Crescere insieme

di Bishoujo Tensai Madoushi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ma io non ti lascio andare ***
Capitolo 2: *** Sacrificio ***
Capitolo 3: *** Confronto ***
Capitolo 4: *** Indecisione ***
Capitolo 5: *** Capirti ***
Capitolo 6: *** Sweet Child of Mine ***
Capitolo 7: *** Families ***



Capitolo 1
*** Ma io non ti lascio andare ***


“Per caso stai andando da qualche parte

Ripubblico questa fic, precedentemente immessa in EFP su un profilo creato nuovo quando non riuscivo più ad entrare nel sito attraverso il mio.

Ho segnalato OOC perché a volte i personaggi sono più “drammatici” di come presentati nella serie anche se ho cercato di attenermi comunque ai loro caratteri originali.

Buona lettura!

 

 

 

“Per caso stai andando da qualche parte?”

 

Mi appoggiai allo stipite della sua porta, fissandola con gli occhi stretti. Sapevo che sarebbe successo, prima o poi. Anche se speravo sarebbe stato poi.

 

Stava scappando. Scappava da me.

 

Ricambiò il mio sguardo, accigliata, forse anche vagamente arrabbiata. “Ma che dici…” mi rispose come se avessi preso un granchio, come se fosse uno dei momenti di stupidità che a volte mettevo in atto a suo uso e consumo. Solo le guance che iniziavano a imporporarsi tradivano le sue reali emozioni. Beccata, diceva il rossore sul suo volto. Beccata, dicevano le spalle, rigide.

 

“Lina…” sussurrai. Avevo voglia di baciarla con violenza, di fare l’amore con lei fino a farle gridare il mio nome eppure non potevo. Non osavo neanche toccarla in quel momento. Non dopo che aveva deciso di dormire in una stanza separata dalla mia, come non succedeva dai primi anni dei nostri viaggi.

 

Non che mi avesse degnato di una spiegazione, era semplicemente entrata nella locanda e aveva chiesto due camere separate. Poi ci si era chiusa dentro senza cenare, dicendomi di lasciarla in pace, che aveva delle cose da fare. Era da quella stessa mattina che mi rivolgeva a malapena la parola. Mi sembrava avessimo fatto mille passi indietro… ma avevo deciso di non assillarla, nonostante l’ansia crescente che mi attanagliava il petto.

 

Da quando avevamo aiutato Pokota, il nostro rapporto si era evoluto, soprattutto fisicamente. Dopo la battaglia contro Fibrizo, Lina mi teneva lontano in tutti i sensi. Avevo avuto paura che mi avrebbe abbandonato in una qualche locanda, di notte. Sembrava sempre pensosa e impaurita. Poi pian piano si era sciolta di nuovo, aveva di nuovo cercato il mio appoggio, la nostra “relazione” si era rinsaldata, assestandosi su un nuovo livello. Erano iniziati i baci, rubati nelle ore notturne quando Amelia e Zel dormivano, durante il crepuscolo, quando eravamo in viaggio, nei granai, sulle zattere di fortuna, nei boschi. Avevo lasciato a lei la decisione sui tempi, l’avevo lasciata capire ed esplorare, senza mai forzarla. E solo Ceiphied sa quanto a volte sia stata dura. Ma per lei avrei fatto di tutto.

 

Ero il suo partner, la sua guardia del corpo. Ero i suoi occhi quando ne aveva bisogno, il suo braccio quando serviva, il suo punching ball quando era arrabbiata, il suo clown quando aveva bisogno di ridere. Lei per me era tutto. Non riuscivo neanche a ricordare quando mi ero innamorato di lei. Per lei avevo affrontato le avventure più pericolose, per lei avevo rischiato la vita, per lei…

 

Eppure a distanza di pochi mesi eccoci qui, nel cuore della notte, con Lina che impacchetta le sue cose e cerca di fuggire.

 

Ma cara Lina, io non ti lascio andare via da me. Non così, non senza una parola.

 

Perché me lo devi. Perché Lina non scappa. Lo dici sempre.

 

“Di cosa hai paura, Lina?” sussurro e lei abbassa gli occhi, per una frazione di secondo. Poi torna a guardarmi, lo sguardo selvaggio e infuriato mentre con voce bassa e tagliente mi risponde: “Io non ho paura.”

 

“E allora perché scappi?” Le chiedo mentre lei di riflesso stringe i pugni, pronta alla battaglia.

 

“Mi stai dando della codarda?” Adesso sta urlando. E lo fa per innescare una lite, perché Lina adora il caos e le piace la battaglia. E mi risponde con una domanda, perché vuole sviare il discorso. Ma io non ci sto.

 

“Lina, io non ti lascio andare via.”

 

 

 

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Capitolo 2
*** Sacrificio ***


Mia sorella mi aveva avvertito

Mia sorella mi aveva avvertita: “Se continuerai con le tue ricerche, la tua vita potrebbe prendere una piega diversa da quella che avevi immaginato. Sarai sola, Lina. Sarai obbligata a esserlo.”

 

Da lontano, perché avevo una paura fottuta di lei, avevo alzato le spalle e osato ribattere.Per quello che mi importa. Tanto odio la gente.”

 

Ero una piccola sbruffona però non erano tutte arie le mie. Avevo una bassa stima della maggior parte delle persone. Erano ottuse.

Bastava vedere come mi trattavano… avrei potuto farli saltare in orbita schioccando le dita da quando avevo dieci anni, ero superiore alla maggior parte degli idioti della gilda di Zefiria fin da quando ne avevo dodici eppure mi trattavano con sufficienza.

Perché ero piccola di statura. Perché sembravo una bambina. Perché ero femmina.

Cheiphied, mi avevano anche assegnato il colore ROSA.

 

Ero felice di essere una solitaria. Ero felice di avere cervello e astuzia. Avrei fatto strada. Sarei stata da sola? Meglio per me.

 

Eppure un giorno era comparso lui. Il mio ideale di principe azzurro (anche se mi vantavo di stare perfettamente da sola) che poi si era rivelato essere un povero ex mercenario dal cervello di medusa dal quale non ero riuscita assolutamente a liberarmi. Mi si era incollato come una zecca… e alla fine si era preso il mio cuore.

 

Era stato quando avevo capito che si stava innamorando che avrei dovuto lasciarlo. Era grande, sarebbe sopravvissuto. Però non ero riuscita… perché anche io pian piano iniziavo a provare qualcosa per lui. Forse allora avrei dovuto lasciarlo. Prima che anche il mio cuore andasse in pezzi all’idea di separarmi da lui.

