Do it for her, W.

di GuruGuru90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Back Home ***
Capitolo 2: *** Do it for her ***
Capitolo 3: *** The journey begins ***
Capitolo 4: *** Welcome to Central City ***
Capitolo 5: *** In vino veritas.. ***



Capitolo 1
*** Back Home ***


Ed eccomi qui! ^w^
Questa è la mia prima storia, nata da un bellissimo sogno, di cui ormai ricordo poco XD
Diciamo che per non far sparire via quelle bellissime immagini, ho deciso, sotto suggerimento di ElaJ_ , di pubblicarla. La seconda parte è frutto di un lavoro a quattro mani con lei, che mi ha aiutato un sacco a chiudere tanti “buchi neri” nella trama. Grazie mille per il supporto! ^^ Ora che ho finito, vi auguro una buona lettura e commentate, commentate commentate! :)



Il telefono suonava ormai da un paio di minuti ma Edward, immerso com’era nello studio di un vecchio libro di alchimia, lo stava praticamente ignorando. Solo quando sollevò gli occhi verso la finestra della sua stanza, si accorse del suono e si precipitò a rispondere, lasciando cadere a terra una miriade di fogli dove, man mano, prendeva appunti.
-Pronto?- rispose con una smorfia, aspettandosi una sgridata da Winry per non aver risposto subito. Ma non appena sentì la voce del suo interlocutore i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa..
-Acciao.. Si può sapere dov’eri? Stavo per riagganciare..-
-M..Mustung?- ancora non ci credeva.. Erano passati mesi dall’ultima volta che si erano sentiti.
-Che c’è Acciaio? Sei sorpreso?- sfoggiò il sorriso migliore che aveva.
-Ah! Comunque devi chiamarmi Comandante Supremo, non scordarlo.. ahaha. Per questa volta ti perdono!- anche se Ed non poteva vederlo, sapeva perfettamente che sul suo volto c’era un sorrisone soddisfatto.
-Si, si, fai meno lo sbruffone Mustang. E’ stato anche merito mio e di Al se ora sei lì- si affrettò a rispondere. Non sopportava quando faceva così, era proprio insopportabile.
-Pfff.. – a questo sospiro, seguirono delle risate sommesse. Sarà stata sicuramente Hawkeye, che ascoltava la conversazione.
-Senti Ed, a questo proposito avrei avuto un’idea. Che ne dici se festeggiassimo tutti insieme il mio nuovo incarico e la nostra vittoria contro gli homunculi. L’ultima volta non ci siamo riusciti per pratiche burocratiche da gestire immediatamente, ma ora le acque si sono calmate.. Perché tu, Al e Winry non venite a Central City domenica? Pagherò tutto io, sta’ tranquillo.-
-Non sarebbe una brutta idea, ma Al.. Al è ancora a Xing per i suoi studi, ci sentiamo raramente tramite corrispondenza, ma vista la lontananza sono sicuro che la mia lettera arriverebbe troppo tardi e poi il viaggio di ritorno sarà lungo.. Sono sicuro che non riuscirebbe a venire in tempo per domenica: è tra tre giorni.- precisò Ed. Infondo gli sarebbe dispiaciuto festeggiare senza il fratello.
- Mmmh..- Roy sembrò pensarci un attimo. –Beh per adesso, allora, potremmo fare qualcosa in piccolo, quando Al invece sarà tornato festeggeremo ancora!-
-Va bene- dichiarò Ed –Lo informerò comunque.. Allora pensi a tutto tu, giusto Mustang?-
-Tranquillo, ho già tutto pronto. Non devi far altro che tornare a Reezembool, informare Winry e salire sul treno delle 15:30 per Central City.-
-Bene, perfetto.. Ma.. come mai anche Winry?- domandò cauto.
-Vorresti venire senza la tua fidanzata?-
A queste parole, il volto di Ed si colorò di una foorte sfumatura rossastra e i suoi occhi cominciarono ad abbassarsi, coperti dal ciuffo di capelli sulla fronte. Farneticò qualcosa di incomprensibile e pose fine immediatamente a quella conversazione, che stava cominciando a diventare scomoda per lui.
Roy attaccò la cornetta e scoppiò in una grassa risata, esordendo dicendo –E’ proprio un ragazzino!-. L’assistente personale del Comandante, Hawkeye, lo guardò con uno sguardo divertito e ironico allo stesso tempo: il suo volto stava proprio dicendo “senti chi parla” e alla fine rise anche lei per quei due ragazzi.
Non vedeva Winry da quasi 4 mesi ormai, da quando le aveva fatto quella specie di proposta che solo un alchimista poteva fare. Si telefonavano spesso da quella volta, almeno una volta a settimana. Uhuh. O meglio, lei telefonava, per sapere come stava il suo auto-mail e su come procedessero gli studi. Lui, invece, le chiedeva come stavano tutti, ovvero lei, Pinako e Den.  Non avevano più affrontato l’argomento, era troppo imbarazzante per entrambi.
Ed non voleva che facessero progetti per il futuro al telefono e a miglia di distanza ,per altro. Sarebbe stato inconcludente e, anche se a lei non l’aveva detto, sapeva che la pensavano allo stesso modo. Quando sarebbe tornato, questa volta per sempre, avrebbero pensato al loro futuro.
Quindi, anche se non vedeva l’ora di rivederla, sapeva che si sarebbe sentito un po’ a disagio. Non sarebbe riuscito ad uscire dalle situazioni e i silenzi imbarazzanti che si sarebbero venuti a creare. Fortunatamente Winry era brava a sviare e ad uscire illesa da quelle situazioni. Se ce ne sarebbe stato bisogno, avrebbe contato sulla sua efficacissima abilità, altro che alchimia.
Si era incantato a guardare fuori dalla finestra mentre questi pensieri gli passavano per la mente. Era un po’ indeciso sul da farsi: era meglio telefonale o andare direttamente a Reezembool? Sarebbe stata una sorpresa da parte sua in entrambi i casi. Dopo una breve riflessione decise di chiamarla per informarla che stava ritornando a casa…
***
Il treno, una volta arrivato alla stazione di Reezembool, fischiò, fermandosi. E insieme a lui, fece lo stesso il cuore di Winry.
Aspettò ansiosamente tutti i passeggeri scendere, e non appena vide quell’inconfondibile chioma dorata si aprì in un sorriso, alzando un braccio e facendogli segno di avvicinarsi.
-Edo! Edo siamo qui!-
Sceso dal treno si guardò intorno e la vide immediatamente, neanche avesse avuto un radar a portata di mano. Tutta la stanchezza del viaggio, dovuto soprattutto al sedile scomodissimo, passò in un attimo non appena la vide, raggiante, in mezzo alla folla di gente che era appena scesa. Vedendo il suo sorriso non potè far altro che ricambiarlo, tanto era contagioso.
 -Winry!-
Si affrettò a passo svelto verso di lei e non appena fu abbastanza vicino fece qualcosa che neanche lui si aspettò. Il suo cervello, o meglio il suo cuore, agì d’improvviso, senza neanche dargli il tempo di reagire. Allargò leggermente le braccia e la ragazza vi si lanciò quasi letteralmente dentro.
-Sono tornato.. - sussurrò felice, mentre il suo volto sprofondava tra i morbidi capelli di Winry. Che profumo che faceva, sapeva di.. casa.. Quello stesso profumo che sentiva da bambino quando tornava a casa insieme ad Al, dopo una giornata passata a giocare fuori con Winry e Den.
Winry si tuffò tra le braccia di lui senza neanche pensarci. Tutto il nervosismo che l'aveva assalita mentre aspettava il treno sembrò scomparire per un attimo, quando lui le si era parato davanti, raggiante in viso.
-Bentornato..- disse arrossendo leggermente. Si allontanò poco dopo, e, ancora sorridente, concesse anche a Pinako di salutarlo.
- Scusate se interrompo..- Pinako aveva assistito a tutta la scena senza fiatare, dopotutto quella povera ragazza se lo meritava dopo 4 mesi di assenza. Sapeva che sua nipote era innamorata, era più che evidente, ma era imbarazzante persino per lei assistere a quella scena tanto “intima”, conoscendo quel timidone di Ed.
-Vecchia nana, ci sei anche tu!- le disse semplicemente. Anche se la riempiva di insulti, le voleva bene, era comunque un membro della sua famiglia.
- Si, mi dispiace per te fagiolo! Ahaha! Vedo che non sei cresciuto affatto..- rispose per le rime a quell’impertinente.
 - Fagiolo a chi, pulce?!? Io almeno posso ancora crescere, a differenza tua!- Come al solito Ed si stava scaldando. Ormai doveva esserci abituato a quelle battutine che anche lui non mancava di fare, eppure ancora si infervorava come un bambino, al quale hai appena fatto un dispetto.
 -Ahah non sei cambiato per niente.. Bentornato Ed!-  ora anche Pinako sorrideva felice.
Winry, sul momento, non colse subito l'allusione della nonna, tanto era distratta dalla presenza di Edo, di nuovo di fronte a lei, ma appena avrebbe potuto gliel’avrebbe fatta pagare.
-Come va l'automail? Spero tu non lo abbia trascurato, come al solito!-
- Tranquilla, l'ho trattato con la massima cura! L'ho fatto così non mi avresti più tirato chiavi inglesi in testa. Sai.. ho sempre pensato che fosse colpa loro se non crescevo abbastanza. Ad ogni colpo mi accorciavo di 5 centimetri!- rise della sua stessa battuta, non curante del fatto che si era auto-insultato per la sua altezza. In quel momento, se gli avessero dato un pugno in faccia, di sicuro, non l’avrebbe minimamente notato. Si sentiva stranamente leggero e non sapeva darsi una spiegazione.
Winry rimase oltremodo scioccata: non solo Edward si era preso cura del suo auto-mail, ma aveva persino riso della sua altezza. Beh in fondo ormai aveva raggiunto dimensioni più che accettabili per la sua età. Le doleva ammetterlo, ma ormai lo doveva guardare dal basso verso l’alto.
-Direi che è ora di andare, no? Sai ho lasciato la torta di mele in forno..- disse con non curanza, anche se in cuor suo sperava di far colpo su di lui in questo modo.
Edward, che intanto si era affrettato a salutare il suo amico a quattro zampe Den, che aveva accompagnato le due donne, al solo sentire le parole "torta di mele", scattò in piedi e si parò di fronte a Winry.
-Torta di mele?.. Per me?- l’oro nei suoi occhi cominciò a scintillare, in attesa della risposta.
Winry quasi non riuscì a sostenere quello sguardo. Forse non l’aveva mai guardata con tanta intensità in tutta la sua vita. E questa volta lo stava facendo per una torta! “Ed sei proprio incredibile!” pensò.
Nel frattempo,le sue guance cominciarono a colorarsi ma si voltò immediatamente, cercando di mascherare quel lieve imbarazzo che stava nascendo in lei. -No, l'ho cucinata per il cane, che dici?- rispose ironica. -Ma certo che è per te!- aggiunse più morbida, con un sorriso, voltandosi verso di lui, stavolta.
-Ed ci ha messo un sacco di tempo per prepararla come si deve! Ci ha messo proprio il cuore!- aggiunse Pinako, con un brillio divertito negli occhi.
Winry la fulminò con lo sguardo. Se Pinako avesse saputo leggere nel pensiero avrebbe capito che sua nipote le stava implorando di smetterla con quelle frecciatine.Ed, invece, a quelle parole, fece un salto in aria. -Torta di meleee!! Ahahah. Non puoi immaginare quanto l'ho desiderata in questi 4 mesi!-
 'E non solo la torta..' pensò tra sè, arrossendo visibilmente.
 -Corriamo a mangiarla? Per favore, per favooore?-  Sembrava proprio un bambino.
-D'accordo, andiamo a cas...ehi Edo!!!!!!-
Non riuscì neanche a finire la frase che Edward l'aveva inaspettatamente presa per mano e aveva cominciato a correre, trascinandosela dietro.
-Den, menomale che ci sei tu a farmi compagnia!-

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Capitolo 2
*** Do it for her ***


Ecco il secondo capitolo!
Ringrazio chi mi ha recensito, ma anche chi ha semplicemente letto! Spero che anche questo vi piaccia! :)
Buona lettura!
:)

Dopo una lunga camminata, giunsero finalmente a casa Rockbell. Per quasi tutto il tragitto Edward e Winry era rimasti in silenzio; ma non era uno di quei silenzi imbarazzanti, quelli durante i quali non si sa che dire, era piuttosto, un silenzio carico di parole che non avevano ragione d’essere dette. Entrambi erano davvero felici di poter ripercorrere quel tragitto, ancora una volta, insieme, come da bambini.
-Siamo quasi arrivati..- fu Ed a rompere il silenzio, voltandosi verso Winry, che lo guardò sorridendogli e annuendo. Finalmente era tornato ma, purtroppo, non per sempre: aveva ancora molto da studiare. Dopo essere riuscito a restituire il corpo al suo fratellino, il suo obiettivo era cambiato: da sempre credeva che l’alchimia fosse nata per far del bene e non del male, per questo continuava i suoi studi, per cercare di aiutare la gente. Non lo faceva per sé, stavolta, lo faceva per tutti coloro che avevano creduto in loro, che li avevano sostenuti e che li avevano accompagnati nel corso del loro cammino.
Anche Al si stava dando molto da fare: era partito per Xing per imparare lo stesso tipo di alchimia che usava May. Nelle lettere che riceveva, Al lo informava sui suoi studi, su tutte le cose nuove che aveva imparato e ogni tanto lo informava anche di come stessero May e la sua famiglia. Ling aveva mantenuto la promessa di sostenere il suo clan e di questo ne era davvero felice. Comunque ultimamente il nome di quella ragazzina spuntava un po’ troppo spesso per i suoi gusti. “Qui gatta ci cova” si ritrovava a pensare ogni volta. Probabilmente era solo il suo istinto di protezione nei confronti di Al che lo faceva reagire così, era pur sempre il fratello maggiore. Dopotutto, sapeva che era felice e questo era quello che contava.
-Eccoci qua!- disse Winry, aprendo la porta di casa. Il viso di Ed fu investito da un delizioso profumo: era sicuramente la torta di mele.
“grrnww” lo stomaco di Edward si contorse dalla fame e quell’odore così buono non faceva altro che aumentare il suo appetito.
-Ma quello era il tuo stomaco?- disse Winry scoppiando a ridere. Non pensava fosse ridotto in quello stato. Ma da quanto tempo non mangiava? Ed, in risposta, rise imbarazzato e si grattò la testa. Come poteva rispondere di no, si era sentito talmente forte!
-Su, entra! Andiamo ad abbuffarci…-
Finalmente Edward, dopo 4 mesi, mise sotto i denti un pasto coi fiocchi. Dopo l’assaggio della torta di Winry, Pinako servì a tavola un pranzo che lo lasciò stupefatto e riuscì a placare le ire del suo stomaco.
Giustamente, dopo un pasto del genere, è d’obbligo un bel riposino. Nell’istante in cui poggiò il sedere sul divano, Winry, che era momentaneamente scomparsa, riapparve davanti a lui, capendone immediatamente il motivo.
Era andata a cambiarsi: aveva indosso la sua adorata tuta da meccanica, che odorava di olio e strani unguenti che usava per la messa a punto dei suoi gioiellini. Quella tuta era proprio la sua seconda pelle! E di certo non poteva fare quello che stava per fare con quei bei vestitini addosso.
-Posso, Ed?- Quattro mesi senza poter revisionare il suo auto-mail preferito erano lunghi come 4 mesi, per una madre, lontana dal figlio. Sì, perché era proprio questo il rapporto che c’era tra la ragazza e le sue piccole opere d'arte.
Edward alzò gli occhi al cielo: quella scena l’aveva vissuta e rivissuta centinaia di volte. –Prego, fai pure.- disse, mentre svoltava i pantaloni fino alla coscia.
La ragazza aveva iniziato ad analizzare ogni minimo dettaglio, ogni piccolissima vite che teneva insieme quella struttura di ferro. Ogni tanto si imbronciava quando notava qualche ammaccatura, ma avendo molta esperienza con Ed, sapeva di essere stata “graziata”. Edward sarebbe anche potuto tornare a casa con l'arto artificiale completamente distrutto. Forse doveva addirittura ringraziarlo.
Ed, intanto, l’osservava. Era come se si fosse teletrasportata in un mondo tutto suo. I suoi occhi erano letteralmente incollati a quell’ammasso di ferro e non notavano niente di tutto quello che stava succedendo attorno a lei. “Se mettesse tutta questa passione anche nel rapporto con me sarebbe proprio la donna perfetta.. Che stupidaggine, lei lo è già..”
Il suo sguardo si fece improvvisamente tenero e lievemente arrossato. Poggiava la testa su una mano e la osservava ancora, lieto che lei non ci stesse facendo caso. Gli faceva davvero uno strano ma bellissimo effetto averla attorno. Si lasciò scappare un sospiro e in quello stesso istante gli occhi della ragazza si alzarono sui suoi.
Divenne paonazza e deglutì in un modo completamente snaturato. Si era accorta di lui e della sua espressione... Quant’era carino! “Ma perché continua a fissarmi? Aaaah, non reggo il suo sguardo..”.
-Win, qualcosa non va?- chiese improvvisamente, notando che il labbro di lei si era arricciato. Pensava fosse per qualcosa che non andasse con l’auto-mail.
-E..Eh? No..No.. Niente! Eheh- lanciò un sorriso di circostanza che non ingannò Edward, ma lui non volle indagar oltre. Se aveva voglia di parlare sapeva che l’avrebbe già fatto, senza farsi problemi.
Finalmente Winry girò l’ultima vite e scattò in piedi. - Finito! Devo dire che ti sei davvero preso cura del mio auto-mail. Sta benissimo a parte qualche ammaccatura qua e là, niente di grave. Ora scusa, ma devo andare a lavorare su un braccio che mi sta dando molto da fare..- gli rifilò la prima scusa che trovò per sgattaiolare lontana da lui. Non perché non lo volesse avere accanto ma per l’effetto che gli faceva averlo vicino!
-Posso venire anch’io?- la domanda di Edward la lasciò senza parole. Non poteva dirgli di no, quindi fece un cenno con la testa e si avviarono verso il suo piccolo “laboratorio”.
-Wow, che casino! Ma come fai a muoverti qui dentro?- disse prendendo una chiave inglese che conosceva molto bene e sorridendo.
-E’ tutto sistemato in modo che io non dimentichi dove si trovano le mie cose quindi ti prego, non toccare niente!-
-Come sei seria riguardo al tuo lavoro! Sta tranquilla, mi siedo in un angolo e ti guardo lavorare.-
Almeno non lo aveva di fronte. Quando finalmente concluse il suo lavoro, si voltò e vide che Edward era proprio collassato sul pavimento. Dormiva profondamente, sempre con quella mano sulla pancia.
Sorrise a quella vista. Lo svegliò dolcemente: dovette farlo perché non sarebbe riuscita a trasportarlo di peso su per le scale. Ancora mezzo addormentato si era lasciato aiutare per arrivare alla sua stanza. Winry lo adagiò sul letto e quando fu totalmente sdraiato notò che dormiva ancora come un ghiro. Era bastato il contatto col letto soffice per farlo sprofondare nuovamente in un sonno profondo.
Winry scostò leggermente i capelli dalla fronte e gli concesse un leggere bacio sulla guancia. Era calda e profumata. Era durato un attimo ma era davvero felice d’averlo fatto. Non si era mai permessa di fare qualcosa di così diretto ma in quel momento stava dormendo, e quel pomeriggio aveva quell’espressione così carina, e poi oggi era finalmente tornato a casa dopo tanto tempo… Forse stava cercando un po' troppe giustificazioni, ma il gesto che aveva fatto non le era per niente dispiaciuto.. anzi!
***
Erano le tre di notte, e Edward aveva dormito quasi tutto il pomeriggio e la sera e ora non aveva più sonno. Si era sorpreso di trovarsi nel suo letto: sicuramente ce l’aveva portato Winry, che ringraziò con il pensiero, sorridendo. Vista quella tranquillità ebbe l’occasione di riflettere ancora una volta, come quella mattina, su quello che lui e Al stavano facendo. Era anche un modo per ringraziare quelli che per tutto il tempo gli erano stati vicini. Roy, Riza, Izumi, Hughes, Havoc, Breda, Falman, Fury, Armstrong, Ross, Brosh, Winry… Già Winry…
Prese il suo orologio da taschino e lo guardò pensando all’ultima volta che aveva inciso qualcosa su un orologio, per la precisione sull’orologio dei cani dell’esercito. In quella triste circostanza vi aveva inciso la data del giorno in cui lui e suo fratello avevano dato fuoco alla loro casa. Era un monito per andare avanti..
Anche ora ne aveva uno.. Prese una penna dal cassetto del suo comodino e cominciò a raschiare la parete interna dell’orologio.
Questa volta c'era scritto: “DO IT FOR HER,W”. Fallo per lei..

