ufficio alle relazioni babbane. Ovvero sia: il postino suona sempre due volte

di udeis
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** istruzioni per l'uso ***
Capitolo 2: *** il mattino ha l'oro in bocca ***
Capitolo 3: *** strategia d'azione ***
Capitolo 4: *** il duello ***
Capitolo 5: *** Alleati ***
Capitolo 6: *** L'ospedale ***
Capitolo 7: *** finalmente a casa ***
Capitolo 8: *** il giorno dopo ***
Capitolo 9: *** La cura ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** istruzioni per l'uso ***


Sono un mago che vive la maggior parte del suo tempo come babbano.
Folle eh?
Passo in incognito tutte le mie giornate perciò non è strano che alla fine mi sia affezionato al loro modo di vivere e conosca perfettamente il loro modo di pensare ed agire.
Lavoro alle poste babbane e mi occupo di rintracciare la corrispondenza magica che prende vie poco ortodosse mettendo a rischio lo statuto sulla segretezza. Di solito sono i genitori dei nati babbani a scrivere, ma non mancano anche i maghi che decidono di lamentarsi con l’amministrazione pubblica per l’altezza dei lampioni o chiedeno se per caso hanno ritrovato il povero Piffy un – e qui mettete il nome di un animale potenzialmente mortale e/o dannoso, quando va bene solo vistoso, e, possibilmente, illegale- povero animaletto molto dolce disperso nelle fogne della città.
Capita più spesso di quanto potreste immaginare.
 
In estate invece consegno le lettere per conto di Hogwars ai nati babbani e rivelo alle loro famiglie l’esistenza del nostro mondo. È un compito che mi piace molto: serve empatia, delicatezza e buon senso e soprattutto una buona conoscenza del loro mondo. Negli anni ho sviluppato una serie di tecniche per svolgere al meglio il mio lavoro e ho notato come alcune situazioni tendono a ripetersi.
 
Tanto per cominciare bisogna convincerli di non essere pazzi.
Di non essere, per esempio, depravati pedofili, rapitori originali o membri di qualche agenzia governativa con il compito di sottoporre il figlio a esperimenti, addestrandoli a diventare un’ arma nelle mani dell’esercito e tanto meno membri di qualche setta o esponenti estremisti di qualche religione in cerca di seguaci.
Non che te lo dicano apertamente. Non ammetterebbero di averlo pensato neanche sotto tortura, ma se li guardi con attenzione e se conosci abbastanza bene la cultura babbana, quella televisiva e cinematografica in particolare, ti accorgi facilmente che in un lampo valutano tutte queste ipotesi. Poi nascondono le assurdità dietro una maschera di serietà o gentilezza che non riesce a dissimulare del tutto la preoccupazione e il sospetto. Non che gli si possa dare torto in linea di principio: uno sconosciuto piomba a casa loro farneticando assurdità, chiunque sarebbe preoccupato, soprattutto quando il destinatario di quelle idiozie è una creatura ingenua e vulnerabile. E comunque se chiunque di voi avesse visto qualche film babbano sarebbe ugualmente paranoico: in quasi ogni film c’è un serial killer, un ladro, un truffatore, un terrorista, un traditore, un assassino o un depravato. È inquietante come riescano ad immaginare il peggio in ogni situazione: perché ogni casa isolata deve nascondere un folle? Perché non c’è mai uno sconosciuto fautore di buone notizie? Senza contare i film storici, che vengono ambientati di solito durante periodi di guerra o estrema povertà e non mancano mai torture e sopraffazioni. Come se noi maghi scrivessimo romanzi solo sui mangiamorte o i loro simili: in paio d’anni saremmo tutti ridotti come Malocchio.
Perciò tanto per iniziare imparate a vestirvi da babbani.
Anche se un vostro avo era un babbano non potete riutilizzare i suoi vestiti neanche se vi stanno bene: la moda è cambiata parecchio.
Mettete il naso fuori da casa vostra e osservate i vestiti di uno di loro e copiateli, non mi sembra molto complicato. E, non smetterò mai di ripeterlo, le vesti lunghe sono da donne.
Ancora meglio sarebbe se riusciste a vestirvi in una maniera un po’ più seria. Non che bermuda e canottiera non siano dei tipici vestiti babbani, anche minigonna e top lo sono, ma, ecco, vestirsi in maniera più professionale aiuta ad essere presi in considerazione all’ inizio e sul serio poi.
 
Non esiste un modo ottimale di dare l’annuncio, perciò mettetevi il cuore in pace: perlopiù bisogna adeguarsi alla situazione e al tipo di famiglia che ci si trova davanti e, dopo il silenzio che necessariamente seguirà le vostre parole, continuare a parlare, rassicurandoli con dettagli verosimili, concreti e logici, sul mondo magico.
 
Alcuni di loro, trattenendo con una mano il coniuge che è appena sobbalzato o vuole chiedere qualcosa, ti interrogano con quella incredula gentilezza, che spesso nasconde più di una traccia di ironia. Altri ti attaccano con sarcasmo e un’ incredibile parlantina. Altri ancora, le donne soprattutto, scoppiano in lacrime presagendo una tragedia, aggrappandosi disperatamente al marito, che non può fare altro che scrutarti interdetto impediti dalla mole della loro dolce metà. Ci sono poi quelli che, inviperiti, si alzano in piedi e ti ingiungono di uscire dal loro salotto, pochi ti insultano, dando fiato ai loro sospetti e minacciano di passare alle vie di fatto, ancora meno alle vie di fatto ci passano sul serio.
Ma l’incredulità e il sospetto durano il tempo di estrarre la bacchetta e mostrar loro una vera magia.
Bisogna stare attenti all’incantesimo che si sceglie: qualunque cosa si faccia non bisogna sembrare dei prestigiatori, perciò niente cose fatte apparire dal nulla e neanche, qualunque sia la situazione, magie indirizzate su di loro. Non cambiate loro il colore dei capelli e, se vi stanno per tirare un pugno, colpire con un coltello o con una mazza da baseball, trattenetevi dall’immobilizzarli con la magia, schivate, o incassate, se siete scarsi. La cosa migliore è esibirsi in qualche trucco di levitazione, le tazze da te, per esempio, o in qualche piccola trasfigurazione, al limite aggiustare qualche oggetto o cambiate il colore della teiera. Mostrare qualche foto magica o la gazzetta del profeta, si rivela sempre una mossa vincente: se vi ricordate di regalagliela avranno sempre sotto gli occhi una prova dell’esistenza del nostro mondo. Non lasciatevi mai andare ad ostentazioni esagerate di magia: niente fontana d’acqua che sgorga dal divano, non fate piovere in casa e -per Merlino!- attenti a cosa fate lievitare! Non c’è niente di meglio per esasperare un babbano, che fa lievitare la loro televisione, il computer o il frigorifero: sono oggetti costosi e molto utili che non gradiranno affatto veder volare per casa, perciò se volete andare sul sicuro fate lievitare solo quelle cose piccole che usate anche voi.
Non spaventateli e siate sempre gentili, disponibili e comprensivi, parlate con calma del nostro mondo, chiarite ogni loro dubbio, offritevi di accompagnarli a Diagon Alley, spiegategli l’obbligo di segretezza, non alzate mai la voce. Non crediate che siano stupidi e non trattateli come tali, la loro è ignoranza, non idiozia e, come qualunque mago, anche un babbano si altera se lo trattate con troppa condiscendenza.
Più conoscerete il loro mondo, più riuscirete a rassicurarli e a spiegarvi: comprendere il bagaglio culturale di un persona vuol dire saper usare le parole e le immagini giuste.
I genitori con cui parlerete sono terrorizzati di perdere i loro figli, perciò se citerete qualche film o programma televisivo recente avranno l’ impressione che voi possiate comprenderli meglio e che i loro figli non saranno inghiottiti in un mondo sconosciuto e lontano  per non tornare mai più. Fategli capire che i loro bambini resteranno comunque e sempre parte della loro famiglia e del mondo babbano, dategli l’impressione che i nostri due mondi siano più connessi di quanto non lo siano in realtà. Una piccola illusione è sempre meglio della disperazione: aiuterà genitori e figli ad accettare con più facilità il cambiamento.
Non dimenticate di spiegare, questo è fondamentale, come raggiungere il binario nove e tre quarti e di come funzionano le comunicazioni da noi.
E poi parlate di Hoghwars: guardate negli occhi il piccolo mago e raccontategli dei vostri anni scolastici e di quello che impareranno a fare e di quanto quegli anni hanno significato per voi.
Omettete, ovviamente, i racconti sulla foresta proibita, su calderoni esplosi o su quella volta in cui avete fatto spuntare un palco di corna a quel cretino del vostro compagno di casa.
A proposito, mi raccomando, quando parlerete delle case, siate imparziali! Non mi importa che abbiate sempre pensato che i Tassorosso siano degli inutili mollaccioni, che odiate i Corvonero perché incredibilmente saccenti, che non sopportiate i Grifondoro e i Serpeverde perché si mettono sempre e comunque in mostra, oltre ad essere i primi, tracotanti e i secondi presuntuosi. Quei ragazzini entrano a far parte di un mondo ancora sconosciuto, non riempiteli di pregiudizi e di insicurezze perché, lo sapete bene, in qualsiasi casa saranno smistati, sarà quella giusta. Parlate delle case vagamente, oppure enunciatene le virtù in modo neutro, come il cappello parlante, e anche della competizione tra case accennatene con leggerezza.
A questo punto il vostro compito è finito; di solito, ma è qualcosa di estremamente personale, li invito a scrivermi per poter chiarire qualsiasi dubbio possano avere e qualsiasi difficoltà possano incontrare nel nostro mondo.
Sicuramente prima, dopo o durante i vostri racconti sul mondo magico uno dei due genitori pronuncerà la frase fatidica: “ Tu, forse sei un mago, ma come fai a essere sicuro che mio figlio lo sia?” A questo punto rivolgetevi sia al mago che ai genitori con una frase del genere:“ Non avete mai notato come a vostro figlio capitino cose strane, soprattutto quando è arrabbiato o impaurito?” Almeno uno tra il bambino e i genitori si illuminerà, capirà di cosa state parlando e si rassicurerà almeno un pochino. I veri problemi sorgono quando è solo il bambino ad essersi accorto dei suoi poteri: i genitori non gli crederanno e penseranno che sia solo una sua fantasticheria. Voi sostenete la tesi del bambino, senza scomporvi, accennando al dipartimento Ministeriale che si occupa della magia minorile, spiegandogli come questo esista per salvaguardare i giovani maghi da incidenti involontari dovuti alla loro giovane età e di come sia in grado di conseguenza di intercettare la magia dei più piccoli. Parlare delle misure di sicurezza per i minori nel mondo magico è un espediente che tranquillizza anche i genitori più ansiosi.
Se vi imbattete in genitori particolarmente testardi, stupidi o increduli non vi resta che dare in mano la vostra bacchetta al loro adorato pargolo, permettendogli di fare qualcuna delle magie involontarie che riescono anche in casi così ostili.
Non è mai successo, ma se anche questo non dovesse bastare confondete i genitori e spiegate al piccolo le vostre motivazioni, i bambini sono molto più comprensivi degli adulti.
Ricordatevi sempre che il fine della vostra visita è soprattutto quello di rassicurare i genitori piuttosto che di rivelare i suoi poteri a un giovane mago. I bambini hanno fiducia e nella maggior parte dei casi già sanno di essere in grado di fare qualcosa di speciale, o comunque sono disposti a crederci, i genitori hanno paura e il loro amore può renderli incredibilmente ciechi.
 
