Colui che Evangeline ammira.

di Darik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° CAPITOLO ***
Capitolo 3: *** 3° CAPITOLO ***
Capitolo 4: *** 4° CAPITOLO ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° CAPITOLO ***
Capitolo 8: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° CAPITOLO ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


COLUI CHE EVANGELINE AMMIRA

1° CAPITOLO

I pesanti portoni si aprirono cigolando, e le ombre di tre persone si proiettarono sull’umida parete illuminata dalla fioca luce di alcune torce.

“Io… io continuo a chiedermi se è stata una… buona idea…” piagnucolò una delle tre persone.

Tre ragazze per l’esattezza.

“Smettila, Nodoka. Questa è un’occasione d’oro. Ti rendi conto che nessun club di esplorazione è mai entrato prima d’ora in questa sala? Chissà quali segreti nasconde. Perciò muoviamoci” disse una delle tre ragazze sistemandosi gli occhiali.

“Paru, io condivido la tua sete di conoscenza, ma condivido anche la preoccupazione di Nodoka. Ci sarà un motivo se questa sala è chiusa a tutti” replicò la terza ragazza, che stava bevendo una bibita color verde.

“Yue, non fare la guastafeste anche tu. Ricordate, i membri del club di esplorazione della biblioteca della III A, che siamo noi, non possono farsi sconfiggere da quelli del club della III B. Nella classifica di questo mese rischiamo di farci superare di ben quindici punti! L’unico modo che abbiamo per recuperare prima che il mese finisca, è esplorare una zona della biblioteca del Mahoara che non è mai stata esplorata prima. Ho ricevuto la segnalazione da una fonte anonima che tuttavia ritengo affidabile. Perciò andiamo!”

Con passo deciso Paru si infilò nella stanza, seguita da una titubante Nodoka e da una leggermente guardinga Yue.

La sala in questione era piena di scaffali di colore scuro, che contenevano libri rimasti abbandonati lì da cosi tanto tempo, che la polvere e le ragnatele impedivano di leggere eventuali scritte.

E se non fosse stato per le torce che portavano attaccate sopra la testa, il buio sarebbe stato totale.

“Bene, dividiamoci i compiti: io perlustro e conto gli scaffali e i ripiani, Yue conterà i testi e Nodoka cercherà tra loro qualcosa di interessante. Forza!”

Senza ascoltare eventuali obbiezioni, Paru si avventurò tra gli scaffali, scomparendo.

Yue e Nodoka si guardarono intorno.

“Yue… questo posto… mi mette i brividi…”

“Non lasciarti impressionare, Nodoka. Dipende solo dal fatto che nessuno è più venuto qui da chissà quanto tempo. Comunque dobbiamo davvero stare in guardia, tra questi libri potrebbe esserci qualcosa di pericoloso”.

“Pe… pericoloso? Vuoi dire che…”

“Si” Yue abbassò la voce “Qui potrebbe esserci qualche testo magico. E con la magia non si scherza. Ricorda che abbiamo accettato di venire con Paru proprio per impedire che si ficchi nei guai. Pertanto nessuna di noi dovrà toccare questi testi”.

“Va bene”.

“Comunque fingiamo di guardarci intorno” concluse Yue sorseggiando una bibita blu.

Cominciarono a guardare i vari scaffali, ma distrattamente.

“Yue… ti voglio confidare una cosa…” disse ad un tratto Nodoka.

“Ovvero?”

Nodoka divenne più rossa di un pomodoro.

“Mmm… scommetto che riguarda il professor Negi”.

“S… si”.

“Be, che ti piaccia non è una novità per me, e sai bene che ritengo la tua una buona scelta. Quindi cosa c’è?”

“Ecco… il fatto è che in questi giorni… ho cominciato…”

“Hai cominciato?”

“Ho cominciato a sognarlo…”

“Oh, bè, capita con gli innamorati. Non mi sembra sia il caso di vergognarsi”.

“E che in questo sogno… io e lui…”

“Tu e lui cosa?”

“Io e lui….”

Nodoka divenne color rosso fiamma, e del tutto muta.

Yue la guardò incuriosita, poi arrossì.

“Non… non vorrai dire che…”

Nodoka abbassò lo sguardo.

“Tu e lui… cioè… mi stai dicendo che…”

Nodoka cadde in ginocchio.

“Ebbene si! E me ne vergogno tanto!”

Yue indietreggiò.

“Nodoka… capisco il tuo amore… ma penso che sia ancora troppo presto per entrambi…”

“Lo so. Ma non è colpa mia. E cosi bello…”

L’imbarazzo di Yue cominciò a trasformarsi in stupore.

“Lui mi invita nella sua stanza…”

Lo stupore di Yue divenne scandalizzato.

“E’ cosi gentile… mi fa accomodare sul suo futon..”

Yue stupefatta indietreggiò fino a poggiarsi su uno degli scaffali.

“E.. e poi… il suo…. il suo…”

Yue fu tentata di coprirsi le orecchie.

“Il suo thè, che prepara con tanto amore, è cosi buono!”

L’altra restò di sasso.

Stupore e scandalo divennero perplessità.

“Come ‘il suo thè’? Ma che cosa sogni esattamente?”

“Facciamo merenda insieme come due fidanzatini”.

E Yue crollò a terra.

“Yu-Yue, ti senti bene?”

“Nodoka” Yue lentamente si rimise in piedi “fammi capire. Tutta questa scena per dire che sogni di fare merenda col professor Negi nella sua stanza?”

“Si. Perché, cosa credevi?”

“Una cosa cosi censurabile che non oso nemmeno dirla, data la vostra età. Comunque ecco un altro motivo per cui sei stata fortunata a scegliere Negi”.

“Altro motivo?”

“Si. In questioni d’amore sei di un candore, o ingenuità direbbero altri, disarmante. Non preoccuparti, non c’è niente di male a sognare una merenda con chi si ama”.

“Dici davvero?”

“Ma certo. Però la prossima volta cerca di essere più chiara, o farai venire alla gente un colpo”.

“E perché?”

“Te lo dirò poi. Ma chissà che sta facendo Paru”.

“Sono qui” disse Paru sbucando all’improvviso da dietro uno scaffale e facendo sobbalzare le sue amiche.

“Kyahhh!! Paru, non devi apparire come un fantasma!”

“Scusa Nodoka. Sono venuta a vedere che facevate, dato che non vi sentivo più. Allora, trovato qualcosa di interessante?” domandò Paru strofinandosi le mani per togliere della polvere.

“No, niente” rispose prontamente Yue, che notò il gesto di Paru.

E proprio allora si udì uno scricchiolio.

E, come se fosse stato colpito da un peso enorme, lo scafale dietro di loro cadde sopra lo scafale che lo affiancava, che fece lo stesso con il suo vicino.

Con un effetto a catena, tutti gli scafali del lato destro, con un orrendo frastuono, si ritrovarono a terra, i loro libri polverosi disseminati sul pavimento.

Non appena l’immensa nuvola di polvere si diradò, le tre ragazze videro cosa era successo.

Si guardarono stupite e scapparono.

Yue uscì per prima, subito seguita dalle sue amiche.

“Nodoka, ma che diavolo è successo?!”

“Yue, non… non lo so!”

“Se scoprono cosa abbiamo fatto, come minimo scioglieranno il nostro club! Perciò…”

Non appena furono fuori, Paru chiuse le porte della sala rimettendo il lucchetto.

“… zitte e mosca. Nessuno deve sapere che siamo venute qui. E ora andiamo nelle nostre stanze, ci vediamo domani a lezione”.

Nodoka annuì, Paru corse via, e salutando con lo sguardo Yue anche Nodoka fece lo stesso.

Rimasta lì da sola, anche Yue convenne che era il caso di andarsene.

Mentre correva, si ricordò che doveva chiedere qualche chiarimento alle sue amiche.

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Capitolo 2
*** 2° CAPITOLO ***


2° CAPITOLO

Il giorno seguente Yue e Nodoka si ritrovarono a lezione.

“Ah, buongiorno Yue!” salutò sorridendo Nodoka.

“Buongiorno a te, Nodoka” rispose Yue bevendo una bibita gialla.

“Spero che nessuno ti abbia beccato ieri sera”.

“No, nessuno. Però vorrei chiederti una cosa. E dopo vorrei chiedere una cosa anche a Paru”.

