alive, per chi non ha paura di sognare

di LoveIsAlive
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alive - Trama della storia ***
Capitolo 2: *** Alive - Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Alive - secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** Alive - terzo capitolo ***
Capitolo 5: *** Alive - capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Alive - capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Alive - capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Alive - capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Alive - Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Alive - Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Alive - Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Alive - Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Alive - Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Alive - Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Alive - Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Alive - Trama della storia ***


ALIVE-PER CHI NON HA PAURA DI VIVERE
"I SOGNI SONO FATTI PER CHI NON HA PAURA DI VIVERLI E PER CHI E' ABBASTANZA FORTE
DA NON DISTRUGGERLI"

Lei è Madison, una ragazza come tante altre, aveva tutto per essere felice, ma questo lo pensava lei, perchè in realtà le mancava qualcosa e nel suo cuore lei sapeva perfettamente cosa.
Lui è un ragazzo che tutti conoscono, vive sotto gli occhi del mondo e con la tristezza nel cuore, lui è una di quelle persone con tanta gente attorno, ma nessuno affianco; è divorato da sbagli e menzogne, con un animo tormentato da demoni che ha creato da solo e che poco alla volta gli fanno odiare se stesso.
Sembra deciso ad abbandonare tutto, ad arrendersi e a buttare via tutto quello che ha sempre amato, vuole scappere senza dar fede al suo cuore, finche una mano non lo raccoglie a pezzi e gli da la forza per andare contro al mondo.
Dicevano che Madison sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, che lo avrebbe spezzato definitivamente, lei era proprio quel tipo di persona che lui doveva evitare e che non poteva avere nella sua vita.
Ma lei arriva.
Lei lo avrebbe cambiato, rovinato e finito, ma questo lo pensavano loro, perchè nessuno vedeva che lei era lì per farlo rimanere in piedi e per aiutarlo a sconfiggere i suoi demoni interiori, quelli che lui chiama 'demoni bianchi'.
La passione, l'amore e i sacrifici sono le parole chiave di qualcosa che entrambi sanno che non può esistere;
tutto ciò che entrambi vogliono è tutto ciò che, probabilmente, la vita non gli darà mai, ma una cosa è certa se non sei forte non puoi vivere nei sogni, non puoi vivere questa vita, non tu.

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Capitolo 2
*** Alive - Primo capitolo ***



Prado Del Grandioso, Calabasas, California.

Mi ritrovai a saltellare, camminare allegramente per le vie di Calabasas, ogni centimetro di quel posto era perfetto, come se fosse stato studiato alla perfezione, 
nessun disordine, nessun rumore; destinazione?
la casa di Justin Bieber, ovviamente.
ho approfittato del fatto che justin sia in pausa dal tour, voglio consegnargli una lettera di persona, voglio essere sicura che la legga e poi... lo voglio incontare, 
abbracciare e parlagli; quindi 'perchè non andare a sunargli direttamente a casa?'
avevo pensato di farlo da un pò di tempo e dopo aver convinto mia madre ero finalmente a los angeles, la città dove i sogni diventano realtà.
mi ero vestita davvero bene per l'occasione, non sono una tipa eccentrica, quindi nel mio armadio non c'è nulla di speciale,
ma ero contenta del mio lavoro: indossavo un paio di jeans che arrivavano poco sotto al ginocchio, una tshirt bianca senza stampe
e delle vans nere e poi il mio pezzo forte, i capelli lunghi castani sciolti, che mi incorniciavano il viso (e lo rendevano almeno guardabile).

Mi avvicinai alla colossale struttura, probabilente avevo la bocca e gli occhi spalancati, essendo cresciuta in un tranquillo quartiere Chigago, posso seriamente giurare
che la sua intera casa è grande come il centro commerciale in cui passo i sabato pomeriggio con le amiche.
una villa stupenda, semplice e non troppo moderna, all'entrata, dopo il cancello c'erano dei cactus altissimi che davano un tocco country all'insieme, il tutto
tra le colline di Los Angeles; ovunque mi girassi c'era una vista che mi lasciava senza fiato. 'Ha gusto il ragazzo'.

Mi avvicino al cancello, incredula di essere davvero lì, davanti alla casa del mio idolo, 'forza Madison, o ora o mai più' suono al campanello e una voce mi risponde:
-"chi è?" 
capisco chiaramente che non è la voce di Justin, è di un altro uomo, 
-"Mi chiamo Madison Dolgary Jackson, sono una Belieber, vengo da un paese vicino a Chicago, posso vedere Justin giusto 5 minuti, perfavore?" la mia era una supplica.
dall'altra parte del citofono non mi risponde nessuno, sentii qualcuno bofonchiare e poi improvvisamente riattaccò.
'devo prenderlo per un no?'

Dopo nemmeno 2 minuti si apre la porta d'ingresso, esce Justin accompagnato da un uomo pelato e dall'aria simpatica con jeans e tshirt bianca.
Justin strizza gli occhi per colpa del sole e si mette una mano sulla fronte a mò di visiera.
Per un momento pensai che il cuore potesse fermarsi, mi sentii una strana sensazione al petto, come se fosse stato travolto da infiniti aghi.
Justin era davvero perfetto ed era carino proprio come lo ricordavo, per non parlare della sua strana camminata gongolante che lo rendeva ancora più adorabile.
si avvicina lentamente mettendosi una mano in tasca e l'altra lungo il fianco.
Gli sorrido timida e lo saluto con la mano mentre lo guardo avvicinarsi con passo lento.
probabilmente la mia faccia era tipo 'oh merda e ora che faccio, che dico?'
Ho visto Justin in concerto 6 volte, ma vederlo lì, che guarda solo te è una sensazione indescrivibile e ti blocca completamente, ti pietrifica all'istante.
-"Ciao Justin, come stai?" dissi fingendo di stare bene e gli sorrisi.
-"sto bene. ma la privacy? il rispetto?"
noto che ha le sopracciglia aggrottate e non sembra contento.
-"bhe.." farfuglio. "io...emhh..pensavo...volevo.." 'cosa diavolo sto dicendo? in che lingua sto parlando?'
-"cosa?..cosa vuoi? ok. sei mia fan, ma sei anche una perfetta sconosciuta, non pensi di esagerare presentandoti a casa mia?
perchè non potete lasciarmi tranquillo? almeno a casa mia? almeno te, voi, i miei fans?"
justin parla tutto di un fiato. più che arrabbiato sembra deluso, sembra che la voce sia incrina al pianto, ma non sta piangendo.
ha la voce roca e il suo petto sia alza e abbassa velocemente.
-"senti, io..seriamente, non volevo.." dissi velocemente, dopo averlo guardato senza parlare, non so come ma i miei occhi riuscivano a guardarlo nei suoi.
decisi comunque che continuare non fosse la cosa migliore per nessuno ed io non volevo affatto discutere con lui.

guardai l'asfalto spalancando la bocca, incredula, shockata, arrabbiata e delusa; non sapendo continuare la frase, corsi via lascianli lì in piedi.
nessuna spiegazione, nessun saluto, niente di niente.

correvo, volevo solo correre, correre via da lui, scappare da lui per la prima volta e non avrei mai pensato di poterlo fare.
arrivai ad un angolo, girai e cambiai via, era un viale alberato pittosto tranquillo, e la tranquillità era tutto ciò che volevo e che necessitavo in quel momento.
lasciai che le mie ginocchia cadessero a terra prima di sedermi. 
misi la testa sulle ginocchia e cominciai a piangere, avrei voluto anche urlare, ma non ero in una zona del mondo in cui era ottimo farlo.
piansi, stavo piangendo talmente forte che mi sembrava di piangere l'anima, di piangere tutto lo schifo che mi attribuivo per il fallimento di quell'incontro.
l'incontro che doveva essere il più bello della mia vita.

'perchè? perchè si era rivolto così a me? sarebbe bastato un saluto e basta..' 
la vocina nella mia testa lo rimproverava.
'ma no.. hahahahah' risi sonoramente. 'sono io la stupida, non posso pensare di presentarmi a casa sua e pretendere
che lui mi accolga a braccia aperte.'
questa volta rimproverai me stessa.

mi alzai in piedi lentamente e tremante, con le mani tra i capelli urlai piano, per quanto sia possibile urlare piano.
"mi dispiace, mi faccio schifo, odio tutti, e odio me stessa più di qualsiasi altra cosaaa, mi dispiace" urlai in lacrime, appoggiando la schiena ad un'auto parcheggiata, fregandomi di chi potesse vedermi o sentirmi.
-"no, non lo fare, non odiare te stessa. odia me puttosto, me lo merito"

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Capitolo 3
*** Alive - secondo capitolo ***


Spalancai gli occhi e mi voltai per vedere qualcuno in piedi accanto a me, non mi ero nemmeno accorta che si fosse avvicinato.
-"cosa? Justin?"
Justin togliendosi le mani dalle tasche aprì le braccia mi fece segno di avvicinarmi a lui, ero imbarazzata, triste e sconvolta al tempo stesso.
mi precipitai al suo petto caldo e scoppiai in lacrime.
-"sono davvero dispiaciuta." singhiozzai. "so che sei stanco, sono stata egoista a pensare solo a me stessa"
mi aspettavo un non so che di risposta da parte sua, ma lui si limitò ad accarezzarmi dolcemente la testa e non disse assolutamente nulla.
-"ti prego.." presi la sua mano nella mia. "Dì qualcosa, Justin"
-"mi dispiace" sussurrò. "sta andando tutto male. mi dispiace. sono solo arrabbiato con me stesso. non con te" 'che sta dicendo?'
Justin tolse le braccia dal mio corpo ed io mi allontanai da lui col volto ancora bagnato.
-"forza, vieni"
fece cenno con la testa di seguirlo.
lui camminava davanti a me con le mani in tasca e si guardava attorno, camminava a passo svelto e deciso; ci saranno stati circa 3 passi tra me e lui.
nessuno parlò.
io lo seguivo tranquilla con le braccia incociate sul petto, sapevo che tipo di persona era justin, insomma l'ho letteralmente visto crescere,
sapevo che non mi avrebbe portato in posti strani per farmi del male.
risi a me stessa solo per averci pensato.

