~Non Nominare il Suo Nome

di Charlene
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ~Fuori Norma ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ~Sospiro ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ~Angoscia ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ~Come stai? ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ~Brivido ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ~Complicazioni ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ~Complicazioni 2 ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ~Tensioni ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ~Fuori Norma ***


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Primo:

FUǾRI NǾRMA

 

Russia, Mosca.

 

Si svegliò presto, dopo un lungo sonno profondo e senza sogni grazie all'intervento aggiuntivo del sonnifero. Malgrado avesse riposato bene, tornò subito nervosa e irrequieta come la sera prima: conoscere la verità e non essere creduta le faceva folgorare l'animo da una forte, fortissima rabbia.

 

Si vestì in un lampo: si stirò con cura il colletto della camicia e tormentò la felpa bianca per adagiarla per bene sulla sua vita sottile. Con una lesta occhiata alla finestra, si accertò che Takao fosse già in cortile ad aspettarla.

 

Il cielo era velato da uno strato di nuvole sottili, destinato a dissolversi sotto il sole. Le piaceva il sole, le metteva allegria e riusciva a non farle pesare - almeno per qualche istante - la morte della sua migliore amica. Da quando Mao Cheng era stata brutalmente assassinata, Hilary non  era non riuscita più a dormire alla notte: faceva degli incubi terribili che la portavano persino a gridare nel bel mezzo del sonno.

 

Tutti si ostinavano a dire che Mao si era tolta la vita, che la sua esistenza le era stata strappata da un improvviso e insensato suicidio, ma Hilary sapeva che non era così; era dell'implacabile opinione che fosse stata uccisa. Non si limitava a crederlo e basta, ne era sicura al cento per cento!

 

Volò rapidamente all'ingresso, raggiungendo Takao e imboccando la strada principale che li avrebbe portati – almeno così speravano – in orario a scuola.

 

“Oh, finalmente! Temevo ti fossi dimenticata la strada per l'ingresso di casa tua!” ironizzò acidamente Takao, con l'intento di evidenziare la lunga attesa che era stato costretto a sopportare.

 

“Buongiorno anche a te, Takao.” rispose apatica lei, mentre con una mano tirò fuori dalla tasca dei jeans il cellulare: non ricevette nessun messaggio da parte sua, neanche uno.

 

“Stai ancora pensando a Kei?” Hilary sussultò improvvisamente: il suono di quel nome le faceva sempre lo stesso effetto, era come se la spaventasse, in un certo senso.

 

“Non ho mai smesso.”

 

“Non credi sia l'ora di voltare pagina?”

 

“Ci sto provando, Takao. Ci sto provando!”

 

Quando arrivarono a scuola, Hilary non poté fare a meno di sentirsi aggredita dagli sguardi accusatori degli altri studenti che frequentavano l'istituto. Tutti la evitavano, la ritenevano una pazza per quello che andava farneticando sulla morte di Mao. Nessuno le credeva, non si sforzavano nemmeno.

 

Camminò silenziosamente sino al suo banco, Takao la fissava preoccupato: la situazione peggiorava ogni giorno, e la preoccupazione in modo direttamente proporzionale ad essa. Un esaurimento nervoso era vicinissimo a guastare l'equilibrio mentale della nipponica. Aveva decisamente bisogno di staccare la spina, di allontanarsi da quel posto maledetto.

 

Con rabbia appoggiò lo zaino sul banco, procurando un rumore tale da ammutolire tutti i presenti in classe.

 

Si sedette al suo posto, ignorando gli ulteriori sguardi che la scrutavano con attenzione. Utilizzò le braccia come cuscini, e vi ci appoggiò la testa.

 

“Hilary, tutto bene?” una voce che quella mattina ancora non aveva sentito le giunse alle orecchie. Alzò appena lo sguardo e vide davanti a sé Rei.

 

“Sì, va tutto bene.”

 

Il suono improvviso della campanella impedì alla conversazione di prolungarsi oltre.

La Professoressa Fursevich, nonché insegnante di matematica, entrò in classe con fare per niente rassicurante. Il suo volto esprimeva rabbia mista alla delusione, il che valeva a dire soltanto una cosa: i compiti erano andati male.

 

“Buongiorno ragazzi, questa mattina non mi perderò in spiegazioni o in correzioni dei compiti assegnati a casa.” un sospiro di sollievo fuoriuscì dalla bocca di tutti gli alunni presenti. “Tuttavia, visti i risultati pessimi dell'ultimo compito in classe, mi toccherà impiegare l'ora con una bella interrogazione alla lavagna.”

 

Questa volta ci mancò poco che gli studenti urlassero di terrore, sino ad affollarsi contro la porta per uscire e scappare in salvo.

 

“Ma professoressa, si avvicinano le vacanze di Natale e a Natale siamo tutti più buoni!” l'improbabile impresa nel convincere nel convincere la Fursevich a rimandare l'interrogazione in cui si impegnò Takao, parve fin da subito sciocca e alquanto inutile.

 

“Takao, tu dovresti essere il primo a tacere! Il tuo compito è stato il peggiore di tutti!”

 

“Cosa?! Un'altra insufficienza?!” si lagnò fiondandosi ai piedi della cattedra.

 

“Un'altra gravissima insufficienza. La tua media è persino più bassa di quella di Huznestov, il che è tutto dire!”

 

“Sono nei pasticci...”

 

Takao se ne tornò afflitto al suo posto, riuscendo a strappare una piccola risata a Hilary. L'espressione che il ragazzo aveva in volto era davvero buffa, avrebbe fatto ridere chiunque.

 

“A proposito, che fine hanno fatto Boris e Yurij?” domandò la professoressa rivolgendosi a Ivan e Sergey che sedevano all'ultimo banco.

 

“Boris doveva vedersi con Karolin... AHIA!” una forte gomitata ricevuta da Sergey impedì a Ivan di continuare la frase. “Ehm... Avevano entrambi una... Ehm... Visita medica. Sì. Una visita medica al... Alle caviglie!” Sergey si schiaffeggiò una mano in fronte disperato: Ivan era un vero e proprio disastro!

 

“Oh, interessante! E che cosa hanno le loro caviglie che non va?” domandò ironicamente interessata la professoressa.

 

La porta della classe si aprì velocemente e andò a sbattere contro il muro. Boris e Yurij entrarono di tutta fretta, senza neanche degnarsi di scusarmi per l'ingresso poco consono all'ambiente scolastico.

 

“Huznestov! Ivanov! Questa è la sesta volta di fila che arrivate in ritardo alle mie lezioni. Più tardi verrete con me in presidenza, chiaro?!”

 

“Fantastico, ci mancava la rottura di coglioni mattutina!” commentò con ben poco garbo Boris, mentre Yurij avrebbe tanto voluto trovarsi dall'altra parte del mondo in quel preciso istante.

“Ti conviene moderare il linguaggio Boris, o sarò costretta a prendere dei seri provvedimenti!” lo fulminò la Fursevich.

 

Boris non le rispose, si limitò semplicemente a sedersi al suo solito posto accanto a Julia Fernandez, nonché la sua ragazza di cui tutto sommato non gli importava molto.

 

“Sei stato di nuovo con lei, non è vero?!” gli chiese Julia alludendo agli evidenti succhiotti che aveva sul collo.

 

“Non ho voglia di parlarne.” la freddò lui.

 

A Julia per un attimo parve che il mondo le fosse crollato addosso. Si sentì improvvisamente presa in giro e a stento trattenne le lacrime.

 

*

 

Corro, cado, mi rialzo.

Qualcuno mi insegue, qualcuno vuole prendermi e farmi del male.

Non ho il coraggio di girarmi per vedere chi si nasconde dietro di me, ho troppa paura!

Improvvisamente davanti ai miei occhi appare un muro che non ricordo di aver mai visto. Sono in trappola.

Ormai lui è vicino, sento i suoi passi farsi sempre più vicini.

Oddio, oddio, oddio! L'ansia comincia a prendere il sopravvento sulla mia ragione e sul mio corpo.

Vedo le sue mani strisciarmi addosso rapide e noto una lama sottile e affilata appoggiarsi lentamente sulla mia pelle.

Vedo il sangue uscire, sento il dolore annebbiarmi la testa...

 

“NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!”

Quando si rese conto di essersi addormentata nel bel mezzo della lezione, si ritrovò ad arrossire vistosamente.

 

“Hilary, che cosa ti prende?!” le domandò Takao sussultando per lo spavento.

 

Gli occhi della ragazza saettarono in ogni angolo della classe alla ricerca del pericolo. Non trovò nulla di rilevante.

 

Aveva il respiro affannato e la fronte e la mani madide di sudore.


“Ti senti bene?” le chiese, nuovamente.

 

“S-sì... Sto bene!”

 

“La ricreazione tra breve finirà, hai voglia di accompagnarmi dalle macchinette?” le propose, alzandosi dal banco e dirigendosi verso la porta.

 

“Sì, arrivo.”

 

Un senso di preoccupazione la inorridì. Aveva paura e non sapeva con chi parlare o con chi sfogarsi. Malgrado il numero elevato di amicizie di cui era in possesso, si sentiva sola. Tristemente sola.

 

 

Salve a tutti

Salve a tutti! Siamo Kainfan91 e PichShrooms_Boom, e abbiamo deciso di dedicarci ad una fanfiction a quattro mani. Come avrete visto si tratta di un genere poco affrontato, e speriamo che questo prologo sia stato di vostro gradimento. È solo un assaggio, presto la vicenda si delineerà di più. Grazie in anticipo a chi leggerà! E preparatevi al peggio perché quando due menti come le nostre si uniscono ci si può aspettare di tutto *W*

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ~Sospiro ***


Ed eccoci con il secondo capitolo, qui Kaifan! Specifico solo che le parti in corsivo sono sogni, quelle in corsivo e grassetto sono flashback! Abbiamo pensato di sfruttarli per farvi sapere come sono andate le cose in merito alla morte di Mao. Buona lettura, ci vediamo a fine capitolo per rispondere alle recensioni! :*

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Secondo:

SØSPIRØ

-Sei ancora lì?-

-Sì, Kei. Vuoi spiegarmi perchè non c'eri oggi a scuola?-

-Non mi è suonata la sveglia.-

Hilary alzò un sopracciglio, gesto che naturalmente Kei non poté vedere dal momento che stavano parlando per via telefonica, e rispose, accennando un sorriso:

-L'hai ignorata, casomai.-

-Mh, hai ragione.-

La voce di Kei aveva sempre avuto il potere di rilassarla. Era profonda, calda e avvolgente. Ed Hilary era una delle poche che avesse avuto la fortuna di poterla udire perfino dolce.

-Credevo fossi ancora con Yuri.-

Si accorse di aver pronunciato quella frase con una nota forse troppo accusatoria nella voce, ma non se ne pentì. Dopotutto quello era esattamente ciò che provava.

Kei, dall'altra parte, si irrigidì: -E se anche fosse?-

-Ci stiamo frequentando, ma sono più le volte in cui mi molli per vedere Yuri di quelle in cui usciamo insieme. Lo so che è il tuo migliore amico ma...- la ragazza fu interrotta dal tono seccato di Kei.

-Non c'è nessun ma. Ne abbiamo già parlato e non mi va di farlo ancora.-

Autoritario, secco e determinato, come al solito. Hilary alzò gli occhi al cielo e decise di estrarre la bandiera bianca, scuotendo la testa. Altro gesto che all'altro inevitabilmente sfuggì. Ma non rinunciò a sottolineare che, in quella sorta di battaglia tra loro, dalla parte della ragione c'era lei, lei e assolutamente lei.

-Va bene. Scusa se sono stata... non so, insistente? Indiscreta? Scusami ancora, ma davvero non capisco dove sbaglio. Tu poi non me lo vuoi spiegare, per cui... Non ti disturberò più. Ciao, Kei.- disse, senza lasciare al ragazzo il tempo di rispondere.

-Hilary, aspetta.- sospirò, esasperato.

-No. Credo sia meglio se la chiudiamo qui, e intendo meglio per entrambi. Torniamo amici come prima, io non ti assillerò e tu non ti sentirai oppresso.- fece per riattaccare ma quella voce la bloccò.

-Tu non mi assilli, Hilary.-

-Lo so. Ma dai l'impressione di sentirti proprio assillato. Kei, non mi stai aiutando. È inutile che ti ripeta quanto in questo momento non ho bisogno di ulteriori tormenti e... sto più male che bene da quando stiamo insieme. Sempre che possa definire così la nostra situazione. Adesso devo andare. Ci vediamo.-

Stavolta non aspettò che lui rispondesse. Se avesse sentito ancora la sua voce non solo non avrebbe riattaccato, ma sarebbe anche uscita di casa per correre da lui e saltargli al collo. Lanciò il cellulare sul letto e si appoggiò al muro, guardando il cielo cupo e uggioso, anche se non lo vedeva davvero. La sua mente solitamente razionale e meccanica in quel momento non era altro che vuota.

*

Boris aprì gli occhi per un secondo e li posò sulla sveglia, che segnava le venti e trenta minuti. Forse era arrivato il momento di smetterla di rotolarsi sotto le lenzuola e di fare qualcosa di utile, come ad esempio dare un'occhiata ai compiti per il giorno dopo. Si mise seduto e sbadigliò sonoramente.

-Che stai facendo?-

La voce di Karolina lo fece quasi sobbalzare. Era convinto che ormai si fosse addormentata, sfinita com'era dalle attività sessuali a cui si erano dedicati.

-Ho da fare. Anche tu dovresti combinare qualcosa, sai?- le rispose, alzandosi in piedi. In risposta gli arrivò un cuscino in faccia.

-Ehi!!-

-Non sei credibile, lasciami dormire!- sbottò la ragazza sistemando la coperta e non mostrando alcuna intenzione di volergli dare retta.

-Ma nella tua sezione non vi danno mai da studiare? Quasi quasi mi trasferisco.-

Karolina sorrise e si mise seduta sul letto: -Non sarebbe male se fossimo compagni di classe, Bo. Almeno non vedresti tutti i giorni quella gentaglia.-

Boris alzò le spalle: -Tutto sommato non sto così male.-

-Mi dicevi che Fernandez è sempre più noiosa. Dimmi un po', non ti sembra ora di lasciarla?-

-Karol, sai bene che non è così semplice. E poi con te è diverso...-

La ragazza lo interruppe con un cenno e decise finalmente di alzarsi dal letto, giungendo davanti allo specchio per constatare in che condizioni fosse. Boris la fissò, osservandone i lineamenti dolci, i lunghi capelli neri e la bassa statura che creava un forte contrasto tra il suo carattere forte e l'aspetto di una creatura da proteggere.

-Non intendo dire che la devi lasciare perchè talvolta vieni a letto con me. Ma non fai che lamentartene, che senso ha che tu stia ancora con lei?- spiegò, voltandosi.

Boris dapprima non disse nulla, poi entrò in bagno e aprì la doccia, rispondendole a voce alta per farsi sentire:

-Non lo so.-

*

L'atmosfera era tesa e lugubre, sembrava che perfino il cielo avesse deciso di piangere. Non che il clima della regione fosse solitamente mite e soleggiato.

Hilary piangeva per la prima volta dopo anni. Le lacrime scorrevano senza che riuscisse a controllarle, mentre cercava di trovare comoda quella grande pietra su cui era seduta, ginocchia al petto e braccia intorno ad esse.

"Mao, dove diavolo sei finita?!" pensò, mordendosi forte un labbro. Le ricerche proseguivano da un paio di giorni, e la preoccupazione aumentava sempre di più. Percepì una mano calda che si posava sulla sua spalla.

-Hilary, vieni dentro... ti stai ammalando.-

Non si voltò, rispose con una voce che non era la sua.

-Ho paura. Ho molta paura.-

Kei la tirò a sè e sentendo che lei faceva resistenza la trascinò giù dalla sua sistemazione momentanea e la prese in braccio.

-Abbiamo tutti paura, ma stare qui non ti servirà a niente.- le disse, stringendola.

-Kei, Mao non sarebbe mai sparita per tutto questo tempo senza un motivo o senza avvisare nessuno. Le è successo qualcosa.- mormorò Hilary fra un singhiozzo mal trattenuto e l'altro.

Kei non era assolutamente abituato a vederla piangere, forte e decisa come era. E sapeva che non gli piaceva affatto vederla così.

-Sono solo tre giorni.-

-Domani diventeranno quattro, e dopodomani cinque. Oh, se le è successo qualcosa io... io non so...- i singhiozzi divennero un pianto irrefrenabile. La sua Amica, la sua sorella acquisita, la sua metà era scomparsa.

-Andrà tutto bene...- le disse piano Kei. Quanto gli sarebbe piaciuto esserne convinto.




***




Bene, anche questo è andato! Non perdo tempo con i miei soliti sproloqui! (Yeeee! NdTutti) In compenso mi diverto con i colori *___*

Elysabeth91: Buonasera anche a te, cara! Esattamente, questo è solo l'inizio e la povera Hilary non passerà un buon momento. Anzi, una serie di momenti ò.ò Boris donnaiolo ormai ci piace (soprattutto a Pich!) anche se credo che Julia non ne sia molto entusiasta! Bè, abbiamo aggiornato abbastanza presto, che ne dici? Soprattutto per i miei standard .-. Facci sapere cosa ne pensi dello svolgimento di questo nuovo capitolo! E per essere stata la nostra prima recensitrice, hai ufficialmente vinto una batteria di pentole! Clap clap clap! Un bacione e alla prossima!

Paperetta: Toh, chi si vede! Bè per la tua storia i complimenti te li sei meritati, accidentaccio! Siamo contente che tu trovi la fic promettente (oddio, io uso il plurale anche se Pich non è con me, ma tanto non credo che il fatto che la fic ti piaccia le faccia schifo!) Grazie per aver messo la storia tra le seguite, un bacio!

GulzDolly: Ciao!! Lietissima che la storia ti piaccia! Già, la situazione di Hilary non è facile, purtroppo. Per quanto riguarda Takao e Ivan, daremo loro la dignità, finalmente! ò.ò La situazione di Kei e Hilary è stata abbastanza chiarita in questo capitolo, anche se ovviamente non è tutta qui. Bene, ora ti saluto e ti ringrazio per la allegra recensione che ci hai lasciato e per aver inserito la fic tra i preferiti! Bacioni!

Lirin Lawliet: Ne vedrai di sangue scorrere, mhuahahah! Ciao carissima, sono felice che ci sia anche tu! So che ti piacciono horror e simili, abbiamo gli stessi gusti sadici! Il poter apprezzare un personaggio che non ti piace se ben caratterizzato è segno di grande maturità e apertura mentale, e io ti ammiro per questo! Bè, pensa che all'inizio doveva morire Hilary! Poi invece abbiamo ucciso Mao ò.ò eh-ehm XD Grazie mille per aver letto e commentato! Un abbraccio!

Avly: Waa ci sei anche tu <3 ciao tesoro! La tua curiosità e i tuoi apprezzamenti non possono che farmi piacere come sempre :D Sì, il Boris di Pich piace molto anche a me! *_* Spero ti piaccia anche come l'ho caratterizzato in questo capitolo! Ti ringrazio di cuore perchè ci sei sempre e le tue recensioni mi fanno sempre un immenso piacere, lo ribadisco! Un bacio grande!

Iria: Ehilà, voce fuori coro!! Le tue recensioni sono sempre gradite, qualunque cosa ci sia scritto, perchè so che mi dirai sempre ciò che pensi. Mmh, io penso che percepire un'aria intrigante e misteriosa possa essere qualcosa di soggettivo (e lo dimostrano le diverse opinioni in merito :D). È quindi un parere assai condivisibile, il tuo! (Ah già! Il termine "introduzione" te lo passiamo cento volte perchè era proprio quello il ruolo del primo capitolo XD) Io posso parlare a livello personale, avendo scritto Pich il primo capitolo posso anche sbilanciarmi un po', ed in effetti ci sono elementi che rendono il tutto abbastanza intrigante, a mio parere perchè ci sono tanti elementi poco chiari (e questo tende a suscitare curiosità e perchè no, anche mistero!). Ma senza esagerare XD Ad ogni modo siamo contente che il capitolo ti sia piaciuto, per quanto sia appunto solo un prologo. Speriamo che questo sia di tuo gradimento! Per quanto riguarda il sogno di Hilary, Pich lo aveva messo giustamente in corsivo proprio per distinguerlo dal resto del capitolo, ma nel postarlo il corsivo è scomparso. Di sicuro è colpa mia che sono una sega con l'html xD L'ho modificato e ora non dovrebbero esserci problemi. Metterlo alla terza persona non ci è parso conveniente, un incubo rende meglio se narrato in prima persona. Secondo me trasmette più tensione! Bene, ti ringrazio per la recensione e ti mando un bacio gigante! A presto carissima! <3

Talia90: Sì, ecco, in effetti intendevo questo rispondendo a Iria. Un'atmosfera misteriosa c'è, proprio per i motivi che hai scritto tu. Per le domande che crea, probabilmente. Io sinceramente posso solo sperare di aver mantenuto buono il livello della storia con questo capitolo. Grazie per la recensione, i complimenti e averla messa tra i preferiti già da ora! Un bacio!

GioAnimeFan094/Hikarii: Spero davvero che tu legga questo capitolo anche solo per leggere queste righe che ti dedico XD Non ci siamo mai messe in contatto, dunque solo ora posso ringraziarti per le tue recensioni alle mie oneshot. Non hai la minima idea di quanto mi abbiano fatto piacere! Ti devo ringraziare per averne inserite due fra le preferite e tre fra quelle da ricordare, senza contare che mi hai messa tra gli autori preferiti. Thanks, Merci, Grazie, Danke, Gracias, Obrigada XD E ovviamente sono contenta che tu stia tentando di seguire questa pur non amando i capitoli lunghi. Se la cosa può essere d'aiuto, non abbiamo intenzione di scrivere capitoli chilometrici, meglio brevi e frequenti xD Grazie ancora, un abbraccio :D

Ivan: Ci sei anche tu! Ciao! XD Non preoccuparti, nessuno ti mette fretta. Anzi, sono felice che tu abbia commentato! Aprofitto del tuo commento per chiarire che Hilary non è la protagonista, anche se ha un ruolo decisamente importante. Mano a mano che andrà avanti la storia le cose saranno più chiare u.u (come sono mistica!) Bene, bene, mi fa piacere che ti sia piaciuto! Grazie!! (E non parlate in codice è.é o mi metto a scrivere in sardo e sono cavoli amari ih ih ih! Scherzo!! Un bacio!)

Ps I Love You: Ciao! Grazie per aver commentato, abbiamo gradito molto! Mi fa piacere che entrambe ti piacciamo come autrici, spero di non deluderti con questo capitolo. Un bacio!

Benny92: Salve! La spiegazione dello stato d'animo di Hilary nei confronti di Kei era abbastanza semplice, in questo capitolo si è delineata. Le coppie che hai citato piacciono anche a me, soprattutto la KeixHilary! Facci sapere la tua opinione anche su questo e grazie per aver commentato e inserito tra le seguite, un bacio!

