Per sempre

di J_Nova
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sola ***
Capitolo 2: *** < Hai una sigaretta, per caso? > ***
Capitolo 3: *** < Quel profumo semplicemente meraviglioso. > ***
Capitolo 4: *** < Sei simpatica, quando vuoi. > ***



Capitolo 1
*** Sola ***


- Svegliati! -

- Cinque minuti, mamma! -

- Muoviti, sei in ritardo Altea! -

- Mamma, sono in ritardo tutte le mattine. Dovresti smetterla di stressarmi. -

- Stressarti? Carl, dì qualcosa a tua figlia per cortesia. Non permetterai che mi parli così, vero? -

- Dai retta a tua madre, cara. - la voce di mio padre è sempre calma e pacata, anche quando tenta di sgridarmi.

- Papà, smettila di darle ragione. -

- Tuo padre mi dà ragione perché io ho ragione. Quindi ora sistema la tua stanza, vestiti e vieni a fare colazione insieme a noi. -

Tutte le mattine è sempre la stessa storia: mia madre che urla e mio padre che l'appoggia qualunque cosa lei dica.

A diciassette anni vengo ancora trattata come una bambina, non sopporto più questa situazione.

Mi lavo in fretta, mi vesto, e poi impiego circa mezz'ora soltanto per sistemarmi i capelli. Scendo le scale di corsa per raggiungere i miei genitori in cucina.

- Dai, fai colazione amore. -

- No mamma, grazie. Bevo solo un po' di succo, sto facendo tardissimo. -

- E io cosa ti avevo detto? Tu non mi ascolti mai! -

Mentre esco di casa sento ancora mia madre lamentarsi del fatto che dovrei cominciare a comportarmi come si deve; ma non ho tempo per litigare, rischierei di perdere l'autobus.

Quando sono alla fermata, con la musica nelle orecchie, sono tranquilla.

Il pullman stamattina è stranamente puntuale.

E come sempre, mi siedo vicino all'autista. Non mi piacciono i posti in fondo, in genere ci si siede in gruppo lì, e io sono sola. Io sono quasi sempre sola.

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Capitolo 2
*** < Hai una sigaretta, per caso? > ***


Dentro di me cresce sempre di più il desiderio di cambiare: cambiare aria, cambiare scuola, cambiare città, cambiare vita. Vorrei fare qualcosa di nuovo, di diverso. Le giornate non si differenziano più tra di loro. Sono tutte spaventosamente simili.

Sempre lo stesso autobus delle 7.45, e le persone che ci sono oggi saranno qui anche domani. L'odore che si respira è sempre lo stesso: polvere, misto al profumo di menta di una donna di circa sessant'anni che mi siede dietro.

Dopo cinque fermate, sono finalmente arrivata a scuola. Davanti ai cancelli, una scritta dorata incisa su marmo mi mette un'ansia terribile: Liceo Classico A. MANZONI.

Mi fumo una sigaretta, è l'unica cosa che mi aiuta a stare calma.

Un ragazzo, dall'altra parte della strada, mi fa cenno di andare da lui. Non credo di averlo mai visto a scuola, ma mi avvicino comunque.

- Hai una sigaretta, per caso? -

Odio le persone così. Gli scrocconi che ti scrutano da lontano, e sanno benissimo che tu le sigarette ce le hai, ma ti propinano ugualmente questa domanda scontata.

- Sì, ce le ho. -

Mi guarda con un'espressione confusa. So che cosa vuole, ma come lui ha preso in giro me, io mi diverto un po' con lui adesso.

- E non è che potresti darmene una? -

Pensavo si sarebbe arrabbiato, invece l'ha presa con filosofia e sta ridendo. Senza che me ne accorgessi, era comparso un accenno di sorriso sul mio volto. Senza dire nulla, tiro fuori il mio pacchetto di Pall Mall blu e gliene do una.

- Grazie. Sei nuova qui a scuola? -

- Eh sì. Sai, sono qui solo da quattro anni. - il mio tono è chiaramente sarcastico, e la sua espressione stupita mi fa capire che evidentemente non mi aveva mai notata.