Dopo poco, notai che ci stavamo dirigendo verso casa sua.
-"forza entra" sembrava quasi seccato. "non perdere tempo"
a me bastavano delle scuse per dimenticare tutto quello, ma non mi lamentai.
aspettò che io entassi dal cancello e chiudendolo si assicurò che fosse chiuso a dovere.
nel frattempo lo aspettai pochi passi dietro di lui.
sembrava perso nei suoi pensieri, avrei pagato col sangue per sapere a cosa stesse pensando, aveva l'aria di un uomo turbato,
quasi infastidito da qualcosa, ma direi che 'pensieroso' fosse la parola perfetta per descriverlo.
i sensi di colpa mi assillavano e mi prendevano a pugni l'anima, mi sarei fatto investire da un treno piuttosto che essere la causa
di ciò che lo rendeva così.
Chiaramente le probabilità che fossi io erano ovvie, insomma, siamo realisti:
mi ero presentata a casa sua, voglio dire, avevo invaso ciò che più aveva a cuore, la sua privacy.
appena realizzai, mi sentii morire dentro.
arrivammo alla porta d'ingresso e quando l'aprì si presentò davanti a me qualcosa che non avevo mai visto prima.
il bianco ed il marrone erano i colori dominanti, c'era tanta luce che proveniva dalle enormi vetrate e c'era davvero molto spazio,
non era una casa ricca di roba inutile come tutti si aspetterebbero, ma era davvero carina e accogliente.
Justin mi fece entrare per prima e poi chiuse la porta con lo stesso fare turbato di quando aveva chiuso il cancello poco prima.
-"lo avevi mai fatto prima?" gli chiesi maledicendomi, non volevo fargli il terzo grado e nemmeno essere una ficcanaso,
ma quelle parole uscirono spontanee, senza pensarci.
-"fatto cosa?" mi rispose sorpreso.
-"portare una fan in casa.."
-"no, mai prima d'ora"
era così tranquillo che mi veniva il nervoso. ero in casa sua, come diavolo poteva non interessagli?
-"comunque... piacere. sono Justin" mi tese la mano e mi sorrise per la prima volta.
le farfalle nello stomaco erano diventate degli enormi elefanti ballerini che chiedevano disperatamente di uscire e non ero più nemmeno sicura
di avere il pavimento sotto ai piedi.
-"si, so chi sei" ricambiai il sorriso e gli afferai la mano "sono Madison"
-"volevi parlarmi?"
-"si, volevo solo darti una lettera ed andare"
-"okay, vediamo"
gli diedi la lettera che avevo tenuto in mano tutto il tempo.
non c'era scitto nulla di che, insomma le solite cose che scrive una fan.
Justin la prese, sembrava curioso. la aprì subito.
nel frattempo io lo osservavo, era davvero perfetto, la sua pelle, i suoi capelli, i suoi occhi..
aveva dei modi di fare davvero strani, lui era strano.
era gentile, ma manteneva la distanza, sembrava comunque un tipo socievole e normale.
-"perchè lo hai fatto?" gli chiesi d'istinto.
Justin tolse lo sguardo dal foglio e mi gurardò.
-"perchè mi hai portato a casa tua, anche dopo essermi comportata come mi sono comportata?"
mi accorsi di avere un tono arrabbiato, ma non con lui, con me stessa.
-"perchè, non avrei dovuto?" aggrottò le soppracciglia.
-"non sto dicendo questo. è solo che... ehmm.. grazie" 
-"nessun problema" mi sorrise soddisfatto. posò il foglio su un tavolino di legno scuro difronte a noi e sinceramente non mi ero nemmeno accorta che fosse lì.
-"vuoi da bere?"
-"certo, grazie"
lo seguii in cucina. lui era così carino con me, probabilmente lo era con tutte le ragazze.
decisi di comportarmi come un'amica non come una fan pazza.
aveva deciso di farmi entrare in un pezzo della sua vita, di mostrarmi una delle cose più care che ha, 
il minimo che io potessi fare era essergliene grata e trattarlo come un ragazzo normale.
arrivai in cucina. ampia e luminosa anche quella, da li si aveva una vista stupenda sulla piscina e sul prato immenso.
mi sedetti su uno sgabello dell' enorme penisola in marmo.
guardandomi attorno mi resi conto che Justin stava prendendo della coca cola dal frigorifero.
era così bello guardarlo mentre era distratto, mentre era preso dal fare qualcosa, era così affascinante.
lui è bello da far male, ma soprattutto bene, sarei rimasta a guardarlo per il resto della vita.
-"perchè sembravi turbato prima?" 
justin si voltò e mi passò un bicchiere con la cola.
-"la gente ha gli occhi grandi e la lingua lunga. se qualcuno mi vedesse mentre entro in casa con te...."
si strofinò la testa. "basta che loro scattino una foto.."
scosse la testa e sedendosi di fronte a me continuò.
"e in mano avranno una foto e un foglio bianco per descriverla come vogliono"
-"ti pesa tanto? insomma tutta quest'attenzione.."
-"qualcuno diceva ' se non stai attento, i media ti faranno odiare le persone che vengono oppresse e ti faranno amare quelle che opprimo'
ed è proprio così"
sembrava così triste. 
come poteva esserlo? come poteve la sua vita pesargli così tanto?, vedere il suo viso mi fece venire i brividi,
come può una persona così perfetta da sembrare impossibile essere capace di stare male? non sembra quel tipo di persona,
che soffre, ma una cosa è certa, lo è e lo fa in silenzio, di nascosto, dietro ad una maschera che è stato in grado
di costruirsi negli anni.
dalle sua parole si sentiva che il suo cuore era colmo di sofferenza, una di quelle sofferenze gratuite,
e da lì mi accorsi di avere appana visto il vero Justin.

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Capitolo 4
*** Alive - terzo capitolo ***


-"prima ho sentito che vieni da Chicago..." disse impovvisamente. voleva cambiare argomento.
-"esatto"
gente, dire che sembrava un angelo è riduttivo. non ho mai visto nulla del genere. 
-"dove alloggi?" mi chiese con un tono di voce premuroso e gentile.
-"al cristallad palace...è carino"
-"si, è tranquillo. fanno delle ottime uova strapazzate"
risi. e rise pure lui.
avrei voluto essere bloccata in quel momento per tutto il resto della mia vita, ma mia madre mi aspettava all'inizio della strada.
già mia madre.
mi colpii la fronte con il palmo della mano e strizzai gli occhi.
-"dannazione, mia madre mi sta aspettando all'inizio della strada" esclamai, anzi quasi lo urlai.
saltai giù dallo sgabello velocemente.
-"chiamala. avvertila che sei in ritardo" disse premuroso.
-"no, è uguale. siamo venute qui in vacanza solo noi due. non voglio farle fare il giro di los angeles da sola..."
aspettate, aspettate. per caso justin drew bieber mallette mi ha chiesto indirettamente di fermarmi a casa sua ancora un pò?
no, impossibile. 
-"mi accompagni?" qualcosa dentro di me gli parlava e si rivolgeva a lui come un amico di vecchia data.
-"Mads" mi ha chiamata seriamente così? sto sognando? no, perchè non vorrei svegliarmi ora.
"sempre per il discorso di prima... meno usciamo insieme, meglio è"
probabilmente avevo l'espressione di un cucciolo di cane abbandonato e qualcosa dentro di me stava collassando. il mio povero cuore.
mi guardai le dita per non guardarlo negli occhi. la stavo facendo davvero tragica, come una ragazza che deve dare l'addio al proprio fidanzato.
e probabilmente lui se n'era accorto.
-"possiamo rivederci se vuoi" mi prese il mento e mi alzò il viso.
stavo evaporando, letteralmente. voce del verbo e v a p o r a r e. puff..più nulla.
-"ehmm..oh..io.." il mio sguardo era perso nel vuoto, mentre i suoi occhi erano fissi su di me.
-"tuuu?.."
-"io ne sarei davvero onorata.." gli presi la mano e la strinsi tra le mie avvicinadomela al petto.
era un pò come urlagli 'amami, stronzo'
gli lasci immediatamente la mano, imbarazzata per il mio gesto.
-"sai dove abito quindi.."
-"lo sa tutto il mondo" lo interruppi. 'Madison Dolgary Jackson, questa potavi risparmiartela' la voce nella mia testa mi stava rimproverando e mi avrebbe pure meso in punizione se avesse potuto, dannazione, che idiota patentata.
-"oookay, quindi passi stassera verso le otto?"
-"volentierissimo, davvero volentieri. davvero, ma davvero volentieri." okay, madison, penso che possa bastare.

passai il resto del pomeriggio con mia madre, ma niente seppe distrarmi dai pensieri di quella mattinata.
mia madre mi aveva cresciuta da sola tra mille sacrifici e tra altri mille sacrifici si era regalata quella vacanza a los angeles.
passarla con me, era la cosa più importante per lei.
era a conoscienza del mio amore per justin, ed era favorevole; sapeva che justin mi aveva aiutato nei momenti più difficili.
crescere senza padre, da figlia unica, e presa di mira da tre ragazzine della mia scuola, che io non consideravo bulle perchè erano peggio; non sempre è stato facile.
mamma, ha sempre avuto due lavori per potermi permettere di vivere e crescere in una casa normale a avere dei vestiti carini, 
almeno tanto quanto quelli delle mie amiche.
l'ho sempre ammirata per la forza e l'amore con cui mi ha tirato su.
da qualche mese ha lasciato uno dei due lavori, per passare un pò più di tempo con me e anche perchè finalmente abbiamo una situazione stabile.
nonostante tutto, mi ritengo una persona fortunata, ho una mamma che mi ama più di se stessa, sono sana e poi bhe..
c'è justin, che considero una delle miei fortune, una delle mie benedizioni.
lui è davvero una persona in gamba, pulita e vera; siamo cresciuti più o meno nello stesso modo e quasto rende lui in grado di capire me e viceversa.

-"mamma.. justin mi h invitato a casa sua stassera.."
-"Madison.. lui cosa?" mi guardava come se avessi tre teste.
-"mi ha chiesto di vederci stassera."
non so dire se era scioccata, contenta o impaurita. 'mamma. dammi. un. segno. di. vita'.
lei cominciò a parlare di responsabilità e dell'attenzione dei media per poi finire sempre sull'alcool e sul fatto che 
justin fosse più grande di me di tre anni e questo lasciava ben intendere cosa volesse dirmi.
-"ti ci porto io e ti vengo a prendere io"
-"ottimo" le sorrisi felice.
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-"ciao mamma, ci vediamo più tardi" le stampai una bacio sulla guancia.
-"ok tesoro, divertiti" si fermò un secondo, scosse la testa "ma non troppo"
scoppiammo a ridere insieme per la comica situazione.

mi avvicinai al campanello, che conoscevo bene.
mi ero vestita bene, non certa che quello fosse un appuntamento.
indossavo dei jeans a vita alta, una canottiera bianca, ballerine nere e dei bei braccialetti apparescenti ai polsi.
al citofono rispose justin.
-"ehi, justin sono madison"
-"madison? ciao, entra pura. copriti il volto con i capelli e una borsa, perfavore. ti aspetto alla porta."
feci come mi aveva detto, non era ancora completamente buio, ed ero contenta del fatto che justin si preoccupasse per me.
prima di arrivare alla porta mi accorsi, che le gambe non mi tremavano come poche ore prima, quando per la prima volta attraversai quel cancello.
arrossii un pò al ricordo. ero felice di rincontrarlo e non ero affatto agitata.