Ho fatto un arcobaleno. Oddio ò.ò Infine ringraziamo GulzDolly, Ps I Love You e Talia90 per averla messa fra le preferite e Avly, Elysabeth, Ivan, Hikarii, Lirin, Paperetta e benny92 per averla messa tra le seguite. Un grazie anche a Padme86 e RedRose91: se vorrete farci sapere cosa ne pensate, noi non potremo che esserne contente. Intanto grazie per averla inserita tra le seguite! Un bacio a tutti da Kaifan91 (e Pich!)

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre ~Angoscia ***


Bella, qui è la vostra Pich che vi parla u_u! Well, well, well... Che dire? Eccovi il terzo capitolo, sia io che Kaifan speriamo che sia di vostro gradimento e che susciti in voi almeno un briciolo di curiosità X°°DD. Sono ben accette le critiche, purché siano costruttive. Dunque, concludendo qui il mio messaggio e lasciandovi alla lettura del capitolo, siate onesti e non abbiate timore ad esserlo u_u... Bon, finish! Buona lettura!


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Terzo:

ANGØSCIA


Quella notte Julia non riuscì a dormire bene, neanche dopo aver pianto a dirotto.

Lo sbuffo continuo del vento e della pioggia sul tetto non tacque nemmeno per un istante. A impedirle di dormire, inoltre, fu il continuo pensiero riguardante Boris che la tormentava ininterrottamente.

Dopo essersi girata un paio di volte alla ricerca di una posizione comoda, si alzò dal letto e si avvicinò a un comodino dove vi erano incorniciate numerose foto. A catturare la sua attenzione, però, fu quella che raffigurava un dolce bacio al tramonto sulla spiaggia di lei e Boris. A quei tempi tutto andava per il verso giusto, non c'era bisogno di preoccuparsi neanche per un misero secondo.

La tristezza che alloggiava in lei la divorava lentamente. La privava persino di un semplice sorriso, le impediva di essere felice anche solo per un istante. Era una vera e propria agonia che sembrava protendersi all'infinito.

Afferrò il cordless che teneva quasi tutte le sere sul comodino, e digitò il numero di Boris. Chissà, magari contattarlo telefonicamente l'avrebbe fatta sentire meglio.

La linea risultava essere libera, il che tranquillizzò almeno un poco la ragazza: se non altro non era impegnato in nessun'altra conversazione. Effettivamente, come poteva esserlo? Erano le tre e mezza del mattino, a quell'ora, teoricamente, dormiva.

"Che cosa c'è Julia?" quandò udì la sua voce, sussultò. Sentire la sua voce spesso le creava una sensazione di pace interiore che con difficoltà spariva. Eppure, quella notte, l'effetto fu del tutto diverso: alimentò la tristezza che già dominava il suo animo, portandola a trattenere delle infide lacrime che con insistenza volevano marcarle le guance rosee.

"Questa situazione mi sta uccidendo, Boris. Non può andare avanti così!" la voce di Julia era roca, quasi rotta da un pianto che cercava disperatamente di trattenere. Tale fatto non provocò nessun tipo di disagio a Boris.

"Ti sembra il momento più opportuno per parlarne?"

"Non riesco a dormire; il malessere che mi provoca il solo pensarti mi impedisce di restare tranquilla. Possibile che ti sia così difficile da capire?!"

Boris sbadigliò sonoramente, come se avesse voluto sottolineare a Julia il fatto che quei piagnistei lo annoiavano e basta.

"Boris, ti prego..." arrivò persino al punto di supplicarlo solo per poter ricevere almeno un briciolo di attenzione da parte sua. Ne necessitava, ne aveva bisogno.

"Si può sapere che cosa vuoi?! Cosa c'è?!" il tono di voce di Boris divenne improvvisamente rigido, come se il sentir Julia gli provocasse rabbia.

La ragazza non poté fare a meno di scoppiare in un pianto isterico, pieno di tristezza e incomprensione. Incomprensione per il comportamento di Boris; non capiva il perché lui si atteggiasse in quella maniera così spietata e insensibile.

Per tutta risposta, Boris si limitò a sbuffare e a rispondere scocciato: "Senti, ne parliamo domani a scuola. Ok? Ora lasciami riposare, per favore."

Riattaccò. Interruppe la telefonata senza neanche concedere il tempo necessario a Julia per rispondegli.

Quella notte per lei fu la più brutta e la più lunga in assoluto.

*

La mattina seguente il sole illuminava ogni angolo, aggravando sugli imponenti palazzi e sull'asfalto lucido che percorreva ogni strada. Si rigirò tra le lenzuola e aprì gli occhi infastidita dai raggi del sole che le baciavano il viso. Le lancette analogiche della sveglia indicavano le sei e quarantacinque del mattino.

Quella notte non aveva dormito granché, aveva preferito trascorrere tutto il tempo dandosi alla pazza gioia con Boris, esagerando, forse. Si tirò a sedere, appoggiando i piedi scalzi al pavimento in mattonelle di marmo bianco e avvolgendosi il corpo nudo con un lenzuolo del letto. Oh sì, aveva sicuramente esagerato; non era neanche in piedi e si sentiva già crollare dal sonno.

Si avvicinò allo specchio della sua camera, e cominciò a specchiarsi rimanendo sconvolta nel vedere il suo viso assomigliante a quello di un morto.

Aveva delle notevoli occhiaie violacee che le infossavano gli occhi color menta e il segno della federa del cuscino tatuato sulla sua guancia destra.

Sgranò gli occhi e si girò di scatto: aveva preferito non guardare oltre. Quello spettacolo era stato osceno.

"Mh... Che ci fai già sveglia?"

Si girò di scatto e vide Boris, ancora nudo come lo aveva lasciato, stiracchiarsi sul suo morbido letto.

"Con chi parlavi questa notte al telefono? Sai, mi hai svegliata e per un attimo il mio istinto omicida si è concentrato su di te."

Boris adagiò meglio la testa sul cuscino e sistemò le coperte: “Era Julia. Diceva che non riusciva a dormire per colpa dei pensieri negativi che le affollano quella testa dura che si ritrova.”

Karolina ridacchiò divertita: in quelle cose, a quanto sembrava, ci prendeva spesso. "Te l'ho detto: se vuoi risparmiarti queste seccature devi tagliare corto con lei."

"Perché ti ostini così tanto a convincermi a lasciarla?"

"Perché non ha senso oltreché ad essere ingiusto continuare a prendere in giro una ragazza in questa maniera."

Boris si alzò dal letto e si infilò i boxer, per poi avvicinarsi a Karolina e cingerle i fianchi. Osservò la loro immagine riflessa nello specchio: doveva ammettere che facevano un bell'effetto insieme.

"Lo sai che apprezzo i tuoi consigli più di ogni altra cosa al mondo." le disse quasi in un sussurro. Rimase stupito nell'accorgersi di aver usato un tono piuttosto dolce, non era da lui.

"Già, peccato che ti limiti ad apprezzarli e non a seguirli." gli rispose secca lei, allontanandosi dal suo abbraccio e aprendo l'armadio. Sfogliò il suo vestiario come un libro: aveva molte magliette, altrettante felpe e jeans, eppure, ogni santo giorno, era indecisa su cosa indossare. Poteva benissimo considerarsi una viziata, poiché ciò che aveva non le bastava mai.

"Vestiti Boris, o arriverai in ritardo a scuola."

*

All'arrivo di Hilary a scuola, qualcosa era cambiato: era la presenza di Yurij Ivanov. Stranamente quella mattina era arrivato in orario, quasi in anticipo. Evidentemente la ramanzina che la Fursevich gli aveva riservato era riuscita a suscitare un miglioramento in lui.

Quando Yurij si accorse che Hilary era entrata in classe, non proferì alcuna parola e non la degnò neanche di un saluto. Aveva preferito lanciarle un'occhiataccia, come se la stesse sfidando a un qualcosa di pericoloso, di proibito.

Fortunamente, l'arrivo di Takao riuscì a far sentire a proprio agio la brunetta anche sotto quell'imminente sguardo di ghiaccio.

"Buondì Hilary! Come ti senti questa mattina?"

Hilary alzò le spalle e piegò il viso in una piccola smorfia: "Come al solito, nessun miglioramento."

Takao prese ad osservarla: era evidente che non ci fosse un miglioramento. Tuttavia, non si poteva neanche negare la nascita di un nuovo spiacevole fatto che portò Hilary a divenire ancor più triste.

"E' successo qualcosa di nuovo, Hilary?" le domandò, sedendosi affianco a lei. "Non so, magari con Kei..."

"Sì, ci siamo lasciati ieri."

"E' stato lui a farlo?"

Hilary sospirò tristemente e rivolgendo lo sguardo al pavimento rispose: "No, ho preso io l'iniziativa."

"Cosa?! E perché lo hai fatto, scusa?!"

Si ritrovò a roteare gli occhi esasperata: a volte le sembrava così difficile far capire qualcosa a Takao, per quanto sciocco potesse essere il concetto da comprendere.

"Mi hai detto tu stesso di voltare pagina, ricordi?"

In quel preciso istante entrò in classe Julia affiancata da Boris. Entrambi sembravano concentrati in una discussione piuttosto rigida e i loro visi erano dipinti da espressioni differenti: un'espressione carica di rabbia e una annoiata.

Hilary distolse lo sguardo, non voleva immischiarsi in cose che non la riguardavano, aveva già molti problemi a cui pensare.

"Sai, credo che anche Julia debba cominciare a voltare pagina."

*

Se ne stava seduto immerso nell'oscurità della stanza. Era rannicchiato contro un angolo e silenzioso tremava, intimorito da qualcosa.

I suoi capelli venivano di tanto in tanto stuzzicati da un leggero venticello che penetrava dalla finestra socchiusa, mentre i suoi occhi scrutavano con gola la sua prossima preda: Lisa Lysenko.

La ragazza era distesa a terra in fin di vita, immersa in un'immensa pozza di sangue. Quello era il suo sangue.

Il suo assassino se ne restava lì, fermo nella sua postazione a guardare con rammarico Lisa.

"M-mi dispiace... Mi dispiace davvero, ma non avresti dovuto nominare il mio nome." 


Eccoci di nuovo qui! Vi sono mancata u_u? Ovvio che vi sono mancata XD. Comunque, io e Kaifan volevamo ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra i PREFERITI e tra i SEGUITI. Naturalmente ringraziamo anche coloro che hanno inserito la storia tre LE RICORDATEOra passo a rispondervi personalmente alle splendide recensioni che ci avete lasciato nel capitolo precedente:

Elisabeth91: Ciao chicca! Visto che sei arrivata per prima anche questa volta, ti regaleremo un pupazzetto di Hello Kitty che tanto odi XD (risata malefica).

In effetti è vero, un capitolo breve spesso può stonare con l'estitca della storia, ma ciò non vuol dire che sia meno 'bello' degli altri. Mi spiego meglio: ciò che intendo dire è che non conta la quantità ma la qualità .-. Un capitolo, per esempio, può essere lungo tremila pagine ma allo stesso tempo può essere scritto con una grammatica a dir poco pessima. Cambiando discorso, ti ringraziamo per i complimenti che ci hai fatto ^w^. Sia io che Kaifan ci siamo sentite lusingate! E' bello sapere che questa storia – scritta da noi con tanto impegno – sia apprezzata da così tante/i autrici/autori. Attendiamo la tua opinione anche per questo capitolo, un bacio!

Benny92: Eri ansiosa di leggere un altro capitolo avvincente? Beh, eccoti accontenta! A mio modesto parere questo capitolo stuzzicherà un po' la tua curiosità, rendendo, così, la storia ancor più intrigante. Sì, mettendo allo scoperto il rapporto tra Kei ed Hilary sono state svelate molte cose, ma credimi, hai ancora tanti misteri da risolvere u_ù. Speriamo che neanche in questo capitolo manchi la tua opinione, dunque ti aspetteremo con gioia ^w^. Un bacio!

Lirin Lawliet: Mia adorata *__*! Lieta, anzi, lietissima che la storia inizi ad appassionarti *O*! Io e Kaifan siamo rimaste piuttosto soddisfatte leggendo la tua recensione: ci hai reso ancor più fiere di questa storia che, ripeto, stiamo scrivendo con molto impegno. Onestamente, non penso che Hilary sia OOC, poiché abbiamo semplicemente riportato l'atteggiamento maturo del personaggio, lasciando da parte quello in cui la dipingerebbe come un'oca immatura e capricciosa ò__ò - francamente questa versione di Hilary ha leggermente... Rotto le palle? Sì, decisamente. Mi fa moltissimo piacere che Karolina ti piaccia. Come avrai ben capito, è un personaggio di mia inventiva, dunque vederlo apprezzato mi rende orgogliosa e mi fa allo stesso tempo capire di aver svolto un ottimo lavoro. Mi raccomando amora, facci sapere che cosa pensi di questo capitolo. Un bacio grande grande!

Ps I love You: Ciao! Sì, vedere Hilary in queste condizioni può suscitar effetti differenti a seconda della personalità del lettore. Per esempio, ci sono stati lettori che non si sono sentiti per niente toccati dallo stato d'animo malinconico di Hilary XD. Ovviamente, varia sempre dai punti di vista, ma sapere che tu abbia compreso le sensazioni di Hilary ci ha sollevate. Karolina e Julia sono in competizione: chi si impossesserà di Boris °O°?! Sono aperte le scommesse u_u. Speriamo che anche questo capitolo sia di tuo gradimento. Smack!

Talia90: Ehi, ciao! Ci fa moltissimo piacere sapere che tu abbia apprezzato il capitolo precedente. Parlando di Boris e Julia, posso dirti che sono io (Pich) a gestire questa coppia, e – onestamente parlando – non ho ancora prestabilito che cosa farne (XD), dunque tutto può succedere u_ù. Chissà, magari decido di far fuori Boris e di levare, così, il 'pollo' ad entrambe le gallinelle X°°DD. Insomma, tutto è ancora da prestabilire e da decidere, dunque devi tenerti pronta al peggio ;). Ti ringraziamo per tutti i complimenti, ci hai lusingate ^w^. Non mancare in questo capitolo, eh! Vogliamo sapere cosa ne pensi u_u. Un bacione!

Avly: E ovviamente, la mia allieva preferita non poteva mancare ^ò^! Ciao tesoro! Siamo a dir poco entusiaste del tuo interesse per questa storia e speriamo con tutto il cuore che il risultato di questo questo capitolo riesca a ripagare l'attesa. Well, perfattemente concordi con quel che hai detto sul comportamento di Hilary: come ho già spiegato a Lirin, trovo che Hilary sia IC e non OOC, poiché io e Kaifan abbiamo deciso di riportare nella storia la parte di Hilary matura e tranquilla, lasciando nell'ombra quella infantile e... Stupida. Ovviamente, Boris non poteva mancare in una storia in cui vi sono io partecipe, e la mia versione di vedere le cose prevale sempre su questo personaggio. Non ho paura di renderlo OOC, perché so di saper manovrarlo bene o se non altro di renderlo originale (perdona la modestia -.-). Non temere, presto avrai tutta la violenza che vorrai ^ò^! Un bacione!

Paperetta: Ma ciao! E' un onore trovarti a recensire anche questo capitolo ^w^! Ti ringraziamo per tutti i complimenti e per averci dato fiducia e ammirazione. Sai, ci fa piacere ricevere opinioni positive, specialmente da un'autrice degna di rispetto come te u_u. Speriamo che anche questo capitolo sia di tuo gradimento, facci sapere! Baci baci <3!

Ivan: Wè, ciao ciao! Mmm.. Che traguardo ò__ò! Se siamo riuscite a farti piacere Hilary vuol dire che la fine del mondo è vicina X°°D! Sicuro di stare bene? Non è che hai la febbre °-°? Scherzi a parte, grazie per i complimenti che nelle tue recensioni non mancano mai. A volte ho come la sensazione che tu mi prenda in giro ;). Comunque, io e Kaifan pretendiamo una recensione anche a questo capitolo, quindi... Benvengano i complimenti ^ò^!

Cherry_88: Ciao! Bene, allora visto che le HilaxKei ti piacciono, cerca di non rimanere troppo delusa X°°D. Non voglio svelare niente, ma purtroppo il nostro Kei ha ancora moltissimi segreti da svelare, dunque, anche tu, aspettati di tutto ;). Speriamo con tutto il cuore che continuerai a seguirci e ad esprimerci il tuo importante parere. Baci!

Hikarii: Ciao cara! Allora... Naturalmente, Kaifan ti ringrazia moltissimo per tutti i complimenti attenenti al suo modo di scrivere. Quasi arrossiva u_u... No, scherzo X°°D! Però ne è rimasta soddisfatta, su questo non ci sono dubbi v.v Eh, effettivamente la nostra Mao non ha fatto una bella fine in questa storia, ma se crederai in noi e in quel che scriveremo potrai ammirare una giustizia per lei e per tutti coloro che soffriranno a causa di un pazzo psicopatico ò_ò''. Attendiamo la tua anche in questo capitolo, bacio!

GulzDolly: ... le tue recensioni non smetteranno mai di spaventarmi ò_ò. Comincio a dubitare seriamente sulla tua sanità mentale, mia adorata. Cerchiamo di non traumatizzare troppo Kaifan, visto che non è abituata a questo tipo di commenti XDD. Allora (facendo le serie u_u). Sì, quel russo musone – alias Kei – si è comportato male con Hilary, e più avanti scoprirai il motivo. Anche a te, grazie per tutti i complimenti! Attendiamo la tua, pazzerella :) <3.

Iria: E naturalmente, tu non potevi mancare u_u. Ciao Iria! A dir poco contenta che ti sia piaciuto il modo in cui Karolina è stata presentata. Fortunatamente, questo capitolo ti aiuterà ad avere un giudizio più preciso per questo personaggio, dal momento che nel corso di un paragrafo in particolare si svelerà una piccola parte del suo carattere. Sinceramente – non volermene XD – non sono tanto a favore per le JuliaxYuriy, non mi sono mai piaciute molto. Sarà che non apprezzo Julia, anzi ammetto di non sopportarla XD. Tuttavia, in questa storia si cerca di fare in modo che le sorprese non manchino, dunque non abbandonare le speranze per un accoppiamento tra i due u_u. Ivanov non sarà proprio femminile XD... Mi auguro, però, che continuerai a seguirci lo stesso ^w^! Attendiamo la tua, un bacio!

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro ~Come stai? ***


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Quarto:

CØME STAI?

 

Karolina in un primo momento nemmeno si accorse dell'atmosfera pesante e tesa che regnava nell'aula. Poi notò l'espressione vuota del suo insegnante, che non aveva nemmeno commentato il fatto che fosse entrata in ritardo di un quarto d'ora.

Guardandosi intorno si avvicinò al suo banco vuoto data l'assenza della ragazza che lo occupava insieme a lei, e si sedette. Si sporse verso il suo vicino, Akira:

-Che cosa è successo?- sussurrò, con una strana sensazione nel petto. 

-Non lo sai? Hanno trovato un biglietto in camera di Lisa.- la informò quello. 

-Biglietto? Con scritto cosa? Come lo sapete?- 

Le domande iniziarono ad affollarsi nella mente di Karolina. Odiava non capire tutto e subito. 

-Sua madre ha chiamato alcuni di noi stamattina all'alba, non appena ha trovato il biglietto sulla scrivania e il letto di Lisa vuoto. Ha telefonato a Nataliya per sapere se era da lei, poi ha chiamato anche me ma non ne sapevamo nulla... ad ogni modo il biglietto diceva che...- si fermò un attimo. Karolina si accorse che era veramente scosso, anche se cercava di non darlo a vedere. 

-Cosa c'era scritto in quel biglietto?- 

-Che voleva farla finita, che non ne poteva più... e che nessuno la capiva.- 

Un mattone sullo stomaco, ecco cosa sentì la ragazza in quel momento. Non che lei e Lisa fossero migliori amiche, ma condividevano il banco da due anni. Studiavano insieme, qualche volta erano anche uscite, anche se raramente. Non erano amiche, ma Karolina si sentì quasi male in quel momento. Lisa voleva farla finita? Perchè? Era una ragazza taciturna ma non aveva mai mostrato segni di quel tipo. Era assurdo, davvero assurdo. 

-E...?- mormorò, ansiosa di scoprire il prevedibile seguito. 

-Ed è scomparsa. Non era in casa.- 

***

La notizia che una ragazza della scuola fosse sparita e probabilmente si fosse suicidata in qualche vicolo fu sulla bocca di tutti nell'arco di mezza mattinata. 

-E quindi pare che abbia lasciato solo un biglietto! Roba da matti.- stava raccontanto Salima, la ragazza di Rei, a un piccolo capannello di persone che pendevano dalle sue labbra. Aveva dei contatti nella classe di Lisa Lysenko, dunque era più informata di chi aveva semplicemente udito la voce in corridoio. 

Hilary strinse un pugno, turbata in maniera terribile dalla notizia. 

Rei ascoltava ammutolito e con in mente solo ed esclusivamente il viso di Mao, sorridente com'era sempre prima che si suicidasse. Come quasi certamente aveva fatto anche Lisa.

-La madre era disperata, ha svegliato mezza classe alle cinque di mattina quando non l'ha trovata.-

Qualcosa nel tono di voce di Salima e nel modo con cui stava raccontando la vicenda, fece scattare una molla nella testa di Hilary.

-Ti spiace piantarla di raccontarlo come se fosse l'ultimo pettegolezzo del liceo?- chiese, riuscendo a mantenere un tono distaccato.

-Scusa, Takibana. Mi dimentico sempre che con te in giro è sempre meglio enfatizzare.- rispose Salima, che ricevette un'occhiataccia da Kei.

Max seguì il diverbio con aria triste, anche lui non aveva preso affatto bene quella notizia e vedere le due litigarci sopra peggiorava le cose. 

-Ragazze, non mi sembra il caso...- tentò, ma fu ignorato. 

-Quando a tirare le cuoia sarà la tua di migliore amica ci penserò io a fare della cosa una barzelletta.- disse la castana, passando accanto a Salima e mettendo fine alla discussione. 

-Che stronza!- si lamentò l'altra, mentre Kei scendeva dal banco e seguiva Hilary in corridoio. 

-Ehi.- la chiamò, ma lei non si girò nemmeno. Continuò a seguirla a distanza, aspettando che decidesse di fermarsi. Imperterrito le fu dietro finchè non uscirono in cortile. 

-Non seguirmi. Stai con loro e prendimi in giro anche tu, tanto uno in più o uno in meno...- 

-Non dire scemenze, accidenti! Come stai?- le chiese, affiancandola e camminandole accanto. 

-Non lo so...-

-Stai andando a nasconderti?- insistette Kei. Quando Hilary voleva stare da sola, quindi molto spesso in quel periodo, si rifugiava nel deposito degli attrezzi, in cortile. 

-Ehi, mi dici come stai?- chiese di nuovo, affrettando il passo e infilandosi nel capannone. Una volta dentro si fermò e si voltò verso Kei: 

-Kei... sei stato l'unico ad avermelo chiesto. Grazie.- 

-Mi è sembrato ovvio chiedertelo. È una storia che non può non ricordarti quella di M... oh cazzo.- sbottò all'improvviso, fissando un punto dietro Hilary. La ragazza sgranò gli occhi davanti ad un espressione così sconcertata come quella che aveva assunto Kei, e fece per girarsi ma lui la fermò:

-No, non ti girare!-

Erano rare le volte in cui Kei perdeva il suo tono fermo e autoritario. E quella fu una. Quanto a Hilary, come chiunque altro avrebbe fatto in quel momento, desiderava solo voltarsi e vedere. Lo fece, sfuggendo alla presa insistente di Kei.

