Abbandonato.

Ecco, questo gli somigliava già molto di più. Shinji Ikari come figlio. Un figlio che odia il proprio padre. Un figlio che piange la propria madre .

Ma non aveva ancora concluso del tutto. Quello era lui. La sua prima forma, ottenuta col relazionarsi nella prima istituzione sociale a lui conosciuta. La famiglia. Ma Shinji Ikari non era solamente il figlio di Gendo Rokubungi e Yui Ikari. Era qualcosa di più

Shinji Ikari, 14 anni nazionalità giapponese. Incapace di relazionarsi completamente col prossimo. Pochi amici. Nessuna ragazza. Anche se a volte sentiva di essere particolarmente vicino a qualcuna di esse


Shinji Ikari, amico di Toji Suzuhara.

Shinji Ikari  amico di Kensuke Aida

Shinji Ikari attratto da Asuka Soryu

Shinji Ikari attratto da Misato Katsuragi

Shinji Ikari attratto da Rei Ayanami.

Quindi da un solo Shinji Ikari adesso si sono creati molteplici Shinji Ikari. Tutti ambivalentemente Shinji Ikari ma non esattamente Shinji Ikari

Veri e allo stesso momento verosimili.

Ma questo ancora non bastava a definirlo completamente

Allora cos’era davvero Shinji Ikari?

“Stupishinji” Come lo chiamava lei. Gli piaceva essere chiamato così, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Una sensazione di intimità e complicità

“Shinji kun” . Questo gli dava uno strano senso di sicurezza e di affezione. Gli piaceva anche questo

“Ikari”. Questo era freddo, ma solo in apparenza. E gli piaceva. Gli piaceva perché proveniva da una persona che era come lui. E in quel nome, sapeva di essere compreso e capito.

Si stava avvicinando. Avvicinando a quello che era realmente. Ma ancora mancava qualcosa

Chiuse gli occhi.

Un enorme volto mostruoso con un lungo corno sul viso, di colore viola, gli apparve quasi a voler imporre la sua imponente presenza nella sua memoria

Third Children

Sua altezza l’Invincibile Shinji

“Sei stato bravo…Shinji”

L’unicità. Il suo essere unico. Il suo essere necessario. Il suo essere in grado di fare qualcosa che altri non possono

Lodi. Quelle che gli avevano sempre negato per la sua mediocrità

Attenzioni. Che da sempre non gli erano rivolte per via delle sue insicurezze

Invidie. Che non aveva mai avuto il peso di sentire sulla propria pelle poichè mai si era realmente esposto nell’esprimere le sue potenzialità

Essere pilota di un Eva. Essere l’unico in grado di proteggere l’umanità dagli attacchi degli esseri che noi chiamiamo Angeli.

Nostri nemici. Esseri dai nomi celesti.

Bugia….Kaworu non era un nome celeste. Era un nome umano…

E lui lo aveva ucciso.

Shinji Ikari aveva ferito

Shinji Ikari avva tradito

Shinji Ikari aveva ucciso

Ucciso, ucciso, ucciso, ucciso, ucciso, ucciso, ucciso.

Eppure Kaworu era un angelo…meritava di morire…perché altrimenti saremmo stati noi tutti a morire al posto suo

Assassino

Eppure Kaworu gli aveva mentito…Aveva detto di volergli bene eppure gli aveva voltato le spalle. Meritava di morire

Assassino

Eppure Kaworu aveva chiesto di essere ucciso….e lui non aveva colpa…aveva solo esaudito quel suo desiderio

Assassino

Assassino, assassino, assassino, assassino, assassino, assassino.

Non importa quante scuse accampasse, quanti motivi cercasse.

Lui aveva ucciso

….e gli era piaciuto

Gli era piaciuto conficcare il prog knife nel nucleo pulsante di Shamshel

Gli era piaciuto perforare l’indistruttibile corazza di Ramiel

Gli era piaciuto scaricare ogni singolo colpo di fucile sul corpo di Matarael

Gli era piaciuto sventrare dall’interno la sferica figura di Leliel

Gli era piaciuto smembrare pezzo per pezzo la carcassa inerme di Bardiel

Gli era  piaciuto divorare ogni piccolo brandello di carne di Zeruel

E infine….gli era piaciuto stringere ….stringere fino a….

….Kaworu…

Si era sentito potente….potente come un Dio….

…Kaworu

La sua vita…nel palmo della sua mano…

…Kaworu…

Era Kaworu a dover sopravvivere. Perché era una persona molto migliore di lui

Ma presto avrebbe corretto quell’imperdonabile errore.

Era Kaworu a dover sopravvivere. E infatti sarebbe morto lui. Com’era giusto che sia

La spiaggia. Dove lo aveva conosciuto la prima volta. Ancora ricolma di ruderi, macerie, edifici crollati. Abbastanza alti da permettergli di compiere l’ultimo salto.

Kaworu Nagisa….Kaworu della Spiaggia…e su quella spiaggia sarebbe tornato da lui…Avrebbe ripagato il suo debito

“E con questo il mio debito è saldato”

Asuka?

