Prendimi con te.

di fann1kaoriyuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prendimi con te - parte prima ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Prendimi con te- ultima parte- ***



Capitolo 1
*** Prendimi con te - parte prima ***


Note iniziali:
Ciao a tutti, sono fann1kaoriyuki e questa è una storia che ho scritto ormai un sacco di tempo fa. Visto che vi sto facendo aspettare da tipo mesi nuovi aggiornamenti di quelle ancora attive- o quasi- ho pensato intanto di ingannare l’attesa con alcune one shot o storie di brevi cap che ormai sono un po’ datate, ma spero possiate comunque apprezzare.
Fatemelo sapere :P

Prendimi con te – parte prima

 

 

Perché non mi prendi con te?

 

Ti fa quasi ridere, tutto questo.

Ti guardi attorno annaspando alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa che faccia intendere sia uno scherzo.  O ancora meglio, un sogno.

Ma non lo è.

 

Come avresti sempre voluto, a tua completa disposizione...

 

Sei appena stato al suo funerale. Il suo funerale, suo e quello di un altro centinaio di persone che, come lui, sono morte per la guerra.

Come se lui fosse uno dei tanti, e nulla di più.

E pensare che lo avevano battezzato  il Prescelto o il Salvatore.

Quanto è ingiusta la vita se non si rende onore in modo adeguato nemmeno a chi di dovere.

 

Ti piacerebbe, vero? Infierire su di me e vedermi sottomesso.

 

Sei stato lì e hai sentito snocciolare grandi parole di circostanza su quanto, tutti loro, siano stati valorosi e impavidi, su come abbiano combattuto con i denti e con le unghie per dare ai sopravvissuti una vita senza ombre di alcun genere.

Patetico.

Ti viene da pensare solo questo, mentre fissi la grande lapide su cui sono scritti decine e decine di nomi, tra cui anche il suo.

Harry Potter, figlio del fu James Potter.

Del resto, sono rimasti in pochi ad averlo realmente conosciuto, tu tra questi. Gli altri sono a loro volta soltanto un nome su quella lapide: ragazzi appena maggiorenni mandati a morire per una guerra ingiusta, dalla vita rovinata e spezzata per sempre.

 

Questa è la tua occasione. Sono tutto tuo. Portami con te e fai di me quello che ti pare.

 

Ti alzi, nel bel mezzo della cerimonia.

Sai che per questo gesto la stampa farà clamore, ma non ti importa. Semplicemente, ti alzi e te ne vai.

Non accetti di restare in un posto così pieno di ipocrisia, non sopporti di vedere la gente piangere senza nessuna ragione particolare. Non li conoscevano, per loro non sono nient’altro che nomi. Mentre per te ognuno di quei nomi è legato a un ricordo.

La porta della chiesa fa uno strano cigolio quando la apri che, contrapposto al silenzio solenne all’interno dell’edificio, non fa che attirare ancor di più l’attenzione su di te. Però non ti interessa. A te non importa di quel posto e di quella cerimonia. Hai ben altre cose a cui pensare.

 

Allora, Malfoy?

 

Va bene.

Ti dici in un sospiro come a rimarcare quel ricordo. Va tutto bene, ora.

Torni a casa, a piedi, come ormai hai l’abitudine di fare. Non ami più Smaterializzarti, fa guadagnare tempo sì, ma in questo momento vuoi camminare e pensare.

Sei triste. C’è qualcosa di profondamente triste in tutto questo; e non per il funerale, né per la vita che, innegabilmente, fa schifo.

Nessuno lo sa, Draco, il tuo segreto. E non lo dirai mai a nessuno.

Eppure in questa occasione particolare non riesci a riflettere, non importa quanto lentamente cammini.

Ti senti vuoto e vuoi solo tornare a casa. Affretti quindi il passo, presto arrivi alla tua meta.

 

Allora Malfoy?

 

Vieni accolto dai tuoi servitori. Non li consideri molto: quasi gli lanci il tuo cappotto e ti allontani in fretta verso la stanza.

Quella stessa che nasconde il tuo segreto: l’unica dove vorresti stare, anche rinchiuso per sempre, ma ti starebbe bene se dentro vi fosse anche quel segreto che tanto celi agli occhi del mondo e che tieni stretto maniacalmente.

E allora...

E allora apri la porta e lui alza gli occhi su di te, affatto sorpreso dalla tua “mancanza di educazione” che ti ha permesso che dimenticassi anche di bussare.

Alza gli occhi e ti guarda, fisso.

- Buona sera, Padrone. - La sua voce è calma, calcolata, profonda. Parla con quell’espressione impassibile che si è dipinto sul viso quel fatidico giorno, e che non si è più tolto. E’ un sorriso fittizio, arrogante, quasi crudele.

Non puoi fare a meno di sentirti malvagio a tua volta, mentre sfoderi quel ghigno caratteristico che ti ha fatto superare anni di scuola e una intera guerra.

- Buona sera. - dici con la tua voce strascicata, chiudendoti la porta alle spalle.

Avanzi per la stanza e ti siedi sulla poltrona. E’ rossa ed è accanto al letto. Piuttosto comoda.

- Posso fare qualcosa per te? - ti fa ancora, servile.

- Oggi sono stato al tuo funerale. -

Quelle parole non lo sorprendono, né sembrano toccarlo in qualche modo; muove piano la testa, tanto che riesci a scorgere uno sprazzo della sua famosa cicatrice. Improvvisamente senti l’impulso di afferrargli il viso e sfregare contro la sua fronte qualche panno umido, nella speranza di cancellargliela, come fosse solo una traccia di inchiostro o uno scarabocchio fatto per gioco.

- E’ andato bene? -

- Certo. -

C’è silenzio ora, e tu lo senti pesante. Harry Potter è davanti a te, vivo come nessuno sa essere, ed è fermo... in attesa di un tuo ordine.

Lui adesso è tuo, Draco, e se da una parte te ne compiaci, dall’altra provi tanta pietà.

Incateni il suo sguardo e ne resti catturato.