In quel momento un urlo squarciò l'aria.

Il corpo di una ragazza chiaramente morta era adagiato contro delle casse. Aveva gli occhi spalancati, la bocca semiaperta ed era ricoperta di sangue. Accanto alla mano inerte c'era una lama con la quale probabilmente si era tagliata i polsi, entrambi orrendamente aperti. C'era una quantità incredibile di sangue, gliene doveva essere rimasto davvero poco in corpo; l'odore riempiva l'aria e la rendeva difficilmente respirabile: entrambi si chiesero come avessero fatto a non notarlo subito.

-Oh mio dio!! Oddio!!- gridò Hilary arretrando.

-Hilary, stai calma, respira.- le disse Kei afferrandola per le spalle e piantando gli occhi nei suoi. -Guarda me.-

Lei obbedì, respirando affannosamente e cercando di togliersi quell'immagine dalla testa, senza successo. -Adesso chiamiamo qualcuno, ok? Usciamo di qui.- stabilì, guidandola in fretta verso la porta.

***

I soccorsi furono completamente inutili, dal momento che Lisa era già morta da ore. Hilary e Kei erano ancora in presidenza a parlare con la polizia, che per la terza volta chiedeva loro di ripetere come fossero andate esattamente le cose.

-Quindi, voi siete entrati nel deposito, cosa non permessa agli studenti senza previa autorizzazione, perché...?- chiese l'agente. I due ringraziarono mentalmente il preside per averlo informato della cosa e aver demolito ulteriormente i nervi di Hilary, che voleva solo andare a casa. Ringraziamenti puramente ironici, naturalmente.

-Perchè dovevamo parlare in santa pace. C'è un cadavere di mezzo e voi vi preoccupate del fatto che siamo entrati lì dentro e non potevamo?- fu la risposta secca di Kei.

-Le domande le faccio io qui, ragazzo. Tu, ripetimi com'è andata.- ordinò l'uomo a Hilary.

-Siamo entrati e quasi subito abbiamo trovato il cadavere. Non abbiamo toccato niente. Possiamo andare? La prego...-

-Agente, mi sembra chiaro che i ragazzi non c'entrino nulla, sono molto provati. Non sanno altro, li lasci andare.- tentò il preside, impietosito dalla voce stanca di Hilary.

-Mh, d'accordo. Tenetevi a disposizione.-

Kei prese Hilary per un polso e, dopo aver gettato un'occhiata rabbiosa all'agente, uscì dalla stanza. Camminarono per due minuti senza scambiarsi nemmeno una parola, finchè non arrivarono in classe dove sembrava non avessero fatto altro che aspettarli. Non c'era nessun docente a sorvegliarli, dato il caos che regnava nell'istituto in quel momento, e i ragazzi erano in fibrillazione.

-Eccovi! Hilary, tesoro, come ti senti?- chiese Takao cauto, mettendole una mano sulla spalla.

-Sto bene, più o meno...-

Vedendo che al di là della sincera preoccupazione di alcuni c'era la curiosità insensibile di altri, Kei decise di stroncare sul nascere ogni tormento ulteriore per la sua ex ragazza.

-Non cominciate a rompere e a chiedere quanto erano lunghi i tagli.- sbottò, zittendoli tutti. Hilary lo ringraziò mentalmente ed andò a sedersi in fondo all'aula, osservando Julia e Brooklyn Masefield che parlavano nel banco accanto. "Magari è uscita dal tunnel di Boris." pensò, con la mente così sconvolta da essere passata in un attimo da puro orrore a mero gossip.

Incrociò di nuovo lo sguardo di Kei, e lo distolse subito poggiando la testa sulle braccia e chiudendo gli occhi. "Parlo bene io, io e il mio tunnel di Kei." concluse, prima di iniziare a sentire il vociare della classe sempre più ovattato e lontano.

***

-È una cosa terribile. Povera ragazza...- decretò Julia, giocando con il bordo della pagina del diario scolastico.

-Mi chiedo come sia possibile che nessuno dei suoi amici si sia accorto che qualcosa non andava.- rispose Brooklyn, altrettanto mogio.

-Non ne ho idea... anche se a quanto pare è possibile.- Julia non potè fare a meno di pensare a Mao, come tutti gli altri del resto. Già, nemmeno loro si erano accorti che la cinese non stava bene. Neanche la sua migliore amica, che per questo si era sentita talmente incolpa da gridare all'omicidio. Questo era quello che Julia e molti altri pensavano riguardo alle accuse di Hilary. La reputavano una reazione disperata e comprensibile, dato lo schock della perdita. Altri invece, Salima per prima, trattavano Hilary come una terrorista egocentrica.

Con questi pensieri in testa, Julia continuò a parlare del più e del meno con Brooklyn. Si conoscevano dalle medie ed erano sempre andati d'accordo. Lei amava la sua discreta e piacevole compagnia, lui la sua intelligenza e testardaggine. Si divertiva ascoltando i suoi racconti e le lamentele stizzite, che ultimamente vertevano tutte su Boris.

Nello stesso momento Boris fissava i due con un cipiglio abbastanza seccato. Detestava vederli insieme, e l'antipatia che provava nei confronti di Brooklyn era seconda solo a quella per Rei Kon. Fece un passo avanti, tentato di interrompere la loro discussione, qualunque fosse, ma la mano gelida di Yurij Ivanov lo fermò:

-Boris. A che gioco stai giocando?- gli chiese piano, fra il chiacchiericcio della gente.

-Eh?- l'altro si finse spaesato, con ben poco successo.


-Non fare l'idiota. Lascia in pace Julia, non si merita questo. Non è uno yoyo, ed è una mia amica.- gli fece notare.

-Scusa ma... questi sono affari miei, Yu.- rispose Boris con un'alzata di spalle.

-Lasciala, dai. Non la meriti

L'altro si accigliò: -Ah, grazie!-

-Sai che tu hai tutto il mio rispetto. Ma ti stai comportando da coglione! E il bello è che lo sai, come al solito... Vedi di smetterla se non vuoi che ti prenda amichevolmente a pugni.- concluse,con un sorriso freddo ma abbastanza spontaneo. Soprattutto per via del fatto che Boris fosse grosso il doppio di lui e lo avrebbe certamente ucciso in caso di scontro.

-Oh, che paura. Ci penserò...-

Yurij aveva un forte ascendente su Boris, più o meno da sempre. E nessuno aveva mai capito il motivo per il quale un ragazzo come lui, che non dava retta a docenti, autorità, adulti in generale e amici, ascoltasse quell'altro russo dagli occhi di ghiaccio e i capelli color rubino.

-Parlando di quello che è successo... La Lysenko non era in classe con Karolina?- chiese Yurij, grattandosi distrattamente una tempia. 

-Ah cazzo. È vero. Vado a cercarla.- imprecò Boris prima di superarlo e uscire dall'aula.

Subito dopo Yurij pensò che probabilmente anche qualcun altro, pur non volendolo dare a vedere, aveva bisogno del suo aiuto. Si diresse verso il bagno dei ragazzi, dove come previsto trovò Kei che scrutava il cielo scuro fuori dalla finestra.

-Ciao.- gli disse, affiancandolo.

-Mh.- fu l'eloquente risposta dell'altro, che non distolse lo sguardo dal panorama.

-Come stai?-

Kei si girò e i due si ritrovarono faccia a faccia, a cinque centimetri di distanza. Distanza che il giapponese annullò, posando le sue labbra su quelle di Yurij e baciandolo lentamente.

-Sei stato l'unico ad avermelo chiesto. Grazie.-

***

-Pronto?- Hilary non ricordava di aver mai sentito la propria voce così tremante. Non le apparteneva.

-Hilary, quindi sei a casa. - constatò Takao. Anche la sua voce non era normale. Non lo era affatto.

-Sì... sono con Kei. È successo... è successo qualcosa, Takao?-

Quella conversazione non aveva il minimo senso. Sapeva benissimo cosa stava per esserle detto, i convenevoli si potevano tranquillamente saltare.

-Hila, sono a cento metri da casa tua. Arrivo.-

La ragazza riattaccò, mentre lacrime calde scorrevano lungo le guance. Kei arrivò in quel momento, curioso di sapere chi fosse al telefono. Curioso e ansioso. Ormai ogni volta che squillava un telefono o un cellulare perdevano un battito.

-Hilary... chi era?-

La ragazza si voltò. -Sta arrivando Takao...- mormorò, soffocando i singhiozzi.

Piombò il silenzio, interrotto dai battitti di Takao alla porta. Hilary andò ad aprire, quasi di corsa, il cuore in gola e un tremore che non riusciva a controllare.

L'amico entrò subito e si chiuse la porta alle spalle.

-L'hanno trovata... Hilary, Mao è...-

La castana scosse la testa e chiuse gli occhi, stringendoli il più possibile. Takao la strinse a sè, mischiando i singhiozzi ai suoi, mentre Kei li osservava, costernato.

Si avvicinò e li abbracciò entrambi con poca fatica, piccoli com'erano rispetto a lui. Si chiese se avrebbe mai rivisto il sorriso solare di Hilary. Quell'entusiasmo e quella vitalità che non aveva mai perso. Fino a quel momento.

 

***

Salve a tutti! Qui Kaifan. Come nei capitoli precedenti, la parte in grassetto e corsivo è un flashback (ma ormai si sa u.u).

Come andiamo? Capitolo con qualche sorpresina, eh? Kei e Yuri che se la intendono, ragazze morte in giro per la scuola... cose di tutti i giorni insomma! ò.ò

Ringrazio tutti per i commenti e mi appresto a rispondervi.

 

Hikarii: Ciao cara! Personalmente ti consiglio di dare un'occhiata alla fic di Pich perché ne vale la pena ;) ci sono anche delle one shot che dovrebbero andarti a genio! Ma al di là delle pubblicità, diciamo che la vicenda di Julia è centrale perché è legata a Boris che è un protagonista. Chissà poi come si metteranno le cose u.u

Mao avrà certamente la giustizia che merita, poverina! Ti ringrazio come sempre del commento, un bacione!! <3

 

benny92: Salve! L'identità dell'assassino verrà svelata, non preoccuparti! Spero che il capitolo sia stato di tuo gradimento, un bacio, alla prossima! :)

 

 

Ps I Love You: Mmh, su Karolina diciamo che non è esattamente come dici. La cosa che la urta di più è l'atteggiamento di Boris, che tiene i piedi in due staffe! Poi di certo la infastidisce il fatto di non essere l'unica. Nei prossimi capitoli si vedrà lo svolgimento della vicenda. Quanto alle ipotesi sull'assassino, per una volta mi cucio la bocca! :D Non dirò "può essere", "fuochino" o simili per nessuna ipotesi. Voi comunque tentatevela! Grazie mille per i commenti, un bacione! (P.S mi piace il tuo nick!)

 

Paperetta: Shalvee! Mmh ovviamente non ti credo, come potrei? Scherzo, scherzo <3

Boris è esattamente come appare, sì sì. Quanto a Julia, bè secondo me ha fatto bene u.u d'altronde lei non dormiva per colpa sua, quindi è giusto che lui non dorma come un sasso mentre lei si strugge da sola u.u Uah ah! Grazie anche a te dei commenti, bacione!

 

Talia90: Buondì! Grazie per i complimenti, siamo liete che ti sia piaciuto. Sono d'accordo sul discorso sulle coppie, alla fine gran parte di quelle che sono considerate non dico "canon", ma comunque non crack pairing, nell'anime non esistono nemmeno lontanamente xD Viva la fantasia delle fan (me compresa, eh! Non c'è niente di male a shippare qualunque cosa u.u).

Riguardo Hilary, sììì è esattamente quello che penso. Solo perché Daichi la chiama ochetta non vuol dire che lo sia, che cavolo! Ochette sono quelle due amebe che Gianni si portava a braccetto u.u Povera Hilary. Questo capitolo come hai visto è ancora più lungo, credo che li standardizzeremo più o meno così!

Le migliori del fandom ò///ò santo cielo, grazie mille!! Un abbraccio anche a te, alla prossima!

 

Lirin Lawliet: Ciao bella! Sì, mi ero accorta che la fic stava piacendo e la cosa ha fatto un piacere enorme sia a me che a Pich, teniamo molto a questa storia. Il capitolo precedente ha visto un calo di letture/commenti, ma siamo felici lo stesso e speriamo di rimediare con questo!

Cara, hai perfettamente ragione sul discorso dello spiattellamento xD

Tranquilla, ti sei spiegata bene su Hilary e sono d'accordo con te. Ho solo aggiunto che io la Hilary così oca non la vedo nemmeno nell'anime, figurati quanto condivido lo stereotipo che gira nel fandom ç_ç

Ah ah ah, stai calma che ti sale la pressione!! E non nominare il suo nome che poi la brutta fine ce la fai tu u.u E poi chi te l'ha detto che non è Voldemort? Mmh, magari un crossover...

Grazie mille per le tue recensioni e per l'entusiasmo, davvero :) Un bacio!!

 

Elysabeth91: Ciao cara! Lieta del successo che sta avendo Karolina. In effetti è un personaggio particolare ed equilibrato. E sono anche contenta del fatto che ti piaccia Takao, altro personaggio bistrattato a cui voglio ridare un po' di dignità (parlo io che in una mia fic gliel'ho tolta e calpestata xD). Il rapporto fra lui è Hilary è proprio quello che hai notato tu!

Ringrazio ovviamente anche te per il supporto e i commenti! Un bacione!

 

Avly: Ciao tesoro! Una cosa la posso dire, non si tratta di demoni o cose sovrannaturali, difatti non ci sono avvisi :D tutto reale e concreto! Lieta che ti sia piaciuto il capitolo, grazie mille!

Sulla KeixHilary... bé questo capitolo, soprattutto il finale, lascerà perplessi in molti xD

Grazie ancora cara, un bacione!

 

Per finire ringrazio come sempre chi ha inserito la storia fra le seguite (Avly, Benny, Cherry, Elysabeth, Ivan, Hikarii, Lirin, Paperetta, Padme86, IaRa e Miharu81) e chi l'ha messa tra le preferite (Talia, Gulz, Ps I Love You e SMDO)

Aggiungo riferendomi a Padme, IaRa, SMDO e Mhiaru che come al solito ci farebbe piacere conoscere le opinioni di chi ci segue nell'ombra. Non siate timidi!! :D Vi ringraziamo di cuore in ogni caso, un bacio a tutti ;)

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque ~Brivido ***


Ed eccoci risorgere! Pensavate che fosse così semplice liberarvi di noi?! Beh, avete commesso un grave errore a pensare una cosa simile u.u! Siamo tornate alla cairca con un nuovo capitolo che speriamo possa essere di vostro gradimento. Ci scusiamo per aver impiegato così tanto tempo ad aggiornare, ma la mancaza di tempo e d'ispirazione ci è stata fatale D: Ringraziamo tutti coloro che hanno recensito il capitolo precedente, fateci sapere la vostra opinione su questo! Buona lettura!

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Quinto:

BRIVIDØ.

 

Quella giornata era iniziata male e sarebbe finita male. Non fece nemmeno in tempo ad uscire di casa che il cielo si coprì di nuvoloni grigi piuttosto minacciosi, portanti sicuramente un acquazzone interminabile. Non aveva neanche preso con sé l'ombrello, il che poteva significare una cosa sola: avrebbe fatto ritorno a casa bagnata dalla testa ai piedi, fradicia.
Sbuffò con una nota di disappunto, iniziando a risentire i sintomi della notte passata in bianco. Quella volta non fu a causa di Boris; non aveva dormito a causa della notizia della morte di Lisa. L'aveva sconvolta. Era restata sveglia a pensare al perché si fosse tolta la vita, al perché avesse deciso di compiere un gesto così estremo. Non era riuscita a darsi una risposta, così provò a distrarsi e studiare qualcosa per i giorni successivi, giusto per portarsi avanti. Fu un tentativo vano. Aveva la testa da tutt'altra parte e non riusciva a concentrarsi sulle varie materie.

Camminava lungo le vie della città con un passo lento e svogliato. Quella mattina avrebbe preferito di gran lunga restarsene a letto, cercando di prendere un po' di sonno e adagiandosi comodamente la testa tormentata dall'emicrania sul cuscino.
Andare a scuola era stata decisamente una pessima idea.

Qualcosa le afferrò strettamente il polso; una mano. Si girò e la figura che si presentò davanti agli occhi non le fu per niente sconosciuta: Boris.
"Vai a scuola?" le chiese, accennandole un lieve sorriso. Deve essere di buon umore questa mattina, pensò Karolina. Cominciò a sentire la presa sul suo polso troppo stretta, quindi ritrasse la mano con un gesto un po' brusco. Non lo fece di proposito, fu tutta causa del nervoso di cui era in balia in quel preciso momento.
Boris la guardò sorpreso, forse rimanendo offeso da quel gesto. Comunque non lo fece vedere, si nascose dietro quella solita maschera inespressiva degna del suo carattere freddo e schivo.

"Sì, vado a scuola." rispose apatica lei, adagiandosi meglio lo zaino sulle spalle. "Tu?" chiese in seguito, facendogli notare quanto fosse stanca e sconsolata.

"Purtroppo sì."

Lei annuì. Abbassò inconsapevolmente lo sguardo e prese a fissarsi le punte dei piedi. "Sì, è molto bello l'asfalto." ironizzò Boris con l'intento di prenderla in giro. Lei si concentrò su quegli occhi verdi che tanto le piacevano. In un certo senso, le dava l'impressione di annegare in un mare di menta.
Gli sorrise e gli si lanciò addosso, circondandogli il collo con le braccia. Boris rimase di sasso; non si sarebbe mai aspettato un gesto simile da parte sua, non dopo il modo poco carino con il quale si era scansata da lui.

Ricambiò l'abbraccio, seppur un po' titubante, abituato com'era a non lasciarsi andare a certi attimi di dolcezza.
In quell'istante, due occhi carichi di gelosia li stavano osservando da lontano. Julia ebbe come l'impulso di interrompere quell'abbraccio, ma cercò di trattenersi. Mostrarsi gelosa e isterica davanti a Boris avrebbe fruttato risultati poco positivi. Doveva stare calma.
... Non ci riuscì. Era troppo per lei! Avrebbe preso quella piccola sgualdrina e le avrebbe fatto capire come girava il mondo, se lo promise. Si avvicinò rapidamente ai due, con uno sguardo pieno di rabbia.

"Ok piccola piovra, il divertimento è finito!" disse acida, tirando via -con un po' di fatica- Boris da quell'abbraccio. Karolina rimase basita, incapace di trovare le parole più adatte per risponderle. Boris, invece, guardò Julia con odio; quella era l'ultima scenata che le avrebbe permesso di fare.

"Ci stavamo solo abbracciando." puntualizzò Karolina, riassumendo la sua implacabile sicurezza e guardandola, inconsapevolmente, con una leggera punta di fastidio. Sapeva che prima o poi le sarebbe toccato affrontare una discussione simile.

"Non ci provare, puttanella. So benissimo che genere di rapporto avete!"

"Ora smettila, Julia! Stai esagerando!" proferì Boris, allontanandola da Karolina. "Sei sempre stata così invadente... Non ti sopporto più!".

"Esagerando? Io starei esagerando?! Scusami se non accetto il fatto che tu te la faccia con una qualsiasi stupida della scuola!"
Si era lasciata prendere fin troppo dal nervoso, la sua voce era tremula e rotta da un pianto che stava cercando di trattenere.
Karolina corrugò le sopracciglia, notando che c'era qualcosa che non andava. "Wow... Tu sei consapevole che lui ti tradisce venendo a letto con me e continui a correrci dietro?" chiese con un'ironia agghiacciante che aveva il solo e unico intento di zittire Julia. Si avvicinò di qualche passo alla ragazza, mantenendosi tranquilla e pacifica. "Che brava cagnolina!" seguitò, abbozzando un sorriso che di buono aveva ben poco.

"Non usare questo tono con me! Non sono io quella a farsela allegramente con un ragazzo fidanzato!"

Karolina rimase in silenzio per qualche istante, smettendo di sorridere. La parola fidanzato le risuonò un paio di volte nelle orecchie, provando sempre più disagio. I suoi occhi si illuminarono di una strana luce, qualcosa che andava ben oltre la rabbia. "Questo è tutto da vedere." mormorò in un tono di voce appena percettibile.
Guardò Boris, poi si girò e andò in direzione della scuola, senza aggiungere altro.

"Julia, lasciati dire una cosa..." iniziò Boris, senza neanche degnare Julia di uno sguardo; continuava a osservare la sagoma di Karolina diventare sempre più piccola. Julia lo guardò preoccupata, sperando che quello che stava per dirle non la ferisse.

"Ora puoi ufficialmente ritenerti fuori dalla mia vita." e detto questo, se ne andò, lasciando Julia in preda ad una sofferenza indescrivibile. Una lacrima le rigò la guancia. Ora che lo aveva perso, la sua vita non avrebbe avuto più senso.


*


Hilary quella mattina era stata puntuale come al solito. Aveva accuratamente evitato di incrociare gli agenti di polizia che tormentavano gli studenti con domande su Lisa, nel tentativo di trovare dettagli che avrebbero permesso loro di archiviare definitivamente il caso come un banale suicidio giovanile. Come avevano fatto con Mao.
Notò i banchi vuoti dei compagni, accorgendosi di essere stata la prima della classe ad essere arrivata in orario. Non aveva ricevuto il solito messaggio del buongiorno di Takao, quindi le era toccato farsi il tragitto da casa a scuola senza la compagnia dell'amico. Non si rivelò un problema per lei, giacché aveva bisogno di restarsene un po' sola.

Appoggiò la cartella sul banco e tirò fuori da essa una merendina. Erano giorni ormai che non mangiava decentemente, stava cominciando a sentirsi debole e priva di forze. Se fosse andata avanti di quel passo avrebbe sicuramente avuto un mancamento da un momento all'altro, dunque era meglio incominciare a farsi tornare l'appetito. Sua madre le aveva proposto di prendere svariate vitamine, ognuna con un nome e una funzione diversa dall'altra. Tuttavia Hilary aveva da sempre preferito non imbottirsi di medicine o di farmaci vari, così rifiutò, ignorando le proteste della madre.

La professoressa Fursevich entrò in classe e prima di sistemarsi alla cattedra, aveva salutato cordialmente l'alunna: "Buongiorno, Hilary!".

"Buongiorno a lei, prof."

La Fursevich accennò un sorriso, per poi mettersi a trafficare con numerosi fogli. Altre verifiche, pensò Hilary sospirando sconsolata. Era da giorni che non aveva aperto il libro neanche per ripassare qualcosa, comportamento piuttosto insolito per un'alunna modello come lei.
A dissolvere la sua mente da quei pensieri, fu Julia che entrò in classe silenziosamente e con il capo chino. Notò che stava piangendo tramite i continui fremiti che aveva. Si sedette al suo posto, buttando la testa fra le braccia e non dando alcun accenno a voler parlare con lei o con la professoressa.