-"ciao piccola" justin mi stava aspettando alla porta con un cappello in testa e gli occhiali da sole, 
nonostante il sole fosse tenue a causa tramontando. ma probabilmente era pù per coprirsi il viso che per altro.
-"ciao piccolo" ricambiai il saluto e solo lì mi accorsi del nomignolo che mi aveva dato.
-"entra pure..non ero sicuro che saretsi arrivata"
-"io non ero nemmeno sicura che tu stessi facendo sul serio chiedendomi di venire."
rise. rise con gli occhi e arricciò il naso. tipico di justin.
mi fece sedere sul divano in salotto e ebbi l'occasione di vedere altre parti della casa che ne dalla cucina,
ne dalla porta si riescono a vedere.
davanti al divano c'era un bel tavolino basso, sempre di legno antico di un colore scuro. te pensa, che classe il ragazzo.
alzando lo sguardo c'era un enorme vetrata, fuori non riuscii a vedere altro, perchè ormai era scuro,
ma probabilmente c'era il prato e un altro tipo di vista mozza fiato stile cartolina ricordo photoshoppata.
justin mi aveva lasciato lì da sola e pochi minuti dopo tornò con un vassoio con stuzzichini di ogni tipo e due bicchieri vuoti.
-"cosa vuoi da bere?" mi chiese sorridendomi.
-"coca cola, grazie."
poco dopo tornò con due bei bicchieri di cola con due spicchi di limone e ghiaccio.
dopo essersi seduto in parte a me e avermi lascito un bicchiere mi guardò incuriosito.
-"a cosa stai pensando?"
-"a niente."
-"non mentirmi. dimmelo" non riuscii ad interpretare il tono in cui me lo disse.
-"no, è che mi sto chiedendo perchè mi hai invitato. è tutto così strano.. voglio dire.
insomma, io sono una comune mortale, mentre tu, bhe, tu sei justin bieber" quelle parole uscirono dalla mia bocca
sensa nemmeno respirare, come se fosse uno sfogo.
-"oh, bhe..sai.. stamattina quando ti ho mandata via sentivo di aver perso qualcosa, come se avessi perso un'opportunità,
io sono circondato da persone ricche, famose e sotto a telecamere e riflettori.
nel momento in cui ti mandai via sentii che tu potevi farmi sentire un ragazzo normale, perchè è proprio questo
di cui ho bisogno in questo momento"
justin sembrava trsite, le sue parole trapelavano sincerità da ogni poro e mentirei se vi dicessi che non mi faceva un pò pena.
-"sai sono circondato da gente che di professione recita o altro. a volte tutto quello che desideri sono cose genuine, normali"
-"non ti proccupa il fatto di passare del tempo con me? del fatto chequalcuno potrebbe vederci?"
gli chiesi con una sincera curiosità.
-"si. sono come circondato da un filo di ferro che non posso oltrepassare. loro vogliono vedermi cadere a pezzi, 
vogliono vedermi implorare pietà ai loro piedi..." sembrava quasi schifato dalle sue stesse parole.
"vogliono vedermi scavare la fossa da solo, perdere tutto quello che ho, vogliono vedermi perdere la dignità, vogliono 
potermi considerare morto, lo vogliono perchè sono invidiosi di me, di quello che ho e di quello che posso avere.
loro hanno un odio gratuito nel cuore che non può essere domato, un odio ingiusto, sbagliato, un odio che non chiede nulla in cambio,
loro hanno l'invidia nell'anima che urla loro di togliermi tutto, è qullo che io chiamo 'demone bianco' perchè tutto questo
mi viene inflitto sotto gli occhi di tutti alla luce del giorno e nessuno fa qualcosa, assistono indifferenti alla mia distruzione"
justin sputava quelle parole con rabbia e frustazione; e sinceramente non capivo perchè stesse dicendo tutto questo a me, 
il suo era uno sfogo, stava cecando di svuotarsi da tutta la pressione che quei 'loro' gli avevano stretto attorno al collo.
mi accorsi che tutto quello che volevo era stargli accanto e aiutarlo il più possibile.
D'altra parte, lui ha sempre fatto lo stesso con me.
-"loro chi justin? chi sono questi 'loro?"
-"ooh.. Madison." justin si strofinò la mano dietro al collo.
-"non avrei dovuto dirti nulla di tutto questo. non puoi capire."
-"dannazione, justin. allora perchè lo hai fatto?" forse lo stavo rimproverando.
-"senti, è meglio che tu te ne vada ora, è stato un errore. tutto quanto" justin mi spinse una spalla verso l'altro
per farmi capire che dovevo alzarmi.
sembrava andare tutto bene, ma per colpa della schiettezza era riuscito a rovinare tutto.
-"copriti il volto quando esci di qua, intesi?"
-"sissignore" telefonai a mia madre e feci come lui mi aveva chiesto.
lo salutai con freddezza e lui fece lo stesso. i suoi occhi erano ghiaccio e sembrava che dentro si stesse rimproverando,
per l'ennesima volta da quando ero con lui.

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Capitolo 5
*** Alive - capitolo 4 ***


justin's pov
madison lasciò casa mia dopo circa un'ora dopo il suo arrivo.
avevo sbagliato tutto.
come potevo pensare che stare in compagnia di una fan potesse aiutarmi?
lei non sà nulla di questa vita e non deve saperne nulla o la rovineranno.
non voglio che lei ne sia una vittima innocente. più ne sta alla larga, meglio è.
mi sentivo uno schifo per averla cacciata in quel modo, l'avevo illusa di potermi conoscere, di darle una possibilità
che non avevo dato a nessun' altra prima d'ora e non so nemmeno cosa mi ha spinto a farlo;
forse avevo visto qualcosa nei suoi occhi che mi chiedeva di non lasciarla.
comunque sia, scooter mi avrebbe ucciso se lo avesse saputo.
lui è una brava persona e ama i fans ma i ruoli devono essere rispettati, senza contare che se tutto questo dovesse uscire allo 
scoperto sarebbe un danno irreparabile per la mia immagine.
dopo tutto quello che la gente aveva inventato su di me, anche questo non mi serviva.
andai a letto con mille pensieri in testa, Madison era così carina e dolce, ogni volta che la guardavo negli occhi
sembrava che mi urlasse di abbracciarla.

-"ehy, bro.."
era Alfredo che entrava dalla porta d'ingresso, gli avevo chiesto di venire per stare un pò insieme.
quando sono in pausa dal tour tento di vedere il maggior numero di persone e passare un pò di tempo con loro,
forse, la verità è proprio che non mi piace stare da solo, ma voglio sempre un pò di compagnia;
forse era per la stessa ragione che avevo invitato madison a casa ieri sera...
già..madison..
-"Fredoo" gli andai incontro per salutarlo.
-"allora..come te la spassi?"
-"normale, fratello"
alfredo saltò sul divano e si mise comodo. come sempre.
-"è stato qui qualcuno ieri sera?"
aveva una strana smorfia sul viso, sospettava sicuramente qualcosa, ma questa è una storia da dimenticare e che non deve
succedere mai più e non volevo coinvolgere pure lui.
-"no amico, sono stato a guardare un pò di tv, niente di che" provai a sembvrare rilassato, disinvolto.
-"perchè ci sono due bicchieri di coca cola e degli stuzzichini sul tavolino"
mentre parlava mi fece cenno con la testa verso il tavolino difronte a noi.
-"emh, ecco in realtà è perchè avevo sete, quindi ne ho presi due così da non alzarmi due volte"
-"Oh, quindi avevi sete e hai preso due bicchieri, eh? ..justin sono mezzi pieni....enrambi... dimmelo amico..."
alfredo è mio amico, forse a lui avrei potuto dirlo.
-"ieri è stata qui una mia fans, Madison..e.."
-"che cosa, amico?" i suoi occhi erano spalancati e guardavano dritti nei miei. 
-"e' venuta a suonarmi ieri mattina per darmi una lettera, l'ho cacciata via, l'ho rincorsa, l'ho portata dentro,
abbiamo parlato un pò e dopo le ho chiesto di tornare ieri sera..tutto qui"
-"non è stata qui anche stanotte, vero?, insomma voi non.."
-"no, amico. si è fermata solo un oretta dopo l'ho mandata via"
-"Ma perchè lei hai chiesto di vedervi ieri sera? e perchè l'hai mandata via?
Fredo si mise le mani sulla testa e la sfregò sforzandosi di capire qualcosa.
-"non lo so, ieri non si comportava come una fan impazzita, era tranquilla, mi sembrava di conoscerla da sempre,
per questo le ho chiesto di tornare; poi l'ho mandata via perchè ho capito di aver fatto un errore,
insomma, dopo tutto quello che sto passando, non vorrei che qualcuno mi vedesse mentre sto in casa con una fan, capisci.."
-"penso che tu abbia fatto un errore.."
-"ohh, davvero? sono mesi che mi dicono questa frase"
lo guardai negli occhi con la voce piena di ironia.
-"non in quel senso, insomma, lei è fuori dal mondo dello spettacolo..vive probabilmente una vita tranquilla.. 
e penso che sia proprio quello di cui hai bisogno: delle persone normali.
lei può rappresentare tutto quello che hai di sereno.
dovresti provare a passare un pò di tempo con lei e vivere dei momenti veri, solo una persona che non vive nel mondo dello
spettacolo può farti vivere dei momenti sereni.."
mentre alfredo parlava, assimilavo ogni singola parola che mi diceva. forse aveva ragione.
Madison poteva essere in grado di starmi vicino più di chiunque altro, in questo momento.
-"Dov'è lei adesso?
-"probabilmente è al suo hotel, ma ieri l'ho mandata via senza nemmno darle una spiegazione..
mi sento così in colpa con lei..dovrei chiederle scusa o perlomeno, farmi perdonare."
-"ecco, dovresti. amico, sappi che supporterò questa vicenda e ti starò accanto. non è detto che scooter
faccia lo stesso."
Forse sarei dovuto andare al suo Hotel, parlarle e chiarire le cose. Dalle poche ore che sono stato con lei, ho capito
che parlarle non è difficile, e lei è una di quelle persone che sanno ascoltare, la cui compagnia è piacevole.

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Capitolo 6
*** Alive - capitolo 5 ***


Circa un'ora e mezza dopo che Alfredo lasciò casa mia, il citofono suonò.
Chiesi gentilmente a Dustin, di rispondere.
Dustin è la mia fedela guardia del corpo, nonchè colui che sta con me 24ore su 24
e dorme in un piccolo (si fa per dire) appartamento sotto casa mia, in quella che potrebbe benissimo essere la mia taverna.
Ma mi lascia piuttosto tranquillo, lo chiamo solo per necessità.
Poco dopo Fredo varcò la soglia della porta e con lui c'era anche Madison.
Era tranquillissima ed era questo che mi piaceva di lei più di tutto.....subito dopo i suoi occhi.
-"Ci abbiamo impiegato un pò di più perchè c'erano tre uomini qui fuori, probabilmente paparazzi, quindi abbiamo fatto qualche 
giro dell'isolato, aspettando che si allontanassero, non mi sembrava il caso di entrare con lei con loro in torno..."
Fredo parlò enza prendere un respiro. E gli sorriso grato.
-"Grazie mille, amico. Sicuri che non c'era nessuno che avrebbe potuto vedervi entare?"
guardai Alfredo e subito dopo Madison, aspettando una risposta da entrambi.
-"Sicuri al cento per cento no, ma le ho fatto coprire la testa con una felpa nera.."
-"okay. ottimo"
mi rivolsi a Fredo battendogli una pacca sulla spalla.
-"Jei Bi adesso devo andare, ci sentiamo amico.."
salutandolo chiusi la porta dietro di lui, mi voltai e vidi Madison in piedi a guardarmi senza dire una parola, nella stessa
posizione in cui era quando è antrata.
La squadrai un attimo, era in ottima forma.
-"hai dormito bene stanotte?" la mia domanda uscì dalle mie labbra, era la prima cosa che mi era venuta in mente e non so nemmeno per quale motivo.
-"Certo Justin. tu?" i suoi occhi si allargarono, non so se mi stava prendendo per il culo o era seriamente tranquilla.
probabilmente la seconda.
-"si, grazie." le rivolsi un sorriso mentre ci dirigemmo in cucina.
-"vuoi qualcosa da bere: acqua, coca cola, succo?"
lei sorrise e le si illuminarono gli occhi.
-"hai mai fatto caso che ogni volta che vengo, l'unica cosa che fai è o mi offri da bere"
alzò l'indice per fare un elenco. "o mi mandi via?" e alzò il medio.
sogghignava a se stessa.
-"mm okay" le feci una smorfia. "allora, sempre che tu non abbia sete posso farti vedere casa.."
Lei rise. 
-"certo. volentieri"