“Ah si, la faccenda dello scaffale. Be, non so proprio che dirti, Yue. Non so come abbia fatto a cadere”.

“Non mi riferivo a quello. Può darsi infatti che sia stato solo il legno che ha ceduto a causa dell’umidità. E un’altra la cosa che non mi spiego. Perché ti sei dimostrata subito d’accordo con Paru per non dire niente della nostra visita?”

“Come perché? Se ci scoprono, potrebbero punirci” obbiettò Nodoka.

“Ma tu sai bene che il preside è molto comprensivo. Al massimo ci potrebbe fare una lavata di testa, ma tutto finirebbe lì”.

“Io tengo molto al nostro club. Non voglio che corra rischi. E mi sorprende che tu non faccia altrettanto!”

L’ultima frase fu scandita con una certa durezza, che sorprese Yue.

In quel momento arrivò anche Paru.

“Hallo amiche mie! Buongiorno!”

“Ciao Paru. Arrivi a proposito, ti vorrei chiedere…”

Proprio allora suonò la campanella, e subito Paru entrò in classe portandosi dietro Nodoka.

Yue le seguì in silenzio, facendo attenzione a non lasciarsi distrarre dal caos tipico di quell’aula.

La loro classe, la terza media della sezione A, era ormai diventata un mito nel celebre istituto Mahoara.

Non solo per l’incredibile ingegno di alcuni suoi membri, ma soprattutto per il carattere folle e spesso strampalato delle alunne.

A questo si aggiungevano anche quelle che sembravano delle leggende urbane.

Si diceva che in quella classe c’era una ragazza serissima e posatissima che nel privato si trasformava nella più popolare idol del web.

Altri ancora affermavano che tra quelle ragazze c’era una ninja.

C’era poi chi giurava ci fosse anche una mercenaria che nonostante la giovane età, aveva un curriculum bellico da fare invidia a Rambo.

Non pochi, nella sezione universitaria per lo sviluppo tecnologico, assicuravano che una di quelle ragazze era un sofisticatissimo robot.

Infine, le dicerie più inquietanti: si sosteneva che quella classe fosse infestata da un fantasma.

E alcune ragazze, tornate a visitare la loro scuola dopo la laurea, affermavano di aver rincontrato una loro compagna di classe che sembrava, anzi, non era invecchiata neppure di un anno e continuava a frequentare quella stessa classe, come se il tempo per lei si fosse fermato.

Erano ormai quindici anni che questa voce sembrava rinnovarsi di tanto in tanto.

Ma nessuno poteva confermarla, perché non esistevano foto di questa ‘ragazza immortale’, perciò quando ne parlavano con i loro ex-docenti, si sentivano rispondere che sicuramente era solo una somiglianza casuale.

E la presunta immortale, se si provava ad indagare, era bravissima nel non farsi trovare.

Quindi, con una fama come questa, anche l’ultima stranezza di quella classe era stata rapidamente assimilata: l’insegnante di inglese di quelle ragazze era un bambino di soli dieci anni.

Nessuno sapeva chi e perché lo aveva mandato lì, ma nonostante la scarsa esperienza si era dimostrato molto diligente e preparato, quindi era stato accolto senza problemi nel corpo insegnanti.

Il suo nome era Negi Springfield.

E fu proprio il suo ingresso a riportare l’ordine nella turbolenta classe.

Tutte le ragazze si misero in piedi si inchinarono.

“Buongiorno professore!”

“Buongiorno a tutte” rispose Negi al loro saluto corale.

Si era ormai abbastanza abituato ai loro sguardi affettuosi e sorridenti: si partiva dagli occhi chiaramente innamorati della capoclasse Ayaka Yukihiro arrivando man mano ai controllati sorrisi di Kaede Nagase e Mana Tatsumiya e concludendo con l’impassibilità di Evangeline McDowell, Chachamaru e Chisame Hasegawa.

Poco dopo l’ingresso di Negi, due ragazze entrarono precipitosamente nell’aula.

“Uff, per un pelo” esclamò una delle due, che aveva dei lunghi codini legati con dei campanellini.

“Certo che arrivare dopo Negi nonostante lui stia nella nostra stessa stanza..” osservò la sua amica.

Non c’era sarcasmo o rimprovero nella sua voce, tuttavia quell’osservazione non piacque all’altra.

“Konoka, piantala, ho fatto tardi con la consegna dei giornali, tutto qui”.

“Capisco, meno male che ho insistito per svegliarti”.

“C-come svegliarmi?”

“Si, ti ho trovata addormentata davanti alla porta”.

“Ah, è vero, l’avevo dimenticato”.

“L’ho detto tante volte: lavori troppo Asuna”.

“Devo pur guadagnarmi da vivere, no?”

“Ora siete arrivate, Asuna vai al tuo posto” intervenne la capoclasse.

“Non prendo ordini da te. E poi perché lo dici solo a me? Anche Konoka ha fatto tardi” replicò Asuna.

“Il fatto è che Konoka è una ragazza coscienziosa. Tu invece sei solo una scimmia isterica, perciò…”

Come risposta, la capoclasse ricevette la cartella in piena faccia.

“A chi hai dato della scimmia isterica?!”

“A te, brutta…”

E neanche un istante dopo le due ragazze si ritrovarono a combattere mescolando Karaté, Kung Fu, Wrestling e un pizzico di pugilato.

Invano Negi cercava di fermarle.

Mentre quasi tutte le altre ragazze, in piedi, estasiate si godevano lo spettacolo: “Vai! Era una vita che non combattevano più!”, “Cinquanta su Asuna!”, “Sessanta sulla capoclasse!”, “Fuori le spade laser!” e via cosi.

Tra le poche che non partecipavano allo spettacolo, c’erano Yue e Nodoka.

Disse la prima: “Nodoka, scusami se prima ti sono sembrata inopportuna. Io tengo al club quanto voi. E solo che tenere la cosa nascosta non mi piace. Se dovessero scoprire il fatto, e risalire a noi, la colpa si aggraverebbe”.

“Non preoccuparti. Semmai io mi devo scusare, non capisco perché sono stata dura con te prima. Facciamo cosi: dopo la lezione discuteremo con Paru se dirlo o meno”.

“Ok”.

“Be, direi che è tutto a posto”.

“Si, ma c’è un altro dettaglio che vorrei chiarire”.

“E quale?”

Yue fece cenno all’amica di seguirla, e si avvicinarono a Paru che incitava Asuna a farsi avanti.

“Senti Paru, dovrei chiederti una… SPUERGH!!!”

Yue si ritrovò una sedia stampata sulla faccia e crollò a terra in un mare di stelle.

“Aahhh!! YUE!!!” esclamò agitata Nodoka.

Un silenzio totale calò sulla classe, mentre Asuna, che aveva tirato la sedia, e Ayaka, che l’aveva deviata con un calcio circolare, rimasero imbambolate.

“Oh cacchio!”

Subito tutte le ragazze si precipitarono intorno a Yue, tranne Evangeline e Chachamaru.

****

Yue si riprese molto lentamente.

Si sentiva qualcosa di bagnato sulla fronte, una benda.

“Yue, meno male, ti sei ripresa”.

La ragazza osservò la persona che le aveva parlato.

Era la studentessa n. 5, Ako Izumi, assistente all’infermeria.

“Cosa mi è successo?”

“Hai preso una sedia in piena faccia per colpa di Asuna e della capoclasse. Loro e tutte le altre facevano un tale casino che ho dovuto farle uscire. Non hai niente di rotto, ma devi riposarti un po’. Poi devi andare subito a ricevere le scuse di quelle due lottatrici. Attualmente sono il senso di colpa fatto persona”.

“D’accordo”.

Yue provò a dormire.

“Mi sembra che dovevo chiedere qualcosa a Paru…”

Si sforzò di ricordare, senza risultato.

“Be, allora non doveva essere nulla di davvero importante”.

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Capitolo 3
*** 3° CAPITOLO ***


3° CAPITOLO

Negi Springfield passeggiava insieme ad Asuna e Kamo, il suo fidato amico-consigliere con le sembianze di un ermellino, per il parco che circondava il Mahora.

Terminate le lezioni, Negi avrebbe voluto subito riprendere gli allenamenti con Evangeline, la potentissima maga vampira, per diventare sempre più forte come mago e guerriero.

Ma Asuna lo aveva convinto a fare prima una passeggiata rilassante.

