Alessandro ed Efestione: un amore che perdura nei secoli

di Jagiya Eomma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Averti, desidero solo questo ***
Capitolo 2: *** Uno squarcio tra di noi ***
Capitolo 3: *** Errori ***
Capitolo 4: *** Ormai ***
Capitolo 5: *** Il ladro di cuori ***
Capitolo 6: *** Il bacio del ladro ***
Capitolo 7: *** Addio ***
Capitolo 8: *** Il dono del ladro ***
Capitolo 9: *** La fuga ***



Capitolo 1
*** Averti, desidero solo questo ***


Averti, desidero solo questo
 

Sin da piccolo mi perdevo nei tuoi occhi color zaffiro, volevo attorcigliare i tuoi ricci color ambra tra le mie dita e volevo baciare le tue labbra color rubino. Sapevo che era un sogno, una folle illusione, ma in fondo al cuore speravo che un giorno avrei potuto averti, sia il tuo corpo che il tuo cuore. Mi sentivo un vile a fantasticare su notti in tua compagnia, durante le quali ti dimenavi sotto di me, urlavi il mio nome, tremavi al mio tocco. 
Emanavi passione e sembravi esser stato baciato da Eros al momento della nascita: emanavi sesso. Travolgevi i miei sensi con ogni tuo movimento, respiro e sguardo.
 Ma non potevo rovinare la nostra amicizia, non volevo perderti per nulla al mondo. 
O Efestione, sapessi quanto amore avevo da offrirti e cosa avrei dato pur di averti al mio fianco per il resto della vita
..
.

 

Alessandro aveva lo sguardo fisso sul soffito. Mille pensieri lo affliggevano e gli impedivano di dormire dopo un'estenuante notte di puro sesso. Rimase in ascolto del dolce respiro dell'uomo che aveva posseduto fino a pochi minuti prima. Lo guardò con il sorriso sulle labbra, mentre il volto di lui assumeva le sembianze di un altro. Alessandro non poteva fare a meno di pensare all'uomo che amava davvero: Efestione. Ogni notte immaginava che i suoi amanti fossero lui, ma sapeva che nessuno gli avrebbe mai dato tanto piacere quanto Efestione. Non potè fermare l'ennesima fitta al cuore. Aveva tutto: comandava un magnifico popolo, aveva  ricchezze di ogni genere, ed era amato da tutti. Però gli mancava solo quel mortale che l'avrebbe reso l'uomo più felice al mondo.

L'alba arrivò e Alessandro si preparò per andare nella biblioteca a studiare antichi testi greci. Solo Zeus sapeva quanto amasse quei poemi! E tutto grazie al suo maestro Aristotele, che era riuscito a imprimere in lui tutta la cultura greca.
Mentre ripiegava la pergamena che aveva appena finito di degustare, sentì qualcuno entrare : era Efestione.

“Alessandro, buongiorno!” disse il giovane con un sorriso.
“Buongiorno a te, Efestione!”
“Leggi ancora le avventure del giovane Achille? Ma è da anni che non fai altro! Non desideri cambiare?”
“Lo so, ma solo questo libro rende le mie giornate migliori!”
“E io che pensavo ti rendessero felici i tuoi amanti...” scherzò il giovane..

Ma Alessandro a quelle parole, come un bambino rimproverato, abbassò il capo.
Efestione lo notò subito e andò ad accarezzarlo. Non servivano parole per farlo stare meglio, bastava la sua presenza. Alessandro si riprese e con un sorriso malizioso lo prese per il braccio che lo stava accarezzando e lo tirò a sé. Efestione, preso alla sprovvista, non fece in tempo a reagire e si ritrovò sopra il suo amico. Sorrise a quel gesto, poi fece per baciarlo. Mentre Alessandro rallentava la presa per baciarlo, Efestione riuscì a liberarsi e scappò via, ridendo. Alessandro, a sua volta, rise con un riso amaro. 
Con Efestione era sempre un gioco, dove ognuno stuzzicava l'altro, ma oltre non si andava mai.
Alessandro tornò a leggere e dopo aver mangiato un pranzo ricco di carne e vino con acqua e miele, andò insieme ai suoi generali a mettere a punto una nuova strategia per combattere il suo più grande nemico: Dario III , re dell'Impero persiano. Dopo lunghe ore di controbattiti, si giunse ad una conclusione: la guerra sarebbe cominciata.

Un mese più tardi il potente esercito macedone di Alessandro Magno si scontrò con quello di Dario III. In un finale vinse Alessandro e Dario scappò, lasciando Babilonia. Qui Alessandro entrò vittorioso nella città e nel palazzo. Nel palazzo trovò la gioia per i suoi uomini: un harem. Le donne orientali erano sensuali e bellissime e il fascino di Alessandro le attraeva a lui. Ma la sua attenzione fu attirata da altro. Tra i sinuosi corpi femminili scorse un ragazzo, bellissimo, dagli occhi felini che chiamavano al desiderio. Lui ed Alessandro si guardarono, mentre i suoi uomini ridacchiavano, consapevoli del fatto che nessuna di quelle fanciulle avevano possibilità di conquistare il re.
Quella stessa notte il ragazzo asiatico consumò ore di intensa passione e goduria tra le braccia dell'abile re. Il piacere era così intenso che il ragazzo non smetteva di urlare. Le sue strilla di goduria eccitarono ancor di più Alessandro, che venne dentro il giovane varie volte.

Il mattino seguente si ritrovò il ragazzo tra le braccia e lo baciò delicatamente sulle rosee labbra. Proprio in quel momento entrò Efestione. L'ambiente si intrise di un silenzioso imbarazzante, che Efestione cacciò immediatamente: “Alessandro, Clito e gli altri ti aspettano nella grande sala per discutere sul da farsi.”
Alessandro rispose che sarebbe arrivato subito, e proprio così fece. Lasciò il letto e si preparò, per poi raggiungere i suoi generali. Il prossimo traguardo sarebbe stato il meraviglioso paese dove il sole incontra la rovente sabbia del deserto, dove il tempo si era fermato ad osservare lo splendore della civiltà e dove i re-dei regnavano su un magnifico regno durato intere dinastie: l'Egitto.

Non ci volle molto prima di conquistare l'Egitto, con i suoi abitanti fedeli e cari agli dei. Proprio per la loro religione politeista Alessandro si fece nominare "faraone". Faraone... Una figura divina, che tutti veneravano e che aveva tutto. Compreso un harem. Lì giacevano bellissime schiave orientali pronte a soddisfare i più stravaganti desideri degli uomini. Mentre Alessandro decideva le prossime azioni belliche, i suoi uomini giacevano con quelle fanciulle dalla pelle bronzea e dalle danze provocatorie.
A volte Alessandro, spinto dal desiderio di esplorare una nuova civiltà, andava in città ad osservare le meraviglie che uno dei popoli più antichi al mondo aveva da offrire. Ma il suo interesse non si rivolgeva solo ai monumenti e alla cultura, ma anche a ragazzi egiziani. Spesso si allontanava dal palazzo in incognito e prendeva con sé giovani fanciulli, che portava in una delle sue tante case segrete sparse per la città. Passava notti abbracciato a quei corpi lussuriosi che si dimenavano sotto di lui. Però ogni volta desiderava sempre più possedere il suo unico amato. Lo stesso che in un caldo giorno d'estate gli diede la gioia più grande della sua vita.

Alessandro era concentrato su alcuni papiri sul balcone della sua stanza. Dinanzi a lui si ergeva una splendente città orientale, ma lui i suoi occhi erano concentrati su altro, dimenticando tutto intorno a sé. In ragion di ciò, non sentì una figura entrare nella sua stanza ed avvicinarsi a lui. La figura coprì gli occhi ad Alessandro che, svegliatosi all'improvviso dal fantastico mondo della letteratura, reagì d'impulso e prese per una mano l'individuo dietro di sé. Con una manovra veloce lo portò tra le sue braccia. Con sua grande sorpresa vide che si trattava di Efestione. Quest'ultimo, con gli occhi sgranati dalla sorpresa di quel gesto, si mise a ridere divertito.
Alla vista del suo dolce sorriso, ad Alessandro cominciò a battere forte il cuore.
Gli occhi color ambra di Alessandro incontrarono quelli color oceano di Efestione. L'impatto fu devastante. Sembrava che tutto si fosse fermato intorno a loro. Esistevano solo loro due. Alessandro, voglioso delle labbra del suo amato, si tratenne a stento dal divorarle e degustarle. 
Ma ci pensò Efestione a distruggere l'autocontrollo del Magno.
Le labbra carnose e rosse di Efestione si posarono sulle sue. Ad Alessandro si fermò il cuore per un istante. Pensava di sognare o che quella fosse solo una delle sue tante fantasie. Invece no, lui era lì, proprio davanti a lui, a soddisfare il sogno di una vita con le sue morbide e succulente labbra.
In quel momento la sua mente era vuota, leggera, non pensava a nulla. Non fece niente, si lasciò fare tutto quello che volevano le labbra di Efestione. Quando quest'ultimo si staccò, lui rimase con gli occhi chiusi, indugiando. Efestione lo strinse in un dolcemente abbraccio, ma subito dopo si allontanò. Alessandro, non sentendo più il calore del suo corpo, si svegliò dall'estasi che lo aveva travolto. Fece solo in tempo a vedere Efestione allontanarsi e uscire dalla stanza. 

Voleva urlare, chiamare il suo nome, fermarlo, ma le parole non riuscivano ad uscire, fermate dal nodo che aveva in gola. Alessandro si toccò con le punta delle dita le labbra ancora bollenti. In quel momento si rese conto che non avrebbe mai più potuto vivere senza le labbra di Efestione.

Avrebbe fatto di tutto per riaverle e possederle.

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Capitolo 2
*** Uno squarcio tra di noi ***


Uno squarcio tra di noi



I giorni seguenti furono colmi di occhiate sfuggevoli tra i due amanti, sorrisi soffocati, piccole carezze quando si poteva. Ma i due non si incontravano mai la notte nel luogo della passione. Restavano nelle loro stanze a pensare l'uno all'altro e i loro cuori si riempivano di sentimenti travagliati: amore, desiderio, paura, brama, lussuria. Nessuno dei due aveva la forza per intraprendere la strada preparatagli da Afrodite.
Per colmare il vuoto che sentiva a causa della mancanza di Efestione, Alessandro, come al solito, giaceva con gli amanti.
 
******
 
Una notte, appena finito il bagno, Alessandro si mise a letto. Quella notte non aveva intenzione di trascorrerla in compagnia di nessuno, voleva solamente dormire.
 