Qualcosa urla nella tua testa, grida di lasciarti andare ma non puoi: a dispetto di come te lo ha chiesto... Harry Potter ha bisogno di aiuto.

Ti porti una mano a massaggiarti la tempia. Vagamente ti chiedi se sia giusto.

La gente lo crede morto, ed invece tu lo tieni rinchiuso in una prigione dorata.

Ma è meglio così, rispondi immediatamente, altrimenti sarebbe rimasto lì dove l’avevi trovato... per strada a vagabondare. Tanto disperato da chiedere a te, suo acerrimo nemico, di prenderti cura di lui.

Che paradosso, vero Draco?

 

Portami con te e fai di me quello che ti pare.

 

Nella testa, come un vortice, odi le sue parole.

Ricordi ancora l’espressione che aveva sul volto, fredda, disinteressata. Come se fosse vero... come se qualsiasi ordine tu gli avessi impartito lo avrebbe eseguito sul serio; certo non per fedeltà, bensì per autolesionismo.

L’hai avvertita sulla pelle, quasi bruciante, la sua volontà di sparire e autodistruggersi.

Te ne sei convinto, ormai: la sua richiesta è scaturita proprio da questo suo desiderio.

Ha scelto te perché lo odi e vuoi annientarlo, questo è ciò che pensa.

Non sa la verità. Non sa che lo ami.

Però questo suo disfattismo ti fa provare un diverso sentimento...

Vuoi distruggerlo. Semplicemente distruggerlo e farlo a pezzettini.

Per un recondito desiderio che si ribelli e che torni a fronteggiarti, che torni a essere lui o, forse, anche solo per vederlo reagire...

Ma non è successo fin’ora.

E la tua voglia di annientarlo aumenta. Vuoi umiliarlo, però stavolta per punizione.

Perché questa nuova versione di Potter non ti piace, non merita di esistere.

Non lo vuoi.

E ti senti male, ti senti crudele... è più forte di te.

- Che ne dici di Fido? - sorridi guardandolo, districandoti dai tuoi pensieri.

- Fido? -

- Sì, è un bel nome... per il mio fedele servitore. -

Troppo pochi sono i secondi di indecisione che seguono, riesci perfino a sentire i suoi, di pensieri, quel secco Te lo meriti che si è ripetuto tra sé e sé per convincersi ad accettare quell’ennesima umiliazione. 

- Come vuoi. - dice neutro.

Lo odi. Lo odi, ormai da troppo tempo per ricordarti di amarlo.

Odi questo nuovo lui.

Quasi ti viene da ridere.

- Alzati. - gli fai. Lui esegue.

- Salta su te stesso. - ordini. Lui esegue.

- Salta su un piede, girando. - Lui, ovviamente, esegue.

Ormai è quasi un vostro rito: gli ordini le cose più assurde solo per testare fino a che punto sia capace di spingersi. E lui si presta a tutto, probabilmente convinto che tu ti diverta dilatando così il suo bisogno di vittimismo e dolore.

Non sa che ogni ordine è, per te, un tassello in più verso un dolore più atroce della morte.

La pietà che provi per lui ti fa quasi soffocare.

Lo odi.

Vuoi ridurlo a niente.

Un pensiero ti passa fulmineo nella testa, ma lo zittisci.

E’ troppo... e lo sai. T’incupisci.

- Fermo. - quasi gridi.

Lui ora è immobile davanti a te, in attesa.

Ti porti una mano alle tempie per massaggiartele, e lo guardi attraverso le dita ossute della mano.

E’ troppo, ma non sai più cos’altro pensare.

A questo punto non ha più senso farsi scrupoli...

Senti l’adrenalina scorrerti nelle vene e un senso di terrore ti invade.

Sei spaventato, ma non per quello che stai pensando di fare né per la paura di ferirlo tanto da perderlo.

Sei tu stesso a spaventarti.

Eppure, nonostante le remore, avverti la tua voce come se neanche ti appartenesse più.

- Spogliati. -

 

Senti una lieve soddisfazione quando lui tentenna evidentemente sorpreso. Che si trasforma subito in delusione quando lo vedi portarsi le mani al collo e iniziare a slacciare la camicia, bottone per bottone.

Lo fissi, inconsapevolmente concentrato ad analizzare ogni lembo di pelle esposta.

Quando ti si presenta davanti il suo petto, trattieni un respiro senza volerlo. E’ meglio di quello che immaginavi, anche le cicatrici che lo segnano le trovi perfette sul suo corpo.

Per un attimo ti immagini a leccarle, piano, solo con la punta della lingua, rimarcandole con delicatezza.

Riprendi a respirare, poi sorridi quietamente.

Nel frattempo, lui ha spostato la propria attenzione sui pantaloni e presto anche quelli vanno via. Quando resta in mutande si ferma e ti guarda, in attesa.

- Sei ancora vestito. - gli indichi placido. Come se nulla fosse, Harry si toglie anche l’ultimo indumento.

Senti la saliva nella tua bocca azzerarsi e una contrazione nel basso, chiaro segno di una nascente eccitazione.

Per un attimo hai un attimo di ripensamento, prima che lui parli e annienti anche questa tua ultima esitazione.

- Posso fare altro per te, Padrone? -

Stringi i pugni inconsciamente e il tuo sguardo si indurisce, te ne accorgi perché senti i muscoli facciali tesi e non riesci a distenderli nemmeno facendo perno sul tuo famoso autocontrollo.

Pieghi la testa di lato come a contemplarlo.

- Fido... - inizi con voce ferma, ormai quasi non avverti più umanità in te, il tuo fedele schiavetto l’ha distrutta tutta. - Quando hai detto qualsiasi cosa... intendevi proprio qualsiasi? -

- ...Sì. -

Ridi, non riesci a evitarlo.

- Avvicinati. -

Te ne sei accorto da solo, del tono roco della tua voce.

Ogni passo che fa è un battito perso. E’ così vicino a ciò che hai sognato da tutta una vita...

Quando è abbastanza prossimo a te, d’istinto allunghi un braccio come ad afferrarlo.

Ma non appena tocchi la sua pelle qualcosa, in te, si blocca.