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Capitolo 3
*** The journey begins ***


Eilà gente! E' da un po' che non si ci vede! Perdonate il mio ritardo: a causa della scuola e soprattutto degli esami non ho avuto tempo per continuare la storia, di conseguenza ho perso anche l'ispirazione..
Ecco perchè ho deciso di far adottare la storia e la madrina mi piace tanto. Si chiama Hayley_Gin91 e l'ho trovata subito perfetta per svolgere questo compito.
La ringrazio tantissimo per essersi occupata di questa storia :)
Adesso ,però, ecco a voi il suo primo capitolo, ovvero il terzo della serie! Aspettiamo recensioni :)




Quel mattino, quando varcò la soglia della cucina, Winry notò che erano già tutti in piedi, tranne Den, accucciato sotto la sedia di nonna Pinako.
Il meticcio alzò le orecchie e, quando vide la sua padroncina, le si avvicinò scodinzolando, il clangore della zampa auto-mail sul pavimento.
- Ciao Den.- lo salutò Winry, dandogli una grattatina dietro le orecchie.
Quello si lasciò fare qualche carezza e, dopo che Winry si tirò su, tornò ad appisolarsi accanto a Pinako.
- Oh, buongiorno Winry.- disse l’anziana occhialuta, versandosi del caffè.
- ‘Giorno.- grugnì Edward, la bocca piena dei rimasugli della torta di mele che aveva preparato il giorno prima.
Già, perché Ed era finalmente tornato dopo quattro lunghi mesi passati lontano da Resembool a fare ricerche. Ogni volta portava una gran confusione, ma Winry provava sempre un moto di felicità a vederlo girare per casa.
- Buongiorno.- sbadigliò la ragazza, vagamente a disagio per i vecchi pantaloni della tutta e la maglietta smessa che indossava.
Non poteva sapere che Edward la stava fissando perché la trovava bellissima anche vestita in quel modo, capelli spettinati inclusi.
- Vieni a sederti.- la incitò Pinako. - Oggi la colazione l’ha preparata Edward.-
Winry spalancò gli occhi per la sorpresa. - Davvero?-
Nonna Pinako le allungò un piatto pieno di frittelle. - E ha fatto anche un ottimo lavoro, sai?-
Winry si accomodò al tavolo di legno, afferrò il cibo da cui proveniva un profumo appetitoso e lo studiò.
- Cos’è quell’espressione inquisitoria?- si lagnò Ed.
- Bè,- disse Winry, servendosi. - devi ammettere che è strano; Edward Elric che cucina.-
- Se non ti piace, nessuno ti obbliga a mangiarlo.- rispose lui, scontroso.
Winry lo ignorò e mandò giù un boccone. Non ci avrebbe scommesso nemmeno il suo attrezzo peggiore, ma dovette ricredersi; quella frittella non era solo mangiabile, era pure saporita. Anche se non poteva più usarla, era comunque un alchimista, perciò non c’era da stupirsi se le dosi, la forma e la cottura erano perfette.
Edward, dal canto suo, osservava con minuta attenzione l’espressione di Winry, eppure, non riusciva a capire se quelle frittelle, che aveva cucinato con impegno sin dall’alba, sporcando una montagna di stoviglie, fossero di suo gradimento oppure no.
Quando finalmente Winry alzò lo sguardo e si accorse che Ed la stava fissando, arrossì violentemente. - Che hai da guardarmi così?- si agitò.
Lui si affrettò a distogliere lo sguardo e lo fece vagare sul soffitto, a disagio. - Niente!- esclamò, rosso in viso.
Dal suo angolo, zia Pinako soffocò una risatina.
Pur di non incontrare di nuovo quegli occhi dorati, Winry afferrò lo sciroppo e, giusto per fare qualcosa, ne versò un po’ sulla frittella.
- A proposito,- se ne uscii di nuovo Edward, tornando a guardarla. - questo pomeriggio partiamo per Central City.-
Nonna e nipote si scambiarono uno sguardo interrogativo.
- Come dici?- domandò Winry.
- Ieri mi sono dimenticato di dirtelo,- spiegò Edward. - ma Mustang ci ha invitati a festeggiare tutti insieme la sua nomina a Comandante Supremo. E vuole che ci sia anche tu.- aggiunse, imbarazzato, tornando a fissare il lampadario.
Nella stanza calò il silenzio e quando Ed si arrischiò a cercarne il motivo, si beccò una forchetta in testa.
- Ahia, Winry!- si lamentò, portandosi una mano nel punto in cui l’aveva colpito. - Perché l’hai fatto stavolta?!-
Certo, non era una chiave inglese, ma faceva comunque un male cane.
- Ti sei rimbecillito?!- gridò l’altra, alzandosi e battendo le mani sul tavolo.
Den, allarmato, alzò la testa e si guardò intorno stando sull’attenti ma, quando vide che si trattava solo di Winry, poggiò il muso sulle zampe e tornò a dormire.
- Ti pare il modo di dire certe cose?!- continuò la ragazza, infuriata. - E poi, ho un lavoro io, e dei clienti che contano su di me! Non posso certo abbandonarli per una “festicciola”!- disse, mimando le virgolette al pronunciare dell’ultima parola.
L’altro si appiattì sulla sedia, sgomento; l’adorazione snaturata di Winry per gli auto-mail era fatto noto da tempo ormai, ma la sua serietà verso il lavoro e i clienti suonava nuova e anche un po’ strana alle orecchie di Edward.
- Ma ho già acquistato i biglietti.- tentò lui.
Winry si riempì d’aria i polmoni, già pronta a ribattere, quando Pinako si intromise. - Via, via, Winry.- tentò di rabbonirla. - E’ una bella cosa che il Comandante Supremo ti abbia invitata. Credo che dovresti andarci.-
- Ma nonna, il lavoro…-
- Non ti preoccupare di quello.- la interruppe Pinako. - Dopo gli ultimi scontri a Central City, ci sono sempre meno persone che hanno bisogno del nostro aiuto. E poi,- aggiunse, infilando la pipa in bocca, - oggi è domenica. Vai pure, qui me la caverò benissimo anche da sola.-
Winry si imbronciò, ma presto la tensione l’abbandonò.
- Va bene.- sospirò, poi puntò il dito contro Edward, che trasalì. - Ma dobbiamo essere di ritorno entro due giorni, non di più, chiaro?-
- C-certo.- balbettò lui.
- A che ora si parte?-
- 15:30.- rispose Ed, mentre il suo stomaco festeggiava ballando il limbo.
- Perfetto.- Winry si girò, dirigendosi verso la porta. - Vado a preparare le valigie.-
Uscì dalla cucina e prese a salire le scale. Quando fu sicura di non essere più visibile, cominciò a fare i gradini due a due, tanta era l’eccitazione di partire da sola con Ed. Non che la compagnia di Al non le piacesse, ma, forse, quella era la volta buona per dichiarare i suoi veri sentimenti.
 
********
 
Edward si chinò sulle tombe di Trisha Elric e Van Hohenheim e vi depose due mazzi di fiori male incartati. Raddrizzò la schiena, mise le mani in tasca e rimase lì impalato a fissare i nomi e le date incisi sulle lapidi.
Nonostante si trovasse di fronte alle tombe dei suoi genitori, il più vecchio degli Elric non provava tristezza; era invece pervaso da una sorta di tranquillità nel vederli di nuovo l’uno accanto all’altra, intenti ad amarsi ancora, silenziosamente, proprio come quando lui ed Al erano bambini.
Alzò gli occhi sulla collina e, in lontananza, sotto il sole cocente del primo pomeriggio, scorse le macerie della loro prima casa, quella che aveva regalato loro ricordi felici e momenti di disperazione, quella che loro stessi avevano dato alle fiamme per essere sicuri di non avere una scusa per tornare sui loro passi, sopraffatta dalle erbacce.
Edward sorrise mesto, finalmente il cuore in pace. - Andiamo, Den.- disse.
L’altro fece penzolare la lingua tutto felice e lo seguì trotterellando giù per il sentiero.
Quando furono a qualche metro di distanza, la porta di casa Rockbell si spalancò all’improvviso.
- Ed!- esclamò Winry, affaticata, poggiando la valigia sulle assi di legno. - Che fine avevi fatto? Sei sparito senza dire niente.-
- Sono passato a fare un saluto alla mamma e a Hohenheim.- spiegò lui.
Pinako, appena sopraggiunta alle spalle della nipote, trascinandosi dietro il bagaglio di Ed, alto quasi quanto lei, provò un moto di contentezza sentendo pronunciare il nome del suo vecchio compagno di bevute, felice di sentirlo uscire così naturalmente dalle labbra del nipote acquisito.
- Ah, capisco.- disse Winry. - Pensavo fossi partito senza di me.- rise poi.
Edward salì gli scalini e la superò senza guardarla. - Non lo farei mai.- affermò, e dalla sua voce, Winry, sorpresa ma anche lusingata, potè intuire un certo imbarazzo.
Il ragazzo afferrò la cara, vecchia valigia di pelle consunta che l’aveva accompagnato fedelmente nei suoi lunghi viaggi e se la gettò sulle spalle. - Allora ci si vede tra qualche giorno.- disse, sorridendo alla zia.
Quella annuì. - Mi raccomando, Winry, tienilo d’occhio.-
Ed aggrottò le sopracciglia, indispettito. - E con questo cosa vorresti dire, vecchia befana?!- si infervorò.
- Che hai bisogno della baby-sitter, dato che ovunque tu vada ti cacci sempre in qualche guaio, fagiolino dei miei stivali!- rispose a tono Pinako.
- Fagiolino a chi, nanetta?!-
Winry sospirò, pensando bene che era ora di farli smettere. - Finiscila Ed.- lo riprese. - Finiremo per perdere il treno se continui a fare il bambino.-
Lui fece per dire qualcosa, ma Winry non gliene diede il tempo e andò ad abbracciare la nonna. - Non preoccuparti per noi.- la rassicurò. - Piuttosto, se hai bisogno di qualunque cosa, non esitare a chiamarmi.- E così dicendo, corse a raggiungere un Edward musone sulla strada polverosa.
- Non provare più ad ignorarmi, fissata di auto-mail!- sbottò Ed quando la ragazza gli si affiancò.
- Senti chi parla, il “piccoletto” fissato di alchimia!- rispose con sufficienza Winry, mentre Den abbaiava per dire la sua.
- Cosa hai detto?!- gridò Edward punto sul vivo. - Guarda che sono più alto di te, adesso!-
Continuarono a battibeccare per tutto il tragitto come una vecchia coppia di sposi.
Pinako li guardò allontanarsi, le loro voci sempre più smorzate, strizzando gli occhi per ripararli dai raggi accecanti del sole primaverile.
Den li accompagnò scodinzolando fino alla fine dell’incrocio, dove Winry si voltò per salutarla un’ultima volta. Lei, sulla porta, alzò un braccio e agitò la mano, ricambiandola.
Forse dovrei smetterla di preoccuparmi tanto, pensò tra sé e sé, rientrando in casa.
 