- Quattro anni? Scherzi? -

- No, sono quattro anni che sopporto questa scuola. -

- Io invece sono qui da sette anni. - e una risata accompagna la frase.

- Ripetente eh? -

- Eh già. -

- Mi dispiace amico. - dico, mordendomi il labbro e sorridendo.

Abbiamo finito entrambi di fumare, quindi credo che ora entrerà a scuola. Comunque, io devo andare per forza, fino alle 8.50 c'è tempo per entrare senza beccarsi il ritardo.

- Beh, io vado ok? -

- Ok, tra poco entro anch'io. Sto aspettando i miei amici. -

- Vuoi compagnia? Posso aspettare con te. -

- No, non ti preoccupare, non ho paura. - dice con una faccetta orgogliosa, e un sorriso sulle labbra.

Io mi avvio verso l'entrata. Non gli ho neanche chiesto come si chiama, sono così stupida.

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Capitolo 3
*** < Quel profumo semplicemente meraviglioso. > ***


Tra cinquanta minuti ci sarà l'intervallo. È appena iniziata la terza ora e io non riesco a smettere di pensare un solo secondo a quel ragazzo. Forse mi piace. Insomma, non avevo mai visto la cosa sotto questo aspetto. Non sono mai stata con un ragazzo prima, e non credo che mi sia mai piaciuto davvero qualcuno. Mi concentro troppo sulla scuola, quindi non ho tempo per pensare a nulla. Però quando penso a lui mi sento strana. Sento delle fitte allo stomaco, sorrido anche se credo di aver quasi voglia di piangere a volte. Non potrei mai spiegare a parole questa sensazione, so soltanto che da una parte mi piace, dall'altra mi fa stare male; mi terrorizza. Vorrei sapere di più su di lui, vorrei parlarci ancora. Spero di incontrarlo ancora domani mattina all'entrata.

Finalmente suona la campanella! Sono stanchissima. Ora mangio la mia piadina che trabocca di salsa rosa, poi mi avvio in bagno. Appena finito l'intervallo corro in classe a prendere la mia tuta nello zaino, e mi avvio al piano di sotto, in palestra.
Sono sempre la prima ad arrivare negli spogliatoi, probabilmente perché non mi fermo mai a chiacchierare con nessuno. Quando scendono tutte le altre ragazze, di solito, ho già finito di cambiarmi. Il pantalone della tuta è abbastanza largo, morbido e caldo; ma ho solo una canottiera sopra, quindi sento freddo. Le ragazze non mi presterebbero mai una delle loro felpe, sono troppo snob per sopportare l'odore di sudore. Quindi sarebbe meglio andare nello spogliatoio maschile, sono sicura che i ragazzi non si fanno troppi problemi. È completamente vuoto, probabilmente saranno già tutti in palestra a riscaldarsi. Nello spogliatoio accanto c'è qualcuno, e anche se credo che si stia cambiando, entro senza farmi troppi problemi.

- Ehi. - una voce familiare mi accoglie calorosamente.

- Ciao, ragazzo della sigaretta! - sono così contenta di vederlo, ma da fuori sembrerei quasi scocciata.

- Sei venuta a vedermi in mutande, eh? -

- Togliti quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia, sono qui solo per chiedere una felpa. -

- Una felpa? Ti dò la mia. -

- Beh, ci sei solo tu qui. Se non me l'avessi prestata avrei pensato male di te. - non riesco più a smettere di sorridere ormai, e lui neanche. Ma forse lo fa solamente per apparire gentile.

- Se devi sudare però non puzzare, ok? -

- Ok signorina. - mi piace stuzzicarlo, amo quando fa finta di arrabbiarsi.

Allungo la mano, prendo la felpa e scappo letteralmente via.
Probabilmente sono arrossita, sento le mie guance bollenti. Delle goccioline di sudore colano lentamente dalla mia fronte. Ormai non avrei neanche bisogno della felpa, ma la metto comunque. Voglio sentire il suo odore, quell'odore che c'è nell'aria ogni volta che mi sta vicino, e che puntualmente dimentico appena lui se ne va; ma poi, quando me lo ritrovo accanto ancora una volta, ricordo tutto, e mi sembra di non aver mai abbandonato quel profumo semplicemente meraviglioso.