Madison pov
Justin sembrava rilassato, nessuno di noi toccò l'argomento 'sera prima'.
Mi fece vedere stanze, bagni, mostrandomi cose che io non pensavo nemmeno potessero esistere e poi arrivammo
ad una stanza con la porta rosa, sorrisi vedendola e mi chiesi cosa diavolo ci fosse dietro.
-"che stile, Justin" scherzai indicandola.
-"grazie, è stata un'idea di Dustin dipingerla di rosa. Vieni te la mostro"
Ci avvicinammo. Justin sorrideva e di conseguenza lo feci pure io. E' impressionante quanto questo ragazzo sia in grado di influenzarmi.
Justin aprì la porta che era chiusa a chiave, come ogni stanza della casa e accese una serie di luci che rivelarono un'immensa
stanza, era ordinatissima e capìì subito che stanza era.
Era piena di scaffali, divisi per anno e divisi a loro volta per tipologia, mi avvicinai alle targhette 'lettere', 'peluche', 'cartelloni',
sorrisi a me stessa di essere fiera di lui, su una targhetta lessi 'scarpe' mi girai per incontrare il suo sguardo come
in cerca di una spiegazione e ridendo gli chiesi:
-"scarpe?"
-"ossì piccola, anche scarpe" rise a sua volta dopo aver finito la frase.
-"ma perchè conservi tutto questo? ci saranno 50mila lettere solo nello scaffalo '2009, le hai lette tutte?"
-"anche questi fogli fanno parte di una storia. li conservo tutti avendo cura di ogni centimetro di questa carta.
no, non le ho lette tutte, ma a volte entro qui e ne leggo qualcuna, mi aiutano a distrarmi,
mi confortano, mi fanno sentire amato e mi ricordano perchè ogni giorno faccio quel che faccio, 
mi spronano a dare il meglio di me stesso in tutto.."
-"E' davvero nobile.." continuai la mia 'perlustrazione'
notai che attaccato alla parete c'era un bel divano con penisola.
-"e quello?" chiesi a Justin con un cenno della testa.
-"Oh, lì è dove mi metto comodo amirando tutto questo."
gli sorrisi fiera del ragazzo che è. ancora. come prima. come per sempre.
-"magari se cerchi bene, trovi anche qualcosa che mi hai inviato tu negli anni passati, o delle tue amiche.."
mi sorrise divertito e poi spostò lo sguardo.
-"usciamo?" si avviò alla porta.
Ho avuto la fortuna di vedere con i miei occhi che persona splendida Justin fosse.
Ormai più lo guardavo e più mi rendevo conto di volergli un bene infinito.
Uscendo dalla porta lo abbracciai, il mio gesto improvviso lo pietroficò mezzo secondo, ma subito dopo ricambiò l'abbraccio.
-"grazie" disse vicino al mio orecchio.
-"e per cosa?"
-"per farmi sentire normale"
rompendo l'abbraccio Justin mi prese per mano e mi porto in cucina, lì aprì la vetrata e mi portò fuori, 
c'era una meravigliosa vista sul prato e poi, bhe, poi c'era una piscina enorme.
Justin, sempre tendomi la mano, mi portò a bordo piscina, dove si sedette e mi fece cenno di sedermi accanto
a lui picchiettando la mano su una delle piastrelle che ricopriva il bordo vasca.
Mi sedetti accanto a lui e misi i piedi nell'acqua.
Gli parlai di quanto mi piacerebbe poterne avere una a casa quando Justin notò che un elicottero nero
continuava a sorvolare sopra le nostre teste, mentre gli parlavo notai che non mi stava ascoltando e che stava fissando 
l'eliccotero.
Un attimo dopo, fece un gesto improvviso e veloce che mi fece sussultare dallo spavento,
Justin mi mise il suo cappellino in testa in modo da coprirmi il volto.
-"Madison, veloce alzati, dobbiamo entrare"
Justin mi urlò rapido. Aiutandomi ad alzarmi corse verso il portico e poi in cucina dove chiuse immediatamente i vetri.
Ero spaventata. Era tutto successo in un attimo, così veloce che non ebbi nemmeno il tempo di riflettere a cosa stesse succedendo,
arrivai a pensare che quelli sull'eliccotero volessero addirittura ucciderci.
ero in uno stato di totale shock.
o forse era così.. forse erano davvero lì per fare del male a Justin..
-"Cosa Succede Justin?" ero terrorizzata.
-"Piccola, non è nulla. aspettami qui, vado a chiamare Dustin."
Lo ignorai completamente e lo seguii.
-"ma chi erano quelli?"
-"Ne parliamo dopo Madison!"
Era preoccupato ed io ero spaventata. se avessi avuto la coda, probabilmente ora sarebbe immezzo alle mie gambe.
Perchè queste persone sorvolano casa sua con un elicottero? cosa diamine vogliono da lui?
improvvisamente, il mio cuore si fermò, mi ricordai di quando Justin mi raccontò che delle persone volevano vederlo soffrire
e andare a terra; lì realizzai che forse erano proprio quei 'loro' di cui Justin mi parlava, quel 'demone bianco' che lo spaventa tanto.

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Capitolo 7
*** Alive - capitolo 6 ***


Mi sedetti sul divano, dove rimasi per un ora, con ancora in testa il cappellino di Justin.
Lo spavento e la paura aveva lasciato il posto alle domande.
Justin entrò in sala e si sedette difronte a me.
-"cosa volevano Justin?" lo guardai dritto negli occhi facendogli capire che volevo una spiegazione e la volevo adesso.
-"fare foto che possano scatenare gossip e che gli facciano fruttarere soldi, ecco cosa vogliono.
Nuovi articoli da scrivere, nuove storie da raccontare, nuova merda da spalare sul mio nome,
finche non riusciranno a soffocarlo, continueranno.."
i suoi occhi erano pieni di sincerità, mi guardava accarezzandomi la testa come per dire 'non preoccuparti. ci sono io'
-"e perchè non li denunci, non chiami il 911, la polizia; perchè non fai qualcosa?"
-"Madison, tutto questo è legale. E' una di quelle partite che si perde in partenza, l'unica cosa che posso fare è
continuare a scappare e nascondermi prima che loro riescano a prendermi"
-"Perchè continui con questa vita, allora?"
volevo sapere. dovevo sapere. quel tormento non avrebbe mai potuto nasconderlo, non a me e non per sempre.
-"A volte vorrei mollare tutto. ma poi vedo l'amore dei fans, vado nella stanza rosa e mi ricordo perchè sono qui,
e soprattutto mi ricordo perchè devo rimanere. La musica mi aiuta a liberarmi, a stare meglio, è il genere
di arte perfetto, la musica mantiene i segreti"
-"perchè ti comporti come se andasse tutto bene, justin, perchè reciti di essere forte ed energico mentre dentro stai morendo?"
avevo un tono disperato e quasi non mi misi a piangere davanti a lui, il che non avrebbe migliorato la situazione.
-"Con il tempo, ho imparato a coprire il mio volto con una maschera di indifferenza in modo che attraverso i miei occhi,
nessuno riesca a leggere i miei pensieri."
Se Justin portava una maschera probabilmente si era sgretolata come pane, ridotta i mille pezzi, perchè ora riuscivo a vedere lui, non justin bieber,
ma justin.
Justin sospirò e abbassò la testa per poi rialzarla e avvicinarsi a me, pochi centimetri separavano i nostri volti, premendomi una bacio sulla guancia
mi accarezzò il viso per poi premere la sua fronte sulla mia.
Ero paralizzata sotto al suo tocco e alla sua presa, probabilmente il sangue smise di circolare nelle vene, deglutii e guardandolo negli occhi riuscii
a vedergli l'anima. Aveva la parola 'aiuto' scritta negli occhi, ma non me ne sono mai resa conto perchè camminava a testa bassa.
Sentivo il suo respiro sulle mie labbra, Justin mi guardò per un momento che sembrava infinito, ma mentirei se dicessi che avrei voluto che finisse.
-"E' qualcosa in cui tu puoi solo sprofondare, sprofondare sempre di più, senza una via di ritorno in grado di riportarti minimamente 
in superficie, almeno per farti respirare un pò. Passi tutta la vita in cerca di questa strada che ti dicono che non troverai mai..."
scoppiai in lacrime mentre le sue mani erano ferme alla base del mio collo in un tocco gentile.
-"Madison, sei tu quella starda, quella che cercavo, quella di cui avevo bisogno. Tu non sai cosa significa aspettarti e sapere che 
probabilmente non saresti mai arrivata. Sei tu l'unica che può prendermi la mano e trascinarmi in superficie di peso."
Justin scoppiò in lacrime. Piangeva per se stesso. Piangeva per tutto lo schifo che loro gli stavano riservando.
-"baciami ti prego, adesso" Justin mi supplicò.
Appoggiai le mie labbra alle sue, erano calde e soffici, allacciai le mie braccia intorno al suo collo per avvicinarlo a me, il suo petto andava su e giù rapidamente,
Justin mi strinse i fianchi e mi avvicinò sempre di più a lui, in mezzo a tutto quello che pensavo nemmeno mi ero resa conto che le nostre lingue si stavano toccando, trasformando il semplice bacio in un bacio complice e pieno di passione, come se essa fosse stata coltivata e fatta crescere e poi chiusa in un cassetto per anni.
Rompemmo il bacio insieme nello stesso momento, i nostri respiri erano affannati e i miei occhi erano persi nei suoi.
E' davvero un ottimo baciatore, capace
Era nudo delle sue debolezze, storie da sembrare fantascienza ma che la gente conservava per lui ogni giorno della sua vita. quella vera.
Justin mi abbracciò, avvicinò lentamente la testa alla mia e tra un filo di voce roce e rotta dal pianto mi sussurrò...

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Capitolo 8
*** Alive - capitolo 7 ***


"Ti prego, rimani al mio fianco per sempre. Ho pregato Dio ogni notte perchè ti portasse da me"

Oh mi Dio.
Non solo lo avevo baciato davvero, ma era stato lui a chiedermelo.
Con un dito asciugai le lacrime che gli stavano rigando il viso, chissà quante altre volte erano sciovolate sulla superficie del
suo volto, arricciato dal dolore, chissa quante altre volte era scoppiato a piangere a causa di tutto questo, magari prima di addormentarsi,
come capita spesso agli adolescenti, dopo tutto lo era anche lui. chissa quante altre volte aveva fissato il soffitto rimpiangendo la sua vita. chissa quante altre volte aveva toccato il fondo ed io non ero li con lui.
-"te lo prometto. Quando avrai bisogno di me ci sarò sempre" non esitai a pensare alle mie parole, forse erano le più sincere che avessi mai detto.
Justin mi abbracciò e le sue braccia calde avvolsero il mio corpo facilmente, facendomi provare una sensazione mai sentita prima,
era piacevole stare lì, i nostri cuori non erano mai stati più vicini di così.
Sdraiati sul divano ci addormentammo, uno accanto all'altro.