Hilary la guardò dispiaciuta: sicuramente Boris ne aveva combinata una delle sue. Si avvicinò a lei e le accarezzò i capelli, intenzionata a consolarla e ad alleviare un po' il suo dolore.

"Oh, Hilary... Cos'ho che non va?" singhiozzò, tenendo il viso premuto sul banco. La voce era cupa e triste, stava piangendo a dirotto.

"Penso niente, Julia. Perché me lo chiedi?"

"Boris mi ha lasciata per quella ragazza..."

"Karolina, intendi?" chiese Hilary con un tono di voce basso e al tempo stesso dolce. Vederla così la mortificava, le ricordava lei stessa durante i suoi momenti di crisi per Kei.

Julia alzò il viso, esponendo le guance arrossate per il pianto e gli occhi stracolmi di lacrime. "Sì, lei."
Nell'udire quell'affermazione, Hilary notò del disprezzo serpeggiare in quelle parole. Disprezzo del tutto giustificato, in effetti. Karolina non si era comportata bene nei suoi confronti. Non che fossero amiche o che avessero mai avuto a che fare l’una con l’altra, ma comportarsi in quella maniera valeva dire mancare completamente di rispetto ad una persona. Un minimo di pudore e di buon senso avrebbe fatto sì che Karolina respingesse Boris, evitando così di diventare il suo giocattolino sessuale. Un ragazzo come Boris non poteva cercare altrimenti. Solo del divertimento.

"Pensi che sia una stupida, vero?" chiese Julia, prendendo dallo zaino un pacchetto di fazzoletti. Lo aprì e ne estrasse uno, per poi strofinarlo contro il viso per poterselo asciugare e pulire dal trucco ormai sbavato.

Hilary ne prese un altro e l'aiutò. "No, penso che Boris non meriti le tue lacrime." rispose sincera in seguito, sperando che Julia si rendesse conto del tempo che stava perdendo stando dietro ad un ragazzo così.

"Consolati, Fernandez: se va avanti così non lo te lo ritroverai neanche in classe l'anno prossimo." intervenne la Fursevich, mostrando il compito di Boris andato a dir
poco male. Anzi, a dire il vero c'era stato ben poco da correggere: lo aveva lasciato in bianco.


Riuscì a strapparle un piccolo sorriso. Si soffiò il naso con il fazzoletto e decise di ricomporsi, ringraziando Hilary per averla ascoltata e per aver cercato di tirarle su il morale.

*

Karolina lottò con il tasto dell'accendino, che puntualmente aveva deciso di essere più duro e rigido del solito. Lo premette svariate volte, maledicendo la sua misera forza fisica. Poi, come per miracolo, riuscì ad accenderlo e a fare fuoriuscire la piccola fiammella. Avvicinò la sigaretta e fece un tiro, facendo divenire il fumo un tutt'uno con la sua faccia e con il piercing al sopracciglio.

Aspirò il fumo come se fosse stato un qualcosa di benefico che l'avrebbe aiutata a calmarsi; ancora un insulto di troppo e avrebbe sicuramente messo le mani addosso a Julia. Sarebbe stato un insulto per il suo invidiabile autocontrollo, ma quella maledetta ce l'aveva messa proprio tutta per portarla sul procinto di uscire di senno.

"Se il preside ti becca fumare in bagno sono guai."
Una voce alle sue spalle la fece sussultare. Si girò, sapendo già chi si trovava dietro di lei. "E questo è il bagno delle ragazze. Se arrivasse il preside, chi sarebbe più nei guai Huznestov?".

Boris scrollò le spalle, facendo capire che in tal caso gliene sarebbe importato ben poco. "Se fumi vuol dire che sei nervosa."
Quelle parole, così azzeccate, la fecero stranamente innervosire. Non si capacitava nemmeno lei del perché, sapeva solo che quel giorno -dopo la sfuriata precedente- gradiva ben poco la compagnia di Boris.

"E tu cosa ne sai se sono nervosa o meno? Non sai niente di me!" rispose con un tono di voce leggermente alto. Boris inarcò un sopracciglio, constatando che quel giorno doveva avere la luna storta. Non gli aveva mai risposto così.

"Ciclo?"

Karolina arrossì un po' per l'imbarazzo e un po' per la rabbia. "No! Dico solo che oltre alla mia vagina di me non conosci assolutamente nulla!".
Lui abbozzò un sorriso e, lentamente, si avvicinò a lei. Le scostò una ciocca dei lunghi capelli neri, poi spostò lo sguardo sui suoi occhi - verdi come i suoi. "E invece so molte cose di te."

"Ah sì? E cosa sapresti? Sentiamo!"
Lo guardò con sfida, sicura che stesse solo farneticando.

"So, per esempio, che sotto a quel fondotinta si nascondono delle lentiggini." iniziò, affacciandosi alla finestra e notando che il cielo stava diventando sempre più grigio. Karolina si toccò il viso sentendosi a disagio: detestava quegli inutili puntini che le coprivano maggior parte delle guance, li odiava! Non ricordò neppure di essersi mai presentata a lui struccata, quindi si chiese come facesse a saperlo.

"So anche che quando sei triste e necessiti di un abbraccio ti metti a stringere fortemente il cuscino, rischiando di farlo esplodere."

"Non è vero!" si difese lei, sentendo le guance avvampare sempre più.

"Sì che è vero! E so anche che ti piace cantare sotto la doccia, peccato che tu sia stonata come una campana rotta!"
A quel punto Karolina sprofondò in un baratro di imbarazzo e vergogna, desiderando di trovarsi dall'altra parte del mondo. Avrebbe voluto sparire oppure diventare invisibile. Rise istericamente, ormai in balia dell'ignominia più totale.

"E quando sei in imbarazzo inizi con quella tua risata da ochetta giuliva." continuò a punzecchiarla Boris, ghignando divertito.

Karolina alzò le mani in segno di arresa. "Ok, basta! Mi hai convinta!"
Spense la sigaretta e la gettò dalla finestra.

Cercò di contrastare Boris in altezza, con scarsi risultati ovviamente. "Bene, Huznestov. Ora che mi hai preso in giro come si deve, cosa dovrei fare?"

"Potresti iniziare evitando di chiamarmi per cognome. Grazie!"

*


Yurij guardò Boris con disapprovazione, cercando l'appoggio di Sergey il quale -francamente- non era interessato alla discussione. A lui non faceva alcuna differenza con chi uscisse o si frequentasse Boris, l'importante era che fosse felice. In caso contrario, beh, tutto sommato non gli avrebbe fatto differenza. Gli voleva bene, questo era poco ma sicuro, semplicemente ciò che faceva non lo riguardava.

"Mollarla così su due piedi non è stato affatto carino, avresti dovuto pensarci più a fondo!"

"Sono affari miei, Yu. Smettila di intrometterti."

Ivan avrebbe preferito cento volte più la castrazione immediata, pur di non assistere più ai soliti battibecchi tra Yurij e Boris. Era un po' come se fossero stati marito e moglie, avevano sempre qualcosa su cui discutere e non trovarsi d'accordo. Se uno diceva bianco, l'altro doveva dire per forza nero. Non riuscivano mai ad arrivare ad un compromesso o ad una via di mezzo. Non ricordò neppure quando fosse stata l'ultima volta che li vide concordi su qualcosa, erano l'uno l'opposto dell'altro. Eppure, malgrado le numerose caratteristiche che li differenziavano, erano eternamente uniti da un legame d'amicizia forte ed intenso. Erano un po' come lo Yin e lo Yang, il bene e il male, il giorno e la notte. Due opposti attratti come calamite, entrambi incapaci di vivere senza l'altro.

"Mi dispiace solo per Julia, tutto qui. E poi si può sapere che intenzione hai adesso con Karolina?"

Boris roteò gli occhi stufo di quella conversazione. Lo guardò serio, facendogli intendere che non gli avrebbe risposto neanche sotto tortura.

"E non fare quella faccia! Sappiamo entrambi cosa vuoi da lei..."

"Sarebbe?" chiese sbuffando scocciato. "Sono proprio sicuro di sentire la stronzata che dirai!"

"Sesso. Solo questo."

"..."

"Allora?!"

Boris scrollò le spalle, rimanendo indifferente davanti a tale domanda. "Non lo so. Sto bene con lei." rispose, controllando il cellulare per vedere se gli fossero arrivati eventuali messaggi. Nulla.

"Ma almeno provi qualcosa per lei?"

"Santo cielo, Yu! Smettila di fargli l'interrogatorio!" intervenne Sergey, consapevole che non avrebbe sopportato ulteriormente le continue domande di Yurij. Inoltre conoscendo Boris, il caro Ivanov stava rischiando grosso. Era come andare in contro al suicidio.

"Voglio solo sapere se prova qualcosa per Karolina oppure no."

Boris gli dedico uno sguardo omicida, uno di quegli sguardi che prometteva ben poco di buono. "Se te lo dico la finirai di stressarmi?"
Yurij annuì, curioso di scoprire la risposta.

Prese un lungo respiro, creando una leggera atmosfera di suspense. Gli occhi di Ivan, Sergey e Yurij erano fissi su di lui. "Forse."
Ivan e Sergey rimasero basiti, sconcertati di tale risposta. Yurij, invece, si schiaffò una mano in fronte, sempre più convinto che Boris fosse un essere insensibile e anche un po' stupido. "Sei veramente un disastro!" commentò.

"Cambiando discorso, cosa volete fare questa sera?" chiese Ivan, ormai arrivato al cancello di casa sua.

"Direi il solito: sbornia e poi tutti a casa mia." propose Yurij, cercando una conferma nello sguardo degli amici.

"Si può fare... Appuntamento alle dieci dal bar, guido io questa sera." si offrì Sergey, avviandosi verso la strada che portava al suo palazzo - poco distante dall'abitazione di Ivan.

"Bene. Pakà!"
Ivan salutò Boris e Yurij, lasciandoli soli.

Yurij si avvicinò a Boris, guardandolo con uno sguardo sinistro. "E tu vedi di non arrivare in ritardo come al solito, intesi?" mormorò con un tono poco rassicurante, chiaro segno che Ivanov aveva in mente qualcosa. Qualcosa di losco come al suo solito.


*


Takao ed Hilary stavano percorrendo la strada per tornare alle rispettive case, senza biascicare parola. Takao aveva provato a intraprendere qualche discorso, magari anche senza un vero e proprio senso logico. Peccato che Hilary quel pomeriggio fosse più taciturna del solito, immersa com'era tra i suoi pensieri e le sue preoccupazioni. Non faceva altro che giocherellare istericamente con una ciocca di capelli, avvolgendosela tra le dita.

"Vuoi mangiare da me?" le chiese Takao, guardandola speranzoso. Era la sua migliore amica e non poteva assolutamente sopportare di vederla in condizioni simili. Era da sempre stata una ragazza forte e decisa, vederla in quello stato d'animo triste lo metteva a disagio, lo faceva sentire impreparato.

Hilary sembrò pensarci su. "Non credo sia il caso." rispose in fine, sperando che Takao non si offendesse.

"E cosa vuoi fare? Chiuderti in casa? E' sabato, cavolo!"

"Mi porterò avanti con i compiti per la prossima settimana."

"Potremo andare a bere qualcosa questa sera, allora!"

"Io non bevo, Takao."

Il nipponico sbuffò sconsolato. Sventolò la bandierina bianca in segno di arresa, consapevole di aver esaurito ogni mezzo per trascinarla fuori di casa. Era dell'idea che restandone da sola non avrebbe fatto altro che peggiore le cose; abbandonarsi alla propria tristezza non era un modo per aiutare se stessi, anzi. Avrebbe dovuto cercare un pretesto per distrarsi, per concentrare la testa altrove.

"Hilary, la vita va avanti!"

La ragazza lo guardò accigliata. "Lo so, Takao. Si può sapere dove vuoi andare a parare con questo discorso?"

Takao alzò le spalle. "Nulla, dico solo che devi continuare a vivere, malgrado Mao sia..."

Hilary lo interruppe con un gesto secco e deciso, quasi come se avesse voluto allontanare quelle parole dalle sue orecchie. "Non dirlo. Non voglio sentirmelo dire." seguitò, guardandolo seria e con occhi lucidi.

"D'accordo! Ma non allevierai il dolore standotene segregata in casa!" continuò l'amico, cercando ogni modo di convincerla. Hilary aveva davvero bisogno di voltare pagina, ma non solo per una questione che riguardava Kei. Aveva bisogno di ricominciare da capo, di cancellare tutti i brutti ricordi che alloggiavano nella sua testa. In quel preciso istante avrebbe tanto voluto essere capace di costruire una macchina del tempo per lei.

Lei sbuffò, stanca di quell'essere così insistente di Takao. D'altro canto non aveva tutti i torti: magari una serata passata in compagnia di amici l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio, a distrarsi almeno per un po'.

"E va bene..." iniziò. "Mi hai convinta."

Takao esultò in preda all'enfasi più assoluta e le diede un affettuoso bacio sulla guancia. "Ti passo a prendere in scooter alle nove, ok?"

Hilary si immobilizzò, improvvisamente inquietata. "Non salirò mai in motorino con te, lo sai!"

"E perché no?! Sono un ottimo guidatore!"

"Sì, certo..."
Takao ignorò quell'ultima risposta, poiché qualcun altro aveva attirato la sua attenzione. "Quelli non sono Julia e Brooklyn?"

Hilary guardò davanti a lei, riconoscendo il ragazzo e la ragazza ai quali alludeva Takao. "Sì, sono loro."
Si sentì quasi sollevata nel vederli insieme: a quanto pareva Julia stava ricominciando a vivere. Avrebbe voluto trovare la forza necessaria per iniziare a farlo anche lei.

Il suo cellulare squillò proprio in quel momento. Lo tirò fuori dalla tasca e sgranò gli occhi: accidenti, l’aveva evocato.
“Pronto?”
La voce di Kei apparve piuttosto ferma. Si era ripreso dallo shock del cadavere di Lisa, o almeno così sembrava: “Ciao.”
“Ciao. Che succede?”
Kei esitò per un secondo. “Niente, volevo solo sentirti. Come stai?”
Hilary accennò un sorriso: “Credo bene. Non lo so.”
“Che devi fare stasera?”
“Sono con Takao. Vuoi venire?”
“Sì, d’accordo. Ci vediamo dopo allora.”
Hilary lo salutò e riattaccò, poi guardò Takao con aria perplessa.
“Viene anche Kei stasera.”
L’altro sorrise: “Oh! Bene, noi tre e basta come ai vecchi tempi?”
“Già. Takao, mi spieghi come dovrei fare a voltare pagina se lui non mi lascia andare?” gli chiese, un tono leggermente esasperato.
Takao le accarezzò la testa. “Ti sei scelta la persona più enigmatica che io abbia mai incontrato, Hil.”

*
 

 

"Questa è davvero l'ultima goccia, Karolina! Imparerai ad essere rispettosa con i tuoi genitori, ma sopratutto dovrai iniziare ad essere sempre leale con la tua famiglia!" urlò un uomo, con gli occhi verdi pieni di collera.

Era ormai all'ordine del giorno: la figlia, così incontrollabile ed imprevedibile, trovava sempre un pretesto per mettere in discussione le sue decisioni. Non sapeva più cosa fare con lei, era diventata una vera e propria disgrazia. A scuola faceva ben poco, il suo comportamento era indisciplinato e non dava retta a nessuno, docenti e adulti compresi.

"Leale un corno! Mi sono stancata di voi e delle vostre continue bugie!" strillò Karolina a squarciagola, indicando entrambi i genitori, rappresentanti emozioni diversi: il padre infuriato con lei e la madre incapace di dire qualcosa, con il classico labbro tremolante di chi stava per mettersi a piangere.

"Stai esagerando, signorina! Non ti facciamo mancare niente, quando siamo via ti mandiamo tutti i soldi necessari per i tuoi comodi! E' questo il ringraziamento?!"

"Per quanto mi riguarda i vostri soldi potete benissimo tenerveli! Quello di cui avrei bisogno è ben altro!"

"E di cosa? Sentiamo!"

Lei scosse la testa, dipingendosi in viso un sorriso alquanto amaro. "Se non ci arrivate voi, è inutile che ve lo stia a dire io." disse, lasciandosi scivolare una lacrima lungo lo zigomo.

"Tesoro, ascoltami..." iniziò sua madre, con voce tremula. "Noi ti vogliamo bene, lo sai."

Karolina le rivolse uno sguardo disgustato, stanca di tutta quell'ipocrisia. "Stai zitta, mamma. Non riempirmi la testa con ulteriori cazzate!"
Non diede tempo ai due adulti di ribattere, perché corse subito al piano di sopra, chiudendosi la porta alle spalle e gettandosi sul letto. Soffocò la testa sotto il cuscino, per ignorare le imprecazioni del padre e le lamentele della madre. Ciò che riusciva a sentire fu solo un vociferare confuso, lontano... A consolarla fu il sentire il profumo di Boris. Non poteva non riconoscerlo, amava quel profumo. Sorrise e si lasciò andare al sonno.

Si svegliò qualche ora dopo, piuttosto confusa. Guardò l'orologio: le undici e mezza. Cavolo, era tardissimo! Avrebbe dovuto vedersi alle dieci con Akira, il suo compagno di classe. Prese il telefono e vide numerose chiamate senza risposta e svariati messaggi. Aprì il primo:

Da: Akira
Dove cavolo sei? E' un'ora che ti aspetto!

Lesse il secondo.

Da: Akira
Sei proprio un danno! Se esci dal letargo raggiungimi al Planet, sono con Nataliya.

Si massaggiò le tempie come per riprendersi da quello stato confusionario causato dal sonno. Si guardò attorno, immersa nell'oscurità della camera. Accese la lampada situata sul comodino e si guardò allo specchio, giusto per constatare in che condizioni fosse; si aspettava di peggio, onestamente. Se si fosse aggiustata il trucco e sistemata i capelli avrebbe avuto un aspetto decente. Il tempo di mangiare qualcosa e si sarebbe precipitata al Planet, in modo tale da riprendersi dal litigio precedente con i suoi.

Il campanello suonò. Rimase sorpresa, non stava aspettando nessuno e i suoi genitori erano usciti da un bel pezzo. Scese rapidamente al piano di sotto e aprì la porta d'ingresso: non c'era nessuno. Eppure era sicura di aver sentito suonare. Si sporse fuori dalla porta, controllando se ci fosse qualcuno nelle vicinanze. Decise di lasciar perdere, chiuse la porta e fece per dirigersi in camera. Il campanello suonò ancora.

Si fermò di scatto, sentendo lo stomaco stringersi da un'agghiacciante morsa: la paura. Accese la luce d'ingresso, conscia del fatto che evitando il buio sarebbe stata al sicuro. Che ragionamento da bambina, pensò. Questa volta non aprì, controllò dallo spioncino della porta, ma anche quella volta non vide nessuno. Si lasciò prendere dall'agitazione, le sue gambe cominciarono a tremare. Respirò profondamente, con l'intento di calmarsi e di pensare positivo: magari si trattava solo di qualche stupido scherzo ideato da qualche bambino del vicinato.

La suoneria del telefono di casa la fece sobbalzare, non riuscì neppure a trattenere un urlo di spavento. "Basta con queste cretinate!" esclamò, trovando il coraggio di rispondere alla chiamata. Si avvicinò il cordless all'orecchio, cercando un possibile indizio che l'avrebbe potuta aiutare a capire da chi fosse arrivata la telefonata. "Pronto?"

"Sei stata una bambina molto cattiva." le rispose una voce a lei sconosciuta, con un tono inquietante e sinistro.
Karolina si sentì il cuore mancarle di un battito. Le mani le tremarono a tal punto che per poco non fece cadere il telefono in terra.

"C-cosa?! Chi parla?!"

"Ti sto osservando, piccola e stupida Karolina. Sei stata una puttana."

Lei non rispose, si affacciò alla finestra in cerca di qualcuno nelle vicinanze: non vide nessuno. "Se questo è uno scherzo, sappi che non è per niente divertente!"

"Perché tremi, meravigliosa creatura? Così fragile e indifesa..."
Karolina si accorse che, in effetti, stava tremando. Continuò a guardarsi attorno, sempre più spaventata. Il respiro le si affannò, si stava agitando sempre più.

"Ora basta, smettila!" urlò sul procinto di una crisi isterica. "Chi sei?! Dimmelo!"

"Lo scoprirai presto, ingenua bambina sperduta."

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei ~Complicazioni ***


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Sesto:

CØMPLICAZIØNI.

 

Hilary scese le scale e uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle. Non ne aveva molta voglia, ma contemporaneamente voleva stare con i suoi amici, e con Kei. Quindi si era costretta a prepararsi, a mettersi un filo di trucco e a trascinarsi fuori di casa.
Un tempo non era così.
Takao la accolse con un sorriso: -Eccoti. Kei sta arrivando.-
-D’accordo.-
-Come va?- le chiese, stringendola a sé.
-Sto bene.-
Kei arrivò dieci secondi dopo, come al solito guidando come un pazzo. Frenò a un metro da loro e suonò il clacson.
-Kei, porca miseria! Quando la smetterai?!- esclamò Hilary. Kei le sorrise da dietro il parabrezza: -Salite.- disse solo. I due sospirarono e obbedirono.

 

*

Karolina arrivò in fretta e furia al Planet, sempre più convinta che la casa dove abitava fosse maledetta.
Quella chiamata l'aveva spaventata parecchio, le aveva rovinato la serata. Non aveva perso nemmeno tempo a prepararsi, era uscita di corsa dall'abitazione senza badare se avesse spento o meno le luci e senza chiudere la porta di casa a chiave. Non si sarebbe più sentita al sicuro da sola, neanche se avesse ingaggiato delle guardie del corpo.
Akira notò subito la preoccupazione che tormentava la ragazza, era quasi palpabile. Inizialmente pensò che fosse ancora turbata per la morte di Lisa -d'altronde lo erano tutti-, ma poi si accorse che a renderla così era ben altro. Ipotizzò che le fosse successo qualcosa. Quando provò a chiederglielo, lei lo freddò con un secco "niente!", facendogli intendere che non aveva la benché minima intenzione di affrontare l'argomento. Pensò c'entrasse Boris, dopotutto a lungo andare si doveva essere per forza affezionata al ragazzo - pessima cosa. Magari avevano avuto qualche discussione o qualcosa di simile. Tuttavia, conoscendo Karolina, sapeva che non sarebbe mai stata di pessimo umore per un diverbio qualsiasi.
Da quando era arrivata non aveva proferito parola; si era limitata a rispondere a monosillabi, giusto quando le veniva chiesto qualcosa. Era un comportamento piuttosto insolito, considerando il suo essere piuttosto incline al dialogo.
-Sicura che vada tutto bene? Sei piuttosto taciturna!- le chiese Nataliya, accorgendosi anche lei che c'era qualcosa di strano in Karolina quella sera.
Karolina non rispose. Anzi, neppure l'aveva sentita. Era immersa nei suoi pensieri, come se stesse vivendo in un mondo tutto suo. In un mondo al quale solo lei poteva avere accesso. Nataliya, comunque, non si diede per vinta: riprovò ad attirare la sua attenzione ponendole nuovamente la domanda.
La ragazza la guardò con aria vacua, la classica espressione di chi era appena caduto dalle nuvole. Cercò di ricomporsi, riassumendo quella posizione decisa e sicura di se. -Sì, tutto bene.-
Sperò con tutto il cuore di essere stata convincente, ma il suo tono di voce la tradì.
-Hai la voce tremula... Hai pianto?-
-No, Aki. Sto bene, davvero!-
Akira si girò verso Nataliya, consapevole del fatto che entrambi avessero gli stessi sospetti. Nataliya scrollò le spalle, incapace di capire cosa veramente preoccupasse Karolina.