Quando li vide entrare in stazione, la donna della biglietteria uscì dal suo stato di intorpidimento, stupita.
- Oh, Edward-kun!- lo salutò da dietro il vetro. - Sei arrivato solo ieri e già riparti?-
- Purtroppo si.- annuì Ed, sospirando esasperato, facendosi timbrare il biglietto e riponendolo al sicuro nella tasca della giacca.
- Anche tu, Winry-chan?- chiese la donna, timbrando anche il suo. - Cosa ci andate a fare a Central City?- si interessò, poggiando la guancia sul palmo di una mano.
A differenza di Edward, gli occhi di Winry luccicarono d’entusiasmo. - Facciamo visita a un amico.- rispose tutta felice.
- Amico!- sbraitò Edward, allontanandosi a grandi passi. - Io e quel Colonn… quel Comandante Supremo Mustung non siamo mica amici!-
- Ehi, Ed, aspettami!- Winry prese il biglietto, ringraziò la donna e filò via anche lei.
Rimasta sola, l’inserviente rimase a fissare il punto in cui i due erano spariti. - Co-Comandante… Supremo…?- balbettò interdetta, non credendo alle proprie orecchie.
Quando giunsero al binario, il treno non era ancora arrivato. Edward si accomodò sulla prima panchina libera che gli capitò a tiro e lo stesso fece Winry; anche se la primavera era appena iniziata, al sole si avvertiva già un po’ di caldo.
- A proposito,- proruppe Winry, sfilandosi la felpa. - perché Mustang ha invitato pure me?-
Edward si irrigidì sul posto al pensiero dell’ultima telefonata che aveva ricevuto dal Neocomandante Supremo. Vorresti venire senza la tua fidanzata?, aveva detto. A ripensarci, sentì il viso andargli in fiamme. Non che aborrisse l’idea di Winry come… come… la sua… ma era troppo imbarazzante parlarne così a quattr’occhi.
- Ed…?- Winry si sporse per guardarlo meglio, chiedendosi cosa l’avesse ammutolito.
Per sua fortuna, un fischio attirò la loro attenzione all’orizzonte.
- Il treno!- esclamò Ed, scattando in piedi, ringraziando il cielo per averlo sottratto a una conversazione dai toni sicuramente spinosi.
Il treno arrivò sferragliando e si fermò lentamente con uno stridio, invadendo il binario di un denso fumo grigiastro. Quando le porte si aprirono, poca gente scese e altrettanta ne salì.
Edward si fiondò sulla prima carrozza, con Winry alle calcagna.
- Ed, che ti prende?!- gridò la ragazza, issando con qualche difficoltà la valigia dal marciapiede.
- E’ che non voglio perdere il treno.- rispose lui, spuntando dal corridoio e aiutandola.
- Ma se si ferma almeno dieci minuti in stazione!- sbuffò Winry.
Storcendo il naso per l’odore polveroso dei rivestimenti, andarono avanti fino a che non trovarono il numero del loro scompartimento, ma, quando Edward fece scivolare la porta scorrevole, si fermò di colpo, facendo sbattere una Winry ancora borbottante contro la sua schiena.
- Diamine, Ed, che c’è questa volta?!- chiese, frustrata.
Edward non rispose; rimase in silenzio per qualche attimo, frugò nella tasca della giacca e, dopo aver controllato il biglietto, diede un altro sguardo al numero scritto sullo scompartimento.
Winry, confusa, si affacciò sotto il suo braccio e capì all’istante il perché di quell’espressione tesa; l’interno era già occupato e dalla persona più improbabile che si sarebbe mai sognata di incontrare.
- Scar…- sussurrò, spalancando gli occhi, come se in tal modo cercasse di convincerli che si trattasse proprio di lui.
Non era cambiato affatto; stessi occhi rossi, stessi capelli bianchi, stessa pelle scura, stessi tatuaggi a ricoprirgli le braccia, stessa inquietante inconfondibile cicatrice sulla fronte. Le uniche cose che portava di diverso erano i capelli, ora più lunghi e legati in una coda e i vestiti, una tunica viola con un pezzo di stoffa dalle strisce nere e rosse a fasciargli la spalla sinistra al posto dei lerci abiti sempre sporchi di sangue che indossava anni prima, quando era aveva gettato nel panico gli alchimisti di tutto il Paese.
L’espressione dura di Scar fu attraversata dalla sorpresa. - Edward Elric.- disse, poi, quando si accorse di Winry alle sue spalle, avvertì un crampo allo stomaco e distolse in fretta lo sguardo, assalito da un vecchio senso di colpa.
- Eh?- fece Ed, sbigottito, fissando l’uomo seduto lì accanto come se lo vedesse per la prima volta. - Maggiore Miles? Sei proprio tu?-
Quello, in divisa militare e con i soliti occhiali scuri sul naso, stirò le labbra in un sorriso. - Sei cresciuto parecchio dall’ultima volta che ci siamo visti. Anche tu, Winry-chan.-
- Grazie, Maggiore.- rispose Winry, cortese. - La trovo bene.-
Edward le lanciò un’occhiata apprensiva, poi, trovandola incredibilmente tranquilla, prese i bagagli e li sistemò ben bene nella griglia di ferro sulle loro teste, prendendo posto vicino al finestrino. Winry chiuse la porta e si accomodò accanto a lui.
Il fischio del capostazione venne sovrastato da quello del treno che annunciava la partenza. Prima piano, poi sempre più veloce, il treno avanzò, fino a lasciarsi alle spalle la piccola stazione di Resembool.
Nonostante le buone maniere che si erano scambiati fino a quel momento, si respirava un’aria pesante nello scompartimento; Scar osservava il paesaggio scorrere fuori dal finestrino, freddo e distaccato come suo solito, mentre il Maggiore Miles se ne stava seduto rigido come un soldato sull’attenti. Winry invece si tormentava le mani, la testa incassata nelle spalle, con Ed di lato che stava per esplodere tanta era la pressione di quel silenzio.
- E’ proprio una strana coincidenza questa.- se ne uscì, giusto per smorzare la tensione. - Siete diretti a Central City?-
- Esatto.- rispose il Maggiore Miles, estraendo una busta dalla giacca e porgendogliela. - Suppongo stiate andando anche voi per questo, non è così?-
Edward la prese e l’aprì; dentro c’era un invito formale firmato personalmente dal Comandante Supremo. - Sì, ci stiamo andando proprio per quello.- bofonchiò, irritato per non aver ricevuto anche lui un invito come quello, ma ancor di più per essere stato preso in giro da quel Mustang; qualcosa di piccolo un accidente! Chissà quante persone aveva invitato.
- Comunque,- riprese Miles, riponendo la lettera al sicuro. - Staremo giusto il tempo per fare i nostri omaggi al nuovo Comandate Supremo, poi, ritorneremo a Nuova Ishbar.-
Ed si mise dritto sul sedile. - A proposito, mi è capitato di passare da lì qualche tempo fa. Sta diventando una gran bella città, ottimo lavoro!-
- Merito della nostra gente.- disse Scar all’improvviso, come sempre fiero del sangue che gli scorreva in corpo. - Stanno dando tutti del loro meglio per costruire case, scavare pozzi, coltivare terreni…-
- E di sua Eccellenza il Comandante Supremo, ovviamente. - aggiunse il Maggiore con un sorriso sghembo. - Le persone che ci ha mandato sono di grande aiuto.-
- E’ grandioso, davvero!- esclamò Ed, sinceramente felice per loro.
- E tu,- si informò l’altro. - cos’hai fatto finora?-
- Sono stato all’Ovest fino a qualche giorno fa, a fare ricer…-
- Scusate,- lo interruppe Winry, alzandosi di scatto. - ho bisogno del bagno.- Uscì in fretta, senza degnarli di uno sguardo e senza dare loro il tempo di dire “ma”.
Edward, quasi se lo fosse aspettato, si riprese subito. - Anche io.- annunciò, seguendola.
Una volta rimasti soli, Scar e Miles si guardarono.
- Di bagno ce n’è solo uno.- constatò il Maggiore, pensieroso.
Scar, dal canto suo, tornò a guardare fuori dal finestrino, aggrottando le sopracciglia.
Quando Ed la raggiunse, Winry era ferma in mezzo al corridoio, i biondi capelli a coprirle il volto, le mani ben salde al finestrino di fronte per non farsi sballottare dal moto ondulatorio del treno in corsa.
Senza sapere bene cosa dire o fare, Ed le si avvicinò. - Win…-
- Scusami.- lo interruppe lei. Sorprendentemente, la sua voce era ferma e sicura, forse, solo velata di tristezza. - Non riuscivo a respirare lì dentro.-
Era difficile per lei spiegare cosa stesse provando in quel momento. Quando aveva rivisto Scar era stata assalita da un turbinio di emozioni; il dolore sordo per la perdita dei suoi genitori, le loro immagini sbiadite di quando erano ancora in vita che le si accavallavano ancora prepotentemente nella testa, la rabbia nei confronti di Scar che la fissava negli occhi senza dire niente, una rabbia che non l’avrebbe mai abbandonata.
Ed allungò un braccio e le cinse con forza le spalle. - Non sai quanto vorrei prenderlo a pugni per quello che ha fatto allo zio e alla zia.- ringhiò a denti stretti, inspirando il profumo dei capelli di Winry contro il suo petto. - Ma, alla fine, cosa risolverei?-
Winry ascoltò il battito accelerato del cuore di Ed, chiuse gli occhi e sospirò - Hai ragione, mamma e papà non tornerebbero in vita.-
Rimasero in silenzio per qualche secondo, con l’unica percezione del calore che il loro abbraccio stava generando, poi, Ed le chiese - Ti ricordi cosa dicesti a Scar quella volta al Nord, quando lo medicasti e lui pensò che lo stessi perdonando?-
Winry aprì gli occhi, sorpresa da quella domanda. - “Devo sopportare”.- sorrise alla fine.
Ed la strinse ancora di più a se. - Questa volta, sopportiamo insieme, ok?-
Winry annuì con vigore, abbandonandosi alle stretta rassicurante delle sue braccia. - Grazie.-

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Capitolo 4
*** Welcome to Central City ***


Salve salve salve, gente! :) Sono felice di annunciarvi che il quarto capitolo è arrivato ed è tutto per voi adesso. Hayley_Gin91 ha fatto un eccellente lavoro, secondo me. Ho letteralmente adorato tutti i capitoli che ha scritto per questa storia, ma questo mi ha lasciata senza fiato. Spero sarà così anche per voi! :D
E mi raccomando, fatele sapere che ne pensate con una recensione, anche brevissima: sia a me che a lei farebbe davvero piacere.
E adesso.. Buona lettura <3



Ancor prima di scendere dal treno, Ed venne investito dal chiacchiericcio e la vitalità della stazione gremita di gente della capitale. 
Fece un passo sul marciapiede e inspirò a pieni polmoni l’aria densa e pesante di Central City. 
Rievocò con un misto di malinconia e affettuosità gli anni passati quando, accompagnato da un’enorme e ingombrante armatura, era ancora un ragazzino che viaggiava di città in città alla ricerca della Pietra Filosofale. Quante volte era partito e arrivato in quella stazione? 
- Ah, che stanchezza!- sbadigliò, stiracchiandosi. - Questi sedili sono diventati ancora più scomodi dall’ultima volta.- 
Winry, arrivata alle sue spalle, sbuffò, poggiando la valigia in terra. - Parli proprio tu che hai dormito per tutto il tempo.- 
La ragazza si drizzò, massaggiandosi la schiena; non solo non era riuscita a dichiararsi, pensò contrariata, ma, tra la tensione per la presenza di Scar in quell’angusto scompartimento e l’imbarazzo per Ed che russava a bocca aperta, aveva passato tutto il viaggio con le spalle rigide, neanche fosse seduta su uno spillo. 
Ed fece per ribattere quando qualcuno gridò il suo nome. Ebbe appena il tempo di chiedersi a chi appartenesse quella voce potente che si ritrovò imprigionato in un abbraccio spezza ossa. 
- Edward Elric!- esclamò commosso il Maggiore Armstrong. - Sono felice di rivederti!- 
Ed cercò di liberarsi da quella presa ferrea ma inutilmente. - M-Maggiore… non respiro…- bofonchiò, in cerca d’aria. 
- Al Quartier Generale abbiamo sentito tutti la tua mancanza, sai?- fece l’altro, ignorando i movimenti convulsi del ragazzo e la sua faccia che pian piano stava assumendo una sfumatura violacea. 
Winry ridacchiò, constatando che quell’omaccione non era cambiato di una virgola; sempre altissimo, i possenti muscoli ben nascosti sotto la divisa dell’esercito. A parte il ricciolo biondo a cascargli sulla fronte, la sua pelata era perfetta, esattamente come la forma precisa e ricercata dei baffi. Per chi non lo conosceva, appariva come un militare burbero e autoritario ma, sotto quelle sopracciglia inesistenti, i suoi occhi chiari esprimevano tutto il suo buon cuore. 
- Oh, Winry-san!- L’Alchimista Nerboruto rimise un Edward decisamente provato a terra e le strinse energicamente le mani. - Benvenuta a Central City. La trovo in gran forma.- 
- Grazie.- sorrise Winry, cercando di mantenere l’equilibrio di fronte a tutto quell’entusiasmo. - Anche lei non è da meno, Maggiore.- 
Lo sguardo di Armstrong però era ora concentrato alle spalle della giovane, sullo stesso treno dal quale il Maggiore Miles e Scar si apprestavano a scendere. 
- Salve, Maggiore Armstrong.- salutò Miles, portando una mano in fronte. 
Alex si congedò da Winry per avvicinarsi ai due uomini. - Maggiore Miles, Scar-dono, ben arrivati.- disse, mettendosi sull’attenti. L’onorificenza che aveva seguito il nome di Scar stridette non poco alle orecchie dei presenti. - Vi stavo aspettando. Ho il compito di scortarvi fino al vostro hotel. C’è una macchina che ci aspetta quindi permettetemi di portare i vostri bagagli.- aggiunse, indicando le anonime sacche che si portavano dietro. 
Scar si sistemò meglio lo zaino in spalla. - Non ce n’è bisogno.- borbottò, per niente abituato a un trattamento tanto ospitale. 
- E noi?- si intromise Ed, massaggiandosi il collo. - A noi non chiede di lasciarle i bagagli, Maggiore?- 
- Ed!- lo sgridò Winry, sfilandogli una gomitata nelle costole. - Non lo ascolti.- si scusò poi la Rockbell, sovrastando le imprecazioni di un già abbastanza ammaccato Edward. - Questo stupido può portarseli benissimo da solo i bagagli.- 
- Veramente, voi non verrete con noi.- li informò Armstrong. 
I due ragazzi si bloccarono, stralunati. - Eh?- 
- Il vostro accompagnatore è in ritardo?- Il Maggiore fece vagare lo sguardo intorno, indugiando in un punto sopra le loro teste. - Ah, no, eccolo lì!- 
Un ufficiale dell’esercito si era fatto largo tra la folla e, con sommo stupore di Ed e Winry, ora si avvicinava a passo svelto e deciso nella loro direzione, il lungo soprabito scuro che sbatacchiava a ogni passo. Quando si fermò, unì i tacchi, le braccia ben aderenti al corpo e fece un piccolo inchino col capo. - Spero di non avervi fatto attendere troppo, Edward-kun, Winry-chan.- 
- Tenente Hawkeye!- esclamarono questi in coro; quasi non la riconoscevano con quei corti capelli sbarazzini a scoprirle il viso. 
- Ora è l’assistente del Comandante Supremo.- rettificò Armstrong con orgoglio. 
- Rimango pur sempre un Tenente.- si schernì Riza. - Grazie per averli accolti al posto mio, Maggiore Armstrong.- 
- E’ stato un vero piacere per me.- cinguettò l’altro, stringendo per la seconda volta Edward in una morsa affettuosa e potenzialmente letale. - Bene.- annunciò poi, lanciando un’occhiata di traverso al Maggiore Miles e a Scar. - Noi andiamo. Ci vediamo questa stasera.- 
I due gruppi si salutarono e, quando i due militari e l’uomo di Ishbar scomparvero alla loro vista, il Tenente Hawkeye si rivolse nuovamente a Ed w Einry. - Che ne dite se ci incamminiamo anche noi?- 
- Ah, era ora!- esclamò Edward. - Fra il Maggiore Armstrong e il treno, mi sento le ossa a pezzi!- 
Uno sguardo severo stava già facendosi largo sul viso di Winry. Ed scattò in avanti e si portò velocemente in testa al gruppo, sfuggendo alla furia dell’amica e, probabilmente, anche alle sue sberle. 
Il Tenente sorrise, appurando che i loro teatrini erano rimasti gli stessi di una volta. - Il viaggio è stato faticoso?- 
- Un po’.- ammise Winry, camminando al suo fianco. 
Ed incrociò le mani dietro la testa. - La prima cosa che chiederò a Mustang, ora che è Comandante Supremo, sarà di sostituire questi vecchi e sgangherati vagoni con altri nuovi e supercomodi.- sussurrò quasi a se stesso, uscendo in una trafficata Cental City. 
Il tenente Hawkeye doveva averlo sentito perché, con la coda dell’occhio, Ed la vide stirare le labbra in un altro piccolo sorriso. 
- E’ stato Mustang a mandarla a prenderci, Tenente?- domandò ancora il ragazzo, fermandosi sul marciapiede. 
Riza annuì, accompagnandoli verso un’automobile dell’esercito parcheggiata poco lontano. - Avrebbe voluto venire anche lui ma, sapete, ultimamente ha un sacco di lavoro da sbrigare ed è stato costretto a rinunciare.- 
Costretto da lei, casomai, Tenente, pensò Edward, sghignazzando. 
L’autista li aiutò a caricare i bagagli, dopodiché salirono in macchina e partirono. 
La capitale di Amestris era esattamente come la ricordavano: grande, colorata, piena di vita. Le strade asfaltate e affollate, il traffico e i palazzi addossati l’uno all’altro, i negozi più svariati e le locande dalle quali provenivano gradevoli profumi, i cantieri sempre in costruzione e i fiorai agli angoli delle vie… 
- Riza-san.- disse Winry d’un tratto, lo sguardo perso fuori dal finestrino. 
Il Tenente voltò il capo verso il sedile posteriore, interrogativa. 
- Possiamo fermarci in un posto prima di andare in albergo?- 

