The fault is in our Stars.

di misScarlett
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Run Alice, run. ***
Capitolo 2: *** Lady and the Mad. ***



Capitolo 1
*** Run Alice, run. ***


- Fa che funzioni, fa che funzioni. FA CHE FUNZIONI! Fachefunzionifachefunzioni…
Jefferson continuava con quella frase da un tempo che non sapeva più definire. Settimane, forse solo pochi giorni, mesi, forse solo qualche ora. Era impazzito. Faceva un cappello, poi provava a farlo funzionare. Era ogni volta tutto inutile e allora iniziava da capo. Intorno a lui vi erano sempre più cappelli a cilindro, che sembravano non finire mai: aumentavano di minuto in minuto, o forse erano tempi più lunghi, ma lui non sapeva. Era solo il Cappellaio Matto. Alla corte della Regina di Cuori ormai era conosciuto con quel nome, probabilmente per via di quegli occhi spiritati che aveva costantemente e per il fatto che si spostasse dalla stanza dei cappelli solo per necessità primarie, dormire, mangiare. Non curava più il suo aspetto, niente aveva più senso o importanza a parte cercare di far funzionare un cappello e tornare da Grace. La sua piccola era la sola cosa che lo tenesse ancora lucido, seppur poco. Ma ogni giorno che passava portava via con sé un pezzo delle sue speranze, finché non sarebbe arrivato a non averne più, a perdere se stesso completamente. Aveva finito un altro cappello e ora lo fissava, con sguardo vuoto. Aveva già visto la stessa scena troppe volte per crederci davvero. All’improvviso l’immensa porta della stanza – tutto in quel regno era enorme e pomposo – si aprì con gran rumore. Jefferson alzò spaventato lo sguardo, fissando con il suo sguardo pazzo l’annunciatore personale della Regina.
- Sua Maestà la Regina di Cuori richiede la sua PRESENZA! Venga con noi, SUBITO!
Urlava sempre alla fine di ogni frase, senza motivo. Jefferson, tuttavia, non mutò la sua espressione, così le guardie lo presero di peso – senza che lui opponesse resistenza – e lo portarono via, verso la sala del trono, in cui la regina si nascondeva dietro una maschera. Il perché gli sfuggiva ancora. Qualche minuto e fu davanti all’intera Corte reale, che lo guardava e bisbigliava come la prima volta che era capitato in quel mondo che di meraviglioso aveva ben poco. Vide l’ombra della donna rossa bisbigliare qualcosa, poi urlata dal solito valletto.
- Sua Altezza ha un compito da affidarti, CAPPELLAIO!
Jefferson si inchinò, come aveva imparato a fare per non essere decapitato, e inespressivo, con lo sguardo vacuo, fissò tutto intorno a lui come per confermare a se stesso che era davvero dove si trovava. Non era un sogno, purtroppo.
- Pronto a servire i desideri di Sua Maestà.
Il suo tono era così atono che era fin troppo evidente quanto non sentisse nulla di quanto aveva espresso, né rispetto né lealtà verso la Regina o chiunque dei presenti. Non gli importava nemmeno di quale fosse il compito, purché gli fosse permesso di continuare a fare cappelli per cercare di uscire da lì. La Regina bisbigliò ancora.
- La Regina di Cuori sa TUTTO! Ed è venuta a conoscenza della presenza di un’intrusa nel nostro prezioso Paese delle MERAVIGLIE! Tu sarai incaricato di partire fuori dal castello e trovarla in modo che venga portata qui e DECAPITATA!
- Io devo… I-Io devo fare i cappelli. Cappelli… Fare i cappelli.