Madison pov
mi svegliai e sorrisi vedendo Justin ancora addormentato accanto a me, guardai l'orologio che segnava le 13:12 avevamo dormito circa 3 ore.
Decisi di alzarmi, scansandolo delicatamente e ammirando il suo viso rilassato mentre dormiva, approfittai del momento per fissarlo, per notare 
ogni sua perfezione, le labbra carnose, capaci, la mia più grande debolezza, subito dopo il suono della sua potente voce; poi gli occhi chiusi
coperti da lunghe ciglia, li avevo osservati infinite volte dai miei poster, ho guardato i suoi occhi più di quanto abbia guardato i miei in 16 anni di vita;
la sua pelle limpida, perfetta che copriva i suoi zigomi magnificamente; poi c'erano i suoi capelli, color caramello che incorniciavano il suo volto e
concludevano un'opera perfetta, la miglior creature vivente: chiunque gli abbia dato tutto quello, gli voleva davvero bene.
stampai un leggero bacio sulla sua fronte e mi diressi in cucina e incominciai a preparare degli ottimi spaghetti al sugo, probabilmente il mio spadellare lo svegliò perchè me lo ritrovai in piedi appoggiato alla porta della cucina che mi guardava.
-"ma ri-buongiorno" gli dissi sorridendo, facendo scatenare la stessa reazione sul suo viso.
quanto era bello vederlo sorridere. a volte avrei vuluto chiedergli 'ehi, ti va se mi siedo accanto a te e ti guardo sorridere?' ma è sempre stato lontano da me.
-"Ciao piccola. che stai facendo?"
si avvicinò a me e mi strinse le braccia intorno alla vita, il suo petto era appoggiato delicatamente e parallelo alla mia schiena.
Chiunque fosse entrato in quel momento avrebbe benissimo pensato che ci conoscessimo da una vita, ma in realtà solo io conoscevo lui da tanto tempo,
lui conosceva me solo da pochi giorni.
-"spaghetti. ti va?"
l'acqua bolliva nella pentola e buttai gli spaghetti, li avevo trovati nel primo armadietto che avevo aperto. Tutto in quella casa era increibilmente ordinato,
qualcosa mi fece pensare che fosse un maniaco dell'ordine, forse il fatto è che in casa non c'erano tanti mobili pieni di aggeggi inutili, quindi era semplice mantenere
l'ordine.
-"ci siamo addormentati" Justin mi guardò negli occhi dopo essersi staccato da me, stava arrossendo ed era così dannatamente carino.
-"abbracciati" aggiunsi, lo provocai e lui arrossì ancor di più. 
-"dopo esserci baciati" probabilmente aveva capito il mio gioco. arrossii d'istinto. piccolo bastardo.
-"ok, basta ho capito" scossi la testa agitando le mani difronte a me, tutto quello che volevo era non guardarlo negli occhi.
era così naturale giocare con lui, è di per sè davvero educato e gentile, c'era una sorta di intesa tra noi, era tutto così semplice;
ma quella situazione era abbastanza imbarazzante e confusionaria perchè ci eravamo baciati e coccolati, ma non stavamo insieme.
Justin sentì il cellulare squillare ma non si mosse dallo sgabello della cucina. non avrà intenzione di ignorarlo, vero?
notai l'insistenza della chiamata e alzai gli occhi su justin, che sembrava piuttosto impegnato a sistemarsi i capelli.
-"forse è meglio che tu rsponda"
-"forse" mi sorrise. ma come ci riusicva?
-"justin, vai a rispondere" mi piaceva fingere di avere potere su di lui.
justin alzò gli occhi al cielo e andò in salotto, dove probabilmente rispose al cellulare dato che non lo sentii più squillare.
la pace del primo pomeriggio si percepiva, era davvero gradevole. 
Intanto misi sulla penisola di marmo due piatti, due forchette e due bicchieri; il minimo indispensabile, insomma.
scolai gli spaghetti e li condii col sugo, mi complimentai con me stessa perchè erano davvero belli, l'importante che fossero pure buoni.
mi sedetti e aspettai justin, intanto osservavo lo splendido paesaggio fuori dalla vetrata, chiunque abbia progettato una cosa simile, ci sà davvero fare.
Justin entrò in cucina e sembrava diverso.
cosa diamine c'è ancora? perchè non si può stare tre secondi tranquilli? quella era la sua vita ogni giorno.
-"justin, non ho intenzione di fare tanti giri di parole, dimmi subito cosa ti turba?"
-"ma come diavolo, riesci a capire ogni cosa di me?" aggrottò le soppracciglia.
-"non cambiare discorso" ero seria e lo fissavo sperando di intimidirlo.
-"ha chiamato scooter" fece il disinvolto e si sedette sullo sgabelli difronta a me e prese la forchetta tra le dita.
-"ha chiamato scooter, e?" gli feci capire che doveva continuare.
-"Madison, scooter ha visto.." abbassò la testa "le foto"
-"justin, di che foto parli?" il mio cuore cominciò a schizzarmi nel petto.
-"dell'elicottero e della piscina"
io ero completamente in panico e so che lo era anche lui, ma non lo dava a vedere, era diventato davvero bravo a nascondere ogni cosa.
-"ma tranquilla, non ti si vede in viso, sono riuscito a metterti il cappello, ricordi?"
lui, sembrava così tranquillo che mi stava facendo innervosire. non può essere tranuillo.
-"si, ma justin e te? cosa dicono di te? cosa dobbiamo fare adesso?"
intanto justin mangiava, mentre tutto il mio cibo era ancora nel piatto.
-"scooter non vuole che ti veda mai più, ha detto esplicitamente che ti devo stare alla larga" alzò la testa e mi guardò.

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Capitolo 9
*** Alive - Capitolo 8 ***


Justin POV
Sentii il cellulare squillare in salotto ma decisi di non rispondere. Non avevo voglia di alzarmi, nè tantomeno di iniziare una conversazione on qualcun'altra, probabilmente era un'altra di quelle noiosissime persone che vogliono parlare di lavoro, musica, lavoro, discografia e ancora lavoro.
Ero davvero esausto.
Madison era davvero adorabile ai fornelli, amo guardarla mentre lei non può nemmeno accorgersene, mentre è impegnata e la sua attenzione non è su di me.
-"forse è meglio che tu risponda"
Alzai lo sguardo e notai che mi stava guardando, il suo viso e i suoi occhi color cioccolato erano fissi su di me.
-"forse" le sorrisi sapendo che farlo l'avrebbe fatta arrossire.
-"Justin, vai a rispondere" niente da fare. Data la sua insistenza decisi si alzarmi, perché sinceramente non avevo voglia di sentire brontolare pure lei.
Attraversai la cucina e andai verso la parete del salotto, presi il mio iPhone dal tavolino e risposi seccato sperando di far capire a chiunque fosse che non avevo voglia di parlare.
-"pronto"
-"Justin" era Scooter.
-"Ehi, Scooter, è un pò che non ti sento.." disinvolto. Dovevo sembrare disinvolto, tranquillo, altrimenti avrebbe iniziato a farmi 546384957 domande su cosa mi turbasse e saremmo finiti col parlare di progetti, come sempre.
Scooter è uno okay, è davvero una brava persona e mi sprona a dare il meglio per gli altri, mmi ha insegnato a vivere per il mondo, per la gente che mi sta attorno, e non per me stesso, e io condivido il pensiero.
-"Si può sapere cosa diavolo stai facendo?" allora, innanzi tutti si deve calmare.
-"assolutamente niente, perché?" mi guardai le mani.
-"Justin, circolano delle foto sul web che ti ritraggono accanto ad una ragazza mora e siete seduti, indovina un po'? sul bordo della tua piscina.." sputava fuoco.
-"È Madison.." non potevo nasconderglielo, non a lui. "è una fan"
Riuscivo ad immaginare Scooter con il volto scioccato.
-"che cosa? Justin, ma stai scherzando?.."
-"no, amico.." lo interruppi prima che potesse finire.
-"ti rovinerà. Non hai bisogno anche di questo ora, lei sarà l'ultima goccia da sopportare, quella che farà traboccare il vaso, e sappiamo benissimo che non puoi permetterti una cosa simile" Scooter stava urlando, non mi aveva mai rimproverato a voce alta prima d'ora.
Tutto quello che volevo era concludere la chiamata.
-"La verità è che sono stanco Scooter, tanto stanco. Non posso comportarmi normalmente solo perchè ho un nome da proteggere, solo perchè loro possono dire tutto su di me, mentre il mondo glielo lascia fare"
-"hai scelto questa vita, hai avuto un'opportunità che capita ad una persona su un milione, lo hai scelto tu, non dovevi accettare il contratto, hai scelto di firmarlo, ora continui" le sue parole erano ben scandagliate ed il suo fare era tornato quello gentile di sempre.
-"lo so" aveva ragione. Mi ha dato un'opportunità che mi ha cambiato la vita anche in meglio, gliene sarò sempre grato.
-"devi ritrovare la passione Justin, perchè sinceramente non sei più il ragazzino a cui piaceva fare musica che ho conosciuto, lo stesso di cui il mondo intero si è innamorato"
-"devo solo riposarmi"
-"Okay Justin ci sentiamo presto"
-"va bene"
-"ah, quasi stavo dimenticando: dimentica quella ragazza e falla riportare a casa da Dustin immediatamente."
-"ma.."
Scooter mi interruppe subito.
-"Niente 'ma'. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore"
La chiamata terminò.
Ritornai in cucina da Madison, che mi stava aspettando seduta al bancone.
Entrai a testa bassa per evitare il suo sguardo.
-"Justin non ho intenzione di fare tanti giri di parole, dimmi subito cosa ti turba.." ma che cazz*
-"ma come diavolo riesci a capire ogni cosa di me?" aggrottai le sopracciglia.
-"non cambiare discorso"
-"ha chiamato Sooter.." feci il disinvolto e mi sedetti sullo sgabello difronte a lei e presi la forchetta tra le dita.
-"ha chiamato Scooter, e?" mi fece capire che dovevo continuare.
-"Madison, Scooter ha visto" abbassai la testa "le foto"
-"Justin, di che foto parli?" lei andò in panico all'istante.
-"Dell'elicottero e della piscina"
Stava per svenire, il suo sguardo era perso nel vuoto, lì capii che  era davvero preoccupata.
-"Ma tranquilla,non ti si vede in viso, sono riuscito a metterti il cappello, ricordi?"
Ero preoccupato pure io, ma non potevo farglielo notare, sarebbe impazzita ancor di più.
-"si, ma Justin e te? cosa dicono di te? cosa dobbiamo fare adesso?"
Cominciai a mangiare, sperando che si tranquillizzasse vedendomi sereno.
-"Scooter non vuole che ti veda mai più, ha detto esplicitamente che ti devo stare alla larga" i suoi occhi urlavano chiedendomi cosa ne sarebbe stato di noi..
Un 'noi' che in realtà nemmeno esisteva e che non sarebbe mai potuto esistere.

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Capitolo 10
*** Alive - Capitolo 9 ***