 

*

-Credo che il piccoletto abbia bevuto troppo.-
Yurij era ormai abituato a vedere Ivan in quelle condizioni. Ogni sera era sempre la stessa storia: lui si ostinava a bere fino allo stremo, tornando a casa in delle condizioni veramente pessime. Era saputo e risaputo che Ivan non fosse in grado di reggere l'alcool, eppure nessuno riusciva a impedirgli di bersi un cocktail dietro l'altro. Quando si metteva in testa una cosa era quasi impossibile fargli cambiare idea.
-Non lo avrebbe fatto se qualcuno avesse evitato di offrirgli continui giri di bevute.- disse Sergey, lanciando una frecciata a Boris. Lo guardò con fare poco amichevole; odiava vedere i suoi amici star male, per giunta a causa dell'alcool. Gli piaceva bere, ma senza esagerare. Peccato che Boris non fosse di quell'idea.
-Andiamo..! E' sabato sera anche per lui!- cercò di giustificarsi Boris, mandando giù un altro sorso di solo-lui-sapeva-cosa.
-Bello passarsi il sabato sera chiuso in un bagno a vomitare.- ironizzò acidamente Yurij, ghignando divertito nell'immaginarsi il piccoletto in condizioni di degrado. Si era chiuso da qualche minuto in bagno, dando l'ordine di lasciarlo solo. Disse di essere in grado di cavarsela. Il rosso aveva dei dubbi a riguardo, ma preferì lasciarlo fare. Dopotutto quelli erano solo ed esclusivamente fatti suoi.
-Dai, Boris, sei stato tu a farlo bere troppo, solo per divertirti un po’- lo accusò Sergey, rincarando la dose.
Boris alzò le mani in segno di resa, sorridendo. -Va bene, ok! Forse è stata colpa mia, ma lui è maggiorenne. Giusto?-
-Sì, lo è, anche se spesso non lo sembra affatto.- rispose il colosso biondo, inarcando un sopracciglio.
-Ha l'età consona per assumersi le sue responsabilità. Nessuno l'ha costretto, poteva tranquillamente rifiutare.-
Effettivamente il suo discorso non faceva una piega, ma da amico avrebbe dovuto aiutarlo a darsi dei limiti. Sergey ci ripensò: tutto sommato si stava parlando di Boris. Lui era pur sempre Boris Huznestov. I discorsi astratti sull’amicizia non avevano senso se rapportati a lui.
-Beh, io vado a vedere se ha bisogno di qualcosa.- proclamò alzandosi dalla sedia e avviandosi verso il bagno, lasciando Yurij e Boris da soli in compagnia dei loro drink.
Yurij sorrise sinistramente, sedendosi nel posto più vicino a Boris. -Più tardi cosa vuoi fare?- gli chiese, guardandolo fiducioso. Sapeva che non si sarebbe bruciato il sabato sera andando direttamente a dormire. Boris avrebbe sicuramente proposto qualcosa, era il bello di frequentarsi con lui.
-Ci stavo giusto pensando.-
Boris, in verità, stava pensando a tutt'altro: Kei gli aveva riferito di aver visto Brooklyn insieme a Julia, il che lo infastidì parecchio. Non gli andava affatto giù che lei uscisse con quel... tale. Non poteva proprio sopportarlo, risvegliava i suoi famigerati istinti omicida. Presto Brooklyn avrebbe fatto una brutta, bruttissima fine, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Se lo promise. Attendeva solo l'occasione propizia per agire.
-Potremo andare da me...- propose Yurij, con una certa aria annoiata. In quella città non c'era mai niente da fare, era tutto sempre così monotono... Avrebbe voluto trovare una svolta tale che gli avrebbe permesso di divertirsi come si deve, almeno per una volta.
Boris sospirò, per niente convinto. La voglia che aveva di chiudersi in casa equivaleva a quella che doveva forzarsi di farsi venire ogni mattina per andare a scuola, il che era tutto dire. -Mh.-
-Che razza di risposta è?!- chiese Yurij ridacchiando.
Boris gli sorrise, per poi tirargli un pugno amichevole sulla spalla. -Non criticare le mie risposte!- aggiunse scherzando.
-I tuoi mugugni, volevi dire.-
-Quel che sono!-

*

Kei si sporse per vedere che fine avesse fatto Takao. Era andato ad ordinare e ancora non si era visto tornare.
-Ma dov’è? Ho sete- sbuffò.
-C’è il mondo oggi, ci sarà una fila spaventosa.- gli rispose Hilary.
-Ho sete- ripeté lui, seccato. Hilary sorrise: quando ci si metteva, anche Kei sapeva essere infantile e impaziente.
Notò che stava sorridendo, e smise di lamentarsi. –Oh.- disse solo, concentrando la sua attenzione su di lei. Hilary lo guardò, incuriosita. –Sì?-
-Fallo ancora.-
-Che cosa?-
Kei si sporse e le diede un bacio all’angolo della bocca: -Sorridi ancora.-
Hilary non poté fare a meno di obbedirgli. Appoggiò la fronte sulla sua.
-Grazie per essere qui.- gli disse piano. Se non ci fossero stati lui e Takao al suo fianco, lei non aveva idea di come avrebbe fatto a superare tutto quanto. Sempre che si potesse dire che l’avesse superato, ovviamente… Trovare il cadavere di una ragazza in un lago di sangue non era certo il modo migliore per farlo.
Kei era di per sé una persona poco loquace, così non disse nulla, ma le diede un altro bacio in risposta. Non era nemmeno tipo da smancerie in pubblco, in effetti.
Takao li vide da lontano, mentre tornava con i cocktail (quella sera non era il caso di aspettare che i pochi camerieri riuscissero ad avvicinarsi al tavolo), e non seppe se essere felice o meno. Sapeva bene che i suoi migliori amici si amavano; il problema era l’impossibilità di andare avanti per più di un mese senza che succedesse qualcosa. Kei aveva un caratteraccio e talvolta lo faceva prevalere su tutto, Hilary aveva a sua volta la testa dura e difficilmente si lasciava mettere i piedi in testa da lui. Per non parlare di una delle principali cause scatenanti dei litigi, se così si potevano definire i gelidi scambi tra loro quando discutevano: Yurij Ivanov.
Takao tornò e poggiò i bicchieri sul tavolo di legno.
-Ci sono due miliardi di persone in questo posto. Non chiedetemi come ho fatto a non morire in fila.- sospirò, sedendosi.

*

-Ok, lo porto a casa. È in condizioni pietose.- annunciò Sergey nel frattempo, dall’altra parte del locale, tornando al tavolo. Boris ridacchiò, e Yurij gli tirò una gomitata. Il gigante scosse la testa, ma sorrise a sua volta: -Dovreste vederlo anche voi. È sul pavimento e dice che va tutto bene.-
-Ok, meglio se lo porti a casa. Poi ci raggiungi?- chiese il rosso, ma Sergey rispose negativamente: -Mi avete fatto venire un’emicranea pazzesca, accidenti a voi. Vado a tirarlo fuori da lì, voi vedete di non esagerare.- si raccomandò, consapevole dell’inutilità della cosa.
-Sì mamma.- risposero i due, in coro.

“Deve essere stata Julia, mi ha terrorizzata per vendicarsi. Di certo c’è una spiegazione semplice e io mi sto fondendo il cervello per niente.” pensò Karolina, isolata nei suoi ragionamenti, mentre Akira e Nataliya chiacchieravano animatamente di cose che, almeno in quel momento, non la interessavano.
“Ha molti amici, magari ne ha assoldato uno per telefonarmi. Se è così, me la pagherà cara.” continuò, mentre quella voce spaventosa e profonda le invadeva la mente, ancora.
“Sì, ha indovinato che stavo tremando. E allora? Si capiva che ero spaventata. Non è successo niente, devo smetterla di pensarci.”
-Sono d’accordo, Akira!- esclamò all’improvviso, uscendo dallo stato catatonico. –Il professore di filosofia sta diventando strettissimo con i voti, di questo passo nessuno avrà la sufficienza.- disse, guardando prima l’uno e poi l’altra. I due erano abituati a questo fenomeno, e sorrisero: forse per il resto della serata Karolina sarebbe stata di compagnia.

*

Hilary scosse la testa quando vide passare vicino al loro tavolo Sergey che trascinava letteralmente un Ivan completamente ubriaco fuori dal locale.
-Ce la faccio!- sbottò, ma quando Sergey lo lasciò andare barcollò vistosamente di lato. La castana diede una doppia gomitata a Kei e Takao e indicò loro il divertente quadretto.
-Strano, non bevono mai.- osservò ironicamente Takao.
Kei pensò immediatamente che se c’erano quei due, allora doveva esserci anche Yurij. Più tardi lo avrebbe salutato.
Hilary si aspettava che il suo… “ragazzo” tendesse occhi e orecchie fin da subito, alla ricerca del suo amico del cuore. Tuttavia non lo fece, tornò invece a loro due.
-Stavo pensando…- iniziò, attirando la loro attenzione. –Che ne dite di una vacanza?-
I due si illuminarono, come quando i genitori comunicano ai propri figli piccoli che sarebbero andati tutti insieme a Disneyland. Kai trattenne un sorriso.
-Una vacanza?- ripeté Takao.
-Sì. Mio nonno ha una villa in Italia. Ne ha ovunque, in realtà…- divagò, interrompendosi per sorseggiare il suo drink. Da quando lui e suo nonno avevano “chiarito”, gli costava molto meno chiedergli un favore. -Potremmo stare lì per qualche giorno.-
Hilary era al settimo cielo: -Mio dio, sì!-
-Quando partiamo? Subito? Grandioso, Kei! Tuo nonno ogni tanto risulta utile!- disse Takao, facendo un cenno al cameriere, che però non si accorse minimamente di lui. Certo che il servizio in quel posto faceva schifo.
-Andiamo quando volete.-
L’idea gli era venuta semplicemente vedendo le persone nei corridoi, a scuola. Fissavano Hilary, in modo fastidioso. Lei era quella che non accettava il suicidio della sua migliore amica, quella che vedeva omicidi dove non c’erano, quella che trovava cadaveri in giro per la scuola. Era la soap opera dell’istituto. Portarla via da quel manicomio per un po’ era la soluzione ideale. E Kei teneva troppo a lei per non cercare una soluzione.
-Dov’è che andate?- chiese una voce accanto a loro. Boris li guardava con la solita aria sarcastica, era la sua espressione di base.
-Andiamo a farci una vacanza in una delle ville del nonno di Kei!- rispose Hilary, pregustandosi già l’Italia.
-Grandioso!- rispose Boris, mentre Yurij alle sue spalle piantava il proprio sguardo su Kei. –Ottima cosa, almeno ti rilassi un po’.- continuò, rivolto alla castana. L’aveva vista abbastanza sull’orlo di un esaurimento nel corso degli ultimi mesi.
-Sì, geniale. Sentite, noi stiamo andando al Tumblr a dare un senso alla nostra serata, qui è una bolgia. Venite con noi?- intervenne Yurij, poggiando una mano sulla spalla di Kei. Si irrigidì, e il rosso se ne accorse.
-Tutto, pur di non rifarmi la fila.- rispose Takao, già in piedi.
-Hanno inventato i camerieri.- gli fece notare Boris, mentre si incamminavano verso l’uscita. –Ecco, vallo a dire proprio a loro! Non sono mai stato ignorato così in vita mia, dico davvero! Secondo me lo fanno apposta…-
I due iniziarono a lamentarsi, e Hilary si aggiunse alla loro filippica. Kei e Yurij rimasero leggermente indietro.
-Dove la porti?- chiese il russo, mostrandosi disinteressato.
-Li porto in Italia.- rispose l’altro, ermetico.
-Che romantico.- continuò Yurij, e Kei non poté non accorgersi di una strana nota nella sua voce.
-Scusa?-
-Niente.-
Kei gli lanciò un’occhiata, mentre tirava fuori le chiavi della macchina dalla tasca. –Che c’è, Yurij?-
-Niente. Davvero, è una cosa bella.-
-Mh.-
I dialoghi tra loro erano sempre piuttosto poveri, ma almeno nessuno dei due sottointendeva mai niente. Erano entrambi molto diretti. E in quel momento Yurij era più che strano.
Uscirono all’aria aperta e raggiunsero gli altri, già intorno all’auto di Kei.
-Ehi, ho sentito Rei e mi ha detto che il Tumblr è talmente pieno che non si può nemmeno entrare!- esclamò Takao, rimettendo il cellulare in tasca.
Gli altri sbuffarono in coro.
-Ma perché la gente non se ne sta a casa?- esclamò Ivanov, allargando le braccia.
-Allora andiamo da te?- chiese Kei a Yurij, che annuì. Si sedette dietro accanto a Boris, che non aveva smesso un secondo di parlare con Takao (l’alcool gli faceva quest’effetto; quanto a Takao, era logorroico in qualunque momento), mentre Hilary saliva davanti, vicino a Kei.

*

Karolina salutò Akira e Nataliya e rimase immobile davanti alla propria casa. Non aveva la minima voglia di tornare lì dentro e passare tutta la notte da sola. Aveva bevuto molto più di quanto di solito si permettesse, e per quanto avesse tentato di tranquillizzarsi in merito all’accaduto, la sua mente non era riuscita a toglierle quell’ansia.
Aveva provato a chiamare Boris, ma non le aveva risposto. E non era tipa da andare oltre il secondo tentativo, così aveva lasciato perdere. E ora era completamente sola, di nuovo, in quella casa troppo grande e troppo vuota.
Bastò il fruscio di una foglia nel giardino per farla sobbalzare e addirittura strillare. No, era impossibile fare finta di niente. Si voltò e iniziò a correre, fermandosi solo a molti, molti metri da quel posto.
-Ehi Boris, quella non è la tua pseudo-ragazza?- chiese Kei. Boris si sporse dal finestrino. -È Karolina. Kei, fermati.-
Hiwatari obbedì e frenò bruscamente, per la precisione dopo essere salito sul marciapiede. –Scusate.- aggiunse poi, senza dare alcun segno di sentire realmente quelle scuse. Boris scese dall’auto: -Ehi. Che fai qui da sola?- le chiese, avvicinandosi. Karolina sembrò realizzare solo in quel momento la sua presenza: -Eh?- chiese, respirando affannosamente.
-Perché stai ansimando, hai corso? Sei sudata.- le disse, tendendo un braccio verso di lei. Ma Karolina si ritrasse.
-Ehi, si può sapere che diavolo ti prende?- sbottò Boris, la cui poca pazienza era nota a tutti.
-Non urlare! Mi fa male la testa!- esclamò lei di rimando, guardandolo con un’aria poco sana.
-Che c’è, hai bevuto? Perché sei sola?-
Lei si mise le mani sulle orecchie: -Lasciami in pace, Boris!-
Il russo non stava capendo niente, così le prese le braccia e tolse le mani dalle orecchie: -Smettila di fare la pazza, mi spieghi che cosa succede?-
La sua reazione fu piuttosto violenta. Si liberò dalla presa di Boris con uno strattone, e lo spinse. –Non mi hai risposto! Ti ho chiamato due volte e… e tu non mi hai risposto!-
Lui sgranò gli occhi e prese il cellulare, per poi constatare le due chiamate perse.
-Avevo il telefono silenzioso, non ho sentito!-
-Ok, va bene!-
Kei, Yurij, Takao e Hilary erano letteralmente ammassati contro i finestrini aperti per sentire la assurda discussione. Stavano urlando entrambi.
-Karolina, non starai facendo questo casino perché non ti ho risposto?!-
-No! Anzi, non me ne frega niente, puoi tornartene con loro. Tanto sono sempre la tua seconda scelta!-
Boris rise, senza allegria: -Non ti starai riferendo a Julia, vero?-
-E a chi se no?!-
-Ma l’ho lasciata!-
Fu Karolina a ridere, stavolta: -Dopo mesi! Dopo averla fatta uscire di testa e… sai una cosa, non voglio stare con uno come te!-
Il russo allargò le braccia: -Cosa?!-
-Quello che hai fatto a Julia! Magari domani lo farai a me! Se non te ne importa niente già da ora, figuriamoci fra qualche tempo!-
-Ma chi ti ha detto che non me ne importa niente?! Stai straparlando!-
-Oh, invece so benissimo cosa sto dicendo! Non te ne importa niente, Boris! La mia compagna di banco è… è morta e tu hai praticamente fatto finta di nulla e… e io ti ho chiamato, e tu non hai risposto!- gridò, ormai fuori controllo. Aveva davvero avuto bisogno di lui in quei momenti. Le serviva qualcuno che la capisse davvero, e quel qualcuno era lui. La sua famiglia faceva schifo, la sua compagna di banco era morta, qualcuno l’aveva minacciata, era sola e spaventata.
-Ma… ma sei tu la prima a non aver fatto una piega!-
Kei si mise una mano sugli occhi. Mossa sbagliata, Boris.
-AH NO?!-
-No!-
Karolina tese una mano, pronta a schiaffeggiarlo, ma lui fu più svelto e la bloccò, spingendola contro al muro. Kei aprì la portiera, temendo che Boris potesse compiere qualche gesto di cui si sarebbe presto pentito. Sapeva quanto riusciva ad essere impulsivo.
-Lasciami!-
-E tu smettila di fare l’isterica!-
Karolina si divincolò, invano: -Non sto facendo l’isterica! Avevi detto di conoscermi! Avevi detto di sapere qualcosa di me, ma dopo quello che hai detto… dopo quello che hai detto, è evidente che non sai un cazzo! E LASCIAMI!- gridò, sentendo la stretta aumentare. Kei, da dietro, afferrò i polsi di Boris e riuscì a fare in modo che la lasciasse.
Karolina sentì le spalle doloranti. Sgusciò di lato, guardando Boris con un’espressione talmente carica d’odio da far paura. Che il russo ricambiò in pieno.
-Non voglio più vederti. Riprenditi quella poveretta di Julia, e stai fuori dalla mia vita.- concluse, prima di girare sui tacchi e andarsene, sforzandosi di non barcollare.
Boris rimase immobile, guardandola allontanarsi. Kei continuava a tenergli i polsi dietro la testa, anche lui piuttosto sconcertato. Erano in una posa alquanto divertente, ma in quel momento nessuno riusciva a trovare un lato comico alla vicenda.
-Che cazzo hanno tutte quante?!- ringhiò Boris, liberandosi con irruenza dalla stretta di Kei.
-Che cazzo hanno?!- ripeté. Sembrava fuori di sé dalla rabbia.
-Calmati…- tentò Kei, ma fu ignorato. Boris indicò Hilary, il dito tremava: -Tienitela stretta! Non è psicopatica e… e non urla, quindi tieniti questa ragazza! Che problemi hanno tutte quante?!-
Hilary e Kei si lanciarono un’occhiata sconvolta. Yurij scese dalla macchina e si accostò a Boris: -Ora datti una calmata. Stiamo dando spettacolo.- gli disse.
L’altro annuì, senza modificare la sua espressione.
-Che faccia l’accidenti che vuole. Non me ne frega proprio niente, andiamo.-
Aveva lasciato Julia per lei, e Karolina lo piantava in asso così, con una scenata isterica priva di senso. Come diavolo si era permessa?
Takao e Hilary sembravano particolarmente colpiti dall’accaduto. Hilary si sporse dal finestrino: -Kei, non mi sembrava che stesse tanto bene. Non è il caso di lasciarla da sola.-
Yurij non gli lasciò il tempo di rispondere.
-Vai subito a prenderla, idiota! Non vorrai lasciarla sola in quelle condizioni, vero?-
Boris fece per tornare in macchina, per niente intenzionato a fare ciò che Yurij gli aveva detto (o ordinato?).
-Non ci penso neanche! Può anche morire!-
E così dicendo, chiuse la portiera della macchina bruscamente.
-Aspettatemi qui, vado da lei.-
Kei annuì, senza ribattere. Conosceva Yurij e sapeva quanto non potesse fare a meno di rimediare ai pasticci che combinava di continuo Boris. Inoltre Karolina era palesemente ubriaca e, in quanto a quello che aveva detto, era sconvolta e con il morale a pezzi. Era troppo tardi per lasciare che una ragazza girovagasse per la città in quelle condizioni.
-Karolina, aspetta!-
Lei si accorse di qualcuno che le correva dietro e si spaventò. Strillò, sobbalzando e inginocchiandosi a terra, lasciandosi immobilizzare dalla paura.
-Ehi! Per quale motivo reagisci così? Va tutto bene!- si chinò su di lei e la aiutò a rialzarsi. A renderla così non doveva essere solo l'alcool, c'era sicuramente dell'altro dietro. Yurij capì quello che nessuno aveva capito in un’intera sera.
-No! Non c'è niente che va bene! Io...- il suo labbro inferiore cominciò a tremare, chiaro segno che stava per scoppiare a piangere.
Yurij l'abbracciò, malgrado quello non fosse un comportamento che si potesse ritenere tipico del suo carattere. Tuttavia doveva riuscire a calmarla in qualche modo.
-Senti, ti porto a casa. Ok?-
A quel punto lei si immobilizzò. Sentì le gambe sul punto di cedere: no, a casa non ci voleva proprio tornare!
-No, ti prego! Non mi lasciare sola lì dentro!-
Yurij non capì il senso di quella frase. Le cose si stavano complicando di continuo.
-E cosa vorresti fare? Vagare per la città da sola tutta la notte?-
Scosse la testa, lasciandosi sfuggire qualche lacrima. -Se quel... quello stronzo mi avesse risposto, non starei così ora!-
-Non trovi di star facendo troppe storie per delle chiamate senza risposta? Hai esagerato ad accanirti così su di lui.-
-Ok, fammi la ramanzina anche tu ora!-
Si allontanò da lui, con l'intento di andarsene. Ma Yurij l'afferrò per un braccio e la tirò a sé, abbracciandola di nuovo: -Non voglio farti nessuna ramanzina, voglio solo che ti calmi. Vuoi venire da me? Ma ti avverto: c'è anche Boris.-
-Non voglio più vederlo!-
Yurij le mise una mano davanti alla bocca, per impedirle di urlare ancora. Non sopportava la gente che strillava di continuo, gli mandava in tilt il sistema nervoso.
-D'accordo! C'è un posto in cui ti è gradito andare, di grazia?-
Se Boris poteva essere cocciuto, lei sapeva esserlo ancora di più. "Santa pazienza!" pensò.
Lei si scostò la mano di lui dalla bocca, con un gesto un po' brusco. Poi rifletté sul fatto che stava facendo tutto questo solo per lei, per aiutarla. Si pentì di aver lasciato così Boris, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Il suo orgoglio difficilmente le permetteva di tornare sui suoi passi. Accantonò per qualche istante quel pensiero, concentrandosi su Yurij cercando di formulare una frase con un senso logico - cosa assai complicata, visto lo stato in cui si trovava.
Il suo viso si addolcì e tentò di sorridergli. -Potresti accompagnarmi da Nataliya? Abita dalle parti di casa di Boris.-
Yurij annuì, offrendole il braccio al quale avrebbe potuto aggrapparsi onde evitare improvvise cadute. Lei lo accettò, ma il suo improvviso mal di testa le fece perdere ugualmente l’equilibrio. Si rialzò a fatica, appoggiando la testa sulla spalla di Yurij.
Iniziarono a camminare e raggiunsero gli altri.
-Vado con lei, aspettatemi sotto casa mia.-
Non diede il tempo a nessuno di rispondere, ormai aveva deciso.
Boris li guardava andare via, sentendo la rabbia fargli ribollire il sangue.
Si voltò di scatto verso Takao, poi guardò Hilary. -Mi ha già rimpiazzato! Avete visto?!-
Hilary gli lanciò un'occhiataccia, doveva smetterla di essere così fastidiosamente impulsivo.
-Vuoi darti una calmata?! Il tuo migliore amico sta solo rimediando ai tuoi continui errori!-
-Ma ha iniziato lei!-
Hilary alzò gli occhi al cielo, esasperata. -Smettila di fare il bambino, santo cielo! Stai dicendo continue idiozie!-
-Per me può anche morire, lo ribadisco!-
Kei, a quel punto, perse completamente la pazienza. La sua sopportazione era andata letteralmente a farsi benedire. -Smettetela tutti quanti! Tu, Boris, sei un idiota! Discorso chiuso! Non voglio sentire più nessuno fiatare!-
Mise in moto la macchina, lasciando tutti senza parole. Nessuno osò emettere un suono e la tensione divenne padrona del momento.
Takao fu l'unico a commentare: -Sai Kei, delle volte mi spaventi.-


Ed eccoci alla fine anche di questo nuovo capitolo! Speriamo che sia di vostro gradimento! Attendiamo le vostre opinioni. Ci tenevamo, inoltre a dirvi che siamo felicissime nel vedere che ancora molti lettori sono interessati a questo storia. Vi promettiamo che non spariremo più -salvo qualche piccolo imprevisto! Ci faremo perdonare, non temete! ;)

Vostre Charlene&Pich.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette ~Complicazioni 2 ***


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Settimo:

CØMPLICAZIØNI 2.

