I beg to Dream and Differ

di GD_foREVer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Does it take you breath away, and you fell yourself suffocating? ***
Capitolo 2: *** In the wake, all the way, no rhyme or reason ***
Capitolo 3: *** Smoke on the Water ***
Capitolo 4: *** The end of laughter and soft lies, the end of nights we tried to die, this is The End. ***
Capitolo 5: *** Hello Stranger ***
Capitolo 6: *** Whatsername ***
Capitolo 7: *** Non abituartici. ***
Capitolo 8: *** My Generation ***



Capitolo 1
*** Does it take you breath away, and you fell yourself suffocating? ***


Questa FF non è stata scritta a scopro di lucro, e i personaggi da me descritti non mi appartengono.

DOES IT TAKE YOU BREATH AWAY, AND YOU FEEL YOURSELF SUFFOCATING?

Vi consiglio di ascoltare 21 Guns mentre leggete questo capitolo =)
http://www.youtube.com/watch?v=Mke9EHMQMYI
 

Lui... lui era morto.
La persona più importante che avevo al mondo non c'era più. Andato.
Per sempre.
-Perché l'hai fatto eh? Come cazzo hai potuto?! Non dovevi, non dovevi! Avevi promesso che non mi avresti mai lasciata sola!- gridai al cielo, scossa dai singhiozzi.
Mi lasciai cadere tremante sull'asfalto, permettendo alle gocce d'acqua di investirmi il corpo.
Le sentivo scivolare giù per il collo, fondersi con il mio essere, con le mie lacrime, con la mia disperazione... le immagini di qualche ora prima mi ritornarono ancora alla mente, provocandomi singhiozzi ancora più disperati e violenti.


-James James ti devo dire una cosa fantastica! Non ci crederai!- sbraitai in preda alla felicità.
Il suo sogno si sarebbe realizzato, ero elettrizzata, ce l'avrebbe fatta.
Salì di corsa le scale, rischiando di inciampare sui miei stessi piedi e poi arrivai alla sua stanza, spalancando la
porta della sua camera da letto.

Come al solito nell'aria rarefatta aleggiava l'odore pungente del fumo, ma di lui nessuna traccia.
-James? Ma dove cazzo sei? James, porta il tuo culone davanti ai miei fottuti occhi ORA! Andiamo!- ripresi a chiamarlo a gran voce.
Ma certo, nella veranda! Doveva essere li, come avevo fatto a non pensarci?
Ci andava ogni giorno a guardare il tramonto, rigorosamente in compagnia di una bella birra gelata e della sua Fender, la donna della sua vita.
Scesi di nuovo le scale a tutta velocità e mi catapultai in cucina, aprendo di scatto la porticina cigolante che dava sul retro.
Rimasi paralizzata, la scena che mi si era presentata davanti, era raccapricciante.


Chiusi gli occhi e lanciai un urlo acuto che racchiudeva tutto il dolore e l'odio che provavo in quel momento, rivolgendo sempre la faccia allo cielo piangente, sperando che esso arrivasse dritto dritto a Dio.
Bastardo.
Perché aveva permesso tutto questo?
Lo so io il perché: noi eravamo solo giocattolini per lui, il suo passatempo preferito, le sue pedine da sacrificare ad un inesistente sfidante, solo per puro sadismo.
-Come faccio io ora senza di te? Perché cazzo mi hai voluta abbandonare?!- urlai per l'ennesima volta.
Il flash ritornò, facendo ritornare in me anche l'orrore.

Cominciò a mancarmi il fiato e mi aggrappai al muro per non stramazzare a terra, poi mi lanciai su di lui, prendendolo per la schiena e mettendomelo in grembo per quanto fosse possibile.
Avvicinai l'orecchio al suo corpo immobile, freddo, insanguinato.
Nessun respiro, da lui non proveniva nulla.
Il suo cuore non batteva più.
-Oddio James... svegliati, ti prego, svegliati! Cosa hai fatto?- li cominciai ad accarezzare il viso pallido, aspettando in una sua risposta che non sarebbe mai arrivata.
Li presi una mano e cominciai a stringerla, notando troppo tardi che fra le sue dita teneva ancora una lametta, quella che aveva usato lui stesso; ma non ritrassi il braccio, non me ne importava nulla di quel pezzo di metallo che ora si stava conficcando nella mia carne.
-Per favore James, apri gli occhi! Tu n-non puoi... non puoi!- incurvai la bocca in una smorfia, lasciando che le lacrime scendessero prepotenti.
Notai che di fianco a lui c'era un foglio bianco, tenuto fermo dal suo plettro preferito.


-Dimmelo James, dimmelo!- ritornai alla realtà, continuando ad urlare.
Si era tolto la vita recedendosi i polsi con una fottutissima lametta, cazzo!
Ora in questo momento avrei voluto tanto farlo anch'io, non volevo continuare a vivere senza la cosa più importante, non ce l'avrei fatta.
Che senso aveva ora la mia esistenza?
Non avrei mai più rivisto i suoi occhi profondi e di un celeste rassicurante, capaci di leggerti dentro.
Non mi sarei più stretta al suo corpo, e non avrei mai più sentito le sue braccia rassicuranti stringere il mio.
E quella voce, la sua risata cristallina, le sue parole di conforto, non le avrei mai più udite.
-Ti odio! Ti odio Dio per quello che hai permesso!- buttai un'altra volta il naso all'insù, puntando il dito contro al nulla e socchiudendo gli occhi per evitare la pioggia che cadeva incestuosa. Speravo che oltre a quella coltre di nubi scure mi avesse sentito, e me lo avrebbe riportato indietro.
Davanti a me si materializzarono le sue parole.
Le sue ultime parole, affidate ad un foglio candido riempito dalla sua calligrafia confusionaria.


Ciao Piccola Heaven,
quando tu leggerai questa lettera, me ne sarò già andato.
Voglio scusarmi con te, sono stato pessimo... e non ti meritavi questo. Ma... hai presente quando senti un peso opprimerti lo stomaco ogni fottuto giorno? Hai presente quando tutto ti cade a dosso, e tu non puoi farci nulla? Ecco, è quello che succede a me. Non ce l'ho semplicemente fatta. Oh, sono tante le cose che non sai e che credimi, è meglio che tu non sappia.
Sappi solo che tu non centri nulla; mi sono lasciato andare. Ho deciso io stesso di affondarmi.
Ma ti prego, non sentirti in colpa.
Poi, ti lascio una cosa: la mia chitarra ora è tua. So che andavi di nascosto a suonarla, e so quanto ti piace. Lei ti aiuterà.
Tu sei forte.
Non sono mai stato bravo con le parole, ma sappi che sarò sempre con te piccola, non ti lascerò mai sola.
Ti voglio bene, sorellina, e te ne vorrò per sempre.
James.


Mi piegai su me stessa tenendomi le mani sull'addome.
La mia vita senza di lui non era più vita.


Ti voglio bene, sorellina, e te ne vorrò per sempre.


Mi accasciai al suolo, stremata dal dolore, dall'odio, dalla disperazione e dalla rabbia che provavo, dal mix letale che mi stava bombardando; il mio cuore ormai era spezzato, trafitto da mille lame incandescenti.
L'unica persona a cui tenevo più della mia stessa vita, quella che mi dava la forza di andare avanti era andata via, e non sarebbe mai più tornata.
Chiusi gli occhi, serrando le palpebre fino a sentir male.
Pregai di morire, con tutta me stessa.
Dio, ti imploro, uccidimi.

__________________Chi non muore si rivede_________________________
Buonsalve a tutti! :D
Ebbene si, ho intrapreso un'altra Fic... forse non è stata una buona idea dal momento che ne devo cotinuare pure un'altra ed ho un blocco, ma quest'idea mi frullava intesta da un po' e non ho resistito a lasciarla nei meandri oscuri del mio PC! Voi vi domanderete il perché di questo supplizio ma... adoro complicarmi e complicare l'esistenza v.v
Anyway, spero che qualcuno la legga e che mi lasci una recensione, mi fareste molto felice! Oh, le critiche sono ben accette, non fatevi scrupoli a dirmi che fa schifo e che sarebbe meglio non mettessi più mouse qui dentro U_U
Ciao ciao e (se vi piacerà) alla prossima! <3

Rage&Nutella,
Giada.

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Capitolo 2
*** In the wake, all the way, no rhyme or reason ***


IN THE WAKE, ALL THE WAY, NO RHYME OR REASON

 “Little one, little one the sky is falling, 
the lifeboat of deception is now sailing, 
in the wake all the way ono rhyme or reason, 
your bloodshot eyes will show your heart of treason.” 
Green Day – 
¿Viva la Gloria? (Little Girl) 