Ancora un’ultima cosa. Bisogna fare estremamente attenzione che i due coniugi non si allontanino dal salotto troppo a lungo e che non lo faccia nemmeno uno dei due: non devono riuscire a chiamare la polizia o il manicomio, prima che voi gli diate una dimostrazione di magia (dopo ovviamente non ne hanno più bisogno) altrimenti vii troverete in guai seri.
Sfuggire alla cattura non dovrebbe essere tanto difficile, ma potrebbe capitarvi di schiantare qualcuno o trascinare qualcuno con voi nella materializzazione e questo minerebbe profondamente la fiducia babbana nei confronti del mondo magico. Se invece riuscissero a disarmarvi, ciò provocherebbe un sacco di grattacapi all’ufficio degli obliviatori, e a voi un paio di giorni di permanenza in qualche struttura babbana non proprio confortevole, oltre a minare comunque il reciproco rapporto di fiducia.
Essere sottoposti ad esami medici per poi farsi imbottiti di farmaci e rinchiudere, legati in una stanza bianca, minerebbe la fiducia di chiunque e metterebbe a grave rischio la sua salute mentale.

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Capitolo 2
*** il mattino ha l'oro in bocca ***


7.30 di mattino. Sorvegliavo una grossa pentola di uova e pancetta, mentre facevo tostare il pane e lo disponevo in un grosso piatto. Mia moglie, Agata, apparecchiò la tavola con un colpo di bacchetta, continuando a dettare una lunga relazione alla sua piuma che grattava sulla pergamena svolazzando allegramente dietro di lei, i nostri figli, Emily e Bill, scesero le scale assonati e ancora in pigiama e si sedettero pesantemente davanti ai piatti della loro colazione. D’un tratto una testa apparve nel camino: la faccia sottile e baffuta sembrava galleggiare tra le fiamme apparentemente senza danni: “buongiorno Agata c’è John? È urgente.” Disse la testa.
”Buongiorno Arthur, è successo qualcosa di grave al Ministero?” rispose mia moglie senza scomporsi, io la raggiunsi subito dopo aver messo in salvo la colazione.
“Buongiorno anche a te John, mi dispiace disturbarvi così presto, ma è successo un guaio con quel ragazzo nuovo… Ted.”
“Certo, Ted, ho presente, cos’è successo?” Il mago nel camino sembrava d’un tratto molto a disagio, ma continuò: “Ieri doveva parlare con quella famiglia babbana  a proposito del loro figlio, era il suo primo vero incarico, sai, e…Insomma non sappiamo bene che cosa abbia detto e come, sta di fatto che quelli hanno chiamato la polizia e il manicomio e ora è rinchiuso in un ospedale psichiatrico.”
“Ma non aveva la bacchetta?” Chiesi incredulo.
Il mago alzò gli occhi al cielo e continuò: “credo che abbia provato a tirarla fuori a un certo punto, quando il padre ha iniziato a minacciarlo con una mazza da baseball, ma è stato steso in un attimo da quell’ energumeno. Alla polizia l’uomo ha dichiarato che pensava avesse una pistola, per questo l’ha colpito. Non è mai stato tanto bravo nei duelli il povero Ted.” Sospirò e poi concluse: ”Così i babbani hanno chiamato la polizia ed è stato portato in manicomio, perché ovviamente il nostro Ted ha dato di matto e ha iniziato a parlare di cose incomprensibili affermando di essere un mago in missione per un fantomatico Ministero della magia.”
“ È possibile che il Ministero non abbia ancora capito quant’è deleterio mandarci gente così poco preparata? Per ogni errore deve intervenire una squadra di obliviatori, per non parlare dei rapporti tra le due comunità!” Mi lamentai io.
“Lo sai che il ministero ci sottovaluta, John. Tutti i fondi vanno agli auror… Comunque volevo chiederti di occupartene tu, visto che t’intendi di queste cose babbane, così evitiamo di far intervenire un’ altra squadra di obliviatori, ora come sai, sono piuttosto impegnati, e soprattutto il comitato di scuse ai babbani ne resta fuori, lo sai quanto sono accomodanti…”
“Come troll davanti a una rivista di enigmistica…” Sospirai, obliviatori, quando servivano, avevano sempre qualcos’altro da fare.
D’accordo Arthur, me ne occupo io, mandami i dettagli via gufo. Un’ ultima cosa: che fine ha fatto la sua bacchetta?”
“Il bruto l’ha spezzata e buttata in un cestino.” Rispose mesto lui.
“Di bene in meglio! Appena lo tiriamo fuori dai pasticci ricordami di farlo spostare nel settore che si occupa di gobbiglie. Lì non potrà far danni.” La testa del mago sorrise, salutò e scomparve.
“Un bel casino…”. Commentò Agata.
“Una giornata persa. Quel tizio è davvero un grosso idiota.” Sospirai e aggiunsi “E dovrò chiedere una sostituzione! Proprio oggi!”
“Che succede oggi?” Chiese mia moglie sovrappensiero.
“ È il compleanno di uno dell’ufficio, alle poste, offriva da bere a tutti…”
”Una perdita davvero grave…” “ Vuoi che li accompagni io i ragazzi a scuola?” Aggiunse.
“No, non ti preoccupare.”
“Farei in un attimo, prima di andare al ministero.”
“Si, certo così li faresti arrivare con una smaterializzazione congiunta.”
“Che c’è di male? Noi siamo maghi! Non ci vedrebbe nessuno!”
“È una questione di rispetto, verso di loro, dovresti saperlo…”
Agata si limito ad alzare le sopracciglia: ”Come vuoi.” Mi disse.“E comunque i babbani non si fanno tutti questi problemi, se è comodo lo fanno…”
Fu il mio turno di alzare le sopracciglia: “Infatti si vedono i risultati. Piuttosto valli a prendere tu da scuola, non so se ci riuscirò oggi…” Le risposi.
“D’accordo allora io vado, sono già in ritardo” baciò me e i ragazzi fece evanescere la pergamena corse fuori e si smaterializzò. Mi sedetti stancamente su una sedia e guardai il mio figlio più piccolo ancora alle prese con i cereali e la figlia più grande che faceva le verticali contro il muro: ”Bambini se promettete di non dire niente alla mamma oggi andiamo a scuola in modo speciale. Che ne dite?”
A volte bisogna saper agire per un bene superiore.

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Capitolo 3
*** strategia d'azione ***


Dal fascicolo che Arthur mi aveva inviato e da alcune indagini in polizia, era chiaro che Ted era stato prima denunciato per violazione di domicilio, molestie sessuali e aggressione e, solo in seguito alla custodia, era stata richiesta una perizia psichiatrica ed era stato rinchiuso in manicomio perché violento e paranoico e sicuramente schizofrenico. Il guaio di Ted era sempre stato quello: non si rendeva mai conto quando era arrivato il momento di tacere e spesso parlava a sproposito. Questo, sommato alla sua considerevole incapacità nei duelli gli avevano fatto trascorrere la maggior parte dei suoi anni di Hogwarts in infermeria. Ed ora, mi toccava passare l’ intera giornata a tirare fuori dai guai un tale idiota.
 