 

Invece ho lasciato che mi seguisse, che affrontasse avventure sempre più pericolose, fino a quando non lo avevo quasi fatto uccidere.

 

Perché a causa del mio voler essere la migliore, avevo attirato su di me lo sguardo dei Demoni. E per arrivare a me non c’era niente di meglio che fare leva sui miei sentimenti.

 

E Gourry era stato rapito.

 

Quando LoN si era impossessata del mio corpo, quando Fibrizo era stato battuto, forse in quel momento avrei dovuto fuggire. Per il bene di Gourry. Perché lo amavo. E proprio per quello non ero riuscita ancora una volta ad andarmene. Avevo paura per lui ma invece di fare in modo che potesse vivere sano e salvo, il mio cuore traditore mi aveva costretto a restare.

 

E tutto quello che avevo trattenuto, per inesperienza, per paura… era esploso e io avevo iniziato a desiderare di più. Avevo assaggiato le sue labbra, avevo accarezzato il suo corpo e baciato le sue cicatrici. Gli avevo permesso di toccarmi e insegnarmi l’amore.

 

Ma sapevo che non poteva continuare così davvero. Mia sorella me lo aveva detto, giusto?

 

E così questa notte sono qui, mentre prendo la decisione più difficile della mia vita. Come una codarda, me ne andrò col buio, nel silenzio più assoluto.

 

Come se non fossi mai esistita, come se il nostro cammino non si fosse mai incrociato.

 

Ti libero, Gourry.

 

Soffrirai ma è per il tuo bene, te lo assicuro.

 

Io indosserò la mia maschera preferita, quella dell’indifferenza. Reciterò bene, te lo prometto, se mai ci incontreremo di nuovo non potrai fare a meno di odiarmi e anche se sarò a pezzi, saprò che grazie al mio sacrificio, tu vivrai.

 

Addio, Gourry.

 

Ti amo...

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Capitolo 3
*** Confronto ***


“Lina, io non ti lascio andare via

“Lina, io non ti lascio andare via.”

 

Sussultò leggermente alle mie parole. Mi fissava ancora, ansante e rabbiosa, con i pugni stretti. E io ricambiavo il suo sguardo, incatenando i suoi occhi ai miei, sperando in un angolo remoto della mia mente che questo potesse aiutarmi a non farla fuggire.

 

Lina sospirò e le sue spalle scesero, come se un peso insopportabile la gravasse. Mi diede la schiena e si avvicinò alla finestra, in silenzio, mentre la distanza tra noi cresceva sempre più.

 

Io, che riuscivo a leggere nei suoi pensieri, ero completamente isolato, senza idee, inerme di fronte al muro che si stava innalzando tra me e lei.

 

Io, che quel muro lo avevo già superato tra mille difficoltà. Era bastata una piccola breccia nelle sue difese ed ero riuscito a raggiungerla completamente… mentre ora…

 

“Lina…” Non sapevo cosa dirle. Ero certo di averla scoperta mentre cercava di fuggire e il suo comportamento prima e dopo questo istante me lo confermava.

C’era qualcosa di grande e di oscuro che pendeva sulla testa di uno dei due… o di entrambi. Era turbata, d’accordo, ma Lina, la mia Lina, la ragazzina cocciuta che conoscevo non mi avrebbe mai lasciato così.

 

Mi avvicinai a lei, desideroso di toccarla, di gettare un ponte tra di noi… e improvvisamente incazzato. Con lei, che si era chiusa, che mi aveva tagliato fuori.

Con me stesso, improvvisamente esitante come una vergine alla prima notte di nozze… tremante come un funambolo a metà della camminata sospeso sul vuoto.

 

Un passo falso… uno solo e

 

Deglutii dolorosamente, la gola improvvisamente stretta. Ansia, rabbia, paura.

Soprattutto paura.

 

Non potevo perderla.

 

Qualsiasi cosa la sconvolgesse era grave abbastanza da farle decidere di fuggire. Un gesto di troppo e avrebbe colto l’occasione per sparire per sempre, per iniziare una litigata clamorosa che si sarebbe conclusa nel peggiore dei modi.

 

Alla fine mi decisi, avvicinandomi in modo cauto.

 

Le misi una mano sulla testa, scompigliandole il ciuffo con delicatezza, nel mio primo gesto di amicizia e affetto nei suoi confronti. Lei non rispose né si girò.

 

“Lina, parlami.” Anche se il mio tono suonava implorante, non mi interessava. Avevo diritto ad essere furioso con lei e anche se non conoscevo il suo tormento non volevo la lite, non volevo le scuse. Qualsiasi cosa ci fosse volevo superarla con lei, all’inferno e ritorno, come tante volte le avevo promesso.

 

“Lina, non so cosa ti succede… ma tu sai che non ho intenzione di lasciarti andare via così… vero? Ti seguirei fino in capo al mondo.”

 

“Questo suona inquietante.” Le prime parole da quello che mi sembrava un secolo… e la sua voce era roca e incerta. Come se avesse appena pianto.

 

Volevo vederle il volto, asciugare le lacrime che doveva aver versato… ma non potevo. Lina era troppo orgogliosa. Era in grado di piangere in completo silenzio, per non farsi sentire. Farle capire che mi ero accorto che lo aveva fatto avrebbe creato una ferita che il suo orgoglio avrebbe mal tollerato. E la sua ironia nella risposta mi dava una piccola speranza…

 

“Sono molto testardo, quando mi ci metto.” Volevo mantenere il tono leggero. Volevo che si aprisse a me. Ceiphied, volevo stringerla forte e assorbire il suo dolore per farla sorridere di nuovo. Preferivo che mi picchiasse e mi maltrattasse ma non che mi chiudesse fuori.

 

Sbuffò, in un mezzo tentativo di risata. Mi permisi di sorridere anche io.

 

“A volte non basta, Gourry.” Sussurrò con voce nasale.

 

“Per me sei tutto… per te darei la vita, lo sai.” Si irrigidì visibilmente, il suo corpo che tradiva i pensieri. Risposta sbagliata, Gourry.

 

Lina si voltò di scatto, gli occhi rossi e asciutti, le guance arrossate. I pugni di nuovo stretti, la mascella serrata.

 

“Non ti rendi conto di quello che dici. Non hai idea di quello ti esce dalla bocca!” Ansimava mentre i suoi occhi si inumidivano ancora. “Vuoi dare la tua maledetta vita per me?”