Le città era illuminata da tante fiaccole sparse ovunque e non si sentiva anima viva, era notte fonda.
In quella quiete totale uno scricchiolio destò Alessandro. I suoi muscoli si irrigidirono. Prese la spada che aveva sotto il cuscino e aspettò la mossa del misterioso personaggio che era appena entrato nella sua camera. Lo sconosciuto tolse le coperte dal suo corpo nudo e muscoloso e cominciò a sfiorargli le cosce, il petto, i muscoli... Per poi soffermarsi sul membro del re.
Alessandro rimase piacevolmente sorpreso da quei gesti, che cominciavano a farlo eccitare. La mano di quel individuo iniziò a dargli piacere, muovendosi lungo il membro. Da piccoli movimenti, cominciò a velocizzare l'azione, finché il membro di Alessandro diventò turgido e pronto. Allora fermò la mano e poco dopo Alessandro sentì una sensazione bellissima, provocata da stuzzicanti tocchi di lingua. Al primo tocco non poté fermare un gemito. Si morse un labbro e chiuse li occhi, lasciandosi alla mercé di un'ombra.
Subito dopo lo sconosciuto cominciò a leccare il membro lungo tutta la sua lunghezza, soffermandosi sulla punta, dove lasciò piccoli cerchi. Infine lo accolse in bocca. Alessandro inarcò la schiena ed iniziò ad ansimare. Intanto l'individuo continuò, dopo un piccolo ghigno di soddisfazione, a far godere la sua vittima finché, dopo breve, venne copiosamente nella sua bocca. Ingoiò deliziato il nettare della passione e poi, senza pronunciare parola, andò via. Alessandro era confuso. Chi poteva essere? L'avrebbe mai incontrato di nuovo? E soprattutto, chi era?
Queste domande tormentarono la mente di Alessandro per poco dato che cadde in un sonno profondo.

L'alba seguente cominciarono le Feste dionisie. Si trattava di 3 giorni di puro svago in cui si andava a teatro, scorrevano fiumi di vino e c'erano abbuffate con vari tipi di pietanze prelibate. Durante queste feste la guerra era sospesa, si pensava solo al divertimento. Il palazzo reale era in delirio: c'erano ubriachi che urlavano, ridevano o cantavano a squarciagola; uomini con sottobraccio ragazzi e ragazze che baciavano a turno; alcuni facevano sesso davanti a tutti. Era come un mondo irreale in cui non esisteva più razionalità e pudore. Questa era la pura essenza del dio del divertimento Dionisio.
 
Tra tutti quegli uomini gli unici ad avere ancora un po' di lucidità erano Alessandro ed Efestione. I due parlavano e ridevano mentre  bevevano e mangiavano. Mentre Efestione, parlava Alessandro non poteva fare a meno di guardare le sue labbra e ricordarle mentre baciava le sue.

“...e poi lui... Alessandro mi stai ascoltando? Alessandro! ALESSANDRO!” gridò Efestione.
Alessandro si risvegliò dai suoi pensieri e portò gli occhi dalle labbra agli occhi di lui.
“Eh? Cosa?” rispose spaesato.
“Alessandro tu non mi stavi ascoltando... A cosa pensavi?” Efestione lo guardò con occhi sospettosi.
“ Pensavo a... A Dario! Dobbiamo sconfiggerlo assolutamente!”
“ Alessandro... Ti conosco da una vita e so quando menti. Te l'ho mai detto che non sai mentire? Adesso dimmi perché non mi stavi ascoltando.”
Alessandro si guardò intorno, come per cercare una scusa, e non riuscì a incontrare gli occhi di Efestione. Allora quest'ultimo gli prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo.
“Alessandro, guardami negli occhi e dimmi che hai.”
Alessandro non riuscì a resistere a quei zaffiri mozzafiato e raccontò all’amico quello che lo tormentava.
“Qualcuno ieri notte è entrato nelle mie stanze e... Ha cominciato a massaggiare e poi leccare il mio membro...”
Alessandro si sentiva imbarazzato e un po' a disagio dato che Efestione era l'ultima persona al mondo a cui l'avrebbe detto.
“Ah... E tu non l'hai fermato?”
“Non potevo.”
“Come non potevi?”
“Beh, a volte prevale il piacere e non la ragione. E io sono un uomo.”
“Ho capito... E non sai chi sia?”
“No.”
“Quindi tu... Ti fai fare quelle cose da chiunque?”
“Non so, dipende se il mio corpo ha voglia di-”
Alessandro non fece in tempo a continuare che Efestione si alzò all'improvviso e se ne andò. Alessandro lo inseguì.
“Efestione! Efestione! Perché te ne sei andato?” chiese Alessandro preoccupato.
“Lasciami in pace.” rispose con voce fredda.
“Efestione... Cos'hai?”
“Niente, vattene!” disse Efestione prima di mettersi a correre.
Alessandro voleva spiegazioni per quel comportamento e senza indugio lo inseguì.


Non si sentivano più i rumori della festa. Per i corridoi del palazzo si sentivano solo i passi in corsa di Efestione ed Alessandro.
-Avevo dimenticato quanto Efestione fosse abile nella corsa...- pensò Alessandro, notando la resistenza e la lontananza dell'altro.
“Alessandro, non seguirmi, vattene!” urlò Efestione arrabbiato.
Ma l’altro non disse nulla. Allora Efestione si fermò e trasse dalla custodia un pugnale. Alessandro si fermò.
“Ti ho detto di non seguirmi! Lasciami in pace!”
Alessandro rimase per alcuni secondi impassibile ed immobile, poi scoppiò in una fragorosa risata: “O Efestione, non scherzare con me! Non rivolgere verso di me quell'arma e dimmi cos'hai!”
“Non scherzo, sono serio. Non voglio più né vederti né sentirti, quindi lasciami in pace!”
“Ma cosa ti ho fatto? Perché ti comporti così?”
“Cosa non mi hai fatto, dovresti chiedermi...” disse Efestione con gli occhi lucidi e la voce soffocata.
“Efestione...” Alessandro si avvicinò lentamente e allungò la mano verso il suo amato.
“NON TI AVVICINARE!" urlò Efestione, lasciando che la sua voce rimbombasse nell'edificio e chiudendo gli occhi pieni di lacrime.
Ad Alessandro si spezzò il cuore vedendolo in quello stato. Con un veloce scatto disarmò ed abbracciò Efestione. Quest'ultimo si dimenò per sfuggire a quelle possenti braccia che lo avvolgevano, però non aveva possibilità di scappare. Allora si aggrappò al corpo di Alessandro e lo strinse, mentre le lacrime scendevano sulle sue guance porporee.
“Alessandro... Perché lo fai? Perché mi fai soffrire così tanto?” chiese Efestione tra un singhiozzo e l'altro.
“Cosa?” Alessandro era spaesato.
“Ogni notte sento le urla dei tuoi amanti ed ad ogni loro gemito mi arriva una pugnalata al cuore...”
“Efestione... Io non so cosa di-”
“Non dire niente, lo so che per te non è lo stesso. - accennò un sorriso - Adesso vado, buonanotte…” disse Efestione prima di allontanarsi da Alessandro, che non lo aveva fermato. Non capiva. Cosa significava quell'ultima frase?
Mentre rimuginava sulle parole di Efestione, in Magno si mise a letto.
 
Quella notte nessuno fece visita al re.

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Capitolo 3
*** Errori ***


Errori


Due settimane passarono in fretta, solo per Alessandro sembrarono un’eternità. Efestione era sempre lontano da lui, non si parlavano, i loro sguardi non si incontravano mai. Il cuore di Alessandro era a pezzi e non voleva altro che rivedere il dolce Efestione di una volta.

Efestione lo evitava. Non voleva sentire una sola parola, non voleva vederlo, non voleva avere nessun contatto con Alessandro. Sapeva che riavvicinarsi a lui lo avrebbe reso di nuovo preda del suo fascino. Dentro di sé voleva una tregua, il suo cuore voleva una tregua. Aveva sofferto così tanto per l'uomo che amava... Voleva provare a non pensarlo per almeno un secondo, ma forse questa era la cosa più difficile mai fatta in vita sua.
Però non poteva non vedere il suo re. Era suo compito in veste di generale incontrarlo e chiedergli consiglio per la battaglia.
Sembrava che ad Alessandro non importasse e non soffrisse affatto. Continuava a intrattenersi con feste ed amanti. Fu questo comportamento indifferente a infuriare Efestione.

Era mattino presto. Pur essendo nella stagione più assolata e calda dell’anno, non vi era traccia del sole e un venticello danzava tra gli alberi, coinvolgendo nei suoi movimenti i rami. Un rimbombo in lontananza, tra le nubi incenerite, destò Alessandro. Accanto a lui l'ennesimo amante, dalla parte opposta boccali di vino rovesciati. Puzzava di alcool e sesso, cosa che nelle ultime settimane era quotidianità. Prese la tunica buttata a terra e la indossò. Guardò verso il letto. Chi era quel ragazzo? Non l'aveva mai visto...


Uscì barcollando dalla stanza: gli effetti del vino non erano ancora svaniti del tutto.
Ad un tratto si trovò davanti Efestione.  Sembrava un sogno, una visione divina. Alessandro, come in trans, sorrise e cercò di sfiorargli la guancia, ma Efestione non glielo permise. Provò a toccarlo ancora e ancora, senza mai riuscirci. Lui indietreggiava ogni volta senza pronunciare parola.


“Lascia che ti tocchi solo per un momento, Efestione...” disse con voce supplice.

Efestione sembrava non volerlo proprio. Inoltre guardava Alessandro come quando un padre severo rimprovera il figlio, ma questo sguardo era molto più intenso e violento.

“Come ti sei ridotto, Alessandro? Mi viene ribrezzo a guardarti.” furono le sue parole prima di congedarsi.
Alessandro stette a guardarlo andare via, mentre in testa gli rimbombavano quelle parole crude.
Ritornò in camera, svegliò il ragazzo sconosciuto che occupava il suo letto, lo buttò fuori e andò a lavarsi. Quando uscì, un attacco d'ira lo travolse, inducendolo a rompere tutto quello che trovava intorno a lui. In pochi minuti non c'era più niente di intatto: vasi ridotti in mille frantumi, tavoli e sedie distrutti, pergamene rotte sparse ovunque.
Quella era l'unica soluzione calmante per Alessandro. Non sapeva se ridere o piangere, se arrabbiarsi o compiangersi. Efestione ormai l'aveva abbandonato, come avevano fatto tutti. Però neanche milioni di uomini potevano eguagliare il suo amato, colui che aveva fatto soffrire in tutti i modi. Però...
“Anche lui mi ha fatto sempre soffrire! E sembra che al momento io sia l'unico che... Perché preoccuparmi e stare dietro a quel moccioso? Se devo soffrire, tanto vale farlo in battaglia, dove le spade, le frecce, i giavellotti potranno dipingersi del mio sangue!” Alessandro cominciò a ridere, mentre era ad un passo dall’oltrepassare la sottile linea che divide la ragione dalla pazzia.