Madison pov
Dire che ero in shock e in panico è un eufemismo.
Le mie gambe tremavano e la mia anima pure, non volevo lasciarlo, abbiamo passato momenti davvero intensi insieme e nel profondo del mio cuore sapevo
che lui avrebbe avuto bisogno di me sempre; e poterlo aiutare a stare meglio, a rilassarsi, rilassava anche me.
Probabilmente Dio aveva incrociato le nostre strade per una ragione precisa, ed io la volevo pensare così.
Dio ha voluto che io incontrassi Justin e ora, qualcuno vuole dividerci, ma in realtà sono sempre stata abbituata a questo genere di cose.
-"Sembre che le cose arrivino a me per poi essermi tolte, strappate delle mani e dal cuore" abbassai lo sguardo e sorrisi sperando di non scoppiare a piangere.
-"Questo pensiero è qualcosa che ci accomuna, Mads, a volte anche io mi ritrovo a pensare che tutte le cose che ottengo, poi mi vengono tolte, oppure rovinate; ed è terribile, perchè senti perdere tutto poco alla volta e tu non puoi fare nulla per impedirlo. Puoi solo sederti a braccia conserte e vedere loro toglierti tutto."
sforzai il sorriso ancor di più, sentivo di essere al limite, di essere sull'orlo dal scoppiare in lacrime.
Justin mi fece alzare e mi trascino per mano davanti alla porta d'ingresso. non poteva farlo sul serio.
-"no farlo Mads.."
-"fare che cosa?"
-"sorridere per evitare di piangere" mi guardò.
-"è solo che non ci posso credere, stava andando tutto bene.." i miei occhi lucidi penetravano nei suoi.
ci volle poco perchè scoppiai a piangere, lui era tutto quello che ho sempre voluto.
-"Devi andare Madison, è il meglio per entrambi, credimi. Odieresti la tua vita se ti permettessi di strami accanto, ed io odierei me stesso per averlo fatto"
-"ma Justin, io ti voglio bene, non voglio andarmene" i miei occhi piangevano lacrime di disperazione, il mio pianto gli urlava di non lasciarmi.
-"Madison, davvero pensi che chiunque si voglia bene debba o sia destinato a stare insieme?"
lui era impassibile, tranquillo. la sua solita tranquillità che mi innervosiva.
allungai le braccia attorno al suo collo e lo strinsi in un abbraccio che avrei voluto non finisse mai.
Justin ricambiò e sentii il suo respiro diventare sempre più veloce. lo guardai e notai gli occhi lucidi e rossi.
Justin mi sollevò e mi fece sedere un tavolino di legno dietro di me, sul quale riconobbi la mia lettera che gli avevo consegnato il giorno precedente.
Posizionò il bacino tra le mie gambe, con le quali gli strinsi alla vita per avvicinarlo ancora di più a me.
Gli presi il viso tra le mani e lo supplicai piangendo, proprio come aveva fatto lui poche ore prima.
-"Ti prego baciami, se deve essere l'ultimo bacio, allora..." 
-"allora, che cosa?" Justin mi interruppe e avvicinò il volto a mio.
-"..facciamolo durare per sempre"
Justin stampò dei leggeri e rapidi baci sulle mie labbra.
Posizionò la sua lingua sul mio labbro inferiore chiedendone l'entrata la quale fui contenta di dargli, la lingua di Justin incontrò la mia e fece la sua solita magia mentre i nostri corpi continuavano a stringersi sempre più vicini, più di quanto la fisica ci permettesse.
Le mie mani scivolavano su e giù per la sua schiena, mentre le sue erano immobili sui miei fianchi.
Gli passai leggera una mano tra i suoi capelli color oro, baciandolo ancor più forte. gemette.
Staccai le mie labbra dalle sue.
-"Continua, ti prego.." il caldo respiro di justin si scontrava contro la ma pelle provocandone dei brividi.
Mi stampò dei baci sulla mascella, rapidi e non molto distanti fra loro. gemetti allungando di poco la schiena.
Già amavo essere vittima di quella magia.
-"Scusate il disturbo" aprii gli occhi per vedere Dustin difronte a noi "Scooter mi ha chiamato dicendomi di portare la ragazza a casa"
Justin mi guardò negli occhi e sorrise.
-"devi proprio andare, piccola"
-"ci rivedremo un giorno" le mie parole erano intenzionali.
-"promesso" mi sussurrò.
Dopo avermi fatto scendere letamente dal tavolino, mi stampò un baciò sulla fronte.
-"promessso" ripetè a voce più alta.
Gli chiesi velocemente una matita, che lui estrasse la tavolino e gli scrissi il mio numero di cellulare sul foglio della mia famosa lettera.
-"fai la brava mi raccomando"
indossai una felpa nera col cappuccio, la stessa con cui Fredo mi aveva portato lì e uscii con Dustin al mio fianco.
a quattro metri dal cancello mi voltai e vidi Justin sulla porta d'ingesso che mi guardava.
lo salutai con la mano e lui ricambiò, poi scomparvi dietro alla sua fitta aiula di cactus.

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Capitolo 11
*** Alive - Capitolo 10 ***


Chiesi a Dustin di lasciarmi davanti l'entrata del Cristallad Hotel, l'hotel in cui alloggiavo per la vacanza, e così lui fece.

Dustin era un tipo allegro e vivace, per tutto il tragitto non aveva fatto altro che parlarmi dei fans che circondavano Justin, mi disse che a Justin piace essere seguito e sommerso dai fans e che ama e apprezza l'affetto costante che questi gli danno; poi mi disse anche che comunque Justin è un ragazzino come tutti e che a volte vuole i suoi spazi, 'come biasimarlo' pensai, mi disse che a volte Justin vorrebbe che i fans lo aiutassero, formando scudi e catene varie per mantenere paparazzi lontano da lui.
Assorbivo ogni songola parola di Dustin, era un modo per capire justin e per conoscere il vero lui..

-"Grazie, Dustin" gli dissi sorridendo scendendo dalla macchina.
-"di nulla, ci vediamo presto signorina Madison" ricambiò il sorriso.

Avevo vissuto i giorni più belli della mia vita, avevo avuto qualcosa che nessuno aveva avuto il privilegio nemmeno di conoscere. 
Mi sentivo così speciale.

-"mamma" urlai chiudendo la porta della stanza dietro di me "sono tornata"
-"Madison, non sapevo facessi così tardi" 
-"scusa mamma, nemmeno io"
-"okay, ma ora vai a preparare la tua roba.."
-"la mia roba?"
-"si, te lo sei dimenticata: domani partiamo.."

La nostra doveva essere una breve vacanza, cinque giorni, nemmeno una settimana. Saremmo ritornate alla vita di sempre, alla gente di sempre e sarei ritornata la ragazza che tutti non notano, in meno di 24 ore.
Los Angeles è quella che io chiamo 'la città dei sogni' porterò l'esperienza di questa vacanza sempre nel cuore. Per ovvi motivi.
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Gli addetti ci stavano portando le borse di vestiti in macchina, intanto io ero persa a guardare la meravigliosa vista che dalla finestra della nostra stanza dava su una parte di Los Angeles, in realtà stavo cercando di vedere la casa di Justin, senza nessun risultato, ovvio.
Avrei pagato oro per salutarlo per l'ultima volta, forse la verità è che volevo solo rivederlo e non staccarmi più da lui, ogni 'ultima volta' non sarebbe mai stata abbastanza ultima.
In cuor mio speravo che mi chiamasse, che si ricordasse del mio numero, ma poi pensai a cosa la vita mi aveva appena fatto vivere: giorni indimenticabili con mamma nella città dei sogni durante la vacanza dei sogni, in cui il mio desiderio più grande prese sostanza.
Forse, qualcosa di bello la vita, me lo aveva riservato.
Se Justin non mi avesse più chiamato me ne sarei fatta una ragione, avevo già avuto tanto e non volevo desiderare ancor di più. Esagerare non è quasi mai salutare.

Squilla il cellulare.
Durante il viaggio ogni squillo mi faceva accellerare il battito cardiaco al punto che riuscivo a sentirlo in gola.
-"pronto?" 
è Chris, il mio migliore amico, era così bello sentire la sua voce dopo quei giorni.
-"Ehi, Mads, a che ora torni? ho pensato che ci potremmo vedere e così potresti raccontarmi tutto quello che ti è successo.." oh, non avrà mica visto quelle foto pure lui..
-"ehmm.. certo, perchè no? dovrei essere lì tra due ore.."
-"mi devi dire assolutamente tutto, chiaro?" non le avrà viste sul serio, nè?
ovviamente non potevo chiederglielo, sarei stata troppo sfacciata, troppo 'beccata', se non le avesse viste..
-"tuttissimo"
ovviamente non lo avrei fatto.
Chiusa la chiamata sorrisi ricordando le 24 ore precedenti in cui proprio in quel momento ero accoccolata con Justin sul divano; senza nemmeno accorgermene mi addormentai.

Mi svegliai e notati che la macchina era ferma, mi misi seduta sul sedile e vidi casa mia.
Nonostante tutto, era rilassante essere finalmente a casa anche se Los Angeles mi mancherà sempre un po'.
-"Ma chi si rivede?!" mi voltai e vidi Chris in piedi difronte a me.
-"Ciaooooo" gli corsi in contro e lo strinsi forte "mi sei mancato tanto"
-"anche tu, Piccola"
Chris è uno di quei migliori amici super protettivi con i quali non ti fidanzeresti mai, lui era bello da togliere il fiato ed io dovevo stare attenta a tutte le ragazzine che gli ronzano in torno e lui faceva lo stesso con me, come se ce ne fosse mai stato bisogno.
I suoi occhi azzurri e i capelli biondo scuro gli davano un aria da duro, da 'bello senza cervello', ma soprattutto senza cuore, cosa che non era nemmeno lontanamente.
Dopo aver pranzato con mamma, e parlato del viaggio in generale durante il pranzo, Chris mi portò in gelateria, per stare un pò da soli ed entrare nel dettaglio delle mie vacanze.
Eravamo seduti ad un piccolo tavolino di una delle migliori gelaterie/bar d'America (secondo me).
-"Quindi cosa si dice a Los Angeles?" mi chiese mentre aspettavamo le nostre ordinazioni.
-"E' un bellissimo posto.. cammini per strada e vedi delle celebrità ovunque.. è pazzesco.."
-"Figo" disse adorabilmente. "hai incontarto qualcuno di famosissimo?"
Quella domanda mi fece pensare ad una sola persona, l'unica che avrei voluto tenere lontana da quella conversazione..pensai che avrei comunque potuto dirglielo, cambiando un paio di cose nella storia.
-"Si, ho incontrato Justin.." mi uscì spontaneo fermarmi solo al nome.
-"Madison, dici sul serio?" sgranì gli occhi "il tuo justin?"
Si, Chris, hai detto bene, nemmeno potresti immaginare in che senso è stato mio.
-"Esatto"
-"hai delle foto, qualcosa?"
-"no, niente, era con degli amici, non volevo disturbarlo"
Chris conosceva la mia incontrollata passione per Justin quindi alle parole 'non volevo disturbarlo' storse il naso, il chè mi fece realizzare quanto la mia storia stesse diventando surreale.
Mi spiaceva da morire non potergli raccontare niente, lui era il mio migliore amico e mentirgli o nascondergli qualcosa i faceva sentire un mostro, se solo lui avesse scoperto qualcosa gli avrei spezzato il cuore. Ma non potevo dirlgi assolutamente nulla, lo avevo promesso con la mano sul cuore.
Le nostre ordinazioni arrivarono e distolsero l'attenzione di Chis da me.
Presi tra le mani la cannuccia della mia granita quando il cellulare cominciò a vibrarmi in tasca.
Lo presi e notai sullo schermo una serie di numeri che la mia rubrica non riconosceva.
Tremai e ingoiai la saliva.
-"pronto.."

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Capitolo 12
*** Alive - Capitolo 11 ***


-"pronto.. Madison sei tu?" era una voce famigliare "Sono Jess, volevo salutarti, ho sentito che sei tornata..."
Dannazione, era solo Jess, penso di aver perso 10 anni di vita i tre nano secondi.
-"Ehyy Jess, scusa non ti avevo riconosciuta, hai cambiato numero?"
-"no no, è sempre quello.."
Jess era la mia migliore amica, ed era la migliore in generale, a lei raccontavo tutto ed era la persona di cui mi fidavo di più in assoluto, insieme a Chris ovviamente.