 

“Lina, io…” Volevo rassicurarla, volevo farle capire che intendevo quello che dicevo ma che sarei stato attento… non ci tenevo a farmi fare a fette da qualche demone pazzo o simili. Ma non c’era neanche bisogno di dirlo, no? Dopotutto erano più di tre anni che viaggiavamo insieme.

 

“E quando tu avrai dato la vita per me… di me cosa ne sarà? Eh? Maledetto idiota!”

 

Mentre io rimanevo a bocca aperta, Lina aveva iniziato a piangere per davvero. Non l’avevo mai vista così. Il suo corpo era letteralmente scosso dalla violenza dei singhiozzi.

 

Mi diede un calcio sullo stinco così forte che mi parve di sentire l’osso rompersi e con uno spintone mi buttò fuori dalla porta.

 

Lock!” La sentii gridare dall’interno e così la porta era chiusa magicamente a chiave, io fuori, ancora spiaccicato contro il muro del corridoio.

 

Per un istante mi chiesi se per caso non fosse in quei giorni ma l’immagine delle sue lacrime, così poco caratteristiche, così disperate, era ormai stampata a fuoco nelle mie retine.

 

Cos’hai, Lina?

 

“Lina…” Inutile bussare, non avrebbe aperto… forse potevo tagliare la porta con la mia nuova spada? Mentre valutavo il da farsi mi resi conto del profondo silenzio che regnava nella sua stanza.

 

Una completa e compatta assenza di suoni che non poteva significare niente di buono.

 

“Lina?” Nessuna risposta. “Lina!”

 

Corsi verso la mia stanza a prendere la spada. Non mi interessava dover ripagare la porta, essere centrato da una Palla di Fuoco, prendermi un altro calcio spezza ossa… Anche se io e Lina non eravamo sposati, per me era già da anni “nella gioia e nel dolore, tutti i giorni della mia vita”…

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Capitolo 4
*** Indecisione ***


Adesso che l'ho chiuso fuori dalla porta mi sento meglio. (Mi sento peggio). E so che me ne devo andare, lo so.

La sola idea… la sola idea di vederlo di nuovo trasformato in guerriero al soldo dei demoni o peggio, in una bara di cristallo... mi fa impazzire.

Il pericolo è reale.

Quante volte mi sono angosciata, nel cuore della notte, all'idea che potesse accadere di nuovo e poi, alla luce del sole, il peso di questi pensieri opprimenti se ne andava. Il mondo era lì, luminoso e immenso, pronto per le nostre nuove avventure. La paura ricacciata nell'angolo più remoto della testa, mantello sulle spalle, castare un bel Raywing e via verso un nuovo tesoro, una spada magica, un covo di briganti!

A furia di sopprimere i pensieri, non ho fatto caso ai segni come la più pivella delle pivelline. Non ho voluto vedere, nè sentire che il vento stava cambiando e il vento è cambiato, non più frizzante e leggero ma pesante come una cappa, foriero di sventure. Quando mia madre pronunciava le stesse parole, quello era l'unico momento in cui io e mia sorella ci lanciavamo sguardi identici, alzando gli occhi al cielo. "Non esiste questa cosa del vento e soprattutto non porta nessuna sventura! Siamo noi a determinare quello che ci accadrà." Le rispondevamo con vocine saccenti e lei scuoteva la testa. Sospirando si avvicinava e ci baciava in fronte con aria compassionevole. Ho sempre rifiutato la sua teoria, il suo leggere le cose, vedere messaggi nel mondo che ci circondava eppure... crescendo ho capito che, anche se non valeva per tutto, per alcune cose era possibile sentire quello che stava arrivando. Il mondo è permeato di magia che agisce su vari piani e su vari livelli, sta a noi voler o meno vedere.

Io avevo voluto essere cieca.

E adesso, Gourry era ancora in pericolo e… non solo lui.

"Lo sai da quando sei diventata così debole, Lina-san?" Mi aveva chiesto Xelloss non più di mezza giornata prima. "Da quando ti circondi di persone che ami."

Mi aveva strizzato l'occhio in una maniera che mi aveva fatto contorcere le budella. Era da un pezzo che non lo vedevo anche se forse avrei dovuto percepirlo. E improvvisamente eccolo lì, che mi coglieva alla sprovvista, mentre Gourry era in cerca di legna ed io spellavo una lepre. Avevo le mani piene di sangue e solo in quel momento ne avevo avvertito l'odore rugginoso che mi aveva provocato un moto di nausea.

"Che vuoi dire?" La mia voce era rabbiosa ma Xelloss non poteva non aver colto la paura.

Il demone si era limitato e levitarmi vicino e a sorridere. Gli avevo dato una manata, per spingerlo via e lui mi aveva afferrato il polso."Stai attenta, Lina-san, scherzi col fuoco da troppo tempo per non sapere che brucia."

Così come era comparso, si era smaterializzato lasciandomi addosso una sensazione di disagio e disgrazia. Non ero riuscita a parlare né tantomeno a scherzare con Gourry e lui si era definitivamente accorto che qualcosa era cambiato quando poi, la sera, mi si era avvicinato in cerca di intimità.

"Piantala!" gli avevo urlato, suonando isterica anche alle mie orecchie. "Non siamo animali, sempre vogliosi di... di..." Mi erano morte in gola le parole, tanto erano ingiuste.

L'apparizione di Xelloss mi aveva in un certo senso aperto gli occhi, ero stata cieca ma ora vedevo e quel che vedevo mi terrorizzava in maniera profonda e atavica.

Gourry aveva aggrottato le sopracciglia ma non si era offeso, grazie al suo proverbiale buon carattere. Pensava di conoscermi, di sapere come prendermi e accettava gli scatti d'ira come parte del pacchetto completo. Ma non poteva capire, non poteva sapere perchè stavo così male, quale fosse la lotta interiore che mi dilaniava.

"Dai," azzardò un buffetto in testa, "non fare così." Mi sorrise anche mentre io mi sentivo la persona peggiore di tutta la terra, dei quattro piani e dell'universo intero.

Avevamo passato la serata in silenzio, io sul mio tronco a lanciare rametti nel fuoco prima e a rimestarne le ceneri poi fino a che ero letteralmente crollata addormentata. Mi aveva svegliato Gourry che non era ancora notte, indicandomi la direzione verso il villaggio dove avremmo pernottato. In due camere differenti. Anche se ancora non lo sapeva.

Ed eccoci qui, io in procinto di fare l’impensabile per salvarlo e lui, come sempre, determinato a non lasciarmi andare.

Mi guardo le mani, tremanti.

Cosa ho fatto? Cosa farò?