Si vestì e in fretta e furia si diresse alla sala del consiglio dei generali. Qui erano tutti in cerchio ad osservare una mappa geografica.
“Alessandro, eccoti!” disse Sarro.
“Allora, cosa aspettiamo? Decidiamo tutto oggi! Le Feste sono passate e noi siamo rimasti fin troppo a lungo qui in Egitto. L'esercito ormai si è ripreso ed è pronto.” disse Alessandro, sedendo al suo solito posto.
“Le truppe sono pronte, mio re. E oggi è arrivato un messaggero per te. Fatelo entrare!”
Entrò un ragazzo con in mano una missiva.
“Di chi è?” chiese Alessandro. Ma nessuno ebbe il tempo di rispondere che se ne rese conto da solo, era di Dario.
Alessandro lesse in silenzio la pergamena mentre tutti lo guardavano incuriositi.
“Vuole la pace? Terminare questa guerra e riprendersi la Persia? Non lo accetterò mai, lui deve inginocchiarsi davanti a me da nemico sconfitto, altrimenti che combatta quello che ha iniziato!” urlò il Magno, sbattendo il pugno contro il tavolo di legno che aveva davanti.
I suoi generali erano perfettamente d'accordo con lui, solo uno aveva da ribadire.
“Perché continuare? Non hai già conquistato abbastanza? Solo per il piacere della guerra lo fai? Non pensi a tutti gli uomini che hai perso e che, continuando, perderai? Le tue terre sono intrise di sangue, Alessandro, la tua mente è offuscata dal piacere del potere e del dominio!”
“Efestione, come osi rivolgere queste parole al tuo re? Verrai punito per questo! Io non bramo il potere, ma voglio che tutte le terre siano unite tra loro, senza guerre e conflitti. Voglio un modo in cui i nostri figli possano crescere senza il timore di scontrarsi, un giorno, con i propri fratelli dell'Oriente e dell'Asia!” disse Alessandro, lasciando perplessi tutti coloro intorno a lui.
“Fratelli? Niente guerre? Pace? Alessandro vuoi farci unire a quei barbari?” chiese uno dei generali.
“Si, questo è il mio desiderio. Riunirò tutti i popoli sotto una stessa cultura, lingua, terra.”
Era visibilmente chiaro che nessuno era d'accordo con quell'ideale, ma la punizione di Alessandro sarebbe stata crudele se ci fossero stati disconsensi.
“Per quanto riguarda te, Efestione, verrai rinchiuso nelle segrete tutto il resto del giorno e della notte, almeno così mi obbedirai.” disse Alessandro compiaciuto.
Efestione lo guardò con occhi furiosi. Non seppe trattenere l'ira e affrontò il re sputandogli ai piedi.
I generali allora lo fermarono.
“Efestione calmati! Non peggiorare la situazione!” gli suggerì Clito all'orecchio.
La reazione di Alessandro fu inaspettata: si mise a ridere. Erano tutti sorpresi, ma quel che ne seguì fece cambiare idea a tutti.
Alessandro assunse un aspetto animalesco. Con un ghigno prese Efestione per il collo e ordinò a tutti i presenti di uscire.
“Alessandro non lo fa-”
“Fai silenzio ed uscite!” urlò, tenendo ancora gli occhi su Efestione.


Quando chiusero le porte, lui lo buttò sul grande tavolo che si trovava al centro della stanza.
Gettò con tale disprezzo e non curanza Efestione, che quest'ultimo non seppe trattenere un grido di dolore.
“Cosa vuoi farmi adesso? Uccidermi? Ormai la tua mente è insana, Alessandro!”
Alessandro non fece niente, stette solo a guardarlo. Poi partì all'attacco. Come un predatore che si scaglia sulla sua preda, con ferocia strappò tutti i vestiti di Efestione. Le grida di quest'ultimo furono vane.
Alessandro non lo abbracciò o baciò dolcemente come era solito fare con i suoi amanti, ma lo trattenne con violenza, usando così tanta forza da lasciargli lividi ovunque. Senza neanche minimamente prepararlo, entrò con forza in Efestione, il quale lanciò il grido più potente mai fatto in vita sua.
“No, Alessandro! Fer... Aaah, mi fai male! Ti pregoo ahh!”
Colui che si stava impossessando di lui, però, sembrò non sentirlo e continuò a spingere il suo membro dentro di lui. Lo faceva con tanta violenza che Efestione cominciò a piangere in preda al dolore. Sembrava che Alessandro volesse squarciarlo. Un acre odore arrivò alle narici di Efestione. Era odore di sangue. Il suo sangue.
“TI SUPPLICO, FERMATI!”
Dopo quell'ultimo grido di supplica, Alessandro si fermò, realizzando cosa stava facendo. Uscì da Efestione e si coprì il volto.
“Cosa ho fatto?” disse terrorizzato prima di uscire dalla stanza e lasciare Efestione lì, nudo e in lacrime.

Alessandro corse in camera sua, dove cominciò a mettere sottosopra tutto, prima di abbandonarsi al rimorso e alle lacrime.
“Come ho potuto fargli una cosa del genere? Come...”
 
******

Alessandro da allora passò intere giornate rinchiuso in camera, lontano da tutti e da tutto. I suoi generali provavano a parlargli, ma lui non voleva. Erano tutti preoccupati. Allora decisero di ricorrere alla loro ultima speranza, Efestione. Tutti sapevano quanto i due fossero legati, di sicuro lo avrebbe ascoltato. Ma... Dove era finito Efestione? Non era nelle sue stanze, neppure da altre parti nel palazzo: era come sparito nel nulla.

Quando Alessandro lo venne a sapere, si rese conto che era tutta colpa sua. Forse se ne era andato per sempre e non sarebbe mai più tornato da lui.
“Efestione... Efestione... Efestione...”
Non faceva che invocare il suo nome giorno e notte, mentre le lacrime scorrevano sul suo volto.


Ormai sembrava che Alessandro non si sarebbe più ripreso.

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Capitolo 4
*** Ormai ***


Ormai


Con l'imminente scontro, Alessandro riprese il controllo di sé stesso e dell’esercito, e fu pronto a combattere, riservando per i nemici la rabbia che ardeva in lui.
Il giorno della partenza Efestione si rifece vivo e tutti lo accolsero felici. Alessandro invece non gli disse nulla se non la strategia che lui e la sua truppa avrebbero dovuto mettere in atto.
“Avete visto? Cosa sta accadendo tra quei due?”
“Da quella volta non li ho più visti insieme... Sarà successo qualcosa?”
“Nah, sono ancora giovani, sarà solo una litigata fra amici!”
Tutti risero amaramente. Nessuno era sicuro di quel che fosse successo tra di loro, ma speravano che questo non li avrebbe portati alla perdita della battaglia, quella definitiva.


Si partì. La destinazione era l'Asia, più precisamente Gaugamèla. Quella sarebbe stata l'ultima battaglia, nonché portatrice dell'Asia nella mano di uno dei due re che se la contendevano.
Fu uno scontro feroce, sanguinolento, che portò i suoi combattenti nel braccio della morte uno ad uno. Si continuò a scontrare le lame delle spade, a gridare le prossime mosse, a non demordere e lottare per la propria sopravvivenza finché si ebbe il vincitore. E chi poteva essere se non il valoroso Alessandro? Le sue truppe armate di lance, elmi e scudi erano riuscite a sovrastare la potenza persiana, anche se a costo di molte perdite.
I Persiani morirono, scapparono, si arresero. Ormai era la fine per loro. I prigionieri si aspettavano torture, schiavitù o morte, ma nessuno di queste attendevano la loro sorte. Erano liberi. Alessandro li aveva risparmiati tutti, accogliendoli nelle sue terre, dando loro soldi, cibo e famiglia.

“Alessandro! Cosa hai intenzione di fare? Vuoi che i macedoni siano visti come indulgenti uomini che fraternizzano con i nemici? Questo è un oltraggio! O, se tuo padre Filippo lo sapesse...”
“Clito! Basta. Ho deciso così, e devi rispettare i miei ordini. Siamo tutti fratelli, uomini con una stessa cultura e lingua. Quindi andate, o voi uomini, e cercate mogli fra le belle asiatiche, unitevi a loro e date frutto figli simboli d’unione tra le civiltà.”
I generali si guardarono furibondi tra loro, non riuscendo a parlare ed esprimere il loro disgusto se tali atti sarebbero stati compiuti.


Quella notte si celebrava la vittoria. Un banchetto abbondante e fiumi di vino scorrevano nei boccali dei generali. Tutti si divertivano, ballavano, estasiati dal piacere di quella nottata.
Alessandro discuteva con Clito.
“Cosa? Alessandro! Non è abbastanza per te aver conquistato tutte le terre orientali ed asiatiche conosciute?”
“Lo so, per la mia giovane età ho conquistato molto, ma non è abbastanza. Dobbiamo spingerci oltre, scoprire nuove terre e civiltà. Clito lo so, lo so che oltre quelle alte vette fredde che raggiungono la dimora degli dei c'è ancora molto da scoprire, e voglio essere io a farlo.” gli occhi di Alessandro brillarono, alimentati dal desiderio di della scoperta.
“Mio re, abbiamo perso molti uomini nella battaglia appena conclusa, e tu vuoi continuare? Le truppe non saranno d'accordo.”
“Allora quei vigliacchi restino qui, non ho bisogno di loro! Resteremo qui ancora alcuni mesi, poi partiremo.”
“Ma...”
“È un ordine, Clito.”
“Si, mio signore...”
Clito si alzò ed andò a godere della compagnia di una concubina.
Alessandro rimase solo, perso nei suoi pensieri. Come un lampo che attraversa il cielo, in un istante gli apparve la figura di Efestione. Non lo vedeva dalla fine della battaglia, quando si era assicurato che lui e la sua truppa stessero bene.
Alessandro si alzò, guardando la festa e il delirio dinanzi a lui. Sorrise compiaciuto prima di sorseggiare l'ultimo goccio di vino ed uscire dalla sala.
Il palazzo era buio, quieto. Era ormai tarda notte e le guardie erano alla festa o coricate nei loro alloggi.
Si fermò e uscì fuori su un balcone. La luna splendeva opaca, lasciando nell'animo un senso di quiete a lungo cercata. Una flebile brezza accarezzò i suoi capelli, spostandoli delicatamente. Nel tentativo di togliersi un filo di capello che gli era finito sul viso, si rivolse alla sua destra, dove su un balcone più alto una figura ammirava la città dormiente. Quella brezza raggiunse anche quella figura, i cui capelli seguirono i movimenti del venticello e si liberarono dalla coda in cui erano presi. Alessandro non badava molto ai particolari delle persone, ma era più che certo che quelli fossero i boccoli di Efestione.
Grazie alle torce e alla luna poté scorgere flebile il viso di Efestione. Qualcosa brillò improvvisamente, scendendo lentamente sul volto disegnato dalla malinconia.
-Una lacrima? Sta piangendo? Starà pensando a... Quella volta? Lo so che non merito perdono, però... Non voglio che lui continui a soffrire a causa mia. Devo parlargli, ora, ma...-

I dubbi assalirono Alessandro. Era giusto andare da lui? O avrebbe causato ancor più dolore? Doveva tacere o...?