http://www.youtube.com/watch?v=L4_-JiDoL2M


Sollevai lentamente le palpebre, sentendo un vociferare in sottofondo.
Ci volle un attimo prima che capissi quello che avevo attorno, perché il sole californiano era tornato più accecante che mai.
La consueta calma dopo la tempesta... peccato che questa cosa valesse solo, letteralmente parlando, per il tempo.
Non appena misi a fuoco quello che mi circondava mi trovai a contatto con due enormi occhi celesti che mi osservavano attentamente.
Rimasi interdetta nel vederli e mi incantai. Allora tutto era stato solo un orribile incubo.
-James!?- pronunciai rallegrata.
-No... Mike...- rispose stranito mentre lo guardai accigliata.
Solo poi notai che quel ragazzo, quel Mike, di James aveva solo gli occhi.
Mi sentii mancare la terra da sotto i piedi una seconda volta; ero ritornata distrutta.
Lo sconosciuto stava continuando a scrutarmi appollaiato sulle gambe, curioso.
Aveva i capelli biondi ossigenati, rovinati probabilmente dalle troppe tinte, sembrava fosse piuttosto alto e su per giù doveva avere la mia età. Poi però c'erano gli occhi: profondi con una nota di malinconia, come i suoi. Me lo ricordavano troppo. Abbassai lo sguardo intimorita, non riuscendo più a guardarlo senza avere la certezza di scoppiare a piangere.
Non mi ero mai sentita tanto vulnerabile come adesso, la mia corazza non esisteva più.
-Ti senti bene?- mi domandò allungando il collo.
-No.- risposi secca, alzandomi di scatto, intenzionata a sfuggire dal ricordo.
-Hey aspetta! Dove corri? Non puoi andare in giro con quella mano!- urlò, mentre avevo già cominciato a correre via da li.
-Cosa vuoi? Nemmeno mi conosci, lasciami in pace!- mi voltai, urlando a mia volta, con una reazione forse troppo esagerata.
Notai che c'era anche un'altra persona, che però se n'era stata in disparte e in silenzio.
Un altro ragazzo.
-Voglio aiutarti.- mi rispose pacato.
-Io non ho bisogno del tuo aiuto.- dissi, sorridendo amaramente. -Tanto meno di quello di uno sconosciuto.- conclusi.
Non so nemmeno perché mi stessi comportando così, so solo che volevo evadere dal mondo, dalla merda.
-Mike, lasciala perdere. Non vedi che è solo una pazza?- sentenziò una nuova voce che appresi appartenere all'altro ragazzo.
Come mi aveva chiamata?
-Come mi hai chiamata scusa?- dissi, dando voce ai miei pensieri, e piano piano avvicinandomi.
-Pazza. Hai addirittura le visioni. E probabilmente sei pure autolesionista.- rispose sorridendo strafottente mentre con un cenno della testa indicava il braccio.
Questo non lo doveva dire, non aveva la minima idea.
Senza pensarci due volte gli tirai un ceffone in pieno volto lasciandoci l'impronta delle cinque dita. Notai con piacere che il sorrisetto era scomparso, lasciandolo senza parole e con un'espressione sorpresa.
-Tu non sai niente, e non devi permetterti di dire nulla, razza di coglione!- gridai ormai in preda alla rabbia. -Stronzo!- un singhiozzo bloccò la mia voce per un momento. - Tu non ne hai la minima idea dannazione! E vai a fare in culo!- conclusi cominciando a piangere definitivamente, per poi correre via mentre mi urlava qualcosa dietro che, sinceramente, non avevo scazzo di capire.
Cominciai ad aumentare di velocità, osservando solo i miei piedi che si alternavano veloci, per non pensare.
Attraversai il vialetto invaso dalle erbacce e mi fiondai in casa, accorgendomi che, non appena attraversato l'uscio, un silenzio doloroso e avaro del mio malessere era li ad attendermi.
Lo zio non c'era -meglio così- ma nemmeno gli accordi di James... era tutto così vuoto.
Arrivai in cucina, e spalancai la porta, quella porta cigolante. Il suo corpo non c'era più, ma io lo vedevo ancora così nitido nella mia mente... li davanti ai miei occhi, infuocato dal sole al tramonto; come ora.
La richiusi facendola sbattere violentemente e poi, sempre con le lacrime che rendevano il tutto sfuocato, piombai sul frigo e lo aprì, tirando fuori tutti gli alcolici che trovavo per poi posizionarli sul tavolo.
Stappai così ogni bottiglia ed aprì ogni lattina per poi cominciare a berle una dopo l'altra.
Sempre per non pensare, non potevo permetterlo.
Fuggire, era l'unica cosa che volevo. 

Fuggire dal dolore che continuava a seguirmi, ovunque.                                                          
 

"The traces of blood 
always follow you home,
like the mascara tears 
from you getaway,
you're walking with blisters
and running with shearses
so unholy,
sister of grace."
 

______I say: HEEEEEEEEEOOOH! (?)_______________________
Salve salvino a tutti! *fa ciao ciao con la manina*
Eccoci qui con il nuovo capitolo... vi piace, vi fa schifo, pensate che dovrei scomparire dalla faccia della terra? Lasciatemi qualche rensioncina e ditemi cosa ne pensate, le critiche sono ben accette! :D 
Okay, ma ora passiamo a ringraziare quelle fantastiche persone che hanno recensito :3
- greenday_americanidiot
- greenday1749
- Prescelta di Poseidone
- Billie Joe Armstrong

Quelle che hanno inserito la mia FF nelle seguite <3
- Billie Joe Armstrong
- WelcomeToHell6661

E chi, nelle preferite! ♥
- Billie Joe Armstrong
- draco_dormiens
- greenday1749

Grazie di cuore a tutti! Al prossimo capitolo e che i Green Day siano con voi! 
Rage&Nutella,
Giada.
Ps. mi scuso per il capitolo corto ç_____ç

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Capitolo 3
*** Smoke on the Water ***


SMOKE ON THE WATER

"I’m a victim of my symptom
I am my own worst enemy
You’re a victim of your symptom
You are your own worst enemy
Know your enemy"
Restless Heart Syndrome - Green Day

 

-A domani Bill. Notte!- mi disse Mike, agitando la mano.
-Altrettanto. Ah, di all'altro coglione che se non arriva puntuale gli tolgo pure l'altra palla.- dissi, incaricandogli di rinfrescare la memoria al nostro batterista. Mi portai la sigaretta alla bocca, facendomi una tirata e sentendo le piccole e leggere goccioline di pioggia entrare a contatto con la mia pelle.
-Riferirò.- rispose sorridendo, per poi allontanarsi con le mani nelle tasche e scomparendo definitivamente, avvolto dall'oscurità di Rodeo.
Lasciai fuoriuscire il fumo che avevo intrappolato all'interno della bocca; lo osservai mentre sinuoso si dissolveva nell'aria fredda, ma comunque resa piacevole per via della brezza salmastra proveniente dall'Oceano poco lontano.
Senza volerlo, con la mente, ritornai a qualche ora prima, a quando Mike aveva trovato quella... ragazza. Gli avevo detto di lasciarla li dov'era ma lui no cazzo, eh no, doveva per forza aiutarla! Porca troia, il suo spirito perbenista usciva sempre nei momenti meno opportuni. Lo sapevo io che era solo un drogata o un'ubriaca, pazza per lo più, che stava smaltendo la sbornia. Però dovevo riconoscerle che aveva una bella mano pesante...
Mi passai una mano sulla guancia, sentendo ancora un leggero pizzicolio. Ah, ma perché ora mi stava tornando in mente quell'allucinata? Aveva qualcosa di strano... oh, ma non me ne importava nulla d'altronde... o no? L'unica cosa che mi doveva interessare ora era arrivare alla mia topaia, spaparanzarmi nel divano e scolarmi una bella birra fresca.
Aumentai il passo, tirandomi su la zip della felpa e calandomi il cappuccio in testa, assomigliando probabilmente ad una figura losca, poco raccomandabile. Tralasciando il fatto che lo fossi veramente.
Andiamo Billie, 10 minuti e potrai fare quel cazzo che ti pare.
No lavoro, no scuola.
Come non detto; i miei piani sarebbero andati giù per il cesso.
Non appena svoltai l'angolo sentii degli schiamazzi e, in lontananza, notai delle figure sfuocate che mi parvero familiari. Mi avvicinai lentamente e a man mano che tutto si faceva più nitido rividi la tizia che poco fa era nei miei pensieri: stava con dei ragazzi, e non sembravano essere in buoni rapporti. Per lo più dava una “vaga” idea di essere ubriaca e non smetteva di insultarli. Ma cosa cazzo cercava di fare? La situazione non mi piaceva e poi, con quei tipi avevo già avuto a che fare. Non avevano molti scrupoli.
Dio, so già che me ne sarei pentito di quello che avrei fatto. Mi misi ad origliare la conversazione, appostandomi dietro ad un bidone in penombra.
-Figli di puttana! Non dovete nemmeno pronunciare il suo nome!- urlò lei arrabbiata. -Anh si? Hai ragione, non bisogna parlare dei pezzi di merda o si rischia di vomitare.- risposi Eric, il capogruppo, causando la risata degli altri suoi amichetti. --Fanculo stronzi!- rispose lei più che adirata, tirandogli un calcio ben assestato in mezzo alle palle.  Probabilmente lo aveva castrato.
Smisero di ridere ed uno di loro le se avventò contro, immobilizzandola per le spalle mentre lei continuava ad urlare di tutto e ti più, dimenandosi.-Oh, questo non è stato molto gentile da parte tua. Comunque ora, per ringraziarti, ci divertiremo un po' con te. Non ti dispiace, vero?- disse l'energumeno che la teneva ferma, prendendola per il mendo e alzando un coro di risatine divertite.
Non potevo restare a guardare. Sarebbero andati oltre.
Uscì dalla mia postazione e andai verso di loro spingendo via quel ragazzo e poi parandomi davanti a lei.
-E tu che cazzo vuoi?- mi ringhiò Eric, che nel frattempo si era ripreso.
-Che ne dite di lasciarla in pace e prendervela con qualcun altro?- risposi, incurvando la bocca in una smorfia.
Prima che le cose si mettessero ulteriormente male l'afferrai per un braccio con uno scattoe cominciai a correre, tirandomela dietro, senza badare a ciò che dicevano.
-Si bravo, scappa Armstrong! Codardo!- sentivo alle mie spalle. Non appena mi fui assicurato di essere abbastanza lontano mi fermai, piegandomi poi sulle ginocchia a riprendere fiato.
-Ma cosa cazzo avevi in mente eh? Volevi forse farti uccidere?!- mi rivolsi a lei, strattonandola per far si che mi guardasse.
-Mh, perspicace il ragazzo!- mi rispose, strascicando le parole con sguardo tutt'altro che lucido.
-E cosa cazzo cercavi di risolvere?- le dissi, cercando di calmarmi e allentando la presa, notando che stringevo troppo.
-E tu perché ti sei messo in mezzo?- mi domandò, ridendo.
-Mi andava, okay? Tu comunque non mi hai risposto.- le dissi, ritornando a respirare più o meno normalmente.
-Cazzi miei. Non voglio parlarne.- rispose monocorda.
Okay, meglio non insistere, con quella non avrei risolto nulla.
-Come vuoi. Spero di non incontrarti mai più. Ciao!- dissi, un po' infastidito.
-A-aspetta.- mi richiamò lei, quando mi stavo già allontanando.
-Non so dove andare.- abbassò lo sguardo.
Oh, fantastico. Spero non si aspettasse un ulteriore aiuto.
-Okay, cazzi tuoi. Penso comunque che casa tua possa andare benissimo.- risposi scocciato.
-Ma... io... non mi va di tornare a casa. Ti prego.- pronunciò con disagio.
Aaah! No, no e ancora no!
-Ma porca troia...- sospirai per poi riprendere a parlare. - Okay. Però alle mie regole: non toccherai nulla, non parlerai, non gironzolerai, non ti muoverai, non ti lamenterai e non respirerai. Non farai un diavolo di niente insomma. Poi non ti voglio più vedere.- cedetti.
In fondo... non potevo lasciarla girovagare a quell'ora e con quelli in giro.
-Grazie...- disse lei.
-Muovi il culo, Whatsername.- le dissi, invitandola a seguirmi.
-Mi chiamo Heaven.- rispose fredda.
-Davvero? Nome curioso. Comunque preferisco Whatsername.- pronunciai scazzato. -Ma...- la interruppi. -Niente ma. Ti ripeto: mio il gioco mie le regole.-
Mi voltai e cominciai a camminare. L'avrei portata alla catapecchia.
Ci eravamo appropriati di quel posto io e i ragazzi; lo usavamo per suonare o per cazzeggiare.
-Almeno mi dici come ti chiami?- domandò. -Billie.- le risposi.