Rispose così Jefferson, guardingo e sentendosi minacciato. Guardò le reazioni dei presenti, molti dei quali apparivano scioccati per quell’indiretto rifiuto. Nessuno poteva opporsi alla Regina di Cuori. Assolutamente non un’anima. Vide la Regina irrigidirsi e comunicare qualcosa al valletto. Quello immediatamente si mise sull’attenti una volta percepito l’ordine e si mise a gridare che la regina voleva stare sola con il Cappellaio. In pochi minuti erano spariti tutti. Passò qualche lento secondo prima che la donna si muovesse.
- Quello che volevi dire prima e che non farai quanto ti ho ordinato?
La voce della Regina si alzò sicura e ferma, con un tono gelido e soave al tempo stesso, inquietante e melliflua. Si tolse la maschera che le copriva il volto, mostrando una donna non più giovane ma che conservava la bellezza che doveva esserle sicuramente appartenuta un tempo. Jefferson scosse la testa, dando quindi una risposta ambigua.
- Parla, Cappellaio.
- Devo fare. Fare i cappelli.
Con un solo gesto della mano, la Regina lo immobilizzò portandolo vicino a sé in un attimo. Il suo sguardo era crudele, il suo sorriso era sadico.
- Tu farai esattamente quello che dico io o farò in modo che tu non te ne vada mai da questo posto. E mi sembra che tu, invece, ci tenga particolarmente, sbaglio?
Jefferson sembrò riappropriarsi istantaneamente della ragione. Guardò la donna capendo seriamente la situazione in cui si trovava: stare lì per sempre avrebbe significato non vedere più Grace, non poterla riabbracciare e vederla crescere. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
- D’accordo. Farò quello che ordinate. Ma promettetemi che mi farete uscire di qui. Promettete!
La Regina rise, e non disse altro. Jefferson si sentì colpito da una forza oscura, crollò e non ricordò più nulla fino al suo risveglio.
Fu una strana luce a svegliarlo. Quella a cui era abituato era spenta, come se alla Corte della Regina non fosse accettata troppa luce, perché avrebbe potuto dare fastidio a Sua Maestà. Questa era forte, strana e piacevole. Aprì lentamente le palpebre, lasciando abituare gli occhi a quella nuova sensazione. Iniziò a mettere a fuoco quanto aveva intorno: fiori giganteschi che sembravano guardarlo e ridere di lui, piante mai viste, animali sconosciuti. Il tutto era intriso di colori saturi e intensi, vivi, eccentrici. Il suo sguardo non riusciva a contenere tanta meraviglia. Ora poteva darsi una spiegazione per il nome di quel luogo, che fino ad allora gli era sembrato più simile ad un manicomio, che altro. E quando stai vicino ai matti, finisci per diventarlo anche tu. Si alzò lentamente, ancora stordito. Improvvisamente sentì passi veloci, rami che si spezzettavano, foglie che frusciavano. Si voltò ma non vide niente: solo le cose che erano lì anche un minuto prima.
- Come sei riuscito ad arrivare qui all’improvviso?
Una voce di donna - delicata ma squillante - lo colse di sorpresa; arrivava proprio da dove aveva sentito quel rumore di passi. Si girò lievemente e vide a chi apparteneva: una ragazza, dai lunghi capelli biondi e lisci, anche se parecchio scompigliati, che le cadevano in alcune ciocche sul viso. Aveva un vestito bianco e celeste, sporco di erba e di terra, come se fosse caduta ripetutamente e non le fosse importato molto di pulirsi o risistemarsi. Lo fissava con i suoi occhioni blu, vispi e curiosi. Era vestita come una bambina, ma non lo era.
- Tu chi sei?
La bionda inclinò la testa di lato, contrariata. Aveva entrambe le mani intrecciate dietro la schiena e adesso avanzava verso di lui osservandolo, incuriosita.
- Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, è maleducazione. Comunque, io farò la persona educata. Mi chiamo Alice.