No…lui non era stato in grado di aiutare Asuka….quindi non era giusto che il pensiero di lei lo potesse salvare

Avrebbe saltato. E sarebbe finito tutto

Cercò di arrampicarsi il più in alto possibile su una sporgenza rocciosa che si stagliava come un coltello conficcato nella superficie marina, una ferita sanguinante sul volto del suo piccolo mondo

Arrancò…non era mai stato granchè come atleta…avrebbe proseguito a piccoli passi. Prima una mano che si infila in una piccola crepa…poi il piede che dal basso concede con le sue poche forze un’ultima spinta

Gli sembrò in quella salita di scalare la montagna dei suoi infiniti peccati

Tap

Mediocrità

Tap

Abbandono

Tap

Solitudine

Tap

Derisione

Tap

Fallimento

Un purgatorio…ecco cosa stava realmente scalando. Ma in cima non vi era alcuna redenzione ad attenderlo, nessun paradiso.

Solo la morte…e sperava lui, il nulla

Ecco, ci sei quasi. Un ultimo sforzo third Children.

Eccoti arrivato alla cima

Solo un attimo per riprendere fiato….per ammirare la luce del tramonto un ultima volta

Il colore rosso….

I capelli di Asuka….

Gli occhi di Ayanami…

Coloro alle quali non era stato in grado di dire parole tanto semplici


“cioè ti voglio bene”

Ancora Kaworu

Oramai aveva deciso.

Si avvicinò al limitare del baratro che dava sul mare sottostante

Abbastanza alto da ucciderlo se si fosse lanciato di testa

E si sarebbe lanciato. Perché il coraggio , almeno quello, era riuscito un po’ a trovarlo in se stesso

Ripensò ancora una volta ad Asuka e ad Ayanami…e che avrebbe tanto voluto fare l’amore con loro. Amarle ed essere amato da loro.

Ripensò a Toji e Kensuke e che, in fondo, se aveva combattuto aveva combattuto per proteggerli…

Ripensò alla signorina Misato e la ringraziò per avergli dato un valore. Per averlo fatto sentire il primo in qualcosa. E per averlo trattato come un figlio che non era mai stato

Ripensò al signor Kaji…di come lo avesse spronato, di come lo avesse consigliato. Da una parte lo odiava. Per ciò che faceva con la signorina Misato…perché nella sua testa il sesso fatto dagli altri era “sporco” mentre se lo avesse fatto lui sarebbe stato “amore”. Lo odiava per ciò che aveva fatto ad Asuka. Per averla lasciata sola. E per le attenzioni che lei gli rivolgeva. Ma un’altra parte di lui lo ammirava. Perché forse era stato l’unico ad averlo trattato come un uomo, piuttosto che come un bambino.

Ripensò a suo padre…e che nonostante tutto era stato bello sentirsi lodato da lui

L’ultimo pensiero andò infine a sua madre…e una lunga lacrima gli scese sul volto.

Era pronto ormai. Aveva salutato tutti

Aprì le braccia, immaginandosi come un angelo che dispiega le sue grandi ali. Un angelo vero, non come quelli che aveva combattuto…non come Kaworu che era fin troppo umano

Un angelo dalle bianche piume e dal sorriso sul volto

Si sporse in avanti allora, quasi fino a perdere l’equilibrio….

“Ciao!”

Rapida, improvvisa, incisiva.Una voce. Qualcuno era li. Qualcuno lo stava chiamando

“Che fai quassù tutto da solo?”

Shinji Hikari si voltò di scatto

“Allora?”

Una ragazzina gli stava adesso di fronte e non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto scivolargli alle spalle senza che lui se ne accorgesse. Avrà avuto più o meno la sua stessa età.

Capelli scuri del colore delle prugne d’estate, piccola ed esile, la cui figura ricordava in qualche modo quella di Ayanami.

Teneva gli occhi semichiusi, per via del sole che le illuminava il viso.

“io…insomma…..si io….” La bocca gli si impastò biascicando parole incomprensibili. Tutta l’apparente sicurezza di poco fa sembrava come svanita

“Come dici? Non riesco a sentirti”

La ragazza provò a farglisi più vicino

Fu allora che Shinji li notò.

Occhi. Occhi rossi.

Fece qualche passo indietro, quasi d’istinto. E sentì la terra mancare sotto i suoi piedi

Volò giù per qualche breve istante per poi cadere rovinosamente seduto col sedere per terra, facendosi schizzare tutta l’acqua salina su per la faccia e inzuppandosi tutti i vestiti.

Tossì rumorosamente per via della salsedine che gli si era infilata su per il naso mentre l’osso sacro gli faceva un male terribile per la caduta

Fece appena in tempo a riaprire gli occhi, irritati dal sale, per vedere quella strana ragazzina ridere di gusto a quel pietoso spettacolo

“Tutto bene?” disse lei trattenendosi a stento dal continuare a ridere

“Sì…credo di sì” rispose lui a voce forte

“Aspettami li allora, che scendo subito. Comunque non ti sembra un po’ troppo bassa l’acqua per fare un tuffo da quassù?”