Avevo solo tre possibilità: adottare la strategia magica-magica, quella magico-babbana e quella babbana-babbana.
La prima prevedeva un incantesimo di disillusione, porte aperte con la magia e l’inspiegabile sparizione di un paziente da un manicomio e molti, moltissimi incantesimi di memoria.
La seconda si serviva solo alcuni ed eventuali incantesimi di memoria, cortesia, qualche computer stregato e un paio di documenti falsificati.
La terza consisteva nell’ inventarsi una balla e darsi in pasto alla burocrazia babbana.
Non me ne piaceva una: per mettere in atto la prima avrei dovuto essere un auror non un semplice  dipendente del ministero, la seconda sembrava la più accettabile se non avessi dovuto violare quel paio di leggi che mi impedivano di fare incantesimi sui babbani e sui loro manufatti, senza contare la mia personale repulsione ad usare la magia contro di loro, la terza, data la lentezza di qualsiasi burocrazia, avrebbe sicuramente fatto impazzire Ted del tutto.
Non avevo scelta: così pregando che nulla andasse storto, mandai un gufo al Ministero per richiedere l’autorizzazione per un paio di incantesimi e poi mi avviai, nel modo più babbano possibile, all’ospedale psichiatrico; una volta lì, mi sarei presentato come un parente decisi.
Il medico mi parve immediatamente sollevato: avevano tentato di contattare la famiglia, mi spiegò, ma non c’erano riusciti perché l’uomo non era fornito di nessun documento di identificazione, lo avevano sedato e messo in isolamento, mi disse, perché aggressivo e probabilmente pericoloso, lo si riteneva schizofrenico, avevano iniziato una terapia, che ritenevano, l’avrebbe fatto stare meglio. Quando espressi il desiderio di riportarlo a casa il dottore si rabbuiò e mi sconsigliò di farlo: era un malato pericoloso e violento, ripetè, e per legge, dopo la denuncia della polizia non potevano rilasciarlo, anzi si stupiva che l’uomo fosse rimasto così a lungo lontano da un ospedale. Che terapia aveva seguito fino ad adesso? Che farmaci prendeva? Da chi era in cura? Perché nessuno se ne era occupato nel modo opportuno? Iniziò a chiedermi improvvisamente sospettoso e severo. Con calma gli spiegai che mio fratello, mi ero trasfigurato per l’occasione ed ero magicamente in possesso dei documenti giusti, viveva fuori Londra con mia madre, che se ne occupava, ma quando lei era venuta a farmi visita per il compleanno di mia figlia, lui si era spaventato ed era scappato via.
“Dottore” Continuai cercando di dare alla mia voce una sfumatura disperata.”Mio fratello è sempre stato un tipo tranquillo, ogni tanto si isola in questo suo strano mondo allora basta stare al gioco per un po’ e poi gli passa. Il dottore da cui andammo ci disse che le medicine non erano necessarie, lo avrebbero solo reso più stupido di quanto era già.”
"Suo fratello ha assalito tre poliziotti, un medico e due infermiere. Abbiamo dovuto sedarlo e mettergli una camicia di forza.” Mi rispose lui secco incrociando le braccia.
Se fosse nato babbano, il caro Ted, avrebbe potuto diventare un ottimo pugile, come mago invece, era un disastro totale. Mi presi la testa tra le mani.
"Lui non l’ha fatto apposta. Lui crede davvero a quelle fantasie, crede davvero di essere un mago, non si rende conto di essere malato! È la prima volta che si comporta così mi creda!” Ridacchiai ironico e disperato.”D’altronde anche lei reagirebbe nello stesso modo se fosse aggredito a torto da delle persone sconosciute che la credono matto..”
“Mi faccia parlare con lui! Deve essere terrorizzato.” Aggiunsi per buona misura.
Se non adorassi il mio mestiere, potrei diventare un ottimo attore. Non che non fossi davvero preoccupato per Ted, ma l’irritazione superava in quel momento qualsiasi altro sentimento.
Il medico davanti a me sembrava ancora scettico, ma si era rabbonito un po’: non aveva smesso di considerarmi un irresponsabile, ma almeno ci credeva davvero fratelli.
"Signor…”
"John. John Tokai”
“Signor Tokai suo fratello è ancora in isolamento perciò non può vederlo. Per quanto riguarda la sua volontà di riportarlo a casa: io sono contrario, dati i trascorsi che ho avuto modo di osservare, ma non potrò oppormi se lo vuole portare via, comunque mi servirà la sua cartella clinica per emettere un giudizio definitivo. Se come dice si è trattato solo di un episodio isolato, non vedo perché se il tutore, sua madre immagino, firmasse gli adeguati documenti non potrebbe andarsene, ma…”
“Ma?” chiesi.
"Se la denuncia non viene ritirata io sono costretto a tenerlo in custodia, fino alla decisione del giudice, che temo non non le piacerà.”
“E di quanto tempo si parlerebbe?”
“Un paio di settimane, nel caso migliore.”
“Potrebbe darmi l’indirizzo dell’ uomo che ha sporto denuncia? Vorrei provare a fargli cambiare idea.”
"Non ne sono in possesso, mi spiace, dovrà rivolgersi alla polizia”
“La ringrazio ancora” Dissi e me ne andai.
Tra un paio di settimane anche gli obliviatori sarebbero potuti intervenire senza problemi, ma lasciare un mago in ospedale psichiatrico l’avrebbe fatto impazzire molto prima e le conseguenze potevano essere esplosive. Rabbrividii, non lo invidiavo per niente: imbottito di medicinali, senza bacchetta in un mondo che non gli apparteneva… e il Ministero non aveva ancora risposto.
Un gufo planò sul cielo di Londra, si appollaiò sulla mia spalla e mi tese una zampa: io afferrai la busta e scacciai via il gufo. Possibile che quegli idioti nelle alte sfere non riuscissero a fare attenzione in queste piccole cose? Un gufo, in pieno giorno nel mondo babbano dava fin troppo nell’ occhio. Almeno però avevo l’autorizzazione per gli incantesimi che volevo…
 

“Ciao John, non riesco ad andare a prendere i bambini, ho chiesto a Marta di farlo per me, c’è una grossa manticora infuriata fuori Londra e temo ne avremo per un po’. Agata”
 
Di bene in meglio: una manticora metteva a rischio la vita di mia moglie, ero senza autorizzazione, i miei figli erano stati affidati alla moglie del mio amico babbano proprio dalla donna che continuava a ignorare le più elementari norme di sicurezza pur essendo babbana per nascita ed inoltre era pure passato mezzogiorno.
Decisi di mangiare qualcosa per strada: era il momento di passare alle maniere forti.
Per far ritirare la denuncia dovevo convincere un omone violento e permaloso che i maghi esistevano, sua figlia era una strega ed io non ero un pedofilo e il mio collega, che aveva aggredito e denunciato, neanche. Presentarmi da lui all’ora di pranzo non avrebbe certo giovato. Inoltre avevo bisogno di quella cartella clinica, almeno finché non potevo usare incantesimi di memoria.
Mi detrasfigurai con immenso piacere, assomigliare a Ted non è tra le mie cento cose preferite, prima di smaterializzarmi di nuovo all’ospedale. Invisibile agli occhi di tutti, mi mossi per le corsie cercando di evitare infermiere e medici, infine trovai quello che stavo cercando: una stanza con un paziente profondamente addormentato e la cartella medica incustodita. Duplicai la cartella, la resi invisibile e la incantai così che mostrasse ciò che volevo. Poi la misi nella mia valigetta e rinfilai con cura quella vera al suo posto.
Sospirai e mi guardai intorno sollevato: era andato tutto bene. 

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Capitolo 4
*** il duello ***