[Note dell'autrice: questo è il mio primo capitolo della storia su Alice e Jefferson/Il Cappellaio Matto. Ho deciso di farla in capitoli per approfondirla meglio, perchè nei due personaggi fiabeschi vedo una potenziale coppia che adorerei! Fatemi sapere che ne pensate, ogni recensione è importantissima per me! Baci, al prossimo capitolo! :** ]

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Capitolo 2
*** Lady and the Mad. ***


Jefferson la fissava, quella ragazza, la fissava senza capire. Gli occhi di un pazzo, che si specchiavano in quelli curiosi di lei. C'era qualcosa in essi, così profondi, così infantili, così immensi, che lo inchiodava lì dov'era. Lei si avvicinò senza esitazioni, sempre più vicino, troppo vicino. Jefferson arretrò con il volto per stare lontano dalla ragazza che iniziava a dimostrarsi troppo invadente. Lo osservava come se fosse uno strano fenomeno da baraccone.
- Sm-Smettila subito.
Lo infastidiva quella mancanza di rispetto per il suo spazio vitale. Perchè faceva così, perchè lo guardava così? Era davvero... strana. Ma non il tipo di strano con cui aveva avuto a che fare alla Corte della Regina di Cuori. Era un altro tipo di stranezze a caratterizzare quella fanciulla. Si comportava esattamente come una bambina, ma non lo era affatto. Non gli avrebbe dato meno di una ventina d'anni.
- Di fare cosa? Sto solo aspettando una risposta.
Alice assunse un cipiglio capriccioso in volto, e mise le braccia incrociate sul petto. Ogni domanda era lecita, e le buone maniere volevano che si desse sempre una risposta ad esse. Lei lo sapeva bene, dato che così le avevano sempre insegnato. Quell'uomo proprio non sembrava capire cosa era l'educazione. Ma lei gliel'avrebbe insegnata. Sembrava irritato, e ad Alice non piaceva questa cosa. Fece un passo indietro, con rapidità. Jefferson si sentì subito meglio. Ripensò al perchè era lì, a come diavolo c'era arrivato. E ricordò che la Regina gli aveva assegnato il compito di trovare qualcuno. Un intruso. Anzi, un'intrusa. Lei, con ogni probabilità. Che fortuna sfacciata, che aveva avuto. Un brivido folle gli percorse la schiena e una risata da matto qual'era esplose fuori dalle sue labbra. Vide la ragazza aggrottare la fronte.
- Perché stai ridendo? Ho compiuto qualche buffa azione?
Sempre più incomprensibile le risultava quell'individuo, che sembrava aver cambiato personalità da un momento all'altro. Aveva incontrato tante cose strane e particolari lì, nel Paese delle Meraviglie, ma mai un'altra persona. Mai. Questo era ciò che più la incuriosiva. Pensava di aver visto tutto, là dentro.
- Nnnno! No. No. NonononoNO! Va tutto bene. Io, mia cara ragazza, sono... il Cappellaio Matto.
Prese il suo cilindro, lo sollevò e lo abbassò facendo un profondo inchino, senza nemmeno sapere perché. Era il Cappellaio Matto, lui non doveva avere un perché. Tutto gli era concesso. Non era Jefferson, chi era Jefferson? Un uomo disperato che faceva inutili cappelli che non avrebbero più funzionato, un fallito, un'anima solitaria che si era fatta prigioniera di se stessa. Erano inutili i cappelli. Quella ragazza, quella ragazza era la chiave di tutto. Avrebbe solo dovuto portarla alla Regina e poi... poi la libertà. La libertà, tornare da Grace. Grace, Grace, Grace. Poteva importare altro a quel mondo? Niente. Niente doveva importare. Nemmeno il destino di quella donna che aveva di fonte. Alice. Avrebbero potuto farle quello che ne volevano, lui non poteva pensare anche a lei. Le si avvicinò, prendendola a braccetto. I suoi modi erano così spontanei e così privi di senso che la biondina non poteva fare altro che assecondarli. I pazzi si assecondano. E' questo il loro vantaggio. Nessuno cerca mai di contrastarli, perchè tutti ne hanno paura, in realtà.
- Allooooora. Alice! Cosa ti ha portato qui?
- Cappellaio Matto non è un vero nome. Hai un vero nome?
- Ho fatto prima io una domanda! Non vale, Alice, proprio non vale.
- Ho solo agito come hai fatto tu prima!
Quel sorriso storto sul volto di Jefferson assomigliava più a una smorfia, come se qualcuno gli tirasse entrambi i lati della bocca. Lei continuava a fare domande, con un fare petulante che cominciava a stancarlo. Ma non poteva stancarsi, aveva tutto il tempo del mondo! Ed era pazzo. I pazzi non sono così razionali. Non si rendeva conto che la sua follia era sempre più una costruzione mentale, una difesa contro il mondo esterno. E Alice si era mostrata disarmata ma del tutto capace di abbattere quella barriera fatta di mattoni di assurdità.
