Non può piovere per sempre

di Julia Weasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un agguato sventato ***
Capitolo 2: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 3: *** Frammenti di sogno ***
Capitolo 4: *** La tomba vuota ***
Capitolo 5: *** La prima battaglia ***
Capitolo 6: *** Proposte inaspettate e pagine mancanti ***
Capitolo 7: *** L'Ordine della Fenice ***
Capitolo 8: *** Chiarimenti e segreti ***
Capitolo 9: *** I misteri del tempo ***
Capitolo 10: *** Una Giratempo da recuperare ***
Capitolo 11: *** Nella caverna ***
Capitolo 12: *** Risveglio ***
Capitolo 13: *** Sospetti e rivelazioni ***
Capitolo 14: *** Il fratello ritrovato ***
Capitolo 15: *** Reticenza e segreti ***
Capitolo 16: *** La scelta di Barty ***
Capitolo 17: *** Sanguinose prospettive ***
Capitolo 18: *** Macchie che non vengono mai via ***
Capitolo 19: *** Un Natale diverso ***
Capitolo 20: *** Il segreto di Remus ***
Capitolo 21: *** Luna rosso sangue ***
Capitolo 22: *** Una lunga notte al San Mungo ***
Capitolo 23: *** L'occasione perduta ***
Capitolo 24: *** Fiducia ***
Capitolo 25: *** Capro espiatorio ***
Capitolo 26: *** Intrusi nel maniero ***
Capitolo 27: *** Amicizie tradite ***
Capitolo 28: *** Un incontro fortuito ***
Capitolo 29: *** Le angosce più profonde ***
Capitolo 30: *** Strategie ***
Capitolo 31: *** Tempi di cambiamenti ***
Capitolo 32: *** I Bones ***
Capitolo 33: *** Solitudine ***
Capitolo 34: *** La profezia ***
Capitolo 35: *** Decisioni, Quidditch e dolcetti ***
Capitolo 36: *** La soffiata ***
Capitolo 37: *** L'agguato ***
Capitolo 38: *** Alphard ***
Capitolo 39: *** Il testamento ***
Capitolo 40: *** La terza volta ***
Capitolo 41: *** Nuove generazioni ***
Capitolo 42: *** I ricordi perduti ***
Capitolo 43: *** Confessioni ***
Capitolo 44: *** I piani di Voldemort ***
Capitolo 45: *** Nei sotterranei della Gringott ***
Capitolo 46: *** Viaggio nel passato ***
Capitolo 47: *** Verso un nuovo anno ***
Capitolo 48: *** La scelta ***
Capitolo 49: *** Sapeva troppo ***
Capitolo 50: *** La stanza che scompare ***
Capitolo 51: *** L'articolo di Barnabas Cuffe ***
Capitolo 52: *** La testimonianza del Ministro ***
Capitolo 53: *** Fidelius ***
Capitolo 54: *** 31 ottobre 1981 ***
Capitolo 55: *** Caccia al topo ***
Capitolo 56: *** Il messaggio ***
Capitolo 57: *** Colpo di stato ***
Capitolo 58: *** Battaglia al Ministero ***
Capitolo 59: *** Lo scontro finale ***
Capitolo 60: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un agguato sventato ***


Questa storia è il seguito di "Eroi non si nasce, si diventa". Per chi giustamente non si ricorda tutti i dettagli, inserirò sempre delle note alla fine di alcuni capitoli per ricordare qualcosa che si riferisce alla storia precedente. Nel caso dessi per scontato qualcosa e non lo scrivessi, chiedete e vi sarà risposto!

Disclaimer: i personaggi di questa fanfiction appartengono a J.K. Rowling, tranne la famiglia Queen e qualcun altro. Non scrivo a fini di lucro. L'immagine l'ho creata utilizzando disegni altrui, che trovate a questi link: dazzle-stock, intoxicates--stock, lindowyn-stock e flordelys-stock (qui e qui). Ovviamente ho avuto il loro permesso.

Ringraziamenti
: in particolare a Moony3, che mi ha fatto un po' da musa ispiratrice, più che altro perché grazie a lei ho capito che concludere decentemente una trama del genere è possibile, ad Alohomora, che per prima mi ha fatto venire questa idea, e a malandrina4ever, grazie alla cui fanfiction (Il vero amore è per sempre) ho visto il film che mi ha ispirato il titolo, risparmiandomi un sacco di materia grigia!
Buona lettura!


Non può piovere per sempre

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Capitolo 1
Un agguato sventato

L’uomo si Materializzò alla fine del viale ghiaioso, davanti al cancello chiuso di una villetta a due piani. Indossava un abito da lavoro blu notte e un mantello in tinta. I capelli brizzolati gli davano un aspetto distinto, ma le rughe della fronte, più marcate del solito a causa della preoccupazione, lo facevano sembrare più vecchio di quanto non fosse in realtà.
Prima di varcare il cancello, esitò per parecchi istanti, volgendo gli occhi scuri in direzione del mare agitato a sinistra della villa. L’inverno era quasi alle porte e il cielo grigio conferiva un colore plumbeo all’acqua salmastra. Il vento intenso faceva levare schizzi gelidi che impregnavano l’aria circostante, rendendola umida e fastidiosa.
Il rombo improvviso di un tuono in lontananza lo riscosse: si stava preparando un temporale. Erano soltanto le quattro del pomeriggio ma la notte sembrava essere già scesa.
L’uomo attraversò il piccolo giardino e aprì la porta. Non appena fu tornato dentro casa, la prima cosa che vide fu un gatto grigio e arancione disteso sul tappeto di fronte al caminetto acceso.
Attila alzò pigramente la testa verso di lui, per poi rivolgerla di nuovo in direzione del camino, godendone il tepore con gli occhi socchiusi.
Oltre al crepitio del fuoco, non si sentiva volare una mosca, a parte qualche lieve tintinnio di posate dalla stanza adiacente.
L’uomo ripose il mantello ed entrò in cucina, trovandovi sua moglie in piedi davanti alla credenza, intenta a preparare del tè. La donna aveva raccolto i capelli neri in uno chignon, aveva il respiro pesante e ogni tanto tirava su col naso. Quando lo sentì arrivare, si voltò a guardarlo, e il marito vide che i suoi occhi azzurri erano arrossati.
« Perseus, sei tornato presto, oggi » esordì lei.
« È stata una giornata tranquilla al lavoro, così ho preferito andarmene prima. Tu non sei proprio andata al San Mungo? »
La donna scosse la testa in segno di diniego, distogliendo in fretta lo sguardo dal suo, come se non avesse voluto incrociarlo.
« Diane? » la richiamò Perseus, mentre lei sussultava. « Ci sono novità? »
Non era tanto sicuro di voler sentire la risposta, in realtà.
Lei annuì in silenzio e dalla sua espressione Perseus comprese che le notizie non dovevano essere buone.
« Sono riuscita a mettermi in contatto con Alphard, via camino. Mi sembrava la fonte più attendibile… » esordì Diane, lanciando un’occhiata esitante al marito.
« E cosa ti ha detto? » chiese lui, apparentemente impassibile, serrando i pugni.
Lei aprì la bocca per rispondere ma le uscì solo un suono strozzato. Le lacrime le inumidirono gli occhi ma la donna rispose con una calma innaturale.
« Non c’è più niente da fare. È stato ucciso ».
Le tempie gli pulsavano tanto da fargli male ma Perseus non voleva arrendersi all’evidenza.
« Come fa Alphard ad esserne così sicuro? » chiese, testardo.
« Ha detto di essere riuscito a parlare con la moglie di Lucius Malfoy. È stata lei a dirglielo. Non si sa come, perché non hanno ritrovato il corpo, ma è sicuro » riprese la donna con difficoltà. « Voleva tornare indietro e Tu-Sai-Chi l’ha fatto uccidere ».
Lui rimase immobile, come colpito da una secchiata d’acqua gelida. Non poteva essere successo veramente…
« Rachel lo sa? » fu l’unica cosa che riuscì a chiedere, con la voce incrinata.
Diane annuì, poi si sedette, la testa tra le mani.
Perseus si accorse di tremare. Se di dolore o di rabbia, questo non poteva saperlo. Per più di due mesi non aveva fatto altro che desiderare di incontrare Regulus Black e fargli passare il peggior quarto d’ora della sua vita.
Da quando sua figlia aveva scoperto che il ragazzo era un Mangiamorte, Perseus aveva iniziato a odiarlo: Regulus gli aveva promesso che non avrebbe mai fatto soffrire Rachel, ma aveva mentito, come sempre, del resto. Tutti loro si erano sentiti traditi. Perseus si era sforzato di accettarlo, di considerarlo separatamente dalla famiglia che aveva alle spalle, gli aveva dato la propria fiducia, ma lui l’aveva calpestata alla prima occasione.
Uguale a tutti gli altri Black, né più né meno, aveva pensato, furibondo.
Avrebbe voluto fargliela pagare molto cara: certe volte aveva avuto la tentazione di strozzarlo a mani nude.
Adesso però era cambiato tutto. Regulus era morto, senza che se ne conoscesse il motivo o il modo, e Perseus non sapeva più che cosa fare e su chi sfogare la propria rabbia.
« Come… sta? » chiese, pensando a sua figlia, le mani chiuse a pugno, il volto livido.
« Come vuoi che stia? Si è chiusa in camera sua da stamattina e non vuole vedere nessuno. Non ha più toccato né acqua né cibo. E non ha versato neanche una lacrima ».
Marito e moglie si lanciarono un’occhiata colma di miriadi di sentimenti angoscianti: dolore, sconforto e paura erano solo una piccola parte di quello che provavano.
« Che cosa possiamo fare per lei? » chiese Diane, con un’espressione confusa. « Ha solo diciotto anni. Non saprei nemmeno cosa dirle ».
« Non c’è nulla da dire. Le parole non servirebbero a niente » replicò lui.
Lei abbassò lo sguardo sul tè che si stava lentamente raffreddando. Lo versò in una tazza per sé e ne offrì una seconda al marito, poi rimase a fissarla, in silenzio, osservando i piccoli cerchi concentrici che si allargavano lungo la superficie della bevanda.
Non voleva ripensare a ciò che aveva dovuto affrontare quella mattina. Andare da sua figlia e riferirle della morte di Regulus le era sembrata un’impresa impossibile, ma quella di assistere impotente alla reazione di Rachel era stata mille volte peggiore.
Per una Guaritrice come lei era insopportabile sapere che per certi dolori non esistevano cure immediate. Si era dovuta accontentare di rimanere al fianco di sua figlia, cercando di farle forza, inutilmente, perché tutti i sogni e le speranze della ragazza erano stati spazzati via all’improvviso.
Diane sentì bruciare la gola e cercò sollievo portando la tazza alle labbra e svuotandone il contenuto in pochi secondi. Poi lanciò un’occhiata a Perseus, che stava fissando qualcosa di indefinito fuori dalla finestra.
Meccanicamente, rovesciò la tazzina sul piattino, lasciando scolare i residui del tè. Non aveva mai avuto una grande stima per tutte le forme di Divinazione, ma era talmente disperata da voler trovare almeno un conforto nell’illusione che per sua figlia il futuro non avrebbe portato solo sofferenze.
Quando esaminò i fondi del tè, si rese conto che avrebbe fatto meglio a non guardare. La macchia sulla destra somigliava molto a un teschio, chiaro segnale di pericolo, mentre quella a sinistra sembrava un bastone…
« Lascia perdere quelle sciocchezze » le disse Perseus, voltatosi verso di lei in quel momento.
Diane non gli diede retta.
« Il bastone cosa significa? » domandò.
Perseus sospirò. Sua moglie certe volte si metteva in testa delle idee assurde, pur di non voler accettare la realtà dei fatti. A cosa credeva che servisse una stupida predizione?
« Mi sembra che voglia dire “agguato”… »
In quell’esatto istante, il campanello della porta d’ingresso suonò.
Diane ebbe un sussulto e fece cadere la tazzina per terra, poi lanciò uno sguardo orripilato al marito, che ricambiò. Non avevano bisogno di parlarsi per capire di aver pensato la stessa identica cosa: quando un Mangiamorte tradiva, spesso era la sua famiglia ad essere punita, ma visto che Voldemort non avrebbe mai osato toccare i Black, forse aveva deciso di prendersela con qualcun altro che fosse molto vicino a Regulus…
Perseus cercò di riassumere il controllo di sé e si incamminò fuori dalla cucina, la mano nella tasca, serrata intorno alla bacchetta, mentre Diane si alzava e lo seguiva a sua volta.
« No, Sory, non aprire » sussurrò Perseus alla sua elfa domestica, che si stava dirigendo verso la porta. Sory si fermò e lo vide accostarsi all’uscio con un’espressione tesa.
« Chi è? »

Nel frattempo, in una stanza del piano superiore, una ragazza se ne stava seduta sul pavimento a gambe incrociate e rivolgeva uno sguardo spento alla finestra, del tutto indifferente a quello che succedeva intorno a lei.
A causa del maltempo la camera era poco illuminata; la luce era rimasta spenta. Accanto a lei, su un vassoio, giaceva il pranzo ancora intatto.
Le ossa iniziavano a dolerle perché era rimasta immobile in quella posizione per troppo tempo, ma non aveva nemmeno la forza di trovarne una più comoda. In fondo, nessun dolore fisico era paragonabile a quello che stava provando dentro di sé. Era come se una tenaglia rovente le stesse stritolando le viscere, come se qualcuno le avesse strappato brandelli di carne a morsi.
Stordita e distrutta, non sapeva più cosa pensare. Le sembrava di vivere un terribile incubo, perché non poteva essere accaduto veramente, Regulus non poteva essere…
Una fitta lancinante al cuore le impedì di formulare per intero il concetto, e fu tanto dolorosa da costringerla a piegarsi in due, inclinando il busto in avanti e affondandosi le unghie nelle guance.
« Regulus… »
La sua voce strozzata si spezzò e il viso si tramutò presto in una maschera di dolore, per l’ennesima volta da quando quella mattina aveva avuto la conferma che tutte le sue speranze fossero state vane.
Era una sofferenza troppo grande da sopportare. Non riusciva a concepire come fosse possibile immaginare che Regulus semplicemente non esisteva più, che non le avrebbe più parlato o sfiorato il viso o rivolto il suo solito sguardo altero ogni volta che qualcosa non gli stava bene. Era assurdo. La morte era una cosa troppo definitiva per essere reale. Rachel non voleva né poteva accettarla…
Si accorse di aver serrato i pugni solo quando il palmo della mano le iniziò a far male. Distendendo le dita, lasciò vagare lo sguardo umido e appannato sull’anello che lui le aveva regalato poco meno di tre giorni prima e si chiese se lui sapesse già allora quello che gli sarebbe spettato.
L’enormità di ciò che aveva perduto per sempre la colpì con la stessa violenza di un tuono.
È colpa mia, pensò, mordendosi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare. Se non avesse voluto salutarmi prima di fuggire, avrebbe fatto in tempo a salvarsi…
Rachel sarebbe voluta morire in quel momento pur di non convivere con la voragine che le aveva squarciato l’anima e che, ne era certa, la avrebbe accompagnata per il resto dei suoi giorni.
La furia e la disperazione scatenate come un uragano dentro di lei le fecero improvvisamente perdere il controllo della propria magia: un vaso di fiori esplose all’improvviso e i cocci si sparsero sul pavimento, mentre l’acqua si rovesciava sul mobile di legno.
Si sentiva mancare il fiato e, nonostante avesse una gran voglia di urlare a squarciagola tutta la propria disperazione, dubitava di essere in grado di emettere anche un debolissimo suono.
Aveva perso la nozione del tempo. Le sembrava di trovarsi seduta lì per terra da giorni e giorni e giorni…
In quel momento le parve di sentire la voce ansiosa di sua madre all’inizio del corridoio. La donna stava parlando con qualcuno.
« Non ti assicuro che sia nelle condizioni di ricevere visite, comunque ci proverò ».
Rachel era talmente confusa e accecata dalle lacrime intrappolate nei suoi occhi che si rese conto a mala pena che la donna fosse giunta appena dietro la porta della sua stanza.
« Rachel, ci sarebbe una visita per te… » esordì Diane, esitante.
La ragazza aprì la bocca per rispondere, ma le uscì solo un verso incomprensibile. Si schiarì la voce e riprovò.
« Ho detto che non voglio vedere nessuno. Mandali via » disse con voce rauca, coprendosi le orecchie con le mani, le dita tra i capelli come nell’atto di strapparseli dalla testa.
« Mi dispiace, Barty, ma è ancora molto scossa… » disse la signora Queen, rivolgendosi al visitatore.
Nel sentire quel nome Rachel ebbe un sussulto e, per la prima volta quel giorno, provò interesse per qualcosa. Forse Barty sapeva cosa era successo di preciso a Regulus. Anche se non c’era speranza che fosse vivo, lei sentiva il bisogno di sapere esattamente come era stato ucciso.
« Aspetta, mamma! » esclamò, con un enorme sforzo: la gola le bruciava come se fosse stata incandescente. « Fallo entrare ».
La porta si aprì lentamente ma Rachel non vide entrare il ragazzo: gli dava le spalle e ed era ancora rivolta in direzione della finestra. Non aveva neanche la forza di voltarsi a guardare.
Udì Barty indugiare per alcuni istanti sulla soglia, come se fosse indeciso sul comportamento da assumere. Poi lui la raggiunse, andandosi a sederle accanto.
Rachel gli lanciò un’occhiata distratta. Anche lui era più pallido del solito, e in quel pallore le lentiggini del viso risaltavano di più. Anche se i capelli color paglia erano ordinati e precisi, il suo sguardo comunicava tutto tranne che equilibrio interiore.
Per alcuni infiniti istanti rimasero in perfetto silenzio: l’unico rumore che si sentì fu quello del vento che soffiava forte.
Rachel non si era accorta del fatto che la mano di Barty fosse infilata in una tasca del mantello, stretta intorno alla bacchetta. A suo parere, erano solo due ex compagni di scuola che si dolevano per la morte del loro migliore amico.
« Mi dispiace » esordì lui, posandole l’altra mano sulla spalla nel vano tentativo di consolarla.
Rachel alzò il viso verso di lui.
« Tu sai che cosa hanno scoperto gli Auror? » chiese con voce flebile.
Non era sicura di volerlo davvero sapere, ma al tempo stesso sperava di avere qualche informazione in più. Era orribile pensare che non avrebbe più rivisto il suo Regulus senza neanche essere a conoscenza della fine che aveva fatto.
« Non hanno scoperto molto nemmeno loro » rispose Barty, cupo. « Anche se non ci vuole tanto per capirlo. Evidentemente ha cambiato idea… e Tu-Sai-Chi l’ha punito ».
Rachel tornò a fissare il pavimento, con la sensazione che un macigno le gravasse sulla testa.
« Io… » continuò Barty, stavolta con una voce colma di esitazione, « pensavo che tu ne sapessi più di me… Pensavo che vi foste incontrati prima che lui… bè, prima che scomparisse ».
Rachel lo guardò di nuovo, aggrottando la fronte.
Sì che si erano incontrati, proprio la sera antecedente la morte di Regulus. Lui le aveva confessato di essersi pentito di essere un Mangiamorte, le aveva chiesto scusa per averla ingannata per tanto tempo, e le aveva intimato di non riferire a nessuno di quel loro incontro per evitare ritorsioni su di lei. Ma ora che ci pensava, aveva insistito anche su un’altra questione.
Non fidarti di nessuno, nemmeno delle persone che consideri amiche. Nessuno, nemmeno di Barty.
Erano state le sue esatte parole, ma Regulus non aveva voluto spiegare perché non dovesse fidarsi del loro amico.
« Non è che per caso vi siete incontrati e lui ti ha riferito qualcosa di importante? » domandò Barty, mentre la sua mano intorno alla bacchetta si serrava ancora di più. « Magari ha fatto qualche nome… insospettabile? »
Nonostante le sue condizioni, Rachel riuscì a ragionare con sufficiente lucidità. In realtà non si pose neanche il problema. Si fidava ancora di Regulus e se lui si era raccomandato di non dire nulla, doveva esserci un motivo più che valido.
« Non l’ho più visto dal giorno in cui ci siamo lasciati, dalla fine dell’estate» si affrettò a rispondere. «Non so assolutamente nulla ».
« Oh, d’accordo» rispose Barty, mascherando il proprio sollievo, e lasciò stare la bacchetta.
Finito l’attimo di lucidità, Rachel ripiombò nella disperazione cieca che l’aveva tormentata fino a quel momento.
Barty le rimase accanto, sempre con la mano sulla sua spalla, cercando di infonderle un minimo di conforto.
« Nel caso in cui ti servisse qualcosa, conta su di me » le disse.
Lei annuì. Apprezzava il supporto dell’amico ma continuava a sentire un dolore lancinante all’altezza del cuore ed era perfettamente consapevole del fatto che, insieme a Regulus, era morta anche una parte di sé.

Dopo essere uscito dalla villa dei Queen, Barty si Materializzò su una collinetta poco distante, dove una figura incappucciata e coperta da un mantello nero lo stava aspettando. « Allora? » esordì una voce femminile.
« Nessuno di loro sa nulla. Non dobbiamo preoccuparci » rispose il ragazzo, notando che si era appena messo a piovere.
La donna però non parve molto convinta. I suoi occhi scuri e ardenti sembravano volergli leggere la mente.
« Sei sicuro che Regulus non abbia raccontato niente? »
« Ti ho detto di sì. Non lo vedevano da mesi » confermò Barty, nervoso, mentre le gocce cadevano sempre più fitte.
« Spero che tu non ti sia lasciato influenzare dai sentimentalismi. Mi sembri piuttosto sollevato per non essere stato costretto a uccidere quella ragazza ».
« Siamo amici da tempo. È ovvio che io sia sollevato, Bellatrix. Ma resto sempre fedele al Signore Oscuro, e Lui si fida di me ».
Bellatrix parve contrariata ma non lo contraddisse.
« Meglio così » commentò infine, riponendo la bacchetta pronta all’interno della veste. « Sarebbe stato un vero peccato dover sterminare una famiglia di Purosangue ».
Nessuno disse una parola per parecchi secondi. Rimasero immobili sotto la pioggia che scrosciava e inzuppava i loro mantelli. Infine Barty alzò lo sguardo verso di lei, che aveva un’espressione terribile e mostrava un miscuglio di sentimenti contrastanti ma tutti violenti.
« Tu hai saputo qualcosa? » le domandò.
« Nessuno dei Mangiamorte che conosco ha detto di averlo ucciso, e non mi azzardo a chiederlo al Signore Oscuro. A Lui non piace parlare dei traditori… »
« Giusto » convenne Barty: nemmeno gli stessi seguaci del Signore Oscuro sapevano quanti fossero veramente. Lord Voldemort utilizzava quel metodo per impedire che un solo pentito potesse fare i nomi di tutti i suoi vecchi compagni.
Si sforzò con tutto se stesso di ignorare quella parolina che invece gli rimbombava nelle orecchie, facendogli dolere la testa: traditore.
Aveva notato da tempo che Regulus si comportava in modo strano ma per settimane aveva cercato di convincersi che quei sospetti fossero solo frutto della propria immaginazione. Regulus non poteva aver deciso di tradire il Signore Oscuro.
Era stato proprio lui ad introdurlo tra i Mangiamorte e Barty gli era stato tanto riconoscente da non voler vedere quello che chiunque conoscesse molto bene il più giovane dei Black avrebbe potuto notare: stava cambiando lentamente idea.
Alla fine si era deciso ad affrontarlo e concedergli un avvertimento, sperando che Regulus rinsavisse e tornasse ad abbracciare la causa per cui si era fatto marchiare. E invece...
Barty lanciò un’occhiata al mare burrascoso, stringendo i pugni e ignorando completamente la pioggia che ormai cadeva a catinelle. Non sapeva se essere più addolorato o furioso. Era stato amico di Regulus fin dall’inizio del loro primo anno a Hogwarts, ma ora si sentiva a sua volta ingannato. Perché aveva deciso di cambiare così tanto?
Un rumore accanto a lui gli ricordò che Bellatrix era ancora lì. La donna sembrava provare le sue stesse emozioni.
« Devo andare » disse lei in tono deciso. Pareva desiderosa di distruggere qualunque cosa le fosse capitata davanti.
Quando Barty rimase finalmente solo, lanciò un’occhiata alla villa dei Queen. Per fortuna non era stato costretto a chiamare i rinforzi. Aveva sperato con tutto se stesso di non ritrovarsi nelle condizioni di dover tendere un agguato alla famiglia di Rachel. In effetti, vederla in quello stato lo aveva fatto sentire malissimo. Era sempre stata una ragazza iperattiva e adesso sembrava aver perso addirittura la voglia di vivere. E tutto questo per colpa di Regulus.
« Hai visto cos’hai combinato? » sussurrò al vento, come se il destinatario di quello sfogo lo potesse udire, mentre si sentiva invadere da una rabbia impotente. « Traditore ».
Di lì in poi ne fu certo: non lo avrebbe mai perdonato.


*Angolo autrice*
Ben ritrovati a tutti! Spero che abbiate trascorso delle belle vacanze! Sono al tempo stesso contenta e terrorizzata all'idea di pubblicare questa storia, spero solo di cavarmela. Però è bello tornare a pubblicare, mi mancava...
Barty vi ha fatto prendere un colpo, eh? Molti di voi già hanno iniziato a detestarlo alla fine della storia precedente, figuriamoci ora.
Questi primi capitoli saranno tutti un po' tristi (mi dispiace), ma presto gli eventi si evolveranno in meglio, abbiate fede.
Quest'anno sarò molto più impegnata del solito quindi mi perdonerete se la storia la aggiornerò ogni 10 giorni invece di ogni settimana. Non so ancora quanto sarà lunga, per ora ho scritto i primi 6 capitoli e ideato i successivi. Si vedrà.
Ah, all'inizio la serie doveva intitolarsi "Toujours Pur", ma ho cambiato idea all'ultimo minuto e ho scelto quest'altro che mi aveva suggerito Alohomora, perché si adatta di più alla serie in generale.
Al prossimo aggiornamento, che sarà il 20 settembre!

Se vi interessa, la cara Beatrix Bonnie ha disegnato alcuni personaggi della mia storia, così ho pensato di inserire i link qui, tanto per ricordare i bei tempi felici:
Regulus, Rachel e Barty
Il trio insieme a Emmeline Vance
Barty scopre che Regulus è un Mangiamorte
Perseus Queen
Grazie, Marta! =)

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Capitolo 2
*** L'inizio della fine ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 2
L’inizio della fine

Narcissa, vestita con un abito nero che contrastava fortemente con i capelli biondi e la pelle pallida, se ne stava sul pianerottolo e osservava due uomini scendere le scale del numero dodici di Grimmauld Place, a passi lenti e misurato l’uno, pesanti e nervosi l’altro.
« Avete trovato niente? » domandò al primo, quando lui la raggiunse. Lucius fece segno di no con la testa.
« Abbiamo perquisito tutta la sua camera da cima a fondo ma non ha lasciato nessun indizio, nemmeno un biglietto » aggiunse il secondo, Rodolphus Lestrange, lanciando un’occhiata cupa in direzione del salotto.
« Non credo che si aspettasse di morire » disse Lucius.
Narcissa distolse lo sguardo, puntandolo alla parete occupata dalle teste degli elfi domestici, nel vano tentativo di nascondere quello che provava. Non avrebbe mai immaginato di dover sopportare tutto ciò, non in un periodo in cui sarebbe dovuta essere felice a causa della gravidanza. La morte del suo cugino preferito la aveva profondamente scossa, tanto che non aveva avuto neanche la forza di scacciare suo zio Alphard quando questo l’aveva contattata via camino per avere notizie sul conto di Regulus.
Nel frattempo, Lucius e Rodolphus avevano iniziato a parlare tra di loro sottovoce, così Narcissa decise di tornare nel salotto pieno di persone vestite di nero come lei.
Ebbe solo voglia di sparire all’improvviso. La scena che le si presentava davanti era quasi identica a quella accaduta poco tempo prima in occasione della morte di Orion. I pochi Black rimasti in vita erano riuniti intorno alla padrona di casa, la quale però era l’unica a tenere un comportamento diverso da quello che aveva assunto alla morte del marito.
In effetti, tutti i presenti sembravano intenzionati a mantenersi ad una certa distanza di sicurezza da lei ed evitavano di guardarla, come se stesse dando uno spettacolo osceno.
Non era la prima volta che Walburga perdeva il controllo, ma non in quel modo. Narcissa non l’aveva mai vista piangere in vita sua e sentì a sua volta il bisogno di guardare da un’altra parte, un po’ per sensibilità, un po’ per paura: il pianto disperato di sua zia la terrorizzava più di ogni altra sua reazione di rabbia. Era come se il mondo si fosse capovolto: quella donna di ghiaccio, più superba di tutti i presenti messi insieme, che non aveva mai mostrato alcun sentimento in pubblico né tanto meno un segno di affetto nei confronti dei figli, aveva improvvisamente perso ogni inibizione e continuava a piangere e singhiozzare, ignorando i parenti e abbandonando il suo consueto atteggiamento rigido e glaciale.
Narcissa non vedeva più la nobile strega Purosangue cui era abituata, ma soltanto una donna che aveva perso tutto.
« Signorina Cissy? » la chiamò in quel momento una voce gracchiante e rauca. Narcissa abbassò lo sguardo sull’elfo domestico che portava un vassoio e tremava dalla testa ai piedi. « Il tè che avevate richiesto ».
« Grazie, Kreacher » rispose lei, prendendo a sua volta il vassoio. Kreacher si affrettò a defilarsi, cercando di trattenere le lacrime. Mentre si allontanava, si guardava intorno con aria terrorizzata, come nel timore che qualcosa di spaventoso si nascondesse dietro le poltrone, pronto ad afferrarlo.
Narcissa, ignorando gli sguardi ansiosi e stupiti degli altri Black, andò a sedersi sul divano accanto a Walburga.
« Zia, prendete un po’ di tè; vi farà bene » disse, porgendole una tazza fumante. Walburga la afferrò ma continuò a tenerla in mano, del tutto indifferente.
Narcissa evitò di fissarla direttamente, e si limitò a guardarla con la coda dell’occhio, mentre il cuore le si stringeva sempre di più.
Non sapeva ancora cosa significasse davvero essere madre, ma in base a quello che provava quando pensava alla vita che si stava sviluppando dentro di sé, sapeva che per un figlio sarebbe stata disposta a fare qualsiasi cosa, anche dare la vita, se necessario.
Perdere un figlio doveva essere una delle cose peggiori al mondo.
Stava ancora cercando un modo per offrirle un minimo di conforto, quando la porta d’ingresso si aprì e si richiuse con un colpo secco. Un attimo dopo Bellatrix entrò nel salotto, fermandosi tuttavia sulla soglia, senza neanche togliersi il mantello bagnato di pioggia.
Narcissa avrebbe voluto salutarla, ma qualcosa nello sguardo di sua sorella la indusse a restare dov’era. Sembrava letteralmente fuori di sé dall’ira.
La zia Lucretia le chiese notizie e delucidazioni, ma Bellatrix rimase in silenzio per due minuti buoni. Alla fine, quando tutti si furono ammutoliti, si decise a parlare.
« Non c’è molto da dire» esordì con un tono furibondo. «È morto perché ha deciso di tradire il Signore Oscuro ».
Erano tutti impalliditi. Narcissa si sentì pizzicare gli occhi già rossi.
« Non è possibile… » parlò in quel momento Walburga, con la voce rauca. Era la prima volta che diceva qualcosa da ben due giorni. «Non lo avrebbe mai fatto».
« Invece sì. Lo so per certo » replicò Bellatrix, dura.
Walburga scosse la testa.
« Non è vero! Regulus… »
« Era poco motivato » la interruppe Bellatrix, mentre il suo tono di voce diventava sempre più incalzante. « Non gli è mai importato abbastanza degli ideali del Signore Oscuro! Cercava soltanto fama e potere per la famiglia, come gli avevate chiesto voi, zia… »
Narcissa avrebbe voluto zittirla, perché Walburga aveva iniziato a tremare violentemente per la rabbia e si mordeva le labbra a sangue, ma Bellatrix ignorò il suo sguardo di avvertimento e continuò a parlare.
« Era debole e immaturo. Non aveva il coraggio di fare quello che doveva… »
Walburga sembrava sul punto di esplodere da un momento all’altro.
« … e il suo tradimento costituisce una vergogna per tutti noi. Non era poi tanto diverso da suo fratello ».
Il silenzio gelido che era caduto subito dopo quell’ultima affermazione fu infranto contemporaneamente da un tuono che scosse le pareti del salotto e dal rumore della tazza di tè che cadde per terra, rompendosi in mille pezzi.
Walburga era balzata in piedi con un impeto di cui non sembrava capace e ora fissava la nipote con uno sguardo che avrebbe fatto tremare un intero esercito di Mangiamorte. Bellatrix tuttavia ricambiava l’occhiata con disgusto.
« Tu… non osare insultare Regulus » sibilò Walburga, puntando il dito tremante contro l’altra.
« Le cose stanno così ».
Il lampadario stava lampeggiando e oscillando pericolosamente. Tutti i presenti, con il cuore in gola, rivolsero a Bellatrix una supplica silenziosa. Lei e Walburga erano sempre andate d’accordo ma, ora che si fronteggiavano, le conseguenze della loro rabbia apparivano disastrose a chi si trovava in mezzo.
« Vattene immediatamente! » sbottò Walburga.
Bellatrix non se lo fece ripetere due volte. Con un’ultima occhiataccia, le voltò le spalle e uscì dal salotto a passi pesanti.

Senza forze, Walburga si lasciò ricadere sul divano nello stesso momento in cui la porta d’ingresso sbatteva violentemente.
Kreacher era accorso per raccogliere i cocci della tazzina e asciugare il pavimento, ma lei gli fece cenno di pensarci più tardi. Al momento non voleva vedere né sentire nessuno. Si teneva le mani davanti agli occhi, nel tentativo di estraniarsi da tutto ciò che la circondava. Un dolore acuto e martellante le toglieva quasi il respiro. Sentiva come una voragine senza fondo dentro di sé.
Era tutto finito. Regulus non c’era più e con lui si era dileguata l’ultima speranza di sopravvivenza della famiglia.
Quello era l’inizio della fine per la Casata dei Black, ma al momento la donna era ossessionata da ben altri pensieri. Non dava alcun valore alle parole di Bellatrix. Se era vero che Regulus aveva deciso di lasciare i Mangiamorte, doveva aver avuto le sue buone ragioni. Non sapeva quali ma immaginò che ad un certo punto gli ideali del Signore Oscuro non avessero più coinciso con quelli che gli erano stati insegnati.
Di una cosa era certa: Regulus non era un traditore del suo sangue come l’altro. Era il figlio migliore del mondo. Ne era stata talmente fiera che ora le sembrava di aver perso tutto. Regulus era tutto ciò che le rimaneva e in lui aveva riposto ogni speranza.
Una fitta di rimorso inutilmente represso la fece gemere, e cominciò a chiedersi che cosa sarebbe successo se lei non lo avesse incoraggiato ad unirsi a Lord Voldemort. Forse a quell’ora suo figlio sarebbe stato ancora vivo…
Con uno sforzo immenso, si costrinse a rigettare indietro quei pensieri. Non poteva sopportare un peso simile. Non era colpa sua. In fondo, era stato Regulus a volerlo. Lei glielo aveva consigliato, ma lui ne era felice… all’inizio…
Era molto meno doloroso continuare a mentire a se stessa piuttosto che ammettere di averlo mandato inconsapevolmente al macello. Ma dentro di sé sapeva che non si sarebbe mai più liberata di quel rimorso.

Nel frattempo, Rodolphus aveva salutato in fretta e furia Lucius ed era uscito a sua volta da Grimmauld Place. In cima ai gradini che davano sulla strada, cercò di vedere attraverso la fitta cortina piovosa, in cerca di una vaga traccia di sua moglie.
Il cielo nero era a tratti illuminato da potenti lampi e la strada si stava velocemente allagando.
« Impervius » disse, la bacchetta puntata contro di sé. Non era sicuro che sarebbe stato utile con quel diluvio, ma almeno non si sarebbe inzuppato dalla testa ai piedi.
Grazie all’incantesimo, riuscì a notare una figura familiare che voltava l’angolo sulla sinistra.
Rodolphus rinunciò ad inseguirla a piedi e si Smaterializzò direttamente, comparendo nella strada traversa, proprio accanto a Bellatrix.
La donna aveva tutta l’aria di aver appena sferrato un pugno contro la parete di un edificio. Aveva lo sguardo fisso e Rodolphus non poté fare a meno di pensare che nessuno sano di mente sarebbe voluto esserne il destinatario.
« Andiamocene. Non mi sembra il caso di rimanere qui sotto il temporale » esordì lui.
Bellatrix non disse una sola parola, limitandosi a stringere i pugni e infilarsi le unghie nella carne.
« Non me lo sarei mai aspettata da Regulus » affermò infine.
Rodolphus la guardò. La conosceva bene: sotto la rabbia, la donna nascondeva una grossa delusione.
« Era ancora un ragazzino. Non era pronto per servire il Signore Oscuro » le disse.
« Ma sembrava così convinto! »
« Bella, lo faceva soltanto per dovere nei confronti della famiglia. Ma non credere che sia tanto diverso da molti altri. Pensi che tutti gli altri Mangiamorte siano veramente motivati dagli ideali del Signore Oscuro? Pochi gli sono fedeli come noi. Macnair, Karkaroff, lo stesso Lucius: loro non esiterebbero un attimo a voltargli le spalle se qualcosa andasse storto. Regulus era solo meno opportunista, e non è riuscito a fingere bene come altri ».
Bellatrix annuì, ma non si mosse ancora. Dentro di sé sentiva una rabbia che non riusciva più a contenere. Non poteva credere che Regulus li avesse traditi tutti. Le sembrava di odiarlo ma al tempo stesso non voleva avercela con lui. Doveva assolutamente trovare un capro espiatorio per scaricare tutta quella collera…
Rodolphus le afferrò il polso con decisione, costringendola a voltarsi verso di lui.
« Sai che fa male tenersi tutto dentro. Hai solo bisogno di sfogarti… e io conosco il modo migliore per farlo: non dicevi proprio l’altro giorno che ci sono troppi Babbani in giro? » aggiunse Rodolphus, con un’espressione eloquente.
Bellatrix parve rianimarsi e per un attimo riuscì a piegare le labbra in una smorfia.
« Sì, andrebbero proprio sterminati » convenne, ricambiando lo sguardo del marito. « Caccia al Babbano? »
Rodolphus annuì e le porse la mano destra. Bellatrix gliela prese.
Se pensava che all’inizio non avrebbe neanche voluto sposarlo quasi non ci credeva. Presto però si era resa conto che, nonostante tutto, avevano molte cose in comune: entrambi erano sadici e violenti allo stesso modo e si intendevano alla perfezione, come se si potessero leggere nel pensiero a vicenda. Inoltre tutti e due erano fedeli al Signore Oscuro.
Bellatrix sapeva che quello che il legame tra lei e il marito non era neanche paragonabile a ciò che sentiva per Voldemort. Tuttavia Rodolphus era il compagno perfetto per lei. Il fatto che avesse intuito e anticipato il suo bisogno di versare del sangue Babbano per sfogare la sua rabbia lo dimostrava.
Si Smaterializzarono insieme, decisi a non avere alcun freno alla loro sete di morte e distruzione.
Quella notte nessuno li avrebbe fermati.


Quando quella mattina Sirius aprì gli occhi, per un attimo non riconobbe la stanza in cui si trovava. La sua mente appena sveglia cercava di elaborare qualche vago ricordo.
Che cosa ci faceva in quella camera che non gli era familiare? Ricordava soltanto di aver avuto un terribile incubo e di essersi destato all’improvviso. Aveva anche la sensazione di aver dormito per tantissimo tempo.
Guardandosi intorno, scoprì di non trovarsi a casa sua. In effetti, quella sembrava proprio la stanza degli ospiti dei Potter. Ma che diamine ci faceva lì?
Alla sua mente riaffiorò il ricordo di un pomeriggio piovoso, di una tazza di tè caldo abbandonata sul tavolo della cucina e della voce familiare di James che gli chiedeva di restare a dormire lì…
No, tutto ciò era troppo simile all’incubo che aveva fatto. E poi perché James e Lily avrebbero dovuto ospitarlo per una notte? Lui ce l’aveva una casa e di sicuro non avrebbe voluto disturbare la coppia di sposi. A meno che…
Fu come se un freddo gelido fosse calato improvvisamente nella stanza, giungendo fin dentro di lui.
Non era stato affatto un incubo; era successo davvero. Aveva veramente vagato senza meta per più di un giorno intero, con l’unico desiderio di svanire nel nulla e non provare più niente. Ora ricordava che James lo aveva trovato seduto su un marciapiede, incurante della pioggia che scrosciava. Dopo avergli detto che lo stavano cercando tutti, lo aveva convinto a seguirlo a casa sua.
Adesso però Sirius desiderava dimenticare tutto un’altra volta, non sentire più quell’angoscia che lo opprimeva come un macigno sul petto.
Per estraniarsi di nuovo dal mondo reale, si voltò verso il muro e chiuse gli occhi. Ma fu ancora peggio perché varie immagini e frammenti di memorie iniziarono ad apparirgli davanti: due bambini piccoli scartavano i rispettivi regali di Natale per poi scambiarsi un gran sorriso soddisfatto; un ragazzino di Serpeverde chiamava per nome un Grifondoro, ma questo fingeva di non sentirlo e si allontanava in compagnia dei propri amici; infine gli stessi due ragazzi, ormai cresciuti, si urlavano addosso, ma nessuno dei due sentiva quello che l’altro diceva.
Quella scena lo riportava con la mente all’ultima volta in cui aveva visto Regulus: era distrutto e spaesato a causa della morte di loro padre, ma solo ora Sirius si rendeva conto che quel giorno suo fratello aveva cercato di mascherare qualcosa di più. Forse si era già pentito di essere un Mangiamorte…
Perché non mi hai chiesto di aiutarti? pensò, disperato, come se lui lo potesse sentire. Pensavi che me ne sarei infischiato? O eri troppo orgoglioso per ammettere di aver commesso il più grande sbaglio della tua vita?
Non sapeva quale emozione fosse prevalente: a momenti sentiva una rabbia bruciante, altri un dolore atroce, e altri ancora il desiderio di poter tornare indietro e ricominciare tutto da capo, per impedire che accadesse l’irreparabile.
Non gli importava più chi aveva torto o ragione. Fino a pochi giorni prima era convinto di essere nel giusto, ma ora iniziavano ad uscire fuori anche i rimorsi e i rimpianti che aveva a lungo nascosto anche a se stesso.
Se avessi fatto lo sforzo di capirlo un po’ di più, se non lo avessi ignorato e allontanato, se non fossi scappato di casa, se non gli avessi fatto credere di detestarlo…
La sua mente era piena di “se”, di possibilità mai realizzate. Sirius sapeva che era inutile pensare a cosa sarebbe stato diverso se Regulus non avesse deciso di unirsi a Voldemort, ma non riusciva a trattenersi.
Solo ora si rendeva conto di averlo perso troppo presto: non sapeva quasi nulla di lui, non se ne era mai interessato. Non aveva voluto mai sentirne parlare, aveva sempre detto di odiarlo e che non significava nulla per lui. Era solo un Mangiamorte, forse un assassino… ma era sempre suo fratello.
Nonostante fosse distrutto, Sirius non riusciva a piangere. E stavolta non era a causa del suo orgoglio: era come se neanche le lacrime bastassero ad esprimere come si sentiva in quel momento…
Improvvisamente delle voci familiari lo distrassero per un attimo: Lily e James dovevano essersi già svegliati. Sentirli così vicini gli fu di immenso conforto.
Sirius non sapeva come trovò la forza di alzarsi dal letto. Aveva la sensazione di muoversi per inerzia, come se il suo cervello fosse scollegato e non controllasse i movimenti del corpo.
Le voci provenivano dalla cucina. Sirius uscì dalla stanza e iniziò a scendere le scale. In realtà non aveva la minima voglia di parlare, ma non voleva restare chiuso in camera tutto il giorno a pensare.
Quando si affacciò alla soglia della cucina, vide James che stava leggendo ad alta voce un articolo della Gazzetta del Profeta e Lily che lo ascoltava con un’espressione disgustata.
« Per carità, smettila, sto mangiando! » esclamò lei ad un certo punto. « Questi giornalisti hanno il gusto del macabro. Non c’è alcun bisogno di scendere nei particolari… »
Sirius sentì la necessità di schiarirsi la gola, altrimenti non avrebbe potuto parlare.
« Che cosa è successo? »
I Potter tacquero subito e si voltarono verso di lui. Sirius abbassò lo sguardo: non voleva essere guardato con compassione.
« C’è stata una strage di Babbani ieri notte » rispose James, riponendo il giornale. « Quindici morti e nessun colpevole catturato ».
Lily gli lanciò un’occhiata ammonitrice, per intimargli di non aggiungere altro.
« Sirius, ho preparato una frittata, so che ti piace » aggiunse, con un evidente nervosismo. « Se non ti va ci sono anche diversi toast… ehm, sono un po’ bruciati ma… »
Era molto a disagio: probabilmente non sapeva come comportarsi.
« Ti ringrazio, ma non ho fame » rispose Sirius, cupo. A dire la verità, il solo pensiero del cibo gli dava la nausea, e non solo perché la cucina di Lily faceva concorrenza a quella di Hagrid. Notò che gli altri due si erano scambiati un’occhiata d’intesa.
« Come… ti senti? » buttò lì James.
Mi sento morire, pensò, e a giudicare dal dolore che provava, non era neanche troppo inverosimile. Ma non lo avrebbe mai detto ad alta voce. Non voleva farli star male a loro volta.
« Un po’ meglio di ieri » mentì e, per non rimanere lì impalato, andò a sedersi al tavolo.
Sapeva che James stava guardando il suo volto funereo e che non aveva creduto neanche ad una parola. Ma gli fu grato quando lo vide trattenersi dall’insistere, e apprezzò anche il suo sostegno silenzioso.
« Sentite » aggiunse dopo qualche istante di imbarazzato silenzio, che Lily aveva cercato di impegnare mescolando con una forza decisamente eccessiva il caffè col cucchiaino. « Vi ringrazio per avermi ospitato stanotte, ma non voglio disturbarvi ancora… »
James alzò gli occhi al cielo. A giudicare dalla sua espressione, se l’era aspettato.
« Smettila, sai che puoi restare qui tutto il tempo che vuoi. Vero, Lily? »
« Ma certo! Se non te la senti di tornare a casa, rimani qui per un po’. Non ci disturbi affatto ».
Sirius scosse la testa. Sapeva che avrebbero risposto in quel modo.
« Prima o poi dovrò tornarci, quindi meglio prima che dopo ».
Gli altri due non sembravano convinti della sua decisione.
« Se hai bisogno di restare da solo, fai come vuoi » disse infine James. « Però ti accompagno io, e poi ti verrò a trovare tutti i giorni. Quindi sappi che non ti libererai facilmente di me ».
Per un solo istante Sirius accennò un sorriso triste. Anche se la vita sembrava scagliargli addosso un dolore dopo l’altro, non poté fare a meno di sentirsi consolato al pensiero che c’era qualcuno sul cui aiuto poteva sempre contare.

*Angolo autrice*
Avevo detto che avrei aggiornato ogni dieci giorni, ma mi rompo più di voi ad aspettare! Quindi, visto che in questi giorni ho scritto un sacco, per ora posso aggiornare ancora una volta a settimana, perciò pubblicherò i prossimi capitoli ogni venerdì sera. E s'impicchi la previdenza!
In fondo, visto
che dovrete avere un po' di pazienza prima di rivedere Regulus, è meglio che non vada così lenta, perché è snervante. Nel prossimo capitolo però potrebbe esserci una sorpresina...
I primi capitoli sono molto incentrati su Rachel (spero che non vi dispiaccia), ma non potevo non scrivere le reazioni di Sirius e dei Black. Descrivere Walburga ridotta così è stato... boh, indefinibile. Ma non ce la vedevo a restare gelida anche dopo la morte del suo "unico" figlio. Da quel che racconta Kreacher, era veramente distrutta.
La parte con Bellatrix e suo marito è un tributo a Circe, che mi ha fatto cambiare idea su Rodolphus: Fino a qualche tempo fa lo consideravo uno zerbino, ma dopo aver letto le storie della suddetta l'ho del tutto rivalutato. Sia chiaro: Bellatrix ama Voldemort (che gusti...), ma con Rodolphus si capisce al volo, e lui ha il suo stesso modo di sfogarsi, come avrete notato.
Ringrazio Marta, che ormai sta sfornando una galleria di disegni sulla mia storia! L'opera di oggi raffigura la madre di Rachel: Diane

Sono commossa dalla fiducia che riponete in me, quindi spero veramente di non deludervi! =S *trema dalla fifa*

Alohomora: grazie a te per avermi incoraggiata a scrivere questa storia! Nel prossimo capitolo Rachel capirà che deve reagire, ma prima che riacquisti il sorriso ce ne vuole. Ora però voglio sapere da che parte stavi durante la litigata tra Bellatrix e Walburga! Se sono riuscita per un solo nanosecondo a farti tifare per la megera posso considerarmi realizzata!
_Mary: sapevo che avresti odiato Barty. Lui non avrebbe voluto fare del male a Rachel, però tra lei e Voldie preferisce quest'ultimo. Ma che ti aspetti da uno che ha ucciso il proprio padre, per quanto bast-... odioso fosse? Ah sì, uno scontro con Regulus prima o poi ci sarà! Grazie, l'ambientazione è una delle cose cui tengo di più nel capitolo scorso!
Mahoney: grazie per aver letto il primo capitolo, anche se ovviamente non hai capito molto, dato che 3 personaggi su 4 erano originali! E grazie per l'intenzione di leggere "Eroi non si nasce, si diventa". Spero che ti piaccia!
Mirwen: ciao anche a te! Sono felicissima che tu non sia delusa, e spero che il capitolo di oggi ti sia piaciuto altrettanto, visto che c'è Sirius... anche se non è molto allgreo... =(
Circe: spero che ti sia piaciuto il momento tra Bellatrix e Rodolphus, l'ho scritto in tuo onore! Vedi, tu mi hai fatto rivalutare Rodolphus e io spero di farti apprezzare le what if, e spero che tu rimanga di questa idea anche alla fine della storia! Grazie, tengo tantissimo a migliorare il modo di scrivere, quindi mi ha fatto molto piacere sentirmelo dire da te!
Beatrix Bonnie: ecco l'artista! Il fatto che le mie storie ti ispirino non può far altro che aumentare la mia stima! XD Grazie! Descrivere il dolore dei vari personaggi mi preoccupava perché dopo un po' avevo paura di essere ripetitiva, ma sono felice che le metafore ti siano piaciute! Il disegno di Diane è fantastico! **
Lyssa: non ho pubblicato il 13 però ho anticipato lo stesso, contenta? Spero di farcela, perché con l'università in certi periodi non posso scrivere e devo tenermi alcui capitoli di scorta. E io detesto aggiornare in ritardo! Grazie, sono contenta che trama e stile ti piacciano! Spero che il ritorno a scuola non sia stato troppo traumatico...
Lellas92: ben ritrovata! In effetti neanche a me Barty sta antipatico, anzi. Quando scrivo per un po' su certi personaggi, nei loro confronti divento una specie di mamma chioccia! Poi Barty mi è sempre piaciuto per la sua assoluta fedeltà ai suoi "ideali", anche se è l'esatto opposto di Regulus e gli ideali sono discutibili! La tua recensione mi ha fatto ridere troppo! XD
Lenobia: a forza di scrivere su di lui, Barty è diventato uno dei preferiti anche per me. Prima di vedere Regulus dovrai aspettare un po' ma quando "tornerà" mi concentrerò molto su di lui, per la mia grande felicità! Perseus comparirà di più in questa storia, anche perché mi piace descriverlo. Grazie, sono contenta che il mio stile sia migliorato!
bianchimarsi: ma tu sei un genio! XD E' buffo che tu abbia detto quella frase sul futuro che lo si crea da soli, perché per la storia questo concetto sarà molto importante. Insomma, sei telepatica, complimenti!
DubheBlack: per ora dove sia Regulus non si sa e resterà un mistero! Alla fine comunque sarà più facile di quanto possa sembrare, perché non ho inventato niente di nuovo, almeno per ora. Povero Regulus, non gli sono bastati gli Inferi, stavolta rischierà di essere fatto a pezzi dal padre di Rachel! Grazie, non sai quanto mi faccia piacere un'accoglienza così! =D
RF09: ciao! Purtroppo questi capitoli iniziali saranno tristi, ma la storia è in salita, quindi miglioreranno man mano che andrà avanti! Per Regulus dovrai aspettare un po', però!
malandrina4ever: ma cara, lo sai che io ho scelto quella data appositamente per te? Già. Avevo letto da qualche parte che l'11 partivi, perciò ho deciso di iniziare a pubblicare il giorno prima! Spero che questo ti ricompensi per l'assenza di Regulus (puoi ripeterlo quante volte vuoi, a proposito, anzi, deviripeterlo) anche perché al momento latiterà. Per ricompensarti, ti ci ho pure dovuto mettere Potter, tsk... Il titolo è merito tuo, ti farei a mia volta una statua d'oro! **
meissa_s: mi piace sempre adattare le condizioni atmoferiche ai sentimenti dei personaggi, e dato il titolo della storia, non potevo iniziare che in un giorno piovoso. Per Regulus però dovrai aspettare un po'. Le cose inizieranno ad evolversi dal capitolo 4, dopo di che un po' per volta si arriverà al momento tanto atteso! (sto diventando sadica quanto te...XD)
bellatrix18: che bello, grazie! Mi fa piacere sapere che hai aspettato questo storia per tanto tempo! La situazione inizierà ad evolversi presto. Prima che Regulus compaia però devono accadere tante cose, quindi poveretto dovrà aspettare e voi dovrete avere pazienza.
quigon89: bè, dopo questo capitolo probabilmente Bellatrix non ti sembrerà più tanto trattenuta! Nello scorso doveva ancora abituarsi all'idea dela morte di Regulus, ora però si è scatenata. Benvenuto nel club: anche io adoro Barty! Mi affascina un sacco. Grazie per quello che hai detto sulla crescita dei miei personaggi! Mi ha fatto molto piacere! =D
lyrapotter: bentrovata anche a te! Mi dispiace averti messo tristezza, e mi sa che anche con questo capitolo il risultato sia stato uguale. Bellatrix qui si è pronunciata eccome: con Barty no, perché i panni sporchi si lavano in famiglia! Più che distruggere qualcosa, direi che ha fatto di peggio... ma si sa che se non fa le cose in grande non si sente realizzata u.u
PenPen: ti assicuro che dispiace tantissimo anche a me. Mi piaceva tanto il trio dei Serpeverde a Hogwarts, ma poi ognuno ha fatto le proprie scelte, che nel caso di Regulus e Barty erano del tutto opposte =( Lo so, i primi capitoli sono tristi, ma presto migliorerà, promesso!

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Capitolo 3
*** Frammenti di sogno ***



Non può piovere per sempre

Capitolo 3
Frammenti di sogno
 
Rachel si girò nel suo letto, nel disperato tentativo di dormire. La tisana che sua madre le aveva preparato non era riuscita a farle prendere sonno, lasciandola solo un po’ intontita.
Lo sguardo le cadde sul comodino, sul quale era riposta la sua bacchetta. Mentre la fissava, una miriade di pensieri assurdi invase la sua mente, ronzando come uno sciame di api infuriate.
Anche se da poco tempo, aveva iniziato a lavorare come Apprendista Obliviatrice. Le sarebbe bastato un colpo di bacchetta, un semplice Incantesimo di Memoria su se stessa per dimenticare tutto. L’idea di non avere più motivi per soffrire l’allettava.
O forse no.
I ricordi erano tutto quello che le restava. Non avrebbe mai potuto né voluto cancellarli. Erano le memorie degli anni più felici della sua vita e, anche se rievocarle le faceva male, non poteva farne a meno. Per lei erano tutto.
All’improvviso percepì di nuovo il vuoto che aveva dentro di sé, un vuoto che cercava inutilmente di ignorare ma che esigeva di essere colmato, un’altra volta. Finiva sempre per stare ancora peggio, ma non trovava il coraggio di infrangere quell’ultima illusione.
Senza neanche rendersene conto, un attimo dopo era già in piedi e si era incamminata fuori dalla sua stanza.
La casa era immersa dal silenzio della notte. Rachel si fece luce con la bacchetta e non si diede neanche la pena di non fare rumore: scese al piano terra quasi di corsa, senza curarsi di nulla all’infuori della sua meta.
Percorse il corridoio buio e silenzioso, fino a che non raggiunse la porta in fondo.
La stanza in cui entrò era quasi interamente occupata da oggetti magici di tutti i tipi, alcuni molto preziosi, anche se negli ultimi anni erano diventati sempre di meno.
Rachel all’inizio si era pentita di aver acconsentito che suo padre vendesse lo Specchio delle Brame a Silente; in quei momenti le sarebbe stato di conforto. Ma adesso aveva trovato qualcosa di meglio, qualcosa che era presto diventata una droga e di cui non avrebbe più potuto fare a meno.
Rachel si avvicinò a un armadietto di legno intagliato e aprì le due ante, estraendone poi un piccolo bacile di pietra delle dimensioni di una scodella.
Dopo essersi seduta per terra e aver accarezzato la ruvida superficie del recipiente, percorrendo con le dita le incisioni a caratteri runici, iniziò a riempirlo di lunghi filamenti bianco-argentei.
Si accorse che le tremavano le mani, forse per l’impazienza di rifuggire la realtà, o forse perché sapeva che sarebbe stato tutto inutile: quello che era diventato quasi un amico, che riusciva a farle rivivere quei momenti che aveva perso per sempre, ogni volta si rivelava falso, perché dopo il momentaneo sollievo l’impatto con la realtà era sempre peggiore della volta precedente.
Ma, nonostante il buonsenso le sconsigliasse di rifugiarsi in quelle illusioni, voleva dimenticare per un po’ la realtà tanto odiata.
Così, quando il Pensatoio fu pieno fino all’orlo del liquido gassoso color argento, Rachel avvicinò il viso finché, quando la punta del suo naso sfiorò la superficie del contenuto, vi sprofondò provando la stessa sensazione di chi, dopo essere stato in apnea per troppo tempo, riesce finalmente a respirare a pieni polmoni.
Le parve di precipitare verso il fondo di pietra, e invece la stanza era scomparsa, sostituita da un fumo nerastro che presto si diradò.
Si trovava nel bel mezzo della sala d’ingresso di Hogwarts. Studenti di tutte le età entravano e uscivano dalle porte della Sala Grande o da quelle che davano sul cortile.
Anche se nessuno poteva vederla né tanto meno comunicare con lei, Rachel sentì un lieve conforto, quello che solo Hogwarts poteva darle.
In quel momento fu superata di corsa da una piccola Serpeverde del primo anno dall’aria estremamente familiare.
Rachel seguì la sua versione undicenne fino ai piedi della scalinata principale, dove quella si arrestò con una vistosa scivolata, sotto gli sguardi perplessi di altri due Serpeverde della stessa età.
Il cuore della Rachel diciottenne sussultò quando la sua proprietaria scorse il ragazzino dai lisci e ordinati capelli neri, gli occhi grigi e lo sguardo altezzoso. Subito dopo fu assalita da una sensazione stranissima, un dolore pungente misto a tenerezza.
Regulus era così reale nell’atteggiamento, nel modo di muoversi e di parlare, nello sguardo serio e orgoglioso, anche troppo per un ragazzino così giovane. Era proprio lui, vivo e ignaro di quello che lo aspettava.
« Questa notte ha nevicato un sacco! Vi va di andare fuori a giocare a palle di neve? »
La voce allegra e squillante della ragazzina la distrasse da quei cupi pensieri. Nemmeno lei sospettava nulla.
« Ehm… veramente devo restituire un libro in biblioteca, altrimenti Madama Pince mi uccide » inventò Barty, togliendosi d’impaccio e affrettandosi a tornare su per le scale.
Prima che anche Regulus potesse addurre una scusa, Rachel gli arpionò il braccio, impedendogli di imitare Crouch junior.
« Grazie per esserti offerto! Vedrai, ci divertiremo un mondo! »
« Io non mi sono affatto offerto » rispose Regulus, cercando di mantenersi in piedi mentre lei lo trascinava verso il portone di quercia. « Non voglio giocare ».
« Perché? »
« Perché i combattimenti con la neve non mi piacciono ».
« Hai solo paura di essere stracciato » scherzò lei, ridendo nel vedere la sua espressione indispettita.
« Non è vero! È solo che non posso farlo ».
« E come mai? »
Fino a quel momento Rachel aveva continuato a trascinarlo, ma ora si era fermata. Regulus ne approfittò per lisciarsi la manica spiegazzata dell’uniforme; poi, tutto impettito, spiegò:
« Non so come sei stata abituata tu, ma io devo mantenere un certo contegno, ed essere tempestato da palle di neve non è proprio quel che si può definire un comportamento dignitoso ».
Rachel rimase a bocca aperta. In quel momento non riusciva a credere a quanto aveva appena sentito.
La spettatrice silenziosa e invisibile del loro battibecco sentì una fitta dolorosa di rimpianto.
Lui e i suoi ragionamenti assurdi, pensò, mentre la gola iniziava a bruciarle. Le mancava tutto di Regulus, anche i suoi modi fin troppo formali.
« Ma stai bene? Sveglia, non sei ad una serata di gala, e non ci sono nemmeno i tuoi genitori a controllarti! Perché non ti rilassi un po’? Guarda » aggiunse la piccola Rachel, aprendo il portone e costringendolo a uscire nel cortile. « Lo fanno tutti, e non mi pare che si preoccupino di non sporcarsi gli abiti, signor Perfettino ».
Regulus fece una smorfia nel vedere gli studenti che combattevano a suon di palle di neve.
« Forse non ti è chiara una cosa. Io non sono tutti. Sono un Black e non mi comporto come la gente comune » disse, come dando per scontato che con ciò la questione fosse chiusa.
Rachel sembrò fare un enorme sforzo per trattenersi dall’affatturarlo.
« Sei odiosamente e disgustosamente snob. Ma almeno ti rendi conto di quello che dici? Ah, tanto per la cronaca, non è un Black anche quello? »
Indicò Sirius che, insieme ad altri tre Grifondoro, stava inscenando la battaglia più combattuta del cortile.
Regulus arrossì, vistosamente imbarazzato.
« Lui… lui è un caso a parte. È un problema suo se non si comporta come dovrebbe. E ora ti saluto ».
La ragazzina lo guardò allontanarsi e rimuginò tra sé. Quel Black era proprio snob, stava pensando, e in qualche modo lei si sentiva in dovere di farlo diventare un po’ più umile… per il suo bene, naturalmente. Poverino, lui era talmente abituato a comportarsi così che nemmeno si rendeva conto che a lungo andare sarebbe risultato antipatico a tutti. Ed era un peccato.
Infine, un ghigno malefico le si dipinse sulla faccia.
« Regulus! »
Quando lui si voltò a guardarla, fu colpito da una grande quantità di neve direttamente in pieno volto, e le sue imprecazioni rabbiose si mescolarono alle risate irrefrenabili di lei…
La scena fu invasa all’improvviso dal fumo nero e i due ragazzini scomparvero, lasciando solo un immenso sconforto in Rachel. Per qualche secondo si era quasi illusa che il ricordo che aveva appena rivissuto fosse reale, di trovarsi davvero a Hogwarts in una nevosa mattina di gennaio, senza alcun pensiero che le facesse tornare in mente quello che la aspettava fuori dal Pensatoio.
Ma sapeva che era così ogni volta e si consolò pensando che c’erano ancora altri ricordi in cui gettarsi a capofitto, col desiderio di non riemergerne più…
Rachel e Regulus, stavolta dodicenni, erano seduti ad un tavolo della cucine di Hogwarts, mentre gli elfi domestici si affaccendavano intorno a loro.
Ricordava bene quella notte. Come avrebbe potuto dimenticarla?
Dopo uno dei loro tanti litigi, lei si era rifugiata nelle cucine, ma Regulus era andato a cercarla, sfidando le ronde notturne di Gazza per convincerla a tornare nella sala comune di Serpeverde.
Improvvisamente, si erano ritrovati a parlare più di quanto avessero mai fatto, arrivando a toccare l’argomento che Regulus temeva più di tutti.
Rachel ascoltò Regulus spiegare il motivo del suo rapporto conflittuale con il fratello, raccontandole di quando sua cugina era scappata di casa per sposare un Nato Babbano. Il timore di Regulus era che Sirius un giorno prendesse la stessa decisione di Andromeda. Non era vero che lo odiava, come aveva sempre fatto credere a tutti: aveva solo paura di perderlo.
Ci fu una lunga pausa, durante la quale Regulus si fissò con insistenza le unghie della mano, mentre Rachel guardava lui.
Colei che li osservava sapeva cosa stava succedendo dentro la testa di Rachel, la sua testa. Ricordava perfettamente quello che aveva provato. Erano giorni che si sentiva strana, come se ci fosse sempre qualcosa a distrarla. La presenza di Regulus la innervosiva, ma non ne aveva compreso la ragione fino a quella notte, quando finalmente lui, che era sempre stato così chiuso e introverso, aveva iniziato ad aprirsi un po’, facendole capire che dietro al Purosangue orgoglioso c’era anche un lato nascosto, un Regulus migliore di quello che lui voleva dimostrare di essere.
E, ora che lo aveva capito, iniziava finalmente a comprendere quello che le era successo, anche se ancora non si rendeva conto che presto quell’infatuazione si sarebbe trasformata in qualcosa di molto più profondo.
Rachel fu avvolta nuovamente dal fumo nero, ma fece in tempo a sentire l’ultima frase di Regulus.
« Però queste cose tienile per te: non farle sapere in giro ».
In seguito aveva sempre mantenuto quella promessa. Quella conversazione nelle cucine rimase un segreto condiviso tra loro due, e Rachel fu forse l’unica persona al mondo cui Regulus aveva mai mostrato quel lato di sé.
Nel ricordo successivo, si ritrovò nella Sala Grande all’ora della colazione. Era una mattina di metà febbraio del suo quarto anno a Hogwarts.
« Buon San Valentino, ragazzi » esordì una compagna di Serpeverde.
« Ah, oggi è il quattordici? » chiese Regulus, emergendo dalla sua tazza di cereali. Guardò Barty in attesa di una conferma, ma il ragazzo era completamente assorto nel fissare Emmeline Vance al tavolo di Corvonero.
« Sì, perché lo chiedi? » intervenne Rachel, cercando di nascondere il nervosismo.
Lui fece spallucce.
« Perché tengo il conto dei giorni che ci separano dalla prossima partita di Quidditch » rispose lui con indifferenza, e lei trasse un respiro di sollievo.
Regulus lanciò un’occhiata intorno a sé e concluse sbuffando:
« San Valentino è proprio una festa stupida. Una volta all’anno diventano tutti idioti. Non è così? »
Evidentemente si aspettava una conferma da parte di Rachel. In effetti, negli anni precedenti lei si era sempre comportata come un maschiaccio e aveva sempre condiviso la sua opinione su San Valentino. Tuttavia quell’anno c’era qualcosa di diverso.
« Oh… sì » rispose con un tono insolitamente cupo.
« Cominciamo ad andare? Se arriviamo presto, “I Tre Manici di Scopa” non sarà troppo affollato » propose Regulus, non accorgendosi dello stato d’animo della ragazza.
Lei annuì.
« Io non vengo con voi » rispose Barty. « Voglio provare a invitare Emmeline ».
« Bravo! Buona fortuna, allora. Vedrai che accetterà, ne sono sicura » disse Rachel, assestandogli una pacca d’incoraggiamento sulla spalla.
Così, lei e Regulus si incamminarono da soli fuori dalla Sala Grande, scambiandosi ipotesi sugli schemi tattici che la squadra di Corvonero avrebbe adottato nell’imminente partita contro Serpeverde.
Stavano attraversando la sala d’ingresso, quando all’improvviso Rachel fu urtata e travolta da un ragazzo che stava correndo a rotta di collo verso l’uscita.
La borsa le cadde per terra e tutto ciò che vi era contenuto si sparse sul pavimento di pietra.
« Minus! » esclamò lei, infuriata.
Il Grifondoro iniziò a farfugliare scuse, massaggiandosi un gomito. Regulus aiutò Rachel ad alzarsi, fissando Minus con evidente disgusto.
« Il tuo padre Babbano non ti ha insegnato a guardare dove metti i piedi? » gli si rivolse.
« M-mi dispiace, non l’avevo vista! » balbettò quello, ancora in ginocchio, terrorizzato e servizievole come tutte le volte in cui era da solo. « T-ti aiuto a raccogliere tutto… »
« No no, lascia perdere » disse Rachel con una certa urgenza, ma Minus aveva già raccolto un libro e, con l’altra mano, una scatola rossa con tanto di nastro.
« Anche questa è tua? » le chiese.
Rachel era improvvisamente sbiancata come un cencio, tanto che Regulus, che al momento non aveva fatto ancora mente locale alla scatola, temette che stesse per svenire.
Ma un attimo dopo le cose peggiorarono ancora di più.
« Ehi, Peter! È tutto a posto? »
Sirius Black e James Potter erano appena accorsi in aiuto al loro compare. Sirius e Regulus si scambiarono un’occhiataccia.
« Ridammela subito! » ordinò Rachel, sempre più pallida e spaventata, tendendo il braccio per sottrarre la scatola a Minus.
Purtroppo per lei, Potter fu più rapido e gliela soffiò da sotto il naso.
« E questa? » chiese, con un ghigno divertito, mostrandola anche a Sirius, i cui occhi lampeggiarono maliziosi dopo che ne ebbero visto il contenuto.
Rachel si slanciò contro di loro, armata di bacchetta, ma Potter la bloccò, mentre Regulus non capiva che cosa stesse succedendo.
« Peter, credo che tu abbia interrotto una dichiarazione d’amore in piena regola » sghignazzò Sirius, restituendo la scatola a una Rachel ora completamente impietrita. Anche Regulus, che stava cercando d’intervenire, si bloccò all’improvviso, certo di non aver capito bene.
« Regulus, hai fatto una conquista! Chi l’avrebbe mai detto? » ridacchiò Sirius, rivolgendosi poi a Rachel, che era diventata rossa come un Pluffa. « Se vuoi un consiglio, sappi che con quel tonto di mio fratello cioccolatini e battiti di ciglia non servono a niente. Se vuoi conquistarlo, comprati un costume da Boccino d’Oro e indossalo! »
Gli altri due Grifondoro scoppiarono a ridere. Regulus li guardò allontanarsi con un’espressione omicida dipinta sul viso, ma doveva essere talmente inebetito dalla rivelazione da non avere neanche la forza di reagire.
Rachel ricordava quello che aveva provato in quel momento. Sarebbe voluta sprofondare chilometri e chilometri sotto terra e non riemergere più. All’epoca Regulus non la ricambiava, anzi, aveva un vago interesse, a sua volta non corrisposto, per un’altra ragazza.
Lei aveva fatto preparare quei cioccolatini dagli elfi domestici delle cucine senza un motivo vero, perché non glieli avrebbe mai consegnati. Ma quando i Grifondoro l’avevano umiliata in quel modo davanti a lui, si era sentita morire dentro per la vergogna.
Rachel era sempre più rossa e sembrava sul punto di scoppiare a piangere. Senza rivolgere a Regulus un solo sguardo, scagliò a terra la scatola e corse fuori dal castello.
Lui esitò per un attimo, indeciso sul da farsi e ancora mezzo intontito dalla scoperta. Poi decise di raccogliere la scatola ammaccata e, per evitare ulteriori prese in giro, la nascose sotto il mantello; poi uscì a sua volta.
Rachel era andata a sedersi in riva al lago, con il volto accuratamente nascosto tra le braccia.
Lui rimase in silenzio per parecchi minuti, senza avere la più pallida idea di cosa dire.
« Senti… » esordì dopo un po’, ma lei a quel punto lo interruppe.
« Quei due non hanno capito niente » si affrettò a dire lei con un certo tono acido. « I cioccolatini non erano mica per te. Figuriamoci, non ti considero nemmeno, antipatico e insopportabile come sei ».
« Ehm… ok » fece Regulus, poco convinto.
Ma non ne parve persuasa nemmeno lei.
« Non volevo metterti in imbarazzo, mi dispiace ».
Lui non rispose. Quello che era appena successo sembrava pesare tra loro due come un macigno.
« Non… fa niente. La colpa è di quei due idioti » disse poi, anche se sembrava pensare tutt’altro.
Rachel si era ormai asciugata le lacrime e si voltò a guardarlo, scettica.
« Senti, facciamo finta che non sia successo nulla, d’accordo? Anche se ovviamente la cioccolata non era per me » aggiunse Regulus di proposito.
« Ovvio. Ma chi ti vuole? » fece la ragazza, portando avanti la farsa. Ma poi aggiunse, imbarazzata: « Tu riusciresti a trattarmi come sempre? O adesso mi considererai un’idiota? »
« Certo… cioè, no, non nel senso che sei idiota… volevo dire… »
« Non preoccuparti, ho capito » lo rassicurò lei. Ma si era incupita di nuovo. « Voglio soltanto che rimaniamo amici come prima, nient’altro ».
Lui annuì, e poi aggiunse:
« Ah, eravamo amici, prima? »
Lei gli assestò un gran pugno sulla spalla, riuscendo tuttavia a sorridere.
« Stupido. Anche se non lo abbiamo mai detto esplicitamente, lo siamo… anche se tu sei insopportabile. Allora niente più accenni a quello che è successo stamattina ».
« Perché, cosa è successo stamattina? » disse Regulus, massaggiandosi la spalla che gli faceva ancora male.
Rachel fece un mezzo sorriso, che però non si estese agli occhi, i quali esprimevano ancora tutta la loro tristezza.
Calò un silenzio imbarazzato che Regulus cercò di rompere.
« Non ho più tanta voglia di andare a Hogsmeade. Però » aggiunse, tirando fuori dal mantello la scatola rossa, « è un peccato sprecare tutta questa cioccolata ».
E gliela offrì, mentre lei cercava disperatamente di non arrossire di nuovo.
Il ricordo si dileguò come era apparso e Rachel si trovò questa volta a Hogsmeade in una notte di luna piena, quando loro e due e Barty avevano visto la Morte in faccia.
Un Lupo Mannaro li aveva rincorsi per tutta la campagna circostante il villaggio e Rachel non aveva mai avuto così tanta paura di morire in vita sua.
Quando si era convinta che non avrebbero potuto fare più nulla per impedire l’attacco del Lupo Mannaro, si era aggrappata a Regulus e lui l’aveva stretta a sua volta, come se fosse servito a soffrire di meno.
Morire insieme sarebbe stato molto meglio, non poté fare a meno di pensare guardando un misterioso cane nero dagli occhi grigi porsi tra loro e il Lupo Mannaro e metterlo in fuga, mentre gli occhi le si inumidivano ma le lacrime non riuscivano ancora a sgorgare.
Mentre assisteva agli altri ricordi, le sembrava impossibile che un tempo potesse essere stata davvero felice. Il momento in cui Regulus aveva iniziato a ricambiare i suoi sentimenti, il loro primo bacio, scambiato nell’intimità di un vicolo di Hogsmeade, l’euforia per la vittoria della Coppa del Quidditch e tanti altri attimi di felicità parevano soltanto ricordi di un sogno, non di una vita veramente vissuta. Adesso era convinta di trovarsi in un incubo, senza la possibilità di svegliarsi.
Si ritrovò a provare invidia per se stessa, perché la Rachel dei ricordi poteva ancora provare la sensazione causata dal contatto delle loro mani unite, mentre tutte le volte in cui lei, trascinata dagli eventi che stava rivivendo, aveva cercato di sfiorarlo, aveva stretto solo aria e nient’altro. Un gesto semplice e scontato come quello non le era concesso. E infine Regulus scompariva di nuovo in un denso fumo scuro.
« Guarda che non possiamo entrare là ».
Fino a poco prima avevano passeggiato lungo il limitare della Foresta Proibita, e ora si stavano inoltrando nel fitto degli alberi. Era pieno giorno e il sole emanava una luce talmente forte che la Foresta non sembrava poi tanto spaventosa.
« Devo parlarti di una cosa e non deve sentirci nessuno » rispose Rachel, continuando a condurlo verso l’interno.
Si fermò soltanto dopo una decina di minuti. Le fronde adesso erano talmente fitte che facevano schermo alla luce solare, proiettando su di loro un’ombra continua.
Rachel si appoggiò al tronco di un albero e guardò Regulus con aria preoccupata.
« Allora? »  chiese lui, perplesso.
Lei parve soppesare le parole, poi esordì:
« Sono preoccupata per te ».
Regulus aggrottò la fronte.
« E perché mai? »
« Perché ho sentito delle voci sul conto di Piton e della sua banda. Sembra che quest’estate, appena finiti i M.A.G.O., vogliano diventare dei Mangiamorte. A dire il vero, non cercano neanche di nasconderlo ».
Mentre parlava, notò che Regulus aveva improvvisamente distolto lo sguardo.
« E questo cos’ha a che fare con me? » disse lui con un tono indifferente.
« Ho paura che tu voglia seguire il loro esempio. Tutti gli altri Purosangue non fanno che parlare di Tu-Sai-Chi, lo esaltano come se fosse Merlino redivivo… e so bene che anche tu sei un suo sostenitore ».
Regulus continuava a non guardarla negli occhi e a rimanere in silenzio.
« Lo sostengo perché è il primo mago che ha avuto il coraggio di fare qualcosa di concreto e di opporsi alla condizione di clandestinità che ci è stata imposta dai Babbani. Tanti maghi adesso sono contro di lui, ma poi si lamentano perché sono costretti a nascondersi ».
Rachel gli si avvicinò, stizzita.
« Lo sai bene che non è questo il punto. Tutti noi vorremmo poter esercitare liberamente la magia, ma c’è un motivo se è stato deciso di nasconderci. E poi dovresti capire che qualunque causa, anche se giusta, diventa sbagliata quando si cominciano a usare le maniere forti in maniera gratuita. E Tu-Sai-Chi sta uccidendo un sacco di persone. Senza contare che in realtà sta solo sfruttando l’esasperazione dei maghi nei confronti dei Babbani e dei Nati Babbani solo per i suoi interessi ».
« Questo lo dici tu » ribatté Regulus, testardo, ma non gli sfuggì l’espressione di Rachel, così cercò di rimediare al danno. « D’accordo, abbiamo opinioni differenti su questa faccenda. Comunque io non ho detto che diventerò un suo seguace ».
Ma mentre lo diceva, continuava a guardare dappertutto tranne che in direzione della ragazza.
Rachel lo fissò con insistenza, come a volergli leggere nella mente.
« Promettilo » disse infine. « Promettimi che non diventerai un Mangiamorte. Deve essere una promessa vera, però, non tanto per tranquillizzarmi. Voglio potermi fidare di te ».
Regulus era chiaramente nervoso: di sicuro non si era aspettato di essere messo così alle strette.
« D’accordo » disse lui.
Ma le cose erano andate diversamente e alla fine lui aveva fatto di testa sua, subendone le più estreme conseguenze.
Il ricordo del loro ultimo incontro scorreva davanti a lei troppo velocemente, come accelerato da una forza sadica che voleva catapultarla di nuovo nella realtà.
Quasi non riuscì a sentire le parole di Regulus che le chiedeva di perdonarlo per averle mentito, troppo terrorizzata all’idea che quel sogno stesse per finire un’altra volta.
E mentre si davano l’ultimo addio, Rachel sentì una mano delicata prenderla per il polso e una voce familiare risuonarle vicino. Si voltò di scatto.
Sua madre, vestita anche lei in camicia da notte, le stava rivolgendo un’occhiata malinconica e preoccupata.
« Esci di qui » le disse. « Tutto questo non lo porterà indietro  ».
Rachel non oppose resistenza; non ne ebbe la forza ma neanche la voglia.
Mentre Diane la trascinava fuori dal Pensatoio, qualcosa si infranse dentro di lei e, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò il viso umido e rigato di lacrime salate.

*Angolo autrice*
Non so quanto siano rari i Pensatoi ma ho voluto inserirne uno, altrimenti sarebbe stato noioso rievocare i ricordi attraverso discorso indiretto, e un flashback sarebbe stato troppo scontato, volevo anche dare l'idea di Rachel che si rifugia letteralmente nel passato e non riesce ad accettare la realtà, per ora..
Non so voi, ma mi mancava un sacco Regulus in versione snob che pensa solo al Quidditch e non si accorge di altro! Ho voluto mettere qualche episodio nuovo, mentre dei ricordi già visti in "Eroi..." (capitoli 20 e 31) ho inserito quelli che potrebbero avere delle conseguenze nel corso della storia.
Comunque, i capitoli statici sono terminati. Dal prossimo si cominceranno a smuovere le cose! Mi dispiace per questa parte deprimente, ma meglio prima che dopo, no? XD
Ogni volta che mi chiedete di Regulus mi sento in colpa, nonostante il mio innato sadismo: come ho già detto, la parola d'ordine è "pazienza", ancora alcuni capitoli, devono succedere tante cose nel frattempo... *schiva i pomodori ma inciampa e ne viene sommersa*
A venerdì prossimo!

DubheBlack: l'estinzione della casata dei Black è una delle cose che mi rendono più triste, quindi capisco come ti senti ç_ç Sono contenta che tu condivida il mio pensiero su Walburga che, con un figlio, ha perso praticamente tutto ciò che le restava: e se poi Bellatrix accusa Regulus di essere un traditore come Sirius davanti a lei... sono guai!
_Mary: anche io mentre scrivevo provavo pena per Walburga, anche se in effetti quando scrivo divento empatica col personaggio che sto descrivendo, che mi sia antipatico o no! Secondo me Rodolphus doveva essere simile a Bellatrix, magari meno esaltato, ma ricordiamoci che anche lui ha torturato i Paciock ç_ç
Beatrix Bonnie: nella mia immaginazione ci sono due Rodolphus: Rodolphus Lestrange, quello della Rowling, e Roddy di Emily e Cass, che ovviamente è più coccoloso! Non credo che Bellatrix apprezzerebbe l'eroismo di Regulus, visto che si è ribellato al suo amato Voldie! Bè, sai che non sopporto quando Lily viene descritta come se fosse la Perfezione assoluta, quindi in cucina la voglio rendere opposta a Molly Weasley, almeno questo!
malandrina4ever: non dovrai aspettare 100 capitoli prima di rivedere Regulus, ma circa... 7! Non mi cruciare, dai, è il numero perfetto, no? XD Però per adesso non te lo dirò dove sta, ahah! Vedrai che quando rivelerò il mistero, sarà più banale di quanto possa sembrare ora. Ehm, riguardo un possibile salvataggio dei Potter... ci devo ancora pensare! C'è quella Profezia che rompe le balle... insomma, devo trovare un modo per aggirarla un'alternativa valida e sensata, sempre se esiste! Per ora però penso a Regulus u.u
Lellas92: bè, sì, io tengo ad ogni pezzo in cui compaiono i Black, perché io li adoro, nonostante tutto: sono completamente fissata con loro! Comunque qui c'è stata una breve comparsa di Sirius e James, anche se ai tempi in cui facevano gli scemi! XD Ma li vedrai spesso in futuro, soprattutto Sirius, contenta? Su Rodolphus sono d'accordo con te: Bellatrix si sarebbe vergognata di portarsi dietro uno stupido! XD
RF09: vedrai che Kreacher avrà un ruolo importante (ovvio, è l'unico che sa qualcosa!). Anche io apprezzo Bellatrix per la sua coerenza, come Barty, del resto: anche se hanno ideali discutibili, amodo loro, sono leali! Walburga per me ha sofferto davvero, forse per la prima volta in vita sua
Alohomora: meno male, sono sempre preoccupata quando devo descrivere James! Ma io mi scateno contro di lui all'"esterno": quando devo scrivere mi spersonalizzo il più possibile. In questo capitolo invece aveva 15 anni e non è stato difficile descriverlo come ha fatto la Rowling! Vedrai che dalla prossima volta Walburga tornerà odiosa come sempre... E ci sarà anche un personaggio che tutte e due adoriamo! ;-)
Mirwen: grazie per la recensione lunga! Hai ragione, se Rodolphus non fosse stato furbo, avrebbe fatto una brutta fine da tempo! XD La sorpresa era Regulus visto tramite i ricordi: magra consolazione dirai, ma sempre meglio che niente, no? Noto con piacere che non sono impazzita: anche tu ti sei quasi impietosita per Walburga... non capiterà più, comunque!
Circe: grazie mille per quello che hai detto! Sapere di catturare l'attenzione mi fa immensamente piacere, anche perché Regulus non comparirà subito, e quindi spero sempre che quello che scrivo nel frattempo sia altrettanto interessante! Sono felice che ti sia piaciuta la descrizione di Rod e Bella: ormai il tuo modo di vederli per me è canon!
quigon89: Sirius secondo me è molto ambiguo già nei libri... ne ha passate tante ma è immaturo anche da adulto. Poi a me piace pensare che continui a modo suo ad essere affezionato a Regulus, anche se non vuole ammetterlo. Comunque, grazie per quello che hai detto su Bellatrix e Walburga!
meissa_s: come vedi ora seguirò molto Rachel da questi momenti in cui non vuole accettare la realtà a quando imparerà a reagire. Insomma, voglio metterla un po' alla prova, soprattutto ora che è così debole. Sono sempre felice quando riesco a spersonalizzarmi se si tratta di James! E sono contenta che anche tu abbia apprezzato il tentativo di riabilitare Rodolphus! Prossimamente approfondirò anche Sirius e il suo apparente distacco, sia nel prossimo capitolo, sia soprattutto in seguito.
Lyssa: eheh, per un po' nessuno saprà nulla su dove sia finito Regulus. E' un mistero che si scioglierà a poco a poco. Ti assicuro che quando leggerai cosa ho ideato ti renderai conto che è la soluzione più semplice! Non ho inventato niente di nuovo finora. 
Lenobia: quando scrivo di James sto così attenta a non farmi influenzare dall'antipatia che alla fine lo rendo sempre più simpatico di quanto vorrei! Qui però ho adattato il suo comportamento all'età, naturalmente. Grazie, sono contentissima che tu abbia provato empatia per Walburga, era quello che speravo di fare!
dirkfelpy89: se ti è piaciuta la parte con Rachel, spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo! Eheh, la vecchiaia è una brutta bestia, anche io purtroppo sto cominciando a perdere colpi! XD Grazie e alla prossima!
lyrapotter: anche io sono in periodo di esami, e lunedì ho l'ultimo, per fortuna! Infatti ultimamente ho potuto scrivere pochissimo, figurati leggere! Walburga ha fatto pena anche a me, te lo assicuro. Sono contenta che ti sia piaciuto Rodolphus! Alla fine inserire James adesso non è più un'esperienza traumatica: è maturato e non è più come nel ricordo di questo capitolo (anche se la sua essenza rimane, ovvio)! XD
PenPen: i personaggi ci metteranno ancora un po' prima di capire che Regulus in pratica è vivo, ma dovranno anche agire in qualche modo... non aggiungo altro, se no dico troppo! In effetti sono un po' crudele a farli soffrire così... E sì, Walburga ha perso un'occasione per fare autocritica ^^
nefertari83: ciao, grazie! Come vedi, ho aggiornato per tempo: tanto per ora ho alcuni capitoli di scorta. Sono contenta che ti abbia convinta la reazione di Walburga!

@Pepesale: grazie per la recensione! Ho corretto la frase che mi avevi fatto notare, grazie!

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Capitolo 4
*** La tomba vuota ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 4
La tomba vuota

 
La mattina era fredda e umida. Il leggero velo di neve che imbiancava il cimitero aveva già iniziato a sciogliersi in piccole gocce che scivolavano lungo le lapidi.
Il terreno bianco produceva un forte contrasto con gli abiti neri della famiglia Black, che si stava lentamente riunendo intorno ad un mago calvo che di lì a pochi minuti avrebbe iniziato a officiare il funerale.
Il silenzio ovattato era infranto solo dalle urla quasi disumane della signora Black, talmente strazianti da far venire la pelle d’oca a tutti i presenti.
In disparte, i Queen fissavano quel gruppo di sagome nere che davano loro le spalle. Avevano deciso di rimanere lì, sotto un grande albero e a debita distanza, come degli ospiti sgraditi.
Rachel teneva bassi gli occhi arrossati e gonfi, stretta dentro il mantello che non riusciva a privarla del freddo che le giungeva fino alle ossa. Le sembrava tutto estremamente irreale: non poteva davvero trovarsi al suo funerale; pensare una cosa del genere era del tutto inaudito.
Ma i suoi sforzi per convincersi che non fosse così venivano vanificati dal pianto inconsolabile di Walburga. Sembrava dovesse impazzire di dolore da un momento all’altro, sempre se non l’aveva già fatto.
« Sei sicura di non volerti avvicinare? » le chiese Diane, anche se dubbiosa, con la mano sulla spalla della figlia.
« No, meglio di no » rispose Rachel, fissando con rabbia impotente la nuca velata di Walburga Black. Se si fossero ritrovate faccia a faccia, temeva che non avrebbe saputo tacere. Soltanto il rispetto per l’evidente dolore che quella donna condivideva con lei la tratteneva ancora dal rinfacciarle la responsabilità della rovina di suo figlio.
Rachel sentiva il vento gelido sferzarle il viso umido di lacrime, ma non le asciugò, memore di quanto le avesse fatto bene sfogarsi la notte precedente, dopo che i suoi l’avevano trovata immersa nei ricordi del Pensatoio. Era stato grazie a loro che aveva capito l’inutilità di quella fuga in un passato che non sarebbe mai tornato. Sua madre le era stata vicina tutta la notte, senza dire nulla, offrendole soltanto una spalla su cui piangere. Grazie ai suoi genitori aveva finalmente capito che le toccava essere forte e reagire, senza lasciarsi andare come aveva fatto fino a quel momento. Anche se tra il capirlo e il metterlo in pratica c’era un abisso…
I suoi pensieri furono interrotti da un movimento accanto a lei; Rachel si voltò.
« Sei venuto lo stesso » sussurrò al ragazzo che l’aveva appena raggiunta e che stava rivolgendo un cenno di saluto ai signori Queen.
« Ho dovuto inventare una scusa. Mio padre mi ha detto che sarebbe stato sconveniente presentarmi, ma non potevo mancare » rispose Barty con aria cupa. Il suo sguardo si posò sulla famiglia Black: aveva una strana espressione accigliata, un miscuglio di dolore e rabbia.
Intanto, l’unico che non guardava nella stessa direzione degli altri era Perseus, incapace di distogliere lo sguardo da sua figlia. Non riusciva a sopportare l’idea di vederla ridotta in quello stato.
La gomitata di sua moglie lo distolse da quei pensieri all’improvviso. Diane gli indicò qualcuno alla loro sinistra, con un’espressione tesa.
Quando Perseus si voltò a guardare, ebbe non poche difficoltà a riconoscere chi aveva davanti.
Un uomo dai capelli e gli occhi grigi camminava con l’aiuto di un bastone, accompagnato da una giovane donna col volto seminascosto da un cappuccio. I due si erano fermati a poca distanza dai Queen e Barty, ma non li avevano notati, perché la loro attenzione era tutta rivolta al resto della famiglia Black.
« Bellatrix non c’è » sussurrò l’uomo alla ragazza, la quale parve relativamente sollevata dalla notizia.
Perseus si soffermò sul viso di lui, contratto in un’espressione di sofferenza, e sul suo sguardo spento e infinitamente stanco. Anche se dentro di sé aveva già capito di chi si trattava, si rifiutava di credere che quell’uomo tanto invecchiato fosse davvero quello che aveva conosciuto un tempo.
« Alphard… »
Quel nome gli uscì spontaneo dalle labbra, senza dargli il tempo di trattenersi.
Alphard Black si voltò di scatto, sbigottito, anche se sul suo volto segnato dal tempo non comparve alcuna espressione. Sembrava stanco anche per mostrare la minima emozione.
I due vecchi amici si guardarono per un tempo indefinito, trattenuti da un muro d’imbarazzo che era sempre parso insormontabile per entrambi.
Perseus esitò. Non sapeva cosa dire né cosa fare. La gravità degli ultimi eventi aveva fatto dissolvere il rancore che serbava da anni nei suoi confronti, ma non aveva il coraggio di fingere che non fosse mai cambiato nulla… O forse era semplicemente il suo orgoglio a trattenerlo ancora, come aveva fatto per anni e anni? Percepiva lo sguardo di Diane dietro la sua nuca: lei gli aveva sempre detto di farla finita con quel risentimento, che era durato troppo a lungo.
Fece due passi avanti, senza riuscire a staccare gli occhi da terra.
« Condoglianze » bofonchiò.
Alphard fissò la mano di Perseus, tesa verso di sé, e capì che significava molto di più di quel che poteva sembrare. Era il segnale di tregua che da entrambe la parti era stato posticipato per troppo tempo, sempre a causa dell’orgoglio, quel vizio che era la rovina di tutti loro.
Alphard smise a sua volta di esitare e gli strinse la mano.
« Grazie » rispose, rauco.
« Mi dispiace » aggiunse Perseus, e non si riferiva solo al recente lutto.
« Anche a me ».
Diane si avvicinò a sua volta per salutare Alphard, il quale aveva gli occhi lucidi a causa dell’emozione e del dolore.
« Lei è mia nipote Andromeda » disse l’uomo, dopo un attimo di silenzio imbarazzato, presentando la giovane donna che fino a quel momento era rimasta in disparte.
Intanto Rachel stava osservando la scena con un’espressione amara. Da secoli voleva conoscere Andromeda e soprattutto Alphard; invece li aveva potuti incontrare solo in quella occasione.
Quando i genitori la presentarono ai nuovi arrivati, scoprì di non essere in grado di guardarli negli occhi, perché vi leggeva dentro il suo stesso dolore, e dovette distogliere lo sguardo in fretta per non perdere il controllo.
Alphard le rivolse uno sguardo triste, ma non poté dire nulla perché in quel momento il mago officiante iniziò a parlare, richiamando l’attenzione dei presenti.
Rachel però fece prima vagare lo sguardo per tutto il cimitero, cercò dietro le tombe silenziose e gli alberi innevati, mentre un’ansia stupefatta e ferita si impadroniva di lei. Non poteva credere che, dopo tutti gli sforzi che lei stessa aveva compiuto nel tentativo di convincere Regulus del contrario, l’evidenza aveva dato ragione a lui e torto a lei.
Al funerale si erano presentate molte persone, parenti, amici di famiglia o conoscenti. Poteva riconoscere anche la sagoma larga del professor Lumacorno in mezzo alla folla davanti a lei. Ma da qualunque parte volgesse lo sguardo, non vide neanche una traccia di chi aveva sperato di vedere.
Regulus aveva ragione, concluse amareggiata. A suo fratello non è importato mai niente di lui. Non si è neanche presentato al suo funerale..
Ne soffriva come se Regulus potesse accorgersi dell’assenza di Sirius, come se fosse lì in piedi accanto a lei e potesse vedere le reazioni di tutti quanti.
Non poteva sapere chi si celava dietro le sembianze di un cane nero che assisteva alla scena con il capo chino, accucciato ai piedi di un albero.
 
La cerimonia era finita e la folla si stava lentamente disperdendo. Rachel voleva avvicinarsi ma preferiva attendere che se ne fossero andati tutti. Mentre attendeva che i Black, i Malfoy e tutti gli altri uscissero dal cimitero, incrociò per qualche istante lo sguardo di Walburga ed esitò. Avrebbe dovuto dirle qualcosa?
Ma fu la stessa signora Black a risparmiarle la fatica, perché distolse lo sguardo e si allontanò senza rivolgerle neanche un cenno. Ormai non avevano più nulla da dirsi.
« Posso parlarti? »
Rachel si voltò e scoprì con stupore che a parlare era stato Alphard Black. La guardava con un’espressione strana, come se avesse qualcosa di molto importante da dire.
Rachel cercò lo sguardo di suo padre, il quale li osservava da lontano ma non pareva intenzionato a interromperli. Poi tornò a guardare Alphard, annuendo in risposta alla sua domanda.
Lui iniziò a camminare con l’aiuto del bastone, e Rachel lo seguì senza fiatare. Dovettero passare accanto a parecchie tombe prima che lui si decidesse a dire qualcosa.
« È da molto tempo che desidero conoscerti » esordì. « Somigli molto a tua madre ».
« Già… » rispose Rachel, dal momento che non sapeva cos’altro dire. Sembrava che entrambi stentassero a ricordare ad alta voce il motivo per cui erano lì.
« Regulus mi parlava spesso di te » disse infine Alphard, e Rachel si sentì fremere sentendo pronunciare quel nome.
« Mi ha parlato molto anche di lei » rispose, certa di aver detto una cosa ovvia. Ma l’uomo ne parve sorpreso.
« Davvero? »
« Bè sì… lei è sempre stato il suo idolo. Si ricorda la scopa che gli ha regalato al terzo anno? Non l’ha mai voluta sostituire ».
« Non ne avevo idea » fece Alphard, cupo.
« Non è mai stato molto bravo a far capire quello che pensava degli altri » disse Rachel.
L’uomo smise tutto a un tratto di camminare e la osservò attentamente. Si erano allontanati parecchio dai signori Queen.
« Lo conoscevi bene. Mi consola sapere che abbia avuto almeno una persona in grado di capirlo. Io non sono stato capace di stargli vicino fino alla fine ».
Rachel distolse lo sguardo, afflitta.
« Se è per questo, non l’ho fatto nemmeno io ».
« Pensavo di sì. Non l’hai incontrato poco prima che… che se ne andasse? »
Rachel sobbalzò, confusa. Come faceva a saperlo?
« No, io non l’ho visto più da quando ci siamo lasciati! Non ho idea di cosa abbia fatto dopo » mentì.
Alphard sembrava altrettanto turbato.
« Non è possibile ».
« Cosa glielo fa pensare? »
L’uomo indicò la mano di lei.
« L’anello che porti al dito » rispose, e Rachel si affrettò a nascondere la mano dietro la schiena, anche se sapeva che ormai era inutile. « Era mio. Glielo regalai poco più di un mese fa. Se l’ha dato a te, vuol dire che l’hai incontrato di recente ».
Rachel non sapeva ancora cosa fare. Si diede della stupida: aveva voluto mettere quell’anello perché le faceva sentire costantemente la sua presenza, senza pensare che sarebbe stato rischioso. Ma ormai era inutile continuare a mentire.
« Mi dispiace, è stato lui a farmi promettere di non dirlo a nessuno. Non voleva che qualcuno mi venisse a cercare ».
« Non preoccuparti. Però vorrei solo sapere se ti ha detto qualcosa » le disse Alphard.
« Solo che si era pentito e che non voleva più essere un Mangiamorte » raccontò lei, faticando a scandire le parole, perché le mancava il fiato soltanto a ricordare quel momento. « Io gli ho proposto di nascondersi, di chiedere aiuto, ma non ha voluto ascoltarmi. Credo che volesse scappare ma… non ha fatto in tempo ».
Alphard non disse nulla, e aspettò che Rachel si riprendesse. Lei stava disperatamente cercando di non cedere alle lacrime, e ci riuscì appena.
« Ti ha chiesto di non dire a nessuno del vostro incontro? » chiese Alphard quando fu certo che Rachel si fosse relativamente calmata. Aveva un’espressione tesa e la fronte corrugata.
Lei annuì e lo guardò mentre si teneva il mento con una mano con aria pensierosa.
« Regulus ci ha tenuto nascosto qualcosa » affermò.
« In che senso? »
Alphard la guardò, perplesso, e iniziò a raccontare.
« Come ti ho detto, quell’anello glielo diedi circa un mese fa. Non ci vedevamo da anni, da quando sono stato diseredato. Credevo che non mi volesse più vedere e invece mi è venuto a trovare a casa. Lì per lì ne sono stato felice: mi era mancato da morire in quegli ultimi anni e rivederlo è stato un vero sollievo… anche se ero a conoscenza della sua decisione di combattere per Tu-Sai-Chi. Lui però era strano. Sembrava preoccupato per qualcosa e mi ha fatto una richiesta che non mi sarei mai aspettato ».
« Che genere di richiesta? » lo incalzò Rachel, ansiosa.
« Doveva fare una ricerca nella mia biblioteca. Sai, da giovane ho lavorato all’Ufficio Misteri e possiedo ancora parecchi libri che di solito non si trovano in giro… Avrei dovuto pensarci prima. Io sono sicuro che quel pomeriggio Regulus abbia scoperto qualcosa che non avrebbe dovuto sapere: quando se n’è andato era sconvolto e mi ha fatto promettere che non avrei fatto parola con nessuno della sua visita. A te però ho voluto dirlo. Meriti di saperlo ».
Rachel sul momento non rispose, troppo scossa per rispondere. La voce di Regulus le tornò in mente, mentre pronunciava una frase cui sul momento non aveva dato peso: « so quello che devo fare»
Quindi non voleva davvero scappare. Aveva in mente qualcosa. Possibile che fosse davvero venuto a conoscenza di un segreto scomodo, un segreto che lo aveva sconvolto e fatto tornare indietro, e che gli sarebbe costato la vita?
Fu come se all’improvviso si fosse svegliata da un profondo stato di dormiveglia. Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo di Regulus quell’ultima notte, e si diede dell’idiota per non averlo capito subito e per non avergli impedito di andare. Lui aveva scoperto qualcosa di pericoloso. Era terrorizzato e l’aveva guardata come per imprimersi nella mente le fattezze del suo viso. Sapeva pure che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro?
Rachel non osava rispondere a quella domanda, non avrebbe sopportato una risposta affermativa.
« Grazie per avermelo detto » disse ad Alphard. « Ha una vaga idea di cosa stesse cercando nella sua biblioteca? »
« Ha consultato dei libri di Arti Oscure, ma li devo controllare per bene. Non so su quali argomenti si sia soffermato, a parte… »
« A parte? » insisté Rachel, notando subito dopo che Alphard aveva lanciato un’occhiata alle sue spalle: Perseus si stava avvicinando.
« Cercava qualcosa sulla Morte » riuscì a dire sottovoce, ma non aggiunse altro perché in quel momento l’uomo li raggiunse. « Sono contento di averti conosciuta » disse, fingendo di aver appena concluso un discorso tranquillo.
Rachel gli strinse la mano e accennò un’espressione cordiale, anche se si sentiva morire dentro per quell’ultima rivelazione.
Dallo sguardo di suo padre capì di doversi allontanare. Era chiaro che i due uomini dovessero parlare a lungo: c’erano ancora molte cose da chiarire e vecchi rancori da accantonare.
Rachel salutò Alphard e tornò sui suoi passi, cercando di non pensare a quello che aveva appena scoperto.
Ma le sorprese quel giorno sembravano non voler finire mai.
Appena entrata nella cappella della famiglia Black, per un solo folle istante ebbe l’impressione di vedere Regulus in persona, ancora vivo, e fu un miracolo se non un solo verso le uscì dalle labbra. Ma poi tornò in sé, rendendosi conto che non poteva essere lui.
Sirius Black era in piedi da solo, davanti alla tomba vuota di Regulus, e dava le spalle alla ragazza. Lei si sarebbe voluta allontanare, ma ormai lui l’aveva vista, quindi lo raggiunse. Non appena gli fu accanto, tuttavia lui si voltò e fece per andarsene.
« Aspetta, non volevo disturbarti » lo richiamò lei.
Sirius le lanciò un’occhiata sospettosa e Rachel capì subito cosa stava pensando.
« Sono una Serpeverde, non una Mangiamorte » sibilò, irritata.
Lui non parve per nulla imbarazzato, ma si lasciò convincere e tornò ad avvicinarsi, esitante.
Non muoveva un muscolo e sembrava letteralmente pietrificato. Il vento che entrava dall’esterno gli scuoteva la giacca aperta, ma lui non faceva caso al freddo o alla ragazza accanto a lui. Il suo viso era una maschera immobile; solo i suoi occhi erano animati da una furia che non riusciva a nascondere.
Rachel sarebbe rimasta in silenzio, senza disturbarlo, ma improvvisamente Sirius parlò, senza staccare gli occhi dalla lapide di marmo.
« Non ho alcun motivo di stare qui ».
La voce gli tremava dalla rabbia e Rachel ne fu impressionata. Era la prima volta che sostenevano una conversazione che non comprendesse le solite frecciate tra Grifondoro e Serpeverde.
« Sì, invece. Era tuo fratello » rispose.
« Non è vero » commentò Sirius con amarezza. « Per me era solo un estraneo ».
Lei era fin troppo avvezza a sentire quella risposta per considerarla anche solo un po’.
« Però sei qui » gli fece notare.
Sirius non rispose. Continuava a fissare il nome di Regulus scritto sulla lapide, come se non vedesse altro.
« Io glielo avevo detto » sibilò, serrando i pugni. Non stava parlando con nessuno in particolare ma sembrava bisognoso di sfogare la sua frustrazione. « Lo avevo avvertito che sarebbe finito così ».
Rachel aveva la voce spezzata quando rispose.
« Credo che l’abbia capito. Si è pentito ».
« Troppo tardi…»
Calò un silenzio assordante, in cui i respiri pesanti dei due ragazzi furono gli unici rumori. Poi, senza alcun preavviso, Sirius si strinse nella giacca e si diresse verso l’uscita.
« Dove vai? » gli chiese Rachel, fissando la sua nuca.
Lui si fermò sulla soglia della cappella.
« Forse non sarei dovuto venire. Lui non mi avrebbe voluto al suo funerale » rispose.
« Ti sbagli, ti avrebbe voluto eccome ».
Sirius non rispose e si affrettò ad uscire, nel chiaro tentativo di nascondere la propria reazione.
Rachel tornò a guardare la lapide. Fece scorrere una mano tremante sul marmo freddo, come per accarezzarlo.
« Hai visto? Avevo ragione io su di lui » sussurrò.
Si sentiva immensamente stupida nel parlare con una tomba vuota, ma non le importava.
Rachel posò anche la fronte sulla lapide ghiacciata, come per sentirlo ancora più vicino, mentre le tornava in mente la conversazione che aveva avuto con Alphard.
« Che cosa hai nascosto a tutti noi? Era un segreto tanto pericoloso da non volerlo svelare a nessuno? »
Ora però sentiva nascere una nuova determinazione dentro di sé: doveva scoprire il mistero che Regulus aveva tenuto nascosto a tutti quanti e per il quale era morto.
Nonostante tutto, finalmente sentiva di avere di nuovo uno scopo nella vita, e lo avrebbe perseguito ad ogni costo.

*Angolo autrice*
Mi dispiace se alcuni di voi avevano capito che questo capitolo sarebbe stato movimentato: io avevo detto che la vicenda si sarebbe cominciata a smuovere, è diverso! ^^ Ormai sono fissata con le parti introspettive... Comunque, nel prossimo l'azione ci sarà veramente, promesso!
La conversazione tra Alphard e Rachel è importante, perché sarà proprio questa a sbloccare la vicenda, anche se non subito. Ne ho approfittato per fare incontrare Alphard anche con Perseus: era ora che quei due la piantassero di tenersi il broncio (mi riferisco di più al secondo, ovvio!)
Andromeda la tratterò meglio più in là: per questa parte iniziale non è determinante. Sirius si presenta al funerale sotto forma di cane non per paura, ovvio: semplicemente non vuole provocare scenate in un'occasione così tragica. Per una volta, non ha agito d'impulso ed è stato previdente! o_O
Ho detto tutto? Mi pare di sì. Passo alle recensioni!

Lyssa: le tue ipotesi sono interessanti, ma preferisco non pronunciarmi! Non so come reagirete quando scoprirete che la mia idea non è stata proprio il massimo dell'originalità... però almeno sarò riuscita a mantenere la suspance, ed è quello che mi interessa di più!
bellatrix18: bentrovata! Riguardo Bellatrix e Voldemort, è stata proprio la Rowling a dirlo in un'intervista: alla domanda, "Bellatrix ha mai amato suo marito, o provava amore solo per Voldemort?" lei ha risposto "Si è sposata con un purosangue, era ciò che ci si aspettava da lei, ma il suo vero amore è sempre stato Voldemort." Però lui non l'ha mai ricambiata.
RF09: ops, mi dispiace! Se ti può consolare, piove ogni volta anche da me! Vedrai che Rachel tornerà ad essere combattiva, ma ho pensato di descriverla anche in questo momento di debolezza: ho visto persone forti deprimersi per molto meno, quindi mi è sembrato più realistico fare così.
Vodia: Rachel ha scelto la propria Casa, come Harry. I Serpeverde comunque sono astuti (ci sta) e ambiziosi. Non ho avuto tempo di approfondire le ambizioni di Rachel, e ora non saranno il suo pensiero primario, ma non è una che si accontenta (del resto, non si è mai accontata di un altro ragazzo che non fosse Regulus, quando lui non la ricambiava, ed è così anche nel lavoro). La tendenza a infrangere le regole c'è, e vedrai anche fino a che livelli. Però starebbe bene anche a Grifondoro!
dirkfelpy89: dopo il periodo di apatia totale, come vedi Rachel tornerà ad essere attiva. Spero che tu abbia apprezzato la comparsa di Sirius! Non è molto in vena di chiacchiere, ma io penso che abbia sempre avuto difficoltà a parlare di Regulus anche con i suoi amici, figuriamoci ora.
bianchimarsi: mi dispiace, ma è meglio patire prima che dopo! Comunque anche io soffro mentre scrivo questi capitoli, infatti ogni volta devo fare rifornimento di cioccolata!
malandrina4ever: no problem, credo che da qualche parte Silente faccia un fantastico discorso sull'importanza delle scelte, e che sono queste a determinare il futuro, non le profezie... Quindi, ti prego, non bruciare nulla!! Il luogo non è banale, è il modo in cui tornerà ad esserlo! Però l'idea della partita a carte con gli Inferi è meravigliosa! XD Ho riso per 3 ore quando l'ho letta! Ps: io adoro i Ps!
Alohomora: che ne pensi della riunione di famiglia? Hai ragione, la sensibilità da troll regna sovrana, e non solo a quell'età! I poveri Queen dovranno penare parecchio purtroppo, e se ci aggiungi anche la preoccupazione per la guerra che è scoppiata, mi fanno una gran pena. Ti è piaciuto il "ricongiungimento" tra Perseus e Alphard? Naturalmente il loro rapporto non tornerà mai a rose e fiori come anni prima, ma almeno si sono parlati di nuovo!
quigon89: mi sono sempre piaciute le scene dei Pensatoi nei libri! Io sono convinta che non sia stata Lily a far cambiare James: per amore non cambia mai nessuno, e non mi convincerò mai del contrario u.u Io penso che gli siano morti i genitori prima dell'inizio dell'ultimo anno a Hogwarts, se no non si spiega. Oddio, perdonami ma non ho afferrato il senso della domanda! ^^" Comunque ci saranno personaggi vecchi e nuovi (nel senso che ancora non ne ho parlato)!
nefertari83: mi piace essere puntuale e spero di continuare così per tutta la durata della fanfiction! A me spesso capita di rifugiarmi nei ricordi, quindi mi è piaciuto particolarmente scrivere il capitolo scorso. L'azione ci sarà nel prossimo capitolo, e anche parecchia!
Beatrix Bonnie: mi dispiace farti deprimere ç_ç Lo so, ha fatto uno strano effetto anche a me scrivere di Regulus ancora una volta undicenne, mi fa così tanta tenerezza da piccolo! Dai che nel prossimo capitolo ci sarà una brevissima apparizione di Remus! In effetti, devo trovare spazio anche per lui, ma più in là, se no dovrete aspettare di più per Regulus!
Lenobia: la tua recensione è bellissima, e mi ha fatto immensamente piacere! Anche a me le storie tristi piacciono: probabilmente sono masochista, ma mi piacciono le emozioni che trasmettono! Quando scrivo di James faccio sempre attenzione, per non farmi influenzare dall'antipatia. Sembra strano ma anche io leggo alcune ff comiche su di lui, e mi fanno ridere tanto! Grazie per le recensioni alle altre due storie! Comunque, grazie alle storie di Circe ho cambiato idea anche io su Rabastan!
Mirwen: come vedi adesso Rachel ha capito quello che voleva dire sua madre e infatti sta già cominciando a reagire lentamente, anche se andrà ad alti e bassi per un po'.
Lellas92: far morire solo Lily? Ma dai, non odio così tanto suo marito! Dovrei essere proprio malefica! Anche se Lily non mi fa impazzire di simpatia. No, forse ho pensato a qualcosa, ma devo ancora cercare conferma nei libri (per info: leggi la risposta a Malandrina) Grazie per il consiglio, non sbatterò mai la testa sulla tastiera! Congratulazioni alle cugine! (o era solo una?...) XD
_Mary: poverina, adesso sei guarita? Ah quanto odio la febbre! è_é Ha fatto uno strano effetto anche a me descrivere il periodo di "Eoi..." dal punto di vista di Rachel e non da quello di Regulus, e mi sta piacendo come potrai notare! Nel prossimo capitolo avrai molto da cogitare quindi tieniti pronta!
Circe: non preoccuparti, i misteri delle connessioni internet a volte fanno impazzire. Sono felicissima che ti stia piacendo l'evoluzione di Rachel! Prima di tutto temevo che vi annoiasse, e d'altra parte avevo paura di non riuscire a gestire bene lei e la sua crescita, ma spero di continuare così!
sweetophelia: ciao! Mi ricordo della tua recensione. In teoria ho risposto via e-mail a tutti, ma ti chiedo scusa se per caso ti ho saltata: sono famosa per essere svampita! Sono felice che la storia precedente ti sia piaciuta e anche questo seguito!
lyrapotter: bè, come vedi adesso Rachel sta iniziando a reagire. Prima di tutto ha parlato con parecchia gente e ora ha anche qualcosa di concreto da fare, invece di rifugiarsi solo nei ricordi. Ma no, parla liberamente! Io sono la prima a voler dare una martellata in testa a Regulus quando vuole diventare un Mangiamorte u.u
DubheBlack: sbaglio o anche tu leggi la storia di meissa_s? Perché hai scritto Sherton invece di Queen! XD Riguardo James e Sirius, in fondo stavolta non hanno fatto nulla di grave: nel mondo babbano succede di continuo, anche se magari più durante le medie... ma vabbè! Sono felicissima che il capitolo "Luna piena" abbia avuto successo! =D
Penny Black: caspita quanto hai scritto! Ti ho lasciata per ultima apposta, così ora mi dedico completamente alle tue recensioni! Wow, hai fatto caso ai passi di Lucius e Rodolphus! Li ho descritti apposta per esprimere i rispettivi caratteri! Ti prego, non farlo! Non chiedermi perché odio James, altrimenti potrei non finire più! In breve: lo detesto perché è prepotente, viziato, irrispettoso degli altri e di chi è diverso da lui, proprio come i Serpeverde che lui tanto critica... insomma, è Dudley in versione magica, solo meno grasso e più bravo a scuola. Più che altro per me è inconcepibile pensare come possa stare simpatico a qualcuno. Se ci aggiungi che quelli come lui io a scuola li odiavo con tutta l'anima avrai capito come la penso... Ok, passo al resto. Nel secondo ricordo, Rachel capisce di avere una cotta per Regulus proprio dopo la chiacchierata nelle cucine, mentre prima lo era ma non voleva ammetterlo! Salvare il topo? Nel senso di non farlo tradire? Direi di no: in questa storia i fatti cambiano, ma i personaggi restano uguali, quindi Minus resta un vigliacco. No, non mi hai scritto l'ipotesi su Emmeline: di cosa si tratta? L'episodio della luna piena l'ho ricordato perché in effetti ci sarà l'occasione per riparlarne, ma è ancora lontana...

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Capitolo 5
*** La prima battaglia ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 5
La prima battaglia
 
« Non mangi? »
Rachel alzò lo sguardo dal piatto ancora pieno di minestra fino all’orlo, limitandosi a rispondere con un vago cenno di diniego alla domanda di sua madre. Dopo di che si soffermò a guardare senza un vero motivo l’orologio a pendolo sopra la credenza.
Era dal giorno del funerale che non riusciva a togliersi dalla testa le parole di Alphard Black. Aveva pensato continuamente a quello di cui era venuta a conoscenza: Regulus sapeva cosa stava facendo prima di morire, e aveva scoperto qualcosa di molto pericoloso.
Rachel ora voleva assolutamente scoprirlo, e per farlo doveva parlare di nuovo con Alphard. Lui le aveva detto che la avrebbe avvertita nel caso in cui avesse capito di cosa si trattasse, ma ancora non si era fatto sentire, e l’attesa cominciava a farsi snervante. Rachel non sopportava di non sapere. Voleva capire perché e come Regulus era veramente morto.
« Rachel, non puoi continuare a lasciare due terzi dei pasti » insisté Diane, distogliendola dai suoi pensieri. « Sei pallida e sciupata. Se continui così non riuscirai a reggerti in piedi ».
Lei sbuffò. Non riusciva proprio a capire perché sua madre dovesse preoccuparsi di una cosa stupida come ciò che mangiava, e la sua insistenza la irritava: non era il cibo la cosa che le mancava di più.
« Tua madre ha ragione. Dovresti… » esordì Perseus.
« Lasciatemi stare » sbottò Rachel, alzandosi in piedi di scatto. « Non voglio mangiare, d’accordo? Non me ne importa niente ».
Per alcuni secondi calò un silenzio teso e imbarazzato. Rachel si pentì subito di avere risposto male, ma era ugualmente arrabbiata: perché non volevano capire? Voleva soltanto essere lasciata in pace. Non sapeva nemmeno da dove le fosse sorta tutta quella furia.
Senza aggiungere altro, spostò la sedia e uscì in fretta dalla cucina, senza degnare i genitori di uno sguardo.
Perseus e Diane sentirono sbattere la porta d’ingresso e si scambiarono un’occhiata eloquente.
« Non capisco perché debba prendersela con noi » sbottò lui, scagliando il cucchiaio sul tavolo. « Come se fosse colpa nostra se è successo quel che è successo, e non di quel… »
« Perseus » lo redarguì la moglie.
« Lo so che è morto, ma è comunque colpa sua, e non riesco a fingere che non sia così. E quanto a Rachel, so che sta male, ma le era stato detto di reagire, non di rivoltarsi contro di noi ».
« È normale » disse Diane, mentre si versava dell’acqua nel bicchiere. « Ha superato la fase più pericolosa e ora si trova in quella che la spinge a sfogare tutta la frustrazione e l’ira repressa. La rabbia è il suo modo di reagire. A dire la verità, mi preoccupa di meno ora che vorrebbe distruggere tutta la casa di quando era completamente apatica. Dobbiamo solo avere pazienza ».
Lui annuì in silenzio. All’improvviso aveva a sua volta perso la voglia di mangiare.
« Cosa sono questi schiamazzi? » chiese Diane ad un certo punto. « Vengono dal villaggio ».
Da molto lontano provenivano alcune voci agitate e piccoli scoppi. Da quella lontananza non si capiva a cosa fossero dovuti.
« Saranno i Babbani, con i loro fuochi di dentifricio » rispose Perseus, facendo spallucce e ipotizzando qualche festa giù al villaggio.
Ma Diane si era affacciata fuori dalla finestra.
« A me non sembrano fuochi artificiali » sussurrò, improvvisamente spaventata.
 
Nel frattempo Rachel era andata a sedersi sulla veranda, che dava direttamente sulla spiaggia. Il mare era estremamente calmo, cosa molto rara in quel periodo, e il lieve rumore della risacca era l’unico che si sentiva nei dintorni.
I suoni del mare riuscivano sempre a rilassarla, e in quel momento ne aveva un gran bisogno perché si sentiva bruciare da una rabbia inconsueta. Sapeva di aver sbagliato a prendersela con i suoi, che la stavano aiutando ad affrontare quel periodo orribile, ma ultimamente era così nervosa da esplodere per una minima sciocchezza.
Si passò una mano tra i capelli, rivolgendo lo sguardo in alto, verso il cielo. Era un novilunio, e le stelle brillavano più che mai sul loro sfondo nero-bluastro. Erano secoli che Rachel non guardava più il cielo, nell’irrazionale paura di sentirsi minuscola e terribilmente sola, al confronto di quel buio immenso. Invece ora capiva di essersi sbagliata. C’erano miliardi di stelle lassù, e le dava conforto pensare che Regulus la osservava da una di esse. Non le importava se quella fosse una superstizione o meno: preferiva ritenerla veritiera.
In effetti, era dalla sua morte che Rachel a volte percepiva una presenza nella sua stanza, di solito mentre tentava di addormentarsi. Voleva pensare che si trattasse di lui: era un modo per sentirlo ancora vicino.
Perfino in quel momento aveva l’impressione di non essere sola e che qualcuno la stesse osservando da dietro un pilastro della veranda. Non voleva neanche voltarsi a guardare, per paura di restare delusa: magari in realtà era semplicemente il suo gatto.
All’improvviso, un debole chiarore illuminò il cielo notturno, come se la luna si fosse accesa di colpo. Quasi nello stesso istante, le sue orecchie smisero di ascoltare la risacca e captarono rumori e grida molto lontani e ovattati.
Si alzò in piedi e lanciò un’occhiata al vicino villaggio di Mould-on-the-Wold: doveva essere scoppiato un incendio, a giudicare dal fumo. Ma le bastò alzare di poco gli occhi per capire che il motivo di tutto quel trambusto era un altro.
Sopra il villaggio era apparsa l’immensa sagoma di un serpente che usciva dalla bocca di un teschio, che emanava una sinistra luce verdognola.
Rachel si sentì schizzare il cuore in gola e rabbrividì. Aveva già visto il Marchio Nero solo sulla Gazzetta del Profeta, ma mai dal vivo, e così vicino per giunta.
Il primo impulso che ebbe fu quello di rientrare in casa e avvertire gli Auror via camino ma poi, guardando attraverso la finestra del salotto, scoprì che lo stavano già facendo i suoi genitori.
E all’improvviso le venne un’idea folle. Le era sorta spontanea e non vi aveva riflettuto. Sapeva che sarebbe stata una pazzia, ma la paura fu presto sostituita dalla rabbia che aveva covato fino a quella sera.
Lì c’erano i Mangiamorte, forse anche Voldemort in persona. Rachel sentì il sangue ribollirle nelle vene e annebbiarle la mente. Ogni fibra del suo corpo sembrava invocare vendetta per ciò che quella gente aveva fatto a Regulus. Non le importava cosa sarebbe successo: era giunto il momento di agire.
Senza rifletterci oltre, si Smaterializzò.
Riapparve nella piazza centrale del villaggio: il Marchio Nero incombeva minaccioso sopra di lei. Una casa era divorata dalle fiamme e tutt’intorno c’era gente che urlava e scappava in preda al panico. Uomini incappucciati e con i volti coperti da maschere stavano duellando con maghi e streghe a viso scoperto.
Rachel stringeva spasmodicamente la bacchetta con la mano sudata e si guardava intorno alla ricerca di un bersaglio.
Per la prima volta in vita sua si trovava nel bel mezzo di una battaglia… e non aveva la più pallida idea di cosa fare.
Era completamente diverso da come aveva immaginato. Attanagliata dalla paura, le urla e i pianti le rimbombavano nella testa, immobilizzandola.
Presto però fu costretta a scuotersi. Un Mangiamorte uscì dalla casa che stava andando a fuoco, la bacchetta puntata alla schiena di un mago che stava duellando con un altro avversario.
Rachel levò la bacchetta contro il Mangiamorte e formulò la prima fattura che le venne in mente. Quello fece appena in tempo a sentirla e schivarla all’ultimo momento.
Rachel si sentì raggelare il sangue: ora il Mangiamorte aveva lei come obiettivo principale. Strinse la bacchetta ancora più forte, fino a farsi sbiancare la nocche, fissando l’uomo negli occhi e cercando di concentrarsi, consapevole del fatto che una sola distrazione potesse esserle fatale.
L’uomo fu il primo ad attaccare. Rachel schivò per un pelo un getto di luce verde e rispose a sua volta con uno Schiantesimo che lui deviò con un Sortilegio Scudo, ma l’impatto gli fece cadere la maschera, rivelando un paio di freddi occhi grigi e una nera barba a punta.
Il Mangiamorte scagliò un’altra fattura e Rachel fu costretta a gettarsi di lato per evitarlo, ma fu comunque colpita di striscio e il lembo della sua manica prese fuoco. Spense la fiamma con un getto d’acqua, ma il suo avversario approfittò della situazione e la scaraventò con forza contro il muro di un negozio.
L’impatto fu violento e Rachel rimase senza fiato: la sua bacchetta era volata qualche metro più in là e il Mangiamorte si stava già preparando a ucciderla.
Non riusciva a credere che sarebbe finita così. Un miscuglio di emozioni contrastanti la invase: da un lato non voleva lasciare i suoi genitori nella disperazione, ma dall’altro sapeva che in quel modo avrebbe finalmente smesso di soffrire…
« Avada… » iniziò il Mangiamorte con un accento straniero, ma in quel momento accadde un fenomeno inspiegabile.
Come se fosse stato afferrato da una mano invisibile, l’uomo si sollevò a mezz’aria, i piedi penzolanti a pochi centimetri dal suolo e sul volto un’espressione sbigottita. Poi fu scagliato con forza contro il muro, dove batté la testa e rimase riverso a terra, svenuto.
Ancora sotto shock, Rachel cercò di riprendere fiato, con la sensazione di avere i polmoni in fiamme. Si guardò intorno per vedere chi le avesse appena salvato la vita, ma non vide nessuno. Invece, sentì dietro di sé l’inconfondibile rumore di una Smaterializzazione. Possibile che si trattasse della stessa persona che l’aveva salvata? Ma perché non aveva voluto farsi vedere?
« Hai preso Karkaroff! » esclamò in quel momento una voce femminile, ponendo fine alle sue domande.
Mentre tornava in piedi, Rachel rivolse lo sguardo alla persona che le aveva appena rivolto la parola. Era una ragazza dai capelli corti e dal tondo viso gentile. Aveva un’aria familiare, e Rachel la ricollegò ad una studentessa di Grifondoro che aveva circa tre anni in più di lei.
« Bè, non proprio… » rispose.
« Legalo per bene » si raccomandò Alice Paciock, e un attimo dopo tornò a combattere.
Rachel scivolò fino alla bacchetta e la utilizzò per evocare delle robuste funi che andarono a legare il Mangiamorte di nome Karkaroff, ancora frastornata da quanto era appena accaduto.
Decise di pensare più tardi al suo misterioso salvatore: per il momento doveva solo cercare di aiutare il più possibile.
Poco lontano vide una ragazza e un ragazzo intenti a combattere contro quello che sembrava un uomo molto più grosso del normale che, con suo grande orrore, riconobbe come Fenrir Greyback, il Lupo Mannaro di cui si sentivano da anni notizie raccapriccianti.
In quel momento tuttavia si udirono decine di “POP” e altrettanti Auror si Materializzarono nel villaggio, iniziando a loro volta a combattere.
A quel punto i Mangiamorte decisero di ritirarsi e scomparvero nel giro di pochi istanti, lasciando dietro di loro uno scenario di devastazione.
Rachel aveva appena tratto un respiro di sollievo, quando la ragazza che fino a quel momento aveva combattuto contro Greyback le rivolse un’esclamazione di stupore.
« Rachel! »
« Emmeline? »
Emmeline Vance le stava riservando uno sguardo sbalordito. I capelli biondi fino alle spalle erano scompigliati a causa del combattimento, privandola per una volta della sua inconfondibile eleganza.
« Che cosa ci fai qui? » chiesero entrambe nello stesso momento.
« Io abito qui vicino. Ho visto il Marchio da lontano » rispose Rachel. « E tu? Non hai ancora avuto il diploma di Auror ».
« In effetti non sono qui per conto del Ministero… » disse Emmeline con un tono improvvisamente misterioso, e lanciò un’occhiata al ragazzo accanto a lei. Rachel conosceva anche lui: era nientemeno che Remus Lupin, e di certo nemmeno lui era un Auror.
Lupin sembrava piuttosto provato dal combattimento con Greyback. Alla luce del fuoco, le cicatrici sul suo volto risaltavano ancora di più.
Nemmeno quella volta Rachel riuscì a chiarire cosa stesse succedendo perché improvvisamente si sentì puntare la bacchetta contro la schiena. Girandosi, si ritrovò davanti ad un volto pieno di cicatrici e a un occhio finto che la scrutava.
« E tu chi sei? » ringhiò Alastor Moody, sospettoso.
« Signor Moody, non è una Mangiamorte » intervenne Emmeline.
Lui continuò a fissare Rachel con l’occhio sano, mentre puntava quello magico verso Emmeline.
« Ne sei sicura, Vance? »
« Sì, è una mia amica » insisté lei con un tono quasi esasperato.
« Ha catturato Karkaroff » disse Alice Paciock, giungendo in quel momento.
« Uhm, ok » bofonchiò Moody, abbassando la guardia. « Non ci si può fidare di nessuno di questi tempi… Allora? » disse, rivolgendosi ad Alice.
Lei si incupì.
« Hanno preso Caradoc » disse, e Rachel notò che tutti erano improvvisamente ammutoliti. « Hanno appiccato l’incendio a casa sua dopo averlo fatto sparire, perché non ci sono tracce di lui ».
Rachel lanciò un’occhiata alla casa incendiata, notando altre persone tra quelle che stavano cercando di spegnere il fuoco con la magia: Sirius Black, i Potter, Minus, Frank Paciock e un paio di maghi che non aveva mai visto.
« Stanno parlando di Caradoc Dearborn? » sussurrò a Emmeline, quando Moody si fu allontanato per arrestare Karkaroff.
Lei annuì, con le lacrime agli occhi.
« Lo conoscevi? » chiese.
« No, ma so che abitava da queste parti. Ma perché i Mangiamorte l’hanno attaccato? »
Emmeline lanciò un’altra occhiata incerta a Lupin, perché lui si era improvvisamente schiarito la voce in un tono più che eloquente. Lei parve molto indecisa, e infine disse:
« Non adesso ».
Tuttavia, quando Lupin si allontanò per aiutare gli altri, Emmeline trasse Rachel in disparte, dietro l’angolo. Sembrava volerle dire qualcosa di segreto.
« Senti, non posso parlartene esplicitamente, ma Caradoc faceva parte di un’organizzazione segreta che combatte Tu-Sai-Chi e i Mangiamorte, come me e come tutti quelli che hai visto ».
« Cosa? » domandò Rachel, sbalordita.
« Scusa, ma non mi è permesso raccontarti altro. Per favore, non dirlo a nessuno… Oh, ci sono i tuoi genitori » aggiunse improvvisamente, guardando oltre le sue spalle.
Perseus e Diane stavano correndo nella loro direzione. Erano sconvolti e Rachel si sentì in colpa per essere andata via senza avvertirli. Erano talmente preoccupati che non riuscirono neanche a rimproverarla.
« Mi dispiace, non so cosa mi sia preso » disse Rachel, mentre la madre la stritolava in un abbraccio.
« Non farlo mai più » sibilò Perseus con la voce rotta dall’ansia. Lei annuì.
« Vado a vedere se ci sono feriti » disse poi Diane, cercando di ricomporsi. « Che disastro… »
Rachel si sforzò di ignorare l’occhiata eloquente di Perseus. Sapeva cosa stava pensando: anche Regulus un tempo aveva partecipato attivamente ad azioni come quella.
 
Terminato il compito degli Auror, furono gli Obliviatori ad entrare in azione. Rachel nemmeno si rese conto che quella fosse la sua prima esperienza sul campo: aveva ben altro a cui pensare, da chi le aveva salvato la vita di nascosto all’organizzazione segreta di cui Emmeline faceva parte.
Il direttore del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, Cornelius Caramell, aveva ordinato di modificare la memoria di tutti i Babbani che riusciva a recuperare dai loro nascondigli, e lei aveva obbedito all’istante pur di avere qualcos’altro da fare.
« Tranquillo, non voglio farti del male » disse ad un bambino rannicchiato in un angolo, con un’espressione terrorizzata sul volto pallido.
« Voglio la mamma » piagnucolò lui.
« Sta venendo a prenderti » lo rassicurò lei, sperando che fosse vero.
Lui abbassò la guardia, rincuorato dalle sue parole.
« Oblivion ».
Lo sguardo spaventato del bambino fu sostituito da un’espressione vacua.
Fu una lunga nottata. Rachel e gli altri Obliviatori lavorarono fino all’alba per modificare la memoria a tutti i Babbani coinvolti. Finirono quando il sole era già sorto.
« Signorina, cosa è successo? » chiese un vecchio Babbano dall’aria decrepita che era appena uscito di casa per comprare il giornale: doveva essere sordo per non aver sentito tutto quel trambusto.
« C’è stato un incendio stanotte » bofonchiò Rachel, che stava per crollare addormentata.
« Chi è stato riempito di botte? » chiese quello accostandole l’orecchio, confuso.
« Un incendio, stanotte » ripeté lei ad alta voce, indicandole la casa di Caradoc Dearborn, ormai ridotta ad uno scheletro affumicato.
« Oh » fece quello, per niente sorpreso. « Lo dicevo io che qualcosa doveva succedere. Girava gente strana ultimamente ».
« In che senso? Ha visto qualcosa? »
« Quale rosa? No, dicevo che ci sono persone strane, tipi loschi, insomma. Ai mie tempi non era così. La vedi quella là? » disse, indicando una casetta completamente ricoperta di edera. « Bè, sono mesi che il proprietario non l’affitta più. E invece proprio ieri, prima di andare a dormire – la mia finestra è proprio di fronte – ieri sera ho visto due persone dentro. Non era il proprietario, perché sta su una carrozzella, mentre questi due erano in piedi. Ladri, ho pensato. Oppure piromani che preparavano il colpo di stanotte. Questo governo proprio non ci sa fare con i delinquenti… »
« Li ha visti sul serio? » chiese Rachel.
« Mi venisse un colpo! Sai come mi chiamavano in guerra? “Occhio di falco”, proprio così! Sarò pure rimbambito, ma ci vedo ancora benissimo ».
Senza perdere altro tempo, Rachel si avvicinò alla casa che il vecchio Babbano le aveva indicato. Dubitava che quei due fossero piromani, ma forse avevano assistito all’attacco dei Mangiamorte, quindi doveva modificare la memoria anche a loro.
Si inoltrò nel giardino incolto e pieno di erbacce: effettivamente quella casa doveva essere abbandonata da tempo. Sopra il campanello c’era scritto un cognome scolorito: “Puddle”.
Bussò alla porta e attese, ma nessuno le aprì. Al contrario, le parve di udire un lieve tramestio all’interno ma il rumore si bloccò di colpo.
« Alohomora » sussurrò.
Un attimo dopo fu dentro. Alcune finestre erano sprangate e dentro entrava poca luce, a parte quella che proveniva dalla porta aperta. Rachel usò l’incantesimo Lumos per illuminare meglio il salotto deserto: alla sua destra c’era un divano di fronte ad una strana scatola con un lato di vetro, due poltrone di chintz e un pianoforte.
Rachel si sentiva straordinariamente agitata, come se il suo istinto le stesse suggerendo che in quella casa ci fosse qualcosa di molto strano. Percepì dei rumori provenire dalla cucina e tenne levata la bacchetta, pronta a difendersi.
« Chi c’è? » domandò, avvicinandosi a passi lenti e misurati in quella direzione.
Non trovò nessuno. Perlustrò la casa in lungo e in largo, ma non vide niente di strano, a parte delle insolite tracce d’acqua che proseguivano dal salotto fino alla cucina deserta, per poi sparire misteriosamente nel nulla.

*Angolo autrice*

Ed ecco l'entrata in scena dell'Ordine della Fenice! Chi sarà il misterioso salvatore che ha permesso la cattura di Karkaroff? Lo scoprirete prossimamente! Ricordatevi l'altrettanto misteriosa casa Puddle, perché la rivedrete.
Per il nome del villaggio, ho adattato quello in cui all'inizio viveva la famiglia Silente perché non sono riuscita a trovarne uno che non avessi già utilizzato o nominato, e volevo trovarne per forza uno semi-magico.
Non sono una psicologa, ma per descrivere i vari cambiamenti d'umore di Rachel ho pensato al fatto che spesso nei momenti difficili si inizia con una fase di totale apatia, seguita da un'altra di aggressività, e poi l'umore cambia di continuo. Insomma, si è molto instabili emotivamente e spesso a subire le sfuriate è chi non c'entra niente: spero di aver reso l'idea!
Altri disegni: uno di Marta con una scena del capitolo 1 (qui) e due fatti da me, uno con Regulus e Rachel (qui) e un altro con Regulus alle prese col Boccino d'Oro (qui)!
A venerdì prossimo! =)

Mirwen: prima che Alphard scopra qualcosa ci saranno alcuni intralci, ma presto sia lui che Rachel daranno la svolta alla storia! Sirius tenerone? Ahah, non farti sentire da lui! XD
Alohomora: immaginavo che ti saresti emozionata! In effetti è successo anche a me. Il capitolo precedente mi è piaciuto un sacco da scrivere! Non sono ancora arrivata a scrivere il ritorno di Regulus, ma ci sono quasi... anche se oggi non sono andata avanti, ho modificato un po' quelli già scritti.
DubheBlack: la storia di meissa_s te la consiglio proprio, vale proprio la pena di leggerla! A meno che non cambi idea all'ultimo minuto, Sirius non avrà un ruolo attivo nel ritorno di Regulus; mi piace l'idea di riservargli la sorpresa! Ehm, Perseus avrà difficoltà ad accogliere Regulus con benevolenza, ma verrà trattenuto da sua moglie, per fortuna!
Lenobia: le tue recensioni mi fanno sempre un immenso piacere, grazie!  E' ovvio che Regulus e Sirius si chiariranno, ho scritto questa storia fondamentalmente per questo! Non diventeranno amiconi in due secondi, ma si chiariranno. Sì, Andromeda apparirà molto di più in seguito, anche perché non vedo l'ora di scrivere di nuovo su Dora! XD
nefertari83: in effetti il nome Walburga è orrendo. Mi pare che abbia un'origine germanica legata alla notte delle streghe... però su Wikipedia ho letto che è anche il nome di una santa, protettrice contro la stregoneria, pensa tu, ahah! Lo so, Barty in questo periodo è odioso: lo preferisco esaltato che doppiogiochista così...
bellatrix18: se vuoi ti metto il link di quell'intervista ---> clicca qui  E' molto lunga e piena di notizie interessanti! ** Hai visto giusto, la conversazione tra Alphard e Rachel è molto importante! In fondo non manca poi così tanto al ritorno di Regulus, credo che intorno al capitolo 11 sarà tornato! ^^
quigon89: sicuramente inserirò una parte dedicata solo a Perseus e Alphard, anche se ancora devo decidere dove metterla! In effetti ultimamente ho iniziato a immaginare Andromeda un po' diversa da quella dei tempi del "Diario", in ci forse era troppo emotiva e meno capace di mantenere il controllo... in fondo è sempre una Black!
malandrina4ever: sì, esatto, abito proprio a Roma! Ehm, ok, credo di dover fare le mie più sincere scuse a Dudley! XD Basta, la smetto u.u Io penso che il tuo capitolo preferito sarà quello dell'incontro tra Regulus e Sirius: ce l'ho già in mente e mi emoziono solo a pensarci! **
Penny Black: le recensioni lunghe mi piacciono eccome! XD Ti dico già che Minus comparirà proprio nel prossimo capitolo, così vedrai come la penso sul suo cambiamento. Devo ammettere che all'inizio ci avevo pensato, ma poi mi sono resa conto che Emmeline è incompatibile con Sirius. Barty ci è rimasto malissimo per il tradimento di Regulus, e ancora non riesce a odiarlo completamente.
Beatrix Bonnie:  eheh, è vero, Perseus ha un piccolo problema con la capacità di perdonare! Ma è per questo che mi piace tanto... io sono come lui! XD Non ricordo nemmeno come mi sia venuta in mente l'idea dell'anello: forse mi è venuta spontanea! Mi dispiace se Remus l'ho solo accennato, ma sono decisa a scrivere un pezzo introspettivo solo per lui, contenta? XD
sweetophelia: la risposta alla tua domanda l'avrai in parte già nel prossimo capitolo, ma sarà un po' difficile che Rachel scopra propio degli Horcrux... di sicuro arriverà abbastanza vicina, però! Non mi è mai andato giù il modo in cui Sirius parla del fratello morto, quindi ho pensato che dovesse esserci per forza qualcosa di più.
_Mary: spero di aver descritto bene anche la battaglia, dopo tanti capitoli riflessivi! Ma certo che approfondirò Andromeda! ** Sarà dopo il ritorno di Regulus, ma ci sarà... anche perché, se ben ti ricordi, Dora si è fatta promettere di portarlo a vedere la sua fantastica collezione di bambole, e Regulus non può perdersela, ahah! XD
RF09: sono contenta che non sia piovuto, e nemmeno da me! Ti assicuro che se Walburga fosse stata ipocrita sarebbe rimasta fredda e impassibile. Anzi, non è mai stata sincera come in questo momento, e anche se non vuole ammettere le sue colpe, non riesce a reprimere del tutto il rimorso. Io sono convinta che i Grifondoro siano pieni di pregiudizi u.u
Circe: "sembra una di quelle descrizioni che si leggono nei libri"... O_O Grazie, è uno dei più bei complimenti che abbia mai ricevuto!! Mi piace scrivere le descrizioni, anche se non voglio mai esagerare e farle troppo lunghe! Bè, Rachel dovrà imparare a essere paziente e attendere che Alphard scopri qualcosa, ma come hai visto in questo capitolo ha usato più l'istinto che altro.
Lellas92: sbaglio o non ti piace Lily? Forse solo perché è diventata moglie di James, mi sa... A me non piace perché è così... perfetta!
Però la ammiro tantissimo quando muore... sì, lo so, io la gente la ammiro quando muore, sono matta! Regulus sta facendo il prezioso, e ci sta prendendo gusto, però ti dico solo che siamo già a metà strada, anzi, l'abbiamo superata!
meissa_s: a Walburga Rachel non è mai piaciuta, e adesso può dimostrarlo senza problemi... Sono felicissima che apprezzi il mio Alphard, è un personaggio al quale mi sono affezionata soprattutto scrivendoci su! Ammetto che la battuta del Boccino è stata cattiva, però per un certo periodo è vero che Regulus si sarebbe accorto di Rachel solo con un costume del genere addosso! XD Sono felice che la scelta degli episodi ti sia piaciuta: ovviamente quelli che già conoscevate li ho riassunti, e invece mi sono soffermata di più su quelli inediti, altrimenti vi sareste annoiati! Grazie ancora per la segnalazione! *-*
PenPen: anche a me mancano molto i bei tempi andati, però è meglio se non ci penso, altrimenti mi viene una tristezza tremenda! Alphard e Perseus faranno pace, ma un po' per volta: all'inizio sarà difficile evitare qualche imbarazzo ^^
lyrapotter: Alphard lo rivedrai presto! All'inizio ero indecisa se inserire Barty, ma poi mi sono ricordata che, anche se è un Mangiamorte convinto, quando viene processato cerca di evitare Azkaban, a differenza di Bellatrix. Quindi ai suoi livelli non ci è ancora arrivato perciò ho deciso di farlo presentare al funerale del suo ex migliore amico, almeno questo =(

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Capitolo 6
*** Proposte inaspettate e pagine mancanti ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 6
Proposte inaspettate e pagine mancanti

Quando Peter si Materializzò sul marciapiede, il sole non era ancora sorto. La strada in cui abitava si trovava in un modesto quartiere di Manchester e si intersecava ad angolo retto con molte altre vie periferiche della città.
Aveva appena salutato in gran fretta Remus che aveva cercato di sollevargli il morale, nonostante anche il suo fosse decisamente sotto terra. Non funzionava. Nessun tentativo di convincerlo che quella guerra sarebbe finita bene lo avrebbe mai convinto.
I Mangiamorte li stavano braccando; andavano a cercarli uno per uno, direttamente dentro casa. L’Ordine della Fenice era in netta minoranza numerica, e gli ultimi eventi lo dimostravano.
Il primo a morire era stato Benjy Fenwick, fatto a pezzi nel suo stesso salotto. Peter ricordava ancora l’orrore che aveva provato quando lo avevano trovato.
Poi era toccato a Marlene McKinnon, una strega estremamente dotata. Lumacorno aveva sempre esaltato la sua bravura negli Incantesimi, e lei prometteva di diventare importante. Ma era morta, uccisa nel sonno insieme a tutta la sua famiglia.
E adesso era toccato a Caradoc Dearborn. Era un uomo forte e battagliero, un leader carismatico che lo aveva sempre fatto sentire al sicuro. Gli sembrava impossibile che fosse sparito nel nulla, lasciando dietro di sé solo una casa bruciata.
Peter l’aveva capito, ormai. Era inutile che Silente continuasse a incitarli e che i suoi amici si affidassero alle illusioni idealistiche: Voldemort stava vincendo quella guerra uccidendo uno ad uno chiunque ostacolasse il suo cammino.
Si chiedeva soltanto quando sarebbe toccato a lui…
Peter rabbrividì e si voltò di scatto, come se temesse che qualcuno gli avesse teso un agguato. Era spaventato, le lacrime premevano contro le sue palpebre, desiderose di sfogare tutta l’ansia e la frustrazione.
In un lampo, attraversò la strada e si precipitò alla porta. Le mani gli tremavano così tanto che non riuscì nemmeno ad infilare la chiave nella toppa, e fu costretto ad aprire con la magia.
La casa era immersa nel silenzio, ma Peter era convinto di sentire rumori e scricchiolii sinistri che lo immobilizzavano all’ingresso. Non era cambiato nulla da quando era un bambino: aveva ancora una paura matta del buio, ma soprattutto di trovarvisi da solo.
Si obbligò a calmarsi. Era arrivato sano e salvo, non c’era più nulla di cui preoccuparsi, almeno per il momento. Accese la luce e si sfilò il mantello, appendendolo all’attaccapanni accanto alla porta. Poi attraversò il salotto deserto e si diresse in corridoio, che percorse lentamente, cercando di non svegliare sua madre. Lei non sapeva nulla dell’Ordine della Fenice. Dalla morte del marito era sempre depressa, e Peter aveva preferito risparmiarle un’ulteriore preoccupazione.
Il ragazzo entrò nel bagno e si specchiò. Aveva un volto pallidissimo e un’aria malaticcia che somigliava molto a quella di Remus nei periodi di plenilunio. La paura era dipinta sul suo viso tondo e smunto e si leggeva chiaramente negli occhi acquosi.
Aprì il rubinetto per sciacquarsi la faccia, e il rumore dello scorrere dell’acqua gli impedì di sentirne altri. Fu quando tornò in posizione eretta che, guardando di nuovo allo specchio, con suo grande orrore vide tre maschere bianco-argentee emergere dall’ombra alle sue spalle.
Peter non fece neanche in tempo a reagire o gridare. I Mangiamorte lo immobilizzarono con un Impedimenta, e lui cadde per terra, cercando disperatamente di divincolarsi e strillando in preda al panico.
« Macnair sta facendo la posta davanti alla camera della tua mammina, quindi ti conviene fare silenzio » lo minacciò una voce fredda e strascicata che gli fece gelare il sangue nelle vene.
Peter ammutolì, fissando con gli occhi sbarrati dalla paura quelli che da tempo erano il suo peggiore incubo. I tre Mangiamorte gli puntavano le bacchette dritte al cuore.
« V-vi prego » piagnucolò, terrorizzato. « Non fateci del male… »
Uno dei Mangiamorte sghignazzò, divertito. Il terzo, che se ne stava più in disparte ed era molto più magro degli altri due, rimase in perfetto silenzio.
« Questo dipenderà soltanto da te, Minus » rispose l’uomo dalla voce gelida e strascicata. « Se farai il bravo, non avrai nulla da temere per te e per tua madre. Capito? »
Peter annuì, sconvolto. Non capiva cosa volessero da lui. Non era mai stato speciale per nessuno, figurarsi per dei Mangiamorte.
« Bene. Passo subito al dunque. Il Signore Oscuro ha bisogno di una spia che gli riferisca esattamente tutti i piani e le mosse dell’Ordine della Fenice. Che cosa ne pensi, Minus? Sei disposto a collaborare, o vuoi rifiutarti e fare la fine del tuo amico Dearborn? »
Peter aprì la bocca e la richiuse, ma non emise un solo suono. Era come se le corde vocali gli si fossero paralizzate. Stava succedendo tutto troppo, troppo in fretta.
« Facciamo a modo mio, Lucius » intervenne il Mangiamorte che prima aveva ridacchiato. « Io conosco il metodo migliore per far parlare i muti… »
« No, Rabastan, o ci sentirann- » esordì Malfoy, ma il terzo Mangiamorte, quello in disparte, si voltò verso la parete del bagno e pronunciò un incantesimo sottovoce.
« Muffliato… Ecco » disse, e Peter riconobbe all’istante la voce di Avery. « Ora potrà gridare quanto vorrà, ma nessuno potrà mai sentirlo oltre queste quattro mura ».
Rabastan Lestrange alzò la bacchetta con un ghigno sadico e la puntò contro Peter, che urlò.
« NO! Aspettate! »
Il Mangiamorte si bloccò un attimo prima di scagliare la Maledizione Cruciatus. Peter ansimava e non aveva la più pallida idea di cosa fare. Covava solo la vana illusione che qualcuno dei suoi lo venisse a salvare… Ma nessuno sapeva che fosse in pericolo. Era completamente solo.
« Allora, Minus? » sibilò Malfoy. « Non abbiamo tempo da perdere, perciò decidi in fretta. Se scegli di collaborare con il Signore Oscuro, vivrai. Se invece ti rifiuti, farai la stessa fine dei tuoi colleghi dell’Ordine della Fenice. La scelta sta a te ».
Peter tremava violentemente. Era in trappola e non poteva fare nulla. Non aveva scelta: tradire o morire?
« Ragiona » continuò Lucius. « La guerra la stiamo vincendo noi. Chiunque si opporrà al Signore Oscuro morirà. Chi invece lo ha servito con dedizione, verrà ricompensato oltre ogni immaginazione ».
« I tuoi compari ormai non sono più in grado di proteggerti » intervenne Avery, con l’aria di chi sa bene di aver toccato un tasto dolente. « L’Oscuro Signore invece può farlo ».
Peter fu scosso da un fremito. Avery non aveva tutti i torti. James e Sirius lo avevano difeso sempre a scuola, ma in guerra avevano difficoltà anche loro. Se era morto uno come Caradoc, nemmeno loro potevano considerarsi al sicuro; figurarsi lui, Peter l’imbranato.
Ma non posso tradirli! Sono i miei amici, pensò, disperato. Gli avevano dato tutti fiducia, compreso Silente. Ma come faccio a dire di no? Non guadagnerò nulla facendomi uccidere. Se accetto invece, almeno sarò vivo… e potrò sempre rimediare, forse fare in modo che a loro non accada nulla di male…
I volti di Remus, Sirius e James apparvero davanti a lui, immagini create dalla sua mente. Lo fissavano con aria di rimprovero ma la loro espressione era anche ferita. Non poteva farlo… ma non poteva non farlo.
Sono miei amici… e gli amici perdonano e capiscono, giusto? Non vorranno mica che io muoia per una guerra che stiamo per perdere? Loro lo capiranno tardi, ma capiranno. Non c’è altra scelta che quella di adattarsi al corso degli eventi. Non sono mai stato coraggioso. Loro lo sanno. Loro capiranno…
« Allora? » ringhiò Rabastan Lestrange, minacciandolo con la bacchetta. « Accetti o no? »
Peter rimosse dalla mente gli sguardi delusi dei suoi amici. La sua coscienza tentava un’ultima disperata resistenza, ma la paura di morire era più forte. Molto più forte.
Lui non voleva neanche entrare nell’Ordine della Fenice, in fondo. Lo aveva fatto per seguire gli altri tre…
E infine, con la gola che bruciava e la coscienza che gli rimordeva, pronunciò quell’unica parola che cambiò la sua vita e quella di molte altre persone.
« Accetto ».


L’ascensore si fermò e le grate dorate si aprirono con un gran stridio.
« Terzo livello. Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, comprendente la Squadra Cancellazione della Magia Accidentale, il Quartier Generale degli Obliviatori e il Comitato Scuse ai Babbani » annunciò la voce femminile dell’altoparlante.
Rachel esitò, facendo scorrere lo sguardo lungo il corridoio affollato, scoraggiata. Uscì dall’ascensore un secondo prima che le grate si richiudessero, e iniziò a camminare. Non sapeva nemmeno cosa le desse la forza di fare un passo dopo l’altro, forse l’inerzia. Di sicuro, sarebbe voluta tornare a seppellirsi in casa non appena aveva fatto il suo ingresso nell’Atrium del Ministero della Magia.
Ma ormai si era ripromessa che sarebbe tornata a lavorare. Le due settimane di permesso che aveva chiesto erano terminate, e doveva per forza riprendere il suo incarico per non essere licenziata. Non che le importasse – ormai nulla aveva più importanza – ma i suoi genitori avevano insistito così tanto che alla fine l’avevano convinta che tornare a lavorare le avrebbe fatto bene.
Percorse il corridoio fino a che non arrivò davanti ad una porta sulla quale una targa d’ottone recitava: Quartier Generale degli Obliviatori. Rachel la attraversò e si incamminò lungo un secondo corridoio, affacciandosi alla porta aperta di un ufficio.
« Buongiorno » esordì, dopo aver bussato.
« Ah, signorina Queen, bentornata! » esclamò un uomo seduto alla scrivania.
Arnold Peasegood, il suo capoufficio, era un mago piuttosto gioviale. Indossava sempre un fez rosso e un buffo monocolo che lo faceva sembrare più antiquato di quanto non fosse in realtà, a discapito dei suoi quarant’anni non ancora compiuti.
Rachel entrò, in silenzio. Il mago dovette capire che lei non fosse in vena di scherzi, perché passò subito al dunque.
« Be’, come vedi la tua mancanza si è sentita, qui dentro è un vero disastro… ti dispiace mettere a posto queste scartoffie? Ah, no, forse è meglio che ci pensi io. Caramell vuole un rapporto su quanto avvenuto l’altra notte al villaggio di Mould-on-the-Wold, e visto che tu sei stata la prima ad arrivare sul posto, ho pensato che sarebbe meglio se lo facessi tu. A proposito, complimenti per il tempismo ».
« Grazie » rispose Rachel con un tono piatto, andando a sedersi allo scrittoio di lato. Intinse la penna d’oca nella boccetta e si fermò a pensare a lungo, macchiando la pergamena d’inchiostro nero.
Non era molto sicura che fosse necessario inserire quello che era successo a casa Puddle. In fondo non c’entrava nulla con l’attacco dei Mangiamorte, sarebbe stato inutile aggiungerlo. Inoltre secondo lei doveva esserci un collegamento con la persona misteriosa che le aveva salvato la vita, mettendo Karkaroff fuori gioco. Non sapeva perché, ma se lo sentiva.
Dopo essersi riscossa, ripulì con un colpo di bacchetta la pergamena macchiata e iniziò a scrivere.
Proseguì a lavorare anche durante la pausa pranzo. Prima di uscire per un tè, Arnold le suggerì di riposarsi ma lei non ne volle sapere. Concentrarsi su quella relazione le faceva dimenticare, anche se solo per pochissimi istanti, ciò cui i pensieri tendevano continuamente. I suoi genitori avevano ragione: lavorare la faceva stare leggermente meglio, anche se avrebbe voluto che Regulus ci fosse come quando ascoltava tutti i suoi aneddoti sulla vita al Ministero, sui colleghi, sulle prime prove pratiche…
Rachel si accorse di aver riletto quel rapporto per la decima volta senza averci capito niente. Ormai si era distratta, e sarebbe stato molto più complicato tornare a concentrarsi. Si sforzò ma ogni suo tentativo fu vanificato dalla persona che entrò nell’ufficio in quell’istante.
« Ero sicura di trovarti qui » disse Emmeline Vance, avvicinandosi al suo scrittoio. « Ho sentito il tuo capo che parlava del tuo ritorno. Come ti senti? »
« Bene, grazie » mentì Rachel. « Tu che ci fai qui, comunque? »
« Ho appena sostenuto e passato il mio primo esame per diventare Auror: Occultamento e Travestimento » disse Emmeline, anche se non aveva un tono molto allegro. La scomparsa di Caradoc Dearborn doveva averla sconvolta.
« Complimenti » disse Rachel, sforzandosi di suonare cordiale. In realtà non ci riusciva proprio.
« Senti » disse Emmeline dopo alcuni secondi di silenzio. « Dovrei parlarti di una cosa ».
Aveva un’aria misteriosa, e il fatto che chiuse la porta dopo essersi assicurata che non ci fosse nessuno dei dintorni lo confermò. Rachel alzò lo sguardo sulla ragazza di fronte a lei.
« Che succede? » chiese, sospettosa.
« Niente. Solo, mi assicuro che nessuno ci senta. Ricordi di quando ti ho parlato della società segreta di cui faccio parte? »
Rachel la guardò, poco interessata.
« Sì, ma stai tranquilla, non ne farò parola con nessuno ».
« Lo so, di te mi fido. Proprio per questo mi sono permessa di parlare a Silente di te ».
« Cosa c’entra Silente? »
« L’ha fondata lui. Io… gli ho chiesto se fosse il caso di coinvolgerti, e lui sarebbe favorevole. Mi chiedevo se volessi unirti a noi anche tu » riferì Emmeline, un po’ a disagio.
Rachel le rivolse un’occhiata sorpresa, come se fosse convinta che si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto.
« Io? E perché dovrei? »
« Perché… hai un motivo per cui combattere Tu-Sai-Chi » rispose quella, di colpo imbarazzata, e Rachel sentì un dolore bruciante attanagliarle le viscere. « Scusa. Ci ho pensato quando ti ho vista combattere e ho voluto proportelo ».
Rachel non la guardò, limitandosi a fissarsi le unghie.
« È stata una cosa occasionale. Ho deciso di combattere perché mi sono ritrovata i Mangiamorte quasi sotto casa, ma non ho mai pensato di partecipare alla guerra in maniera attiva. Non penso di esserne capace. L’altra notte non sapevo nemmeno cosa fare ».
« Ma se hai catturato Karkaroff… »
« Non sono stata io. Sarei morta subito se qualcuno non mi avesse aiutata. E in ogni caso, dubito che gli altri componenti dell’organizzazione si fidino di me. Ti ricordo che sono la fidanzata di un ex Mangiamorte. E inoltre ho visto chi c’è con voi. Potter e i suoi amici pensano che i Serpeverde siano tutti Maghi Oscuri ».
« Silente non ragiona così. Lui sarebbe felice di averti tra noi, davvero ».
Rachel distolse lo sguardo. La proposta di Emmeline la aveva letteralmente spiazzata. Era vero che solo l’idea di Voldemort le faceva montare dentro la stessa furia della notte precedente, ma ricordava anche la preoccupazione dei suoi genitori quando l’avevano ritrovata in mezzo ai resti della battaglia. Non voleva farli preoccupare ancora. La sua situazione stava pesando già troppo in casa. E ricordava anche quello che ormai era diventato il suo obiettivo principale: scoprire cosa fosse accaduto a Regulus, tramite l’aiuto di Alphard. Si sentiva egoista in quel senso, ma le interessava di più proseguire nella propria ricerca piuttosto che scendere in campo contro Voldemort.
« Non c’è bisogno che decidi subito » disse Emmeline.
« Invece ho già deciso » rispose Rachel, concludendo la sua breve pausa di riflessione. « Mi dispiace, ma al momento ho altro a cui pensare. Non credo che Silente voglia tra i suoi una che ha altro per la testa ».
Emmeline non parve affatto delusa: probabilmente se lo aspettava.
« Ti capisco. Sappi però che l’offerta è sempre valida. Nel caso in cui cambiassi idea, basta che tu me lo dica ».
« Sì, sì, d’accordo » rispose l’altra, poco convinta.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, interrompendo la loro conversazione.
« Avanti » disse Rachel.
Quando la porta si aprì, nell’ufficio calò un’atmosfera tesa e spiacevole. Il nuovo arrivato si bloccò sulla soglia non appena vide Emmeline, la quale per un solo istante si fece di mille colori, poi riassunse il suo solito autocontrollo e gli riservò un’occhiata glaciale.
« Ciao, Barty » disse Rachel, nel tentativo di sciogliere un po’ il ghiaccio.
« Ciao. Ero venuto a salutarti » disse lui, ma Emmeline lo interruppe con freddezza.
« Io vado, Rachel. Ci vediamo » disse. Rachel annuì, e la ragazza si incamminò verso la porta con la massima dignità, passando accanto a Barty senza degnarlo di ulteriore attenzione.
Lui non disse nulla, ma per un po’ la seguì con lo sguardo fuori dall’ufficio.
A Rachel dispiaceva che tra loro due fosse finita così, ma di certo la colpa non era di Emmeline. Dopo essere stati insieme per tre anni, all’improvviso lui l’aveva lasciata senza un motivo. A Rachel aveva detto di essersi stancato, ma lei si era ben guardata dal dirlo a Emmeline: la ragazza non era ancora riuscita a farsene una ragione, nonostante sostenesse l’esatto contrario.
Tuttavia, a guardarlo bene, Rachel aveva il sospetto che lo stesso Barty fosse dispiaciuto per quella situazione… o forse era solo una sua impressione.
Barty si riscosse solo dopo qualche attimo e tornò a rivolgersi a lei, sorvolando su quanto accaduto poco prima.
« Bentornata ».
« Grazie » rispose lei, non riuscendo a fare a meno di rivolgergli uno sguardo di rimprovero. Barty tuttavia finse di non averlo notato.
« Mi sembra che tu stia meglio, o mi sto sbagliando? » le chiese, evitando quell’argomento.
« Sì, relativamente » bofonchiò Rachel, lasciandosi ricadere sulla sedia. « Comunque, mi dispiace. In questi giorni ti sei sempre informato sulle mie condizioni, ma io non ho mai chiesto come stessi tu. Eri il suo migliore amico ».
« Non preoccuparti per me » fece lui.
Rachel esitò, indecisa se fargli la domanda che le premeva dal giorno del funerale. Non capiva perché Regulus le avesse detto di non fidarsi di Barty. Forse aveva avuto paura che lei potesse essere coinvolta nelle sue vicende da Mangiamorte, e rimanere in contatto con il figlio di Crouch la avrebbe messa in pericolo. Ma Barty si stava dimostrano un vero amico e le dispiaceva essere sospettosa nei suoi confronti, certa che lui non meritasse tutta quella diffidenza.
« Senti, per caso negli ultimi tempi Regulus ti aveva fatto capire che qualcosa lo preoccupava? » non poté fare a meno di chiedere: se doveva aspettare che Alphard scoprisse qualcosa, voleva a sua volta informarsi il più possibile.
Barty rispose con una smorfia.
« Lo sai che dopo la fine della scuola ci siamo allontanati » rispose Barty, impassibile. « Lui era diventato un Mangiamorte, quindi ha pensato di tagliare i ponti con me. Non posso sapere nulla di quello che ha fatto in seguito, mi dispiace ».
Rachel cercò di nascondere la propria delusione, ma non ci riuscì. Quell’attesa la stava logorando. Perché Alphard non aveva ancora scoperto nulla? Era quella la pista giusta da seguire, ne era certa. Ma doveva aspettare ancora e ancora. Non ne poteva più.
Tuttavia, l’attesa fu più breve del previsto. La mattina dopo infatti, mentre stava facendo colazione, Rachel vide un gufo nero entrare dalla finestra, planare sul tavolo e posarsi di fronte a lei.
Il biglietto che il volatile le consegnò era molto breve e non diceva nulla di esplicito, ma le provocò un’emozione incontrollabile.
Alphard aveva scoperto qualcosa.


Fece girare la chiave nella toppa, e la porta che occupava tutta la parete si aprì cigolando. Alphard fece il suo ingresso in un’ampia stanza con decine e decine di scaffali colmi di libri. La luce del mattino illuminò improvvisamente l’aula quando lui aprì le tende con un colpo di bacchetta.
« Ecco, entra pure » disse, tenendo la porta aperta alla ragazza.
« È questa? » domandò Rachel, facendo scorrere lo sguardo lungo la libreria.
« Sì » rispose l’uomo, soffermandosi ad osservare la sua espressione. Era già stata una sorpresa trovarsela davanti alla porta di casa soltanto mezzora dopo averle mandato un messaggio via gufo, ma il suo comportamento dava ancora più da pensare: Rachel aveva una luce negli occhi, come se fosse certa di ottenere tutte le risposte che cercava alle sue domande. Non avrebbe voluto essere proprio lui a deludere le sue aspettative, ma non poteva fare altrimenti.
« Qual era il libro? »
Alphard la condusse oltre i primi tre scaffali e svoltando in un corridoio tra il terzo e il quarto a destra. In fondo, la parete si apriva con una finestra, sotto la quale c’era un tavolino pieno di vecchi tomi rilegati in pelle.
Lui prese in mano quello più logoro, ne spolverò la copertina di pelle e glielo porse.
« All’inizio non riuscivo a ricordare quali volumi Regulus avesse consultato l’ultima volta che è venuto a trovarmi. In queste ultime settimane ho cercato e ricercato per tutta la biblioteca, nel tentativo di trovarlo. Infine questa notte mi è tornato in mente un dettaglio, e l’ho riconosciuto » spiegò, mentre Rachel leggeva il titolo. « È un libro di Magia Nera ai massimi livelli, e non so cosa ci facesse. Ti assicuro che anche tra i Maghi Oscuri sono pochi quelli che metterebbero in pratica le cose che sono scritte qui dentro ».
Rachel iniziò a sfogliare il libro, in cerca di qualcosa. Alphard continuava a guardarla con preoccupazione. Era solo la seconda volta che la incontrava, ma vederla ridotta in quello stato gli provocava un’enorme angoscia, come se la conoscesse da secoli. In fondo Regulus gliene aveva sempre parlato, e inoltre era la figlia del suo vecchio migliore amico, quindi non poteva considerarla semplicemente un’estranea.
« Non vedo nulla… » fece lei, impaziente.
« Appunto » rispose Alphard, prendendole gentilmente il volume e sfogliandolo a sua volta. « Guarda. Non hai notato che manca qualcosa? »
E indicò il libro aperto.
Rachel allungò lo sguardo sul punto che lui stava indicando, e sussultò, lanciando poi un’esclamazione di stupore.
« Le pagine! » disse, incredula e sconvolta.
Dopo pagina ventitrè, infatti, la numerazione ne saltava una ventina, passando subito alla quarantasette.
« Non me ne ero accorta » disse, col cuore in gola. « Le ha fatte Evanescere di nascosto! Ha eliminato il capitolo che gli interessava, perché nessun altro lo leggesse ».
« Proprio così » confermò Alphard, cupo. « Mi dispiace ».
Rachel ora sembrava letteralmente in preda alla disperazione.
« Non posso crederci… »
Lui fissò il volume, a sua volta ancora incredulo della propria scoperta. Si sentiva immensamente stanco e aveva la sensazione che ultimamente tutte le brutte sorprese gli scivolassero addosso. Era tutto troppo da sopportare. Non riusciva a concepire come Regulus avesse potuto tenere nascosta ogni cosa a tutti, senza chiedere aiuto e senza confidarsi con nessuno.
« Si ricorda di che argomento trattavano le pagine mancanti? » chiese Rachel, tremando di rabbia.
Alphard scosse la testa, affranto.
« Non è un libro che ho letto spesso » rispose. Poi, vedendola versare in una condizione di totale sconforto, cercò di trovare delle parole adatte a darle un minimo di incoraggiamento. « Senti, credo che a questo punto sia meglio non indagare oltre. Anche io vorrei sapere cosa gli è successo e perché, ma se lui si è dato tanto da fare per impedirci di scoprirlo, forse sarebbe meglio rispettare le sue ultime volontà. Non lo credi anche tu? »
Lei non parve affatto convinta da quella proposta, e Alphard non poté biasimarla. Lui stesso non credeva alle proprie parole, né si sarebbe mai rassegnato all’idea di non sapere il segreto di suo nipote.
Quanto a Rachel, ricevere quel brutto colpo fu come se Regulus fosse morto una seconda volta. Non voleva rassegnarsi a restare nel dubbio per sempre, ma si rese conto di non poter fare altrimenti. L’argomento generale del libro era troppo generico: era chiaro che Voldemort aspirasse all’immortalità, ma non era il primo Mago Oscuro a desiderarlo, e da quell’indizio non poteva ricavare molto di concreto.
Senza volerlo, si sentì quasi furibonda nei confronti di Regulus. Perché le aveva impedito in tutti i modi di sapere la verità?
Era confusa e si sentiva di nuovo perduta e senza uno scopo da raggiungere, esattamente come prima di incontrare Alphard al funerale. Aveva il terrore di ripiombare nell’apatia da cui era uscita a stento, e neanche del tutto.
Forse, pensò, era giunto il momento di dedicarsi a qualcos’altro che la facesse sentire ancora utile per qualcuno.


*Angolo autrice*
Comincio a parlare di Peter e poi passo al resto. Penso che all'inizio abbia deciso di collaborare con Voldemort solo per paura ma che sperasse di poter evitare di far morire i suoi amici (il come preferiva non chiedeselo). Almeno in questa storia, all'inizio si farà trascinare dagli eventi, ma poi le cose si metteranno in modo tale che non potrà stare con un piede in due staffe e dovrà scegliere a chi essere fedele... e ovviamente a condizionare la sua decisione saranno la paura e l'opportunismo.
Rileggendo il capitolo ho notato che Lucius e Rabastan sembrano il poliziotto buono e quello cattivo! XD

Poi, visto che ho introdotto il Ministero della Magia, devo fare qualche precisazione. Rachel sta facendo un apprendistato per diventare Obliviatrice e quindi lavora con assistente nell'ufficio di Arnold Peasegood (Obliviatore nominato da Arthur nel Calice di Fuoco). Emmeline sta studiando per diventare Auror, ed è al primo anno di addestramento.
Su Barty ho cambiato un po' di cose. In "Eroi..." doveva fare a sua volta il corso per Auror, ma quest'estate ho modificato questa parte perché ho pensato che in fondo gli Auror sono relegati in uffici piccoli e sfigatissimi, e dubito che Crouch senior avrebbe voluto che suo figlio si riducesse ad avere una scrivania sbilenca. Sicuramente avrebbe preferito che facesse carriera come lui.
Quindi Barty al momento studia Magisprudenza
e fa pratica all'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, tanto per avere una copertura ancora migliore da bravo figlio di papà!

Quanto a Rachel, ripenserà alla proposta di Emmeline? Chissà. Secondo me, con Regulus ancora vivo, non sarebbe mai entrata nell'Ordine, perché non condivide proprio tutte le loro idee (lei crede che i Lupi Mannari sono tutti come Greyback, non sa che ce ne sono anche come Remus, e Silente lo vede come un vecchietto un po' fuori di testa) ma ora la voglia di sfogare la rabbia e vendicarsi potrebbe portarla a ripensarci. Avrete la risposta nel prossimo capitolo.


Riguardo al capitolo scorso, vi dico solo che non è detto che chi ha salvato Rachel sia la stessa persona che c'era nella casa dei Puddle! Stop, non dico altro!

Penny Black: diciamo che Perseus è molto testardo, ma prima o poi si renderà conto di quello che ha fatto Regulus. Non ho tirato fuori il collegamento stelle-nomi dei Black solo perché l'ho già fatto un sacco di volte e non volevo ripeterlo. Le tue idee nella prima parte della recensione non sono affatto campate in aria, anzi, hai molto intuito!
Alohomora: Tanti Auguri!!! Bè, tu ne sai più di tutti gli altri su cosa ho in mente, quindi sei avvantaggiata! Emmeline ci ha pensato prima di te a proporre a Rachel dell'Ordine, ma lei non è molto convinta. Questo non significa che non accetterà, ma al momento ha altro a cui pensare! Presto inizierò il tuo disegno: ora ho poco tempo, quindi non l'ho ancora cominciato =(
quigon89: i Mangiamorte hanno attaccato Caradoc semplicemente perché era nell'Ordine della Fenice, non c'è niente di misterioso in questo! Anche a me piace Alice, è sempre molto gentile con tutti, ma darò spazio anche a Remus il prima possibile!
Lenobia: Emmeline sarà sempre più presente, via via che la storia si sbroglierà un po', e anche Alice e Andromeda... insomma, spero di parlare a sufficienza di tutti! Poi l'Ordine della Fenice originario ha un sacco di personaggi promettenti, ma che non sono spesso considerati. Hai ragione, la casetta Puddle non è affatto inutile!
Mirwen: come ho già detto, in questa storia mi soffermerò molto su Emmeline, più che in questa prima parte, che altrimenti non finirebbe più! Non so come mai ma mi viene estremamente facile descrivere Malocchio!
malandrina4ever: penso che tu abbia molto da parlare di Peter adesso, vero? Per quanto riguarda le tue ipotesi (anzi, mi sembri abbastanza convinta) non posso specificare nulla, ma non sono del tutto sbagliate, anzi, in un caso ci sei andata vicina... Lo ammetto, mi diverto un sacco a fare la misteriosa! XD
RF09: lo so, a volte un po' d'isteria colpisce tutti! u.u Lo spiegherò esplicitamente nei prossimi capitoli, ma Karkaroff per adesso non parlerà, perché Voldemort è ancora a piede libero. Penso che abbia deciso di collaborare dopo la caduta di Voldemort, per essere al sicuro! Dai ormai è normale che piova sempre: siamo in autunno! XD
Beatrix Bonnie: ahah, il vecchietto babbano mi ispirava troppo! Avrei voluto anche farlo dilungare sulle sue esperienze durante la II guerra mondiale, ma dubito che Rachel le avrebbe trovate interessanti ("questi giovani di oggi, non ascoltano mai gli anziani"!!). Perseus non è un marito facile da sopportare, ma Diane sa come prenderlo!
bellatrix18: infatti l'Ordine della Fenice sarà molto presente, soprattutto nella seconda parte della storia, interessa anche me! E certo che ci sarà Silente! Anzi, sarà uno dei protagonisti principali! Hai ragione, a volte le soluzioni semplici sono migliori, anche perché se ci si complica troppo la vita si rischia di non capirci più niente!
Lellas92: è proprio per la sua perfezione irritante che ho fatto Lily negata ai fornelli! Il povero Harry farebbe la fame comunque! XD Il Rasoio di Ockham! Mi risveglia molti ricordi... per lo più brutti u.u Ahah, tu non puoi saperlo, ma hai detto una cosa che si avvicina mooolto alla soluzione dell'enigma! Ma non posso dirti cosa! o_O
_Mary: per ora Rachel non si sente adatta ad entrare nell'Ordine, ma non è detto che non ci ripensi! E in ogni caso Emmeline comparirà parecchio, sto proprio per scrivere un pezzo dal suo punto di vista! I tuoi film mentali non è detto che non siano veri, ma non è neanche detto che siano del tutto esatti... un po' e un po'! Lo scoprirai a breve comunque!
meissa_s: io adoro parlare delle cose Babbane dal punto di vista dei maghi Purosangue, è divertentissimo! XD Nemmeno Rachel ha mai pensato ad entrare nell'Ordine come puoi vedere, ma Emmeline intanto glielo ha proposto, poi si vedrà! Perseus prima o poi dovrà rendersi conto che Regulus è stato un eroe!
lyrapotter: non sei l'unica fan di Remus qui, e ho già promesso a Beatrix che ci sarà un bel pezzo introspettivo tutto per lui, contenta? Però hai ragione, io e Malandrina riempiamo le tue storie con commenti deliranti, quindi scatenati pure! Mi interessano un sacco i personaggi poco considerati, quindi preparati perché ne parlerò!
nefertari83: già, anche io ho difficoltà a pensare che la povera Emmeline è stata uccisa all'inizio del sesto libro. Adoro i personaggi secondari come lei (secondari? Piuttosto terziari, o ancora più sconosciuti ai più!) quindi mi piace parlarne... e lo farò, puoi contarci!
DubheBlack: sono davvero felicissima che Emmeline piaccia a molti di voi, e sì, comparirà spesso in questa storia! Ahah, l'idea dei fuochi di dentifricio è nata ancora prima del capitolo stesso, mi piaceva un sacco! XD
Circe: grazie! I dialoghi mi preoccupano sempre un po', soprattutto quelli che coinvolgono parecchie persone tutte insieme, quindi sono felice per quello che mi hai scritto! Non preoccuparti per il ritardo, purtroppo le connessioni fanno sempre scherzi di pessimo gusto! XD
PenPen: ho un paio di idee su come si sono messi insieme i genitori di Rachel, e in effetti ci sto pensando da parecchio, quindi potrei anche inserire un aneddoto del genere da qualche parte! Allora, la madre di quel povero bimbo Babbano è sana e salva e lo ha ritrovato poco dopo che Rachel lo ha sottoposto all'Oblivion!
dirkfelpy89: anche se ti sei stancato, beato te che hai ricominciato l'uni! Noi invece siamo ancora in piena protesta anti Gelmini, e le lezioni le sto vedendo col binocolo purtroppo =( Sono contenta di rendere realistiche le emozioni di Rachel, mi sto immedesimando sempre di più in lei!

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Capitolo 7
*** L'Ordine della Fenice ***



Non può piovere per sempre

Capitolo 7
L’Ordine della Fenice
 
Una settimana più tardi, dopo cena, mentre Perseus se ne stava in salotto a leggere le notizie della Gazzetta del Profeta, Rachel bussò alla porta della stanza dei genitori, in cui Diane stava aiutando l’elfa domestica Sory a sistemare la biancheria nei cassetti. L’elfa si confondeva facilmente e ogni volta sbagliava cassetto, quindi Diane preferiva controllarla.
« Mamma, posso palarti? » esordì Rachel, esitante.
« Certo. Sory, puoi andare » rispose la donna.
Quando l’elfa  fu uscita dalla stanza, Diane guardò sua figlia con curiosità.
« Dimmi ».
Rachel esitò di nuovo. Non sapeva quale fosse il modo migliore per dirle una cosa del genere, sempre se esisteva.
Da un paio di giorni stava pensando alla proposta di Emmeline. All’inizio aveva rifiutato con convinzione ma, ora che non aveva più alcuno scopo cui aggrapparsi disperatamente, l’idea iniziava a tentarla. La delusione aveva presto fatto posto ad una rabbia inaudita e spesso Rachel si era ritrovata a soffermarsi su pensieri che mai avrebbe creduto di fare. Se solo non fosse stata una semplice ragazza priva di doti eccezionali, avrebbe voluto scontrarsi con Voldemort in persona e fargli provare tutto il dolore che lui le aveva causato. Sapeva che fosse impossibile, e che Voldemort la avrebbe potuta uccidere senza alcuno sforzo, ma la sete di vendetta che iniziava a nutrire la spingeva a fare qualcosa per combatterlo.
In quel periodo si sentiva molto individualista, ma sapeva anche che da sola non avrebbe avuto alcuna possibilità. Con l’Ordine della Fenice invece avrebbe potuto complottare ai danni di Voldemort, e al momento questa era l’unica cosa che poteva fare. Non le importava molto ciò che gli altri avrebbero pensato di lei.
Il vero problema erano i suoi genitori. Se avesse accettato, li avrebbe messi in pericolo di vita, e non voleva perdere anche loro. Emmeline le aveva assicurato che Silente avrebbe fatto di tutto affinché la sua famiglia fosse al sicuro, ma Rachel aveva paura lo stesso.
Nonostante avesse frequentato Hogwarts per sette anni, non aveva mai avuto l’occasione di conoscere bene il Preside, e non poteva fare a meno di condividere la visione che i Serpeverde, anche i meno estremisti, avevano di lui: un vecchio strambo, che emanava affidabilità certo, ma che sembrava molto diverso dal grande mago che aveva sconfitto Grindelwald. Di sicuro, a suo parere, era troppo permissivo.
In ogni caso, Rachel non avrebbe mai preso una decisione così importante senza il consenso di sua madre. Su quello del padre non ci sperava nemmeno: sapeva quanto Perseus poteva essere protettivo, anche se in quel caso avrebbe avuto tutte le ragioni.
« Silente ha fondato una società segreta per combattere i Mangiamorte » esordì, e Diane la guardò con stupore.
« Non mi pare poi così segreta, se tu la conosci ».
« Conosco una persona che ne fa parte ».
Diane scosse la testa.
« D’accordo, e con questo cosa vorresti dirmi? »
Rachel prese un gran respiro e continuò.
« Secondo te potrei entrarne a far parte? »
Un silenzio carico di paura, scese tra di loro. Ci fu una lunga pausa, durante la quale Rachel sentì addosso lo sguardo carico di terrore di sua madre, ma non ebbe il coraggio di guardarla a sua volta.
« Mi stai chiedendo il permesso di mandarti a morire? » La voce di Diane tremava, ma lei fece del suo meglio per non farlo notare, nonostante il pallore. « Rachel,  perché vuoi farlo? »
« Mamma, dopo quello che è successo, non riesco a starmene con le mani in mano. Non potrei sopportare che Tu-Sai-Chi vinca questa guerra senza che io abbia alzato un dito per fermarlo ».
« È una decisione da incoscienti » disse Diane, ma Rachel la interruppe.
« Ci ho pensato molto, e so quello che si rischia. Però so anche che, se prendessi questa decisione, voi passereste i guai per colpa mia. Quindi se non volete, lascio perdere. Non voglio mettervi in pericolo ».
« Non è questo il punto. Anche ora siamo in pericolo. Se Tu-Sai-Chi non è ancora venuto a cercarci, è solo perché non siamo tra le famiglie Purosangue più importanti. Ma prima o poi vorrà averci tra i suoi, e visto che nessuno di noi è intenzionato a seguirlo, correremo seri rischi. Questo lo sappiamo, e stiamo già pensando a nasconderci quando sarà il momento. Ma che tu vada a combatterlo direttamente è tutta un’altra faccenda ».
Rachel la guardò e si sentì in colpa: non aveva mai visto tanta paura nel suo volto.
« Se stai dicendo sul serio, preferirei che ne parlasse la famiglia al completo. Vado a chiamare tuo padre » disse Diane, ma Rachel la fermò, ansiosa.
« No… non voglio che lui lo sappia » la supplicò.
« Non puoi non dirglielo! »
« Ma lui non mi ascolterebbe nemmeno. Senti, lo so che non vuoi, ma Regulus è morto per colpa di quel mostro, e io voglio fare qualcosa. Papà non capirebbe: lui odiava Regulus e continua a detestarlo anche ora » aggiunse, con un tono talmente amaro che Diane le posò una mano sulla spalla e le fece cenno di sedersi sul letto.
« Non è che lo odia » disse, nonostante l’espressione scettica della figlia. « Sai com’è fatto tuo padre, non perdona facilmente. E quando si tratta di te non ragiona più ».
« Appunto. Mi impedirebbe di combattere perché non vuole che mi accada niente… »
Rachel si trattenne appena dall’aggiungere che tutto quel che poteva capitarle di peggio era già successo: non voleva suonare troppo vittimista.
« Nemmeno io voglio che ti accada nulla » replicò Diane con forza. « So che sei maggiorenne e, se tu volessi davvero combattere Tu-Sai-Chi, non potrei impedirtelo, ma non posso dire di essere contenta di questa tua decisione ».
Rachel abbassò lo sguardo, incupita. Sapeva che anche sua madre si sarebbe opposta, e non poteva biasimarla: al suo posto avrebbe fatto lo stesso, era naturale. Piuttosto, si chiedeva se anche Emmeline e gli altri avessero avuto lo stesso problema. Forse loro non lo avevano raccontato a nessuno.
« Mamma, non voglio che rischiate la vita a causa mia, quindi… »
« Forse non hai capito che io e tuo padre ci interessiamo più della tua vita. Rachel, io apprezzo il tuo coraggio e sono fiera di te per il modo in cui stai affrontando questo periodo. Ma ricorda che sono sempre tua madre e non puoi pretendere che ti dia il permesso di andare a combattere senza battere ciglio... ».
Si fermò per sospirare, ma riprese quasi subito: « Però non sono cieca: so che la guerra riguarda l’intera comunità magica e che prima o dopo tutti noi saremo costretti a combattere apertamente ».
La donna tacque per un po’. Rachel avvertiva su di sé lo sguardo preoccupato e gli occhi lucidi della madre e si sentì sempre più in colpa.
Stava per rinunciare, quando Diane aggiunse, guardando la figlia con evidente sofferenza:
« Ascolta, dammi un po’ di tempo per riflettere ».
Rachel annuì. Non voleva metterla in crisi, ma la furia vendicativa che covava dentro la esortava a proseguire su quella strada. Voleva combattere Voldemort e, per quel poco che poteva, impedirgli di vincere quella guerra. Ma soprattutto, voleva fargliela pagare, per Regulus.
 
 
Percorreva Diagon Alley a passo veloce, in direzione della Gringott. Non aveva mai visto quella strada a dicembre. D’estate era sempre piena di vita e di studenti che dovevano fare i loro acquisti per la scuola, mentre in quel periodo si incontrava molta meno gente, e tutti andavano sempre di corsa, neve permettendo.
Quando fu giunta sotto la scalinata di marmo della banca dei maghi, vi trovò Emmeline in piedi ad aspettarla. La ragazza indossava un pesante mantello blu notte e sembrava infreddolita.
« Scusa se ti ho fatto aspettare » esordì Rachel, raggiungendola.
« Non preoccuparti. Allora, i tuoi si sono convinti? » chiese Emmeline, tranquilla.
« Diciamo di sì… »
In realtà Diane le aveva dato il permesso ad una condizione: che Rachel non si azzardasse ad andare in battaglia senza aver prima bevuto una goccia di Felix Felicis, di cui lei avrebbe preparato una notevole scorta. In quel momento infatti, Rachel ne teneva una fiaschetta dentro la tasca interna del mantello. Era stata istruita a dovere sui pericoli dell’utilizzare troppa Felix Felicis e sapeva di doverla bere solo in casi di estrema necessità.
Quanto a Perseus, Diane si era rifiutata di mentirgli su una cosa così importante. Lui aveva fatto il diavolo a quattro per almeno una settimana, ma alla fine aveva ceduto, più per la presenza della Felix che per la determinazione della figlia.
Rachel ed Emmeline si incamminarono lungo la via.
« Dove siamo dirette? »
« Non posso dirtelo a voce » rispose Emmeline, guardandosi intorno con circospezione. « Lo vedrai ».
Uscirono da Diagon Alley e si immersero nella trafficate vie di Londra, mescolandosi ai Babbani. Ad un certo punto Emmeline la trascinò in un vicolo deserto, dal quale si dileguarono insieme, tramite la Materializzazione Congiunta.
Il frastuono delle strade londinesi non rimbombò più nelle loro orecchie, quando apparvero in mezzo alla verde campagna del Kent.
Rachel guardò l’amica con perplessità: non si vedeva neanche una casa. Ma quella si incamminò senza esitazioni. Nel frattempo, snocciolava uno dopo l’altro alcuni avvertimenti.
« Ricordati che non devi dire a nessuno quello che facciamo, neanche ai tuoi genitori: sarebbe rischioso per loro. E ricorda che le spie sono dappertutto ».
Rachel annuì, fingendosi sicura. Non poteva non ammettere a se stessa di avere paura, ma era decisa a non dimostrarlo.
« Hai già parlato agli altri di me? » chiese, preoccupata.
« Certo. Silente era entusiasta quando gli ho detto che avevi accettato ».
Il fatto che non aggiungesse altro le diede da pensare.
« Gli altri non si fidano, vero? Lo sapevo. Appena sentono parlare di Serpeverde storcono il naso ».
« Per molti non c’è problema. Per altri… bè, il fatto è che di questi tempi si tende a non fidarsi di nessuno. Ma vedrai che si abitueranno presto… Siamo arrivati ».
Si erano fermate in mezzo al nulla. L’unica cosa che Rachel vedeva era un vecchio albero sbilenco.
Lanciò un’occhiata sempre più perplessa a Emmeline, la quale tuttavia si era avvicinata all’albero e, dopo essersi guardata prudentemente intorno, aveva appoggiato la bacchetta sul tronco, sussurrando una parola d’ordine che Rachel non udì. Un attimo dopo, le due ragazze si ritrovarono in un giardino curato che circondava una casa a due piani con il tetto color del cielo.
« Benvenuta al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice. Siamo appena in tempo per la riunione di oggi » disse Emmeline, accostandosi alla porta e suonando il campanello.
Dopo alcuni istanti, una voce aggressiva rispose da dietro l’uscio.
« Chi è? »
« Sono io ».
« Fatti riconoscere o resti fuori ».
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
« Sono Emmeline Vance, diplomata a Hogwarts con nove M.A.G.O., studio per diventare Auror, il mio Patronus è una civetta e porto con me la ragazza di cui ha parlato Silente ieri sera. Adesso possiamo entrare? »
Si udì il rumore di un chiavistello, e poi la porta si aprì. Rachel si ritrovò davanti Malocchio Moody. Lei non era tipo da lasciarsi impressionare, ma quell’uomo aveva qualcosa di inquietante nel modo in cui il suo occhio finto la fissava.
« Sicura che sia lei? » chiese, rivolto ad Emmeline.
« Le assicuro che lo è » rispose questa, esasperata.
Moody a quanto pare si lasciò convincere e le fece entrare in fretta nell’ingresso. Rachel ebbe appena il tempo di guardarsi intorno, quando qualcosa di enorme le si abbatté sulla schiena, facendola quasi cadere per terra.
« Ehi, Rachel… Ops, ti sei fatta male? »
« Hagrid… » ansimò lei, col fiato mozzo.
« Certo che si è fatta male » intervenne Moody, irritato. « Hagrid, devi smetterla di abbattere tutte le nuove reclute. Come se non fossimo già pochi ».
« Ehm, scusa, sono mortificato » balbettò il guardacaccia, fissando Rachel con preoccupazione.
« Va tutto bene » lo rassicurò lei.
« Come sta Attila? Quel gatto mi manca un sac- »
« Parleremo più tardi degli animali domestici » ringhiò Moody. « Adesso andiamo in salotto, non è tempo di distrarsi. In marcia ».
Rachel seguì l’Auror, Emmeline e Hagrid lungo un corridoio con una moquette blu. Era piuttosto nervosa, soprattutto perché temeva di essere guardata con sospetto.
Inoltre aveva paura di non riuscire ad essere abbastanza cordiale. Era una sensazione nuova per lei: un tempo era stata molto espansiva, ma ultimamente aveva dimenticato anche come si sorrideva.
Quando entrarono nella sala da pranzo, questa le sembrò davvero molto piccola, ma poi si rese conto che in realtà era occupata da almeno una quindicina di persone.
La maggior parte dei presenti era seduta intorno al tavolo da pranzo, altri se ne stavano in disparte a parlare e un gruppetto era estremamente chiassoso.
Fu la prima cosa che notò. Si era aspettata un’atmosfera cupa e cospiratoria ma, nonostante molti avessero delle espressioni serie, c’era anche chi riusciva a mantenere un po’ di moderata allegria.
In un attimo, decine di sguardi saettarono verso di lei, e Rachel non poté fare a meno di sentirsi a disagio. Aveva l’impressione di essere sotto accusa, ma presto si rese conto di aver esagerato.
Alice Paciock le si avvicinò spontaneamente, accogliendola con un sorriso gentile.
« Sono contenta di vederti qui! Benvenuta ».
« Grazie » rispose Rachel, salutando anche il marito di Alice, Frank: aveva la stessa età della moglie, ma il suo sguardo determinato lo faceva apparire più maturo. Al contrario di Alice, sembrava molto più diffidente. Rachel finse di non essersene accorta.
« Lei è Rachel Queen » la presentò Emmeline, parlando agli altri. « Rachel, lui è Dedalus Lux, il padrone di casa ».
Un uomo dall’aria molto gioviale ed estroversa la salutò, togliendosi dal capo un cappello viola.
« Loro invece sono Elphias Doge e Edgar Bones ».
Doge era un mago anziano dai capelli argentei e indossava un copricapo piuttosto singolare.
Edgar Bones invece era un uomo sulla quarantina, con i capelli rossi tagliati in modo tale da farlo sembrare un porcospino.
« Sturgis Podmore » continuò Emmeline, indicandole un ragazzo della stessa età dei Paciock. Aveva la mascella quadrata e così tanti capelli da dare l’impressione che avesse un pagliaio sulla testa. La salutò con un rapido cenno: sembrava molto introverso.
« Piacere, Dorcas Meadowes » si presentò una giovane donna di colore. La sua stretta di mano era molto forte e decisa, caratteristica che Rachel apprezzava sempre nelle persone.
« Loro più o meno li conosci già di vista » continuò Emmeline, indicandole Lily e James Potter. Rachel rivolse loro un saluto piuttosto neutro.
Remus Lupin sembrò parecchio a disagio quando le strinse la mano, mentre Peter Minus era talmente pallido e stralunato che a mala pena le diede retta, e questo non migliorò il giudizio, già ampiamente negativo, che Rachel aveva di lui.
Lei e Sirius Black si salutarono molto di fretta e senza guardarsi negli occhi. Nessuno dei due voleva pensare all’ultima volta che si erano visti, davanti alla tomba di Regulus.
Con l’unica eccezione di Lily Evans, era chiaro che fossero soprattutto loro a dubitare di Rachel.
« E infine » disse Emmeline, interrompendo quell’attimo di imbarazzo, « i fratelli Prewett: Gideon e Fabian ».
I Prewett erano molto simili tra di loro: avevano gli stessi capelli rossi e i medesimi occhi castani, con tanto di lentiggini. Tuttavia, uno era alto e magro, mentre l’altro era tarchiato. Quello più alto, Gideon, era chiaramente il maggiore. Indossava una giacca di velluto e portava il pizzetto, che gli conferiva un’aria più matura. Fabian invece indossava degli abiti sportivi. A differenza del fratello, era del tutto sbarbato, con un’aria disordinata e una perenne espressione vivace.
Emmeline aveva pronunciato i loro nomi con una certa esasperazione, e Rachel ne comprese il motivo solo quando salutò Fabian e gli strinse la mano… che si staccò!
Rachel per un attimo rimase a stringere la mano finta, poi Fabian scoppiò a ridere.
« Non è possibile, l’ha rifatto » disse Emmeline, con l’aria di chi ha a che fare con un bambino di due anni.
« Fabian, così la spaventi » intervenne Gideon, rivolgendosi poi a Rachel. « Non farci caso: ha battuto la testa da piccolo ».
« Cosa avete contro i giochi di prestigio babbani? » protestò Fabian, offeso.
« Forse il problema è che non sai farli ».
« Stavolta ha funzionato! Sei solo invidioso » ribatté Fabian, tornando a sua volta a parlare con una alquanto perplessa Rachel. « Mio fratello è peggio di me, però finge di essere una persona seria. Tanto lo sanno tutti che ha Confuso il Preside per essere eletto Caposcuola ».
« Buffone… »
« Lascia perdere » intervenne Emmeline, portando via Rachel. « Fabian è tremendo, scherza sempre nei momenti meno opportuni. E Gideon gli dà corda, non lasciarti ingannare dalle apparenze, anche se è vagamente più maturo… forse ».
« D’accordo » rispose Rachel, lanciando un’occhiata ai due fratelli che si stuzzicavano a vicenda. « Ma Silente non c’è? »
« Arriverà tra poco » le rispose Dorcas Meadowes. « Invece la McGranitt e Aberforth hanno il loro lavoro da sbrigare, quindi non potranno essere presenti ».
Rachel aggrottò la fronte.
« Lo stesso Aberforth della Testa di Porco? » chiese, sorpresa.
« Proprio lui » disse Emmeline. « È il fratello minore di Silente. Me ne sono meravigliata anche io la prima volta che l’ho saputo ».
In effetti, ora che ci pensava, Rachel notava una certa somiglianza fisica tra i due, ma non aveva mai conosciuto due fratelli così diversi e opposti… forse ancora più differenti di Regulus e Sirius.
Albus Silente arrivò proprio in quel momento. Rachel non lo aveva mai visto fuori scuola e dovette ammettere che quel giorno non sembrava poi così buffo.
« Ah, vedo che sei già arrivata » le si rivolse lui, cordiale. « Molto bene. Prima di cominciare con la riunione vera e propria, pensavo di fare quattro chiacchiere in privato, sempre se non ti dispiace ».
« Oh, va bene » acconsentì lei, felice di togliersi al più presto da sotto i riflettori.
« Dedalus, dove possiamo sistemarci? » domandò Silente.
Lux scattò in piedi e li condusse fuori dal salotto, attraverso il corridoio, finché non li fece entrare in una cucina piccola ma ben illuminata.
« Non è un gran che, ma in fondo è una semplice casa di campagna » disse, a mo’ di giustifica.
« Andrà benissimo, grazie » rispose Silente.
Quando Dedalus se ne fu andato, Silente si accomodò ad un lato del tavolo e invitò Rachel a sedersi di fronte a lui.
« Gradisci un po’ di Succo di Zucca? » le chiese, agitando la bacchetta e facendo apparire due bicchieri.
Lei annuì. L’anziano Preside di Hogwarts versò la bibita nel suo bicchiere e gliela offerse.
« Dunque » esordì. « Devo dire di essere molto contento di averti tra noi. Sei sempre stata un’ottima studentessa e ho molta fiducia in te ».
Rachel si meravigliò: a scuola era stata spedita nell’ufficio di Silente solo quando aveva infranto qualche regola, e lui si era limitato a toglierle qualche punto mascherando un sorrisetto divertito. Non aveva idea che avesse quell’opinione di lei.
« Immagino che tu abbia bisogno di qualche delucidazione. Tanto per cominciare, tu sai qual è il vero obiettivo di Lord Voldemort? »
Rachel sussultò, spaventata.
« Lei pronuncia il suo nome? » farfugliò.
« Esatto. L’intero Ordine della Fenice lo nomina. Se ne meravigliano un po’ tutti, ma non ne vedo il motivo. Un nome non ha mai fatto del male a nessuno, te lo posso assicurare. Devi solo abituarti all’idea, ma sarai d’accordo con me sul fatto che uno come lui non meriti tanto rispetto ».
Lei annuì, colpita da quel lato della questione.
« Come stavo dicendo, la versione ufficiale degli obiettivi di Voldemort è quella di riportare al comando i maghi Purosangue. In realtà, a lui interessa solo una cosa… »
« Conquistare il potere? » sibilò Rachel, senza neanche rendersene conto.
« Vedo che la questione ti è chiara » commentò l’anziano mago, compiaciuto. « Non c’è nessun fine superiore nelle sue azioni, a differenza di quanto sostiene. Naturalmente, per raggiungere questo scopo, Voldemort mirerà ad acquisire il controllo delle istituzioni più importanti della comunità magica: il Ministero della Magia e la scuola di Hogwarts.
Abbiamo buoni motivi per credere che ci sia più di un Mangiamorte infiltrato al Ministero e che possa essere imposta la Maledizione Imperius su alcuni esponenti di spicco. Per questo motivo, quelli dell’Ordine che vi lavorano, come te, svolgono un ruolo di controllo molto importante.
Per quanto riguarda Hogwarts, credo che Voldemort voglia farla diventare una scuola di Arti Oscure. L’istruzione è la base di ogni comunità: se vi mettesse le mani, avrebbe il dominio sulle nuove generazioni di studenti ».
Rachel rabbrividì al solo pensiero ma si sforzò di non sembrare troppo spaventata, anche se aveva la sensazione che Silente potesse leggerle nel pensiero.
« Per questo, Voldemort si è alleato con le peggiori creature oscure, anche quelle che in teoria i Purosangue disprezzano, come giganti e Lupi Mannari. Greyback, purtroppo, è uno di questi ».
« E i goblin? » chiese Rachel, preoccupata per suo padre, che doveva lavorare ogni giorno insieme a quelle creature, alla Gringott.
« I goblin ritengono che questa sia una guerra fra soli maghi » rispose il Preside. « Immagino che tu sappia che tra maghi e goblin non scorre buon sangue… effettivamente le lezioni di Storia della Magia non sono proprio le più divertenti, ma spero che qualche nozione ti sia rimasta in mente ».
Lui sorrise e Rachel abbozzò una mezza smorfia: si era inspiegabilmente ricordata di quando aveva costretto Regulus ad uscire durante una lezione di Storia della Magia per andare a giocare a Quidditch. Il professor Rüf non se ne era nemmeno accorto; Gazza purtroppo sì.
« Comunque » riprese Silente, e Rachel si riscosse all’improvviso dal ricordo dell’espressione affranta di Regulus quando Gazza li aveva portati nel suo ufficio, « noi siamo assolutamente contrari ai metodi di Barty Crouch. Nessuno di noi utilizza le Maledizioni Senza Perdono né uccide, a meno che non sia strettamente necessario. Hai qualcos’altro da chiedere? »
« Sì. Che genere di missioni svolgete? » domandò lei, che già immaginava di dover affrontare Voldemort tutti i giorni. Al solo pensiero si sentì invadere da una rabbia cieca.
Silente dovette notarlo, perché le lanciò uno sguardo eloquente.
« Di solito controlliamo le persone e i luoghi più a rischio, pattugliamo le strade intorno al Ministero, a Hogwarts e Hogsmeade, al San Mungo e a Diagon Alley. I nostri Auror – Malocchio, Alice e Frank – fanno parte della scorta del Ministro. Ma il nostro maggiore obiettivo è quello di convincere tutti coloro che ancora cercano di non prendere posizione di collaborare con la nostra causa. Da soli non possiamo fare molto, ma se uniamo le forze con tutti quelli che non vogliono che Voldemort trionfi, forse abbiamo una possibilità di sconfiggerlo ».
Rachel cercò di non mostrarsi troppo delusa, tuttavia lui parve intuire le sue perplessità.
« Hai qualche obiezione? »
« No » rispose Rachel, imbarazzata. « Pensavo solo che foste più… insomma, di più. E che cercaste di stanare i Mangiamorte e catturarli ».
« È quello che facciamo » confermò il mago. « Ma purtroppo siamo in minoranza, e di solito sono sempre loro a stanarci. Te lo dico chiaramente, affinché tu consideri tutti i rischi. Giorni fa è scomparso Caradoc Dearborn, e ancora prima ci sono stati due omicidi, quelli di Marlene McKinnon e Benjy Fenwick. Il guaio è che vengono a cercarci uno per uno. Tuttavia ho posto ulteriori incantesimi di protezione alle case dei membri dell’Ordine, e ovviamente farò così anche con la tua. L’ideale sarebbe che tu ne diventassi il Custode Segreto ».
Rachel non poté fare a meno di preoccuparsi per la propria famiglia. Lei non aveva così tanta paura di morire, ma loro stavano rischiando la vita a causa di una sua scelta.
« Questa cosa del Custode Segreto servirà a proteggere la mia famiglia? »
« Certamente. L’Incanto Fidelius è la massima protezione magica, anche se funzionerà solo quando i tuoi genitori saranno in casa, ma visto che i tuoi hanno un lavoro cercherò di fare del mio meglio. Edgar Bones fa parte dell’Autorità della Metropolvere, e potrà collegare il camino di casa vostra col San Mungo e la Gringott... Rachel, ascoltami bene: non sei costretta ad unirti all’Ordine, se temi ritorsioni nei confronti della tua famiglia » le disse lui, comprensivo.
« Ci ho già riflettuto abbastanza: voglio combattere » rispose, mentre i suoi occhi lampeggiavano di furia.
« D’accordo… Ah, mi sono dimenticato di dirti che noi comunichiamo tramite l’Incanto Patronus, perciò è essenziale che tu lo sappia usare » aggiunse Silente.
Rachel non prese molto bene la notizia, ma non disse nulla, anche se in realtà era preoccupata: a giudicare dal suo stato d’animo, dubitava di essere in grado di evocare un Patronus.
« Ora però passiamo a ciò che ho di veramente importante da chiederti » disse Silente, appoggiando la schiena alla spalliera della sedia. « Dimmi: perché vuoi combattere? »
La domanda le giunse del tutto inaspettata. Rachel guardò il vecchio Preside ed ebbe di nuovo l’impressione che lui potesse leggerle nella mente. I suoi occhi azzurri sembravano talmente vividi che lei non poté fare a meno di abbassare lo sguardo.
« Che intende dire? » rispose, confusa.
Lui continuò a fissarla, come preparandosi a dire qualcosa di fondamentale.
« Non fraintendermi. So bene qual è stata la ragione che ti ha spinta ad unirti all’Ordine. Posso immaginare come ti senti in questo momento. Io però desidero sapere se vuoi unirti a noi perché credi veramente nei nostri ideali o solo perché vuoi vendicarti ».
Rachel aveva la gola in fiamme e i pugni serrati che le tremavano. Non pensava di dover affrontare un discorso del genere.
« Voglio che Vol-… Voldemort la paghi » ammise, pronunciando con un brivido il suo nome. Evitò di aggiungere che in realtà avrebbe voluto vederlo morire tra atroci sofferenze: non le sembrava il caso, non davanti a uno come Silente. « Ma non ho mai condiviso le idee dei Mangiamorte ».
« Ti capisco, davvero. E non sei nemmeno l’unica a sentirti così. Molte delle persone che in questo momento sono in salotto hanno perso qualcuno in guerra. Ma ti assicuro che fare della vendetta un’ossessione è pericoloso, sia per te che per le persone che ti circondano, perché anteporresti la tua vendetta a loro. Ricorda che siamo una squadra e dobbiamo pensare ognuno alla sicurezza dell’altro ».
Rachel si sentiva ribollire di rabbia nei confronti di chi aveva ucciso Regulus, perciò stentava ad accettare le parole del Preside.
« La vendetta non fa sentire meglio, lascia dentro solo un vuoto incolmabile, qualunque sia la ragione che l’ha scatenata. Devi combattere per ciò che è giusto. Regulus l’aveva capito, anche se troppo tardi. Io scommetto che avrebbe voluto evitare che Voldemort continuasse a seminare morte e distruzione. Ora lui non può più farlo, ma tu sì. Puoi continuare affinché il mondo diventi un posto migliore. Avere uno scopo positivo ti aiuterà ad andare avanti, credimi ».
Rachel sul momento non rispose, in attesa che il suo cervello elaborasse quel concetto. Il dolore per la sua perdita le bruciava come lava incandescente nei polmoni, impedendole di comprenderlo del tutto.
Era facile, finché si trattava solo di parole. Cosa poteva sapere Silente della vendetta? Lui che era talmente fiducioso e da voler offrire una possibilità a tutti, non poteva aver provato un sentimento distruttivo come quello.
Eppure c’era qualcosa nel suo modo di parlare e di guardarla che le faceva intuire che le parole del mago non fossero solo astrazioni idealistiche, ma frutto della sua stessa esperienza. Forse anche lui un tempo si era sentito come lei, o comunque qualcuno che gli era stato molto vicino.
« Ci proverò » rispose Rachel e, prima di rendersene conto, aveva già iniziato a guardare Silente con un nuovo rispetto.

*Angolo autrice*
Spero che questa decisione non vi dispiaccia, ma ai fini della trama è essenziale che Rachel si avvicini a Silente! All'inizio ero scettica riguardo ad un suo inserimento nell'Ordine: se a Regulus non fosse successo nulla, lei non avrebbe mai accettato la proposta di Emmeline, ma adesso non sa più come distrarsi e vorrebbe solo vendicare Regulus. Insomma, i suoi obiettivi non sono proprio i più nobili! XD Ecco perché Silente le fa quel predicozzo. Quando ho accennato alla sua esperienza personale, mi riferivo in realtà a suo padre Percival, che per vendicare l'aggressione di Ariana è finito ad Azkaban, lasciando moglie e figli ad accudire da soli una bambina traumatizzata a vita.

Credo di dover fare una (lunga...) parentesi sull'Ordine della Fenice.
1- So che molti considerano i Prewett identici a Fred e George, ma sapete che io sono allergica ai personaggi cloni (ogni riferimento alla Nuova Generazione è voluto e sottolineato u.u) quindi per me non sono gemelli. Fabian è quello che somiglia di più a Fred e George, mentre ho pensato che Bill e Percy da qualcuno dovevano aver preso, quindi Gideon è più sul genere di Bill: Caposcuola, ottimo studente, ma con una buona dose di ironia.
2- Sì, nell'Ordine della Fenice gli Auror diplomati sono solo tre. A mio parere, gli Auror sono come il prezzemolo (e come i Grifondoro): troppi! Quest'estate mi sono andata a informare sul lavoro dei Potter e sono rimasta molto stupita quando ho trovato un'intervista della Rowling del 2000, in cui diceva testuali parole: "James inherited plenty of money, so he didn’t need a well-paid profession" (ecco il link). Insomma, a quanto pare, i Potter campavano di rendita. Secondo me durante la guerra era probabile, avevano altro a cui pensare che a trovare un lavoro di cui non avevano bisogno: le missioni dell'Ordine erano già abbastanza impegnative. Quanto a Lily, credo che avesse difficoltà ad essere assunta, non solo per pregiudizi ma anche per paura: nessun capo vorrebbe ritrovarsi i Mangiamorte nel negozio/ufficio per aver dato lavoro a una Nata Babbana.
3- E ora passiamo alle età. Non elencherò tutte le età precise di quelli dell'Ordine, ma li dividerò in fasce generazionali, tanto per darvi un'idea vaga di come me li immagino. Alcune date sono prese dal Lexicon, altre le ho dedotte o inventate.

Nati tra il
1881 e il 1883/4: Allbus Silente, Elphias Doge, Aberforth Silente
1923-1930: Alastor Moody, Minerva McGranitt , Rubeus Hagrid, Dedalus Lux.
1938-1940: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Edgar Bones.
1950-1954: Gideon Prewett, Fabian Prewett, Dorcas Meadowes, Marlene McKinnon.
1957-1958: Sturgis Podmore, Frank Paciock, Alice Paciock.
1959-1961: Sirius Black, Lily Evans, James Potter, Remus Lupin, Peter Minus, Emmeline Vance.

Perdonatemi se mi sono dilungata, ora rispondo alle recensioni e poi siete finalmente liberi di andare per la vostra strada (sempre se siete giunti fin qui)!

malandrina4ever: Sirius non ne è entusiasta, perché Rachel gli fa tornare in mente Regulus, e vederla tutti i giorni non sarà divertente per lui, povero ç_ç Dai, non te la prendere troppo con Barty! Pensa a quello che ha fatto di positivo per il genere umano, alla grande impresa la cui gloria riecheggia ancora nell'eternità... ti do solo un indizio: furetto! XD
Lenobia: non manca molto alla comparsa di Regulus, credo tre capitoli circa, a meno che non mi venga qualche idea da aggiungere per forza in mezzo! Più o meno ho già in mente tutti i caratteri dei membri ignorati dell'Ordine, anzi, penso più a loro che a quelli già noti! Felice che tu abbia apprezzato la parte su Peter!
Penny Black: nel prossimo capitolo finalmente saprai chi ha salvato Rachel! Secondo me Peter è entrato nell'Ordine per lo stesso motivo per cui è diventato un Grifondoro: è una pecora e segue il gregge, cioè gli altri tre Malandrini. Non trovo altre spiegazioni! Con questo capitolo è ufficiale: mi piace tenervi sulle spine! XD
Circe: per la tua felicità, sto scrivendo un capitolo in cui compare Rodolphus, anche se per pochi attimi... ma bastano, te l'assicuro! Peter l'ho sempre visto come uno che crea scuse a se stesso. Lui cerca solo chi può proteggerlo (ecco perché secondo me è finito a Grifondoro: aveva già conosciuto le sue guerdie del corpo!)
_Mary: l'idea di voler proteggere i suoi amici Peter lo pensa solo per autoconvincersi. Lo vorrebbe, e lo farebbe, ma solo se lui non rischia la pelle, quindi sta prendendo in giro se stesso -.- C'è già una lunga fila di fan di Alphard! Se vuoi, quando Regulus sarà di nuovo "vivo", lo convinco a combinarti un incontro con suo zio! XD
Beatrix Bonnie: anche a me fa male studiare lettere, certe volte mi fermo e penso "Ma come sto parlando?" XD Le battaglie qui non ci sono state, ma credo che dopo non ne potrai quasi più! Sono felicissima che mi sia venuta bene la parte con Peter! Ci tenevo molto!
Alohomora: l'hai ricevuta la mia e-mail? Hai ragione, anche se a Barty questo doppio gioco non sta molto bene: preferirebbe dichiararsi apertamente dalla parte di Voldie, ma per ora fa comodo come inflitrato. No, Regulus non sa del tradimento di Peter. In questo capitolo siamo a dicembre 1979, l'anno sta per finire!
RF09: secondo me Peter si rendeva conto eccome di quel che aveva fatto, ma si rifiutava di ammetterlo. Poi avrà pensato che se Silente non aveva potuto impedire la morte di Marlene, Benjy e Caradoc, non sarebbe riuscito a proteggere nemmeno lui. Bè, su Rachel nell'Ordine sei stata accontantata, anche se ancora dovrà ambientarsi per bene!
nefertari83: non sai quanto sono contenta di avere reso Peter credibile, ci tenevo un sacco a dargli una motivazione (secondo lui) valida per tradire tutti quanti, grazie! =D
quigon89: dopo quello che hai scritto, spero che tu non sia troppo deluso dal ripensamento di Rachel! ^^ Lo avevo stabilito da tempo proprio perché avrà delle comseguenze nel corso della vicenda. Comunque vedrai che Rachel ha ancora parecchio da scoprire sul conto di Regulus! Grazie a te per i complimenti!
Lellas92: ti sto scrivendo proprio di giovedì (ieri, insomma), quindi spero che l'esame sia andato bene, come tutto il resto! Ahahah, in effetti Regulus si metterebbe le mani tra i capelli se sapesse della decisione di Rachel di combattere, al fianco di Silente il Babbanofilo filo-Grifondoro poi! Il peggio del peggio (secondo lui)! E infatti farà proprio così! XD
Mirwen: no, tranquilla, Barty non ha sentito niente, non poteva mettersi a origliare in mezzo ad un corridoio del Ministero! Hai ragione, Regulus sta complicando le cose a quei due poveretti... ma non può nulla contro l'ostinazione di Rachel, eheh! XD
meissa_s: hai colto nel segno, Piton si è goduto lo spettacolo (anche io ho le mie dosi di sadismo, anche se mai quanto te, oh somma regina di tutti i sadici! XD) Povero Alphard, in effetti la sua memoria inizia a fare cilecca, ma del resto è invecchiato e i recenti traumi hanno accentuato la sua decadenza fisica e mentale ç__ç
lyrapotter: nel capitolo di "Eroi..." ho mi sono fermata a quando Regulus scopre il capitolo degli Horcrux per poi passare subito al momento in cui se ne va, quindi nel frattempo poteva essere successo di tutto! Dai, stavolta non ho distrutto le tue speranze, contenta? Vedrai che i personaggi secondari dellìOrdine avranno molto spazio in futuro! XD

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Capitolo 8
*** Chiarimenti e segreti ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 8
Chiarimenti e segreti
 
Nei giorni seguenti, Rachel fu talmente impegnata che, tra il lavoro e l’Ordine della Fenice, non ebbe nemmeno il tempo di deprimersi.
Aveva scoperto che rendersi utile alla comunità magica la faceva sentire relativamente meglio. Iniziava a meravigliarsi di se stessa. All’inizio aveva avuto il timore di cambiare e di farsi impossessare da una rabbia incontrollabile e cieca, che la conducesse in un tunnel senza uscita, fatto solo di disperazione e di odio nei confronti del mondo e della vita. Aveva paura di odiare chiunque fosse più felice di lei, solo perché un destino crudele le aveva portato via Regulus, mentre chi non meritava nulla sembrava avere tutte le fortune.
Non ne era proprio sicura, ma forse adesso credeva di capire che cosa Silente intendesse con il suo ammonimento. Non doveva combattere solo per vendetta la quale, lo sapeva bene, le avrebbe avvelenato lentamente ma inesorabilmente l’anima. Doveva invece lottare affinché quello che era successo a lei non capitasse più.
Ma non era affatto facile: ogni giorno le sembrava di dover affrontare fatiche sovrumane nel compiere gesti semplici e quotidiani, nel continuo sforzo di immaginare una vita senza di lui.
Tuttavia, entrando a far parte dell’Ordine della Fenice aveva conosciuto persone che, nonostante avessero a loro volta perduto parenti e amici, conservavano ancora la forza di combattere e di credere in qualcosa.
Non tutti avevano superato le iniziali diffidenze nei suoi confronti ma, grazie probabilmente alle rassicurazioni di Emmeline e Hagrid, sembravano tutti disposti a concederle il beneficio del dubbio. Lei stessa ebbe anche l’occasione di ricredersi un po’ sul conto di alcuni di loro.
Si stupì in particolare del cambiamento radicale di James Potter. Da quando i genitori di lui erano morti, proprio all’inizio del suo ultimo anno scolastico, la cappa dorata sotto cui il ragazzo era vissuto fino a quel momento si era improvvisamente infranta, catapultandolo in un mondo ben diverso da quello di cui un tempo si era sentito il padrone.
In ogni caso, Rachel trascorreva molto più tempo in compagnia di chi non aveva problemi a fidarsi di lei, come i fratelli Prewett, i quali sembravano aver fissato a scopo della loro vita quello di darle il tormento.
« Come potremmo chiamarti? “La ragazza che non ride mai” è un bel titolo, dà un certo non so che di mistero » aveva detto una volta Fabian. « Tu che ne dici? »
« Dico che con tutto il chiasso che fai, è strano che i Mangiamorte non ci abbiano ancora attaccati » sbottò Rachel, mentre facevano una ronda lungo Diagon Alley immersa nel buio.
« Forse sarebbe meglio “La ragazza che sprizza acidità da tutti i pori” ».
« La vuoi smettere? »
« Non finché non avrai riso ad uno dei nostri scherzi ».
« I tuoi scherzi, Fabian. Non coinvolgermi nelle tue bravate » lo rimbrottò Gideon, nascondendo un sorrisetto divertito.
« Guarda che lo so come funziona con voi. Tu sei la mente e lui il braccio » rispose Rachel, indicando prima Gideon e poi Fabian.
« Visto? Lo dice anche lei che io sono quello intelligente » disse il maggiore, mentre l’altro protestò, fingendosi offeso.
« Invece di vantarti, dovresti mantenere una costante vigilanza, perché se qualcuno ti aggredisse alle spalle non sembreresti poi così furbo » ringhiò Fabian, incrociando le braccia e storcendo la bocca in una perfetta imitazione di Malocchio. « Ehi! Sbaglio o quello era un mezzo sorriso? »
Rachel sbuffò, cercando di rimanere seria.
I Prewett avevano un modo tutto loro di sollevare il morale alla gente e sembravano intenzionati a fare lo stesso anche con lei. Naturalmente Rachel era loro grata, perché rendevano le sue giornate un po’ più liete.
Le faceva uno strano effetto sapere che, nonostante il loro carattere da burloni, nella comunità magica fossero considerati tra i maghi migliori in circolazione.
Pure Lily era molto gentile nei confronti di Rachel, anche se all’inizio aveva rischiato di dimostrare il contrario, quando le aveva dato un toast preparato personalmente: se i Prewett non l’avessero informata prima della sua totale incapacità in cucina, Rachel lo avrebbe ritenuto un tentativo di avvelenamento.
« Tieni, prendi i nostri panini » le aveva detto poi Gideon. « Nostra sorella ci riempie una sacca intera di cibo ogni volta che dobbiamo fare una ronda, neanche fossimo denutriti ».
Invece aveva notato che Sirius tendeva a evitarla. Rachel avrebbe voluto parlare con lui di Regulus: c’erano tantissime questioni che i due fratelli non erano mai riusciti a chiarire. Purtroppo, Sirius non sembrava dello stesso avviso. Quando la incontrava al Quartier Generale, faceva sempre finta di niente. Se stava insieme ai suoi amici era estroverso come sempre, ma quando era solo si chiudeva in un mutismo cupo e inaccessibile.
Perciò Rachel non provò mai neanche una volta ad intavolare una conversazione del genere con lui, stupendosi ancora una volta di se stessa: alcuni anni prima avrebbe insistito, correndo anche il rischio di risultare invadente; ma adesso si rendeva conto che esistevano dei limiti che non dovevano essere oltrepassati. Lei stessa non voleva mostrarsi debole e cercava in tutti i modi di apparire relativamente normale, anche se dentro di sé si sentiva morire ogni minuto.
Tuttavia non sempre riusciva a mascherare la propria debolezza, in particolare con Dorcas Meadowes. Rachel scoprì di andare molto d’accordo con lei. La sua prima impressione sulla giovane donna era stata azzeccata: era una strega molto potente e abile, tanto che aveva già conseguito il primato di membro più giovane del Wizengamot.
Silente aveva chiesto a Dorcas di aiutare Rachel con l’Incanto Patronus. Era una brava insegnante e sapeva infondere coraggio e forza anche in chi credeva di non averne più.
Nonostante ciò, Rachel non riusciva a produrre più di una debole luce argentea, che spariva dopo pochi secondi. Era frustrante restare nel giardino di Dedalus a provare e riprovare inutilmente, sotto gli incitamenti di Dorcas. Era inutile: non riusciva a trovare un solo pensiero che la rendesse felice, e gli unici ricordi allegri che aveva riguardavano Regulus.
Alcuni esponenti dell’Ordine venivano inviati in missioni segrete, e non tutti sapevano di cosa si trattasse. Remus Lupin per esempio ogni tanto spariva dalla circolazione e tornava ancora più pallido e malaticcio del solito, magari con qualche nuova cicatrice.
Rachel non aveva resistito alla curiosità, cercando di scoprire cosa dovesse fare, ma nessuno voleva darle una spiegazione. Lo stesso Lupin continuava ad essere sempre a disagio quando si incontravano, e lei iniziava a domandarsi quando e se lo avesse offeso in qualche modo.
Una domenica pomeriggio era andata a casa di Dedalus per sapere se vi fossero novità, ma vi trovò solo poche persone, tutte decisamente rilassate.
« Mattinata tranquilla, oggi » le disse Dedalus quando lei entrò nel salotto.
« Meno male » commentò lei. « Cosa succede? » domandò poi, guardando da lontano il gruppo riunito intorno ai Paciock e ai Potter, che sorridevano entusiasti.
« Alice e Lily metteranno al mondo due marmocchi! » rispose Hagrid, tutto contento. « E nello stesso periodo ».
« Ah! Bè, complimenti a tutte e due » disse Rachel.
« Grazie ».
« Ehi, scusate, e noi chi siamo? » protestarono Frank e James.
« Bè, non è che voi uomini vi sprechiate più di tanto » intervenne Alice, sorridendo.
« Ah no? E lo stress dove lo metti? Io sono agitatissimo! Guardate, sto già cominciando a perdere i capelli » commentò James, infilando la mano in quel cespuglio che aveva sopra la testa.
« Non c’è pericolo, temo » disse Sirius, con un sorrisetto di scherno. Sembrava un po’ più sereno del solito.
James gli lanciò un’occhiataccia, poi afferrò un cuscino del divano e glielo scagliò in pieno viso.
« Così impari! »
« E come farete per la guerra? » continuò Rachel, rivolgendosi a Frank.
« Io continuerò a combattere » rispose lui. « Alice invece se ne starà buona e tranquilla fino al parto, poi tornerà a combattere anche lei. Sappiamo bene quanto sia rischioso, con un figlio. Ma ci sarà mia madre a prendersene cura. E poi lotteremo anche per lui ».
« Di certo non lasceremo l’Ordine della Fenice » confermò Lily. « James, falla finita! » aggiunse, vedendo che il marito stava ancora cercando di soffocare Sirius. « Insomma, ti sembra questo il comportamento di uno che sta per diventare padre? »
Sentendosi improvvisamente di troppo, Rachel si congedò e andò a sedersi sui gradini che conducevano sul retro della casa. C’era un giardino con delle aiuole e uno sgabuzzino per le scope.
La ragazza si mise ad osservare uno gnomo che si aggirava tra i fiori.
Improvvisamente era tornata di malumore. Non lo avrebbe voluto, ma non riusciva a dominare quel sentimento. Vedere quelle due coppie felici la faceva sentire terribilmente sola, nonostante tutti i suoi sforzi di non cedere.
Si vergognava molto della propria reazione, ma non poteva fare a meno di chiedersi perché mai proprio lei dovesse essere così sfortunata. Spesso non si sentiva in grado di sopportare una disgrazia del genere, e quello era uno di quei momenti di sconforto. Che cosa aveva mai fatto di male per meritarselo?
 
  Sirius abbassò la testa, evitando l’ultimo cuscino, che invece colpì in pieno volto Dedalus Lux.
« Ma insomma! » protestò l’uomo, seccato.
« Scusa, Dedalus » disse Sirius, andando a riprendere il cuscino.
Si sentiva incredibilmente emozionato all’idea che di lì a pochi mesi sarebbe nato un piccolo Potter. Anzi, in realtà gli veniva quasi da ridere al pensiero che Ramoso diventasse padre. Già aveva dubitato della sua salute mentale quando si era sposato poco dopo la fine della scuola, figurarsi adesso.
Aveva accolto la notizia della gravidanza di Lily con sollievo, felice di avere la conferma che al mondo c’era ancora qualcosa di positivo. E finalmente aveva un pensiero felice ad illuminare l’oscuro pozzo senza fondo in cui la sua vita sembrava essersi trasformata…
« Sirius, sto parlando con te! »
Il ragazzo sobbalzò, ritrovandosi Dedalus di fronte.
« Cosa? » fece, confuso.
« Acquaviola » disse il mago, porgendogli due bicchieri. « Già che sei in piedi a non fare nulla, portane uno a Rachel. Dovrebbe essere uscita sul retro ».
Sirius acconsentì di malavoglia, e uscì dalla porta di servizio, trovando la ragazza seduta sui gradini, intenta a fissare un punto indefinito del giardino.
« Ne vuoi un po’? » le chiese brusco, porgendole un bicchiere.
« Grazie » rispose lei, accettandolo.
Sirius non poté fare a meno di restare fermo ad osservarla. Non era mai stato una persona particolarmente empatica o sensibile, ma in quel momento aveva l’impressione di percepire tutta la sua sofferenza. Non l’aveva mai conosciuta bene a scuola, ma da quel poco che aveva intuito era chiaro che fosse una delle poche persone a tenere davvero a Regulus, molto più di certi parenti di sua conoscenza…
Fino a quel momento l’aveva evitata in tutti i modi, istintivamente. Forse temeva che lei volesse riprendere il discorso che avevano iniziato al funerale, ammise. Del resto, in quelle ultime settimane aveva cercato in tutti i modi di non pensare a quello che era successo, tanto meno di parlarne con qualcuno.
Tuttavia ora sentiva l’improvviso bisogno di affrontare quella questione: c’era qualcosa che voleva sapere e che non gli aveva dato pace nell’ultimo periodo.
Ma non poteva mica chiederle esplicitamente di parlare di Regulus; era troppo orgoglioso per farlo.
« Hai detto qualcosa? » chiese così, all’improvviso.
« Veramente no » rispose lei, stupita di trovarlo ancora là.
« Ah, mi era sembrato… » bofonchiò lui.
Rachel rimase in silenzio per un po’, dimostrando infine di aver mangiato la foglia.
« Tu piuttosto hai qualcosa da dire? »
Lui esitò, ma infine si sedette accanto a lei, cercando di non guardarla. Non sapeva neanche da dove cominciare. Ma fu lei a iniziare il discorso.
« Mi dispiace » disse.
« Per cosa? »
« Perché tu e Regulus non siete mai riusciti a chiarirvi ».
Sirius fece una smorfia e non riuscì a trattenere la tentazione di tornare sulle sue.
« Non c’era molto da chiarire. Lui era un Mangiamorte, io no; fine della storia ».
Rachel sembrava irritata da quella risposta, e lui maledisse la propria impulsività, cercando subito dopo di rimediare.
« Quello che mi hai detto al funerale… è vero? » chiese, rievocando il momento in cui lei gli aveva riferito di quanto Regulus avesse sentito la sua mancanza.
« Certo ».
« Come fai ad esserne così sicura? » le domandò, scettico.
« Bè, se fosse stato per lui, si sarebbe tenuto tutto dentro. Ero io a cavargli i pensieri a forza. Si è sempre preoccupato molto per te ».
« Strano, a me ha sempre dimostrato l’esatto contrario… »
« E tu no? Eravate uguali, non facevate altro che fingere di detestarvi reciprocamente ».
« D’accordo, magari non ci odiavamo, ma eravamo comunque dei perfetti estranei » replicò lui, testardo.
« Io non vado ai funerali di chi considero estraneo. Tu sì? »
Sirius le lanciò un’occhiata furente ma se la prese soprattutto con sé. Non riusciva a capire cosa stesse cercando di ricavare da quella conversazione. Aveva sempre negato anche a se stesso di tenere ancora a suo fratello, ma ora non poteva più ignorare quello che provava e che confermava l’opinione della ragazza.
Ma quella consapevolezza gli faceva soltanto male, perché ormai non aveva più la possibilità di rimediare.
« Quanto a Regulus, aveva una paura matta che tu te ne andassi di casa, come aveva fatto vostra cugina. Ed era depresso quando tu sei fuggito ».
« Soltanto perché avevo gettato discredito sulla sua preziosa famiglia » rispose Sirius, talmente abituato a mentire su quell’argomento da non farci nemmeno caso.
Sapere che Regulus non fosse riuscito a odiarlo, nonostante tutto, era la cosa che gli faceva più male di tutte.
Lei lo stava guardando male.
« Ti vuoi convincere del contrario perché ti è più comodo credere che ti odiasse. Mi dispiace per te, ma non è così. Nemmeno lui lo voleva ammettere, ma avrebbe voluto le cose fossero andate diversamente ».
Sirius non rispose, di pessimo umore. Se solo le cose fossero davvero andate in un altro modo…
« Non voglio farti la predica » aggiunse Rachel, addolcendo un po’ il tono di voce. « Voglio solo che tu sappia che lui ha sofferto molto per la vostra situazione ».
Sirius annuì, abbandonando l’espressione scettica che aveva mantenuto fino a quel momento.
« Posso farti una domanda? » chiese improvvisamente, incapace di resistere alla curiosità che aveva sempre avuto.
« Sì » rispose Rachel, perplessa.
« Bè, si vede che lui si fidava di te. Non era tipo da confidenze e dubito che abbia mai detto a qualcun altro queste cose. Però io pensavo che foste fidanzati solo perché lo avevano voluto le vostre famiglie. È così oppure…? »
Rachel rispose con un tono glaciale:
« Grazie tante, Black. Mi chiedo come ti vengano certe idee. Non ci dormi la notte, per caso? »
« Ehi, non era per offenderti. È che tra le famiglie Purosangue si usa così, soprattutto se sono come la mia ».
« Meno male che i pregiudizi li abbiamo solo noi Serpeverde, eh? Tanto per la cronaca, non è così. Tua… ehm, sua madre non mi sopporta, e il sentimento è ricambiato ». Rachel s’incupì, stringendo i pugni per la rabbia. « È stata lei a convincerlo a diventare un Mangiamorte, vero? »
Sirius annuì, e il suo volto divenne improvvisamente livido. Entrambi rimasero in silenzio per qualche minuto. Lui non riusciva a non pensare a tutto quello che era successo. Aveva sempre cercato di spiegare a Regulus che seguire sempre alla lettera gli ordini di Walburga sarebbe stato deleterio, ma lui non gli aveva dato retta. Non gli aveva mai dato retta…
« Quello che non sopporto » aggiunse all’improvviso, « è che, nonostante gli avessi detto che lo avrei aiutato a nascondersi, lui non è venuto a chiedermi aiuto. Secondo te pensava che gli avrei sbattuto la porta in faccia? »
Rachel impallidì e Sirius comprese che non riuscisse a sua volta ad accettarlo.
« Io credo che non ti abbia chiesto aiuto per non farti correre rischi. Con me ha fatto lo stesso » rispose. « Ma secondo me sapeva che tu lo avresti aiutato senza neanche fiatare ».
« Lo spero, anche se non è una gran consolazione » commentò Sirius. Era cupo e abbattuto, e il rimpianto traspariva chiaramente dal suo sguardo. Se solo Regulus gli avesse chiesto aiuto… Conoscendosi, Sirius sapeva che lo avrebbe preso personalmente a pugni, tanto per il gusto di fargli imparare meglio la lezione. Ma poi avrebbe fatto anche l’impossibile per proteggerlo dalla vendetta di Voldemort.
Rachel dovette notare il suo stato d’animo; infatti si alzò in piedi, decisa a tornare dentro.
« Grazie » bofonchiò lui, continuando a guardare per terra.
« Di nulla » rispose lei, lanciandogli un’occhiata malinconica.
 

Rachel lasciò il Quartier Generale quando era già quasi sera. Si era appena Materializzata a pochi passi da casa quando le parve di sentire un rumore dietro un gruppo di cespugli, come di un ramo che veniva spezzato.

Si voltò a guardare, socchiudendo gli occhi nella penombra del tramonto, ma non vide tracce di animali. Forse era una sciocchezza, ma la sensazione di essere costantemente osservata che aveva da un mese si era intensificata. Non sapeva se si trattasse di istinto o suggestione, ma Rachel temeva che qualcuno la stesse spiando.
Tornò lentamente a camminare verso casa con la mano serrata intorno alla bacchetta e le orecchie tese e pronte a percepire il minimo rumore. Cercava di non pensare alla paura che la sovrastava come una minacciosa nuvola nera. Automaticamente si diresse sul retro della villetta. Non sapeva se fosse una mossa saggia, ma non aveva molta lucidità per riflettere.
Adesso percepiva una presenza concreta alle proprie spalle. Si muoveva tra i cespugli di soppiatto, quasi senza fare rumore, seguendo ogni suo passo. Non poteva essere solo frutto della sua immaginazione.
Rachel agì in fretta. Si voltò di scatto e scagliò un Impedimenta contro il cespuglio che aveva mosso le foglie. Udì un gemito rauco, simile ad un gracidio, seguito da un tonfo. C’era veramente qualcuno.
Tenendo la bacchetta puntata sul cespuglio, si avvicinò e si sporse a guardare.
« Chi…? » esordì, ma un’occhiata a chi aveva colpito e immobilizzato la fece ammutolire.
Non era un Mangiamorte.
Era un elfo domestico.
La creatura cercava di divincolarsi, sbuffando, ma l’incantesimo gli impediva di Smaterializzarsi. Rachel non sapeva cosa pensare.
« Chi sei? » gli chiese, abbassando la bacchetta.
L’elfo smise di agitarsi ma non rispose.
« Mi stavi seguendo? » insisté lei.
Quello annuì. Poi si lasciò scappare un singhiozzo.
« Perché? »
Sempre in silenzio, la creatura cercò di muoversi ancora ma non ci riuscì.
« Ascolta, se mi prometti che non ti Smaterializzerai, annullerò l’incantesimo » disse Rachel, cercando di moderare la propria curiosità. « Lo prometti? »
L’elfo annuì, ma sembrava molto preoccupato. Rachel formulò il controincantesimo e quello si alzò in piedi, barcollando sulle ginocchia nodose. La guardava dal basso verso l’alto, con un’espressione di timore mista a rispetto.
Un attimo dopo tuttavia scoppiò a piangere e iniziò a tirarsi le orecchie, tanto da farsi male.
« Ehi, stai fermo! » esclamò Rachel, stupita, cercando di fermarlo.
« Io si è fatto scoprire! Kreacher è un cattivo elfo! » sbraitava quello, disperato.
Rachel gli afferrò di scatto le braccia ossute, bloccandole, e si chinò alla sua altezza per guardarlo dritto in faccia.
« Tu sei Kreacher? » chiese, il cuore che le batteva all’impazzata.
Quello deglutì, con gli occhi arrossati per il pianto, ma poi annuì.
Rachel dovette fare un enorme sforzo per ricordare come si respirava. Non riusciva a capire che cosa ci facesse proprio lì l’elfo domestico dei Black.
« Mi dispiace, non volevo colpirti. Ma perché mi stavi seguendo? »
« Ordini » gracchiò Kreacher.
« Della tua padrona? » chiese la ragazza, infastidita alla sola idea. Ma l’elfo scosse la testa.
« È stato Padron Regulus a dire a Kreacher di seguirla, se a lui fosse successo qualcosa ».
Rachel inspirò a fatica, mentre veniva assalita da un’emozione mai provata prima.
« Ha detto che lei poteva trovarsi in pericolo, e Kreacher doveva assicurarsi che stesse bene » proseguì lui. « Kreacher ha obbedito e l’ha seguita anche quando è andata a combattere, ma non riesce mai a seguirla quando sparisce dietro l’albero, così ha sempre aspettato fuori. Ma la signorina Rachel non dovrebbe andare dove Kreacher non può tenerla d’occhio… »
Lei tuttavia non lo stava ascoltando, immersa in bel altre riflessioni. Regulus aveva fatto in modo che lei fosse al sicuro dopo la sua morte. Perché si era preoccupato tanto della sua sicurezza ma non della propria?
« Allora sei stato tu ad attaccare Karkaroff e a salvarmi la vita » disse senza neanche pensarci.
Kreacher annuì. Quello spiegava molte cose.
« Bè, grazie allora… Eri tu anche nella casa Babbana? »
Per la prima volta Kreacher assunse un’espressione offesa.
« Kreacher non ha mai messo piede in casa di Babbani! » gracchiò, indignato.
« Ok, scusa » si affrettò a dire lei, e poi ricadde nel silenzio. Cercava di assorbire anche quest’ultima rivelazione, anche se temeva che prima o poi sarebbe esplosa. Se dopo aver parlato con Alphard ne aveva avuto il sospetto, adesso era una certezza: Regulus sapeva di dover morire e aveva cercato di proteggere chi gli era vicino.
« Kreacher, non mi seguire più ovunque vada » gli disse.
« Ma a Kreacher è stato ordinato di farlo » protestò l’elfo. « Padron Regulus teneva molto a lei, signorina, e Kreacher deve assicurarsi che lei non corra pericoli ».
Lei gli promise che lo avrebbe chiamato a voce ogni volta che avrebbe avuto bisogno di aiuto, perché non poteva permettersi di essere pedinata giorno e notte, non ora che faceva parte dell’Ordine della Fenice. Il Quartier Generale dove restare al riparo da occhi indiscreti.
Kreacher accettò malvolentieri il compromesso, ma non osò controbattere.
« Posso farti un’altra domanda? » aggiunse lei. « Regulus ti ha anche detto dove sarebbe andato prima di morire? »
La reazione dell’elfo fu inaspettata. Dapprima iniziò a tremare violentemente e poi scoppiò a piangere di nuovo.
« Kreacher non sa! Kreacher non può dire nulla! »
Il tarlo del dubbio si insinuò nella mente di Rachel quando lei notò che l’elfo si rifiutava di guardarla negli occhi. E se avesse saputo più di chiunque altro?
« Tu sai com’è morto? Se lo sai, dimmelo, per favore ».
L’elfo si asciugò il grugno umido e la guardò di sotto in su.
« Padron Regulus ha ordinato a Kreacher di non dire a nessuno che cosa ha visto ».
Un gelo indefinibile si impossessò di lei. Non riusciva a credere alle proprie orecchie.
« Significa che eri con lui mentre…? »
La voce le si spezzò per l’emozione e Kreacher indietreggiò.
« La prego, cerchi di capire: Kreacher non può disobbedire » la supplicò l’elfo.
Rachel insisté, ma lui non voleva risponderle. Lei sapeva che l’obbedienza era la legge primaria tra gli elfi domestici, ma essere ad un passo dalla risposta alle sue domande e non poterla ottenere la faceva impazzire. Tuttavia, guardando la creatura che tremava dalla testa ai piedi, non poté fare a meno di averne compassione. Sembrava sconvolto e terrorizzato e anche timoroso di essere costretto a parlare con la forza.
« Kreacher, non farmi arrabbiare » disse, cercando tuttavia di non agitarsi troppo.
« Padron Regulus ha ordinato di non dirlo a nessuno della famiglia » rispose l’elfo, testardo, ma subito dopo si pentì delle sue parole.
« Ma io non ne faccio parte » replicò Rachel, innervosita.
« È come se lo fosse ».
Lui scosse la testa, testardo, lanciando un’occhiata fugace all’anello dei Black.
La ragazza lo guardò: lo indossava fin dal giorno del funerale, come per ricordare a se stessa e a tutto il resto del mondo che sarebbe appartenuta sempre e soltanto a colui che glielo aveva regalato, nonostante tutto. Non se lo toglieva mai, neanche quando andava a dormire, e le costò molto compiere il gesto successivo.
Non senza un certo rimorso, si sfilò l’anello, riponendolo in tasca.
« Ora non più. Perciò adesso entreremo in casa senza farci vedere e tu mi racconterai tutto » disse, inflessibile, mentre Kreacher iniziava a singhiozzare e a tremare per il terrore.

*Angolo autrice*
Bene, ora sapete chi è stato a salvare Rachel nel capitolo 5! Ve lo aspettavate? Comunque, Kreacher non sa dov'è casa di Dedalus, perché solo quelli dell'Ordine possono vederla, un po' come Hogwarts per i Babbani.
Ho voluto inserire quel pezzo in cui Rachel prova un minimo d'invidia perché penso che sia umano che si chieda come mai non possa essere felice come altre persone (al momento) fortunate.
Avrei dovuto scriverlo, scusate: Remus si fida di Rachel, ma non vuole che lei sappia che lui è lo stesso Lupo Mannaro che ha rischiato di sbranare lei, Regulus e Barty a Hogsmeade (capitolo 31 di "Eroi...")... e anche perché si sente in colpa, naturalmente!
Penso che scriverò qualcos'altro su James (forse...), ma sono convinta che la morte dei genitori possa essere stato l'unico motivo per farlo migliorare al settimo anno. Insomma, uno come lui non cambia di punto in bianco... e ai cambiamenti per amore non ci credo!

Alohomora: ehm, anche io l'avrei segregata in casa senza farla più uscire, in effetti! Alla fine ho seguito il tuo consiglio e ho lasciato la parte del discorso tra Rachel e Sirius identica a prima! Sto pensando sempre di più al ricongiungimento tra i due fratelli! ç_ç Non sai quanto sono felice che Rachel ti piaccia così tanto!
sweetophelia: presto scoprirai anche chi c'era nella casa abbandonata. Per ora, sono curiosa di sapere se avevi indovinato! Anche a me gli impegni stanno aumentando sempre più, quindi ti capisco benissimo! ^^
Penny Black: ho risposto sopra alla tua domanda su Remus, così la leggono tutti. Sono felice che i Prewett ti piacciano! Voglio inserirli spesso! La nuova generazione non la detesto, ma non mi dice nulla (intendo solo i figli del trio: Teddy e gli altri snobbati non mi dispiacciono affatto!). La vita di Rachel nell'Ordine per ora è accennata: ne avrò di tempo per approfondire i loro rapporti.
Beatrix Bonnie: Grindelwald lo citerò di nuovo, quando scriverò dal punto di vista di Silente! E Perseus lo rivedrai nel prossimo capitolo! Ahah, in effetti devo stare attenta a scrivere QG dell'Ordine, mi viene da scrivere dei Mangiamorte! XD Bravissima, basta con i luoghi comuni sulle Case di Hogwarts! Dovrò fondare un club a tal proposito...
Mirwen: Aberforth è molto impegnato col suo pub, ma ti manda tanti saluti! Dice anche che spera di farsi vivo al più presto!
Lellas92: ooooh, sei una quasi-patentata!! Così anche tu presto farai parte dei pericoli pubblici che vagano per le strade (come me, del resto u.u)! Visto, anche Rachel sta modificando la sua opinione su James, anche se preferisce la compagnia di Dorcas e dei Prewett, ma è già tanto! Spero che ti sia piaciuta la battuta sui capelli! X°°D
DubheBlack: grazie! Per me Minus non avrebbe un'indole di per sé malvagia come Bellatrix o Greyback, ma alla fine il risultato è lo stesso, perché è egoista e pensa prima di tutto alla sua pellaccia, a danno di chi gli vuole bene! Anche io sono stufa dei cliché sulle Case: le personalità non dipendono dai colori che si indossano!
_Mary: certo che Moody è adorabile! E' un mito! XD Sono contenta che ti piaccia la famiglia Queen! Non sei l'unica a non apprezzare i cliché sulle Case, e io cercherò di sfatare anche quello sui Tassorosso, che non sono affatto stupidi! u.u Spero che ne sarai contenta!
RF09: in effetti se non ci fosse Diane quella casa rischierebbe di crollare! XD Il mestiere dell'Auror è complicato, quindi è impossibile che lo diventino tutti. Silente ovviamente capisce la rabbia di Rachel: è stato giovane anche lui! Comunque ha solo cercato di porre dei limiti al suo desiderio di fare giustizia su Voldemort.
nefertari83: al ritorno di Regulus mancano pochi capitoli, davvero! E nel prossimo saprai anche a cosa ho pensato per far sì che questo accada! Rachel ha accennato i suoi sospetti a Sirius, ma non ha insistito, per non farlo soffrire troppo. Lui comunque saprà quello che Regulus ha fatto!
Circe: sì, vedrai che anche quando le cose da un lato sembreranno essersi messe a posto, per Rachel sarà solo l'inizio di una lunga salita! Sono contenta che ti piaccia. Poi Rachel ormai è diventata quasi mia coetanea, quindi mi trovo sempre più a mio agio con lei. L'apparizione di Rodolphus sarà breve ma intensa: non è un tipo che passa inosservato! XD
bellatrix18: sì Rachel scoprirà che Barty è un Mangiamorte, e ci resterà male naturalmente. ç__ç Però sono felice che ti preoccupi per i personaggi! Anche io preferisco Grimmauld Place, ma lì c'è ancora Walburga viva e vegeta! =S  Rachel ha voluto dire la verità a sua madre, sia perché è come te, le ha sempre detto tutto, sia perché crede che sia un suo diritto sapere di rischiare la vita e quindi cercare maggiori protezioni! La tua recensione mi è piaciuta tantissimo, non so come ringraziarti! =)
Lenobia: sapevo che avresti storto il naso, ma è ovvio che Rachel non voglia rispettare Voldemort: è per colpa sua che Regulus è morto, quindi... Io in effetti preferisco Aberforth ad Albus! Sì, Alice e Frank dovevano essere per forza più grandi, perché sono già Auror, e poi non tutti i maghi fanno figli a vent'anni (io dovrei essere già madre? Buahahah! XD)
quigon89: anche io sarei più come Perseus e le avrei impedito di entrare nell'Ordine... ma la storia non andrebbe avanti se non fosse così! Mi sono ricordata che Dedalus Lux vive nel Kent, perciò ho deciso di adottare casa sua come quartiere generale! Io Frank lo immagino molto in gamba e responsabile, insomma... con una madre come Augusta! XD
Vodia: sì, lo so che anche Arthur ha due fratelli, e potrebbero essere loro gemelli, ma anche i genitori di Arthur, visto che queste cose spesso saltano una generazione (un po' come il dono delle Veggenti!)
Nymphy Lupin: lo so, purtroppo siamo in guerra e gli omicidi sono all'ordine del giorno =( Sono contenta che Rachel ti piaccia! Guarda, all''inizio mica avevo tutte queste recensioni! Se ne ricevevo due a capitolo era già un miracolo per me!
PenPen: la penso proprio come te su Peter, era la classica pecora che segue il gregge! I Mangiamorte con lui sono andati a colpo sicuro: Severus lo conosceva, Lucius ha sfoderato le sue sensazionali armi diplomatiche e Rabastan è perfetto come spauracchio! Non potevano non convincerlo! XD Detto, fatto: era un po' che volevo far fare una chiacchierata a Rachel e Sirius! Non so ancora cosa farò con i Potter, e la sorte dei Paciock sarà collegata alla loro. Dipende, ancora non so cosa voglio fare. In fondo manca tanto ancora!