Dopo alcuni istanti di esitazione decise di agire: sarebbe andato da lui.
Con passo veloce si diresse verso la camera di Efestione. Bussò alcune volte prima di avere risposta da un: “Chi è?” modificato dal pianto.
Alessandro non riuscì a sopportarlo ed entrò di soppiatto. Efestione sussultò spaventato.


Silenzio. Niente si muoveva, se non i cuori di due giovani uomini. Rimbombavano, lasciando che il loro suono riempisse il vuoto della notte.
I corpi dei due erano stretti l'uno all'altro. Le braccia di uno erano strette all'altro, mentre l'altro cercava di liberarsi.
“Lasciami!” gridò.
“No, mai!”
“Lasciami, bestia!”


Bestia... Una parola tanto cruda da udire, ma veritiera al tempo stesso.

“Quindi è questo che pensi di me...” disse con il rimorso nella voce Alessandro.

Efestione non disse nulla a quello parole, si limitò a guardare in basso. Era stato troppo duro con lui. Forse doveva perdonarlo. Ma era davvero pronto a questo? Dopo quell'ultima volta, dopo aver visto la ferocia animalesca nei suoi occhi mentre spingeva insaziabile dentro di lui? No, non era pronto a perdonarlo.  Sentiva che ormai dentro di lui qualcosa era morto, ma non sapeva cosa. Poteva essere... No, impossibile.

“Perché sei venuto qui?” chiese Efestione, interrompendo il silenzio angosciante tra di loro.
“Ho visto che piangevi… Cos'hai?”
“Non sono affari tuoi, mio re.” rispose secco.
“Mio re…”
Efestione non era mai stato formale con Alessandro, neanche durante le riunioni strategiche. Eppure ora…
“Invece si, ora rispondimi!” gridò lui, afferrandolo per il braccio.
“Ahi, mi fai male!”
“Ah, scusa…” Alessandro fu sorpreso dal modo in cui aveva reagito. Era come se qualcuno si fosse impossessato di lui.

“Esci.” gli ordinò.
“Ma…”
“Non ti voglio più vedere. Da adesso in poi il nostro sarà solo un rapporto tra re e generale. Addio, Alessandro.” troncò Efestione prima di spingere Alessandro fuori e chiudere la porta.

Alessandro rimase un momento a pensare a quelle parole, che gli rimbombavano in testa.
Scivolò lentamente sulla porta dietro di lui, mentre il fiato si fermava e il suo cuore infranto smetteva di battere e gioire per quel amore durato una vita.

Ormai era tutto finito.

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Capitolo 5
*** Il ladro di cuori ***


Il ladro di cuori


Era primavera e tutto riprendeva vita intorno e nella città di Babilonia. Passati i mesi freddi, seguivano quelli in cui nelle strade i bambini si rincorrevano, gli abitanti godevano di una tranquilla passeggiata accompagnati dalla brezza primaverile e i mercanti si dedicavano ai loro commerci e affari. La primavera cacciava la pigrizia invernale e lasciava spazio alla vita frenetica della mite stagione.
Mentre nella città tutti godevano della tranquillità quotidiana, a palazzo c'era molta tensione.

“Alessandro! Quanto vorrai continuare questa pazzia? Ormai tutta l'Asia è tua! Tutti conoscono la potenza macedone, quindi ritorniamo nella nostra patria e godiamo della gloria che ci spetta!” disse a gran voce il generale Tolomeo.
Tutti i presenti gli diedero ragione.

“NO! Noi dobbiamo andare avanti! Non siamo più solo dei guerrieri, ma degli esploratori! Non vi eccita l'idea di oltrepassare il conosciuto e scoprire lo sconosciuto?”
“Alessandro, se queste idee ti fanno eccitare, non immagino quello che fai tutte le notti nella tua camera con i tuoi accompagnatori!”
Tutti risero, compreso lo stesso Alessandro.

“Io voglio continuare. Siete miei uomini, generali, nonché fedeli amici, dovreste sostenermi.”
Perplessi, i sette generali si guardarono tra loro, poi, arresi, diedero ragione al re.
“Ti seguiremo ovunque, Magno Alessandro!” dissero.
Alessandro, compiaciuto, sorrise e brindò in onore di tutti.

 
*******

-Non so cosa fare... Mi sento perso... Sento il desiderio di fuggire ed andare lontano... Lontano da questo posto, lontano da lui...-
Efestione era disteso sul suo letto e guardava il cielo azzurro, sperando che quei batuffoli bianchi lo portassero via con loro.

Eppure fino a qualche mese prima si sentiva la persona più felice al mondo potendo stare ogni giorno accanto al suo amato. Ma le cose erano cambiate in breve tempo.
 
Un mese era passato dall'ultima volta che Alessandro lo aveva abbracciato e da allora non aveva più sentito il suo calore e il dolce battito del suo cuore. Ne sentiva la mancanza più di qualunque altra cosa. Quel rimbombo nel suo petto gli faceva capire i sentimenti di Alessandro, che lui, come un bambino capriccioso, aveva rifiutato quella notte. Però la cosa più difficile da dimenticare era il viso di Alessandro. Dopo avergli detto addio, i suoi occhi avevano perso quella vivacità che li caratterizzava ed erano diventati tristi e cupi. Sapeva che dopo averlo buttato fuori lui aveva pianto, sentiva i suoi singhiozzi dall'altra parte della porta. Voleva consolarlo per quanto gli dispiaceva, ma non voleva tornare indietro, non ci riusciva. Voleva definitivamente allontanarsi da quel uomo e provare a vivere senza di lui. Ma... Era più difficile di quanto avesse immaginato. Gli mancava tutto di Alessandro, ma ormai lo aveva perso definitivamente. Si notava da come lo guardava e gli parlava. Anzi, si notava dal fatto che ormai non lo guardava e non gli parlava più.
A volte Efestione per scaricare un po' della malinconia che richiudeva tra le mura della sua camera, andava in città. Però chissà perché ogni volta vedeva solo coppie di innamorati... Sembrava una maledizione, o un segno degli dei, per fargli capire che ormai aveva perso la speranza di diventare l'amante di Alessandro.
 
*******

Un giorno, mentre si trovava al mercato e aveva lo sguardo perso sulla terra bronzea sotto di lui, qualcuno gli venne addosso.
“Qualcuno lo prenda! È un ladro! Prendetelo!” si sentiva gridare in lontananza.

Efestione, preso alla sprovvista, cadde a terra. Spaesato, guardò in alto e vide un giovane ragazzo sopra di lui che si stava rialzando lentamente. Quando i loro sguardi si incontrarono, i due si persero l'uno nell'oceano dell'altro.

L'uomo urlava ancora e la sua voce sembrava avvicinarsi sempre più. Efestione, istintivamente, prese il ragazzo e corse via, tenendolo per il braccio.
Corsero alcuni minuti prima di fermarsi in un luogo desolato, un fienile. I due entrarono e si buttarono stremati sul fieno.

Dopo aver preso fiato e aver calmato i loro cuori impazziti, i due cominciarono a ridere. Non sapevano il perché, ma ridevano.
“Grazie per avermi salvato!” disse con una voce entusiasta il ragazzo, alzandosi sui gomiti e guardando Efestione.
“Non ringraziarmi. Sei un ladro, e io sono un generale, devo punirti.” disse Efestione alzandosi e avvicinandosi lentamente a lui.

Il ragazzo provò a fuggire, ma Efestione era davanti all'unica via di scampo.
“Ho fatto male a fidarmi, c'era da aspettarselo.” il ragazzo assunse un'espressione delusa e guardò altrove.
Efestione, vedendolo in quello stato, si sentì stringere lo stomaco.
Però abbassare la guardia non fu una mossa molto astuta dato che il ladruncolo ne approfittò per fuggire.
Con uno scatto andò incontro ad Efestione e gli sfiorò le labbra con le sue delicatamente.
“Sei un fiore prezioso come pochi, ma troppo ingenuo.” gli disse mentre fuggiva facendogli un saluto con la mano.

Efestione non lo inseguì, ma si mise a ridere.

Con le dita che continuavano imperterrite a sfiorare le labbra, tornò a palazzo. Ricordava ancora le sue labbra. Erano morbide e dolci, sapevano di miele. Si passò la lingua sulle labbra per degustare il sapore di quel ladruncolo.

“Efestione, finalmente un sorriso!” Clito gli venne incontro e gli mise il braccio intorno al collo.
Efestione non si era accorto di avere un sorriso ebete stampato in faccia. Rise e i due andarono verso la sala dove avrebbero cenato.
Mentre tutti si abbuffavano, Efestione guardava con sguardo vitreo il suo piatto, senza rendersi conto del sorriso che era perenne sulle sue labbra.
“Hey Efestione, che hai? Non mangi?”
“Cosa? Ah... Si, mangio!”
“Oggi sei strano. Ti è successo qualcosa? Trovato qualche bella fanciulla?” chiese uno, ridendo.
I generali si guardarono tra loro divertiti.


Efestione arrossì.
“Oh, allora abbiamo indovinato!”
“Chi è la fortunata, Efestione?”
“È bella? Ricca?”
Tutti cominciarono a fargli domande, ma lui non aveva nessuna intenzione di rispondere.