Sono davvero in grado farlo?

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Capitolo 5
*** Capirti ***


“LINA!”
 
Silenzio.
 
“LLLINA!” Diedi un paio di poderose spallate alla porta, deciso ad abbatterla o, alla peggio, a tagliarla in due con la mia spada.
 
Non sei fuggita sul serio, vero Lina?
 
La porta si aprì di uno spiraglio e la maga mi guardò con aria torva. Poi sospirò, incurvando le spalle. Cercai di infilare la punta dello stivale nella fessura per evitare che mi richiudesse fuori ancora una volta. Lina rialzò lo sguardo.
 
Rimanemmo a fissarci in silenzio per quello che mi sembrò un’eternità.
 
“Lina, non intendo morire, sai?”
 
La vidi sussultare. Sembrò prendere fiato per ribattere e poi, chiudendo ancora una volta gli occhi, scosse la testa. Aveva un brutto aspetto, la faccia tirata, occhiaie scure. Perché non mi sono accorto che sei così sciupata?
 
“Neanche io intendevo morire quando ho salvato Sylphiel da Copy-Rezo, però è successo.”
 
Che?
 
“Sei quasi morta, Lina. Quasi. Per un pelo,come si suol dire. Sylphiel ti ha ripreso per i capel…”
 
Scosse ancora la testa. “No, tecnicamente ero proprio morta.” Tornò a guardarsi gli stivali.
 
Aveva un’aria stanca, quasi sconfitta. Mi stava facendo preoccupare.
 
"Per favore, fammi entrare… ok?”
 
Cosa diavolo stava succedendo? Come eravamo passati dalla nostra “tranquilla” vita di due giorni prima a discorsi del genere, oggi? Lina era la persona più ottimista che avessi mai conosciuto, anche nei momenti più disperati la sua forza era stata come un faro per noi tutti.
 
“Ascolta,” tentai, “è normale avere paura l’uno per l’altra quando combattiamo… Abbiamo affrontato tante situazioni pericolose…”
 
“Gourry. TU sei SEMPRE in pericolo da quando viaggi con me.”
 
“In effetti… mi picchi così spesso…” Sorrisi, incerto.
 
“Gourry, sii serio!”
 
“Oh, ma io SONO serio.” Mi alzai la gamba del pantalone. Un livido violaceo faceva bella mostra di sé. “Ecco, ad esempio: questo me lo hai fatto prima. Avrai i piedini da fatina ma di certo le ossa le hai di piombo perché mi hai quasi spezzato una gamba.” Adesso sorridevo proprio.
 
Mia cara Lina, qualsiasi cosa ti roda IO non ti lascio scappare così. Sei brava, con le parole, ma sotto sotto anche io posso giocare al tuo stesso gioco.
 
La maga sospirò.
 
“Davvero vogliamo avere qui, sulla soglia della porta, questo discorso? Nel senso, vuoi davvero che mi spogli e metta in mostra i lividi che mi hai lasciato?” Adesso il mio sorriso era ENORME.
 
Una gocciolona le scese sulla testa.
 
SBAM!
 
Avevo colto il momento in cui aveva abbassato la guardia per spalancare la porta. Mi infilai in camera e la richiusi dietro le mie spalle. Lina era passata dallo stupore all’irritazione.
 
“GOURRY!” QUESTA Lina mi piaceva. Ma volevo anche sapere, volevo capire il suo malessere e, possibilmente, sradicarlo. PER SEMPRE.
 
Sospirò e si lasciò cadere sul letto sfatto, prendendosi la testa tra le mani.
 
“Senti, Lina, non so COSA ti stia facendo stare tanto male MA TU NON SEI COSI’. Io lo so… e lo sai anche tu.”
 
“Tu non sai un bel niente, Gourry.”
 
La sua voce mi arrivava smorzata visto che adesso aveva appoggiato il viso alle ginocchia,
accoccolato tra le braccia incrociate. Vederle il volto era impossibile in quella posizione.
 
“Sai che se fuggissi mollandomi qui così, ti cercherei e ti ritroverei?”
 
“Come un cucciolo testardo.”
 
Peggio di un cucciolo testardo. Molto peggio. Potrei addirittura tirar dentro Amelia e Zelgadiss nella ricerca. Amelia ti farebbe una ramanzina epica, puoi giurarci. E credo che ci sarebbe forse anche del sarcasmo da parte di Zel.”
 
Lina sbuffò, sempre con la faccia nascosta. “Basta una Palla di Fuoco per azzittire entrambi.”
 
“Oooooh e davvero faresti questo ad amici preoccupati per te?”
 
“Non usare quel tono. Sembri Xelloss.”
 
La vidi irrigidire le spalle. Xelloss, quindi? C’entrava Xelloss? Perché non ci avevo pensato prima?
 
“E’ stato Xelloss?”
 
Rimase immobile.
 
“A fare cosa?”
 
“Dimmelo tu.”
 
Alzò la testa, i capelli arruffati che le incorniciavano il volto pallido. Rifiutava di incontrare il mio sguardo.
 
“Xelloss non c’entra, non direttamente.” Si morse il labbro, “tu… tu sai che viaggiare con me è pericoloso. Pericoloso davvero. Sei già stato rapito perché io obbedissi ai demoni. Sai che la prossima volta potrebbe andare peggio e che uno dei due potrebbe rimetterci la vita. Sai che io non voglio rinunciare ad essere me stessa e per questo devi essere consapevole che ci saranno SEMPRE demoni. Magari non oggi o domani ma prima o poi…”
 
“E li affronteremo.”
 
“Sai che non potrai essere padre.”
 
Aggrottai le sopracciglia. Adoravo l’idea di un figlio o di una figlia mio e di Lina… ma era in ogni caso presto, volevo vivere la nostra vita vagabonda ancora per molto tempo. E comunque non era una cosa che avrei mai imposto a Lina. Mi sarebbe piaciuto ma non ne avevamo mai neanche parlato. Quindi perché quel discorso?
 
“D’accordo. Non abbiamo mai parlato di questo…”
 
Sorrisi con la gocciolona. Lina portò gli occhi su di me.
 
“Ti ho visto con i ragazzini pesce.”
 
“Va bene, non mi dispiacerebbe… non c’è bisogno di angosciarsi ADESSO, parliamone quando sarà il momento.”
 
“Il momento è questo.”
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Sweet Child of Mine ***


Gourry mi guardava stralunato. Forse pensava semplicemente che stessi impazzendo e tirassi fuori argomenti a caso, non potevo biasimarlo. Noi ci capivamo al volo ma non potevo pretendere che mi leggesse nel pensiero… e poi come poteva capire se anche io stessa non ci ero o non avevo voluto arrivarci?
 