 

Boris se ne stava piuttosto in disparte, intento a terminare anche l’ultima goccia delle scorte di alcool di Yurij. Hilary lo guardò, preoccupata. Di quel passo, anche uno stomaco d’acciaio come lui si sarebbe sentito decisamente male.

"Ok, ho fatto sei! Che devo fare?" chiese Takao, muovendo la pedina e avanzando di sei caselle. 

“Bevono tutti” lesse Yurij, afferrando il suo bicchiere.
Hilary, iniziando a sentire la testa girare, si chiese perché avesse accettato di partecipare a quel gioco, ma ormai la frittata era fatta. E pensare che lei di solito preferiva non bere, non reggeva affatto l’alcool.
Prese il dado e lo lanciò, uscì il quattro e capitò di nuovo sulla casella “bevono tutti”. Boris non stava giocando, ma effettivamente li stava battendo tutti quanti.

"Sentite, io non ce la faccio più, mi fa già male la testa." protestò Hilary, strofinandosi gli occhi.
Kei la guardò e sorrise. Non era proprio abituata, per fortuna. “Almeno lei” pensò, osservando il resto della compagnia e pensando a Karolina e a Ivan. Un branco di adolescenti alcolizzati, ecco cosa erano.
"Non ha senso." disse Boris all’improvviso. Gli altri quattro si voltarono verso di lui. "Non ha proprio senso, se era triste per la morte di Lisa perché non ha pianto, o non si è lamentata, o…"

"Non tutti esternano i propri sentimenti, lo sai benissimo." rispose Hilary. Provò pena per Karolina. Boris non aveva nemmeno pensato al suo stato d’animo, evidentemente.

"Sono anche andato a cercarla quando quella è morta, ero preoccupato per lei. Ed è così che mi ringrazia." continuò il russo, che sembrava non averla nemmeno sentita. Per la precisione, sembrava starsi rivolgendo direttamente alla bottiglia vuota che teneva in mano.

"Ignoriamolo, non la smetterà mai." consigliò Yurij, prendendo il dado. Hilary alzò le mani e se ne tirò fuori. "Però vi guardo volentieri." aggiunse. Nuovi elementi di ricatto facevano sempre comodo a tutti.

"Voi andrete al funerale?" chiese all’improvviso Ivanov, giocherellando con il dado. Gli altri lo guardarono, e fu Kei a rispondere per primo: "Non credo. Insomma, non la conoscevo nemmeno."
"Al funerale di Mao… c’era tutta la scuola." mormorò Hilary.
"Per Mao era diverso, tutti l’hanno cercata per giorni." disse Kei.
"Io credo che andrò. Era a scuola con noi." intervenne Takao, mettendo una mano sulla spalla di Hilary.
"Non è strano?" chiese la ragazza, e gli altri aspettarono che continuasse, incuriositi. "Insomma… che si sia suicidata lì. È un posto assurdo. Nel deposito degli attrezzi, che ci faceva lì?"
Kei ascoltò, interessato. Boris alzò gli occhi al cielo, invece. "Quando ti vuoi suicidare, non credo che ti importi molto del luogo." 
"Non è vero. Ma in ogni caso è troppo strano che fosse là."
"Hilary, non vedrai un omicidio anche qua, giusto?" chiese il russo. Lei alzò le spalle: "Non lo so. Non lo so, insomma, anche lei era una ragazza apparentemente felice. Forse sono l’unica qui a pensare che per arrivare a togliersi la vita ci voglia molto di più che svegliarsi di cattivo umore." disse, con tono amaro. Tutti la additavano come paranoica, ma loro erano i primi a semplificare tutto. Come se fosse normale che ragazze belle, popolari, piene di amici e con famiglie amorevoli si suicidassero a cuor leggero.
"Io la penso come te." disse Yurij. Hilary lo guardò, sconvolta. "Cosa?"
"Io sono d’accordo con te." ripeté. Kei annuì: "È tutto davvero strano. Ma la polizia ha già chiuso il caso come suicidio."
Boris rise in modo insano: "Oh, dai, non mettetevi paranoie. Non conoscevamo Lisa, magari aveva tutti i problemi del mondo!"
"Invece pare proprio di no, per questo tutti i suoi compagni di classe non si danno pace e non capiscono." rispose Takao.
"Non si conosce mai del tutto una persona." insistette Boris, e Hilary si accigliò: "Io conoscevo del tutto Mao. E so benissimo che non si sarebbe mai tolta la vita, di questo sono certa. Su di lei non ho alcun dubbio… e la conoscevate anche voi. So che in cuor vostro anche voi pensate che non sia stato un suicidio."
Erano sempre stati tutti piuttosto ambigui. Perfino Kei certe volte si era mostrato d’accordo con lei, altre no. Era la prima volta che qualcuno le diceva di pensarla come lei, e si sentì grata nei confronti di Yurij. Grata e meno sola.
"Ok, quindi cosa crediamo? Che ci sia un pazzo che uccide le ragazze e fa passare la cosa come un suicidio? Non vi sembra di lavorare troppo con la fantasia?"
Boris sapeva essere veramente fastidioso.
"Non lo so, Boris. Non lo so." concluse Hilary, poggiandosi al tavolo.
"Ciò non giustifica il comportamento di Karolina!"
Yurij roteò gli occhi, stanco di quelle continue ed inutili lamentele. Si era complicato la vita da solo: avrebbe potuto mostrarsi più attento allo stato d'animo di Karolina. Oppure avrebbe potuto semplicemente evitare la discussione scusandosi, anziché fare la parte del cocciuto che voleva sempre avere ragione. Un po' di cervello, insomma!
"Era sconvolta, Boris. Pensi davvero che si sia infuriata così solo per delle chiamate a cui non hai risposto?" domandò Yurij, cercando di farlo ragionare.
"Era isterica, non sconvolta! Una pazza!"
"Già, pazza quanto lo è Julia. Vero?"
L'ironia di quella constatazione ammutolì Boris, lasciandolo privo di parole con le quali ribattere e difendersi.
La discussione morì lì. Anche la serata stava effettivamente morendo, e nessuno era dell’umore adatto per ravvivarla. Boris era andato fuori a fumare, Hilary si era accoccolata in poltrona e si era addormentata. Takao aveva fatto lo stesso, ma sul tappeto.
"Che teneri che sono i tuoi amichetti." disse Yurij, guardandoli con un sogghigno. Kei percepì di nuovo quella nota nella sua voce, e stavolta reagì.
"Yurij, se hai qualcosa da dire perché non smetti di girarci intorno?"
"Non devo dirti niente."
"Ah, no? Ti conosco. Ti dà fastidio questa cosa del viaggio?"
Il rosso rise, forse con una nota di nervosismo: "No, che me ne frega?"
"Hai sempre detto che non ti infastidisce che… stia con Hilary." tentennò sull’uso del verbo “stare”: era sempre stato un rapporto strano. 
"Sì, infatti l’ho detto."
"E allora?"
"L’ho detto." ripeté Yurij, alzandosi dalla sedia.
Kei assunse un’espressione esasperata. "Parla chiaro, accidenti!"
L’altro non attese oltre e lo spinse violentemente contro il muro. "Sei tu che devi chiarirti le idee, Kei." gli disse, a un millimetro dalla sua bocca.
"Parliamone da un’altra parte, che ne dici?"
"Hai paura che la tua ragazza ci veda?"
"Yurij, mi stai urtando profondamente. Spostati."
In risposta il rosso gli afferrò il viso fra le mani e lo baciò. Kei sgranò gli occhi, ma si tranquillizzò vedendo che gli altri continuavano a dormire. Rispose al bacio e mise le mani sulle spalle di Yurij. 
"Vorrei davvero chiarirmi le idee." disse, guardando in basso. 
"Lo so."
Rimasero in silenzio per qualche secondo, si poteva udire solo il russare di Takao. 
"Magari adesso ce ne andiamo a letto anche noi." propose il rosso, ormai calmatosi. Kei annuì e lo prese per un polso, trascinandolo verso la camera di Yurij.

*

Karolina continuò a piangere a dirotto, abbracciando il cuscino e lasciando Nataliya piuttosto dispiaciuta nel vederla in simili condizioni. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, impegnata com'era a cercare un modo per tranquillizzarla. Ma Karolina quella mattina era particolarmente triste e già stufa di tutto quello che stava succedendo.
Piangere in quella maniera per lei era quasi un insulto, abituata ad essere forte e ad affrontare ogni tipo di situazione di petto. 
Seppure Nataliya non le stesse facendo mancare l'affetto necessario per ritrovare un briciolo di sollievo, in quel preciso istante si sentiva sola. Sola e spaventata. Sola ed abbandonata.
“Può capitare di litigare, Karol. Si risolverà tutto, vedrai.”
Karolina premette ancora di più il viso sul cuscino, come se non avesse più voluto farsi vedere in quello stato imbarazzante. 
“L'ho lasciato, non vorrà più vedermi!”
Nataliya sbuffò: andava avanti così da ore, non riusciva proprio a far niente per tirarle su il morale.
Poi, come per miracolo, ebbe un idea: “Perché non mandi un messaggio a Yurij? Lo ringrazi per averti accompagnato qui e ne approfitti per chiedergli qualcosa su Boris.”
Karolina scosse la testa, per niente convinta. “Lo dirà a Boris, è il suo migliore amico.”
“Ma non fai nulla di male! Anzi, così dimostri di tenere a lui!”
Alzò la testa e restò a guardarla per qualche istante, senza dire niente. Non era una cattiva idea, seppur potesse essere tranquillamente etichettata come un'azione infantile. Tuttavia non le sembrò che ci fosse niente di male nel ringraziarlo per aver sopportato i suoi continui piagnistei per tutto il tragitto. Inoltre era seriamente intenzionata a sapere come stesse Boris, se fosse ancora arrabbiato con lei o meno. Sapeva che -conoscendolo- non avrebbe ottenuto una risposta positiva, ma tentare non poteva nuocerle in alcun modo.
Sospirò. “Va bene, mi hai convinta.” tirò fuori il telefono dalla tasca dei jeans e selezionò il numero di Yurij, pronta ad arrovellarsi per scrivere il messaggio.

*

Yurij stava nel bel mezzo del dormiveglia in condizioni indecenti: stravaccato sul suo letto con Kei affianco, che gli cingeva la vita con un braccio. La suoneria del cellulare lo fece rinvenire del tutto da quello stato confusionario. Si accorse di essere in balia di un forte mal di testa.
Prese il telefono e vide che gli era appena arrivato un messaggio; lo aprì per leggerlo:

Da: Karolina
Ciao! Volevo ringraziarti per ieri sera, da sola non so se sarei riuscita ad arrivare a casa.
Rimanga tra noi: Boris? È ancora lì?

Ci mise un po' a capire che cosa ci fosse scritto, poiché al mattino appena sveglio difficilmente riusciva ad essere dotato di una vera e propria intelligenza. Si avvicinò il telefono al viso, per riuscire a decifrare quelle parole che per un attimo gli parvero scritte in una lingua strana e sconosciuta. 
Sorrise e guardò Kei, assicurandosi che stesse dormendo. Nel caso Boris fosse stato ancora arrabbiato con lei, non gli avrebbe detto del messaggio. Di certo non era il tipo di persona a cui piaceva complicare le cose in una situazione nella quale non c'entrava nulla. Inoltre le dispiaceva per lei, malgrado non fosse favorevole al comportamento che aveva avuto nei confronti di Julia.
D'altronde ognuno era libero di decidere e pensare con la propria testa, e lui non era nessuno per giudicarla.
Cercò di ricordarsi come si scriveva e poi digitò il messaggio, inviandoglielo:

"E figurati! L'importante è che ora stai meglio.
Comunque sì, sta dormendo."

Appoggiò il telefono sul comodino, per poi alzarsi dal letto e affacciarsi alla finestra. Non era esattamente felice, si era svegliato con una certa malinconia. In effetti, vedere Kei con Hilary non gli aveva fatto piacere. Eppure era a conoscenza del rapporto che esisteva tra i due, e ci si era messo in mezzo lui… per quale motivo ora prendeva la situazione così a cuore?
Sentì nuovamente il telefono squillare, così lo riacciuffò prima che potesse svegliare qualcuno -Boris in particolare- che poteva entrare in camera da un momento all'altro. Lesse il nuovo messaggio.

Da: Karolina
Ah...

Che razza di risposta è?!, pensò. Poi intuì che forse non aveva trovato altre parole con le quali rispondere, giù di morale com'era. Pensò che avesse bisogno di qualcuno che l'ascoltasse, che le stesse vicino. Lo aveva capito dall'atteggiamento che aveva avuto la sera precedente. Così spaventata e fragile... 
Peccato che non avessero alcun legame, di certo lui non era la persona più indicata per starle vicino.
… O forse sì? Anche lui aveva bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarsi. Era da tempo che non riusciva più a farlo, nemmeno con Boris o Sergey, che da sempre lo avevano aiutato a superare i momenti della sua vita più critici.
Magari parlare con una persona che conosceva solo di vista lo avrebbe spinto a sentirsi meglio. E i consigli di una ragazza potevano rivelarsi più utili di quelli dati da uno come Boris.
Prese la sua decisione e le rispose.

"Senti, trovo un modo per liberarmi degli zombie che stanno alloggiando in casa e se vuoi ci vediamo. Colazione al bar sotto il comune, ti va?"

La risposta arrivò in un batter d'occhio, come se fosse stata incollata allo schermo del cellulare in attesa che lui la degnasse di attenzioni. Lesse il contenuto del messaggio a bassa voce: “Ok! Alle nove e mezza al bar.”

Kei si era svegliato ormai da qualche minuto, e aveva notato Yurij particolarmente impegnato a scrivere al cellulare.
"Con chi stai parlando a quest’ora?" gli chiese, infatti.
“Con Karolina. Voleva ringraziarmi per ieri.”
“Uh. Non pensavo fosse così gentile” osservò Kei, mettendosi seduto sul letto e guardandosi intorno per ripescare la propria maglietta. E tutto il resto. 
Non fece in tempo a rispondergli, perché fu interrotto dall'ultimo dei rumori che avrebbe voluto sentire: la porta di casa aprirsi.
Il rumore dei passi accompagnato dal ticchettio di un paio di tacchi lo fece immobilizzare da un improvviso senso di inquietudine. Kei lo guardò, senza riuscire a decifrare l'espressione del rosso: stupore, preoccupazione e, infine, terrore.
Aprirono la porta della stanza, chiusa a chiave per evitare intrusioni notturne, si precipitarono in sala e davanti a loro apparve la figura di un corpo esile, incorniciato da una folta chioma di capelli rossi. Due occhi azzurri caratterizzati da un'espressione promettente ben poco di buono: il classico sguardo psicopatico alla Ivanov.
"Yurij Ivanov!" gridò la ragazza che aveva appena rincasato, guardandosi intorno, sempre più adirata per via del caos che regnava nell'intera stanza. Hilary e Takao si svegliarono sobbalzando, spaventati da quell'urlo improvviso e inaspettato. Nella stanza non c'era una sola cosa che fosse al proprio posto: bicchieri sul tavolo, bottiglie vuote abbandonate al pavimento, paia di scarpe lasciate un po' qua e un po' là, un cadavere in balcone... No, questo era decisamente troppo!
"Ehm... Ciao Diana!" 
Yurij cercò una qualsiasi via di salvezza per evitare la ramanzina della sorella. Ma Diana, ormai fuori controllo, si sfilò una scarpa e la lanciò contro il fratello. "Se ti prendo ti uccido!" 
Iniziò a rincorrerlo per tutta la casa, scavalcando il divano e lanciandogli appresso ogni tipo di oggetto che si ritrovava a portata di mano. Cominciarono a girare intorno al tavolo, entrambi con il fiatone. "Diana, calmati!" le disse Yurij, alzando le mani in segno di resa.
"Calmarmi?! Aspetta che ti prendo!" e così dicendo, iniziò a gattonare sopra il tavolo, cercando di raggiungere il fratello e di ridurlo in poltiglia. Questa volta gliela avrebbe pagata cara!
Takao non staccò gli occhi da loro neanche per un misero secondo, rimanendo piuttosto sconcertato. Hilary si appoggiò una mano sugli occhi: Ma dove sono capitata?!, pensò.
Kei non sapeva come reagire di fronte ad una situazione simile - piuttosto comica, doveva ammetterlo. Conosceva Diana da anni ed era al corrente di quanto fosse stato difficile per lei mantenere Yurij, visto lo stipendio misero che riceveva. Ammesso e non concesso che il suo capo la pagasse, perché spesso e volentieri trovava scuse assurde, rimandandola a casa senza neanche un soldo in tasca.
Avevano ereditato una cifra piuttosto generosa dalla morte dei loro genitori, ma Diana era una ragazza realista: quel denaro non sarebbe durato in eterno.
Diana riuscì finalmente ad acchiappare Yurij, ma quest'ultimo si liberò dalla sua presa e la spinse sul divano. La intrappolò sotto di lui, guardandola con aria divertita. "Ho vinto io!".
Lei si accigliò e se lo tolse di dosso, alzandosi e cercando di ricomporsi. Si accorse solo in quel momento della presenza dei tre ragazzi che la fissavano, e a quel punto il suo viso si imporporò di un rosso piuttosto vistoso, perfettamente paragonabile al colore dei suoi capelli. 
"Oh! Ci siete anche voi!" disse imbarazzata.
"Ciao!" la salutarono contemporaneamente loro, ancora non del tutto sicuri di aver davanti agli occhi una persona sana di mente.
Yurij si accorse che all'appello mancava qualcuno. "Dov'è Boris?".
Hilary e Takao si guardarono. In effetti non lo avevano più visto far ritorno dalla sua scappatella in balcone. 
"Magari se n'è andato mentre dormivamo." ipotizzò Takao, scrollando le spalle.
Kei scosse la testa, capendo dove si fosse cacciato quella sottospecie di alcolizzato. "Scommetto che si è addormentato in balcone." disse, infatti. Aveva sghignazzato appagato dall'immaginarsi l'amico morto assiderato dal freddo.
A Yurij venne un terribile sospetto. "Kei, non ho chiuso la finestra ieri, vero?"
Kei annuì. "Sì che lo hai fatto!"
Il rosso nemmeno rispose, corse ad aprire la finestra e quando vide Boris non poté fare a meno di scoppiare in una risata che, di quel passo, si sarebbe protesa all'infinito. Era sdraiato vicino alla finestra, completamente ricoperto di neve. Era persino rannicchiato in un angolo, probabilmente per coprirsi dal freddo.
Hilary si spaventò, trovando inopportune le risate di Yurij. “È... morto?"
"Nah!" rispose Yurij, toccandolo con la punta del piede e facendolo voltare: russava beatamente! "Sta solo dormendo!"
La brunetta si lasciò scappare un sospiro di sollievo: non avrebbe sopportato di vedere un altro cadavere.
Takao non riuscì più a trattenersi: scoppiò a ridere senza alcun ritegno, tenendosi la pancia.
"Ora che avete ritrovato l'uomo ambiguo, raccattate la vostra roba e uscite immediatamente da casa mia!" ordinò Diana, indicando la porta d'ingresso.