Winry suonò il campanello, le dita tremanti. 
Era agitata ed emozionata al tempo stesso al pensiero di poter rivedere la signora Gracia e riabbracciare la piccola Elicia. 
Se l’era ripromesso; la prima cosa che avrebbe fatto una volta arrivata a Central City sarebbe stata andare a far visita in casa Hughes. Ed ora eccola lì. 
Suonò una seconda volta, nel caso non avessero sentito. Ma dall’interno non proveniva alcun rumore. 
- Allora?- chiese Ed, fermo tre gradini più in basso, nel cortile erboso e ben curato. 
- Forse non sono in casa.- commentò Winry abbattuta, suonando ancora. 
Il cancelletto in ferro stridette, attirando la loro attenzione. 
- Tenente Hawkeye, cosa…?- La signora Gracia spalancò gli occhi per la sorpresa. - Edward-kun, Winry-chan!- 
Elicia abbandonò la mano della madre e, euforica, si fiondò letteralmente su Winry, rischiando di sbattere contro Ed nell’impeto della corsa. - Sorellona, sono felice che tu sia tornata! Mi sei mancata tanto!- esclamò, stringendole i fianchi. 
- Anche tu, Elicia-chan!- Winry le carezzò la testa, poi l’allontanò da sé e si inginocchiò per osservare il suo faccino sorridente. - Sei diventata grande. Quanti anni hai adesso?- 
- Sette.- ripose Elicia, gonfiando il petto. 
Winry sfoggiò un’espressione colpita. - Non mi dire! Allora avrai già cominciato la scuola.- 
Elicia annuì, indicando lo zainetto trapuntato da mille fiori colorati che portava sulla schiena. 
- Alla tua età,- si intromise Ed, avvicinandosi. - dovresti stare più attenta a dove metti i piedi.- Si chinò fino a quando il suo viso e quello di Elicia non furono alla stessa altezza, poi le diede un buffetto sulla fronte. - Stavi quasi per farmi cadere, lo sai?- 
- Ed!- lo spintonò Winry. - E’ solo una bambina, lasciala in pace.- 
Elicia però continuava a guardare il ragazzo impassibile. - E tu chi sei, fratellone?- 
Ed fece una smorfia. - C-come chi sono?- Ben più che infastidito dal fatto che quella nanetta non ricordasse neppure il suo nome, assunse quello che doveva essere un tono d’importanza e strepitò - Sono io, Edward. Edward Elric, l’Alchimista d’Acciaio.- 
Ma Elicia continuava a non riconoscerlo, così Gracia pensò bene di andare in aiuto della figlia. - Lui è un amico di papà, Elicia. E’ venuto spesso a casa nostra con suo fratello. Te la ricordi “la grande armatura”?- 
Un lampo di comprensione attraversò il viso della piccola che, prima guardando la madre e poi puntando un dito contro Ed, esclamò - Tu sei “il fratello piccolo”!- 
Come una bomba a orologeria, Ed esplose - Chi hai chiamato piccolo, specie di bassotto con le codine?!- gridò, cominciando a tirarle i capelli. 
Il Tenente Hawkeye scosse il capo, segretamente divertita. Winry invece sospirò sonoramente, passandosi una mano sulla fronte, più esasperata che mai da quell’eterno Peter Pan. 
- E’ bello sapere che non siete cambiati anche dopo tutti questi anni.- ridacchiò la signora Gracia, tradendo qualche ruga d’età. 
- Invece Elicia-chan sta crescendo proprio bene.- affermò Winry, guardando la bambina tirare le guance di Ed. - Sta facendo davvero un gran lavoro con lei, Gracia-san.- 
La donna scosse appena il capo. - Io non sto facendo quasi nulla. E’ lei che è una bambina straordinaria.- Continuò a guardare con amore la figlioletta per qualche altro minuto ancora, poi, sommessamente, aggiunse - Mio marito sarebbe stato fiero di lei.- 
Winry si girò a guardarla e, anche se sorrideva, vide che il verde dei suoi occhi era oscurato da un velo di malinconia. 
D’improvviso, quasi realizzandolo solo in quel momento, si sentì sopraffatta da un moto di tristezza al pensiero di tutto il dolore e la solitudine che la signora Hughes doveva aver sofferto dopo la morte del marito. 
- Lo sarebbe stato sicuramente.- confermò Winry, abbassando lo sguardo. 
Gracia, che doveva aver notato la sua inquietudine, le prese una mano nella sua. - Che ne dici di andare a fargli visita?- 
Quasi senza pensarci Winry fece per accettare ma si bloccò all’improvviso. - Mi piacerebbe molto ma non so se…- tentennò, rivolgendo una domanda silenziosa al Tenete Hawkeye; del resto, si era scomodata a fare da scorta a Ed e lei e non voleva disturbarla ulteriormente con le sue faccende personali. 
Riza però alzò lo sguardo al cielo, osservando il lento passaggio delle nuvole pigre sulle loro teste. - Abbiamo ancora un po’ di tempo prima di rientrare in albergo.- 
Winry le sorrise grata poi, sbuffante, si avvicinò a Ed e lo agguantò per un orecchio. 
- Ehi, Winry!- esclamò l’altro, divincolandosi. - Mollami! Mi fai male!- 
Winry ignorò bellamente le sue proteste e lo trascinò via, provocando altre risatine alle sue spalle. 
Ben presto furono tutti in macchina; la signora Gracia aveva preso posto sul sedile posteriore insieme ai due ragazzi di Resembool e, anche se la piccola Elicia non occupava molto spazio, si stava comunque un po’ stretti là dietro, cosa che Ed non aveva mancato di far notare con i suoi brontolii. Smise soltanto quando chiese a Winry dove erano diretti e, una volta scoperta la destinazione, si limitò ad annuire e scrutare la città fuori dal finestrino, stranamente silenzioso. 
Il viaggio tuttavia durò poco; l’auto si fermò quando incapparono al primo fioraio sulla strada. Comperarono un grande mazzo di fiori variopinti e, dato che non era molto distante dal punto in cui si trovavano, si incamminarono a piedi verso il cimitero di Central City. 
Passeggiarono amabilmente, parlando allegramente del più e del meno, come una vecchia combriccola di amici che si riunisce dopo tanto tempo mettendosi al corrente delle novità sulle reciproche vite. Inevitabilmente, Edward ed Elicia ripresero a punzecchiarsi giocosamente, suscitando per l’ennesima volta l’ilarità generale. 
Continuarono così per diversi minuti, fino a quando non raggiunsero le fredde grate grigie montate sul basso muretto che delimitavano il cimitero. Le loro voci scemarono gradualmente mentre il prato verdeggiante e le tombe entravano nella loro visuale, fino a quando non si spensero del tutto, facendo cadere un silenzio carico di reverenza. 
Arrivati davanti all’ingresso, Edward e Winry indugiarono un attimo. 
La signora Gracia li sorpassò e voltando appena il capo nella loro direzione sorrise - Per di qua.- 
I ragazzi e il Tenente, che aveva accettato di buon grado ad accompagnarli, la seguirono tra le file di lapidi tutte uguali e ben allineate e, ben presto, si fermarono davanti a quella del “Brigadiere Generale Maes Hughes”. 
Elicia si accovacciò e depositò il suo mazzolino di margherite sulla tomba del padre. Poi fu la volta di Winry. 
Con sua grande sorpresa, Ed le circondò le mani che tenevano i fiori con le proprie, accompagnandola, quasi a voler intendere che anche lui era lì vicino. Quando si rialzarono, continuarono a guardare la tomba del Tenente Colonello, senza realmente vederla, ognuno assorto nei propri pensieri. 
Winry ripensò al giorno in cui aveva conosciuto il signor Hughes, quando l’aveva trascinata a forza alla festa di compleanno della sua adorata figlioletta. Le scappò un sorriso quando rivide l’eccitazione sulla faccia occhialuta che il signor Hughes aveva stampata quel giorno. Si era sentita subito a casa con lui e la sua famiglia, anche se aveva passato con loro pochissimo tempo. 
Le salì un groppo in gola al pensiero di non poter vedere mai più quella figura autoritaria e rassicurante, quelle spalle larghe che tanto le ricordavano quelle di suo padre. 
Eppure le lacrime non fuoriuscirono. Perché lei era diventata una donna forte e sapeva che, anche se molte delle persone a lei care non c’erano più, c’era molto altro per cui vivere ed andare avanti. Lui era una ragione più che valida. 
Edward, invece, nonostante fossero passati anni dalla morte del Tenente Colonello, non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di colpevolezza che gli gravava in fondo al cuore; malgrado la signora Hughes lo avesse rassicurato che suo marito era esattamente quel genere di persona che aiutava gli altri anche a suo discapito, non riusciva a dimenticare i suoi singhiozzi che l’avevo seguito fuori dalla porta della sua casa. 
Se solo non lo avessi coinvolto, pensò con rammarico, stringendo i pugni. 
Winry notò il turbamento negli occhi di Ed e, senza rompere quel silenzio che si era creato, gli toccò delicatamente il dorso contratto della mano. 
Ed, preso alla sprovvista, guardò stupito la mano di Winry sulla sua. Alzò lo sguardo, trovando quello cristallino e così familiare della sua amica d’infanzia e sentì che, all’improvviso, tutti i suoi sensi di colpa scivolavano via come gocce d’acqua su un vetro. 
Ed intrecciò la mano a quella di Winry e tornò a guardare davanti a sé, un po’ imbarazzato, certo, ma ora in pace con se stesso; aveva imparato a sue spese che i morti non potevano tornare in vita ma il fatto di aver ridato un corpo ad Al, di essersi ripreso il suo braccio, di essere riuscito a salvare tutta la gente di Amestris da un destino peggiore della morte, avere accanto tanti amici fidati e soprattutto lei, lo consolarono un po’. 
Aver realizzato tutte quelle cose, cose che all’epoca sembravano lontane e impossibili, significava che Maes Hughes non era morto invano. 

******** 

Si era già fatto buio quando raggiunsero il vecchio albergo militare che aveva ospitato Ed e Winry tante volte già in passato. 
- La festa si terrà al Quartier Generale, giusto?- si informò Ed, mentre l’autista scaricava i bagagli. 
Cercò di ricordare ciò che aveva letto sull’invito del Maggiore Miles, grugnendo di sdegno al pensiero di non essere considerato abbastanza importante da riceverne uno formale anche lui. 
Il Tenente annuì. - Passerà una macchina a prendervi per le nove.- 
- Ottimo.- Ed agguantò la sua valigia, salendo i gradini che lo separavano dalla porta d’ingresso dell’albergo. - Grazie di tutto Tenente, ci vediamo più tardi.- 
Tuttavia, prima che avesse il tempo di poggiare uno stivale sul primo gradino, Winry esclamò - Ed, dove stai andando?!- 
Il ragazzo si fermò e si voltò a guardarla, inarcando un sopracciglio. - Sono esausto e voglio farmi una dormita prima della festa.- 
- E la mia valigia?- 
Edward fece un gesto impaziente con la mano, riprendendo a salire le scale. - Fatti aiutare dal fattorino.- 
Winry prese fiato per protestare ma Ed era già scomparso dietro la pesante porta. - E’ sempre il solito!- sbuffò, frustrata. 
Il Tenente Hawkeye sorrise comprensiva. - Se è così allora va bene.- 
- No che non va bene.- si infiammò Winry, sollevando la valigia quasi con ferocia. - Non si cura mai di chi gli sta intorno, nè dei loro sentimenti o… dei miei.- sospirò triste. Poggiò la valigia sul marciapiede, come se d’un tratto fosse diventata troppo pensate o lei troppo fragile per tenerla sollevata. 
Riza era una donna già fatta e certamente piena d’esperienza, e ammetterlo davanti a lei mise Winry non poco a disagio. Ma era stata una lunga giornata, lei era stanca e i suoi nervi particolarmente suscettibili alle consuete ma cattive maniere di Ed. Per non parlare della sua ottusità, da non dimenticare. 
Poi però, quasi si fosse resa conto di ciò che aveva appena confessato, tentò di rettificare. - Cioè… insomma… non volevo dire che mi… che lui mi…- 
Riza si ritrovò catapultata qualche anno indietro ma con Winry al posto di Edward, entrambi impacciati e ingenui, a negare un amore così palese e tangibile. 
Il Tenente Hawkeye mise una mano sulla spalla di Winry. - Da quant’è che li conosco, Edward-kun e Alphonse-kun hanno aiutato moltissima gente. Può non darlo a vedere ma a Edward sta a cuore molta più gente di quanta ammetterebbe mai. E,- aggiunse, dandole due pacche incoraggianti. - tu sei una di quelle.- 
L’autista chiuse il portabagagli, quasi a mettere fine alla conversazione. Rientrò in macchina, seguito quasi subito dal Tenente. 
Un piede sull’auto e l’altro sull’asfalto, Riza fece capolino oltre il tettuccio; Winry continuava a guardarla sconcertata, come se le se fosse sfuggito qualcosa. - Non crucciarti. Gli stai a cuore molto più di quanto tu possa immaginare.- 
Winry guardò l’auto allontanarsi e sparire, confondendosi col cielo scuro. 
Le parole del Tenente l’avevano lasciata di stucco, confusa, ma non ebbe molto tempo per rifletterci sopra perché qualcuno gridò - Signorina Rockbell!- 
Winry si girò e vide un ragazzo dalla pelle scura e una gran massa di ricci crespi, coperti da un berretto, avvicinarsi. Notò che indossava la divisa dell’albergo. 
- Benvenuta. Mi permette?- disse, indicando la valigia ai suoi piedi. 
Winry annuì e fece un passo indietro. - Grazie.- 
Il fattorino afferrò il manico rigido e sollevò. - Il signor Elric aveva ragione. Come avrebbe fatto una ragazza da sola a portare tutti questi chili?- commentò, sbuffando di fatica a ogni passo. 
Winry aprì bocca per chiedere qualcosa ma la richiuse quasi subito, lasciando un sorriso a incresparle le labbra. 
Che Ed fosse privo di tatto era un fatto appurato, ma ora aveva la certezza che si preoccupava per lei a tal punto da mandare qualcuno ad aiutarla, e non solo. Le parole di Riza le solleticarono la mente, accendendo una nuova speranza dentro di lei; se c’era anche solo una possibilità di riuscire a far breccia nel cuore di Ed, lei l’avrebbe colta al volo. 

******** 

Era ormai da qualche minuto che Winry stava seduta sul bordo del letto, pestando un piede sul pavimento. 
Controllò l’orologio alla parete: le 20:37. 
Riprese a pestare convulsamente la moquette. Le scarpe nuove, che tuttavia aveva comperato molto tempo prima, cominciarono a farle male, così, giusto perché la tensione le attanagliava le viscere e non la faceva rimanere ferma per più di mezzo minuto, si alzò ed entrò nel piccolo bagno. Si fermò davanti al lavandino e si specchiò sulla modesta superficie riflettente che lo sovrastava. Ricontrollò il trucco, diede una sistemata ai capelli e fece qualche giro su se stessa per essere sicura che l’abito cadesse alla perfezione. 
Era la quinta volta che ripeteva quei passaggi e, tutte le volte, ritoccava dettagli banali: la piega della gonna, la posizione del ciondolo sul collo, il modo in cui le cadeva un ciuffo sulla fronte che, puntualmente, ritornava al suo posto, esattamente dove doveva stare. 
Tornò nella sua stanza, dove le lancette dell’orologio la informarono che erano passati appena tre minuti da quando l’aveva guardato l’ultima volta. 
Prese un respiro profondo per calmare i nervi. 
Edward non le aveva dato un orario preciso. Le aveva detto soltanto che l’avrebbe chiamata non appena fosse arrivata l’auto che li avrebbe scortati alla festa. 
Il Quartier Generale non era propriamente vicino al loro albergo perciò si era aspettata di vederlo comparire alla sua porta già da un pezzo. Eppure era almeno un quarto d’ora che non si sentiva volare un mosca, eccezion fatta per i suoi sospiri carichi d’ansia. Ansia per quello che Ed avrebbe pensato vedendola agghindata come un’elegante signorina e non con la solita tuta da meccanico e la bandana in testa. Ansia perché lei non era abituata a certe situazioni e non aveva la più pallida idea di come affrontarle. Ansia di sbagliare, di non essere all’altezza. Della festa. Di lui. 
Stava per riprendere posto sul materasso troppo morbido quando tre colpi alla porta spezzarono il silenzio. 
Winry affondò i palmi nelle lenzuola e, agitatissima, si diede una spinta, sfrecciando verso l’ingresso. Passò una mano tra i capelli, stirò un’ultima volta il vestito e, cercando di darsi un contegno, aprì la porta. 
Il sorriso le si smorzò insieme all’entusiasmo. 
- Scusi il disturbo, signorina.- disse il responsabile dell’albergo, un signore dalla chioma e i baffi imbiancati. - La vostra macchina è arrivata. E’ giù che vi aspetta.- 
Winry diede un’occhiata nel corridoio. - Grazie ma… Edward Elric dov’è?- 
Il responsabile si strinse nelle spalle, lanciando un’occhiata alla porta della stanza accanto alla sua. - Ho bussato e chiamato più volte ma non ha risposto nessuno.- 
Winry si accigliò, colmando con due lunghi passi la distanza che la separava dalla camera 502. - Ed!- gridò, tempestando di pugni la porta. Il responsabile trasalì vedendo quanta foga ci metteva. - Ed, apri la porta!- 
Edward, dall’altro lato della lastra di legno, si stiracchiò tra le coperte. Si grattò la pancia che come al solito si era scoperta durante il sonno e aprì appena gli occhi, concentrandoli sul ventilatore a pale del soffitto. 
Gli venne quasi un infarto quando sentì le minacce attutite di Winry oltre la porta - Ed, mi hai sentito?!- 
Allarmato, spalancò gli occhi e scattò su a sedere. - Cavolo!- esclamò, la voce ancora impastata dal sonno. Si districò a fatica dalle coperte e saltò giù dal letto. 
L’orologio appeso al muro segnava le 20:44, scandendo i secondi che gli mancavano prima che Winry buttasse giù la porta e lo uccidesse con una chiave inglese delle dimensioni e il peso di una clava di ferro. 
Aveva dormito troppo e ora non aveva nemmeno il tempo di farsi una doccia. 
Si sfilò i pantaloni e, saltellando, ne infilò un altro paio, neri ed eleganti. Agguantò una camicia ben stirata e, cacciandosela sulle spalle, corse ad aprire la porta, prima che Winry la togliesse dai cardini. Il che sarebbe stato un problema; privo dell’alchimia, non ero certo allettato dalla prospettiva di dover pagare i danni all’albergo. 
- Si, si, ti ho sentit…- Ed si bloccò, una mano sulla maniglia, ancora mezzo svestito e ora con un’espressione da pesce lesso dipinta in viso. 
Esatto, da pesce lesso. Non poteva essere altrimenti, perché la ragazza che lo stava incenerendo con lo sguardo era la più bella che avesse mai visto in vita sua. 




Ci avviciniamo sempre più al capitolo cardine, il prossimo :)
Continuate a seguire questa storia, perchè vedrete un Ed che neanche immaginate :P
Alla prossima, GuruGuru90&Hayley_Gin91 <3

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Capitolo 5
*** In vino veritas.. ***


Signore e Signori, l’attesa è terminata! Ecco a voi il quinto capitolo più bello della storia! Avete aspettato un po’ per leggerlo, ma ognuno di noi ha degli impegni che non si possono rimandare. Nonostante tutto Hayley_Gin91, ho sfornato un capitolo che è andato oltre le mie aspettative. Non vi dico altro, leggete e fatemi sapere. :D Finalmente avrete l’occasione di vedere quell’Edward che non vi aspettate. ;) Ditemi che ne pensate!
PS: a fine capitolo c’è una sorpresa che Hayley_Gin91, ha pensato per me e per tutti voi lettori. <3