Erano passati 12 giorni dal ritorno a Chigaco e ormai avevo ripreso il ritmo del mio noioso e ripetitivo stile di vita.
Justin non si era fatto sentire e un po' mi spiaceva, sfiorai il pensiero che probabilmente lui era interessato ad una sola cosa, la stessa alla quale sono interessati tutti i 19enni del mondo intero, un po' mi fece rabbrividire ed arrabbiare... ma poi pensai a tutto quello che ci eravamo detti in pochi giorni e rivalutai la mia opinione.
So' che dovevo smetterla di pensare a lui, so' che sono stata fortunata e stavo iniziando a capire che tutto si sarebbe femato a quello che era già successo e che non ci sarebbe stato nessun 'to be continued'.
La verità che mi era impossibile ignorare, però, era che Justin mi mancava da morire, ero seduta sul letto di camera mia e fissavo i poster appesi alle pareti tutto sembrava dirmi 'sei una fessa perchè lui non ti vuole'.
Il mio petto si svuotava, stavo male perchè lo rivolevo tra le mia braccia, stavo male perchè avrei voluto salutarlo e stavo male perchè probabilmente si era dimenticato di me.
Tutto questo è come una di quelle crisi post concerto, ma mille volte più grande.
Justin mi mancava, non potevo farci nulla e in cuor mio speravo di mancargli un po' pure io.
Decisi di andare a farmi una doccia, mi ci voleva, dovevo rilassarmi e distrarmi almeno per un attimo.
Mentre l'acqua calda sciovolava a contatto con la mia pelle mi accorsi che la doccia non è esattamente una delle cose migliori da fare quando non vuoi pensare a qualcosa o a qualcuno.
Mi ritrovai con gli occhi rossi e non era per colpa el sapone, le lacrime si confondevano con l'acqua e i miei singhiozzi pure.
Mi ritrovai a piangere perchè lo volevo rivedere, ormai era una sorta di astinenza, volevo lui, le sue labbra, il calore del suo corpo, ma soprattutto volevo il suo sguardo.
Avvolsi un asciugamano intorno al mio corpo e uno in testa, uscii dal bagno e mi sedetti un attimo sul letto, presi il cellulare: nessuna chiamata, nessun messaggio.
Tornai in bagno ad asciugarmi ed a vestirmi, avevo il mio bagno personale in camera quindi non avevo nessun problema a fare avanti ed indietro in continuazione.
Indossai dei pantaloncini da ginnastica rosa e una canottiera bianca, decisi di uscire a fare una corsa: qualsiasi cosa per torgliermelo dalla testa.
Stavo correndo da 7 minuti, in realtà mi ero fermata una decina volte, ma poco inporta; stavo ascoltando una delle mie canzoni preferite di Justin: Never Let You Go.
Ottima combinazione, no?
sentii il mio cellulare scquillarmi in mano, non guardai nemmeno lo schrmo e risposi subito.
-"Pronto.."
-"ciao piccola.." una voce roca e sexy mi riempi la testa, capii subito chi era.
-"oh mio DDDio" quasi urlai con la voce piena di pianto.
-"Sai chi sono?"
-"certo che lo so, e mi manchi da morire" mi sedetti sull'erba incredula.
-"Anche tu piccola"
-"perchè hai aspettato così tanto?" 
-"non ero sicuro, Mads, Scooter si fida di me. Mi ucciderebbe se sapesse che ti sto parlando."
-"allora perchè lo fai?"
-"volevo sentire la tua voce, sapere come stavi.."
-"bhe, vuoi sapere come sto? sto male, Justin. Mi sei mancato da morire, pensavo che non ti avrei più sentito.."
-"Madison, non piangere, ti prego..presto ci rivedremo.."
-"E quando, Justin? quando? non fare promesse che non puoi mantenere.."
-"Senti, ieri è riniziato il Tour, tra due tappe saremo a Chicago, dimmi il tuo indirizzo e ti mando due biglietti in prima fila.."
-"Ma io voglio anche abbracciarti.." singhiozzai sembrando una bimba viziata.
-"non preoccuparti, troverò il modo di poterti riabbracciare ancora.."
-"promesso?"
-"te lo prometto piccola"
-"mi fido.."
-"Madison.."
-"dimmi.."
-"la storia del 'lontano dagli occhi, lontano dal cuore' è una gigantesca, abnorme e stratosferica stronzata"

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Capitolo 13
*** Alive - Capitolo 12 ***


La chiamata terminò nel giro di tre minuti.
E' stato bello sentirlo, ma lo è stato ancor di più realizzare che si fosse ricordato di me.
Stavo iniziando a perdere le speranze quando lui chiamò, ha sempre saputo sorprendermi nei momenti in cui non me lo aspettavo per niente.
Mi stesi sull'erba e mi ritrovai a fissare il cielo e senza nemmeno accorgermene stavo sorridendo, sorridevo come i bambini sorridono scartando i regali di natale, come una madre sorride guardando negli occhi suo figlio per la prima volta.
Mi rialzai e tornai a casa: dovevo fare una doccia. La seconda nel giro di un'ora.
Chissà come ha passato questi giorni, ero davvero super agitata di incontrarlo, di abbracciarlo e di parlagli per sapere come stava.
Essendo sua fan l'avevo tenuto d'occhio grazie a Twitter, Facebook e siti di gossip vari, in cui le nostre foto non sembrano aver interessato tante persone, meglio così: da quando me ne ero andata non era successo niente di che.
Ed io ne ero felice, magari è si è potuto rilassare come merita prima del tour.
Scesi le scale e vidi mamma entrare in salotto con due borse della spesa.
-"Ciao mami, vuoi una mano?"
-"ehi, come mai così di ottimo umore oggi?"
-"okay, lascerò fare tutto a te..." finsi di andarmene.
-"Madison, torna indietro e aiutami.." mi sorrise.
Mentre la aiutavo la guardavo, non sapevo se dirle tutto, o solo in parte o non dirle nulla..
La guardavo mentre era distratta, probabilmente meritava di saperlo, insomma, è mia madre, la donna più importante della mia vita.
-"Mami..."
-"si, tesoro.." mi guardò.
-"mi ha chiamato Justin.."
Mi guardò spalancando gli occhi. 'senti mami, stai serena..'
-"Madison, lui che cosa?"
Provai a fare l'indifferente, cosa che non mi riuscì molto bene.
-"mi ha telefonato.."
-"Madison, prima di tutto mi spieghi come è riuscito a contattarti e poi mi dici perchè lo avrebbe fatto.."
Non saprei descrivere il suo stato d'animo. Probabilmente era arrabbiate, felice e....qualcos'altro.
-"Sono stata io a dargli il numero e poi mi ha chiamato per salutarmi e per dirmi che mi spedirà due biglietti per il concerto che non eravamo riuscite a comprare.."
-"bhe, è stato davvero gentile da parte sua.. ma.."
-"mamma.." la interruppi facendola capire che non volevo che la facesse troppo tragica.
-"lui è una celebrità, Madison.. perchè lo fa?"
'sai mami, vorrei risposte più chiare pure io..'
-"siamo amici.."
-"voi..siete..amici?" ma che razza di problemi ha?
-"esatto" feci la disinvolta.
-"e quando sarebbe questo concerto?" sembrava più tranquilla.
-"tra un tre giorni, ma sarà in città il giorno prima.."
-"mmh, okay. e ci vuoi andare?" 'e ora che domande fai?'
-"certo che si, mamma. ho aspettato quei biglietti per mesi"
-"hai detto che ti spedirà due biglietti..con chi pensi di andare?"
-"voglio tenere i miei amici lontano da questa storia, per ora non ho intenzione di raccontare nulla a nessuno di loro, quindi potremmo andarci insieme.."
-"no, Madison. Vorrei rimanerne fuori anche io.."
-"mamma.." la interruppi pe rla seconda volta.
-"che c'è? sto solo dicendo che preferirei lasciarti fare quest'esperienza da sola.."
-"okay, mamma. forse è meglio che ne stia fuori pure.."
-"si, ne starò fuori in senso fisico. ma mi dovrai raccontare tutto, ogni volta che lo vedrai e sentirai. intesi?"
-"yes, mamma"
Le stampai un bacio in fronte e corsi in camera mia, presi il telefono e chiamai Justin.
Non mi aveva chiamato con nessun numero privato, il che mi rendeva più felice di quanto già potessi essere, si fidava di me e probabilmente voleva che io fossi in grado di contattarlo.
Il telefonò squillò.
-"pronto" rispose.
-"Justin, sono Madison. Puoi parlare?"
-"Ehi, piccolina. Certo, certo, dimmmi tutto, aspetta che chiudo...eccoci..."
-"come stai?"
-"alla grande, te?"
-"pure.."
-"quindi ci vediamo venerdì?"
-"Ma il concerto non è sabato?"
-"Si, ma sono in città il giorno prima per un giorno di riposo. Ci possiamo vedere...."
-"Scooter?" chiesi un pò preoccupata..
-"oh, lui non ci sarà. Non mi accompagna in tutte le tappe. Ha anche altri artisti da seguire.."
-"oh, ottimo, allora"
-"già" rispose.
-"non vedo l'ora di vederti"
-"che carina. pure io" che diamine significa quel 'carina'?
-"mamma mi lascia venire. lei sa tutto"
-"okay, Mads. ma ti prego non dirlo a nessun altro."
-"promesso"
-"mi fido"
sorrisi.
-"fai bene.."
-"senti Madison, ora ti devo lasciare devo tornare a lavorare o non finisco più.."
-"Okay, stammi bene"
-"Ciao tesoro. A venerdì. Fai la brava."
e chiuse la telefonata.
Probabilmente ero la persona più felice del mondo, questo era tutto ciò che una fan sogna di trascorrere e passare col proprio idolo.
Ma forse il probleme è che tutti sognano, ma nessuno ci crede veramente.

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Capitolo 14
*** Alive - Capitolo 13 ***