Un battito così forte da risuonarti nelle orecchie ti sorprende.

Una voce, la tua coscienza forse, urla per farsi sentire.

 

Non così. Non va bene.

 

Alzi gli occhi su di lui perdendoti nei suoi, smeraldini ma vuoti.

Li scruti cercando l’umanità che senti svuotata in te in quelle iridi, inutilmente. Sembra una bambola rotta.

E ti dici che così non ne vale la pena.

Apri piano la bocca per dire qualcosa, ma non trovi le parole. E’ terribile il senso di colpa che ti senti addosso improvvisamente, impregnarti fin quasi a sentirtelo nelle ossa.

Allontani la mano e scuoti la testa per allontanare altri pensieri.

Probabilmente questa è l’unica occasione della tua vita che ti si sta presentando per farlo: prendere Harry Potter e... beh... scoparlo.

Ma non lo vuoi, non così.

Tu lo ami, dopotutto.

- Rivestiti. - gli ordini con un filo di voce mentre ti riprendi la testa con una mano.

Tuttavia lui non si muove. Incuriosito, alzi gli occhi e lo vedi esitare.

Il tuo cuore perde un battito.

- Rivestiti, ho detto. - ordini più duramente, sperando in verità che si ribelli in qualche modo.

- ...Sì. - soffia piano guardandosi attorno, studiando i suoi abiti buttati alla rinfusa.

E’ solo un attimo, però te ne accorgi: rabbrividisce.

Ha freddo e la cosa ti colpisce.

Quasi senza rendertene conto afferri il mantello che non ricordavi neanche di avere, ti alzi in piedi e lo avvolgi con una dolcezza che non credevi neanche più di possedere.

Non sai più come comportarti, ti senti adatto, ma questa cosa è la prima che senti sia giusta dopo tanto tempo.

Lui alza gli occhi e ti guarda, probabilmente incredulo.

- Harry... - sussurri piano con voce bassa - Ho un ordine per te. - aggiungi.

- Dimmi. - fa immediatamente lui.

Stavolta sei tu a esitare, nella tua testa cerchi di trovare le parole giuste per far sì che lui capisca.

Ma sei consapevole anche che sarebbe soltanto un concetto vuoto, almeno senza spiegargli cosa provi per lui... o per un antico lui.

Gli sistemi bene il mantello, per tenerlo più al caldo possibile, poi sorridi avvertendo un’immensa malinconia.

Lo baci. Non sai nemmeno come sei arrivato a farlo, ma ne hai trovato il coraggio.

Premi piano le tue labbra sulle sue in un tocco leggero, affatto soddisfacente come in realtà avresti sempre voluto fare.

- Torna a essere quello di prima. - chiedi quindi - Torna te stesso, non questo surrogato senza anima a cui ti sei ridotto. -

Vedi i suoi occhi vacillare nell’incertezza, ma non ti ci soffermi più di tanto. Sorridi ancora, anche se senza un briciolo di dolcezza.

- Ora dormi se vuoi. - continui volendo solo scappare da quel tuo paradiso. - E sei anche libero... per tutto. -

Le tue mani tremano e sai che se n’è accorto. Le ritiri dal manto che gli hai donato e ti congedi.

Ti allontani il più possibile da lui.

Nessuno è a conoscenza del tuo segreto, è vero. Ma è un segreto il cui peso non riesci più a reggere.

 

Continua…

 

 

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Prendimi con te – parte seconda-

 

Sono passati tre giorni da allora.

E, incredibilmente, Harry non se n’è andato.

Forse, semplicemente non saprebbe dove, e questa cosa ti rattrista, anche se ovviamente ti senti sollevato del fatto che stia ancora da te.

Non vai più a trovarlo nella sua prigione dorata. Sai che c’è, ma sono tre giorni che non lo vedi.

Dagli elfi ti fai dire se mangia e se sta bene, ti preoccupi molto.

Ogni tanto gli mandi a dire che, se volesse, potrebbe raggiungerti a pranzo nel salone. Ma specifichi ogni volta che il tuo è in invito e non un ordine, e che non ha doppi fini.

Vorresti vederlo, terribilmente, ma non te la senti di farlo. Se Harry ti chiedesse ancora una volta un tuo ordine, potresti scoppiare e arrivare a fare davvero ciò che l’ultima volta hai fermato giusto in tempo.

Esci spesso. Non resisti in quel silenzio pesante che avvolge la casa, sapendo che la persona che ami è a poco più di qualche metro da te. Così esci e ti distrai.

Scopi con alcune ragazze, anche qualche ragazzo. Cerchi di dimenticarti perfino che lui esista, cerchi di convincerti che sia morto davvero, anche perché è un po’ come se lo fosse.

Visiti perfino la sua tomba.

A un certo punto arrivi anche a pensare che sia vero, che lui in realtà non esista, e che fin’ora hai solo avuto allucinazioni.

Per qualche assurdo, masochistico motivo ti ritrovi dove lo avevi trovato...

Ammiri con nostalgia e dolore la nicchia che si era fatto per non partire troppo il freddo. In quel vicolo avevi visto risplendere i suoi occhi tra le ombre riconoscendolo subito, in qualche modo.

Ancora non ti spieghi come ci sei riuscito.

Era sporco, era dimagrito ed era disperato, tanto da chiederti aiuto, anche se a modo suo.

Una lacrima solca il tuo viso...

Come si fa a mantenere la dignità in una situazione simile? 

Osservi ancora la nicchia chiedendoti come può averci vissuto in quei tre mesi in cui l’ha abitata.

Poi ti ci siedi.

Ti siedi tra i cartoni fradici e le pezze infangate per cercare di capire.

Resti lì e pensi a Harry.

 

Ora qualcosa in te è cambiato, dopo quel pomeriggio passato nella sporcizia.

Ti fai tre docce per levare via il sudiciume da cui ti senti impregnato, molto del quale psicologico.

Hai come l’impressione che quest’ultimo residuo insozzi ancora il tuo amato.

Ora sei sicuro che avrebbe lasciato che tu lo prendessi, anche se contrario. Pur di non tornare al freddo e alla fame, avrebbe fatto anche questo: diventare la tua puttana.