Ad un tratto si sentì un forte colpo che fece sussultare tutti. Era Alessandro. Aveva sbattuto il suo calice con forza sul tavolo, lasciando trasparire il suo fastidio. Aveva uno sguardo furioso, che fece rabbrividire tutti.
Alessandro guardò Efestione. Quest'ultimo guardò altrove. A quel gesto Alessandro si alzò ed uscì dalla sala.
Tutti rimasero sorpresi da tale comportamento e guardarono Efestione perplessi, ma senza fare domande.

*******

-Ha già trovato una donna? Come è possibile? Mi ha già rimpiazzato? Non ero io l'unico per lui?- si chiese irato Alessandro mentre si dirigeva verso la sua stanza.
Qui trovò il suo fedele servo che stava sistemando il letto. Appena lo vide, lo prese con forza per un braccio e lo buttò sul letto. Il servo non disse nulla e non reagì, era abituato a quelle scene. Alessandro aveva sempre questi momenti d'ira e si sfogava con il suo corpo.

Tutta la notte i due si amarono, travolti da una passione malata, che non dava loro il tempo di uscire da quella estasi che li aveva completamente rapiti e resi schiavi del suo potere. I gemiti e le urla del servo erano pari a quelli degli ululati che arrivavano dalla città, mentre il respiro affannato di Alessandro era più caldo delle più potenti tempeste di sabbia.
Eppure in questo gioco di passione non c'era tempo per un bacio, un abbraccio, un segno di affetto, c'erano solo due uomini guidati dalla passione.

All'alba di quel mattino il servo si svegliò dolorante. Accecato dal sole che illuminava tutta la camera con i suoi raggi mattutini, guardò per un istante la tinteggiatura di azzurro e bianco di cui era ricoperto il cielo, poi guardò Alessandro che riposava accanto a lui.
Come se avesse sentito lo sguardo del servo su di lui, Alessandro aprì gli occhi e lo guardò. Il servo gli sorrise e lui ricambiò. Aspettarono in silenzio che il sole sorgesse del tutto e poi si alzarono e si vestirono.
“Cosa ti è successo ieri notte, mio re?”
“Ero furibondo.” rispose semplicemente.
“Ancora Efestione?”
“Si, come sempre... Quel uomo prima o poi mi farà impazzire!” Alessandro rise amaramente.
“Mio re... Perché non rinunci a lui e-”
“MAI! Non ci sarà qualcun altro nella mia vita oltre a lui!” gridò.
“E passerai tutta la vita ad aspettare un uomo che non ti ama?”
A quelle parole Alessandro afferrò il collo del servo e lo sbattè al muro.
“Non ti permettere mai più!”
“Ma... È... La verità!” cercava di liberarsi, ma non ci riusciva.
“NO! LUI MI AMA! LO SO! È COSÌ, DEVE ESSERE COSÌ!” Alessandro era fuori di sé e strinse ancora più forte il gracile collo del servo.
Quest'ultimo stava soffocando, e se Alessandro non l'avesse lasciato entro pochi secondi, sarebbe morto.
“Las...cia...MI!” cercò di urlare.
Alessandro per pietà lo lasciò. Il servo cadde a terra e pianse per il terrore.
“Non parlarmi mai più di Efestione in quel modo, altrimenti dirai addio alla tua vita!” disse con tono intimidatorio prima di uscire dalla camera.

Alessandro decise di andare in città. Non voleva fare niente, solo passeggiare e placare il suo animo in subbuglio. Per nascondere la sua identità si coprì il volto, lasciando intravedere solo gli occhi, scrutatori.
Uscì dal palazzo furtivamente affinché non venisse scoperto e si ritrovò in breve nella piazza principale. Qui i mercanti gridavano, vendevano, compravano e si dedicavano ai loro guadagni, mentre i cittadini si dedicavano alle compere e a una rilassante camminata tra le varie bancarelle provviste di tutto, dai gioielli meno costosi fino ai vestiti in seta più pregiati.

-Da tanto non venivo qui... Adoro quest'aria così tranquilla- pensò Alessandro, mentre avanzava per le stradine, guardando alcune bancarelle qua e là.
La sua attenzione fu rapita da una pietra azzurra incastonata in un pezzo di metallo: un anello. Si avvicinò e lo prese in mano. La vista della pietra, soprattutto attraverso i raggi solari, gli portava alla mente una persona. Uno zaffiro, un semplice minerale, riusciva ad assumere il colore dei meravigliosi occhi di Efestione. Senza indugio comprò l'anello, anche se ad un prezzo molto caro. Però gli mancavano i limpidi e chiari occhi del suo amato, e voleva ricordarli almeno attraverso quella pietra.
Alessandro continuò a guardare la pietra mentre camminava tra la folla, non badando a quello che lo circondava. Poi, attratto da alcune stoffe, mise l'anello in un borsellino che era appeso alla cintura.
Mentre era intento ad esaminare un vestito, sentì qualcosa sbattere contro il suo petto.
“Mi scusi.” disse una giovane voce maschile, per poi subito andarsene.
Alessandro rimase a guardare quell'individuo allontanarsi. Poi, istintivamente, toccò il borsellino.
Sgranò gli occhi e subito si rese conto che era stato derubato. E chi poteva essere se non colui che gli era venuto contro?
Buttò il vestito che teneva in mano e si precipitò subito nella direzione dove il ladro era andato. Si guardò attentamente intorno e dopo poco lo individuò.
Si mise a correre per raggiungerlo e quando vi fu a pochi metri, gli sfuggì un: “Ladro!”

Il ladro si girò e, dopo aver capito di essere stato scoperto, fuggì via più velocemente che poteva. Per rallentare Alessandro buttò alcune casse di frutta sulla strada e spinse alcune persone contro di lui, ma questo non aveva minimamente fermato il Magno, che aveva resistito ad ostacoli ben peggiori in guerra.
Ben presto il ladro si stancò di correre e si fermò dietro ad una casa apparentemente disabitata. Si guardò intorno per vedere se era ancora seguito. Non c'era nessuno. Tirò un sospiro di sollievo e prese il bottino che si era conquistato.
“Che magnifico gioiello, quello doveva essere sicuramente un nobile!” esclamò elevando la pietra verso il cielo ed ammirandola in tutto il suo splendore.
“Ti piace così tanto da rubarlo?” chiese una voce dietro di lui. Non ebbe neanche il tempo di dare sfogo ad un urlo di spavento che una mano lo prese per il vestito e lo trascinò nell'abitazione. In seguito fu buttato a terra con noncuranza.
Il malcapitato cercò con lo sguardo una via di fuga, ce ne erano tre: due finestre ed una porta. Davanti alla porta si trovava la figura che lo aveva portato dentro la casa, mentre ai lati le finestre erano aperte e pronte a dargli la libertà.
Con un guizzo si alzò e corse verso la finestra alla sua destra, ma fu fermato dal suo rapitore. Allora provò con quella a sinistra, ma ebbe lo stesso risultato.
Sentì una risatina divertita.
“Cos'hai da ridere? Lasciami!” si innervosì.
“Non finché non mi ridarai il mio anello.”
“Non te lo darò mai, e ora spostati!” con una mano spostò dalla sua via di fuga l'uomo, e poi fece per uscire, ma fu, di nuovo, fermato e scaraventato a terra.
“Vedo che sei anche coraggioso, mi servirebbero uomini come te nel mio esercito!” lo complimentò l'uomo.
“Esercito? Non dirmi che anche tu sei un generale! Ne ho incontrato uno anche ieri, ma a differenza di te, lui era più gentile e bello.”
“Si, sono anche un generale. Vedo che la malasorte ti assiste! Cosa hai rubato a lui? Soldi, vestiti, gioielli?”
“No, le sue labbra.” rispose, tralasciando un sorrisetto soddisfatto.
“Oh Zeus! Quale stolto generale si è fatto baciare da un ladro come te?"
“Uno molto bello, dagli occhi azzurri e boccoli dorati.” rispose, fiero della sua conquista del giorno prima.
Gli occhi gli caddero sull'anello che teneva stretto nella mano. Aprì il palmo e, con attenzione, lo mostrò.
“Ecco, i suoi occhi avevano lo stesso colore di questa pietra preziosa!”

A quelle parole l'uomo davanti a lui assunse un'aria sconvolta e pensierosa, che in seguito lasciò spazio ad uno sguardo furioso che spaventò il ladro. Quest'ultimo indietreggiò.
L'uomo lo prese violentemente per il braccio e se lo portò vicino.
“Come si chiama quel generale?” chiese con voce intimidatoria.
Il ladro non sapeva come rispondere dato che non aveva avuto il tempo di chiedergli il nome.
“Non lo so!"
L'uomo si placò di poco e allentò la presa, lasciando scappare il ladro.
“Tu sei pazzo!” gli gridò prima di uscire e sparire.

-Lo so che sono pazzo... Pazzo d'amore per un uomo più scellerato di me...- si sedette e rise amaramente, lasciando che le lacrime inondassero i suoi occhi, per poi scendere e perdersi nella stoffa che gli copriva il volto.

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Capitolo 6
*** Il bacio del ladro ***


Il bacio del ladro


Era una calda giornata quando Efestione decise di andare a fare una passeggiata e schiarirsi le idee, lasciando i brutti pensieri dentro il palazzo.

Il giorno prima, dopo molto tempo, Alessandro aveva bussato alla sua porta.
“Perché siete venuto, mio re?” chiese  sorpreso da tale visita e un po' rincuorato nel vedere di nuovo Alessandro.
“Dove sei andato ieri?” chiese subito Alessandro, senza salutarlo ed entrando in camera sua.
“Perché?”
“Rispondimi” ordinò.
Efestione rimase perplesso. Stava per rispondere, quando si ricordò dell'incontro con il ladro e del bacio. Non seppe cosa dire e istintivamente abbassò lo sguardo.
“Efestione rispondimi!” urlò Alessandro squarciando l'imbarazzante silenzio che si era creato.
“N-Niente... Sono solo andato a... Fare una passeggiata.” rispose balbettando. Riusciva a fatica a far uscire le parole dalla bocca.
“Non mentirmi! Riesco a capirti, lo sai?”
“No, impossibile. Se mi avessi capito, ti saresti comportato diversamente in tutti questi anni.” aveva un tono di rammarico e un nodo in gola, che lo soffocava.
Alessandro non disse nulla e guardò altrove, come se avesse capito quello di cui stava parlando Efestione.
“Adesso scusami mio re, ma devo uscire.” lo informò prima di mostrargli la porta e accompagnarlo.
Alessandro, stranamente, non si ribellò ed uscì.
Efestione restò a guardarlo andar via, ammirando la sua possente schiena mentre si allontanava.
-Perché mi ha chiesto cosa ho fatto ieri? Avrà scoperto qualcosa a proposito del bacio?- si chiese.