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Capitolo 4
*** < Sei simpatica, quando vuoi. > ***


- Ehi, bella addormentata! La mia felpa? -

- Grazie, credo di non aver sudato molto. - appena gli passo la felpa comincia ad annusarla.

- Vaniglia? -

- Sì, si sente? -

- Cavolo, ti fai il bagno nel profumo! -

- No, ne metto poco, però mi lavo. - e soltanto dopo alcuni secondi di silenzio imbarazzante, e dopo aver osservato la sua faccia perplessa, mi rendo conto che questa frase avrei potuto anche evitarla.

- Non lo metto in dubbio. E poi, mi piace il tuo odore. -

- Grazie, piace anche a me. -

Finalmente mi sorride.

- Io devo andare, ci vediamo. - mi fa un cenno con la mano, e si allontana.

- Ciao. - faccio tutto ciò che è umanamente possibile per riuscire a sorridergli, ma sul mio viso compare solamente una smorfia malinconica. In realtà non voglio che se ne vada. Probabilmente dovrei corrergli dietro e chiedergli se gli va di accompagnarmi al bar, ma non abbiamo tutta questa confidenza per il momento.

- Tea, mi copi I compiti di letteratura? Per favore! Sono disperato. -

- Tu sei sempre disperato Andre! -

- Lo so, ma tu mi salverai come al solito. Vero? -

- Guarda che è inutile che fai la faccia da cucciolo. Sono stanca di essere trattata così! Sei l'unica persona in classe che mi rivolge la parola, ma lo fai soltanto quando ti servo. -

- Non è vero! E poi, detto sinceramente, tu non sei molto socievole eh. -

La mia faccia rassegnata dice tutto.

- Dai, dammi il quaderno. Ti aiuto io. -

- Grazie tesoro! -

È la prima volta che Andrea mi chiama così, e per la prima volta mi ha abbracciata. So che sono cose banalissime, però mi rendono felice. Ora però devo fare tutti i suoi compiti, e sono sempre sfinita dopo l'ora di educazione fisica.

- Andre, ho finito. -

- Come farei se non ci sei tu? -

- Fossi, si dice fossi. -

- Fossi? -

- Sì, come farei se non ci FOSSI tu. -

- Ah, non so proprio come faresti, carissima. -

Scoppio a ridere, e anche lui. È simpatico, e in quattro anni non me ne ero mai accorta.

- Sei un cretino! - gli do un pugno sulla spalla, scherzando.

- Quello era il tuo fidanzato? -

- Quello, chi? -

- Il ragazzo con cui parlavi prima. -

- Ah, no. Non so neanche come si chiama. -

- Però ti piace. -

Sorrido. Sì, mi piace, e tanto. Ma di sicuro non lo confido ad un mio compagno di classe.

- Beh, è carino. -

- Credo si chiami Marco. -

- Marco? Come lo sai? -

- Mi sembra che un suo amico lo abbia chiamato Marco prima. O Maco. -

- E che nome è Maco, scusa? -

- Sarà straniero. -

- Un immigrato. -

Le nostre risate accompagnano la conversazione. Non mi ero mai trovata così bene con nessuno.

- Sei simpatica, quando vuoi. -

- Grazie, anche tu lo sei. -

Ci sorridiamo. Posso dire di aver trovato un amico, o almeno credo. Non voglio affrettare le cose, però lui mi piace proprio come persona.

- Ragazzi, prendete le vostre sedie e venite da me. La Decarli oggi non riuscirà a venire a lezione. -

Riconoscerei questa voce tra mille: è la mia bidella. Una donnina di circa cinquant'anni, minuta, con i capelli tinti di un rosso acceso. Una signora davvero molto strana e, a modo suo, anche un po' dolce.

- Tu, tu, tu e tu, con me! - indica quattro alunni con un cenno rapido della testa.

Io sono il secondo “tu” , quindi devo seguirla. Per fortuna anche Andre verrà con me.

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