*

Bisognava ammetterlo: la puntualità non era proprio il punto forte di Karolina. Era stata lei a dargli appuntamento alle nove e mezza ed era già in ritardo di mezz'ora. Yurij aveva una buona capacità di mantenere la calma e di portare pazienza, ma le aveva già chiesto più volte dove si fosse cacciata. 
Era uscita da casa di Nataliya in fretta e furia, senza neanche degnarsi di darsi una sistemata. Decise di buttarsi immediatamente sotto la doccia, una volta tornata a casa. Ne aveva proprio bisogno, poiché le sembrò di avere l'odore dell'alcool impregnato nei vestiti. Storse il naso e cercò di non pensarci. Arrivò davanti al bar, osservando Yurij: sempre composto in quel suo portamento impeccabile, quel viso diafano e quegli occhi talmente freddi da procurare un brivido anche solo incrociandoli. Era capace di farla sentire a disagio solo con uno sguardo, il che le fece capire che la conversazione non sarebbe iniziata nei migliori dei modi.
"Sei in ritardo." le fece notare Yurij, facendole segno di entrare dentro il bar. Si sfilò prima la sciarpa, poi il giubbotto e in fine i guanti. Posò tutto sul tavolo, adagiando i capi ordinatamente su un angolo. Lei fece lo stesso con la sua giacca, appoggiandola allo schienale della sedia. Rimase per qualche istante in silenzio, alla ricerca di una scusa che avrebbe giustificato il suo ritardo.
Poi ci ripensò: dire la verità sarebbe stato più comodo, decisamente.
"Ho fatto un salto sotto casa di Boris, e..."
La frase le si spense in gola. Yurij notò i suoi occhi diventare lucidi. Non aveva molta voglia di subirsi altri piagnistei quella mattina, ne aveva già sopportati abbastanza la sera precedente. Tuttavia era stato lui a chiederle di vedersi, di sedersi ad un tavolo e di iniziare a parlare dei propri problemi. 
Il viso ancora assonnato di lei lo aveva intenerito, portandolo ad accennare un lieve sorriso, che però a Karolina sfuggì.
Cominciò a riflettere su cosa dirle. "Puoi smettere di lambiccarti il cervello per Boris."
Quella frase lasciò a Karolina un retrogusto amaro che fin da subito non le piacque neanche un po'. "Cosa vorresti dire?"
"Hai visto anche tu come si è comportato con Julia. Facendoti vedere mortificata e dispiaciuta per l'accaduto, gli dai solo modo di prendersi ulteriore tempo per i suoi comodi."
Karolina annuì: aveva capito ciò che stava cercando di dirle. "In poche parole mi stai dicendo di lasciarlo sbollire per conto suo." constatò, guardandosi intorno alla ricerca di un cameriere.
Yurij seguì il suo sguardo, poi tornò a concentrarsi sui suoi occhi color menta. "Te lo sto consigliando, poi sei libera di fare come meglio credi."
"Beh, ti ringrazio." 
Lui in risposta scrollò le spalle, iniziando a sentire l'imbarazzo prendere sopravvento del momento. Non avevano mai avuto occasione di parlare così apertamente, faccia a faccia. Non l'aveva mai ritenuta una stupida, ma nemmeno una ragazza intelligente. Andare con Boris e stare ad ogni suo capriccio -esattamente come aveva fatto Julia- lo riteneva un sinonimo di ingenuità, nonché di stupidità. Con un ragazzo come Boris bisognava andarci con i piedi di piombo, non lasciargli alcuna prevalenza, altrimenti se ne sarebbe approfittato in men che non si dica. Aveva imparato a conoscerlo dopo anni, ma aveva capito fin dal primo istante che bisognava andarci cauti con il suo caratteraccio imprevedibile e testardo.
Si accorse che lei aveva detto qualcosa, ma non ci fece caso. Perso com'era nei suoi pensieri, si era persino dimenticato che in quel momento fosse in sua compagnia. 
La fissò con aria vacua, facendole intendere che in quel momento era presente solo fisicamente, ma non mentalmente.
"Qualcosa non va?" gli chiese, con un tono che aveva cercato di rendere dolce. Purtroppo però il suo animo in collera aveva fatto in modo che risultasse semi-acido. Yurij lo notò, ma non ci diede importanza. Scosse la testa in un "no" non del tutto sicuro, che lasciava traspirare mille preoccupazioni e pensieri tristi e malinconici. 
Non le diede il tempo di porgli un'ulteriore domanda, perché l'anticipò: "Anche io ho i miei affari sentimentali."
Lei sorrise nell'udire quell'affermazione. Non aveva mai considerato Ivanov un ragazzo che pensasse a spassarsela con una ragazza, lo vedeva quasi asessuato. Eppure c'era un lato di lui che glielo faceva ritenere dolce, forse quasi romantico. Sapeva, però, che quel lato di Yurij era assai difficile da conoscere.
"Sai, Yurij, voglio essere sincera con te: mi hai dato più l'impressione di essere interessato a correre dietro ad Hiwatari, anziché conoscere una ragazza e..."
"E portarmela a letto giusto per divertirmi?"
Era rimasto sorpreso della perspicacia di lei: aveva colto nel segno. Non pensava che la sua infatuazione per Kei fosse così evidente, visto che lui era sempre stato un maestro nel mascherare e nascondere i propri sentimenti.
Le cose erano due: o era lei a capire fin troppo bene lo stato d'animo di una persona o era stato lui troppo poco furbo nel rendere la cosa così ovvia.

Merda!, pensò.
Karolina abbozzò un sorriso malizioso. Yurij capì nell'immediato il perché se la intendesse alla grande con Boris, il re dei pervertiti. 
"Esatto!" rispose annuendo.
Lui sembrò pensarci su. "Temo che tu mi stia confondendo con Boris."
“È il tuo migliore amico, eppure mi sembra che tu non abbia una buona opinione di lui."
"Gli voglio un gran bene, ma ciò non mi impedisce di avere una visione chiara del tipo di persona che è."
Karolina rise di gusto, notando il patetico tentativo di Yurij nel divagare e nel deviare il discorso che lei aveva intenzione di affrontare. "Non cercare di cambiare discorso. Avrai capito che sono interessata a vederci chiaro."
Yurij le sorrise di rimando, prendendo quelle parole come una sorta di sfida. "Non capisco che cosa ci sia di così interessante nel farti gli affari miei."
"Le ragazze della mia classe ti sbavano dietro e tu non le degni neppure di uno sguardo." gli fece segno di interrompere per qualche istante la conversazione, adocchiando una cameriera che si era avvicinata a loro per prendere le ordinazioni. Chiese di farsi portare due caffè, senza neppure domandare a Yurij che cosa preferisse. 
"...E questo mi fa pensare che tu non sia esattamente attratto dal sesso femminile." continuò riprendendo parola. Aveva assunto uno sguardo compiaciuto, come se nella sua mente si stessero proiettando una marea di idee e pensieri perversi.
Lui si sporse verso di lei. "Non guardarmi con quegli occhi, Karolina. Non sono del tutto immune ad uno sguardo provocatorio di una ragazza. Boris è il mio migliore amico e non vorrei essere costretto a trattenermi per colpa tua."
Lei sorrise, ma afferrò il messaggio.
"Dunque ci ho preso: tra te e Hiwatari c'è qualcosa." 
Yurij annuì, per niente imbarazzato. "Sì." 
"Ed è un segreto?"
"Diciamo che è meglio che non si venga a sapere, Hilary ne è all'oscuro."
Il discorso stava prendendo una piega fin troppo soddisfacente per Karolina. Il suo viso era occupato da un sorriso continuo, che non dava segno di sparire neanche per un misero istante. 
Il suo telefono iniziò a squillare e nello schermo apparsa la voce "Numero sconosciuto". Si lasciò attraversare da un fremito.
"Non rispondi?" le chiese Yurij, guardandola con sospetto.
Lei lo guardò, senza dire niente. Sentì lo stomaco farsi improvvisamente dolorante.
"No. Meglio di no."

*

“Da quando hai ricevuto quella chiamata, non hai fatto altro che startene in silenzio.” constatò Yurij, sorridendo divertito a Karolina. Lei scosse la testa un paio di volte, come se avesse voluto scacciare dalla propria mente pensieri preoccupanti. Lo guardò e si sforzò di assumere un portamento tranquillo, cercò anche di sorridergli: “Ti sbagli.” 
Yurij, per tutta risposta, scrollò le spalle con indifferenza, continuando a camminare al fianco della ragazza per le vie del centro. Aveva da poco iniziato a nevicare e le temperature si erano abbassate, facendo provare ad entrambi un freddo indescrivibile. Karolina continuava a massaggiarsi le braccia con entrambe le mani per riscaldarsi, ma non era sufficiente: in quel momento avrebbe voluto trovarsi sotto il piumone invernale nel letto, oppure in una vasca da bagno piena fino all'orlo d'acqua calda e bollente. Il gelo le si stava insinuando persino nelle ossa.
Yurij, al contrario, sembrava risentire poco del freddo, ma si accorse del disagio di Karolina. “Che ne dici di andare da qualche parte al caldo?”
La ragazza sembrò pensarci su. “E dove?”
“A casa tua sarebbe un disturbo?”
Karolina si irrigidì e smise di camminare. Yurij si accorse dopo essere andato avanti di qualche metro che lei non lo stava più seguendo. Si girò e tornò in sua direzione, inarcando un sopracciglio: “Ed ora che ti prende?”
“N-niente... Non possiamo andare da te?”
Yurij le studiò il viso e a quel punto non ebbe più dubbi: ci doveva essere qualcosa che la preoccupava parecchio. Non disponeva della confidenza necessaria per porle una domanda così riservata. Capì che a renderla così non era solo il litigio con Boris.
“D'accordo, andiamo da me.” 
“Però devi promettermi che mi farai fare un bagno! Ne ho bisogno!”

Ci misero un'ora precisa prima di arrivare a casa.
Karolina si era presentata a Diana, ed entrambe avevano manifestato una certa complicità. Ciò non fece altro che suscitare piacere in Yurij, poiché ritenesse che la sorella avesse bisogno di un'amica con la quale parlare o sfogarsi. 
Le riempì la vasca con dell'acqua calda, esagerando con la quantità di bagnoschiuma. Karolina entrò in bagno, con solo l'accappatoio addosso e chiuse la porta.
“Oh, finalmente! Non vedevo l'ora!” esclamò in preda ad enfasi forse fin troppo esagerata, liberandosi dell'accappatoio spudoratamente davanti a Yurij, che arrossì vistosamente. “Ma... che fai?!”
Lei sembrò non curarsi dell'imbarazzo di lui e si immerse nell'acqua senza troppi problemi. “Hai mai visto una ragazza nuda, Yu?”
“S-sì! Ma che cosa c'entra?!” 
Le sue guance non avevano ancora abbandonato quell'imporporamento rossastro. Cercò in ogni modo di mascherare il suo imbarazzo, ma fu tutto inutile. Si tirò nervosamente il colletto della t-shirt.
“Ti svelo un segreto: siamo fatte tutte alla stessa maniera!”
“M-ma cosa vuol dire?! Anche noi uomini siamo fatti alla stessa maniera, ma ciò non mi autorizza a girare nudo davanti a te!”
Karolina ridacchiò divertita, mentre si stendeva nella vasca pronta a rilassarsi. Immerse la testa e poi la riportò a galla, scrollandola un paio di volte. Schizzò Yurij involontariamente.
“E chi ti ha detto che non puoi farlo?” 
Yurij si appoggiò una mano sugli occhi: “Tu mi metterai nei guai.”
Karolina neppure rispose, chiuse gli occhi e si lasciò andare a quel momento di pace e di tranquillità. Yurij uscì dal bagno, dicendo che l'avrebbe aspettata in camera. Estrasse dalla tasca dei pantaloni il cellulare, con il quale stava comunicando via messaggio con Boris. Pareva non aver preso tanto bene il fatto che Yurij fosse in compagnia di Karolina, per quanto il rosso si fosse premurato di spiegargli che la ragazza gli era parsa strana e in crisi, ed era solo preoccupato per lei.

Da: Boris
D'accordo! Fai come vuoi! Scopatela pure, visto che ci sei!

Sbuffò stanco e stufo di quella patetica e alquanto inutile discussione. Si limito a freddarlo con un secco “pensala come vuoi!” e spense il telefono, abbandonandolo ad un angolo del comodino.

*

Kei rimase a fissare il suo caffè fumante, senza iniziare a berlo. Era seduto in quel bar da un’ora, in una deprimentissima domenica sera, la testa imbottita di pensieri che non riusciva a scacciare. E tutti riguardavano la sua situazione con Yurij e Hilary. Come accidenti ci si era ficcato? Cercò di ricapitolare il tutto, ma si accorse di non averne la minima voglia. In compenso la sua attenzione fu attirata dalla coppia presente dall’altra parte del bar. Inghiottì il caffè in un sorso e si avvicinò al tavolo.
“Ehi”- disse. Julia si voltò verso di lui: “Ciao Kei!”
“Ciao.” aggiunse Brooklyn. “Anche tu fai tutto tranne che studiare per domani?”
Kei aprì leggermente la bocca. “Per cosa dovrei studiare?”
I due scoppiarono a ridere: “Kei, c’è il compito di storia domani. Deduco che te ne fossi dimenticato.” spiegò Julia.
Hiwatari ridacchiò istericamente: “Farò tutto stanotte.”
“Siediti con noi.” propose Brooklyn, indicando una sedia libera. Kei accettò, dopotutto l’alternativa era tornare a confondersi e scervellarsi da solo. Pessima prospettiva.
“A che ora è il compito domani?” chiese.
“Alla prima. Non hai scampo.” rispose Brooklyn, e Kei imprecò. Che palle, un’altra insufficienza all’orizzonte.
“Non pensiamoci. Nemmeno io ho studiato, mi chiedo come pretendano di fare finta di niente dopo tutto quello che è successo a scuola.” intervenne Julia, sorseggiando il suo cappuccino. Poi cambiò discorso: “Indovinate cosa ho visto stamattina.”
I due la guardarono, ormai interessati. 
“Salima e Chris, quel tizio alto dell’ultimo anno.”
Kei si mise una mano in fronte: “E stavano solo parlando. Vero?”
“Insomma. Almeno, se lei le stava dicendo qualcosa, glielo stava dicendo in bocca.” spiegò, poco finemente.
“Corna. Corna ovunque.” Pensò Kei. Sapeva di essere l’ultima persona a poter parlare, ovviamente. Ma cavolo, che casino!
“Ma dai, cazzo. Sta con Rei.” Sbottò. E quella se la faceva con un altro in pubblico, incurante del proprio ragazzo, la cui precedente fidanzata era morta poco tempo prima. Kei si sentì veramente seccato dalla notizia. Rei era suo amico, anche se si erano allontanati parecchio nell’ultimo periodo, e sapeva bene che non meritava una cosa del genere. Era pronto a mettersi spudoratamente in mezzo e a dirne quattro a quella ragazzina fastidiosa.

*

Il compito andò male praticamente a tutti, e alla seconda ora del lunedì nessuno aveva voglia di spiccicare parola. C’era anche chi –come Ivan- non aveva ancora nemmeno smaltito i postumi della sbronza del sabato sera.
Boris aveva ignorato Yurij dal momento in cui aveva messo piede in classe, e sembrava totalmente per i fatti suoi. Nessuno andava mai a cercarlo quando era in quello stato d’animo, probabilmente perché nessuno voleva essere picchiato o insultato.
Yurij chiese di andare in bagno e uscì dall’aula, credendo di sentire lo sguardo di Kei sulla sua schiena. Percorse il corridoio e vide in lontananza una figura di spalle. I capelli scuri sembravano quelli di Karolina. Accelerò il passo e la affiancò.
“Ehi!” salutò, ma la ragazza sobbalzò e si fermò.
“Yurij! Mi hai spaventata.”
“Scusa. Come stai?”
Lei alzò le spalle: “Tutto bene, più o meno. Grazie.”
Non la vedeva e sentiva dalla mattina prima. Dopo che le aveva prestato il bagno, avevano pranzato insieme a Diana, per poi parlare per quasi un’ora. Le due andavano veramente d’accordo. Alla fine Karolina aveva salutato e ringraziato, e infine tolto il disturbo. Aveva bofonchiato qualcosa sul fatto che stesse tornando da Nataliya.
“Sei tornata dalla tua amica, alla fine?”
“Sì. Sto da lei per qualche giorno.”
Yurij fu stanco di non capire a fondo cosa nascondesse. “Senti, mi spieghi perché non vuoi tornare a casa?”
“Ok… senti, non prendermi in giro.”
Il rosso annuì, iniziando già a sorridere.
“I miei non ci sono, e l’altro giorno mi è arrivata una chiamata anonima.”
“Che genere di chiamata?”
“Una voce inquietante. Mi ha detto che…” esitò un secondo, poi perse ogni freno: “Mi ha detto che sono stata cattiva, mi ha dato della puttana. Ha detto che mi stava osservando, che vedeva che tremavo. Non… non credo che mi stesse osservando davvero, forse ha capito che stavo tremando e l’ha detto per spaventarmi.”
Yurij non parve divertito dalla cosa, e Karolina ne fu sollevata. Si sentiva già abbastanza stupida senza che qualcuno la prendesse in giro per le sue paranoie.
“Hai detto che la chiamata era anonima?”
“Sì. E anche la voce non credo di averla mai sentita. Era… era orribile:”
Lui le mise una mano sulla spalla: “Io credo che fosse uno scherzo. Però se succede di nuovo, dimmelo. Se insiste, andremo alla polizia.”
Karolina fece sì con la testa, sentendosi tremendamente meglio.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto ~Tensioni ***


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Ottavo:

TensiØne.

“Sei sicura di non voler chiamare la polizia?” le chiese, per l'ennesima volta. Karolina sbuffò e si tolse la giacca, per adagiarla a malo modo sulla scrivania. “No! Non voglio chiamare la polizia! Troppi casini!” rispose, gesticolando nervosamente.

Yurij le passò una sigaretta e lei gliela strappò di mano, come se non avesse aspettato altro. Yurij la osservò: quando era nervosa era davvero buffa, specie per via di quel viso imbronciato piuttosto infantile. Non era il tipo di ragazza che rispecchiava i suoi gusti, ma si trovava bene in sua compagnia, malgrado vedersi con lei mettesse a rischio l'amicizia che lo univa con Boris.

“Io davvero non ne posso più!”

“Ti ho già spiegato cosa dovresti fare, ma sei piuttosto cocciuta. Fai come preferisci.”

Karolina si voltò completamente verso di lui ed iniziò a guardarlo con un'aria talmente seria che – se non si fosse trattato proprio di Yurij Ivanov – lo avrebbe intimorito facilmente. “Io sono nervosa e tu sai dirmi solo 'fai come preferisci'?!” Lui alzò le spalle: “Dormici sopra, domani mattina ci penserai con più lucidità.” Si accomodò sul letto, facendole intendere che avrebbe potuto fermarsi lì quella notte. “Non russo e non sbavo, ma non devi invadere la mia metà.”

“Beh, io non posso assicurarti di non sbavare!” e così dicendo, spense la sigaretta nel posacenere, si privò dei jeans e della felpa, rimanendo con una maglietta a maniche corte e con un paio di pantaloncini che le aveva gentilmente prestato Yurij. Si accoccolò al suo fianco, leggermente imbarazzata. Lui spense la luce, pronto a lasciarsi andare ad un piacevole sonno.

“Yurij?”

“Uhm?” Sperò con tutto il cuore che non fosse il tipo di ragazza che aveva bisogno della chiacchierata notturna prima di addormentarsi, perché – in tal caso – l'avrebbe spinta giù dal letto a calci.

“Grazie. Davvero.” Lui non disse niente, si limitò a darle un piccolo buffetto sulla guancia e a girarle le spalle. “Buonanotte.”

Finalmente si sarebbe addormentato e si sarebbe riposato. … O forse no? No, decisamente no: quella notte non riuscì a dormire bene, neanche dopo essersi guardato un film in compagnia di Karolina, che a sua volta aveva faticato a prendere sonno. Lo sbuffo continuo del vento e della pioggia sul tetto non tacque nemmeno per un istante. Si coprì la testa con il cuscino, ma prese sonno soltanto dopo mezzanotte, quando finalmente l'acquazzone divenne una pioggerella silenziosa. Il mattino dopo, dalla finestra non vedeva altro che nebbia densa e si sentì assalire dalla claustrofobia: di certo quello non era il modo migliore per cominciare la mattinata.

Si guardò attorno, accorgendosi solo dopo qualche istante che Karolina dormiva ancora al suo fianco. A giudicare dall'espressione raffigurata in viso, stava sognando qualcosa di ben poco piacevole. Allungò una mano per svegliarla, per strapparla via da quel possibile incubo, ma ci ripensò; forse lasciarla dormire ancora un po' le avrebbe solo giovato e magari l'avrebbe aiutata a scacciare via quel malumore che da giorni la tormentava senza un secondo di tregua.

Si alzò dal letto, scavalcando Karolina e facendo attenzione a non imprimerle peso. Gettò uno sguardo all'ora: le sette in punto. Era presto, il che significava che avrebbe avuto tutto il tempo necessario per potersi fare una doccia e una colazione decente. Uscì dalla stanza, intento a dirigersi in bagno, ma un gemito soffocato lo fece bloccare in mezzo al corridoio. Andò in direzione della cucina e vide sua sorella piegata sul tavolo a piangere, circondata da una marea di fogli che gli diedero fin dal primo istante in cui li vide una sensazione di disagio non indifferente.

Si sedette accanto a lei e le circondò le spalle con un braccio. La scosse un paio di volte, delicatamente, ma Diana sembrava che neppure si fosse accorta della presenza del fratello.

“Che cosa succede?” le chiese, con un tono di voce basso e dolce. Se ne meravigliò anche lui, ma con sua sorella in queste condizioni poteva trasformarsi nell'uomo più dolce dell'universo senza troppi problemi. Avrebbe dato via la vita per lei, l'unica persona al mondo che si fosse degnata di accudirlo e di crescerlo. Diana si era da sempre fatta in quattro pur di assicurare un futuro decente a Yurij e lui ne era consapevole.

Diana alzò il viso, rigato di lacrime. Guardò Yurij dritto negli occhi per qualche istante, senza proferire parola. Il suo labbro inferiore tremava e ciò le impedì di riuscire a dire qualcosa. Ci provò con impegno, ma dalle sue labbra non fuoriuscì altro che un rantolo soffocato.

Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, sforzandosi di sorridere. “Niente, va tutto bene!”

Yurij sbuffò. “Non dirmi cazzate, Diana. Cosa succede?”

Diana prese un gran respiro, cercando di formulare un discorso degno di essere reputato tale. Stava in ogni modo cercando di trovare le parole giuste da dire. “Ci hanno dato lo sfratto.”

Per Yurij quelle parole furono come lame affilate che si impuntarono sullo stomaco. Per qualche istante, il fiato gli si spezzò e il cuore gli mancò di un battito. Guardò la sorella con un'espressione indecifrabile, racchiudente numerose emozioni: tristezza, sorpresa, rabbia, preoccupazione... Ed ora cosa avrebbero fatto? Come sarebbero usciti da quella tragica situazione? Afferrò entrambe le mani della sorella, fortemente. Lei si irrigidì, perché attraverso quel semplice tocco poté avvertire tutta la preoccupazione del fratello. Deglutì, sentendosi in colpa. “Mi dispiace, Yurij. Farti vivere certe situazioni è l'ultimo dei miei voleri.”

Lui scosse la testa più volte e scattò in piedi, facendo cadere la sedia in terra. Gettò le braccia al collo di Diana e l'abbracciò, dando come l'impressione che non fosse intenzionato a staccarsi da quel contatto neanche per un misero secondo. Sentì gli occhi pizzicare, pronti a far scivolare lungo le guance delle lacrime che difficilmente sarebbe riuscito a trattenere. Tuttavia riuscì a tener duro, a mostrarsi forte. “Troveremo una soluzione, Diana. La troveremo insieme.”

Diana lo guardò speranzosa e fiduciosa al tempo stesso, accarezzandogli i capelli molteplici volte. “Promettimelo.”

Lui esitò, non ancora del tutto sicuro di trovare un modo efficace e utile per cavarsela in quell'improvviso e sgradito problema. “Promesso.”