Una vampata di rossore si impadronì di lui. Era un gesto estremo quello che stava per compiere. Troppo estremo per poter essere deriso

“IO NON STAVO…” ma quelle parole, così come la sua irritazione dovuta la fatto di essersi reso ridicolo anche in quella circostanza svanirono quasi all’istante. Solo ora Shinji poteva notare che di fianco la sporgenza su cui si era arrampicato con tanto fatica, i vari detriti aveva costituito come una specie di scala che permetteva di salire con relativa facilità

La ragazzina, muovendosi agilemente da blocco in blocco fu a terra nel giro di pochi secondi

Baldanzosa comincò a saltellare verso di lui, ancora con quel radioso sorriso sulle labbra. Appena gli fu abbastanza vicina gli porse la mano

Shinji guardò nuovamente i suoi occhi.

Non erano affatto rossi, anzi. Erano di un verde smeraldo, resi rossi dal riflesso del sole

“Comunque io sono Hikari Nokibo…molto piacere!”

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Ricerche - Incontri ***


 Il ticchettare delle sue dita sulla tastiera e il rumore delle ventole di areazione erano le uniche voci che lo avessero accompagnato durante quelle lunghe ore di veglia e di lavoro notturno. Non che potesse evitare di fare altrimenti. Era già un miracolo che fosse riuscito a conservare il posto, dopo i ripetuti rimproveri del comandante Ikari. Nulla che il suo austero superiore avesse da eccepire sulle sue capacità, sia ben chiaro.Era la professionalità che lasciava alquanto a desiderare.

“Yawn….ma quanto ci mette Mayachan ad arrivare….”
 
Con un sonoro sbadiglio, il ragazzo si distese all’indietro sulla sua sedia, stiracchiando un po’i muscoli e la schiena , tesi in una scomoda posizione ricurva da ormai almeno un paio d’ore in quella stanza buia, illuminata solo dall’alternarsi del verde, del rosso e del nero dei due monitor che aveva di fronte

“Hmm vediamo un po’…forse aumentando il reflusso….oppure la percentuale salina….No, no è qualcos’altro….”

Erano pochi i problemi che non rusciva a risolvere…e quello era uno di quei casi.

Certo è pur vero che se l’era andata a cercare…Erano stato lui a scoprire che minime variazioni di minerali nella composizione dell’LCL potevano far variare sensibilmente il tasso di sincronia…ed era anche lui che aveva sbandierato davanti a tutta la commissione quanto le sue capacità fossero 10 volte superiori a quelle della dottoressa Akagi…anche se aveva spudoratamente mentito.

Così come aveva spudoratamente mentito riguardo improbabili teorie riguardo il miglioramento della capacità combattiva della serie degli Eva. Certo si era oltremodo stupito quando le sue affermazioni erano state prese così tanto sul serio…d'altronde in base ai dati che gli erano stati trasmessi, gli Angeli erano stati tutti definitivamente sconfitti, dal primo all’ultimo…Questo ovviamente fino a pochi giorni prima…

“Uff…non ci capisco niente…come avrà fatto la dottoressa Akagi a lavorare in una situazione del genere…”

Molti lo avevano definito come una specie di genio.Laureato da poco più di due anni e e già alle dipendenze di una delle multinazionali più ricche e potenti al mondo…anche se per ovvie ragioni non tra le più famose.

Seele…gli dissero che si chiamava così.

E quanto aveva gioito quando, previa prematura deposizione della dottoressa Akagi, era stato inviato come nuovo supervisore del reparto tecnologico dell’Agenzia speciale Nerv.

“È sicuro di riuscire ad apportare le sue modifiche in tempo?”

“Signorsì Comandante Ikari. Mi dia un mese…anzi che dico, una settimana!”

Ecco, se c’era un difetto che sicuramente aveva, era quello di parlare troppo e quasi sempre a sproposito.In realtà più che scienziato geniale lo si poteva definire un geniale contapalle.

Tap, tap, tap. Un lieve rumore di passi...amplificati dall’eco del vuoto e angosciante corridoio metallico che antecedeva il laboratorio di sperimentazione e ricerca. Rumore di passi, seguito da un rumore più regolare, come lo strusciare di un carrello.

“Hmm, magari è un problema di pressione? O di diluizione? Certo che avrebbero potuto almeno darmi qualche straccio di base su cui lavorare…Senza effettuare neanche un test pratico come potrei…”

“Kitsune-senpai?”

Una voce di donna interruppe quelle elucubrazioni ad alta voce.

“Oh Maya-chan. Eccoti finalmente.”

Senpai…quella parola le suonava stranamente familiare, eppure distante di una distanza infinita. Senpai…

“Le ho portato i dati di combattimento riguardanti gli scontri con gli Angeli numero 3, 4, 6, 9 e 14.”

Lo sguardo del ragazzo, ancora indolenzito per il brusco passaggio dallo schermo alla ragazza che stava alle sue spalle ci mise un po’ a focalizzare quanto ora gli stava di fronte.Poi, quando la pupilla fu abbastanza dilatata da percepire perlomeno le sagome di quello che stava mettendo a fuoco un sorriso di soddisfazione gli nacque sul volto stanco per il duro lavoro.