***
Bellissima.
Edward non trovava parola più appropriata per descrivere ciò che i suoi occhi avevano la fortuna di ammirare; un’unica spallina teneva su il vestito di Winry, il quale si stringeva in vita, mettendo in risalto la forma del seno, per poi ricadere libero qualche centimetro sopra il ginocchio. Il nero della stoffa faceva quasi scintillare la pelle candida delle sue gambe slanciate dai tacchi, così come facevano i capelli, raccolti in uno chignon, per il suo collo nudo.
Nudo? Ah, no, non era nudo. C’era una piccola pietra che sfavillava ogni volta che il petto di Winry si alzava ed abbassava, ma Ed non vi aveva fatto troppo caso, concentrato com’era sull’incavo del collo della sua amica d’infanzia, così scoperto, così sensuale…
Winry, ancora frastornata dalla visione di Ed appena sveglio - i biondi capelli sciolti e scompigliati sulle spalle, i piedi scalzi e la camicia mezza aperta che faceva intravedere buona parte del suo petto -, intercettò la direzione che lo sguardo del ragazzo aveva preso e, avvertendo il forte desiderio di coprirsi, fece la prima cosa che le venne in mente per districarsi da quella situazione imbarazzante.
- Stupido!- gridò, colpendolo in testa con la borsetta.
- Maledizione, Winry!- Ed si piegò in due per il dolore, gli occhi lacrimanti. Massaggiò il punto in cui era stato colpito nel tentativo di scacciare via il dolore. - Ti pare che a una ragazza si addica un atteggiamento così violento?!-
- Non mi interessa se pensi che sia violenta!- esclamò lei, puntando i piedi e portando le mani ai fianchi. - La macchina è giù che ci aspetta e tu non sei ancora pronto.-
Ed fece per ribattere ma qualcosa nel viso di Winry lo bloccò; forse il fatto che, nonostante si atteggiasse ad infuriata, le sue guance arrossate e il broncio che aveva messo su la rendevano più graziosa di quanto già non fosse.
Si rese conto di essersi soffermato ancora a fissarla così, a disagio, si sbrigò ad accantonare quei pensieri da uomo innamorato, fissando un punto a caso del soffitto bianco. - Si… bè… ero molto stanco…- farneticò, in cerca di una scusa che, lo sapeva bene, non aveva.
Winry, infatti, si accigliò ancor di più. - Anch’io lo ero, ma tra i due sei tu quello mezzo svestito.- disse, assottigliando lo sguardo.
Ed si mordicchiò il labbro inferiore. - Hai ragione, scusa.-
Winry si stupì dell’improvvisa e inattesa remissività di Ed. Stranamente, le aveva dato ragione quasi subito e senza fare troppe storie. Il tono sincero che aveva usato però mise a tacere all’istante i dubbi che ronzavano per attirare la sua attenzione.
La ragazza si girò con uno scatto secco. - Bene, - disse, incamminandosi nel corridoio. - allora ti aspetto all’ingresso.-
Ed la vide imboccare le scale e sparire, ancora scosso dal brusco risveglio.
D’un tratto, si accorse dell’uomo fermo a pochi passi da lui.
Per tutto il tempo non si era accorto della sua presenza ma era sicuro che fosse lì fin dall’inizio, fin da quando aveva aperto la porta ed era rimasto abbagliato da ciò che quello striminzito vestito nero lasciava scoperto.
Chissà cosa avrà pensato?, si ritrovò a chiedersi, mentre si scambiavano un’occhiata.
Ed spostò il peso da un piede all’altro, vagamente imbarazzato.
Dovevano essere apparsi assurdi e ridicoli agli occhi di quello sconosciuto tuttavia, se anche così fosse stato, Ed non lo avrebbe mai saputo. Il responsabile, infatti, lo guardò imperturbabile un altro secondo ancora poi, senza dire una parola, seguì Winry al piano di sotto, lasciandolo solo.
Edward rientrò in camera, si chiuse la porta alle spalle e ci si accasciò contro, sospirando; Winry gli aveva lasciato un gran tumulto dentro, come se lei fosse un uragano e il suo cuore ne fosse stato investito in pieno.
Sarebbe riuscito a starle accanto per tutta la sera senza rischiare di sembrare un maniaco a furia di guardarla?
Winry infilò le scale, i tacchi delle scarpe che producevano un rumore sordo a ogni scalino.
Si sentiva agitata, ma non sapeva dire con esattezza per quale motivo; era arrabbiata con Ed perché l’aveva fatta aspettare inutilmente, facendo sfumare come nebbia al sole i suoi pensieri di una serata romantica e perfetta ma, al contempo, avvertiva una sensazione fastidiosa e insieme piacevole in fondo allo stomaco ripensando allo sguardo che lui le aveva puntato addosso giusto pochi attimi prima. Ed era incredulo e ammirato e… c’era qualcos’altro, qualcosa che Winry non gli aveva mai visto, che non riusciva a definire, ma che di certo l’aveva colto di sorpresa. E questo la faceva sentire fiduciosa, sicura di sé, come se avesse la forza di poter fare qualsiasi cosa.
Quando arrivò nella hall, la trovò deserta, probabilmente perché a quell’ora tutti gli ospiti dell’albergo dovevano essere nel ristorante adiacente per la cena.
Solo un ragazzo se ne stava in piedi dietro al bancone, lo stesso che l’aveva aiutata con la valigia quando erano arrivati. Non appena la vide, smise di lucidare i piccoli scompartimenti dove erano soliti tenere le chiavi delle camere e i rispettivi doppioni per fissarla a bocca aperta, completamente rapito.
Winry arrossì violentemente, desiderando per la seconda volta nella stessa sera di riavere addosso la coprente tuta da meccanico.
- Bill!- esclamò una voce dietro di lei. Sia Winry che il fattorino sussultarono mentre il dirigente dell’albergo scendeva gli ultimi gradini della scala e si avvicinava a passo spedito verso il ragazzo. Gli diede uno scappellotto e, prendendolo per un orecchio, gli intimò - Cosa stai facendo? Non ti pago per importunare gli ospiti. Torna a lavorare.-
- S-sì, signore!- annuì quello, tornando a sfregare il panno contro le cassette di legno.
Winry nel frattempo si era affrettata all’ingresso, il capo chino, un po’ per nascondere l’imbarazzo, un po’ perché si sentiva in colpa; se quel vestito avesse avuto qualche metro in più di stoffa, Bill non si sarebbe beccato quella strigliata, pensò Winry, mortificata. Tuttavia il dispiacere si dissolse in fretta, lasciando presto il posto a un disagio sempre crescente. Bill, infatti, continuava a lanciarle occhiatine fugaci mentre il suo superiore era intento in altro e, quando gli sembrava che il capo della ragazza si voltasse nella sua direzione, tornava trafelato ai suoi impieghi.
Winry sospirò, frustrata, tormentandosi le mani. Le sembrava di dare spettacolo, lì, ferma davanti alla porta e maledisse Ed per l’ennesima volta quando, finalmente, sentì dei passi dietro di sé.
- Era o…!-
- Si, va bene.- la interruppe subito Edward, sistemando meglio il nodo alla cravatta. - Ora sono pronto, andiamo?-
Winry non ebbe tempo di aprire bocca che Ed era già fuori.
- Aspettami!- Winry corse per afferrare la maniglia, prima che la porta si chiudesse e anche lei fu fuori, finalmente libera dal peso di sguardi indiscreti.
Un uomo in divisa era in attesa davanti a un’auto parcheggiata lì di fronte. - Il signor Elric e la signorina Rockbell?- domandò, quando scorse i due ragazzi avvicinarsi.
- Proprio noi.- rispose Edward, infilandosi velocemente dentro il veicolo. Winry lo seguì a ruota, ringraziando l’autista con un sorriso.
La ragazza si sistemò meglio sul sedile, mentre lo sportello accanto a lei si chiudeva e l’auto partiva con un rombo sonoro, un vago senso di delusione in fondo al cuore.
Certo, non si era aspettata chissà quale galanteria ma Ed poteva almeno tenerle aperta la porta uscendo dall’albergo e farla salire in macchina per prima. Invece a malapena l’aveva sfiorata con lo sguardo, un’espressione sfuggente e quasi seccata dipinta in viso.
Spostò lo sguardo su di lui, intento a raccogliere i capelli in una coda. Prima le era passato accanto in un soffio e non l’aveva notato ma quella sera era davvero elegante. Da lì non riusciva a vederle ma le sue scarpe mandavano un luccichio che appariva e spariva a intermittenza, come la luce dei lampioni sulla strada che li investiva, li abbandonava e li illuminava nuovamente. Con la coda dell’occhio salì su per la piega dei pantaloni e, sotto il nero della giacca, intravide il taglio di un gilet a doppio petto. La camicia era sistemata e ben nascosta dentro i pantaloni e il fermacravatta adempiva in maniera impeccabile al suo scopo.
Ed finì di armeggiare con l’elastico, scoprendo un profilo deciso, da uomo e Winry non riuscì a fare a meno di pensare a quanto fosse bello e attraente, con quei fili dorati a incorniciargli il volto.
Un perfetto gentiluomo, pensò Winry, sconsolata, non fosse per quel caratteraccio che si ritrova.
 