HEAVEN'S POV.
Dopo 10 minuti buoni di camminata in totale silenzio arrivammo davanti ad una catapecchia, nel vero senso della parola. Era una casupola tutta sgangherata, con un mini giardino invaso dalle erbacce ed immondizia varia.
C'era un cancello con attaccato un cartello che recitava: “DO NOT CROSS. DANGER!” ma che Billie, non curante ignorò, aprendolo e così diffondendo un rumore sinistro per tutto il quartiere.
-Pensi di muoverti?- disse con tono poco gentile. Mi resi conto di essere rimasta imbambolata mentre lui, era già sulla porta aperta.
Mi spicciai e oltrepassai l'ingresso, capitando in un ambiente per nulla pulito e ordinato. C'erano residui di cibo ovunque, involucri di snacks vari qui e li, vestiti buttati sopra sedie tarlate e, un divanetto con le molle mezze di fuori e la gommapiuma gialla che spuntava di tanto in tanto, sotterrato da oggetti vari. E oh, una bustina che aveva tutta l'aria contenere un preservativo.
Poi nell'aria avvertì odore di fumo -e muffa- che mi portò alla mente molti ricordi. Ricordi che avrei preferito non riaffiorassero. Ricordi di James... ed ecco che ritornarono gli occhi lucidi; odiavo questa dannatissima situazione, non potevo continuare così... ma non avevo la forza di reagire.
-Allora, li c'è un materasso e qui una coperta. Mettiti li e vedi di non rompere il cazzo.- mi riportò alla realtà, indicandomi un punto e lanciandomi al volo un lenzuolino tutto bucato. Alla faccia della coperta.
Mi ci sedetti, appoggiando la schiena al muro scrostato e avvicinandomi le ginocchia al petto, poi... cominciai a piangere.
Non sapevo esattamente cosa aveva scatenato questa reazione in me. O forse si: lo sapevo.
Mmh, dovevo sembrare abbastanza patetica, eppure non riuscivo a smettere di farlo. Io non avevo mai versato una lacrima per nessuna occasione, tanto meno di fronte ad uno sconosciuto che mi aveva dato della pazza. Ma ora... tutto il mio mondo era crollato, e con me la mia corazza che fin'ora mi aveva protetta, o nascosta.
-E adesso che c'è? Cos'hai da frignare?- disse Billie, rivolgendosi a me con forse una punta di gentilezza.
-Nulla.- risposi cercando di ricompormi.
-Ah, donne. Senti, io ora me ne vado a casa e, domani verso le otto, quando sarò ritornato, gradirei che avessi levato le tende. Auguri e figli maschi, Whatsername.- concluse.
Quanto stronzo era?
-Puoi anche evitare di essere così acido, Dio santissimo.- dissi guardandolo in faccia per la prima volta.
Era poco più alto di me (non che ci volesse molto eh) e portava i capelli corti e rosso fuoco, un po' tanto ingarbugliati. Aveva un piercing ad anellino sulla narice destra e delle labbra carnose, rese pallide da forse il freddo. E, per finire, gli occhi.
Erano di un verde bellissimo, vivo, ed erano la prima cosa che avevo notato. Avevano una loro anima.
-Disse quella ubriaca che mi tirò uno schiaffo.- pronunciò sarcastico.
-Sono solo un po' brilla. E comunque scusa, ma te lo sei meritato.- risposi con quella nota d'orgoglio che non mi mancava mai.
-E perché? Perché ho detto la verità poi!- rispose, alzando le braccia a mezz'aria per poi farle ricadere con un tonfo contro i jeans sgualciti.
-La verità non è quella che hai detto. Cazzo, dopo qualche minuto te ne sei uscito con quella frase, e non dovevi dirla! Sarò strana, ma non pazza in quel senso! E tanto meno autolesionista! Tu non sai, non sai. E non mi conosci.- conclusi inviperita. -Hai ragione, non so, non ti conosco... quindi ora vado. Ciao ciao e occhio ai topi!- mi disse con la faccia da bastardo e scimmiottando la mia voce.
-No ti prego, non andare...- mi lasciai sfuggire. Porca troia, io stare zitta no eh? Praticamente non avevamo fatto altro che offenderci a vicenda per tutto il tempo e io gli avevo chiesto di restare.
Stupida.
Solo che... avevo un dannato bisogno di compagnia, anche se questo avrebbe significato sbraitarsi dietro.
Ecco, lo avevo ammesso a me stessa.
Avevo paura di restare sola, di rimanere in balia di me stessa come già era successa una volta, e ora stava cominciando tutto da capo, con questa volta mio fratello. Quanto ero caduta in basso.
-Ha ha ha ma che divertente. Seriamente, non pensavo fossi provvista anche del senso dell'umorismo! Ma ora che ne ho avuto la conferma beh... nulla, io la mia parte l'ho fatta!- disse facendo spallucce ed uscendo dalla porta come un missile. Lo guardai andarsene, rassegnata.
Mi coricai in quella sottospecie i cuccia da cani e mi girai da un lato, coprendomi con quella carta vetrata che avevo come coperta.
Oh, potevo già sentire il materasso bagnarsi a poco a poco, e i miei ricordi riempirsi di dolore.
Disperazione e paura erano le parole d'ordine per entrare nel mio cuore.



_____________LaudatoSiOhMiSignore________________________________
*coff coff* 
Ebbene si, per il vostro "enorme" piacere sono ritornata! ç________ç
Ditemi che pensate di questo capitolo (che a me non convince molto se devo essere sincera), le critiche sono ben accette, non fatevi scrupoli =)
Anywy, passiamo ai ringraziamenti <3
Crazi a chi ha recensito lo scorso capitolo ♥:
- Prescelta di Poseidone
greenday_americanidiot
- Dialocks
- Billie Joe Armstrong
- Whatsername of Suburbia

Crazi a chi ha inserito la mia schifezzuola nelle seguite:
- Billie Joe Armstrong
- itwasworthallthewhile
- WelcomeToHell6661

Crazi a chi l'ha messa nelle ricordate:
- AlexisSlyterin

E crazi a chi l'ha aggiunta alle preferite!
- Billie Joe Armstrong
- Dialocks
- draco_dormiens
- greenday1749
- greenday_americanidiot

Siete tutti fantastici :3
Beh, alla prossima spero! ^^
Rage&Nutella,
Giada.

 

 

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Capitolo 4
*** The end of laughter and soft lies, the end of nights we tried to die, this is The End. ***


 
The end of laughter and soft lies, the end of nights we tried to die, this is The End.

This is the end, beautiful friend,
This is the end, my only friend,
The end of our elaborate plans,
The end of everything that stand,
The end.
 
La Fine.
Le mie dita scivolavano veloci sulla chitarra che avevo trovato poco lontano dal mio giaciglio improvvisato; come se qualcuno l’avesse messa li apposta.
 
No safety or surprise,
The end,
I'll never look into your eyes again.
 
Si era da subito aggiunta la mia voce: di certo non era speciale, ma era la mia.
Ormai conoscevo quella canzone come le mie tasche, ed era stata una fedele compagna in ogni momento della mia vita.
Me l’aveva insegnata lui, una delle prime che avevo imparato.
I'll never look into your eyes again
Mi premurai di sottolineare per bene quell’ultimo verso, e poi lasciai scivolare la mano sulle corde dando una pesante pennata verso il basso, producendo così un suono sgradevole all’udito; respirai profondamente.
-Bah, meglio che mi dia una mossa. Sia mai che arrivi Mister Bastardaggine e mi trovi ancora qui.- biascicai tra me e me, distogliendo la mia attenzione da altre cose.
Appoggiai velocemente la chitarra al muro, così come l’avevo trovata, e mi alzai passandomi più volte le mani impolverate sui jeans di seconda mano, tutti sfilacciati; dopo di che raccolsi il lenzuolo azzurrino e lo piegai, poggiandolo sopra una sedia.
Dovevo andare avanti e lasciarmi alle spalle il dolore; ma non avrei dovuto dimenticare.
Le notti in cui tentavo di morire erano finite.
Uscì dalla porta scricchiolante, percorsi nuovamente il breve –se non inesistente- vialetto e poi, con l’aiuto di un muretto pieno di graffiti scavalcai il cancello che sembrava intenzionato a non volersi a aprire.
E adesso? Adesso dritta a casa.
Mi tirai su il cappuccio e presi a camminare per quello stupida via grigia, tenendo gli occhi fissi sull’asfalto, fissi sul Nulla.
Dopo 40 minuti buoni imboccai la strada del mio quartiere ed arrivai davanti a casa; mi parve strano essere andata così lontano ieri sera.
Dovevo essere anche abbastanza ubriaca; e il mal di testa era li per ricordarmelo.
E c’era anche la mia vocina interiore che mi ripeteva quanto fossi stata cretina ad attaccare briga con quei tipi; avrei potuto farmi seriamente male se non fosse intervenuto Billie.
Già.
Quel ragazzo strano, acido, e sgarbato mi aveva aiutata.
-Heaven! Cosa ci fai li impalata? E dove diamine sei stata in questi tre giorni?- la voce brusca e dura di mio zio mi risvegliò.
Era appoggiato allo stipite della porta con addosso il pigiama, mentre mi fissava severo.
Era arrabbiato.
E non era bello quando si arrabbiava.
 -In giro.- dissi quasi in un sussurro.
Poi abbassai velocemente la testa e andai dritta dentro casa, trattenendo quasi il respiro mentre gli passavo davanti.
Feci per salire le scale, ma mi bloccò per un braccio costringendomi a voltarmi e poi mi… abbracciò, stringendomi a lui e accarezzandomi i capelli, impacciato.
Da quanto tempo ormai non mi dimostrava un gesto d’affetto invece che un rimprovero?
Da forse la morte della zia, cioè quattro mesi prima: era caduto in depressione, aveva cominciato a bere ed era diventato violento, alle volte.
-Mi spiace, Heaven. Mi spiace.- disse mettendomi le mani nelle spalle e puntando i suoi occhi cerulei contro i miei neri come la pece.
-Questa mattina c’è stato il funerale… e tu non c’eri.- continuò, sospirando.
-Non ci sarei andata comunque, zio. Non preoccuparti.-
-L’avevo immaginato.- rispose, sciogliendo definitivamente ogni contatto. –Vai a mangiare qualcosa e a riposare un po’. Sembri stanca.- continuò. –Ah, riguardo a quelle bottiglie comparse… farò finta di nulla, per questa volta. Ma che non succeda più.- concluse con il suo solito tono duro per poi scomparire dietro la porta del bagno.
Sospirai pesantemente e poi mi avviai in cucina con passo strascicato.
Aprì una mensola di legno scuro e, da un sacchettino di carta, presi del pane. Lo tagliai e ci spalmai del burro d’arachidi.
Infine presi un piattino bianco e una bottiglia d’acqua e mi avviai in camera mia.
Non appena aprì la porta mi lanciai sul letto, accoccolandomi tra le coperte calde ed il materasso morbido e, di tanto in tanto sbocconcellai il mio panino accompagnandolo con un sorso d’acqua.
Poco dopo mi alzai, mi diressi alla mia scrivania e feci partire lo stereo.
Subito la mia stanza fu invasa dalla musica.
Soddisfatta mi risistemai nel letto, picchiettando un dito contro la mia gamba al ritmo della musica.
 