“Maya-chan io ti adoro! “

Il giovane balzò come un gatto dalla sua sedia e le si precipitò incontro , abbracciandola

“Mia salvatrice. Mia delizia. Mia dea. Oh quanto sei bella, fatti abbracciare”

La povera ragazza, evidentemente nn abituata a tali dimostrazioni così…esplicite di affetto, si lasciò scappare un brontolio di dissenso(o di soffocamento per la troppa foga dell’abbraccio)

“Mi sta…già abbracciando a sufficienza signore…coff coff”

“Mia diletta, mia preziosa, mia unica fonte di speranza”

“Signore coff…mi sta…mi sta soffocando”

“Mia musa, mia adorata, mia …”

“SIGNORE MI LASCI”

A quella così vigorosa risposta il ragazzo lasciò quasi istantaneamente la presa.


“Ops…scusa Mayachan”

La giovane donna riprese momentaneamente fiato.

“E si ricordi che questa è l’ultima volta. Ci è proibito portare dolci all’interno dei laboratori figuriamoci…un intero carrello”

“Suvvia, suvvia Mayachan. È solo che senza qualcosa di zuccherino da mettere sotto i denti non riesco a concentrarmi come vorrei. E poi lo sanno tutti che a pensare troppo si spendono molte energie”

“Questo però non la autorizza a mangiare durante l’orario di lavoro….e soprattutto a coinvolgere altri membri del personale…mi sento una ladra…

“Oh andiamo per così poco. Sarà il nostro segreto.D’accordo Mayachan?”

Il ragazzo sorrise e chiuse l’occhi destro in segno di intesa.

“Il nostro segreto…”

Quelle parole le suonarono strane…le suonarono..sporche

Lei aveva una sola senpai...e un solo segreto…ed ora che aveva una nuova persona da chiamare senpai,ed ora che aveva qualcun altro con cui condividere segreti si sentiva come una…traditrice…

Quegli strani pensieri però, le morirono non appena ebbero il tempo di emettere il loro primo vagito.

“E non si ingozzi così, perlomeno…si farà venire un’accidente”

“Antifesta…”

“Come mi scusi?”

“Nulla, nulla. E comunque smettila di darmi del lei, mi metti a disagio. Infondo abbiamo la stessa età”

E infatti era vero. Anche se a guardarlo gli si sarebbero potuti dare molti anni di meno.

“mmm ti sei ricordata anche i daifuku alla fragola…e anche quel coso a forma di fungo con i pezzetti di cioccolato…”

“Credo si chiamino Muffin, signore”

“Esatto, brava brava.” Ebbe il tempo di dire lui, prima di comnciare a riempirsi la bocca con uno di quei dolci

La giovane ricercatrice nel vedere quello strano spettacolo ( ma lo si potrebbe definire anche piuttosto grottesco, data la voracità di quello che era a tutti gli effetti il suo nuovo superiore)  appoggiò la fronte contro il palmo della mano destra e tirò un sospiro di rassegnazione

“Almeno come procedono i lavori per lo sviluppo dele nuove unità Eva?” chiese lei

“Oh non procedono affatto.” Rispose lui con sincerità disarmante

L’espressione di Maya si fece alquanto preoccupata

“Come dice?” ripetè lei, quasi a volere essere sicura di aver capito bene

“Ho detto che non procedono. Nada. Nisba. Niente di niente”

Se fossimo stati in un cartone animato quella sarebbe stata la parte dove una metaforica gocciolina si sarebbe come per magia materializzata sulla testa della ricercatrice. Tentando di contenere quella che accennava a diventare una sfuriata di rabbia, la giovane dai corti capelli tentò un’ultima volta di far breccia in quella sorta di indolenza che contraddistingueva quel suo nuovo bizzarro collega

“Mi scusi senpai…ma ci dovrà essere stato un qualche minimo miglioramento…”

“…direi proprio di no” continuò imperterrito il ragazzo, mentre teneva tra le punte dell’indice e del pollice una bella fragola matura, rubata dalla cima di una torta”

“I miglioramenti all’LCL?”

“Zero”

“L’upgrade del magi system e dei sistemi di difesa?”

“Ancora zero”

“Le modifiche alla corazza e all’equipaggiamento degli EVA”

“Ehm…mi dispiace”

“SI PUO’ SAPERE COSA COMBINA INVECE DI LAVORARE?”

Era troppo. Anche per una persona all’apparenza timida come lei. La sua amata senpai era stata cacciata in malo modo e al suo posto avevano mandato questo sconosciuto con la mania dei dolci. Senza darle nemmeno il tempo di “metabolizzare il lutto”

Il giovane scienziato balzò all’indietro con la stessa velocità con cui si era avvicinato

“Geez…scusami Mayachan…ma daltronde c’è poco che posso fare con tutti e tre i piloti in stato di irreperibilità”

Afferrato l’ultimo daifuku tornò a sedersi a gambe incrociate sull’enorme sedia che dava sulla sua scrivania, cercando di rannicchiarsi il più possibile in modo da entrarci tutto. Nonostante mangiasse continuamente dolci era piuttosto magro, a dire la verità. E anche piuttosto belloccio, se si fosse degnato di darsi una pettinata ai capelli e si sforzasse di indossare abiti un tantinello più eleganti di una felpa di una taglia più grande e di un pantalone che gli scendeva fino a sotto i piedi

Maya tentò di calmarsi. La sua senpai l’aveva istruita personalmente. Se quella sottospecie di scienziato si fosse sottratto ancora una volta alle sue competenze se ne sarebbe occupata lei. D'altronde il tempo a disposizione era fin troppo esiguo per poter battibbeccare su quelle insolite abitudini. Avrebbe fatto rapporto al comandante. Avrebbe fatto cacciare quell’incompetente e lo avrebbe pregato di ripristinare la dottoressa Akagi al proprio posto. Avrebbe…

“Mayachan…quali hai detto che sono le condizioni del Second Children?”