********
 
Ed seguì con lo sguardo il profilo delle abitazioni che si susseguivano fuori del finestrino. Filavano via veloci ma riusciva comunque a distinguere qualche vetrina.
Si concentrava su quello ma ugualmente sentiva prepotente la presenza di Winry al suo fianco, così bella, il suo profumo così intenso, a tal punto da inibirgli le facoltà mentali.
- Siamo arrivati.- annunciò l’autista, distogliendolo dai suoi pensieri.
Ed e Winry si affacciarono dal sedile posteriore e lo videro; una costruzione rialzata, un quadrato perfetto che troneggiava sul resto della città, al centro esatto di tutta Amestris. Il quartier generale di Central City era il fulcro del potere militare del Paese, là dove risiedeva il Comandante Supremo e i “pezzi grossi” dell’esercito, il luogo nel quale si prendevano le decisioni più importanti.
Ed sentì un brivido d’eccitazione salirgli lungo la schiena alla vista del via vai di macchine davanti all’ingresso. - Ci siamo, finalmente.-
L’autista si mise in coda, aspettando il suo turno per scaricare i passeggeri ma Ed era troppo su di giri per aspettare di essere davanti al cancello. - Grazie del passaggio, noi scendiamo qui.- disse.
Completamente presi alla sprovvista, Winry e l’uomo al volante videro Ed spalancare lo sportello, nonostante fossero ancora immersi nel traffico e il motore rombava costante sotto di loro.
- Attenzione, è pericoloso!- L’autista si sporse, allungando un braccio come per fermarlo.
- Ed, che stai combinando?!- esclamò Winry.
Edward li ignorò, scese sull’asfalto e, con un piccolo balzo, fu sul marciapiede. Poi si girò e allungò una mano verso la ragazza. - Avanti, muoviti. Il quartier generale è davanti a noi. Arriviamo prima a piedi.-
Winry scoccò uno sguardo di scuse al conducente che, non se ne stupì, li guardava con un misto di collera e sdegno. Quindi afferrò la mano di Ed e si catapultò fuori anche lei, stando attenta a non inciampare nel tappetino che ricopriva l’auto.
Pochi passi appena e cominciò. - Non potevi essere un po’ più gentile?- chiese, guardando torvo Ed.
Lui spalancò gli occhi, sgomento. - Cosa?!- esclamò. - Ma se l’ho pure ringraziato!-
Winry mise su un cipiglio severo. - Non gli hai nemmeno dato il tempo di parcheggiare. L’hai mollato lì,- aggiunse, facendo un ampio gesto col braccio, indicando le corsie gremite. - in mezzo alla strada, e non gli hai neanche dato una mancia.-
Ed si corrucciò, infastidito. - E’ da quando siamo arrivati che non faccio altro che dare soldi alla gente.-
Winry si sentì punta sul vivo. - Bè, non ti ho chiesto io di comprare il biglietto ferroviario anche per me, né di pagarmi la stan…-
- Aaah!- Ed scattò in avanti. Si voltò e la inchiodò con uno sguardo bruciante. - Non era questo che intendevo dire! Sono stato io a voler pagare!- Si bloccò, come se si fosse appena reso conto di essersi lasciato sfuggire qualcosa che lei non doveva sapere. - Cioè… io… io…-
Winry vide le guance di lui avvampare, mentre balbettava qualcosa di incomprensibile, qualcosa che lei agognava e che la faceva pendere dalle sue labbra. E tu cosa?, pensò con intensità.
Ed si morse il labbro inferiore e, ancora rosso in viso, si decise a sputare il rospo. - Sì, insomma,- disse, lasciando vagare lo sguardo sui fanali accesi delle auto. - non è un problema se devo pagare per te.-
Winry spalancò gli occhi per lo stupore, mentre sentiva il cuore perdere un battito.
Ed, ignaro della felicità che le aveva generato, la sfiorò appena con lo sguardo e si sentì più imbarazzato che mai. - Comunque, muoviamoci.- borbottò. Si volse nuovamente e prese a camminare spedito.
Winry si riscosse e lo raggiunse velocemente; il dolore ai piedi passava in secondo piano ora che era al fianco di Ed. Edward, che l’aveva fatta sentire così speciale.
Arrivarono sotto l’imponente mole del Quartier Generale e stavano per varcare il cancello sud quando uno dei due militari appostati ai lati gli si piazzò davanti. - L’invito, prego.-
- Invito?- I due ragazzi si guardarono senza saper bene cosa fare.
L’uomo annuì, solenne.
Winry diede un’occhiata al suo fianco, dove una coppia vestita di tutto punto stava tirando fuori lo stesso foglio di carta che il Maggiore Miles aveva mostrato loro mentre erano in viaggio verso Central City.
Bastardo di un Colonnello, pensò infuriato Ed fra sé e sé. - Non abbiamo un invito formale ma…-
Il soldato lo interruppe. Alzò una mano e scosse il capo. - Allora non potete passare, mi dispiace.-
- Dann…! Sono Edward Elric.- ringhiò quasi il ragazzo, frugando in una tasca. Gli mostrò l’orologio con il simbolo del dragone che teneva nel palmo. - L’Alchimista d’Acciaio.-
L’uomo, che all’inizio sembrava sospettoso, lo studiò ancora per qualche istante, infine si fece da parte. - Prego, passate pure. E buon divertimento.-
I due giovani entrarono in un piccolo cortiletto, con Ed che non la smetteva più di bofonchiare. - Cavolo, ma chi si crede di essere quello lì?! E poi, quell’infido Colonnello; appena me lo trovo fra le mani, lo incenerisco con le sue stesse fiamme!-
- Comandante Supremo.- lo corresse Winry, ammirando le piante che abbellivano l’ingresso delle scale davanti a loro.
Il passaggio coperto, al di sotto del quale sciabordavano le acque del fossato, era stata ricostruito dopo l’attacco dell’Homunculus di quattro anni prima e anche la piattaforma che normalmente serviva per trasportare le merci era perfettamente funzionante. Quel giorno portava su fino al piano superiore i vecchi ufficiali ormai in pensione e le loro consorti affaticate dall’età.
Ed e Winry invece imboccarono una delle due scale ai lati della piattaforma, un lungo tappeto rosso che si scuriva man mano che gli invitati ci camminavano sopra.
Winry arrivò esausta al cortile superiore a causa dei tacchi e seriamente irritata dai borbottii di Ed. Raggiunsero infine il portone e si ritrovarono sull’uscio di una piazza enorme; ai quattro lati c’erano edifici bassi e lunghi, la maggior parte dei quali venivano usati come uffici governativi. Tutt’intorno si aprivano aiuole intersecate da stradine lastricate che, come quella su cui si trovavano, andavano ad unirsi al cerchio centrale, su cui era raffigurato il dragone bianco su sfondo verde, simbolo di Amestris.
I due ragazzi si guardarono intorno, stralunati; da un lato della piazza erano assiepati tavoli tondi coperti da teli bianchi. Sopra, candelabri accesi e tutto l’indispensabile per una cena di lusso. Dall’altro, una fila di lunghi banchi squadrati carichi di bevande, bicchieri e stuzzichini. In fondo era stato issato un palchetto dove una banda già strimpellava una melodia di sottofondo e, appese a dei fili che rendevano gli edifici comunicanti, tante lanterne gettavano una calda luce sulle loro figure. E poi, piante ed arbusti ad abbellire ogni angolo, fiori a deliziare l’olfatto degli invitati coi loro profumi. C’era così tanta gente da confondersi; uomini e donne di ogni età, soldati e anche qualche bambino che si divertiva a fare lo slalom tra le gambe degli adulti o a nascondersi sotto i tavoli.
- Edward-san, sei proprio tu?-
Una ragazza occhialuta si avvicinò ai due ragazzi, un’espressione di infinita sorpresa e felicità dietro le lenti.
Ed ci mise qualche istante a riconoscerla poi esclamò. - Sheska?!-
Quella annuì con vigore. - E’ passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti.-
- Puoi dirlo forte. Dì, lavori ancora per il tribunale militare?-
- Oh sì. Anche se sono passati anni e ho riscritto tutti i documenti della prima sezione della biblioteca centrale nazionale, i libri non mi distraggono più dal mio dovere; li leggo solo quando sono in pausa!- rispose Sheska con orgoglio.
Ed se l’immaginò lottare contro l’istinto di prendere uno dei tanti libri sugli scaffali e sfogliarlo, aspettando con trepidazione la pausa pranzo per poter leggere senza essere sgridata e scoppiò in una grassa risata. - Non mi dire! Sei davvero incredibile!-
Sheska lo guardò confusa. - Perché? C-che cosa ho detto di strano?-
Winry nel frattempo spostava lo sguardo dall’una all’altro, domandandosi chi fosse quella donna e in che rapporti fosse con Ed. Una piccola parte di lei, una parte che cercava di prendere con forza il sopravvento, avrebbe tanto voluto afferrare Ed e trascinarlo lontano da quella Sheska, soprattutto quando quest’ultima prese le mani di Ed nelle proprie come in uno di quei film romantici da serie B.
- Grazie, grazie di cuore.- disse Sheska, accorata. - Per merito tuo e di tuo fratello ho un lavoro e mi sono potuta permettere le cure che hanno guarito mia madre ma, soprattutto, grazie a voi due ho imparato a credere in me stessa. Grazie!-
Alla fine Sheska aveva i lucciconi agli occhi e Ed sorrise mentre la guardava confondersi di nuovo tra la folla.
- Allora,- indagò Winry mentre si spostavano verso gli aperitivi. - chi era quella?-
- Una vecchia amica.- rispose Ed, facendo vagare lo sguardo su una marea di bicchieri, tutti colmi dello stesso liquido arancione cupo.
- Vecchia quanto?- insistette lei.
Ed prese un bicchiere e lo annusò. - Boh, non ricordo. E’ stato quando ancora Al ed io cercavamo la Pietra Filosofale.-
- Quindi come vi siete conosciuti?-
- Che seccatura.- sbuffò Ed. - Ma che vuoi da me?-
Winry riempì d’aria i polmoni mentre l’imbarazzo saliva a imporporargli le guance. Da un lato si sentiva sollevata che quello stupido non avesse intravisto il pizzico di gelosia che si nascondeva in quelle domande ma dall’altro avrebbe voluto picchiarlo con la sua chiave inglese, proprio perché era così ottuso e cieco e…
- Stupido!- le uscì soltanto.
- Cosa?!- Ed la guardò stravolto, sinceramente confuso per quell’appellativo che era certo di non meritarsi. - Questo non…- cominciò ma qualcuno poco distante li richiamò alla festa.
Danny Brosh si sbracciava nella loro direzione. - Edward, Winry-chan, da questa parte!-
I due ragazzi dovettero sgomitare un po’ per raggiungerlo. Non era cambiato di una virgola; stessi capelli biondo cenere, stessi occhi verde scuro che, quella sera, indugiavano spesso sulla donna che gli stava al fianco. Non che avesse torto. Maria Ross indossava un vestito molto simile a quello di Winry, di un viola pallido, ma senza fascia sotto il seno e lungo fino ai piedi. Quando lo salutò, il Sottotenente gli tenne qualche secondo in più la mano, indugiando sul suo volto. - C’è qualcosa di diverso in te. Ti trovo…-
- …meno basso.- concluse per lei il Sergente Brosh.
- Non avresti potuto dire più alto?- scattò Ed a un palmo dal naso del ragazzo.
Danny indietreggiò di un passo, le masi alzate a schermarsi dalla furia di Ed. - E’ vero,- ridacchiò nervosamente. - avevo dimenticato quanto fosse suscettibile sulla sua statura.-
- Edward, non te la prendere.- lo rabbonì Maria. - E’ che eri così… mingherlino. E invece guarda quanto sei cresciuto.-
- Uno sviluppo incredibile.- asserì il Sergente Brosh con convinzione. - Come hai fatto? Hai cominciato a bere il latte?-
- Assolutamente no!- protestò Ed, schiumante di rabbia. - Non mi serviva certo quella cosa bianca prodotta dalle mucche per crescere!-
Winry, che fino a quel momento aveva soffocato le risate, sghignazzò. Non aspettava altro che prendersi una rivincita su Ed per ciò che era successo appena qualche minuto prima. - Forse no ma nonna Pinako metteva sempre doppia razione di latte nello stufato quando venivi a trovarci.-
Ed sgranò gli occhi, indignato. - Ma che cosa stai farneticando? Se l’avesse fatto me ne sarei accorto.-
- Allora le tue papille gustative hanno qualche problema, perché ti assicuro che l’ha fatto.- dichiarò Winry, poi si rivolse a Maria e Danny e spiegò - Sapete, per ottemperare alla sua mancanza di calcio.-
D’un tratto, un rumore di vetro rotto canalizzò la loro attenzione. Era assurdo che fino a quel momento non se ne fossero accorti ma a qualche centimetro di distanza si stagliava l’imponente figura del Maggiore Armstrong in smoking. Un Maggiore con i resti di un bicchiere infranto in mano, le sopracciglia praticamente inesistenti più corrucciate che mai e qualche vena pulsante sulle tempie. - Troppo vicini.- lamentò.
Ed si accostò al Sottotenente Ross. - Cosa gli prende al Maggiore?- sussurrò, vedendo le labbra dell’uomo sotto ai baffi scomparire in una linea sottile.
Maria sospirò rassegnata e indicò di fronte a loro; un gruppo di persone era assiepato in un angolo al cui centro spiccavano un uomo e una donna. Ed riconobbe subito Scar nei consueti abiti tipici di Ishbar e il Maggiore Miles al suo fianco. Si chiese invece chi fosse la donna con cui parlavano. Era di spalle ma ci volle appena un secondo in più per capire di chi si trattava. Non l’aveva riconosciuta con quell’abito blu notte che le lasciava scoperta una parte considerevole di schiena ma, anche se erano stati tirati su, quei capelli biondi e il portamento fiero erano senza alcun’ombra di dubbio appartenenti al Generale Maggiore Olivier Milla Armstrong. Ed rabbrividì al pensiero del loro primo incontro e, quel brivido, non era dovuto al ricordo della neve e del ghiaccio che ricoprivano la fortezza di Briggs.
Si rivolse nuovamente al Sottotenente Ross. - Allora? Dove sta il problema?-
Quella gli si fece dappresso e con un filo di voce disse - Il Maggiore crede che tra Scar e sua sorella stia nascendo qualcosa.-
Cosa?
Fu quello il primo pensiero di Ed. Era un’affermazione troppo strana, assurda se riferita a Scar e il Generale Armstrong. Anzi, era già inconsueto che i loro nomi si trovassero insieme nella stessa frase.
Tornò a guardarli, allibito, mentre pian piano metteva a fuoco il significato di ciò che aveva sentito. - Qualcosa… intende una…?-
- …relazione amorosa?!- gridò Winry, incredula.
- Ah, Edward Elric!- Il Maggiore Armstrong lo prese per le spalle e cominciò a scuoterlo. - Conosco mia sorella e so che sta accadendo qualcosa! Basta che la guardi negli occhi per capirlo.-
- Come faccio a guardarla negli occhi se è girata di spalle?- fece Ed, cercando di inquadrare il Generale Armstrong in mezzo a tutto quel dondolio.
- Comunque il Maggiore non ha tutti i torti.- disse il Sergente Brosh, mandando giù un sorso d’aperitivo. - Anch’io ho una sorella e certamente mi preoccuperei se amoreggiasse con un tipo come Scar.-
- E’ sbagliato giudicare le persone solo dal loro passato, sai?-
Liquido arancione fuoriuscì dal naso del Sergente Brosh come due piccole cascate, facendolo tossicchiare aperitivo ovunque. Ed non si stupì dello spavento di Danny, tutt’altro; conosceva quella voce e gli faceva rizzare i peli di tutto il corpo, un po’ per lo sgomento e un po’ per la felicità.
- Maestra!-
Izumi, il flamel tatuato sul seno ben in vista attraverso l’abbondante scollatura, gli sorrise e, rapida e precisa, lo colpì esattamente al centro della testa. - Guarda che parlavo anche con te.-
Ed ricacciò indietro le lacrime, assolutamente terrorizzato di prenderne ancora. - C-certo, h-ha completamente ragione, Maestra.-
Erano passati anni dal loro ultimo incontro ma la Maestra sua e di Al era rimasta uguale a come la ricordava: spiccia e violenta.
Una mano pesante gli calò sui capelli, scompigliandoglieli. - Sei stato fortunato questa volta, Ed. Avrebbe potuto atterrarti con un calcio.-
- Shigu-san!- Nel suo completo elegante, a Ed sembrò ancora più massiccio e corpulento di quanto già non fosse normalmente.
- E’ colpa sua, caro.- disse Izumi. - Se si fosse allenato abbastanza sarebbe riuscito a scansarmi.- Chiuse gli occhi, sospirò sonoramente e, quando li riaprì, sorrise. Un sorriso che esprimeva tutto l’affetto che provava per Ed, un affetto, pensò Winry, che assomigliava più a quello di una madre verso il proprio figlio che a quello di una maestra nei confronti dell’allievo. - Tutto sommato però ti trovo in forma.-
Ed la ricambiò radioso. - Anche lei, Maestra! Vedo che non sputa più sangue!-
- Già.- Izumi ridacchiò. - Un regalo d’addio di tuo padre, chiamiamolo pure così.- Ed assunse un’espressione interrogativa ma Izumi riprese subito la parola. - Piuttosto, non ho più avuto vostre notizie da quando tu e Al siete partiti. Dimmi, hai scoperto qualcosa d’interessante sull’alchimia dell’ovest?-
Gli occhi di Ed si accesero come carboni ardenti ma fece appena in tempo a dire - Oh, Maestra, sapesse!- che, di nuovo, un rumore di vetri rotti li distolse dalla conversazione.
- E siamo a tre.- commentò il Sottotenente Ross, guardando la parte inferiore di un bicchiere stretta tra le mani del suo superiore.
Izumi si battè un palmo sulla fronte. - Me ne stavo dimenticando! Maggiore Armstrong, prima ho parlato con sua sorella.- Alex si fece attento, così la donna continuò. - Mi ha detto di dirle questo: “se non la smetti di fissarmi, sarò io stessa a farti passare la voglia con un bel destro”.-
- H-ha detto davvero questo?- Sul viso del Maggiore passò un velo di preoccupazione e Ed non poteva certo biasimarlo; anche lui avrebbe avuto paura se a minacciarlo fosse stato il capo delle forze militari del nord.
Izumi annuì poi gli mise una mano sulla spalla. - Non si preoccupi. Il Generale Maggiore Armstrong sa badare a se stessa e per forza, vive sulle montagne di Briggs! Io stessa ho passato un mese lassù durante il mio apprendistato da alchimista.-
Un’esclamazione di stupore si innalzò da Winry, il Maggiore Armstrong e i suoi sottoposti.
- Sul serio?- chiese Maria, affascinata.
- La prego, ci racconti.- insistette Danny.
Izumi prese fiato e cominciò a narrare. L’enfasi che ci metteva faceva apparire la sua storia come un viaggio all’inferno, in mezzo al freddo e al gelo delle tempeste di neve, tra gli attacchi di orsi e altri animali feroci, dove l’unico scopo da raggiungere era quello di arrivare vivi a fine giornata. Ed non riuscì a trattenere un sorriso di sufficienza quando la sua Maestra descrisse come si procacciava il cibo. In fondo, pensò tra sé e sé, essere riuscita ad infiltrarsi nella fortezza di Briggs e aver sgraffignato dei viveri è già di per sé una grande impresa.
Quando, finita la storia, Ed e Winry si congedarono dal gruppo, la ragazza era ancora sbalordita. - Certo che Izumi-san è davvero incredibile.- disse.
- Non per niente è Maestra mia e di Al.- si vantò Ed.
Winry alzò gli occhi al cielo quando, d’un tratto, lo afferrò per un polso e indicò tra la folla. - Ed, guarda chi c’è!-
Ed si fece trascinare in quel mare di gente dai vestiti tutti uguali e solo quando se lo ritrovò davanti capì a chi Winry si riferisse.
- Marcoh-san!-
L’uomo si girò e il suo volto sfigurato si aprì in un sorriso sdentato ma piacevolmente sorpreso. - Winry-chan, Edward, che piacere!-
- Edward?- chiese una voce alle spalle di Marcoh. - Edward Elric?-
Il dottor Konx si fece avanti, le rughe del viso tirato più marcate di un tempo. Ora era più stempiato e brizzolato ma con la solita sigaretta tra le labbra; era da molto tempo che Knox non l’accendeva più. - Però, ti sei fatto grande.- commentò.
Un’altra cosa che Ed odiava quasi quanto i commenti sulla sua altezza era essere trattato come un bambino. Già non lo sopportava quando era ragazzino, figuriamoci adesso che era un uomo fatto. Ma questo il dottor Knox non poteva saperlo; anche se era stato di grande aiuto durante i fatti di tre anni prima, soprattutto quando si era preso cura di Lan Fan, lui e Ed non avevano avuto modo di conoscersi a fondo. Tuttavia Ed rimaneva sempre Ed e, anche se era rimasto muto come un pesce, la smorfia che aveva tirato su parlava fin troppo chiaro. Così Marcoh pensò di correre ai ripari. - Knox, questa è Winry Rockbell.- disse.
- Rockbell?!-
Un ragazzo spuntò dal nulla, guardando Winry con ammirazione.
- E tu chi sei?- fece Ed, inquisitorio.
- Oh, perdonatemi. Mi chiamo Harry Knox.- si presentò, stringendogli la mano. - E’ un piacere conoscerti, Edward Elric. Mio padre mi ha raccontato di tutto quello che hai fatto per salvare il Paese.-
- Padre?- Ed passò dal dottor Knox al ragazzo, cercando qualche somiglianza. - Non sapevo avesse un figlio, dottore.-
- Ho anche una moglie se è per questo.- e indicò alle sue spalle.
Di fronte alla fontana, una donna bionda parlava con qualcuno che Ed conosceva bene; la signora Bradley era invecchiata in quei pochi anni: le rughe erano aumentate e il suo corpo si era appesantito eppure aveva un viso radioso. Teneva per mano un bimbo di non più di quattro, cinque anni che non riusciva a decidere se lasciarsi andare al timore o alla meraviglia. Non c’era più traccia dell’homunculus Pride in quel bambino, a eccezione dell’aspetto; Selim era esattamente come lo ricordava, non fosse stato per una specie di grosso neo al centro della fronte, mezzo coperto dai capelli, ma al tempo stesso completamente diverso, innocente e indifeso come solo i bambini sanno essere.
Ed sorrise, felice di essere riuscito a salvarlo qualche anno prima e di vedere l’amore incondizionato della signora Bradley mentre gli accarezzava la testa. Tornò alla conversazione con il cuore un po’ più leggero.
- Mio padre mi ha detto anche di Ishbar.- stava dicendo Harry, rivolto a Winry. - Quello che hanno fatto i tuoi genitori è di grande esempio per me e per tutti i medici.-
Winry arrossì leggermente. - Grazie.-
- Anche tu sei un dottore?- chiese ancora Harry.
- Oh no, io sono un meccanico di auto-mail.-
- Sul serio?- fece Harry entusiasta.
Winry annuì, un po’ a disagio ma sotto sotto contenta di tutto quell’apprezzamento. - Lavoro a Resembool con mia nonna e sto ampliando l’attività di famiglia.-
- Ricordo che gli auto-mail di Edward erano fatti molto bene,- disse Marcoh. - ma oggi saranno a regola d’arte.-
- Purtroppo gliene è rimasto solo uno ma volete vederlo? Avanti, Ed, fagli vede…-
- No,- la interruppe Ed bruscamente. - sono sicuro che non lo vogliono vedere.-
Winry mise su un’espressione imbronciata così, per cambiare argomento, Marcoh chiese - E tu, Ed? Studi ancora l’alchimia?-
- Naturalmente! Qualche volta mi manca non poterla usare ma non importa; altri ne faranno uso al posto mio e io li aiuterò con le mie ricerche.-
C’era fermezza nel suo sguardo e Marcoh questo non mancò di notarlo. Anche senza l’alchimia, quel ragazzo aveva trovato il suo scopo nella vita.
- Marco-san, e lei?- gli chiese Winry.
Marcoh fece spallucce. - Sono un medico. A Ishbar. Sapete, e’ stato costruito un grande ospedale quando la città è stata riedificata e… mi era stato offerto il posto di primario.- I due ragazzi stavano già per congratularsi quando Marcoh li prevenne. - ma ho rifiutato.-
- Cosa? Perché?- chiese Winry confusa. Le sembrava un grandissimo spreco perdere un’occasione simile.
Marcoh sorrise triste. - Perché uno come me non se lo merita quel posto.-
- Ma cosa dice, Marcoh-san!- obbiettò Winry. - Se gliel’hanno offerto vuol dire che aveva tutte le carte in regola.-
Per tutta risposta, Marcoh abbassò il capo e strinse i pugni. - Il dovere di un medico è quello di salvare vite umane. I tuoi genitori, Winry-chan, hanno continuato a farlo fino alla fine, incuranti di quello che sarebbe potuto accadere loro. Io invece ho ucciso centinaia di persone. Forse non l’avrò fatto direttamente, non avrò calcato il campo di battaglia, ma ho creato l’arma che ha spazzato via in un istante innumerevoli, innocenti vite. Anche solo produrre quell’arma, la Pietra Filosofale, mi ha reso un assassino. Con queste mani ho reso Ishbar una tomba.-
Winry sussultò. Sapeva che il dottor Marcoh aveva partecipato alla guerra di sterminio di Ishbar e sapeva pure che si interessava di alchimia ma non avrebbe mai immaginato quel passato tormentato. Se anche aveva commesso quei crimini, di certo Marcoh era stato obbligato perché il suo sguardo, a distanza di tanto tempo, era ancora pieno di sofferenza e rammarico.
- Marcoh-san…- sussurrò.
- Sai, ragazzina.- fece il dottor Knox, sistemandosi gli occhiali sul naso. - quello che Marcoh sta cercando di dire è che noi vecchi abbiamo fatto molti errori in passato e non possiamo fare niente per scacciarli; il loro peso graverà sempre sulle nostre spalle ma non sulle vostre.- Mise una mano sulla spalla del figlio e, con un sorriso nostalgico, disse - Voi siete gli artefici della nuova Amestris e noi faremo quanto è in nostro potere per aiutarvi a costruire un Paese migliore.-
I due ragazzi parlarono ancora un poco con Marcoh e Knox e ben presto la conversazione prese toni più leggeri. Ed tuttavia notò che, anche dopo, Winry era assente, persa in chissà quali pensieri. Forse era turbata per le parole di Marcoh o semplicemente sentir lodare così tanto i suoi genitori doveva averglieli fatti mancare terribilmente.