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Capitolo 9
*** I misteri del tempo ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 9
I misteri del tempo
 
Tom, il proprietario del Paiolo Magico, fissava con una certa preoccupazione un cliente grasso e malandato che stava già trangugiando il quinto bicchiere di Whisky Incendiario.
Nel frattempo, Alphard lo stava osservando a sua volta, nel tentativo di associarne il volto ad un nome. Era sicuro di conoscerlo, ma era altrettanto certo di non averlo visto di recente. In effetti, era la prima volta da anni che andava al Paiolo Magico. E inoltre non era il tipo di persona che era solito frequentare: difficilmente un Black avrebbe potuto avere a che fare con un uomo così poco sofisticato.
Tuttavia i suoi tentativi di ricordare furono vanificati dall’arrivo di Perseus, che era appena tornato dal bancone in cui aveva ordinato due Burrobirre.
« Grazie » disse Alphard, prendendo il proprio bicchiere.
Perseus si sedette di fronte a lui, senza dire nulla.
Tanto per spezzare quel silenzio imbarazzato, Alphard gli indicò l’uomo che aveva osservato fino a quel momento.
« A te ricorda qualcuno? Mi sembra che abbia una faccia conosciuta ».
Perseus si voltò con discrezione e l’espressione che gli si dipinse sul volto era di pura sorpresa, ma Alphard poteva giurare di averlo visto sorridere beffardo per un solo istante. « Certo che lo riconosco. Era a scuola con noi. Ti ricordi il Capitano della squadra di Grifondoro? » disse, con un tono eloquente.
Alphard ricordò improvvisamente e rischiò che la Burrobirra gli andasse di traverso.
« Quello che si vantava sempre che sarebbe diventato il più grande Cercatore della storia? »
« Proprio lui » disse Perseus, bevendo un sorso.
Alphard non poté fare a meno di pensare che se quando erano ragazzi avessero visto come il loro antico avversario si sarebbe ridotto, probabilmente lo avrebbero deriso, ricordando la sua insopportabile boria. Ma ora non provava altro che compassione. In effetti nessuno avrebbe mai immaginato le brutte sorprese che la vita aveva posto sul cammino di ognuno di loro.
« Il tempo gioca strani scherzi. Sono passati così tanti anni che mi dispiace per lui » pensò a voce alta. « In effetti, non mi pare che sia mai riuscito ad entrare in una squadra professionista, lo avrei sentito nominare ».
« Già » confermò l’altro. « All’epoca non eravamo per niente in buoni rapporti, o sbaglio? »
Alphard assunse un’espressione sarcastica.
« Non fare finta di niente, lo so che te lo ricordi benissimo, soprattutto quella volta in cui ti sei dimenticato di fare l’imperturbabile come sempre e l’hai spedito in infermeria con una pianta che gli spuntava dalla testa ».
Perseus tossicchiò per mascherare la propria reazione.
« Ero stato provocato » si giustificò, cercando di mantenere un contegno. « Ce l’aveva col mio cognome. Diceva che non era adatto ad un maschio » bofonchiò, ancora offeso.
Subito dopo vide che l’espressione di Alphard si era fatta improvvisamente seria e lui fece altrettanto.
Per alcuni istanti sul loro tavolo scese un silenzio imbarazzante, ma infine Alphard esordì:
« Devo ammettere che non mi aspettavo un tuo invito ».
Perseus rispose guardando fisso una crepa nel legno del tavolino.
« Dovrei parlarti di una faccenda delicata. Si tratta di mia figlia ».
« Come sta? » chiese Alphard, preoccupato.
Perseus sospirò.
« Se devo essere sincero, non la capisco più. Nell’ultimo periodo sembrava che si fosse ripresa, almeno relativamente. Certo, era distrutta ma cominciava a reagire, non era più apatica come all’inizio. Ma qualche giorno fa deve esserle successo qualcosa che non vuole dire, perché è diversa. Lei non è mai stata una ragazza fredda, eppure stamattina sembrava una statua di ghiaccio. Invece di notte fa degli incubi tremendi… e se le chiediamo qualcosa si ostina a rispondere che va tutto bene. Non so più che cosa fare con lei ».
« Mi dispiace » disse Alphard, affranto. « Ma sei proprio sicuro che le sia successo qualcosa? »
« Ne sono certo. Non si è mai comportata così. Io temo che abbia saputo qualcosa sulla morte di tuo nipote ».
Perseus non volle aggiungere altro. Gli sembrava già di violare qualcosa di estremamente intimo e privato quando, nonostante le porte chiuse e i suoi tentativi di non ascoltare, sentiva sua figlia piangere nel sonno e, a volte, invocare il nome del ragazzo.
Alphard fu assalito da un’emozione indescrivibile, ma cercò di controllarsi. Gli dispiaceva terribilmente per Rachel. Era sicuro che non meritasse tutto quello che le stava succedendo e lui avrebbe voluto fare qualcosa, anche se era impossibile.
« Non so se è il caso di chiedertelo, perché nemmeno tu stai bene, ma stamattina mi domandavo se potessi andarla a trovare una volta » disse Perseus, esitando. « A noi non vuole dire nulla, ma con te forse parlerebbe. In fondo eri lo zio di Regulus ».
« Certo che verrò » rispose Alphard ma, non potendo fare a meno di notare il tono con cui l’amico aveva pronunciato il nome di suo nipote, aggiunse: « Tu ce l’hai con lui, vero? »
Perseus distolse lo sguardo, nervoso.
« Ha tradito la fiducia di tutti noi, Alphard. E vedere mia figlia in quelle condizioni non mi aiuta ad essere più comprensivo. Mi dispiace per quello che gli è successo, davvero, ma la decisione di diventare un Tu-Sai-Cosa è stata sua ».
« Senti, non voglio giustificare Regulus. Io stesso l’ho rimproverato per essersi unito a Tu-Sai-Chi, ma si era pentito ed è morto proprio per questo motivo. Purtroppo è sempre stato convinto che quello che gli dicevano i suoi genitori fosse la verità assoluta, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro. Però ti assicuro che Regulus teneva molto a tua figlia e puoi credermi se ti dico che ha fatto di tutto per assicurarsi che lei non corresse rischi, nel caso in cui lui… »
Alphard non concluse la frase, ma Perseus non ebbe bisogno di sentire altro. Colpito dalle sue parole, dovette ammettere che non si sarebbe aspettato tanta cura nel proteggere Rachel da parte di quel ragazzo. Ma era una magra consolazione, pensò, perché sua figlia continuava a soffrire.
« Credo che siamo rimasti un po’ troppo » disse Alphard all’improvviso. « Non devi tornare a lavorare? »
Perseus diede un’occhiata all’orologio.
« Sì, la pausa è finita » confermò. « Allora… grazie ».
« Di nulla. Sei sicuro che Rachel vorrà parlare con me di quello che le è successo? »
Perseus esitò per parecchie volte, e infine scosse la testa, disperato.
« Lo spero » concluse.
 
 
« Tua madre mi ha detto che ti avrei trovata qui. Come stai? »
« Bene, grazie ».
Alphard le si avvicinò, affatto scoraggiato dalla risposta gelida.
« Che ne dici di fare una passeggiata sulla spiaggia? Oggi il mare è pure calmo » propose.
« N-no » rispose Rachel, rabbrividendo al solo pensiero della distesa d’acqua gelata sul retro della casa. Preferiva rimanere al sicuro in camera sua.
La ragazza lanciò un’occhiata fuori dalla finestra: il sole stava già tramontando. Aveva trascorso un’intera giornata senza fare nulla. Si sarebbe dovuta presentare al lavoro e al quartier generale dell’Ordine della Fenice, ma non se l’era proprio sentita, non dopo quello che Kreacher le aveva raccontato.
Il solo ricordo di quella conversazione le provocava brividi ghiacciati che le percorrevano la schiena. Da un paio di notti non riusciva a chiudere occhio, e quando si addormentava il suo sonno era popolato di incubi e visioni di cadaveri che tendevano le braccia scheletriche verso di lei, nel tentativo di soffocarla.
Nemmeno Kreacher sapeva che cosa avesse di speciale il medaglione che Regulus aveva voluto recuperare in quella caverna maledetta, ma a quel punto non le interessava quasi più. Ormai non faceva che pensare a quello che lui aveva affrontato spontaneamente, e una rabbia mista ad ammirazione e orgoglio le ottenebrava la mente.
Si sentiva fiera di lui, come non avrebbe mai pensato di poter essere. Regulus aveva affrontato la morte a testa alta, non fuggendo dai suoi assassini, dimostrando di aver sempre nascosto un coraggio incredibile.
Rachel tuttavia era anche furibonda, perché non riusciva ad accettare che avesse ordinato a Kreacher di andarsene senza di lui. Se solo gli avesse chiesto di Smaterializzarlo via, invece di cacciarlo…
« Se vuoi, tolgo il disturbo » disse Alphard, senza alcuna traccia di risentimento nella voce, ma Rachel si sentì ugualmente in colpa.
« No, scusi… sono soltanto… » balbettò, senza sapere nemmeno cosa dire e alzandosi in piedi.
« Non preoccuparti. Piuttosto, i tuoi genitori sono molto preoccupati per te, lo sai? Dovresti sfogarti un po’ ».
Rachel scosse la testa, depressa. Riusciva a mala pena a capacitarsi del segreto che era costretta a  serbare.
« Per caso hai scoperto qualcosa sulla morte di Regulus? »
Lei sussultò e impallidì, cercando disperatamente di non guardarlo negli occhi. Non poteva dirglielo: aveva promesso a Kreacher che avrebbe mantenuto la parola. In effetti Alphard stava invecchiando, e lei non voleva che alla sua età subisse uno shock del genere. Poteva essere anche pericoloso.
« No, ho solo un attimo di scoraggiamento » mentì. « Mi riprenderò presto ».
Alphard non sembrava molto convinto ma non insisté. Al contrario, fu Rachel a parlare di nuovo.
« Non c’è un modo per riportarlo indietro, vero? » domandò ad un certo punto, sentendosi gli occhi umidi. Vide l’espressione impietosita di Alphard e distolse lo sguardo in fretta.
« Non si possono fare resuscitare i morti, dovresti saperlo » rispose lui, con il tono più cauto possibile.
Rachel annuì. Ovviamente lo sapeva. La sua era una domanda stupida e inutile. Se solo gli avesse impedito di andarsene, l’ultima volta che si erano incontrati, Regulus sarebbe stato ancora vivo. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poter tornare indietro e cambiare il passato, qualsiasi cosa…
Continuò a pensarci per alcuni istanti, sentendosi inspiegabilmente tesa, come se si stesse preparando all’arrivo di una tempesta improvvisa.
E, qualche secondo dopo, un’idea folle, assurda e al tempo stesso magnifica le attraversò la mente come un fulmine a ciel sereno. Sul momento rimase immobile, ad ascoltare il cuore che le aveva iniziato a battere all’impazzata. Infine si sentì invadere da una sensazione che non provava da settimane, talmente meravigliosa da lasciarla del tutto inebetita: la speranza.
Perché non ci ho mai pensato? si chiese.
Alphard dovette notare il suo improvviso cambio d’espressione, perché la guardò con aria interrogativa. Lei ricambiò lo sguardo, con il viso rosso per l’emozione. Non si era neanche accorta di averlo afferrato per un polso.
Rachel provò a parlare ma non riuscì ad emettere un singolo suono. Così cercò di prendere fiato, con il cuore che le martellava nel petto e il cervello annebbiato dallo shock.
« Neanche tornando indietro nel tempo? » aggiunse, dopo essersi schiarita la voce, rotta dall’emozione.
Lui reagì in un modo strano. All’inizio impallidì, ma poi si affrettò a rispondere con una certa urgenza:
« Rachel, no. Non possiamo farlo. Dobbiamo rassegnarci e imparare a convivere con la realtà: Regulus è morto, e niente potrà farlo tornare indietro ».
Se fosse stata in una condizione di normalità, Rachel si sarebbe preoccupata, perché Alphard aveva un’espressione furente e amareggiata. Ma al momento non si trovava per niente in uno stato di normalità.
« Perché no? Ha detto che i morti non possono tornare in vita, ma se tornassimo indietro nel tempo in cui lui era vivo, potremo riuscirci, giusto? Esiste un modo per cambiare il passato? » chiese, tremando dalla testa ai piedi.
Lui esitò, cercando di calmarsi.
« Ci sono le Giratempo, che permettono di tornare indietro e modificare gli eventi passati. Ma i viaggi temporali sono pericolosissimi: chi li intraprende potrebbe provocare conseguenze inimmaginabili. È sempre meglio lasciare le cose come stanno ».
Rachel lo guardò, delusa. Come poteva rifiutare almeno di provarci?
« Ma… lei era un Indicibile, dovrebbe sapere tutto su queste cose e quindi anche come si possono fare viaggi nel tempo senza correre rischi » insisté, testarda.
Alphard sospirò.
« Non è così semplice. E comunque, anche se decidessimo di farlo, in questo caso sarebbe impossibile, perché nessuno sa dove si trovava Regulus quando è stato ucciso ».
Lei si sentì sbiancare all’improvviso, mentre l’immagine di un lago sotterraneo popolato di Inferi le invadeva la mente.
Aveva promesso a Kreacher che non avrebbe riferito mai a nessuno quello che lui le aveva raccontato. Anche se le faceva male pensare che la maggior parte delle persone ritenesse che Regulus fosse morto mentre scappava da Voldemort, era disposta ad essere l’unica a conoscere la verità. Ma adesso si trovava di fronte ad un bivio: restare in silenzio e rinunciare alla remota possibilità di salvarlo, oppure parlare?
« Si potrebbe tornare al momento in cui l’ho visto l’ultima volta, e convincerlo a nascondersi » disse, nel tentativo di trovare una soluzione alternativa.
« E se dopo averti salutata Regulus avesse salvato la vita di qualcuno? Se tu lo facessi nascondere, lui non potrebbe aiutare nessuno. Sacrificheresti un’altra vita per riavere la sua? » chiese Alphard, con un tono abbastanza fermo e deciso.
Rachel rabbrividì e si affrettò a negare con un cenno. Lui aveva ragione: non sapeva cosa aveva fatto Regulus prima di andare nella caverna. Non esisteva una terza possibilità: doveva scegliere per forza.
« Come ti ho già detto, non sapresti dove andare » continuò Alphard, non accortosi del tumulto interiore che la ragazza stava affrontando. « E molto probabilmente è stato ucciso, non so se da Tu-Sai-Chi o da uno dei Mangiamorte. Comunque sia, come pretendi di impedirlo senza che il suo assassino se ne accorga? È irrealizzabile, quindi per favore » e lo disse con una certa fermezza, « non pensarci più ».
Rachel si accorse che le proprie mani tremavano ancora per l’agitazione. Kreacher era stato chiaro: nessuno della famiglia Black doveva sapere cosa fosse successo, per ordine di Regulus. Ma ora che forse aveva la possibilità di salvarlo, non sapeva se sarebbe stato saggio tenere per sé tutto quanto.
« E se invece sapessi come e dove è morto? » sussurrò, sperando dal più profondo del cuore di fare la cosa giusta.
Alphard la guardò con stupore, che si trasformò presto in qualcosa di molto simile al panico.
« Che significa? Tu sai cosa gli è successo? » le chiese con forza.
« Io… » esitò lei, chinando la testa.
« Se hai saputo qualcosa, dimmi di cosa si tratta. Non posso vivere con questo dubbio, senza sapere cosa davvero gli è accaduto » insisté Alphard.
A Rachel fece molta pena: la sofferenza lo faceva sembrare molto più vecchio della sua età. Ma non voleva che il sacrificio di Regulus fosse stato vano: era morto in solitudine per tenere al sicuro tutti loro, e lei sapeva già troppo per potersi considerare al sicuro.
« Mi dispiace, ma non posso. Ho dato la mia parola che non lo avrei raccontato. Le basti sapere che so dove e quando è successo, e che potremmo riuscire a salvarlo senza farci vedere da nessuno » disse, e mentre parlava tutto parve aggiustarsi, come un puzzle che finalmente ricomponeva tutti i pezzi al loro posto: Regulus aveva ordinato a Kreacher di andarsene, e l’elfo si era Smaterializzato prima che lui morisse… se solo avessero potuto sfruttare quei pochi minuti, o secondi, in cui sarebbe stato completamente solo con gli Inferi…
« Ma… »
« La prego, Regulus non voleva farlo sapere per un buon motivo. Si fidi di me e basta ».
Alphard tacque per parecchi minuti, chiaramente indeciso sul da farsi. Era evidente che stesse cercando di non farsi prendere dall’entusiasmo ma di ragionare con lucidità. Infine scosse il capo, disilluso.
« Adesso ascoltami attentamente, per favore » le disse, con un tono molto più fermo del normale.
Lei obbedì: cercando di controllare il tremore che la aveva assalita, si appoggiò con la schiena alla parete, a braccia conserte, e osservò Alphard iniziare a camminare avanti e indietro per la stanza.
« C’è un motivo » esordì lui, « se i viaggi temporali non possono essere compiuti da chiunque. Esiste una legislazione speciale su questo argomento. Non si deve assolutamente modificare il corso del tempo: è una delle leggi magiche fondamentali. Per ottenere il permesso di utilizzare una Giratempo si deve avere un permesso del Ministero della Magia. Questo permesso viene accordato solo per motivi particolari e soltanto a persone affidabili e che abbiano giurato di utilizzare la Giratempo unicamente per quei motivi, non per altri. Questa persona deve avere un garante altrettanto affidabile, e ti assicuro che la commissione dell’Ufficio Misteri che si occupa di concedere i permessi è molto severa. Di sicuro, non darebbero l’autorizzazione e tornare indietro nel tempo per salvare una vita ».
« Ma… perché? Insomma, so che le Giratempo vengono usate per motivi molto meno importanti » protestò Rachel.
« Perché non sai cosa potrebbe succedere. Potresti morire per errore o sconvolgere il corso della storia. Se per qualche assurdo motivo la morte di Regulus fosse importante per il futuro del mondo magico, tu rischieresti di vanificarla. Non puoi sapere quali saranno le conseguenze di certe azioni ».
« E allora che cosa faremo? Resteremo con le mani in mano pur sapendo che potremmo avere una possibilità di salvarlo? » ribatté Rachel, decisa a non cedere. « E se è vero che non possiamo conoscere le conseguenze delle nostre azioni, non è detto che un mio intervento avrebbe risultati negativi. Anzi, è chiaro che Regulus aveva scoperto qualcosa di molto importante, che potrebbe impedire a Lei-Sa-Chi di conquistare il potere. Ha detto anche lei che ci ha pensato. Perché adesso sta cercando di convincermi che sia uno sbaglio? »
Alphard tacque. Rachel lo vide continuare a camminare avanti e indietro, immerso nelle proprie riflessioni. Si sentiva invasa da un’eccitazione palpabile, ma non voleva illudersi troppo: lui aveva ragione quando aveva elencato gli impedimenti alla buona riuscita della sua idea, ma sperava che in qualche modo si potessero aggirare.
 
A sua volta, Alphard era nervoso e agitato, e il dubbio cominciava a cogliere anche lui. Forse Rachel non aveva tutti i torti, pensò. Ora che avevano la possibilità concreta di tornare indietro nel tempo e salvare Regulus, doveva almeno provarci. Merlino solo sapeva quanto avrebbe desiderato abbracciare di nuovo suo nipote. La sofferenza per la sua perdita e il senso di colpa per essergli sopravvissuto non gli davano mai pace.
« Tu… sei davvero sicura di volerci provare? » le chiese. Non era certo di fare la cosa giusta. Sapeva quanto fosse rischioso intromettersi nel tempo.
« Sarei disposta a fare di tutto per riaverlo » rispose Rachel, con un tono estremamente deciso. « Ma le assicuro che se questo tentativo dovesse portare conseguenze negative per il mondo magico… vorrà dire che rinuncerò e me ne farò una ragione » aggiunse, nonostante quella promessa le costasse molto.
Alphard apprezzò il suo chiarimento, anche se sapeva che tra affermarlo e metterlo in pratica ci fosse una differenza abissale… e lo sapeva anche lei.
« Ne possiamo parlare » disse infine. « Ma aspetta a farti prendere dall’entusiasmo, non ti ho detto di sì. Devi sapere tutto quello che si rischia. E non è detto che ci riusciremmo, cerca di tenerlo sempre presente ».
Rachel annuì, trepidante. Alphard temette che fosse sul punto di cadere per terra per come le tremavano le ginocchia, ma lei tornò a sedersi sulla sedia. Aveva le lacrime agli occhi per la forte emozione e non riusciva a stare un attimo ferma.
Dopo essersi assicurato che nessun altro fosse nelle vicinanze della stanza, lui agitò la bacchetta, evocando un breve opuscolo.
« Prova a leggere questo. Non è molto impegnativo, ma credo che basti per farti capire che un viaggio nel tempo non è una cosa da compiere con superficialità ».
Rachel prese il libretto e lo aprì. Era scritto con una grafia chiara e ordinata e illustrato da figure di Giratempo e altri oggetti di cui non sospettava nemmeno l’esistenza.
Senza indugiare, iniziò a leggere una parte dell’introduzione.
 
Nel corso dei secoli, illustri maghi e Indicibili hanno disquisito riguardo ai viaggi temporali, formulando diverse teorie al riguardo, soprattutto sull’opportunità o meno di utilizzarli per evitare episodi negativi della storia della comunità magica e non magica.
La cosiddetta Questione dell’etica è sempre esistita, fin dal V secolo a.C. ma per secoli le Giratempo furono utilizzate spesso a sproposito, spesso con conseguenze tragiche: celebre è l’episodio della strega gelosa che tornò indietro nel tempo per impedire al marito di conoscere la sua presunta amante, ma uccise per errore proprio il coniuge e, una volta tornata nel presente, scoprì che i suoi cinque figli non erano mai nati.
La questione fu affrontata seriamente solo in occasione della terza riunione della Confederazione Internazionale dei Maghi, la cui delibera stabilì che l’affidamento delle Giratempo fosse a sola discrezione del Ministero della Magia. Inoltre, fu deciso che quasi in nessun caso fosse concesso interferire con il normale corso del tempo.
Nonostante questa decisione, il dibattito rimase acceso per decenni. In particolare, si formarono due correnti di pensiero opposte, quella dei Deterministi e quella dei cosiddetti Fatalisti.
I primi sostenevano che il futuro fosse determinato dalla volontà degli individui, e non a caso avevano adottato come motto l’antica massima babbana “Faber est suae quisque fortunae
.*
Secondo i Deterministi, quindi, interferire col tempo avrebbe effettivamente modificato il corso degli eventi, a prescindere dall’esito positivo o negativo di questi cambiamenti.
I Fatalisti invece erano convinti che esistesse una sorta di destino o volontà superiore, secondo la quale il futuro è già tutto predestinato, e quindi le interferenze nel tempo verrebbero in qualche modo impedite da questa forza d’inerzia superiore. In sintesi, se un fatto è destinato ad avvenire, avverrà comunque, in un modo o in un altro.
Tuttavia, nessuna di queste teorie è mai stata dimostrata con certezza…
 
Rachel alzò lo sguardo, confusa. Non aveva idea che intorno ai viaggi temporali ci fossero così tante opinioni differenti né che gli Indicibili si ponessero anche quel tipo di domande.
« E quindi » chiese, « lei a chi crede? »
« Personalmente, ho vissuto abbastanza da capire che sono proprio le azioni che compiamo a determinare il nostro futuro, ma questa è una mia idea. Ciascuna di queste teorie ha un riscontro in fatti realmente accaduti, ma che potrebbero essere soltanto coincidenze. Voglio che tu legga questa relazione per un motivo preciso: devi valutare tutti i rischi prima di decidere. Come vedi, i dubbi sui viaggi temporali sono molto lontani dall’essere risolti. Non sai cosa potrebbe succedere se decidessi di tornare indietro nel tempo. Regulus potrebbe morire in un altro modo, oppure potresti essere uccisa a tua volta ».
« Sono disposta a rischiare » rispose Rachel, cercando di assumere un tono deciso.
« E la tua famiglia? »
Lei s’incupì. I suoi genitori non avrebbero voluto che si imbarcasse in un’impresa così pericolosa.
« Non devono saperlo per forza » rispose sottovoce, e Alphard reagì con un certo disagio. Naturalmente Rachel lo capiva bene: acconsentire che facesse una cosa del genere sarebbe stata un’enorme responsabilità per lui, soprattutto ora che sembrava avere ripreso i rapporti con suo padre. « Ho già un piano. So come fare per impedire che succeda qualcosa di irrimediabile, sul serio ».
« Ma immagino che tu non voglia spiegarmelo nei dettagli, vero? »
« Non posso dirle cosa è successo a Regulus, ma se andrà tutto bene, sarà lui a parlarne con lei » rispose Rachel, e in quel momento si rese davvero conto di quello che aveva intenzione di fare: avrebbe potuto abbracciarlo di nuovo, gli avrebbe parlato, lo avrebbe avuto ancora una volta al suo fianco… forse.
 
Anche Alphard stava pensando la stessa identica cosa, ma si sforzava di rimanere lucido.
« Ci sarebbe ancora un problema. Come pensi di ottenere una Giratempo? » domandò.
Rachel si fece pensierosa e scosse la testa.
« Non so. Lei non era un Indicibile? Forse se la chiedesse lei… »
« No, non me concederebbero senza una spiegazione valida ».
« E non può trovarne una in un altro modo? »
« Tutte le Giratempo sono conservate all’Ufficio Misteri » disse Alphard e, quando notò l’espressione che si era dipinta sul viso della ragazza, aggiunse: « Sai qual è la pena minima per chi tenta di rubare qualcosa nell’Ufficio Misteri? Sei mesi ad Azkaban, come minimo ».
Rachel rabbrividì un’altra volta. Non aveva mai incontrato un Dissennatore fino a quel momento, ma quel poco che le era stato raccontato era bastato ad impressionarla. Sapeva che facevano rivivere continuamente i ricordi peggiori di una persona, e che la maggior parte dei detenuti di Azkaban impazziva o addirittura moriva dopo poco tempo.
Voleva davvero rinunciare a tutto, ora che stava quasi riuscendo ad andare avanti senza Regulus?
Non impiegò molto a rispondere. Era consapevole che in quel modo avrebbe messo di nuovo in gioco tutto, rischiando di perdere le poche cose che le erano rimaste. Ma per Regulus era decisa a fare questo e altro.
« Correrò il rischio » rispose. Poi, notando l’espressione esitante di Alphard, non poté fare a meno di aggiungere: « Se non se la sente, non si preoccupi, ci penserò io. Basta che mi dica come orientarmi dentro l’Ufficio Misteri ».
Alphard si sentì avvampare d’imbarazzo dopo aver sentito quelle parole, mentre una sensazione di dejà-vu gli faceva tornare in mente ricordi che avrebbe preferito cancellare. Quando mai aveva detto che la ragazza somigliava molto alla madre? In quel momento, gli sembrava piuttosto di avere davanti Perseus, con lo sguardo deluso che aveva assunto ogni volta in cui lui non aveva avuto il coraggio di prendere una decisione. Alphard non sopportava di essere guardato di nuovo con quell’espressione: gli ricordava tutte le proprie debolezze, e fu proprio questo a convincerlo.
« Non se ne parla, verrò con te. Conosco l’Ufficio Misteri come le mie tasche, ma per chi non c’è mai stato è pericoloso. Fai in modo di trovare un Mantello dell’Invisibilità abbastanza nuovo » le disse.
« Grazie, signor Black » disse Rachel, riconoscente.
« Tuo padre mi ucciderà » sospirò Alphard con una certa rassegnazione. « Sei proprio sicura di volerlo fare? »
« Sì » rispose lei, senza esitazioni. « E non si preoccupi per mio padre, ci penserò io a calmarlo ».
« Grazie, però voglio che tu prenda una decisione ponderata. So che sei in grado di stabilire il limite tra il tentativo che vogliamo mettere in pratica e un’intromissione troppo dannosa nel tempo. Ho fiducia nel tuo raziocinio e spero che tu prenda la decisione più giusta, se capirai di rischiare una catastrofe temporale ».
Rachel sapeva che Alphard le stesse dicendo qualcosa di molto importante e lo ascoltò con attenzione. Infine annuì, cercando di non farsi prendere dal panico: sperava di non ritrovarsi nella situazione di dover scegliere tra la propria felicità personale e il bene comune. Ma aveva promesso che il secondo sarebbe stato prioritario nelle proprie intenzioni ed era decisa a mantenere la promessa, sperando di esserne in grado
 « Prendi questo » aggiunse Alphard, porgendole il libretto che aveva letto poco prima. « Ti conviene leggerlo tutto, soprattutto il capitolo che spiega come funzionano le Giratempo. E un’ultima cosa: chiamami pure Alphard ».
« Ma… Ehm, d’accordo » rispose Rachel, stupita.
Prese il libretto e gli diede una rapida sfogliata, mentre il cuore iniziava a batterle all’impazzata: era sicura che sarebbero riusciti a salvarlo. Da brava Serpeverde, sapeva che quando voleva una cosa, alla fine la otteneva, e quello di salvare Regulus era il suo desiderio più grande. Presto lo avrebbe avuto di nuovo al suo fianco… e quella volta non lo avrebbe più lasciato andare via.

* "Ognuno è artefice del proprio destino" (secondo Sallustio è una frase di Appio Claudio Cieco)

*Angolo autrice*
Allora, in questo capitolo si spiega praticamente tutto quello che avevo in mente fin dall'inizio! ^^ Ero partita con l'idea di inventare chissà quale congegno magico, ma la Rowling mi ha già offerto la soluzione su un piatto d'argento, e mi sarebbe bastato saperla sfruttare per arrivare dove volevo senza inventare cose assurde che avrei rischiato di non saper gestire bene.
L'idea non è proprio originalissima, però l'importante per me è che siate arrivati a questo capitolo pensando: "Non ci avevo pensato!" (o avevate già capito? =S )
Siete liberi di lanciarmi pomodori se l'idea vi fa schifo! XD

Per quanto riguarda il libro che Rachel legge, ovviamente ho inventato tutto, ma io gli Indicibili me li immagino così, un po' maghi e un po' filosofi, visto che studiano i misteri del mondo. La citazione latina ce l'ho messa semplicemente per dare un'aria più "professionale" a quello che altrimenti sembrerebbe un tema di scuola! XD
Mi sono anche creata qualche problema "etico" della serie: chi può decidere chi deve vivere o chi deve morire? (Sì, io mi creo anche questo tipo di problemi -.-") però alla fine nessuno si è mai chiesto se fosse destino che Fierobecco morisse o no, quindi mi sono detta di lasciar perdere le pare mentali e proseguire così!

Altra cosa, magari qualcuno potrebbe pensare che Alphard, essendo più maturo, avrebbe dovuto comportarsi in modo più "saggio" e convincere Rachel che il rischio di intromettersi nel tempo sarebbe stato troppo grosso rispetto alla remota possibilità di salvare Regulus, ma in fondo è un essere umano anche lui. Anche Silente, nonostante la sua veneranda età e la sua esperienza, praticamente si suicida quando usa la Pietra della Resurrezione. Credo che quando si tratta di un argomento come la morte, torniamo tutti un po' bambini e immaturi. E poi Alphard a volte è un po' incosciente, caratteristica che proprio Sirius ha ereditato da lui! XD
Insomma, questo capitolo l'ho scritto e riscritto per settimane, ci ho sbattuto la testa mille volte, e ogni volta non mi andava bene, perciò spero che non sia venuto una schifezza ç__ç

Alohomora: grazie per quello che hai detto sulla tua esperienza personale. Vedendo i Paciock e i Potter Rachel sente sia la mancanza di ciò che ha perso sia di quello che non ha mai avuto ma che
sperava di ottenere un giorno. Del resto, essendo cresciuta in una famiglia serena, ci tiene a crearsene una propria, anche se sa di non essere abbastanza matura!
nefertari83: non te l'aspettavi? Meno male, almeno ho saputo mantenere la suspance! XD
Nymphy Lupin: in effetti, povero Kreacher, fa una gran pena anche a me quando deve fare qualcosa contro la sua volontà! Doveva essere Rachel a dire a Sirius che Regulus teneva a lui, e viceversa: loro non se lo sarebbero mai detti, testardi e orgogliosi come sono!
Beatrix Bonnie: eccolo qua, l'ormai famigerato capitolo 9! Capisci perché mi ha creato un sacco di problemi? E' giuto salvare un personaggio e non altri? Insomma, ero in piena crisi etica! XD Anche io ho difficoltà a immaginare James così... <_< L'anello dei Black Rachel lo conserva gelosamente (e guai a chi lo tocca!) però forse posso farti un disegno!
lyrapotter: mi sa che a te avevo già accennato qualcosa sul viaggio temporale, via email. No, non arrabbiarti! XD Quando avrò concluso questa parte in cui il salvataggio di Regulus ha la priorità, mi occuperò di Remus, promesso! Anche io adoro Fabian e Gideon, mi mettono allegria!
Lenobia: sono contentissima di aver reso Rachel umana, ci tengo molto. Cercherò di trattare meglio Voldemort, allora! XD Tranquilla, non manca poi molto al momento in cui Regulus e Sirius si vedranno di nuovo. Mi viene un sorriso ebete tutte le volte che ci penso, ma cercherò di non farmi trascinare e di lasciarli sempre IC, naturalmente!
Lellas92: ops, la tua coscienza mette paura! XD Però diciamo che ha detto cose molto simili a quello che direbbe la mia, il che è grave perché io la patente ce l'ho da 3 anni... Il fatto è che non mi piace guidare, preferisco andare a piedi! XD Spero che questo capitolo sia Juliasco (XD) e non orribile! Parla di James quanto vuoi, così mi tengo allenata! XD
_Mary: hai avuto quasi tutte le risposte in questo capitolo, ma spero che non ti facciano schifo u.u  Io credo che se scrivessi su Draco lo renderei ridicolo e verrei uccisa da quelle che lo considerano figo e coraggioso ಠ_ಠ (lo ammetto, non vedevo l'ora di usare questa faccina!) Lo so, i Tassorosso sono i più snobbati, ma ci sarà anche Ted a far loro onore!
Penny Black: è ovvio che se James non avesse avuto quelle qualità, non sarebbe cambiato nemmeno con la morte dei genitori. Un'altra persona si sarebbe incattivita. Anche io salverei tutti, ma sarebbe irrealistico... ç_ç Ah, mi è venuto il dubbio che quella frase sulla felicità per chi non la merita avrebbe creato incomprensioni: Rachel lo stava pensando in modo molto generale, non si riferiva ai Paciock e ai Potter, che non le hanno fatto nulla! ^^ Regulus e Sirius si riavvicineranno, però dovranno anche fare i conti con le loro differenze... ma molte delle loro discussioni saranno più comiche che altro! XD
Circe: sono commossa! ç__ç Anzi, mi fai commuovere ogni volta, ma stavolta hai superato te stessa! Rachel è molto più estroversa e decisa di me, però per altri aspetti ha qualcosa del mio carattere. Di solito quando esprime un'opinione dice quello che penso io. Era proprio quello che volevo, descriverla meglio qui che altrove, anche perché nelle fic precedenti di solito scrivevo dal punto di vista di Regulus! *-* E sì, lui in effetti è il mio ragazzo ideale! XD
Mirwen: spero che ti sia divertita! Non sono mai stata al Lucca Comics ma deve essere divertente! La verità per ora è sempre quella del canon, ma la Giratempo cambierà le cose!
malandrina4ever: ho scritto il capitolo in cui torna Regulus u.u *malandrina sviene* Scusa, non avrei dovuto dirtelo così! *risata sadica: buahahaha!* Mi perdoni? Ci perdoniamo a vicenda e il problema è risolto XD E sarai giustificata se ripeterai "Regulus" mille volte, anzi, ti capisco u.u  Lui sta bene e ti manda tanti saluti! ^^ Dice anche che vi vedrete nel capitolo 11, anche se Lui sarà un po' sotto shock per dare retta a chicchessia (una delle prime cose che dirà è: "Dov'è il medaglione?" -.-")
DubheBlack: nel quinto libro Kreacher ripete in continuazione gli insulti a Hermione e gli altri, quindi ho fatto anche io il tuo ragionamento. Hao visto giusto, anche Alphard ha confabulato con Rachel, ma Kreacher sarà essenziale perché solo lui sa dove andare e soprattutto può andarci!
sweetophelia: proprio perché è una what if, molte cose cambieranno, anche se ancora non ho deciso cosa. Visto che sono sempre stata affezionata al canon, ho paura di esagerare! Il racconto di Kreacher era uguale a quello che già conosciamo, quindi non l'ho descritto! =)
meissa_s: già che ci sono ti ringrazio qui anche per la recensione alla storia su Marius! Questi capitoli saranno più su Rachel, Alphard (e Regulus! XD) ma poi approfondirò molto l'Ordine della Fenice. Non posso essere più che d'accordo con quello che hai detto sulla media di bene e male nelle Case! Ah, la tua email mi è arrivata, e ti ringrazio!! Se vuoi posso consigliarti qualche storia su Sirius, magari qualcuna potrebbe piacerti. Ti manderò un'email al riguado il prima possibile!

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Capitolo 10
*** Una Giratempo da recuperare ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 10
Una Giratempo da recuperare
 
In quei giorni, il Ministero della Magia si era riempito di sfavillanti decorazioni natalizie. Ghirlande d’oro e d’argento illuminavano l’Atrium più del solito e la statua dei Magici Fratelli emanava uno scintillio dovuto a qualche incantesimo decorativo. I camini disposti lungo le pareti erano ricoperti di agrifogli e candele rosse.
Mai il Ministero era apparso così riccamente decorato: sembrava quasi che cercasse di dimenticare la realtà esterna, conferendo un’atmosfera magica e sognante a quel luogo di lavoro.
« Le decorazioni di Hogwarts però sono imbattibili. Te le ricordi? » disse Emmeline, dopo essere uscita da uno dei camini della Metropolvere.
« Già » le rispose Rachel, soprappensiero.
Quella mattina erano arrivate insieme al Ministero della Magia. Emmeline non si recava lì tutti i giorni. Di solito le lezioni e le esercitazioni per aspiranti Auror si tenevano in una sede distaccata, in un luogo molto più aperto e meno frequentato, ma il corso di addestramento prevedeva anche che gli studenti svolgessero alcune ore al fianco degli Auror già diplomati, per acquisire una maggiore esperienza pratica.
Le due ragazze si incamminarono insieme alla folla di impiegati del Ministero che sciamavano in direzione degli ascensori.
Emmeline era contenta della pratica che svolgeva con Frank e Alice Paciock, ma ogni volta che metteva piede lì dentro si sentiva nervosa e agitata, e il motivo non era certo la normale ansia da prestazione che tutti gli aspiranti Auror provavano.
Anche quella mattina non poté fare a meno di guardarsi intorno con nervosismo, cercando di riconoscere i presenti senza tuttavia incrociare i loro sguardi. Camminava spedita, come per allontanarsi il più in fretta possibile dall’Atrium, ma tentando di non sembrare troppo desiderosa di fuggire.
Quella volta però fu sfortunata, perché era tanto presa dalla sua ansia da non rispondere al commento che Rachel aveva indirizzato all’albero di Natale che svettava davanti a loro, attirando così la sua attenzione.
« Non ti va di incontrarlo, vero? » le domandò Rachel, intuendo subito quali fossero i suoi pensieri.
Emmeline reagì come ogni volta: si sentì avvampare, ma esteriormente non batté ciglio.
« No, infatti » confermò, mantenendo comunque tutto l’autocontrollo di cui era provvista.
Sapeva che, dato che entrambi frequentavano il Ministero della Magia, non avrebbe potuto evitarlo in eterno, ma voleva sottrarsi il più possibile a situazioni imbarazzanti. Da quando Barty l’aveva lasciata non si erano più rivolti la parola, e lei non ci teneva a ricominciare… anche perché lui era altrettanto deciso a ignorarla, ammise a se stessa, mentre stringeva i pugni tanto da incidersi la pelle con le unghie.
Rachel non disse nulla ed Emmeline le fu grata di questo: non era una ragazza che amava mostrarsi debole.
Cercò di ristabilire il normale battito, invano. Sotto i capelli biondi, la fronte si corrugò. Perché le era così complicato farsene una ragione? Possibile che non riuscisse ancora a dimenticarlo? Era passato tanto tempo, ormai, ma ogni volta che lo vedeva non poteva fare a meno di sentire che, almeno per lei, non era mai cambiato nulla.
Tanto per fare qualcosa, si soffermò ad osservare la fontana nei minimi dettagli, nella speranza di riacquistare lucidità, ma non le fu di grande aiuto. Complici le decorazioni che le ricordavano quella della scuola, la sua mente aveva già preso il volo, e lei non poté fare a meno di rievocare momenti più felici, negli anni trascorsi a Hogwarts, quando la guerra non era ancora scoppiata così violentemente e nessuna delle persone che conosceva era ancora morta…
Basta, non posso continuare a crogiolarmi così, pensò, irritata con se stessa. Devo andare avanti.
O meglio, sarebbe voluta andare avanti, ma era convinta che finché non avesse saputo il vero motivo per cui Barty la aveva lasciata, non si sarebbe mai data pace.
All’inizio aveva sospettato che lui si fosse interessato ad un’altra ragazza, ma non aveva avuto riscontri per quella ipotesi. Non sapeva più cosa pensare, e iniziava a porsi delle domande che le stavano facendo perdere fiducia in se stessa.
« Rachel, pensi che io abbia qualcosa che non va? » chiese, automaticamente, prima di potersi trattenere.
L’altra si riscosse dai propri pensieri e la guardò con stupore.
« Che cosa non dovrebbe andare in te? » ribatté.
« Non so… forse sono troppo seria e noiosa » buttò lì, scoraggiata.
« Tu non sei affatto noiosa. Sei soltanto molto più matura della tua età ».
« Ma non sono l’unica a pensarlo. Una volta ho sentito Sirius che lo diceva ai suoi amici. Ha detto che sono talmente perfettina da risultare noiosa ».
Rachel alzò gli occhi al cielo.
« Tu sei sempre stata superiore a queste cose, lascia stare. Dovresti sapere meglio di me che il secondo nome di Sirius potrebbe essere “tatto di troll”. Ma non lo ha detto con cattiveria, stava solo scherzando… e d’altronde i suoi canoni di persona divertente sono un po’ troppo alti rispetto alla norma ».
Emmeline riuscì a sorridere per un attimo, ma poi tornò immediatamente seria.
« Se mi permetti » aggiunse Rachel mentre raggiungevano gli ascensori, « non hai niente che non vada. Barty soffriva molto il confronto con te. Lo sai che suo padre lo apprezza solo quando si dimostra il migliore, e se qualcuno lo supera una sola volta, lui la prende come una sconfitta personale ».
Emmeline annuì, cupa. Sapeva bene quanto Barty si fosse impegnato a scuola. Aveva ottenuto dodici G.U.F.O., dieci M.A.G.O., era stato sia Prefetto che Caposcuola, tanto da diventare uno dei migliori studenti di sempre. Ma dietro tutto questo nascondeva un bisogno disperato di rendere soddisfatto il padre.
Almeno, questo succedeva all’inizio. Ma nell’ultimo periodo Barty era arrivato a odiare suo padre, convinto che Crouch senior lo apprezzasse solo per i suoi successi, e non in quanto suo figlio.
Emmeline aveva notato che nell’ultimo periodo Barty si era incattivito, ma non riusciva comunque a capire il suo atteggiamento nei propri confronti. Non aveva mai voluto trovarsi in competizione con lui. Nel suo piccolo, aveva fatto di tutto per farlo stare meglio, ma lui non sembrava aver apprezzato i suoi sforzi.
Emmeline si costrinse a smettere di pensarci. La ragazza accanto a sé era la prova vivente che esistevano guai di gran lunga peggiori: Barty almeno era ancora vivo…
Ora che ci faceva caso, Rachel le pareva molto pensierosa. Controllava l’orario con una frequenza quasi maniacale e, quando non doveva parlarle, sembrava stesse guardando un punto indefinito e remoto, che nessun altro poteva vedere. Anzi, non riusciva a nascondere un’espressione tesa e nervosa.
« Qualcosa ti preoccupa? » le domandò, mentre l’ascensore nel quale erano entrate iniziava a salire.
« No, va tutto bene » rispose Rachel in fretta.
Emmeline la osservò ancora. Certe volte non riusciva proprio a seguire tutti i suoi sbalzi d’umore, ma sapeva che fosse normale. Da quando la conosceva, lei e Regulus erano sempre stati inseparabili. La morte di lui era stata un duro colpo da assorbire ed Emmeline temeva che l’amica non si sarebbe mai ripresa completamente.
Detestava vederla soffrire giorno dopo giorno, ma tutto quello che le veniva da dirle erano solo parole vuote, e il fatto che Rachel in quel caso fosse come lei e si tenesse tutto dentro non la aiutava per niente.
Arrivata al Secondo Livello, Emmeline dovette uscire dall’ascensore.
« Ci vediamo all’uscita? » le chiese.
« Stasera resto fino a tardi, ho del lavoro da sbrigare. Non aspettarmi » rispose Rachel, senza tradire la minima emozione.
Emmeline continuò a guardarla mentre le griglie si richiudevano tra di loro, e non poté fare a meno di notare il suo sguardo determinato. Non sapeva cosa avesse intenzione di fare, ma non l’aveva mai vista così. Sperava soltanto che non si cacciasse nei guai.
 

Rachel non aveva mai visto il Ministero della Magia di sera. Il caos e il chiacchiericcio che di solito regnavano sovrani erano stati sostituiti da un vago brusio. I passi degli impiegati rimasti rimbombavano da un Livello all’altro, e i più pesanti facevano quasi tremare le finestre.

Chiusa nel suo ufficio, Rachel diede un’altra occhiata all’ora. La sua agitazione cresceva ogni minuto di più. Cercava di non farsi prendere dal panico ma nemmeno dai sensi di colpa: doveva commettere un furto all’interno del Ministero, e sapeva che non sarebbe stata una passeggiata.
Si rendeva conto che, non trovandosi più a Hogwarts, se fosse stata scoperta non se la sarebbe cavata con una semplice punizione. Non stava infrangendo una regola scolastica, stava per commettere un vero e proprio reato nel cuore del Ministero della Magia. Se qualcuno glielo avesse detto qualche anno prima, non ci avrebbe mai creduto. Ma la forza della disperazione la stava inducendo a comportarsi come non avrebbe mai potuto immaginare.
Sapeva di rischiare tantissimo, e conosceva bene i limiti che Alphard le aveva intimato di non oltrepassare, ma finché fosse rimasta entro quei limiti, era disposta a fare tutto il possibile… anche se iniziava a pensare che rubare non fosse proprio giustissimo.
Aveva atteso nell’ansia e nella tensione per l’intera giornata, al punto che Arnold Peasegood le aveva proposto di bere una pozione rilassante, ma lei aveva continuato a resistere fino alla sera.
Guardò di nuovo l’orario e si accorse con un sussulto che era arrivato il momento di agire.
Senza indugiare oltre, si alzò, nascose il Mantello dell’Invisibilità che aveva preso in prestito da Dorcas nella tasca di quello rosso scuro che indossava e uscì dall’ufficio, chiudendo poi la porta.
I corridoi erano illuminati da lampade e da candele natalizie sospese in aria. Negli uffici che Rachel oltrepassò c’erano più persone di quante si era aspettata: probabilmente era la guerra in corso a costringere quasi tutti a tornare tardi a casa. In effetti, gli Obliviatori in quel periodo erano impegnati quanto gli Auror, per colpa delle azioni dei Mangiamorte ai danni dei Babbani.
Rachel prese l’ascensore e scese fino all’Atrium. C’era un gruppetto d’impiegati che si stavano trattenendo a chiacchierare ma lei tirò dritto fino al mago di guardia, assicurandosi che lui sentisse il suo saluto di congedo.
Arrivata in prossimità dei camini, si guardò discretamente intorno e, quando si fu accertata che nessuno stesse guardando, tirò fuori il Mantello dell’Invisibilità e lo indossò.
Fu fortunata, perché un attimo dopo il mago guardiano lanciò un’occhiata nella sua direzione e, non vedendo nessuno, tornò a leggere la Gazzetta del Profeta.
Rachel trasse un respiro di sollievo. Quella parte del piano aveva funzionato.
Nascosta sotto il mantello, non dovette aspettare molto. Infatti, pochi minuti più tardi, da uno dei camini si levò una fiamma verde, e ad uscirne fu Alphard.
Il mago non esitò neanche un secondo e si diresse verso il mago di guardia per dichiarare il motivo della sua visita e farsi esaminare la bacchetta.
« Alphard Black » si presentò. « Lavoravo all’Ufficio Misteri. Dovrei accedervi per una ricerca che sto svolgendo ».
« Assolutamente » rispose l’altro, servizievole. Di solito non era un tipo cordiale, ma doveva sapere come comportarsi con le persone importanti. « Non si finisce mai di essere Indicibili, eh? »
« Sono d’accordo » confermò Alphard, accennando un sorriso.
L’uomo gli restituì la bacchetta.
« Tutto a posto. Il nuovo responsabile del Dipartimento dei Misteri è Augustus Rookwood. Chieda a lui ».
« Grazie ».
Alphard si diresse verso gli ascensori ed entrò in uno di essi. Rachel lo seguì, cercando di muoversi a passi felpati, anche se l’ansia le faceva desiderare di mettersi a correre.
Quando le griglie si furono chiuse, lei si schiarì la voce con prudenza.
« Sei qui? » le chiese Alphard, senza poterla vedere.
« Sì, per ora è tutto a posto » rispose lei.
« Sei agitata? »
« Un po’… »
« Non preoccuparti. Rookwood lo conosco. Non dovrebbe crearci problemi ».
L’ascensore si fermò, e la fredda voce femminile che Rachel aveva imparato ad ascoltare ogni giorno li informò:
« Nono Livello. Ufficio Misteri ».
Alphard uscì, seguito a ruota dalla ragazza.
« Mi raccomando, stammi vicina » le sussurrò lui.
Lei annuì ma poi, ricordando che lui non poteva vederla, mugolò in segno di assenso.
Si trovavano in uno strano corridoio molto buio, illuminato solo da qualche torcia appesa alle pareti. Sembrava tutto di marmo nero e, in fondo, c’era una porta dello stesso colore.
I due si incamminarono verso di essa, accanto alla quale c’era un uomo di guardia. Aveva il viso butterato e il suo atteggiamento mostrava un lieve nervosismo. Tuttavia, quando vide Alphard, lo salutò con stupore.
« Signor Black! Che sorpresa… »
« Augustus, cercavo proprio te » disse Alphard. « Sto facendo una ricerca nell’ambito della memoria ma a casa non ho abbastanza informazioni. Mi chiedevo se potessi cercarle qui. So che tecnicamente sono in pensione ma… »
« Oh, bè… » Rookwood parve pensarci per qualche istante, lanciando strane occhiate al corridoio da dove erano venuti. « Ma certo » disse infine. Sembrava quasi ansioso di rimanere troppo tempo in sua compagnia. « Non c’è problema. Ehm… però dovrebbe prima consegnarmi la bacchetta e dovrei perquisirla prima e dopo il suo ingresso. Sa, misure di sicurezza… » aggiunse, imbarazzato.
« Certo » rispose Alphard con naturalezza, consegnandogli la propria bacchetta magica.
Rookwood estrasse dal mantello un Sensore Segreto e lo fece scorrere davanti e dietro Alphard. Assicuratosi che fosse tutto in regola, lo invitò ad entrare.
Alphard lo salutò ed aprì la porta dell’Ufficio Misteri.
Rachel lo seguì all’interno, poi la porta si chiuse alle loro spalle. Era così nervosa che si accorse a stento della stanza circolare in cui si trovavano e delle dodici porte intorno a loro.
« È sempre stato così… strano? » domandò lei, curiosa, liberandosi del Mantello dell'Invisibilità e riponendolo nella tasca.
« In realtà no. Ma adesso non è il momento di pensarci » disse lui in tono pratico. « Dobbiamo arrivare alla Stanza del Tempo ».
Presa dall’impazienza, Rachel mise un piede avanti, ma un attimo dopo ebbe l’impressione di perdere l’equilibrio e che la testa le stesse girando. Invece era il pavimento a ruotare, e continuò così per alcuni istanti, finché non si fermò di nuovo.
Rachel era sconvolta e Alphard le rivolse un sorriso.
« La prima volta è stato strano anche per me. Sono altre misure di sicurezza. Tu sei la prima non Indicibile in assoluto ad entrare qui dentro ».
« Ma ora non sappiamo più qual è l’uscita » osservò lei, agitata.
« Non importa, la ritroveremo ».
Lei non era molto convinta, ma si fidò.
« E quale porta dobbiamo aprire? »
« Nella maggior parte dei casi, una vale l’altra » rispose lui, per niente preoccupato. Avanzò fino alla porta di fronte a loro e provò ad aprirla, ma era chiusa a chiave. « No, non è questa » disse. A partire dalla porta chiusa, ne contò tre verso sinistra e riprovò con un’altra.
Quella si aprì, cigolando debolmente.
« Questa può andare. È la strada più lunga ma almeno sapremo dove ci troviamo. Stammi dietro e non allontanarti » le disse.
Rachel lo seguì, silenziosa, ed entrò con lui nella stanza. Non aveva idea di come fosse l’Ufficio Misteri, ma aveva sempre immaginato che gli Indicibili vi tenessero dentro oggetti misteriosi, magari anche stregati.
Quella invece era una sala piuttosto semplice. La porta dalla quale erano entrati si trovava in alto, e sotto i loro piedi il terreno scendeva in quattro o cinque gradinate fino ad una piattaforma sul fondo, in mezzo alla quale si ergeva uno strano arco piuttosto malridotto, da cui scendeva un velo nero, che si muoveva come mosso dal vento, anche se non c’erano finestre.
« Vieni » la scosse Alphard, incamminandosi senza scendere i gradini, diretto verso una porta dall’altra parte della sala.
Rachel lo seguì, ma non poté fare a meno di fissare quella strana costruzione al centro. Di cosa si trattava?
Non si era neanche accorta di aver deviato e di essere scesa per due gradini verso l’arcata. Si sentiva misteriosamente affascinata da essa, ma al tempo stesso fremeva di paura per qualcosa che non riusciva a comprendere. All’improvviso sussultò, spaventata.
« S-si sentono delle voci! » sussurrò.
« Rachel, allontanati subito » intervenne Alphard con un tono serio e preoccupato, trattenendola per la manica.
« Non le hai sentite? » insisté lei, incredula. *
Lui sul momento esitò, incerto su cosa rispondere.
« Vieni via, è pericoloso avvicinarsi troppo ».
Rachel per un po’ valutò la possibilità di non obbedire. Dietro quell’arco, ne era sicura, c’era qualcosa o qualcuno.
Alphard fu costretto a strattonarla per farla tornare indietro. Rachel obbedì a malincuore, ma sapeva che Alphard aveva ragione: non poteva perdere la concentrazione. Dovevano recuperare una Giratempo. Le era parso di sentire sussurrare dietro quel velo, ma vide che dietro di esso non c’era nessuno.
Alphard la condusse attraverso un’altra porta, e si ritrovarono in una seconda stanza rettangolare, occupata da strane vasche piene di una strana sostanza verdognola, sopra la quale galleggiavano degli oggetti simili a meduse. Quando Rachel li ebbe osservati meglio, scoprì con suo grande disgusto che si trattava di cervelli.
« Voi studiate questa roba? » non poté fare a meno di chiedere.
« Certo. La mente umana nasconde misteri che non puoi neanche immaginare. Vedi quei tentacoli? Sono ricordi, pensieri. Ma non avvicinarti, è pericoloso toccarli ».
« Che cos’era quell’arco? » chiese lei. Nonostante la tensione, non poteva negare di essere affascinata da quel luogo così strano e pericoloso.
« Quella di prima era la Camera della Morte. Non posso dirti molto ma ti assicuro che c’è un motivo se ti ho trascinata via da lì. Maghi molto più esperti di te hanno avuto degli incidenti lì dentro, e non sono stati più trovati ».
Lei rabbrividì. Improvvisamente non aveva più tanta voglia di approfondire l’argomento. Si guardò intorno, e scoprì che anche la Stanza dei Cervelli era piena di porte lungo tutte le pareti. Alphard aveva avuto ragione ad accompagnarla: l’Ufficio Misteri era così esteso che da sola si sarebbe sicuramente persa.
Lui la condusse attraverso un corridoio che, sulla sinistra, dava su un enorme baratro buio e vuoto, nel quale si libravano misteriose sfere di vari colori.
« È lo spazio » la informò Alphard, notando lo sguardo incuriosito di lei. « Quelli sono i pianeti ».
« È incredibile… » commentò Rachel, sempre più affascinata.
La stanza successiva era enorme. C’erano file e file di scaffali che sembravano non dover finire mai. Non contenevano libri, ma una grande quantità di piccole sfere di vetro luminose, tutte uguali. Sotto ognuna di esse, erano stati messi dei cartellini con dei nomi.
« E quelle cosa sono? »
« Profezie » rispose Alphard.
« E sono… vere? » chiese Rachel, dubbiosa.
« Scommetto che a scuola non amavi molto Divinazione » commentò lui, mentre costeggiavano tutte le file. « Ma i veri Veggenti esistono. Sono rari, ma esistono ».
Dopo aver percorso l’intera Sala delle Profezie, entrambi attraversarono una delle porte sulla sinistra ed entrarono nella Stanza del Tempo.
Ciò che prima di tutto attirò la loro attenzione furono decine e decine di ticchettii che si sovrapponevano. La stanza era completamente occupata da orologi, pendole e sveglie che scandivano i minuti all’unisono.
Assalita dall’emozione, Rachel non fece neanche caso alla campana di vetro di fronte a lei, in cui un colibrì nasceva da un uovo, per poi trasformarsi di nuovo in esso, in un ciclo continuo e infinito.
Il suo sguardo cadde immediatamente sulla vetrina appesa al muro alla sua destra: conteneva una quantità di clessidre di diverse dimensioni e forme.
Alphard si avvicinò e aprì la vetrina, fermandosi ad osservare le varie Giratempo.
« Ne esistono diversi tipi, vero? » domandò lei, raggiungendolo.
« Sì. Queste tornano indietro nel tempo solo di qualche ora » rispose lui, indicando un gruppo di clessidre più piccole delle altre, « queste possono portare indietro di anni e anni, mentre queste altre addirittura nel futuro » concluse, accennando a due o tre clessidre dai meccanismi più complessi. « Noi dobbiamo prenderne una che possa andare sia avanti che indietro nel tempo, altrimenti dovrai aspettare più di un mese per tornare nel presente, e che abbia come unità di misura i giorni. Quelle di un mese non ci convengono, rischieremmo di essere troppo imprecisi ».
Dopo averle controllate tutte, Alphard ne afferrò una delle dimensioni del pugno di un bambino e la estrasse dalla vetrina, poi si fece prestare la bacchetta di Rachel e creò una copia della Giratempo con l’incantesimo Geminio, per lasciarla al posto dell’originale.
« Se ne accorgerà qualcuno? » domandò Rachel, riprendendo la bacchetta.
« Se dovranno usarla sì, ma succede raramente. Spero di fare in tempo a riportare quella vera prima che qualcuno noti la sua mancanza ».
« Intendi riportarla indietro? »
Lui la guardò.
« Certo. Non possiamo tenerla noi, o avremmo la tentazione di usarla a sproposito in altre occasioni ».
Poi le consegnò la Giratempo, e Rachel la prese tra le mani con trepidazione. Di colpo era stata assalita da un’infinità di emozioni contrastanti: era eccitata, nervosa al solo pensiero di fallire e terrorizzata per il timore di sconvolgere il corso del tempo. Sapeva che lei e Alphard si stavano prendendo una responsabilità enorme.
Era talmente emozionata che a stento guardò dove stesse andando quando Alphard la condusse di nuovo nella stanza circolare.
Prima di uscire, Rachel si infilò di nuovo sotto il mantello dell’invisibilità, stringendo a sé la Giratempo con ansia e agitazione.
Quando Alphard aprì la porta che dava sul corridoio e ne uscì, all’improvviso si fermò di colpo, costringendo anche lei a bloccarsi.
Rachel gli lanciò un’occhiata perplessa e aprì la bocca per chiedere spiegazioni, ma lui stava guardando in direzione di un corridoio sulla destra che fino a quel momento non aveva notato. Era quello che doveva condurre alle aule del Wizengamot, in cui i prigionieri destinati ad Azkaban venivano condannati.
Augustus Rookwood stava parlando con un secondo mago, ma erano entrambi troppo lontani perché le loro parole fossero distinguibili. Non appena si accorsero di non essere più soli tuttavia, tacquero colpo.
Evidentemente Alphard non si aspettava di incontrare l’altro, a giudicare dalla sua espressione stupita.
Rachel osservò l’intruso da sotto il Mantello. Era alto e magro, con i capelli castani e gli occhi di un azzurro intenso, vestito con l’inconfondibile eleganza tipica dei Purosangue, ma il suo sguardo non le piacque per niente: forse era solo una sua impressione, ma quell’uomo le diede l’idea di celare una personalità maligna e forse addirittura sadica.
Lui fu altrettanto sorpreso di vedere Alphard, ma non lo salutò affatto. Al contrario, si rivolse all’altro uomo e lo salutò in modo molto formale.
Poi prese a camminare, e superò Alphard rivolgendogli un’espressione beffarda e sprezzante al tempo stesso. Rachel rabbrividì quando lo spostamento d’aria causato dal passaggio del mago le fece ondeggiare il mantello, ma per fortuna lui non se ne accorse. Entrò nell’ascensore, che si chiuse alle sue spalle, e Rachel continuò a seguirlo con lo sguardo finché non scomparve.
Alphard sembrava preoccupato ma non parlò, riprendendo a camminare come se nulla fosse. Lei immaginò che dovesse trattarsi di un suo parente, considerato il suo comportamento, ma non aveva la più pallida idea di chi fosse. Non sembrava proprio un Black, almeno dai lineamenti.
Rookwood sembrava ancora più agitato, ma Alphard si comportò come se niente fosse. L’Indicibile segnò data e ora del suo ingresso su un registro e gli restituì la bacchetta, con un sorriso stirato e troppo ostentato per sembrare credibile.
« Chi era? » chiese Rachel, quando furono risaliti all’Atrium, notando che Alphard si guardava intorno con precauzione. Aveva forse paura che il mago di prima lo stesse aspettando?
« Quello che abbiamo incontrato? Era Rodolphus Lestrange, il marito di Bellatrix » rispose con una certa preoccupazione. « Non capisco perché stesse parlando con Rookwood. C’è qualcosa che non mi torna in questa storia ».
« Lestrange? Per caso è un… »
« Mangiamorte, sì. Sbrighiamoci a prendere la Metropolvere, d’accordo? »
Fortunatamente, Lestrange non aveva predisposto alcun agguato dentro il Ministero della Magia ma, mentre se ne andavano tramite la Polvere Volante, Rachel non poté fare a meno di ricordare quello che le aveva detto Silente: e se Rookwood fosse stato sotto la Maledizione Imperius impostagli da Lestrange?
« Credo che tu debba nasconderti » disse ad Alphard, preoccupata. Di certo Lestrange non avrebbe permesso all’uomo di fare le proprie deduzioni da quel che aveva visto, e lei sapeva quale fosse il metodo preferito dei Mangiamorte per liberarsi di testimoni scomodi.
« Non preoccuparti » le disse lui, cercando di infonderle sicurezza.
Ma lei aveva lo stesso un brutto presentimento.

* Lo so Rachel che dà del "tu" ad Alphard sembra strano, e in inglese questo problema non si porrebbe, comunque ho pensato alla versione italiana dei Doni della Morte, in cui Harry, Hermione e Ron danno del tu a Remus e lo chiamano per nome. All'inizio ricordo che mi dava un po' fastidio, ma credo sia questione di abitudine, tutto qui...


*Angolo autrice*
Sono felice che la soluzione della Giratempo sia piaciuta a tutti e sia giunta anche inaspettata! Non avrei potuto chiedere di meglio!
Rookwood è quell'essere indefinibile che ha ucciso Fred, sì. Ed è anche la spia di Voldemort dentro il Ministero. Rachel però pensa che sia sotto Imperius, anche perché nel canon è Karkaroff a fare il suo nome.
Vi ha fatto impressione ritrovare il Velo? A me sì, tanta, però dovevano passarci, non potevo mica ignorarlo. Se vi interessa, mentre scrivevo ho fatto riferimento a questa piantina dell'Ufficio Misteri ---> qui. Mi piace molto come è disegnata, e rispecchia più o meno quella mentale che mi ero fatta io!
Rodolphus l'ho voluto inserire, se no il capitolo sarebbe risultato troppo prevedibile e piatto. E all'inizio ho dato un po' di dovuto spazio anche ad Emmeline, poveretta!

Ci sono una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che nel prossimo capitolo rivedrete Regulus! *_____* Quella cattiva è che, dal capitolo 12 (o dal 13, dipende da quanto scriverò in questi giorni), riprenderò ad aggiornare ogni 10 giorni come avevo pensato all'inizio, perché mi si stanno esaurendo i capitoli di scorta e il tempo inizia a mancarmi sempre di più ç__ç
Insomma, non saranno assicurati aggiornamenti regolari, vi avverto, anche perché voglio prendermi tutto il tempo necessario a pensare a cosa succederà adesso, spero che capiate!
Il prossimo capitolo comunque sarà venerdì prossimo come al solito (lo stesso giorno dell'uscita del film al cinema *-*)!

Lyssa: ehm, scusa se ti ho fatto credere che in questo capitolo ci sarebbe stato Regulus! ^^ Lui comparirà nel prossimo! Però stavolta è sicuro!
Circe: ti avevo detto che Rodolphus sarebbe comparso di nuovo, anche se per poco, ed eccolo qua, letale come al solito! L'altroieri ho scritto anche una parte con Rabastan, anche se mi viene fin troppo sadico e crudele! Sono commossa! Avevo paura di rendere Rachel o troppo depressa o troppo reattiva e forte, ma quello che dici mi tranquillizza! E nel prossimo capitolo dovrà affrontare la prova peggiore...
Alohomora: allora, ti è venuto il magone rivedendo il Velo? Te lo avevo detto. Sì, succederà davvero, naturalmente, anche se in effetti anche io me ne sono davvero resa conto solo quando ho scritto il ritorno di Regulus! Non so se avrei il coraggio di sentire il parere della Rowling! Ne sarei terrorizzata! XD Il tuo va benissimo!
meissa_s: eheh, sì, in effetti all'inizio non avevo pensato che il cognome Queen su Rachel sarebbe stato bene ma su suo padre avrebbe provocato un po' di ilarità, quindi ho pensato di sfruttare questa idea! XD Sono schierata in prima linea nella lotta ai cliché sulla Case di Hogwarts, e soprattutto contro la visione Grifondoresca della stessa Rowling! XD
malandrina4ever: ci siamo quasi...! Quindi puoi saltare di gioia quanto vuoi! Io ormai sono agonizzante per l'emozione! Però non sarà così facile salvare Regulus, questo perché io sono sadica e masochista al tempo stesso! Ma poi andrà tutto per il meglio e lui dovrà scappare da noi matte che vorremo saltargli al collo per accoglierlo calorosamente!
Beatrix Bonnie: ahah, povero francese, miseramente storpiato e deturpato da noi due! L'unica cosa che so scrivere è Toujours Pur! XD Comunque sì, devo essere matta, mi sono creata un'infinità di problemi, come al solito! Alla fine però ce l'ho fatta, per fortuna!! Perseus a scuola era un timidone, però quando perdeva la pazienza non era facile sfuggire ai suoi incantesimi! XD
Lellas92: non ho alcun problema con gli ornitorinchi e gli opossum (nell'Era Glaciale sono i miei preferiti! Che cariniii... *___*)... con i cervi sì, soprattutto nella loro versione umana! XD Ma non preoccuparti... come posso deludere il genio che ha scritto "Regulus" tante volte quante sono le lettere della parola "Eroe"? *____* Sarebbe ingratitudine!
chocco: wow, sono felice che l'idea ti sia piaciuta, pensavo che fosse banalissima! Bè, in fondo lo è, però l'importante è avervi stupiti! Regulus lo rivedrai nel prossimo capitolo, promesso!
RF09: per fortuna c'era Alphard, altrimenti Rachel si sarebbe persa nell'Ufficio Misteri, e sarebbe successo un disastro! Tranquilla, avrò pietà di loro! Perseus sarà messo davanti al fatto compiuto, ma non ucciderà nessuno per questo! XD Per lo stile del libretto mi sono ispirata a quello dei saggi che i miei prof dell'università scrivono e mi fanno leggere!
Nymphy Lupin: ottimo, non ci avevi pensato nemmeno tu! Ma... povero Regulus! ç__ç Lui che ne sapeva! Pensava che Kreacher avrebbe potuto distruggere il medaglione, e Harry non era neanche nato! ç__ç Lui ha fatto la cosa più giusta dal suo punto di vista! ç__ç Povero caro! *____*
Lenobia: anche io sto dormendo poco, certe volte rimango a scrivere fino a tardi e puntualmente la mattina dopo me ne pento! -.-" Per i due fratellini di nuovo insieme dovrai aspettare qualche capitolo, anche perché sarà difficile convincerli a incontrarsi -.- Sono contenta che ti sia piaciuta l'idea della Giratempo!
nefertari83: bè, in realtà la Bevanda della Disperazione non uccide, anche se indebolisce e crea delle visioni terribili. Insomma, la Rowling non l'ha detto esplicitamente, ma penso che altrimenti Voldemort non avrebbe messo anche gli Inferi. L'Horcrux comunque va preso, non voglio rendere inutile il momento di gloria di Regulus! ^^
Mirwen: infatti, Rachel non rinuncerebbe mai alla possibilità di provarci. Non sa ancora come andrà a finire, ma deve provarci! E' proprio vero: sia lode alla Rowling che ha inventato le Giratempo! XD
_Mary: anche io ho letto quella fanfiction su Dudley, e infatti mi era piaciuta un sacco! Perseus e Alphard si stanno riavvicinando poco alla volta, devono ancora vincere un po' l'imbarazzo, che teneri! XD Bè, scoprirai come avverrà il salvataggio di Regulus nel prossimo capitolo, la tua curiosità sarù soddisfatta spero!
lyrapotter: non uccidermi... pensavi che in questo capitolo ci sarebbe stato Regulus? Quello sarà il prossimo, lo giuro! Rachel ovviamente correrà il rischio di fare qualche disastro temporale, altrimenti ci sarebbe poca suspance! XD Bè, Alphard a volte è come Sirius, non è molto prudente! Per ora ho un elenco infinito di personaggi di cui parlare, ma per Remus ho già pensato cosa scrivere. Devo solo trovare uno spazio libero per infilarcelo!
_Altair_: wow, grazie! Non so cos'altro dire, sono diventata rossa per tutto quello che hai detto! XD Sono felicissima di avere una nuova lettrice, anzi, non tanto nuova visto che hai detto che mi segui già da tempo! Oh, tranquilla, ti sopporto volentieri, anzi! XD Alla prossima!
PennyBlack: ok, hai detto tutto tu! Non dico se le tue ipotesi sono giuste perché come hai notato quello che dico viene spiato continuamente, ma avrai la risposta col prossimo capitolo senza dubbio! XD Rachel ha deciso da sola di non dire niente ad Alphard: considerata la sua età e la bassissima età media dei Black, non vuole che gli venga un infarto ç__ç Il mantello è di Dorcas (nell'Ordine ne avevano almeno un altro paio, ovviamente di quelli arrangiati) perché se Rachel lo avesse chiesto a James lui avrebbe fatto troppe domande, poi lo avrebbe saputo Sirius, e lei non voleva che questo si illudesse, visto che non è sicura della riuscita del piano. Dorcas invece è molto più discreta!
sweetophelia: per Regulus era impossibile salvarsi da solo ç__ç Era uno solo contro credo un centinaio di Inferi... Proprio così, Alphard è molto importante, soprattutto in questa prima parte della storia. In effetti sì, è l'autore che decide chi salvare o far morire (mi sento onnipotente! XD) però io mi creo sempre una marea di problemi! Nel prossimo capitolo avrai tutte le risposte! ^^

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Capitolo 11
*** Nella caverna ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 11
Nella caverna
 
« Sei sicura di farcela da sola? » domandò Alphard per la milionesima volta.
« Sì » ripeté Rachel di nuovo.
Era affacciata alla finestra del salotto di Alphard e osservava la campagna che veniva gradualmente ricoperta da un manto buio, via via che il sole tramontava dietro le colline sullo sfondo.
La ragazza tremava come un ghiacciolo, e non per colpa del freddo di dicembre. Il suo cuore batteva così forte che sembrava sul punto di esplodere. L’ansia e l’agitazione la opprimevano, e lei cercava di sfogarsi torturandosi il labbro inferiore con i denti e battendo nervosamente il piede destro.
« Penso che sia meglio se vengo anche io » insisté Alphard, interrompendo di nuovo i suoi tentativi di mantenersi relativamente rilassata.
« No. Scusa, ma non è un posto adatto a chi cammina col bastone » le fece notare lei con schiettezza.
L’uomo distolse lo sguardo, preoccupato, ma subito dopo la raggiunse, costringendola a guardarlo.
« D’accordo, però devi giurare che se qualcosa non va come previsto, lascerai le cose come stanno. Promettilo » aggiunse, fissandola negli occhi con la massima serietà.
Rachel aggrottò la fronte, mentre un gelo invernale le si insinuava sotto la pelle. Alphard non voleva che lei morisse nel tentativo di salvare Regulus, ma lei aveva cercato di non pensare a quell’eventualità. Quella sera era andata via da casa raccontando ai genitori che sarebbe andata al quartier generale dell’Ordine della Fenice, ma non si era soffermata a salutarli come se temesse di non poterli più vedere. Era più facile pensare che sarebbe tornata, altrimenti non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarli.
« Andrà tutto bene. Ci sarà Kreacher con me » lo rassicurò.
Alphard lanciò un’occhiata non troppo convinta all’elfo domestico che, aggrappato allo stipite della porta come se quello gli potesse dare conforto, fissava il fratello della sua padrona con astio, borbottando tra sé qualcosa di non proprio gentile nei suoi confronti.
Nessuno dei due gli aveva ordinato di tacere. Rachel aveva avuto non poche difficoltà per convincerlo a tornare un’altra volta nella caverna, e Kreacher si era rifiutato di farlo finché lei non gli aveva rivelato che in quel modo forse avrebbero potuto salvare Regulus. A quel punto l’elfo era quasi stato assalito da una crisi isterica e aveva promesso tra le lacrime che avrebbe fatto tutto quello che lei voleva, nonostante l’enorme paura che provava.
Rachel aveva capito che Kreacher si fidava ciecamente di lei e, da quando aveva saputo del suo piano, la guardava con un’ammirazione sconfinata e adorante. Per questo lei si era obbligata a credere in un esito positivo della sua missione di salvataggio: non voleva che Kreacher restasse deluso.
« E pensi che i suoi nervi reggeranno? » chiese ancora Alphard, riferendosi all’elfo, che ora si stava torcendo le dita ossute, biascicando qualcosa su quanto la sua amata padrona sarebbe stata felice di rivedere il figlio.
« Kreacher obbedisce agli ordini anche se non vorrebbe. Ti assicuro che i suoi nervi hanno già retto più che bene » rispose Rachel, ripensando allo sguardo terrorizzato e pieno di rimorso che Kreacher aveva quando le aveva raccontato di essere stato costretto a lasciare Regulus in mezzo agli Inferi.
Alphard non insisté più, nonostante la preoccupazione. Era evidente che non fosse ancora convinto di quel che Rachel voleva fare, ma lei era determinata, e nessuno le avrebbe impedito di portare a termine quanto aveva iniziato.
« Mancano due minuti » le riferì lui, controllando l’orario.
Rachel annuì, poi fece un cenno a Kreacher, che la raggiunse immediatamente. Lei estrasse dal mantello una fiaschetta contenente un liquido dorato e ne bevve una sola goccia; poi la porse a Kreacher.
« Prendila anche tu » disse, e lui obbedì, bevendo a sua volta la Felix Felicis che Diane aveva preparato per ben altri scopi.
Entrambi si sentirono colmi di speranza. Non ne erano sicuri, ma ora la possibilità di farcela sembrava molto più realistica di prima.
 
Alphard li osservava con i pugni serrati. Non voleva lasciarla andare da sola, anche se era accompagnata da Kreacher. Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.
Ma Rachel non aveva torto quando gli aveva ricordato i suoi limiti: ormai non era più un ventenne da tempo e, anche se non sapeva che cosa lei avrebbe dovuto fare di preciso, immaginava che uno come lui sarebbe stato più d’intralcio che di aiuto.
Tuttavia non poteva fare a meno di sentirsi in ansia. Con tutto il bene che voleva a Regulus, non avrebbe mai permesso che Rachel morisse al posto suo.
« Kreacher, vieni un attimo qui » disse, e l’elfo lo seguì, seppur molto a malincuore.
« Ascoltami bene » esordì Alphard, quando furono abbastanza lontani dalle orecchie di Rachel. « Sarò anche un rinnegato, ma visto che una bruciatura sull’arazzo di famiglia non ha alcun valore legale, devi obbedirmi lo stesso ».
L’espressione di Kreacher gli fece capire che l’elfo sapeva già questo dettaglio, e anche che gli dispiaceva parecchio.
« Ti ho già spiegato i rischi che potreste correre, ma voglio essere ancora più esplicito: se capisci che Rachel rischia di restare uccisa, lascia perdere il piano e salvala, anche a costo di abbandonare Regulus ».
Kreacher sgranò gli occhi, orripilato. Tuttavia, grazie forse all’effetto della Felix Felicis, non ebbe alcuna reazione esagerata, limitandosi ad annuire, mesto.
« Ci siamo » disse poi Alphard ad alta voce.
Rachel si inginocchiò accanto a Kreacher e fece passare la catena alla quale era appesa la Giratempo intorno al suo e al proprio collo.
« Buona fortuna » disse Alphard, non potendo fare a meno di tremare.
« Grazie. Ti avvertirò il prima possibile » rispose lei. « Ma tu non uscire di casa: ricorda che Lestrange ti sta dando la caccia ».
Poi la ragazza prese la Giratempo e la fece ruotare in senso antiorario, tante volte quanti giorni erano trascorsi da quello della morte di Regulus, finché lei e Kreacher non scomparvero all’improvviso.
 
 
Le sembrava di trovarsi ferma in un mondo che correva a tutta velocità, e per giunta all’indietro. Le figure intorno a lei erano talmente sfocate da non poter essere distinte, e non udiva alcun suono intorno a sé. Le orecchie le pulsavano e credeva che da un momento all’altro sarebbe stata risucchiata dal vortice che la circondava.
Invece, all’improvviso urtò con le ginocchia contro un terreno morbido, e il mondo riprese forma e contorni.
Rachel e Kreacher erano davanti casa Queen, ma a lei bastò una sola occhiata per capire che avevano viaggiato nel tempo di più di un mese: la neve sul tetto della villa non era spessa come quella mattina, ma si stava già sciogliendo. Era ancora novembre.
Rachel ripose la catena con la clessidra sotto la veste e si alzò in piedi, tendendo le orecchie.
Stava cercando di mantenersi calma. Sapeva che la Giratempo la avrebbe riportata nel luogo e nel momento in cui lei si era ritrovata, perciò sospettava che da un momento all’altro sarebbe sopraggiunta la sua alter ego del passato.
E infatti quando udì il rumore di una Materializzazione, trascinò Kreacher sul retro della casa appena in tempo: affacciata prudentemente dall’angolo, vide se stessa tornare a casa: aveva gli occhi rossi e irritati.
Era una sensazione strana. La Rachel del passato era appena tornata da Hogsmeade e non sapeva di aver appena visto Regulus per l’ultima volta. Rachel invece sapeva bene che cosa la aspettava.
Attese che la sua versione passata rientrasse in casa e poi si rivolse a Kreacher, il quale stava tremando.
« Andiamo. Sai dove devi portarmi » gli disse.
Kreacher non se lo fece ripetere due volte. Le strinse la mano e si Smaterializzò insieme a lei.
Quando Rachel vide per la prima volta la scogliera di cui Kreacher le aveva parlato, per un attimo temette di essere devastata dallo shock e dall’emozione.
Era peggio, molto peggio di quanto si fosse immaginata. Il mare era agitato e l’aria fredda e umida la faceva tremare dalla testa ai piedi. La stessa ambientazione le provocava brividi gelidi che le percorrevano la schiena.
« Padron Regulus arriverà tra poco » la avvertì Kreacher, tirandola per la manica. « Lei non deve farsi vedere ».
A quelle parole, Rachel si riscosse. L’elfo le indicò l’ingresso della caverna, ma era chiuso. Così si nascosero in una rientranza della scogliera, dietro un blocco roccioso che permetteva loro di tenere d’occhio l’ingresso senza essere visti.
Furono minuti che parvero ore. Scossi dal gelo, cercavano di riscaldarsi stando rannicchiati su loro stessi. Rachel cercava di consolarsi pensando che dentro l’acqua del lago avrebbero avuto ancora più freddo. Il tempo sembrava non passare mai. La ragazza lanciava ogni due secondi un’occhiata speranzosa in direzione del punto in cui Kreacher le aveva detto che lui e Regulus sarebbero apparsi, ma non si vedeva ancora nessuno.
Mille pensieri terrificanti le attraversarono la mente. E se aveva sbagliato qualcosa? Che cosa sarebbe successo?
Era talmente agitata che dovette sedersi e appoggiare la schiena contro il masso che faceva loro da riparo per mantenere la mente lucida, anche se era un tentativo destinato a fallire. Soltanto aspettare tutto quel tempo la stava facendo impazzire.
Crac!
Quel rumore improvviso la fece sobbalzare. Accanto a lei, Kreacher sussultò.
Sapeva cosa era successo. Il suo cuore aveva iniziato a battere così forte che presto avrebbe sovrastato il fragore delle onde. Percepiva la sua presenza dietro il masso roccioso, ma non osava muoversi.
Chiuse gli occhi, per resistere alla tentazione di guardare: non sapeva come avrebbe reagito se lo avesse visto. Probabilmente non si sarebbe controllata, non sarebbe rimasta nascosta.
Ma tutti i suoi sforzi di non vedere furono vanificati quando Regulus parlò. La sua voce arrochita ma apparentemente calma le giunse alle orecchie come da molto lontano, togliendole il respiro.
Regulus era lì, ancora vivo, ad appena pochi passi da lei.
« Kreacher, trattienimi » sussurrò, mentre apriva gli occhi e si voltava, sporgendosi prudentemente da dietro il suo nascondiglio.
Si rese conto di aver dato un ordine inutile a Kreacher. Non appena il suo sguardo cadde sul ragazzo in piedi di fronte alla parete, si accorse di non essere in grado di muoversi. Avrebbe voluto alzarsi e raggiungerlo ma non ne aveva la forza: aveva l’impressione che le gambe le fossero diventate come gelatina.
Così si limitò a non staccargli gli occhi di dosso, come se ne andasse della sua sopravvivenza.
Era passato più di un mese ma le erano sembrati anni interi.
Regulus stava pagando il pedaggio di sangue che avrebbe aperto l’entrata della caverna.  Lei tremò al pensiero di quel che sarebbe successo di lì a poco. L’espressione sul viso di lui era spaventata, ma Rachel non lo aveva mai visto tanto determinato.
La parete rocciosa si aprì e Regulus entrò, seguendo Kreacher.
« Signorina, deve entrare prima che il passaggio si chiuda » le disse Kreacher, quello che era accanto a lei, e che non aveva smesso di tenerla d’occhio neanche per un secondo.
Lei annuì e provò ad alzarsi, ma scivolò sugli scogli bagnati, facendosi male ad un ginocchio. Le gambe le tremavano mentre si rimetteva in piedi con un grande sforzo.
Smettila di fare la ragazzina spaventata, si disse, arrabbiata con se stessa.
Lei e Kreacher uscirono dal nascondiglio e si affacciarono all’interno della caverna. Regulus stava ascoltando le indicazioni miste a singhiozzi dell’altro Kreacher, così Rachel e l’elfo approfittarono della loro distrazione per entrare nella caverna.
Si affrettarono a nascondersi dietro una roccia simile a quella che aveva usato all’esterno.
Regulus si trovava in riva al lago piatto e immobile e, con l’aiuto del suo elfo, stava facendo emergere dall’acqua una piccola imbarcazione. Pallida come un cencio, Rachel lo osservò mentre lui la portava completamente a galla.
Un attimo dopo il passaggio si chiuse alle loro spalle, e la luce lunare che aveva fino a quel momento illuminato la scena si dileguò, lasciandoli nell’oscurità quasi totale, con l’unica eccezione di una luce verdastra che proveniva dal centro del lago.
Adesso Regulus e Kreacher erano saliti sulla barca, che si era mossa spontaneamente, diretta proprio verso il centro.
Rachel sapeva che sarebbe stata una tortura rimanere nascosta mentre Regulus iniziava a bere la pozione contenuta nel bacile, ma scoprì che in realtà non lo sapeva affatto. Non era preparata a sopportare una cosa del genere, né lo sarebbe mai stata.
Era come ritrovarsi in uno dei suoi recenti incubi, con l’unica differenza che questo era reale. Non riusciva a sopportare l’idea di assistere impotente alla sua lenta agonia.
Lo vide accasciarsi a terra, in preda al bruciore provocato dal filtro. Lo udì gemere di dolore e gridare a causa delle visioni che la pozione gli mostrava. Non riusciva a cogliere le sue parole sconnesse e prive di senso, e soffriva insieme a lui e per lui.
Era la prima volta in assoluto che lo sentiva supplicare, e fu la scena peggiore a cui avesse mai assistito in vita sua.
Accanto a lei, Kreacher si teneva le mani sulle orecchie per non sentire e singhiozzava a sua volta. Rachel si rese conto solo in quel momento di avere il viso bagnato di lacrime. Non poteva più sopportare quella situazione, doveva fare qualcosa, altrimenti sarebbe impazzita…
« Signorina, no! » urlò Kreacher quando lei fece per abbandonare il nascondiglio. La trattenne con tutte le forze che aveva, impedendole di avvicinarsi all’acqua.
« Lasciami, Kreacher! » gridò lei, cercando di lottare.
« Ha detto che Kreacher deve trattenerla! Ha detto che deve aspettare ancora! » insisté lui, in preda ad un pianto irrefrenabile.
Disperata, Rachel cercò nuovamente di liberarsi dalla stretta di Kreacher, ma l’elfo si aiutò anche con la magia per impedirle di divincolarsi.
Le loro urla non si erano sentite, coperte da quelle di Regulus, ma improvvisamente lui tacque, e i due fecero altrettanto, cessando di colpo di lottare tra di loro.
La pozione doveva essere finita. Il silenzio che seguì ebbe l’effetto di indurre Rachel a ragionare di nuovo con lucidità. Stava per fare una pazzia di cui si sarebbe pentita in eterno. Per fortuna Kreacher l’aveva trattenuta.
« Scusa » gli disse, agitata. « Kreacher, ascoltami bene. Non appena l’altro te stesso se ne sarà andato, ci Materializzeremo direttamente sull’isolotto ».
L’elfo annuì, assumendo un’espressione determinata, nonostante il tremore delle ginocchia. Poi sobbalzò, e si aggrappò a lei, guardando in direzione del lago con il terrore dipinto negli occhi.
Dall’acqua emergevano centinaia di cadaveri, che si avvicinavano inesorabilmente al ragazzo, circondandolo e senza lasciargli una via di scampo.
« Kreacher, porta via il medaglione! » lo sentirono gridare. « Vai via! »
L’elfo sull’isolotto non voleva obbedire: pianse e cercò di impedire agli Inferi di afferrare Regulus, ma fu tutto inutile. Rachel e l’elfo, nel frattempo, stavano morendo per l’impazienza e la paura: e se non avessero fatto in tempo?
« Dai, Smaterializzati, forza! » sibilò Rachel a denti stretti, cercando di non pensare agli Inferi che avevano già assalito Regulus.
In quel momento, Kreacher prese il medaglione da bacile e, dopo aver lanciato un’occhiata di puro terrore al giovane padrone, scomparve.
« Adesso! »
Kreacher non se l’era fatto ripetere due volte. Nel giro di un secondo, lui e Rachel si ritrovarono sull’isolotto al centro del lago.
« Regulus! » esclamò lei, con la voce strozzata.
Gli Inferi lo avevano fatto cadere in acqua e ora lo stavano trascinando sempre più sotto. Rachel estrasse la bacchetta e scagliò un getto di fuoco contro gli Inferi che le erano più vicini. Si era informata su come sconfiggerli, ma scoprì che quel banale incantesimo non bastava per tutti i cadaveri che la circondavano e che ora le si stavano rivoltando contro, facendola indietreggiare e allontanandola sempre di più da Regulus.
Un gruppo di Inferi afferrò Kreacher e un altro si avventò su di lei. Decine di mani scheletriche e gelide le artigliarono le caviglie e i polsi, facendola cadere sul terreno roccioso e iniziando a trascinare anche lei.
Rachel cercò di resistere, ma quelli erano troppo forti. Con la forza della disperazione, assestò un pugno ad uno degli Inferi e ne approfittò per allungare il braccio e recuperare la bacchetta che le avevano fatto cadere.
« Incendio! » esclamò, puntando la bacchetta contro il gruppo che la trascinava. Il fuoco divampò in mezzo alle creature, che si ritrassero spaventate. « Incendio! » fece di nuovo, liberando anche Kreacher. Poi si guardò intorno, cercando freneticamente tracce di Regulus nell’acqua.
Per alcuni orribili istanti non vide nulla, ma poi scorse qualcosa o qualcuno che cercava di aggrapparsi all’imbarcazione ormeggiata sotto di lei. Senza ulteriori indugi, Rachel si precipitò sulla barca e riuscì ad afferrare la mano di Regulus un istante prima che lui, stanco di lottare, si lasciasse andare.
Nonostante la poca forza di lei, la testa di Regulus infranse nuovamente la superficie, permettendogli di respirare. Rachel provò a scacciare con qualche fattura i cadaveri che cercavano di portare il ragazzo verso il fondo, anche se l’unico braccio con cui poteva aiutarlo le faceva male per lo sforzo. Infine riuscì ad allontanarli e aiutò Regulus a salire sull’imbarcazione.
Lui era talmente stordito dall’acqua che aveva bevuto che non ebbe neanche il tempo di ragionare; al contrario, tra un colpo di tosse e l’altro, bofonchiò una serie di parole sovrapposte e scollegate:
« Tu… qui non… come…? »
Rachel non riuscì a rispondere, né a fare qualsiasi altra cosa. Su quella barca non potevano stare in due: se lo ricordò quando la vide affondare velocemente.
Poi tutto accadde in fretta. Rachel si sentì afferrare un’altra volta e cadde all’indietro, finendo in acqua.
Per un attimo non capì più nulla.
Sentiva solo un gelo atroce invaderle i polmoni e annebbiarle la mente. Gli Inferi la trascinavano in basso, graffiandole la pelle a sangue.
Rachel cercò di lottare ma l’unica volta in cui riuscì a riemergere dalla superficie vide Regulus, trascinato lontano da un altro gruppo di Inferi, che ordinava a Kreacher di salvare lei.
L’elfo sembrò combattere contro due forze opposte e violente, ma infine obbedì al suo padrone.
Rachel non riusciva più a respirare e tutto ciò che ora le entrava nelle vie nasali era acqua. Tuttavia, quando inspirò nuovamente, accolse con sollievo l’aria nei suoi polmoni.
Kreacher la aveva riportata nell’isolotto, ma stava fissando con orrore Regulus che ormai era sott’acqua da più di un minuto.
Rachel lottò contro la sensazione di aver lame affilate conficcate nel petto e scagliò altre fiamme contro gli Inferi. Questi si dispersero, ma Regulus non si muoveva.
Lei e Kreacher agirono di comune accordo, senza neanche parlarsi. Rachel si tuffò di nuovo nel lago e riuscì ad afferrarlo per un braccio. Poi lo trascinò verso la riva e strinse la mano di Kreacher.
Un attimo prima che gli Inferi potessero assalirli di nuovo, Kreacher riuscì a Smaterializzarli fuori dalla caverna.
 
« Anapneo! »
Rachel non riusciva a smettere di tremare. Era zuppa d’acqua dalla testa ai piedi e non sembrava capace di tenere ferma la bacchetta.
Le parole lette sul libro prestatole da Alphard le risuonavano nella testa, mentre lei cercava di rianimare il ragazzo steso sul tappeto: se un fatto è destinato ad avvenire, avverrà comunque.
Non voleva crederci, non ora che aveva superato la fase più difficile. Era disperata, ma la Felix Felicis la rendeva sicura che non sarebbe finita in quel modo. Regulus non poteva essere morto.
« Anapneo! »
 
 
Regulus tossì.
Un dolore atroce gli invadeva i polmoni, mischiandosi ai rimasugli di quello provocato dalla pozione che aveva bevuto. La sua vista era annebbiata: sapeva di essere steso per terra ma non riusciva a distinguere le sagome sopra di sé.
Si voltò a pancia in giù, continuando a tossire, ma fu quasi assalito da un paio di persone, che rischiarono di farlo soffocare ancora di più.
« Padrone! »
« Reg… »
Rachel doveva essersi resa conto che forse sarebbe stato meglio lasciarlo respirare, così si fece da parte, facendo segno all’elfo di fare altrettanto.
Regulus si sollevò a sedere, continuando a tossire per liberare i polmoni dall’acqua che aveva bevuto e guardandosi intorno, confuso.
Nella sua mente si sovrapponevano immagini senza senso, di lui che veniva trascinato sott’acqua ma veniva salvato da Rachel… che cosa ci faceva lei lì? All’improvviso il ragazzo inorridì. Non capiva ancora cosa fosse successo, ma in un attimo l’unica cosa importante fu solo una.
« Kreacher, dov’è il medaglione? » sbottò, terrorizzato e furente al tempo stesso. « Ti avevo detto di portarlo via! »
Pensava di potersi fidare di Kreacher, e invece aveva addirittura portato Rachel nella caverna.
« Il medaglione è al sicuro. Non ti ha disobbedito » intervenne lei, mentre l’elfo domestico che si faceva minuscolo per la paura.
Regulus aggrottò la fronte, senza capire, poi guardò verso di lei. La situazione ai suoi occhi era più che strana. Erano uno di fronte all’altra, bagnati fradici e ricoperti di graffi, seduti sul pavimento di una casa sconosciuta.
Rachel sembrava sconvolta. Lo guardava come se non lo vedesse da secoli e aveva l’aspetto, fin troppo comune in quel periodo, di chi era cresciuto troppo in fretta.
Ma come aveva fatto a trovarlo?
Rachel non gli diede il tempo di domandarlo. Si tese verso di lui, posando il capo sulla sua spalla e stringendosi a lui. Regulus la abbracciò, e per qualche minuto non pensò più a nulla che riguardasse medaglioni, Horcrux e salvataggi misteriosi. Importava solo lei, che gli si aggrappava come se fosse il suo unico punto d’appoggio, mentre lacrime di sollievo e di sfogo le rigavano il volto, cadendo sui loro vestiti già zuppi.
« Rachel » disse poi, costringendola a staccarsi per guardarlo negli occhi. « Come hai fatto a entrare nella caverna? E dove siamo adesso? »
Lei scosse la testa, mentre cercava di respirare regolarmente.
« Questa è una casa abbandonata, ma il resto te lo spiegherò più tardi » disse. Sembrava veramente sotto shock, e lui non poté biasimarla.
Kreacher gli si era avvicinato, singhiozzando per la commozione. Regulus cercò di calmarlo, a disagio.
Rachel si alzò in piedi ed estrasse da sotto il colletto del vestito una catena d’oro alla quale era appesa una strana clessidra.
« Dobbiamo tornare nel presente » disse.
Regulus era certo di aver sentito male. Tornare nel presente? Che assurdità.
Rachel fece passare la catena intorno al collo di Kreacher e poi fece cenno di fare lo stesso anche a Regulus. Troppo stanco per fare domande, lui obbedì, osservando la ragazza che iniziava a ruotare la clessidra in senso orario, contando sottovoce i giorni a seguire.
 
 
Quattordici novembre, quindici, sedici, dicias-
Rachel smise di ruotare la Giratempo all’improvviso. Non capiva cosa le stesse succedendo. Sapeva che sarebbe dovuta andare avanti fino a dicembre, ma qualcosa dentro di lei le diceva che doveva fermarsi prima.
Era la Felix Felicis che le suggeriva cosa doveva fare? Ma come poteva essere?
Ormai comunque era troppo tardi: il meccanismo della Giratempo era scattato. Lei, Regulus e Kreacher si sentirono trascinare in un turbine sfocato e veloce, fino a che non toccarono di nuovo terra, ritrovandosi ancora nella casa abbandonata appartenuta al misterioso signor Puddle.
Regulus era completamente confuso, ma anche lei e Kreacher si lanciarono un’occhiata perplessa.
In quel momento tuttavia, le loro orecchie percepirono qualcosa di diverso. Erano pianti e scoppi: dalle finestre entrava una luce rossastra e tremolante.
Era la notte dell’attacco dei Mangiamorte a Mould-on-the-Wold, la stessa notte in cui Caradoc Dearborn era scomparso e in cui lei stessa era entrata proprio in quella casa.
Per un solo istante, pensò che sarebbe stato più giusto cercare di salvare anche Dearborn, nonostante non lo avesse mai visto in vita sua, ma scoprì che era troppo tardi.
Lanciando con cautela un’occhiata fuori dalla finestra, vide se stessa salutare un vecchio Babbano sordo e incamminarsi proprio in direzione di casa Puddle.
Rachel sobbalzò, in preda al panico. Ora capiva cosa intendesse Alphard quando aveva detto che i viaggi nel tempo erano imprevedibili. Il vecchio Babbano aveva visto proprio lei e Regulus quella sera, anche se loro non se ne erano accorti. E adesso la sua alter ego stava per entrare: se non si fosse mossa subito, sarebbe successo un disastro.
« Seguitemi di qua, in fretta! » esclamò, sciogliendo la catena.
« Ma… »
Rachel afferrò Regulus per un polso e lo trascinò in cucina, seguita a ruota da Kreacher, mentre l’altra se stessa bussava alla porta.
Rachel guardò il pavimento della cucina: bagnati fradici com’erano, avevano lasciato per terra delle intere pozze d’acqua.
In quel momento, la serratura della porta d’ingresso scattò. I tre approfittarono del cigolio dei cardini per Smaterializzarsi nel giardino, e si nascosero sul retro della casa, dove Rachel ricordava di non aver controllato.
Lanciò un’occhiata a Regulus, che improvvisamente si era ritrovato due ragazze identiche davanti, e sembrava convinto di avere ancora le visioni.
« Reg, stai tranquillo. Abbiamo usato una Giratempo. È tutto… normale » cercò di calmarlo lei, ma lui non parve molto rincuorato. Per fortuna era troppo stravolto anche per preoccuparsi.
Rachel seguì i propri movimenti con il timore che la sua alter ego avrebbe notato qualche minimo dettaglio che la avrebbe condotta fino a loro, ma non accadde nulla di tutto ciò: come era effettivamente successo quella notte, le uniche tracce che trovò furono le pozzanghere sul pavimento.
Quando se ne fu andata, lei usò per l’ultima volta la Giratempo, tornando finalmente alla sera in cui il viaggio temporale era iniziato.
 
« Kreacher, vai ad avvertire Alphard che stiamo bene, ma digli di non muoversi: corre troppi pericoli. E per ora non dire niente a nessun altro » disse Rachel all’elfo domestico. « Prima dovrò far capire a Regulus quello che è successo e poi decideremo cosa fare ».
Lui annuì, stropicciandosi gli occhi per la commozione.
« Kreacher vuole rimanere con padron Regulus » gracchiò.
« Devi tornare a casa, o la tua padrona potrebbe chiedersi dove sei finito » gli ricordò lei.
L’elfo esitò. Per alcuni istanti sembrò chiedersi se potesse affidare il suo adorato padrone alla ragazza, ma il responso dovette essere affermativo.
« Come vuole lei » disse, facendole un solenne inchino.
« Ah, a proposito » aggiunse lei. « Mi dispiace per averti costretto a tornare per la terza volta in quella caverna. Ma sei stato bravo: senza il tuo aiuto avrei commesso qualche sciocchezza ».
« La signorina non deve scusarsi. Kreacher le sarà sempre riconoscente perché ha salvato il suo padrone » rispose lui, compiaciuto e sconvolto al tempo stesso.
Quando lui si fu Smaterializzato, Rachel tornò nel salotto. Regulus, che come lei aveva finalmente i vestiti asciutti, stava seduto sul divano e si teneva la testa tra le mani, il viso contratto in un’espressione sofferente.
« Fammi capire » esordì lui, quando Rachel gli si fu seduta accanto. « È passato più di un mese da quando sono andato nella caverna? »
« Bè, per me sì. Per te questo mese è durato un’ora al massimo » rispose lei.
« Mi viene il mal di testa solo se cerco di capirci qualcosa… »
« Te lo spiegherò più tardi. Siamo tutti e due troppo sconvolti per ragionare ».
Regulus la guardò e Rachel si sentì assalire da un’emozione mai provata prima. Era come se non riuscisse a credere che lui fosse reale. Dopo tutte quelle settimane di sofferenza, durante le quali sarebbe voluta morire pur di non provare più nulla, la felicità le sembrava troppo estranea e sconosciuta per illudersi di averla ottenuta davvero. Temeva che da un momento all’altro lui sarebbe scomparso un’altra volta.
« Il medaglione dov’è? » chiese lui, con un tono urgente.
« Kreacher l’ha portato a casa tua, non preoccuparti. Un giorno mi dirai perché eri disposto a morire per recuperare quello stupido gingillo » commentò lei.
« Non è stupido, è una cosa seria » rispose, cupo. Poi aggiunse all’improvviso: « Stanno tutti bene? La mia famiglia, intendo ».
« Bè… sono tutti vivi ».
« E tu? »
Rachel lo prese per mano, cercando di resistere alla tentazione di piangere.
« Sto bene… adesso ».
Regulus le accarezzò i capelli, incupito.
« Senti, mi dispiace se ti ho mentito di nuovo… »
Ma Rachel lo interruppe.
« Ascoltami, Regulus. Io ho molte cose da raccontarti e tu mi devi altrettante spiegazioni ma credo che sia meglio se ne parliamo domani. In quest’ultimo periodo mi sei mancato così tanto che ho avuto paura di non farcela. Quindi, per favore, per qualche ora facciamo finta che la guerra là fuori non esista. Adesso voglio solo stare con te, senza pensare ad altro ».
Non aveva voglia di pensare all’orrore che aveva provato nella caverna, ed era troppo stanca per essere in grado di articolare un discorso sensato.
Regulus non replicò. Anche lui era sfinito: affrontare una morte certa per poi sfuggirle in un modo rocambolesco nel giro di una notte non era certo l’attività più riposante del mondo.
E nessuno dei due si rendeva ancora bene conto di quanto era successo.
Rachel si accoccolò tra le braccia del ragazzo, posando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi per vivere con ancora più intensità quell’abbraccio che per un po’ era stata sicura di non ricevere più. Sentire di nuovo quel calore provocato dalla sua vicinanza e dal mescolarsi dei loro respiri era l’unica cosa che al momento le interessava.
« Sono fiera di te » sussurrò lei ad un certo punto. « Quello che hai fatto nella caverna è stato davvero… Ma mi stai ascoltando? »
Regulus purtroppo aveva smesso di ascoltarla già da qualche minuto. Rachel non poté fare a meno di sorridere divertita quando lo vide addormentato, spossato per lo stress di quella lunghissima giornata.

*Angolo autrice*
Ok, devo respirare, calma e sangue freddo. Massima concentrazione... >.<
Dunque, prima di passare ai commenti esaltati e di mettermi a saltellare per la stanza, devo dare qualche chiarimento sulla Giratempo. La Rowling ha scritto da qualche parte che ce ne sono alcune che vanno nel passato e altre nel futuro... io ne ho inventata una che fa tutte e due le cose, perché sarebbe stato troppo farli aspettare più di un mese nascosti come hanno fatto Harry e Hermione, che avevano solo 3 ore a disposizione. Questa idea potrebbe essere canon oppure no: mi sono informata il più possibile, chiedendo anche pareri a qualcuno di voi, ma finora non ho trovato smentite, quindi mi sono concessa questa licenza poetica (tanto ormai!)
Ecco, ho chiuso la parentesi seria. Ora posso sfogarmi...
O forse no. Sono sotto shock. X_X
In realtà Regulus l'ho fatto addormentare perché se fosse stato in vena di chiacchiere il capitolo sarebbe stato lunghissimo! XD E anche perché risveglia il mio lato da mamma chioccia, quindi deve riposare, se no mi si sciupa. u.u
Comunque, io non ce la faccio a dire altro, sono troppo sconvolta! ç__ç Fate voi, perché se mi rendo davvero conto di cosa ho scritto, do di matto! *________*
Ma non pensate che ora sia tutto a posto. La guerra continua, e questo è solo l'inizio u.u
Il prossimo capitolo non lo pubblicherò venerdì, perché partirò per due giorni, ma aggiornerò la domenica mattina del 28, dopo di che continuerò ogni 10 giorni. Grazie per la comprensione, anche se io stessa odio aggiornare in ritardo, quindi cercherò di sfruttare il tempo a disposizione al massimo!
Rispondo alle recensioni e scappo a lezione... a pomeriggio cinema! *-* So già che mi deluderà ma mi basta che Regulus sia nominato più di una volta! *-* (con Yates bisogna sapersi accontentare -.-")
Sì, lo so che c'è la funzione nuova per rispondere direttamente alle recensioni, ma stavolta le avevo già preparate prima che venisse inserita la nuova modifica, quindi comincerò da oggi a rispondere tramite il nuovo metodo!

Lyssa: finalmente ce l'ho fatta a farlo tornare, così sei contenta tu, sono contenta io, siamo contenti un po' tutti! XD Non ti preoccupare se perderai l'aggiornamento. E' capitato per un'assurda coincidenza che oggi sia anche la data di uscita del film. Ho pubblicato la mattina proprio per questo ma comunque hai una decina di giorni ancora per leggere!
_Mary: l'Ufficio Misteri ha sempre affascinato tantissimo anche me! *-* Ci vorrà un po' prima che rivedrai Rodolphus, quindi per ora puoi stare tranquilla: Alphard non è immortale purtroppo ma per il momento è al sicuro! Sì, Sirius non è proprio la sensibilità fatta persona! XD Sono felice che ti sia piaciuta Emmeline: mi sto affezionando un sacco anche a lei!
Circe: io purtroppo ho saputo. Non ci saranno flashback con Regulus ç___ç Ho voluto informarmi almeno su questo, altrimenti sarei morta direttamente dentro il cinema! Io davvero non ho parole! Hai scritto dei complimenti che mi commuovono ogni volta che li rileggo! *-* Mi piace un sacco descrivere Rodolphus, e questo è merito tuo! E nel prossimo capitolo ti aspetta anche Rabastan!
malandrina4ever: ce l'ho fatta!!! Sono riuscita a salvare Lui lasciando intatto tutto il suo immenso e smisurato eroismo! *-* Non capisco cosa tu voglia dire con quel "Bellatrix morirà": io non l'ho detto né lo dirò. u.u Di certo lei preferirà morire piuttosto che vivere senza Voldie, ma la dovrai sopportare ancora per tantissimi capitoli! Perché lo dico io u.u E perché Bellatrix è una Black (e questo basta). Credo che il mio sadismo lo sfogherò su Peter. Velo? Quale velo? Non esiste nessun velo u.u
Mirwen: anche io avrei voluto partecipare al tour guidato dell'Ufficio Misteri, anche perché se fossi stata una strega ci avrei voluto lavorare sicuramente! E' troppo figo! XD Eccoti accontentata, Giratempo in azione!
Beatrix Bonnie: non ci tengo a far morire quei pochissimi personaggi che non muoiono nei libri, o ad anticipare la morte di quelli che muoiono più tardi, quindi non intendo far morire Emmeline, ci mancherebbe! Più scrivo su di lei più mi piace! Rodolphus mi piace in tutti e due i modi, sia da cattivo sia nella versione sorelle Darlington! Spero che il capitolo ti sia piaciuto e grazie ancora per il parere sulla questione della Giratempo!
Nymphy Lupin: spero che il capitolo ti sia piaciuto! Come hai potuto notare, l'utilizzo della Giratempo è stato un po' più complesso del suo recupero, ma alla fine è andato tutto bene. Per fotuna che c'era Kreacher però, altrimenti non solo Regulus non si sarebbe salvato, ma sarebbe morta anche Rachel ç__ç
Lellas92: bè, tutti muoiono prima o poi... ma meglio poi che prima, giusto? XD Insomma, dovremo dire addio ad Alphard, ma cercherò di farlo il più tardi possibile. Hai ragione, basta parlare di tende. Credo che le toglierò dalle finestre di casa, i miei potranno lamentarsi quanto vorranno. Niente tende! u.u Oh poverina, stai a scuola fino a quell'ora? Ma che incubo! O_O Comunque fai con calma, tanto il capitolo non scappa! XD Ps: mi è parso di capire che qualcuno ha preso la patente... sai chi è, per caso? XD
Alohomora: all'inizio avevo messo una parte in cui Rachel pensava di sentire la voce di Regulus nel velo ma poi sono rinsavita e l'ho eliminata perché in fondo Regulus non è mai morto, proprio come non è mai morto Fierobecco! In effetti è stato traumatico descrivere la scena nella caverna, con Rachel che doveva rimanere ferma senza fare nulla... ç_ç Emmeline piace molto anche a me e so già che ti piacerà ancora di più tra qualche capitolo... capirai subito il perché!
nefertari83: se la cosa ti consola, non ho ancora deciso come morirà Alphard, e sono decisa a pensarci il più tardi possibile. Hai ragione, mi ero dimenticata di quella frase di Silente. Io infatti ho fatto in modo che facesse sentire solo una sete tremenda. La Rowling non ha detto altro, in effetti! Grazie, spero che il capitolo ti abbia emozionata!
RF09: io sono contenta di essere riuscita a trovare un po' di spazio anche per Emmeline. Quest'estate doveva apparire come voce narrante già nel capitolo 3, che poi ho cancellato e riscritto per intero, quindi la sua presenza è slittata di parecchi capitoli! Lestrange è apparso apposta per avvertirci: "Non cantate vittoria troppo presto, ragazzuoli"! XD
Lenobia: sì, viva i Purosangue! Sono i migliori!! XD Certo, non tutti sono elegantissimi (vedi i Weasley) però se non sono rinnegati dalla nascita (quindi Sirius non fa parte di quella categoria u.u) sono inconfondibili. La classe non è acqua! In questo periodo Walburga si sta impossessando di me, muahaha! XD Sono felice che ti piaccia Emmeline (a proposito, è Purosangue anche lei... e la Rowling la descrive come elegante, per l'appunto!)
meissa_s: hai ragione, credo che dovessi solo abituarmi a Rachel che dà del tu ad Alphard. In fondo, se lui e Perseus non avessero litigato, Alphard la avrebbe conosciuta già da appena nata! *-* Ti dirò, anche io sono felice ogni volta che appare Rodolphus! XD A proposito di Lucius, sono d'accordo con te, e lo vedrai anche prestissimo nei panni del Mangiamorte che non vuole compromettersi!
_Altair_: succede a tutti purtroppo, non preoccuparti! Io ho la connessione a connettività alterna, quindi a volte funziona e altre mi tocca ripristinarla manualmente -.-" Ho notato che molte si sono chieste come mai quel velo fosse così interessante... mah, comincio a chiedermelo anche io. Tanto nella trama della Rowling non ha nessuna funzione importante, vero? ç__ç Per Alphard al momento puoi stare tranquilla, nemmeno io ci tengo a lasciarlo troppo presto! Grazie per i complimenti!

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Capitolo 12
*** Risveglio ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 12
Risveglio

Il gelo pungente gli penetrava fin dentro le ossa, come lame affilate che gli si conficcavano nel corpo.
Non riusciva a capire più nulla. Tutto ciò che provava era solo orrore e disperazione. Non voleva morire, anche se era stato proprio lui a prendere quella decisione. Non sarebbe tornato sui suoi passi, ma la paura lo stringeva lo stesso.
Annaspava in cerca di ossigeno, ma respirava solo acqua gelida, che gli riempiva i polmoni e gli annebbiava la mente.
Era orribile dimenarsi alla ricerca dell’aria, senza trovarla. Non vedeva l’ora di perdere conoscenza, per non soffrire più così tanto.
Non aveva previsto che la morte sarebbe arrivata così lentamente. Avrebbe preferito una morte istantanea, senza neanche avere il tempo di rendersene conto e di averne paura, ma soprattutto di pensare a tutto quello che stava lasciando.
Braccia scheletriche lo trascinavano via: presto sarebbe diventato come loro…
 
Regulus si svegliò con il cuore che batteva all’impazzata, il respiro affannato e i brividi che gli percorrevano la schiena.
Per qualche istante si guardò intorno, confuso. Era notte fonda: i raggi della luna filtravano appena attraverso la densa coltre di nubi che sovrastava la zona. Regulus non conosceva quella casa in cui si trovava. Dov’era finito? Possibile che si fosse trattato solo di un incubo?
Gli bastò un’occhiata ai graffi che aveva un po’ dappertutto per capire di essere veramente riuscito a scappare dagli Inferi. E tutto gli tornò in mente all’improvviso, lasciandolo quasi senza fiato.
Voltò la testa, ignorando il torcicollo, e vide Rachel addormentata sul divano accanto a lui, il capo reclinato sulla sua spalla.
Regulus si soffermò a fissarla, in preda a mille emozioni, cercando di accontentarsi di guardarla senza abbracciarla di più: non la voleva svegliare.
Pensò all’ultima volta che l’aveva vista prima di andare a recuperare l’Horcrux. Era stato terribilmente difficile salutarla per sempre, senza poterle dire che non si sarebbero più visti. Regulus ricordava l’orrore che aveva provato quando aveva immaginato la vita di Rachel senza di lui. Non sapeva dire se fosse peggio l’idea che lei non lo avrebbe mai dimenticato o che prima o poi se ne sarebbe fatta una ragione, costruendosi una nuova vita e sposando qualcun altro.
Regulus si morse il labbro al solo pensiero, ma ora era lì, e non la avrebbe più lasciata sola.
Mentre le sfiorava la mano, qualcosa di insolito al tatto lo indusse ad abbassare lo sguardo. Con un groppo in gola, riconobbe l’anello che aveva al dito come quello che lui le aveva regalato prima di salutarla.
Regulus le strinse la mano e posò la testa sulla sua, pensando che non sarebbe mai stato abbastanza grato per quello che lei aveva fatto per lui.
 
Quando Regulus aprì di nuovo gli occhi, la mattina seguente, scoprì che Rachel non c’era. Dalla cucina provenivano dei rumori, così decise di alzarsi. La schiena gli faceva male: non aveva mai dormito su un divano in vita sua, e si sentiva.
Fuori dalla finestra si intravedeva un cielo nuvoloso, ma che iniziava lentamente a rischiararsi, mentre i tiepidi raggi del sole invernale facevano capolino da dietro le nubi.
Quando si affacciò nella cucina, Regulus non ebbe neanche il tempo di connettere, che sentì il rumore metallico di posate che cadevano per terra, subito seguito da passi di corsa. Infine, fu letteralmente travolto da Rachel, che gli aveva gettato le braccia al collo, stritolandolo in un abbraccio mozzafiato e rischiando di fargli perdere l’equilibrio.
Regulus si guardò bene dal protestare. Aveva creduto di non poter più provare l’emozione di stringerla. Gli sembrava di vivere in un sogno, mentre le sue labbra sfioravano di nuovo quelle tremanti di lei.
In quel momento riuscì a dimenticare tutte le visioni terrificanti che era stato costretto a subire bevendo la pozione nella caverna e che lo avevano tormentato anche durante il sonno: Voldemort che torturava e uccideva le persone a cui teneva di più, e che gli ricordava quanto tutto ciò fosse solamente colpa sua e del suo tradimento.
Rachel lo stava baciando come se ne andasse della sua stessa vita, con la stessa foga di un assetato che si ritrova improvvisamente in un’oasi, dopo ore e ore trascorse nel deserto.
Infine gli rivolse uno di quei sorrisi che lui non vedeva comparire sul suo volto da troppo tempo.
« Hai fame? Sono riuscita a preparare qualcosa da mangiare » disse con un certo nervosismo. « Cioè, sono solo bustine di tè e biscotti vecchi, ma è già tanto ».
Lo guardava con apprensione, come temendo che potesse sparire da un momento all’altro.
I biscotti erano stantii e gommosi, ma a Regulus in quel momento sembravano i più buoni del mondo. Aver visto la morte in faccia gli stava facendo apprezzare le cose più banali, come respirare e mangiare. Anche se aveva fame, Regulus mangiò poco. Voleva soprattutto chiarirsi le idee su tutto quello che era successo la notte precedente.
« Grazie » le disse, quando smise di bere il tè. « Tu e Kreacher mi avete salvato la vita ».
« Il merito è anche di tuo zio » rispose Rachel, sedendosi di fronte a lui.
Regulus ne fu sorpreso.
« Alphard? »
« Proprio lui. Non avrei mai fatto nulla senza il suo aiuto… Però prima dimmi che cosa ha di tanto speciale quel medaglione ».
Lui si agitò sulla sedia. Non voleva dirlo, soprattutto non a lei.
« Forse, ma prima raccontami come sei riuscita a salvarmi ».
Rachel sbuffò, mostrando un sorriso divertito che non le si estese agli occhi.
« E va bene, però facciamo una domanda per uno ».
Regulus annuì, sorpreso. Si aspettava che avrebbe insistito così tanto da indurlo a cedere e a raccontare per primo, e invece si era arresa quasi subito. Un senso di colpa latente fece capolino nella sua coscienza: era cambiata; sembrava diventata molto più matura e paziente, e nel giro di un solo mese. Non poté fare a meno di chiedersi quanto avesse sofferto in quel periodo.
Rachel iniziò a raccontargli di quando aveva conosciuto Alphard al funerale, venendo a conoscenza del suo tentativo di nascondere un segreto pericoloso, di quando aveva scoperto che Kreacher la seguiva e aveva saputo cosa gli era successo. Poi continuò a raccontare dell’accordo fatto con Alphard, del vero e proprio furto che avevano compiuto all’Ufficio Misteri e, infine, del rischio che aveva corso usando la Giratempo per salvarlo.
« Ora tocca a te. So che non hai voluto dire a nessuno cos’hai scoperto perché è pericoloso, ma penso che a questo punto tu possa dirmi tutta la verità. Ho visto troppo in ogni caso » concluse Rachel, determinata.
Regulus esitò, guardandosi intorno.
« Sei sicura che non ci senta nessuno? »
« Ho messo degli incantesimi di protezione, e comunque a nessuno verrebbe in mente di venirci a cercare qui: è una casa Babbana. Mi sono informata qualche giorno fa e a quanto pare il vecchio proprietario, John Puddle,  è morto senza eredi o parenti, quindi nessuno verrà a disturbarci ».
Lui abbassò lo sguardo, preoccupato. Si era rifiutato categoricamente di raccontare quello che aveva scoperto ad anima viva, ma lei meritava di saperlo, dopo quello che aveva fatto.
Così iniziò a sua volta a spiegarle che il medaglione era in realtà un Horcrux e che, come tale, conteneva una parte dell’anima del Signore Oscuro.
« … quindi per sconfiggerlo bisogna prima distruggere l’Horcrux, altrimenti il suo spirito continuerà a vivere » concluse.
Aveva detto tutto in una volta senza mai guardarla e osò alzare lo sguardo solo dopo aver finito.
Rachel aveva un’espressione a metà tra l’orrore e il disgusto.
« È… è… » provò a dire, senza trovare un aggettivo adatto.
« Lo so » fece lui. « Per questo non l’ho detto a nessuno. Se Lui venisse a sapere che noi soltanto lo sospettiamo, qualsiasi cosa abbia fatto finora sarebbe poco rispetto ai metodi che utilizzerebbe per metterci a tacere. Vivere in eterno è la cosa che gli interessa di più » ammise, furente.
Rachel dovette percepire nel suo tono di voce tutta la frustrazione che provava a causa degli errori che aveva commesso:  posò una mano sulla sua, nel tentativo di dargli un minimo di conforto.
« Avevo detto a Kreacher di distruggerlo » disse lui, ignorando il rimorso che lo tormentava. « Ma se il medaglione si trova a casa mia forse non ci è riuscito. Potrebbe essere protetto da chissà quale sortilegio oscuro » aggiunse, scoraggiato.
« Bè, io conosco qualcuno che potrebbe aiutarci » iniziò lei, esitante, ma Regulus aveva già capito dove volesse andare a parare.
« Ho deciso di tradire Tu-Sai-Chi, non di allearmi ad un Babbanofilo come Silente » specificò.
Rachel alzò gli occhi al cielo, come per dire “siamo alle solite”.
« Se solo ci provassi… ti assicuro che Silente non è poi così male come pensavamo ».
« Come fai a dirlo? »
Rachel esitò. Non sapeva se fosse il momento giusto per parlargliene, ma ormai tanto valeva provarci.
« Adesso faccio parte dell’Ordine della Fenice » buttò lì.
« Che cosa? »
Fu un miracolo se Regulus non cadde dalla sedia. Era sconvolto e preoccupato.
« Mi avevi promesso che non saresti scesa attivamente in guerra! »
« Bè, scusa te lo dico, ma mi pare di ricordare che durante quella stessa conversazione tu mi avessi promesso che non saresti diventato un Mangiamorte » replicò lei, piccata.
Regulus tacque, imbarazzato.
« Non voglio che tu rischi la vita in battaglia » bofonchiò.
« Lo so, ma l’ho fatto perché pensavo di non poterti rivedere mai più ».
Rachel iniziò a parlare senza mai prendere fiato, sempre più agitata.
« Dovevo fare qualcosa, altrimenti sarei impazzita. Non voglio che tu ti senta in colpa, ma non puoi neanche immaginare quanto sono stata male: non avevo la più pallida idea di cosa ti fosse successo, alcuni dicevano che eri solo un ragazzino terrorizzato, che V-Voldemort ti aveva fatto uccidere, ma nessuno sapeva nulla, e l’unica certezza che avevo era che non ci saresti stato più. Certe volte ero pure arrabbiata con te, perché eri riuscito a mentirmi anche l’ultima volta che ci siamo visti e… insomma, non sapevo come sfogarmi, stavo impazzendo… »
Cercava di trattenere le lacrime o almeno di non farsi vedere, ma i suoi sforzi furono vani.
« Scusa » disse poi, tirando su col naso. « Dopo quello che hai affrontato tu mi sento una stupida a frignare così… »
« Ehm, tranquilla » cercò di calmarla lui, un po’ preoccupato per quell’improvvisa crisi di nervi.
« Bè, comunque » riprese lei, cercando di riacquistare un contegno, « Emmeline mi ha proposto di entrare a far parte dell’Ordine. All’inizio non volevo, ma poi ho capito che se non avessi avuto qualcosa che mi desse un solo motivo per continuare a esistere sarei diventata un vegetale ».
Regulus strinse i pugni, adirato con se stesso. Mai come in quel momento era stato più pentito di essere diventato un Mangiamorte. Era tutta colpa sua se lei aveva sofferto così tanto.
« Scusa » disse. Gli uscì spontaneo, senza troppi sforzi: la vergogna in quel momento era molto più forte dell’orgoglio.
« Non devi scusarti » rispose lei. « Hai sbagliato, questo lo sappiamo, ma non sei fuggito. Ti sei comportato come pochi avrebbero fatto, hai voluto dare la vita per rimediare. Sono fiera di te e di quel che sei diventato. E a dire la verità, sei molto migliore di me, perché io mi sono intromessa nel corso del tempo per riaverti, mentre tu hai cercato di salvare tutti anche se sapevi di non poter sopravvivere. Insomma, mi sento un’egoista al confronto… » ammise.
« Smettila, magari doveva andare proprio così. In fondo, se non fossi intervenuta, Kreacher non avrebbe mai capito come distruggere il medaglione, e chissà quando qualcun altro avrebbe scoperto dell’Horcrux ».
Rachel annuì, rincuorata.
« Per questo motivo penso che tu debba parlarne con Silente. Ti assicuro che non è un tipo che giudica, anzi, è molto gentile e comprensivo. Mi ha aiutata molto parlare con lui quando ero talmente furiosa che avrei potuto fare qualche pazzia se mi fossi ritrovata davanti a Voldemort ».
« Sì, però smettila di chiamarlo per nome: si può sapere che ti viene in mente? » bofonchiò Regulus, rabbrividendo.
« Nell’Ordine della Fenice lo chiamano tutti Vol-… insomma, così. All’inizio non volevo farlo nemmeno io, ma tu l’hai sfidato, hai avuto il coraggio di abbandonarlo… perché non potresti chiamarlo per nome? »
« Sarà l’abitudine » commentò lui scrollando le spalle.
« Comunque non hai altra scelta » continuò lei, seria. « Devi per forza parlare con Silente. Ora siete dalla stessa parte. E poi lui può proteggerti meglio di chiunque altro. Il Ministero è pieno di infiltrati, ormai. Ed effettivamente, credo che sia la persona più adatta per risolvere la questione dell’Horcrux, o come si chiama ».
« Va bene, d’accordo, mi rivolgerò a lui » accettò Regulus, incredulo ma rassegnato. Il solo pensiero di collaborare con Silente lo faceva inorridire, ma Rachel aveva ragione: non c’era altra soluzione.
« Bene » fece lei, sollevata. Subito dopo tuttavia si fece pensierosa ed esitò, giocherellando nervosamente con l’anello che portava al dito. « Questo me lo hai dato quando pensavi che non ci saremmo più rivisti. Quindi se adesso pensi che sia troppo impegnativo e vuoi riprendertelo… »
Regulus avvampò mentre rispondeva:
« Tienilo pure. È tuo… sempre se lo vuoi ».
« Ma certo » rispose lei, senza riuscire a nascondere la propria emozione. Poi si alzò per portare via la tazza di tè ormai svuotata, per superare l’insolito imbarazzo che la aveva colta all’improvviso.
Regulus si alzò a sua volta, indeciso sul da farsi.
« Per caso sai come sta mia madre? » chiese all’improvviso.
In realtà voleva sapere anche se, con tutto quello che si diceva di lui, Walburga avesse iniziato a considerarlo a sua volta un traditore del suo sangue, ma non era così ansioso di conoscerne la risposta. Al momento gli bastava sapere che fosse ancora viva.
L’espressione di Rachel non era molto entusiasta, ma la ragazza si stava chiaramente sforzando di sembrare normale.
« Dovresti chiederlo a Kreacher. Io non ne ho idea ».
Aveva un tono un po’ freddo, e Regulus non poté ignorarlo.
« Non l’hai… ? » esordì, senza sapere neanche come continuare.
« L’ultima volta che l’ho vista era il tuo… funerale. Regulus, devo essere sincera? »
Lui annuì, sperando comunque che non esagerasse quanto a schiettezza.
« Bè, lo sai che non siamo mai andate molto d’accordo. Scusa, ma è così. Lei non ha voluto rivolgermi la parola, e io ho fatto lo stesso. Mi dispiace ».
Lui cercò di mostrarsi poco colpito, ma ci era rimasto male lo stesso.
« Ce l’hai con me? » gli chiese lei.
Regulus scosse la testa per negare. Gli dispiaceva immaginare Walburga completamente da sola a Grimmauld Place, ma non era colpa di Rachel se era accaduto tutto ciò.
La ragazza gli si avvicinò. Improvvisamente sembrava molto esitante e incerta.
« Dovrei dirti un’altra cosa » esordì, e il suo tono era talmente insolito che lui si preoccupò. Per un folle istante temette che lei gli avesse mentito quando gli aveva assicurato che tutti i suoi parenti fossero salvi, e fu uno dei momenti più orribili della sua vita. Non si sarebbe mai perdonato se qualcuno della sua famiglia fosse stato ucciso per punire il suo tradimento.
« Che cosa…? »
« Non agitarti, te l’ho detto che sono tutti vivi » lo anticipò lei.
Regulus trasse un sospiro di sollievo.
« E allora di cosa si tratta? »
Rachel esitò, guardandolo con un’espressione dubbiosa.
« Sirius ».
« No » rispose Regulus, irrigidendosi all’improvviso.
« No, cosa? »
« Non mi parlare di lui ».
« Ma… »
Regulus distolse lo sguardo, mentre si sentiva percorrere da un brivido di terrore e una morsa gli stringeva le viscere. Non voleva sapere come e se Sirius avesse reagito alla notizia della sua morte, preferiva non saperlo. Gli avrebbe fatto troppo male immaginare la sua reazione. Lo aveva considerato un povero idiota che si era fatto ammazzare a causa della propria inettitudine, nonostante lui gli avesse sconsigliato di diventare un Mangiamorte? Oppure, ancora peggio, aveva liquidato la notizia con un’alzata di spalle, dichiarando che in fondo lui non era suo fratello?
Qualunque fosse la risposta a quelle domande, preferiva rimanere nel dubbio piuttosto che sapere la verità, che temeva più di ogni altra cosa.
« Non voglio sapere niente » insisté.
Rachel era chiaramente delusa.
« Perché no? È importante ».
Regulus scosse la testa, testardo.
« Che c’è, pensi che abbia continuato a odiarti anche dopo la tua scomparsa? » fece lei e, notando l’espressione di lui, sembrò sul punto di emettere fumo dalle narici.
« Adesso mi avete fatto davvero perdere la pazienza! » fece, irritata. « Siete identici, voi due, non vi conoscete per niente! Sirius è disperato per quello che ti è successo. Si sente in colpa per non essere riuscito ad impedirlo, e credeva che tu non gli avessi chiesto aiuto perché non lo consideravi degno della tua attenzione. È mai possibile che siete così testardi? Mettitelo in testa, anche se ora ti brucia: tuo fratello ti vuole bene, e anche tu gliene vuoi. Fatevene una ragione tutti e due! »
Regulus non sapeva se essere più scosso per la lavata di capo che Rachel gli aveva improvvisamente impartito o per quello che aveva detto. Sapeva solo che si sentiva morire di vergogna e imbarazzo, ma non fece in tempo a mostrare una minima reazione, perché qualcuno bussò vigorosamente alla porta d’ingresso, facendo sobbalzare entrambi.
Rachel sbiancò; poi estrasse la bacchetta, all’erta.
Regulus provò a fare altrettanto, ma scoprì con orrore di non averla addosso: doveva essere finita in fondo al lago.
« Chi è? » le domandò, perché Rachel si era accostata prudentemente alla finestra e aveva lanciato un’esclamazione di stupore, mista a qualche commento irritato che lui non comprese.
« Alphard! » esclamò lei, aprendo la porta e facendolo entrare.
« Ti avevo detto di non uscire di casa. Lestrange ti dà sicuramente la caccia! » insisté Rachel, ma Alphard non la stava ascoltando, troppo impegnato a guardare Regulus come se lo vedesse per la prima volta, con un sorriso stampato sul volto, che lo faceva sembrare improvvisamente ringiovanito.
 
 
« Crucio! »
Le urla di Algernon Boot, Ministro della Magia, echeggiarono nella casa deserta, mentre l’uomo si contorceva sul pavimento per il dolore che provava.
« Se non rispondi continueremo per tutta la notte, Boot » disse Lucius con aria annoiata, mentre il Ministro continuava a gridare. « Noi non abbiamo alcuna fretta ».
Barty strinse la bacchetta ancora di più, cercando di scaricare su di essa tutta la magia che possedeva, e sentì che le urla dell’uomo si levavano sempre più forti e strazianti.
Il cuore gli batteva all’impazzata. Era allo stesso tempo compiaciuto e terrorizzato da quello che stava facendo. Aveva scoperto di essere decisamente portato nella Maledizione Cruciatus, anche se questa sua capacità lo spaventava e attirava insieme. Sentirsi padrone della vita altrui gli dava una sensazione inebriante, gli faceva dimenticare le sue debolezze e lo aiutava a sentirsi forte e deciso come aveva sempre voluto.
Ma allo stesso tempo non riusciva a provare lo stesso piacere che gli altri Mangiamorte dicevano di sentire mentre torturavano qualcuno. Il Signore Oscuro aveva ordinato che Boot fosse interrogato e poi ucciso, e Barty non aveva alcun dubbio riguardo a ciò. Sapeva di essere nel giusto e che quell’uomo meritava tutto questo, ma non riusciva ugualmente a godere della sua sofferenza.
Cercava di non dimostrarlo e sperava di riuscirci aumentando l’intensità della Maledizione.
« Allora, vuoi risponderci o no? Karkaroff ha fatto qualche nome? » insisté Lucius, impaziente.
Boot continuava a urlare, il terrore riflesso negli occhi, e scosse la testa, gesto che tuttavia non fu possibile distinguere dai suoi contorcimenti.
« Falla finita, non può rispondere se continui a torturarlo » disse Malfoy, rivolgendosi a Barty con ragionevolezza.
Il ragazzo abbassò la bacchetta, un po’ deluso, e Boot smise di urlare, anche se continuò a tremare notevolmente per i residui del dolore.
« No » rispose infine, col fiato corto. « Non ha detto nulla… »
« Che ti avevo detto? » intervenne Rabastan con uno sbuffo seccato. « Finché siamo in vantaggio, Karkaroff non collaborerà col Ministero. Preferisce marcire ad Azkaban piuttosto che subire la vendetta del Signore Oscuro ».
« Molto bene » concluse Lucius con indifferenza. « Ora pensateci voi e andiamocene ».
Rabastan gli si rivolse con scherno.
« Sei sempre il solito. Mai una volta che ti voglia sporcare le mani » commentò.
Lucius gli lanciò un’occhiata fredda.
« Ma che ingrato. Io lo faccio per lasciare il divertimento a te » replicò in tono mellifluo.
Nel frattempo Boot assisteva con orrore allo scambio di battute tra i due Mangiamorte che stavano decidendo le sue sorti come se si trattasse di una amichevole conversazione da salotto.
« Stavolta non sarò io a concludere. Sarà il ragazzino a farlo fuori » disse Rabastan, appoggiando una mano sulla spalla di Barty, il quale gli lanciò un’occhiataccia colma di rancore. « Credi di esserne capace? » aggiunse quello, con un ghigno.
Barty detestava l’ironia di Rabastan Lestrange. Lo trattava sempre come un pivello, e lo considerava nient’altro che un adolescente con le manie di ribellione, esattamente come tutti gli altri. Ma non gli sarebbe importato più di tanto, finché il Signore Oscuro avesse avuto fiducia in lui.
« Certo che ne sono capace » sbottò, puntando di nuovo la bacchetta contro il Ministro.
Con suo grande rammarico, scoprì che gli tremava la mano. Rabastan non trattenne una smorfia divertita.
Barty cercò di ignorarlo e di concentrarsi soltanto sull’Anatema che avrebbe ucciso l’uomo che lo fissava con le lacrime agli occhi. Continuava a ripetersi che si trattava di un ordine del Signore Oscuro; non poteva, né voleva, disobbedire.
Algernon Boot era un incapace, ma la sua presenza a capo della comunità magica riusciva a mantenere un minimo di stabilità in quel periodo di incertezza. La morte del Ministro della Magia avrebbe creato il caos, e questo era l’obiettivo del Signore Oscuro.
Da quando aveva rinunciato al proposito di uccidere Millicent Bagnold, Voldemort aveva iniziato a circondarla di consiglieri sotto Maledizione Imperius o addirittura fedeli a lui, quindi non temeva più la sua nomina a Ministro, anzi, sperava che andasse proprio in quel modo.
Tuttavia Barty sapeva che, una volta morto Boot, a suo padre si sarebbe offerta l’occasione di diventare a sua volta Ministro. E il ragazzo si rifiutava di fare qualunque favore a Barty Crouch.
« Lo sapevo, non ne sei in grado » commentò Rabastan.
« Non è ve- »
Approfittando dell’attimo di distrazione dei due Mangiamorte più vicini, Boot scattò con un’agilità incredibile per un uomo della sua età, e corse a rotto di collo verso la porta, spintonando Barty di lato.
Rabastan e Lucius gli indirizzarono contro qualche fattura, ma fu Barty a colpirlo in pieno.
Probabilmente era stato colto dal panico al solo pensiero che l’uomo riuscisse a scappare. Avrebbe rivelato a tutti che l’unico figlio di Crouch era un Mangiamorte. Non poteva permetterlo.
L’incantesimo di Barty fu sferrato con una potenza tale da sollevare Boot a mezz’aria e scagliarlo con violenza verso la finestra.
I battiti dei ragazzo si fermarono e il fiato gli si mozzò in gola quando si rese conto di quel che stava per succedere. Aveva voluto solo tramortirlo, ma nell’agitazione per la fuga del prigioniero non aveva valutato bene la potenza dell’incantesimo.
Ci fu un rumore di vetri infranti e Algernon Boot tentò inutilmente di aggrapparsi al davanzale, ma precipitò fuori dalla finestra.
Furono secondi interminabili in cui rimasero tutti in un silenzio di tomba, fino a che un macabro tonfo non fece loro capire che il Ministro era ormai morto.
Rabastan fu il primo a parlare di nuovo.
« Andiamocene, prima che qualcuno lo veda sul marciapiede » disse in tono pratico.
Lucius aveva un’espressione vagamente disgustata all’idea del corpo schiantatosi sulla strada, ma obbedì senza fiatare. Barty invece rimase immobile a fissare la finestra rotta, dimentico di nascondere l’orrore che provava.
« Andiamo, vuoi farti arrestare? » lo scosse Rabastan, afferrandolo per un braccio. « Non preoccuparti, non dirò a nessuno che il tuo primo omicidio è stato un incidente » aggiunse, sarcastico come sempre.
Barty non diede retta al suo tono di scherno. Si sentiva improvvisamente come gli altri Mangiamorte lo consideravano: inesperto e immaturo. Non se lo aspettava, ma uccidere era completamente diverso da come aveva immaginato. Non riusciva neanche a capire come si sentisse in quel momento. Desiderava solo allontanarsi da lì il prima possibile e rinchiudersi in camera sua, sotto il calore rassicurante delle coperte. Era una reazione molto infantile, ma non voleva ascoltare quella vocina che sussurrava dentro la sua testa: hai ucciso una persona.
Seguì gli altri due come un automa, senza capire più nulla, e non sentì nemmeno quando, dopo aver oltrepassato i cadaveri dei due Auror di scorta, Rabastan si rivolse ad una figura nell’ombra, che fino a quel momento era rimasta appartata in silenzio, tremando come una foglia, e adesso fissava con disperazione la finestra da cui era caduto l’ormai ex Ministro della Magia:
« Credo che domani mattina Moody si chiederà come abbiamo potuto scoprire questo nascondiglio segreto, visto che solo l’Ordine della Fenice ne era a conoscenza, oltre a pochi Auror. Quindi stai molto attento a come reagisci quando sei con lui. È chiaro, Minus? »
Peter, quasi rannicchiato per terra per la paura, annuì, senza potere reprimere un singhiozzo, mentre la luce verde del Marchio Nero appena evocato sopra la casa illuminava il suo volto orripilato e sconvolto.



*Angolo autrice*
Sono sotto shock per quello che ho scritto, e dubito che mi riprenderò @_@
Anche se Regulus ora è salvo, la guerra va avanti. Ho deciso di descrivere il primo omicidio di Barty perché se no temo che lo avrei fatto rimanere a vita in una fase intermedia: sono troppo affezionata al Barty dei primi tempi di Hogwarts. Insomma, prima o poi avrei dovuto farlo, perché penso che se è stato capace di uccidere il proprio padre senza problemi, sicuramente non era la prima volta che uccideva qualcuno. Però non volevo renderlo troppo esaltato, ma neanche troppo pentito, quindi ho scelto questo compromesso.
Millicent Bagnold non è ancora Ministro (sul Lexicon c'è scritto che lo diventerà nel 1980, e qui siamo ancora nel dicembre 1979), ma comparirà presto. Del suo predecessore non si sa nulla, quindi l'ho inventato di sana pianta solo per farlo uccidere (poveretto! XD)

Per passare ad argomenti più piacevoli, spero proprio che vi sia piaciuta la prima parte! Ritornare a scrivere dal punto di vista di Regulus è stata un'emozione indescrivibile! *-*
Rachel avrebbe avuto molto da ridire su Walburga, ma si è trattenuta perché sa che Regulus fondamentalmente è un mammone e non vuole farlo soffrire anche per il fatto che le due donne più importanti della sua vita si detestano.
Quanto a quello che Regulus pensa di Sirius, siamo alle solite! -.-" Rachel non voleva arrabbiarsi, ma certe volte quei due sono talmente duri di comprendonio che è impossibile non perdere la pazienza! XD
Il prossimo capitolo verrà pubblicato l'8 dicembre, probabilmente la mattina!

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Capitolo 13
*** Sospetti e rivelazioni ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 13
Sospetti e rivelazioni
 
Il retro di casa Puddle dava su un minuscolo orto incolto, in cui le erbacce regnavano sovrane. Quella mattina la neve caduta si stava già sciogliendo, e gelide gocce d’acqua cadevano giù dalle fronde di un abete.
Regulus si soffermò più del necessario a osservare il cortile, fingendo di non sapere perché suo zio lo avesse voluto trarre in disparte.
« Regulus » esordì Alphard, infatti. « Capisco se non vuoi farti sentire da Rachel, ma ora è occupata, quindi puoi parlare liberamente. Che cosa ti è successo esattamente? A me puoi dirlo »
Il ragazzo sospirò. Sapeva che Alphard avrebbe fatto delle domande, era naturale. In fondo, dopo tutto quello che aveva fatto per lui, gli sembrava ingiusto continuare a mentirgli… ma non poteva raccontargli degli Horcrux.
« Mi dispiace, davvero, ma non ti dirò niente. Lo so che non ti meriteresti di essere tenuto all’oscuro di tutto, ma è meglio così. Ho scoperto qualcosa di molto importante e ti farei rischiare troppo se te lo dicessi » rispose, risoluto.
Alphard non poté nascondere le delusione che provava.
« Io potrei aiutarti ».
« Lascia stare, per favore. Stai già correndo troppi pericoli a causa mia ».
L’uomo scosse la testa come per minimizzare.
« Se ti riferisci a Rodolphus, sono stato attento. Conosco dei trucchi che lui nemmeno si immagina. Non sarei di certo venuto fin qui, se non fossi stati sicuro di averlo seminato ».
« D’accordo, però non sottovalutarlo. Tu non sai di cosa sono capaci, lui e Bellatrix. Non li hai mai visti in azione… »
Regulus tremò impercettibilmente. Poi guardò di nuovo lo zio e si sentì in dovere di aggiungere: « Avrei dovuto darti retta, quando cercavi di convincermi a non diventare un Mangiamorte. Ero così stupido che non mi rendevo conto di quello che significava. Mi dispiace ».
« Regulus, se continuerai a scusarti, comincerò a dubitare della tua identità » cercò di sdrammatizzare Alphard, e Regulus in quel momento pensò, senza un motivo, che in quelle situazioni lo zio somigliava terribilmente a Sirius.
Alphard gli posò una mano sulla spalla.
« Forse non è da un rinnegato che vorresti sentirtelo dire, ma sappi che sono fiero di avere un nipote come te ».
Regulus riuscì addirittura a sorridere, ma non disse altro, perché in quel momento furono raggiunti da Rachel e Kreacher.
« Ah, siete qui. Vi ho cercati dappertutto. Alphard, prendi, prima che mi torni la tentazione di tenerla » disse lei, porgendogli la Giratempo miracolosa.
Mentre Alphard la riponeva al sicuro, Kreacher si avvicinò a Regulus, e gli porse il mantello che il ragazzo di solito usava nei giorni più freddi dell’anno.
« Kreacher ha portato questo per il padroncino, così padron Regulus non prende freddo » disse.
« Grazie, Kreacher » rispose lui, ma un attimo dopo si meravigliò, quando l’elfo scoppiò in singhiozzi. « Cosa gli prende? »
« Credo che non si sia ancora abituato all’idea che tu sia vivo e vegeto. Sinceramente non pensavo che avesse il cuore così tenero » commentò Alphard. Kreacher gli lanciò un’occhiataccia.
« Ehm, su, Kreacher, calmati… » provò Regulus, imbarazzato, nel tentativo di consolarlo. « Abbiamo ancora bisogno di te. Sai cosa devi fare ».
L’elfo si asciugò gli occhi, felice come non mai al pensiero di obbedire ad un ordine del suo padrone. Poi tese la mano verso Alphard, bofonchiando qualcosa ed esibendo un’espressione schifata, e lo fece Smaterializzare con sé.
« Sei proprio convinta che sia una buona idea? » chiese Regulus alla ragazza, mentre indossava il mantello.
Rachel infatti aveva deciso di abbandonare casa Puddle al più presto. All’inizio aveva pensato di nascondere Regulus lì, almeno fino a che non avessero parlato con Silente, ma l’imprudenza di Alphard nel presentarsi in quella casa la aveva convinta ad andarsene il prima possibile. Gli incantesimi di protezione c’erano, ma lei non si sentiva tranquilla: il solo ricordo dello sguardo di Lestrange bastava a farle venire i brividi.
Regulus naturalmente era d’accordo con lei, anche se la sistemazione che Rachel aveva trovato non lo entusiasmava più di tanto.
« Certo, a casa mia sarai più al sicuro » confermò lei, mentre si assicurava di non aver lasciato tracce del loro passaggio. Quando tuttavia notò la sua espressione scettica, aggiunse: « Stai tranquillo ».
« Sembra facile. I tuoi mi uccideranno » bofonchiò Regulus, abbattuto.
« Hai affrontato un esercito di Inferi. Questa dovrebbe essere una passeggiata al confronto ».
« Questa è peggio invece ».
Rachel sorrise.
« Tuo zio è andato prima di noi proprio per calmare gli animi dei miei. Vedrai che andrà tutto bene. Racconterà loro soltanto quello che lui stesso sa, e cioè che abbiamo usato una Giratempo – naturalmente senza dire che abbiamo dovuto rubarla – per provare a salvarti la vita, mentre alcuni Mangiamorte ti cercavano per ucciderti. Questa bugia non ti rende per nulla giustizia, ma… »
« Tanto tuo padre mi odierebbe anche se uccidessi il Signore Oscuro in persona » bofonchiò Regulus, depresso.
« Smettila ».
Attesero almeno un quarto d’ora, poi Kreacher si Materializzò di nuovo accanto a loro.
« Com’è andata? » chiese Regulus, titubante. Non era proprio sicuro di voler conoscere la risposta.
« Il padre della signorina era un po’ agitato » rispose l’elfo, « ma la signora lo ha convinto a calmarsi ».
« Visto? » fece Rachel. « Andiamo ».
Anche se aveva cercato di nasconderlo fino a quel momento, anche lei era molto nervosa.
Kreacher prese per mano i due ragazzi e li Smaterializzò direttamente nel salotto dei Queen.
« Non sarebbe stato più educato bussare? » obiettò Regulus, notando con sollievo che per il momento nella stanza c’erano solo loro.
« Sarebbe stato anche più pericoloso. Possibile che ti preoccupi dell’etichetta anche in una situazione come questa? » rispose Rachel, mentre ascoltava dei passi affrettati che si avvicinavano e una voce che diceva:
« Sono calmo, Diane, sono calmissimo… Tu! »
Il tono con cui Perseus aveva pronunciato l’ultimo monosillabo era tutt’altro che calmo, in realtà, e Regulus avrebbe avuto una chiara idea di chi fosse il destinatario di quell’esclamazione anche senza vedere il signor Queen entrare in salotto e fissarlo con gli occhi iniettati di sangue.
Regulus non sapeva cosa dire, né ebbe il tempo di pensare alcunché. Perseus lo raggiunse in un attimo e lo afferrò per il bavero senza troppi complimenti, mentre alle sue spalle Diane e Alphard cercavano di farlo tornare alla ragione.
Quanto a Rachel, era indecisa se salvare Regulus o lo stesso Perseus, dal momento che Kreacher fissava l’uomo con indignazione e rabbia.
« Papà, smettila » disse, cercando di non far avvicinare troppo l’elfo.
Perseus non era paonazzo: il suo volto era di un colore violaceo tendente al nero.
« E così ti presenti a casa mia, dopo tutto quello che hai combinato? » sibilò, mentre Regulus cercava di non apparire troppo spaventato.
« Mi dispiace, davvero… » ammise.
« Vorrei ben dire ».
« Perseus, lascialo » intervenne Diane. Aveva gli occhi arrossati e sembrava piuttosto scossa.
Il marito obbedì, e Regulus si massaggiò il collo, imbarazzato.
« Io… io ti… » fece l’uomo, senza avere la più pallida idea di cosa dire.
Regulus tuttavia abbassò lo sguardo. Si era aspettato quella reazione, ed era anche convinto di meritarsela, in realtà.
« Papà, non cominciare. Lui ha sbagliato, ma si è pentito e ha cercato di rimediare. Non merita di essere trattato così » intervenne Rachel con tanto impeto che Perseus tacque.
« E ricordati che mi ha salvato la vita quando i Mangiamorte hanno attaccato il San Mungo » intervenne Diane.
Perseus di colpo sembrò meno astioso nei confronti di Regulus, anche se era evidente che piuttosto che ammetterlo si sarebbe fatto uccidere.
Diane lo superò per raggiungere Regulus, il quale non sapeva bene come comportarsi. Non pensava che Rachel le avesse detto che il misterioso Mangiamorte che la aveva salvata fosse proprio lui.
« Grazie » disse la donna, commossa.
« Non mi deve ringraz- »
Regulus si bloccò di colpo, perché Diane aveva fatto una cosa che lo paralizzò: lo aveva abbracciato.
Lui arrossì: non si era mai sentito così imbarazzato in vita sua. Quando, rigido come uno stoccafisso, cercò con lo sguardo l’aiuto di Rachel, scoprì con rammarico che la ragazza ridacchiava tra sé.
« Mamma, basta così » intervenne lei alla fine, quando iniziò a provare pena per lui. « Regulus non è abituato ».
« Perdonami » fece la donna, staccandosi. « Mi sono fatta prendere dall’entusiasmo. Ti vedo sciupato: vado a farti preparare qualcosa. Tu intanto accomodati ».
Era così premurosa che Regulus si sentiva ancora più in colpa: la sua morte apparente aveva sconvolto la vita di Rachel, ma doveva aver avuto grandi ripercussioni anche sulla sua famiglia.
« La prossima volta » concluse Perseus, rivolgendosi ad un imbarazzato Alphard, « voglio sapere quello che tu e mia figlia progettate prima che succeda, e non a fatti compiuti. Non mi piacciono le sorprese ».
« Lo so, non si ripeterà più » disse Alphard, scambiando un’occhiata eloquente con Rachel: se Perseus avesse saputo i rischi che avevano corso non si sarebbe controllato così tanto.
Rachel tornò a guardare Regulus, ma lui stava fissando La Gazzetta del Profeta con una strana espressione.
« Il Ministro della Magia è morto? » esclamò, dopo aver letto il titolo.
« Già, è stato ammazzato ieri notte » confermò Perseus, senza rinunciare al suo tono irritato. « E pensare che aveva la scorta: è morta anche quella… »
Rachel balzò in piedi, improvvisamente agitata.
« Devo andare al quartier generale » sussurrò a Regulus, a bassa voce per non farsi sentire da Alphard. « È strano. Quasi nessuno sapeva dove lo avevano nascosto. Solo alcuni Auror e noi dell’Ordine ».
Regulus sembrava altrettanto preoccupato.
« Allora stai attenta ».
« Tranquillo. Già che ci sono, spero di incontrare anche Silente… e a proposito » disse Rachel, guardandolo con una certa esitazione. « Se c’è Sirius… mi sento in dovere di dirgli che sei vivo ».
Regulus non la guardò ma le fece capire che fosse libera di decidere.
« Non parlarne con nessun altro, però… Se solo voi sapevate dov’era Boot, tra di voi potrebbe nascondersi una spia ».
 
 
« Rachel! Per la barba di Merlino, che fine avevi fatto? Stavo iniziando a preoccuparmi! »
L’esclamazione di Emmeline fu la prima cosa che Rachel sentì quando mise piede in casa di Dedalus, subito seguita da altre voci concitate che discutevano tra di loro.
« Scusami, sono stata… impegnata » rispose, cercando di sembrare abbastanza naturale. « Silente non c’è? »
« No, lui e Dorcas sono ad una riunione del Wizengamot. Stanno decidendo cosa fare adesso. Bisogna nominare un nuovo Ministro il prima possibile, altrimenti nella comunità magica scoppierà il caos ».
« Quindi immagino che tra Crouch e la Bagnold sia ormai scontro aperto » commentò Rachel.
« Già… Silente naturalmente sostiene la Bagnold, ma sono talmente equilibrati che, comunque vada, quasi la metà della comunità magica non sarà soddisfatta ».
« La mia famiglia ha sempre appoggiato lei, ma penso che a questo punto non sia così importante chi vinca. Quel che conta è che non salga al potere qualcuno controllato da Voldemort ».
Rachel interruppe il discorso e guardò il gruppo di persone che discutevano animatamente intorno al tavolo.
« Dai, è ridicolo pensare una cosa del genere » stava dicendo Gideon, cercando di calmare gli animi.
« Non è ridicolo » ribatté Malocchio, severo. « Solo noi dell’Ordine sapevamo dove si era nascosto Boot, oltre ai due Auror uccisi insieme a lui. Questo significa che qualcuno di noi ha parlato troppo ».
« Non penserai che tra di noi ci sia una spia dei Mangiamorte! » scattò Frank, indignato.
« Non lo so. Ma di certo qualcuno di noi ha lasciato trapelare qualche informazione. Non lo avrà fatto volontariamente, ma lo ha fatto » decretò Moody, e di colpo l’atmosfera cambiò.
Adesso tutti si guardavano con circospezione, alcuni addirittura con sospetto.
« Bè, ecco… » intervenne Hagrid, arrossendo sotto la folta barba nera e agitando le enormi mani. « Io a volte parlo un po’ troppo però… vi giuro che stavolta non ho detto niente! Altrimenti me lo ricordavo, davvero… »
« Tranquillo, Hagrid » lo rassicurò Lily. « Sappiamo che sei una persona fidata ».
« Non hai bevuto, ultimamente, vero? » intervenne tuttavia Remus.
« No! Ne sono sicuro! »
Nessun altro parlò.
Rachel si sentì invadere dall’agitazione. Anche Regulus aveva subito pensato a quella possibilità, ma lei non riusciva a capire chi mai avrebbe potuto fare una cosa del genere. Le sembravano tutti schierati con convinzione contro Voldemort.
Ci furono alcuni interminabili minuti di silenzio teso e nervoso, ma poi James parlò:
« Ma che assurdità! Forse quei due Auror avevano detto a qualcun altro dove si trovava Boot. Non ci credo che il colpevole sia uno di noi ».
« Tu ti fidi troppo, Potter » rispose Moody.
« Non possiamo escludere a priori l’ipotesi che sia stato qualcuno dell’Ordine, ma dobbiamo pensare che potrebbe essere stato davvero qualche Auror » intervenne Edgar Bones, cercando di farli ragionare.
« Convincerò Barty a fare delle indagini interne al Dipartimento » disse Frank. « Quanto a noi, credo che la cosa migliore sia parlarne con Silente. Siamo tutti agitati e rischieremmo di diventare paranoici ».
« Sono d’accordo » dissero molti. « Ben detto ».
« Albus non si libererà prima di questa sera, quindi ci rivedremo tutti qui dopo cena per discutere della situazione » disse Malocchio, scrutando con attenzione i presenti attraverso il suo occhio magico. « Nel frattempo andate, ma cercate di tornare per tempo, tutti quanti ».
Il gruppo si sciolse senza fretta. Molti ancora mormoravano tra di loro, preoccupati e afflitti.
Rachel sospirò. Ci mancava solo quella. Ora sarebbe stato più complicato parlare a Silente di Regulus. Di sicuro quella sera non sarebbe riuscita ad ottenere un colloquio con il Preside, quindi pensò che nel frattempo avrebbe potuto palare con Sirius, il quale però stava conversando animatamente con James, Remus e Lily.
Rachel si era appena appostata in un angolo in attesa che lui finisse di parlare, quando Emmeline la afferrò per il polso, guardando verso qualcuno alla loro destra.
« Qualche problema, Minus? Perché non esprimi ad alta voce i tuoi sospetti, invece di parlar male alle spalle? » sbottò la ragazza, con un tono irritato che raramente aveva assunto.
Minus sobbalzò, imbarazzato, allontanandosi da Sturgis Podmore, al quale aveva appena finito di sussurrare qualcosa.
« N-non ho detto niente… » balbettò, arrossendo.
« Ti ho sentito. Abbi il coraggio di dirlo in faccia » ribatté Emmeline.
Quello si guardò intorno, terrorizzato: molti si erano voltati verso di loro.
« Non è nulla, solo una cosa di poca importanza, vero? » fece, cercando con lo sguardo l’assenso di Sturgis, il quale però guardava Emmeline con inquietudine.
« Pensi che sia una stupida? Avanti, dillo » insisté lei, ignorando l’occhiata perplessa di Rachel.
« Bè » fece Peter allora, con la voce più stridula del solito, i pugni tremanti e un’espressione ansiosa dipinta sul volto. « Non sono l’unico ad aver pensato che non fosse prudente permettere a lei di entrare nell’Ordine! »
Rachel percepì all’improvviso gli sguardi di tutti addosso e si sentì invadere da una rabbia incontrollata. In quel momento avrebbe voluto ridurre Minus in poltiglia.
« Ah, è così? » sbottò, furiosa. « Pensi che io sia una spia? E allora provalo ».
« Peter… » sospirò Lupin, passandosi una mano sugli occhi.
Minus divenne ancora più paonazzo.
« Bè… lo sanno tutti che a scuola frequentavi un sacco di Mangiamorte » esclamò.
Se Gideon non fosse intervenuto per fermarle la mano, Rachel avrebbe già estratto la bacchetta e Schiantato Minus senza ulteriori indugi. Il sangue le pulsava nelle tempie e le mani le tremavano per la rabbia e l’ingiustizia.
Non era affatto vero quel che Minus aveva detto. L’unico Mangiamorte con cui aveva legato era Regulus, che poi si era pentito. Quanto a Piton, non erano mai stati amici nel vero senso della parola. Andavano abbastanza d’accordo e lui a volte la aiutava con i compiti; si frequentavano come normali compagni di Casa, ma succedeva ai tempi in cui lui era amico di Lily e quindi Rachel non pensava che sarebbe diventato un Mangiamorte.
Per questo quell’accusa le faceva rodere le viscere. Come poteva quel ragazzino insulso accusarla di collaborare con Voldemort, quello che sarebbe stato il responsabile della morte di Regulus?
« Basta, smettetela! » intervenne Alice, rivolta sia a Minus sia a Rachel, che sembrava intenzionata a strozzarlo a mani nude. « Non capite che è proprio questo che Voldemort ha in mente? Vuole metterci l’uno contro l’altro. Da soli siamo molto più deboli. Non possiamo permettergli di averla vinta ».
« Sì, infatti, signori, diamoci tutti una calmata » intervenne Fabian, con un tono vivace. « Immaginate che mentre noi litighiamo c’è Voldemort che gongola e ridacchia sotto il naso che non ha ».
« Esatto » confermò Hagrid. « Quello che posso dire è che Rachel è sempre stata brava… a me non mi ha mai trattato male, anche se sono un… Mezzogigante, ecco ».
Rachel gli lanciò un’occhiata riconoscente.
« Insomma, Minus, hai perso un’occasione per tacere » concluse Emmeline, ancora arrabbiata.
Quello arrossì e bofonchiò qualche scusa affrettata, ma Rachel non gli diede retta. Aveva cose molto più importanti di lui a cui pensare.
« Grazie » disse a Emmeline, mentre si allontanavano.
« Ma figurati » ribatté lei. « Minus non sa nemmeno come si usa il cervello. Non dargli ascolto. La maggior parte di noi si fida di te ».
« Se lo dici tu… ».
Rachel guardò Sturgis, il quale si era accostato a loro con aria imbarazzata. Emmeline fece lo stesso.
« Ehm… volevo dirvi che mi dispiace… io non sono d’accordo con quello che ha detto Peter » bofonchiò lui, fissandosi la punta delle scarpe.
Rachel si rese conto in quel momento che Sturgis non parlava molto spesso, e che di solito se ne stava sempre sulle sue, quindi rimase sorpresa di quell’iniziativa.
« Ma figurati, non ce l’abbiamo mica con te » rispose distrattamente Emmeline, dando un’occhiata all’orario. « Devo andare all’esercitazione. Ci vediamo stasera » aggiunse, rivolgendosi a Rachel.
Quando Emmeline fu uscita, Rachel rimase un attimo ferma a riflettere. Anche se le accuse di Minus continuavano ancora a risuonarle nella mente, si impose di ignorarle.
« Posso parlarti? » chiese a Sirius, con un tono suo malgrado poco cordiale e decisamente scorbutico.
Lui la guardò e tacque, come per indurla a proseguire.
« In privato » aggiunse lei.
« D’accordo ».
Sirius la seguì. Mentre Rachel lo conduceva fuori dal salotto, lui disse:
« Senti, Peter ha esagerato, ma non sa quello che dice. È solo spaventato ».
« Quello che dice il tuo amico sinceramente mi scivola addosso » mentì lei, facendolo entrare in cucina e chiudendosi la porta alle spalle.
Sirius sembrava quasi allarmato da tutta quella segretezza.
« Che succede? »
Rachel si morse il labbro, torturandosi le dita a vicenda. Non aveva la più pallida idea di come dirglielo.
« Forse è meglio se ti siedi » provò a temporeggiare, cercando di mettersi nei suoi panni e immaginare il modo meno traumatico per dirglielo. Ma si rese conto che non esisteva.
« Mi stai facendo venire l’ansia. È qualcosa di grave? »
« No, anzi… Però è una cosa che non ti aspetteresti. Prometti che non lo dirai a nessuno, almeno per il momento ».
Sirius si passò una mano tra i capelli, sconcertato.
« D’accordo, però dimmelo ».
Rachel non era sicura di aver scelto il modo migliore per comunicargli la notizia, ma preferiva essere rapida, senza adoperare troppi giri di parole.
« Regulus non è morto » buttò lì.
Seguì un silenzio di tomba.
Probabilmente lo aveva detto così in fretta che Sirius non era riuscito ad assimilare subito l’informazione. La fissava con un’espressione in apparenza impassibile, ma non muoveva un muscolo e sembrava aver smesso di respirare. Improvvisamente sbiancò.
« È uno scherzo, vero? » mormorò con la voce roca.
« Pensi che io possa scherzare su una cosa del genere? » ribatté Rachel, cercando di capire come lui stesse prendendo la rivelazione. « Non posso spiegarti com’è stato possibile adesso: sarebbe troppo lungo da raccontare, e non mi staresti nemmeno a sentire. Ma è così. Regulus è vivo ».
Sirius rimase ancora in silenzio, fissando con sguardo vacuo rivolto verso il basso, come se il pavimento potesse suggerirgli cosa fare.
« Io… non… come…? »
Stava pronunciando parole sconnesse, senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto. Rachel non poteva biasimarlo: se i loro ruoli fossero stati invertiti, probabilmente sarebbe impazzita. Ora non sapeva cosa dire per calmarlo.
Sirius si teneva la testa tra le mani, come se gli facesse male. Improvvisamente si alzò in piedi, barcollando.
« Perché lo so soltanto adesso? È passato più di un mese! »
« Nemmeno io lo sapevo prima, ma c’è una spiegazione anche a questo… Sirius, vuoi un po’ d’acqua e zucchero? Sei pallidissimo ».
« Sto bene » sbottò lui, voltandole le spalle. Non riusciva a controllare il tremore che lo percorreva dalla testa ai piedi.
Rachel non insisté, immaginando cosa dovesse provare in quel momento. Aveva trascorso le ultime settimane nel tentativo disperato di non pensare alla morte del fratello, per poi scoprire che non era successo. Non si sarebbe stupita se Sirius avesse avuto una sorta di rifiuto mentale e se avesse preferito continuare a credere che Regulus fosse morto piuttosto che affrontare quel nuovo shock. Sarebbe stato come se il terreno che si era faticosamente costruito sotto i piedi franasse di nuovo  e senza preavviso.
Rachel afferrò un pezzo di pergamena e vi scrisse qualcosa dietro; poi glielo porse.
« Questo è il mio indirizzo. Se vuoi incontrarlo… » esordì, esitante, ma lui la interruppe.
« No… non ora. Voglio stare solo… »
Sirius aveva lo sguardo fisso. Non riusciva a capacitarsi di quanto era successo.
Rachel non insisté nemmeno quella volta, ma si assicurò che lui prendesse il pezzo di pergamena.
« Quando te la sentirai, fammelo sapere ».
« Sì » rispose lui distrattamente. Era probabile che non la avesse nemmeno ascoltata. « Di’ agli altri che sono tornato a casa perché non mi sento bene » aggiunse, con la fronte corrugata e gli occhi che fissavano un punto indefinito fuori dalla finestra.
Rachel lo seguì con lo sguardo mentre lui usciva dalla casa senza salutare nessuno, e si rese conto che convincere i due fratelli a superare l’imbarazzo e il muro di verità mai confessate sarebbe stato più difficile del previsto.
 
Quella sera stessa, Albus Silente si presentò al quartier generale dell’Ordine della Fenice. Il fatto che anche la professoressa McGranitt avesse abbandonato Hogwarts per quella sera bastava a rendere l’idea della gravità della situazione.
« Il nuovo Ministro sarà nominato entro questo mese, anche se ufficialmente il suo mandato inizierà a gennaio, ma non è questo che ci interessa al momento » disse il vecchio Preside, rivolto alle persone riunite nel salotto. « Malocchio mi ha parlato dei sospetti che cominciate ad avere, quindi è meglio mettere subito le cose in chiaro ».
Rachel non poté fare a meno di pensare di non aver mai notato quel lato pratico di Silente e si rese conto del perché tutti gli altri fossero convinti che Voldemort lo temesse più di ogni altro.
« Io non credo che tra noi ci sia un traditore » affermò Silente, ignorando lo sbuffo scettico di Moody. « Sappiamo che i Mangiamorte ci danno la caccia. Alcuni di loro potrebbero averci spiati mentre trasportavamo Algernon Boot in un posto che credevamo sicuro. Con questo non sto criticando l’operato di Alastor. So che è sempre attentissimo, ma purtroppo le precauzioni non sono mai abbastanza ».
« Pochi giorni fa, Rookwood è stato visto parlare con Lestrange » intervenne Dorcas, ricordando quello che Rachel le aveva riferito. « Non potrebbe essere stato lui? »
« Non vedo il motivo per cui un Indicibile dovesse sapere i dettagli di un piano di cui erano a conoscenza solo pochi Auror all’interno del Ministero » rispose Silente. « La mia opinione è che dovremo essere ancora più attenti. È un momento delicato. Voldemort approfitterà dell’assenza di un Ministro per spadroneggiare. Ora più che mai dobbiamo restare uniti. E ricordo a tutti voi che chiunque di voi un giorno avesse bisogno di aiuto, non dovrà vergognarsi a chiederlo ».
L’ultima frase lasciò Rachel un po’ di stucco. Sembrava quasi che Silente avesse voluto lanciare un avvertimento. Possibile che avesse rifiutato l’idea della spia solo per non farli agitare?
La riunione era finita, ma nessuno sembrava intenzionato ad andarsene. Discutevano tutti tra di loro. A quanto pareva, i tentativi di rassicurazione di Silente non avevano convinto proprio tutti.
Il Preside, dopo aver salutato molti e aver chiesto come stessero, si avviò verso l’uscita.
Rachel lo seguì quasi di corsa.
« Professore! »
Lui si voltò, sorpreso.
« Sì? »
« Mi dispiace, so che è tardi, ma le devo parlare con urgenza. Anzi, in realtà è un’altra persona che dovrebbe parlarle… le dispiace passare a casa mia? Le assicuro che è importante ».
Silente sembrava sorpreso ma non chiese ulteriori spiegazioni.
« Certo » rispose.
Rachel ne fu sollevata. Era certa che, con l’aiuto di Silente, presto la faccenda dell’Horcrux si sarebbe sistemata. Non immaginava che quello sarebbe stato solo l’inizio.
 
 
*Angolo autrice*
Dopo aver pubblicato tante altre storie, eccomi di ritorno con quella che considero la principale! <3
Nell'Ordine della Fenice cominciano i primi inevitabili sospetti, purtroppo. Del resto Sirius nel terzo libro dice che Peter passava informazioni a Voldemort già un anno prima dell'ottobre 1981. Peter non è stupido, secondo me era molto subdolo e sono anche convinta che abbia contruibuito a indurre Sirius a sospettare di Remus e viceversa, magari facendo insinuazioni molto vaghe. Anche qui ha cercato di sviare i sospetti da sé, anche se questa volta gli è andata male! XD
Per vedere l'incontro tra Regulus e Sirius dovrete aspettare il prossimo capitolo. Lo sto finendo di scrivere proprio in questi giorni. Lo so, sono in ritardo mostruoso, e temo che gli aggiornamenti seguenti potrebbero essere ritardati di un po' ç_ç
Purtroppo in questo periodo non ho neanche il tempo di andare a fare lo shopping di Natale per mezzo pomeriggio.
Comunque, credo che per il prossimo capitolo non ci siano problemi: dovrebbe essere il 18 dicembre, salvo complicazioni del tipo invasione aliena sulla Terra, allora potrebbe slittare. Per quello dopo ancora vi farò sapere! ^^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!!
Giulia

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Capitolo 14
*** Il fratello ritrovato ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 14
Il fratello ritrovato
 
Il ticchettio continuo e costante del pendolo lo stava facendo impazzire. Era l’unico rumore che si sentiva nella casa, altrimenti immersa nel silenzio.
Sirius non ricordava da quanto tempo fosse seduto al tavolo della disordinata cucina del suo appartamento. Sapeva solo di aver perso la cognizione del tempo, ma non gli interessava ritrovarla.
Sparse sul tavolo, c’erano parecchie copie della Gazzetta del Profeta. Era stato proprio tramite quel giornale che era venuto a sapere della scomparsa di Regulus, parecchie settimane prima…
Scosse la testa, cercando di non pensare, e bevve un altro sorso di Whisky Incendiario, lasciandosi pervadere dalla sensazione di calore tipica di quella bevanda.
I suoi pensieri si accavallavano confusi, uno dietro l’altro, senza dargli un attimo di tregua. Nella sua mente si susseguivano figure sbiadite e frammentarie, ricordi di momenti più o meno remoti. Continuava a tornargli alla memoria l’ultima volta in cui aveva visto suo fratello, al funerale di Orion. Gli sembrava che fossero trascorsi dei secoli.
Non era la prima volta che pensava proprio a quell’episodio. Per giorni e settimane, ogni volta in cui si era ritrovato da solo, era stato ossessionato da quel ricordo. Era stato in quel momento che aveva capito che Regulus avesse cambiato idea, e aveva continuato a chiedersi come potesse essere stato talmente stupido da non costringerlo a farsi aiutare. Glielo aveva solo detto, senza insistere, e questa sua mancanza lo aveva tormentato continuamente.
Ma adesso una voce continuava a sussurrare nelle sue orecchie, ininterrotta, la stessa frase: non è morto.
Com’era possibile? Regulus era stato ucciso per ordine di Voldemort, o almeno era quello che era riuscito a capire. Come poteva essere ancora vivo?
È vivo…
L’enormità di quella rivelazione lo aveva colpito con la stessa violenza di un macigno che gli si fosse abbattuto sulla testa. Era tutto assurdo, non aveva senso. Dopo tutto quello che era successo, dopo che era arrivato a odiarsi per non essere riuscito a salvarlo, quel che Rachel gli aveva detto gli sembrava impossibile.
Ma era impossibile. Regulus era morto. Sirius aveva impiegato settimane per accettare la dura realtà e per rendersi conto che non avrebbe mai più avuto un’ultima occasione di aiutarlo.
Ora quella ragazza non poteva saltare su all’improvviso e rendere vani tutti i suoi tentativi di non pensare a quel fratello che da troppo tempo non era più tale. Credeva di essere riuscito a farsene una ragione, o almeno a fare in modo che la propria vita andasse avanti…
Sirius svuotò in un solo sorso tutto il bicchiere.
Forse, pensò, Rachel non gli aveva mai detto che Regulus fosse sopravvissuto. Forse si era trattato solo di un sogno, un ennesimo attacco del suo lato inconscio, quello che sperava ancora di poter rimediare.
Sì, non c’era altra spiegazione. Non era la prima volta che sognava Regulus ancora vivo, quindi rientrava tutto nella norma. In realtà le cose non erano cambiate e lui non doveva assolutamente illudersi del contrario: gli avrebbe solo fatto ancora più male.
Mentre formulava questi pensieri, mise senza pensare la mano nella tasca della giacca, e ne estrasse un pezzetto di pergamena sul quale era scarabocchiato un indirizzo.
I battiti accelerarono improvvisamente.
Allora non se l’era sognato. Rachel gli aveva detto sul serio quella cosa. Quindi Regulus era davvero…
Le mani gli iniziarono a tremare. Sirius si alzò così di scatto che gettò la sedia all’indietro e urtò contro il tavolo. La bottiglia ancora piena di Whisky Incendiario oscillò e infine cadde per terra. Era aperta, quindi rovesciò tutto il liquido sul pavimento.
Sirius tuttavia non ci fece caso. In fondo, gli venne da pensare, se avesse incontrato Regulus, non si sarebbe di certo potuto presentare ubriaco fradicio. Immaginava solo l’espressione, a metà tra il disgusto e il compatimento, che il suo fratello perfettino gli avrebbe riservato…
E, inspiegabilmente, fu assalito da un improvviso bisogno di ridere. Non capiva che cosa gli fosse preso, credeva di essere impazzito e si sentiva quasi spaventato dalla propria reazione, ma era più forte di lui.
Fu una risata nervosa, ma contenuta e molto breve, anche perché si dileguò come era arrivata, e subito dopo fu sostituita da qualcosa di molto più spaventoso.
Sirius inorridì quando si sentì pizzicare gli occhi e cercò di trattenersi.
No, questo no! si disse, sconvolto, mentre gli occhi gli si inumidivano.
Non era mai riuscito a piangere per la morte di Regulus. Perché mai doveva farlo proprio adesso? Se prima aveva temuto di essere diventato completamente insensibile, ora si dava solo dell’idiota.
Dovette adoperare tutto il proprio autocontrollo per reprimere le lacrime e riacquistare la lucidità.
C’erano tante cose che non riusciva a capire, prima tra tutte cosa avesse indotto Regulus a far credere a tutti di essere morto, per spuntare fuori dopo più di un mese… ma al momento non era quello che gli interessava. Le spiegazioni potevano aspettare. C’erano questioni molto più importanti da risolvere.
« Che cosa faccio, adesso? » chiese ad alta voce, fissando il pezzo di pergamena come se questo potesse dargli una risposta. E in effetti, gliela stava dando.
Sirius lesse e rilesse l’indirizzo più volte, mentre l’ansia iniziava ad assalirlo. Non aveva la più pallida idea di come avrebbe trovato il coraggio di presentarsi lì.
Non avrebbe saputo cosa fare né cosa dire… ma soprattutto – e non poté non ammetterlo almeno a se stesso – aveva una paura matta di incontrare suo fratello.
 
 
Rachel tacque, dopo aver concluso il discorso, e attese la reazione di Albus Silente.
Si trovavano nella stanza che i Queen avevano adibito a studio. La luce proveniente dalle lampade illuminava il viso del Preside di Hogwarts, che aveva un’espressione indecifrabile.
« Hai corso molti rischi » commentò lui, infine.
Non aveva alcun tono di rimprovero nella voce, ma Rachel chinò lo stesso il capo. Regulus invece, che era seduto accanto a lei, accorse subito in suo aiuto.
« Non se la prenda con lei » sbottò. « Non ha bisogno di sentirsi fare una predica ».
« Ti assicuro che non era mia intenzione. Anzi, capisco perfettamente le motivazioni di Rachel. Volevo solo ricordarle che un viaggio nel tempo non è uno scherzo e che non deve diventare un’abitudine. Fortunatamente, Alphard l’ha messa sufficientemente in guardia dai pericoli che poteva incontrare ».
Rachel annuì, lanciando un’occhiata ammonitrice a Regulus. Questo non era affatto contento di trovarsi a parlare con uno degli uomini che aveva sempre detestato di più, ma sapeva anche di non avere alternative, quindi si rassegnò a fare buon viso a cattivo gioco.
« Rachel mi ha raccontato come ti ha salvato. Ora vorrei sapere che cosa sei riuscito a scoprire, se non ti dispiace » disse Silente, puntando gli occhi azzurri su di lui.
Regulus si raddrizzò sulla sedia e iniziò suo malgrado a raccontare, da quando Voldemort gli aveva chiesto di mandargli il suo elfo domestico a quando Kreacher lo aveva riaccompagnato alla caverna. Parlò per almeno un quarto d’ora ininterrotto, con lo sguardo basso, perché rinnovare il ricordo di quei momenti era ogni volta sempre peggio, e Silente non intervenne mai, rimanendo in silenzio ad ascoltarlo.
Quando Regulus terminò di raccontare, alzò di nuovo gli occhi su di lui.
Albus Silente era uno dei più grandi maghi del secolo, in fatto di magia sapeva molte più cose di chiunque altro, e inoltre era ritenuto l’unico mago che Lord Voldemort avesse mai temuto.
Nulla sembrava avere il potere di turbare la calma dell’anziano Preside di Hogwarts, né tanto meno il suo proverbiale buonumore.
Ma quella volta era chiaramente turbato. E nessuno dei due ragazzi se lo aspettava.
« Devo ammettere di averti sottovalutato, Regulus Black » disse infine, con dolcezza. « Che la tua azione sia stata ammirevole è dire poco. Sei stato molto coraggioso ».
Regulus non sapeva cosa rispondere, perciò tacque. Non era neanche convinto che essere ammirato da Silente dovesse costituire un motivo di vanto, a dire il vero.
Tuttavia, fu solo quando intercettò lo sguardo di Rachel, che si sentì fiero di sé. Fino a poco tempo prima avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per vedersi rivolgere quell’espressione ammirata da parte sua e adesso non gli sembrava quasi vero.
« Dunque Lord Voldemort ha creato un Horcrux » disse Silente, facendolo ripiombare improvvisamente nel mondo reale.
Regulus annuì.
« Avrei dovuto pensarci, ma non immaginavo che arrivasse a tanto… Chi altri lo sa? »
« Soltanto noi tre » rispose Regulus. « Ho preferito non parlarne nemmeno con mio zio ».
« Hai fatto bene. E questa scoperta non dovrà uscire da questa stanza. L’entità delle protezioni che Voldemort ha installato intorno all’Horcrux lascia intuire quanto tema di essere scoperto ».
Silente tacque per parecchi istanti, le mani giunte davanti al naso, riflettendo intensamente.
« Professore, Kreacher ha provato a distruggere quel medaglione, ma non c’è riuscito. Forse è protetto da altre magie oscure. Lei sa come distruggerlo? » intervenne Rachel.
« Mi informerò al più presto. Per il momento non è questo che mi preoccupa di più ».
Rachel e Regulus si scambiarono un’occhiata perplessa. Che cosa poteva esserci di più preoccupante di un Horcrux?
« Quante altre persone sanno che Regulus è vivo? » domandò Silente.
« A parte Alphard e i miei genitori, per ora lo sanno solo Kreacher e… bè, anche Sirius » rispose lei.
« Non dovrà saperlo nessun altro ».
L’affermazione di Silente fu accolta con perplessità da Regulus e con un’esclamazione di stupore da parte di Rachel.
« Neanche l’Ordine della Fenice? »
Il Preside scosse la testa.
Rachel lanciò un’occhiata dispiaciuta al ragazzo, ma subito dopo aggrottò le sopracciglia.
« Allora è vero. C’è sul serio una spia dei Mangiamorte tra di noi » disse.
« Non mi sento di escludere questa possibilità, anche se non ne sono certo. Potrebbe anche non esserci alcuna spia ma credo sia meglio non rischiare. Non possiamo permetterci che la notizia giunga alle orecchie di Voldemort ».
« Un momento » intervenne Regulus. « Questo significa che tutti continueranno a credermi morto? »
« Mi dispiace, ma è l’unico modo sicuro ».
Regulus si sentì invadere dall’angoscia. Essere ufficialmente morto avrebbe comportato conseguenze che non avrebbe voluto. Non avrebbe potuto vivere una vita normale, sarebbe rimasto nascosto come un gufo in gabbia, e nel frattempo sua madre, Narcissa e chiunque altro avrebbero continuato a soffrire per qualcosa che non era successo.
« Non è giusto » commentò Rachel, intuendo i suoi pensieri. « E poi come faremo io e Sirius a comportarci con gli altri come se Regulus fosse morto? Non lo trovo neanche rispettoso nei confronti di Emmeline o di James. Lei è stata vicina a me e lui lo è stato a Sirius, per tutto questo tempo ».
Silente sembrava altrettanto dispiaciuto.
« Credo che ne parlerò con Sirius. Temo di non poter pretendere che tenga nascosta a James una cosa del genere. Quanto a te ed Emmeline, non pensavo foste così amiche ». « Abbiamo legato molto, ultimamente. Mi sentirei troppo in colpa a nasconderle una cosa del genere ».
« Sta a te decidere, ma il mio consiglio resta quello di evitare. Meno persone sapranno la verità e più Regulus sarà al sicuro ».
Tutti e tre tacquero, come di comune accordo. Silente fissava assorto il cielo notturno fuori dalla finestra, e sembrava ponderare delle questioni di enorme importanza. Rimase muto per minuti e minuti, tanto che ad un certo punto Regulus temette che non sarebbe riemerso più dalle proprie riflessioni… e l’espressione preoccupata che intravide sul suo volto non lo rassicurò in tal senso.
 
Ad un certo punto, qualcuno bussò alla porta e, dopo qualche istante, Perseus si affacciò nella stanza.
« Chiedo scusa. Rachel, potresti venire un attimo? »
La ragazza lanciò un’occhiata a Regulus e Silente, poi seguì suo padre in corridoio.
« Che cosa c’è? » domandò, notando l’espressione molto seria di Perseus.
« C’è un tizio che dice di essere il fratello di Regulus ».
Rachel sussultò, incredula.
« Davvero? E dov’è? »
« Fuori dalla porta, che domande! Ti pare che, con i tempi che corrono, faccio entrare in casa il primo sconosciuto che bussa? » replicò Perseus, come se fosse la cosa più naturale del mondo. E, considerata la bufera di neve che si era scatenata di fuori, non lo era affatto.
Rachel inorridì.
« Gli ho dato io l’indirizzo di casa nostra. Poveretto, sarà assiderato » disse, affrettandosi poi a raggiungere la porta. « Sirius, sei ancora lì? » chiese.
« Ancora per poco » rispose il ragazzo, battendo i denti.
Rachel aprì la porta e lo fece entrare. Sirius era completamente intirizzito ma, quando mise piede in casa, si guardò intorno con circospezione, quasi avesse paura di vedere Regulus spuntare all’improvviso da dietro una poltrona.
« Sta parlando con Silente » disse Rachel, notando la sua espressione tesa. La ragazza non riusciva a trattenere l’emozione. Non poteva credere che, nel giro di pochi minuti, i due fratelli sarebbero tornati a parlarsi di nuovo. Non voleva cantare vittoria troppo presto, ma aveva sempre odiato l’espressione cupa che Regulus assumeva ogni volta che si parlava di Sirius, e il suo più grande desiderio al momento era quello di vedergliela sparire per sempre.
Non pretendeva che quei due cominciassero improvvisamente ad andare d’amore e d’accordo come non avevano mai fatto, ma sperava almeno che si capissero un po’ di più. Non trovava giusto il modo in cui si erano allontanati.
« Mi dispiace se ti ho lasciato fuori, ragazzo » disse Perseus, sentendosi un po’ in colpa nel notare la neve accumulata sulle spalle del nuovo arrivato.
Sirius scosse la testa e gli strinse la mano con tutta l’aria di pensare a ben altro. Era così nervoso che sembrava pietrificato.
« Vieni, mettiti in salotto » disse Rachel, conducendolo accanto al camino acceso. « Non pensavo che ti saresti deciso così presto ».
« Infatti devo essere impazzito » commentò Sirius, sedendosi sul divano. Aprì la bocca per aggiungere qualcos’altro, ma la richiuse, imbarazzato.
« Vuoi dire qualcosa? » lo incoraggiò lei, mentre Perseus usciva dal salotto con discrezione.
« Bè… no, nulla » disse in tutta fretta. Poi però aggiunse: « Senti… sei sicura che lui voglia vedermi? »
Rachel sospirò.
« Lui si chiede la stessa identica cosa di te. Non voleva neanche sentirti nominare: pensava che non ti importasse di lui ».
« Che idiota » mormorò Sirius tra sé, stringendo i pugni così forte che le nocche gli divennero bianche.
« Non farti illusioni, siete idioti allo stesso modo ».
Sirius provò a sorridere, ma gli uscì solo una specie di ghigno che sembrava più una smorfia.
« Vado a vedere se ha finito. Tu non scappare, eh! »
Rachel lanciò un’ultima occhiata incerta a Sirius, che sembrava sul punto di esplodere per l’ansia, poi tornò nella stanza in cui Regulus e Silente stavano ancora parlando.
 
 
Quando Rachel era stata chiamata fuori dalla stanza, Silente aveva guardato Regulus con una delle sue solite occhiate che il ragazzo trovava estremamente irritanti.
« Regulus » disse Silente, e lui non riuscì a mascherare il fastidio che provava nei confronti di quell’uomo, soprattutto quando lo chiamava per nome. « Non deve essere stato facile da parte tua accettare di parlare con me. So che non hai mai condiviso le mie opinioni, e conosco le voci che circolano su di me nella sala comune di Serpeverde ».
Regulus lo guardò, sorpreso, e Silente sorrise.
« Oh sì, so che mi considerate un’odiosa palla al piede… e so per certo che qualcuno mi definisce un vecchio rincitrullito… »
Regulus per un attimo ebbe la tentazione di confermare, ma si trattenne.
« Nonostante questo, spero di poter collaborare con te. La faccenda è molto seria e non è necessario che te lo dica io, quindi ti chiedo di fare tutto il possibile per aiutarmi a risolverla, senza pregiudizi di alcun tipo ».
Regulus gli lanciò un’occhiata scettica.
« Senza pregiudizi? » ripeté. « E lei non avrà pregiudizi nei miei confronti? » domandò, poco convinto.
« Se pensi che io continui a considerarti un Mangiamorte ti sbagli. Tutti commettiamo degli errori, e bisogna sempre concedere una seconda possibilità a chi ha sbagliato, soprattutto a chi non riesce a perdonare neanche se stesso ».
Regulus si sentì chiamato in causa. Aveva pensato di essere destinato ad una morte certa, e l’aveva quasi accolta con sollievo, nonostante la paura, perché almeno non avrebbe più dovuto fare i conti con i rimorsi che lo tormentavano. Non aveva mai ucciso nessuno, ma spesso aveva lasciato che altri lo facessero, quindi si considerava altrettanto responsabile.
Quella notte aveva sognato i volti di tutte le persone che aveva visto assassinare, senza aver mai alzato un dito per aiutarle... Ecco, lui non riusciva proprio a perdonarsi.
Ma Silente cosa poteva saperne? Era così disgustosamente buono che sembrava non aver mai commesso mai un errore in vita sua.
Eppure, nonostante ciò, sembrava capire come si sentiva.
« Ho bisogno della tua piena collaborazione » disse il mago, serio.
« Pensavo che fosse in grado di scoprire come distruggere l’Horcrux » rispose Regulus, deluso.
« Non mi riferivo a quello. In realtà stavo pensando un’altra cosa. Tu mi sei sembrato piuttosto sicuro del fatto che Lord Voldemort abbia creato un solo Horcrux… E se invece ne avesse creato più di uno? »
Regulus sgranò gli occhi, incredulo.
« Bè… per un attimo ci ho pensato, ma è impossibile. Nel libro che ho letto c’era scritto che creare più di un Horcrux è pericolosissimo e che nessun mago ci ha mai provato… o sì? »
Silente aveva un’espressione terribilmente seria.
« Quello che hai scoperto mi ha fatto riflettere, mi ha fatto trovare risposte a domande che mi sono sempre posto. Pensa a Voldemort, in particolare al suo aspetto fisico. Credi che sia sempre stato così? Da giovane era un ragazzo esattamente come te. Dieci anni fa era diverso da ora, ma non era più come quando ha lasciato Hogwarts. Il suo cambiamento esteriore potrebbe rispecchiare il logoramento della sua anima. È cambiato in modo progressivo, e questo mi induce a pensare che non si sia limitato a dividere la sua anima solo una volta. Tu lo conosci, sai che il suo obiettivo è quello di diventare il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi. Per farlo, potrebbe aspirare all’impresa che nessun altro è mai riuscito a compiere: assicurarsi la quasi completa immortalità. Avere un solo Horcrux sarebbe più rischioso di crearne molti altri, non credi anche tu? »
Regulus sentiva improvvisamente un forte fischio alle orecchie e non percepiva più altri rumori all’infuori della voce di Albus Silente.
Di colpo si sentì svuotato e scoraggiato, come se un pesante macigno gli fosse franato addosso.
Non era possibile. C’era più di un Horcrux?
« Lei crede che abbia davvero voluto correre questo rischio? »
« Conoscendo la persona con cui abbiamo a che fare, tempo proprio di sì. Non ne sono sicuro, ma è molto probabile, purtroppo ».
« Quindi stavo morendo inutilmente ».
Non avrebbe voluto dirlo, ma i pensieri gli uscirono dalla bocca prima di poterli trattenere.
« Io non credo che saresti morto per nulla. Avresti contribuito sicuramente ad una eventuale sconfitta di Lord Voldemort, ma di certo la tua impresa non sarebbe stata definitiva. Il segreto degli Horcrux sarebbe morto con te, e chissà quando qualcun altro lo avrebbe intuito ».
Regulus si teneva le dita premute contro le tempie. Aveva la sensazione di scoppiare da un momento all’altro. Pensava che quella storia fosse quasi finita, che avrebbe solo dovuto distruggere il medaglione, e invece si era sbagliato di grosso.
« E quanti ne avrà creati? »
« È proprio quello che dovremo scoprire. Io mi metterò subito alla ricerca di indizi. Credo che per prima cosa mi farò una lunga chiacchierata con Horace Lumacorno. Quanto a te, è meglio se per il momento il medaglione resti al sicuro a casa tua. Nel frattempo, ti consiglio di cercare nella tua mente qualsiasi dettaglio possa tornare utile ».
« Ma… »
Regulus non fece in tempo ad aggiungere altro, perché in quel momento Rachel tornò nella stanza.
« Credo che riprenderemo il discorso un’altra volta » gli disse Silente, lanciando alla ragazza un’occhiata incuriosita.
Regulus la guardò a sua volta, e si stupì di vederla così agitata.
« Ehm, se avete finito… Regulus, dovresti venire un attimo » disse lei.
« Prego » fece Silente, sorridendo serafico.
Lui era ancora troppo scosso dallo shock degli Horcrux in più per fare troppe domande, così seguì Rachel fuori dalla stanza.
« Che succede? » le chiese, quando lei lo fece fermare davanti alla porta del salotto.
« Entra ».
« Perché? »
« Regulus, entra senza fare storie. E mi raccomando, comportati bene ».
« Ma che…? »
Il ragazzo non poté finire la domanda. Rachel lo spinse nel salotto a tradimento, per poi chiudergli la porta alle spalle.
Regulus sul momento non capì cosa fosse successo, ma quando intravide con la coda dell’occhio qualcuno che si era appena alzato di scatto dal divano, non ebbe neanche il bisogno di guardare in quella direzione per capire. Lo intuì dal silenzio teso che era improvvisamente calato nella sala, infranto solo dal crepitare del fuoco, che rifletteva la sua ombra contro il muro.
E anche se si sentiva il suo sguardo addosso, mentre brividi gelidi lo percorrevano dalla testa ai piedi, Regulus non poté fare a meno di chiedersi se avrebbe mai avuto il coraggio di voltarsi.
 
Silenzio.
Un silenzio di tomba regnava per la stanza.
Ma un frastuono assordante si era scatenato nella testa di Sirius. Sembrava che qualcuno si fosse messo a suonare la grancassa dentro le sue orecchie.
Il cuore gli martellava nel petto ad un ritmo talmente serrato da dare l’impressione di essere sul punto di esplodere da un momento all’altro. Le ginocchia gli reggevano ancora solo per puro miracolo.
Era come assistere all’apparizione di uno spettro.
Una scarica di euforia mista ad angoscia e, forse, paura lo immobilizzava, impedendogli di muoversi. Sarebbe voluto scappare, ma al tempo stesso non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Non sapeva cosa fare o cosa dire. Sapeva soltanto che lui era lì, altrettanto immobile, altrettanto incapace di dire o fare alcunché.
Regulus.
Non ci aveva mai creduto come in quel momento. Ora l’enormità della rivelazione lo aveva colto: era vivo davvero.
Si sentì invadere da qualcosa di indefinito, una sorta di pessimismo che gli suggeriva di non illudersi troppo.
Era la prima volta in cui si sentiva disposto a gettare via l’orgoglio di fronte a lui, ma non era certo che Regulus avrebbe fatto lo stesso. Poteva avercela ancora con lui per averlo abbandonato a se stesso, o considerarlo comunque un rinnegato, perché aveva tradito i suoi adorati genitori.
Tutti quei dubbi svanirono quando Regulus si decise finalmente a voltarsi, anche se continuò a tenere gli occhi puntati verso il pavimento.
Come se le gambe si fossero mosse da sole, Sirius avanzò di qualche passo, costringendo Regulus a rivolgergli uno sguardo imbarazzato.
Tuttavia rimasero ancora in silenzio.
Sirius cominciò a pensare che sarebbero rimasti così in eterno, perché nessuno dei due sembrava avere intenzione di cedere per primo. Del resto, quando era stata l’ultima volta che si erano parlati senza finire con l’insultarsi?
Una spiacevole sensazione di rimorso gli arpionò lo stomaco. Non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima loro conversazione pacifica, se mai ce ne era stata una. Piuttosto gli tornavano in mente tutte le litigate furibonde che avevano avuto in passato, quando Regulus ancora non si rendeva conto di quello che avrebbe comportato diventare un Mangiamorte.
Sirius ricordava perfettamente le notti che aveva trascorso negli ultimi anni, quando non riusciva a prendere sonno e si chiedeva dove diamine fosse quello stupido e se stesse bene.
Una rabbia incontrollata lo invase all’improvviso, la stessa rabbia bruciante che aveva provato davanti alla tomba del fratello.
Cercando di lottare contro gli occhi che pizzicavano e il tremore che lo aveva colto, Sirius non poté fare a meno di esordire nel un modo che gli veniva più naturale ed istintivo.
 
Regulus si era deciso ad alzare lo sguardo solo quando Sirius gli si era piazzato di fronte.
Non si era mai sentito così in imbarazzo in vita sua. Era terrorizzato da quello che sarebbe potuto succedere nei minuti successivi, anche perché non ne aveva la più pallida idea.
Sirius lo fissava con l’aria di chi ha appena assistito all’apparizione di un fantasma, e in effetti la loro situazione non era poi tanto diversa. Di certo non era indifferente come lui aveva temuto quella mattina, tutt’altro: sembrava concentrato, come se stesse combattendo una battaglia tra l’istinto di lasciarsi andare e quello, altrettanto forte, di trattenersi.
Regulus si torceva le dita, per scaricare la tensione creatasi intorno a loro. Anche lui era combattuto.
È incredibile, pensò all’improvviso, con una certa stizza. È stato quasi meno difficile decidermi ad entrare in quella maledetta caverna.
Gli tornarono in mente quegli istanti. Tra gli altri, aveva pensato anche a Sirius quando aveva creduto di morire. Era davvero il caso di fingere ancora totale indifferenza?
Stava quasi per decidersi a dire qualcosa di sensato, quando Sirius lo anticipò, incapace di trattenersi oltre.
« Brutto imbecille senza cervello! »
Regulus non ebbe neanche il tempo di capire cosa fosse successo, che fu costretto a portarsi una mano sulla bocca dolorante.
Tra tutti i tipi di accoglienza che si era aspettato, un pugno dritto sul volto era l’ultimo che si fosse aspettato.
« Ma sei impazzito?! » sbottò, dimenticando all’istante tutti i pensieri che aveva fatto fino a quel momento e sentendosi montare una collera inaudita.
« Può darsi » rispose Sirius, nient’affatto pentito, mentre Regulus sentiva in bocca il sapore ferruginoso del sangue. Profondamente offeso e irritato, frugò nella tasca alla ricerca della bacchetta, ma si ricordò di non averla più.
La rabbia, la frustrazione e una buona dose di delusione lo indussero a ricorrere a sua volta ai metodi Babbani. Purtroppo per lui, non era molto allenato, e Sirius non ebbe problemi a bloccare il suo pugno, diretto allo stomaco.
« Lasciami! » intimò, cercando invano di liberare i polsi che Sirius gli aveva afferrato e teneva ben fermi. Sirius lo accontentò, approfittandone per dargli uno spintone all’indietro.
Erano di nuovo alle stesse posizioni di partenza, ma adesso si guardavano in cagnesco, e Regulus cercava inutilmente di rimediare al labbro spaccato.
« Sei un idiota! » bofonchiò, nel tentativo di nascondere il dolore, non solo fisico, che quel pugno gli aveva provocato.
« Ne meriteresti altri venti, come minimo, dopo tutto quello che hai combinato! Te lo avevo detto, dannazione! Quanto ti ci è voluto per capire di aver sbagliato? E anche quando l’hai capito non hai chiesto aiuto a nessuno, tutto per colpa del tuo maledetto orgoglio! Ti rendi conto che per un mese ho pensato che fossi morto? »
Sirius aveva un’aria sconvolta, quasi spaventosa, a dire il vero. Regulus era talmente impietrito che non riusciva più a distogliere lo sguardo dal suo. Quel che vi leggeva era molto più di quanto Sirius sarebbe mai stato capace di ammettere. Dietro la rabbia c’era qualcosa di molto più nascosto e segreto, e per la prima volta Regulus credette davvero alle parole di Rachel: suo fratello si era disperato per la sua morte.
« Ammettilo che hai sbagliato! Voglio sentirtelo dire! » insisté Sirius, scuotendolo con poca gentilezza.
« Lo so che ho sbagliato, d’accordo! Sei contento adesso? » sbottò Regulus, spazientito.
Quello sembrò calmarsi. Per lo meno, smise di urlargli addosso.
« No che non lo sono. Non hai chiesto aiuto a nessuno. Se pensavi che te lo avrei rifiutato, sei veramente un imbecille ».
« Smettila di insultarmi! » protestò l’altro, perdendo la pazienza.
« E tu non farmi mai più uno scherzo del genere, idiota che non sei altro ».
Irritato, Regulus reagì, deciso a ricambiare il pugno che l’altro gli aveva sferrato pochi minuti prima. Sirius tuttavia evitò il colpo all’ultimo istante e lo immobilizzò.
Per alcuni secondi il minore pensò che l’altro fosse intenzionato a stritolarlo, ma con un colpo al cuore si rese conto che in realtà lo stava abbracciando.
La sua prima reazione fu quella di ritrarsi, orripilato, ma probabilmente il suo corpo non rispondeva al cervello, perché non si spostò di un solo centimetro. Si ritrovò ad abbracciarlo a sua volta… o meglio, a dare delle pacche un po’ goffe sulla schiena dell’altro, mentre Sirius sembrava un pezzo di ghiaccio per quanto era rigido: nessuno dei due era abituato a quel tipo di manifestazioni di affetto.
Ma in quel momento a Regulus non importava più di quanto quell’abbraccio fosse impacciato, o che Sirius fosse un traditore del suo sangue scappato di casa, o che avessero trascorso la maggior parte della loro vita a litigare.
Aveva ritrovato un fratello; tutto il resto non contava.
« D’accordo, diamoci un taglio » disse Sirius all’improvviso, allontanandosi in tutta fretta e assumendo un tono freddo e scostante.
« Guarda che hai cominciato tu » ribatté Regulus, altrettanto glaciale.
Si scambiarono un’occhiata veloce ma si affrettarono a distogliere gli sguardi dopo essersi accorti che entrambi avevano gli occhi lucidi.
« Qualcuno sta affettando le cipolle » disse Sirius ad un certo punto, e l’altro lo guardò senza capire. All’inizio pensò che fosse diventato matto, ma poi si rese conto di quel che voleva dire.
« Sì, infatti » si affrettò a confermare, lieto di aver trovato una scusa alla sua evidente mancanza di autocontrollo.
Rimasero in perfetto silenzio per un po’, senza guardarsi e cercando di riprendersi.
Alla fine Regulus non seppe resistere alla curiosità di avere una risposta ad un dubbio che lo tormentava da parecchie ore, anche se la considerava un po’ avventata in quel momento.
« È vero che ti sei sentito in colpa perché non sei riuscito ad impedirmi di… bè, di diventare un seguace di Tu-Sai-Chi? »
Sirius esitò, imbarazzato. Non si aspettava da lui una domanda così esplicita e diretta.
« Tu cosa dici? » rispose infine.
Regulus non poté fare a meno di esibire una smorfia di scherno.
« Dico che solo un egocentrico come te avrebbe potuto pensare di esserne responsabile ».
Sul momento Sirius non rispose ma poi, resosi conto del fatto che suo fratello lo stava chiaramente prendendo in giro, sbottò:
« Ma sta’ zitto, idiota ».



*Angolo autrice*
Non ci posso credere, l'ho scritto davvero! *-*
Fantastico su questo momento da quasi un anno, e all'inizio lo avevo immaginato molto più sentimentale... però quando mi sono ritrovata a scriverlo sul serio, ho capito che Regulus e Sirius non avrebbero mai potuto gettarsi l'uno tra le braccia dell'altro come se non fosse mai successo nulla, così ho pensato di rendere il loro incontro un po' più movimentato! XD
Spero tanto che vi sia piaciuto, perché è il capitolo a cui tengo di più, e spero che abbiate reagito come vorrei: io sinceramente non sapevo più se dovermi commuovere o mettermi a ridere! XD
Naturalmente ora non andranno d'amore e d'accordo, insomma, sono sempre i soliti fratelli Black che conosciamo. Però si sono sbloccati, ed è già tanto!
Per quanto riguarda la parte iniziale del capitolo, cercate di capire Sirius: è un po' esaurito, poveretto, e ridere per lui deve essere un modo per sfogarsi (pensate a quando è stato arrestato ç_ç).
Il prossimo capitolo purtroppo arriverà dopo le vacanze. Avrei voluto non fare pause natalizie ma in questi giorni ho potuto scrivere pochissimo, tra gli esami, l'ispirazione intermittente e una mano che mi faceva misteriosamente male... Quindi vi auguro fin da ora Buon Natale, felice anno nuovo e (per chi di voi scrive) tanta, tanta ispirazione, che non fa mai male! XD
In linea di massima, pubblicherò il prossimo capitolo il 7 gennaio! Mi dispiace ma spero che il capitolo di oggi vi sia di consolazione! ^^
Buone feste!!

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Capitolo 15
*** Reticenza e segreti ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 15
Reticenza e segreti
 
La notte era appena calata sull’oscura foresta che si estendeva in tutte le direzioni e sembrava non finire mai, completamente immersa in un silenzio irreale: non si udivano i versi dei gufi e degli altri animali notturni. Era come se qualcosa di oscuro e spaventoso avesse fatto scappare tutte le creature nei dintorni.
Gli unici rumori che infrangevano quel silenzio ovattato erano i passi lenti di un ragazzo, che camminava senza alcuna fretta, come se fosse convinto di non correre pericoli, spezzando i rametti secchi caduti a terra e graffiandosi i pantaloni quando passava accanto agli arbusti e ai rovi coperti di neve.
Era un giovane dall’aspetto malsano, indossava abiti logori e vecchi, e trascinava un sacco dall’aria pesante.
Quel ragazzo era Remus Lupin, ma quasi nessuno dei suoi conoscenti in quel momento sarebbe stato capace di riconoscerlo, tanto aveva trasfigurato i suoi lineamenti.
A causa del gran freddo emetteva una nuvoletta di vapore dalla bocca e temeva che le orecchie e la punta del naso gli si fossero ormai congelati, ma cercava di non pensarci e tendeva lo sguardo in avanti, pronto a cogliere il segnale che gli avrebbe fatto capire di essere arrivato.
Camminava da almeno un’ora quando finalmente scorse un vago chiarore in mezzo agli alberi di fronte a sé e, più si avvicinava, più riusciva a distinguere il bagliore di un enorme falò e i versi e le risate di tutti quelli che vi erano riuniti intorno.
Prima di varcare la soglia della radura, Remus inspirò profondamente, cercando di cancellare dal proprio volto l’espressione di ribrezzo nei confronti di chi stava per incontrare e di calarsi nuovamente nel ruolo che gli spettava e che Albus Silente gli aveva affidato.
« Eccolo, è tornato! »
Una voce rauca e acuta, come quella di un cane che abbaiava, accolse il ritorno di Remus nel branco, subito seguita da altre voci altrettanto dure e stridenti.
« Era ora! Hai portato qualcosa? »
« Tutto per voi » rispose Remus con un tono pacato, lanciando loro il sacco che aveva trasportato. I Lupi Mannari si avventarono contro di esso, estraendone prosciutti e bistecche crude, che iniziarono a divorare intorno al fuoco.
Remus li osservò sbranare la carne senza battere ciglio, e riuscì a restare altrettanto impassibile quando percepì un’ombra che gli si era accostata.
« Bel lavoro. Dove li hai presi? »
Remus alzò lo sguardo e incrociò quello della persona che probabilmente odiava più al mondo.
« In un villaggio ad alcuni chilometri da qui ».
Fenrir Greyback ghignò, scoprendo i denti gialli e macchiati di sangue.
« Quel villaggio sembra incantevole. Credo proprio che andremo a visitarlo, la prossima luna piena ».
Remus strinse i pugni ma non diede a vedere il proprio turbamento e annuì semplicemente. Quella sera aveva prelevato tutto quel cibo dal magazzino di un macellaio ma gli aveva lasciato parecchi soldi come risarcimento, per sentirsi meno in colpa di come si sentiva al momento.
Greyback lo superò, diretto a sua volta verso il cibo che era stato lasciato apposta per il capo branco, e Remus si sentì invadere le narici del tanfo ripugnante di sangue e morte che Fenrir emanava.
Oppresso, non poté fare a meno di fissare la sua nuca con rabbia. Non era facile convivere col mostro che gli aveva rovinato la vita, ma non era quello che trovava davvero intollerabile.
Il branco era composto da una quindicina di adulti, che erano i diretti sottoposti del capo Greyback. Insieme ad essi c’erano altrettanti bambini. Bambini maledetti esattamente come lui ma, a differenza di lui, strappati prematuramente alle proprie famiglie.
Alcuni di essi vivevano allo stato brado da qualche anno, e ormai sembravano essersi adattati alla loro vita da reietti. Ma non potevano essersi anche abituati: alla licantropia non ci si abitua mai, pensò Remus, perché il dolore e la sofferenza che ne consegue si ripetono ogni mese.
Altri invece non avevano ancora accettato quella nuova condizione e se piangevano di giorno, suscitando l’ira di Greyback, di notte erano assaliti dagli incubi peggiori.
Remus ne aveva notato uno in particolare. Doveva essere nuovo, perché non lo aveva mai visto fino a due giorni prima.
Si era impossessato di una coscia di pollo e si era appartato in un angolo, la schiena appoggiata al tronco di un albero, divorando il cibo quasi con rabbia.
Dal momento che Greyback e gli altri non gli davano più retta, Remus si avvicinò con cautela al bambino. Quando gli si sedette accanto, quello lo fissò con sospetto, portando il pollo fuori dalla sua portata.
« Non voglio rubartela » esordì Remus.
Ma lui non si fidava.
« Ho già mangiato » lo continuò a rassicurare. Alla fine il bambino sembrò credergli e tornò ad addentare il pollo crudo.
« Come ti chiami? »
« Timothy » bofonchiò il bambino, con un tono piuttosto scorbutico.
« Il mio nome è Angus Macfow » si presentò l’altro, con lo pseudonimo che usava quando svolgeva quelle missioni da infiltrato nel branco di Greyback.
Timothy non lo guardò né rispose. Al contrario, si perse a fissare il vuoto.
Remus gli lanciò un’occhiata e rabbrividì. Sotto la veste sporca e strappata, una grossa cicatrice spuntava da sotto la nuca e probabilmente proseguiva per tutta la schiena. I capelli rossi gli ricadevano davanti agli occhi, nascondendo i graffi del volto.
Una rabbia incontrollabile lo assalì. Timothy sembrava avere la stessa età di Remus quando era stato morso da Greyback. Gli ricordava tanto se stesso ma, a differenza di lui, quel bambino non aveva avuto la fortuna di essere tenuto ancora in casa dai genitori. Greyback se l’era portato via, strappandolo alla famiglia e privandolo di quel minimo di serenità che avrebbe potuto trovare nell’affetto dei suoi cari.
La sua vita sarebbe stata come quella degli altri Lupi Mannari, una progressiva e inarrestabile discesa verso un abisso fatto solo di violenza e bestialità.
« Hai paura? »
Timothy lo guardò con perplessità, ma Remus sapeva di non aver sbagliato. Ricordava quando aveva la sua età: voleva essere confortato da chi sapeva per esperienza personale cosa significasse essere un Lupo Mannaro. Lui si era dovuto arrangiare da solo, ma sperava di poter dare un minimo di sostegno a quel bambino.
« Sì » rispose quello, chinando il capo, con un tono funereo. Poi alzò di nuovo lo sguardo, puntandolo sulla luna in fase crescente. « Tra pochi giorni diventerà piena, e per me sarà la prima… Farà male? »
Remus si sentì invadere da una terribile sensazione di pena. Odiava essere lì e vedere ogni volta gli sguardi impauriti negli occhi di quelli che un tempo erano stati bambini normali, come tutti, desiderosi e impazienti di avere la loro prima bacchetta magica e di poter diventare grandi maghi.
« Non preoccuparti. Siamo in una foresta, quindi ti limiterai ad inseguire gli animali… »
« E allora perché tu sei ricoperto di cicatrici? »
Remus esitò, ma alla fine si decise a dirlo.
« All’inizio ho cercato di trattenermi. Mi facevo legare prima della luna piena, perché non volevo rischiare di uccidere nessuno. Ma le corde erano sempre poco robuste, e in assenza di prede la mia violenza si ritorceva contro me stesso, e mi ferivo da solo ».
Timothy adesso sembrava molto meno scorbutico. Il suo sguardo malinconico colpì Remus così tanto che si convinse che non lo avrebbe mai dimenticato, neanche in mille anni.
« Erano i tuoi genitori a legarti? Come mai ti hanno tenuto con loro? » domandò, rannicchiandosi con le ginocchia flesse al petto.
« Speravano che sarei stato sempre lo stesso bambino che conoscevano, ma non è stato così… » mentì Remus. Si sentiva quasi in colpa a mentire sul comportamento dei suoi genitori, che al contrario gli erano stati accanto fino alla fine.
« Bè, erano umani » commentò Timothy, con un tono improvvisamente glaciale. « Greyback dice che ci considerano inferiori, ed è vero. Sono cattivi e malvagi. Mio cugino mi ha trattato malissimo quando… mi è successo. Mi chiamava “ibrido” e “animale”. I miei alla fine gli hanno dato retta ».
Remus non sapeva cosa dire. Era impressionato dalla naturalezza con cui Timothy raccontava la propria esperienza. Certe volte dimostrava di essere ancora un bambino, ma in altri momenti il lavaggio del cervello operatogli da Greyback stava già iniziando a dare i suoi frutti.
« Tu credi che tutti i maghi siano cattivi? » gli chiese.
« Sì, tutti gli umani. Perché, tu ne conosci alcuni che non lo sono? »
Ora aveva parlato con un tono più ingenuo e infantile. Remus ne fu quasi sollevato: non riusciva a immaginare quel bambino diventare un mostro assetato di sangue e di vendetta.
« Bè, può darsi… » mentì. Non poteva farsi saltare la copertura, anche se avrebbe dato qualsiasi cosa pur di salvarlo dal destino che lo attendeva e fargli capire che Greyback non gli raccontava la verità: esistevano davvero delle persone disposte a voler bene anche ad un Lupo Mannaro. E invece tacque di nuovo.
« Lo sapevo, non esistono ».
Detto questo, Timothy gli voltò le spalle e si sdraiò di lato sull’erba tenera e umida della radura, tremando per il freddo.
Remus gli posò il proprio mantello sulle spalle, e lo osservò mentre si addormentava, pensando a quello che Timothy sarebbe diventato se avesse continuato a vivere in quel branco.
Era la maledizione che avevano in comune: Timothy non sarebbe mai vissuto come un bambino normale, non sarebbe mai andato a Hogwarts né avrebbe mai conosciuto degli amici come quelli che lui aveva avuto la fortuna di incontrare.
Remus lasciò vagare lo sguardo lontano, fissando la luna senza vederla davvero.
Già, gli amici, pensò, con una certa preoccupazione. Quando il gruppo dei Malandrini si era ufficialmente formato, si era realizzato il suo desiderio più grande. Fino a prima di cominciare la scuola non aveva mai creduto che delle persone potessero fare tanto per lui, e invece loro tre lo avevano fatto, sfidando ogni regola e correndo moltissimi rischi, solo per lui.
Ma ora una strana inquietudine minacciava quel quadro perfetto, come un’ombra che lo ricopriva lentamente. Il sospetto che nell’Ordine della Fenice ci fosse un traditore lo tormentava da ore: Silente non era riuscito a convincere nessuno.
Era preoccupato per l’incolumità dei suoi amici. Se c’era davvero una spia, erano in pericolo.
Non aveva la più pallida idea di chi poteva essere. Peter era terrorizzato, e per questo aveva cercato subito un capro espiatorio, ma che la colpevole fosse Rachel gli sembrava improbabile.
Quello di cui sospettava di più era Mundungus Fletcher. Non era esattamente un membro dell’Ordine, ma forniva dei buoni informatori tra la gente di malaffare che frequentava per i suoi commerci illegali. Ma di sicuro Mundungus non sapeva nulla degli spostamenti del vecchio Ministro della Magia.
Remus scosse la testa: gli faceva male.
C’era un pensiero che cercava di uscire dagli anfratti della sua mente, ma lui cercava disperatamente di ignorarlo, tanto era assurdo.
Non era giusto farsi venire il minimo dubbio su uno dei suoi migliori amici. Era un comportamento da perfetto ingrato.
Ma non riusciva a spiegarsi come mai Sirius non si fosse presentato alla riunione di quella sera, sparendo dalla circolazione senza avvertire nessuno, nemmeno James. Che cosa aveva da fare di così importante per piantarli in asso senza neanche avvisare?
Non riusciva proprio a spiegarselo.
 
 
« Certo che Sirius ci è andato giù pesante » disse Rachel, osservando il labbro sanguinante di Regulus per poi alzare lo sguardo e incrociare quello di Perseus, il quale stava nascondendo un sorrisetto estremamente compiaciuto. Lei lo guardò molto male, e quello ebbe almeno il buon gusto di far finta di nulla.
« Non è niente » bofonchiò Regulus, imbarazzato.
« Sta’ fermo un attimo » gli disse Rachel, rimarginandogli il taglio con un colpo di bacchetta. « Ecco fatto ».
Lui non la guardò e si soffermò a fissare l’orologio che si trovava sulla credenza della cucina di casa Queen, con un’espressione molto imbarazzata.
Rachel se l’era immaginato. Regulus di certo non voleva essere costretto a rispondere a domande su come fosse andato il suo incontro con Sirius, non in presenza di altre persone come Perseus e Diane. Quanto a lei, per il momento era disposta ad aspettare ancora un po’. Attraverso la porta del salotto aveva sentito i due fratelli ricominciare a litigare come da copione, ma non era intervenuta, lasciando loro la possibilità di comportarsi come due persone mature, per una buona volta. E a giudicare dalle facce imbarazzatissime con cui erano usciti dalla stanza, aveva avuto un’ottima idea.
Aveva appena finito di complimentarsi con se stessa, quando Sirius e Silente si affacciarono alla porta della cucina. Dovevano appena aver finito di discutere sulle persone che avrebbero potuto sapere del ritorno di Regulus, e Sirius non sembrava molto soddisfatto.
« Bene » esordì Silente, « credo che ci siano un paio di ultime cose da decidere. Naturalmente Regulus dovrà rimanere al sicuro. Dal momento che non potrà tornare a casa sua, mi chiedevo… »
« Non c’è problema, resta con noi » esclamò Rachel, con entusiasmo.
« E dove lo mettiamo? Non c’è posto » sibilò Perseus, fissando il ragazzo con aria omicida.
« Non dovete sentirvi obbligati » disse Regulus cupo, rivolgendosi ai signori Queen. Naturalmente, pensò Rachel, non era abituato a dover chiedere ospitalità. Doveva sentirsi anche piuttosto umiliato in quel momento.
« Non pensarci neanche, non ho alcuna intenzione di farti uscire da questa casa, con tutti i pericoli che corri. E, caro, ti ricordo che abbiamo una stanza per gli ospiti » disse Diane, in tono minaccioso.
« Ah, giusto… » ribatté Perseus, mentre Silente sembrava divertito dalla situazione.
« Perfetto. Regulus, faremo in modo di trovarti comunque una bacchetta nuova. Quanto ad Alphard, sarà meglio che gli offra anche la mia protezione. Naturalmente so che è un mago in gamba, ma me lo ricordo fin da quando studiava a Hogwarts, e non è mai stato molto prudente… Comunque, credo sia ora di togliere il disturbo » disse il Preside.
« Professore, vuole qualcosa da mangiare? » disse Diane.
« No, grazie, ormai è mezzanotte passata. L’unica cosa che voglio fare adesso è una gran bella dormita » rispose cordialmente l’uomo.
Perseus lo accompagnò alla porta.
« Credo che andrò anche io » esordì Sirius, quando Silente si fu Smaterializzato oltre il cancello della villa.
Rachel diede una leggera gomitata a Regulus, che si riscosse e lo seguì fuori dalla cucina. Rachel inizialmente pensò di lasciarli da soli, ma non poté resistere alla tentazione di assistere alla scena e si decise a raggiungerli.
« Cosa hai raccontato a Silente di così importante da farlo venire addirittura qui? » stava chiedendo Sirius, fermo nell’ingresso.
« Niente di particolare » mentì Regulus.
« Come no. Tu ne sai qualcosa? » replicò Sirius, rivolgendosi alla ragazza.
Rachel scosse la testa a sua volta. Se Regulus era così deciso a non coinvolgere il fratello nella questione degli Horcrux, lei non poteva comportarsi diversamente.
« D’accordo ». Sirius non sembrava affatto convinto, ma non insisté. « Un’altra cosa. Insomma… sei proprio sicuro di restare qui? »
« Perché non dovrei? » rispose Regulus, perplesso.
« Non lo so, ma mi è sembrato che la tua presenza non fosse molto gradita… »
« Oh, ignora mio padre, sembra un cane mastino ma alla fine l’unica cosa che sa fare è borbottare » rispose Rachel, divertita.
Sirius ridacchiò e si rivolse a Regulus con un’espressione ironica.
« Sarà, ma stai attento. Secondo me sarebbe capace di piazzare un troll da guardia davanti alla porta della tua stanza ».
« Non lo farà solo perché la stanza degli ospiti si trova proprio attaccata alla sua » disse Rachel, sorridendo all’espressione orripilata di Regulus.
« Bè, cerca di non impazzire e di fare il bravo bambino che sei sempre stato. Non vorrei che ti sbattesse fuori di casa. Sarebbe davvero una seccatura per me essere costretto ad ospitarti » disse Sirius.
« Senti chi parla. E non ci tengo affatto a stare a casa tua. Piuttosto preferirei dormire sotto un ponte » replicò Regulus, indignato.
Rachel non sapeva se preoccuparsi o meno, ma capì che a quanto pareva quei due erano capaci di intrattenere una conversazione solo in quel modo, stuzzicandosi a vicenda.
« Meglio per me… Be’, io vado… ciao ».
« Ciao… »
« Buonanotte, Sirius » esclamò allegramente Rachel, per rompere quel silenzio imbarazzante che si era creato. Lui uscì nel giardino e, come aveva fatto Silente qualche minuto prima, si Smaterializzò.
Rachel richiuse la porta e lanciò un’occhiata a Regulus.
« Allora? »
« Allora cosa? » fece lui, estremamente a disagio.
« Non fare il finto tonto, mi devi raccontare tutto. Avete fatto pace? »
Regulus esitò.
« Bè, non proprio… più o meno » cercò di non sbilanciarsi troppo.
Rachel gli lanciò un’occhiata esasperata.
« Come sarebbe più o meno? »
« Non abbiamo parlato molto, sai come siamo fatti, no? »
La ragazza incrociò le braccia, sbuffando sonoramente. Doveva aspettarsi che Regulus non sarebbe corso da lei a raccontarle per filo e per segno di cosa avesse parlato con Sirius, ma ricevere almeno un breve resoconto non le sembrava una pretesa così esagerata.
« Ma per lo meno vi siete chiariti? »
Stava morendo dalla curiosità, anche se sapeva quanto fosse restio a mostrare i suoi pensieri riguardo Sirius.
« Sì… »
« Wow, che loquacità… »
« Senti, devo rendermene ancora conto ».
Rachel abbandonò subito il tono sarcastico che aveva usato prima.
« Hai ragione, scusa. Negli ultimi due giorni hai avuto troppi shock. Non insisterò più, per ora ».
Regulus sorrise.
« Te lo racconterò, non temere. Anche perché so che saresti capace di usare la Legilimanzia per scoprirlo ».
« Puoi scommetterci! »
« A proposito » disse Regulus, tornando immediatamente serio. Prese le sue mani nelle proprie e le si avvicinò, parlandole all’orecchio come per non farsi sentire da nessun altro. « Grazie, di tutto ».
Rachel si sentì percorrere da un brivido e rispose abbracciandolo forte e posando la testa sulla sua spalla, immensamente felice per lui.
 
 
Quando Albus Silente rientrò nel suo ufficio di Preside a Hogwarts, la stanza era immersa nel buio e il silenzio era interrotto solo dai respiri più o meno pesanti dei ritratti che sonnecchiavano.
Con un colpo di bacchetta accese le lampade, rischiarando l’ambiente che lo circondava. Colpiti dalla luce, parecchi Presidi si agitarono nelle loro cornici, borbottando qualche lamentela, ma poi tornarono subito a dormire, o a fingere di dormire, a seconda dei casi.
« Ciao, Fanny » sussurrò alla sua Fenice, appollaiata sul trespolo. Questa lo guardò e chinò la testa sotto la carezza del mago, per poi chiudere di nuovo gli occhi.
« Phineas, è successo qualcosa durante la mia assenza? » domandò Silente, lanciando un’occhiata al ritratto alla sua destra.
L’uomo appoggiato alla cornice continuò a russare rumorosamente, forse troppo.
« Phineas, so che sei sveglio ».
« Forse dovrei prestargli il mio cornetto acustico » intervenne Dexter Fortebraccio, sarcastico.
« Phineas! » strillò Everard.
« Insomma, che maniere! » protestò Phineas, indignato. Fece scorrere lo sguardo sui ritratti che lo guardavano male e infine su Albus. « Silente! Stavo dormendo, se non te ne eri accorto ».
« Certo, certo. Volevo solo sapere cosa è successo mentre ero via, dal momento che ti avevo affidato l’incarico di sostituirmi ».
« Oh, niente di particolarmente interessante. Gazza è venuto a lamentarsi ancora una volta di Pix. Pare che quel Poltergeist abbia fatto irruzione nelle cucine, distruggendo la cena e terrorizzando tutti gli elfi domestici. Ordinaria amministrazione, insomma » rispose Phineas, con il suo solito tono annoiato. « E tu invece come mai te ne sei andato a gironzolare a quest’ora della notte? »
Albus ignorò i sussurri scandalizzati degli altri Presidi. Non si preoccupava del modo sarcastico con cui Phineas gli si rivolgeva. Anzi, lo trovava molto divertente, a dire la verità.
« Ordinaria amministrazione » rispose, rivolgendosi un sorriso.
Phineas inarcò un sopracciglio, indignato, poi si appoggiò di nuovo alla propria cornice, borbottando tra sé.
Albus si diresse verso la propria scrivania e si sedette, appoggiando i gomiti sul ripiano.
« Sembri preoccupato » osservò Dilys Derwent.
« Lo sono, infatti » rispose lui. Non aggiunse altro, e i suoi predecessori parvero intuire che al momento sarebbe stato meglio non fare ulteriori domande.
Silente fissava un punto imprecisato del proprio ufficio, ma la sua mente era altrove.
Non si riteneva una persona che si faceva prendere facilmente alla sprovvista, ma quella sera aveva avuto parecchie sorprese. La quantità impressionante di informazioni che aveva assunto nel giro di poche ore sembrava premere per uscire dalla sua testa, e il mago sentì il bisogno di riversarle nel Pensatoio che teneva proprio nel suo ufficio.
Mentre vi versava i ricordi più recenti, poteva vederli prendere forma: Malocchio che gli rivelava i propri sospetti riguardo ad una spia nell’Ordine della Fenice, Rachel Queen che gli raccontava dell’impresa folle e disperata che aveva compiuto con una Giratempo, e Regulus Black vivo, che gli svelava il più grande segreto di Lord Voldemort.
Horcrux.
Non gli sembrava vero. Aveva compiuto decine e decine di ricerche su quello che Voldemort aveva potuto fare per rendersi quasi immortale, ma adesso aveva la risposta.
Un Horcrux era al sicuro. Bastava informarsi su come distruggerlo e non sarebbe stato un enorme problema. Ma tutti gli altri? Dove li avrebbe cercati?
Albus si posò le dita sottili sulle tempie, cercando di restare lucido come sempre. Non aveva bisogno di farsi prendere dallo sconforto. L’indomani mattina avrebbe convocato Horace Lumacorno e lo avrebbe interrogato. Si chiese perché non ci avesse pensato prima. Horace era il professore che più di tutti aveva legato con Tom Riddle, a scuola. Sarebbe partito da lui; dopo di che, avrebbe approfondito le ricerche che già aveva iniziato da tempo sul passato del mago oscuro più potente di tutti i tempi. Con un po’ di fortuna, forse sarebbe riuscito a capire quanti e quali Horcrux fossero stati creati.
Il suo sguardo vagò per un attimo intorno alla stanza, per poi posarsi di nuovo su Phineas Nigellus, il quale stava avendo un vivace scambio di opinioni con Armando Dippet.
Un po’ gli dispiaceva tenerlo all’oscuro del fatto che Regulus fosse vivo. Temeva che non avrebbe trattenuto l’entusiasmo e avrebbe rischiato di non tenere la bocca chiusa in presenza dei suoi ultimi parenti a Grimmauld Place. Tuttavia ricordava bene il suo sguardo cupo e distrutto, quando la notizia della morte di Regulus si era ormai diffusa in tutta la comunità magica.
« Phineas, ti rendi conto che per colpa di Voldemort l’erede su cui la tua famiglia riponeva ogni speranza non c’è più? » gli aveva detto quel giorno, ben conscio di quanto quell’argomento gli stesse a cuore.
« Alla faccia della sensibilità, Silente! Falla finita. Lo so bene, e non ho bisogno che me lo venga a dire tu! » aveva risposto Phineas, furibondo.
« Chiedo scusa. Mi auguro che d’ora in poi non esalterai più le imprese di Voldemort come se fosse un salvatore della comunità magica e che mi aiuterai invece a sconfiggerlo ».
Phineas aveva taciuto per parecchio tempo, la fronte corrugata e il viso contratto in un’espressione di immenso sconforto. Da che Silente era diventato Preside, Phineas non era mai rimasto zitto per così tanto tempo.
« D’accordo » aveva detto alla fine di quella lunga riflessione.
Ora Silente avrebbe potuto raccontargli che in realtà l’erede che rimpiangeva era vivo, ed era certo che Phineas sarebbe stato talmente fiero del proprio discendente che non avrebbe dato più pace a nessuno, continuando a esaltare la superiorità dei componenti della propria famiglia. Ma non poteva dirglielo, non in quel momento. Doveva restare un segreto: lo sapevano già troppe persone.
Con un sospiro, si raddrizzò sulla sedia, pensando a quel ragazzo che tanto lo aveva stupito. Il suo sbigottimento non era dovuto all’indubbio intuito di Regulus, che era riuscito a scoprire un segreto tanto pericoloso come quello degli Horcrux, ma piuttosto al modo in cui era stato disposto a pagare volontariamente per i propri errori.
Regulus era sempre stato un tipo individualista e non aveva mai voluto l’aiuto di nessuno, e Silente ricordava perfettamente il suo netto rifiuto di farsi tirar fuori dal guaio in cui si era andato a cacciare. Anche quando aveva capito il proprio sbaglio, non aveva chiesto aiuto a nessuno, affrontando la morte spontaneamente. Il suo rimorso doveva essere talmente enorme…
Albus lanciò un’occhiata al libro che si trovava sulla scrivania, perso nelle proprie riflessioni. Regulus non poteva saperlo, ma lui sapeva bene come ci si sentiva ad essere in preda ad un rimorso bruciante. Lo capiva, ma non si sentiva affatto migliore di lui. Regulus era stato disposto a morire nel silenzio pur di salvare la sua famiglia. Questo lo aveva colpito più di ogni altra rivelazione di quella sera.
E tu, Albus? Che cosa sei stato disposto a fare per la tua famiglia? si disse, sospirando e passando le dita sulla copertina rigida del libro di fronte a sé. Sei sempre stato un egoista… E continui ad esserlo.
Forse, pensò, sarebbe stato meglio dedicarsi interamente alla ricerca degli Horcrux, invece di continuare a perseguire quell’aspirazione ossessiva che era stata la sua rovina.
E con una sorta di ripugnanza verso se stesso, ripose nel cassetto della scrivania la sua copia delle Fiabe di Beda il Bardo. Almeno per il momento.

 
 
*Angolo autrice*
Buon anno a tutti! Spero che abbiate passato delle belle vacanze e che questo capitolo interamente introspettivo non vi abbia annoiato troppo, ma dovevo scriverlo. E ora passo a spiegarvi un paio di cosucce... oltre alla solita solfa che non sono per niente convinta del capitolo, ma tanto ormai si tratta di normale routine. -.-"

Non avevo previsto di inserire i Doni della Morte così presto, ma mi sono ricordata che Silente in quel periodo li stava già/ancora cercando. Infatti dopo la nascita di Harry chiederà in prestito il Mantello dell'Invisibilità di James, per poterlo studiare. Ora ha deciso di dedicarsi di più agli Horcrux, ma naturalmente incapperà di nuovo nei Doni, quando troverà l'anello dei Gaunt... ma di questo parlerò prossimamente! Per ora ho voluto scrivere qualcosa dal punto di vista di Silente, perché avrà un ruolo fondamentale nella storia (ma va'!).

Finalmente sono riuscita ad inserire Remus da qualche parte! XD Ammetto di essermi incartata tantissimo con lui. Ho scoperto che è un personaggio di cui mi piace più leggere che scrivere, ma spero comunque di averlo descritto decentemente, o almeno di non essere linciata dalle sue fan. E lo so che il suo pseudonimo fa schifo, ma sono pessima quando devo scegliere nomi falsi! XD
Riguardo al suo accenno a Mundungus, non faceva parte del primo Ordine della Fenice, ma ormai in "Eroi..." lo avevo inserito in un capitolo, quindi ho deciso di renderlo più un informatore che un membro vero e proprio. Anche lui mi servirà, almeno farà qualcosa di utile nella sua insulsa esistenza -.-"
Timothy è un OC, uno dei bambini sottratti alle proprie famiglie e "allevati" da Greyback. Non so ancora quanta importanza gli darò, ma diciamo che Remus lo prenderà sotto la sua ala protettiva.

Le spiegazioni sono concluse, per oggi! XD Ne approfitto per comunicarvi con immensa gioia che "Eroi non si nasce, si diventa" è finita tra le storie scelte! *______* Sono contentissima di questa cosa, e ringrazio meissa_s per averla segnalata (grazie, cara!! **), ma anche tutti voi che mi avete seguita finora.
E so che ho già risposto alle recensioni, ma quelle allo scorso capitolo mi hanno fatto particolarmente piacere, dal momento che era un capitolo che sognavo di scrivere da secoli! Quindi vi ringrazio ancora! Le ho adorate, una per una! Avete scritto delle cose meravigliose! <3

Detto questo, il prossimo aggiornamento sarà il 17 gennaio. Rivedrete un po' di gente dell'Ordine, Barty e anche quel simpaticone di Voldemort! ;)
Alla prossima!

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Capitolo 16
*** La scelta di Barty ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 16
La scelta di Barty
 
Lord Voldemort fissò i quattro Mangiamorte, allineati uno affianco all’altro di fronte a lui, e parlò dopo un lungo silenzio.
« Come sapete, domani il Consiglio Magico si riunirà per eleggere il nuovo Ministro della Magia. La morte di Boot ha indebolito enormemente il Ministero, facendogli perdere credibilità agli occhi della comunità magica. Tuttavia, tutti credono che sia stato ucciso perché era un lurido Sanguesporco, e così deve essere, altrimenti si inizierebbe a pensare che il nostro unico obiettivo sia quello di metterci a capo della comunità magica. Ovviamente aspiriamo anche a quello, ma nessuno darà retta a quei pochi che la pensano così, se lasceremo una parvenza di legalità.
Per questo motivo, non possiamo permetterci di uccidere i candidati al ruolo di Ministro. Sono entrambi Purosangue, e se li togliessimo di torno alla vigilia delle elezioni, le famiglie Purosangue che approvano i nostri obiettivi penserebbero di trovarsi in pericolo, e la perdita del loro appoggio sarebbe un enorme peccato. Quindi è di vitale importanza che Millicent Bagnold vinca queste elezioni. È una donna estremamente fiduciosa nella buona fede dei suoi collaboratori, ed è stato facile porli sotto maledizione Imperius.
Tuttavia, dobbiamo essere sicuri che i Consiglieri votino in maggioranza per lei. Fortuna vuole che lo stesso Silente la appoggi. Dobbiamo essergli tutti grati per questo ».
Voldemort si interruppe un secondo, per permettere ai quattro Mangiamorte di reagire con dei ghigni sarcastici a quella notizia.
« Purtroppo, molti sostengono Crouch, e il rischio che vinca lui è enorme. Per questo motivo, vi affido l’incarico di imporre l’Imperius su tutti i Consiglieri possibili, senza esagerare e creare sospetti, tanti quanti ne basteranno per permettere alla Bagnold di vincere. Ovviamente evitate di imporla su maghi in grado di contrastarla. Sta a voi valutare tutti i rischi. Se riuscirete nell’impresa, avrete la ricompensa che vi spetta… se fallirete, riceverete una punizione adeguata. Lucius, Mulciber, Rookwood, non deludetemi ».
I tre Mangiamorte interpellati chinarono la testa e si affrettarono ad assicurare il Signore Oscuro che non avrebbero fallito.
« Molto bene, potete andare. Quanto a te, Barty, vorrei che restassi ancora un po’. Ho alcune cose da dirti ».
Il ragazzo annuì, rigido come un palo, e rimase immobile fino a che i suoi compagni non ebbero abbandonato la stanza. Erano rimasti solo lui e il Signore Oscuro. Barty deglutì, certo che, di qualunque cosa volesse parlargli, non si sarebbe profuso in complimenti.
« Mi hanno riferito che sei stato tu a uccidere Boot. È così? »
Il ragazzo esitò. Voldemort lo fissava con uno sguardo indagatore, mentre lisciava con le dita sottili la bacchetta che teneva in mano. Gli sarebbe bastato un niente per usare la Legilimanzia contro di lui, e Barty sapeva proprio per questo che sarebbe stato inutile mentire.
« Non proprio, Signore. L’ho ucciso, ma è stato un incidente » ammise, agitato.
« Esattamente. Fai bene ad essere sincero. Sai che nessuno deve mai osare mentirmi. Tuttavia, è proprio per questo che devo farti qualche domanda. Ti ritenevo ormai pronto per compiere il tuo primo vero omicidio, ma qualcosa deve averti bloccato. So quanto odi tuo padre, e non credo che tu ti senta in colpa nei suoi confronti. Per caso la morte del tuo amico Black ti ha rammollito, o sbaglio? »
Barty si sentì percorrere da una scarica di agitazione. Ce l’aveva con se stesso e con la propria incapacità di essere come tutti gli altri Mangiamorte, e temeva di perdere la fiducia del Signore Oscuro.
« No, io… »
« Invece è esattamente così. Forse non ti sta bene la mia decisione di averlo fatto uccidere. Ma non è con me che devi prendertela. Lui sapeva bene cosa gli sarebbe successo se avesse tradito. Abbandonando la nostra causa, ha firmato la propria condanna a morte. Sai bene che i traditori meritano questa fine ».
« Non ce l’ho con Voi, mio Signore! » si affrettò a rispondere Barty. « Non oserei mai… Regulus ha tradito e ne ha subito le conseguenze. La colpa è sua, non vostra ».
« Spero che tu pensi sul serio quel che hai appena detto. Io ti ho concesso una grande fiducia, Barty. Nessun altro mio seguace può vantarsi di sapere quello che tu sai su di me. Ti ho detto che abbiamo molte cose in comune. Questo perché so che potresti essere uno dei miei migliori Mangiamorte. Ma se mi tradirai, ti assicuro che mi vendicherò di persona, e non avrò alcuna pietà ».
Barty non sapeva quale forza riuscisse ancora a farlo rimanere in piedi. Gli tremavano le ginocchia per il terrore, anche se allo stesso tempo era stupito delle parole di Voldemort. Gli aveva fatto capire che sarebbe potuto diventare il suo Mangiamorte preferito, il migliore di tutti. Nessun altro poteva gloriarsi di questo onore. Nonostante tutto, aveva ancora fiducia in lui, e Barty non poteva tradirla. Voldemort riusciva davvero a capirlo, perché si somigliavano. Nessun altro poteva comprenderlo quanto il Signore Oscuro.
« Io non sono come Black. Non vi tradirò mai, lo giuro » disse, con un tono più fermo e deciso di quanto lui stesso si era aspettato.
« Allora dimostralo. Fai del tuo meglio per portare a termine gli incarichi che ti assegno, senza farti ostacolare dalla compassione. La pietà è per i deboli, ricordalo ».
Barty annuì.
« Puoi andare » lo congedò Voldemort, voltandogli le spalle senza degnarlo più di uno sguardo.
Il ragazzo uscì dalla stanza, ignorando tutti gli altri Mangiamorte nell’ingresso, e uscì nel cortile del castello dei Lestrange.
Era notte fonda e un vento gelido sferzava le cime degli alberi nel parco.
Barty rimase immobile a fissare il vuoto, i pugni serrati, cercando di costringere se stesso a smetterla. Non voleva più provare il senso di orrore che l’omicidio dell’ex Ministro gli aveva procurato, voleva dimenticare la sensazione di inadeguatezza nei confronti di tutti gli altri Mangiamorte, ma soprattutto voleva lasciarsi alle spalle la nostalgia che lo tormentava da troppo tempo.
Regulus era stato il suo migliore amico, un tempo. Ma le cose erano cambiate: era stato lui stesso a dirglielo, il giorno prima della sua scomparsa.
Io servirò sempre e incondizionatamente il Signore Oscuro. Per questo i suoi nemici sono anche miei nemici.
Forse aveva sottovalutato il rimpianto che avrebbe provato con la morte di Regulus, e non era riuscito subito a considerarlo un nemico, né a odiarlo come avrebbe dovuto. Quando aveva ucciso Boot, aveva quasi temuto di capire che cosa avesse spinto Regulus ad abbandonare il Signore Oscuro.
Ma adesso aveva finalmente preso una decisione, anche se sapeva che avrebbe dovuto prenderla sin dall’inizio. Se Regulus aveva tradito Voldemort, aveva tradito anche Barty, perciò non poteva più considerarsi suo amico, anche se la sua morte lo aveva colpito parecchio.
Più che altro, finché aveva condiviso lo stesso segreto con Regulus, si era sentito spalleggiato, quasi più sicuro di quello che faceva. Ma quando l’altro aveva fatto marcia indietro, era rimasto solo, l’unico Mangiamorte inesperto tra tutti. E aveva iniziato a temere di avere ripensamenti, proprio come Regulus. Aveva cominciato ad avere nostalgia dei tempi di Hogwarts, del periodo in cui poteva contare sulla complicità di Regulus e in cui non rischiava di dover uccidere Rachel.
Emmeline gli tornava in mente di continuo. Non gli mancava affatto, ma la pensava spesso.
Forse era stato troppo sicuro di sé quando aveva rinunciato a molte cose per seguire Voldemort, pensò. Era sempre convinto della sua scelta, ma non aveva considerato la sofferenza che sarebbe derivata da tutte quelle rinunce.
Senza rendersene conto, estrasse da una tasca interna del mantello una fotografia che Rachel aveva scattato l’ultimo giorno di scuola, una delle tante, in realtà.
Lui e Regulus stavano discutendo sull’ultima partita tra Puddlemere United e Vespe di Wimbourne.
A Barty mancava ancora quel periodo, ma si rendeva conto che quel che era stato non sarebbe più tornato. Regulus era morto, Rachel ormai era sua nemica, anche se lei non lo sapeva, e anche Emmeline si trovava sul fronte opposto al suo.
In ogni caso, ora era deciso a lasciarsi alle spalle tutti i rimpianti. Chi meritava la sua lealtà era Voldemort, non certo chi non avrebbe mai approvato il Marchio Nero che aveva al polso, né tanto meno quel traditore che gli aveva mentito fino all’ultimo.
Anzi, in quel momento lo odiava così tanto che avrebbe voluto che fosse vivo solo per poterlo punire personalmente.
No, si disse, non avrebbe mai fatto la sua fine. Non sarebbe diventato un traditore.
Una scintilla si sprigionò dalla punta della sua bacchetta, e la fotografia prese fuoco, mentre gli angoli si annerivano ed essa cominciava ad accartocciarsi su se stessa, fino a che non ne rimase solo cenere, che fu sollevata e dispersa dal vento.
 
 
« Adoro la pausa pranzo! »
Fabian divorò in un sol boccone il panino che aveva appena scartato, riempiendosi per bene la bocca e restando incapace di aprirla per parecchi minuti.
« Non fare complimenti » commentò Gideon, ironico, lanciando un’occhiata al fratello e servendosi di una non inferiore porzione di tramezzino al prosciutto, anche se con meno ingordigia.
« Non riesco a capire come fate a mangiare così tanto » disse Rachel, intenta a guardare gli impiegati del Ministero che affollavano l’Atrium e chiacchieravano animatamente tra di loro.
« È tutta questione di abitudine, ma questo è niente. Dovresti vedere quello che prepara nostra sorella a Natale. Comunque, anche nei giorni normali ci manda sempre il pranzo direttamente nei nostri uffici. Dice che saremmo capaci di mangiare solo schifezze se non ci fosse lei… a proposito, tu che programmi hai per Natale? »
Rachel guardò Gideon, esitando.
« Veramente non ci ho pensato… »
« Ma mancano cinque giorni! »
« Penso che lo trascorrerò con i miei ».
« Sicura? Se non hai niente di meglio da fare potresti unirti a noi ».
« Ma sì! » intervenne Fabian, dopo aver finalmente inghiottito. « Così ti facciamo conoscere Molly. Ti assicuro che tra nostro cognato e i loro cinque figli non ti annoierai di certo! Devi solo stare attenta a nostra sorella. È incinta del sesto figlio ed è molto irascibile. Ah, e poi ci sarà anche quella vecchia befana di zia Muriel! E Bilius è un tipo fortissimo. Ci fa sempre fare un sacco di risate! Allora, che ne pensi? Almeno non te ne starai da sola ».
Rachel ricambiò gli sguardi dei due fratelli, e si sentì improvvisamente in colpa. Fin da subito, si era accorta che tacere sul ritorno di Regulus non era affatto facile, soprattutto se quei due pensavano che la sua intenzione di restare a casa per Natale fosse solo una scusa per non vedere nessuno e chiudersi in se stessa.
« Vi ringrazio, davvero, ma ormai ho detto ai miei che sarei rimasta con loro ».
I Prewett si lanciarono un’occhiata insolitamente seria, poi tornarono a guardarla.
« Senti, non vogliamo farci gli affari tuoi, ma… bè, sappiamo che questo per te è un pessimo periodo e che sei depressa. Sei libera di fare quello che vuoi, però secondo me dovresti distrarti un po’ » disse Gideon, mentre Fabian sembrava aver improvvisamente perso la voglia di mangiare.
Rachel strinse i pugni, dispiaciuta. Capiva il motivo per cui Silente aveva deciso di non riferire a nessuno quel che era successo, ma in certi momenti aveva la tentazione di disobbedire e raccontarlo almeno ai membri dell’Ordine con cui aveva legato di più. Si sentiva crudele nel vederli così dispiaciuti per lei.
« Non vi preoccupate, sto bene. Davvero ».
I Prewett non sembravano affatto convinti, ma non poterono insistere, perché in quel momento furono raggiunti da Dorcas.
« State controllando per bene? » esordì lei, scoccando un’occhiata scettica ai due fratelli, che si affrettarono a nascondere il cibo dietro la schiena.
« Certo! »
« Finora non è passato nessuno di sospetto » confermò Rachel.
« Uhm… mi raccomando, questo è un momento estremamente pericoloso. I membri del Consiglio Magico si stanno avviando verso le aule del Decimo Livello, dove inizieranno a votare. Malocchio e i Paciock sono già lì con parecchi Auror, nel caso in cui succedesse qualcosa. State attenti ».
« Rilassati, Dorcas, certe volte sembri quasi una parente di Malocchio! » esclamò Fabian.
« Una parente molto stretta » confermò Gideon.
« Non è il momento di scherzare! » sbottò lei, esasperata. « Le elezioni del nuovo Ministro sono una faccenda seria ».
« Dorcas, Emmeline non doveva stare con te? » domandò Rachel, nel tentativo di distrarla un po’: era sempre nervosa, ma quel giorno aveva un diavolo per capello.
« Ha detto di dover andare in bagno. Ci raggiungerà tra poco, credo » rispose l’altra, lanciando un’occhiata dietro la schiena di Fabian e strappandogli il panino di mano. « E questo? Sei in missione per conto dell’Ordine e non puoi mangiare! »
« Ma siamo in pausa pranzo! » provò a protestare lui, mentre Gideon nascondeva il proprio sandwich fischiettando con aria innocente.
« Ah certo, perché nel caso in cui Voldemort avesse intenzione di attaccare il Ministero, aspetterebbe educatamente che tu finisca di ingoiare! Sei in servizio, quindi smettila di mangiare, e stai attento ai tipi sospetti. È mai possibile che alla vostra età dovete comportarvi come dei bambini? Rachel, per favore, controllali tu ».
« Ehm, va bene » rispose Rachel, cercando di trattenere la propria ilarità.
Dorcas voltò loro le spalle, diretta verso gli ascensori.
« È più acida del Pus di Bubotubero… »
« Ti ho sentito, Gideon ».
« Ops… »
 
Nel frattempo, Emmeline si trovava in piedi davanti al lavandino del bagno, al Secondo Livello. Era tutta la mattina che pattugliava il Ministero, cercando allo stesso tempo di non destare sospetti, perché nessuno doveva sapere che facesse parte dell’Ordine della Fenice. Perciò era piuttosto stanca, e si era concessa due minuti di pausa per sciacquarsi il viso con l’acqua fredda.
Dopo essersi asciugata, stava fissando il proprio riflesso allo specchio, quando alle sue spalle sentì il chiaro rumore di uno sciacquone e vide aprirsi la porta di uno dei bagni.
Con suo grande stupore, ne uscì un uomo con una folta barba rossa. Si chiamava Ulysses Edgecombe ed Emmeline lo conosceva in quanto suo insegnante del corso di Magisprudenza.
« Ehm, signor Edgecombe, questo è il bagno delle donne » gli fece notare Emmeline.
Era un uomo cordiale, perciò la ragazza si stupì quando la guardò con poco interesse e rispose con un mugugno cupo, per poi voltarle le spalle e dirigersi verso la porta.
In pochi secondi, la mente di Emmeline fu attraversata da più di un pensiero. Prima di tutto, Ulysses Edgecombe era uno dei maghi illustri che facevano parte del Consiglio Magico, perciò era strano che in quel momento non si trovasse a votare. Un’altra stranezza era data dal suo comportamento, che di solito era gioviale e fin troppo allegro. La terza stonatura Emmeline la notò guardandolo negli occhi: erano innaturalmente vacui e senza espressione.
C’è qualcosa che non va, le disse una voce dentro la sua testa, una voce straordinariamente simile a quella di Alastor Moody.
C’erano troppe coincidenze, e lei alle coincidenze non aveva mai creduto. Edgecombe sembrava Confuso, oppure sotto una Maledizione Imperius malriuscita.
Così, Emmeline uscì dal bagno e si mise a seguirlo a distanza di sicurezza, incerta se intervenire subito o chiamare gli altri in soccorso.
L’uomo si stava dirigendo verso un ascensore. Camminava barcollando e sembrava incapace di decidere dove andare. Nei dintorni non c’era nessuno.
Alla fine Emmeline si costrinse ad agire, nonostante l’ansia e un po’ di paura le stessero facendo tremare le gambe.
« Ehm… signor Edgecombe? Scusi…? » provò, imbarazzata.
Ma che diamine sto dicendo? pensò.
Quello non era esattamente il modo migliore per intimare a qualcuno di non fare un passo in più. La ragazza si chiese come facesse Malocchio ad essere così deciso quando prendeva le situazioni di petto.
« Fermo! » esclamò, cercando di sembrare più sicura di sé.
L’uomo obbedì, almeno all’inizio. Non appena vide la bacchetta di Emmeline puntata contro di sé, qualcosa scattò dentro di lui, inducendolo a reagire.
Un getto di luce verde scaturì senza preavviso dalla bacchetta di quest’ultimo, ed Emmeline riuscì ad evitarlo per il rotto della cuffia, buttandosi di lato, con il cuore che le martellava in gola. Non ebbe il tempo di restare sotto shock. Doveva rispondere all’attacco.
« Stupeficium! » esclamò.
Edgecombe riuscì a rispedirglielo contro con un Sortilegio Scudo, ma Emmeline non perse tempo.
« Stupeficium! »
Questa volta ebbe successo, grazie anche alle condizioni non proprio perfette del mago, che fu colpito in pieno e crollò a terra, privo di sensi.
Prima che la ragazza, respirando pesantemente, potesse tornare in piedi e avvicinarsi, le griglie dorate dell’ascensore si aprirono, e ne uscì Barty.
 