Il giorno seguente il mercato lo aspettava.
Si fece spazio in mezzo alla folla che quel giorno, in particolare, era più densa e affollata.
Con fatica riuscì ad attraversarla, per poi trovarsi davanti a delle bancarelle di gioielli.
Restò ad ammirare i metalli e le pietre. Erano uno più bello dell'altro. Poi lo sguardo gli cadde su un anello con un rubino ed un opale. Era davvero bello e sembrava emanare un'energia mistica.

“Le piace?” chiese il mercante di quella bancarella.
“Si, è meraviglioso.”
“Vedo che il suo animo è in pena d'amore.”
“Come fa a...”
“Questo anello era di una principessa greca. Era innamorata di un principe persiano, ma il loro amore era impossibile a causa delle guerre tra i loro regni. Lei soffriva e piangeva ogni giorno, finché la pazzia non la consumò e si suicidò. Però prima di porre fine alla sua vita, scelse queste due pietre e pregò Afrodite affinché rinchiudesse in esse la speranza di un amore felice. Quindi chi possiede questo anello avrà la benedizione sia della principessa che della dea dell'amore. Il suo potere si sprigiona solo quando è vicino ad un animo in pena d'amore.”

Efestione rimase molto sorpreso da quella storia e ci credette, doveva crederci. Capiva la sofferenza della principessa e sentiva il calore di quelle gemme. Senza indugio lo comprò.
Non fece neanche tre passi che sentì qualcosa di caldo sfiorargli l'orecchio.
“Sei in pena d'amore, mio bel generale?” chiese una voce.
Efestione si girò immediatamente, quella voce gli era famigliare.
“Tu, ladro!” gridò, indicandolo.
Al sentir la parola 'ladro', molti si girarono verso di loro, scrutandoli.
“Shhh!” lo rimproverò il ladro e lo prese per un braccio, portandolo via da lì.

Dopo breve si fermarono.
“Non è stato molto saggio da parte tua gridare la mia professione in pubblico.” disse con una voce scherzosa ma allo stesso tempo di rimprovero.
“È stato l'istinto.” si giustificò Efestione.
“Se questo istinto ti guida in battaglia, ho paura di non rivederti più.” si avvicinò ad Efestione e gli passò una mano sulla guancia, morbida e calda.
Efestione non indietreggiò o si ritrasse, ma si gustò quel tepore. Gli mancavano questi piccoli gesti d'affetto, anche se erano da parte di uno sconosciuto.

“Ti manca così tanto la persona che ami?” chiese improvvisamente il ladro, spezzando l'incantesimo.
Efestione non rispose, ma abbassò lo sguardo, triste e sofferente.
Il ladro si rese conto dell'effetto negativo che la sua domanda aveva avuto su di lui e, rammaricato, lo abbracciò, sperando di calmarlo.
Efestione rimase sorpreso da quel gesto. Era così piacevole ritrovarsi contro il petto di un uomo, racchiuso tra le sue braccia protettive.
Colui che lo teneva stretto a sé cominciò ad accarezzargli il capo, passando le dita tra i suoi boccoli dorati. Rimasero così a lungo, prima di staccarsi a causa del caldo afoso.

“Perché l'hai fatto?” chiese Efestione leggermente imbarazzato.
“Fatto cosa?”
“Prendermi... Tra le tue braccia.”
“Perché ho sentito che ne avevi bisogno.” rispose con un sorriso caloroso.
Efestione ricambiò. Si guardarono senza pronunciare parola per alcuni secondi.
“Non ci siamo ancora presentati, generale. Posso sapere con chi ho l'onore di parlare?” chiese scherzosamente, accennando un inchino.
“Generale Efestione, e tu, ladruncolo?” ricambiò il suo sarcasmo.
“Ladro Sandro, al vostro servizio.”
Efestione sgranò gli occhi. Per un istante il cuore gli si fermò e gli mancò il respiro. Sandro... Ricordava molto il nome Alessandro.
“Che coincidenza...” sospirò.
“Cosa?”
“Niente, scusami.” cercò di riprendersi e forzare un sorriso.
“I tuoi occhi...”
“I miei occhi... Cosa?”
“Anche se le tue labbra mostrano un sorriso, i tuoi occhi mostrano tutto il contrario.”

A quelle parole la mente di Efestione fece un tuffo nel passato, ricordando quando Alessandro gli ripeteva parole simili.
“Gli occhi sono il tuo solo punto debole, Efestione. Un sorriso, una smorfia, la sofferenza... Se non sono accompagnate dai tuoi occhi non hanno significato, perché sono i tuoi zaffiri che dicono la verità.”

Una lacrima rigò il viso di Efestione. Quei ricordi facevano davvero male.
“Ami così tanto quella persona?” chiese Sandro con sguardo di compassione.
Efestione non rispose e continuò a piangere.
Sandro lo fece sedere su un tronco che si trovava lì vicino. Il silenzio veniva spezzato solo dai singhiozzi di Efestione, che si alternavano di intensità. A volte erano impercettibili, a volte sembravano voler uscire con impeto dalla sua gola.

Nel frattempo Sandro si limitava a sentire in silenzio quella sofferenza e immaginare da cosa potesse essere provocata. Un generale che piangeva a quel modo era molto insolito.

Dopo un tempo indeterminato, Efestione si calmò. Asciugandosi gli occhi gonfi e rossi con le maniche dei vestiti, si girò verso Sandro e gli sorrise dolcemente.
“Grazie” disse.
“Per cosa?”
“Per essere rimasto con me.”
Sandro allora ricambiò il sorriso e gli accarezzò le guance bagnate. Efestione si lasciò cullare dai suoi palmi, poi poggiò le sue mani su quelle di Sandro e rimasero così a lungo.
Pian piano i due si avvicinarono sempre di più, fino a ritrovarsi con i corpi e i visi li uni vicini agli altri.
Lentamente il loro respiro accelerò e le loro labbra fremettero, desiderandosi a vicenda. Delicatamente si inumidirono, si sfiorarono, si morsero, finché, finalmente, si incontrarono e le loro lingue si intrecciarono.
Gli occhi erano chiusi, le dita si incrociavano e i cuori battevano all'unisono nei petti.
Fu un lampo quel momento, eppure era così bello che sembrava durare secoli.
Sandro fu il primo ad allontanarsi. Invece Efestione indugiò e continuò a tenere gli occhi chiusi, sperando che lui si riavvicinasse. Ma in breve si rese conto che non sarebbe tornato e si ricompose.

Nei primi istanti non ebbero il coraggio di guardarsi o parlarsi tale era l'imbarazzo.
Efestione decise che era ora di ritornare a palazzo, sarebbe stato meglio.
Si alzò e si incamminò lentamente. Ma subito sentì una mano afferrargli i vestiti, facendolo indietreggiare di qualche passo. Si girò.
“Quando posso rivederti?” chiese Sandro con voce supplice.
“Ogni giorno. Incontriamoci a quest'ora al fienile del nostro primo incontro.” rispose Efestione accennando un sorriso imbarazzato.
Sandro ricambiò il sorriso e lasciò la presa, guardando Efestione allontanarsi.

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Capitolo 7
*** Addio ***


Addio


Da quel giorno e da quel bacio inaspettato, Efestione e Sandro si incontrarono come promesso. Efestione sgattaiolava via da palazzo senza farsi vedere per non destare sospetti, percorreva il centro del mercato e infine arrivava alla periferia della città. I contadini lo guardavano incuriositi dato che era insolito che un uomo tanto benestante venisse in quei luoghi. Oltrepassate alcune case, c’era il fienile dove Sandro lo aspettava.
I due iniziarono ben presto a fare amicizia e lasciarsi alle spalle il loro primo e travagliato incontro. A volte rimanevano a parlare per ore distesi sul fieno, ma la maggior parte delle volte uscivano a godersi le spensierate giornate primaverili. Tra loro c’era molta sintonia pur provenendo da due ceti diversi.


“Perché ti piace rubare?”
“Non mi piace. Ma guardati intorno, questa gente muore di fame! Rubo solo dai mercanti o dai nobili per dare loro qualcosa di cui gioire…” sorrise guardando alcuni bambini giocare con una palla vicino a lui.
“Sandro! Sandro!” lo chiamarono tutti, correndo verso di lui.
“Hey, piccole pesti, come state?”
“Benissimo! Grazie per la palla!” disse un bambino che gli saltò addosso, seguito dalla ciurma.
Sandro si lasciò avvolgere dalle loro piccole manine e poi prese la più piccola di tutti e la portò sulle spalle. Lei, divertita, cominciò a ridere e si lasciò trasportare dal galoppo del suo cavaliere. Questo però destò la gelosia di tutti i bambini, che vollero lo stesso trattamento.
“Voglio salire anch’io!”
“Pure io!”
“No, voi siete degli ometti! Lei invece è una piccola donzella e va coccolata!” alzò lo sguardo verso la bambina e le fece l’occhiolino. Lei sorrise e gli lasciò un lieve bacio sulla guancia.
“Glashie” cercò di dire lei, ancora troppo piccola per saper parlare bene.
Lui la tose dalle spalle e la sollevò in aria,  cominciando a girare. Lei lanciò alcuni gridolino divertiti e si godette il venticello che si sentiva da là su.

Intanto Efestione guardava la scena con il sorriso stampato sulle labbra, pensando che Sandro sarebbe stato perfetto come padre.
“Scusami piccina, ma adesso ho da fare!” disse riportando la bambina a terra e facendole un occhiolino complice.
Lei ricambiò e lo salutò. Lo stesso fecero gli altri bambini e ritornarono a giocare.


Sandro ed Efestione continuarono la loro passeggiata.
“Ho capito perché lo fai… E’ bellissimo vedere quei bambini felici.”
“Adoro i bambini e voglio vederli gioire anche se vivono in condizioni umili.” i suoi occhi furono avvolti da un velo di malinconia e di rammarico.
Efestione lo notò e gli prese la mano.
“E’ tanto quello che fai per loro.” disse, cercando di consolarlo.
“Sento di non fare ancora abbastanza... Se fossi quel tirchio del re, darei loro tutto l’oro che ho!” disse rabbioso.