Ore 4,00: né troppo presto né troppo tardi (almeno speravo) per una visita a quell’energumeno. Abitava all’estrema periferia di Londra in una di quelle zone in cui una buona parte delle persone sono esponenti della criminalità, organizzata o non, il resto invece è sfruttato in miseri lavori sottopagati. Probabilmente, se l’uomo aveva sporto denuncia, doveva far parte della parte onesta, ma chiunque vivesse in quel quartiere imparava presto a farsi rispettare e a non fidarsi di niente e nessuno. Non mi stupivo affatto della fine di Ted.
Suonai alla porta mentre ancora definivo la mia strategia d’azione. Una bambina di circa undici anni, Amy secondo il rapporto del Ministero, mi aprì la porta.
“Ciao piccola, sono il signor Tokai e sono un avvocato, tuo padre è in casa?”
Alle sue spalle si stagliò come una montagna un nero di circa due metri: indossava una canottiera bianca che gli metteva in risalto i muscoli possenti delle braccia, i capelli erano rasati. Non sorrise: si limitò a tirare indietro la bambina e a fronteggiarmi minaccioso.
“Chi l’ha mandata?”
“Sono il legale della famiglia del signor Raven, l’uomo che lei ha denunciato per aggressione, violazione di domicilio e molestie sessuali, due giorni fa. Avrei alcune cose da discutere con lei, se permette.”
“Cosa c’è da discutere? Quell’uomo deve stare lontano da mia figlia. Credevo di essere stato chiaro”
“Certo che lo è stato, ma io gradirei conoscere la storia da lei, piuttosto che dal rapporto della polizia, prima di portare la causa in tribunale. Lei avanza accuse piuttosto gravi e proprio perché non metto in dubbio la sua buona fede, ho bisogno di conoscere la sua versione dei fatti, dal momento che il mio cliente si trova, al momento, sotto forti sedativi e rinchiuso in ospedale psichiatrico a causa sua.”
aggiunsi:”Vorrei un resoconto più dettagliato possibile.”
L'uomo mi squadrò a lungo, come per accertarsi della veridicità delle mie parole poi si scostò e mi fece entrare.
Ci accomodammo in salotto: il babbano abbassò il volume del televisore a zero e si sedette di fronte a me. “Allora?” chiese.
Sospirai, mi giocavo il tutto per tutto. “Bene, mi racconti la sua versione dei fatti.”
L’uomo, il signor Lion, secondo le mie informazioni, iniziò a raccontare l’accaduto senza mai togliermi gli occhi di dosso. Tergiversavo, continuavo a fare domande e ad approfondire dettagli dei quali mi importava poco e non mi decidevo a svelare la verità: la circospezione e il sospetto di quell’uomo non facevano che mettermi a disagio.
Più aspettavo, però, più rischiavo di insospettirlo e farlo arrabbiare, così sospirai profondamente e mi decisi a parlare.
“Capisco ora i fatti mi sono molto più chiari.” Lo interruppi, quell’ idiota di un Ted si era trovato in una situazione difficile, ma aveva toppato clamorosamente sui fondamentali.
“Lei ha avuto tutte le ragioni per adirarsi.”
D’accordo, non era molto corretto, da parte mia, utilizzare un linguaggio così colto con il mio interlocutore, ma, prima di tutto fingevo di essere un avvocato, in secondo luogo era più forte di me: Il nervosismo rende il mio linguaggio complicato e quell’uomo, con il suo sguardo pericolosamente fisso, mi rendeva molto nervoso.
“Ma ciò non toglie che il mio assistito le abbia detto la verità: i maghi esistono e sua figlia è una di loro, per questo le è stato offerto un posto nella migliore scuola di magia del Regno Unito.”
L’uomo sbiancò, si alzò in piedi colmo di rabbia “Tu! Tu sei un pazzo tale e quale a quell’altro! Io non vi permetterò mai di prendervi mia figlia, schifosi terrroristi mafiosi e pedofili!! Se ne vada immediatamente da casa mia! Nessuno della vostra sporca setta osi avvicinarsi ancora a mia figlia, la scorsa volta ho chiamato la polizia, ma adesso…!”
Il signor Lion era fuori di sé e si avvicinava a me rapidamente brandendo minacciosamente i pugni, la bambina stringeva spaventata il bracciolo del divano.
“Non dovrebbe comportarsi così di fronte a sua figlia, signor Lion, si controlli!” Dissi arretrando, Lion prevedibilmente scattò.
Estrassi rapidamente la bacchetta dalla tasca sinistra della giacca e con un unico gesto feci lievitare il tavolino, facendomene scudo, nell’attimo di stupore che seguì la collisione uomo-mobile, spostai il tavolino alla mia destra e lo trasfigurai in una tigre, che immobilizzai.
Niente male, per un mago che si occupa solo di babbani vero?
“Come vede signor Lion né io, né il mio collega le stavamo mentendo. Noi siamo entrambi maghi e abbiamo affinato le nostre capacità nella scuola di cui le parlavamo. Ora, se vuole sedersi potremmo parlare dell’ avvenire di sua figlia che si ritrova dotata di discrete capacità magiche.”
L’uomo allibito si risedette. La bambina non aveva ancora lasciato andare il bracciolo, ma ora sembrava più incuriosita che spaventata.
“Come le stavo dicendo, signor Lion, sua figlia è una strega. Avrà di certo notato come attorno a lei tendano a capitare cose insolite o speciali, si tratta di magia. Secondo le nostre leggi e le nostre consuetudini, ogni mago inizia la sua istruzione magica, all’età di undici anni, per intenderci quando gli altri bambini iniziano le medie. Ad ogni giovane mago viene perciò offerto un posto nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, la migliore scuola di tutto il Regno Unito. Guidati dai maghi e dalle streghe più abili, i ragazzi imparano a controllare e ad usare i loro poteri. Quello che mi ha visto fare è solo un piccolo esempio di ciò che viene loro insegnato. Non le mentirò: la scuola è un collegio dove vigono regole severe, ma a chiunque sia dotato di talento è data la possibilità di eccellere, a tutti è data quella di seguire liberamente le proprie inclinazioni.” Dissi solenne e compiaciuto.
“Come faccio ad essere sicuro che mia figlia sia come voi e che questo” Disse indicando la tigre “Non sia uno sporco trucco?”
“il nostro Ministero, si abbiamo un ministero, possiede metodi molto efficaci per intercettare la magia. Quanto alla tigre, potrei anche farla tornare un tavolino, moltiplicarla, farla sparire o trasformarla in un corvo, ma se lei ha deciso di non credermi, non sarà mai abbastanza.”
Fui duro, ma non avevo più voglia di tergiversare.
"Forse lei è un mago, ma quel tizio, il suo collega” Disse sottolineando la parola con disgusto “non poteva esserlo, se lo fosse stato non si sarebbe fatto catturare così facilmente, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa per impedirlo!”
Sospirai, ero d’accordo con lui. “La nostra legge vieta di compiere incantesimi davanti o sui babbani, la gente senza poteri magici, tranne che in circostanze eccezionali, per questo il mio collega non si è difeso. È una regola ferrea che serve a mantenere il nostro anonimato e si è puniti duramente se non la si rispetta.”
"Lei l’ha fatto però.”
“Sono più anziano, sono più esperto e ho chiesto una marea di permessi.” Dissi sospirando. E in casi come questi la magia è permessa, pensai, ma non lo dissi.
L’uomo si era calmato: stupore, meraviglia, sospetto e paura, si alternavano sul suo volto come un caleidoscopio impazzito.
“Se desidera chiedermi qualsiasi cosa faccia pure.”
"Non ne ho bisogno: mia figlia non andrà in quella scuola. Ha vinto una borsa di studio, frequenterà una buona scuola, andrà all’università. Appena lei uscirà da quella porta noi ci scorderemo di tutta questa storia e sarà come se tutto non fosse mai esistito.”
“Sono spiacente di informarla signore, che, anche se il nostro ministero non punisce la magia praticata dai bambini di età inferiore agli undici anni, lo fa severamente se praticata da qualcuno di età superiore, sua figlia è una strega e continuerà a usare la sua magia involontariamente e così finirà nei guai.”
L’uomo era di nuovo in preda all’ ira, ma io ero calmo, c’era una tigre accanto a me.
“Che leggi sono queste? Noi non apparteniamo al vostro mondo! Non potete costringerci…”
“Forse lei no, ma sua figlia è una strega e il nostro Ministero è responsabile di chiunque compia della magia. Noi ci nascondiamo dai babbani, non possiamo mettere a rischio l’esistenza della nostra comunità per via di un suo capriccio. Ma la cosa più importante che deve capire è che sua figlia ha del talento non le neghi la possibilità di imparare ad usarlo. Se non lo farà rischia di fare involontariamente del male a se stessa o agli altri e non credo che lei voglia una cosa del genere.” Risposi alterato, poi aggiunsi più dolcemente “Mi creda ad Hogwarts sarà felice.”
“Ma che futuro potrà mai avere mia figlia nella vostra scuola?” Ruggì l’uomo, messo alle strette e poi continuò cercando di sfoggiare un tono razionale. “Non dico che imparare qualcuno dei suoi trucchetti non sia utile, ma alla fine si ritroverà senza un’ istruzione decente a fare qualche lavoro malpagato o peggio. Noi siamo ricchi come vede, ma voglio che mia figlia abbia un destino migliore del mio”
“Non deve preoccuparsi di questo, il mondo della magia offre diversi sbocchi lavorativi, più meno come il vostro, d’altronde, e a seconda dei suoi desideri potrà intraprendere la carriera che preferisce. Molti dei nati babbani rivelano un grande talento e diventano dei grandi maghi o streghe, occupano posizioni di potere nel nostro mondo, fanno carriera. Dopo Hogwarts ciò che conta è il talento.”
L’uomo mi guardava scettico, ma io non mi fermai “C’è chi, come me per esempio, si occupa dei rapporti con il mondo babbano, chi invece, come mia moglie, controlla che le creature magiche non facciano del male alle persone, maghi o babbani che siano, chi invece sceglie di fare…ehm, il poliziotto o lo scienziato, chi invece preferisce aprire una gelateria.”
L’uomo mi guardava allibito “Esistono gelaterie nel mondo magico?” Sorrisi.
Una molto buona nel centro di Londra, il proprietario è un mio amico.”
Lion chinò la testa colpito. “Ma non possiamo permettercela, una scuola così, intendo è privata ci sarà una retta e…”
“Sua figlia ha vinto una borsa di studio, non pagherà alcuna retta, quanto al resto le assicuro che è perfettamente in grado di permetterselo”
Guardai Amy: i suoi occhi brillavano di aspettativa e felicità, ma anche di paura. Mi rivolsi a lei il più dolcemente possibile: “Vedrai, a Hogwarts troverai un sacco di amici” le mie parole però non dissiparono l’ombra scura nei suoi occhi. “Non andrò in quella scuola.” Disse.
“Per Merlino” sussurrai. “Perché non vuoi andare? Non vuoi imparare a fare magie?”
Amy gettò appena uno sguardo alla tigre che galleggiava al mio fianco e poi mi rispose: “Se andrò in quella scuola poi diventerò una strega e non potrò più stare con il mio papà.”
“Non è affatto vero piccola, le vacanze estive, quelle di Pasqua e di Natale le potrai e dovrai passare con lui e poi gli potrai scrivere tutti i giorni.”
"Ma quando sarò grande come farò? Voi non parlate mai con quelli normali! Altrimenti qualcuno lo saprebbe!”
Perspicace la bambina.
“Il mio migliore amico è un babbano, mia moglie è una strega nata in una famiglia come la vostra e i suoi genitori vengono a pranzo da noi tutte le domeniche.”
La faccia della bambina si illuminò e la preoccupazione scomparve, anche il padre si rilassò impercettibilmente sul divano.
“Ora c’è un ultimo favore che vorrei chiederle: ritiri la denuncia ai danni del mio collega. Si è comportato da idiota incompetente, ma come spero abbia capito, non mentiva. L’uomo ora si trova sotto sedativi ricoverato in un ospedale psichiatrico e vorrei che questa condizione disagevole non si prolungasse più del necessario.”
“Quel che è giusto è giusto.” Disse l’uomo, poi pensoso mi guardò e disse: ”Perché i maghi si nascondono quando potrebbero aiutare un sacco di gente?” “Mi creda è meglio così. Eserciteremmo fin troppo potere altrimenti.”
 