“Altrimenti, va a finire che morirai prima di poter diventare un grande mago”.

“Non ti devi preoccupare, Asuna. Sono più robusto di quello che pensi”.

“Lo so. Ma sei ancora un bambino. Non puoi fare sforzi come se fossi un culturista”.

“Uh uh, Asuna, parli proprio come una fidanzatina”, commentò Kamo.

Che un istante dopo si ritrovò a massaggiarsi la testa causa un mini-megacazzotto di Asuna.

“Ahio! Certo che sei davvero violenta!”

“Ah ah ah, be, neppure tu dovresti prenderla in giro, Kamo. Comunque Asuna, devo ammettere che almeno in classe dovresti cercare di controllarti. Ieri hai steso la povera Yue”.

“Hai ragione, ma mi sono già scusata con lei. Anche se quello che è successo ieri, è stato un po’ strano. Io conosco bene la capoclasse. Non è la prima volta che combattiamo in classe e non è la prima volta che le lancio addosso una sedia. Però di solito le sedie non le devia, le blocca in aria con una parata perfetta, e lo fa proprio per non correre il rischio di colpire le altre. Invece ieri non l’ha fatto. Non sa neppure spiegarsi perché”.

“Sarà stata una distrazione”, ipotizzò Negi.

La baita di Evangeline era situata nella parte più profonda del bosco.

Un punto riservato e tranquillo, per una costruzione in legno sobria ed elegante, in stile europeo.

Negi, Asuna e Kamo si avvicinarono.

“Brr, non so te, capo, ma questo posto oggi mi mette i brividi più del solito”.

“Calmati, Kamo. Sai bene che nonostante la sua fama, Evangeline è una brava persona”.

“Negi, per una volta devo dare ragione al topastro”.

“Asuna, che vuoi dire?”

“Che in questo posto c’è qualcosa di diverso rispetto al solito. Non so dire di cosa si tratti, ma sento che c’è. E poi, dov’è Chachamaru? Solitamente ci accoglie non appena arriviamo davanti alla casa”.

“Giusto. Andiamo a controllare”.

Rapidamente Negi salì le scale del pianerottolo.

Fece per bussare.

La porta si aprì di botto.

“Yahhh! Ma che…”

Davanti a Negi apparve l’impassibile Chachamaru col suo abito da cameriera.

“Buongiorno-professor-Negi”.

“Bu… buongiorno Chachamaru. Sono venuto per l’addestrame…”

“Mi-dispiace-ma-oggi-la-mia-padrona-non-può-partecipare-all’addestramento”.

“Eh? E perché?”

“Oggi-la-mia-padrona-è-molto-indisposta”.

“Eppure stamattina a lezione non mi dato questa impressione”.

“E’-stata-una-cosa-improvvisa”.

“Forse posso aiutarla”.

“La-mia-padrona-non-vuole-vedere-nessuno”.

“Però…”

“La-prego-di-andarsene”.

Negi rimase un po’ interdetto, cercò di sbirciare dietro Chachamaru, e non vide nulla di strano all’interno della baita.

“Va bene, se le cose stanno così, allora tornerò domani. Arrivederci, Chachamaru”.

“Arrivederci-professore”.

Chachamaru chiuse la porta e Negi tornò da Kamo e Asuna.

“L’addestramento di oggi è saltato”, spiegò il piccolo mago.

“Come mai?”, domandò Asuna.

“Chachamaru ha detto che Evangeline adesso è indisposta. Però deve ammettere che ho avuto l’impressione che qualcosa non andasse”.

“Ovvero, capo?”

“Chachamaru mi è sembrata più fredda del solito. Ed Evangeline oggi stava abbastanza bene”.

Negi si girò a guardare la baita, poi montò sul suo bastone librandosi silenziosamente in aria.

Asuna fece per richiamarlo ma si fermò.

Aveva capito cosa voleva fare Negi, ed era d’accordo con lui.

C'era davvero qualcosa di strano, quindi urgeva un controllo.

Negi volò fino alla finestra della stanza di Evangeline.

Si fermò poco sotto il vetro per guardare dentro.

Prima di farlo chiese mentalmente scusa, sperando che quello non fosse l’inizio di una sciagurata carriera da guardone.

Vide una persona nel letto, avvolta dalle lenzuola, dalle quali sporgeva solo una chioma bionda.

Chachamaru arrivò con un vassoio per il the.

Lo porse alla persona a letto, che cominciò a tossire a tutto spiano e faticosamente tese un braccio per prendere la tazza.

Negi stette a guardare per un po’, poi tornò indietro.

“Evangeline è davvero a letto, e sembra stare davvero male. Forse siamo solo troppo sospettosi”.

“E’ possibile”, convenne la sua amica. “Allora torniamo al nostro appartamento, ho una montagna di compiti da recuperare”.

Chachamaru posò il vassoio.

Guardò verso la finestra.

“Il-professor-Negi-e-Asuna-se-ne-sono-andati”.

“Ah, finalmente!”, esclamò la persona a letto buttando con fastidio la tazza del the e alzandosi senza problemi.


Il ritorno all'appartamento avvenne nel massimo silenzio.

Negi e Asuna erano molto pensierosi.

Di un tratto, sentirono un grido provenire da lì vicino.

Asuna si mise sul chi va là: “Chi ha gridato?”

“Sembrava una ragazza”, constatò Kamo.

“E il grido proveniva da quel punto”, indicò Negi con la mano per poi correre in quella direzione.

Attraversando il bosco arrivarono ad uno degli ingressi secondari dell’istituto, un grosso cancello nero sovrastato da un arco in pietra.

Dall’altro lato del cancello, tre persone stavano prendendo a calci una quarta persona, una ragazzina, e la insultavano.

“Pezzente! Cosa diavolo ci fai qui?!”

“Fila via, rifiuto umano!”

“Non appestare le nostre scuole!”

“Fermatevi!”, esclamò con decisione Negi dall’altra parte del cancello.

“Fila via, moccioso. Questa è roba da adulti!”, gli rispose brusco uno dei tre.

“Adulti?! Gli adulti dovrebbero essere persone responsabili, che non prendono a calci una ragazzina!”, replicò Asuna non appena arrivò affianco a Negi.

“Andatevene a studiare! O le daremo anche a voi oltre che a questa criminale”, disse un altro dei tre, rifilando un altro calcio alla ragazzina, che piangeva stando rannicchiata su se stessa.

“Brutto…”

Asuna aprì il cancello con tanta forza da scardinare la serratura.

I tre uomini rimasero allibiti.

Anche Negi, pur conoscendo bene la grande forza di Asuna, rimase un po’ sorpreso.

Con passi decisi, Asuna avanzò verso quegli uomini, che istintivamente indietreggiarono.

Lo sguardo della giovane, il suo modo di muoversi, la sua espressione: sembravano quelli di una persona capace di schiacciarli come formiche, nonostante fossero più grandi di lei.

“Volete prendere a calci anche me? Provateci. Lascerete i denti sul marciapiede!”

“Come… come ti permetti? Insolente! Io… io posso chiamare la polizia!”

“Ah sì? E cosa direte? Che stavate prendendo a calci una ragazzina e che io sono intervenuta per difenderla? Fatelo pure, scoprirete che la legge non la pensa come voi!”

I tre si guardarono, poi irritati se ne andarono, borbottando qualcosa sui giovani d’oggi che non rispettano più gli adulti.

“Grande Asuna! Sei stata grande!”, esclamò Kamo, mentre con Negi usciva dal cancello per avvicinarsi alla vittima.

“Non è stato niente di che. Solo che i prepotenti mi fanno imbestialire”.

“Hai comunque risolto la situazione meglio di quanto avrei fatto io”, riconobbe Negi chinandosi sulla persona che avevano soccorso.

Dagli indumenti sembrava una barbona.

“Stai bene?”

La ragazzina sollevò leggermente la testa: due occhi smarriti e spaventati fissarono Negi.

“Ti hanno fatto male?”, domandò ancora.

La ragazzina abbassò la testa.

Negi la guardò dubbioso, poi si guardò in giro.

“Non mi fido a lasciarla qui, quei tizi potrebbero tornare”.

Il piccolo professore fece lentamente alzare la barbona, che stava sempre con la testa bassa.

“Negi, cosa vuoi fare?”

“Asuna… ti devo chiedere un grande favore...”

“Cioè?”

“Per questa notte potremmo ospitarla da noi?”