“È in uno stato di coma vigile, signore. Nessuna risposta a stimoli esterni” rispose immediatamente lei, quasi come se il sentirsi rivolgere una domanda avesse annullato tutti i suoi propositi

       “Il First?”


“Indisponibile, per ordine del comandante Ikari”

“Il Third?”

La ragazza si fece improvvisamente più cupa di qunto non già fosse

“….beh ecco lui….si rifiuta di salire di nuovo a bordo dell’EVA signore…”

…………..

………….

Il ragazzo con fare distratto cercò di arrivare con la mano a prendere una tavoletta di cioccolato sullìala estrema della sua scrivania. Ne staccò un pezzo e lo tenne stretto tra i denti,senza masticarlo

“È un bel problema Mayachan…”

“Lo capisco, signore”

“E basta con questo signore. Chiamami Taro va bene.”

“D’accordo signore…Taro”

Non era tanto il fatto che avesse preso il posto della sua adorata senpai ad infastidirla. Quello che non poteva sopportare era il modo in cui la trattava. Perché era dalla precedente propietaria di quella scrivania, che avrebbe voluto sentirsi rivolgere tali parole.

………….

………….

“Signore?

“Si Mayachan?”

“Quanto tempo ci rimane…”

“Guarda tu stessa”

Il ragazzo cominciò ad armeggiare con la tastiera davanti a lui. Lo schermo nero di uno dei monitor mutò improvvisamente faccia, mostrando e svelando a Maya la risposta alla domanda da lei appena pronunciata

“È…è spaventoso”

“Già…”

“Le immagini sono in tempo reale?”

“Appena un decimo di secondo di differenza…”

“Quanto tempo ci rimane, secondo lei?”

“Tre giorni al massimo”

“Solo tre giorni?”

“Tre giorni, 5 ore 37 minuti e…21 secondi in questo istante.”

La giovane donna dai corti capelli abbassò lo sguardo, in un gesto che esprimeva mesta rassegnazione. Rimirando con la coda dell’occhio lo schermo di fronte a lei quasi si sentì mancare, accusando forse,un lieve giramento di testa dovuto al troppo lavoro.

“Che senso ha avuto….sopravvivere fino a qui…”

La voce le uscì come uno smorzato sospiro, che morì pochi passi più lontano dalle sue labbra

Il ragazzo le lanciò una fugace occhiata di condiscendenza.

“Sopravviviamo perché sentiamo il bisogno di farlo…non deve esserci per forza una ragione dopotutto”

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 


Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese. Suicida mancato.

Ecco un’altra descrizione da aggiungere a quelle già fatte in precedenza

“Allora, mi vuoi dire cosa ci facevi lassù tutto da solo?”

Rimase come inebetito davanti alla mano tesa di quella ragazza che adesso lo stava aiutando a rialzarsi. Imbarazzato, sia per la magra figura fatta poco prima( c’era da dire che il tuffo che aveva fatto non era stato certo uno dei più aggraziati), sia per l’imbarazzo di avere pantaloni e camicia zuppi d’acqua mischiata a sabbia, tentò di evitare lo sguardo della sua interlocutrice il più a lungo possibile.

C’era una cosa sola che spaventava Shinji Ikari più di quanto già non lo spaventasse il rapportarsi con le altre persone…Era il rapportarsi con le persone che avevano effettivamente l’intenzione di relazionarsi con lui

Nonostante tenesse lo sguardo basso cercando di evitare qualsiasi contatto, gli occhi di lei lo incalzavano incessantemente, cercando risposta

“Allora? Ce la fai a parlare o ti sei morso la lingua cadendo?”

“No…insomma…io”

“Bene sai parlare allora! Io sono Hikari come ti dicevo. Tu?”

“Shi…Shinji. Shinji Ikari”

La ragazza lasciò schiudere sul suo volto un altro luminoso sorriso.

“Shinji, eh? È un bel nome. Mi piace. E credo che mi piaccia anche tu , Shinji”

Il ragazzo arrossì quasi inconsapevolemente. Non era abituato a ricevere complimenti di quel genere. Beh, era più corretto dire che non era abituato a piacere a qualcuno

“Che c’è? Ho detto qualcosa che ti ha offeso?” domandò lei , accortasi del suo rossore

“No…no non è…”

“Stupida, stupida, stupida” interruppe la ragazza, picchiandosi leggermente sulla fronte “ Mi dispiace tanto.È che sono nuova di questo posto e non conosco ancora bene tutte le vostre usanze.Stupida, stupida, stupida”


“Davvero non importa se….”