Il signor Lion venne con me alla polizia e ritirò la denuncia, era un brav’ uomo in fondo, lo lasciai con la promessa di tornare tra un paio di giorni per spiegargli dettagliatamente il mondo magico.

 
 
Un disguido tecnico a me ignoto mi ha impedito di riuscire a pubblicare i dialoghi  prima, mi dispiace, ma non me ne ero proprio accorta. Spero che seguirete la storia con piacere anche ora che si capisce di cosa parla J, o che, nel caso ricominciate a seguirla. Un grazie speciale alla persona che me l‘ha fatto notare, senza di lei avrei pubblicato una storia a metà.

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Capitolo 5
*** Alleati ***


Erano le sette quando infine mi materializzai in un villaggio della Scozia meridionale: il luogo adatto per trovare la persona che mi serviva se volevo terminare quella faccenda entro sera.
Attraversai il villaggio di corsa e mi diressi verso un villino incorniciato da rose rampicanti.
Una donna anziana aprì l’uscio, sospettosa:” John! John che ci fai qui? È successo qualcosa a Agata o ai bambini?”
"No signora Donegal, loro stanno bene.”
“Rose che modi sono?”Urlò qualcuno da dentro casa, “fai accomodare il nostro John e non cercare di strappargli una confessione sulla porta”
“Oh Phil ha ragione!” disse lei  “sono maleducata a lasciarti qui fuori con questo freddo caro, Noi stavamo per cenare, ma tu gradisci un tè o un sorso di qualcosa di più forte?”
“Un tè andrà benissimo signora” dissi seguendo la donna in casa fino a un piccolo salotto immacolato.
“John qual buon vento ti porta?” chiese l’uomo che, seduto su una grossa e soffice poltrona, sorseggiava qualcosa di chiaramente alcolico.
“Buonasera signore. Ecco… abbiamo avuto un problema al Ministero e pensavo di chiedere la vostra collaborazione per risolverlo…” Iniziai vago.
"Ahahaha! Un problema? E vorresti il nostro aiuto per risolverlo? Ma tu sei un mago! Di che aiuto ti possono essere due vecchi babbani?”
Phil rideva così sguaiatamente che si sarebbe sicuramente ribaltato dalla poltrona, se la signora Donegal non fosse riapparsa provvidenzialmente: posò il grosso vassoio di tè sul tavolino di fronte al divano, poi sfoggiando la sua migliore aria truce, si avvicinò al marito e gli strappò via il bicchiere dalle mani mettendo al suo posto una tazza di tè bollente. Phil smise di ridere immediatamente.
“Sul serio però, Jhon, dovresti smettere di essere così formale, ci conosciamo da anni ormai, siamo i tuoi suoceri e tu non sei più un ragazzino! Dovresti…Dovresti quantomeno chiamarci per nome ecco!” mi ribrottò la donna.
”D’accordo Rose ci proverò”.
Arrossii era passato molto tempo, ma mi sentivo ancora in soggezione. La prima volta che li avevo conosciuti… No, meglio non rinvangare il passato, diciamo solo che ancora non conoscevo bene il mondo babbano e mi era capitato di fraintedere alcune cose.
Comunque spiegai brevemente tutta la faccenda a una Rose interessata e a un Phil ancora imbronciato che sorseggiava lento il suo tè.
“In pratica stai chiedendo a mia moglie di fingersi la madre di un idiota, che è stato fatto passare per pazzo?”
"Annui” Si all’ incirca…” Un uomo diretto Phil.
“Ma ragazzo sai almeno che ore sono?”
Annuii “So che è tardi ma…”
Phil continuò come se non mi avesse neanche sentito: “Sono le sette e 10 e la nostra cena è già intavola da un po’ ormai e grazie alle tue storie si sta freddando…”
"Phil!” lo interruppe sua moglie in un supplichevole tono di avvertimento.”John non ti preoccupare, stavo ancora finendo di cucinare”
“A maggior ragione!” esplose il marito.
“E poi voi siete maghi che bisogno c’è di chiedere il nostro aiuto?” chiese risentito.
"Diciamo che preferiremmo mantenere la cosa riservata, Ted è un nuovo dipendente e comunque sto sfidando la burocrazia babbana senza poter fare incantesimi, non troppi almeno, chi meglio di voi può aiutarmi?”
“Questo è perché ti sottovaluti figliolo. Chiunque può farcela, anche un mago sena bacchetta.” Ridacchiò Phil.
“Ora basta! Non si trattano così gli ospiti, brutto caprone!” Lo interruppe Rose “John sarei lieta di esserti d’aiuto, ma noi siamo anziani, abbiamo una certa età, siamo stanchi, non sarebbe meglio rimandare a domani?”
“ Preferirei risolvere la questione oggi se, possibile, queste faccende hanno la strana tendenza a complicarsi, se lasciate a sè stesse.”
Rose sfoggiava un’aria molto triste, ma intransigente. “A quest’ora temo di non poterti essere proprio d’aiuto.”
“Rose, Signora Donegal, ci ripensi non vorrà mica lasciare quel poveretto in un manicomio anche se non se lo merita?”
Il marito protestò:”Nel nostro mondo la falsa testimonianza è reato.”
"Tecnicamente non è una falsa testimonianza” gli risposi.
“Caro lo sai che lo farei volentieri, ma sai altrettanto bene che io non sono in grado di mentire” mentì lei.
“Non metterai mia moglie nei guai” Tuonò Phil perentorio. Io tentai di calmare gli animi: “ Rose, Phil, nessuno di voi sarà messo nei guai, il ministero appianerà la faccenda”
“Allora perché non se ne occupa adesso senza mettere di mezzo noi?” fece Phil polemico.
“Perché ci metterebbe troppo. Siamo in carenza di personale e poi quel uomo è rinchiuso in ospedale psichiatrico ed è uno di quei maghi che del mondo normale non sa assolutamente niente, se non mi dò una mossa rischia di impazzire davvero.”
“Il mondo normale eh?” Ridacchio Phil ”Sei uno strano mago John, passi troppo tempo con i babbani. Per me va bene fa’ quello che devi fare.”
“Sarà una cosa breve ve lo assicuro” lo ringraziai.
“John, ma la cena…”
"Domenica sarete nostri ospiti e vi prometto che mi farò ampliamente perdonare per il ritardo di oggi.”
“Oh d’accordo caro, vado a prendere il giubbotto.” Capitolò lei.
“Fa attenzione a mia moglie” disse Phil
“Non vieni?” chiesi.
“Al medico hai parlato di una madre, rischierei solo di ridergli in faccia, resterò qui a finirmi il mio bicchiere della sera, non ti preoccupare non soffrirò di solitudine..” 

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Capitolo 6
*** L'ospedale ***