Ero sempre più in ansia, i giorni sembravano non passare mai.
La mattina, appena sveglia mi guardavo allo specchio, mi guardavo negli occhi, incredula e quasi persa.
Qualcuno di molto buono aveva ascoltato le mie infinite richieste, mi aveva messo sulla sua strada, ma soprattutto aveva donato a lui il cuore più grande che si potesse creare, perchè avrebbe potuto ignorarmi, avrebbe impiegato tre secondi a dimenticarmi, ma lui no, non lo aveva fatto, non aveva scelto quell'opzione.
Prima di vedere Justin come una popstar, lo guardavo come se fosse una persona normalissima, ascoltavo il suo cuore parlare e confessarmi l'infinito, l'ho visto piangere per le cattiverie dell'uomo e soprattutto per il suo egoismo senza limiti, un egoismo vero, puro, grezzo..che di sicuro non sa guardarti negli occhi, perchè altrimenti sì, che capirebbe il male che fa; ho visto il Justin vittima dell'oppressione, ho visto i suoi occhi spenti, il suo umore a terra, il suo 'non farcela più', ho visto un ragazzo senza più una vita, senza un particolare che il mondo intero non conosca.
Lo avrei incontrato in poco meno di tre ore, non riuscivo a dormire, pensavo a tutto: pensavo a lui.
Saremmo probabilmente andati in un luogo chiuso, superprotetto, lontano dagli occhi di tutti, perchè anche se avevo vissuto solo qualche ora con lui, il particolare del suo vivere nascosto è una cosa che non si dimentica. 
Un miscuglio di adrenalina e agitazione mi scorreva nelle vene, presi in mano il cellulare, erano le 6 e 18 minuti, in poco meno di tre ore lo avrei incontrato.
Lo avrei incontrato. Qualcosa mi fece ricordare il nostro ultimo incontro, il nostro saluto, il nostro bacio.
La situazione tra di noi non era chiara e probabilmente sarebbe stato un pò imbrazzante.
Decisi di alzarmi, farmi una doccia e prepararmi, dei pantaloncini di Jeans a vita alta e una maglietta rossa sarebbero andati più che bene.
Ormai era il giorno, ormai era ora. Le mie ginocchia avevano tremato per troppo tempo e la mia mente aveva già pensato a come sarebbe potuta andare, rimaneva solo da scoprire quale previsione è stata azzeccata.
Seduta sul letto mi guardavo le scarpe quando lo squillo del mio cellulare ruppe il silenzio.
"Fatti trovare fuori dall'arena del concerto tra 10 minuti. Ci vediamo lì. A dopo."
L'arena sarebbe dovuta essere vuota, perchè il concerto era il giorno dopo. Sarebbe andato tutto bene, riuscivo a sentirlo.
"ok tesoro, a dopo." risposi in fretta.
10 minuti di corriera e 5 di metro, arrivai in ritardo sparato. Merda, incredibile.
Decisi di chiamarlo anche perchè io sapevo solo che dovevo andare davanti all'arena, nient altro.
-"Justin, scusa il ritardo, ma sono dovuta venire con i mezzi pubblici...."
-"Potevi dirmelo: avrei mandato Dustin a prenderti.."
-"scusa, non ci avevo pensato..."
-"smettila di scusarti, piuttosto, sei pronta?"
-"mmmh.. non so per cosa, ma..sono pronta per tutto"
-"ottimo, così mi piaci." all'improvviso non sentii più nessun rumore, o Justin aveva riattaccato o era caduta la linea. 'Maledizione'.
Tenni il cellulare in mano per circa venti secondi aspettando che richiamasse, ma niente.
all'improvviso sentii una macchina avvicinarsi lentamente, ero nel parcheggio dell'arena ancora deserta, da li a poco l'avrebbe riempita una massa di persone con una forza distruttiva simile a quella di un uragano.
I finestrini erano oscurati e non riuscivo a vedere nella dell'interno. La vettura avanzava e si fermò proprio accanto a me. ' e adesso? scappo?'
Contemporaneamente al mio attimo di panico il finestrino si abbassò. 
-"che fai, entri?"
Era Justin, e a quanto pare si era portato il senso dell'umorismo.
-"che fai, non saluti?" ricambiai con lo stesso tono di voce.
-"forza piccola" mi incitò a salire in macchina. Aprii la portiera e mi sedetti.
-"Mamma non ti ha mai insegnato di non salire in macchina con gli sconosciuti..?" ironizzò. Sorrise.
Allungai il braccia per salutarlo con un abbraccio e lui ricambiò. Ogni volta che lo abbracciavo era come abbracciarlo per la prima volta.
-"questo può far di me una cattiva ragazza...."
Justin mise in moto e partì.
Guidava, non so per dove, ma guidava. Era concentrato sulla strada, i suoi occhi fissi davanti a lui, sembrava così.. così umano.
-"dove mi stai portando?" ruppi il silenzio.
Sorrise senza staccare gli occhi dall'asfalto. Gli infiniti muscoli del suo viso lavoravano in sincronia per formare un opera perfetta, per fare dei suoi denti e delle sue labbra un capolavoro unico.
-"Ti piace la pizza?"
-"A chi non piace la pizza?!" risposi.
-"Già, è vero. E' la miglior invenzione dell'uomo." e rise, sempre mantenendo l'attenzione davanti a se.
Da quando aveva iniziato a guidare non mi aveva guardato nemmeno una volta, guardava davanti, nel finestrino retrovisore, fuori dai finestrini e in poco tempo mi accorsi che forse c'era qualcosa che non andava, ma ripensandoci c'era sempre qualcosa che non andava: la sua vita, le sue giornate erano fatte così. La paura, forse di essere seguito; le paranoie, perchè aveva in macchina una sconosciuta che il mondo non conosceva e chissà cosa sarebbero stati in grado di inventarsi ancora.
Lui guidava ed io lo guardavo attentamente, lo guardavo e pensavo. Era obbligato a vivere così e in cuor mio un pò mi spiaceva..pensai a me stessa, alla libertà che avevo, potevo andare al lunaperk, a prendermi un gelato e cosa più bella, lo potevo fare liberamente; mentre lui no, non lo poteva fare, non lo poteva nemmeno pensare, perchè tra fans, paparazzi e curiosoni ci sarebbe stato sicuramente qualcuno a rendere la sua uscita pesante.
E' davvero pazzesco pensare quanto il lavoro di una persona condizioni la sua vita, perchè alla fine è così: Lui è un ragazzo normalissimo con un lavoro diverso.
-"tutto ok?" volevo assicurarmi che stesse bene, che non ci fosse nessuno e niente a dargli noia, volevo che se ci fosse stato qualcuno me ne parlasse.
Misi la mia mano sulla sua.
-"Prendi il mio cellulare.." mi fece segno con la testa che lo avrei potuto trovare nella tasca del suo giubbino. Infilai la mano e estrassi il suo iPhone.
-"E cosa devo farci, Justin?" non capivo, lo guardavo, ma lui non si girava nemmeno un secondo e la cosa mi stava facendo davvero innervosire.
-"Componi questo numero.." ah, okay.. mi rilassai sul sedile..
-"okay, dimmi"
-"9" 
-"si"
-"1"
-"si..."
-"1" ma che dddiavolooo.. qui ci sarebbe stato bene un 'd'oh' alla Homer Simpson.
-"Justin, ma.." 
-"Fallo Madison" mi disse bruscamente.
-"okay, ma mi dovrai spiegare tutto" 
Avviai la chiamata e una centralinista mi rispose quasi immediatamente.
-"Pronto, come posso esserle utile?"
Justin mi chiese di mettere il vivavoce, e così feci.
-"Buongiorno, chamo per dirle che ci sono delle persone che mi seguono"
Justin si avvicinò al cellulare, che gli avvicinai alla bocca.
Incominciai a tremare, guardai nello specchietto retrovisore e c'erano circa 6 auto guidate da alcuni uomini dietro di noi.
-"Ma Justin, come fai a dire che stanno seguendo proprio te?" interruppi la sua conversazione con la signorina, ignorando completamente il tutto, ero in panico e volevo risposte.
-"Madison, non adesso.." Si girò e mi guradò dritto negli occhi. Noi discutevamo, mentre la centralinista era in attesa di altre risposte.
-"invece si, adesso Justin!" lo stavo supplicando con gli occhi e lui se ne accorse.
-"Sono gli scagnozzi di Keaton" si rigirò e ricominciò a guradare la strada e a parlare con la donna del 911.
Sprofondai per l'ennesima volta nel mio sedile, appoggiai la testa sul finestrino e chiusi gli occhi. Chiusi gli occhi e mi ritrovai ancora una volta lì, impotente davanti a tutto, impotente davanti ad ogni causa, mi ritrovai ancora lì, vittima del menefreghismo, della voglia di soldi e della povera mente dell'uomo.

-"Okay signore, mi sa dire dove si trova?" la voce della centralinista del 911 era squillante.
-"nella via tra il centro commerciale e il parcheggio del cinema.."
-"beeenissimo..ora devo chiederle qualche dato.." 
Justin non rispose, aspettò le domande e basta.
-"nome?" chiese la centralinista

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Capitolo 15
*** Alive - Capitolo 14 ***


"nome?" Chiese la centralinista.
Guardai Justin.
-"Non dirle il tuo nome, non dire chi sei. Capirà chi sei e capirà di non poter far nulla per te, capirá che la gente che ti segue lo fa per mestiere, capirà che è legale e non di darà aiuto perchè.." lui si girò e adesso stavo guardando dritto nei suoi occhi stanchi. "Lei si accorgerà che questo aiuto non è più un diritto nella tua vita".

-"Justin" rispose.
-"Cognome?"
Lo guardai e anche se non si girò si accorse che lo stavo facendo.
-"Johnson" rispose liberandosi di un respiro.

Justin parló per un altro pò con quella donna, che alla fine gli promise interventi e riattaccò.

-"Nel 2011 mi accorsi per la prima volta di loro.."
Le sue parole mi presero alla sprovvista.
-"Come?"
-"Ho detto che mi accorsi di loro per la prima volta nel 2011.."
Voleva raccontarmi tutto ed io ero solo lì, pronta per ascoltarlo.
-"Di persone che mi inseguono con una fotocamerana in mano ce ne sono tante, ma loro sono diversi ed è stato proprio questo a farmeli notare. Li potevo vedere tra la folla, in macchina, ovunque.
Loro non lavorano in modo pulito, sono cattive persone.
Keaton, il loro capo, li paga perchè riescano a farmi reagire, perchè loro riescano a trovare un modo per farmi del male e poi buttare la notizia su internet cambiando la versione.."
-"Perché?" Era una domanda spontanea, che non riuscii a controllare.
-"Nuovi scoop da buttare in prima pagina. Per riuscire a far vendere i giornali, avere visualizzazzioni, visibilità e notorietà in modo che loro possano guadagnare montagne di soldi. È come se la gente non sapesse più cosa significa avere responsabilità reciproce"

Sembrava voler liberarsi di un peso, di un macigno che gli pesava sul cuore. Fuori sembra un ragazzo sereno, sembra che abbia tutto sotto controllo, ma poi dentro è rotto, tutto ciò che sembra fantastico, in realtà, gli grava come un grosso masso posato sul petto che gli impedisce di respirare tanto quanto basta per rimanere vivo.
Lo guardavo e cercavo di capire come ci si può sentire essere lui.

Justin rallentò e poi accostò sulla destra della strada.
-"C'è un solo modo per passare inosservati..ma ho bisogno del tuo aiuto Mads!"
-"Farò il possibile"
-"Ok, tu dovrai prendere il mio posto, guiderai fino alla prossima uscita, dopo di chè ci ridaremo il cambio. Guiderai con tutti i finestrini abbassati, io mi rannicchierò qui davanti al sedile, così penseranno di aver sbagliato macchina e poi vedremo"
-"che cosa? No, non posso guidare Justin. Ho fallito tutti i miei esami.. non vorrai andare a schiantarti fuori strada o cose simili, vero? "
-"Puoi farcela Madison, ti aiuterò io."
Si slacciò la cintura e avvicinò il suo busto al mio per abbracciarmi ed io ricambia l'abbraccio. Ero agitata del fatto che avrei guidatouna macchina per chissà quanti km.
-"prendilo come  un gioco"
-"rincuorante" lo guardai e ridemmo. "Potrei prenderti alla lettera..hai mai giocato a gta?" Ironizzai.
-"Madison" alzò la voce divertito e rise sonoramente. IIl più bel suono che io abbia mai sentito.

Feci come mi aveva detto, presi il volante e sotto i suoi comandi cominciai a guidare con lui rannicchiato davanti al sedile, i finestrini abbassati che facevano sventolare i suoi capelli. Non notammo nessun tipo di veicolo sospetto dietro di noi.

-"gliel'abbiamo fatta" urlai. Gli allungai la mano e lui mi batté il cinque sistemandosi sul sedile. Sembravamo due bambini, ma era tutto ok. Era bello vedere il suo viso raggiante, odiavo le piccole rughe che gli si formavano tra le sopracciglia quando era trsite o la piccola vena che gli si gonfiava sul collo quando era arrabbiato. Amavo vedere le piccole fossette accanto al suo sorriso, lo rendevano timidamente sexy, sarei stata in grado di guardarle per anni. 
Avrei voluto baciarle, ma non potevo. Era come avere una grande meringa nel piatto ma non poterla assaggiare.

Il pomeriggio passò serenamente, pranzammo con pizza d'asporto e cocacola, mangiammo in macchina con la musica a tutto volume facendo gli scemi, eravamo così: felici.
Niente e nessuno avrebbe rovinato quel momento, ed io ero sempre più convinta di aver trovato un amico.
Era riuscito a farsi amare per quello che era, era stato in grado di buttare giù i muri attorno al suo cuore fragile e rimanere così,  nudo delle menzogne e delle beffe, si era aperto a me cercando un riparo ed io capii che in mano avevo tanto, molto di più di quello che pensavo,  avevo la sua vita, il suo orgoglio e la sua stabilità, avevo davanti a me un uomo buono a cui il male riservatogli si contorceva dentro le ferite aperte, pronto, prima o poi, a scoppiare e lasciare che il destino faccia il suo percorso e svolga il suo ruolo:pareggiare i conti. 

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