- Cappellaio Matto è il mio vero nome. Il verissimo nome! Conta se una cosa è vera o falsa? Non conta! Conta che esista! Guarda!
Indicò gli enormi fiori che li sovrastavano, guardandoli con occhi che non erano davvero occhi e parlando di loro con bocche che non erano davvero bocche. I loro colori erano così sgargianti che sembravano non fatti per essere compresi. Niente di simile avrebbe mai visto l'occhio di un uomo in qualsiasi altra parte dell'universo.
- Loro! Sono veri? Sono falsi? Che importa! Esistono!
- Non ha senso... Loro sono veri, posso toccarli, in questo modo ne avrò la prova!
- Puoi davvero? P-u-o-i. D...avveroAlice?
Parlava con uno strano ritmo. Come se quello che dicesse uscisse fuori dalle sue labbra senza che la mente vi avesse realmente dato un senso. Lui parlava normalmente, poi rallentava, si fermava, accelerava, rallentava di nuovo. Alice veniva disorientata, il che la rendeva più traboccante di domande di quanto non fosse di solito, ma stranamente si trattenne per un po' dal chiedere qualsiasi cosa, e si faceva trascinare dal quell'uomo attraverso l'immensità di quel meraviglioso bosco. Sempre che lo si potesse definire in quel modo. In realtà era solo un'accozzaglia di variopinta vegetazione.
- Certo che posso! Perchè non potrei, basta...
- AH! Ah-ah-ah.
Alice fece per tendere la mano verso lo stelo di uno di quegli immensi fiori, ma il Cappellaio le aveva schiaffeggiato la mano, come si fa con i bambini quando toccano qualcosa che non dovrebbero. Alice fu stupefatta da quella reazione e abbassò la mano fulminando Jefferson con lo sguardo.
- Eeeeehi! Perchè l'hai fatto?
- Ti potrei aver salvato la vita, per quanto ne sai. P-e-r. Quan...tonesai.
- Cosa? Stavo solo...
- Sssssh.
Jefferson si stava comportando in maniera talmente spensierata e istintiva che non ci pensò due volte a mettere l'indice sulle morbide labbra della ragazza, avvicinandosi al suo viso come se nulla fosse. Nella sua irrazionalità, non poté fare a meno di pensare che Alice profumava di vaniglia e erba appena tagliata. La freschezza. La giovinezza. Non avrebbe potuto consegnarla alla Regina. Si perse ancora una volta negli occhi di lei, poi chiuse i suoi per un secondo in più rispetto al normale. Quando li riaprì, erano diversi. Alice si era vista zittita dal dito del Cappellaio Matto, che sembrava perdere la Ragione un pezzetto alla volta ad ogni minuto che passava. Eppure ora, a quella distanza davvero ravvicinata, riusciva a sentire il suo respiro. Era un respiro regolare, calmo, controllato. Il respiro di un uomo che c'era con la mente. Rispose a quell'intreccio di sguardi, fissando gli opachi occhi di lui. Sparirono solo per un secondo di troppo, poi tornarono, diversi. Lucidi.
Lucidi di pianto. Lucidi di consapevolezza.
- Va tutto bene?
- Tu fai troppe domande, Alice.
Alice fece per rispondere, ma riuscì solo a schiudere le labbra prima di sentire qualcuno avvicinarsi. Passi, voci indistinte, vicini, sempre più vicini. Alice guardò verso di esse, Jefferson si voltò verso la stessa parte. Le prese la mano, facendole segno di fare silenzio. La trascinò con sé, ma questa volta lei lo seguiva senza remore. Camminavano l'uno a fianco all'altro, piano, fuggendo da un nemico indistinto. Arrivarono ad un albero cavo, dopo poco. Jefferson spinse delicatamente la ragazza al suo interno.
- Sta ferma qua, nasconditi.
- Mi lasci qua?
Aveva forse scelta? Nemmeno Jefferson sapeva davvero dirsi perchè la stesse proteggendo. C'era qualcosa in lei che lo faceva agire in quel modo. Era come se fossero uniti da qualcosa di invisibile ma dannatamente palpabile. Ma non gli interessava cosa fosse. O forse aveva solo paura di scoprirlo. Conosceva quella ragazza da pochi minuti - non sapeva dire quanti, effettivamente - ma in quel breve tempo lei l'aveva colpito come nessuno aveva fatto da molto, molto tempo. Ma salvare lei poteva significare rinunciare a Grace, e per niente al mondo l'avrebbe permesso. Avrebbe preso tempo. In attesa di capire chi fosse davvero Alice, cosa nascondesse, perchè sembrava essere così speciale. Poi avrebbe potuto pensare a portarla dalla Regina di Cuori.
- Torno.
Fuggì, il Cappellaio Matto, tra le fronde, e Alice si fece piccola piccola lì, dentro a quell'albero che a momenti sembrava respirare. Il Cappellaio Matto non sembrava poi così tanto tale, in certi momenti. La affascinava quell'uomo, specie perchè era convinta che avesse molto da raccontare. Avrebbe voluto sapere tutto di lui, qualsiasi storia avesse da raccontare. Ma per ora doveva limitarsi ad aspettarlo. L'avrebbe fatto.

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