Finished with my woman
‘Cause she couldn’t help me with my mind,
People think I’m insane
Because I am frowning all the time,
All day long I think of things
But nothing seems to satisfy,
Think I’ll lose my mind
If I don’t find something to pacify!”
 
La voce di Ozzy Osbourne mi stava calmando; stava addolcendo le mie Paranoie.
Mi rilassava, per non so quale strano motivo. Eppure Ozzy non è un uomo che solitamente ispira fiducia e sicurezza, eh.
Continuando a muovere impercettibilmente le labbra per sussurrare le parole mi girai di fianco e poi, con una mano, mi tastai il collo.
Si, la catenina c’era ancora. Ed il ciondolo argenteo era ancora attaccato.
Sorrisi, ripensando al giorno del mio decimo compleanno quando ricevetti da James quella collana.
Ricordo ancora il grande sorriso che mi si aprì vedendola, e lo stupore che comparve sul mio volto quando, aprendo il ciondolo da una forma irregolare, scoprì una piccola foto di me e James seduti su una panchina.
Corsi subito ad abbracciarlo, quel giorno, e lui mi strinse forte a se ridendo.
Nonostante volesse farsi credere un duro, quando era con me la sua maschera cadeva, e si trasformava in un ragazzo dolce e premuroso.
Mi è sempre piaciuto il rapporto che avevamo noi due. Mi sentivo importante.
Perché sapevo che solo io avevo l’onore di conoscere quel lato del carattere di mio fratello, solo con me si comportava così, solo a me prestava quelle attenzioni; solo io e nessun’altro.
Sorrisi di nuovo; chiusi gli occhi e con questo dolce pensiero, mi addormentai.

__________________NonUccidetemi_________________________________
Beh, salve a tutti!
Vi chiedo umilmente perdono per il mio ENORME ritardo.
Lo so, sono scomparsa per mesi e me ne sono ritornata con questo schifoso capitoletto in cui succede ben poco ed è pure corto.
Ma la scuola mi ha preso un sacco di tempo (si, lo so, "la solita scusa", direte voi) e poi... boh, le mie idee si erano in poche parole estinte.
Comunque, ora sono ritornata e, nonostante non prometta un aggiornamento regolare della storia, spero che qualcuno continui a leggerla e a lasciarmi qualche recensione.
Ditemi ciò che pensate di questo capitolo e non fatevi problemi a dire quello che non vi piace :)
Ma passiamo ai ringraziamenti per le recensioni dello scorso capitolo:
-BILLIEJOESVOICE
-Moiki_Gerood
-whatsername of suburbia
-Whatsername_xx
-greenday_americanidiot
-Billie Joe Armstrong

Grazie a chi ha la storia tra le seguite:

-Billie Joe Armstrong 
-itwasworthallthewhile 
-Prescelta di Poseidone 
-WelcomeToHell6661 
-whatsername of suburbia 
-Whatshername_xx

Tra le prefeite:
-Billie Joe Armstrong
-greenday_americanidiot
-Killer Chicken

E ricordate:
-AlexisSlyterin

Grazie mille di nuovo, spero che questo capitolo non vi faccia troppo schifo! Fatemi sapere cosa ne pensate :)
All prossima!
Rage&Love,
Giada.

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Capitolo 5
*** Hello Stranger ***


Hello Stranger

Due settimane.
Due settimane erano passate veloci dal giorno in cui ero ritornata a casa; si può dire che non mi fossi nemmeno accorta dello scorrere del tempo. Ero rimasta per tutto il tempo nel mio mondo formato da libri e musica; niente male, direi.
Ma nel mio mondo non avrei continuato a starci a lungo, dal momento che, la mattina stessa, sarebbe cominciata la scuola.
Nuovo inizio, in una nuova scuola, circondata da nuove facce. Si sarebbe prospettato un anno interessante.
Quella mattina mi svegliai presto, e, dal momento che non riuscivo più a riaddormentarmi, pensai di cominciare a prepararmi.
Scesi dal letto e mi stiracchiai un po’,  poi mi infilai le mie amate pantofole, sbadigliando sonoramente.
Era vero che la scuola mi piaceva pure, ma non avrei rimpianto le mattine in cui mi svegliavo per pranzo, che ora potevo tristemente salutare.
Sospirante mi avviai verso il bagno e mi buttai sotto la doccia, contando sull’effetto rinvigorente dell’acqua congelata. Una volta finito spalancai le porte di vetro, se così vogliamo chiamarle, e mi avvolsi in un lungo asciugamano color cenere, buttai la testa all’ingiù scuotendomi, somigliando probabilmente ad un cane; poi mi tirai su mezza rincoglionita e mi guardai allo specchio: si, potevo andare. I miei capelli lunghi, neri, mossi e con delle ciocche azzurro cielo erano sparati un po’ ovunque.
Mi voltai e, dal mobiletto che avevo dietro di me, estrassi il mio solito piercing che poi infilai nel naso, cominciando così a starnutire. Mi succedeva ogni volta.
Dopo essermi messa gli orecchini e altri gingilli vari uscì dal bagno, venendo investita dal freddo sbalzo di temperatura che si era creato tra il bagno e la camera da letto.
Prima di morire congelata mi avviai al mio armadio estraendo da  esso un paio di semplici blue jeans, un maglioncino color antracite e poi la biancheria intima; indossai il tutto velocemente. Per finire, mi diressi nuovamente in bagno e, con una matita nera, tracciai il contorno dei miei occhi, conferendomi così un aspetto ancor più cadaverico.
Ecco, adesso ero pronta.
Uscì dal bagno ed uscì anche dalla mia camera, mi infilai le mie usuali scarpe infangate e poi presi la tracolla nera che ero solita usare per andare a scuola.
Era tappezzata da spille e toppe varie collezionate durante gli anni; era un po’ il mio portafortuna.
Mi chiusi la porta alle spalle cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare lo zio che era ancora immerso nel mondo dei sogni, e mi avviai per il corridoio.
Arrivai alle scale e con una lentezza estenuante  le scesi, poi, quando finalmente arrivai alla porta d’ingresso, afferrai il giubbino in pelle di mio fratello che era ancora appeso li. Lo indossai, venendo investita da  un profumo di tabacco e di qualcosa di pungente. Respirai a pieni polmoni il suo odore, che era rimasto intrappolato tra quella stoffa.
Sorrisi; in un certo senso lui era li con me.
Uscì di casa e cominciai a camminare con passo spedito verso la scuola, di cui avevo scoperto la posizione qualche settimana prima per colpa delle solite faccende burocratiche che lo zio aveva dovuto eseguire, quando, un ragazzo su uno skate sbucò da una viuzza e mi tagliò la strada, facendomi cadere a terra.
-Ma porca puttana…- imprecai, con la mia classica e spiccata femminilità.
Wow, quella mattina si sarebbe rivelata fantastica, basta guadare cos’ era accaduto
neppure due minuti dopo aver messo il naso fuori casa.