Il ragazzo rimase immobile per alcuni lunghi istanti, paralizzato dallo shock. Emmeline aveva Schiantato Edgecombe, uno dei Consiglieri che erano stati stregati dai Mangiamorte.
« Che cosa succede? » disse, imprecando mentalmente. Non doveva andare così.
Lei lo guardò, ancora spaventata, cercando di tornare a respirare normalmente.
« C-credo che sia stato colpito da una Maledizione Imperius » rispose. « I sintomi c’erano tutti. Quando ho provato a fermarlo, mi ha attaccata… Comunque la maledizione non era stata imposta a regola d’arte, altrimenti non sarebbe sembrato così stordito ».
Barty ricordò che Edgecombe era stato assegnato a Mulciber, e non poté fare a meno di maledire quest’ultimo. Per colpa sua, tutto il piano del Signore Oscuro rischiava di fallire.
Il ragazzo si sentì attraversare da qualcosa di molto simile ad una scarica elettrica: toccava a lui fare in modo che non succedesse. Non osava immaginare cosa sarebbe accaduto se la notizia si fosse diffusa: forse tutti gli altri Consiglieri sarebbero stati perquisiti e controllati e, una volta fatti tornare normali coloro che erano stregati, i Mangiamorte che li avevano maledetti sarebbero stati scoperti… senza contare il fatto che suo padre avrebbe vinto sicuramente le elezioni.
Doveva fare qualcosa, e alla svelta.
« Che cosa faccio? » si lasciò sfuggire la ragazza. Era chiaramente sconvolta; forse non si era aspettata di dover combattere con un suo insegnante. Tuttavia, subito dopo si rese conto di aver espresso troppo i propri timori con lui, e riservò a Barty un’occhiataccia, come per fargli capire di non aver bisogno dell’aiuto di nessuno.
« Deve essere portato al San Mungo. Lì potranno liberarlo dalla Imperius » suggerì Barty, ignorando quella sfida silenziosa.
« Era quello che avevo pensato… »
« Ci penso io a lui. Tu vai ad avvertire il mago della sicurezza ».
Emmeline esitò per alcuni istanti, probabilmente irritata dal fatto di prendere ordini da lui, ma alla fine si decise a dargli retta.
Non appena lei gli voltò lo spalle, Barty estrasse la bacchetta e fece apparire dal nulla un denso fumo nero, che invase il corridoio in pochi secondi, permettendogli di trascinare Edgecombe in un ufficio vicino senza essere visto.
Quando uscì, Emmeline aveva già fatto sparire quasi tutto il fumo. Cogliendola alle spalle, Barty la Schiantò. La ragazza cadde a terra, esattamente come aveva fatto Edgecombe poco prima.
« Mi dispiace » le sussurrò lui, anche se sapeva che non lo avrebbe potuto sentire. Guardandola così, come se fosse addormentata, sentì una fitta di nostalgia e rimorso per averla attaccata. Tuttavia represse subito quella sensazione: qualunque altro Mangiamorte la avrebbe uccisa senza esitare. Lui invece le avrebbe solo modificato la memoria. Al suo risveglio, non avrebbe ricordato nulla, e si sarebbe convinta di essere svenuta per lo stress.
Dopo aver cancellato l’ultimo ricordo dalla mente di Emmeline, fu il turno di Edgecombe. Barty chiuse dietro di sé la porta dell’ufficio, per essere sicuro che nessuno lo avrebbe interrotto, mentre guardava il mago che stava iniziando a svegliarsi.
Era indeciso su come comportarsi con lui. In fondo, nel remoto caso in cui Emmeline avesse recuperato il ricordo di quello che era successo, non sarebbe stato un guaio enorme. Non lo aveva visto mentre la attaccava, perciò lui non correva alcun rischio.
Edgecombe invece poteva aver visto Mulciber stregarlo, e Mulciber era un infiltrato importante al Ministero. Voldemort si sarebbe infuriato se lo avesse perso.
Perciò c’era una sola cosa da fare: Edgecombe doveva morire. Non avrebbe avuto problemi ad eliminare le tracce, ma prima avrebbe dovuto ucciderlo…
Barty non poté fare a meno di respirare a fondo. Era passato poco tempo dall’ultima volta che aveva guardato negli occhi una sua vittima, e non era sicuro di essere in grado di uccidere a sangue freddo.
Le parole che Voldemort gli aveva rivolto quella notte gli tornarono in mente, annebbiandogliela.
La pietà è per i deboli.
Ricordò la sua promessa di non tradirlo, la sua intenzione di non fare la fine di Regulus. Non poteva più tirarsi indietro. si sarebbe abituato, prima o poi… o almeno lo sperava.
Puntò la bacchetta contro il cuore del mago, che si stava ancora riprendendo dallo stordimento dovuto allo Schiantesimo.
Questa volta la mano non gli tremava. Barty sentiva solo una grande esaltazione farsi strada in lui, facendo indietreggiare la paura e i sensi di colpa.
Questa volta sapeva che ci sarebbe riuscito.
« Avada Kedavra ».
Pronunciò la formula prima di rendersi davvero conto di quel che stava per fare, e in quel momento fu come se non sapesse cosa quell’Anatema avrebbe comportato. Non era affatto lucido, ma si sentiva esattamente come gli avevano raccontato: non del tutto consapevole, ma in preda ad una sensazione strana, un misto di potere ed euforia.
L’aria circostante vibrò. L’ufficio lampeggiò di una sinistra luce verde. Infine ci fu un tonfo.
Barty guardò in basso, mentre qualcosa di molto simile ad un vuoto gelido si impossessava di lui.
Edgecombe giaceva a terra, morto.
E il suo assassino non provava più nulla.

 
 
*Angolo autrice*
Ben trovati a tutti! Spero che questo capitolo non sia stato troppo noioso come sembra a me. Ormai, se non compare Regulus non sono soddisfatta! XD Fortunatamente nel prossimo ci sarà! *-*
Per quanto riguarda le elezioni del Ministro della Magia, la Rowling non ha mai detto nulla su come si svolgono, quindi ho inventato, chiedendo anche dei pareri ad altre autrici fidate, e alla fine ho ipotizzato questo metodo: i maghi del Consiglio sono personaggi molto influenti/eccellenti/in gamba (per esempio Silente, ecc.), ognuno dei quali rappresenta le idee di una parte della comunità magica. Quindi il Consiglio Magico è una specie di mini-parlamento col solo compito di eleggere il Ministro della Magia.
Lo so, non è un metodo molto democratico, ma in effetti non lo è nemmeno il ruolo di Ministro della Magia, che è praticamente il capo di tutto. Insomma, ho deciso di fare così. Comunque ai fini della storia non è una questione di fondamentale importanza! ^^ Lo era solo per questo capitolo.

Secondo il Lexicon, Millicent Bagnold sarà Ministro dal 1980 al 1990. Qui le elezioni sono nel dicembre 1979, ma entrerà ufficialmente in carica a gennaio, quindi niente di nuovo.

*mette via gli striscioni "Go, Bagnold, go!" e "Crouch: loser! Bwahahaha!"*

-_- Ok, detto questo, vado di fretta, quindi non mi dilungherò oltre. Il prossimo capitolo probabilmente sarà pubblicato tra il 30 e il 31 gennaio, dipende da quanto riuscirò a scrivere in questi giorni pieni di odiosissimi esami.  -.-"

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Capitolo 17
*** Sanguinose prospettive ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 17
Sanguinose prospettive
 
« Mi dispiace dirtelo, Bartemius, ma temo che la tua ordinanza stia creando degli effetti collaterali. Sai che non mi è mai andato bene l’uso delle Maledizioni Senza Perdono sui Mangiamorte, ma potevo approvarle in caso di legittima difesa. Adesso però alcuni Auror si sentono in diritto di usare la Cruciatus non solo su quelli già catturati e disarmati ma anche su persone soltanto sospettate, e questo non mi sta bene ».
L’appena eletto Ministro della Magia, Millicent Bagnold, si appoggiò allo schienale della sua sedia e guardò l’uomo seduto di fronte a lei, dall’altra parte della scrivania.
« Cercherò di prendere provvedimenti » rispose Crouch, « ma i fatti dimostrano che questi metodi finora hanno avuto effetti positivi. Se la comunità magica sa che il Ministero sta usando il pugno di ferro si sentirà più al sicuro, e d’altra parte gli aspiranti Mangiamorte ci penseranno due volte prima di unirsi alle schiere di Lei-Sa-Chi ».
La donna inarcò un sopracciglio, non molto convinta. Ma lui insisté.
« Se mi è concesso, revocare l’ordinanza che ha concesso agli Auror la facoltà di usare le Maledizioni Senza Perdono farebbe perdere credibilità al Ministero, e la comunità magica si lascerebbe prendere dal panico ».
« D’accordo, su questo hai ragione, ma dobbiamo mettere un freno agli Auror che esagerano. Non possono torturare persone che alla fine si rivelano innocenti ».
Crouch annuì e la donna parve rincuorata.
« Si sa niente di Edgecombe? » chiese poi.
Crouch scosse la testa.
« Lo stanno cercando, ma sembra che si sia volatilizzato. È scomparso nel nulla. Ieri però era al Ministero. È stato visto l’ultima volta verso mezzogiorno e un quarto, poi di lui non si è più saputo niente ».
« Pensi che sia stato ucciso? »
« È probabile. Deve esserci qualche Mangiamorte qui al Ministero e Ulysses deve averlo scoperto. In ogni caso, lo troveremo, ad ogni costo ».
La donna non rispose, certa che quel “ad ogni costo” prevedesse anche l’utilizzo di Maledizioni senza Perdono; dopo di che si chiuse in una riflessione silenziosa.
Non era facile collaborare con Barty Crouch senior. Tutti e due rappresentavano una grande maggioranza della comunità magica. Millicent Bagnold, da parte sua, poteva contare sull’appoggio di illustri famiglie Purosangue moderate, che si opponevano a Lord Voldemort.
Proprio grazie ad esse, oltre che all’appoggio di Albus Silente, era riuscita a vincere le elezioni per l’incarico di Ministro della Magia, superando però soltanto di una manciata di voti l’altro candidato, Barty Crouch che, anzi, all’inizio era dato per favorito.
Così lei aveva deciso di collaborare con Crouch, ma aveva presto sperimentato che andare d’accordo con i suoi metodi duri non fosse poi tanto semplice.
Per esempio, avrebbe tanto voluto revocare completamente l’ordinanza di cui stavano parlando, ma sapeva che in quel modo avrebbe perso il sostegno di gran parte della comunità magica… e Crouch le avrebbe di sicuro soffiato il posto. La sua nomina a Ministro in fondo sarebbe diventata effettiva solo a gennaio del nuovo anno. Per non parlare del fatto che avrebbe reso felice Lord Voldemort, che temeva la sua popolarità tra le famiglie Purosangue e per questo aveva già cercato di ucciderla, alcuni mesi prima. *1
In ogni caso, le sembrava positivo il fatto che il mago, nonostante la recente sconfitta che lei gli aveva inflitto, non fosse troppo rancoroso nei suoi confronti... almeno in apparenza. Era evidente che fosse pronto a sottrarle la poltrona non appena ne avesse avuto l’occasione.
« Bartemius, credi che la comunità magica mi ritenga troppo docile nei confronti dei Mangiamorte? » domandò la donna all’improvviso.
Lui parve sorpreso di quella richiesta.
« Non fino ad ora » rispose poi. « Ma di sicuro il Ministero dovrà prendere provvedimenti ancora più drastici per catturare tutti i Mangiamorte in circolazione. Le perquisizioni a sorpresa sarebbero un modo per cominciare ».
Lei annuì, cupa. Forse Barty non aveva tutti i torti, pensò, ma non voleva ugualmente usare metodi violenti, non da quando aveva capito che anche tra i Mangiamorte qualcuno poteva fare eccezione. Uno di loro le aveva salvato la vita poco tempo prima, un ragazzo a giudicare dalla voce. *2
Lanciò un’occhiata alla vecchia copia della Gazzetta del Profeta che conservava da mesi, soffermandosi sulla foto del giovane Black morto in circostanze misteriose. Non poteva essere certa che si trattasse dello stesso Mangiamorte che le aveva salvato la vita, perché indossava una maschera, ma aveva buoni motivi per ritenere esatte le sue supposizioni: quegli occhi non li avrebbe mai dimenticati.
 
 
Quando quel pomeriggio Rachel tornò a casa, irruppe nel bel mezzo di una discussione tra elfi domestici, che si sarebbe trasformata in rissa già da parecchio se Regulus non avesse trascorso gli ultimi cinque minuti a cercare di tenere lontani Kreacher e Sory, l’elfa domestica di casa Queen.
« Che sta succedendo qui? » domandò la ragazza mentre quella pestava il piede di Kreacher, al quale Regulus aveva ordinato di stare fermo. « Sory, smettila! »
« Questo elfo sta invadendo gli spazi di Sory, signorina! Sory deve servire in questa casa e non può esserci un altro elfo domestico! » esclamò l’elfa, con voce acuta.
« Kreacher appartiene a padron Regulus, quindi deve essere lui a servirlo, e non un’elfa sconosciuta e incompetente » replicò Kreacher, guardando male la sua simile, la quale emise un’esclamazione indignata nel sentirsi dare dell’incapace.
Rachel lanciò un’occhiata a Regulus, il quale alzò le spalle.
« Stavo provando a farli ragionare, ma la tua elfa ha un caratterino… »
« Ah, certo, ora sarebbe colpa sua » replicò Rachel, con un tono profondamente irritato. « Nessuno ha dato il permesso al tuo elfo di entrare in questa casa ».
« Ma… » fece Regulus, stupito.
Rachel scoppiò a ridere.
« Sto scherzando! » esclamò, dandogli una pacca sul braccio e rivolgendosi poi alla sua elfa domestica. « Sory, adesso basta. Cercheremo di arrivare ad un accordo. Kreacher, tu puoi occuparti di Regulus e della sua stanza. Sory invece si occuperà del resto della casa ».
« E i pasti? »
« Sarà sempre compito di Sory. Del resto, Kreacher, devi restare il più possibile a Grimmauld Place » disse Regulus. L’elfo annuì, incupito.
« Kreacher vuole solo rendersi utile al padrone » gracchiò, lanciando un’occhiata truce all’elfa.
« L’hai sempre fatto, e sei un ottimo elfo. Ora però devi tornare. Non puoi assentarti troppo da casa. E voglio soprattutto che tu stia vicino a mia madre » gli disse Regulus.
Kreacher annuì, serio ma improvvisamente rincuorato grazie al complimento del suo padrone. Quando si fu Smaterializzato, anche Sory uscì dal salotto, bofonchiando tra sé.
« Bene, abbiamo evitato uno scontro all’ultimo sangue » commentò Rachel. « Quanto a te, ti ho portato un po’ di cose ».
Regulus la osservò mentre apriva la borsa e ne estraeva una bacchetta.
« Questa te l’ho comprata da Olivander. Legno di betulla e crine di unicorno, dodici pollici. Anche se non è stata lei a sceglierti, è abbastanza simile alla bacchetta che avevi prima. Spero che vada bene ».
« Grazie » disse Regulus. Quando afferrò la bacchetta, si sentì improvvisamente molto meglio; nei pochi giorni in cui ne era rimasto privo, si era sentito debole e indifeso, oltre al fatto che restare senza bacchetta era una cosa da Babbani, pensò con fastidio.
« Provala » suggerì Rachel.
Lui puntò la bacchetta nuova in direzione del divano.
« Accio cuscino ».
Il cuscino si sollevò in aria e barcollò un po’, prima di arrivare a fatica tra le sue braccia.
« Non male. Dovrai farci l’abitudine, ma poteva andarti peggio » commentò Rachel, ottimista. Poi estrasse una lettera e gliela consegnò.
« Questa è da parte di tuo zio. Mio padre va a trovarlo spesso, visto che lui non può muoversi troppo da casa sua. E dal momento che la sua posta potrebbe essere intercettata, dovrete arrangiarvi così ».
« Grazie » fece Regulus, lieto di potersi mantenere in contatto con Alphard. Aveva temuto di non poterlo vedere o sentire per chissà quanto tempo ancora. « C’è altro? » chiese poi.
Rachel annuì.
« Silente è riuscito a parlare con Lumacorno ».
Regulus ripose sia la bacchetta che la lettera, improvvisamente teso e attento.
« Ha scoperto qualcosa? »
« Bè, sì. Lumacorno all’inizio ha fatto finta di non aver mai parlato con Voldemort di faccende così importanti, o di non ricordare, ma quando Silente gli ha detto che sapeva degli Horcrux, ha capitolato. Purtroppo, non ha detto molto di nuovo. Ha ammesso di avergli spiegato cosa fossero gli Horcrux e di avergli accennato come si creano, ma non ha aggiunto altro. Secondo Silente non ha detto proprio tutto, ma una cosa è certa: Lumacorno non ha idea di quali oggetti Voldemort potrebbe aver usato per nascondervi parti della sua anima ». *3
Regulus imprecò mentalmente. Aveva sperato che Lumacorno potesse dare qualche indizio, almeno uno, e invece niente.
« E adesso Silente cosa pensa di fare? » domandò.
« Non me l’ha detto, ma penso che voglia indagare sul passato di Voldemort. In fondo, lui e pochi altri sanno chi sia stato da giovane, e forse sapere qualcosa sui suoi trascorsi potrebbe aiutarci. Sai, stavo pensando che potrei chiedere a mio padre. Lui ha più o meno l’età di Voldemort, e tu mi hai detto che conosci il suo vero nome, quindi… » *4
« Si potrebbe fare, però cercando di non destare sospetti » commentò Regulus.
Lei annuì e riprese.
« Ah, poi Silente vorrebbe sapere se sei riuscito a ricordare qualcosa che potrebbe condurre ad altri Horcrux ».
Regulus si sedette sul divano, affranto.
« È tutto il giorno che ci penso. Sto cercando di farmi venire in mente qualche ipotesi, ma non ci riesco. Gli Horcrux potrebbero nascondersi in qualsiasi oggetto abbastanza prezioso. Anche se in effetti… »
Regulus estrasse dalla tasca il medaglione, sotto lo sguardo stupito di Rachel.
« Non era a casa tua? »
« Ho chiesto a Kreacher di portarmelo. Volevo esaminarlo un po’. La vedi questa S incisa sopra? Lì per lì non ci avevo fatto caso, ma non ricorda qualcosa anche a te? »
Rachel lo prese in mano, osservando da vicino la decorazione.
« Aspetta… sembra l’iniziale di Salazar Serpeverde! Sulle pareti della nostra sala comune ce ne erano parecchie uguali, o sbaglio? »
Regulus annuì, rincuorato da quella conferma.
« Penso che questo medaglione possa essere appartenuto a Salazar in persona » disse con una certa emozione, rigirandoselo tra le dita. « Questo spiegherebbe perché Tu-Sai-Chi lo abbia voluto proteggere così bene » aggiunse, pensando con un brivido agli Inferi e alla pozione che era stato costretto a bere. « Insomma, è un cimelio storico ».
Era quasi un’eresia pensare di distruggerlo, non poté fare a meno di pensare. Certo, era necessario, ma si sentiva male al solo pensiero di rompere qualcosa che fosse appartenuto al grande Salazar Serpeverde.
« Se è così, secondo me abbiamo fatto un bel passo avanti! » esclamò Rachel, con un tono sempre più ottimista.
« Tu dici? » fece lui, non del tutto convinto.
« Bè, sì » confermò la ragazza, sedendosi accanto a lui. « Questo significa che Voldemort non si accontenta di nascondere la propria anima nel primo oggetto che trova. Cercherà sempre cimeli come questo. E di sicuro non ce ne saranno molti ».
Regulus annuì, sperando che fosse vero. In quel modo, il cerchio si sarebbe ristretto, anche se il vero problema sarebbe stato dove rintracciare tutti gli altri Horcrux e soprattutto scampare agli incantesimi difensivi che vi erano stati installati intorno.
« Credo che stia per tornare mia madre » disse Rachel, controllando l’orario. « Ti conviene mettere via il medaglione e tenerlo alla larga da Sory ».
Regulus lo ripose di nuovo in tasca.
« Hai sentito quello che è successo? Uno dei Consiglieri è sparito nel nulla » disse, ricordando l’articolo sulla Gazzetta del Profeta di quella mattina. In realtà la notizia era stata relegata in un angolino in basso, e quasi nessuno se ne sarebbe accorto. Regulus invece lo aveva notato perché, chiuso in casa senza poter fare nulla, aveva deciso di passare il tempo leggendo per intero tutte le notizie.
« Sì, ed è stranissimo, perché in quel momento noi dell’Ordine stavamo facendo delle ronde, per controllare che le elezioni non venissero sabotate. Il fatto strano è che Edgecombe è stato visto per l’ultima volta al Secondo Livello e proprio lì abbiamo ritrovato Emmeline svenuta. Lei ha detto che non ricorda assolutamente nulla, a parte il fatto che era molto stanca. Però mi sembra strano che sia svenuta all’improvviso, no? »
Regulus non rispose. Sembrava tutto assurdo anche a lui.
« Forse ha visto qualcosa e le hanno modificato la memoria » disse.
« Ma da quando i Mangiamorte si limitano a modificare la memoria? Di solito… »
« Uccidono, lo so » concluse Regulus, improvvisamente colto da un pensiero assurdo. Rachel aveva ragione. Nessun Mangiamorte avrebbe lasciato una probabile testimone in vita. A meno che non si trattasse di uno che, come lui, stava avendo dei ripensamenti e che non voleva più uccidere. Ma nessuno di quelli che Regulus conosceva sembravano intenzionati a cambiare fazione. Solo uno poteva aver voluto lasciare in vita Emmeline…
« Cos’hai? » gli chiese Rachel, interrompendo i suoi pensieri.
« Niente » si affrettò a rispondere lui, incupito.
Il sospetto che Barty fosse coinvolto in quella faccenda stava diventando sempre più una certezza, ma non si sentiva ancora pronto per dire a Rachel che il loro amico era diventato un Mangiamorte. Probabilmente Barty lo odiava per il suo tradimento, ma Regulus non se la sentiva di rivelare la sua doppia identità. E inoltre, si sentiva anche parecchio responsabile: era stato lui ad introdurlo tra i Mangiamorte. Provava a convincersi che lo sarebbe diventato anche senza il suo aiuto, ma quel pensiero non lo consolava.
« Regulus? »
La guardò, incerto se aspettarsi qualche domanda cui non avrebbe voluto rispondere. Ma Rachel sembrava persa nei suoi pensieri.
« Alla fine ho deciso di non dire a Emmeline che sei vivo, almeno per il momento » gli annunciò lei. « Prima ero indecisa, ma dopo averla ritrovata svenuta nel bel mezzo del Ministero ho cambiato idea. Mi sono resa conto che siamo tutti vulnerabili. Chiunque potrebbe essere catturato e costretto a confessare tutti i segreti che ha. Quindi meno persone sanno di te e meglio è. Anche Sirius ha deciso di dirlo solo a James ».
« Basta che Potter non lo dica alla Evans » bofonchiò Regulus.
« Ho chiesto a Sirius di convincerlo a tenere questa cosa per sé, ma si tratta sempre di sua moglie ».
« Non vedo perché lei lo debba sapere, quando l’unica parola che le abbia mai rivolto in vita mia è stata Sang- … insomma, quella lì » disse lui, interrompendosi quando Rachel lo aveva iniziato a guardare male.
« Certe cose non cambiano mai, eh? » fece la ragazza, scrollando la testa.
« Mi sono ribellato al Signore Oscuro, ma adesso non pretenderai che vada in giro a raccogliere firme in favore dei diritti dei Babbani ».
Rachel  ridacchiò.
« Sarebbe divertente. Potresti sempre ispirarti a quel tuo antenato » disse.
Regulus si irrigidì di colpo.
« Di chi stai parlando? »
« Del figlio del Preside Black. Me ne ha parlato Alphard. Ha detto che è stato diseredato perché sosteneva i diritti dei Babbani. Ah - ha! » *5
Di fronte all’espressione divertita della ragazza, Regulus arrossì di colpo.
« Lui non… Alphard si è sbagliato » balbettò, in imbarazzo. « Nella mia famiglia non sono mai esistiti individui del genere » affermò, serissimo, anche se sapeva che lei lo stava chiaramente prendendo in giro.
« Ma quanto te la prendi! Sei incredibile. È sempre uno spasso vederti reagire così! » rise lei, senza riuscire a nascondere un fondo di malinconia. « Mi sono mancati i nostri battibecchi ».
« Abbiamo tutto il tempo per recuperare » rispose lui. « Tanto Silente ha deciso che non potrò uscire di qui ».
Rachel si fece subito seria e gli si avvicinò.
« Mi dispiace vederti bloccato qui ad annoiarti, ma Silente ha ragione. E io ho troppa paura che Voldemort scopra che sei vivo. Non voglio perderti di nuovo ».
« Non preoccuparti, lo so bene. E comunque non mi annoio. Tuo padre ha già deciso che per rendermi utile dovrò aiutare la vostra elfa a fare l’albero di Natale e riempire la casa di decorazioni » disse lui.
Rachel alzò gli occhi al cielo.
« Dovrò fargli un bel discorso, prima che cominci a credere di poterti schiavizzare. Non deve trattarti male ».
« Lascialo fare, in fondo non ha tutti i torti » rispose Regulus, senza aggiungere che in fondo era convinto di meritare quel trattamento. « Sto cercando di recuperare la sua fiducia ».
« Auguri, allora » fu il commento scettico della ragazza.
 
 
Il giorno dopo, quando Emmeline varcò la soglia del quartier generale dell’Ordine della Fenice, era davvero di pessimo umore. Si trattava di una di quelle giornate che avrebbe voluto trascorrere chiusa in casa, piuttosto che uscire. Sfortunatamente per lei, non sapeva ancora che il suo malumore sarebbe stato messo a dura prova fin da subito.
« Ciao, Emmeline! » esordì James, rivolgendole uno strano sorriso tutto denti. « Vuoi sederti? »
« Oh, sì, Emmeline, accomodati pure! » intervenne Sirius, premuroso come non era mai stato con nessuno, eccezion fatta per la sua moto.
« Mi sembri un po’ pallida, cara. Siediti, avanti. Non vorrei che svenissi di punto in bianco! » sghignazzò Fabian.
« Smettetela! » sbottò lei, furibonda, mentre quei tre scoppiavano a ridere.
« Oh, non dovresti arrabbiarti così tanto. Rischieresti di esaurire tutte le energie e crollare a terra da un momento all’altro » le consigliò Gideon.
« Ma insomma, lasciatela in pace » intervenne Dorcas. « È evidente che è stata Schiantata da qualcuno che le ha poi cancellato la memoria ».
« Uffa, volevamo solo divertirci un po’! » protestò Sirius, alzando gli occhi al cielo. Dorcas gli rifilò un’occhiata truce.
Emmeline li ignorò.
« Grazie, Dorcas ».
« Figurati… Non ti ricordi proprio nulla? » le chiese lei, mentre entravano nel salotto.
« No, nulla. L’ultima cosa che ricordo è che mi trovavo in bagno. Poi mi sono ritrovata improvvisamente davanti all’ascensore » raccontò lei, sforzandosi di ricordare e scrollando la testa.
« L’importante è che tu sia ancora viva ».
« Ah, certo. Il problema è che mi sono fatta attaccare alle spalle come una stupida. Che razza di Auror sarò se non so difendermi da sola? »
Emmeline sospirò, nervosa. Quell’incidente che le era capitato le stava facendo venire un sacco di dubbi, primo tra tutti se quel mestiere fosse davvero adatto a lei. I suoi genitori avevano sempre cercato di farle cambiare idea: non volevano che rischiasse la vita contro i maghi oscuri. Però lei era sempre stata convinta di quel che faceva e che i suoi avessero solo paura per la sua incolumità. Ma ora iniziava a pensare di non essere adatta a quel genere di lavoro.
« Stai ancora facendo l’addestramento. È normale non avere esperienza. Non dovresti scoraggiarti » provò a rassicurarla la donna.
« Se lo dici tu… »
« Allora, ci siamo tutti? » ringhiò Malocchio, facendo scorrere l’occhio magico per tutto il salotto. « Dunque, devo dirvi una cosa. Abbiamo saputo che il branco di Lupi Mannari comandato da Greyback ha intenzione di attaccare il villaggio di Drybrook, vicino alla foresta di Dean, durante il prossimo plenilunio, che sarà esattamente il secondo giorno di gennaio. A Drybrook non ci sono maghi da mettere in allerta, perciò dovremo essere noi a respingere l’assalto dei Lupi Mannari, altrimenti ci sarà una strage di Babbani, e soprattutto di bambini ».
Emmeline rabbrividì, e non fu l’unica. Incontrò lo sguardo teso di Rachel, quello angosciato di Peter e quello serio e cupo di Dorcas e capì che tutti quanti erano orripilanti dalla prospettiva di combattere contro un intero branco di licantropi.
« Non siete obbligati a farlo, se non volete » sibilò Malocchio. « Ma se avete aderito all’Ordine della Fenice, è perché non volete che queste cose accadano, perciò mi auguro di poter contare su parecchi di voi. Naturalmente sono escluse Alice e Lily, perché sono in gravidanza, e anche Elphias… Tutti voi altri, non dovete dare subito una risposta. Rifletteteci e fatemi sapere ».
Lo sguardo di Malocchio faceva stare tutti in una situazione di disagio. Lui non si sarebbe mai tirato indietro, ma probabilmente non voleva costringerli a combattere per forza.
« Comunque, nei prossimi giorni imporremo degli incantesimi di protezione nel villaggio, in modo che i Babbani non escano di casa quella notte. Sarete divisi in gruppi, e ogni gruppo si occuperà di una zona. Penso che finiremo in tempo senza problemi ».
Dopo questo, Malocchio li congedò, e tutti uscirono dal salotto senza avere più molta voglia di chiacchierare.
Emmeline aveva già deciso: sarebbe andata a difendere Drybrook.
Forse lo considerava un dovere: si sarebbe sentita troppo in colpa a restare a casa mentre gli altri rischiavano la vita… o peggio, di essere morsi. O forse, era convinta che aiutare quelle persone indifese la avrebbe aiutata a fare chiarezza dentro di sé. Era per quello che aveva deciso di diventare Auror: ritrovare le proprie motivazioni forse la avrebbe convinta a lasciar perdere tutti i dubbi che aveva al momento.
O almeno, era quello che sperava.
 
Al contrario, Rachel non era ancora sicura di cosa fare. L’idea di combattere contro quelle creature della notte la terrorizzava, e non poteva fare a meno di attribuirne il motivo al fatto di essersi già ritrovata di fronte ad un Lupo Mannaro scatenato, circa tre anni prima. I suoi incantesimi non erano serviti a nulla. Lei, Regulus e Barty sarebbero sicuramente morti se non fosse intervenuto un cane misterioso a salvarli.
Che cosa potevano fare contro un branco intero di Lupi Mannari? Era questa la domanda che più le premeva.
Tuttavia cercò di non apparire troppo spaventata, perché tutti gli altri facevano lo stesso, escluso Minus, pensò lei, rifilandogli un’occhiata di disprezzo: da quando la aveva accusata di essere una spia, Rachel non riusciva più a nascondere la propria antipatia nei suoi confronti.
« Che muso lungo ».
Rachel si voltò verso Dorcas, presa alla sprovvista.
« Non è vero che ce l’ho » mentì, cercando di apparire indifferente e fissando qualcosa di indefinito fuori dalla finestra. La luna era già a tre quarti. Mancava poco al prossimo plenilunio.
Poi però si voltò a guardare Dorcas: lei non mostrava mai segni di cedimento. Era la donna più forte che avesse mai conosciuto.
« Come fai ad essere così tranquilla? » le chiese, prima di potersi trattenere. Non poteva più fingere di non avere paura.
L’altra fece una smorfia.
« Non sono affatto tranquilla, però cerco di non farmi dominare dalle emozioni. Di solito cerco di capire bene che cosa mi fa più paura e perché. Poi mi sforzo di trovare delle soluzioni razionali. Ti assicuro che se ti affidi al raziocinio, riuscirai a contenere il panico ».
Rachel non era molto convinta. Dorcas era sempre molto logica e razionale, ma lei non era così.
« Se hai timore dei Lupi Mannari ti capisco, ma cerca di pensare a come si possono sconfiggere. Il vantaggio principale che noi avremo, sarà proprio la bacchetta. Quando sono trasformati, i Lupi Mannari non ragionano né possono fare magie, quindi il modo migliore per batterli è sfruttare questi loro svantaggi ».
« Se lo dici tu… »
Ma in quel momento Rachel si rese conto che ciò che più la spaventava non era tanto la battaglia di Drybrook, quanto il timore di perdere tutto quello che aveva riconquistato a fatica. Ora che aveva di nuovo Regulus, ora che si era lasciata alle spalle il dolore degli ultimi mesi, aveva paura di perdere tutto un’altra volta. Se fosse stata morsa… No, preferiva non pensare ad un’eventualità del genere.
Ma, come se una voce nella testa le stesse rispondendo, si rese subito conto di non potersi tirare indietro per mantenere intatta la stabilità che aveva riacquistato. La guerra andava avanti, la gente continuava a morire, e lei non poteva abbandonare la lotta, anche se questa le avrebbe procurato enormi rischi. Era quello che le aveva detto Silente prima di ammetterla nell’Ordine della Fenice: non doveva combattere per vendetta, ma per creare un mondo migliore, proprio come aveva fatto Regulus.
« No, hai ragione. Grazie, Dorcas » disse, improvvisamente più sicura. « Sono proprio una stupida ».
« Ma no. È normale avere qualche tentennamento, e ti assicuro che non sei l’unica». La donna le si avvicinò, continuando a parlare sottovoce. « Che resti tra noi: io li ho tutti i giorni, ma cerco di non darlo a vedere. Se ti mostri sicura, tutti gli altri si sentiranno a loro volta rassicurati. Il panico purtroppo è contagioso, e bisogna evitare di diffonderlo ».
« Grazie » ripeté lei, sollevata.
« Figurati. Se vuoi un consiglio, tornatene a casa e riposati. Ti farà bene ».
Rachel annuì e la salutò, avviandosi poi verso l’uscita, ignara di ciò che avrebbe scoperto di lì a poco.
L’ingresso era immerso nella penombra, e l’unico chiarore proveniva da una sottile striscia di luce verticale: la porta della cucina era aperta.
Rachel comunque non vi fece caso almeno fino al momento in cui, dopo essersi avvicinata per prendere il mantello, udì alcune voci concitate provenire dall’interno della cucina.
« Non ho nessuna intenzione di andare a combattere a Drybrook e lasciarti da solo con la luna piena, sappilo » stava dicendo James, molto più serio del solito.
« Nemmeno io » confermò Sirius.
« Ma non potete abbandonare gli altri per me! » sussurrò Remus, e Rachel non poté fare a meno di sentirlo, nonostante stesse cercando di infilarsi il mantello nel modo più rumoroso possibile. « Io posso cavarmela da solo ».
« Lunastorta, hai dimenticato che cosa ti succedeva quando eri da solo ad affrontare il tuo piccolo problema peloso? Senza di noi ti farai male ».
« Per una volta non ha importanza. La vostra presenza è più necessaria a Drybrook. Volete che Greyback faccia altre vittime? »
Sirius aveva un tono arrabbiato.
« Codaliscia, diglielo anche tu che non può rimanere da solo ».
Minus stava per rispondere, ma Remus li interruppe, dando un calcio da qualche parte, probabilmente una sedia, pensò Rachel, che non riusciva a smettere di ascoltare quell’insolita conversazione, con una strana sensazione addosso.
« No! Ma non capite? Voi sapete più di tutti gli altri come tenere sotto controllo un Lupo Mannaro. L’Ordine ha bisogno di voi. E io non potrei sopportare l’idea che, per avere qualcuno accanto anche questa notte di luna piena, qualche altro bambino venga morso come è successo a me! »
Rachel trasalì, portandosi subito dopo una mano sulla bocca, mentre le orecchie sembravano essersi riempite di ovatta. Non sentiva più niente, a parte il martellante battito del proprio cuore e un fastidioso fischio alle orecchie.
Senza restare lì un secondo di più, si affrettò ad uscire dalla casa di Dedalus, assicurandosi di non fare rumore.
Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Era assurdo, inconcepibile, impossibile. Non capiva nemmeno che cosa c’entrassero gli altri tre in tutta quella storia, ma a dire il vero non le interessava.
Si diede della stupida per essere rimasta ad ascoltare quella conversazione. Sarebbe stato meglio non saperlo. Com’era possibile?
Ma ora tutto aveva più senso. Le cicatrici, le svariate assenze del ragazzo, il suo perenne star male: era tutto collegato.
Alcuni ricordi le riaffiorarono alla mente di colpo. Lei non aveva mai creduto alle ipotesi di Severus Piton sulle strane assenze di uno dei ragazzi di Grifondoro che tanto detestava: le aveva liquidate con scetticismo, ritenendole assurde e dettate solo dal rancore.
E invece, pensò, lanciando un’occhiata tesa verso la luna, adesso doveva riconoscere di essersi sbagliata.
Remus Lupin era davvero un Lupo Mannaro.
 
 
 
 *1: La Bagnold pensa che Voldemort voglia ancora farla fuori perché non sa che lui ha corrotto e Imperiato parecchie delle sue persone fidate, come ha detto nel capitolo scorso.
*2: Si riferisce al capitolo
47 di "Eroi non si nasce, si diventa", quando Voldemort cerca di ucciderla e Regulus la fa scappare con la figlia neonata!
 *3: Stavolta Silente sa già della sua conversazione con Tom Riddle sugli Horcrux (lo aveva sscoperto Regulus dopo aver sottoposto Lumacorno alla Imperius), quindi stavolta non poteva dare ricordi fasulli.
*4:  Tom Riddle è nato all'incirca nel 1926, Walburga nel 1925, Cygnus nel 1929, quindi  Alphard, che era il fratello di mezzo, deve aver frequentato Hogwarts ai tempi di Tom Riddle
(e per la mia storia pure Perseus, che è coetaneo di Alphard).
*5: Rachel sta parlando del figlio di Phineas Nigellus, che si chiamava a sua volta Phineas, diseredato perché - per l'appunto - sosteneva i diritti dei Babbani O.o

 
 
 
*Angolo autrice*
Perdonate la quantità spaventosa di note, ma erano necessarie, mi sa! Questo capitolo è piuttosto lungo rispetto agli altri, e ci ho messo un bel po' a scriverlo.
Millicent Bagnold l'ho immaginata come una donna molto onesta e giusta, però a tutto c'è un limite, e visto che è una politica, ho voluto renderla comunque molto attaccata alla poltrona.
Drybrook esiste veramente e si trova proprio vicino alla foresta di Dean, dove al momento è accampato il branco di Greyback. E' un villaggio di circa 2.000 abitanti, abbastanza piccolo quindi.
Il 2 gennaio 1980 c'è stata davvero la luna piena! Se qualcuno di voi è pignolo e può trovare utili delle info del genere per le proprie storie, vi indico il sito che ho consultato: Calendario lunare. Voi scegliete l'anno e il giorno, e lui vi dirà tutto sulla situazione della luna in quel momento! Boh, io mi diverto a cercare queste cose inutili, non so voi! XD

Il prossimo capitolo è già pronto, però, visto che da domani inizia il periodo più tosto, lo pubblicherò domenica 13 febbraio. Intanto lavorerò ai capitoli successivi per continuare ad aggiornare abbastanza regolarmente! Mi dispiace se vado un po' a rilento, ma state tranquilli: amo scrivere questa storia, e se solo potessi non farei altro! XD
Spero che questo vi sia piaciuto, comunque! A presto!

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Capitolo 18
*** Macchie che non vengono mai via ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 18
Macchie che non vengono mai via
 
Regulus chiuse il libro con un colpo secco, sospirando e lanciando un’occhiata fuori dalla finestra della stanza che ormai era in un certo senso diventata sua. Aveva la sensazione che la sua mente fosse rinchiusa e costretta dentro una morsa, incapace di giungere a qualche, seppur minima, conclusione.
Aveva letto già parecchi libri su vari oggetti storici o antichi, o almeno quelli che era riuscito a trovare in casa Queen, ma ancora non aveva avuto alcuna illuminazione su quali potessero essere gli altri Horcrux.
Era molto frustrante rimanere lì senza poter fare niente per andare avanti nelle indagini… e quello che gli dava più fastidio era che Silente non gli aveva più fatto sapere nulla. Rachel gli diceva che stava compiendo delle ricerche, ma il Preside manteneva il massimo riserbo, e Regulus non lo trovava giusto. In fondo, era stato lui a raccontargli degli Horcrux. Non poteva lasciarlo all’oscuro di tutto.
Posò il libro sulla scrivania, sbuffando per l’irritazione. Non sopportava essere messo da parte in quel modo. Anche se si era ridotto a dover accettare l’ospitalità dei genitori di Rachel, era sempre un Black, e nessuno poteva trattarlo in quel modo, tanto meno quel furbo di Silente.
Doveva assolutamente distrarsi in qualche maniera, altrimenti sapeva che sarebbe impazzito.
Uscì dalla stanza, diretto verso il salotto, dal quale proveniva la voce agitata di qualcuno. Incuriosito, Regulus entrò, per poi rendersi conto che la voce proveniva dalla radio: Perseus stava ascoltando la radiocronaca di una partita di Quidditch.
Regulus esitò sulla soglia, incerto. In casa c’erano solo loro due: Diane aveva il turno della domenica al San Mungo, e Rachel sarebbe tornata da un momento all’altro, ma intanto lui poteva approfittare della situazione. Da giorni cercava di ristabilire un minimo di rapporto con quell’uomo, ma non ci era ancora riuscito. Il fatto che per riappacificarsi con Alphard gli ci fossero voluti vent’anni non era molto incoraggiante.
Stava ancora fermo sulla soglia, indeciso se andare avanti o tornare indietro, quando Perseus si accorse della sua presenza.
« Ah, sei tu » disse, con poco entusiasmo.
A quel punto, Regulus non poté più evitarlo, ed entrò.
« Che partita è? » esordì. Gli sembrava di trovarsi sui carboni ardenti e temeva che da un momento all’altro Perseus lo avrebbe afferrato e scaraventato fuori dalla stanza.
« Falmouth Falcons contro le Vespe di Wimbourne » rispose quello, laconico.
Regulus deglutì.
« Posso ascoltarla? »
« No ».
Lui chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi e invocare la pazienza. Se fosse stato un altro momento, se ne sarebbe andato, ma adesso non aveva più intenzione di farsi trattare in quel modo. Così, ignorando la risposta di Perseus, si andò a sedere su una poltrona.
Quello gli lanciò un’occhiataccia, ma non disse nulla. Probabilmente non se l’aspettava. Così decise di cambiare strategia.
« Accomodati pure, eh… Che razza di idiota » disse subito dopo, irritato. Regulus lo guardò, perplesso e offeso, ma Perseus lo tranquillizzò. « Mi riferivo al cronista. È spudoratamente dalla parte delle Vespe ».
Il ragazzo annuì. Era un fortuna che Perseus stesse ascoltando la partita: i silenzi imbarazzanti erano riempiti dalle parole del cronista e la sua cronaca poco imparziale dava qualche spunto di conversazione.
« Le Vespe sono in testa! » stava dicendo. « I Cacciatori dei Falcons non riescono a segnare da dieci minuti, grazie ai magistrali Bolidi scagliati dal nuovo acquisto della squadra a strisce gialle e nere, il poco più che ventenne Ludo Bagman. È stato sicuramente un ottimo acquisto… »
« Conosco questo Bagman » disse Regulus, stupito. « Giocava nella squadra di Quidditch di Tassorosso. Aveva un paio di anni più di me ed era molto bravo ».
« Lo sto notando.  È entrato nel Quidditch per professionisti solo un mese fa. È uno dei Battitori più forti del mondo. Per colpa sua, le Vespe di Wimbourne stanno già vincendo il campionato ».
Regulus gemette, contrariato.
Subito dopo, si rese conto che Perseus lo stava fissando, ma lui continuò a far finta di niente, con lo sguardo rivolto alla radio. Pensava che l’altro avrebbe preferito non farsene accorgere.
« Senti un po’, ragazzo » disse invece l’uomo. Regulus non osò distogliere lo sguardo dal suo, stavolta. « Stai ascoltando la cronaca di una partita di cui non ti importa nulla, perché nessuna delle due squadre è quella che tifi tu. Si può sapere cosa vuoi da me? »
Regulus inspirò profondamente, deciso a non apparire più troppo docile come aveva fatto, senza successo, fino a quella sera.
« Vorrei che mi dicesse cosa devo fare per farle cambiare idea su di me, una volta per tutte ».
Perseus aprì la bocca e tacque, rendendosi conto di non sapere cosa rispondere. Non si aspettava quell’improvviso cambio di atteggiamento, ma Regulus lo aveva fatto apposta per spiazzarlo. Irritato, si voltò di nuovo in direzione della radio. I Falcons stavano perdendo, e Regulus notò con preoccupazione che l’uomo aveva i pugni talmente serrati che avrebbe potuto stritolare qualsiasi cosa. Forse aveva esagerato, pensò.
Tuttavia, quando Perseus parlò di nuovo, disse qualcosa che lo sorprese.
« Che vuoi che ti dica? Vuoi che ammetta di aver esagerato qualche volta? O che ti dia una pacca sulla spalla? Oppure che ti ringrazi per aver salvato la vita di mia moglie? Bè, scordatelo ».
Regulus lo guardò, stupito.
« Sta dicendo che, se non fosse per l’orgoglio, lo farebbe? E che non ce l’ha più con me? »
Perseus alzò gli occhi al cielo, sospirando.
« Ora non esagerare. Diciamo che non sento più l’irrefrenabile impulso di ucciderti non appena ti incrocio per i corridoi ».
« Questo mi conforta, ma allora perché continua a trattarmi a pesci in faccia? »
« Semplice, perché mi diverto a terrorizzarti » rispose Perseus con un ghigno.
Regulus non sapeva se offendersi o ridere, ma non fece nessuna delle due cose, perché si era improvvisamente reso conto di somigliare a Perseus molto più di quanto avrebbe mai giurato. In fondo anche lui e Sirius continuavano ad insultarsi a vicenda tutte le volte che si vedevano. Era per gioco, ma soprattutto per orgoglio. Non potevano certo abbracciarsi di nuovo: era successo una volta, ma era stato un evento eccezionale che entrambi erano decisi a non ripetere… e a non farne parola con nessuno.
Si chiese come avesse fatto a non accorgersi che quella di Perseus fosse tutta scena. Eppure Rachel gli aveva detto più volte che suo padre non era affatto terribile come sembrava.
« Comunque non sono terrorizzato » disse, risentito.
« Oh sì, invece. Ora però chiudi il becco e fammi ascoltare la partita. Ecco, tieniti occupato con questa » sbottò Perseus, offrendogli una Burrobirra.
« Grazie » rispose Regulus, ancora frastornato, ma all’improvviso molto più di buonumore.
« Non fare quella faccia. Continuerò a trattarti come ho sempre fatto » lo avvisò Perseus, burbero.
 
Quando Rachel rientrò in casa quel pomeriggio, rimase attonita quando vide Regulus e suo padre ascoltare la partita insieme.
« Non ci posso credere! » non poté fare a meno di esclamare. « Allora è proprio vero che a Natale sono tutti più buoni ».
« Non cantare vittoria troppo presto » l’avvertì subito suo padre. « Il Natale passa in fretta ».
« Ok ».
Rachel andò a sedersi accanto a Regulus, ancora incredula. Quando incrociò il suo sguardo, si sentì all’improvviso liberata da tutto lo stress che aveva accumulato quel giorno.
Per tutta la mattina non aveva fatto altro che crearsi una quantità enorme di problemi, perché non sapeva come gestire la sua scoperta sul fatto che Remus Lupin fosse un Lupo Mannaro. Per il momento aveva deciso di far finta di niente, almeno finché non avrebbe avuto occasione di parlarne col diretto interessato, ma fingere era complicato.
Mentre nella sua testa si svolgevano questi pensieri, rivolse un sorriso rassicurante a Regulus, e lui ricambiò.
Ma subito dopo accadde qualcosa. Il sorriso sul volto del ragazzo si dissolse nel giro di pochi istanti, sostituito da un’espressione tesa e sofferente, mentre lui stringeva i pugni, irrigidendosi.
Rachel cercò di intercettare di nuovo il suo sguardo, che ora sembrava incomprensibilmente vuoto, per capire cosa gli fosse successo, ma Regulus si alzò all’improvviso.
« Scusate, devo andare di là… » bofonchiò, senza riuscire a nascondere il tono cupo con cui aveva parlato.
Perplessa, Rachel lo seguì con lo sguardo mentre usciva dal salotto.
« Che cosa gli è preso? » domandò Perseus, altrettanto dubbioso.
« Non ne ho idea… Vado a vedere come sta ».
La ragazza si alzò, uscendo a sua volta. Lo aveva sentito usare le scale, così salì al piano di sopra, trovandolo nella sua stanza. Era seduto sul letto e teneva le braccia conserte.
« Che ti succede? » domandò lei, entrando nella stanza.
Regulus scosse la testa.
« Niente » rispose in fretta.
Rachel sospirò, esasperata. Ormai sapeva riconoscere una sua bugia ad occhi chiusi, ed era evidente che non stesse affatto bene.
« Ti senti male? »
« No, sto bene » replicò lui, testardo.
La ragazza si sedette accanto a lui, notando il suo sguardo fisso e perso nel vuoto.
« Dimmi che cos’hai » insisté, stavolta con più impeto. Non c’era nulla da fare: per convincerlo non serviva a nulla essere gentili.
Lui sbuffò, a disagio.
« Niente, è passato ».
« È passato cosa? La vuoi smettere di fare il misterioso? »
Regulus la guardò, incerto. Sembrava nascondere qualcosa che lo tormentava, anche se lei non capiva come potesse aver cambiato umore nel giro di qualche secondo, senza che nessuno avesse detto nulla.
Ma infine lui si decise.
Rachel lo guardò sollevarsi la manica e mostrarle il polso sinistro, sul quale era stato impresso a fuoco il Marchio Nero. La ragazza sgranò gli occhi, stupita, mentre un’ansia crescente si impadroniva di lei. Non si aspettava una cosa del genere; era stata presa alla sprovvista.
« È il modo che Tu-Sai-Chi usa per convocare i suoi seguaci. Quando tocca il marchio di un Mangiamorte, quelli di tutti gli altri bruciano, e loro devono raggiungerlo subito » spiegò Regulus, tetro. « L’ho ricevuto quando mi sono unito a loro… »
Lei guardò il serpente che usciva dal teschio, impressionata.
« Quindi è per questo che te ne sei andato. Ti ha iniziato a fare male » sussurrò in un fil di voce.
Regulus annuì.
« Lo odio » disse con rabbia, coprendolo subito dopo.
Rachel aprì la bocca per dire qualcosa che potesse sollevargli il morale, ma non sapeva cosa dire.
« È solo una cicatrice. Ormai non conta più niente… » tentò, ma Regulus scosse la testa.
« Non è solo una cicatrice » disse. Per un attimo diede segno di voler aggiungere qualcosa, ma si trattenne.
« Ti fa tornare in mente brutti ricordi? » lo incoraggiò lei, sapendo quanto fosse difficile per lui dire tutto quello che gli passava per la testa.
Regulus annuì.
« Odio vedermelo addosso » aggiunse. « Ogni volta che brucia, mi ricorda tutti gli sbagli che ho fatto e tutte le persone che ho visto morire. Non lo sopporto ».
Rachel lo prese per mano, cercando di consolarlo. Improvvisamente si rese conto che non era bastato salvarlo dalla caverna per permettergli di lasciarsi alle spalle la sua vita da Mangiamorte. Regulus aveva ancora bisogno di superare i propri sensi di colpa.
« Non devi più pensare a quel periodo. Tu non sei più un Mangiamorte. Pensa a quello che hai fatto per recuperare l’Horcrux ».
Lui però non sembrava affatto convinto.
« Non riesco a non pensarci. Anche se lo vorrei, ogni volta che questo marchio mi fa male, mi ricordo ogni cosa. Penso anche a come sarebbe stato se non fossi mai diventato un Mangiamorte. La mia famiglia non mi crederebbe morto, tu non avresti dovuto affrontare un lutto e non sarebbero successe tante cose che non avrei voluto ».
Rachel non aveva la più pallida idea di come comportarsi per aiutarlo. Aveva paura di dire qualcosa di sbagliato, ma più lo vedeva stare male più desiderava sostenerlo.
« Senti » disse ad un certo punto, prendendo in mano la situazione. « Non ti servirà a niente deprimerti per questo. Hai sbagliato, ma tutti sbagliamo: siamo esseri umani ».
« Ma non dovevo sbagliare! Lo vuoi capire che delle persone sono morte per colpa mia? Pensi che serva a qualcosa cercare di non pensarci? » sbottò lui con un tono più aggressivo del solito. Sembrava arrabbiato, ma con se stesso.
« Hai ragione, non servirà a niente. Ma è inutile anche stare qui a non fare altro che compiangerti. Adesso sei diverso e stai lottando per ciò che è giusto, ed è questo che conta. Devi essere orgoglioso di quello che hai fatto, perché pochi si sarebbero comportati come te ».
Lui non riuscì a non apparire rassicurato da quelle parole, ma era ugualmente giù di corda.
« So che sono cambiato, ma questo segno mi resterà per sempre. Non verrà mai via e continuerà a bruciare » disse, riferendosi sempre al Marchio Nero.
Rachel gli posò la testa sulla spalla.
« Allora vorrà dire che ogni volta ci sarò sempre io a ricordarti chi sei davvero, cioè la persona più coraggiosa che conosca, e che ti ammiro proprio per questo ».
Regulus tacque per parecchi secondi, immerso in qualche riflessione.
« Penserai che sono un ingrato. Tu mi hai salvato la vita, e io sto sempre a lamentarmi per qualsiasi cosa » disse poi.
« No che non lo sei. In fondo non abbiamo mai parlato davvero di come ti senti, ed è anche colpa mia. Forse ero troppo felice del tuo ritorno per pensare ai tuoi rimorsi. Per di più sei chiuso in casa da giorni, senza poter uscire, e mi dispiace. Proverò a convincere Silente a trovare una soluzione, perché non potrai nasconderti per sempre… anche se la vedo difficile. Intanto, lamentati pure. Sono sempre e ancora la tua migliore amica, in fondo, e ti sopporto da otto anni: ormai ci ho fatto l’abitudine » scherzò.
« Molto divertente » rispose Regulus, ironico. Il malumore non gli era passato, ma almeno sembrava meno depresso di prima.
Rachel lo abbracciò, nel tentativo di infondergli tutto il sostegno che poteva dargli. Lui le scostò una ciocca di capelli dal viso, e con quel semplice gesto le fece battere il cuore all’impazzata. Lei si ritrovò a desiderare che quell’attimo non finisse mai. Quando le loro labbra si sfiorarono, per alcuni istanti parve a entrambi che non valesse la pena preoccuparsi d’altro. Era un oblio perfetto.
Ma all’improvviso qualcuno suonò alla porta d’ingresso, rompendo l’incanto.
Rachel sbuffò, maledicendo il tempismo del visitatore.
Anche se vivevano sotto lo stesso tetto, erano pochi i momenti in cui lei e Regulus riuscivano a restare soli, e anche quelle poche volte non potevano mai esagerare perché, se non c’erano Diane e Perseus, ci pensava Sory a controllare la situazione. Rachel sospettava che suo padre avesse dato all’elfa l’espresso ordine di tenerli d’occhio, e poi di riferire a lui: in effetti, Sory aveva preso l’abitudine di spuntare a sorpresa dai posti più impensati.
Così, cercando di ristabilire i regolari battiti cardiaci, tutti e due uscirono dalla stanza e si affacciarono con cautela dalle scale, guardando Perseus avvicinarsi alla porta e chiedere chi fosse. Dopo un po’, l’uomo aprì la porta, lasciando entrare qualcuno.
« Sirius… Che ci farà qui? » chiese Regulus, ostentando molto disinteresse nella domanda, per compensare il tono fin troppo entusiastico che aveva usato all’inizio.
« Sarà venuto per salutarti. Non è così strano, sai? » rispose Rachel, facendo finta di niente.
« Per noi lo è. Comunque starà cercando di nuovo di sapere cosa nascondiamo io e Silente. Ma spreca il suo tempo: non gli parlerò mai degli Horcrux ».
I due ragazzi scesero le scale, raggiungendo Sirius all’ingresso.
« Come mai sei qui? » chiese Regulus, mentre Perseus se ne tornava davanti alla radio.
« Bè, visto che domani è la Vigilia e la festeggerò a casa Potter, ho pensato bene di fare un salto qui per compiere il mio dovere di fratello rinnegato e diseredato e romperti un po’ le scatole » rispose Sirius, rivolgendosi ad un esasperato Regulus con una smorfia beffarda.
« Non avevo dubbi: rompere le scatole è la tua specialità » ribatté l’altro, sarcastico.
Sirius ignorò la frecciata e fece un gran sorriso.
« Non ho disturbato, vero? »
« Oh, no… » rispose Rachel, ironica.
Guastafeste, non poté fare a meno di pensare.
« Perfetto! Puoi uscire in giardino? Devo presentarti qualcuno » disse Sirius, senza far caso al tono di lei, e rivolgendosi al fratello.
« Scherzi, vero? Non avrai portato qualcun altro qui, mi auguro » intervenne la ragazza, allarmata. Sirius mosse la mano come per scacciare un moscerino.
« Non ti agitare, è tutto a posto. Voglio solo farvi conoscere la donna della mia vita » continuò a dire, con una strana espressione.
Sia Regulus che Rachel non poterono evitare di reagire con stupore e scetticismo a quella straordinaria rivelazione.
« Tu? Ci stai prendendo in giro ».
« Certo che no. Puoi uscire in giardino, vero? »
Regulus cercò con lo sguardo Rachel e lei annuì, sospirando: gli incantesimi di protezione si estendevano fino alla palizzata.
Quando uscirono, Sirius indicò loro qualcosa che non somigliava neanche lontanamente ad una donna. E non era nemmeno una ragazza. In effetti, Rachel non riusciva proprio a capire di cosa si trattasse.
« Che cos’è quel mucchio di ferraglia? » domandò Regulus, dando voce alle sue perplessità.
Sirius gemette, indignato.
« Quel gioiellino è la mia vita, quindi vacci piano: non ti permetto di offendere la mia motocicletta » rispose.
Regulus lo guardò come se fosse convinto di avere a che fare con una persona un po’ suonata.
« E che roba è? »
« È un mezzo di trasporto, naturalmente ».
Non appena Regulus intuì che doveva trattarsi di un mezzo di trasporto Babbano, Sirius scoppiò a ridere: in effetti l’espressione disgustata del ragazzo era molto spassosa.
« Così sarebbe questa la donna della tua vita. Mi sembrava troppo strano… » commentò Rachel, ridacchiando.
Il ragazzo fece una smorfia, per poi rivolgersi al fratello con un ghigno.
« Vuoi provarla? »
« Scherzi? Non salirò mai su una cosa fabbricata da Babbani » rispose Regulus, schifato.
« Ma io ho apportato delle modifiche. Adesso può volare » insisté Sirius.
« Niente può essere meglio di una scopa ».
« Non capisci nulla. Rachel, almeno tu provala ».
« Ehm, no grazie. Mentre voi bambini giocate, io andrò a preparare del tè » declinò lei l’offerta. Non si fidava molto di quei marchingegni Babbani, ma soprattutto conosceva troppo bene l’indole scherzosa di Sirius, e preferiva rimanere con i piedi ben piantati per terra, piuttosto che accontentarlo.
La prudenza non è mai troppa, pensò. Soprattutto se hai a che fare con quella peste di Sirius Black.
Tuttavia, si soffermò a vederli chiacchierare dalla finestra della cucina. Le sembrava quasi impossibile che stessero parlando di nuovo, anche se più che altro bisticciavano… ma non era quello l’importante.
Non li aveva mai visti così: quando frequentava Hogwarts, li aveva guardati allontanarsi sempre di più, fino a raggiungere uno stadio in cui non si rivolgevano neanche la parola.
E Regulus, anche se era molto bravo a nasconderlo, non le era mai apparso così contento, nonostante tutto quello che dovevano ancora affrontare.
Ben presto però smise di fare quei pensieri: pochi minuti dopo rischiò di rovesciarsi addosso la teiera bollente quando Sirius accese la moto all’improvviso, e il rombo del motore fece spaventare Regulus così tanto che quest’ultimo continuò a maledire il fratello per i successivi dieci minuti, mentre l’altro lo prendeva in giro senza ritegno, con la sua risata simile ad un latrato.
« Per la millesima volta, non mi sono spaventato » ripeté Regulus poco dopo, quando rientrarono in casa per bere il tè.
« Ah, certo. Sei solo saltato su come un grillo » lo schernì l’altro. « E stavi cadendo a terra per la paura ».
« Non è vero » sbottò lui. « Vado a lavarmi le mani. Che diamine hai messo su quella cosa? »
« È il grasso del motore » rispose l’altro, ridacchiando.
« Che schifo… »
Regulus andò in bagno, bofonchiando tra sé, e Rachel ne approfittò per porgere a Sirius una tazza fumante di tè.
« Sai, è stato molto carino da parte tua venirlo a trovare proprio oggi » disse, dopo averne bevuto un sorso.
Sirius aggrottò la fronte.
« Davvero? Oh no! La mia doveva essere una visita sgradita » si preoccupò.
Rachel alzò gli occhi al cielo.
« Quando la finirete con questa farsa del “non me ne frega niente di lui” saremo tutti più felici. Lui non te lo confesserà mai, ma era un po’ depresso oggi, e gli ha fatto bene rivederti. Quanto a te, lo so che ci tieni, anche se nemmeno tu lo ammetterai mai ».
« Oh, per favore, non dire assurdità » gemette Sirius scuotendo la testa: era chiaramente orripilato.
« Ok, lasciamo perdere… »
Rachel esitò, incerta se rivolgergli la domanda che gli premeva oppure no. Si era decisa a parlarne in seguito, e non con lui, ma non era nella sua natura restare in silenzio quando qualcosa non andava.
Lui si accorse della sua esitazione e ne chiese il motivo.
« Non ti piacerà » rispose Rachel, agitata.
« Parla pure ».
« D’accordo » si decise infine lei, traendo un profondo respiro prima di iniziare a parlare. « L’altra sera stavo per uscire da casa di Dedalus e… bè, mi è capitato di sentire una conversazione tra te e i tuoi amici ».
Sirius s’irrigidì.
« Ah… » fu il suo unico commento. « Hai origliato? »
Lei arrossì.
« Non ho origliato… cioè, non volontariamente. La porta era aperta... Comunque, non è questo il punto » sbottò, nervosa.
« Non c’è nessun punto di cui discutere. Remus è sempre stato quello che conosci, e il fatto che certe notti diventi un po’ diverso non cambia nulla. Gli permette solo di fare da infiltrato nel branco di Greyback ».
Rachel non sapeva cosa dire. Era una situazione molto imbarazzante. Fino a quel momento, gli unici Lupi Mannari di cui aveva sentito parlare erano quelli che attaccavano apposta gli umani, e che vivevano allo stato brado. Non aveva mai saputo dell’esistenza di licantropi come Remus. Ma i fatti le dimostravano che esistevano eccome, nonostante i pregiudizi che lei stessa aveva sempre condiviso con la maggior parte della comunità magica. Evidentemente, i Lupi Mannari pacifici non facevano notizia quanto quelli malvagi.
« Ma come…? » provò a chiedere, ma Sirius la interruppe.
« Se vuoi discuterne, fallo direttamente con lui. È un suo segreto, e io non voglio dirti nulla senza averlo interpellato. Mi dispiace ».
« Hai ragione. Vorrà dire che ne parlerò con lui ».
« Ti chiedo solo un favore: non raccontarlo a Regulus. Sai com’è fatto, e non gradirebbe questa notizia. Se devo essere sincero, non ho voglia di litigare di nuovo con lui, ora che le cose sono vagamente migliorate » aggiunse Sirius, con un tono deciso.
« Va bene » fece Rachel. Poi aggiunse, prima di potersi trattenere: « C’è altro che dovrei sapere? »
Stavolta fu Sirius a tentennare, ma infine rispose con decisione.
« No ».
Ma la sua breve esitazione non riuscì a ricacciare indietro le decine di domande e sospetti che si affollavano nella testa di Rachel, e che esigevano delle risposte.
 


*Angolo autrice*

Ciao a tutti! E' una fortuna che sia riuscita a pubblicare, perché non mi funziona internet senza fili, mentre sul pc fisso sì... bah! -.-"  Per questo non sono ancora riuscita a recensire le storie che qualcuno di voi ha aggiornato, ma lo farò presto!
Il titolo è preso dal capitolo 25 del Calice di Fuoco. E' una cosa che dice Barty/Malocchio a Severus e che mi è rimasta così impressa che quando ho scritto questo capitolo la mia mente l'ha subito ricordata. Per un ex Mangiamorte non deve essere piacevole sentirsi bruciare il Marchio Nero a tutte le ore del giorno.
Avrete notato che Regulus ha avuto una faccia più tosta del solito nell'affrontare Perseus, ma penso che sia normale. Dopo tutto quello che ha fatto nella caverna, il padre di Rachel non lo spaventa più di tanto! XD
Infine, riguardo a Rachel, sto cercando di capire come potrebbe reagire una strega come lei. Da come ne parla Remus nei libri, mi è sempre parso di intuire che a trattarlo bene fossero solo in pochi, mentre anche chi non lo disprezzava aveva una gran paura di lui. E Rachel fino a questo momento fa parte della categoria che si limitava a temere i Lupi Mannari. Comunque, al momento sa contenere le prorpie paure e ragionarci su.
Ora che ho detto tutto, vi do appuntamento al prossimo capitolo, che pubblicherò (a meno che internet non faccia stupidi scherzi) il 28 febbraio.

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Capitolo 19
*** Un Natale diverso ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 19
Un Natale diverso
 
Albus Silente camminava lungo la piazza principale di un villaggio, diretto verso l’unico pub della zona: L’Impiccato. Non erano ancora le sei del pomeriggio, ma il buio era già sceso sulle case che lo circondavano, mentre le nuvole fitte e dense nascondevano la luna alla vista di chi osservava il cielo.
Quando il mago entrò nel locale, percepì subito la differenza col freddo all’esterno. Un vivace fuoco scoppiettava nel camino, e il chiacchiericcio rallegrava l’atmosfera. Le decorazioni natalizie davano un tocco festoso in più.
Gli avventori del pub si voltarono a guardarlo, soffermandosi sulla sua veste da mago con una certa curiosità. Un gruppo di ragazzi sui vent’anni ridacchiò al suo indirizzo.
Silente tuttavia non si scompose e si avvicinò al bancone, ordinando un bicchiere di sherry.
« Ecco » disse l’uomo che lo servì. Aveva gli occhi sporgenti e lo fissava con interesse. « Lei non è di qui, vero? »
« No, sono venuto per… affari » rispose Silente, con gentilezza. Sorseggiò lentamente lo sherry, e decise di approfittare della curiosità che l’uomo dimostrava. « Sto cercando delle informazioni, e spero che lei mi possa aiutare ».
« Dica » fece quello, strofinando un bicchiere con un cencio.
« Conosce per caso qualcuno di nome Riddle? »
Alla parola “Riddle”, qualcuno tossì, soffocandosi con ciò che stava bevendo, altri sobbalzarono sul proprio posto e tutti quanti interruppero immediatamente di fare quel che stavano facendo, voltandosi verso di lui, increduli.
Silente non si aspettava di creare tutto quel putiferio con una semplice domanda, ma mantenne la calma, ringraziando la propria buona stella.
« Riddle? Sta davvero cercando i Riddle? Bè, se proprio vuole trovarli, le consiglio di andare al cimitero. È lì che sono » rispose il barista, scrollando la testa, come se ritenesse Silente un po’ mentecatto. « Sono morti anni fa e in modo misterioso. Ne hanno parlato tutti per un sacco di tempo ».
« Non ne avevo idea. Com’è successo? » domandò Silente, cercando di non apparire troppo interessato. Era partito proprio dal cognome di Voldemort per indagare sul suo passato, e gli unici Riddle di cui aveva avuto notizia erano proprio lì, a Little Hangleton.
« Dot ci lavorava. Perché non glielo racconti, Dot? Ti offro due bicchieri di sherry » disse il barista, rivolgendosi ad una donna seduta poco più in là.
« Sì, Dot, racconta » convenne qualcun altro. Anche i più giovani sembravano interessati all’argomento. Evidentemente, la vicenda dei Riddle doveva essere stata l’unica cosa emozionante che fosse mai capitata in quel piccolo villaggio.
La donna si avvicinò al bancone, un po’ seccata. Doveva aver ripetuto almeno mille volte la sua esperienza.
« Bè, è cominciato tutto quando lavoravo come cameriera dai Riddle » esordì, afferrando un bicchiere pieno e trangugiandolo senza troppo problemi. « Non mi trovavo bene, anche se mi pagavano parecchio. Erano snob e antipatici, non li sopportava nessuno ».
Si fermò, permettendo a qualche uomo più anziano di annuire sonoramente.
« Fatto sta che un giorno sono entrata nel salotto e li ho trovati morti stecchiti, tutti e tre: sia i genitori che il figlio, Tom ».
« Molto interessante » commentò Silente, pensieroso. « Prego, continui pure ».
E la donna continuò a raccontare di come nemmeno la polizia fosse stata in grado di capire come fossero morti, di come il vecchio giardiniere, Frank Bryce, fosse stato accusato di omicidio e scagionato per assenza di prove, e di come tutti nel villaggio sospettassero comunque della sua colpevolezza.
« Lui dice di aver visto un ragazzino straniero aggirarsi intorno a casa Riddle. Balle, dico io. Nessuno ha mai visto nessuno di sospetto, a parte Frank. Era così scorbutico che… »
« Mi perdoni se la interrompo » disse il vecchio mago, incuriosito. « Com’era questo ragazzo? »
Dot fece spallucce.
« Frank Bryce lo ha descritto come un ragazzo dai capelli scuri e dall’aria inquietante, ma non gli creda, cerca solo di sviare i sospetti. Ma tanto lo sappiamo tutti che è stato lui ».
« Per caso potrei parlare con il signor Bryce? »
In molti lo guardarono con perplessità.
« Ma lei chi è, esattamente? Non è che il proprietario non paga le bollette? »
« Proprio così » mentì Silente, assecondandola.
« Ah, lo sapevo! Aveva l’aria dello scapestrato, infatti. Comunque, se proprio ci tiene, Bryce abita ancora a casa Riddle. Strano, eh? La vede quella casa là, in cima alla collina? » disse Dot, indicando un punto imprecisato fuori dalla finestra. « Sta lì. Però non si aspetti un’accoglienza calorosa. Frank è intrattabile da quando è tornato ferito dalla guerra ».
« La guerra cambia tutti, signora » le disse Silente, tranquillo.
« Giusto, l’ho fatta anche io » intervenne un uomo molto anziano, con un bastone poggiato accanto alla sedia. « Se posso dire la mia, lo capisco, Frank. Sarei diventato scorbutico anche io se avessi lavorato tutta la vita dai Riddle ».
« Erano così terribili? »
« Erano i classici nobili con la puzza sotto il naso » intervenne un altro Babbano dall’aria piuttosto schietta. « Peccato che loro viziato figlio li abbia messi in imbarazzo più di una volta! »
Molti ridacchiarono.
« Perché, cosa ha fatto Tom? »
« È scappato per sposare la figlia di quei matti che vivevano in una catapecchia qui vicino, per poi tornare dopo qualche mese. Diceva che la ragazza si era fatta sposare raccontandogli di essere rimasta incinta. Nessuno ha mai capito come abbia potuto sposarla. Era… bè, non si faceva vedere spesso, ma non era una gran bellezza… Brutta, insomma. Doveva essere anche mezza matta. Di sicuro suo padre e suo fratello lo erano. I Gaunt erano completamente svitati ».
Silente faceva fatica a seguire tutti i discorsi, perché nel frattempo molti altri clienti del locale si parlavano uno sopra l’altro, cercando di dire la propria.
Tuttavia continuò a prestare molta attenzione. Aveva trovato tracce di un omonimo di Voldemort, e stava rintracciando collegamenti con una famiglia di svitati… non era la prima volta che i Babbani definivano i maghi in quel modo. E se la ragazza fosse stata davvero una strega? Forse…
« Ci abita ancora qualcuno nella catapecchia dei Gaunt? » domandò, cercando di farsi sentire al di sopra del chiacchiericcio.
« No, sono andati tutti via. Forse sono morti, chi lo sa » rispose Dot, il viso paonazzo: era ormai al sesto bicchiere di sherry e non sembrava più molto lucida.
Anche tutti gli altri non sembravano più interessati, e stavano riprendendo a parlare per conto loro.
« Signori, vi ringrazio. È stato un piacere fare questa chiacchierata. E buon Natale a tutti » li salutò Silente, assicuratosi ormai di non avere più nulla da sapere. Pagò il barista con monete babbane e si diresse verso la porta.
Uscì come era entrato, lasciando dietro di sé parecchi sguardi perplessi, e si diresse verso la grande casa in cima alla collina.
 
 
Uno stuzzicante profumo di arrosto proveniva dalla cucina della casa in cui vivevano i Potter, e si diffondeva lentamente in tutte le stanze adiacenti, facendo venire l’acquolina in bocca ai quattro ragazzi che, in salotto, chiacchieravano accanto all’albero di Natale.
« Non ha cucinato Lily, vero? »
Sirius non era riuscito a trattenersi e, preso in disparte James, aveva dovuto domandarglielo per forza. Ne andava della sua salute, mentale e soprattutto fisica.
« Perché me lo chiedi? » fece James, anche se conosceva benissimo il motivo, ma si divertiva a fingersi indifferente.
« Perché se avesse cucinato lei, sarebbe già tutto bruciato, e tu mi avresti già mandato a rapinare la rosticceria sotto casa mia, per recuperare qualcosa di commestibile per questo cenone della Vigilia » rispose Sirius, cercando di parlare a bassa voce, affinché Lily, intenta ad apparecchiare, non sentisse.
James sghignazzò.
« Mi chiedo come tu abbia fatto a indovinare » rispose, ironico. « Ha cucinato tutto Bathilda. È stata così gentile che ha voluto preparare tutto lei. Secondo me è matta, ma ha detto che ne sarebbe stata felice ».
« Chi è Bathilda? »
« Bathilda Bath. Vive qui vicino » rispose James, indicando l’angolo della strada fuori dalla finestra.
« Ne so quanto prima ».
« Non dirmi che il suo nome non ti dice nulla » intervenne Remus, con un’espressione sarcastica dipinta sul viso. « Ha scritto il nostro libro di Storia della Magia ».
« Oh, quella! Ma pensa un po’. Mi sarei aspettato che fosse morta dalla noia, dopo aver scritto quel noiosissimo libro ».
Peter ridacchiò, mentre Remus inarcava il sopracciglio con aria esasperata.
In quel momento tuttavia si udì la voce di Lily provenire dalla cucina. Aveva un tono piuttosto stridulo.
« Qualcuno mi dà una mano ad apparecchiare, o devo fare tutto io? »
« Vengo io » si offrì Peter, impressionato.
Da quando era incinta, Lily era molto più nervosa del solito. James era fermamente convinto che lo facesse apposta, per avere la scusa di arrabbiarsi tutte le volte che voleva, ma Peter non voleva verificare questa sua teoria. Così corse immediatamente fuori dal salotto, lasciando soli gli altri tre, che ripresero un discorso che avevano iniziato alcuni minuti prima.
« Sirius? Rachel come ha reagito quando ha scoperto quello che sono? » chiese Remus mentre James, che fino a quel momento aveva sistemato con amorevole cura i regali sotto l’albero di Natale, si bloccava di colpo.
« Abbastanza bene. Insomma, non ha fatto scenate. Gli sei simpatico, perciò era solo molto scioccata. Ma ho paura che possa sospettare delle nostre uscite serali dalla Stamberga Strillante. Se capisse che eri tu quel Lupo Mannaro che l’ha quasi morsa, non so se reagirebbe così bene » ammise Sirius, sospirando.
Remus si incupì.
« Sapevo che prima o poi l’avrebbe scoperto ».
Sirius e James si lanciarono un’occhiata preoccupata, mentre l’altro rifletteva ancora.
« E so che presto capirà che ero io quel Lupo Mannaro, sempre se non l’ha già intuito. Tanto vale che glielo dica io stesso » sibilò a denti stretti.
Loro lo fissarono con la stessa espressione che avrebbero potuto usare se la McGranitt e Gazza si fossero messi a ballare insieme al ritmo del Rock’n Roll.
« Ma sei matto?! »
« Tanto lo indovinerà anche da sola, non è stupida. Quanti Lupi Mannari potevano esserci nello stesso momento dalle parti di Hogsmeade? Anzi, spero proprio che lo capisca, perché sono anni che non vedo l’ora di liberarmi di questo peso ».
« Sì però, se puoi, evita di raccontarglielo. Ti metteresti nei guai con Silente… »
« State tranquilli. Qualunque cosa succeda, non le dirò che siete Animagi… »
« Non è questo che ci preoccupa. Davvero, Remus, non dirglielo » insisté James.
« Va bene, non le dirò nulla, a meno che lei non sospetti di me » decise Remus, sospirando. Rimase in silenzio per alcuni istanti, e poi aggiunse: « Comunque, Sirius, c’è una cosa che non capisco. Quando ne avete parlato? Ieri avevi detto che saresti andato a farti un giro in moto ».
Quell’affermazione fu seguita da un brevissimo silenzio, ma talmente teso che Sirius per alcuni istanti non seppe cosa rispondere. Agitato, si rese conto di non essere abituato a mentire ai suoi amici, e questo non era un bene. Non doveva fargli sapere di essere andato a trovare suo fratello, che per giunta era vivo. Poteva percepire lo sguardo fisso di James, che stava fischiettando una musica natalizia per rompere un po’ il ghiaccio.
« L’ho incontrata per caso e mi sono fermato a parlarle » mentì.
Remus dovette percepire la sua esitazione, ma non lo diede a vedere.
« D’accordo… Comunque, vado ad aiutare Lily e Peter » annunciò, senza scomporsi.
Con un certo nervosismo, Sirius notò che l’amico sembrava piuttosto abbattuto, anche se il suo scarso entusiasmo poteva essere dovuto alla luna piena che si avvicinava o dal timore di essere stato scoperto; o almeno era quello che Sirius sperava.
Quando Remus uscì, il ragazzo sospirò, incrociando poi lo sguardo pensieroso di James.
« Senti » esordì quest’ultimo, smettendo di poggiare l’orecchio sui regali, nel vano tentativo di scoprire che cosa vi fosse sotto la carta. « Sei proprio sicuro di non volergli dire di Regulus? »
Sirius incrociò le braccia, sbuffando.
« Ne abbiamo già parlato. Remus trascorre un sacco di tempo con gli altri Lupi Mannari. Quanto a Peter… bè, è meglio non dirglielo. Potrebbe essere pericoloso fargli sapere certe cose… »
« Ma è pericoloso anche se le so io, no? Se i Mangiamorte mi catturassero, potrebbero scoprirlo lo stesso » insisté James.
« Lo so, ma è meglio ridurre i rischi al minimo. Sai che non faccio sempre quello che dice Silente, ma stavolta ha ragione lui ».
« Come vuoi » sospirò l’altro, anche se non sembrava molto convinto. Doveva costargli molto tacere con Remus e Peter, ma soprattutto con sua moglie.
« A proposito, grazie per aver deciso di non dirlo a Lily ».
James fece un ghigno nervoso.
« Bè, in fondo non è così difficile. Non è un argomento di cui parla spesso e, al massimo, si interessa a come stai tu ».
« Meglio così ».
James gli si avvicinò, ma Sirius già sapeva dove volesse andare a parare.
« Allora, come è andata, ieri? » chiese infatti il primo.
« Bene, anche se la moto non gli è piaciuta » rispose Sirius, fingendosi indifferente. « Dice che preferisce le scope ».
« Ma ha ragione! Niente può battere una scopa… » commentò James divertito, per poi aggiungere, non appena notò l’espressione risentita dell’amico: « Però la tua moto è davvero forte! Ti ricordi quando siamo stati fermati da quei due poliziotti Babbani, l’anno scorso? È stato uno spasso! »
Sirius sghignazzò al solo ricordo. Come membri dell’Ordine della Fenice, era loro compito e obiettivo principale difendere i non maghi, ma doveva ammettere che a volte era divertente prenderli in giro.
« È cambiato parecchio » disse ad un certo punto, e James tacque immediatamente, capendo subito che si stesse riferendo a Regulus. « Anzi no, è sempre il solito Purosangue razzista, però devo ammettere che è molto meno idiota di prima ».
« Visto che ha lasciato i Mangiamorte, mi sembra più che ovvio, no? Pochi di loro avrebbero voltato le spalle a Voldemort, te lo assicuro ».
James guardò l’amico, e la memoria gli tornò ai giorni successivi alla scomparsa di Regulus. Sirius era stato talmente male che nemmeno lui era in grado di sapere cosa dire per consolarlo. Si era sentito del tutto impotente, cosa che considerava intollerabile.
Fino a che avevano frequentato Hogwarts, era sempre riuscito a fargli passare il malumore causato dai vari e frequenti litigi col fratello, proponendogli qualche nuovo scherzo, ma quando si era diffusa la notizia della morte di Regulus, Sirius aveva perso gran parte dell’entusiasmo di prima. Continuava sempre a fingere il solito distacco, ma non riusciva ad ingannare chi lo conosceva bene.
Ora però era cambiato tutto, e Sirius sembrava avere riacquistato la vitalità di sempre, e anche qualcosa in più. James non aveva mai creduto al disprezzo e all’indifferenza che l’amico aveva sempre ostentato nei confronti di Regulus. Per lui era evidente quanto quella situazione lo avesse fatto soffrire, anche se Sirius reagiva sempre con rabbia o distacco.
Ma, ora che aveva provato cosa significasse provare il rimpianto e il rimorso di non aver fatto abbastanza per evitare la rovina del fratello, Sirius stava cercando di recuperare. E ci stava riuscendo, a quanto pareva.
« Non avresti mai immaginato di trascorrere un Natale tranquillo, vero? » fece James.
Sirius annuì.
« Già. Pensavo che sarebbe stato il peggior Natale della mia vita… e non è che ne abbia passati molti allegri, a parte quelli trascorsi a casa tua ».
James tacque per alcuni istanti, riflettendo sulla cosa migliore da dire in quel momento.
« Felpato? » lo chiamò infine, assestandogli una fraterna pacca sulla spalla. « Sono contento per te ».
Sirius gli lanciò un’occhiata riconoscente, e continuò a fissarlo. James fece altrettanto, e un silenzio teso cadde nella stanza. Continuarono a fissarsi, finché Sirius non riuscì più a resistere e si esibì in una smorfia disgustata, condita da un verso altrettanto schifato.
« Ah-ha! Ho vinto di nuovo! » esclamò James, alzando il pugno in segno di trionfo. « Non mi batterai mai! Sei negato nella gara a chi fa lo sdolcinato più a lungo! »
 
 
« Buon Natale! » esclamò Alphard, gioviale. « Sei stranamente in ritardo ».
Regulus fu colto di sorpresa, e lo fissò per alcuni istanti, senza poter credere ai propri occhi.
« Che ci fai tu qui? » chiese, frastornato.
« Ho mandato Sory a prenderlo, per farlo Materializzare direttamente qui senza fargli correre pericoli » disse Rachel, rivolgendosi al ragazzo, che era ancora sorpreso per la presenza inaspettata dello zio. « Abbiamo pensato che avrebbe fatto piacere a tutti e due cenare insieme a Natale ».
« Grazie » fece Regulus.
« L’idea è stata di mia figlia » rispose Perseus, che sembrava tenere molto a specificarlo.
« Non è vero » bisbigliò lei, quando suo padre fu a debita distanza. « Ci ha pensato lui per primo ».
Alphard sorrise, ma fece finta di nulla quando Perseus tornò a guardare nella loro direzione.
Regulus si trattenne, ma dentro di sé era contentissimo di festeggiare il Natale insieme a suo zio. Non gli sembrava vero.
« Come te la passi? » gli chiese Alphard, arrancando accanto a lui, mentre si dirigevano verso la sala da pranzo, al cui centro stava una tavola apparecchiata per cinque. « So che finalmente ti sei chiarito con Sirius ».
« Abbastanza » fece Regulus senza sbilanciarsi troppo, e l’altro rispose con un sorriso.
Regulus lo guardò. Anche se sembrava decisamente più sereno di quando era andato a trovarlo a casa sua, pochi mesi prima, Alphard non sembrava godere di un’ottima salute.
« Tu come stai? » chiese, cercando di non sembrare troppo apprensivo.
« Sto bene. Certo, non è proprio il massimo del divertimento rimanere chiusi in casa per forza, ma sto bene ».
Alphard aveva sempre avuto il vizio di minimizzare qualsiasi problema lo riguardasse; non gli piaceva mostrarsi troppo debole. Ma Regulus non poté fare a meno di sentirsi preoccupato. A differenza della maggior parte dei maghi, i Black non erano mai stati molto longevi. Alphard aveva solo cinquantadue anni, ma Regulus pensò a suo padre e a suo zio Cygnus, entrambi morti quando ne avevano appena compiuti cinquanta.
« Ti senti bene? » gli chiese all’improvviso lo zio, facendolo riscuotere da quei pensieri.
« Sì, scusa, mi ero distratto un attimo » farfugliò il ragazzo, chiedendosi che cosa gli stesse accadendo. Non era normale mettersi a fare certi pensieri in una situazione rilassata e festosa come quella. Non riusciva a capirne la ragione, ma percepiva un peso opprimente che gli si chiudeva intorno alla testa, come se una voce incorporea lo stesse avvisando, prospettando scenari tragici e disastrosi.
Perplesso e confuso, seguì le indicazioni di Diane e si sedette a tavola accanto ad Alphard e di fronte a Rachel. Non era proprio il momento di farsi assalire dalla depressione, soprattutto se immotivata, si disse, cercando di scrollarsi di dosso tutti i pensieri negativi.
Perseus e Alphard stavano commentando la partita del giorno prima, e solo Diane, per sua sfortuna, non sembrava particolarmente interessata all’argomento.
« Mi dispiace deludervi, ma Bagman è veramente bravo » intervenne Rachel, perché gli altri due sembravano molto propensi a giudicarlo dotato della tipica fortuna del principiante. « Vero, Regulus? Ci lanciava certi Bolidi, durante le partite contro Tassorosso… Alla fine però chiedeva sempre scusa, ed era così allegro che non riuscivamo mai a tenergli il broncio ».
« Io in realtà lo fulminavo con lo sguardo ogni volta » specificò Regulus. « È un tipo irritante ».
« A me sembra simpatico » commentò Alphard.
« Appunto. Lo è troppo, e in modo esagerato ».
« A proposito di giocatori di Quidditch » intervenne Diane. « Lo sapete che il Portiere della nazionale irlandese è stato ricoverato al San Mungo? »
« Davvero? »
« Oh sì » confermò lei. « Qualche avversario deve avergli fatto uno scherzo, perché aveva le braccia scambiate con le gambe. Che scherzo idiota » commentò infine, scuotendo la testa.
Regulus rise insieme agli altri, provando a immaginare come doveva essere ridotto il giocatore irlandese, ma dopo pochi istanti si interruppe, scoprendo di non essere in grado di divertirsi.
E come avrebbe potuto farlo? Mentre lui festeggiava il Natale, sua madre era a Grimmauld Place, con la sola compagnia di un elfo domestico, e per giunta credeva che suo figlio fosse morto.
Al solo pensiero, Regulus non ebbe più voglia di mangiare. Si sentiva malissimo, molto peggio delle altre volte in cui aveva fatto quei pensieri.
Non riusciva a contrastare quella malinconia, ma non voleva neanche farla pesare sugli altri. Per questo, quando Rachel gli lanciò uno sguardo, tentò di sembrare divertito dalla conversazione, augurandosi con tutto il cuore che questa fosse allegra, e di ricacciare indietro la tristezza che lo opprimeva.
In effetti, pensò, era da parecchi giorni che covava quel male interiore che sembrava volerlo trascinare in un baratro di disperazione. Le sue notti erano piene di incubi, e di giorno veniva assalito da un’angoscia indistinta. Non poteva trattarsi solo di normale depressione. Doveva esserci per forza un altro motivo. Ma quale?
Istintivamente, infilò in tasca la mano, che andò a chiudersi intorno al medaglione. Lo teneva sempre con sé e, a dire il vero. Non se ne separava mai perché non si fidava a lasciarlo incustodito, dopo tutto quello che gli era costato recuperarlo.
Ora che ci pensava, si sentiva in quel modo proprio da quando aveva iniziato a tenere l’Horcrux sempre con sé. In fondo era magia oscura, e forse influiva sull’umore di chi vi rimaneva troppo a contatto.
Doveva trovare al più presto una soluzione. Se solo Silente si fosse fatto vivo, forse avrebbero potuto distruggerlo, prima che quell’Horcrux lo facesse impazzire.
Regulus ritrasse la mano dalla tasca e cercò di recuperare il filo del discorso che, nel frattempo, era andato avanti. Alphard e Perseus si erano lanciati in nostalgiche rievocazioni della loro giovinezza, e Rachel sembrava aver scoperto qualcosa di cui non era a conoscenza.
« Non mi avevate mai detto che vi siete conosciuti grazie ad Alphard » disse la ragazza, rivolgendo un’occhiata indispettita ai propri genitori. « Perché non ci raccontate com’è andata? »
« Non è così interessante » cercò di svicolare Perseus. « E poi a Regulus non interessa. Vero? »
Regulus, non ancora del tutto presente, aveva sentito solo il proprio nome e “interessa”.
« Sì, mi interessa » rispose, stupendosi poi dell’occhiata risentita che Perseus gli rifilò. Qualcosa gli diceva che “sì” non era la risposta che avrebbe dovuto dare.
« Non te la prendere, è più imbarazzante per me che per te » intervenne Alphard, nel tentativo di salvare suo nipote.
« Infatti » confermò Diane, schiarendosi poi la voce e rivolgendosi a Rachel e Regulus. « Dovete sapere che all’epoca avevo appena iniziato il mio apprendistato come Guaritrice e proprio in quei giorni Alphard era stato ricoverato al San Mungo per lesioni da incantesimo ».
Regulus guardò lo zio, improvvisamente molto più attento.
« Cosa ti era successo? » chiese.
Alphard fece un sorriso imbarazzato.
« Ecco, diciamo che mi ero cacciato in un bel guaio. Il giorno prima avevo chiesto di uscire ad una ragazza, e lei aveva accettato, ma si era ben guardata dal dirmi di essere già fidanzata. Se lo avessi saputo, non la avrei mai invitata. Comunque, sono stato talmente fortunato che nel bel mezzo dell’appuntamento abbiamo incontrato il suo fidanzato, che per di più era un campione di duello... »
« E infatti l’ha ridotto malissimo » commentò Diane, mentre gli altri ridacchiavano. « Visto che era un mio paziente, ho conosciuto Perseus quando è andato a trovarlo. In realtà è stato l’unico ad andarlo a trovare… »
« Sì, devi considerare che il campione di duello era anche un Purosangue, quindi i miei parenti hanno preferito fingere che non esistessi. Non volevano essere coinvolti nella pessima figura che avevo fatto ».
Regulus e Alphard si scambiarono un’occhiata divertita, immaginando le reazioni della famiglia Black a quella notizia.
« E poi com’è andata? » chiese Rachel, curiosa.
« All’inizio andava male. Tuo padre era così timido che quando c’ero io non riusciva neanche a parlare » disse Diane, mentre Perseus cercava di minimizzare, ma il suo volto era già viola per la vergogna. « Si comportava in un modo così bizzarro che ormai ero convinta che mi odiasse, anche se non ne conoscevo il motivo ».
« Io invece avevo capito tutto » aggiunse Alphard, « e ho trascorso tutto il periodo in cui sono stato al San Mungo a cercar di convincere Perseus a rivolgerle la parola ».
Regulus si sforzava di non ridere come invece stava facendo Rachel, senza alcun pudore, altrimenti Perseus lo avrebbe ucciso. Lui stesso poi non poteva proprio parlare, visto che aveva impiegato cinque anni per accorgersi di Rachel, e un altro anno per decidersi a invitarla a uscire.
« Alla fine ho deciso di prendere in mano la situazione. Ho detto a lui che Diane lo aspettava nella sala da tè del San Mungo, e viceversa. Naturalmente era una bugia, però li ho fatti incontrare. E ha funzionato ».
« Papà, ma eri un disastro! » esclamò Rachel.
« Grazie » bofonchiò lui, risentito.
Per togliere d’imbarazzo suo marito, Diane cambiò completamente discorso.
« Regulus, caro, vuoi una seconda razione di pollo? »
« Sì, grazie » rispose lui.
Quella cena di Natale era diventata un’occasione per ricordare il passato, e il fatto che Alphard e Perseus non parlassero della loro gioventù da parecchio tempo contribuiva molto a rendere accesa la conversazione.
Regulus fu molto contento di ascoltare i loro racconti, prima di tutto perché non li aveva mai sentiti prima, ma anche perché in quel modo riusciva a dimenticare per un po’ i suoi problemi.
Inoltre l’atmosfera che si respirava in quella stanza era estremamente serena, e lui dovette ammettere di non esserci abituato. A casa sua nessuno aveva mai scherzato così tanto durante le cene natalizie. Si prestava sempre più attenzione all’etichetta che a creare un’atmosfera calorosa. Anche Alphard era diverso; sembrava molto più a suo agio di quando si trovava insieme agli altri Black.
Né Regulus né Rachel parlarono molto, quella sera: preferirono ascoltare quello che gli adulti raccontavano.
Scoprirono che la generazione di Perseus e Alphard aveva avuto il privilegio – se proprio si poteva definire tale – di conoscere il professor Rüf quando era ancora vivo; ritrovarselo in aula sotto forma di fantasma senza alcun preavviso era stato uno shock quasi per tutti, e per l’intera durata della lezione, erano stati indecisi se informare il professore della sua nuova condizione oppure no, perché sembrava che lui non se ne fosse neanche accorto.
Infine era stato proprio Alphard a provarci, anche se non era ancora del tutto sicuro che Rüf avesse davvero capito il significato della frase: « Signore, non so come dirglielo, ma… non si sente un po’ alleggerito? »
Raccontarono anche del campionato di Quidditch della loro epoca, e degli scherzi che facevano ai giocatori di Grifondoro, e viceversa.
Regulus scoprì che, a parte la sua timidezza nei confronti della futura moglie, Perseus non era stato affatto un ragazzo docile: era molto introverso e diffidente, ma non si faceva mettere i piedi in testa facilmente, ed era molto abile nello scagliare fatture.
Regulus annotò mentalmente l’informazione: era certo che gli sarebbe tornata utile.
Ma se aveva pensato che quella conversazione sarebbe filata liscia come l’olio, presto capì di essersi sbagliato.
Arrivati al momento del dessert, Regulus stava sorseggiando del vino, quando le sue orecchie percepirono uno stralcio del discorso, e una parola in particolare lo colpì all’improvviso, come se una freccia fosse appena passata sibilando a pochi millimetri da lui. Ne fu talmente sconvolto che rischiò di farsi andare il vino di traverso, e cercò di trattenere la tosse.
« Riddle? » ripeté, interrompendo il discorso. Non poteva credere alla propria fortuna: aveva intenzione di parlarne, ma non aveva la più pallida idea di come intavolare la conversazione senza destare sospetti. « Lo conoscevate? »
Il suo battito era accelerato, e lanciò a Rachel un’occhiata di avvertimento, che lei ricambiò senza capire.
« Sì, perché? » chiese Alphard, perplesso.
Regulus cercò di calmarsi e di trovare un modo per dirottare il discorso proprio su Riddle.
« Ce ne ha parlato spesso il professor Lumacorno » buttò lì, mentre sul viso di Rachel improvvisamente si disegnava un’espressione consapevole. Fu un miracolo se si trattenne dal lanciare qualche esclamazione di stupore.
« Sì, è vero » confermò lei. « Era al vostro anno? »
« No, era di un anno più grande » rispose Perseus, pensieroso. « Era anche lui un Serpeverde ma non facevamo parte della sua cerchia. Però ricordo che era il cocco dei professori ».
« Se lo meritava. Era lo studente migliore di quel periodo » aggiunse Alphard. « Chissà che fine ha fatto, a proposito ».
Regulus cercò di restare indifferente. Se avessero saputo che quel Tom Riddle era niente meno che Voldemort…
« Perché, è sparito? » insisté Rachel, decisa a saperne il più possibile.
« Sì, dopo aver finito Hogwarts non si è più fatto vivo. E dire che aveva le capacità di diventare Ministro della Magia. Invece girava voce che fosse finito a lavorare come commesso da Magie Sinister. Ed era strano per una persona ambiziosa come lui ».
Regulus e Rachel si scambiarono un’occhiata perplessa. Voldemort che lavorava da Magie Sinister? Era assurdo, e non aveva senso.
« Ma perché vi interessa tanto? » chiese Diane, e di colpo i due ragazzi si fecero rigidi sulle sedie.
« Ehm… semplice curiosità » mentì Rachel.
« Lumacorno diceva che aveva vinto un’onorificenza speciale, ai suoi tempi » ribatté Regulus, per mantenere il discorso su quell’argomento.
I due uomini si guardarono con aria perplessa.
« Questo non lo sapevamo » risposero, ma improvvisamente Regulus non li stava più ascoltando.
Il suo cuore aveva iniziato a battere all’impazzata e, nel silenzio ovattato che aveva invaso le sue orecchie, poteva quasi percepire un altro battito, quello metallico proveniente dall’Horcrux nella sua tasca.
Una sequenza di immagini estratte da cassetti remoti della memoria gli si svolse nella mente, mostrandogli immagini che credeva di aver dimenticato: un Encomio Speciale per servigi resi alla scuola, la Sala dei Trofei, due ragazzi che nel cuore della notte estraevano da un nascondiglio nella parete un diario vuoto, appartenente a Tom Riddle…
Regulus ebbe la sensazione di non avere più fiato. Non aveva più pensato a quel diario nascosto senza un motivo dichiarato. Ma se Voldemort teneva così tanto a quell’oggetto apparentemente inutile, ciò significava che doveva essere importante, molto importante, e forse…
Fu come se avesse ricevuto una potente martellata in testa. Tutto l’entusiasmo svanì non appena si rese conto di ciò che aveva fatto.
Se quel diario era un Horcrux, se lo era davvero, Regulus si sarebbe maledetto per il resto della sua intera esistenza. Perché, pensò, impallidendo vistosamente, era stato proprio lui a consegnarlo dritto nelle mani di Rabastan Lestrange.
 
 
*Angolo autrice*
Povero Perseus, l'ho proprio preso per i fondelli stavolta, ma la cosa mi divertiva troppo per non inserirla! XD Un po' di chiacchiere inutili e rilassate ci volevano, considerando quello che è successo e che succederà... La mia vena sadica sta fremendo e non vede l'ora di tornare in azione ù.ù
Spero che la prima parte non vi abbia annoiati. Ero incerta se tagliarla o no, perché in fondo sapete già tutto sui Riddle e i Gaunt, ma alla fine ho deciso di lasciarla.
Non faccio commenti sulla seconda scena... -.-" L'ho promessa a certe persone di mia conoscenza, a cui la dedico (contente, adesso? -.-"), ma ora mi ci vorranno altri dieci capitoli per disintossicarmi
dalla presenza di quello là... Fan di Potter, godetevelo perché non avrete molte altre occasioni di vederlo così tanto. >.<
Lo so che avevo detto che ci sarebbe stata una scena con i Prewett, ma alla fine ho dovuto tagliarla perché non c'entrava nulla. Mi dispiace per quelli a cui l'avevo promessa; sarà per il prossimo Natale! =(
Infine, può sembrare strano che Alphard e Perseus, che all'epoca dell'apertura della Camera dei Segreti erano studenti, ignorino tante cose, ma sono arrivata alla conclusione che nessuno sapesse bene cosa fosse accaduto. Mi sono basata sulle parole di Tom Riddle:

"Certo che so della Camera dei Segreti. Ai miei tempi ci dissero che era una leggenda, che non esisteva. Ma era una bugia. Quando frequentavo il quinto anno, la Camera venne aperta, il mostro aggredì molti studenti e alla fine ne uccise una. Io presi la persona che aveva aperto la Camera e questa fu espulsa. Ma il professor Dippet, il Preside, vergognandosi che a Hogwarts fosse accaduta una cosa del genere, mi proibì di raccontare la verità. Fu messa in giro la storia che la ragazza era morta in un misterioso incidente. A me, per il disturbo, fu consegnato un bel trofeo lucente tutto istoriato, e mi fu intimato di tenere la bocca chiusa. Ma sapevo che la cosa avrebbe potuto ripetersi. Il mostro rimase in vita e l'unica persona dotata del potere di liberarlo non fu messa in prigione." (HP2)

Se quanto scritto sopra non è una balla completa (ma in questo caso penso di no, escludendo ovviamente la parte su lui e Hagrid), allora nessuno degli studenti sapeva che Tom avesse fatto espellere Hagrid né che quest'ultimo fosse ritenuto responsabile dell'apertura della Camera, che anzi tutti alla fine considerarono una leggenda. Probabilmente la sua espulsione fu giustificata da un'altra accusa, e in fondo non tutti erano tenuti a conoscerne il motivo.
Alla fine, Regulus ricorda quello che è successo nel capitolo 37 di "Eroi non si nasce, si diventa" (sapevo che mi sarebbe tornato utile! ^^) Il recupero del diario non avverrà subito (prima devo concludere la battaglia coi lupi mannari) ma sarà la prossima mossa, idee improvvise a parte.

Bene, anzi male: domani avrò l'ultimo esame ma poi finalmente sarò libera! *_______* Pubblicherò il prossimo capitolo domenica 13 marzo.
Bye bye!

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Capitolo 20
*** Il segreto di Remus ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 20
Il segreto di Remus
 
« Angus? »
Remus vide Timothy avvicinarsi con cautela, i capelli rossi e disordinati che gli coprivano perennemente gli occhi.
« Ciao Tim. Non sarà il caso di tagliare questa frangia? Non capisco come tu faccia a vedere dove metti i piedi » disse, fingendosi tranquillo e sereno.
« In realtà mi serve per allenarmi » rispose il bambino, alzando la testa e facendo spallucce. « Sono un lupo mannaro, no? Devo sviluppare gli altri sensi, oltre alla vista. Greyback dice che noi siamo di gran lunga superiori agli umani, proprio perché per cacciare ci serviamo dell’udito e dell’olfatto, mentre loro si affidano solamente agli occhi. Perciò è facile coglierli di sorpresa ».
« Ehm, sì, in effetti è così… » rispose Remus, cercando di nascondere l’angoscia che provava.
Non poteva sopportare il modo in cui Greyback riusciva ad entrare nelle menti di quei bambini, manovrandole a suo piacimento e portandole a pensare quello che lui voleva.
E soprattutto, odiava vedere Timothy plagiato come tutti gli altri. Negli ultimi giorni aveva imparato a conoscere quel bambino e non aveva potuto fare a meno di affezionarsi.
« Domani ci sarà la luna piena » disse Timothy, seguendo Remus attraverso gli alberi.
« Proprio così… Hai paura? »
Il ragazzino si fermò e per qualche istante parve esitare.
« No, non ne ho » rispose infine, lanciando un’occhiata insicura ad altri due bambini-lupo che si stavano contendendo una pigna, azzuffandosi a vicenda. Era chiaro che non volesse mostrare le proprie paure davanti agli altri.
« Sei sicuro? » chiese Remus, facendolo allontanare di alcuni metri.
Timothy abbassò lo sguardo, improvvisamente cupo.
« Greyback dice che è bello… che ti senti potente e capace di fare qualsiasi cosa, senza più ragionare su nulla e lasciandoti trascinare soltanto dall’istinto… Però il fatto è che… a me non è mai piaciuto perdere il controllo » ammise, non appena i due bambini furono a debita distanza.
Remus ebbe un improvviso moto d’affetto nei suoi confronti. Avrebbe voluto posargli una mano sulla spalla, ma Tim non amava il contatto fisico, anzi, era arrivato a temerlo: da quando era stato morso, i suoi cugini lo avevano toccato solo per picchiarlo, mentre i suoi genitori non lo avevano neanche più sfiorato. Perciò Remus decise di trattenersi: era certo che altrimenti il bambino avrebbe reagito male.
« Andrà tutto bene, vedrai » si limitò a consolarlo.
« Sköll dice che mi farò del male da solo. È vero? » chiese Timothy, cercando di nascondere il tremore dei pugni.
« Sköll ti ha solo preso in giro. Lo fa con tutti i bambini, ma non devi dargli retta » rispose Remus, lanciando un’occhiata disgustata all’adulto dai capelli neri seduto intorno al fuoco: era uno dei favoriti di Greyback e aveva una ferocia pari a quella del capo branco.
« Quindi non mi farò male? »
« No. Te l’ho detto. Voi bambini starete con me e qualche altro adulto » rispose Remus. « Resteremo nella foresta e al massimo andremo a caccia di selvaggina ».
« Dici davvero? »
Il tono con cui aveva chiesto conferma era teso e speranzoso al tempo stesso. Remus lo guardò, e non poté fare a meno di pensare alla sua vita spezzata e distrutta per colpa di un mostro sanguinario, che voleva soltanto vendicare i torti subiti a scapito di persone innocenti.
« Certo. Stai tranquillo, Tim. Finché resterai con me, non ti succederà niente. Te lo prometto ».
E Timothy sorrise. Lo fece con qualche sforzo, segno che non sorrideva ormai da molto tempo.
« Selvaggina? » commentò, con un’espressione molto più sollevata e all’improvviso quasi famelica. « Mi piacciono le bistecche al sangue ».
Remus si incupì.
« Sì… anche a me » rispose, ma il suo tono era colmo di un inequivocabile rammarico.
 
 
« Scusate, non vedo niente… Ehm, non potreste…? Oh, grazie ».
Sturgis riuscì ad inserirsi tra Edgar e Rachel, che si era spostata per fargli spazio.
« Podmore, fai silenzio e ascolta » ringhiò Malocchio al suo indirizzo.
« Scusi… »
« E tu, Queen, torna su questo pianeta » aggiunse l’Auror, richiamando Rachel alla realtà.
Lei sussultò e bofonchiò qualche parola a mo’ di giustifica.
Erano tutti riuniti intorno al tavolo della cucina di Dedalus, chinati sopra una cartina che rappresentava il villaggio di Drybrook, e Moody stava illustrando loro la tattica che aveva ideato per contrastare l’attacco dei lupi mannari.
Rachel cercò di concentrarsi; fino a quel momento non aveva potuto fare a meno di pensare a quello che Regulus le aveva detto due notti prima, dopo la cena della Vigilia.
Forse aveva trovato un Horcrux, un misterioso diario appartenente a Tom Riddle, ed era necessario rintracciare Silente il prima possibile per comunicarglielo. Ma questo non si era ancora fatto vivo e Rachel non sapeva come contattarlo senza destare sospetti.
Scosse la testa, decisa a pensarci in seguito. Ora aveva altro di cui occuparsi.
« Come potete vedere » stava dicendo Moody, « Drybrook è circondata a sud, ad est e a nord-est dalla Foresta di Dean, in cui si nasconde il branco di Greyback. A ovest ci sono soltanto campi, perciò è improbabile che l’attacco venga sferrato da lì: dovrebbero uscire allo scoperto e rischierebbero di essere visti. Perciò sono sicuro che verranno dalla foresta, quasi sicuramente da nord-est, perché lì gli alberi confinano direttamente col villaggio, e un attacco a sorpresa sarebbe più facile e rapido. Fin qui è tutto chiaro? »
Tutti i membri dell’Ordine della Fenice annuirono. Avere una strategia sembrava produrre un effetto rassicurante sulla maggior parte di loro.
« Bene » sbottò Moody, sbrigativo, tornando a indicare la cartina con l’ausilio della bacchetta. « Entro il pomeriggio del due gennaio, cioè domani, faremo in modo che tutta l’acqua del villaggio sia contaminata dalla Pozione Soporifera che metteremo nei pozzi comuni e nell’acquedotto, così avremo la certezza che nessun Babbano sia sveglio e possa uscire di casa quando i lupi mannari attaccheranno. Quanto a noi, oltre alla decina di Auror che ho convinto ad aiutarci, saremo quattordici, e ci divideremo in gruppi di due o tre persone. Ogni gruppo avrà una zona da controllare e sarà disposto in modo da circondare l’intero villaggio. Io sarò in prima linea a nord-est, dove sono maggiori le possibilità che sia sferrato l’attacco. Deciderò più in là le vostre postazioni » aggiunse, vedendo che alcuni sembravano già intenzionati ad esprimere le loro preferenze.
« Non ho finito » ringhiò. « C’è un’ultima cosa che devo dirvi ».
Un silenzio teso si diffuse nella cucina, mentre Malocchio si gonfiava, come per trattenere il respiro prima di fare un annuncio importante.
« Questa battaglia sarà diversa da quelle a cui siete abituati. Sappiamo per certo che tra i lupi non ci saranno i bambini, perché sono troppo inesperti, ma gli adulti più feroci sì. Avremo la maggioranza numerica, ma con i lupi mannari sarà una maggioranza molto relativa. Avrete a che fare con creature che seguono solo l’istinto di uccidere o sbranare, perciò non potrete permettervi il lusso di essere teneri e compassionevoli. Pochi tra voi sono in grado di uccidere, e io stesso cerco di evitarlo il più possibile, ma in ogni caso ricordatevi che è difficile limitarsi a Schiantare un lupo mannaro e attendere l’alba prima di arrestarlo, senza che si svegli ».
Quelle parole ebbero la capacità di far trattenere il fiato a tutti quanti. Un’atmosfera molto più pesante di prima si diffuse tra le loro fila.
Rachel era agitata. Non sapeva neanche da dove iniziare per uccidere e, a dire il vero, non ci teneva molto. Regulus non aveva mai scagliato un Avada Kedavra, ma provava rimorso per quelli che aveva visto usare e che non aveva fermato. Anche se gli obiettivi dell’Ordine della Fenice erano buoni rispetto a quelli dei Mangiamorte, la sostanza non cambiava: si trattava sempre di togliere la vita.
Rachel si chiese chi delle persone in quella stanza avesse già ucciso qualche mago oscuro in battaglia. Malocchio aveva una certa esperienza, quindi era possibile che qualche volta vi fosse stato costretto, anche se aveva sempre cercato di evitarlo. Ma quasi nessun altro le dava l’impressione di esserne capace.
Quando lanciò un’occhiata agli altri, infatti, Rachel li vide nervosi e preoccupati quanto lei.
« Adesso potete andare. Ci vedremo tutti domani per decidere le vostre posizioni » concluse Malocchio.
« Secondo voi c’è la possibilità che i lupi mannari cambino idea e decidano di non attaccare il villaggio? » mormorò Sturgis, rivolto a quelli che gli stavano intorno, cercando di non farsi sentire da Moody.
Molti reagirono alzando gli occhi al cielo, esasperati. Rachel notò che gli interventi di Sturgis fossero spesso considerati fuori luogo. Solo Fabian e Gideon li consideravano sempre divertenti.
« Sarebbe bello anche se Voldemort decidesse di non conquistare più il mondo e di ritirarsi a vita privata, ma è impossibile » rispose Dorcas, sarcastica.
Sturgis parve imbarazzato per quello che aveva detto.
« Su, non te la prendere » lo rassicurò Emmeline, dandogli una pacca sul braccio. Lui ammutolì.
Rachel vide Moody uscire zoppicando dalla cucina, e per alcuni secondi rimase immobile, indecisa se parlargli oppure no. Alla fine si decise, e uscì a sua volta, raggiungendolo all’ingresso.
« Signor Moody, aspetti » lo richiamò.
Lui continuò a darle le spalle, impegnato a prendere l’impermeabile dall’attaccapanni.
« Ehm… »
« Parla, ti ascolto » ringhiò lui. Rachel capì che l’occhio finto gli permettesse di guardarla attraverso la testa, così esordì.
« Sa che fine ha fatto Silente? » domandò. « È un po’ che non si fa vivo ».
Lui alzò le spalle.
« Al momento ha lasciato il comando a me perché è impegnato. Qualunque cosa stia combinando, riguarda sempre la lotta contro Voldemort ».
« Non c’è modo di rintracciarlo? Dovrei parlargli » insisté lei.
Malocchio si voltò, grattandosi il mento con un’espressione assorta.
« Uhm, non credo sia il caso di spedirgli un Patronus. Non sai se sarà solo o no quando lo riceverà. Potrebbe rivelare la sua identità a persone con cui vorrebbe mantenerla segreta. Potrebbero essere Mangiamorte, e potrebbero smascherarlo, per poi torturarlo e ucciderlo ».
Rachel sgranò gli occhi di fronte a quella previsione catastrofica.
« Ti conviene mandargli un gufo » continuò lui. « Scrivigli che devi parlargli e basta ma, mi raccomando, senza aggiungere dettagli, perché la posta potrebbe essere intercettata. E non ti firmare, tanto riconosce sempre la grafia di chi gli scrive. Hai capito bene? »
« Sì. Credo che farò così. Grazie ».
Lui la osservò per alcuni istanti, sospettoso, ma per fortuna non fece domande.
La ragazza si recò in salotto, prese carta e penna e, dopo averci riflettuto per bene, scrisse un breve messaggio, limitandosi a riferirgli che avessero bisogno di parlargli perché c’erano delle novità, sperando che Silente capisse subito l’argomento. Se davvero quel diario era un Horcrux, dovevano trovare il modo di recuperarlo, ma prima era meglio interpellare chi di dovere.
Legò il biglietto alla zampa del gufo marrone di Dedalus, che spiccò il volo fuori dalla finestra, fino a diventare un puntino minuscolo all’orizzonte.
Rachel sperò che il gufo riuscisse a trovare Silente, ovunque egli fosse.
Fece per uscire dal salotto, ma andò a sbattere addosso a qualcuno. Quando alzò lo sguardo su chi aveva urtato, si ritrovò di fronte l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare.
« Oh, scusa, pensavo che non ci fosse nessuno » disse Remus, nervoso.
Quel giorno sembrava molto più smunto e sciupato del solito. La luna piena era alle porte, pensò Rachel all’improvviso.
« Fa niente » bofonchiò, senza avere la più pallida idea di cosa dire.
Calò un silenzio imbarazzante, durante il quale lei rimase immobile sulla soglia, guardando in tutte le direzioni possibili, ma non verso il ragazzo. Aveva cercato di evitarlo per tutta la giornata, ma sapeva già che non avrebbe potuto farlo in eterno. In quel momento però era impreparata ad affrontare una conversazione, così rimase in silenzio, sperando che almeno lui riuscisse a trovare qualcosa di sensato da dire.
Infatti fu proprio Remus a parlare per primo, dopo essersi schiarito la voce.
« Già che ci siamo, vorrei chiarire un paio di cose, se non ti dispiace. Sirius mi ha riferito quello che hai scoperto su di me ».
Rachel non si aspettava un esordio così diretto, ma annuì e si fece indietro per permettergli di entrare nel salotto.
« Sì bè… » disse, talmente nervosa da tradurre in parole la prima cosa che le venne in mente. « Mi dispiace di aver ascoltato quello che dicevate ».
Aveva parlato molto più in fretta del solito e con un tono di voce più acuto: le succedeva sempre quando era agitata.
Ripensandoci, si diede della stupida. Probabilmente a Remus importava ben altro.
« Non fa nulla. Me lo sarei dovuto aspettare. Finora sei stata l’unica dell’Ordine della Fenice a non conoscere il mio segreto, ma era ovvio che prima o poi lo avresti scoperto ».
Rachel lo guardò, incredula. E così tutti quanti lo sapevano, tranne lei?
« Capisco ».
« Ero convinto che saperlo ti avrebbe creato dei problemi » spiegò lui. « Forse ho sbagliato a giudicarti ma, credimi, ho avuto brutti precedenti: anche maghi che non avevano problemi a frequentare Babbani mi hanno allontanato dopo aver saputo quello che ero ».
Lo disse con un tono talmente cupo che Rachel non poté fare a meno di provare pena per lui. Era ancora scioccata e incredula nel constatare che non tutti i lupi mannari fossero come quelli di cui aveva sempre sentito parlare, ma la sofferenza che Remus trasmetteva era profonda e reale.
« Hai fatto bene » lo rassicurò, incapace di restare fredda. Lui era talmente gentile che si sarebbe sentita una schifezza se avesse solo pensato di trattarlo male. Era chiaro che quella sua condizione lo facesse soffrire parecchio. Non era certo colpa sua se era un lupo mannaro.
« Dici davvero? » le domandò Remus, incredulo.
Rachel incrociò le braccia.
« Se devo proprio essere sincera, all’inizio mi sono spaventata. Non per offenderti, ma io ho sempre creduto che i lupi mannari fossero tutti come Greyback. Quando cresci sentendo di continuo storie di licantropi che mordono i bambini apposta è difficile pensarla diversamente ».
Lui annuì, cupo.
« Tu però non sei come loro, giusto? Insomma, non mi sembri proprio il tipo ».
« No, infatti. Quando non c’è la luna piena, vivo come una persona normale… o almeno ci provo. Spesso la mia condizione mi impedisce di fare certe cose. Per esempio, nessun datore di lavoro vuole assumermi ».
« Mi dispiace ».
« Oh, ormai ci ho fatto l’abitudine » fece lui, alzando le spalle, che tuttavia sembravano molto più pesanti di quanto volesse mostrare.
Rachel indugiò e capì che fosse giunto il momento di parlare chiaro.
« Senti, ci ho riflettuto un po’ durante le vacanze e, se è questo che ti preoccupa, credo di non avere nessun problema nei tuoi confronti » disse alla fine.
Remus parve stupito.
« Davvero? Io… bè, grazie » disse, e all’improvviso parve sollevato.
Anche Rachel si rilassò.
« Non ti conosco benissimo ma non penso che il fatto di essere un lupo mannaro influisca sulla tua personalità ».
« No… o almeno, non in linea di massima. A volte però posso diventare lunatico ».
Rachel tacque per alcuni secondi, incerta. Stava scherzando oppure no?
« Puoi ridere. Era una battuta » le disse lui.
« Ah! Non avevo idea che scherzassi su queste cose… »
Lui abbozzò un sorrisetto.
« I miei amici lo fanno di continuo. Mi hanno abituato ad affrontare il problema in questo modo. Dopo ogni luna piena sono depresso, perciò fare battute su di me serve a sdrammatizzare. L’unica cosa che non accetto è qualsiasi riferimento ad un altro tipo di ciclo mensile, d’accordo? È banale e non fa ridere ».
Rachel dovette sforzarsi per restare seria.
« Va bene, come vuoi… Ma fammi capire: ora che ti sei infiltrato nel branco di Greyback, anche tu attaccherai Drybrook? »
Remus tornò subito serio.
« No, Greyback non si fida ancora abbastanza di me per portarmi al suo seguito. Io mi occuperò dei bambini-lupo. Li porterò in un luogo sicuro all’interno della foresta, per non farli avvicinare ai centri abitati ».
Rachel si ritrovò a rabbrividire.
« Ce ne sono molti? Di bambini, intendo ».
Anche Remus si incupì.
« Sono una quindicina, e lui sta facendo loro il lavaggio del cervello. Vuole indurli a odiare gli umani, e loro sono talmente piccoli che gli danno retta ».
Rachel tacque, orripilata.
« È orribile… »
« Già. Ogni volta che li guardo, mi rendo conto di quanto sia stato fortunato. I miei genitori non hanno voluto disconoscermi e hanno deciso di tenermi con loro ».
Lei si morse la lingua, cercando di trattenersi. Non le sembrava gentile fargli troppe domande personali. Ma lui sembrò intuire cosa le passasse per la testa.
« Vuoi chiedere qualcosa? »
« Ehm… se non sono troppo indiscreta, quando ti è… successo? »
All’inizio Rachel pensò di aver esagerato, ma lui non diede segni d’insofferenza.
« Avevo otto anni. Mio padre aveva offeso Greyback, e lui si è vendicato su di me ». Remus la guardò, anticipando la domanda che lei non aveva il coraggio di porgli. « Sì, Silente mi ha fatto frequentare lo stesso Hogwarts. Quando c’era la luna piena, dovevo nascondermi in un posto sicuro… »
« Il Platano Picchiatore? »
Lui la guardò, preoccupato. Aveva una strana espressione e all’improvviso si era fatto scuro in volto, come rendendosi conto che la conversazione stesse prendendo una brutta piega.
« Come lo sai? »
Rachel fece spallucce.
« Piton aveva accennato qualcosa al riguardo, una volta. Mi sembra di ricordare che avesse rischiato la vita, ma non ne sono certa. Non voleva parlarne molto… Comunque mi era parso di capire che il Platano c’entrasse qualcosa. Ma come facevi a nasconderti lì sotto? »
Lui tacque per un po’, incerto se parlare oppure no, ma alla fine proseguì.
« C’era un passaggio che conduceva alla Stamberga Strillante. Era lì che rimanevo durante le notti di luna piena. In realtà non c’è mai stato nessun fantasma lì dentro ».
Impressionata, Rachel all’inizio non capì perché si sentisse così nervosa. Se ne rese conto quando i suoi ragionamenti arrivarono alla stessa conclusione che l’istinto aveva intuito per primo.
La Stamberga Strillante era a Hogsmeade.
Il vento gelido di fine dicembre, soffiando da fuori la finestra ancora aperta, le sferzò il collo, facendola rabbrividire.
« Ma… quando eri trasformato non uscivi dalla Stamberga, vero? »
Il silenzio teso che seguì la fece inorridire, perché lo sguardo sfuggente e colpevole del ragazzo le confermò il sospetto che con gradualità le era venuto a delinearsi nella mente. In realtà ci aveva pensato molto in quei giorni, ma si era convinta che Silente non avrebbe mai permesso una cosa del genere.
La memoria tornò subito a quella notte di tre anni prima. Quel che ricordava più di ogni altra cosa era il terrore che aveva provato quando lei, Regulus e Barty si erano visti spacciati, mentre il lupo mannaro scopriva le zanne ed era sul punto di far scattare gli artigli.
« Eri tu ».
Remus impallidì, se possibile, ancora di più. Sembrava veramente distrutto, ma Rachel non poté fingere di rimanere indifferente alla rivelazione.
« Mi dispiace, davvero ».
« Stavi per uccidere delle persone » sibilò lei, tremando al solo ricordo. « Com’è possibile che Silente non si sia assicurato che la Stamberga non ti offrisse vie di fuga? »
Remus sembrava essersi pietrificato.
« La colpa in realtà non è di Silente. Lui non ha mai saputo delle mie uscite » ammise, chinando la testa come chi sa di meritare tutta la disapprovazione possibile.
Rachel pensò che la sua mascella sarebbe sprofondata fino al centro della terra, se solo fosse stato possibile.
« Mi stai dicendo che lo facevi apposta? »
« Ecco… ammetto che mi piaceva. Quando ero rinchiuso, finivo per ferirmi da solo. Se invece potevo correre, riuscivo a sfogare un po’ questo impulso, anche se non funzionava del tutto… »
« Ma così mettevi in pericolo chi abitava nei dintorni. E i tuoi amici lo sapevano. Era di questo che discutevate l’altra sera? »
« No, loro non c’entrano nulla! » disse lui, con un impeto improvviso che la fece sobbalzare. Remus fece una pausa per calmarsi. « Scusa… In realtà quella volta è stata un’eccezione. Di solito me ne andavo per i campi, ma voi vi siete allontanati troppo da Hogsmeade… »
Di colpo, Rachel provò un moto di rabbia.
« Oh bè, questo cambia tutto. Potevi dirlo subito che è stata solo colpa nostra. Ti chiedo perdono » commentò, sarcastica.
« Non volevo dire questo ».
« Se non fosse intervenuto quel cane, avresti tre vite sulla coscienza. E in altre occasioni avresti potuto uccidere altre persone che non c’entravano nulla ».
Lui si passò una mano tra i capelli disordinati, immensamente depresso.
« Lo so, sono stato un irresponsabile, e mi sento ancora in colpa da quella notte per questo motivo. Non cercherò di giustificarmi né ti chiederò di perdonarmi. Non me lo merito. Però non raccontarlo a Silente, per favore. Ha riposto molta fiducia in me e io ne ho approfittato, ma adesso che posso rendermi utile in qualche modo non voglio perderla ».
Rachel non lo guardò, incrociando le braccia, con il cuore che le martellava nel petto. Era arrabbiata, ma le scuse di Remus sembravano sincere, e lei voleva evitare di ferirlo; non voleva dire delle cose spiacevoli, lasciandosi trascinare dalla rabbia.
In fondo lui non aveva controllo di sé quando li aveva aggrediti, non lo voleva davvero, non il suo lato umano, per lo meno.
Ora capiva lo strano comportamento che aveva assunto da quando lei era entrata a far parte dell’Ordine della Fenice. Fin dall’inizio era sembrato molto a disagio e la aveva evitata, perché si sentiva in colpa.
Rachel scosse la testa, confusa. In realtà sapeva già come si sarebbe dovuta comportare. Remus in fondo sembrava sinceramente angosciato per quello che era successo.
Ma al tempo stesso non poteva fingere che non fosse accaduto niente. Avrebbe potuto uccidere chiunque…
In quel momento qualcuno fece irruzione nel salotto, interrompendoli.
« Remus, puoi venire un secondo? » lo chiamò Dorcas.
« Sì, arrivo subito » rispose lui, lanciando poi un’occhiata a Rachel.
Quest’ultima si sentì agitata. Doveva decidere che risposta dargli, e in fretta.
« Non preoccuparti » disse alla fine. « Facciamo finta che non sia successo nulla ».
Non poteva negare di essere ancora arrabbiata, ma capì di dovergli dargli una possibilità. Chi era lei per non concedergliela? Non aveva avuto la minima esitazione a credere al pentimento di Regulus, prima ancora che lui lo dimostrasse con i fatti, quindi non aveva nessun diritto di comportarsi diversamente con qualcun altro. Tutti meritavano una seconda occasione, e Remus in fondo aveva parecchie attenuanti.
« Grazie » fece lui, con un’espressione riconoscente.
Rachel distolse lo sguardo, mentre lui raggiungeva una Dorcas piuttosto perplessa, chiedendosi se avesse fatto bene a fidarsi di lui in un momento in cui non ci si poteva fidare di nessuno.
Il fatto che volesse nascondere quella cosa a Silente aveva motivazioni più che plausibili, ma poteva anche essere spiegato diversamente.
Rachel non aveva dubbi sulla lealtà di Remus, ma conoscere il suo segreto la aveva messa in agitazione, perché ormai si era resa conto di una verità amara e sgradita: anche le persone più insospettabili e gentili potevano nascondere oscuri segreti.
E, con molta probabilità, anche la spia nell’Ordine della Fenice era la persona più insospettabile di tutte.
 
 
La luna brillava alta nel cielo, illuminando le cime degli alberi e la sagoma silenziosa che stava in piedi in cima all’altipiano, dal quale si potevano scorgere le luci accese del villaggio di Drybrook.
Il vento soffiava da quella direzione, portando con sé polvere e odori che un olfatto umano non avrebbe potuto percepire.
Greyback inspirò a fondo. Poteva sentire le fragranze del villaggio, dei cibi cucinati per la cena, del vino consumato nelle tavole. Chiuse gli occhi, riuscendo ad immaginare le urla acute di dolore che si sarebbero innalzate oltre i tetti della cittadina nel giro di ventiquattro ore, i fremiti di terrore delle sue giovani vittime, la sensazione delle zanne che affondavano in quelle carni bianche e tenere, il sapore del sangue che gli riempiva la bocca, annebbiandogli la mente e lasciando spazio solo alla sua furia cieca…
Presto la luna piena gli avrebbe permesso di continuare la sua opera di punizione nei confronti del mondo, quel mondo che lo disprezzava alla luce del sole, per poi temerlo con tutto il cuore quando il cielo si oscurava e il disco argentato della luna faceva capolino da dietro una nuvola.
Il suo odio per gli umani non si esauriva mai. Ogni bambino che riusciva a maledire non era mai abbastanza e non faceva che aumentare sempre più la sua furia vendicativa.
Tutti dovevano pagare, nessuno escluso. E prima o dopo, il mondo dei maghi sarebbe caduto sotto il dominio dei lupi mannari. Era solo questione di tempo…
« Fenrir? »
Una voce rauca alle sue spalle lo distolse da quei pensieri.
« Cosa c’è? »
Hati gli si avvicinò. Era alto e possente quanto lui, ma aveva capelli e barba di un biondo chiarissimo. Durante la luna piena il suo manto diventava quasi completamente bianco. Hati era uno dei lupi di cui Fenrir si fidava di più, e anche uno tra i più feroci.
« Ci sono delle novità dell’ultima ora. L’Ordine della Fenice sa dell’attacco a Drybrook » ringhiò Hati.
Fenrir si irrigidì e smise di annusare l’aria.
« Com’è possibile? » domandò, voltandosi a guardarlo, il volto deformato dalla rabbia.
L’altro scosse la testa.
« Non ne ho idea ».
Fenrir si morse le labbra screpolate, tornando a fissare le luci del villaggio.
« Sappiamo che l’Ordine ci opporrà resistenza » continuò Hati. « Hanno già un piano per bloccarci e impedirci di arrivare agli abitanti. Che cosa facciamo, Fenrir? »
Il capo branco tacque per parecchi minuti, riflettendo intensamente. Era teso, ma alla fine si rilassò, esibendo una smorfia sadica.
« Non ho nessuna intenzione di rinunciare all’attacco di domani. Credo che il Signore Oscuro sarebbe molto soddisfatto se gli risparmiassimo il disturbo di far fuori quelle palle al piede dell’Ordine, non credi anche tu? »
« Certo, ma ci saranno anche alcuni Auror. Saremo in inferiorità numerica… »
Hati tacque di colpo, spaventato dallo sguardo di fuoco che Fenrir gli riservò.
« Ricordati che noi lupi siamo superiori a qualsiasi mago, che sia Purosangue oppure no, Hati. Non abbiamo bisogno di essere maggiori di numero per avere la meglio ».
« Sì, scusami… »
Fenrir incrociò le braccia.
« Conosciamo il piano che l’Ordine della Fenice vuole attuare? »
« Sì. L’informatore era così terrorizzato che sono bastate poche minacce per fargli dire tutto quello che i Mangiamorte volevano sapere. Non ha potuto dire come hanno saputo dell’attacco – a quanto pare l’Ordine sa come proteggere i suoi membri – ma a questo punto mi sembra evidente che abbiamo una spia tra noi ».
« Lo credo anche io, quindi dovremo fare attenzione, d’ora in avanti. Ma sapere cosa hanno in mente per ora ci basterà… Vai a chiamare Sköll e gli altri, i più fidati, senza far capire nulla agli altri. Voglio qui solo quelli che parteciperanno all’attacco domani notte. Di’ loro che c’è un cambio di programma ».
Hati annuì, voltandogli le spalle e immergendosi di nuovo nel folto della foresta di Dean.
Greyback continuò a guardare il villaggio, inspirando a fondo.
Il vento soffiava sempre di più, diffondendo nell’aria un acre odore di sangue, macabro presagio di quel che sarebbe successo la notte seguente.

*Angolo autrice*
Questo era un capitolo di transizione, ma nel prossimo potrete finalmente assistere alla battaglia con i lupi mannari! *-* Non dovrei fare questa faccina, perché la battaglia sarà piuttosto cruenta, e so già che alla fine mi odierete, ma almeno ci sarà un po' d'azione!
Già da ora volevo mettere il link della mappa di Drybrook, con tanto di schieramento degli Auror e dell'Ordine della Fenice, ma non ho fatto in tempo a finirla, perciò la allegherò al prossimo capitolo.
Ho paura di non essere stata chiara: Rachel non sta sospettando che Remus sia la spia dei Mangiamorte, non ne avrebbe motivo per il momento. Però si è resa conto che, se anche un ragazzo tranquillo come lui può celare la sua doppia natura di lupo mannaro, allora è possibile che il traditore sia altrettanto insospettabile.
Non vi siete dimenticati di Timothy, vero? XD E' comparso qualche capitolo fa e, anche se è nato come una comparsa, ho voluto utilizzarlo ancora.
Per quanto riguarda i nomi degli altri lupi mannari - Hati, Sköll, e altri che qui non ho nominato: Geri, Freki e Mánagarmr (non chiedetemi come si pronuncia! XD) - sono tutti nomi di lupi della mitologia nordica, esattamente come Fenrir, che di solito è il più famoso. Visto che sono negata a inventare nomi, ho preferito adottare questi, anche perché lo trovo un dettaglio affascinante (mi piace un sacco tutta la mitologia, compresa quella nordica!) *-*
Stavolta riuscirò ad anticipare l'aggiornamento di un giorno (non di più perché voglio essere sicura di avere abbastanza capitoli di scorta in seguito), perciò vi do appuntamento a sabato 26 marzo.

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Capitolo 21
*** Luna rosso sangue ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 21
Luna rosso sangue
 
La città di Drybrook era immersa nel crepuscolo che seguiva il tramonto del sole. Gli abitanti, complice la Pozione Soporifera che avevano bevuto senza saperlo, erano già immersi nel sonno, ignari di quello che stava accadendo e che, nel giro di poco tempo, sarebbe accaduto all’esterno delle proprie case.
Un silenzio innaturale era sceso sul villaggio, e la neve che lo circondava contribuiva ancora di più a rendere quell’atmosfera quasi surreale. I respiri degli Auror e dei membri dell’Ordine della Fenice, appostati tutt’intorno alla cittadina, sembravano molto più pesanti di quanto non fossero in realtà, e nuvolette di fumo bianco si levavano davanti ai loro visi.
Sturgis sbuffò, incrociando le braccia e battendo nervosamente un piede per terra.
« Si può sapere cosa ti affligge? » gli domandò Rachel, voltandosi a guardarlo con il tono più tranquillo che riusciva a sfoderare.
Ma non era affatto tranquilla. Da quando era arrivata, non aveva fatto altro che chiedersi perché mai stesse rischiando la vita in quel posto. Se solo ci pensava, veniva assalita dallo sconforto e dalla paura.
« Questo mi affligge » sibilò lui, indicando i campi innevati, che si estendevano dritti davanti a loro.
Rachel gli lanciò un’occhiata perplessa, senza capire. Lui scosse la testa.
« Io e te siamo stati piazzati qui, nel posto più inutile di tutti. È ovvio che Greyback non attaccherà mai da questa parte ».
« E non sei contento? » fece lei, pensando con un misto di timore e senso di colpa alle persone che aveva lasciato a casa, salutandoli con la scusa di dover fare una semplice ronda a Diagon Alley. Non poteva certo dire a Regulus e ai suoi che quella notte avrebbe cercato di respingere l’attacco dei lupi mannari, ma la paura che la sua bugia avesse conseguenze disastrose era sufficiente a paralizzarla.
« Non intendo questo. È che se Malocchio ha deciso di piazzarmi qui, significa che non mi considera all’altezza. Ma insomma, persino Peter si trova in prima linea a est, insieme a Sirius e James. Peter, capisci? Con tutto il rispetto per lui, ma significa che Malocchio mi considera proprio un incapace, se preferisce lui ».
Rachel riuscì ad accennare un sorriso, nonostante i cupi pensieri che le occupavano la mente. Sturgis aveva tre anni più di lei, ma le faceva tenerezza, perché era considerato da tutti un sempliciotto, e nessuno gli dava mai un minimo di fiducia.
« Tra l’altro » aggiunse il ragazzo, « mi meraviglio che abbia messo qui anche te. Tu sei brava a duellare ».
« Insomma, mica tanto. L’ultima volta che ho partecipato ad una battaglia, dopo due minuti stavo già per farmi uccidere da Karkaroff » rispose Rachel, ricordando la notte in cui Caradoc Dearborn era scomparso e lei aveva saputo dell’esistenza dell’Ordine. « Io e Minus abbiamo fatto uno scambio. Lui doveva stare qui, ma poi ha detto che preferiva rimanere con Sirius e James, anche se la parte opposta del villaggio è la più vicina alla foresta, e così Malocchio ci ha scambiato i ruoli ».
All’inizio, l’improvviso desiderio di Minus di andare a combattere in prima linea la aveva lasciata perplessa, ma poi aveva concluso che lui avrebbe preferito rimanere insieme ai suoi amici piuttosto che da solo.
, confermò tra sé, scacciando il brutto presentimento che la tormentava dall’inizio della missione. È tipico di Minus.
« Ecco, appunto. Però quando l’ho chiesto io, Malocchio mi ha guardato male e non mi ha neanche risposto » bofonchiò Sturgis, offeso. « A Peter ha dato una possibilità solo perché era un Grifondoro, mentre io sono soltanto un Tassorosso, e quindi mi considerate tutti un buono a nulla... Ma dimostrerò che quando voglio so farmi valere » disse solennemente Sturgis, un attimo prima di inciampare in un sasso nascosto sotto la neve.
Rachel ridacchiò, mentre il ragazzo si rialzava, rosso come una Pluffa.
« Come non detto… »
Lei rise ancora, senza riuscire a mascherare il proprio nervosismo. Rise per dimenticare la paura che provava in quel momento, per farsi forza, per sperare che se la sarebbero cavata tutti.
« Non te la prendere » cercò di consolarlo. « Nessuno ti considera un buono a nulla, tanto meno perché sei un Tassorosso. Devi solo… »
Ma all’improvviso si interruppe, estraendo di colpo la bacchetta, mentre il cuore le iniziava a battere all’impazzata.
Un ululato aveva infranto il silenzio, facendo rabbrividire i due ragazzi, assaliti da brividi gelidi che li scossero fin dentro le ossa. A quell’ululato se ne aggiunse subito un altro, e poi un altro ancora, finché non sembrò che quei lamenti cupi provenissero da tutte le direzioni.
La luna piena era apparsa da dietro una nuvola. I lupi mannari si erano trasformati.
« D-dove sono? » chiese Sturgis, incapace di trattenere il tremore della voce. Ora non sembrava più interessato a Minus né a chiunque altro. Evidentemente anche lui aveva avuto bisogno di non pensare al motivo per cui erano lì.
« Non lo so, non li vedo. Penso che siano ancora nella foresta di Dean » rispose Rachel. « Aspettiamo che qualcuno lanci il segnale ».
« Sì… sì, d’accordo » fece lui, deglutendo e voltandosi a guardare in direzione del villaggio. Non riusciva a fermare gli occhi, alla continua ricerca delle scintille rosse che uno dei loro compagni avrebbe scagliato sopra i tetti, rivelando la zona in cui il branco avrebbe attaccato.
Nessuno dei due disse una sola parola, e nulla accadde per infrangere quella quiete apparente e insidiosa.
Furono minuti di terrore. Il silenzio era sceso di nuovo su Drybrook, inquietante e innaturale.
Rachel riusciva a sentire le proprie vene pulsare, senza capire che cosa stesse succedendo. Perché non attaccavano? Che cosa significava quel silenzio? Perché ci mettevano tanto?
Tutto quel silenzio di tomba la spaventava più che se la battaglia fosse già iniziata.
Il panico stava iniziando a impossessarsi di lei, ma cercò di ricacciarlo indietro. Non poteva perdere la testa, non in quel momento. Doveva rimanere lucida, proprio come le aveva detto Dorcas, altrimenti anche Sturgis avrebbe perso il controllo, e sarebbe stata la fine.
La mano che teneva la bacchetta tremava come mai le era successo prima d’allora, mentre continuava a scrutare in alto, alla ricerca del segnale.
Sturgis sbuffò di nuovo con nervosismo, e iniziò a girare su se stesso quasi come una trottola impazzita. Ad un certo punto si bloccò, senza preavviso, ma Rachel continuò a scrutare il cielo, almeno fino a che lui non attirò la sua attenzione: aveva un tono di voce mortalmente calmo.
« Quelli cosa sono? »
Rachel si voltò e guardò nella direzione in cui il dito del ragazzo stava indicando.
Fu come se una morsa la avesse afferrata per la gola, impedendole di respirare.
C’era qualcosa in mezzo ai campi, qualcosa che si muoveva e si avvicinava sempre di più. Erano macchie nere che correvano silenziose sulla neve resa blu dall’oscurità. Erano veloci, e ormai meno di cento metri li separavano dai due ragazzi.
Rachel ebbe la sensazione di non sentire più le ginocchia, e non seppe cosa la trattenne dal crollare per terra. Il terrore la invase, quando contò rapidamente le sagome animalesche che si avvicinavano: erano dieci. L’intero branco aveva deciso di attaccare dalla direzione più improbabile, più esposta e meno controllata.
Rachel imprecò, con un forte tremore della voce.
« Ci hanno fregati ».


Emmeline non smetteva di fissare la luna piena, che si stagliava luminosa e argentea sopra i tetti della zona a sud-est di Drybrook, mentre la foresta di Dean si estendeva, tetra e minacciosa, davanti a lei.
Dall’inizio della missione aveva avuto un brutto presentimento, ma se l’era tenuto per sé, credendo che fosse normale. In fondo erano tutti lì a rischiare la vita; c’era ben poco da aggiungere. Ma adesso quel presentimento era diventato più forte.
Da quando i lupi mannari avevano iniziato a ululare, era stata sicura che da lì a pochi istanti avrebbero attaccato da qualche parte, e invece tutto taceva, e nessuno aveva ancora lanciato il segnale stabilito.
Emmeline si voltò verso i suoi due compagni. Edgar e Dorcas stavano confabulando tra loro, e avevano la sua stessa espressione preoccupata dipinta sui visi.
« Non è normale, vero? » chiese la ragazza.
« Non capisco. Se fossero i Mangiamorte penserei che stiano cercando di coglierci di sorpresa, ma i lupi mannari trasformati non lo fanno. Attaccano la prima persona che trovano e seguono solo l’istinto » disse Edgar, toccandosi il mento con aria pensierosa.
« Che cosa facciamo? » domandò Emmeline.
« Aspettiamo che accada qualcosa, non c’è altra soluzione » rispose Dorcas in tono sbrigativo. « Non possiamo abbandonare i nostri posti ».
Emmeline annuì, stringendo nervosamente il pugno intorno alla bacchetta sguainata, e continuò a fissare il cielo, senza nemmeno sapere in cosa sperare. Forse desiderava solo che il branco avesse deciso di andare altrove, anche se sapeva quanto fosse assurdo.
In quel momento un bagliore, colto con la coda dell’occhio, attirò l’attenzione di Emmeline. Lei si voltò e lanciò un’esclamazione colma di orrore.
Dalla parte opposta del villaggio erano partite delle scintille rosse, che adesso rischiaravano il manto scuro della notte.
« Non è possibile… » fece Edgar.
« I campi! Attaccano dai campi! »
Dorcas non perse tempo. Levò la bacchetta ed evocò il suo Patronus, una gazzella argentea che iniziò a zampettare non appena toccò terra.
« Forse non tutti se ne sono accorti, e devono essere avvertiti. Voi intanto andate, vi raggiungo subito » disse, rivolta agli altri due.
Non ci fu bisogno di dire altro. Emmeline ed Edgar annuirono e, mentre Dorcas incantava il Patronus per fargli riferire il messaggio, iniziarono a girare su stessi, Materializzandosi alcuni istanti dopo nella periferia ovest di Drybrook, dove la battaglia era già cominciata.
 
 
« Incendio! Incendio! »
Sturgis agitò più volte la bacchetta, invano. Aveva pensato di bloccare il passaggio al branco con un muro di fuoco, ma la neve che ricopriva completamente il terreno glielo impedì.
« Stupeficium! » gridò Rachel, cercando di colpire uno dei lupi mannari, che ormai li avevano quasi raggiunti. Il lupo inciampò, ma lo Schiantesimo aveva avuto poco effetto, e infatti la creatura si rialzò subito, riprendendo a correre.
Altri Schiantesimi sfrecciarono attraverso l’aria gelida, ma solo uno andò a segno, facendo crollare a terra uno dei lupi.
Un attimo dopo, gli altri nove furono loro addosso.
E poi fu il caos.
Durante i primi secondi, né Rachel né Sturgis riuscirono a ragionare lucidamente. Le loro orecchie si riempirono di un fischio fortissimo, che attenuò gli ululati, i ringhi selvaggi e gli schiocchi dei rami spezzati sul terreno, rallentando anche il tempo.
Le loro menti erano annebbiate, e i due ragazzi iniziarono a sudare freddo quando i licantropi fecero per scagliarsi contro di loro, le zanne e gli artigli che risaltavano alla luce della luna, gli occhi rossi che brillavano per la sete di sangue.
Ma fu solo un attimo. Rachel riacquistò le facoltà di pensare e di muoversi, strattonò Sturgis e lo trascinò indietro, per poi colpire un lupo dal manto marrone scuro con un altro Schiantesimo.
Anche Sturgis si riprese, e iniziò a sua volta a lanciare fatture e Schiantesimi. Le due bacchette guizzavano come spade, talmente veloci che non si riuscivano neanche più a vedere. Due lupi mannari furono scaraventati lontano, ma ormai era troppo tardi.
In men che non si dica, i due ragazzi si ritrovarono circondati dai componenti del branco che erano rimasti illesi.
Rachel, che dava le spalle a Podmore, fu scossa da un fremito di orrore, mentre i suoi occhi si muovevano incessanti, alla disperata ricerca di una via di fuga che, lo capì subito, non esisteva.
I lupi erano fermi e ancora non attaccavano, limitandosi a scrutare le prede con aria famelica, mentre i loro respiri pesanti si mischiavano ai ringhi del capobranco.
Rachel lo guardò, come se fosse convinta che continuare a fissarlo gli avrebbe impedito di attaccare. Era il più grosso di tutti, con il manto grigio e un’espressione feroce. Ai suoi lati stavano altri due licantropi, uno bianco e uno nero, che ringhiavano minacciosamente, ma sembravano anch’essi aspettare che fosse Greyback ad attaccare per primo.
Rachel sentì Sturgis tremare e gemere dietro di sé, impaurito, e la disperazione si impossessò di lei. Gli altri non arrivavano: forse non avevano notato le scintille rosse che avevano scagliato nel cielo, troppo sicuri di non dover guardare in quella direzione. La speranza la abbandonò e lei rabbrividì non appena Greyback inspirò a fondo, annusando e pregustando l’odore e il sapore delle loro carni. Negli occhi del lupo apparve un lampo improvviso, che equivaleva già ad una condanna. Sarebbero andati incontro ad una morte orribile, pensò la ragazza, e nessuno avrebbe potuto farci nulla.
Greyback fece un passo indietro, come per prendere la rincorsa.
E in quella frazione di secondo, Rachel capì di non potersi arrendere così. Non voleva morire. E se proprio doveva, non sarebbe morta senza reagire, paralizzata dalla paura, ma avrebbe venduto cara la pelle.
« Diffindo! » urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, come se quel grido potesse riscuoterla e donarle la forza di continuare a combattere.
L’incantesimo colpì Greyback in pieno muso, all’altezza degli occhi, aprendogli una ferita che lo fece ululare dal dolore. Il suo ruggito di rabbia fece quasi tremare le finestre delle case più vicine, e si levò fino al cielo.
« Ma che…? » esordì Sturgis, sconvolto, ma non proseguì, lanciando invece un’esclamazione colma di sollievo.
Rachel non capì a cosa fosse dovuto il suo improvviso cambio di umore, troppo impegnata a ferire e tenere lontani anche gli altri lupi mannari, fino a quando uno di essi non spiccò un salto verso di lei, le fauci spalancate e pronte morderla. Rachel si diede già per spacciata, e in quel momento non poté fare a meno di pensare a Regulus e alla sua famiglia e, di nuovo, si ritrovò suo malgrado a chiedersi se fosse valsa la pena lasciarli così, per aiutare persone che neanche conosceva…
Poi il lupo fu colpito da una potente luce verde, e crollò riverso a terra, in una posizione scomposta e innaturale, gli occhi rossi e vacui, rivolti alla luna.
Rachel guardò oltre il corpo del lupo mannaro, e vide Dorcas, che teneva la bacchetta ancora dritta davanti a sé. Aveva uno sguardo strano, come si fosse resa conto solo in quell’attimo di cosa aveva appena fatto. Doveva essere la prima volta che uccideva.
Ancora frastornata, Rachel gli rivolse un cenno di ringraziamento. Lei distolse subito lo sguardo dalla sua prima vittima, e tornò a combattere accanto ad Emmeline, che stava affrontando il lupo bianco.
Un attimo dopo, diversi schiocchi annunciarono l’arrivo dei rinforzi.
Rachel trasse un respiro di sollievo: non era ancora finita.
 

Le luci degli incantesimi illuminavano di colori diversi la neve che ricopriva il terreno. Gli ululati e i ringhi dei Lupi Mannari rompevano il silenzio che fino a poco prima aveva regnato nel villaggio. Il vento diffondeva gli odori di sangue e polvere che le creature della notte portavano sempre addosso.
Auror e Ordine della Fenice si battevano come leoni. Era uno scontro all’ultimo sangue, in cui non c’era spazio per avere  pietà o esitare, ancora peggio delle battaglie contro i Mangiamorte. I lupi mannari non si controllavano e sfoderavano tutta la loro immensa forza e violenza contro i maghi che, nonostante le bacchette, si sentivano deboli e inermi di fronte alla cruenta visione degli affilati artigli di quelle creature.
Non appena era sopraggiunto, Moody aveva già preso in mano la situazione con una rapidità estrema. Adesso ogni licantropo doveva affrontare due o tre persone, ma in ogni caso il branco sembrava avere sempre la meglio.
O almeno, questa era la sensazione che ebbe Peter non appena si Materializzò, suo malgrado, nel punto in cui stava infuriando la battaglia.
Gli tremarono violentemente le ginocchia e non riuscì a deglutire nell’assistere a quella scena, al contrario dei due ragazzi che erano arrivati con lui.
« Credo che io e te saremo più utili con altre sembianze » disse Sirius, rivolgendosi a James. Quest’ultimo annuì, per poi rivolgersi a Peter, che sussultò per la sorpresa.
« Codaliscia, tu invece è meglio se resti così. Come topo non potresti fare molto stavolta » disse.
« I-io… va bene » balbettò lui, stringendo la bacchetta in mano.
Sirius e James si lanciarono un’occhiata d’intesa, e un attimo dopo al loro posto c’erano un cane e un cervo, che senza ulteriori indugi si gettarono nella mischia.
Peter si sentiva sudare freddo in tutto il corpo, terrorizzato e frustrato. Non era andato tutto come voleva. Sirius e James non si sarebbero dovuti accorgere dell’attacco. Per questo li aveva fatti disporre dalla parte opposta del villaggio, per fare in modo che almeno loro fossero al sicuro… e con essi anche lui, naturalmente.
I suoi occhi acquosi scivolarono lungo la scena cruenta che si stava svolgendo davanti a lui. Sapeva bene che fosse tutta colpa sua, ma non aveva avuto altra scelta.
Voldemort lo costringeva a fare rapporti regolari su quanto accadeva nell’Ordine della Fenice, e lui non aveva potuto mentire sul piano che Moody aveva ideato per bloccare l’attacco di Greyback.
Era stato obbligato a parlare, ma aveva cercato di evitare che almeno i suoi amici restassero coinvolti. Per questo aveva fatto in modo che la zona dei campi fosse quella difesa peggio, sforzandosi di non sentirsi in colpa per Rachel e Sturgis.
In fondo non aveva scelta.
E continuava a ripeterselo, come per convincersene.
Ma non era filato tutto liscio come l’olio. Ora Sirius e James stavano combattendo insieme agli altri. Aveva combinato un guaio, e adesso tutti loro rischiavano la vita, compreso lui.
Le zanne dei lupi mannari sembravano sempre troppo vicine ai combattenti, e per questo Peter decise di restare lì in disparte, lanciando qualche Schiantesimo da lontano.
Sei un codardo, Peter.
Lui scosse la testa, cercando di scacciare la vocina che parlava dentro di essa.
Non ho altra scelta, insisté.
Un urlo si levò sopra tutti gli altri rumori, e Peter sobbalzò, cadendo a terra per lo spavento. Un Auror era appena stato atterrato da Greyback che, senza esitare, lo morse. L’uomo urlava dal dolore, mentre qualcuno cercava di distogliere il licantropo dalla sua vittima. Ma quello non lasciava la presa.
Peter tremava, la bacchetta caduta accanto al suo ginocchio. Non riusciva a muoversi per il terrore.
E poi accadde tutto molto velocemente.
Un altro Auror si scagliò contro Greyback, nel tentativo di aiutare il collega, ma fu anticipato e travolto dal lupo mannaro dal manto nero.
« Derek, no! » urlò Edgar, che vide la scena da lontano.
Peter rabbrividì. L’uomo che era appena stato aggredito era cugino di Edgar. Non faceva parte dell’Ordine ma aveva deciso di aiutarlo spontaneamente...
Sul momento ebbe l’impulso di soccorrerlo, ma ormai per Derek non si poteva fare più nulla. Era troppo tardi.
Il licantropo nero non aveva lo stesso modo di fare del capobranco. Azzannò l’uomo più volte e in punti diversi, e infine lo prese per la gola. Quando finalmente si ritrasse, si lasciò alle spalle un corpo sfigurato e irriconoscibile, riverso in una pozza di sangue e agonizzante.
Edgar gli corse incontro, cercando di rimarginargli la ferita più grave in tutti i modi, e tastandogli il polso insanguinato, nella speranza di cogliere il minimo battito. E lo sperava anche Peter, i piedi ancorati al terreno e la sensazione di avere un macigno sul punto di cadere sopra la sua testa.
Ma aveva perso troppo sangue.
Con un ultimo rantolo, Derek chiuse gli occhi per sempre.
Peter gemette. Il macigno gli crollò addosso, lasciandolo sconvolto e frastornato.
È tutta colpa tua, sibilò la voce, tagliente. L’hai ucciso tu…
Lui scosse di nuovo la testa, lo sguardo fisso. La sua responsabilità gli bruciava dentro come lava incandescente.
Non sapeva se desiderasse di più coprirsi gli occhi o le orecchie. Non voleva assistere alla scena, ma non voleva neanche sentire la voce nella sua testa e tanto meno quelle di Edgar, che gridava disperato dopo aver visto morire il cugino sotto i propri occhi.
Non sapeva cosa fare. Era stato lui a permettere al branco di attaccare Drybrook, ma al tempo stesso non voleva che qualcuno morisse. Però era successo.
E, mentre gli altri componenti dell’Ordine della Fenice, lottando contro il dolore delle ferite e l’assalto degli altri licantropi, iniziavano a scagliare anatemi sui membri del branco, Peter si rese conto dell’amara realtà: si era illuso. Non sarebbe mai riuscito a mantenere il piede in due staffe.
Doveva scegliere per forza.
 

La battaglia infuriava da quella che a tutti pareva un’eternità, quando i maghi iniziarono ad avere la meglio. La morte dell’amico aveva riempito Edgar di un furore mai provato prima, talmente contagioso che tutti gli altri erano riusciti a ribaltare le sorti della battaglia, spinti dalla forza della disperazione.
Tre lupi mannari erano morti, altri due erano stati catturati, Schiantati e legati, e gli altri cinque stavano iniziando ad indietreggiare sotto l’incessante pioggia di incantesimi che li colpiva. Lo stesso lupo che aveva ucciso Derek voltò le spalle al villaggio e corse via, sparendo presto alla vista dei maghi.
Adesso erano rimasti in quattro, e ringhiavano di rabbia.
Rachel cercò di ignorare il dolore della ferita che aveva al braccio: era stata aperta dalla zampata di uno dei lupi e, grazie ai pochi incantesimi di guarigione che sapeva fare, era riuscita ad arginare il flusso di sangue, anche se molto rozzamente.
Anche tutti gli altri erano stati colpiti. Fabian si teneva le costole doloranti, dopo essere stato scagliato in aria da una delle creature. Molti erano pieni di graffi o ferite più o meno profonde, ma resistevano come lei.
E al momento nessuno, nemmeno Malocchio, sembrava avere intenzione di pensare troppo al perché di quell’attacco a sorpresa. Quel pensiero li sfiorava tutti, in quel momento, ma nessuno era ancora pronto per affrontarlo.
Chi tra loro li aveva traditi?
Il flusso di pensieri di Rachel fu interrotto da un improvviso rumoreggiare, che la distolse dalle proprie riflessioni.
Non se ne era neanche accorta: il branco batteva in ritirata e adesso quattro sagome scure si dirigevano a grande velocità verso la Foresta di Dean.
Era davvero finita?
A giudicare dai comportamenti degli altri, che avevano riposto le bacchette, la risposta era sì. Ma c’era ben poco da festeggiare.
Erano tutti riuniti intorno al corpo senza vita di Derek Bones. Nessuno osava dire una sola parola, mentre Edgar, inginocchiato accanto all’uomo, cercava inutilmente di scuoterlo, le lacrime che gli rigavano il volto. Alcuni piangevano, altri si tenevano la testa tra le mani, altri ancora invece non mostravano alcuna emozione, ma venivano traditi dallo sguardo innaturalmente fisso.
Rachel si sentì invadere da una profonda angoscia. L’atmosfera che li circondava aveva qualcosa di lugubremente familiare. Lei conosceva bene quella sensazione che colpiva tutti loro. Era la presenza della morte che percepivano, che si insinuava nei loro cuori, provocando sofferenza e uno struggente desiderio di evadere, di convincersi che tutto ciò non fosse davvero accaduto.
Ma stavolta era diverso, perché tra di loro qualcuno poteva non essere sincero.
Rachel strinse i pugni, ignorando il sangue caldo che le colava lungo il braccio e tra le dita. Era stata la spia a causare la morte di quell’uomo.
Hagrid aveva preso in braccio, senza alcuno sforzo, l’Auror morso da Greyback, il quale continuava a singhiozzare e a fissare Derek, che Gideon e Dorcas avevano già provveduto a coprire con un drappo bianco evocato dal nulla.
« Dobbiamo portarlo al San Mungo » disse Dedalus, con voce flebile, riferendosi all’uomo che era appena stato infettato.
Tutti loro annuirono, senza tuttavia staccare gli occhi dal loro compagno.
« Edgar, vieni via » provò a dire Emmeline, posandogli una mano sulla spalla. Ma lui non la ascoltava, lo sguardo perso nel vuoto.
In quel momento, senza alcun preavviso, il ritrovato silenzio fu rotto di nuovo, ma stavolta dal latrato di un cane, che iniziò ad abbaiare come un forsennato.
Rachel lanciò un’occhiata al cane nero che si agitava a qualche metro di distanza da loro, e fu colta da una strana sensazione. Senza saperne il perché, credeva di conoscerlo.
Il cane adesso stava girando intorno ad un perplesso Sturgis, che non sapeva come comportarsi e cercava di calmarlo con qualche carezza malinconica sulla testa. Malocchio invece tutt’ad un tratto parve preoccupato e sospettoso.
« Sta cercando di dirci qualcosa » ringhiò, mentre il cane abbaiava sempre più forte, finché non tacque e puntò lo sguardo verso lo spazio buio tra due case.
« Che cosa c’è lì? » chiese Sturgis, incuriosito. E fece qualche passo in avanti, cercando di scorgere qualcosa attraverso l’oscurità.
« Podmore, stupido, resta dove sei! » intimò con urgenza Malocchio, che al contrario degli altri non aveva mai riposto la bacchetta.
Sturgis si bloccò, assumendo un’espressione ferita. Aprì la bocca per replicare, ma in quel momento due luci si accesero nel buio, come due fari, e dal vicolo uscì un lupo mannaro. Era quello che aveva ucciso l’Auror, lo stesso che era scappato prima degli altri. Doveva aver fatto il giro per attaccarli di nuovo.
Aveva le zanne scoperte e incrostate di sangue, e ringhiava in modo minaccioso verso di loro. Il suo pelo completamente nero lo rendeva subito riconoscibile.
Con un grido di rabbia, Edgar fece per scagliarsi contro la creatura, ma fu bloccato da Fabian e Gideon.
« Lasciatemi! Voglio vendicare Derek! » urlò, ma loro continuarono a trattenerlo.
« Stupeficium! »
In un attimo, decine di Schiantesimi si riversarono contro il lupo nero. Questo tuttavia li schivò e tornò nel vicolo dal quale era spuntato, iniziando a fuggire attraverso le vie del villaggio.
« Non possiamo permettergli di entrare nelle case! Dividiamoci e fermiamolo, avanti! » li riscosse Malocchio.
Nessuno di loro voleva abbandonare Derek così, ma l’ordine di Moody era stato dato con tanta forza che non provarono neanche a discutere.
« Chi lo trova lancia il segnale. E restate insieme al vostro compagno, non separatevi da lui! » fu l’ultima cosa che Malocchio disse, prima di gettarsi all’inseguimento.
Rachel e gli altri fecero lo stesso, disperdendosi tra le strade del villaggio, i cuori sembravano esplodere nei petti e le bacchette pronte a scattare.
 

Sköll correva attraverso le strade del villaggio, senza mai fermarsi. Udiva intorno a sé i passi di corsa dei suoi inseguitori e le loro parole, spezzate dalla fatica della corsa.
Non stava scappando, non aveva paura né provava qualsiasi altra emozione. La luna piena sopra di lui aveva sempre quell’effetto, riusciva a svuotargli la mente da ogni sorta di pensiero che lo affliggeva quando era umano. L’unico impulso che lo governava in quel momento era una sete insaziabile.
Non riusciva a percepire e seguire una sola traccia. Ovunque andasse, oltre le case accanto alle quali passava erano piene di umani, ma non era abbastanza lucido da fermarsi e sceglierne solo una. Il sapore ferruginoso del sangue che gli riempiva la bocca gli annebbiava la mente, facendolo impazzire.
Giunto ad un incrocio, iniziò a girare su se stesso. Ogni volta in cui iniziava a seguire una pista, subito dopo ne annusava una più forte, e poi un’altra più forte ancora.
Tutto ciò gli stava facendo salire una collera cieca, che doveva assolutamente trovare il modo di sfogare su qualcuno. Non era abituato a digiunare durante una luna piena e se non avesse trovato presto un’altra vittima, la sua furia si sarebbe riversata su se stesso.
Una finestra illuminata attirò la sua attenzione. Sköll si avvicinò, accostandosi per guardare all’interno.
C’era una famiglia profondamente addormentata intorno al tavolo. Erano in posizioni innaturali, come se si fossero assopiti all’improvviso durante la cena, ma non era questo che importava al lupo mannaro.
I due bambini erano appena stati scelti come vittime della sua rabbia vendicativa. Sköll poteva già immaginare le sue zanne aguzze affondare in quei corpicini indifesi. Sarebbe balzato dentro la casa direttamente attraverso la finestra, tanto era affamato.
Ma in quel momento si bloccò, restando immobile ad annusare l’aria, e una folata di vento gli fece scordare tutti i suoi propositi.
Aveva trovato un’altra traccia, molto più intensa di qualunque altra avesse incrociato fino a quel momento. Qualcuno nelle vicinanze stava perdendo sangue: ne percepì l’odore, che gli invase del tutto la mente.
Sköll voltò le spalle alla casa e iniziò a seguire la scia che il ferito stava lasciando dietro di sé, senza neanche saperlo.
Prima di svoltare l’angolo, si appostò dietro di esso, affacciandosi nel vicolo buio che riusciva a celare la sua presenza. Adesso che aveva trovato una preda, la caccia aveva inizio.
I suoi occhi rossi scrutarono attraverso l’oscurità, puntati sulla ragazza che, a pochi metri di distanza, si era fermata, la bacchetta stretta nel pugno tremante.
Era da sola. Doveva aver corso parecchio: il lupo mannaro riusciva a sentire non solo il suo respiro affannoso, ma anche il battito accelerato del suo cuore.
Poteva percepirne la paura, l’angoscia e l’incertezza. Si guardava nervosamente intorno, senza sapere più da che parte andare. Si era persa, e da lì non riusciva a sentire i passi o le voci dei suoi compagni.
Sköll non si mosse ancora. Gli piaceva sentire i gemiti spaventati delle sue prede. Si nutriva prima di tutto del loro terrore, quando venivano braccati e presi dal panico, come un macabro antipasto.
Quel silenzio la spaventava, ma la ragazza non si azzardava a chiamare gli altri, nel timore di attirare il lupo mannaro su di sé.
Lo sguardo famelico di Sköll cadde sul braccio insanguinato della ragazza, e non poté più aspettare. La luna che lo guidava, in quel momento gli aveva svuotato la mente da qualsiasi altro desiderio. Gli restava solo quello di azzannare l’umana. Voleva che soffrisse  il più possibile.
Con un balzo le fu addosso, facendola crollare a terra, gli artigli affondati nella schiena.
E da quel momento si trasformò in sola furia, l’odore del sangue che lo accecava e le orecchie riempite da strazianti grida di dolore.
 
Non riusciva a capire nulla. Il terrore le impediva quasi di respirare, schiacciata sotto il peso della creatura, mentre la schiena squarciata dagli artigli le bruciava da morire.
Cercò di divincolarsi, per impedire al lupo mannaro di morderla, ma non riusciva a sottrarsi alla sua presa e la lotta servì solo a procurarle altri profondi graffi. Al lupo mannaro piaceva far soffrire le vittime prima di morderle.
Le parve di vedere un movimento davanti a sé, ma un’altra zampata la colpì la nuca, stordendola. Tutto era confuso e incerto intorno a lei; il mondo sembrava ruotare vorticosamente dentro una cortina di nebbia.
Non sentì quasi più nulla; anche il dolore stava scomparendo. Le sembrò di udire qualcuno che gridava, o forse era una sua impressione. Intravide soltanto dei bagliori di luce rossa, e subito dopo il lupo mannaro si ritirò, lasciandola lì per terra.
« Rachel! »
Qualcuno la stava chiamando, ma la voce sembrava provenire da un luogo lontanissimo, e lei non riuscì a trovare la forza di rispondere.
Poi fu come se un velo scuro le fosse calato davanti agli occhi, e tutto si fece buio.


 
 
*Angolo autrice*
Volevo scrivere un capitolo d'azione, e c'è stato. Lo so che la conclusione è davvero crudele, ma era un finale ad effetto e non potevo sprecarlo. Però mi sento molto in colpa per Rachel... ç__ç (n.b. Comunque è viva... ma si era capito, vero? O.o)
Inizialmente doveva essere Edgar a morire, però viene proprio detto che viene ucciso dai Mangiamorte, così ho sfruttato un altro Bones. La Rowling dice che ne sono morti alcuni durante la prima guerra, quindi Derek, anche se il nome l'ho inventato, potenzialmente esisteva.
Peter è una schifezza già da ora, perché anche se cerca di salvare i suoi amici (e naturalmente se stesso -.-) è disposto a mettere in pericolo qualcun altro, come infatti è successo.
Come anticipato, vi lascio la mappa (grazie a Google Earth) sulla quale ho creato le mie strategie militari! xD Non è niente di che, ma mi è stata utile: Cartina
Al numero 1 corrispondono le posizioni di Malocchio e della maggior parte degli schieramenti; al numero 2 ci sono Rachel e Sturgis, al 3 Peter, Sirius e Potter, mentre al 4 Emmeline, Dorcas e Edgar. Le F indicano la Foresta di Dean. Tutti gli altri sono distribuiti nei punti rossi.
Cosa succederà a Rachel? Lo saprete nel prossimo capitolo, che pubblicherò il 9 aprile!

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Capitolo 22
*** Una lunga notte al San Mungo ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 22
Una lunga notte al San Mungo
 
« Ah, eccovi! Datevi una mossa, razza di scansafatiche, il tempo delle chiacchiere è finito. Al lavoro! »
Diane guardò perplessa il suo capo che, trafelato, aveva appena raggiunto lei e un gruppo di altri Guaritori che stavano conversando nella sala da tè al quinto piano. Anche gli altri sembrarono confusi: a quell’ora di solito il San Mungo era tranquillo.
« Forse non mi sono spiegato abbastanza bene. Abbiamo un’emergenza! » sbottò quello.
Tutti loro si riscossero, affrettandosi a seguirlo.
« Cos’è successo, Guaritore Llewellyn? » domandò Diane, cercando di stare al passo dell’uomo.
« C’è stato un attacco di lupi mannari » rispose lui, e tutti quanti rabbrividirono. « Abbiamo quattro feriti gravi e altri nove con ferite profonde ma non urgenti. Ho fatto somministrare a tutti una Pozione Rimpolpasangue, ma adesso mi servite voi, non ce la faccio da solo, anche se sono più bravo di tutti voialtri messi insieme » aggiunse, mentre scendevano le scale.
Molti di loro scossero la testa, ignorando quell’affermazione. Ormai conoscevano abbastanza bene Dai Llewellyn da lasciargli dire quel che gli pareva. Il suo carattere era talmente scorbutico e vendicativo che gli era valso il soprannome di “Pernicioso”. In ogni caso, era uno dei migliori Guaritori in circolazione.
Quando raggiunsero il primo piano, Llewellyn si voltò a fronteggiarli, con l’aria di un generale che parla alle sue truppe.
« Bott, Samuels e Richards, occupatevi dei pazienti meno gravi. Non sono stati morsi, quindi potete usare subito il dittamo. Smethwyck e Johnson, voi andrete nel reparto morsi gravi. Ci sono due persone che sono state sicuramente morse e altre due che potrebbero non esserlo state, ma dobbiamo fare accertamenti. Macmillan » intimò poi, e Diane sobbalzò. « Il tuo cognome da sposata è Queen, vero? »
Lei lo fissò con perplessità, non capendo il senso di quella domanda. Lui non ricordava mai il suo cognome acquisito.
« Sì, perché? »
Llewellyn si fece mortalmente serio.
« Vieni con me » disse, senza aggiungere altro.
Uno strano senso di inquietudine si fece largo in Diane, ma lei si sforzò di non cedervi. Non capiva perché il suo capo le avesse fatto quella domanda, ma aveva un orribile presentimento.
Insieme ai Guaritori Smethwyck e Johnson, lo seguì oltre la prima porta a destra. I primi furono spediti da Llewellyn verso i letti a sinistra, che ospitavano due uomini insanguinati e doloranti.
Diane invece fu condotta verso l’ultimo letto, circondato da un separatore verde.
« Cerca di mantenere il controllo » le disse quello. « Poteva andarle peggio ».
Lei lo ignorò, mentre il timore che l’aveva sfiorata fino a quel momento diveniva sempre più una certezza. Con il cuore in gola, spostò la tendina… e si sentì mancare il fiato.
Rachel era distesa a pancia sotto sul lettino, e sembrava profondamente addormentata. La schiena era ricoperta di sangue.
Diane si sentì girare la testa, mentre un fischio assordante le suonava nelle orecchie, e rischiò di perdere l’equilibrio, perché le ginocchia non le reggevano quasi più.
La prima reazione fu un secco rifiuto. Doveva essere solo un incubo. Non poteva essere successo davvero, non a sua figlia…
Ma Llewellyn la scrollò, afferrandola per le spalle.
« Macmillan, stai calma. Non è detto che sia stata morsa, dobbiamo accertarcene. Ci sono ferite sovrapposte, quindi sarà complicato, ma ce la faremo ».
Lei scosse la testa, cercando di tornare lucida, ma le lacrime iniziarono a sgorgarle spontanee.
« Se non te la senti, me ne occupo io » bofonchiò lui.
« No. No, me ne voglio occupare io » fece lei, guardando Rachel con gli occhi lucidi.
« D’accordo… Ehi, tu! Che stai facendo? I visitatori non possono entrare » disse Llewellyn, rivolgendosi all’improvviso a qualcuno alle loro spalle.
Diane si voltò.
« Sirius! » esclamò, raggiungendo in due passi il ragazzo che si era avvicinato. « Che cos’è successo? »
Sirius esitò. Anche lui era ferito, nonostante i suoi fossero solo dei graffi, ma sembrava comunque molto provato.
« Siamo stati attaccati. Un lupo mannaro l’ha aggredita alle spalle, ma siamo riusciti a scacciarlo. Non l’ho visto morderla, anche se non posso essere certo che non l’abbia fatto prima che lo trovassimo. Mi dispiace… »
« Grazie » rispose Diane, cercando di calmarsi. « Puoi farmi un favore? »
« Devo avvertire suo marito e…? » chiese lui.
La donna annuì.
« La stanno aspettando svegli, e non posso dire loro una cosa del genere via gufo o Metropolvere… »
« D’accordo ».
« E mi raccomando, assicurati che chi non deve uscire di casa resti lì » aggiunse, riferendosi a Regulus, mentre Llewellyn aveva già iniziato ad esaminare le ferite di Rachel, ignorandoli.
Sirius annuì un’altra volta, poi uscì in fretta dalla stanza.
 
 
« Sono un idiota, sono un idiota, sono un idiota… »
Sturgis continuava a ripeterselo da solo, come per fissare bene in mente il significato di quelle parole.
Era seduto nel corridoio del primo piano, ma lontano da tutti gli altri membri dell’Ordine della Fenice. Si sentiva troppo in colpa per considerarsi degno di avvicinarli.
« Sono proprio un imbecille… »
« Hai finito di insultarti? » gli chiese qualcuno in quel momento.
Lui alzò lo sguardo, imbarazzato, e vide Emmeline che, in piedi davanti a lui, gli porgeva una tazza di tè.
« Mi sembravi sconvolto, così ne ho presa una anche per te. Prendi » disse la ragazza. Sturgis accettò, arrossendo per la vergogna.
Emmeline si sedette accanto a lui, bevendo a sua volta dalla propria tazza.
« Perché dicevi quelle cose? » gli domandò, dopo qualche sorso.
« Perché è vero. È colpa mia se Rachel è stata attaccata. Dovevo stare con lei e invece ho voluto fare di testa mia, e l’ho lasciata sola. Malocchio aveva detto di non dividerci, e io non l’ho ascoltato ».
Emmeline gli lanciò un’occhiata dispiaciuta. A Sturgis pizzicavano gli occhi.
« Se è stata morsa e per colpa mia è diventata un… non me lo perdonerò mai » concluse lui, fissando la tazza di tè che aveva in mano, ancora piena.
« Non dirlo neanche per scherzo. Non diventerà un… lupo mannaro » sbottò Emmeline, ma la voce le si incrinò prima che potesse concludere la frase.
Lui la guardò. Era molto spaventata, e non poteva darle torto. Aveva gli occhi arrossati, e fissava la porta della stanza oltre la quale stava la sua amica, guardando con speranza e timore insieme qualunque Guaritore ne uscisse. Ma nessuno diceva nulla.
Sturgis sentì l’improvviso impulso di consolarla, ma prima che potesse prenderle la mano posata sulla panca, lei la spostò senza accorgersene e assunse un’espressione di rabbia.
« Non devi considerarti responsabile, comunque » disse Emmeline, mentre Sturgis si bloccava, contento del fatto che lei non se ne fosse accorta. « Se c’è un colpevole, è sicuramente chi ha rivelato il nostro piano a Greyback. E stavolta gli Auror non ne erano a conoscenza, perciò siamo sicuri almeno di una cosa: il traditore fa parte dell’Ordine della Fenice. Silente si sbagliava ».
Sturgis chinò il capo. Non riusciva neanche a pensarci, ma i fatti parlavano chiaro ed era inutile illudersi. Qualcuno doveva aver parlato, e stavolta gli Auror non c’entravano: era per forza uno di loro.
 
 
Dopo la richiesta di Diane, Sirius era uscito in fretta e furia dal San Mungo e, non appena ebbe trovato una strada deserta, si era Materializzato davanti casa Queen.
Era inquieto e agitato, sia perché non aveva la più pallida idea di come iniziare a raccontare cosa fosse successo senza essere troppo brusco, sia per motivi ben più gravi, cui al momento non voleva neanche pensare.
Rimase due minuti buoni immobile davanti alla porta, prima di decidersi a suonare il campanello. Cercò di distendere la propria espressione. Non voleva allarmarli subito, anche se era ancora scosso per la battaglia feroce che si era conclusa da poco. Non sapeva neanche che ore fossero, ma a giudicare dal colore del cielo, l’alba doveva essere ancora lontana.
Quando Perseus gli aprì, aveva tutto l’aspetto di chi si è appena svegliato da un sonno sulla poltrona.
« Che cos’è successo? » gli domandò l’uomo allarmato, soffermandosi con lo sguardo sul taglio che Sirius aveva sul viso.
« Mi faccia entrare e glielo spiegherò » rispose lui, laconico.
Perseus si spostò per farlo passare e poi richiuse la porta alle proprie spalle.
« Allora? Dov’è mia figlia? » chiese, senza mascherare l’ansia.
Sirius esitò, ma alla fine decise di non girarci troppo intorno.
« Ecco, siamo stati attaccati e… È viva » aggiunse, vedendo l’espressione che Perseus aveva assunto all’improvviso. « Però si trova al San Mungo. È stata sua moglie a mandarmi qui per avvertirvi ».
Sirius si bloccò all’improvviso quando vide Regulus affacciarsi all’ingresso, anche lui assonnato.
« Che ci fai tu qui? » domandò.
« Rachel è stata ferita e si trova al San Mungo » rispose Perseus, con i pugni serrati.
Regulus sbiancò, e in un attimo fu del tutto sveglio.
« Ma guarirà, vero? » chiese. Aveva lo sguardo fisso sul fratello, ma quest’ultimo non lo voleva ricambiare, troppo preoccupato di come avrebbe reagito quando avrebbe saputo tutto.
« Sì… Il fatto è che non sono stati i Mangiamorte ad attaccarci ».
« E allora chi? »
Sirius si ritrovò improvvisamente a chiedersi perché dovesse essere proprio lui a dare una notizia del genere. Di colpo, gli sguardi degli altri due si fermarono sul suo taglio e il sospetto si disegnò sui loro volti. Sirius avrebbe voluto non confermarlo.
« Lupi mannari » sbottò, guardando da tutt’altra parte. Ma fu inutile, perché anche lui percepì il brivido di terrore che scosse gli altri due.
Perseus sembrava sul punto di far esplodere una rabbia incontrollata, mentre Regulus era diventato una statua di marmo.
« Non è detto che sia stata morsa » cercò di tranquillizzarli, rendendosi conto tuttavia di non poterli illudere. « Ma non posso assicurarvelo ».
Perseus non se lo fece ripetere due volte.
« Vado al San Mungo » disse, dirigendosi a passo spedito verso la porta.
Regulus parve ridestarsi da un coma profondo, e fece per seguirlo. Sirius lo sospettava, così lo bloccò.
« Lasciami » disse quello.
« Non puoi uscire ».
Perseus si voltò.
« Dai retta a tuo fratello e non muoverti di qui » disse.
Regulus tuttavia non sembrava avere intenzione di obbedire.
« Voglio andare anche io al San Mungo! »
Ma Perseus non era dell’umore più adatto per accettare discussioni, e infatti fu proprio in quel momento che esplose, prendendosela – tanto per cambiare – con lui.
« Ascoltami bene, signorino » sibilò a denti stretti, afferrandolo per la collottola. « Rachel si è fatta in quattro per farti restare al sicuro finora e non vorrebbe che tu ti facessi vedere in pieno San Mungo proprio adesso. Quanto a me, ho una figlia che rischia di condurre il resto dell’esistenza da maledetta, perciò perdonami se non ho alcuna intenzione di farti da guarda del corpo. Resta qui e non ti azzardare a fare il contrario. Non ho tempo da perdere con te ».
Detto questo, lo lasciò andare e uscì in fretta e furia.
Regulus si scrollò Sirius di dosso, con rabbia. Era sempre più pallido e Sirius temette che fosse sul punto di svenire.
« Vedrai che tornerà per dirti se ci sono novità ».
« Sta’ zitto » sbottò l’altro. Aveva i pugni serrati, che tremavano.
Sirius dovette respirare a fondo più e più volte per non cedere all’istinto di prenderlo a schiaffi. Cercò di trattenersi con tutte le forze, perché era chiaro che Regulus non ce l’avesse con lui ma che non sapesse neanche come sfogarsi.
Regulus si lasciò cadere sul divano, dove rimase immobile, i gomiti sulle ginocchia, le mani intorno alla testa e lo sguardo fisso sul tappeto. Sembra intenzionato a restare così per l’eternità.
Sirius aveva già una vaga idea di quello che gli stava passando per la mente. Non c’era neanche bisogno di conoscerlo bene per intuirlo.
« Che cosa farai adesso? » domandò, senza riuscire a trattenersi.
« In che senso? »
« Lo sai. Nel caso in cui Rachel fosse stata… »
« Non dirlo! Non è possibile ».
Sirius lo guardò, scrollando la testa.
Certe volte il destino è proprio un gran bastardo, si ritrovò a pensare. Regulus era una delle persone meno adatte a sostenere un problema del genere. Lui che era sempre stato fiero di essere Purosangue e aveva sempre disprezzato tutti i cosiddetti ibridi, più degli stessi Babbani, adesso rischiava di ritrovarsi con una fidanzata trasformata in lupo mannaro.
A dire il vero gli faceva pena, ma il pensiero di ciò che avrebbe potuto fare lo tratteneva. Certo, aveva voltato le spalle a Voldemort, ma i suoi pregiudizi di fondo restavano. Ma fino a che punto?
« Non puoi fingere che non possa succedere » gli disse con un tono abbastanza freddo. « Comunque, nel peggiore dei casi, lei resterebbe sempre la stessa persona che hai conosciuto. Solo nelle notti di luna piena dovrebbe… »
« Falla finita, non voglio ascoltare le tue teorie assurde! »
« Non sono teorie. Che cosa vorresti fare, allora? La lascerai? »
Regulus tremò impercettibilmente e gli rifilò un’occhiata glaciale.
« Se sei venuto per sottopormi ad un interrogatorio, ti sei sbagliato. Lasciami in pace ».
« Se non te ne sei accorto, sto solo cercando di aiutarti » replicò Sirius, stizzito. Stava iniziando a perdere la pazienza.
« Se vuoi davvero aiutarmi, trova un modo per farmi andare al San Mungo senza che nessuno se ne accorga ».
Sirius esitò, perplesso.
« E come potrei farlo? »
« Ah, non ne ho idea. Sei tu l’esperto di fughe ».
Il maggiore sospirò, ignorando la frecciata. Era incredibile come certe volte Regulus riuscisse a raggiungere i livelli di acidità di sua madre. Ma cercò di non pensarci.
« E va bene. Ti farò andare al San Mungo. Ma dovrai fare tutto quello che ti dico, senza prendere iniziative per conto tuo. D’accordo? Aspettami qui senza muoverti. Vado a prendere una cosa e torno »,
Regulus annuì, cupo, e Sirius colse la sua espressione: aveva l’aria di chi temeva di perdere tutto.
 
 
Rachel non sapeva nemmeno da quanto tempo stava fissando il vuoto. Era seduta sul letto di una stanza singola, nella quale era stata trasferita mentre dormiva, le braccia strette intorno alle ginocchia flesse.
Sua madre intanto le stava preparando una pozione che la facesse addormentare, e trafficava con ingredienti e alambicchi proprio accanto a lei, mantenendo un cupo silenzio.
Rachel si era svegliata da poco, quando le ferite sulla schiena le erano state fatte rimarginare completamente, ma avrebbe voluto poter dormire ancora. Diane le aveva detto di non essere riuscita a capire se fosse stata morsa oppure no. Le ferite erano tutte molto profonde, ma gli artigli di quel lupo mannaro erano lunghi quanto le zanne, e questo impediva di distinguere quelle provocate dagli uni e dalle altre.
Così avrebbe dovuto attendere che le facessero ulteriori accertamenti. Le avevano prelevato un campione di pelle per osservarne le reazioni alla luce lunare. Era ancora notte, ma quella stanza era completamente senza finestre e adattata in modo che non vi entrasse la luce della luna piena.
Rachel aspettava l’esito degli esami con angoscia. Aveva paura di quello che le avrebbero detto.
Gli eventi di quella notte le scorrevano davanti agli occhi come immagini fissate nella sua mente, e non riusciva a pensare ad altro.
Non faceva che chiedersi che cosa sarebbe stato di lei nel caso in cui quel lupo mannaro la avesse morsa davvero. La sua vita sarebbe cambiata completamente.
Ora capiva sul serio cosa doveva provare Remus Lupin fin da bambino, la paura che lo aveva sempre tormentato e che non gli concedeva mai di essere sereno. Anche lei ora provava il medesimo timore di fare del male a se stessa e, soprattutto, alle persone cui teneva. Forse soltanto adesso comprendeva veramente le ragioni che lo avevano indotto a concedersi la libertà di uscire dalla Stamberga Strillante. Non poteva biasimarlo. Lei stessa avrebbe fatto qualsiasi cosa per non provare il dolore bruciante che gli aveva causato il lupo mannaro quella notte.
Se fosse diventata anche lei un…
Non riuscì a concludere quel pensiero. Non voleva essere un lupo mannaro. Non era giusto. Era frustrante pensare che, se fosse rimasta a casa, tutto quello non sarebbe successo. In quel momento non riusciva proprio a pensare ai Babbani che sarebbero stati morsi al posto suo. Era difficile essere generosi e disinteressati in un momento simile, perché ad andarci di mezzo erano stati lei e tutti gli altri che avevano combattuto quella notte.
« La pozione è pronta » le annunciò Diane. Rachel non ebbe alcuna reazione.
« Non la voglio » sbottò, depressa.
Sua madre si sedette sul letto, guardandola con un’espressione decisa.
« Prendila, almeno potrai ingannare l’attesa dormendo. Ci vorrà un po’ prima che ci diano risultati certi ».
Rachel stava cercando disperatamente di lottare contro le lacrime che le pungevano gli occhi, e riuscì a trattenerle. Le sembrava di vivere in un incubo. Forse sua madre aveva ragione: restare sveglia ad aspettare sarebbe stato terribile e inutile.
Così prese il calice di pozione che Diane le offriva, e lo svuotò in un solo sorso. Subito iniziò a sentire una gran sonnolenza, e si sdraiò sul letto, poggiata su un fianco.
« Stai tranquilla » la rassicurò Diane, parlando con un tono fermo. « Comunque vada a finire, farò di tutto per farti vivere un’esistenza il più possibile serena e normale. Tu sei forte, so che potresti affrontare qualsiasi cosa ».
Rachel annuì con poca convinzione. Sua madre era sempre riuscita ad incoraggiarla e a farle trovare fiducia in se stessa, ma stavolta non le bastava. C’era un solo pensiero capace di farla tremare come una foglia, ed era quello che temeva più di tutti.
Quale sarebbe stata la reazione di Regulus?
Non riusciva nemmeno lei a credere che lui avrebbe di colpo abbandonato tutti i propri pregiudizi; era una prospettiva troppo felice e irrealistica. E nei confronti dei lupi mannari i suoi erano più che semplici pregiudizi. Li disprezzava ancora più dei Babbani, che almeno per lui erano umani...
Mentre il sonno cominciava ad appesantirle le palpebre, le tornò in mente un episodio di alcuni anni prima, quando Regulus, sfogliando il suo libro di Difesa contro le Arti Oscure, aveva trovato divertente commentare il capitolo sui lupi mannari scrivendoci sopra “ibridi schifosi”, suscitando l’ilarità e il consenso di molti compagni di Serpeverde.
Ma adesso quel commento, nato da un estremismo adolescenziale, la tormentava più di qualsiasi altra cosa, perché forse anche lei era diventata uno schifoso ibrido.
Il timore di perderlo le provocava un dolore straziante, superiore a qualsiasi altra sofferenza fisica.
Fino a quel momento si era trattenuta, ma il torpore provocato dalla pozione le impedì di continuare a mostrare una forza che non aveva.
E si addormentò con le guance rigate di lacrime.
 
 
Regulus non sapeva neanche quale forza gli permettesse di continuare a camminare. Si sentiva le gambe pesanti come il piombo, e si appesantivano sempre di più via via che saliva le scale del San Mungo.
Accanto a lui, Sirius lo teneva d’occhio, anche se con difficoltà, perché Regulus era invisibile.
« Non fare passi così lunghi, altrimenti ti si vedono le scarpe » sussurrò, ma il fratello minore non gli diede retta. Aveva fretta di sapere la verità, anche se sapeva che potesse essere terribile. Ma rimanere eternamente nel dubbio era ancora peggio.
Era talmente angosciato che avrebbe fatto anche a meno del mantello dell’invisibilità che Sirius lo aveva costretto a indossare. Non gli importava di essere visto e scoperto, non gli sarebbe importato nulla nemmeno se si fosse ritrovato davanti Lord Voldemort in persona. Voleva solo assicurarsi con i propri occhi che Rachel stesse bene e che la sua aggressione non avesse avuto conseguenze.
I corridoi semibui e silenziosi contribuivano ad aumentare la sensazione di soffocamento che provava. Credeva di essere sul punto di impazzire. Voleva correre e raggiungere Rachel. Non capiva proprio perché Sirius insistesse per non fare rumore. Che cosa importava?
Finalmente varcarono una porta e, appena furono sul corridoio, qualcuno chiamò Sirius.
Era Potter, che aveva tutta l’aria di averlo aspettato fino a quel momento.
« Sirius, le hanno cambiato stanza. È nel corridoio subito a destra, la penultima porta » sussurrò con aria circospetta. Poi si voltò a fissare qualcosa di indefinito sul muro alla destra dell’amico, e parlò di nuovo. « Ciao Regulus, sono contento di ehm… vederti vivo ».
« Sta dall’altra parte » gli suggerì Sirius, indicando la propria sinistra.
« Ah… comunque lo sapevo » mentì quello, nel tentativo di rimediare.
Regulus sbuffò, impaziente.
« Perché lui sa che sono qui? » sibilò a denti stretti.
« Perché il mantello che hai addosso è suo. Dovresti ringraziarlo, sai? » rispose Sirius.
Regulus bofonchiò qualcosa di indefinito, ma poi tagliò corto.
« Adesso vogliamo andare? Non ho tempo da perdere ».
« Vi porto io » disse Potter con un’alzata di spalle, guidandoli attraverso il corridoio.
Mentre quest’ultimo raccontava a Sirius le ultime novità, per esempio di come Malocchio e alcuni membri dell’Ordine della Fenice fossero tornati nel luogo della battaglia per assicurarsi che i lupi mannari non attaccassero più, Regulus li seguiva senza ascoltare minimamente i loro discorsi.
Aveva il cuore che gli martellava nel petto così forte che avrebbe potuto svegliare l’intero ospedale col suo ritmo veloce e ossessivo.
Seguì gli altri due lungo il corridoio a destra e si fermò a pochi metri di distanza dalla camera in cui si trovava Rachel.
Di fronte alla porta erano rimasti in pochi: Perseus, Emmeline e qualche altra persona che Regulus non conosceva. Ma non gli interessava, e fece un passo avanti, ma Sirius lo fermò.
« Non puoi aprire la porta così, sei invisibile » gli ricordò.
« Però possiamo distrarre i presenti » lo informò Potter, fingendo di parlare sottovoce con Sirius. « Così potrai approfittare della porta aperta per infilarti nella stanza ».
Regulus annuì, anche se nessuno se ne accorse. Aveva i sudori freddi e l’attesa gli sembrava insostenibile. Si sentiva come se qualcuno gli avesse strappato via un braccio, o qualsiasi altra parte del corpo. Un gelo immenso si era impadronito di lui e sembrava averlo privato della capacità di formulare qualsiasi tipo di pensiero.
« Regulus… » lo chiamò Sirius, allarmato. Dal tono era evidente che sospettasse una ritirata da parte sua.
« Che vuoi? » sussurrò, senza staccare gli occhi dalla porta.
Sirius tacque per alcuni istanti, ma alla fine parlò.
« Mi auguro che tu non faccia l’idiota ».
Lui non rispose, anche se sapeva bene che cosa intendesse Sirius. Quest’ultimo e Potter raggiunsero le altre persone che aspettavano, attirando la loro attenzione e coprendo la visuale che dava sulla porta della stanza.
Regulus afferrò la maniglia e, assicurandosi di non essere notato, entrò, chiudendo con attenzione la porta alle proprie spalle.
Ancora nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità, rimase in perfetto silenzio, inchiodato sul pavimento come un albero dalle grosse radici. Non sapeva cosa fare.
La stanza era al buio, contrastato solo dalla debole luce di una bolla fluttuante sopra la sua testa. Rachel era immersa in un sonno profondo.
Regulus le si avvicinò, esitando. Aveva paura di guardarla, come se temesse di vederla diversa, cambiata, meno umana di prima…
Il solo pensiero gli fece quasi più male di una Cruciatus, e Regulus all’improvviso desiderò ardentemente di credere alle parole di Sirius, al fatto che sarebbe stata sempre la stessa. Si vergognava di tutte quelle sue esitazioni, ma aveva il concreto timore che, se fosse stata davvero un lupo mannaro, il loro rapporto sarebbe cambiato, indipendentemente dalle loro intenzioni.
Cercando di non fare rumore, prese una sedia e si sedette accanto al letto, fissando la ragazza con ansia. La tenue luce nella stanza gli permise di notare i segni delle lacrime che le avevano solcato le guance, e Regulus si sentì stringere il cuore vedendola così insolitamente fragile.
Ma forse, pensò, si stava preoccupando per niente. Forse non era stata morsa. Lo sperava con tutto se stesso, ma non poteva illudersi.
La lascerai?
La domanda di Sirius, sorta all’improvviso dalla sua memoria, gli provocò un brivido di terrore. Lasciarla: una sola parola che comprendeva un miliardo di significati e conseguenze. Non vederla mai più, non poterla più toccare, restare privo della persona che lo stava aiutando a convivere col proprio passato.
La lascerai?
Quella domanda ebbe il potere di schiarirgli le idee, perché la risposta più sincera e spontanea, priva di ogni riflessione, era una sola.
Mai.
Non avrebbe mai potuto, né voluto, farlo. Non poteva tradirla.
Lei era sempre stata al suo fianco, lo aveva salvato e continuava a sostenerlo.
Lei lo amava come nessun altro aveva mai fatto.
Quella fu la prima volta in cui Regulus lo capì davvero, con un moto di meraviglia, emozione e vertigine: Rachel era l’unica che avrebbe voluto al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni.
Se ne era reso davvero conto solo ora che rischiava di perderla. Dentro di sé lo aveva sempre saputo, ma fino a quel momento lo aveva dato per scontato. Ma non lo era affatto.
Un tempo la sua strada era già stabilita. Era diventato un Mangiamorte, avrebbe trovato un lavoro importante e infine avrebbe sposato Rachel, facendo nascere uno o più eredi maschi e permettendo così che la famiglia continuasse.
Ora invece non aveva la più pallida idea di che cosa sarebbe successo di lì a ventiquattr’ore. La sua strada non era più tracciata, ma continuamente incerta. Tuttavia, in un certo senso si sentiva più libero: poteva essere lui a decidere cosa fare della propria esistenza.
E sul fatto che Rachel fosse la donna della sua vita non aveva alcun dubbio.
Invece il loro futuro rischiava di essere distrutto per colpa di un mostro, che la aveva aggredita per il solo gusto di fare del male e di rovinare quante più vite possibili…
Una furia cieca lo invase. In quel momento sarebbe voluto uscire per trovare quel lupo mannaro e ucciderlo a mani nude. Era talmente pieno di collera che non controllò i propri movimenti, facendo cadere per terra il boccale vuoto della pozione. Esso si frantumò in mille pezzi, con un frastuono che, nel silenzio della notte, sembrò amplificato.
Con il cuore il gola, Regulus tacque, tendendo l’orecchio in direzione della porta, nel timore che qualcuno potesse aver sentito. Nessuno entrò, e Regulus tirò un respiro di sollievo.
Ma Rachel si era svegliata.
« Chi c’è? » chiese con un tono allarmato, la mano che corse subito ad afferrare la bacchetta sul comodino.
« Sono io » rispose lui, accorgendosi di come la sua voce fosse spiacevolmente incrinata. « Scusa, non volevo svegliarti » le disse.
Sul volto di lei si dipinse un miscuglio di emozioni, e sul momento non riuscì a dire nulla.
« Non saresti dovuto venire. È pericoloso. Qualcuno potrebbe vederti » disse alla fine, con una certa freddezza. Ora il suo volto cercava di sembrare impassibile, ma gli occhi rossi smentivano quel suo comportamento.
« Al momento non mi importa » rispose Regulus.
Rachel non rispose, ancora intenta a nascondere la paura che provava. Lui si alzò per andare a sigillare la porta, e poi tornò a sedersi accanto a lei, sfilandosi il mantello. Per alcuni eterni istanti nessuno dei due parlò.
Regulus si rese conto della paura che lei provava, e la prese per mano. La ragazza parve quasi sorpresa, ma gliela strinse a sua volta.
« Lo sai che potrei essere un lupo mannaro? » gli fece notare. Aveva un tono apparentemente tranquillo, ma il suo sguardo tradiva angoscia e preoccupazione.
« Non è detto » replicò lui.
« Ma potrei esserlo ».
« Perché insisti? »
Lei voltò la testa. Un silenzio inquieto calò su di loro.
« Senti, Regulus » disse alla fine. « Ci ho pensato molto, e sono arrivata alla conclusione che, nel caso in cui fossi stata morsa davvero, non dovrai sentirti costretto a restare con me per compassione… »
« Smettila » la interruppe lui, mentre sentiva una morsa serrargli le viscere. « Pensi che sia qui solo perché mi fai pena? »
« No, certo… Però tu potresti mai stare insieme ad un lupo mannaro? »
Regulus deglutì, ma si accorse di avere la bocca completamente asciutta.
Doveva aspettarselo, pensò, ma non aveva la minima idea di cosa rispondere. Se le avesse detto che non gli importava nulla, non sarebbe stato sincero. Ma non voleva neanche abbandonarla in un momento simile.
« Non lo so » rispose, incapace di mentire.
Non riusciva a pensarci davvero né ad abbandonare la speranza che non le fosse successo nulla. Non aveva idea di come avrebbe reagito se fosse andata male. Non era sicuro di essere capace di restarle accanto e sostenerla, anche perché – ne era certo – Rachel sarebbe stata più forte di lui nell’affrontare la situazione.
« Ma ti assicuro che sarei disposto a tutto, anche ad usare qualsiasi tipo di Arte Oscura, per trovare una cura che ti liberi dalla licantropia… »
« Non dirlo neanche per scherzo ».
« Per te lo farei ».
Regulus era consapevole dei suoi limiti: non avrebbe mai potuto iniziare a pensarla come Sirius sui lupi mannari, ma era altrettanto sicuro che non avrebbe mai abbandonato Rachel al suo destino. A parole non sapeva come farle capire quanto fosse importante per lui, e sperava che lei lo deducesse dai fatti.
E Rachel lo capì. Come facesse a intuire sempre i suoi pensieri, Regulus non riusciva proprio a spiegarselo.
« Scusami se ho dubitato di te ».
« Non scusarti. È brutto da dire, ma avevi tutte le ragioni per dubitare » ammise lui, pieno di rammarico. « Non avrei dovuto esitare neanche un istante, e invece… »
Rachel non sembrava delusa, anzi, dava l’impressione di capire i suoi timori. Tornò a sdraiarsi, posando la testa sul cuscino e continuando a stringergli la mano.
« Resterai con me finché non arriveranno i risultati delle analisi? »
Lo aveva chiesto come se non potesse fare a meno della sua presenza; e Regulus da parte sua non poteva fare a meno di rimanere insieme a lei.
« Sì » rispose, scostandole i capelli di lato mentre le accarezzava il viso.
 
 
Mentre Sirius e gli altri se ne stavano seduti sui sedili a muro del corridoio, scambiandosi ogni tanto qualche rara parola, Perseus se ne stava in disparte, affacciato alla finestra con le braccia conserte e la solita espressione arcigna.
L’attesa era così tremenda che aveva la sensazione di trovarsi in apnea da ore. Continuava a lanciare occhiate verso l’inizio del corridoio, nella speranza che sua moglie portasse buone notizie.
Il terrore che provava in quel momento gli impediva anche di infuriarsi, anche se di motivi per farlo ne aveva a volontà. Rachel gli aveva mentito, ma Perseus sentiva che la colpa fosse soltanto sua, da quando era stato così stupido e incosciente da permetterle di entrare a far parte di quel dannato Ordine della Fenice. Ma non ci sarebbe più ricaduto, era una promessa.
Mai più.
Si ritrovò a serrare la dita intorno al davanzale, e le nocche sbiancarono. Se pensava che la sua unica figlia rischiava di diventare un lupo mannaro credeva di impazzire.
Non gli interessava sapere quanti Babbani lei stessa avesse contribuito a risparmiare. Per lui la vita di Rachel valeva più di quella di mille altre persone, e non poteva farci nulla. L’unica immagine che aveva davanti agli occhi, e di cui non riusciva a liberarsi, era sua figlia che cadeva sotto i colpi letali di una creatura mimetizzata nella notte, mentre solo le fameliche zanne e gli artigli assassini brillavano nel buio.
Perché proprio lei?
L’angoscia lo rendeva talmente cieco che non riusciva neanche a pensare a chi in quello scontro aveva perso la vita.
La più grande paura che provava era quella di veder sparire il sorriso dal volto di sua figlia, colei che era stata capace di donargli quel senso di pace e serenità che non aveva mai provato prima, fin da quando, nella culla, aveva emesso il suo primo vagito.
Ricordava perfettamente quella neonata che lo fissava con curiosità quando lui la prendeva in braccio e che, con un trillo divertito e un lampo pestifero negli occhi scuri, iniziava a tirargli i capelli fino a quando non le restava qualche ciocca stretta nel pugnetto, e lei tornava a guardarlo con aria preoccupata e colpevole.
Non poteva credere come quella che era stata tanto piccola e buffa potesse diventare una creatura famelica ogni mese. Perseus non sapeva neanche quali sarebbero state tutte le conseguenze. Forse la licantropia la avrebbe cambiata, rendendola completamente diversa. O forse no. Non si era mai informato e non ne aveva idea.
Sembrava che la testa gli stesse per scoppiare. La prese tra le mani, appoggiando i gomiti sul davanzale e fissando con profondo timore la luna piena che iniziava a impallidire, man mano che si avvicinava l’alba…
« Perseus! »
La voce di Diane risuonò chiara e squillante nel corridoio silenzioso.
Perseus la guardò correre verso di lui, impietrito dalla paura.
« È salva! Non è stata morsa! » annunciò la donna, fermandosi accanto a lui, ma rivolgendosi anche agli altri, raggiante.
Perseus fu assalito da un sollievo così intenso che le ginocchia gli cedettero, e fu costretto ad aggrapparsi di nuovo al davanzale per non cadere per terra. Era sfinito come se avesse appena terminato di scalare una montagna.
« Sei sicura? » domandò, ancora troppo scosso per credere alle proprie orecchie.
« Sì » rispose lei.
Lui ci mise un po’ per riacquistare la lucidità, e lo fece solo quando sua moglie si diresse verso la porta, con la chiara intenzione di avvisare la figlia.
« Ehm… non sarebbe meglio lasciarla riposare? » intervenne Sirius, frapponendosi tra Diane e la porta, con un sorriso nervoso.
« No, voglio darle la buona notizia » rispose Diane.
« Davvero… sarà stanca dopo tutto quello che ha passato… » insisté lui, a voce fin troppo alta.
Perseus gli posò una mano sulla spalla, fissandolo con gli occhi socchiusi. Sapeva che con quello sguardo faceva sempre più paura del solito e trovava divertente osservare le reazioni imbarazzate delle persone.
« È lì dentro, vero? » sussurrò, in modo che solo Sirius e Diane potessero sentire.
« Non so di chi stia parlando » rispose prontamente Sirius, esibendo il meglio delle sue facce toste.
« Bene, allora entro » concluse Perseus, che tanto aveva già capito tutto. La porta era sigillata, così dovette usare un Alohomora per aprirla, nonostante gli ultimi deboli tentativi di Sirius.
Quando entrò, Rachel era sveglia. Regulus invece non si vedeva da nessuna parte e per un solo attimo Perseus pensò di essersi sbagliato.
La ragazza guardò sua madre con ansia, ma la donna le sorrise.
« Va tutto bene, non hai nessun morso! » le disse, raggiante.
Rachel tutt’a un tratto riacquistò tutto il colore che aveva perduto. Si lasciò abbracciare dalla madre, ancora incredula, lanciando poi un’occhiata incerta al padre. Evidentemente pensava che lui fosse infuriato, ma Perseus la rassicurò. Quello non era il momento per chiarire certe cose, e poi era talmente sollevato che non si sentiva neanche in vena di rimproveri.
« Purtroppo ti rimarranno alcune cicatrici che non abbiamo fatto in tempo a rimarginare del tutto » continuava Diane. « Mi dispiace… »
Rachel alzò le spalle.
« Poteva andarmi peggio. E almeno sono sulla schiena ».
Perseus le si accostò, posandole una mano sulla spalla.
« Dove si è cacciato? » chiese poi, mentre Diane somministrava alla figlia un’altra dose di Pozione Rimpolpasangue.
« Chi? » fece Rachel, con la voce acuta e lo sguardo nervoso rivolto a Sirius. Quest’ultimo si era chiuso la porta alle spalle, per essere certo che non entrasse nessun altro.
« Quello che dovrebbe essere il fratello obbediente. A quanto pare però lo è solo con i suoi » rispose lui, sarcastico.
Rachel arrossì.
« Ormai è inutile nasconderti, ti hanno scoperto » disse, rivolta ad un punto indefinito accanto a sé.
Improvvisamente, un Regulus piuttosto imbarazzato apparve in un angolo, sfilandosi un mantello dell’invisibilità. Lanciò un’occhiataccia a Sirius che rideva e uno sguardo inquieto a Perseus.
« Oh no, Regulus, devi tornare subito a casa! » disse Diane, preoccupata. « Qualcuno potrebbe vederti! È stato un bel gesto da parte tua venire a trovare Rachel, ma è stato pericoloso. Mi meraviglio di te, Perseus » sbottò poi, rivolgendosi al marito. « Come hai potuto permettergli di uscire? »
Perseus spalancò la bocca, mentre una vena iniziava a pulsare pericolosamente nella sua tempia. Sirius era scosso da un attacco di risate incontrollabili, e Rachel non era da meno.
« Io? Io gli avevo detto di restare a casa, fino a prova contraria! »
« È vero » confermò Regulus, cauto.
Diane non si scompose.
« Oh, d’accordo… »
Perseus sbuffò. Sua moglie con Regulus era sempre troppo conciliante.
« Mamma, come stanno gli altri? » chiese Rachel, cercando di deviare la conversazione.
Diane sospirò.
« Stanno bene, a parte quel povero Auror… Non è stato fortunato come te e non abbiamo potuto evitare che diventasse un lupo mannaro ».
« Edgar è tornato a casa » aggiunse Sirius. « Era distrutto per suo cugino ».
Lei si incupì.
Diane mise via la pozione e si rivolse a Regulus.
« Dovresti rimetterti quel mantello e tornartene a casa, adesso » gli suggerì. « Tra un po’ il Guaritore Llewellyn verrà a controllare i pazienti ».
Regulus annuì, anche se era evidente che avrebbe preferito rimanere ancora con Rachel.
« Lo porto io » si offrì Perseus, notando con immensa soddisfazione la reazione preoccupata del ragazzo.
« Forza, seguimi ».
Regulus stavolta non osò protestare. Salutò la ragazza in modo composto e apparentemente freddo, ma lo sguardo che entrambi si scambiarono era così intenso che Perseus sentì l’urgente bisogno di osservare i granelli di polvere sulla punta delle proprie scarpe, mentre un fastidio bruciante lo assaliva.
« Senta… Non volevo creare problemi ma… » mormorò Regulus mentre indossava il mantello, ma Perseus non gli permise di continuare.
« Taci » rispose a denti stretti, aprendo la porta e uscendo nel corridoio. « Facciamo che tu non dici nulla e io non farò commenti ».
« Va bene ».
Perseus tacque. In realtà non aveva nessun motivo di prendersela con lui, tutt’altro. Il comportamento di Regulus lo aveva sorpreso. Come minimo aveva pensato che Black volesse essere sicuro che Rachel non fosse stata morsa prima di andarla a trovare; e adesso si sentiva quasi in colpa per averlo pensato.
Forse, si disse, ho esagerato con lui.
Aveva trascorso tutta la nottata al fianco di Rachel, senza sapere se fosse davvero diventata un lupo mannaro oppure no. Regulus teneva davvero a sua figlia e Perseus non riusciva più ad ignorare questa consapevolezza. Aveva iniziato già da tempo a vederlo sotto un’altra luce, e quella notte ne aveva avuto la conferma…
Ma questo non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura.
Eppure c’era qualcosa che continuava a infastidirlo e, ora che si era liberato della paura di quella notte, riusciva finalmente a capire di cosa si trattasse.
Quello sguardo che Regulus e Rachel si erano scambiati pochi istanti prima era lo sguardo di due persone che sapevano già di non poter fare a meno l’uno dell’altra.
E Perseus si era sentito improvvisamente ferito nel capirlo, perché il suo vizio di guardare sempre al passato gli aveva impedito di accorgersi che la bambina che anni prima si divertiva a tirargli i capelli non esisteva più da tempo. Al suo posto c’era una ragazza che, per quanto lui cercasse di trattenerla, gli stava lentamente, ma inesorabilmente, scivolando via tra le dita.
 
 
Erano tutti entrati nella stanza di Rachel, escluso James, che venne subito raggiunto da Sirius. Esclusi loro, Regulus e Perseus, il corridoio era completamente deserto.
Poco prima di andarsene, Regulus si bloccò, lanciando a suo fratello un’occhiata esitante.
« Sirius? » lo chiamò dal momento che, trovandosi sotto il mantello, per lui era impossibile vederlo.
« Che c’è? »
Silenzio.
Regulus si ritenne fortunato di essere invisibile, perché l’imbarazzo che stava provando era senza precedenti. Rimase muto per parecchi istanti, perché proprio non riusciva a dirlo: era più forte di lui.
Sirius tuttavia non ebbe bisogno di parole per capire cosa Regulus gli stesso cercando di dire.
« Non c’è di che » rispose, senza risparmiarsi un ghigno d’immensa soddisfazione.
Regulus ricominciò a camminare alle spalle di Perseus, senza aggiungere altro a quella conversazione imbarazzante, ma Sirius lo richiamò con un colpo di tosse.
« Che c’è? »
« Una volta tanto, sei stato meno idiota del solito ».
Regulus non disse nulla né si offese, ma si allontanò lungo il corridoio come se nulla fosse. A chiunque altro quell’affermazione di Sirius sarebbe apparsa come una delle sue solite battute irritanti, ma per Regulus il significato era molto diverso, perché valeva quanto un “sono fiero di te”.
« Prego! » aggiunse James, anche se non era molto sicuro che quel ringraziamento sottinteso fosse rivolto anche a lui... sempre se era un ringraziamento. Dalla risposta di Sirius doveva esserlo, ma non ne aveva la certezza. « Bè, fatemi riavere il mio mantello » aggiunse.
« Tranquillo, tra un po’ vado a riprendertelo » lo rassicurò Sirius.
« D’accordo. Ah, Felpato… La prossima volta che tu e lui intavolerete una conversazione così laconica e piena di sottintesi, vi saremmo tutti molto grati se metteste i sottotitoli ».

 
 
*Angolo autrice*
Se siete arrivati fin qui ancora vivi, dovreste aver notato che questo capitolo è un po' più lungo del solito. XD Mi sono lasciata trascinare dall'ispirazione (che è cosa buona e giusta, ma non abituatevi troppo a capitoli così lunghi, se no rischio di aggiornare una volta al mese).
Vado con ordine se no mi confondo da sola!

- Partiamo dai Guaritori del San Mungo, Ecco, io vi giuro che ho fatto di tutto per non far somigliare Llewellyn al dottor Cox di Scrubs, ci sono stata settimane, ma niente, proprio non ce l'ho fatta. Dovete capire che, dopo pochi giorni in cui ho visto
tutte le 8 serie di quel telefilm, la mia mente ha subito qualche danno irreversibile, e ho iniziato a immaginare il San Mungo come se fosse popolato dai personaggi di Scrubs. Ho fatto del mio meglio per limitare questa mia pazzia, e infatti l'ho modificato con qualche carattere diverso, ma non credo di esserci riuscita del tutto... O.o
Ps: comunque Dai Llewellyn è quello che dà il nome al reparto in cui sarà ricoverato Arthur Weasley quando sarà morso da Nagini.

- Per il cognome di Diane ho scelto Macmillan perché, visto che le famiglie Purosangue sono tutte imparentate, volevo collegare anche i Queen con le altre.

- Regulus mi ha creato non pochi problemi e  sono stata parecchio a pensare come avrebbe reagito. Insomma, non poteva saltare fuori esclamando "Non mi importa se diventi un lupo mannaro, resterò con te lo stesso. E già che ci siamo adottiamo qualche Babbano, evviva!"... Uhm, no, non è così che funziona la sua testa! xD La licantropia per lui resta una cosa disgustosa. Il fatto che Rachel, o qualcunque altra persona a lui vicina potrebbe esserne stata colpita, per lui è un incubo, e ho pensato che avrebbe cercato fino all'ultimo di convincersi che non fosse successo, per poi andare a inseguire qualcosa di impossibile come un modo per far tornare tutto come prima (anche se la pozione Antilupo sarà inventata dopo anni, ma neanche quella sarà una cura definitiva). Comunque, non la avrebbe abbandonata, ma questo spero che sia chiaro: ho paura che per rendere il più possibile IC il suo lato Black, abbia un po' tralasciato quello che prova per lei. Spero di no. ç__ç

- Ho paura che ci sia qualche stonatura nel fatto che Perseus, una volta rassicurato sulla salute di sua figlia, abbia il tempo di essere geloso, visto che oggettivamente è una cosa di poco conto rispetto al rischio che Rachel ha corso. Perseus ha molti sbalzi d'umore e non sa controllare molto i propri pensieri. Tra l'altro il suo caso è particolare: si è sposato abbastanza tardi rispetto alla media dei maghi (quindi per noi sarebbe l'unico normale! xD), e ha un'unica figlia cui è attaccatissimo, quindi rendersi conto che lei potrebbe lasciarlo presto è una prospettiva terribile (anche se in realtà non accadrà presto come teme). Comunque... non è pucciosissima Rachel da neonata? *-* Ok, non dovrei commentarmi da sola quello che scrivo, ma mi sono intenerita mentre scrivevo! xD

- Le conversazioni semi-mute tra Regulus e Sirius si commentano da sole. Non so se si rendono davvero conto di essere comici, ma vabè! xD

Direi che ho finito. Perdonate se anche queste note finali sono state più lunghe del solito!
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 23 aprile!
Ciao! ^^

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Capitolo 23
*** L'occasione perduta ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 23
L’occasione perduta
 
« Rachel, che ci fai in piedi? Tornatene subito a letto ».
Diane se ne stava in mezzo al corridoio, le braccia conserte e l’aria inquisitoria.
« Ma sono guarita! » protestò la figlia, sbuffando.
« Devi riguardarti, quindi non fare storie ».
Regulus alzò gli occhi dalla copia della Gazzetta del Profeta, un po’ divertito e un po’ esasperato. Era la terza volta che quella scena si ripeteva quel giorno.
« Non ho la febbre! »
« Ma hai perso molto sangue e sei debole. Non farmi pentire di averti dimessa in anticipo dal San Mungo. Devo tenerti sotto osservazione ancora un po’ ».
Rachel stavolta non sembrava intenzionata a cedere.
« Posso almeno stare seduta in poltrona? A cosa serve rimanere coricata? »
Diane sospirò ma parve rifletterci.
« D’accordo. Però non agitarti troppo » le concesse.
Tutta contenta, Rachel andò a raggiungere Regulus nel salotto, sedendosi di fronte a lui.
« Finalmente » commentò, mentre sua madre si allontanava. « Che notizie ci sono? »
Regulus abbassò la Gazzetta per risponderle.
« Niente di nuovo. Nessun accenno a quanto accaduto a Drybrook. C’è solo un necrologio su Bones ma non sono state specificate neanche le cause del decesso. È evidente che il Ministero non sappia dove sbattere la testa ».
Rachel si rabbuiò.
« È assurdo. Quel poveretto è morto per aiutare un sacco di gente e nessuno gliene rende merito. Il Dipartimento degli Auror si vergognerà troppo per non aver creduto alla soffiata. Anche se era stata fatta da Moody, non si sono fidati, e naturalmente lui non poteva dire che l’Ordine aveva un infiltrato nel branco di Greyback ».
« Fammi capire: l’Ordine della Fenice è illegale? » chiese Regulus, perplesso.
Rachel fece una smorfia.
« Bè, tecnicamente lo è… L’ex Ministro della Magia, Boot, aveva dichiarato illegali tutte le organizzazioni autonome che non facessero riferimento al Ministero. Ovviamente era riferito a Mangiamorte e affini, ma alla fine ci rientriamo anche noi, perché non seguiamo le direttive del Ministero ».
Regulus chiuse il giornale e lo mise da parte, pensieroso.
« Non credi che possa essere stato il vostro infiltrato a suggerire a Greyback di cambiare strategia? » domandò. Ci aveva pensato molto ed era giunto alla conclusione che quella fosse l’ipotesi più sensata.
Rachel non ne fu stupita, ma sembrava più che sicura quando rispose:
« No, fidati, non lo farebbe mai ».
« Se ne sei proprio certa… Io l’ho detto solo perché è quello che avrebbe avuto più occasioni per tradirvi ».
« Lo so, ma se sapessi chi è non diresti così ».
« E chi è? »
Rachel fece un sorriso imbarazzato.
« Non puoi chiedermi tutte queste cose. Ti racconto anche troppo ».
« D’accordo… » fece lui, rassegnato. « Però, anche se magari in questo caso potresti avere ragione tu, ricordati che non puoi fidarti delle persone solo perché credi di conoscerle ».
Lei lo guardò con perplessità, ma Regulus non aggiunse altro.
Entrambi tacquero per un po’, ognuno immerso nelle proprie riflessioni. Regulus la guardò, non potendo fare a meno di considerare una fortuna quella di averla ancora lì, viva e sana, anche se molto provata dall’esperienza che aveva vissuto a Drybrook. Rachel cercava di non farlo pesare, ma lui aveva notato la sua nuova abitudine di osservarsi di continuo allo specchio, nel tentativo di nascondere le cicatrici che le erano rimaste e che gli abiti non le coprivano completamente.
Anche il quel momento la vide spostarsi i capelli in modo da occultare la cicatrice che si intravedeva al lato del collo. Al solo pensiero, Regulus si sentì di nuovo invadere dalla collera.
Avrebbe voluto dirle che la trovava bella quanto prima e che quei segni non erano visibili come lei temeva, ma la rabbia parlò per lui.
« Riusciremo mai a scoprire chi fosse quell’ibrido che ti ha ferita? » chiese, senza pensare.
Rachel si irrigidì.
« Non ne ho idea. Ma non usare più quella parola » rispose con un tono serio che non ammetteva repliche.
Lui si rese conto di aver fatto una gaffe bella grossa e cercò di rimediare, mortificato.
« Mi riferivo solo a quello che ti ha quasi uccisa. Non lo difenderai, spero ».
« Certo che no. Lui non merita nulla, perché è uno di quelli che mordono le persone apposta. Ma non sono tutti come Greyback e i suoi, Regulus. Se fossi stata morsa, non mi sarei di certo unita al loro branco. Le mie convinzioni e i miei sentimenti sarebbero rimasti sempre gli stessi ».
Regulus non replicò.
In quel momento qualcuno suonò il campanello alla porta d’ingresso. Regulus si alzò e uscì dal salotto, rifugiandosi nello studio. Rachel lo seguì, mentre Diane andava ad aprire la porta.
« Detesto dovermi nascondere ogni volta » commentò lui sottovoce.
Rachel cercò di tirargli su il morale.
« Pensa a quello che c’è di positivo. Un tempo eri costretto a fare sempre gli onori di casa. Adesso invece puoi evitare gli ospiti senza sembrare maleducato ».
« Questo mi consola molto » commentò lui, sarcastico.
Tuttavia la voce maschile che si sentiva da dietro la porta sembrava familiare a entrambi. Poi qualcuno bussò alla porta dello studio.
« Disturbo? » chiese quella voce, mentre un naso aquilino si affacciava nella stanza.
Sia Rachel che Regulus ne furono sorpresi.
« Professor Silente! » esclamò la prima.
« Era ora » bofonchiò il secondo, molto meno entusiasta.
Il mago entrò, chiudendosi la porta alle spalle.
« Ciao, Rachel. Ho approfittato della situazione per venirti a trovare: ho ricevuto il tuo messaggio. Comunque sono contento che te la sia cavata. Come ti senti? »
« Bene, solo un po’ spaventata ».
« Mi dispiace. Ho sbagliato io a rassicurare troppo gli altri. A proposito, tuo padre ha avuto parecchio da rinfacciarmi ».
Lei aggrottò la fronte.
« In che senso? »
« L’ho incontrato fuori in giardino, e non ha fatto mistero di essere infuriato con me, perché ti ho fatto correre un enorme pericolo, mentre io “me ne stavo al sicuro”, ha detto ».
Rachel arrossì. Regulus invece si trovò straordinariamente d’accordo con Perseus.
« Credo che abbia superato il limite di sopportazione, lo scusi » disse Rachel.
« No, ha ragione lui » rispose Silente. « Però mi ha anche detto che non ha più intenzione di permetterti di partecipare a missioni del genere ».
Rachel sembrava improvvisamente arrabbiata.
« Che cosa? Ma io faccio parte dell’Ordine della Fenice, ormai; non voglio lasciarlo. E poi lui non può decidere per me, senza neanche interpellarmi! » sbottò.
« È tuo padre, ed è ovvio che si preoccupi per te » intervenne Regulus, ottenendo per tutta risposta un’occhiataccia da parte di lei.
« Ma non posso lasciare l’Ordine. Siamo già pochi ».
« Perseus in cambio ha offerto la sua collaborazione. È disposto a farci da contatto presso la Gringott e di controllare che i goblin non decidano di allearsi con Voldemort. Tuttavia non ti sto chiedendo di lasciare l’Ordine. Potrai sempre partecipare alle riunioni e alle ronde, in attesa che tuo padre superi lo shock. In realtà ho approfittato delle decisioni di Perseus perché giocano a mio favore: mi serve il tuo aiuto per un altro tipo di missioni, che dovrai considerare più importanti di qualsiasi altra battaglia ».
Rachel assunse un’espressione consapevole. Era evidente che l’uomo si stesse riferendo alla ricerca degli Horcrux. Silente sorrise.
« Prima di entrare in argomento, credo sia meglio sederci ».
Dopo aver imposto un incantesimo isolante alla porta e aver preso posto intorno alla scrivania, Silente parlò di nuovo. 
« Molto bene. Ora che siamo tutti, posso spiegare per bene tutto quello che ho scoperto durante questa mia lunga assenza. Prima però… Rachel, mi hai accennato che ci sono delle novità. Di cosa si tratta? »
Lei mise da parte l’irritazione dovuta alle decisioni di suo padre per assumere un’espressione emozionata.
« Forse abbiamo individuato un secondo Horcrux » bisbigliò.
« E io so dov’è » aggiunse Regulus con una certa soddisfazione. « Sempre se si tratta di un Horcrux, ma penso di sì, si trova a villa Malfoy ».
Quella volta la fortuna era stata dalla sua parte, pensò. Pochi giorni prima di entrare nella caverna, era andato a cena a casa di sua cugina, che aveva intenzione di annunciare la propria gravidanza. E proprio in quell’occasione aveva intuito che il misterioso diario si trovava proprio lì, nascosto in una botola sotto il pavimento del salotto.
Silente ne parve entusiasta.
« Meraviglioso! Questo è un grande passo avanti. Io ho fatto parecchi progressi nel ricostruire il passato di Tom Riddle. Sono riuscito a risalire alla sua famiglia di origine e ho scoperte parecchie cose interessanti che ci aiuteranno a capirlo di più. Per ora non ho trovato altri Horcrux, ma sono sulla buona strada… D’altra parte, ho scoperto diversi modi per distruggere quello che già abbiamo, ossia il medaglione ».
Regulus e Rachel si scambiarono un’occhiata stupefatta.
« Quindi possiamo distruggerlo subito? » chiese lei.
« Non proprio. Si tratta di metodi tutti abbastanza pericolosi. Dovremo valutarli per bene per scegliere il più efficace e meno rischioso. Per esempio… »
Silente estrasse dalla veste un borsellino molto piccolo. Vi infilò la mano e ne tirò fuori un libro molto più grosso del suo contenitore. Aveva la copertina di pelle nera, ma era piuttosto consunto e antico. Regulus lo osservò con interesse e lesse il titolo: Segreti dell'Arte Più Oscura.
Nel giardino, appena fuori la finestra, ci fu un rumore simile ad uno schiocco, ma erano tutti troppo concentrati per farvi caso.
« Questo si trovava nel Reparto Proibito della biblioteca di Hogwarts, ahimè » spiegò Silente. « È probabile che lo stesso Tom Riddle vi abbia trovato informazioni sugli Horcrux, quando era ancora uno studente. C’è scritto tutto quello che c’è da sapere sugli Horcrux: come crearli, quali sono i danni che possono arrecare, perfino consigli sui modi per nasconderli, e naturalmente, anche come distruggerli ».
Regulus iniziò a sfogliare il volume, con particolare attenzione. Silente aveva ragione: quel libro spiegava ogni cosa. Si fermò al paragrafo che trattava della distruzione degli Horcrux e lo lesse in silenzio, mentre Rachel, sporgendosi, faceva altrettanto.
« Qui dice che un mago oscuro può rimettere insieme tutti i pezzi della propria anima col rimorso » disse la ragazza.
« Esattamente » confermò il Preside. « Chiunque l’abbia provato può capire come il rimorso possa essere talmente doloroso da distruggere una persona ».
Regulus sapeva bene di cosa stessero parlando. Ancora adesso aveva l’impressione che gli sguardi accusatori degli altri due fossero puntati su di lui – anche se non era vero – così parlò.
« Direi che possiamo escludere questo metodo. Il Signore Oscuro non proverebbe mai rimorso per quello che sta facendo ».
« Sono d’accordo. Quanto agli altri metodi per distruggere un Horcrux, non ce ne sono molti ».
Regulus tornò a leggere, e man mano che andava avanti il suo entusiasmo si affievoliva sempre di più.
« Veleno di Basilisco… Ardemonio… veleno di Manticora… Fluido Esplosivo dell’Erumpent… »
« Insomma, cose che si trovano in qualsiasi negozio di Diagon Alley » commentò Rachel, sarcastica.
« In effetti non sono facili da trovare » confermò Silente. « Io stesso ho provato a trovare del veleno di Basilisco, nella remota speranza che Mundungus Fletcher, con le sue conoscenze nel mercato illegale, fosse in grado di fornirmelo, anche se non ci ho mai contato molto ».
« Fletcher? Quella specie di ricettatore? » chiese Regulus, aggrottando la fronte con disgusto.
« Fa parte dell’Ordine. Può essere utile per qualche soffiata » gli spiegò Rachel.
« E di solito lo è, ma non questa volta. Si è presentato con una boccetta di quella che poi si è rivelato semplice siero di Doxy, spacciandomelo per veleno di un Basilisco. A quanto ho capito, un suo conoscente greco sosteneva che fosse niente meno che il veleno del primo Basilisco mai esistito, quello creato da Herpo lo Schifido… Naturalmente non è così, ma basta per farvi capire come sia complicato trovare quelle sostanze. Quanto all’Ardemonio, a meno che uno di noi non sappia usarlo… »
« Io conosco la formula per evocarlo » disse Regulus, teso. « Ma non l’ho mai messa in pratica, e soprattutto non ho mai provato il controincantesimo. Sarebbe troppo pericoloso ».
« Sono d’accordo. Quindi cercherò altre sostanze in grado di distruggere un Horcrux e vi farò sapere ».
Silente chiuse Segreti dell’Arte più Oscura e lo ripose dentro il borsellino di prima.
« Quanto a voi, ho due incarichi da affidarvi ».
Loro tornarono sull’attenti, curiosi.
« Rachel, tu che lavori al Ministero, dovresti farmi il favore di frugare negli archivi dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, per scoprire se qualche dipendente ha mai avuto a che fare con una certa famiglia Gaunt. Mi serve scoprire chi ha avuto contatti con essi, se qualche Gaunt è ancora in vita e dove posso trovarlo ».
« Non c’è problema » acconsentì lei.
« Perfetto. Quanto a te, Regulus, potresti disegnare la piantina più dettagliata che riesci a fare del maniero dei Malfoy? Credo che conoscere bene il luogo in cui si trova il secondo Horcrux sia necessario ».
Regulus non riuscì a nascondere la delusione, ma si limitò ad annuire. Non era molto, ma almeno poteva rendersi un po’ più utile del solito. L’unico motivo che lo aiutava a resistere in quella sua segregazione forzata era il pensiero che, se qualcuno lo avesse riconosciuto, Voldemort se la sarebbe presa con quel che restava della sua famiglia. E lui non voleva certo che questo accadesse.
Quando Silente si congedò, fu con un tono piuttosto sorpreso che si rivolse a chi si trovava nel salotto.
« Vedo che le uscite clandestine sono un vizio di famiglia ».
Regulus si affacciò alla stanza, ed ebbe un tuffo al cuore. Seduto su una poltrona accanto a Perseus, c’era Alphard.
Regulus era stupito: non si aspettava di ritrovarsi suo zio nel salotto. Improvvisamente ricordò il rumore che aveva sentito poco prima: era stato Alphard, che si era Materializzato insieme all’elfo Aster direttamente dentro casa Queen.
« Non c’è pericolo, Silente » rispose l’uomo con una naturalezza quasi eccessiva. « Pochissime persone sanno che gli elfi possono Materializzare chiunque dove vogliono, e i Mangiamorte non ne hanno idea. Per questo posso andare e venire in tutta sicurezza ».
« Me lo auguro… » commentò Silente, pensieroso.
Regulus rimase sulla soglia del salotto, mentre Alphard si informava delle condizioni di salute di Rachel.
Un timore improvviso lo stava tormentando dal momento in cui aveva visto lo zio. Il fatto che si fosse Materializzato così vicino allo studio in cui loro stavano discutendo lo preoccupava, e a giudicare dall’espressione tesa di Rachel, anche lei stava pensando la stessa identica cosa.
O forse no, pensò. Isoliamo sempre la stanza, quindi non può aver sentito nulla.
Ma Rachel, come se gli avesse letto nel pensiero, lo smentì.
« Reg, ho paura che la finestra non fosse ben chiusa » gli sussurrò lei, sussultando quando lui la guardò con un’espressione ansiosa. « Deve averla aperta Sory, scusa... Pensi che abbia sentito quello che dicevamo? »
Regulus osservò Alphard che stava parlando con Perseus, apparentemente tranquillo.
« Se lo avesse fatto, non sarebbe così calmo » rispose.
Ma lo sguardo sfuggente di Alphard non lo rendeva tranquillo. 
 
 
La casa era circondata da un recinto di siepi. Dall’aspetto del tutto normale, nessuno avrebbe potuto intuire che in realtà fosse l’abitazione di un mago, e per giunta di un Mangiamorte.
Dalle finestre chiuse non filtrava alcuna luce, segno che il proprietario non era ancora rientrato, anche se tutti loro sapevano che sarebbe tornato a momenti.
Gli Auror erano nascosti tutt’intorno alla casa, pronti ad intervenire al minimo problema. All’interno invece tre membri dell’Ordine della Fenice e altri due giovani Auror erano pronti a cogliere di sorpresa il padrone di casa, non appena avesse messo piede nel salotto.
Dorcas lanciò un’occhiata ai suoi compagni, scrutandoli attraverso l’oscurità. Frank era concentrato sulla porta d’ingresso e non le staccava gli occhi di dosso. Williamson bloccava il passaggio per il corridoio, mentre Scrimgeour controllava la porta sul retro.
Dorcas e Moody invece erano nascosti dentro l’enorme armadio a muro dell’ingresso, di cui avevano lasciato l’anta socchiusa, in modo da poter tenere d’occhio la situazione – almeno lei, perché Malocchio non ne aveva bisogno – ed essere pronti per attaccare.
Ignorando la puzza di chiuso e dei cappotti ammuffiti, Dorcas notò che Malocchio sembrava molto pensieroso.
« So cosa ti passa per la testa » sussurrò.
Lui non si mosse, limitandosi a rivolgere l’occhio sano verso di lei, mentre quello magico continuava a controllare la porta.
« Perché, non lo pensi anche tu? »
Dorcas non rispose, incupita.
« Nessuno dei nostri è sospettabile » disse con fermezza.
« Quindi lo sono tutti ». concluse lui implacabile.
La donna lo guardò, un po’ irritata e un po’ confusa.
« Come può essere? Capirei se non ti fidassi di Mundungus, ma a lui non avevamo detto nulla di Drybrook ».
« Potrebbe averlo scoperto lo stesso. Ma non è l’unico sospetto. Tutti hanno un motivo più che valido per decidere di scendere a patti con la propria coscienza. Tutti quelli che hanno una famiglia o amici molto stretti sono ricattabili ».
« Quindi tutti » fece lei, sconvolta. « Non puoi pensarlo. Almeno risparmia di nutrire sospetti su Rachel e Edgar, visto che lei è stata quasi morsa e lui ha perso suo cugino ».
« Perché dovrei? Anche loro potrebbero aver tradito, e i loro potrebbero essere stati incidenti che non avevano calcolato. So che sei affezionata a loro due, ma ricorda che non è consigliabile stringere nuove amicizie di questi tempi. Non ci si può fidare neanche degli amici di vecchia data, figurarsi dei nuovi ».
Dorcas si morse la lingua, infuriata con se stessa. Non voleva credere alle parole di Malocchio, ma dentro di sé non poteva fare a meno di dargli ragione. Erano tempi bui, in cui dare fiducia a qualcuno era pericoloso.
Inoltre anche lei nutriva qualche sospetto.
« So che è la soluzione più ovvia, ma io credo che Remus sia quello più sospetto. In fondo è lui che ci passa informazioni dal branco, ma non ci ha avvertiti del cambio di programma. E in fondo nella sua vita deve aver subito così tante umiliazioni a causa della licantropia che forse le idee di Greyback potrebbero averlo confuso e attirato » disse, anche se si sentiva in colpa nei confronti di quel ragazzo apparentemente sempre gentile.
« Vero, l’ho pensato anche io, ma non escluderei nessun altro » commentò Malocchio.
« Quindi non ti fidi neanche di me? » domandò lei.
Lui tacque per alcuni istanti, ma infine ringhiò.
« Non mi fido di nessuno ».
Dorcas incassò il colpo. Doveva immaginarselo, conoscendo l’indole di Moody, anche se lasciarsi dare della spia senza reagire la irritava.
« Allora perché hai portato qui me e Frank? »
« Perché se siete solo due posso tenervi d’occhio facilmente ».
Dorcas non ebbe il tempo per protestare, perché in quel momento tutti loro udirono un movimento dietro la porta d’ingresso che, un attimo dopo, si aprì.
Il mago entrò a passi strascicati, chiudendosi poi la porta alle spalle e sbadigliando rumorosamente.
Non era ancora il momento di attaccare, così se ne rimasero tutti immobili e in silenzio, col fiato sospeso.
Fu quando il Mangiamorte accese la lampada a gas sul tavolo che Malocchio aprì l’armadio con un calcio e ne uscì, puntando la bacchetta contro di lui e gridando:
« Non ti muovere, Wilkes! Ti dichiaro in arresto ».
Il Mangiamorte reagì rapidamente, ma ebbe solo il tempo di estrarre la bacchetta dal mantello.
« Se fossi in te non lo farei » disse Dorcas, raggiungendo Moody insieme a Frank, Scrimgeour e Williamson, tenendo Wilkes sotto tiro.
Quest’ultimo si guardava intorno nervosamente, accorgendosi degli Auror che, all’esterno della casa, gli bloccavano tutte le vie d’uscita, comprese le finestre. Era braccato, e per questo dovette cambiare strategia.
« E con quale accusa? » domandò in tono arrogante.
« Sei in arresto per omicidio plurimo con l’aggravante di essere un Mangiamorte. Per tua sfortuna non ti sei accorto che la famiglia di Babbani che hai trucidato l’altro ieri era composta da cinque persone, e non quattro come credevi. Sei stato visto dall’unico sopravvissuto, che ti ha incastrato. Adesso abbassati lentamente e senza movimenti bruschi. Posa la bacchetta per terra e metti le mani in alto » gli intimò Moody.
Wilkes si grattò il mento, apparentemente tranquillo, ma il suo sguardo era concentrato e vagava da tutte le parti, alla ricerca di una scappatoia.
Dorcas lo guardava con raccapriccio. Lei e Wilkes avevano frequentato Hogwarts nello stesso periodo, e mai si sarebbe aspettata di riconoscere in lui il Mangiamorte che aveva fatto quella strage, quando aveva guardato i ricordi del ragazzino che era riuscito a sopravvivere per miracolo.
« E dovrei consegnarmi a voi senza protestare? » chiese l’uomo, sarcastico.
« Ti conviene » intervenne Scrimgeour. « Siamo dieci contro uno e se sceglierai di combattere aggraverai ulteriormente la tua situazione. Se invece sceglierai di sottometterti all’autorità del Ministero della Magia, potrai avere delle attenuanti ».
Wilkes esplose in una risata nervosa.
« Quali attenuanti? Volete dire che la mia cella di Azkaban sarà abitata da topi piuttosto che da serpenti? Ora sì che sono sollevato! » Poi smise di ridere e il suo volto assunse un’espressione di profondo disgusto. « Io sono fedele al Signore Oscuro. Non sono un servo del potere come voi e non riconosco la vostra autorità! »
E per dimostrarlo, sputò ai loro piedi.
Un attimo dopo, tutto l’ingresso fu invaso da una nebbia densa e fitta, capace di confondere gli Auror.
« Sta scappando! Il corridoio! » tuonò Williamson.
Cercando di muoversi a tentoni, Dorcas e gli altri tentarono di uscire da quella nube e di seguire il Mangiamorte. Lei era molto agile e veloce, e fu la prima a sfuggire dal fumo e raggiungere il fuggitivo.
« Impedimenta! » gridò, ma lui riuscì a schivare l’incantesimo, girando l’angolo e iniziando a salire la scale per arrivare al piano di sopra.
Tutti loro cercarono di colpirlo, ma lui si era rifugiato dietro la balaustra, dalla quale continuava a scagliare maledizioni letali contro chiunque si fosse avventurato sulle scale.
« Meadowes e Paciock! Voi venite con me! » ringhiò Malocchio. « Voi altri copriteci! »
Scrimgeour, Williamson e gli altri cinque Auror iniziarono a scagliare incantesimi contro Wilkes, mentre Malocchio, Dorcas e Frank uscivano allo scoperto, salendo le scale e raggiungendo il Mangiamorte al piano di sopra.
« Arrenditi Wilkes! » gridò Moody.
« Mai! » rispose quello, muovendo la bacchetta per mimare un colpo di frusta.
Frank fu colpito in pieno, e si accasciò a terra con un gemito strozzato, perdendo i sensi subito dopo.
Malocchio iniziò a duellare contro Wilkes, ed erano così veloci e accaniti che Dorcas non riusciva nemmeno ad intervenire. Dei passi scalpitanti dietro di lei le annunciarono l’arrivo degli altri Auror. Wilkes indietreggiava sempre di più, il volto contorto e deformato dalla rabbia. Improvvisamente alzò la bacchetta in alto, in apparenza senza motivo.
Il gesto fu seguito dal rumore di un’esplosione. Il soffitto iniziò a crollare, e gli Auror furono costretti a coprirsi la testa con le braccia per proteggersi. Dorcas al tempo stesso riuscì a evitare che i calcinacci cadessero su Frank. Qualcuno gridò: Scrimgeour era stato colpito, e stava perdendo sangue dalla nuca.
« Maledetto Wilkes! » sbottò Moody, zoppicando mentre il Mangiamorte ricominciava a scappare.
Dorcas si arrampicò sui resti del soffitto crollato, più che mai decisa a fermare quell’uomo.
Wilkes si accorse di lei e le scagliò la stessa maledizione che aveva usato contro Frank, ma Dorcas ruotò la bacchetta a formare un cerchio perfetto, e riuscì a rimandarla indietro. il Mangiamorte evitò la sua stessa maledizione per un pelo, ma cadde per terra.
« Impedimenta! » gridò lei. E lo colpì.
Wilkes si ritrovò immobilizzato e la guardò con profondo odio, imprecando sonoramente. Lei lo ignorò, restando fredda e impassibile.
Moody li aveva raggiunti, ma era da solo. Gli altri Auror stavano aiutando Frank e Scrimgeour.
« Brava Dorcas » commentò, chinandosi poi su Wilkes e tirandogli i capelli. Quello si lamentò per il dolore. « Ascoltami bene, Wilkes. Quello che ti attende adesso è un lungo soggiorno ad Azkaban, così lungo che dubito ne uscirai vivo. Il processo sarà solo una formalità, perché abbiamo già un testimone e prove evidenti della tua colpevolezza, senza contare il tuo geniale tentativo di reagire all’arresto di oggi. Tra l’altro sai bene quanto Crouch abbia a cuore quelli come te… »
Per la prima volta, Wilkes rabbrividì.
« Ma io posso proporti un compromesso. La tua reclusione ad Azkaban sarà meno dura nel caso in cui mi rivelassi chi è il vostro informatore all’interno dell’Ordine della Fenice ».
Dorcas osservò Wilkes, attenta. Lui per un attimo sembrò allettato da quella proposta, e questo le diede la speranza di poter smascherare il traditore. Il Mangiamorte taceva, e rimase in silenzio per un paio di minuti, valutando le sue alternative.
« Allora? Qual è la tua risposta? » domandò Dorcas, impaziente.
« La mia risposta è… questa » sbottò Wilkes, all’improvviso. Ci fu uno scoppio, e Moody fu sbalzato indietro: l’effetto dell’Impedimenta si era esaurito.
Dorcas non riuscì a fermarlo perché Wilkes la disarmò. Un brivido di terrore la percorse da capo a piedi mentre il Mangiamorte liberava una risata di trionfo.
« Credevate davvero che potessi tradire il Signore Oscuro? Vi siete sbagliati di grosso. Quanto all’identità dell’informatore, è talmente insospettabile che non sarete mai in grado di indovinarla! E ora, addio… »
Dorcas scoprì di essere paralizzata dal terrore quando Wilkes le puntò la bacchetta dritta contro il cuore. Era certa che la sua ora fosse ormai giunta e non riusciva più a trovare la forza di reagire.
« Avada Kedavra! »
La casa fu illuminata da una potente luce verde. Dorcas percepì uno sprigionarsi di energia che le fece rizzare i capelli, ma quando il silenzio ripiombò intorno a lei, si rese conto di essere ancora in piedi e di non essere stata lei a provocare il tonfo che aveva rimbombato per qualche secondo.
Aprì lentamente gli occhi, e la prima cosa che vide fu Williamson che abbassava lentamente la bacchetta, fissando il corpo riverso e privo di vita del Mangiamorte.
« Grazie » sussurrò lei, sollevata.
Malocchio guardò l’Auror con un’espressione contrariata.
« Avresti dovuto Schiantarlo e basta » bofonchiò.
« Mi scusi, ma ho agito d’istinto » rispose Williamson.
« Crouch comunque ha dato l’espresso ordine di uccidere quando un Mangiamorte sta per fare altrettanto » obiettò Scrimgeour, tenendosi uno straccio insanguinato sulla nuca ferita.
« Crouch può dire quello che vuole, ma quando siete sotto il mio comando dovete rispettare le mie regole. Altrimenti nessuno vi obbliga a seguirmi » replicò Moody. Nessuno protestò.
Dorcas lo guardò con ansia, e notò che anche lui era preoccupato.
Wilkes era morto, e con lui l’unica possibilità di cui erano a conoscenza di svelare l’identità del traditore.

 
 
 
*Angolo autrice*
Buona Pasqua a tutti!! Mangiate tante uova anche da parte mia... ç__ç
La fortuna sfacciata di Peter è irritante, lo so, ma del resto non potevano scoprirlo subito! Alphard avrà davvero sentito qualcosa? Chissà! xD
- Se non vi ricordate quando Regulus capisce che il diario si trova a villa Malfoy, lo racconto nel capitolo 49 di Eroi.
- Hermione, nei Doni della Morte, dice questo: "Il nostro problema è che ci sono pochissime sostanze micidiali quanto il veleno di Basilisco e sono tutte pericolose da portare in giro." Sappiamo che un altro modo per distruggere gli Horcrux è l'Ardemonio, ma la Rowling non ha detto nulla sugli altri, quindi per il Veleno di Manticora e il Fluido Esplosivo dell’Erumpent ho inventato, cercando conferme su "Gli animali fantastici: dove trovarli". Il veleno di Manticora provoca una morte istantanea (ma non lo userei mai da solo: come unica arma contro l'Horcrux dubito che sia sufficiente) mentre sul Fluido dell'Erumpent dice: "Il corno dell'Erumpent può perforare qualunque materiale, dalla pelle ai metalli, e contiene un fluido mortale che provoca l'esplosione di qualunque cosa da esso venga trafitta". Quindi questo potrebbe funzionare. Approfondirò meglio la questione nei prossimi capitoli.
- Herpo lo Schifido è conosciuto come il primo creatore del Basilisco, ed è vissuto nell'antica Grecia. Ecco perché Mundungus si è rivolto ad un mercante greco, una delle sue tante  conoscenze nel mercato di contrabbando!
- Wilkes è uno dei Serpeverde che facevano parte del gruppo dei Lestrange a Hogwarts (nel quarto libro la Rowling fa confusione e ci inserisce anche Piton, ma è impossibile, visto che quando lui ha iniziato scuola, Bellatrix e soci la avevano già finita da qualche anno. Gli amici di Severus qui sono Avery e Mulciber).

Annuncio importante, con un po' di anticipo. ^^ Chi mi segue da tempo già lo sa: io d'estate non riesco a scrivere regolarmente, perché sto poco a casa e inoltre il caldo mi risucchia l'ispirazione. Solo che le volte precedenti ero riuscita a finire le ff prima dell'inizio dell'estate. Stavolta mi toccherà interrompere la storia tra fine maggio e inizio giugno, e se da una parte lo trovo necessario, dall'altra non ne sono molto convinta e mi dispiace.
Di sicuro una pausa più lunga mi servirà, perché devo avere il tempo di incastrare i futuri avvenimenti, però (se ci riesco) potrei pubblicare un capitolo al mese... forse!

Comunque, il prossimo capitolo sarà pubblicato regolarmente il 7 maggio! ^^'

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Capitolo 24
*** Fiducia ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 24
Fiducia
 
L’archivio dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia era enorme, quasi più grande della biblioteca di Hogwarts. Decine di scaffali stipati e traboccanti di cartelle e documenti si stendevano in una successione che sembrava non avere quasi fine.
Non appena entrò, Rachel si rese conto che la sua ricerca sarebbe andata per le lunghe, molto più di quanto si fosse aspettata.
« Sono in ordine alfabetico, vero? » domandò al custode, un uomo dall’aria annoiata che se ne stava seduto con i piedi sulla scrivania sbilenca.
« Eh? Ehm… sì sì » rispose quello con poco interesse, per poi tornare a fare i cruciverba della Gazzetta del Profeta.
Rachel sospirò, con la netta sensazione che in quell’archivio ci fossero parecchi schedari fuori posto. Ora capiva come mai il direttore del suo Dipartimento, Cornelius Caramell, le aveva augurato buona fortuna quando lei gli aveva chiesto il permesso scritto per potervi accedere. Fortunatamente Caramell non aveva fatto domande, e il custode era stato altrettanto disinteressato.
Rachel decise di non pensare alla discutibile efficienza del Ministero della Magia e si costrinse ad iniziare a cercare.
Non fu molto facile trovare lo scaffale della lettera G. I cartelli su cui erano segnate le lettere si divertivano a cambiare, così ogni tanto volavano via e si posavano su scaffali completamente diversi. Quanto agli schedari, molti si trovavano in posizioni sbagliate, come la ragazza aveva intuito fin dall’inizio.
Dopo mezzora di ricerche infruttuose, Rachel si assestò una botta sulla fronte. Prima non ci aveva pensato perché era quasi sicura che l’archivio fosse dotato di misure di sicurezza anti-incantesimi ma, considerando chi lo gestiva, era possibile che fosse stato proprio abbandonato al proprio destino.
« Accio schedario Gaunt » sussurrò, tenendo la bacchetta puntata verso il soffitto.
Un plico polveroso si sollevò da terra, dove era rimasto a giacere e lasciarsi calpestare da chissà quanto tempo, e ondeggiando leggermente volò in direzione di Rachel, che lo afferrò al volo.
Ringraziò la negligenza del custode, si avvicinò trepidante ad un tavolo ingombro di scartoffie e, senza preoccuparsi troppo, fece spazio buttando per terra tutto quanto.
Tanto peggio di così non potrebbe essere, pensò, mentre posava il plico sul tavolo e lo apriva.
Vi trovò un rapporto firmato da un certo Bob Ogden dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, e due o tre schede riguardanti la famiglia Gaunt.
Il rapporto di Ogden riferiva di una visita che lo stesso mago aveva fatto a casa Gaunt, in un paesino chiamato Little Hangleton, per indagare riguardo un’aggressione ai danni di alcuni Babbani.
In occasione di questa visita Ogden era stato aggredito dai padroni di casa, riportando una frattura del setto nasale, ed era stato costretto a tornare con i rinforzi, ed entrambi i Gaunt erano stati scortati ad Azkaban.
Dal rapporto risultava che la famiglia Gaunt fosse composta da tre persone: Orvoloson e due figli, Orfin e Merope.
Le schede riguardavano soltanto i due uomini della famiglia. Rachel le lesse attentamente, saltando i dati anagrafici.
 
Orvoloson Gaunt
Arrestato con l’accusa di aver causato ferite a diversi dipendenti del Ministero della Magia, tra cui l’allora Capo della Squadra Speciale Magica, Bob Ogden, e per aver opposto resistenza agli Auror che hanno l’ordine di arrestarlo.
Sconta sei mesi di reclusione ad Azkaban.
Deceduto poco dopo il suo rilascio.
 
Orfin Gaunt
Arrestato insieme al padre Orvoloson con l’accusa di aggressione ai danni di diversi Babbani, del Capo della Squadra Speciale Magica, Bon Ogden, e di cinque Auror.
Sconta tre anni di reclusione ad Azkaban, dopo i quali viene rilasciato.
Reo confesso dell’omicidio della famiglia Babbana Riddle, riceve una condanna a vita.
Attualmente si trova ad Azkaban.
 