Dovevo dirglielo a questo punto, parlare e lasciare che digerisse la notizia. No, non la notizia in sé ma le conseguenze che la cosa avrebbe portato. Sarebbe stato più facile fuggire, come una vera codarda, lasciarmi indietro lui per la sua salvezza, e tutta questa terribile situazione. Fare quello che dovevo fare. Stringere i denti e proseguire la mia vita.
 
Ma senza di lui cosa sarei diventata?
 
D’altra parte, se avessi fatto quello che dovevo, come avrei fatto a vivere con Gourry nascondendogli una cosa tanto importante in un rapporto di coppia?
 
Ero incinta, ecco il problema.
 
Non mi ero accorta o avevo (volutamente?) ignorato i sintomi fino all’apparizione di Xelloss e le sue parole sibilline. Supponevo che lui sapesse anche se non riuscivo ad immaginare in che maniera… e se lo sapeva un priest... quando aveva parlato i pezzi che avevo tralasciato erano andati al loro posto. Ecco che l’odore di sangue della lepre mi aveva fatto venire il voltastomaco, ecco che la stanchezza terribile che provavo negli ultimi tempi e che avevo attribuito a qualche strano morbo passeggero, al tempo, alle scomodità dei viaggi, addirittura all’età aveva un senso, insieme ad un certo acuirsi dei sapori… piccole cose, certo, ma non usuali. Cose molto più piccole, a ben guardare, della mancanza di ciclo. Il fatto è che quello non aveva destato nessun sospetto perché al contrario del resto era normale. Le maghe spesso hanno periodi mestruali irregolari, soprattutto quelle magicamente molto attive, in particolare le alte sacerdotesse impegnate in magie curative oppure le fruitrici di magia nera. Per non parlare di chi, come me, aveva usato diverse volte la magia del caos. In realtà avevo una vaga idea di essere diventata sterile proprio a causa di questo. Mi proteggevo comunque, per sicurezza, con la stessa pozione che avevo iniziato a prendere dall’inizio dei miei viaggi, quando proprio al sesso non pensavo, per evitare gravidanze indesiderate dovute agli stupri che, purtroppo, per maghe itineranti e viaggiatrici sono una dura realtà. Avevo continuato ad assumerla quando io e Gourry eravamo diventati intimi e nessuno dei due aveva MAI parlato di figli. Io non ne volevo, non mi sentivo materna, non mi vedevo in grado di crescere un figlio né di accasarmi. In più c’era l’aggravante demoni. Non volevo per nessuna ragione al mondo vedere un eventuale figlio manovrato, ferito, mutilato per costringermi a usare la magia. Non potevo tollerarne neppure il pensiero.
 
Invece eccomi, due mesi senza ciclo, incinta. Il mio corpo non era cambiato ancora di una virgola, seno piccolo, pancia piatta. Avevo avuto dei fastidi, in effetti, ma li avevo scambiati per la noiosissima sindrome premestruale, innocua beata sindrome. Invece l’incantesimo che mi ero cercata dopo l’incontro con Xelloss parlava chiarissimo. Parlava di un bimbo in arrivo, che si era annidato nel mio ventre nonostante il ciclo ballerino e la pozione. Capace di superare la fatica dei viaggi e l’uso della magia, le notti scomode all’addiaccio e le cadute. Incredibilmente attaccato a me, l’ultima persona sulla faccia della terra che poteva e voleva diventare madre.
 
Cosa potevo dire a Gourry per spiegarmi? Avrebbe visto il lato positivo, avrebbe gioito, gli occhi lucidi di felicità, all’idea di stringere suo figlio. E io dovevo annientare tutto questo, stroncarlo sul nascere (ironia delle parole) perché se anche mi fossi costretta, se anche grazie alla sua dolcezza e al suo esempio avrei potuto farcela, rimaneva l’immagine terribile di questo bambino rapito, avvolto in spire nere mentre tendeva le manine… proprio come Gourry con Fibrizo anni prima. Non… non potevo…
 
 
Non era ancora nulla, non poteva esistere fuori da me, era una goccia di vita infinitesimale.
 
Vita…
 
“Gourry, devo dirti una cosa ma tu devi aspettare che finisca di parlare prima di fare qualsiasi cosa. Prometti.” Come mi sentivo stupida a pronunciare una frase del genere. Eppure non ero in grado di ascoltare esclamazioni di felicità per poi dargli la mazzata. Ero un mostro, un mostro che non riusciva a vivere all’idea di vedere la letizia sul volto della persona amata… che poi si sarebbe trasformata in dolore. E disgusto.
 
“Promesso.” Mi sorrise, l’ingenuo.
 
Dei, come mi sentivo male. Una volta mi aveva raccontato che suo padre, per denigrarlo davanti al fratello, l’aveva chiamato cuor contento. Ne aveva dileggiato l’animo gentile e sensibile. Io stavo per fare a pezzi il suo cuore. Anche se ormai Gourry era un uomo fatto e aveva avuto tempo e modo per indurirsi, rimaneva dolce. Quella tenerezza nascosta me la dimostrava spesso e io, per ricambiarlo, stavo per spazzare via il buono che c’era in lui.
 
Non avrei avuto quel bambino. Il suo bambino.
 
Nostro.
 
No, mio no. Non potevo darlo alla luce consegnandolo alle tenebre.
 
“Gourry… sono incinta,” mi fissai ostinatamente gli stivali. “ma non posso… non posso proseguire, non posso fare nascere un figlio.”
 
Alzai gli occhi. Mi fissava serio ma senza proferire verbo mentre io sentivo il bisogno di sommergerlo di parole, di giustificarmi. Di mostrare che non ero la persona schifosa che mi sentivo, che l’idea di suo figlio era bella, era bella da farmi venire voglia di provare ma era anche terribile, con la spada di Damocle che pendeva su quella creatura non ancora nata. Che non era una fantasia, non era paura ingiustificata, che Xelloss mi aveva avvisata di una cosa che già sapevo. Il mio cervello era in fermento quando in realtà non ero riuscita ad aggiungere una sola parola.
 
“Gourry…” Odiavo la voce che mi era infine uscita, umile, supplichevole. ‘Perdono! Perdono!’
 
Lo spadaccino sospirò, poi mi si avvicinò, inginocchiandosi davanti a me.
 