Ci materializzammo in un vicolo, ci trasfigurammo e, infine, ci dirigemmo all’ospedale ripassando il piano d’azione.
Rose era la persona giusta: sebbene normalmente fosse una persona tranquilla e riservata, una classica vecchia nonnina, era dotata di una grinta eccezionale ed erano anni ormai che frequentava il gruppo teatrale della parrocchia, insomma sapeva mentire e sapeva farlo molto bene.
Ci presentammo in ospedale ad un orario strano, troppo tardi per le visite e per qualsiasi altra cosa, ma lei fu meravigliosamente credibile: recitava alla perfezione la parte della madre amorevole e preoccupata, prima, ansiosa e indignata poi.
Il suo amore materno sostenuto dal suo rissoso carattere scozzese e, naturalmente, la conoscenza dei due mondi: quello magico e quello babbano, la aiutavano non poco a sentirsi al sicuro e a non temere niente e nessuno.
Mentre lei mi apriva la strada io diligentemente recitavo la parte del figlio dispiaciuto, che si rendeva conto dell’ orario e capiva che erano inopportuni, ma era meglio che Ted tornasse a casa il prima possibile, questo era il desiderio di sua madre e lui lo appoggiava pienamente. Certo, sicuramente sarebbe stato opportuno aspettare la mattina, capiva che stavano disturbando i pazienti e che alcuni stavano già dormendo, si rendeva conto, certo, che erano in un ospedale psichiatrico e che dovevano fare piano, ma quando si trattava di Ted sua madre smetteva di essere ragionevole. Inoltre dovevate scusarla, anzi dovevate scusarci, ma avevamo avuto una giornata pesante, tra la polizia e gli ospedali eravamo davvero esausti, ci avevamo messo ore a convincere quel tizio a ritirare la denuncia e ora volevamo solo tornare finalmente a casa con il nostro povero Ted. No, non potevo farla ragionare e nemmeno dirle di abbasssare la voce, quando mia madre se si metteva in testa qualcosa era impossibile da fermare, e comunque non era neanche mia intenzione tentare, ero d’accordo con lei, in primo luogo, e poi si trattava di Ted… Mia madre si era sempre presa cura di lui in modo splendido, con lei, con noi, era sempre stato tranquillo, era grazie a quella donna, declamai orgoglioso, se mio fratello aveva potuto frequentare così a lungo una scuola normale e grazie a lei, se aveva trovato un impiego. Lavorava in posta: cose facili, consegna della posta roba così, ma per lui era importante, lo aiutava a restare nel nostro mondo, il nostro poi, era un piccolo paesino, tutti conoscevano Ted e nessuno se la prendeva tanto per le sue sciocchezze, si facevano tutti quattro risate. Invece qui a Londra…Un disastro, un disastro….
Assediammo medici, infermieri e addetti vari con il fiume inarrestabile di chiacchiere aneddoti, proteste, suppliche, preghiere, ordini e richieste e alla fine ci accontentarono. Un medico visionò la cartella clinica di Ted e controllò alcuni dati sul computer (entrambi da me opportunamente stregati) e così con aria ancora un po’ vacua e confusa, non so se per gli incantesimi o per le chiacchiere, ci guidò attraverso corridoi identici per fermarsi infine davanti alla porta della camera del mio sventurato nuovo fratello.
Prima di entrare ci raccomandò prudenza, perché nonostante tutto ciò che gli avevamo raccontato, il paziente si era dimostrato piuttosto violento: ora si trovava sotto sedativi, ma non poteva escludere che una volta terminato l’effetto, non potesse ricadere in preda a uno dei suoi attacchi. “ Grazie del consiglio dottore, ma so come trattare mio figlio.” Lo freddò Rose “L’ambiente deve averlo disorientato” dissi io a mò di scusa. Il medico esausto si limitò ad alzare gli occhi al cielo e ci seguì all’ interno della stanza. Entrammo e anche se Ted sembrava piuttosto stordito dai farmaci  gli lanciai un bel Confundus per andare sul sicuro.
Rose aiutò l’infermiera a vestire e a preparare il suo nuovo figlio chiedendole alcune delucidazioni sull’ effetto dei sedativi, mentre io radunavo sue poche cose. Il medico non disse una parola e si limitò a guardarci con commiserazione dalla porta. Ted protestò un po’ disse un paio di cose insensate che non riguardavano il mondo magico e tentò di saltarmi addosso quando mi vide, ma per il resto fu buono come un agnellino, poi, finalmente, uscimmo da quel maledetto ospedale.
“ Grazie mille Rose sei stata fantastica” le dissi sfoggiando uno dei miei più luminosi sorrisi stanchi. “ Forse dovremmo farlo più spesso sai? Siamo proprio una bella coppia. Non mi divertivo così tanto da quando hai provato ad usare la lavastoviglie” Mi incupii “ Lieto che ti sia divertita.” Poi continuai in tono più normale: ” Sei un’ ottima attrice. Spero che non tu non sia troppo stanca, accompagniamo questo idiota a casa mia e poi ti riporto subito a casa.” “Perché a casa tua? Non è meglio un ospedale?” mi chiese realmente preoccupata  “ Sarebbe meglio, ma tutta la fatica fatta per non far intervenire il Ministero in modo ufficiale andrebbe a farsi benedire e poi non ha niente di così grave che una notte di buon sonno non possa curare.” Rose sorrise” La responsabilità è tua.” Poi aggiunse impaziente “Non vedo l’ora di vedere Agata. Andiamo?”. Afferrai il braccio di Ted, che si guardava in giro stranito e lei afferrò il suo “ Su, su bambino mio ora torniamo a casa” disse ridacchiante per rassicurarlo e ci smaterializzammo.

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Capitolo 7
*** finalmente a casa ***


Atterrammo sul retro della mia bella villetta e suonai il campanello, anche se l’incantesimo che segnalava l’arrivo di un visitatore doveva essere già scattato comunque.
“Perché la porta sul retro?” domandò Rose.
“è l’ingresso dei maghi. Chi arriva con un mezzo magico passa da questa parte, quelli normali invece dall’ ingresso principale.”
"Ah e perché?”
“Così non rischiano di fare incontri inopportuni. E poi è più facile spiegare ad un mago perché deve passare dall’ ingresso posteriore, che inventare qualche buona scusa per voi.”
Rose annuì e borbottò soltanto ”quelli normali… forse ha davvero ragione mia figlia quando dice che passi troppo tempo tra i babbani. Non credo ti faccia bene sai John?”
In quel mentre agata aprì la porta.
“John finalmente!” disse lasciandoci entrare.
" Scusa l’ora, ma te l’avevo detto che avrei fatto tardi. Con i bambini tutto bene? E quella manticora?”
“I bambini non hanno dato problemi, non più della manticora, ora dormono. Invece il mostro è incatenato da qualche parte finchè non smaltisce la rabbia. O forse è il contrario. Ah si, ho detto a Marta che avevi un famigliare all’ospedale.” Mi spiegò e poi aggiunse:”Mamma, Ted venite dentro anche voi, che aspettate?”
Mia suocera trascinò dentro Ted che aveva ricominciato a parlare da solo.
Vi preparo un tè, vi va? Sarete stanchi. Per la cena invece c’è da aspettare ancora un po’...” continuò Agata dirigendosi a grandi passi in cucina e sfoderando la bacchetta. A quella vista il mio amato e idiota collega iniziò a dare di matto: “ No lontano, quella non è la verità, Io sono un mago!! Stai lontano da me tu vuoi farmi impazzire! Sei finta! Vattene via!”
Urlava scalciava e si dimenava sul pavimento. Mia moglie si voltò verso di me sconvolta, incerta se usare la magia o i cari vecchi metodi babbani per immobilizzarlo o quanto meno farlo tacere.
“ Me ne occupo io non ti preoccupare, tu pensa al tè.”
“D’accordo allora, ma’ vieni con me a darmi una mano, qui lascia fare a John.”
Rose seguì sua figlia in cucina ed io sfoderai la bacchetta. “Possibile che il mio Confundus abbia avuto un effetto così devastante?” borbottai, mi distrassi e il mago farneticante ai miei piedi mi aggredì: con un urlo mi si avventò addosso e tentò di strapparmi la bacchetta “ è mia, mi serve, senza non sono niente. Vi dimostrerò chi sono, lo dirò a tutti, anche se è il male assoluto! Non è finta, non è finta dammela!”
Purtroppo, fui costretto a schiantarlo. Un po’ drastico lo riconosco, ma era stata una lunga giornata e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Con un incantesimo lo feci lievitare fino alla stanza degli ospiti, lo misi a letto, lo feci rinvenire e, prima che potesse fare qualsiasi altra cosa, feci cadere su di lui un sonno incantato.  Chiusi a chiave la porta e me ne andai, non prima di aver lanciato gli incantesimi necessari per impedire al mio nuovo inquilino di farsi o fare del male, di svegliare tutta la casa o di scappare. Piuttosto soddisfatto tornai di sotto: c’era un tè che mi aspettava in cucina.
Alla fine Rose non si fermò per cena, ma insistette per farsi riaccompagnare a casa, aveva lasciato Phil solo troppo a lungo e di sicuro aveva già combinato qualche danno e non voleva lasciargli campo libero più del necessario, così Agata la riportò a casa con una materializzazione congiunta. Quando tornò, una decina di minuti dopo ridendo mi disse che i suoi avevano appena ricominciato a litigare: avevano trovato suo padre addormentato in poltrona con una bottiglia vuota ai suoi piedi e la cena bruciata. Lei l’aveva ritrasfigurata, ma questo non aveva comunque fermato l’ira di sua madre.
Cenai, mentre lei mi raccontava della sua manticora, dei capricci del mio bimbo più piccolo e delle magie di quella più grande, che aveva scelto proprio oggi per far muovere e parlare l’orsacchiotto di un suo compagno di classe. “ Cosa vuoi fare con lui?” mi chiese alla fine. Sapevo con certezza che non stava parlando dell’ orso di pezza.
“Spero che una notte di riposo gli chiarisca le idee, poi con lo svanire dell’ effetto dei farmaci non dovrebbe più avere alcun problema...”
“E che sono preoccupata per i bambini. Hai visto come ha reagito oggi alla vista di una bacchetta, non vorrei che facesse qualcosa di peggio alla vista di una loro magia involontaria… o che gli urlasse contro”. Mi disse lei, poi aggiunse come temendo di essere stata indelicata: “So che Ted è una brava persona, ma in queste condizioni…”
La fermai.“ Ted è un grosso idiota e una grandissima scocciatura. Domani me ne occuperò io e mi assicurerò che torni il più possibile alla normalità, in caso contrario lo caccerò di casa.”
Mia moglie mi sorrise prendendomi la mano: “ Un altro giorno di ferie per il mio grande eroe.” Odiavo quel Ted, anche se mia moglie era davvero dolce.

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Capitolo 8
*** il giorno dopo ***



Ore 7.30, giorno due, diario del capitano.
Questa volta è la mia testa a galleggiare nel caminetto di Arthur interrompendo la sua colazione.