Sotto la doccia continui a piangere, incapace di evitarlo. Hai capito di aver preteso troppo, e che Harry ha solo imparato a sopravvivere.

Ora vuoi vederlo, affrontarlo. Hai preso una decisione molto importante.

La sera stessa ti rechi da lui.

- Malfoy. - sussurra appena ti vede, incredulo. - ...vuoi che me ne vada? - ti chiede quindi, come se aspettasse questo momento.

Avverti una fitta al cuore, che quasi ti fa soffocare.

Avanzi nella stanza, cercando di mantenere il tuo sangue freddo. Ti siedi a quella sedia rossa, come un vostro rituale e accavalli le gambe, poi pieghi la testa come a studiarlo.

- Stenditi per terra e fai dieci flessioni. - pronunci con tutta la strafottenza di cui sei capace. Lo vedi un po’ interdetto.

- Mi hai sentito? - alzi un sopracciglio inconsciamente - Ti ho appena dato un ordine. -

E, finalmente, lui lo esegue proprio come ti aspettavi e come volevi.

Erano condizioni che aveva posto il moretto, forse per sentirsi meno in colpa a farsi prendere cura da te: servirti.

Lo hai accettato, anche se speri che capisca quando ferisca te, questa cosa.

Non puoi fare altro che continuare così.

 

Il tempo passa. Lo guardi trascorrere attraverso le lancette del tuo orologio a pendolo in salotto. A volte le fissi pregando che vadano più veloci a tuo comando, altre che, al contrario, si fermino.

Qualche volta si è perfino fermato. Magia? No, la batteria si era esaurita.

Un po’ come te.

Nonostante tu sia arrivato a capire almeno un po’ l’atteggiamento di Harry, non sai cosa fare per renderlo felice, o per vederlo ancora sorridere.

Scuoti la testa: tu non lo hai mai visto sorridere, non sai nemmeno se il suo volto s’illumini o chissà cos’altro.

Non ti ha mai sorriso, né lo farà mai.

A volte ci pensi, a cosa sarebbe accaduto se tutto fosse stato diverso... se non ci fosse stata la guerra. Lui non sarebbe lì, con te. Si troverebbe con i suoi amici a godersi giorni felici.

Ti chiedi vagamente se potresti arrivare a sostituirli, un giorno magari.

Ora ti sembra impossibile perfino che riesca a uscire da quella stanza.

In effetti, non credi che l’abbia mai fatto da quando è qui... resta lì circospetto, e se gli elfi non gli portassero da mangiare dubiti perfino che ne andrebbe in cerca.

Non sai come trattarlo, vorresti trovare un modo per farlo uscire dal suo guscio, anche gradualmente, ma non ci riesci.

Così adesso, per quanto Harry Potter spadroneggi solitamente nei tuoi pensieri, non è lui ad abitarli.

Guardi nuovamente l’orologio: sono le otto e un minuto. Ormai è tardi.

Abbassi gli occhi sulle tue mani. Lucius Malfoy alle otto in punto avrebbe ricevuto il bacio.

Ormai è troppo tardi.

Resti nel tuo studio, solo, scosso... un po’ ubriaco perfino.

Hai bevuto per passare meglio la serata: una serata attesa da anni per molti, forse anche da Harry.

Ora, però, non hai molta voglia di pensare.

Pensare ti strema, e ormai non ti sembra di fare altro.

Stavolta vuoi stordirti, vuoi afferrare quell’ebbrezza che ti permetta di far crollare tutto in te e passare qualche ora nell’illusone della libertà.

Nonostante i numerosi bicchieri sei ancora troppo lucido: un altro sorso e questa malattia passerà.

Un altro sorso, uno ancora, il prossimo e poi basta... quasi non ti reggi in piedi.

Ma, perché no, un altro ancora non guasterà.

Però adesso basta. Ti senti più esausto di prima e, anche se non hai quasi più le facoltà intellettive, comprendi che continuare potrebbe farti seriamente male.

Ti senti pesante, quando provi a muoverti.

Un po’ traballante ti metti in piedi e pensi di voler dormire, quindi barcolli fuori dal tuo studio per raggiungere le tue stanze private.

Neanche ti rendi conto di non ricordare più dov’è la tua, di averla cancellata, annegata sotto fiumi di alcool.

Però ricordi dov’è la sua e, stranamente, è lì che arrivi.

Tuttavia non entri, nel piccolo barlume di lucidità che ogni tanto brilla nella tua testa sai che non è il caso, anche se vorresti lasciarti andare tra le sue braccia e piangere.

Magari piangerebbe anche lui... e tutto tornerebbe come prima.

Ti appoggi con la schiena alla porta. Le pareti girano e la nausea ti affligge.

Decidi che non vuoi mai più bere.

Veramente è una decisione che hai preso qualche anno prima, quando ti eri ubriacato per una ragione che ora non ricordi, e che ti ha portato a stare malissimo a ritrovarti una ragazza sconosciuta nel tuo letto.

Sì, avevi deciso all’epoca, ma oggi è un’eccezione.

Non ce la fai a reggere questa vita perennemente buia e cupa, non più.

Vuoi che Harry torni a essere la tua luce, anche se ormai è impossibile.

Scivoli lungo il legno, fino a cadere in terra. Probabilmente lì ti addormenti, o vomiti, oppure cadi in una dimensiona parallela.

Non sai bene che succede, sei troppo annebbiato.

Però sei felice quando ti svegli, per nessuna ragione precisa.

La capisci un attimo prima di aprire gli occhi, una consapevolezza che dura un secondo, poi viene sopraffatta dal dolore lancinante alla testa.

- Porca...! -

Le fitte sembrano spaccarti in due il cranio. Vorresti gridare, ma sai che il minimo rumore peggiorerebbe soltanto le cose, figurarsi un urlo.

- Su, bevi. - ti fa una voce che quasi non ricordavi più, almeno non così autoritaria e dalle sfumature dolciastre.

Provi ad aprire gli occhi, ma i tuoi sensi sono così acuti ora che sei diventato fotosensibile. I tuoi occhi odiano la luce, e tu odi i tuoi occhi.