“Ho taciuto quando mi hai detto di farlo. Adesso vuoi sentire quello che ho da dire?”
 
Mi sembrava che ogni fibra del mio essere stesse tremando. Non riuscivo a leggere le sue emozioni, era raro che mi chiudesse fuori così. Però me lo meritavo, no? Qui non si parlava in astratto ‘Non potrai diventare padre’, così, pour parler. Qui gli dicevo che non avrei fatto nascere suo figlio.
 
Annuii debolmente.
 
“Lina, abbiamo superato tante cose…”
 
Aprii la bocca ma lui scosse la testa. Io sapevo che sarebbe partito per la via dell’ottimismo, mi avrebbe stretto le mani assicurandomi che ce la saremmo cavata, che i demoni li avremmo vinti… e via di cazzate fino a raggiungere il mormorio rassicurante che aveva da sempre il potere di calmarmi. Non era stupido, nonostante a volte avesse quel modo di fare, ma era emotivo. In relazione a me forse però sarebbe stato emotivo pure un sasso. La freddezza te la costruisci addosso e rimane la armatura che ti protegge da qualunque cosa, sentimenti compresi. Solo Gourry aveva davvero fatto breccia…
 
Non potevo azzittirlo, non era corretto. Aveva diritto di replica, almeno quello glielo dovevo.
 
“Lina, abbiamo superato tante cose. Supereremo anche questa. Io so che persona sei e che nascosta da una grandissima spavalderia sei coraggiosa e generosa. Sei intelligente. Sei buona anche se non ti ci senti e se bisogna saperlo cogliere…” Sorrise, un piccolo sorriso triste. “Io… credo di intuire la tua linea di pensiero. Xelloss… mh? Demoni. Bambini usati per ferirti, per provocarti. Io rapito usato per ottenere il Giga Slave.”
 
Trasalii.
 
“Se non ti senti pronta a diventare madre posso accettarlo. Non nego che mi dispiacerebbe perdere questo nostro figlio ma posso accettarlo perché ti amo. TU sei il mio mondo. Non voglio vederti distrutta da un bambino che non vuoi avere. Ma se se tutto il dolore che hai addosso arriva dal pensiero che io potrei esserti portato via, che un figlio potrebbe esserci sottratto… allora non ci sto.”
 
Non mi aveva mai davvero fatto un discorso così lungo.
 
Proseguì. “La maternità fa paura a tutte le donne. Ti sembrerà strano ma è stata mia nonna a dirmi queste cose, voleva che diventassi un uomo forte ma che coltivassi il mio… lato tenero, lo avrebbe definito mio padre. Il lato cortese, quello che ti permette di essere un uomo ma anche un buon essere umano, un uomo che rispetta le donne, cavaliere prima di tutto. Capisci?”
 
Capivo.
 
“La nonna mi aveva detto che ogni donna che si scopre incinta ha segretamente paura… poi questa paura diventa gioia ma all’inizio è tanto spaventata. E’ una grossa responsabilità, un cambiamento. A volte è anche un pericolo… le donne muoiono di parto o possono perdere i loro bambini. Tanta paura. Ma anche tanto amore. Questo diceva.”
 
Non riuscivo a parlare. Non mi vedevo come madre, non riuscivo ad immaginarmi mentre baciavo un ginocchio dolorante o intrecciavo capelli. Eppure mentre pensavo che non mi ci vedevo, mi ci stavo vedendo. Un bambino rosso di capelli alle prese con la magia, una bambina bionda che imparava a tirare di spada. Xelloss.
 
Scossi la testa.
 
“Troppo pericoloso…” Deglutii il groppo che avevo in gola, cancellando le figure dei due bambini.
 
“Pericoloso come stare al tuo fianco? Devo aspettarmi davvero di svegliarmi da solo in un letto freddo e non vederti mai più? Cosa farai? Andrai a fare l’eremita? Ti farai ammazzare da qualche demone? Perché se tutto è troppo pericoloso anche il vivere lo è. Vuoi fare il loro gioco? Vuoi vivere in funzione della paura?”
 
Chiusi gli occhi. Il bambino aveva una fessura tra gli incisivi, come me. I suoi occhi erano azzurri e sorrideva in quel modo buffo. Anche la bambina aveva gli occhi azzurri. E le lentiggini, come mia madre. Mi nascosi il viso tra le mani, non sapevo cosa fare. Cedere e condannare mio figlio, mia figlia ad un futuro incerto con una pessima madre? Condannare Gourry ad una vita pericolosa?
 
“Lina.”
 
Mi cinse con le braccia.
 
“La vita è difficile, lo abbiamo imparato a nostre spese ma non per questo non vale la pena di viverla. Di amare e essere riamati. Di essere felici. Quando sono scappato da casa ero convinto che non sarei mai più stato felice e anche negli anni dopo, da mercenario, credevo che la mia vita fosse segnata. Poi sei arrivata tu e la mia vita ha avuto un senso.”
 
Quanto mi amava. Ogni sua parola… ogni gesto…
 
“Forse,” proseguì, “potremmo chiedere aiuto ad Amelia e Phil per questo bambino.”
 
Alzai la testa di scatto, gli occhi caldi di lacrime che non potevo versare.
 
“Chiediamo a loro e vediamo come va. Vuoi pensarci?”
 
Non potevo vivere in funzione della paura. Aveva ragione. I demoni potevano portarmi via Gourry, potevano uccidere mia sorella, i miei genitori, i miei amici. Dovevo stare al loro gioco? Dovevo abbandonare tutto per… trasformarmi in una di loro? Lasciare che l’oscurità che albergava nel mio cuore mi trasformasse a mia volta in un essere senza coscienza, senza sentimenti che non  avrebbe più sofferto… ma che non avrebbe mai più neanche amato?
 
Tirai su col naso in modo poco signorile e ricambiai l’abbraccio.
 
 

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Capitolo 7
*** Families ***


Ecco quindi, un bambino.
 
‘Quando aspettano un bambino, le donne diventano strane. Sono più fragili ed emotive ma pronte a combattere come leonesse per il loro piccolo. Come gli animali con i loro cuccioli, capisci? Ti ricordi la cagna con i cuccioli? Ricordi come ringhiava se ci si avvicinava troppo ai cagnolini?’
 
Annuii, compito. Avevo da poco compiuto undici anni ed ero la delusione costante nella vita di mio padre. Sapevo che mi odiava nonostante cercassi di compiacerlo in tutte le maniere. Ero bravino con la spada e i cavalli ma non bastava. Più spesso che no mi bastonava o mi puniva con la cinghia e le frustate aumentavano se finivo in lacrime. Ma come potevi non piangere quando ti staccava la pelle dal sedere e non  riuscivi ad appoggiarti per settimane?
 