“Cosa?! Ma che dici?! Far entrare estranei nell’istituto è proibito. Se ci scoprono…”

“Solo per questa notte! Il tempo di rifocillarla. Poi domani andrò a parlarne col preside, per vedere se posso aiutarla”.

“Ma non la conosci neppure”.

“Si, ma proprio non me la sento di lasciarla qui, non dopo quello che ho visto. Ti prego, solo per questa notte…”

“Ma non pensi che potrebbe anche avere una famiglia? Se non la vedono tornare…”

Improvvisamente la ragazzina scappò.

Negi, che aveva riflessi notevoli, se ne accorse e fece per afferrarla, ma gli rimase in mano solo una sciarpa sporca e stracciata.

“Aspetta!”

La barbona si dileguò nei vicoli.

“Devo trovarla!”

Negi le corse dietro.

“Aspetta Negi, non sai…”

Ma subito anche Negi, con Kamo sulle spalle, scomparve nei vicoli.


“Accidenti, dove sarà finita?”

Negi correva a perdifiato per vicoli e vicoletti deserti.

“E’ veloce a scappare. Dovrò usare la magia”.

“Aspetta, capo. Perché ti dai tanto da fare per quella ragazzina? Non la conosci neppure”.

“Lo so, ma i suoi occhi sembravano quelli di una persona che ha disperatamente bisogno di aiuto. Voglio sincerarmi che stia bene”.

Negi convenne che era meglio volare.

Tanto conosceva un incantesimo per rendersi invisibile quando volava col suo bastone.

Però questo non gli garantiva di trovarla.

Poi si accorse della sciarpa che aveva in mano.

“Ma certo. Posso usare quell’incantesimo”.

Si guardò in giro, poi agitò la mano davanti alla sciarpa:

Age ad possessorem, Maga Investigator!*

Una piccola fatina si materializzò vicino alla sciarpa, la prese e volò via.

Recitato l’incantesimo di invisibilità, Negi le andò dietro sul bastone.

Sorvolò la città seguendo la fatina che si muoveva con grande velocità e sicurezza, come se sapesse già dove andare.

E infatti dopo pochi minuti, la creatura magica calò sul tetto di un garage abbandonato.

Negi atterrò sul tetto, piuttosto cadente, e guardò attraverso alcune fessure.

Vide chi cercava, seduta sul pavimento.

“Eccola!”

Fu allora che Kamo sentì degli scricchiolii.

“Capo! Il tetto sta crollando!”

Troppo tardi.

Negi si riprese lentamente, sentendo il pavimento duro sotto di lui.

Tuttavia la testa stava sul morbido.

Aveva la vista appannata, e intravide una figura che incombeva sulla sua faccia.

“Chi… Asuna?”

Come risposta arrivò solo il silenzio.

Negi allora si sollevò con uno scatto, impugnando il bastone.

“Chi sei?”

La giovane barbona, che gli aveva tenuto la testa sulle proprie gambe, spaventata da quella reazione indietreggiò disperata fino al muro.

“Ops, scusami, sei tu”.

Negi mise da parte il bastone.

“Perdonami, non volevo spaventarti. Mi ero dimenticato dov’ero”.

La ragazza lo fissava spaventata.

“Dai, non devi avere paura di me. Voglio aiutarti”.

Le porse la mano.

La ragazza però non si mosse.

Kamo, rimasto fino ad allora in silenzio perché non poteva parlare davanti ad una persona normale, si avvicinò all’orecchio di Negi.

“Capo, le persone come lei purtroppo sono sospettose di tutto e di tutti. Non riesce proprio a fidarsi di un estraneo”.

“E allora che possiamo fare?”

“Lascia fare a me. Ermellino Coccolino Mode!”

Il piccolo animaletto saltò addosso alla ragazza, che istintivamente alzò le braccia per difendersi.

Però l’ermellino cominciò a strusciarsi intorno al suo collo.

“Mmm, che pelle liscia”, pensò contento Kamo.

La ragazza con titubanza cominciò ad accarezzarlo, e sembrava piacerle.

Metà della sua bocca assunse la forma di un sorriso.

“Vedo che piaci a Kamo, significa che sei una brava persona. Io sono Negi Springfield. So che ti sembrerà strano, dato che non mi conosci, però mi sembri una persona bisognosa di aiuto e vorrei aiutarti. Ti posso offrire un bagno caldo e del cibo, e anche altro, se vorrai, e senza chiederti nulla in cambio, davvero. Puoi fidarti di me. Prima io e una mia amica ti abbiamo aiutato, no?”.

La barbona continuò a fissarlo, poi borbottò qualcosa.

“Scusa, non ho capito”.

“Mi… mi chiamo Shinobu… Shinobu Maehara…”

*=Per quanto riguarda gli incantesimi, in parte ho ripreso quelli del manga, in parte ho provato ad inventarne di nuovi. Ma siccome di latino non capisco nulla, se qualche conoscitore di tale lingua dovesse capitare sul mio racconto non inorridisca di fronte ad un probabile obrobrio^^.

Per Killkenny: la parte del capitolo precedente in cui viene descritta la III A, parla della conoscenza di tale classe che hanno gli altri (almeno come l'ho immaginata io), non Yue, che ovviamente in questo punto della storia sa benissimo di trovarsi in una classe veramente speciale.

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Capitolo 4
*** 4° CAPITOLO ***


4° CAPITOLO

I vapori dell’acqua avevano riempito l’aria dell’immenso bagno del Mahora, creando un piacevole tepore.

La testa di Konoka spuntò tra le varie piante di palma.

“Tutto ok, via libera!”

La ragazza andò avanti, seguita da Asuna, Negi e Shinobu.

I primi tre indossavano i costumi da bagno.

Kamo invece era stato chiuso nella loro stanza: dato il suo comportamento maniacale, non era il caso di portarlo nel bagno.

“Ah, com’è eccitante! Fare tutto cosi di nascosto, sembra un film!” esclamò Konoka parecchio emozionata.

“Più che eccitante lo definirei pericoloso” replicò Asuna “Se scoprono che abbiamo fatto entrare una persona estranea nell’istituto, il professor Nitta potrebbe farci persino sospendere”.

“Ma guarda che l’idea di portare Shinobu nel bagno grande è stata tua. Io avevo pensato alle docce degli spogliatoi”.

“Ehm…”

“E poi hai offerto a Shinobu il tuo letto”.

“Ehm…”

“E le hai anche offerto uno dei tuoi vestiti”.

“Ok, ok, sbrighiamoci a farle questo bagno e a tornare in camera”.

“Non dovete preoccuparvi. Se ci scoprono, mi assumerò io tutta la responsabilità” intervenne Negi.

“Si, la fai facile tu. Be, girati, noi spogliamo Shinobu e le facciamo il bagno. Tu lava i suoi vestiti”.

“Eh? Lavarli? Asuna, io non…”

“Stupido, ti basta usare quella… cosa… no? Se li portassimo in lavanderia, rischieremmo ancora di più di essere scoperti. Tu invece puoi farlo subito e senza lasciare tracce. In tutti i sensi”.

“Eh? Ma io non so se sono in grado di usarla per queste cose…”

“Ma stai sempre a lamentarti. Basta!”

Asuna prese Negi, lo trascinò oltre una palma, tornò indietro e poco dopo Negi si vide piombare sulla testa dei vestiti alquanto logori.

“Piglia e lava!”

“O…ok…”

Shinobu subiva tutto in silenzio, si limitava a guardare smarrita quegli estranei.

“Wah! Ma sei carinissima, Shinobu!” dichiarò Konoka.

Shinobu arrossì e cercò di coprirsi con le braccia.

“Non sentirti in imbarazzo. Su, entra in acqua” la incoraggiò Asuna con un sorriso amichevole.

La ragazza entrò, e subito Konoka, in acqua, iniziò a lavarle il corpo, mentre Asuna da dietro le faceva uno shampoo.

“Ah, accidenti!”

“Konoka, che c’è?”

“Ma senti che pelle liscia che ha questa ragazza. E come strofinarsi sulla seta!”

La giovane nipote del preside iniziò estasiata a strofinare la testa su un braccio di Shinobu, che divenne più rossa di un pomodoro.

“Mph, senti, lo so che Shinobu è molto bella, ma siamo venuti qui di nascosto. Quindi dobbiamo fare il più velocemente possibile”.