“È che mi sono appena trasferita, capisci? E qui è tutto così strano…”

“Non sei giapponese?” chiese lui

“Oh no. O meglio, non del tutto. Senti ti dispiace se camminiamo? Sta cominciando a fare buio e dovrei rientrare a casa. Anzi sai che ti dico, perché non vieni a dormire da me?”

Se Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese arrossiva con tonalità che variavano da un rosa chiaro a un rosso acceso per un singolo complimento ricevuto provate a immaginare un colore che sia tanto forte da essere accostato a un invito del genere

Tentando inutilemente di biascicare qualcosa (un vano tentativo di resistenza), Shinji provò a addure qualcosa in sua difesa

Difesa che fu prontamente smontata dall’irruenza di quella strana ragazza

“oh ma guarda ! Ti si sono strappati i pantaloni”

Solo ora Shinji si accorse di avere gli occhi di quella ragazza puntati sul suo sedere.

Il tessuto nero del pantalone , attraverso un vistoso squarcio, lasciava intravedere il giallo canarino dei suoi boxer.

Con un gesto visibilmente imbarazzato il ragazzo provò a coprire quello strappo con le mani, come meglio poteva.

“MA COSA CREDI DI FARE?” inveì lui ancora rosso in volto

“Oh scusa, ti ho offeso ancora? Non volevo, mi dispiace. Stupida, stupida stupida”

Tentando di impedire a quella bizzarra ragazza di colpirsi di nuovo ripetutamente sulla testa, Shinji protese le mani in avanti, ancora visibilmente imbarazzato

“No, no, non mi sono offeso…adesso smettila però”

La ragazza lo guardò con occhi mortificati

“Davvero?”

“Davvero”

“Allora va bene”

La ragazzina chiuse gli occhi e assunse un espressione di innaturale felicità

Questa volta Shinji non se la sentì più di non ricambiare quel dolce sorriso

 

 

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Capitolo 4
*** Risvegli ***


“Mamma…ti prego, mamma guardami”

Ma sua madre non la guardava…Non poteva guardarla…perché lei era morta

Per colpa sua

Così continuava a ripetersi. Perché era stata colpa sua. Perché non era stata abbastanza speciale dal distoglierla dal suo lavoro. Non era stata abbastanza speciale da poter essere guardata.

Abbastanza speciale da distoglierla da quella stupida bambola che aveva preso il suo posto

“Sembra che riversi tutte le attenzioni su quella bambola credendo che sia la figlia. Un modo per rimediare al senso di colpa per averla sempre trascurata”

Li aveva sentiti. I medici. Quegli stessi medici incapaci che non erano mai stati in grado di aiutare sua madre

E aveva sentito anche loro…suo padre…e quell’altra…quella estranea.

Li sentiva…mentre sua madre era distesa su quel letto d’ospedale…li sentiva mugolare di squallido, lurido piacere carnale, nell’ufficio accanto…Mentre sua madre lentamente moriva ogni giorno che passava

Li odiava. Li odiava tutti. E lo aveva ripetuto fino a perdere ogni singolo filo di voce

Suo padre…sua madre…se stessa….Li odiava

Ma più di ogni altra cosa…lei odiava le bambole

“Mamma perché non mi guardi?”

No, sua madre non la guardava…e forse è stato meglio così dopotutto.

Avrebbe potuto esserci lei appesa a quel soffitto d’ospedale, con una corda attaccata al collo

“Si è impiccata…assieme alla bambola”

Sua madre era morta….e questa volta non ci sarebbe voluto uno stupido medico a spiegarle quanto era successo. Perché lei era lì…perché lei aveva visto tutto

“mamma ti prego non uccidermi!”

Ma sua madre non aveva alcuna intenzione di ucciderla…perchè per lei non era nessuno. Non era sua figlia. Non era la sua bambina…Lei era semplicemente “quella signorina laggiù” che veniva a farle visita ogni maledettissimo giorno

Ed era questa la cosa che le faceva più rabbia…Essere ignorata…essere trascurata…non valere niente…

Infondo era più simile a Shinji di quanto non volesse ammettere

Shinji? Shinji sei qui?

Ma Shinji non c’era…non c’era mai stato

Lui non la capiva. Lui non la comprendeva. Lui non la considerava. Lui non la…

Amava?

Già, lui non l’amava. Eppure ce l’aveva messa così tanto per farsi amare da lui…

Possibile che non avesse capito?

Si era infilata nel suo letto…la notte prima della battaglia…sapeva benissimo che lui non si era ancora addormentato…sapeva benissimo che stava fingendo…così finse anche lei

Finse di non accorgersi che le sue labbra si stavano piano piano avvicinando….finse di non sentire il suo dolce respiro sulla propria pelle…il calore del suo corpo vicino al proprio…

E in quel momento le tornò in mente sua madre….

Pianse…Dio se pianse…

Ma lui non la consolò…non le passò un bracciò attorno alla spalla, non la abbracciò scaldandola con il proprio tepore…

Si accontentò di dormire per terra, come un bravo ragazzo…Non sapeva se essere felice di quel gesto, o se essere furiosa.