Più in basso vi erano alcune annotazioni scritte da un Auror anni prima, e alcune di esse indussero Rachel a sgranare gli occhi.
A quanto pareva, tra i Babbani uccisi da Orfin vi era un certo Tom Riddle. Non poteva essere una coincidenza che quel Babbano fosse omonimo di Voldemort in persona. Ma qualcosa le sfuggiva. Rachel non capiva proprio che connessione potesse esservi tra i due.
Ma fu un’altra informazione che la colpì ancora di più: i Gaunt avevano più volte affermato con orgoglio di essere gli unici discendenti diretti di… Salazar Serpeverde.
Ora capiva perché Silente le avesse chiesto di cercare informazioni proprio sui Gaunt: erano parenti di Voldemort, e probabilmente la figlia, Merope, doveva aver sposato proprio il Babbano, Tom Riddle.
Tutto tornava. Voldemort quindi era figlio di una Gaunt e di un Riddle… un Babbano.
Le ci vollero alcuni minuti prima di digerire quella rivelazione, e per un attimo non poté fare a meno di chiedersi come avrebbe reagito Regulus nel sapere che il Signore Oscuro aveva origini Babbane. Anzi, forse era meglio non saperlo, concluse.
Fu il custode a farla tornare in sé, quando si mise a russare sonoramente.
« Geminio » sussurrò, duplicando le schede e il rapporto firmato da Ogden. In realtà, col caos che regnava in quell’archivio, avrebbe potuto rubare direttamente il plico senza che nessuno se ne accorgesse mai, ma non era il caso di rischiare.
Ripose lo schedario da dove lo aveva preso e piegò le copie in modo tale da poterle nascondere sotto il vestito, in una zona in cui nessuno avrebbe mai potuto perquisirla senza poi finire al San Mungo.
Cercò anche di ricoprire lo schedario di polvere e, anche se il risultato non fu proprio perfetto, poteva sembrare che nessuno lo avesse consultato di recente.
In quel momento si sentì una perfetta spia. Sarebbe stato quasi divertente se non avesse avuto il terrore di essere scoperta.
Quando uscì dall’archivio, trovò il custode che dormiva, sempre con i piedi appoggiati sul tavolo, e la sedia che oscillava pericolosamente.
« Arrivederci » disse a voce abbastanza alta da farlo svegliare di soprassalto. Il mago perse l’equilibrio e cadde all’indietro con un gran fracasso.
« Ehm… arrivederci » ansimò lui, cercando di tornare in piedi.
Rachel uscì nel corridoio del Secondo Livello. Fuori era già buio e il Ministero si era quasi svuotato. Prese l’ascensore per tornare all’Atrium e andarsene ma, una volta arrivata davanti alla fontana dei Magici Fratelli, si sentì chiamare da qualcuno.
« Emmeline, ciao » disse, stupita.
La ragazza la raggiunse in pochi passi, sorridendole.
« Allora, hai finito il tuo turno? » le chiese.
« Sì, ho appena finito, perché? »
« Ti stavo aspettando. Ho provato a cercarti nel tuo ufficio ma Peasegood mi ha detto che eri in archivio ».
« Sì, stavo cercando una cartella per un caso di magia in presenza di Babbani… sai, le solite cose » mentì prontamente Rachel.
« Infatti, quindi ho pensato di aspettarti qui. Dorcas ci ha invitate a cena da lei, questa sera, quindi se vuoi possiamo andare insieme » propose Emmeline.
Rachel esitò. Non poteva portarsi dietro quei documenti sui Gaunt per troppo tempo.
« Ringrazia Dorcas da parte mia, ma devo tornare a casa ».
Emmeline probabilmente si aspettava quella risposta, a giudicare dall’espressione un po’ esasperata e un po’ malinconica.
« Rachel, è sabato sera ».
« E allora? »
Emmeline alzò gli occhi al cielo.
« Da quant’è che non esci? »
« Veramente esco tutti i giorni » replicò Rachel.
« Ok, riformulo la domanda. Intendevo, da quant’è che non esci, oltre che per lavoro o per l’Ordine della Fenice? »
Rachel provò a rispondere, ma si rese conto di non avere nulla da dire, così rimase a bocca aperta.
« Visto? » fece Emmeline. Poi sospirò. « Senti, capisco come puoi sentirti, ma non ce la faccio a vederti in questo stato. So che Regulus per te era tutto, ma così finirai solo per impazzire, e non penso che lui avrebbe voluto questo ».
Rachel sentì di nuovo quel disagio che provava ogni volta in cui era costretta ad affrontare quell’argomento con chiunque non sapesse che Regulus era ancora vivo. In quei momenti voleva sparire e basta, tanto si vergognava.
« Insomma, non va bene che ti affatichi così tanto! Sei uscita dal San Mungo solo ieri mattina, e già sei tornata a lavorare. È ammirevole, e so che ti aiuta a non pensare, ma temo che tu non voglia proprio vedere nessuno, e questo non va bene, perché questo tuo isolamento dura da troppo tempo. Dai, vieni con me. Sono sicura che anche i tuoi ti dicono la stessa cosa ».
Rachel non poté fare a meno di annuire, anche perché non sapeva come risponderle.
« E quanti saremmo? »
Emmeline esitò.
« Ehm… io, te e Dorcas » ammise, frustrata.
« Wow, sarà una vera svolta per la mia vita sociale » commentò Rachel, sarcastica.
« Ok, ammetto che questa non è esattamente un’uscita spensierata. In realtà Dorcas ha detto di volerci parlare di una cosa importante, solo che non posso parlartene qui… » aggiunse sottovoce. « Il mio discorso di prima però vale lo stesso… Comunque verrai? »
Emmeline la guardò con un’espressione speranzosa, e Rachel sospirò.
« D’accordo, vengo. Fammi almeno avvertire i miei, prima ».
L’amica le rivolse un gran sorriso.
« Perfetto! Andiamo ».
 
 
Regulus non aveva mai avuto occasione di vedere la neve su una spiaggia. A Hogwarts spesso la superficie del lago nero si era trasformata in una lastra di ghiaccio, e la neve la aveva circondata, ma vedere le onde del mare infrangersi contro la distesa bianca che ricopriva la sabbia era uno spettacolo del tutto inedito per lui.
Cercava di distrarsi da ciò che lo preoccupava, osservando le proprie scarpe che affondavano nello strato soffice di neve, raggiungendo quello sottostante, più solido, mentre Alphard camminava accanto a lui, in silenzio.
Diane si era raccomandata che non si allontanassero troppo e che facessero attenzione a restare dentro la zona degli incantesimi di protezione. Regulus aveva annuito subito, ma al momento era ben altro a preoccuparlo. Il fatto che Alphard gli avesse chiesto di scostarsi più del solito da casa Queen gli faceva sospettare qualcosa.
« Sono felice che Rachel stia meglio » esordì lo zio, apparentemente ignaro.
« Già… »
« Sirius mi ha detto che hai implorato il suo aiuto per poterla andare a trovare ».
« Mai che si tenga una cosa per sé » bofonchiò Regulus, seccato. « E comunque io non ho implorato proprio nessuno, sia chiaro ».
Alphard sorrise, divertito.
« Devo farti i complimenti. Sei riuscito a gestire la situazione molto meglio di come avrei fatto io. Si vede che tieni davvero a lei ».
Regulus distolse lo sguardo, a disagio. Nonostante tutto, si imbarazzava ancora a parlare di quello che provava per Rachel. Non erano discorsi che era abituato a fare, anche se Alphard era già meglio rispetto a chiunque altro.
« Perdona la mia invadenza, ma è da un po’ che ho questo sospetto. Hai intenzione di sposarla, vero? »
La domanda dello zio lo prese alla sprovvista.
« Perché me lo chiedi? »
« Oh, è solo una semplice curiosità. Nessuno mi ha costretto ad informarmi e a riferirgli subito la tua risposta, naturalmente… »
Regulus capì al volo.
« Puoi dire a Perseus di stare tranquillo: al momento non c’è pericolo. Abbiamo altro a cui pensare » disse in tono pratico.
« Ok. In realtà te l’ho chiesto anche perché, con la guerra in corso, tanti ragazzi decidono di sposarsi molto presto ».
« Lo so. In realtà ci ho pensato un paio di volte » ammise Regulus, avvampando, « ma non è il momento. Prima di tutto non voglio metterle fretta: noi Black siamo abituati a queste cose, lei no. E poi può sembrarti strano ma
anche io preferisco aspettare. Ufficialmente sono morto, e non ho di certo intenzione di sposarmi di nascosto come farebbe un rinnegato. Dico bene? »
« Ehm, certo… »
Alphard cercò di trattenersi, ma era chiaro che avrebbe volentieri alzato gli occhi al cielo, con una smorfia divertita.
« Cos’era quell’espressione? »
« Stavo notando che per certe cose non cambi mai ».
« Certo che no. Rachel non merita un matrimonio clandestino. Lei è più che degna di diventare una Black e di essere considerata e riconosciuta come tale ».
« Regulus, la tua è una fissazione. Tu credi davvero che a lei importino tutte quelle formalità? Forse interessano più a te ».
Regulus tacque. Alphard non aveva tutti i torti.
In realtà le sue erano tutte scuse: quello che temeva di non comportarsi come un vero Black era proprio lui. Naturalmente, era convinto che quello che stava facendo ora fosse davvero la cosa giusta, e su questo non aveva dubbi; certe volte però, non poteva fare a meno di chiedersi cosa avrebbe pensato il resto della sua famiglia. Talvolta si ritrovava a domandarsi se suo padre, ovunque si trovasse, fosse in grado di vedere cosa stava combinando, e se si sentisse fiero o deluso per il suo cambiamento.
Evitava sempre di rivelare a chiunque altro quei pensieri, per non sembrare ridicolo. Non lo aveva fatto capire neanche a Rachel: c’erano problemi molto più seri di cui occuparsi, tra gli Horcrux, la spia nell’Ordine della Fenice e la guerra. Ma per lui essere un Black continuava a costituire una privilegio importante; era ciò che lo aveva sempre contraddistinto e guidato, e non voleva rinunciarvi.
« Comunque, la decisione sta a te. La cosa positiva è che posso rassicurare Perseus: quando ti deciderai, lui sarà il primo a saperlo, perché sei così tradizionalista che andrai prima a chiedergli la mano di sua figlia ».
« Lo dici come se fosse una cosa strana ».
« Lasciamo perdere... Vorrei proprio assistere alla scena » scherzò Alphard.
« Pensi che mi ucciderà? » domandò Regulus, improvvisamente preoccupato.
« No, non penso proprio. Anzi, ultimamente ti tratta meglio. Non hai notato che ti ha salutato quando siamo usciti poco fa? »
Regulus se ne stupì. Non ci aveva fatto caso, ma era proprio così. Di solito Perseus cercava di rivolgergli la parola solo se era strettamente necessario, e invece negli ultimi giorni era diventato un po’ più cordiale… anche se il cambiamento era minimo e quasi impercettibile.
« Hai ragione… » commentò, iniziando a decelerare il passo. « Zio, forse ci siamo allontanati troppo » gli fece notare, stringendosi nel mantello.
« Già, qui dovrebbe andare » disse lui, guardandosi intorno.
« Che cosa? »
Alphard si fece mortalmente serio, e Regulus si ritrovò a temere di nuovo di veder confermati i propri sospetti.
« Per l’ennesima volta, mi dici che cosa state complottando tu e Rachel con Silente? Se si tratta di Tu-Sai-Chi, posso darvi una mano ».
Regulus distolse lo sguardo, sospirando.
« L’ho già ripetuto sia a te che a Sirius. È meglio se ne restate fuori, davvero » rispose, inflessibile.
« Non ti fidi? »
« Non è questo, lo sai. Non voglio metterti in pericolo più di quanto non lo sia già. A proposito… l’altra volta, quando ti sei Materializzato nel giardino, non hai origliato per caso, vero? »
« Origliare non è nel mio stile ».
« Non hai sentito niente, allora? »
Alphard lo guardò dritto negli occhi, esitando. Regulus tremò impercettibilmente. Non era molto sicuro di voler conoscere la risposta.
« No, non ho sentito » disse, e il nipote trasse un respiro di sollievo. « Ma ho sempre intenzione di aiutarti. In fondo, ti sono già stato utile, una volta ».
A Regulus dispiaceva essere così intransigente. Sapeva che Alphard avesse la necessità di sentirsi utile, ma preferiva lasciarlo il più possibile fuori dai guai.
« Forse in futuro potrei chiederti di darmi una mano » gli concesse. « Ma per ora non se ne parla ».
« D’accordo » rispose l’uomo, non riuscendo a nascondere la propria frustrazione ma cercando lo stesso di mascherarla con un sorriso. « Ammetto che sei molto più responsabile di me. Però dimmi almeno questo: è su Tu-Sai-Chi che state indagando, vero? Non ti chiederò nient’altro, promesso ».
Regulus esitò, ma poi si disse che quella dovesse essere una cosa piuttosto scontata.
« Sì, ovvio » rispose.
Alphard annuì, con l’aria di pensare a qualcosa che Regulus non riusciva ad intuire.
« D’accordo… Forse è meglio tornare, adesso » cambiò subito discorso.
Il nipote si incamminò dietro di lui, senza poter fare a meno di domandarsi se avesse fatto bene a concedergli quell’unica risposta.
 
 
Dorcas abitava ad Upper Flagely, uno dei più importanti villaggi semimagici, in un appartamento che al’esterno sembrava molto piccolo, praticamente un monolocale. Tuttavia, quando Rachel ed Emmeline entrarono, si resero subito conto che la padrona di casa doveva aver applicato molti incantesimi, perché le ben sei stanze erano enormi, degne di una villa più che di un appartamento.
« Caspita, Dorcas, si sta belli larghi, qua dentro » commentò Rachel, mentre la strega faceva gli onori di casa.
« Già, è stato il  mio bisnonno ad allargarla così, perché aveva pochi soldi e molti figli. Però per me è troppo grande. Visto che sono solo io ad abitarci, e non ho neanche un elfo domestico, pulire tutte le stanze ogni settimana è una vera tragedia » rispose Dorcas, appendendo i loro mantelli all’attaccapanni. « E la sera è triste stare qui dentro. Ecco perché se devo fare una ronda, la faccio sempre di notte ».
« Non ti invidio per niente » disse Emmeline.
Dorcas si rivolse a Rachel.
« Come stai? »
« Bene » disse lei, notando gli sguardi preoccupati che le altre due le rivolgevano, soffermandosi soprattutto sulla cicatrice che le arrivava nell’incavo tra il collo e la spalla. Era l’unica che si vedeva anche da davanti, e lei si sistemò il fazzoletto che indossava proprio per coprirlo. « Sto bene, davvero. Non pensavo di cavarmela così » aggiunse con malcelata indifferenza.
« Se solo mi capita tra le mani quella maledetta spia… » iniziò Emmeline, facendosi improvvisamente serissima.
« È proprio di questo che voglio parlarvi » disse Dorcas, accompagnandole nel salotto, dove trovarono un tavolo tondo apparecchiato per tre. Le fece sedere, servì la prima portata e si sedette a sua volta.
« Bene, siamo tutte » disse Dorcas in tono pratico. « All’inizio avevo invitato di invitare altre persone, ma Gideon e Fabian avevano da fare, e su alcuni ero indecisa... Comunque è meglio così, visto che voglio parlarvi di una questione molto delicata, e voi due siete tra le persone di cui mi fido di più in assoluto ».
« Grazie » disse Emmeline.
Rachel si stupì di quella manifestazione di fiducia nei suoi confronti. Sapeva che Emmeline e Dorcas fossero amiche da tempo, anche perché le loro famiglie si frequentavano già da anni, ma lei la conosceva da pochissimo, a parte che per le faticose giornate in cui le aveva cercato di insegnare l’Incanto Patronus. Dorcas le era piaciuta fin dall’inizio, ma non pensava che lei sarebbe stata così pronta a fidarsi di lei.
Dorcas intanto aveva iniziato a parlare.
« L’altra notte, io, Malocchio e Frank abbiamo cercato di catturare Wilkes che, come penso sappiate, è stato ucciso da un Auror. Tuttavia, prima di morire, ha detto una cosa che mi ha colpita molto. Ha detto che la spia tra di noi è una persona davvero insospettabile ».
Loro la guardarono con ansia, improvvisamente dimentiche del cibo di fronte a loro.
« Malocchio ha anche detto che, da parte sua, lui sospetta di tutti, nessuno escluso. Bè, sapete com’è fatto… Ma voi vi siete già fatte un’idea? » domandò Dorcas, mentre versava da bere a tutte.
« Intendi sapere se abbiamo già qualche sospetto? » le chiese Emmeline.
Lei annuì.
Tutte e tre improvvisamente si ritrovarono a fissare i loro piatti con gli sguardi cupi.
Nella stanza calò un improvviso silenzio teso. Ognuna di loro stava pensando a persone diverse, ma non ne era mai troppo convinta.
« Io un’idea la avevo… però mi sono ricreduta, perché è troppo ovvio, quindi non so se è il caso di… » accennò Dorcas.
« Dillo pure, da qualche parte dovremmo anche cominciare » lo incoraggiò Emmeline.
« Bè… credo che saremo tutte d’accordo col fatto che il più sospetto sia Remus Lupin. Io non credo più che sia la spia ma devo ammettere che la sua posizione è la più compromettente ».
Si guardò intorno, cogliendo le loro occhiate esitanti.
« In effetti è troppo facile » intervenne Rachel. « Lo stesso Wilkes ha detto che la spia è insospettabile, quindi non si poteva riferire a Remus… a meno che non abbia voluto dare una pista falsa, è possibile… Però io non lo credo capace di tradirci tutti. È stato Greyback a morderlo, ed è cresciuto diversamente dagli altri lupi mannari. Come potrebbe decidere di collaborare con il branco? »
« Se Remus fosse davvero la spia, non credo che Voldemort lo farebbe esporre così tanto ai nostri sospetti » disse ragionevolmente Emmeline.
« Anche io la penso così, ma credo che il metodo migliore sia quello di non escludere nessuno » disse Dorcas.
« D’accordo, ma a questo punto chi può essere insospettabile? » disse Rachel. « Non è un indizio decisivo. Il più insospettabile di tutti è Silente, ma naturalmente è assurdo che sia lui. Non abbiamo molte basi su cui farci un’opinione ».
« Già… Si potrebbe pensare ad Hagrid » disse Emmeline, anche se il suo tono era dispiaciuto.
« Hagrid? »
« Bè, lo sappiamo tutti che quando si ubriaca – e non solo in quelle occasioni – racconterebbe tutti i suoi segreti. Io non credo che ci tradisca, però potrebbe lasciarsi scappare qualcosa con qualcuno di cui forse si fida… il risultato sarebbe lo stesso ».
« Aspettate un attimo » le interruppe Dorcas. « Ricominciamo da capo. I primi due che abbiamo nominato sono un lupo mannaro e un mezzo gigante, e non dobbiamo ragionare così ».
Rachel ed Emmeline furono colpite da quelle parole, e per alcuni minuti non dissero nulla. Cercavano di trovare qualche sospetto, ma nessuna di loro ci riusciva.
Rachel non aveva idea di chi potesse essere la spia, anche perché tendeva a sospettare di chi conosceva meno e di chi le era meno simpatico.
« Così non andremo da nessuna parte » disse all’improvviso. « A mio parere, ognuna di noi dovrà tenere sotto controllo tutti gli altri e cogliere anche la minima stranezza ».
« Secondo me invece non dobbiamo aspettare che gli eventi si sviluppino » disse Dorcas.
« In che senso? »
« È da un po’ che ci penso… Vorrei organizzare una trappola in cui la spia possa cadere ».
« Una trappola? »
« Sì. Statemi a sentire. Daremo ai più sospettabili un’informazione falsa, naturalmente spacciandola per vera, e staremo a vedere cosa succederà. Se i Mangiamorte entreranno in azione, significa che il traditore è uno di quelli che abbiamo informato, così il nostro campo di ricerca si restringerà di molto. Altrimenti, ripeteremo la stessa operazione con altri. Cosa ne pensate? »
« Credo che sia una buona idea » convenne Rachel.
« Anche secondo me » confermò Emmeline.
« Allora siamo d’accordo. Non parlate a nessuno di questa cosa ».
Il resto della cena proseguì più serenamente, anche se una strana atmosfera era calata su di loro, come se quell’accordo che avevano preso le legasse in maniera indissolubile, facendole sentire tutte e tre un po’ in colpa; probabilmente la creazione di gruppi e sospetti non era stata tra le intenzioni originarie di Silente, ma loro non potevano farci nulla. Non era prevista neanche la presenza di un traditore. Ma c’era, e tutti gli altri dovevano reagire in qualche modo. Erano sicure che anche gli altri membri dell’Ordine avessero creato gruppi analoghi e stessero reagendo.
Alla fine della cena, Dorcas si alzò, annunciando l’intenzione di lavare i piatti.
« Non puoi aspettare domani? »
« No, altrimenti sarà più difficile lavarli. Possibile che non sapete queste norme basilari? »
Loro fecero spallucce.
« Forse i nostri elfi domestici ci hanno un po’ viziate » ammise Rachel.
« Dai, allora ti aiutiamo » disse Emmeline.
Tuttavia, in certi momenti si rivelarono più d’impaccio che d’aiuto. Rachel esagerò con l’incantesimo sgrassante, rigando parecchi bicchieri. Emmeline invece non lo sapeva proprio usare, tanto che i piatti passati dalle sue mani dovevano comunque essere puliti di nuovo da Dorcas.
« Dovreste davvero esercitarvi negli incantesimi casalinghi, principessine » commentò Dorcas, divertita.
« Ci proverò » disse Rachel, mentre asciugava l’ultimo piatto.
« I lavori di casa non fanno per me » disse Emmeline, con una smorfia contrariata. « Preferisco catturare maghi oscuri. Dorcas, dovrei lavarmi le mani ».
« Il bagno sta in fondo al corridoio ».
Quando Emmeline uscì, Rachel lanciò un’occhiata a Dorcas, che stava buttando nel cestino gli ultimi scarti della cena.
« Posso farti una domanda? » le chiese, senza riuscire a resistere alla curiosità che la aveva assalita fin dall’inizio.
L’altra si voltò a guardarla, perplessa.
« Sì, chiedi pure ».
« Ecco, non ho potuto fare a meno di stupirmi per quanto ti stai fidando di me, anche se ci conosciamo da poco » ammise Rachel.
Dorcas abbassò lo sguardo. Improvvisamente si era incupita. Rimase in silenzio per parecchio tempo prima di rispondere.
« Diciamo che è qualcosa di istintivo, fin da quando ho saputo il motivo che ti ha spinta ad entrare nell’Ordine della Fenice. Ti hanno mai parlato di Marlene? »
« McKinnon? So solo che faceva parte dell’Ordine prima che arrivassi io » rispose Rachel, notando l’espressione cupa che Dorcas aveva assunto.
« Esatto… »
La condusse nel corridoio, accostandosi ad un tavolino sul quale era posata una fotografia che ritraeva Dorcas insieme ad una ragazza della sua stessa età. Marlene aveva vaporosi ricci biondi e un sorriso contagioso.
« È stata uccisa tre mesi fa da un gruppo di Mangiamorte. Hanno fatto fuori anche tutta la sua famiglia » spiegò, con una voce mortalmente calma, ma fin troppo rigida per suonare naturale. « Era come una sorella per me ».
Rachel si sentì invadere da un gelo immenso mentre notava lo sguardo con cui Dorcas stava fissando la foto. Non riusciva a sostenere quell’atmosfera che era calata all’improvviso tra di loro.
« Mi dispiace » disse, maledicendo se stessa e la sua pessima idea di farle quella domanda.
« Quando ho saputo che anche tu avevi perso una persona che amavi, non ho potuto fare a meno di capire le tue intenzioni. Eri decisa a vendicarti di Voldemort, proprio come lo ero io… e lo sono anche ora. È anche per questo che ho cercato di darti una mano con l’Incanto Patronus, nonostante gli scarsi risultati. Volevo aiutarti a superare le stesse difficoltà che avevo trovato pure io, anche se per motivi diversi. Ma so bene che cosa significa perdere una persona importante, e per questo sono convinta che tu non possa essere la spia e che non ci inganneresti mai ».
Rachel aveva ascoltato tutto il discorso di Dorcas con orrore. Era quasi intenzionata a supplicarla di smettere di parlare, ma non ebbe neanche la forza di aprire bocca.
Se fino a poco prima, con Emmeline, si era sentita solo in colpa per aver continuato a mantenere il segreto su Regulus, adesso, con Dorcas che le aveva confessato le proprie angosce, aprendosi così tanto con lei, non riusciva più a giustificarsi: si vergognava profondamente di essere così bugiarda.
 
 
Nello stesso momento, a molti chilometri di distanza, quattro ragazzi stavano stappando altrettante bottiglie di Burrobirra.
« Non riesco a credere che qualcuno dell’Ordine stia davvero fornendo informazioni ai Mangiamorte » si lamentò James, passando una delle bottiglie a Remus, che era piuttosto giù di corda. « Comunque sia, non devi preoccuparti, Lunastorta. I tuoi amici non dubiteranno mai di te. Vero, ragazzi? » chiese poi, rivolgendosi agli altri due.
« Proprio così » rispose Peter.
« Sicuro » confermò Sirius, pensieroso.
Mentre brindavano, Remus ricordò improvvisamente il loro ultimo brindisi a Hogsmeade, poco prima di sostenere i M.A.G.O.
Quella volta erano stati tutti pieni di speranze, ma adesso non riusciva più a sentirsi come quella sera. Aveva una brutta sensazione, come se qualcosa stesse per cambiare, e lui non ci potesse fare nulla.
Scosse la testa, deciso a non far notare ai suoi amici la propria preoccupazione.
Apprezzava la loro fiducia, ma era altrettanto sicuro che non tutti si sarebbero fidati quanto lui e gli altri due. La sua situazione era già pessima all’interno nel branco, con Greyback e i suoi fedelissimi che sospettavano la presenza di un infiltrato e avevano iniziato a tenere d’occhio sia lui che altri quattro o cinque adulti assoldati di recente. Come se non bastasse, ora temeva che anche l’Ordine della Fenice potesse sospettare di lui.
Quando Sirius, James e Peter uscirono per tornare ognuno a casa propria, Remus si richiuse la porta alle spalle, sospirando per la frustrazione.
Certo che Sirius è proprio strano in questo periodo, pensò, senza neanche rendersene conto. Di solito il suo istinto non falliva. Felpato doveva nascondergli qualcosa. Anche se questo non significava che la spia fosse lui. Forse aveva problemi di cui non voleva parlare. Del resto non poteva raccontargli sempre tutto…
Ora si sentiva in colpa. Come poteva avere anche il minimo dubbio su uno dei Malandrini, dopo la fiducia che tutti loro riponevano in lui?
Decise di farsi una camomilla per riuscire a calmarsi un po’, anche se era quasi certo che pure quella notte il suo sonno sarebbe stato tormentato da incubi e pensieri angoscianti.
Ormai sta diventando un’abitudine, pensò, mentre si versava la tisana nella tazza e si sedeva al tavolo della cucina.
Il liquido scottava ancora, perciò Remus indugiò con lo sguardo fuori dalla finestra. Il buio all’esterno e la luce accesa facevano riflettere sui vetri la cucina. Per Remus era come guardarsi allo specchio, e si rese conto di non essere mai apparso così stanco quando non c’era la luna piena.
In quel momento però qualcosa lo distrasse da quei cupi pensieri. Ci fu un movimento, quasi impercettibile, alle sue spalle e Remus lo notò; nello stesso istante un rumore di passi giunse alle sue orecchie allertate.
Con uno scatto improvviso, sfoderò la bacchetta e si precipitò alla porta che dava sul corridoio.
« Fermo! » gridò all’intruso, che non ebbe neanche il tempo di accorgersi dell’accaduto, strillò per lo spavento e cadde all’indietro, atterrando di schiena.
Remus sobbalzò, mentre il suo cuore saltava un battito e il suo volto sbiancava per lo shock.
Seduto per terra in una posizione scomposta, c’era un ragazzino che lo guardava dal basso verso l’alto, la lunga frangia di capelli rossi che non riusciva del tutto a nascondere gli occhi lucidi e l’espressione furente.
« Tim… » fece Remus, accorgendosi solo dopo di aver commesso un grosso errore.
« Allora è vero » commentò Timothy, con la voce rauca e un tono risentito. « Sei tu lo spione… »
Perfetto. Ora sì che sono nei guai.

 
 
 
 
*Angolo autrice*

Lo so che finirete con l'odiarmi per tutti questi finali sospesi, ma dovrete abituarvi. xD *fugge dalla frutta marcia che le viene lanciata*
Alphard dice di non aver sentito nulla l'altra volta, ma sarà vero? Questo resterà un mistero ancora per un  po'. *ora le vengono lanciate uova marce*
Tanto per intenderci, Sirius e Remus non si sospettano già a vicenda, non ne hanno ancora motivo e sono sempre amici come prima. Ancora ci vuole prima che la fiducia reciproca inizi a vacillare. Per ora sono soltanto tesi per la situazione, come tutti.
La chiacchierata sui matrimoni sembra inconcludente, ma mi servirà in seguito. E Perseus aveva assolutamente bisogno di sapere, ne andava della sua salute mentale. Se molte coppie (come i Potter, Molly e Arthur, Bill e Fleur, ecc.) hanno deciso di sposarsi prestissimo a causa della guerra, qualche domanda devono essersela fatta un po' tutti in quel periodo.
Spero di non avere esagerato con Regulus, comunque. Del resto, lui è anche all'avanguardia, considerando che suo nonno Pollux ha avuto una baby Walburga a 13 anni... (e poi ci meravigliamo se è diventata così. Non è bello avere un padre ancora adolescente quando hai già cinque anni! u.u La Rowling doveva essersi bevuta qualcosa di forte quando ha disegnato quell'albero genealogico)

Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 21 maggio. Non so ancora se sarà l'ultimo prima della pausa estiva. ^^" Di sicuro è l'ultimo che ho scritto finora, ma potrei anche farcela a pubblicarne un altro a inizio giugno. Mi piacerebbe, perché se mi interrompessi con il prossimo capitolo, lascerei troppe cose in sospeso... magari pubblicherò un po' in ritardo ma spero di avere tempo per scriverne un altro. Vi farò sapere meglio la prossima volta.
Buon weekend, divertitevi! *-*

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Capitolo 25
*** Capro espiatorio ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 25
Capro espiatorio

« Tim, non dovremmo essere qui ».
Timothy ignorò la voce lagnosa alle sue spalle e si sporse con cautela, cercando di restare mimetizzato nel sottobosco.
« Dai, torniamo indietro! » insisté l’altro ragazzino, tirandogli la manica rattoppata.
« Se vuoi andartene, vai. Io resto qui » replicò Tim, seccato.
L’altro non si mosse, anche se continuò a bofonchiare frasi di protesta.
« A Fenrir non piacerà… non piacerà per niente… »
Ignorandolo, Timothy insinuò il volto in un cespuglio, facendo attenzione a non ferirsi gli occhi, e cercando di osservare la scena che si stava svolgendo nella radura.
Greyback stava parlando con un’aria serissima. Sputava le parole con rabbia, mentre i lupi mannari seduti in cerchio intorno a lui non osavano dire una sola parola.
« Abbiamo subito molte più perdite di quanto ci aspettavamo. Abbiamo sottovalutato la capacità di reazione dell’Ordine della Fenice, e non succederà più… Ma qui c’è qualcosa di molto più grave da risolvere… »
Lo stesso Tim, dal suo nascondiglio, si sentì invadere da una sensazione di timore.
« Come già sospettate tutti, nel nostro branco c’è sicuramente qualcuno che riferisce all’Ordine della Fenice i nostri piani. Non credo che si trovi tra voi fedelissimi » aggiunse, scrutando con attenzione i presenti. « I sospetti, a parte i mocciosi, sono tutti quegli adulti che non ho convocato qui ».
Tim deglutì. Non erano poi molti gli assenti. Mancavano circa quattro o cinque licantropi, e tra questi anche…
« A me non convince molto Macfow. Se ci pensate, è da quando è entrato nel branco che è iniziata la fuga di notizie » disse Hati.
Greyback annuì.
« Anche io sospetto di lui. Il fatto che non si sappia quasi nulla sul suo conto conferma i sospetti… »
« E allora cosa aspettiamo a ucciderlo? » intervenne Sköll.
Greyback gli ringhiò contro.
« Modera la tua impulsività, Sköll » gli suggerì un altro licantropo, Freki.
« Esatto. Ti consiglio di imparare a controllarti, o te lo insegnerò io. Fai tutto troppo di testa tua. A Drybrook non ti sei ritirato con noi, no, sei rimasto e hai rischiato di farti uccidere. Quindi resta al tuo posto, perché il capobranco sono io e devo essere io a decidere. È chiaro? »
Sköll ricambiò l’occhiataccia di Fenrir ringhiando a sua volta. Sembravano sul punto di azzannarsi a vicenda, anche se adesso che la luna piena era passata avevano sembianze umane. Ma alla fine decise di non ribellarsi, altrimenti avrebbe fatto una brutta fine, dal momento che nessun altro sembrava avere l’intenzione di schierarsi dalla sua parte.
Sköll sbuffò, ma non aggiunse altro. Greyback parve soddisfatto di avere ristabilito l’equilibrio…

« Come sei entrato? »
« Chi sei veramente? »
« Tim… »
« Chi sei?! »
Timothy era balzato in piedi, pieno di rabbia, il volto lentigginoso chiazzato di rosso per la collera.
Remus non aveva la più pallida idea di come comportarsi, ma quando vide lo sguardo impaurito e allo stesso tempo furioso che il ragazzino rivolgeva alla sua bacchetta, decise di smettere di puntargliela contro.
« D’accordo » disse, mentre la riponeva nella tasca. « Mi chiamo Remus Lupin. Angus Macfow era un nome falso ».
Timothy lo guardava con un’espressione di sconforto e delusione.
« Perché ci tradisci? » chiese, con un groppo alla gola.
Remus sospirò.
« Greyback è malvagio. Mi ha morso quando avevo più o meno la tua età. Mi ha rovinato la vita, Tim ».
« I maghi ci hanno rovinato la vita! Sono loro i cattivi! Fenrir non poteva controllarsi ».
« No, l’ha fatto apposta. Fa così con tutti. Pensi che allevi te e gli altri bambini perché si sente in colpa per avervi morsi? Vi vuole solo usare per creare un esercito di lupi mannari… »
« Non è vero! »
« Invece è così »,
Timothy era sull’orlo delle lacrime. Sembrava fuori di sé.
« I maghi ci odiano; vogliono sterminarci… e tu lavori per loro! »
Remus lo trattenne, afferrandolo per le spalle. Il ragazzino cercò di divincolarsi ma non ci riuscì.
« Non è vero. Non tutti i maghi ci odiano. Mi hai spiato tutta la sera, quindi avrai visto i miei amici. Loro sanno che sono un lupo mannaro, ma si fidano di me e mi sono rimasti accanto, nonostante tutto ».
Per la prima volta, Timothy non seppe cosa rispondere.
« Com’è possibile? » chiese, scrollando la testa.
« Greyback ti ha sempre mentito » rispose Remus.
In un attimo, le guance di Timothy si rigarono di lacrime. Remus si sentiva malissimo nel vederlo così, e si sentiva di capirlo: dopo aver subito il lavaggio del cervello da parte di Greyback, non doveva essere facile rendersi conto che la realtà era completamente diversa.
« Dai, siediti e bevi quella camomilla… Non ti farò nulla » aggiunse, quando l’altro gli rifilò un’occhiata sospettosa.
Alla fine però Tim si convinse. Remus si sedette di fronte a lui, guardandolo sorseggiare lentamente il liquido scuro.
« Ti ho seguito per tutto il pomeriggio » ammise il ragazzino, senza che Remus gli avesse chiesto nulla. « Fenrir aveva detto che sei tra i sospettati, e io volevo essere sicuro che non lo fossi. Poi ti ho visto entrare qui, toglierti la barba e cambiare faccia... »
« Mi dispiace di averti mentito, non potevo raccontarti tutto. Ma ti assicuro che sto cercando di fare la cosa giusta. Greyback si è alleato con Voldemort » disse, e qui Tim sgranò gli occhi, orripilato. « Crede di riuscire a conquistare il mondo così, ma in realtà Voldemort sta usando i lupi mannari. Quando vincerà la guerra, si sbarazzerà di voi… di noi, perché lui è uno di quei maghi che ci considerano mostri da uccidere. Dalla mia parte invece ci sono i maghi più tolleranti ».
Timothy era visibilmente confuso.
« Non capisco. Se Tu-Sai-Chi è cattivo e sta usando Fenrir, allora perché dici che Greyback è cattivo anche lui? Dovrebbe essere buono, no? »
Remus si sentì intenerire. In effetti non era facile spiegarlo ad un bambino: a quell’età era normale che considerasse il mondo rigidamente diviso tra bene e male.
« Diciamo che Greyback è cattivo… ma Voldemort lo è di più. Le vere vittime siete voi, anche se Greyback sta cercando di farvi diventare malvagi come lui ».
Tim non sembrava ancora molto convinto, ma forse iniziava a capire qualcosa.
« Non mi stai dicendo queste cose per ingannarmi, vero? »
« Te lo giuro, sto dicendo la verità questa volta. Mi sono affezionato a te, e anche se non mi avessi scoperto, avrei cercato di salvarti da Greyback e le sue idee. Se vuoi lasciare il branco, io e i miei alleati possiamo nasconderti e proteggerti ».
« Io voglio tornare nel branco. Me lo permetterai? »
Remus esitò. Se Timothy non gli avesse creduto, avrebbe raccontato a Greyback che l’infiltrato era lui. Ma capiva il desiderio di Tim: il branco era la cosa più simile ad una famiglia che avesse.
« Sì ».
« Anche se non ti credessi? »
« Anche in quel caso. Però ti chiederei di dirmi se hai deciso di fidarti di me oppure no, almeno saprò se posso tornare nel branco o non presentarmi più. Per favore. Sarebbe un patto tra noi due ».
« Quindi devo decidere adesso se fidarmi di te? »
« Sì ».
Tim tacque per parecchi minuti che parvero ore. Remus continuò a fissare i suoi occhi inquieti, altrettanto agitato. Se Malocchio lo avesse visto in quel momento gli avrebbe dato dell’idiota. Probabilmente lui non avrebbe permesso al bambino di uscire di casa. Lo avrebbe rinchiuso da qualche parte per non compromettere la missione. Ma Remus non era Malocchio e non voleva costringere Timothy a fare qualcosa che non voleva, anche a costo di perdere la possibilità di spiare Greyback.
Infine il ragazzino lo guardò con determinazione.
« Ho deciso ».

Soltanto mezz’ora più tardi, Tim era al cospetto di Fenrir Greyback, il quale lo scrutava con sospetto.
« Dimmi, cos’hai di tanto importante da comunicarmi? »
« Fenrir… credo di sapere chi è la spia nel branco » rispose il ragazzino, mentre il cuore gli batteva all’impazzata e un sudore gelido gli ghiacciava la fronte.


« Sköll, alzati! Fenrir vuole parlarti ».
L’uomo ringhiò, infastidito per essere stato svegliato quasi di prepotenza. Si mise a sedere sul suo materasso di foglie, fissando Hati con irritazione.
« A quest’ora? »
« Dice che è urgente. Ti aspetta al fiume, muoviti ».
« Non darmi ordini » sbottò Sköll, irritato.
Hati non rispose, limitandosi a scoccargli un’espressione di rimprovero che non ammetteva repliche.
Continuando a ringhiare per la rabbia, Sköll si alzò in piedi, schiacciando le foglie secche sotto i suoi piedi, e si incamminò verso la radura, passando accanto ai corpi degli altri lupi mannari addormentati. Se fosse stato meno arrabbiato e avesse fatto più attenzione a questi ultimi, si sarebbe accorto che nessuno di loro russava come al solito. Al contrario, intorno a lui regnava un silenzio teso e innaturale.
Greyback lo aspettava alla riva di un ruscello e gli voltava le spalle. Sköll digrignò i denti anneriti non appena lo vide. Non sopportava più di vederlo a capo del branco. Lui si considerava molto più forte e violento di Fenrir e riteneva di essere più degno di ricoprire il ruolo di capobranco.
D’accordo, il branco lo aveva creato l’altro, ma Sköll aveva deciso di entrarne a far parte solo per convenienza, perché con dei compagni sarebbe stato più facile cacciare, nulla di più. Ma non approvava gli obiettivi di Greyback, non perché li trovasse disdicevoli, ma perché non gli importava di creare un esercito di lupi mannari. Non voleva conquistare il mondo; voleva soltanto saziarsi. Per questo molte volte lui e Greyback si erano ritrovati su fronti opposti: Sköll non lasciava in vita le sue vittime per poi educarle come voleva l’altro. Gli piaceva farle soffrire, per poi ucciderle.
Ma del resto Sköll non provava la rabbia e il risentimento che Fenrir nutriva nei confronti degli umani. Non era stato morso: era nato lupo mannaro e quindi non sapeva cosa significasse non subire l’influsso della luna piena.
Greyback invece sì. Un tempo era stato umano, un giovane mago come tanti, desideroso di frequentare una scuola di magia e di possedere una bacchetta. Quando era stato morso, la sua vita era cambiata.
E Sköll sapeva che Greyback, dentro di sé, era invidioso dei maghi, perché loro possedevano tutto ciò che lui non avrebbe mai avuto.
Era da tanto tempo che desiderava farlo fuori e prendere il suo posto, ma non aveva ancora potuto. Tutti gli altri lupi erano fedeli a Greyback, e organizzare un ammutinamento da solo sarebbe stato un suicidio. Doveva convincerli lentamente e con pazienza, ma era sicuro che prima o poi ci sarebbe riuscito.
« Che cosa c’è? » sbottò, quando lo ebbe raggiunto.
Greyback finalmente si degnò di guardarlo. Aveva un’espressione molto concentrata.
« Devo parlarti, Sköll. Sai, sono molto… turbato ».
L’uomo lo guardò, corrugando la fronte. Quell’esordio era molto strano.
« Per la storia della spia nel branco? »
« Vedo che mi leggi nel pensiero, ed è proprio per questo che ho convocato te. Stavo pensando che, se non riusciamo a trovarlo per tempo, quel traditore potrebbe riuscire a farmi fuori. Quindi è il caso di decidere chi possa sostituirmi. Tu vorresti essere il mio successore? »
Gli occhi di Sköll non poterono fare a meno di lampeggiare di brama, ma qualcosa in quella conversazione lo stava allarmando. Da quando Greyback pensava alla possibilità di non sopravvivere? No, c’era decisamente qualcosa di insolito in quel discorso, quindi cercò di non tradirsi da solo.
« Io pensavo che Hati… in fondo è lui il tuo braccio destro… »
Fenrir esibì una smorfia.
« Hati non è adatto a fare il capobranco, funziona meglio come secondo. Tu invece sei più violento, più forte… sì, sei tu il più adatto a sostituirmi. Non è forse quello che hai sempre voluto? »
Sköll finse sempre di mantenersi calmo. In realtà dentro di sé già esultava. Forse non avrebbe avuto bisogno di uccidere Fenrir, pensò.
« Sì, in effetti lo vorrei » rispose.
Greyback sfoderò un ghigno diabolico, mostrando i denti sporchi e affilati.
« L’hai detto. Non è così, amici miei? » disse.
Sköll non capì cosa significassero quelle ultime parole, almeno fino a quando non udì alcuni scricchiolii alle proprie spalle.
Si voltò, mentre il cuore iniziava a battergli come un tamburo nel petto. Da dietro gli alberi, erano spuntati gli altri licantropi che prima – ora se ne rendeva conto – avevano solo finto di dormire. In un attimo, avevano circondato lui e Fenrir, senza lasciargli la minima via di fuga. Hati lo guardava con un ghigno soddisfatto.
Un sudore ghiacciato gli coprì il corpo, mentre il terrore iniziava a invaderlo.
« Che dia- » provò, ma non fece neanche in tempo a voltarsi verso Greyback e concludere la domanda.
Con la coda dell’occhio, scorse la luce della luce che brillò da qualche parte lì in basso, riflessa in qualcosa di molto simile ad una lama, mentre Greyback alzava il braccio, per poi abbassarlo velocemente.
All’inizio non sentì nulla. Per qualche istante in cui il tempo parve fermarsi, tutto sembrava identico a prima. Poi qualcosa di caldo e fluido iniziò a sgorgare dalla sua gola.
Il dolore arrivò subito dopo. Sköll provò a gridare, ma non ci riuscì. L’aria usciva ma non emetteva più alcun suono.
Sköll si portò le mani al collo insanguinato, cadde in ginocchio ai piedi di Greyback e lo guardò, senza riuscire a nascondere l’orrore che lo aveva invaso.
« Credevi di ingannarmi così facilmente, Sköll? Avrei dovuto immaginare che la spia eri tu » parlò Fenrir, ringhiando con rabbia e ignorando le proteste silenziose e disperate del licantropo ferito. « Hai tradito il branco per mettermi in difficoltà e farmi perdere credibilità, così saresti riuscito a prendere il mio posto. Purtroppo per te, il tuo piano non ha funzionato, e ora paghi per il tuo grosso errore ».
Sköll non riteneva neanche più importante discolparsi. Voleva solo vivere, ma già sentiva le forze abbandonarlo.
Cadde all’indietro sul terreno sabbioso, i capelli sporchi e aggrovigliati immersi nell’acqua, mentre il dolore proveniente dallo squarcio al collo aumentava sempre di più.
« Lo lascio a voi » disse Greyback, rivolto agli altri licantropi. Questi ultimi si avventarono sul corpo agonizzante di Sköll, alcuni armati di pietre, altri solo delle proprie mani.
E in quel momento Sköll accolse quasi con sollievo l’ultimo respiro mentre, intorno alla sua testa, l’acqua del ruscello si tingeva di rosso.

Remus guardò il ragazzino sconvolto accanto a lui. Non sapeva se essere orripilato da quanto era appena accaduto oppure sollevato.
« P-pensavo che lo cacciasse dal branco e basta, non che lo… » disse Timothy, interrompendo la frase per scoppiare in singhiozzi.
Remus gli si avvicinò, posandogli le mani sulle spalle. Lui non si ritrasse.
« Lo so, non è colpa tua » rispose.
« Sköll aveva ucciso un sacco di persone, quindi se lo meritava. Ma allora perché mi sento così? »
Remus tacque, angosciato.
« Perché ancora non conosci davvero l’odio. Non avevi pensato a cosa sarebbe potuto succedere. Hai fatto di tutto per salvarmi, e te ne sono grato. Non hai agito con cattiveria. In ogni caso, non sentirti troppo in colpa per Sköll. Hai detto una mezza verità: prima o poi sarebbe successo lo stesso, perché lui desiderava troppo il posto di Greyback ».
Tim annuì, un po’ rassicurato.
Remus lo guardò con ansia. Quel ragazzino lo aveva salvato, aveva annullato i sospetti su di lui, almeno da parte di Greyback e dei licantropi, ma per farlo aveva accusato Sköll, anche se aveva sottovalutato la capacità di reazione di Greyback.
E non poteva fare a meno di vederlo da un altro punto di vista, con una sorta d’inquietudine, nel pensare che quella guerra stava costringendo a sporcarsi le mani anche chi a quell’età doveva essere soltanto spensierato e innocente.


Regulus era arrabbiato. Anzi, furibondo.
Si era chiuso nella stanza in cui dormiva, senza riuscire a trattenersi dallo sbattere la porta alle proprie spalle.
Era rimasto in piedi per un’infinità di tempo, mordendosi la lingua e serrando i pugni tremanti per la rabbia. Non riusciva a credere che Rachel non volesse ascoltarlo. Quella ragazza aveva la testa così dura…
Lei confermò subito quel pensiero, bussando alla porta e intimandogli di aprirle.
« Non ne voglio più parlare » sbottò lui, da dietro la porta chiusa.
« Invece ne parliamo, e subito » replicò lei, senza cedere.
L’elfa Sory, preoccupata, chiese alla padrona cosa fossero tutte quelle grida, ma Rachel la congedò con un “Non preoccuparti” poco convincente.
« Regulus, apri questa porta, dai ».
Lui sbuffò, ma alla fine la fece entrare.
Rachel entrò nella stanza a braccia incrociate, fermandosi al centro della stanza per poi voltarsi a guardarlo, mentre lui richiudeva la porta.
« Senti, cerchiamo di discuterne da persone civili » disse lei.
« D’accordo. Tu non andrai da nessuna parte, perché l’ho deciso io. Fine della questione » fece lui, laconico.
« Perfetto! Allora sai cosa facciamo? Mandiamo un gufo a tua cugina Narcissa e le chiediamo di spedirci il diario che suo marito ha nascosto in casa loro. Sono sicura che sarà lieta di accontentarci » replicò lei, sarcastica.
Regulus alzò gli occhi al cielo.
« Perché non ti rendi conto che è rischioso? »
« Io me ne rendo conto, ma non c’è un’altra soluzione ».
Il ragazzo voleva replicare, ma non lo poté fare. Sapeva bene che prendere l’Horcrux nascosto a villa Malfoy, uno di loro si sarebbe dovuto intrufolare nel maniero. Era necessario, ma lui non voleva che fosse proprio Rachel a farlo.
« Regulus, ascoltami » esordì lei con un tono improvvisamente più dolce. « Qualcuno deve per forza recuperare quel diario, ed io corro meno rischi di far nascere sospetti in Voldemort ».
Lui la guardò, affranto. Come poteva lasciarle correre un pericolo tale?
« Sai perfettamente come il Signore Oscuro protegge i suoi Horcrux. Potresti restarne uccisa… » mormorò con un filo di voce.
Lei gli si avvicinò, incupita.
« Studieremo un piano sicuro. In fondo il medaglione era un suo cimelio di famiglia, quindi Voldemort teneva sicuramente di più a quello che al diario. Il primo era custodito… molto bene » esitò, tremando al solo ricordo degli Inferi, e anche lui fu scosso da un brivido. « Ma il secondo l’ha affidato a Malfoy, perciò forse sarà più facile impadronirsene ».
« Certo, che problema c’è? » commentò lui, sarcastico, anche se sul suo volto non apparve alcuna traccia di un sorriso. « In fondo dovrai solo farti accogliere in casa da un Mangiamorte e frugare il salotto senza farti scoprire. Un gioco da ragazzi… Sei appena sopravvissuta per un soffio ad una battaglia in cui hai rischiato la pelle, e anche la volta scorsa sei stata quasi uccisa. Che cosa dovrei fare, chiedere a Kreacher di ricominciare a pedinarti? »
Lei tacque, e nel fissarla Regulus sentì sparire ogni briciolo di rabbia. Ora aveva solo una gran paura di perderla.
« Non voglio che ti succeda qualcosa » sussurrò, quasi scongiurandola di non accettare, ma lei sembrava decisa.
« Lo so che ti preoccupi per me, ma devo farlo ».
« Si può sapere perché non ci va Silente? » ringhiò lui, mentre la rabbia tornava a invaderlo.
Rachel distolse lo sguardo, come se stesse per dire qualcosa di terribile.
« Regulus, se Silente venisse catturato e ucciso, Voldemort avrebbe praticamente vinto la guerra… »
« Quindi se venissi catturata tu, non sarebbe un danno così grave. Stai dicendo questo? » le chiese lui, i pugni che tremavano.
« Voldemort teme Silente, non certo me. Lo so, è terribile da dire, ma… per il mondo magico lui è necessario, io invece non sono così import- »
« Al diavolo il mondo magico, sei importante per me! » non poté fare a meno di dire, anche se la conseguenza di quell’affermazione fu un improvviso rossore imbarazzato che coinvolse anche lei.
Cercò di calmarsi, mentre un’ondata di odio nei confronti di Silente lo invadeva.
« Ti rendi conto che ci sta usando? Io per lui conto più di te, perché so cose che potrebbero fargli comodo. Tu invece non conti nulla, ti usa per fare il lavoro più pericoloso, perché se ti succedesse qualcosa, per lui non sarebbe una gran perdita. Ho tradito il Signore Oscuro perché non ne potevo più di obbedirgli, e ora non ho intenzione di farmi comandare da Silente. E non sopporto che tu ti faccia usare così ».
« Non mi ha imposto lui di recuperare il diario, l’ho deciso io. Lo so che Silente non ti piace, ma qualcuno deve pur pensare al bene comune, al di là di tutto il resto. Io non credo che gli piaccia il suo ruolo né che gli faccia piacere far combattere tutto l’Ordine della Fenice contro un nemico molto più forte, ma non ha costretto nessuno a farlo ».
Regulus alzò gli occhi al cielo, maledicendo il giorno in cui aveva accettato di collaborare con Silente.
« Questa guerra deve finire » continuò Rachel. « Tu hai deciso addirittura di sacrificarti per permettere a qualcun altro di uccidere Voldemort. Sei stato tu ad insegnarmi per cosa vale la pena lottare » disse semplicemente.
« Ma… »
Regulus tacque, perché non riuscì a trovare un argomento per replicare. Ma non si sarebbe arreso così. Avrebbe fatto di tutto per evitare che le accadesse qualche altro incidente grave, anche se sapeva già che non avrebbe potuto impedirle di entrare nel maniero dei Malfoy, e il solo pensiero sarebbe presto riuscito a farlo impazzire.
« D’accordo » disse ad un certo punto, con un tono molto più determinato di prima. « Ci andrai, ad una sola condizione, però ».
« E quale sarebbe? » chiese Rachel, sospettosa.
« Io verrò insieme a te ».

Lei sgranò gli occhi.
Non poteva averlo detto davvero.
O almeno era quello che lei sperava.
« Sei matto? »
« No. Le condizioni sono queste: o tutti e due o nessuno ».
Rachel stava per replicare, ma quando vide l’espressione determinata di Regulus capì che questa volta non sarebbe mai riuscita a fargli cambiare idea.
« Reg, per favore… »
« Ormai ho deciso ».
« Avevamo detto che non puoi uscire di casa. Lo so che ti senti prigioniero ma è per la tua sicurezza ».
« Non vedo perché io debba stare al sicuro se non lo sei anche tu. Verrò con te, e se proverai a impedirmelo dirò a tuo padre che vuoi compiere un’altra missione per conto di Silente ».
Lei sgranò gli occhi.
« Da quando vi siete alleati, voi due? » chiese.
« Da quando è l’unico modo per evitare che tu ti faccia uccidere alla prima occasione ».
Rachel tacque, sconsolata.
Regulus le impose di guardarlo mentre parlava.
« Sul serio, ricordi che per prendere il medaglione non bastava una sola persona? Forse sarà lo stesso anche per il diario. Tra l’altro io sono l’unico a conoscere il maniero e i suoi abitanti: una piantina non potrà mai sostituirmi. Quanto alla segreta nascosta sotto il salotto, lì sono nascosti parecchi veleni illegali, e ho pensato che, se saremo fortunati, potremo trovarne qualcuno che possa distruggere gli Horcrux. Non puoi fare tutto da sola, perciò verrò anche io. Abbiamo abbastanza tempo per preparare una scorta di Pozione Polisucco, così non ci riconosceranno ».
Rachel era spaventata ma, per qualche strana ragione, non protestava più. Sapeva che Regulus non aveva tutti i torti, ma non era ancora convinta. Era spaventata all’idea di dover prendere una decisione. Se avesse acconsentito e poi fosse andata male, la responsabilità sarebbe stata tutta sua… e non se lo sarebbe mai perdonato.
« Se dovessero catturarci e ti smascherassero, sarebbe la fine… » disse, angosciata.
« Lo so, ma faremo in modo che non accada » fece lui, avvicinandosi. « D’ora in poi, qualsiasi pericolo o rischio lo affronteremo insieme ».
Rachel si sentì improvvisamente accelerare i battiti. Quelle ultime parole sembravano nascondere decine di sottintesi. Regulus non voleva lasciarla sola né restare da solo. Voleva che il loro fosse un unico destino.
Rachel cercò di controllare la propria emozione. Si sentiva molto più debole del solito in quel momento, e le parole di Regulus erano un vero e proprio colpo basso.
E avevano funzionato.
« E va bene » cedette alla fine. « In effetti hai detto delle cose giuste. Però non ti ci abituare, sarà solo per questa volta » rispose Rachel con una smorfia, al pensiero del pericolo che Regulus avrebbe corso.
Ma doveva ammettere che si sarebbe sentita più sicura di farcela se lo avrebbe avuto con sé.


Il Dissennatore si fermò davanti ad una cella in fondo al corridoio, estraendo dal mantello nero e logoro un mazzo di chiavi, tenute strette dalla mano putrida e fredda.
Albus rabbrividì. Nonostante cercasse di restare il più lontano possibile da quella creatura, il gelo che essa portava con sé gli era già penetrato fin dentro le ossa. Il Patronus a forma di Fenice era accanto a lui e gli faceva scudo, impedendo alla disperazione di invaderlo completamente.
Dalle sbarre delle altre celle, decine di braccia erano tese verso il Patronus, attirate dalla novità e desiderose di trovare un minimo di sollievo all’angoscia cui erano condannati.
Il Dissennatore aprì la cella e si fece da parte, permettendo a Silente di entrare. Mentre gli passava accanto, Albus ebbe la sensazione di udire in lontananza, come attraverso una radio male sintonizzata, una voce maschile che gridava, ma il Patronus si frappose tra lui e la creatura, facendo sparire la voce indesiderata.
La porta si chiuse alle sue spalle con violenza, facendo scuotere l’animo dell’uomo. Un senso di oppressione lo invase. Il Dissennatore gli diede le spalle e si allontanò, lasciandolo solo con il prigioniero all’interno della cella.
Le pareti erano umide e ammuffite. Faceva freddo anche senza la presenza dei Dissennatori. Dalla minuscola finestra non entrava alcuna luce, e l’unica fonte di illuminazione era costituita dal Patronus, che poco dopo però sparì. Albus usò l’incantesimo Lumos, illuminando un angolo nel quale era rannicchiata una sagoma.
Era un uomo, ovviamente, ma le sue condizioni erano talmente pessime che non sembrava quasi più tale. I capelli aggrovigliati erano sporchissimi, il respiro affannoso, la bocca priva di molti denti. Era anche strabico. Probabilmente avrebbe avuto un aspetto inquietante anche da libero; a maggior ragione ad Azkaban.
L’uomo fissava Albus, anche se uno dei due occhi sembrava guardare da tutt’altra parte. Non parlava, in attesa che fosse lui a esordire.
« Sei Orfin? » gli chiese allora Albus.
Quello ebbe un sussulto, ma non rispose.
Silente gli si avvicinò.
« Sei tu Orfin Gaunt, giusto? »
E in quel momento accadde qualcosa di strano.
Il prigioniero iniziò a sibilare esattamente come avrebbe potuto fare un serpente. Ciò che diceva era incomprensibile, ma quei soffi e sibili ebbero il potere di fare rabbrividire l’anziano mago.
« Sì, sei proprio tu » commentò, rivolgendosi più a se stesso che al discendente di Salazar Serpeverde.
Qualcosa gli diceva che non sarebbe stato facile ottenere qualche informazione utile, soprattutto se Orfin avesse insistito a parlare in Serpentese. Ma era deciso a non rendere vana quella sua visita ad Azkaban.


*Angolo autrice*
Mi piacerebbe sapere se ci siete cascati e avete pensato che Tim avrebbe davvero tradito Remus oppure no... Forse mi odierete dopo avervi fatto prendere l'ennesimo infarto, ma il capitolo ha molta più suspance così, vero? xD
Per l'omicidio di Sköll mi ero addirittura chiesta se fosse il caso di alzare il rating della storia, ma alla fine direi che il giallo va già bene così. Però se avete qualcosa in contrario fatemelo sapere.
Che altro dire? All'inizio non era previsto che Regulus partecipasse alla missione a villa Malfoy (in realtà mesi fa pensavo che ci sarebbe stato l'Ordine della Fenice al completo, vabè...) ma si sa, mentre si scrive le idee cambiano all'improvviso. E poi non posso più vederlo ad annoiarsi, anche perché senza di lui a villa Malfoy si combinerebbe molto poco. u.u
Infine, non vedevo l'ora di introdurre Orfin. Non so perché ma in questo periodo mi ispira molto... e sarà anche piuttosto importante in una tappa della storia. Qui è ad Azkaban perché sta ancora scontando l'omicidio dei Riddle, anche se lo sappiamo tutti che non è stato lui a farli fuori!

Questo è il penultimo capitolo prima della pausa estiva. Il prossimo l'ho iniziato a scrivere solo ieri, e temo che mi ci vorranno più di due settimane, probabilmente tre... Spiacente, ma martedì ho il primo esame, quindi sono impegnatissima. ç__ç
Comunque, spero di farcela entro l'11 giugno. Se non vedete nulla entro quel giorno, avviserò su Facebook e, per chi non ce l'ha, modificherò queste note finali. Quindi se vorrete sapere qualcosa, questo sarà il posto giusto in cui cercare!
Buon weekend!

EDIT 4/06/2011: vi avviso che il capitolo è in gran parte scritto, mi manca poco alla fine, e poi dovrò leggerlo e revisionarlo. Non è ancora sicuro al 100% ma credo che riuscirò a mantenere l'impegno di pubblicare entro l'11. Nei prossimi giorni aggiungerò qualche avviso sempre qua sotto!

8/06/2011: il capitolo è concluso! In questi giorni lo sto rileggendo, e penso che riuscirò a pubblicarlo addirittura prima del previsto, probabimente il 10 giugno! ^^

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Capitolo 26
*** Intrusi nel maniero ***


 Non può piovere per sempre

Capitolo 26
Intrusi nel maniero
 
 
Il momento di entrare in azione era infine giunto. Rachel e Regulus avevano pianificato tutto nei minimi dettagli.
Lei aveva scoperto quali fossero gli orari in cui Lucius Malfoy andava al Ministero, per assicurarsi che non fosse in casa durante la loro visita.
L’altro aveva trascorso l’ultimo mese a preparare la Pozione Polisucco. Non era stato facile evitare che i signori Queen si accorgessero di quello che combinava nella sua stanza. Per fortuna gli lasciavano molta privacy, quindi era riuscito a tenerli all’oscuro delle sue attività, anche perché aveva avuto l’accortezza di lavorarci soltanto la notte, o quando i padroni di casa erano usciti.
Nel frattempo, avevano stabilito un piano abbastanza buono, anche se entrambi avevano una gran paura che qualcosa potesse andare storto.
Avevano individuato le due persone di cui avrebbero assunto le sembianze, un mago e una strega che lavoravano da Telami e Tarlatane. Rachel li aveva spiati per qualche giorno e infine era riuscita ad annotare molte cose sul loro conto: Brigid Moon era una donna alta e sottile, con una voce molto squillante, che stonava molto col suo aspetto quasi etereo. Ciar Whitehorn invece era un uomo scuro, ben piantato, e sembrava avere solo un paio di espressioni, che andavano dall’arcigno all’arrabbiato cronico. Rachel aveva giustificato la sua scelta affermando che, con quei caratteri, per loro sarebbe stato più facile interpretarli.
« Non sono così burbero » aveva protestato Regulus, invano.
Infine, la ragazza aveva prelevato una piccola ciocca di capelli ciascuno, modificando poi la loro memoria, e convincendoli a fare un viaggio di almeno una settimana nell’Europa del sud, in modo che non potessero smascherarli.
All’inizio di febbraio, tutto era pronto per mettere in atto il recupero del probabile secondo Horcrux.
Quel giorno, sia Perseus che Diane sarebbero rimasti a lavoro fino all’ora di cena. Rachel aveva ordinato a Sory di tenere per sé il fatto che sarebbero usciti di casa. L’elfa non ne era stata molto felice, ma aveva dovuto obbedire.
Regulus aveva chiamato Kreacher, affidandogli temporaneamente il medaglione: non era il caso di portarselo dietro, considerato dove dovevano andare.
Quanto a Silente, il ragazzo non aveva intenzione di riferirgli le loro intenzioni, ma Rachel su questo si era imposta, perché se fosse successo loro qualcosa, almeno una persona avrebbe saputo dove si trovavano e avrebbe potuto salvarli.
Il Preside non era d’accordo sulla loro decisione di andare insieme, ma Regulus su questo punto era stato irremovibile. D’altronde le sue argomentazioni erano state convincenti, soprattutto l’ipotesi che sotto il salotto dei Malfoy potessero esservi veleni molto potenti e capaci di distruggere un Horcrux.
« Sei proprio sicuro che vada bene Telami e Tarlatane? Non era meglio Madama McClan? » chiese Rachel.
Era la decima domanda dubbiosa che gli rivolgeva quel giorno.
« Fidati, conosco bene mia cugina. Madama McClan è troppo di massa per i suoi gusti » rispose lui, senza riuscire a reprimere un sospiro.
« D’accordo, la smetto di fare domande. È che sono preoccupata. Se si scopre la tua identità… »
« Ne abbiamo già parlato a sufficienza, non credi? »
« Sì, ma io continuo a non dormirci la notte. Da quando sono diventata così condiscendente con te? » commentò lei, mordendosi la lingua per la stizza che nutriva nei confronti di se stessa.
Lui sorrise.
« In effetti ti sei rammollita un po’… » scherzò, cercando di sdrammatizzare.
Rachel gli riservò un’occhiataccia, fingendosi offesa, e rivolse lo sguardo verso l’imponente edificio che si stagliava di fronte a loro.
Il maniero dei Malfoy non era stato di certo costruito con l’intento di nascondere tutto il suo sfarzo, anche a chi lo guardava da lontano. I due ragazzi si trovavano all’inizio di un viale delimitato da un’altissima siepe di tasso, di fronte ad un imponente cancello in ferro battuto.
Avevano già assunto le sembianze dei malcapitati commessi di Telami e Tarlatane. Regulus non era molto convinto del suo aspetto: con quelle spalle larghe, sperava che la botola del salotto dei Malfoy fosse abbastanza grande da lasciarlo passare senza farlo incastrare.
« Ti senti pronto? » fece Rachel, respirando affannosamente per l’ansia.
Lui annuì, teso.
« E tu? »
« Credo di sì ».
Di comune accordo ma senza parlare, fecero qualche passo avanti, fermandosi a pochi centimetri dal cancello.
« Non c’è il campanello » notò Rachel.
Regulus avanzò, afferrò il cancello e lo scosse leggermente.
Questo iniziò a contorcersi, e le sbarre formarono un volto dall’aria inquietante che, con una voce metallica, si rivolse direttamente a loro:
« Dichiarate il vostro intento! »
« Ehm… siamo di Telami e Tarlatane. Abbiamo preso appuntamento con la signora Malfoy per prenderle le misure di un abito da cerimonia » rispose Rachel.
A quel punto il cancello si aprì.
Dopo aver fatto un gran respiro, i due avanzarono, entrando nel parco che circondava il maniero.
Regulus sapeva già che sarebbe stato difficile mettere di nuovo piede lì dentro, ma si sentiva molto più agitato di quanto si era atteso. Aveva dedicato ogni pensiero al recupero del diario di Riddle, senza fermarsi a riflettere sul fattore emozione che gli avrebbe provocato rivedere Narcissa. Cercò di tornare lucido e impassibile. Quella volta ne andava non solo della sua vita, ma anche di quella di Rachel: non poteva commettere errori.
Superarono la fontana e raggiunsero il portone, bussando ai battenti.
Dovettero attendere pochi istanti, e qualcuno aprì.
Era Dobby, l’elfo domestico dei Malfoy.
« Entrate, signori. La padrona vi aspetta. Se volete lasciare i mantelli… »
« Graz- » esordì Regulus, ma si bloccò quando Rachel le lanciò un’occhiata di avvertimento. « Cioè… mh… » mugugnò, mordendosi la lingua per la stizza.
Che diamine mi prende? pensò tra sé. L’agitazione non gli permetteva di restare lucido: non gli era mai successo prima, a parte nella caverna. Forse aveva paura che mettere le mani sul diario sarebbe stato altrettanto letale…
Fece un gran respiro e strinse i denti, obbligandosi a darsi una calmata. Non poteva permettersi di farsi prendere dal panico.
Dobby li condusse attraverso l’ingresso, arredato e pieno di ritratti che li osservavano. Quando passarono davanti al salotto, Regulus sbirciò dentro. Non c’era nessuno. Rachel seguì il suo sguardo, individuando il salotto a sua volta.
Salirono una rampa di scale di marmo verde e percorsero un ampio corridoio pieno di specchi con cornici d’oro, finché non raggiunsero una stanza arredata come un soggiorno, ma più piccola.
Narcissa era lì. Li aspettava seduta su un divano foderato di pelle nera. La gravidanza le aveva fornito delle forme più morbide, ma il suo modo di fare era quello aristocratico e freddo di sempre. Quando li vide entrare al seguito di Dobby, si alzò in piedi.
« Buongiorno, signora. Sono Brigid Moon e questo è il mio collega Whitehorn » esordì Rachel con una voce squillante e acuta.
Ci fu una pausa di silenzio, ma Regulus riuscì a controllarsi e a salutare la padrona di casa.
Narcissa era la prima parente che incontrava, dopo Sirius, e lui riteneva di non essersi preparato a sufficienza. Un miscuglio di emozioni lo aveva assalito non appena l’aveva vista, e non sapeva se essere davvero contento di rivederla: dover fingere di essere qualcun altro quando lei era convinta che lui fosse morto gli sembrava tremendamente ingiusto.
« Signora Malfoy, permetteteci di mostrarvi le stoffe che avete ordinato una settimana fa » disse Rachel, cercando di portare avanti il piano.
« Sono arrivate? Bene » commentò Narcissa in tono neutro.
In quel momento Regulus fu contento di interpretare il ruolo di un misantropo: era così agitato da non riuscire nemmeno a deglutire. Si chiese se Rachel avesse pensato anche a quello, e si sentì riempire di gratitudine.
Posò per terra la borsa che aveva portato con sé e ne estrasse una stoffa color pervinca, porgendola a Rachel. Quest’ultima la prese e la mostrò a Narcissa, che la osservò con aria critica.
« Se volete il mio parere, credo che questa vi doni molto: vi fa risaltare il colore degli occhi. Sei d’accordo anche tu, Ciar? »
Lui bofonchiò qualcosa che doveva sembrare un “sì”, cercando di apparire indifferente quando Narcissa gli riservò un’occhiata di disapprovazione: non le piacevano le persone così scortesi.
« Il colore mi piace molto » disse lei. « Ma non mi convince il tessuto. Forse è troppo leggero ».
« Avete ragione, ma potete sempre pensarci per quando arriverà la bella stagione. Comunque, ne abbiamo altre. Ciar? »
Regulus le porse un’altra stoffa più pesante, blu notte.
« Questa poi potrebbe essere ravvivata da nastri dorati » commentò Rachel.
Narcissa sembrava soddisfatta.
« Devo ammettere che avete indovinato i miei gusti ».
Regulus fece finta di niente. Era stato proprio lui a scegliere quali stoffe prendere: conosceva fin troppo bene sua cugina e i tipi di abiti che adorava.
« Bene, allora vi prendo le misure ».
« Seguitemi, qui non è molto agevole » disse Narcissa, avviandosi verso la porta. Poi si rivolse all’elfo domestico, che era rimasto lì fino a quel momento. « Dobby, vai a preparare del tè per i signori e portalo il prima possibile ».
« Dobby torna presto » obbedì lui, affrettandosi poi a dirigersi verso le cucine.
Narcissa guidò quelli che credeva commessi di Telami e Tarlatane al piano di sopra, fermandosi nell’anticamera della sua stanza. C’era uno specchio alto quanto una persona e un divisorio di legno intagliato, sempre sfarzoso come ogni cosa che si trovava in quel maniero. Rachel non poté fingere di non esserne impressionata.
« Ciar, aspettaci fuori mentre la signora si cambia » disse Rachel, lanciandogli uno sguardo d’intesa. « Ehi, ma che cos’hai? Sei pallido come un lenzuolo! »
« In effetti non mi sento molto bene… È che stamattina ho fatto indigestione » borbottò lui, sforzandosi di suonare convincente.
« Sta diventando verde. Senta, credo sia meglio che torni a casa e si riguardi » disse Narcissa, che sembrava molto preoccupata per quello che sarebbe potuto succedere al tappeto nuovo di zecca che si trovava ai piedi di Regulus.
« Sì, Ciar, è meglio che te ne stia a riposo, oggi. Non so nemmeno perché hai insistito tanto a lavorare » fece Rachel. « Non preoccuparti, posso cavarmela da sola, qui ».
Lui annuì, e fu con un crescente senso di agitazione che si rivolse a Narcissa.
« Se non vi dispiace tolgo il disturbo, non vorrei creare problemi ».
« Non si preoccupi. Il mio elfo ora è occupato, altrimenti la avrebbe accompagnata lui. Conosce la strada? »
« Certo. Vi ringrazio ».
Detto questo, la salutò e rivolse a Rachel un’occhiata, che lei ricambiò come a volergli augurare buona fortuna.
Regulus si incamminò attraverso il corridoio, sempre in silenzio.
 
Rachel lo vide uscire dall’anticamera e poi si rivolse a Narcissa.
« Temo sia colpa mia se ha fatto indigestione » ammise. « Oggi gli ho dato un po’ della mia colazione, ma non sono molto brava a cucinare. La cosa strana è che io sto benissimo, ma forse è perché ci sono abituata, che ne dite? » chiese in tono amichevole.
Narcissa la gelò con un’espressione di superiorità.
« Signorina, non è una questione di mio interesse. Piuttosto, pensiamo agli abiti » rispose, andandosi a cambiare dietro il divisorio.
« Oh, certo » fece Rachel, senza scomporsi minimamente.
Il giorno prima aveva assicurato a Regulus di essersi informata a sufficienza e che fingere di fare la sarta non sarebbe stato troppo complicato, e ne era convinta anche lei. Finché si limitò a prendere le misure in effetti non ebbe difficoltà, poi però iniziò a rendersi conto che non si trattava affatto di un mestiere facile.
Dopo un po’ comprese che, se non fosse stata abbastanza accorta, presto avrebbe ridotto Narcissa ad un puntaspilli.
« Ahi… vuole fare più attenzione? » sbottò la signora Malfoy dopo che Rachel, nel tentativo di aggiustarle la manica, le ebbe conficcato uno spillo nella pelle per la terza volta. Ed erano solo all’inizio.
« Vi chiedo scusa, davvero, non mi è mai successo prima » cercò di giustificarsi lei, senza riuscire a capire perché tutt’ad un tratto, fosse diventata così poco precisa. « È che… questi spilli sono davvero piccoli. Per metterli a fuoco ci vedo doppio… »
« Forse avrebbe bisogno di un paio di occhiali » replicò Narcissa, inspirando profondamente per mantenersi calma e reprimere i nervi.
Inavvertitamente, Rachel urtò contro la tasca della veste, e ne estrasse proprio un paio di occhiali cerchiati di corno.
« Oh… » fece. Non aveva mai spiato Brigid Moon al lavoro, quindi non conosceva la sua abitudine di cucire con gli occhiali. Si diede della stupida per non averci pensato prima.
« Li avevo dimenticati! » disse, inforcandoli. « Ecco, adesso sono sicura che andrà meglio ».
« Me lo auguro » sospirò Narcissa, alzando gli occhi al cielo con rassegnazione.
 
 
Regulus si affacciò dalla colonna dell’ingresso, lanciando un’occhiata alle scale che conducevano alla cucina. Dall’interno provenivano dei rumori, segno che Dobby era ancora lì a preparare il tè: la via per il salotto era libera.
Assicurandosi di camminare sempre sui tappeti per attutire i propri passi, riuscì a raggiungere il salotto senza fare alcun rumore, e si guardò intorno con attenzione.
Non sapeva esattamente in che punto del pavimento si trovasse quella botola cui Lucius una volta aveva accennato, ma non si scoraggiò. La prima cosa che doveva fare, piuttosto, era ottenere che Dobby, passando di lì, non lo vedesse all’interno della stanza.
Dal momento che chiudere la porta sarebbe risultato sospetto, Regulus si impose un incantesimo di Disillusione. Non aveva mai avuto problemi nell’eseguirlo, ma quella bacchetta nuova lo rendeva più complicato del solito. Gli mancava molto la sua vecchia bacchetta, ma andarla a recuperare in fondo al lago era fuori discussione. Probabilmente sarebbe rimasta lì per sempre.
In ogni caso, nel mese precedente si era allenato a usarla, e l’incantesimo di Disillusione funzionò abbastanza da renderlo quasi del tutto invisibile.
Dopodiché avanzò verso il centro del salotto, estrasse la bacchetta di betulla e la puntò in basso, rivolta verso il pavimento.
« Regredere » sussurrò. Un filo di luce colpì il tappeto che ricopriva il pavimento, ma tornò subito indietro, facendo vibrare la bacchetta.
Regulus si spostò di qualche passo e ripeté l’incantesimo. Anche quella volta, la luce tornò subito indietro, dopo neanche due secondi.
Per almeno cinque minuti buoni, l’operazione ebbe sempre lo stesso risultato, e Regulus continuò a tentare, percorrendo lentamente tutto il salotto. Infine, scoraggiato, tornò in piedi e si guardò attorno, ansimando per la fatica e l’ansia.
Aveva già perso abbastanza tempo e ancora non aveva trovato nulla. Rachel non poteva trattenere Narcissa in eterno.
Mentre cercava di fermarsi a riflettere, lo sguardo gli capitò sul camino. Era enorme, alto quasi quanto lui e profondo almeno un metro. Una botola ci sarebbe entrata tranquillamente, pensò. Tanto valeva provare.
Si accovacciò davanti all’imboccatura del camino e formulò di nuovo l’incantesimo.
« Regredere ».
E questa volta, toccato il pavimento ricoperto di cenere, la luce sparì, per poi tornare indietro e far vibrare la bacchetta soltanto dopo un’attesa molto più lunga delle precedenti.
Emozionato, Regulus iniziò si rese conto di aver fatto bene a seguire quell’intuizione. Nessuno avrebbe potuto pensare ad una botola all’interno di un camino, ma Lucius d’altronde sapeva bene come difendersi.
Spolverò in tutta fretta la cenere che ricopriva il fondo, cercando di non bruciarsi, e difatti si ritrovò presto di fronte ad una botola quadrata talmente parallela al pavimento da risultare molto difficile da individuare, a meno che non se ne conoscesse già l’esistenza.
Regulus tornò alla porta del salotto, facendo appena in tempo a vedere Dobby salire le scale con il vassoio del tè. Non lo avrebbe disturbato. In un attimo, Regulus fu di nuovo sopra il passaggio, lo aprì con un incantesimo, e si calò al suo interno.
L’ambiente era completamente buio e mancava l’aria, così Regulus non richiuse completamente la botola, ma lasciò un sottilissimo spiraglio che gli permettesse di respirare. Tuttavia si augurò che nessuno si facesse venire la voglia di entrare in salotto e osservare il camino.
« Lumos » sussurrò ancora.
La segreta si illuminò. Era esattamente come la aveva immaginata, con le fredde pareti scavate direttamente nella pietra, alcuni scaffali stracolmi di libri dall’aria pericolosa e oscura, armadietti tarlati ricolmi di pozioni, probabilmente veleni, candele velenose, ingredienti dei più svariati generi, e infine ripiani riempiti di manufatti oscuri.
Ma fino a quel momento Regulus non aveva notato alcuna traccia del diario di Tom Riddle. Non se ne stupì, perché un oggetto così importante non poteva essere accatastato in disordine, ma si chiese dove potesse trovarsi.
 
 
« Posso chiederle come è stata assunta? » domandò Narcissa con aria indispettita, mentre Rachel le sistemava maldestramente la gonna.
« Ero la migliore delle candidate » rispose con semplicità, sperando di non aver appena assicurato il licenziamento alla persona di cui aveva preso il posto.
Narcissa evitò di commentare, limitandosi a guardarla dall’alto in basso. Rachel finse di non accorgersene: doveva trattenerla il più a lungo possibile, quindi doveva sforzarsi di restare gentile.
« A che mese siete? » le venne in mente di chiedere, alludendo alla gravidanza.
Narcissa per un attimo parve raddolcirsi.
« Sono ancora al quinto » rispose.
« Sarete emozionata, immagino ».
« Sì, abbastanza. È il mio primo figlio ».
Rachel le sorrise. Non se ne rese conto immediatamente, ma l’espressione di Narcissa le aveva ricordato quelle di Alice e Lily. Nonostante parteggiassero per fazioni opposte, erano tutte e tre madri, e avevano in comune qualcosa che sembrava andare oltre ogni tipo di differenza dovuta al sangue.
« Vi auguro tutte le fortune, allora » disse, ed era sincera.
Narcissa aprì la bocca per rispondere, ma fu interrotta da un suono che rimbombò dal piano di sotto, facendo tornare di colpo Rachel nella realtà: qualcuno era appena entrato nel maniero.
Per sua fortuna, Narcissa si era voltata verso la porta mentre lei scattava in piedi per l’ansia. Regulus era ancora nel salotto – non sapeva se fosse già dentro la botola oppure no – e quella visita inaspettata non ci voleva. Lucius non avrebbe smesso di lavorare prima di tre ore. Possibile che fosse tornato così presto?
« Dobby, fai aspettare nell’ingresso, di chiunque si tratti » ordinò Narcissa all’elfo domestico. Poi si rivolse di nuovo a Rachel, che cercò di mascherare il panico che la aveva assalita. « Senta, ho deciso che li compro tutti e due. Le misure le ha prese, quindi direi che abbiamo finito. Mi cambio e le do subito i galeoni in contanti ».
Rachel notò che adesso la donna aveva una certa fretta, e non riuscì nemmeno a prendere tempo. Narcissa la pagò, chiedendole di riportare le stoffe al negozio e di farle riavere gli abiti pronti entro la settimana seguente. Poi la condusse fuori dall’anticamera.
Rachel la seguì, mentre il cervello lavorava febbrilmente. Stava per cacciarla, e Regulus probabilmente era ancora dentro la botola… magari neanche aveva sentito dell’arrivo di un intruso. E se fosse uscito dalla botola proprio mentre Narcissa si trovava nel salotto?
La sua mente ripeteva imprecazioni silenziose alla velocità della luce.
Questa non ci voleva! Come faccio? Come accidenti faccio?
Non appena ebbero raggiunto l’ingresso, i timori che fino a quel momento aveva cercato di ricacciare indietro la assalirono tutti insieme, facendola sprofondare nell’angoscia.
Aveva sperato che si trattasse solo di qualche venditore porta a porta, ma uno del genere non sarebbe mai passato attraverso il cancello. L’ospite era di tutt’altro genere.
« Buongiorno Rabastan » disse Narcissa, con un’espressione perplessa.
« Volevi parlarmi? » le domandò l’uomo all’ingresso.
« In realtà temo ci sia un equivoco. Avevo chiesto di parlare con tuo fratello ».
« Rodolphus è molto impegnato al momento, ma puoi dire tutto a me ».
Narcissa non sembrava molto convinta ma acconsentì.
« Congedo la signorina e sono subito da te » rispose, col suo solito tono controllato. Ma la sua espressione non era più serena come pochi minuti prima.
« No, aspettate! » esclamò Rachel, senza riuscire a controllarsi. Di fronte alle occhiate perplesse e sospettose dei due presenti, deglutì a stento e cercò di calmarsi. « Non… non volete provare le altre stoffe…? » domandò, con la voce flebile.
« Mi dispiace ma sarà per la prossima volta, adesso sono impegnata » rispose Narcissa, laconica. « Arrivederci e grazie di tutto ».
Rachel rabbrividì, lanciando una rapidissima occhiata al salotto. Era paralizzata dallo shock. Lestrange aveva mandato tutto a monte. Possibile che avesse la stessa capacità del fratello di piombarle tra capo e collo nei momenti peggiori?
Mentre Dobby la accompagnava gentilmente all’uscita, non riuscì neanche ad opporre resistenza, anche se in effetti fu un bene: se si fosse rifiutata di uscire, avrebbe insospettito tutti.
Quando la porta si chiuse alle sue spalle, non poté fare a meno di mettersi le mani tra i capelli. Se li sarebbe voluti strappare.
E odiò se stessa, perché aveva acconsentito a fare venire Regulus insieme a lei. Ora lui era all’interno, insieme a due persone che non sapevano neanche della sua esistenza, e uno di loro era pure un Mangiamorte.
Ma nel giro di qualche secondo il panico si dileguò, lasciando spazio ad una fredda determinazione. Non era ancora detta l’ultima parola, pensò, incamminandosi intorno alla villa e spiando con discrezione e prudenza all’interno. Poteva entrare da una finestra e raggiungere Regulus nella botola.
Narcissa infatti non aveva fatto entrare Rabastan nel salotto, almeno non ancora. Rachel capì di dover agire in fretta.
Individuò una delle finestre del salotto e riuscì a forzarla con un colpo di bacchetta. Si issò sul davanzale, calandosi con non poche difficoltà all’interno del salotto dei Malfoy.
Dall’ingresso proveniva la voce di Rabastan. Rachel si guardò intorno, alla disperata ricerca della botola.
« Regulus, sono io. Dove sei? » provò a sussurrare, trattenendo il respiro quando udì dei passi che si avvicinavano. Per fortuna Rabastan parlò di nuovo, e i passi all’ingresso si fermarono.
« Sono qui » le rispose la voce altrettanto bassa di Regulus, proveniente dalla parete in fondo. « Muoviti ».
Rachel vide qualcosa che si sollevava dal fondo del camino e individuò la botola. In un attimo, fu dentro. Regulus la socchiuse di nuovo, soltanto un attimo prima che Narcissa e Lestrange mettessero piede nel salotto.
Le ci volle un po’ per abituarsi al buio, infranto solo dall’incantesimo Lumos proveniente dalla bacchetta di Regulus. Rachel trasse un respiro di sollievo.
« E adesso come faremo ad uscire? » domandò, tornando immediatamente a preoccuparsi.
« Aspetteremo che se ne vadano » le rispose lui. « Intanto abbiamo ancora molto da fare qui dentro ».
« Hai trovato il diario? »
« Forse ».
Regulus si incamminò verso il fondo della stanza segreta e lei lo seguì, cercando di non fare rumore, anche se era complicato evitare di urtare qualche oggetto e farlo cadere per terra. C’erano tantissimi manufatti oscuri, e il buio non la aiutava di certo a vedere bene dove mettesse i piedi.
Regulus le indicò un piccolo scrigno riposto sopra un tavolino molto più ordinato degli altri.
« Stavo cercando di aprirlo, ma il semplice Alohomora non funziona… » spiegò.
« Potremmo sempre disintegrarlo… ma faremmo troppo rumore, e sarebbe meglio lasciarlo intatto ».
« Ci deve essere per forza una chiave da queste parti. Dubito che Lucius se la porti dietro: se la perdesse o gliela requisissero passerebbe i guai ».
Così si misero a cercare la chiave. Non fu una ricerca facile né breve. Alla fine Rachel la trovò all’interno della copertina di un libro finto, ma nel frattempo si era fatta cadere addosso una boccetta di uno strano filtro corrosivo, che le aveva bucato la manica della veste, provocandole anche una leggera ustione; Regulus aveva rischiato di ferirsi con una lancia che aveva tutta l’aria di essere avvelenata; e intanto l’effetto della Pozione Polisucco era svanito, facendo riassumere loro le sembianze di sempre.
Fu con trepidazione che Regulus girò la chiave nella serratura dello scrigno, sollevò il coperchio e ne estrasse un vecchio diario foderato di pelle nera, con le pagine completamente bianche. Era la seconda volta che gli capitava sotto mano, ma ora sapeva di cosa si trattava.
« È questo? » chiese Rachel con un filo di voce.
« Sì » rispose lui, roco per l’emozione. « L’abbiamo trovato ».
Lo osservarono per alcuni istanti, in perfetto silenzio e col fiato sospeso, come se temessero che all’improvviso il diario potesse prendere vita…
Un rumore sopra le loro teste li indusse a tornare vigili e attenti. Narcissa e Rabastan erano sempre sopra le loro teste.
Regulus si riscosse, duplicò il diario e ripose la copia falsa all’interno dello scrigno, per poi richiuderlo e posare la chiave dove si trovava prima. Rachel lo guardava con aria perplessa.
« Siamo sicuri che si tratti davvero di un Horcrux? Sembra solo un vecchio diario mai utilizzato » chiese.
« Se lo fosse, non lo avrebbe fatto nascondere. Ha scritto qualcosa qui dentro, anche se non sembra: su questo non ho dubbi » rispose lui, infilando il diario nella tasca interna del mantello. « Ora abbiamo altre cose da cercare ».
Rachel annuì. La stanza sotto la botola era piena di oggetti oscuri, ed era probabile che trovassero qualche ingrediente o sostanza che potesse tornare utile.
« Indossa questi ».
Regulus tirò fuori dalla sacca due paia di guanti in pelle di drago e gliene porse una coppia. Poi le consegnò anche quattro provette da riempire.
« Hai idea di che genere di veleni dobbiamo prendere? » chiese lei, osservando con apprensione una vetrina piena di strani liquidi imbottigliati.
« Non importa, prendi tutto quello che puoi ».
Lei lo guardò, stupita. Regulus le fece capire che le spiegazioni erano rimandate a più tardi. In effetti non avevano tempo per parlare.
I Malfoy avevano nascosto davvero di tutto in quella stanza segreta. Nel giro di pochi minuti avevano riempito quasi tutte le provette con veleno di Acromantula e sangue di drago, tutti ingredienti che non si trovavano facilmente; altri, come il cedro del Libano e gli artigli del diavolo, non erano solo illegali, ma non si trovavano neanche a Notturn Alley.
« Se solo ci fosse del veleno di Manticora… » sbuffò tuttavia Regulus.
« Serve per forza? »
« Diciamo che sarebbe d’aiuto. Speriamo che sia questo » disse, versando un liquido nero nell’ultima provetta. « Credo che possa bast-… Che succede? »
Rachel si trovava a diversi metri di distanza da lui, e fissava la botola sopra la sua testa con un’espressione preoccupata. Quando gli fece cenno di raggiungerla in silenzio, Regulus ripose tutto nella sacca e le si avvicinò in fretta.
Rachel indicò il soffitto. Le voci di Narcissa e Rabastan si sentivano abbastanza bene.
« Sai bene a cosa mi riferisco » stava dicendo lei.
Lui sospirò, annoiato.
« Stai parlando di Alphard, vero? »
« Esatto. Ho saputo solo ora che tuo fratello sta costringendo Goyle ad appostarsi tutto il giorno sotto casa sua. Cos’ha intenzione di fare? »
« Bella non te l’ha detto? »
Ci fu una lunga pausa di tensione.
« Non me l’ha detto, ma non ci vuole molto ad intuirlo. Vuole ucciderlo ».
« Ti sbagli. Lui deve ucciderlo. E non è esatto neanche questo, a dire il vero. Alphard ha assistito ad una scena che non doveva vedere, ma finché se ne starà buono e chiuso in casa non avrà motivo di temere nulla ».
« E nel caso in cui uscisse? » domandò Narcissa con un filo di voce.
« Allora Rodolphus sarà costretto a farlo fuori » rispose Rabastan con indifferenza.
Regulus si sentì assalire da una furia cieca. Sarebbe voluto balzare fuori all’improvviso per fargliela pagare cara. Anche Rachel condivideva i suoi timori e la sua rabbia, a giudicare dall’espressione. E Narcissa non doveva essere da meno.
« Vorrei chiederti un favore. Potresti convincere tuo fratello a rinunciare? »
« Perché? È pericoloso lasciare testimoni in vita ».
« Non può farlo. Non si tratta di un Sanguesporco qualunque ».
« Mi era parso di capire che fosse stato lui a convincere Andromeda a scappare con quella feccia. Credevo che ce l’avessi a morte con tuo zio ».
« Non fino a questo punto » ribatté Narcissa freddamente.
Rabastan continuava a fissare il vino nel calice di cristallo che Dobby gli aveva servito.
« Non capisco cosa ti aspetti da me. Se pensi che sia più caritatevole di mio fratello, ti sbagli di grosso ».
« Lo so bene » disse Narcissa, perfettamente calma. « Ma so anche che dovete più di un favore a Lucius. Vi ha salvati parecchie volte in cui avete rischiato di essere incriminati e arrestati. Quindi… »
Rabastan sbuffò con sarcasmo.
« Voi Black non vi smentite mai, eh? Non vi si può dire di no ».
« Esattamente ».
« Tua cugina è un mito » commentò Rachel, sollevata.
Regulus si lasciò sfuggire una smorfia soddisfatta. Era sollevato di constatare che certe cose non erano cambiate, come la sua ammirazione per Narcissa.
« D’accordo, proverò a parlargli. Sei contenta? » bofonchiò stancamente Rabastan.
In quel momento, il campanello dell’ingresso suonò.
« Ah, è già arrivato » disse Rabastan. « Narcissa, mi sono permesso di dire ad un mio amico che mi avrebbe trovato qui. Abbiamo una cosa da fare per conto del Signore Oscuro, adesso… »
« Non c’è problema. Dobby, vai ad aprire ».
Narcissa aveva un tono teso e irritato, anche se cercava di moderarlo il più possibile.
Udirono i passetti di Dobby dirigersi fuori dal salotto, poi la porta che si apriva e chiudeva, e infine dei passi più pesanti che si avvicinavano.
« Buongiorno » salutò il nuovo arrivato.
Nel sentire quella voce, Regulus si sarebbe messo volentieri le mani tra i capelli se non fosse stato paralizzato dallo shock. Si voltò solo perché Rachel gli diede una gomitata.
« Non ti sembra di conoscere questa voce? » sussurrò lei, seria.
« No… non mi pare » mentì lui, ansioso. Come poteva sperare che non la riconoscesse?
« Eppure sono sicura… »
« Che cosa fai? »
Rachel si era levata in punta di piedi, con l’intenzione di sollevare la botola tanto quanto bastava per vedere a chi appartenesse quella voce familiare. Regulus le impedì di farlo, ma fu inutile, perché proprio in quel momento, Rabastan parlò.
« Conosci Narcissa? È la moglie di Lucius. Narcissa, questo è Barty Crouch, uno dei nostri recenti acquisti ».
Rachel si immobilizzò. Regulus in quel momento avrebbe voluto imprecare in tutte le lingue del mondo.
« Mi hanno parlato tutti molto bene di te » stava dicendo Narcissa.
« Davvero? » fece Barty, senza riuscire a nascondere la propria soddisfazione.
« Sì ma non ti montare troppo la testa, ne hai di strada da fare prima di raggiungere il mio livello. Io ho dovuto guadagnarmi a caro prezzo la fiducia del Signore Oscuro » gli rispose Rabastan.
« Mi sto dando da fare anche io » replicò Barty in tono di sfida.
« Mi sembra il minimo… Sei in anticipo o dobbiamo già andare? »
« Sono in orario. Mi dispiace di avervi interrotti » rispose il ragazzo.
« Allora andiamo. Perdonami, Narcissa. E per quella cosa di cui parlavamo prima, non angustiarti troppo. Ci penso io ».
« Grazie, Rabastan ».
Una poltrona strusciò contro il pavimento di marmo. Dobby e Narcissa accompagnarono i due Mangiamorte alla porta, finché le chiacchiere non si spensero e la porta non si fu richiusa.
Improvvisamente immerso nel silenzio, Regulus si azzardò a lanciare un’occhiata a Rachel. Era pallida e aveva un’espressione colma di incredulità e delusione.
« Dobbiamo andarcene » le sussurrò, cercando di farla tornare in sé.
« Reg, ma… com’è possibile? »
Lo stava guardando con un’espressione quasi supplichevole, come se gli stesse chiedendo di smentire quello che aveva appena sentito.
« Ne parleremo quando saremo fuori di qui. Avanti ».
Lei cambiò d’un tratto atteggiamento. Ora lo fissava dritto negli occhi, con aria sospettosa.
Regulus distolse lo sguardo, impacciato. Dentro di sé aveva sempre saputo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma quella non era la situazione migliore per affrontare l’argomento.
« Per favore, andiamo ».
Rachel non disse nulla e si chiuse in un silenzio cupo e ostile.
Regulus cercò di non farci caso: ora dovevano solo trovare il modo di uscire dalla botola e dal maniero senza essere visti.
Si assicurò che Narcissa fosse tornata al piano di sopra, prima di aprire la botola e issarsi su. Una volta nel salotto, si sporse e tese la mano a Rachel, per aiutarla a salire.
Lei esitò, ma alla fine gli afferrò la mano e si fece aiutare, ma si rifiutò di guardarlo. Lui non capiva se fosse più triste, delusa o arrabbiata, e decise che al momento preferiva non saperlo.
Si diresse con prudenza verso la finestra e la scavalcò, ritrovandosi nel giardino. Guardò in alto: ormai era quasi il tramonto. Quando porse il braccio alla ragazza per aiutarla di nuovo, lei stavolta lo ignorò e atterrò sull’erba da sola, senza darsi troppo da fare per evitare di pestargli un piede.
Lottando contro le lacrime che gli erano sorte spontanee per il dolore, Regulus la seguì attraverso il sentiero che costeggiava la siepe, in direzione del cancello, lanciandosi ogni tanto degli sguardi all’indietro per assicurarsi che Narcissa non si affacciasse a qualche finestra.
Non ebbero problemi ad uscire. Dal cancello non sarebbero mai passati, così fecero un buco nella siepe e si ritrovarono fuori dalla proprietà dei Malfoy.
Quando si Materializzarono nelle vicinanze di casa Queen, nonostante la loro impresa avesse avuto un successo insperato, il loro morale era sottoterra. E Regulus immaginava che di lì a qualche secondo il mutismo di Rachel si sarebbe concluso. Infatti…
« Tu lo sapevi ».
Non era una domanda ma un’affermazione.
« È per questo che mi avevi detto di non fidarmi di lui. Lo sai da un sacco di tempo! Perché non me l’hai detto? »
Regulus esitò. Sapeva che ormai mentirle non sarebbe servito a niente, ma non aveva idea di cosa risponderle.
« Io non… »
« E non provare a dire che ti era sfuggito di mente. È una cosa troppo grossa per essere dimenticata » lo anticipò. Poi aggiunse: « Pensavo che la avessi fatta finita con le bugie ».
« Nemmeno tu mi racconti mai cosa combini con quelli dell’Ordine » ribatté Regulus, improvvisamente irritato.
« Questo cosa c’entra? Non ti nasconderei mai una cosa che potrebbe… riguardarti » esordì lei, ma mentre lo diceva il suo tono perse convinzione sempre di più, finché non tacque del tutto, mordendosi il labbro.
« Visto? Anche tu sicuramente mi nascondi qualcosa di grosso » la rimbeccò Regulus che, anche se non sapeva nulla sulla licantropia di Lupin, aveva notato il cambio di tono della ragazza. « Se sono stato zitto finora è per un motivo valido. L’ho fatto solo per te e per non farti correre rischi ».
« Sì ma alla fine ero più a rischio quando non sapevo nulla e potevo farmi sfuggire qualcosa che avrebbe messo te in pericolo! »
Regulus sbottò.
« Può darsi che io abbia sbagliato, però tu smettila di sfogarti su di me solo perché ci sei rimasta male ma non puoi prendertela con lui! »
Rachel tacque, colpita.
La vide voltargli le spalle e per un folle istante gli parve di rivivere il momento in cui, mesi prima, le aveva confessato di essere un Mangiamorte e lei lo aveva lasciato: si trovavano nello stesso posto e lei aveva appena compiuto lo stesso gesto.
Ma quando la raggiunse, si accorse che Rachel stava versando lacrime di rabbia.
« È proprio un bastardo! » singhiozzò. « Non… non mi sarei mai aspettata una cosa del genere… Non riesco a crederci… »
Lui le posò una mano sulla spalla, cercando di consolarla.
« E continuava a fare l’amico! È venuto anche qui a casa dopo la tua scomparsa… Pensavo che fosse disperato come me, e invece forse voleva solo sapere se mi avessi detto qualcosa su di lui! »
« Lo so… »
« Ma come ha fatto a diventare così? Io non credevo che sarebbe arrivato a questo punto! »
« Il Signore Oscuro sa giocare bene le sue carte. Ha conquistato la sua fiducia. Però è Barty che è cambiato da solo, il Signore Oscuro c’entra relativamente. È diventato più crudele di quanto avrei mai immaginato ».
Rachel tirò su col naso.
« Da quando è un Mangiamorte? »
« Dalla fine della scuola, anche se ci pensava già dall’ultimo anno ».
« Questo spiega molte cose… »
Si asciugò gli occhi.
« Scusa se me la sono presa con te. Sono sconvolta… »
« Non preoccuparti. Ti assicuro che volevo dirtelo, ma… »
Rachel si voltò a guardarlo, gli occhi lucidi.
« Cosa? »
« Ecco… magari ti sembrerà un’idea stupida, ma non volevo tradirlo finché non fosse stato necessario » confessò Regulus, sentendosi a disagio. « Era mio amico. Riesci a capirmi? »
Lei annuì, cupa.
« Non è un’idea stupida, anche se lui non si merita tutta questa lealtà » mormorò con amarezza.
Regulus la fece voltare.
« Lo so che è difficile, ma per il momento pensa a quello che siamo riusciti a fare. Abbiamo abbastanza ingredienti per creare una pozione abbastanza potente da eliminare gli Horcrux, e abbiamo il diario, per non parlare del medaglione. Ci manca solo qualcosa con cui distruggerli e ne avremo già eliminati due ».
Rachel abbozzò un sorriso molto stirato.
« Hai ragione » rispose, cercando di calmarsi. « Ah, Reg? »
« Cosa c’è? »
« Scusa anche per averti pestato il piede ».
« Non importa. Però la prossima volta non metterti queste scarpe, fanno male ».
« La prossima volta riserverò loro un utilizzo migliore » affermò lei con un tono inquietante.
« Cioè? »
« Le userò per prendere Barty a calci finché non riuscirà più a stare seduto per un mese ».
« Ora sì che ti riconosco » concluse lui.

 
 
 
 
 
*Angolo autrice*
S
iamo arrivati all’ultimo capitolo prima della pausa estiva. =(
Non pensavo di riuscire a pubblicare prima del previsto, ma quando l'ispirazione chiama, è meglio darle retta! All'inizio volevo rendere il finale un po' più movimentato, magari farli scoprire da qualcuno e poi modificargli la memoria... però alla fine ho deciso che sarebbe stato troppo. Non mi va di fare un minestrone, e in questo capitolo ho già trattato parecchi argomenti, direi che basta così.
Dei vari ingredienti citati, alcuni sono frutto della zia Jo, altri invece li ho ricavati da vari siti. Non voglio anticipare troppo perché la spiegazione ci sarà nel prossimo capitolo, ma ho "studiato" le proprietà dei vari ingredienti in modo da creare un filtro potenzialmente efficace. E' stato fortissimo, era come sentirsi a Hogwarts! *-*
E come al solito ringrazio Circe per i suoi utilissimi consigli! Se non ci fossi bisognerebbe inventarti! xD

E' arrivato il momento dei saluti! ç__ç
Non so ancora quando ricomincerò a pubblicare il prossimo capitolo, ma penso che per la metà di settembre potrete leggerlo.
Cercherò di avvisarvi in qualche modo, tramite Efp e Facebook, come al solito!

Le risposte alle recensioni per questo capitolo arriveranno un po' a rilento perché ormai sono segregata tra i libri fino a inizio luglio, ma conto di rispondere almeno ad una persona al giorno! xD
Detto questo, posso concludere le mie infinite chiacchiere e augurarvi buone vacanze!
Arrivederci a metà settembre!
Julia  =)

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Capitolo 27
*** Amicizie tradite ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 27
Amicizie tradite

Quando Lucius si fu Smaterializzato, lasciandolo completamente solo in mezzo a quel vicolo sporco e buio, l'unica cosa che Peter continuava ad avere davanti agli occhi era l'espressione di trionfo del Mangiamorte nel vederlo cedere così facilmente.
Il ragazzo si morse il labbro a sangue, come se il dolore fisico potesse in qualche modo attenuare i sensi di colpa che lo affliggevano. Ma c'era poco da fare: continuava a vergognarsi di se stesso e della propria vigliaccheria. Perché non riusciva ad essere coraggioso come gli altri?
In quel momento un rumore di passi lo fece rabbrividire. I posti in cui i Mangiamorte gli chiedevano di incontrarsi per avere notizie sui piani dell'Ordine della Fenice erano tutti luoghi malfamati e frequentati da gente simile a quella che infestava Notturn Alley. Così, desideroso di sparire al più presto da quel luogo, Peter si Smaterializzò a sua volta.
« Ahia! » si lamentò quando si accorse di essere riapparso nel bel mezzo di un cespuglio di rovi. Doveva ancora esercitarsi nella Materializzazione; non era molto bravo a centrare il punto esatto in cui voleva trasportarsi.
Uscì dal cespuglio piuttosto malconcio, con le braccia e il viso graffiato, ma non ci fece molto caso. Aveva rivelato più di quanto avrebbe voluto, pensava mentre si incamminava lungo i vialetti di un quartiere periferico di Londra. Eppure prima di presentarsi da Malfoy si era ripromesso di dire quel poco che bastava, senza mettere in pericolo gli altri. Ma una volta di fronte al Mangiamorte, il terrore lo aveva invaso, e non era riuscito ad arrestarsi mentre rivelava per filo e per segno tutto il piano che l'Ordine aveva ideato per tenere sotto controllo il Ministero della Magia. Non gli rimaneva che sperare che Malocchio, Edgar e Dorcas, i più coinvolti su quel fronte, non ci rimettessero la pelle per colpa sua.
Gli sfuggì un singhiozzo di frustrazione. Peter immaginò di essere stravolto e bianco come un lenzuolo, perché un paio di Babbani che incrociò lanciarono un'occhiata perplessa alla sua espressione terrorizzata.
L'unica cosa che avrebbe voluto in quel momento era di tornare a casa, chiudersi dentro e non riemergere più per almeno una settimana. E invece non gli era concesso.
Si infilò le mani nelle tasche, toccando il biglietto scarabocchiato che quella mattina gli era stato recapitato dal barbagianni di James.

Illustre Messer Codaliscia,
Vi scrivo per rammentarVi del fenomeno lunare che si verificherà domani notte. Pertanto, dal momento che il nostro compare Lunastorta deve riferirci luogo e ora, questo pomeriggio abbiamo indetto una riunione per stabilire il da farsi.
L'appuntamento si terrà alle ore sei, nella cuccia dimora di Messer Felpato.
Vi porgo i miei ossequi più sinceri nella speranza di vederVi presto.
Messer Ramoso

In basso, con una grafia diversa, erano state aggiunte alcune righe.



P.S. Quel genio di Ramoso ha impiegato due ore solo per scrivere queste due righe. E se te lo stai chiedendo, è perfettamente sobrio, ma la cosa non fa alcuna differenza, come ben sai. Ricordiamoci che quest'uomo presto sarà padre.
P.P.S. Mi raccomando Codaliscia, sii puntuale e non perderti di nuovo!
Felpato (quello col cervello a posto)

Peter per un attimo non trattenne un sorrisetto divertito, poi però tornò ad incupirsi. In realtà lui sapeva benissimo dove abitava Sirius, non si era mai perso per arrivarci. Ma la volta precedente era arrivato tardi perché i Mangiamorte lo avevano trattenuto, così aveva dovuto inventare quella scusa.
Non sapeva come quella volta aveva potuto vedere i suoi amici subito dopo essere stato messo sotto torchio e costretto a parlare, né sapeva come avrebbe fatto quel pomeriggio. Temeva che gli altri tre sarebbero stati capaci di leggergli direttamente negli occhi il suo tradimento. Certo, ultimamente aveva scoperto di essere più bravo a mentire di quanto credesse, ma la paura non lo lasciava mai in pace.
Fu con il cuore in gola che bussò alla porta della casa di Sirius. Sempre con un groppo in gola, rispose alle domande che Sirius gli fece prima di aprirgli la porta e guardarlo con un'espressione perplessa.
« Peter, che hai combinato in faccia? Ah no, ci sono. Sei atterrato sul solito cespuglio di rovi, giusto? »
« Già » rispose lui, sforzandosi di ridere insieme all'amico.
« Ciao Peter, mancavi solo tu! Allora, ti è piaciuta la mia lettera? » lo salutò James quando entrarono nel salotto.
« Sì, molto... Anche se ho sempre pensato che quello col cervello a posto fosse Remus » scherzò Peter, stupendosi di riuscire a far finta di nulla.
« Lo credevo anche io, ma purtroppo ho a che fare con ladri di identità » replicò il diretto interessato, scuotendo la testa.
Peter notò il pallore del suo volto e le occhiaie, tipico sintomo della prossimità della luna piena.
« Allora, cosa abbiamo deciso? Ci intrufoliamo nella Stamberga Strillante passando direttamente da Hogsmeade? » chiese, cercando di distogliere l'attenzione da sé.
« Veramente no, è per questo che vorrei parlarvi » disse Remus.
Tutti e quattro si sedettero intorno ad un tavolo rettangolare e un po' sbilenco.
« Vi ho già parlato di Tim, quel bambino del branco con cui ho fatto amicizia » esordì Remus. Peter lo ascoltò attentamente. Sapeva che quel bambino aveva scoperto il doppio gioco di Remus, ma aveva deciso di stare dalla sua parte e non raccontare nulla a Greyback. « Ho deciso di tirarlo fuori dal branco. Lui al momento non vuole, ma perché è convinto che vivere insieme agli altri lupi mannari sia l'unica vita possibile. Io invece vorrei che capisse che c'è anche dell'altro, che può vivere meglio di così ».
« Bravo Lunastorta, così si fa » sorrise James, dandogli una pacca sulla spalla.
« Siamo stati dei bravi insegnanti » si vantò Sirius. « Però non capisco cosa c'entra questo con la luna piena di domani ».
Remus si schiarì la voce prima di rispondere.
« Ecco, il fatto è che vorrei fargli vedere come tutti voi mi siete vicini. Nelle notti di luna piena Greyback e gli adulti più fedeli vanno a caccia di altre vittime, lasciano i piccoli liberi di scorrazzare per la foresta, quindi io resto con Tim. E pensavo che voi potreste venire con me, domani... sempre se volete. Non siete costretti ».
Peter sgranò gli occhi e rabbrividì. Remus era forse impazzito? Finché erano tre Animagi con un lupo mannaro, il pericolo era molto ridotto, ma vagare nella foresta con l'intero branco di Greyback che poteva tornare da un momento all'altro era una follia.
I suoi occhietti acquosi si spostarono da Sirius a James, speranzosi. Era evidente che anche loro fossero stati sfiorati dagli stessi pensieri, e sperava che avessero il buonsenso di farglielo notare.
« Scherzi? Sarà una spasso! » esclamò invece James. A Peter parve di sprofondare fino al centro della terra.
« Ramoso, prendila seriamente » lo ammonì Remus. « Vi sto chiedendo di correre un rischio maggiore del solito ».
« Lo sai che il rischio è il mio mestiere » lo liquidò lui con un gesto della mano. « Sarà divertente, vedrai ».
Peter lanciò un'occhiata intimorita a Sirius, anche se sapeva che fosse una battaglia persa in partenza. E infatti...
« Ci sto! In fondo è per una buona causa. E in fondo Tim non ha neanche dieci anni, non sarà un lupo mannaro grosso come te. Possiamo trattenerlo senza problemi ».
Loro possono trattenerlo, io verrò ridotto in poltiglia, non poté fare a meno di pensare Peter, terrorizzato.
« Tu che ne dici, Codaliscia? » chiese Remus alla fine.
Peter sobbalzò, imbarazzato.
Avrebbe voluto dire quello che pensava, che era troppo rischioso. Ma si vergognava di fronte agli altri, che erano sempre molto più coraggiosi di lui. Quindi non protestò.
« Per me va bene » mentì, depresso.

***

Rachel aprì il cassetto e prese la fotografia, anche se con una certa riluttanza. Ignorando Attila che giocava a muovere il quadro appeso alla parete con una zampa, si concentrò sulla foto che teneva in mano.
Sette giocatori di Quidditch, con le uniformi verde e argento della loro Casa, guardavano in direzione dell’obiettivo, le espressioni entusiaste che ogni tanto andavano ad ammirare il trofeo nelle mani di Regulus, seduto in prima fila. La vittoria della Coppa del Quidditch all’ultimo anno era uno degli ultimi ricordi felici che aveva di Hogwarts, ma all’epoca non si rendeva conto di quello che sarebbe successo di lì a qualche mese, e di cosa stava già succedendo.
Barty sembrava contento come tutti gli altri. Niente nella sua espressione lasciava trasparire quello che nascondeva, l’enorme cambiamento che aveva subito.
Era sempre stato bravo a recitare, ma Rachel non se ne era mai resa davvero conto. A dire il vero, ancora non riusciva a credere a quello che lei stessa aveva sentito con le proprie orecchie. Le sembrava tutto così assurdo.
Come aveva potuto ingannare tutti così? Si sentiva presa in giro e tradita. Erano stati amici, un tempo, e fino a un paio di giorni prima, lei aveva creduto che lo fossero ancora. Ma poi si era resa conto di quello che Barty aveva fatto e sarebbe stato capace di fare.
Probabilmente, se avesse scoperto che lei sapeva, non si sarebbe fatto troppi scrupoli e la avrebbe uccisa. O per lo meno la avrebbe fatta uccidere da altri Mangiamorte, nel caso in cui gli fosse rimasto un briciolo di coscienza.
Barty ormai era fedele solo a Voldemort. Aveva voltato le spalle anche a Regulus per lui, lo avrebbe tradito, a dispetto della loro presunta amicizia.
Amicizia.
Quella parola stava iniziando a perdere significato.  Forse la loro non era mai esistita. Erano stati semplicemente compagni di Casa a Hogwarts, niente di più. E lei era stata talmente ingenua da affezionarsi così tanto che ora faceva male come una pugnalata.  Ma non avrebbe più commesso gli stessi errori. Poteva fidarsi ciecamente di poche persone. Riguardo a tutti gli altri, invece, doveva sforzarsi di essere più diffidente. In quel momento si sentì molto vicina a Malocchio quando affermava che non ci si potesse fidare più di nessuno.
Quanto a Barty, gliela avrebbe fatta pagare cara.
CRASH!
Un rumore improvviso la fece sobbalzare, e con la coda dell’occhio vide la sagoma di Attila che schizzava fuori dalla stanza alla velocità della luce, come se fosse rincorso da un mastino famelico.
Il quadro con cui il gatto aveva giocato fino a quel momento si era staccato dalla parete, cadendo a terra, e la cornice si era rotta.
Rachel lanciò un’esclamazione esasperata, posò la foto della squadra di Quidditch e si chinò a raccogliere i cocci.
Intanto Attila si era affacciato alla porta della stanza, guardandosi intorno con cautela e un’espressione innocente.
« Guarda che ti ho visto » gli sibilò la ragazza, mentre sopraggiungeva Diane.
« Che succede? »
« Niente di nuovo. Va tutto bene » rispose Rachel, aggiustando la cornice con un Reparo e riappendendola al muro.
« Rachel, per caso sai che fine hanno fatto le erbe che avevo nel ripostiglio degli ingredienti? » domandò la donna. « Ne sono sparite un po’, e non capisco come mai ».
Lei si irrigidì.
« Ehm, no… non ne ho idea » mentì. « Forse le ha mangiate Attila » aggiunse, lanciando al gatto un’occhiata vendicativa.
Quello miagolò in risposta, come indispettito.
Diane non parve molto convinta, ma non fece obiezioni.
Quando la vide allontanarsi, Rachel infilò meccanicamente la mano nella tasca, che aveva riempito di ingredienti che sarebbero serviti per preparare il filtro per gli Horcrux. Rivedere la foto della squadra le aveva fatto quasi dimenticare quello che doveva fare, pensò con fastidio.

Quella notte, dopo essersi assicurata che i suoi genitori si fossero addormentati, Rachel sgusciò fuori al letto, indossò il mantello e, cercando di non svegliare Attila, uscì dalla sua stanza e si diresse verso il retro della casa.
Per lei non fu una sorpresa vedere Regulus seduto in giardino, in mezzo ad un gruppo di alberi, circondato da ben tre calderoni fumanti. Per non destare sospetti e curiosità nei Queen, i due ragazzi potevano lavorare alla pozione soltanto di notte, e per di più fuori dalla casa, anche se si trovavano appena ad inizio marzo e la temperatura era ancora molto bassa. Ma avrebbero dovuto lavorare di notte in ogni caso: per la preparazione di certi ingredienti era necessaria la presenza della luna piena.
« Eccomi » sussurrò Rachel, raggiungendolo.
Regulus era piuttosto stanco. Tuttavia, quando la vide si rianimò.
« Hai trovato quello che serviva? » le chiese.
« Ecco qua: erica, lavanda e artemisia » rispose lei, porgendogli gli ingredienti e sedendosi accanto a lui per guardare all’interno dei tre calderoni. Quello più piccolo conteneva un liquido rosso scuro, il più grande una strana mistura marrone, e quello medio un filtro verde chiaro.
Regulus posò le erbe sul tavolo, tranne l’erica, che sminuzzò e aggiunse nel liquido rosso.
« Sono delle pozioni diverse da quella che stavi facendo ieri… » notò lei.
« Quella non funzionava. Ma ora credo di aver capito come fare ».
« Cos’hai in mente? »
« Non so ancora se funzionerà » disse lui, continuando a tenere d’occhio le tre pozioni. « Per distruggere gli Horcrux abbiamo bisogno di due cose: un’arma che lo rompa e una sostanza abbastanza potente da sciogliere i legami tra il frammento di anima e l’oggetto in cui risiede. Di solito basterebbe del veleno di Basilisco, ma è talmente raro che non lo abbiamo trovato neanche nelle riserve dei Malfoy. Perciò ho pensato di creare un filtro composto da tanti veleni e sostanze diverse ».
« E pensi che basti? »
« Se presi singolarmente, non sarebbero sufficienti a distruggere l’Horcrux, ma le loro proprietà magiche combinate insieme potrebbero essere abbastanza potenti. Però dobbiamo fare attenzione, perché alcune sostanze ne neutralizzano altre, oppure provocano incidenti gravi ».
« Ah, allora è meglio che io non ci metta le mani. Potrei far esplodere tutto » scherzò lei, ma Regulus sembrava essere d’accordo, perché non la smentì né fece commenti, limitandosi a schiarirsi la voce con aria imbarazzata.
« Grazie… » sibilò lei a denti stretti. « Comunque, come mai ci sono tre calderoni? »
« Preferisco tenerli separati, per ora. La mia è solo una teoria, però ho pensato che per annientare un Horcrux servono non soltanto veleni potenti, ma anche qualche altro ingrediente. Per esempio, sarebbe meglio potenziare l’arma che distruggerà gli Horcrux ».
Indicò il calderone più piccolo.
« Uno dei dodici usi del sangue di drago consiste nel rendere più forti e resistenti certi oggetti magici, mentre l’erica ne potenzia le proprietà. Questo perché gli Horcrux oppongono resistenza, e ci vuole un’arma che non ceda subito. Per i veleni ho usato quello di Acromantula, l’artiglio del diavolo, il liquido di Bundimun e il fluido che si trova nel corno degli Erumpent, che corroderanno o faranno esplodere il contenitore del frammento di anima. Sono ancora indeciso se aggiungere rami di tasso o soltanto la loro linfa, non vorrei sbagliare… Quanto all’ultimo calderone, mirra, lavanda, artemisia e agrifoglio sono tutte sostanze che purificano. Contro un incantesimo oscuro come l’Horcrux potrebbero tornare utili. »
Rachel tacque per qualche istante, ammirata.
« E hai pensato tutto da solo? »
« Credo di essermi informato abbastanza sugli Horcrux… e comunque non è detto che funzioni, anche se lo spero » commentò lui, con un’espressione compiaciuta.
« E quell’asfodelo? » chiese ancora Rachel, indicando un fiore bianco a sei petali.
« Non so, è una cosa che mi è venuta in mente all’improvviso. Non abbiamo mai provato a distruggere un Horcrux, e mi chiedo se il frammento di anima sarebbe capace di scappare e rifugiarsi da qualche altra parte… Così, questa potrebbe essere la soluzione. L’asfodelo è utilizzato nel Distillato della Morte Vivente perché è sempre stato associato alla morte e agli spiriti. Quindi potrebbe legarsi al frammento di anima e impedire che questo fugga. Che te ne pare? »
« Penso che sia un ottimo piano. Davvero, al posto tuo non avrei saputo da dove cominciare. Vorrei solo essere un po’ più utile di così » commentò lei, pensierosa. « Senti, io non sono mai stata molto brava nella preparazione di pozioni, però posso provare qualche incantesimo che potenzi gli effetti dell’arma o della pozione… sempre se serve. »
« Sarebbe magnifico. »
Rachel fece un sorriso, emozionata. Non poteva credere che si stessero avvicinando sempre più al momento della distruzione degli Horcrux che avevano recuperato. Mancava solo…
« L’arma. Dovremo cercarne una adatta, vero? »
Regulus annuì.
« Dubito che un pugnale qualunque possa servire. Ci serve un’arma magica. »
« Gli unici che riescono a costruire armi potenti sono i goblin » disse Rachel, pensierosa. « E ora che ci penso, mi sembra di ricordare che il loro argento possa assorbire solo ciò che lo rafforza. Farebbe davvero al caso nostro… »
« Già, peccato che i goblin non sono creature facili con cui trattare » disse Regulus, cupo.
« Mio padre lavora alla Gringott, deve essersi fatto amico qualcuno di loro… ok, proprio amico no, ma forse potrebbe combinare qualcosa. »
Regulus tacque. Sembrava sovrappensiero.
« Vuoi davvero coinvolgerlo? »
« Bè… non abbiamo molte alternative. E al momento non possiamo nemmeno contare su Silente: sta studiando il diario e sta cercando di far uscire di prigione Orfin, dopo aver scoperto la verità sull’omicidio dei Riddle. Poi aveva anche detto che sarebbe andato nella vecchia casa dei Gaunt, quindi dobbiamo fare da soli. E a meno che tu non abbia un servizio di coltelli in argento di goblin… »
« La mia famiglia ha un servizio di piatti d’argento fatti dai goblin… » commentò lui senza motivo, con un tono nostalgico. « Ma non ci sarebbe utile » aggiunse subito dopo. « Comunque non gli direi nulla di importante. Potrei chiedergli di comprare da parte mia un pugnale che voglio regalare a qualcuno, così non ci sarebbero problemi. »
« Un pugnale non è un regalo che si fa tutti i giorni… tanto meno a chiunque. E l’argento dei goblin è molto caro… Sei sicura di non possederlo già? La prima volta che sono venuto qui ho visto che avete parecchi oggetti preziosi. »
« Sì, ma ti ho anche detto che molti li avremmo dati via. Lo Specchio delle Brame lo abbiamo venduto, così come molte altre cose… Però hai ragione, dovrei provare a vedere se c’è qualche arma d’argento. Domani mattina lo farò. »
Regulus annuì. Prese un ramo di tasso e lo tagliò, spremendolo per far uscire la linfa, che aggiunse al calderone più grande. La pozione ribollì per alcuni secondi, fino a che non assunse un colore verde più brillante.
Dall’alto di qualche albero si levò all’improvviso il verso di un gufo, e Rachel si strinse nel mantello, rabbrividendo a causa della folata di vento gelido.
Regulus lo notò.
« Torna dentro, posso continuare da solo. »
« No, non ho sonno » mentì lei, reprimendo i brividi.
Non aveva nessuna voglia di stare sola. Finché cercava di aiutare Regulus con la pozione, riusciva a distrarsi. Tornare nella sua stanza invece la avrebbe inevitabilmente costretta a pensare alle vicende più recenti.
Si sporse per regolare le fiamme dei calderoni, mentre Regulus cercava di leggere i propri appunti alla luce della bacchetta. Dopo un po’ tuttavia le rivolse un’occhiata perplessa.
« Qualcosa non va? » chiese.
Rachel sospirò, rassegnata. Non c’era verso di mascherare la propria espressione cupa.
« Il solito. Non riesco a non pensarci. Oggi pomeriggio mi sono tornati in mente i tempi della scuola. Certe volte vorrei tornare al primo anno. La guerra non ci riguardava ancora, e pensavamo solo a sopravvivere agli esami… e a Pix. »
Lui esibì un sorriso forzato, ma non sembrava disposto ad assecondarla, non questa volta.
« È inutile parlarne. »
« Lo so, ma a lavoro incontrerò sicuramente Barty, e non so come potrei reagire. »
« Non devi reagire. Devi comportarti esattamente come hai sempre fatto » tagliò corto lui, laconico.
Smise di guardarla e tornò a controllare le pozioni, senza aggiungere altro.
Rachel si stupì di quella freddezza. Sembrava che non gli importasse nulla del tradimento di Barty, ma questo non aveva senso. Aveva evitato di dirlo proprio per fedeltà al suo amico. Come mai adesso non ne voleva parlare?
Forse ne soffre più di quanto voglia far sembrare. Non sarebbe da lui mostrarsi troppo ferito.
Regulus aveva cercato di mostrarsi impassibile anche quando suo fratello era scappato di casa, e a maggior ragione lo avrebbe fatto per uno che non aveva il suo stesso sangue.
Ma probabilmente c’era anche di più. Lo guardò ancora. Da quando aveva abbandonato i Mangiamorte, aveva fatto di tutto pur di rimediare. Era arrivato al punto di morire pur di riscattarsi, e ancora adesso continuava a lavorare all’obiettivo degli Horcrux senza fermarsi mai. Quindi era altamente probabile che si rimproverasse anche per essere stato l’intermediario tra Barty e Voldemort, e che non avesse alcuna voglia di parlarne.
Perciò, anche se lei ne soffriva e avrebbe voluto sfogarsi con qualcuno, evitò di insistere e rivolse lo sguardo in alto.
Attraverso le chiome degli alberi che li sovrastavano, riusciva a scorgere il disco lunare, che illuminava debolmente il prato. Era la prima notte serena da mesi. Regulus però non se la godeva: era talmente preso dalla pozione che non ci aveva neanche fatto caso. Andava bene impegnarsi, ma stava iniziando a non pensare ad altro. Anche in quel momento, in cui avrebbero dovuto attendere alcuni minuti affinché i filtri bollissero, continuava a controllarli ogni due secondi.
Con un gesto istintivo, Rachel fece per stringergli la mano, avvicinandosi a lui. Ma Regulus non le fece caso, e spostò la mano per andare a mescolare in uno dei calderoni.
Le narici di lei avrebbero potuto emettere fumo, ma Rachel fece finta di niente.
Ignaro, Regulus smise di lavorare alla pozione al centro e si voltò a guardarla.
« Dove hai detto che sarebbe andato, Silente? »
Lei aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordare.
« Nella vecchia casa in cui vivevano i Gaunt. Perché? »
« Credevo che ci fosse già stato dopo aver parlato con i Babbani di Little Hangleton. Perché ora vuole tornarci? »
Lei alzò le spalle, seccata.
« Forse ha dimenticato di controllare da qualche parte. Oppure Orfin gli ha detto qualcosa di importante… non ne ho idea. »
Regulus sembrava pensieroso, ma non aggiunse altro.

***

In quello stesso momento, a diversi chilometri di distanza, Albus Silente si rialzava dal pavimento coperto da uno spesso strato di polvere e calcinacci, fissando con un moto di emozione, reverenza e timore al tempo stesso, l’oggetto che aveva appena estratto da un nascondiglio sotto una mattonella.
Era un anello d’oro, con una pietra nera incastonata.
Nonostante la poca luce, non poté non riconoscere il simbolo che vi era inciso sopra: una linea e un cerchio inscritti in un triangolo.
La consapevolezza lo fece quasi vacillare.
Aveva appena trovato la Pietra della Resurrezione.

 
 
 
Ben ritrovati a tutti! *abbraccia calorosamente*
Spero che abbiate passato delle buone vacanze, che il rientro a scuola sia andato bene (o che comunque abbiate superato lo shock xD) e che abbiate superato i vari esami. Quanto mi è mancato pubblicare! *-*
Durante quest'estate ho scritto molto. La trama ormai ha un senso compiuto e ormai so come e in che momento della saga finirà questa storia, almeno in teoria. Devo ancora gestire qualche sottotrama, ma per il resto è fatta, devo solo scrivere e fare quache collegamento! E soprattutto, fare questa pausa è stato utile perché ho ritrovato un nuovo slancio, visto che prima con tutto lo stress da esami che avevo non avevo neanche la forza di pensare a cosa far succedere nel capitolo da scrivere. Ora che devo aspettare l'inizio delle lezioni, conto di scrivere ancora parecchio.

Passando al capitolo di oggi, comincio subito dalla pozione. Spero che la spiegazione data da Regulus sia stata abbastanza chiara. I vari usi degli ingredienti li ho trovati qua e là. Quelli made in Rowling sul Lexicon e nel libro "Gli animali fantastici dove trovarli", tranne uno dei 12 usi del sangue di drago: visto che non sono tutti conosciuti, ne ho inventato uno... anche perché dai, ci si aspetterebbe di meglio di uno sgrassatore per forni (l'ha detto la Rowling...). Gli altri li ho trovati su vari siti (e ringrazio Bella per tutto l'aiuto da esperta che mi ha dato! Se non ci fossi bisognerebbe inventarti!) L'asfodelo è stata un'idea mia, anche se è vero che viene associato alla morte, ecc. Magari non ha senso ma mi affascinava l'idea di inserirlo, in questo mi sono presa una libertà. ^^ È stato divertente improvvisarmi pozionista!

Per il momento pubblicherò ogni due settimane. Stavolta non voglio ritrovarmi con l'acqua alla gola, anche perché la fretta comprometterebbe tutto, e non mi va (sono in una fase importante della storia). Perciò, vi do appuntamento al 29 settembre per il prossimo capitolo!

Alla prossima!

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Capitolo 28
*** Un incontro fortuito ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 28
Un incontro fortuito

Hogsmeade era come la ricordava, solo un po’ meno affollata, perché quel giorno non erano previste visite da parte degli studenti di Hogwarts.
Il castello si stagliava in fondo, contro il cielo grigio e informe, che lasciava presagire un violento temporale.
« Mi fa sempre un effetto strano rivedere Hogwarts da estranea » commentò Dorcas, notando che lei la stava fissando con un’espressione nostalgica.
« Anche a me. Mi manca da morire. Secondo te è normale, anche se ormai non la frequento più da tanto? » chiese Rachel, mentre il basso fragore di un tuono scuoteva l’atmosfera circostante.
« Penso di sì, ci siamo praticamente cresciute. Io l’ho finita circa otto anni fa, e qualche volta mi capita ancora di svegliarmi e meravigliarmi di non essere nel mio dormitorio. »
« Non ti ho mai chiesto in che Casa eri. »
Dorcas la guardò con un’espressione divertita, mentre voltavano l’angolo e si incamminavano nella strada principale.
« Ero una Corvonero. Ma prima di essere Smistata ero indecisa con Grifondoro. »
Rachel esibì una smorfia disgustata, e un attimo dopo entrambe scoppiarono a ridere.
« Non sono mai stata amica di una Serpeverde » commentò la donna.
« Io frequentavo sia Corvonero che Tassorosso. Grifondoro mai però. Ora che sono nell’Ordine è diverso. »
« Già, ti stiamo contaminando » sghignazzò Dorcas.
« Non è una novità: mia madre apparteneva alla Casa di Godric. »
« Non lo sapevo. »
Improvvisamente Dorcas tornò seria, quando incrociò un mago anziano che camminava leggendo la Gazzetta del Profeta, senza fare troppa attenzione a dove metteva i piedi. « Hai letto il titolo dell'articolo in prima pagina? » le chiese poi.
Rachel scosse la testa.
« Pare che abbiano arrestato un bel po' di gente, ma probabilmente si tratta di persone che non c'entrano nulla e che verranno rilasciate in segreto. Pensavo che con la Bagnold le cose sarebbero cambiate, e invece il Ministero continua a vendere fumo. »
Rachel annuì.
« Credo che Crouch le stia col fiato sul collo, e deve dimostrare di aver fatto qualcosa... Però il Ministero non può dare false speranze. Magari molti preferiscono credersi al sicuro, ma io non sono d'accordo. Detesto essere presa in giro. »
« Infatti. Si sono presi il merito dell'arresto di Karkaroff, quando siamo stati noi a catturarlo. Pensano di poterlo convincere a parlare, e magari ci riusciranno anche. Ma vorrei proprio vederli alle prese con Mangiamorte come i Lestrange. »
Rachel rabbrividì.
« In che senso? »
« Loro sono diventati Mangiamorte per convinzione, e non per opportunismo come molti altri. Non si fermerebbero di fronte a nulla pur di servire Voldemort. Quasi tutti gli altri invece penserebbero sempre prima al proprio tornaconto. Non temo affatto questi ultimi, ma quelli che darebbero la vita per Voldemort: non si lasciano minacciare e sono incorruttibili. Ma il Ministero sembra convinto di poterli trattare come i Mangiamorte di convenienza, con compromessi e minacce, dimostrando di non aver capito un bel niente di questa guerra. »
La ragazza tacque, pensierosa, chiedendosi se Barty fosse diventato Mangiamorte solo per moda oppure per convinzione. Da quel poco che era riuscita a capire dagli accenni svogliati di Regulus, forse all’inizio lo aveva fatto solo per istinto di ribellione. Ma poi qualcosa era cambiato e Voldemort doveva averlo letteralmente conquistato. Non sapeva come, non sapeva perché, ma era tristemente consapevole del fatto che Barty fosse sulla buona strada per diventare a sua volta uno dei Mangiamorte più fedeli. E la sua amicizia con Rabastan lo avrebbe fatto peggiorare sempre di più...
« A cosa pensi? Siamo arrivate » la chiamò Dorcas, indicando il locale alla loro sinistra.
« Scusa, mi ero distratta » bofonchiò lei, affrettandosi a seguirla all’interno.
L’atmosfera calda e accogliente dei Tre Manici di Scopa fu in grado di migliorarle l’umore. Anche se non c’erano gli studenti, il bancone di Madama Rosmerta era sempre molto frequentato.
« Gli altri non sono ancora arrivati, ma tra pochi minuti il loro turno dovrebbe finire » disse Dorcas.
Ordinarono due Acquaviola e andarono a sedersi ad un tavolo vicino alla finestra. La pioggia aveva appena iniziato a tintinnare contro il vetro.
« Non ti ho ancora detto quello che siamo riuscite a scoprire dopo aver diffuso quell’informazione falsa, pochi giorni fa » disse Dorcas dopo un primo sorso.
« E cosa avete scoperto? »
« Niente. Non ci sono state soffiate ai Mangiamorte, e a meno che qualcuno non abbia intuito che la nostra fosse una trappola, tra tutti quelli che abbiamo tenuto d’occhio non ci dovrebbe essere la spia. Di sicuro Remus Lupin non lo è. Si è messo troppo nei guai anche con Greyback, non avrebbe senso. »
Rachel fissò il bicchiere che aveva in mano, facendolo roteare lentamente.
« Quindi non abbiamo risolto molto… però sono contenta che tu la pensi come me riguardo a Remus. »
« Mi sarebbe dispiaciuto se si fosse rivelato un traditore, te l’assicuro. Ma dovevi almeno concedermi il beneficio del dubbio. Non possiamo fidarci per principio. »
« Lo so, lo so bene » commentò Rachel, cupa.
« Ehi, eccoci! » esclamarono all’improvviso delle voci familiari.
Le due si voltarono, guardando Sturgis, Fabian e Gideon affrettarsi nella loro direzione, con aria affannata. Si sedettero con poca grazia, schizzando goccioline di pioggia dai mantelli zuppi.
« Scusate il ritardo. Abbiamo appena finito di fare la ronda. C’è un tempo orribile! » esclamò Fabian, stirandosi in modo poco discreto.
« Ce ne siamo accorte » commentò Rachel, cogliendo l’occhiataccia che Madama Rosmerta aveva rivolto alla pozza d’acqua che si stava formando sotto le scarpe dei tre.
« Tergeo » fece Dorcas, asciugando quel pantano.
« Ehm, grazie » rispose Sturgis, impacciato. Poi aggiunse: « Io vi proporrei di cominciare più tardi la ronda. Neanche i Mangiamorte avrebbero voglia di bagnarsi così tanto. Che ne dite di una Burrobirra? »
L’espressione di rimprovero di Dorcas era eloquente, ma Rachel era d’accordo con il ragazzo.
« Dai, Dorcas, rilassati. E comunque da qui possiamo tenere d’occhio tutta High Street. »
« Dai retta a lei » aggiunse Gideon, lanciandole una smorfia ironica.
La donna borbottò tra sé, ma si arrese. Probabilmente nemmeno lei aveva molta voglia di affrontare il temporale.
Mentre Sturgis era andato a ordinare una Burrobirra, Rachel si rivolse ai fratelli Prewett.
« Allora, come è andato il parto? »
Pochi giorni prima i due erano usciti in fretta e furia da casa di Dedalus perché loro cognato aveva mandato un gufo, avvertendoli dell’imminente nascita di un altro nipote.
Fabian esibì un sorriso che gli arrivò alle orecchie.
« Benissimo! L’hanno chiamato Ron… »
« Veramente si chiama Ronald » lo corresse Gideon.
« Ron è più simpatico. »
« Un altro maschio? » fece Dorcas.
« Già, è il sesto. A proposito, dovrei avere una foto… »
Fabian trafficò all’interno della tasca, e ne estrasse una fotografia grondante d’acqua.
« L’hai distrutta! Sapevo che avrei dovuto tenerla io! » protestò Gideon. « Affidare qualcosa a te è come infilarlo in un tritarifiuti! »
Rachel non aveva idea di cosa fosse un tritarifiuti, ma prese la foto che Fabian le porgeva, osservando il neonato con un ciuffo di capelli rossi, avvolto in una coperta, che dormiva succhiandosi beatamente il pollice. Ad un certo punto, due paia di mani entravano nella visuale della fotografia e gli lanciavano qualcosa di molto simile ad un grosso tubero animato, suscitando i pianti disperati di Ron.
« Quelli erano Fred e George. Gli hanno messo uno gnomo nella culla » spiegò Gideon.
« Ma solo perché volevano trovargli un amico con cui giocare » aggiunse Fabian.
« Siete una famiglia di matti! » rise Dorcas, e Gideon annuì, mostrandosi perfettamente d’accordo.
Nel frattempo, Sturgis era tornato, portando le Burrobirre a chi era ancora senza nulla da bere.
« Non doveva venire anche Emmeline? » domandò, sedendosi di nuovo.
« Ha da fare al corso per Auror. Poveretta, è un po’ sotto pressione » rispose Dorcas.
Rachel annuì, cupa. Se Emmeline non avesse avuto da fare, probabilmente lei sarebbe andata in crisi per decidere se raccontarle quello che aveva scoperto su Barty oppure no. In realtà era da tanto che non parlava più di quell’argomento con l’amica e non sapeva se ormai le fosse passata o se stesse fingendo di infischiarsene.
Quell’assenza per lo meno le lasciava un po’ più di tempo per pensarci, anche se alla fine stava per giungere alla conclusione che, se fosse stata al suo posto, avrebbe voluto sapere la verità... anche perché lei, al suo posto, ci era già stata.
I suoi pensieri furono interrotti dalla risata di Fabian. Doveva essersi persa un pezzo, ma Gideon doveva aver appena fatto una battuta.
L’unico che non rideva era Sturgis. Sembrava piuttosto giù di morale.
« Sturgis, va tutto bene? » gli chiese Rachel.
Lui parve ridestarsi da un sogno ad occhi aperti.
« Eh? Oh sì, tutto bene… » bofonchiò lui, accostando il boccale alla bocca con troppo slancio: e infatti si versò metà Burrobirra addosso.
Gli altri risero, ma Sturgis era diventato paonazzo, così Rachel cercò di evitargli ulteriore imbarazzo mettendosi a guardare fuori dalla finestra.
Fu per puro caso che notò una figura, che aveva qualcosa di conosciuto, percorrere la strada principale del villaggio cercando di ripararsi dalla pioggia scrosciante con un ombrello sgangherato e mezzo rotto.
« Quello non è Mundungus? » chiese agli altri.
« Sì, è lui » rispose Gideon. « Starà andando alla Testa di Porco per i suoi soliti traffici illeciti. »
« Di che tipi di mercanzie si occupa? »
« Di tutto, da calderoni a oggetti anche piuttosto preziosi, tutti di provenienza dubbia. Lo sappiamo tutti che vende cose rubate o sottratte illegalmente, ma a Silente fa comodo, quindi dobbiamo sopportarl-… Dove stai andando? »
Rachel si era alzata di scatto, colta da un’ispirazione improvvisa.
« Torno subito, devo fare una cosa » disse in tutta fretta.
Pochi attimi dopo aveva indossato il mantello, era uscita dal locale e si era messa a rincorrere Mundungus sotto la pioggia.
« Fletcher! » lo chiamò per due volte, prima che quello la sentisse e sobbalzasse.
« I soldi che vi devo li restituirò presto! » esclamò, turbato, ma quando vide di chi si trattava si tranquillizzò. « Chi sei? »
« Faccio parte dell’Ordine come te, anche se sono nuova » disse lei. All’inizio tese la mano per presentarsi, ma poi ci ripensò. Quel tipo non le piaceva molto.
« Sì, d’accordo, ma ora avrei da fare… » disse lui, lanciando un’occhiata alla traversa in cui si trovava la Testa di Porco.
« Sto cercando una cosa, e forse tu potresti aiutarmi » disse Rachel.
« Cioè? Intendi comprare qualcosa da me? »
« Sì, e sono disposta a pagare tanto. »
L’avidità si disegnò a chiare lettere negli occhi di Mundungus.
« Accomodati pure » disse, improvvisamente più gentile.
Entrarono nel vecchio pub gestito da Aberforth Silente, che li salutò con il solito tono burbero, e presero posto in un angolo poco visibile. Rachel era tesa, e sentì il bisogno di nascondere a sua volta il proprio viso col cappuccio del mantello: non sarebbe stato il massimo farsi riconoscere in quel posto, soprattutto se stava contrattando con quel ricettatore di Fletcher. Inoltre non era mai stata da sola alla Testa di Porco, e la presenza di Aberforth era l’unico motivo che riusciva a rassicurarla.
« Allora, cosa ti serve? »
Rachel parlò a bassa voce.
« Hai oggetti costruiti da goblin? »
L’uomo sgranò gli occhi.
« Certo. Perché, vorresti comprarne qualcuno? »
« Devi assicurarmi che siano oggetti autentici. Devo fare un regalo ad una famiglia molto importante, che si intende di queste cose. Se mi rifilassi un falso, lo riconoscerebbero subito e non si farebbero tanti problemi a rintracciarti e fartela pagare. Perché naturalmente dirò subito da chi l’ho comprato. »
Quello aveva iniziato a sudare freddo.
« D’accordo, d’accordo… alcuni però sono veri. Ho dei calici, qualche gioiello… »
« Mi serve una spada, un pugnale, o comunque qualcosa del genere, e che sia d’argento. »
« Credo di avere qualcosa che fa al caso tuo, allora. Però i costi saranno piuttosto alti, quindi… »
« Di questo parleremo più tardi. Che cos’hai da vendere? »
« Si tratta di un athame, un pugnale rituale. È molto antico, perciò costerà molto… »
Rachel cercò di apparire impassibile, anche se fu complicato. Erano giorni che provava a cercare un’arma da usare per distruggere gli Horcrux. A casa sua non era rimasto niente del genere, e ormai si era quasi decisa a chiedere direttamente a suo padre, ma finora era stata restia a farlo, temendo che tra i goblin vi fosse qualcuno già corrotto da Voldemort. Ora non le sembrava vero di aver trovato una soluzione.
« Lo hai qui? » chiese, ansiosa.
« Certo che no, però lo posso portare quando vuoi. Per quanto riguarda il pagamento… »
« Prima mi porti l’athame e me lo fai vedere, e poi ti pagherò » disse Rachel in tono fermo.
Mundungus non sembrava molto convinto.
« E se poi cambi idea? Vorrei almeno un anticipo per il disturbo. »
Rachel stava per perdere la pazienza.
« Io rispetto gli impegni presi, con chi credi di avere a che fare? Piuttosto dovrei essere io a diffidare della tua parola. »
« E va bene, allora ci vediamo domani e ti porto l’athame, però poi mi paghi in contanti, eh? »
« Affare fatto. »

Quella volta Mundungus non aveva barato. L’athame che le portò il giorno dopo era veramente in argento di goblin: Rachel lo constatò quando, senza farsene accorgere, provò a sporcarlo con un po’ di inchiostro indelebile, ma l’athame rimase pulito e intonso.
Era un pugnale corto, a doppia lama, con un manico nero e, anche se sembrava nuovo, le rune incise su di esso erano chiaramente molto antiche. Rachel non sapeva spiegarsene il motivo, ma aveva la sensazione di aver messo le mani su qualcosa di molto prezioso, forse più di quanto lo stesso Fletcher si immaginasse.
Fu per questo che non contrattò più di tanto sul prezzo, nonostante la richiesta esagerata del mago. Fu costretta a consegnargli di malavoglia quasi tutti i risparmi che aveva messo da parte da quando aveva iniziato a lavorare, e non solo.
Ma, quando tornò a casa con l’athame nascosto sotto il mantello, era assolutamente convinta che ne fosse valsa la pena.
Non vedeva Regulus così entusiasta da tantissimo tempo. Gli tremavano le mani quando prese l’athame e lo osservò da vicino. Rachel lo guardò e si sentì fremere a sua volta: in quel momento si rese conto che stavano ormai per avvicinarsi al momento della distruzione dell’Horcrux da cui era iniziato tutto.

« Ce l’avete fatta! Mi congratulo con voi » fu la prima cosa che Silente disse, quando li raggiunse la notte seguente.
Si trovavano in un boschetto a solo un chilometro da casa, intorno al quale avevano imposto tutti i tipi di incantesimi di protezione e respingi Babbani che conoscevano, per non essere disturbati.
« Professore, cosa ha scoperto nel diario? » gli chiese immediatamente Regulus.
« Oh, a quello ci sto lavorando, ma temo che mi ci vorrà parecchio tempo. »
« E ha trovato qualcosa nella casa dei Gaunt? »
Per alcuni brevissimi istanti, Silente diede l’impressione di esitare, ma solo per qualche millesimo di secondo.
« Non ne sono sicuro » rispose, con un tono indecifrabile. « Comunque, torniamo a noi. Ci siamo, vero? »
Regulus ebbe la netta sensazione che il Preside avesse cambiato discorso fin troppo in fretta, ma al momento aveva altro per la testa. Annuì e lanciò un’occhiata a Rachel, che stava intingendo la lama dell’athame dentro la ciotola che aveva riempito con il filtro.
La ragazza estrasse la bacchetta, la picchiettò tre volte sulla lama e sussurrò una formula magica: il pugnale vibrò per alcuni istanti, per poi tornare immobile come prima. Poi si alzò e porse l’athame a Regulus, che lo accettò con qualche esitazione.
« Devi essere tu a farlo » gli disse in tono ovvio.
Silente sembrava d’accordo, perché non disse nulla e si limitò a guardarli con attenzione.
Regulus infilò la mano nella tasca e ne estrasse il medaglione, posandolo sul ceppo di un albero e brandendo l’athame con la mano destra.
Si sentiva percorrere dalla testa ai piedi da una potente scarica di adrenalina e il cuore gli batteva all’impazzata. Per un istante, ebbe l’impressione che anche il cuore metallico dell’Horcrux avesse iniziato a martellare, come se il frammento di anima contenuto all’interno avesse intuito il pericolo che correva.
Inquieto, Regulus decise di affrettarsi e di non perdere tempo a riflettere. Con un colpo deciso, provò a conficcare il pugnale nel medaglione. Ma non ci riuscì.
Non appena la punta dell’athame sfiorò la superficie del medaglione, da quel contatto si scatenò una forza invisibile, che colpì Regulus, facendolo atterrare di schiena sul terreno erboso.
« Che succede? » domandò Rachel, accorrendo.
Regulus si sollevò e andò ad osservare da vicino il medaglione. Nel punto in cui era venuto a contatto con l’athame, vi era una piccola scalfittura, ma per il resto l’Horcrux era rimasto integro, e il battito malefico si sentiva ancora chiaramente.
« Non è possibile! Perché non ha funzionato? » esclamò Rachel, scoraggiata ed esasperata. Dopo tutta la fatica che avevano fatto, non poteva reagire diversamente.
E Regulus capì quello che dentro di sé aveva sospettato e temuto profondamente, senza avere il coraggio di ammetterlo neanche con se stesso.
« Dobbiamo aprirlo » sibilò, depresso. « Per distruggerlo, prima bisogna aprirlo. »
Rachel lo guardò, ignorando Silente che aveva preso il medaglione per osservarlo da vicino.
« Ma ci abbiamo provato un sacco di volte, e ci ha provato anche Kreacher. Né la nostra magia né quella degli elfi è servita a qualcosa. Come faremo? »
Regulus scosse la testa, affranto.
« Forse ci vuole qualche parola d’ordine » disse.
« Oppure » intervenne Silente, « dobbiamo ordinargli di aprirsi come avrebbero potuto fare soltanto Salazar e, in quanto suo discendente, anche Lord Voldemort. »
I due ragazzi lo guardarono senza capire.
« Il Serpentese » spiegò il mago. « Non è un dono comune, ed è probabile che Voldemort volesse assicurarsi di essere l’unico in grado di aprire questo medaglione. »
A Regulus parve di sprofondare a chilometri e chilometri sotto terra. Se Silente aveva ragione, era finita, non avrebbero mai avuto alcuna speranza di annientare quell’Horcrux.
« Ma noi non sappiamo parlare Serpentese. Non l’abbiamo mai neanche sentito… » fece Rachel, altrettanto abbattuta. Col buio non si vedeva bene l’espressione degli occhi, ma il suo tono di voce era spezzato, come se stesse per mettersi a piangere per la disperazione.
Silente, al contrario, sembrava fiducioso.
« Per nostra fortuna, Voldemort è stato troppo sicuro di sé e poco attento anche questa volta. Non è l’unico mago ancora in vita a saper parlare in Serpentese. »
Regulus sgranò gli occhi e sul volto di Rachel apparve un lampo di comprensione.
« Orfin » esclamò, senza fiato.
« Esattamente. Potremo convincerlo ad aiutarci. Questa volta sarò io a chiederti di uscire di casa, Regulus. Credo che Orfin sia disposto a dare ascolto solo ad un Purosangue che gli sia pari, o per lo meno che appartenga ad una famiglia antica e prestigiosa quanto la sua: uno come te. Io sono troppo amico dei Babbani per i suoi gusti; è stata un’impresa convincerlo ad affidarmi i suoi veri ricordi, ma dubito che acconsentirebbe a concedermi un favore del genere. »
« Gli parlerò » disse subito Regulus, senza esitare.
« Tuttavia devo avvertirti. Non sta a posto con la testa e se dicessi qualcosa di sbagliato potrebbe aggredirti. »
« Non sbaglierò. So come si parla con i Purosangue che la pensano in un certo modo » rispose lui, determinato.
Orfin era l’ultima tessera del puzzle e, che lo volesse o no, avrebbe dovuto concedergli il suo aiuto.
 
 
 
 
Per fortuna mi sono resa conto abbastanza presto di avere bisogno di un rettilofono, visto che Harry deve ancora nascere, ed è stata una fortuna avere Orfin a disposizione. Non si sa esattamente quando è morto nel canon: dice solo poco dopo aver dato i suoi ricordi a Silente, ma qui Albus ha iniziato a indagare molti anni prima, quindi Orfin è ancora in salute... per quanto possa essere in salute uno che è stato ad Azkaban per molti anni, e che era matto già da prima. Ma mi diverte Orfin, l'ho sempre trovato simpatico, anche se inquietante. xD Vedrete come Regulus lo convincerà a collaborare!
L'athame è, come ho scritto, il tipico pugnale della strega. Se volete delle informazioni in più, vi lascio questo link che ha anche un'immagine che corrisponde all'athame che ho immaginato io. La Rowling non ne parla, ma mi è stato detto che il pugnale di Bellatrix potrebbe essere una cosa del genere. Io anche questa volta ho mescolato un po' di nozioni sia del canon che non, come per la pozione nel capitolo scorso. Anche in questo caso i ringraziamenti vanno a Bella/Circe che mi ha suggerito questa idea, e a meissa_s che mi ha dato il via libera per usarlo, visto che l'ha inserito anche lei nella sua long.
Non ho chiamato in causa la spada di Grifondoro per due semplici motivi: per ora era inutile scomodarla perché al momento nessuno l'ha ancora usata per uccidere il Basilisco, e perché... bè, Regulus e Rachel non sono Grifondoro, quindi avrebbero avuto qualche problema a usarla! L'athame che Rachel ha recuperato non ha poteri stratosferici, ma piuttosto un valore storico. Con la pozione preparata da Regulus funzionerà alla perfezione.
Per ora preparatevi al prossimo capitolo perché sarà... ehm... diciamo molto terrific- emozionante... xD
Arrivederci al 13 ottobre!

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Capitolo 29
*** Le angosce più profonde ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 29
Le angosce più profonde

Quando Silente gli aveva proposto di andare a parlare direttamente con Orfin, non gli aveva detto che la domanda di scarcerazione doveva ancora essere approvata e che, di conseguenza, lo zio materno di Lord Voldemort si trovava ancora nel luogo in cui aveva vissuto per anni e anni.
Regulus represse un brivido e strizzò gli occhi per evitare gli schizzi d’acqua salata e gelida del Mare del Nord, che entravano attraverso le fessure adibite a finestre dell’edificio.
Nonostante il mantello pesante che indossava e il cappuccio che gli copriva quasi completamente il volto, sentiva freddo come se fosse uscito in mezzo ad una tempesta di neve con indosso solo una veste estiva. Ma era un freddo molto diverso, che penetrava fin dentro le ossa, e lo faceva soffrire più all’interno che all’esterno. Qualche volta gli era capitato di passare accanto ad un paio di Dissennatori: come ex Mangiamorte, non aveva potuto farne a meno ogni volta che il Signore Oscuro li convocava, per poi mandarli a seminare angoscia ai quattro angoli del Regno Unito. Ma Azkaban era diversa, molto diversa. Regulus non aveva mai percepito una così vasta concentrazione di Dissennatori in uno stesso luogo.
Azkaban era disperazione, e nient’altro.
Cercando di ignorare i sussurri che emergevano da dentro la sua testa, abbassò lo sguardo su Kreacher, che tremava e borbottava tra sé parole apparentemente senza senso, gli occhi rossi e lucidi. Silente aveva insistito per portarlo con loro, perché i Dissennatori erano segretamente al servizio di Voldemort, e non si sapeva mai: forse avrebbero avuto la necessità di fuggire all’improvviso.
Regulus gli strinse la mano, e l’elfo di colpo parve sentirsi meglio.
Il ragazzo notò che anche Silente era altrettanto provato.
« Non può evocare un Patronus? » gli chiese, desiderando di saperlo fare.
« No. Attireremmo troppo l’attenzione. I Dissennatori sono ciechi, ma gli altri prigionieri no. Comunque siamo arrivati » aggiunse, indicando il Dissennatore che li guidava; la figura ammantata di nero si era fermata di fronte ad una cella e stava aprendo la porta.
Quando Regulus gli passò accanto per entrare, si sentì quasi cedere le ginocchia, e le voci nella sua testa aumentarono d’intensità…
« Non fatelo scappare, prendetelo! »
« No! »
Passi di corsa echeggiavano nella casa immersa nell’oscurità, respiri affannati e cuori che battevano all’impazzata.
Regulus aveva intuito dove l’uomo stava andando, e lo colse di sorpresa, sbucandogli proprio di fronte, mentre quello cercava di scappare dalla porta sul retro. Prima che potesse fare qualcosa, lo disarmò.
« L’ho preso, è qui! »
La sua voce era scossa dall’emozione e dalla fatica, mentre cercava di trattenere l’uomo che tentava di divincolarsi.
« Ti prego, lasciami andare, ti prego… »
Regulus esitò, e gli occhi supplicanti dell’uomo si impressero per sempre nella sua mente. Le sue mani stavano già allentando la stretta per lasciarlo andare, ma era troppo tardi.
« Black, tienilo fermo. »
Regulus finse di non vedere lo sguardo disperato che il mago gli aveva rivolto, e lasciò che Rosier lo prendesse, conducendolo nel salotto…
La porta della cella si richiuse alle sue spalle, e le voci si affievolirono sempre di più.
Regulus si ritrovò a fissare le proprie mani, le stesse che avevano consegnato Benjy Fenwick direttamente ai suoi carnefici…
Era da molto che non provava tanto disgusto per se stesso. Ma i ricordi erano stati così vividi e reali…
Fu costretto a compiere uno sforzo sovrumano per trattenere la propria reazione. Ma Silente non era da meno: aveva le lacrime agli occhi.
Per la prima volta in vita sua, si sentì più comprensivo nei suoi confronti, anche se non capiva come un uomo come lui potesse apparire così angosciato. Cosa poteva aver mai fatto di così terribile?
Presto però entrambi dovettero tornare al presente, non appena scorsero la sagoma di Orfin, nascosto nel buio.
« Buongiorno, Orfin. Ti ho portato una persona. »
Regulus lo sentì sibilare qualcosa, ma non distinse le parole. Forse aveva l’abitudine di parlare Serpentese.
Silente lanciò un’occhiata d’intesa a Regulus, che si fece avanti e si presentò come avrebbe fatto ad un ricevimento importante, cercando di abbandonare i ricordi che Azkaban gli stava facendo tornare in mente.
« Black? » ripeté Orfin, mettendosi a parlare in inglese. « Sei Purosangue. »
Non era una domanda, ma Regulus annuì lo stesso.
« Per me è un onore conoscerti » disse, cercando di nascondere il suo tono incerto. Non era molto sicuro che vedere uno degli ultimi discendenti di Salazar ridotto in quel modo fosse una cosa di cui andare fieri.
Orfin si fece avanti, e la debole luce rischiarò il suo volto.
« Perché sei con lui? » chiese, accennando a Silente. « Lui ama i Babbani, ma Orfin li odia. Orfin li ha fatti pentire di essere nati, una volta. Tu cosa pensi dei Babbani? »
Aveva un'espressione folle.
« Penso che non siano degni neanche di pulirci le scarpe » rispose Regulus.
Orfin ridacchiò. Sembrava soddisfatto, ma una luce esaltata era comparsa nel suo sguardo. Regulus tentò di dirottare la conversazione.
« Sono qui perché ho un favore da chiederti. Anzi, penso che farà comodo anche a te… »
Il prigioniero lo guardò, improvvisamente all’erta.
« Che cosa? »
Il ragazzo esitò. Valeva la pena osare così presto? Decise che non aveva alternative.
« Ho una cosa che ti appartiene. L’ho trovato per caso, e penso di dovertelo restituire. Ma prima mi serve il tuo aiuto. Si tratta del medaglione del tuo antenato, Salazar Serpeverde. »
Orfin lanciò un’esclamazione che fece quasi spaventare Regulus e indusse Kreacher a balzare accanto al suo padrone, pronto a difenderlo nel caso in cui le cose si fossero messe male.
Ma Orfin non fece nulla, limitandosi ad ansimare per la sorpresa.
« Il medaglione! Tu… come…? »
« È una lunga storia, ma l’unica cosa che ti deve interessare è che voglio restituirtelo, a patto che tu lo apra per me. »
« Perché? »
Regulus non sapeva come rispondere, e le parole gli uscirono spontanee.
« Qualcuno lo ha stregato. Devo spezzare l’incantesimo prima di dartelo. »
« Stregato? E chi ha osato fare una cosa del genere? » domandò Orfin, furioso.
« Non so se ti piacerebbe saperlo… »
« Voglio sapere! »
« Va bene. È stato il figlio di tua sorella… »
Con un grido di rabbia, Orfin si lanciò contro di lui, ma Kreacher lo respinse, mandandolo a cozzare violentemente contro le pareti umide della cella.
« Tu non tocca padron Regulus! » gracchiò, altrettanto furibondo.
Regulus lo calmò e tornò a rivolgersi ad Orfin, che lo fissava improvvisamente con risentimento.
« Non dirò a nessuno di questa faccenda. So cosa significa una vergogna del genere in famiglia, ed è disgustoso, ma capita anche nelle stirpi migliori, purtroppo. Con questo incantesimo, lui si è impossessato del medaglione che ti spetta di diritto. Non vorrai permetterglielo? »
« Il medaglione nelle mani di un Mezzosangue… mai! » fece lui, con uno sguardo folle, accentuato dallo strabismo.
« Allora mi aiuterai ad aprirlo? »
Orfin lo guardò, sospettoso.
« E tu me lo restituirai? »
« Sì. Ti do la mia parola. »
E Orfin si fidò.

***

Orfin fu scarcerato due giorni dopo. Per fortuna, Silente era stato abbastanza accorto da non chiamare in causa uno come Crouch. Era stata la giovane Amelia, la sorella di Edgar Bones, a scagionarlo. Un altro avrebbe creato parecchi problemi, e loro non potevano permettersi di affrontare anche quelli.
Così, due notti più tardi, Regulus, Rachel e Silente si ritrovarono per la seconda volta nel boschetto in cui avevano già tentato di distruggere il medaglione. Quella volta però c’era anche Orfin, sorvegliato a vista da Kreacher: da quando quell’uomo aveva provato ad assalire il suo padrone, aveva continuato a fissarlo con un’espressione omicida.
« Ho fatto. Non ci sentirà nessuno » disse Silente, finendo di porre gli incantesimi di protezione. « Regulus » aggiunse, parlando con un tono estremamente serio. « Qualunque cosa accada, non cadere nelle trappole che il frammento di anima di Voldemort potrebbe tenderti. »
Regulus annuì, inquieto.
Di nuovo, strinse convulsamente le dita intorno al manico dell’athame. La luce della luna piena si rifletteva contro la lama e conferiva al medaglione posato sul ceppo dell’albero un chiarore spettrale.
Rachel gli diede una leggera pacca sulla spalla, e lui si sentì improvvisamente più determinato a concludere quella faccenda.
Cercando di mantenere sotto controllo l’agitazione, si fece avanti, raggiungendo l’Horcrux. Non sapeva cosa aspettarsi; sapeva solo che non sarebbe stata una passeggiata, e che si sarebbe dovuto aspettare di tutto.
« Sono pronto » disse con voce rauca, fissando il medaglione come se questo potesse alzarsi e attaccarlo all’improvviso.
« Signor Gaunt, può ordinare al medaglione di aprirsi? » domandò Rachel.
Regulus non lo vide perché gli dava le spalle. Ci fu una breve pausa, e poi un sibilo lungo e acuto e un ringhio raggiunsero le sue orecchie, facendogli drizzare i capelli sulla nuca.
Gli sportellini del medaglione si spalancarono di colpo.
Regulus guardò all’interno e vide due occhi scuri che lo fissavano con un’intensità tale da sembrare capaci di leggergli nel profondo dell’anima.
Spaventato, fece per alzare l’athame e colpire subito, quando dal medaglione si levò una voce, che gli tolse il respiro.
« Regulus Black, sei un libro aperto per me. »
« Qualunque cosa ti dica, non dargli retta, Regulus » disse Silente, ma il ragazzo lo sentì appena, completamente concentrato sulla voce che gli stava parlando: era chiaramente quella di Voldemort, un sibilo che lo fece rabbrividire dalla testa ai piedi.
« Conosco tutte le tue speranze, le tue debolezze e le angosce più profonde, quelle che nascondi anche a te stesso… »
« Regulus, per favore, non permettergli di continuare » disse Rachel, ma lui non la sentiva. Continuava a fissare gli occhi di Voldemort, come ipnotizzato, e quelli tutt’ad un tratto diventarono rossi.
Impietrito dall’orrore, guardò due bolle levarsi dal medaglione e assumere via via dei contorni sempre più definiti, finché le sagome dell’uomo e della donna non furono riconoscibili.
L’athame cadde sull’erba umida. Regulus si era atteso di tutto, ma non era preparato a ritrovarsi di fronte agli sguardi delusi e furibondi dei suoi genitori.
« Regulus, ti credevo diverso. Non sei nient’altro che un traditore del tuo sangue. »
Lui si sentì ghiacciare il sangue nelle vene e provò a replicare, ma dalla bocca non gli uscì alcun suono.
« Ricordi, Regulus? Ricordi cosa mi avevi promesso poco prima che io morissi? » domandò Orion, guardandolo con profondo disprezzo. « Avevi giurato che non ci avresti mai lasciati estinguere, che non avresti mai rinnegato il tuo sangue. »
Regulus si accorse di tremare. Si sentiva come un imputato colpevole, che cercava invano di difendersi da accuse sempre più infamanti.
« È così che mantieni le promesse? Guarda come sei diventato. Ti sei alleato con la feccia, combatti contro tutto quello che ti abbiamo insegnato… »
« No, non è vero… » provò a ribattere lui, ma non era tanto sicuro che quelle parole sussurrate a fil di voce sarebbero state udite anche se le avesse urlate a squarciagola.
« Sei un traditore come tuo fratello » intervenne Walburga, e aveva uno sguardo così terribile che lui fu incapace di sostenerlo. « Sei una vergogna per tutti noi… »
« Regulus, distruggilo! » esclamò Rachel, ma lui era incapace di muoversi.
« Per me non esisti più. Non sei più mio figlio. »
« Credevi forse che ti avremmo perdonato per il tuo tradimento? » proseguì Orion, con un tono derisorio che non aveva mai usato. « Sei davvero così ingenuo e stupido da pensare che avremmo capito le tue ragioni per… affetto? »
« Non ci arrivi? Non ti abbiamo mai amato. Sei sempre stato soltanto una pedina al nostro servizio. Ma ora che non ci sei più utile, non ci importa più nulla di te. Quando ho saputo della tua scomparsa, non ho versato una lacrima. »
Regulus neanche si accorse di essere finito in ginocchio e di avere gli occhi umidi. Aveva la sensazione che la testa gli stesse per scoppiare, e la gola gli bruciava per lo sforzo di trattenere lo sfogo.
Rachel era accanto a lui e cercava di farlo tornare in sé, ma lui non riusciva ad ascoltare i suoi consigli. Fu quando la vide tendere la mano per afferrare l’athame che riacquistò il controllo. Anticipandola, riprese il pugnale e lo levò in alto, sopra la propria testa.
« NO! »
Ci fu un grido. Capendo quello che volevano fare, Orfin si divincolò dalla stretta di Kreacher, avventandosi sul medaglione. Tentò di afferrarlo per impedire che danneggiassero il suo cimelio di famiglia ma, appena ci provò, fu scaraventato lontano dalla forza dell’Horcrux, che lo mandò a sbattere violentemente contro il tronco di un albero. Orfin si accasciò a terra e non si mosse più.
Regulus non se ne accorse neanche. Le parole che l’Horcrux gli aveva rivolto sotto le sembianze dei genitori lo dilaniavano, e fu proprio per far smettere quel dolore lacerante che ebbe la forza di reagire.
L’athame affondò nel medaglione con tutta la forza che riuscì a metterci.
Seguì un rumore di metallo e un urlo straziante; le figure che lo avevano torturato scomparvero.
Il silenzio era tornato a regnare nel bosco. Gli unici rumori che adesso si sentivano erano i respiri pesanti di Regulus.
Se ne stava ancora inginocchiato, con la testa china verso il terreno e le mani ai lati della testa, come per coprire le proprie reazioni. Non era mai stato tanto male, e sapere che le sue angosce più segrete erano state svelate di fronte ad altre persone, quando nemmeno lui le aveva mai ammesse a se stesso, rappresentava un’umiliazione ancora peggiore.
Silente parve capirlo, perché fece finta di nulla, e si accostò al corpo inerte di Orfin, accostandoli le dita alla gola.
« Respira ancora, ma dovrà essere curato. È stato colpito da una maledizione molto potente » disse. Poi estrasse la bacchetta e provò a farlo tornare in sé.
Rachel ne fu in parte sollevata, anche se notava che lo stesso Silente sembrava avere diverse difficoltà per trovare il modo di guarirlo. Dopo alcuni istanti, lei prese il medaglione, o quello che ne rimaneva. Il buco prodotto dall’athame fumava, ma il battito metallico non si sentiva più.
« Regulus, ce l’hai fatta… » esitò, tendendogli l’Horcrux distrutto.
Ma, in uno scatto di rabbia, Regulus le scostò la mano, facendo cadere a terra il medaglione.
« Non m’importa. Lasciami in pace » sbottò lui, senza controllarsi.
Di colpo sentiva la necessità di ferire qualcuno, di fare più male di quello che l’Horcrux aveva fatto a lui. Ma non poté fare a meno di farsi assalire dal rimorso quando vide l'espressione mortificata di Rachel.
Infuriato con se stesso, Regulus si alzò e le voltò le spalle, incamminandosi in silenzio in direzione della casa.

Rimasta seduta sul prato, Rachel continuò a fissarlo finché non lo vide sparire dietro l’angolo.
« Forse per il momento sarà meglio lasciarlo solo » le disse Silente, facendola ripiombare sulla terra.
« Credo di sì » rispose con un fil di voce.
Non avrebbe mai immaginato che il malumore che Regulus aveva covato nelle ultime settimane fosse dovuto a quello cui avevano assistito quella notte. Aveva intuito che fosse combattuto tra i doveri che gli erano stati insegnati e la sua coscienza, ma nemmeno lei era arrivata a comprendere che il suo peggior timore era quello di qualsiasi altra persona al mondo…
« Potresti aiutarmi con Orfin? Credo che dovremo portarlo altrove » disse Silente.
Rachel annuì, alzandosi come un automa. Non sapeva neanche come sentirsi nei confronti di Orfin. Non lo conosceva né aveva il tempo di dispiacersi per lui. Si sentiva solo immensamente triste e stanca.
Si Materializzarono direttamente dentro una baracca abbandonata, che Rachel suppose essere la vecchia casa dei Gaunt, a Little Hangleton. Deposero Orfin su un letto polveroso, e Silente provò di nuovo a guarirlo. Pronunciò alcune formule magiche, ma alla fine si interruppe.
« Temo che sarà una faccenda molto lunga. Tu puoi andare, ci penso io qui. »
« D'accordo. »
Rachel stava per girare i tacchi, quando accorse di avere ancora il medaglione distrutto.
« Regulus aveva detto che glielo avrebbe restituito » disse, pensierosa.
« Non credo che Regulus ci tenga a vederlo di nuovo, vista la sua ultima reazione » rispose Silente.
« Giusto. Allora lo metto qui » disse lei, posando il medaglione sopra un comodino divorato dai tarli. « Credo che Salazar Serpeverde lo preferirebbe nelle mani di un suo discendente » commentò poi.
Notò lo sguardo perplesso del Preside e arrossì, tutt’ad un tratto imbarazzata. « So che può sembrarle fuori luogo, ma facevo parte della sua Casa… » si giustificò.
« Non c’è nulla di male nel rispettare la volontà di un defunto » la rassicurò lui.
Rachel annuì.

***

« Ti sei calmato, adesso? »
Regulus non rispose subito. Seduto sulla parte meno spiovente del tetto, continuò a guardare davanti a sé in direzione del mare.
« Come mi hai trovato? » chiese infine senza guardarla.
« Ho visto che mancava una scopa dallo sgabuzzino » rispose lei con semplicità. Poi aggiunse: « Ho dato l’Horcrux a Orfin. Ho fatto bene? »
Regulus annuì.
« Come sta? »
« Silente sta provando a contrastare la maledizione che l'ha colpito, ma non sa nemmeno lui se ci riuscirà... Mi sento un po’ in colpa per Orfin. È come se lo avessimo usato solo per aiutarci… » aggiunse Rachel.
« Gli avevo detto di non toccarlo » rispose lui, cupo. « Forse abbiamo sbagliato a non dirgli cosa volevamo fare. »
« Se gli avessimo detto che il medaglione doveva essere distrutto, si sarebbe rifiutato di aiutarci. »
« Se morisse, sarebbe ingiusto che si sia goduto la libertà fuori da Azkaban solo per due giorni. Certo, non è uno stinco di santo, ma… »
« Non è detto che muoia » fece lei. « Vedrai che Silente lo guarirà. Mi ha chiesto di prestargli l'athame, a proposito. »
« Come mai? »
« Non lo so. Forse potrebbe essergli utile studiando il diario di Voldemort. Non ha torto ad essere previdente. »
Regulus esitò ancora per qualche istante, poi le chiese:
« Sei arrabbiata per come ti ho trattata prima? »
Rachel strinse le labbra.
In effetti non aveva preso molto bene lo scatto che Regulus aveva avuto nei suoi confronti. Non era un comportamento che gli si addiceva, e Rachel aveva capito che fosse dovuto allo stress e allo shock della battaglia psicologica che aveva dovuto affrontare nel bosco, ma ci era rimasta male.
« Mi dispiace » disse lui, depresso. « Non so cosa mi sia preso. »
Rachel lo guardò. In realtà aveva avuto parecchio tempo per far sbollire la rabbia.
« Dovevi essere proprio sconvolto » commentò.
« Ero fuori di me. Avevate assistito tutti… »
« Lo so, anche io mi sarei sentita umiliata. Quindi se vuoi chiedermi di fingere di non aver mai assistito a quella scena, lo farò. »
Lui parve rincuorato.
« Sarebbe meglio » disse, voltandosi verso di lei.
Ma, nel muoversi, colpì la scopa con cui era salito fin lì sul tetto. La scopa rotolò sulle tegole e precipitò di sotto, finché non atterrò con un frastuono assordante sopra i vasi di camelie, che naturalmente si ruppero e caddero a loro volta dal davanzale, fracassandosi sul vialetto di pietra.
« Ops… »
Dalla finestra del primo piano spuntò la testa di Perseus, svegliato da tutto quel frastuono.
« Che diamine sta succedendo qui? » sbraitò.
« Ssssh! » fece Rachel, anche se era inutile, perché Regulus non osava aprir bocca. Lei invece sembrava molto divertita. Si schiarì la voce ed emise un miagolio basso, anche se fece una gran fatica a trattenere le risate e non farsi scoprire.
« Attila! Lo sapevo che eri tu » bofonchiò Perseus, irritato.
Per fortuna, sebbene fosse quasi l’alba, era ancora buio, e l’uomo non vide la scopa sotto la sua finestra, altrimenti avrebbe intuito la presenza di due intrusi sul tetto. Invece si lasciò ingannare dal finto miagolio, e tornò a dormire.
I due trassero un respiro di sollievo.
« Sei una catastrofe » commentò Regulus, che incredibilmente stava sorridendo.
Rachel fu felice di vederlo reagire in quel modo.
« Una catastrofe che è riuscita a farti ridere » puntualizzò.
« Già » ammise lui, e ora non stava più scherzando. « Grazie. »
Lei gli sorrise.
« In realtà non sono sempre brava a capirti. Questa notte nel bosco volevi restare solo, e io sono venuta a romperti le scatole… Comunque sei stato bravo a distruggere l’Horcrux » aggiunse subito dopo, perché aveva visto che il volto di Regulus era tornato a incupirsi.
Su di loro calò un lungo silenzio, rotto solo dal verso di qualche gufo. Mentre i minuti passavano, loro continuarono a tacere, intenti ad ascoltare il vento che sussurrava attraverso le fronde e ad osservare le cime degli alberi che oscillavano al suo passaggio, come ondeggianti masse scure sotto il cielo stellato.
Rachel non era tanto sicura che parlare esplicitamente gli avrebbe giovato. Ogni tanto Regulus le parlava di quello che lo preoccupava, ma quella volta era diverso, si trattava di qualcosa di troppo intimo e personale per essere affrontato in quel modo. E il suo animo doveva essere già ferito quando le sue angosce erano state esposte in pubblico.
Tuttavia qualcosa doveva fare, anche se prevedeva discorsi poco allegri.
« Al tuo funerale » esordì, rabbrividendo, « l’unica a non essersi presentata è stata Bellatrix. Tutti gli altri c’erano, ed erano addolorati quanto me. E credo anche che tua madre fosse la più disperata di tutti » aggiunse, anche se evitò di specificarne quello che, a suo parere, era il motivo: la donna doveva avere parecchie responsabilità e sensi di colpa da sopportare.
Regulus si voltò nella direzione opposta, stringendo i pugni.
« Era proprio necessario che me lo raccontassi? » chiese a denti stretti.
« Sì, anche se ti fa male. La verità è questa, non quella che Voldemort ha voluto mostrarti. Sai meglio di me quanto è bugiardo. »
« Sì ma… no, niente » fece lui, come al solito molto criptico.
Rachel lo guardò, senza sapere cosa dire. Regulus era sempre vissuto in funzione di un riconoscimento da parte dei suoi. Loro lo avevano abituato a credere che disobbedire comportasse automaticamente la privazione di un affetto, e lui aveva sempre cercato di guadagnarselo, come se non si trattasse di una cosa gratuita. Del resto, da quando Sirius aveva voltato le spalle alla famiglia, avevano iniziato a odiarlo. Era comprensibile che Regulus temesse soprattutto questo.
Rachel strinse a sua volta i pugni, furente. Non solo Regulus non aveva fatto nulla di cui un Black si sarebbe vergognato, non solo era vissuto con l’obiettivo principale di ottenere quell’affetto che avrebbe dovuto ricevere senza dare nulla in cambio, ma era stato disposto a morire nel silenzio e nell’ombra pur di non far correre rischi a chi pretendeva tanto da lui.
Questo la faceva fremere di rabbia, e non poteva fare a meno di pensare che i Black non meritassero un figlio così.
Anzi, non meritavano nessuno dei due figli, rifletté.
« Pensi davvero che i tuoi non ti vorrebbero bene se sapessero cosa stai facendo? »
« Tu sapresti assicurarmi il contrario? » chiese lui, amareggiato.
Rachel in effetti non sapeva cosa dire. Per lei era inconcepibile che un genitore non volesse bene ai propri figli. Non riusciva nemmeno a capire come avessero potuto odiare davvero Sirius: le era più facile credere che lo vedessero come un loro fallimento.
« Ascolta » disse, istintivamente. « Io non posso entrare nelle teste altrui, a maggior ragione se si tratta di loro. Ma, se c’è una cosa che ho capito di voi Black, è che siete una massa di zucconi, perché vi rifiutate sempre di ammettere quello che provate. Tu e Sirius avete finto di odiarvi per anni, no? Ma a chi vi conosce bene non è sfuggito qualche minuscolo segnale di smentita. È così che ho capito che non lo odiavi davvero, perché a volte anche tu non hai potuto fare a meno di tradirti. »
Regulus sbuffò, evidentemente imbarazzato.
« Tu solo conosci bene i tuoi genitori » continuò lei, « e solo tu puoi capire se anche loro qualche volta hanno dimostrato di volerti bene al di là di tutte le vostre paranoie da Black. Io ti ho detto quel che ho visto mesi fa: sicuramente tua madre deve avere avuto qualche dubbio sulla tua lealtà, dubito che Bellatrix non abbia provveduto a farglielo sapere. Ma se non ti avesse considerato più suo figlio, non sarebbe andata al tuo funerale, né per una volta se ne sarebbe infischiata di apparire composta. »
Regulus tacque di nuovo, intento ad elaborare quello che Rachel gli aveva detto; ma quella volta sembrava aver capito.
« Senti, perché non ci dormi un po’ su? Sei ancora sotto shock per colpa dell’Horcrux, ma domani starai meglio, te lo assicuro » gli propose lei.
« Lo credo anch’io, ma non ho voglia di dormire. Se tu hai sonno, vai pure. »
Rachel cercò di nascondere l’enorme sbadiglio che stava per avere, notando che il tono di Regulus non era abbastanza dissimulato da sembrare del tutto indifferente.
« Non ho sonno » mentì. « Anzi, mi è venuta un’idea che ti piacerà sicuramente. »
Tese la bacchetta sporgendosi dal tetto.
« Accio scopa. »
La scopa che era caduta poco prima si sollevò da terra e tornò a tutta velocità verso di loro, che la fermarono non senza fatica.
« Finché non ci allontaniamo oltre i limiti degli incantesimi di protezione, possiamo volare quanto vogliamo » spiegò lei.
Regulus accolse con entusiasmo la proposta. Rachel non aveva avuto dubbi, e non si pentì della sua scelta: non appena si librarono in volo, il volto di Regulus parve rilassarsi. Non volava da tanto tempo, e solo fare il giro della casa lo fece sentire meglio.
Tuttavia, dopo cinque minuti, sebbene si fosse costretta a non cedere al sonno, ad un certo punto Rachel rischiò di perdere il controllo della scopa.
Regulus la costrinse ad atterrare.
« Perché hai detto di non essere stanca? Stavi per addormentarti in volo » la rimproverò, atterrando accanto a lei.
« Non volevo lasciarti da solo. E poi so quanto ti piace volare, ti avrebbe aiutato a distrarti. »
Lui scosse la testa, anche se improvvisamente aveva assunto una strana espressione.
« Perché sei così? » chiese.
« In che senso? »
Regulus esitò.
« Sei sempre disponibile quando sono di pessimo umore, anche quando non sei nelle condizioni per farlo, e non me lo fai mai pesare. Perché? »
Rachel gli sorrise. Sapeva benissimo di cosa Regulus aveva bisogno in quel momento come anche in passato. Per questo la risposta le uscì dalle labbra prima ancora di poterci riflettere.
« Perché ti voglio bene. »
 
 
 
 
 
 
Questo capitolo è uno dei miei preferiti, anche se temevo che fosse troppo simile al libro quando Ron distrugge il medaglione. Bè, sì, la dinamica è sempre quella, ma spero di averci aggiunto qualcosa di mio. E poi i Black sono più spaventosi di Harry e Hermione! xD Prendetelo come un capitolo di Halloween anticipato!
Ho molte cose da dire su questo capitolo, quindi preparatevi a delle note lunghe! xD

Inizio col ricordo che Regulus ha dell'omicidio del povero Fenwick. Almeno per come l'ho descritto io, non riesco a immaginare Regulus che compie un vero omicidio a sangue freddo, però già in precedenza ho parlato dei suoi rimorsi nei confronti delle persone che ha lasciato morire senza fare nulla, e qui ho voluto darne un esempio concreto, per non farla rimanere solo una cosa teorica. In fondo essere un Mangiamorte non era uno scherzo, e questo è il suo peggiore ricordo perché, anche se materialmente non è stato lui a ucciderlo, se ne sente comunque responsabile... e in parte lo è. ç__ç

Mi rendo conto di averlo torturato in questo capitolo, tra Dissennatori, ricordi vari e genitori Horcrux, mi sento un po' una schifezza infatti...
Nella scena del medaglione si spiega il vero motivo per cui ultimamente era distaccato. Lo so che potrebbe sembrare una cosa melensa se applicata ai Black, ma in HP l'amore e l'affetto tra genitori e figli sono fondamentali, lo sapete.
Per i Black, i precedenti con Sirius non promettono bene, ed io non mi sono ancora fatta un'idea chiara, quindi non dirò nulla per ora. Quello di Rachel è solo il tipico pensiero di una persona che è stata amata dalla famiglia e non concepisce proprio come dei genitori possano odiare sul serio un figlio. Può avere ragione come può avere torto, chissà.
Invece su Regulus mi sento più sicura, perché se vedi che un figlio si fa sempre in quattro per te, anche quando non gli spetterebbe farlo, qualcosa all'interno ti si smuove, anche se sei egoista e glaciale. Ognuno di voi avrà le sue idee personali e giustificate, questa è solo la mia opinione e l'ho pensata così da quando Kreacher dice che Walburga si era disperata davvero per la morte di Regulus.

Comunque sia, è vero che né lei né Orion erano tipi che concedevano affetto gratuito, cosa che invece hanno fatto i Malandrini con Sirius, Rachel con Regulus, e Alphard con tutti e due (*-*).
Ah, quel "ti voglio bene" finale non equivale ad un "ti amo", è qualcosa di diverso nella mia mente bacata, lo comprende ma c'è anche qualcosa di più... oh bè, non so spiegarlo a parole! xD Spero che il concetto si capisca lo stesso.


Un'ultima cosa che avrei dovuto scrivere nel capitolo scorso, e poi giuro che vi lascio! ^^ Silente ancora non ha messo l'anello, infatti non ha la mano morta (-.-). Questo posso spiegarlo col fatto che qui è più "giovane" che nel sesto libro, quindi potrebbe anche avere la mente più lucida, mentre con la vecchiaia è diventato meno razionale e lucido, almeno in certe situazioni. Inoltre durante la prima guerra magica doveva essere più energico che in futuro, e soprattutto lo immagino meno stanco e disperato. E non uccidetemi se vi sembra una giustificazione campata in aria, Silente mi serve ancora, ma prima o poi l'anello andava trovato, ed era abbastanza facile da rintracciare u.u

Arrivederci al 27 ottobre!
Julia

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Capitolo 30
*** Strategie ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 30
Strategie

Il diario di Tom Riddle giaceva abbandonato sulla scrivania. Albus sapeva che non degnarlo neanche di uno sguardo era un errore, ma non riusciva a staccare gli occhi dall’anello nel palmo della propria mano.
La aveva cercata per così tanto tempo che, ora che finalmente ne era entrato in possesso, stentava a credere che si trattasse davvero della Pietra della Resurrezione.
Ma era lei, non potevano esserci dubbi. Il simbolo inciso su di essa era inconfondibile.
Piuttosto, era curioso che Voldemort la avesse usata per creare un Horcrux. Sicuramente non era venuto a conoscenza del valore dell’oggetto che gli era capitato tra le mani, altrimenti non lo avrebbe abbandonato in quel modo, con tanto disinteresse per quello che era un pezzo della sua anima…
Silente rabbrividì, mentre rigirava l’anello, come per osservarlo da ogni angolazione.
Non si sentiva in colpa per aver nascosto a Regulus e Rachel il ritrovamento dell’anello. Loro lo avrebbero voluto distruggere subito… Non potevano capire quello che la pietra significava… e lui non poteva spiegarlo.
Non voleva spiegarlo.
Mesi prima aveva deciso di smettere di cercare i Doni della Morte, e invece uno di loro era arrivato fino a lui, come per uno scherzo del destino. Adesso ne aveva due su tre… ne mancava solo uno, il meno importante, a suo parere.
Ma i Doni gli rievocavano ricordi che aveva preferito rinchiudere nell’angolo più nascosto del suo animo. Se quel giorno avesse usato la Pietra, avrebbe rivisto la sua famiglia: i suoi genitori, la piccola Ariana… Era proprio sicuro di volerlo davvero?
La guardò di nuovo, e fu come se la Pietra lo avesse ipnotizzato.
Stava perdendo lucidità e controllo di sé. Non era più il ragazzo di diciassette anni che si fidava del ragazzo che lo aveva ammaliato, e che covava sogni di gloria. Voleva solo riportare indietro quelli che aveva perduto per sempre, quelli che aveva abbandonato per seguire i progetti di chi lo aveva solo usato per raggiungere i propri obiettivi.
Il fischio nelle orecchie si stava trasformando in un rumore insopportabile, che gli stava facendo dimenticare il mondo esterno. Il cuore che batteva sempre più veloce e il respiro irregolare contribuivano a renderlo sempre meno consapevole di sé.
Senza neanche rendersene conto, stava per infilare l’anello al dito…
Toc, toc.
Albus ripiombò all’improvviso nel suo ufficio a Hogwarts quando sentì qualcuno bussare alla porta. Come un bambino colto a rubare la marmellata, aprì un cassetto e vi nascose in tutta fretta sia l’anello che il diario.
« Avanti » disse poi, cercando di riprendersi, ma aveva la voce roca.
La professoressa McGranitt entrò nell’ufficio, del tutto ignara di ciò che aveva interrotto.
« Albus, hai un secondo? »
« Dimmi pure, Minerva » rispose lui. Per sua fortuna aveva un’ottima capacità di ripresa.
« Temo che anche l’anno prossimo avremo un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure » annunciò la donna in tono serio. « Il professor Wimbley, come si suol dire, ha già un piede nella fossa, anche se lui afferma di sentirsi in tutta salute. »
Silente annuì, in tono grave.
« Purtroppo devo concordare con te. La sua malattia non è contagiosa, a detta di Madama Chips, ma è incurabile. Ma ormai non mi stupisco più. Sto già cercando l’insegnante del prossimo anno… anche se inizia ad essere difficile. »
« Pensano che la cattedra sia maledetta? Non mi meraviglia, iniziamo a pensarlo tutti. Ne parlavamo in sala professori proprio questa mattina. »
« Purtroppo temo che un fondo di verità ci sia » commentò Albus, mentre la sua memoria tornava al giorno in cui Lord Voldemort gli aveva chiesto di essere assunto come insegnante di Difesa. Le coincidenze iniziavano ad essere troppe. « Comunque, qualche candidato c’è ancora. Li sto valutando. Abbiamo ancora parecchi mesi di tempo. »
« In realtà c’è un’altra faccenda » aggiunse la McGranitt, sospirando. « Pare che la professoressa Haruspex abbia deciso di andare in pensione alla fine di quest’anno. »
Silente non poté fare a meno di sospirare.
« Dovrò cercare anche un insegnante di Divinazione, allora. Ammetto di non esserne entusiasta. Divinazione non è una materia… »
« Dotata di utilità? Lo penso anche io » lo anticipò la McGranitt.
Lui si lasciò scappare un sorriso. Lui avrebbe detto qualcosa di più diplomatico. Minerva invece era molto più diretta e sbrigativa.
« Ma è dovere di Hogwarts insegnarla. Quindi, a suo tempo, mi dedicherò anche alla ricerca di un candidato. Spero di trovarne uno abbastanza convincente, tuttavia. »
La McGranitt sembrava piuttosto scettica al riguardo, ma non aggiunse altro.
Quando uscì e si fu richiusa la porta alle spalle, Albus riaprì il cassetto e tornò ad osservare l’anello.
L’intrusione improvvisa di Minerva era riuscita a fargli tornare il raziocinio. Non poteva azzardarsi a indossare l’anello senza nulla con cui proteggersi, e nemmeno nel suo ufficio personale. Aveva visto come il medaglione aveva reagito, come Orfin era quasi morto... e anche ora che lui lo aveva curato, era probabile che non sopravvivesse ancora per molto. Anche quest’altro Horcrux doveva essere dotato di magie difensive. Avrebbe potuto ucciderlo, se lo avesse indossato senza averlo distrutto con l’athame.
Stanco e nervoso, Albus posò la nuca sulla spalliera della sedia, senza smettere di pensare ai Doni della Morte.
L’antico e mai sopito desiderio di possederli tutti era tornato a farsi sentire. Non poteva abbandonare la ricerca degli Horcrux, ma la tentazione di continuare a cercare i Doni era troppo forte.
Padrone della Morte…
Un’illuminazione improvvisa lo colse.
Cosa gli impediva di proseguire per entrambe le strade? I Doni potevano aiutarlo a sconfiggere Voldemort, lui o chiunque altro lo avrebbe affrontato.
Si chiese come avesse fatto a non pensarci prima.
Se i Doni rendevano invincibile chi li possedeva, c’era una possibilità di battere Voldemort… una volta distrutti tutti gli Horcrux, pensò poi, perdendo subito l’entusiasmo.
Adesso però aveva molto più chiaro cosa doveva fare: si sarebbe occupato di entrambe le ricerche.
Ma avrebbe tenuto per sé la faccenda dei Doni.

***

Perseus scostò con cautela la tenda, lanciando un’occhiata fuori dalla finestra. Oltre il recinto, a venti metri di distanza, un uomo incappucciato si aggirava con passi lenti e annoiati intorno alla villa, calciando ogni tanto qualche sasso.
« Se Lestrange sapesse che tipo di sorveglianza ti sta facendo Goyle, non sarebbe molto felice. Potremmo tranquillamente stregarlo e fargli credere che tu sia in Nuova Zelanda. Non credo che se ne accorgerebbe, sveglio com’è… »
« Lascialo lì, mi fa comodo. Meglio avere un sorvegliante idiota di uno molto più in gamba » rispose Alphard, sorridendo con ironia.
Perseus lasciò ricadere la tenda, coprendo il vetro della finestra e impedendo alla luce del giorno di filtrare nella stanza illuminata solo da lampade a gas.
« Allora, cosa stavi dicendo? » continuò Black, posando il bicchiere di Whisky Incendiario sul tavolino.
Perseus si fece cupo.
« Ti stavo parlando di mia figlia e tuo nipote. Non si capisce cosa cercano di fare. Io e Diane cerchiamo di essere discreti, ma non vorrei che si cacciassero nei guai di nuovo. Sospettiamo che abbiano preparato delle pozioni, perché ci sono spariti alcuni ingredienti, ma non ho idea di cosa si tratti. »
Alphard assunse un’espressione pensierosa.
« Avranno le loro buone ragioni per non volervi coinvolgere. Capisco che tu sia preoccupato, ma secondo me dovresti fidarti di più di loro. Sono più in gamba di quanto sembri. »
« Se avessi figli non parleresti così… Oppure sai qualcosa di quello che stanno combinando? » aggiunse Perseus, in tono sospettoso.
« Ti assicuro che non mi hanno mai parlato di nulla, anzi, ho provato a chiederlo a Regulus diverse volte, ma avrei avuto risposte più esaurienti se lo avessi domandato ad un muro. »
Perseus sbuffò.
« Purtroppo per loro, sono venuto a conoscenza di una notizia molto importante » aggiunse Alphard in tono cospiratorio.
« Allora hai saputo qualcosa! »
« Sì, anche se involontariamente. Una volta li ho sentiti parlare con Silente, e anche se ho ascoltato solo poche parole, una vaga idea me la sono fatta. In effetti, è per questo che ti ho chiesto di venire. »
Alphard si alzò in piedi, concentrato.
« Che cosa hai scoperto? »
« Stanno cercando informazioni su Tom Riddle. »
Perseus aggrottò la fronte.
« Riddle? Allora c’è un motivo se sembravano tanto interessati a lui, a Natale. Ma non ha senso; Riddle è sparito dalla circolazione pochi anni dopo aver finito Hogwarts, chissà poi che fine avrà fatto… »
« Non è proprio così. Lo pensavo anche io, ma a quanto pare non è affatto sparito. Perseus » disse Alphard, assumendo un’espressione molto seria. « Tom Riddle non è altri che Tu-Sai-Chi. »
Seguì una lunga pausa di silenzio, necessaria perché Perseus elaborasse il concetto. Poi rabbrividì.
« Non posso dire che la cosa mi stupisca » ammise infine. « Ora che ci penso, aveva già tutte le caratteristiche per diventare uno dei maghi migliori del mondo. »
« Infatti lo è. »
« Sì, ma nel modo sbagliato. Ti ricordi che sospettavamo che avesse qualcosa di strano, sotto la sua maschera di studente modello? Ma non ho mai pensato che si sarebbe spinto fino a questo punto… »
Alphard annuì, pensieroso.
« Per questo mi serve il tuo aiuto. Regulus farebbe un sacco di storie se mi offrissi di aiutarlo, quindi ho deciso di dare il mio contributo di nascosto. »
« E cosa stai facendo, esattamente? »
« Non posso fare molto, in realtà, ma sto cercando di raccogliere tutti i ricordi che ho su Riddle. Se potessimo aggiungere anche i tuoi, sarebbe un bel passo avanti. »
Perseus inarcò le sopracciglia ancora di più.
« Per quel poco che ricordo, posso farlo… Ma mi spieghi a cosa serve? Tu-Sai-Chi è là fuori a uccidere, adesso. Che senso ha scoprire il suo passato, mentre la gente muore? Bisognerebbe trovare qualcuno che sia in grado di farlo fuori e basta. »
Alphard represse un mezzo sorriso. Perseus era sempre stato un tipo molto pratico: per lui l’azione era molto più importante dei ragionamenti.
« Me lo sono chiesto anche io, ma è questo che serve. Se Regulus, Rachel e Silente stanno indagando sul suo passato, deve esserci una spiegazione più che valida. »
« D’accordo. Dammi qualche minuto per farmi tornare in mente tutti i ricordi che ho al riguardo. Non sarà facile » aggiunse. « La mia memoria inizia a fare scherzi. »
« Fai con comodo. »
Alphard lo guardò mentre andava a fare un giro nel cortile, riflettendo intensamente e sforzandosi di ricordare.
In realtà non gli aveva detto proprio tutto. La volta in cui, Materializzandosi con il suo elfo domestico nel giardino di casa Queen, aveva colto uno stralcio di conversazione che gli aveva fatto capire cosa stessero cercando, aveva sentito anche altro, e quella parola continuava a vorticare nella sua mente.
Horcrux.
Finalmente aveva capito che cosa Regulus aveva scoperto nella sua biblioteca, poco prima di sparire. Le pagine che aveva strappato da uno dei suoi libri parlavano degli Horcrux.
Scoprire che Voldemort aveva creato degli Horcrux e soprattutto che Regulus fosse quasi morto nel tentativo di recuperarne e distruggerne uno lo aveva sconvolto e commosso parecchio all’inizio, ma poi aveva cominciato a reagire, decidendo di fare la sua parte in quella faccenda.
Tuttavia non era tanto certo che dirlo a Perseus sarebbe stato sicuro. Avrebbe voluto raccontarglielo, ma aveva ancora molte remore. Se Regulus lo aveva nascosto a tutti, almeno fino a che non era stato costretto a raccontarlo a pochissimi, c’era un motivo. Non era pericoloso solo per l’esito della ricerca degli Horcrux ma anche per chi era a conoscenza di quel segreto.
Lui, Alphard, in fondo non poteva muoversi di casa ed era difficile che qualcuno potesse scoprire quello che sapeva. Ma Perseus sarebbe stato molto più in pericolo di lui. Per non parlare del fatto che, se si fosse reso conto della pericolosità di ciò che sua figlia stava cercando di fare, avrebbe scatenato un finimondo.
Rachel una volta si era lamentata perché, secondo lei, suo padre era iperprotettivo. Alphard piuttosto pensava che Perseus sarebbe morto pur di non farle correre pericoli.
Ma visto che impedirle di continuare quello che stava facendo sarebbe andato a discapito della guerra, aveva deciso di non allarmare Perseus più di quanto non lo fosse già. Si sentiva la coscienza sporca per quella scelta, ma sapeva di non poter fare altrimenti.
Quando Perseus tornò dentro, Alphard prese una fiala e gliela porse. L’altro vi riversò diversi fili argentei.
« Questi sono tutte le memorie che sono riuscito a ricordare. Spero che servano a qualcosa » aggiunse, ancora piuttosto scettico.
« Ti ringrazio. »
Perseus lo guardò, dopo aver lanciato un'occhiata rapida alla finestra, dietro la quale, in lontananza, Goyle si aggirava ancora con aria profondamente annoiata.
« Alphard, fammi un favore. Giurami che, nel corso di queste ricerche, non commetterai imprudenze. »
Alphard riuscì per miracolo a trattenersi dall'abbozzare un mezzo sorriso, col rischio di scatenare la rabbia dell'amico.
« Non preoccuparti. E tu invece promettimi di non farne parola con nessuno, almeno finché non ti dirò che ne potremo parlare con i diretti interessati. Ma, nel caso in cui dovesse succedermi qualcosa... » continuò a parlare Alphard, ignorando l’espressione di rifiuto che Perseus si era dipinto sul volto. « In quel caso potrai dirlo a mio nipote. E mi auguro che Regulus decida di renderne partecipe anche Sirius. Io farò in modo che nessun altro oltre loro possa mettere le mani su questi ricordi. »
« Non puoi dire a me dove li nasconderai? »
« Lo sai che certi segreti è meglio che non siano spartiti da troppe persone. Dobbiamo sempre tener presente il caso in cui non dovessimo esserci più. »
« Va bene, d'accordo » sbottò Perseus nel tono burbero che usava quando era a disagio.
« Grazie. »
« Tanto non succederà » borbottò l’altro.
« Me lo auguro. »
Alphard distolse lo sguardo da quello preoccupato dell’amico, fingendo di essere tranquillo. In realtà non lo era. Non si fidava di Rodolphus Lestrange: se aveva messo un idiota come Goyle a guardia, non era affatto detto che si fosse disinteressato a lui. Piuttosto, non poteva fare a meno di chiedersi che cosa stesse combinando.
E dal momento che il Ministero prima o poi sarebbe potuto cadere nelle mani di Voldemort, tutti gli incantesimi di protezione che lo avevano tenuto in vita fino a quel momento non lo avrebbero più difeso.
Per quel motivo aveva già pensato ad un modo per fare reperire quei ricordi a Regulus. Forse sarebbe riuscito a dirglielo di persona, ma nel dubbio aveva preso quella precauzione. Del resto, erano in guerra, e nessuno aveva più la certezza di vedere sorgere il sole il giorno dopo.

***

Un gran chiacchiericcio riempiva la sala adibita a mensa del Ministero della Magia. Si trovava dietro una porta nei pressi degli ascensori dell'Atrium, e consisteva semplicemente in decine di tavoli sparsi per tutta l'area della sala. Di solito non era frequentata dai cosiddetti dipendenti “dei piani alti”. Il Ministro della Magia e i suoi collaboratori avevano orari molto più comodi e ragionevoli di tutti gli altri, e quindi potevano permettersi di tornare a casa e pranzare in tutta tranquillità. Il resto dei dipendenti invece, si limitava a mangiare lì. La cucina non era paragonabile a quella di Hogwarts, ma non era male, e inoltre si trattava di un'occasione per rilassarsi un po' in compagnia. In realtà Rachel quel giorno era molto poco incline a conversare con qualcuno, complice un mal di testa che non le dava tregua da quella mattina. Era già convinta che avrebbe avuto poca voglia di mangiare, figurarsi quando si sentì chiamare dall'ultima persona al mondo che avrebbe voluto vedere in quel momento.
« Vieni, c'è un posto libero » le disse Barty, indicando la sedia di fronte a lui.
Rachel era consapevole del fatto che prima o poi avrebbe dovuto smettere di fissarlo con gli occhi sbarrati come se avesse appena visto un Dissennatore, ma non riusciva a farne a meno. Tuttavia, dopo alcuni interminabili istanti di esitazione, non poté che fare buon viso a cattivo gioco. Si sedette e rimase immobile e rigida come un palo, tanto che Barty aggrottò la fronte.
« Stai bene? Con tutto il rispetto, sembra che hai inghiottito una scopa. »
« Sto benissimo » tagliò corto lei a denti stretti, afferrando con mala grazia la forchetta e infilzandola nel petto di pollo che era appena comparso nel suo piatto.
« D'accordo. Poi prova la torta, è ottima » le consigliò lui, tornando a servirsi della propria fetta.
Rachel socchiuse gli occhi. L'unica cosa che desiderava adesso era di prendere quella torta e tirargliela in faccia, solo per vedere sparire quella falsa espressione sorridente.
Cercò di calmarsi. Non era brava a controllare le emozioni, ma stavolta doveva farlo per forza.
« Come va? » bofonchiò, in un vago tentativo di instaurare una conversazione normale.
« A me tutto bene. Magisprudenza non è poi tanto male... ha una certa utilità. Tu, invece? Ultimamente ti vedo molto più serena o sbaglio? Tranne oggi, ma spero che sia un'eccezione. »
Rachel rispose con lo sguardo fisso sul proprio piatto.
« Sì, può darsi » tagliò corto.
Barty tacque per alcuni istanti; sembrava indeciso se continuare oppure no. Alla fine, con un tono pieno di cautela, le fece una domanda inaspettata.
« Per caso stai uscendo con qualcuno? »
Lei quasi soffocò.
« Ma come ti viene in mente? »
« Guarda che non avresti nulla di cui vergognarti. »
« Questo dovrei essere io a deciderlo. Comunque non è assolutamente vero, e non capisco come tu possa averlo pensato » replicò lei, irritata.
« Ho visto che frequenti molto i Prewett, ma avrò capito male » disse lui, accennando con lo sguardo ai due fratelli seduti dall'altra parte della mensa. Rachel si voltò a sua volta e loro la salutarono. Lei rispose con un mezzo sorriso. « Li hai conosciuti qui al Ministero, giusto? »
Alla domanda di Barty, Rachel si irrigidì, se possibile, ancora più di prima.
« Sì, infatti » rispose, notando lo sguardo sfuggente del ragazzo. Forse la sua era semplice paranoia, ma aveva la netta sensazione che lui stesse cercando di capire se faceva parte dell'Ordine della Fenice.
Ad interrompere quel momento di tensione, fu Emmeline, che si era avvicinata al loro tavolo senza che loro se ne accorgessero.
« Ciao. Posso sedermi qui? » chiese con un tono allegro.
« Certo » rispose Barty, tranquillo.
Emmeline prese posto accanto a Rachel, che non poté fare a meno di lanciarle un'occhiata sospettosa e perplessa.
« Come mai adesso vi parlate? » chiese ai due.
« Abbiamo deciso di fare una tregua. Ormai è acqua passata » rispose Emmeline.
« Sono... contenta per voi » commentò Rachel, che improvvisamente aveva perso l'appetito.
Ci mancava solo questa, pensò, guardando Emmeline di sottecchi. Speriamo che sia davvero acqua passata...
In effetti fu una fortuna che fosse Emmeline a parlare del più e del meno con Barty, perché lei non aveva la minima voglia di intrattenere una conversazione. Era preoccupata per ciò che, a quel punto, era costretta a riferire al più presto all'amica. Aveva rimandato per troppo tempo.
Non appena Emmeline ebbe finito di mangiare l'ultima fetta di torta, Rachel la sequestrò letteralmente, salutò Barty in tutta fretta e la trascinò fuori dalla mensa.
« Si può sapere cosa ti prende? »
« Devo parlarti di una cosa importante. Ma non qui, c'è troppa gente. »
Rachel la condusse in uno dei bagni e chiuse la porta piazzando un incantesimo Colloportus.
Emmeline la guardava con perplessità.
« Allora? »
« Sii sincera. Con Barty è davvero tutto finito, o ti piace ancora? »
« Certo che è finita, cosa ti viene in mente? » fece l'altra, imbarazzata.
Per alcuni istanti, Rachel ebbe una strana sensazione, e le si visualizzò nella mente un'orribile prospettiva, con Emmeline che era tornata di nascosto insieme a Barty e gli forniva regolarmente informazioni sui piani dell'Ordine della Fenice.
Scosse la testa, cercando di scacciare dalla mente quei pensieri, sicuramente causati dalle manie di Malocchio.
Va bene che la spia può essere chiunque, ma non lei. Che assurdità!
La sua amica era sempre stata contro Voldemort, e non sarebbe mai sarebbe stata capace di annullare le proprie idee e i propri principi per un ragazzo di cui era – o era stata – innamorata.
« Senti, non so come dirtelo... » esordì, non appena fu tornata in sé.
« Che cosa? »
« Non dovresti fidarti di lui. »
« E perché mai?
« Bè... »
« Se pensi che potrebbe farmi soffrire ancora, sei fuori strada. Ti ho detto che non mi... »
« Non intendo questo, Emmeline... Evita di frequentarlo però. »
« Perché? »
Rachel decise di non girarci troppo intorno, ma si sforzò di dirglielo con discrezione.
« Barty è un Mangiamorte » sbottò, talmente nervosa da non riuscire a trattenersi più di tanto.
Complimenti per il tatto, si congratulò una voce nella sua testa.
Seguì un silenzio teso, durante il quale Emmeline dovette prendersi del tempo per assimilare il concetto. Alla fine inarcò le sopracciglia.
« Ti senti bene? »
« Ammetto di essere stata meglio. Ma so quello che dico. »
« Smettila, dai. Non mi sembra il caso di scherzare su queste cose. »
« Non sto scherzando, è la verità. »
Emmeline aggrottò la fronte, visibilmente indispettita.
« Hai una vaga idea di quello che hai appena detto? Credo che tu abbia sbagliato persona. »
Rachel si aspettava che Emmeline sarebbe stata scettica, ma quel rifiuto totale non lo aveva previsto.
« Neanche io volevo crederci, all'inizio, ma ti assicuro che l'ho sentito con le mie orecchie... »
« L'hai sentito? Significa che non l'hai nemmeno visto! »
« Ti giuro che era lui. Stava parlando con Rabastan Lestrange e l'argomento era inequivocabile. Emmeline, pensi che direi una cosa del genere se non ne fossi assolutamente sicura? »
A quelle parole la sicurezza dell'altra ragazza parve vacillare.
« Ma... non può essere vero... »
« Mi dispiace. »
Nel bagno calò un silenzio lungo e apparentemente interminabile. Rachel avrebbe voluto dire molte cose, ma non parlò, incerta. Emmeline sembrava ancora indecisa se crederle oppure no. Alla fine scosse la testa, come se avesse voluto scacciare quel pensiero dalla mente.
« Non è possibile... non ci credo. È il figlio di Bartemius Crouch, non lo farebbe mai. »
Rachel sospirò.
« Sai benissimo che lo odia... »
« Non è vero! » sbottò l'altra.
« Ora inizi a sragionare. »
« Non è vero! » ripeté Emmeline. « Sei tu che non sai di cosa parli. Ha dei problemi in famiglia, come tutti, ma questo non significa che sia diventato un Mangiamorte! È ridicolo. »
« Adesso calmati » le consigliò Rachel, che notava come la ragazza stesse iniziando a diventare paonazza.
« Sei tu che dovresti darti una calmata. Lasciami in pace. »
« Vuoi dire che non mi credi? »
Rachel era senza parole. Non aveva immaginato che la prendesse così.
« No, non ti credo. »
« Non puoi far finta di nulla! »
Emmeline la guardò in cagnesco.
« Lasciami stare, non voglio più sentirti. »
Fece per uscire dal bagno, e questo fece imbestialire Rachel più del dovuto. Le afferrò il polso, impedendole di aprire la porta e bloccandola.
« Lo sai perché ti ha mollata? Perché pensava già di diventare un Mangiamorte, e tu gli eri di peso! Come fai a fidarti di uno che non ha esitato un solo istante a dimenticarti, pur di servire Tu-Sai-Chi? Ora ha voluto fare pace solo perché gli servi. »
« E a cosa gli servirei? I Mangiamorte hanno già infiltrati al Ministero, più una spia nell'Ordine... Oppure pensi che quella spia sia io? »
« Non lo penso, ma se ti rimetterai con lui non potrò più fidarmi di te! »
Rachel si accorse di aver esagerato quando Emmeline la guardò con un'espressione che non aveva mai avuto prima di quel momento.
« Ahi! »
Ci fu uno scoppio, e Rachel dovette lasciarla, perché all'improvviso le faceva male il polso.
Emmeline ripose la bacchetta in tasca e la oltrepassò, senza aggiungere altro.


« E se n'è andata sbattendomi la porta in faccia! Ma ti rendi conto?... Mi stai ascoltando? »
Regulus si accorse che Rachel aveva concluso il discorso solo quando Sirius gli assestò un calcio sotto il tavolo.
« Certo che ti ho ascoltata » ribatté prontamente, ignorando l'espressione divertita di Sirius. La ragazza aveva parlato per un'infinità di tempo, ma Regulus era comunque riuscito a cogliere il nocciolo della questione.
« Quasi quasi ti preparo una Bevanda della Pace, così ti rilassi » osservò Sirius.
« Non posso credere che Emmeline abbia reagito così » borbottò lei, ignorandolo e massaggiandosi il polso ancora dolente.
Regulus cercò di evitare il suo sguardo. L'ultima cosa che avrebbe voluto era quella di essere costretto a darle un parere. E invece fu proprio quel che Rachel gli chiese.
« Cosa stai pensando? »
Regulus, rassegnato, cercò di non essere troppo schietto.
« Bè... in effetti è comprensibile che si sia offesa. »
« Ah sì? »
« Auguri » mormorò Sirius, deciso a godersi lo spettacolo. Poi tornò a fissare in cagnesco il gatto che si era messo a passeggiare nelle vicinanze della sua sedia. Attila si fermò proprio accanto a lui, alzando il capo e scrutandolo. Sirius gli lanciò un'occhiataccia di avvertimento.
Regulus si schiarì la voce.
« Sai, può darsi che tu sia stata un po' troppo diretta... »
« In che senso? » chiese Rachel.
« Sta dicendo che quell'ultima frase potevi risparmiartela » parafrasò Sirius, mentre con il piede cercava di scacciare il gatto, che emise miagolii di protesta. « E anche che sei stata una vera vipera a dire quelle cose. »
Lei divenne paonazza, mentre Regulus gli lanciò un'occhiataccia.
« Non volevo dire questo... » esordì lui, ma fu interrotto dallo sbuffare di Sirius, perché Attila gli si era aggrappato alla gamba e non si staccava più.
« Levatemelo di dosso! » sbottò.
« Sirius, è solo un gatto » fece la ragazza.
« Non vado molto d'accordo con i gatti... E questo non è normale... Ahi! E' una peste assatanata! E ce l'ha con me. »
Regulus sbuffò, mentre Rachel si alzava per liberare Sirius dagli artigli del gatto e lo chiudeva fuori dalla cucina. Attila continuò a fissare male Sirius attraverso il vetro della porta.
« Visto? Mi odia » fece lui, ma gli altri due lo ignorarono.
« Allora, cosa stavi dicendo? » chiese Rachel a Regulus.
Lui sospirò.
« Il fatto è che, a volte, hai dei modi un po' bruschi, e quando parti in quarta non ti si riesce a fermare. Insomma, ricordi come eri al primo anno? »
« No, come ero al primo anno? » chiese lei, di malumore.
« Non riuscivi mai a capire la differenza tra ciò che si può dire e ciò che bisogna tenere per sé. Voglio dire, ora sei migliorata tanto, però qualche volta ci ricaschi. »
Rachel tacque, fissando un punto indefinito del tavolo.
« D'accordo, può darsi che io sia stata indelicata a dirle che non mi sarei più fidata... »
« Basterà chiederle scusa, vedrai » disse Sirius, che ora senza Attila tra i piedi si sentiva meno nervoso.
« Mi ha attaccata con la bacchetta, non sarò certo io a scusarmi! »
I due Black si lanciarono un'occhiata perplessa, e per un solo istante sembrarono sul punto di ridere.
« Di solito siamo noi a fare così, non tu » commentò Regulus.
« Bè, avrò anche io il diritto ad essere cocciuta, qualche volta, o è solo una vostra esclusiva? E poi ho i nervi a fior di pelle per questa storia. Del resto nemmeno lei si è fidata di quello che le dicevo. »
« Secondo me invece ti ha creduto » disse Regulus, tornando serio. « Ha solo bisogno di accettarlo. E visto che preferiva pensare che tu ti fossi inventata tutto che accettare la realtà, se l'è presa con te. »
Tutti tacquero per parecchi minuti, almeno fino a che Sirius non ruppe quel silenzio teso rivolgendosi direttamente a Rachel.
« Dunque anche Crouch è un Mangiamorte. Mocciosus pure... » tossicchiò, evitando di parlare esplicitamente di Regulus, il cui sguardo la diceva lunga su quanto poco gradisse riferimenti al suo passato. « Mi spieghi una cosa, Rachel? Che razza di gente frequentavi a Hogwarts? »
Lei incrociò le braccia sul tavolo e vi posò la testa, depressa.
« Vorrei saperlo anche io. »
« Per le mutande di Merlino, dov'è finito?! » esclamò Sirius, sconvolto.
« Chi? »
« Il tuo gattaccio malefico. È sparito. »
Rachel aggrottò la fronte.
« Sarà andato altrove. Non chiamarlo gattaccio malefico, è solo un po' vivace e... »
« Ed è proprio dietro di te » concluse Regulus, notando Attila che, entrando di soppiatto dalla finestra, prese la rincorsa e atterrò con gli artigli sfoderati direttamente sulla schiena di Sirius, per poi piombare sul tavolo con aria soddisfatta.
« Sparisci! » sbottò il ragazzo, facendolo scappare. « Ti giuro che presto me la pagherai cara! Quel gatto non sa con chi ha a che fare » aggiunse poi.
E con questa minaccia, tornò a sedersi, meditando vendetta.

 
 
 
 
 
Capitolo pieno di chiacchiere, ma nei prossimi l'azione tornerà, non c'è problema. Ho spiegato un paio di cose: come mai Silente non ha indossato l'anello e cosa aveva sentito Alphard quando si era Materializzato nel giardino dei Queen nel capitolo 23. L'ultima scena l'ho aggiunta molto tempo dopo aver scritto il resto del capitolo, ci voleva qualcosa di più allegro! I dispetti  tra Sirius e Attila mi piacevano troppo xD
Emmeline vi sarà sembrata molto cocciuta qui, ma non se lo sarebbe mai aspettato. Deve avere il tempo di assimilare il concetto, e non le ci vorrà molto. E Barty ultimamente mi provoca istinti omicidi!
Ah, la sala mensa al Ministero è una mia aggiunta. Non so se ci fosse davvero, ma un luogo di ritrovo mi serviva, è sempre utile.
Non ho altro da dire, tranne che questa storia è l'unica cosa che mi permette di non impazzire, dato il periodo un po' schifoso. Ne approfitto per ringraziarvi ancora e augurarvi un magico Halloween! E ora esco, altrimenti arrivo tardi a lezione!
Prossimo capitolo: 10 novembre
Ciao! =)

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Capitolo 31
*** Tempi di cambiamenti ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 31
Tempi di cambiamenti

« La primavera è arrivata » esclamò allegramente Dedalus, osservando con soddisfazione il giardino della sua casa. « Era ora! Ragazzo, come stanno le mie piante? Mi auguro che non abbiano subito altri danni. »
« No, Dedalus, non preoccuparti » rispose Sturgis, mentre faceva ondeggiare pericolosamente il vaso che doveva trasportare.
« Ottimo. Torna al lavoro, allora. Avanti, muoversi! »
Sturgis gemette, affaticato, ma alla fine riuscì a posare il vaso senza romperlo. Poi puntò la bacchetta sulle piante e iniziò ad innaffiarle.
Emmeline aveva a mala pena notato lo scambio di battute tra i due. Se ne stava in disparte, la schiena appoggiata al tronco di un albero e le braccia strette intorno alle ginocchia. Avrebbe dovuto studiare, ma in quel momento non ne aveva alcuna voglia. Continuava a pensare alla sua discussione con Rachel e a quello che lei le aveva rivelato.
Barty è un Mangiamorte.
Quelle parole continuavano a non avere senso. Non potevano essere vere. Eppure, Emmeline aveva reagito male non perché si fidava di lui: Barty non godeva della sua fiducia da tempo, ormai. Quello che le aveva impedito di ascoltare Rachel era ben altro, perché le aveva creduto, nonostante tutto. Ma non voleva ammettere a se stessa di essere rimasta legata per più di un anno al ricordo di qualcuno che invece l'aveva sempre ingannata. Non si era mai sentita più umiliata di così. Era stata una stupida a non volerselo togliere prima dalla testa. E invece, fino al giorno precedente aveva sperato che le cose potessero tornare come prima. Per questo se l'era presa con lei: aveva distrutto tutte le illusioni che si era creata. Ma l'unica con cui era davvero arrabbiata era se stessa con la propria ingenuità. Non poteva rimproverare nessun altro.
Così aveva trascorso una notte insonne e angosciante. Alla fine però si era alzata con le idee più chiare, e in un certo senso si era meravigliata di se stessa. Si fidava di Rachel, che non le avrebbe mai detto una cosa del genere se non ne fosse stata assolutamente sicura. Inoltre, si sentiva stupita, mortificata e delusa... ma non era disperata come aveva temuto. Non soffriva come quando Barty la aveva lasciata.
Di colpo, si era resa conto di non amarlo più da tempo. Certo, ne era ancora attratta e lui le mancava, ma era sparito quel qualcosa in più che distingueva l'amore da una semplice infatuazione.
Forse, inconsciamente, si era già accorta del cambiamento di lui, ed era rimasta legata solo al ricordo di quello che era stato. In un certo senso quindi per lei era stata come una liberazione. Ma della rabbia non riusciva ancora a liberarsi. Si detestava per aver perso tutto quel tempo a rimpiangere qualcosa che non esisteva più. Era sempre stata una persona razionale, ma nell'ultimo periodo aveva completamente perso la testa.
Emmeline osservò distrattamente la fila di formiche che percorrevano il tratto di terreno nei pressi delle radici dell'albero, continuando a pensare a tutto quello che era successo.
Aveva sbagliato a usare la magia contro Rachel, ma lei non avrebbe dovuto accusarla di essersi alleata con Barty o di fare la spia. Come avrebbe potuto allearsi con un Mangiamorte? Solo ricordare il momento in cui, quando avevano stabilito una tregua, Emmeline aveva stretto quella mano che probabilmente aveva già ucciso, la faceva rabbrividire. Rachel non doveva permettersi di fare certe insinuazioni...
« Aaaaaaaaah! AIUTO! »
Emmeline balzò in piedi, spaventata. Per un istante temette il peggio: i Mangiamorte li avevano trovati? Poi capì che le urla provenivano da Sturgis: la pianta carnivora di Dedalus gli aveva arpionato la veste e, per quanto il ragazzo cercasse di sfuggirle, quella non accennava ad arrendersi. Emmeline si affrettò a soccorrerlo.
« Relascio! »
La pianta mollò la presa e Sturgis cadde con la schiena a terra.
« Stai bene? »
« Sì, grazie » bofonchiò lui, paonazzo per la vergogna, mentre si rimetteva in piedi.
« Non sapevo che Dedalus avesse delle piante carnivore. »
« Nemmeno io. »
« Come mai te ne stai occupando tu? »
Sturgis sospirò.
« Dedalus è molto possessivo nei confronti delle sue piante, le tratta come figlie. Stamattina ho pestato per sbaglio un'aiuola, quindi mi ha costretto a curargli il giardino... Ma tu da dove sei spuntata? Non ti avevo vista. »
« Ero dietro quell'albero. Stavo... »
Emmeline si bloccò, suscitando la sua curiosità.
« Cosa? »
« Stavo pensando » ammise lei.
« Anche a me piace riflettere all'aperto, soprattutto se sono triste. La primavera mi mette allegria. »
Emmeline annuì educatamente, ma non ne era molto convinta.
« Non mi credi, vero? »
« Non è per questo. È che quando succedono tante cose brutte, non ce la faccio proprio ad essere allegra. »
« Dovresti provarci, invece. D'inverno le piante sembrano morte, ma poi le foglie ricrescono sempre. Questo pensiero mi fa venire voglia di ricominciare, anche se siamo in un periodo difficile. A te non succede? » aggiunse Sturgis, esitando con imbarazzo.
Emmeline non ci aveva mai pensato davvero, ma non poteva che dargli ragione. Forse era l'aria della primavera, ma aveva una gran voglia di lasciarsi alle spalle il passato e cambiare gran parte della propria vita.
« Non hai tutti i torti... »
« Meno male, pensavo di aver detto una delle mie solite sciocchezze » fece lui, nervoso.
« Tu non dici sciocchezze. Non devi essere così insicuro » lo tranquillizzò lei.
Sturgis fece spallucce, impacciato ma anche compiaciuto.
« A volte parlo troppo e dico tutto quello che mi passa per la testa. »
« Non c'è niente di male nel parlare chiaro. C'è tanta gente che vive solo di menzogne... » commentò Emmeline, pensando a Barty con rabbia. Poi si riprese e aggiunse: « Se vuoi ti aiuto. »
« Grazie... » fece lui, porgendole l'innaffiatoio. « Se non sono troppo indiscreto, come mai sei così giù? »
Lei esitò, indecisa se dirlo oppure no.
« Scusa, non c'è bisogno che mi risponda. »
« Grazie. Non mi va di parlarne... »
« Giusto, come vuoi... Oh, guarda chi c'è! »
Emmeline si voltò, vedendo Sturgis salutare qualcuno in direzione della casa, e si ritrovò a stringere le labbra con fastidio quando notò Rachel. Quest'ultima stava parlando animatamente con Sirius, che la stava spingendo fuori.
« Vai » stava dicendo lui, anche se da quella distanza si sentiva a mala pena.
« E va bene! » sbottò lei, indispettita.
Rachel uscì in giardino e si diresse verso Emmeline. Quando le si fermò davanti, calò un silenzio imbarazzato. Sturgis guardò prima l'una e poi l'altra, confuso, ma non fece domande.
« Senti, mi dispiace di aver dubitato di te. Non avrei dovuto » disse, tutto d'un fiato, lisciandosi nervosamente le pieghe della veste.
Emmeline tacque per alcuni istanti, poco incline a perdonarla così presto. Ma alla fine le parole le uscirono spontanee, prima che si potesse rendere conto di quel che diceva.
« Non importa. Lo hai detto nel mio interesse... e ti credo. »
Rachel ne fu sorpresa.
« Davvero? »
« Sì. E, a proposito, scusa per averti colpita. »
« È già passato. »
Le due continuarono a guardarsi per alcuni istanti, a disagio.
« Credo che andrò ad innaffiare quell'aiuola laggiù » disse Sturgis, rendendosi improvvisamente conto di essere di troppo.
Quando il ragazzo si fu allontanato, Rachel si rivolse di nuovo ad Emmeline, con un'espressione corrucciata.
« Non avrei mai voluto darti una notizia del genere. Non sai quanto mi dispiace. »
« Rachel, davvero, non preoccuparti. Anzi, grazie per essere stata sincera con me. Sei un'amica. »
Emmeline le rivolse un sorriso accennato, che Rachel ricambiò non senza un certo stupore ed esitazione.
« Come ti senti? » le chiese con cautela.
« Sono delusa, arrabbiata e triste. Sento di aver perso troppo tempo per colpa sua... Ma ora sono anche pronta a voltare pagina. Voglio dimenticarlo. »
Rachel le mise le mani sulle spalle, guardandola con determinazione.
« Ce la farai. Tu meriti di meglio. »
Poi la abbracciò, ed Emmeline si ritrovò a pensare che niente come il sostegno di un'amica avrebbe potuto aiutarla a superare quel momento.

***

« Tim, non dovresti essere qui, lo sai? »
Il ragazzino uscì dal nascondiglio dietro il cespuglio, evidentemente contrariato per essere stato scoperto quasi subito mentre tentava di seguire Remus.
« Voglio venire con te » replicò, testardo.
Remus sospirò. Se l'era aspettato, quindi non poteva dire di essere sorpreso della sua presenza.
« Stavolta è pericoloso. »
Tim sbuffò. Gli si avvicinò, incrociando le braccia e guardandolo dal basso verso l'alto.
« Dove stai andando? Devi incontrare altri lupi mannari, vero? »
« Non ti si può nascondere niente, eh? Sì, sto per incontrare alcuni lupi di altri due branchi che non sono fedeli a Voldemort. Voglio parlare con loro per convincerli a stare dalla parte dell'Ordine della Fenice, prima che sia Greyback a persuaderli. Però sarebbe meglio che tu non venissi. Se fosse una trappola... »
« Tu saresti in difficoltà senza di me. Con me saremmo pari, ma se non ci fossi tu saresti in minoranza. E dai, Remus! Sei riuscito a convincermi che Greyback si sta solo approfittando di noi. Potrei esserti utile per convincere anche quei lupi mannari che devi incontrare. E dai! »
Remus non poté fare a meno di sorridere. Da quando lo aveva conosciuto, non aveva mai visto Tim così allegro ed esuberante. Era sempre stato schivo e sospettoso, ma ora il bambino che la licantropia aveva soffocato stava uscendo fuori. Ed il merito era sia suo che degli altri Malandrini. L'ultima notte di luna piena aveva confermato a Tim che tutto quel che Remus gli aveva detto era vero: esisteva anche un altro modo per affrontare il loro problema, e c'erano persone che non nutrivano pregiudizi nei loro confronti... e anche altre che si sforzavano di superarli.
« Va bene, vieni. Tanto anche se ti dicessi di no mi seguiresti, e non posso arrivare in ritardo. Seguimi, ma prometti che, nel caso in cui succedesse qualcosa, scapperai senza guardarti indietro » lo ammonì severamente.
« Ok, d'accordo » borbottò il ragazzino, che in realtà lo stava ascoltando poco. Non vedeva l'ora di aiutarlo in quell'impresa.
Remus continuò a camminare, con Tim alle calcagna. La notte era calata già da un po' ma lui non aveva paura. Era abituato alla notte ormai, anzi, preferiva di gran lunga quando era più buia. Era la luna piena che detestava con tutto se stesso. Quel globo argenteo costituiva il suo incubo ricorrente. Era difficile vivere nella perenne attesa dell'ennesima volta in cui si sarebbe trasformato in lupo mannaro, mese dopo mese. Non si riusciva mai a sentire completamente libero; e sapeva che tutti quelli come lui condividevano le stesse angosce. Quanto avrebbe voluto che qualcuno trovasse una cura per la loro malattia...
« Stai attento, ci sono molti rovi qui » lo avvertì Remus, e Tim annuì, chinando la testa e facendo attenzione al sottobosco. Non che si preoccupasse di graffiarsi – i graffi delle spine erano una bazzecola in confronto alle ferite provocate dai suoi stessi artigli – ma non aveva voglia di strappare sempre di più i vestiti già abbastanza laceri che aveva addosso. L'inverno era passato, ma il freddo si sentiva lo stesso, soprattutto per chi era costretto a dormire all'aria aperta. Perciò era meglio restare il più coperto possibile.
Camminarono per una buona mezzora. Tim si stava già stancando, ma non voleva dimostrarlo. Così, ogni volta che Remus gli lanciava un'occhiata esitante, lui accelerava il passo, salvo poi rallentare per riprendere fiato.
« Ci siamo » disse alla fine Remus, dopo quella che gli parve un'eternità.
Tim si guardò intorno. Si trovavano nei presi di una cascatella. L'unico rumore che si percepiva fino a quel momento era lo scrosciare dell'acqua, ma presto tutti e due iniziarono a percepire alcuni passi che si avvicinavano sempre di più. Presero a fissare un punto della foresta tra due alberi, dal quale emersero lentamente due figure magre e ricurve.
Tim osservò i due lupi mannari avanzare e avvicinarsi. Erano trasandati quanto loro. Il più basso era anche il più anziano. Indossava un lungo impermeabile che gli arrivava sotto i piedi. L'altro era un giovane sulla trentina, anche se il pessimo stato in cui versava lo faceva sembrare molto più avanti con l'età.
« Sei tu Lupin? » chiesero.
« Sono io » rispose lui.
« Charlie MacDougal » si presentò il più anziano. « E lui è Silvanus Cook. Pensavamo che dovessimo incontrare solo te » aggiunse, scrutando Tim.
« Lui è con me. »
« Ma... è un bambino » esitò Silvanus Cook.
« So mantenere i segreti. E Remus si fida di me » replicò Tim, sfidandoli con un'occhiata truce.
« Ok, come non detto. Abbiamo portato qualcosa. »
Charlie si mise a frugare dentro una bisaccia che aveva appesa sulle spalle, e ne estrasse un po' di pane stantio.
« Grazie. »
Per qualche minuto tutti tacquero, intenti a masticare. Poi Charlie esordì.
« Sappiamo di cosa vuoi parlarci, e te lo diremo chiaramente. La nostra vita è già abbastanza miserabile e complicata. Non abbiamo voglia di partecipare ad una guerra in cui verremmo disprezzati da entrambi i fronti. »
Remus e Tim si lanciarono un'occhiata delusa. Charlie era stato molto chiaro e aveva messo subito le mani avanti. Con quelle premesse non sarebbe stato facile convincerli.
« Capisco perfettamente, ma io mi limito ad augurarmi che voi e i vostri branchi non decidiate di parteggiare per Voldemort. Credo che conosciate Greyback... »
« Certo che lo conosco, è stato lui a farmi diventare così! » sbottò Silvanus, diventando d'un tratto paonazzo.
« Lo stesso è accaduto a me e a Tim » rispose Remus, posando una mano sulla spalla magra del ragazzino, che guardò gli altri due quasi con aria di sfida. « Greyback è dalla parte di Voldemort, sapete che vuole creare un esercito. E lo fa mordendo bambini come lui, anche più piccoli. »
« Lo sappiamo... » disse Charlie, con lo sguardo sfuggente. « E ti assicuro che nessuno di noi si unirà mai a quelle canaglie dei seguaci di Greyback. Ma vogliamo vivere per conto nostro. Il mondo magico ci disprezza, non ci interessa combattere. »
« Non è sempre così. Ci sono persone convinte del fatto che i lupi mannari abbiamo gli stessi diritti degli altri. Silente è uno di questi. Altrimenti, come avrei mai potuto frequentare Hogwarts? È stato grazie a lui e alla gente che ho conosciuto lì che ho capito che cedere al vittimismo non porta da nessuna parte. »
Charlie sembrava ancora scettico, ma Silvanus lo guardava con stupore.
« Hai frequentato Hogwarts? Davvero? »
« Sì... »
« Sarà, ma sono pochi quelli come Silente » lo interruppe Charlie, burbero.
« Questo perché, fino a che Voldemort metterà a ferro e fuoco il nostro mondo, le cose non potranno cambiare. È per questo che io combatto. Continuare a nasconderci e piangerci addosso non servirà a niente. So come ci si sente, lo sappiamo tutti perché siamo nella stessa situazione. Ma dobbiamo lottare per migliorare le nostre condizioni. »
« Non ha torto » commentò Silvanus.
« Voi siete ancora giovani » ribatté il più anziano. « Quando sarete arrivati alla mia età, e non sarà cambiato niente, allora capirete. La gente non cambia, il mondo magico è sempre lo stesso. Siamo sempre stati trattati da emarginati, ancora prima che Voi-Sapete-Chi nascesse. Perché una sua sconfitta dovrebbe cambiare le cose? Credete che qualcuno ci sarebbe riconoscente se contribuissimo alla vittoria? No, ci ricaccerebbero nello stato in cui siamo vissuti nei secoli... »
« Ma che stai dicendo? » sbottò improvvisamente Tim, indignato. Tutti lo guardarono con perplessità, ma lui non si fece intimorire. « Allora vuoi restare senza fare nulla, mentre Greyback continua a fare del male ad altre persone? Pensi solo a te stesso! »
« Bè... non intendevo dire questo... » bofonchiò l'uomo, imbarazzato.
« Ma è questo che faresti » replicò Remus, con un tono tranquillo.
Charlie era diventato rosso per la vergogna. Silvanus sembrava impressionato dalla grinta di quel soldo di cacio, ma concordava con lui.
« Non prendetevela con Charlie, ne ha viste troppe di ingiustizie per essere ancora fiducioso nel prossimo. Però avete ragione quando dite che non possiamo starcene con le mani in mano. Mi sento una schifezza quando penso che c'è tanta gente che muore, mentre io non faccio nulla per impedirlo... »
Charlie aveva una smorfia dipinta sul volto segnato dalle rughe e dalle cicatrici. Sembrava in preda ad una lotta interiore.
« Ma cosa vorresti che facessimo? Noi non abbiamo neanche una bacchetta... »
« Non vi chiedo di combattere apertamente. Vorrei solo che spargeste la voce, che mi aiutaste ad impedire che altri lupi mannari decidano di seguire Greyback. Sarebbe già un grande aiuto. Uno dei modi per combattere Voldemort è anche quello di sottrargli seguaci. »
« Io ci sto! » esclamò Silvanus, in tono deciso. « Contate pure su di me e il mio branco. In fondo, è come se fossimo tutti fratelli: abbiamo tutti qualcosa che ci unisce. »
Remus sorrise, sollevato; poi rivolse lo sguardo all'altro lupo mannaro.
Charlie esitava ancora, ma alla fine sospirò.
« D'accordo, va bene, avete ragione voi... È che sono pessimista, cosa volete farci? Comunque vi darò una mano, anche se secondo me non servirà a nulla... »
« Questo si vedrà. Grazie » disse Remus, sollevato.
Tim si sentiva immensamente soddisfatto.
Il tragitto di ritorno gli sembrò molto più corto. Camminarono in silenzio per parecchi minuti, poi Remus gli parlò.
« Sei stato in gamba, sai? »
« Visto che avevo ragione a voler venire con te? Devi imparare a darmi retta. »
« Lo ammetto, senza di te sarebbe stato più difficile convincere Charlie. »
« Perché era così pessimista? »
Remus assunse un'espressione grave.
« Vedi, lui non è stato fortunato come me. Non ha mai avuto nessuno a sostenerlo e incoraggiarlo. È naturale che sia così. »
Tim si incupì improvvisamente.
« Quindi io sarei diventato come lui, se non fosse stato per te. »
Remus tacque, costernato.
« Ma è andata diversamente » lo incoraggiò.
Tim si bloccò. Erano appena arrivati nei pressi del nascondiglio del branco di Greyback.
« Grazie, Remus » bofonchiò, imbarazzato. Non era abituato a gesti e parole affettuosi, ma si sentiva in dovere di dimostrare la propria riconoscenza a quel ragazzo.
Dopo di che gli voltò le spalle e si addentrò nel folto della foresta.
« Ehi, Tim. Dove sei stato? » gli chiese una bambina dai capelli arruffati. Il suo nome era Sarah ed era più piccola di lui: doveva avere all'incirca sette anni.
« In giro... » rispose Tim, vago.
Ma poi si soffermò a guardare sia lei che tutti gli altri bambini. Tutto a un tratto gli era venuta un'idea. Se Remus stava cercando di sottrarre seguaci a Voldemort e Greyback tra gli adulti, anche lui avrebbe potuto dare il suo contributo. Lì era pieno di ragazzini come lui, che ancora non si erano induriti al punto di rassegnarsi. Era pericoloso, ma l'adrenalina lo esaltava, facendogli dimenticare ogni paura. Si sarebbe posto a capo di una rivolta di quei piccoli lupi mannari. Anche loro aveva il diritto di conoscere la verità su Greyback. Remus lo aveva sottratto al lavaggio del cervello, e ora Tim avrebbe fatto lo stesso con i suoi coetanei. Sì, ormai aveva preso la sua decisione.
« Sarah, posso parlarti un secondo? » esordì, emozionato.
Lei lo guardò con curiosità. Poi annuì.

***

Si udì un lamento lacerante, seguito immediatamente dopo dal rumore di qualcosa che si spezzava di colpo. Un denso fumo nero si levò lentamente dall'Horcrux infranto, salendo verso il soffitto come una spirale che andava diradandosi sempre di più.
Silente fece cadere l'athame per terra, mentre le mani gli tremavano violentemente. Osservò da vicino l'anello, con il cuore che palpitava per l'agitazione. Il fendente inferto dal Preside non aveva potuto risparmiare completamente la pietra che vi era incastrata. La montatura aveva quasi ceduto del tutto sotto il colpo, la Pietra aveva una grossa crepa. L'Horcrux era distrutto, ma quel che Albus temeva più di ogni altra cosa era che anche la Pietra perdesse i suoi poteri. Aveva deciso di distruggere l'Horcrux prima di provarla, memore di quanto era accaduto a Orfin che, nonostante tutti i suoi sforzi per guarirlo, non sarebbe vissuto a lungo. Gli restavano alcuni mesi, ma la maledizione del medaglione non aveva rimedi.
Ora però... forse iniziava a pentirsene... aveva aspettato quel momento da una vita intera...
Sapeva perfettamente cosa raccontava la storia dei tre Fratelli: l'aveva letta e riletta così tante volte da saperla a memoria. Ma in fondo era solo una fiaba, il cui scopo era quello di insegnare qualcosa... Ma la realtà doveva essere diversa. La Pietra della Resurrezione doveva possedere poteri straordinari. E ora si trovava lì nelle sue mani, e non aspettava altro che di essere usata.
Prese l'anello e lo infilò al dito, trattenendo il respiro.
Non accadde nulla. Tutto era silenzioso intorno a lui, soprattutto dopo il rumore assordante che l'Horcrux aveva fatto prima di distruggersi. Lo faceva rabbrividire, insinuandogli nel profondo un sentimento di oppressione e angoscia.
« Perché? » sussurrò a se stesso, disperato.
Si era aspettato di ritrovarsi di fronte sua sorella, suo padre, sua madre... e invece non c'era nulla, solo le pareti diroccate e le imposte sbarrate della Stamberga Strillante.
Poi capì. Si rese conto di aver perso la lucidità, se non era riuscito a ricordare un dettaglio così banale.
Sfilò l'anello, lo posò sul palmo della mano tremante e lo fece girare su se stesso.
Una... due... tre volte.
Si accorse di avere gli occhi chiusi. Non aveva il coraggio di aprirli. Temeva al tempo stesso di non vedere nulla e di incontrare tutti i membri perduti della sua famiglia. Qualcosa lo fece tremare: sentiva le loro presenze intorno a lui.
Alzò le palpebre e si guardò intorno, con il cuore in gola.
Tre sagome lo circondavano nell'ombra e lo guardavano fisso.
Percival gli somigliava molto. I capelli rossi, gli stessi occhi azzurri brillanti... ma lo sguardo era molto diverso da quello che ricordava. Era cupo, come se fosse spento, e lo guardava con qualcosa che sembrava più rassegnazione che stupore o felicità.
Kendra aveva la stessa espressione del marito. La fronte corrugata rendeva ancora più duri i suoi lineamenti accentuati dagli zigomi alti.
« Albus... »
La voce che aveva parlato lo fece sussultare. Era sonora e delicata al tempo stesso, la stessa voce che ormai aveva imparato a dimenticare, perché lei non aveva più parlato da quando era stata aggredita.
Si voltò a guardare la sagoma più bassa ed esile, con gli occhi lucidi e colmi di lacrime che non riuscivano a sgorgare.
L'espressione di Ariana era meno dura di quella dei genitori. I capelli erano raccolti in una treccia, e lei indossava lo stesso abito a fiori che aveva il giorno in cui era morta... Albus riusciva ancora a ricordare quel maledetto giorno come se non fossero passati anni e anni.
Era convinto di doversi sentire felice nel vedere di nuovo la vita nel suo sguardo. Ariana era lì, di fronte a lui, con gli occhi aperti...
Ma era triste e fredda, separata da lui come da un velo.
Le parole che sapeva a memoria da anni lo colpirono con la violenza di un tuono. Il volto di Ariana ora emanava sofferenza e malinconia.
Anche se era tornata nel mondo dei mortali, non ne faceva veramente parte e soffriva.
« Albus, sei così lontano... » disse Ariana, sussurrando.
Lui non capiva. Le era vicinissimo, quasi poteva sfiorarla, anche se non aveva la forza di provarci. Ma forse si illudeva. Forse Ariana diceva la verità... era lui ad essere lontano, a non essere degno. Non era mai stato Padrone della Morte. Non ne aveva mai capito il senso...
I suoi familiari facevano parte di un altro mondo, e lui era stato talmente cieco da non capire che nessuna Pietra della Resurrezione li avrebbe fatti tornare indietro... tanto meno se a utilizzarla fosse stato un uomo che ancora non aveva capito nulla dei Doni della Morte, nonostante tutti gli anni che aveva speso nella loro ricerca. Neanche l'aiuto della Bacchetta di Sambuco sarebbe servito a qualcosa.
Cos'altro mi aspettavo? Si chiese. Non ho mai pensato che potessero tornare indietro.
E poi capì di poter fare soltanto una cosa. Era poco, ma erano anni che si era tenuto tutto dentro, senza avere la possibilità di fare ammenda dei propri sbagli di fronte a chi più di tutti aveva pagato.
« Mi dispiace » gemette, la voce spezzata, guardando prima i suoi genitori. « Mi dispiace per tutto. »
Poi si soffermò su Ariana, e il suo animo tremò sotto lo sguardo della sorella. Lei però non aveva un'espressione accusatoria, non l'aveva mai avuta. Era lui che si era sempre sentito in colpa guardandola, quando era viva perché la considerava un peso, ora perché non sapeva da quale bacchetta era provenuto l'anatema mortale che la aveva uccisa.
Eppure era arrivato molto vicino a saperlo, tanti anni prima... Dopo aver sconfitto Gellert, quest'ultimo lo aveva voluto colpire con ciò che più temeva al mondo: la verità.
« Non vuoi sapere chi tra noi è stato, Albus? » gli aveva mormorato, il volto deformato dalla rabbia mentre gli Auror lo portavano via.
« Dillo! Dillo, una volta per tutte! » aveva gridato lui, uno dei rari momenti in cui aveva perso il controllo. Lo aveva afferrato per il bavero della veste, furioso e incurante degli sguardi preoccupati degli Auror. In quell'istante quasi non gli importava di quale sarebbe stata la verità. Almeno la avrebbe conosciuta.
E invece Grindelwald aveva sorriso con crudeltà di fronte alla sua espressione sconvolta dal dolore.
« No, non te lo dirò. Per te sarà peggio convivere per sempre con questo dubbio. »
Era stata l'estrema vendetta di uno sconfitto, ma ad Albus aveva fatto male come se lo avesse accoltellato. Solo il pensiero di aver voltato le spalle alla propria famiglia per colpa sua lo faceva invadere dal rimorso.
« Perdonatemi » aggiunse, a fil di voce.
Lasciò cadere la Pietra a terra, ritrovandosi di nuovo solo. Percival, Kendra e Ariana erano scomparsi.
 
 
 
 
E così anche il secondo Horcrux è stato distrutto, Tim comincia a sognare in grande, con lui stesso a capo di una rivolta di lupetti (si darà una ridimensionata, però, e capirà che non è un gioco per ragazzini), ed Emmeline è rinsavita, anche se dovrà soffrire ancora. A proposito di lei, non so se ho spiegato bene quello che le sta capitando. Emmeline è nella fase in cui ha perso la stima, la fiducia (chiamatela come preferite) in Barty, ma ancora non riesce a staccarsi del tutto. E' la fase di mezzo tra l'illusione e la disillusione, e bisogna che ci passi per lasciarlo perdere definitivamente ^^
Silente non mi fa troppa simpatia per come sfrutta tutti, ma penso che un'occasione per vedere la famiglia morta e parlarci di nuovo se la meritava, e gli ci voleva anche per fargli capire un paio di cosette. Ah, ovviamente, le due frasi in corsivo in quella scena sono citazioni della storia dei Tre Fratelli, se non si era capito!
Nel prossimo capitolo, oltre a stragi e battaglie, finalmente darò spazio anche ad un personaggio che ho ignorato per ben trenta capitoli, e che forse è il momento di inserire! XD
Quindi vi do appuntamento al 24 novembre.

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Capitolo 32
*** I Bones ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 32
I Bones

« Sono a casa. »
La voce di Edgar rimbombò nell'ingresso deserto trasmettendogli una sensazione di oppressione. Non gli piaceva sentire silenzio in casa sua, e il fatto che fosse inusuale lo allarmava ancora di più.
Si chiuse la porta alle spalle e iniziò a percorrere il corridoio, in attesa di vedere la testa di uno dei suoi figli fare capolino da qualche stanza. Ma si accorse che sia nel salotto che nel resto del piano terra non c'era nessuno.
Inspirò profondamente, infilando una mano nel mantello che non si era ancora tolto. Non doveva iniziare a farsi prendere dal panico. Forse stavano dormendo.
Salì le scale lentamente, le orecchie tese e pronte a percepire qualsiasi rumore sospetto, ma non ne avvertì. Angosciato, si precipitò prima nella camera da letto dei suoi figli e poi nella sua. Cercò anche nei bagni e lanciò un'occhiata in soffitta. Non c'era nessuno.
Stava quasi per essere assalito dal panico, quando udì dei rumori al piano di sotto: qualcuno stava entrando in casa.
Con il cuore in gola, si affacciò prudentemente dalle scale, pronto ad attaccare. Ma quando vide chi era entrato, trasse un enorme sospiro di sollievo.
« Clare! » esclamò, raggiungendo il pianterreno. « Dove vi eravate cacciati? »
« Papà! »
Il bambino dai capelli biondi spiccò un salto e gli si gettò addosso. Edgar lo sostenne e barcollò quando anche la sorellina lo abbracciò.
« Come sarebbe? Ti avevo detto che oggi sarei andata alla scuola elementare. Ci sono stati i colloqui con gli insegnanti dei tuoi figli » replicò sua moglie, perplessa.
« Ah, me lo avevi detto? » fece lui, confuso.
Lei alzò gli occhi al cielo con un sorriso esasperato.
« Sì, e ti avevo anche detto di non preoccuparti se fossimo tornati tardi. Ma dove hai la testa? »
« Devo essermelo scordato... Ultimamente sono distratto. »
« Papà è distratto » commentò Mary, che gli stava ancora appesa al braccio.
« Mary, Sean, lasciatelo respirare » li redarguì Clare, facendoli staccare a fatica. « Andate a giocare in camera vostra, mentre io preparo la cena. »
Loro non se lo fecero ripetere due volte, e si diressero su per le scale gareggiando a chi sarebbe arrivato primo.
« E non uscite in giardino, si è fatta sera ormai! » ricordò loro Edgar. Poi si rivolse alla moglie: « Sei sicura che nessuno vi abbia seguiti? »
« Stai tranquillo, me ne sarei accorta. »
« Ti avevo detto che è pericoloso uscire dopo il tramonto. »
« Il sole non è ancora tramontato, e poi non posso non uscire più di casa, no? »
Lui sospirò.
« Allora cosa dicono gli insegnanti? » chiese per cambiare discorso, sfilandosi il mantello e appoggiandolo all'attaccapanni.
« Dicono che vanno abbastanza bene, ma sono troppo agitati e non obbediscono mai. Soprattutto Mary » rispose Clare, dirigendosi in cucina e arrotolandosi le maniche per iniziare a preparare. Edgar aprì la credenza e si mise ad apparecchiare.
« Non avevo dubbi » commentò con un mezzo sorriso.
« E a te come è andata? »
« Eh... diciamo che poteva andare meglio. »
« Cioè? »
« Sono stato tutto il pomeriggio a colloquio col Ministro della Magia. »
« Davvero? » fece lei, stupita.
« Sì, sembra che si fidi molto di me, e la cosa è positiva, perché è proprio quello che Silente mi ha chiesto da fare. Le ho consigliato di mandare più guardie umane ad Azkaban, perché i Dissennatori stanno per passare dalla parte di Voldemort, ed è probabile che, se non fossero sotto stretta sorveglianza, lascerebbero evadere tutti i Mangiamorte catturati... »
« Scusa, cosa sono i Dissennatori? »
Edgar si fermò, dandosi una mano sulla fronte.
« Sono creature che sorvegliano i detenuti ad Azkaban » si limitò a rispondere. Non gli andava di essere troppo preciso. Sua moglie era Babbana ed era già abbastanza spaventata all'idea di una guerra di cui non sapeva nulla.
« Ok, continua pure. »
« E poi sto cercando di farle capire che non dovrebbe fidarsi di certe persone che la circondano. Non mi riferisco a Crouch ma a tutti gli altri... Voldemort ha fatto infiltrare diversi suoi seguaci ai piani alti del Ministero, forse per ucciderla o forse per tenerla sotto controllo... Fatto sta che se Voldemort riuscisse ad ottenere il controllo del Ministero sarebbe gravissimo. »
« E le hai detto chi sono le persone di cui non deve fidarsi? »
« No, non posso dimostrare che si tratta di Mangiamorte, anche se io ne ho la certezza quasi assoluta. Rookwood è uno di loro, ma gode di una grande stima, e sarebbe stupido da parte mia accusarlo direttamente. Però sì, stiamo preparando una brutta sorpresa ad Augustus » aggiunse Edgar con un sorriso soddisfatto.
Lei lo guardò con preoccupazione.
« Ecco, fa' che non sia lui a farti una brutta sorpresa, però. »
« Non agitarti, va tutto bene. So da chi devo guardarmi. »
La donna non sembrava affatto convinta. Edgar la vide tormentarsi il labbro inferiore per il nervosismo. Le circondò la vita con un braccio e la strinse, parlandole in un tono che sperava fosse abbastanza rassicurante.
« Non voglio che succeda qualcosa ai bambini. Quello che è accaduto a Derek, con i lupi mannari... » disse lei, agitata.
Edgar si sforzò di restare calmo. Ripensare alla notte in cui suo cugino era stato ucciso dai lupi di Greyback lo faceva stare malissimo ogni volta.
« Ti assicuro che farò di tutto perché non accada nulla a te o ai bambini... però, se non ti senti sicura, potete stare da tua madre per un po'... »
Clare tirò su col naso, staccandosi da lui.
« No, ne abbiamo già parlato. I tuoi figli ti vedono già poco. Questa guerra potrebbe durare ancora altri anni, potresti rivederli da adulti, se saremo fortunati. »
« Va bene, se ne sei sicura... »
« Sì, e non pensare che ti sentiresti in colpa se ci succedesse qualcosa. Non è colpa tua se quei matti ce l'hanno con quelli come me » fece lei, girando il mestolo con nervosismo.
Edgar annuì, ma non poteva impedirsi di essere preoccupato. Era stata proprio sua moglie a convincerlo ad entrare nell'Ordine della Fenice, perché se avesse dovuto decidere da solo non lo avrebbe fatto, proprio per non fare correre rischi alla sua famiglia. Ma anche se sapeva di aver fatto la scelta giusta, certe volte tornava ad avere i vecchi dubbi...
« Puoi andare a chiamare i bambini? È pronto » gli disse Clare, spegnendo il fuoco da sotto la pentola.
Edgar uscì dalla cucina e si diresse verso la stanza dei suoi figli. Stranamente da dietro la porta non proveniva alcun rumore, e infatti si accorse che la stanza era vuota.
Prima che finisca la serata mi faranno venire un colpo, pensò, esasperato.
Stava per salire le scale per cercarli in soffitta – dal momento che loro adoravano giocare lassù – quando si sentì chiamare e vide Sean rientrare in casa di corsa, affaticato e rosso in volto.
« Sean, dov'è tua sorella? È pronto in tavola » gli disse Edgar, scompigliandogli i capelli.
« Sta fuori in giardino. Stavamo giocando a nascondino, ma ora si è messa a parlare con quel signore... » rispose Sean, tranquillo.
Edgar sgranò gli occhi mentre il sangue gli si congelava nelle vene.
« Q-quale signore? »
« Non lo so, non lo conosco. È alto, con un vestito nero... »
« Vuoi dire che Mary è uscita dalla zona protetta del giardino?! »
« Sì... Io le avevo detto di restare dentro, ma non mi ha dato retta... »
« Clare! »
La donna si precipitò fuori dalla cucina, spaventata.
« Cosa...? »
« Prendi Sean e nascondetevi subito! Io vado a... »
Aveva già estratto la bacchetta e percorso metà del corridoio, quando una visione terrificante lo immobilizzò. Mary era appena entrata in casa, trascinata da almeno cinque Mangiamorte. Non erano riconoscibili, ma Edgar non aveva dubbi su chi fosse a capo del gruppo.
« Giù le mani da mia figlia, Rookwood, o giuro che... » lo minacciò, puntandogli la bacchetta dritta al cuore.
« Non agitarti tanto, Bones. Non ci importa nulla di tua figlia, siamo venuti solo per te. Ecco, riprenditela... » disse Rookwood con un tono di voce mellifluo.
Uno degli altri Mangiamorte spinse la bambina verso di loro. Mary inciampò e cadde per terra, scoppiando a piangere.
Tutto accadde in un attimo. Edgar era troppo impegnato a tenere i Mangiamorte sott'occhio e non riuscì a fermarla: Clare si divincolò dal suo braccio che cercava di trattenerla e si gettò in ginocchio a soccorrere la bambina, mentre uno dei Mangiamorte in fondo le puntava contro la bacchetta.
Fu investita da una intensa luce verde e si accasciò al suolo, immobile, sotto lo sguardo inorridito di Edgar e le urla strazianti dei bambini.
« Dimenticavo, siamo venuti anche per questa lurida Babbana » aggiunse Rookwood, sarcastico.
Edgar urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, come se ciò potesse svegliarlo dall'incubo che stava vivendo e si avventò contro Rookwood. Non riusciva a provare più nulla: non aveva paura, non provava nemmeno odio, ma solo un orrore incontenibile.
L'ultima cosa che vide prima di morire furono i corpi abbracciati di Sean e Mary: sembravano quasi addormentati sul pavimento di legno.
Poi chiuse gli occhi e non li riaprì più.