- Bevi. - continua la voce, avverti premuto sulle labbra qualcosa di freddo e metallico, apri un po’ la bocca e lasci che quella sostanza, qualunque cosa sia, scivoli all’interno, poi la ingoi.

- Schifo... -

- Sempre peggio di come ti sei conciato. - ora il tono è decisamente seccato.

- Wow, Potter... Quante emozioni oggi. - soffi con un’intonazione che voleva essere beffarda, ma risulta invece strascicata per via del dolore.

Lo senti chiudersi nel suo ormai fidato silenzio, tanto che provi nuovamente ad aprire gli occhi, inutilmente.

- Vuole qualcosa, Padrone? - lo senti dire dopo un po’, con voce bassa e calcolata.

Sorridi, incapace di fare altro, mentre ti porti una mano alla fronte per attenuare la luce.

- Sì. - refoli - Prenditi cura di me. -

Poi ricordi solo quell’oggetto metallico minacciare nuovamente la tua bocca e l’intruglio fare a botte con il tuo esofago.

Oltre che a un sussurro, che poi crederai lo strascico d’un sogno.

- Con piacere... -

 

Passano i giorni. A un certo punto smetti di contarli.

Non sai come quella notte sei finito nel tuo letto... il tuo ultimo ricordo è di te, disteso per terra, davanti la porta del tuo schiavo.

Del vostro incontro hai qualche fugace flash, nient’altro.

Ti vergogni di come ti sei mostrato, e vorresti scusarti, ma farebbe crollare la tua maschera: quella che Harry Potter pretende tu abbia costantemente per sentirsi meno in colpa... o più masochista. Ormai che differenza fa?

Continui ad andare nella sua stanza, ordinandogli qualunque cosa ti passi per la testa.

Hai escogitato un nuovo modo per tenerlo occupato: sei entrato con tela e pennelli e, con il sorriso più bastardo che sei riuscito a sfoggiare, hai esclamato - Ritraimi. -

Per un attimo hai gongolato del fatto che stesse per ribattere qualcosa, tuttavia poi ha annuito e ha preso tutti gli oggetti che gli porgevi in consegna per sistemarsi meglio.

Qualcosa però è cambiato, è da un po’ che te ne accorgi...

Sembra meno infelice.

Quando esegue un tuo ordine non sembra più farlo perché deve, ma semplicemente... perché gliel’hai dato tu.

E’ come se ti fosse divenuto a un tratto fedele, ma fedele davvero, di quelle fedeltà che ti gratificano.

Ma ti dici che è solo un’impressione, non vuoi illuderti.

- Allora grande artista,  come vuoi ritrarmi? -

Hai scelto questa specialità per due motivi: primo, vuoi che impieghi le sue giornate facendo qualcosa; secondo perché, essendo tu il soggetto, avresti passato del tempo con lui senza doverti giustificare con lui, o con te stesso.

Senza scuse, né pretese... sei solo lì per uno scopo.

Lo vedi guardarsi attorno poi indicarti la sedia. - Va bene? -

- Certo. - replichi.

Ti siedi, come sempre, sulla sedia rossa.

- Devo mettermi in qualche posa? - chiedi, forse volendo testare fino a che punto arrivi la sua iniziativa.

- Come preferisci. -

- Che artista scadente. - sbuffi, divertito, mentre accavalli le gambe e ti metti comodo. - Così va bene. Su, muoviti! -

- Non sono bravo, però. -

Sorridi, felice. Lo capisci ogni giorno che passa: Harry fa progressi e, con lui, anche tu maturi.

Non sapresti nemmeno dire per quanto tempo resti fermo lì, immobile; hai smesso di quantificarlo da troppo per farlo adesso. Per far passare i minuti, o le ore chissà, scruti il suo volto concentrato e te ne innamori a ogni espressione un pochettino di più.

Non puoi farci nulla, è più forte di te.

Cerchi di resistere anche quando ti prude il naso, inutilmente. Alla fine desisti e provi a grattartelo, tuttavia ti sorprende la reazione di Harry che ringhia un - Sta fermo. - così categorico che ti fa perdere un battito per la felicità.

- Non ero io il padrone? - replichi divertito, sperando che non avverta la tua frase come un rimprovero, bensì come la battuta che è.

Però non resti troppo deluso quando soffia uno - Scusa. - pacato e remissivo.

E’ davvero preso da quello che sta facendo, te ne rendi conto. E ammiri questa nuova passione che leggi nei suoi occhi.

Vorresti restare così per sempre, anche se in silenzio, ma l’atmosfera non è più pesante come una volta.

- A che punto sei? Mi fa male il culo. -

Lui ti lancia un’occhiata pensierosa - Io... - tentenna - temo che mi ci vorrà un altro po’. -

- Un po’ quanto? -

- ...Se vuoi un lavoro fatto a regola d’arte... qualche anno di accademia artistica, due di specializzazione e un miracolo. -

Probabilmente teme di aver osato troppo perché si ferma, immobile come se non credesse alle proprie parole. Gioisci dentro di te, e non riesci a reprimere un sorriso.

- Scusa. - fa ancora.

- Ti ordino di permetterti certe battute un po’ quanto ti pare. - continui soddisfatto - E ora... facciamo una pausa, ti va? -

Lui esita, poi annuisce.

Finalmente ti alzi, per sgranchirti le gambe fai un po’ su e giù per la stanza.

Guardi l’abbozzo e non commenti, ti limiti a un sorriso compiaciuto.

- Questo è per te. - fai inoltre mostrandogli un album e delle matite - Allenati, hai molto da imparare!-

Tutto fila abbastanza liscio e ti accontenti. Finalmente hai capito come prenderlo...

 

- Mi piace. - confessi vedendo il lavoro che, rendendoti particolarmente orgoglioso, Harry ha tentato di impedirti di vedere.

Ha pure messo il broncio e tu, con il cuore colmo di felicità, gli hai concesso giocosamente una carezza sui capelli, come si fa con un bimbo particolarmente bricconcello.