-Oddio, scusami!- il ragazzo corse da me, con lo skateboard sotto il braccio. –Non volevo, non ti ho proprio vista… ti sei fatta male?- domandò, aiutandomi  a rialzarmi.
Quella voce non mi era nuova.
-Eh, la prossima volta fai in modo di vedermi. Comunque stavo meglio prima.- ribattei acida, massaggiandomi la schiena.
Il ragazzo sghignazzò.
Biascicai un “grazie” e poi lo guardai in faccia: bingo.
Non mi era nuovo no, quel ragazzo!
Era il ragazzo con gli occhi di James, quel Mike che avevo trovato al mio risveglio settimane prima.
Quel Mike che avevo trattato di merda e a cui avevo risposto male anche oggi.
Beh, oggi un motivo per farlo ce lo avevo.
Lo osservai: come l’ultima volta aveva dei capelli castani e lisci che ricadevano sulle spalle, dei tratti marcati ed una bocca sottile.
E poi c’erano gli occhi: azzurri, profondi e con una nota di malinconia.
-Tutto… okay?- mi chiese lui, inarcando un sopracciglio.
-Ehm si… Mike. Giusto?- azzardai io.
-Come fai a sapere il mio nome?- domandò incuriosito, mollandomi il braccio sui cui aveva esercitato una leggera pressione per tirarmi su.
-Ragazza stesa in mezzo alla strada in uno stato confusionale che ha quasi mandato a fanculo te e tirato una sberla al tuo amico Billie ti dice nulla?- risposi, ridendo leggermente.
-Ecco dove ti avevo vista!- esclamò lui, incurvando gli angoli della bocca verso l’alto.
-Scusa…- biascicai io incerta. Insomma, mi sembrava carino scusarmi dato il modo con cui gli avevo parlato l’ultima volta, quando lui voleva solamente aiutarmi.
Infondo, che colpa ne aveva lui?
-E di cosa?- disse.
-Per come ho reagito l’ultima volta con te. Scusa. Il tuo amico invece se l’è meritato.- risposi con quella punta d’orgoglio che non era mai assente.
Speravo non mi domandasse nulla riguardo l’ultima volta, del perché mi trovassi li e del perché avessi avuto quella reazione con Billie.
-Non preoccuparti.- rispose calmo. –Piuttosto scusa tu il mio amico, è abbastanza impulsivo… allora, come ti chiami?- domandò, cambiando totalmente discorso.
-Heaven. Heaven Lisbon.- risposi timida.
-Piacere di conoscerti, Heaven. Io sono Michael Pritchard, ma tutti mi chiamano Mike.- si presentò. -Beh, presumo tu ti stia dirigendo a scuola, e sono anche sicuro che tu sia nuova; quindi spero non ti dispiaccia se farò il tragitto con te.- continuò.
-No, assolutamente.- risposi.
Prendemmo a camminare.
-Da quanto stai qui?- mi domandò, poco dopo.
-Oh, da due mesi e mezzo. Mi sono trasferita qui da Los Angeles.- risposi.
-La Città degli Angeli, eh? Io ci sarei rimasto, non me ne sarei mai andato via per stare in una topaia come Rodeo!- mi disse. –Ah… Paradise City… where the grass is green and the girls are pretty!- esclamò, citando l’omonima canzone dei Guns N’Roses.
-Nah, io direi “dove l’erba verde è stata surclassata da mostri di cemento e le ragazze carine battono le strade”.-  ridacchiai. –Comunque, neppure noi… io –mi corressi- non avrei voluto andarmene. Ma mi è toccato. Causale? Lavoro. Non il mio, naturalmente.- sospirai alzando le spalle, cercando di non dargli troppe informazioni sulla mia situazione familiare.
Gli avevo già raccontato troppo, per i miei canoni.
-Capito.- sentenziò.
Dopo di che passarono dei minuti di silenzio, ma non il classico imbarazzante silenzio.
Mi sentivo…  a mio agio?
Non c’era bisogno di aggiungere altro, e nessuno dei due sembrava essere in difficoltà. Nessuno dei due sembrava voler ricercare frasi che non avrebbe trovato senza uscirsene con qualcosa di stupido o senza senso.
Poco dopo iniziai a sentire degli schiamazzi, e, voltato un angolo, notai un edificio piuttosto tetro e pieno di ragazzini uniti in un turbinio di confusione.
Mi stava già venendo il mal di testa.
-Ebbene, Heaven, ti presento la nostra scuola. Non è fantastica?- domandò ironico.
-Una favola!- risposi ridacchiando.
-E dentro è ancora meglio!- disse, aprendo le braccia in un gesto teatrale. -Comunque, che lezione hai alla prima ora?- chiese, fermandosi poco prima del cancello e appoggiando un piede su un muretto colorato da mille graffiti.
Venni investita da un’ondata di fumo proveniente da un gruppetto di ragazzi che, guardando la stazza, dovevano frequentare l’ultimo anno.
Storsi il naso.
-Vediamo…- parlottai tra me e me, infilando una mano nella mia tracolla e rovistando al suo interno finché non afferrai un foglio di carta tutto spiegazzato. –Ho matematica. Per la mia immensa felicità.- risposi piagnucolando.
Odiavo matematica, non ci capivo una sega, e dio solo sa come negli anni precedenti fossi riuscita ad avere la sufficienza.
Iniziò a ridere.
-Non si ride della sfortuna degli altri!- gli dissi, mettendo su il broncio.
-Ma hai fatto una faccia fantastica! Ma non preoccuparti, se sei capitata con il professore che penso io, non avrai problemi.- mi rassicurò.
-E se mi tocca un altro?- domandai.
-Allora saresti nei guai. Ma tanto ho ragione io.- rispose, alzando le spalle. –Comunque, adesso è meglio che ci sbrighiamo, ti accompagno all’aula che tra poco suona.- disse sorridendo.
-Agli ordini.- risposi, sorridendo a mia volta.
Mi prese per un polso e mi trascinò letteralmente per tutto il cortile, facendo a zig zag tra gli studenti e, di tanto in tanto, lanciando a cenni a persone che per me, nemmeno a dirlo, erano sconosciuti.
Entrammo nella scuola e, dopo percorso un corridoio salimmo una rampa di scale e Mike mi guidò ad un’aula proprio davanti ad esse.
-Eccoci arrivati!- esclamò, fermandosi davanti alla classe numero 19 e mollandomi il polso. –A fine lezione ti passo a prendere e ti accompagno all’ora successiva, okay?- mi disse.
Capii che non avrebbe fatto matematica con me, e questo mi dispiacque un po’; almeno avrei avuto qualcuno di “familiare” li dentro.
-Oh, non ti preoccupare. Fa nulla, la troverò da sola.- mi affrettai a rispondere. –Ho un buon senso dell’orientamento.- balla. Grossissima balla.
Era già tanto che non mi perdessi in casa mia; ma d’altronde non mi andava che Mike mi facesse da balia per tutto il giorno.
-Sicura?- domandò.
Annuii.
-No, perché non mi perdonerei mai che scomparissi qui dentro e non ne uscissi più.- scherzò -Allora ci vediamo dopo alla mensa, va bene? Ti faccio conoscere un po’ di gente.-
-Okay, allora… a dopo.- risposi abbozzando un sorriso.
Il trillare fastidioso della campana risuonò nell’aria.
-A dopo.- rispose ricambiando al sorriso e girandosi per andarsene.-Aspetta…- lo fermai –Perché mi… mi stai aiutando, di nuovo?- domandai.
Forse avrei fatto meglio a starmene zitta.
-Come perché?- disse, inclinando il collo –Mi stai simpatica, ragazzina.- sorrise di nuovo, per poi voltarsi definitivamente e scomparire tra la folla.
Ah.
Gli stavo simpatica.
Sorrisi lievemente.
Magari quest’anno scolastico non sarebbe stato solitario come prospettavo.

__________Taratataaaaa I'm back_______________________________
Bene, sono di nuovo qui. Sono stata brava quest volta e non ho lasciato passare anni.
Comunque, spero che questo nuovo capitolo vi piaccia, fatemelo sapere con un recensione! Le critiche sono ben accette, come sapete C:
Vorrei ringraziare Katy Gray per aver accettato di leggere il capitolo in anteprima e darmi un suo commento, grazie <3
Inoltre vorrei dire un milione di "grazie" a Whatsername_xx che dopo tutto questo tempo in cui mi sono assentata c'è ancora!
Un grazie naturalmente anche a quelle persone che hanno la mia fic inserita tra le seguite/preferite/ricordate :)
Ditemi ciò che ne pensate, non morodo!
Ora vado a disperarmi perché a mia madre, oggi, è passato davanti Brian Johnson che si trovava qui per la corsa delle Mille Miglia, ed io ero a scuola a fare l'interrogazione d'inglese.
A 90 anni sarò ancora li a sbattere contro il muro.
A presto, spero!
Rage&Nutella,
Jaded.

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Capitolo 6
*** Whatsername ***


Whatsername

La prima ora trascorse in maniera piuttosto calma, con il professore di matematica che faceva le solite domande di rito, del tipo “come avete passato quest’anno le vacanze? Raccontatemi un po’ cosa avete fatto.”
Sembrava simpatico quell’omone di mezza età, con quei capelli grigi tenuti in ordine da un sottile strato di gel e quei vispi occhietti neri che saltavo da un lato all’altro dell’aula.
Signor Patrick Reed, si chiamava.
Da quello che potevo notare non era sposato -non portava la fede-  e l’espressione dolce del volto mi poteva far intuire che fosse una persona calma e, dai discorsi, anche
abbastanza ragionevole. Ma questo sarebbe stato tutto da vedere.