Poi ancora, nei condotti di areazione della base…o in piscina…

Si era comprata addirittura quello sciocco costume a righe rosse e bianche…

Che stupida

E poi…il bacio

Perché sapeva benissimo che Shinji non aveva mai baciato nessun’altra ragazza prima di lei ed era questo quello che lei voleva essere...La prima.  Sempre e comunque la prima…la prima in tutto…anche in quello

Finse di nuovo

Finse che quel bacio non le fosse piaciuto, finse di non aver sentito il suo cuore battere pù forte a ogni suo passo, a ogni millimetro che le sue labbra coprivano prima di raggiungere quelle di lui.

Era stato….era stato…

Meraviglioso

Dio se le era piaciuto

Ma c’era davvero qualcosa che non le piacesse di quel Baka di Shinji Ikari?

Eppure lui non aveva capito…e nella sua cecità, nel suo egoismo…la aveva superata

Asuka Soryu Langley, tasso di sincronia 51, 83%

Shinji Ikari, tasso di sincronia 52, 04%

52,04

52,04

52,04

52,04

52,04

52,04

Battuta

52,04

52,04

52,04

Umiliata

52,04

52,04

52,04

52,04

Sostituita…


Sostituita di nuovo. Per l’ennesima volta. E per giunta proprio da lui…

“You are number one”

Così aveva detto Misato. Sei il numero uno. O lo aveva detto la mamma?

Già la mamma…le mancava la mamma…Anche se faceva di tutto per nasconderlo

Eccola di nuovo lì…in quel lettino d’ospedale…sdraiata con lo sguardo perso nel vuoto

Eccola lì…che tiene in braccio la sua….

Un momento…

Cos’è quello?

Cosa sta tenendo in braccio??

Non era una bambola…era una bambina!!!

CHI DIAVOLO STA TENENDO IN BRACCIO?

Quei capelli…quegli occhi..

LA FIRST

Lasciala maledetta! Lascia andare la mia mamma!

Lasciala maledetta bambola!

Ma la bambina dai capelli turchini continuava a sorridere dall’altra parte del vetro

La guardava….la derideva.

“Lei è mia adesso….è la mia mamma….lei non ha più bisogno di te….Asuka è seccante….Asuka non è più utile….”

Lasciala schifosa bambola!

LASCIALA!

Gridava la piccola Asuka…gridava e la voce non usciva…non le obbediva….il suo Eva non si muoveva…lei era…inutile

“Ma non sono io ad essere una bambola….” Sussurrò malignamente quella bambina….”La bambola….sei tu”

Asuka guardò il proprio corpo con orrorre.

Le sue braccia e le sue gambe erano diventate di pezza, al posto dei suoi occhi vi erano messi due squallidi bottoni scoloriti, i suoi capelli erano diventati stringhe di stoffa e la sua bocca sembrava come ricucita da filo spinato…

Provò ad urlare…ma la bocca era serrata, le labbra sigillate….gocce di sangue cominciarono a sgorgarle da quelle labbra fantoccio, mentre altre lacrime rosse scorrevano lente dagli occhi-bottone.

Una corda le si attorcigliò attorno al collo, stringendola. Piano piano cominciò a sollevarsi da terra, sentendosi soffocare

La First continuava a guardarla con i suoi grandi occhi rossi e mai, ripeto, mai le era sembrato di vedere uno sguardo così intriso di assoluta perfidia e malvagità

“Vieni mamma…gioca insieme a me…”

la piccola bambina estrasse da sotto le lenzuola un’altra corda e cominciò a passarla attorno al collo della giovane donna

LASCIALA STARE. LASCIALA STARE

Ma Asuka non poteva urlare….perché Asuka era morta.

La corda si strinse attorno al collo di sua madre….e potè sentire chiaramente un sonoro CRACK provenire dall’altra parte del letto

Urlò ancora….ma la voce continuava a non uscire

Così pianse…almeno quello poteva farlo.

………………………….


……………………………..


…………………………………..


……………………………………….

 

…………………………………………..

 

“Reagisci…”

Cos’era…?

“Reagisci…”

Cos’era?”

“Reagisci”

CHI era?

Una voce?

Non è possibile…nessun poteva sentirla…non laggiù…non in quel luogo

Luogo? Dove…dov’era?

Che posto era quello?

“Svegliati…per favore svegliati”

Si voltò, cercando quella voce

Un locale….ma dove


“Signore e signori….un attimo di attenzione prego”

il signor Kaji? Era il signor Kaji quello?

Si era lui…non c’era dubbi. Ma cosa ci faceva vestito in quel modo? Come quella sera , quando tornò a casa riaccompagnando Misato che era ubriaca fradicia.

Un momento….

Cosa ci faceva LEI vestita in quel modo?

Aveva indosso un lungo abito da sera, che le scendeva lungo tutto il corpo con una leggera spaccatura che lasciava intravedere la gamba sinistra…era bianco e contornato di piccoli brillanti screziati…

E non solo lei…anche Shinji aveva indossato un abito di gran classe. Nulla a che vedere con quelle pulciose magliette che indossava quando erano a casa…

Oddio, ma era Shinji? Cosa ci faceva lì…

E Misato, la dottoressa Akagi, il comandante Ikari…Hikari, i due del trio degli stupidi…addirittura la First.

Erano tutti lì, in abiti da gran cerimonia

Ma dov’era quel posto?