- Posso farlo meglio. -

Sorridi divertito - Ok. - dici solo - Dimostramelo. -

Annuisce. Oggi è una giornata particolarmente positiva, senza una ragione specifica sei semplicemente di buon umore.

- Com’è andata oggi la tua giornata? - chiede Harry dopo un po’. Quasi non riesci a credere alle sue parole: interessamento, normalità...

Resti a bocca aperta, ed evidentemente lo metti in soggezione tanto che abbassa la testa. Sta per chiederti scusa quanto ti decidi a uscire dalla tua trance.

- Bene. - rispondi sfoggiando un sorriso particolarmente felice. - Va tutto bene. -

Ed è vero. E’ maledettamente vero.

Vorresti abbracciarlo forte, soltanto per aver detto una banalità simile.

- E la tua? - ti azzardi a chiedere a tua volta - Stai sempre chiuso qui. Guarda che puoi uscire, sai? -

Ti guarda obliquamente e per un attimo ti sembra di avvertirlo lontano. D’istinto allunghi una mano e gli accarezzi il viso per costringerlo psicologicamente a tornare da te e incrociare i suoi occhi coi tuoi.

E ti manca il fiato mentre le vostri iridi si incatenano... ti sembra un momento sospeso nel tempo, infinito e magnifico.

E’ come se il tuo corpo si muovesse da solo e già sei a due centimetri da lui, ma non appena lui chiude gli occhi per arrendersi a te, la magia si spezza e ti rendi conto della situazione.

Stavi quasi per baciarlo.

- De-devo andare. - butti lì, agitatamente. - Ho da fare. A domani. -

Non aspetti nemmeno un cenno da lui. Semplicemente esci.

Scappi... di nuovo.

 

Non sai più cosa fare per tenerti a debita distanza. Per un lungo secondo ti senti completamente incapace di aiutarlo a “guarire”.

Devi farti passare il sentimento, in qualche modo, reprimerlo, soffocarlo...

Se fin’ora ti era sembrato che andasse tutto bene, in quel momento ti sei reso conto di essere completamente succube del tuo schiavo.

Sei debole al suo fascino. E non va bene.

 

Continua…

 

 

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Capitolo 3
*** Prendimi con te- ultima parte- ***


E’ notte fonda quando un elfo tremante ti sveglia. Ci metti un po’ a capire perché:

- Il signorino Harry non si sente bene. - squittisce agitato.

Con un balzo scendi dal letto, con due arrivi alla sua stanza.

Appena apri la porta lo senti tossire e senti l’ansia montare. E’ disteso sul letto, piegato su se stesso, ansimante... solo e indifeso.

Ti avvicini e lui si accorge di te, con uno scatto si ritrae dalla tua mano tesa.

- S-sto bene. - mente, ma l’aria gli manca e quasi non senti il suo sospiro. Ha l’affanno pesante, al limite dell’asma.

- Piantala, Harry! - ruggisci, mentre provi di nuovo ad avvicinarti.

Ansima ancora.

Resti con le braccia tese, non sai cosa fare. Fai apparire un elfo e gli ordini di chiamare un Medimago a una velocità tale che neanche ti ricordi di aver parlato.

Resti a guardarlo respingerti mentre continui a non sapere cosa fare.

- Harry... - sospiri ferito dal suo netto rifiuto.

Lui intanto prova a calmare il proprio respiro mentre si appiattisse contro il muro alle sue spalle, il più lontano possibile da te. Ma il petto continua ad alzarsi e riabbassarsi mentre i suoi occhi sono lucidi di dolore e spavento.

- ...Harry... - sospiri ancora e senti il tuo cuore dolere.

Provi di nuovo a toccarlo, con la certezza di una nuova ritrosia, quasi non ti accorgi dei suoi movimenti.

In poco più di un secondo ti trovi avvolto dalle sue braccia, il suo respiro affannoso sulla spalla e il suo corpo tremante contro il tuo e, per un attimo, t’irrigidisci non sapendo cosa fare.

Ma l’esitazione dura ben poco, e, prima ancora di accorgertene, lo hai stretto forte a te e hai iniziato ad accarezzargli la schiena. Piano, per calmarlo e rassicurarlo.

Lo stringi, come lui stringe te, quasi come se temesse di perderti.

Ti spezza il cuore, tutto questo. E in un piccolo cantuccio dello stesso, ti piace che si aggrappi così a te, anche se sai che è insensibile da parte tua.

Quando il Medimago arriva, e nonostante la stessa esitazione di Harry al riguardo, a malincuore sei costretto a lasciarlo andare. Per precauzione, nel frattempo hai praticato su di lui alcune leggere trasfigurazioni affinché l’altro non lo riconosca.

- Posso parlarle in privato? - chiede il dottore dopo una breve visita. Annuisci e lo raggiungi fuori, fai perfino finta di non notare un accenno di tremore da parte del moretto all’idea di restare solo.

- Sicuramente è stato un attacco d’ansia. - ti dice il Medimago. - E’ una condizione psicologica, solitamente presente in persone che hanno avuto un trauma. La reazione viene causata spesso da preoccupazioni e da situazioni opprimenti. - continua.

Tu sbatti le palpebre più volte.

- Sta bene ora? - chiedi, apprensivo.

Lui ti scruta - In che rapporti è con il paziente? - ti chiede.

Non sai cosa rispondere, ti limiti a un - E’ un mio amico. -

Non ti passa nemmeno per l’anticamera del cervello di chiamarlo “servo”.

- Ho notato che lo abbracciava. - continua il dottore - Credo che sia bastato questo a calmarlo. -

- Quindi dovrei abbracciarlo ogni volta che si sente male? -

- ...Beh... - fa lui - A quanto pare è stato il paziente a scegliere questo modo di calmarsi. -

Non sai cosa ribattere. Non sai cosa pensare della situazione.

Tuttavia, sai che è giunta l’ora di parlare con Harry a cuore aperto... e di capire.

 

Passi la notte con lui.

Quasi con esitazione cerchi di riabbracciarlo e, malgrado la sua riluttanza iniziale, sicuramente dovuta a un moto di vergogna per come si è comportato, si lascia coinvolgere in quell’atto intimo.