“Hai ragione, scusami”.

Ripresero con velocità l’opera di lavaggio.

Asuna, scostando dal collo la schiuma dello shampoo, si accorse che Shinobu portava una piccola collana, anzi, sembrava quasi più un collarino, molto sottile, di color grigio, posizionato alla base della testa.

“Ecco fatto! Sei cosi splendente che sembri pronta per un appuntamento. E la tua pelle è ancora più liscia! Evviva!”

Konoka riprese a strofinare la sua testa sul braccio di Shinobu, che sembrava volersi nascondere sott’acqua per l’imbarazzo.

“K-o-n-o-k-a!”

“Si, scusami. Abbiamo finito, asciughiamola e torniamo in camera. Negi, tu hai finito?”

Silenzio.

“Perché non risponde?” si chiese Konoka.

“E che ne so. Tu asciugala, io vado da quello stupidello”.

Asuna si diresse verso il punto dove aveva lasciato Negi.

Lo trovò inginocchiato per terra, e le dava le spalle.

“Negi, che stai facendo?”

“Asuna, mi prometti una cosa?”

“Ma che hai?”

“Me lo devi promettere”.

“Cosa?”

“Che non ti arrabbierai”.

“E perché dovrei arrabbiarmi?”

“Perché io te l’avevo detto che non sapevo se ero in grado di farlo”.

“Si può sapere che cosa hai combinato?”

“Promettimelo”.

“Uff, e va bene, te lo prometto”.

Negi si girò, con gli abiti di Shinobu in una mano.

“Ma….”

Asuna allibita si avvicinò a grandi passi.

“Ma cosa…”

Prese gli abiti di Shinobu.

Che si erano incredibilmente ristretti.

“Ma cosa hai…”

La ragazza a malapena riusciva a infilare una mano dentro la maglietta.

“Ma cosa hai fatto?! Sono cosi stretti che forse non andrebbero bene neppure ad una bambola!!”

“Ma io… io te lo avevo detto che non sapevo farlo… i vestiti me li ha sempre lavati mia sorella con la magia… non è stata colpa mia… bwahhh!”

“Oh no, smettila di piangere, Negi!”

“Ehi che succede?”

Konoka arrivò insieme a Shinobu, avvolta in una accappatoio.

“Niente! Niente!” rispose prontamente Asuna piazzandosi davanti a Negi e cercando di asciugargli le lacrime con gli abiti di Shinobu, ormai buoni solo come fazzoletto.

“Sai Shinobu, penso proprio che anziché prestarti uno dei miei vestiti, te ne comprerò uno nuovo. Si, sarà decisamente meglio. Ora andiamo in camera a cenare. Via, via, via”.


La cena si svolgeva allegramente.

Konoka aveva preparato molto buoni piatti.

E Asuna e Negi si servivano con gusto.

Anche Kamo mangiava con appetito, nonostante la presenza di Shinobu lo costringesse ad usare una ciotola, per salvare le apparenze.

Shinobu invece, che stava affianco a Konoka e indossava un pigiama di Asuna, se ne stava con le bacchette in mano, guardando sconsolata quel cibo.

“Perché non mangi? Non ti piace?” domandò Konoka.

Shinobu scosse la testa.

“Forse non hai appetito?”

L’ospite fece lo stesso gesto di prima.

“E allora cosa c’è che non va?”

“Che succede?” chiese Negi accortosi della scena.

Shinobu li guardò tutti e tre, e frettolosamente andò a rifugiarsi sotto la scrivania di Asuna.

“Ma… ma che le è preso?”

“Non saprei proprio, Asuna. E intendo scoprirlo”.

Negi si alzò e andò vicino a Shinobu.

“Shinobu, che ti prende?”

La ragazza rimase immobile per qualche attimo, poi gli sussurrò qualcosa nell’orecchio.

“Come? Ti vergogni perché non sai usare le bacchette? Ma non hai motivo di vergognarti, io sono inglese e ho imparato da poco ad usarle. Se vuoi te lo insegno. Si, vieni. Sei tra amici, e non devi preoccuparti”.

Nonostante le insistenze di Negi, Shinobu non si muoveva.

“Negi, vieni qui” lo richiamò Asuna.

“Ma Shinobu non si muove”.

“Vieni qui, fidati di me”.

Negi a malincuore obbedì e tornò al suo posto.

“Asuna, non possiamo permettere che Shinobu salti la cena”.

“Certo, ma cosa vorresti fare? Imboccarla a forza?”

“No, però…”

“Le persone come lei hanno imparato a stare chiuse in se stesse, e a non fidarsi di nessuno. Lo dimostra pure il fatto che stia chiusa in un mutismo quasi assoluto. Tu le hai ispirato fiducia, ma penso perché sei un bambino. Se fossi stato adulto, mi sa che non ti avrebbe mai dato retta. Se tutto va bene, col tempo imparerà ad aprirsi e parlerà con noi tranquillamente. Basta comportarsi nel modo giusto”.

Ed ecco che Shinobu ritornò al suo posto.

Prese le bacchette.

“Mi…. Mi insegnerete davvero ad usarle?”

“Visto? Ti stai comportando nel modo giusto. Bravo Negi”.


La notte con la sua calma era ormai scesa sulla città e sull’istituto Mahora.

Conclusa la cena Konoka dormiva tranquillamente nel suo letto, mentre Shinobu stava nel letto di Asuna.

Quest’ultima si era accomodata in un futon.

E Kamo si era accomodato nel suo cesto, anche se sicuramente ad una certa ora si sarebbe alzato per andare a mettersi nel cassetto della biancheria intima di Asuna.

Negi invece era ancora sveglio, alla luce di una lampada, stava finendo di controllare le esercitazioni delle sue alunne.

Si girò verso Shinobu, che dormiva tranquillamente.

“Chissà qual è il suo passato. Prima, oltre al nome, sono riuscito solo a farle dire che ha tredici anni e che è cresciuta in un orfanotrofio che poi è stato chiuso, facendola finire in mezzo alla strada. Domani parlerò di lei al preside, gli chiederò se può aiutarla”.

Improvvisamente il silenzio venne rotto da un grido orribile e fortissimo.

Sembrava la voce di una ragazza.

Anzi, di più ragazze.

Negi subito si alzò in piedi e corse fuori dalla stanza per vedere cosa stesse succedendo.

Il corridoio fuori era deserto e piuttosto buio, nonostante la luce lunare che passava dalle finestre.

Impugnando il suo bastone, si avventurò in quel buio.

Mentre camminava si rese conto di essere stato il solo a sentire quel grido, nessuna delle ragazze che abitavano nelle stanze vicine usciva per dare un’occhiata.

Neppure le sue compagne di stanze sembravano essersene accorte.

Era tutto molto, molto strano.

“Non mi piace questo silenzio e questa calma. Possibile che solo io abbia sentito quel grido?”

“Quanto sei sciocco!”

Negi si irrigidì sentendo quella voce misteriosa e cavernosa proveniente da chissà dove.

“Chi è là?”

Udì un sibilo, l’istinto lo avvertì di chinarsi, appena in tempo, prima che una lama lo colpisse.

La lama si conficcò nella parete, e Negi vide di che cosa si trattava: una lama di ghiaccio!

“Un’arma di ghiaccio?! Ma… ma allora…”

Dal buio giunse un rumore di passi.

Negi si preparò alla difesa, sperando che i suoi sospetti fossero falsi.

Non fu accontentato.

Dal buio cominciò ad emergere una figura.

Prima sembrava una bambina, poi passo dopo passo cominciò a crescere fino a diventare una donna.

Infine, illuminata dalla luce lunare che le conferiva un colorito quasi spettrale, si fermò davanti a Negi, guardandolo sprezzante.

“E…Evangeline…”

“Esattamente, moccioso”.

“Ma… ma cosa stai facendo?”

“Sto facendo quello che avevo pianificato di fare sin da quando fui imprigionata qui. E ora me ne andrò”.

“Di… di cosa stai parlando? E cosa significa che te ne vai? La maledizione…”

“Ah ah ah ah ah ah! La maledizione! Dici giusto, stupido moccioso. Tu mi hai aiutata, e quindi penso che non ti ucciderò. Forse ti terrò come schiavo personale”.

“Non… non capisco…”

“Ci credo che ti ho raggirato. Sei di un’ingenuità unica”.

“Raggirato?”