Le sembrava uno di quei locali da piano bar, in classico stile anni 30…ci era andata una volta col signor Kaji quando…

Ecco come si chiamava…Closer than Heaven…

A Berlino…

“Un attimo di attenzione signori e signore. Eccoci arrivati a presentare il momento culmine della serata”

Era davvero bello il signor Kaji in veste di presentatore…

“Sono lieto di presentare la stella del Closer than Heaven…”

Lo aveva mai amato? Si, forse, per un periodo…perché si prendeva cura di lei…perché la guardava…sarebbe voluta poter diventare subito adulta per lui…per potergli piacere…ma in verità sapeva…che in fin dei conti anche se lei voleva tanto crescere…quello rimaneva l’amore di una bambina…

“…è con grande onore che vi presento…”

Una bambina…non come Misato…Che glielo aveva portato via…con il suo corpo di donna…le sue voglie di donna…il suo profumo di lavanda e le sue scarpe coi tacchi. Ma era davvero andata così…? no è lo sapeva…Non si può recriminare di aver perso qualcosa che nn ci è mai appartenuto. Non si…

“…Miss Malahidael…”

Malahidael? Conosceva quel nome…anche senza mai averlo sentito prima…

Uno scrosciante sciabordio di applausi coprì il suono della camminata di quella che ad Asuka sembrò essere la creatura più bella che abbia mai potuto calpestare questa povera terra.

Era bellissima, molto più di lei…e non ebbe vergogna, né provò umiliazione ad ammetterlo

Alta, dai lunghi capelli neri che scendevano lisci quasi fino a toccare terra, con indosso un lugno abito da sera identico al suo, soltanto che era di un profondo blu scuro.

La donna si avvicinò a Kaji che le porse il microfono con la quale la aveva annunciata

“Grazie mille Ryoji kun. È un onore per me poter essere qui stasera”

“Con cosa ci delizierai stasera, mia signora?”

La donna sorrise, di un sorriso che Asuka aveva visto solo in qualche iconografia sulle pareti delle chiese di Berlino

“Una canzone molto speciale Ryoji kun. Ho appena finito di comporla e devo dire di essere un tantino emozionata”

“Suvvia suvvia” la rassicurò Kaji  “ Siamo certi che ci regalerai una esibizione indimenticabile come al solito”

“Lo spero tanto”

“Allora? Come si chiama questa tua nuova canzone?”

“Si chiama Suicida d’Amore. Parla di un amore impuro, peccaminoso, non voluto dal cielo”

Kaji si lluminò in volto

“Oh, un amore peccaminoso.Ed è una canzone autobiografica?”

“Diciamo che è dedicata a una persona speciale”

“Una persona speciale? Dicci di più”

la donna sorrise di nuovo

“Pretendi troppo Ryoji kun”

“Ah ah…d’accordo allora. Beh ho parlato fin troppo. Ti lascio il pubblico.”

Dett questo Kaji si defilò con eleganza al di sotto del palcoscenico,con un grande inchino, scendendo appena i tre gradini che lo rialzavano dal pavimento

“Grazie Ryoji kun.”

La ragazza si schiarì un po’ la voce

“Luci per favore. Dedico questa canzone a un piccolo angelo impuro che mi ha fatto battere il cuore. Una piccola figlia della luna nera dagli occhi tristi e dal carattere fiero. Questa è per te…”

Si guardarono per un istante e in quell’istante Asuka capì che quelle parole erano rivolte a lei. Poi la donna chiamata Malahidael cominciò a cantare

“Perché mai dovrei provare vergogna

Quando forte invoco in tuo nome

Ti prego amore mio non liberarmi da questa prigione

Lasciami schiava, ma accanto a te

E  se anche vorrai farmi del male

E se anche vorrai spezzare queste mie ali

Io sarò sempre vittima del tuo incantesimo

Di notte quando sei sola nel tuo letto

Ti sento piangere  e vorrei morire

Anche se a volte mi sembra di odiarti

E vorrei umiliarti e dare a te tutte le colpe

Lo faccio solo per il troppo amore che sento di provare

Oh, l’amore stesso è innocente come lo sono le rose di primavera

Quanto vorrei che questo amore  potesse portarci via, solo io e te

E l’amore stesso è così lebile come la fiamma di una candela persa nel vento

Ed è avido e sporco proprio  come il peccato

Io resto Sola…e folle…per te io sono una Suicida d’Amore

E l’amore stesso è così lebile come la fiamma di una candela persa nel vento

Ed è  di un bianco puro…proprio come il peccato


E mentre quelle parole sembrarono come cullarla come una splendida ninna nanna qualcosa di luminoso e accecante le sembrò apparire e dipanarsi davanti agli occhi

 

 

 

 

 

 

 

Cos’era questo rumore….questo bip incessante.

Cos’era quel tubo sul suo braccio destro?

E quelle ventose su tutto il suo corpo

Odore…odore che aveva imparato a conoscere bene…e che avrebbe voluto dimenticare per sempre

Odore sterile. Odore di niente. Odore d’ospedale

Dopo tanto tempo Asuka Soryu Langley era di nuovo sveglia

“Che schifo…”

Fu tutto quello che riuscì a sussurrare prima di addormentarsi di nuovo in un sonno, questa volta, ristoratore.

 

 

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