***

Li avevano colti di sorpresa, mentre maghi e streghe passeggiavano frettolosamente lungo Diagon Alley, facendo acquisti nei vari negozi e lamentandosi dei prezzi.
In un attimo il chiacchiericcio si era trasformato in grida di terrore e strepiti disperati.
I Mangiamorte non pensavano che l'Ordine della Fenice li avrebbe trovati così facilmente, ma in fondo la cosa non andava a loro svantaggio: il caos che provocavano combattendo, mentre loro mettevano a ferro e fuoco i negozi, contribuiva ad accrescere il clima di terrore che si respirava nel mondo magico.
« Quelli dell’Ordine della Fenice non la smettono mai di mettere i bastoni tra le ruote. Hanno già scoperto dei Bones? » sbottò Avery, nascosto sotto la finestra di un negozio di Notturn Alley. La battaglia si era estesa fin lì, e il ragazzo ogni tanto usciva allo scoperto per scagliare maledizioni sulle persone nel vicolo, attraverso la finestra in frantumi.
Severus non gli rispose, intento a colpire l’uomo che cercava di entrare nel negozio. Il Sectumsempra lo ferì solo di striscio, ma lo costrinse lo stesso a indietreggiare, tenendosi il fianco e gemendo per il dolore.
Severus lo vide andare a nascondersi dietro l’angolo, prima di essere abbagliato da un lampo di luce proveniente da un incantesimo.
Fece appena in tempo a urlare « Giù! » e buttarsi per terra, che l’incantesimo scagliato da Dorcas Meadowes fece esplodere la parete, in un frastuono di calcinacci e polvere che ricaddero sopra i tre Mangiamorte, che si coprivano la testa per non essere colpiti.
Severus si rialzò a fatica, ansimando e guardandosi intorno. L’incantesimo era stato davvero potente, e parti del soffitto rischiavano di crollare loro addosso se non fossero usciti per tempo.
« Siete ancora vivi? » chiese, cercando Avery e Mulciber tra i calcinacci.
Loro risposero con due violenti colpi di tosse.
« Sì, più o meno… »
« Allora muoviamoci. Sta per crollare tutto » tagliò corto Severus, aiutandoli a sollevarsi con uno strattone e dirigendosi verso l’uscita del negozio.
Dorcas non li stava aspettando fuori. Era impegnata a duellare contro il Signore Oscuro.
Severus non se ne stupì. Era un’avversaria temibile e sfidarla a duello non era cosa da poco. Solo Voldemort sembrava metterla davvero in difficoltà.
Quanto a lui, non poteva continuare a guardare. Alcuni membri dell’Ordine erano corsi loro incontro, e gli altri due Mangiamorte avevano già preparato il contrattacco.
Severus iniziò a combattere a sua volta, scagliando maledizioni una dopo l’altra. Gli avversari erano in difficoltà: non sapevano contrastare gli incantesimi di sua invenzione, grazie ai quali indietreggiarono, mentre i Mangiamorte li respingevano indietro.
Dedalus Lux cadde gemendo, ferito di striscio da una delle sue maledizioni.
Severus stava per approfittarne, quando qualcosa di molto simile all’istinto lo indusse ad alzare lo sguardo, ignorando Podmore che correva in aiuto del compagno.
Fu in quel momento che lo vide: il guizzo di una fiamma nel buio, accompagnato dalla solita sensazione del terreno che improvvisamente veniva a mancargli sotto i piedi, mentre qualcosa gli impediva di respirare e un peso opprimente gli serrava lo stomaco.
Aveva sperato di non reagire più così; aveva tentato disperatamente di liberarsi da quella ossessione che gli aveva tolto il sonno. Aveva desiderato con tutto se stesso di dimenticarla, ma non ci era riuscito.
E anche quella volta, scorgere Lily in mezzo al tumulto della battaglia gli aveva provocato un dolore insopportabile.
Si impose di non guardarla e di tornare a combattere, ma era inutile. Podmore aveva già portato al sicuro Lux, ma Severus non se ne era neanche accorto: il suo sguardo tornava sempre verso di lei, nonostante tutti i suoi sforzi.
Era come provare ad affondare una palla nel mare: per quanto cercasse di spingerla a fondo, quella ritornava sempre a galla, e quanto più in profondità la immergeva, tanto più velocemente quella balzava in superficie.
I suoi occhi seguivano la stessa regola: non riuscivano mai a staccarsi da lei per troppo tempo. Ma guardarla non lo faceva sentire meglio, tutt’altro.
I ricordi dei momenti felici passati insieme duravano solo un attimo, spazzati via da quelli molto più dolorosi del loro litigio e dello sguardo carico di disprezzo che Lily gli aveva rivolto.
In quel momento si sentì lieto di avere la maschera: se lei lo avesse riconosciuto, lo avrebbe guardato di nuovo con quell’espressione sprezzante, e Severus non lo avrebbe sopportato.
Quello sguardo aveva il potere di distruggerlo.
Perché non lo aveva voluto perdonare?
Le aveva chiesto scusa, si era umiliato per chiederle perdono… ma lei era stata implacabile.
Sapeva di aver sbagliato, ma dentro di sé sapeva anche che, pure se lei lo avesse perdonato, le loro strade si sarebbero divise lo stesso. Era destino.
« Piton, che ti prende? Svegliati » gli disse Avery, cercando di farlo tornare in sé, prima che Moody lo colpisse con uno Schiantesimo.
Severus lo evitò appena in tempo, e Avery iniziò a combattere contro l’Auror, dopo avergli rivolto uno sguardo preoccupato e perplesso.
Avery e Mulciber…
Lily non li sopportava. Non voleva che li frequentasse. Ma Severus non era d’accordo; non aveva nessun diritto di decidere al posto suo.
Lei era stata sua amica e lo aveva apprezzato per quello che era. Ma Avery e Mulciber lo apprezzavano anche per altro, per quello che sapeva fare, per le sue abilità magiche. E per Severus era importante. La magia era l’unica dote che aveva, l’unica cosa in cui eccellesse. Lo faceva sentire qualcuno, diverso dal triste figlio di un Babbano alcolista e violento. I due Mangiamorte lo avevano accettato tra di loro, nonostante fossero a conoscenza delle sue origini non perfette, del suo sangue non del tutto puro: per loro Severus era un Prince, non un Piton. E in più avevano le sue stesse ambizioni. Che cosa c’era di sbagliato nel volerli frequentare?
Anche Lily però lo aveva fatto sentire importante, ammise a se stesso, mentre rispondeva all’attacco di Emmeline, con movimenti quasi automatici. Anzi, Lily lo aveva reso davvero felice.
Ma poi aveva scelto una strada diversa.
Aveva detto che sarebbero stato amici per sempre, e invece gli aveva voltato le spalle.
Aveva detto che odiava Potter, e invece lo aveva sposato.
Forse aveva pensato già da tempo di liberarsi di lui, e aveva colto l’occasione per non perdonarlo.
Si sentì bruciare di rabbia. Avrebbe voluto odiarla, lo avrebbe voluto davvero. Non voleva più soffrire così per colpa sua…
Con uno scatto improvviso, riuscì a disarmare Emmeline, ma non poté fare altro perché per la seconda volta Lily gli impedì di fare del male al suo avversario.
Qualcosa lo colpì al polso, facendogli volare via la bacchetta. Quando si voltò a guardare l'autore dell'incantesimo, si irrigidì. Lily gli puntava la bacchetta contro, ma si era immobilizzata a sua volta. I suoi occhi verdi stavano scrutando i suoi, cercando di vedere oltre la maschera...
Lo aveva riconosciuto, non potevano esserci dubbi. L'espressione metà amareggiata e metà furente lasciava poco spazio alle ipotesi. Tuttavia non lo colpì, perché in quel momento sopraggiunse Potter che, stranamente serio e furente, la prese per il polso e le gridò di tornarsene subito a casa perché, disse lui, non poteva combattere in quelle condizioni.
All'inizio Severus non capì cosa significassero quelle parole. Ma, mentre la osservava con i battiti a mille, non poté non accorgersi del cambiamento che il corpo di Lily aveva subito. C'era qualcosa di diverso in lei, qualcosa che rendeva la sua sagoma diversa, ma non per questo meno armoniosa di come l'aveva sempre vista. Ma quel qualcosa in più stonava terribilmente e lo fece contorcere dal dolore ben prima che la sua mente capisse davvero.
E infine Severus si sentì crollare il mondo addosso quando si accorse di quel leggero rigonfiamento del ventre, segno inequivocabile di una gravidanza.
In futuro non sarebbe mai riuscito a ricordare tutti i pensieri che gli passarono per la testa in quel momento. Avrebbe ricordato solo una sensazione di disperata angoscia e il desiderio incontenibile di morire.
Gli sarebbe bastato gettarsi in mezzo al duello tra Voldemort e i Paciock per farla finita.
Non voleva sentire più nulla, per sfuggire al dolore che lo aveva squarciato.
Ma non lo fece, nonostante tutto.
Fino a quel momento aveva ancora sperato che Lily si rendesse conto di chi aveva sposato e che decidesse di lasciarlo.
Ma adesso era tutto diverso. Gli avrebbe dato un figlio…
Il furore e l’ira gli bruciavano lungo le vene, come fiumi di lava. In un solo istante di follia, si ritrovò a desiderare di strapparle via quell’intruso dal ventre…
Credeva di impazzire.
Avrebbe voluto urlare tutta la propria disperazione, ma la voce gli si era come congelata dentro.
Non aveva modo di uscire da quell’ossessione.
Mentre si gettava nella battaglia, colpendo con crudeltà chiunque gli capitasse a tiro, si ritrovò a desiderare che Lily Evans non fosse mai esistita.

***

Erano trascorse poco più di ventiquattr'ore dalla morte di Edgar Bones e della sua famiglia quando Albus Silente si era presentato a casa Queen. Sia Rachel che Regulus furono sorpresi di vederlo; lui perché non era mai stato entusiasta del prestito dell'athame e del diario di Riddle e avrebbe preferito che quegli oggetti non restassero a Silente; lei perché era ancora scossa dopo aver saputo quello che era successo ai Bones.
Il primo argomento di conversazione era stata proprio la strage appena compiuta dai Mangiamorte. Rachel e gli altri Obliviatori avevano dovuto modificare la memoria ad alcuni vicini Babbani dei Bones, perché avevano sentito delle urla provenire dalla casa in cui le vittime abitavano e avevano visto l'enorme Marchio Nero comparso sopra i loro tetti. Stando alle poche testimonianze, cinque persone vestite di nero e incappucciate erano state viste uscire dalla casa, ma nessuno era riuscito a vedere in faccia un singolo Mangiamorte.
Poi erano passati a parlare degli Horcrux. Non appena si era chiuso la porta dello studio alle spalle, Silente aveva estratto dal mantello il diario, posandolo sulla scrivania.
« Penso che sia arrivato il momento di distruggerlo » aveva detto, cogliendoli entrambi di sorpresa.
« Ha scoperto cosa c'è scritto? » aveva chiesto Regulus, perplesso.
« No, ma ritengo che non sia saggio usarlo quando contiene ancora un frammento dell'anima di Voldemort. »
« Non pensa che dovremmo prima cercare di scoprire che cosa cela? »
« Ci ho provato, ma è troppo pericoloso. Il frammento di anima che vi è nascosto, risponderà a chiunque gli scriva. Ma Voldemort non racconta facilmente i suoi segreti, e se lo fa, vuole qualcosa in cambio. Uno di voi dovrebbe aprire la sua mente e il suo cuore al diario, e capirete quanto tutto ciò sia rischioso. Forse riusciremo a scoprire cosa vi è scritto dopo averlo distrutto, ma prima di tutto dobbiamo annullarne il potere. »
Tirando fuori anche l'athame, Silente lo aveva consegnato a Rachel, che lo aveva preso con trepidazione.
« Mi raccomando » aveva detto. « Fate attenzione. »
« Adesso ci sono i miei in casa, meglio non rischiare » aveva risposto lei, abbattuta, dando l'impressione di avere la testa da tutt'altra parte. « Ma domani le assicuro che avremo due Horcrux in meno. »
« Tre » la aveva corretta Silente, mostrandole un anello che portava al dito. Vi era incastonata una pietra di colore scuro, sulla quale era inciso un simbolo che nessuno dei due ebbe il tempo di vedere bene, perché l'uomo lo sottrasse presto alla vista, come se avesse temuto che gli sguardi altrui potessero rovinarla. « Questo anello apparteneva a Orvoloson, padre di Orfin e nonno materno di Voldemort. Ho buoni motivi per credere che vi abbia nascosto un frammento di anima con l'omicidio del suo padre Babbano. Ad ogni modo, l'ho distrutto. Quanto al diario, lo affido a voi. Vi farò sapere quando avrò individuato il prossimo Horcrux. »
Poi se n'era andato, Smaterializzandosi nella notte.
Regulus aveva appena distolto lo sguardo dalla finestra attraverso la quale aveva visto sparire Silente, quando si voltò e notò che Rachel si era seduta sul divano, tenendo il diario in grembo e il capo chino.
« Non tenertelo così vicino » la avvertì lui, sfilandole il diario di mano, e sedendosi accanto a lei. « Ti senti meglio? »
« Non molto » mormorò lei, cupa. « Sono dispiaciuta per i Bones e preoccupata per tutti gli altri. Non riesco a non pensarci. »
Regulus la guardò, senza sapere cosa fare esattamente. Rachel non era riuscita a dormire la notte della strage e il suo malumore aveva contagiato tutti quelli che le stavano intorno, lui compreso. Non aveva la più pallida idea di cosa dire per farla stare meglio. E pensare che lei sapeva sempre trovare le parole giuste, pensò con rammarico.
« Posso fare qualcosa per te? » chiese allora.
Lei scosse la testa, cercando tuttavia di apparire più reattiva.
« Non preoccuparti, sto bene. Mi passerà » disse, ma il suo sorriso accennato non sembrava del tutto sincero. « Cercherò di dormirci su, stanotte. »
« Sei sicura? »
Rachel esitò, ma alla fine annuì. Regulus avrebbe voluto parlarne ancora, ma lei aveva iniziato a comportarsi come se nulla fosse successo.
« A proposito, penso che andrò a dormire subito, sono distrutta. Il diario lo prendo io. Lo nascondo in camera mia insieme all'athame » gli disse in tono pratico.
« D'accordo. Mi raccomando, non usarlo. »
Lei inarcò un sopracciglio.
« Lo so, non preoccuparti. Buonanotte, Reg. »
« Buonanotte. »
Regulus si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse Perseus appostato da qualche parte nei paraggi prima di baciarla. Lei ricambiò in un modo che gli fece capire quanto in realtà stesse male. Non era la prima volta che lo stringeva in quel modo, ed era successo sempre in situazioni particolari, come quando lui la aveva salutata prima di andare a recuperare il medaglione e quando lei lo aveva salvato dagli Inferi. Capiva solo che Rachel aveva bisogno di lui, ma se non voleva parlarne come poteva aiutarla?
La guardò uscire dalla stanza, sempre preoccupato e senza sapere cosa fare.


Quando Rachel si chiuse in camera sua ebbe la sensazione che tutto quello che si era tenuta dentro fino a quel momento le fosse crollato addosso nello stesso istante. Non aveva voluto angosciare Regulus con le sue paure; lui aveva già troppi brutti ricordi a tormentarlo e non era il caso di fargli pesare quella situazione ancora di più.
Ma la morte di Edgar e dei suoi familiari la aveva sconvolta più di quanto avrebbe mai pensato. Ed era sicura che anche tutti gli altri dell'Ordine stessero male quanto lei, sia per la presenza di una spia che nessuno riusciva a identificare, sia per il livello di crudeltà al quale i Mangiamorte erano arrivati nell'uccidere anche due bambini. La sua era una paura di cui non riusciva a liberarsi, perché non era per se stessa che era terrorizzata.
Un'intera famiglia distrutta, i Bones. Quante altre persone avrebbero perso la vita perché un loro parente faceva parte dell'Ordine?
Nascose l'athame in un cassetto e il diario sotto il letto prima di andare in bagno per cambiarsi. Quando si infilò sotto le coperte, rimase per alcuni minuti immobile a fissare il soffitto, sentendo l'ansia e la preoccupazione aumentare sempre di più, senza poterle contrastare. Si rigirò su un fianco e poi sull'altro più volte, cercando di trovare una posizione comoda e augurandosi che il sonno la aiutasse a distoglierla da quei pensieri.
Si addormentò pochi minuti dopo, crollando prima di potersene rendere conto. Ma il suo sonno fu tutt'altro che sereno.
 
 
 
 
 
 
 

ç___ç
Mi è dispiaciuto un sacco per i Bones, soprattutto per i bambini! Ho inventato Mary e Sean solo per questa scena ma mi è bastato per affezionarmi, quindi è stata una sofferenza farli uccidere. ç__ç
Mi sono ritrovata a dover eliminare Edgar senza essere riuscita a dargli spazio prima. Purtroppo quando si scrive è così, si parte con le migliori intenzioni di parlare di tutti ma poi ci si rende conto che è impossibile, a meno di non scrivere 500 capitoli xD Sono già tanti i personaggi di cui mi sto occupando e mi occuperò, quindi qualcuno andava sacrificato. =(
Il personaggio misterioso era proprio Severus, come molti avevano indovinato! A proposito di lui, ho un paio di cose da chiarire. Prima di tutto, ovviamente prima della morte di Lily non era affatto pentito della sua scelta di diventare un Mangiamorte, e forse credeva che fosse proprio Lily ad essere nel torto e a non capire. Penso anche che potesse avercela con lei per avergli (secondo lui) "voltato le spalle", invece di prendersela con se stesso... in fondo ora Lily è ancora viva e felice senza di lui, quindi preferisco farlo reagire più con la rabbia e la testardaggine che con il rimorso e la nostalgia. Quelli verranno dopo. Spero comunque che non sia OOC, sono sempre insicura quando devo scrivere su di lui, è un personaggo davvero complicato.
Avery e Mulciber di solito sono visti come gli amici scemi e falsi di Severus, però sono loro quelli che lo chiamavano Principe Mezzosangue, quindi sapevano del suo padre Babbano, ma a quanto pare non glielo rinfacciavano. Erano crudeli perché aggredivano studenti indifesi con le Arti Oscure, ma non credo che almeno tra di loro fossero degli amici falsi o di convenienza.
Per Severus Hogwarts era casa ed essere accettato lì era fondamentale. Quindi mi viene da pensare che, anche se Lily era un'amica migliore di Avery e Mulciber, nel momento in cui lei gli chiede di non frequentare più due delle poche persone che non solo non lo prendevano in giro, ma anzi lo ammiravano, è anche naturale che si sia rifiutato. Magari non sarà così ma non mi piace quando i Mangiamorte sono dipinti come dei tonti, Tiger e Goyle bastano e avanzano! XD

Il prossimo aggiornamento sarà l'8 dicembre. =)

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Capitolo 33
*** Solitudine ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 33
Solitudine

Tutto era buio intorno a lei. Il silenzio era talmente impenetrabile da farla rabbrividire. Non si sentiva il verso dei gufi, né il ronfare di Attila sulla sua lettiera, né il rubinetto difettoso che gocciolava. Niente.
Provò a muoversi, ma le riusciva incredibilmente difficile, come se le fossero stati legati due pesi alle gambe e due alle braccia. Un'ansia inspiegabile la assalì all'improvviso: era come se sapesse che qualcosa di terribile era successo, ma non ne ricordava la ragione.
Poi lo udì: un singhiozzo ruppe il silenzio, seguito subito da altri che si trasformarono presto in un pianto disperato. Quel lamento la scosse nel profondo, facendola tremare dalla testa ai piedi. Perché quella voce le sembrava terribilmente familiare? E chi mai piangeva nel giardino?
Alzò la testa, cercando di scorgere qualcosa oltre la finestra, e notò il guizzare di una fiamma nell'ombra del muro esterno.
Tutto ciò era inquietante, ma la curiosità vinse sulla paura, e Rachel, facendosi forza e contrastando l'innaturale pesantezza del proprio corpo, sgusciò fuori dal suo letto e aprì la porta-finestra che dava sul giardino.
Non appena aprì, un vento gelido le sferzò il viso, ma lei non vi fece quasi caso. Non c'era una sola fiammella, ma decine e decine di candele disposte ordinatamente in due file parallele, a formare un sentiero di fuoco attraverso il giardino. La notte era completamente oscura, e il fatto che si vedessero soltanto le fiammelle delle candele allontanarsi dalla casa dava alla situazione qualcosa di macabro. Il sentiero si fermava a qualche metro di distanza e proprio da lì proveniva il pianto che aveva sentito, e che si levava sempre più forte. Rachel aveva paura, ma quel lamento più che spaventarla le infondeva angoscia, malinconia e pietà... Doveva scoprire da chi proveniva.
Si incamminò lungo il sentiero, al centro delle due file di candele, procedendo a passo incerto e accorto. Più si avvicinava e più iniziava a scorgere una sagoma di spalle, inginocchiata davanti a quelle che all'inizio le sembrarono pietre piantate nel terreno.
La persona che piangeva era una donna, anzi, una ragazza. Aveva i capelli lunghi e scuri come i suoi. Rachel rabbrividì mentre la raggiungeva.
« Hai bisogno di aiuto? » le chiese, esitando. La ragazza non le rispose, troppo presa dal suo dolore per accorgersi di ciò che le capitava intorno. « Chi sei? »
Non ottenendo risposta, si chinò al suo fianco per guardarla in volto. Quella si voltò... e Rachel lanciò un grido di spavento. La ragazza non era altri che lei stessa.
Rimase per alcun eterni istanti a fissare la sua copia piangere tutte le sue lacrime. Aveva il volto cereo e scavato, come se non dormisse o mangiasse da troppo tempo. Rachel non poteva sopportare quella visione. Non capiva cosa stesse succedendo, sapeva solo che voleva farla finire al più presto.
« Che succede? Chi sei? Che vuoi da me? »
La seconda Rachel smise improvvisamente di piangere, e fece una lunga pausa prima di rispondere.
« Lo sai, è colpa nostra... »
Rachel all'inizio non capì. Poi vide che il suo doppio stava guardando le pietre di fronte a sé, e le guardò anche lei, tremando senza rendersene conto. E si accorse che non si trattava affatto di semplici pietre.
Erano lapidi. Tre lapidi una accanto all'altra, sulle quali erano incisi tre nomi diversi. Rachel non voleva leggerli, ma una forza misteriosa le impediva di guardare altrove. E alla fine li lesse. Vedere i nomi di Regulus, Perseus e Diane scritti su quelle lastre di marmo le fece quasi cedere le ginocchia.
« Non è vero, non è possibile... » sussurrò a fil di voce.
« Lo è, invece » replicò l'altra, implacabile.
« No! » sbottò lei, battendo un piede con disperazione, mentre cercava di opporre resistenza all'oppressione che la aveva assalita. Non poteva essere vero, le persone a cui teneva di più non erano morte...
Voltò le spalle alle lapidi e tornò indietro, correndo il più veloce possibile verso casa, cercando di sfuggire a quello che aveva appena visto. Ma più si allontanava, più immagini spaventose e angoscianti le si materializzavano davanti e urla di dolore le invadevano le orecchie. Lei cercava di ignorarle e e passava oltre, diretta verso la porta-finestra che conduceva nella sua stanza.
Una volta entrata, si fermò appoggiandosi alla scrivania, col fiatone, ma le immagini e le grida continuavano. Era completamente circondata e avrebbe finito col chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie se non avesse notato che le immagini sembravano provenire da sotto il suo letto: si libravano in aria, allargandosi come macchie di acquarello da un punto indefinito del pavimento.
L'Horcrux.
Rachel non ebbe neanche il tempo di pensare, non era abbastanza lucida per permetterselo. Aprì il cassetto della scrivania nel quale aveva nascosto l'athame e lo impugnò. Poi si inginocchiò per terra, infilando la mano sotto il letto, e tirò fuori il diario di Riddle.
Questo era aperto, e sembrava che una mano invisibile vi stesse scrivendo parole che immediatamente si materializzavano nelle visioni intorno a lei.
Rachel agì automaticamente. Alzò il braccio e lo calò con tutta la forza che aveva, trafiggendo il diario. Un urlo si levò da esso e una gran quantità di inchiostro scaturì dal foro prodotto dal pugnale, spargendosi sul pavimento.
Poi tutto finì. Le urla cessarono, le visioni scomparvero e il buio della notte fu sostituito dal chiarore dell'alba, che illuminò la stanza e il diario ormai inerme.
Rachel era appena tornata a respirare normalmente, quando sentì dei rumori di passi affrettati. Infilò in fretta e furia il diario sotto il tappeto, che trascinò sopra le macchie d'inchiostro. Un attimo dopo la porta della sua stanza si spalancò, lasciandole entrare i suoi genitori e Regulus, tutti e tre vivi e vegeti, anche se le loro espressioni erano molto preoccupate.
« Rachel, che succede? » chiese Diane, guardandola mentre lei nascondeva la mano che teneva l'athame dietro la schiena. « Cos'era quell'urlo? »
« Io... ho avuto un incubo e... sono caduta dal letto » rispose lei, balbettando per il nervosismo e il sollievo al tempo stesso. Non si era mai sentita più felice di rivederli. Avrebbe voluto correre loro incontro, ma si trattenne per non aumentare i loro sospetti.
« Perché la porta-finestra è aperta? Non sarai diventata sonnambula? » chiese Perseus, notando l'aria fredda che entrava nella stanza.
« No, devo averla chiusa male ieri notte » rispose lei.
« Ok. Copriti, o ti prenderai un malanno » le disse sua madre.
Quando uscirono dalla stanza, rimase Regulus sulla soglia. Si assicurò che i Queen fossero andati in cucina prima di entrare.
« Hai davvero fatto un incubo? »
Rachel scosse la testa.
« Credo di aver avuto un'allucinazione. Colpa del diario » spiegò, tirandolo fuori dal nascondiglio e mostrandoglielo.
« Ma... non l'avrai mica usato? » fece lui, sconvolto.
« Certo che no. Solo che forse è riuscito lo stesso ad entrare nella mia testa... è stato orribile, mi ha fatto vivere quello che temo di più... Sembrava tutto così reale... »
Regulus le fece cenno di alzarsi e di andare a fare un giro nel giardino. Lei non ne era così entusiasta, ma le bastò lanciare un'occhiata esitante al prato illuminato dalla luce del giorno per farsi passare ogni timore. Regulus prese il diario e l'athame e li nascose nel cassetto, poi le fece strada di fuori.
« Lo tenevi sotto il letto, per caso? » le chiese mentre uscivano all'aria aperta.
« Sì... »
« Forse ti era troppo vicino. Durante il sonno le nostre difese mentali si indeboliscono... e tu mi sembravi già molto scossa ieri notte; il tuo stato d'animo ha contribuito a farti subire l'influsso dell'Horcrux. Avrei dovuto avvertirti. »
« Sono stata imprudente, non è colpa tua. »
Tacquero per alcuni istanti in cui Rachel non sapeva se sarebbe mai riuscita a raccontare quel che aveva visto.
« Senti, mi dici una cosa? È una mia impressione o mi hai nascosto qualcosa che ti angoscia? »
« Sono dispiaciuta per i Bones... »
« Non è solo questo. È strano che tu ti tenga tutto dentro, non è da te. Che ti è successo? »
Rachel lo guardò, incerta, poi si decise, mentre gli occhi le si inumidivano.
« D'accordo, se proprio vuoi saperlo... Non ti ho detto nulla perché mi vergognavo. Sono mesi che ti vedo così determinato a sconfiggere Voldemort, non ti fermi mai e continui ad insistere. Io invece mi sono resa conto di non essere come te, e l'omicidio dei Bones me l'ha fatto capire ancora di più: ho paura, Regulus. Da quando faccio parte dell'Ordine è come se avessi condannato a morire anche chi mi sta intorno, proprio come è successo alla famiglia di Edgar. Ho sempre saputo che anche voi avreste corso dei rischi, ma questo pericolo non è mai stato reale quanto adesso. Ho paura per te, per i miei, per tutti quelli a cui tengo... E mi vergogno a dirlo, ma certe volte ho avuto la tentazione di mollare tutto e fuggire lontano, dove Voldemort non potrebbe raggiungerci, e vivere le mia vita come vorrei, senza la guerra. Mi sento una vigliacca, ma non posso farci nulla. Ogni tanto continuo a chiedermi: chi ce lo fa fare? Perché dobbiamo farci ammazzare, mentre chi cura solo i propri interessi si salva la pelle a discapito degli altri? Non è giusto. »
Si voltò dall'altra parte per asciugarsi gli occhi, e poi riprese.
« Scusa se ti parlo così, sarai deluso da me, ma non riesco a liberarmi da queste angosce... »
Regulus però non sembrava affatto deluso, anzi, la guardava con un'espressione comprensiva che la tranquillizzò almeno un po'.
« Rachel, credi che io non abbia paura? Oppure pensi di essere l'unica a volere una vita normale? » le chiese. « Tutti hanno paura, anche chi non lo dimostra. Scommetto quello che vuoi che tutti quelli dell'Ordine della Fenice hanno pensato di scappare da tutto questo almeno una volta. Sì, anche quegli spacconi dei Grifondoro » aggiunse, facendola sorridere per un istante. « Non c'è niente di strano, perché anche loro hanno famiglie e persone che vorrebbero al sicuro. Non sono deluso. Avrai anche pensato di scappare e salvarti, ma non l'hai fatto. Sei ancora qui e so che non ti ritirerai mai, perché ti conosco. È questo che conta. »
Rachel annuì, continuandosi ad asciugare gli occhi, perché non riusciva a trattenere la lacrime.
« Anche io a volte penso che nessuno mi ha costretto a cercare gli Horcrux e distruggerli. L'ho scelto io, come tu hai scelto di entrare nell'Ordine e aiutare me. Anche se mollassi per un po', so che alla fine torneresti indietro. Non lasceresti mai gli altri nei guai, ti conosco. »
Lei lo abbracciò, sentendosi improvvisamente più leggera e sollevata.
« Grazie... È solo che pensavo di essere più forte. Invece questa guerra mi sta trasformando in una piagnucolona. »
« Tu sei forte. Forse a volte dimentichiamo di avere solo diciannove anni. E non c'è niente di male a sfogarsi, ogni tanto. È meglio essere come te che tenersi tutto dentro come me, te lo assicuro » disse lui con un sorriso divertito. « Ora però pensa a cosa c'è di positivo: abbiamo distrutto tre Horcrux. »
Lei annuì e sorrise a sua volta, cercando di non pensare al lato negativo della questione: non sapevano quanti fossero gli altri, cosa fossero e dove si trovassero. Poi tornò seria mentre gli chiedeva, esitando:
« Allora... anche tu hai paura, qualche volta? »
« Ogni momento. »

***

Edgar Bones era stato un mago abile e dotato, era riuscito a ricoprire incarichi molto importanti e a fare un'ottima carriera, quindi nessuno si stupì quando i più importanti membri del Ministero della Magia si presentarono al funerale suo e della sua famiglia, rendendolo più affollato di qualunque altra cerimonia funebre.
Quattro bare, due più lunghe e due piccole, erano allineate l'una al fianco dell'altra sul prato del cimitero, di fronte a chi era venuto a dare l'ultimo saluto a quella famiglia distrutta. In prima fila sedevano i parenti, tra cui i fratelli di Edgar: Amelia e Adam, quest'ultimo accompagnato dalla moglie, che teneva in braccio una neonata.
Accanto ai familiari, circondati da uno stuolo di Auror pronti ad intervenire in caso di attacco, stavano il Ministro della Magia Millicent Bagnold e tutti i pezzi grossi del Ministero. Pochi di loro sembravano davvero addolorati, ma almeno il Ministro sembrava veramente scossa per quelle morti.
Più in fondo, quelli dell'Ordine della Fenice cercavano di seguire la cerimonia, chi in lacrime e chi apparentemente impassibile, ma tutti pensavano la stessa cosa, e cioè che la spia tra di loro aveva colpito anche questa volta, e quella consapevolezza si trasformava in angoscia evidente sui loro volti.
Sirius invece aveva un modo tutto particolare di reagire e scaricare la tensione.
« Avete visto che copricapo ridicolo che ha quella befana del Ministero? » sussurrò quando la cerimonia fu conclusa e molti dei presenti iniziarono a disperdersi, accennando ad un'anziana strega che indossava una specie di centrotavola di pizzo nero sulla testa.
« Sirius » soffiò Lily. « Ti sembra il momento di scherzare? »
Lui non le rispose, mantenendo la sua espressione sarcastica da impunito.
Preferisco scherzare piuttosto che pensare a tutto questo, pensò tuttavia tra sé, guardando le quattro bare con il volto contratto.
Era stufo di tutto quello che stava succedendo. La spia continuava a passare informazioni al nemico, e adesso aveva sulla coscienza Edgar e il resto della sua famiglia... sempre se aveva una coscienza. Sirius iniziava a dubitarne.
Era stanco: si era reso conto che, negli ultimi due anni, quel cimitero aveva ospitato le spoglie di troppi membri dell'Ordine. Prima era toccato a Benjy, poi a Marlene, e sarebbe spettato anche a Caradoc, se solo avessero ritrovato il suo corpo. E questa era la volta dei Bones. Se pensava a quei bambini uccisi senza pietà aveva solo voglia di distruggere tutto quello che lo circondava.
Era pure spaventato, anche se non voleva ammetterlo. Non poteva fare a meno di chiedersi chi tra di loro sarebbe stato il prossimo a finire sotto terra. E no, non era per se stesso che si preoccupava. Ucciderlo era il minimo che i Mangiamorte potessero fargli. Ma se avessero torto un solo capello a James, Remus o Peter lo avrebbero annientato completamente. Loro erano tutto per lui e soltanto immaginare la possibilità che fossero uccisi lo fece rabbrividire dalla testa ai piedi.
James probabilmente lo notò, perché gli assestò una pacca sulla spalla per rassicurarlo.
Sirius tentò di ricomporsi, assumendo un'espressione furente.
« Probabilmente ora si trova qui, quel traditore bastardo, e fa finta di essere dispiaciuto. Magari qualcuno lo consolerà, poverino... »
« Non la passerà liscia » disse Malocchio in tono serio. « Prima o poi commetterà un passo falso. »
« Sono d'accordo » convenne Dorcas, che aveva già ricacciato indietro le lacrime. « Edgar mi ha salvato la vita una volta. Gli devo almeno che chi l'ha fatto morire la paghi. »
« Non credo che sarà facile » aggiunse Sturgis, depresso.
Sirius notò che Lily e Remus stavano parlando con Peter, che tremava dalla testa ai piedi. Sbuffò, desiderando di non apparire altrettanto preoccupato. Mentre si sfogava schiacciando con rabbia l'erba sotto le scarpe, udì quello che Rachel ed Emmeline si stavano dicendo poco più in là.
« Anche io mi sono sentita così » stava dicendo la seconda, imbarazzata. « Pensavo di essere l'unica... »
« Scoraggiarsi è normale, dopo tutto questo » commentò Rachel, e Sirius non poté fare a meno di convenire con un mugugno. Loro due lo guardarono, un po' a disagio e un po' sollevate.
« Io ho avuto la tentazione di mollare tutto, l'altra sera » ammise Rachel, cupa.
Sirius non capiva perché, ma gli sembrava che per lei fosse importante sapere di non essere stata l'unica a provare quelle paure.
« È successo anche a te, Sirius? » chiese Emmeline, curiosa.
« No, ma io sono un Grifondoro » mentì con un sorriso smagliante.
Loro sbuffarono con un mezzo sorriso: avevano capito che il suo era solo un modo per apparire forte. Comunque Sirius fu contento di sapere di non essere l'unico a sentirsi così frustrato.
Non siamo soli, pensò, sollevato, guardando tutti gli altri. Il traditore invece lo è.
« Hai visto chi c'è? » fece Emmeline all'amica dopo alcuni secondi.
« Ho visto. »
« Secondo te... è il caso di dirglielo? »
Emmeline sembrava incerta, e quando lui le raggiunse esitò. Sirius si accorse che le due stavano guardando in direzione di Bartemius Crouch senior, che stava porgendo le condoglianze ai familiari dei Bones.
« Non ci proverei, se fossi in te » non poté fare a meno di intervenire.
Emmeline lo guardò con sospetto.
« Sai di cosa stiamo parlando? »
Rachel intervenne, imbarazzata.
« Ehm, lui in effetti sa qualcosa, sai... »
Emmeline sembrava infastidita da quella notizia, ma doveva essere troppo addolorata a causa della morte di Edgar per farci caso.
« Comunque, te lo sconsiglio anche io. Penserebbe che vuoi solo vendicarti perché odi suo figlio. E poi, se proprio devo dirla tutta, non mi interessa nulla di lui. Ha avuto il figlio che merita, sono affari suoi » aggiunse Rachel.
« Non è per lui che volevo dirglielo. Si tratta di sua moglie. Lei è una brava persona e... »
« E non ti crederebbe mai » la interruppe Sirius.
Emmeline annuì, anche se controvoglia.
« Mi auguro che lo capisca da sola. Non si meritava un figlio del genere. »
Sirius lanciò un'altra occhiata verso Crouch. Non lo conosceva ma aveva sentito abbastanza sul suo conto da concordare con quello che aveva detto Rachel. Sembrava che l'unica cosa di cui gli importasse fosse fare la carriera, a discapito di chiunque altro.
In quel momento Crouch si era allontanato dal resto della folla insieme al Ministro Bagnold e, notò Sirius, entrambi davano l'impressione di discutere di argomenti molto importanti.


« Bones era un valido consigliere e sarà difficile rimpiazzarlo con qualcuno altrettanto competente. Ti sei già fatta un'idea dei possibili candidati? »
La donna mantenne il proprio sguardo puntato in basso, anche se era consapevole del fatto che Crouch la stava osservando e non si lasciava sfuggire nemmeno un vago cenno.
« Sinceramente, Bartemius, non ho avuto il tempo di pensarci » rispose in tono freddo e distaccato.
« Il fatto è che è probabile che Bones sia stato ucciso proprio per permettere a qualche Mangiamorte di avvicinarsi maggiormente a te » rispose lui.
Millicent Bagnold si morse il labbro, nervosa.
« Sì, è molto probabile. Vedrò di fare attenzione a chi sceglierò » tagliò corto.
« Se posso permettermi di darti un suggerimento, non promuovere il giovane Malfoy. Niente lo farebbe sembrare un Mangiamorte, ma il solo fatto che sia un Malfoy gioca a suo sfavore. »
Millicent cercò di apparire impassibile, anche se dentro di sé l'agitazione si era già scatenata.
« Vedremo... » rispose, evasiva.
« Dico sul serio, non dovresti fidarti di lui. Ti ha già chiesto di prendere il posto di Bones, per caso? »
Lei non rispose, mentre ritornava col pensiero a quello che era successo proprio la sera prima.

« Avanti, signor Malfoy, si accomodi. »
Il ragazzo le rivolse un sorriso freddo e falso mentre si sedeva di fronte alla sua scrivania.
« Rookwood mi ha parlato molto di te e mi ha detto che sei in gamba. Del resto, anche il professor Lumacorno ti stimava molto. »
« La ringrazio... »
« Tuttavia vorrei assicurarmi che tu faccia al caso mio. Non posso promuovere il primo che capita, capisci? »
« Naturalmente... »

« Sì, me lo ha chiesto, e non piace neanche a me. È troppo subdolo e ipocrita. Ma... »
« Cosa? Non starai pensando di promuoverlo, vero? »
« Non ho avuto altre richieste... »
« Che casualità... »

« Mi dispiace, signor Malfoy, ma non credo che lei abbia i requisiti per rimpiazzare Edgar Bones » disse la Bagnold, guardandolo dritto negli occhi senza alcun timore.
Sul volto di Lucius si disegnò un'espressione indispettita, subito sostituita da un sorriso di circostanza.
« Se è un problema di denaro, posso rimediare subito. Mi dica solo quanto... »
La donna alzò la mano come segno di avvertimento. Era calma ma lo fissava con uno sguardo fermo.
« Non accetto questo genere di trattative, Malfoy. La prego di andarsene, adesso. Arrivederci. »
Per la prima volta da che lo aveva conosciuto, Lucius si fece paonazzo.
« Chiedo scusa, non volevo dare un'impressione sbagliata. »

Crouch la stava osservando ancora, e la donna si sforzò di non lasciar trapelare quello che pensava veramente.
« Mi duole parlarti così, Ministro, ma se assumerai uno come Malfoy sarò costretto ad un ripensamento riguardo la nostra alleanza » disse lui, serio.
La Bagnold esitò.
« Non puoi farlo, Bartemius. Il Ministero diventerebbe troppo debole... »
« Non devi fare altro che rifiutare l'offerta di Malfoy. Io non voglio avere niente a che fare con possibili Mangiamorte. »

« Non fa niente, Malfoy, smettila di scusarti » disse lei, infastidita. « Non ne parleremo più. »
« D'accordo. »
Lucius si alzò e fece per andarsene, quando notò qualcosa sulla scrivania del Ministro. Nei suoi occhi lampeggiò uno sguardo che non prometteva niente di buono.
« È sua figlia? » chiese, indicando la fotografia sul tavolo.
Lei si irrigidì.
« Sì. »
« Certo, deve essere difficile essere madre e Ministro della Magia allo stesso tempo. È una bambina così piccola... »
« Ce la caviamo abbastanza. »
« Non lo metto in dubbio ma è molto pericoloso, soprattutto di questi tempi. Vivrà nella costante paura di tornare a casa e ritrovare qualche brutta sorpresa... Sa, questi lupi mannari... »
La donna si sentì invadere da un gelo improvviso e totale, mentre il cuore iniziava a batterle all'impazzata.
« Cosa vorresti dire, Malfoy? » sibilò, bianca come un lenzuolo.
« Io? Assolutamente nulla. Consideravo solo il rischio che sua figlia corre ogni singolo giorno, esattamente come i figli del povero Bones... Ma non vorrei farle perdere altro tempo. Arrivederci, Ministro. »
E se ne uscì, lasciando la Bagnold in preda al terrore.

« Non ho scelta » sussurrò, e stavolta era sincera.
Crouch la guardò con immenso disprezzo.
« Allora non abbiamo altro da dirci. Ti consiglio di pensarci molto bene. »
Le voltò le spalle e si allontanò.
La donna si poté permettere di cedere allo sconforto solo per qualche secondo, chiedendosi fino a che punto sarebbe stata costretta a scendere a compromessi per permettere a sua figlia di non correre pericoli. Poi gli Auror della scorta la raggiunsero, e lei dovette tornare a fingersi impassibile, anche se dentro di sé si sentiva morire.

***

« Basta! Non ci sto più al vostro gioco! Lasciatemi in pace! »
Peter era scoppiato. Aveva cercato di trattenersi per tutta la durata del funerale, ma una volta salutati gli altri, non aveva resistito ai sensi di colpa che lo divoravano.
« Che vuoi da noi, Minus? Ti vuoi ribellare, per caso? Non ne avresti il fegato » disse Lucius in tono annoiato.
« Mi scopriranno se continuerete a fare così! »
« E allora fai in modo di non farti scoprire. Nascondi le tue tracce, modifica gli eventi per accusare qualcun altro... Hai un cervello, anche se non sembra: sfruttalo. »
Peter lo guardò allontanarsi insieme a Jugson, gli occhi lucidi e il labbro inferiore che tremava. Non ne poteva più: dare l'ultimo addio a Edgar, a sua moglie e ai suoi figli era stato terribile: erano stati uccisi per colpa sua. Come poteva avere la faccia tosta di presentarsi al loro funerale e fare finta di niente? L'unica cosa in cui non aveva mentito erano le lacrime che aveva versato. Si sentiva veramente addolorato, e il rimorso lo divorava, ma d'altra parte continuava a giustificare le proprie azioni, anche se nessuno in quel momento lo stava accusando. O meglio, l'unica a colpevolizzarlo era la sua coscienza. Continuava a chiedersi che cosa sarebbe successo se avesse proseguito per quella strada. Avrebbe avuto sulla coscienza altre persone? Avrebbe fatto morire anche i suoi amici? Rabbrividì al solo pensiero. Non sapeva se fosse questo a spaventarlo di più o la possibilità di essere scoperto e finire ad Azkaban...
Deglutì a fatica, mentre si immaginava rinchiuso in una cella alla mercé dei Dissennatori. Non voleva finire lì, ne era terrorizzato. Da piccolo sua madre lo costringeva a non fare i capricci raccontandogli che, se non si fosse comportato bene, i Dissennatori sarebbero venuti a portarlo via.
In certi momenti aveva avuto la tentazione di andare dagli altri Malandrini e confessare tutto, chiedere loro di aiutarlo e nasconderlo. Era sicuro che loro lo avrebbero aiutato, nonostante tutto. Magari all'inizio sarebbero stati delusi, ma lo avrebbero protetto senza esitare neanche un attimo. Ma questo lo pensava prima che Edgar morisse per colpa sua. Se avesse confessato tutto adesso, i suoi amici non avrebbero avuto la stessa reazione. Lo avrebbero guardato con disgusto, forse con odio, lo avrebbero cacciato e non avrebbero più voluto sentir parlare di lui... un assassino.
Si sentì morire mentre se ne rendeva conto. Ormai era giunto ad un punto di non ritorno, non poteva più rimediare. Era costretto a continuare così, collaborando con Voldemort e i Mangiamorte, nella speranza che nessuna delle persone a cui teneva davvero ci rimettesse la vita.
E improvvisamente le parole di Lucius acquistarono più senso. Non voleva finire ad Azkaban, né essere ucciso dagli Auror di Crouch. Doveva trovare il modo per fare ricadere la colpa su qualcun altro... tanto nessuno avrebbe mai potuto sospettare del piccolo e insignificante Peter.
Oramai non poteva più tornare indietro. Nessuno avrebbe potuto aiutarlo.
Era completamente solo.
 
 
 
 
 
In questo capitolo sono andati tutti in crisi, ma credo che sia normale avere certi dubbi in quelle situazioni. Del resto la maggior parte dell'Ordine è composto da ragazzi che hanno appena finito la scuola, che rischiano (e perdono) la vita, quindi un capitolo come questo andava scritto. Però alla fine quelli che sembrano avere sempre la peggio sono uniti e si sostengono a vicenda, mentre il traditore non ha nessuno ad aiutarlo, e gli sta bene. u.u
Se prima Peter era giustificabile, ora non lo è più, quindi sentitevi liberi di odiarlo, tanto non farà che peggiorare! E odiate anche Lucius, già che ci siamo: non è mai detestato quanto dovrebbe.
Non so se il diario sarebbe stato capace di fare quello che ha fatto senza essere usato, ma volevo assolutamente scrivere quella scena. E' da mesi che ce l'ho in mente, con le immagini rese reali dalle parole scritte da una mano invisibile sul diario, e mi piaceva così tanto che l'ho voluta inserire. Spero che non sia troppo forzato, in fondo Rachel era molto fragile in quel momento, e Voldemort va a nozze con le debolezze altrui. Se l'avete notato, anche io sto facendo distruggere ciascun Horcrux ad una persona diversa.
Nelle note del capitolo scorso mi ero sbagliata e avevo scritto una frase riguardo questo capitolo, quindi ora la posso mettere: la neonata è Susan, anche se penso che l'abbiate capito, ormai ^^
Nel prossimo capitolo ci saranno parecchie novità, ma anche dei momenti di relax (eufemismo per: chiacchiere inutili)!

Prossimo aggiornamento: giovedì 22 dicembre
Buon ponte a tutti! =)

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Capitolo 34
*** La profezia ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 34
La profezia

L'estate era alle porte, ma il clima non prometteva niente di buono. Il mese di maggio sembrava anticipare un'estate piuttosto umida e fredda. Neanche il tempo atmosferico pareva intenzionato a concedere un po' di tregua al Regno Unito. L'Ordine della Fenice, dopo la perdita di Edgar, non se la passava molto bene, ma qualche volta quasi tutti erano d'accordo sul fatto che prendersi una pausa senza pensare a cosa ancora li aspettava fosse giusto.
Ecco perché quella sera Dedalus si era ritrovato a partecipare alla propria festa di compleanno. Non avrebbe voluto celebrare nulla; in fondo non era un bel momento, anche se lui non lo dimostrava, mascherandolo con la sua consueta eccentricità. Ma alla fine i fratelli Prewett lo avevano costretto ad accettare, e così aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco.
Malocchio non era stato altrettanto malleabile. A suo parere, quella festa era una perdita di tempo, tempo che avrebbero potuto impiegare per cose più utili. Se ne stava in un angolo a discutere delle ultime notizie insieme ad Hagrid, Dedalus, Elphias e Frank, mentre Mundungus si aggirava nelle vicinanze del tavolo, indeciso su quale tipo di dolce prendere.
In ogni caso, anche se l'obiettivo dichiarato di quella serata era quello di non pensare per un paio d'ore alla guerra, inevitabilmente gli stessi discorsi tornavano ad essere i principali elementi di conversazione, sebbene molti di loro si impegnassero di più di Malocchio. Lo spettro del traditore aleggiava silenzioso sull'Ordine della Fenice, ma tutti facevano finta di nulla. Continuavano ad osservarsi a vicenda, ma quasi nessuno riusciva a mettere a fuoco alcun sospetto. Fingevano che andasse  tutto bene, in attesa di qualche segnale che potesse aiutarli a individuare la spia.
Sedute su due poltrone, Lily e Alice guardavano con desiderio il cibo che non potevano mangiare. Ormai si avvicinavano alla fine delle rispettive gravidanze.
« E si vede » non aveva mancato di far notare James, ricevendo per tutta risposta uno sguardo minaccioso e carico di rancore da parte di sua moglie.
Lily tornò a parlare con Alice, come se nulla fosse.
« Sono così stanca e affaticata... non ho idea di come farò, una volta nato il bambino. »
« Penso che sarà una faticaccia, ma ne varrà la pena » aggiunse Alice, accarezzando il proprio ventre. « A meno che il tuo non abbia preso dal padre e dal padrino » rise. « Avete già deciso che nome dargli? »
« Lo chiameremo Harry, come mio padre. E ti assicuro che prenderà da me per il semplice motivo che il destino non può essere così crudele nei miei confronti. Mi basta Sirius che viene a casa tutti i giorni ad elemosinare cibo per pranzo, mette in fuga il gatto e fa regredire James a quando avevano quindici anni, quindi mi auguro davvero di avere un bambino tranquillo per casa. »
Alice ridacchiò, liquidando l'espressione perplessa di James con un sorriso esteso fino alle orecchie.
« Voi invece come lo chiamerete? »
« Non è stata una scelta facile, con i parenti di Frank che si intromettevano. Augusta voleva che lo chiamassimo Mortimer, che a me non piace neanche un po'. Alla fine però Frank ha deciso di non dare retta a nessuno e abbiamo scelto Neville. »
« Mi piace Neville, è molto meglio di Mortimer. »
« Senza dubbio. Alla faccia dei parenti impiccioni. »
Lily sospirò.
« Almeno si interessano a cosa ti succede. Io ho scoperto che anche mia sorella è incinta solo perché me l'ha detto la nostra vecchia vicina di casa. Se non l'avessi incontrata per caso non avrei neanche saputo della nascita di suo figlio... Anzi, forse mi avrebbe mandato un misero telegramma per comunicarmelo » disse con amarezza.
« Vedo che i rapporti tra di voi vanno sempre meglio » commentò Alice, ironica.
« Già. E sembra che io sia l'unica a starci male... »
Alice le posò una mano sulla spalla per consolarla.
Nel frattempo, poco più in là, James, Sirius e Peter stavano letteralmente divorando la torta.
« Peccato che Remus non ci sia, gli sarebbe piaciuta » commentò James.
« Non capisco di cosa ti lamenti. Una persona in meno: più torta per noi » scherzò Sirius.
« Sei una carogna. Quando Lunastorta si farà vivo, gli dirò che razza di amico sei! »
« Voi da quanto tempo non lo vedete? » chiese Peter, dopo aver inghiottito un boccone enorme.
« Da circa un mese » rispose Sirius, tornando serio. « È tanto tempo, però se deve tenere d'occhio Greyback e convincere gli altri lupi mannari a stare per noi, è normale che certe volte sparisca. »
« Sì però non ci ha neanche avvertiti. Insomma, io sono un po' preoccupato... voi no? » esitò Peter, guardandoli di sotto in su.
« Anche io sono preoccupato, ma vedrai che sta bene. Se non può comunicare con noi è solo per prudenza » disse James, pensieroso.
Sirius e Peter annuirono, mentre l'altro offriva loro due bicchieri pieni di Burrobirra.
Dalla parte opposta della stanza si levarono delle risate. Fabian si era appena esibito in uno spettacolo di illusionismo Babbano, ma l'esito non era stato quello desiderato.
« Eppure Arthur mi aveva spiegato bene come si faceva » borbottò Fabian, guardando con perplessità il fazzoletto colorato che spuntava dalla sua manica.
« Rassegnati, non lo sai fare » gli disse Gideon, per poi voltarsi e riprendere la conversazione con Dorcas. « Per quanto riguarda il Ministero, credo di aver convinto un paio di persone ad opporsi a Voldemort. Anche se trovare nuove reclute per l'Ordine è difficile, sono almeno riuscito a fare in modo che alcuni membri del Ministero aiutino chi tra loro è Nato Babbano, visto che per loro sta diventando sempre più difficile vivere di questi tempi. »
« Io sto cercando di avvicinare qualcuno che abbia idee simili a quelle dell'Ordine, ma in effetti non è facile » disse Dorcas. « Però ci sono alcuni ragazzi in gamba che potrebbero esserci d'aiuto, per esempio Cresswell, dell'Ufficio Relazioni con i Goblin... »
« Dirk Cresswell? » fece Emmeline, incuriosita. « Evita di dirgli che nell'Ordine c'è Rachel però, questa notizia potrebbe trattenerlo. »
« Perché? » chiese Sturgis, mentre Rachel lanciava un'occhiataccia all'amica.
« Diciamo che al sesto anno stavano per mettersi insieme » rispose Emmeline.
« Non è proprio così » puntualizzò Rachel, stizzita. « Ci sono uscita una volta per andare insieme ad una festa del Lumaclub, ma non ho mai avuto davvero intenzione di stare con lui. »
« E poi che è successo? » chiese Fabian, curioso.
Emmeline si rese conto di aver sollevato un argomento doloroso per Rachel, e le chiese scusa, ma lei alzò le spalle, come per dirle di stare tranquilla.
« Ho scelto Regulus » spiegò. « In quel periodo avevamo litigato e io cercavo di non pensarlo, ma è stato inutile. Ammetto di non essermi comportata molto bene con Dirk, ma quando gli ho spiegato la mia decisione è stato comprensivo. »
« Ah, allora siete rimasti amici. Quindi è per questo che quando vi incontrate al Ministero lui fa finta di non vederti? » scherzò Gideon, facendola ridere.
« Lo fa solo per evitare inutili imbarazzi. »
« Bè, potrebbe anche smetterla adesso, visto che non te la stai passando bene » intervenne Dorcas, indignata.
Rachel arrossì, a disagio, cercando di non fare caso alle espressioni dispiaciute di tutti. Era così difficile continuare a mentire... Fabian notò il suo imbarazzo, e cercò di distogliere l'attenzione da lei.
« Gideon e Dorcas hanno avuto una storia a Hogwarts » annunciò a sorpresa, rimediandosi di colpo due occhiate gelide.
Rachel, Emmeline e Sturgis invece erano molto interessati.
« Davvero? » chiesero all'unisono.
« Sì, ma non è durata nemmeno un mese » minimizzò lei. « Non vale neanche la pena di parlarne. »
« Grazie, sono lusingato » commentò Gideon, ironico.
« Dite loro come è andata, dai » insisté Fabian, che sapeva benissimo ogni cosa.
I diretti interessati erano a disagio ma alla fine Dorcas esordì, seccata:
« Bè, ci siamo conosciuti quando io sono stata nominata Prefetto e lui Caposcuola, siamo usciti insieme un paio di volte e poi ci siamo mollati perché una volta ho sorpreso sua sorella che sgattaiolava fuori dalla scuola di notte per incontrarsi con Arthur Weasley, che la aspettava dall'altra parte del cancello. Io l'ho tenuto per me, ma secondo Gideon avrei dovuto riferirgli tutto... »
« Certo che avresti dovuto riferirmelo. Molly aveva quindici anni mentre Arthur ne aveva venti! » esclamò Gideon, indignato.
« Certo... capisco la tipica gelosia del fratello maggiore ma insomma, stiamo parlando di Arthur Weasley. »
« Io non sapevo che fosse a posto, all'epoca. Poteva anche essere uno psicopatico! E comunque non ci siamo lasciati per questo motivo, la storia di Molly è stato l'ingrediente che ha fatto traboccare il calderone. »
« È vero, discutevamo spesso. Ma d'altra parte lui aveva un carattere insopportabile » disse Dorcas agli altri, che ridacchiarono mentre Gideon la guardava male.
« Ah bè, ha parlato Miss Simpatia... » disse in tono sarcastico.
« È strano però, adesso sembrate andare abbastanza d'accordo » notò Rachel.
« Io sono maturato. Prima ero come Fabian, e Fabian era peggio di come è ora... lo so che sembra impossibile, ma non c'è mai limite al peggio. Il vero problema è che io alle ragazze con cui sono stato ho sempre fatto scherzetti in quantità industriali, e loro non replicavano. Dorcas invece me ne faceva altrettanti, quindi ad un certo punto la situazione è diventata insostenibile. »
« Oh sì, se Dorcas si voleva vendicare erano guai » confermò Fabian. « Solo Marlene poteva trattenerla. »
« Guardate che ora sono migliorata, ora non metto più essenze urticanti nel brodo della gente » disse lei.
« Quella volta ho rischiato di emettere fuoco dalle narici come un drago! » protestò Gideon, indignato. Lei lo ignorò.
« Quindi voi avete frequentato Hogwarts negli stessi anni? » chiese Rachel ai tre.
Loro annuirono.
« Sì, e siamo coetanei di molti tristemente noti... Wilkes, i Lestrange, Lucius Malfoy, le sorelle Black... Andromeda però era in gamba, anche se non ci dava confidenza. Oh, c'era anche la Skeeter. Ve la ricordate? » disse Gideon, divertito.
« Era la pettegola della scuola » spiegò Dorcas.
« Sarà stata l'antenata di Bertha Jorkins per noi » disse Emmeline, e Sturgis ridacchiò.
« No, nessuno sarebbe mai all'altezza della Skeeter. Non sapete quanti studenti ha messo in crisi col suo settimanale scolastico. Lo aveva creato lei e lo distribuiva a colazione. Molto spesso inventava le notizie, non le è mai interessato dire cose vere. Però è stata la prima a diffondere la voce secondo cui Andromeda Black e Ted Tonks si incontravano segretamente. Inutile dire che Bellatrix non l'ha fatta passare liscia alla cara Rita. »
Rachel, Emmeline e Sturgis li guardarono con preoccupazione, ma gli altri sembravano molto rilassati.
« È ancora viva, purtroppo. Il settimanale scolastico è stato abolito, ma Rita non si è data per vinta. Ora è una giornalista e sta facendo carriera gettando fango su chiunque le capiti. Ogni tanto si aggira per il Ministero con qualche travestimento... a proposito, non accettate mai interviste, potrebbe rovinarvi » li avvertì Gideon in tono serio.
« Ok, faremo attenzione. Certo che non deve essere stato facile stare a Hogwarts con tutti quei futuri Mangiamorte. »
« No, infatti più crescevano e più creavano problemi: aggredivano spesso i Nati Babbani. Ma erano la minoranza, e finché restavano a scuola non potevano scatenarsi più di tanto. Ma non succedeva spesso, almeno erano abili a nascondere le loro malefatte. Io invece venivo sempre messo in punizione per qualche Caccabomba innocua. Non capisco perché » si lamentò Fabian.
« Tu eri stupido. Ti facevi scoprire subito, ecco il perché » gli rispose Dorcas con un ghigno.
« Sei sempre così adorabile... »
« Lo so » disse lei con un sorriso soddisfatto, mentre prendeva un bicchiere di Burrobirra e Dedalus li chiamava per il brindisi.

***

Dorcas infilò la chiave nella toppa e la girò per aprire la porta d'ingresso. Poi si voltò verso Gideon.
« Ora puoi anche andartene » disse.
« Non mi ringrazi nemmeno? » fece lui, divertito.
« Dovrei? »
« Vediamo, ti ho accompagnata a casa per non farti camminare da sola di notte, rinunciando ad andare a dormire presto nonostante la stanchezza, quindi direi di sì. »
« Come se non mi sapessi difendere da sola » sibilò Dorcas, fingendosi offesa.
« Lo so che sei una delle streghe più in gamba, ma almeno un grazie potresti concedermelo. »
Lei inarcò le sopracciglia.
« Almeno un grazie? » ripeté, sarcastica. « Sai, forse è il caso che tu torni alla realtà. Devi esserti fatto strane idee dopo che stasera abbiamo parlato di quando stavamo insieme. »
Gideon ridacchiò, senza riuscire a celare un po' di nervosismo.
« Non volevo dire... non c'era nulla di sottinteso » si giustificò.
« Ah no? »
« No, giuro! »
« Ma davvero? » insisté lei con un tono profondamente scettico.
Dorcas mise su un'espressione che non prometteva niente di buono, mentre un silenzio teso calava tra di loro. Gideon deglutì a fatica quando si rese conto che lei si era avvicinata molto, con la chiara intenzione di provocarlo. Dorcas lo vide farsi avanti e lei arretrò lentamente, come per fare la preziosa e tenerlo sulle spine. Aveva lo sguardo fisso nei suoi occhi e si accorse di averlo ipnotizzato, notò con una certa soddisfazione.
Ma quando Gideon fece per baciarla, chiudendo gli occhi, Dorcas con uno scatto felino entrò in casa e gli sbatté la porta in faccia. Letteralmente.
Scoppiò a ridere quando lo sentì imprecare violentemente. Doveva essersi fatto molto male, pensò, soddisfatta.
« Dorcas! » urlò lui, furibondo. « Mi hai rotto il naso! »
« Ma va', quante storie! Fai sempre una tragedia per nulla. Comunque, non c'era niente di sottinteso, eh? » lo prese in giro lei, parlandogli attraverso la porta.
« Grazie per avermi fatto ricordare perché ci siamo mollati. »
« Non c'è di che. »
« Ti odio! » sbottò lui, massaggiandosi ancora il setto nasale, rendendosi conto che in fondo neanche sanguinava. Ma non aveva voglia di ammetterlo, non in sua presenza.
« Ti odio anch'io » rispose lei sorridendo vittoriosa.
Ma quando lo sentì darle la buonanotte e allontanarsi, si rese conto suo malgrado che quel quasi bacio l'aveva lasciata insoddisfatta.

***

La porta del locale si aprì, provocando un acuto scampanellio.
« Siamo pieni! Sapete leggere i cartelli o siete ciechi, per tutti i gargoyle? »
« Buonasera Aberforth, anche per me è un piacere vederti. »
« Ah, sei tu » bofonchiò il barista in tono burbero, lanciando un'occhiata indispettita al fratello mentre continuava a pulire i bicchieri con un cencio piuttosto lurido. « Che cosa ci fai qui? »
« Devo incontrare una persona, un'aspirante alla cattedra di Divinazione per il prossimo anno, e le ho dato appuntamento qui tra dieci minuti » spiegò con calma Albus, guardandosi intorno.
La Testa di Porco non era mai stato così pieno. Erano circa le dieci di una sera molto umida e fredda, quindi tutti avevano preferito restarsene al caldo nel pub piuttosto che uscire per la strada. C'erano diverse persone ubriache, alcuni maghi e streghe indaffarati in scambi di oggetti sicuramente poco leciti, e alcuni individui che se ne stavano in disparte e in zone non illuminate del locale. L'attenzione di Albus fu attirata soprattutto da un mago che se ne stava in un angolo buio, il volto completamente immerso nell'oscurità. Non sapeva perché ma qualcosa gli suggeriva di averlo già conosciuto.
Presto però fu distratto da Aberforth, che gli chiese con il suo solito tono scontroso se voleva qualcosa da bere.
« Grazie, prenderò un Idromele. »
Aberforth gli porse prima un bicchiere sporco e poi andò ad aprire la bottiglia di Idromele, il che fu una fortuna, perché Albus ebbe l'occasione di pulire il bicchiere con un Gratta e netta ben assestato senza che il fratello se ne accorgesse.
Aberforth aveva da fare e non gli diede molta retta mentre lui aspettava la candidata al posto di insegnante di Divinazione. Non che gli avrebbe dato udienza anche se fosse stato senza fare nulla, ma Albus sentiva che, nonostante i grossi miglioramenti ai quali erano giunti nel loro rapporto, suo fratello ce l'aveva ancora a morte con lui. E non poteva biasimarlo. Aveva capito da tempo quanto Aberforth avesse sempre avuto ragione, ma a quanto pare non riusciva ancora a prendere esempio da quello che aveva dovuto subire. Chissà cosa avrebbe detto Aberforth se avesse saputo che era tornato alla ricerca dei Doni della Morte. Lo avrebbe odiato ancora di più...
I suoi cupi pensieri furono interrotti da un nuovo scampanellio, che lo indusse a voltarsi. La porta si era aperta, facendo entrare una delle persone più strane che avesse mai visto. E Albus Silente ne aveva viste di cose strane.
Era una giovane donna, magra, con dei folti capelli crespi. Portava degli occhiali così spessi da sembrare fondi di bottiglia, che le ingrandivano di parecchio gli occhi. Indossava uno scialle pieno di perline tintinnanti e portava tantissime collane, bracciali e anelli.
« Lei deve essere Sibilla Cooman o sbaglio? » esordì lui, rivolgendole un sorriso educato.
« Sì, sono io, professor Silente » rispose la donna, avvicinandosi con circospezione.
Si strinsero la mano. Lei sembrava molto nervosa, come lo è di solito una persona che deve affrontare un colloquio di lavoro. Si guardò intorno con aria perplessa, poi disse:
« C'è troppa gente. Il mio Occhio Interiore non riesce a Vedere se offuscato dalle chiacchiere altrui. »
« Non c'è problema. Aberforth, c'è un posto in cui si possa discutere in privato? »
Aberforth grugnì in tono di assenso e li condusse verso un passaggio dietro il bancone. I tre percorsero uno stretto corridoio fiocamente illuminato, oltrepassarono una scala di legno che conduceva al piano di sopra ed entrarono in un salottino. Sulla parete di destra c'era un caminetto col fuoco acceso, al centro un tavolo con due sedie, una di fronte all'altra.
Sibilla Cooman inciampò nel tappeto e quasi cadde per terra, ma si mantenne goffamente in piedi. Silente, per evitarle ulteriore imbarazzo, le indicò una delle sedie. Lei si accomodò e lui prese posto di fronte a lei, mentre Aberforth usciva, chiudendosi la porta alle spalle.
« Cominciamo » disse Albus, evocando dal nulla un rotolo di pergamena. « Sibilla Cooman... ah, vedo... Eccezionale nel G.U.F.O. e nel M.A.G.O. di Divinazione, e discendente della famosa Cassandra Cooman. »
Lei annuì, molto compiaciuta.
« Sì, esatto » spiegò. « È lei che mi ha trasmesso il dono di poter Vedere oltre. »
« Bene, questa è una carta a tuo favore. Puoi anche darmi qualche dimostrazione? » chiese lui, gentilmente.
Lei annuì, si raddrizzò sulla sedia e gli fece cenno di allungare la sua mano sinistra. Lui la tese, con il palmo rivolto verso l'alto. Sibilla Cooman lo scrutò con attenzione, spalancando gli occhi, resi ancora più enormi dalle lenti che portava.
« Uhm... mmmh... vediamo un po'... nato a fine autunno, non è così? »
Lui sorrise, cercando di non mostrare troppo il proprio scetticismo.
« Temo di no, purtroppo. Sono nato in estate. »
« Oh... ehm... sarà il nervosismo. »
« Comprensibile, direi » rispose lui, sereno. « Riprova. »
Lei annuì con così tanto vigore che gli occhiali le caddero sul tavolo. Imbarazzata, li inforcò di nuovo e tornò ad osservare le linee della mano.
« Dunque... » fece, diventando quasi viola per lo sforzo. « Ha avuto il vaiolo di drago » sentenziò, questa volta sicura di avere azzeccato. Ma dalla faccia di Silente parve capire di aver sbagliato di nuovo.
« Per mia fortuna no » rispose lui, sospirando.
Dieci minuti e altrettante previsioni sbagliate più tardi, stava iniziando a perdere la pazienza. La donna, con le mani che le tremavano, stava mescolando delle carte sparse alla rinfusa sul tavolo. Ne prese una e la osservò, dando poi in un'esclamazione ad effetto decisamente poco riuscita. Silente trattenne uno sbadiglio.
« Il falco... un nemico mortale... il teschio... significa pericolo! »
Silente non aprì bocca per qualche istante; poi, vedendo che la strega lo ricambiava con evidente preoccupazione, intuì che la prova dovesse essere terminata.
« Bene... » disse, alzandosi in piedi. « Sibilla, è stato un piacere conoscerti. Purtroppo... » esordì. Quella non gli staccava gli occhi di dosso, pietrificata. « ... temo che tu non sia la persona che sto cercando. »
« N-non mi assume? » domandò lei, più che delusa.
« Sono mortificato » rispose Albus con sincerità. « Spero che tu non te la prenda. Arrivederci, Sibilla. »
E si voltò per uscire. Aveva appena toccato la maniglia, quando udì un gemito strozzato dietro di sé. Si voltò, temendo che la donna stesse per scoppiare a piangere, ma quando la vide rimase immobile e stupito. Sibilla Cooman aveva gli occhi rovesciati e non si muoveva, come se fosse in uno stato di trance. Poi iniziò a parlare con una voce alta e dura, mentre un rumore di passi proveniente dal corridoio si fermava improvvisamente.
« Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore... nato da chi lo ha tre volte sfidato, nato sull'estinguersi del settimo mese... »
Fuori della porta scoppiò nel frattempo un gran baccano.
« Ehi, tu! Che cosa stai facendo? » Passi di corsa. « Torna qui! Non hai pagato il conto! »
Ma, nel salottino, Silente non vi fece caso.
« L'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale, ma egli avrà un potere a lui sconosciuto... e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive... il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore nascerà all'estinguersi del settimo mese... »
La testa le ricadde sul petto con un grugnito. Poi, all'improvviso, parve tornare cosciente. Si guardò intorno, confusa.
« Cosa è successo? » chiese, rivolta a Silente, come se non ricordasse affatto quello che aveva appena detto. Lui non fece in tempo a risponderle, sconvolto, perché in quel momento la porta del salottino si aprì e Aberforth entrò, piuttosto trafelato.
« Si può sapere perché quel tizio stava origliando? » sbottò.
Albus si riprese in un lampo.
« Chi? »
« Uh ragazzo, non so chi fosse, non l'ho visto bene in faccia... Comunque, stava andando in bagno, ma poi l'ho visto fermarsi qui e mettersi a spiare attraverso la serratura. Stavo per prenderlo e insegnargli l'educazione a suon di pedate, ma è riuscito a scappare. Cosa aveva da origliare? »
Albus si sforzò di restare calmo, anche se dentro di sé stava fremendo.
« Non ne ho idea » disse.
Aberforth sbuffò, indignato, ma girò i tacchi e ripercorse il corridoio, lamentandosi ad alta voce di quanto era appena successo. Albus rimase a riflettere intensamente, il cuore che batteva all'impazzata. Non aveva mai sentito una profezia in vita sua, ma quella era sembrava incredibilmente vera... ed era apparsa tale soprattutto al misterioso ascoltatore.
« Ma insomma, cosa sta succedendo? » chiese una voce alle sue spalle.
Lui si voltò. Sibilla Cooman era ancora in piedi, perplessa. Silente le sorrise debolmente.
« Ho cambiato idea, Sibilla. Sei assunta. »

***

Lord Voldemort era preoccupato. I suoi occhi rossi e serpenteschi erano ancora fissi su quelli neri di Severus Piton, che aveva smesso di parlare da alcuni minuti e lo guardava come in attesa di una reazione.
« Ripetila ancora » sibilò, ancora incredulo.
Piton annuì, sforzandosi di ricordare le parole esatte.
« Ha detto che sta per giungere colui che... che sarebbe stato in grado di... di sconfiggervi, mio Signore » disse, rabbrividendo, perché quelle parole, anche se soltanto riferite, sembravano già un'eresia. « Nato da chi vi ha sfidato per tre volte, nato sull'estinguersi del settimo mese... e poi non ho udito più nulla. »
Voldemort si perse con lo sguardo in un punto indeterminato del salone, senza per questo apparire meno pericoloso e minaccioso.
Da come il suo Mangiamorte gliela aveva riferita, sembrava una vera profezia formulata da una vera Veggente. Ma allora si trovava in pericolo? Come poteva un neonato costituire una minaccia per il Mago Oscuro più potente di tutti i tempi? Neanche Silente era ancora riuscito a sconfiggerlo, dopo dieci anni di guerra, e doveva farcela un bambino appena nato?
Ma no, pensò. La profezia forse annunciava la nascita di un futuro mago potente quanto lui. In quel caso, poteva essere pericoloso solo una volta diventato adulto.
Ma Voldemort non era il tipo di mago che trascurava i pericoli. Non voleva nessuno ad intralciare il suo cammino, e chi non costituiva una minaccia da piccolo, avrebbe potuto farlo da adulto. L'unica soluzione per liberarsi di quel fastidioso ostacolo era trovarlo e ucciderlo.
« Nato sull'estinguersi del settimo mese... significa che nascerà a fine luglio » ripeté, mentre Piton lo guardava senza perdersi né una mossa né una parola. « Nato da chi mi ha sfidato tre volte... »
Chi aveva potuto sfidarlo ben tre volte ed essere ancora in grado di raccontarlo?
« Deve trattarsi di Auror o di persone dell'Ordine della Fenice, per forza » pensò ad alta voce.
Qualcosa lo distrasse. Severus era sbiancato all'improvviso, come se avesse appena realizzato qualcosa. I loro occhi si incatenarono, e Voldemort si ritrovò nella mente di Piton, vagando da un'immagine all'altra, da un ricordo all'altro... ma quando scorse una sagoma sfocata dai capelli rossi, essa svanì inghiottita da un fumo nero.
« Stai opponendo resistenza al tuo Signore, Severus? » domandò, e parve che anche le pareti intorno a loro rabbrividissero.
« No, mio Signore. Io... » bofonchiò il ragazzo, ma Voldemort lo interruppe.
« Se sai qualcosa, se ti sei già fatto un'idea di chi potrebbe essere figlio, ti invito a parlare. Adesso. »
Piton era chiaramente in crisi, come se qualcosa lo trattenesse dal farlo. Ma alla fine parve rianimarsi.
« Ci saranno parecchi Auror che aspettano bambini, e su questi non so come aiutarvi. Ma so che nell'Ordine della Fenice ci sono almeno due famiglie in attesa di figli e che hanno combattuto diverse volte contro di voi. »
« Ossia? »
« I Potter e i Paciock » rispose lui, improvvisamente lucido. « Ma li avete affrontati solo due volte, quindi potremmo escluderli” aggiunse in fretta. “Ad ogni modo, se posso darvi un parere, sono più probabili i Paciock: sono Purosangue tutti e due, una famiglia con prestigiose tradizioni... mentre Potter ha sposato una... Nata Babbana, e un figlio con sangue infetto sarebbe meno potente di un Purosangue... »
Severus aveva la gola secca e fissò il Signore Oscuro in attesa di una risposta, pendendo dalle sue labbra. Aveva la sensazione che la sua vita o la sua morte dipendessero da quello che Voldemort avrebbe detto di lì a poco.
« Sì, hai ragione » disse, e Severus si sentì alleggerire. « Tuttavia non posso esserne certo, perché presto potrebbe esserci un'altra battaglia in cui avranno la fortuna di sfuggirmi. E non posso limitarmi a cercare nascituri solo tra i membri dell'Ordine. Ci sono decine di Auror nel mondo magico, e dovrò assicurarmi che questa minaccia non si nasconda tra di loro. »
Severus deglutì, nervoso. Si stava pentendo di aver comunicato della profezia a Voldemort.
« Non mi faccio spaventare da un bambino che deve ancora nascere, ma sono prudente e sarebbe da incoscienti non fare nulla. Per ora mi limiterò a non uscire allo scoperto e indagherò su questo bambino. Ma non farne parola con nessun altro. »
« Certo » rispose Severus, chinando la testa in segno di rispetto per poi dirigersi verso la porta.
Sarebbe andato tutto bene, pensava. Non poteva trattarsi per forza del figlio di Lily, c'erano così tante donne che stavano per diventare madri. Non c'era bisogno di agitarsi.
Ma la sensazione di inquietudine che lo aveva assalito, quando gli era tornata in mente la dolorosa scoperta della gravidanza di lei, non accennava ad andare via.





Questo capitolo e il prossimo, se escludiamo la faccenda della Profezia, sono più tranquilli. Avrei voluto fare qualcosa con più azione, ma visto che da quello dopo ancora nasceranno nuovi casini, è meglio fare una pausa! E poi siamo a Natale, devo essere più buona!
E' da quando ho iniziato a scrivere la parte dedicata all'Ordine che avevo in mente di scrivere qualcosa con Dorcas e Gideon insieme. Mi sembrava una coppia inedita, poi ho letto "The 70's students" e ho scoperto che non avevo avuto poi un'idea così originale, anzi XD
Fin dall'inizio li ho immaginati così, molto litigiosi tra di loro, quindi nel dubbio e per non creare malintesi ho provveduto ad avvertire eleanor89, che ringrazio per la gentilezza anche se non penso che stia leggendo! La sua Dorcas è tra i personaggi che ho amato di più in tutte le fanfiction che ho letto, ma spero di avere reso la mia abbastanza diversa. In caso contrario, fatemelo sapere ^^

Passando alla profezia, non si capisce bene quando è stata formulata, ma Silente racconta di una notte fredda e umida, ma visto che siamo in Scozia può tranquillamente essere giugno. Ho aspettato così tanto perché se ci pensate mancano ancora un anno e quattro mesi al 31 ottobre 1981 ed è già tanto prima che Voldemort scopra che si tratta di Harry... se fosse stata formulata prima non avrei saputo che scusa inventarmi per non fargli fare la figura del rimbambito XD (impresa in cui sono già riusciti i film, non vorrei sparare sulla croce rossa, insomma -.-)
Non ho altro da dire, ne approfitto per augurarvi Buone Feste!
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 5 gennaio.
Buone vacanze a tutti! =)

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Capitolo 35
*** Decisioni, Quidditch e dolcetti ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 35
Decisioni, Quidditch e dolcetti

Alice dovette sedersi per riprendersi dallo shock. Non che gli altri tre stessero meglio, ma avevano reagito con una sorda incredulità. Tutti loro continuavano a guardare Silente come se sperassero che di lì a qualche istante saltasse su e dicesse che si era trattato solo di uno scherzo. Ma l'espressione seria con cui aveva parlato avrebbe già dovuto privarli di ogni dubbio.
« Che cosa significa? » disse Frank, cercando di instillare un minimo di buonsenso in quella conversazione. « I nostri figli potrebbero essere in pericolo? »
« Sì, Frank, potrebbero » confermò Silente. « Ma non è detto che si tratti per forza di uno di loro. Certo, le date di nascita coinciderebbero, ma Alice e Lily non sono le uniche streghe che partoriranno a fine luglio. Per vostra fortuna, voi siete sfuggiti a Voldemort soltanto due volte, quindi fino a questo momento la questione non vi riguarda. Ma potrebbe riguardarvi in futuro, nel caso in cui lo affrontaste di nuovo. E dal momento che non sappiamo di quale bambino parlava la profezia, nemmeno Voldemort lo sa. Io credo che aspetterà, cercando intanto di informarsi e capire chi potrebbe essere il bambino che dovrà eliminare... »
Frank vide Lily sbiancare e James fare un movimento brusco, come se avesse voluto afferrare Voldemort e strangolarlo. Frank stesso si sentiva terribilmente scosso e preoccupato. Non era tipo da mostrarsi spaventato – sua madre lo venerava così tanto che lui aveva imparato a fare il suo gioco e fingere di essere del tutto impassibile e coraggioso – ma in quel momento avrebbe voluto sedersi a sua volta, solo per contenere il tremore che gli aveva colpito le mani e le labbra. Il pensiero che suo figlio Neville potesse essere un obiettivo di Voldemort lo terrorizzava. E lo stesso dovevano pensare gli altri tre.
« Voldemort vorrà uccidere tutti i bambini nati a fine luglio? » chiese Lily, tremando a sua volta.
« Non credo. Non gli conviene. Rischierebbe di mettersi contro famiglie che lo sostengono o che lo lasciano fare senza opporglisi apertamente. E perdere mesi a cercare di uccidere neonati non gioverebbe alla sua immagine di mago oscuro. Io penso che aspetterà di sapere con certezza chi cercare e da quel momento gli darà la caccia. »
James sembrava sempre scosso, ma il tono con cui parlò dimostrava tutto il suo desiderio di reagire.
« Che cosa dobbiamo fare? »
Frank vide Silente osservare un anello che portava al dito, ma non vi fece troppo caso.
« Per il momento, niente di più di quanto facciate ora, anche se è meglio che ve ne stiate a casa con gli incantesimi di protezione. Niente più ronde per voi. Se dovete spostarvi, fatelo solo tramite Materializzazione o Passaporte non create dal Ministero. Evitate la Metropolvere. E cercate di uscire solo quando è strettamente necessario. »
« Ma... »
Frank non sapeva come dirlo. James e Lily non lavoravano e per loro non sarebbe stato un dramma, almeno in teoria, ma lui sì.
« Alice è in maternità » disse, angosciato. « Ma io sono un Auror a tutti gli effetti. Cosa dovrei fare? »
Silente lo guardava con aria comprensiva.
« Questo dovrete deciderlo tu e Alice. Se siete disposti ad affrontare il rischio, tu potresti continuare a lavorare. Ma c'è il pericolo che qualcuno usi una Imperius per costringerti a condurre Voldemort a casa tua. »
« Non lo permetterei. Mi ucciderei da solo se fossi sotto Imperius, piuttosto che portarlo dalla mia famiglia » sbottò Frank, orripilato, facendo rabbrividire tutti.
« Frank, smettila » lo rimproverò sua moglie, impressionata. « Ne parleremo dopo. »
Lui annuì, cercando di calmarsi, anche se credeva fermamente in quello che aveva detto. Essendo un Auror, aveva visto troppe volte persone che si erano suicidate per il rimorso di aver compiuto atrocità perché controllati dalla Maledizione Imperius, e lui non voleva di certo fare qualcosa contro la propria volontà. Tutti quei pensieri lo angosciavano. Non capiva come, dopo un attimo di smarrimento iniziale, Alice riuscisse ad essere più lucida di lui.
« Non preoccupatevi, andrà tutto bene » li rassicurò Silente, o almeno ci provò. Perché dopo aver perso amici e parenti in guerra nessuno di loro riusciva ad essere ottimista più di tanto.
Non aggiunsero una parola, almeno finché Silente fu lì. Poi, quando il vecchio Preside di Hogwarts lasciò il quartier generale dell'Ordine della Fenice, tutti e quattro si scambiarono delle occhiate cupe e tacquero, incerti su cosa dire. Alice aveva appoggiato la testa sulla spalla di Frank, che le accarezzava i capelli corti con aria distratta.
« Non ci posso credere » gemette Lily, sconvolta. « Quella profezia non ha senso! Che cosa potrebbe fare un neonato? Non è giusto... »
Frank sospirò, appoggiando la nuca contro il divano e fissando il soffitto bianco come a volersi svuotare la mente da tutti quei pensieri e preoccupazioni. Se fosse dipeso da lui avrebbe spedito Alice e Neville il più lontano possibile per non far loro correre rischi. Ma sapeva che Voldemort li avrebbe scovati ovunque: lui scovava sempre tutti, come aveva fatto con Benjy, Marlene, Caradoc ed Edgar. Quanto avrebbe voluto che tutto quello fosse solo un incubo...
« Io voglio continuare a combattere » disse James all'improvviso, dopo essere rimasto stranamente silenzioso, e tutti lo guardarono con sconcerto. Lui non se ne preoccupò. « L'Ordine della Fenice è in difficoltà e se ci ritiriamo tutti e quattro resteranno in pochi. Lily e Alice naturalmente non possono ma, almeno se tu » si rivolse a sua moglie, « non avrai nulla in contrario, io voglio restare a combattere. »
James la guardò e, dopo una lunga esitazione, Lily annuì, anche se era evidente che ne soffrisse e avesse paura.
« Frank, se vuoi combattere anche tu non preoccuparti per noi » gli disse Alice, seria.
« Davvero? » chiese lui, perplesso e ancora preoccupato. « Ma non sarebbe giusto... se mi succedesse qualcosa... »
« Non è giusto neanche rinunciare ai nostri ideali per una minaccia che forse non ci riguarda. E anche se ci riguardasse, io e Lily non possiamo combattere per via dei bambini, ma se potessimo lo faremmo. »
Lily era d'accordo e confermò.
Frank si sentì rianimare, anche se era preoccupato e temeva di rimpiangere per sempre la propria scelta.
« D'accordo allora » disse, schiarendosi la voce e scambiandosi con James un cenno.
« Però non spargiamo troppo la voce su questa storia » aggiunse Alice, con un tono improvvisamente determinato. « Non voglio che la spia sappia che siamo a conoscenza della profezia. Al massimo parliamone con persone fidate, ma è meglio evitare di farlo sapere a troppe persone. »
Gli altri concordarono.

***

Sembrava di essere di nuovo ai tempi di Hogwarts. Decine di studenti gironzolavano per le vie di Hogsmeade, ridendo e chiacchierando allegramente. Alcuni gustavano i dolci appena comprati da Mielandia, altri sperimentavano i fuochi d'artificio di Zonko in piena strada, provocando la reazione indignata di una vecchia strega che sbraitava dalla finestra di casa sua.
« Se non stessimo facendo la ronda mi fionderei subito da Mielandia » commentò Sturgis mentre passavano davanti alla vetrina di dolciumi.
Emmeline notò che gli brillavano gli occhi.
« Sei goloso o sbaglio? » gli chiese.
« Ehm, solo un po' » rispose lui, ridendo. « Anzi, adesso sono migliorato. Quando ero a Hogwarts passavo le giornate a mangiare dolci. La mia sala comune poi è anche vicina alle cucine, e quando ho scoperto il modo per entrare è stata la fine... per gli elfi domestici, intendo. »
« Ci sono andata, una volta, ma gli elfi mi hanno servito così tante cose che ho fatto indigestione e non ci sono più tornata. »
« Io non correvo questo pericolo. Ero un pozzo senza fondo. »
Emmeline rise ancora. E dire che Sturgis all'inizio le era sembrato incapace di parlare. Invece era un tipo simpatico, non appena riusciva ad aprirsi un po'.
« Se vuoi puoi entrare, dai » gli disse, vedendo il suo volto gioviale illuminarsi all'improvviso. « Io resto fuori per controllare la situazione. Se succede qualcosa ti chiamo. »
Sturgis esitava.
« Sei sicura? »
« Certo. Tranquillo, non lo dico a Malocchio. So che ti fa paura. »
« Non è proprio paura, ma mette ansia con quell'occhio che fissa... D'accordo allora, entro, prendo qualcosa ed esco subito. Tu cosa vuoi? »
« Delle Caramelle Mou andranno benissimo, grazie. »
Sturgis si fece largo tra gli studenti ed entrò a Mielandia, mentre Emmeline rimaneva accanto all'entrata. Immaginava che il ragazzo sarebbe stato travolto dall'entusiasmo, una volta dentro, quindi non si meravigliò di dover aspettare più del dovuto.
La vera sorpresa per lei giunse qualche istante dopo, mentre si osservava le unghie con indifferenza.
« Ciao Emmeline » parlò qualcuno alle sue spalle, e lei sentì accelerare i battiti all'improvviso.
« Barty » disse, voltandosi a guardare il ragazzo, sperando di non apparire troppo pallida o sconvolta. O anche di non sembrare furibonda. « Che fai da queste parti? »
« Devo andare da Mondomago per comprare delle cose. E già che ci sono controllo la situazione, in caso di attacchi. »
« Ma che bravo » commentò lei, accorgendosi di aver parlato con un tono forse troppo sarcastico.
« Tu invece? »
« Io sto facendo un- » esordì, bloccandosi all'improvviso. Non poteva di certo dirgli che era lì per conto dell'Ordine della Fenice. Lui non sapeva che lei ne facesse parte, e anche se lo sospettava era meglio non dargli conferme. « Sto facendo una passeggiata. »
Neanche a farlo apposta, Sturgis uscì in quel momento.
« Emmeline, ecco qua le Caramelle Mou. Ti ho preso anche delle Cioccorane, già che c'ero » le disse, consegnandole un pacchetto e tenendo per sé un altro pacco molto più grosso. « Se vuoi alcune delle mie chiedi pure, non le mangio mica tutte » si giustificò, imbarazzato.
Il sorriso falsamente cordiale di Barty sembrava essersi congelato. Qualcosa dentro Emmeline sussultò nel rendersene conto, ma la sua parte più razionale – e sana di mente, pensò – lo represse subito, ricordandole all'istante che lui ormai era un Mangiamorte.
« Grazie. Sturgis, lui è Barty Crouch. Barty, ti presento Sturgis Podmore » fece lei, sforzandosi di sembrare naturale, anche se dentro si sentiva esplodere per lo stress.
« Oh, tu sei Crouch junior! È un piacere conoscerti » disse Sturgis, gentile, tendendo la mano all'altro, il quale però la strinse con poco entusiasmo. Barty si limitò ad annuire e a trattarlo con un atteggiamento di superiorità, cosa che meravigliò parecchio l'ignaro Sturgis. Emmeline iniziò a temere di averlo messo nei guai, anche se Barty sembrava comunque poco intenzionato a fare alcunché: Sturgis era un pezzo di pane, ma dall'alto del suo metro e novanta incuteva un certo timore.
« Bene, noi andiamo. Ci si vede » salutò nervosamente, trascinando via l'altro.
« Ciao » bofonchiò Barty, sfoderando un sorriso che forse poteva ingannare Sturgis, ma non Emmeline, che si sentì avvampare così tanto da voltarsi in tutta fretta ed allontanarsi da lì il prima possibile.
« Non gli sono molto simpatico o è solo una mia impressione? » le chiese Sturgis, perplesso, mentre percorrevano High Street.
Lei si morse il labbro, agitata, senza rispondergli. Si sentiva malissimo. Odiava provare quelle emozioni. Non avrebbe più dovuto sentirsi così, non per lui, non lo meritava. Ma perché non riusciva a toglierselo dalla testa?
Con suo grande orrore si accorse che gli occhi le pizzicavano.
« Scusa Sturgis, devo correre in bagno » bofonchiò, dirigendosi in fretta verso i Tre Manici di Scopa.
« Oh, ok. Io ti aspetto qui » rispose lui, perplesso, ma Emmeline ormai era già dentro.

Sturgis aspettava da cinque minuti buoni. Sapeva che le ragazze impiegavano sempre più tempo per stare in bagno, ma iniziava già a guardare con agitazione la porta dei Tre Manici di Scopa ogni volta che si apriva. Non che si annoiasse: sapeva bene come ingannare l'attesa, pensava mentre ingurgitava il decimo dolcetto, felice e soddisfatto.
Dopo altri cinque minuti però si disse che la sua non era paranoia. Che cosa doveva fare di tanto complicato in quel bagno?
Così, richiudendo a malincuore il pacco di Mielandia già dimezzato, entrò nel locale affollato. C'erano così tanti studenti che dovette spintonarne parecchi pur di farsi strada e raggiungere i bagni. Quando si intrufolò in quello femminile, arrossì quando due ragazzine del terzo anno lo guardarono con preoccupazione e sconcerto.
« Questo è il bagno delle ragazze » gli fecero notare.
« Oh, giusto... scusate » fece lui, tornando indietro. Quando quelle si furono allontanate a sufficienza, si limitò ad affacciarsi.
« Emmeline, sei qui? »
A rispondergli fu un coro di voci femminili che protestavano da dentro i rispettivi cubicoli, urlandogli di andarsene. Quando vide avvicinarsi un aiutante grande e grosso di Madama Rosmerta, Sturgis decise che fosse il caso di dileguarsi, prima di essere arrestato per molestie. Aveva sempre avuto una naturale propensione a farsi accusare di crimini che non aveva commesso, come per esempio quando, al suo quarto anno, la professoressa Sprite lo aveva punito per aver messo uova di Doxy nel piatto di Lucius Malfoy. In realtà era stata tutta colpa degli undicenni Sirius Black e James Potter. Ma non era mica colpa sua se quei due gli avevano regalato quelle uova di Doxy spacciandole per Gelatine Tuttigusti +1, pensò, ricordando l'imbarazzo di essere stato messo nel sacco da due ragazzini del primo anno.
E poi non si poteva dire di no a dei dolcetti gratuiti.
Cercò Emmeline per tutto il locale ma non la vide. Sinceramente preoccupato, ebbe un lampo di genio quando notò una porta che conduceva sul retro del locale. Approfittando della folla, la aprì e uscì di fuori. Il retro non era niente di speciale. C'erano delle casse di legno accatastate, alcune piante cresciute per caso e un muro che lo separava dalla strada parallela ad High Street.
Capì di avere avuto una buona intuizione quando scorse una testa bionda al di là di un cumulo di cassette.
« Ehi, Emmeline, mi hai fatto spaventare » le disse, avvicinandosi. « Dove...? Per le sottane di Tosca, stavi piangendo? »
« No, certo che no! » mentì lei, affrettandosi a guardare nella direzione opposta. « Stavo... »
Non le venne in mente una scusa valida, così tacque.
Sturgis era paralizzato. Emmeline era sempre stata una ragazza controllata, e vederla lì per terra a fingere di non aver pianto gli sembrava terribilmente sbagliato. Non aveva idea di cosa le fosse successo e sapeva di non essere bravo a consolare le persone – anche se aveva la tendenza a stare male per loro ogni volta – ma sapeva di dover fare qualcosa.
« Qualche Mangiamorte ti ha ferita? » le chiese, colto all'improvviso da quel dubbio.
Lei emise uno sbuffo ironico ma scosse la testa. Sturgis le si sedette accanto, impacciato ma deciso a capire cose le fosse successo.
« E allora cos'hai? »
« Niente. »
Emmeline si teneva le mani strette alle ginocchia flesse e aveva appoggiato la testa su di esse, chiusa a riccio.
« Senti, non voglio essere impiccione, però mi dispiace vederti così. Insomma, se posso aiutarti... »
« Non puoi fare niente, Sturgis. Non preoccuparti per me, non ne vale proprio la pena. »
« Ma che dici... Perché? »
« Perché sono un'imbecille, ecco perché! » sbottò lei di colpo, facendogli fare un balzo all'indietro per lo spavento. « Hai presente quel ragazzo che abbiamo incontrato prima? Stavamo insieme tempo fa, e anche se so perfettamente che è un maledetto traditore, bugiardo, approfittatore, carogna, voltafaccia, schifoso, falso, bastardo... »
« Sciocco? » la aiutò lui, visto che Emmeline sembrava a corto di insulti.
Lei inarcò un sopracciglio e lui si sentì altrettanto sciocco.
« Qualcosa del genere, ma avrei preferito un termine meno educato. Comunque, anche se so che razza di persona orribile sia, ogni volta devo obbligare me stessa a non cedere, perché provo ancora qualcosa per lui, anche se lo odio e mi farebbe vomitare la sola idea di farmi toccare da quel viscido doppiogiochista! Non sopporto più questa situazione. »
Sturgis cercò di riprendersi, ignorando la strana sensazione di fastidio e malinconia che lo aveva assalito.
« Scusa se te lo chiedo, ma che cosa ti ha fatto? »
« È un Mangiamorte » rispose lei, stupendosi di se stessa e di quello che aveva rivelato.
Sturgis sembrava altrettanto sotto shock. Dopo almeno mezzo minuto, si ricordò di richiudere la bocca.
« Stai parlando di Crouch junior? »
« Sì, lo so, sembra assurdo ma è così. Nemmeno io ci credevo all'inizio quando Rachel me l'ha detto. È stato per questo che avevamo litigato l'altra volta, a proposito... Ecco, adesso penserai pure che sia io quella che ha tradito l'Ordine, visto che non riesco a togliermelo dalla testa. Fantastico. »
Lui scosse la testa, ancora sconcertato per tutto quello che stava scoprendo.
« Se lo fossi non mi avresti detto queste cose. E poi io non sospetto proprio nessuno, anzi, Malocchio dice sempre che sono stupido a fidarmi di tutti, ma non posso farci nulla. Comunque... » disse, esitando perché non sapeva come continuare. « Secondo me non devi darti dell'imbecille. È normale che tu stia così adesso... »
« Lo so ma è un sacco di tempo che dura questa storia. E sto avendo anche delle conseguenze sul lavoro. Sono indietro con gli esami, e di questo passo non prenderò mai il diploma di Auror. Sono solo una stupida che non riesce ad andare avanti... »
« Non dire queste cose, non sei una stupida » sbottò lui, accorato. « Hai solo bisogno di tempo. Io non ti conosco benissimo, ma penso che tu esiga sempre troppo da te stessa. Quando soffri non devi reprimerlo, devi accettarlo e affrontare la cosa. Solo così potrai andare avanti. »
Lei lo guardò con stupore.
« È vero ma... come fai a sapere queste cose di me? »
« Bè... io non parlo spesso, ma ascolto e osservo parecchio. Ecco perché l'ho notato » rispose.
Emmeline lo guardò con curiosità.
« Tu hai mai provato qualcosa del genere? »
Sturgis non riuscì a impedirsi di evitare quegli occhi blu che lo fissavano speranzosi.
« Sì » ammise, a testa bassa. « Non sono stato tradito come lui ha fatto con te, ma so che significa non riuscire a dormire la notte perché non fai che pensare ad una persona. »
Resosi conto di quello che aveva detto, arrossì come una Pluffa e iniziò a giocherellare con la bacchetta, tanto per distrarsi.
« Non avrà pensato che io e te stiamo insieme, vero? » chiese poi.
« Temo di sì » confessò Emmeline, a disagio. Sturgis la guardò con l'espressione di chi ha appena visto una mandria di Erumpent in corsa. « Mi dispiace, non volevo crearti problemi... »
Lui scosse la testa, dopo essersi ripreso.
« Non importa, gli sta bene: gli hai dimostrato che non ti importa nulla di lui, anche se non è vero. Quanto a me, visto che è un Mangiamorte, dovrei stare attento a lui in ogni caso. »
« Grazie. »
Tacquero per un altro po', poi Sturgis si sforzò di dire qualcos'altro.
« Sai, dovresti uscire con qualcuno intanto, ti aiuterebbe a distrarti » le suggerì.
« Le uniche persone che vedo siete voi dell'Ordine e gli altri aspiranti Auror, non ho molto tempo di fare nuove conoscenze. E, come direbbe Malocchio, non sarebbe sicuro. »
« Quelli del tuo corso... »
« Non mi ci trovo molto » disse lei. « Pensano sempre e soltanto alla loro futura carriera e sono competitivi da morire, quindi preferisco evitare. In realtà sono competitiva anche io, e parecchio, ma al momento non mi interessa più essere la migliore. Ormai non mi riconosco più... »
« Allora puoi uscire con me. »
Tra di loro cadde un silenzio teso.
« Cosa? »
« Niente, dimentica quello che ho detto! » esclamò lui, preso da panico.
Emmeline gli rivolse un sorriso stupefatto.
« Ci stai provando? »
« No, no, non è così! È che visto che andiamo d'accordo, ho pensato che potessimo provare ad essere amici, niente di più. »
« Davvero? »
« Giuro! »
Lei sospirò.
« Meglio così, perché non mi va di risolvere i miei problemi creandoli a qualcun altro. Ma se ci vediamo come amici per me va bene. »
Sturgis le offrì una Cioccorana che lei accettò. Lui si ritrovò a sospirare mentre cercava di non guardarla troppo a lungo e di non arrossire, o si sarebbe insospettita. E Sturgis non era bravo a fingere.

***

« Questa non ci voleva » disse Regulus, sfogliando le pagine bianche del diario. A parte il foro che l'athame gli aveva inciso in mezzo, non era rimasta traccia di quello che Tom Riddle vi aveva scritto. « L'inchiostro è fuoriuscito completamente dalla carta quando hai distrutto l'Horcrux. Non potremo mai sapere cosa aveva annotato ».
« Mi dispiace » fece Rachel, mordendosi il labbro.
« Non potevamo fare altrimenti, a meno di farci possedere e controllare dal frammento di anima di Tu-Sai-Chi. Vedrai che Silente troverà altri ricordi ».
Lei annuì, anche se era ancora abbastanza giù di morale.
« Maledetto inchiostro. Sory ha impiegato tre ore per smacchiare il pavimento, poveretta » disse. Poi le tornò in mente qualcosa e si rivolse di nuovo a lui. « Sei stato tu a darle quella fetta di torta, l'altro giorno? »
« Sì, mi sembrava affaticata e ho pensato di tirarla su con la mia fetta. Perché? »
« Ah, era la tua fetta di torta! Questo spiega perché ti adora. Prima credevo che avesse una cotta per te ».
Lui sgranò gli occhi.
« Ma che dici? »
« Noi non le facciamo mancare il cibo, e non le diamo mai gli avanzi come fanno molti, ma non mi è mai capitato di darle qualcosa che stava nel mio piatto. Ma che fai tu agli elfi domestici, eh? » disse Rachel, ridacchiando.
« Sono irresistibile » scherzò lui.
« Ma quanto siamo ilari oggi » bofonchiò Perseus da dietro la Gazzetta del Profeta, sentendo Rachel ridere di cuore.
« Ogni tanto ci vuole, papà » rispose lei allegramente.
Regulus annuì, perfettamente d'accordo. Erano stati tristi e angosciati per diverso tempo, sia per la storia degli Horcrux, sia per il tradimento di Barty che per la morte dei Bones e tutto quel che riguardava la guerra. Ma avevano deciso che avere già annientato tre Horcrux fosse un'ottima notizia, quindi volevano godersi quel momento senza preoccuparsi troppo di quello che avrebbero dovuto affrontare dopo, almeno per un po'.
« Hai ragione » convenne Alphard, salutandoli da dietro una tazza di tè.
« Quando sei arrivato? » gli chiese Regulus mentre tutti e due si sedevano a fare colazione.
« Poco fa, giusto in tempo per sorprendere Perseus con il suo berretto da notte ancora in testa. Ancora non ha capito che non vanno più di moda ».
« Ti avverto, Alphard, falla finita » disse Perseus, senza spostare il giornale da davanti il viso, ma puntando un minaccioso cucchiaino pieno di marmellata contro di lui.
Regulus notò che lo zio aveva una mano fasciata con una benda.
« Che cosa ti è successo? »
« Oh questa? Niente di grave. Mi sono ferito per sbaglio mentre provavo un incantesimo, e visto che non la smetteva di sanguinare, non potendo andare al San Mungo, sono piombato qui all'alba ».
« Non preoccuparti, l'ho curato per bene e gli ho dato una pozione Rimpolpasangue » lo rassicurò Diane. « Però Alphard, dovresti stare più attento con gli incantesimi pericolosi ».
« Di solito faccio attenzione, ma ieri notte non ho chiuso occhio e stamattina ero talmente stanco che non mi sono concentrato a dovere. Colpa mia » ammise lui.
« Come mai non hai dormito? » chiese Regulus.
Alphard non rispose subito. Per alcuni istanti fissò il piatto senza dire nulla, con uno sguardo strano.
« Brutti pensieri... » rispose poi, evasivo.
Regulus voleva sapere di che tipo di pensieri si trattasse, ma decise di chiederglielo in privato più tardi.
« Oh, Regulus, non ti ho ancora dato la notizia! » intervenne Diane, distraendolo. « Ieri sera è nato il figlio di tua cugina. Me l'ha detto il Guaritore che l'aveva in cura. È un maschio e l'hanno chiamato Draco. »
Regulus sorrise. Si sentiva un po' emozionato e pensò che sarebbe stato bello poter andare a trovare Narcissa e suo figlio.
« Spero che abbia preso dalla madre » commentò.
Diane parve riflettere intensamente, poi scosse la testa con rassegnazione.
« Non ne sono sicura perché è appena nato, ma temo che sia più simile al padre. »
« Oh » fece Regulus, deluso.
« Poveretto » convenne Alphard.
« Perché ci tenete tanto? » chiese Diane.
« Io sarò un rinnegato, ma certe cose mi stanno ancora a cuore: i geni dei Black non possono soccombere a quelli dei Malfoy, è umiliante. »
« Non deve essere per forza un male. I Malfoy sono più furbi di voi incoscienti e aspiranti suicidi. Almeno avrà l'abilità di cavarsela sempre e restare impunito, e molti finiranno col considerarlo addirittura una povera vittima » disse Perseus con un certo tono di disprezzo.
« Che mondo crudele. Però noi abbiamo un fascino che nessuno potrebbe mai eguagliare » rise Alphard.
« Il fascino dei Black è un dono raro » disse Rachel, scherzosa. « Ma non siate così pessimisti. Non è detto che prenda dal padre anche per il carattere. »
« Me lo auguro » disse Regulus, mentre faceva finta di non sentire Perseus che bofonchiava tra sé con un tono profondamente scettico:
« … fascino, ma per favore... »
Finita la colazione, gli tornò in mente il discorso che avevano interrotto, e invitò suo zio a fare quattro passi in giardino.
« Che brutti pensieri avevi stanotte? » gli chiese.
Alphard non poté fare a meno di sorridere.
« Non ti sfugge niente, eh? »
« No. mi sei sembrato preoccupato. »
Lui alzò le spalle.
« Ricordo solo di essere andato a dormire subito dopo aver letto di un'altra strage di alcuni maghi che aiutavano i Babbani, e ho avuto una brutta sensazione... come un presentimento. Non agitarti, ora è passato » aggiunse, vedendolo piuttosto teso.
« Siamo maghi, lo sai che a volte può capitarci di avere delle sensazioni che riguardano il futuro ».
« Non credo, non sono mai andato molto bene in Divinazione... » Alphard notò l'espressione scettica del ragazzo e decise di smettere di mentire. « Sì, ammetto che non mi era mai capitato e mi sono fatto spaventare un po'... Ma non è nulla. Sono solo preoccupato per te e tuo fratello, tutto qui. Penso che di questi tempi sia normale, no? »
« Sì, questo è vero » convenne Regulus, ripensando sia a quello che Rachel gli aveva raccontato di aver visto a causa del diario, sia alle paure e le preoccupazioni che spesso assalivano anche lui.
« Comunque sia, ho sentito la vostra mancanza e volevo rivedervi » aggiunse suo zio in tono neutro.
Regulus notò che sembrava pensieroso. Alphard si accorse dello sguardo indagatore del nipote e gli sorrise.
« Sai, non so se te l'ho già detto, e anche se lo avessi fatto forse non mi sono espresso al meglio come avrei voluto. Sono fiero di te e delle scelte che hai fatto ».
« Grazie ma ora mi stai facendo preoccupare davvero » gli comunicò Regulus, inquieto.
« Non preoccuparti, sto bene. È solo che ogni tanto, con tutte le brutte notizie che arrivano ogni giorno a tutte le ore, mi viene da pensare che non bisognerebbe tenere certe cose per sé, perché non si sa mai quando potremo avere un'altra occasione per... »
« D'accordo, adesso basta, Alphard, tu e i tuoi maledettissimi momenti di sconforto! » intervenne all'improvviso Perseus, affacciandosi nel giardino con aria indignata. « Non lo vedi che è già abbastanza angosciato di per sé? Non infierire. E falla finita perché posso assicurarti che i rompiscatole come te vivono sempre a lungo ».
Alphard scoppiò a ridere, mentre Regulus non sapeva cosa dire, troppo scioccato dal fatto che Perseus lo avesse quasi difeso.
« D'accordo, scusate, la finisco qui! » disse, dopo l'occhiataccia che Perseus gli aveva rivolto.
« Guardate cosa ho trovato! » disse Rachel, uscendo con in mano una vecchia Pluffa piuttosto malridotta ma ancora funzionante. « Che ne dite di qualche tiro a Quidditch, tutti e quattro? »
« Rachel, non abbiamo più vent'anni » protestò Perseus.
« Ma dai, avete solo paura che io e Regulus vi stracciamo » lo sfidò lei.
« Non possiamo non accettare, facciamolo a nome di tutti i cinquantenni del mondo » convenne Alphard, e Perseus alzò gli occhi al cielo.
« D'accordo, però solo qualche tiro. Che ne dite di una sfida Black contro Queen? » propose.
« Due Cacciatori in perfetta salute contro un Cercatore e un Cacciatore con la mano bendata? Non sarebbe giusto » replicò Alphard. « Per equilibrarci, io dovrei stare con Rachel e tu con Regulus » aggiunse, ridacchiando.
Perseus lanciò un'occhiata al ragazzo, che deglutì.
« Sei in grado di fare il Cacciatore? » gli chiese.
« Non ci sono abituato, ma posso farlo » rispose lui.
« Diane, vuoi fare l'arbitro? »
« Se proprio ci tenete... Perseus, non essere violento come eri a scuola però, altrimenti ti espello » lo avvertì sua moglie.
« Non mi accanirei mai su un vecchio invalido » rispose il marito, e Alphard gli lanciò un'occhiata ammonitrice.
« Vedremo alla fine della partita chi sarà il vecchio invalido... »
« Perfetto, vado a prendere le scope! » esclamò Rachel.
« Ti accompagno ».
Regulus la seguì e lei, quando furono entrati nel capanno delle scope, gli chiese spiegazioni.
« Cosa aveva tuo zio? »
« Non lo so, credo che fosse preoccupato. Ogni tanto gli succede, però ultimamente gli accade spesso... »
« Sì, prima ho sentito mio padre che si lamentava: forse è vero che nell'ultimo periodo è più malinconico del solito. Per questo ho chiesto di giocare a Quidditch, così si distrae un po' ».
Regulus annuì, prendendo due scope mentre lei ne afferrava altrettante.
« Vedrai che andrà tutto bene e gli passerà » disse Rachel, avvicinandosi e stampandogli un bacio sulle labbra.
Regulus lasciò andare i manici di scopa, appoggiandoli al muro e disinteressandosene del tutto per il momento, e attrasse a sé la ragazza, che sorrise mentre lui la baciava di nuovo e con più intensità del solito.
« Cosa ti prende oggi? » scherzò lei quando si separarono.
« Non lo so, forse il fatto che per un giorno non voglio pensare agli Horcrux e a tutto il resto » fece lui, imbarazzato.
« Meglio così. Non pensavo che lo avresti mai detto ».
« Ne abbiamo distrutti tre, una pausa ci vuole ».
Rachel lo baciò ancora e Regulus pensò che il suo sorriso felice fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Quel ripostiglio polveroso era l'unico posto in cui potevano rimanere soli senza essere disturbati. Di solito, quando erano in casa, Regulus evitava anche di tenerla per mano, poco abituato a manifestazioni pubbliche di affetto, anche perché non riuscivano mai a stare da soli. Così avevano eletto quel magazzino come loro rifugio personale per restare qualche minuto in santa pace, anche se poi diventava sempre più complicato separarsi... tranne quando qualunque cosa fosse all'esterno faceva rumore, e Regulus scattava in perda all'ansia, per paura che qualcuno li sorprendesse lì dentro.
« Forse dovremmo andare. Si staranno chiedendo dove siamo finiti » le disse, smettendo di baciarla con molta fatica.
« Non agitarti come al solito, non stiamo facendo niente di illecito » rispose lei, rilassata.
« Sì ma tuo padre... » esordì lui, ma poi tacque, a disagio.
« Cosa? Potrebbe pensare che approfitti della sua ospitalità per attentare alla mia virtù? » lo canzonò lei, ridacchiando.
« Una cosa del genere, sì » ammise Regulus.
« Come se fosse possibile... Sei ossessionato all'idea che ti tenga d'occhio ogni minuto di ogni giorno! »
« Non sono ossessionato, è la verità. Tu non hai idea di cosa è capace di fare quell'uomo. A volte... »
« A volte, cosa? »
« No, niente... » cercò di cambiare discorso, imbarazzato.
« E dai! »
« Va bene » sospirò lui, avvampando ma sforzandosi di apparire calmo. « A volte mi capita di sognarti... »
Rachel sorrise, compiaciuta.
« Davvero? »
« Sì, e tutte le volte che succede, finisce che tuo padre entra nel sogno e mi tormenta anche lì. »
Per alcuni istanti lei tentò di trattenersi, il volto che diventava sempre più teso. Poi non resistette e scoppiò a ridere.
« Ecco, ridi pure dei miei incubi... » bofonchiò lui, rassegnato. Ma vedendola ridere ancora di più, s'inalberò. « Lo trovi così divertente? »
« No, tu sei divertente! Dovresti vedere la tua faccia. »
Regulus si sforzò di apparire meno imbarazzato, almeno fino a quando lei non riuscì a smettere.
« Ok, scusa. Ho finito » disse, calmandosi. « Mi dispiace che mio padre ti tormenti così tanto, ma è fatto così, non lo fa per cattiveria. Vedrai che prima o poi riusciremo a starcene da soli per un po'. »
« Lo spero. »
Rimasero così per una manciata di secondi, persi uno nello sguardo dell'altra, sfiorandosi le labbra in preda ad un miscuglio di emozioni.
Quando tuttavia udirono da lontano la voce di Perseus che chiedeva dove fossero finiti, Rachel sciolse il loro abbraccio, e Regulus ne fu dispiaciuto.
« Dai, prendiamo queste scope e raggiungiamo gli altri, ok? »
Lui annuì, meravigliandosi di essersi completamente dimenticato della presenza di altre persone di fuori.
Uscirono tenendosi per mano, godendosi quel momento di rara serenità, ignari della tempesta che si annunciava all'orizzonte.

 
 
 
 
 
Ops, forse mi sono lasciata prendere un po' la mano nello scrivere cosa penso dei Malfoy... Ormai sono così allenata a trattare bene James che l'odio doveva riversarsi per forza su qualcun altro, e non c'è niente di meglio di due molluschi per sfogarsi. Non stimo neanche un po' i Malfoy, per me sono solo dei vigliacchi che se la cavano sempre e ingiustamente. Questo non significa che non siano divertenti a modo loro, anzi! Adoro fargli mettere uova di Doxy nel cibo o quando vengono trasformati in furetti, per esempio... o ancora meglio quando marciscono ad Azkaban xD
Narcissa ovviamente non è inclusa: lei è e resterà sempre una Black, e lo dimostrerà.


Per passare ad argomenti più interessanti, eravate in tanti a chiedervi se un finale Emmeline/Sturgis fosse possibile, e finalmente posso rispondervi! Per ora l'interesse c'è solo da parte di lui, ma non si sa mai... Ah, l'attitudine di Sturgis ad essere accusato ingiustamente l'ho inventata, ma ho preso ispirazione dal fatto che nel 5° libro si è fatto 6 mesi ad Azkaban perché l'hanno beccato mentre faceva la guardia all'Ufficio Misteri per conto dell'Ordine, povero... e da lì è nato tutto. XD
Mi sono divertita molto a scrivere questo capitolo, esclusa la parte iniziale che è un po' più seria, ma ci voleva. Ve lo dico già da ora, preparatevi perché nel prossimo succederà una cosa che scatenerà un gran casino a effetto domino... Ma ora non ci pensate e fate anche voi una partita a Quidditch per rilassarvi =D

Da un po' di tempo sono molto impegnata causa esami, ma ho abbastanza capitoli messi da parte per continuare ad aggiornare regolarmente. Quando ho tempo continuo a scrivere, ma vado a rilento. E sono in ritardo anche con alcune recensioni da lasciare ad alcune di voi, ma mi farò viva il prima possibile ^^
Prossimo capitolo: 19 gennaio

Dimenticavo, buon anno e tanta ispirazione e cose belle a tutti!

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Capitolo 36
*** La soffiata ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 36
La soffiata

Non appena aveva sentito gridare, era stato come se la bolla in cui si era chiuso si fosse infranta. Il corpo gli faceva male: non sapeva per quanto tempo fosse rimasto seduto per terra, con la schiena e la nuca appoggiate al muro umido e freddo.
Da quanto si trovava ad Azkaban? Ormai aveva perso la nozione del tempo, e non solo quella. Si stava abbrutendo sempre di più, la barba si era allungata ed era tutto incrostato di sporco.
Il gelo era insopportabile, anche se dalle sue parti a Durmstrang non faceva mai troppo caldo, ma la disperazione era la cosa più terribile. Le voci nella sua testa non la smettevano di urlare: diminuivano solo di intensità quando i Dissennatori si allontanavano, ma durava sempre troppo poco.
Quasi non ricordava neanche più come era la sua vita prima di Azkaban, prima che provasse ad attaccare quella ragazza ad Upper Flagely. Dopo di lei non ricordava più nulla: si era ritrovato direttamente in quella cella.
Lì i giorni erano tutti uguali, la disperazione era sempre la stessa, e tutti puntualmente smettevano presto di gridare. Anche lui aveva smesso quasi subito.
Se solo avesse trovato un modo per farsi scarcerare, senza dover poi subire la vendetta del Signore Oscuro… Crouch aveva provato a interrogarlo, ma lui aveva avuto troppa paura per collaborare, anche se avrebbe voluto.
Ma quando aveva sentito quel grido nella cella di fronte, vinto dalla curiosità, si era trascinato fino alla porta.
Aggrappandosi alle sbarre, sbirciò quello che succedeva nella cella da cui era venuto l’urlo. Non riusciva a vedere nulla né tanto meno a sentire, ma qualcuno doveva essere andato a trovare il matto che era imprigionato là dentro. Non poté fare a meno di chiedersi chi mai avrebbe potuto far visita ad uno del genere.
Attese ancora, fino a che la porta della cella non si aprì di nuovo e il Dissennatore fece uscire niente meno che Silente, accompagnato da un elfo domestico e da un ragazzo.
Non riuscì a vederlo in volto, perché era incappucciato, ma qualcosa nella sua postura gli era familiare.
E la sua sensazione fu confermata quando il ragazzo si rivolse a Silente sottovoce.
« Quando verrà scarcerato? »
« Tra due giorni. Due giorni e avremo chiuso almeno questa vicenda. »
Karkaroff non udì la risposta, perché non appena udì la voce del ragazzo indietreggiò e cadde per terra. Era senza fiato, altrimenti avrebbe cacciato un urlo terribile.
Forse stava iniziando ad impazzire, pensò. Non era possibile che avesse davvero sentito quello che credeva.
Ma lì era così isolato dal resto del mondo che aveva l’impressione di aver sviluppato una sensibilità particolare a tutto ciò che gli ricordava la vita che aveva trascorso al di fuori…
Ma se doveva credere alle sue sensazioni… aveva appena sentito la voce di un fantasma?

« Igor Karkaroff, hai chiesto un colloquio privato affermando di possedere delle informazioni da darmi. Di che cosa si tratta? »
Crouch scrutò l’uomo sporco e affaticato dall’alto del suo scranno. Nell’aula del Wizengamot c’erano solo loro due, almeno apparentemente.
Suo figlio Barty, infatti, che sostituiva il segretario addetto alla redazione del verbale, si trovava alle sue spalle, in una posizione in cui il prigioniero non avrebbe potuto vederlo.
Karkaroff aveva chiesto di essere ascoltato completamente da solo, ma la presenza di un segretario era obbligatoria, e Crouch non infrangeva mai le regole. Perciò aveva chiesto al figlio di assumersi quell’incarico e di svolgerlo di nascosto, e Barty gli era sembrato soddisfatto.
Il ragazzo aveva già iniziato a scrivere e guardava Karkaroff con uno sguardo indecifrabile.
« Si tratta di una cosa che ho scoperto mentre ero ad Azkaban… una cosa che le potrebbe tornare utile. »
« Parla, non ho tempo da perdere » sbottò l’uomo, irritato. Karkaroff voleva solo ottenere di nuovo la libertà, anche se era strano che si fosse deciso a parlare quando Voldemort era ancora potente.
« Sì, d’accordo… è successo qualche settimana fa. Ero nella mia cella, quando qualcuno è andato a trovare un detenuto vicino a me. Non ho visto cosa facevano né cosa si sono detti, ma li ho riconosciuti. Uno era Albus Silente. L’altro era qualcuno che ho conosciuto quando ero al servizio del Signore Oscuro… »
« Un Mangiamorte? »
« Esatto. »
« Chi era, Karkaroff? Parla, avanti. »
Il mago riuscì ad alzarsi in piedi e barcollare fin sotto lo scranno.
« Se lo dico, mi lascerete libero? »
« Ne parleremo più tardi. Allora, questo Mangiamorte, chi è? »
« Regulus Black. »
Seguì un silenzio di tomba. La penna alle sue spalle aveva improvvisamente interrotto il suo grattare contro la pergamena: Barty aveva smesso di scrivere.
Crouch sfogliò le pagine dell’archivio che aveva con sé.
« Regulus Black è morto mesi fa » rispose, irritato. Karkaroff lo stava forse prendendo in giro?
« Lo credevo anche io, ma il suo corpo non è mai stato ritrovato, giusto? »
Crouch si sporse in avanti, fissando il prigioniero dritto negli occhi.
« Sei assolutamente sicuro di quello che dici? Puoi giurare di aver visto Black? »
« Bè… »
Karkaroff esitava, e Crouch stava iniziando a spazientirsi. Inoltre non sentiva più Barty scrivere e non se ne spiegava la ragione. Non avendo mai fatto molto caso alla vita del figlio, nemmeno ricordava che lui e Black erano stati amici per tanto tempo.
« Sì, l’ho visto » confermò Karkaroff, mentendo per guadagnarsi la libertà. « Era lui, ne sono sicuro. Ed era con Silente. »
Questo proprio non lo capisco, pensò Crouch tra sé. Vuol dire che si è messo a collaborare con Silente? È chiaro: Karkaroff potrebbe denunciare solo un traditore, così Voldemort non lo punirebbe, ma lui ne guadagnerebbe lo stesso. Ma se Black è passato dalla parte dell’Ordine della Fenice, io non potrò approfittare di questa informazione per arrestarlo. A meno che…
« Non hai altro da aggiungere, Karkaroff? Altri Mangiamorte da denunciare? »
« No, volevo dire solo questo » rispose lui, sempre restio a fornire informazioni su chi era ancora fedele a Voldemort.
« Bene. »
Crouch fece un cenno ai due Dissennatori che aspettavano in fondo all’aula. Si accostarono a Karkaroff e lo afferrarono.
« Portatelo via. »
« No! Aspetti! Aveva detto che mi avrebbe liberato! » urlò quello, sconvolto.
« Ho forse detto questo? Può darsi che ti conceda qualche giorno in meno di condanna. Per una confessione così scarsa, è anche troppo. »
I Dissennatori condussero un Karkaroff scalpitante fuori dall’aula del Wizengamot e, quando le porte si furono richiuse, si voltò verso suo figlio.
Barty era nero in volto, ma suo padre non se ne chiese il motivo. Nel frattempo, la sua mente stava lavorando in maniera febbrile.
Black si sta nascondendo per non farsi uccidere, però collabora con Silente. Ma se fosse ancora un Mangiamorte, cambierebbe tutto. Se lo catturassi, questo non farebbe che andare a mio vantaggio. Che avesse un ruolo di primo piano o marginale tra i Mangiamorte, Black è comunque un pezzo grosso, e sbatterlo ad Azkaban sarebbe fondamentale per me.
Quanto a Silente… se fosse accusato di avere contatti e di collaborare con un Mangiamorte, perderebbe l’appoggio della comunità magica: sarebbe rovinato. E visto che sostiene l’attuale Ministro della Magia, la Bagnold sarebbe costretta a dare le dimissioni.
E rimarrei soltanto io…
Quasi non riusciva a credere al colpo di fortuna che gli era capitato. Era a tanto così dal diventare finalmente Ministro, e non si sarebbe lasciato sfuggire quell’occasione.
« Barty, ascoltami bene » disse, rivolgendosi al figlio. « Questa udienza privata non è mai avvenuta. Non farne parola con nessuno. Le cose che abbiamo sentito non devono uscire da queste quattro pareti. Sono stato chiaro? »
Barty non riuscì a mascherare l’espressione disgustata e furibonda dipinta sul proprio volto. Aveva capito alla perfezione quello che suo padre aveva in mente e – anche se l’uomo non se ne rendeva conto – ascoltare le parole di Karkaroff era stato un vero e proprio shock per lui.
Ma quando parlò, il suo tono di voce non tradì la minima emozione.
« Sì, padre. Sei stato chiarissimo. »

« Dove stai andando? Sei appena tornato... »
Barty non si curò neanche di guardarla mentre si accostava all'appendiabiti e prendeva il mantello.
« Ho una cosa da fare » tagliò corto.
« Non resti per cena? » gli chiese la donna, visibilmente preoccupata.
Lui sbuffò.
« No, madre, esco con dei colleghi. Non mi aspettare sveglia come al solito, non sono un bambino » sbottò.
La signora Crouch non rispose, indecisa se rimproverarlo per il tono che suo figlio aveva usato oppure no. Nel frattempo lo scrutò attentamente, e Barty distolse lo sguardo all'istante, come se si fosse scottato.
« Sei pallido, Barty. Sembri preoccupato. Perché non me ne parli? »
« Sono solo stressato dal lavoro, niente di preoccupante » mentì lui, continuando ad evitare lo sguardo della madre. Non sapeva perché, ma con lei gli era molto più difficile nascondere la sua doppia vita.
« Va bene, cerca di riposarti un po'... »
« Sì, sì, d'accordo. Scusa ma ora devo andare. »
La porta si chiuse con un colpo secco alle sue spalle, e Barty respirò l'aria umida di pioggia, ma si fermò solo quando si fu Smaterializzato nei pressi di un fiume, a parecchi chilometri di distanza.
Ora che finalmente poteva sfogarsi, dopo ore in cui aveva fatto di tutto per reprimere la tempesta che lo sconvolgeva all'interno, non sapeva neanche cosa fare. Si sentiva paralizzato dopo quello che aveva scoperto. Nella sua testa continuava a risuonare la voce di Karkaroff che ripeteva ossessivamente la stessa frase.
È vivo...
Non voleva ancora credergli. Forse si trattava solo di una menzogna, o forse Azkaban doveva aver fatto uscire Karkaroff di testa. O forse no.
Il suo corpo non è mai stato ritrovato...
E se fosse vero?
Un brivido lo percorse dalla testa ai piedi mentre si metteva le mani tra i capelli come per volerli strappare via. Un lampo illuminò il cielo plumbeo e le nuvole cariche di pioggia che ancora non si decideva a cadere, e nello stesso momento a Barty tornò in mente l'ultima conversazione che aveva avuto con Regulus. Aveva intuito il suo cambiamento. Lo aveva avvertito di non tradire la loro causa, altrimenti avrebbe parlato con il Signore Oscuro.
A quel puntò Barty imprecò. Lo aveva sottovalutato. Regulus aveva solo finto di morire, per poi passare al fronte opposto in tutta tranquillità. E ora si era messo a collaborare con Silente e il suo Ordine della Fenice... Se Barty non lo avesse visto stare veramente male nell'ultimo periodo, non ci avrebbe mai creduto.
Di colpo trovò una spiegazione allo strano comportamento teso e nervoso che Rachel aveva assunto ultimamente nei suoi confronti. Lei di sicuro sapeva che Regulus era vivo, probabilmente lo stava nascondendo, e lui le aveva raccontato tutto.
Barty imprecò di nuovo.
Quello sì che era un guaio. Il fatto che qualcuno dei nemici avrebbe potuto smascherare la sua identità di Mangiamorte era una prospettiva terrificante. Ma in realtà, per qualche strana ragione, non era quello che lo angosciava di più. Anche se Rachel o chiunque altro lo avesse denunciato, lui sarebbe stato in una botte di ferro. Essere figlio di suo padre almeno un lato positivo lo aveva: nessuno avrebbe avuto il coraggio di accusarlo.
Ma era ben altro a fargli provare quella rabbia inconsulta. Il fatto che Regulus avesse osato tradire il Signore Oscuro in un modo così meschino gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Se pensava che, un'infinità di tempo prima, lo aveva ammirato perché era diventato un Mangiamorte prima di lui, non riusciva a credere che tutto ciò fosse cambiato.
Regulus si era sempre vergognato di suo fratello, ma lui adesso aveva tradito Voldemort, compreso tutto ciò in cui credeva. Anche Barty si era sentito tradito fin dall'inizio, ma finché aveva pensato che Regulus avesse soltanto avuto paura, riusciva ancora a farsene una ragione. Ma la realtà era diversa, lo aveva fatto consapevolmente e senza alcun ritegno...
Un odio profondo lo assalì, rendendolo desideroso più che mai di sfogare la propria rabbia sul primo Babbano che gli fosse capitato davanti. O, ancora meglio, avrebbe desiderato punire personalmente Regulus Black.
Un « Pop » improvviso lo fece tornare alla realtà. Barty si voltò e vide Rabastan darsi un'aggiustata al cappuccio e salutarlo.
« Novità? » gli chiese.
Dal momento che Barty era tornato a guardare dalla parte opposta, il secondo Mangiamorte gli diede un colpo sulla spalla.
« Ehi, dormi in piedi? Sei stato tu a chiedermi di venire qua. È successo qualcosa? »
Barty esitò, e non capiva perché. Non gli importava se suo padre gli aveva ordinato di non farne parola con nessuno. Non era affatto detto che, se i Mangiamorte avessero scovato Regulus prima di Crouch, la colpa sarebbe stata sua. Potevano anche scoprirlo da soli.
No, il motivo era un altro. Scosse la testa, deciso a non cedere a sciocchi pensieri come il fatto che, un tempo, Regulus era stato il suo migliore amico.
Ora non è più così, e non l'ho voluto certo io. Se l'è cercata lui, si disse.
Aveva deciso da tempo di chiudere con quel periodo della propria vita. Regulus Black per lui non era altro che un traditore. Non gli doveva più niente.
« Sì. Rabastan, devo dirti una cosa della massima importanza. »
Il più giovane dei Lestrange lo guardò, percependo dal suo tono che si doveva trattare di qualcosa di molto serio.
« Ti ascolto. »

***

« Devo parlare con Rodolphus Lestrange. So che si trova qui. »
Dobby scrutò attentamente l’uomo avvolto in un mantello blu scuro, poi lo lasciò entrare nel maniero. Chiuse il pesante portone e condusse l’ospite attraverso i cupi corridoi, fino a che non si fermò davanti all’entrata del salone.
« Il signore ha visite » annunciò.
« Chi è? » domandò Rodolphus, alzandosi dal divano di pelle sul quale era stato seduto fino a quel momento.
« Sono io » rispose Rookwood, entrando e abbassando il cappuccio.
« Che ci fai qui? Non dovresti farti vedere da queste parti » disse Rabastan, che al contrario del fratello era già in piedi davanti alla finestra.
Ma quando videro l’espressione nervosa del Mangiamorte, apparvero molto più interessati.
« Cosa succede, Augustus? »
Quello tuttavia si guardò intorno con aria circospetta.
« Dove sono i Malfoy? »
« Lucius è al Ministero, Narcissa è di sopra con suo figlio. Puoi parlare liberamente. »
Rookwood a quel punto si decise a rivelare il motivo per cui aveva dovuto vederli d'urgenza.
« C’è stato un furto. Un furto nell’Ufficio Misteri » annunciò Rookwood, con un tono estremamente agitato.
I Lestrange si scambiarono un’occhiata perplessa.
« Dovrebbe interessarci? »
« È stata rubata una Giratempo. »
Negli occhi di Rodolphus e Rabastan comparve un lampo di comprensione.
« Questo spiega molte cose... » disse in tono sibillino, tanto che l'altro lo guardò con aria dubbiosa. « Siediti. C'è una novità che mio fratello mi ha appena riferito. »
Rookwood andò a prendere posto su una poltrona di pelle scura, e continuò a fissarlo con curiosità.
« Allora? »
« Abbiamo scoperto che Regulus Black è vivo » rivelò Rodolphus senza mezzi termini.
L'Indicibile probabilmente non cadde solo perché era già seduto, ma la sua espressione era più che eloquente.
« Stai scherzando! »
« Io non scherzo mai. E c'è di peggio: ci ha traditi tutti e sta collaborando col nemico. »
« Ma dai! Sarà scappato perché non ha mai avuto la forza di vivere come noi, ma non credo proprio che si comporterebbe come un traditore del suo sangue » disse Rookwood, scettico.
« Smettila di contraddirmi » sibilò Rodolphus, che stava iniziando ad incollerirsi, cosa molto facile del resto.
« Quello che mio fratello vuole dire » intervenne Rabastan, « è che lo sappiamo da fonti sicure. È stato visto mentre complottava insieme a Silente, e su questo non c'è dubbio. »
« Ok, vi credo. Anche se non me lo sarei mai aspettato da lui... »
« Non se lo aspettava nessuno, ma quella piccola canaglia ora vuole darci il benservito, quindi dobbiamo prendere provvedimenti. »
Rodolphus si rivolse all'ospite.
« Qualche mese fa abbiamo visto Alphard Black entrare nell'Ufficio Misteri. Cos'è che ha detto che doveva fare? »
« Una ricerca » rispose prontamente Rookwood.
« Ecco. È evidente invece cosa ha fatto con quella Giratempo. Ad ogni modo, il problema è ancora più grosso di quanto sembri. È stato quel pivello di Barty junior a dirci tutto, e c'è di più. Suo padre è l'unico ad esserne a conoscenza, oltre noi, e anche lui lo sta cercando. Questo però potrebbe giocare a nostro favore, se sapremo gestire al meglio la situazione. Piuttosto, dobbiamo trovare il modo per stanare Black. »
« Barty mi ha accennato i suoi sospetti » disse Rabastan, con un tono poco convinto. « Ha detto che potrebbe essere nascosto o da Silente o dalla sua fidanzata. Trovare il vecchio Babbanofilo però è improponibile; quanto a lei, Barty ha detto che probabilmente è già allertata. Alphard lo escluderei perché è troppo esposto... »
« Io invece punterei proprio su Alphard » disse Rodolphus. « Sarebbe uno spreco di tempo cercare Black per tutto il Regno Unito. Se stanassimo lo zio, potremo costringerlo a portarci dal nipote. »
« E credi che ti direbbe dove si trova? » Rookwood sembrava scettico.
« Conosciamo metodi molto persuasivi » rispose lui con un sorriso maligno.
« E come farete a prendere Alphard? Finora non ci siete riusciti. »
Rodolphus gli lanciò un'occhiataccia colma di risentimento.
« Solo perché non era strettamente necessario ucciderlo, e perché Narcissa aveva cercato di intercedere per lui. Ora dobbiamo catturarlo per forza, quindi non preoccuparti troppo, non avrò problemi a risolvere al più presto questa faccenda. »
« Va bene, va bene... Bellatrix che ha detto quando l'ha saputo? »
Con una strana smorfia, Rabastan si ritrovò a fissare le proprie unghie.
« Ancora non lo sa » rispose Rodolphus. « Sarà a casa per cena. »
« Temo sarà una serata piuttosto imbarazzante... »
Rookwood non poté fare a meno di concordare. Non avrebbe voluto essere lì quando Bellatrix avrebbe saputo di quel che suo cugino aveva combinato.
« Bè, io tolgo il disturbo » si congedò. « Fatemi sapere se vi serve qualcosa nelle competenze del Ministero... soprattutto se volete trovare Alphard. »
« Forse avrò bisogno di te, vedremo. Ho già un piano... anche se prima dovrò farlo sapere al Signore Oscuro, naturalmente. »
E con quell’affermazione che ancora gli risuonava nelle orecchie, Rookwood si allontanò più in fretta che poteva. Tanto in fretta che non si accorse dell'ombra che si scostò di scatto non appena fu uscito dal salotto.

***

« Uscirai davvero con Sturgis, allora? Fantastico! Lui è così tenero. »
« Rachel, è alto quasi due metri, come fai a definirlo tenero? »
«
È un gigante buono » rispose la ragazza, facendo spallucce.
« Sì... Comunque non farti strane idee, usciamo senza nessun secondo fine, lo abbiamo già chiarito » puntualizzò Emmeline.
« L'importante è che tu ti distragga un po', alla faccia di quel... »
Rachel si interruppe all'improvviso e si fermò in mezzo al corridoio del Secondo Livello, preoccupata.
Un elfo domestico stava camminando con aria circospetta, nel chiaro tentativo di non farsi scoprire da qualcuno, e si dirigeva senza alcun dubbio verso di loro. Aveva il naso a punta e due occhi verdi e tondi come palline da tennis. Quando le raggiunse, si fermò e sussurrò:
« Queen? » domandò, con una vocetta acuta. «
È lei? »
Rachel sentì il cuore iniziare a batterle sempre più forte. Quell'elfo aveva un'aria familiare...
« Sì, sono io » rispose Rachel, perplessa.
« Dobby deve consegnarle un messaggio » disse lui, estraendo dalla tasca un piccolo rotolo di pergamena sigillato e porgendoglielo. «
È urgente. »
Emmeline era stupita quanto l'amica, ma non disse nulla mentre Rachel prendeva il rotolo con un'espressione ansiosa.
« Tu a chi appartieni? » domandò Emmeline, rivolgendosi all'elfo domestico di nome Dobby.
Lui sussultò, agitato, e non le diede il tempo di fermarlo. Un secondo dopo si era Smaterializzato.
« Ehi! Non ci posso credere... Che cosa dice il biglietto? »
« Non lo so, ora lo leggo... »
« No, aspetta, potrebbe essere stregato » le suggerì Emmeline, abituata fin dalla prima lezione del corso per Auror a diffidare di manufatti di cui non si conoscesse la provenienza.
Rachel le chiese di esaminarlo, ed Emmeline eseguì l'incantesimo che le avevano insegnato, ma non notò tracce di magia oscura.
« Bene » disse Rachel con una certa inquietudine, prima di aprirlo e iniziare a leggerlo.
In un secondo si fece bianca come un lenzuolo. Sembrava che tutto il sangue le si fosse prosciugato all'istante, e temette davvero di svenire sul colpo. Le mani le iniziarono a tremare. Poi, quando ebbe finito di leggere, appena Emmeline provò a prendere il biglietto a sua volta, questo iniziò a bruciare da solo, riducendosi in cenere.
« Che cosa c'era scritto? Rachel, che diavolo succede? » domandò, allarmata.
Rachel non rispose, paralizzata dallo shock. Quel messaggio scritto con una grafia elegante e sofisticata, ma anche tremula e frettolosa, continuava a risuonarle ossessivamente nella testa, facendola sprofondare in un abisso di terrore.

Sanno che è vivo, e ora sono sulle sue tracce. Portalo via, ovunque si trovi adesso. Vogliono trovare Alphard e costringerlo a parlare. Lo sa anche Crouch, e farà un'ispezione senza preavviso a casa vostra.

Anche se il biglietto era anonimo, Rachel aveva riconosciuto in Dobby l'elfo domestico dei Malfoy, ed era evidente che l'autrice del messaggio fosse Narcissa. Non doveva trattarsi di una trappola, perché Narcissa non sapeva che Regulus fosse ancora vivo, almeno fino a quel momento. Ma le sue parole erano chiare, quindi se ora lo sapeva, lo aveva saputo dai Mangiamorte.
Non rimase a riflettere sulle conseguenze di tutto ciò, prima tra tutte che Voldemort avrebbe scoperto che Regulus non era stato ucciso, perché la sola idea era troppo terrificante per prenderla in considerazione.
Così si incamminò verso gli ascensori, sentendosi estremamente pesante.
« Dove te ne vai? » la richiamò Emmeline, seguendola.
« Scusa, devo andare a fare una cosa... io... »
Non sapeva cosa dire, non aveva neanche la mente abbastanza lucida da inventare una scusa. Sapeva solo di dover tornare subito a casa e far fuggire Regulus. Dove non ne aveva idea, ma non era ancora il momento di pensarci.
« Senti, adesso non ho tempo di spiegarti cosa succede, devo andarmene » le disse, disperata.
« Ma... »
« Ti spiegherò tutto un'altra volta, ma ora non ho tempo da perdere. Scusami! »
« Aspetta un attimo! Posso fare qualcosa? »
« No, non... sì! » si corresse Rachel, frenandosi all'improvviso. « Avverti Sirius, digli di presentarsi a casa mia il prima possibile. E digli di portare la moto. »
« Ok, ma... »
« Grazie » disse.
Dopodiché, si diresse di corsa all'ascensore, lasciando Emmeline esterrefatta e preoccupata.
Mentre le grate dell'ascensore si chiudevano sferragliando, Rachel tremava come una foglia, tentando disperatamente di non farsi prendere dal panico e di ragionare su cosa sarebbe stato meglio fare. Con sua grande sorpresa, l'adrenalina la rese più reattiva del solito. Quando le grate si riaprirono e Rachel mise piede nell'Atrium, aveva già in mente un piano. Ora il vero problema restava quello di uscire da lì senza farsi sorprendere, perché se Crouch sapeva di lei, gli Auror erano sicuramente stati allertati.
Fece un passo in avanti, respirando a fondo per mantenere la calma. C'era la stessa folla della mattina, solo un po' meno numerosa, ma abbastanza da farla arrivare ai camini mescolandosi agli altri impiegati.
Mentre camminava alle spalle di un gruppo di maghi che discutevano di alcune pratiche da sbrigare, scorse almeno quattro o cinque Auror alla fine del corridoio, proprio di fronte ai camini. Sembravano in attesa, e controllavano tutti quelli che si apprestavano ad usare la Metropolvere per tornare a casa. Era normale che accadesse in quel periodo, ma aveva intuito anche che Crouch aveva dato ordine di fermarla se avesse tentato di andarsene prima del previsto. Con suo grande orrore, si rese conto che se la avessero arrestata non sarebbe riuscita ad avvertire Regulus.
Fece un altro respiro e deglutì a fatica, estraendo la bacchetta e tenendola nascosta tra le pieghe della veste. Scrutò attentamente tutti gli Auror, e scelse quello che appariva meno sveglio. Era molto giovane e continuava a guardare i passanti confrontandoli con una fotografia che teneva in mano, con aria perplessa.
Rachel si sforzò di esibire un sorriso cordiale e un'espressione sicura di sé, e lo salutò.
« Buonasera. »
Lui sgranò gli occhi, lanciando un'ultima occhiata alla foto e schiarendosi la voce.
« Oh, signorina Queen. Potrebbe dirmi dove sta andando? »
« Devo andare a comprare delle cose a Diagon Alley e... »
Confundo, pensò Rachel, puntando la bacchetta contro di lui. Lo sguardo dell'Auror divenne subito vacuo e senza espressione.
« ... sa, vado di fretta perché sta per farsi buio, e non vorrei girare da sola di sera » proseguì.
« Mi... mi sembra giusto » commentò l'Auror, confuso.
« Dawlish, va tutto bene? » lo chiamò un altro Auror, che sorvegliava il camino di fronte. Rachel fece attenzione a non voltarsi per non essere riconosciuta anche dall'altro.
« Sì... la ragazza è a posto. Può andare » disse Dawlish, rivolgendosi poi a Rachel e spostandosi per farla passare.
« Grazie. »
Rachel entrò nel camino prendendo un pizzico di Polvere Volante. Non appena fu catapultata nel camino del Paiolo Magico, non perse altro tempo. Uscì dal locale in fretta e furia e si Smaterializzò direttamente di fronte casa sua.

***

Quando Rachel piombò nel salotto, Regulus era intento a travasare il filtro per distruggere gli Horcrux in una decina di provette che aveva reso infrangibili tramite un incantesimo scoperto in uno dei libri di magia di casa Queen. La udì correre verso la sua stanza ed entrare senza neanche bussare, in preda a qualcosa che sembrava panico.
« Regulus, devi andartene subito! » esclamò, lasciandolo senza parole.
« Perché, cosa ho fatto? » chiese lui, perplesso e preoccupato.
Rachel gli gettò le braccia al collo e lui si accorse che tremava.
« I Mangiamorte sanno che sei vivo » la sentì dire. Gli ci vollero diversi secondi prima di rendersi conto di cosa quelle parole significassero.
« Che cosa? » chiese, con la voce spezzata.
Rachel si stropicciò gli occhi umidi e si morse il labbro tremante prima di rispondere.
« Mi è arrivato un messaggio di Narcissa. Sono sicura che fosse lei perché me l'ha consegnato il suo elfo domestico, l'ho riconosciuto. C'era scritto che ti hanno scoperto e vogliono trovarti... »
La voce della ragazza si spense mentre finiva la frase. Regulus era paralizzato e non sapeva cosa fare.
« Ma come hanno fatto? »
« Io... penso che qualcuno ti abbia visto quando sei andato ad Azkaban per parlare con Orfin... Credevo che ti fossi camuffato! »
« E l'ho fatto! » protestò lui, nervoso.
« Allora ti avranno riconosciuto dalla voce, non lo so... »
« D'accordo, ma da quando i Mangiamorte hanno contatti con quelli già arrestati? »
Rachel tacque, mentre un'espressione di consapevolezza si disegnava sul suo volto.
« Lo sa anche Crouch » gli rivelò, mentre Perseus e Diane si affacciavano alla porta, attirati da tutto quel chiasso.
Regulus si sentì morire, e non perché non sapeva se temere di più Crouch o Voldemort. Improvvisamente comprese che era stato Barty, il suo migliore amico, a riferire ai Mangiamorte quello che aveva scoperto su di lui. Non si sarebbe aspettato nulla di diverso, ma faceva male lo stesso.
« Dove può andare? » chiese Perseus in tono pratico, mentre Diane si temeva le mani premute sulla bocca, sconvolta.
« Ho fatto chiamare Sirius, dovrebbe essere qui a momenti » rispose Rachel. « Non è il caso di usare la Metropolvere: Crouch avrà già messo sotto controllo il nostro camino. Per Smaterializzarsi dovrebbe uscire dalla zona protettiva degli incantesimi, e sarebbe pericoloso... »
« Ma voi dovete scappare » disse Regulus all'improvviso. « Mi avete fatto nascondere qui, siete in pericolo quanto me. »
Rachel scosse la testa, cercando di ragionare.
« No, Crouch e gli Auror stanno venendo qui per ispezionare la casa. Se non trovano nessuno capiranno che ti abbiamo fatto fuggire. Se invece facciamo finta di nulla forse almeno loro penseranno che la soffiata che hanno avuto sia stata falsa. »
« Vado a chiamare Sory, le dico di prenderti un baule » disse Diane.
« Basta una borsa. Tanto non ho molto con me... » rispose Regulus, ancora sotto shock.
« Non potrebbe farsi Smaterializzare da Sory? » chiese Perseus.
« Ho paura che al Ministero possano tenere sotto controllo anche le Materializzazioni degli elfi domestici. Non ne sono sicura, ma non voglio sperimentare questa ipotesi adesso » spiegò Rachel, mentre Regulus iniziava a radunare le poche cose che aveva, cercando di non lasciare tracce della sua presenza. « E dovremmo avvisare anche Alphard, stanno cercando anche lui... »
In quel momento, un rombo nel giardino li fece sobbalzare.
« Deve essere Sirius! »
« Vado io a spiegargli cosa succede » si offrì Perseus, ed entrambi ebbero la sensazione che lo avesse fatto per permettere loro di rimanere soli.
Regulus guardò la ragazza, incerto e preoccupato, e lei fece altrettanto. Nessuno di loro aveva la più pallida idea di cosa dire prima, tanta era l'agitazione. Stava succedendo tutto troppo in fretta.
« L'athame e il filtro li tieni tu? » chiese Regulus all'improvviso. « Non posso azzardarmi a portarli fuori. Se mi catturassero... »
« Non dirlo neanche per scherzo, non succederà. Però sì, li tengo io. Cercherò di nasconderli prima che arrivino gli Auror... »
Regulus le prese le mani, rendendosi improvvisamente conto di non essere più abituato a separarsi da lei.
« Mi verrai a trovare, vero? » le chiese, sentendosi molto stupido.
« Ma certo! » rispose Rachel, abbracciandolo. « Mi raccomando, stai attento. »
« E tu stai attenta a Crouch. Non si fa ingannare facilmente... »
« Ciao, piccioncini » intervenne Sirius, entrando con un ghigno. Loro si affrettarono a separarsi ma lei, a differenza di Regulus, sembrava tutt'altro che imbarazzata. « Tuo padre mi ha spiegato tutto, Rachel, e meno male perché Emmeline era davvero confusa » aggiunse Sirius, dando poi un'occhiata all'ora. « Meglio se andiamo. Regulus, prendi le tue cose e saluta tutti. Io nel frattempo avvertirò nostro zio. »
Regulus annuì, seguendolo fuori dalla stanza. Nel salotto c'era anche l'elfa domestica Sory, che sembrava commossa e dispiaciuta per l'improvvisa partenza di Regulus.
Diane gli porse una vecchia borsa, di quelle che di solito gli studenti di Hogwarts usavano per trasportare i libri da un'aula all'altra.
« Ti ho messo dentro anche qualcosa da mangiare » gli disse, ignorando Perseus che si batteva il palmo della mano sulla fronte, alzando gli occhi al cielo e sospirando.
Regulus non sapeva cosa dire. Si sentiva al tempo stesso grato a quella donna che aveva fatto tanto per lui, e dispiaciuto per tutti i guai che rischiava di provocarle.
« Grazie, di tutto » disse. « E scusate per tutti i problemi che ho creato... »
« Non scusarti di nulla. E vedrai che andrà tutto bene » gli rispose Diane, e Regulus improvvisamente sentì un moto di affetto nei suoi confronti.
Quando si ritrovò faccia a faccia con Perseus, esitò, incerto su cosa dire o fare. Per sua fortuna, ci pensò lui a cavarlo d'impaccio. Gli tese la mano e Regulus si affrettò a stringerla, notando che l'uomo aveva una stretta fin troppo ferrea.
«
È stato un vero spasso » disse Perseus, ironico. « Immagino che mi annoierò, ora che non potrò più tormentarti a tutte le ore. »
« Ne sono onorato » ribatté debolmente Regulus, e Perseus trattenne a stento un sorrisetto.
Il ragazzo salutò anche Sory, che si soffiò rumorosamente il naso mentre singhiozzava, e Attila, il quale si era affacciato nella stanza con aria incuriosita ma poi aveva girato i tacchi e si era allontanato con aria sdegnosa, come se la partenza di Regulus lo avesse offeso nel profondo.
Rachel lo seguì nel giardino dove Sirius stava parlando con un Patronus a forma di cane.
« ... non uscire di casa per nessuna ragione al mondo » stava concludendo il ragazzo. Ad un ultimo colpo di bacchetta, il Patronus si voltò e spiccò un salto che lo fece sparire in pochi secondi.
Poi Sirius si rivolse al fratello.
« Bene, possiamo andare. È meglio usare un incantesimo di Disillusione però. »
« Io non salgo su quella cosa! » protestò Regulus, disgustato, non appena capì cosa doveva fare.
« Allora resti qui e ti fai spedire ad Azkaban da Crouch. Per me è indifferente. »
Poco dopo, Regulus si apprestava con riluttanza a salire su quello strano mezzo di trasporto che faceva un gran baccano.
« Che schifo... » bofonchiò tossendo, dopo aver inalato le esalazioni del tubo di scappamento.
« Allora, tanto per intenderci, devo spiegarti le tre regole che chiunque abbia il privilegio di salire sulla mia moto deve tenere a mente. La regola numero uno è: non si critica la moto. La due: se la sporchi ti affatturo. La tre: non pensare minimamente di aggrapparti a me, quello lo possono fare solo le ragazze. Se cadi sono affari tuoi. »
« Stai parlando con un Cercatore, so restare in equilibrio su una sella anche senza reggermi, a differenza di te » replicò Regulus, indignato.
« Non sfidarmi, altrimenti ti faccio fare il giro della morte. »
Regulus si augurò caldamente che stesse scherzando, ma cercò di mostrarsi indifferente. Rachel lanciò un incantesimo di Disillusione anche sulla moto, poi fece qualche passo indietro per permettere loro di decollare, alzando la mano in segno di saluto.
Regulus fece altrettanto, sentendosi assalire dalla malinconia. Non se ne era reso conto fino a quel momento ma, dopo aver vissuto sotto lo stesso tetto per mesi, era tremendo separarsi anche solo per poco. Continuò a guardarla mentre la moto spiccava il volo, anche quando rischiò di perdere l'equilibrio perché Sirius aveva scartato di colpo per non investire uno stormo di volatili che volavano dritti davanti a loro, fino a che il giardino di casa Queen non divenne un piccolo fazzoletto verde in mezzo al paesaggio.

 
 
 
 
 
L'avevo detto che sarebbe successo un gran casino! Del resto le cose andavano fin troppo bene. Invece ora Regulus ha sia i Mangiamorte che Crouch a dargli la caccia (odiatemi pure xD). E ovviamente non finisce qui...
Il flashback iniziale (si è capito che è un flashback, vero?) è ambientato nel momento in cui Regulus, Silente e Kreacher vanno ad Azkaban per convincere Orfin ad aiutarli ad aprire il medaglione usando il Serpentese, quindi nel capitolo 29.
Sì, l'ombra e il biglietto sono di Narcissa. Non ce la vedo a lasciare che i Mangiamorte uccidano suo cugino, anche se Regulus ha cambiato schieramento. Del resto nella battaglia di Hogwarts ha dimostrato di saper tradire Voldemort, perché per lei è la famiglia che conta, ed è sempre stata particolarmente legata a  Regulus. Prossimamente saprete come è arrivata a Rachel. Niente di che, ma in questo capitolo non ho avuto modo di spiegarlo.
Confondere Dawlish è sempre divertente XD Poveretto, in realtà era forse più bravo di Percy, ma la Rowling lo fa sempre Confondere o Schiantare, quindi se mi serve un Auror da imbrogliare prendo lui!
Il prossimo capitolo sarà il 2 febbraio... due settimane che passeranno fin troppo in fretta, per me...

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Capitolo 37
*** L'agguato ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 37
L'agguato

Dieci minuti dopo la partenza di Regulus, gli Auror suonarono al campanello di casa Queen, e Sory andò ad aprire, abbattuta.
« Dobbiamo effettuare una perquisizione della casa, e vi consiglio di non opporre resistenza » esordì Barty Crouch senior di fronte all'espressione disgustata di Perseus.
« Posso sapere perché? » domandò quest'ultimo, senza lasciarsi impressionare.
« Siete sospettati di complicità con i Mangiamorte » rispose Crouch, con un tono di accusa che avrebbe fatto infuriare chiunque. Diane infatti dovette afferrare il polso del marito per intimargli di non reagire.
« Spero che tu stia scherzando. Non siamo mai stati complici dei Mangiamorte, e mai lo saremo » replicò Perseus.
« Secondo fonti attendibili, uno di loro si nasconde qui a casa vostra, e voi lo state proteggendo. »
« Questo è assurdo, Crouch » disse Diane con voce ferma.
« Lo spero per voi, signora. »
Rachel si impose di non tremare mentre guardava gli Auror dividersi in gruppo e iniziare a perlustrare le varie stanze. Odiava il modo in cui parecchi di loro spostavano tutto senza alcun rispetto delle cose altrui. La facevano sentire violata in qualcosa che le apparteneva. Quindi fu quasi un sollievo quando un Auror appena diplomato chiese timidamente a Diane il permesso di entrare nella sua stanza.
Rachel continuò a tenere d'occhio gli Auror che perlustravano il giardino, dal magazzino delle scope al retro, con un'ansia crescente. Aveva sotterrato l'athame, il diario distrutto e le provette piene di filtro, tutti in punti diversi e nascosti del giardino, e li aveva anche provvisti di incantesimi per nasconderli, ma aveva ugualmente una gran paura che qualcuno riuscisse a trovarli. Ogni tanto si sentiva assalire dai dubbi: e se avessero lasciato inavvertitamente qualche traccia della presenza di Regulus?
Diane le lanciò un'occhiata e, vedendola così spaventata, le rivolse uno sguardo rassicurante. Rachel annuì, sforzandosi di mantenere la calma, anche se il tono inquisitore di Crouch non le piaceva affatto.
« Nel giardino non c'è nulla » annunciò un Auror, entrando in casa, seguito da altri suoi colleghi, un addetto del Ministero che sembrava lì solo per prendere appunti e un'ultima persona di loro conoscenza.
Rachel si conficcò le unghie nella mano stretta a pugno per trattenere l'impulso di prenderlo a calci, quando Barty la vide.
A Rachel bastò scoccargli un breve sguardo omicida per convincerlo a non rivolgerle la parola. Barty si guardò la punta delle scarpe, mordendosi l'interno della guancia per la stizza. Lei notò la sua preoccupazione e la sua ansia: riusciva a percepirle perfettamente, ora che si trovavano l'uno accanto all'altra.
Di colpo si rese conto che lui sapeva tutto, e probabilmente anche Barty stava pensando la stessa cosa, perché entrambi si guardarono con inquietudine. Tutti e due erano a conoscenza sia del fatto che Regulus fosse vivo sia che Barty fosse un Mangiamorte, ma avrebbero continuato a fingere di non saperlo, perché dichiararsi guerra apertamente sarebbe stato ancora più pericoloso.
La stessa cosa non poteva dirsi per i loro rispettivi padri.
« Dieci Auror per perquisire una casa in cui non troveranno nulla e perderanno solo tempo prezioso, complimenti » commentò Perseus, beffardo. « Ora mi spiego perché poi i Mangiamorte veri la passano sempre liscia. »
Rachel non poté fare a meno di lanciargli uno sguardo ammirato, anche se Crouch non sembrava condividere la sua stessa opinione.
« Stai attento a come parli, Queen. Questo è il modo migliore per mettervi tutti nei guai, ancora più di adesso » lo minacciò.
« Non mi sembra che stiate risolvendo molto, al momento » replicò lui, prima che Diane gli intimasse di smetterla.
Crouch gli riservò un'occhiata sprezzante e poi si soffermò a fissare tutti e tre uno dopo l'altro, riflettendo su qualcosa che loro non capivano. Ad un certo punto, si rivolse a Rachel, che sussultò.
« Signorina, dovrei farle qualche domanda. »
Fantastico, pensò lei, inorridita.
« Mia figlia non è una criminale! » protestò Perseus.
« Infatti devo solo interrogarla. Se non ha niente da nascondere, non vedo perché dovreste temere che io le parli » rispose Crouch.
« Chieda pure » disse Rachel, con un tono molto più deciso di quanto credeva, anche se dentro di sé si sentiva tremare dalla testa ai piedi.
Crouch la scortò in cucina per non subire interruzioni e la invitò a sedersi.
« No grazie, preferisco restare in piedi » rispose lei, dal momento che neanche lui accennava a prendere posto su una sedia.
« Faccia come vuole. Dunque » esordì lui, schiarendosi la voce e consultando un rotolo di pergamena, mentre Rachel deglutiva, ansiosa. « Penso che lei sappia perché siamo qui. »
« Veramente no » ribatté lei, sfoderando la sua migliore espressione innocente.
« No? Sappiamo che lei e la sua famiglia state nascondendo Regulus Black, lo ammetta. »
Rachel non dovette sforzarsi troppo per recitare, perché non si aspettava comunque che Crouch lo dicesse subito.
« Ma che dice? Lui... è morto mesi fa... »
« Non credo proprio. »
« Si sta sbagliando. Se fosse vivo lo saprei. »
« Grazie per l'informazione. Questo conferma i miei sospetti. »
Rachel trattenne il respiro, mordendosi la lingua e maledicendo se stessa.
« Lei è fidanzata con lui, giusto? »
« Ero. »
« Certo... » commentò Crouch, beffardo. La fissava dritto negli occhi, e Rachel faceva fatica a restare calma sotto quello sguardo inquisitore. « Quanto tempo siete stati insieme? »
« Un paio di anni, anche se eravamo amici da prima. »
« Quindi anche dopo la scuola, nel periodo in cui era un Mangiamorte. »
Rachel si morse il labbro, perché già prevedeva la domanda che le avrebbe posto subito dopo.
« Lei sospettava che si fosse già unito alle schiere di Lei-Sa-Chi? »
« No » rispose lei, cercando di riflettere rapidamente. Non doveva agitarsi, bastava dirgli quello che aveva sempre detto a tutti negli ultimi mesi. « L'ho scoperto dopo. »
« E ha continuato a frequentarlo? »
« No. »
« Non l'ha più visto da quel momento? » insisté lui, scettico.
« No » ripeté lei, abbassando lo sguardo, nervosa. Per fortuna poteva farlo passare per un gesto di tristezza.
Ad ogni modo Crouch sembrava poco interessato a certi dettagli.
« Signorina, le do ancora cinque minuti di tempo per dire la verità. Altrimenti, quando scopriremo che ha mentito – perché le assicuro che lo scopriremo – sarà accusata di complicità e spedita ad Azkaban insieme ai suoi. Se ci riflette, capirà che non vale la pena rischiare una condanna per proteggere un criminale che si diverte a uccidere Babbani. »
Rachel lo avrebbe preso volentieri a pugni, e neanche in futuro seppe come era riuscita a trattenersi.
« Non ho altro da aggiungere. »
Crouch la guardò con rabbia per alcuni istanti, ed era sul punto di dire qualcosa quando un Auror si affacciò nella cucina bussando alla porta aperta.
« Scusi signore, posso? »
« Sì. Avete trovato qualcosa? »
« No, niente. Mi dispiace. »
Crouch sembrava furibondo, e Rachel fece un respiro di sollievo.
« D'accordo, ce ne andiamo. »
Crouch uscì dalla cucina, di pessimo umore, premurandosi di avvertire i Queen che quella faccenda non sarebbe finita così. Perseus gli aprì la porta, invitandolo silenziosamente ad uscire.
Mentre Crouch lasciava la casa, seguito dagli Auror, suo figlio lanciò un'ultima occhiata a Rachel. Sembrava più sicuro di quanto avrebbe dovuto essere, e lei si sentì invadere da uno strano sospetto. Ma l'ansia sparì quando notò che Barty esibiva dei graffi freschi sulla guancia.
Rachel cercò di trattenere il sorrisetto che le sorgeva spontaneo. Per quella sera Attila si era guadagnato razione doppia di cibo.

***

« Casa tua sarebbe questa? » domandò Regulus, guardandosi intorno mentre se ne stava in piedi all'ingresso.
« Non reprimere il tuo disgusto, o potrei pensare che dopotutto non ti fa troppo schifo » commentò Sirius, ironico.
« Il muro è bucato » gli fece notare quello, indicando tre piccoli fori posti uno sopra l'altro.
Sirius ridacchiò.
« Quella si chiama presa di corrente... e non metterci le mani, idiota. È pericoloso. »
Regulus gli scoccò un'occhiataccia, indispettito, ma non commentò. Non fece commenti neanche sul disordine che regnava in ogni stanza che Sirius gli fece vedere, anche se gli costò molta fatica.
« Tu sistemati qua » gli disse, aprendo una porta in fondo al corridoio, mostrandogli una stanza spoglia, che di sicuro non veniva usata spesso.
« Ok » mugugnò lui, entrando e scrutando la stanza.
« Qualcosa non va? »
« No, tutto bene. Mi chiedevo soltanto... i tuoi compari vengono spesso qui, giusto? Dovrò restare chiuso in questa stanza senza farmi vedere ogni volta? »
Sirius parve pensarci un po' ma scosse la testa.
« Scusa? Io ho fatto di tutto per liberarmi di voi e trovare una casa tutta per me, figurati se adesso ti ospito qui in eterno... Dai, non fare quella faccia, sto scherzando! Resterai qui per qualche giorno e poi decideremo dove portarti. In effetti non è il posto più sicuro, ma per ora è l'unico che mi è venuto in mente. Per quanto riguarda l'Ordine, se ormai Voldemort, Crouch e gli Auror sanno che sei ancora vivo, a questo punto lo dovranno sapere anche loro. Se non lo dicessi sarebbe inutile, visto che quello o quella che ci spia ne sarà già a conoscenza tramite i Mangiamorte. »
Regulus sbuffò, agitato.
« Fantastico » bofonchiò.
Sirius esitò per alcuni istanti, come faceva sempre quando aveva intenzione di essere più cordiale del solito.
« Vedrai che andrà tutto bene » lo rassicurò, senza guardarlo.
Regulus annuì, anche se non ne era del tutto convinto.
« Lo spero. »

***

Alphard chiuse la porta che conduceva alla biblioteca e girò la chiave nella toppa, dando più mandate che poteva. Quando la serratura si illuminò di azzurro, estrasse la chiave e si voltò, porgendola al suo elfo domestico.
« Ecco, Aster, puoi rimetterla a posto » gli disse, e lui annuì, per poi allontanarsi nel corridoio immerso nella penombra.
Alphard si avviò verso il salotto, guardando il sole tramontare oltre l'orizzonte. Era quasi ora di cena, e questo significava che un'altra giornata stava per finire. Sospirò. Dopo aver trascorso le ultime settimane a cercare ricordi su Riddle nella sua testa, rendersi conto di non poter fare di più lo aveva fatto sprofondare di nuovo nell'apatia. Non che si annoiasse da morire – in fondo aveva sempre avuto una mente desiderosa di essere arricchita da nuove conoscenze, e la magia era così vasta che non sarebbe bastata una vita intera a conoscerla tutta, perciò continuava a leggere nuovi volumi volentieri – ma avrebbe voluto fare di più.
La radio sul tavolino del salotto era accesa sulla stazione RSN (Radio Strega Network) e stava trasmettendo una canzone di Celestina Warbeck. Alphard storse il naso, infastidito, e la spense.
In quel momento, qualcosa di luminoso attirò la sua attenzione, e Alphard si voltò verso il cane argentato che era atterrato davanti a lui fluttuando dolcemente.
Il Patronus aprì la bocca e parlò con la voce di Sirius.
« Zio, abbiamo un problema. Hanno scoperto di Regulus e sono sulle sue tracce. Ora non posso spiegarti tutto, ma non agitarti: Regulus starà da me per un po'. Stiamo tutti bene, ma non provare a contattarci a meno che non sia necessario, e comunque mai tramite i camini, potrebbero essere controllati. Uno di noi verrà a trovarti quando sarà tutto finito. Tu intanto non uscire di casa per nessuna ragione al mondo. »
Il Patronus si dissolse nel nulla, lasciando l'uomo in preda ad un'ansia impotente. Il fatto che Sirius gli avesse assicurato che stavano bene lo consolava, ma non era sufficiente a farlo calmare. Come avevano fatto a scoprire che Regulus era vivo? E se lo avessero catturato?
Si impose di calmarsi. Del resto stavano bene e Regulus era al sicuro, non aveva motivo per farsi prendere dal panico. Un pensiero lo fulminò, lasciandolo senza fiato: dovevano avere scoperto della Giratempo rubata. Quando la minaccia di Rodolphus Lestrange lo aveva costretto a rimanere in casa, non aveva più potuto riportarla all'Ufficio Misteri. Così l'aveva fatta sparire per sempre, sperando che gli Indicibili non ne notassero la mancanza. Ma le sue speranze si erano rivelate vane. Sapeva che prima o poi se ne sarebbero accorti...
Un tonfo sordo in lontananza lo fece sobbalzare, e la mano gli si strinse automaticamente intorno all'impugnatura della bacchetta. Scrutò il salotto e il tratto di corridoio che si vedeva dall'interno, ma non c'era nessuno e non si sentiva nulla.
Forse sono paranoico, pensò. Era impossibile che i Mangiamorte superassero gli incantesimi di sicurezza che circondavano la villa. Ma allora perché il cuore gli continuava a martellare nel petto?
« Aster, sei stato tu a fare quel rumore? » chiese ad alta voce, sperando che l'elfo glielo confermasse.
Ma non ricevette risposta.
Alphard fece un respiro profondo, cercando di scacciare le paure che lo stavano assalendo. Era solo una suggestione, non poteva succedergli nulla finché rimaneva dentro casa.
Tenendo la bacchetta levata davanti a sé, uscì dal salotto, iniziando a percorrere il corridoio nella stessa direzione in cui era andato il suo elfo.
« Perseus, sei tu? »
La sua voce echeggiò nella casa deserta e silenziosa, facendogli venire i brividi. Sapeva che non poteva trattarsi del suo amico. Perseus non lo aveva mai fatto spaventare in quel modo, non era il tipo di persona che faceva scherzi del genere.
Continuò a camminare, attento, fino a che non si ritrovò nell'ingresso, intento a fissare il proprio riflesso spaventato su uno specchio appeso alla parete di fronte.
Ma poi un'ombra alle sue spalle si mosse, e Alphard si voltò di scatto, il cuore che sembrava sul punto di scoppiare da un momento all'altro.
Ma era solo Andromeda.
« Oh, Merlino! Sei impazzita? Mi stavi facendo morire di paura. »
« Scusami, zio » rispose la nipote, mortificata. « È che non avevo il tempo di annunciarmi. Devo portarti via subito. »
Lui aggrottò la fronte, perplesso.
« Portarmi via? »
« So tutto di Regulus, ed è per questo che sono qui... »
« Sì, ma Sirius mi ha appena detto di non uscire di casa per nessun motivo. »
« I piani sono cambiati e non ha fatto in tempo ad avvertirti. I Mangiamorte hanno infiltrati al Ministero, soprattutto dopo la morte di Bones, ed è possibile che riescano ad eliminare gli incantesimi che nascondono questa casa. È stato Sirius a dirmi di venirti a prendere. »
Alphard esitò, agitato. Quel cambio di programma gli sembrava strano, anche se verosimile. Ma perché non avrebbe dovuto fidarsi di sua nipote?
« Andromeda, posso farti una domanda? »
« Certo, ma fai in fretta. »
« Qual è stato il primo libro che hai letto in vita tua? »
Lei non esitò, anche se sembrava leggermente delusa.
« Viaggio al centro della terra. Avevo nove anni quando l'ho trovato nella tua biblioteca, e l'ho letto di nascosto. Zio, ti assicuro che sono io. »
Lui trasse un sospiro di sollievo.
« Scusami. »
« Hai fatto bene a chiedermelo. Allora, andiamo? »
Alphard esitò, mentre sua nipote gli tendeva la mano.
« Come ce ne andremo? Devo chiamare Aster? »
Andromeda estrasse dalla tasca un piattino di porcellana.
« Una Passaporta. Ho incontrato il tuo elfo domestico prima e gli ho detto di andare ad aiutare Sirius e Regulus. Sei pronto? »
« Sì... »
Alphard esitò ancora prima di afferrare il piattino. La voce del Patronus di Sirius continuava a riecheggiargli nella testa. Ma quella era decisamente Andromeda, non poteva non fidarsi di lei.
Il piattino s'illuminò di una luce azzurra e Alphard si sentì strattonare via in un vortice ululante.
Atterrò con i piedi su un terreno erboso. Ormai era quasi buio, ma l'uomo poteva vedere ancora con una certa chiarezza il paesaggio intorno a lui. Si trovava nel bel mezzo di una radura, ma di case non vi era neanche l'ombra.
« Andromeda, dove mi hai...? »
Ma si bloccò a metà. Con suo sommo orrore, vide sua nipote svanire in una polvere scura, che fu portata via dal vento.
E improvvisamente si rese conto che la vera Andromeda era sempre rimasta a casa propria, ignara di tutto. Quella doveva essere stata un'illusione, anche se più concreta: era senza dubbio il frutto di qualche magia oscura.
Alphard estrasse la bacchetta, teso e pentito di non aver dato retta al Patronus di Sirius.
Poi qualcuno parlò alle sue spalle, con una voce mortalmente calma.
« Posa la bacchetta, Black. »
Alphard rimase immobile, quasi pietrificato, mentre sentiva dei passi avvicinarsi. Non ebbe molto tempo per ragionare. Il suo gesto fu solo istintivo.
Più rapido di quanto si sarebbe aspettato, si voltò in un lampo, e attaccò il Mangiamorte che aveva parlato, scaraventandolo contro un albero. Senza perdere altro tempo, cercò una via di fuga, ma un altro Mangiamorte si Materializzò davanti a lui, bloccandolo. Alphard indietreggiò, scoprendo di essere circondato.
La disperazione stava per assalirlo, ma rifiutò di arrendersi. Con un movimento della bacchetta evocò una nuvola di fumo che si diffuse intorno a lui, annebbiando la visuale e approfittandone per schiantare un Mangiamorte e sfuggire all'accerchiamento. I suoi aggressori lo inseguirono, costringendolo a combattere su più fronti contemporaneamente, ma alla fine la maggioranza numerica era dalla loro parte, e Alphard si ritrovò disarmato.
Ansimando, fissò con terrore uno dei nemici utilizzare il Lumos per illuminare la radura e avvicinarsi a lui.
« Finalmente ci incontriamo » disse, togliendosi la maschera.
Alphard gli lanciò un'occhiata di puro odio.
« Finalmente ce l'hai fatta a trovarmi, Rodolphus. Una tartaruga sarebbe stata più rapida di te » disse, mascherando la propria paura.
Rodolphus non gli rispose, limitandosi a riservargli un ghigno pericoloso.
« Non provocare, Black, perché stanotte potresti anche salvarti, se ti comporterai bene » gli disse, ignorando il mugugno proveniente dal gruppo di Mangiamorte che lo aveva accompagnato. Alphard non li conosceva tutti, ma riconobbe Rabastan e – sussultò quando la vide – Bellatrix. Lei aveva un'espressione furiosa, di quelle capaci di uccidere con un solo sguardo, e Alphard capì che quella sera lei lo avrebbe visto soltanto come un nemico da eliminare. Del resto era l'unica nipote con cui non era mai riuscito a legare, la più inflessibile, quella che non perdonava mai...
« Come ci siete riusciti? » chiese, cercando di guadagnare tempo, anche se non sapeva neanche lui a quanto potesse servire.
« Quando hai le Arti Oscure dalla tua, tutto è possibile » disse Bellatrix, con un tono sadico. « Non è stato un incantesimo facile, ma ha avuto successo. Quanto a quel libro Babbano, io sapevo molte più cose di quanto tu e Andromeda sospettiate. »
« Immagino. A te non sfugge mai niente »
« Esatto » convenne Rodolphus con voce annoiata. « Ma ora parliamo di cose serie. Se collaborerai con noi, ti lasceremo in vita. »
Alphard si sforzò di restare in piedi, anche se gli tremavano le ginocchia.
« Perché dovrei collaborare con voi? »
« Lo sai benissimo. Sappiamo tutti cosa hai fatto con quella Giratempo che hai rubato, non è necessario fare finta di nulla. »
« Temo di non capire » mentì.
Rodolphus alzò gli occhi al cielo. Ora non sorrideva più.
« Dicci dove si trova Regulus, avanti. »
Alphard serrò le labbra e i pugni, senza dire una sola parola. Bellatrix fece una breve risata beffarda, anche se non sembrava affatto divertita.
« Non ce lo dirà mai, rassegnati. Morirebbe pur di salvare i suoi adorati nipotini. »
« Ben detto, Bella. »
Sul volto di Bellatrix si dipinse un'espressione di profondo disgusto.
« Non mi aspettavo niente di diversa da un traditore del suo sangue! Alla fine ce l'hai fatta a portare sulla cattiva strada anche quella mammoletta di Regulus, eh? »
« Dipende da cosa intendi per cattiva strada. La vostra lo è sicuramente. E non chiamarlo in quel modo, perché è più in gamba di tutti voi messi insieme » replicò Alphard, per la prima volta serio e furioso.
« Questo è tutto da vedere... »
« Adesso fatela finita! » sbottò Rodolphus, innervosito, mettendoli a tacere.
Alphard lo guardò avvicinarsi e puntargli la bacchetta dritta in mezzo agli occhi, sentendo l'ansia e la paura crescere vertiginosamente, ma si obbligò a non dimostrarglielo.
« Ti do un'ultima possibilità. Parla e dicci dove si trova tuo nipote, altrimenti... »
« Altrimenti? » lo sfidò lui con voce fioca.
« Altrimenti arriverai ad un punto tale che ci implorerai di ucciderti. »
Alphard represse un brivido gelido. In quel momento sperò che qualcuno lo andasse a salvare. Nonostante tutto, anche se aveva trascorso buona parte della sua carriera da Indicibile a studiare il mistero della morte, e sebbene sospettasse che gli restava poco tempo, ne aveva ancora paura, e il timore di soffrire era ancora peggiore.
« Non parlerò mai » disse, anche se decine di voci nella sua testa gli urlavano di pensare a se stesso e salvarsi. Ma non diede loro retta. La paura che provava era immensa, ma mai quanto il desiderio di sapere Regulus e Sirius al sicuro. Aveva ceduto alla paura in passato, ma ora non avrebbe ripetuto quell'errore.
« L'hai voluto tu » disse Rodolphus in tono freddo.
Alphard chiuse gli occhi. Sapeva già cosa lo aspettava, e ne era spaventato, ma non avrebbe ceduto.
« Crucio! »
Cadde per terra, scosso da un dolore insopportabile ed esteso per tutto il corpo. Faceva talmente male che era come se lo stessero pugnalando dappertutto con un coltello arroventato. L'unica cosa che riuscì a fare fu gridare di dolore.
Trascorsero minuti, ma potevano essere anche ore, prima che smettesse di urlare, ma il suo corpo continuava a tremare senza controllo, l'ossigeno che entrava a fatica nei polmoni e le guance rigate di lacrime involontarie. Era poco lucido e a mala pena ricordava dove si trovasse. Poteva sentire solo l'erba umida sotto di sé. Non sapeva nemmeno in quanti lo stessero torturando nello stesso momento, ma erano sicuramente più di tre, perché il dolore era aumentato sempre di più, fino a toccare vette che lo avevano indotto a desiderare davvero di morire.
« Parla! » urlava Rabastan, furibondo e impaziente. « Parla o continueremo a torturarti fino all'alba! »
« Fagli prendere fiato, vedrai che ci dirà tutto quello che vogliamo sapere » disse Rodolphus, con un tono calmo che non gli si addiceva e che lo faceva sembrare ancora più pericoloso del fratello.
Alphard non rispose. Cercava di concentrarsi, di pensare ad altro per attenuare solo di poco il dolore, ma questo era troppo forte per essere contrastato. Ogni volta che la Maledizione Cruciatus lo colpiva, gli svuotava del tutto la mente da ogni pensiero, e in quei momenti di vuoto gli sembrava di dimenticare chi fosse. C'era solo quel dolore lancinante che sembrava non avere mai fine.
« Allora? Parlerai oppure no? » gli chiese Bellatrix, agitata.
Alphard rispose solo dopo alcuni secondi.
« Mai. »
Un mormorio si diffuse tra i Mangiamorte che non partecipavano direttamente alla tortura, alcuni increduli e altri divertiti dalla sua testardaggine.
« Si può essere più stupidi di te? » lo sbeffeggiò Bellatrix, furiosa.
Alphard si puntellò sul pavimento e alzò il viso per guardarla negli occhi, ansimando.
« È inutile che continuate a tormentarmi, non dirò una sola parola » rispose, nonostante la voce spezzata. « Come fai a non capirlo? Non c'è nessuno per cui moriresti volentieri? »
Bellatrix non rispose, mentre la sua espressione si induriva, come se le sue parole la avessero in qualche modo colpita.
« Sei disposto a morire per lui? Allora ti accontenteremo » sibilò Rabastan, ma suo fratello gli impedì di puntargli contro la bacchetta.
« No, ci serve! Non sarà utile da morto. »
« Ma non parlerà! Guardalo, si farebbe torturare per altre ore pur di non dirci nulla. »
« Se lo uccidiamo adesso non risolveremo niente. È proprio quello che vuole, non lo capisci? » lo rimproverò Rodolphus, e Alphard strinse i pugni così forte che le nocche gli sbiancarono. Avrebbe davvero voluto che la facessero finita, ma il Mangiamorte non sembrava della stessa opinione.
Quando quello gli puntò di nuovo contro la bacchetta per riprendere la Cruciatus, tremò visibilmente. Non ne poteva più.
« Basta... »
La supplica gli uscì dalle labbra prima che lui potesse fermarla, e odiò se stesso per quell'attimo di debolezza. Un paio di Mangiamorte che se ne stavano in disparte presero a fissarsi i piedi, mentre un altro, forse una nuova recluta, si voltò, incapace di assistere un solo secondo di più.
« Sai cosa devi fare per farci smettere. Dicci dov'è Regulus Black, e ti lasceremo stare. »
Alphard scosse la testa.
« No » disse, e il tono fermo e deciso che aveva usato lo fece meravigliare di se stesso.
E il dolore tornò a invaderlo. Non seppe mai per quanto tempo lo torturarono. Potevano essere cinque minuti o due ore, ma a lui parvero un'eternità. Finché non smisero di nuovo, lasciandolo a contorcersi sul terreno.
« È inutile, stiamo solo sprecando tempo prezioso » sbottò Rabastan, e stranamente nessun altro lo contraddisse.
Si udì un movimento rapido, e poi Alphard si sentì sollevare. Rodolphus si era chinato e lo aveva afferrato per il collo della veste, costringendolo a guardarlo negli occhi.
« Pensi di aver vinto? Ti sbagli. Tanto lo troveremo, con o senza il tuo aiuto. E quando accadrà, uccideremo lui e tutti quei traditori del loro sangue che lo stanno aiutando a nascondersi. E tu sarai morto invano. Allora, è valsa la pena rubare quella Giratempo per poi morire in trappola, il tutto per concedere a quel traditore qualche mese in più di vita? »
Alphard non gli concesse più di parlare. In un secondo scattò, colpendolo con un pugno in pieno volto. Era l'unica cosa che poteva fare per reagire, anche se sapeva che non sarebbe servito a molto.
« Sì, ne è valsa la pena, e lo rifarei » sibilò.
« Maledetto! » imprecò quello, rialzandosi mentre sputava sangue e gli puntava la bacchetta al cuore.
Rodolphus si voltò un istante a guardare Bellatrix, come a chiederle il permesso di finire quello che, in fondo, era un suo parente. Quando lei annuì, Alphard non ne fu affatto sorpreso, ma non per questo gli fece meno male.
Aveva sentito dire che molte persone prima di morire si vedevano scorrere tutta la loro vita davanti agli occhi, ma a lui non accadde.
Gli unici pensieri che gli invasero la mente mentre sentiva Rodolphus scandire l'anatema erano tutti rivolti alle persone che avrebbe lasciato. Poteva già immaginare quali sarebbero state le loro reazioni. Desiderò che gli fosse concessa l'occasione di rassicurarli tutti, di dire che era contento di aver fatto tutto il possibile per aiutarli, e che non sarebbe voluto tornare indietro per nessuna ragione.
Poi la luce verde lo colpì in pieno, e improvvisamente smise di preoccuparsi, i rimpianti e il dolore sparirono, e tutto fu inghiottito dal buio.

***

Regulus e Sirius la guardavano con impazienza. Rachel era pallida come un lenzuolo e aveva gli occhi rossi e umidi di pianto. Una sensazione opprimente arpionò loro le viscere. Sirius tremò e lanciò uno sguardo spaventato a Regulus, che ricambiò, scuro in volto.
La ragazza sospirò, nervosa, in cerca del coraggio di parlare. I due fratelli si ritrovarono a sperare che non lo trovasse mai. Non erano preparati a quello che lei stava per dire, né lo sarebbero mai stati.
« Alphard è morto. »

 
 
 
 
 
 
 
Mi odio. ç___ç
Sto quasi come quando ho finito di leggere l'Ordine della Fenice... T_T
Non volevo che fosse inaspettato, anzi, speravo che foste relativamente preparati... alcune di voi lo erano, gli altri spero che abbiano colto i segnali che avevo messo in precedenza.
Sono mesi che cerco di consolarmi pensando che Alphard era già vissuto più di quanto dovrebbe essere vissuto nel canon, e che se fosse morto prima non avrebbe mai più rivisto Regulus, Sirius e Perseus, quindi per lui è stato meno peggio vivere un po' di più e riuscire ad aiutarli (perché l'ha fatto eccome, lo vedrete), ma non è bastato. Per lo meno ora la smetterò di andare a piangere nel mio angolino senza potermi sfogare con nessuno... T_T
Lo so che è stata una bastardata far apparire Andromeda solo per finta. In effetti non sono ancora riuscita ad inserirla, ma conto di farlo prima o poi, anche se ci sarà molto meno di quanto avevo previsto all'inizio. Ah, non so se esiste una magia del genere, ma tempo fa, rileggendo il capitolo del Prigioniero di Azkaban, ho notato che quando Hermione e Harry parlano delle Giratempo, lei dice che se Harry vedesse una copia di se stesso penserebbe di sicuro ad una magia oscura, quindi mi sono ispirata a quello.
Mi ritiro, prima che mi tiriate una bomba addosso... tanto anzi, vado ad autopunirmi come gli elfi domestici ç__ç
Prossimo capitolo: 15 febbraio (circa, dipende da quando ho l'ultimo esame orale)

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Capitolo 38
*** Alphard ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 38
Alphard

Perseus trasse un respiro di sollievo quando uscì dallo scompartimento chiassoso. Tutte quelle facce nuove che aveva conosciuto lo mettevano a disagio, e sentiva il bisogno di starsene un po' da solo. Tuttavia, dal momento che si sentiva un idiota a rimanere in piedi nel bel mezzo del corridoio dell'Espresso per Hogwarts, con tutti gli altri studenti che lo spintonavano per passare, decise di andare a rifugiarsi in bagno. Non chiese informazioni a nessuno, era troppo timido per farlo. In fondo, bastava percorrere il vagone, e prima o poi lo avrebbe trovato.
Infatti, dopo alcuni metri che fece cercando in ogni modo di passare inosservato, lo vide e vi entrò. Era un bagno abbastanza spazioso per un treno, con diversi cubicoli e lavandini muniti di specchi.
Perseus osservò il proprio riflesso: un ragazzino introverso e visibilmente spaventato ricambiò il suo sguardo. Quel giorno aveva anche un pallore dovuto all'agitazione. Era emozionato di iniziare la sua nuova vita a Hogwarts, ma temeva di avere parecchi problemi. Gli altri del suo anno che aveva conosciuto gli erano sembrati tutti così estroversi... lui invece non ci riusciva, e aveva una gran paura che la sua timidezza potesse renderlo lo zimbello della scuola.
In quel momento, uno dei cubicoli si aprì e Perseus si affrettò ad aprire il rubinetto per lavarsi le mani. Anche la persona che era appena uscita fece lo stesso al lavandino accanto, e Perseus notò che lo stava osservando. Con la coda dell'occhio, notò che doveva trattarsi di un altro ragazzino del primo anno, perché la sua uniforme nuova di zecca non mostrava simboli della Casa di appartenenza.
« Ciao » esordì l'altro, rompendo il silenzio che si era creato.
« Ehm... ciao » rispose Perseus, mentre si asciugava le mani.
« Sei del primo anno anche tu? »
Lui annuì. Il suo interlocutore era più piccolo e mingherlino di lui, aveva i capelli neri e gli occhi grigi. Sembrava un tipo sveglio, ma qualcosa nel suo sguardo gli infondeva fiducia, senza metterlo a disagio.
« Mi chiamo Alphard Black » si presentò lui, tenendogli la mano.
« Perseus » rispose l'altro, stringendogliela e sorvolando sul suo cognome: di solito lo prendevano in giro, quindi preferiva rimandare il più possibile il momento in cui avrebbe dovuto dirlo per forza.
« Sei il primo coetaneo che conosco. Finalmente qualcuno con cui parlare di Hogwarts. »
« Come mai? » chiese Perseus, sforzandosi di fare conversazione.
« Sono nello scompartimento con mia sorella e mia cugina, e mi annoio. Loro stanno per iniziare il terzo anno, e non fanno altro che parlare del fatto che adesso potranno andare al villaggio di Hogsmeade. Hogwarts per loro non è più una novità, quindi non mi stanno a sentire... »
« Io sono figlio unico » disse Perseus.
« A volte vorrei esserlo anche io, anche se poco fa mi ha fatto comodo avere una sorella maggiore. Due studenti più grandi mi hanno trattato male però quando hanno scoperto che sono suo fratello si sono scusati e mi hanno regalato le loro Cioccorane. A proposito, ne vuoi una? »
« Grazie. »
« Nel tuo scompartimento è rimasto un posto anche per me? » chiese poi Alphard dopo una breve esitazione.
« Credo di no. Ma se vuoi possiamo cercarne un altro, non mi sono trovato molto bene » spiegò Perseus, ricordando le due ragazzine che si erano sussurrate qualcosa all'orecchio guardandolo con aria di scherno, e arrossì per l'imbarazzo. « Mentre cercavo il bagno ne ho visti un paio quasi vuoti. »
« Perfetto. Andiamo a prendere le nostre cose? »
Perseus annuì e addentò la Cioccorana che Alphard gli aveva offerto, sorridendo per la prima volta dall'inizio della giornata.

Perseus scagliò il giornale stropicciato dritto dentro il fuoco del camino e lo guardò accartocciarsi mentre le fiamme lo lambivano. Il calore delle fiamme, nonostante il sole di giugno, non riusciva a riscaldare il gelo che lo aveva invaso.
Sentì Diane avvicinarsi a lui ma non si mosse, le mani ancora alle tempie come per impedire alla testa di esplodere.
« Dovresti riposare un po'. Non hai dormito per niente » gli disse lei.
« Neanche tu » replicò.
La sua memoria non faceva altro che rievocare ricordi di anni e anni prima. Gli sembrava che fosse trascorso pochissimo tempo da quando aveva conosciuto Alphard sul treno per Hogwarts... E adesso non riusciva più a togliersi dalla mente la scena che lo aveva accolto quando, la sera precedente, era andato da lui per assicurarsi che stesse bene, e invece non aveva trovato nessuno. Poi gli Auror lo avevano rintracciato, e niente avrebbe più potuto cancellare dalla sua mente l'immagine del suo corpo senza vita.
Non ricordava nemmeno come aveva reagito, né ci teneva a saperlo. Sapeva solo che al momento si sentiva come se una parte di sé fosse morta insieme a lui. Lo conosceva da quarant'anni, e avere interrotto i rapporti per poco meno della metà lo faceva stare ancora peggio. E non era l'unico pensiero che lo divorava.
Diane, da parte sua, si limitava a tenergli la testa posata su una spalla, senza sapere cos'altro fare o dire. Guardava con malinconia lo sguardo cupo e apparentemente svuotato del marito. Non lo vedeva in quello stato da quando loro figlia aveva rischiato di diventare un lupo mannaro, ma in quell'occasione c'era ancora una qualche speranza, adesso invece...
« Lui se lo sentiva, sapeva di avere le ore contate » parlò improvvisamente lui, con la voce rauca. « Perché non l'ho ascoltato? »
« Non potevi fare nulla. Di questi tempi tutti pensiamo di avere ancora poco tempo » rispose Diane.
Perseus annuì, anche se ne era poco convinto. Sapeva che se Alphard avesse potuto parlargli in quel momento gli avrebbe detto di non soffrire per lui, ma accontentarlo sarebbe stato impossibile.
Era il suo migliore amico, ed era morto.
Gli occhi gli pungevano ancora quando si ripromise che chiunque lo avesse ucciso l'avrebbe pagata cara.
La porta d'ingresso si aprì e si chiuse. Perseus non si voltò. Vide Rachel solo quando sua figlia andò a sedersi accanto a lui e rimase così, immobile e in silenzio, gli occhi incapaci di battere le palpebre né di piangere. Lui tacque, almeno finché lei non sussurrò, angosciata, qualcosa che lo scosse.
« Perdonami... »
Perseus la guardò, e improvvisamente comprese. Lei e Alphard avevano compiuto una scelta che si era ritorta contro quest'ultimo, e adesso Rachel si considerava responsabile.
Perseus l'abbracciò. Si sentiva morire, ma non voleva vederla disperarsi in quel modo.
« Non è colpa tua. »
Forse non bastava, ma non aveva la forza di aggiungere altro.

***

« Mi dispiace molto per tuo zio... »
Regulus non alzò gli occhi dalla pagina della Gazzetta del Profeta che stava guardando senza leggere, lo sguardo quasi spento e senza espressione. James si chiese come riuscisse a restare così calmo e impassibile. Non era una reazione normale... ma d'altra parte non lo era neanche quella che, in quello stesso momento, aveva Sirius.
« Ops » fece, chinandosi mentre uno sgabello gli sfiorava i capelli e andava a fracassarsi contro uno specchio, che si frantumò in mille pezzi. « Felpato, non vorrai ammazzarci? » protestò poi.
Sirius non gli diede retta, completamente sopraffatto dal dolore. Aveva appena finito di devastare il l'ingresso, e ora stava passando al soggiorno. James si stupì di trovare pezzi di mobili ancora interi ma temeva che, se non lo avesse fermato, presto Sirius avrebbe ridotto in polvere la sua stessa casa. E mentre lui cercava di non farsi centrare da quei proiettili volanti, Regulus era come immerso in una dimensione tutta sua, e sfogliava le pagine del giornale senza battere ciglio quando qualche oggetto gli sfiorava le orecchie per andare a schiantarsi contro le pareti. James si chiese cosa sarebbe successo se Sirius lo avesse colpito, ma decise che fosse meglio non saperlo.
Estrasse la bacchetta e la puntò in fretta contro Sirius, disarmandolo. Per qualche istante, quello rimase immobile a capire cosa fosse successo, poi lo guardò con gli occhi sgranati e uno sguardo davvero poco rassicurante, uno di quelli che mettevano sempre i brividi a chiunque.
« Perché l'hai fatto? » gridò.
« Stai distruggendo la casa! Va bene sfogarsi ma così rischi di fare del male a qualcuno... E sta' buono, non costringermi a Schiantarti! » lo avvertì, quando lo vide marciare verso di lui e fermarsi a pochi centimetri di distanza.
« Allora vado a cercare Lestrange, così farò a pezzi lui! »
« Tu non vai da nessuna parte! » sbottò James, iniziando a perdere la pazienza. Non pretendeva che Regulus gli desse una mano, impegnato com'era a disinteressarsi di qualsiasi cosa gli accadeva intorno, ma aveva sperato che almeno Rachel collaborasse. Purtroppo al momento era a casa sua.
James strattonò Sirius e lo costrinse a sedersi su una poltrona, sebbene lui opponesse resistenza.
« Lasciami! Voglio ucciderlo, non me ne frega niente di tutto il resto! » gridò Sirius, furioso e disperato.
James esitò, perché non era passato troppo tempo da quando lui stesso aveva perso entrambi i genitori, e capiva la rabbia che il suo amico doveva provare in quel momento, tanto più che Alphard era stato ucciso, mentre James non poteva prendersela con nessuno, perché i suoi erano morti di malattia.
« Senti, Felpato, cerca di controllarti » disse, sentendosi inadeguato. Non aveva la più pallida idea di cosa dirgli né di come calmarlo. Per sua fortuna, Sirius sembrava essersi calmato da solo, come se si fosse sgonfiato all'improvviso. Ora se ne stava a fissare il nulla, perso in chissà quali pensieri cupi.
« Come sei arrivato qui? » chiese all'improvviso, cogliendolo di sorpresa.
« Oh, mi sono Materializzato con il Mantello. »
Sirius annuì, ma subito dopo tornò muto. James odiava vederlo così depresso.
« Ascolta, lo so che stai male » esordì, acquisendo di colpo più sicurezza. « Ma ricordati che ci siamo sempre noi ad aiutarti. Peter voleva venire ma sua madre sta male e deve assisterla, e Remus è in missione e forse neanche sa cosa è successo, ma verranno anche loro, appena potranno. Ti siamo e ti saremo sempre vicini, lo sai. »
Sirius annuì. James si accorse solo in quel momento che Regulus si era alzato silenziosamente ed era uscito per lasciarli soli, e gliene fu grato.
Sirius si guardò intorno e scoppiò in una breve risata nel vedere tutto il caos che aveva creato. James non se ne stupì affatto, lo conosceva troppo bene per considerarlo fuori luogo o per stupirsi dei suoi sbalzi d'umore.
« Lestrange la pagherà cara » disse Sirius, ed ora il suo sguardo sembrava tutto tranne che divertito.
« Me lo auguro, ma tu adesso devi affrontare un lutto, e devi farti aiutare. »
« Non so come » bofonchiò l'altro, gli occhi arrossati che continuava a puntare verso il basso.
« Fatti un giro sulla moto, se vuoi vengo anche io. Sfogati... prendimi a pugni, se vuoi! » si offrì, sfilandosi gli occhiali e riponendoli al sicuro nella tasca.
« Non fare l'idiota » disse Sirius, con un'espressione divertita e sofferente al tempo stesso, tanto che sembrava avere una paralisi al viso.
« Allora parliamo. »
James non era tipo da arrendersi. L'amico lo aveva aiutato a superare il trauma della morte dei genitori, e lui avrebbe fatto altrettanto. In fondo erano Malandrini, e avevano promesso di sostenersi a vicenda ed aiutarsi sempre, qualunque cosa fosse successa.

***

« Ciao. »
Rachel alzò lo sguardo, notando Sirius che era appena entrato in cucina. Erano trascorsi due giorni e il ragazzo sembrava l'unico ad essersi ripreso dallo shock iniziale, anche se ogni tanto aveva della ricadute.
« Oh, ciao » bofonchiò lei, fingendosi impegnata a preparare del tè. « Hai aggiustato tutto? »
« Sì, più o meno. C'è voluto un po', ma ce l'ho fatta... »
Sirius fece un gran respiro e le si avvicinò.
« Senti, c'è una cosa che voglio sapere » esordì in tono deciso.
Rachel sussultò.
« Chiedi pure... Regulus voleva del tè. Ne prendi anche tu? » disse, cercando di apparire tranquilla.
« No, non cercare di sviare il discorso. »
« Non sto sviando il discorso... »
« Bene, allora spiegami perché stai evitando di parlare di quello che è successo. »
Lei guardò Sirius con timore e cercò di trattenere la bufera che la scuoteva dal profondo.
« Che cosa significa? » protestò.
« Significa che prima o poi dovremo affrontare l'argomento. »
Rachel inspirò a fatica: si sentiva come se l'ossigeno non le arrivasse nei polmoni.
« Senti, non so davvero di cosa stai parlando. »
« Lo sai, invece. È la stessa cosa che stiamo pensando tutti e tre da due giorni, ma nessuno di noi ha ancora voluto affrontare la questione. Ora io mi sono deciso. Tu però ti senti in colpa e hai paura, ma tacere non risolverà nulla. Lo sai che non potremmo tacere in eterno, vero? »
Rachel rabbrividì. Perché Sirius stava parlando in quel modo, come se sapesse tutto?
« T-tu sai come Regulus si è salvato, esattamente? » chiese, gli occhi fissi su di lui.
Sul volto di Sirius era apparsa un'espressione consapevole.
« Sì, so che tu e mio zio avete usato una Giratempo e che quel maledetto di Lestrange lo ha preso di mira da quel momento. »
Lei sgranò gli occhi umidi, sorpresa.
« C-come l'hai saputo? »
« Me ne ha parlato proprio Alphard qualche tempo fa. »
Rachel tacque per alcuni istanti, cercando di abituarsi all'idea.
« E... non mi odi per averlo convinto ad aiutarmi? L'ho condannato a morire. Sapevo che qualcuno avrebbe potuto rimetterci, ma pensavo che, al limite, sarei morta io. Non volevo coinvolgere Alphard, ma l'ho fatto... Mi sento in colpa per la decisione che ho preso... »
Rachel si accorse di avere iniziato a piangere solo dopo alcuni istanti. Aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere, ma non ne poteva più di tenersi dentro tutto quello stress. Si sentiva divorare dal rimorso, e anche se non le dava alcun sollievo, sfogare tutto quello che provava nelle lacrime le permise di non impazzire del tutto.
« Se ti ritenessi responsabile me la sarei già presa con te. Ascoltami, nessuno poteva prevedere cosa sarebbe successo e mio zio lo sapeva meglio di te. La responsabilità ve la siete assunta tutti e due e né io né te possiamo dire se avete fatto la cosa giusta oppure no. »
« Non avrei dovuto chiedergli di aiutarmi. Se avessi fatto tutto da sola lui sarebbe ancora vivo. »
« Ti sopravvaluti: non avresti cavato un ragno dal buco senza il suo aiuto. Non saresti mai entrata nell'Ufficio Misteri e, anche se lo avessi fatto, non ne saresti uscita viva. »
Rachel annuì, ma non trovava una minima consolazione nelle sue parole.
Sirius sospirò e riprese a parlare.
« Non avrai paura che Regulus ti chieda di far tornare tutto come prima? Lo sa anche lui che è impossibile, anche se avessimo la Giratempo. »
« No, lo so anche io. Ma è proprio questo il punto. Regulus non ritiene giusto che suo zio sia morto per salvare lui. E non è giusto, infatti... Potrebbe arrivare a odiarmi per questo... » ammise, spaventata.
Sirius le porse un bicchiere d'acqua con fare incoraggiante.
« Non ti odierebbe mai. Ha bisogno di te. Adesso sei l'unica persona che gli è rimasta... »
« Questo non è affatto vero. Anche tu... »
« Il rapporto con me è sempre stato complicato, anche adesso. Lo vedi anche tu che facciamo fatica solo a fare un discorso tranquillo. A volte fingiamo di discutere perché ci troviamo più a nostro agio così: abbiamo dimenticato come si fa ad andare d'accordo. Ora ascoltami bene » la interruppe, prima che Rachel, perplessa, potesse commentare. « Non risolverai niente facendo così. Sei stata tu a decidere di usare quella Giratempo, e mio zio ti aveva avvertita delle possibili conseguenze. Hai preso una decisione, nel bene e nel male, e ora te ne devi assumere la responsabilità fino in fondo. Quindi non credi che sia arrivato il momento di parlarne con Regulus? È il diretto interessato, e credo che ne voglia discutere anche lui. »
Rachel si asciugò gli occhi, inspirando.
« Sì, hai ragione. Però devi esserci anche tu. »
« Certo che ci sarò anche io. Merlino solo sa quante sciocchezze starà pensando, quella testa di legno » sbottò Sirius, alzando gli occhi al cielo. Poi sorrise, e Rachel si sforzò di fare altrettanto, ma non ebbe un gran risultato.
« D'accordo, hai ragione tu. »
« Naturale. Andiamo? » fece lui, avviandosi verso la porta e facendole strada.

***

Si sentì chiamare.
Era immobile e non riusciva a dire nulla. Si limitava a guardare l'uomo appena emerso dalla nebbia bianca che li circondava. Deglutì, stupendosi quasi di poterlo fare. Sembrava soltanto un'illusione.
« Sta succedendo davvero? » chiese, accorgendosi di avere la voce rauca.
« Può darsi » rispose l'uomo con un sorriso.
Alphard era molto più giovane di come lo aveva conosciuto. Non dimostrava più di trent'anni, ma ciò che lo distingueva più di ogni altra cosa era l'espressione serena e priva dell'ombra che lo aveva accompagnato quando era invecchiato.
« Non essere triste per me » gli disse Alphard.
« Non ci riesco... non dovevi morire, non doveva succedere... »
« Prima o poi sarebbe accaduto, che tu lo volessi oppure no... »
« Sei morto al posto mio » sibilò Regulus, e tutta la sofferenza che provava glielo fece dire con un tono sferzante. « Io... vorrei poter tornare indietro... »
« No che non lo vuoi. Sai che non puoi permettertelo: hai ancora molte cose importanti da fare tra i vivi. »
« Ma non è giusto. »
« Tu dici? Volevi che morissi solo e disperato? Ho preferito difendere le persone che mi sono più care, senza cedere ai ricatti e alle torture. Io trovo che sia più giusto così. Proprio tu dovresti sapere cosa significa. » Alphard sorrise, con un'espressione che ricordava molto quella di Sirius quando stava per dire qualcosa di assurdo. « E poi ho venduto cara la pelle. Posso considerarmi soddisfatto della mia determinazione: Rodolphus avrà avuto come minimo una crisi isterica. »
Regulus era troppo orripilato per trovarlo divertente. Ancora non riusciva a farsene una ragione. Suo zio non poteva essere morto.
« Avevo già considerato la possibilità di morire. Sapevo che poteva succedere ed ero disposto a farlo » aggiunse Alphard con una strana tranquillità.
« Non me lo meritavo. Tu non hai mai torturato o provocato la morte di nessuno. Eri migliore di me e meritavi di vivere più di quanto non lo meriti io » disse Regulus, prendendosela con se stesso.
« E per fare cosa? Vorresti davvero invertire l'effetto della Giratempo e far tornare tutto come prima? »
Regulus tacque per molti istanti. Nemmeno lui sapeva decidersi.
« Non so cosa sarebbe stato meglio » ammise.
« Nessuno di noi lo sa. Ma ogni persona ha un ruolo da interpretare: io avevo scelto di aiutare te e tuo fratello, e grazie a quella Giratempo ci sono riuscito. Non voglio tornare indietro e fallire. Sirius l'ha capito, e dovresti farlo anche tu. »
Regulus lo guardò, sorpreso, distendendo il volto per la prima volta.
« Non avercela con Rachel per la decisione che ha preso. Anche lei è tormentata dai sensi di colpa e ha paura, ma credimi, quella che io e lei abbiamo preso insieme, è una scelta che potrebbe cambiare in meglio quello che succederà. Voglio vedervi felici insieme, quindi sostenetevi a vicenda e non allontanatevi. Anche perché Perseus ti ucciderebbe sul serio, stavolta. »
Quella volta la bocca di Regulus si piegò in un vago sorriso beffardo, e lui se ne stupì. Alphard sorrideva a sua volta e vederlo così tranquillo lo fece stare meglio.
« Com'è qui intorno? Perché è tutto bianco e basta? » chiese, anche se sul momento gli parve una domanda stupida da fare.
Alphard si strinse nelle spalle.
« È normale che tu non veda nulla. Per noi è diverso, invece, e ognuno vede quello che gli pare. Per me per esempio è un gigantesco stadio da Quidditch. » Si fermò per alcuni istanti, poi aggiunse in tono confidenziale: « Se non continuerai a fare di tutto per sconfiggere Voldemort non ti terrò un posto nella tribuna dei Black. »
Regulus si lasciò scappare uno sbuffo divertito, ma tacque quando Alphard assunse di nuovo un'espressione seria.
« Ho incontrato tuo padre, a proposito. La morte fa rinsavire tutti, e lui non fa eccezione. Credo proprio che sia fiero di quello che stai facendo, anche se non me lo confermerebbe mai. Anche dopo la morte la testardaggine purtroppo resta la stessa. »
Regulus improvvisamente sentì un sollievo che non provava da molto tempo.
« Spero che mia madre lo capisca prima » confessò.
« Lo spero anche io » rispose Alphard. « Ma non tormentarti troppo, se non dovesse succedere. Sei nel giusto; non dimenticarlo mai. »
Regulus annuì, anche se sentiva una morsa artigliargli le viscere.
Poi Alphard lo richiamò alla realtà.
« Dovresti tornare, adesso. Ti stanno chiamando. »
Regulus non lo accettava. Era così rassicurante rimanere con suo zio, parlare ancora con lui...
« Voglio restare con te. »
« Mi avrai sempre con te. Terrò d'occhio te e tuo fratello, notte e giorno. »
« Sembra una minaccia » disse Regulus con una smorfia sarcastica.
« Lo è. »
Zio e nipote si sorrisero.
La nebbia iniziò a farsi più fitta, e il ragazzo si sentì di nuovo invadere dall'angoscia.
« Non andartene... »
« Non possiamo restare qui per sempre. Hai ancora molto da fare e da vivere » ripeté Alphard, serio.
« Ti devo tutto. Un giorno troverò il modo di dimostrarti la mia gratitudine » disse Regulus, e l'altro annuì.
« Lo so, e ti ringrazio. Ma ora devo andare. »
La nebbia stava già iniziando ad inghiottire Alphard mentre parlava.
« Zio, aspetta! » gemette Regulus, affannato, mentre lo vedeva sparire. Non era ancora pronto a lasciarlo andare.
Ma Alphard era già scomparso.

« Regulus? »
Aprì gli occhi lentamente. Aveva la vista annebbiata e la mente confusa quando sollevò la testa per guardarsi intorno. Al momento non aveva idea di cosa fosse successo e sentiva solo delle fitte fastidiose al collo, come se avesse dormito in una posizione scomoda. Poi tutto quello che era successo gli tornò alla mente, travolgendolo in un'unica ondata. Alphard era morto.
Tornato lucido e piegato dal dolore, si rese conto di essersi addormentato seduto sul letto, la schiena appoggiata al muro freddo, ma il torcicollo ormai era la cosa che lo infastidiva di meno. Lanciò una breve occhiata a Rachel e Sirius, ma distolse subito lo sguardo.
« Come... come ti senti? » esitò lei, visibilmente agitata.
« Bene » mentì lui.
Ignorò la sua espressione triste, mettendosi a fissare una mattonella del pavimento. Ci fu un lungo silenzio, durante il quale gli altri due si scambiarono delle occhiate tese; poi lei parlò con un tono di voce che non aveva mai usato prima.
« Credi che sia stata colpa mia se tuo zio è morto? »
Regulus non rispose, incupito. Non poteva dire di pensarlo davvero, ma non poteva nemmeno negare di averlo pensato. Il ricordo del sogno che aveva appena fatto lo invase. No, non pensava davvero che fosse colpa sua; se l'era detto in un attimo di disperazione, perché l'idea che Alphard fosse morto al posto suo era insopportabile.
« L'ho pensato » ammise tuttavia.
Rachel era impallidita ma non indietreggiò. Lo raggiunse e lo guardò dritto negli occhi. Aveva un'espressione grave e ferma che Regulus non le aveva mai visto in volto.
« Ho preso una decisione rischiosa e alla fine è andata molto peggio di quanto avevo previsto. Ero pronta ad accettare tutte le conseguenze, pensando che sarei stata l'unica a pagare. Ma ora non so che fare. Sono stata una vigliacca a non affrontare subito la questione, ma l'ho fatto perché avevo paura di cosa mi avresti detto... »
Regulus annuì, cupo. Sentì lo sguardo di Sirius fisso su di sé.
« Vorresti far tornare le cose come erano prima? » gli chiese suo fratello, senza troppi giri di parole. Il tono di voce non tradiva la minima traccia di emozione, ma un'atmosfera angosciante calò su di loro.
« Sai che non si può » rispose Regulus.
« Non è quello che ti ho chiesto. Se fosse possibile, lo vorresti? »
Regulus si mise le mani tra i capelli, disperato.
« Non ne ho idea. Sì, lo vorrei, perché se nessuno mi avesse salvato, mio zio sarebbe ancora vivo. Ma non potrei permettermelo » rispose, pensando a tutti gli Horcrux che avevano trovato e distrutto. Percepì il sollievo di Sirius, ma non quello di Rachel. Gli faceva male vederla soffrire, ma per il momento non riusciva nemmeno a gestire la propria sofferenza. Non era capace di rimanere lucido di fronte ad un discorso importante come quello.
« Ti riferisci a quel piano misterioso che avete per combattere Voldemort? » chiese Sirius.
Regulus annuì.
« È importante, ma il fatto è che ancora non sappiamo se la scelta che Rachel ha fatto è stata davvero giusta » disse. « E quello che potrebbe essere giusto per me e per voi, potrebbe non esserlo per il resto del mondo. Magari sul momento siamo in vantaggio, ma alla fine potremmo perdere. Se non fosse cambiato nulla, forse Voi-Sapete-Chi sarebbe stato sconfitto, da qui a dieci o vent'anni. Come facciamo a sapere cosa sarebbe stato meglio, quando anche una minuscola sciocchezza può far cambiare tutto? »
« Non possiamo saperlo. Sappiamo solo che adesso stiamo facendo qualcosa per combatterlo. Se non avessimo usato la Giratempo, forse nessuno avrebbe mai scoperto il suo segreto... o forse sì, non ne ho idea... » intervenne Rachel. Lui vide che aveva gli occhi lucidi e sembrava sul punto di perdere il controllo, ma non lo fece.
« È inutile pensare a cosa sarebbe successo » disse alla fine. « Ormai è andata così, e non abbiamo altra scelta che andare fino in fondo. Il nostro dovere è fare in modo che Voldemort possa essere sconfitto. »
Gli altri due lo guardarono con stupore: era la prima volta che pronunciava il suo nome. E di sicuro non si aspettavano neanche quella risposta così sicura, non così presto.
« Ma questo non cambia il fatto che mi sentirò per sempre in colpa nei confronti di mio zio. Lui è morto per salvare me, ma io non sono stato in grado di salvare lui. »
Rachel gli si sedette accanto. Lui non si ritrasse. Aveva bisogno di sentirsi vicino a qualcun altro, soprattutto ora che aveva perduto l'ultima figura adulta che gli era rimasta.
Poi Sirius parlò.
« Non devi sentirti in colpa. Nessuno dei due deve farlo. Io sono convinto che se Rachel avesse rinunciato a usare quella Giratempo, Alphard se ne sarebbe andato magari tra qualche anno o mese, vivendo i suoi ultimi giorni rimpiangendo un nipote morto a diciotto anni e l'altro che avrebbe continuato a far finta di infischiarsene. Invece, anche se negli ultimi mesi è dovuto rimanere come in prigione, era felice come non gli succedeva da anni. È stato lui a dirmelo, potete credermi. Regulus, lo sai che io e te eravamo come figli per lui, e vederci andare di nuovo d'accordo è stata la cosa più bella che gli sia successa. Quindi, anche se stiamo male per lui, permettergli di vivere felicemente nei mesi che gli restavano è stato molto meglio che lasciarlo morire pieno di rimpianti. »
Regulus lo guardò, stupito. Era esattamente quello che Alphard gli aveva detto nel sogno. Solo che adesso, da sveglio, il sogno non sembrava più tanto reale; le parole di Sirius invece lo erano.
Rachel si asciugò gli occhi arrossati.
« Anche mio padre mi ha detto la stessa cosa, ma non riesco ancora a convincermene del tutto, non se Regulus non la pensa così. »
Regulus taceva ancora, perché Sirius sembrava avere altro da dire, e stavolta si stava rivolgendo direttamente a lui.
« Alphard è morto per impedire ai Mangiamorte di ucciderti. Lui ti ha voluto dare la possibilità di vivere la tua vita, e non sarebbe contento se rendessi vana la sua morte con i sensi di colpa. »
Regulus non se ne spiegava il motivo, ma rabbrividì. Nessuno dei due disse nulla, troppo colpiti per replicare. Sirius scoccò delle occhiate soddisfatte a entrambi, per poi voltare loro le spalle e uscire platealmente dalla stanza.
Seguirono almeno due minuti di silenzio, durante i quali ognuno dei due si sentì echeggiare nella testa le ultime parole di Sirius. Regulus non lo avrebbe mai ammesso, ma il discorso del fratello lo aveva scosso. Sirius aveva ragione, ma lui si sentiva ugualmente disperato.
Rachel gli rivolse uno sguardo eloquente: era palese che anche a lei sarebbe servito molto tempo per accettare quel che era successo. La vide trattenere il respiro e poi avvicinarsi.
Regulus la prese per mano.
« Non sentirti in colpa. Mio zio non lo vorrebbe. »
Rachel sgranò gli occhi, sorpresa e angosciata.
« Come fai a saperlo? »
« Lo so e basta » rispose lui.
Rachel esitò, ma quando vide che lui non si ritraeva, gli gettò le braccia al collo, stringendolo tanto da mozzargli il respiro.
Lui la strinse. Sentiva un nodo alla gola da due giorni, come se avesse infilato tutte le emozioni che provava in una bolla impenetrabile che ora si rifiutava di farle uscire. Ora però gli occhi gli si erano inumiditi. Strinse i pugni e i denti per trattenersi: non voleva cedere, non si sentiva nemmeno in grado di farlo, in realtà.
Ma le emozioni gli sorsero spontanee insieme ai ricordi. Alphard lo aveva accompagnato fin dall'infanzia: era stato lui a insegnargli a volare, gli aveva regalato la sua prima scopa, quella che non aveva mai voluto cambiare, aveva sempre cercato di mediare tra lui e Sirius quando le cose non andavano, metteva sempre una buona parola in famiglia. E improvvisamente si rese conto che non aveva mai abbracciato suo zio, non gli aveva mai detto quanto gli fosse affezionato, e non avrebbe potuto più farlo.
Poi fu come se la bolla in cui aveva relegato tutta la sua sofferenza esplodesse dentro di lui. Mentre le lacrime gli solcavano il viso, incapace di trattenerle, Regulus le fu grato quando Rachel fece finta di non accorgersene.


Diversi minuti e parecchi tentativi di recuperare l'imperturbabilità dopo, Rachel fu comunque la prima ad uscire dalla stanza, perché Regulus doveva ancora assicurarsi di essersi ripreso del tutto e di aver superato l'imbarazzo.
La ragazza raggiunse Sirius nel salotto. Lui stava parlando con James ma, quando la vide entrare, la guardò con un'espressione tesa. Lei non ebbe la forza di sorridere, non era giusto, ma gli rivolse un cenno d'intesa.
« Grazie per quello che hai detto. »
« Sono cose che penso veramente » rispose lui. « Spero che vi siano servite di lezione. »
« Direi di sì. »
Sirius tacque, perché in quel momento Regulus li aveva raggiunti. Si guardarono in silenzio, senza sapere cosa dire, per parecchio tempo. Poi Rachel si mise a guardare con molta attenzione fuori dalla finestra, e James si avvicinò allo specchio nel vano e improbabile tentativo di darsi un'aggiustata ai capelli.
Regulus per alcuni istanti non fece nulla, poi si limitò ad assestargli una rapidissima pacca sulla spalla in segno di gratitudine.
L'atmosfera si era fatta così imbarazzata che tutti accolsero con sollievo le parole di James:
« Vi va un po' di Whisky Incendiario? »
Cinque minuti dopo erano tutti seduti sul divano e le poltrone, sorseggiando i loro bicchieri di Whisky con aria cupa. Erano rimasti in silenzio fino a quel momento, quando Sirius parlò.
« La prima volta che l'ho bevuto ero a casa sua » disse, e tutti capirono che si stava riferendo ad Alphard. « Mi sono intrufolato nel salotto quando nessuno mi poteva vedere e ne ho rubato una bottiglia. »
« E mi hai fatto quasi ubriacare spacciandolo per Succo di Zucca. Avevo otto anni » aggiunse Regulus, facendo spuntare qualche sorriso incerto.
« Ma io ero convinto che lo fosse. Ed eri stato tu a dirmi che lo volevi. Alphard comunque non me l'ha mai perdonato, era terrorizzato all'idea che i nostri genitori pensassero che ci faceva bere alcolici già da bambini. »
« E l'hanno scoperto? » chiese Rachel, sforzandosi di continuare quella strana conversazione.
« Per fortuna no, altrimenti non lo avremmo più visto » rispose Sirius, bevendo un altro sorso. « Però Regulus è stato malissimo. Quasi peggio di Kreacher quando gli ho rifilato la Burrobirra. »
« Sirius, fattelo dire: hai fatto dannare parecchio tuo zio » commentò James, ridacchiando.
« Lo so... Vorrei tanto sapere se adesso si trova da qualche parte e sta bene » aggiunse Sirius, cupo.
Ci fu un'altra pausa di silenzio, poi Regulus rispose.
« Credo di sì. »
Gli altri tre gli lanciarono un'occhiata interrogativa, ma lui non abbassò lo sguardo. Sirius parve sollevato quando si rese conto della sicurezza con cui suo fratello aveva risposto.
« Propongo un brindisi a vostro zio » disse James ad un certo punto, spezzando la tensione.
Mentre brindavano ad Alphard, Regulus si ritrovò a sperare che quel sogno fosse stato davvero reale, perché l'idea che suo zio fosse lì da qualche parte, ad osservarli e ridere degli aneddoti che avevano raccontato, lo faceva sentire meglio.
 
 
 
 
 
 
 

Scusate per l'ennesimo capitolo triste. Prima o poi doveva capitare qualcosa per cui Rachel sentisse la responsabilità di aver usato la Giratempo. Come le aveva detto Alphard, non era uno scherzo, e alcune conseguenze avrebbero potuto tormentarla per sempre. Ha fatto una scelta che comporta delle responsabilità gravi, e non può uscirne senza alcun dubbio o senso di colpa, sarebbe irrealistico e anche ingiusto.
Il sogno di Alphard vedetelo come volete, che crediate o no in questo genere di sogni. Era solo un modo per salutarlo in modo meno tragico. Non so voi, ma rivedere Sirius tramite la Pietra della Resurrezione nei Doni della Morte mi ha fatta sentire meglio, e spero che sia stato così anche per lo zio. =(
Non vedevate l'ora di assistere ad un incontro tra Regulus e James, e di sicuro speravate in un'occasione più allegra, ma ci saranno altri momenti meno tristi, promesso!

Ho finito gli esami e fino a marzo voglio scrivere tantissimo, sempre se l'ispirazione mi assiste. Adesso per esempio corro a scrivere una scena che ho elaborato stanotte mentre ero in preda ad uno dei miei attacchi d'insonnia XD
Prossimo capitolo: 1° marzo

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Capitolo 39
*** Il testamento ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 39
Il testamento

La porta si chiuse alle sue spalle, e Regulus si guardò intorno con scetticismo. Casa Puddle sembrava molto meno in rovina di quando l'aveva vista per la prima volta. Ormai era trascorso quasi un anno da quando si era svegliato sul tappeto di fronte al camino, grondante e sputando acqua dai polmoni, con Rachel e Kreacher accanto a lui, prima in preda al terrore, poi sollevati. Non riusciva a credere che fosse passato così tanto tempo; certi ricordi erano ancora vividi nella sua memoria, e non li avrebbe mai rimossi.
« È proprio necessario? » non poté fare a meno di chiedere, esprimendo il dubbio che aveva fin dall'inizio.
Sirius alzò gli occhi al cielo, ma Rachel gli rispose.
« Lo so che non è il massimo, ma è il posto più sicuro per te. Nessun Mangiamorte verrebbe mai a cercarti in una vecchia casa Babbana. »
« Mould-on-the-Wold è un villaggio semimagico » ribatté lui, riflettendo su quanto fosse strano per lui temere più i maghi dei Babbani.
« Le poche famiglie di maghi che sono rimaste non sapranno mai nulla di te » gli rispose Sirius. « Ho infarcito la casa di incantesimi di protezione, e uno di questi impedisce a chiunque si trovi fuori di vederti, anche se ti affacci alla finestra. E se di notte accendi la luce, all'esterno la casa apparirà sempre al buio. Modestia a parte, sono sempre stato un genio per questo tipo di magie. »
« E sei abbastanza vicino a casa mia, così in caso di emergenza posso arrivare anche a piedi » aggiunse Rachel.
Regulus ignorò l'ultima affermazione di Sirius, ma si convinse. Dopotutto non poteva restare a casa di suo fratello. E almeno avrebbe evitato ulteriori imbarazzi.
Casa Puddle in fondo non era male, ed era anche troppo grande per un solo inquilino. Regulus la ricordava molto più sporca ma Aster aveva fatto un ottimo lavoro, il giorno prima. L'elfo domestico che un tempo era appartenuto ad Alphard sarebbe rimasto con Regulus dal momento che, come Sirius non aveva perso l'occasione di ricordare, non sapeva prepararsi neanche un uovo fritto.
A Regulus Aster piaceva, anche perché lo conosceva da quando era piccolo, ma sentiva la mancanza di Kreacher. Gli faceva pena immaginarlo a Grimmauld Place, tutto solo insieme a sua madre e obbligato a non rivelarle nulla. Non dire la verità alla padrona sarebbe stato difficile per il vecchio elfo domestico, ma Kreacher aveva giurato di non parlare, e Regulus era sicuro che avrebbe mantenuto la parola. Poi gli aveva ordinato di non punirsi.
« Adesso ascoltami molto attentamente » disse Sirius, distogliendolo da quei pensieri. Aveva un'espressione vagamente canzonatoria, notò Regulus con sospetto. « Prima che me ne vada, devo insegnarti a sopravvivere qui dentro. Reggiti forte perché stai per assistere alla prima lezione di Babbanologia della tua vita. »
Regulus incrociò le braccia.
« Mi rifiuto. Sono perfettamente capace di sopravvivere anche senza i tuoi consigli. »
« D'accordo, allora perché non mi fai vedere come accendi la luce? » lo sfidò Sirius, con un'aria sempre più derisoria.
Regulus si guardò intorno. C'erano alcuni oggetti che potevano essere lampade, che tuttavia non avevano il contenitore per l'olio, ma solo un bulbo di vetro. Dopo alcuni istanti di silenzio teso, Regulus estrasse la bacchetta ed evocò delle sfere luminose che iniziarono a fluttuare sopra le loro teste. Notò con irritazione che Sirius era scoppiato a ridere. Rachel invece non sapeva se ridere a sua volta o preoccuparsi perché nemmeno lei aveva la più pallida idea di come accendere la luce senza magia.
« Forse hai bisogno dei miei consigli, invece » disse Sirius. Poi si avvicinò ad un bottone sulla parete e lo premette. Un istante dopo, il lampadario appeso al soffitto si illuminò. Perplesso, Regulus vide che erano i bulbi di vetro che emanavano luce, ma all'interno non sembrava esserci fuoco. I Babbani erano proprio strani, pensò con una smorfia.
« Bè, non vedo la differenza. La mia luce magica è migliore perché si può spostare » affermò, facendo muovere le sfere luminose con un pigro movimento della bacchetta. « Non mi impedirai di usare la magia. »
« Fai come ti pare, ma ci sono un paio di cose che devi sapere per forza. Seguitemi in cucina tutti e tre. »
Sirius li condusse nella stanza accanto e si fermò accanto a una brutta cassa verticale. Regulus ne aveva visto uno identico a casa di Sirius: sapeva che si chiamava frigoreforo, o qualcosa dei simile, e che manteneva freddi gli alimenti. Si era già chiesto a cosa gli servisse, quando esistevano degli incantesimi appositi per congelare il cibo, ma il fratello gli aveva risposto alzando gli occhi al cielo e sbuffando. Sirius, ad ogni modo, stava indicando quelli che sembravano dei fornelli.
« I Babbani non sanno evocare il fuoco dal nulla, quindi si servono del gas per cucinare. Questa manopola serve per aprirlo o chiuderlo. Assicuratevi sempre che sia chiuso, visto che Aster userà la magia. Se invece sentite puzza, significa che è aperto. In questo caso non provocate per nessuna ragione neanche la minima scintilla, altrimenti la casa esploderà. »
L'aveva detto con una tranquillità sconcertante, ma Regulus era sconvolto.
« Mi stai dicendo che devo vivere in una casa che potrebbe esplodere da un momento all'altro? »
« Mi hai sentito? Basta fare attenzione. »
« Le case Babbane sono pericolose » commentò, indignato.
« Oh, non dirmi che hai paura di qualche macchinario Babbano... »
Regulus lo incenerì con lo sguardo.
« Certo che no. »
« Ecco. Adesso torniamo in salotto. »
Sirius si diresse verso una grossa scatola con un vetro solo nella faccia posteriore, e prese una cosa simile ad una bacchetta, solo più larga e piatta e con tanti bottoni. Poi ne premette uno.
Un istante prima nella casa regnava il silenzio, poi scoppiò il finimondo. Lampi, botti e urla invasero la stanza. Prima di riuscire a ragionare, Regulus tirò Rachel per un braccio gridando « Giù! » e si gettò per terra, trascinandosela dietro e accovacciandosi dietro il divano per ripararsi dai colpi.
Come avevano fatto a trovarlo così presto? Dove si erano nascosti?
Sentiva le esplosioni e le urla, ma non vedeva nulla. Anzi, la stanza sembrava tranquilla come prima, tranne per una luce intermittente che si rifletteva sulla parete dietro di lui. Rachel e Aster sembravano altrettanto spaventati e confusi.
« Dov'è Sirius? » chiese lei, cercando di sovrastare il frastuono.
Regulus si accorse di avere il cuore in gola. E se l'avevano colpito?
Poi udì una risata. Una risata fin troppo familiare.
Sempre più confuso, si alzò lentamente, aspettandosi si essere colpito da un momento all'altro. E invece non accadde nulla, perché non c'era nessun altro a parte loro e Sirius, che si era gettato su una poltrona ed era scoppiato a ridere fino alle lacrime.
« Sono lì dentro! » esclamò Rachel, incredula, indicando la scatola.
Era vero. Tanti piccoli omini a cavallo stavano correndo dentro la scatola, lanciando incantesimi da strane bacchette metalliche che emettevano fumo e scoppi. Il rumore proveniva da lì. Le bacchette metalliche sembravano letali, visto che ad ogni colpo qualche avversario si accasciava a terra.
« Ma che razza di...? »
Sirius continuava a ridere e non accennava a farla finita tanto presto. Ancora col cuore in gola, Regulus si rese improvvisamente conto di aver fatto una figura terribile. Umiliato, lanciò al fratello uno sguardo omicida. Doveva assolutamente prenderlo a pugni per ripagare l'affronto, ma si impose di calmarsi. Si era agitato fin troppo.
« Si può sapere che razza di scherzo è? » protestò.
« Dovresti vedere la faccia che hai fatto! » ululò Sirius.
« Basta, quando è troppo è troppo! » sbottò Regulus, infuriato. Gli puntò contro la bacchetta e un attimo dopo la poltrona si rovesciò all'indietro, facendo rotolare via anche Sirius.
Almeno servì a farlo smettere di ridere. Si rialzò a fatica, con un'espressione di sfida.
« Ah, è così? » fece, estraendo a sua volta la propria bacchetta.
« Fermi, padroni, per carità! » esclamò Aster, frapponendosi tra i due. « Aster non vuole vedervi combattere. »
« Sì, fatela finita » convenne Rachel, che si stava riprendendo. « Sirius, spiegaci che cosa sta succedendo dentro quella scatola. Sembra che qualcuno abbia rapito delle persone, le abbia rimpicciolite e infilate lì dentro con dei costumi d'epoca. »
Sirius ridacchiò ancora.
« Non sono veri, sono soltanto immagini. Molti Babbani guardano la televisione per passare il tempo. »
Regulus era ancora arrabbiato, e impiegò una mezzora per capire il funzionamento dei canali e la differenza tra vari tipi di programmi, film e altre cose che non aveva mai visto né sentito, e un'altra ancora per imparare a usare quello che Sirius aveva chiamato telecomando. Doveva ammettere che era un'invenzione ingegnosa, ma lo pensò e basta: al contrario, disse che non avrebbe mai guardato quella televisione. Era piena di Babbani, e lo sport era orribile.
« Non hanno nemmeno i Bolidi » constatò, disgustato, quando Sirius gli fece vedere una partita di calcio. « E quando i giocatori si fanno male, li sostituiscono? Ma non vale, che gusto c'è? »
« Ma vuoi fare silenzio? » disse Sirius, l'ennesima volta in cui Regulus fece un commento negativo. « Per gli slip di Merlino, guardare la TV con te è peggio che guardarla con un'anziana signora sorda e petulante. »
Al contrario di Regulus, Rachel era affascinata dalla televisione, anche troppo. Sembrava trovare eccezionale qualsiasi cosa.
« Oh, Sirius, guarda quello! » esclamò dopo un po'. « Gli somigli molto. »
In effetti era vero, notò Regulus, guardando un tipo che indossava un giubbotto di pelle e se ne stava accanto ad una moto simile a quella di Sirius.
« No, è lui che somiglia a me » replicò Sirius con una risata.
Regulus alzò gli occhi al cielo, chiedendosi se sarebbero mai tornati a parlare di cose serie.


Purtroppo lo fecero, e molto presto. Quando Sirius tornò a trovarlo quella sera, Regulus non si aspettava di vedere arrivare anche Perseus. Dal momento che il fratello adesso gli sembrava di pessimo umore – e, per quanto potesse sembrare incredibile, ancora più di Perseus – Regulus si rivolse a quest'ultimo per avere spiegazioni.
« Cosa avete fatto? »
« Siamo andati alla lettura del testamento » rispose l'uomo, incupito, mentre Sirius si rifugiava in cucina a saccheggiare la dispensa. « È proprio di questo che devo parlarti. »
Regulus strinse i pugni, nervoso, ma gli fece cenno di entrare nel salotto. Per un po' era riuscito a lasciare da parte il dolore per la morte di Alphard, ma non poteva scappare in eterno. La malinconia tornava di continuo, e non lo lasciava mai stare.
Quando si furono seduti l'uno di fronte all'altro, la televisione finalmente spenta, fu Perseus a parlare per primo.
« Immagino che tu ti stia chiedendo cosa c'entro io col testamento di Alphard. »
« No, insomma... eravate amici... » bofonchiò Regulus, imbarazzato, ma lui gli fece cenno di tacere.
« Sono solo un prestanome. Anche se Crouch e i Mangiamorte adesso sanno che sei vivo, a quanto pare hanno preferito non far trapelare la notizia, quindi Alphard non avrebbe potuto lasciarti nulla, almeno ufficialmente. Così mi ha chiesto di fare le tue veci... »
« Ne avevate già parlato? » lo interruppe Regulus, depresso.
Lui annuì, con l'umore altrettanto sottoterra.
« Ha deciso di correre ai ripari da quando i Mangiamorte lo hanno preso di mira, e mi ha chiesto di prendere la tua parte di eredità per poi consegnartela privatamente. »
« Può anche tenersi tutto » disse Regulus, desideroso di non pensare alla morte di suo zio neanche in quell'occasione.
« Alphard sapeva che lo avresti detto, e ha stabilito una percentuale che mi sarei potuto tenere, ma devi essere tu a decidere se va bene. A me importa ben poco, comunque. »
Regulus annuì.
« Può tenere quella percentuale, e anche di più, se le serve. »
« Ti ringrazio... Tornando al testamento, i suoi unici eredi siete tu, Sirius e vostra cugina Andromeda. A quanto ne so, avrebbe voluto lasciare qualcosa anche a Narcissa, ma Alphard ha preferito dare una mano a voi che siete più in difficoltà. Ha lasciato la maggior parte del suo denaro a tuo fratello. Tu invece hai ricevuto una somma inferiore, ma avrai anche il suo elfo domestico e la sua casa. A questo proposito » aggiunse Perseus, estraendo dalla tasca una busta sigillata e porgendola a Regulus, che la prese con aria perplessa. « Qui dentro ci sono le chiavi, tra cui quella della sua biblioteca. È una divisione equa, perché la villa vale tanto, e spero che non ci siano problemi. »
« Certo. Il mio unico problema è che non so se ce la farò a vivere nella stessa casa in cui lui è vissuto per anni... »
Regulus si interruppe, ma non c'era bisogno di concludere la frase per capirne il senso.
« È comprensibile ma... credo che tuo zio contasse molto sul fatto che tu andassi a vivere lì, prima o poi. »
Regulus si morse il labbro, indeciso. Non era sicuro di sentirsela.
« Potrai sempre usare quei galeoni che ti ha dato per ristrutturarla » intervenne Sirius, affacciandosi nel salotto sgranocchiando un croccante. « A me ha comprato questa casa qualche anno fa, a te spetta quella, naturalmente quando la proteggeremo con nuovi incantesimi. »
« Ci penserò... » disse Regulus.
« Alphard ha voluto lasciarti anche qualcos'altro, anche se nel testamento ufficiale non ne ha fatto cenno... » aggiunse Perseus.
I due fratelli tacquero, incuriositi, mentre lui sembrava riflettere sul modo migliore di affrontare l'argomento.
« Ha raccolto dei ricordi, sia suoi che miei, perché pensava che a te e Rachel sarebbero potuti tornare utili. »
« Perché lo pensava? » chiese Regulus, teso.
« Credo che avesse intuito qualcosa su quello che state facendo con Silente » insinuò Perseus.
Il ragazzo si sforzò di restare impassibile, ma era difficile. Sirius, d'altra parte, sembrava molto interessato.
« Cioè? »
« Io non lo so, so soltanto che in qualche modo state cercando un modo per sconfiggere Tu-Sai-Chi, ma non è questo il punto. Alphard vi ha lasciato queste informazioni ma a quanto pare ha badato più alla loro sicurezza che a quella personale, e io non vi so dire dove sono nascoste. »
« L'insistenza con cui ha voluto che tu avessi casa sua mi sembra abbastanza sospetta » intervenne Sirius. « È probabile che li abbia nascosti lì, da qualche parte. »
« Infatti » convenne Perseus, « anche perché non poteva andare altrove. »
« Non ha lasciato altri indizi? » chiese Regulus, preoccupato.
« No, dovrete cercarli » concluse Perseus.
Fece per alzarsi, ma poi si fermò, rivolgendosi di nuovo ai due ragazzi.
« Alphard era felice di vedervi riappacificati. Ma so per certo che avrebbe voluto vedervi collaborare contro Voi-Sapete-Chi. »
Poi se ne andò, lasciando Regulus in preda all'ansia.


« Cos'è, un agguato? »
In effetti, a Regulus era parso molto strano che, durante la visita di Perseus, Sirius non avesse mostrato troppo interesse per la faccenda dei ricordi nascosti di Alphard. Ma conoscendolo, avrebbe dovuto immaginare che il fratello stesse progettando qualcosa. Per l'appunto, aveva aspettato che Perseus se ne fosse andato; poi era entrato nella cucina dove Regulus e Rachel stavano parlando, si era chiuso la porta alle spalle e li aveva fissati con aria di sfida.
« Più o meno. Ora mi direte tutto quello che non mi avete detto fino a questo momento, altrimenti non vi farò uscire da questa stanza. »
« Non so di cosa parli » fu il debole tentativo di Regulus.
« Smettila. Non mi hai mai voluto dire cosa state tramando insieme a Silente, ma siamo arrivati ad un punto in cui non potete più tenervelo per voi. Voglio sapere cosa avete scoperto su Voldemort e cosa state facendo per combatterlo, adesso » disse Sirius, e non aveva mai parlato tanto chiaramente.
Regulus e Rachel si guardarono, nervosi; ognuno sperava che l'altro dicesse qualcosa per trarsi d'impaccio, ma si resero conto di non avere altre possibilità, se non quella di continuare a tacere.
« Non possiamo dirtelo, Sirius » disse Rachel.
« Fate come volete, resterò qui a impedirvi di uscire. »
« Certo che ti dai un bel da fare per renderti sempre più odioso... »
« Faccio del mio meglio » convenne Sirius.
« Quello che ti abbiamo voluto nascondere è una cosa seria, quindi se fai il buffone, non te la dirò mai. »
« Andiamo, sono la persona più affidabile del mondo! Credete che se non fossi affidabile, James mi avrebbe nominato padrino di suo figlio? Ok » aggiunse, notando le espressioni scettiche dei due. « Lo avrebbe fatto lo stesso, ma non è questo il punto. »
Regulus inarcò un sopracciglio, scettico.
« Lo dirai anche a lui, vero? »
Sirius esitò, ma alla fine annuì.
« Assolutamente sì. »
« Almeno sei sincero. »
Regulus sbuffò, nervoso. Non poteva mentire a se stesso: un aiuto in più avrebbe fatto comodo a tutti e due. Ma non voleva che Sirius corresse più rischi di quanti ne correva già, e di questo era assolutamente convinto.
« Se non me lo volete dire perché Silente vi ha chiesto di non farlo... » esordì Sirius, ma fu interrotto dalla replica piccata di Regulus.
« Se pensi che esegua gli ordini di Silente come un cagnolino ti sbagli di grosso. »
« Non oserei mai pensare una cosa simile, figurarsi » lo prese in giro Sirius.
« Regulus? » lo chiamò Rachel, con un tono strano. Lui si voltò verso di lei, inquieto. « Sai, forse dovremmo dirglielo. Credo che Crouch stia cercando di tenermi d'occhio, e non posso più muovermi liberamente come prima... Tu neanche a parlarne, e Silente ha tante altre faccende da gestire. Sirius potrebbe darci una mano... »
« Ecco, da' retta a lei » disse Sirius, mentre Regulus la guardava con aria inorridita. « E poi lo voleva anche nostro zio. »
« Che significa che Crouch ti tiene d'occhio? »
Lei alzò le spalle.
« Quando mi ha interrogata non ha avuto modo di incastrarmi, ma continua a sospettare di me, quindi ho paura che mi farà pedinare di continuo. »
Regulus sbuffò di nuovo, scrutando Sirius con indecisione. Rachel non aveva torto, la loro situazione si era complicata, e suo fratello sarebbe stato d'aiuto...
« E va bene, te lo dirò » disse alla fine, rassegnato.
« Finalmente. »
Regulus si rivolse a Rachel.
« Puoi raccontare tu? Non mi va di ripetere tutta la storia per la terza volta. »
« Certo » rispose lei, comprensiva.


Rachel aveva finito di parlare da un po', ma nessuno era ancora in grado di aprire bocca e fare commenti. Sirius era impressionato e sconvolto, e Regulus pensò di aver fatto bene ad avvertire Rachel di non spiegare proprio tutto... Ma poi Sirius formulò la domanda che lui aveva temuto.
« Scusa, come pensavi di scappare da quel lago senza nessuno che ti aiutasse? »
Regulus non avrebbe voluto rispondere, e non se ne spiegava il motivo. Forse non gli piaceva ricordare quell'episodio, o forse, pensò, i motivi che lo avevano spinto ad andare a morire erano talmente intimi che non gli sarebbe piaciuto svelarli.
« Non pensavo di scappare » ammise, senza guardarlo.
Sirius trattenne il respiro.
Regulus continuò a non guardarlo, indeciso su come sentirsi. Qualche anno prima avrebbe dato qualsiasi cosa per dimostrare di essere più in gamba di lui, ma adesso non gli importava più, e il suo silenzio lo metteva a disagio. Ma doveva ammettere di provare una punta di soddisfazione nel vedere il volto pallido di Sirius, che in passato gli aveva dato del vigliacco diverse volte.
« Quindi... quanti ne avete distrutti di quei cosi? » chiese lui, cercando di riprendere il controllo di se stesso e di deviare il discorso.
« Tre Horcrux sono fuori uso » rispose prontamente Rachel. « Ma non sappiamo ancora quanti ne mancano. Silente pensa che Voldemort ne abbia voluti creare sette, perché è un numero fondamentale, ma non sappiamo né se li ha creati tutti, né di che tipo di oggetti si tratta... anche se sicuramente sono manufatti preziosi. »
« Bè » fece Sirius, pensieroso. « Se Silente ne rintraccia un altro, e voi non potete muovervi liberamente, io posso aiutarvi a recuperarlo. Qualunque cosa pur di fermare Voldemort. »
« Grazie » disse Rachel.
Calò di nuovo un altra pausa di silenzio, finché Sirius non si rivolse a Regulus, perché ormai gli era impossibile continuare a fare finta di nulla.
« Dovevi essere scemo o ubriaco per andare a farti ammazzare in quel modo » commentò, con il suo impareggiabile tatto.
Regulus provò a sospirare, ma gli uscì qualcosa di molto simile ad un ringhio.
« Mi basterebbe che tu non facessi commenti. »
« Sai perfettamente cosa intendevo dire. »
Dopo quell'affermazione, l'atmosfera si fece talmente tesa che Rachel si affrettò a trovare una distrazione qualsiasi, e si interessò molto alle lancette dell'orologio a muro che ticchettavano ogni secondo.
Regulus si sentiva stupidamente emozionato, ma anche terribilmente imbarazzato.
Sì che lo sapeva. Non avrebbe mai sperato che suo fratello gli dicesse di essere fiero di lui, tanto meno in un modo esplicito, ma in quel momento sapeva che le cose stavano esattamente così. Ma forse questa volta neanche a Sirius bastava.
« Sei stato... molto coraggioso » ammise, con tutta l'aria di chi sta provando a masticare del cemento armato. « Forse non saresti stato tanto male come Grifon- »
« Sirius! » sussurrò Rachel, inorridita.
Quello era veramente troppo. Regulus scattò in piedi, fuori di sé, e gli puntò la bacchetta a due centimetri dal naso.
« Non-osare! » lo minacciò. « Ti fa più comodo dire che sono nella Casa sbagliata perché non vuoi ammettere che il coraggio non appartiene solo a quelli come te. Io resto un Serpeverde, e sono fiero di esserlo. È chiaro? »
« Non c'è dubbio. Hai il senso dell'umorismo di un Serpeverde tonto, visto che te la prendi per ogni minima provocazione » rispose Sirius, con un'espressione ironica.
Regulus ripose la bacchetta, deciso a ignorarlo, almeno per quella volta. Forse aveva un po' esagerato con quella sfuriata, pensò.
« Comunque... grazie per quello che hai detto prima... » bofonchiò, ingoiando il proprio orgoglio.
« Di nulla » rispose Sirius. Stavolta il suo sorriso non era ironico né sarcastico. Sembrava soltanto colmo di ammirazione.
« Voi due non siete normali. Ve ne rendete conto, vero? »

***

Ora che Voldemort sapeva che Regulus era vivo, probabilmente doveva saperlo anche la spia, quindi fu Silente stesso a darne la notizia all'intero Ordine della Fenice.
Se Malocchio reagì con un pratico « Ottimo, informatori nuovi sono sempre utili », molti altri furono più scossi. L'unica dei ragazzi ad aver mantenuto la calma era Lily, che al contrario non sembrava affatto sorpresa.
« Lo sapevi già? » le chiese Sirius, lanciando a James un'espressione preoccupata, e quello la ricambiò a sua volta, incredulo.
« Avevo sospettato qualcosa, in effetti. James si comportava in modo strano, certe volte... ma ho deciso di non chiedergli spiegazioni per non metterlo in crisi e costringerlo a tradire la tua fiducia, Sirius. Sarebbe stato capace di punirsi da solo come un elfo domestico » disse la ragazza.
« È per questo che l'ho sposata » affermò James, sollevato. « Lei sa cos'è davvero importante per me. »
« Io invece non mi ero accorto di nulla » commentò Peter, senza espressione.
« Mi dispiace di non avertelo detto prima » gli disse Sirius, ma l'altro fece spallucce.
« Non fa niente » rise nervosamente.
Per diversi secondi, anche i fratelli Prewett erano rimasti senza parole, evento molto raro. Poi Fabian ruppe il silenzio, allentando la tensione come sapeva fare meglio.
« Questo significa che non sei più libera? » chiese a Rachel, che fino a quel momento aveva temuto la reazione di tutti. « Peccato! Volevo organizzarti degli incontri al buio con un mio amico. E ora cosa gli racconto? »
Lei dovette sforzarsi per restare seria, mentre Gideon iniziava a sghignazzare.
« Ti avevo detto di avvertirla prima, Fabian. Comunque, siamo contenti per voi, ma dovrete essere puniti per essere stati così diabolicamente bugiardi. Aspettatevi uno scherzo di quelli pesanti, uno di questi giorni. »
Rachel esitò, poi vide un sorriso sul suo volto e si sentì più sollevata. Aveva temuto che la prendessero peggio. Poi lanciò delle occhiate dubbiose in direzione delle due ragazze di fronte a lei.
Emmeline e Dorcas sembravano avere ancora bisogno di un attimo per riprendersi.
« Non ci posso credere... » aveva commentato la prima, incapace di aggiungere altro. Poi andò ad abbracciarla.
« Non... non ce l'hai con me per non avertelo detto? » le chiese Rachel, preoccupata.
Emmeline scosse la testa.
« Un po', ma non importa. Sono contenta che Regulus sia cambiato, davvero. »
Dorcas invece non sembrava proprio della stessa opinione degli altri.
« Avresti dovuto dirmelo » affermò con un tono calmo ma deciso, e si rivolgeva esclusivamente a Rachel.
« Lo so, mi dispiace. »
« Non fraintendermi, anche io sono felice per te, ma mi sento presa in giro. Pensavo che stessi male sul serio e mi sono preoccupata per te, ho cercato di aiutarti con l'Incanto Patronus, e invece stavi solo recitando. »
Rachel non poté biasimarla. Si era già sentita in colpa tante volte proprio per quella ragione.
« All'inizio non fingevo per niente. Non... non sapevo che Regulus fosse ancora vivo » provò, mortificata.
« Poi però l'hai saputo, e hai continuato. »
« Dorcas, hanno dovuto mentire per forza. Tu avresti fatto lo stesso per proteggere una persona a cui tieni » intervenne Sturgis. Era la prima volta che parlava con un tono così deciso, e la sua stessa sorpresa lo fece arrossire. Rachel sentì un gran moto di affetto nei suoi confronti, e gli sorrise, riconoscente.
« Non cerco giustificazioni, ero spaventata all'idea di perderlo di nuovo. Scusa... »
Dorcas sospirò.
« Non devi scusarti » disse, abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri. « Avrei solo voluto la tua stessa fortuna. »
Rachel si sentì stringere il cuore, ricordando di quando Dorcas le aveva raccontato della morte di Marlene McKinnon. Era la sua migliore amica, ma lei non era mai stata salvata grazie a un viaggio temporale.
Aveva provato a rifuggire quei pensieri per mesi e mesi, ma ora non poteva più farlo. Ogni giorno che passava, capiva sempre di più tutti gli avvertimenti che Alphard le aveva dato prima di portarla all'Ufficio Misteri. Ultimamente aveva visto morire tante persone, ma loro non erano tornate indietro. Non c'era nulla di giusto in tutto ciò.
Decidi con cautela. Potresti avere dei rimorsi di cui non ti libererai mai. Era stato Alphard a dirglielo. E quando lui era morto, si era sentita esattamente così.
Sono disposta a sopportarli, aveva risposto, ignara. Era molto più facile dirlo che metterlo in pratica. Ormai aveva quasi scordato cosa significasse sentirsi in pace con la propria coscienza. E lo stato d'animo di Dorcas non faceva che contribuire a peggiorare il suo.
« Mi dispiace per Marlene » le disse, rendendosi conto di quanto quelle parole apparissero vuote.
Si sentiva in colpa, perché se aveva usato la Giratempo per salvare Regulus, perché non avrebbe dovuto farlo per Marlene, o Edgar e tutti gli altri? Ci aveva pensato spesso, anche se le circostanze in cui tutti loro erano morti non permettevano intrusioni temporali. Quello di Regulus era stato un caso eccezionale, dato che gli unici testimoni erano degli Inferi. Ma Alphard aveva fatto sparire nel nulla la Giratempo. Forse aveva previsto che lei ci avrebbe provato, e l'aveva distrutta, chissà. Dentro di sé, sentiva che sarebbe stata impossibile da recuperare, e questo la rattristava, perché vedere Dorcas in quello stato le faceva male.
« Non fare quella faccia, non devi di certo sentirti in colpa » le disse l'altra, come leggendole nel pensiero. « Sono i Mangiamorte che l'hanno uccisa che devono pagare » aggiunse, stringendo i pugni e digrignando i denti. « Promettimi che chiederai a Regulus se sa chi è stato, o qualsiasi cosa possa tornarmi utile. Sono quasi due anni che li cerco. »
« Glielo chiederò, te lo prometto » rispose Rachel.