Efestione non sapeva come rispondergli. Alessandro non era uno dei migliori quando si trattava di questioni economiche, ma di certo non era tirchio. Cercava di fare il meglio per il suo popolo, anche se non sembrava.
“Alessandro ha molti lati negativi, anzi troppi, ma non è una persona cattiva.”
“Alessandro? Lo conosci così intimamente?” chiese Sandro perplesso.
Efestione sudò freddo e si morse il labbro. Non voleva far sapere il rapporto che aveva con Alessandro.
“N-no… Ma penso sia così…” inventò.
Sandro lo guardò con sospetto.
-Ti prego non mi guardare così! Non voglio che tu sappia di Alessandro! Voglio dimenticarlo… E… E… Voglio farlo grazie a te.-
Efestione si avvicinò a Sandro e chiuse gli occhi. Lasciò che le loro labbra si incontrassero e si lubrificassero a vicenda mentre i loro corpi cominciavano a fremere dall’eccitazione.
“A-aspetta, non possiamo!” disse Sandro con un filo di voce, ancora spaesato da quel gesto improvviso.
“Perché?”
“Qualcuno ci potrebbe vedere e… Perché l’hai fatto?”
Efestione non rispose e gli sorrise. Con fare scherzoso gli girò intorno e poi gli diede un lieve bacio prima di scappar via.
Sandro non lo seguì e lo lasciò andare. Sapeva che sarebbe tornato da lui il giorno seguente, e questo lo rincuorava. Ma rimaneva solo un fatto inspiegabile.
 Di chi era innamorato Efestione? E per lui provava qualcosa oppure lo stava semplicemente usando? No! Non voleva neanche pensare ad un’alternativa simile! Però di una cosa era certo: ormai si era innamorato di quel generale dagli occhi color oceano.

Efestione corse per le strade affollate, sbattendo contro i passanti. Non fece caso alle lamentele delle sue vittime, nella sua mente volteggiava solo il ricordo di Sandro. Si sentiva come un bambino con la sua prima infatuazione.
“Ahia, fai più attenzione!”
Efestione questa volta non ignorò colui contro cui aveva sbattuto, conosceva fin troppo bene quella voce.
“Alessandro? Cioè… Mio re?”
“Efestione?”
Era proprio Alessandro. Efestione rimase sorpreso da quel inaspettato incontro ma, dopo l’iniziale stupore, decise di non fermarsi a parlare con lui, non voleva rovinarsi la giornata.
Si girò e corse via, lasciando un Alessandro perplesso dietro di sé.


-Perché il Fato ha voluto che lo incontrassi oggi? No, non voglio soffrire ancora!- pensò, anche se ormai era troppo tardi: il veleno di Alessandro era entrato nel suo cuore.
Si fermò per prendere fiato. Un nodo in gola lo soffocava e le lacrime cominciavano lentamente a bagnargli gli occhi.
“Ti riesce bene fuggire da me.”
Sobbalzò e si girò, ritrovandosi davanti Alessandro, che lo aveva seguito.
“L-Lasciami in pace!” disse Efestione cercando di scappare ancora, ma Alessandro questa volta gli afferrò la mano.
“Voglio prima sapere come mai correvi tanto contento prima.”
“Non sono cose che ti riguardano.”
“Io sono il tuo re, nonché migliore amico. Devo sapere tutto quello che ti accade.”
“No, sei solo il mio sovrano. L’amicizia l’hai uccisa molto tempo fa… Come il mio cuore. Adesso scusami ma dev-”
Alessandro portò i loro corpi vicini e lo strinse forte a lui.
Efestione inizialmente cercò di liberarsi, ma sapeva che era inutile con Alessandro: non lo avrebbe lasciato andare. Rimase fermo, impassibile.
“Perché sei diventato così… Freddo?” chiese Alessandro con l’angoscia nella voce, notando il suo comportamento distaccato.
“Perché non dovrei esserlo? Tu mi hai voluto così.” rispose seccato.
Quelle parole distrussero del tutto il cuore di Alessandro, il quale lo lasciò andare e sussurrò: “Allora addio.”
Si allontanò lentamente, perdendosi nella folla.
Efestione lo guardò andare via e il suo viso fu inondato da calde gocce salate.
“Addio, amore mio…”

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Capitolo 8
*** Il dono del ladro ***


Il dono del ladro


“E… ne! …estione! Efestione!”
Efestione sobbalzò. Spaesato, spostò gli occhi a destra e a sinistra e si trovò davanti il viso ansioso di Sandro.
“Cosa hai oggi? Non presti attenzione a quel che dico.”
“Scusami. Oggi sono un po’ stanco…” si distese sul fieno su cui era seduto. Un raggio di sole gli colpì violento gli occhi, infastidendoli.
Sandro si mise davanti a lui, coprendo la luce disturbatrice.
“Se vuoi riposati, sarò qui al tuo risveglio.” gli baciò la fronte e gli mostrò uno dei sorrisi più dolci al mondo.
-Perché non mi sono innamorato di te sin dall’inizio?- si chiese Efestione prima di rifugiarsi tra le sue braccia.
Sandro si lasciò sfuggire una risatina di soddisfazione e lo strinse al suo petto.
“Mi piace il battito del tuo cuore… Non so perché, ma mi tranquillizza…” disse Efestione prima di cadere in un sonno profondo.
Sandro gli passò una mano sul viso fanciullesco e poi si soffermò sulle labbra. Le guardò per alcuni istanti, ma non resistette al loro rossore e le baciò. Ormai erano diventate vitali per lui.

Al suo risveglio Efestione si ritrovò il viso di Sandro a pochi centimetri dal suo. Un’ondata di calore lo pervase, facendo accelerare il suo battito. Lentamente liberò una mano dall’abbraccio in cui lui l’aveva avvolto per tutto il tempo e gli sfiorò il viso. Sorrise nel vederlo così tranquillo. Di solito i suoi occhi guizzavano da una parte all’altra e sulle labbra c’era sempre un sorriso riservato solo per lui. Sfiorò le sue labbra e subito queste reagirono, incurvandosi in un sorriso.
“Se hai intenzione di profanare le mie labbra, posso far finta di dormire ancora un altro po’.”
Sandro aprì gli occhi.
Il suo volto innocente cambiò radicalmente in uno malizioso e provocatorio.
Efestione rise e gli diede uno leggero pugno nello stomaco.
“Vuoi uccidermi? Se è per mano tua posso morire in pace.”
“Peccato. Speravo che prima di morire potessimo…”
“Potessimo…?” Sandro guizzò gli occhi e le orecchie.
Efestione, con movimenti felini, gli saltò sopra e si avvicinò al suo collo.
“Potessimo … - gli leccò lentamente il collo, lasciando una scia umida dietro di sé – …Andare a restituire questo gioiello a chi l’hai rubato, mio insaziabile ladruncolo.”

Efestione gli prese una collana che aveva nascosto tra i vestiti. La fece scivolare dalla tasca e la osservò, meravigliato dalla bellezza di quella pietra blu.
“Hai gli occhi di un’aquila! Però… In realtà questo è un dono per te.” Sandro si mise seduto, portando Efestione sulle sue cosce, prese la collana e gliela mise al collo.
“E’ bellissima! Però sapere che è rubata mi…”
“Shhh” lo azzittì con un bacio, assaporando le sue dolci labbra. Quando si staccarono, Efestione gli portò le braccia al collo e gli disse un soave: “Grazie.”
Sandro lo abbracciò.
Stettero intrappolati in quel abbraccio per alcuni minuti, prima di essere interrotti.
“Sandro sei qui! Ti prego aiutaci!” gridò un bambino in lacrime.
“Cosa è successo?” chiese lui preoccupato, balzando in piedi.
“Vieni!” il bambino lo prese per un braccio e lo trascinò via.
Efestione li seguì, voleva vedere cosa fosse successo.

Corsero fino ad arrivare in una piccola piazza. Si sentirono lamenti e pianti di bambini.
“Brutti bastardi! Dove l’avete preso questo? Pezzenti come voi non potrebbero mai comprarlo!” urlò un uomo che scagliò a terra un bambino già sanguinante.
Sandro, vedendo quella scena, fu travolto dalla rabbia e diede un forte pugno all’uomo, che perse l’equilibrio e cadde. Dopo di lui ne arrivarono altri tre, che non esitarono a sfoderare le spade. Sandro era disarmato, ma per fortuna Efestione si era portato la spada, che non indugiò ad usare. Si mise davanti a Sandro e li affrontò uno ad uno. Quando ebbe finito con l’ultimo, si girò per vedere se Sandro era incolume. Però dietro a lui apparve un altro sfidante e Sandro, accorgendosi della sua presenza, cercò di proteggere Efestione. La lama affilata gli lacerò il braccio e cadde a terra straziato dal dolore. Allora Efestione, furioso, conficcò la spada nell’addome di colui che aveva ferito Sandro. L’uomo si accasciò a terra e una pozza di sangue cominciò a sgorgare dalla sua ferita, dissanguandolo.
Poi Efestione aiutò Sandro ad alzarsi e prese in braccio il bambino che era stato picchiato.
Sotto la guida di Sandro, portò entrambi i feriti al medico più vicino. Quest’ultimo, amico di Sandro, si occupò subito di loro. Quando Sandro si tolse la maglietta, Efestione rimase sconvolto. La suo schiena era lacerata e aveva cicatrici ovunque, grandi e profonde.
“Oh Zeus… Sandro ma cosa…”
“Questo ragazzone viene da me sin da quando era piccolo. Già da allora si cacciava in tutti i tipi di guai, e per questo spesso ne usciva “graffiato”.” lo informò il medico.
“Shh, vecchio, non rovinare la mia reputazione da bravo cavaliere!” scherzò Sandro con una smorfia di dolore.
Efestione e il medico risero amaramente.

“Ecco, ho finito. Mi raccomando, la prossima volta stai più attento!” disse il medico finendo di fasciargli il braccio.
“Lo farò. Ma lui come sta?” chiese, guardando il bambino disteso su un telo.
“Per fortuna siete arrivati in tempo, se avrebbero continuato a percuoterlo, non ce l’avrebbe fatta.”
Gli occhi di Sandro si dipinsero di furia e disprezzo.
“Come possono fare una cosa del genere ad un bambino? Lui non ha alcuna colpa!” strinse la mano in un pugno e colpì una parete.
“Stai attento!” lo ammonì il medico.