Evangeline si alzò in volo e si diresse verso il fondo del corridoio.

“Evangeline, aspetta!”

Negi salì sul suo bastone e la inseguì volando.

Una miriade di pensieri si accavallavano nella mente del piccolo mago.

Pensieri che convergevano lentamente verso un’unica, terribile, risposta.

Alla fine del volo, Evangeline si fermò davanti all’ingresso degli enormi bagni del Mahora.

Negi arrivò in gran fretta, Evangeline lo guardò ammiccando con lo sguardo ed entrò con calma.

Il mago atterrò davanti alla porta, titubante.

Si fece coraggio ed entrò anche lui.

Ma pochi secondi dopo ne uscì indietreggiando, tremante e con il viso stravolto dall’orrore.

Cadde a terra.

“N…non…non… è possibile…”

“Perché impossibile? Hai dimenticato che sono una maga malvagia?”

Evangeline apparve dal nulla alle sue spalle.

“Sin… sin dall’inizio… hai… mirato… a questo…”

“Certo. Mettere me, una vampira, in un istituto pieno di ragazze, è stato come mettere uno squalo in una piscina affollata. Per tanti anni ho dovuto attendere il momento in cui avrei potuto affondare i miei canini in quei morbidi colli, succhiare tutto il loro sangue fino all’ultima goccia e poi ammassarle in un bel mucchio di cadaveri. Ora ho potuto farlo. E tutto grazie a te”.

“M… me?” balbettò incredulo Negi che non riusciva a distogliere gli occhi dall’orribile carneficina che si parava davanti a lui.

Tra i tanti corpi erano perfettamente in mostra quelli delle sue allieve.

“Si. La maledizione lanciatami da tuo padre mi aveva privato di quasi tutti i miei poteri. Ma grazie al tuo sangue, me ne sono finalmente liberata!”

“Ma… ma io… tu… non hai mai….”

Evangeline scoppiò a ridere.

“Davvero non ci arrivi? Secondo te per quale motivo ho voluto che i miei addestramenti venissero ripagati col tuo sangue?”

Negi rimase in silenzio.

“Tutte quelle ragazze le ho uccise, godendo un mondo nel farlo”.

Il giovane mago iniziò a tremare.

“Però non avrei mai potuto farlo senza il tuo aiuto”.

I tremiti aumentarono.

“Come uno stupido, hai creduto che le tue gentilezze potessero cambiare la mia natura. Farmi perdere il desiderio di vendetta contro tuo padre”.

I tremiti si fecero sempre più forti.

“Non hai sospettato minimamente che volessi il tuo sangue per liberarmi dall’incantesimo del Thousand Master”.

Negi si chinò in avanti.

“Quindi tutte quelle stupide ragazze le hai uccise anche tu!”

“TI UCCIDERO’!!!!!” gridò Negi con gli occhi pieni di lacrime.

Una fortissima aura energetica circondò Negi, che tentò di colpire Evangeline con un pugno.

La vampira lo evitò agilmente, l’energia del pugno colpì un muro distruggendolo a distanza.

“Tutto qui quello che sai fare? Ho davvero sprecato il mio tempo con te”.

Negi come una furia scatenata cercava in tutti i modi di colpire Evangeline, i suoi colpi cominciarono a distruggere tutto il corridoio senza mai raggiungere il bersaglio.

“Oh si. Il tuo odio è magnifico. Forza, ragazzino. Mostrami il tuo odio, la tua rabbia!”

Negi riuscì ad afferrare Evangeline per il collo e la fece schiantare con forza contro una parete.

E cominciò a riempirla di pugni.

Pugni potentissimi, ad ogni colpo il corpo della vampira affondava sempre di più nel muro.

“Perfetto! Perfetto! Fammi vedere quanto sei cattivo!”

Negi si allontanò con un balzo, e furente concentrò un’immensa quantità di energia nelle mani tenendole sollevate.

Man mano che l’energia aumentava, Negi si sollevava in aria.

Infine sovrastò la vampira.

Sagitta magica….”

“Si, il tuo potere è incredibile! Rendimi più forte!”

“…series lucis!!!”

“SSSIIIIIIIII! DIVENTA ANCHE TU MIO, NEGI SPRINGFIELD!!”

Dalle mani di Negi si sprigionarono delle accecanti saette luminose, Evangeline aprì le braccia come per accoglierle.

E fu allora che il bastone di Negi, caduto a terra dopo che il suo proprietario aveva scoperto il massacro, si animò.

Si mosse fulmineo e si frappose tra Evangeline e i fulmini, assorbendoli.

Quell’evento inaspettato ridestò Negi dalla sua furia.

“Il mio… bastone?!”

“Yarghhh! Maledetto!!!” gridò Evangeline imbestialita.

Tentò di colpire il bastone che si allontanò dirigendosi verso Negi.

Lo colpì con l’estremità sulla pancia, ma senza fargli male, e lo spinse verso il muro.

E fu dentro quest’ultimo che Negi e il bastone scomparvero, come se li avesse inghiottiti.

“Non mi aspettavo il tuo intervento. Ma aver salvato lui non ti servirà a niente!”


Negi gridò, e con un gesto convulso fece cadere i fogli che aveva sulla scrivania.

Smarrito si guardò intorno.

Era nella sua stanza.

E tutto era normale.

“Fiuuuu… accidenti che incubo” commentò rilassandosi.

“Negi, che succede? Hai gridato” domandò Asuna affacciandosi dal futon.

“Niente, mi sono addormentato mentre correggevo le vostre esercitazioni e ho avuto un incubo”.

“Be, non sei stato l’unico. Anzi, sono contenta che il tuo grido mi abbia svegliato. Era un sogno davvero sgradevole il mio”.

“Mi sa che il mio lo era di più. Comunque mi dispiace averti disturbato. Ora vado un momento al bagno, tu torna a dormire”.

“Va bene, buona dormita” rispose Asuna ficcandosi di nuovo sotto il futon mentre Negi si alzava.

Il suo grido non sembrava aver disturbato Shinobu e Konoka.

“Mmm, hanno il sonno davvero pesante” pensò mentre usciva dalla stanza.

Fu per questo motivo che non sentì cosa mormorava Konoka.

In realtà era stata svegliata eccome dal grido di Negi: “Stupido moccioso, stavo dormendo cosi bene! E questa idiota di Asuna non si preoccupa minimamente di me. Mi costringono persino a dormire stando sotto questa lurida barbona di Shinobu. Ma vadano tutti all’inferno!” mormorò rabbiosa.

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


5° CAPITOLO

Il mattino seguente, Negi si svegliò di buonora.

Era stato inizialmente titubante ad addormentarsi, temendo un altro incubo.

Però la notte era proseguita tranquillamente, quindi si sentiva più rilassato.

Shinobu dormiva ancora, rannicchiata sotto le coperte, e pure Kamo.

Asuna si era già alzata, per via del suo lavoro di consegna dei giornali.

Però all’appello mancava Konoka.

“Strano, di solito io e Konoka ci svegliamo nello stesso momento. Be, pensiamo alla colazione”.

Scese dal suo letto e andò nella piccola cucina.

E lì notò un’altra stranezza: la colazione non c’era.

“Eppure Konoka la prepara sempre. Per me non è un problema, ma ora abbiamo un ospite”.

I suoi pensieri furono disturbati da un forte bussare alla porta.

“Ops. Chi è?” domandò Negi affacciandosi dalla porta della cucina.

“Sono il professor Nitta. Professor Negi, deve aprire subito la porta”.

“E’ successo qualcosa?”

“Mi è stata segnalata una presenza estranea”.

Negi sentì un brivido lungo la schiena, e non ci mise molto a fare due più due.

“Un momento che sono in pigiama. Mi vesto e vi apro subito”.


Negi aprì la porta trovandosi di fronte l’alta e severa figura del professor Nitta.

“Di cosa si tratta esattamente?”

“Ho ricevuto una segnalazione. Lei avrebbe nascosto una barbona in questo appartamento. E le avrebbe permesso persino di usare il bagno centrale. Sebbene non abbia nulla contro i barboni, sa bene che l’ingresso di estranei nell’istituto è severamente proibito”.

“Capisco, ma guardi… è solo una calunnia. Conosco bene le regole”.

“Lo so. Ma data la fonte della segnalazione, non posso esimermi dal fare un controllo. Permette?”

“Prego, prego” fece Negi invitandolo ad entrare.