“Come ti dicevo, ho tirato fuori il nostro Ted dal manicomio ricorrendo solo a qualche piccolo trucchetto, ma il mio consiglio è comunque quello di mandare una squadra apposita per far sparire qualsiasi traccia della sua permanenza in ospedale. O quantomeno autorizzare me a farlo.”

“Non l’hanno già fatto ieri?” chiese Arthur spalmando burro sul suo pane tostato.

“No e questo ha complicato un tantino le cose. Si può sapere che hanno per la testa i tuoi amici al Ministero?”

“La coppa del mondo di Quidditch, direi” mi rispose iniziando a spalmare sul pane anche della marmellata.

“Immagino di sì. Tu li hai trovati i biglietti?”

“Ho un amico al dipartimento degli sport magici, me ne ha procurati un paio. Tu invece?”

“Li ho comprati tempo fa da Tim, doveva andare in viaggio di nozze.”

“Tornando a noi, Ted che fine ha fatto?” chiese Arthur.

“Dorme nella mia stanza degli ospiti, ma non posso garantire che lo farà per molto.” Ridacchiammo.

“I bambini sono rumorosi eh?” mi disse.

“Comunque Arthur,” continuai un po’ più apprensivo: “l’effetto dei farmaci babbani svanirà tra poco, ma non posso garantire che riuscirò a farlo tornare quello di prima.”

“Se riuscissi a farlo diventare più simpatico io non mi lamenterei.” Disse il mio collega addentando con gusto il pane.

“Seriamente Arthur, tu non l’hai visto ieri sera: non era in sé, delirava, mi ha aggredito! Proverò a farlo ragionare, ma se non riesco a fare niente dovrò portarlo al San Mungo e allora dovremmo avvertire ufficialmente il Ministero, perché io, quell’idiota, non lo terrò a casa mia un giorno in più”

Il collega mi annuì mestamente terminando la colazione.

“Sarebbe proprio una bella scocciatura. Vedi di fare il possibile, sai anche tu che non è il caso di creare problemi al Ministero per queste cose. In questo periodo, sono tutti impegnati, si irriterebbero, e nei guai ci andrebbe un neoassunto.”

Lo guardai il più storto possibile: “E’ un idiota.” Dissi.

“Lo so, ma capita a tutti i novellini di fare qualche errore nel nostro mestiere. Non è il caso di rovinargli la carriera. Se quando feci apparire uno stormo di fenicotteri davanti a quei babbani non mi avessero dato una mano a quest’ora mi starei occupando di gobbiglie. È capitato anche a te all’inizio.” Mi rispose serafico lui, finendo di bere il suo succo d’arancia.

Lo stormo di fenicotteri era stato davvero divertente: erano volati fuori dalla finestra e c’erano volute quattro persone per recuperarli e almeno due per farla passare come una trovata pubblicitaria. Era vero: inesperienza o presunzione, a tutti capitava di compiere qualche stupidaggine quando si aveva a che fare con i babbani e, soprattutto le prime volte, capitavano gli incidenti più assurdi. Per questo vigeva in dipartimento un muto patto di aiuto reciproco. L’idiozia di Ted però era al limite dell’accettabile.

“Certo, certo. E comunque il mio gatto era molto più discreto” gli risposi scocciato.

“Il tuo gatto era verde, sputava scintille e a momenti radeva al suolo la casa. E poi per te è più facile: tua moglie è una nata babbana.”

Mi astenni dal fargli notare che lei preferiva di gran lunga il mondo magico a quello babbano e che si comportava da strega più di me. Mi limitai a borbottare: “Sbaglio o i tuoi fenicotteri avevano le corna?” poi continuai: “Occupati tu di far sparire le tracce del passaggio di Ted.”

“Non ti preoccupare ho un amico che mi deve un favore, sarà felice di occuparsene.” Mi disse alzandosi. “Ora anche tu me ne devi uno” mi fece presente. “Buona giornata John io devo proprio andare.”

“Buona giornata anche a te Arthur.”


“Papà perché hai messo la testa nel camino?” Ben svegliati bambini miei.

“Stavo parlando con un mio amico”

“Allora se io metto la testa nel fuoco posso parlare con Jonathan?”

“No, Bill, lo possono fare solo i maghi” spiegò mia moglie paziente servendo la colazione, mentre io mi rialzavo spazzolandomi i pantaloni.

“E Jonathan non è un mago?”

“No tesoro non lo è!” rispose Agata.

“Ma a volte capita, vero? Che uno è un mago anche se non lo sono i suoi genitori. Magari lui è un mago, ma non lo sa e la magia funziona lo stesso. A te è successo così, vero mamma?” insistette il piccolo.

Agata mi guardò interrogativa prima di rispondergli. Scossi la testa, che io sapessi quel bambino non aveva dimostrato nessuna magica virtù. “Non sappiamo se sia un mago, piccolo, ma la magia non funzionerebbe lo stesso a casa di babbani. Funziona solo con le case dei maghi.” Spiegò dolcemente.

Bill, impensierito, si azzittì per riflettere: “Ma papà non si brucia la testa?” chiese ancora incuriosito.

“Ma no scemo c’è un incantesimo!” gli urlò Emily annoiata.

“Emily non dare dello scemo a tuo fratello.” La sgridai. “Comunque hai ragione c’è un incantesimo.”

“E’ quella polvere verde vero papà?” continuò lei, felice di poter dimostrare al fratello di saperne più di lui.

“Si è la polvere verde, ma quella la può usare solo un adulto.” Le dissi. Poi mi rivolsi ad Agata: “Puoi occuparti tu dei bambini anche oggi?”

“Per portarli a scuola non c’è problema, ma oggi a lavoro ci occuperemo di nuovo di quella manticora, dobbiamo rispedirla a casa e sono sicura che ci darà ancora un sacco di problemi.”

“E’ che avrei proprio bisogno di un po’ di tempo libero se voglio sbrigare la faccenda entro oggi e preferirei che i bambini non ci fossero…” Dissi cercando di essere il più possibile chiaro e criptico nello stesso istante.

I miei figli non sapevano niente di Ted e per la sanità mentale del mio povero collega era meglio che continuassero ad ignorarlo. Ovviamente ero anche preoccupato per le azioni inconsulte di quel quasi pazzo. “Potrebbero restare di nuovo con Marta questo pomeriggio, se vuoi la avverto io”

“Sicura che non disturbino?”

“Ma figurati le fa piacere.” Sperai che avesse ragione.

“Cos’è che devi fare papà?”

“Un lavoro molto important per il ministero, quindi è meglio se state un po’ con Lucy e Jonathan.”

“Ma che cos’è che devi fare papà? Dai diccelo!” implorò Emily, mentre Bill iniziò ad esibirsi in una stranissima danza “Diccelo! Diccelo! Diccelo! Diccelo!” Urlava.

“Ve lo dico sta sera, adesso e ora di andare a scuola” Li esortai.

Guardai Agata con aria sconsolata e lei mi augurò buona fortuna sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi.

I bambini corsero avanti e lei si sbatté la porta alle spalle.

Avrei mille volte preferito affrontare una manticora.

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Capitolo 9
*** La cura ***


 
Davanti alla porta della camera degli ospiti mi fermai tendendo le orecchie nella speranza di sentire qualche suono che mi chiarisse cosa quel povero sventurato stesse combinando. Aspettai invano: l’insonorizzazione era perfetta; modestia a parte.
Infine abbassai la maniglia e sfoderai la bacchetta mormorando un rassegnato “A noi due.”
 
Uscii dalla stanza dieci minuti dopo disperato e sconfitto: Ted era un mago convinto di essere un babbano che credeva di essere un mago. Nella mia camera giaceva un uomo che credeva di essere mio fratello, che lanciava oggetti in aria tentando di stregarli, affermando contemporaneamente a gran voce che la magia non esisteva. Lo shock dell’arresto, i farmaci e l’incantesimo di memoria avevano creato una strana alchimia nel suo cervello e lo avevano reso infinitamente confuso e forse pazzo.
 
Preoccupato presi una pergamena nuova e scrissi un messaggio per mia sorella.
Arabella aveva un paio di anni in più di me ed era un medimago al San Mungo, ma aveva anche conseguito una laurea in medicina babbana, quindi era l’unica persona abbastanza competente da occuparsi rapidamente di un caso simile. Probabilmente il caso le sarebbe comunque stato assegnato se lo avessi portato al San Mungo o quanto meno, le avrebbero chiesto una consulenza, ma visto che dovevamo agire in clandestinità non mi restava che far leva sulla sua curiosità.
 