Si girò per lanciarle l’ennesima occhiata, indeciso su cosa dire, quando il suo petto cozzò contro qualcosa.
- Altezza!- gridò qualcuno e in un battito di ciglia Ed si ritrovò un kunai puntato alla gola.
- Ed!- strillò Winry, allarmata.
Il ragazzo aprì e chiuse un paio di volte la bocca, così sconcertato da non saper bene cosa dire, quando un tipo vestito in modo strano prese la parola.
- Ed!- esclamò Ling con la bocca piena e gli stecchini delle tartine del buffet tra le dita. - Lan Fan, è solo Ed. Lascialo ola.-
- S-sì, Altezza.- balbettò quella, impacciata. Allontanò il kunai dalla gola di Ed e lo nascose sotto il vestito, un kimono rosso e aderente, dal colletto alto e contornato d’oro e dalle cuciture aperte sui fianchi. Il braccio destro era nudo mentre quello sinistro era coperto da una manica lunga e ampia. I capelli raccolti e fermati da due bacchette le scoprivano il viso e mettevano in risalto le sue orecchie ora rosse per l’imbarazzo.
- Ling…- Ed guardò prima lui e poi rivolto a Lan Fan esclamò - Ma che cavolo ti prende?!-
- Io…!-
- Ma quello è un modello Andok 2000!- esclamò Winry, prendendo tutti alla sprovvista. Si avvicinò a Lan Fan a grandi passi, le scoprì la protesi e, tastandole il braccio meccanico, cominciò ad analizzarlo. I suoi occhi erano solo per quei pezzi di metallo lavorati e congiunti insieme, tanto che non si accorse dell’imbarazzo di Lan Fan nemmeno quando cominciò a tempestarla di domande.
Ling ridacchiò.- Vedo che la tua amica non è cambiata affatto.-
- Non farmici pensare.- sospirò Ed.
- Comunque sia, ti chiedo scusa per Lan Fan.- disse Ling, porgendogli il pugno. - Ma essele la gualdia del corpo dell’Imperatole di Xing non è roba da poco.-
Ed lo squadrò da capo a piedi e, facendo attenzione, notò che i suoi abiti erano stati intessuti con stoffe pregiate e orlate di fregi e, come se non bastasse, in testa portava una corona piccola ma completamente ricoperta d’oro. La sua figura emanava regalità da tutti i pori e Ed se ne sentì quasi sopraffatto. Poi però si rese conto che dietro quell’apparenza c’era ancora l’immigrato clandestino che sveniva nel bel mezzo della strada e dagli occhi chiusi che aveva conosciuto a Rush Valley. - Effettivamente.- Fece cozzare il suo pugno con quello dell’amico. - E dimmi, cosa ci fa l’Imperatore di Xing fuori del suo Paese?-
- Oh, bè, sai, sono venuto a fale i miei omaggi al nuovo Comandante Suplemo.- rispose Ling, addentando una tartina. - E anche a firmare tlattati di pace e altle scartoffie del genele.-
Ed se l’immaginava ma un’altra era la cosa che gli premeva sapere. - E Al invece, come se la passa?-
- Al?- Ling lo guardò confuso. - Pelchè lo chiedi a me?-
Ed aggrottò le sopracciglia. - Come perchè? Ti ricordo che è venuto a Xing mesi fa.-
- Ah già…- mormorò Ling sovrappensiero, poi gli puntò uno stecchino contro il petto. - Ma gualda che anche lui è qui, stasela. Non lo sapevi?-
- Cos…?- Ed ci mise qualche secondo ad assorbire l’informazione, poi esclamò - Dici davvero?! Mio fratello è qui?!-
Ling annuì e Ed fece per andarsene. - Scusa, Ling! Ci vediamo dopo! Winry, andiamo, veloce!-
Ed si era aspettato di vederla spuntare al suo fianco ma, quando si voltò, lei era ancora completamente assorbita dall’auto-mail di Lan Fan. Sbuffò e, alzando gli occhi al cielo, la prese per un braccio. - Andiamo.- sbraitò, trascinandola via.
- Eh? Ed, ma cosa stai facendo?!- si oppose lei.
Lui la ignorò e, imperterrito, cominciò a cercare il fratello in quel mare di folla. Sgomitò fino a quando non raggiunse qualcuno di sua conoscenza. - Tenente Havoc!- Ed fu felice di vederlo di nuovo in piedi, la sigaretta spenta appuntata dietro l’orecchio.
- Oh, Ed!- esclamò, sorpreso. - Che bello vederti!-
- Sì, sì, anche per me.- rispose Ed frettolosamente. - Non è che per caso hai visto Al da queste parti?-
- Al?- fece Winry. - Al è qui anche lui?-
- No, non l’ho visto, mi spiace. - rispose Havoc. - Ma aspetta!- Lo prese per le spalle prima che il ragazzo riuscisse a sgusciare via e gongolò - Voglio presentarti una persona. Ed, lei è Rebecca. Rebecca Catalina, la mia fidanzata. Rebecca, lui è Edward Elric.-
Una ragazza con un mare di riccioli gli strinse la mano. - Riza mi ha parlato molto di te, Alchimista d’Acciaio.-
- Riza…?- Ed scandagliò la memoria. - Intende il Tenente Hawkeye?-
- E’ stata lei a farci conoscere.- disse Havoc, poi, con occhi sognanti, cinse un fianco di Rebecca. – Dì, non è bellissima?-
Lei ridacchiò. - Oh, Jean, smettila, mi fai arrossire così.-
Ed li lasciò alle loro moine e fece cenno a Winry di girare al largo.
- Ed,- chiese lei quando si furono immersi di nuovo tra gli invitati. - Al è davvero qui?-
Lui annuì. - Me l’ha detto Ling, prima.-
- Ling.- Winry si fece pensierosa. - Davvero, c’era anche lui? Non me ne sono accorta.-
- Questo non mi stupisce.- commentò lui.
- Eh? E con questo cosa vorresti insinuare?!-
Ma Ed non ebbe modo di insinuare alcunché perché, proprio in quel momento, una voce amplificata riempì tutto il piazzale.
Sul palco, davanti a un’orchestra ora silenziosa, un uomo diede qualche colpetto al microfono. Roy Mustung, ben rasato e con i capelli tirati indietro, indossava uno smoking dal nero impeccabile. Sulla parte destra del petto, all’altezza del cuore, tre spille luccicavano, come se non chiedessero altro che essere notate: il chiaro simbolo che lo catalogava quale Comandante Supremo dell’esercito di Amestris. Roy si schiarì la voce. - Buonasera a tutti.-
Un coro di applausi si levò dagli invitati. Sporgendosi, Winry vide la signora Gracia in prima fila e, accanto a lei, la piccola Elicia che batteva con foga le manine.
- Ho sentito dire che tenere un discorso prima di cena è d’obbligo.- riprese Mustung quando calò il di nuovo il silenzio. - Ma non preoccupatevi, sarò breve e conciso; anch’io sto morendo di fame.-
Qualche risatina si alzò dal pubblico.
Scommetto che questa te la sei preparata con largo anticipo, vero Mustung?, pensò Ed con insofferenza.
Roy prese un profondo respiro e assunse un’aria seria. - Innanzitutto, vorrei spendere qualche parola per il mio predecessore. Molti di voi conoscevano Grumman, chi come Comandante Supremo, chi come amico. Per me era un eccezionale giocatore di scacchi. Sapete, di tutte le nostre partite ne ho vinta solo una ma, detto tra noi, credo che il vecchio Grumman me l’abbia fatta vincere apposta.- Un paio di risate seguirono queste parole poi Roy continuò. - Scacchi a parte, ha avuto un ruolo importante nella mia vita. E’ stato un mentore, una guida da seguire ma anche un alleato nei momenti di bisogno. E’ anche grazie a lui se ora sono qui a parlarvi, grazie a Grumman, ma non solo.- Il suo sguardo percorse la platea e si soffermarono un secondo di più su Ed. Lo scintillio in quegli occhi neri lo rimandava a tutte le battaglie che avevano combattuto insieme, alla determinazione che lo aveva lasciato solo quando, per brevissimo tempo, aveva perso la vista, e che ora Ed ritrovava più vivida che mai. - Ho affrontato molte difficoltà nella mia carriera da Alchimista di Stato ed è solo grazie all’aiuto dei miei colleghi, dei miei compagni, se sono riuscito a superarle ed andare avanti. E’ con loro che adesso voglio lavorare per mantenere la pace, nel nostro Paese ma anche con Nuova Ishbar e il grande regno di Xing, a Est. Farò di tutto per riuscirci ma, per quanto determinato, sono solo un uomo. Perciò a voi, generali, alchimisti, soldati, cittadini, a voi io chiedo: posso confidare sul vostro supporto?-
Un’ondata di acclamazioni si levò dagli invitati. C’era chi applaudiva con entusiasmo, chi rispondeva con un energico “Sì!” alla domanda appena posta, chi acclamava il nuovo Comandante Supremo. Da un omaccione poco distante partì un energico, lungo fischio e fu allora che Ed la vide; una testa dal colore biondo dorato, inequivocabile, spiccicata alla sua.
- E’ Al…- mormorò Ed.
- Come?- gridò Winry per sovrastare il chiasso.
Ed fece per rispondere ma decise che era più semplice agire. Prese Winry per mano e, mentre Mustung scendeva dal palco, si fece largo chiamando - Al! Ehi, Al!-
Ci mise un po’ a farsi sentire dal fratello e, a qualche metro di distanza, finalmente Alphonse si girò. - Nii-san!-
I capelli rigorosamente corti e ben pettinati, un completo molto simile a quello di Ed, ad eccezione del colore, un grigio antracite, Alphonse si avvicinò al fratello quasi di corsa e lo abbracciò stretto. - E’ bello rivederti, nii-san!- I suoi occhi dorati ma intaccati da una sfumatura di verde, proprio come erano stati gli occhi di Trisha, erano grandi e colmi di felicità.
Ed lo esaminò da capo a piedi e, indispettito, notò che il suo fratellino era cresciuto di parecchi centimetri durante il viaggio all’Est e che, se avesse continuato così, molto presto l’avrebbe raggiunto. Ed lo trovò alquanto ingiusto; passi che Al poteva trasmutare, senza cerchio alchemico per di più, passi che almeno lui, per fortuna, aveva tutti gli arti attaccati, ma perché non poteva essere lui quello alto visto che era, per di più, il fratello maggiore?!
- Non sapevo che saresti venuto.- disse Ed, lasciando un po’ di Al anche a Winry. - Perché non me l’hai detto?-
Al strinse l’amica in un abbraccio poi mise su un sorriso di scuse. - Avrei voluto farlo ma è stato tutto molto improvviso.-
- Improvviso?-
- Sì, implovviso.-
Una ragazzina dai capelli neri fittamente intrecciati spuntò dalle spalle di Al e gli si aggrappò al braccio come se volesse sottintendere che si trattasse di una sua proprietà.
- May!- esclamò Winry entusiasta. Avevano trascorso poco tempo assieme ma la Rockbell aveva un bel ricordo della principessa di Xing. Ricordava la sua intelligenza e la conoscenza che aveva dell’arte rentan, in netto contrasto con la sua figura minuta e, alle volte, dai modi un po’ infantili. Ma adesso, a distanza di pochi anni, May era già cambiata; era più alta e snella, la linea dei fianchi appena accennati e un seno piccolo, ancora acerbo, si intravedevano attraverso il kimono fiorito. Il viso aveva perso quella rotondità tipica dei bambini e anche i suoi occhi, sempre grandi, possedevano una nuova consapevolezza.
May fece appena in tempo a chinare il capo e sorriderle che Ed le puntò un dito contro. - Tu?!-
La giovane Chang gli rivolse uno sguardo di sfida mentre qualcosa di piccolo e peloso si agganciava al polpastrello teso di Ed.
- Ahhh! Toglilo, toglilo!- urlò dolorante, agitando per aria la mano nel tentativo di staccarsi Xiao-Mei di dosso.
- Nii-san, smettita. E’ solo un cucciolo.- lo riprese Al mentre Winry scuoteva la testa esasperata.
- Sì, un cucciolo con le sciabole al posto dei denti!-
Come gli si era attaccato, Xiao-Mei mollò la presa su Ed e, con uno slancio, atterrò sul palmo di May. - Povela Xiao-Mei. Quel blutto ceffo ti ha spaventata, non è velo?-
- Brutto ceffo a chi?!- gridò Ed, muovendo il dito; perché finisce sempre così?, si domandò. - E poi, che ci fa qui quel “coso”?- chiese, indicando il piccolo panda che si arrampicava sulla spalla della padrona. - E’ una festa e non credo che gli animali abbiano libero accesso.-
May accarezzò la testolina di Xiao-May come a proteggerlo, anche se Ed sapeva benissimo che non ne aveva bisogno e, corrucciata, rispose - Xiao-Mei non è un semplice panda e per tua infolmazione, noi non ci sepaliamo mai, neppule per un evento tanto impoltante.-
- Ma che razza di discorso cretino è mai questo?- sbuffò Ed.
- E’ tutto vero, Ed.- disse una voce alle sue spalle. - Non ho mai visto quei due stare lontani per più di cinque minuti.-
Ed si voltò e trovò due uomini che ben conosceva e che erano stati di grande aiuto durante la battaglia di pochi anni prima. - Jelso…-
- … e Zampano-san!- completò Winry.
- Anche voi qui?- chiese Ed.
- Certamente.- annuì Jelso, facendo ondeggiare i rasta.
Zampano si sistemò gli occhiali sul naso. - Mica potevamo lasciare che tuo fratello facesse un viaggio così lungo tutto da solo.- rise, avvicinandosi ad Al e dandogli qualche pacca sulla spalla.
- So badare a me stesso.- bofonchiò l’altro.
- E poi c’elo io a proteggerlo.- si intromise May, stringendo ancora di più la presa.
- Certo, certo.-
Ed fu felice di vedere quante persone tenevano ad Al. Nonostante fossero diventati adulti, non poteva fare a meno di preoccuparsi per il suo fratellino ma a vedere quel quadretto gli scappò un sorriso; Alphonse era un buonissime mani.
- Sai Ed,- fece Jelso, distogliendolo dai suoi pensieri. - prima abbiamo incontrato Heinkel e Darius.-
- Leo e Gori?- Ed prese a guardarsi attorno con aspettativa. - Sono qui?-
Jelso sorrise al sentir pronunciare quei due nomignoli. - Sì, da qualche parte. C’era anche Yoki con loro e, quando ha visto Al, è letteralmente scappato a gambe levate.-
Ed si fermò. - Yoki?- Quel nome gli diceva qualcosa che, però, gli sfuggiva.
Jelso scosse la testa, per niente sorpreso.
- Sai,- si intromise Zampano. - quell’ex Tenente delle miniere di Youswell che tu hai portato alla rovina.-
Ed ci pensò un po’ su, poi esclamò - Ah, si, quel vigliacco coi baffi a punta!-
- Ed, non è carino.- disse Winry, rifilandogli una gomitata.
- Esatto.- asserì May. - Yoki-san è una blava pelsona.-
- Adesso comunque lavora insieme a Heinkel e Darius in un circo.- disse Al. - Ne sono l’attrazione principale.-
Ed immaginò i due amici trasformarsi in bestie feroci davanti agli occhi sbigottiti della gente. - Però, non male. Hanno fatto carriera.- sogghignò. - Piuttosto, Al, non mi hai ancora detto cosa c’è di così improvviso nel tuo ritorno.-
- A questo posso rispondere io.-
Tutti si voltarono e videro Roy incedere verso di loro, un bicchiere in mano e l’inseparabile Tenente Hawkeye, il lungo vestito color bronzo, appena un passo dietro di lui. All’istante, una marea di complimenti gli piombò addosso.
- Ha fatto un bellissimo discorso, Mustung-san.- disse Winry quando fu il suo turno, poi rettificò. - Ehm… volevo dire, Comandante Supremo.-
- Winry, che piacere.- Roy le prese una mano e la sfiorò con le labbra mentre la faccia della ragazza diventava un pomodoro, tanta era la vergogna per quel gesto fatto davanti a tutti. - Non preoccuparti,- disse poi Mustung. - tu puoi chiamarmi solo Roy. Sei diventata una bellissima donna, lo sa…-
- Sì, certo.- si infervorò Ed, spostando Winry e mettendosi tra i due. - Perché ora non mi dici per quale motivo Al è qui?-
Roy mise su un sorriso che la diceva lunga. - Sono felice anch’io di rivederti, Acciaio.- Anche se vedere Ed seccato lo divertiva, ben presto Roy decise di rispondere alla sua domanda. - Vedi, Al non sbaglia a dire che si è trattata di una cosa improvvisa. Ho richiesto la sua presenza qui perché avevo da fargli una proposta.-
- Proposta?- fece Ed.
Al annuì. - Il Comandante Supremo mi ha offerto il ruolo di ambasciatore. Ambasciatore degli Alchimisti di Stato presso Xing.-
- Al!- esclamò Winry entusiasta. - Sei diventato un ambasciatore?!-
- Aspetta, aspetta!- la bloccò Ed. - Non ho mai sentito parlare di un ambasciatore di alchimisti. Che roba è?-
Fu il Tenente Hawkeye a rispondere. - E’ una carica inserita da poco in effetti. Il Comandante Supremo- disse, guardando Roy. - ha pensato che sarebbe stata una buona idea quella di avere un intermediario tra Amestris e Xing ora che hanno stretto un’alleanza. Inoltre, è anche una buona opportunità per permettere agli alchimisti di entrambi i Paesi di confrontarsi e migliorare le loro conoscenze.-
Ed ne rimase stupefatto; ora il suo fratellino aveva un ruolo più importante del suo, accidenti! Ma all’istante, un altro pensiero subentrò, un dubbio che cancellò in un soffio quel pizzico di stizza.
- L’ho saputo solo la settimana scorsa.- si scusò Al con un sorriso un po’ imbarazzato. - Avrei voluto avvisarti ma la lettera sarebbe arrivata dopo di me.-
Ed si riscosse. - Scherzi?!- Lo prese per le spalle, stringendolo in un altro abbraccio. - Sono davvero contento.- gli disse in un orecchio.
- Congratulazioni Al!- gli fece eco Winry. - Nonna Pinako sarà felicissima di saperlo.-
- Già, la zia Pinako!- disse Al. - Come sta? E Den?-
Mentre il gruppo continuava a chiacchierare allegramente, Edward invece si fece improvvisamente serio; anche lui avrebbe voluto festeggiare insieme agli altri ma c’era una cosa che doveva sapere prima, un cruccio che doveva assolutamente togliersi.
Si voltò verso Mustung e lo inchiodò con uno sguardo grave. Roy, quasi se l’aspettasse, gli fece subito segno di raggiungerlo.
- Credo che vi lascerò soli per qualche minuto.- disse il Tenente Hawkeye vaga, poi, puntando Roy con uno sguardo severo disse - Dopo, andremo a salutare il Generale Theo, Comandante Supremo.-
- Agli ordini, Tenente.- sospirò Mustung rassegnato, mentre quella si allontanava.
- Chi è il Generale Theo?- si informò Ed quando gli fu accanto.
- Un arzillo vecchietto che è al comando del Quartier Generale del sud. Ogni volta che ci incontriamo, non fa che ripetermi che alla mia età dovrei metter su famiglia anzichè andare dietro alle donne.-
Ed alzò le sopracciglia in modo significativo. - Ha ragione.-
- Ma cosa stai dicendo?!- Roy gli mise un braccio intorno al collo e indicò una cameriera con in mano un vassoio carico di bicchieri che si muoveva tra la folla. - Come si fa a rinunciare a tutto questo? Pensa, per esaltare la loro bellezza, ho richiesto espressamente che le cameriere questa sera indossassero la minigonna. Guarda Acciaio, che gambe lunghe e perfette…-
- Sei proprio un maniaco pervertito!- esclamò Ed, saltando lontano da lui.
Roy sogghignò di fronte a quella prevedibile e divertente reazione. - Comunque sbaglio o c’era qualcosa che volevi chiedermi?-
Ed si fece di nuovo serio, tornando a guardare il gruppetto animato poco più in là. Si soffermò su Alphonse, tentennando un po’, infine parlò - Non sono sicuro di volere che Al sia un ambasciatore. Non voglio che venga usato come arma umana se dovesse scoppiare una guerra.-
Roy finalmente capì perché tutta quella preoccupazione. Un sorriso a fior di labbra, chiuse gli occhi e spiegò - Il lavoro di un ambasciatore è quello di mediare, di tenere in contatto due Paesi. Il compito di Alphonse è quello di creare buoni rapporti tra Amestris e Xing.- Mise una mano sulla spalla di Ed e, quando li riaprì, nei suoi occhi Ed lesse sicurezza. - Tranquillo Acciaio, ci ho pensato bene prima di offrire quel posto ad Al; sono certo che non parteciperà a nessuna guerra. Lui sarà in grado di mantenere la pace, sono pronto a scommetterci qualsiasi cosa.-
Ed lo guardò stupito per l’assoluta fiducia che riponeva in Al ma non gli diede torto. Da bravo fratello maggiore, lui era il primo a credere nelle capacità di Alphonse.
- A proposito di scommesse,- riprese Mustung, guardandolo storto. - sbaglio o mi dovevi dei soldi?-
- Io?!- esclamò Ed indignato. - Guarda che sei tu quello che doveva pagarmi tutte le spese del viaggio e dell’albergo. Non solo, già sul treno scopro che hai mandato un invito ufficiale e tutti; non doveva essere una festicciola tra pochi intimi questa?!-
Roy si fece pensieroso, poi rispose - Hai ragione ma ho cambiato idea all’ultimo momento.-
- Bugiardo!-
A Ed mancò improvvisamente il suo vecchio braccio meccanico. Avrebbe infatti voluto picchiare quell’uomo che si divertiva a farsi odiare, solo per fargli sentire il dolore del metallo contro la sua testa e per togliergli quell’espressione menefreghista dalla faccia.
- Stai cambiando argomento.- riprese Mustung. - Abbiamo fatto una scommessa tempo fa e io rivoglio indietro ogni centesimo.-
- Scommessa?- Ed ci pensò su e in un batter d’occhio ricordò.
- Sì, Acciaio, proprio quella.- disse Mustung. - Ho mantenuto le mie promesse, anche se non ho ancora inserito la minigonna nella divisa femminile dell’esercito.-
- Non ricordo una simile idiozia!- si infervorò Ed.
- Quindi,- riprese Mustung, allungando il palmo. - rivoglio indietro i miei 520 cens per essere diventato Comandante Supremo.-
Ed guardò il palmo di Roy e sbuffò. Quell’idiota aveva ragione e lui era uno che le promesse le manteneva. Fece per cercare gli spiccioli in tasca ma si bloccò a metà ricerca. - Non ti darò nulla, Comandante Supremo, non ora almeno.- affermò con un sorriso di sfida mentre Roy lo guardava con tanto d’occhi. - Ho un’altra scommessa da proporti: rendi questo Paese una democrazia.- Poi si strinse nella spalle. - E’ inutile chiederti altri soldi in prestito quindi tengo direttamente questi.-
Roy ritirò la mano e la affondò in una tasca. - Non credere che mi sarà così difficile ora che sono Comandante Supremo.- lo sbeffeggiò.
- Non si preoccupi, Comandante Supremo, ho molte altre promesse da farle mantenere.- gli assicurò Ed con uno sguardo d’intesa.
Roy sospirò. - In pratica, mi stai dicendo che non rivedrò mai più i miei soldi?-
- In pratica.- annuì Ed.
Roy scosse il capo, divertito. - Ma senti un po’ tu questo ragazzino…-
- Acciaio le dà ancora gatte da pelare, Comandante Supremo?-
Ed si sporse oltre Mustung e vide un gruppetto di uomini avvicinarsi a loro, uomini che lui conosceva molto bene.
Roy fece spallucce. - Cosa vuoi che ti dica, certe abitudini sono dure a morire.-
- Tenente Breda!- lo salutò Ed.
Quello, le mani in tasca, gli fece un cenno con la testa. - Ehi, Capo.-
Ed lo squadrò da capo a piedi e, a parte qualche chilo in più sulla pancia, lo trovò esattamente uguale. Anche il nomignolo che gli aveva affibbiato non era cambiato.
- Edward-kun, sono felice di vederti.- disse il Sergente Maggiore Fury, poco distante, da dietro gli occhiali.
- Anche io, Sergente. Ah, c’è anche lei, Maresciallo Falman.-
Quello, sempre lungo come un chiodo, si infiammò subito. - Sono Sottotenente da quattro anni ormai, come fai a non ricordartelo?! Questa è mancanza di rispet…!-
- Sottotenente Falman, si calmi.- tentò Fury poco convinto.
- Già, Falman… Ah, mi scusi, signorina.- Mustung fermò una cameriera che passava di là e mise in mano al suo sottoposto un bicchiere. - E’ una lieta occasione questa. - continuò Roy, mentre consegnava da bere a tutti gli altri. - Dovremmo brindare alla mia nomina piuttosto. Grazie.- Sorrise affabile alla ragazza in divisa che si allontanava.
Ed sentì il forte impulso di dargli un pugno e aprirgli una finestrella al posto degli incisivi ma si limitò ad annusare il contenuto frizzantino del suo bicchiere storcendo il naso. - Mi piacerebbe tanto ma non bevo alcolici.-
Fece per allontanarsi in cerca di un tavolino o qualche altro vassoio per abbandonare quelle bollicine, quando la voce del Tenente Breda lo bloccò. - Capo, ma quanti anni hai?-
Ed si voltò di scatto. - Cosa?-
Mustung, lo champagne sotto il naso, ridacchiò. - Sì, insomma, Acciaio, sarai già maggiorenne ormai, no? Sei rimasto così piccolo da non aver mai assaggiato l’alcol?-
- Io non sono piccolo!- urlò Ed, attirando parecchi sguardi su di sé. Anche Al, Winry e gli altri si voltarono incuriositi.
Il Sergente Maggiore Fury cercò di calmare Ed che sembrava volesse esplodere come un razzo, anche se l’ilarità di Mustung certo non lo aiutavano nell’intento. - Edward-kun, non devi vergognarti se non reggi l’alcol, davvero.-
- Io lo reggo l’alcol!- e, come a volerne dare prova, senza esitazione, mandò giù d’un sorso tutto il bicchiere. Quando ebbe finito, con il sapore amarognolo in gola e l’esofago in fiamme, Ed guardò il Comandante Supremo dritto negli occhi, nello sguardo una chiara dichiarazione di guerra.
- Comandante Supermo, forse non…- cominciò il Sottotenente Falman ma Roy lo interruppe aprendosi in un sorriso che non prometteva niente di buono. Alzò una mano e chiamò - Cameriera, ce ne porti altri due!-
Poco lontano, il Tenente Hawkeye afferrò la gonna del vestito e la alzò quel tanto che bastava a lasciarle scoperte le scarpe alte. - Credo sia ora che il Comandante Supremo riprenda il suo giro di saluti.- Si congedò con un sorriso e andò a salvare la situazione.
Winry si voltò verso Al e May. - Ma che stanno combinando quei due?-
- Ho paura che si sia appena aperta una gara a chi beve di più.- rispose Al, suo malgrado, sperando con tutto il cuore di sbagliarsi; suo fratello era già imprevedibile da sobrio, figuriamoci dopo essersi scolato due bicchieri di champagne a cui lui non era assolutamente abituato. Scosse la testa e sospirò - Stupido di un fratellone.-
Winry guardò il suo accompagnatore tracannare un altro bicchiere e, senza una parola, anche lei scattò con determinazione nella loro direzione.
Non lascerò che un Ed ubriaco rovini la nostra serata romantica.
 