***

Dorcas aveva visto Gideon avvicinarsi con la massima prudenza, ma fece finta di non averlo notato, neanche quando lui la chiamò più volte, almeno finché non cercò di richiamare la sua attenzione provando a farle il solletico.
« Non lo soffro » gli ricordò, senza battere ciglio.
« Ma ha funzionato. Credevo ti fossi persa la lingua da qualche parte. »
« Te ne vai, sì o no? »
« No, voglio stare qui » rispose lui, facendola fremere di rabbia.
« Se vuoi rimanere, fallo, ma resta in silenzio » lo avvertì.
Gideon per un po' non disse nulla, limitandosi a sedersi e iniziando a tamburellare le dita contro il tavolo. Dorcas chiuse gli occhi e trattenne il respiro per costringersi a non sbottare, ma dopo due minuti quel ticchettio l'aveva esasperata.
« Finiscila! »
« Cara, cosa ti turba? »
« Non chiamami in quel modo. »
« Te l'ho mai detto che sei molto dolce? »
Dorcas si mise le mani tra i capelli, esasperata.
« Gideon, non sono in vena di scherzare. Che accidenti vuoi da me? »
« Va bene, te lo dico » disse lui, alzandosi in piedi e raggiungendola. Aveva assunto un'espressione molto più seria. « E visto che non ti piacciono i discorsi lunghi o, se vogliamo dirla tutta, smetteresti di ascoltarmi dopo sessanta secondi, te lo dirò in breve. Ti manca Marlene, vero? »
Lei lo fulminò con lo sguardo.
« Complimenti per l'intuito. Mi hai spiata mentre ne parlavo con Rachel? » rispose, sarcastica.
« Veramente no. Non ho bisogno di origliare le tue conversazioni per sapere cosa ti passa per la testa. »
Dorcas si rifiutò di guardarlo.
« All'inizio ero rimasta male con Rachel. Mi ricordava me stessa dopo la morte di Marlene » ammise, anche se confessarlo la faceva stare male, ma sentiva il bisogno di sfogarsi. « Mi sono offerta di aiutarla con l'incanto Patronus, le ho pure parlato di quello che mi era successo... E scoprire che mi teneva nascosta una cosa del genere mi ha dato fastidio. Ma la capisco. Al posto suo avrei fatto di tutto per evitare che a Marlene fosse torto solo un capello, anche mentire a chiunque altro sulla faccia della terra... »
« Lo so » confermò Gideon. « Voi due eravate come me e Fabian, o come Black e Potter, solo meno divertenti... almeno tu, Marlene era molto spiritosa. »
Dorcas lo guardò male. Era serio, lo capiva, ma non riusciva a capire il suo bisogno di fare sempre battute anche nei momenti peggiori. Magari lo aiutavano ad andare avanti. Forse avrebbe dovuto prendere esempio da lui, pensò.
« Secondo lei io ero molto divertente » protestò.
« Sì, lo sei quando sei sarcastica o tratti male le persone. Non lo sei quando tratti male me, però. »
« Io invece dico di sì. »
Dorcas non era molto convinta che il metodo di Gideon funzionasse, perché non aveva la minima voglia di scherzare. Non poteva fare a meno di domandarsi perché le era capitato proprio quel destino, perché non poteva essere Marlene a riemergere e annunciare di non essere mai morta... non era giusto, o per lo meno, non aveva la minima logica.
« Sai, manca molto anche a me » ammise Gideon.
Dorcas lo guardò, sorpresa.
« Davvero? »
« Certo. Anzi, ogni tanto sento la sua vocina nella mia testa. »
Lei lo guardò fisso, in perfetto silenzio per diversi secondi.
« D'accordo, che ti sei fumato? »
« Niente, giuro. »
« Giusto, sei matto già di tuo » disse Dorcas, e si ritrovò a sorridere senza spiegarsene il motivo. « E che cosa ti dice, questa voce? »
« Che dovresti accettare il fatto che, anche se non potete parlare o scherzare tra di voi come un tempo, lei non ha mai smesso di esistere. Il suo ricordo fa parte di tutti noi. »
« Molto consolante » commentò lei, sarcastica.
« Che dovresti smettere di essere così brusca, perché il tuo è soltanto un modo per difenderti allontanando il resto del mondo... » proseguì lui, senza darle retta.
« Non è vero... »
« E che non è carino rompere il setto nasale di un poveretto sbattendogli la porta in faccia » concluse Gideon, ridacchiando.
Per alcuni istanti lei lo fulminò. Ma poi pensò che era esattamente quello che Marlene le avrebbe detto.
E alla fine, senza rendersene quasi conto, si ritrovò a sorridere a sua volta.

 
 
 
 
E' un peccato che Regulus non sia rimasto a casa di Sirius, ma con Peter che gironzola da quelle parti era meglio evitare... casa Puddle ve la ricordate, vero? Non sapevo quando l'avrei utilizzata di nuovo, ma immaginavo che mi sarebbe stata utile, e infatti è così. ^^
Il tizio con la moto e il giubbotto di pelle che vedono in tv ovviamente è Fonzie XD Avevo promesso di far scoprire a Regulus la tv, e Happy Days è l'unico programma che conosco e che di sicuro veniva trasmesso in UK in quegli anni. E poi Alohomora e fuckinmind ci tenevano, quindi le ringrazio per la chiacchierata che mi ha ispirato questa scena XD
E' un sollievo liberarsi di qualche segreto: ora l'Ordine sa di Regulus, e Sirius sa degli Horcrux e che a certi Serpeverde coraggiosi non piace essere accomunati ai Grifondoro XD
Prossimo capitolo: 15 marzo

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Capitolo 40
*** La terza volta ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 40
La terza volta
Luglio 1980

« E la chiamano estate » fu il primo commento di Sirius, non appena fece il suo ingresso al quartier generale dell'Ordine della Fenice, sfilandosi il mantello zuppo di pioggia e iniziando ad asciugarlo a colpi di bacchetta.
In casa c'erano già quasi tutti, tranne Frank, Alice, Emmeline e Moody. Sturgis era sparito da qualche parte e Dedalus portava dentro la legna, mentre tutti gli altri erano in salotto, in attesa.
Non appena i due nuovi arrivati vi entrarono, si gettarono letteralmente sul divano. James era così fradicio che i suoi capelli sembravano miracolosamente quasi piatti.
« Com'è andata la ronda? » chiese Peter.
« Male. Noiosa come al solito. Non abbiamo potuto Schiantare nessuno » bofonchiò Sirius, rancoroso e di cattivo umore.
« Quindi bene » fece James, dando una pacca consolatoria a Peter, che all'inizio sembrava essersi spaventato. In realtà non pareva rassicurato neanche dopo, ma nessuno dei presenti vi fece caso. « Che state combinando qui? »
« Aspettiamo che arrivi Malocchio per iniziare la riunione, ma ha da fare con gli Auror, e non sappiamo quando si libera » rispose Dorcas, senza alzare gli occhi da alcuni documenti che si era portata dal lavoro.
« Lily! » esclamò James all'improvviso, come se l'avesse vista solo in quel momento.
« Che c'è? » fece lei, perplessa.
« Che cosa ci fai qui? » le domandò lui, scattando in piedi e raggiungendola.
Lei aggrottò la fronte, lanciandogli uno sguardo indagatore.
« Perché, non dovrei? »
« Bè, sai... il bambino... » fece lui.
Lily alzò gli occhi al cielo.
« Oh, ora non dirmi che non posso neanche partecipare alle riunioni dell'Ordine? » protestò, mettendo le mani sui fianchi. « Sono incinta, non ho il vaiolo di drago! »
« Come vuoi tu » si arrese lui, sotto l'espressione soddisfatta della moglie.
Sirius tuttavia era ancora di cattivo umore. Da quando Alphard era morto, gli succedeva spesso di incupirsi all'improvviso e non rivolgere la parola a nessuno, e questo era uno di quei momenti. Era meglio di quando veniva assalito da attacchi di rabbia inconsulta, e per lo meno in quel caso tutti sapevano più o meno cosa fare: lasciarlo calmare da solo e non disturbarlo.
Rachel decise di andarsene in cucina a bere qualcosa, e Lily parve avere la stessa idea.
« Puoi bere il Succo di Zucca, vero? » le chiese Rachel, dubbiosa.
« Sì. È una delle poche bevande che mi sono ancora concesse » rispose l'altra, prendendo il bicchiere che lei le porgeva. « Grazie ».
Mentre bevevano, ognuna concentrata sul proprio Succo di Zucca, rimasero in silenzio, guardando in direzioni opposte per non incrociare gli sguardi, dal momento che non sapevano cosa dirsi. Alla fine tuttavia Lily prese la parola.
« Sirius non sta affatto bene, in questo periodo. Ogni volta che ha quell'espressione mi preoccupa ».
Rachel la guardò, attenta.
« È naturale che sia furioso. Lo sono anche io ».
« Scusa, non sapevo che anche tu conoscessi bene suo zio ».
« Non quanto lui e Regulus, ma Alphard mi ha aiutata molto » rispose Rachel, pensando a quanto gli doveva. Del resto, se suo padre non avesse litigato con Alphard prima della nascita di lei, Rachel sarebbe arrivata a considerarlo una persona di famiglia. E in un certo senso lui si era comportato come tale da quando si erano incontrati.
Bevve un altro sorso e riprese a parlare.
« Cosa ti preoccupa? Che Sirius voglia uccidere Lestrange? Sarebbe il primo dell'Ordine della Fenice ad uccidere un Mangiamorte? »
« No. È capitato anche a qualcuno di noi, ma sempre e solo quando le uniche alternative erano uccidere o essere uccisi. Lui invece vorrebbe farlo di proposito, è diverso. Non che non lo capisca, ma è una cosa che preoccupa anche James, non solo me... »
« Credo di capire cosa intendi. Non vorreste che scendesse al suo livello, ma secondo me tutti noi vorremmo uccidere chi ci porta via qualcuno ».
« Quando ti capita di ritrovarti di fronte alla persona che ha ucciso qualcuno a cui tieni, anche se ci provi, è difficile riuscire a ucciderla sul serio ».
Rachel sospirò.
« Forse hai ragione, io non ci riuscirei. Ma credo che, più che per nobiltà d'animo, non ne avrei il coraggio » ammise. « Ma tu credi davvero che Sirius sia in grado di farlo? »
Lily alzò le spalle come per dire che non lo sapeva, ma qualcosa nel suo sguardo fece intuire a Rachel che doveva esserci qualcosa che non voleva dire.
A distrarle da quella conversazione, ci pensò Alice, che le raggiunse in quel momento, seguita da Hagrid e Dorcas, la quale sembrava essersi stancata di leggere le scartoffie di prima. Alice e Lily fecero per salutarsi con un abbraccio, ma riuscirono solo ad avvicinarsi goffamente a causa delle loro pance sempre più ingombranti. Così si limitarono a scambiarsi un sorriso, mentre Hagrid dava una pacca sulla schiena di Rachel, facendole rovesciare il Succo di Zucca per terra. Dorcas fece un sorriso divertito e le porse un altro bicchiere pieno.
« Grazie ».
« Frank e gli altri stanno per arrivare » stava dicendo Alice, ringraziando poi Hagrid che le aveva portato una sedia. « Caspita, inizia a diventare complicato camminare per molto tempo » commentò, e Lily annuì, comprensiva.
« Quanto vi manca? » chiese Dorcas, che stava bevendo con la schiena poggiata al bancone della cucina.
« Meno un mese. Prima ero terrorizzata all'idea del parto, ma adesso non vedo l'ora che arrivi quel momento » rispose Alice, affaticata.
« Lo stesso vale per me. Non che dopo la nascita sarò più tranquilla, ma... » fece Lily, pensierosa.
« Su, non vi state a preoccupare troppo » cercò di rassicurarle Hagrid, mentre serviva loro un altro giro di Succo di Zucca. « I vostri marmocchi staranno benone, ci penseremo noi dell'Ordine a difenderli ».
« Grazie, Hagrid » disse Alice, scambiandosi uno sguardo d'intesa con l'altra, che nessuno degli altri due colse.
Rachel non poté fare a meno di chiedersi come mai avessero deciso di correre un rischio così grande: mettere al mondo un bambino in piena guerra sembrava una follia, anche se sapeva che molti maghi e streghe avevano fatto la stessa scelta.
A quanto pareva, Dorcas stava pensando la stessa cosa.
« Posso togliermi una curiosità? » domandò loro. « Perché avete deciso di fare dei figli adesso? Non avreste voluto aspettare che finisse la guerra, per essere sicure che possano avere un futuro sereno? »
Le altre due si guardarono, sorridendo.
« Lo abbiamo pensato spesso, in effetti » disse Alice, con l'aria di chi aveva dovuto spiegarlo diverse volte. « Però vedi anche tu quanta gente muore ogni giorno, e noi che combattiamo in prima linea non siamo esenti da questa possibilità. Non vorrei morire senza aver vissuto la mia vita con le persone a cui tengo. È una scelta rischiosa, ma non voglio che la guerra mi impedisca di essere felice, anche solo per poco tempo. Non sappiamo nemmeno quando e come finirà. Forse attendere è più saggio, ma non vorrei correre il rischio di sprecare la mia esistenza ».
Rachel guardò Dorcas: sembrava pensierosa, come se quel discorso la toccasse da vicino.
« Se non fosse stato per la guerra, tutte noi avremmo preso decisioni diverse » aggiunse Lily. « Io non mi sarei mai sposata a diciotto anni né avrei avuto un figlio così presto. Avrei aspettato. E non credo che sia dovuto solo al bisogno di avere un punto di riferimento stabile nella propria vita. Certo, il fatto di avere una sorella inesistente e due genitori morti ha contribuito, ma se non ci fosse stata la guerra, non sarei mai stata così matura alla mia età. Quello che sta succedendo, invece, ci sta facendo crescere tutti prima del previsto, quindi siamo più disposti ad assumerci delle responsabilità che in tempi normali farebbero paura. Insomma, a voi fa più paura l'idea di sposarvi o quella di affrontare Voldemort? »
Rachel rise nervosamente con le altre due.
« Credo che affrontare Voldemort sia molto peggio » intervenne.
All'improvviso si era ritrovata a pensare alla propria situazione. Da quando Regulus le aveva donato l'anello che lei portava sempre al dito, le aveva fatto capire che lui stava già pensando al loro futuro. Ora Rachel si era resa conto che, se fossero vissuti in un periodo più pacifico, lei stessa sarebbe stata piena di dubbi: Regulus sarebbe stato sempre lo stesso? Oppure, non avendo avuto i presupposti per cambiare e abbandonare le schiere di Voldemort, avrebbe continuato ad essere succube della sua famiglia? Lei non sarebbe andata d'accordo con la madre di lui, e forse non sarebbe riuscita a scendere a compromessi tra i loro modi di pensare molto diversi. Forse non avrebbero sviluppato quell'intesa e quel legame che ora la rendeva sicura che fosse lui quel che più si avvicinava all'idea di anima gemella. Ed era altrettanto sicura che, senza la guerra, entrambi sarebbero stati molto più immaturi.
Lily e Alice avevano ragione: sia lei che Regulus erano maturati moltissimo, forse abbastanza da cominciare a progettare una vita insieme. Ma adesso era lui a voler portare a termine la distruzione degli Horcrux prima di fare qualsiasi altra cosa, almeno a quanto Rachel aveva intuito. E lei non aveva intenzione di forzarlo troppo, anche se aveva paura di aspettare troppo una tranquillità che forse non sarebbe mai arrivata.
Dorcas sembrava meno convinta, ma non disse nulla. Rachel si chiese che cosa la tormentasse. Non era una persona aperta, e tendeva a nascondere quello che provava. Forse Emmeline sapeva qualcosa di più, visto che la conosceva da più tempo... anche se un vago sospetto Rachel lo aveva.
Il suo fiume di pensieri fu frenato quando vide Sturgis passare davanti alla porta della cucina. Sembrava piuttosto agitato. Rachel salutò le altre e lo seguì.
« Va tutto bene? » gli chiese, raggiungendolo di fuori. Stava ancora piovendo, ma la tettoia sopra la porta sul retro riusciva a ripararli.
« Oh, ciao... Non proprio, veramente, ma non importa » borbottò, malinconico.
Rachel lo guardò con preoccupazione.
« Se preferisci vado via... »
« No... in realtà potresti essermi utile... »
« Ok ».
Rachel lo guardò con perplessità. Il ragazzo tentava di trovare le parole giuste per iniziare il discorso, ma tutti i suoi sforzi non avevano avuto successo.
« Oh, va bene! » esclamò lui alla fine, esasperato. « Potresti aiutarmi? »
« Certo. Di cosa si tratta? »
« Ecco... tu sai che Emmeline mi ha raccontato di Crouch, vero? »
Lei annuì.
« Sì, so tutto. È stato gentile da parte tua offrirti di farla distrarre un po'. Siete già usciti, a proposito? »
« È proprio questo il punto. So che gli Hobgoblin tra qualche mese faranno un concerto, e stavo pensando di portarla lì. Secondo te è una buona idea oppure no? »
Rachel inarcò le sopracciglia.
« Direi che hai fatto bene a chiedermelo. Emmeline non va matta per gli Hobgoblin ».
« Oh... »
« Non preoccuparti, qualsiasi altra cosa andrà bene, anche un gelato da Florian Fortebraccio ».
Sturgis parve improvvisamente sollevato.
« Grazie. Allora le chiederò se le va ».
Sebbene si sforzasse di apparire tranquillo, a Rachel sembrò molto agitato, più del dovuto.
« Sturgis, c'è qualche problema? »
Lui sussultò.
« No no, va tutto bene. Ho solo paura di non saper cosa dire e di fare scena muta » ammise.
« Non hai motivo di preoccuparti. Con me parli senza problemi. Siete amici: perché con lei dovrebbe essere diverso? »
Lui cercò disperatamente di trovare una risposta, ma il suo silenzio troppo lungo valse più di mille parole. Rachel lo fissò con aria esterrefatta.
« Per i bigodini di Morgana... »
« Ti prego, non dire nulla... » disse Sturgis con un tono depresso.
Lei si impose di non sorridere, anche perché Emmeline al momento non poteva ricambiare quello che Sturgis provava nei suoi confronti.
« Non ti scoraggiare » gli disse, notando il suo stato d'animo. « Deve superare questo momento difficile, ma secondo me hai ottime possibilità ».
Sturgis accennò un sorriso tirato, ma non sembrava molto persuaso.
« Non farle sapere nulla, però. Non voglio che lo sappia » la supplicò.
« Prometto che resterà un segreto ».
« Grazie... Spero che quando usciremo insieme riuscirò a nasconderlo, anche se sarà difficile... »
Sturgis tacque per alcuni istanti, imbambolato, e Rachel lo lasciò alle sue fantasticherie, sperando che Emmeline prima o poi si accorgesse di lui. Rimase lì a fissare la pioggia che cadeva, talmente fitta da non farle vedere cosa succedeva a pochi metri di distanza: oltre il giardino vi era un'unica massa grigia e uniforme.
Alla fine Sturgis si riscosse, imbarazzato.
« Tu sei sua amica e la conosci da tempo. Secondo te come devo comportarmi? » le chiese poi il ragazzo.
Rachel lo guardò, pensierosa.
« Non devi fare niente di eccezionale. Sii sincero e basta. Lo apprezzerà sicuramente. E se sei in difficoltà, usa la tecnica della compassione ».
« Che cos'è? »
« Andiamo, quelli come te sono specialisti di questa tecnica. Sfodera il tuo lato tenerone e vedi cosa succede. Funziona quasi sempre ».
Sturgis rise.
« È quel quasi che mi preoccupa ».
Rachel aprì la bocca per rispondere, ma in quel momento accadde qualcosa che distolse entrambi dalla conversazione: si udì uno scoppio, seguito da uno strano rumore di legno infranto. Poi qualcuno urlò.

Li avevano colti talmente di sorpresa che la reazione dei membri dell'Ordine fu meno tempestiva del solito. I Mangiamorte avevano circondato la casa ed erano riusciti ad entrare, in barba a qualsiasi logica. Ci volle poco perché tutti capissero che gli incantesimi di protezione erano saltati. Chissà da quante ore i Mangiamorte erano da quelle parti, intenti ad annullare un incantesimo per volta. Ma come avevano fatto a sapere dove cercarli?
« Quello schifoso traditore ha parlato di nuovo! » urlò Dedalus, mentre si lanciava contro i Mangiamorte che avevano appena fatto il loro ingresso.
Un attimo dopo la casa si riempì di incantesimi, maledizioni, luci sinistre, scoppi e urla. Sturgis si ritrovò a dover combattere con tre Mangiamorte nello stesso momento. Era impossibile tenere testa a tutti e tre, ma Rachel era già occupata a respingere l'assalto di altri due e non poteva aiutarlo. Sapeva che non avrebbe resistito più di tanto, e infatti poco dopo si ritrovò disarmato. Fissò con terrore la bacchetta del Mangiamorte che stava per ucciderlo, quando qualcuno alle sue spalle scagliò un incantesimo che lo sbalzò indietro insieme a Rachel, come se un laccio invisibile li avesse arpionati alle caviglie e tirati via. Proprio nel punto in cui un attimo prima c'erano loro, il soffitto crollò, travolgendo i cinque Mangiamorte che li avevano assaliti.
« Grazie, Fabian » disse, mentre si rialzava a fatica.
« Di nulla. State attenti, sono dappertutto » rispose il più giovane dei Prewett, voltando loro le spalle e tornando a percorrere il corridoio, scagliando una fattura ogni volta che passava davanti ad una porta. Sturgis e Rachel lo seguirono fino all'ingresso che, insieme al salotto, si trovava nell'occhio del ciclone. I Mangiamorte erano più o meno quanti loro, ma l'effetto sorpresa li aveva messi in una situazione di netto vantaggio.
Sturgis vide James correre verso la cucina senza accorgersi che due Mangiamorte lo avevano seguito. Così cercò di raggiungerlo per aiutarlo.
« Lily, Alice, dovete andare via! » stava urlando lui, mentre rispondeva agli attacchi dei suoi inseguitori. Le due ragazze erano altrettanto indaffarate a combattere contro quella che doveva essere quasi sicuramente Bellatrix. « Anche se è rischioso per i bambini, Smaterializzatevi! »
« Niente da fare, Potter » sghignazzò Bellatrix. « L'incantesimo anti-Materializzazione è l'unico che abbiamo lasciato. Nessuno può entrare o uscire da qui, a meno di non farsi una corsa di un chilometro ».
James imprecò e Sturgis tremò, rendendosi conto che erano in trappola. Cercando di ignorare la voce nella sua testa che gli annunciava che sarebbero morti tutti, innervosito, sferrò un pugno al Mangiamorte che lo bloccava, per poi rivolgersi al ragazzo accanto a lui.
« Io so come creare una Passaporta non autorizzata » gli disse.
James lo guardò con speranza.
« Sia lodato Godric! Fai presto! »
Ma Bellatrix aveva sentito e, lasciando perdere Lily e Alice, lo attaccò. Sturgis sapeva di non avere speranze contro di lei, ma la trattenne abbastanza a lungo da permettere alle due ragazze di uscire dalla cucina. Provò a schiantarla con così tanta energia che perse l'equilibrio. Vide Bellatrix rivolgergli un ghigno diabolico e puntargli la bacchetta contro. Per alcuni istanti non accadde nulla e Sturgis, meravigliato della sua esitazione, si rialzò, pronto a reagire. Ma poi si rese conto che Bellatrix non aveva affatto esitato.
Un calore fastidioso, subito seguito da un dolore sempre più intenso alle braccia gli fece abbassare lo sguardo: le maniche della veste gli stavano andando a fuoco con tanta velocità che entro pochi secondi si sarebbe trasformato in una torcia vivente.
« Aguamenti! Aguamenti! » strillò Sturgis, lacrimando per il dolore lancinante, mentre sentiva la donna ridere di gusto.
A fatica, Sturgis riuscì a spegnere le fiamme che avevano già iniziato a bruciargli la pelle. Le braccia gli facevano talmente male che a stento poteva muovere il polso per attaccare Bellatrix, ma prima o poi sapeva che non avrebbe più resistito al dolore e alla nausea provocata dall'odore di bruciato che gli penetrava nelle narici.
Poi qualcosa accadde nell'ingresso che provocò esclamazioni di sollievo nei suoi compagni dell'Ordine: Malocchio, Frank ed Emmeline dovevano essere arrivati. Bellatrix probabilmente decise che non valeva la pena sprecare tempo con lui quando poteva avere una preda più grossa. Lo liquidò con una fattura che lo mandò a sbattere contro la credenza e uscì dalla cucina.
Intontito per il colpo alla testa, Sturgis rimase steso sul pavimento per diversi secondi, prima di ricordare che doveva creare una Passaporta per permettere a Lily e Alice di fuggire. Si alzò a fatica e afferrò la prima cosa che gli capitava tra la mani: un grosso tagliere di legno. Ora però le ragazze erano sparite, e Sturgis uscì per cercarle.
L'Ordine della Fenice era riuscito a spezzare il cordone di Mangiamorte che lo circondava, e la battaglia si era estesa anche all'esterno della casa, sotto la pioggia scrosciante. Riusciva a stento a riconoscere le persone che si stavano affrontando. Solo Emmeline catturò subito il suo sguardo. Stava combattendo con un Mangiamorte che sembrava al suo stesso livello.
Sturgis pagò caro quell'attimo di distrazione. Si ritrovò di nuovo senza bacchetta, con Goyle che gli puntava minacciosamente la propria contro. Sturgis si difese come poteva: afferrò il manico del tagliere con entrambe le mani e colpì in piena faccia Goyle. Quest'ultimo cadde all'indietro, ululando dal dolore e tenendosi le mani sul naso sanguinante.
« Magia avanzata di altissimo livello » commentò Dedalus, divertito. Poi guardò fuori dalla finestra e inorridì. « Maledetti! Stanno distruggendo le mie piante! »
« Prendi quella dannata bacchetta, Podmore! » lo esortò invece Malocchio, e Sturgis non se lo fece ripetere due volte.
« Avete visto Lily e Alice? » domandò, guardandosi intorno e cercando al tempo stesso di evitare le maledizioni che volavano per tutto l'ingresso.
« Sono fuori » rispose Dorcas, mentre disintegrava il tavolo dietro il quale Tiger si stava riparando.
« Grazie ».
Corse verso la porta e uscì sotto la pioggia che cadeva a catinelle. Non riusciva a vedere né Lily né Alice e si augurò che non fosse troppo tardi. Qualcosa a sinistra catturò la sua attenzione: Emmeline aveva vinto il duello contro il Mangiamorte, ma l'istinto gli suggeriva che non sarebbe finita lì. E infatti la ragazza non si muoveva. Stava in piedi di fronte all'avversario caduto sulle ginocchia, e sebbene continuasse a tenere la bacchetta contro di lui, non sembrava intenzionata a fare altro.
Oh, Merlino, questa non ci voleva... pensò Sturgis, con ansia e una sensazione fastidiosa che lo aveva assalito all'improvviso. Si disse che forse Emmeline aveva bisogno di aiuto, quindi si incamminò verso di lei.
Barty era terrorizzato. Forse non si aspettava di ritrovarsi disarmato e smascherato. Tant'è che le stava dicendo qualcosa che Sturgis, a causa della pioggia fitta, non riuscì a sentire.
« Sta' zitto! » sbottò Emmeline, minacciosa. Faceva quasi paura, tanto era arrabbiata.
« Che vuoi fare, vuoi farmi arrestare? » la provocò quello, apparentemente sarcastico ma pallido e bianco come un lenzuolo. « Non lo faresti mai... »
« Questo lo vedremo ».
Barty sbiancò definitivamente.
« Aspetta... » iniziò a supplicarla, perdendo il controllo.
« Alzati in piedi con le mani in vista » lo ignorò lei, dura. Quello obbedì, ma sembrava tutt'altro che incline ad arrendersi.
« Perché non riesci a capire? » insisté, nervoso e spaventato.
« Cosa, il tuo desiderio di diventare un assassino? »
« Stiamo cercando di fare qualcosa di buono per la comunità magica. Lo stiamo facendo anche per quelli come te. Sei una Purosangue anche tu. Se solo lo capissi, potremmo essere di nuovo dalla stessa parte ».
Sturgis l'odiò con tutto se stesso. Avrebbe voluto prenderlo a pugni, ma non si mosse, e loro non lo notarono. Emmeline era in uno stato di calma innaturale che non prometteva niente di buono, anche se non poteva esserne del tutto sicuro: la pioggia che scrosciava poteva nascondere le eventuali lacrime.
« Non saremo mai dalla stessa parte! Non voglio avere niente a che fare con uno come te ».
Sturgis si ritrovò ad ammirarla come non mai. L'altro stava per ribattere, quando qualcosa attirò l'attenzione di tutti. Sturgis si ritrovò a tremare violentemente.
Voldermort era lì.
Approfittando della distrazione di Emmeline, Barty riuscì a sgattaiolare via e scomparve, ma nessuno di loro due gli fece caso. Sturgis la raggiunse.
« Stai bene? » le chiese.
Lei sembrava sconvolta, mentre fissava il punto in cui fino a poco prima c'era Barty. Poi annuì, ma era evidente che non fosse vero.
Sturgis avrebbe voluto fare qualcosa, qualunque cosa, per farla sentire meglio, ma non era il momento adatto. Voldemort stava combattendo contro James e Frank. Con suo grande orrore, Sturgis notò che i due ragazzi stavano cercando di difendere le rispettive mogli. Memore di quel che doveva fare, puntò la propria bacchetta contro il tagliere che aveva ancora in mano, e sussurrò:
« Portus ».
Quella s'illuminò per alcuni istanti di una luce azzurra, che poi sparì. Lui corse verso Lily e Alice, cercando di attirare la loro attenzione, cosa non facile, dal momento che anche loro erano intervenute nello scontro con Voldemort.
« Lily, prendi questa Passaporta e vattene! » gridò Sturgis, tirandola per la manica. « Alice, dai! » insisté.
« Dategli retta, forza. Ce la caviamo anche da soli, qui » disse James, mentre schivava all'ultimo minuto una maledizione che andò a disintegrare le aiuole di Dedalus.
Le due ragazze si ritirarono. Sturgis porse loro la Passaporta e loro fecero appena in tempo a toccarla: un attimo dopo la padella s'illuminò di nuovo, e Lily e Alice sparirono.


« Fermati e affrontami, carogna! »
Sirius avrebbe voluto che anche le parole fossero in grado di fare del male, perché urlò quella frase con tanta violenza che avrebbe potuto terrorizzare chiunque. Ma non lui.
Il Mangiamorte si voltò a fissarlo. Sirius avrebbe giurato di averlo visto ridere sotto la maschera d'argento. Un odio incontenibile lo invase dalla testa ai piedi, espandendosi come un veleno letale. Nulla di ciò che gli stava capitando intorno gli interessava più, a parte lui. Lo voleva morto e desiderava più di ogni altra cosa essere lui a ucciderlo.
« Sei venuto a vendicare Alphard? » gli chiese Rodolphus, con un tono divertito che lo fece infuriare ancora di più.
« Non nominarlo! »
« Ah sì? E altrimenti cosa fai? Vuoi uccidermi? » lo sbeffeggiò Lestrange, ritenendolo incapace di compiere un'azione del genere.
Sirius pensò che si sarebbe pentito presto di quel giudizio troppo avventato. Prima che l'altro se ne potesse accorgere, levò la bacchetta e gli scagliò contro una maledizione letale. L'altro la evitò per un soffio, gettandosi di lato all'ultimo istante, e la maledizione finì nel punto esatto in cui lui si trovava qualche secondo prima.
Sirius si odiò per averlo mancato, ma poi si accorse che quel suo attacco rapido e inaspettato gli aveva fatto sparire quel ghigno sadico dalla faccia. E Sirius provò una sensazione che lo fece sentire male e bene al tempo stesso. Rodolphus era già un morto che camminava, e il pensiero di essere proprio lui a togliergli la vita gli dava una soddisfazione terribile.
« Stai facendo sul serio » commentò Lestrange. « Ti ho giudicato troppo in fretta, forse. Non sei tanto diverso dal resto della tua famiglia... »
Sirius gli scagliò un altro anatema, che Rodolphus schivò di nuovo, anche se con una certa difficoltà.
« Non cederò alle tue provocazioni. Stai solo cercando di rimandare il momento in cui dovrai dire addio a questo mondo, ma non farò il tuo gioco ».
L'altro ridacchiò, sarcastico.
« Come vuoi tu ».
Questa volta toccò a Sirius schivare un incantesimo mortale e rispondere con una fattura altrettanto letale. Iniziarono a combattere sempre più accanitamente, del tutto ignari di quel che succedeva dall'altra parte del giardino: Voldemort stava combattendo contro Silente, e gli occhi di tutti erano puntati sul duello tra i capi dei rispettivi schieramenti.
Sirius provava talmente tanto odio che riusciva a tenere testa a Lestrange, e non sentiva né la paura né la fatica.
« Non sei abbastanza agile, Black » continuava a provocarlo lui. « Nemmeno tuo zio lo era più di tanto, alla sua età. Ecco perché non è riuscito a sconfiggermi, anche se ci ha provato ».
Sirius cercò di ricacciare indietro le immagini che si stavano formando nella sua testa, ma non ci riuscì. Continuava a vedere Alphard, debole e disarmato, accerchiato da Mangiamorte più giovani e in forze.
Vigliacchi...
« Sai, la cosa davvero triste è che avrei potuto non ucciderlo, se non avesse fatto tutte quelle storie e avesse parlato » proseguì Rodolphus mentre continuavano a duellare, anche quando Sirius gli procurò una ferita abbastanza profonda alla spalla. Dopo quella, anzi, reagì talmente in fretta che il ragazzo non riuscì a schivare il colpo. Stramazzò a terra, le gambe tenute legate da funi magiche, la bacchetta che rotolava lontano. Vide Rodolphus avvicinarsi con la bacchetta levata.
« Peccato. Avrebbe dovuto sapere che tu e tuo fratello prima o poi sarete uccisi. E mi avrebbe potuto risparmiare la fatica di torturarlo per ore... »
Sirius esplose. Con uno sforzo sovrumano, rotolò su se stesso fino a recuperare la bacchetta, che puntò contro il Mangiamorte.
« Crucio! »
Le urla di dolore di Lestrange gli invasero la mente, rimbombandogli nella testa. All'inizio provò quasi una sensazione di sollievo nel vederlo e sentirlo così, mentre gli faceva pagare con gli interessi tutto quel che aveva fatto subire ad Alphard.
Ma dopo un minuto o poco più, iniziò a provare soltanto nausea che gli offuscò la mente, e a Sirius parve di vedere suo zio sopraffatto dal dolore provocato dalla Cruciatus. Non gli importava nulla di Lestrange, ma non riusciva a tollerare le immagini che gli stavano scorrendo davanti agli occhi. Doveva far smettere quelle urla. Si sentiva già debole e le ginocchia gli stavano cedendo quando qualcosa gli fece abbassare la bacchetta e lo sorresse.
« Smettila, Felpato, è finita ».
La voce di James lo rianimò e Sirius si guardò intorno. Rodolphus, ancora in preda ai residui delle convulsioni, stava cercando di rimettersi in piedi. Voldemort e gli altri Mangiamorte dovevano essersi ritirati, perché erano spariti. Lestrange si Smaterializzò e Sirius lo guardò andare via senza fare nulla. Avrebbe potuto fermarlo e ucciderlo: dopo quella sera, sapeva di essere abbastanza disperato da poterlo fare. Ma quello che aveva provato durante la Cruciatus gli aveva fatto capire che non ne avrebbe ricavato alcun sollievo.
E rimase seduto sul prato bagnato dalla pioggia, in silenzio, chiedendosi proprio se sarebbe stato ancora capace di provare sollievo.


***

Per fortuna non c'erano state vittime, ma l'Ordine della Fenice aveva dovuto abbandonare immediatamente il quartier generale; ormai non lo avrebbero più potuto sfruttare. Dedalus era stato ospitato – con sommo fastidio del padrone di casa – da Malocchio, dal momento che non aveva più un tetto. Immaginare la pazienza di Malocchio esaurirsi nel giro di pochi giorni di fronte alla stravaganze del suo ospite sarebbe stato divertente se gli altri non avessero avuto altro a cui pensare. Anche Fabian e Gideon decisero di rimandare il momento in cui avrebbero potuto scherzarci su.
Quella sera, non appena si era conclusa la battaglia contro i Mangiamorte, Sirius e Peter si erano ritrovati a casa dei Potter.
Lily e James erano seduti sul divano, entrambi con delle espressioni che sarebbero state adatte ad un funerale, e lei continuava ad accarezzarsi il ventre come se fosse l'unica cosa che ormai poteva fare. Sirius era affacciato alla finestra e fissava il cielo nero inchiostro con un'aria ancora più cupa degli altri due, un bicchiere di Whisky Incendiario già mezzo vuoto in mano e lo sguardo fisso. Sembrava che non si sarebbe più spostato di lì.
Quanto a Peter, era rimasto in piedi per tutto il tempo, rosicchiandosi le unghie per il nervosismo, ma al tempo stesso sollevato perché nonostante lo avessero costretto a rivelare la sede dell'Ordine, questa volta non c'erano state vittime.
Erano in quelle condizioni da almeno un quarto d'ora, quando il campanello suonò. Lily sussultò, ma James le fece un cenno per rassicurarla e, alzandosi, si avviò verso l'ingresso. Peter lo seguì, e si sentì sollevato quando udì da dietro la porta una voce familiare rispondere alla domanda di James.
« Sono Remus Lupin, Lunastorta per i Malandrini. Sono un lupo mannaro e tu sei un Animagus che si trasforma in cervo. E mi piace la cioccolata » concluse, sospirando.
James lo fece entrare e lo accolse calorosamente.
« Remus, è bello rivederti! » esclamò.
« Lo so, non sono riuscito a passare prima » rispose lui, sorridendo e abbracciando anche Peter, che provò un senso di rigetto verso se stesso. « Ma ho saputo quello che è successo oggi pomeriggio e ho deciso di venire. State tutti bene, vero? Lily e il bambino? »
« Stiamo bene, sì » disse James, ma era pallido come nessuno di loro lo aveva mai visto. « Vieni, gli altri sono in salotto ».
Lily fu talmente contenta di rivedere Remus che quasi cadde per terra quando si alzò ad accoglierlo. L'unico che non fece una piega fu Sirius, che continuava a guardare fuori dalla finestra come se non si fosse accorto di nulla, almeno finché Remus non parlò.
« Allora, cos'è successo? »
Sirius emise un verso sarcastico.
« Oh bè, accomodiamoci, allora. Qualcuno dovrà fargli il riassunto di tutte le cose che sono accadute finora, mentre lui era sparito ».
Per alcuni istanti rimasero tutti impietriti, poi Remus si fece scuro in volto.
« Scusa? Per tua informazione, nell'ultimo periodo ho vissuto insieme al branco di Greyback, cercando di guadagnarmi la fiducia del lupo mannaro che mi ha rovinato la vita, e tutto questo per conto dell'Ordine. Quindi se credi che mi sia divertito mentre voi eravate in pericolo, vuol dire solo che ti sei bevuto il cervello, o che qualcuno deve averti Confuso... »
« D'accordo, calma! » intervenne James, quando Sirius si voltò a fronteggiare l'altro. « Sirius, so che sei a pezzi ma smettila di sfogare la rabbia su chi non c'entra niente. Quanto a te, Remus, abbi pazienza. È mezzo ubriaco e sragiona. Non ce l'ha davvero con te. Sono successe davvero tante cose in questi mesi e tu non ne sai nulla. Ti racconteremo tutto più tardi, ma adesso smettetela di guardarvi in quel modo! »
Sirius abbassò lo sguardo, forse dispiaciuto per come aveva aggredito l'amico senza motivo, e Remus fece altrettanto, turbato e ferito. Peter notò che la sua lontananza aveva creato una brutta situazione, e qualcosa gli diceva che le cose sarebbero potute anche peggiorare.
Mentre James cercava di calmare Sirius e Lily evocava una poltrona per farli sedere tutti, Peter si accostò a Remus.
« Non preoccuparti, quello che dice James è vero. Tu non sai niente di Regulus e Alphard ».
Remus lo guardò con perplessità.
« No, almeno non credo... »
« In poche parole, Regulus è vivo e ora collabora con Silente, mentre Alphard è stato ucciso dai Mangiamorte. È per quest'ultimo motivo che Sirius è giù... »
L'altro sembrava sotto shock e non sapeva se essere sollevato per la prima notizia o dispiaciuto per la seconda. Quando vide gli altri prendere posto, si sedette a sua volta, facendo finta di niente ma lanciando a Sirius uno sguardo dispiaciuto che l'altro ricambiò.
« È la terza volta che voi e i Paciock affrontate Voldemort e ne uscite vivi » disse Peter, chiedendosi poi perché la sua affermazione fu accolta con una reazione inaspettata.
« Già » fece Lily, che aveva le lacrime agli occhi. James era altrettanto depresso e scuro in volto.
« Dobbiamo dirvi una cosa ».





Stavolta non è morto nessuno, la battaglia è stata un falso allarme XD *schiva la frutta marcia*
Comunque Rodolphus una Cruciatus se la meritava, e volevo fargliela pagare. u.u Poi mancava il terzo scontro tra Voldemort, i Potter e i Paciock. Ora i loro figli sono entrati ufficialmente nella lista dei bambini che potrebbero essere coinvolti dalla Profezia.
Sirius ancora si fida di Remus (anche se per poco), ma dopo lo scontro con Lestrange gli sono proprio saltati i nervi, e se l'è presa con il primo che capitava... in questo caso Remus, che è stato via talmente tanto da farlo preoccupare. Quindi nell'inconscio ce l'aveva un po' con lui. La lontananza gioca brutti scherzi, e anche Peter che si rende conto di quanto questo possa creare equivoci... e naturalmente se ne approfitterà -.-
Volevo scrivere qualcosa di più su Emmeline, ma inserire un suo pov sarebbe stato di troppo, quindi mi rifarò in seguito. E scoprirete anche cosa c'è nella testa di Dorcas.
Prossimo capitolo: 29 marzo. E ci saranno ben due nuovi arrivi!

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Capitolo 41
*** Nuove generazioni ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 41
Nuove generazioni

Alice aveva iniziato ad avere le doglie quella mattina ma, dal momento che si trattava di fitte sporadiche, non si era allarmata più di tanto. Dopo alcune ore tuttavia le sue condizioni erano peggiorate, e lei non riusciva più a sedersi o rimanere sdraiata. Nemmeno in piedi stava bene, e le fitte erano aumentate sempre di più. Alla fine, dopo pranzo, aveva capito che il momento che aspettava da nove mesi era arrivato.
« Non agitarti, cara, ci penso io! » saltò su Frank non appena lei gli accennò che stava per partorire. « Non farti prendere dal panico e fidati di me! »
« Io sono calmissima » gli fece notare Alice, sospirando. « Sei tu che dovresti riprendere a respirare ».
« Oh, giusto » ammise Frank, tornando gradualmente di un colorito normale, visto che prima sembrava diventato quasi blu. D'un tratto riacquistò la lucidità ed estrasse la bacchetta per evocare il suo Patronus.
Un quarto d'ora più tardi, dopo aver fatto sdraiare Alice sul letto, Frank corse alla porta quando il campanello suonò.
« Chi è? »
« Sono Sirius Black, comunemente noto come rinnegato, traditore del mio sangue e amico di Babbanofili e gente poco raccomandabile » rispose la voce di Sirius oltre la porta. Anche in quei casi riusciva a suonare sempre sarcastico. « Il mio Patronus è un cane. Sono qui con la Guaritrice di cui ti ho parlato l'altra volta ».
Frank aprì, nervoso. Accanto a Sirius stava una donna che indossava la tipica veste dei Guaritori, verde acido con una bacchetta e un osso ricamati all'altezza del cuore. Aveva un'aria familiare.
« Buonasera » lo salutò lei, presentandosi. « Diane Queen ».
« È la madre di Rachel » spiegò Sirius, mentre si chiudeva la porta alle spalle.
« Oh, piacere. Frank Paciock » rispose lui, sollevato. Con i Potter avevano discusso a lungo sul modo più sicuro per far nascere i loro figli, e avevano deciso di cercare un Guaritore di fiducia. Era stata una fortuna che Sirius ne avesse suggerita una che era imparentata con una componente dell'Ordine. All'inizio Frank non si era sentito tranquillo, dal momento che nessuno di loro sapevano ancora chi fosse la spia che lavorava per Voldemort, ma quella donna gli sembrava affidabile.
« La futura madre dov'è? » chiese Diane, guardandosi intorno.
« L'accompagno » rispose Frank, tornando ad essere agitatissimo.
La donna lo seguì e, una volta entrata, iniziò a parlare ad Alice in tono rassicurante, anche se presto entrambe convennero che il più agitato di tutti era proprio Frank. Quest'ultimo se ne rimase sulla soglia, in attesa di non sapeva cosa. Sirius lo raggiunse.
« Ti avverto, James e Lily lo sanno e verranno sicuramente a trovarvi tra un po' ».
« Non è rischioso? » chiese il ragazzo, guardandolo con apprensione.
« James ha i suoi metodi per passare inosservato, non preoccuparti » lo rassicurò Sirius.
« Scommetto che se mi rivelassi questi metodi scoprirei molte cose sulla vostra vita a Hogwarts, vero? »
« Certo, è naturale. Ma sei un ex Prefetto, quindi non ti dirò proprio un bel niente ».
Frank accennò un sorriso, anche se era talmente nervoso che più che altro sembrò avere una paralisi facciale.
« Comunque, non mi dispiace se verranno a trovarci. Invece mi sono assicurato che i miei parenti non sappiano nulla finché il bambino non nascerà. Non potrei sopportarli durante il parto... »
« Ottima decisione » approvò Sirius, ma poi tacque perché Alice aveva lanciato un grido che cercò di frenare.
« Scusa, preferisco non assistere » aggiunse Sirius, lanciando un'ultima occhiata ad Alice, che ora sembrava piuttosto agitata, mentre Diane cercava di rassicurarla.
« Vai in salotto. Io assisterò, sono il marito » rispose Frank, come per farsi coraggio da solo.

Soltanto due ore dopo, casa Paciock era stata invasa da una gran folla chiassosa che faceva a gara per vedere il neonato.
« Vi presento Neville » disse Alice, affaticata e stravolta, ma chiaramente felice, mentre teneva in braccio un fagotto minuscolo dal quale spuntava un visetto tondo e scuro per lo sforzo appena compiuto.
« È bellissimo » commentò Lily, altrettanto emozionata.
« Quanto pesa? » chiese James, incuriosito.
« È un tipetto robusto, » disse Diane, mentre richiudeva la valigetta che si era portata dietro.
Frank se ne stava accanto al letto della moglie, con aria compiaciuta e felice, anche se il pallore del suo volto rivelava quanto fosse provato.
« Ragazzo mio, sei davvero pallido. Dovresti mangiare qualcosa » disse una donna dall'aria autoritaria, un vestito verde e un cappello sormontato da un avvoltoio impagliato, che entrò in quel momento sgomitando e facendosi largo fino a raggiungere il letto di Alice. « Fate largo, sono la nonna e ho la precedenza ».
Il cappello suscitò l'ilarità di Sirius, che si trattenne a stento quando Lily gli rifilò una gomitata.
« Mamma, ti credo che sono pallido. Ho assistito al parto e Alice non riusciva a smettere di urlare » rispose lui con un tono terrorizzato.
« Quante storie, Frankie! È normale che abbia strillato, non è una passeggiata mettere al mondo un bambino » gli rispose lei.
« Senti, ormai sono padre. Potresti smetterla di chiamarmi in quel modo? » disse suo figlio sottovoce, imbarazzato a morte. Ma la donna lo ignorò.
« Ti riprenderai, vedrai » lo rassicurò Lily in tono incoraggiante.
« Sì, Frankie, tranquillo » lo derise Sirius.
Frank lo incenerì con lo sguardo.
« Signori » disse, nel tono pomposo che usava sempre quando si sentiva imbarazzato e voleva ristabilire l'ordine. « Vi presento mia madre ».
« Oh, sì... Augusta Paciock » si presentò la donna, serrando le mani di Sirius, James e Lily in una stretta poderosa. « Il mio Frank mi ha parlato spesso di voi. Ma scusate se non vi do molta retta, voglio vedere Neville ».
« Si figuri » rispose James, tastandosi la mano come per assicurarsi che non vi fosse nulla di rotto.
I Paciock erano una famiglia alquanto rumorosa, anche se Fabian e Gideon non mancavano mai di assicurare che i Weasley fossero molto peggio. L'unico a sembrare una persona tranquilla era il marito di Augusta, il padre di Frank: era talmente timido e poco appariscente che dovette quasi passare sotto le gambe di molti presenti per riuscire a raggiungere il letto e vedere finalmente suo nipote.
Poi c'erano gli zii Algie e Enid. Lei sembrava morire dalla voglia di prendere in braccio il piccolo Neville, ma su questo sia Alice che Augusta furono irremovibili. Quando ad Algie, sembrava più interessato alle imprese che Neville avrebbe compiuto da grande.
« Guardate come dorme nonostante tutto il caos che c'è... Non sarà un po' pigro? Mi auguro che questa sua pigrizia non influisca sulle sue abilità magiche, si sa come i bambini pigri iniziano tardi a fare magie, e non vorrei che gli estranei lo considerino un Magonò ».
« Ma quale pigrizia e Magonò, è solo stanco! » lo rimbeccò Augusta, indignata. « E smettila di dire sciocchezze. Neville sarà un grande mago, me lo sento. Sarà l'orgoglio della famiglia ».
A quel punto Sirius annunciò che sarebbe andato in bagno, anche se i suoi amici sapevano bene che si trattava di una scusa. La sua intolleranza ai tipici discorsi da Purosangue non era certo un mistero, e anche Frank lo capì al volo quando notò la sua espressione irritata.
« Scusate, mio figlio è appena nato » intervenne Frank, alzando gli occhi al cielo. « Cercate di lasciarlo in pace e di non angosciarlo con questi discorsi, o giuro su Godric che non ve lo faccio più vedere ».
E rispose al sorriso di Alice, ignorando le proteste indignate dei parenti.
« Quando fa così è tutto sua madre » commentò un altro zio. « Speriamo che Neville sia più tranquillo ».

Quando Frank costrinse i parenti ad andarsene, dopo aver sudato sette camicie, finalmente l'atmosfera nella casa tornò ad essere tranquilla e rilassata. Diane era rimasta per spiegare ad Alice come prendersi cura di Neville e di se stessa.
« Potrai alzarti fin da domani, ma sarai debole, quindi ti consiglio di riposare. Domani mattina prendi tutta quella pozione che ho messo sul comodino, ti aiuterà a recuperare le energie. Quanto a Neville, penso che tua suocera sappia il fatto suo e sia perfettamente in grado di aiutarti, ma se ti serve qualcosa chiamami quando vuoi ».
Alice sorrise, ancora affaticata ma felice.
« La ringrazio, davvero. Non avrei saputo a chi rivolgermi se non ci fosse stata lei ».
« Molti miei colleghi sono affidabili, ma capisco la vostra diffidenza. Fate bene a restare all'erta, di questi tempi. Comunque, mia figlia mi ha detto di congratularmi con voi da parte sua ».
« Le dica che la ringrazio. Dubito che ci vedremo spesso, per il momento. Devo badare a Neville e non posso né voglio più andare a combattere come facevo prima... »
Diane notò che Alice sembrava un po' giù di tono e cercò di intuire i suoi pensieri.
« Fai bene. Se posso permettermi di darti un consiglio, non devi pensare di non essere più utile. È già una scelta coraggiosa quella di mettere al mondo un bambino adesso, ma sarebbe poco saggio abbandonarlo per combattere, a meno che non sia strettamente necessario ».
Alice annuì. Sembrava convinta ma era ugualmente pensierosa. Diane non aveva idea di quel che c'era dietro, la Profezia che rischiava di condannare suo figlio, ma cercò lo stesso di incoraggiarla.
« Prima che vada, ho un'ultima cosa da dirti. Dopo il parto possono capitare dei momenti di sconforto, paura e vera e propria depressione. È normale, a maggior ragione in questo periodo. Potrei somministrarti qualche pozione, ma credo che la cosa migliore sia non tenerti tutto dentro e parlarne con tuo marito ».
« Va bene, me ne ricorderò ».
Diane la salutò, si assicurò che il piccolo Neville nella culla stesse bene e poi uscì dalla stanza.
Anche Sirius e i Potter stavano per andare via, perché Frank era in piedi con loro nell'ingresso. Tutti e quattro stavano confabulando di qualcosa che non volevano fare sapere, perché non appena Diane apparve sulla soglia del salotto, tacquero all'improvviso.
« Signora Queen, sta andando via? » disse Frank, facendo finta di nulla.
« Sì, ormai credo di aver finito. Che ore sono, a proposito? »
« Ehm, le tre del mattino ».
« Accidenti, pensavo che non fosse ancora arrivata la mezzanotte! Il tempo è volato » disse James, stupito.
« A questo punto andiamo anche noi, così potete riposare » disse Sirius, salutando Frank con una pacca sulla spalla.
« Grazie di tutto » disse lui.
Andò ad aprire la porta e si voltò per salutarli, ma notò che Lily si era immobilizzata e aveva una strana espressione.
« Lily, va tutto bene? »
Tutti si voltarono verso di lei, che aveva una smorfia dipinta sul volto, divenuto improvvisamente pallido.
« Oh, Merlino... »
« Lily! Ti senti male? » esclamò James, agitato.
Lei deglutì, poi rispose con voce flebile.
« Credo che mi si siano appena rotte le acque ».

James era in preda al panico. Mentre Diane, con fare sbrigativo, si affrettava a trasfigurare in un letto il divano del salotto, assicurandosi che Lily vi si sdraiasse e rimanesse in piedi il minimo possibile, lui percorreva la stanza a grandi passi, così tante volte che avrebbe potuto scavare un solco.
« Ramoso, controllati, hai i capelli più dritti che mai! » rise Sirius, che tuttavia era altrettanto agitato, anche se cercava di non dimostrarlo.
« Cosa succede, di là? » chiese dall'altra stanza la voce incuriosita di Alice.
« A quanto pare Harry non vede l'ora di conoscere Neville di persona » rispose Lily, fingendosi divertita ma senza riuscire a nascondere la propria agitazione. In più l'atmosfera colma di panico nella stanza non contribuiva a rassicurarla. Così Diane decise di risolvere quel problema.
« A Lily serve un po' di tranquillità, quindi uscite tutti fuori, tranne il padre, che se lo desidera può rimanere ».
« Certo che deve restare » commentò Lily, sicura.
James parve al tempo stesso felice come una Pasqua e spaventato. Mentre Frank usciva e andava nella stanza di Alice e Neville, James si aggrappò a Sirius come un polpo ad uno scoglio.
« Felpato, lo sai che i Malandrini devono supportarsi a vicenda in qualsiasi situazione, vero? »
« Sì... » rispose Sirius, chiedendosi dove fosse la fregatura.
« Allora resta anche tu, ne ho bisogno ».
« Cosa? » esclamarono Sirius e Lily all'unisono.
« Io che c'entro? Non posso assistere! »
« Io non lo voglio, è imbarazzante! »
« Felpato, mi abbandoneresti nel momento del bisogno? » fece James, assumendo un tono da melodramma.
Sirius, a disagio, cercò di fargli riacquistare un minimo di buonsenso.
« James, davvero, non è il caso, e Lily è d'accordo con me ».
Il suo amico d'un tratto cambiò espressione.
« Sei il padrino di mio figlio e non vuoi vederlo nascere? Sei un Vermicolo! »
« È l'insulto più ridicolo che mi sia mai stato rivolto! »
Diane alzò gli occhi al cielo, esasperata.
« Il bambino deve nascere al più presto, quindi cercate di trovare una soluzione in fretta, per favore ».
« D'accordo » concluse Lily, irritata. « Sirius, se devi tenere la mano a James, rimarrete fuori tutti e due. Niente obiezioni ».
James sospirò.
« No, devo esserci. Sirius resta pure fuori » aggiunse, con un tono che prometteva vendetta.
« Accordato ».
Ma a Sirius non andò bene lo stesso. Pensava che non avrebbe avuto problemi perché, quando era stata Alice a partorire, le grida di lei non lo avevano scosso minimamente. Invece con Lily fu molto diverso. Forse perché era molto più amico di lei che di Alice, forse perché era emotivamente coinvolto, essendo il padrino del nascituro, o forse perché si stritolò da solo una mano con l'altra. Fatto sta che, prima che un pianto liberatorio annunciasse la nascita di Harry Potter, dovette sedersi al più presto: aveva la vista annebbiata, le orecchie che rimbombavano e le gambe molli.

« Mai più! Mai più assisterò a una cosa del genere... »
« Ma se te ne stavi nell'altra stanza! »
« Ecco, Sirius, prendi un po' di acqua e zucchero. Ti farà sentire meglio » disse Diane, porgendogli un bicchiere.
James aveva le lacrime agli occhi, e Sirius avrebbe scommesso la testa sul fatto che la causa non fosse solo la felicità per la nascita di suo figlio.
« Stavi per svenire! » esclamò infatti quello che aveva fino a quel momento considerato il suo migliore amico, quasi in preda alle convulsioni.
« Giuro che appena sarò di nuovo in grado di reggermi in piedi, te la farò pagare cara. E sai che io non scherzo » lo minacciò.
James soffocò ancora una mezza risata, ma si sforzò di riacquistare un certo contegno.
« Credo che andrò a vedere di nuovo mio figlio » disse.
« Buona idea ».
In quel momento tuttavia qualcuno suonò il campanello, e Frank andò ad aprire, dopo aver fatto le consuete domande.
« Guardate chi c'è » disse poi, facendo entrare in casa Remus e Peter, che sembravano emozionati quanto loro.
« Allora? »
« È nato! È nato! » esclamò James, che sembrava felice e scatenato come quando aveva vinto una partita di Quidditch. Corse verso di loro – o meglio, li travolse – e li stritolò in un abbraccio soffocante, facendo cozzare dolorosamente le teste dei due nuovi arrivati.
« Possiamo vederlo? » chiese Peter.
« Certo! Venite » disse James, scortandoli nella stanza delle due neo-mamme.
Prima di seguirli, Remus si soffermò a guardare Sirius, perplesso.
« Cosa stai facendo lì seduto? »
« Sto bevendo acqua e zucchero, e sono perfettamente in grado di stare in piedi » affermò lui. E per dimostrare le sue parole, si alzò in piedi, ritrovandosi a barcollare. Ma fece finta di nulla e s'incamminò a sua volta verso la stanza, fingendo di non vedere la risatina a stento repressa da Remus.

Harry era più minuto di Neville, ma aveva molti più capelli, anche se era appena nato.
« Non c'è alcun dubbio. È proprio figlio tuo » commentò Remus, lanciando un'occhiata a James, che non riusciva a smettere di sorridere.
Era sempre stata una persona facilmente entusiasmabile, ma Remus lo aveva visto così felice solo in poche occasioni, e la nascita di Harry era una di quelle, pari solo al giorno del suo matrimonio. In quel momento, ora che erano tutti lì intorno a Lily e Alice con i loro figli, felici e sereni, gli sembrava impossibile che quei due neonati potessero essere presi di mira da Voldemort. Era assurdo e crudele, e avrebbe preferito non pensarci almeno per un po', ma non ci riusciva.
Per fortuna, i suoi pensieri cupi furono interrotti da James, che si sporse per prendere in braccio il piccolo Harry.
« Se lo fai cadere ti faccio diventare calvo » lo minacciò Lily, ansiosa.
« Lily, mi meraviglio di te. Lo sai che i giocatori di Quidditch hanno una presa infallibile » protestò lui, prendendo il bambino e guardandolo negli occhi. Quello ricambiò lo sguardo, perplesso. « Vedrai, Harry, anche tu diventerai un campione come tuo padre... o quasi. Sarà difficile arrivare al mio livello, ma abbiamo undici lunghi anni per allenarci. Alla tua prima lezione di Volo lascerai a bocca aperta anche la tua insegnante, entrerai nella squadra di Grifondoro e ne diventerai il Capitano, per poi entrare in una squadra professionista e infine vincere la Coppa del Mondo! »
« È bello che tu non voglia influenzare la vita di tuo figlio » commentò Lily, sarcastica.
« Sì, James, sei quasi peggio di mio zio Algie » confermò Frank, scuotendo la testa.
« Non rovinate i miei sogni di gloria! » protestò lui, offeso.
« Va bene, sì... adesso posso prenderlo io in braccio? » intervenne Sirius.
Tutti lo guardarono con perplessità.
« Tu sei un disastro a Quidditch » disse James.
« Cosa c'entra? Posso tenerlo benissimo senza farlo cadere. Sono il suo padrino! »
« E va bene, ma sta' attento, o racconto a tutti cosa è successo poco fa ».
Sirius lo guardò male, ma si assicurò di non far cadere Harry: non avrebbe sopportato l'umiliazione di rendere pubblico il suo quasi-svenimento, pensò, di cattivo umore.
Poi Harry spalancò le palpebre, e un paio di occhi verdi presero a fissarlo con curiosità. Sirius non riuscì a trattenere un sorriso.

I Paciock avevano deciso di ospitare i Potter a casa loro, almeno per quella notte, perché Lily era troppo stanca e provata per tornare a casa sua. Così Sirius, Remus e Peter li avevano salutati, avevano dato un'ultima occhiata a Neville e Harry, e si erano incamminati verso la moto del primo.
« Non riesco a credere che Ramoso sia diventato padre » disse Peter, a disagio.
« C'era da aspettarselo. Vi ricordate quando ho detto che sarebbe stato il primo ad avere un figlio? » disse Sirius, sforzandosi di sembrare rilassato.
Remus annuì. Erano arrivati vicino alla moto e Sirius la stava accendendo. Mentre il motore scoppiettava, parve esitare. Poi si rivolse di nuovo al ragazzo, che l'osservava con apprensione.
« Remus, sai che non volevo aggredirti in quel modo l'altra volta, vero? Non ero in me » disse, cercando di non apparire neanche lontanamente supplichevole. Odiava chiedere scusa, anche se con i suoi amici era disposto a farlo.
« Sirius, davvero, non preoccuparti. Non avevo idea di cosa avevi passato. Mi dispiace per tuo zio » rispose l'altro, tranquillizzandolo.
« E a me dispiace di non aver detto di Regulus a nessuno di voi due. Forse avrei dovuto, ma Silente voleva che il segreto fosse spartito da meno persone possibile... »
« Lo capiamo, non c'è problema » lo rassicurò Peter, che tuttavia non poteva fare a meno di accorgersi che le lunghe assenze di Remus stavano facendo allontanare un po' troppo i suoi amici. Chissà, forse prima o poi avrebbero iniziato a non fidarsi l'uno dell'altro. La lontananza creava molti equivoci...
« Allora vado. Domani tornerò a trovare i due neo-genitori. Dobbiamo fare un brindisi alla nuova generazione! »
« Sono d'accordo » disse Remus, guardandolo salire sulla moto.
Prima di partire, Sirius si soffermò ancora qualche istante.
« Secondo voi sarò bravo come padrino? »
Remus e Peter si scambiarono un'occhiata eloquente e scoppiarono a ridere.
« No, sarai terribile » concordarono.
« Vi detesto, ragazzi ».
E con un rombo spiccò il volo, sfrecciando con la sua moto sopra i tetti di Londra.
I due rimasti si erano incamminati verso l'appartamento di Peter.
« Sono contento di vedere che tu e Sirius non avete litigato » disse questo, mentre camminava con il capo chino.
« Ci vuole ben altro per farci litigare davvero, Peter. Cosa ti ha fatto pensare una cosa simile? » chiese Remus, perplesso e stupito.
« Bè, ecco... » esitò Peter, tormentandosi le dita e mordendosi il labbro. « Tu sei poco presente in questo periodo, e ho avuto paura che ci allontaneremo... So che non dipende da te, sto solo dicendo che nell'Ordine molte cose stanno cambiando. Anche se molti fanno finta di niente, ci teniamo d'occhio a vicenda perché non ci fidiamo più l'uno dell'altro. E adesso c'è questa storia della Profezia... Insomma, è una brutta situazione, e mi è mancato il nostro gruppo per come era prima. Forse anche Sirius si è sentito così ».
« Mi dispiace. Anche io vorrei essere di più con voi, ma non posso proprio, a meno di non compromettere la missione che mi è stata affidata. Ma non preoccuparti, non ci allontaneremo di certo solo perché possiamo frequentarci poco ».
Peter annuì, mostrandosi sollevato. In realtà il suo cervello stava elaborando febbrilmente una serie di frasi che poteva buttare lì senza essere troppo diretto.
« Posso dirti una cosa? Però che resti tra noi » esordì, dopo almeno cinque minuti.
« Di' pure ».
« Nemmeno io sapevo di Regulus, e io sono sempre stato presente. Capisco quello che ha detto Silente, ma Sirius ha deciso di dirlo solo a James. Devo ammettere che mi è un po' dispiaciuto. Insomma, il Sirius che conosco me lo avrebbe detto, non credi? »
Remus scrollò la testa.
« È vero, ma sai com'è fatto Sirius. Quando si tratta della sua famiglia diventa quasi un'altra persona. Ma non credo che l'abbia fatto apposta ».
« Oh no, certo, nemmeno io. È solo che per un solo istante ho creduto che non si fidasse di me, o di noi... Anche se poi ovviamente mi sono ricreduto. Anzi, mi sento in colpa per averlo pensato, quindi non dirlo mai, per favore ».
« Sarò muto come una tomba ».
Peter tacque, lanciando ogni tanto qualche occhiata di soppiatto all'amico. Lo vide riflettere con aria assente. Forse Remus non era poi così convinto di quello che gli aveva risposto.
Non parlarono più, fino a che non arrivarono davanti l'appartamento di Peter.
« Sei sicuro di voler tornare a casa tua da solo? »
« Sì, non preoccuparti. Ci vediamo domani alla nuova sede dell'Ordine. Si sa ancora dov'è? »
« No, Malocchio dovrebbe avvertirci quando avrà finito di proteggerla con decine di incantesimi. Credo che per la spia sarà impossibile parlare, stavolta ».
« Meglio così » concluse Remus.
Peter annuì, sollevato.
Ma quando rientrò in casa, tutto il rimorso e il senso di colpa gli crollarono addosso. Lo stava facendo, aveva provato a seminare zizzania tra due dei suoi migliori amici, e questa sembrava iniziare ad attecchire. Si sentiva sporco dentro, e odiò se stesso ancora più di prima.
Ma se l'alternativa era essere scoperto come responsabile della morte dei Bones e dell'attacco alla casa di Dedalus, sapeva di non avere altra scelta.
Ammetti piuttosto che non vuoi un'altra scelta, insinuò la voce della sua coscienza, mentre guardava il proprio riflesso allo specchio nell'ingresso semibuio: aveva un'espressione di disgusto nei confronti di se stesso.
Peter gli voltò le spalle e si allontanò, senza rispondere all'insinuazione e ricacciandola indietro. Non voleva ascoltarla, né ora né mai.




Questo capitolo è dedicato a nefertari83, che è da poco diventata mamma, o comunque sta per diventarlo! =)
Tempo fa avevo cercato di scoprire come partorissero le streghe, perché al san Mungo sembra che un reparto per donne che devono partorire non esiste... anche perché è un ospedale per malattie e ferite magiche, in effetti. Quindi ho immaginato che partorissero a casa, magari con l'assistenza di qualche Guaritore. E visto che Alice e Lily correvano rischi a uscire, le avrei fatte partorire in casa comunque.
Credo di aver traumatizzato Sirius abbastanza, quindi non ho molto altro da dire. XD
Ah, lo zio Algie è quello che una volta ha buttato Neville dalla finestra per assicurarsi che fosse davvero un mago, quindi lo immagino molto fissato su queste cose. Per fortuna al momento c'è Frank a tenerlo a bada ._.
Al prossimo aggiornamento, che sarà il 12 aprile!

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Capitolo 42
*** I ricordi perduti ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 42
I ricordi perduti


« E questa sarebbe la nuova sede dell'Ordine della Fenice? »
Tutti quanti si guardarono intorno, piuttosto perplessi. Si trovavano in un triste monolocale in pessime condizioni. Gli spifferi di vento entravano attraverso le fessure delle finestre, sollevano la polvere che ricopriva le assi cigolanti del pavimento.
« Tanto valeva radunarci direttamente in una topaia » bofonchiò Dorcas senza mezzi termini. Sturgis annuì, poi sobbalzò quando vide che Malocchio lo aveva colto mentre faceva quel gesto.
« Qualcosa da ridire, Podmore? » ringhiò Malocchio, guardandolo male.
Lui deglutì, mentre Dorcas faceva finta di nulla.
« Ehm, no... solo pensavo che fosse migliore... » balbettò il ragazzo, scatenando la risposta piccata dell'Auror.
« Migliore? Siamo in guerra, ragazzo, non in vacanza in un hotel cinque stelle! »
« Ok, scusa... »
« Malocchio, sono stata io a dirlo per prima, ma diamoci un taglio » intervenne Dorcas, che si sentiva in colpa per avergli fatto rimediare l'ennesimo rimprovero.
Moody le lanciò un'occhiataccia: era sempre più irritabile da quando ospitava Dedalus in casa sua.
« Non sarebbe stato meglio andare a casa di uno di noi? Molti di noi vivono da soli, potreste usare anche quella mia e di Gideon senza problemi » propose Fabian, mentre cercava di tenere a bada un ragno che pendeva dalla ragnatela sopra la sua testa.
« O quella di Dorcas » disse Gideon.
Moody non sembrava affatto persuaso.
« Certo, sarebbe molto più comodo usare la casa di uno di voi. Magari proprio quella della spia, perché no? Così finiremmo tutti nella tana del lupo, i Mangiamorte ci tenderebbero un altro agguato e stavolta verremmo tutti uccisi. Una proposta geniale, Prewett ».
« Come non detto » concluse Fabian.
« Questa casa non è il massimo, ma l'ho imbottita di così tanti incantesimi di protezione che anche cento Mangiamorte impiegherebbero giorni a rimuoverli tutti. E non è ancora finita ».
Zoppicò fino ad un grande tavolo sbilenco, infilò la mano nella tasca dell'impermeabile ed estrasse un semplice rotolo di pergamena.
« Questa sarà l'ultima protezione che apporrò a questo appartamento ».
« Che cos'è? » chiese Rachel, ma poi ammutolì quando Moody si avvicinò di nuovo a tutti loro, guardandoli come un generale che prepara il proprio esercito ad una battaglia.
« Facciamo finta che sia un contratto. Ognuno di voi firmerà, e così facendo accetterà tutte le condizioni previste dalla pergamena ».
« E quali sarebbero queste condizioni? » domandò Dorcas, anche se aveva già qualche idea al riguardo.
« Semplice. Chi firmerà accetterà di non rivelare in alcun modo, né direttamente né indirettamente, il luogo in cui ci raduniamo. Chi non vuole firmare, non avrà più il permesso di partecipare alle riunioni. Se chi ha firmato svelerà dove si trova questo posto... avrà modo di pentirsene amaramente. E non gli consiglio di provare ».
Nella stanza era calato un silenzio teso, ma nessuno osò aprire bocca per replicare. Anche chi tra loro era sempre stato più fiducioso nei confronti degli altri, come James o Sturgis, stavolta non protestò. Sapevano tutti che era necessario ricorrere a quei mezzi per evitare che il traditore li cogliesse nuovamente di sorpresa. E lo stesso traditore non poteva rifiutarsi di firmare, altrimenti si sarebbe smascherato da solo. Malocchio aveva avuto un'ottima idea, pensò Dorcas.
« Bene » disse ad alta voce, facendo un passo avanti e afferrano la piuma che Moody le porse. Si chinò sulla pergamena e firmò per prima.
Gideon la seguì a ruota, e poi firmarono tutti gli altri. Malocchio osservava attentamente le espressioni di ogni singola persona, come se in quel modo potesse cogliere sguardi colpevoli. Non era molto utile, in realtà: essere fissati dal suo occhio magico rendeva nervosi tutti quanti, e non tutti erano capaci di controllarsi. Sturgis provò a scrivere con l'estremità opposta della piuma, al primo tentativo.
Quando tutti ebbero apposto la propria firma, Malocchio piegò la pergamena e la infilò in una tasca.
« C'è anche un'altra cosa. D'ora in poi, ad eccezione di Lupin e Hagrid, che hanno dei compiti che solo loro possono svolgere... nessuno di voi andrà più in missione da solo. Sarete sempre minimo in due, e ognuno terrà d'occhio l'altro. Mi sono spiegato? »
Nessuno replicò, anche se dal fondo del gruppo si udì qualche sussurro contrario.
« Per oggi è tutto. Saprete della prossima riunione nel solito modo. Ora potete andare. E mi raccomando... »
« Vigilanza costante » lo anticiparono Gideon e Fabian in tono volutamente esasperato.
« Sì, infatti! » ringhiò lui, che non era in vena di scherzi.
Dorcas uscì dal nuovo quartier generale insieme a tutti gli altri. Non c'era un bel clima. Alcuni salutarono subito e si affrettarono a tornare a casa, ma non tutti si erano lasciati ancora influenzare dall'atmosfera di sospetto che era calata su di loro. Dorcas voleva raggiungere Emmeline e Rachel che stavano camminando insieme a Sturgis e Fabian, ma prima che potesse farlo fu affiancata da Gideon.
« Che cosa pensi che capiterebbe alla spia se parlasse lo stesso? » le chiese lui.
« Non ne ho idea ».
« Secondo me sarà colpito da una maledizione che lo costringerà a ballare il tip tap fino alla fine dei suoi giorni. È una cosa che si noterebbe e noi potremmo identificarlo subito ».
« Dici? Io invece spero che gli caschi la lingua, visto che la usa solo per fare danni... »
Gideon ridacchiò, per poi tornare serio.
« Tu hai dei sospetti? »
Lei scrollò la testa.
« Macché. Ci abbiamo provato » rispose, indicando con un cenno della testa le due ragazze che camminavano davanti a loro, « ma non è servito a nulla. Abbiamo le idee ancora più confuse di prima ».
« Già... io avevo pensato a Mundungus, ma non ha partecipato a molte riunioni, e di sicuro non sa molte delle cose che la spia invece sapeva. E poi lui era presente quando i Mangiamorte hanno attaccato casa di Dedalus ».
« Io sono convinta che prima o poi farà un passo falso, e quando succederà lo saprò ».
« Certo, a te non sfugge mai nulla » la derise lui.
Dorcas lo fissò con gli occhi socchiusi e uno sguardo minaccioso.
« Infatti. Per esempio, nessuno l'ha ancora notato, ma a me sembra proprio che tu abbia messo su qualche chilo di troppo, nell'ultimo mese ».
Gideon parve imbarazzato.
« Ti detesto ».
« Io di più ».
« Non credo proprio, cara ».
« Ti ho già detto di non chiamarmi così. Non voglio morire di diabete ».
« Ma tu non corri questo pericolo. Sei così acida che distruggeresti una montagna di zucchero in due secondi ».
« Ecco, appunto. Tu invece lo accumuli e basta, vero? » fece lei, fingendo di infilzargli un fianco con la bacchetta.
« Sei una megera che si sa difendere solo con i colpi bassi e attentando alla dignità altrui » protestò Gideon, indignato.
Dorcas sorrise per la prima volta quella sera. Sapeva di non essere del tutto a posto con la testa, ma bisticciare con Gideon la divertiva più di ogni altra cosa, e non solo. La rabbia che provava nei suoi confronti quando le dava fastidio ultimamente aveva iniziato a provocarle un sentimento del tutto diverso, ma che aveva già conosciuto quando era stata più giovane. Ormai non riusciva più a credere alle scuse che aveva inventato per convincersi del contrario. Ogni volta che gli diceva di odiarlo, vi metteva la stessa passione che avrebbe usato per dire l'opposto, e lui sembrava fare lo stesso, perché conosceva bene la sua incapacità di essere troppo smielata.
Poi Fabian disse qualcosa che le fece lo stesso effetto di una doccia ghiacciata.
« Quand'è che la smetterete di punzecchiarvi e vi deciderete a tornare insieme? »
Rachel, Emmeline e Sturgis si erano fermati a loro volta e li guardavano con un'aria divertita.
Dorcas si irrigidì, tornando immediatamente seria.
« Vi siete bevuti il cervello » constatò, mentre Gideon confermava.
« E io dovrei stare con questa vipera? »
« Sì » confermò Fabian. « Sembrate praticamente già sposati ».
Dorcas sbuffò, irritata, ma si arrabbiò ancora di più quando udì Gideon sussurrare sottovoce:
« Non ha tutti i torti, però ».
Lei lo fulminò con lo sguardo, e lui ridacchiò.
« Bando alle ciance, non è il caso di rimanere troppo tempo per strada a quest'ora » cambiò discorso, guardandosi intorno e non scorgendo anima viva oltre loro. « È ora di tornare a casa ».
« Fabian, chiudi il becco e andiamo » disse Gideon, avvicinandosi al fratello minore e facendogli cenno di Smaterializzarsi.
Dorcas si impose di non guardarli mentre sparivano, ma colse le espressioni divertite dei tre che erano rimasti, e si sforzò di ignorare anche loro, ma fu impossibile. Alla fine sbottò.
« La volete finire? »
« Dorcas, è inutile negare, è così evidente » le disse Rachel.
Lei imprecò mentalmente. Non credeva che lo avessero notato tutti.
« D'accordo, forse potrebbe esserci qualcosa tra me e Gideon, ma non succederà » concesse, alzando gli occhi al cielo.
« Ah, avevamo ragione, allora! » esclamò Sturgis.
Lei lo guardò con la coda dell'occhio.
« Attento, Podmore. Io so cosa nascondi tu, quindi fai il bravo » lo minacciò.
Lui sbiancò. Poi, quando Emmeline si voltò a lanciargli un'occhiata incuriosita, fece finta di niente e si mise a fissare il cielo scuro, inciampando così in una radice.
« Non capisco perché sei così ostinata » le disse Rachel. « Non ti comporterai così solo perché sei troppo orgogliosa per cedere? »
« Certo che no, non sono così infantile. La vera ragione per cui non voglio impegnarmi con lui è che non ne ho il tempo. Sto combattendo una guerra, non voglio distrarmi con queste sciocchezze ».
« Io continuo a pensare che tu e Malocchio siete parenti stretti » disse Emmeline, esterrefatta. « Non sono sciocchezze! È importante avere qualcuno con cui condividere le difficoltà e le paure in questo periodo ».
« Sono d'accordo con Emmeline » disse Rachel. « Lo sappiamo che sei una tosta e che sei in grado di tenere testa a Voldemort da sola, ma quando torni a casa non preferiresti avere qualcuno con cui parlare? Il tuo bisticciare continuo con Gideon è un modo per distrarti e ridurre lo stress, in fondo ».
Dorcas annuì, ma non rispose. Sapeva bene che loro avevano ragione, ma aveva già avuto qualcuno con cui confidarsi. Marlene era stata come una sorella per lei, che aveva perso la famiglia molto presto a causa di Voldemort, solo perché sua madre aveva sposato un Nato Babbano. Ma dopo la sua morte si era abituata a stare da sola. Non voleva più soffrire. Se non avesse avuto più nulla da perdere, avrebbe sofferto molto meno. Farsi avanti con Gideon invece avrebbe significato tornare vulnerabile come prima, e lei non poteva permettere che accadesse di nuovo...
Accidenti, Dorcas, sembri capace di affrontare il mondo e poi te la fai sotto dalla paura quando si tratta di impegnarti con qualcuno. Vergognati.
Provò a scacciare la voce della propria coscienza, ma non ci riuscì.
Gli altri si erano fermati.
« Devo davvero andare » disse Emmeline, guardandola con aria preoccupata. « Prometti che penserai a quello che ti abbiamo detto, però ».
« Ci penserò » le rispose, seccata.
Emmeline si Smaterializzò, e Sturgis rimase lì a fissarla, esitando come se volesse dire qualcosa ma non sapesse come farlo. Infine parlò.
« Se potessi, io mi butterei subito. Ma non dipende da me » le confessò, e Dorcas intuì subito di chi stava parlando. « Tu invece puoi, è da te che dipende ».
Dorcas si morse il labbro inferiore, incerta.
« Grazie, Sturgis. Buonanotte » lo congedò.
Lui si Smaterializzò a sua volta e Dorcas rimase sola con Rachel, che sembrava aver atteso apposta quel momento.
« Gliel'hai chiesto? » le domandò, cambiando discorso prima che potesse parlare.
Rachel annuì.
« Regulus mi ha detto di non sapere l'identità di tutti i Mangiamorte coinvolti nell'omicidio di Marlene » le rispose sottovoce. « Ma sa chi era a guidarli ».
Dorcas si sentì percorrere da una scarica elettrica.
« Chi? »
« Travers ».
Dorcas cercò di restare impassibile, ma non ci riuscì. Finalmente, dopo due anni, aveva un nome, aveva un obiettivo: Travers. Il prossimo passo sarebbe stato trovarlo e costringerlo a dirle i nomi di tutti gli altri Mangiamorte che quella notte erano stati con lui. E poi li avrebbe spediti tutti ad Azkaban... sempre se fosse riuscita a controllare la rabbia.
« Grazie » disse infine. « E ringrazia anche Regulus ».
Rachel era chiaramente tesa.
« Dorcas, non fare sciocchezze » le raccomandò.
« Non preoccuparti. So badare a me stessa ».
Tanto non ho nulla da perdere, si disse, mentre Rachel si Smaterializzava a sua volta. E si chiese se avrebbe mai avuto il coraggio di accogliere qualcun altro nella propria vita e correre il rischio di perdere anche lui.

***

La falce della luna brillava alta nel cielo quando Remus si svegliò di soprassalto. Era talmente abituato a dormire sulla nuda terra che ormai neanche sentiva più il fastidio delle radici che gli si conficcavano nella schiena.
Tutt'intorno a lui era sorto un improvviso chiacchiericcio degli altri lupi mannari, che venivano risvegliati dai capi, compreso Greyback in persona.
« Che cosa succede? » domandò, perplesso. Non era ancora l'alba, e allora perché li stavano svegliando?
Sentì qualcuno bofonchiare qualcosa a proposito dei bambini, ma mentre cercava di ascoltare, rimettendosi in piedi notò qualcosa accanto al suo giaciglio. Si chinò per raccogliere il misterioso oggetto e si rese conto che si trattava di una coscia di pollo.
Prima che potesse capire, Greyback parlò.
« I mocciosi sono spariti. »
Gli altri lupi mannari lanciarono esclamazioni sorprese.
« Un altro branco li avrà rapiti! » ipotizzò uno di loro.
« No, credo che siano scappati. »
Tutti tacquero, e Remus si sentì sprofondare sottoterra, mentre la sua mente collegava fatti a cui inizialmente non aveva dato peso. Nell'ultimo periodo aveva visto Tim confabulare spesso con gli altri bambini, per poi ammutolire subito non appena un adulto si avvicinava. Da quando lo aveva aiutato a convincere Charlie MacDougal e Silvanus Cook ad aiutarlo, era diventato sempre più desideroso di contrastare i piani di Voldemort e Greyback. E ora gli aveva lasciato quella coscia di pollo... Quando si erano conosciuti lo aveva guardato male nel timore che volesse rubargliela, quindi doveva essere una sorta di ringraziamento.
« Non andranno lontano, li prenderemo » disse Hati con un tono sicuro. « Ma dobbiamo riportarli indietro prima che siano catturati dal Ministero. »
Remus non riusciva a crederci. Tim si era messo a capo di una ribellione dei piccoli licantropi! Si trattenne a stento dall'insultarsi da solo ad alta voce. Erano solo dei bambini e non potevano essersi organizzati, non avevano dove andare, e stavano rischiando grosso...
« Quando li troveremo, avranno quello che meritano » minacciò Greyback.
Remus si era già messo a correre prima che quello finisse la frase.

« Sarah, è meglio se ci dividiamo in tre gruppi. »
La bambina guardò Tim, preoccupata, mentre lei e gli altri piccoli lupi mannari li seguivano, spaventati ma allo stesso tempo entusiasti.
« Sì, così li confonderemo e non sapranno quali tracce seguire » fece lei, ingenuamente.
« Ma dove siamo diretti? Chi ci potrà aiutare? » si lagnò Mark, un bambino di appena cinque anni che arrancava sulla loro scia.
Tim lo guardò e gli tese la mano per aiutarlo ad accelerare il passo.
« A Hogwarts. Lì c'è Silente. Ci aiuterà. »

« Remus, ci dispiace, ma finora io e il mio branco non abbiamo trovato nessuno di quei cuccioli » disse Charlie MacDougal, asciugandosi il sudore della fronte.
« E nemmeno noi » aggiunse Silvanus. « Ma non ci arrendiamo, continueremo a cercare. »
« Grazie, davvero » fece Remus, angosciato.
« Stiamo creando delle false piste per trarre in inganno Greyback e i suoi. Dobbiamo trovarli prima di loro. »
Remus li ringraziò di nuovo, riconoscente. Non osava immaginare cosa sarebbe successo ai bambini se Greyback li avesse catturati. Ma forse era ancora peggiore il pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere se non li avessero presi. La luna piena era vicina, e un branco di lupi mannari alle prime armi sarebbe stato devastante tanto quanto gli adulti...

Da qualche parte nella foresta si levò un grido terrorizzato.
« Sarah! » esclamò Tim, smettendo improvvisamente di correre, mentre gli altri quattro bambini del suo gruppo si stringevano a lui, terrorizzati.
« Li hanno presi? » domandò Mark, tremando violentemente.
Dagli strilli acuti sembrava provenire una lugubre conferma alla sua domanda.
« Che cosa facciamo? » strillò terrorizzata un'altra ragazzina.
Tim rifletté per alcuni eterni secondi. Poi prese la sua decisione.
« Non possiamo lasciarli da soli. Greyback li punirà. »
« E se... se ci uccidono? » sibilò Mark.
Tim deglutì, sconvolto al solo pensiero. Ma poi scosse la testa.
« Non lo faranno. Gli serviamo. »
E tornarono indietro.

« Che cosa credevate di fare, eh? » domandò Greyback, furente, guardando con rabbia Tim, Sarah e gli altri bambini piangenti e singhiozzanti al suo cospetto.
Remus si sentiva tremare dalla testa ai piedi. Li avevano catturati tutti, e ora Greyback li stava interrogando e minacciando. Li avrebbe picchiati, se lo sentiva, e fu questo a convincerlo ad intervenire.
« Greyback, ascolta. Sono sicuro che non è colpa loro. Non hai pensato che forse, prima di morire, Sköll poteva averli plagiati? Potrebbe averli convinti a tradirti per indebolirti, e loro forse adesso l'hanno fatto perché convinti che fosse la cosa giusta. »
Si rese conto solo dopo di avergli bloccato il braccio nell'atto di alzare le mani su uno dei bambini, e lasciò la presa, disgustato dal contatto con quel mostro.
Greyback lo fissò attentamente e Remus sostenne lo sguardo. Non gli importava di compromettere la sua missione per conto dell'Ordine, non sarebbe rimasto a guardare mentre quelle vittime venivano punite.
« È come dice lui? » chiese Greyback, rivolgendosi a Tim.
Lui guardò Remus, spaventato, e colse il suo sguardo di avvertimento.
« Sì » rispose. « Sì, è stato lui. »
Remus sospirò, sollevato. Greyback sembrava meno furibondo quando si rivolse a lui.
« Bene... ma si meritano lo stesso una punizione. Non mangeranno finché non sarò io a dirlo. »
E gli voltò le spalle, lasciandolo immobile, le unghie conficcate nella carne e i denti che graffiavano il labbro, colmo di rabbia e risentimento.

« Scusa, Remus... »
Lui sospirò. Era arrabbiato: Tim lo aveva fatto preoccupare così tanto che doveva aver perso almeno dieci anni di vita.
« Tim, che ti è saltato in mente, accidenti? Potevate uccidere degli innocenti! »
Il ragazzino sembrava veramente mortificato.
« Volevo solo essere libero. E volevo che lo fossero anche gli altri. Credevo che fosse questo che mi avevi insegnato. »
Remus sentì la rabbia affievolirsi.
« Non è ancora il momento, Tim. Ma lo sarai, credimi. »
Tim annuì, malinconico, e Remus non poté fare a meno di cedere, incapace di restare sulle sue un momento di più.
« Sei stato coraggioso, Tim. Molto più di quanto sarei stato io gli disse. Ma devi aspettare e avere fiducia. Questo te lo prometto, Tim: ti porterò via da qui appena potrò. »
Lui accennò un sorriso, sollevato.
Remus lo congedò in fretta. Aveva una strana sensazione, come se qualcuno lo stesse osservando di nascosto. Forse si era esposto troppo, difendendo i bambini, ma se fosse tornato indietro lo avrebbe fatto di nuovo. Ora però ne era certo: Greyback lo avrebbe tenuto costantemente d'occhio, da quel momento in poi, e lui avrebbe dovuto mostrarsi fedele e non commettere nessun passo falso.
Chissà per quanto tempo ancora non potrò rivedere i miei amici, pensò, depresso.

***

La villa era come era sempre stata, almeno dall'esterno. Regulus fissò con timore le finestre che si affacciavano sul vialetto che conduceva alla porta d'ingresso, come se temesse di vedere Alphard che si affacciava ad una di esse. Se avesse avuto un'allucinazione del genere non sapeva quanto avrebbe potuto resistere alla tentazione di voltarsi e andarsene il più lontano possibile. Ma anche pensare che suo zio non si sarebbe mai più affacciato alla finestra gli faceva male lo stesso.
Sirius e Rachel erano accanto a lui, altrettanto malinconici e cupi. Camminavano in silenzio, tanto che i loro passi sulla ghiaia quasi rimbombavano.
Avevano deciso di andare a perlustrare da cima a fondo la casa in cui Alphard aveva vissuto per tutto quel tempo, con l'obiettivo di trovare i ricordi che aveva lasciato loro. Silente aveva fatto in modo di dotarla dei più potenti incantesimi protettivi che conosceva.
« Allora, Sirius, com'è Harry? » chiese Rachel all'improvviso, rompendo il silenzio in cui tutti e tre si erano rinchiusi da quando si erano Materializzati davanti al cancello. Chiaramente l'aveva fatto apposta per allentare la tensione, ma Regulus era poco disposto ad ascoltare qualsiasi tipo di conversazione.
Sirius fu distolto dai suoi pensieri, ed esitò alcuni secondi prima di rispondere, come se sentisse il bisogno di ricordare dove si trovava e cosa ci faceva.
« È il neonato più tranquillo che abbia mai conosciuto. In realtà non ne ho conosciuti molti, ma credevo che, in quanto figlio di James, sarebbe stato una peste. E invece non piange quasi mai e non dà mai fastidio » aggiunse, con rassegnazione.
« Mi sembra positivo, perché lo dici con quel tono? »
« Scherzi? Sono disperato. Sono il suo padrino e devo assolutamente rimediare ».
« E Lily è d'accordo? »
« Non credo » rispose Sirius, sfoderando il sorriso che aveva ogni volta che tramava qualche scherzo.
Rachel provò a rispondere, ma non lo fece. Erano arrivati alla porta d'ingresso, e Regulus aveva infilato la chiave nella toppa. Di nuovo il silenzio calò su di loro. Regulus aprì la porta ed entrò senza esitare, desideroso di affrontare e superare il prima possibile quel momento.
L'ingresso era sempre lo stesso, come se il tempo si fosse fermato. Ma quando tutti e tre si chiusero la porta alle spalle, il rumore echeggiò nella casa deserta. Poi udirono dei passi, e per un folle istante Regulus sentì il proprio cuore martellare all'impazzata. Ma era solo l'elfo domestico Aster, venuto ad accogliere il suo nuovo padrone.
« Padrone, Aster ha fatto come gli è stato ordinato e non ha toccato nulla » esordì l'elfo, con un tono dimesso e afflitto. Anche lui era molto affezionato ad Alphard.
« Grazie » rispose Regulus, guardandosi intorno.
« I signori vogliono qualcosa da mangiare o da bere? »
« Per il momento no » rispose Sirius. « Dobbiamo farti un paio di domande, veramente ».
L'elfo si mise sull'attenti. Fu Regulus a parlargli di nuovo.
« Ascolta, per caso nostro zio ti ha mai detto o fatto riferimenti a qualcosa che aveva nascosto in questa casa? »
Quello parve riflettere per un po'.
« Il padrone aveva affidato ad Aster soltanto la chiave della biblioteca. Aster non sa altro, purtroppo ».
« E non hai notato niente di strano, ultimamente? Ha fatto qualche incantesimo oppure è stato per parecchio tempo chiuso da qualche parte? »
« Aster sta cercando di ricordare... » disse l'elfo, posando le lunghe dita ossute sulle tempie. I tre ragazzi rimasero in attesa, ansiosi. « Il padrone era un mago colto e amava scoprire tutte le branche della magia, anche quelle di solito sconosciute. Non era raro che provasse a sperimentare nuovi incantesimi, quindi Aster non può dire con certezza se ne ha fatti di strani. Però... »
« Però cosa? » chiese Rachel, pendendo dalle sue labbra.
« Qualche tempo fa ha usato un incantesimo, ma qualcosa è andato storto ed è rimasto ferito. Aster ricorda che era dovuto andare da qualcuno che lo curasse. Non era la prima volta che si faceva male con incantesimi nuovi, ma la ferita era più grave del solito ».
Rachel guardò Regulus: entrambi avevano capito qualcosa.
« Si riferisce all'ultima volta che è venuto a trovarci a casa mia. Si è fatto curare da mia madre. Lei infatti non capiva con che tipo di incantesimo si fosse fatto male in quel modo, ma lui aveva minimizzato ».
« Come al solito » commentò Sirius, depresso.
« Non c'è altro? » chiese Regulus, tornando a rivolgersi all'elfo domestico, il quale scrollò la testa.
« Aster è spiacente, ma non c'è altro ».
« Non importa, sei già stato d'aiuto. Puoi andare, ma non toccare ancora nulla ».
Aster annuì. Fece un profondo inchino a tutti e tre e si allontanò.
« Che cosa facciamo, allora? » chiese Sirius, rivolgendosi agli altri due.
« Perlustriamo la casa da cima a fondo. È meglio dividerci. Io inizio dalla biblioteca ».
« Darò un'occhiata nel salotto, è piuttosto grande » disse Rachel, lanciando uno sguardo lungo il corridoio che dall'ingresso conduceva al soggiorno.
« D'accordo, io allora andrò in camera sua. Ci rivediamo qui quando abbiamo finito » concluse Sirius.
« Fate attenzione quando cercate nascondigli. Gli incantesimi che usava non erano troppo pericolosi, ma non si sa mai » li avvertì Regulus. Loro annuirono, poi si incamminarono ognuno in direzioni diverse.
Non appena Regulus entrò nella biblioteca, non poté fare a meno di ricordare l'ultima volta che vi era entrato. Era lì che aveva scoperto cosa fossero gli Horcrux; lì Alphard gli aveva raccontato la storia della sua amicizia con Perseus; e lì zio e nipote si erano ritrovati dopo tanto tempo. Sembravano passati secoli, ormai.
Cercando di non lasciarsi distrarre da ricordi più o meno dolorosi, estrasse la bacchetta ed iniziò a perlustrare attentamente la stanza. Non era facile, perché lui cercava tracce di magia, ma la casa era piena di incantesimi che ancora duravano, nonostante la morte di chi li aveva compiuti. Era difficile distinguere tra semplici magie innocue, come quella che permetteva a brillanti sfere di luce di accendersi e galleggiare sospese in aria quando calava il buio, e incantesimi posti a protezione di qualche nascondiglio.
La biblioteca era piena di passaggi nascosti, rientranze segrete nelle pareti, in cui Alphard aveva riposto libri o pergamene colme di appunti su magie molto avanzate e a volte pericolose, ma di qualcosa che contenesse ricordi non vi era traccia.
Fu con una certa delusione che, tre quarti d'ora dopo, Regulus si arrese all'evidenza: i ricordi non erano nella biblioteca, e non dovevano essere nemmeno nelle stanze che Rachel e Sirius stavano rovistando, altrimenti a quel punto lo avrebbero chiamato.
Tutti e tre si ritrovarono nell'ingresso, delusi. Regulus non riusciva a capire dove fossero nascosti e continuava a mordersi il labbro inferiore per la stizza.
« Dobbiamo cercare nelle altre stanze, nei corridoi e nella cantina, dappertutto. Non c'è altra soluzione » disse Sirius in tono pratico.
Gli altri due annuirono. Regulus cercò in lungo e in largo per tutta la cucina e un paio di corridoi, rovistò nei cassetti, aprì tutti gli sportelli e le ante degli armadi, cercò doppi fondi nelle pareti o sotto il pavimento, ma non ebbe il minimo risultato.
Sospirando con rassegnazione, salì al piano superiore. Mentre passava davanti alla stanza in cui lui e Sirius avevano dormito ogni volta in cui erano rimasti da loro zio, soprattutto durante l'estate o a Natale, vide Rachel seduta su uno dei due letti. La ragazza stava guardando alcune fotografie e ogni tanto si lasciava sfuggire un sorriso divertito. Regulus si schiarì la voce, attirando la sua attenzione.
« Oh, sei tu! Ho trovato queste e mi sono distratta » fece lei, posando subito le foto con aria colpevole. « Ora continuo a cercare ».
« Non preoccuparti, credo che mi prenderò una pausa » rispose Regulus, sporgendosi a guardare oltre la sua spalla. « Dove le hai trovate? »
« In una scatola dentro l'armadio. Speravo di trovarci i ricordi... Tutto bene? »
Regulus stava fissando la fotografia che ritraeva Alphard quando aveva circa undici anni. Gli somigliava molto, ma l'espressione era più simile a quella di Sirius. Salutava allegramente in direzione di chi stava scattando la foto ed esibiva un sorriso smagliante e l'uniforme di Hogwarts nuova di zecca. Regulus si sentì invadere da un'immensa malinconia, ma si sforzò di apparire tranquillo quando colse lo sguardo preoccupato di Rachel.
« Tutto bene, sì. Quali altre foto ci sono? »
Lei esitò, come per valutare se lui fosse abbastanza preparato per guardarle, ma alla fine ne afferrò un mucchietto e gliele mostrò.
« Guarda, in questa c'è anche mio padre » disse, indicandogliene una con la squadra di Quidditch di Serpeverde del 1944. Perseus era accanto ad Alphard e sembrava molto meno burbero, e forse non solo perché avevano vinto la Coppa del Quidditch.
« E poi c'è quest'altra. Secondo me è la più bella di tutte » disse Rachel, porgendogli un'altra foto. Alphard era già adulto ed era seduto su un divano con accanto un piccolo Sirius che non poteva avere più di due anni, e Regulus in braccio. Regulus vide Sirius cercare di spaventarlo con un una bacchetta giocattolo, e lui si difendeva scalciandogli contro. Alla fine Alphard requisiva la bacchetta a Sirius, il quale lo guardava con aria offesa.
Regulus notò che suo zio non era apparso così felice neanche nelle due fotografie precedenti.
« È vero, è la migliore » disse, con la voce rauca. Poi aggiunse, cupo: « Sai qual è la cosa assurda? »
« Cosa? » chiese Rachel.
« Che quando ero un Mangiamorte non ho mai veramente provato il desiderio di uccidere qualcuno. Adesso invece sì ».
C'erano notti in cui pensava ossessivamente a Rodolphus Lestrange e desiderava vendicare suo zio più di ogni altra cosa. Ed era sicuro che, se solo lo avesse incontrato, per una volta non avrebbe avuto scrupoli. Lo odiava come non aveva mai odiato nessuno in vita sua, tranne Voldemort. Il solo pensiero che Rodolphus fosse ancora vivo gli faceva rodere le viscere. Non gli avrebbe permesso di esibire quell'espressione sarcastica né di vantarsi di quello che aveva fatto.
Rachel rimase in silenzio per alcuni istanti. Poi gli posò la testa sulla spalla e gli rispose:
« Lo so. Non è affatto assurdo ».
Lui non si sentì meglio, ma ebbe meno paura. Aveva temuto di tornare ad essere un aspirante assassino, ma non poteva pretendere troppo da se stesso. Se i Mangiamorte avessero continuato a uccidere i suoi cari sarebbe stato impossibile non desiderare di ucciderli. Per lo meno adesso aveva un motivo valido, si disse, pensando tuttavia che fosse una magra consolazione.
Non riusciva a staccare gli occhi da quella foto. Alphard gli mancava immensamente. Fino a quel momento in cui era stato costretto a nascondersi, suo zio era stato l'ultimo legame col suo passato e con l'infanzia. Ora che era morto, si sentiva molto più solo. Non sapeva cosa avrebbe fatto se non gli fossero rimasti Rachel e, anche se non voleva ammetterlo, Sirius.
Fu proprio quest'ultimo a distrarlo dai suoi pensieri.
« Qui si batte la fiacca? » esclamò, affacciandosi nella stanza.
« Stavamo riflettendo sui posti in cui cercare » mentì prontamente Regulus, alzandosi in piedi in fretta e sforzandosi di apparire relativamente sereno. « Tu hai trovato qualcosa? »
Sirius scosse la testa.
« Niente. Comincio a pensare che forse non li ha nascosti qui, altrimenti ci avrebbe reso le cose più facili ».
« Non lo so. Se si trattava di cose importanti, avrà fatto in modo che chiunque altro non potesse trovarli » disse Rachel, pensierosa.
« Ci resta poco da perlustrare, ormai. Se non troviamo nulla, dovremo rinunciarci, almeno finché non troveremo qualche altro indizio » aggiunse Regulus. « Torniamo al lavoro, forza ».
Non trovarono nulla. Avevano cercato in ogni angolo della casa, ma non avevano notato la minima traccia di nascondigli segreti. Fu con una certa delusione che, a fine giornata, decisero di rinunciare.
« Meglio concentrarsi su qualcos'altro. Silente è già sulle tracce di un altro Horcrux, in fondo: l'altro giorno ha estorto delle informazioni interessanti a Sinister e Caractacus Burke, e ora è alla ricerca di un'elfa domestica di nome Hokey ».
« E se Alphard sapeva degli Horcrux? Forse ha cercato di farci sapere dove trovarne uno, e noi non siamo riusciti a capirlo... »
« Secondo me è possibile, ma non credo che quei ricordi siano nascosti in questa casa » disse Sirius. « Forse è solo una falsa pista per sviare chi non dovrebbe trovarli. È probabile che li abbia nascosti altrove ».
« E quello che ha detto Aster riguardo quell'incantesimo con cui si era ferito? »
« Forse si trattava di un incantesimo e basta. Credo che abbia deciso di nasconderli in un luogo più sicuro... »
Regulus si bloccò all'improvviso, colto da un'ispirazione improvvisa.
« Un posto più sicuro, dici? Come abbiamo fatto a non pensarci? Aster! »
L'elfo domestico si Materializzò un istante dopo.
« Sì, padrone? »
« Mio zio ti ha mai fatto andare alla Gringott per conto suo? » chiese Regulus, il cuore che batteva all'impazzata.
Aster annuì.
« Sì. Alcuni giorni prima di morire, padron Alphard aveva detto ad Aster di portare alla Gringott uno scrigno che conteneva qualcosa d'importante. Aster non sa cosa, ha obbedito senza chiedere ».
« Vostro zio aveva una camera blindata personale alla Gringott? Intendo una camera separata dal resto della vostra famiglia » chiese Rachel.
Ci fu un attimo in cui tutti e tre tacquero, tesi, mentre un'ondata di eccitazione li travolgeva.
« Sì » confermò Sirius, quasi sussurrando per l'emozione. « E l'ha lasciata a me ».





Buona Pasqua in ritardo a tutti quanti! Spero che vi siate riposati. Passo subito alle note.
Lo so che l'idea della pergamena non è il massimo dell'originalità ma effettivamente non mi veniva in mente un metodo più sicuro per impedire a quel ratto di far scoprire la nuova sede dell'Ordine... e Hermione in fondo potrebbe sempre aver preso l'idea da qualche racconto di Malocchio durante l'estate trascorsa a Grimmauld Place, giusto? *arrampicarsi sugli specchi*
Tutta la questione di Tim e Remus non me l'ero scordata, ma ci sono così tanti personaggi di cui scrivere che anche prima di vedere Sirius che va a recuperare i ricordi alla Gringott dovrete aspettare il capitolo 45 ^^
Quanto a Dorcas, qui si spiega che cosa la tormentava. Dopo quello che ha subito, per lei è difficile aprirsi con gli altri, anche se alla fine ha continuato suo malgrado ad affezionarsi alle persone... Presto vedrete se deciderà di cambiare modo di fare!
Per puro caso nel capitolo 49 di "Eroi non si nasce, si diventa" avevo fatto sapere a Regulus tramite Rabastan (credo che fosse lui, l'ho controllato tempo fa XD) che era stato proprio Travers a guidare l'omicidio dei McKinnon. Allora non avevo idea di quanto potesse essermi utile, ma ho avuto fortuna, ed ecco qui! Travers deve tremare, ora che ha Dorcas alle costole, muahahah! XD
Nel prossimo capitolo, che pubblicherò il 26 aprile, scoprirete qualcosa di nuovo su Sturgis, e ci sarà anche un altro personaggio su cui finora mi sono soffermata poco.
Ok, credo di aver detto tutto. Il periodo che mi aspetta sarà molto intenso, ma conto comunque di riuscire a scrivere lo stesso, se l'ispirazione mi assiste. Per fortuna ho parecchi capitoli pronti! Auguratemi buona fortuna!
E buona giornata a tutti,

Julia =)

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Capitolo 43
*** Confessioni ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 43
Confessioni

Draco stava piangendo, di nuovo. Narcissa scattò subito in piedi non appena udì i primi gemiti, prima che questi si trasformassero in un pianto disperato.
« Dobby, perché piange ancora? » chiese lei, rivolgendo un'occhiata sospettosa all'elfo domestico che se ne stava impotente accanto alla culla.
« Dobby non sa. Dobby ha fatto tutto quello che la padrona gli aveva detto. Forse è il padroncino che fa i... »
Calò un silenzio teso, e Narcissa lo guardò con attenzione.
« Continua ».
Dobby tremava visibilmente ma quando parlò aveva un tono di voce sicuro, anche se un po' tremolante.
« Dobby crede che il padroncino stia solo facendo i capricci, signora ».
« Non dire sciocchezze » lo ignorò lei, avvicinandosi alla culla e sedendosi accanto ad essa. Estrasse la bacchetta ed evocò una fedele riproduzione del sistema solare. I pianeti brillavano nella penombra mentre giravano intorno al sole, che sembrava una perfetta sfera di fuoco. Di colpo il neonato smise di piangere, stupito da quella magia, e il suo volto si distese in un sorriso che vocalizzò in un gorgoglio felice. Narcissa sorrise di rimando.
« Visto? Non ci voleva molto. Adesso puoi andare, Dobby, è meglio se ci penso io » disse, con un tono che non ammetteva repliche.
« Sì, signora » rispose Dobby, che però sembrava sollevato.
Quando l'elfo domestico si fu Smaterializzato fuori dalla stanza, Narcissa posò le mani sul lato della culla, sporgendosi per fissare suo figlio. Sarebbe rimasta così per sempre, se avesse potuto. Non si sarebbe mai stancata di ammirarlo e restargli vicino. In quei momenti riusciva a dimenticare tutto il resto, a lasciarsi alle spalle i pensieri e le preoccupazioni che la angosciavano e a creare un'isola felice in cui c'erano soltanto loro due.
Draco tuttavia aveva già ricominciato a piangere perché i pianeti non si lasciavano afferrare dalle sue mani tese verso l'alto. Forse, ammise Narcissa, faceva troppi capricci, ma a lei non interessava. Detestava saperlo triste; voleva che fosse sempre felice e si era ripromessa di dargli tutto quello di cui aveva bisogno, anche se questo avrebbe significato viziarlo un po'.
Ad un altro movimento della sua bacchetta, i pianeti si avvicinarono, fino a che non iniziarono a girare proprio sopra il viso di Draco, che per il momento si calmò di nuovo.
Narcissa però non sorrise: qualcosa aveva attirato la sua attenzione, distogliendola da quella tranquillità che si era ritagliata fino a quel momento.
Lucius era entrato e si era accostato alla culla, guardando con aria attenta Draco. Quest'ultimo si era già stufato del suo modellino del sistema solare e ora aveva adocchiato la bacchetta di Narcissa. Il fatto che lei ritenesse pericoloso dargliela gli stava per provocare un'altra crisi di pianto.
« Ci penso io. Gliel'ho comprata proprio oggi » esordì Lucius, estraendo una bacchetta giocattolo nuova di zecca e porgendola al neonato, che si quietò all'istante. « Come stai? »
Sentendosi rivolgere quella domanda, Narcissa fu assalita da una sensazione opprimente.
« Meglio, ma certe cose non cambieranno. Hai detto a Rodolphus che se osa mettere piede qui dentro un'altra volta non ne uscirà vivo? »
« Gliel'ho accennato... e ha detto che se lo aspettava. Comunque non ha intenzione di farlo. Piuttosto è tua sorella che non capisce perché tu sia così arrabbiata ».
Narcissa si morse il labbro, furiosa, e Lucius dovette intuire il pericolo, perché si affrettò a chiarire la propria situazione.
« Naturalmente gliel'ho spiegato, ma lei non è d'accordo. Dice che non dovresti avere a cuore la sorte di un rinnegato, e che con Sirius non faresti lo stesso ».
« Di Sirius non mi importa nulla, infatti. Si è sempre reso odioso, e non vedo perché non dovrei ricambiare il disprezzo che nutre per me. Sia lui che Andromeda se ne sono andati per egoismo, ma Alphard era diverso: è stato diseredato perché li ha appoggiati, ma non l'ha fatto per cattiveria. Era una persona generosa. Non meritava quella fine ».
Ed è morto per proteggere Regulus, pensò, cupa.
Lucius fece un gesto come per dire che gli dispiaceva per lei, ma che non poteva farci nulla.
« Se quella sera fossi stato con loro, avrei provato a fare ragionare Rodolphus, ma sai bene che su di lui la mia diplomazia ha poco effetto ».
« No che non lo avresti fatto. Non hai bisogno di mentire anche con me » rispose lei, e per un attimo credette che Lucius se la sarebbe presa, ma non fu così.
« Hai ragione, lo ammetto: non avrei fatto niente. E non avresti fatto nulla neanche tu, anche se avessi voluto. E sai perché? Perché sai bene cosa significherebbe andare contro il volere del Signore Oscuro ed essere considerati dei traditori. Non possiamo permettercelo, perché ora non si tratta più di noi due e basta ».
Narcissa guardò di nuovo Draco. Lucius non aveva torto: ora più che mai doveva stare attento a rimanere nelle grazie di Voldemort, perché qualsiasi errore sarebbe ricaduto su loro figlio. E quelle parole la stupirono, perché aveva sempre creduto di essere la sola a preoccuparsi per quello che sarebbe potuto accadere a Draco. Fino a poco tempo prima, Lucius non aveva tutte quelle remore: era esaltato dagli ideali dei Mangiamorte, non si faceva problemi a sporcarsi le mani e seguire le orme dei Lestrange. Ma da quando lei era rimasta incinta, aveva cominciato a cambiare. Era diventato più cauto, desideroso di conquistare la fiducia del Signore Oscuro, cercando al tempo stesso di mostrare al resto della comunità magica un'altra faccia da mago perbene. Le sue priorità erano cambiate, e Lucius cercava di assicurarsi di cadere in piedi, qualunque fosse stato l'esito della guerra.
« Non possiamo comprometterci e renderci meno affidabili agli occhi del Signore Oscuro, Narcissa » continuò. « Quindi per favore, tieni per te il dispiacere per la morte di tuo zio e non mostrarti così addolorata di fronte a chiunque non sia io ».
Lei annuì, anche se dentro di sé formulava pensieri che la spaventavano. Voleva solo vivere serenamente con suo marito e suo figlio. Ma cosa sarebbe accaduto se Lucius fosse stato ucciso o arrestato? Anche lei era cambiata da quando era diventata madre: quella guerra e tutti quei motivi che l'avevano causata non le sembravano più degni d'importanza. L'unica cosa che contava era Draco.
« D'accordo » sospirò. « Fingerò che mi sia passata, ma non voglio vedere Rodolphus ugualmente. Passeremo il Natale con i tuoi. Non ho intenzione di invitare altre persone ».
« Come preferisci, tanto tua sorella non è interessata ai festeggiamenti ».
Draco aveva lasciato cadere la bacchetta giocattolo sul cuscino e ora stava iniziando lentamente ad addormentarsi. Narcissa gli rimboccò la copertina, poi spense le luci e si avviò verso la porta.
Quando uscì dalla stanza si voltò verso Lucius, che l'aveva seguita.
« State continuando a cercarlo, vero? » chiese, tesa.
Lui non sembrava sorpreso di quella domanda.
« Sì, ma siamo in alto mare. Ne sarai contenta, immagino ».
Lei esitò, ma poi lo guardò dritto negli occhi.
« Sì, è così ».
Lucius scosse la testa, ma non sembrava contrariato. La conosceva bene e sapeva quanto quella situazione fosse delicata e dolorosa per lei. Narcissa infatti non riuscì a rimanere impassibile per molto tempo. Doveva assolutamente chiarire, avere spiegazioni, risposte e rassicurazioni.
« Voi credete davvero che Regulus sia un traditore? » chiese, e la sua voce era rauca quando formulò la domanda.
Lui sospirò.
« Non ne sono sicuro ma il suo comportamento non promette bene ».
« E se non fosse così? Potrebbe aver scoperto qualcosa che non faceva comodo a qualcuno e si è dovuto nascondere... »
« Narcissa, è stato visto con Silente... »
« Mi rifiuto di credere che abbia tradito quello in cui ha sempre creduto. Lucius, io lo conosco bene e so che certe cose non le farebbe mai » sbottò Narcissa, incapace di trattenersi ancora di più.
« No, certo, non si metterebbe mai a difendere i diritti dei Babbani. Ma potrebbe essersi spaventato, questo sì. Quando si è unito a noi era giovane, forse troppo. Non era pronto per affrontare tutto questo. Ma la sua fuga, qualunque ne sia la ragione, basta a renderlo un traditore agli occhi del Signore Oscuro ».
Narcissa sentì i propri occhi inumidirsi, e si voltò da un'altra parte.
« Che cosa gli faranno? »
Lucius non rispose. Non ce n'era bisogno.
Narcissa aveva il cuore in gola, esattamente come il giorno in cui, udendo per caso la conversazione tra i Lestrange e Rookwood nel suo salotto, aveva scoperto che suo cugino era vivo. L'immensa felicità che l'aveva assalita a quella notizia aveva preso fatto posto al terrore che i Mangiamorte potessero rintracciarlo. Aveva sentito tutti i commenti sul comportamento del ragazzo. Ma, qualunque cosa lui avesse fatto, a Narcissa non importava. Tutto era passato in secondo piano rispetto alla possibilità di vederlo ancora vivo. E aveva deciso di rischiare, per una volta, senza dire nulla nemmeno a Lucius. Per sua fortuna la sorte le era stata favorevole. Le era tornato in mente quel che Rabastan aveva detto a proposito della ragazza di Regulus. Narcissa sapeva come si chiamava, e l'aveva vista di sfuggita una volta, in occasione del funerale. Sapeva che era la figlia della Guaritrice che l'aveva visitata un paio di volte nell'ultimo mese di gravidanza. Proprio durante una di quelle visite, la donna aveva detto al Guaritore Llewellyn che sua figlia lavorava come Obliviatrice.
Così aveva mandato Dobby al Ministero per consegnarle quel messaggio, ordinandogli minacciosamente di non parlarne con il suo padrone. Le era dispiaciuto mentire e ingannare Lucius, ma lui si sarebbe sicuramente opposto, anche se si sforzava di capirla.
« Non dovrei dirlo ma è improbabile che lo troveremo, almeno per quel poco che sappiamo adesso, quindi stai tranquilla ».
Lei si sentì un po' più sollevata, ma non abbastanza. Regulus era sempre stato l'unico della loro famiglia con cui si sentiva davvero e completamente in sintonia. Era molto di più di un cugino, e non voleva perderlo.
« Bellatrix non l'ha detto a nessun altro? » chiese poi.
« No, anche se è furiosa ha preferito mantenere il riserbo, forse per vergogna. Di sicuro vostra zia non lo sa. Non si sono più viste da quando hanno litigato proprio a causa di Regulus ».
« Meglio così » disse Narcissa, che aveva la stessa intenzione di mantenere Walburga all'oscuro di tutto, finché fosse stato possibile. Non voleva far esplodere una bomba senza aver prima dato a Regulus la possibilità di spiegare le proprie ragioni, né era desiderosa di dare il colpo di grazia a sua zia. Ogni tanto andava a trovarla, anche se solo per senso del dovere. Le faceva impressione vedere quella donna, un tempo temuta e rispettata, diventare giorno dopo giorno lo spettro di se stessa.
« Ascolta, cerca di non intrometterti in questa questione. Ho paura che tu commetta qualche sciocchezza » disse Lucius, lanciando poi un'occhiata alla stanza buia in cui Draco dormiva. « L'unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci è la nostra famiglia, tutto il resto viene dopo. È così che abbiamo deciso di crescere nostro figlio ».
« Sì, Lucius, lo so. Ciò che conta è la famiglia » rispose Narcissa con fermezza.
Ma io sono sempre una Black, quindi Regulus è la mia famiglia.

***

Diagon Alley in quel periodo dell'anno era sempre affollata, nonostante i tempi poco sicuri. Gli studenti di Hogwarts e le loro famiglie si accalcavano nei negozi. L'atmosfera era meno festosa rispetto ad alcuni anni prima, e maghi e streghe non perdevano troppo tempo in giro, ma c'era sempre qualcuno più temerario o fatalista che continuava a passeggiare senza preoccuparsi dei pericoli, per lo meno finché era giorno. I Mangiamorte di solito uscivano allo scoperto col buio, e infatti al tramonto la strada diventava deserta nel giro di pochi minuti.
Emmeline stava osservando alcuni ragazzini con i visi attaccati alla vetrina di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch quando Sturgis la vide, dopo aver varcato il muro che collegava la strada al retro del Paiolo Magico.
Per le mutande di Merlino, sono arrivato in ritardo, imprecò mentalmente.
La ragazza si voltò a guardarlo mentre lui la raggiungeva, trafelato ma al tempo stesso con un'aria baldanzosa che aveva molto raramente.
« Scusa, è tanto che aspetti? » esordì, col fiato corto.
« No, solo cinque minuti. Non ho atteso molto » rispose Emmeline con tranquillità.
Ma Sturgis era ugualmente imbarazzato per quella pessima figura. Ed era meravigliato di se stesso. Desiderava da settimane quell'uscita con Emmeline – anche se più che di un appuntamento si trattava di una ronda che avevano deciso di svolgere insieme, ma non era il caso di essere troppo pignoli – ed era riuscito a fare tardi. Aveva le sue buone ragioni, ma non poté fare a meno di arrabbiarsi con se stesso.
« Io... mi dispiace... mi è arrivato un gufo importante e ho perso tempo ».
« Va tutto bene » insisté lei, divertita. « Allora, andiamo a perlustrare la zona? »
Sturgis annuì, sentendosi invadere dall'euforia e dall'agitazione. Strinse i denti mentre si incamminavano lungo Diagon Alley: non doveva farsi prendere dal panico. Era solo una ronda... purtroppo.
« Che gufo ti è arrivato? » chiese lei, distogliendolo dalla vetrina della farmacia, nel riflesso della quale stava controllando le proprie condizioni: per fortuna i capelli gli stavano bene, ma la veste era un po' storta, visto che l'aveva infilata in fretta e furia. Si diede una rassettata veloce, cercando di sembrare a suo agio mentre rispondeva.
« Oh, erano i risultati dell'esame di ammissione al San Mungo. A settembre inizio a lavorare come Tirocinante ».
Emmeline, lo guardò con aria sorpresa.
« Caspita, complimenti! Devo dormire in piedi, ero convinta che facessi il commesso al Ghirigoro ».
Sturgis si costrinse a respirare. In fondo parlarle non doveva essere troppo complicato.
« Infatti è così, ho lavorato lì per pagarmi gli studi. Prima di entrare al San Mungo bisogna studiare Guarigione per quattro anni e poi fare un esame di ammissione. Ad essere sincero, ero convinto che non lo avrei superato... » ammise.
Emmeline non fece commenti. Invece gli sorrise e aggiunse alcune parole di incoraggiamento.
« Invece sei stato bravissimo. Quella del Guaritore è tra le carriere più difficili ».
Lui le rivolse un sorriso timido.
La perlustrazione di Diagon Alley fu abbastanza rapida. Quando non ebbero notato alcuna presenza sospetta, si fermarono.
« Vogliamo andare a prendere un gelato? » chiese Sturgis.
Emmeline annuì.
Superarono alcuni negozi che vendevano calderoni, strumenti magici e l'Emporio del Gufo, ed entrarono da Florian Fortebraccio. Ordinarono due coni – Sturgis ne prese uno enorme – e andarono a sedersi ad uno dei tavolini che erano stati disposti sulla strada. Lui si accorse di essere rigido come un palo e cercò di rilassarsi.
Dopo alcuni banali commenti su quanto fossero buoni i gelati di Florian, calò un silenzio imbarazzante.
« Credi che Malocchio si arrabbierebbe se ci vedesse? » chiese Emmeline ad un certo punto, per rompere il ghiaccio.
« In che senso? Non vuole che mangiamo mentre facciamo le ronde? È per non dare troppo nell'occhio » chiese Sturgis, abbassando la voce.
« No, intendevo al suo ammonimento di non fidarci di nessuno tra di noi. Non stiamo facendo esattamente quello che ha detto ».
« Oh, immagino di sì... Secondo lui non dovremmo nemmeno parlare ».
« In fondo stiamo facendo quello che ci ha ordinato, giusto? »
« Giusto ».
Tacquero tutti e due. Di nuovo quel silenzio imbarazzante che nessuno dei due sapeva come infrangere.
« Come vanno le tue bruciature? » chiese lei, riferendosi alle ustioni che Sturgis si era procurato combattendo contro Bellatrix.
« Sono guarite. Il dittamo è miracoloso in questi casi » rispose lui, dandosi un'occhiata ai polsi.
Poi esitò. Non sapeva se Emmeline avesse voglia di ricordare la sera dell'attacco a casa di Dedalus, ma in fondo era stata lei ad affrontare quell'argomento. Decise di provarci.
« Sai, non te l'ho ancora detto ma sei stata davvero in gamba, quella sera » buttò lì.
Lei reagì con un'espressione colma di scetticismo.
« Dici davvero? »
Sturgis annuì, mentre rievocava quel momento in cui si Emmeline era ritrovata faccia a faccia con Barty Crouch e lo aveva affrontato.
« Non è stato niente di eccezionale, visto che l'ho lasciato scappare ».
« Era arrivato Voldemort e ti eri distratta, non è stata colpa tua ».
Emmeline gli rivolse un rapido sorriso poco convinto e tornò a mangiare il gelato che stava iniziando a sciogliersi.
« Non è andata proprio così. L'ho visto correre via, e non ho fatto nulla per fermarlo ».
« Se può farti sentire meglio, io al posto tuo non sarei riuscito neanche a disarmarlo, figuriamoci se sarei stato capace di dirgli quello che gli hai detto tu. Facevi paura, sai? »
Emmeline ridacchiò, un po' nervosa e un po' divertita. Poi cambiò discorso.
« Ti va di accompagnarmi al Ghirigoro? Devo cercare un libro per il prossimo esame, e devo passarlo per forza ».
« Sì, certo » disse Sturgis.
Quando finirono i gelati, si alzarono e s'incamminarono verso il Ghirigoro. Era piuttosto affollato, data la quantità di studenti che dovevano comprare i libri di testo per la scuola. Si fecero largo a fatica tra la folla e Sturgis avvampò quando Emmeline gli afferrò il polso per non rimanere indietro.
Lui la condusse attraverso file di scaffali colmi di libri. Quando raggiunsero un angolo libero, si fermò.
« Allora, che argomento devi approfondire? »
« Antidoti. Al corso ci hanno fatto esaminare alcuni nuovi veleni sequestrati a certi maghi oscuri, e che non sono ancora stati classificati. Noi dobbiamo studiarne le proprietà e trovare un antidoto, ma non è per niente facile ».
« Su questo posso aiutarti, è una cosa che ho dovuto studiare anche io » disse Sturgis, spostandosi lungo gli scaffali, alla ricerca di un libro che ricordava di aver consultato spesso. Lo trovò dopo alcuni minuti. « Eccolo: Sostanze Velenose Rare. Conoscerne le Proprietà e i Rispettivi Antidoti ».
« Grazie mille. Mi hai salvata ».
Emmeline prese il libro e lo sfogliò. Dovette esserne soddisfatta, perché lo richiuse subito dopo.
« Va bene? »
« Sì, va benissimo... »
Sturgis si sforzò di non fissarla troppo a lungo, ma era difficile. Emmeline lo aveva colpito fin dal primo giorno in cui era entrata a far parte dell'Ordine della Fenice, e giorno dopo giorno quell'interesse era diventato sempre più forte. Era talmente preso che non si accorse nemmeno dell'arrivo del vecchio proprietario del Ghirigoro, un vecchio dall'aria burbera che lo adocchiò e gli andò incontro.
« Podmore, eccoti qui! » sbottò, piazzandogli senza preavviso una pesante pila di libri tra le braccia. « Vai a sistemare questi sul retro e poi portami una tazza di caffè. E senza zucchero, altrimenti ti licenzio! »
Emmeline sembrava perplessa e sconvolta al tempo stesso. Sturgis si sentì improvvisamente umiliato.
« Signor Flourish, io non lavoro più qui » gli ricordò.
« Che? »
« Ho dato le dimissioni due settimane fa ».
Per un istante Flourish lo guardò in cagnesco, come se non gli credesse, poi parve convincersi.
« E allora cosa ci fai qui? » sbottò, riprendendosi i libri e facendoli librare in aria con un Wingardium Leviosa.
Si allontanò, scuotendo la testa.
« Che simpatico » commentò Emmeline, sarcastica. « Come hai fatto a sopportarlo per quattro anni? »
« Me lo sono sempre chiesto anche io. Suo figlio è più cordiale. Ma non potevo licenziarmi senza avere un altro lavoro. Lo stipendio qui non è male. I miei si sarebbero arrabbiati se avessi dato le dimissioni » ammise lui.
« Sì, ma non può permettersi di trattarti così! » esclamò lei. Vederla così indignata gli fece piacere. La domanda che lei gli rivolse dopo, molto meno. « I tuoi non lo sapevano? »
« In realtà sì, ma dicevano che in fondo non era così terribile, e che uno come me avrebbe potuto sopportare di peggio » rispose Sturgis, incupendosi come ogni volta che affrontava quel discorso.
« Uno come te? Non mi sembrava che fossi Nato Babbano... o sì? »
Lui esitò. Non gli piaceva parlare di quell'argomento, non gli piaceva neanche pensarci. Ma Emmeline lo guardava, i suoi occhi blu colmi di curiosità malcelata, e Sturgis non poté fare altro che cedere.
Si guardò intorno, per assicurarsi di non essere ascoltato. Erano soli, perché tutta la folla si concentrava verso il bancone, mentre loro si erano inoltrati parecchio lungo le file di scaffali.
« Più o meno. Sono figlio di due Maghinò » confessò.
L'aveva detto a poche persone, dal momento che la maggior parte della gente avrebbe reagito con disprezzo a quella rivelazione. Altri gli avrebbero chiesto come fosse possibile che due Maghinò avessero un figlio mago. Ma a Emmeline poteva dirlo senza temere reazioni indesiderate.
Lei infatti non batté ciglio. Si limitò ad appoggiarsi ad uno scaffale, attenta.
« Oh, ecco. Immagino che loro non abbiano avuto una vita facile » disse.
Sturgis annuì.
« Sono stati allontanati dalle rispettive famiglie fin da subito, e hanno dovuto vivere ai margini di quello che era il nostro mondo. E alla fine hanno iniziato a odiarlo. Pensa che quando mi è arrivata la lettera per Hogwarts, all'inizio non volevano neanche che ci andassi... »
« Non erano felici per te?» fece Emmeline, turbata.
« Non proprio, perché ormai consideravano il mondo magico come un posto orribile, e non volevano che io soffrissi quanto loro. Lo so che non è logico, visto che io sono un mago, ma loro continuavano a ripetere che a Hogwarts avrei avuto una vita infernale, perché i figli di Maghinò vengono trattati malissimo. Naturalmente esageravano, e alla fine Silente li ha convinti a mandarmi a scuola, anche se loro temevano che sarei stato male, se non fossi stato capace di fare nulla ».
Sturgis si fermò, incerto.
« Ti interessa davvero? » le chiese, perché Emmeline sembrava incuriosita.
« Certo. In fondo non so molto di te. Ma se non vuoi continuare... »
« No, va bene, continuo » fece lui, nervoso. Avrebbe preferito tornare a parlare delle ustioni che si era procurato in battaglia, non certo di quello, ma ormai non poteva farci più nulla. « Quando sono tornato a casa, quell'estate, non vedevo l'ora di raccontare tutto quello che mi era successo a Hogwarts, perché mi ero trovato bene. Loro erano felici per me, ma... »
« Ma? »
« Sai com'è... loro non avevano voluto avere più niente a che fare con la magia anche per soffrire meno, e invece si sono ritrovati con un figlio mago che li avrebbe costretti a ricordare ogni giorno come sarebbero vissuti se avessero avuto a loro volta dei poteri magici. Questo non me l'hanno mai detto e hanno sempre negato di soffrirne, ma io percepivo lo stesso il loro stato d'animo ».
« Mi dispiace davvero ».
Emmeline era visibilmente rattristata. Sturgis non la guardò, mentre continuava a raccontare. Avrebbe potuto fermarsi lì, ma ora che aveva iniziato non riusciva a smettere, come se avesse bisogno di sfogarsi.
« Dopo un po' ho iniziato a reagire male. Mi sentivo in colpa ogni volta che eseguivo un incantesimo, così ho smesso di esercitarmi e i miei voti sono calati drasticamente... e la cosa buffa è stata che alcuni studenti hanno iniziato a chiamarmi Magonò » aggiunse con un tono ironico.
A Emmeline tutto ciò non sembrava affatto buffo. Neanche a Sturgis, ma preferiva riderci sopra piuttosto che farla stare male. Era uscito con lei per conquistarla, non per farsi compatire, imprecò mentalmente.
« E come ne sei uscito? » chiese lei, cupa.
« Silente mi ha convocato e mi ha fatto un discorso dei suoi. Hai presente quando riesce a leggerti dentro e ti dice alcune frasi ad effetto? »
Lei sorrise e annuì.
« Ecco, mi ha aiutato molto » disse Sturgis. « E devo ammettere che non è stato solo lui a farmi rinsavire ».
Sturgis ricordava perfettamente il ritratto del Preside Black, che aveva commentato con aria inorridita:
« Oh povero me, cosa mi tocca sentire! Credevo di essere stato sottoposto ad ogni tipo di aberrazione nella mia vita, ma un mago che non vuole essere un mago non l'avevo ancora incontrato! Silente, portalo in infermeria, deve aver preso un Bolide in testa ».
Non era stato molto comprensivo, ma quella sfuriata colma d'indignazione aveva permesso a Sturgis di guardare la propria situazione dalla giusta prospettiva. Forse Phineas Black sarebbe inorridito nel sapere che un figlio di due Maghinò gli era riconoscente, ma era proprio così.
« E poi? » gli chiese Emmeline.
« Ho ripreso a usare la magia e i miei voti sono migliorati. Ma i rapporti con i miei genitori sono rimasti sempre gli stessi. Quando ho finito Hogwarts ho detto loro che volevo diventare Guaritore, ma loro erano scettici. Dicevano che, con tutti i pregiudizi che ci sono, non avrebbero mai ammesso un figlio di Maghinò al San Mungo. Quella volta però mi sono imposto. Non sono uno che litiga spesso, ma quel giorno l'ho fatto. Alla fine però hanno detto che, se volevo studiare Guarigione per poi restare disoccupato, gli studi dovevo pagarmeli da solo, perché loro non erano disposti a buttare quel poco che guadagnano. Ed ecco perché ho iniziato a lavorare qui ».
Sturgis tacque, e notò che Emmeline era indignata.
« Quello che ti hanno fatto passare è ingiusto » disse, severa.
« Forse, ma non ce l'ho con loro. La vita dei Maghinò adesso va un po' meglio, ma anni fa non era così. Venivano cacciati di casa da bambini, o rinchiusi per tutta la vita in una cantina. Probabilmente qualcuno nei secoli scorsi li avrà anche uccisi, ma ovviamente nessuno ha mai potuto verificarlo. I miei sono stati sbattuti fuori dalle loro case da piccoli, e hai idea di quello che devono affrontare due bambini soli al mondo? Anzi, sono stai fortunati a non incappare in un lupo mannaro o prendere una cattiva strada. I Maghinò vengono trattati molto peggio dei Nati Babbani, anche perché non possono difendersi. I miei genitori hanno provato ad inserirsi di nuovo nella comunità magica, ma sono stati respinti nel peggiore dei modi. Quindi non mi stupisce il fatto che volessero tenermi lontano da un mondo che odiavano, anche se dentro di loro desideravano ancora farne parte ».
Emmeline sembrò imbarazzata.
« Scusa, non avevo intenzione di offendere i tuoi genitori, e tanto meno te ».
« Non devi scusarti. Non hai tutti i torti, in effetti... Ma io non riesco ad essere duro con loro. Non lo ero neanche con Gazza. Credo di essere l'unico studente di Hogwarts a non averlo mai odiato » ammise, cercando disperatamente di usare un tono allegro. « Insomma, non credo che si senta molto a suo agio tra studenti che imparano a diventare grandi maghi ».
Emmeline sorrise, ma questo non le impedì di dire quello che pensava, caratteristica che a Sturgis era sempre piaciuta di lei.
« Questo è vero, ma per me Gazza è sempre una pessima persona. Prendi Hagrid, ad esempio: neanche lui ha potuto finire Hogwarts, anche se per motivi diversi, e anche lui viene discriminato e sbeffeggiato da studenti che non si rendono conto della fortuna che hanno. Ma Gazza si è incattivito, Hagrid no. E tu stesso saresti potuto diventare altrettanto astioso e pieno di odio, e invece sei la persona più gentile che conosca ».
Sturgis arrossì. Non poteva credere alle proprie orecchie e non riusciva a guardarla negli occhi, cercando di non mostrare la bufera di emozioni che stava infuriando dentro di sé. Era una sensazione troppo estrema e devastante per una persona tranquilla come lui, ma non poteva cedere, altrimenti avrebbe rovinato tutto.
« Grazie » si limitò quindi a balbettare.
Improvvisamente ricordò quando Rachel gli aveva consigliato di sfoderare il suo lato tenero.
Aveva ragione, pensò, ripromettendosi di ringraziarla.
Emmeline dovette accorgersi del suo disagio, perché assunse un tono molto più allegro.
« Allora oggi per te è una giornata importante! Sei diventato Tirocinante solo con le tue forze. Per festeggiare ti offrirò una Burrobirra... e delle Cioccorane » gli sorrise.
Lui fece altrettanto,
« Io... bè, se proprio vuoi... » si limitò a dire.
« Certo che voglio. Vieni, prima pago il libro e poi andiamo al Paiolo Magico, va bene? »
Sturgis si lasciò guidare. Si sentiva come ubriaco.
Ma notò che ora tra loro era calato un certo imbarazzo, sicuramente dovuto a quello che lui le aveva raccontato. Così si sforzò di trovare qualcosa da dire che la distraesse, mentre uscivano dal Ghirigoro.
« Sai che ho scoperto di discendere da
Sir Patrick Delaney-Podmore? » buttò lì la prima cosa che gli venne in mente.
Emmeline inarcò le sopracciglia, perplessa e anche un po' sconcertata per il cambio improvviso di argomento.
« Chi? »
« Dai, il fantasma della Caccia Senza Testa! Sir Nicholas ne sparlava continuamente perché non lo ammetteva tra gli altri Cacciatori Senza Testa ».
Emmeline scoppiò a ridere.
« E come l'hai scoperto? »
« È stato proprio Nick a dirmelo. Voleva che mettessi una buona parola per lui col mio antenato ».
« E ci sei riuscito? »
« No. Insomma, come pretende di riuscire a lanciare la propria testa se ce l'ha ancora attaccata al collo? Ho provato a spiegarglielo nel modo più gentile possibile, ma non l'ha presa molto bene... »
Lei ridacchiò. Poi si voltò di nuovo verso di lui, pensierosa.
« Non so come tu faccia a sembrare sempre così spensierato, nonostante quello che hai dovuto passare. Dovrei prendere esempio da te: io di solito mi lascio abbattere dalle cose negative ».
« Dici davvero? Se continui così potrei anche smettere di essere un ragazzo così insicuro » affermò lui, pienamente convinto di quello che diceva. Sapeva di essere fatto in quel modo, e non poteva farci niente.
Ma le parole gli morirono in gola quando Emmeline posò una mano sulla sua. Per un attimo dimenticò come respirare.
« Dovresti farlo. Sei molto più in gamba di quanto tu creda ».
Sturgis non si era mai sentito così felice in tutta la sua vita.







La parentela di Sturgis con sir Patrick l'ho inventata, ma rileggendo "La camera dei segreti" ho notato l'omonimia e ho pensato di riutilizzarla. xD
Chi mi conosce sa che adoro Narcissa mentre non sopporto i due Malfoy, ma riconosco che Lucius non era un padre proprio orrendo. Sarà viscido, opportunista e vigliacco, ma non so da dove sia nata la leggenda che fosse violento con i familiari (???).
Ma a parte questo, secondo me è sempre stata Narcissa quella che prendeva le decisioni importanti. Almeno dai libri si nota che quella che agisce è lei, e Lucius segue sempre i suoi consigli.
Scusate se ho risposto alle recensioni all'ultimo minuto, è già tanto se
in queste due settimane ho trovato un po' di tempo per scrivere qualche riga xD
Nel prossimo capitolo oltre ad altre cose, compariranno due personaggi "nuovi", nel senso che non ne ho mai parlato finora... e rivedrete Hogwarts!
Arrivederci al 10 maggio!
Ciao,
Julia

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Capitolo 44
*** I piani di Voldemort ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 44
I piani di Voldemort

Gli studenti del sesto anno accolsero con sollievo la fine delle prime due ore di Divinazione. Si alzarono in fretta dai tavolini in silenzio, decisi a rimandare i commenti a quando sarebbero stati lontani da quella nuova professoressa.
« Per la prossima volta annotate i vostri sogni ed esercitatevi ad interpretarli. Io li correggerò » disse la Cooman, alzando la voce per sovrastare il rumore degli sgabelli che strusciavano contro il pavimento.
Kingsley annuì, visto che lei lo stava guardando, poi diede un'occhiata all'orologio e decise di affrettarsi per non arrivare in ritardo a Difesa contro le Arti Oscure. Mentre scendeva dalla torre di Divinazione, ascoltò gli altri Grifondoro commentare la prima lezione dell'insegnante appena assunta.
« Non mi sembra un granché... »
« A me piace, il modo in cui spiega è affascinante! »
« Questo perché sei una credulona, Emily ».
« Non è vero! »
« Kingsley, tu che ne pensi? »
Lui li guardò, poi alzò le spalle. A lui la Cooman aveva profetizzato una morte atroce e in giovane età, quindi non era molto incline ad ammirarla.
« Non mi piace, ma è sempre meglio della professoressa Haruspex » disse, cercando di essere giusto. L'insegnante precedente era talmente anziana che ormai non provava più neanche a fare delle predizioni. Si limitava ad assegnare loro nuovi libri da prendere in prestito alla biblioteca.
« Se lo dici tu... Speriamo che il nuovo insegnante di Difesa sia migliore ».
I Grifondoro presero un passaggio dietro un ritratto, e si ritrovarono subito al terzo piano. Percorsero ancora qualche metro lungo il corridoio ed entrarono nell'aula di Difesa contro le Arti Oscure. Il professore non era ancora arrivato, ma gli altri studenti avevano già preso posto.
Kingsley si guardò intorno. Erano rimasti solo due posti liberi, uno accanto ad un Serpeverde dall'aria scontrosa e un altro vicino ad una Tassorosso che lui conosceva bene.
« Ciao Hestia, posso sedermi qui? » le chiese.
« Ciao! Certo, fai pure » rispose lei, allegra.
Hestia Jones era una ragazza sempre sorridente e allegra. Aveva i capelli neri e le guance di un colorito rosa intenso. Ma nonostante l'aspetto tutt'altro che spaventoso, era la migliore duellante che Kingsley avesse mai incontrato prima d'allora. E quando duellava non era affatto tenera come sembrava di solito.
« Come sono andati i tuoi G.U.F.O.? » chiese lei.
« Bene, anche se ho deciso di abbandonare Erbologia. Non posso dire di avere il pollice verde, ho preso appena Accettabile all'esame finale. Tu invece scommetto che hai preso Eccezionale in Difesa contro le Arti Oscure ».
« Naturalmente » si pavoneggiò lei. « E tu in Incantesimi. Non posso credere che hai abbandonato Erbologia e non Divinazione, è una follia! »
« Lo so, ma ho preso Oltre Ogni Previsione e mi sembrava un peccato lasciarla. A me sembri più folle tu che hai continuato Aritmanzia ».
« Aritmanzia è una materia bellissima, Shacklebolt » ribatté lei, fingendosi offesa. Poi ridacchiò. « Sono partite le scommesse su come anche questo nuovo professore di Difesa lascerà la cattedra alla fine dell'anno. Margaret dice che sarà un vampiro e succhierà il sangue di qualche studente, io dico che inciamperà in un tentacolo di Tentacula Velenosa della Sprite e verrà divorato dalle altre piante carnivore. Vuoi puntare anche tu? »
Kingsley ridacchiò.
« No grazie, preferisco non giocare a soldi perché di solito perdo. E poi se gli succedesse davvero qualcosa di grave mi sentirei in colpa a vita ».
« Animo nobile... Oh, eccolo! ».
Il nuovo insegnante era appena entrano in aula. Lo avevano già visto la sera precedente, al banchetto di inizio anno, ma da vicino faceva un'impressione diversa. Era alto e imponente. Li salutò con un sorriso estremamente cordiale, che contrastava con i tratti rozzi del viso.
« Buongiorno, ragazzi. Sono il professor Gibbon » si presentò, restando in piedi di fronte alla cattedra.
« Buongiorno » risposero gli studenti, educatamente.
Dopo aver fatto l'appello, Gibbon li guardò attentamente.
« Vi spiegherò brevemente in cosa consisterà il programma che voglio svolgere quest'anno. Come sapete tutti, viviamo in un periodo molto difficile, e non mi sembra il caso di parlare di Avvicini o creature oscure che non incontrerete mai, se non raramente, per quanto affascinanti possano essere. A parte qualche caso eccezionale, come lupi mannari e creature di cui purtroppo si sente parlare molto spesso in radio o sulla Gazzetta del Profeta, preferirei dedicare la maggior parte di questo corso ai duelli, alle maledizioni e alle contromaledizioni, se siete d'accordo ».
La maggior parte dei presenti annuì. Anche Kingsley si ritrovò d'accordo con il professore.
« Per lo meno sembra dotato di buon senso » sussurrò Hestia, ottimista.
« Quello che vorrei fare è dunque abituarvi a duellare e confrontarvi con gli avversari. Possiamo iniziare anche da subito, che ne dite? »
L'affermazione fu accolta con entusiasmo. Gli studenti grattarono le sedie contro il pavimento di pietra e si alzarono, emozionati e con le bacchette già alla mano. Hestia sorrise.
« Spero che questo professore non se ne vada mai! » disse a Kingsley.
« Non avevi scommesso sul fatto che sarebbe stato divorato da una pianta carnivora? » le chiese lui, divertito.
« Sì ma perderei solo un galeone. È un sacrificio che posso fare, pur di avere un insegnante competente e vivo, una volta tanto ».
Gibbon fece sparire i banchi e le sedie per liberare l'aula.
« Scegliete un'altra persona con cui duellare » disse.
Ci furono un paio di minuti di caos, in cui molti si aggirarono per l'aula alla ricerca del compagno che preferivano, poi finalmente riuscirono a fare come il professore aveva chiesto. Kingsley rimase con Hestia, anche se si sentiva un po' a disagio: aveva la netta sensazione che sarebbe finito a gambe all'aria. Per le meno lei non rinfacciava mai gli sbagli altrui.
« Voi avete appena iniziato il sesto anno » proseguì Gibbon, camminando tra le due file di studenti, « e dovreste iniziare gli incantesimi non verbali, ma per oggi potrete usare la voce. Voglio vedere a che livello siete arrivati fino a questo momento, quindi date il meglio di voi stessi ».
A quelle parole Kingsley notò che un paio di Serpeverde, Bundy e Higgs, si erano scambiati un'espressione esaltata ed euforica. Sperò che non esagerassero, o che Gibbon impedisse loro di usare maledizioni troppo pericolose.
« Al mio via, iniziate pure a duellare. Tre... due... uno... VIA! »
Hestia non andò per il sottile fin dall'inizio. Kingsley aveva appena pensato a quale maledizione usare che già dovette evocare un Sortilegio Scudo per bloccare una fattura della ragazza. Rispose in fretta, scagliandole contro una Fattura Orcovolante, che lei respinse all'ultimo momento.
Nel frattempo Gibbon camminava su e giù per l'aula, osservando i vari duelli con attenzione e fermandosi accanto a ciascuna coppia per dare dei consigli. Era in gamba e sembrava molto competente.
Chissà, pensò Kingsley. Forse quest'anno siamo stati fortunati.
Magari era troppo presto per dirlo, ma ci sperava. Il fatto che Gibbon avesse deciso di farli esercitare nei duelli era una cosa importante. Entro due anni, Kingsley e tutti gli altri sarebbero stati fuori da quel mondo sicuro e protetto che era Hogwarts. E fuori c'era la guerra. La necessità di prepararsi ad affrontare quello che li attendeva era un'opinione diffusa tra tutti gli studenti...
Ma i suoi pensieri furono interrotti bruscamente.
Qualcuno aveva urlato. Di colpo tutti smisero di combattere per vedere cosa stava succedendo.
Un Serpeverde che Kingsley riconobbe come Bundy, era inginocchiato per terra e si teneva la mano premuta sul viso come per trattenere qualcosa. Ma non ci riuscì, e un attimo dopo iniziò a vomitare, mentre il compagno di Casa che lo aveva colpito lo guardava con un'espressione in parte soddisfatta e in parte preoccupata, dal momento che sembrava aver dimenticato la contromaledizione.
All'inizio molti ridacchiarono, ma poi tacquero tutti, sgomenti, quando si accorsero che i conati del ragazzo sembravano non finire mai, e il suo volto stava diventando blu.
Qualcuno strillò, spaventato.
« Sta per soffocare! » sbottò Hestia, agitata.
Il professor Gibbon li aveva raggiunti. Lanciò un incantesimo al Serpeverde, che smise di rigettare appena in tempo: ormai sembrava arrivato al limite. Continuò a tossicchiare e ispirare profondamente, scosso e pallido come un lenzuolo, e lanciò un'occhiata colma di risentimento a quello che lo aveva colpito.
« Signor Higgs, questo genere di maledizioni non è ammesso dentro la scuola. Non so come ti sia venuto in mente. Poteva succedere qualcosa di molto grave » gli si rivolse il professore, con un tono molto severo, anche se era riuscito a mantenere la calma.
Higgs bofonchiò qualche vaga scusa.
« Mi spiace... pensavo... »
Il borbottio sfumò rapidamente.
« Che non si ripeta mai più. Signorina » disse l'insegnante, rivolgendosi a Hestia, che scattò in avanti. « Accompagna Bundy in infermeria ».
Lei aiutò il ragazzo a tornare in piedi e lo condusse fuori dall'aula.
La lezione riprese, questa volta con nessun altro infortunio. Higgs fu l'unico a non continuare a duellare. Il professore lo fece rimanere fermo in un angolo, ad osservare imbronciato i suoi compagni.
Quando Hestia fu tornata dall'infermeria, Kingsley riuscì a disarmarla, e lei pestò il piede a terra, stizzita.
« Non è giusto, sono più rapida di te! »
« Sei anche troppo frettolosa. La calma è la virtù dei forti anche nei duelli » le rispose lui, soddisfatto.
Hestia gli fece una linguaccia.
« Eccellente, siete stati tutti molto bravi » si congratulò Gibbon. « Credo che possiamo partire da un livello avanzato, dalla prossima lezione. Per oggi però abbiamo finito. Ci vediamo mercoledì ».
Entusiasti, gli studenti recuperarono le proprie borse. Prima che andassero, Kingsley notò che il professore chiese a Higgs di restare ancora un po'.
« Fa bene. Merita una bella lavata di capo » commentò Hestia, mentre uscivano dall'aula.
« Come stava Bundy? »
« Quando l'ho lasciato da Madama Chips sembrava essersi ripreso. Però non ha aperto bocca per tutto il tragitto fino all'infermeria, anche se l'ho sommerso di parole dall'inizio alla fine ».
« Hestia, sii comprensiva. Non è piacevole essere travolti da una valanga di chiacchiere, soprattutto se hai appena rischiato di morire soffocato dal tuo stesso vomito » rispose Kingsley, reprimendo a stento un sorrisetto.
« Spiritoso... Sai che non è stato un incidente, vero? »
Kingsley la guardò, perplesso.
« Ah no? Credevo che Higgs e Bundy fossero amici... »
Lei emise un verso sarcastico.
« Amici... parola grossa. Diciamo che si frequentavano. Ma qualche giorno fa è girata una certa voce... credevo che fosse una sciocchezza, e invece a quanto pare non era poi tanto falsa ».
« Cioè? »
« Bundy ha sempre detto che sua madre era una strega, ma era una bugia. Sua madre è Babbana. E visto che non ha mai conosciuto il padre, che è morto prima della sua nascita, molti Serpeverde hanno iniziato a pensare che Bundy sia un Nato Babbano ».
« Questo spiega molte cose » commentò Kingsley.
« Puoi dirlo forte... Poveretto, Bundy non è un cattivo ragazzo, e non deve essere facile essere un Serpeverde con origini Babbane... oh, no! » esclamò lei, fermandosi all'improvviso.
Erano già arrivati alla sala d'ingresso, e il profumo del pranzo nella Sala Grande aveva già stuzzicato lo stomaco vuoto di Kingsley.
« Cosa c'è? »
« Ho dimenticato il libro in aula... ma sto morendo di fame, quindi credo che lo lascerò lì ».
« Non te lo consiglio. Ho saputo che Pix ha preso l'abitudine di rubare e far sparire gli oggetti lasciati incustoditi. Te lo vado a prendere io, se vuoi » sospirò lui.
« Se fossi un Prefetto assegnerei cinque punti a Grifondoro! » esclamò lei, riconoscente.
« Ne dubito ».
All'inizio di ogni anno scolastico, Hestia affermava di essere assolutamente convinta che Tassorosso avrebbe vinto, per poi essere puntualmente smentita. Ma se molti dei suoi compagni di Casa si erano ormai arresi all'evidenza, lei non si era mai data per vinta. Non che non ne avessero le possibilità: la squadra di Quidditch di quegli anni era tra le più forti che Tassorosso avesse mai avuto, tanto che l'anno prima aveva vinto il campionato di Quidditch, ma Hestia attribuiva la carenza di punti nella Coppa delle Case a certi studenti che non amavano la competizione, e che di conseguenza non si impegnavano abbastanza per vincere. Kingsley era stupito dalla quantità di impegno che impiegava nel tentativo di guadagnare punti. Non era brava a Quidditch, anzi, lo detestava, ma faceva parte di tutti gli altri club, da quello di Gobbiglie a quello di scacchi magici.
Se devo perdere, voglio farlo combattendo, gli aveva detto una volta.
«
È il pensiero che conta, no? E non fare quella faccia. Quest'anno stiamo andando alla grande, meglio dell'anno scorso. Vi stracceremo tutti » disse la ragazza con lo stesso tono convinto che aveva avuto fin dal primo anno.
« Vedremo... Allora a dopo » tagliò corto lui, divertito.
Tornò indietro, salendo di nuovo le scale e percorrendo il corridoio che portava all'aula di Difesa contro le Arti Oscure.
Higgs doveva essere ancora dentro con il professor Gibbon, perché si sentivano le loro voci. Kingsley sarebbe entrato senza problemi, se una frase in particolare non lo avesse colpito, inducendolo a immobilizzarsi.
« No, non ti punirò, Higgs. A differenza di molti altri, non ritengo che amare le Arti Oscure sia una cosa di cui vergognarsi ».
Seguì una pausa di silenzio, durante la quale Higgs bofonchiò qualcosa frettolosamente, e Kingsley aggrottò la fronte, spostandosi a lato della porta, con una brutta sensazione.
« Higgs, sta' buono » riprese l'insegnante, sarcastico. « Credi che non conosca la maledizione che hai usato? Io ho insegnato a Durmstrang: so molte più cose di quanto tu potresti mai imparare in tutta la tua vita. Come ti ho già detto, non ti ho rimproverato perché sei interessato alle Arti Oscure, ma perché le hai usate nel bel mezzo di una lezione, qui, ad Hogwarts. Ci sono momenti, modi e luoghi più adatti per imparare certe cose. Hai capito? »
« Sì » borbottò il ragazzo.
« Ho visto come combatti, e non sei affatto male. Ma esercitarti da solo nella Arti Oscure potrebbe essere pericoloso anche per te stesso. Hai bisogno di qualcuno che ti insegni... »
Kingsley smise di respirare, nel timore di essere scoperto. Aveva i battiti a mille.
« Lei potrebbe insegnarmi? » chiese Higgs, con un tono euforico.
« Sì, ma non durante l'orario di lezione. Puoi venire nel mio ufficio dopo cena. Sempre se ti interessa davvero. È una branca molto difficile della magia, e se non sarai motivato non imparerai nulla ».
« Le assicuro che sono motivato! »
« Bene, allora possiamo cominciare una di queste sere. Non farne parola con nessuno, Higgs, questo è molto importante. Molte persone odiano le Arti Oscure perché le temono e non le capiscono, e Silente è uno di questi. Se non vuoi che perda il posto, dovrai mantenere il segreto ».
« Certo, signore, manterrò la parola... Solo una cosa... »
« Dimmi pure ».
« Non sono l'unico ad avere questo tipo di interessi... Molti miei amici vorrebbero impararle ».
« Se questi tuoi amici sono in grado di mantenere un segreto, sarò lieto di reclutare nuovi seguaci. Fammi sapere chi sono, e penserò io a proporre queste lezioni alternative... »
Kingsley aveva udito abbastanza. Cercando di non fare rumore, andò a nascondersi nel primo bagno che trovò. Aveva i sudori freddi e si sentiva nauseato.
Aveva giudicato troppo presto il nuovo insegnante. Era apparso fin troppo perfetto per essere vero. Era peggio, molto peggio, di tutti gli altri. Silente aveva sbagliato inconsapevolmente, aveva inserito una mela marcia, pronta a far marcire molte altre.
Reclutare nuovi seguaci. Seguaci di cosa... o di chi?
Quell'espressione a Kingsley non piaceva. Non gli piaceva per niente.

***

La Manticora era il pub più lurido e tetro di Notturn Alley. Al confronto, La Testa di Porco poteva essere scambiato per una locanda di lusso. Si diceva che fosse frequentato abitualmente da Lupi Mannari, tanto che nemmeno i Mangiamorte desideravano esserne clienti... a meno che non dovessero incontrare individui come Greyback. E questa doveva essere una di quelle occasioni.
Dorcas attraversò la strada, diretta verso la porta del pub che si era appena chiusa alle spalle del Mangiamorte. Aveva la mascella serrata e i denti che digrignavano, e niente avrebbe potuto distoglierla da quello che stava facendo.
La notte precedente non aveva chiuso occhio, e aveva trascorso l'intera giornata ad agitarsi. Ma ora che era calata l'oscurità ed era giunta l'ora di agire, l'ansia era passata, lasciando spazio soltanto ad una calma determinazione.
Tenendo il cappuccio calato sopra la testa, spinse la porta, che cigolò ruotando sui cardini.
Era stata fortunata. Il pub era praticamente vuoto, a parte per il proprietario al bancone e per il Mangiamorte che era entrato poco prima di lei, e che al momento le dava le spalle.
Sicura che nessuno sarebbe più entrato dopo di lei, si diresse verso l'uomo, rapida e silenziosa, sorprendendolo quando gli puntò la bacchetta dritta in mezzo alle costole.
« Buonasera, Travers » sibilò, e fu quasi certa che il suo tono lo avesse fatto rabbrividire.
Prima che Travers potesse reagire, si ritrovò legato dalla testa ai piedi come un salame. Dorcas si affrettò a Schiantare il proprietario del pub, il quale aveva avuto la pessima idea di attaccarla per aiutare il cliente che doveva ancora pagarlo.
Poi Dorcas si voltò di nuovo verso Travers. Era caduto a terra, e si stava agitando nel tentativo di liberarsi dalle corde. Ma il suo volto stava iniziando a diventare rosso e poi violaceo, man mano che la corda intorno al suo collo si stringeva...
« Se continui a muoverti, ti strangolerai da solo » si limitò a dirgli Dorcas. Era un'alternativa che non le dispiaceva affatto, ma che non le sarebbe stata utile. Prima doveva interrogarlo.
Travers seguì il suo consiglio e rimase immobile, con la schiena contro il pavimento sporco e freddo, e gli occhi iniettati di sangue che la fissavano con odio e stupore.
« Chi diavolo sei? » sbraitò.
« Non ha importanza, per ora » gli disse lei, chinandosi a frugargli nel mantello. Quando ebbe trovato la bacchetta del Mangiamorte, la osservò per alcuni istanti, ostentando una calma che non aveva. Forse era stata quella stessa bacchetta a uccidere Marlene. « Una bacchetta molto elegante... ma temo che non ti servirà più ».
« No! » urlò Travers, quando Dorcas la spezzò in due e ne lanciò i frammenti dall'altra parte del bancone. Ma smise di agitarsi, perché al minimo movimento, la corda continuava a stringersi intorno al collo. « Che vuoi da me?! »
Dorcas gli lanciò uno sguardo colmo di odio.
« Voglio vendicare Marlene McKinnon e la sua famiglia » gli riferì, le narici che quasi emettevano fumo.
« E chi diamine è? »
Travers non fece in tempo a finire la frase. Il pugno di Dorcas lo colpì con una violenza tale da rompergli il labbro e scheggiargli un paio di denti. Dorcas doveva essersi a sua volta rotta le nocche, o poco ci mancava, ma non fece caso né al dolore né ai gemiti di lui. Tremava di rabbia, mentre lo vedeva sputare sangue.
« Era una delle tante persone che hai ammazzato. Faceva parte dell'Ordine della Fenice. Sei andato a casa sua insieme ad altri assassini come te, e avete ammazzato lei e la sua famiglia. Aveva un fratello piccolo che andava ancora a Hogwarts, e avete ucciso anche lui ».
« Ah sì, la biondina » disse Travers con aria di sfida. « Ricordo che ci aveva supplicato di risparmiare gli altri, perché era lei che volevamo. Cos'è, ti infastidisce sapere che è morta supplicando? Me lo ricordo bene, era in lacrime quando l'ho uccisa. Io invece ridevo ».
Dorcas tremò di rabbia e gli assestò un altro pugno, esattamente dove lo aveva colpito col primo. Travers urlò di dolore e si contorse. La corda aveva iniziato a segargli il collo, ma lui continuò.
« Erano traditori del loro sangue, anche il ragazzino. Ed è inutile che mi prendi a pugni per farmi tacere. Tanto so che sei qui per uccidermi, quindi non perdere tempo e fallo ».
« Prima dovrai dirmi quali altri Mangiamorte erano con te quella notte ».
Travers tacque.
« Hai perso la lingua? Ti conviene usarla, perché ne sentirai la mancanza quando te la strapperò ».
« Non pensavo che quelli dell'Ordine usassero certi metodi... » commentò lui, sarcastico.
« Infatti non sono qui per conto dell'Ordine e non rispondo a nessuno delle mie azioni. Quindi ti conviene collaborare ».
« Non credo. Anche se te li dicessi, mi uccideresti lo stesso ».
« Giusto. Ma se non parlerai, morirai soffrendo ».
« Vuoi addirittura usare la Cruciatus? Non avrai sbagliato fazione? »
« Non credo proprio, e non userò la Cruciatus. Mi hai detto che ridevi quando hai ucciso Marlene. Se vuoi ridere anche adesso, ti accontento subito... Rictusempra ».
L'Incantesimo del Solletico lo colpì, e Travers iniziò a contorcersi, incapace di resistere. Le risate si mescolarono molto presto a respiri affannosi, perché più si agitava e più la corda lo strangolava. Aveva gli occhi sgranati e inspirava a vuoto nel tentativo di risucchiare ossigeno, ma il suo volto iniziava già a tendere al blu. Ogni volta che arrivava a quel punto, Dorcas interrompeva l'incantesimo per mezzo minuto, ma poi riprendeva.
« Ti prego, smettila! » urlò lui, quando la vide alzare la bacchetta per l'ennesima volta. « Non mi ricordo chi c'era con me! Era due anni fa! »
« Ti conviene ricordarlo, allora ».
Dorcas fingeva di provare soddisfazione per quello che stava facendo, ma non si era mai divertita di meno. Tuttavia preferiva non farglielo capire, anche perché era sicura che stesse per cedere.
« Sta a te decidere, Travers. Per quanto mi riguarda, non meriti altro che una morte ridicola come questa. Verrai ricordato per sempre come il Mangiamorte che morì dalle risate. Allora, ti piace? »
« No! Te lo dico, te lo dico! » ansimò lui, respirando pesantemente. « C'era Jugson con me... e anche Karkaroff. E... e... »
Sembrava terrorizzato all'idea di non ricordarli tutti. Dorcas gli intimò di non inventare, perché se ne sarebbe accorta e gliela avrebbe fatta pagare cara.
« E Wilkes! Ora è morto, ma c'era anche lui, insieme a Macnair, Yaxley e Avery. Ecco, li ho detti tutti, eravamo sette, lo ricordo bene! »
« Sette contro tre adulti e un ragazzino, complimenti » ringhiò Dorcas. In quel momento avrebbe voluto ucciderlo davvero. Una persona come Travers non meritava di vivere ancora, pensò.
Lui dovette leggerle nello sguardo quel pensiero, perché iniziò a gemere.
« Ti prego, ti ho aiutata. Non uccidermi! »
Dorcas socchiuse gli occhi, mordendosi la lingua.
« Hai comunque ucciso la mia amica, Travers ».
« Ma no, prima ho mentito. Volevo solo provocarti. Io in realtà non ho ucciso nessuno, puoi cred-! »
Dorcas gli aveva scagliato un incantesimo che gli incollò le labbra, impedendogli di parlare ancora.
Sentì i suoi mugugni terrorizzati mentre alzava di nuovo la bacchetta. Poi Travers chiuse gli occhi, aspettandosi di ricevere il colpo di grazia.
Per un solo istante, Dorcas fu tentata. Avrebbe potuto raccontare che lui aveva provato a difendersi, e che non le aveva lasciato scelta... Ma non lo fece. Tempo prima era già stata costretta a uccidere, perché l'alternativa era di essere uccisa a sua volta, ma non aveva nessuna intenzione di ripetere l'esperienza, a meno che non fosse necessario.
Così evocò delle scintille verdi che illuminarono la stanza: erano il segnale per quelli che l'aspettavano fuori.
Pochi istanti dopo, la porta del locale si aprì. Il primo ad entrare fu Malocchio che, non appena incrociò lo sguardo sconcertato di Travers, ordinò agli Auror che lo seguivano di catturarlo e portarlo dritto ad Azkaban.
« Hai fatto un buon lavoro » disse Moody, guardando Dorcas. Sapeva perfettamente quanto sarebbe stato difficile per lei non cedere al desiderio di vendetta. « Ti ha detto i nomi? »
« Jugson, Karkaroff, Wilkes, Macnair, Yaxley e Avery » riferì lei, ripetendo ogni nome senza nascondere l'odio che provava.
« Bene. Entro l'alba i quattro che sono ancora in circolazione saranno chiusi nelle rispettive celle di Azkaban » annunciò. Poi le voltò le spalle e se ne uscì zoppicando.
« Puoi credergli. Ha già sguinzagliato altri Auror per tutto il Regno Unito » le disse Fabian.
« Avete preso anche Greyback, per caso? » chiese Dorcas, rivolgendosi sia a lui che a Gideon.
« Non si è fatto vedere. Forse ha notato gli Auror che facevano la guardia alla porta mentre tu eri dentro, e ha deciso di tornarsene indietro » rispose l'altro.
« Comunque sia, se Malocchio riuscirà a catturare gli altri, oggi avremo assestato un brutto colpo alle schiere di Voldemort » disse Fabian.
« E i colpevoli avranno finalmente pagato per quello che hanno fatto » aggiunse Gideon. « Scommetto che ti sei liberata di un peso notevole ».
Dorcas lo guardò, e annuì.
Gideon aveva ragione: ora si sentiva molto più leggera.

***

Rodolphus attendeva, inquieto. Era insieme agli altri Mangiamorte, riuniti nel vasto salone in cui il Signore Oscuro era solito radunarli. Al momento Lord Voldemort stava interrogando Lucius Malfoy e Augustus Rookwood, i quali erano intenti a fare un rapporto completo della situazione al Ministero della Magia.
« Il Ministro è sempre più solo » stava dicendo Lucius. Rodolphus notò con fastidio e disprezzo il fremito compiaciuto nel suo tono di voce. « L'alleanza con Crouch è ufficialmente finita, e Crouch le ha portato via molti sostenitori. Per quanto mi riguarda, da quando sono entrato a far parte del suo consiglio, tengo sotto Maledizione Imperius due dei miei colleghi più influenti, e con il loro aiuto ho convinto la Bagnold a far licenziare un suo consigliere fidato ».
Il Signor Oscuro lo guardò, senza tradire la minima emozione. Lucius parve deluso. Probabilmente aveva sperato di ricevere un premio, da quel cagnolino che era, pensò Rodolphus.
« E la Bagnold è consapevole di quello che le sta succedendo? » domandò.
« Sì, mio Signore. Ma non può fare assolutamente nulla per uscire dal cerchio che le stiamo stringendo intorno. E, nel caso in cui avesse la tentazione di chiedere aiuto, ho già provveduto a dissuaderla ».
« In che modo? »
« Credo che qualche giorno fa abbia trovato i resti del suo elfo domestico. Un piccolo avvertimento da parte di Greyback ».
Nessuno commentò. Greyback era uno di quegli alleati molto utili ma, in quanto ibrido, le sue imprese non venivano mai accolte positivamente. E anche se gli elfi domestici erano considerati solo dei servi, erano comunque fedeli ai maghi. Rodolphus non vedeva l'ora che quel lupo mannaro non fosse più utile, in modo da poterlo uccidere personalmente.
« Bene » si limitò a commentare Voldemort. In quel periodo sembrava totalmente preso da qualcosa che lo preoccupava, era evidente. Ed era diventato molto più suscettibile e impaziente del solito. Questo contribuiva a rendere Rodolphus ancora più agitato. « La Bagnold ci serve così, nelle nostre mani, ma viva e vegeta. Anche se ha perso molti seguaci, ha ancora troppi sostenitori tra i Purosangue, e non è ancora arrivato il momento di ucciderla. Di questo passo, continuerà a perderli, e tocca a noi sottrarglieli. Rookwood, tu cosa mi racconti? »
Augustus si schiarì la voce.
« Mio Signore, anche io e Mulciber abbiamo imposto la Maledizione Imperius su molti membri del Ministero. Inoltre sto ricevendo diverse informazioni utili dal figlio di un mio amico, Ludo Bagman. Non ho avuto neanche bisogno di usare l'Imperius con lui. È Battitore nelle Vespe di Wimbourne e nella nazionale inglese, e i troppi colpi di Bolide devono averlo reso del tutto idiota ».
Molti ridacchiarono, ma il Signore Oscuro apparve piuttosto perplesso.
« E cosa me ne faccio delle chiacchiere di un giocatore di Quidditch? »
« Suo padre lavora al Ministero, ma è un tipo molto in gamba ed estremamente fedele a Crouch. Di suo figlio invece non si può dire che brilli d'intelligenza. Mi fornisce le informazioni di cui suo padre parla a cena. È convinto di aiutare la sua causa. E io inoltre gli ho promesso un posto al Ministero, quando avrà finito di volare sulle scope ».
« Molto bene, stai facendo un buon lavoro ».
Rookwood non notò l'espressione invidiosa di Malfoy, e continuò a parlare.
« Vi sono grato. Vorrei anche dire che sono sicuro che il Ministero sarebbe già sul punto di cadere, se non fosse per la presenza di Crouch. Purtroppo continua ad acquisire consensi da tutte le parti... »
« Crouch deve morire » affermò il Signore Oscuro senza giri di parole. « Lui e Silente sono i maggiori ostacoli alla mia ascesa al potere. Devono essere uccisi tutti e due. Ma, come il nostro amico Barty ci ha informati, sembra che Crouch stesso stia cercando di fare le scarpe al vecchio Filobabbano. Quindi perché tentare un omicidio, col rischio che si alleino entrambi contro di noi? Lasciamo che si affrontino tra di loro e restiamo a guardare finché non arriverà il momento giusto per attaccarli, quando saranno entrambi indeboliti. Al contrario, ci sono altre persone da uccidere al più presto. Primo tra tutti Alastor Moody. Voglio che la smetta di metterci i bastoni tra le ruote, lui e tutta quella combriccola di traditori dell'Ordine della Fenice. Moody è la nostra priorità. Bellatrix, affido questo incarico a te. Lo voglio morto ».
Bellatrix gli si prostrò davanti.
« Grazie, mio Signore. Mi avete concesso un grande onore. Non vi deluderò » disse, quasi col fiato spezzato.
Rodolphus cercò d'ignorare il comportamento di sua moglie, ma non ci riuscì. All'inizio si era illuso che Bellatrix fosse soltanto devota al Signore Oscuro, ma poi aveva dovuto smettere di mentire a se stesso, perché lei non aveva mai rivolto a suo marito lo sguardo che riservava al Signore Oscuro. Il loro rapporto da coniugi consisteva nel trascorrere le notti insieme oppure uccidere e torturare i loro nemici. Avevano una grande intesa, e gli sguardi che lei gli riservava erano pieni sia di malizia che di complicità, ma non c'era mai stato altro. La mente e il cuore di Bellatrix appartenevano all'uomo che entrambi avevano giurato di servire fino alla morte. Per quanto Rodolphus cercasse sollievo alla propria rabbia in molti modi – e le urla delle sue vittime in questo erano un toccasana – non bastava. Spesso aveva desiderato di ucciderla nel sonno, e una volta c'era andato vicino... ma alla fine non ne aveva avuto il coraggio. Era inutile negarlo: si erano scelti a vicenda perché erano affini. E lui l'aveva preferita a qualunque altra perché era la donna più forte e indipendente che avesse mai conosciuto. Se fosse stata una moglie obbediente e fedele la avrebbe annoiato sicuramente. In quei momenti odiava se stesso.
« Barty » chiamò il Signore Oscuro, liquidando Bellatrix.
Il ragazzo si fece avanti all'istante, emozionato come ogni volta che il Signore Oscuro mostrava di considerarlo e gli attribuiva importanza.
« Eccomi ».
« Voglio che tu vada ad Azkaban e uccida Igor Karkaroff. Finora non ha detto nulla dei nostri segreti, ma non vorrei che fare confessioni agli Auror iniziasse a piacergli più del dovuto. Inoltre, questo sarà un avvertimento per tutti gli altri Mangiamorte che sono stati rinchiusi insieme a Travers ».
« Lo farò » disse Barty, con un tono di voce molto meno insicuro di quello che aveva avuto quando era appena diventato un Mangiamorte.
« E qui veniamo a te, Rodolphus » disse Voldemort.
Lui si costrinse a restare impassibile mentre faceva un passo avanti e s'inchinava al suo Signore.
« Sono qui ».
« Lo vedo. Ma non vedo la persona che avevi promesso di consegnarmi. Dov'è Regulus Black? »
Rodolphus si morse un labbro a sangue. Quel giorno era l'unico a portare brutte notizie, e la cosa non gli piaceva per niente.
« Purtroppo non sono ancora riuscito a trovarlo. Io credo che l'Ordine della Fenice lo tenga nascosto ».
« Questo è evidente, ma non m'interessa. Non mi hai ancora portato Black. Non mi avevi assicurato che sarebbe morto a breve? Credi forse che dovrei sprecare uno dei miei migliori Mangiamorte per cercare un ragazzino spaventato? »
Rodolphus non rispose. Sapeva che quella di Voldemort era una domanda retorica.
« Ho ben altro a cui pensare, non certo a quel ragazzino. Avrà detto quel poco che sapeva a Silente, d'accordo, ma a parte questo ormai è del tutto innocuo. Voglio che venga ucciso alla prima occasione, oppure chiedi a qualcun altro di farlo uscire allo scoperto. Di sicuro non ho intenzione di inseguirlo e perdere di vista i miei veri obiettivi. Quindi inizia a fare qualcosa di più utile, come stanare gli altri dell'Ordine ».
Rodolphus annuì, ma non poteva fare a meno di considerare un fallimento l'impresa di uccidere Black.
« La persona più pericolosa dopo Moody è Dorcas Meadowes » continuò Voldemort. «
È la più giovane del Wizengamot, ma soltanto ieri è riuscita a far catturare ben cinque tra i miei seguaci. Nel suo caso, voglio occuparmene di persona. Tu dovrai aiutarmi a trovarla al più presto. Se lei e Moody venissero uccisi, l'Ordine perderebbe due leader. E se Silente sarà impegnato a Hogwarts, dove ho già provveduto ad infiltrare qualcuno che mi procuri seguaci tra le nuove generazioni di studenti, potremo facilmente trovare e sterminare tutti gli altri ».
Rodolphus annuì, sollevato: era ancora il suo braccio destro, nonostante tutto. Se Bellatrix avesse trovato Moody e lui la Meadowes, il Signore Oscuro avrebbe fatto un grosso passo avanti nella sua ascesa al potere. L'Ordine della Fenice sarebbe stato schiacciato, Hogwarts e il Ministero sarebbero caduti... la vittoria non era mai sembrata così a portata di mano.
Ma allora perché il Signore Oscuro appariva continuamente preoccupato, come se qualcosa lo minacciasse?







Naturalmente il nostro Voldie è preoccupatissimo per la Profezia, ma è un illuso se pensa che Regulus sia innocuo XD Ma per ora è meglio che la pensi così!
Per la scena a Hogwarts non sapevo chi usare, visto che in quegli anni a Hogwarts non c'era nessun personaggio noto, almeno ufficialmente, quindi ho pensato che Kingsley e Hestia potessero essere un po' più giovani degli altri, e li ho sfruttati. Anche loro saranno importanti. Ero indecisissima sulla Casa di Kingsley. Lo avre visto bene anche a Corvonero, ma visto che la prima volta che vede Harry dice a Remus "Somiglia a James", ho pensato che lo conoscesse molto bene già dai tempi della scuola e quindi poteva essere un Grifondoro anche lui. Per quanto riguarda Hestia, ammetto che in lei c'è molto di me: soprattutto dopo aver notato che anche su Potteremore Tassorosso è sempre ultima, e l'unica spiegazione che mi è venuta in mente è che è la Casa che più se ne infischia dei punti, e non perché sono schiappe o sciocchezze simili (queste cose proprio non le posso sentire -.-)... Io ad ogni modo ci tengo molto (troppo) e continuo a duellare con quell'account u.u
Inizio a capire perché quando ho riprovato a fare lo Smistamento con domande diverse, la maggior parte delle volte la domanda finale mi faceva scegliere tra Tassorosso e Serpeverde. Hestia insomma è una Tassorosso ambiziosa, e la adoro per questo (Slytherpuff pride!).
Cos'altro devo dire? Gibbon è uno dei Mangiamorte minori che si sentono nominare una volta sola (tipo Jugson e Selwyn, questi sconosciuti xD), quindi mi sembrava adatto a quel ruolo. Per quanto riguarda Dorcas, ora sarà molto meno angosciata... intanto ho goduto un sacco nel far morire Travers di paura XD

Prossimo capitolo il 24 maggio, e sarà ambientato alla Gringott (e tornerà anche Regulus, sono in astinenza anche io xD)

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Capitolo 45
*** Nei sotterranei della Gringott ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 45
Nei sotterranei della Gringott

Sirius fece il suo ingresso nella banca dei maghi con passo sicuro, le mani in tasca e un'espressione serafica dipinta sul volto. Non c'era alcun bisogno di agitarsi, si disse. La camera blindata era sua e nessuno poteva sospettare alcunché se ritirava qualcosa che gli apparteneva di diritto.
Si guardò intorno attentamente. Perseus gli aveva raccomandato di andare da Bongi, che era uno dei goblin di cui ci si poteva fidare un po' di più. Così si diresse verso verso di lui quando il suo scranno si fu liberato e gli si rivolse con tranquillità.
« Sono Sirius Black. Devo fare un prelievo dalla mia camera blindata » esordì, estraendo dalla tasca la chiave che suo zio gli aveva lasciato in eredità. Dovette esercitare un grande autocontrollo per non farsi assalire dalla nostalgia e dalla rabbia. Ogni volta che i suoi pensieri tornavano ad Alphard si sentiva come se qualche belva gli stesse divorando le viscere.
Bongi annuì.
« Uric! » chiamò, e un goblin uscì da una delle tante porte che si aprivano sul salone d'ingresso. « Accompagna il signor Black ».
« Mi segua » esordì Uric, rivolgendosi a Sirius con un'aria molto meno astiosa dei soliti goblin. Sembrava più tranquillo degli altri, e a Sirius fece piacere. Dopo tutto, si disse, anche i pregiudizi su goblin erano esagerati... anche se non erano affatto Babbani indifesi.
Uric lo condusse attraverso una delle porte che conducevano alle gallerie. Lo fece salire su un carrello e si mise alla guida. La corsa lungo le gallerie sotterranee della Gringott fu fastidiosa ma rapida e, dopo soltanto due secondi, Sirius desiderò di toccare nuovamente un terreno stabile.
Per trovare una distrazione alla folle velocità con cui il carrello stava sfrecciando attraverso cunicoli sotterranei e ponti tesi sul vuoto, si concentrò su quello che doveva fare. Non sapeva come suo zio aveva nascosto quei ricordi. Aster aveva detto che si trovavano in uno scrigno, ma aprirlo poteva essere difficile... o forse no. Del resto si trovavano in una camera blindata della Gringott, e più al sicuro di così non potevano essere.
Sirius cercò di scacciare quelle preoccupazioni, maledicendo Regulus e tutti i dubbi che aveva avuto quando si era deciso che sarebbe stato Sirius a recuperare quei ricordi.
« Tu sei troppo impulsivo, e per un'operazione del genere sono necessarie cautela e discrezione, qualità che a te mancano » gli aveva detto.
Sirius gli aveva chiaramente consigliato di andare al diavolo, aggiungendo una frase di sfida:
« Non solo recupererò quei ricordi, ma troverò e distruggerò tutti gli Horcrux rimanenti molto prima e molto meglio di come faresti tu ».
Ora che l'aveva detto, però, doveva mantenere quella promessa, altrimenti Regulus glielo avrebbe rinfacciato a vita. Non poteva permettersi di fare un solo passo falso. Questi pensieri non lo aiutavano di certo a calmarsi. Inoltre non era tanto sicuro di saper trovare tutti gli Horcrux meglio di suo fratello. Da quello che Rachel aveva raccontato, erano protetti più che bene...
Passando sotto la Cascata del Ladro si sentì rabbrividire, ma la colpa non fu quasi per niente dell'acqua. Non era del tutto sicuro di aver superato lo shock. Sapere esattamente quello che Regulus aveva fatto lo aveva sconvolto. Non riusciva a smettere di pensarci.
Era stato felice che Regulus avesse abbandonato Voldemort, ma fino a quel momento aveva creduto che la sua fuga fosse dovuta solo alla paura. E invece non era andata così: Regulus non era scappato, aveva deciso di morire pur di colpire il mago che terrorizzava chiunque.
Sirius percepì di nuovo i brividi percorrergli la schiena. Si era improvvisamente reso conto di non aver conosciuto affatto suo fratello, e di non averlo mai rispettato più di così.
Sopraggiunse un pensiero che lo divertì. Aveva quasi dimenticato la capacità di Regulus di farlo sempre sentire inferiore, qualunque successo ottenesse. Poteva ancora sentire gli elogi dei loro genitori su quanto Regulus il Perfettino fosse infinitamente migliore. Solo che stavolta le motivazioni erano molto diverse... e Sirius per una volta era contento di concedergli un po' di riconoscimento.
Naturalmente, piuttosto che ammetterlo di fronte al diretto interessato, si sarebbe fatto mozzare la lingua.
Il flusso dei suoi pensieri si interruppe quando il carrello, finalmente, si fermò e Uric balzò fuori, chiedendogli di scendere a sua volta. Sirius lo seguì.
La camera blindata di Alphard si trovava vicino a quella della famiglia Black. Suo zio aveva provveduto ad aprirne una propria molto prima che fosse diseredato. Dietro l'angolo, si poteva sentire il respiro caldo e pesante del drago che sorvegliava le altre camere blindate. Doveva essere addormentato, perché aveva un respiro regolare. Da piccolo lo aveva visto sveglio, e si era spaventato. Ripensandoci adesso, era un comportamento stupido: qualunque drago infuriato sarebbe stato preferibile alla compagnia di sua madre.
Sghignazzò tra sé, mentre il goblin si accostava alla sua camera blindata e l'apriva.
« Prego, signore » gli disse poi.
Sirius entrò. Era molto meno spaziosa di quella della famiglia Black, ma c'era comunque una grande quantità d'oro che gli avrebbe permesso di vivere bene per parecchi anni. Constatarlo lo fece soffrire. Avrebbe dato via tutto quell'oro e anche di più per avere indietro suo zio. Dopo James e i Malandrini, era la persona a cui doveva di più...
Non è il momento di fare il sentimentale, si disse, imponendosi di restare lucido.
Uric era rimasto fuori ma osservava attentamente.
Sirius si guardò intorno. Oltre a galeoni, falci e zellini sparsi sul pavimento della camera, c'erano alcuni documenti sigillati con la ceralacca, bottiglie, libri impolverati e parecchi scrigni. Iniziò subito a frugare tra i vari contenitori. Trovò pergamene e strani oggetti magici, ma nessuna traccia di ricordi.
Sentiva la presenza del goblin in attesa alle proprie spalle e si ritrovò a sudare freddo. E se si erano sbagliati? Forse non aveva lasciato nulla alla Gringott, forse i ricordi erano andati perduti o, ipotesi che lo terrorizzò, non aveva fatto in tempo a nasconderli e i Mangiamorte se ne erano impossessai...
Poi trasse un respiro di sollievo. Aprendo l'ultimo scrigno, vi trovò una boccetta di vetro piena di una sostanza argentea, liquida e gassosa al tempo stesso.
Non gli sembrava neanche vero. Li aveva trovati, e anche in fretta! A Regulus non avrebbe fatto piacere essere smentito così, ma se lo meritava.
Così impara a dubitare di me.
Infilò la provetta con i ricordi dentro una sacca che si era portato dietro, e ne approfittò per prendere anche un po' di galeoni. Il goblin si spostò di lato per farlo passare, e Sirius uscì.
Ma forse avrebbe dovuto capire che era filato tutto troppo liscio. In quel momento infatti udì una voce terribilmente sgradita. Si voltò, col cuore in gola, nello stesso istante in cui la voce cessava improvvisamente di parlare.
Nello stesso tunnel, guidata da un altro goblin, c'era una donna dall'aria fin troppo familiare. Si stava dirigendo verso la propria camera blindata ma, non appena incrociò il suo sguardo, si immobilizzò. Sirius fece lo stesso, e le mani di entrambi si strinsero intorno alle rispettive bacchette, per il momento ancora riposte sotto i loro mantelli, mentre un silenzio teso invadeva il tunnel.
Sirius non aveva alcun timore di affrontare Bellatrix anche lì, nei sotterranei della Gringott, ma si rese conto che sarebbe stata un'azione avventata. Aveva con sé dei ricordi forse molto importanti, e non poteva rischiare che cadessero nelle sue mani.
Quanto a lei, sebbene il suo sguardo lasciasse trasparire senza alcun dubbio il desiderio di ucciderlo all'istante, non poteva permettersi di esporsi così: il suo nome già si sussurrava con timore all'interno della comunità magica, ma nessuno poteva dimostrare ufficialmente che fosse una Mangiamorte. E Bellatrix sembrava non avere intenzione di rinunciare alla propria impunità soltanto per lui.
Ad ogni modo, Sirius continuò a tenerla d'occhio e a tenere la bacchetta pronta anche quando lei, dopo un'occhiata omicida, distolse lo sguardo e riprese a camminare come se nulla fosse.
Continuando a guardarsi intorno e alle spalle con cautela, Sirius seguì Uric attraverso il tunnel, senza smettere di sentirsi teso e nervoso. Quando arrivarono al carrello, iniziò a calmarsi. Uric vi salì sopra e Sirius stava per fare altrettanto...
Ma proprio mentre si accingeva a salire, il goblin fece partire il carrello e, prima che Sirius potesse anche solo rendersi conto di quello che stava per succedere, sfrecciò via alla velocità della luce.
« Ehi! » urlò, ma questo non impedì al goblin di sparire, inghiottito dall'oscurità dei cunicoli sotterranei.
Un brivido gelido gli percorse la schiena, mentre si rendeva rapidamente conto che Bellatrix doveva aver lanciato una Maledizione Imperius al goblin nell'istante in cui gli era passata accanto. E ora Sirius si trovava bloccato lì, cento metri sottoterra. Sarebbe stato impossibile tornare in superficie a piedi, e per alcuni istanti non seppe cosa fare, lasciandosi prendere dal panico.
Poi ricominciò a ragionare. Nei dintorni doveva essere rimasto il carrello con il quale Bellatrix era scesa fin lì, ma trovarlo poteva essere complicato. Sirius estrasse la bacchetta, di colpo sicuro su cosa fare. Gli serviva il goblin che aveva accompagnato sua cugina, quindi le avrebbe teso una trappola, prima che fosse lei a tenderla a lui.
Tornò indietro per alcuni metri, ma poi si presentò un problema. Il drago era sempre lì, e superarlo senza Sonacci a disposizione sarebbe stato letale, ne era certo. E i guai non si erano ancora conclusi. Stava meditando su qualche incantesimo in grado di riprodurre il tintinnio dei Sonacci, quando udì dei passi e delle voci concitate alle proprie spalle. Quattro maghi spuntarono da dietro l'angolo e, non appena lo individuarono, si bloccarono all'istante. Sirius non ebbe bisogno di riconoscere i volti di tutti i nuovi arrivati per capire di trovarsi in guai ancora più grossi di prima. Adesso aveva un gruppo di Mangiamorte di fronte, un drago alle spalle e nessun nascondiglio o via di fuga.
« Black, non muoverti » intimò uno dei Mangiamorte, puntandogli la bacchetta contro.
« Non sapevo che ci si potesse Materializzare, qui dentro. Siete spuntati fuori dalle pareti o avete qualche infiltrato anche qui alla Gringott? »
« La cosa non ti riguarda » rispose un altro Mangiamorte, e Sirius riconobbe con disgusto la voce di Tiger. « Sai perché siamo qui? »
Sirius si impose di continuare la conversazione, mentre cercava di valutare le poche possibilità che aveva.
« Immagino che vogliate costringermi a dire dov'è Regulus, visto che non ci siete riusciti con Alphard » rispose, rabbioso.
« Non proprio. Rodolphus ci ha suggerito una strategia più sbrigativa: ti uccideremo, così lui si sentirà in dovere di uscire allo scoperto, dopo che ben due persone saranno morte al posto suo ».
« State sprecando il vostro tempo. Regulus mi ha sempre odiato. Uccidendomi gli farete un favore ».
« Ne dubito ».
Di colpo, Sirius si disse che il drago sarebbe stato un male minore.
« Protego! »
L'Incantesimo Scudo bloccò tutte le maledizioni che i Mangiamorte gli avevano scagliato e gli diede il tempo di scappare nella direzione opposta. Con suo grande sconforto, scoprì che il drago si era svegliato, e lo strepito dei Mangiamorte che lo seguivano di corsa lo aveva fatto infuriare. Batteva le grosse zampe contro il pavimento, dimenava le ali, facendo crollare alcuni pezzi di roccia dalle pareti, e ruggiva, provocando un'eco che si diffuse per tutti i sotterranei circostanti.
Sirius si accorse di tremare, ma non poteva restare con i Mangiamorte: erano troppi e non sarebbe mai riuscito ad annientarli. Così prese un gran respiro e si gettò a capofitto nello slargo che ospitava il drago, deciso a superarlo.
Aveva appena schivato una delle zampe, ma un'ala lo colpì in pieno, mandandolo a sbattere contro la parete. Sirius ricadde a terra, dolorante e con il sapore del sangue in bocca, perché doveva essersi morso l'interno della guancia. Quando sentì il fiato caldo del drago sul viso capì di essere spacciato, e pensò che sarebbe stato meglio morire combattendo contro i suoi aggressori, piuttosto che in quel modo.
Fa' che sia una cosa rapida...
Ma l'aria calda svanì e Sirius alzò lo sguardo, perplesso, mentre delle urla si levavano da qualche parte dietro di lui. Il drago lo aveva sorpassato, senza degnarlo della minima attenzione, e si era avventato contro i Mangiamorte, che adesso cercavano disperatamente di evitare le fiamme.
In un lampo, sebbene ancora frastornato dal sollievo, Sirius tornò in piedi e lasciò lo slargo, infilandosi nel tunnel che conduceva alle camere blindate, incapace di credere alla fortuna che aveva avuto. Ma la fortuna non era stata completa: stava andando nella direzione opposta a quella che avrebbe dovuto prendere, e la via d'uscita adesso era bloccata dai Mangiamorte e da un drago inferocito che sputava fiamme incandescenti.
Devo trovare Bellatrix e il goblin, si disse, continuando a camminare lungo il corridoio immerso nel buio. Poi Schianto lei e mi faccio portare in superficie da lui...
Non era un gran piano, se ne rendeva conto, ma non aveva alternative migliori. E ormai era quasi certo che alcuni dei Mangiamorte fossero riusciti a loro volta a superare il drago. I sotterranei erano poco illuminati, e le ombre che le torce riflettevano sulle pareti rocciose lo facevano rabbrividire. Iniziò a correre all'impazzata, chiedendosi se sarebbe mai uscito vivo da lì, e voltò un angolo, ritrovandosi costretto a frenare un istante dopo.
« Ti stavo aspettando ».
Di fronte a lui c'era Bellatrix con la bacchetta levata. Il goblin se ne stava in piedi accanto a lei, l'espressione vuota e inerte tipica di chi è stato Confuso.
Prima che Sirius potesse attaccare sua cugina, gli altri Mangiamorte lo raggiunsero, sorprendendolo alle spalle. Ormai era circondato.
Ebbe un solo istante per decidere. Mentre gli anatemi mortali venivano pronunciati, vide accanto a sé la camera blindata dei Lestrange, ancora aperta, e vi si tuffò. I capelli gli si rizzarono sulla nuca quando gli incantesimi lo sfiorarono. Sirius rotolò all'interno della camera blindata, approfittando del rifugio per coprirsi mentre scagliava fatture contro i propri assalitori. Non sapeva quanto avrebbe potuto resistere in quel modo, ma non poteva fare altro.
Poi vide Tiger assumere un'espressione sadica, come convinto di avere appena avuto un'idea geniale. Il Mangiamorte lanciò un'Imperius al goblin. Prima che Sirius potesse reagire, la creatura superò i Mangiamorte intenti a contrattaccare e si avvicinò alla camera blindata. Alzò un dito e il cuore di Sirius mancò un battito.
Ormai incurante dei colpi nemici, si gettò verso l'uscita, ma era già troppo tardi. Con un gran frastuono, la porta della camera blindata si chiuse davanti a lui, e Sirius si ritrovò intrappolato all'interno.
Assalito dalla rabbia e dal terrore, si scagliò contro di essa, prendendola a calci e pugni, ma l'unico risultato che ottenne fu un dolore lancinante e un paio di nocche ammaccate.
Ma dalla parte opposta, Bellatrix non era più soddisfatta.
« Razza di idiota! » si stava rivolgendo a Tiger. « L'hai chiuso nella mia camera blindata! »
« E quindi? » stava rispondendo lui, perplesso.
Un colpo e un gemito furono la risposta di Bellatrix: doveva averlo punito per quell'errore.
« Bella, non hai nulla da temere » disse un'altra donna. « Non può rubare nulla se non può uscire ».
« E così potremo far passare la sua morte per un incidente. Basta che tu e gli altri Lestrange non facciate altri prelievi per qualche giorno. Quando lo troveranno sarà già morto » intervenne qualcun altro.
« Appunto. Troveranno un cadavere nella mia camera blindata! È abbastanza per metterci nei guai. »
« Abbiamo dei goblin dalla nostra parte. Lascia fare a loro, no? Non si saprà nulla, vedrai. »
Bellatrix strepitò ancora per alcuni minuti, ma alla fine si dovette convincere.
Sirius non avrebbe mai immaginato di desiderare che le voci dei Mangiamorte non sparissero. Ma nel giro di pochi minuti intorno a lui calò un silenzio di tomba, quando ormai era stanco di urlare per richiamare l'attenzione di chiunque.
Con la gola in fiamme e lo sconforto che si sostituiva in fretta alla rabbia, si lasciò scivolare per terra, la schiena contro la porta della camera blindata, e si mise le mani tra i capelli, disperato. Nessuno poteva sentirlo e, anche se lo avessero fatto cercare, prima del suo ritrovamento sarebbe stato già morto da parecchi giorni. Chiuse gli occhi, desiderando di trovarsi in un brutto incubo, e iniziò lentamente a sprofondare nell'incoscienza.

Non sapeva per quanto era rimasto chiuso lì dentro. Doveva essersi appisolato, perché aveva dei vuoti di memoria, ma del resto c'era ben poco da ricordare: intorno a lui c'era sempre la stessa stanza ricolma di oro, argento e gioielli. Sarebbe stata la sua tomba, pensò in un momento di dormiveglia. Non era rimasto più nulla da fare, e ormai Sirius aveva smesso di lottare. Tanto valeva rimanere seduto lì, ad aspettare che la fame e la sete lo uccidessero.
Alzò lo sguardo, facendolo scorrere pigramente lungo le pareti straripanti di oggetti preziosi, tanto per impiegare il tempo. Vide gioielli, armature, argenteria e montagne di galeoni, falci e zellini. Li guardò di nuovo, come se qualcosa avesse attirato il suo sguardo all'improvviso... e i suoi occhi si soffermarono su uno di essi. Per un attimo gli si spezzò il respiro.
Era una coppa. Una coppa d'oro, ma non era quello l'importante. Quello che contava era lo stemma inciso sulla coppa. Da quella distanza dovette alzarsi in piedi e socchiudere gli occhi per vedere meglio, ma l'evidenza gli diede la conferma che sperava: il simbolo inciso era un tasso.
All'improvviso gli tornò in mente quello che Regulus gli aveva detto alcuni giorni prima.
« Silente ha rintracciato l'elfa domestica di una cliente di Voldemort, ai tempi in cui lavorava da Magie Sinister. Secondo quello che ha scoperto, è possibile che Voldemort abbia creato gli Horcrux con oggetti molto antichi, forse appartenenti ai quattro fondatori di Hogwarts. Il medaglione di Serpeverde era suo, ma sembra che tempo fa abbia avuto a che fare con un oggetto appartenuto a Tosca Tassorosso ».
Sirius strabuzzò gli occhi, li strofinò e li riaprì, aspettandosi forse di vedere sparire la coppa, come se fosse stata un'allucinazione, ma era ancora lì. Sembrava aver dimenticato come respirare.
« Non ci posso credere » sbottò tra sé, e la voce rauca rimbombò contro le pareti. Forse non si trattava di un Horcrux, ma allora perché Bellatrix era apparsa così furente all'idea che qualcuno si trovasse dentro la sua camera blindata? Quanto a Voldemort, lui non aveva una camera blindata personale, ma la Gringott era il posto più sicuro al mondo per nascondere qualcosa...
Sirius avanzò, ancora incredulo. Poi il suo piede urtò contro una moneta... e quella parve esplodere in almeno altre cento copie, che invasero il pavimento.
« Ma che...? » fece, indietreggiando e appoggiando la mano contro un'armatura.
Fu una pessima mossa.
Urlando di dolore, fece appena in tempo a spostarsi, prima che una pioggia di armature incandescenti lo seppellisse. Il palmo della mano gli bruciava, e Sirius si accorse di esserselo ustionato.
« Dannati Lestrange! » imprecò, mentre un'altra pioggia di calici e scudi lo investiva, provocandogli dolorose scottature alle spalle e sul viso.
Doveva immaginarsi degli incantesimi di protezione, si disse. Poi puntò la bacchetta contro la coppa di Tassorosso.
« Accio coppa! »
Ma non funzionò.
Imprecò di nuovo. Non poteva farsi largo tra tutto quel tesoro per raggiungerla, a meno di non essere ritrovato arrostito e sepolto sotto di esso. Ma se non poteva usare la magia per prenderla, come poteva fare? Tra l'altro era chiuso dentro e nessuno sapeva che si trovasse lì. Forse aveva trovato un Horcrux, ma non avrebbe potuto né portarlo via né distruggerlo, e in più non aveva alcuna possibilità di comunicare con l'esterno.
Stava per perdere un'altra volta ogni speranza, quando udì una voce familiare.
« Sirius? Si può sapere dove sei finito? »
Sulle prime si allarmò. Non aveva ancora fame, e già iniziava a delirare? Ma si accorse che la voce proveniva dalla sacca che si era portato dietro e nella quale aveva riposto i ricordi di Alphard. Chiedendosi come avesse potuto non pensarci prima, si gettò su di essa, la aprì e ne tirò fuori uno specchietto rettangolare.
Al posto del suo riflesso, con un'espressione seccata e perplessa, c'era James.
« Eccoti, finalmente. Ti avevo detto che oggi avremmo fatto il primo bagnetto a Harry, e invece non sei venuto, e non hai nemmeno avvertito. Spero che tu abbia una buona giustificazione, padrino scellerato che non sei altro! ».
Sirius scoppiò a ridere per il sollievo.

***

James incontrò Perseus Queen alla fine di Diagon Alley, sotto la scalinata della Gringott. L'uomo aveva le braccia incrociate e un'espressione impaziente e infastidita dipinta sul volto.
« Signor Queen, salve » esordì James, ansioso. « Mi dispiace averla disturbata, ma è una questione della massima urgenza... »
« Aspetta un po'. Chi mi assicura che sia tu il vero James Potter? Neanche ti conosco » affermò l'uomo, lasciando da parte i convenevoli.
James sussultò.
« Noi ci siamo già conosciuti ».
« Quando? »
« Quando sua figlia è stata ricoverata al San Mungo. Ero insieme a Sirius, ricorda? »
« Può darsi ».
James cercò di trattenere le proteste. Questo costituiva un brutto colpo per il suo ego, ma cercò di lasciar correre. Aveva questioni più urgenti da risolvere, per il momento.
« Magari era distratto » suggerì.
« Magari avevo altro a cui pensare » ribatté Perseus.
« Sì, giusto... »
Quello sospirò.
« Allora, posso sapere cosa succede? Sto lavorando ».
James si rianimò.
« Mi serve il suo aiuto. Vede... » decise di dirlo tutto insieme. Tanto peggio di così... « Sirius è rimasto chiuso nella camera blindata dei Lestrange mentre compiva una missione segreta per conto... dell'Ordine, e sarebbe un bel guaio se venisse scoperto. Lei potrebbe fare in modo di permettergli di uscire senza scomodare i goblin e senza fare insospettire nessuno? »
A Perseus servirono alcuni secondi per riprendersi, e James non poté biasimarlo. Anche se dopo un po' era sbiancato.
« Stai scherzando, vero? »
« Purtroppo no » rispose lui, mordendosi il labbro.
« Come è finito lì dentro? »
« Non mi ha raccontato proprio tutti i dettagli, ma sembra che sia stato attaccato da alcuni Mangiamorte mentre faceva un prelievo ».
Perseus era confuso e inorridito.
« Non abbiamo avuto segnalazioni di combattimenti nei sotterranei... C'era solo un drago sovreccitato che abbiamo dovuto addormentare ».
« Ecco, credo che abbiano nascosto le prove con la complicità di qualche goblin. Lo sanno tutti che non sono tipi affidabili ».
Stranamente, Perseus gli credette.
« Questo è un disastro » commentò, chiaramente sconvolto.
« Non può fare qualcosa? »
L'uomo si guardò intorno con prudenza.
« Io mi occupo degli incantesimi da apporre nelle camere blindate, quindi per aprirla non dovrei avere problemi. Ma non posso accompagnare i clienti all'interno, quella è competenza dei goblin. Inoltre, i goblin noterebbero la presenza di Sirius, al nostro ritorno ».
« A quello posso rimediare io. Ho un Mantello dell'Invisibilità in tasca ».
« Ed è nuovo? Perché se è rovinato... »
« Le assicuro che non ha nemmeno una minima scucitura. È perfetto » disse James, chiedendosi per l'ennesima volta come mai il suo mantello, seppur antico, non si fosse mai deteriorato. Aveva sempre scherzato su quel fatto, raccontando ai suoi amici che si trattava dello stesso mantello menzionato nella fiaba dei Tre Fratelli, e loro ne avevano riso con lui, altrettanto convinti che fosse una leggenda. Ma c'erano momenti in cui James arrivava a crederlo davvero.
« Allora indossalo. Mi seguirai mentre fingerò di dover fare una revisione agli incantesimi che difendono la camera blindata. Stammi dietro e fai attenzione ».
« Grazie » gli disse James, nel tono più riconoscente possibile.
« E quella scopa? » aggiunse Perseus, indicando il manico che James aveva portato con sé.
Lui alzò le spalle.
« Non ne ho idea. È stato Sirius a dirmi di portarla ».
Andò a nascondersi in un vicolo deserto, guardandosi attentamente intorno per assicurarsi che nessuno potesse vederlo, poi tirò fuori il Mantello e lo indossò. Nascose anche la scopa, chiedendosi a sua volta perché mai Sirius gli avesse chiesto di portare un oggetto così ingombrante per svolgere una missione segreta.
Perseus lo aspettava, apparentemente calmo, anche se James notò il contrarsi ritmico di una vena del collo. Anche lui si sentiva agitato. In quel momento più che mai desiderava essere ancora a casa, insieme a Lily e Harry.
« Sono dietro di lei » sussurrò, quando si fu accostato a Perseus. Lui annuì impercettibilmente e iniziò ad incamminarsi in direzione della Gringott.
Quando salirono la bianca scalinata di marmo, l'attenzione di James fu catturata dal messaggio di avvertimento che aveva già letto tante volte fin da piccolo, ma mai come ora le parole che vi erano scritte erano suonate così terribilmente minacciose.

Straniero, entra, ma tieni in gran conto
Quel che ti aspetta se sarai ingordo
Perché chi prende ma non guadagna
Pagherà cara la magagna
Se cerchi nel sotterraneo
Un tesoro che ti è estraneo
Ladro avvisato mezzo salvato:
Più del tesoro non va cercato.

James ebbe l'impressione che Perseus avesse mormorato tra sé qualcosa di simile ad “Azkaban”, “Black” e “creano sempre problemi” ma evitò di indagare. Si sentiva già abbastanza ansioso di suo. Dovette allentarsi il colletto della veste perché stava iniziando a sudare per l'agitazione.
Perseus sorpassò le porte d'ingresso, facendo un cenno di saluto al goblin di guardia, e percorse il vasto salone, dirigendosi verso una delle tante porte che vi si affacciavano.
« Unci-Unci, devo fare un giro di controllo agli incantesimi di alcune camere blindate » riferì ad un goblin che lo aveva guardato con perplessità.
« Non l'avevi già fatto una settimana fa? » chiese quello.
« Non ho finito tutto il giro. Oggi sarà l'ultima volta » rispose prontamente.
Il goblin annuì, aprendo la porta e lasciandolo passare.
Quando la porta si fu richiusa alle loro spalle, James si accorse che Unci-Unci non li aveva seguiti.
« Non ci accompagna? »
« No, in teoria se sono da solo posso andare senza accompagnatore » rispose Perseus, facendogli cenno di salire su un carrello che aveva richiamato con un incantesimo che James non conosceva. « Resta col mantello. Potrebbero esserci altri goblin, di sotto ».
James obbedì, e poi il carrello prese a sfrecciare lungo il binario, alla velocità della luce. Nessuno dei due parlò, durante il tragitto, ma poterono ugualmente percepire la stessa ansia invadere le loro menti. Stavano rischiando grosso.
Il drago semicieco era addormentato. James osservò con il cuore in gola le tracce della sua furia: odore di bruciato e pezzi di roccia staccatisi dalle pareti e crollati per terra.
E poi furono finalmente davanti alla camera blindata dei Lestrange. Perseus eseguì un incantesimo dall'aria complicata, sussurrando qualcosa di simile ad una parola d'ordine, e alla fine la porta si aprì.
« Ramoso! »
Sirius era all'interno, piuttosto accaldato e con delle brutte vesciche sulle mani e sul collo, ma sollevato. James sentì passare tutta la paura, mentre si toglieva il Mantello e lo raggiungeva.
« Attento! » fece Sirius, impedendogli di urtare uno scudo. «
È così che mi sono ustionato ».
« Incantesimi di protezione? »
« Già... »
« Fate con comodo, mi raccomando. Non c'è fretta » sbottò Perseus sarcastico, guardandosi intorno con aria preoccupata.
« Scusi, usciamo subito. James, dammi la tua scopa » fece Sirius in tono sbrigativo.
A James non piaceva prestare la propria scopa. Non gli era mai piaciuto, soprattutto a persone disattente e poco abili nel volo come Sirius. Ma, vista la situazione, decise di fare uno strappo alla regola.
« Fai attenzione e trattala bene » si raccomandò stentando a staccare le dita dal manico di legno.
Sirius alzò gli occhi al cielo. Poi inforcò la scopa e decollò, librandosi in aria a fatica, in direzione di uno scaffale in fondo. James lo vide usare l'incantesimo Geminio per duplicare una piccola coppa d'oro. Poi Sirius afferrò la coppa e invertì la direzione, sfuggendo di corsa, mentre un centinaio di copie incandescenti di quella stessa coppa esplodevano dietro di lui, cercando di sommergerlo.
« Uscite, presto! » esclamò Perseus, trascinando James fuori dalla camera blindata. La porta si chiuse alle spalle di Sirius, che atterrò malamente sul terreno irregolare, la piccola coppa d'oro ben stretta nella sua mano.
« Che diamine hai fatto? È un furto! » protestò Perseus, sconvolto. « Non sono venuto a tirarti fuori di qui per aiutarti a rubare. Io qui ci lavoro ».
« Mi dispiace, ma è stato inevitabile, signor Queen » rispose Sirius, assestandogli una pacca sulla spalla e ignorando la sua reazione sconvolta. « Non si senta in colpa. Pensi che ha contribuito alla sconfitta di lord Voldemort. E, a proposito, grazie per avermi salvato ».
Perseus lo fulminò con lo sguardo, ma non aggiunse altro. L'attenzione di James invece era tutta rivolta alla coppa. Vide il simbolo del tasso, e colse l'espressione fiera e trionfante di Sirius, sorridendo a sua volta.
Così quello è un Horcrux. Il solo pensiero gli diede i brividi.
« Voi due, indossate quel mantello, avanti » bofonchiò Perseus, seccato. « Vi voglio fuori di qui entro cinque minuti ».
Sirius e James non se lo fecero ripetere due volte.

***

Regulus aveva ascoltato l'intero racconto senza dire una parola, anche perché non ne sarebbe stato capace. Invece continuava a fissare la coppa di Tassorosso sul tavolo del salotto di casa Puddle, incredulo.
« Adesso stai bene? » gli chiese, cercando di non apparire troppo preoccupato.
Sirius alzò le spalle, altrettanto desideroso di sembrare indifferente, ma il suo tentativo era vanificato dalle smorfie di dolore del suo volto, mentre si curava le ustioni col dittamo.
« Sono andato a prelevare dei ricordi e ho guadagnato anche un Horcrux: certo che sto bene! Tu invece perché hai quel muso lungo? Ammettilo, non credevi che sarei mai riuscito a prenderne uno, vero? »
« Lo ammetto » mentì Regulus. In realtà il suo pessimo umore era dovuto a quel che Sirius aveva rischiato. Bellatrix aveva cercato di ucciderlo per arrivare a lui, proprio come Rodolphus aveva fatto con Alphard. L'ultima cosa che Regulus avrebbe voluto era un'altra morte tra le persone che gli erano vicine. Non sapeva cosa avrebbe reagito se anche Sirius fosse morto a causa sua, pensò, orripilato al solo pensiero.
« Ora non vantarti troppo » intervenne James, rivolgendosi a Sirius. « Se non fosse stato per me, saresti ancora sepolto sotto la Gringott ».
Regulus si impose di ignorare i brutti pensieri, improvvisamente agitato.
« Vi siete assicurati di lasciare una copia della coppa? Quando Bellatrix tornerà nella sua camera blindata, controllerà sicuramente che l'Horcrux sia ancora al suo posto. E se non ci dovesse essere... »
« L'ho fatto, non agitarti. Quando annulleranno l'incantesimo di moltiplicazione, la mia copia resterà ».
« Spero che non si accorga che si tratta di un falso » commentò Rachel, pensierosa.
« Non dovrebbe... O sarebbe la cosa peggiore che potrebbe capitarci » rispose Regulus, augurandosi che Voldemort rimanesse all'oscuro dei loro obiettivi ancora per molto tempo.
Per un attimo la sicurezza di Sirius parve vacillare, ma poi lui cercò di rianimarli.
« Andrà tutto bene. Ora però distruggiamo quell'Horcrux, che ne dite? In realtà non sono nemmeno sicuro che sia davvero un Horcrux. Non ne ho mai visto uno prima d'ora » aggiunse.
Regulus lo afferrò. Era vero. Emanava chiaramente qualcosa di molto oscuro, e i leggeri battiti metallici che provenivano dall'interno del calice erano inequivocabili. Si affrettò a posarla di nuovo sul tavolo, nauseato.
« Sì, è un Horcrux » ammise. « Chi vuole distruggerlo? »
Tre paia di occhi puntarono su Sirius, il quale per un attimo esitò.
« Io? »
« Sei stato tu a recuperarlo » disse Rachel.
« Già... tutto da solo » aggiunse Regulus, sarcastico. Notò la smorfia divertita di James e quella irritata di Sirius.
« D'accordo. Datemi quel pugnale » disse in tono sbrigativo.
Rachel gli porse l'athame. La mascella di Sirius era serrata mentre prendeva la coppa e la posava per terra. Tutti tacquero, mentre alzava il braccio, l'athame stretto nel pugno.
La lama calò, perforando la coppa. Questa iniziò ad accartocciarsi su se stessa, mentre un urlo spaventoso invadeva la stanza. Ci fu qualcosa di simile ad uno scoppio e del fumo nero scaturì dall'Horcrux, facendo indietreggiare Sirius...
Poi tutto finì. Il fumo si dissolse e l'urlo si affievolì sempre di più, fino a sparire del tutto. Rimase solo la coppa distrutta.
Sirius era perplesso.
« Credevo che avrebbe reagito. Non avevate detto che per voi è stato difficile combattere le difese che Voldemort aveva apposto negli altri Horcrux? »
« Tu non hai tenuto quella coppa con te. Io il medaglione l'ho indossato spesso, e Rachel ha dormito vicino al diario. Quegli Horcrux hanno avuto tutto il tempo di leggerci dentro e contrattaccare mostrandoci le nostre paure peggiori, cosa che la coppa non è riuscita a fare con te, né l'anello con Silente... Se l'avesse indossato, le cose sarebbero andate in maniera diversa. Ritieniti fortunato » rispose Regulus.
James diede una pacca sulla spalla di Sirius.
« Complimenti. Hai appena distrutto il quarto Horcrux » disse. Poi il suo tono si fece più cupo. « Secondo voi Voldemort se ne accorge se un frammento della sua anima viene distrutto? »
Regulus alzò le spalle.
« Silente crede di no. Forse l'ha spezzata in troppe parti. Potrebbe essere vero, altrimenti saprebbe già da tempo che qualcuno sta distruggendo tutti i suoi Horcrux » rispose.
« Speriamo che siano davvero tutti » disse Sirius. « Non sappiamo quanti ne ha fatti, e probabilmente ne mancano ancora tre ». Si alzò in piedi e prese la provetta che conteneva i ricordi di Alphard. «
È il momento di vedere se nostro zio aveva scoperto davvero qualcosa di importante ».
« Ho portato il Pensatoio da casa. Vado a prenderlo » disse Rachel, uscendo dalla cucina e dirigendosi verso l'ingresso.
Regulus rimase muto, in attesa, cercando di non incrociare lo sguardo con gli altri due. Se qualche anno prima gli avessero detto che si sarebbe ritrovato a combattere Voldemort insieme a Sirius e al suo amico Potter non ci avrebbe mai creduto. E invece adesso anche loro si erano uniti alla loro caccia agli Horcrux.
Eppure Regulus aveva odiato Potter, a Hogwarts. Lo considerava colui che aveva rovinato Sirius, allontanandolo da sé e spingendolo a detestarlo. La sua era stata una reazione un po' infantile, riconobbe. Di sicuro Sirius aveva preferito James a lui, e continuava a farlo, ma i due fratelli si sarebbero allontanati comunque. E ora che aveva capito che Sirius, a modo suo, teneva ancora a lui, Regulus non aveva più motivi per detestare l'altro. Certo, a suo parere restava una persona estremamente irritante, ma non era certo Potter il suo vero nemico. Era Voldemort, era Rodolphus... e adesso anche Barty. Era incredibile pensare quanto gli schieramenti fossero cambiati.
Rachel tornò, e Regulus interruppe volentieri quelle riflessioni. La ragazza posò il Pensatoio sul tavolo e Sirius vi versò dentro i ricordi. La sostanza argentea vorticò all'interno della ciotola, finché l'ultimo ricordo non fu caduto dentro.
« Direi che possiamo entrare tutti, che ne dite? Siete pronti? »
Tutti e quattro annuirono.
Poi, uno dopo l'altro, immersero il viso nel Pensatoio.




Scusate il ritardo, ma ho così poco tempo che stamattina mi sono ritrovata con il capitolo ancora da correggere. Devo dire che ancora non mi convince alla perfezione, ma l'ho scritto e riscritto così tante volte che sinceramente non ne potevo più xD La cosa che mi creava dei dubbi è il modo in cui Sirius ha trovato la Coppa di Tassorosso, ma dopotutto tutti gli altri modi che avevo in mente erano più assurdi... in fondo la demenza di Tiger è universalmente nota, quindi... XD Stavolta i nostri eroi sono stati fortunati, ma la prossima non sarà altrettanto semplice (risata satanica).
Sirius e James erano indispensabili qui, perché solo loro hanno quello specchio, che è stato la mia salvezza xD: mandare un Patronus per chiedere aiuto avrebbe potuto attirare l'attenzione di qualche goblin.

Per ora vi ringrazio qui per le recensioni. Devo ancora rispondere, ma lo farò nei prossimi giorni. Lunedì ho già un esame e sto per strapparmi i capelli per l'ansia, e se sto su EFP non mi concentro su quella materia "interessantissima"... x__x
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 7 giugno.
A presto, Julia =)


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Capitolo 46
*** Viaggio nel passato ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 46
Viaggio nel passato

Il fumo in cui erano precipitati iniziò rapidamente a diradarsi, mentre un chiacchiericcio familiare li accoglieva, ancor prima che potessero vedere dove fossero finiti.
Regulus riconobbe la Sala Grande di Hogwarts. Era la classica cerimonia dello Smistamento di inizio anno. Poteva vedere gli studenti del primo anno di fronte allo sgabello del Cappello Parlante, e alcuni di loro si guardavano timidamente intorno, ammaliati dall'ambiente e al tempo stesso tesi e nervosi.
Regulus provò una sensazione piacevole. Era bello ritrovarsi in quel castello che per sette anni era stato la loro casa. Notò che Sirius e James sembravano provare la stessa cosa. Rachel era l'unica ad apparire poco colpita, e Regulus ne sospettava il motivo. Sapeva che la ragazza aveva già usato quel Pensatoio per rivivere i proprio ricordi a Hogwarts, in tempi ancora meno felici.
Ma quelli erano i ricordi di Alphard, pensò subito dopo, e dovevano trovarlo, anche se in mezzo a quella folla di studenti vocianti era quasi impossibile.
Fu il professor Silente, in piedi accanto allo sgabello, ad aiutarlo, quando chiamò:
« Black, Alphard ».
« Lo stanno smistando » disse Sirius, iniziando ad avvicinarsi. Loro lo seguirono.
Alphard a undici anni somigliava moltissimo ai due fratelli Black. Lo avevano già visto in qualche vecchia fotografia, ma vederlo dal vivo era completamente diverso. Regulus, in preda ad un'emozione che gli impedì di deglutire per alcuni eterni secondi, lo osservò mentre Silente, che era molto più giovane e aveva i capelli ancora rossi, gli calava il Cappello Parlante sulla testa.
Alphard si mordeva il labbro e stringeva il sedile dello sgabello come per farsi forza. Regulus immaginava cosa stesse pensando in quel momento. Stava implorando il Cappello di mandarlo a Serpeverde piuttosto che Corvonero. Suo zio glielo aveva raccontato un paio di volte per tranquillizzarlo, quando aveva paura di finire a Grifondoro. Era accaduto meno di dieci anni prima, ma sembrava un secolo.
« SERPEVERDE! » gridò il Cappello, e Alphard sorrise, sollevato.
Lo videro correre verso il tavolo di Serpeverde per poi prendere posto accanto ad una ragazza del terzo anno che li scompigliò i capelli, sorridendo.
« Quella è tua madre? » chiese Rachel, perplessa e anche piuttosto sconvolta.
Sirius ridacchiò e Regulus si lasciò scappare una smorfia divertita.
« No, è la zia Lucretia, la sorella di mio padre, quella che ha sposato Ignatius Prewett. Lei è mia madre » rispose, indicando la ragazza seduta di fronte ad Alphard.
Anche Walburga aveva solo tredici anni ma certi tratti la rendevano inconfondibile. I suoi capelli erano neri e lucenti come quelli di sua cugina Lucretia, ma mentre questa li teneva corti e ricci, lei li aveva raccolti in una lunga treccia elegante. Inoltre i suoi occhi erano grigi, identici a quelli di Alphard, di Regulus e di Sirius, mentre Lucretia aveva ereditato gli occhi scuri dal ramo della famiglia cui apparteneva anche Orion.
In quel momento Walburga stava fissando il fratellino con le braccia incrociate e un'espressione indispettita.
« Visto che sono Serpeverde? » le disse lui, con un tono di trionfo. Poi le tese la mano. « Sgancia ».
Walburga alzò gli occhi al cielo e gli consegnò un paio di falci d'argento.
Alphard esultò.
« Taci » sibilò Walburga, irritata.
« Inconfondibile » fu il commento di Sirius.
Regulus finse di non aver sentito, desideroso di evitare discussioni o polemiche, e James distolse l'attenzione di tutti, rivolgendosi a Rachel.
« Ehi, quello che hanno appena chiamato non è tuo padre? »
Era proprio Perseus.
Il ragazzino che si stava avvicinando a Silente, rigido come un palo, era molto diverso dalla versione adulta che tutti loro conoscevano. Aveva le guance paffute e rosse per l'imbarazzo e l'emozione.
Quando il Cappello Parlante gridò di nuovo « SERPEVERDE! », Perseus se ne liberò di corsa e si affrettò verso il suo tavolo. Sembrava molto felice di non essere più al centro dell'attenzione di tutta la Sala Grande.
« Ti dicevo che era un timidone » disse Rachel a Regulus, che era alquanto stupito.
Alphard aveva attirato l'attenzione di Perseus e gli fece posto al proprio fianco. Evidentemente si erano già conosciuti sul treno.
« Lei è mia cugina Lucretia, e quella è mia sorella Walburga. Lui è Perseus » Alphard fece le presentazioni.
Walburga non apparve molto interessata, ma gli fece un cenno di saluto. Lucretia gli strinse la mano.
Il Preside Dippet annunciò l'inizio del banchetto. Le due ragazze più grandi stavano già chiacchierando tra di loro, riguardo a Hogsmeade e alle nuove materie che avrebbero cominciato a seguire quell'anno, argomenti che ai due ragazzini del primo anno interessavano poco, quindi Alphard e Perseus presero a commentare le decorazioni della Sala Grande, i fantasmi e il soffitto che riproduceva il cielo.
« Perché quel fantasma è ricoperto di macchie? » chiese Alphard, incuriosito.
« Evita di chiederlo ad alta voce. Al Barone Sanguinario non fa piacere » parlò qualcuno accanto a Perseus.
I due ragazzini si voltarono. A rispondere era stato un ragazzo un po' più grande, forse del secondo anno. Aveva un aspetto che a Regulus ricordava qualcuno di sgradito. Quando notò i suoi occhi di un azzurro intenso, lo riconobbe: era il padre dei fratelli Lestrange.
« Oh, è il Barone Sanguinario? Il fantasma di Serpeverde? » domandò Alphard, mentre Perseus assisteva allo scambio di battute in silenzio.
Il ragazzo accennò un sorrisetto di condiscendenza.
« Sì, proprio lui. Con noi Serpeverde sa essere anche gentile, ma non fargli mai una domanda del genere ».
« Va bene, grazie ».
Poi il ragazzo riprese a parlare, osservando Alphard con attenzione.
« Tu sei il fratello di Walburga Black, dico bene? »
« Sì, mi chiamo Alphard ».
« Lestrange » si presentò il ragazzo. « Mi sembrava di averti visto a qualche matrimonio, anni fa. E tu? » aggiunse, rivolgendosi all'altro.
« Perseus ».
Perseus aveva parlato per la prima volta, nonostante avesse la bocca piena di stufato che lo fece bofonchiare.
« Loro sono alcuni miei compagni del secondo anno » continuò quello, indicando alcuni coetanei intorno a lui. « Nott, Avery e Dolohov ». I tre Serpeverde fecero loro un cenno di saluto. Poi Lestrange aggiunse: « Lui invece è Tom Riddle. Sa molte più cose di chiunque altro su Hogwarts ».
Se Regulus non avesse colto le stesse espressioni di sorpresa mista a orrore nei volti degli altri tre, avrebbe creduto di aver sentito male.
Tom Riddle aveva i capelli neri e gli occhi altrettanto scuri. Anche se si stava appena avviando ad entrare nell'adolescenza, sembrava molto diverso dai suoi coetanei, soprattutto nel modo di comportarsi: trasudava fascino e carisma. Era impossibile riconoscere nei tratti di quel volto estremamente bello e giovanile le fattezze di Lord Voldemort, i suoi occhi rossi, la palle pallida e bianca come latte...
« Come ha fatto a ridursi in quel modo? » chiese Rachel, impressionata.
« Deve essere un effetto degli Horcrux » rispose Regulus. « Almeno credo. Nessuno ne ha mai creato più di uno, e in questi casi i cambiamenti non erano troppo evidenti. Ma lui è andato molto oltre... »
Tutti e quattro rabbrividirono.
Riddle aveva appena alzato lo sguardo su Alphard e Perseus, e parlò con un tono estremamente cordiale.
« Quello che scoprirete di Hogwarts è che nessuno ne saprà mai abbastanza. Vedrete che vi piacerà stare qui » disse, con un tono quasi misterioso. Stava fissando qualcosa d'indefinito, ma i due ragazzini non osarono interrompere il suo silenzio.
Improvvisamente Regulus capì qualcosa che non aveva mai compreso prima: Riddle era stato capace di ammaliare chiunque e di costringerlo a seguire il suo volere non solo ora che era adulto, ma fin da ragazzo. Ecco perché aveva sempre avuto ascendente sia sugli altri studenti che sui professori.
Il ricordo successivo era ambientato in biblioteca. Al posto di Madama Pince c'era un anziano mago ingobbito e dalla miopia accentuata, che tuttavia sorrideva benevolo a tutti gli studenti che entravano. Alphard e Perseus non erano molto più grandi che nel ricordo precedente: dovevano frequentare al massimo il loro secondo anno. Si erano seduti ad uno dei tavoli più vicini all'entrata, sotto la finestra, e stavano tirando fuori dalle borse penne, inchiostri e pergamene.
« Non ho voglia di fare il tema di Incantesimi » borbottò Perseus, sbuffando e appoggiando la fronte sul tavolo di legno, con aria annoiata.
« Coraggio, prima iniziamo e prima finiamo » lo incitò Alphard, allegro.
« Se lo dici tu... »
Ma un attimo dopo Alphard prese a fissare qualcosa alle spalle dell'amico. I quattro ragazzi seguirono il suo sguardo, e videro Riddle. Portava in braccio un paio di grossi volumi e stava parlando col bibliotecario.
« Vorrei prendere in prestito questi libri » disse, col quel suo tono affabile che, tuttavia, a Regulus dava i brividi.
Il bibliotecario diede un'occhiata ai volumi.
« Antichi Incantesimi e Sortilegi Dimenticati, Guida alla Stregoneria Medioevale, Siti Storici della Stregoneria... Complimenti, Tom, sei un ragazzo che ama leggere. Anche io sono sempre stato appassionato alla lettura, fin da quando ero un bambino. Ricordo ancora quando, nel lontano 1890... »
Riddle non sembrava affatto infastidito dallo slancio nostalgico del vecchio bibliotecario. Al contrario, lo ascoltava pazientemente, per compiacerlo. Un altro motivo per essere ammirato da tutti gli insegnanti.
« E poi mi serve anche questo » aggiunse il ragazzo, porgendogli un biglietto.
« Ah... Nobiltà di Natura: Genealogia Magica? Questo è stato spostato nel Reparto Proibito. Il professor Silente ritiene che abbia dei contenuti intolleranti » disse il bibliotecario, leggendo a fatica il biglietto.
« Per quello naturalmente ho il permesso firmato dal professor Lumacorno » rispose Riddle, pronto. « È lì sul biglietto ».
« Oh bè, se è così... aspettami qui, vado a prendertelo ».
« A me non hanno mai dato il permesso di prendere un libro dal Reparto Proibito » soffiò Alphard, indispettito. « Una volta ho provato a chiedere alla Gaiamens se mi firmava la richiesta di un libro e lei ha rifiutato. Non è giusto ».
« Ma tu non sei il cocco degli insegnanti » gli rispose Perseus. « E hai la faccia da schiaffi, quindi non ispiri fiducia ».
« Non è vero! »
I due ragazzini ridacchiarono, mentre anche questo ricordo iniziava a sparire rapidamente.
« Va bene, da questo ricordo sappiamo che gli interessavano oggetti e incantesimi antichi, e questo è utile. Ma il libro del Reparto Proibito a cosa gli serviva? » chiese Sirius.
« Forse stava ancora cercando di scoprire le sue origini » rispose Regulus. « Quel volume lo conosco bene, lo avevamo a Grimmauld Place: elenca tutte le grandi famiglie magiche Purosangue, e di sicuro non nomina i Riddle ».
Regulus non poté fare a meno di dirlo con una certa soddisfazione. Sirius lo notò e alzò gli occhi al cielo.
Adesso si trovavano nell'ufficio di Lumacorno. L'occasione era ben conosciuta da tutti e quattro. Gli studenti membri del Lumaclub si aggiravano intorno al tavolo del buffet, mentre l'insegnante presentava loro alcuni dei suoi contatti importanti.
In quel ricordo Perseus non era presente. Alphard, che ora doveva avere all'incirca quattordici anni, sembrava piuttosto annoiato. Stava bevendo della Burrobirra insieme ad un paio di ragazzi e ragazze di altre Case, ed era distanziato dal resto della famiglia tra cui, notò Regulus con una certa ansia mista a malinconia, c'era anche Orion. Avrebbe voluto scoprire come fosse suo padre a dodici anni, ma evidentemente non era quello il ricordo adatto. Infatti fu lo zio Cygnus ad avvicinarsi al fratello maggiore.
« Alphard, Lumacorno mi ha chiesto di chiamarti. Credo che voglia presentarti una persona » chiese con voce atona.
Alphard annuì, sorseggiando la propria Burrobirra con poco entusiasmo.
Attese che Cygnus se ne fosse andato per guardarsi intorno con prudenza, salutare gli altri e defilarsi dalla porta secondaria. I quattro ragazzi lo seguirono fuori dall'ufficio.
Il corridoio era illuminato da poche torce che lo lasciavano nella penombra. Alphard incrociò un ragazzo che stava rientrando alla festa del Lumaclub. Aveva capelli scuri e ordinati, e un aspetto vagamente familiare, ma Regulus non riusciva a ricordare a chi somigliasse. Dal momento che nessuno dei due intendeva spostarsi per cedere il passo all'altro, si urtarono, ed era evidente che lo avessero fatto apposta. Si ignorarono, ma l'antipatia tra di loro si percepì con chiarezza.
« Chi era? » chiese Sirius.
Nessuno gli seppe rispondere.
Alphard intanto si stava dirigendo verso il bagno. Lo seguirono attraverso il corridoio e poi, non appena lui svoltò l'angolo, sentirono delle voci che li indussero a guardare alle proprie spalle.
Tom Riddle non era alla festa. Forse anche lui si era stancato di parteciparvi, per quanto potesse sembrare strano. Era in piedi nel bel mezzo di un corridoio laterale e stava parlando con un ometto molto basso. Regulus riconobbe il professor Vitious, anche se era molto più giovane di come lo aveva conosciuto.
« Il Direttore di Corvonero » notò James ad alta voce, sottolineando il nome della Casa.
Alphard non aveva fatto molto caso alla scena, ed infatti entrò nel bagno un attimo dopo, ma i quattro ragazzi si lanciarono un'occhiata consapevole. Riddle aveva già quindici anni e, secondo Silente, aveva assassinato suo padre e i suoi nonni a sedici. Non era tanto improbabile che stesse già cercando gli oggetti preziosi con cui in seguito avrebbe creato i propri Horcrux.
Purtroppo non poterono udire ciò che Voldemort e Vitious stavano dicendo: il ricordo si era concluso.
Quelli successivi furono molto più rapidi e confusi. Alcuni non sembravano avere un significato nascosto: forse Alphard aveva lasciato loro non solo tutti quelli che riteneva utili alla ricerca degli Horcrux, ma anche altri in cui Riddle appariva in maniera furtiva e silenziosa. Lo videro restare in biblioteca fino a tarda notte, l'osservarono quando Lumacorno lo presentò al Ministro della Magia dell'epoca, ad una delle cene del Lumaclub, e notarono che era circondato spesso da un gruppo sempre fisso di futuri seguaci: Nott, Mulciber, Avery, Dolohov, Lestrange e un altro ragazzo che Regulus e Sirius riconobbero come Abraxas Malfoy.
In un ricordo visto attraverso gli occhi di Perseus, la squadra di Serpeverde stava per venire alle mani con quella di Grifondoro nel bel mezzo del campo di Quidditch, e Riddle, in quanto Prefetto, era intervenuto per sedare la rissa sul nascere.
Gli era bastata un'unica occhiata per calmare i suoi compagni di Casa. Era sempre molto attento a mantenere il suo ruolo di studente modello, ma gli altri studenti lo rispettavano e lo temevano lo stesso. Alcuni erano addirittura spaventati.
Rimase solo una giovanissima e combattiva Minerva McGranitt, che continuò a tenere l'indice puntato minacciosamente contro Perseus, accusandolo di aver subito un fallo da parte sua.
« Non l'ho fatto apposta » protestava lui, ma sembrava poco convinto.
« Ora capisco perché la McGranitt non me ne lasciava passare una, quando giocavo con troppo... entusiasmo » commentò Rachel, affranta.
« Ringrazia che è sempre stata un'insegnante corretta, anche con voi Serpeverde » le disse Sirius, divertito.
Si ritrovarono nella sala comune di Serpeverde. Il sole era già tramontato dietro le montagne che circondavano Hogwarts quando Alphard chiuse con un colpo secco il manuale di Astronomia, concludendo quella lunga giornata di studio con un enorme sbadiglio.
« Sono talmente affamato che potrei divorare un Ippogrifo in un solo boccone » disse poi, rivolgendosi al ragazzo seduto di fronte a lui.
Perseus chiuse a sua volta il proprio libro, lanciando un’occhiata all’orario.
« Ti credo, è già ora di cena » disse.
« Oh, allora che stiamo a fare ancora qui? » disse Alphard, alzandosi e incamminandosi verso l’uscita della sala comune di Serpeverde. Perseus lo seguì.
Regulus e gli altri li seguirono. I due stavano percorrendo il corridoio principale dei sotterranei, lamentandosi dei G.U.F.O. che si stavano svolgendo proprio in quei giorni, quando all’improvviso Alphard si fermò, rivolgendo uno sguardo allertato alle proprie spalle.
« Che c’è? » domandò Perseus, corrugando la fronte.
Alphard sul momento parve preoccupato, ma subito dopo il suo viso si rilassò in un’espressione beffarda.
« Ti ho beccato, Crouch » disse.
Un Corvonero piuttosto irritato lasciò il proprio nascondiglio, cercando di assumere l’atteggiamento di chi è capitato lì per caso. E Regulus lo riconobbe: era lo stesso ragazzo che Alphard aveva urtato apposta nel ricordo della festa del Lumaclub.
« Ci stavi spiando? » sbottò Perseus.
« Non stavo spiando voi… sto semplicemente conducendo delle ricerche per conto mio » ribatté Barty.
« Ma dai, sono settimane che sorvegli tutti i Serpeverde della scuola. Sei davvero convinto di trovare questo fantomatico Erede di cui tutti parlano? » lo sbeffeggiò Alphard.
« Ma certo, così l’anno prossimo avrà la spilla da Caposcuola assicurata » confermò Perseus, mentre Crouch li superava, ignorandoli con aria di superiorità.
I due rimasero fermi finché non lo videro sparire.
« Arrivista. Sarebbe capace di mandare un innocente ad Azkaban » commentò Perseus.
« Ignoralo » fece Alphard mentre ricominciavano a camminare, continuando a parlare male di Crouch.
« Chi è questo Erede? » chiese James, perplesso.
« L'Erede di Serpeverde. Quello che aprì la Camera dei Segreti... o almeno era quello che pensavano in quegli anni. Probabilmente la Camera neanche esiste ».
Regulus tacque e aggrottò la fronte, pensieroso. Alphard gliene aveva parlato, una volta. Quando suo zio frequentava il quinto anno, si erano verificati alcuni attentati ai danni dei Nati Babbani, e molti avevano pensato alla leggenda della camera di Salazar Serpeverde. La conosceva bene, perché lui stesso aveva usato quella leggenda per spaventare i Nati Babbani. L'unica cosa di cui era certo era che era finito tutto in modo poco chiaro.
Ma ora che ci pensava... Voldemort era l'unico discendente di Salazar Serpeverde, da parte di sua madre. E se la leggenda fosse stata vera?
Non riuscì a rispondere a quella domanda, perché in quel momento Alphard e Perseus misero piede nella sala d’ingresso.
Qui furono letteralmente travolti da una studentessa dei primi anni, la quale cadde per terra a causa del colpo. Poco più in là, un gruppetto di ragazzine ridacchiava all’indirizzo della loro coetanea.
« Ehi, dovresti stare più attenta a dove vai » le suggerì Alphard.
Quella però non gli diede retta. Con loro grande stupore, i due si accorsero che stava piangendo. Portava un paio di occhiali con lenti molto spesse, tipica motivazione che avrebbe spinto quelle ragazzine a prenderla in giro.
Prima di potersi assicurare che non si fosse fatta male, la Corvonero con gli occhiali era già tornata in piedi e stava correndo via, in direzione delle scale.
« Aspetta, non puoi andare in giro da sola, Dippet l'ha sconsigliato » provò a richiamarla Alphard. Sembrava indeciso se seguirla o meno ma, prima che potesse decidersi, era già scomparsa.
« Andiamo, Olive » disse una del gruppetto, impaurita dall’occhiataccia che Perseus aveva rifilato a tutte loro. Quelle entrarono nella Sala Grande.
I due ragazzi esitarono ancora un secondo, lanciando un’occhiata alle scale, ma infine la fame dovette avere il sopravvento.
Non appena fecero il loro ingresso nella Sala Grande, Regulus notò che l’atmosfera festosa alla quale erano abituati era sparita. Hogwarts era cupa e tetra, non sembrava neanche più la stessa.
La sala era silenziosa, eccezion fatta per gli studenti riuniti intorno al tavolo di Serpeverde; erano gli unici che chiacchieravano allegramente, come se nulla fosse, mentre quelli delle altre tre Case li fissavano con fastidio e astio. Dal tavolo di Grifondoro, la Caposcuola McGranitt stava piegando un cucchiaino per la rabbia e sembrava intenzionata a riservare ai Serpeverde lo stesso trattamento.
Alphard era arrossito per la vergogna, e Perseus pure: il comportamento dei loro compagni di Casa li imbarazzava.
« Ti prego, coprimi! » sussurrò il primo, cercando di mimetizzarsi dietro la corporatura più robusta dell’amico.
« Ma che stai…? » fece quello, mentre si dirigeva al tavolo.
« Alphard! Siamo qui ».
Suo fratello Cygnus lo aveva notato, e adesso lo stava chiamando. Alphard sbuffò.
« Meglio se vado ».
« Buona fortuna » rispose Perseus, sedendosi a debita distanza dai Black. Alphard invece andò a prendere posto accanto al resto della famiglia.
« Ti eri perso? » domandò Cygnus, guardandolo con curiosità.
« Stavo studiando » bofonchiò lui mentre si serviva l’arrosto, assicurandosi di non incrociare gli sguardi degli altri Black. Per sua fortuna erano tutti troppo esaltati per fare caso al suo muso lungo.
Nei minuti successivi anche Regulus si sentì molto in imbarazzo.
« Siamo già a tre Sanguesporco pietrificati! Di questo passo, se ne andranno tutti » stava dicendo Orion.
« Sarebbe ora. Non ne posso più di trattenere il respiro ogni volta che me ne ritrovo uno accanto. Stanno infestando Hogwarts » commentò Walburga a voce abbastanza alta, tanto che alcuni studenti del tavolo più vicino si voltarono, guardandola con rabbia.
Regulus ignorò lo sguardo gelido di Sirius, ma si sentì avvampare ugualmente. Alphard invece colpì il piatto con la forchetta, nel vano tentativo di coprire le parole della sorella.
Cygnus e Orion risposero con un ghigno divertito.
Tanto per trovare una distrazione, Regulus alzò lo sguardo verso il tavolo degli insegnanti: il Preside Dippet era immerso in una fitta conversazione con il professor Silente, ed entrambi sembravano molto preoccupati.
« È un peccato però » disse Cygnus. « Ho sentito che verranno usate le Mandragole per liberare i Sanguesporco pietrificati... »
« Potremmo distruggere le scorte di Mandragole » suggerì Orion sottovoce.
« Oh, Salazar, ma ti senti quando parli? » sbottò Walburga, improvvisamente irritata. Sembrava avercela con lui per quella proposta infantile, ma Orion non dava segno di conoscerne il motivo. « Se ci scoprissero, forniremmo una scusa a tutti quei Babbanofili per dare la colpa a noi. Lasciate fare all'Erede, chiunque egli sia ».
« Oh, giusto » stava dicendo Cygnus. « Ma così tornerà tutto come prima, e i Sanguesporco resteranno a Hogwarts ».
« Ma insomma, volete proprio che ci scappi il morto? »
Alphard non era riuscito a trattenersi. Aveva mormorato quella frase con rabbia, scagliando la forchetta sul piatto. Quattro paia di occhi presero a fissarlo. Lucretia gli lanciò un'occhiata di ammonimento, ma lui era troppo arrabbiato per ascoltarla.
« Hai qualche problema? » chiese Cygnus.
« Lascialo stare, è sotto stress per i G.U.F.O. » disse Walburga, disinteressata.
Alphard le lanciò un'occhiataccia. Per un attimo sembrò intenzionato a rispondere per le rime e dire ciò che pensava, ma alla fine si limitò ad alzarsi bofonchiando:
« Non ho fame. Me ne torno in sala comune ».
Perseus, che lo aveva osservato, quando lo vide lasciare il tavolo di Serpeverde per dirigersi fuori dalla Sala Grande si alzò a sua volta e lo seguì.
« Cos'è successo? » gli chiese, dopo averlo raggiunto nella sala d'ingresso.
Alphard non rispose. Sbuffò e alzò le spalle. Perseus comunque sembrava aver capito.
« Ma dove vai? » gli chiese, quando l'altro iniziò a salire la scalinata principale.
« Non lo so. Ho bisogno di scaricare i nervi, e visto che non ci permettono di uscire da soli per giocare a Quidditch, posso soltanto farmi una passeggiata nel castello ».
« Perché non li mandi al diavolo e basta? »
« La fai facile, tu » bofonchiò lui, testardo.
Perseus sbuffò a sua volta, ma non disse nulla e lo seguì in silenzio.
Regulus si sforzò di ignorare il proprio disagio. Non aveva motivo di sentirsi in colpa per quello che i suoi genitori avevano detto. Anche lui sarebbe stato d'accordo con loro soltanto uno o due anni prima. Era molto più semplice sperare che i Nati Babbani morissero, ma mettere in pratica quelle convinzioni era una cosa completamente diversa. Orion e Walburga avevano mantenuto le loro idee perché non si erano mai scontrati con la dura realtà come era successo a lui. Non sapeva nemmeno perché stesse cercando di giustificarli a se stesso, ma metterli in discussione lo faceva solo stare peggio.
Cercò lo sguardo di Rachel, forse nella speranza che lei riuscisse in qualche modo a farlo sentire meglio. Lei se ne accorse e gli posò una mano sulla spalla.
Stavano percorrendo un corridoio del secondo piano, quando all'improvviso delle voci attirarono la loro attenzione. Se fosse stato un periodo normale non vi avrebbero fatto caso, ma quando si resero conto che qualcuno stava piangendo disperatamente, Alphard e Perseus si guardarono con timore. Forse qualcun altro era stato pietrificato...
« Viene dal bagno delle ragazze » disse Perseus, indicando una porta socchiusa alla loro destra.
« Andiamo a vedere » rispose l'altro, serrando la mascella.
Con cautela, aprì la porta del bagno, vi si affacciò per vedere cosa stesse succedendo... e divenne bianco come un cencio.
« Che succede? » domandò Perseus, preoccupato. Scrollò l'amico, ma quello non accennò a muoversi. Sembrava che fosse stato pietrificato anche lui.
Perseus gli diede una spallata ed entrò nel bagno, rimanendo a sua volta paralizzato, il cuore in gola di fronte alla scena che gli si presentava davanti.
Anche Regulus e gli altri trattennero il respiro quando videro cos'era successo.
La ragazzina piangente di Corvonero che aveva urtato Perseus poco prima che entrasse in Sala Grande ora giaceva a terra in una posizione innaturale, il volto cereo e un'espressione di sgomento dipinta negli occhi sgranati.
Sopra di lei, c'erano due fantasmi. Uno era lo spettro della Dama Grigia. Il secondo era quello della stessa ragazzina. Era lei che piangeva, mentre fissava con orrore il proprio corpo vuoto riverso a terra.
« Non serve a nulla piangere » stava dicendo la Dama con pazienza ma anche un po' di fredda amarezza. « Dovrai abituarti presto a quello che ti è successo, come tutti noi... »
« Oh cielo... » fece Rachel, colta da un pensiero improvviso. « È Mirtilla Malcontenta! Prima non l'avevo riconosciuta... »
Regulus non aveva idea di chi fosse Mirtilla Malcontenta né di come Rachel la conoscesse, ma non ebbe il tempo di chiederlo.
Il fantasma della ragazzina scoppiò in un pianto ancora più disperato. La donna a quel punto si voltò, esasperata, e vide i due Serpeverde sulla soglia del bagno.
« Andate a chiamare qualcuno » disse. « Anche se questa volta non c'è nulla da fare ».
Perseus e Alphard sembravano ancora troppo sotto shock per avere una qualche reazione. Obbedirono subito, correndo fuori dal bagno delle ragazze, incapaci di farsi una ragione di quanto era appena accaduto.
Per i corridoi non c'era nessuno. Stavano quasi per scendere in Sala Grande quando, voltando un angolo, si imbatterono in un Prefetto.
« Riddle! » esclamò Alphard, senza fiato. Regulus era stato proprio sul punto di domandarsi dove fosse finito, dal momento che in Sala Grande non lo aveva visto.
« Che succede? » rispose il ragazzo, scrutandoli attentamente.
« C'è stata un'altra aggressione... Ma stavolta una ragazza è... »
Perseus non riusciva a concludere, ma aveva detto quanto bastava. Riddle assunse un'espressione molto grave.
« Portatemi da lei ».
Quando lo fecero entrare nel bagno, Riddle lanciò uno sguardo al cadavere, poi al fantasma della vittima, con un atteggiamento apparentemente impassibile.
« Lady Helena, avete visto qualcosa? »
A tutti loro parve strano che le si rivolgesse in quel modo. Di solito la Dama Grigia non parlava con nessuno, e nessuno si era mai permesso quella confidenza nei suoi confronti. Invece lei e Tom Riddle sembravano conoscersi, e anche abbastanza bene.
La donna scosse il capo.
« No, Tom, mi dispiace. L'ho sentita piangere e sono venuta a controllare. Ma era già morta quando l'ho trovata ».
« Forse però lei ha visto chi è stato. L'hai visto? » chiese Perseus, rivolgendosi alla ragazzina.
Quella scoppiò a ululare ancora più forte.
« Non mi sembra nelle condizioni di rispondere, Queen. È appena morta » replicò freddamente Riddle.
Perseus arrossì, imbarazzato per la propria mancanza di tatto.
« Deve essere stato l'Erede però... Dobbiamo avvertire il Preside » disse Alphard.
« No, Black, non farlo. Anzi, consiglio a entrambi di tornare in sala comune e fingere di non sapere nulla di questa storia ».
I due si voltarono a guardare Riddle con sgomento.
« E perché? »
« Tu sei un Black. Se andassi a raccontare di aver trovato la ragazza morta, ti accuserebbero sicuramente di averla uccisa. Non sanno dove sbattere la testa, e non vedono l'ora di trovare un capro espiatorio, e tu saresti il primo della lista. Quanto a te, Queen, penserebbero che tu sia un suo complice. Perciò, fate come vi dico. Dirò di essere stato io a trovarla, e la Dama non mi contraddirà... »
La Dama Grigia annuì, lanciandogli un'occhiata d'intesa. I due sembravano più che semplici conoscenti. Forse erano addirittura amici, pensò Regulus.
Alphard stava esitando.
« Sei sicuro? »
« Sì. È meglio così. Di me si fidano ».
« D'accordo... »
Perseus e Alphard esitarono ancora alcuni istanti, fissando con orrore e compassione il fantasma piangente, che ora si era andato a nascondere dentro un cubicolo, dal quale provenivano singhiozzi continui. Poi si riscossero e fecero per uscire.
Prima di andarsene, Alphard si voltò, lanciando un'ultima occhiata al Prefetto.
« Bè... ti ringrazio, Riddle » disse.
Il volto di Tom Riddle per un solo momento parve quasi sorridere e nei suoi occhi scuri apparve qualcosa come un lampo di trionfo, e una sfumatura rossastra li illuminò per un istante. Ma poi sparì immediatamente.
« Non c'è di che, Black ».
Il suo tono fece rabbrividire Regulus. Aveva la netta sensazione che Riddle non volesse far sapere di essere stato visto nei dintorni del bagno dove Mirtilla era morta. E quando, alcuni istanti dopo, si ritrovarono fuori dal Pensatoio, nella cucina di casa Puddle, intuì che anche gli altri tre stavano pensando la stessa identica cosa.
« Alphard non poteva sapere tutto quel che sappiamo noi » disse James, dopo alcuni minuti in cui nessuno disse nulla, tutti intenti a tirare le somme da ciò che avevano visto. « Che Voldemort sia sempre stato molto legato a Hogwarts e apprezzato dai professori lo sapevamo già, ma qualcosa di nuovo l'abbiamo scoperto ».
Gli altri tre annuirono.
« Dovremmo controllare quei libri che Riddle aveva preso in prestito in biblioteca. E dovremmo anche dire a Silente di fare qualche domanda alla Dama Grigia » disse Rachel alla fine. « Non credo che Voldemort sia diventato suo amico per nulla. È il fantasma di Corvonero, e in qualche modo deve essere collegata al quinto Horcrux ».
Regulus, Sirius e James annuirono.