L’uomo entrò nella stanza, perquisendola da cima a fondo.

Poi passò agli altri locali, guardò dentro gli armadi e persino sotto il letto a castello.

Infine guardò fuori dalla finestra.

“Effettivamente non c’è traccia di estranei. Sarà stato uno scherzo, di pessimo gusto, proveniente tra l’altro da una persona che ritenevo incapace di cose simili. Invece mi ha davvero deluso. Mi scusi per il disturbo, professor Negi. E non dimentichi che tra poco ha una lezione”.

Nitta se ne andò, e appena la porta si chiuse, Negi tirò un sospiro di sollievo.

“Uff, è anche questa è fatta. Kamo, tutto a posto?”

Sul secondo piano del letto a castello comparvero all’improvviso Kamo e Shinobu, ancora addormentata.

“Capo, hai avuto davvero un’ottima idea. Il mantello dell’invisibilità del tuo amico Harry è stato davvero utile”.

“Ma anche la tua magia che ha impedito a Shinobu di svegliarsi è stata molto utile. Se si fosse svegliata durante il controllo di Nitta, chissà come si sarebbe spaventata”.

“Eheheh, la mia bolla insonorizzante non perdona”.

“Comunque adesso dobbiamo portarla via da qui. Temo che questo appartamento non sia più sicuro”.

“Chissà chi è stato a fare la soffiata a Nitta. Forse ieri sera non siete stati abbastanza guardinghi”.

“Forse. Però…”

“Però cosa?”

“Niente. Un sospetto assurdo. Muoviamoci, mi è venuto in mente un luogo perfetto”.


Negi adagiò Shinobu su un sacco a pelo.

Erano dentro una grossa tenda.

La ragazza dormiva ancora, e il giovane mago schioccò le dita.

Shinobu si destò lentamente.

“Buongiorno” la salutò Negi.

Shnobu rispose con un timido sorriso, ma quando si accorse che si trovava in un luogo diverso, si alzò spaventata.

Negi la afferrò per le braccia: “No, tranquilla, tranquilla. Ascoltami, per favore. C’è stato qualche problema, quindi ho dovuto portarti qui. Ti trovi in una tenda che appartiene ad una mia carissima amica. Qui sarai al sicuro. Non devi preoccuparti di niente. Ti ho portato anche del cibo, e uno dei vestiti di Asuna, e tra qualche ora verrò a trovarti, cosi risolveremo ogni problema. Lascerò Kamo a farti compagnia. Va bene?”

Shinobu annuì lentamente.

Negi sorrise: “Bene. Te la affido, Kamo. Ci vediamo più tardi”.

Negi uscì dalla tenda e sotto lo sguardo di Shinobu entrò nella grande foresta che ricopriva tutta la zona.

Appena fu certo di non essere più in vista, si alzò in volo sul suo bastone.

“Quella tenda è il rifugio segreto di Nagase per gli allenamenti da ninja. Il permesso glielo chiederò in classe, ma non credo che se la prenderà per la mia iniziativa. Speriamo non ci siano altri problemi”.


Dopo pochi minuti, Negi arrivò a destinazione, sentendo la solita confusione e il solito vociare.

Si rasserenò sentendo tutto questo, perché preannunciava una giornata come tutte le altre.

Entrò nella classe, accolto dal caloroso e abituale saluto di tutta la classe.

“Buongiorno a tutte”.

Mentre le altre si ricomponevano, Negi fece per andare da Konoka, però sembrava titubante.

“Ehilà, Negi, cosa c’è?” gli chiese sorridente Konoka, accortasi di essere fissata da lui.

“Eh… ecco… oggi…”

“Ah, parli della colazione? Scusa se non ho potuto preparartela come le altre volte, ho avuto un impegno davvero improvviso e urgente. Ma domani mi farò perdonare, promesso”.

“Uhm.. veramente… ma no, non preoccuparti. Non volevo chiederti questo, ho solo pensato una stupidaggine”.

Negi fece l’appello, le ragazze c’erano tutte tranne Evangeline e Chachamaru.

“Strano. Evangeline manca ancora. Dopo dovrò andare a trovarla. Per non essere venuta anche oggi, allora sta davvero male”.

Iniziò la lezione, e tutto andò normalmente.

Appena cominciò l’intervallo, un Negi pensieroso fu avvicinato da Asuna.

“Negi, stamattina tornando dal lavoro non ho trovato nessuno, proprio nessuno. Che è successo?”

Negi fece segno ad Asuna di avvicinarsi: “Qualcuno ha detto a Nitta della presenza di chi sai tu, e quindi ho dovuto portarla altrove” le sussurrò.

“Oh no! E chi può essere stato? Qualcuno ci avrà visto ieri sera”.

“Forse, stavo riflettendo proprio su questo. Comunque oggi pomeriggio ne parlerò col preside. E andrò a trovare Evangeline, che manca ancora”.

“Ehilà, di cosa confabulate soli soletti?”

“Yahh! Ma chi… Haruna?!”

“Esatto, la vostra fumettofila d’assalto. Cosa vi stavate dicendo prima? Era forse una confessione d’amore?”

“Ma quale amore! Questo qui ha solo dieci anni!” sbottò Asuna picchiettando nervosamente sulla testa di Negi.

“Asuna, piantala di trattare male il professore!” intervenne la capoclasse.

“Non sto maltrattando nessuno! E tu fatti gli affari tuoi!”

“Ti faccio vedere io!” sbottò Ayaka mettendosi in posizione d’attacco.

“Figurati se mi fai paura!” replicò Asuna.

“Attenzione, gente. Combattimento! Si accettano scommesse!” esultò Haruna.

“Ehm, Haruna, una lite in classe non mi sembra sia una cosa entusiasmante” obbiettò Negi.

“Non si preoccupi professore, tanto sa bene che quelle due non si fanno male veramente. E’ solo spettacolo, gratis per di più” rispose ammiccando Haruna.

E subito cominciò la rissa, abile mescolanza di arti marziali, wrestling e un pizzico di pugilato.

Le altre ragazze avevano fatto un cerchio intorno alle due combattenti, godendosi lo spettacolo.

Fu allora che Asuna notò qualcosa di strano.

Un lampo negli occhi di Ayaka, che fece per afferrare qualcosa nascosta sotto la giacca.

L’istinto di Asuna reagì prima del suo io cosciente, e spostò la testa di lato.

Giusto in tempo.

Perché altrimenti un lungo pugnale, anziché ferirle la guancia, le avrebbe infilzato la faccia.

Tutti i presenti rimasero pietrificati, un silenzio tombale calò nella classe.

Il silenzio era cosi totale, che si poteva sentire chiaramente il sangue di Asuna che gocciolava dalla lama impugnata da Ayaka.

“Asuna!” gridò Negi correndo dalla sua amica.

Il suo gesto ruppe l’immobilità della classe, le ragazze si strinsero intorno ad Asuna per aiutarla.

Solo Ayaka restava ferma ed impassibile.

E dopo qualche attimo, qualcuno si ricordò di lei.

“Capoclasse, ma sei impazzita!?” esclamò Yue.

“Stavi per infilzarla in faccia!” continuò Nagase.

“Avresti potuto ucciderla” accusò severamente Setsuna.

“Ed è un peccato che non ci sia riuscita” rispose sdegnata Ayaka mollando il pugnale e uscendo dall’aula.

“Voglio credere che stesse solo scherzando” disse Haruna.

“No, temo proprio di no. Ora capisco cos’era quello strano lampo visto nei suoi occhi. Era un’intenzione omicida” spiegò Asuna mentre Negi cercava di tamponarle il sangue con un fazzoletto.

“Comunque adesso ti porto in infermeria. Ragazze, la lezione è sospesa”.

“No, professore, non serve. Ci penso io a curare Asuna”.

Le altre lasciarono passare Konoka, smaniosa di agire, che si avvicinò alla sua amica.

“Ho un rimedio che eliminerà subito questa ferita”.

“Aspetta, non puoi usare… quella cosa… davanti a tutte” l’avvertì Negi.

“Oh no, professore, non intendo usare quella cosa. Ho un rimedio migliore”.

La ragazza tirò fuori dalla tasca dell’ovatta e una boccetta scura, versò molto del contenuto di quest’ultima sull’ovatta e la avvicinò alla guancia ferita di Asuna.

Asuna però la fermò.