Ritenevo che solo mia nonna mi volesse bene. Mia madre era fredda e assente, non con me in particolare, con tutti. La nonna diceva che soffriva per i bambini che aveva perso e quando ero più piccolo ero terrorizzato dal fatto che magari, in una delle passeggiate silenziose che mi concedeva, avrebbe perso anche me. Crescendo la nonna mi aveva spiegato e mi aveva mostrato le tombe. Tra me e Edward c’erano sette anni di distanza e in quel tempo c’erano stati altri bambini, tanti fratellini morti alla nascita o prima che la pancia diventasse grossa. Non avevo capito però perché mia madre fosse però così triste se aveva comunque me ed Edward. (Anche se Edward era cattivo).
 
Mio padre mi fissava disgustato per la maggior parte del tempo, teneva la bocca come dopo aver assaggiato un frutto amaro e le rare volte che l’avevo visto sorridere era in direzione di Edward. Non sorrideva mai alla mamma e la toccava solo nelle cerimonie davanti ai suoi vassalli o alle riunioni di suoi pari. Non sorrideva neanche alla nonna, che era pure sua madre. Lo avevo sentito usare parole dure perché si prendeva cura di me. “E’ grande, madre, non ha bisogno di una balia né di nessuna donna che lo cresca più viziato e piagnucolone di quello che è. Per me poteva fare la fine degli altri, non lo avrei certo pianto.” La nonna gli aveva mollato uno schiaffo ed io ero scappato via in lacrime.
 
E’ vero, ero una frigna, come non mancava di sottolineare Edward. Anche lui mi odiava. Aveva qualcosa di feroce negli occhi, quando mi si accorgeva della mia presenza. Se combattevamo con i bastoni mi colpiva le costole o dietro alle ginocchia a tradimento. A cinque anni, quando lui ne aveva dodici e già aveva una spada vera, mi aveva centrato con il legno in piena faccia, facendomi saltare gli incisivi. Era il mio primo ricordo, il dolore, il sangue e lui che mi afferrava per il colletto sibilandomi di non osare parlarne con nostro padre. Aveva raccontato a tutti che ero caduto di faccia perché ero un inetto e tutti gli uomini di mio padre e mio padre stesso gli aveva creduto, deridendomi.
 
Venivo da  una famiglia dove infelicità e crudeltà andavano a braccetto, l’unica luce era mia nonna. Adesso c’era la possibilità di un figlio mio, mio e della donna che amavo, una nuova vita, un riscatto. Forse non sapevo esattamente cosa fare come padre però sapevo bene cosa non andava fatto.
 
Questo sempre se la mia Lina avesse deciso di sentirsi pronta a proseguire con la gravidanza.
 
Altrimenti al diavolo tutto, non potevo vedere un’altra donna distrutta dall’essere madre. Non potevo farlo a lei e non potevo né volevo farlo a quel figlio.
 
Lasciavo a lei la decisione ed io l’avrei supportata sempre e per sempre.
 
Però… volevo sapere. C’erano delle cose di cui doveva discutere in tutti e due i casi.
 
“Lina…”
 
La maga, adesso seduta al mio fianco, si girò a guardarmi. Un po’ della disperazione che aveva negli occhi era scomparsa ma non del tutto. Era pensosa, valutava. Immaginavo il suo cervello vagliare le possibilità, costruire e scartare scenari, in un continuo lavorio.
 
“Dimmi, Gourry.”
 
La sua voce era più ferma, più forte.
 
“Se deciderai di abortire… promettimi che non userai ferri da calza.”
 
Sollevò le sopracciglia, sorpresa. Non era una informazione “da uomo” ma ero stato un ragazzino con la tendenza alla fuga e la capacità di intrufolarsi in luoghi non consoni.
 
“Non credo userei quello.”
 
“Non usarli, ti prego.”
 
Avevo la memoria di un groviera per nomi e luoghi ma certe cose non potevi cancellartele dal cervello neppure se volevi. All’epoca non avevo capito esattamente le implicazioni di quello che avevo visto ma ne ero rimasto tanto turbato da sognarmelo e risognarmelo e alla fine mi ero rivolto all’unica persona che mi abbracciasse e mi baciasse, facendomi sentire degno di essere al mondo. Nonna.
 
Lina aveva iniziato a massaggiarsi le ginocchia con fare nervoso.
 
“Come sai dei ferri?”
 
“Quando ero bambino… ho visto un aborto praticato con i ferri. Sono rimasto così impressionato da averne incubi per settimane.”
 
Lina fischiò tra i denti. “Mi dispiace. Deve essere stato terribile per un bambino… perché ti trovavi in un luogo simile?”
 
Non parlavo quasi mai della mia vita ad Elmekia ma con Lina ero al sicuro, a lei avevo iniziato a confidare pezzi della mia infanzia e giovinezza. Era duro, parlarne, faceva un male cani avere avuto tutta la vita la consapevolezza di essere indesiderato e odiato. Ti faceva crescere pensando a te stesso come un inutile rifiuto umano.
 
“Scappavo dalle legnate che mio padre aveva deciso di somministrarmi. In genere mi presentavo al suo cospetto e mi piegavo al suo volere ma quella volta avevo troppa paura perché secondo mio fratello ero stato io a far scartare il suo cavallo e a farli cadere. Avevo solo sei anni ma sapevo benissimo che, vero o no, la ferita di mio fratello aveva un prezzo.”
 
“Immagino che non fosse colpa tua. Mi hai detto poche cose di tuo fratello ma mi sono bastate per capire che era un arrogante piccolo pezzo di merda.”
 
Scossi la testa. “Era caduto da solo facendo il cretino con suo cavallo, voleva fare il grand’uomo ma non era un abile fantino. Mio padre ignorava testardamente questo fatto e puniva stallieri e maestri quando Edward combinava qualcosa, guai se cadeva, il mio signor padre era capace di far saltare teste. Sfortuna vuole che io fossi nei paraggi sul mio pony e per giustificare la caduta e l’azzoppamento del cavallo Edward usasse me. Amava vedere le mie lacrime quasi quanto le odiava mio padre.”
 
“Bastardo… ma perché nessuno ha mai aperto gli occhi a tuo padre?”
 
Sospirai. “Tutti dovevano ballare alla musica di mio padre. Stallieri e maestri si saranno battuti il cinque per non essere stati indicati come colpevoli. A nessuno di loro fregava nulla di me, te lo posso assicurare.”
 