La seconda e la terza ora passarono abbastanza veloci con la lezione d’arte, spiegata da una professoressa giovane dai lunghi capelli color del grano e gli occhi verdi che, non appena entrati in classe, ci aveva piazzato un immacolato foglio da disegno davanti e qualche matita, esortandoci a disegnare ciò che più ci ispirava mentre, di tanto in tanto, facevamo un po’ di conversazione. Si chiamava Jade Bordin.
Disegnai una ragazzina che dava le spalle, seduta su un’altalena sospesa su uno strapiombo ed appesa al ramo di un grosso albero nodoso tramite due corde spesse ma logore, che si stavano per spezzare.
Era da giorni che mi ronzava in testa l’idea di quel disegno e finalmente gli avevo dato vita.
Ho da sempre amato disegnare, e, fin dai primi anni di scuola, l’Arte era una delle materie che amavo di più in assoluto.
La quarta ora fu normalissima, con il professore d’Inglese, John Walkmann, che ci dava istruzioni su che materiali avremmo dovuto portare per le prossime volte.
Infine, alla quinta ora, quella prima del pranzo, facemmo lezione (e quando dico lezione, intendo proprio lezione) con il professore Stephen Talter.
Non appena entrata in classe -naturalmente trovata dopo un po’ di girovagamenti- notai che tutti gli studenti erano seduti ai loro banchi, composti, osservando un tirato silenzio. E questo era abbastanza strano dato che, alle ore precedenti, volavano cose ovunque e c’era un chiacchierio continuo.
Poco dopo il professore fece il suo ingresso e tutti si alzarono, facendo stridere le sedie dalle gambe di metallo, per poi risedersi al segno del signor Talter.
Non è che mi fosse capitato l’Hitler della scuola?
Fece l’appello e poi iniziò subito a spiegare l’argomento, infischiandosene che nessuno fosse ancora provvisto di alcun libro e riempiendo così la lavagna.
Era alto e magro, i capelli brizzolati iniziavano a diventare sempre più radi ed aveva uno sguardo severo e freddo con una voce a dir poco odiosa ed autoritaria.
Non fece altro che spiegare e lanciare occhiate truci tutto il tempo; e così anche la quinta ora passò, con una estenuante lentezza.
E i miei compagni? Beh, nella mia prima mattinata non avevo fatto amicizia con nessuno, se non scambiato un qualche timido “ciao”.
Ero stata praticamente un fantasma, sfuggendo alle occhiate gelide dalle classiche ragazze cheerleader o figlie di papà che non possono mai mancare; infondo ero quella nuova, e nessuno si era interessato a me più di tanto.
Grazie a dio.
Uscì così dall’aula ed imboccai un ampio corridoio, seguendo la mandria di ragazzi.
Così facendo, in teoria, mi sarei ritrovata alla mensa, ed avevo ragione: mi infilai dentro due porte grigie spalancate e mi ritrovai in una grande stanza avvolta nella confusione ed ampiamente illuminata tramite delle grandi finestre.
Dopo qualche minuto presi anch’io un vassoio, come facevano tutti, ed andai a mettermi in coda per ricevere il pranzo; una volta arrivato il mio turno, dopo 5 minuti circa, presi un po’ di pasta e dell’insalata sperando che il cibo non fosse così terribile come nell’ultima scuola in cui ero stata.
Mentre ero immersa nei miei pensieri la mia attenzione fu attirata da un braccio che si agitava da 6 o 7 tavoli dall’ingresso
Mike.
Mi diressi velocemente verso di lui, ignorando totalmente il perché una ragazza e la sua amica mi stessero fissando.
-Hey, ciao!- salutai sorridendo e prendendo posto nella sedia arancio di fianco a Mike. Non era solo.
Ma infondo  lo sapevo, aveva detto che mi doveva fare conoscere della gente.
-Ragazzi, vi presento Heaven, un’amica e nuova studentessa di questo schifo di scuola!- esclamò Mike, indicandomi e mettendomi così al centro dell’attenzione.
Cosa che odiavo.
Però mi aveva presentata come “sua amica”, e dovevo dire che questo non mi dispiaceva.
-Io sono Jinger, ma tutti mi chiamano Jin, piacere di conoscerti!- la prima a presentarsi fu una ragazza dai capelli lisci e a caschetto, leggermente più lunghi nel davanti e color rosso fuoco.
Il viso un po’ spigoloso, il naso all’insù e gli occhi verde smeraldo le conferivano un aspetto dai tratti quasi felini.
Era molto carina.
-Questo con la bocca perennemente piena, invece, è mio fratello, Johnny.- mi indicò il ragazzo di fianco a lei, che, in effetti, era impegnato a gustarsi un panino.
Mi sorrise, tirando su la mano in segno di saluto.
Al contrario della sorella aveva gli occhi nocciola, i capelli mossi dello stesso colore delle iridi e dei tratti più dolci.
-Piacere!- risposi impacciata, sorridendo ad entrambi.
-Allora, di dove sei, Heaven?- domandò Johnny, che nel frattempo aveva ingoiato il boccone.
-Di Los Angeles, mi sono trasferita qui all’inizio delle vacanze estive e… beh, eccomi qui!- risposi, incurvando verso l’alto un lato della bocca.
-Noi ci siamo trasferiti qui cinque anni fa da San Josè, quindi, per qualunque cosa, rivolgiti pure a noi. Sappiamo com’è essere i nuovi.- mi disse Jin.
-Grazie mille, almeno non mi sentirò sola!- risposi ridendo e prendendo una forchettata di pasta che, tutto sommato, non era nemmeno male.
Ero un po’ imbarazzata di fronte ai due nuovi individui.
-Mh, allora, com’è andata la prima mattinata di scuola?- domandò Mike, guardandomi ed alzando in aria la forchetta.
-Non c’è male, come prima giornata di scuola. Avevi ragione riguardo all’insegnante di matematica, non è poi tanto male!- risposi.
-Ecco, te lo dicevo io.- disse, tirandomi una gomitata.
-È quello di scienze il problema. Un certo Stephen Talter.- dissi, dando una scrollata di spalle.
-Oh, il caro e vecchio signor Talter.- disse Johnny, roteando gli occhi. -Ha avuto un esaurimento nervoso l’anno scorso, e se prima era uno stronzo, adesso lo è il triplo più le crisi di nervi.- continuò la sorella.
-Fantastico.- sospirai.
-Dai, non ti è andata poi così tanto male… guarda il lato positivo, alla fine dell’anno saprai scienze e geografia allo schioccare di dita!- disse Mike, facendo un sorrisetto.
-Molto incoraggiante Mike. Grazie, graz…- fui interrotta.
-No! Non tu, non Whatsername!- una voce maschile e leggermente nasale arrivò alle mie orecchie, facendomi girare di scatto.
I miei occhi neri come la pece entrarono nuovamente a contatto con un paio di verdi intenso.
-Mi chiamo Heaven. Mi pareva di avertelo già detto questo.- risposi, incrociando le braccia al petto.
-E a me pareva di averti già detto che ti chiamo come voglio.- controbatté.
-Wo. Fermi tutti. Voi due vi conoscete già?- domandò Johnny, inarcando un sopracciglio.
-Purtroppo si.- rispose Billie -E dato che questo tavolo è l’unico libero ed io ho abbastanza fame- si mise la mano libera dal vassoio sulla pancia -mi toccherà stare in compagnia di questa pazza. Che per giunta non so che stia a fare seduta qui.- sospirando si sedette di fianco a Johnny, mentre io lo guardavo stralunata.
-Pensavo di avere già chiarito a proposito di questo. Ma non preoccuparti, la pazza se ne va e ti lascia al tuo schifoso pranzo. Cerca di non strangolarti.- dissi arrabbiata.
Cosa gli avevo fatto di male? Perché continuava a trattarmi così?
Lo vidi sollevare lo sguardo per poi alzare le spalle ed iniziare a mangiare.
-Vaffanculo. Nuovamente.- borbottai a denti stretti.
Mi rivolse un sorriso che aveva tutta l’aria di essere canzonatorio.
-Ciao Mike, grazie.- mi rivolsi a lui, sorridendo. -Ci vediamo. Mi ha fatto piacere conoscere qualcuno.- dissi anche a Johnny e Jinger.
Nel frattempo  loro erano tutti rimasti ad osservare la scena, straniti.
Mi alzai senza dare il tempo a nessuno di replicare, presi le mie cose e me ne andai
dalla mensa, sentendo un “sei veramente un coglione quando ti ci metti” proveniente da Mike.

Percorsi il corridoio che avevo fatto all’andata, in questo momento deserto, e poi uscì dalla porta principale ritrovandomi in un affollato cortile.
Andai verso un albero, e, trovando riparo dai raggi del sole diventati piuttosto fastidiosi, mi
sedetti appoggiando la schiena contro corteccia dura.
Strappai qualche filo d’erba e mi persi ad osservarli, come quando facevo da piccola nelle calde giornate estive sotto l’attento sguardo celeste di James.
Non ce  l’avrei fatta senza di lui. Me lo ripetevo continuamente.
-Pensi di diserbarci tutto il cortile?- domandò un’allegra Jin.
-No… no, decisamente no.- risposi ridacchiando e lanciando lontano i fili d’erba
intrappolati fino a qualche minuto fa tra le mie dita.

-Non vale la pena di stare male per uno come Billie, Heaven. Lui è così, un po’…-
-Bastardo?- conclusi la frase per lei.
-Si, bastardo.- ribadì iniziando a ridere. -Però dopo un po’ che lo conosci si
ammorbidisce. Con le persone nuove fa sempre così, anche se con te sembra avere una particolare inclinazione a comportarsi in questo modo… se non sono indiscreta, cos’è successo tra voi due?-
-Ho avuto qualche problema poco tempo fa, Mike ha cercato di aiutarmi ma io ero abbastanza sconvolta, così ho reagito male. Billie ha parlato un po’ troppo ed io… beh, gli ho tirato uno schiaffo.- risposi.
-Cosa? Billie Joe  Armstrong che si fa picchiare da una ragazza?- Jinger scoppiò in una fragorosa risata. -Oh, diamine se avrei voluto esserci!- esclamò, facendo ridere anche me.
-Però sfortuna, o fortuna, volle che alla sera avessi bisogno di aiuto, di nuovo, è Billie me l’ha, diciamo, offerto. Volevo ringraziarlo, ma la voglia mi è completamente passata.- chiusi il mio discorso.
-Bah, adesso non pensarci più, ed anzi, Venerdì sera sei invitata al Gilman Street, lo conosci?- mi domandò.
-Certo che lo conosco, ma non ci sono mai stata. Me ne ha parlato spesso mio fratello…- mi bloccai, rendendomi conto di chi stavo per andare parlare.
-Fantastico allora! Venerdì si esibisce un gruppo veramente bravo, non accetto rifiuti, quindi ti passiamo a prendere davanti casa alle 21:15, ma anzi, conoscendo Johnny, è più probabile che saremo li per le 21:45!- ridacchiò -Quello è sempre in ritardo! Ah, se ti va di pure a tuo fratello di venire, più siamo meglio è!-
-Non penso che lui possa venire, sarà… sarà per un’altra volta.- le dissi con un sorriso tirato.
-Okay certo, non preoccuparti, li ci sono esibizioni ogni settimana, avremo altre occasioni per presentarci. Frequenta questa scuola?- disse parlando tutto d’un fiato, come un uragano e sbattendo i grandi occhi verdi contornati da uno spesso strato di matita nera.
-No… ha già finito gli studi.- risposi evasiva.
Certo, lui sarebbe venuto un’altra volta.
Sarebbe stato bello.
-Beato lui! Comunque, dove hai detto che abiti?- 

_____________Chi non muore si rivede_____________________________
Beh... ciao C:
Chiedo venia per il terribile ritardo, ma con questo capitolo le idee mi sono venute molto ma molto lentamente!
Spero comunque che vi piaccia e sarei felicissima di vedere una vostra recensione in cui mi dite ciò che pensate, critiche ben accette :D
Ringrazio Katy Gray che, come al solito, legge il mio capitolo in anteprima e mi dice quello che pensa :)
Naturalmente un enorme grazie va anche a Whatsername_xx e whatsername of suburbia che continuano a leggere e commentare questa Fiction, cosa che a me fa molto piacere :3
Alla prossima,
Rage&Nutella.
Ps. AUGURI DI BUON COMPLEANNO A QUEL PAZZO DI SYNYSTER GATES!

 

 

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Capitolo 7
*** Non abituartici. ***


NON ABITUARTICI


Venerdì, 7:25 a.m.

La sveglia trillò fastidiosa ed io, svogliatamente, allungai un braccio per spegnerla, ma mancai l’obbiettivo, e dal momento che non avevo voglia di aprire gli occhi, mi girai dall'altro lato, lasciando che la testa sprofondasse nel cuscino che emanava un dolce profumo di gelsomino.
Ma quella, più odiosa che mai, si fece risentire dopo 5 minuti costringendomi ad alzarmi una volta per tutte e così a spegnerla.
-Sei veramente snervante, lo sai?- mi rivolsi a quel piccolo aggeggio color caffelatte, imbronciata, come se potesse capirmi.
-Una volta o l’altra farai un emozionante volo giù dalla finestra. Te lo assicuro.- borbottai mentre mi alzavo e mi infilavo i jeans neri, aderenti, ed una maglia dei The Doors regalatami da mio fratello.
Dio, ma perché tutte le cose che avevo dovevano in un qualche modo essere legate a lui?
Perché lui era l’unica persona che avevo, il mio Tutto, ecco il perché.
Scacciando via quei pensieri, che ormai ogni giorno tristemente bussavano alle porte della mia mente, entrai in bagno e mi sciacquai il viso, poi presi la solita matita nera dall’astuccetto viola e mi definì il contorno degli occhi. Per finire legai i capelli in una lunga coda di cavallo lasciando che qualche capello ribelle, troppo corto ed arricciato, scappasse dalla presa dell’elastico e si andasse a poggiare sul mio viso.
Mentre uscivo dal piccolo bagno osservai distrattamente quei tocchi di azzurro che avevo reso vivi giusto un paio di giorni prima; ora il colore era molto più vivace ed intenso.
Una volta rientrata in camera infilai velocemente le scarpe e presi la solita tracolla nera, poi spalancai la porta ed uscì.
Non appena arrivai giù in cucina un forte aroma di caffè mi invase le narici: che ci faceva lo zio già sveglio?
-Buongiorno.- salutai stranita. -Come mai già sveglio?-
-Ho trovato lavoro da un meccanico, qui vicino.- mi rispose
-Davvero? Ma è fantastico!- dissi sorridendo lievemente.
Ci eravamo trasferiti qui all’inizio dell’estate e da allora aveva solo fatto lavoretti saltuari, qui e li.
-Già. Vuoi?- mi domandò, indicando la moca grigia ancora fumante posizionata sul fornello spento.
-No grazie.- gli dissi, addentando un biscotto ed accompagnandolo con qualche sorso di latte. -Poi sono nervosa tutto il giorno.-
Vidi formarsi un sorrisetto sghembo sul suo volto.
-Che c’è?-
-Tu sei sempre nervosa. Anche se non prendi il caffè!- esclamò, appoggiandosi al piano della cucina.
-Hey! Da qualcuno avrò pur preso!- dissi di rimando, ridacchiando. Lo vidi scuotere la testa.
-Comunque, questa sera, un’amica mi avrebbe invitata ad andare a vedere una band in un locale… posso andarci, vero?- domandai, anche se ero sicura mi avrebbe lasciato uscire senza problemi.
Non era uno di quei tutori che non ti permetteva di andare da nessuna parte. Tempo fa, prima della morte della zia e cioè quando i nostri dialoghi duravano più di un paio di minuti, ci diceva che da ragazzo era proprio come noi: uno spirito libero che amava i concerti e la buona musica.
Almeno, su questo lato dello zio, non c’era nulla da ridire.
-Aspetta. Ferma un attimo. Ho sentito per caso la parola “amica”?- chiese, fingendo di essere sbigottito.
-Si zio, amica.- risposi roteando gli occhi. –Sai, quella forma di vita umana con cui passi volentieri del tempo…- ironizzai.
-Wow. Tu mi spaventi, ragazzina.- disse, portando la tazza di caffè sul tavolo per poi scompigliarmi i capelli con una mano.
Era una cosa che odiavo. Ma non lo faceva da tempo.
-Certo certo. Comunque, ora è meglio che vada o farò tardi e tu potresti venire convocato nell’ufficio del preside. Cosa che non ami. Giusto?- dissi, cercando di sistemarmi i capelli.
-Esatto. Ciao mostro.- detto questo, se ne andò su per le scale a cambiarsi, lasciandomi interdetta.