*

L'ora di educazione fisica era un vero e proprio trauma per Takao. In particolar modo quando si trattava di dover affrontare un'ardua partita di pallavolo. Non era riuscito neanche a fare mezzo punto, considerando che quando gli veniva passata la palla lui correva dalla parte opposta. Hilary lo aveva colpito più volte con poderosi schiaffi in pieno viso, dal momento che odiava perdere a pallavolo. Era la più brava della classe, insieme a Mao. Ora che non c'era più sentiva quel campo sportivo vuoto e spoglio. Tuttavia trovò la forza necessaria per non pensarci e distrarsi, specie dopo aver saputo la notizia di Salima e Chris. Era stato un vero colpo di scena! Non se lo sarebbe mai aspettato. Certamente non riteneva l'omicidio di Mao di importanza inferiore a quest'ultimo pettegolezzo, ma lasciarsi andare a qualche piccola distrazione non le avrebbe potuto nuocere in alcun modo. Guardò Boris, mezzo addormentato in mezzo al campo a non fare niente. “Boris, attento!” lo avvertì con scarsi risultati, perché una forte pallonata lo colpì sul naso. Urlò massaggiandoselo più volte, cercando con uno sguardo omicida il responsabile di tale aggressione. Si accorse poco dopo che era stato Yurij, che gli sorrideva con fare divertito. “Riflessi, Huznestov. Riflessi!”

“Non è il momento più giusto per scherzare, Yurij!”

“Nemmeno per me, Boris! Eppure non ti sei neanche degnato di chiedermi come sto!” scattò Ivanov.

La tensione divenne, all’improvviso, padrona del momento, portando il resto della classe a interrompere la partita. Neppure il professore di ginnastica ebbe il coraggio di mettersi in mezzo, dal momento che sapeva quanto fosse pericoloso interferire in una discussione tra quei due.

“Perché non te lo fai chiedere da Karolina? Siete diventati così amici!”

Yurij sbuffò, stanco di affrontare quel discorso. Avevano litigato tutta la sera precedente per quella faccenda e non era ancora riuscito a fargli capire che tra loro due non c'era niente di ambiguo o malizioso. Inoltre quello, attualmente, era l'ultimo dei suoi pensieri: aveva ben altre cose a cui pensare, con cui arrovellarsi. Peccato che Boris non se ne fosse accorto... Evidentemente si era illuso che ormai avesse imparato a conoscerlo.

“Non ti risponderò.” fece per girargli le spalle, ma Boris lo afferrò per un polso e lo costrinse a voltarsi. Yurij rimase profondamente irritato da quel gesto, poiché era stato piuttosto brusco. “Lasciami, Boris!” cercò di strattonare la presa, ma il russo lo teneva saldamente.

“Lo fai di proposito, vero?!” chiese Boris, alzando la voce e ignorando ciò che aveva detto il rosso precedentemente. Il suo sguardo si era acceso d'ira, chiaro segno che Boris stava andando incontro al suicidio. Quando Yurij perdeva il suo famigerato autocontrollo conveniva stargli alla larga, prima che l'inevitabile accadesse.

“Che cosa starei facendo di proposito?! Stai farneticando!”

Boris rise istericamente, provocando una reazione a Yurij che gli fece raggelare il sangue: si stava comportando come un pazzo! “Avanti, ammettilo: non puoi proprio fare a meno di appropriarti di tutto ciò che è o è stato mio!”

Yurij sgranò gli occhi, sconvolto. Sì, doveva essere per forza impazzito per poter dire simili idiozie! “Stai scherzando, vero?!”

L'altro scosse la testa. “Sei geloso di me.”

“È assurdo! Sei pazzo!”

Hilary si avvicinò in silenzio a Kei, che si era seduto in un angolo della palestra intenzionato fin dall'inizio dell'ora a non fare ginnastica. Troppo faticoso per lui, senza contare che riteneva la materia inutile. “Dobbiamo intervenire.”

Kei rimase completamente impassibile. “Quei due litigano sempre, non preoccuparti.”

“Non così, Kei. Sono entrambi troppo nervosi.”

“Pensi davvero che io mi sia visto con Karolina per fare un torto a te?!” urlò Yurij, allargando le braccia. “Sei completamente fuori strada, credimi!”

“Oh, no. Io ti ho inquadrato fin dal primo giorno in cui ci conoscemmo: non accetti che io abbia chi voglio ai miei piedi, mentre tu perdi tempo dietro a...”

Yurij a quel punto si liberò completamente dalla presa di Boris, tramite uno strattone carico di forza. “Smettila!” e così dicendo gli tirò uno schiaffo. Nessuno osò fiatare o commentare il gesto; rimasero tutti in silenzio, a bocca aperta. Il professore di ginnastica fece un passo avanti per mettere fine alla discussione: “Ora smettetela! I vostri problemi extrascolastici non vanno affrontati durante le mie ore!”

Boris lo ignorò. “Come diamine ti permetti?!” fece per andare addosso a Yurij, ma Sergey fu abbastanza rapido da bloccarlo e da allontanarlo dall'amico. “Stai esagerando, Boris! Basta!”

Boris cercò di liberarsi e di oltrepassare Sergey, ma fu un tentativo vano. “Questa me la paghi, Yurij! Te lo giuro!”

Yurij non riuscì a rispondere, perché Ivan lo anticipò: “Sei davvero ridicolo! Scarichi il tuo nervosismo su uno dei tuoi amici più cari come se niente fosse!”

Lo sguardo di Boris divenne stracolmo d'ira e si concentrò completamente sul piccoletto. “Tu non ti immischiare, idiota! Non mi interessa sapere che cosa ne pensi!”

Ivan si sentì ferito di quelle parole, difficili da digerire. Rimase zitto e immobile per qualche istante, ma la sua testa calda lo fece controbattere poco dopo: “Sai, inizio a pensare che tu sia fuori di testa! Ha fatto bene Julia a rimpiazzarti con Brooklyn, così come ha fatto bene Karolina a rimpiazzarti con Yurij!”

Yurij si voltò verso di lui, guardandolo severo. “Ti ci metti anche tu ora?!”, ma Ivan non riuscì ad udire in tempo quelle parole, perché Boris lo aveva colpito con un poderoso pugno in pieno viso. Ivan crollò a terra, tenendosi il naso con le mani ormai logore di sangue. Hilary e Kei, così come Takao e il resto della classe, non seppero come reagire, persino il professore rimase pietrificato dinanzi a tale reazione.

Boris non gli diede il tempo di lasciarsi andare al dolore, perché lo colpì con un calcio. Yurij lo spinse via, con l'aiuto di Sergey che lo trascinò lontano da Ivan. A quel punto il professore riprese controllo del proprio corpo e si avvicinò al gruppo: “Huznestov, tu vieni con me dal preside!”

Gli occhi di Yurij traspirarono tutta la delusione di cui era in balia in quel preciso istante. “Non ti credevo così...”

*

Boris tamburellò con le dita sul legno scuro del tavolo, stanco di quella ramanzina. Aveva perso la cognizione del tempo: da quanto tempo era dentro a quel noioso ufficio? Minuti? Ore? Sbuffò con strafottenza, iniziando a dondolarsi sulla sedia.

“... La tua condotta non è consona all'ambiente scolastico, Huznestov. Temo che sia il caso di prendere dei seri provvedimenti.” Doveva essere la ventesima volta che gli ripeteva quella frase. Poteva fare quello che accidenti voleva quel maledetto preside, tanto lui era maggiorenne e viveva solo; non doveva rendere conto a nessuno e andava a scuola giusto per passare il tempo. Si manteneva grazie alla “paghetta” che mensilmente gli spediva una cugina che non aveva mai visto in vista sua, residente in Giappone. Non si preoccupava dell'andazzo dei suoi voti o di quello che poteva combinare in giro, a lei interessava solo tenersi a posto la coscienza spedendogli quei soldi che gli avrebbero fatto comodo per tutte le sue eventuali esigenze.

“Sono curioso di sapere il motivo di questo tuo comportamento. Dimmi, Boris... a casa ti trascurano? Potrei organizzare un colloquio con tua... cugina.”

Boris sbuffò ancora una volta, sommessamente.

“Ha tutti i permessi che mi ha chiesto, tutti rigorosamente firmati. Ha la copia dei suoi documenti e i vari certificati di residenza e dispone anche della dichiarazione della maggiore età del sottoscritto... che altro le serve?”

Il preside si tolse gli occhiali e li pulì con il panno apposito. “Mi servirebbe capire il perché di questi atteggiamenti.” Si alzò dalla sedia e si avvicinò alla finestra, per poi rigettare lo sguardo su Boris. “Magari dipende da qualche brutto ricordo collegato al tuo passato, quando ancora vivevi in quel...”

Boris lo fulminò con uno sguardo. “Non lo nomini in mia presenza, grazie!”

“D'accordo! D'accordo!” esclamò, alzando le mani in segno di resa. “Penso proprio che sia l'astio per quel posto in cui hai passato buona parte della tua infanzia a renderti così... aggressivo.”

Scrollò le spalle, con indifferenza. Era tutto tempo sprecato, quegli inutili giri di parole non lo avrebbero portato da nessuna parte. “Potrebbe anche essere, ma non sono affari che la riguardano.”

“Sono il preside, Boris. E' mio dovere tutelare gli studenti di questo istituto.”

Boris si alzò dalla sedia, pronto ad andarsene. “E allora si limiti a fare il suo lavoro, anziché ficcanasare su cose appartenenti al mio passato.” Uscì dalla presidenza, ignorando le lamentele del preside e chiudendosi la porta alle spalle. Fu una pessima scelta, perché in quel momento avrebbe voluto restarsene inchiodato a quella maledetta sedia di quel dannato ufficio pur di non vedere la scena che gli si stava svolgendo davanti agli occhi: Julia che baciava appassionatamente Brooklyn.

Perché davanti a lui? E poi perché proprio Brooklyn?! Si avvicinò ai due con rapidità e afferrò Brooklyn per un braccio, allontanandolo da Julia. “Fai ancora una volta una cosa del genere davanti a me e giuro che ti faccio del male!”

Julia fece in modo che Boris lasciasse Brooklyn e lo spinse con tutta la forza di cui era in possesso. “Hai già abbastanza guai, Boris. Risparmiati queste patetiche scenette di gelosia!”

Boris rise: “Gelosia? Io geloso di te? Non sentirti così importante Julia, perché non lo sei!” Lei si mostrò del tutto immune ed indifferente a quelle parole. “Bene! Allora dimostralo!”

“Non devo dimostrare proprio niente a te, capito?!” Le aveva parlato a pochi, pochissimi centimetri dal viso. Lei si intimorì un poco e Brooklyn, prontamente, intervenne: “Stalle lontano, Huznestov!” Boris si accigliò e il suo sguardo diventò degno di un vero e proprio serial killer. “Stai attento a come parli con me, potresti pentirtene!”

Se ne andò, dandogli una spallata e oltrepassandolo, lasciando Julia delusa ed amareggiata.

*

Karolina riattaccò. Si lasciò sfuggire un urlo isterico e si incamminò a passo spedito nel cortile della scuola, in quanto fosse l'ora della ricreazione. Trovò Boris al solito posto: seduto sul muretto conducente alla palestra, in compagnia di Sergey che sembrava parlargli di qualcosa riguardante Ivan. Non ci badò, perché era talmente arrabbiata che avrebbe desiderato trasformarlo in una polpetta e mangiarselo.

Lo afferrò per un braccio e lo trascinò poco più in là. “Tu!” iniziò, additandolo. Boris inarcò un sopracciglio. “Tu! Sei tu che mi fai quei pessimi scherzi telefonici di cattivo gusto!” Aveva usato un tono di voce alto senza rendersene conto, catturando l'attenzione di Yurij e Kei che sedevano sulla panchina più vicina. Yurij drizzò le orecchie ed iniziò a godersi lo spettacolo: Karolina aveva una parlantina più che capace di ammutolire Boris, il che era una goduria unica per lui! Kei, al contrario, iniziò a temere che la ragazza avesse qualche rotella fuori posto. Come quasi tutti là attorno, in effetti. Iniziava a venirgli mal di testa con tutta quella gente che urlava e impazziva. Si accese una sigaretta, preparandosi a scattare in piedi in caso Boris avesse iniziato a perdere le staffe come suo solito.

“Lasciati dire che è un giochetto a dir poco squallido ed inutile! Sei patetico, caro mio!”

“Tu sei pazza! Hai il ciclo perenne, credimi!” ribatté Boris, spingendosela via di dosso.

“Parla proprio quello che si atteggia come la classica ragazzina disagiata! Fatti visitare da uno bravo, perché di questo passo ti aspetta il manicomio!”

“Io non ti ho fatto nessuna chiamata, Karolina!” Lei rise, guardandolo con odio. Lo spinse e gli tirò un calcio sugli stinchi. “Evita di prendermi in giro! Solo uno psicopatico come te sarebbe capace di farmi certi scherzi!” Yurij nascose il viso dietro la schiena di Kei, cercando di nascondere la risata interminabile di cui era in balia in quel preciso istante.

“Io non ti ho fatto nessuno scherzo!” urlò sul procinto di metterle le mani addosso: quando ci si metteva era davvero cocciuta ed era quasi impossibile farle cambiare idea.

“Sappi che se continuerai ad importunarmi così prenderò i miei provvedimenti!”

“Non mi sembrava che ti dispiacesse essere importunata dal sottoscritto fino a qualche giorno fa!” Il volto di Karolina si imporporò di un rosso piuttosto acceso ed evidente, per poi scemare ad un colorito tendente al rosa. Gli mollò uno schiaffo e gli voltò le spalle, andandosene e lasciandolo perplesso. “Tu hai qualche rotella fuori posto!” le urlò, mentre la guardava allontanarsi.

Yurij a quel punto si alzò in piedi e si piazzò davanti a lui, con aria divertita. “Ha ragione: sei diventato una donnetta isterica.”

Boris gli dedicò uno sguardo stracolmo d'odio. “Stammi lontano, Yurij! Non ho bisogno di amici falsi come te!” Yurij alzò gli occhi al cielo e si allontanò.

*

In classe c’era molto più silenzio del solito. Ormai anche l’entusiasmo per l’ultimo pettegolezzo, in breve tempo sulla bocca di tutti, era scemato. Sì, perché la notizia che Salima tradisse Rei con un altro ragazzo, e per giunta alla luce del sole, aveva tenuto banco piuttosto a lungo. Ma all’interno della classe, dove la ragazza non aveva neanche il coraggio di guardare i compagni in faccia, e Rei non aveva aperto bocca con nessuno per due giorni interi, gli studenti erano stati abbastanza delicati da non infierire più di tanto. Yurij non contribuiva certo a ravvivare l’atmosfera. Il professore dell’ora successiva stava tardando, e il rosso si alzò dalla sedia con aria funerea e uscì dall’aula. A Kei non sfuggì la sua espressione, così come le mani in tasca e la testa bassa. Non ci mise molto ad alzarsi a sua volta e a seguirlo.
Lo pedinò fino al bagno –e Yurij non si accorse di nulla- finché non lo vide appoggiarsi al termosifone, la fronte sul muro.
Kei fece i quattro passi che li separavano e gli mise una mano sulla spalla, sentendolo sobbalzare.
“Ehi.”
“Kei! Sei silenzioso come un accidenti di gatto!” protestò Yurij, dopo essersi voltato bruscamente.
“Scusa. Stai bene?”
Il rosso annuì con ben poca convinzione, e Kei sorrise: “Guarda che era una domanda retorica. Che cos’hai?”
Ivanov esitò. Poi alzò lo sguardo e si decise a parlare: “Ci hanno sfrattati.”
“Cosa?”
“Non farmelo ripetere.”
Fu Kei stavolta a rimanere senza parole. “Yurij ma… io non pensavo che la situazione fosse così critica…”
“Non mi piace far sapere i miei problemi in giro.”
“Lo so… ma perché non me l’hai detto?”
Yurij alzò le spalle. “Te lo sto dicendo adesso.”
Era terribilmente a disagio e non lo stava nascondendo. “Che palle…” mormorò. “Devo trovarmi un lavoro, alla svelta.”
“E lasci gli studi?”
“Non vedo altra soluzione.” rispose. Kei si accorse che aveva le lacrime agli occhi, ma la sua espressione rimaneva sempre incredibilmente dignitosa.
“Col cazzo. Vi aiuterò io.”
“Ecco, vedi perché non te lo volevo dire? Mi secca da morire che…” iniziò Yurij, ma Kei gli tappò la bocca con una mano e finse che l’interruzione non ci fosse mai stata.
“Dicevo, vi aiuterò io. Con l’affitto e tutto il resto, finché la situazione di tua sorella non migliorerà e tu non ti sarai diplomato.”
Yurij mugugnò qualcosa sulla mano di Kei, che non la spostò: “Mi restituirai tutto, ok? Non sto facendo l’elemosina, non essere orgoglioso.”
Il rosso tolse la mano e lo guardò, incerto. “Kei, davvero, io non so se posso accettare.”
“Non è giusto che tu e tua sorella siate in questa situazione, non ve lo meritate.”
“Lo so, ma…”
“Bene, allora è deciso”
Yurij fece per ribattere, ma poi sorrise: “Grazie…”
Kei ricambiò e gli mise le mani sulle spalle, per poi tirarlo a sé: “Ringraziami davvero” gli disse, baciandolo sulle labbra.

*

Era sera. Salima corse all'impazzata fino alla porta del suo appartamento, in centro. I suoi genitori erano fuori per una cena di lavoro e quella casa non era mai stata così vuota. Entrò in ampie falcate nell'ingresso, chiudendosi rapidamente la porta di casa alle spalle. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che guardarsi alle spalle, poiché aveva avvertito la raggelante sensazione di sentirsi seguita da qualcuno. Non era certa che fosse tutto frutto del suo subconscio e della sua coscienza in quanto sporca, molto sporca: tradire Rei non era stato uno dei suoi gesti migliori, ma senza ombra di dubbio la aiutava a sentirsi meglio.

Rei non faceva altro che parlare di Mao, che ricordarle quanto fosse bella, dolce e... perfetta. Salima non lo era, il che le creava un senso di disagio non indifferente. Odiava essere svalorizzata in quella maniera. Anche lei era attraente, come ragazza, era anche dolce – a modo suo, certo, ma lo era. Rei nell'arco di quei mesi non si era degnato di conoscerla a fondo, non ci aveva neppure provato. Avere una relazione con Chris, suo compagno di scuola, l'aiutava a scaricare tutto lo stress che accumulava in quei momenti di incomprensioni, di pregiudizio inopportuno. Se non ci fosse stato lui, probabilmente, avrebbe troncato la sua storia con Rei in un batter d'occhio. Eppure, in quel preciso istante, il rimorso era padrone del suo animo. Era un periodo in cui alla notte faticava a prendere sonno, in balia com'era dei mille pensieri che alloggiavano nella sua mente.

Si sedette pesantemente sul divano, abbassando il capo su uno dei tanti cuscini che lo occupavano. Fece per accendere la televisione, ma un improvviso rumore proveniente dal corridoio la fece sobbalzare e irrigidire. Non ebbe la forza di dire o di fare qualcosa, perché la paura di non essere sola la stringeva fortemente a sé, mozzandole il respiro.

Riprese confidenza con il proprio corpo poco dopo, cercando di sgombrare la mente da pensieri inquietanti, e si alzò dal divano. Si diresse a passi lenti in corridoio e accese la luce: vuoto. Non sembrava esserci nessuno, ma come si girò per tornare indietro la luce si spense con un click e qualcuno la spinse bruscamente in terra.

Accadde tutto troppo in fretta perché potesse rendersi conto di cosa stesse succedendo: una figura non meglio identificata cominciò a riempirla di calci e pugni, mentre lei urlava per quel dolore ingiusto e immeritato.

“Ti prego, basta!” urlava Salima mentre cercava di coprirsi il viso con le braccia. Il suo aggressore non sembrava averla sentita, difatti continuava a colpirla. Poi estrasse dalla tasca interna della giacca un lungo e grosso coltello e lo avvicinò in pochi attimi al viso della ragazza.

Salima si sentì il sangue raggelare, il cuore le mancò di un battito e il suo petto sembrò diventare improvvisamente incapace di gonfiarsi per permetterle di respirare. “No, ti prego! Non farlo!”

La lama tagliò la carne tenera del suo collo, immergendo ben presto Salima in una pozza di sangue. Non ci volle molto prima che smettesse di rantolare e le sue labbra si piegassero in una posizione amorfa, semi-aperta. Il suo assassino si curò di abbassarle le palpebre.

“Non esiste perdono per il tradimento.”

*

Hilary fece ritorno a casa, sentendosi più stanca che mai. Kei l'aveva gentilmente accompagnata, ma si era rivelato fin troppo strano e taciturno anche per i suoi canoni. Era davvero imprevedibile e lei stava iniziando a stancarsi di continuare a corrergli dietro cercando di capire che cosa gli passasse per quella testa dura. Era scesa dalla macchina, salutandolo freddamente. Ogni volta che c'era Yurij nei paraggi diventava improvvisamente strano. Iniziava a non tollerare più una situazione simile, presto si sarebbe lasciata andare all'insano impulso di andare a parlare direttamente con Ivanov. Non aveva nulla contro di lui, specie dopo averlo sentire ammettere di pensarla come lei. In un certo senso, quelle parole le erano state di profondo conforto: non si era più sentita sola ed incompresa. Era stato come uscire da una malattia mentale per lei.

Entrò dentro la sua camera e si lasciò ricadere a peso morto sul letto. Si chiese per quanto tempo ancora avrebbe dovuto soffrire, quanto ancora sarebbe passato prima che le cose avessero ricominciato ad andare per il verso giusto. Trattenne le lacrime, perché era consapevole che se si fosse lasciata andare ad un pianto non si sarebbe più fermata. Doveva essere forte, e lei lo era. Lo era stato per tutto quel tempo e doveva continuare ad esserlo. Doveva farlo per se stessa.

Il suo telefono cominciò a squillare, lasciandola del tutto sorpresa. Non si aspettava di ricevere chiamate, specie a quell'ora. Prese il telefono curiosa e rispose: "Pronto?"

"Hilary? Sono Rei." Il tono di voce del ragazzo le parse fin dal primo momento in cui lo sentì tremolante, forse rotta da un pianto che cercava di trattenere.

"Ciao Rei! Va tutto bene?"

"Non ho molto tempo. Devi correre a casa mia, è urgente."

Hilary sentì il cuore mancarle di un battito. Un brutto presentimento prese a tormentarla. "Che cosa succede?"

"S-si tratta di Salima. L'hanno trovata m... morta."

A quel punto la presa di Hilary sul telefono cedette: lasciò che ricadesse sul pavimento, seguito da un rumore fastidioso. Il suo sguardo si perse nel vuoto. "No, non può essere... Non di nuovo..."

*

Le sue mani tremavano. Trasse un lungo respiro e lasciò fuoriuscire l’aria lentamente. Entrò dentro la doccia, cercando di lavare via dalla sua pelle il sangue della sua ultima vittima. "Tutte puttane." mormorò, sorridendo sinistramente. Sapeva che la sua giornata non era ancora terminata. Aveva lasciato una cosa molto importante in sospeso.

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