********
 
Stupido stupido stupido di un Ed ubriaco!
Era questo che metà del cuore di Winry urlava, seduta sul sedile posteriore dell’auto che li stava riaccompagnando in albergo.
Lanciò un’occhiata a Ed, stravaccato accanto a lei, il quale osservava con estrema attenzione la sua mano ondeggiante sferzare l’aria fuori del finestrino aperto. Si accigliò.
Alla fine due soli bicchieri erano riusciti a trasformarlo da un Edward potenzialmente casinista a un casinista in piena regola. Dopo aver cercato di trattenerlo, inutilmente, Winry aveva ceduto e l’aveva lasciato andare col gruppo del Comandante Supremo Mustung, divenendo così estremamente rumoroso nonchè l’anima della festa. Peccato che la sua di festa era ormai rovinata: tre ore seduta da sola a un tavolo, mentre le altre coppiette si destreggiavano sulla pista da ballo.
- Siamo arrivati.- disse la voce dell’autista, sottraendola ai suoi malinconici pensieri di ragazza innamorata.
Winry si riscosse e, insieme a un Ed barcollante, scese dall’auto. Gli lanciò qualche occhiata apprensiva , visto il passo malfermo con cui si dirigeva verso l’ingresso dell’albergo, mentre allungava qualche banconota all’autista. - Grazie e scusi ancora per il comportamento del mio amico.-
L’uomo, che fino a quel momento aveva ostentato una finta e fredda indifferenza, rispose - Nessun problema.- Afferrò il denaro e se ne andò, accompagnato dal buio e la quiete delle prime ore della notte.
- Winry, muoviti!- la incitò Ed dall’ingresso.
- Eccomi.- sbraitò lei.
Quando entrarono, non c’era nessuno ad attenderli alla reception e questo fu un sollievo; almeno nessun fattorino l’avrebbe squadrata ancora da capo a piedi. Le sue scarpe comunque sembravano creare troppo rumore in mezzo a tutta quella calma mentre seguiva Ed attraverso l’ampio atrio. La sua andatura incerta le ricordava l’esito disastroso di quella serata e la cosa la irritava tremendamente. Avrebbe voluto sgridarlo e dirgliene quattro per come si era ridotto ma si trattenne quando, al primo gradino della scala, Ed incespicò e cadde faccia avanti.
- Cavolo, che dolore!-
Winry gli si fece subito vicino. - Tutto bene?- chiese, prendendolo per un braccio e aiutandolo a rialzarsi.
- Benissimo.- rispose Ed cercando di allontanarla. - Chi ha messo qui questo gradino?-
- Gli operai quando hanno costruito l’albergo, un sacco di anni fa. Avanti,- lo incitò Winry, prendendogli un braccio e passandoselo intorno alle spalle. - ti aiuto io.-
Ed fece un po’ di resistenza ma ben presto si fece condurre su per le scale. Le loro camere si trovavano al primo piano quindi arrivarono subito al pianerottolo.
Su una superficie diritta Edward non avrebbe dovuto aver problemi ad arrivare alla sua porta ma Winry preferì accompagnarlo lei stessa, non tanto perchè aveva paura dei capitomboli che il ragazzo avrebbe potuto fare, quanto perché era una scusante perfetta per poter stargli così vicina, per poter sentire la sua pelle accaldata sotto i vestiti e l’odore della sua pelle, quella sera così forte e deciso.
Mentre camminavano, Winry si accorse che la camicia sbottonata di Ed si gonfiava e sgonfiava a ogni passo, mostrando e nascondendo con regolarità un accenno della cicatrice che gli era rimasta sulla spalla destra. A una ragazza normale forse avrebbe fatto venire i brividi ma lei avrebbe voluto toccarla e sfiorare con delicatezza i punti dove la pelle era rialzata, bianca e rovinata. Sussultò quando si accorse che Edward stava parlando.
- Cosa hai detto?- gli chiese, rossa in viso.
Ma Edward non se ne accorse nemmeno e continuò a guardare dritto davanti a sé, corrucciato. - Mustung è proprio uno stupido.-
- Ah.- Winry avrebbe dovuto immaginarlo. - Guarda che dovresti portagli un po’ di rispetto. Davvero. Potrebbero arrestarti per oltraggio a pubblico ufficiale.-
- Ma perfavore!- sbuffò il ragazzo. - Dovrebbe essere lui ad essere messo dentro invece, per moleste sessuali.-
- Esagerato…-
Ed fu fulmineo; ritirò il braccio così velocemente dalle spalle di Winry che questa rimase con la mano a mezz’aria, stringendo solo l’aria.
- Guarda che mi riferisco anche a te. Non dovresti accettare tutti quei complimenti senza dire una parola.-
- Eh…?- si accigliò Winry.
- E il figlio del dottor Knox?- continuò lui. - Non dirmi che non ti sei accorta di come ti guardava.-
La ragazza scosse il capo, chiedendosi dove Ed volesse andare a parare. - Ma che dici? E’ un ragazzo gentile, tutto qui. E poi, scusa, quale sarebbe il probl…-
Non riuscì a finire la frase perché, senza preavviso, sentì due mani che la spingevano verso il muro.
Winry strinse gli occhi, aspettandosi di avvertire l’impatto contro la parete dura, invece la sua corsa si fermò di colpo e la sua schiena aderì con delicatezza al legno della porta della stanza 501.
Allibita, aprì gli occhi e se li ritrovò incatenati a quelli di Ed, un soffio dai suoi. Erano lucidi, probabilmente a causa dell’alcool ma senza alcun ombra di dubbio seri, corrucciati e completamente concentrati sul suo viso. Ci vollero appena due secondi prima che Winry si riprendesse. Agitata e al limite dell’imbarazzo, tentò di divincolarsi dalla stretta. - Ed, ma che diamine ti prende?!-
La presa si fece ancora più salda sulle sue spalle. - Non mi piace il modo in cui ti guarda quel dottorino. E mi piace ancor meno sentire il tuo nome seguito da un complimento uscire dalla bocca di Mustung.-
Winry si bloccò, non credendo alle proprie orecchie. Ed le liberò le spalle, poggiando una mano alla porta. L’altra, con estrema calma, le sfiorò una guancia, facendola sussultare. Lei l’aveva toccato tantissime volte per sistemargli o riparagli gli auto-mail, ma stavolta era diverso. Quel tocco, il tocco di Edward nei suoi confronti, era talmente leggero che sembrava un soffio di vento, ma allo stesso tempo così elettrizzante da provocarle un brivido caldo su per la spina dorsale.
- Sei bellissima.- le sussurrò, avvicinandosi lentamente.
Winry sentì il cuore perdere un battito. - Io co…?-
- Sei bellissima.- ripetè Edward. - Non guardarli… non dare retta agli altri, guarda me, solo me… perché io…-
Ed si fece ancora più vicino, così vicino che Winry avvertiva l’odore dell’alcol a ogni parola pronunciata, il solletichio dei capelli di lui che giocavano sulle sue guance. Oramai il cuore aveva perso molto più di un solo battito, Winry aveva paura che ben presto quell’organo vitale avrebbe potuto staccarsi e cercare una via di fuga dalla sua cassa toracica. Ed stava rischiando di ucciderla senza saperlo.
Erano così vicini da sentire i reciproci respiri e Winry, anche se avesse voluto, era troppo cordarda per fuggire sul più bello. - Tu cosa..?- chiese, la voce rauca.
- Io…ti… amo…-
Quell’ultima parola quasi si perse quando Ed poggiò le labbra su quelle di Winry. Una pressione lieve ma ben distinta. Quelle labbra morbide e calde che molte volte si era immaginata, erano lì e sembrava non facessero altro che chiamarla.
Winry si fece coraggio e, alzandosi sulle punte, cercò di approfondire il bacio ma Ed si ritrasse e affondò il viso nel braccio. - Ahhh, questo fa proprio male.- si lamentò e le voltò le spalle, incamminandosi per il corridoio.
Winry, che fino a un attimo prima stava in paradiso, cadde rovinosamente dalle nuvole. - Ed, ma che…?-
Quello si voltò di scatto e le puntò un dito contro, imbronciato e con l’aria di un cane bastonato.- Smettila Winry dei miei sogni. E’ già abbastanza doloroso senza che ti ci metta di mezzo tu.
- Frugò in tasca e ne tirò fuori la chiave della sua camera.
Winry lo guardò imbambolata cercare di far coincidere la chiave con la toppa.
Non riusciva a capire; un istante prima Ed le si dichiarava e quello dopo la respingeva come se niente fosse successo. Poi, un lampo di genio. - “Winry dei miei sogni”…? Ed, aspetta un attimo!- esclamò, ma fu troppo lenta. La porta si era appena chiusa alle spalle del ragazzo.
Possibile che Edward fosse così ubriaco da non rendersi conto che lei era la vera Winry? Possibile che fosse davvero lei la protagonista dei suoi sogni? O forse dei suoi incubi? E’ vero, l’aveva baciata, Winry sentiva ancora il sapore dell’alcol sulle labbra, ma Ed l’aveva cacciata, come se quel gesto, anche il solo pensiero, lo facesse soffrire. Perché allora, nonostante potesse trattarsi di un errore, le sue ginocchia continuavano a tremare? Perché il suo cuore continuava a tamburellare come un ossesso e le sue guance erano ancora in fiamme? Era stato tutto così rapido, assurdo, sensazionale che Winry non aveva avuto il tempo di pensare. Ma ora, ora che tutto era finito, non poteva fare a meno di sperare che quello che Ed le aveva detto, le carezze, quell’unico, il suo primo, delicato bacio, sperò che tutto fosse vero.
Fece un passo incerto verso la porta della stanza 502 quando il suo piede cozzò contro qualcosa; l’orologio di Ed, d’argento scintillante alla luce delle lampade, se ne stava lì, inerme, abbandonato sulla moquette.
 
********
 
Passò l’una e le due e le tre della notte.
Alla fine Winry non aveva avuto il coraggio di confrontarsi con Edward ma la sua mente continuava a rivangare quella scena e tutto ciò la faceva sentire così su di giri che, a lungo andare, finì per cadere giù dal letto, incastrata in un mare di lenzuola.
- Uffa.- sbraitò, districandosi dalle coperte e mettendosi in piedi.
Esasperata, rinunciando infine all’intento di prendere sonno, sedette sul letto gualcito e, preso l’orologio da taschino di Ed dal comodino, se lo rigirò fra le mani. Fece scorrere le dita sulla superficie, seguendone l’intaglio inciso sopra. Toccare quell’argento le faceva sentire Ed più vicino, proprio come era accaduto quella sera. E pensare che lui era dall’altra parte della parete…
Winry scosse il capo, come a scacciare quei dolci pensieri e, giusto per fare qualcosa, tentò di aprirlo. Come previsto, quello rimase chiuso. Tentò di forzarlo ma era sigillato. Allora, sportosi sulla valigia, ai piedi del letto, ne tirò fuori dei piccoli aggeggi da lavoro. Trafficare su quell’oggetto le ricordò un giorno di pioggia di molti anni prima quando, con Paninya, avevano scoperto il monito segreto che Ed aveva inciso per darsi la forza di andare sempre avanti.
Forse è meglio non aprirlo, l’ultima volta Ed si è arrabbiato davvero molto, pensò, ma proprio in quel momento il meccanismo scattò con un metallico click.
Winry ebbe appena un attimo di tentennamento. - Probabilmente c’è ancora solo quella data.- disse fra sé, poi aprì l’orologio. Una scritta in grassetto, dai bordi imprecisi, sotto la data in cui Ed e Al avevano dato fuoco alla loro casa: DO IT FOR HER, W.
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Fine capitolo! Piaciuto? ;) Spero proprio di sì. Sono stata felicissima della sorpresa di Hayley_Gin91, 1) perché non me l’aspettavo, 2) perché è bellissimo e azzeccatissimo. Io tutti i complimenti possibili e immaginabile glieli ho già fatti, ora tocca a voi! :) Fateci sapere che ne pensate! Alla prossima
GuruGuru90 & Hayley_Gin91 <3

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