E così sono sulle tracce del quinto Horcrux. Ora non sarà difficile scoprire che si tratta del Diadema, il problema sarà trovarlo...
Devo dire che mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo, soprattutto dopo aver dato un'occhiata alle date e aver scoperto che ai tempi di Tom Riddle tantissimi personaggi frequentavano Hogwarts nello stesso periodo. I Black adolescenti naturalmente sono stati quelli che ho preferito scrivere e sui quali mi sarei voluta dilungare ancora di più, ma anche la McGranitt non scherzava! XD
Questo è l'ultimo capitolo che pubblico in fretta e furia: se tutto va bene, dalla prossima settimana sarò libera e potrò rispondere a tutti i commenti arretrati. Abbiate pazienza ^^
Ah, un'ultima cosa! Il prossimo capitolo sarà pubblicato come da copione il 21 giugno. Per questa estate ho deciso di non fare una pausa, anche perché non dovrei averne bisogno. Però non pubblicherò nemmeno ogni due settimane come faccio ora, forse una volta al mese, così mi resta un margine da settembre in poi... vi farò sapere meglio la prossima volta.
Buon inizio di vacanze/sessione di esami/maturità a tutti!
Julia :)

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Capitolo 47
*** Verso un nuovo anno ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 47
Verso un nuovo anno

Se durante tutto l'anno alla Tana regnava il caos, la sera della Vigilia diventava qualcosa di molto simile ad un campo di battaglia. Bill l'anno seguente sarebbe andato a Hogwarts, e per questo motivo vagava per la casa con un bastoncino in mano, fingendo che fosse una bacchetta magica, e affrontava suo fratello Charlie, di due anni più piccolo, in un duello all'ultimo sangue. I tre fratelli minori, Percy e i gemelli, giocavano insieme, anche se riuscivano a rimanere tranquilli solo per cinque minuti. Percy, che nonostante i suoi soli quattro anni aveva già la stoffa del leader, di solito faceva il capo, ma Fred e George non sembravano mai molto d'accordo. Quella sera stavano giocando ai pirati. Percy era il capitano e continuava a dare ordini ai due fratellini. Alla fine Fred e George si ammutinarono, e Percy rimase in un angolino a piangere e a bofonchiare tra sé:
« Non potete farlo. Non seguite le regole del gioco! »
Quanto a Molly, era sull'orlo di una crisi di nervi. Gideon poteva quasi vedere del fumo uscire dalle sue narici e dalle orecchie mentre sua sorella si affaccendava in cucina, cercando di cucinare, finire le ultime pulizie e tenere a bada Ron che, costretto a sedere sul seggiolone, cercava disperatamente di liberarsi, attirato dalle grida entusiastiche dei suoi fratelli.
Gideon si era offerto di aiutare Molly a preparare la tavola, ma questo non era bastato a migliorarle l'umore.
« Possibile che ogni anno invitiamo sempre più gente? » stava sbraitando lei, mentre metteva a bollire il paiolo sul fuoco. « Quella tua amica viene o no? »
« Non lo so, Molly. Ha detto che ci provava, ma si diverte a tenermi sulle spine fino all'ultimo, che vuoi farci? » rispose lui, alzando le spalle.
Non era proprio la risposta che lei voleva, ma era troppo stressata per permettersi il lusso di arrabbiarsi con l'unico che la stava aiutando.
« Dove diavolo è Arthur?! » strillò, tirando fuori delle bistecche da fare alla brace.
« Credo che sia con Fabian nel magazzino. Gli sta facendo vedere tutti gli oggetti babbani che ha trovato ultimamente ».
Molly imprecò. Gideon decise di lasciarla stare, altrimenti se la sarebbe presa con lui. Vide Ron mentre tentava di sgusciare fuori dal seggiolone. Non aveva neanche un anno ma cresceva più in altezza che di peso, e sfilarsi da quella costrizione non doveva essere poi tanto complicato per lui.
« Sta' buono » gli disse Gideon, accarezzandogli la testa piena di capelli rossi e spettinati. « Tua madre sta per avere una crisi isterica e spero che tu abbia la possibilità di non vederla mai infuriata, non quando sei ancora così giovane, almeno ».
« Gideon, hanno suonato alla porta! Vai ad aprire e poi porta qui Arthur e quello scansafatiche di tuo fratello » fece lei. « Se è già arrivata Muriel giuro che mollo tutto e me ne scappo via ».
Gideon ridacchiò, poi uscì dalla cucina. Percy doveva aver deciso di riprendere il controllo della sua nave pirata, quindi fu costretto a schivare lui e i gemelli che si affrontavano a colpi di cuscini, presi dal divano. Iniziava già a volare qualche piuma, e Gideon non osò immaginare come avrebbe reagito Molly.
« Chi è? » chiese a voce alta, nel tentativo di sovrastare le urla che provenivano dal salotto.
« Aprimi, scemo » rispose qualcuno da dietro la porta.
Gideon non ebbe bisogno di fare alcuna domanda. Quando aprì, le rivolse un gran sorriso, scoprendosi estremamente agitato.
« Allora hai deciso di rinunciare al tuo triste Natale solitario? » le disse.
Dorcas entrò in casa, dopo aver asciugato le suole degli stivali pieni di neve sullo zerbino di fuori.
« Non proprio » rispose lei. « Non volevo neanche venire, a dire il vero. Ma Rachel ed Emmeline mi hanno consigliato di accettare. E con consigliato, intendo che mi stavano quasi per scagliare una Imperius. Sono così testarde... »
« Non sono le uniche » rispose lui, pensando che fosse proprio Dorcas ad avere la testa più dura di tutti. « Perché non volevi venire? »
« Per non darti la possibilità di gongolare. Ma non cantare vittoria troppo presto. Sono venuta soprattutto perché ho qualcosa di importante da dirti ».
« Cosa? »
« Non ora. Ne parliamo più tardi » rispose Dorcas, seria. « Tua sorella dov'è? »
« In cucina, sempre se non ha iniziato a sputare fiamme ».
« Andrò ad aiutarla ».
Gideon la guardò dirigersi verso la cucina, e non riuscì a trattenersi.
« Dorcas? » la chiamò.
« Che c'è? »
« Con quel vestito sei uno schianto ».
La vide alzare gli occhi al cielo, esasperata. Ma prima che sparisse oltre la soglia, fu sicuro di aver visto l'ombra di un sorriso sul suo volto.
Piuttosto di buon umore, uscì dalla porta d'ingresso e si diresse verso il magazzino, andando a chiamare Fabian e Arthur.
Erano entrambi affaccendati nel tentativo di capire come funzionava una sorta di bulbo di vetro che i Babbani usavano per illuminare le stanze al posto della candele e delle torce.
« Non capisco proprio » disse Fabian. « Dici che dovremmo attaccarla da qualche parte? »
Arthur si stava grattando il mento, perplesso.
« Non saprei. So solo che i Babbani fanno scorrere l'ecletticità nei muri, quindi... »
Accostò il bulbo al muro, ma non accadde nulla.
« Scusate se interrompo i vostri esperimenti, ma Molly si sta leggermente innervosendo » intervenne Gideon.
« Ops... va bene, arrivo subito » fece Arthur, riponendo l'oggetto babbano in fretta e furia.
Lui e Fabian lo seguirono di fuori.
« È arrivata Dorcas? » chiese quest'ultimo.
Gideon lo guardò, perplesso.
« Come lo sai? »
« Si vede da come cammini quasi saltellando e dal sorriso idiota che hai stampato sulla faccia. Davvero credi che nessuno lo noti? » scherzò Fabian.
Gideon si sforzò di restare serio, e di camminare normalmente.
« Non mi rivolgere la parola » disse, fingendosi offeso. Poi li superò, entrando in casa con il naso all'insù.
« Zio Fabian, zio Fabian! » strillarono Fred e George, correndo e travolgendo suo fratello. « Ci aiuti a sconfiggere il pirata Percy Zuccavuota? »
« Mi chiamo Percival Testarossa, non Zuccavuota! » protestò il bambino, indignato. « E la nave è mia! »
« Non puoi chiamare una nave Ministero: è un nome stupido ».
« Non è stupido! Significa che sarò il capitano della nave e Ministro della Magia » replicò Percy.
Gideon ridacchiò, lasciando Fabian a cercare di mettere pace fra i tre piccoli Weasley.
Un'ora dopo, invitati e padroni di casa erano finalmente seduti a tavola. Percy continuava a guardare in cagnesco Fred e George, che gli facevano le linguacce ogni volta che loro madre non li stava guardando.
Muriel era arrivata solo da dieci minuti e aveva già criticato tutti quanti.
« Gid, una gazza ladra ti ha rubato il rasoio? Sei così sciatto con quella barba » gli stava dicendo.
« Si chiama pizzetto, zia » replicò lui, esasperato. « E non sono per niente sciatto. Forse mi hai scambiato per Fabian ».
« Bè, tuo fratello sembra sempre pronto per andare a dormire sotto un ponte, con quei capelli lunghi » bofonchiò l'anziana donna, lanciando un'occhiata disgustata all'altro nipote. « Possibile che i giovani d'oggi non tengono più alla cura personale? »
« Ci sono cose più importanti, al momento. La guerra, per esempio ».
« Certo, ma io preferirei essere ritrovata in ordine e ben pettinata, nel caso in cui qualcuno mi uccidesse ».
Ipotesi molto probabile, pensò Gideon.
« Zia, perché non assaggi un po' di queste bistecche? Sono ottime » le disse Fabian. Gideon ebbe la netta sensazione che la stesse distraendo apposta per lasciarlo parlare in pace con Dorcas, che era seduta accanto a lui.
« Credi che io sia sciatto? » le chiese.
« Certo che no. Tu sei sempre stato il fratello perfettino » rispose lei. « Ma oggi non sei neanche il massimo dell'eleganza, devo dirtelo. Per esempio, quella benda che tieni sull'occhio che funzione ha? »
Gideon se la tolse.
« Per il bene comune, ho dovuto impossessarmi della nave pirata. Diciamo che mi sono calato molto nel personaggio. Ignora zia Muriel. Mi piacerebbe poter dire che non sta a posto con la testa, ma non è così. È semplicemente odiosa e acida... »
« Io la trovo divertente, ma non hai tutti i torti. Non appena mi ha vista, ha detto che sono troppo alta, e anche troppo giovane per far parte del Wizengamot ».
Gideon sorrise, divertito. Dorcas fece altrettanto. Da quando era riuscita a far catturare e mandare ad Azkaban Travers e tutti gli altri Mangiamorte coinvolti nell'omicidio dei McKinnon sembrava più serena, constatò. Sorrideva più facilmente ed era molto meno acida del solito. Era come se avesse riconquistato il controllo della propria vita. Gideon sapeva che per due anni non si era quasi data pace, al pensiero che gli assassini di Marlene fossero ancora a piede libero. Era diventata molto più cupa e severa di prima. Ora invece gli ricordava la ragazza con cui era stato a Hogwarts, e per la quale non aveva mai smesso di provare qualcosa.
« Allora, cosa volevi dirmi? »
« Non ora, Gideon » gli sussurrò lei, tornando di colpo seria. « Non sono faccende di cui possiamo parlare in pubblico ».
« Inizio davvero a preoccuparmi » scherzò lui, la cui mente era già partita con le fantasticherie.
« Riguarda l'Ordine » si limitò a dire Dorcas, e lui fu costretto a tornare alla dura realtà.
« Oh... »
La loro conversazione fu interrotta da Bilius, uno dei due fratelli di Arthur. La cena della Vigilia non era neanche arrivata al contorno, e lui era già ubriaco di Whisky Incendiario. Si alzò in piedi, tenendo in mano l'ennesimo bicchiere e barcollando vistosamente. Quando parlò, aveva la voce impastata.
« Vorrei fare un brindisi alla nostra famiglia » biascicò, reggendosi in piedi per scommessa. Arthur lo guardava con aria preoccupata. « Che possa diventare sempre più numerosa e rumorosa... » Mandò giù un altro sorso. « E auguri a mio fratello e a Molly che stanno per avere il loro... quint- no... quarto... » Scosse la testa, il volto rosso e l'aria confusa, e concluse: « Vabè, che stanno per avere un altro figlio! »
Trangugiò il resto del Whisky che aveva nel bicchiere e poi si accasciò a terra.
« Non dovreste dargli una mano? » chiese Dorcas, mentre gli altri facevano il brindisi e si congratulavano con Molly e Arthur.
« No, vedrai che tra pochi minuti torna in piedi. Ancora qualche bicchiere e assisterai ad una delle sue solite esibizioni. Bilius è un verso spasso quando è ubriaco » le rispose Gideon, ridacchiando.
« Se lo dici tu... »
Dorcas dovette ricredersi presto. Bilius si riprese in fretta, e poi iniziò a cantare a squarciagola diverse canzoni di Natale, solo in modo molto stonato e sbagliando ripetutamente le parole. I bambini ridevano di cuore, mentre Muriel era disgustata.
« Arthur, tuo fratello è veramente un cafone. Dici che posso picchiarlo con la mia borsetta? » gli chiese.
« Se proprio vuoi » rispose lui, esasperato.
Gideon notò che Dorcas sembrava divertirsi parecchio. Lo capì perché per tutta la durata della cena non gli rivolse nemmeno un'occhiataccia. Quando la cena si fu conclusa, i regali scartati e i bambini costretti ad andare a dormire, quasi tutti uscirono perché Bilius era riuscito, nessuno sapeva come, ad arrampicarsi su una tettoia e continuava a cantare, barcollando con il rischio di cadere di sotto.
Gideon e Dorcas invece erano rimasti in cucina, da soli.
« Adesso me lo dici? » chiese lui.
Lei alzò gli occhi al cielo.
« Ma come sei impaziente ».
« Hai detto che riguarda l'Ordine, quindi deve essere una cosa importante » insisté lui.
Dorcas esitò.
« Veramente ti ho raccontato una balla. Non riguarda l'Ordine » ammise. « Anzi, le cose iniziano ad andare leggermente meglio, non credi? Con tutti quei Mangiamorte catturati, abbiamo inflitto un duro colpo a Voldemort e ai suoi ».
« Lo credo anche io, ma non canterei vittoria troppo presto ».
« Nemmeno io. Prima dobbiamo scoprire chi è quella maledetta spia. È colpa sua se, nonostante i recenti successi, stiamo ancora perdendo la guerra. Anzi, Malocchio continua a dire che se non lo smascheriamo presto, saremo tutti perduti ».
Gideon sbuffò.
« Lo sai che Malocchio è sempre pessimista. Non è detto che moriremo tutti, anzi, presto potremo avere nuovi membri. Hai presente quel mio collega di lavoro, Jones? Sua figlia Hestia frequenta Hogwarts ed è sempre più decisa a combattere, una volta conclusa la scuola. E ha anche detto che conosce un paio di persone che la pensano come lei ».
« Ah bè, allora siamo a posto. Stavamo proprio aspettando un paio di diciottenni per risollevare le sorti della guerra » commentò Dorcas, sarcastica. Ma poi sorrise. « Io comunque mi sento più ottimista del solito, anche se può sembrare strano ».
Gideon aveva la netta sensazione che Dorcas stesse girando intorno al discorso che aveva davvero intenzione di fare. Così decise di andare al punto, soppesando le parole, perché sapeva che Dorcas era sempre stata molto ermetica, e parlare di certe cose non le piaceva, se non era in vena di farlo.
« Sai, lo stavo pensando proprio poco fa. Sei diversa. Mi sembri molto più serena, da quando hai catturato quei Mangiamorte ».
« Non hai torto » disse lei, e Gideon trasse un sospiro di sollievo quando si rese conto di non aver sbagliato a parlare.
« Mi insulti anche di meno » proseguì lui.
Lei ridacchiò. Tuttavia si ostinava a non guardarlo negli occhi. Aveva i pugni serrati e sembrava intenzionata a dire qualcosa di molto imbarazzante.
« Ascolta, è proprio di questo che voglio parlarti. Ma prima devo chiederti di non interrompermi, perché sai quanto mi è difficile dire cose troppo smielate ».
Lui si impose di non sorridere.
« Sarò muto come un pesce » le assicurò, anche se iniziava a sentirsi vagamente nervoso.
« Bene, il punto è questo. Sai bene che ero molto legata a Marlene, e che perderla è stato un duro colpo. Da quel momento mi sono convinta che essere soli è la cosa migliore. Chi è solo e non tiene a nessuno non può essere ricattato, non ha nulla da perdere... »
Gideon era senza fiato. L'amarezza con cui Dorcas aveva parlato lo sconvolse. Desiderava dire qualcosa, ma l'occhiataccia che lei gli rifilò quando lo intuì, lo convinse a desistere.
« Lo so che è una sciocchezza, ma è per questo che continuavo a trattarti male. Tu mi conosci da troppo tempo, come anche Fabian, e insultarvi era un modo per allontanarvi e impedirmi di avere legami. Ma mi sono resa conto che, se volessi essere davvero inattaccabile, non dovrei affezionarmi a nessuno, e non ci riesco. Ho provato a respingerti, anche se sapevo benissimo che provi ancora qualcosa per me... »
Gideon si sentì quasi piegare le ginocchia per la sorpresa e l'imbarazzo.
« Ma chi dici...? » bofonchiò.
Dorcas sembrava annoiata.
« Senti, non abbiamo più sedici anni. Siamo adulti, ormai, e possiamo ammetterlo senza stupidi imbarazzi, anche perché lo sanno tutti. Io piaccio a te come tu piaci a me. Ma nonostante tutto io ho cercato puntualmente di allontanarti, perché non volevo soffrire di nuovo ».
Gideon doveva ancora riprendersi dallo shock causato dalla dichiarazione improvvisa e inaspettata di Dorcas, ma subito dopo iniziò a capire.
« Quindi, anche se eri interessata a me, fingevi di non volermi per paura di soffrire? » le chiese.
Lei chinò la testa, a disagio.
« Non è bello perdere una persona a cui si tiene. Ci sono già passata e non voglio che mi succeda di nuovo. Ma mi rendo conto che, nel caso in cui tu morissi domani » Gideon sorrise con nervosismo, ma mentalmente fece i dovuti scongiuri, « io sarei distrutta lo stesso. Quindi tutto quello che ho fatto finora è inutile. E poi sono stufa di stare da sola ».
Gideon tacque. Non l'aveva mai vista così. Dorcas era una donna forte, in gamba, sembrava non aver paura di nessuno. Avrebbe dovuto capire che nemmeno una come lei poteva essere del tutto immune alla paura, non dopo aver perso tutte le persone a cui teneva. E non gli era mai apparsa così vulnerabile, anche se lei stava cercando di nasconderlo più che poteva.
Cercò di parlare con un tono rassicurante.
« Sono contento che tu l'abbia capito. Ormai sei pazza di me, quindi tanto vale rischiare, no? » disse invece, con un sorriso che lei definiva sempre da schiaffi.
L'espressione di Dorcas infatti era eloquente.
« Ma quanto sei idiota? »
« Va bene, scusa, sono un cretino. È che mi hai colto di sorpresa. Non so nemmeno cosa dire ».
« Infatti non devi dire nulla. Ero io che dovevo spiegarti quello che mi passava per la testa ».
Lui annuì, tornando serio. Adesso più che mai doveva trovare le parole giuste. E le trovò.
« Non posso assicurarti che la guerra abbia smesso di farti soffrire. So soltanto che farò di tutto perché tu sia felice per tutto il tempo che avremo a disposizione, che sia poco o tanto ».
Dorcas fece un passo avanti, fissandolo con quello sguardo fermo che gli faceva sempre temere per la propria incolumità. Ma lei si limitò a sussurrare una minaccia.
« Se muori prima di me, ti faccio tornare in vita solo per poterti uccidere personalmente ».
Gideon scoppiò a ridere. Ma quando si accorse che lei si era avvicinata ancora di più, tacque, teso. Le intenzioni di lei erano più che evidenti. Quella situazione tuttavia risvegliò brutti ricordi in Gideon. Così estrasse la propria bacchetta. Prima che Dorcas potesse capirne il motivo, lui si era fatto apparire una protezione di gommapiuma sul naso.
Lei inarcò un sopracciglio.
« Ora puoi procedere » le disse lui, sorridendole. Sapeva di avere un'aria ridicola, con quel cuscinetto sul naso, ma non aveva intenzione di farselo rompere di nuovo.
« Sei un imbecille » commentò lei.
« Ho solo preso precauzioni. Non voglio che mi sbatti di nuovo la porta o qualsiasi altra cosa in faccia ».
Dorcas sembrò avere l'istinto di mollarlo lì su due piedi, ma non lo fece. Senza sforzarsi di essere delicata, gli strappò via la gommapiuma, gettandola da qualche parte alle sue spalle.
« Ohi! » protestò Gideon, massaggiandosi il setto nasale. « Allora dillo che vuoi picchiarmi ».
Dorcas alzò gli occhi al cielo. Poi lo afferrò per il bavero senza tanti complimenti e lo baciò.
Tutto quel che accadde dopo per Gideon rimase sempre molto confuso. Ricordava vagamente le sagome di due gemelli pestiferi che scappavano via dal loro nascondiglio dietro la porta, ridacchiando e fingendo di vomitare, le urla dei parenti mentre Bilius si tuffava dalla tettoia, atterrando su un pagliaio che Fabian aveva fatto apparire all'ultimo istante. Ma era tutto molto vago e di poco interesse.
L'unica cosa che contava era Dorcas. Aveva finalmente deciso di rischiare, e ora aveva paura di perdere di nuovo tutto. Gideon la strinse più forte, ripromettendosi di non farla soffrire e di continuare a vivere per lei, sperando che la buona volontà fosse sufficiente.

***

Sirius aveva trascorso la notte di Natale a casa dei Potter, insieme a Peter. All'appello mancava soltanto Remus, ma il loro amico era in missione, e nessuno sapeva quando sarebbe tornato.
Per tutta la sera e la durata della cena, Peter aveva detto sì e no un paio di parole. Sirius notò che sembrava piuttosto preoccupato, ma quando gli chiese se gli fosse successo qualcosa, lui negò. Sirius non insisté, ma aveva la netta sensazione che gli avesse mentito. Mentre giocava con Harry, che sembrava divertirsi da matti quando lui si trasformava in Felpato, cercò di non pensarci, ma la sensazione di inquietudine continuò a tormentarlo.
Quando James e Lily li lasciarono soli per mettere Harry nella culla e farlo addormentare, Sirius si avvicinò a Peter, che se ne stava seduto sul divano a rosicchiarsi le unghie.
« Codaliscia, che ti succede? » gli domandò, diretto.
Peter quasi sobbalzò. Poi si guardò intorno, come per assicurarsi che i loro amici non fossero a portata d'orecchio, e tornò a guardarlo.
« Sono preoccupato per Remus » ammise, quasi sottovoce.
Sirius sospirò, mentre si lasciava cadere a peso morto accanto a lui.
« In effetti non lo sentiamo da parecchio. Ma c'è un motivo particolare per cui ti preoccupi? Mi sembri più agitato del solito ».
« È vero. Il fatto è che... ho paura che possa essergli successo qualcosa ».
« Silente lo saprebbe. È ancora vivo, ne sono convinto ».
« Oh, anche io, certo... ma non è questo il punto ».
Sirius gli lanciò un'occhiata interrogativa.
« E allora qual è? » Peter esitava, e lui iniziava a preoccuparsi e spazientirsi. « C'è qualcosa che non so? Peter, dimmelo, lo sai che non mi piace restare sulle spine ».
« Ok, ma promettimi che non lo dirai a James. Lui... ecco, non credo che capirebbe... »
Sirius aggrottò la fronte, perplesso, ma era troppo curioso, così annuì.
Peter prese un gran respiro e poi parlò.
« Che rimanga tra di noi... L'altro giorno ero al quartier generale e mi è capitato di sentire una parte di conversazione tra Malocchio e la McGranitt. Lui diceva che Remus non gli fa più rapporto da molto tempo, il che a suo parere è strano ».
Sirius rimase immobile, soppesando le parole e cercando di mantenere la calma. Ma prima che potesse commentare, Peter lo anticipò.
« Ho paura per lui. E se Greyback lo avesse smascherato? »
Sirius si sentì sprofondare nel terrore. Non poteva essere vero.
« Spero di no... Moody cosa ne pensa? »
Peter scosse la testa.
« Non ha fatto molti commenti... ma quel poco che ha accennato non mi è piaciuto ».
« Cos'ha detto? »
« Ha detto... oh, Merlino, mi sento in colpa solo a ripeterlo! »
Peter era chiaramente sotto shock, e Sirius per un attimo desiderò che non lo dicesse. Ma fu solo un attimo.
« Lascia perdere i sensi di colpa ».
« Va bene... Ha detto che è una strana coincidenza che i Mangiamorte abbiano attaccato casa di Dedalus proprio quando... ecco, quando Remus non c'era... »
Seguì un silenzio di tomba. Sirius poteva sentire i propri battiti aumentare sempre di più il loro ritmo, mentre il respiro gli si mozzava. Si sentiva come se avesse appena ricevuto una martellata sulla testa. Ma si riprese, o almeno si costrinse a farlo.
« Sappiamo tutti che Malocchio è fissato. Non si fida neanche della propria ombra » scherzò, e gli uscì una risata estremamente nervosa.
Peter accennò un sorrisetto altrettanto teso.
« Sì, forse hai ragione ».
Tacquero di nuovo. Sirius era desideroso di dimenticare al più presto quella conversazione.
« E se non avesse tutti i torti? Se Remus fosse stato catturato da Greyback e consegnato ai Mangiamorte? » disse tuttavia Peter, e dal suo tono si capiva quanto si sentisse in colpa, ma anche quanto fosse preoccupato, e Sirius non se la sentì di biasimarlo. « Forse Tu-Sai-Chi l'ha costretto a parlare, anche se Remus magari non voleva farlo ».
« Non può essere vero » disse l'altro, ma il suo tono era poco convinto. « Remus non ci tradirebbe mai, nemmeno se fosse costretto ».
« Lo so! Mi vergogno di quello che ho pensato, ma sono in pensiero per Harry... »
Sirius strinse i pugni.
« Lo siamo tutti, con questa storia della Profezia. Ma non abbiamo motivo per dubitare di uno di noi ».
« Hai ragione, scusa ».
Ma un dubbio terribile si era insinuato dentro la mente di Sirius che, per quanto volesse farlo, non riuscì a mandarlo via.
« Peter? »
« Cosa? »
« Quand'è che abbiamo iniziato a sospettare della presenza di una spia nell'Ordine? » Peter tacque, confuso, così ci pensò lui a rispondere al suo posto. « Quando i lupi mannari hanno anticipato le nostre mosse a Drybrook. Loro conoscevano il nostro piano. È partito tutto da Greyback e il suo branco ».
Lo disse con una voce stentorea, quasi come se non fosse lui a parlare. Si odiava per averlo detto.
Peter assunse un'espressione sconvolta.
« Ma ci ha fatto conoscere Tim. Chi ha qualcosa da nascondere non lo farebbe. E quella notte di luna piena non ci è successo nulla... »
Sembrava che i ruoli che avevano assunto all'inizio si fossero invertiti, ma per Peter non era insolito fare marcia indietro quando si trattava di prendere una posizione drastica. Sirius però non se la sentiva di sottovalutare la cosa. Essere un padrino comportava anche delle responsabilità.
« Poi però non ne ha più parlato... Io non so cosa sia successo, Peter, e non voglio giungere troppo presto a conclusioni sbagliate, ma hai fatto bene a parlare. La cosa più importante è che Harry sia al sicuro da Voldemort ».
« Anche se fosse, sono sicuro che lo avrebbero costretto a parlare. Remus non ci tradirebbe mai di sua spontanea volontà ».
Sirius non rispose. Lily e James erano appena tornati, ignari di quel che stava succedendo.
« Ehi, cosa sono quelle facce? » chiese James, sorridente.
Sirius e Peter si scambiarono un'unica occhiata, ma fu sufficiente.
« Solo stanchezza » risposero all'unisono. Lui li avrebbe odiati se avesse saputo che avevano soltanto pensato alla possibilità che Remus facesse la spia. James non avrebbe mai dubitato di uno dei Malandrini. La sua fiducia era la sua più grande forza, ma poteva ritorcerglisi contro e diventare una terribile debolezza.
Per il resto della serata Sirius non toccò cibo, e continuò a chiedersi come potesse sospettare di Remus. Era uno dei suoi migliori amici, faceva parte della sua vera famiglia, quella che si era scelto...
E ripensò a quel ricordo che avrebbe preferito dimenticare, una notte di cinque anni prima.
Tu non capirai mai che cosa significa essere come me, Sirius. E oggi l'hai dimostrato.
Sirius gli aveva risposto che, anche se di quello che sarebbe potuto accadere a Piton se ne infischiava, era dispiaciuto per lui, riconosceva di aver sbagliato e che quello scherzo fosse una sciocchezza. Ma per Remus quello era rimasto un conto in sospeso.
Hai rivelato il mio segreto a qualcuno che mi odia. Mi hai tradito. Non abbiamo altro da dirci.
Ma poi era diventato un Animagus per lui. Remus lo aveva perdonato, si disse. Erano diventati la sua famiglia, il suo branco...
Non puoi capire, perché non sei come me. Solo un mio simile può sapere che cosa significa essere un mostro. Solo tu potevi farne un'occasione per uno scherzo idiota.
Sirius odiava quei ricordi. Non aveva mai visto Remus così arrabbiato. Ma ora la vergogna non era più l'unico sentimento che provava. Un'amara consapevolezza si era impossessata di lui.
I Malandrini non erano il vero branco di Remus, pensò. Non erano suoi simili. Il branco di Greyback sì. Loro erano come lui, lo capivano perché condividevano la sua stessa sorte. E la loro influenza poteva essere stata deleteria.

***

Alla famiglia Crouch non capitava spesso di ritrovarsi a cenare tutti insieme. Di solito suo padre tornava troppo tardi dal Ministero, quando ormai gli altri avevano già mangiato da un pezzo. Ma quella era un'occasione speciale, e non perché era l'ultimo dell'anno. Quel giorno era anche l'anniversario di matrimonio dei suoi genitori, e per quella volta Barty senior si era concesso di tornare ad un orario decente. Per sua moglie faceva questo e molto altro: nelle occasioni speciali spesso la portava fuori, e a volte la sorprendeva con dei regali inaspettati, ma soprattutto la trattava come qualcosa di molto prezioso che non avrebbe mai voluto perdere. Cornelia Crouch era l'unica persona al mondo capace di fargli mostrare il suo lato umano.
Barty aveva smesso da tempo di chiedersi come mai suo padre per lui non avesse mai fatto nessuna di quelle cose: niente attenzioni particolari, niente sorprese.
Gli vado bene solo quando sono un trofeo da esibire ai suoi colleghi, pensò, mentre lo fissava dietro una maschera d'indifferenza.
Erano entrambi seduti al tavolo della sala da pranzo. Cornelia era andata in cantina per scegliere quale vino portare a cena, così tra di loro era sceso un religioso silenzio.
Suo padre stava leggendo La Gazzetta del Profeta, con una smorfia di fastidio che indusse Barty a ridacchiare mentalmente, anche se la sua espressione rimase seria come prima. Sapeva quale articolo stava leggendo, dal momento che aveva già dato un'occhiata alle notizie del giorno: in una pagina interna, un articoletto spiegava come nessuno fosse in grado di spiegare la morte improvvisa di Igor Karkaroff, ritrovato nella sua cella di Azkaban. C'erano tutti i motivi per supporre che fosse stato ucciso, ma nessuno dei detenuti che si trovavano nelle celle accanto aveva detto una parola.
Barty immaginò che suo padre si stesse scervellando ancora sull'identità dell'assassino di Karkaroff, senza sapere che in realtà proprio in quel momento si trovava di fronte a lui, al suo stesso tavolo. Questo lo riempiva di soddisfazione, ma non era il solo motivo.
Con Karkaroff morto, il Ministero aveva perso un possibile informatore. E anche se Barty ce l'aveva a morte con Regulus, era contento che suo padre non fosse riuscito a catturarlo. Nel giro di una giornata, tutti i suoi piani per mettere le mani sull'ex Mangiamorte, diffamare Silente e fare un passo avanti verso la poltrona di Ministro della Magia si erano polverizzati. Bartemius non si era di certo dato per vinto, ma quella sconfitta lo aveva fatto infuriare... e Barty era rimasto in silenzio a godersi lo spettacolo.
Cornelia tornò in quel momento, ponendo fine ai suoi pensieri.
« Scusate il ritardo » disse la donna. « Purtroppo mi si è rotta una bottiglia di vino, uno dei migliori. »
« Non fa niente » rispose suo marito, piegando il giornale e riponendolo sul bancone alle proprie spalle.
Suo malgrado, Barty si ritrovò a pensare che lui non se la sarebbe mai cavata con un semplice « non fa niente. » Di sicuro avrebbe dovuto subire un rimprovero. Si strinse nelle spalle, ripetendosi che ormai non gli importava più.
Ma ogni tanto gli capitava di pensarci più di frequente di quanto avrebbe voluto. In quel momento, poteva quasi vedere una quarta persona seduta a quel tavolo, la sua versione molto più giovane, un bambino che rivolgeva al padre un'espressione ferita, come se fosse sul punto di aprire la bocca per chiedergli spiegazioni.
« Perché io no? Che cosa ti ho fatto di male? »
Taci, stupido ragazzino, pensò, irritato. Detestava quel lato debole di se stesso. Lo trovava patetico, e cercava disperatamente di soffocarlo, e di solito ci riusciva. Ma certe volte tornava alla carica a tradimento.
S'impose di ignorarlo, mentre Winky serviva la cena. Barty colse il sorriso di sua madre, quando assaggiò il primo boccone di tacchino.
« Ho detto a Winky di cucinarlo apposta per te » gli disse lei. « So che è il tuo piatto preferito. »
Barty si sforzò di sorriderle di rimando. Avrebbe potuto odiare anche lei, dato il modo diverso con cui suo padre la trattava, ma non ce la faceva. Non avrebbe potuto desiderare una madre migliore, e questo lo sapeva bene. Lei lo aveva sempre sostenuto e incoraggiato. Era lei che non si faceva problemi a litigare con quel marito che la adorava, se lui non dedicava abbastanza tempo a loro figlio.
Questo però rendeva solo le cose più difficili. Sua madre era l'unica persona per cui Barty ogni tanto si sentiva davvero in colpa. Se Cornelia avesse saputo che suo figlio era diventato un Mangiamorte convinto, probabilmente non ci avrebbe nemmeno creduto. Barty avrebbe voluto fare a meno di mentirle, perché lei non meritava tutte le bugie che le raccontava. Ma era troppo lontana dal suo modo di pensare per accettare quello che era.
« Grazie » si limitò a rispondere.
Sarebbe stato tutto molto più facile se anche lei fosse stata come suo padre. Barty detestava dover fare i conti con tutte quelle contraddizioni. Era snervante dover lottare continuamente tra due parti di sé, il bambino che desiderava soltanto ricevere un po' di affetto e il ragazzo che invece aspirava ad uccidere il proprio padre di persona. Quella battaglia interiore lo avrebbe fatto impazzire, se non fosse finita al più presto. Sapeva di non essere ancora il Mangiamorte senza rimorsi che voleva essere, ma si stava impegnando per diventarlo.
Per tutta la durata della cena lasciò parlare i genitori, come del resto faceva spesso. Fu solo quando sua madre si rivolse direttamente a lui, comunicandogli una notizia che lo fece sbiancare, che tornò sull'attenti.
« Ieri ho incontrato Emmeline » aveva detto Cornelia, e la frase gli rimbombò nella testa, facendolo rabbrividire. Si costrinse a raccogliere la forchetta che gli era caduta, imponendosi di calmarsi. Se Emmeline le avesse detto che era un Mangiamorte, di sicuro sua madre non avrebbe parlato con quell'aria così tranquilla.
« Ah sì? » fece, con un tono neutro.
« Sono contenta che siate tornati a parlarvi. »
Barty mugugnò. Certo, si parlavano di nuovo, prima che Rachel le spifferasse tutto. Ma ora non potevano più fare finta di nulla, non dopo la battaglia al quartier generale dell'Ordine della Fenice. Quella sera Barty aveva davvero temuto di essere arrestato, perché Emmeline gli era sembrata veramente furiosa e intenzionata a fargliela pagare cara. L'arrivo del Signore Oscuro era stata una fortuna insperata, ma da quel momento Barty aveva temuto che Emmeline lo denunciasse. Ma evidentemente sapeva anche lei che nessuno le avrebbe creduto, almeno nessuno tra chi contava al Ministero.
Eppure non aveva fatto a meno di chiedersi che cosa sarebbe successo se quei sospetti fossero giunti alle orecchie di suo padre. Avrebbe creduto a quelle voci? E se ne avesse avuto le prove, lo avrebbe fatto rinchiudere ad Azkaban?
Si costrinse a pensare a qualcos'altro, perché quella possibilità gli faceva inspiegabilmente più male di quanto avrebbe voluto.
Quel pensiero lo privò completamente dell'appetito. Avrebbe voluto addurre una scusa banale per congedarsi, ma non poteva farlo. Doveva aspettare fino alla fine, quando sua madre avrebbe avrebbe interpretato i segnali delle fiamme del camino. Ormai era una diventata una sorta di tradizione, fin da quando Barty era piccolo e restava affascinato dal modo in cui sua madre faceva previsioni sull'anno che avrebbero vissuto.
Tuttavia quella volta il ragazzo non aveva alcuna voglia di sapere il proprio destino. Era un pensiero che lo angosciava e basta. Ma non poteva rifiutarsi, quindi cercò di fare buon viso a cattivo gioco. E anzi, fu piuttosto deluso quando le fiamme magiche annunciarono numerosi successi per suo padre. Il fuoco aumentava sempre di più, ma poi, all'improvviso, scomparve. Rimase soltanto una minuscola e fioca fiammella; niente a che vedere con la fiamma che l'aveva preceduta.
« Che significa? » domandò quello, contrariato.
« Evidentemente qualcosa andrà storto » rispose Barty, imponendosi di non scoppiargli a ridere in faccia.
« Non è detto. Ricordate che la Divinazione non è una scienza esatta, e spesso ci si sbaglia » disse Cornelia, sempre ottimista e incoraggiante. « Ora tocca a te, Barty » aggiunse poi.
Lui annuì, sperando davvero che i cattivi presagi su suo padre si avverassero. Ma presto il sorriso gli si congelò sulle labbra. Aveva seguito Divinazione, quindi riconobbe parecchie delle forme che le fiamme assumevano: erano tutti segnali negativi. Tra i ceppi infuocati gli parve di vedere una croce, che significava sofferenza. Un uccello, forse un falco, si abbatté su un ceppo dalla forma simile a quella di un serpente, facendolo scoppiare in scintille incandescenti. Barty balzò in piedi, mentre le fiamme si spegnevano e un fumo nero come la notte invadeva il camino.
« Se ho visto bene, sembra che un nemico mortale ti priverà di qualcosa che per te è molto importante » cercò di spiegare lei, anche se era evidente che non si trattava solo di qualcosa si importante: quello che avrebbe perso era un punto di riferimento, forse l'unico che aveva.
« Non mi piace » disse, cercando di mascherare il proprio terrore con un'espressione sarcastica.
« Non hai mai dato troppa importanza a queste previsioni, Barty, non ti preoccupare. Ricordi la volta in cui ho predetto che uno di noi tre si sarebbe allontanato per sempre? Non è successo niente del genere, ed è stato un ottimo anno. »
Sì, infatti, madre. È stato l'anno in cui ho ricevuto il Marchio Nero.
Rabbrividì. Improvvisamente, il 1981 iniziò a fargli paura.





E fai bene ad avere paura, Barty.
A nessuna delle due fazioni opposte piace molto il 1981, sappiamo tutti bene il perché...
Anche per Remus cominciano i guai seri. Tutto grazie a quel tesoro di Peter. Non avete anche voi voglia di strangolarlo? XD
Ora mi rendo conto perché non avevo ancora scritto molte scene con tutti i Crouch insieme. Avete idea di quanto sia difficile far conversare due persone omonime facendo capire chi delle due sta parlando? Un incubo XD Il nome della signora Crouch non si sa, quindi è inventato.

Bene, confermo quello che ho scritto alla fine del capitolo scorso: quest'estate niente pausa, ma aggiorno una volta al mese. Devo finire di scrivere il capitolo 50 (mi manca una sola scena) e da lì in poi inizierò ad avvicinarmi ai capitoli finali... quindi ho bisogno di tempo e concentrazione per non concludere male la storia.
Ci si legge intorno al 20 di luglio (data approssimativa perché non so se sarò via oppure no).

Vi lascio con due disegni che non avevo potuto inserire l'altra volta perché erano salvati sull'altro pc.
Perseus e Alphard da giovani e adulti disegnati da Beatrix Bonnie: http://i495.photobucket.com/albums/rr316/JuliaWeasley/FF/004.jpg
Regulus, Sirius e Rachel alla Testa di Porco, disegnati da Julie: http://img140.imageshack.us/img140/1755/siriusrachelregulus.jpg
Grazie mille a tutt'e due :)

Buone vacanze!
Julia

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Capitolo 48
*** La scelta ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 48
La scelta

« Sirius, gradisci qualcosa da mangiare? »
Il ragazzo si sforzò di sorridere cordialmente, cacciando indietro tutti i pensieri cupi che gli affollavano la mente.
« No grazie, signora Minus. Sono a posto. »
La madre di Peter non sembrava affatto convinta.
« Sei sicuro? Mi sembri così magro... anche Peter sta dimagrendo a vista d'occhio, soffre d'insonnia ed è sciupato. Non sembra neanche più lui. Voi mangiate poco, e non va bene. »
« Mamma, non abbiamo fame. E non sono sciupato, sto benissimo » le rispose Peter, esasperato e parecchio nervoso.
« Bene, come vuoi. Vi lascio da soli, ragazzi. Sono piuttosto stanca » si congedò la donna.
« Buonanotte. »
Entrambi attesero che la signora Minus si fosse chiusa in camera sua, prima di iniziare a parlare. Anzi, all'inizio Peter sembrava chiuso in un ostinato silenzio, e Sirius continuava a lanciargli occhiate inquisitorie. Era andato a trovarlo apposta perché quella mattina gli era sembrato pensieroso, e aveva capito che qualcosa non andava. Avrebbe voluto fargli visita molto prima, ma quel pomeriggio era stato convocato da Silente. Il Preside di Hogwarts aveva cercato di interrogare la Dama Grigia su quello che loro avevano scoperto grazie ai ricordi di Alphard, ma lei si era mostrata molto reticente, e il tentativo di scoprire qualcosa di più si era rivelato un fiasco. Silente aveva promesso di provarci di nuovo, finché lei non avesse ceduto, ma a quel punto la ricerca degli Horcrux si era arenata, e sarebbe rimasta così per chissà ancora quanto tempo.
« Allora, Peter, c'è qualcosa che non va, vero? » tagliò corto Sirius, rompendo il ghiaccio. La faccenda del silenzio della Dama Grigia lo aveva innervosito, e non se ne sarebbe andato da casa Minus senza ottenere almeno una risposta alle tante domande che aveva.
Peter sospirò.
« Non ti sfugge niente, vedo. »
Sirius, che fino a quel momento era rimasto in piedi, si sedette di fronte a lui, su una delle due poltrone poste vicino al caminetto. Il fuoco era acceso e dava alla stanza arredata in modo rustico un calore accogliente, ma Sirius non lo notava nemmeno.
« Si tratta di Remus? »
Peter annuì e Sirius quasi saltò dalla poltrona.
« L'hai visto? Gli hai parlato? »
« Sì, l'ho visto. Il supermarket qui vicino è stato chiuso, quindi ieri per fare la spesa sono dovuto andare dalle parti di casa di Remus. Così, quando sono passato davanti alla sua finestra, ho visto che la luce era accesa, e ho pensato di vedere come stesse. »
Sirius pendeva letteralmente dalle sue labbra. Aveva sperato che Peter gli desse una buona notizia che potesse smentire quello che giorno dopo giorno da un vago dubbio si era trasformato in un terribile sospetto, ma la sua espressione depressa era abbastanza eloquente.
« Cosa ti ha detto? »
« Ha detto che era appena tornato e che sarebbe rimasto poco. È stato gentile come al solito, ma... »
Peter si sentiva evidentemente in colpa, ma Sirius gli fece cenno di continuare a parlare.
« Ha detto che era stanco, e in effetti la luna piena è stata un paio di giorni fa, ma ho avuto l'impressione che non vedesse l'ora che me ne andassi. Io l'ho accontentato, ma il sospetto mi è rimasto. Credo che nasconda qualcosa. »
Sirius strinse i pugni, teso come una corda di violino. Non avevano più parlato di Remus dall'ultimo dell'anno, entrambi desiderosi di aver sbagliato sul suo conto, e di aver sospettato di lui solo per errore. Ma adesso non poteva più ingannare se stesso.
Imprecò all'improvviso, facendo sobbalzare Peter, che lo guardò con timore.
« Avrei sospettato di chiunque nell'Ordine, chiunque... ma non di uno di noi » disse, sentendo la rabbia salirgli alla testa.
« Non è detto che sia proprio lui la spia » provò Peter, ma Sirius gli lanciò un'occhiataccia.
« Allora secondo te cosa nasconde? »
« Non lo so, magari ha altri motivi... »
Seguì un istante di silenzio, poi Sirius si alzò in piedi.
« Sai cosa c'è? Non hai tutti i torti. La cosa migliore da fare è affrontarlo apertamente e chiedergli che cosa sta combinando. »
E s'incamminò verso la porta d'ingresso.
« Che... che stai facendo? » balbettò Peter, raggiungendolo.
« Vado ad affrontare Remus. »
« Ma è già andato via, ormai » disse l'altro, piuttosto agitato.
Sirius si bloccò, irritato.
« Vorrà dire che glielo chiederò non appena tornerà. Non potrà sfuggirci in eterno. »
« Credi che dovremmo dirlo a James e Lily? » chiese Peter, ansioso. « In fondo potrebbe andarci di mezzo Harry. »
Sirius ci pensò per alcuni istanti, ma poi scosse la testa.
« Meglio di no, almeno non ancora. Non ne siamo del tutto sicuri, quindi sarebbe inutile farli preoccupare in questo modo. E a difendere Harry ci penseremo noi due. »
« Quindi ti fidi di quello che ti ho detto? »
Sirius lo guardò.
« Certo. Sei una persona molto più degna di fiducia di Remus. »
Peter si fece rosso come una Pluffa, poi violaceo, e per distogliere l'attenzione da sé si alzò per ravvivare un po' il fuoco che stava languendo.
« Bè, grazie... » farfugliò.
Sirius pensò che ne fosse lusingato. In realtà era vergogna, ma lui non aveva la più pallida idea di come fosse andato davvero il suo incontro con Remus.

Sebbene fosse stanco e provato dall'ultima luna piena, Remus era contento di vedere almeno una faccia amica.
« Sei stato via per tanto tempo » gli disse Peter, non appena lui lo fece entrare in casa.
« Lo so, mi dispiace » rispose Remus, allargando le braccia, ma senza aggiungere altro. Notò l'espressione perplessa dell'amico, e intuì che volesse qualche spiegazione. « Purtroppo non posso dirti quello che ho dovuto fare, non qui. Sarà meglio farlo alla sede dell'Ordine. »
« Allora sei tornato per restare? »
« No, devo incontrare Silente per fargli rapporto. Me ne vado domani mattina. »
Peter sembrava dispiaciuto.
« Allora non potrai dire cosa hai fatto, perché non ci vedremo al quartier generale. »
« Esatto. »
Remus distolse lo sguardo, sentendosi in colpa. Non voleva correre il rischio di parlare. Da quando Greyback lo teneva d'occhio, temeva che potesse farlo spiare anche lì, dentro la sua stessa casa, e lui non poteva farsi smascherare. In realtà sarebbe stato meglio evitare quella situazione imbarazzante, ma era dovuto tornare per forza: voleva vedere Silente per chiedergli di aiutarlo a trovare un modo per liberare Tim e gli altri bambini dalle grinfie di Greyback e del resto del branco, ma questo non poteva di certo raccontarlo a Peter in quel momento, anche se notò che quella sua reticenza lo stava facendo preoccupare. L'espressione dell'amico in effetti era molto strana.
« Senti, mi dispiace davvero, ma ti prometto che prima o poi te lo dirò. »
L'altro alzò la testa, dispiaciuto.
« Lo so, e posso aspettare. Ma c'è chi gradirebbe al più presto delle risposte... per non creare equivoci, sai. »
Remus si sentì stringere le stomaco, in preda ad una sensazione molto spiacevole.
« Che cosa vorresti dire? »
« N-niente... »
« Peter, hai parlato di equivoci. Chi è che sta equivocando? »
Lui chinò il capo.
« Sirius » sussurrò. « Ricordi quella scenata che ti ha fatto dopo l'attacco alla casa di Dedalus? Le tue lunghe assenze lo stanno facendo dubitare di te, temo. »
Remus si sentì invadere dalla rabbia, mentre un dolore acuto gli opprimeva i polmoni, facendolo respirare a fatica. Aveva intuito che Sirius covasse qualcosa, ma non fino a quel punto.
« Crede che sia io la spia? È così? » sbottò, furente.
Peter sobbalzò.
« No, non proprio... »
« Non proprio? »
« Intendevo dire che non ne è sicuro. Vorrebbe solo che tu ti facessi vivo per rassicurarlo. »
« Ma non posso, non posso farlo! E tu cosa ne pensi? Sei d'accordo con lui? »
« No! Cioè... ammetto che quando Sirius mi ha confessato i suoi dubbi, un po' li ha fatti venire anche a me. »
« Apprezzo la tua sincerità » ringhiò Remus, sarcastico e profondamente ferito.
« Ma poi ci ho ripensato quasi subito. Mi dispiace di aver dubitato di te, ti chiedo scusa. È stato solo un istante, ed ero spaventato dagli ultimi avvenimenti... Io mi fido di te, davvero. »
Remus gli fece cenno di calmarsi, perché gli sembrava veramente dispiaciuto.
« Non ce l'ho con te, infatti » disse, ed era la verità. Peter pendeva sempre dalle labbra di Sirius e di James, quindi non c'era da stupirsi se prendesse per oro colato tutto quello che dicevano. « Ma non capisco perché lui ce l'abbia tanto con me. Non sono l'unico dell'Ordine ad andare via per tanto tempo. La McGranitt è sempre a Hogwarts, Hagrid spesso sparisce per settimane, mentre Aberforth l'abbiamo visto una volta sola, perché sta alla Testa di Porco tutto il tempo. Perché non sospetta di loro? Nessuno di noi sa quali sono le incombenze che Silente assegna ad Hagrid e Aberforth, eppure Sirius ha dubbi su di me, anche se sa benissimo che la mia missione è quella di stare tra gli altri lupi mannari. »
E a quel punto Peter si lasciò sfuggire un commento che per Remus fu come una doccia gelata.
« Forse è proprio questo il punto... »
Remus lo guardò, inorridito, e quello si posò una mano sulla bocca, come se fosse pentito di aver parlato.
« Che cosa significa? Devi dirmelo, Codaliscia, adesso. »
Di fronte alla fermezza della sua richiesta, Peter si arrese.
« Sirius non l'ha ammesso esplicitamente, ma penso che sospetti di te proprio a causa della tua missione. Crede che stare a contatto con... con quelli come te – scusa – possa averti influenzato. »
Remus non si era mai sentito peggio di così. Non poteva credere che uno dei suoi migliori amici, dopo essere diventato un Animagus per lui e avere sempre avuto una mentalità aperta, potesse pensare una cosa del genere.
« Grazie per avermi detto la verità, Peter. Ora però vorrei restare da solo » disse, tetro.
« Ti prego, non te la prendere. Sono sicuro che Sirius non volesse intendere questo. »
« Credo di aver capito benissimo cosa intende Sirius. Certi pregiudizi sono duri a morire, soprattutto se si tratta di un Purosangue che, nonostante abbia giocato a fare il ribelle, non ha mai smesso di sentirsi superiore a chiunque altro » commentò, con un tono che doveva sembrare sarcastico, ma che uscì più che altro colmo di amarezza e risentimento.
« Senti... »
« Non importa, Peter, lascia perdere. Grazie per avermelo detto. Lo sai che preferisco parlare chiaro. Non metto in dubbio che Sirius sia stato un vero amico, ma nel profondo la pensa ancora come gli è stato insegnato fin da piccolo... Ora vorrei cercare di dormire. Devo svegliarmi presto, domani mattina, e gradirei riposarmi un po' prima di tornare in mezzo a quelli della mia specie. »
Peter sembrava dispiaciuto, ma non insisté.
Quando Remus chiuse la porta alle sue spalle, senza fare altro se ne andò a letto con i vestiti ancora addosso.
Era sicuro che prima Sirius non avrebbe mai potuto ritenerlo un traditore venduto a Greyback e ai Mangiamorte. Che cosa stava succedendo? L'unico pensiero che lo consolava era che Peter non aveva dato retta ai dubbi di Sirius, e che neanche James gli avrebbe mai creduto. Era lui il migliore amico di Sirius, ma James era diverso, non aveva pregiudizi nei suoi confronti. E si fidava ciecamente di loro tre.
« Io non mi sono mai sentito superiore, tutt'altro. Non ho mai giudicato una persona per come appariva. Non ho mai cercato di uccidere nessuno, non quando ero libero dall'influsso della luna piena e consapevole delle mie azioni. E non ho mai tradito la nostra amicizia. Tu invece hai fatto tutte queste cose almeno una volta » disse ad alta voce, come se Sirius potesse sentirlo, mentre il ricordo dello scherzo a Severus Piton gli tornava in mente. « Se le cose stanno così, è molto più probabile che il Mangiamorte sia tu » concluse in preda alla rabbia, scaraventando il cuscino dall'altra parte della stanza.

***

« Secondo te la pozione è riuscita? »
Sturgis lanciò un'occhiata al calderone della ragazza. La pozione era di un bruttissimo colore grigio scuro, e grosse bolle puzzolenti esplodevano continuamente sulla superficie.
« Non so, Miriam. Io non mi azzarderei a somministrarla ad un paziente... » le disse, cauto.
« A meno che tu non voglia farlo fuori, è ovvio » aggiunse Damocles Belby, ridacchiando.
Miriam Strout assunse un'espressione offesa e sconsolata.
« Con le pozioni non ci so proprio fare » ammise. « Non so nemmeno io come ho fatto a superare l'esame. »
« In compenso te la cavi bene quando si tratta di avere a che fare con i malati. »
« Oh, è vero. Io invece non saprei nemmeno da dove cominciare » confessò Damocles, finendo di mescolare la sua pozione che, al contrario di quella di Miriam, era perfetta.
« In effetti tu sei davvero insensibile » sibilò la ragazza. « Dovrebbero vietarti di visitare chicchessia. »
« Ehi, non è colpa mia! Sono diventato Guaritore perché sono bravo con gli antidoti e voglio scoprire nuove cure, ma i rapporti umani con i pazienti non fanno per me. A quelli ci pensi tu, mamma chioccia. »
Prima che Miriam potesse rispondergli male, il Guaritore Llewellyn si affacciò alla porta del laboratorio.
« Guarda che razza di dilettanti allo sbaraglio. Avete finito di perdere tempo in chiacchiere? »
Sturgis si affrettò a versare la propria pozione nelle fiale, cercando disperatamente di non rovesciarla per terra. Llewellyn lo terrorizzava, e non era il solo: anche gli altri Tirocinanti scattavano non appena udivano in lontananza il suo inconfondibile passo marziale.
« Podmore » lo chiamò il Guaritore, avvicinandosi a lui e osservando attentamente la pozione, per poi assaggiarla. Sturgis deglutì. « Può andare. Portala a Smethwyck, al terzo piano. E in fretta. »
Sturgis non se lo fece ripetere due volte. Salutò gli altri due Tirocinanti e uscì dalla stanza, diretto al terzo piano.
Smethwyck aveva a che fare con un paziente che era stato avvelenato da una pianta esotica. Niente di nuovo, ma il Guaritore sembrò sollevato quando vide Sturgis entrare nella corsia.
« Oh, ottimo! » esclamò, rianimandosi. « Somministragli quella pozione, da bravo. Io vado a fare quella cosa che... » e bofonchiò qualcosa d'incomprensibile, prima di defilarsi in tutta fretta.
Sturgis non capì quel comportamento finché non si rivolse al paziente. Quest'ultimo se ne stava seduto, rigido come un palo e chiaramente teso. Quando Sturgis gli porse la fialetta, invitandolo a bere, lo guardò come se gli avesse chiesto di ingerire del veleno.
« Chi mi assicura che questa fialetta sia stata debitamente sterilizzata? » gli chiese con aria inquisitoria.
Sturgis rimase perplesso.
« Signore, noi sterilizziamo sempre tutto, è ovvio » gli rispose. « Abbiamo incantesimi appositi e... »
« Certo, e dovrei fidarmi? Hai idea di tutti i germi che potrebbero essersi attaccati al vetro, mentre la portavi qui? »
La donna accanto al letto, che doveva essere la moglie, alzò gli occhi al cielo, esasperata.
« Sono sicura che non morirai. Non oggi e non per questo motivo » disse al marito.
« Cosa te lo fa pensare? »
La donna non rispose, ma era evidente che stesse pensando qualcosa del tipo: probabilmente morirai strangolato da me.
Sturgis non sapeva che cosa fare, oltre a rimanere impalato di fronte ai due coniugi che discutevano.
Alla fine, visto che l'uomo sembrava ancora riluttante, prese la parola.
« Più tempo passa e più germi si attaccheranno, signore. Quindi le conviene bere il prima possibile. »
E quello fu costretto a cedere. Poi si stese, pallido come un lenzuolo, gli occhi spalancati fissi sul soffitto e le labbra serrate come in attesa che esplodesse una bomba.
Sollevato, Sturgis uscì dalla corsia ma, prima che potesse percorrere i cinque metri che lo separavano dalle scale, incrociò la Guaritrice Queen, che sembrava piuttosto trafelata.
« Podmore » lo chiamò lei quando lo vide. « Potresti andare ad aiutare Belby? C'è un'emergenza al Primo Piano, ma io ne ho un'altra qui. »
« D'accordo, vado subito » rispose lui, che aveva già una mezza idea sul genere di emergenza che avrebbe dovuto affrontare. Il Primo Piano era riservato alle ferite inferte dalle creature magiche, e in quel periodo le emergenze più comuni erano causate da aggressioni di lupi mannari.
Per Sturgis tuttavia era la prima volta. Strinse i pugni e si sforzò di respirare a fondo mentre scendeva le scale, ma non esisteva un modo per prepararsi a ciò che avrebbe visto.
Non appena fece il suo ingresso nel reparto, vide Damocles che ne stava per uscire, pallido come un cencio e con i pugni serrati. Sturgis notò che aveva gli occhi lucidi, e se ne stupì: non lo aveva mai visto così sconvolto.
« Cos'è successo? » gli chiese.
« Llewellyn mi ha cacciato via perché non ero di nessun aiuto... Mi tremavano le mani. Non so nemmeno io cosa mi è preso... »
Sturgis riuscì ad appellare uno sgabello appena prima che Damocles avesse un mancamento e cadesse per terra.  Avrebbe voluto rivolgergli qualche parola d'incoraggiamento, ma non poteva perdere tempo.
« Cerca di riprenderti. Ci avevano detto che certe cose sarebbero state difficili. »
Belby lo guardò, sconfortato.
« Io non ero pronto a tutto questo. È terribile sentirsi così inutili. Vorrei essere in grado di fare qualcosa... »
« Lo farai. Prima però devi calmarti. Io non posso restare qui, adesso, ma ci vediamo più tardi, ok?”
L'altro annuì, ma sembrava perso nelle proprie riflessioni.
Sturgis lo superò, cercando di non farsi influenzare dal suo shock. Digrignò i denti, pronto a qualunque cosa avrebbe potuto vedere al di là delle due porte che gli erano di fronte.
Devo mantenere il sangue freddo, almeno fino a che non sarò solo, si disse. Poi potrò crollare.

***

Quella sera Emmeline era di ottimo umore. Non che le ronde fossero divertenti, ma ormai aveva iniziato ad apprezzare il tempo che vi trascorreva in compagnia.
« Ehi, Sturgis! » lo salutò, per poi smorzare il proprio entusiasmo non appena lo osservò con più attenzione. Il ragazzo la aspettava di fronte al cancello di Hogwarts, ma quella volta aveva lo sguardo perso nel nulla e una bottiglia di Whisky Incendiario in mano. « Che ti prende? »
Lui sembrò riscuotersi leggermente quando si accorse di lei, ma poi tornò assorto e malinconico.
« Oh, niente. Non sapevo cosa fare, quindi ho deciso di bere qualcosa » buttò lì.
Emmeline lo scrutò, e decise che dopotutto aveva bevuto poco, quindi era ancora in grado di fare la ronda senza correre il rischio di scambiarla per una Mangiamorte. Quindi evitò di fargli altre domande: doveva essere stata una giornataccia per lui.
« Bene, direi di fare il solito giro di ricognizione intorno ai confini del parco, tanto per cominciare » disse, lanciando un'occhiata oltre il cancello.
Le ronde a Hogwarts erano quelle che preferiva in assoluto, e non perché era il posto con meno probabilità di subire un attacco da parte dei Mangiamorte, ma perché, anche se restava fuori dai confini, si sentiva a casa. I profili frastagliati dei monti, le cime degli alberi della foresta, il lago e persino i suoni provocati dal vento le erano familiari e le ricordavano i momenti che aveva trascorso affacciata alle grandi finestre della Torre di Corvonero. Stranamente, tutto ciò non le procurava brutti ricordi, per lo meno non più. Adesso ricordava soprattutto le ronde precedenti ai margini esterni della Foresta Proibita, mentre percorreva il sentiero illuminato solo dalla luce della luna, e lei e Sturgis si raccontavano aneddoti sulle rispettive disavventure a Hogwarts.
Emmeline aveva iniziato ad amare quelle ronde, ma non quella sera. Sturgis era del tutto assente e per mezz'ora intera non aprì bocca nemmeno una volta, tranne che per bere un ennesimo sorso di Whisky.
« Perché non mi dici cosa ti è successo? » disse alla fine Emmeline, quando si fu stancata di restare in silenzio senza agire. « Stasera sei veramente strano. »
Lui abbassò lo sguardo, smettendo di camminare.
« Diciamo che è stata una giornata pessima » rispose.
« Hai avuto problemi al San Mungo? »
Sturgis annuì. Per un po' sembrava che non avrebbe aggiunto altro e che si sarebbe tenuto per sé tutto quanto. Ma alla fine parlò. « Sai, finora ho affrontato bene tutte le emergenze. I feriti sono all'ordine del giorno... Ma oggi ci hanno portato due ragazzi che erano stati morsi da un lupo mannaro... »
Sturgis s'interruppe per bere un altro sorso, poi fece una smorfia perché ne aveva mandato giù troppo tutto in una volta. Emmeline non si sentì di impedirglielo.
« È stato orribile curarli sapendo che comunque non ci sarebbe stato niente da fare per impedire il contagio. Finché ero lì sono riuscito a non farmi coinvolgere troppo, ma poi ho dovuto dare la notizia ai genitori, come se non ne avessi già avuto abbastanza. Non so come Llewellyn sia potuto restare quasi impassibile. »
Emmeline non batté ciglio quando Sturgis scagliò la bottiglia, che si frantumò contro il tronco di un albero. Uno stormo di pipistrelli spiccò il volo dalle fronde, mentre i due ragazzi venivano investiti da una folata di vento freddo.
« Te l'assicuro » continuò lui, furente. « Non so come questa giornata potrebbe andare peggio di così. » Poi si rese conto di aver distrutto la bottiglia ancora mezza piena. « Facciamo un salto alla Testa di Porco. Mi serve dell'altro Whisky. »
« Lascia perdere » intervenne Emmeline. Afferrandolo per un braccio, lo condusse verso un ceppo d'albero dal diametro talmente grande da poter fungere da panchina per entrambi, e lo costrinse a sedere. « Resta seduto e cerca di riprenderti. Mi dispiace per quello che è successo oggi, ma devi renderti conto che per certe cose non esistono rimedi. »
Non era una gran cosa da dire, pensò lei, ma non sapeva proprio come consolarlo. Per i morsi dei lupi mannari d'altra parte non esistevano soluzioni.
« Lo so, infatti è per questo che questa giornata mi ha fatto tanto schifo. Volevo diventare un Guaritore per guarire le persone, non per dire loro che non hanno speranze. Quando ero studente mi dicevano di continuo che queste cose succedono... ma provarlo davvero è completamente diverso. »
« Non sei né il primo né l'ultimo a sentirti così » provò Emmeline, posandogli una mano sulla spalla. Non le veniva nient'altro in mente da dire, ma poi ebbe un'idea. « Una volta ho dovuto comunicare a delle persone della morte di un loro familiare. Gli aspiranti Auror spesso si ritrovano a dover fare cose del genere ancora prima di aver affrontato di persona un mago oscuro. Non è stato per niente facile, e non capivo come gli Auror veterani come Moody potessero sembrare così distaccati... Ma presto o tardi si impara ad esserlo. »
« Io non voglio abituarmi. Non voglio diventare cinico. »
« Non intendevo questo. Devi per forza essere meno coinvolto, se non vuoi impazzire. Moody o il Guaritore Llewellyn non sono cinici, anche se hanno una scorza dura; ne hanno viste così tante che hanno dovuto imparare a difendersi, per essere in grado di aiutare gli altri. Ridotto così non saresti in grado di aiutare nessuno, o sbaglio? »
Sturgis annuì. Doveva aver capito, anche se quel discorso era troppo amaro per mandarlo giù subito.
« Non avrei dovuto bere così tanto » gemette poi all'improvviso. « Domani devo svegliarmi presto, e non posso presentarmi al San Mungo con il mal di testa da dopo sbornia. »
« Non sei messo così male, sei solo un po' alticcio » valutò lei. « Reggi il Whisky molto meglio di me. »
Lui accennò un sorriso, ed Emmeline fece altrettanto.
Poi, in preda a chissà quale istinto, la mano che si trovava ancora sulla spalla di Sturgis si mosse e, come se agisse in base ad una volontà propria, gli passò le dita tra i capelli, accarezzandogli la nuca. Si rese conto di quanto tutto ciò fosse strano e imbarazzante ancora prima che lui s'irrigidisse e trattenesse il respiro.
Emmeline ritrasse immediatamente la mano, avvampando e chiedendosi cosa le fosse venuto in mente. Sapeva da tempo che Sturgis non voleva essere soltanto suo amico, ma fino a quel momento lei aveva fatto finta di nulla, senza dargli false speranze. Ma ora quel gesto spontaneo rischiava di creare malintesi... e Sturgis quella sera non era abbastanza lucido per trattenersi come al solito.
Emmeline fu percorsa da un brivido quando si voltò e vide che il ragazzo la stava fissando con un'espressione inequivocabile.
Che guaio, pensò, mentre il cuore le batteva all'impazzata, rimbombandole nella testa e confondendola. Non sapeva cosa fare, se scostarsi o chiedere a Sturgis di non avvicinarsi più di così. Eppure non fece niente di tutto ciò.
Tra i due, era Emmeline quella sobria; tuttavia le fischiavano le orecchie e le girava la testa, come se avesse appena mandato giù una bottiglia intera di Whisky Incendiario. E rimase immobile.
Quando la bocca di Sturgis sfiorò la sua, non capì più nulla. E invece di ritrarsi, chiuse gli occhi e schiuse le labbra, perdendo interesse per tutto ciò che non fosse quel bacio inaspettato.
Poi qualcosa di luminoso attirò la loro attenzione, ed entrambi ripiombarono nella realtà. Si separarono, ma Emmeline si ritrovò a indugiare a pochi millimetri dal viso di lui, perché si era appena resa conto che quel momento era durato troppo poco.
Fu Sturgis a ritrarsi per primo, assumendo l'espressione di chi, anche se con poca lucidità, aveva appena realizzato di aver compiuto un gesto che da sobrio non si sarebbe mai azzardato a fare.
Emmeline stava ancora cercando di riprendersi dalla tempesta di emozioni che le si era scatenata dentro, quando guardò accanto a sé e vide un Patronus a forma di toro che conosceva fin troppo bene.
« Vance » la apostrofò il Patronus con la voce di Malocchio, che non sarebbe potuto capitare più a sproposito. « Molla tutto e raggiungimi al Ministero. Mi serve una mano. Ho mandato Dedalus a sostituirti nella ronda. »
Dal tono di voce non sembrava un'emergenza, ma Emmeline non poteva non rispondere alla chiamata, anche se per lei fu difficile alzarsi da quel ceppo d'albero, dopo quello che era appena successo e che le sembrava ancora incomprensibile. Perché lei fino a quel momento era stata convinta di non ricambiare i sentimenti di Sturgis. O sì?
« Devo andare » mormorò con voce rauca, scattando in piedi senza riuscire a guardarlo in faccia. Ma si ritrovò a desiderare di nuovo il contatto con le sue labbra e il calore sul proprio viso quando lui lo aveva preso tra le mani.
« Ok... » esalò Sturgis, forse ancora più sconvolto di lei.
Emmeline fece un paio di passi indietro e poi gli voltò le spalle, ma non avanzò oltre. Non poteva lasciarlo così, e non lo voleva salutare in quel modo ambiguo. Era sempre stata una ragazza estremamente razionale, e non capire cose le stesse succedendo la mandava in crisi. Ma i sentimenti che provava le dicevano tutti la stessa cosa, e non aveva bisogno di pensarci su per capire.
Quel pensiero la indusse a ricordare come si era sentita quando si era ritrovata di fronte a Barty, la sera dell'attacco a casa di Dedalus: rabbia, impotenza, repulsione, ma nient'altro. Avrebbe potuto provare le stesse cose chiunque altro lo conoscesse da tempo.
Le era davvero passata? Dopo tutto quel tempo, finalmente si era lasciata ogni cosa alle spalle? Forse adesso aveva una risposta.
« Aspetta » disse improvvisamente, voltandosi di nuovo. Sturgis era sempre lì, in piedi di fronte a lei, e non si era mosso neanche di un centimetro; in qualche modo questo la rese felice.
Gli si avvicinò, posandogli una mano dietro la nuca e costringendolo ad abbassarsi, perché era davvero troppo alto per lei. Lo sentì trattenere il respiro ancora una volta, e lo baciò di nuovo, stavolta senza esitazioni.
Superato un momento iniziale di paralisi, Sturgis iniziò a ricambiare. Non era mai stata baciata in quel modo: lui non aveva alcuna fretta, come se volesse godersi quell'attimo fino in fondo.
Quando si separarono, Emmeline percepì ogni parte di sé che se ne rammaricava. Di colpo, tutti i suoi dubbi si erano volatilizzati, e al momento non le interessava darsi delle risposte.
« Ne parliamo domani » gli disse. Avrebbe avuto tutta la notte per riflettere e capire. Quello non era il momento per grandi discorsi.
« Domani » convenne lui, confuso ma sorridendo a sua volta.

***

« Harry Potter ».
Severus alzò lo sguardo sul Signore Oscuro, per una volta incapace di nascondere il proprio sgomento. Non osò aprire bocca, ma un sudore freddo aveva già iniziato ad imperargli la fronte.
« È lui il bambino di cui parlava quella profezia. Ormai non ho più dubbi ».
Un senso d'impotenza misto a qualcosa di molto simile al panico s'impossessò di Severus. Non poteva essere, non aveva alcun senso...
« Mio Signore, se mi è concesso, trovo che Potter sia meno probabile di Paciock. Quest'ultimo è un... »
« Purosangue, lo so » lo interruppe Voldemort con un tono annoiato. La sala era vuota, a parte loro due, e l'eco delle sue ultime parole rimbombarono contro le pareti, facendo rabbrividire il Mangiamorte inginocchiato di fronte a lui.
« E allora perché...? » balbettò, ma fu interrotto di nuovo.
« Fai troppe domande, Severus Piton. Credimi, ho le mie buone ragioni per ritenere che si tratti del figlio dei Potter. È lui che devo uccidere, prima che diventi abbastanza grande da crearmi problemi ».
Severus a quel punto si sentì sprofondare chilometri e chilometri sotto terra. Il tono di Voldemort era più che definitivo, e aveva già emesso la sentenza di morte. Non sarebbe mai riuscito a convincerlo del contrario.
Strinse i pugni, terrorizzato. Avrebbe ucciso anche Lily... e tutto perché lui gli aveva riferito la profezia.
Si impose di non perdere il controllo. Aveva temuto quel momento per settimane, ma aveva cercato di convincersi che sarebbe andato tutto bene, che il Signore Oscuro avrebbe scelto Paciock, che non c'era alcun motivo al mondo per il quale avrebbe potuto decidere di uccidere il figlio di Lily. Ma in fondo lo aveva sempre sospettato: Harry Potter era un Mezzosangue e, anche se Severus faceva finta di non averlo intuito, Lord Voldemort non era affatto un Purosangue. Era come Harry, e come lui. Severus non capiva fino a che punto quel dettaglio avesse importanza, ma per il Signore Oscuro evidentemente ne aveva molta.
« Puoi andare » lo congedò Voldemort.
Ma Severus non si mosse. Una forza invisibile lo costrinse a rimanere lì, come inchiodato al pavimento di pietra. Poi, prima di poter soltanto pensare, parlò con un tono di supplica.
« Mio Signore, vi prego... »
« Che cosa c'è, Piton? »
Voldemort sembrava irritato. Severus non aveva mai disobbedito ai suoi ordini; nessun altro Mangiamorte aveva mai osato farlo. E adesso quel ragazzo se ne stava lì di fronte a lui, nonostante lui gli avesse detto di andarsene. Severus sapeva che quell'affronto sarebbe potuto costargli caro, ma niente era più terribile di fronte a ciò che sarebbe potuto accadere se non avesse compiuto almeno un tentativo.
Si inginocchiò, nella vana speranza che questo potesse placare l'ira del suo Signore.
« So di non averne il diritto, ma vi chiedo solo un favore... » esordì, con la voce che tremava.
« Un favore? »
« No, intendevo... una richiesta ».
« Vai avanti ».
Il tono di Voldemort era piatto, così lui continuò.
« Risparmiate la madre ».
Seguì un silenzio assordante. Severus non ebbe neanche il coraggio di guardarlo. Sentiva lo sguardo di Voldemort che lo fissava, ma per una volta non gli importava di fare una pessima figura. E improvvisamente capì che Lily contava più di ogni altra cosa.
« La madre? Perché dovrei risparmiarla? È una Sanguesporco » rispose il Signore Oscuro.
Severus si sentì mancare il respiro e ansimò.
« Vi supplico... »
« Piton, dimmi che non è come sembra » lo avvertì. Ma quando non ottenne risposta, emise quella che sembrava una risata raggelante, che lo fece tremare dalla testa ai piedi. « Mi meraviglio di te, Severus. Proprio tu ti sei invaghito di una donna inferiore ».
Severus aveva la mascella serrata, ma quell'affermazione gli fece male, perché gli ricordava il momento in cui aveva perso Lily per sempre, quando era stato proprio lui a trattarla da donna inferiore.
« Il mondo è pieno di ragazze Purosangue migliori di lei. Che ha di tanto speciale? »
« Per favore... »
« Finiscila con i piagnistei, sei un Mangiamorte, fino a prova contraria ».
Severus tacque. Non gli importava di umiliarsi. Credeva di essere sul punto di impazzire. Voldemort doveva assolutamente ascoltarlo.
« Ho solo questa richiesta da farvi, mio Signore » disse in tono piatto. « Non chiedo altro ».
« E cosa vorresti fare, una volta che avrò ucciso suo figlio e suo marito? Vuoi averla tutta per te? Vuoi mescolare il tuo sangue di mago con una lurida Sanguesporco? »
Severus non osò neanche pensare a quella possibilità, anche se in passato l'aveva accarezzata molte volte... ma erano solo fantasticherie senza senso.
« No, ve lo giuro. Mi basterà che resti in vita » balbettò.
Voldemort tacque per alcuni eterni istanti, durante i quali Severus si sentì perennemente sull'orlo del baratro e si rese conto che la sua vita dipendeva dalla decisione che il Signore Oscuro avrebbe preso.
« Il Signore Oscuro è misericordioso, e per questa volta proverò ad accontentarti » disse infine, e Severus si sentì improvvisamente rinascere.
« Vi ringrazio... »
« Ma » lo interruppe lui, « il resto dipenderà da lei. Le darò la possibilità di vivere, questo sì. Ma se sceglierà di proteggere suo figlio e di contrastarmi, allora sarò costretto a ucciderla ».
Tutto il sollievo che aveva provato per una frazione di secondo svanì come era arrivato, lasciando posto ad un panico cieco.
Quasi non udì le parole di congedo del Signore Oscuro, perché si era reso conto che Lily non avrebbe mai scelto di vivere, lasciando morire Harry. Non lo avrebbe fatto con nemmeno con un estraneo, a maggior ragione col suo unico figlio. Sarebbe morta, Voldemort l'avrebbe uccisa e la vita di Severus sarebbe finita. Non poteva permettere che la uccidesse.
E di colpo gli rimase un'ultima, unica possibilità.
Non sapeva se sarebbe stata una buona idea, se avrebbe funzionato o se lo avrebbe condannato a morte certa, ma non poteva sprecarla. Teneva troppo a Lily per non fare nulla.
Quando voltò le spalle a Voldemort per uscire dal freddo salone semibuio, aveva già deciso di provarci.

« E tu che cosa mi darai in cambio, Severus? »
« In... in cambio? »
Guardò Albus Silente, e per un lungo istante non seppe cosa dire. Avrebbe dovuto smettere di essere un Mangiamorte e lavorare per lui anche se non lo desiderava affatto. Non voleva rinunciare ai suoi sogni di gloria, né voleva smettere di praticare le Arti Oscure. La sua vita sarebbe cambiata per sempre, lo sapeva, ma in gioco c'era la vita di Lily e, se voleva salvarla, avrebbe dovuto rinunciare a tutto. E, dopo qualche istante di esitazione, rispose.
« Qualunque cosa ».



Salve! Un po' tardi, ma alla fine ho pubblicato.
Era ora che Emmeline si decidesse, eh? Meno male che c'è Malocchio a rendere le cose imprevedibili e a rovinare sempre i bei momenti altrui pur di liberarsi di Dedalus per cinque minuti! Prima o poi Sturgis lo farà fuori, altro che Mangiamorte... XD
Per chi non se lo ricorda, Miriam Strout è quella Guaritrice iperprotettiva che fa da mamma ad Allock al San Mungo. Damocles Belby invece riuscirà davvero a fare qualcosa di utile, perché inventerà la Pozione Antilupo. Al momento non ci è ancora arrivato, ma posso immaginare che abbia iniziato proprio dopo un'esperienza così brutta.
Sono diventata incapace di scrivere su Severus xD Non riesco proprio a capire perché, ma appena provavo a scrivere questa scena mi bloccavo. Forse perché si è scritto tanto sulla sua decisione di voltare le spalle a Voldemort, e mi sembra di ripetere sempre le stesse cose, o forse perché a mio parere il momento in cui ha chiesto di risparmiare solo Lily è stato quello in cui ha dato il peggio di se stesso... ma andava inserita. Prima o poi gli dedicherò più spazio... *lo aggiunge alla lista ormai chilometrica*
Credo di aver detto tutto... Il prossimo capitolo sarà pubblicato a fine agosto.
Ciao a tutti!
Julia

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Capitolo 49
*** Sapeva troppo ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 49
Sapeva troppo

« E lo hai mollato lì, in compagnia di Dedalus Lux? »
Dorcas sembrava divertirti un mondo, e Rachel rideva a sua volta, mentre Emmeline non sapeva se giustificarsi o assecondarle. In effetti, da un certo punto di vista era divertente immaginare come fosse stata la ronda intorno a Hogwarts dopo che lei se n'era andata, tra Dedalus che cercava di fare conversazione con le sue stramberie e Sturgis che non era nemmeno in grado di capire se quel che era successo fosse reale o solo frutto della sua sbronza.
« Sì, be', non potevo ignorare Malocchio » bofonchiò, nascondendo l'imbarazzo con un sorso di Acquaviola.
« Il tempismo di Alastor è impareggiabile. Dovremmo legarlo e imbavagliarlo per impedirgli di rovinare certi momenti » continuò Dorcas, sempre più divertita.
« In realtà è stato utile. Se fossi rimasta lì non avrei saputo cosa fare... Insomma, fino a quel momento credevo di non provare nulla per Sturgis, e poi è cambiato tutto all'improvviso ».
« Forse te ne sei accorta solo in quell'istante. Ogni tanto è un bene lasciarsi andare senza pensare: potresti fare la cosa giusta più di quando pretendi di avere tutto sotto controllo » ribatté Rachel. Le porse il piatto che aveva accanto a sé. « Uno zuccotto? »
Emmeline accettò l'offerta e ne prese uno. Sebbene avesse avuto tutta la notte per pensare alla sera prima, si sentiva ancora piacevolmente frastornata. Per fortuna quello era il suo giorno libero e non doveva andare al corso per Auror. Sturgis tuttavia aveva il turno al San Mungo fino a quel pomeriggio, e l'attesa stava diventando snervante. Così aveva accettato volentieri l'invito a pranzo di Dorcas: era un'occasione per distrarsi.
« Quando vi vedete? » chiese la padrona di casa.
« Alle cinque ai Tre Manici di Scopa » rispose Emmeline, e per l'ennesima volta dall'inizio della giornata guardò l'orologio con impazienza.
« Siamo contente per te. Sturgis è più in gamba di quanto sembra, e voi due insieme starete benissimo ».
« Grazie, Dorcas » disse Emmeline, senza riuscire a smettere di sorridere. Era da tanto tempo che non si sentiva così felice. Non le sembrava vero.
Poi le tornò in mente la conversazione che Rachel e Dorcas stavano facendo quando lei era arrivata.
« Di cosa stavate parlando prima che vi raccontassi di Sturgis? » domandò.
« Oh... »
« Rachel è stata costretta a lasciare il lavoro » rispose Dorcas, tornando improvvisamente seria.
Emmeline sgranò gli occhi.
« Come mai? »
Rachel alzò le spalle, cercando di apparire più a suo agio di quanto non fosse in realtà.
« I Mangiamorte hanno cercato di uccidere Sirius per stanare Regulus. Non mi sembrava saggio dare loro la possibilità di farmi fuori, visto che il Ministero è pieno di Mangiamorte. Tutto qui... »
« E tu cosa ne pensi? »
« Non sono molto contenta, questo è ovvio. Mi piaceva fare l'Obliviatrice... ma non voglio farlo pesare, anche se Regulus si sente in colpa lo stesso ».
Emmeline le versò dell'altra Acquaviola nel bicchiere.
« Quando finirà la guerra potrai riprendere da dove hai iniziato, non abbatterti » disse Dorcas con fare incoraggiante. « Dopotutto non sei la prima ad essere stata costretta a dare le dimissioni. Parecchi miei colleghi rimangono a casa, e alcuni di loro non hanno nemmeno un motivo valido, se devo essere sincera ».
« Non posso biasimarli » intervenne Emmeline. « Ormai nessun posto è sicuro. Avete sentito della morte di Karkaroff? »
« Eccome. Non ci si capisce nulla » disse Rachel, perplessa.
« Il suo omicidio sarà servito di monito nei confronti degli altri Mangiamorte catturati » commentò Dorcas. « Mi chiedo solo chi potrebbe essere stato. »
« Molte persone tra quelle che abbiamo intorno hanno il permesso di accedere ad Azkaban » rispose Rachel, scuotendo la testa con aria sconsolata.
A tutte e tre di Karkaroff importava poco, ma erano ugualmente preoccupate da quanto lontano Voldemort poteva arrivare.
« Non rovinatevi il pranzo per una persona squallida come Karkaroff » intervenne Dorcas, che al momento sembrava fin troppo di buon umore per avere voglia di affrontare una conversazione del genere. « Questo succo di zucca è ottimo. Dovrei comprarlo più spesso. »
Emmeline e Rachel si scambiarono un'occhiata eloquente. La prima non vedeva Dorcas così serena da tantissimo tempo; Rachel invece non l'aveva mai vista così.
« Sono contenta che tu sia tornata con Gideon » le disse, mentre iniziava a mangiare. « Ancora mi chiedo come mai hai aspettato tanto. »
Dorcas alzò le spalle, sospirando.
« Paura di vivere, immagino » ammise. « Ma la versione ufficiale è che mi diverte tenerlo sulle spine. »
Le altre due ridacchiarono.
« Sei tremenda » commentò Emmeline, ma il commento seguente di Dorcas le fece scivolare via il sorriso:
« Anche tu hai tenuto in sospeso Sturgis per secoli, quindi taci. »
Emmeline rise, ma in quel momento qualcuno bussò alla porta. Tese come erano per via della guerra, sobbalzarono sulle rispettive sedie.
Dorcas si alzò in piedi.
« Tranquille, credo di sapere di chi si tratta » disse. Andò alla porta e, dopo alcuni istanti, la sentirono commentare. « Come pensavo ».
Lei e Gideon si chiusero la porta alle spalle ed entrarono nella sala da pranzo.
« Sei così appiccicoso da non riuscire a stare lontano da me neanche un giorno, vero? » lo provocò Dorcas.
Lui ridacchiò, divertito, salutando le altre due.
« Ma figurati. In realtà sono andato al Ministero per una faccenda da sbrigare... Non mi fido molto dei miei colleghi, sono così pigri che devo spronarli continuamente. Ma visto che ora ho fatto quel che dovevo e sono nei paraggi, ne approfitto per farti una proposta. »
« Sentiamo » fece lei.
« Oggi andiamo al cinema. Ho anche imparato a prenotare i biglietti con il telefono. »
« Sono davvero fiera di te » commentò lei, colpita. « Purtroppo non... »
« Non puoi rifiutare! Stavolta ho detto a Fabian di non fare il terzo incomodo e di lasciare casa libera. Credo che andrà a dormire da Molly. »
Rachel ed Emmeline si sforzarono di fare finta di nulla, ma Dorcas notò le loro espressioni divertite e le fulminò con lo sguardo. Così si costrinsero a fingere di parlare tra di loro.
« Hai idea di cosa sia un cinema? » chiese Emmeline.
« Stranamente sì » rispose l'altra, evidentemente fiera di conoscere per una volta un lato del mondo Babbano. « Ne ho visto uno in televisione. Sono delle stanze in cui fanno vedere su un enorme schermo delle fotografie magiche che durano un paio d'ore. »
« Ma non mi dire... » commentò Emmeline, stupita.
Intanto, Dorcas aveva interrotto i programmi di Gideon.
« Gideon credimi, sapere che Fabian ha smesso di partecipare come terzo incomodo alle nostre cene mi rende davvero felice, anche se sono sempre più decisa a trovargli una ragazza così che la smetta definitivamente. Ma oggi non posso proprio. »
Lui sembrava deluso.
« Perché? »
« Devo vedere quella mia collega per la cosa di cui ti ho parlato qualche giorno fa... È importante. Non so quanto ci metterò, ma oggi pomeriggio non posso venire al cinema. »
All'improvviso, Gideon si fece serio anche se, quando notò gli sguardi perplessi delle altre due ragazze, cercò di fare finta di niente.
« Oh, va bene... allora facciamo domani? »
Dorcas alzò le spalle.
« Vedremo. Ma forse oggi per la cena ce la faccio. »
Lui fece un sorriso che tuttavia svanì quasi subito. Sembrava davvero preoccupato.
« Senti, vuoi che venga con te? Dalla tua collega, intendo ».
Lei scosse la testa.
« Non ho bisogno di una guardia del corpo, so badare a me stessa anche da sola! »
« Dobbiamo preoccuparci? »
Dorcas si voltò verso Rachel ed Emmeline, a loro volta sospettose.
« Assolutamente no. Ignorate Gideon, sta diventando più iperprotettivo di sua sorella ».
« Ma... »
« Vado a prendere qualcos'altro da bere » tagliò corto Dorcas, prima che loro potessero farle altre domande.
Gideon colse gli sguardi perplessi delle due ragazze, e sospirò.
« Deve fare sempre di testa sua ».
« Ma di cosa si tratta? »
« Credetemi » rispose Dorcas stessa, affacciandosi nel salotto. « Meno ne sapete, meglio è. Ne riparleremo quando l'operazione si sarà conclusa. Ora però non ne voglio parlare. In questi casi, la segretezza è essenziale ».

***

Quel pomeriggio, Dorcas stava percorrendo una strada suburbana di Londra, alla fine della quale si trovava la casa della sua collega.
Agli altri non l'aveva fatto capire, ma anche lei era preoccupata. Althea non era mai mancata un solo giorno lavorativo da quando era membro del Wizengamot, e probabilmente anche da prima. La sua assenza prolungata doveva avere qualche motivo serio. Ma Dorcas doveva assolutamente parlarle. L'Ordine della Fenice sapeva bene che il Ministro Bagnold fosse circondato da Mangiamorte infiltrati, ma nemmeno loro poteva fare nulla contro personalità così importanti, a meno di avere l'appoggio di qualche membro altrettanto importante del Wizengamot. Ma per convincerne almeno uno, servivano delle prove. E Dorcas quel giorno le aveva.
Althea Bishop abitava vicino Bristol, in una casa a due piani circondata da una fitta siepe. Il sole stava già tramontando quando Dorcas vi si Materializzò davanti e alzò lo sguardo verso le finestre. Una luce al piano superiore era accesa.
Dorcas scavalcò la siepe e percorse il vialetto che conduceva alla porta d'ingresso, poi suonò il campanello.
Dopo alcuni secondi, fu proprio Althea ad aprirle. Aveva solo dieci anni più di lei, ma le occhiaie e l'aspetto malaticcio la facevano sembrare molto più anziana. Era sempre stata una persona attiva, e stare in casa per molti giorni non le faceva un buon effetto.
« Dorcas, è un piacere vederti » le disse, con un sorriso smagliante. Non era normale, visto che sorrideva raramente. Anzi, al momento sembrava piuttosto nervosa.
« Stai proprio messa male » commentò Dorcas, senza mezzi termini.
« Già, una brutta influenza. Ho avuto la febbre molto alta, ma adesso sono guarita, non preoccuparti. Puoi entrare senza problemi. »
« Perfetto. Devo farti leggere questi documenti per forza » rispose Dorcas, mettendo piede nell'ingresso.
Althea tuttavia le aveva fatto spazio con molta riluttanza, ma poi chiuse la porta.
« Allora, questi qui... » iniziò a dire Dorcas, ma le parole le morirono in gola quando notò qualcosa di strano. Althea era davvero pallida e, anche se tentava di sorridere, i suoi occhi sbarrati sembrava che le stessero dando qualche avvertimento. « Va tutto bene, a parte la febbre? »
« Oh sì, certo! Sai che sono iniziati i saldi da Madama McClan? Vorrei poterci andare, ma sono bloccata qui dentro, purtroppo... »
In un baleno la mano di Dorcas andò a chiudersi intorno alla bacchetta. Althea si vestiva sempre con abiti passati di moda da decenni, ed era la persona meno interessata alle svendite di abbigliamento dell'intero mondo magico.
« Già, stavo pensando di andarci anche io » disse, mentre con lo sguardo cercava di comunicarle i propri sospetti.
Althea annuì, ma si morse il labbro, come se stesse lottando contro qualcosa o qualcuno che le impediva di comportarsi come avrebbe voluto. Sembrava in preda ad una lotta interiore, come se stesse cercando di resistere ad una Maledizione Imperius...
Dorcas estrasse la bacchetta, pronta ad attaccare.
« Chi altri c'è qui dentro? » le chiese, tesa.
Prima che Althea potesse rispondere, fu sbalzata contro la parete, dalla quale fuoriuscirono delle funi che andarono a legarle i polsi, impedendole di muoversi.
« Scappa! » le urlò, ma Dorcas non le diede retta. Non avrebbe mai lasciato una persona in pericolo.
« Siete Mangiamorte, vero? Uscite fuori e affrontatemi da uomini, invece di nascondervi come ratti » disse Dorcas in tono di sfida. Non riusciva a vederli, ma dovevano essere nascosti lì da qualche parte, quindi continuava a guardarsi intorno.
« Come vuoi » rispose una voce che la fece rabbrividire nel profondo.
In un angolo alla sua destra l'aria s'increspò, poi un'unica figura alta e vestita di nero si fece avanti.
Dorcas si sentì invadere dal panico. Non era un semplice Mangiamorte.
Era Voldemort in persona.
Anche se avesse voluto, Dorcas non avrebbe smesso di fissare quegli occhi iniettati di sangue che la soppesavano attentamente. Si morse il labbro per impedirgli di tremare, non davanti a lui.
Poi Voldemort parlò, e lo fece con la stessa voce sibilante di prima, che la fece rabbrividire di nuovo.
« Iniziavo a pensare che non saresti mai arrivata » disse. « Dorcas Meadowes. Sei stata una spina nel fianco per troppo tempo. Hai commesso un grosso errore quando hai fatto arrestare molti dei miei seguaci. »
A Dorcas sudavano le mani, ma si sforzò di mantenere una presa salda sulla propria bacchetta. Non ci voleva molto per capire che Voldemort era lì per lei. Per un attimo valutò le proprie possibilità. Non si sarebbe sottratta al combattimento, ma sapeva anche che il suo avversario era sempre stato imbattuto. Perciò, se doveva morire, voleva farlo a modo suo.
« È stato un vero piacere » rispose, in tono di sfida. « Mi auguro che i tuoi cagnolini si godano il soggiorno ad Azkaban. »
Althea scoppiò a piangere, urlandole avvertimenti misti a scuse. Dorcas avrebbe voluto dirle di tacere, ma non voleva deconcentrarsi neanche per un istante. Voldemort sogghignò. Il suo sguardo emanava intenzioni omicide.
« Sei in gamba, lo ammetto. Saresti stata un'ottima Mangiamorte. È un peccato che debba ucciderti. Tu però potrai considerare una sorta di omaggio il morire per mano mia. Pochi hanno questo privilegio. »
« Sono talmente lusingata che potrei svenire » rispose Dorcas, gelida.
« Allora combattiamo. O preferisci chiamare in aiuto i tuoi amici? In fondo a voi dell'Ordine basa evocare un Patronus. »
La stava provocando. Dorcas strinse i pugni e serrò i denti, decisa a non emettere neanche un suono. Non avrebbe potuto chiedere aiuto, perché lui non le avrebbe dato neanche il tempo di emettere un suono.
« È me che vuoi, giusto? » sbottò.
« Sei tanto superba da credere di potermi sconfiggere, questa notte? Ma il Signore Oscuro non può essere ucciso. »
Dorcas mascherò il terrore che provava con una smorfia sarcastica.
« Mi dispiace deluderti, ma sei mortale quanto me. »
« È qui che ti sbagli. »
In quel momento capì che il tempo delle chiacchiere era finito.
« Avada Kedavra! »
Pronunciarono le stesse parole nel medesimo istante. Due fiotti di luce verde partirono dalle rispettive bacchette e si scontrarono, rimbalzando in direzioni opposte senza colpire nessuno dei due.
Dorcas si preparò al contrattacco, ma la mossa successiva di Voldemort la colse di sorpresa. Di colpo sentì il pavimento franarle sotto i piedi. Per fortuna, la sua agilità e i riflessi scattanti la salvarono, facendola rotolare di lato un attimo prima che il marmo e le intere fondamenta si spaccassero, creando una voragine che l'avrebbe ingoiata.
Dorcas sentì Althea chiamare il suo nome. Rotolò di nuovo su un fianco, per evitare un'altra maledizione. Rovesciò il tavolo e lo usò come barriera protettiva, anche se sapeva che non sarebbe servito a molto contro Voldemort. Ma almeno le permise di rialzarsi senza essere colpita.
Alzò la bacchetta e lanciò delle sfere infuocate verso il suo avversario. Le prime due lo mancarono, altre due lui le rimandò indietro, ma l'ultima lo colpì. Approfittando del momento in cui lui spegneva le fiamme che avevano iniziato a lambire la sua veste, provò a disarmarlo, ma Voldemort fu ugualmente più veloce.
Dorcas era già in posizione di attacco e non ebbe il tempo di spostarsi quando fu colpita da una luce blu elettrico. Cadde per terra, piegata in due da un dolore lancinante all'altezza dello stomaco. Non perdeva sangue, ma era sicura che si trattasse di un'emorragia interna.
Cercò di respirare, ma ogni volta che inspirava provava un dolore intensissimo. La sua vista si era già annebbiata, ma ciò non le impedì di vedere Voldemort che con un colpo di bacchetta scagliava via il tavolo che gli intralciava il passaggio, pronto a farla finita.
Dorcas in quel momento si ritrovò a pensare a Gideon, e si odiò. Per tutto quel tempo aveva temuto di perderlo, e adesso sarebbe stata lei ad abbandonarlo per prima. Quella mattina si erano salutati come due persone normali, sicure di vedersi la sera stessa, ignari di quello che sarebbe accaduto.
Gideon ne sarebbe stato distrutto...
Una furia cieca s'impossessò di lei. Se doveva andarsene, voleva farlo combattendo.
Lottando contro il dolore provocato dalle ferite interne e faticando a respirare, alzò la bacchetta contro di lui e sussurrò di nuovo l'Anatema che Uccide.
Ma non funzionò. Era troppo debole e l'unica cosa che uscì dalla punta della sua bacchetta fu uno sbuffo di fumo verde che non lo sfiorò nemmeno. La forza della disperazione la spinse a gettarsi contro di lui, afferrando la bacchetta e costringendolo a deviare l'incantesimo. Ma poi Voldemort la cacciò indietro, mandandola a sbattere contro lo spigolo di un mobile, e Dorcas divenne incapace di reagire, intontita dal colpo alla testa.
La sua ultima sfida fu continuare a guardarlo dritto negli occhi mentre Voldemort la uccideva.

Quando aveva visto Dorcas crollare a terra come una bambola di pezza, l'altra donna era scoppiata in lacrime, singhiozzando una serie di insulti nei confronti del suo assassino. Voldemort la ignorò, troppo intento a gustarsi quella vittoria e a fingere di non sentire il dolore delle ustioni che il combattimento gli aveva provocato.
Dorcas Meadowes era stata un'avversaria temibile, ma adesso si era finalmente liberato anche di lei. Quello era un gran passo avanti nella guerra, pensò.
Poi i gemiti e gli schiamazzi della donna lo infastidirono a tal punto che, senza degnare più di uno sguardo il corpo della sua vittima, si voltò verso la Bishop e le puntò la bacchetta al collo, facendola ammutolire all'istante.
« Mi stai davvero annoiando. » le disse, minaccioso. « Non mi è piaciuto il tuo tentativo di opporti all'Imperius di Lestrange. E nemmeno questo mi è piaciuto. »
Individuò i documenti di Dorcas, per terra accanto al cadavere, e li incenerì con un pigro colpo della bacchetta.
La donna ansimava, terrorizzata, ma era talmente sotto shock da non stare attenta a quello che diceva.
« Uccidi anche me, avanti! Sono giorni che mi tenete prigioniera qui dentro, e ora mi hai resa tua complice di... di questo! » esclamò, incapace di guardare Dorcas.
Voldemort affondò la bacchetta ancora di più, facendole trattenere il respiro.
« Potrei farlo. Ma ti lascerò vivere. Voglio che ci sia qualcuno a testimoniare cosa succede a chi mette i bastoni tra le ruote al Signore Oscuro. Racconta agli Auror e all'Ordine della Fenice che neanche i più forti di loro possono vincere contro di me. Racconta loro di come fosse sicura di potermi sconfiggere, e di come fosse vana la sua convinzione. Nessuno può sconfiggermi. »
E, dopo averle accuratamente cancellato tutti i ricordi riguardanti l'indagine di cui lei e Dorcas si erano occupate negli ultimi mesi, la lasciò così, a fissare tremante il Marchio Nero che incombeva sulla sua casa.

***

Fabian era accorso non appena gli era giunta la notizia. Quando entrò nel quartier generale, aveva la sensazione che qualcuno gli avesse legato delle pesanti catene ai piedi, talmente poca era la forza che possedeva in quel momento. Non era nemmeno sicuro di avere le energie necessarie a rendersi davvero conto di quel che era successo. Spezzoni di frasi e parole senza senso vorticavano nella sua mente senza sosta.
Dorcas. Morta. Voldemort.
Se era un incubo, Fabian voleva svegliarsi al più presto. Conosceva Dorcas dai tempi della scuola. Era sua amica. Non poteva essere successo davvero. Dorcas non poteva essere morta: era la più tosta di tutti, una delle colonne portanti dell'Ordine della Fenice... ma era stato Voldemort in persona a ucciderla.
L'atmosfera al quartier generale non era migliore. Da un lato, Malocchio, Dedalus e Elphias parlavano sottovoce tra di loro, con toni cupi e sconsolati. Emmeline era letteralmente scoppiata in lacrime e Sturgis cercava invano di consolarla, anche se non stava meglio di lei. Rachel era affacciata alla finestra e singhiozzava in silenzio. Tutti gli altri erano pallidi e ammutoliti dallo shock.
Ora tutti lo guardavano con sguardi incerti e interrogativi. A Fabian bastò un'occhiata per capire che la persona che più gli premeva di vedere in mezzo a quel gruppo non era presente. Improvvisamente un brivido gelido gli percorse la schiena.
« Gideon è scomparso » annunciò, la voce rotta dall'angoscia. « Non ho idea di dove sia ».

***

Era una giornata ordinaria, al Ministero. I soliti dipendenti percorrevano i soliti corridoi facendo i soliti discorsi. Alcuni vociavano, altri si scambiavano le ultime notizie in tono concitato o lugubre.
Lui non li vedeva nemmeno, anche se ogni tanto lo sguardo della donna che aveva amato lo attirava dalle fotografie sulle prime pagine dei giornali, trafiggendolo come lame incandescenti. Faceva troppo male, quindi abbassava lo sguardo e tirava dritto, lungo quel corridoio di chissà quale livello – ricordava a mala pena dove si trovasse.
L'uomo camminava qualche metro davanti a lui. Il mantello color porpora che ondeggiava alle sue spalle dritte, il mento all'insù e l'atteggiamento sicuro di sé fecero provare una furia cieca al suo pedinatore.
« Si sentono al sicuro perché sono maghi importanti, e nessuno oserebbe denunciarli », gli aveva detto lei qualche giorno prima, mentre la stringeva tra le braccia. « Credono di potersi permettere di fare gli spavaldi e di continuare a controllare la Bagnold come dei burattinai ».
« Dimmi almeno i nomi », le aveva fatto eco lui.
« No, è una faccenda tra me a Althea ».
« E dai! »
« Non ne sono sicura nemmeno io! Posso dirtene solo uno: Selwyn ».
« Selwyn ».
Gideon lo mormorò tra sé, stringendo la bacchetta nel pugno e facendosi quasi dolere la mano. Era l'unico nome che aveva, forse l'unico che avrebbe mai avuto. Tutte le altre prove erano ormai ridotte in cenere. Ma non avrebbe reso vano tutto il lavoro di Dorcas.
Almeno uno di questi bastardi deve finire ad Azkaban.
Selwyn entrò nel bagno degli uomini. Gideon lo seguì un istante dopo.
Prima che il Mangiamorte potesse voltarsi e salutarlo con uno dei suoi soliti sorrisi di circostanza, Gideon lo afferrò per i capelli e gli strattonò la testa, mandandola a cozzare violentemente contro il muro del bagno.
Selwyn urlò per il dolore.
« Che stai...? » gridò, ma Gideon gli puntò la bacchetta alla gola.
« Dimmi i nomi di tutti gli altri! » intimò.
« Gli altri chi? Ahi! »
Gideon gli aveva assestato un pugno tra le costole. Il Mangiamorte rimase per alcuni istanti senza fiato.
« I Mangiamorte dei piani alti, quelli che circondano la Bagnold insieme a te! Dimmelo o giuro che non esci vivo da questo bagno ».
Ma Selwyn reagì. Gideon fu colpito a sua volta da un pugno alla bocca dello stomaco e fu costretto a ritrarsi, permettendo al Mangiamorte di divincolarsi. Poi iniziò la colluttazione.
Ben presto il bagno fu invaso da incantesimi e fatture che rimbalzavano sulle pareti, distruggendo le porte dei cubicoli e mandando in frantumi gli specchi e i lampadari.
Gideon non sentiva nemmeno la fatica, tanto era concentrato. Una fattura di Selwyn lo ferì ad un braccio, ma lui non se ne accorse. Non faceva neanche lontanamente male quanto il pensiero che non avrebbe mai più potuto rivedere Dorcas.
La forza della disperazione era l'unica cosa che gli permetteva di continuare. Non avrebbe permesso che tutti quelli che lei aveva cercato di incastrare se la cavassero. Almeno Selwyn doveva pagare. Poco importava se era stato Voldemort a ucciderla. Doveva continuare a combattere, o sarebbe impazzito dal dolore.
La porta del bagno di spalancò: qualcuno doveva aver sentito tutto quel fracasso. Gideon non accennò a smettere.
« Confessa! » urlò al Mangiamorte, che ormai sembrava quasi terrorizzato.
Ben due persone furono necessarie per bloccare Gideon anche quando gli Auror ebbero portato via Selwyn, altrimenti lui avrebbe continuato a mirare contro il suo avversario.
« Basta, Prewett, lo stanno portando ad Azkaban per aggressione a tuoi danni e tentato omicidio ».
Gideon nemmeno riconobbe la voce dura e aspra di Crouch, e gli parve irrilevante specificare che in realtà era stato lui ad aggredire Selwyn; diversamente, non avrebbe potuto dimostrare che Selwyn era effettivamente un Mangiamorte.
La testa iniziò a girargli quando smise di lottare contro chi lo stava trattenendo. Vide Fabian arrivare di corsa, trafelato e pallido. Gideon non si stupì quando vide quanto suo fratello soffrisse nel vederlo ridotto in quel modo. Lui stesso si sentiva completamente svuotato.
« Se muori prima di me, ti faccio tornare in vita solo per poterti uccidere personalmente » gli aveva detto Dorcas, quelli che sembravano secoli prima.
Stava quasi per mettersi a ridere per la disperazione, ma non lo fece, perché quando vide chi c'era dietro Fabian, trattenne il fiato.
Con uno sforzo immane, si alzò e si diresse verso la Bagnold, incurante dei presenti che Crouch e gli Auror stavano cercando di allontanare. La afferrò per il polso, come per impedirle di tirarsi indietro. Dorcas era morta perché sapeva troppo. Aveva scoperto quasi tutti i nomi dei Mangiamorte che ricattavano il Ministro della Magia e stava per smascherarli. Ma Gideon poteva ancora fare qualcosa. Anche se non sapeva quasi niente, poteva proseguire il lavoro di Dorcas. In quel momento gli sembrava l'unica ragione per continuare a vivere. Non avrebbe reso vana la sua morte.
« Ministro, devo parlarle » le sussurrò, quasi completamente senza fiato.
Lei non fece domande: il suo tono di voce era stato abbastanza eloquente.
« Seguimi, Prewett. No, Malfoy, non avrò bisogno di te » aggiunse la Bagnold, fermando Lucius prima che li seguisse.
Quello non osò disobbedire, ma sembrava allarmato.
Fa bene a preoccuparsi, lui come gli altri, pensò Gideon, stringendo i pugni, ripetendo nella sua mente una promessa. La pagheranno tutti.




Non posso credere di averlo fatto davvero! Sono due giorni che rimando l'aggiornamento perché non mi sentivo pronta, anche se ho avuto tempo per prepararmi. Già un anno fa Dorcas faceva parte della lista dei personaggi che sarebbero sicuramente morti, quindi mi ero ripromessa di non affezionarmi troppo a lei. Secondo voi è servito a qualcosa? No, anzi, è diventata una dei miei preferiti in assoluto. Come non detto... ç____ç
Come al solito vado di corsa (questo periodo incasinato finirà mai?). Il prossimo aggiornamento sarà a fine settembre, poi credo che ricomincerò ad aggiornare ogni due settimane come prima.
Un abbraccio a tutti, e buon rientro!
Julia

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Capitolo 50
*** La stanza che scompare ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 50
La Stanza che Scompare

Con la morte di Dorcas, l'Ordine della Fenice aveva perso un punto di riferimento. Certo, avevano ancora Silente e Alastor, ma alle riunioni la sua assenza si notava, e pesava come un macigno sui loro stati d'animo. Nonostante ciò, la reazione di Gideon aveva influenzato un po' tutti. Il maggiore dei Prewett non si era dato per vinto, tutt'altro: si impegnava dieci volte più di prima e non restava mai un solo istante senza fare nulla. Ovviamente lo faceva per non impazzire, perché alla minima pausa sarebbe crollato, ma il suo atteggiamento aveva indotto gli altri ad imitarlo, senza lasciarsi vincere dalla disperazione.
Sturgis lo ammirava, ma non poteva fare a meno di rimpiangere il passato. Gideon non scherzava più, e sembrava improvvisamente svuotato. Anche Fabian aveva smesso di fare battute; qualche volta faceva un tentativo ma nemmeno lui credeva più che sorridere fosse davvero utile. Dopo tutto l'Ordine della Fenice si era dimezzato, e tutti loro ne erano consapevoli.
Sturgis uscì dall'ennesima riunione con un gran mal di testa. Avevano fatto un riepilogo delle poche confessioni che alcuni Mangiamorte di Azkaban avevano rilasciato; Hagrid invece era riuscito a trattare con un paio di giganti. Era stata una riunione importante ma Sturgis fu contento di esserne uscito.
« Sono distrutto. Per fortuna domani è il mio giorno di riposo » disse, lanciando un'occhiata al proprio orologio da polso e notando senza troppo stupore che si era fatto tardi.
« Non hai una ronda da fare? » gli chiese Rachel, che lo aveva seguito all'ingresso del quartier generale.
« Sì, ma quella non mi pesa affatto » confessò lui, riuscendo quasi nell'intento di farla sorridere per alcuni istanti, sebbene lei soffrisse quanto Emmeline per la morte di Dorcas: entrambe ne erano diventate molto amiche.
« Certo che no » rispose Rachel, lanciando un'occhiata a Emmeline, che li aveva raggiunti in quel momento, prendendo Sturgis per mano.
Lui gliela strinse. Qualche volta ancora non riusciva a credere di stare davvero con lei, e il fatto che il ricordo del loro primo bacio fosse molto confuso contribuiva a renderlo ancora più incredulo. Però ricordava bene il pomeriggio successivo, quando era uscito dal San Mungo e aveva incontrato Emmeline ai Tre Manici di Scopa. Era stato il giorno più felice della sua vita fino a quando, quella sera stessa, la notizia dell'uccisione di Dorcas era giunta alle loro orecchie, e il dolore per il lutto aveva infranto l'idillio troppo presto. Ma Sturgis era deciso a non arrendersi, non dopo tutto il tempo che aveva trascorso ad aspettare che Emmeline si accorgesse di ricambiarlo, anche se iniziare una storia in quella situazione era difficile. E lei gli sembrava altrettanto motivata ad affrontare tutto questo insieme a lui.
« Andiamo? » disse lei, sbadigliando. Sturgis sapeva che da qualche notte non riusciva a dormire bene per l'angoscia, e non era l'unica, a giudicare dal pallore di Rachel.
Stavano per aprire la porta quando qualcuno all'esterno li anticipò, e i tre si ritrovarono davanti l'ultima persona che si sarebbero aspettati di vedere.
« Remus » disse Sturgis, stupito. Era contento di vederlo, ma il ragazzo era sempre più pallido e malaticcio, e un'ombra di preoccupazione segnava il suo volto.
« Oh, ciao » fece distrattamente. « Ho bisogno di parlare con Silente. Per caso è qui? »
« No » rispose Rachel. « Ma dovrei vederlo tra poco. Gli dico che sei passato? »
« Sì, grazie, non posso fermarmi a lungo... James, Lily e Harry stanno bene? »
« Che io sappia sì, ma Sirius lo saprà meglio di me. È nell'altra stanza » aggiunse lei, indicando una porta alle proprie spalle.
Ma Remus reagì in modo strano, e Sturgis non fu il solo a notarlo.
« Non importa. Come ho detto prima, vado di fretta. Ci vediamo ».
E, senza aggiungere un'altra parola, voltò loro loro le spalle e si allontanò per Smaterializzarsi, lasciandoli confusi e perplessi.
«
È solo una mia impressione o anche a voi è sembrato che non volesse vedere Sirius? » commentò Emmeline dopo un breve silenzio perplesso.
« Spero che non sia così » fece Sturgis, sentendosi improvvisamente a disagio. « Se quei quattro si mettono a litigare, giuro che do di matto. Per Voldemort sarebbe l'ennesima vittoria, e la situazione è già insostenibile così com'è ».
« Credi davvero che Voldemort c'entri qualcosa? » gli domandò Rachel.
« Non lo so. Ma se litighiamo tra di noi e l'Ordine si spacca, a guadagnarci saranno soltanto i nostri nemici ».
Nessuna delle due ragazze commentò e anche Sturgis tacque, perché tutti e tre si rendevano conto che quella possibilità non era affatto remota. Tutti gli omicidi, sospetti e discussioni non erano altro che nuove falle nella loro nave, che imbarcava sempre più acqua e rischiava seriamente di affondare.

***

Almeno questa è una buona notizia.
Regulus non aveva potuto fare a meno di pensarlo quando Silente aveva annunciato che, dopo un lungo periodo di tentativi, era riuscito a convincere la Dama Grigia a raccontargli cosa fosse successo tra lei e Tom Riddle, e che cosa c'entrasse il quinto Horcrux.
« È un oggetto storico, come sospettavamo: il Diadema perduto di Corvonero » aveva detto Silente. « La Dama Grigia non è altri che Helena Corvonero, unica figlia della fondatrice dell'omonima Casa di Hogwarts. Si dice che il diadema avesse il potere di stimolare l'intelletto di chi lo indossava. Dopo averlo rubato, Helena fuggì in Albania, dove trovò la morte per mano del Barone Sanguinario... Sì, proprio lui » confermò, notando le loro espressioni di stupore. « Il Barone provava per Helena un amore non corrisposto, ed era stato mandato dalla madre di lei per riportarla indietro. Ma, al suo rifiuto, perdette la ragione e la uccise, per poi togliersi la vita a sua volta. È una triste storia, e immaginerete quanto poco fosse disposta a raccontarmela. Eppure Tom Riddle riuscì a farle confessare tutto e si fece indicare anche il luogo esatto in cui aveva nascosto il Diadema perduto. E questo ci riporta agli anni in cui Riddle fece perdere le proprie tracce: era andato in Albania ».
Regulus si sentì invadere da un inusuale ottimismo.
« Crede che il Diadema sia ancora nascosto lì? »
Silente bevve un sorso di vino elfico prima di rispondere.
« Ne dubito. Voldemort non avrebbe mai lasciato un Horcrux in un posto che qualcun altro – in questo caso Helena Corvonero – ricordava perfettamente. Eppure, conoscendo la sua arroganza, non me la sento di escludere completamente questa possibilità. È per questo che andrò io stesso in Albania. Dopotutto al momento non conosciamo altri posti in cui cercare. Meglio partire da un luogo certo... »
« Se ne va in Albania? » lo interruppe Rachel, che fino a quel momento non aveva aperto bocca. Regulus notò che anche Sirius era contrariato.
« Non dovrei? » chiese Silente, senza scomporsi.
Regulus vide Rachel esitare e, alla fine, esprimere quello che tutti e tre stavano pensando.
« Se lascia l'Inghilterra, Voldemort si scatenerà più di adesso. Morirà qualcun altro... » aggiunse, serrando la presa intorno al bicchiere tanto da farsi sbiancare le nocche.
Anche se cercava di non farlo capire e di sembrare forte, Rachel stentava a riprendersi dalla morte di Dorcas. Non solo aveva avuto una grande ammirazione nei suoi confronti, ma lei l'aveva aiutata tanto quando Rachel credeva che lui fosse morto. L'omicidio dell'amica era stato un duro colpo per lei.
« Starò via per poco tempo, e Voldemort non lo saprà » la rassicurò Silente.
« Ma la spia... » intervenne Sirius.
« La notizia della mia partenza non uscirà da queste quattro mura » chiarì il mago, dando un'occhiata intorno al salotto di casa Puddle. « Non è il caso che sia uno di voi ad andare in Albania. Nel frattempo, in mia assenza saranno Alastor Moody e Minerva McGranitt a occuparsi dell'Ordine e di Hogwarts. Per qualsiasi cosa, rivolgetevi a loro ».
Nessuno replicò. A Regulus era venuta una mezza idea di offrirsi volontario per andare in Albania, ma ammise a se stesso che Silente avrebbe fatto di meglio. Lui era un ricercato, e non poteva andare in giro a chiedere informazioni su Voldemort. Come ex Mangiamorte, sapeva bene che il Signore Oscuro aveva contatti anche in altre nazioni. E poi Rachel stava vivendo un brutto periodo, e non aveva nessuna voglia di abbandonarla in quel momento. Ma rimanere a casa Puddle senza fare nulla era una sofferenza.
Silente si era già alzato, convinto che non ci fosse altro da dire, quando Rachel gli comunicò che Remus Lupin era passato perché voleva parlargli.
« Gli parlerò appena possibile. Grazie per avermi avvertito » concluse Silente senza battere ciglio.
Sirius invece sembrava stupito e il suo sguardo cupo non faceva presagire nulla di buono. Dopo che il Preside se ne fu andato, chiese spiegazioni a Rachel.
« Quando è passato? »
« Questa sera, subito dopo la riunione. A dire il vero, gli abbiamo detto che c'eri, ma lui andava di fretta e non si è potuto fermare a salutarti... »
All'improvviso un'atmosfera tesa calò nella stanza. Sirius era diventato ancora più scuro in volto e Regulus lo vide chiaramente digrignare i denti. Doveva esserci qualcosa che non andava tra lui e Lupin, ma quando Regulus si rese conto che Rachel stava per chiedere spiegazioni al riguardo, la distrasse con una scusa qualunque.
« Stavo pensando di uscire, qualche volta » affermò, dicendo la prima cosa che gli venne in mente. «
È noioso da morire stare chiusi in casa tutto il giorno. In fondo sono bravo a camuffarmi. Nessuno mi riconoscerebbe ».
Rachel era sorpresa, ma Sirius sembrò sollevato dal cambio di argomento. Tra i due fratelli si era instaurato una sorta di tacito accordo su certi argomenti tabù: Sirius non faceva un solo commento sulla loro famiglia di origine, e Regulus fingeva che tra il fratello e i suoi amici andasse tutto bene, anche se non era vero, e ultimamente lo aveva notato sempre di più. Ma, dopo che Sirius aveva passato anni a rinfacciargli che gli amici erano la sua vera famiglia, se qualcosa fosse andato storto Regulus sarebbe stato l'ultima persona alla quale l'altro avrebbe voluto farlo sapere.
« Lo sai che è pericoloso » disse Rachel, cupa. « E nemmeno io esco molto, da quando non lavoro più. Certo, ho le riunioni dell'Ordine della Fenice, ma nient'altro. Lo so che è opprimente, ma non sei l'unico. James e Lily non escono proprio più, per non fare correre rischi a loro figlio ».
« Questo non è esattamente vero » intervenne Sirius, dopo aver avuto il tempo di riprendersi e assumere il suo solito sorriso divertito. « James esce spesso con il Mantello dell'Invisibilità... Rachel, non hai torto, ma non ce l'ha neanche lui. Se non ci fosse nessuna spia, si potrebbe anche unire all'Ordine della Fenice ».
Rachel non fece commenti, anche se non sembrava molto entusiasta di quella proposta, non dopo tutte le perdite che l'Ordine aveva subito.
Regulus invece si sentì come se qualcuno gli avesse puntato la bacchetta alla tempia.
« Quando incastrerete la spia ci penserò » tagliò corto, improvvisamente deciso a cambiare di nuovo argomento.
Per fortuna nessuno degli altri due insistette. In realtà Regulus non aveva la minima intenzione di entrare a far parte dell'Ordine, e non perché non volesse combattere; piuttosto lo avrebbe fatto da solo. Ma non se la sentiva di ignorare la propria coscienza: si era imposto di non farlo più molto tempo prima, ormai.
Benjy Fenwick era stato nell'Ordine, e Regulus non si sentiva in diritto di prendere il suo posto, non dopo averlo lasciato morire in quel modo. Gli altri non sarebbero stati contenti di avere tra di loro il colpevole della cattura del loro ex compagno. E Regulus stesso lo avrebbe considerato un insulto alla sua memoria.
Aveva creduto di sentirsi meglio, continuando a fare qualcosa di buono, ma era dura sapere che il ricordo di quel poveretto avrebbe continuato a tormentarlo in eterno.
Non aveva nessun bisogno di trovarsi vicino a dei Dissennatori per rivedere la sua espressione terrorizzata.
Gli bastava addormentarsi.

***

« Non funzionerà mai, Hestia » ripeté Kingsley per quella che doveva essere almeno la centesima volta.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
« E allora cosa facciamo? Ce ne restiamo a guardare mentre Gibbon continua a creare un esercito di maghi oscuri proprio dentro le mura di Hogwarts? Sono stufa di fare finta di nulla. Stavolta dobbiamo agire per forza. »
Kingsley non replicò. Era evidente che fosse d'accordo con lei, ma sembrava ugualmente molto scettico sul risultato. Da quando le aveva riferito la conversazione avvenuta tra il professor Gibbon e Higgs il primo giorno di scuola, nessuno dei due era stato capace di trovare una soluzione. Sarebbe stato logico andare a denunciare la faccenda a Silente... ma con quale autorità avrebbero potuto farlo? La parola di due studenti di sedici anni non contava nulla contro quella di un insegnante di Hogwarts, che tra l'altro sarebbe stato prontamente difeso da almeno una decina di Serpeverde e, come Hestia aveva iniziato a sospettare mesi dopo, anche da quattro o cinque studenti di altre Case. E oltre a questo, in tutti quei mesi non erano riusciti ad ottenere neanche una prova.
Le riunioni segrete di sicuro non si tenevano nell'ufficio dell'insegnante. In quanto Prefetto di Corvonero, Kingsley aveva sfruttato diverse ronde per tenere d'occhio i movimenti di Higgs e dei suoi compari, ma anche se li pedinava, ogni volta ad un certo punto sparivano nel nulla, come se fossero stati risucchiati dalle pareti del castello.
Hestia era arrivata alla conclusione che usassero qualche passaggio segreto che conoscevano in pochi. Fatto sta che, anche se avevano provato per tutta la durata dell'anno scolastico a trovare un modo per incastrarli, non c'erano ancora riusciti.
Almeno fino a quel giorno.
« Non ci aiuterà mai » riprese Kingsley, sempre più scettico, mentre iniziavano l'ultima rampa della scalinata principale, sbucando poi in un corridoio del quarto piano.
« Lo farà. Deve farlo. È la seconda volta che rimane vittima di quei teppisti. Ha più motivi di noi per desiderare che tutto questo finisca al più presto. »
Detto questo, Hestia entrò in infermeria, seguita immediatamente da Kingsley.
« Che cosa credete di fare? » li apostrofò Madama Chips, vedendoli entrare senza neanche bussare.
« Scusi. Siamo venuti a trovare Bundy. L'orario delle visite è giusto, vero? » chiese lui, cercando di frenare l'impazienza dell'amica, che invece si stava già guardando intorno, cercando di scorgere la figura di Bundy dietro le tendine separatorie dei letti.
« Sì » bofonchiò la Chips, scrutandoli come un cane che annusa un estraneo per assicurarsi che sia meritevole di fiducia. Alla fine dovette giudicarli affidabili. « È nell'ultimo letto in fondo. Ma non fate troppo rumore, o sveglierete gli altri. »
Entrambi annuirono e si diressero nella direzione che l'infermiera aveva indicato. Seduto sull'ultimo letto, intento a fissare il soffitto con un'espressione apatica, c'era Bundy. Era sempre stato un ragazzo piuttosto alto e imponente, non proprio un armadio come Higgs, ma ci mancava poco. Tuttavia quella mattina sembrava molto più fragile del solito, come se si fosse ristretto nel tentativo di passare inosservato. E le sue condizioni non miglioravano la situazione: aveva diverse contusioni sul volto che, nonostante la pomata spalmatagli da Madama Chips, non si erano ancora ritirate, un braccio rotto e una fasciatura intorno alla testa.
Quando vide arrivare Hestia e Kingsley, si riscosse, e lanciò loro un'occhiata perplessa, prima di voltarsi immediatamente dall'altra parte per non far notare gli occhi arrossati da quello che di certo era un pianto recente. Certo, si conoscevano di vista e ogni tanto si erano scambiati qualche parola, ma la loro visita doveva apparirgli piuttosto inaspettata.
« Ciao Bundy. Come ti senti? » esordì Hestia, sforzandosi di non essere troppo impaziente di interrogarlo su quanto gli era successo quella notte.
Lui bofonchiò qualcosa di incomprensibile, ma che forse doveva suonare come un « bene. »
« Cosa ti è successo? » domandò Kingsley.
Bundy lo guardò male.
« Sono caduto dalla scopa. A voi che importa? »
A quel punto Hestia non si trattenne più. Nonostante i suoi modi bruschi, il Serpeverde era chiaramente spaventato da qualcosa o qualcuno. Decise di non girare più intorno al nodo della questione.
« A me quelli sembrano pugni » dichiarò, e lo vide sbiancare talmente in fretta che per un attimo temette che potesse svenire. Gli si sedette accanto, mentre lui la guardava quasi con paura.
« Ma che dici? Che cosa volete da me? Non vi conosco nemmeno. Andatevene via subito, o chiamo Madama Chips! »
« Ascolta... Qual è il tuo nome? »
« Oliver » rispose lui, fissandola come se lei gli stesse puntando una bacchetta alla tempia.
« Bene. Ascolta, Oliver. Noi sappiamo chi ti ha fatto questo. »
« Sono caduto... »
« Da una scopa, certo. Vallo a raccontare a qualcun altro. Stai mentendo perché ti hanno minacciato, vero? E quelle botte che ti hanno dato sono state un avvertimento. »
Oliver Bundy adesso aveva iniziato a tremare. Serrò i pugni e i denti, costringendosi a restare immobile e resistere. Kingsley provò una pena immensa nei suoi confronti, tanto che decise di intervenire, sapendo di essere molto più rassicurante di Hestia.
« Non servirà a nulla tacere. In questo modo continueranno a fare quello che vogliono senza essere mai puniti, perché Gibbon li copre sempre. »
Bundy lo fissò con la bocca aperta. Kingsley doveva aver fatto centro, pensò Hestia, speranzosa.
« Tu... voi... come...? »
« Abbiamo scoperto per caso delle lezioni segrete... e tu devi averlo scoperto a tua volta, vero? È per questo che ti hanno picchiato. »
Bundy esitò. Seguirono alcuni secondi di silenzio assoluto, rotto soltanto dai respiri affannosi del ragazzo. Doveva avere anche qualche costola incrinata, perché respirava a fatica, e ogni volta cercava di reprimere una smorfia di dolore.
« Qualche settimana fa ho scoperto che alcuni ragazzi uscivano di notte dalla sala comune » esordì, parlando con una voce talmente flebile che sia Hestia che Kingsley dovettero avvicinarsi ancora di più a lui. « All'inizio ho fatto finta di nulla. Non erano affari miei quello che facevano fuori dai dormitori. Ma poi... una volta ho sentito parlare Higgs riguardo alle Arti Oscure. Dopo quello che mi ha fatto il primo giorno di scuola, ci sono stati altri episodi, visto che... »
Si bloccò, incapace di continuare.
« Visto che sei un Nato Babbano » concluse Kingsley al suo posto.
Lui lo guardò male, ma non negò.
« Non c'è niente di male, sai? » fece Hestia.
« Fesserie. Vallo a dire a tutti i Nati Babbani uccisi finora là fuori » sibilò lui, infuriato. « Sono sicuro che saranno contenti di sapere che, dopo tutto, non avevano nulla di sbagliato. Peccato che intanto sono morti. »
Hestia non si fece di certo impressionare.
« Questo perché la gente come Higgs non viene fermata. Ma tu puoi farlo. »
« No, non posso. Quando li ho visti uscire, ieri notte, ho deciso di seguirli. Volevo vendicarmi di Higgs, che quest'anno mi ha reso la vita un inferno... E ho visto più di quel che avrei dovuto. Poi lui mi ha scoperto, e insieme agli altri mi ha fatto questo... Non posso dire nulla. Ci tengo alla pelle. »
« Se tenessi davvero alla tua pelle, ci aiuteresti a denunciarli tutti. Sai che cosa succederà se Gibbon continua con queste riunioni segrete? Credi che voglia istruire questi studenti con le Arti Oscure per assecondare le loro curiosità? Sei un ragazzo intelligente, e devi aver capito anche tu cosa c'è dietro... chi c'è dietro. Gibbon è un Mangiamorte » asserì Hestia, anche se sapeva che fare certi discorsi a scuola era assurdo. La maggior parte degli studenti cercava di non pensare a quel che stava succedendo fuori dalla scuola. Lei e Kingsley erano due dei pochi che facevano eccezione. « Se Tu-Sai-Chi si crea un gruppo di fedeli qui dentro, non ci metterà tanto a prendere il possesso di Hogwarts. E a quel punto, pensi che un Nato Babbano come te verrebbe risparmiato? »
Bundy tremò. Evidentemente non aveva ancora considerato quella possibilità. Si morse il labbro spaccato, indeciso su quale decisione prendere.
« Ma voi due cosa pensate di fare? Non possiamo denunciare Gibbon, è un insegnante. Non ci crederanno mai. »
« Hai detto di aver visto più del dovuto » rispose Kingsley. « Se sai dove si tengono le lezioni segrete, troveremo un modo per incastrarli questa notte stessa. »
Oliver scostò lo sguardo, spaventato.
« Voi due siete completamente matti... »
Hestia si costrinse a non insistere subito: sicuramente Bundy aveva scoperto il nascondiglio, ma aveva talmente tanta paura che lei non poteva permettersi un passo falso, e fargli fretta non era esattamente la soluzione migliore.
Attese, in ansia, finché il Serpeverde non si voltò a guardarli di nuovo.
« Se ve lo dico, dovete assicurarmi che non subirò conseguenze. Se il vostro piano dovesse fallire, tutti loro sapranno che sono stato io a parlare. E se mi ammazzano, il mio spirito vi perseguiterà in eterno. »
« Fidati di noi. Non ti succederà nulla » rispose Kingsley, e la sua voce calma e rassicurante riuscì a fargli prendere la decisione giusta.
« C'è una stanza, al settimo piano. Non la conosce nessuno, credo. Prima d'ora non l'avevo mai notata, perché di solito il suo ingresso è invisibile. So soltanto che Higgs e gli altri hanno fatto avanti e indietro per circa tre volte davanti al muro, e poi la porta è apparsa dal nulla. »
Hestia e Kingsley si scambiarono un'occhiata colma di stupore ed eccitazione.
« Ci puoi spiegare esattamente dove si trova? »
E Bundy indicò loro le esatte coordinate della stanza segreta. Alla fine, sebbene fosse teso e preoccupato, una certa speranza era sorta in lui.
« Grazie. Vedrai che domani mattina tutto sarà diverso » lo rassicurò Hestia, con un sorriso incoraggiante.
« Sì, ma spero che diverso equivalga a migliore » bofonchiò quello, che non era proprio sicuro di aver fatto la scelta giusta.
I due ragazzi uscirono dall'infermeria, piuttosto tesi.
«
È per stanotte, vero? » le chiese Kingsley.
« Sì, si esercitano sempre nel fine settimana, e oggi è sabato. Ho già un piano. »
Lui sorrise.
« Chissà perché, ne ero certo » commentò.
« Lo prenderò per un complimento. Ascoltami bene » disse lei, dopo essersi assicurata che il corridoio in cui si trovavano fosse deserto. « Io questa notte seguirò gli aspiranti maghi oscuri fino alla Stanza che Scompare, mentre tu sarai nelle vicinanze dell'ufficio di qualunque professore abbia un minimo di sale in zucca. Puoi scegliere tu quale... »
« Aspetta un attimo. Perché devi essere tu a seguirli? »
« Perché sono più brava di te a pedinare la gente! L'anno scorso ho fatto molta esperienza in materia... »
« Pedinavi il ragazzo con cui uscivi? » le chiese lui, sconvolto. « Eri davvero così gelosa? »
« Bè, alla fine si è scoperto facevo bene a non fidarmi, quindi non mi giudicare » borbottò lei, facendo una smorfia.
« D'accordo, pedinali tu. Ma come faremo a comunicare tra di noi? Dovrai essere tu a dirmi quando fare intervenire l'insegnante, giusto? »
Hestia annuì, valutando il problema. Poi qualcosa attirò la sua attenzione, e lei ricambiò il saluto cordiale del fantasma del Frate Grasso, che le era passato accanto.
« Penso di aver trovato la soluzione » annunciò.

Quella notte Hestia e Kingsley avevano messo in atto il piano, dopo averlo perfezionato tutto il pomeriggio. Mentre lui andava ad appostarsi nel corridoio in cui c'erano gli uffici del professor Vitious e della professoressa McGranitt, lei aveva pedinato con cautela alcuni studenti che erano usciti di nascosto dai loro dormitori.
Bundy aveva detto la verità, constatò. Quando i due ragazzi che aveva seguito erano giunti nel corridoio del settimo piano, ne avevano percorso un pezzo avanti e indietro per tre volte, finché una porta non era apparsa nella parete di fronte a loro.
Hestia non era intervenuta subito: preferiva aspettare perché voleva coglierli sul fatto.
La lezione durò un paio d'ore, durante le quali Hestia dovette lottare contro gli sbadigli e il sonno che rischiava di farla addormentare lì, dietro la porta della Stanza che Scompare. Per fortuna aveva qualcuno a farle compagnia.
«
È scandaloso! » sussurrò il Frate Grasso dopo aver sfilato la propria testa dal muro: essendo un fantasma, poteva sbirciare all'interno della stanza ed essere testimone di tutto quel che vi succedeva all'interno. « Non hai idea di quello che sta insegnando a quei ragazzi. »
« Preferisco non saperlo, infatti. Ma tu tienilo bene a mente quando dovrai riferirlo agli altri insegnanti, Frate. »
« Puoi esserne sicura... Io però spero solo che gli studenti non vengano espulsi. Tu cosa ne pensi? »
Hestia non era altrettanto tenera nei confronti dei ragazzi che stavano frequentando le lezioni di Gibbon.
« Non lo so, ma meritano una punizione esemplare. Studiare le Arti Oscure non è reato: per sconfiggere il nemico è necessario conoscerlo per bene. Ma quando è un Mangiamorte ad insegnartele, le cose cambiano. E alcuni di questi studenti hanno aggredito un altro. »
« Sì, non hai tutti i torti... Torno a controllare cosa succede » le disse il fantasma di Tassorosso, tuffando di nuovo la testa nella parete.
« Fai attenzione a non farti vedere » lo ammonì lei.
Quello alzò il pollice per comunicarle che aveva capito.
Un quarto d'ora più tardi, Hestia era sul punto di appisolarsi quando il Frate Grasso richiamò la sua attenzione.
« Hanno quasi finito. Gibbon ha detto che restano ancora cinque minuti! »
« D'accordo » fece lei, tornando improvvisamente lucida e sveglia. « Puoi andare ad avvertire Kingsley al secondo piano. »
« Farò più in fretta che posso! » disse il Frate Grasso. E si gettò in picchiata, attraversando il pavimento.
Hestia rimase in attesa, sperando che Kingsley si sbrigasse. Se si fosse ritrovata da sola, di fronte all'intera classe di Gibbon che usciva per tornarsene a dormire, sarebbe stata nei guai.
Ma Kingsley non la deluse. Erano trascorsi solo un paio di minuti o poco più, quando Hestia udì dei passi alle proprie spalle, e il Frate Grasso la raggiunse, seguito da Kingsley, che nel frattempo stava spiegando tutto ai professori McGranitt e Vitious, entrambi piuttosto sconvolti. La donna tuttavia fu la prima a riprendersi.
« Signorina Jones, lei non dovrebbe trovarsi qui. Non è un Prefetto » le fece notare.
Hestia aprì le braccia come a dirle che non dipendeva da lei, e notò che il professor Vitious scrollava la testa con aria divertita.
« Allora, dove sono? » chiese poi l'insegnante di Incantesimi, guardando con perplessità la parete spoglia davanti a lui.
« Qui dentro » rispose Hestia, indicando il punto in cui due ore prima si era aperta la porta.
« Bene. Voi due fatevi da parte, ragazzi. Lasciate fare a noi » disse la McGranitt, estraendo la bacchetta e piazzandosi di fronte alla parete con le labbra serrate e un'espressione combattiva dipinta in volto.
Hestia e Kingsley indietreggiarono, tesi.
« Ti hanno creduto subito? » chiese lei al ragazzo, abbassando la voce il più possibile.
« Più o meno. Ma quando il Frate Grasso ha spiegato tutto quello che aveva visto, mi hanno seguito senza aggiungere altro » rispose lui.
Poi la porta apparve e si aprì.
Gibbon, subito seguito da tutti gli altri studenti, aveva appena varcato la soglia della Stanza che Scompare, quando si bloccò di colpo, sbiancando.
« Salve » lo salutò Vitious, con un ghignetto che Hestia non gli aveva mai visto prima.
Seguì un istante di panico. Gibbon alzò la propria bacchetta, pronto ad attaccare, ma gli altri due insegnanti furono più veloci e in un attimo lo disarmarono, legandogli le mani dietro la schiena.
Alcuni allievi di Gibbon strillarono. Un paio di studenti tentò una fuga inutile e Higgs sembrava valutare la possibilità di combattere, ma tutti quanti rimasero immobili quando la McGranitt li minacciò.
« Non muovete un muscolo o giuro che vi sbatto fuori da Hogwarts prima che abbiate il tempo di dire una sola parola. »
A quel punto si arresero tutti. Solo Gibbon provò a salvare il salvabile, invano.
« Minerva, ti assicuro che posso spiegare... » farfugliò, ma era evidente che non ci contava nemmeno lui.
« Lo dirai direttamente al Preside, Gibbon. Adesso seguitemi tutti quanti. Forza! »
Gli studenti si incamminarono dietro di lei, alcuni depressi, altri furiosi e altri decisamente terrorizzati. Hestia ignorò l'occhiataccia di Higgs, mentre anche lei e Kingsley seguivano l'insolita comitiva in direzione dell'ufficio di Silente.

Albus aveva licenziato all'istante Gibbon, che era stato portato via dagli Auror. Quanto agli studenti che avevano scelto di farsi insegnare le Arti Oscure, aveva cercato di non essere troppo duro, non con tutti, per lo meno. Alla maggior parte di loro aveva assegnato una punizione che sarebbe durata tutti i giorni fino alla fine dell'anno scolastico. Ma ce n'erano stati un paio di cui non sapeva cosa fare. Higgs e altri tre studenti avevano aggredito Bundy, e inoltre erano tutti e quattro già maggiorenni, quindi non potevano cavarsela con così poco.
Ma se li espello dalla scuola, che fine faranno? Si era chiesto. Non aveva molte speranze che un'espulsione avrebbe insegnato loro a comportarsi bene. Piuttosto, avrebbe fatto guadagnare alle schiere di Voldemort quattro nuovi alleati. Forse sarebbe stato inutile anche rieducarli, ma tentare non nuoceva, anche se prima di tutto doveva pensare all'incolumità di Bundy, che si era esposto anche troppo a possibili vendette.
Dopo un lunghissimo dibattito al quale avevano partecipato tutti i precedenti Presidi della scuola, alla fine aveva smesso di ascoltare le proteste di tre o quattro dei ritratti e aveva preso una decisione. Higgs e gli altri tre avrebbero avuto una punizione ancora più severa degli altri. Inoltre, sarebbero stati accompagnati tutto il giorno da un insegnante, sia a pranzo che nelle aule. E, per evitare che aggredissero di nuovo Bundy nei dormitori, si era messo d'accordo con i ritratti di alcuni Presidi, che avrebbero dovuto costantemente monitorare la sala comune di Serpeverde e riferirgli quanto accadeva. Inoltre, se a Bundy fosse accaduto qualcosa, Serpeverde sarebbe stata squalificata. Higgs era inorridito, sentendo quelle cose, ma Silente era sicuro che non avrebbe più torto neanche un capello a Bundy, a meno di non essere linciato da tutti i suoi compagni di Casa.
«
È uno sporco ricatto, non una punizione! Sono indignato! Non sei per niente imparziale » aveva commentato Phineas. Ma ormai la decisione era stata presa.
L'unico lato positivo di quella nottata, furono i due Encomi che assegnò a Hestia Jones e Kingsley Shacklebolt. Silente li aveva notati già da tempo, e gli erano già giunte voci riguardo alla loro lealtà. Prima che finissero la scuola avrebbe proposto loro di entrare a far parte dell'Ordine della Fenice. Al momento tuttavia dovevano ancora concludere il sesto anno, quindi preferiva aspettare.
Quando fu finalmente solo, sospirò, nel vano tentativo di ignorare Phineas, che continuava a borbottare nella stanza.
Dopo almeno cinque minuti, tuttavia, non poté più ignorare i mugugni e le sue schiarite di voce.
« Cosa c'è, Phineas? » domandò Albus, esasperato.
Il Preside Black parve sorpreso di essere stato finalmente interpellato, ma riacquistò subito il controllo, nonostante l'arrabbiatura di poco prima.
« Bè, avrei voluto tenermelo per me, ma visto che tieni tanto a sapere la mia opinione... Te la stavi facendo fare proprio sotto il naso, eh? »
Albus sorrise, anche se a fatica.
« Non preoccuparti. Non mi fidavo di Gibbon » rispose, tanto per metterlo a tacere.
Ma in realtà si rese conto di aver perso colpi. In fondo aveva ben altre cose a cui pensare, a partire dagli Horcrux. Dopo essere finalmente riuscito a cavare la verità alla Dama Grigia, doveva andare in Albania. Quel pomeriggio aveva incontrato Remus Lupin, che gli aveva chiesto di aiutarlo a liberare i bambini del branco di Greyback. Albus gli aveva promesso che avrebbe escogitato un piano al più presto, ma tutte quelle cose, alle quali si aggiungeva il dilemma della Profezia, lo stavano facendo impazzire. E in più, in quel momento stava aspettando qualcuno.
Fu proprio il rumore pesante di qualcuno che bussava rumorosamente alla porta ad impedire a Phineas di fare altri commenti sarcastici.
« Avanti » disse Albus, guardando Hagrid entrare nello studio.
« Buonasera, signore... ehm... Questo ragazzo dice di avere un colloquio con lei... Mi ha fatto vedere un biglietto ma... » bofonchiò il guardacaccia, incerto.
« Sì, dice la verità. Fallo entrare, Hagrid. »
L'uomo si fece da parte, lasciando passare un ragazzo incappucciato, che rimase impalato di fronte a Silente. Hagrid esitò ancora per qualche istante, fissando il nuovo arrivato con aria sospettosa, poi si chiuse la porta alle spalle.
Il ragazzo doveva aver preso una Pozione Polisucco, ma Albus sapeva bene di chi si trattava. In fondo era sempre stato uno studente eccezionale in Pozioni.
« Siediti, Severus » lo invitò.
Lui obbedì. Si guardò intorno, ancora a disagio, e parlò.
« Come mai mi ha chiesto di vederci qui a Hogwarts? Di solito evitiamo di incontrarci dove ci sono altre persone. »
« Purtroppo ho avuto un contrattempo, ma non preoccuparti di questo. Allora, ci sono novità? »
Severus Piton annuì.
« Il Signore Oscuro mi ha affidato un incarico: vuole che io diventi un insegnante di Hogwarts, per poter controllare i suoi movimenti e ottenere la sua fiducia. »
Silente inarcò le sopracciglia, colpito.
« Quindi presumo che abbia già saputo di Gibbon. Molto bene... Naturalmente non ti puoi rifiutare. Devi fargli credere di essere sempre e comunque dalla sua parte. E in questo modo potrai informarmi dei piani di Voldemort senza problemi. Tra l'altro sei fortunato. Il professor Lumacorno ha deciso di andare in pensione, quindi a settembre avremo la cattedra di Pozioni tutta a tua disposizione. »
Silente notò un'espressione incerta in Severus.
« Pozioni non ti va? Ricordo che sei sempre stato eccezionale nella materia. Horace ti esaltava di continuo. »
« Sì, ma... Se Gibbon è stato licenziato, anche la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure sarà vacante. Non potrei avere quella? Sono un esperto e potrei essere molto più utile agli studenti come insegnante di Difesa che di Pozioni. »
Albus tacque, inquieto. Aveva appena iniziato a collaborare con Piton, ma certe cose le aveva capite. Sicuramente amava Lily Evans, ma il punto era proprio quello. Aveva tradito Voldemort perché lei sopravvivesse. Ma se Voldemort non l'avesse mai minacciata, scegliendo Neville al posto di Harry, probabilmente non gli avrebbe voltato le spalle. Era sempre affascinato dalle Arti Oscure, e Albus temeva che il contatto continuo con esse gli avrebbe fatto avere dei ripensamenti.
« Mi dispiace, Severus, ma preferisco che tu insegni Pozioni. »
Lo disse con un tono definitivo, e il ragazzo lo capì, perché si fece improvvisamente scuro in volto, ma non protestò.
« Se è proprio quello che vuole... » bofonchiò, mordendosi la lingua per la stizza.
« Credimi, è meglio per te » cercò di dirgli lui.
Ma Severus non sembrava affatto convinto.







Perdonate il ritardo! Chi mi ha tra gli amici di facebook saprà dai miei scleri che quest'estate ho scrtto la bellezza di cinque capitoli tutti a penna, quindi trascriverli al pc è stata un'impresa (promemoria per me: mai più, mai più).
Ora che
si sa cos'è l'ultimo Horcrux, qualcuno conosce l'esistenza della Stanza delle Necessità e siamo quasi a fine 1981, posso rendere ufficiale la notizia: mancano circa 7 o 8 capitoli alla fine! O___O Ebbene sì. Proprio oggi ho iniziato a scrivere il capitolo di Halloween (notizia che potevo tenere per me ma che ho preferito condividere con voi perché sì, oggi mi sento un po' sadica)
Ah, per chi mi nelle recensioni mi ha detto di sentire la mancanza di Regulus (come vi capisco *-*) qui è apparso poco, lo so, ma tornerà presto in tutto il suo eroico splendore. Non sia mai che lo faccia restare tranquillo troppo a lungo...
Come promesso, da questo momento tornerò ad aggiornare una volta ogni due settimane, quindi arrivederci al 20 ottobre (se ci riesco anche qualche giorno prima, vediamo)
Baci,
Julia

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Capitolo 51
*** L'articolo di Barnabas Cuffe ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 51
L'articolo di Barnabas Cuffe

Harry si era appena addormentato, la testa reclinata a sinistra e i capelli – una chioma davvero esagerata per la sua giovane età – sparati in tutte le direzioni.
Sirius non aveva mai avuto l'occasione di avere a che fare con dei neonati, quindi non gli erano mai sembrati un granché, ma doveva ammettere che la compagnia di Harry gli piaceva, soprattutto quando rideva di cuore se lui si trasformava in cane e girava su se stesso nel tentativo di mordersi la coda.
Era tremendo pensare che quel neonato potesse essere una minaccia per Voldemort.
Non sapete quante Profezie alla fine non si avverano, aveva detto Silente per rassicurare sia lui che i genitori di Harry. Ma se insiste a dargli la caccia, sarà lo stesso Voldemort a farla realizzare.
Sirius cercò di cacciare indietro quei pensieri dalla mente, lanciando un'ultima occhiata a Harry che dormiva sereno e ignaro di tutto quel che lo aspettava.
« Si è addormentato? » chiese Lily, affacciandosi in quel momento e distogliendolo da quelle riflessioni.
Sirius annuì, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta.
« Fa sempre storie quando deve mangiare, ma se si tratta di dormire non lo sveglierebbe neanche una mandria di Erumpent in corsa » commentò lei.
« Aspetta di vedere il regalo che gli farò per il suo primo compleanno » rise Sirius. « Dovrai iniettargli una Pozione Soporifera nel biberon per farlo calmare ».
Con sua grande soddisfazione, Lily assunse un'espressione sospettosa: gli occhi erano socchiusi, le labbra strette e serrate in una smorfia di disapprovazione.
« Per l'ultima volta, dimmi di cosa si tratta ».
« Lo scoprirai tra meno di due mesi, non essere impaziente ».
« Se è qualcosa di pericoloso... »
« Lily, rilassati! » esclamò lui. Sapeva benissimo che la scopa giocattolo che aveva intenzione di regalargli non era pericolosa – se Harry veniva controllato a vista, naturalmente – ma fare in modo che Lily andasse in paranoia era troppo divertente.
« James sa di cosa si tratta, vero? »
« Certo che sì, e ne è entusiasta, ma nemmeno lui te lo dirà ».
« Questo lo vedremo ».
Mentre scendevano le scale, Sirius colse con la coda dell'occhio un movimento sospetto nel corridoio. Si voltò ma non vide nulla, tranne una massa di pelo bianco che sparì dietro un angolo dopo una frazione di secondo.
« Quello cos'era? » chiese: questa volta era il suo turno di insospettirsi.
« Oh, il gatto » rispose distrattamente lei.
« E da quando avete un felino in casa? »
« Da un paio di giorni. Ce l'ha regalato Bathilda. James non vedeva l'ora che lo incontrassi ».
« Non ne dubito » ringhiò lui. Da quando era diventato un Animagus, lui e i gatti avevano qualche problema. Attila ne era una dimostrazione.
« A proposito di James, con chi sta parlando? »
Aveva sentito delle voci provenire dal salotto, il che era strano, perché i Potter ultimamente non potevano permettersi di ricevere molte visite.
« È per questo che sono salita a chiamarti. Remus è tornato ».
Sirius s'irrigidì. Uno strano istinto lo indusse a concludere di corsa gli ultimi scalini della rampa e ad entrare in salotto senza preavviso. Come aveva sospettato, non appena si accorse della sua presenza, Remus tacque di colpo e nel salotto calò un silenzio teso. James sembrava confuso.
« Ah, sei qui » constatò Remus alla fine.
« Già. Ti dispiace? » lo sfidò Sirius.
L'altro non rispose nemmeno. James continuava a guardare prima l'uno e poi l'altro, sempre più perplesso, e Lily era altrettanto stupita.
« Che succede? »
« Vorrei tanto saperlo anche io » sbottò Sirius, lanciando a Remus un'occhiata minacciosa. « Perché non ci racconti che fine avevi fatto e cosa hai combinato tutto questo tempo? »
« Lo stavo giusto facendo. Ma non di fronte a te, dal momento che sei così prevenuto nei miei confronti ».
« Sei il solito vittimista » sibilò Sirius, mentre il sangue cominciava a ribollirgli per la rabbia.
James si alzò in piedi, sconvolto.
« Ma cosa significa? Si può sapere che vi prende? »
« Te lo dico subito » sbottò Remus, altrettanto arrabbiato. « Sirius pensa che io sia la spia che tradisce l'Ordine da un anno a questa parte. Non è così? »
Sirius non rispose alla domanda provocatoria. Di colpo, tutti gli sguardi erano puntati su di lui. James aveva l'aria di chi avesse appena ricevuto un colpo in testa.
« È vero? » chiese, e non era mai parso così serio.
Sirius non trovò alcuna ragione per negare. Era meglio chiarire la questione una volta per tutte.
« Non sono stato io a sparire nel nulla senza spiegarne mai la ragione ».
« Ho avuto i miei buoni motivi, ma è bello sapere quanta fiducia hai in me ».
« Falla finita! Come se non sapessi che hai sempre cercato di evitarmi. L'ultima volta che ti sei presentato al quartier generale dell'Ordine sapevi benissimo che c'ero, ma hai trovato la solita scusa per non dovermi affrontare ».
« Evidentemente ho fatto bene. Immaginavo che mi avresti aggredito proprio come stai facendo adesso ».
Sirius fece un passo avanti, inducendo Remus ad alzarsi dalla poltrona.
« Le tue sono soltanto scuse. Hai evitato di incontrarci anche poco prima che io iniziassi a sospettare qualcosa. Sei stato tu a darmi delle buone ragioni per non fidarmi, e i fatti parlano chiaro. Perché non ci spieghi come mai a Drybrook i lupi mannari sapevano il nostro piano? Tu eri il solo a poterli informare ».
Remus tacque, senza parole.
« Io... non so spiegarlo. Ma non c'entro nulla ».
« Non ci credo! Quando i Mangiamorte ci hanno attaccati a casa di Dedalus, guarda caso, tu non c'eri. Sei sempre stato al sicuro mentre noi dell'Ordine continuiamo a morire ».
« Al sicuro? Io rischio la vita tutti i giorni, anche più di te! »
« Adesso basta! » sbottò James, e adesso era veramente furioso. Era un atteggiamento così inconsueto da parte sua che Sirius si sarebbe messo a ridere. Ma non aveva mai avuto meno voglia di ridere in vita sua. « Siete impazziti? E tu, Sirius, che hai in testa? Conosci Remus da più di dieci anni, ormai. Come puoi pensare che possa tradirci e aiutare Voldemort? Ma ti senti quando parli? »
A quel punto Sirius disse una cosa di cui si sarebbe pentito immediatamente.
« Greyback gli avrà fatto il lavaggio del cervello ».
Remus divenne nero in volto, e non era meno spaventoso di quando c'era la luna piena. Per un istante sembrò riuscire a trattenersi, ma poi scattò in avanti.
Sirius sentì il proprio naso spezzarsi quando il pugno di Remus lo colpì. Era stato colto alla sprovvista: Remus non aveva mai picchiato nessuno in vita sua, e quella reazione mostrava un lato aggressivo fino a quel momento rimasto nascosto, e non fece che aumentare i sospetti nei suoi confronti.
Sirius pensò a Harry, che dormiva di sopra ignaro di tutto, a James e Lily, che ancora non capivano quanto stessero rischiando, fidandosi di Remus, e la collera s'impadronì di lui, facendolo reagire e rispondere al pugno.
Qualche istante dopo, Sirius e Remus furono sbalzati in direzioni opposte da un incantesimo di Lily.
« Smettetela! » intimò lei, ma non le diedero retta.
« Sei esattamente come le persone che dici di disprezzare. Tua madre sarà fiera di te ».
In quel momento Sirius lo odiò come non aveva mai fatto prima.
« Silenzio! » intervenne James, e stavolta tacquero entrambi, mentre Harry si svegliava e scoppiava a piangere. « State dando il peggio di voi stessi, tutti e due! Non so cosa mi trattiene dallo Schiantarvi. Siete amici, per le mutande di Merlino! Nessuno di voi dovrebbe sospettare dell'altro! »
« Gli amici non dovrebbero neanche tradire, se è per questo » replicò Sirius a denti stretti. « Non puoi fidarti di lui, James ».
« Io mi fido di chi mi pare, e so che Remus non ci tradirebbe mai ».
« Grazie » mormorò il ragazzo, cupo. « Ma non ho intenzione di restare a farmi insultare un minuto di più. E se fossi in voi, penserei bene su chi di noi due è quello che davvero non merita la vostra fiducia ».
Sirius era talmente indignato e furioso per quell'insinuazione che per alcuni istanti quasi non trovò fiato. Ma a rispondere fu James, e l'occhiata gelida che riservò a Remus valse più di mille parole.
« Farò finta di non aver sentito solo perché so che è la tua rabbia a parlare. Ti conviene andare, prima che decida di Schiantare entrambi ».
« È quello che stavo per fare » disse Remus. E si diresse verso la porta, facendola sbattere alle proprie spalle.
Lily, inviperita, uscì dalla stanza per andare a calmare Harry, lasciando Sirius e James da soli.
« Sono talmente furioso » esordì quest'ultimo, « che romperti il naso per la seconda volta non basterebbe a farmi calmare ».
Sirius cercò di tamponarsi il sangue, mentre provava a rispondere con più calma.
« Senti, so che per te è inconcepibile diffidare di un amico, ma gli amici traditori esistono ».
« Smettila. Non voglio più sentire una sola parola di questa storia disgustosa! »
A Sirius faceva male vedere James così arrabbiato con lui, ma non si arrese.
« Mi preoccupo per Harry, e per tutti voi, quindi non posso fare finta di nulla. Non sono l'unico a pensarlo: mezzo Ordine sospetta di lui ».
« Non mi importa di quello che pensa l'Ordine! Loro non lo conoscono come lo conosciamo noi! Tu salti subito alle conclusioni e non... »
« James, Peter non salta subito alle conclusioni, e sai bene che non è il tipo che prende posizione. Eppure lui la pensa come me! » sbottò Sirius, esasperato.
A quel punto James lo guardò, inorridito.
« Anche Peter? »
« Sì. E nemmeno lui ne va fiero, ma se addirittura lui è d'accordo con me, qualcosa di vero deve esserci. Parlane con lui, se vuoi. Vedrai che ti dirà la stessa cosa, ma forse riuscirà a convincerti, visto che è meno aggressivo di me ».
E a quel punto James non riuscì più a replicare.

***

L'attacco era previsto per quella notte.
Stando a quello che il nuovo informatore aveva rivelato a Silente, i Mangiamorte avrebbero cercato di uccidere un giornalista della Gazzetta del Profeta: Barnabas Cuffe. Fabian spesso non apprezzava la politica di quel giornale, ma Cuffe aveva scritto un articolo molto coraggioso, dopo aver scoperto quello che l'Ordine della Fenice già sapeva, insinuando la presenza di molte autorità del Ministero che appoggiavano i Mangiamorte e che tendevano a coprirli. Anche se non aveva fatto nomi, quell'articolo era bastato perché i seguaci di Lord Voldemort decidessero di ucciderne l'autore.
Così, quella notte, molti membri dell'Ordine della Fenice si trovavano a Diagon Alley. La sede ufficiale della Gazzetta del Profeta, a quell'ora tarda, era l'unico edificio con le luci accese. Chi vi lavorava non aveva la più pallida idea che entro pochi minuti avrebbero subito un attacco.
I membri dell'Ordine si erano divisi in gruppi di due o tre persone, occupando una postazione in ciascuno degli edifici che circondavano la sede della Gazzetta del Profeta. Malocchio e Frank erano nascosti nel negozio a sinistra, Telami e Tarlatane, Dedalus e Sirius nella caffetteria a destra, e Sturgis ed Emmeline nel Serraglio Stregato, davanti agli ultimi due. Fabian si trovava all'interno del negozio Scherzi da Mago, proprio di fronte alla sede del giornale, insieme a Gideon.
Infine, alcuni Auror erano appostati agli estremi di quel tratto di Diagon Alley, tra la Gringott e il negozio di bacchette di Olivander.
Fabian lanciò un'occhiata pensierosa a suo fratello. Gideon era concentrato, anche troppo. Ultimamente non faceva altro che cogliere ogni occasione per catturare più Mangiamorte possibile. Sarebbe stata una cosa positiva, se la vera e propria ossessione di cui era vittima non gli facesse dimenticare spesso di usare prudenza. Per questo Fabian non lo lasciava mai solo in quelle situazioni. Il suo compito era quello di guardargli le spalle, nella speranza che prima o poi Gideon si mettesse l'anima in pace: nemmeno catturare Voldemort in persona gli avrebbe restituito Dorcas.
L'attesa fu lunga. Fabian si faceva passare rapidamente la bacchetta da una mano all'altra, e poteva immaginare tutti gli altri in preda allo stesso nervosismo. Forse era un pensiero ridicolo, soprattutto in quell'occasione, ma l'unica cosa che desiderava in quel momento era di tornare a casa, farsi un panino e gustarselo mentre ascoltava alla radio la replica dell'ultimo incontro di Quidditch tra Appleby Arrows e Kenmare Kestrels. O forse non era un pensiero così stupido: dato il rischio che correvano tutti quanti, concludere la serata mangiando quel panino senza dover affrontare altre brutte sorprese poteva essere la prospettiva migliore alla quale potesse aspirare.
« Fabian » lo richiamò Gideon, con un tono piatto e neanche lontanamente divertito, quando il suo stomaco brontolò in un modo talmente rumoroso che riecheggiò all'interno del negozio vuoto. « Vuoi farci scoprire? »
« No, voglio spaventarli » replicò lui, sforzandosi di infondergli un po' di buonumore, invano.
Pochi minuti più tardi, almeno una decina di figure avvolte in mantelli neri si Materializzò in fondo a Diagon Alley, proprio di fronte alla Gringott, e s'incamminò verso la sede della Gazzetta del Profeta.
Malocchio aveva ordinato di entrare in azione non appena i Mangiamorte avessero messo piede sulla soglia, così attesero finché non fu il momento. Fabian raggiunse Gideon, stringendo i denti e trattenendo il respiro.
Il segnale arrivò all'improvviso: scintille rosse nella strada buia e deserta.
« Adesso! » gridò qualcuno.
In un attimo, l'intero Ordine della Fenice fu addosso ai Mangiamorte, decisamente colti alla sprovvista. Fabian ne Schiantò uno prima che gli altri iniziassero a reagire e si catapultassero all'interno della sede del giornale. L'Ordine li seguì a ruota. L'intera redazione della Gazzetta del Profeta, dopo alcuni secondi di shock e di confusione, fu presa dal panico. I giornalisti cercavano di scappare o di mettersi in salvo sotto le rispettive scrivanie, mentre Mangiamorte e Ordine della Fenice trasformavano l'ufficio in un campo di battaglia.
Mentre duellava contro un avversario, Fabian cercava di individuare gli altri, soprattutto Gideon. Anche se cercava di sdrammatizzare, era terrorizzato lo stesso al pensiero che qualcun altro potesse essere ucciso. Gideon in particolare era la persona a cui teneva di più.
Ma un anatema mortale non la sfiorò per un soffio, facendogli rizzare i capelli per lo spavento, e decise di non distrarsi per cercare suo fratello, sperando che se la cavasse.
L'Ordine della Fenice questa volta era in superiorità numerica, ma i Mangiamorte avevano reagito in fretta, e molti di loro si erano nascosti nelle varie stanze dell'edificio, quindi percorrere i corridoi senza fare attenzione ad ogni porta non era un atteggiamento consigliabile.
« Trovate Cuffe! »
L'ordine del Mangiamorte ai suoi lo fece scattare. Fabian Schiantò quello che aveva parlato e iniziò a rincorrere gli altri due, aiutato da Malocchio e Dedalus. I due avversari continuarono a correre, riparandosi con le maledizioni che scagliavano alle proprie spalle. I tre inseguitori le schivavano facilmente, ma i Mangiamorte riuscirono a raggiungere l'ufficio di Barnabas Cuffe prima che loro potessero fermarli.
Il giornalista doveva essersi nascosto da qualche parte, ma il terrore s'impossessò di lui a tal punto da indurlo stupidamente a urlare, svelando il proprio nascondiglio. Per fortuna, quando i Mangiamorte aprirono l'armadio nel quale si era chiuso, Fabian, Alastor e Dedalus li avevano già attaccati.
Centinaia di copie di giornali volarono da tutte le parti, sparpagliati per terra e lanciati in alto dagli spostamenti d'aria prodotti dagli incantesimi. Fabian riusciva a fatica a vedere dove finissero le proprie fatture: lo spazio era piccolo e doveva essere attento a non farsi colpire.
Alastor riuscì a sopraffare uno dei due Mangiamorte, ma l'altro non si diede per vinto. Dedalus fu sbalzato contro il muro e svenne. Ora, dall'altra parte della stanza, il Mangiamorte e Alastor si stavano affrontando vicino ad una stufa.
Fabian, che si trovava più vicino all'uscita insieme a Dedalus e Cuffe, riuscì appena a sentire l'urlo di avvertimento del giornalista, che si era alzato in piedi e aveva estratto la bacchetta, facendo un incantesimo strano:
« No, state attenti! È difettosa! »
Una fattura del Mangiamorte colpì la stufa proprio in quel momento. Fabian era già balzato in avanti, afferrando Alastor e strattonandolo all'indietro.
La stufa esplose. Fabian sentì un calore cocente circondarlo, mentre il fumo quasi sicuramente tossico lo confondeva, annebbiandogli la vista, e alla fine non poté fare altro che perdere i sensi.

Quando riaprì gli occhi, l'incendio era stato domato, anche se il fumo nero continuava ad uscire dalla finestra aperta. Per alcuni istanti rimase sdraiato, immobile, cercando di non scoprire la provenienza della puzza che gli invadeva le narici.
« Fabian, stai bene? »
Era stata Emmeline a parlare, sopra la sua testa. Lui annuì leggermente, come nel timore di provare dolore da qualche parte. Ma, a parte qualche ferita o ustione superficiale, stranamente non era ferito in modo grave. Eppure, notò quando le alzò di fronte al volto, scoprì di avere le mani zuppe di sangue.
« Che cos'è successo? » chiese, la voce rauca, mentre si alzava a sedere.
Emmeline e gli altri dell'Ordine erano tutti intorno a lui, affaccendandosi per la stanza.
« La stufa è esplosa. Barnabas Cuffe ha usato una magia che ha impedito all'esplosione di far saltare in aria l'intero edificio, ma il Mangiamorte contro il quale combattevate è stato colpito in pieno... »
Fabian di colpo capì la provenienza dell'odore disgustoso e cercò di non vomitare, rifiutandosi di guardare quelli che ne stavano coprendo e portando via il cadavere carbonizzato.
« E Malocchio? » chiese poi, colto dal panico.
« Sei riuscito a trarlo in salvo appena in tempo » rispose lei, anche se il suo tono di voce non sembrava completamente sollevato.
Fabian fece scorrere lo sguardo lungo il pavimento, fino a che non vide Malocchio sdraiato vicino ad un angolo. Era vivo, ma l'esplosione doveva averlo ferito gravemente. Quando Sturgis, che lo stava medicando, si spostò un momento, Fabian scoprì che Alastor aveva perso la gamba sinistra dal ginocchio in giù.
« Mi dispiace, Malocchio » disse, sconvolto.
L'Auror faceva fatica a respirare, ma rispose lo stesso con un rantolo ringhiante.
« Hai salvato tutto il resto, ragazzo. Tanto ne ho un'altra ».
Qualcuno non si trattenne e ridacchiò, anche perché Alastor aveva detto la stessa identica cosa quando aveva perso un occhio.
« Tu sei tutto suonato » gli disse Emmeline, scuotendo la testa.
Fabian si alzò in piedi, anche se le ginocchia gli tremavano ancora molto. Gideon lo aiutò a sorreggersi e il fratello fu lieto di vedere che anche lui era ancora sano e salvo.
« La battaglia è finita? » gli chiese poi.
« Sì. Abbiamo anche preso un paio di Mangiamorte ».
Fabian riuscì a sorridere. Poi lanciò un'occhiata intorno a sé. A parte Malocchio, nessun altro aveva avuto conseguenze gravi. Come lui, Dedalus aveva delle scottature ma nel complesso non stava male.
Sirius intanto stava scortando i due Mangiamorte catturati lungo il corridoio, dopo averli legati entrambi come due salami, senza dimenticare di promettere loro un lungo soggiorno ad Azkaban.
« Per tutti i goblin, questo disastro è tutta colpa mia! » esclamò in quel momento Barnabas Cuffe, riemergendo dal mucchio dei suoi colleghi e mettendosi le mani tra i capelli per la disperazione.
« Non la veda così, signor Cuffe » lo consolò Frank. « È stato molto coraggioso a scrivere quelle cose sulla Gazzetta ».
Cuffe lo guardò, confuso.
« Non ho idea di chi siate, ma vi ringrazio per avermi salvato. Tuttavia dubito che scriverò ancora un articolo del genere » ammise.
« Faccia come vuole, ma i Mangiamorte non lo dimenticheranno facilmente. Se fossi in lei, chiederei al Ministero di metterla sotto protezione » ringhiò Moody che, nonostante la gamba maciullata, non aveva perso l'attitudine al comando. Poi si rivolse al resto dell'Ordine. « Assicuratevi che non siano rimasti altri Mangiamorte in giro. Podmore, guarda che posso alzarmi. Non fa nemmeno più male. Dammi un bastone e facciamola finita ».
« No che non puoi » replicò Sturgis, stupito. « Dici così perché ti ho dato un anestetico, ma credimi, non hai le forze per reggerti in piedi ».
« Sì che le ho. Dacci un taglio, Podmore ».
Per alcuni secondi Sturgis tacque, rosso per l'imbarazzo. Poi si arrabbiò.
« Il Guaritore sono io e tu fai quello che io ti dico di fare, d'accordo? »
Tutti lo guardarono, sorpresi da quell'improvvisa presa di posizione. E, per quella che probabilmente era la prima volta in vita sua, Moody non seppe cosa rispondere. Si accasciò di nuovo per terra, bofonchiando tra sé con aria stizzita, ma non protestò più.
Sturgis sorrise, confuso ma soddisfatto, e in quel momento Emmeline apparve molto fiera di lui.
Proprio in quel momento, un Mangiamorte che fino a quel momento si era finto svenuto scattò in piedi e cercò di scappare. Gideon lo inseguì, ma lui schivò il suo incantesimo, uscendo dalla stanza.
« Ci penso io » disse Gideon agli altri. Fabian lo seguì a ruota.
« Stupido » disse il fratello maggiore. « Dove credere di scappare? »
Il Mangiamorte aveva trovato un'uscita sul retro, ma si era ritrovato in trappola. Si trovava in un cortile circondato da un muro spesso e troppo alto per essere scalato se si aveva un inseguitore alle costole.
Fabian e Gideon si avvicinarono all'uomo, costretto con le spalle al muro di cinta.
« Posa quella bacchetta, Dolohov » gli intimò Gideon. « Ti conviene ».
« No, è a voi che conviene arrendervi » replicò quello, e il suo volto pallido e contorto si contrasse in un sogghigno.
Fabian non aveva idea di che cosa significasse, ma all'improvviso ebbe solo voglia di fuggire. Poi un rumore improvviso alle loro spalle li costrinse a voltarsi, il cuore in gola.
Altri quattro Mangiamorte vivi e in ottime condizioni di salute, che dovevano essere riusciti a nascondersi, erano appena entrati nel cortile, chiudendosi la porta alle spalle.
Fabian e Gideon adesso erano circondati, e non ebbero neanche il tempo di avere paura, tanto meno di chiedere aiuto agli altri, perché i Mangiamorte li attaccarono contemporaneamente. Schiena contro schiena, i due fratelli provarono a respingerli.
« Guardami le spalle, Fabian! »
« Sicuro. E tu guarda le mie » rispose lui, spedendo una raffica di maledizioni contro i Mangiamorte di fronte a sé.
Anche se erano in inferiorità numerica, i Prewett insieme erano decisamente più forti dei loro avversari. Lo capirono dalle loro espressioni non più esultanti ma concentrate e rabbiose.
Due Mangiamorte caddero a terra, svenuti, mentre un terzo cercava disperatamente di divincolarsi dalle corde che Fabian gli aveva legato intorno con un incantesimo.
Fabian gli puntò la bacchetta contro, pronto a Schiantarlo, ma qualcosa glielo impedì.
Era accaduto. Di colpo, senza neanche un preavviso.
Sopra i rumori della battaglia e le voci concitate degli altri membri dell'Ordine che stavano accorrendo in loro aiuto, le sue orecchie percepirono un rantolo soffocato alle proprie spalle, e il suo cuore saltò un battito quando non percepì più la schiena di Gideon premuta contro la sua. Il tonfo e il silenzio che seguirono lo paralizzarono.
Lottando contro se stesso, riuscì a voltarsi, ma il mondo gli crollò addosso quando vide il corpo di suo fratello riverso a terra.
Il cortile intorno a lui iniziò a girare a gran velocità, mentre le ginocchia gli cedevano e Fabian cadeva a terra accanto a Gideon e iniziava a scuoterlo chiamandolo per nome, come se potesse servire a qualcosa. I rumori intorno a lui erano così ovattati, rispetto al suono che gli rimbombava nelle orecchie, che non riusciva quasi a udire la sua stessa voce, anche se stava urlando tutta la propria disperazione.
Per favore, fa' che finisca, pensava, convinto di trovarsi in un incubo. Non anche lui...
Solo quando con la coda dell'occhio vide Dolohov puntargli la bacchetta contro, Fabian fu colto da una furia cieca e reagì. Lo ferì gravemente e uccise un altro Mangiamorte, che era intervenuto per aiutare il compagno. Non gli importava più nulla, voleva solo sterminarli dal primo all'ultimo e smettere di provare tutto quel dolore.
Ma poi la bacchetta gli sfuggì dalle dita, disarmato dall'ultimo avversario, che si era liberato delle corde.
Gli altri dell'Ordine erano arrivati, ma ormai era troppo tardi per salvarlo. Almeno sarebbero riusciti a mandare Dolohov ad Azkaban, pensò.
Fabian strinse il polso di suo fratello, come per farsi coraggio o forse per trattenerlo e chiedergli di aspettarlo, perché lo avrebbe raggiunto presto; oppure entrambe le cose. Non lo sapeva neanche lui.
E quando fu colpito in pieno, fu come addormentarsi.

 
 
 
 
 
Non so cosa ne pensate voi, ma per me rileggere questo capitolo è stato una mazzata. ç___ç Ma lo prometto, le morti sono quasi finite. E anche Malocchio ha finito di perdere pezzi, al momento xD
Non ho molto da chiarire, ma se vi chiedete cosa succederà al Ministero ora che anche Gideon non può più aiutare a smascherare i Mangiamorte infiltrati, la risposta sarà nel prossimo capitolo. Di certo, ora che Cuffe ne ha parlato sulla Gazzetta, la Bagnold non potrà perdere tempo...
E ora è meglio che torni a studiare, tanto per concludere il pomeriggio in bellezza >.<
Il prossimo aggiornamento sarà intorno al ponte del 1° novembre.
Buon Halloween, buon ponte, e che Peter finisca in pasto al gatto dei Potter! (no, non succederà, ma mi piace immaginarlo!)
Julia

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Capitolo 52
*** La testimonianza del Ministro ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 52
La testimonianza del Ministro

Il ticchettio delle lancette non le dava tregua. Il Ministro della Magia continuava a fissare l'orologio, minuto dopo minuto, in attesa dell'ora che stava aspettando con impazienza e timore. Sapeva benissimo che, al minimo contrattempo, sarebbe andato tutto storto, e questo pensiero non l'aiutava di certo a calmarsi. Ma era rimasta lucida; in quel momento più che mai aveva bisogno di mantenere la calma per non destare sospetti. Il suo sguardo, sempre puntato sull'orologio d'argento posto sulla scrivania dell'ufficio, si spostava a intervalli regolari in direzione del camino o della finestra, o di qualunque altro mezzo di comunicazione con il mondo esterno.
Nervosa e incapace di restare ancora seduta, si alzò in piedi e prese a camminare su e giù per la stanza. Se non avesse ricevuto notizie entro qualche minuto sarebbe impazzita.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, facendola sobbalzare. S'impose di calmarsi e tornò al suo posto dietro la scrivania, riassumendo una posa autorevole e pacata prima di rispondere:
« Chi è? »
Uno dei due Auror a guardia del suo ufficio aprì la porta e si affacciò.
« Ministro, il signor Anderson vuole parlarle ».
« Fallo entrare, Robards ».
Millicent Bagnold indossò una maschera di freddo distacco quando Anderson entrò. Era un uomo sulla cinquantina, con grandi orecchie a sventola e la schiena leggermente ingobbita. Ad un estraneo sarebbe apparso completamente innocuo, ma non era così. Anderson era uno dei consiglieri che la braccavano da almeno un anno, costringendola a prendere decisioni che non avrebbe mai voluto, sotto la minaccia implicita di fare del male alla sua famiglia. Nessuno di loro si era mai esposto al punto di ricattarla esplicitamente, ma la loro era una strategia più sottile e maligna, fatta di allusioni e sorrisi cortesi che la nauseavano.
Ma quella sera sarebbe tutto finito. Se pensavano di metterla nel sacco e usarla come un fantoccio si sbagliavano di grosso. Non era diventata Ministro della Magia per caso. Era uscita da Hogwarts con dieci M.A.G.O. e si era dimostrata una fiera Corvonero, facendo carriera principalmente grazie alle sue capacità intellettive. Certo, più di una volta si era dovuta adeguare a compromessi che non le andavano a genio: al Ministero era così che funzionava, se si voleva raggiungere un posto così importante. Ma per certe situazioni Barty Crouch non aveva tutti i torti: non si poteva sempre scendere a compromessi.
« Buonasera, Ministro » esordì Anderson.
« Buonasera a te. Accomodati » rispose lei, fredda.
« Grazie. Ho portato qualche scartoffia da firmare al volo » fece quello in modo frettoloso, sperando di infonderle negligenza.
« Non ho fretta. Le esaminerò una per una ».
Trascorsero cinque minuti, durante i quali la Bagnold esaminò i documenti con più lentezza del necessario, mentre Anderson cercava di non mostrarsi troppo irritato e impaziente.
Poi una fiamma divampò nel camino, e la donna sentì il proprio battito accelerare.
« Scusami » disse ad Anderson, rivolgendosi alla testa che era appena apparsa tra le fiamme. Apparteneva a Pollet, il suo nuovo elfo domestico. « Cosa c'è, Pollet? »
« Pollet si chiedeva se la padrona torna per cena. Pollet ha già preparato tutto ».
Millicent Bagnold dovette trattenersi per non scoppiare a ridere per il sollievo. Il suo elfo non si riferiva alla cena quando diceva di aver preparato tutto, e non la stava aspettando a casa. Avevano concordato quella frase il giorno prima, in modo che Pollet la potesse avvertire quando l'Ordine della Fenice fosse riuscito a far scappare suo marito e sua figlia senza che i Mangiamorte che tenevano d'occhio casa loro se ne accorgessero. Adesso si trovavano al sicuro in qualche cittadina sperduta in Canada. Nessuno li avrebbe più trovati né avrebbe più potuto minacciare di ucciderli per ricattare Millicent Bagnold.
« Purtroppo non tornerò per cena » rispose all'elfo domestico. « Saluta tutti da parte mia » aggiunse con un nodo alla gola: sapeva bene che, anche se loro adesso erano al sicuro, lei sarebbe dovuta restare a Londra per compiere il proprio dovere. E forse non li avrebbe visti mai più.
Quando l'elfo scomparve, Anderson le rivolse uno dei disgustosi sorrisi cordiali.
« Immagino che sentirà la mancanza di sua figlia » commentò.
« Oh sì, come tutti quelli che ricoprono un ruolo importante nel Ministero. Anche tu hai figli, vero? »
« Sì, due. Il maggiore inizierà Hogwarts a settembre ».
« Buon per lui. Sarà meno difficile per lui abituarsi all'idea di non vederti più molto spesso » commentò lei, con un sorriso di circostanza.
Anderson aggrottò la fronte, attonito.
« Temo di non capire ».
« Capirai subito » disse lei.
La porta si spalancò all'improvviso, e i due Auror di guardia irruppero nell'ufficio, seguiti da Alastor Moody che, dopo lo scontro in cui i fratelli Prewett erano morti, aveva perso una gamba, e ora ne esibiva una di legno, simile ad una zampa di leone.
« Arrestatelo ».
Paralizzato dallo shock, Anderson non ebbe il tempo di reagire.
« Che state facendo? Che significa? » protestò, mentre gli Auror lo catturavano.
« Sei accusato di complicità con i Mangiamorte, ricatto, tradimento e uso della Maledizione Imperius. Non ti conviene aggiungere il reato di resistenza alla lista: è già abbastanza lunga » gli ringhiò contro Moody.
L'uomo impallidì.
« Cosa? E su che basi...? »
« Di questo ne discuteremo al processo » tagliò corto la Bagnold. Poi si rivolse a Moody. « Prendete anche gli altri ».

***

Regulus si svegliò di scatto. Di solito il villaggio di Mould-on-the-Wold era sempre silenzioso di notte, e casa Puddle a maggior ragione, visto che vi abitava solo lui. Ma quella notte qualcosa aveva interrotto bruscamente il suo sonno. All'inizio era troppo confuso per capire quale ne fosse la causa e pensò di aver semplicemente avuto la sensazione di cadere da un albero. Stropicciandosi gli occhi, si girò su un fianco e controllò l'ora: le tre del mattino. Sbuffò, sperando di riuscire a prendere sonno il prima possibile, quando udì un boato in lontananza e il letto sul quale si trovava tremò, facendolo sussultare.
« Ma che...? » bofonchiò, accorgendosi che anche le pareti e l'intera casa si stavano muovendo. Poi tutto finì come era iniziato.
Regulus pensò ad una scossa di terremoto, ma qualche secondo dopo ce ne fu un'altra, e un'altra ancora, a intervalli regolari. I libri iniziavano a cadere dagli scaffali, e Regulus sentì i piatti in cucina fare lo stesso e infrangersi a terra.
Un attimo dopo era in piedi. Affacciandosi alla finestra e tendendo le orecchie, vide decine di abitanti del villaggio che correvano per strada e le sirene di ambulanze, polizia e pompieri che sovrastavano le urla terrorizzate.
Non era sicuro che per lui uscire fosse una buona idea. Mould-on-the-Wold era un villaggio semi-magico, e qualcuno avrebbe potuto riconoscerlo. Ma chi gli aveva sempre raccomandato di restare in casa non aveva mai preso in considerazione la possibilità che la casa crollasse.
E poi non sembrava proprio un terremoto. La gente continuava a scappare in un'unica direzione, e i boati che si sentivano erano ancora un mistero. I Mangiamorte avevano già sferrato un attacco a quel villaggio circa un anno prima. Possibile che lo stessero facendo di nuovo?
Con un rapido incantesimo sostituì i propri abiti: in ogni caso, non poteva farsi trovare in pigiama.
Quando la casa riprese a tremare, Regulus corse in salotto, con l'intenzione di avvertire qualcuno tramite Metropolvere. Ma accadde qualcosa di tremendo. Un macigno – o qualcosa di simile – proveniente da chissà dove, sfondò il tetto, distruggendo mezzo salotto e riempiendolo di polvere e calcinacci.
Tossendo, Regulus tornò in piedi dopo la rovinosa caduta che aveva seguito quello che sembrava un vero e proprio bombardamento, e si rese conto di essere vivo per miracolo. Il camino tuttavia era distrutto e irraggiungibile per via dei detriti. A quel punto decise di uscire, la bacchetta già pronta in mano.
In strada era il panico generale, tra auto che sfrecciavano alla cieca e pedoni che pensavano solo a strillare e fuggire. Regulus esitò, ma alla fine s'incamminò nella direzione opposta alla folla, cercando di non essere travolto dalle famiglie in fuga o investito da qualche mezzo di trasporto.
Nemmeno i Babbani che vivevano vicino a lui avevano capito cosa stesse succedendo. Più in là stava per scoppiare una rissa. Un uomo, accusato da quattro o cinque persone di aver piazzato una bomba nella piazza principale, reagì alla calunnia con insulti, in un evidente accento irlandese. Quando sferrò un pugno ad uno di essi, un poliziotto intervenne.
Presto Regulus iniziò a scorgere maghi e streghe, abitanti del villaggio, che cercavano a loro volta di affrontare l'emergenza. Per fortuna l'agitazione generale e l'oscurità lo proteggevano da sguardi indiscreti, perché non aveva avuto il tempo di camuffarsi.
« Altro che bomba! » strillò una strega più in là. « Devono essere i Mangiamorte ».
« Ne ho visti un paio » accorse un mago anziano, pallido come un cencio. « Ma non sono loro il problema. Ragazzo, lascia perdere » disse poi, rivolgendosi a Regulus, che evitò di guardarlo negli occhi ma si fermò.
« E quale sarebbe il problema? » insisté la strega.
Prima che l'anziano potesse spiegarsi, accadde qualcosa che tolse loro il fiato. Due sagome all'orizzonte che Regulus non aveva notato, scambiandoli per profili di montagne, si mossero. Una di esse alzò due braccia colossali e scaraventò un altro macigno contro i tetti di un gruppo di case.
A Regulus quasi cadde la bacchetta di mano.
Giganti.
Si era preparato ad un possibile scontro con i Mangiamorte, ma non a due giganti alti dieci metri. Non aveva neanche la più pallida idea di come affrontarli. E, a giudicare dalle colonne di fumo all'orizzonte, quello non doveva essere il primo villaggio che mettevano a ferro e fuoco.
« Oh Merlino, il Ministero deve intervenire con una squadra speciale! » esclamò un altro mago.
« Sì bè, intanto filiamocela. Stanno venendo da questa parte! »
Regulus non se lo fece ripetere due volte e girò i tacchi. I maghi e le streghe di prima ogni tanto si fermavano per portare con sé Babbani paralizzati dal terrore, e Regulus si rese appena conto di aver appena lasciato indietro una persona.
Il poliziotto di prima non aveva proprio difeso chi era in minoranza, dato che l'irlandese accusato dagli altri Babbani ora se ne stava seduto sul marciapiede, in preda a dolori lancinanti all'addome.
« Riesci ad alzarti in piedi? » gli chiese Regulus, dopo un istante di esitazione.
« Non lo so, ma se vuoi posso darti un manganello sulle costole, così poi mi fai sapere se ci riesci tu » replicò quello.
Lottando contro l'impulso di mollarlo lì, Regulus lo afferrò per le spalle e lo trascinò via, poco prima che la casa dell'irlandese crollasse in pezzi, colpita da un altro macigno.
L'uomo scoppiò in singhiozzi, ma Regulus vedeva i due giganti avvicinarsi sempre di più.
« Muoviti » lo apostrofò, costringendolo ad alzarsi, irritato e affaticato dal suo peso.
Il Babbano rallentava la sua fuga, ma alla fine riuscì a raggiungere la piazzetta in cui si erano radunati i superstiti. Parecchie persone erano morte sotto le macerie e per i macigni lanciati dai giganti, che ormai avevano raggiunto le prime case del villaggio.
Regulus stava cercando di escogitare un modo per allontanarti, quando il suo respiro si spezzò: la squadra speciale del Ministero era arrivata. Non era il caso di farsi vedere.
« Non puoi lasciarmi qui! » protestò il Babbano, stavolta senza il tono arrogante di prima: sembrava solo sinceramente spaventato. « Mi linceranno ».
Regulus si rese conto che aveva ragione. Lasciarlo in mezzo ad una folla terrorizzata, pronta a trovare un capro espiatorio pur di non credere a quel che vedeva, era una pessima idea. L'irlandese aveva bisogno di nascondersi quanto lui.
« D'accordo, seguimi » gli disse alla fine.
Mescolandosi tra la folla, riuscirono ad infilarsi in una strada secondaria ed entrarono nella prima casa abbandonata a disposizione: nella fretta di fuggire, quasi tutti avevano lasciato le porte aperte.
L'uomo si lasciò cadere sul pavimento del salotto, esausto, cercando di contenere il dolore alle costole, mentre Regulus si affacciava con prudenza alla finestra.
Proprio in quel momento, scoprì che non erano i soli a doversi nascondere. Qualcuno si era appena introdotto in una bottega in fondo al vicolo, e non si trattava di un abitante del villaggio: nessun mago che non aveva nulla da nascondere sarebbe andato in giro con mantello e cappuccio nero.
« Aspetta qui » disse Regulus al Babbano, che annuì, nonostante una momentanea perplessità iniziale.
Uscì in strada, diretto verso il negozio in fondo, ma non riuscì a raggiungerlo, perché proprio quando era quasi arrivati, un secondo Mangiamorte col viso coperto da una maschera d'argento fece irruzione nella strada.
Regulus ebbe appena il tempo di rifugiarsi dentro un'altra casa, con il cuore in gola, ma il Mangiamorte doveva aver notato la sua presenza. Con suo grande orrore, si rese conto che questo aveva intenzione di entrare proprio nella casa in cui Regulus si era rifugiato.
Allarmato, cercò un nascondiglio, prima che l'intruso lo trovasse. Con il favore delle tenebre, s'incamminò al piano di sopra, cercando di non fare rumore. Purtroppo, all'ultimo gradino, urtò il piede contro quel che doveva essere il giocattolo di un bambino, che fischiò talmente forte da gelargli il sangue nelle vene.
« Chi è là? » sbottò la voce del Mangiamorte. Era alterata dalla maschera, ma suonava allarmata a sua volta.
Regulus rimase immobile, senza respirare, il cuore che pompava il sangue alla velocità della luce.
Poi, da qualche parte lontano, uno dei giganti batté i piedi, facendo tremare l'intero villaggio. Regulus approfittò del frastuono per allontanarsi dalle scale e infilarsi in una stanza dall'altra parte del corridoio.
Fece appena in tempo a chiudersi dentro, quando il Mangiamorte raggiunse il piano di sopra. In preda all'ansia, Regulus si disse che restare lì ad aspettare che lo stanasse sarebbe stato stupido, ma non poteva nemmeno attaccarlo in quel momento: il Mangiamorte era in una posizione vantaggiosa e lo avrebbe ucciso non appena avesse aperto la porta. I suoi passi si avvicinavano. Sapeva che era lì.
Regulus andò a nascondersi dietro un divano e attese.
Dopo l'ennesima scossa, stavolta più lunga e fragorosa – uno dei giganti era stato abbattuto? Regulus se lo augurò – il Mangiamorte entrò. Doveva aspettarsi un agguato, perché schivò in fretta l'incantesimo di Regulus e lo rispedì al mittente. Il divano parò l'urto, ma i cuscini esplosero in una nuvola di piume. Il Mangiamorte continuò ad attaccare, impedendogli di uscire allo scoperto, ma alla fine Regulus fu costretto a gettarsi di lato quando il divano fu distrutto.
E a quel punto l'avversario si bloccò, sconvolto. Nella stanza la luce non era accesa, ma il combattimento con i giganti aveva provocato nel palazzo accanto un incendio sufficiente a permettergli di riconoscerlo. Regulus approfittò dell'effetto sorpresa per lanciargli una fattura che lo colpì in pieno volto, facendogli cadere la maschera. Ora toccava a Regulus esitare, quando scorse un volto fin troppo familiare, disseminato di lentiggini e contornato da capelli color paglia.
Si rese conto di aver aspettato troppo, quando percepì uno spostamento d'aria appena sotto l'orecchio, che gli fece rizzare i capelli. Un attimo dopo qualcosa di liquido e caldo iniziò a colargli lungo il lato del collo. Se lo tamponò istintivamente: non era una ferita profonda, ma quando ritrasse la mano, la vide sporca di sangue.
Tutto questo accadde in pochi secondi. Regulus puntò subito la bacchetta verso il ragazzo dritto davanti a lui, che lo guardava con un'espressione feroce. Lui deglutì, ignorando il dolore causato dalla ferita.
« Finalmente hai avuto il coraggio di uscire allo scoperto » esordì Barty, senza smettere un solo istante di puntargli a sua volta la bacchetta al cuore.
« Potrei dire lo stesso di te » replicò Regulus, cercando di apparire tranquillo.
Lo vide cambiare colore, ora tendente al violaceo. Barty stava tremando di rabbia. Sembrava sul punto di esplodere, e Regulus strinse il pugno intorno alla propria bacchetta, pronto a difendersi. Ma Barty non lo attaccò, non subito.
« Perché? » chiese, livido. « Dimmi per quale dannato motivo ci hai traditi tutti ».
Regulus non abbassò lo sguardo. Non aveva nulla di cui vergognarsi.
« Ho dovuto farlo ».
« Sei un traditore » affermò Barty, come se non lo avesse nemmeno sentito. « Hai tradito il Signore Oscuro ».
« Per quanto mi riguarda, è lui che ha tradito noi » sbottò Regulus, innervosito. « L'ho capito tardi, ma è così. Ha sempre tenuto nascosto il suo vero obiettivo. Gli interessa solo il potere, nient'altro che noi poveri idioti speravamo che potesse aiutarci a conquistare ».
« Chiudi-quella-bocca! » gridò Barty, facendo tre passi avanti fino a raggiungerlo. Regulus non mosse un muscolo. « Non ti permetterò di insultare il Signore Oscuro senza fartela pagare cara ».
« Ne parli come se fosse una persona meritevole di fiducia ».
« Lo è, Black. Sei tu che non la meriti. E pensare che sei stato tu a portarmi da lui... »
Regulus si morse la lingua, furibondo. Entrambi erano sul punto di attaccare, ma esitavano.
« È stato un grosso errore, infatti... Senti, devi ascoltarmi, non puoi credergli davvero ».
« Smettila di darmi consigli. Non sei mio amico da molto tempo, ormai ».
« Lo so bene » replicò Regulus, mentre una furia mai sopita si impossessava di lui. « Per colpa tua mio zio è morto ».
Per la prima volta, la determinazione di Barty sembrò incrinarsi.
« Non era mia intenzione. Non sapevo nemmeno che sarebbe finita così, quando ho riferito a Rabastan che eri vivo. Non darmi colpe che non ho, Black ». Sembrava sincero, ma subito dopo riacquistò il tono sprezzante di prima. « Tuo zio è morto per proteggere te, quindi la colpa è tua. Avresti dovuto pensarci prima, il giorno in cui hai deciso di voltare le spalle a tutte noi ».
Accecato dall'ira, Regulus agitò la bacchetta, mandandolo a sbattere contro la parete di cemento. Barty si accasciò a terra, gemendo e toccandosi la testa dalla quale iniziò a sgorgare un rivolo di sangue. Regulus lo afferrò per il colletto della veste, cercando di frenare la tentazione di ferirlo ancora di più. Era esausto e infuriato, ma anche frustrato: ancora non riusciva a credere che Barty fosse diventato davvero così. Voleva solo fargli male il più possibile, perché in quel momento lo odiava più di quanto avesse mai odiato se stesso.
« Sei un povero illuso! Credi che il Signore Oscuro ti capisca e ti consideri il suo seguace migliore? Sei soltanto una marionetta nelle sue mani. Ti sta usando, e continuerà a usarti finché gli farai comodo. Ma quando non li sarai più utile, ti getterà via come uno straccio usato. Non credere che verrà a salvarti, perché non lo farà. Tu sarai disposto a dare la vita per lui, ma lui non alzerà neanche un dito per te. Ti dimenticherà e non perderà neanche un istante per trovare un altro illuso come te ».
« Taci! »
Barty reagì, furibondo, dandogli un pugno in faccia e approfittandone per recuperare la bacchetta.
« Non parlare più! » lo avvertì, tremando di rabbia. « Non sono più il ragazzino idiota di prima. Ho già ucciso e non avrò problemi a fare fuori anche te ».
« Preferivo il ragazzino idiota di prima, se ne vai così fiero » constatò Regulus, disgustato. « Mi chiedo solo come tu riesca a dormire la notte ».
« Ci riesco, e anche bene. Non sono debole come te ».
« Allora provaci, avanti » lo sfidò Regulus.
Era così arrabbiato che non sentiva neanche più la paura. E, nonostante Barty fosse sempre stato più abile di lui nei duelli, dopo una breve colluttazione, riuscì a disarmarlo. A dire il vero, a quel punto non sapeva cosa fare, ma il problema non si pose più di tanto.
Un attimo dopo, infatti, una squadra di Auror irruppe nella stanza e vide quel che credeva di vedere: un Mangiamorte sul punto di uccidere il figlio di Crouch.
Regulus provò a difendersi, ma erano troppi.
Poi uno Schiantesimo lo colpì.

***

« Come hai fatto? E come mai solo ora? »
Crouch sembrava combattuto tra l'istinto di diffidare di lei e quello di esultare, perché neanche in sogno aveva mai avuto in pugno così tanti sospettati di essere Mangiamorte.
« Prima mi ricattavano, e non volevo che la mia famiglia corresse dei rischi. Non è stato facile farli fuggire, perché erano tenuti sotto controllo. È stato l'Ordine della Fenice a portare in salvo mio marito e mia figlia. Dorcas Meadowes aveva indagato sui Mangiamorte infiltrati nel mio Consiglio, ma è morta prima di riuscire ad incastrarli. Gideon Prewett ha preso il suo posto e mi ha proposto questo piano per arrestarli senza far correre rischi alla mia famiglia, offrendomi la collaborazione dell'Ordine. Mi dispiace solo non poterlo ringraziare... »
A Millicent Bagnold non sembrava vero che quell'incubo fosse finito, ma pensare quanto era costato la faceva stare male. Non le piaceva pensare che, se lei non avesse ceduto al ricatto dei Mangiamorte, a quell'ora forse Dorcas e i Prewett sarebbero stati vivi.
« Bene » commentò Crouch, a denti stretti. Lei capì subito che stava per dire qualcosa che non le sarebbe piaciuto. « Purtroppo devo avvisarti. Se concederai un processo a tutte queste persone, molte riusciranno a cavarsela. Prendi Malfoy. Uno come lui può farsi rilasciare anche se ha tutte le prove contro ».
Il Ministro scosse la testa.
« Alcuni di questi sono sotto Maledizione Imperius, Crouch. Ti proibisco di sbatterli tutti ad Azkaban senza aver fatto un equo processo. È la mia ultima parola ».
Crouch era livido ma non osò protestare. Eppure la donna poté quasi percepire il suo risentimento. Se non fosse stato tanto rispettoso delle regole, probabilmente Crouch si sarebbe inventato qualcosa per toglierle la poltrona. Lei, a sua volta, avrebbe voluto trovare volentieri un modo per distruggerlo e rovinare la sua ascesa al potere, ma non poteva farlo. Aveva troppi sostenitori, e dopo tutto uno come lui era comodo, tanto per convincere la comunità magica che anche il Ministero faceva paura, non solo Voldemort. Ma quel tira e molla non poteva durare in eterno: prima o poi uno dei due sarebbe stato sopraffatto dall'altro. Il loro equilibrio era instabile, come un filo pronto a spezzarsi, non appena uno avesse compiuto un passo falso.
« Bartemius, devo parlarti ».
La voce inaspettata di Albus Silente interruppe le sue riflessioni. Non era insolito vederlo lì, di fronte alle segrete che ospitavano i prigionieri in attesa del processo, ma quella sera non era solo. Insieme a lui c'era anche una ragazza che la Bagnold aveva conosciuto poche ore prima. Emmeline Vance frequentava ancora l'Accademia per Auror, ma faceva già parte dell'Ordine della Fenice. Era stata proprio lei a portare al sicuro la sua famiglia, quella sera. Finora si era mostrata sempre calma, ma in quel momento le sembrava piuttosto nervosa.
« So di cosa vuoi parlare, Silente. Mi sembrava di essere stato chiaro con la signorina Vance » disse Crouch, irritato. « Il ragazzo è un Mangiamorte, e non ho intenzione di liberarlo. Anzi, se continuerete a insistere, la sua posizione si aggraverà, vi avverto ».
« Non è più un Mangiamorte da molto tempo » insisté Silente. « Non hai idea di quanto ci abbia aiutato ».
« È stato sorpreso in flagranza di reato, Silente! Era insieme ai Mangiamorte che davano fuoco a quel villaggio di Babbani ».
« Era lì per combattere i Mangiamorte e i giganti, non per aiutarli » rispose la ragazza.
Crouch le lanciò un'occhiataccia.
« È assurdo che tu voglia negare l'evidenza, signorina Vance. Stava combattendo contro mio figlio. Ho molti testimoni di questo, e io stesso l'ho visto con i miei occhi ».
Emmeline Vance sembrò sul punto di sputargli in faccia qualcosa di sgradevole, ma Silente con un cenno la trattenne.
« Questo perché tuo figlio non sa che chi aveva davanti non è più un Mangiamorte ».
« Posso sapere di cosa state parlando? » intervenne infine la Bagnold, esasperata.
« Chiedo scusa, Ministro. Purtroppo Barty ha arrestato un Mangiamorte pentito, ma non crede che abbia abbandonato le schiere di Voldemort ».
« Non pronunciare quel nome » sibilò Crouch, infuriato. « L'ho già detto mille volte: non esiste nessuna prova del pentimento di Black, e tu che lo sostieni tanto non vuoi nemmeno dirmi in che modo ti sta aiutando. Altro che questione della massima segretezza. Chissà cosa state complottando... »
« Quel ragazzo non complotterebbe con me nemmeno se fossi l'ultimo essere umano rimasto sulla terra, fidati ».
« Un momento » li interruppe di nuovo il Ministro, spiazzata. « Pensavo che Black fosse morto ».
« Si è finto morto per sfuggire alla vendetta di Voldemort. Ma Barty lo sa da mesi. Credevo che avesse informato almeno il Ministro della Magia » insinuò Silente, serafico.
Crouch non riuscì a nascondere il proprio imbarazzo quando lei lo scrutò con sospetto.
« Volevo aspettare di esserne del tutto sicuro... »
« Bè, ora lo sei. Quindi, se permetti, voglio entrare anche io nella discussione » disse la Bagnold.
« Magnifico. Barty, ti sto solo chiedendo di concedergli un processo ».
« Silente, hai idea di tutti i pezzi grossi del Ministero che dovrò processare? Credi che abbia tempo da perdere con un ragazzino? Per quanto mi riguarda può marcire ad Azkaban per il resto della sua esistenza. Dopotutto a cosa servirebbe il processo? Tu potresti deporre, ma non dirai mai il modo in cui ti sta aiutando. E la famiglia Queen è troppo coinvolta per offrire una testimonianza attendibile. Chi altri potrebbe deporre a suo favore? »
« Io ».
Tutti e tre si voltarono a guardare il Ministro, attoniti. Crouch sembrava aver appena inghiottito un rospo.
« Cosa? »
« Il fatto che io sia ancora viva basta a scagionarlo, per quanto mi riguarda. Quella volta che i Mangiamorte mi hanno sorpresa in casa per uccidermi, quel ragazzo ha aiutato me e mia figlia a scappare. Black mi ha salvato la vita, e non merita la detenzione ad Azkaban ».
« D'accordo » sibilò Crouch, una vena che gli pulsava nella tempia. « Ma tutti i crimini che ha commesso prima? Era presente la notte dell'omicidio di Fenwick ».
« Non ha mai ucciso nessuno di propria mano » assicurò Silente.
« Se permetti, Barty, in quanto capo del Wizengamot sono io a decidere se due membri importanti non si mettono d'accordo. E io esigo che Black non venga mandato ad Azkaban ».
« Questo è troppo, Ministro! Mi stai impedendo di fare il mio lavoro! »
« L'hai detto tu che hai già parecchi processi di cui occuparti, no? »
Crouch le fece cenno di poterle parlare in privato. Millicent Bagnold non se lo fece ripetere due volte.
« Che cosa credi di fare? Non hai l'autorità per obbligarmi a scagionarlo! »
« Non ho l'autorità, Barty? Tu credi? Lascia che ti dica un paio di cose, allora. Io ho vinto le elezioni, ma ti ho permesso di collaborare con me, accontentandoti anche troppo spesso. Ma credo che sia giunto il momento di chiarire la situazione. Se vuoi continuare a collaborare con me, devi ricordare chi comanda. Io sono il Ministro della Magia, non tu. Cerca di ricordarlo, d'ora in avanti ».

***

Lo avevano portato nelle segrete del Decimo Livello, al Ministero della Magia. Regulus era ancora troppo scioccato dagli ultimi eventi per pensare con lucidità. I ricordi di quella notte erano solo immagini sfocate: i giganti, il duello con Barty, l'espressione trionfante di Crouch sr. quando gli Auror l'avevano catturato...
La stanza non aveva finestre, solo una porta blindata. Le pareti nere erano spoglie e l'unico pezzo di arredamento era un gabinetto dall'aria lurida che Regulus era intenzionato a tenere alla maggiore distanza possibile.
Non sapeva da quante ore fosse lì, ma non gli importava. Sarebbe rimasto volentieri per sempre, pur se l'alternativa era Azkaban con i Dissennatori.
Un brivido gelido lo fece tremare. Non voleva affrontare quelle creature; piuttosto preferiva incontrare Voldemort di persona. L'ultima volta che era passato accanto a un Dissennatore aveva rivissuto il suo peggiore ricordo, e la prospettiva di doverlo affrontare per anni – o forse a vita – era bastato a farlo cadere nella disperazione.
Scappare sarebbe stato inutile. Ci aveva già provato, ma non aveva trovato vie di fuga, e si era rassegnato. Da molto tempo ormai Crouch condannava tutti senza prendersi la briga di processarli, e per lui non avrebbe fatto eccezione. Forse non gli avrebbe neanche concesso di salutare qualcuno. L'idea di non poter più vedere Rachel o Sirius lo distruggeva. Si ritrovò a sperare che trovassero tutti gli Horcrux anche senza di lui.
I minuti e le ore passavano lentamente. Regulus si sarebbe appisolato un paio di volte, se non avesse avuto i nervi così tesi.
Perché lo stavano facendo aspettare così tanto? Credeva che Crouch lo avrebbe messo sotto torchio per farsi rivelare qualche informazione utile, e invece...
In quel momento sentì dei rumori dietro la porta, che si aprì. Ma ad entrare non fu Crouch, e nemmeno i Dissennatori, ma le ultime due persone al mondo che si sarebbe aspettato di vedere entrare nella sua cella.
« Non ho bisogno della scorta, Robards. Vance mi basta » disse il Ministro della Magia all'uomo che la seguiva.
Regulus, perplesso, guardò le due donne avanzare verso di lui. Emmeline Vance non fece né disse nulla, neanche un'ombra di reazione; forse non voleva che si sapesse che si conoscevano. Millicent Bagnold era diversa dall'ultima volta che Regulus l'aveva vista: era diventata più magra e pallida, e aveva già alcuni capelli grigi. Non capiva che cosa ci facesse lì, ma chiederlo gli sembrava scortese, quindi aspettò che fosse lei a parlare.
« Sei fortunato, Black » esordì la donna, cogliendolo di sorpresa.
« Ah sì? » si fece scappare lui, non proprio convinto, considerata la situazione in cui si trovava.
Il Ministro accennò un sorriso, cosa estremamente rara da vedere. In effetti, anche quando si metteva in posa per le foto del Profeta, non sorrideva mai.
« Ho un grosso debito nei tuoi confronti ».
Regulus aprì la bocca e la richiuse, senza parole. Ricordava di averla aiutata a scappare dalle grinfie di Voldemort, ma quella notte indossava una maschera.
« Come ha fatto a riconoscermi? »
« Non è un episodio che dimenticherò facilmente. Ho saputo chi eri solo guardando la foto nel tuo necrologio, e ora che ti vedo non ho il minimo dubbio. Quella volta hai salvato me e mia figlia. Il minimo che io possa fare è ricambiare il favore ».
E, con un colpo della sua bacchetta, le catene intorno ai polsi e alle caviglie sparirono. Regulus non riusciva a crederci.
« Significa che... posso andarmene? »
Lei sorrise di nuovo, quasi divertita.
« Sì. Per quanto mi riguarda, questa notte stavi cercando di aiutare gli abitanti di Mould-on-the-Wold, e il figlio di Crouch ha frainteso le tue intenzioni ».
Per un istante, Regulus ed Emmeline si lanciarono un'occhiata, ma rivolsero subito lo sguardo altrove, a disagio.
« Grazie » disse Regulus, alzandosi in piedi a fatica: era rimasto seduto troppo tempo e aveva le gambe addormentate, tanto che dovette appoggiarsi alla parete per non cadere di nuovo per terra.
« Sono io che ringrazio te. Purtroppo non potrai più contare sulla segretezza. La notizia del tuo arresto non è rimasta un segreto. Domani tutta la comunità magica lo saprà ». Regulus cercò di non pensarci. Era già tanto essersela cavata in quel modo.
« Posso farti una domanda, Black? » fece lei subito dopo.
« Ehm... certo ».
« Se non sono troppo indiscreta... cosa ti ha spinto ad abbandonare Tu-Sai-Chi? »
Regulus esitò. Avrebbe potuto farle un elenco infinito delle cose che lo avevano deluso e disgustato, dall'alleanza con Greyback alle stragi e le torture fatte per puro divertimento, per non parlare degli Horcrux o degli Inferi, e della rabbia impotente che lo coglieva quando pensava che, se fosse morto nel lago, il suo corpo sarebbe stato usato per compiere azioni che lui non avrebbe mai fatto. Ma non voleva dirlo: erano ricordi e pensieri troppo personali da affrontare in una cella del Ministero della Magia. Ma non voleva neanche mentire alla donna che gli stava restituendo la libertà.
« Ha tentato di uccidere il mio elfo domestico ».
La Bagnold inarcò le sopracciglia, perplessa. Non fece commenti ma doveva aver capito che c'era dell'altro, anche se l'episodio di Kreacher nella caverna era stata la goccia che aveva fatto traboccare il calderone.
« Devo proprio andare » disse poi il Ministro controllando l'ora al polso. « Vance, pensaci tu, ok? »
« Sì » rispose la ragazza.
« Buona fortuna, Black ».
« Grazie, Ministro ».
Millicent Bagnold aprì la porta e uscì dalla cella, incamminandosi lungo il corridoio insieme all'Auror Robards.
Non appena si furono allontanati, Emmeline si rivolse a Regulus, che era ancora appoggiato alla parete.
« Ce la fai a camminare? »
Lui annuì. Si sentiva un po' in imbarazzo, perché non sapeva cosa dirle. Non si vedevano dal loro ultimo giorno di scuola a Hogwarts e la loro ultima conversazione non era stata proprio rilassante. Per fortuna Emmeline assunse subito un atteggiamento molto pratico.
« Bene. Seguimi, prima che Crouch si inventi una scusa per farti rinchiudere di nuovo ».
« La Bagnold gli ha imposto il mio rilascio? »
« Già. Era nero di rabbia... Questa è tua » disse lei, porgendogli la bacchetta che gli avevano sequestrato mentre lo arrestavano.
« Grazie ».
Regulus sistemò la bacchetta, poi alzò lo sguardo e si accorse che Emmeline era a sua volta indecisa su come comportarsi.
« Non so cosa bisognerebbe dire in casi come questi, ma sono contenta di rivederti » disse alla fine.
Regulus ne fu sorpreso.
« Davvero? »
Lei annuì, accennando un sorriso. Poi gli fece un cenno, e Regulus la seguì fuori da quella cella.
« Credevo di non piacerti molto, veramente » non poté fare a meno di dirle, mentre percorrevano il corridoio del Decimo Livello e passavano accanto a una decina di altre celle, tutte occupate.
« Non mi piacevi quando eri snob e immaturo e te la prendevi con chi non era Purosangue. Ora combatti i Mangiamorte e aiuti le loro vittime anche se sono Babbani. C'è una bella differenza ».
« Credo di sì... » commentò lui.
Emmeline stavolta sorrise davvero, almeno finché lui non parlò di nuovo.
« Mi dispiace ».
Regulus non era riuscito a trattenersi. Erano secoli che voleva scusarsi con lei, e quella gli sembrava l'unica occasione per parlarle in privato. Emmeline si fermò a pochi passi dall'ascensore.
« Per cosa? »
« Per averti tenuto nascosta... quella cosa » fece, guardingo. Era meglio non nominare Barty in pieno Ministero. Emmeline comunque aveva capito perfettamente, perché assunse subito un'espressione seria.
« Oh, quello... »
« Esatto. Lo sapevo fin dall'inizio e non ho detto mai niente a nessuno. Non so nemmeno io perché ho continuato a coprirlo fino a poco tempo fa ».
« Forse pensavi che fosse migliore di quello che è in realtà. L'abbiamo creduto tutti ».
« E ci siamo sbagliati ».
Emmeline annuì, poi scosse la testa.
« Avresti dovuto dirmelo, almeno per risparmiarmi mesi di dubbi, ma non devi scusarti. Avevi le tue ragioni, cercavi di coprire un tuo amico. In fondo io e te ci frequentavamo solo grazie a lui e Rachel, ma non siamo mai stati davvero amici ».
« No, infatti. A Hogwarts mi è capitato spesso di frequentare le persone sbagliate » ammise lui.
« Non è mai troppo tardi per cominciare a fare amicizia » disse Emmeline, e gli tese la mano. « Che ne dici? »
Superato lo stupore iniziale, Regulus gliela strinse. Era proprio vero: tutta la sua vita si era rivoluzionata.
« Bene, andiamo di sopra. Ti stanno aspettando » disse poi Emmeline, entrando nell'ascensore.
Lui la seguì.
« Comunque, per quanto riguarda quella persona... per me è acqua passata, ormai » gli confessò lei, mentre la grata si chiudeva e l'ascensore iniziava a salire. « Ma devo dirtelo: sono molto contenta del trauma cranico che gli hai provocato in duello ».





Sono trascorsi secoli da quando ho scritto quel capitolo di "Eroi non si nasce, si diventa" in cui Regulus aiuta la Bagnold a scappare (cap.47), ma tutto questo era già previsto da allora. Spero che vi sia piaciuto, perché a me è piaciuto un sacco scriverlo!
Ho voluto che Regulus ed Emmeline stringessero davvero amicizia anche perché quel povero ragazzo dovrà anche farsi una vita sociale, dato che tutti quelli che lui frequentava in passato ora sono Mangiamorte e lo vogliono morto. E poi hanno alcune affinità caratteriali, soprattutto la tendenza a non mostrare quello che provano. Magari lei è solo un po' più vendicativa xD
Se leggendo quel che Regulus dice a Barty avete pensato a come Voldemort lo sfrutta per risorgere e poi lo abbandona in pasto ai Dissennatori (l'ingratitudine di certa gente! u.u), siete sulla strada giusta. Regulus non è un indovino, ma ormai conosce abbastanza i modi di fare di Voldemort. E anche se ce l'ha con lui non vuole che Barty faccia una brutta fine. In fondo Barty è cambiato, ma è ancora quello del processo, non la persona che diventerà dopo essere stato segregato dal padre per anni. Ne varrà la pena preoccuparsi tanto?
Spero che il ponte sia andato bene!
Prossimo aggiornamento il 20 novembre.
Julia :)

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Capitolo 53
*** Fidelius ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 53
Fidelius

« Questo è il tuo primo giorno da persona quasi libera. Come ti senti? »
« Meglio, credo... Non dovermi più preoccupare del Ministero e fare attenzione solo ai Mangiamorte è un bel passo avanti ».
Sirius convenne con lui. Da quando casa Puddle era stata ridotta ad un cumulo di macerie, Regulus si era definitivamente trasferito nella casa che Alphard gli aveva lasciato in eredità. Fino a quel momento non si era sentito pronto a tornarvi, ma ora la necessità di trovare un rifugio alternativo lo aveva convinto a superare le esitazioni. Tuttavia andava a trovare sia Rachel che Sirius quasi tutti i giorni. Il Ministero non lo cercava più, quindi adesso poteva usare la Metropolvere senza paura di essere rintracciato.
« Hai la copia di oggi della Gazzetta del Profeta? » domandò Regulus, poco dopo essere uscito dal camino dell'appartamento di Sirius.
Il ragazzo parve esitare, ma l'altro rintracciò subito il giornale, appoggiato sopra il tavolino del soggiorno, e avanzò per prenderlo.
« Senti, non so se è una buona idea... »
« Devo sapere che cosa la comunità magica sa di tutta questa storia, no? »
« Se proprio ci tieni... »
L'articolo che lo riguardava non era molto veritiero. Secondo il giornalista che lo aveva scritto, Regulus si era fatto credere morto e, quando gli Auror lo avevano arrestato, era riuscito a trovare il modo per farsi rilasciare senza subire conseguenze.
« Ora tutti penseranno che hai corrotto qualcuno per farti rilasciare » commentò Sirius, osservando attentamente la sua reazione.
Regulus alzò le spalle. In realtà non gli importava molto.
« Ormai mi sono abituato a infischiarmene di quello che pensa la maggior parte della gente ».
« Non è questo il punto. Ti hanno fatto passare come un Malfoy qualunque, ed è ingiusto. Hai dato un'occhiata all'articolo in prima pagina? »
Regulus chiuse il giornale e lesse i titoli principali. Riguardavano l'arresto di molti infiltrati dei Mangiamorte al Ministero. Molti erano stati processati e condannati, ma alcuni erano stati assolti per insufficienza di prove. E non si stupì nel constatare che i rilasciati erano tra i più influenti.
« Lucius e un paio di altri Mangiamorte non sono stati neanche nominati » sibilò a denti stretti.
« Infatti vorrei proprio sapere perché il loro coinvolgimento è passato sotto silenzio. Voglio dire, lo sappiamo tutti e due il perché, ma questa volta speravo davvero che finissero ad Azkaban. Forse questa volta Crouch non aveva tutti i torti a volerli condannare senza processo ».
Regulus non ebbe il tempo di replicare che qualcuno suonò il campanello.
« Deve essere Rachel » disse Sirius, incamminandosi fuori dal soggiorno. « Ieri aveva detto che sarebbe passata ».
Infatti, pochi secondi dopo Sirius tornò, accompagnato dalla ragazza. Rachel era chiaramente esausta: anche se aveva lasciato il lavoro, l'emergenza era stata così grossa che aveva deciso di aiutare ugualmente gli altri Obliviatori. Così aveva trascorso la nottata intera a cancellare la memoria dei Babbani di almeno tre villaggi – e cancellare il ricordo di due giganti non era una passeggiata – ma quando vide Regulus gli gettò le braccia al collo.
« Ho già letto il Profeta. Mi dispiace per quelle schifezze che hanno scritto ».
« Me lo aspettavo » rispose lui. « Piuttosto, tu che sei del Ministero ci sai spiegare questo? »
E le fece vedere l'articolo in prima pagina. Rachel fece una smorfia, mostrando tutta la sua indignazione.
« Crouch le ha provate tutte, ma Lucius è sempre stato attento a non fare mai minacce esplicite. E in più i suoi compari arrestati hanno troppa paura per accusare lui e quelli altrettanto potenti ».
« Che novità ».
« Scommetto che è stato il paparino a salvargli le chiappe » affermò Sirius, mentre prendeva a calci la gamba del tavolo, furente.
« Esatto. Però almeno è stato sospeso dal suo incarico. La Bagnold sa benissimo di che razza di persona si tratta, quindi per un po' se ne starà tranquillo. Non può creare altri problemi ad Abraxas Malfoy, non dopo che si è esposto così tanto per evitargli Azkaban e far passare tutto sotto silenzio ». Rachel si lasciò cadere sulla prima poltrona che le capitò, affranta. « Dorcas lo avrebbe preso a calci fino a farlo confessare spontaneamente. Speravamo di riuscire ad incastrare tutti, per lei... e anche per Gideon e Fabian... »
Regulus e Sirius si scambiarono un'occhiata cupa, poi quest'ultimo approfittò del campanello che aveva suonato un'altra volta per uscire dalla stanza, mentre il primo si accostava alla ragazza e le scostava i capelli dal viso.
« L'Ordine non ha fallito. Avete comunque liberato la Bagnold da chi la ricattava » provò a dirle.
« Sì, certo, ma abbiamo avuto più sconfitte che vittorie... Senti, mi dispiace essere sempre triste, ultimamente. Sono insopportabile, me ne rendo conto ».
« Non devi per forza essere sempre tu a consolare me. Qualche volta possiamo fare anche al contrario ».
« Grazie... Comunque » disse Rachel, sforzandosi di ricacciare indietro la malinconia e cambiando argomento. « Hai deciso cosa fare con tua madre? »
Regulus si irrigidì. Non era stato facile prendere una decisione al riguardo. Adesso che tutta la comunità magica sapeva che era vivo, anche Walburga doveva esserne venuta a conoscenza, e lui le doveva una spiegazione. Regulus sapeva anche cosa dirle, ed era una motivazione perfetta: perché avrebbe dovuto odiarlo se aveva deciso di abbandonare Voldemort dopo aver scoperto che si alleava con lupi mannari e altre creature che lei stessa disprezzava? Ma non poteva farlo senza mettere a repentaglio la sua vita. Era una realtà amara da accettare, ma se non voleva che sua madre fosse uccisa, doveva farsi odiare da lei.
« Sì » rispose alla fine. « Ci ho riflettuto a mente fredda e ho cambiato idea. Avrei voluto che lo sapesse direttamente da me, e non dai giornali, ma non posso farci nulla. Se vado a parlarle diventerà un obiettivo dei Mangiamorte. È meglio che non voglia avere più niente a che fare con me... So cosa stai pensando » aggiunse poi, perché i pensieri di Rachel le si leggevano chiaramente in faccia.
« Preferisco non fare commenti. Sei sicuro che Kreacher non le possa spiegare tutto al posto tuo? »
« Io... credo che lei sia diventata un po'... instabile » mormorò Regulus, a disagio. « Non voglio che se la prenda con lui ».
« E se le parlassi io? »
Lui la osservò per alcuni istanti, chiedendosi se stesse scherzando oppure no.
« Saresti disposta a farlo? »
« Per te sì. Ma non mi impedirebbe di rinfacciarle che sei disposto a farti odiare pur di proteggerla, e che dovrebbe sentirsi una schifezza per questo ».
« Ok, apprezzo il tuo sostegno, ma è meglio se lasci perdere » tagliò corto Regulus.
Rachel s'incupì.
« Non merita tutto quello che stai facendo per lei » protestò. « Una madre non dovrebbe comportarsi così ».
« Certo che no. Credi che non lo sappia? » ammise lui suo malgrado, sentendosi torcere dolorosamente le viscere. Rachel sgranò gli occhi, sorpresa: in effetti non era mai successo che lui esprimesse quel che pensava sull'argomento. « Ma, che lo voglia o no, resta la persona che mi ha messo al mondo, ed è mio dovere impedire che venga uccisa per colpa mia. Tutto il resto è secondario ».
Seguì una lunga pausa di silenzio, che Regulus sfruttò per calmarsi.
« Ad ogni modo, la affronterò io quando sarà il momento giusto. Solo non ora. Ho già diverse persone a cui devo delle spiegazioni ».
La ragazza lo guardò e annuì, facendo segno di aver capito.
« Per esempio chi? »
Regulus stava per rispondere, ma ci pensò Sirius ad anticiparlo.
« Puoi già cominciare. Indovina chi è venuto a trovarti ».
Regulus trattenne il respiro, mentre un campanello d'allarme iniziava a suonare nella sua testa. Pochi istanti dopo, un'altra persona irruppe nel soggiorno con la velocità di un tornado.
« Lascia perdere, Sirius. Questa non è proprio una visita di cortesia » sibilò la donna, incrociando le braccia e fissando Regulus come per incenerirlo.
Lui era paralizzato. Avrebbe voluto guardare da qualsiasi altra parte, ma non ci riusciva. Rachel e Sirius invece continuavano a guardare prima l'uno e poi l'altra, perplessi.
« Tu sei Andromeda? » chiese alla fine la ragazza, rivolgendosi alla nuova arrivata.
« Sì, infatti ».
L'espressione di Andromeda era ambigua, ma il sollievo di vederlo vivo era stato quasi del tutto cancellato dalla rabbia furibonda che la faceva fremere d'indignazione.
Regulus ricordava poche cose di sua cugina, ma su una non aveva dubbi: era meglio non farla arrabbiare. Ma in quel momento era furiosa, e lui non poteva biasimarla.
« E così sei vivo... » sbottò lei, a sua volta incerta.
« Ehi, frena l'entusiasmo! » commentò Sirius, sempre più disorientato.
« Tu non sai che cosa ha fatto l'ultima volta che ci siamo incontrati. Non glielo hai detto, vero? » disse Andromeda, rivolgendosi a Regulus.
Quest'ultimo provò ad aprire la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, anche scusarsi, ma non gli uscì alcun suono.
« Ma se vi siete visti per l'ultima volta quando era solo un bambino... A meno che... » Sirius rivolse un'occhiata sospettosa al fratello. « C'è qualcosa che non so? »
« Senti, mi dispiace » sbottò Regulus, ignorando l'altro e rivolgendosi direttamente ad Andromeda. Era talmente imbarazzato che non avrebbe saputo dire altro, ma lei non sembrava dello stesso parere.
« Pensi di cavartela con un semplice mi dispiace? »
« Che cosa dovrei dire? » protestò lui, commettendo l'errore di risponderle a tono.
Andromeda sembrava sul punto di assalirlo.
« Prova a sforzarti. Hai cercato di uccidere mio marito ».
Di colpo gli occhi di tutti i presenti furono puntati su di lui e Regulus si affrettò ad abbassare lo sguardo, per non vedere le reazioni degli altri due. Sapeva che prima o poi quella storia sarebbe venuta a galla, ma aveva sperato in una confessione meno plateale.
« È successo davvero? » chiese Sirius dopo una lunga pausa, e dal tono sembrava furente.
Regulus non poté esimersi dall'annuire.
« Ho fatto molte cose di cui non vado fiero » ammise, e in quel momento sarebbe voluto sprofondare. « So che non è una giustificazione ma ero veramente stupido a quell'età. Non avevo idea di che cosa significasse uccidere, e non ne sarei stato capace nemmeno se avessi avuto tutto il tempo del mondo ».
Per alcuni istanti non si sentì volare una mosca. Poi qualcuno intervenne.
« Dice la verità, Andromeda ».
Regulus si convinse di aver offeso qualche entità superiore, durante i suoi giorni da Mangiamorte: fino a quel momento aveva creduto di vivere l'episodio più imbarazzante della propria vita, ma non si era ancora accorto della presenza di Ted Tonks. Quando lo vide spuntare da dietro la spalla di sua moglie, prese seriamente in considerazione la possibilità di correre verso il camino e scappare con la Metropolvere.
« Lui e tutta la sua famiglia ti odiavano, Ted » rispose lei, anche se ora sembrava meno aggressiva di prima.
« Credimi, lo so. Ho avuto la sfortuna di incontrare Bellatrix, una volta, quindi conosco bene lo sguardo di chi vuole uccidere. E lui non lo aveva ».
« Mi stai difendendo? » si lasciò sfuggire Regulus, sbigottito.
« Non proprio. Sto solo dicendo quel che è successo » rispose freddamente Tonks.
Regulus sentì la stessa vergogna che aveva provato quel pomeriggio di un paio di anni prima, davanti casa dei Tonks. Era il colmo: lui aveva cercato di ucciderlo, ma quell'uomo non dava l'impressione di detestarlo. Non più di tanto, per lo meno.
Andromeda era ammutolita e indecisa sul da farsi. Regulus intuì che avrebbe voluto potersi comportare diversamente, ma non se la sentiva di biasimarla. Perciò non fu molto sorpreso quando la vide uscire dalla stanza.
Si chiese se sarebbero mai riusciti a ricucire un minimo di legame. Stranamente, con Sirius era stato più semplice. I due fratelli non avevano mai smesso di avere un rapporto, negativo o positivo che fosse, e avevano comunque vissuto sotto lo stesso tetto per quasi tutta l'adolescenza. Andromeda invece era andata via quando Regulus aveva solo sei anni. Lui ricordava a mala pena la ragazza che aveva conosciuto e non conosceva per niente la donna che era diventata. E lei non sapeva assolutamente nulla di lui. Sarebbe stato difficile partire da zero, soprattutto con quelle permesse.
Sirius seguì la cugina, non prima di aver scoccato un'occhiata ammonitrice a Regulus. Per lo meno, né lui né Rachel sembravano troppo infuriati per quella rivelazione, forse perché da un ex Mangiamorte se lo dovevano aspettare, o anche perché sapevano che in quel periodo Regulus aveva cercato di apparire peggiore di quello che era.
Rachel trovò lo stesso un modo per attuare una piccola punizione: con grande orrore di Regulus, uscì a sua volta, lasciandolo solo con Ted Tonks.
Per un po' nessuno dei due seppe cosa fare. Poi Regulus si costrinse a sfruttare l'occasione: era meglio adesso, senza testimoni, che di fronte ad altre persone.
« Mi dispiace per... bè... aver cercato di ucciderti » bofonchiò, a disagio come era stato poche volte.
Tonks parve sorpreso, quasi allibito. Di sicuro neanche Andromeda era abituata a chiedere scusa, quindi lui doveva sapere quanto fosse difficile per un Black scusarsi, soprattutto se si trattava di Ted Tonks, il Nato Babbano.
« Bè, grazie per esserti scusato » rispose, apprezzando lo sforzo.
Per un attimo sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma ci rinunciò e gli voltò le spalle, diretto a sua volta all'ingresso. Ma, arrivato sulla soglia, si voltò di nuovo.
« Senti » esordì, tenendosi le mani nelle tasche e pestando nervosamente la punta di una scarpa sul pavimento. « So di non piacerti per niente, però dammi retta: Andromeda non ce l'ha più con te da quando pensava che fossi morto. Era distrutta quando l'ha saputo. Adesso reagisce con la rabbia perché è fatta così. È testarda come un mulo, ma io la conosco bene: il suo maggiore rimpianto è quello di aver tagliato i ponti con te e con Narcissa ».
« È stata lei ad andarsene » replicò Regulus con freddezza.
« Voleva restare in contatto con voi, ma era sicura che non avreste capito la sua scelta di sposare uno come me ».
Lui non poté negare e Tonks colse il messaggio sottinteso.
« Non mi importa se non hai cambiato idea sul mio conto, ma Andromeda starebbe meglio se tu decidessi di riprendere i rapporti con lei ».
Regulus non rispose, incerto su cosa dire. Andromeda non gli era sembrata ben disposta nei suoi confronti, ma lui stesso al suo posto si sarebbe comportato allo stesso modo. Per fortuna, Tonks non insisté, e uscì dalla stanza lasciandolo solo a riflettere.
« Quello sarebbe Ted Tonks? » disse Rachel, raggiungendolo poco dopo. Qualcosa gli diceva che la ragazza doveva aver sentito quella strana e inedita conversazione. « Non me lo immaginavo così. Quando eravamo a scuola lo descrivevi come una specie di troll ubriacone che aveva quasi rapito tua cugina per farsi mantenere a vita ».
« Potrei aver esagerato un po' » ammise Regulus, imbarazzato.
« Decisamente » fece lei. Seguì un silenzio teso, ma alla fine Rachel decise di non fare commenti su quello che aveva appena scoperto. « Hai intenzione di dargli retta? »
Lui alzò le spalle, sconfortato.
« Non lo so. Dubito che io e Andromeda potremo mai tornare ad andare d'accordo. Siamo due estranei, ormai ».
« Avete sempre lo stesso sangue » rispose Rachel. « Devi almeno provarci ».

Andromeda si trovava sul balcone, intenta a mettere in ordine a colpi di bacchetta tutto il caos di cianfrusaglie che Sirius vi gettava distrattamente ogni giorno. Regulus era rimasto in disparte a osservarla per un po', cercando di trovare il coraggio di farsi vedere. Sapeva di dover essere il primo a prendere la parola, ma non era semplice.
« È inutile mettere in ordine » esordì dopo un po', incerto e attento alla sua reazione. « Domani sarà tutto di nuovo come prima ».
La donna non rispose, ma smise di far levitare quel che sembrava uno stivale rotto e impolverato. Poi si voltò a guardarlo, e Regulus abbassò istintivamente lo sguardo. Ma, visto che Andromeda non accennava a parlare, si decise a compiere il primo passo.
« Lo so che non basta, ma se esistesse un modo migliore per scusarmi lo farei ».
Il fatto che lei non lo avesse ancora fulminato con lo sguardo gli parve positivo, così Regulus provò ad avvicinarsi. Andromeda sospirò, continuando a spostare gli oggetti a caso a colpi di bacchetta.
« Ho capito che ti dispiace davvero. Ma è stato uno shock rendermi conto che il bambino calmo e pacifico che ricordavo era diventato un aspirante assassino ».
Non è una da giri di parole, pensò Regulus, sorpreso. La Andromeda che ricordava era molto diversa: cercava di tenere per sé quello che pensava davvero, per paura di essere giudicata una traditrice. Ora era molto più diretta, indipendente e libera di esprimersi.
« Lo so, e me ne vergogno ancora. Tuo marito di certo non se lo meritava... Non è tanto male, in fondo » ammise suo malgrado, e per la prima volta lei si voltò per guardarlo in faccia, stupita.
« Sono lieta di sentirtelo dire. È un passo avanti, da quando lo odiavi perché non era Purosangue ».
« Lo odiavo perché lo ritenevo responsabile della rovina della nostra famiglia, soprattutto dopo che Sirius ha preso esempio da te e se n'è andato » puntualizzò Regulus, che aveva colto il sottile rimprovero nel tono della cugina. Non era disposto ad essere l'unico ad assumersi le proprie responsabilità.
« La pensi così anche ora? »
Regulus esitò.
« Non proprio. Siamo stati noi stessi ad autodistruggerci ».
Avrebbe voluto aggiungere qualche frase tagliente, perché era infastidito da come Andromeda sembrasse convinta di avere avuto tutte le ragioni del mondo, ma si trattenne, e fece bene. Lei sembrava essersi calmata, e ora appariva più comprensiva.
« Ted non ha colpe. Lui voleva fare tutto alla luce del sole, ma non era possibile. Sono stata io a decidere di andarmene, anche se sapevo che tutti voi mi avreste considerata egoista ».
Regulus non aveva motivo di negare, perché era proprio così che la pensava tempo prima.
« Il giorno prima eri con noi e quello dopo sei sparita nel nulla, e non abbiamo più saputo nulla di te. Non è stato bello » le ricordò.
Andromeda parve dispiaciuta.
« Ero sicura che non mi avreste mai perdonata per questo. Non avrei voluto ritrovarmi nelle condizioni di dover scegliere per forza. Sapevo che in ogni caso qualcuno avrebbe sofferto... e tu eri piccolo... Non mi stupisce il fatto che ti sia abituato a detestarmi ».
Regulus corrugò la fronte.
« Non sono mai riuscito a odiarti » le confessò.
Andromeda questa volta accennò un sorriso.
« E io non ho mai smesso di sperarlo. Solo quando ho saputo che ti eri unito ai Mangiamorte ho creduto di averti perso definitivamente. Eri diventato un'altra persona ».
« In realtà ero sempre io. Tutte le scelte che ho fatto le ho fatte io, anche quelle sbagliate. Non ero ubriaco né sotto Confundus, ero semplicemente idiota. Ne pago ancora le conseguenze, ma in fondo me lo merito ».
Questa volta Andromeda lo guardò con compassione, posandogli una mano sulla spalla, e di colpo Regulus rivide in lei la cugina gentile e comprensiva che aveva perduto molti anni prima.
« Se avessi saputo che sei così duro con te stesso non ti avrei rinfacciato quell'episodio. Ma ora che ci penso, lo sei sempre stato ».
« Credi che per noi due sia possibile tornare ad essere come tempo fa? » le chiese Regulus, dubbioso.
Andromeda ci pensò a lungo.
« No » disse infine. « Siamo cambiati tutti e due, quindi andrà sicuramente meglio. Io non dico più bugie e tu non pensi più che i Nati Babbani debbano morire. Direi che possiamo farcela ». Staccò le braccia dalla ringhiera del balcone, come per rientrare, e concluse. « E poi mia figlia si ricorda ancora di te. Sostiene di non essersi mai divertita così tanto a tormentare qualcuno ».
Regulus provò a restare imperturbabile, ma non poté nascondere il sorriso divertito che gli sorse spontaneo quando il ricordo di una peste dai capelli rosa che inciampava dappertutto affiorò nella sua memoria.

***

Era un autunno molto piovoso. Sirius dovette battere più volte i piedi di fronte all'uscio dei Potter per liberare gli stivali dalla grande quantità di fango che li aveva inzuppati. Se il tono con cui James lo aveva invitato non fosse suonato così urgente avrebbe atteso che spiovesse, prima di uscire di casa. Si strinse nella giacca a vento, mentre aspettava che qualcuno andasse ad aprirgli. Per essere solo metà ottobre, faceva anche troppo freddo.
Recitate le risposte di rito, James lo fece entrare e Sirius fu lieto di trovarsi nel tepore della casa.
« Cosa c'è di così urgente? » chiese poi, scoccando un'occhiata divertita al gatto che, indignato, si era ritratto quando le gocce di pioggia della giacca dell'intruso avevano turbato il suo pisolino.
« Dobbiamo parlare di una cosa importante » rispose l'altro, insolitamente serio. « Però promettimi di non creare problemi ».
« Che cosa significa? »
« Vieni in salotto ».
Seguì James nella stanza accanto, e per un attimo rimase stupito. Oltre a Lily, che teneva Harry in braccio, c'erano anche Silente, Peter... e Remus. Quest'ultimo gli lanciò uno sguardo colmo di risentimento e Sirius fece altrettanto. Forse i Potter erano impazziti? Remus non meritava la loro fiducia e, anche se James continuava a fidarsi, il fatto che nemmeno Peter gli credesse doveva essere bastato a fargli nutrire qualche sospetto... o almeno era quello che Sirius pensava.
« Allora, che succede? » chiese, perplesso e nervoso.
« Ora che siamo tutti, posso spiegare » rispose Silente in tono pratico. « Come sapete, Voldemort si è convinto che il Prescelto indicato dalla Profezia sia proprio Harry. Finora vi siete nascosti con i metodi tradizionali, e vi è andata bene... ma questa situazione, come dimostrano le perdite tra le fila dell'Ordine della Fenice, non può durare in eterno ».
« Dovremmo scappare e lasciare direttamente il Regno Unito? » domandò Lily, preoccupata.
« No. Nemmeno questo sarebbe sicuro. Ho in mente qualcos'altro. Tempo fa chiesi ai professori McGranitt e Vitious se conoscevano un modo migliore. Abbiamo fatto una ricerca e alla fine abbiamo trovato un sistema per tenervi al sicuro da Voldemort ».
Tutti pendevano dalle sue labbra, tranne Harry che era intento a giocare con le costruzioni.
« Si chiama Incanto Fidelius » proseguì Silente. « È una magia complessa, non facile da realizzare, ma efficace ».
« In cosa consiste? » chiese James.
« Una sola persona, chiamata Custode Segreto, dovrà sapere dove siete nascosti. Finché il Custode manterrà il segreto per sé, solo lui potrà trovarvi, e Voldemort non riuscirebbe a vedervi neanche se capitasse per caso dietro il cancello. Non avreste nemmeno bisogno di cambiare casa perché neanche chi ne conosce la posizione adesso saprebbe ritrovarla, una volta posta sotto Incanto Fidelius. Ma per fare tutto questo, dovete scegliere una persona fidata ».
Sirius non si stupì affatto quando James si voltò istintivamente nella sua direzione, ma si sentì sollevato dal fatto che la scelta non fosse ricaduta su Remus. James si fidava di Lupin, ma di lui si fidava di più.
« Sirius è il padrino di Harry. Sarà lui il Custode Segreto... sempre se lo vuole ».
« Certo » si affrettò a rispondere Sirius, che aveva colto l'espressione di Remus: a quest'ultimo la scelta chiaramente non piaceva. Sirius sentì un formicolio alla mano e una ritrovata voglia di prenderlo di nuovo a pugni.
Ma nemmeno Silente sembrava molto convinto.
« Con tutto il rispetto, è utile anche scegliere un Custode Segreto che non sia prevedibile. Probabilmente Voldemort sa già che voi due siete sempre stati inseparabili. Potrebbe scatenarsi contro Sirius per farlo parlare ».
« Non parlerei neanche sotto tortura » assicurò lui, senza riuscire a mascherare la propria irritazione: davvero Silente dubitava della sua lealtà?
« Non l'ho mai messo in dubbio » rispose Silente, come leggendogli nel pensiero. « Ma sei disposto a diventare l'obiettivo principale di Voldemort? »
« Non vogliamo che tu corra tutti questi rischi » intervenne Lily.
« Sono disposto a farlo. L'unico davvero indifeso qui è Harry, e dobbiamo pensare soprattutto a lui. Mi nasconderò ».
« Potrei farlo io » propose Silente.
« Grazie » rispose James. « Ma mi fido ciecamente di Sirius. E poi è abbastanza scaltro da evitare di essere catturato. Lei non ha idea di tutte le punizioni che siamo riusciti a evitare quando eravamo a scuola ».
« Oh, ricordo di aver chiuso più di un occhio un paio di volte, quindi lo immagino. Ma Sirius, ti avverto: sfuggire a Voldemort non è proprio come farlo con Gazza ».
« Ma noi abbiamo un'arma segreta » scherzò James per alleggerire la tensione. « Gli presterò il mio Mantello dell'Invisibilità, mio fedele compagno da quando avevo undici anni ».
Silente inarcò le sopracciglia.
« Sarà piuttosto rovinato, dopo tutti questi anni. Nessun Mantello dell'Invisibilità dura così a lungo ».
« Il mio non è liso neanche un po'. So che è strano, ma è così. E appartiene alla mia famiglia anche da prima ».
Il Preside sembrava stranamente interessato all'argomento, e Sirius non ne capiva la ragione: era troppo impegnato ad osservare le reazioni sospette di Remus per fare caso a qualsiasi altra cosa.
« Per caso potrei vederlo? » chiese Silente, incuriosito.
« Certo. Tanto non siamo più a scuola ».
James uscì dal salotto e rientrò un paio di minuti dopo, porgendogli il suo vecchio mantello. Il mago se lo fece passare tra le dita, osservandolo attentamente, e di colpo il suo sguardo parve illuminarsi.
« Curioso... James, ti dispiace prestarmelo? Vorrei studiarlo con più attenzione. Te lo riporto presto, promesso ».
James non sembrava molto entusiasta, ma non protestò.
« Bene » disse Silente alla fine, infilandosi il mantello in tasca ed estraendone un rotolo di pergamena. « Queste sono le istruzioni dell'Incanto Fidelius. Non è facile, ma sono sicuro che ve la saprete cavare ».
« Andrà bene » lo rassicurò James, mentre Sirius annuiva distrattamente, immerso nei suoi pensieri.
« Grazie di tutto » disse Lily, e Silente le rivolse un sorriso d'incoraggiamento.
Quando se ne fu andato, Remus fu il primo a salutare tutti – Sirius escluso – e avviarsi verso la porta. Sirius se ne infischiò, ma quando vide che anche Peter aveva intenzione di tornare a casa, con un cenno eloquente gli suggerì di aspettare. Lui obbedì docilmente.
« Cosa c'è? »
« Te lo dirò quando in casa non ci saranno orecchie indiscrete » sussurrò Sirius, ignorando l'occhiataccia di Lily.
Nel frattempo James aveva accompagnato Remus alla porta, ma la loro breve conversazione si sentiva anche dal salotto.
« Spero che tu e Peter non ve la siate presa se ho scelto Sirius ».
« Figurati. Nessuno dei due si sarebbe aspettato qualcosa di diverso... Spero solo che tu sappia quello che fai ».
« Remus... » lo ammonì James.
« Non ho detto nulla. Bene, immagino che non ci vedremo per un bel po' ».
« Fino a che Voldemort non sarà sconfitto, temo. Ma magari non dovremo aspettare molto. Nel frattempo... buon Halloween ».
« Anche a te ».
James gli chiuse la porta alle spalle e tornò in salotto. A quel punto Sirius espresse le sue perplessità.
« Stavo pensando a quello che ha detto Silente sul fatto che io sono una scelta troppo prevedibile. Non sto cercando di scaricarvi, sia chiaro, ma devo ammettere che non ha tutti i torti ».
« Questo è vero » convenne Lily. « Ma ti nasconderai anche tu ».
« In effetti non mi piace l'idea di essere al sicuro mentre tu fai l'eroe rischiando la vita per noi » gli disse James.
« Non è questo il punto. Ma se mi trovassero e usassero la Legilimanzia... forse non sarei in grado di impedire che Voldemort lo venga a sapere. Ma se il Custode Segreto fosse una persona che nessuno si aspetterebbe... »
« Tipo? »
« Peter ».
Peter, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, limitandosi a seguire la conversazione con aria confusa, sgranò gli occhi e sbiancò.
« C-cosa? »
« Sei una persona di fiducia, ma di solito sei... molto sottovalutato » spiegò Sirius, cogliendo l'occhiata di Lily che gli suggeriva di avere un po' di tatto. « Nessun Mangiamorte penserebbe a te. E mentre daranno la caccia a me, tu te ne starai tranquillo a custodire il segreto. Cosa ne pensate? »
Lily serrò le labbra, dubbiosa. James esitò, ma alla fine si rivolse a Peter.
« Tu cosa ne dici? »
Lui deglutì. Doveva aver smesso di respirare, perché il suo volto stava prendendo una vaga sfumatura bluastra.
« Trovo che sia un'idea... astuta » rispose, ma l'ultima parola parve morirgli in gola. Sembrava desideroso di dire qualcos'altro, ma tacque.
« Ma te la senti? Guarda che non sei obbligato » gli fece James, posandogli una mano sulla spalla. Peter rabbrividì. Sirius sapeva che il coraggio non era mai stata la sua maggiore qualità, ma sapeva anche che molte volte era riuscito a tirarlo fuori per i suoi amici, come quando aveva accettato di diventare un Animagus per trascorrere una notte al mese in compagnia di un lupo mannaro.
« Io... sì, me la sento! Lo farò volentieri ».
Sirius gli riservò un gran sorriso soddisfatto.
« Sapevo di poter contare su di te ».
« Grazie, Peter ».
Peter fece un sorrisetto nervoso, ma tenne lo sguardo fisso per terra.
« Non lo diremo a nessuno, nemmeno a Silente: potrebbe fare storie. E poi, meno persone lo sapranno e meglio sarà per tutti » fece Sirius, prendendo in mano la situazione. « E tu, Peter, ti nasconderai da qualche parte. Verrò a trovarti spesso, non preoccuparti, non ti abbandonerò. Va bene? »
« Sì » rispose Peter con voce stentorea. « Va bene ».





Quasi mi vergogno se penso a quanti secoli fa avrei voluto inserire di nuovo Andromeda, ma finora non ho mai trovato una scusa adatta a giustificare una sua comparsa senza mettere una scena a caso e scollegata dal resto della trama. Ora finalmente ci sono riuscita! Forse vi sarà sembrata un po' contraddittoria, ma la sua posizione è quanto mai assurda: è contenta perché suo cugino è vivo ma al tempo stesso sa che voleva fare fuori suo marito, quindi non sa come comportarsi.
Quanto a Ted, volevo assolutamente un secondo confronto tra lui e Regulus, soprattutto perché quest'ultimo ha trascorso infanzia e adolescenza a demonizzarlo, e ora si ritrova a dovergli un bel po' di scuse xD Insomma, anche se ora è passato in secondo piano rispetto al resto, quella di Andromeda è sempre stata una delle principali questioni irrisolte di Regulus, e a questo punto i tempi sono maturi per darle una conclusione pacifica.
L'altra questione irrisolta, la peggiore (Walburga, naturalmente) la tratterò a tempo debito. Non è Regulus (che anche se non lo dice è già rassegnato ç__ç), sono io che ho paura di affrontarla XD E poi volevo lasciare spazio ad Andromeda.