“Mostro”.

Se non mi stropicciava i capelli da tempo, non mi chiamava mostro da ancora di più.
Stava probabilmente cercando di essere il più carino possibile per ciò che era accaduto, prima non parlavamo quasi mai.
Esitante uscì dalla cucina, afferrando il giubbino di James, poi mi avviai a scuola, cercando di godermi quell’aria fresca e frizzantina che da li a qualche ora sarebbe diventata calda ed opprimente.
Arrivai davanti ai cancelli scuri cinque minuti prima dell’inizio delle lezioni e così decisi di rimanere un po’ fuori, cercando di ripassarmi mentalmente inglese per la verifica.
La prima verifica dell’anno… beh, avevamo fatto molto poco, quindi sarebbe stata abbastanza facile e veloce.
Sorpassai i cancelli ed entrai nel cortile, notando Mike davanti alla porta d’ingresso, così andai da lui.
-Ciao!- salutai, ricevendo in cambio un cenno ed un sorriso.
-Questa sera ci sei, vero?- mi domandò, mentre avevamo iniziato ad incamminarci verso le nostre rispettive aule.
-Certo che ci sono. Non ho avuto scelta con Jin!- risposi, ripensando alle minacce della rossa.
-Allora ci vediamo li Heaven, a dopo!- mi disse dandomi una pacca sulla spalla e poi imboccando il corridoio a destra.
-A dopo Mike.- risposi, salendo invece per le scale.
Passai davanti ai soliti bagni e poi entrai nella mia aula, prendendo posto in uno degli ultimi banchi, vicino alla finestra.
Osservai il cielo che nel frattempo si era fatto nuvoloso, diventare sempre più scuro.
Ci sarebbe stato un bel temporale, probabilmente.
-Buongiorno ragazzi, prendete i vostri posti.- il professor Walkmann fece il suo ingresso, puntuale come sempre.
I miei compagni, di cui ancora ignoravo l’identità, si avviarono verso i loro banchi, di malavoglia.
Non appena la confusione cessò, dopo un paio di ammonimenti da parte del professore, iniziò a distribuire i test, venendo però interrotto dalla porta che, scricchiolando, si apriva.
-Oh, signor Armstrong. Quale onore averla qui con noi.- Walkmann si fermò e si voltò verso, appunto, il “signor Armstrong”.
Ma lui che diamine ci faceva qui?
-Su. Vai a sederti di fianco a lei. Veloce.- ordinò severo il professore, indicandomi.
Perché proprio qui? Perché? Cosa avevo fatto di male?
Billie si sedette di fianco a me, senza degnarmi di uno sguardo, ed il prof riprese a distribuire i compiti.
-Bene, potete iniziare. Buon lavoro.- sentenziò, dopo averci osservati rapidamente.
Cominciai a compilare il foglio a crocette, notando con piacere che non era per niente difficile, e nemmeno lungo, dato che dopo nemmeno 40 minuti lo avevo già finito.
Alzai la testa dal mio test e mi guardai intorno, notando come il foglio di Billie fosse totalmente e candidamente bianco.
Mi stava osservando.
-Cosa vuoi?- bisbigliai irritata.
-Un aiuto.- rispose, abbassandosi dietro alla sagoma del ragazzone che aveva seduto
davanti.
-Cioè?- inarcai un sopracciglio, dubbiosa.
-Vorrei dare una sbirciatina al tuo compito.- disse, muovendo leggermente la testa.
-Questo si chiama copiare!- ribattei acida.
-Ma no… vedilo un po’ come… uno spunto.- disse, gesticolando lievemente con le mani.
Uno spunto, eh? Perché avrei dovuto farlo? Non aveva fatto altro che comportarsi da stronzo… però mi aveva aiutata quando ne avevo bisogno, mi aveva dato un tetto sotto cui dormire quando non sapevo dove andare, mi aveva tirata fuori dai casini con quei tipi li… anche se il mattino stesso gli avevo mollato uno schiaffo.
In qualche modo, dovevo pur ricambiare.
-E va bene, puoi “prendere spunto”. Ma non abituartici, Armstrong.- risposi, addolcendo leggermente il tono della voce.
Non appena fui sicura che il professore non ci potesse vedere, gli passai velocemente il compito sostituendo poi il mio con un foglio normale.
Iniziò a riempire il suo test.
-Sbrigati!- lo esortai, tendendo d’occhio nervosamente l’orologio polveroso, di fianco alla lavagna.
Mi lanciò un’occhiata fredda, portandosi l’indice alle labbra carnose.
Roteai gli occhi.
Giuro che se ci avesse scoperti, lo avrei pestato per bene.
La lancetta dei secondi continuava a muoversi velocemente; 3, 2, 1… ed ecco il trillo della campanella.
-Poggiate le penne ragazzi, e consegnate il compito.-
Quando si fu creata abbastanza confusione per il continuo andirivieni, Billie si alzò, passo davanti al mio banco e mi restituì la verifica, per poi buttare in malo modo la sua sopra la
cattedra.

Poi uscì dalla classe.
Mi alzai anch’io, misi velocemente le cose dentro la tracolla, diedi il mio test, e sorpassai la porta dell’aula, guardandomi attorno.
Billie era appoggiato al muro, guardava distrattamente dei fogli dalla carta giallognola che teneva in mano.
Mi avvicinai, schiarendomi la voce ed iniziando a tamburellare con le dita sulla parete grumosa.
Alzò lo sguardo e mi sorrise.
Il primo sorriso non strafottente o canzonatorio.
-E così sai anche non ghignarmi in faccia, di tanto in tanto.- dissi, con voce calma, guardandolo negli occhi questa volta rilassati, di un verde smeraldo brillante.
Lo vidi raccogliere il suo zaino, per poi voltarsi ed andare via.
Mano nella tasca, lo stesso zaino blu a penzoloni in una spalla, testa alta.
Non si voltò nemmeno.
-Vedi di non abituartici però, Whatsername.-

__________HereIam_____________________
Si, lo so.
Sono una persona orribile. 
Sono enormemente in ritardo. 
Vi chiedo umilmente venia! Avevo promesso che sarei ritornata presto ma... non è successo, scusate c.c
Però la buona notizia è che il capitolo nuovo è già pronto e salvato e beh... spero che qualcuno di voi sia rimasto a leggere questa fic; e spero soprattutto che questo capitolo vi piaccia, l'ho cambiato e stravolto ventordicimila volte e continua a non convincermi, ma mi sono costretta ad aggiornare, altrimenti nel 2055 nessuno avrebbe visto ombra d'aggiornamento.
Beh, spero che commentiate per farmi sapere ciò che ne pensate, e, come sapete, le critiche sono ben accette :)
Passiamo ai rigraziamenti per aver commentato lo scorso capitolo, as usual:
- whatsername_xx
- aryanna_freak
- take your time_hurry up
- whatsername of suburbia

Grazie a chi ha la storia tra le seguite/preferite/ricordate:
- A day in the Revolution 
- aryanna_freak
- comeondenelloceano
- greenday_americanidiot
- laragazzasullariva
- AlexisSlyterin
- ashleyofsuburbia
- Flo_ 
- Prescelta di Poseidone
- WelcomeToHell6661
- whatsernameofsuburbia
- whatsername_xx

Spero di rivedervi, alla prossima (che sarà tra pochi giorni) :D
Rage&Nutella,
Me.