E funziona. Si tranquillizza completamente, rilassandosi tra le tue braccia, e non puoi che esserne felice.

- Perché ti sei sentito male...? - gli chiedi all’improvviso, in un sussurro, quasi temessi di rovinare il silenzio tranquillo che si è creato ora, lontano dagli ansiti di qualche ora prima.

Lui resta mollemente aggrappato a te, mentre il suo sguardo è lontano, perso chissà dove.

- Ti ordino di rispondermi. - gli fai ancora, senza però nessuna nota imperativa nella voce.

- Perché mi hai baciato quel giorno? - chiede invece lui, sorprendendoti.

I suoi occhi sono ancora lontani, occhi che vorresti puntati su di te.

Vieni colto alla sprovvista. Tanto che per qualche istante non sai cosa rispondere. Ma non riesci a dirgli che lo ami, hai il terrore che si allontani da te disgustato.

Il tuo silenzio è prolungato e lui vuole la sua risposta, tanto che alza lo sguardo su di te, finalmente, e lo incrocia al tuo.

- Vorresti farlo ancora? - ti domanda ancora, in un sussurro.

Non puoi fare a meno di osservagli le labbra. Ma non sai cosa dire.

Vedi le sue iridi traballare e, più in profondità, una scintilla nascosta, che per un attimo ti fa sognare. Quando avverti il suo respiro caldo sul viso, ti accorgi finalmente che si sta avvicinando.

Immediatamente senti l’adrenalina invaderti, gettandoti in una sorta di paura e aspettativa.

Per un lungo istante vorresti accogliere quel tocco, intercettare le sue labbra e divorarle.

Ma sai che non è giusto. E’ come se tu stesso non fossi ancora pronto a questo, semplicemente perché sai che non lo è lui.

Racimoli tutto il tuo coraggio per piegare la testa di lato e così evitare il bacio.

Si ferma, guardandoti tra il ferito e il mesto. Ti si spezza ancora un po’ il cuore, come se poi ne fosse rimasto qualcosa...

Non sai cosa dire. Apri più volte la bocca sperando che le parole escano da sole, ma non è così, e ti ritrovi avvolto dal silenzio sotto gli occhi tristi dell’altro.

Però devi dire qualcosa, non puoi mantenere il silenzio, non più.

E con questo pensiero in testa non puoi far altro che chiedergli - Cosa vuoi da me? -

- In che senso? - rimbecca immediatamente lui, tuttavia meno interrogativo di quello che vuole far sembrare.

E improvvisamente, il discorso, come preparato ti sovviene alla mente e non puoi fare a meno di proferirlo, come se quel piccolo sforzo iniziale ti avesse meccanicamente dato il via.

- Cosa ti aspetti che faccia? - chiedi quindi ancora - Perché ti sei fatto accogliere proprio da me? Chiunque ti avrebbe preso con sé, sei il Salvatore del mondo. Perché hai scelto proprio me? Per farti comandare? Per masochismo? Io... - prendi fiato - Io non ce la faccio, Harry. Non è così che voglio starti vicino. –

E improvvisamente quell’abbraccio che vi mantiene uniti ti sta stretto e non puoi fare a meno di allontanarlo. Ti metti seduto, con la testa fra le mani prendendo un lungo sospiro.

- Tu vuoi stare con me perché pensi che io ti odi, ma non è così. Vuoi sapere perché ti ho baciato? - alzi gli occhi e lo affronti, non perdi tempo nemmeno a decifrare il suo sguardo, sei concentrato su quello che provi tu.

- Io ti amo, Harry. - mormori - E solo un imbecille non ci sarebbe arrivato prima. -

Ti alzi e pieghi la testa di lato, perso per un attimo tra i tuoi pensieri - Io... - fai poi.

Ma nonostante ci sia molto da dire è come se la verve che ti animato solo pochi istanti prima fosse scemata. Quindi rimarchi quell’ordine che Harry ancora non ha soddisfatto.

- Voglio che torni a essere te stesso. -

E adesso, davvero, non hai più nulla da dire. Nel silenzio annuisci in un certo senso verso te stesso, poi ti giri per andare via.

Una volta fuori dalla porta il tuo cuore ti pare pesante e ti senti soffocare.

Ti chiedi vagamente se la malattia di Harry non sia contagiosa...

 

Probabilmente è stato tutto un lungo e spossante sogno. La storia di Harry, s’intende.

Te lo domandi dal momento che osservi, quasi in trance, la sua stanza vuota.

Probamente è così: lui è morto, lo è sempre stato e hai giocato al padrone con un fantasma della tua mente.

Non c’è più ombra di Harry.

La sua stanza è vuota perfino della sua essenza, come se l’altro non ci avesse mai vissuto.

Non si è mai sentito a casa, qui. Mai.

E tutte le ore, i giorni passati con lui sono stati una perdita di tempo.

Tu per lui sei stato soltanto una perdita di tempo.

Tu. Non. Sei. Servito. A. Nulla.

Non lo hai aiutato.

Ti senti vuoto, improvvisamente. E’ come se dentro di te ci fosse una voragine e il tuo cervello fosse... spento.

Stanco di pensare, stanco di fare una qualsiasi cosa, torni sui tuoi passi e ti aggiri nella tua casa come un fantasma.

Non sai nemmeno dove stai andando.

E’ come se avessi improvvisamente trovato il vuoto davanti a te, come se fin’ora avessi scelto una strada e nella nebbia buia si fosse presentata una voragine davanti ai tuoi piedi e, senza averla vista, tu fossi precipitato... forse precipiti ancora.

Quasi ti sembra di sentire il fischio nelle orecchie dato dalla carezza del vento. Una carezza così forte e potente da assordare.

Scorri la tua agenda, senza nemmeno vedere le parole che vi sono scritte.

E... pensi a lui.

Crolli con la testa tra le braccia incrociate e lui riempie il tuo vuoto interiore, tormentandoti. Ti appare quando chiudi gli occhi e il ricordo della sua voce ti riempie le orecchie.