La seconda parte penso che si commenti da sola... Ebbene sì, ci siamo: il prossimo capitolo sarà quello di Halloween (muahahah). Preparatevi. u.u
Arrivederci al 5 dicembre!
Julia

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Capitolo 54
*** 31 ottobre 1981 ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 54
31 ottobre 1981

Il giorno di Halloween, Sirius si svegliò tardi. Era una bella giornata e, anche se ormai iniziava a fare piuttosto freddo, il cielo limpido gli fece immediatamente scartare l'idea di restare a casa.
Mentre si vestiva, decide di fare un salto da Peter. Non lo sentiva da un po', e immaginava che neanche per lui fosse piacevole restarsene nascosto in casa tutto il tempo, senza nessuno a fargli compagnia.
Prima però doveva fare la spesa, perché il suo frigorifero era miseramente vuoto, e l'ora di pranzo era vicina. Sirius sbuffò. Detestava fare la spesa: era uno dei compiti che più gli pesavano, e uno dei – pochi, per lui – lati negativi del vivere da soli. Lui, per lo meno, era del tutto incapace e finiva sempre per comprare cose inutili e scordare quelle importanti.
Così, mezzora più tardi, uscì di casa, inforcò la moto e si diresse al supermarket più vicino.
Per essere così scettici nei confronti della magia, i Babbani erano piuttosto affezionati ad Halloween, pensò mentre passava davanti agli scaffali pieni di zucche, scheletri fosforescenti e pipistrelli finti. Si ripromise di non fare mai più la spesa l'ultimo di ottobre: tutti quei dolci erano una tentazione troppo grande per non cedervi. Alla fine, infatti, il suo carrello ne era completamente pieno, tanto da indurre un'anziana signora a scoccargli uno sguardo di disapprovazione.
« Sono per i bambini del vicinato » si giustificò, quando si rese conto che anche la ragazza alla cassa reagiva con stupore di fronte a tutti quei dolci.
« Che generoso » gli rispose lei, con un tono chiaramente ironico.
« Non mi piace subire scherzi. Preferisco essere io a farli ».
Lei sorrise, divertita, e gli lanciò un'occhiata. Non era affatto male, pensò Sirius: alta e slanciata, aveva gli occhi chiari e vispi, e dai colori sgargianti dei suoi vestiti appariva come un tipo decisamente originale. Sirius si limitò ad accennare un sorriso, mentre si affrettava a riempire le buste e a pagare.
« Un buono sconto in omaggio » disse la ragazza, porgendogli un cartoncino sul quale un attimo prima Sirius le aveva visto scrivere qualcosa.
Fece finta di nulla, ma quando si avviò verso l'uscita del supermarket, vide che la ragazza aveva scritto il suo nome e il numero di telefono. Di colpo, si sentì assalire da un cupo malumore. Non sapeva se essere più malinconico o arrabbiato. Uscì all'aperto e gettò il biglietto nel primo contenitore dei rifiuti che gli capitò davanti.
Non era il caso che uno come lui, in quanto membro dell'Ordine della Fenice, uscisse con lei o qualsiasi altra ragazza Babbana. L'ultima volta che ci aveva provato, con una certa Amy, due Mangiamorte l'avevano torturata ed erano quasi riusciti a ucciderla. Sirius l'aveva appena conosciuta, e aveva anche capito di non trovarla molto simpatica, ma si era sentito ugualmente in colpa nei suoi confronti. Era meglio che in quel periodo i Babbani stessero alla larga il più possibile dal mondo magico.
Dopo essere tornato a casa e avere riempito il frigorifero e la dispensa, Sirius pranzò ascoltando le ultime notizie dal mondo magico alla radio, e infine cedette alla pigrizia concedendosi un sonnellino pomeridiano.
Erano ormai quasi le quattro del pomeriggio quando uscì di nuovo, stavolta diretto all'appartamento in cui Peter si nascondeva. Ma non era neanche arrivato a metà strada, quando le cose iniziarono ad andare nel verso sbagliato.
La moto prese a singhiozzare e sbuffare e, prima che potesse capire cosa stesse succedendo, cominciò a perdere quota, finché il motore non si spense del tutto, inaspettatamente.
« Oh, andiamo! » protestò.
Per fortuna ormai era a pochi metri da terra e riuscì a fare un atterraggio di emergenza. Si ritrovò con qualche escoriazione e le braccia doloranti, ma non vi fece molto caso. Al contrario, nonostante i suoi numerosi tentativi, la moto non si accendeva più.
Fuori di sé dalla rabbia, diede un calcio ad un sassolino, che fu scagliato lontano. Che cosa poteva fare? Spingere la moto di nuovo fino a casa sua era fuori discussione: la distanza era troppa. Ma non se la sentiva neanche di andare lo stesso da Peter e lasciarla lì, abbandonata in mezzo alla strada. Era la sua moto, insomma! Ma con la Materializzazione non era abbastanza abile da trasportare anche un mezzo così grande.
Si guardò intorno, e scoprì che poco più avanti c'era un bivio, con un cartello che indicava la strada per un paesino Babbano, a sinistra, e un'altra a destra che finiva vicino alla villa di Alphard.
Nella sfortuna, era stato fortunato, pensò, traendo un respiro di sollievo. Il paese era molto lontano, mentre la vecchia abitazione di suo zio distava poche centinaia di metri. Ora era Regulus a viverci, e Sirius avrebbe potuto lasciarvi la moto e poi andare a trovare Peter tramite Materializzazione.
Purtroppo per lui, trascinare la moto fino alla villa non fu facile: era più pesante del previsto. Quando Sirius finalmente giunse al cortile, aveva il fiato corto, sbuffava e imprecava a voce così alta che vide Regulus affacciarsi ad una delle finestre del primo piano.
« Che stai combinando? » gli domandò il fratello, perplesso, ma non riuscendo a nascondere una nota di divertimento.
Con un'ultima imprecazione, Sirius appoggiò la moto al muro.
« Tu che dici? La moto ha pensato bene di abbandonarmi » bofonchiò, ansimando per lo sforzo. Non distinse le parole che Regulus disse tra sé, ma era sicuro che avesse appena fatto un commento sarcastico. « Cos'hai detto? »
« Niente, niente » minimizzò l'altro. « Scendo e ti faccio entrare ».
Lui sbuffò e attese, finché Regulus non gli aprì la porta.
« Hai detto che una scopa non mi avrebbe mai abbandonato, vero? » lo sfidò Sirius.
« Una cosa del genere » confermò lui. Sirius gli lanciò un'occhiata truce. « E dai scherzavo... »
Regulus lo fece entrare in casa. Sirius non la vedeva così perfetta da tempo: l'ordine non era proprio una delle migliori qualità di Alphard.
« Si vede che adesso ci abiti tu » commentò.
« Sapevo che lo avresti detto ».
« Ovvio. Sei tu quello che, dopo essere stato attaccato nel cuore della notte da due giganti, è uscito da una cella perfettamente vestito e pettinato ».
«
È un talento naturale, non posso farci niente ».
Per l'occasione, Regulus aveva anche allestito delle decorazioni per Halloween, le stesse che loro zio usava sempre quando erano bambini, compresi alcuni incantesimi che creavano delle illusioni ottiche del tutto realistiche.
« Dove le hai trovate? » chiese, colpito, notando una dozzina di fantasmi finti che apparivano e scomparivano a intervalli regolari.
« Le zucche e le candele nella soffitta » spiegò Regulus. « Per gli incantesimi invece c'è un libro apposta. Li prendeva tutti da lì ».
Sirius non rispose, assalito dalla malinconia. Anche Regulus doveva sentire la stessa cosa, perché iniziò a raddrizzare il tappeto anche se era già perfettamente parallelo al divano, come faceva sempre per mostrarsi indaffarato ed evitare di mostrare quello che provava.
« Aster sta cucinando la torta di zucca » constatò Sirius, deciso a rompere quell'atmosfera pesante.
« Sì ma non è per te. Stasera viene Rachel a cena » ribatté Regulus.
Lui non poté fare a meno di esserne deluso. Aveva ancora spazio per una fetta di torta. Poi lanciò un'occhiata all'orologio.
« In teoria dovrei andare da Peter, ma mentre trascinavo la moto mi sono ricordato che nostro zio aveva qualche libro sull'argomento. Li avevo comprati io chiedendogli di nasconderli: a Grimmauld Place rischiavano di finire ad alimentare il camino ».
« Vuoi provare ad aggiustarla da solo? » chiese Regulus, perplesso.
« Ci proverò. Non sarà poi così difficile ».
Ma era molto più complicato di quanto si aspettasse. E dopo molti tentativi non aveva ancora capito dove fosse il guasto.
« Deve essere il motore, per forza ».
« Non è che si è esaurito l'effetto dell'incantesimo che la fa volare? » chiese Regulus, comodamente appoggiato al muro esterno mentre Sirius sbuffava e armeggiava con la moto poco più in là.
« Non è possibile. Perché dovrebbe avere esaurito il suo effetto? »
« Magari non hai eseguito bene l'incantesimo, o ti sei dimenticato di renderlo permanente ».
« Ti sembro un idiota? Fammi un favore: taci ».
Regulus non replicò, e rimase ad osservare. Sirius sentiva il suo sguardo dietro la nuca, e la cosa lo irritava alquanto.
« Perché non mi aiuti, invece di startene lì impalato? »
« Non ci capisco nulla, e poi non voglio sporcarmi. Secondo me dovresti davvero riprovare ad eseguire l'incantesimo ».
« Ti dico che non dipende da quello ».
« Fai come ti pare ».
Cinque minuti dopo, Sirius aveva rinunciato.
« Forse era meglio portarla da un meccanico » bofonchiò.
Regulus alzò gli occhi al cielo.
« Ma perché ti impunti così, come se i metodi Babbani fossero più efficaci? »
« Perché è un mezzo di trasporto Babbano creato dai Babbani, ok? La magia non c'entra. »
« Tu provaci. »
« Ok, lo faccio, così la pianti una buona volta! »
Sbuffando, Sirius estrasse la bacchetta e ripeté l'incantesimo che aveva usato qualche anno prima per far volare la moto, assolutamente sicuro che non sarebbe successo nulla.
E invece, con uno scoppio, il motore si accese, lasciandolo di stucco.
Ci fu una pausa di silenzio, poi Regulus commentò:
« Accidenti, hai colto di sorpresa anche me: non ho avuto il tempo di preparare le parole adatte a rinfacciartelo a vita ».
Sirius non sapeva se ridere o prendersela, così decise di ignorarlo.
« Ora ricordo: l'incantesimo che avevo fatto sostituiva anche il carburante. Esaurendosi l'effetto, è come se fossi rimasto senza benzina ».
« Ti è andata anche troppo bene. Ti saresti potuto schiantare a terra ».
« Lo so... Che ore sono? »
Regulus lanciò un'occhiata all'orologio.
« Lei sei passate ».
« Ottimo, arriverò da Peter prima di quanto pensassi » disse Sirius. Inforcò la moto e si rivolse a Regulus. « Lasciatemi almeno una fetta di torta di zucca, ok? Vengo a prenderla domani mattina ».
« Come vuoi, ma non posso assicurarti che la troverai » rispose Regulus, incrociando le braccia.
« Sì che la troverò. A domani ».
E Sirius spiccò il volo.

***

Il bicchiere di vetro gli sfuggì di mano, cadendo a terra e infrangendosi in mille pezzi.
Calmati, sono solo i vicini che fanno i lavori.
Con le mani tremanti prese la scopa e iniziò a spazzare via i resti del bicchiere, mentre i suoi sbuffi nervosi e spaventati venivano coperti dal rumore del trapano che qualcuno dell'appartamento accanto al suo aveva azionato poco prima, facendolo sobbalzare.
Il forno a microonde suonò all'improvviso, mettendo di nuovo a dura prova i suoi nervi tesi.
Devi calmarti. Calmati, accidenti!
Peter aprì il forno, prendendo le lasagne surgelate e mettendole nel piatto, ma tremava così tanto che stava quasi per farle cadere per terra. Poi si accasciò sulla sedia e iniziò a mangiare automaticamente, con la mentre altrove.
Si trovava lì da una settimana, ormai, ma gli sembrava un periodo di tempo molto più lungo. Restare così tanto senza mettere il naso fuori casa lo stava facendo impazzire, soprattutto considerato lo stress e l'agitazione che lo tormentavano da quando lui e i Potter avevano eseguito l'Incanto Fidelius, nominandolo Custode Segreto.
L'appartamento in cui si era nascosto era stato messo a disposizione da Silente, che lo aveva trovato chissà dove. Era a Londra, e questo a Peter non piaceva. Avrebbe preferito potersi nascondere il più lontano possibile, magari in un'isola sperduta del Pacifico, o direttamente sulla luna, se fosse stato possibile. Non che sarebbe servito a molto. Voldemort avrebbe potuto rintracciarlo ovunque egli si trovasse.
Lasciò andare la forchetta, improvvisamente nauseato, e con un gesto istintivo si allungò la manica sinistra per coprire del tutto il polso. Preferiva non guardarlo, come se ignorarlo potesse farlo sparire, anche se sapeva che non se ne sarebbe mai liberato.
Aveva ricevuto il Marchio Nero da Voldemort la notte in cui i Mangiamorte avevano attaccato a casa di Dedalus e da quel momento non aveva fatto altro che bruciare quasi tutti i giorni. Non avrebbe mai dimenticato l'espressione di trionfo nei lineamenti scheletrici di Lord Voldemort quando lo aveva marchiato. Era come se gli stesse dicendo: « Da questo momento appartieni a me ».
Peter rabbrividì, afferrando il tovagliolo di carta e iniziando a strapparlo in striscioline. Non aveva scampo. Prima o poi Lui lo avrebbe convocato, e allora non avrebbe avuto scelta. Era lui il Custode Segreto dei Potter e non sarebbe mai riuscito a nasconderlo. Il Signore Oscuro sapeva sempre quando mentiva, e lo avrebbe punito, di nuovo...
Provò a bere un po' d'acqua, ma scoprì di aver perso la capacità di deglutire. Come avevano fatto le cose a mettersi così male tutte all'improvviso?
È tutta colpa di Sirius, non poté fare a meno di pensare, e una rabbia repressa fin troppo a lungo gli fece accartocciare i resti del tovagliolo nel pugno. Se fosse rimasto lui il Custode Segreto, io sarei al sicuro. E invece no, il rischio lo devo correre io, mentre lui se ne va in giro libero e senza pensieri.
Sapeva di esagerare, ma doveva assolutamente prendersela con qualcuno. Quella situazione lo stava sfinendo, perché ora non si trattava più soltanto di accusare Remus o farlo litigare con Sirius per proteggere se stesso. Quella volta non avrebbe potuto fare giochetti. Se lui avesse parlato, James, Lily e Harry sarebbero morti.
Non dovrebbe importarmi, in fondo. Mi hanno costretto a fare il Custode Segreto perché a loro non interessa se sono io a rischiare la vita. Sono sempre stato quello disposto a fare sempre favori agli altri pur di essere benvoluto, quindi è ovvio che abbiano scaricato su di me questa responsabilità. Ma io non la voglio, non voglio essere responsabile della loro morte...
Ma, per quanto si costringesse ad arrabbiarsi con loro e a inventare sempre nuovi alibi per se stesso, non si sentiva per niente a posto con la coscienza. Come avrebbe potuto consegnarli nelle mani di Voldemort? James lo aveva sempre aiutato...
No, non è vero. Gli piaceva la mia compagnia solo perché amava essere messo su di un piedistallo, e io sono sempre stato bravo a farlo.
Lily però era gentile con lui.
Ma non è davvero mia amica. Non credo di piacerle. Probabilmente mi sopporta solo perché glielo ha chiesto James.
E Harry?
Peter si accorse solo in quel momento di essersi morso l'interno della guancia talmente forte che si sarebbe potuto ferire. A Harry non poteva attribuire alcuna colpa: era solo un bambino di un anno e qualche mese, e non aveva avuto il tempo di fargli dei torti.
Ma era inutile crogiolarsi nei sensi di colpa, si disse. Se non avesse parlato, Voldemort lo avrebbe ucciso. E i suoi amici, se erano davvero tali, non potevano pretendere che lui sacrificasse la propria vita per loro.
Si alzò in piedi e uscì dalla cucina, incapace di restare fermo, e si ritrovò a camminare avanti e indietro per il salotto. In ogni caso, era rovinato. Anche se avesse parlato e Voldemort fosse riuscito a trovare i Potter, a quel punto la sua copertura sarebbe saltata. Sirius avrebbe capito che solo lui avrebbe potuto svelare il nascondiglio. E qualcosa gli diceva che lo avrebbe cercato per mari e monti pur di ucciderlo. Doveva trovare una soluzione, e in fretta.
Naturalmente essere un Animagus lo avrebbe aiutato a nascondersi, ma sarebbe servito a qualcosa? Che senso aveva scappare per tutta la vita? E se invece fosse uscito del tutto allo scoperto, dichiarandosi dalla parte di Voldemort? Il Signore Oscuro lo avrebbe sicuramente ricompensato per avergli fornito un'informazione così difficile da reperire, e gli avrebbe riservato un posto d'onore, una volta vinta la guerra. Ma soprattutto lo avrebbe lasciato vivere.
Ma Peter non era in grado di schierarsi da una parte, e non era neanche troppo sicuro di avere la forza di ignorare quel briciolo di coscienza che ancora non aveva messo a tacere, tradendo i Potter e tutti i suoi amici. Restava solo da vedere se sarebbe stato più forte il senso di colpa o l'istinto di sopravvivenza.
Poi una fitta al polso gli provocò un gesto inconsulto, facendo cadere una fotografia incorniciata che prima si trovava su un tavolino, ma Peter non vi fece neanche caso.
Non aveva più tempo per riflettere, perché era giunto il momento di prendere una decisione definitiva.
Il terrore lo assalì, come una folata improvvisa di vento gelido, mentre il Marchio Nero bruciava come fuoco.
Lord Voldemort lo aveva convocato.

***

Sirius parcheggiò la moto a pochi metri dall'appartamento di Peter e scese, pensando che al suo amico avrebbe fatto piacere ricevere una visita inaspettata. Dopo aver suonato il campanello, attese una risposta. Trascorsero diversi secondi, ma nessuno gli rispose.
Starà dormendo, pensò, ben sapendo che nemmeno una bomba poteva svegliare Peter quando era profondamente addormentato.
Suonò di nuovo, stavolta più a lungo e più energicamente, ma dopo quasi un minuto Peter non si era fatto vivo.
« Codaliscia, svegliati! Che cosa stai...? » esordì, ma quando appoggiò la mano alla porta d'ingresso, questa si scostò: era già aperta.
Un'ansia indescrivibile si impadronì di Sirius che, automaticamente, alzò lo sguardo con il cuore in gola. Ma sopra la casa non c'era alcun Marchio Nero. Possibile che Peter fosse così disattento da aver lasciato la porta aperta?
Senza indugiare oltre, entrò.
« Peter? » lo chiamò di nuovo, ma nessuno rispose.
Sirius lo cercò in tutte le stanze, ma non lo trovò. Peter non era in casa.
Cercò di calmarsi e di riordinare le idee. Forse i Mangiamorte avevano scoperto dove si nascondeva e lui era dovuto scappare. Ma allora perché non c'erano tracce di uno scontro? Anche se Peter non aveva combattuto, qualcosa fuori posto ci sarebbe dovuto essere, conoscendo lo stile dei Mangiamorte. E invece la casa era in perfetto ordine, tranne la cucina, in cui Peter aveva lasciato la cena a metà. Era come se, mentre mangiava, avesse abbandonato tutto all'improvviso e fosse uscito.
Ma era assurdo: era il Custode Segreto e sapeva benissimo di non dover uscire per nessuna ragione al mondo.
Forse sua madre si è sentita male, pensò Sirius, ma capì subito che il motivo non poteva essere quello. Per qualunque emergenza gli avrebbe mandato il suo Patronus. No, era uscito di sua spontanea volontà.
Quella conclusione, piuttosto che calmarlo, lo fece rabbrividire dalla testa ai piedi.
Mi fido di te, Peter. Sei un amico migliore di Remus.
Le sue gambe si mossero da sole, e Sirius si avvicinò al tavolo della cucina. Il tovagliolo era stato strappato in mille pezzi. Peter lo faceva sempre quando era preoccupato o spaventato... o quando si sentiva in colpa.
Remus si comporta in modo strano, ultimamente. La voce di Peter continuava a risuonargli nella testa. Credi davvero che possa aver tradito tutti quanti? In effetti sembra che voglia nascondere qualcosa. È cominciato tutto a Drybrook... Malocchio forse sospetta di lui. Lui e Edgar non andavano molto d'accordo...
Sirius uscì a grandi passi dalla cucina, incapace di stare fermo e di decidere cosa fare.
Greyback mi ha rovinato la vita! Come potrei smettere di odiarlo? E i Mangiamorte mi considerano indegno di vivere! Perché dovrei collaborare con chi mi vuole morto? Sei pieno di pregiudizi, Black. Sei identico ai tuoi genitori.
Gli aveva tirato un pugno per quella frase. Sirius non avrebbe permesso a un traditore di insultarlo in quel modo. Remus era il traditore, la spia... giusto?
Io mi fido di Remus. Mi fido di tutti voi. Nessuno dei miei amici mi venderebbe mai a Voldemort. Non voglio più vedervi litigare in questo modo.
La scarpa di Sirius urtò contro qualcosa che si trovava sul pavimento. Era una cornice. Si chinò a raccoglierla e la riconobbe. Ognuno di loro ne possedeva una copia: la sua era rimasta nella sua vecchia camera a Grimmauld Place. Ma questa era diversa: Remus se n'era andato, lui e James sorridevano, ignari, mentre Peter accennava una smorfia poco spontanea, ma puntualmente abbassava lo sguardo, come se temesse di essere guardato negli occhi.
Peter sta dimagrendo a vista d'occhio, soffre d'insonnia ed è sciupato. Non sembra neanche più lui.
Sirius s'irrigidì, mentre la fotografia gli sfuggiva di mano, cadendo a terra.
Il Cappello Parlante non voleva mettermi a Grifondoro, ma io ho insistito. Volevo stare con voi che mi avevate difeso da quegli studenti più grandi.
Non sono mai stato coraggioso come voi.
Non credo di essere adatto a combattere, ma se voi volete entrare nell'Ordine della Fenice, ci sarò.
Voi-Sapete-Chi sta vincendo. Ci ucciderà tutti...
« No... » si ritrovò a mormorare tra sé. « Non è possibile. Era Remus... »
La spia è insospettabile, aveva detto Wilkes, prima di morire. Non ci arriverete mai.
Peter sei la persona più buona che conosca. Nessuno dubiterebbe mai di te.
Sirius era paralizzato dal terrore, mentre i pezzi del puzzle tornavano al loro posto, dandogli un quadro molto più chiaro della situazione. E infine si sentì cedere le ginocchia, sprofondando in un abisso di panico.
Nessun Mangiamorte penserebbe a te. E mentre daranno la caccia a me, tu te ne starai tranquillo a custodire il segreto.
« Che cosa ho fatto? »
Senza fiato, indietreggiò, urtando contro una sedia che si rovesciò per terra. Le orecchie gli ronzavano e improvvisamente le pareti intorno a lui avevano iniziato a girare e ondeggiare, mentre il cuore sembrava sul punto di esplodergli nel petto.
« No! » ripeté.
Non sapeva neanche quale sentimento prevalesse in quel momento, se la rabbia, il panico, la delusione o la disperazione. Ma non cedette a nessuno di questi.
James, Lily e Harry non sapevano nulla, e forse Voldemort era già sulle loro tracce... Non c'era il tempo di pensare, doveva agire.
Sirius uscì di corsa dalla casa, inforcò la moto e spiccò il volo, diretto a velocità folle a Godric's Hollow, supplicando disperatamente di arrivare in tempo.

***

James sbadigliò, lanciando un'occhiata fuori dalla finestra. Il sole stava tramontando e i ragazzini Babbani stavano già uscendo, vestiti con i costumi di Halloween, pronti a suonare ai campanelli di tutte le case, tranne la sua naturalmente, dal momento che nessuno poteva trovarla.
Se avesse avuto il suo fidato Mantello dell'Invisibilità sarebbe potuto uscire a sua volta, giusto per fare un paio di scherzi al Babbano scorbutico e avaro che abitava di fronte. Non solo non dava mai dolci ai bambini, ma li scacciava anche in modo sgarbato. Ma Silente si era preso il Mantello e non glielo aveva ancora restituito. James sperava che si sbrigasse: non ne poteva più di restare chiuso in casa. Si sentiva in trappola.
Lily era al piano di sopra, intenta a mettere Harry a letto. Lo capiva dai capricci di loro figlio, che voleva ancora giocare con le luci colorate. James sorrise, poi si stiracchiò, sbadigliando. Tutta quella vita casalinga lo stava facendo stancare davvero troppo.
Ma poi accadde qualcosa. Un rumore strano giunse alle sue orecchie, allarmandolo: era il cancello. Si disse che doveva essere il gatto, ma poi sentì dei passi nel vialetto e la porta si aprì.
Il cuore in gola, balzò in piedi, pronto a recuperare la bacchetta. Aveva già aperto la bocca per gridare un avvertimento a Lily, quando l'intruso irruppe in casa.
« James! » esclamò Sirius, precipitandosi nel salotto. « State tutti bene? »
James abbassò la bacchetta, guardandolo con perplessità.
« Certo, perché? Mi hai fatto prendere un colpo. Come mai sei così agitato? »
« Non c'è tempo per spiegare. Dovete andarvene da qui, e subito ».
James aggrottò la fronte, senza capire.
« Che cosa? »
« Voldemort potrebbe già essere diretto qui. Non perdere tempo! » lo incitò Sirius, scrollandolo con tanta violenza da storcergli gli occhiali sul naso. « Peter... Remus... è colpa mia... »
Non capendo nulla di quel che Sirius aveva balbettato, James provò a protestare, ma in quel momento Lily scese, con Harry in braccio.
« Si può sapere cosa sta succedendo? » chiese, scossa.
« Peter non è a casa. È sparito » spiegò Sirius.
Calò un silenzio teso, durante il quale James poté solo inorridire. La paura lo invase e per un attimo non seppe nemmeno come reagire. Fu Lily a parlare per prima.
« Allora dobbiamo andarcene di qui, e in fretta » disse, con un'espressione dura. Prese un mantello, lo usò per coprire Harry e raggiunse l'ingresso, la bacchetta pronta.
« Andiamo » disse Sirius, e James lo seguì, anche se non aveva capito il significato dello sguardo che l'amico e sua moglie si erano scambiati. O forse non voleva capire.
Ma non si oppose, anche se lasciare Godric's Hollow così all'improvviso lo aveva lasciato frastornato. Lily prese posto nel sidecar insieme a Harry e al gatto, mentre lui saliva sulla moto dietro Sirius, che aveva già acceso il motore.
Lily a quel punto lanciò un grido, e tutti loro si voltarono a guardare nella sua direzione: nella notte, qualcuno si stava avvicinando rapidamente. Anche se si scorgeva a mala pena, il volto dell'uomo era talmente pallido da essere inconfondibile.
« Parti! »
La moto si librò in aria, mentre James scagliava una serie di incantesimi che impedì a Lord Voldemort di attaccarli.
Harry scoppiò a piangere mentre Sirius dava gas spiccando il volo. Pochi secondi dopo, il tetto della loro casa a Godric's Hollow era già un quadratino minuscolo in mezzo a tanti altri uguali.
Erano sfuggiti a Voldemort per un soffio.
« Dove ci porti adesso? »
« Sto pensando... » rispose Sirius, mentre si mordeva il labbro a sangue. « Deve essere un posto che lui non conosce ».
James non voleva sapere a chi si riferisse quel lui, così tacque durante tutto il tragitto, anche quando Sirius cambiò idea e invertì la rotta. La sua mente cercava disperatamente una risposta poco dolorosa alla domanda sul perché Voldemort fosse riuscito a trovarli nonostante l'Incanto Fidelius. Ma trovò una sola risposta, che lo riempì d'angoscia.
Atterrarono su una pozza di fango, ma Sirius non vi fece neanche caso. Aiutò Lily a scendere dal sidecar, mentre il gatto ne saltò fuori da solo, spaventato e indignato da tutto quel caos. Sirius trascinò i Potter fino alla porta d'ingresso di una villa che loro non avevano mai visto, e suonò il campanello.
Un elfo domestico piuttosto anziano li fece entrare non appena riconobbe Sirius, ma James non seppe dove fossero finiti fino a quando Regulus non si affacciò all'ingresso. Le loro facce stravolte e il pianto di Harry lo indussero a sostituire l'espressione infastidita che aveva assunto all'inizio con un'altra colma di stupore.
« Che cosa succede? » domandò Rachel, entrando a sua volta nell'ingresso. James ebbe la sgradevole sensazione di averli disturbati, ma non riuscì a farsi venire in mente nemmeno una battuta.
« Voldemort » si limitò a rispondere Sirius. Era fuori di sé e aveva preso a percorrere tutto il salotto avanti e indietro.
« Vi ha attaccati? »
« Sì. Sirius ci ha portati via appena in tempo » rispose Lily, cupa. « Scusate l'intrusione. Sirius deve aver pensato che questo fosse l'unico posto sicuro... » aggiunse, lanciando un'occhiata imbarazzata a Regulus, che distolse lo sguardo senza commentare: certe abitudini erano dure a morire.
Per alcuni istanti nessuno disse una parola, poi Rachel si riscosse e invitò l'altra ragazza a sedersi: Lily tremava e avrebbe potuto far cadere Harry se fosse rimasta in piedi ancora un po'.
« Dirò ad Aster di scaldare del latte per Harry. Voi volete qualcosa da bere? »
« Whisky Incendiario » risposero all'unisono Sirius, James e Lily.
Poco dopo, in cucina, Harry stava bevendo il suo latte mentre tutti gli altri si lasciavano stordire dal Whisky e Regulus e Rachel si scambiavano occhiate perplesse.
Fu a quel punto che James prese la parola.
« Dobbiamo andare a cercare Peter, Sirius. Voldemort deve averlo torturato per costringerlo a parlare » disse, sentendosi in colpa per averlo messo in pericolo con la faccenda del Custode Segreto.
Ma Sirius lo guardò come se lo ritenesse pazzo, e poi scambiò di nuovo quello strano sguardo con Lily che, per tutta risposta, si scolò tutto il Whisky che le restava nel bicchiere.
« James, non hai capito niente » disse Sirius, stringendo i pugni per la rabbia. « Credi davvero che Peter sia stato costretto a parlare? »
« Ma certo. Perché mai avrebbe dovuto...? »
« Perché lui è la spia! Svegliati: ci ha traditi! Non era Remus a dare informazioni ai Mangiamorte, era Peter! È stato lui a far sapere a Greyback della nostra strategia a Drybrook. Lui ha fatto uccidere i Bones. Lui ha rivelato dove si trovava la vecchia sede dell'Ordine della Fenice. Ed è lui che oggi è andato a riferire a Voldemort dove vi nascondevate ».
James era paralizzato, e nemmeno Regulus e Rachel osavano muovere un muscolo, in parte sconvolti dalla rivelazione e in parte impressionati dall'espressione omicida di Sirius.
« Ci ha fregati tutti! Con quell'aria da finto ingenuo è riuscito a farmi sospettare di Remus e ci ha messi l'uno contro l'altro ».
« Aspetta, non è detto che... Lui non non avrebbe mai permesso che Voldemort uccidesse me o Harry o Lily! » protestò James, che nonostante tutto ancora non ci voleva credere.
Ma Sirius era furioso.
« E allora perché ha parlato? Era lui il Custode Segreto, e solo lui avrebbe potuto farvi trovare ».
« Forse è stato ricattato... »
« Chiunque di noi sarebbe morto pur di non tradire. Lui ha preferito vendere tuo figlio per salvarsi la pelle... E sono stato io a servirvi a lui su un piatto d'argento... »
Sirius si mise le mani tra i capelli, quasi a volerseli strappare, e James non replicò più, perché la verità era troppo evidente per negarla. Si sentiva come se il mondo gli fosse crollato addosso. Fino a quel giorno avrebbe scommesso qualsiasi cosa sulla fedeltà dei suoi amici. Era una delle poche cose su cui non aveva il minimo dubbio. Ma a partire da quella sera non sarebbe più stato lo stesso.
« Dobbiamo cercarlo » disse, con un notevole sforzo. « Voldemort ha fallito, non riuscendo a uccidere Harry, quindi se la prenderà con Peter. Dobbiamo trovarlo prima che lo faccia lui ».
Stranamente, Sirius acconsentì, anche se le sue motivazioni più profonde erano ben altre.
« Sì, non lascerò a Voldemort la soddisfazione di punirlo. Quando lo avrò catturato, sarò io a ucciderlo ».
« Tu non farai un bel niente » intervenne Regulus, parlando per la prima volta. « Non sei neanche in grado di reggerti in piedi ».
Sirius si alzò, barcollando, e gli lanciò un'occhiata di sfida. Lo shock, mescolato al Whisky, doveva avergli dato alla testa.
« Mi vuoi impedire di dargli la lezione che merita? »
Era incredibile quanto fossero diversi. Regulus non batteva ciglio, imperturbabile, mentre Sirius sembrava in preda ad una crisi di nervi.
« Dico solo che se lo inseguirai da solo non risolverai nulla, o finirai per farti ammazzare. Avvertite l'Ordine della Fenice e organizzatevi ».
« Ha ragione, Sirius » intervenne James, sperando che il suo amico tornasse a ragionare.
Sirius assestò un calcio alla sedia, furioso.
« E va bene. Rachel, avverti tu l'Ordine. Non sono dell'umore adatto a evocare un Patronus » disse alla fine.
« Ci proverò ».
La ragazza uscì dalla stanza e, dopo alcuni istanti, un Patronus a forma di leonessa si allontanò dalla casa.
James si stropicciò gli occhi, quasi sperando di trovarsi sul divano della sua casa a Godric's Hollow, una volta riaperti. Ma quello non era un sogno. Peter aveva davvero tradito. Il solo pensiero gli faceva mancare il respiro.
« Lily, tu resti qui con Harry? » stava chiedendo Sirius, sforzandosi di restare calmo.
« Non riesco a pensare ad un altro posto » fece lei, abbattuta.
« Dirò ad Aster di non perderla di vista. Per qualunque cosa, li Smaterializzerà da qualche altra parte » intervenne Regulus.
« Perché, tu dove credi di andare? »
James notò che anche Regulus aveva estratto la bacchetta e aveva un'aria molto determinata.
« Non siete gli unici ad avere un conto in sospeso con la spia » si limitò a spiegare, lanciando un'occhiata a Rachel, che era appena rientrata nella cucina.
James realizzò solo in quel momento che, per colpa di Peter, la ragazza era stata aggredita da un lupo mannaro.
« Quindi vieni con noi? »
Regulus annuì. E, anche se per un solo istante, Sirius gli riservò uno sguardo riconoscente.




Dai che lo sapevate! Potevo forse far finire tutto a tragedia e condannare Sirius all'infelicità perpetua, dopo tutta questa fatica? XD
Rapida spiegazione: ricordate quando Alphard diceva che quando si modifica un evento del passato non si sa mai quali conseguenze ci saranno? E che anche la modifica più banale può cambiare tutto? Appunto. Se Rachel non avesse usato la Giratempo, Regulus non sarebbe stato a casa di Alphard, non avrebbe potuto risolvere il problema della moto, e Sirius probabilmente avrebbe esitato ancora qualche minuto prima di usare quellìincantesimo, perdendo minuti fondamentali. E' banale, ma ha cambiato tutto. In fondo è stata solo una questione di pochi minuti. Alla fine ho collegato tutto all'uso della Giratempo perché è da quello che è partita tutta la stori alternativa che ho inventato.
Ora però aspettate a festeggiare! I Potter saranno anche vivi, ma anche Voldemort è ancora in circolazione, perciò la guerra continua... e d'ora in poi può succedere di tutto. XD Tra l'altro Lily non si è sacrificata per nessuno, quindi tecnicamente Harry non è ancora il Prescelto... Ma è un problema che affronterò prossimamente.
Quanto a James, per quello che i libri ci hanno fatto capire di lui, penso che anche nel canon non avrebbe pensato a Peter come un traditore neanche mentre Voldemort lo uccideva. Non è da lui, e non sono l'unica a pensarlo, quindi ho mantenuto questa sua caratteristica, almeno finché Sirius non gli ha aperto gli occhi con tatto e delicatezza.
Se già vi chiedete quale sarà la sorte di Peter, dico solo che il prossimo capitolo si intitolerà "Caccia al topo" *gongola senza ritegno*
Arrivederci al 20 dicembre! :)))

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Capitolo 55
*** Caccia al topo ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 55
Caccia al topo

Sirius era convinto di vivere il peggiore degli incubi. Camminava ma sapeva a stento dove era diretto, limitandosi a seguire gli altri. James aveva uno sguardo altrettanto assente e nessuno dei due si guardava, come per evitare che l'espressione dell'uno potesse smentire l'altro e rivelare che non si trattava affatto di un sogno.
Quando loro due, Regulus e Rachel misero piede al quartier generale dell'Ordine della Fenice ad aspettarli c'erano già quasi tutti: Albus e Aberforth Silente, Minerva McGranitt, Alastor Moody – che dopo aver perso una gamba l'aveva sostituita con una di legno che terminava a forma di una zampa di leone – Hagrid, Emmeline, Sturgis, Dedalus ed Elphias.
Sirius si accorse a mala pena di quello che gli altri si dissero durante l'attesa, quando i vari membri dell'Ordine chiesero spiegazioni. Era talmente distratto che non si accorse nemmeno dello stupore e della perplessità che l'inedita presenza di Regulus aveva creato tra di loro.
«
È vero quello che ha accennato Malocchio? La spia è uscita allo scoperto? Chi è? » domandò Dedalus.
« Ne parleremo quando saremo tutti » tagliò corto Moody.
Sirius gliene fu grato. James non era in grado di formulare una sola frase di senso compiuto, e lui era troppo concentrato sui propri pensieri. L'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento era trovare Peter e fargliela pagare. Non gli importava nulla di ascoltare le sue motivazioni: se fosse arrivato a Godric's Hollow poco più tardi... Tremò al pensiero di quel che avrebbe trovato.
Contenere la propria rabbia non fu facile, tanto che dovette stringere i pugni fino a incidersi i palmi delle mani con le unghie pur di sfogarla in qualche modo.
Nei minuti successivi arrivarono le ultime persone, tra cui Frank e Alice Paciock, che avevano lasciato loro figlio Neville dai nonni, e infine Remus.
Per la prima volta Sirius fu distolto dai suoi pensieri, ma scoprì di non essere in grado di guardarlo in faccia. Si sentiva una schifezza. Aveva sospettato di lui, lo aveva accusato e insultato nel modo peggiore, e invece era innocente. Tutto questo perché aveva dato retta a Peter. Solo in quel momento capì – e fu l'ennesima stilettata al cuore – che la sua era stata tutta una tattica per farli sospettare l'uno dell'altro e allontanare così i sospetti da se stesso. Il sangue gli risalì alla testa alla velocità della luce, insieme ad un'insana voglia di fare a pezzi qualcosa.
Complimenti, ci hai fregati tutti, pensò, come se Peter potesse sentirlo. Quanto ti ha fatto comodo essere sempre quello sottovalutato...
Remus lo evitò accuratamente e si rivolse a James, granando gli occhi quando notò la sua presenza.
« Che cosa è successo? Che ci fai qui? Lily e Harry dove...? » domandò, spaventato.
«
Stanno bene. Sono al sicuro » rispose quello, talmente scosso da essere a mala pena in grado di parlare. « Ma Voldemort ci ha quasi presi... »
James tacque, incapace di aggiungere altro, e ci fu un momento in cui Remus, inorridito, incrociò lo sguardo di Sirius, che non aveva la più pallida idea di cosa dire e distolse in fretta il proprio.
In quel momento Silente prese la parola.
« Tra quanto potremo parlare? »
Sirius si guardò intorno, e capì di dover essere lui a spiegare.
« Adesso. Tutti quelli che dovevano esserci sono arrivati » mormorò, con la voce rauca per l'emozione.
« Ma manca... » esordì Emmeline, bloccandosi all'improvviso quando notò le loro facce. « È successo qualcosa di brutto a Peter? »
Sirius colse con la coda dell'occhio Remus che scattava sull'attenti, in ansia, e scosse la testa.
« Fidati, sta molto meglio di tutti noi » rispose, non potendo fare a meno di digrignare i denti.
Un silenzio di tomba cadde nella stanza, mentre lo stesso sospetto attraversava di colpo le loro menti. Sirius non vedeva più alcuna ragione per rimandare la verità.
« È lui la spia. Peter... ci ha traditi tutti » rivelò, subito seguito da commenti sconvolti ed esclamazioni colme di stupore.
« Cosa ve lo fa pensare? » ringhiò Moody, per il quale doveva essere una novità essere colto a sua volta di sorpresa.
Sirius respirò a fondo. Doveva momentaneamente mettere da parte i suoi propositi di vendetta, altrimenti nessuno avrebbe capito.
« Voldemort sapeva dove James e Lily erano nascosti. Peter era il loro Custode Segreto. Solo lui avrebbe potuto dirglielo... » spiegò, e sembrava che ogni parola gli facesse male come una lama affilata e affondata nella carne.
« Credevo che fossi tu il Custode Segreto » gli disse Silente.
La voce di Sirius s'incrinò.
« Ci siamo scambiati i ruoli. L'ho proposto io, perché ero convinto che nessuno avrebbe pensato a lui. Credevo che così Harry sarebbe stato più al sicuro... »
« Scusa un momento, ma cosa significa? » domandò Dedalus Lux, perplesso. « Perché Voldemort dovrebbe cercare Harry? »
Ci fu una breve pausa, poi fu Frank Paciock a parlare.
« Secondo una Profezia, Voldemort potrà essere sconfitto da una sola persona, e in base a quello che viene detto nella Profezia, lui ha iniziato a sospettare di Neville o di Harry, ma poi ha scelto quest'ultimo ».
« Ma è ridicolo! » non poté fare a meno di borbottare la McGranitt, che non era mai stata una grande amante della Divinazione. « Perché Voldemort dovrebbe lasciarsi spaventare da un bambino che non ha ancora compiuto due anni? »
« Purtroppo non è questo che conta, Minerva. Che la Profezia sia vera o meno, Voldemort la ritiene giusta » disse Silente.
« Vogliamo passare al dunque? » sbottò Sirius, improvvisamente irritato da tutte quelle discussioni. Più loro stavano lì a chiacchierare, più Peter acquistava vantaggio nella sua fuga. « Peter ha venduto James, Lily e Harry a Voldemort, e io sono riuscito a salvarli per una frazione di secondo, altrimenti nessuno dei tre sarebbe sopravvissuto. Ora il traditore è scappato, e noi dobbiamo trovarlo senza perdere tempo in inutili chiacchiere! »
« Concordo » approvò Malocchio. « Se Voldemort ha fallito, se la prenderà con la spia pensando di essere stato ingannato. Dobbiamo essere noi a trovarlo: vorrei proprio scambiare qualche parola con il signor Minus ».
« Avete una vaga idea di dove potrebbe essersi nascosto? » chiese Silente, rivolgendosi sia a Sirius che a James e Remus.
Loro tre esitarono. Sirius continuò a non guardare Remus.
« Potremmo provare da sua madre, ma ne dubito » disse quest'ultimo. « Altrimenti... nelle fogne ».
Tutti lo guardarono, in parte increduli, in parte certi di non aver capito bene. Sirius aveva le mani tra i capelli. Era un disastro completo.
« Che significa? »
« Peter è un Animagus, può trasformarsi in topo quando gli pare e piace. Noi tre siamo tutti Animagi... e no, non siamo registrati » confessò, esasperato.
« C'è qualche altra rivelazione sconvolgente? No, ditemelo, così prima mi siedo » protestò Aberforth, contrariato, prendendo la parola per la prima volta.
Sirius notò che tutti erano sorpresi, tranne Regulus, che aveva reagito come se quella di diventare un Animagus in maniera del tutto illegale fosse una delle tante stramberie che suo fratello aveva combinato a Hogwarts.
« Per il momento è tutto qui » tagliò corto Remus, che non sembrava molto incline a proseguire quell'argomento, per ovvie ragioni.
« Bene » disse Silente. « Propongo di dividerci in gruppi per cercarlo. Sirius, James e Minerva, in quanto Animagi, voi tre avrete il vantaggio del fiuto. Qualcun altro andrà dalla signora Minus. Sarà anche il caso che la si porti in un posto più sicuro ».
« Lo farò io » si offrì volontario Remus. « Mi conosce, quindi si fiderà ».
« Molto bene. Io chiederò al mio contatto tra i Mangiamorte, nel caso in cui Peter abbia fatto la follia di unirsi a loro ».
« Ha un contatto tra i Mangiamorte? Chi è? » esordì Regulus, vinto dalla curiosità anche se fino a quel momento era rimasto in silenzio. In effetti, Sirius non riusciva proprio a immaginare chi altri tra i loro nemici avesse potuto decidere di collaborare a sua volta con l'Ordine della Fenice.
« Non abbiamo molto tempo per le spiegazioni, temo » rispose quello, ma lui ebbe le netta sensazione che non volesse proprio rivelarne l'identità. « Aberforth, tu sai cosa fare ».
Il fratello di Silente bofonchiò qualche parola di assenso. Con tutta la gente poco raccomandabile che frequentava la Testa di Porco, poteva ottenere qualche informazione utile.
« Hagrid, tu prova a rintracciare Mundungus Fletcher e cerca di farlo collaborare ».
« Sì, signore, non c'è problema. Ha sempre avuto paura di me, non farà storie » confermò il guardacaccia.
Silente si rivolse a tutti gli altri.
« A voi spetta il compito più difficile: setacciare qualunque strada per stanarlo. Non ha molti posti in cui andare, quindi potrebbe essere ovunque. Alastor, ci pensi tu? »
« Sicuro. Ci divideremo in gruppi di due persone. Siamo pochi, quindi credo che sia il caso di chiedere rinforzi agli Auror, ma non li lasceremo agire da soli. Dovremo sempre tenerli d'occhio. E a questo proposito, un avvertimento: se trovate Minus, portatelo qui senza deviazioni e senza farvi giustizia da soli. Avete capito bene? »
Il suo occhio magico si soffermò in particolare su Sirius e Remus, ed entrambi si affrettarono a distogliere lo sguardo. Ma Sirius si rese conto che non erano solo loro a sentirsi chiamare in causa da quelle parole. Minus aveva dato a tutti una buona ragione per volersi vendicare.
« Minus potrebbe aver deciso di restare in prossimità di luoghi frequentati da maghi e streghe, per restare aggiornato su cosa succede » proseguì Malocchio. « Quindi ciascun gruppo perlustrerà uno dei principali villaggi magici e semi-magici. Black e Potter, vi conviene iniziare da Godric's Hollow: il colpevole spesso torna sul luogo del delitto, quindi potrebbe aver lasciato qualche traccia. I Paciock andranno a Tinworth. Queen e l'altro Black a Mould-on-the-Wold. Vance e Podmore a Ottery St.Catchpole. Doge e Lux ad Upper Flagely. Minerva, tieni d'occhio Hogsmeade. Io pattuglierò Diagon Alley. È tutto chiaro? »
Tutti annuirono, tranne Sirius, al quale era appena venuta in mente un'idea improvvisa.
« E se usassimo la madre di Peter per costringerlo a uscire allo scoperto? »
Alcuni di loro a dire il vero sembrarono tentati, ma James lo incenerì.
« Non ci pensare neanche! Lei non c'entra nulla, non saprà nemmeno di cosa è capace suo figlio ».
« E poi è stato capace di voltare le spalle a tutti voi pur di salvarsi. Perché con sua madre dovrebbe essere diverso? » aggiunse Frank.
« Ok, ok, era solo un'idea. Seguiamo la strada più difficile... » si affrettò a ribattere Sirius, imbarazzato ma anche un po' deluso.
« Sarà meglio » fece Malocchio. Poi tornò a rivolgersi a tutti gli altri. « Per qualsiasi problema, mandate un Patronus come al solito. Ci rivediamo tutti qui all'alba, a meno che qualcuno non lo catturi prima. Buona fortuna ».
Tutti si mossero, e Sirius capì che era giunto il momento di affrontare Remus. James parve leggergli nel pensiero, perché si mise da parte a osservarli, lanciando a entrambi occhiatacce ammonitrici.
« Sono stato un vero bastardo » sbottò Sirius, senza mezzi termini. Se lo meritava, dopotutto, pensò. Remus lo guardò, serio.
« Sì, lo sei stato » confermò. « Ma io non mi sono comportato meglio di te. Immagino che... lui si sia inventato un mare di bugie ».
Sirius annuì, sollevato per averlo trovato così poso rancoroso, ma non ancora a posto con la coscienza.
« Ma io gli ho creduto. Ho sospettato che fossi tu a tradirci ».
« Anche io ho sospettato che la spia fossi tu. Direi che siamo pari ».
E Sirius, per la prima volta in quella terribile serata, riuscì a sentirsi leggermente meglio.
« Siamo stati due idioti a farci raggirare così ».
« Di' pure tre idioti » intervenne allora James. Entrambi si voltarono a guardarlo. Per la prima volta sembrava davvero infuriato. « Dobbiamo trovarlo, e dobbiamo farlo il prima possibile. Voglio guardarlo in faccia mentre gli chiedo perché ci ha fatto tutto questo ».
Loro due non replicarono, limitandosi a lanciarsi un'occhiata colma di disagio. Per quel che lo riguardava, Sirius non aveva nessuna voglia di chiedere spiegazioni. Era talmente disgustato che l'unica cosa che desiderava era fargliela pagare. A quell'ora James, Lily e Harry sarebbero potuti essere morti. Lui era arrivato appena in tempo solo per caso, ma se avesse perso solo cinque minuti...
Non voleva spiegazioni, voleva punirlo e basta. E,a giudicare dal suo sguardo, Remus sembrava della sua stessa opinione.
La caccia al topo era iniziata.

***

La prima reazione che Regulus aveva avuto quella sera, quando aveva messo piede nel quartier generale dell'Ordine della Fenice, era stata una rivelazione improvvisa: erano rimasti davvero in pochi. Naturalmente sapeva già da prima di tutte le perdite che l'Ordine aveva subito, ma vedere con i propri occhi le loro condizioni attuali era tutta un'altra cosa, soprattutto se pensava che, quando lui combatteva dalla parte opposta, i suoi avversari sembravano non finire mai.
Anche per quel motivo partecipare alla riunione gli aveva fatto uno strano effetto, un po' come vivere un'esperienza extracorporea, tanto era frastornato da tutte quelle rivelazioni. In più, aveva dovuto fare i conti con un certo disagio quando, all'inizio, la sua entrata nel quartier generale dell'Ordine non era stata accolta positivamente da alcuni membri, in particolare da Moody.
Sirius era troppo preso da altri pensieri per dargli retta, così Regulus se ne era rimasto in disparte, mentre Rachel, con il sostegno di Emmeline, cercava di convincere Moody che lui fosse degno di fiducia. Quando aveva deciso di aiutarli a trovare Minus, spinto dall'impulso del momento, Regulus non aveva pensato ai sensi di colpa che lo avrebbero assalito una volta che si fosse trovato davvero in mezzo ai membri dell'Ordine – lo spettro di Benjy Fenwick lo seguiva come un'ombra – e non si stupì del fatto che alcuni di loro non si fidassero di lui. Ma a dire il vero, fu stupefacente rendersi conto che, nonostante tutto, la maggior parte di loro era disposta a concedergli una possibilità.
“Tu sei Regulus Black?” gli si era rivolto ad un certo punto un ragazzo molto alto e dall'aria cordiale che Regulus doveva aver già visto da qualche parte un paio di volte, forse a Hogwarts.
Lui aveva annuito, incerto su come comportarsi.
“Sturgis Podmore” si era presentato quello, e Regulus aveva stretto la mano che l'altro gli aveva teso. “Caspita, somigli tantissimo a Sirius. Hai deciso ad unirti a noi?”
Per qualche strana ragione, era parso davvero contento di conoscerlo. Regulus immaginava che Rachel avesse sempre parlato bene di lui alle persone con cui aveva fatto amicizia, e quando aveva realizzato quel pensiero aveva sentito un immenso trasporto nei suoi confronti.
“Ho deciso di combattere, in ogni caso” aveva risposto Regulus, cauto. “Ma non so se sono gradito qui”.
“Non preoccuparti di Malocchio. È sempre diffidente per principio, perché ne stiamo passando tante, ma Silente garantirà per te. E poi sappiamo tutti che in qualche modo stai aiutando la nostra causa. Piuttosto, cos'è successo di tanto urgente?”
Regulus avrebbe voluto rispondergli, ma proprio in quel momento Moody aveva posto fine alla discussione con Rachel ed Emmeline – che evidentemente ne erano uscite vittoriose – e aveva dichiarato aperta la riunione.
Il tempo per le presentazioni fu poco, soprattutto dopo lo shock che i membri dell'Ordine ebbero quando Sirius finì di raccontare.
Regulus non poteva biasimarli, perché nemmeno lui riusciva ancora a crederci. Aveva sempre considerato Minus un ragazzo del tutto insignificante e insulso, inutile e spaventato dalla sua stessa ombra, ma non si sarebbe mai aspettato che potesse passare dalla parte di Voldemort. E tutto l'Ordine della Fenice sembrava condividere i suoi stessi pensieri.
Quando Alastor Moody li ebbe divisi in gruppi ed ebbe dato loro indicazioni sui luoghi da perlustrare, tutti loro si incamminarono verso l'uscita.
« Mi sembra un incubo. Non avrei mai potuto sospettare di Minus » disse Sturgis, allibito. « Era sempre così tranquillo e gentile... »
« Le persone da temere sono proprio quelle che passano inosservate » ribatté Rachel, amareggiata. « A me non stava simpatico, ma anche io sarei stata pronta a scommettere sulla sua lealtà ».
« E aveva anche la faccia tosta di accusare o far cadere i sospetti su altri » commentò Emmeline, che sembrava più calma di tutti gli altri, ma non meno indignata. « Non credo che per lui essere catturato prima da Voldemort sarebbe peggio, in fondo. Noi abbiamo molti più motivi per punirlo ».
Regulus non poté che concordare con lei. In qualunque modo fosse finita, Minus non poteva passarla liscia.
In quel momento anche gli ultimi uscirono dal quartier generale, che scomparve alla loro vista non appena Sirius, Remus e James si furono chiusi la porta alle spalle.
« Io manterrò le mie sembianze » stava dicendo quest'ultimo in tono piatto e con l'aria di pensare a tutt'altro. « Un cervo in piena città attirerebbe l'attenzione ».
Regulus ebbe l'impressione che Sirius gli avesse lanciato un'occhiata strana. In effetti avrebbe voluto chiedergli qualche spiegazione. Come avevano fatto a diventare Animagi quando erano ancora studenti? Se fino a quel momento aveva pensato che lui e i suoi amici ne combinassero di tutti i colori, ora doveva ricredersi: facevano anche di peggio. Ma non era il momento migliore per affrontare quel discorso. Avevano tutti ben altro da fare.
Tuttavia, accadde qualcosa che lo indusse a pensarci più del dovuto, perché poco dopo, Sirius si voltò e assunse le sembianze di un cane.
Un cane nero con gli occhi grigi.
Ricordi ancora ben stampati nella sua memoria affiorarono all'improvviso. E se aveva avuto un minimo dubbio, notare che Rachel aveva assunto la sua stessa espressione sconvolta, lo fece sparire. Nessuno dei due avrebbe potuto dimenticare quel cane che li aveva salvati da un lupo mannaro famelico, una notte di circa cinque anni prima.
« Era lui... » sussurrò la ragazza, incredula. « È stato lui a salvarci ».
« A quanto pare... » bofonchiò Regulus, che invece stava già pensando con irritazione a quello che il cane aveva fatto dopo averli aiutati, solo per fargli un dispetto. In un'altra occasione avrebbe reagito in un modo più melodrammatico, ma quella volta si trattenne. In ogni caso, prima o poi Sirius avrebbe avuto quel che meritava.
« Bè, buona fortuna » li salutarono Emmeline e Sturgis, distogliendoli dai loro ricordi. Poi si Smaterializzarono.
Regulus si accorse che Rachel gli stava porgendo la mano. Gliela strinse, e un attimo dopo anche loro iniziarono a volteggiare su loro stessi, apparendo infine nel bel mezzo della piazza centrale di Mould-on-the-Wold.
Dovevano essere le undici di sera, ma il villaggio era già deserto. Solo un paio di passanti circolavano ancora, ma erano chiaramente diretti alle proprie case. Anche se gli Obliviatori avevano fatto dimenticare loro la terribile esperienza con i giganti, facendola passare per un terremoto, qualcosa nell'istinto di quei Babbani li spingeva a restare al sicuro quando calava la notte.
« Tu sai distinguere un Animagus da un animale comune? »chiese Rachel all'improvviso, facendogli notare l'enormità del problema. Quanti topi esistevano in tutto il Regno Unito?
« No. E temo che sia impossibile ».
Rachel sospirò.
« E come facciamo? Maledetto Minus... A meno che non riassuma il suo aspetto umano, ogni tanto, sarà un'impresa... Ma tu mi sembri distratto ».
Regulus si riscosse dalle sue riflessioni.
« Stavo solo pensando a questa storia degli Animagi. Lupin non ha detto di esserlo, giusto? »
« Così pare » replicò lei, accelerando il passo.
Un terribile sospetto lo fece rabbrividire.
« Quella notte, a Hogsmeade, abbiamo visto sia un cane che un cervo. Il topo sarà passato inosservato a causa delle sue dimensioni, ma c'erano tutti e tre. Mi sembra strano che Lupin non sia diventato a sua volta un Animagus. Quei quattro facevano tutto insieme e... »
Si bloccò di colpo, perché in quel momento aveva fatto due più due. Ebbe la sensazione di sprofondare fino al centro della terra.
« Regulus, non mi sembra il momento di parlarne » rispose Rachel, stranamente reticente.
« Piton aveva ragione, allora: Lupin è un lupo mannaro. E tu lo sai già, vero? Perché non me l'hai detto? »
Lei smise di camminare, a disagio.
« Perché quando l'ho scoperto gli ho promesso che non ne avrei parlato con nessuno. Scusa, ma non volevo creargli altri problemi ».
« Ci ha quasi uccisi » le ricordò lui, che al momento non si sentiva molto comprensivo.
« Non voleva farlo. E cerca di non farglielo pesare, in futuro. Si sente già abbastanza in colpa... E ti prego, smettiamola di parlare di lupi mannari ».
Regulus non insisté, notando che Rachel era impallidita. Da quella volta in cui era finita al San Mungo le era rimasto un trauma, perché non sopportava più quel genere di discorsi. E inoltre era diventata molto sensibile alla questione dei lupi mannari, e piuttosto protettiva nei confronti di chi era stato meno fortunato di lei.
« Scusa » si affrettò a dirle, mortificato.
Lei scosse la testa.
« Anche io l'ho presa male appena l'ho saputo. Ma ora basta parlare di questo. Andiamo a stanare Minus ».

***

« PETER! »
Quel grido terribile lo fece sbiancare nel giro di una frazione di secondo. Se il suo istinto di sopravvivenza non fosse stato così forte, sarebbe svenuto sul colpo. Il cuore gli martellava talmente veloce che sembrava sul punto di esplodere fuori dal petto. I suoi occhi scrutarono rapidamente la folla, trovando subito quelli del suo inseguitore.
In futuro Peter non avrebbe mai saputo ricordare tutte le emozioni che lo avevano assalito in quell'esatto istante. Lo sguardo di Sirius era la cosa più terrificante che gli fosse mai capitato di vedere. Sembrava posseduto da qualche entità che voleva chiaramente ucciderlo e farlo a pezzi. Il volto scavato, gli occhi iniettati di sangue, Sirius doveva averlo cercato per tutta la notte, senza mai riposare o fermarsi un solo secondo. E ora, poco dopo l'alba, lo aveva trovato.
Una voce nella sua testa gli diede la conferma a ciò che fino a quel momento aveva voluto rimuovere: i Potter erano morti. Voldemort li aveva uccisi, permettendo a Sirius di capire chi era stato a tradirli. Il panico s'impossessò di Peter, mettendo a tacere anche il rimorso. Non poteva mollare proprio ora, dopo tutto quello che aveva fatto per salvarsi.
Lo sguardo che lui e Sirius si scambiarono durò pochi istanti, ma per Peter fu come viverlo al rallentatore, avendo così abbastanza tempo per prendere la decisione che aveva progettato nel corso di quella fuga precipitosa. Era tutto pronto: serviva solo un ultimo sforzo.
Intorno a loro, una dozzina di Babbani ignari passeggiava per la strada. Erano quasi tutti negozianti che si erano alzati presto per andare a lavorare. Per la prima volta in vita sua, Peter trovò straordinariamente facile decidere: aveva già sacrificato il suo migliore amico e la sua famiglia per salvarsi, e il rimorso lo avrebbe torturato in eterno. Ma quei Babbani per lui non contavano nulla.
Nel momento in cui uno di essi passò in mezzo ai due maghi, Peter approfittò dell'interruzione della visuale per estrarre la bacchetta e nasconderla dietro la schiena. Incurante dei Babbani presenti, Sirius gli stava già puntando contro la propria. Non c'era tempo da perdere. Doveva farlo: o quello o la morte.
Un dolore lancinante gli offuscò la mente quando l'incantesimo gli tagliò un dito. Il sangue iniziò a sgorgare in abbondanza, facendolo barcollare. Ancora lucido, ma ancora per poco, la fronte imperlata di sudore, sfogò il dolore singhiozzando e gridando all'indirizzo di Sirius ad alta voce, in modo che tutti i presenti potessero sentire.
« Lily e James, Sirius! Come hai potuto! »
Per un attimo Sirius non capì, e quello sarebbe stato l'ultimo dei suoi tanti sbagli. Quando sgranò gli occhi, intuendo il pericolo, era troppo tardi. Peter aveva già puntato la propria bacchetta in basso, contro la strada, e si preparò a farla saltare in aria.
Sirius non ebbe il tempo di reagire per impedire il massacro.
« Expelliarmus! »
La bacchetta gli schizzò via dalle mani prima che potesse anche solo capire cosa stava succedendo. Un attimo dopo, Peter si ritrovò disarmato.
« Non pensarci neanche » sibilò alle sue spalle una voce, la stessa che aveva pronunciato l'incantesimo di Disarmo.
Sempre più debole e pallido a causa dell'ingente perdita di sangue, Peter si voltò a guardare, e si lasciò sfuggire un lungo singhiozzo disperato.
Era stato Remus. Per qualche motivo che al momento gli sfuggiva, Remus sapeva la verità. E adesso anche lui aveva uno sguardo omicida.
Non fece in tempo a trasformarsi in topo e fuggire, perché era diventato troppo debole. La vista ormai annebbiata gli impedì di vedere la terza persona che lo aveva circondato e che gli spedì contro uno Stupeficium, prima che Sirius o Remus potessero fare di peggio.
Peter crollò sul marciapiede, perdendo conoscenza.
I dodici Babbani presenti, dopo aver lanciato uno sguardo incuriosito allo strano ragazzo svenuto per terra e soccorso da alcuni coetanei altrettanto insoliti, si incamminarono di nuovo, ciascuno per la propria strada, tornando alle loro vite.

***

Dopo la sua cattura, Peter non era stato consegnato agli Auror, almeno non subito. lo avevano portato al quartier generale dell'Ordine della Fenice e lo avevano rinchiuso in una stanza appositamente imbottita di incantesimi che gli impedissero di trasformarsi in topo e scappare. Ma Malocchio aveva anche fatto in modo che nessuno potesse entrarvi senza il suo permesso e la sua supervisione: non voleva che qualcuno si facesse giustizia da solo. Secondo James, aveva fatto bene. Anche se aveva trascorso le ultime ore in completo silenzio, parlando solo se era strettamente necessario, non aveva potuto fare a meno di sentire i commenti degli altri e cogliere quasi sempre lo stesso pensiero nelle loro occhiate sfuggenti. Quanto a Sirius, lui non si dava la pena di nascondere quel che voleva fare. Continuava a sbuffare per l'impazienza e non riusciva a stare fermo un attimo. Quando Malocchio apparve sulla soglia della stanza in cui tutti loro si erano riuniti, Sirius balzò in piedi.
« Adesso possiamo ucciderlo? » domandò, facendo sussultare Elphias, che era seduto accanto a lui.
James provò un moto di rabbia inconsulta. Sebbene gli fosse riconoscente per averlo salvato, odiava vedere quel tipo di sguardo in Sirius. In quei momenti gli sembrava un'altra persona.
« No« ribatté Malocchio. « Torna a sedere ».
Sirius provò a protestare, ma l'occhiata truce che James gli scoccò fu sufficiente a farlo desistere. Poi fu lo stesso James ad alzarsi in piedi.
« Posso parlargli? » domandò a bruciapelo, prima di avere la possibilità di cambiare idea. Malocchio esitava, perciò aggiunse: « Voglio solo una spiegazione. Me la deve ».
L'altro annuì, convinto.
« Veniamo anche noi » si offrì Remus.
« Anche io » aggiunse Lily, che era arrivata pochi minuti prima. « Voglio vedere se avrà il coraggio di guardare Harry negli occhi ».
James si fece sfuggire un sospiro di frustrazione. Perché non capivano?
« Lasciatelo stare » suggerì Sirius, anche se dalla sua espressione si capiva che non avrebbe voluto lasciarlo solo insieme a chi li aveva traditi tutti. Remus e Lily esitarono, ma alla fine non insistettero.
« Grazie ».
« Non lasciarti impietosire, però » lo avvertì sua moglie.
« So quello che devo fare, non preoccuparti » tagliò corto lui. Gli dispiaceva rispondere loro in quel modo, ma non sopportava che fossero disposti a uccidere Peter. Erano delle brave persone, non degli assassini.
Ad un suo cenno, Malocchio lo scortò fuori dalla stanza, per poi fermarsi davanti alla porta di quella in cui Peter era stato rinchiuso.
« Resterò fuori, ma sappi che ti tengo d'occhio » lo avvertì, indicando il suo occhio magico.
James annuì, teso. Quando l'altro aprì la porta con un incantesimo, il ragazzo si sentiva talmente nervoso da provare una brutta sensazione di nausea. Ma entrò lo stesso, perché doveva farlo. Aveva timore di affrontarlo, ma non era da lui sfuggire alla realtà.
Peter era stato legato mani e piedi ad una massiccia scrivania, ed era seduto su una sedia. Era pallido come un cencio. La sua mano era avvolta in una benda a coprire il moncherino del suo dito indice. Quando vide James che si chiudeva la porta alle spalle, si lasciò sfuggire un rantolo soffocato, iniziò a tremare e distolse immediatamente lo sguardo, incapace di sostenere la sua vista.
« Sembra che tu abbia visto un fantasma » esordì James, in tono piatto. Fino a quel momento non aveva proprio saputo cosa dire, ma le parole gli uscirono spontanee.
« I-io c-credevo che... » balbettò Peter, quando fu di nuovo in grado di parlare, ma sempre senza guardarlo.
« Che fossi morto? » sbottò James, senza celare il rancore. « C'è mancato poco, ma stiamo tutti bene. Certo non grazie a te ».
In quel momento Peter scoppiò in un pianto isterico. James tacque e rimase immobile, in preda a sentimenti contrastanti. Non gli faceva pena, ma si sentiva strano, come se una parte di lui volesse a tutti i costi trovare una giustificazione a quello che Peter aveva fatto. Un'altra parte, invece, provava vera e propria repulsione. Ma ciò che percepiva più di ogni altra cosa era soltanto una sensazione di vuoto, simile a quella che lo aveva assalito quando gli erano morti i genitori. Era come se una belva feroce gli avesse strappato via a morsi le viscere, ed era orribile.
« Finiscila » disse, notando solo ora quanto calma e atona suonasse la propria voce.
Peter ci provò, ma con scarsi risultati. James gli si avvicinò e lo vide tremare ancora di più.
« Ti prego, non mi uccidere! »
« Non sono qui per farti del male » gli disse lui. « Credevo che mi conoscessi. Voglio darti la possibilità di spiegare le tue ragioni, Peter. Vedi di coglierla adesso, perché non ce ne saranno altre. Dimmi perché l'hai fatto. E dimmelo guardandomi in faccia ».
Peter sembrava in preda ad un vero e proprio attacco di panico e, quando parlò, le lacrime agli occhi e la testa china, James riuscì a capire a stento le sue parole.
« Non volevo! Il Signore Oscuro mi ha costretto. Non avevo scelta... Lui avrebbe ucciso mia madre! »
« Sai benissimo che noi dell'Ordine l'avremmo protetta. Se Voldemort ti minacciava, perché non ce l'hai semplicemente detto? Credevi che non ti avremmo aiutato? »
« Lo capirete mai? Il Signore Oscuro è il mago più potente che sia mai esistito. Nessuno può sconfiggerlo! È solo questione di tempo prima che vinca. Non avete alcuna speranza di fermarlo! »
« E quindi è meglio arrendersi senza lottare, vero? »
« Io non sono come voi! » sbottò Peter, livido. « Non sono mai stato coraggioso e non volevo davvero entrare nell'Ordine. Ero debole e vi ho seguiti, come sempre. Ma voi non avete paura... »
James sarebbe scoppiato a ridere se non fosse stato tanto distrutto e indignato.
« Non abbiamo paura? Davvero? La paura ci perseguita da anni, Peter, esattamente come perseguita te. L'unica differenza è che per noi la nostra amicizia è – era – più forte ». Fece una pausa per respirare a fondo, sforzandosi di non perdere il controllo. « Se ci avessi detto che non te la sentivi di combattere, noi lo avremmo capito. Ti sarebbe bastato essere sincero ».
« Non è vero, mi aveste considerato un vigliacco e mi avreste disprezzato. Tu hai sempre detto che chi non ha coraggio non merita di esistere ».
« Oh Merlino, avevo quattordici anni e volevo fare colpo sulla gente! Sei sempre stato un fratello per me, ma non per questo eri costretto a combattere per dimostrarmi qualcosa, né a fare il Custode Segreto. Sarebbe rimasto tutto come prima, anche se mi avessi detto che non te la sentivi. Qualsiasi cosa sarebbe stata migliore di quello che hai fatto! »
« Mi dispiace, non volevo! Avevo paura e ho sbagliato tutto! Lo sapevo anche prima, ma non avevo idea di come uscirne. Non ho avuto la forza di fare la cosa giusta, mi dispiace! » ripeté istericamente, singhiozzando. « Perdonami ».
James pensò subito che se Sirius e Remus avessero udito quella richiesta di perdono, lo avrebbero fatto pentire di essere nato. Quanto a lui, tacque per diversi secondi, momentaneamente incapace di pensare.
« Vorrei farlo, davvero. Eri mio amico e mi hai tradito nel peggiore dei modi, mi hai fatto crollare letteralmente il mondo addosso, ma non è questo a ferirmi di più. Non ce la faccio a odiarti e impedirò agli altri di giustiziarti, ma non si tratta solo di me e te. Hai sacrificato delle persone innocenti e che si fidavano di te per salvare te stesso. I Bones sono stati massacrati perché tu li hai fatti trovare. Hai venduto me, mia moglie e mio figlio – un bambino di un anno – a Voldemort. E il peggio è stato che hai distrutto tutto quello che ci legava dai tempi della scuola. Hai fatto di tutto per fare sembrare prima Remus e poi Sirius i colpevoli di tutto questo. Che cosa credevi di fare, qualche ora fa, urlando quella frase prima che io ti schiantassi? Volevi far saltare in aria la strada e sparire, solo per far finire Sirius ad Azkaban al posto tuo? E avresti sacrificato altre persone? Questo non potrò mai dimenticarlo. Non conoscono la persona che sei diventato, e non credo di volerlo fare ».
Il dolore che provava era quasi fisico. Non avrebbe mai smesso di soffrire per il suo tradimento. Insieme al vecchio Peter era morto anche il James di prima, quello che si fidava ciecamente di tutti; non poteva più illudersi e fingere che tutto quello non fosse successo.
Peter aveva assunto un'espressione di puro sgomento e terrore mentre James parlava. Sicuramente aveva intuito che lui non lo avrebbe salvato da Azkaban. James si chiese come potesse anche solo aver sperato in una cosa del genere.
« Chiederò a Sturgis di riattaccarti il dito, se preferisci. Devi avere avuto un gran coraggio per riuscire a tagliartelo da solo. Io non avrei avuto altrettanto fegato. Puoi esserne fiero » gli disse, in un tono sarcastico che non gli si addiceva, e che indusse Peter ad arrossire di vergogna.
Fu l'ultima cosa che gli disse: non era più in grado di restare lì. Gli voltò le spalle e uscì senza guardarsi indietro.
Sirius e Remus dovevano avere intuito che avrebbe preferito restare solo, quindi non erano lì fuori ad aspettarlo. Lily invece, che era sempre stata più testarda, era lì. Ma a James non dispiacque. Dopo quella terribile nottata, vedere lei e Harry ancora vivi e poterli abbracciare era già un miracolo.




Scusate per il ritardo! Tra regali di Natale da comprare, tesi e altri contrattempi, ieri sera non avevo finito di correggere il capitolo!
In origine doveva essere più lungo, perché volevo descrivere tutte le ricerche, ma mi sono resa conto che: 1. non era fondamentale, 2. che da parte di Peter è stato davvero stupido andarsene a spasso nelle sue reali sembianze nel bel mezzo di Londra, e visto che non sapevo dare una spiegazione logica a questo lampo di genio, ci ho rinunciato xD
Io spero che chi tra di voi riesce ad entrare in sintonia con Potter più di me sia soddisfatto dell'ultima scena. Da quando ho ideato questo incontro tra lui e Peter l'ho sempre immaginato esattamente così, anche se non sono sicura che la mia idea sia condivisa. D'accordo, come dice Peter, "James avrebbe capito" e "avrebbe avuto pietà di lui", ma fino a un certo punto. Come potrete facilmente immaginare io ho una concezione molto più Black-style delle relazione umane (se mi tradisci, non esisti più xD), quindi è stato molto difficile immaginare la reazione di uno come James, ma dubito che avrebbe mai potuto passare sopra il fatto che Peter avrebbe fatto uccidere Lily e Harry per salvare se stesso. Insomma, mi rifiuto di credere che qualcuno possa perdonare un comportamento simile! Ma spero di non aver sbagliato la caratterizzazione perché stranamente tengo tantissimo alla scena finale!

Non mi resta che farvi gli auguri di Buone Feste e darvi appuntamento per il prossimo capitolo al 6 gennaio! :)

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Capitolo 56
*** Il messaggio ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 56
Il messaggio

La sentinella era seduta ai piedi di un grande faggio. Sgranocchiava un osso ancora da spolpare e cercava di tenersi il più vicino possibile al fuoco che aveva acceso per riscaldarsi, mentre la nebbia gelida portata nella foresta dalla notte lo faceva tremare di freddo. La barba lunga e i capelli sporchi e arruffati gli conferivano un'aria ancora più miserevole. Avrebbe potuto fare pena, se avesse scelto diverse frequentazioni.
Nascosto dietro il cespuglio, Felpato rimaneva immobile, in attesa, continuando a tenere d'occhio la sentinella di turno e controllando di tanto in tanto la macchia scura di alberi in direzione dell'accampamento. Aveva aspettato almeno venti minuti quando finalmente scorse il segnale: un Patronus a forma di lupo argenteo apparve in lontananza alle spalle della sentinella, che non si accorse della sua presenza, e dopo aver ammiccato in direzione del cane, svanì nel nulla.
Felpato uscì dal nascondiglio, sforzandosi di apparire naturale. Non appena iniziò a camminare, l'uomo di guardia balzò in piedi con uno scatto repentino e, nonostante il buio, lo individuò subito.
« Chi...? » gracchiò, la voce rauca a causa del troppo freddo. « Mi dispiace, niente cibo per te ».
Felpato scodinzolò, assicurandosi di non sembrare affamato: doveva solo ottenere la sua fiducia per potersi avvicinare.
« Oh bè, immagino che starai morendo di freddo. C'è un motivo se la chiamano vita da cani » bofonchiò l'uomo. « Siamo più simili di quanto pensi, sai? Dopotutto siamo parenti alla lontana, e anche a me tocca stare qui a congelare. Vieni, c'è spazio a sufficienza ».
Felpato non se lo fece ripetere due volte e si accostò all'uomo, pronto. Non appena quello gli voltò le spalle per prendere un altro ceppo di legno da aggiungere al fuoco, lui si trasformò, abbandonando le sembianze canine.
La sentinella ebbe appena il tempo di capire cosa fosse successo. Non appena realizzò che Sirius non solo era umano, ma era anche un mago, il volto fino a quel momento cordiale si deformò in una smorfia di odio allo stato puro, accompagnata da un ringhio cupo.
« Petrificus Totalus » sussurrò Sirius, prima che quello potesse chiamare rinforzi.
L'uomo rimase seduto, immobile come la pietra, lo sguardo colmo d'ira e frustrazione rivolto ancora verso di lui.
« Niente di personale » gli sibilò Sirius, disgustato. « Ma devo occuparmi del tuo amico Greyback ».
Senza aggiungere altro, evocò a sua volta un Patronus. Il cane argenteo fluttuò davanti a lui, in attesa di istruzioni.
« Via libera » disse Sirius.
« Il Patronus agitò la coda un paio di volte, poi gli voltò le spalle e partì spedito nel fitto della foresta a riferire il messaggio.

Non appena ebbe ricevuto la conferma del Patronus di Sirius, Remus si puntellò sui gomiti, lanciando un'attenta occhiata alla radura intorno a sé. Gli adulti del branco, compreso Greyback, per fortuna dormivano lontano, perché si accaparravano i posti migliori e senza radici che premessero sotto la schiena, mentre i bambini dovevano arrangiarsi e venivano sorvegliati da un paio di sentinelle. Quella notte Remus era riuscito a farsi assegnare proprio quel ruolo, anche se non era stato poi così difficile: nessuno degli adulti amava fare la guardia ai piccoli. E ora che Sirius aveva reso inoffensiva la seconda sentinella, poteva finalmente agire.
« Tim » sussurrò piano, scuotendolo leggermente.
Con non molta sorpresa, si rese conto che Timothy era già sveglio, e come lui anche tutti gli altri quattordici. Dovevano aver atteso quel momento per tutta la notte.
« È ora? » chiese Tim, per nulla insonnolito e con un tono determinato.
Remus annuì, mettendo poi subito a tacere i mormorii emozionati degli altri, che avevano appena notato il Patronus di Sirius e lo fissavano con stupore. Per alcuni di loro era la prima volta che assistevano ad una magia.
« Ascoltatemi bene » disse Remus, attirando la loro attenzione. « Dovete seguire il cane argentato. Vi porterà dal mio amico, che vi farà arrivare sani e salvi da Silente. Ma non dovrete camminare sulle foglie. Mi raccomando, è fondamentale: camminate sul terreno più difficile, dove ci sono sassi o radici, e state il più lontano possibile dalle distese di foglie secche. Sono stato chiaro? »
Tutti loro annuirono.
« Tu non vieni? » gli chiese Tim.
« Devo coprirvi le spalle ».
Il ragazzino corrugò la fronte, visibilmente preoccupato.
« Quando sarò libero, posso venire a vivere a casa tua? »
Remus si sforzò di sorridere. Senza uno stipendio fisso per lui era già complicato sfamare se stesso, ma non era quello il momento di spiegare le sue difficoltà economiche.
« Vedrò quello che posso fare. Adesso andate. Ci vediamo dall'altra parte ».
I bambini obbedirono. Partirono un paio alla volta, facendo attenzione a dove mettevano i piedi e seguendo il Patronus, che quella notte era l'unica fonte di luce. Remus li guardò addentrarsi nella foresta: alcuni di loro, i più grandi, erano agitati, i più piccoli sembravano divertiti, ma solo lui era in preda all'angoscia e sobbalzava ogni volta che uno degli adulti russava più forte.
Era andato tutto secondo i piani, almeno fino a quando uno degli ultimi bambini non inciampò in una radice. Si sentì un crack di legnetti spezzati, uno strillo e un tonfo che risuonò come un colpo di fucile nella notte silenziosa.
Il cuore di Remus perse un battito quando tutti gli adulti smisero improvvisamente di russare. Greyback e gli altri lupi mannari si erano svegliati e avevano già capito tutto.
« Continuate a camminare! » gridò Remus, gettando alle ortiche ogni precauzione. « Ci penso io! Scappate! »
Si incamminò a sua volta nella foresta, evitando accuratamente le distese di foglie, che in realtà celavano delle trappole per i lupi mannari adulti. Il bambino caduto doveva essere finito in una di esse.
E infatti era proprio lì: un bambino di neanche cinque anni lo guardava spaurito da dietro la porta trasparente che era comparsa magicamente a sigillare la buca, una volta attivata. A giudicare dalle sue urla disperate e dall'angolo innaturale delle sue gambe, Remus capì che doveva essersele spezzate entrambe.
« Mi dispiace. Ti tiro fuori subito » cercò di rassicurarlo, mentre le grida di Greyback lo facevano sobbalzare. Il branco li stava inseguendo. Ma le trappole funzionarono: i lupi mannari in prima fila passarono sopra le foglie secche e, uno dopo l'altro, caddero nelle trappole che si chiusero sopra le loro teste. La retroguardia fu costretta a rallentare e a fare attenzione a dove mettevano i piedi, dando a Remus il tempo di rompere la chiusura dell'ultima trappola ed estrarne il bambino con un incantesimo di Levitazione.
Lo prese in braccio, cercando di portarlo in salvo, ma il suo peso lo rallentava, e più di una volta lo sbilanciò, rischiando di farlo cadere a sua volta in una delle trappole.
Nel frattempo, Greyback e altri tre o quattro lupi mannari lo avevano raggiunto. Disperato, Remus frugò nella tasca in cerca della bacchetta, ma con il bambino appeso al collo si muoveva a fatica.
Poi, all'improvviso, arrivarono i soccorsi. Greyback e i superstiti furono assaliti da una decina di persone che, nel giro di un paio di minuti, riuscirono a legarli e renderli inoffensivi.
Remus si lasciò cadere ai piedi di un albero, con la fronte ancora imperlata di sudore, mentre lanciava un'occhiata riconoscente a Charlie MacDougal e Silvanus Cook, i due lupi mannari che tempo prima lui e Tim avevano convinto ad aderire alla causa dell'Ordine della Fenice.
« Hai visto? Anche noi abbiamo sparso la voce » gli disse Silvanus, indicando i lupi mannari che erano con loro,
« Grazie, davvero » disse Remus, esausto. « Vi devo un favore ».
« Greyback sarà catturato, questo ci basta per ora » rispose Charlie. « Ora ce ne andiamo, però. Non vogliamo finire in una gabbia insieme a loro. Dubito che al Ministero si diano la pena di considerarci diversi ».
« Le cose cambieranno » cercò di dire Remus, fiducioso. Quella notte era disposto a credere a qualsiasi cosa.
« Lo spero. Nel frattempo, goditi la libertà ».

Remus non appariva così felice e sollevato da... Sirius non sapeva dire da quanto tempo. Sapeva solo che fino a quella notte non aveva creduto possibile che uno di loro sarebbe tornato a sentirsi meglio. Peter era stato rinchiuso ad Azkaban solo poche ore prima, e nessuno dei Malandrini prometteva di riprendersi molto presto dallo shock.
Ma vedere tutti quei bambini licantropi liberi da Greyback e pronti a cominciare una nuova vita, nonostante le difficoltà che avrebbero sicuramente incontrato, riusciva ad infondergli speranza. Per fortuna, dopo il loro salvataggio, era stato Silente ad occuparsi di una loro sistemazione: se fossero stati presi dal Ministero, sarebbero finiti segregati in qualche scantinato o abbandonati a loro stessi. Silente invece li aveva accolti e aiutati, non dopo aver distribuito loro un'ampia scorta di caramelle.
« Ti ringrazio per avermi aiutato. Non ce l'avrei mai fatta da solo » gli disse Remus, una volta uscito dall'infermeria che avevano improvvisato lì per lì.
« Te lo dovevo » rispose Sirius. « Dopo il modo in cui mi sono comportato con te ultimamente, questo è stato il minimo che potessi fare ».
« Anche io ho molto di cui farmi perdonare ».
« Per oggi mi basta non ricevere altre brutte notizie » sospirò Sirius. « O giuro che alla prossima do di matto ».
« Questo non dipende da me. Ma oggi abbiamo fatto tutti un bel passo avanti. La guerra non è ancora finita ».

***

La prigione consisteva in una sola torre di pietra, nera come l'inchiostro e di un'altezza vertiginosa. Svettava fin quasi a infrangere la massa di nubi addensate sopra di essa. La salita fino alla cella più in alto di tutte non era stata facile, ma Albus non vi aveva fatto neanche caso e, anzi, per quanto lo riguardava era durata anche troppo poco. Certo, vi era andato di sua spontanea volontà, ma c'era un motivo ben preciso se non era mai stato lì prima di quel giorno: temeva quell'incontro; era inevitabile, ma ne era spaventato. E le parole incise sopra l'entrata di Nurmengard non lo aiutavano a rilassarsi, ma continuavano a risuonargli nella mente come un mantra che lui stesso, tanto tempo prima, aveva ripetuto molte, troppe volte: Per il Bene Superiore.
« È la prima volta che viene, vero, signor Silente? » parlò il carceriere che lo stava conducendo luno la scala che finiva in cima alla torre. « Altrimenti me ne sarei ricordato ».
« Sì, è così » rispose Albus, sintetico. Capiva perfettamente che per uno che lavorava come carceriere di Nurmengard da decenni, era raro intrattenere una conversazione con qualcuno che non fosse un assassino o un Mago Oscuro, ma Silente non aveva nessuna voglia di parlare. La gola secca e i battiti accelerati non accennavano a migliorare, tutt'altro. Quando furono arrivati in cima, Albus si sentì in preda ad un'angoscia che non provava da almeno trentasei anni.
L'uomo che lo aveva condotto fin lì si avvicinò alla porta blindata dell'unica cella all'ultimo piano ed estrasse un enorme mazzo di chiavi.
« Hai una visita » annunciò a chi si trovava dall'altra parte. Non aspettò una risposta e girò una delle chiavi nella toppa. Poi eseguì un paio di incantesimi per sbloccarla magicamente e la aprì, facendo cenno al visitatore di entrare.
« Il tempo massimo delle visite è di un quarto d'ora... Ma per lei posso fare un'eccezione ».
« Non sarà necessario. Grazie lo stesso ».
Albus si sforzò di rivolgergli un sorriso cordiale prima di fermarsi per prendere fiato e prepararsi ad irrompere nella cella.
Quando entrò, mentre la porta gli si chiudeva alle spalle, era in preda ad una tempesta di emozioni che controllò a fatica.
Il prigioniero era sdraiato per terra e si vedeva a mala pena dalla sottilissima fessura di luce che riusciva a passare attraverso la minuscola finestra della cella. Il suo corpo magro ed emaciato si teneva al caldo, rannicchiato sotto una coperta, ma quando notò la presenza di Albus, l'uomo si alzò a sedere con uno scatto improvviso. Una fitta dolorosa attraversò il petto del suo visitatore quando la poca luce illuminò il suo volto ormai scheletrico, segnato dal tempo e dagli stenti, i capelli grigi e radi. In apparenza sembrava un'altra persona ma i suoi occhi, sebbene infossati, non avevano perduto la vitalità di un tempo. E non era un bene, pensò Albus.
Quando l'uomo lo riconobbe, il suo sguardo assunse un'espressione di sorpresa mista ad un'ironia provocatoria che l'altro conosceva molto bene. Un tempo aveva amato ciecamente quello sguardo e, anche se adesso era cresciuto e aveva messo da parte certi tipi di emozioni, le conseguenze di quell'errore continuavano a fare male.
Forse Albus non sarebbe stato in grado di parlare se non fosse stato l'altro a esordire.
« Guarda chi si vede. Sono passati trent'anni dall'ultimo nostro incontro. O sono già quaranta? Credo di aver perso la cognizione del tempo ».
Non è cambiato, fu il primo pensiero di Silente. Anche dopo tutto quel tempo, aveva ancora lo stesso modo di fare di quand'era giovane.
« Trentasei anni » rispose in un tono calmo e innaturale.
« Giusto. Avevo perso il conto. Non è che ho molto da fare qui, ma le giornate sono tutte uguali, e quando mi addormento a volte mi sveglio senza sapere se ho dormito per giorni o per poche ore ».
« Direi che te la sei cercata, Gellert » ribatté Albus, freddamente, senza capire dove volesse andare a parare.
Grindelwald fece uno strano sorriso, scoprendo i pochi denti che gli restavano.
« Ma guardati, come sei rigido. Sei più a disagio di me, il che è curioso: quello sporco e impresentabile in teoria sono io ». Di colpo smise di scherzare e il suo volto scavato si fece più serio. « Se hai così poca voglia di scambiare convenevoli, perché sei venuto? Passavi di qui per caso? O hai bisogno di un consiglio? »
Albus provò a rispondergli per le rime, ma per la prima volta in vita sua non riuscì ad aprire bocca. Gellert lo capì all'istante, e fece una smorfia.
« Deve essere frustrante per te: l'unico altro mago alla tua altezza si trova chiuso a Nurmengard, e tu sei costretto a circondarti di comuni mortali e menti limitate. Ma scommetto che sono tutte brave persone. Tu sì che sai scegliere le frequentazioni migliori: maghi e streghe onesti e disperati sono i tuoi preferiti, vero? Si affidano a te e tu sfrutti i loro sensi di giustizia o di colpa, e alla fine ti ringraziano pure. È per questo che tu sei diventato il santo della situazione, e io invece sono finito qui ».
Questa volta Albus non si lasciò provocare. Conosceva Grindelwald e sapeva che lo stava facendo apposta.
« Se le nostre sorti sono state diverse è perché io ho capito quando era giusto fermarmi, a differenza di te » replicò.
« E allora, ripeto, perché sei qui? »
Silente esitò, ma alla fine si ritrovò costretto ad ammetterlo.
« Perché sei l'unico che può capire... Li ho trovati, Gellert » aggiunse dopo alcuni secondi di silenzio. « Li ho tutti e tre ».
Per la prima volta, Grindelwald parve davvero sbigottito e, per un solo istante, i suoi occhi si illuminarono della stessa brama che avevano tanti anni prima. Ma fu solo un momento. Poi Grindelwald scosse la testa e tornò in sé.
« Sapevo che avresti continuato a cercare anche gli altri due Doni. Immagino che tu voglia usarli contro Voldemort ». In risposta all'espressione stupita di Albus, Gellert fece una smorfia. « Oh sì, lo conosco eccome. Ogni tanto qualche giornalista viene a intervistarmi, e io in cambio mi faccio raccontare le ultime novità. Non posso di certo ignorare colui che mi ha tolto il primato. Ammetto di nutrire un certo astio nei suoi confronti ».
« Me lo immagino ».
« Non sai cosa fare, vero? Sei il Padrone della Morte, ora, ma non ti senti diverso ».
Albus non capiva come Gellert avesse potuto indovinare, ma non negò. Ora che possedeva tutti e tre i Doni della Morte era invincibile, ma l'istinto gli suggeriva che c'era qualcosa che stava sbagliando. Per questo aveva deciso di andare a Nurmengard. Solo Gellert conosceva i Doni meglio di lui.
Con suo grande stupore, Gellert si fece serio, quasi triste.
« Sei cambiato molto meno di quanto pensassi » disse. « Non hai ancora capito? Ci siamo sempre sbagliati sui Doni. C'è un motivo se nella fiaba il più saggio è l'ultimo dei tre fratelli. Nella storia c'è più verità di quanto abbiamo mai sospettato. In tutti questi anni ho avuto modo di riflettere a lungo su questo argomento ».
Silente lo guardò, scioccato. Grindelwald sembrava scosso e in preda ad un sentimento che sembrava quasi – possibile? – rimorso.
« Essere Padroni della Morte non significa aggirarla o annientarla. La si può solo rimandare, ma alla fine arriva per tutti. Eravamo giovani e stupidi. Io cercavo il potere, come il fratello maggiore, tu volevi far tornare i tuoi cari in vita, come il secondo fratello. Ma nessuno dei due è riuscito nel suo intento. Il vero Padrone della Morte era il terzo fratello, quello che ignoravamo di proposito ».
Albus lo fissava, incredulo. Il Grindelwald che aveva conosciuto non avrebbe mai detto una cosa del genere. Ma forse la prigionia lo aveva cambiato. E forse era diventato molto più saggio di lui.
« Mi stai dicendo che i Doni non rendono invincibili? Che era nient'altro che una favola? »
« No. Dico solo che chi ne è degno diventa Padrone della Morte, e noi due non lo siamo. Sai cosa significa davvero essere Padroni della Morte, Albus? »
Ci furono alcuni secondi di silenzio, poi Albus parlò.
« Accogliere la Morte come una vecchia amica » rispose, citando a memoria il testo della fiaba. Dentro di sé lo aveva sempre saputo ma, accecato dai suoi sogni di gloria, non l'aveva mai compreso del tutto.
Grindelwald annuì.
« Tu non sei disposto a morire. Ti ritieni troppo importante per farlo: e non è una colpa, è normale. Ma solo una persona disinteressata può riunire i Doni e farli funzionare. Io e te no ».
« E quindi cosa dovrei fare? Aspettare che il Prescelto sia abbastanza cresciuto per poi farlo morire? »
« Non so chi sia questo Prescelto ma sì, sarebbe un comportamento tipico di te ». Ignorando la reazione imbarazzata di Silente, Grindelwald continuò. « Ascoltami bene. Sei riuscito a sconfiggere me senza possedere nessun Dono. Sei perfettamente in grado di battere anche Voldemort ».
« Ha creato degli Horcrux » rivelò Albus.
« Più di uno? In effetti questo complica un po' le cose » ammise quello, anche se il suo tono tradiva una certa ammirazione. « Ma una volta distrutti tutti gli Horcrux, lui sarà mortale come qualunque altro essere umano. L'ho imparato a mie spese: per quanto tu possa essere potente, c'è sempre qualcuno più forte di te. E tu sei l'unico mago alla sua altezza, almeno tra quelli ancora in libertà » aggiunse, sarcastico. « O vuoi attendere la venuta del Prescelto, sacrificando una persona innocente in nome del Bene Superiore? Io ho capito di aver commesso molti errori, alla fine me ne sono reso conto. E tu, invece? »
Albus si sentì bruciare di vergogna. Grindelwald aveva colto nel segno. Stava ancora agendo in nome del Bene Superiore, o ciò che lui considerava tale, e intanto la gente che si fidava di lui continuava a morire. Non avrebbe mai creduto possibile che Gellert Grindelwald gli avrebbe fatto fare un esame di coscienza. Ma forse questo era un modo per fare ammenda.
« Credo che tu abbia ragione » confessò, « Dovrei imparare ad essere più simile a Ignotus, con o senza Doni ». In un gesto involontario alzò la mano e guardò l'anello di Orvoloson Riddle che indossava ancora, la Pietra della Resurrezione spaccata, ma ancora funzionante, anche se non come lui avrebbe voluto. « Anche io l'ho imparato: la Morte non si raggira, si può solo rimandare e, alla fine, accettarla ».
Era quasi assurdo che fosse giunto alla fine della sua ricerca proprio grazie alla persona con cui l'aveva cominciata, ma forse era così che doveva andare.
« Lieto di averti aiutato » disse Grindelwald, riassumendo il consueto tono sarcastico. « Accettare la Morte non è facile, ma credimi, alla fine ti renderai conto che in vita esistono cose peggiori ».
Silente non capì cosa lui volesse dire finché non fece per congedarsi e gli voltò le spalle, la mano destra giù sulla maniglia.
« Non mi hai più chiesto chi è stato a uccidere tua sorella ».
Albus rimase immobile, come pietrificato, il battito di nuovo a mille. Sì, era vero: esistevano cose di gran lunga peggiori della Morte.
« Credevo che volessi lasciarmi distruggere dal dubbio » sibilò, con una calma mortale.
« Te l'ho detto dopo che avevi appena posto fine al mio regime » rispose lui, come se stessero parlando di una sconfitta a Quidditch. « Ero un po' seccato, se permetti. Ma me ne sono fatto una ragione. Vuoi saperlo o no? »
Albus si voltò a guardarlo, incerto e in preda al panico. Non sapeva cosa preferisse, ma alla fine parlò senza rifletterci troppo.
« Devo imparare ad essere meno egoista, giusto? Allora voglio sapere solo se è stato Aberforth oppure no. Tra di noi è l'unico che non merita di continuare a vivere nel dubbio. Se è innocente, gli devo la verità. Quanto a me, che sia stato io o meno, la colpa è comunque mia e della mia stupidità ».
Poi tacque, in un'attesa infinita e terribile. Grindelwald sogghignò di nuovo, ma alla fine rispose.
« Non è stato tuo fratello. Non ti dirò altro, se non vuoi ».
Albus non poteva considerarsi sollevato, ma sapeva che era giusto così. Aberforth non meritava di avere sensi di colpa per gli errori commessi da altri, anche se nel profondo – e si vergognava terribilmente di questo – Albus avrebbe preferito che la colpa fosse del fratello minore, pur di non essere colui che aveva materialmente ucciso Ariana.

***

« Notizie di Minus? »
« Sì, mio Signore. L'Ordine della Fenice è arrivato prima di noi e adesso si trova ad Azkaban ».
« Meglio così. Mi risparmieranno la fatica di punirlo personalmente ».
Il suo tono di voce era calmo, ma Voldemort era furioso. Nel giro di una notte aveva perso il suo infiltrato nell'Ordine e non era riuscito a uccidere Harry Potter. Sebbene cercasse di non apparire troppo turbato dagli ultimi fallimenti, non poteva nasconderli ai suoi seguaci più fedeli.
Fedeli, pensò, scettico. Erano tutti lì, riuniti intorno a lui, anche dopo una caccia durata tutta la notte. Sembravano proprio tutti irriducibili, in apparenza, ma a lui bastava intercettare i loro sguardi per pochi secondi per leggere i loro pensieri come libri aperti. I più furbi evitavano di guardarlo negli occhi. Altri invece, come Crouch e i Lestrange, lo facevano, non avendo nulla da nascondere: loro sì che erano devoti. Ma tutti gli altri si chiedevano la stessa cosa: perché il Signore Oscuro pi potente di tutti i tempi stava perdendo tempo per catturare un inutile moccioso di neanche due anni?
Per quanto Voldemort desiderasse punirli per aver dubitato di lui, non poteva ignorare quei segnali. E se la sua ossessione di uccidere il bambino della Profezia avesse indotto molti Mangiamorte a perdere fiducia in lui? Negli ultimi mesi si era concentrato solo sulla cattura dei Potter, rimandando l'attuazione del piano finale. Ma forse era giunto il momento di metterlo in atto: non poteva permettersi di perdere sostenitori, ora che non aveva ancora conquistato il potere. Una volta stabilito il suo dominio sull'intero mondo magico, si sarebbe potuto sbarazzare di coloro che non gli servivano più. Ma finché gli erano utili, doveva fare buon viso a cattivo gioco e dare loro un contentino. Dopotutto, una volta conquistato il controllo del Ministero della Magia, sarebbe stato più facile rintracciare i Potter e porre fine a quella minaccia che gravava sul suo capo.
« Potete iniziare a esultare » annunciò loro dopo qualche attimo di riflessione. « La nostra prossima mossa sarà il colpo definitivo al Ministero ».
Molti furono sorpresi dalla notizia che attendevano da tempo, e quasi tutti levarono esclamazioni di giubilo. Impaziente, Voldemort intimò loro di tacere.
« Vi avverto, non sarà facile, soprattutto ora che quasi tutti gli infiltrati sono stati arrestati, licenziati o sospesi. Avrò bisogno dei migliori di voi ».
Un'ondata di eccitazione si diffuse tra i Mangiamorte. Voldemort represse un'espressione soddisfatta: era incredibile quanto certe persone amassero essere manipolate dalle menti superiori. E lui li avrebbe accontentati. Sapeva già chi sarebbero stati i Mangiamorte designati per quell'incarico, ma non lo comunicò subito. Poteva dire di conoscere molto bene l'animo umano, ed era sicuro che quelli esclusi avrebbero avuto la tentazione prendersi una rivalsa facendo uscire qualche informazione da quelle mura. Diede ordine a tutti gli altri di andare via, permettendo di restare solo ai Lestrange, Crouch, Malfoy, Rookwood e Piton.
« Ognuno di voi dovrà colpire un esponente di spicco del Ministero, in modo da eliminare tutti i potenziali leader. Il Ministero va decapitato, a partire dalla Bagnold. Vi intrufolerete nel suo ufficio e tenderete una trappola a lei e ai suoi collaboratori più pericolosi. Non abbiate pietà: li voglio tutti morti ».
Tutti loro annuirono prontamente.
« Ma non dimentichiamo che c'è pure quel Babbanofilo di Silente da tenere sotto controllo. Ultimamente frequenta un po' troppo spesso il Ministero della Magia, mentre io voglio che resti a Hogwarts. Pertanto serve un diversivo per distrarlo e costringerlo a restare a scuola. Piton, spetterà a te organizzare la missione a Hogwarts »
Sentendosi convocare, Severus fece un passo avanti.
« Grazie, ne sono onorato » disse, con un'espressione indecifrabile che fece serrare le labbra a Voldemort. Piton era in gamba, intellettualmente superiore a quasi tutti gli altri Mangiamorte, ma Voldemort trovava particolarmente frustrante non riuscire a leggere i suoi pensieri a proprio piacimento. Era un ottimo Occlumante, anche troppo. Chissà cosa pensava della fuga dei Potter. Di certo doveva essere soddisfatto che la Sanguesporco di cui era invaghito fosse ancora viva... Ma forse si preoccupava per nulla, si disse. Essere potente lo rendeva sempre più sospettoso, ma non aveva motivo di dubitare di Piton.
« Avrai a disposizione un'arma. Ti spiegherò come usarla più tardi. Lucius, anni fa ti affidai un oggetto di estrema importanza. Voglio che me lo porti, adesso ».
« Sarò di ritorno a breve » si affrettò a rispondere Malfoy. E, dopo un inchino, uscì dalla sala, chiudendosi la porta alle spalle.
« Continueremo a parlare del piano quando Lucius sarà tornato » disse Voldemort. « Adesso vorrei scambiare qualche parola in privato con te, Barty ».
Il ragazzo sussultò, preso alla sprovvista, ma si fece subito avanti, mentre gli altri Mangiamorte obbedivano all'ordine e uscivano momentaneamente dalla stanza.
« Mi auguro che tu sia contento di essere tra quelli che conquisteranno il Ministero » esordì Voldemort.
« Sì, Signore. Non me l'aspettavo » si affrettò a rispondere Barty.
« Te lo meriti. Finora sei sempre stato in gamba. Ed è per questo che credo che tu abbia capito cos'è che voglio da te ».
Barty tacque per alcuni istanti, per la prima volta evitando di sostenere il suo sguardo. Voldemort percepì chiaramente la sua esitazione e i suoi timori e lo vide sbiancare, ma alla fine il ragazzo rispose.
« Devo essere io a occuparmi di mio padre? »
« Non sei costretto, a me in fondo interessa solo il risultato finale. Ma voglio lasciarti la precedenza per farti un favore. Hai più motivi di chiunque altro per desiderare di essere tu la persona che lo ucciderà ».
Barty annuì, ma non riuscì a ingannarlo, anche perché adesso era diventato livido.
« Sarà difficile? » chiese, e subito dopo parve vergognarsi di quella domanda.
« È esattamente come uccidere chiunque altro. La procedura è sempre la stessa » rispose Voldemort con semplicità. « Puoi anche ucciderlo colpendolo alle spalle, a me non importa. Ma ti assicuro che guardarlo in faccia mentre lo uccidi ti darà molta più soddisfazione ».
Barty pendeva dalle sue labbra, come sempre, sebbene fosse molto nervoso. Era ancora un ragazzino, ma Voldemort era convinto che potesse farcela, magari con un piccolo incoraggiamento.
« Quando uccisi mio padre fu uno dei momenti migliori della mia vita. Ero molto più giovane di te e non lo odiavo meno di quanto tu odi il tuo. Lo detestavo così tanto che non ebbi alcun problema a ucciderlo. Poche cose mi hanno dato altrettanta soddisfazione che vedere il panico impossessarsi di lui, non appena capì cosa stava per succedere. Anche l'uomo più superbo e arrogante si trasforma in un essere miserevole e implorante quando guarda la Morte in faccia ».
Barty sembrava allettato da quella prospettiva, ma Voldemort sapeva di non averlo ancora convinto del tutto. Sapeva bene che il ragazzo era arrivato fino a quel punto perché suo padre non gli aveva mai dimostrato un briciolo di affetto, ma questo dimostrava quanto in realtà, nel profondo dell'animo, Barty lo desiderasse segretamente.
Perché alla fine cercano sempre tutti una cosa così inutile e dannosa? non poté fare a meno di chiedersi, confuso e irritato.
« Tuo padre ti considera suo figlio solo quando ti comporti come lui. Non ti apprezzerà mai per quello che sei. Pensi che proverebbe a capirti se gli rivelassi chi sei davvero e cosa hai fatto finora? Tu non vuoi ammetterlo neanche a te stesso, ma dipendi ancora da lui come un elfo domestico, speri che il tuo comportamento ribelle possa indurlo a fare autocritica. Ma sei solo un illuso. L'amore, l'affetto, o qualunque sia il termine che i deboli usano, non esiste. Devi liberarti al più presto di questo inutile bisogno che ti impedisce di diventare quello che potresti essere, e uccidere tuo padre è l'unico modo per riuscirci ».
Imbarazzatissimo, Barty si scusò. Voldemort capì di averlo quasi in pugno, ma sapeva di non poter contare completamente su di lui fino a che non si fosse liberato del desiderio di essere amato. Per sua fortuna, la storia personale del ragazzo era abbastanza simile alla sua; con chiunque altro, Voldemort avrebbe perso la pazienza molto prima.
« Direi che ci siamo capiti... Ah, ecco Lucius di ritorno » aggiunse, quando qualcuno bussò.
Malfoy portava con sé lo scrigno nel quale aveva riposto il diario. Nessuno di loro sapeva che si trattava di un Horcrux, ed era meglio così. Quando glielo porse, Voldemort lo aprì e ne estrasse il diario.
Lo capì subito, non appena le sue dita sfiorarono la copertina rilegata in pelle: qualcosa non andava.
Quando toccava o era vicino a un Horcrux, i due frammenti della sua anima si attiravano l'un l'altro, fremevano e si cercavano a vicenda. Ma in quel momento non provava niente, neanche una minuscola scarica elettrica. C'era soltanto paura.
« È quello che ti ho consegnato, Lucius? »
Malfoy aggrottò la fronte, perplesso, mentre Barty gli lanciava uno sguardo allarmato, percependo un pericolo imminente.
« Certo, mio Signore ».
Voldemort scrutò il diario, un'ansia crescente che si impadroniva della sua mente. Il suo aspetto era identico, ma allora che cosa non andava? Lo fece librare in aria e poi gli appiccò fuoco.
Con suo grande orrore, il fuoco non si estinse e il diario non rimase intatto come avrebbe dovuto. Invece, nel giro di pochi secondi, era ridotto a nient'altro che un misero mucchio di cenere.
Una furia letale s'impossessò di lui, mentre un boato assordante gli riempiva le orecchie.
« È UN FALSO! » gridò, in preda a un terrore che non aveva mai creduto di poter provare.
Colto dal panico, Lucius provò a bofonchiare qualche parola inconsulta, ma presto la Maledizione Cruciatus trasformò i suoi balbettii in urla di dolore.
Trascorsero parecchi minuti prima che Voldemort si rendesse conto che Malfoy non sapeva davvero spiegare come fosse potuto succedere. Smise di torturarlo, lasciandolo agonizzante sul pavimento.
Non è possibile, non è possibile...
La sua mente lavorava in modo febbrile.
Qualcuno ha scoperto il mio segreto.
Era un pensiero troppo spaventoso per permettergli di ragionare con lucidità, ma i suoi pensieri andarono subito all'unica persona che considerava in grado di capire una cosa del genere.
Silente! Era il suo piano fin dall'inizio. Forse non esiste nessun Prescelto. La Profezia potrebbe essere una sua macchinazione per distrarmi e permettergli di agire indisturbato...
Era una conclusione terribile e spaventosa, ma aveva senso. Doveva prendere provvedimenti, immediatamente. Ma prima doveva assicurarsi che gli altri Horcrux fossero al sicuro.

Aveva usato la Maledizione Imperius sulla prima inutile Babbana che aveva incontrato. La ragazza era rimasta docile per tutta la traversata del lago, mentre la barca solcava l'acqua apparentemente tranquilla.
Poi, quando era stata costretta a bere la pozione nel bacile, aveva iniziato a piangere e urlare, chiamava i suoi genitori e gli implorava di smetterla. Voldemort aveva ripetuto l'Imperius, facendogliela bere fino all'ultimo sorso. Poi la lasciò al suo destino, abbandonata bocconi sulla riva dell'isolotto, mentre strisciava in cerca d'acqua.
Voldemort le voltò le spalle e afferrò il medaglione nel bacile. Anche stavolta, l'Horcrux non reagì. E per la prima volta, il mago più potente del mondo tremò dalla testa ai piedi.
Il medaglione si aprì facilmente sotto la pressione delle sue dita, e un foglietto di pergamena spuntò all'interno.
Le grida di terrore della Babbana che veniva trascinata in acqua furono coperte dall'urlo silenzioso che esplose nelle orecchie di Lord Voldemort quando lesse il messaggio. Quelle parole per lui non avevano alcun senso, ma al tempo stesso gli lanciavano una sfida con un'arroganza tale che si impressero nella sua mente in maniera indelebile, come marchiate a fuoco.




L'anno nuovo e la Befana hanno decisamente portato brutti doni al Signore Oscuro xD Ma non potevo privarmi della soddisfazione di fargli leggere il biglietto lasciato da Regulus. Ora però Voldemort si è arrabbiato davvero (Lucius potrà confermarvelo... appena si riprenderà!), e alcuni dei suoi piani cambieranno radicalmente. Per fortuna almeno Greyback e i suoi compari sono sistemati!
Grindelwald era uno dei personaggi che volevo inserire per forza almeno una volta, e soprattutto mi interessava farlo parlare con Silente. Forse l'ho reso troppo sarcastico, ma questa è la sensazione che mi ha dato nel libro. Che non sia stato di Aberforth l'incantesimo che ha ucciso per errore Ariana l'ho inventato io, anche perché se fosse davvero così sarebbe davvero un cattiveria da parte della Rowling :( Il resto preferisco che rimanga un mistero...
Il prossimo capitolo sarà pubblicato il 21/22 gennaio
Ancora buon anno a tutti :)

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Capitolo 57
*** Colpo di stato ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 57
Colpo di stato

Era iniziata come una giornata qualunque. Alastor si era svegliato all'alba – nell'ultimo periodo non riusciva a chiudere occhio per più di tre ore a notte – ed era andato al Ministero della Magia. Dopo aver ascoltato i resoconti degli Auror e dato istruzioni agli Apprendisti, era stato convocato dal Ministro in persona.
Doveva ancora abituarsi alla nuova gamba di legno, aveva pensato mentre zoppicava verso l'ascensore, e nel corridoio alle sue spalle rimbombava un sonoro clunk-clunk provocato dalla protesi. I primi giorni in seguito alla battaglia durante la quale aveva perso la gamba, molti colleghi lo avevano guardato con compassione, ma Alastor non aveva permesso che lo trattassero diversamente. Non era un Auror finito e non avrebbe smesso di combattere, con grande scorno di chi segretamente se lo augurava.
Quando entrò nell'ufficio del Ministro Bagnold, vide che insieme a lei c'era la sua scorta di Auror fidati, tra cui Rufus Scrimgeour, Frank e Alice Paciock e Proudfoot, insieme a Barty Crouch senior, due pezzi grossi del Wizengamot e una donna tozza dall'aria leziosa, con la quale Alastor aveva sempre evitato di avere a che fare: non gli piaceva affatto. Per quel che ricordava, si chiamava Dolores Umbridge e svolgeva incarichi abbastanza semplici, tra cui redigere i verbali delle riunioni o poco altro.
« Buongiorno » bofonchiò lui, chiudendosi la porta alle spalle.
« Buongiorno, Moody. Mancavi solo tu » replicò il Ministro.
« Mi dica ».
La donna fece cenno a lui e ai membri del Wizengamot di sedersi, mentre tre Auror rimanevano in piedi alle sue spalle e altri due ai lati della porta.
« Ho voluto radunare i migliori tra di voi perché si tratta di una questione delicata che, se avrà successo, potrà dare una svolta alla guerra » spiegò, gli occhi di tutti puntati su di lei. « Io e Albus Silente siamo riusciti a convincere i Ministri della Magia di molte altre nazioni che Voi-Sapete-Chi non costituisce una minaccia solo per il Regno Unito. Se conquistasse il nostro paese, sappiamo tutti che non si fermerebbe. Ha già molti sostenitori all'estero, ed è per questo che noi non possiamo essere da meno. In base agli accordi magici internazionali, se qualcosa o qualcuno minaccia il mondo intero, gli altri stati sono tenuti a intervenire. Non tutti hanno risposto, ma possiamo già contare su molte nazioni europee e sugli Stati Uniti. Ora, i Ministri della Magia delle nazioni alleate verranno qui la prossima settimana; almeno questa è la notizia ufficiale. In realtà sono già arrivati, e in questo momento Silente sta già trattando con loro per assicurarci rinforzi e aiuti. Ma ho bisogno che vengano protetti adeguatamente. Posso contare su di voi? »
« Certo » affermò Alastor, ancora stupito.
Era ora che gli altri Stati si svegliassero, pensò. C'erano voluti undici anni, ma alla fine avevano capito che Voldemort non era un problema solo del Regno Unito.
« Bene. Naturalmente non farò tutto da sola, quindi alle trattative parteciperete anche voi, oltre a Silente » aggiunse il Ministro, rivolgendosi a Tiberius Ogden, Griselda Marchbanks e Barty Crouch. E, nell'ultimo caso, Alastor non poté fare a meno di notare quanto le costasse quella concessione.
« Ne saremo onorati » risposero gli altri due.
In quel momento qualcuno bussò alla porta. I due Auror di guardia attesero il consenso della Bagnold prima di aprire la porta. Alastor si mosse nervosamente sulla sedia quando vide che a bussare era stato il figlio di Crouch. Non gli piaceva che quel ragazzo vagasse intorno all'ufficio del Ministro mentre all'interno si discutevano questioni della massima segretezza. Non riuscì a sentire cosa l'intruso disse ai due Auror, ma capì che c'era qualcosa sotto non appena vide Proudfoot irrigidirsi e lo stesso ragazzo aprire e chiudere una mano nervosamente.
Alastor non ebbe il tempo di alzarsi in piedi, e si ritrovò la bacchetta di Alice Paciock a pochi centimetri dalla faccia. Nello stesso istante, Rufus Scrimgeour aveva puntato la propria contro il Ministro, Frank contro Crouch senior e Proudfoot verso la segretaria, che aveva emesso uno strillo soffocato e aveva alzato subito le braccia in segno di resa. Barty junior si affrettò a chiudere la porta.
« Provate a dare l'allarme e siete tutti morti » disse Scrimgeour.
Sotto shock, Malocchio scrutò Alice e capì subito che non poteva essere davvero lei. Non era rimasto nulla del suo sguardo gentile, sebbene le sembianze fossero esattamente le sue.
« Che cosa significa? » sbraitò Crouch, mentre Frank per tutta risposta gli avvicinò ancora di più la bacchetta al cuore. « Barty, cosa ci fai lì impalato? »
« Prova a indovinare, Crouch » lo provocò il suo aggressore.
Alastor girò l'occhio magico all'interno della testa: anche tutti gli altri Auror erano coinvolti. Controllavano la porta, mentre due di loro frugavano nella tasche dei quattro ostaggi per requisire le loro bacchette. Solo Barty junior se ne stava in disparte, e cercava accuratamente di evitare lo sguardo di suo padre.
« Che diamine stai facendo? » gli urlò contro quello, sconvolto. « E guardami quando ti parlo! »
« Sta dalla loro parte, Crouch » sbottò alla fine Alastor, cercando invano di divincolarsi mentre i falsi Auror gli requisivano la bacchetta. « È un Mangiamorte ».
A quella rivelazione, Millicent Bagnold sussultò. Crouch invece si fece bianco come un cencio, restando pietrificato dallo shock.
« È ridicolo... » bofonchiò. Fu l'unica cosa che riuscì a dire, poi tacque, incapace di proferire verbo.
Nel frattempo, la Umbridge stava implorando il Mangiamorte che la teneva sotto controllo.
« Vi prego, non uccidetemi! Sono dalla vostra parte! »
Alastor, Crouch e il Ministro le riservarono un'unica occhiata colma di disgusto.
« Forse ti risparmieremo, ma adesso chiudi quella bocca da rospo » le disse Alice.
Il disprezzo con cui aveva parlato fece intuire ad Alastor la sua vera identità. Solo alcuni Mangiamorte ben precisi detestavano chi si sottometteva loro soltanto per salvarsi la pelle.
« Dove sono i Paciock e gli altri innocenti che avete usato per la Polisucco? » ringhiò, rabbioso.
Scrimgeour lo ignorò, estraendo dal mantello un foglio di pergamena e piazzandolo davanti alla Bagnold.
« Che roba è? » sibilò la donna a denti stretti.
« Il documento con il quale l'attuale Ministro della Magia rassegna le sue dimissioni. Serve la sua firma » ordinò lui.
« Puoi scordartelo, Lestrange! » sbottò lei, indignata. « Potrete anche torturarmi fino a farmi impazzire. Non ti regalerò la poltrona ».
« Questo lo vedremo... Perché non chiede al suo amico Auror chi sta per invadere il Ministero? »
Alastor usò ancora l'occhio magico. Lo rivolse verso il basso, attraversando pavimenti e soffitti, fino all'Atrium. Proprio in quel momento, dai camini d'ingresso uscirono figure nere, avvolte da mantelli e circondati da una nebbia che invase in un attimo l'intero Atrium. Erano a decine, anzi a centinaia. I dipendenti del Ministero, dopo alcuni istanti di stupore e incredulità, indietreggiarono, senza capire il motivo della presenza di tutte quelle guardie di Azkaban.
« Dissennatori! » sbottò Moody, infuriato. « Sono diventati vostri alleati! »
Aveva sempre odiato quelle creature, e non aveva mai approvato l'utilizzo che il Ministero ne faceva. E ora capiva di avere sempre avuto ragione.
La Bagnold impallidì all'istante.
« Perché non mi uccidete direttamente? » li sfidò.
« Perché così il mondo magico saprà che il Ministro di cui si fidavano li ha abbandonati alla mercé dei loro nemici, e al Signore Oscuro conviene così. Se firma, i Dissennatori non toccheranno nessuno » disse Scrimgeour, o meglio Lestrange. « Altrimenti... »
Moody non osò darle suggerimenti. Millicent Bagnold tremava a sua volta ed era rigida come un palo, il volto ormai violaceo.
« Se aspetta ancora, le prime anime andranno in pasto ai Dissennatori, Ministro » la incalzò il falso Scrimgeour.
E alla fine fu costretta a cedere. Tremando di rabbia, firmò la pergamena.
« Adesso mandateli via » disse in tono autoritario, anche se sapeva benissimo che non poteva più pretendere di dare ordini.
Scrimgeour fece un cenno, e i Mangiamorte si prepararono a giustiziare gli ostaggi. Il falso Frank invece si allontanò da Bartemius Crouch e invitò Barty junior ad avvicinarsi.
« È tutto tuo ».
Il ragazzo puntò la bacchetta contro suo padre, ma la mano gli tremava visibilmente. Barty senior era livido ma lo shock gli impediva di fare o dire alcunché. Forse suo figlio non ce l'avrebbe mai fatta davanti a tutta quella gente, ma Moody non aveva intenzione di scoprirlo.
Approfittò del fatto che tutti al momento stessero osservando il confronto tra i due Crouch e reagì. Prese la bacchetta di riserva che teneva sempre nascosta nello stivale e sparse una nebbia fitta in tutto l'ufficio. L'occhio magico gli permise di individuare la Bagnold e Crouch. Approfittando della confusione che si era scatenata, li liberò, li spinse fuori nel corridoio e riuscì anche a recuperare un paio di bacchette, sigillando subito dopo la porta dell'ufficio del Ministro.
« Non potete scappare dalle solite uscite. I Dissennatori hanno invaso tutto l'Atrium... e anche i tre Livelli più in basso » aggiunse dopo un'altra rapida occhiata, mentre iniziava a correre verso l'ascensore più vicino e la Bagnold trascinava Crouch, che era ancora incapace di agire.
« La Metropolvere sarà stata chiusa » ipotizzò la donna.
Alastor annuì. Tirò fuori dalla tasca un paio di chiavi e le trasformò in Passaporte che consegnò loro, insieme alle bacchette sottratte ai Mangiamorte. Nel frattempo, questi erano quasi riusciti ad aprire la porta.
« Non scapperò » protestò la Bagnold.
« Ora che non sei più Ministro, sarai la prima persona ad essere uccisa » insisté lui. « Voi due dovete scappare, chiedere rinforzi e parlare con le autorità straniere. Io resterò qui a proteggere i dipendenti del Ministero ».
A malincuore, lei accettò. Poi consegnò una delle Passaporte a Crouch. Di certo non poteva esultare perché neanche la sua situazione era tra le più rosee, ma se provava un minimo di soddisfazione personale nel vedere la rovina e l'umiliazione del suo rivale, non lo diede a vedere. Lui accettò la chiave senza dire una parola, e attese insieme a lei.
Quando l'ascensore si fermò, erano già spariti. Le griglie si aprirono e Alastor si unì alla folla che ormai si era radunata nell'Atrium.
Il gelo penetrava fin dentro le ossa. Qualcuno aveva provato ad evocare dei Patroni, ma non erano sufficienti. I Dissennatori avevano bloccato ogni via d'uscita e li avevano circondati, formando un muro invalicabile e rimanendo immobili, in attesa di entrare in azione.
Malocchio si affrettò a evocare il proprio Patronus e lo usò per difendersi dalla disperazione che aveva assalito tutti gli altri. Quando individuò Emmeline, le si avvicinò.
La ragazza non aveva evocato nulla, forse non ne era stata capace. Era pallida e si teneva la testa tra le mani.
« Vance, mi serve il tuo aiuto » la scosse lui.
« Che sta succedendo? » balbettò lei, sforzandosi di ignorare i pensieri cupi che le stavano invadendo la mente.
Lui provò a risponderle ma non ne ebbe il tempo. Un rumore improvviso annunciò l'arrivo di un altro ascensore. Quando si voltò, Alastor ne vide uscire i suoi inseguitori. L'effetto della Pozione Polisucco era svanito, perché ora avevano le loro vere sembianze. Insieme a Bellatrix e ai fratelli Lestrange, c'erano anche Rookwood, Lucius Malfoy – evidentemente a disagio ora che tutti potevano vederlo – e altri Mangiamorte. Barty junior non si vedeva da nessuna parte e Alastor ebbe il sospetto che stesse tentando di raggiungere suo padre.
Tutti i dipendenti del Ministero furono presi dal panico all'istante, e molti estrassero le bacchette, pronti a combattere, ma i Dissennatori avanzarono di qualche metro e i Mangiamorte intimarono loro di riporre le armi.
« Il Ministero è caduto » annunciò Rodolphus Lestrange, facendo un passo avanti e alzando la voce per farsi sentire. Chi fino a quel momento aveva protestato, tacque. Lestrange alzò la pergamena, in modo che tutti potessero vederla. « Millicent Bagnold ha rassegnato le dimissioni ed è fuggita. Da questo momento, tutti voi risponderete al Signore Oscuro. Dovrete scegliere da che parte stare, o subire le conseguenze di una ribellione ».
« E se non accettassimo la sua autorità? » intervenne un giovane uomo dai capelli rossi. Alastor lo riconobbe subito: era Arthur Weasley, cognato dei fratelli Prewett. Lo aveva visto al loro funerale.
« Ben detto! » intervenne un mago più anziano, facendo un passo avanti ed esponendosi coraggiosamente. « Non vi lasceremo conquistare il Ministero della Magia! »
Per tutta risposta, Bellatrix fece un unico cenno. Prima che qualcuno capisse cosa stava per accadere, un Dissennatore si mosse, afferrò il mago e, senza esitare, gli si avventò contro, avvicinando la bocca al suo viso. L'ultimo urlo della vittima echeggiò nell'Atrium, disperato e terrificante. Poi il Dissennatore lo lasciò per terra, ancora vivo ma con lo sguardo completamente spento. Un altro mago e una strega avrebbero subito la stessa sorte se Malocchio non avesse inviato il proprio Patronus a fare loro da scudo.
« Questo è stato solo un avvertimento » disse Rabastan, con un'aria decisamente divertita. « La prossima volta, i Dissennatori non avranno freni. E se alcuni di voi sono disinteressati alla sorte della propria anima, vi conviene lo stesso obbedire, se non volete che i vostri figli a Hogwarts ne paghino le conseguenze ».
Se fino a quel momento Malocchio aveva riflettuto rapidamente alla ricerca di un modo per contrattaccare, fu costretto a fermarsi. Lui ed Emmeline si scambiarono un'occhiata impietrita, mentre tutti gli altri trattenevano il respiro e qualche genitore scoppiava in singhiozzi.

Non sapeva se era stato l'intuito o la forza della disperazione a dirgli dove gli conveniva andare, ma alla fine li aveva intercettati. Suo padre e la Bagnold stavano percorrendo un corridoio deserto del Terzo Livello quando videro lui che sbarrava loro la strada e furono costretti a fermarsi.
Per alcuni eterni secondi nessuno si mosse o parlò. Barty si impose di non abbassare lo sguardo, non quella volta. Suo padre era livido e digrignava i denti, un nervo del collo che si contraeva ritmicamente. La Bagnold invece stava guardando entrambi, allarmata, e sembrava indecisa su come comportarsi.
« Ascoltami bene, ragazzo » esordì la donna alla fine. « Non so perché lo stai facendo, ma ti conviene lasciar perdere. Stai commettendo un grosso sbaglio ».
« La cosa non la riguarda » tagliò corto Barty, puntando subito dopo la bacchetta contro suo padre, il quale fece lo stesso.
Fino a quel momento il ragazzo si era sentito conteso tra due istinti opposti. Da una parte aveva sperato di impedire a suo padre di scappare e di essere all'altezza della missione che gli era stata affidata dal Signore Oscuro. Aveva già ucciso; non doveva essere tanto diverso. Forse tutta quell'ansia era normale... Ma dall'altra parte, anche se detestava riconoscerlo, si era quasi augurato di non farcela. Non si sentiva ancora abbastanza pronto e in quel momento più che mai sentiva la necessità di avere del Whisky Incendiario con sé, per diminuire i freni inibitori e rendere il suo compito più facile. Aveva paura di quel che avrebbe dovuto fare. Non doveva uccidere un uomo qualunque. Fino a pochi anni prima si era fatto in quattro, aveva spremuto tutte le sue energie e aveva rinunciato a un'infanzia e un'adolescenza più serene pur di ricevere almeno un segno di affetto o un cenno di approvazione da parte sua. Ormai aveva capito da tempo quanto tutti quegli sforzi fossero stati vani, ma non si era ancora liberato della ragione che lo aveva condotto a comportarsi in quel modo.
E ora non poteva più tirarsi indietro. Suo padre adesso sapeva tutto, e Barty non si era mai sentito così spaventato in vita sua. Non sapeva come fosse ancora in grado di restare in piedi: la testa gli girava e ogni singola vena gli pulsava all'impazzata.
« Tu per me sei morto ».
Fu la prima cosa che Crouch senior gli disse quel giorno. Il suo tono era gelido e la sua espressione traboccava di odio e disprezzo. Barty fece del suo meglio per non battere ciglio, ma fu in quel momento che si rese conto di essere stato uno stupido. Il suo tentativo di illudersi svanì, lasciandogli solo un nodo alla gola e un odio mai provato prima di allora. Detestava tutto di suo padre: dai baffi tagliati perfettamente ai suoi abiti sempre impeccabili e ordinati, fino agli sguardi di indifferenza o di rimprovero che gli aveva riservato anche prima di scoprire la sua vera identità.
« Crouch, non mi sembra il modo migliore di affrontare la situazione » intervenne la Bagnold, che non aveva ancora puntato la bacchetta contro nessuno.
« Non esistono altri modi. Sai benissimo che io non scendo a compromessi con i Mangiamorte e con chi pratica le Arti Oscure » rispose l'uomo.
« Ma questo non è un Mangiamorte qualunque. È tuo figlio! » insisté lei. « Potrebbe essere stato coinvolto suo malgrado, potrebbe aver commesso uno sbaglio. Dagli una possibilità. È tuo figlio » ripeté.
Barty non la smentì, perché voleva rendersi conto di come avrebbe reagito suo padre. La Bagnold era una perfetta sconosciuta ma voleva ugualmente dargli modo di spiegare le sue ragioni. E lui cosa avrebbe fatto?
Ci fu una pausa di silenzio, durante la quale si morse la lingua a sangue. Già sapeva quale sarebbe stata la risposta di suo padre. Eppure, qualcosa o qualcuno nel profondo del suo animo stava lanciando un'invocazione di aiuto e sperava segretamente che lui la accogliesse. Cercò di reprimerla, ma non riuscì a cambiare la propria espressione. Forse la Bagnold l'aveva colta, ma non suo padre.
« Lui non è mio figlio ».
Sentirlo rispondere davvero in quel modo fu devastante Barty si sentì bruciare di collera fin dentro le viscere. Tutte le esitazioni e i sensi di colpa furono spazzati via. Dentro di lui era rimasto solo un vuoto incolmabile che lo indusse a reagire con rabbia.
Barty senior schivò per un soffio la maledizione che il ragazzo gli aveva scagliato ma non perse tempo e rispose all'attacco. Mentre duellavano, Barty sentiva di perdere gradualmente il controllo, e si lasciò trascinare, nella speranza di riuscire a ucciderlo con più facilità.
« Avada Kedavr-! »
Ci era quasi arrivato, ma la Bagnold era intervenuta, lanciandogli un Impedimenta prima che potesse concludere la formula. Cadde per terra, cercando inutilmente di divincolarsi: l'incantesimo gli impediva di alzarsi e riprendere il combattimento. Gli occhi gli pizzicavano e la frustrazione gli fece lanciare un grido colmo d'ira. Se avessi potuto muoversi, avrebbe preso a calci e pugni qualsiasi cosa o persona gli fosse capitata sotto tiro.
« Andiamo » disse l'ex Ministro della Magia. « Abbiamo già perso troppo tempo... Crouch! » lo richiamò.
Barty vide suo padre fare qualche passo verso di lui.
« Non posso lasciare un Mangiamorte in libertà. Deve venire con noi, altrimenti riuscirà a farla franca. Finché avrò vita non gli permetterò di sfuggire alla punizione che merita. Deve pagare ».
Il suo tono di voce non tradiva alcuna emozione. L'altra provò a protestare, ma fu inutile.
Barty tremava ancora per la collera e si accorse di avere le guance bagnate di lacrime. Subito dopo, quando suo padre pronunciò la Maledizione Senza Perdono, perse consapevolezza di ogni cosa.
« Imperio ».

***

Hestia sbatté lentamente le palpebre. Vedeva tutto appannato, perciò si stropicciò gli occhi un paio di volte, sbadigliando. Poi li riaprì e quasi cadde dalla sedia per lo spavento quando si ritrovò la faccia di un elfo domestico a pochi centimetri dal naso.
« Che succede? Dove sono? » bofonchiò, confusa. Subito dopo ricordò: quella notte non era riuscita a prendere sonno, quindi aveva preso la sua solita decisione di uscire di soppiatto dalla sala comune di Tassorosso e andare nelle cucine, in cui doveva essersi addormentata senza accorgersene. « Che ore sono? E cos'è tutto questo trambusto? » chiese ancora, notando che gli elfi domestici sembravano piuttosto agitati e spaventati.
« Sono le tre del mattino » rispose l'elfo che l'aveva svegliata. « E sta succedendo qualcosa a Hogwarts ».
Hestia socchiuse gli occhi, come per capire meglio.
« Cioè? »
« Tutti gli studenti sono stati svegliati e fatti uscire dai dormitori » spiegò l'elfo. « Delle persone li hanno portati via... »
« Persone? Vuoi dire che non erano insegnanti? » domandò la ragazza, allarmata.
« Io non crede. Erano aggressivi e gli studenti avevano paura ».
« Anche gli insegnanti sono stati radunati in Sala Grande » aggiunse un'elfa.
Hestia sgranò gli occhi, decisamente spaventata. Se gli elfi dicevano il vero, lei doveva essere l'unica studentessa di Hogwarts ancora in giro. Ma non poteva nascondersi lì. Doveva assicurarsi con i propri occhi di quel che accadeva. Forse i maghi del Ministero stavano facendo fare loro una prova di evacuazione della scuola. Era improbabile, ma era l'unica speranza che le diede il coraggio di alzarsi.
« Voi restate nascosti qui » disse agli elfi domestici. « Vado a dare un'occhiata ».
Ignorando le loro proteste, uscì con prudenza dalle cucine. Di solito a quell'ora nella scuola regnava un silenzio di tomba, ma non quella notte. Il corridoio delle cucine era deserto, ma in lontananza si sentivano passi e voci concitate. Hestia si diresse verso l'entrata della sala comune e diede dei colpetti al coperchio di una delle botti accatastate di fronte all'ingresso.
Quando entrò, la sala comune era deserta. Alcune poltrone e dei tavolini erano stati rovesciati e un paio di vasi erano a terra, in frantumi. I letti nei dormitori erano stati rivoltati, come se gli studenti fossero stati trascinati giù a forza. Hestia rabbrividì: qualunque cosa fosse successa, doveva esserci stata una colluttazione.
Prima di uscire di nuovo estrasse la bacchetta. Poi si diresse verso le scale che conducevano alla sala d'ingresso. Si fermò in cima all'ultimo gradino, nascosta dietro il pilatro di una grande torcia, con il cuore in gola.
Nell'ingresso, illuminati a mala pena dalla luce delle torce, c'erano quattro o cinque adulti in una inconfondibile veste nera. Hestia si sentì sprofondare fino al centro della terra e fu un miracolo se non le cedettero le ginocchia. Erano Mangiamorte, e non Mangiamorte qualsiasi. Uno dei due che non le davano le spalle lo aveva già visto qualche tempo prima in una foto della Gazzetta del Profeta. Ma Antonin Dolohov era già stato arrestato...
Sono evasi tutti, comprese la ragazza, sconvolta. Sono evasi e hanno attaccato la scuola in piena notte. Ma come hanno fatto a entrare nelle sale comuni?
La risposta le giunse pochi istanti dopo. Dolohov si era accostato a un'altra figura e le aveva dato un ordine. Hestia inorridì quando capì che si trattava di uno studente che l'anno prima aveva fatto parte del gruppo di appassionati di Arti Oscure insieme a Higgs e al professor Gibbon. Erano studenti di tutte le Case, e dovevano essere stati loro a farli entrare. Lei si sentì ribollire il sangue per la rabbia.
Pensa, pensa, si impose, cercando di non cedere alla paura. Era da sola in un castello brulicante di Mangiamorte e loro alleati, ma proprio perché era l'unica non ancora catturata, era suo preciso dovere fare qualcosa.
Silente doveva essere via, altrimenti i Mangiamorte non avrebbero osato attaccare Hogwarts, quindi doveva avvertire lui e l'Ordine della Fenice. Ma uscire e raggiungere la guferia era fuori discussione, anche perché i gufi sarebbero stati intercettati. Neanche la Metropolvere era sicura, e lei non aveva ancora imparato l'Incanto Patronus. Ma poi le venne un'idea.
Nell'ultimo anno aveva studiato a fondo quella che lei e Kingsley chiamavano La Stanza che Scompare, e aveva scoperto che non era solo una semplice stanza segreta. Poteva cambiare in base alle necessità di chi la cercava, e già molti altri studenti nel corso delle generazioni l'avevano usata come ripostiglio per cianfrusaglie di tutti i tipi. Se avesse chiesto un camino non controllato, la Stanza glielo avrebbe fornito.
Ma come ci arrivo?
Esisteva un passaggio segreto dietro un arazzo, ma era al terzo piano. Prima doveva riuscire ad arrivarci.
Si puntò la bacchetta alla tempia e formulò un incantesimo di Disillusione, poi alzò una mano per controllare quanto fosse ancora visibile. Era riuscito bene; non era completamente invisibile ma almeno poteva mimetizzarsi con le pareti. Per fortuna era notte: alla luce del giorno sarebbe stato più difficile.
Trattenendo il respiro e restando attaccata al muro, mise piede nella sala d'ingresso. Nessuno dei Mangiamorte si accorse della sua presenza, e Hestia continuò a camminare, lentamente ma senza mai fermarsi, in direzione della scalinata principale. Aveva sempre il timore che il cuore le esplodesse di paura, ma non tornò indietro. Anche lì c'era stato uno scontro, a giudicare dalle ringhiere rotte e dai pilastri scheggiati: gli insegnanti avevano combattuto. Hestia sperò che fossero ancora tutti vivi.
Quando finalmente arrivò al terzo piano, fu costretta ad appiattirsi in un angolo, perché un gruppo di studenti traditori stava perlustrando il corridoio. Erano quattro e camminavano uno accanto all'altro, e Hestia si vide già scoperta: non aveva spazio e loro stavano per urtarla.
Poi un urlo disumano indusse anche quegli studenti a sobbalzare, presi alla sprovvista, e la ragazza ebbe la lucidità per approfittarne e passare attraverso uno spazio libero che avevano lasciato. Ne urtò uno, ma prima che quello si voltasse, lo aveva già Confuso.
« Chi staranno torturando? » domandò una ragazza, con un tono orribilmente divertito.
« Non ne ho idea. Questa scuola è così piena di Sanguesporco che si ha solo l'imbarazzo della scelta » rispose un altro.
Hestia aveva una gran voglia di Schiantarli, ma si trattenne. Senza indugiare oltre, con le urla che ancora le rimbombavano nella testa, raggiunse l'arazzo raffigurante un troll ed entrò nel passaggio segreto.
« Homenum Revelio ».
Trasse un respiro di sollievo: i Mangiamorte non lo conoscevano. Lei l'aveva scoperto al primo anno, dopo aver visto per caso Gazza che lo usava, e ora non poteva essere più grata per quel colpo di fortuna.
Percorse il passaggio quasi di corsa, ma quando arrivò alla fine si bloccò, perché dall'altra parte dell'arazzo che dava sul corridoio del settimo piano c'era qualcuno. Hestia poteva sentire le loro voci. Per riuscire a vederli, con un paio di colpi di bacchetta fece due piccoli fori nella tela dell'arazzo e vi accostò gli occhi. La scena che le si presentò davanti la fece quasi gridare.
Davanti a quello che doveva essere l'ingresso della stanza segreta c'era un manipolo di Mangiamorte che lo presidiava. Tra questi, riconobbe Piton, il nuovo insegnante di Pozioni. Le era sempre parso un tipo strano, ma non credeva che fosse uno di loro. Ma lo shock maggiore lo ebbe quando individuò colui che stava parlando.
Era Lord Voldemort in persona.
« Tenete d'occhio questo corridoio più di ogni altra zona del castello. Se qualcuno prova ad avvicinarsi anche solo per sbaglio, uccidetelo all'istante. Dovete proteggerlo a costo della vita, o rimpiangerete di essere nati ».
I suoi seguaci annuirono. Hestia non si spiegava perché Voldemort tenesse così tanto a presidiare quella zona, ma a quel punto non le interessava. Adesso non poteva più usare la stanza per avvertire l'Ordine della Fenice.
Disperata, senza avere la più pallida idea di cosa fare, tornò indietro. Forse poteva tentare lo stesso di usare uno dei camini negli uffici dei professori. L'avrebbero catturata sicuramente, ma forse avrebbe fatto in tempo a lanciare l'allarme.
Potrebbero non limitarsi a catturarti, lo sai, vero? Potrebbero ucciderti, le disse una voce nella testa.
Hestia la ignorò, o per lo meno si impose di farlo. Che alternative aveva?
Prima di mettere di nuovo piede nel corridoio del terzo piano, controllò ancora che la via fosse libera. Poi ne uscì e si diresse verso l'ufficio della professoressa Vector.
Stava proprio passando accanto alla statua di una vecchia strega ingobbita, quando degli strani rumori provenienti da dentro la statua la indussero a cercare un nascondiglio per tenere d'occhio quello strano fenomeno.
Un attimo dopo, dalla gobba della strega si aprì un passaggio e qualcuno ne uscì, seppur a fatica. Hestia rimase a bocca aperta, perché quel ragazzo aveva una faccia nota.
« Sono diventato troppo altro per questo passaggio » si lamentò un'altra voce, e subito dopo un secondo ragazzo uscì dalla gobba della strega orba, seguito a sua volta da un terzo e da una ragazza dai capelli rossi.
« Siete dell'Ordine della Fenice? Grazie al cielo siete arrivati » esordì Hestia, uscendo dal nascondiglio.
« Chi è là? » fecero quelli, allarmati, non notando nessuno.
« Oh, scusate » disse lei, ricordandosi di avere ancora addosso l'incantesimo di Disillusione. « Sono Hestia Jones » aggiunse, dopo esserselo tolto.
I quattro abbassarono le bacchette e si presentarono.
« Io sono Lily. Lui è mio marito James e questi due sono Sirius e Remus ».
Hestia guardò Sirius, perplessa.
« Ti avevo scambiato per Stubby Boardman, sai? Il cantante degli Hobgoblin ».
Lui fece una smorfia divertita.
« E noi ti avevamo presa per un Mangiamorte. Come mai non sei stata catturata? »
« Mi ero... addormentata nelle cucine » rispose Hestia imbarazzata e vedendo svanire l'ultimo briciolo di dignità che le era rimasta quando si rese conto di indossare vestaglia e pantofole. « E voi come avete saputo dell'attacco? Io volevo avvertirvi, ma... »
« Silente ha una spia tra i Mangiamorte » rispose Remus.
« Ok. Ma non siete troppo pochi per riconquistare Hogwarts? »
« I rinforzi stanno arrivando. Noi in realtà abbiamo un altro compito » aggiunse Sirius.
« Cioè? » insisté lei, quando loro già si erano incamminati lungo il corridoio. Si scambiarono un'occhiata incerta. « Potete fidarvi di me! Alla fine di quest'anno anche io entrerò nell'Ordine ».
« Bè, stiamo cercando una cosa importante... anche se non sappiamo di preciso dove si trova » rispose James, esitante.
Hestia corrugò la fronte, mentre un pensiero le attraversava la mente.
« Ed è una cosa che Voldemort non vuole assolutamente che troviate? »
Loro annuirono, perplessi.
« Allora seguitemi. Forse so dove vi conviene cercare ».
E aprì loro il passaggio che conduceva al settimo piano.

L'effetto sorpresa aveva dato loro un netto vantaggio. Quando loro erano spuntati da dietro l'arazzo, i Mangiamorte di guardia alla Stanza delle Necessità non era stati capaci di reagire prontamente. Sirius e gli altri li avevano sconfitti nel giro di pochi minuti. Fu una fortuna che Voldemort non fosse ancora nei paraggi: proprio in quel momento, un esercito composto da Auror e maghi e streghe comuni che si erano offerti volontari per aiutare, stava invadendo Hogwarts, usando i passaggi segreti che i Malandrini avevano suggerito loro. Evidentemente Voldemort era impegnato a combattere, ma loro non potevano crogiolarsi. Dovevano trovare l'Horcrux al più presto, sperando che non ce ne fossero altri. Prima di mandarli a Hogwarts o al Ministero, Silente aveva convocato l'Ordine della Fenice, annunciando loro che Voldemort aveva scoperto tutto. Il fatto che fosse corso a Hogwarts senza ulteriori indugi indicava senza dubbio che il Diadema di Corvonero si trovava nella scuola, ma quella era stata l'unica notizia positiva.
« Ora è infuriato più che mai » aveva detto Silente. « Ritiene di essere stato ingannato e non crede più alla Profezia. Avrà anche smesso di cercare Harry, ma non si farà scrupoli pur di proteggere gli Horcrux che gli restano. Sarà ancora più spietato di prima. Per proteggere e vostre famiglie da ripercussioni e vendette, useremo l'Incanto Fidelius, e ognuno di voi sarà il Custode Segreto dei propri familiari e amici. Dopo di che, attaccheremo. Spero che il Diadema sia l'ultimo Horcrux. Se lo distruggeremo, forse Voldemort tornerà mortale ».
Sirius osservò Hestia camminare avanti e indietro davanti ad una parete spoglia. Lo fece per tre volte consecutive, e alla fine nel muro apparve una porta.
« Ci siamo » disse la ragazza.
Quando entrarono, si ritrovarono in una sala enorme, piena di scaffali invasi da oggetti di tutti i tipi. L'iniziale entusiasmo svanì rapidamente. Gli oggetti accatastati dappertutto erano un migliaio, se non di più.
« Che cosa dovete cercare? » chiese Hestia, che a sua volta aveva notato l'enormità del problema.
« Un diadema. Apparteneva a Priscilla Corvonero » rispose Remus, con un tono scoraggiato.
La ragazza parve riflettere, e loro la guardarono, speranzosi.
« Dicci che sei già stata qui e che l'hai visto da qualche parte... » disse Lily.
Hestia portò le dita alle tempie, come per spremere le meningi.
« Forse... ho visto un diadema una volta... Non pensavo che fosse così prezioso, però l'ho notato lo stesso. Credevo che fosse un falso. Penso che si trovasse più in là... »
Loro quattro la seguirono, fremendo d'impazienza. Hestia non sembrava ricordare molto bene dove lo avesse visto. Continuava a camminare per poi cambiare direzione e tornare indietro. Percorsero la stanza avanti e indietro per almeno mezz'ora, perdendo lentamente la speranza. Passarono accanto a pile di libri, oggetti di tutti i tipi, bottiglie che contenevano strani liquidi misteriosi, alcuni armadi rotti, delle botti vuote e delle strane statue.
Hestia si fermò all'improvviso, scrutando con attenzione il busto di uno stregone.
« Questo me lo ricordo... Deve essere nei paraggi! »
Rianimatisi, i Malandrini e Lily iniziarono a cercare. Sirius aprì tutte le ante della credenza che si trovava di fronte, ma non trovò nulla a parte la carcassa di una creatura a cinque zampe. Frugò tra gli scaffali, rovesciò scatole e contenitori, spargendone il contenuto per terra, ma fu inutile. Dopo aver scambiato un'occhiata con gli altri, si rese conto che nemmeno loro avevano cavato un ragno da un buco.
« Era qui » sussurrò Hestia, quasi senza fiato. Loro la raggiunsero in un lampo. Era ferma davanti ad un tavolino traballante e divorato dai tarli, ma non c'era nessun Diadema di Corvonero.
« Ne sei sicura? Forse ricordi male ».
« No, ora che lo vedo ne sono certa. Ricordo le incisioni nel legno del tavolino. Il diadema era proprio là sopra, accanto al mappamondo... Ma non c'è! Che fine ha fatto? »
« Qualcuno deve averlo preso prima di noi. Forse Voldemort ha messo quei Mangiamorte di guardia per farci credere che fosse ancora nascosto qui. Invece lo avrà portato via con sé » concluse Remus, lanciando loro uno sguardo carico d'angoscia.
« E adesso che cosa si fa? » chiese James.
« Usciamo di qui, prima che Voldemort si accorga della nostra presenza ».






Eh già, Voldemort si è arrabbiato davvero, e ora sono guai. Per chi se lo sta chiedendo, Alice e Frank stanno bene, come anche Scrimgeour e gli altri. Solo che lavorano tutti al Ministero, e quindi non è stato difficile per i Lestrange impossessarsi dei loro capelli. Notate però che ho mantenuto la promessa di essere più buona: ho scritto un capitolo del genere senza uccidere nessuno (il tizio baciato dal Dissennatore tecnicamente è vivo, non facciamo i pignoli u.u).
Non posso dire con certezza la data del prossimo aggiornamento, perché devo ancora finire di scrivere il capitolo. Diciamo che se ce la faccio pubblicherò l'8 febbraio, altrimenti nei giorni successivi. Spero di farcela e che l'ispirazione si faccia vedere più spesso di quanto ha fatto finora >.<
Alla prossima!

09/03/2013 Visto che è passato parecchio tempo, mi sembra il caso di farmi viva. No, non ho abbandonato la storia, è solo che sono piena di cose da fare. A febbraio ho fatto uno stage e gli unici momenti che trovavo per scrivere erano quei venti minuti che trascorrevo in metropolitana, caos e scocciatori permettendo. A metà marzo mi laureo, quindi sono troppo agitata per dedicarmi solamente a word. Tutto questo per dirvi che dovrete avere un po' di pazienza. Dal 19 marzo tornerò, anche se il prossimo capitolo potrei riuscire a pubblicarlo anche prima, visto che è praticamente scritto (è solo che vorrei finire anche il 59, visto che sono collegati). Scusate ancora  e a presto!!
Julia

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Capitolo 58
*** Battaglia al Ministero ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 58
Battaglia al Ministero

L'ingresso del tunnel si trovava nella stazione della metropolitana più vicina al Ministero. Per la prima volta in vita sua, Sturgis si vide affidare il ruolo di leader del gruppo, perché era l'unico ad avere una vaga idea di come ci si dovesse comportare in quel luogo brulicante di Babbani. I Paciock, Regulus, Rachel, e Dedalus lo seguivano, spaesati. Regulus sembrava particolarmente irritato da tutte quelle persone che lo urtavano correndo per non perdere il proprio treno.
« Guarda dove metti i piedi! » sbottò ad un certo punto, ma il Babbano in questione era già lontano.
« Non è il momento di mettersi a litigare » gli disse Rachel, trascinandolo via mentre Dedalus mascherava un sorrisetto.
Sturgis non si lasciò distrarre da quello scambio di battute. Più tempo perdevano e più la sua ansia aumentava. Emmeline era bloccata dentro al Ministero della Magia e, da quando Malocchio aveva mandato loro un Patronus per avvertirli di quel che era successo, non aveva avuto più notizie. Poter agire in prima persona sarebbe stato molto meglio che aspettare senza fare nulla. Silente li aveva fatti partecipare alla riunione della Bagnold con i Ministri delle nazioni alleate, e a loro era stato affidato l'incarico di intrufolarsi al Ministero confondendosi nella folla e di aprire tutti i passaggi che i Mangiamorte avevano chiuso, per permettere alle squadre di soccorso di contrattaccare.
Quel passaggio segreto attraverso la metropolitana di Londra era stato indicato loro dalla Bagnold in persona. Solo il Ministro della Magia lo conosceva, e lei stessa lo aveva usato per scappare dopo il colpo di stato, insieme a Barty Crouch senior.
Sturgis guidò gli altri attraverso la folla, indicando la direzione giusta da prendere, finché non giunsero alla banchina. Anche quella era piena di persone. Sturgis si fece strada, raggiungendone l'estremità.
« Ci siamo camuffati a sufficienza? » domandò Dedalus sottovoce, mentre aspettavano il treno.
« Direi di sì » rispose Alice. « Usare la Pozione Polisucco sarebbe stato molto meglio, ma non avevamo il tempo per prepararla... Oh, ci siamo ».
Una luce apparve alla fine del tunnel e pochi istanti dopo il treno iniziò a frenare, fermandosi lungo la banchina. Quando le porte scorrevoli si aprirono, i Babbani presero letteralmente d'assalto tutti i vagoni, tranne uno.
L'ultima carrozza in fondo spiccava rispetto a tutte le altre, perché era di un colore viola brillante, ma i Babbani non riuscivano a vederla. Come la Bagnold aveva spiegato, era protetta da un Incanto Fidelius.
« È la nostra » disse Sturgis, salendo sul vagone viola, seguito a ruota dagli altri cinque. Le porte si chiusero alle loro spalle e il treno partì.
« Però, che comodità » commentò Dedalus, stravaccandosi su uno dei sedili, tutti ricoperti da un rivestimento di velluto magenta. « E ora cosa dovrebbe succedere? Il treno è diretto alla stazione successiva ».
In risposta ai suoi dubbi, si sentì un forte rumore metallico, seguito da una turbolenza che li fece finire tutti a gambe all'aria. Quando tornarono in piedi e guardarono fuori dai finestrini, fecero appena in tempo a notare tutto il resto del treno che imboccava il tunnel a destra, mentre il loro vagone proseguiva da solo lungo quello di sinistra.
« Si è staccato dal treno! » esclamò Dedalus, entusiasta come un ragazzino.
La carrozza magica proseguì la sua corsa, scendendo sempre più in profondità, finché non frenò all'improvviso, facendoli di nuovo cadere per terra.
« Non capisco cosa abbiamo noi maghi contro i meccanismi di frenata. Sembra di essere sul Nottetempo » bofonchiò Dedalus, mentre le porte si aprivano di nuovo, permettendo loro di scendere.
Si ritrovarono lungo una banchina deserta e completamente chiusa da un muro di mattoni scuri. I sei si avvicinarono tutti insieme, poi Frank disse la parola d'ordine.
I mattoni iniziarono a spostarsi di lato, creando un'apertura nella parete. La attraversarono, le bacchette già pronte, ritrovandosi all'interno di un ascensore stretto, in cui entravano a fatica.
« Dunque » fece Rachel, armeggiando con lo zaino che aveva portato con sé e non riuscendo a evitare di riempire di gomitate un po' tutti. « Scusate... Ecco le vesti da Mangiamorte ».
Mentre l'ascensore iniziava a muoversi, tutti loro le infilarono sopra i propri abiti. Quella di Sturgis era un po' corta, ma le altre andavano bene. Regulus tuttavia sembrava desideroso di togliersela il prima possibile.
« Voi andate ad aprire i passaggi » disse Sturgis. « Io mi occuperò del Livello Dieci ».
« Sei sicuro di voler fare da solo? » gli chiese Frank, incerto.
Lui annuì, deciso.
« Allora ci vediamo nell'Atrium. Buona fortuna » gli disse Rachel, posandogli una mano sulla spalla in segno di incoraggiamento.
« Grazie ».
Le griglie si aprirono al Livello Nove e Sturgis uscì. Gli altri rimasero dentro e ripresero a salire.
Il corridoio era gelido e invaso dalla nebbia provocata dai Dissennatori. Il ragazzo strinse i denti prima d'incamminarsi, cercando di pensare a un ricordo felice. Di fronte a lui, all'inizio del corridoio del Livello Dieci, due Mangiamorte controllavano la situazione.
« Altolà! » fece uno dei due.
« Sono dei vostri, non vedete? » fece lui, cercando di non balbettare.
« Sarà una nuova recluta, Demetrius » tagliò corto il secondo, meno sospettoso del primo.
Quello abbassò la guardia... e Sturgis li Schiantò entrambi. Dopo averli legati per bene, requisì le loro bacchette. Poi si incamminò nel corridoio.
« Expecto Patronum! »
Il Patronus investì i Dissennatori di guardia alle celle, costringendoli ad indietreggiare fino in fondo al corridoio e impedendo loro di scappare. Sturgis si affrettò a rompere le serrature delle celle, permettendo ai prigionieri confusi di uscire. La sua veste nera trasse in inganno alcune persone, perché quando si affacciò in una delle celle, fu quasi aggredito da una decina di persone infuriate.
« Non sono un Mangiamorte! » esclamò, tenendoli lontani con la bacchetta.
La poca luce che c'era gli impediva di scorgere i loro volti, perciò all'inizio non vide bene la persona che gli si era avventata contro. Quando però lei gli gettò le braccia al collo, capì.
« Emmeline, stai bene? Sei ferita? » le chiese, cercando di individuare segni di percosse o peggio su di lei.
« Sto bene » rispose Emmeline, e Sturgis si sentì improvvisamente liberato dalla sensazione di avere un macigno nello stomaco. « Come hai fatto a entrare? »
« Non sono solo » spiegò lui. « Ma non c'è tempo da perdere. Gli altri stanno aprendo le uscite per permettere la riconquista del Ministero e far evacuare chi non se la sente di combattere. Dov'è Malocchio? » aggiunse poi.
L'espressione di Emmeline si congelò all'istante.
« Lo hanno portato via poco fa » rivelò. « Vengono ogni tanto a prendere un prigioniero per volta, senza dire dove lo porteranno, e poi non se ne sa più nulla ».
Sturgis era pietrificato dall'orrore.
« Io credo di sapere dove li portano » intervenne Arthur Weasley, staccandosi dalla parete umida. « Quando mi hanno scortato in questa cella ho sentito delle urla provenire da una delle aule del Wizengamot ».
« Puoi condurci lì? » gli chiese Sturgis.
Arthur annuì.
« E noi cosa facciamo? » chiesero alcuni prigionieri, spaventati. « Ci hanno tolto le bacchette ».
« Vi conviene restare qui, finché i miei amici non avranno finito. Ma se qualcuno di voi vuole combattere, può venire con noi. Troveremo il modo di trovarvi delle altre bacchette » rispose Sturgis, mentre consegnava a Emmeline e Arthur quelle sottratte ai due Mangiamorte che aveva stordito poco prima.
Gli Auror presenti e alcuni volontari accettarono la proposta. Così, mentre gli altri restavano a farsi proteggere dal Patronus di Sturgis, lui, Emmeline e Arthur si incamminavano con loro nel corridoio accanto, verso l'aula del Wizengamot.
Anche quell'entrata era controllata da due Mangiamorte, ma loro li misero fuori gioco con facilità. Nelle loro tasche trovarono diverse bacchette requisite, che gli Auror presero in prestito senza indugiare.
Poi dall'aula si sentirono delle urla che fecero gelare loro il sangue nelle vene: era Malocchio. Sturgis non lo aveva mai sentito urlare in quel modo. Stava per aprire la porta, quando uno degli Auror gli fece cenno di attendere.
« Sarà saggio intervenire prima che le uscite di sicurezza siano completamente riattivate? Quando sarà dato l'allarme, i vostri amici non potranno più agire indisturbati ».
Sturgis sapeva che il suo era un discorso sensato, ma non se la sentiva di aspettare ancora. Malocchio non era una persona che si piegava alla volontà altrui: lo avrebbero potuto uccidere da un momento all'altro.
Emmeline sembrava altrettanto indecisa. Ma un'altra serie di grida di dolore tolse loro ogni dubbio. Un attimo dopo spalancarono la porta ed entrarono nell'aula.
Incatenato alla sedia riservata agli imputati, Alastor Moody stava cercando di resistere alla Maledizione Cruciatus che Rabastan Lestrange continuava a lanciargli. Tutt'intorno, una dozzina di Mangiamorte faceva la guardia. Non appena vide gli intrusi, Rabastan si fermò, sorpreso e allo stesso tempo furente.
« Uccideteli! » ordinò.
Sturgis e i suoi erano in minoranza, ma l'effetto sorpresa li aveva messi in una posizione di vantaggio. Gli Auror avevano già stordito tre Mangiamorte prima che i seguaci di Voldemort iniziassero a contrattaccare. In un attimo l'aula del Wizengamot fu illuminata dalle luci colorate degli incantesimi. I sedili ogni tanto esplodevano, colpiti da magie letali, e qualche Auror cadde sotto i colpi dei Mangiamorte.
« Podmore! Toglimi queste catene e fammi combattere! » gridò Moody, mentre Sturgis cercava di resistere agli attacchi di Rookwood. Alla fine riuscì a disarmarlo e Schiantarlo, e si avvicinò alla sedia.
« Ben fatto, ragazzo » bofonchiò Malocchio, per quella che forse era la prima volta in assoluto. Sturgis non fu mai così felice di sentirlo parlare. Moody si alzò a fatica e zoppicò verso di lui, dandogli una rapida pacca sulla spalla. Poi afferrò la bacchetta di Rookwood e si unì al combattimento.
Poco dopo, i Mangiamorte erano stati sopraffatti. Era rimasto solo Rabastan Lestrange che, resosi conto di non potercela fare contro tutti quei nemici, spiccò una corsa verso la porta e scappò via.
« Non facciamolo fuggire! » esclamò Emmeline, allarmata. « Avvertirà tutti gli altri! »
A causa della sua gamba di legno, Malocchio fu costretto a restare per tenere d'occhio i Mangiamorte catturati, ma lei, Sturgis e Arthur partirono all'inseguimento.
Lestrange continuò a correre all'impazzata, lanciando dietro di sé maledizioni e fatture che loro riuscirono a schivare, ma che rallentarono la loro corsa. A loro volta, provarono a fermarlo lanciandogli incantesimi senza sosta, ma ormai lui era arrivato alla fine della lunga scalinata che conduceva all'Atrium.
Sturgis gemette per la frustrazione quando se lo vide sfuggire. Ma in quel momento Rabastan si bloccò e loro videro subito cosa lo aveva costretto a fermarsi.
L'Atrium si era trasformato in un campo di battaglia. I Mangiamorte duellavano senza sosta contro maghi e streghe di diverse nazionalità, squadre speciali di Auror e anche persone comuni che si erano offerte di aiutare.
Sturgis esultò interiormente quando si rese conto che gli altri dell'Ordine erano riusciti ad aprire tutti i passaggi prima che Lestrange potesse avvertire i suoi.
La battaglia per la riconquista del Ministero della Magia era cominciata.

***

« Emmeline! »
Il richiamo sovrastò a mala pena gli strepiti della battaglia che si stava svolgendo nell'Atrium, ma la ragazza si voltò lo stesso e si affrettò a raggiungerli.
« Stai bene? Che ti hanno fatto? » le chiese Rachel.
« Niente, per fortuna » rispose lei, mentre Sturgis arrivava a sua volta.
« Meglio per loro » commentò Regulus, per poi lanciare un'occhiata alla mischia che si era creata nell'Atrium.
Per essere stati colti di sorpresa, i Mangiamorte avevano contrattaccato anche troppo rapidamente. Tutto lo spazio intorno alla Fontana dei Magici Fratelli era invaso da Auror delle nazioni alleate, ma anche maghi e streghe che si erano offerti volontari per combattere. Molti dipendenti del Ministero della Magia si erano uniti a loro, ma non erano pochi quelli che si erano schierati con i Mangiamorte. Questi ultimi, con l'aiuto dei Dissennatori, avevano risposto con particolare violenza all'attacco.
I membri dell'Ordine della Fenice esitarono. Davanti ai loro occhi incombeva una battaglia tremenda, ma l'obiettivo della loro missione era molto preciso. Non potevano combattere e arrestare un Mangiamorte dopo l'altro, anche perché sempre più persone si stavano unendo a loro, pur di sopravvivere. Dovevano colpire i leader. La presenza di Mangiamorte intransigenti come i Lestrange costituiva una minaccia per chiunque tra i loro alleati avesse voluto tradire Voldemort, ma se i Lestrange fossero stati fermati, tutti i loro alleati avrebbero avuto qualche motivo in meno di restare fedeli.
« Io non li vedo » disse Frank, cercando di individuarli in mezzo alla folla.
« Rabastan deve essere qui per forza » disse Sturgis. « Lo abbiamo inseguito fino a due minuti fa ».
« È probabile che anche Rodolphus sia qui » disse Regulus, deciso. « Non è quel genere di Mangiamorte che se ne sta in disparte mentre è in corso una battaglia. Lo stesso vale per Bellatrix ».
« C'è gente che duella anche ai Livelli superiori, però » intervenne Arthur timidamente, prendendo la parola per la prima volta. « Conviene dare un'occhiata anche lì. Forse sono rimasti bloccati vicino all'Ufficio del Ministro ».
« Allora dividiamoci. Io e Frank restiamo qui a cercare Rabastan, voi altri andate a controllare gli altri Livelli » disse Alice. « Chi viene con noi? »
Dedalus e Arthur si offrirono di restare nell'Atrium. Nessuno ebbe da ridire e così Regulus, Rachel, Emmeline e Sturgis salutarono gli altri e si fiondarono il più velocemente possibile in direzione delle scale. Non venivano usate spesso, ma in quel frangente erano più sicure degli ascensori. Furono costretti a farsi largo in mezzo alla battaglia, e dovettero rallentare più di una volta per difendersi dagli attacchi dei Mangiamorte o dei Dissennatori, ma alla fine le raggiunsero.
Anche le scale erano letteralmente invase di nemici. I Mangiamorte non li attaccavano subito, tratti in inganno dalle loro vesti nere, e questo dava loro un netto vantaggio.
« Non è un po' sleale? » dubitò Sturgis dopo aver messo fuori gioco l'ultimo nemico presente nel corridoio che stavano percorrendo.
« A me importa solo sconfiggere più Mangiamorte possibile » rispose Rachel in tono pratico.
« Ad ogni modo non ci conviene tenerle » aggiunse Emmeline. « Anche i nostri alleati potrebbero esserne ingannati. Non voglio essere uccisa da un altro Auror ».
Si fermarono per liberarsi delle vesti, restando con quelle che avevano lasciato sotto, e poi proseguirono.
Ai Livelli Superiori la battaglia era altrettanto serrata. Regulus aiutò Emmeline a sconfiggere due Mangiamorte mascherati, poi sentì Rachel gridare e scagliarsi contro un mago e una strega che indossavano una divisa rossa.
« Fermi! Non è una Mangiamorte! »
« Stava scappando » risposero quelli in un inglese piuttosto stentato.
« E allora? Non mi pare che vi abbiano ordinato di uccidere tutti quelli che scappano! » sbottò Rachel, piuttosto irritata.
I due bofonchiarono delle scuse e si dileguarono, mentre Rachel aiutava una donna a rialzarsi.
« Grazie » fece quella, piuttosto scossa.
Quando Regulus vide di chi si trattava, il suo stupore fu talmente grande che non riuscì a trattenersi.
« Narcissa? »
Tra tutti i posti in cui si sarebbe aspettato di incontrare sua cugina, quello era il meno probabile. Sentendosi chiamare, Narcissa si voltò a guardarlo, incredula. Socchiuse gli occhi, concentrata, perché con quel camuffamento non lo aveva riconosciuto subito. Poi li sgranò, mentre un sospetto attraversava la sua mente.
« S-sei tu? » gli chiese, senza fiato.
Nonostante una certa agitazione, Regulus usò la bacchetta per assumere le sue vere sembianze: a quel punto era indifferente.
In un primo momento, Narcissa sbiancò, e lui credette che fosse sul punto di svenire. Non sapeva che cosa aspettarsi, ma era sicuro che lei sarebbe stata l'unica della sua famiglia che non avrebbe voluto spiegazioni. E infatti, mentre le labbra serrate le tremavano per trattenere la commozione, Narcissa gli si avvicinò, posandogli le mani sulle spalle e sul viso, come per assicurarsi che fosse reale. Poi lo abbracciò, e Regulus fece altrettanto, sollevato.
« Che cosa ci fai qui? » le chiese poco dopo. « È pericoloso. C'è una battaglia in corso ».
« Quando sono arrivata il Ministero non era ancora sotto attacco. Stavo cercando di convincere Lucius a tornare a casa, proprio perché mi aspettavo che sarebbe finita così » rispose Narcissa, tetra.
« Se lo portassi via adesso, dovreste sperare entrambi che Tu-Sai-Chi venga sconfitto, altrimenti se la prenderà con lui » le rispose Regulus.
« Lo so » rispose lei. « Infatti prima stavo solo cercando di tornare a casa, ma i camini dell'Atrium sono impossibili da raggiungere ».
« Dovresti usare quelli dell'Autorità per la Metropolvere, al Sesto Livello » suggerì Rachel.
Regulus non voleva lasciarla andare da sola. Lanciò un'occhiata agli altri tre, che lo guardarono a loro volta, in attesa di una sua decisione.
« Ti accompagno » disse a Narcissa. Poi tornò a rivolgersi agli altri. « Vi raggiungerò presto ».
Rachel era improvvisamente impallidita, ma si sforzò di non mostrarsi troppo spaventata.
« Se tra un quarto d'ora non sarai di ritorno, verrò a cercarti » gli sussurrò, fissandolo senza neanche battere le palpebre, come per paura di vederlo sparire e non tornare più.
« Ci conto » rispose lui.
« Se cercate Rodolphus » disse Narcissa quando Rachel si unì a Sturgis ed Emmeline, « l'ho visto al Primo Livello poco fa ».
« Grazie ».
I tre si avviarono verso le scale. Regulus e Narcissa invece si incamminarono lungo il corridoio.
« Non ho ancora avuto l'occasione di ringraziarti per avermi avvertito, quando i Mangiamorte hanno scoperto che ero vivo » le disse lui, mentre raggiungevano il Sesto Livello.
Narcissa gli sorrise.
« Se pensavano che non avrei fatto niente, pur sapendo che avevano intenzione di ucciderti, si sbagliavano di grosso. Me ne infischio della guerra » aggiunse, assumendo tutto ad un tratto un tono aspro. « Anche se non sembra e, nel caso in cui il Signore Oscuro vincesse, apparentemente dimostrerò il contrario, sono dalla tua parte e spero davvero che Lui venga sconfitto ».
Erano quasi arrivati, quando un rumore di passi li indusse a rifugiarsi in uno degli uffici del Centro Esami di Materializzazione. Subito dopo un plotone di Mangiamorte svoltò l'angolo, diretti verso l'ascensore.
Regulus la guardò, incuriosito.
« So che l'idea della guerra non ti è mai piaciuta, ma non pensavo che fossi arrivata fino a questo punto ».
« A te posso dirlo » fece lei, cupa. « È un tiranno. Non ha seguaci, ha dei soldatini che comanda a piacere. È soltanto un mostro ».
« Non mi dici niente di nuovo » convenne Regulus. « Ma che cosa è successo di preciso? »
Narcissa sembrava furibonda.
« Non lo so con esattezza, ma sembra che Tu-Sai-Chi avesse chiesto a Lucius di nascondere a casa nostra un oggetto che per lui doveva essere molto prezioso. Io non ne avevo neanche idea, e neanche mio marito sapeva esattamente di cosa si trattasse... Sta di fatto che quell'oggetto è sparito nel nulla. Quando il Signore Oscuro l'ha saputo, ha torturato Lucius, anche se lui non ne aveva colpa ».
Regulus non disse nulla e abbassò lo sguardo, consapevole di essere la causa scatenante delle azioni di Voldemort. Forse era meglio che Narcissa non sapesse subito che era stato lui a intrufolarsi a casa sua per rubare il diario di Tom Riddle.
« Mi dispiace ».
« Già... Lucius era in preda al panico quando è tornato a casa. Di solito non mi racconta mai niente di quello che succede quando è con gli altri Mangiamorte, ma quella volta si è dovuto sfogare ».
Regulus cercò di porre in modo discreto la domanda successiva, sforzandosi di non mostrarsi troppo desideroso di arrivare al punto che più gli premeva.
« Per caso ti ha detto qualcos'altro? Hai idea di quale sia il piano che Tu-Sai-Chi sta mettendo in atto? »
Narcissa ci pensò un po' su ma alla fine dovette ricordare qualcosa.
« So poco, però so che voleva conquistare anche Hogwarts, e che ci sarebbe andato di persona per controllare la situazione. Ha affidato alla maggior parte dei suoi seguaci il compito di conquistare il Ministero, ma lui e i Mangiamorte restanti sarebbero andati alla scuola ».
« Non ha mandato nessuno a tenere d'occhio altri posti? »
« Non mi risulta ».
Regulus si sentì girare la testa. Se le cose stavano così, significavano non solo che il Diadema di Corvonero era a Hogwarts, come aveva già intuito, ma soprattutto che quello doveva essere l'ultimo Horcrux rimasto. Sperò intensamente che Sirius e gli altri fossero riusciti a trovarlo.
« Sono andati via » disse a quel punto Narcissa, dopo aver sbirciato nel corridoio.
Lei e Regulus uscirono dall'ufficio e iniziarono a correre, mentre la sua mente lavorava con ancora più rapidità. Forse Voldemort non aveva fatto in tempo a creare tutti i sette Horcrux che voleva, ma Hogwarts era piena di oggetti antichi e dal valore inestimabile. Una volta impossessatosi della scuola, ne avrebbe potuti creare molti altri, e a quel punto sarebbe stata la fine. Suo fratello non ne aveva idea. In quel momento Regulus si rese conto di doverlo raggiungere per avvertirlo, una volta portata al sicuro sua cugina.
Per fortuna, l'Autorità per la Metropolvere era lì accanto. Un paio di Mangiamorte faceva la guardia ai camini, ma Regulus e Narcissa li misero fuori gioco, cogliendoli di sorpresa.
Lei si avvicinò a uno dei camini, poi si voltò a guardare suo cugino, mostrando una certa apprensione.
« Cerca di essere prudente. Non voglio perderti di nuovo ».
« Ci proverò ».
« Posso fare qualcosa per aiutarti? »
« L'hai già fatto, dandomi quelle informazioni sul Signore Oscuro. Ma se proprio vuoi farmi contento, qualunque cosa succeda nella prossime ore, assicurati che tuo figlio cresca più simile a te che a suo padre ».
Narcissa esitò, ma poi fece un cenno di assenso con il capo. Poi afferrò la Polvere Volante, entrò nel camino e sparì, inghiottita dalle fiamme.
Regulus si voltò, uscendo dall'Autorità per la Metropolvere e incamminandosi lungo il corridoio del Sesto Livello per tornare da Rachel, Emmeline e Sturgis. Ma, in quel momento, notò una sagoma familiare con la coda dell'occhio. Aveva appena lasciato il Sesto Livello, diretta ai piani inferiori, e Regulus istintivamente la seguì. Affacciandosi all'Atrium, si rese conto che si trattava di Bellatrix. Lei non si era accorta della sua presenza, perché stava puntando un'altra vittima.
Il ragazzo avanzò, teso. Avrebbe dovuto sbrigarsi per avvertire Rachel della sua ultima scoperta, ma capì di non averne il tempo quando riconobbe l'obiettivo di sua cugina.
Ted Tonks era tra i volontari che stavano cercando di riconquistare il Ministero, e al momento era troppo impegnato a mettere fuori gioco un Mangiamorte per accorgersi che Bellatrix gli stava per piombare alle spalle. La donna gli puntò la bacchetta contro la schiena, pronta a ucciderlo.
Nonostante tutto, Tonks si voltò di scatto, ma sarebbe stato troppo tardi. Regulus lanciò una fattura che ferì Bellatrix al polso, facendole cadere la bacchetta prima che potesse assassinarlo.
Tonks alzò lo sguardo, perplesso, e quando vide chi era stato ad aiutarlo reagì con un'espressione sbigottita.
« Grazie, Black » gli disse, chiaramente sorpreso.
Regulus si risparmiò l'imbarazzo di dovere rispondere: sua cugina aveva già recuperato la bacchetta e adesso la stava puntando contro di lui, un'espressione sprezzante e disgustata dipinta sul volto.
« TU! Il traditore è uscito allo scoperto! »
« Così pare » prese tempo lui, che in fondo non sapeva cosa dire. Bellatrix non era Andromeda o Narcissa. Non si sarebbe fatta problemi a ucciderlo, anche se lo aveva visto in fasce. A maggior ragione, il fatto che avessero lo stesso sangue costituiva un motivo in più per eliminarlo il prima possibile.
« Avrei preferito che fossi morto davvero, piuttosto che vederti ridotto in questo stato » sbottò lei infatti, continuando a incenerirlo con lo sguardo.
« Non mi importa di quello che pensi, Bella » replicò lui, attento ma ancora indeciso se attaccare o meno.
Lei rispose con un ghigno sarcastico.
« Però di quello che pensa la tua mammina ti importa eccome. Come reagirebbe se sapesse che ora salvi la vita ai Sanguesporco? »
Regulus si sentì montare una rabbia improvvisa, come tutte le volte che si toccava quell'argomento. Era stufo marcio di essere provocato in quel modo; l'unica cosa che voleva adesso era ripagarla con la stessa moneta.
« Non ne ho idea. E tu che mi dici, invece? Tuo marito lo sa che quando stai con lui in realtà pensi a un Mezzosangue? »
Bellatrix divenne paonazza, poi si fece violacea e infine nera di rabbia e per un secondo trattenne il respiro, impietrita.
« Wow... Sei sicuro che provocarla così sia una buona idea? » sibilò Ted Tonks, gli occhi spalancati per lo shock.
Un attimo dopo lui e Regulus furono costretti a fare un balzo di lato, perché Bellatrix aveva attaccato.
« Ti strapperò quella lingua velenosa! » urlò, lanciandogli contro una scarica continua di maledizioni letali.
Regulus fu costretto a ripararsi dietro la fontana, perché Bellatrix era talmente infuriata che non gli dava il tempo di rispondere al fuoco. Forse Tonks aveva ragione, non era stato saggio insinuarle del sangue Babbano che scorreva in Voldemort, ma non gli importava. Aveva voluto ferirla nell'orgoglio volontariamente. Si rese conto di provare solo risentimento nei suoi confronti, non tanto perché era stata lei a parlargli per la prima volta del Signore Oscuro, quando era ancora un ragazzino influenzabile, ma perché la considerava colpevole della morte di Alphard quanto Rodolphus. Lo aveva lasciato morire senza alzare un dito per aiutarlo, forse lo aveva anche torturato di persona, e per questo non l'avrebbe mai perdonata.
« Sta arrivando » lo avvertì Tonks, sporgendosi dal bordo della fontana, dietro la quale si era rifugiato anche lui.
Regulus strinse il pugno intorno alla bacchetta, fece un paio di respiri profondi nel vano tentativo di calmarsi e alla fine balzò in piedi, iniziando a sua volta a duellare contro di lei.

« Regulus non torna. Ed è trascorso più di un quarto d'ora ».
La battaglia infuriava dappertutto, e il frastuono era così caotico che non si erano accorti dell'assenza di Regulus fino a che non erano arrivati al Primo Livello. Rachel si sentì sprofondare, mentre le sue viscere si contorcevano per l'ansia.
« Deve avere avuto dei problemi » rispose Emmeline.
Rachel tremò visibilmente, ma quando parlò il suo tono era fermo e deciso.
« Scusate, devo andare a cercarlo ».
« Veniamo con te » propose Sturgis.
A Rachel avrebbe fatto piacere, a dire il vero, ma non era possibile.
« Grazie, ma è meglio che continuiate a cercare i Lestrange insieme » li rassicurò, anche se nemmeno poteva averne la certezza assoluta. Ma non voleva proseguire senza essersi assicurata che Regulus stesse bene. Si sentiva morire di paura al solo pensiero di quello che gli sarebbe potuto succedere.
« D'accordo, ma fa' attenzione ».
Rachel annuì, ma si era già voltata indietro e aveva iniziato a tornare sui suoi passi.
Mangiamorte e forze alleate stavano combattendo anche lassù. Rachel fu costretta a rallentare la corsa, perché di tanto in tanto si ritrovava a subire l'attacco di uno o più nemici, oppure cercava di aiutare qualche mago o strega in difficoltà. Scendeva le scale il più velocemente possibile, mentre il cuore le martellava per l'agitazione. Sperò che Regulus stesse bene e di riuscire a trovarlo sano e salvo.
Al Secondo Livello, stranamente, regnava una calma inquietante quanto insolita. C'erano diversi cadaveri riversi per terra, appartenenti a entrambi gli schieramenti, ma nessun segno di chi li aveva uccisi. Rachel accelerò il passo, perché quella situazione non le piaceva affatto, quando notò qualcuno accasciato sui gradini, immobile. Trattenendo il respiro, gli si accostò. Lo aveva riconosciuto dal monocolo che teneva ancora sul naso e dal fez rosso rotolato qualche scalino più in basso: si trattava del capo del suo ufficio al Ministero, Arnold Peasegood, ed era chiaramente morto.
Rachel non se la sentiva di lasciarlo lì, anche se sapeva di non poter fare più niente per lui. Si limitò a chiudergli gli occhi, ma quell'esitazione fu uno sbaglio.
Un attimo dopo, qualcuno che le si era avvicinato silenziosamente le afferrò il polso che teneva la bacchetta e le tirò il braccio dietro la schiena, piegandolo fino a farle male.
« Tu sei una della combriccola di Black » parlò Rodolphus Lestrange, e la sua voce la fece tremare da capo a piedi. Lui le puntò la propria bacchetta alla tempia, per impedirle di opporre resistenza. « Chi di voi ha l'arma? »
« Quale arma? Non so di cosa stai parlando » mentì lei, nel tentativo di liberarsi.
« Lo sai benissimo. Il Signore Oscuro ha detto che per distruggere gli oggetti che avete rubato ve ne serviva una. Dimmi dov'è e ti lascerò andare ».
Rachel non gli credette neanche per un istante. Cercò disperatamente di divincolarsi, ma più ci provava e più la stretta intorno al suo braccio diventava ferrea come una morsa. Provò a sferrargli un calcio ma non ci riuscì, e alla fine gli assestò una gomitata con tutte le sue forze. Non gli fece quasi nulla, ma bastò a fargli allentare leggermente la presa e a permetterle di liberarsi.
Rachel si allontanò, puntandogli la bacchetta contro, ma si accorse che le tremava la mano. Lo vide sogghignare: lui si divertiva quando le sue vittime erano spaventate, godeva del loro terrore e si esaltava quando lo imploravano. Lei non poteva non mostrarsi terrorizzata, ma non avrebbe supplicato. Al contrario, lo attaccò.
Lestrange deviò con facilità la fattura che lei gli aveva scagliato, e si liberò senza problemi anche delle successive. Rachel lottò contro se stessa, perché la paura di non farcela le stava impedendo di combattere al meglio. Riuscì ad eseguire un Sortilegio Scudo contro la maledizione che il Mangiamorte le aveva mandato indietro, ma poi vide i suoi occhi lampeggiare e lo udì pronunciare parole che non aveva mai sentito prima.
Un attimo dopo, dalla bacchetta di Rodolphus scaturirono delle fiamme. Rachel indietreggiò per non farsi ustionare, ma con suo grande orrore scoprì che il fuoco stava diventando sempre più alto, fino a raggiungere il soffitto. Poi le fiamme iniziarono ad assumere forme di draghi, chimere e altre creature spaventose, che si avventarono contro di lei.
Senza un attimo di esitazione, Rachel spiccò una corsa attraverso il primo corridoio che le capitò davanti. Non sapeva neanche dove stesse andando, ma al momento era troppo impegnata a sopravvivere per farci caso. Le fiamme dell'Ardemonio la stavano inseguendo, divorando tutto ciò che incontravano sul loro passaggio. La ragazza corse come non aveva mai fatto in vita sua, ma il calore cocente del muro di fuoco alle sua spalle si avvicinava sempre di più. Non aveva la più pallida idea di come fermare quella magia oscura, né aveva intenzione di correre il rischio di provarci. Non appena si fosse fermata, sarebbe stata incenerita.
Il corridoio era quasi finito e, da quel che poteva vedere, sembrava che dopo ci fosse uno spazio aperto. Rachel si augurò che ci fosse qualcuno in grado di aiutarla. Non aveva più fiato ma la forza della disperazione la aiutò a fare un ultimo scatto. Uscì dal corridoio... e si rese conto di essere spacciata.
Era arrivata alla fine della sua corsa. Si trovava su una delle balconate che davano sull'Atrium. Oltre la balaustra la aspettava un volo di circa trenta metri, e non c'erano altre vie d'uscita: era in trappola.
Quando si voltò, il fuoco l'aveva quasi raggiunta. Istintivamente si coprì la testa con le mani, accovacciandosi su se stessa e urlando per la disperazione. Attese che la maledizione la uccidesse, tremante e scossa dai singhiozzi, sperando che il dolore durasse poco. Ma non accadde nulla.
Quando trovò il coraggio di riaprire gli occhi, scoprì che l'Ardemonio era sparito.
Ancora intontita e in preda al panico, Rachel alzò lo sguardo su Lestrange, e scoprì che non si era interrotto di propria volontà: aveva un brutto taglio all'altezza del fianco, e la sua veste era già zuppa di sangue.
Rachel si voltò per scoprire chi lo avesse ferito e trattenne il respiro.
Era stato Perseus. Suo padre doveva essersi unito a chi stava cercando di riconquistare il Ministero ed era andato a cercarla. Era appena uscito dal corridoio del Secondo Livello e stava fissando Rodolphus con un'espressione che sua figlia non gli aveva mai visto prima. Era livido e il suo sguardo era colmo di odio. Il suo volto era rigido come una maschera di pietra, ma stringeva i pugni con tanta energia che gli tremavano di rabbia.
L'uomo avanzò in fretta, tenendo la bacchetta puntata verso il Mangiamorte, fino a posizionarsi tra lui e Rachel.
« Sei già morto, Lestrange » sibilò, con una quiete innaturale.
Rodolphus fece una smorfia, ignorando la ferita.
« Questo è tutto da vedere. Crucio! »
Rachel scattò in avanti, senza fiato, ma Perseus era riuscito a evitare la Maledizione e, senza indugiare neanche un secondo, rispose al fuoco.
« Avada Kedavra! »
Un lampo di luce verde scaturì dalla sua bacchetta, ma Rodolphus schivò a sua volta e riprese a combattere. Il Mangiamorte era molto più agile dell'avversario: anche se la ferita lo aveva reso meno rapido, Perseus rischiò di avere la peggio un paio di volte.
Nel frattempo, Rachel era tornata in piedi ed era corsa a riprendersi la bacchetta che aveva lasciato cadere quando aveva pensato di essere divorata dalle fiamme oscure. Quando si voltò di nuovo ad assistere allo scontro, scoprì che Lestrange e suo padre stavano combattendo sul ciglio della balconata.
Con una finta improvvisa, Rodolphus riuscì a cogliere Perseus di sorpresa e a disarmarlo. La bacchetta volò oltre la balaustra, cadendo sotto di loro. Rachel gli impedì di continuare: lanciò a Lestrange una fattura che lo colpì di striscio.
Rodolphus reagì, tornando a duellare contro di lei. Rachel riusciva a reggere il ritmo a fatica. Nonostante le ferite, il Mangiamorte era ancora micidiale. La costringeva a indietreggiare continuamente, finché la sua schiena non urtò contro qualcosa, facendole quasi perdere l'equilibrio: era ad un passo dal cadere nel vuoto.
Rachel aveva la sensazione che il mondo avesse preso a ruotare, e le gambe le iniziarono a tremare quando Rodolphus le si avvicinò, la strappò la bacchetta di mano e le strinse una mano intorno al collo.
« Dimmi chi ha quell'arma, altrimenti... » la minacciò, e fece come per spingerla di sotto.
« NON TOCCARLA! »
Ignorando il fatto di essere disarmato, Perseus lo assalì a mani nude pur di spingerlo via da lei. Rodolphus reagì di scatto. Lasciò andare Rachel e si concentrò sull'altro avversario.
« Imperio! »
Perseus fu colpito in pieno, e si bloccò di colpo. Il suo sguardo era cambiato: non mostrava più rabbia, odio e paura, ma era completamente privo di espressione. Tutto il suo corpo si rilassò e le braccia gli ricaddero lungo i fianchi.
Per un istante Rachel rimase immobile, incapace di capire le intenzioni del Mangiamorte, ma con un orribile presentimento.
« Uccidila » ordinò Lestrange, un ghigno sadico che gli deformava il volto.
E Perseus obbedì. Rachel avrebbe urlato ma si ritrovò senza voce per lo shock quando suo padre si avventò contro di lei, senza riconoscerla o mostrare la minima emozione. Era un burattino sotto il controllo totale di Rodolphus.
Rachel provò a resistere, ma non era abbastanza forte. Nessuno dei due era armato, e Perseus continuava a spingerla verso la balaustra.
« Papà, sono io! » sbottò, nel vano tentativo di farlo tornare in sé. « Sono tua figlia! »
Ma fu inutile. Perseus non batté ciglio e non si fermò. Rachel non provava nemmeno a colpirlo veramente. Perseus non aveva mai alzato le mani su di lei, l'aveva sempre protetta, anche troppo certe volte. Quel giorno aveva deciso di combattere, cosa che non aveva mai fatto prima, pur di trovarla, ma Rodolphus era riuscito a fargli dimenticare tutto.
« Quando si renderà conto di aver assassinato la sua unica figlia, impazzirà dal dolore. È questo che vuoi? » commentò Lestrange, decisamente divertito da tutto ciò. « Hai solo due soluzioni per evitare che accada: o lo uccidi a tua volta, risparmiandogli tutto quel rimorso, o mi dici chi ha quell'arma ».
Rachel ormai aveva il volto rigato di lacrime. Era così orripilata da quello che stava succedendo che perse il controllo e non riuscì a impedirsi di parlare.
« Non ce l'ho io! Ce l'ha Silente! Ti prego, fallo smettere! » singhiozzò, disperata, anche se sapeva che lui non avrebbe smesso.
Infatti, Lestrange si avvicinò ancora di più, portando la bacchetta a pochi centimetri dalla testa di Perseus, come per potenziare la Maledizione. E ci riuscì. Perseus divenne ancora più determinato a ucciderla.
Rachel si sentì perdere l'equilibrio e percepì il baratro sotto di sé. Era in bilico sulla balaustra, con suo padre che ancora la reggeva per le spalle della veste. Non appena avesse mollato la presa, lei sarebbe caduta di sotto.
« Non è colpa tua » provò a dirgli, sperando che potesse sentirla e ricordarlo quando sarebbe tornato in sé. Ma l'espressione di Perseus era già cambiata. Non era più vacua e spenta, e i suoi occhi erano sgranati per l'orrore.
Un attimo dopo l'aveva tirata via dalla balaustra e si era avventato contro Rodolphus. Il Mangiamorte tentò di colpirlo con un anatema, ma Perseus gli aveva afferrato il polso, portandolo in alto e impedendogli di usare la bacchetta contro di loro. La sua presa non cedette: era talmente accecato dalla rabbia che la sua forza si era come triplicata. Il volto di Lestrange si contrasse per lo sforzo di resistere all'attacco di Perseus, e se fino a poco prima aveva esibito un ghigno sadico, la sua espressione si modificò di colpo, diventando colma di rabbia e frustrazione.
Rachel corse ad aiutare suo padre, ma poi il suo cuore mancò un battito.
Perseus spinse Rodolphus con tutte le sue forze, facendogli perdere l'equilibrio. Il Mangiamorte tese le mani, pronto ad afferrare Perseus e trascinarlo di sotto con sé, ma Rachel scattò in avanti e trasse suo padre fuori dalla sua portata.
Per una frazione di secondo il tempo parve rallentare. Per la prima volta in vita sua, Rodolphus Lestrange mostrò di provare paura. Tentò di afferrare la bacchetta al volo, ma quella era stata sbalzata in un'altra direzione. Né Perseus né Rachel distolsero lo sguardo mentre lui spariva oltre la balaustra. Poi Rodolphus cadde nel vuoto.

Regulus era stato appena disarmato quando, solo pochi metri metri più in là, ci fu lo schianto. Alcune persone urlarono, terrorizzate. Subito dopo, quando tutti capirono cosa era successo, nell'Atrium cadde un silenzio teso, pronto a spezzarsi al minimo movimento.
Anche Bellatrix si era voltata per vedere quel fosse la causa di quell'improvvisa tregua. Regulus lo capì prima di lei, e per un solo istante non poté fare a meno di provare un immenso sollievo, insieme ad una sorta di soddisfazione vendicativa. Era morto. Rodolphus Lestrange non avrebbe più potuto torturare e uccidere nessun altro.
La battaglia ricominciò subito dopo, e i Mangiamorte tornarono a combattere ancora più violentemente di prima. Solo Bellatrix continuò ad avanzare, come ipnotizzata, finché non si inginocchiò accanto al corpo di quello che era stato suo marito, incurante del lago di sangue intorno a lui. Regulus a quel punto distolse lo sguardo. Per qualche ragione non riusciva a sostenere la vista di sua cugina con le mani e le vesti intrise di sangue. Gli faceva molta più paura adesso, che era momentaneamente pietrificata, rispetto a prima.
« Scappa » disse Ted Tonks. « Tra un attimo diventerà una furia ».
Regulus si rese conto che l'uomo aveva ragione. Recuperò la bacchetta e iniziò a correre verso le scale, mentre Bellatrix lanciava un urlo talmente disumano che lo fece quasi inciampare dallo spavento.
Salì la scalinata il più velocemente possibile e si fermò solo quando raggiunse il Secondo Livello, perché aveva sentito odore di bruciato. Non si vedevano incendi, ma dovevano esserci stati. Tutto un corridoio era stato carbonizzato e le pareti erano nere con fuliggine. Un fuoco normale non avrebbe mai potuto fare tutto ciò, quindi Regulus si sentì ancora più spaventato. Seguì le tracce del passaggio dell'Ardemonio, finché non si ritrovò su una balconata.
Perseus era seduto a terra, con il volto coperto dalle mani, e Rachel era accanto a lui, intenta a calmarlo.
« Stavo per ucciderti » stava dicendo lui, la voce rauca per lo shock. « Ho provato a combatterlo nella mia testa, ma era troppo forte per me... »
« Ci sei riuscito, invece » lo rassicurò lei.
« Mi dispiace » insisté lui.
« Non è successo niente, d'accordo? Se non fossi arrivato in tempo sarei morta davvero ».
Poi Rachel alzò lo sguardo e lo vide.
« Regulus! Sei vivo! » esclamò, balzando in piedi e stritolandolo.
Il ragazzo si accorse che lei stava tremando.
« Che cosa è successo? » le chiese. « Ci sono tracce di Ardemonio ovunque ».
La ragazza si asciugò gli occhi, evidentemente provata.
« Rodolphus » spiegò. « Stava per uccidermi. Poi per fortuna è arrivato mio padre ».
« Dove diamine eri? » sbottò Perseus, che quando non sapeva come sfogarsi se la prendeva con Regulus. « L'hai lasciata sola! Stava per finire carbonizzata! »
« Stavo combattendo con Bellatrix, non ero mica andato a nascondermi! » ribatté lui, irritato.
« Va bene, calmiamoci tutti » fece lei, mettendosi in mezzo. « Sono stata io a lasciare Emmeline e Sturgis per andarmene da sola, quindi non cominciate a litigare per niente ».
I due tacquero per alcuni istanti, poi Regulus parlò.
« Dovremmo andarcene di qui. Temo che Bellatrix mi stia inseguendo ».
« In realtà dovrei essere io il suo obiettivo » mormorò Perseus.
Regulus all'inizio non capì, poi un'occhiata di Rachel gli fece intuire la verità.
« Non glielo vada a dire, allora » gli suggerì. Poi si rivolse a Rachel. « Dobbiamo andare a Hogwarts, adesso ».
« Ma non era il nostro compito » fece lei, perplessa.
« Dobbiamo farlo. Il Diadema è l'ultimo Horcrux, ma Tu-Sai-Chi ha intenzione di crearne altri. È inutile riconquistare il Ministero se lui poi resterà immortale ».
Rachel sgranò gli occhi. Poi annuì in fretta e lanciò un'occhiata a suo padre.
« Come ti senti? »
Lui era evidentemente a pezzi. Dopo aver subito un'Imperius che gli aveva fatto quasi uccidere la figlia e dopo aver tolto la vita per la prima volta in vita sua, Regulus si sarebbe meravigliato del contrario. Ma Perseus non era il tipo di persona che ne avrebbe parlato. Così, si limitò ad annuire.
« Raggiungerò tua madre. È qui anche lei, sta cercando di curare i feriti. Voi due fate attenzione... E scusa per prima. Non volevo prendermela con te » aggiunse, mortificato.
« Non fa niente » rispose Regulus, stupito. Poi prese Rachel per mano e attese che la Passaporta che aveva appena creato si attivasse.
Un attimo dopo, furono risucchiati dal vortice, e alla fine si ritrovarono a Hogwarts, in uno dei corridoi del secondo piano. Non ebbero neanche il tempo di riprendersi dalla confusione dovuta al viaggio improvviso, quando una voce nota parlò alle loro spalle, pronunciando parole minacciose che li fecero sprofondare.
« Non vi muovete e tenete le mani in vista. Reagire non vi servirà a niente ».






Per tutti i gargoyle, che ritardo! >.< Mi dispiace che abbiate dovuto aspettare così tanto, ma gli ultimi due mesi sono stati pazzeschi: tra tirocinio, tesi e laurea, non ho avuto il tempo materiale di pensare a cosa avrei potuto scrivere, figurarsi di aggiornare. Ora sono finalmente tornata alla normalità e spero che questo capitolo ripaghi l'attesa. Ammetto che ogni volta che l'ho riletto ho goduto non poco muahahah XD
Non dirò la data precisa del prossimo capitolo perché devo ancora finirlo e non voglio dare false speranze, ma sicuramente non dovrete aspettare quanto avete atteso per questo xD
A presto, Julia :)

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Capitolo 59
*** Lo scontro finale ***


Non può piovere per sempre

Capitolo 59
Lo scontro finale

« Caramelle Mou! La parola d'ordine è questa, lo giuro! »
Lo strillo soffocato del custode risuonò nel corridoio, subito seguito da un gemito quando i due Mangiamorte che lo tenevano fermo lo scaraventarono sul pavimento di pietra.
Lord Voldemort lo fissò con i suoi occhi rossi e serpenteschi.
« Lo spero per te. Vediamo se per una volta ti sei reso utile, Magonò ».
Voltò le spalle a Gazza e ai due Mangiamorte e si rivolse al gargoyle di fronte a lui, pronunciando la parola d'ordine che aveva appena estorto al custode della scuola. Stavolta era quella giusta. Un attimo dopo, il gargoyle iniziò a muoversi, rivelando una scala a chiocciola che saliva in alto e finiva davanti ad una porta di legno massiccio.
« Portatelo via » si limitò a ordinare ai due seguaci. Gazza strillò ancora, spaventato, ma Voldemort lo ignorò. Con passo sicuro e un'espressione trionfante dipinta sul volto, salì la scala ed entrò nell'ufficio del Preside.
Il mormorio che aveva sentito quando aveva aperto la porta davanti a sé si interruppe bruscamente quando i ritratti degli antichi Presidi di Hogwarts si resero conto che ad entrare non era stato Silente. Ci furono alcuni istanti di silenzio assoluto, durante il quale Voldemort si guardò intorno con aria soddisfatta. Poi qualche ritratto più coraggioso degli altri si decise a parlare.
« Questo è l'ufficio di Albus Silente ».
« Non più. La scuola è sotto il mio comando, adesso ».
La sua affermazione non doveva essere una novità per loro, dal momento che le voci tra i ritratti correvano più velocemente che tra le persone in carne e ossa, ma loro tacquero lo stesso, quasi raggelati dallo shock.
Voldemort li ignorò. Aveva ben altro a cui pensare. Anche se il Diadema di Corvonero adesso era ben sorvegliato e al sicuro, non si sentiva affatto tranquillo. Tutti gli altri Horcrux erano stati distrutti. Una rabbia cocente divampò dentro di lui quando quel pensiero tornò a tormentarlo. Erano andati, pezzi della sua anima erano ormai perduti per sempre. Gliene restavano solo due, quello nascosto nel Diadema e quello che aveva sede nel suo corpo. Si sentiva debole e vulnerabile come non era mai stato negli anni precedenti. Aveva dimenticato cosa significasse tornare ad essere quasi mortale, e se lui che aveva comunque una seconda possibilità era tornato a temere la morte, non riusciva proprio a immaginare come potessero vivere tranquille le persone comuni, quelle menti limitate e insignificanti che di vita ne avevano solo una.
Sapeva da chi era partito quel disastro. Non era Silente, stranamente: lui non ci era arrivato né avrebbe potuto farlo. Era stato Regulus Black. Quando aveva letto il messaggio nascosto nel falso medaglione di Serpeverde, all'inizio lo shock e il terrore erano stati troppo devastanti per permettergli di ragionare lucidamente e capire chi si celasse dietro la sigla R.A.B. Ma, una volta tornato in sé, Voldemort aveva capito. Solo il suo inutile elfo domestico aveva visto la caverna e, a quanto pareva, era stato l'unico a uscirne vivo. Il come non gli interessava più di tanto; dopotutto la vita di un elfo era irrilevante. Come avrebbe mai potuto immaginare che per un Black, invece, fosse così importante? Era un elfo domestico, una creatura nata per servire, talmente inferiore che ucciderla non era nemmeno divertente. Ma dopotutto ogni nobile Purosangue aveva una fissazione strana, un capriccio o un lato eccentrico. Non era questo che gli interessava. Ciò che gli faceva ribollire il sangue nelle vene era stato il proprio errore di sottovalutare Black. Lo aveva considerato un moccioso che voleva sentirsi grande e potente ma alla fine si era spaventato ed era fuggito. Invece si trattava di una serpe in seno, un traditore che si era finto stupido e ingenuo, per poi carpire il suo più grande segreto e usarlo per distruggerlo. Ma non ci sarebbe riuscito. Con quel messaggio di sfida che gli aveva lasciato, aveva condannato a morte se stesso e tutte le persone che gli erano vicine.
Ma per il momento Voldemort doveva pensare a se stesso. Non poteva permettere che la sua immortalità, conquistata con tanta fatica, venisse messa a repentaglio da un Purosangue viziato, un ragazzo che aveva sempre avuto tutta la strada spianata e che non aveva bisogno di fare alcuno sforzo per ottenere quel che voleva, solo perché si chiamava Black, e non Riddle. Doveva costruire un nuovo Horcrux, al più presto. E in quel momento aveva davanti l'oggetto che aveva scelto.
Sopra la scrivania che fino a poche ore prima era appartenuta a Silente, appena al muro, c'era la spada dell'ultimo dei quattro fondatori di Hogwarts. Fino a quel momento Voldemort non aveva voluto usarla per trasformarla in un Horcrux: in fondo era di Grifondoro. Ma ora la necessità e il bisogno lo avevano spinto a cambiare idea. Perché no? Era sempre uno dei quattro e quella spada era una delle reliquie più antiche del mondo magico. Senza contare il fatto che usarla per nascondervi un frammento della sua anima avrebbe rappresentato una certa vittoria nei confronti di Grifondoro, l'eterno rivale di Salazar Serpeverde. Chi altri se non l'Erede avrebbe potuto farlo? E in più, quella volta non voleva accontentarsi di uccidere un vagabondo, o il primo che gli fosse capitato davanti. No, per creare quell'ultimo Horcrux, avrebbe ucciso Albus Silente.
Il mormorio di dissenso tra i ritratti tornò a farsi sentire quando Voldemort tese il braccio, pronto ad afferrare la spada.
« Mio Signore! »
Voldemort si voltò di scatto, irritato da quell'interruzione.
« Che cosa vuoi, Codaliscia? » sbottò, rivolto al ragazzo che aveva appena fatto irruzione nell'ufficio, senza alcuna autorizzazione.
Minus era in pessime condizioni. Non aveva trascorso molto tempo ad Azkaban, ma quei pochi giorni erano bastati a farlo sembrare di colpo più vecchio e debole. Il suo volto era pallido e grigiastro, fin troppo smunto per un fisico che era sempre stato in carne come il suo. Solo la costante paura che animava i suoi occhi era ancora intatta, anche se spesso Voldemort vi leggeva anche qualcos'altro, un sentimento che sembrava svuotarlo e farlo diventare ancora più spento e debole. Quando tutti gli altri Mangiamorte erano evasi da Azkaban, Minus non aveva avuto altra scelta che quella di tornare con loro. Voldemort però non si fidava più, dal momento che le sue informazioni non lo avevano aiutato a catturare i Potter, quando ancora credeva nella Profezia. E ora che si era fatto scoprire dall'Ordine della Fenice, non gli era nemmeno più utile come spia. Tuttavia, si era limitato a torturarlo un po', senza ucciderlo. Uno come Minus poteva sempre tornare utile in qualche modo.
« Chiedo scusa, mio Signore » esordì Codaliscia, servile e spaventato come al solito. « Il castello è stato attaccato! Sono entrati di nascosto ma sono stati scoperti... e ora combattono! »
Voldemort s'irrigidì, irritato. Sapeva che quella situazione non sarebbe durata a lungo, ma sperava di poter contare su un po' più di tempo.
« E Silente? Dov'è? »
« Dicono che sia anche lui... ma non riusciamo a trovarlo » rispose Minus, tremante.


La porta della Sala Grande esplose, facendo schizzare frammenti di legno e schegge per tutto l'ingresso e scaraventando Hestia e gli altri con una potente onda d'urto. La ragazza si ritrovò semicoperta da detriti e frammenti. Tossendo a causa della polvere, si rialzò dolorante, mentre vedeva la battaglia imperversare intorno a sé.
« State tutti bene? » chiese, preoccupata.
Sirius e gli altri dell'Ordine della Fenice confermarono, tossendo a loro volta. Poi, tutti insieme, entrarono nella Sala Grande. Non fu difficile sconfiggere i due Mangiamorte rimasti di guardia, dal momento che tutti gli altri erano intenti a combattere nel resto del castello. Gli studenti erano terrorizzati, stretti gli uni agli altri per farsi forza a vicenda.
Quando anche i professori furono liberati dalle corde che li legavano, la McGranitt fu la prima a prendere il controllo della situazione.
« Bisogna far evacuare subito i minorenni! » tuonò.
« C'è un passaggio segreto vicino alle cucine » propose James. « Conduce a Hogsmeade, ed è il più facile da raggiungere ».
« Molto bene, li faremo passare di lì. Tutti gli studenti con meno di diciassette anni si radunino » ordinò la McGranitt. « Noi faremo loro da scudo. Chiunque voglia offrirsi volontario è ben accetto ».
Mentre i professori, l'Ordine della Fenice e gli studenti dell'ultimo anno formavano un cordone protettivo intorno ai ragazzi più giovani, Hestia fu raggiunta da Kingsley.
« Non ti ho vista da nessuna parte. Pensavo che ti avessero uccisa! »
« Non mi hanno mai catturata » spiegò lei mentre James iniziava a fare strada attraverso la sala d'ingresso, con tutti gli altri che lo seguivano a ruota. « Ero nelle cucine » ammise, imbarazzata.
Non appena i Mangiamorte li videro scappare in direzione delle cucine, li attaccarono, e professori e Ordine cercarono di rimandare indietro le loro fatture. Hestia si trovava in coda al gruppo ed era bersagliata da maledizioni letali; nonostante il terrore che provava insieme alla consapevolezza del fatto che ogni suo nuovo respiro poteva essere anche l'ultimo, riuscì a Schiantare e mettere fuori combattimento un paio di Mangiamorte.
Erano quasi arrivati al corridoio, quando accadde qualcosa. Hestia si sentì sbalzare lontano per la seconda volta nel giro di cinque minuti. Atterrò di schiena sul pavimento di pietra e colmo di schegge di vetro, graffiandosi diverse parti del corpo. Rimase senza fiato per alcuni istanti ma si affrettò a rialzarsi non appena delle urla atterrite riecheggiarono per la sala d'ingresso.
Gli studenti minorenni erano stati intrappolati all'interno di una cupola trasparente. Accanto a essi, con in mano la bacchetta che aveva evocato la loro gabbia, c'era Voldemort.
« Arrendetevi » tuonò con la sua voce serpentesca, amplificata magicamente in modo tale da essere udita in tutto il castello. « O loro moriranno tutti ».
Si guardava intorno con gli occhi rossi che lampeggiavano, come eccitato all'idea di avere il controllo completo delle vite di decine di innocenti.
La battaglia si era interrotta di colpo e un silenzio orripilato cadde sulla scuola, interrotto solo dai singhiozzi dei ragazzini tenuti sotto tiro. Alcuni volontari provarono a intervenire, ma furono fermati dai loro stessi alleati. Una ragazza, che era tra coloro che avevano tradito facendo entrare i Mangiamorte a Hogwarts, aveva assunto un colorito bluastro, mentre fissava con terrore uno dei ragazzini che l'Ordine aveva cercato di proteggere. Forse era suo fratello, pensò Hestia, e lei era stata così ingenua da credere ai Mangiamorte che le avevano assicurato che lui non sarebbe stato toccato.
« Non ho intenzione di sacrificare tutte queste vite » continuò Voldemort. « Propongo un compromesso: un duello tra me e Albus Silente. So che è tra voi e so anche che sta cercando di prendere tempo, nella vana speranza di trovare un modo per sconfiggermi, ma così facendo voi morirete uno dietro l'altro, mentre lui continua a tenersi lontano dalla prima linea ».
Hestia si guardò disperatamente intorno, e non era l'unica. Tutti cercavano Silente con lo sguardo, ma non lo videro da nessuna parte. La ragazza colse già alcuni sguardi fugaci di persone che iniziavano a dubitare.
« So che mi puoi sentire, Silente » insisté Voldemort, con un tono di trionfo. « Ti concedo dieci minuti per raggiungermi nel cortile e affrontarmi. Altrimenti i tuoi alleati subiranno le conseguenze della tua codardia ».


Le ultime parole di Voldemort continuavano a risuonargli nella testa, ininterrottamente e senza per questo diventare ogni volta meno dolorose. Albus Silente si trovava nella torre di Astronomia quando il Signore Oscuro gli aveva lanciato la sua sfida, cogliendolo alla sprovvista. Non era ancora pronto per affrontarlo. Nessuno di loro aveva ancora trovato l'Horcrux, né sapevano quanti altri ne restavano, e ora che il loro avversario sapeva cosa stavano cercando, probabilmente aveva spostato i rimanenti, mettendoli ancora più al sicuro, in modo tale da rendere impossibile la loro distruzione.
Albus non aveva idea di che cosa sarebbe successo con esattezza se avesse colpito Voldemort con una maledizione mortale anche se il Diadema di Corvonero era ancora intatto. Sarebbe morto momentaneamente, per riassumere sembianze corporee poco dopo? Oppure non gli avrebbe neanche fatto un graffio? Dopotutto era ancora immortale. Meno di prima, ma lo era.
Aveva già provato una sensazione simile, trentasei anni prima, nei minuti immediatamente precedenti alla sua decisione di affrontare Grindelwald in duello. La situazione era diversa, tuttavia. Gellert non era immune ai suoi incantesimi. Il loro era stato un duello alla pari. Adesso invece Silente non aveva alcuna possibilità di vincere. Per quanto abile fosse, non era un caso se il mago oscuro che fino a quel momento lo aveva sempre temuto era diventato improvvisamente così fiducioso: Voldemort aveva un ultimo, ma essenziale, vantaggio, e sapeva già che sarebbe risultato vittorioso.
Dalle finestre lungo il corridoio che stava percorrendo poteva vedere il cielo notturno, che era coperto dalle nuvole cariche di pioggia, nere e minacciose come non mai. Per la prima volta da anni, Albus Silente si ritrovava senza una strategia. E adesso aveva ben poco da pianificare. Se non avesse accettato la sfida, tante vite innocenti avrebbero pagato per la sua scelta. Si disse che sarebbero morti anche se Voldemort avesse trionfato, ma alcuni avrebbero anche potuto arrendersi e passare dalla sua parte. Per quanto lui lo ritenesse sbagliato, quale diritto aveva di privare tutte quelle persone della possibilità di scegliere se sacrificare o salvare le proprie vite e quelle dei loro cari?
Sapeva di dover accettare, ma ancora non se ne riusciva a fare una ragione. Era assurdo, pensò, mentre stringeva tra le dita sottili il Mantello, l'anello con la Pietra e la Bacchetta. Aveva riunito i tre Doni, diventando il Padrone della Morte, eppure quelli erano gli ultimi minuti della sua vita.
« Sai cosa significa davvero essere Padroni della Morte, Albus? »
La domanda postagli da Grindelwald continuava a tornargli alla mente a intervalli regolari. Ormai sapeva la risposta, dal momento che aveva avuto parecchio tempo per rifletterci, ma questo non voleva dire che intendesse accettarlo. Non era ancora pronto per morire, la sua ora non poteva essere già arrivata, pensava, ogni nuovo passo che diventava sempre più difficile e pesante.
Eppure, in ogni caso il mondo non sarebbe finito con lui. Non era l'unico a sapere degli Horcrux. C'erano anche Regulus, Sirius, i Potter e Rachel. Tutti loro sapevano bene cosa dovevano continuare a fare, anche se il suo aiuto fosse venuto meno. Tutti loro avrebbero continuato a provarci, ne era certo. E quasi tutti loro quella sera si trovavano lì a Hogwarts, intenti a cercare gli Horcrux rimanenti. Forse il suo compito sarebbe stato proprio quello di concedere loro del tempo per cercarli, tenendo occupato Voldemort il più possibile. Ma non era molto ottimista al riguardo. C'erano ancora troppi posti da controllare, e troppo poco tempo. Nemmeno lui sarebbe riuscito a combattere contro un Voldemort immortale in eterno. Eppure continuò a camminare.
« Accetto la sfida » disse infine ad alta voce, mettendo finalmente piede nel cortile di fronte all'ingresso della scuola, dove Voldemort lo stava aspettando, circondato da combattenti di entrambe le fazioni, immobili e tesi come corde di violino.
Silente trovò la forza per mostrare un'espressione serafica, anche se non era sicuro di esserci riuscito.
« Accetto, ma con delle condizioni » ripeté. « Devi permettere agli ostaggi di lasciare la scuola ».
Con sé non aveva nient'altro se non la bacchetta che adesso stava puntando contro Lord Voldemort.
« Sai cosa significa davvero? »
« Accogliere la Morte come una vecchia amica ».
Albus Silente aveva deciso di lasciare la Pietra della Resurrezione e il Mantello dell'Invisibilità sulla torre di Astronomia.


Regulus e Rachel si voltarono di scatto nello stesso momento, pronti ad attaccare il loro aggressore, ma lui fu più veloce e li disarmò, costringendoli ad alzare le mani in segno di resa.
Era stato Severus Piton a sorprenderli alle spalle. Il Mangiamorte li scrutava con la sua solita espressione indecifrabile mentre loro cercavano disperatamente una via di fuga.
« Continuate a tenere le mani in vista » disse infine, per poi fare un cenno in direzione del corridoio dietro l'angolo. « Camminate ».
Loro obbedirono; non avevano alternative, dal momento che le loro bacchette erano in suo possesso.
Mentre Severus li spingeva lungo il corridoio, Regulus valutava le loro prospettive. Li avrebbe portati da Voldemort, non aveva dubbi. Un fremito di paura li percorse da capo a piedi quando pensò al momento in cui il Signore Oscuro avrebbe potuto finalmente vendicarsi di lui, un ragazzino che aveva osato giocarlo.
Si stava sforzando di trovare una soluzione per impossessarsi di nuovo delle bacchette, quando da dietro l'angolo successivo si udirono delle voci concitate. Dovevano essere per forza altri Mangiamorte. Regulus e Rachel si scambiarono un'occhiata sconfortata: avrebbero potuto reagire e avere la meglio contro un solo Mangiamorte, ma adesso ogni loro speranza era diventata vana.
« Entrate in quest'aula, svelti » sibilò Piton, con una certa veemenza.
Senza capire, loro entrarono, e Piton si chiuse la porta alle spalle in fretta e furia. Un attimo dopo, i passi dei Mangiamorte, dopo aver svoltato l'angolo, echeggiarono nel corridoio ma oltrepassarono l'aula senza fermarsi.
Per alcuni istanti Regulus non capì. Perché Piton avrebbe dovuto nasconderli ai suoi amici e alleati? Voldemort gli aveva ordinato di fare qualcosa che gli altri non dovevano sapere? Poi si rese conto che il ragazzo teneva le bacchette tese verso di loro, non per attaccarli, ma per restituirle.
« Sei tu l'informatore di Silente? » chiese Regulus infine, colto da una rivelazione improvvisa, mentre si rimpossessava della propria bacchetta.
Lui non rispose in modo esplicito, ma fu evidente a entrambi che Regulus avesse detto il vero.
« Avresti potuto dircelo subito, invece di aggredirci » commentò Rachel, perplessa e non proprio convinta.
« Perché, mi avresti creduto? » le chiese Severus, scettico.
« No » ammise lei senza mezzi termini.
« Appunto ».
Regulus intercettò lo sguardo della ragazza. Sembrava volergli chiedere se fosse il caso di fidarsi, ma quella era una domanda alla quale lui non sapeva rispondere. Si chiese per quale motivo Severus avesse deciso di tradire Voldemort a sua volta. Piton era sempre stato il più attratto dalle Arti Oscure, molto più di lui, che era diventato un Mangiamorte nella convinzione di poter fare qualcosa che all'epoca riteneva giusta. Ma Severus non aveva mai dato segni di cedimento. Forse era stato più abile di lui a nascondere i propri pensieri, ma Regulus ricordava bene anche il loro precedente incontro: quella notte Piton gli era parso tutt'altro che restio a continuare a collaborare con Voldemort. Ma chissà cosa poteva essere successo mentre lui era latitante... Del resto il Signore Oscuro non aveva scrupoli nemmeno nei confronti dei suoi alleati.
« Come siete arrivati qui? » chiese Severus, interrompendo bruscamente le sue riflessioni.
« Con una Passaporta. Prima eravamo al Ministero della Magia » rispose Regulus che, per qualche strana ragione, aveva inconsciamente deciso di fidarsi.
Piton aggrottò la fronte.
« Com'è la situazione al Ministero? »
« Stanno combattendo ancora. Ci sono state perdite da entrambe le parti, ma per lo meno Rodolphus Lestrange è morto » rispose Regulus, e il tono che usò non nascose affatto la soddisfazione vendicativa che aveva provato poco prima, quando lo aveva visto ormai senza vita e incapace di nuocere a nessun altro.
« Qui invece che cosa è successo? Hanno ucciso qualcuno? Perché hai permesso che Voldemort conquistasse Hogwarts se eri già dentro e potevi avvertire tutti gli insegnanti prima che succedesse? » chiese Rachel con un tono inquisitorio: evidentemente non si fidava di Piton.
Regulus si guardò intorno per la prima volta da quando erano entrati lì. Una sensazione spiacevole si fece strada in lui quando si rese conto che quella era l'aula di Incantesimi. Non l'aveva mai vista ridotta in quel modo. Il legno dei banchi era stato scheggiato, i cumuli di libri che di solito erano accatastati lungo le pareti ora giacevano per terra in maniera scomposta e disordinata, e il seggiolino sul quale il professor Vitious era solito salire per riuscire a vedere oltre la cattedra era stato scaraventato dall'altra parte dell'aula.
« Una cosa per volta » disse Severus, senza scomporsi. « Silente mi ha ordinato chiaramente di restare nelle grazie di Voi-Sapete-Chi. E inoltre non potevo agire come mi pareva. Molti studenti sono sempre stati dalla sua parte e gli hanno aperto le porte del castello. Ma sto già provvedendo a rimediare. Quanto a Hogwarts, adesso è sotto il controllo del Signore Oscuro. Il castello è stato attaccato da da Auror, volontari e i loro alleati, ma Voi-Sapete-Chi ha dichiarato una tregua, a condizione che sia Silente a sfidarlo a duello ».
Rachel non sembrava del tutto persuasa.
« Se è vero che sei dalla nostra parte, perché non ci dici qual è stato il motivo che ti ha spinto a cambiare? »
Per la prima volta Severus perse il controllo che aveva sempre avuto. Di colpo il suo volto si fece livido e le parole che pronunciò sembravano affilate quanto coltelli.
« Questo non ti riguarda! »
« Vuoi scusarci un secondo? » gli disse Regulus, trascinando Rachel in un angolo dell'aula e rivolgendosi infine a lei, sottovoce. « Lascia perdere, d'accordo? Dobbiamo fidarci per forza ».
« Ma come facciamo? »
« Non lo so, lo facciamo e basta. Sei tu quella che ha sempre avuto fiducia in tutti ».
« Mi sbagliavo ».
« Allora fidati di me, se non riesci a farlo con gli altri. Dopotutto non abbiamo alternative » insisté Regulus.
Rachel era ancora scettica, ma non replicò. Quando entrambi si riaccostarono a Severus, quest'ultimo aveva assunto di nuovo un'espressione annoiata.
« Avete deliberato? »
« Fino a prova contraria » ribatté la ragazza.
« Cercherò di sopravvivere al dolore » commentò lui, sarcastico. « Ora, per quale motivo siete venuti qui? »
Regulus esitò. Andava bene credere alla sua redenzione, ma non fino al punto di parlargli degli Horcrux.
« Dobbiamo trovare mio fratello e i suoi amici » rispose comunque con una mezza verità. « Si sono intrufolati a Hogwarts prima di noi, ma c'è una cosa che non sanno ».
« Non potete andarvene a zonzo come se nulla fosse. Se il Signore Oscuro ti vedesse, Black, ti farebbe fuori senza che tu abbia il tempo di battere le palpebre ».
« Aiutaci tu a trovarli, no? Tanto a questo punto siamo tutti dalla stessa parte » disse Rachel, provocando una contrattura involontaria dei muscoli facciali di Severus.
« Non è una mossa saggia. Rumoroso com'è, quell'idiota di suo fratello si sarà già fatto catturare. E anche nel caso contrario, non posso farmi vedere insieme a voi due: Silente vuole che resti sotto copertura fino all'ultimo ».
Rachel emise un verso sarcastico, come se avesse data per scontata quella risposta. Regulus non era altrettanto diffidente, ma non aveva nessuna intenzione di restare nascosto senza fare nulla.
« Allora lasciaci andare da soli. Abbiamo una cosa molto urgente da fare. E se è vero che Silente sta andando a duellare con lui, dobbiamo sbrigarci, perché le speranze sono già poche così » disse con il tono più determinato che aveva.
« Credo di sapere cosa dovete fare ».
« No, fidati: non lo sai ».
« State cercando il Diadema di Corvonero ».
Per alcuni istanti un silenzio di tomba cadde nella stanza, mentre sia Regulus che Rachel restavano a bocca aperta per lo shock.
« Che cosa? » esordì lei poco dopo. « Come fai a saperlo? »
Severus fece una smorfia esasperata.
« Me l'ha detto Silente ».
« E si fida di te fino a questo punto? »
« Non mi ha spiegato esattamente di cosa si tratta » spiegò lui. « So solo che il Signore Oscuro non vuole che si trovi, e che va distrutto. Ce l'hai tu l'arma per farlo, vero? »
« Questo non ti riguarda » rispose Regulus, ancora incredulo. Che cosa aveva mai fatto Piton per meritarsi tutta quella fiducia da parte di Silente? O forse il vecchio era semplicemente rimbambito come aveva sospettato prima di iniziare a collaborare con lui. « Sirius e gli altri sono andati a cercarlo. Per questo motivo dobbiamo trovarli ».
« È inutile che esci di qui. Tuo fratello e i suoi compari potrebbero aver trovato il nascondiglio del Diadema, ma non hanno fatto in tempo a prenderlo » commentò Severus, mentre una strana espressione prendeva forma sul suo volto.
Regulus e Rachel si scambiarono un'occhiata preoccupata e incerta.
« Perché? Cosa è successo? »
« Potrei essere arrivato prima di loro » rivelò Piton.
E, dopo averlo estratto da una tasca interna del mantello, mostrò loro, sbigottiti e increduli, il Diadema di Corvonero.


Silente schivò l'anatema appena in tempo, ma Lord Voldemort non si lasciò abbattere da quel fallimento. Anzi, traeva una certa soddisfazione da quel duello. Più tempo sarebbe durato, e più lui avrebbe gustato la propria vittoria finale. Una volta morta la loro guida, quasi tutti i suoi avversari avrebbero deciso di arrendersi e unirsi alle schiere dei Mangiamorte, e il suo trionfo sarebbe stato completo.
Con un elaborato movimento della bacchetta, Silente evocò una raffica di vento che iniziò a girare su se stesso, creando un vortice che si avventò mulinando verso Voldemort. Quest'ultimo gli fece cambiare direzione, trasformandolo in un vortice di fuoco che tornò indietro in direzione del suo originario creatore. Silente non ebbe particolari problemi a estinguerlo con un potente getto d'acqua, ma alla fine sembrava avere il fiato corto.
« Tutto qui? » lo provocò in tono trionfante. « Puoi sempre arrenderti, se vuoi. »
Silente ignorò la sua affermazione, e continuò ad attaccarlo. Voldemort sogghignò. Poteva quasi leggere cosa il vecchio Preside di Hogwarts stava pensando in quel momento. Sapeva già di essere spacciato, che qualsiasi cosa avesse fatto non sarebbe riuscito a ucciderlo, non con un Horcrux ancora integro e al sicuro. Forse non sapeva nemmeno che ne restava solo uno. Tanto meglio per lui.
Il combattimento stava andando avanti da parecchi minuti, ma Voldemort era sicuro di farcela.
« Sai bene che non potrai mai uccidermi. Non hai ancora trovato tutte le cose che volevi trovare, lo sai, vero? Hai già perso, Silente. Hai avuto un pessimo tempismo, e sei arrivato troppo tardi. Lo sai quello che dice la gente: sono immortale ».
Ma proprio in quel momento una voce si levò a rispondergli, e non era quella di Silente.
« Non più ».
Entrambi i duellanti si bloccarono, tutti e due sbigottiti, e si voltarono a guardare nella direzione da cui era provenuta la voce. Una vena nella tempia di Voldemort iniziò a martellare, come percependo un pericolo imminente. Poi, senza che lui avesse il tempo di ordinare al proprietario della voce di farsi avanti, quello avanzò di un passo, facendosi strada tra la folla.
La mano di Voldemort, stretta intorno alla bacchetta, formicolò dalla voglia di usarla contro di lui, non appena vide che a parlare era stato Regulus Black.
« Tu! Prova a ripetere! »
Aveva proprio voglia di morire, allora, e stavolta per davvero. Ma Lord Voldemort lo avrebbe accontentato prima di quanto pensasse.
Regulus gli lanciò un'occhiata di sfida. Non sembrava più temerlo, e questo, nonostante tutto, indusse Voldemort a stringere i pugni e irrigidirsi.
« Non è più immortale. Adesso può essere ucciso » disse il ragazzo, rivolto a Silente, i cui occhi improvvisamente si illuminarono.
Il Signore Oscuro iniziò a udire un fischio acuto nelle orecchie, ma un attimo dopo si riscosse. Non era possibile.
« Il tuo è un bluff. Stai mentendo ».
« E perché dovrei? »
E poi Black guardò accanto a sé. Versi di stupore si levarono dalla folla quando tutti videro avanzare la persona che era accanto a lui. Non appena Voldemort incrociò lo sguardo imperscrutabile di Severus Piton, il fischio nelle sue orecchie si trasformò in un boato. Il sangue gli si gelò nelle vene e i momenti successivi trascorsero come al rallentatore.
Piton aveva qualcosa in mano. Lo lanciò verso i duellanti, come se fosse stato un guanto di sfida, e l'oggetto rotolò sul lastricato del cortile, finché non si fermò proprio ai piedi di Voldemort che, non appena trovò il coraggio di guardare, a quel punto si rese conto di quello che era successo.
Il Diadema di Corvonero giaceva a pochi centimetri da lui, la grande pietra incastonata al centro spezzata, e il resto dell'Horcrux incrostato di sangue secco e rappreso. Distrutto, perduto per sempre, proprio come l'ultimo frammento dell'anima che era riuscito a sottrarre al proprio corpo.
La consapevolezza di essere tornato mortale lo colpì con una violenza tale da fargli mancare il respiro, come se qualcuno lo stesse soffocando, stringendogli le mani intorno al collo.
Poi il tempo tornò a scorrere alla stessa velocità di prima. Voldemort si voltò a fronteggiare Silente proprio mentre quest'ultimo levava la bacchetta e iniziava a pronunciare la formula della maledizione.
« AVADA KEDAVRA! »
Reso ancora più fulmineo da un disperato istinto di sopravvivenza, Voldemort pronunciò a sua volta le due parole, gridandole come per caricarle della propria rabbia e frustrazione.
Non vide mai se la propria maledizione andò a segno. Il getto di luce verde lo investì, e poi fu il nulla.

***

« È finita, Bella. È morto! »
« Non ci credo! Sono tutte menzogne! Se lo sono inventato! »
Bellatrix stava continuando a togliere incantesimi protettivi alla porta che si erano chiusi alle spalle e che li divideva da un intero esercito di Auror.
Rabastan si asciugò il sudore e il sangue dalla fronte, fece un passo avanti e la strattonò, impedendole di continuare e ignorando le proteste della cognata.
« Non è una bugia. Nell'Atrium stanno già festeggiando. Abbiamo perso, Lui ha perso! »
« Taci! »
Bellatrix alzò la mano che reggeva la bacchetta, decisa a colpirlo, ma Rabastan la anticipò, bloccandole il polso.
« Tutti gli altri sono scappati, o si sono arresi. Non possiamo continuare a... »
« Io continuerò a combattere! Cosa vorresti fare? Vuoi fuggire come tutti quegli altri vigliacchi? »
Rabastan le lasciò andare il polso con uno scatto violento, cercando di trattenere la rabbia. Erano stati sconfitti, la causa in cui avevano creduto per anni era perduta, e suo fratello era morto. Ma niente di tutto questo era peggio dei dubbi che Bellatrix nutriva nei confronti delle sue intenzioni.
« Non sono un traditore! Io non mi arrenderò ai nostri nemici. Ma non possiamo affrontarne cento tutti da soli. Ci faremo solo ammazzare! »
Bellatrix non gli rispose e tornò a togliere gli incantesimi. Qualcosa nello sguardo di sua cognata gli fece intuire che a lei non importasse per niente vivere.
È impazzita, ha perso il senno, pensò.
Ebbe pochi istanti per decidere cosa fare. Quando gli Auror sfondarono la porta e irruppero nel corridoio, Rabastan le aveva voltato le spalle, diretto verso l'ascensore. Non si sarebbe mai arreso, ma la scelta di Bellatrix non aveva senso. Era dettata solo dalla sua disperazione.
Rabastan non volle assicurarsi di cosa le fosse successo, anzi, forse preferiva non saperlo. Molti Auror lo stavano inseguendo, perciò accelerò e raggiunse l'ascensore. Non era al piano, quindi premette ripetutamente il tasto di chiamata, voltandosi poi ad affrontare gli assalitori.
Riuscì a resistere a sufficienza, fino a che un suono alle proprie spalle lo avvertì dell'arrivo dell'ascensore. Mise fuori combattimento l'ultimo Auror più vicino e, prima che i rinforzi potessero raggiungerlo, fece per entrarvi.
Ma all'interno vi erano già due persone, che gli puntarono le bacchette contro e lo disarmarono prima che lui potesse reagire.
« Sei circondato. Arrenditi, Lestrange » tuonarono Frank e Alice Paciock.
Non aveva altre vie d'uscita, era in trappola. Rabastan cadde in ginocchio, sconfitto. Mentre gli Auror lo legavano, poteva già sentire il gelo della sua futura cella di Azkaban, pronta ad accoglierlo.








Sono imperdonabile! Mi dispiace per l'attesa di più di quattro mesi, ma è stato un periodo in cui non avevo voglia di scrivere (in breve, il post laurea è stato un'altalena di momenti entusiastici in cui volevo fare tutto quello che non ho potuto fare mentre studiavo e altri depressi in cui non avevo idea di cosa fare della mia vita, quindi spero che capirete xD).
Non sono pienamente soddisfatta di questo capitolo, avrei voluto metterci più azione, ma in fondo c'è stata nel capitolo scorso, a questo ho dato un'impronta più riflessiva. Comunque, ora manca solo l'epilogo, che spero di riuscire a pubblicare in tempi brevi xD

Ora posso dirlo. La decisione di salvare i Potter (che all'inizio non avevo preso in considerazione) mi ha limitata nelle scelte sul finale, quindi la battaglia non è venuta come speravo. Però non tornerei indietro. E dal momento che non poteva essere Harry a uccidere Voldemort, ne ho approfittato per sfruttare Silente e completare il suo percorso di comprensione della faccenda dei Doni prima di quanto faccia nei libri (per questo ho inserito la scena con Grindelwald). Io stessa vado più fiera del capitolo precedente che di questo, ma vi assicuro che tutte le altre alternative che avevo in mente non erano migliori. Spero che vi sia piaciuto comunque, nonostante la mia scrittura fosse un (bel) po' arrugginita.
Nell'epilogo ci sarà qualche chiarimento e soprattutto saprete se anche l'Avada Kedavra di Voldemort ha fatto centro :S
Un abbraccio stritolante alla Hagrid a tutti!

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Capitolo 60
*** Epilogo ***


Non può piovere per sempre

Epilogo

Vigilia di Natale 1982

Si erano già fatte le sette di sera quando Regulus e Rachel si Materializzarono nella strada isolata che si trovava dietro il palazzo in cui abitava Sirius. La neve cadeva a fiocchi più grandi del normale, e i due ragazzi si strinsero nei proprio mantelli mentre, dopo essersi assicurati che nessun Babbano li avesse visti, si incamminavano verso il portone.
« Pensi che siamo in ritardo? » domandò Rachel, notando con disappunto che il suo orologio si era fermato.
Regulus scrollò le spalle.
« Anche se fosse, Sirius sarà più in ritardo di noi ».
Lei ridacchiò.
Potevano sentire chiacchiere e risate provenire dall'appartamento già un paio di piani più sotto – Regulus non si fidava dell'ascensore Babbano, perché era vecchio e traballante, quindi erano saliti a piedi. Quando suonarono il campanello, dopo alcuni istanti non fu Sirius ad aprire la porta, ma James.
« Buon Natale! » esclamò, lasciandoli entrare.
Un odore sgradevole giunse alle narici di Regulus, che lanciò al ragazzo un'occhiata interrogativa.
« Oh » fece James, con un ghigno. « Già, tuo fratello è riuscito a bruciare la cena ».
« Non avevo dubbi » commentò lui, liberandosi del mantello e trafficando un po' con l'appendiabiti che era già pieno.
« Ha bisogno di una mano? » chiese Rachel, incerta.
« No, ci sta già pensando Andromeda. E per fortuna, molti di noi hanno già portato un po' di cibo da casa ».
Gli altri invitati erano tutti nel salotto. L'appartamento era piccolo, e loro erano parecchi: la stanza era piena e caotica ma il clima gioviale non sembrava soffrirne. C'erano così tante persone che i nuovi arrivati impiegarono parecchi minuti per salutare tutti quanti.
Tutti i membri dell'ormai ex Ordine della Fenice erano presenti, da Emmeline e Sturgis fino ad Alastor Moody. Harry e Neville, seduti sul tappeto, giocavano insieme con delle bacchette giocattolo, cospargendo il pavimento di coriandoli, e sembravano divertirsi un mondo. Oltre all'Ordine, Sirius aveva invitato anche i Tonks. Regulus e Ted si salutarono con una stretta di mano. Il ragazzo ogni tanto si sentiva ancora a disagio in sua presenza ma, dopo gli eventi al Ministero, l'altro sembrava essersi definitivamente lasciato alle spalle i loro trascorsi.
« Chi sono quelle due persone che parlano con Remus? » gli domandò Regulus, accennando a un mago e una strega dalla pelle scura e i capelli folti e ricci. « Non li conosco ».
« I Madison? Sono i genitori adottivi di Timothy, il ragazzino che faceva parte del branco di Greyback » rispose Ted. Regulus non poté fare a meno di lanciare un'occhiata fuori dalla finestra. Ovviamente sapeva che, se ci fosse stata la luna piena, né Tim né Remus sarebbero stati presenti, ma la curiosità era stata più forte di lui. Al plenilunio mancavano ancora alcuni giorni, constatò.
« Non sapevo che fosse stato adottato » commentò Rachel fingendo di non aver notato il suo gesto automatico. « Remus aveva detto che non era facile trovare qualcuno disposto a prendersi cura di un ragazzino con quel problema ».
Sapevano che Timothy avrebbe voluto essere affidato a Remus stesso, ma quest'ultimo era riuscito a convincerlo diversamente, perché non aveva un lavoro e non poteva assicurargli di essere in grado di mantenerlo.
« Che io sappia, la madre è stata morsa una decina di anni fa » spiegò Ted, voltando le spalle ai Madison con discrezione. « Quindi sono preparati ».
Tim si trovava a pochi metri dai genitori e stava raccontando ad un'attentissima Ninfadora Tonks i suoi primi mesi come studente di Hogwarts. Sembrava ancora incredulo di essere stato ammesso: fino a poco tempo prima era stato sicuro che l'istruzione magica non avrebbe fatto parte della sua vita.
I capelli della figlia di Ted e Andromeda erano rossi per l'occasione. Quando Dora percepì il suo sguardo, si voltò ed esibì un gran sorriso.
« Ciao, Regulus! » lo salutò, correndogli incontro. L'ultimo metro di distanza lo fece quasi in volo – era inciampata nel tappeto – ma il ragazzo la afferrò prima che cadesse per terra.
« Cerca di non ammazzarti, la prossima volta » le disse lui, mentre lei ridacchiava.
« Tanto è inutile » sospirò Ted.
Mentre Rachel andava a presentarsi ai Madison, Regulus si affacciò in cucina. Sirius era appoggiato con la schiena alla credenza e osservava Andromeda intenta a rimediare al disastro.
« Mi hanno detto che hai distrutto la cena ».
Sirius lanciò un'occhiataccia al fratello.
« Scommetto che è stato James, il solito esagerato. Ho bruciato solo l'arrosto. Tutto il resto è salvo ».
« Ok ».
« Ehi, a proposito. La megera sa che stai festeggiando il Natale da me? »
« Sirius! » esclamò Andromeda, incredula. « La tua capacità di fare domande inopportune è rimasta intatta, a quanto pare ».
Regulus fece una smorfia, che in teoria doveva somigliare ad un sorriso di circostanza molto forzato.
« Lo sa, ma stavolta ha preferito non fare commenti ».
I rapporti tra lui e Walburga erano ancora tesi e imbarazzanti, e Regulus dubitava che le cose sarebbero cambiate. Ma a dire il vero, sebbene due giorni dopo la sconfitta di Voldemort Regulus fosse entrato a Grimmauld Place aspettandosi tutti i peggiori scenari possibili, alla fine era andata meno peggio di quanto pensasse.
Walburga era invecchiata, si era chiaramente lasciata andare e, aveva notato il ragazzo con un nodo alla gola, qualcosa nello sguardo di lei mostrava una perdita di lucidità e allarmanti segnali di squilibrio che gli avevano fatto rimordere la coscienza. Walburga non lo aveva accolto a braccia aperte, ma si era mostrata stranamente disposta ad accettare i fatti quando lui le aveva spiegato i motivi che lo avevano indotto ad abbandonare le schiere di Voldemort – senza dubbio, aver sottolineato la presenza di Lupi Mannari nelle sue schiere e le sue origini Babbane era stata l'argomentazione che più l'aveva colpita.
Ma c'erano cose sulle quali Regulus non poteva né voleva più trovare compromessi. Aveva letto la rabbia e la delusione negli occhi di sua madre quando non le aveva nascosto il proprio cambiamento: aveva ripreso a frequentare Sirius e non aveva intenzione di smettere, e soprattutto non riteneva che fosse giusto considerare la vita di un Babbano di minore importanza rispetto a quella di un mago. Lo aveva ammesso chiaramente, sebbene una parte di sé avrebbe preferito glissare sull'argomento.
Un tempo, la paura di deluderla era stato il suo timore più grande, era ciò che lo aveva indotto a fare scelte di cui si era sempre pentito, eppure adesso, per quanto soffrisse nel vederla reagire in modo così negativo, si sentiva improvvisamente molto più libero. Era consapevole di essere nel giusto, e per la prima volta nella sua vita, sapeva per certo che il giudizio di sua madre non gli avrebbe fatto cambiare idea. Dal quel momento sarebbe stato tutto diverso, ma Regulus preferiva di gran lunga aver parlato chiaro piuttosto che fingere ancora di essere d'accordo con lei solo per accontentarla.
« Vogliamo parlare d'altro, per favore? » insistette Andromeda.
Sirius le diede retta ma, prima che cambiassero discorso, Regulus ebbe la netta impressione che suo fratello stesse per assestargli qualche pacca consolatoria sulla spalla. Sirius non lo fece, ma Regulus gliene fu grato lo stesso.
« D'accordo. In fondo oggi abbiamo parecchio da festeggiare ».
« Parli di Lucius? » chiese Andromeda.
« Esattamente ».
Pochi giorni prima, dopo un processo durato mesi, Lucius Malfoy era stato condannato ad Azkaban. Regulus non voleva esattamente festeggiare – gli dispiaceva per Narcissa, che ne era uscita distrutta – ma in un certo senso riconosceva che era giusto così.
Alla fine delle due battaglie che si erano tenute al Ministero e a Hogwarts, tra molti Mangiamorte si era improvvisamente diffusa un'epidemia di effetti collaterali, o presunti tali, dovuti a Maledizione Imperius. Durante i mesi che avevano seguito la fine della guerra, il Wizengamot era stato – ed era tuttora – oberato di lavoro proprio per questo motivo. Erano in corso degli accertamenti per stabilire chi stesse dicendo la verità e chi stesse solo cercando di salvarsi da una sicura condanna a vita ad Azkaban. Regulus stesso aveva avvertito la Bagnold – reintegrata nuovamente come Ministro, dopo la brevissima parentesi durante la quale Rodolphus Lestrange l'aveva sostituita – fornendole informazioni importanti, ma era sicuro che alcuni se la sarebbero cavata ingiustamente. In effetti, le indagini sui Mangiamorte che affermavano di essere stati costretti a commettere i loro crimini erano andate avanti per parecchio tempo, e la questione di Lucius si era trascinata per oltre un anno. Non a caso, Narcissa non si era presentata alla cerimonia di commemorazione dei caduti che si era tenuta al Ministero un mese prima: in quel periodo suo marito era ancora in attesa di giudizio e i Malfoy non erano molto ben visti agli occhi della comunità magica. A Regulus dispiaceva per lei, ma non era disposto a testimoniare il falso per salvare Lucius, solo perché era il marito di sua cugina. Al contrario, aveva garantito per Severus Piton, che durante la battaglia aveva dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio di lavorare ai danni di Voldemort.
Fino a quel giorno, decine di Mangiamorte e loro collaboratori erano già stati processati e condannati, a partire dai più pericolosi e quei pochi che ancora non avevano tentato di salvarsi o trovare un compromesso.
Non era stato piacevole assistere, ma Regulus aveva voluto essere presente al processo di Barty. Forse lo aveva fatto perché sperava che ascoltare l'elenco dei suoi reati prima della sentenza lo avrebbe fatto sentire meno peggio, ma in realtà non servì a niente.
« Non è mai facile guardare una persona che conosci da una vita finire ad Azkaban, qualunque cosa ti abbia fatto » aveva commentato James, che aveva vissuto esattamente la stessa esperienza quando Peter, dopo essere stato catturato di nuovo dopo la battaglia a Hogwarts, era tornato in prigione. Accanto a lui, Sirius non aveva confermato le parole dell'amico, ma qualcosa diceva a Regulus che era d'accordo, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Barty aveva urlato, aveva supplicato, ma suo padre, che si era offerto spontaneamente come giudice, non aveva ascoltato le sue ragioni. Regulus non aveva potuto fare a meno di chiedersi cosa avesse voluto dimostrare: ormai era fallito, aveva perso anche il suo ruolo di collaboratore del Ministro. Forse Crouch senior aveva soltanto voluto un ennesimo modo per dimostrarsi ancora una volta nemico dei Mangiamorte, anche se neanche questo gli avrebbe mai più restituito il favore della comunità magica.
D'altra parte, anche Bellatrix aveva ribadito la propria lealtà al Signore Oscuro. Nonostante tutto, non lo avrebbe mai rinnegato. Ma lei e Rabastan furono gli unici; tutti gli altri stavano cercando o avevano cercato di farsi scagionare.
E alcuni ci sono riusciti, pensò Regulus con frustrazione.
I suoi cupi pensieri furono fortunatamente interrotti dall'arrivo dell'ultima invitata.
« Salve a tutti! » salutò Hestia Jones.
« Ciao, Hestia ».
Lei e Regulus non avevano avuto occasione di conoscersi durante la battaglia, ma quell'anno si erano ritrovati nello stesso corso di studi.
Tempo prima, Regulus aveva incontrato il professor Lumacorno, il quale gli aveva proposto di riprendere in considerazione la carriera nel Quidditch, ma il ragazzo aveva rifiutato. Dopo la guerra sentiva la necessità di fare qualcosa di più utile, perciò aveva deciso di mettersi a studiare Magisprudenza, per poi lavorare al Ministero. Non pretendeva di arrivare in alto – gli sarebbe andato bene anche un semplice impiego al Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche – ma in ogni caso era deciso, in un certo senso, a fare qualcosa per quella comunità magica che per un periodo lui stesso aveva contribuito a danneggiare. C'erano ancora molte cose che non andavano, che andavano fatte, cambiate o ricostruite, e lui voleva dare il suo contributo.
E non era l'unico ad aver iniziato una nuova vita. Anche Sirius aveva da poco fatto un colloquio di ammissione al Comitato per gli Incantesimi Sperimentali, mentre Lily Evans aveva intrapreso una carriera da specialista in Pozioni. A tutti loro sembrava ancora incredibile avere improvvisamente la possibilità di pensare al proprio futuro, di formarsi una carriera, mentre fino a un anno prima tutti quei progetti di vita erano sembrati irrealizzabili e fuori portata. Adesso invece potevano finalmente permettersi di pensare a come sarebbe stata la sua vita dopo la guerra.
Un'ora più tardi, gli invitati si trovavano finalmente tutti seduti al tavolo. Nonostante l'atmosfera calorosa e gioviale, nessuno di loro dimenticò di dedicare un brindisi a tutti quelli che erano morti durante la guerra, permettendo loro di continuare a vivere. L'ultimo, e più unanimemente sentito, fu quello dedicato all'uomo la cui mancanza pesava ancora.
Albus Silente era riuscito a uccidere Voldemort ma non aveva fatto in tempo a salvare se stesso. La sua era stata un'amara vittoria, e forse non aveva neanche avuto la possibilità di sapere se aveva centrato Voldemort, prima che l'anatema dell'avversario lo colpisse a sua volta. Sebbene per tutto il periodo in cui si era ritrovato costretto a collaborare con lui, Regulus avesse avuto scarsa sopportazione nei confronti di Silente, adesso era dispiaciuto quanto gli altri. Dopotutto non sarebbe riuscito a trovare tutti gli Horcrux senza il suo aiuto, senza contare la protezione che aveva assicurato a lui e alle persone che gli erano vicine.
Dopo la sconfitta di Voldemort, chi era a conoscenza della Profezia non aveva potuto fare a meno di chiedersi perché non si fosse avverata. Silente non era il Prescelto né ne aveva le caratteristiche.
« In realtà lui aveva detto che non tutte le Profezie si avverano. Quella diceva chiaramente che l'Oscuro Signore avrebbe designato il Prescelto come suo eguale: la Profezia si sarebbe potuta compiere finché Voldemort l'avesse ritenuta vera, ma dal momento in cui lui stesso ha smesso di credervi, non si è più realizzata » aveva provato a spiegare Frank.
Regulus si soffermò parecchio tempo a pensare anche a suo zio, chiedendosi se avrebbe mai accettato il fatto di non potergli mostrare la propria gratitudine per tutto l'aiuto che gli aveva dato. Rachel, che stava sicuramente pensando anche a Dorcas e ai Prewett, lo prese per mano sotto il tavolo, e lui strinse la sua, sentendosi improvvisamente meglio.
Non l'avevano ancora fatto sapere a nessuno, ma avevano da poco deciso di sposarsi la primavera seguente. Ora che la guerra si era conclusa, non vi era motivo di avere tanta fretta, ma secondo Regulus quello era il momento giusto. Ormai si era trasferito definitivamente nella villa che Alphard gli aveva lasciato, Rachel aveva uno stipendio e lui stesso poteva vivere di rendita ancora un po', prima di iniziare a lavorare a sua volta.
Dopo tutto quello che avevano dovuto affrontare, nonostante le perdite e le sconfitte che avevano subito, per tutti loro sembrava essere finalmente arrivato un nuovo inizio.

FINE





E qui si conclude questa fanfiction... x__x Ancora non riesco a crederci. L'ho pubblicata quasi tre anni fa, e scrivo da ancora più tempo, e ora sono arrivata alla fine di quella che per me è una vera e propria epoca. È stato bello e mi sono divertita, ho avuto anche periodi in cui temevo di non riuscire a finirla, ci sono stati capitoli che si sono quasi scritti da soli, altri che mi hanno fatta impazzire per settimane e mesi, scene che hanno superato le mie stesse aspettative e altre che avrei potuto fare mille volte meglio, ma non mi lamento!
Grazie a chi ha letto, commentato o anche solo apprezzato questa storia. E grazie anche a quelli che mi facevano notare gli errori di distrazione che mi erano sfuggiti!

Ora che ho fatto questa premessa, se vi interessa, ho immaginato qualche scenario futuro per i protagonisti.
- Per quanto possa sembrarvi strano, ho pensato poco a quanti figli avranno Regulus e Rachel. So solo che avranno almeno un maschio e (secondo la tradizione cara alla Rowling di dare ai figli nomi di gente morta xD) si chiamerà Alphard.
- Lucius non sarà condannato a vita ad Azkaban, ma un po' anni al fresco se li farà. Ho sempre trovato ingiusto che riuscisse ogni volta a farla franca. Draco crescerà sempre viziato ma sarà molto meno immaturo, e Regulus gli insegnerà subito la corretta posizione da assumere quando si cavalca una scopa, così Madama Bumb non glielo rinfaccerà alla prima lezione di Volo.
- Regulus lavorerà davvero all'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, interessandosi soprattutto alle relazioni con i goblin e, naturalmente, agli elfi domestici. Dopo bel po' di anni, anche Hermione verrà assunta in quel dipartimento, prima di passare a quello dell'Applicazione  Legge sulla Magia. I due diventeranno amiconi e passeranno la pausa pranzo a parlare delle condizioni degli elfi, con buona pace degli esasperatissimi Sirius e Ron.
- Tim l'ho immaginato a Corvonero. Sarà felice con la sua nuova famiglia e
Remus lo andrà comunque a trovare spesso  (un po' come Harry con Teddy)
- Lily lavorerà insieme a Damocles Belby, aiutandolo nelle sue ricerche che, in futuro, lo porteranno a inventare la Pozione Antilupo. E farà pace con Severus. Certo, le cose non torneranno come prima, ma per lo meno riprenderanno i rapporti... anche se non so dirvi se questo sia un bene per lui... ma sempre meglio che fargli rimpiangere tutta la vita di essersi comportato in quel modo al quinto anno e non avere avuto l'occasione di scusarsi o rimediare e ottenere il suo perdono, no? :(
- Harry vivrà una vita relativamente serena, anche se continuerà a cacciarsi nei guai e riceverà assegnazioni di punti molto meno generose xD

Sicuramente in futuro mi verranno in mente altre cose, ma per adesso penso di aver detto quello che più mi premeva.
Penso che sia giunto il momento dei saluti :(
Visto che scrivo quasi initerrottamente da anni, vorrei chiarire che stavolta come autrice mi concederò una pausa a tempo indeterminato. Da ottobre in poi non potrò permettermi il lusso di scrivere e pubblicare insieme. Se scriverò qualcosa la pubblicherò solo e soltanto quando sarà conclusa, perché sarebbe uno stress non indifferente gestire tutti gli impegni, e se dovessi anche pensare a postare i capitoli darei i numeri! Quindi per un po' sarò su EFP solo come lettrice. Ne approfitterò per ricaricare le pile, perché dopo aver scritto così tanto le mie energie sono esaurite xD

E adesso ho concluso davvero. Grazie di cuore e buona fortuna a tutti!
Arrivederci :)

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