Mia sorella era, ed è, attivamente impegnata nell’impresa di creare una scienza medica integrata, fortemente convinta che la conoscenza della medicina babbana avrebbe aiutato la ricerca nella medicina magica. Tanto aveva insistito che ora era a capo di un reparto e di un centro di ricerca, una vera autorità nel suo campo. Una strega in gamba, il tipico cervello da Corvonero. Era sempre impegnata, ma ero sicuro che avrebbe trovato un momento per darmi una mano e se non per aiutare il suo fratellino, lo avrebbe fatto sicuramente per la particolarità del caso e la possibilità di esaminarlo per prima e in segreto senza che i soliti invidiosi intriganti mettessero bocca nel suo lavoro.
Come avevo predetto Arabella arrivò a mezzogiorno, impetuosa e in ritardo come al solito. “Fratellino che bello vederti!”
“ciao Bella”
“Ho poco tempo, solo la pausa pranzo, dov’è il paziente?”
“Di sopra nella camera degli ospiti”
“Voi e la vostra mania di non coinvolgere nei vostri guai gli altri dipartimenti, ti rendi conto che è assurdo?”
Mi strinsi nelle spalle. “ Hai ragione. Ma Bella lo sai anche tu che aria tira al Ministero in questo periodo.”
 “Aria di tempesta da quel che ho sentito.” Poi sorridendo disse” Comunque hai fatto bene a chiamarmi, si preannuncia un caso davvero interessante. Sai che stai diventando sempre più bravo nella descrizione dei sintomi?”
Le sorrisi a mia volta. “Ho imparato dalla migliore…”
“Senza dubbio. Ora lascia pure fare a me…”
Con aria curiosa ed eccitata sparì nella camera e mi chiuse fuori. Quando esercitava la sua arte non voleva nessuno spettatore indesiderato, se poteva farne a meno. Due ore e mezza dopo uscì trionfante.
“ Come sta?” le chiesi. “Dorme. Entro sta sera starà meglio.”
“cosa gli hai fatto?”
“Due incantesimi, un paio di pozioni e uno schiaffo.”
Alzai gli occhi al cielo, tipico di lei essere così dannatamente reticente.
”Perché uno schiaffo?”
“Cercava di toccarmi le tette.” Mi rispose e aggiunse pensosa “Credo che citerò il caso nella mia ricerca, senza fare nomi ovviamente.”
“ Parlane prima con Arthur è lui il capo di questa organizzazione clandestina” mi permisi di suggerirle. “D’accordo, John. Salutami Agata e i bambini, io devo tornare in ospedale. Ci vediamo Domenica? C’è anche Sai sta volta.”
“Ma non hai pranzato! Lascia almeno che ti offra qualcosa!”
“ Lascia stare, sono in ritardo, mangerò qualcosa a un chiosco babbano. Se vuoi ricambiare il favore fai preparare il dolce ad Agata, Domenica.”
Sospirai: sarebbe stata una Domenica impegnativa, Sai, Arabella e i signori Donegal tutti insieme c’era di che diventar matti...“ D’accordo. Non strapazzarti troppo in ospedale e grazie.”
Bella fece un sorrisetto agitò la mano in segno di saluto e si infilò nel camino e scomparve tra le fiamme verdi.
Ebbi appena il tempo di prepararmi una tazza di tè che un gufo planò nella stanza.
 
Caro Signor Tokai,
mi rivolgo a lei perché so che mio figlio è nel suo stesso ufficio e che lei l’ha aiutato molto, so che Ted nutre una grande stima e fiducia nei suoi confronti e solo per questo mi permetto di importunarla. Mio figlio è sparito e io non so più che cosa fare: ieri dovevamo andare insieme a Diagon Alley, ma lui non si è presentato all’appuntamento, all’ufficio mi hanno che non si fa vivo da un paio di giorni. Dicono che sia malato, ma casa sua è deserta. Forse si tratta di una fuga d’amore e io mi sto preoccupando inutilmente. Ma la prego signor Tokai mi faccia avere sue notizie se sa qualcosa.
Jenna Maria Fing in Raven
 
Una fuga d’amore! Ma che razza d’espressioni usava? E, soprattutto, non si rendeva conto che suo figlio non era più un tenero adolescente?
Esasperato alzai gli occhi al cielo: Arthur mi doveva un’enorme favore, questo era sicuro, trattare con madri isteriche  esulava dai miei compiti. D’altronde se non le avessi risposto quella donna avrebbe portato le sue tonnellate di amore materno al Ministero e questo avrebbe giovato poco alla discrezione che volevamo mantenere sul caso.
Povero Ted, con una madre del genere non era strano che fosse diventato quello che era diventato.
 
Signora la ringrazio per la stima che lei e suo figlio dimostrate nei miei confronti. Suo figlio sta bene è stato trattenuto da alcune faccende spinose che si sono presentate in questi giorni al nostro dipartimento. È stato il primo lavoro importante che ci capita da quando Ted è stato assunto e suo figlio ha preso il suo compito molto sul serio e immagino che abbia dormito in albergo, visto che il lavoro andava svolto in Scozia. Probabilmente a causa dell’entusiasmo e della lontananza ha dimenticato il vostro appuntamento. Non mi dilungo perché suo figlio sarà a casa entro domani perciò lui potrà spiegarle meglio i dettagli.
I miei riguardi.
John Tokai
 
Sempre meglio che raccontarle la verità, ritrovarsela al capezzale del figlio dieci minuti dopo e doverle spiegare che non era stata colpa dei babbani, ma del suo adorato figlio idiota. Madre e figlio si sarebbero parlati più tardi con calma e tutto si sarebbe chiarito lo stesso, ma io non ne sarei andato di mezzo.
 
Ted si riprese entro sera come aveva predetto mia sorella, ma non fu più lo stesso: gli rimase una forte diffidenza per tutto ciò che non era magico e un astio malcelato per tutti babbani, specie quelli grossi e neri, un odio profondo per le mazze da baseball e il tic piuttosto spiacevole di rigirarsi la bacchetta tra le dita, cosa che provocava spesso incidenti bizzarri.
 
Mia sorella pensa che il mix di farmaci e magia gli abbia danneggiato il cervello. Mia moglie è convinta che ciò che è avvenuto lo abbia traumatizzato al punto tale che ha costantemente bisogno di qualcuno che gli assicuri che la magia esista. Arthur dà malignamente la colpa al mio schiantesimo o al mio incantesimo di memoria, a seconda del suo umore. Qualunque sia la spiegazione, non mi interessa e non la so, sono solo contento che abbia cambiato ufficio, perché il nostro non è un lavoro che possano fare tutti.


 


Se avete la pazienza di aspettare manca solo un pezzettino.

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Capitolo 10
*** Epilogo ***


Quando Minerva arrivò ai tre manici di scopa io la aspettavo ad un tavolo d’angolo con due  bicchieri di burrrobirra davanti a me: le feci un gesto con la mano e la invitai a sedersi.
“Allora?” mi chiese lei rigida.
“La “faccenda Ted” si è risolta per il meglio: è stato egregiamente salvato dalle insidie del mondo babbano e si è completamente ripreso. Tutto questo grazie al mio perfetto intervento. Mi sono occupato personalmente di avvertire la famiglia babbana che ha scatenato l’incidente e l’ho convinta. Amy sarà ad Hogwarts a settembre.”
“La signorina Lion, John.” Mi corresse lei.
”Minerva, ma come fate a chiamare in quel modo una bambina di undici anni? È assurdo. Per fortuna non sono un insegnante.”
“È per questo che non hai accettato la cattedra?”
“Tra le altre cose.”
“Saresti stato un buon insegnante John.” mi strinsi nelle spalle. “Avrei riportato in auge la materia più sottovalutata di Hogwhars.”dissi alzando il bicchiere.
”Non scherzo sai?” ”mi disse lei” Saresti stato bravo.”
“Perché volevi vedermi Minerva?” chiesi, riportando la conversazione sul giusto binario.
Sempre la solita Minerva, ogni anno rinvangava questa vecchia storia: aveva perso una scommessa e ancora non le andava giù.
”Volevo parlare della Signorina Lion. È una nata babbana e dati i precedenti vorrei saperne un po’ di più sulla sua famiglia. Tu che ne pensi?”
“Vive in un brutto quartiere dove la gente deve farsi rispettare con la forza. Non è un bel posto per una ragazza.”
“Nonostante questo il padre non voleva che se ne andasse?”
“Credeva fosse un trucco. È un uomo abituato a diffidare un po’ di tutti e ha il suo orgoglio, immagino che sappia difendere adeguatamente la propria figlia dai delinquenti del quartiere e sono sicuro che le ha insegnato a fare altrettanto.”
“Capisco. Quindi dovremmo aspettarci parecchie intemperanze a scuola.”
“Immagino che sarà un po’ fuori le righe in alcune occasioni, ma mi è sembrata una bimba molto tenace e si adatterà in fretta, anche se forse avrà bisogno di rinforzare un po’ le sue basi culturali”
“Per quanto riguarda il rapporto familiare?” mi disse lei con una faccia vagamente preoccupata.
“Nessuna violenza di nessun genere, il padre è un uomo onesto, da quel punto di vista.” Minerva emise un piccolo sospiro di sollievo e io nascosi il mio sorriso dietro al bicchiere.
La conoscevo bene ormai: ogni anno non si accontentava di ricevere il freddo rapporto che descriveva il mio lavoro, ma mi interpellava personalmente per conoscere i dettagli di quelli che lei considerava i casi più a rischio. Aveva un ottimo intuito per questo genere di cose e le stavano molto a cuore: soleva ripetere che Hogwarts era una casa e in quanto tale doveva essere in grado di accogliere ed aiutare ogni studente, anche il più problematico. Da anni ormai con caparbietà e costanza portava avanti la sua guerra personale contro i maltrattamenti minorili di ogni genere e grado: dalla solitudine alle botte.
“Serpeverde o Grifondoro, se ho visto bene.” Dissi per distoglierla dai suoi pensieri.
”Ne sei sicuro?”
“Non mi sono mai sbagliato.”
                                                             
 
 
 
 
Ed è giunta la fine, ma non disperate Ted Tokai tornerà presto, perciò fate attenzione! (probabilmente pubblicherò nel weekend)
Un enorme grazie a Dreambook che mi ha aiutato nella pubblicazione di questa storia, grazie a lei ho imparato un sacco di cose.

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