E lì nonostante quella stanza non ne serbi alcun ricordo, non ne sia affatto pregna, come se tu ne fossi completamente intossicato.

Sei tu la spugna della sua essenza, colui che può effettivamente indicare che è vissuto accanto a te.

Non è stato un sogno semplicemente perché un sogno non può far tanto male.

Quindi senti finalmente il bisogno di prenderlo a pugni!

Se fin’ora non lo hai fatto per una sorta di rispetto, di volontà di stringerlo a te... adesso non ne puoi più. Sei stanco fargli dono di una dolcezza che l’altro non vuole.

Vuole crudeltà? E la avrà.

Ti alzi immediatamente, spinto dall’adrenalina che ti scorre all’idea di prenderlo a cazzotti e fargli tanto male, almeno un millesimo di quanto lui fa del male a te.

Perciò corri a cercarlo. Giri tutta la città, guardando in tutti i posti dove potrebbe essersi rifugiato, una nuova nicchia che potrebbe essersi creato per sfuggirti.

Non riesci a trovarlo, eppure la tua foga non scema.

Provi a cercarlo perfino nel suo vecchio nascondiglio, anche se non ci speravi più di tanto. E infatti, come previsto, lui non c’è.

E improvvisamente, all’idea che sia sparito anche dalla città, ritorni nel buco nero.

Ripensi al pomeriggio passato come senzatetto e ti senti così triste e depresso che torni a sederti lì, tra la spazzatura. Non tanto per cosa rappresenta quel posto, ma solo perché sei stanco... hai camminato molto e non hai voglia di tornare a casa. Incurante.

Stai fermo lì, a fissare il vuoto perso nei tuoi pensieri.

Ti accorgi che piove, solo quando senti picchiettarti il viso dalla gocce. Ma non presti più di tanto attenzione, anzi.

Finalmente il tempo asseconda il colore della tua anima.

Alzi gli occhi al cielo, incurante del fatto che l’acqua ti dia fastidio. Osservi lo sprazzo di paradiso che si intravede dal palazzo che ti da asilo. E’ grigio. Le nuvole viaggiano in fretta.

Con un po’ di rammarico ti rendi conto che smetterà presto.

Ti scosti una ciocca bagnata dal viso. Ti chiedi ancora dove possa essere, quando improvvisamente ti sovviene la risposta.

C’è un solo posto dove tu non abbia ancora cercato.

Stavolta ti Smaterializzi, non puoi attendere oltre, e arrivi in fretta.

Quando entri nel mausoleo funebre dove nomi su nomi sono elencati su di una lapide nera, ti accorgi immediatamente della figura che è in piedi a osservarli, uno per uno, con intensità.

Lo guardi fissare quei nomi senza tuttavia avvicinarti. Non vuoi rovinare il momento solenne che sta vivendo. E’ una cosa privata, solo sua.

Anche se vorresti farne parte.

Ora più che mai ti rendi conto di non poter diventare davvero importante per lui. Lui non è più capace di affezionarsi a qualcuno, è troppo provato.

Ti rendi conto che non puoi essergli utile se non con quel rapporto che tanto odiavi.

Era la cosa migliore per entrambi.

Con questa consapevolezza, ti avvicini infine a lui.

- Ce ne hai messo di tempo. - ti dice piano senza guardarti ma scorrendo ancora quella lista.

- Già. - sospiri - Colpa mia. -

- Non trovo il mio nome. - dice ancora - Lo cerco da quando sono qui. -

Tu invece lo individui immediatamente, e glielo indichi.

- Ah. - fa - Sono poco attento, lo avevo sotto gli occhi. -

Ora i suoi occhi scrutano il suo stesso nome, con una maniacale attenzione.

- E’ una bella lapide. - dice ancora. Annuisci. - Ci sono anche quelli di Ron e Hermione... ma sono così lontani dal mio. Stupido alfabeto. - rimbrotta.

- Già. - acconsenti - Stupido alfabeto. -

Poi c’è silenzio tra voi. Restate misticamente quieti a fissare quella lapide fredda.

- Avrei voluto esserci anche io qui. - confessi con naturalezza. - Avrei voluto essere tra questi nomi. -

Ti accorgi che lui si è girato verso di te, ma prendi tempo prima di guardarlo.

- Anche tu, immagino. Nel senso, realmente. -

- Sarebbe stato più facile. - dice, infatti.

- Ma sarei stato anche io lontano da te, nella lista. - fai ancora tornando a osservare la stessa - Come lo sono sempre stato. - sussurri subito dopo.

- Per quanto mi sia sforzato... non posso fare nulla per aiutarti. - continui - Tu vuoi morire. -

Lui temporeggia abbassando la testa.

- Se vuoi posso ucciderti. - dici ancora poi lo guardi biecamente.

- Mi uccideresti sul serio? - ti chiede quindi lui in un sussurro - Lo faresti davvero? -

Sorridi senza nessuna dolcezza o allegria. E’ una smorfia, nervi tirati e labbra piegate all’insù.

- Se servisse lo farei. - confessi quindi con sincerità. - Vuoi che ti uccida? -

I suoi occhi tornano sulla lapide in marmo nero, la fissano, stavolta senza neanche guardarla. Valutando l’ipotesi probabilmente.

- Non servirebbe. - lo senti dire dopo un po’ - ... credo di non voler più morire. -

- Allora cosa posso fare per te, Harry? Come posso aiutarti? -

E’ questa la vera domanda che ha costellato la vostra esperienza assieme. E ‘questa che volevi porgergli da sempre...

Lui esita prima di allungare timidamente una mano e farla scivolare nella tua, con tuo sommo stupore.

Una sola frase esce dalle sua labbra, come un raggio di sole nella pioggia di Londra. Raro e magico, come il sorriso che ora si è dipinto sul volto del tuo amato.

- Lasciami mantenere la mia promessa. - ti chiede - Lasciami prendere cura di te. -

E stavolta, quando si avvicina per baciarti, non puoi fare a meno di assaporare quel tocco e stringerlo a te.

 

 

 

Note finali:

Finito! Alla prossima!

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