Sandro ed Efestione lo ringraziarono ed uscirono. I due non si dissero niente finché arrivò il momento di dividersi.
“Forse non dovresti più venire qui.”
“Perché?”
“Non voglio che tu rischi la tua vita per me, Efestione. Oggi erano in pochi, ma la prossima volta potrebbero essere di più! Non sopporterei di vederti morire!” lo abbracciò e lo strinse forte, come se quella fosse l’ultima volta che si sarebbero incontrati.
“No! Non ti voglio lasciare!”
“Ti prego, non fare così… Voglio solo il tuo bene!”
“Pensi che potrei mai perdonarmi di averti lasciato combattere da solo e averti lasciato morire? Sarebbe un dolore insopportabile per me…”
“Ma Efestione…”
Efestione lo baciò, sigillando le sue labbra da qualunque protesta.
“Io non ti lascerò! Ora devo andare, ci vediamo domani.”
“Che uomo ostinato…” sospirò e lo lasciò andare, forzando un sorriso.

Quando non lo vide più, le ginocchia lo abbandonarono e cadde a terra ansimante. Il dolore era insopportabile, ma si era trattenuto tutto il tempo per non far preoccupare Efestione. Con fatica si trascinò verso il fienile e appena ci arrivò si lasciò andare sul morbido fieno. Lentamente chiuse gli occhi e si lasciò trasportare nel mondo dei sogni, l’unico che poteva dargli sollievo dal dolore.

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Capitolo 9
*** La fuga ***


Angolo dell’autrice: Ci credete? Io no. Non posso ancora credere che dopo un anno e mezzo ho continuato questa storia! Lo so che alcune di voi mi odiano e vogliono delle spiegazioni per la mia sparizione… E io ve le darò in due parole: liceo classico. Sia ucciso il demente che l’ha inventato. A causa della scuola e alcuni problemi personali, ho dovuto abbandonare gran parte delle mie storie, non solo su questo account. BUT NOW I’M BACK!
Però vorrei ringraziare di cuore coloro che hanno continuato a seguire la mia storiella e spero di non deludervi ancora! Riprenderò a scrivere e a postare almeno una volta al mese. Inoltre vorrei scusarmi non solo per l’assenza, ma anche per gli orrori a cui ho esposto il vostro cervello! >.< In quest’ultimo anno sono migliorata nella scrittura e per questo, quando ho riletto la storia da capo per ricordare il filo logico, mi sono resa conto che c’erano davvero troppi errori. Non solo nella struttura morfosintattica ma anche nel contenuto! Quindi ho riscritto/aggiunto/tolto/modificato un po’ di cosucce.
Detto ciò, vi auguro una buona lettura e AUGURI A TUTTE LE DONNE! ❀

 

La fuga

 
Era ormai sera quando Efestione rientrò a palazzo. Camminando in punta di piedi, non si fece scoprire dalle guardie e con passo felino si diresse verso la sua stanza. Quando vi fu a pochi metri, una mano lo afferrò.
“Dove sei stato?”
“Mio re! Io… Sono stato a fare una passeggiata.”
“Le passeggiate non durano un giorno intero. Stamattina ti ho visto uscire, e sei ritornato solo ora.”
Efestione si liberò dalla sua presa e assunse un tono serio.
“Non penso siano problemi di vostra signoria dove va un mero generale come me.”
Alessandro lo guardò furioso.
-Cosa mi stai nascondendo? Come puoi parlarmi così?- pensò Alessandro trafiggendolo con lo sguardo.
“Stupido!” il suo urlo fu accompagnato dallo schiaffo che lasciò sul viso porcellaneo di Efestione.
Quest’ultimo, colto alla sprovvista, prese in pieno il colpo, perse l’equilibrio e cadde a terra. Era incredulo. Non era mai successo che Alessandro lo picchiasse.
Il Magno si avvicinò e gli portò una mano al collo, stringendolo violentemente. Efestione cercò, con le poca voce che riusciva ad uscirgli dalla gola, di strillare in cerca di aiuto. Graffiò la mano del suo aggressore finché quest’ultimo lasciò la presa. Efestione tossì ed ispirò voracemente l’aria che gli era stata negata. Ma non fece in tempo a riprendersi, che la voce roca di Alessandro fece eco nel lungo corridoio.
“Da dove hai preso quella?” chiese indicando il collo di Efestione.
Inizialmente Efestione non capì e si porto la mano al collo. Tastò la pelle ancora rossa e dolorante fino a scoprire a cosa si stesse riferendo.
“E’ un dono da un amico.”
“Bugiardo!”
“Perché dovrei mentirti?”
“Perché quell’anello l’ho comprato io!”
Efestione rimase esterrefatto da quelle parole. Ma in breve realizzò la situazione: Sandro aveva rubato la collana ad Alessandro.
 “L’ho comprata perché mi ricorda i tuoi incantevoli occhi…” continuò Alessandro, addolcendo la voce ed accennando un sorriso sofferente.
Efestione non riuscì a rimanere impassibile a quelle parole e le sue guance si pitturarono di rosso. Colui che aveva davanti si rese conto del suo stato e tese la mano per accarezzargli il viso. Ma Efestione sfuggì al suo tocco e scappò via.
Alessandro lo seguì con lo sguardo finché non entrò in camera. Infine si diresse anche lui verso il suo alloggio. Mentre percorreva la navata del palazzo, non cessò di sorridere. Il suo animo allettato lo fece rinvigorire e gli fece nascere nel cuore la speranza che ormai aveva perso.
-Ne ero sicuro, lui mi ama ancora!- pensò al culmine della gioia.

*******

-Perché? Perché mi tradisci sempre, cuore sciocco!? Sono bastate quelle parole per farti battere come un tempo? Per eliminare quel sentimento di amarezza che ti ha condannato ad una sofferenza inaudita?-
Efestione era disperato più che mai. Pensava di aver accantonato il suo amore per Alessandro, ma erano bastate quelle parole, dette da quella voce e con quegli occhi a riaccendere la fiamma. Era tutto troppo complicato. Il suo cuore confuso era diviso tra due uomini. Cercava di non pensare a nessuno dei due, ma subito la mente lo riportava a quei momenti felici che aveva passato con entrambi. Che fare? Scegliere? Però… Se avesse scelto uno, l’altro sarebbe sempre rimasto in un piccolo angolo del suo cuore, tormentandolo.
Perché Afrodite lo dannava così? O forse era diventato il nuovo divertimento del figlio Eros? E Psiche perché non lo convinceva a cessare quella crudele tirannia?
Cullato dalla musica delle arpe che suonavano per un banchetto, Efestione si addormentò, consumato dal suo cuore in pena.

*******
 
I giorni che seguirono furono tormentosi per Efestione. Passava intere giornate chiuso nella propria camera, lontano da tutti. Per evitare Alessandro si faceva portare i pasti in stanza e in caso di assemblee fingeva un malore, per poi venir aggiornato sul da fare da Tolomeo. Di Sandro non aveva avuto più nessuna notizia. Aveva deciso che per un periodo non avrebbe visto né Alessandro né Sandro. Sapeva che Alessandro stava bene e non correva alcun pericolo, ma Sandro… Lo affliggeva il pensiero di averlo lasciato solo in una situazione talmente critica. Però sapeva che le cure del medico lo avrebbero aiutato.
Pensando ciò era fuggito da palazzo. Non era ancora sorta l’alba quando aveva varcato la soglia dei suoi alloggi e si era diretto verso l’uscita dal palazzo. Qui lo aspettavano due guardie, ma questi non lo avevano riconosciuto. Ora c’era solo lui e un’immensa città buia, nella quale si intravvedevano già i primi lavoratori pronti a mettersi all’opera.
Aveva già pianificato dove avrebbe alloggiato e i soldi non erano di certo un problema per un generale del suo rango.
Per sua immensa fortuna pochi anni prima aveva viaggiato in Babilonia e qui aveva comprato una piccola casa dove dimorare durante le spedizioni militari. Nessuno sapeva del suo piccolo investimento oltre a lui. Non l’aveva detto neppure ad Alessandro.

Il sole era già sorto quando vi giunse. Il cuore si colmò di felicità nel rivedere quella modesta ma accogliente abitazione. Era rimasta esattamente come l’aveva lasciata.
Appena arrivò al letto. vi si lasciò cadere e si perse nei pensieri, fino ad addormentarsi. Aveva speso tutta la notte precedente a preparare un piano per scappare e il necessario per sopravvivere.

*******
 
Alessandro stava impazzendo. Non c’era traccia di Efestione da nessuna parte e lui stava perdendo la poca pazienza che gli era rimasta.
Aveva cercato di rispettare il volere del suo amato e lasciarlo solo, ma quel giorno aveva deciso di parlargli. Non riusciva più a trattenere il turbine di emozioni che aveva dentro: doveva dichiaragli il suo amore.
Ma lui era scomparso. Aveva preso alcuni indumenti e del cibo dalle cucine ed era uscito dal palazzo, verso chissà dove.
All’ira si aggiungeva la preoccupazione. Sapeva sin troppo bene le abilità in battaglia di Efestione, ma non era convinto che lui, da solo, potesse affrontare i pericoli di una città tanto grande e nefasta.
Pensando al peggio, ordinò alle guardie di partire alla sua ricerca.
Lui li seguì a breve.
Mentre percorreva le strade, si ricordò dell’incidente del ladro. Subito dopo gli ritornò in mente l’anello che aveva visto al collo di Efestione. Non aveva alcun dubbio: quello era l’anello che aveva comprato lui. Efestione gli aveva detto che era da parte di un amico, ma un semplice amico non avrebbe mai rubato per fare un simile dono.
In quel momento qualcosa in lui si accese. Un sentimento duro e crudo, che gli tormentava il petto. Cercò di scacciare quella sensazione, ma qualcosa lo bloccava. Qualcosa che neanche lui capiva. Era più forte del suo volere.
Stringendo la mascella e corrugando la fronte, accelerò il passo.

*******

Passarono i giorni, ma di Efestione non c’era traccia. Alessandro cominciava a temere il peggio nonostante le parole rassicuranti dei suoi compagni.
“Non ti preoccupare, starò in giro a divertirsi!”
“E’ ancora giovane, ha bisogno di svago!”
Alessandro sapeva bene che Efestione non era così. Lui non andava mai in cerca del divertimento, cercava solo tranquillità. E la città era tutto meno che quieta. Allora un’idea gli balenò per la testa: doveva essere in periferia. Lì abitavano in pochi e i rumori del mercato non arrivavano.
Sicuro di quell’supposizione, aveva lasciato le guardie a palazzo e si era diretto nel luogo che aveva ipotizzato.

Tra la povera gente che troneggiavano agli usci delle case e i bambini che correvano, scorse una piccola abitazione. Era l’unica da cui non arrivava alcun rumore e non sembrava abbandonata.
Alessandro vi entrò per controllare e quando aprì la porta, si trovò davanti una scena orribile per i suoi occhi.
 
 
 

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