 

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Capitolo 8
*** My Generation ***


MY GENERATION


Guardai distrattamente la solita sveglia color caffelatte che segnava già le 21:00; dovevo iniziare a prepararmi.
Con uno sbuffo mi alzai dal letto in cui poco prima stavo finendo i compiti per poi dirigermi verso l’armadio color mogano di fianco alla finestra.
C’erano le stelle fuori.
Accarezzai il pensiero di salire sopra il tetto e restare tutta la notte fuori ad osservarle; a pensare. A lasciare che la malinconia mi travolgesse.
Ma non questa sera.
Aprì le due ante che mi trovavo dinanzi, tirando fuori un paio di jeans aderenti color grigio topo, con delle macchie di nero che andavano a sfumarsi proferendo un effetto sporco; li indossai velocemente e per i passanti infilai una cintura nera con dei teschietti argentei.
Dopo di che allungai un braccio verso la sedia porpora, ai piedi del letto, su cui giaceva una maglietta blu notte, quasi nera, con una stampa di Jimmy Page e la sua adorata Diavoletto ben salda tra le mani, pronta a creare riff magnifici. 
Infilai poi gli anfibi ed infine feci la solita tappa in bagno, per contornarmi gli occhi con la matita nera e, cosa che facevo raramente, aggiungere un tocco di rossetto rosso scuro nelle mie labbra che risaltavano di non poco contro la mia pelle quasi diafana, dato il mio brutto rapporto con il sole.
Sciolsi poi i capelli, lasciando che i ricci ricadessero morbidi nella mia schiena; osservai la mia immagine riflessa nello specchio davanti a me: una ragazzina anonima, magrolina, stanca di tutto e dall’anima spenta mi sorrideva tristemente.
Uno zombie.
Ecco cos’ero, un dannatissimo zombie errante per un mondo gelido ed oscuro.
Spostai lo sguardo infastidita ed uscì infine dal bagno, prendendo il giubbino in pelle appoggiato sulla scrivania e, finalmente, andando fuori da camera mia.
-Hey James, guarda che io vado al…- mi bloccai, mano sospesa a mezz’aria sulla lucida maniglia dorata.
Stupida.
Lui non c’era più.
Appoggiai la testa al legno tiepido della sua porta, respirando profondamente.
Era l’abitudine, ormai.
-Heaven, guarda che i tuoi amici sono qui fuori. Non li hai sentiti suonare?- la voce di mio zio mi fece sobbalzare, e mi girai, vedendolo affacciato alla porta di camera sua, in accappatoio.
-No, proprio no.- risposi destandomi dai miei pensieri.
-È tutto a posto?- domandò, avvicinandosi a me.
-Certo.- dissi, cercando di sorridere. -Ora però vado. Buona serata.- salutai, passandogli
davanti.
-Heaven?- mi richiamò, facendomi voltare -Stai attenta.-
-Come sempre, non preoccuparti.- risposi, incurvando un lato della bocca verso l’alto per poi scendere velocemente le scale  ed uscire infine di casa.
Jinger era appoggiata alla portiera dell’auto color verde militare; una mano in tasca e l’altra lungo il fianco, che tra due dita stringeva delicatamente una sigaretta.
-Ciao Jin!- la salutai, avvicinandomi a quel catorcio d’auto.
-Hey Heaven, eccoti qui!- esclamò lei, facendo un’ultima tirata della sua sigaretta per poi buttarla a terra vicino alla ruota e spegnerla con la punta della scarpa.
Mi abbracciò, sorridente come al solito.
-Allora, pronta per divertirti?- domandò euforica.
-Cazzo si!- esclamai, facendola ridere. -Mi ci voleva proprio una serata di svago.- aggiunsi.
-Si si, però se non vi sbrigate la serata di svago ce la sognamo tutti!- la voce di Jhonny proveniva ovattata dall’interno dell’auto.
-Colpa tua!- urlò la sorella mentre mi invitava a prendere posto sui sedili posteriori.  -Ci hai messo ore per lavarti!- disse, lanciando delle occhiate taglienti al fratello che, tutto sommato, sembrava fregarsene, continuando a fissare la chioma di un albero mossa dal vento.
-Andiamo va.- disse lei indispettita, aprendo la porta posteriore. -Questa sera si sta un po’ stretti!- esclamò, spingendomi dentro l’abitacolo scuro.
Ed è così che mi ritrovai seduta in mezzo tra Jinger, un personcina socievole e molto simpatica, e il lunatico Billie Joe, a cui feci un cenno con la mano tanto per non essere maleducata come lui.
-Ti presento Frank, l’eterno bambino che ha voluto a tutti i costi sedersi davanti.- disse Jin, poco prima che Johnny mettesse in moto l’auto.
-Frank, ti presento Heaven.-
Il ragazzo che era seduto danti a Jin si voltò.
-Piacere Heaven, chiamami pure Trè Cool!- sorrise ampiamente, guardandomi con quei grandi occhi azzurri.
-Piacere mio.- risposi imbarazzata.
Aveva le labbra sottili ed i capelli di un verde svampito che sembravano avere un’anima propria, sparati ovunque com’erano.
-Allora, pensi di partire con questo dannato bidone oppure no?!- sbottò Jin, incrociando le braccia al petto.
Johnny le fece una smorfia dallo specchietto, dando poi gas.
-Senti, ma vaffanculo.- borbottò lei, girandosi verso il finestrino opaco, imbronciata.
-Uh, nervosa la signorina.- disse Trè, strizzandomi un occhio.
-Frank. Taci.- lo intimò lei, puntandogli l’indice contro.
-Signor si signora!- esclamò lui, voltandosi con le braccia alzate.
Ridacchiai divertita.
-Mettiamo un po’ di musica, va.- disse subito dopo lui, allungando la mano per accendere la radio che inizialmente partì con qualche brusio.
L’auto venne invasa dalle note di una canzone che noi tutti conoscevamo bene: My Generation degli Who.
Iniziammo a cantare, o meglio, ad urlare, ridendo.


-People try to put us d-down, talkin’ about my generation!
Just because we g-g-get around, talkin’ ‘bout my generation!
Things they do look awful c-c-cold, talkin’ ‘about my generation!
Yeah, I hope I die before I get hold, talkin’ ‘bout my generation!
This is my generation,
My generation, baby!-


La canzone terminò, lasciandoci un sorriso stampato in faccia.
-Canti bene.- mi rivolsi a Billie che aveva ripreso a guardare fuori dal finestrino, venendo illuminato di tanto in tanto dai lampioni.
Si girò verso di me.
-Se cantassi da schifo Trè e Mike avrebbero già trovato un altro cantante, non trovi?- ribatté con il solito sorrisetto, voltandosi poi nuovamente verso la strada. 
-Heaven, cara, mai e dico mai dire a Billie Joe che è bravo in qualcosa. Con quella frase gli hai gonfiato l’ego in una maniera spropositata, e non va bene. Proprio no.- disse Trè,
scuotendo la testa con fare sconsolato.

-Oh, non ti preoccupare, non gli dirò mai più nulla del genere!- dissi, annuendo.
-Brava ragazza! Mi piaci, impari in fretta.- disse lui, sporgendosi in dietro per darmi dei colpetti in testa.
-Anzi, sai cosa faccio? Non gli dico proprio più nulla, così mi evito le rispostacce.- borbottai, spostando nervosamente un ciuffo di capelli dietro un orecchio.
-Te lo avevo detto di non abituartici, Whatsername.- disse lui poco dopo.
-Voi due, basta! Questa sera non si litiga, avete capito?- ci ammonì minacciosa Jinger, nascondendo però una faccia divertita.
-Si mamma.- disse Billie, imitando la voce di un bambino piccolo.-Solo perché sei tu.- sospirai, prendendola sottobraccio.
Jinger sorrise soddisfatta.
-Io però ho già sentito il tuo nome da qualche parte... e quel viso non mi è nuovo.- disse Trè, dopo pochi minuti.
-Nah, si è trasferita qui all’inizio dell’estate. È improbabile.- disse Johnny, alzando le spalle.
-Io ti dico  di si, invece.-
-E come potrebbe essere?- disse Jinger -Non la conoscevamo neppure noi.-
-È così e basta. Vedrai che mi viene in mente!- esclamò, arrotolandosi le maniche della maglietta beige esageratamente grande.
-Te che ricordi qualcosa? Non ci credo! È scientificamente impossibile!- disse Billie, ridacchiando.
-Aspettate e vedrete.- sbuffò con aria da finto indispettito.
-Abituati a Trè, lui è sempre così! Poi quando lui e Mike iniziano e bisticciare sono fantastici.- disse Jin, rivolgendosi a me. -... sono peggio di due bambini.-
Sorrisi, osservando Trè impegnato a bisticciare con la cintura. 
-Gente, siamo arrivati!- esclamò Johnny subito dopo, spegnendo l’auto e sfilando le chiavi dal cruscotto.
Scendemmo tutti dalla macchina, passando davanti al cartello “Gilman Street” per poi entrare in un locare da cui, forte, proveniva della musica.
Una volta sorpassata la soglia entrai in un altro mondo: ragazzi dalle creste e spike sgargianti erano ovunque, ragazzi accomunati da una stessa passione erano tutti riuniti sotto un piccolo palco.
Ragazzi come me, come noi.
-Heaven, ti presento il Gilman, il posto più bello di questo pianeta!- urlò Trè, mettendomi un braccio dietro al collo e sorridendo, per poi buttarsi in mezzo alla gente e scomparire definitivamente.
-Dai, andiamo!- esclamò Jin, trascinandomi nel cuore del locale.
Iniziammo a saltare, urlare e divertirci con tutte le altre persone, spalla a spalla.
Per la prima volta da quando non c’era James, mi sentivo veramente a casa.
E così il tempo passò molto velocemente, nemmeno me ne accorsi; nemmeno un pensiero triste sfiorò la mia mente.
Ero serena.
-Andiamo a bere qualcosa? Ho una sete incredibile!- disse Jin, ad un certo punto -Li ci sono anche i ragazzi!- indicò un punto alla mia destra.
Scorsi Mike e lo salutai con la mano.
Annuì, ben propensa all’idea di riposarmi un po’ dopo aver passato tutto quel tempo a dimenarmi.
-Dio, qui è fantastico!- esclamai una volta raggiunti i ragazzi, muovendomi a tempo di musica e prendendo un bicchiere di soda che mi porgeva Jinger.
-Per una volta concordo con te, Whatsername.- disse Billie.
Lo guardai, indecisa se continuare a tenere il broncio con lui o sciogliermi un po'. 

-Trè, ma la smetti di fissarmi con quell’aria alquanto inquietante?- esclamai ridacchiando, ossevando come il ragazzo non mi togliesse lo sguardo di dosso.
Notai un guizzo nei sui occhi.
-Ho… ho capito perché tu e il tuo nome mi siate così familiari.- disse lui.
-Illuminami!- risposi divertita.
-Tuo fratello. Gli somigli molto.-
Ed è così che il mio respiro si fermò.
Ed è così che gli occhi si offuscarono. 

_____________HereIam(Rock You Like a Hurricane)______________________
Eeeeeeh stop!
Naturalmente non potevo che tgliare il capitolo in questo punto; lo so che mi volete molto bene C:
Ditemi ciò che pensate del capitolo, non mordo mica!
Ma bando alle ciance e ciancio alle bande:
Ringrazio
- Wild One
- whatsername_xx
- take your time_hurry up
per aver recensito!

Grazie a chi ha aggiunto la storia alle seguite:

- A day in the Revolution 
Flo_ 
Prescelta di Poseidone
take your time_hurry up 
WelcomeToHell6661
whatsername of suburbia
whatsername_xx
Wild One

Preferite:

A day in the Revolution 
aryanna_ freak 
comeondenelloceano
greenday_americandidiot 
laragazzasullariva 
_rageandlove_

E ricordate:
- AlexisSlyterin
- ashleyofsuburbia

Alla prossima (che spero arriverà presto)!
Rage&Nutella,
Me.



 

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