Lina mi strinse la mano con forza. “Quella sera non sapevo se sarebbe stato il bastone o la cinghia ma ero certo che sarebbe stato molto brutto. Scappai. Nessuno poteva proteggermi, neanche la nonna. Mi intrufolai nelle cucine buie, il fuoco era quasi spento e i servitori spariti. Doveva essere molto tardi, mio padre adorava farmi aspettare.”
 
Mi fermai un attimo. Mi faceva male pensare al bambino che ero stato. Non rimpiangevo per un secondo nulla di quello che avevo fatto fuggendo da quel posto dimenticato dagli Dei.
Lina mi si avvicinò di più, appoggiando la testa alla mia spalla, intrecciando le dita alle mie.
 
“Improvvisamente ho sentito delle urla soffocate provenire dalla seconda cucina, quella piccola dove venivano trattati gli alimenti. In realtà ho poi scoperto che non era quasi più usata venendo preferita quella più ampia e attrezzata ma all’epoca non lo sapevo. Avvicinandomi alla porta ho visto… ho visto una servetta con le gonne alzate e un’altra donna che le infilava un ferro da calza dritto dentro… continuava a ravanare mentre la ragazza urlava nonostante una terza persona le tenesse un panno sulla bocca. Ero come paralizzato ma poi al primo fiotto di sangue  sono riuscito a scappare…”
 
Mi sporsi verso di Lina e con la mano libera la accarezzai. “La servetta è morta alcuni giorni dopo. Mio padre quando sono corso ai piani superiori in lacrime mi ha acciuffato e me le ha suonate con le mani prima e la cinghia poi… io… ho  pisciato a letto per almeno un mese dopo quella faccenda.”
 
“Oh, Gourry…”
 
“Mia nonna pensava fosse per le botte ma non era solo per quello. Era per l’insieme… alla fine le ho raccontato e lei mi ha spiegato in modo che capissi bene. Mi ha parlato di infelicità. Non ricordo bene i discorsi che mi ha fatto ma mi ha aiutato molto. La cosa del ferro però è rimasta sepolta in me… fino a quando durante i miei anni di mercenario l’ho visto rifare.”
 
“Tuo… tuo padre ti ha picchiato anche per i tuoi incidenti notturni?”
 
“Mio padre mi picchiava per tutto. Edward era la luce dei suoi occhi mentre io… chiaramente no. A volte mi chiedo come sono sopravvissuto a tutte quelle botte.”
 
Lina tacque, poi sospirò. “Anche mia sorella era cattiva… ma io ero una peste e certe punizioni me le sono meritate. Certo, lei era esagerata ma non era così crudele. I nostri genitori ci amavano e non avrebbero permesso a nessuna delle due di passare il limite… mi dispiace così tanto Gourry…” Si morse le labbra. “Credo userei le erbe. Bisogna stare attenti… ma con un buon erborista o un abile pozionista non si rischia l’avvelenamento. Non sempre funziona, a volte se la gravidanza è troppo avanti fanno male ma non… non la interrompono.”
 
La maga si alzò in piedi. “Gourry… ho paura. Hai ragione a dire che non posso vivere con l’ansia che i demoni ti usino o usino questo bambino per costringermi a richiamare la magia del caos e con essa L.o.N. ma… perché Xelloss è apparso? Non può non voler dire niente.”
 
“Bè, un demone si nutre degli stati d’animo negativi, della sofferenza…”
 
“Siamo d’accordo. Ma Xelloss non agisce a caso se…”
 
“Se, se…”
 
Lina strinse i pugni e abbassò lo sguardo, le labbra ora una linea sottile. “Sai cosa intendo.”
 
“So solo che hai paura ed è una paura giustificata, in uno o nell’altro senso. Ma lasciarsi travolgere non è un bene… Non ti posso promettere che Xelloss o un qualsiasi altro demone non si presenterà qui da noi per costringerci a combattere, non ti posso promettere che non mi succederà mai nulla come tu non lo puoi promettere a me. Non posso neanche prometterti che se metterai al mondo nostro figlio la sua vita andrà sempre liscia. Ti posso promettere però che mi impegnerò a vivere con te pienamente, a godere delle gioie, a lottare se necessario. Tutto qui. I demoni ci sono, alcuni potrebbero essere attirati dal tuo nome, è una possibilità. Potrebbe… e se… Non si vive più a ragionare su tutte le variabili del futuro.”
 
“Ma Xelloss…”
 
“Xelloss cosa ti ha detto esattamente?”
 
“Che scherzo col fuoco… Che sono debole perché mi circondo di persone che amo.”
 
“Non ha detto nulla che tu non sapessi già… intendo dire… alla fine ti accusa solo di essere umana. E forse di esserti ‘impicciata’ in cose di demoni. Io non vedo niente altro tranne che un po’ di divertimento suo nel farti stare male… per me ha avvertito qualcosa in te e ha voluto colpirti, la gravidanza ha fatto il resto. Sei più sensibile e accusi il colpo prima. E lui ne gode come se sorbisse il più dolce dei nettari.”
 
“Forse… aveva l’aria di un avvertimento, però.”
 
“Se te ne fossi andata…”
 
“Mi avresti cercato con la cocciutaggine di un cagnolino abbandonato mostrando a chiunque volesse vedere l’amore che provi per me.”
 
“Già.”
 
“Avresti reso il mio sacrificio vano.”
 
“Di sicuro.”
 
“La persona che ero prima di conoscerti… a quella persona non sarebbe pesata la solitudine, per quella persona la solitudine era una amica fidata. Amica della sua avidità e del suo egocentrismo.”
 
“Se posso permettermi, sei ancora avida.” Le strizzai l’occhio.
 
“GOURRY! Cercavo di fare un discorso serio…”
 
La attirai tra le mie braccia. “Amo anche i tuoi discorsi seri. Amo tutto di te.”
 
“Mia sorella mi aveva detto che se avessi continuato con la mia ricerca ossessiva della magia mi sarei ritrovata sola. Aveva già capito che era una strada molto pericolosa.” Appoggiò la testa sulla mia spalla.
 
“Secondo me aveva capito che nonostante tutto hai a cuore le persone a cui vuoi bene. E che per proteggerle avresti preferito punirti, allontanandoti.” Iniziai ad accarezzare i suoi magnifici capelli di fuoco.
 
“Stai con me, Lina.”
 
Mi strinse con forza. “Sempre. Sempre, sempre, sempre.”
 
 
 
 
 
 

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