“Un momento. Mi sembra che qualcosa non vada”.

“E cosa sarebbe? Io voglio aiutarti, lasciami fare”.

“E quello che voglio credere, ma qualcosa non mi convince”.

“Asuna, stai diventando paranoica!”

“La tua boccetta non mi convince! E non mi convince il fatto che tu sia cosi preparata, come se avessi già previsto tutto”.

Konoka cercò di applicare con sempre maggiore insistenza l’ovatta sulla ferita.

E Asuna con sempre maggiore forza le bloccava la mano.

Poi con un gesto improvviso le strappò dall’altra mano la boccetta e la allontanò con un leggero spintone.

Asuna osservò la boccetta.

“Ecco cosa c’era che non andava. Questa boccetta l’ho già vista tante volte, è un solvente chimico che usano nel mio club di disegno per effettuare dei restauri. Konoka, e tu volevi curarmi mettendomi sulla ferita un acido corrosivo?!”

Konoka guardò circospetta tutte le altre, che, Negi incluso, la fissavano chi più chi meno con occhi traboccanti di incredulità.

Un’incredulità che aumentò quando la nipote del preside scoppiò a ridere.

Non una risata allegra, bensì una risata sguaiata e crudele, da malvagio dei cartoni animati.

“E brava la cagna, te ne sei accorta. Non credevo che una persona ottusa come te potesse avere un simile spirito d’osservazione. Ho fatto male a credere che sarebbe bastato togliere l’etichetta. Pazienza, sarà per un’altra volta. Ayaka, lo scherzo è andato male”.

Da dietro la porta sbucò la capoclasse.

“Non… non eri andata via?” le chiese Yue.

“Certo che no, stupida. Io e Konoka avevamo organizzato tutto alla perfezione, e quella stronza di Asuna ha rovinato tutto. Per stavolta ti sei salvata, cagna, ma la prossima volta non ti andrà cosi bene”.

Detto questo, Ayaka se ne andò insieme a Konoka, che si voltò un’ultima volta verso Negi.

“Caro professore, adesso posso far disinfestare la nostra stanza, vero?”

“Eh? Ma… ma allora…”

Konoka sorrise soddisfatta mentre lasciava l’aula.

Le altre restarono ad osservare sbigottite la porta vuota.

Haruna borbottava qualcosa.

“Sto… sto sognando? Certo che sto sognando. Mi do un pizzicotto e mi sveglio”.

“Allora… dallo anche a me” mormorò Asuna “Le… le mie… se non hanno cercato proprio di uccidermi, ci sono andate vicine”.

“Va… va bene, ragazze, io… io porto Asuna in infermeria…”

Negi uscì dall’aula insieme ad Asuna.

“Non ci posso credere. Questo è un incubo!”

Il giovane mago era cosi smarrito che ad un certo punto Asuna dovette quasi trascinarlo.

“Negi, non puoi abbatterti cosi. Sono io che dovrei sentirmi come te, dato che sono io la vittima”.

“Asuna! Professore!”

“Tatsumiya! Setsuna!”

Le due ragazze li raggiunsero correndo.

“Professore, lei sa cosa è successo a Konoka?” domandò Setsuna.

“No, proprio no. E non so neanche cosa è successo alla capoclasse”.

“Potrebbe forse centrare quella Shinobu” suggerì Tatsumiya.

“Eh? Come fate a sapere di Shinobu?”

“Perché stamattina io e Setsuna abbiamo visto Konoka che parlava con Nitta a proposito di una barbona di nome Shinobu che ospitavate nel vostro appartamento, Asuna”.

“E credetemi, ho fatto la stessa faccia che tutti hanno fatto prima quando l’ho sentita descrivere quella Shinobu”.

“Che intendi dire, Setsuna?”

“Be, Negi, l’ho sentita definire quella Shinobu una ‘puttana lercia e bastarda’. Io conosco Konoka sin da piccola e mai, dico mai, l’ho sentita insultare qualcuno”.

Negi e Asuna ammutolirono.

“E’ stata davvero Konoka ad avvertire Nitta. Lo avevo pensato, ma mi sembrava talmente incredibile che ho rifiutato tale idea” pensò il professore.

“Chi è là?!”

Al suo grido, Tatsumiya fece seguire una pallottola sparata sopra una finestra.

Era stata talmente rapida nell’estrarre una delle sue pistole, che sembrava l’avesse avuta sempre in mano.

Una figura li stava osservando dalla finestra colpita, una persona che subito scappò.

“Quella… quella era Shinobu!” esclamò Negi.

E tutti le corsero dietro.

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Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


Per scusarmi della lunga attesa, eccovi un capitolo più lungo del solito. Spero vi piaccia:)

6° CAPITOLO

Negi e le sue tre allieve uscirono dall’edificio, cercando Shinobu con lo sguardo.

Il professore in particolare appariva molto preoccupato. “Cosa ci faceva qui? Le avevo detto di restare nel bosco”.

Tatsumiya tirò fuori le sue pistole. “Cerchiamola, non può essere andata lontana”.

Anche Setsuna fece per sfoderare la sua spada.

“Se vi fate vedere armate, la spaventerete soltanto” osservò Negi “Shinobu è una persona inoffensiva e molto fragile. Cerchiamola senza metterla in agitazione”.

“Professore, quella ragazza l’ha conosciuta solo ieri. Come fa a sapere che può fidarsi di lei?” obbiettò Setsuna.

Quella domanda ammutolì Negi. Ma per poco. “Capisco che non potete fidarvi di lei, ma almeno fidatevi di me. Sono sicuro che non è un pericolo”.

Le due ragazze con poca convinzione misero via le armi, poi si separarono per trovare la fuggitiva.

“Bene Negi, noi dove andiamo?”

“Asuna, tu devi andare in infermeria”.

“Eh? Ma questo è solo un taglietto”.

“Un taglietto che sanguina troppo, sembra che ti sei dipinta la guancia di rosso. La ferita potrebbe pure infettarsi, quindi vai in infermeria. Cercherò io Shinobu, tanto sai che non è pericolosa”.

“Uff, e va bene, comunque cercherò di fare il prima possibile. E tu stai molto attento. Anche io credo che Shinobu sia innocua, ma quello che è successo poco fa in classe mi inquieta assai”.

“Fidati” la rassicurò Negi ammiccando con lo sguardo.

Rimasto solo, il piccolo mago si diede alla ricerca.

Cominciò a guardare dietro i cespugli e gli alberi, aguzzando la vista quando vedeva delle persone in lontananza.

“Ehi, capo, sono qui!”

Negi riconobbe subito la voce di Kamo, ma non lo vedeva. “Kamo! Dove sei?”

Il piccolo ermellino sbucò da sopra un albero e saltò sulla spalla di Negi.

“Kamo, cosa è successo? Avevo detto a Shinobu di restare nel bosco”.

“Si, ma ad un certo punto ha cominciato a tremare e a piangere, ed è corsa via. Purtroppo il vedersi sola nel bosco l’ha spaventata troppo. Le sono corso dietro e visto che rischiava di perdersi in mezzo a tutti quegli alberi, l’ho guidata fin qui. Tanto con gli abiti che indossa ora non può certo essere scambiata per una barbona. Meglio con te che smarrita”.

“Giusto. E adesso dov’è?”

“Seguimi”.

Kamo saltò giù dalla spalla di Negi e lo condusse in una piazzola situata nel bosco, su un piccolo avallamento che dava una bella vista sull’isola con la biblioteca centrale.

Il luogo appariva incantevole, ma anche in stato di abbandono.

Kamo avanzò fino al bordo della piazzola, e indicò con la zampa verso il basso.

Avvicinandosi al punto indicato, Negi sentì un piangere sommesso, si affacciò e vide Shinobu rannicchiata alla base del muro su cui poggiava la piccola piazza.

“Shinobu”.

La ragazza sussultò e fece per scappare via.

“Shinobu, non scappare. Sono io, Negi”.

Shinobu si fermò e si prostrò ai piedi di Negi. “Perdonami, non volevo disubbidirti o disturbarti! Perdonami! Perdonami!” esclamò tra i singhiozzi.

“Cosa… cosa stai dicendo?”

“Non punirmi, ti scongiuro! Avevo paura! Ma non ti disubbidirò mai più! Ti prego!”

“Ora basta! Smettila!”

La ragazza si zittì e Negi si chinò su di lei. “Adesso smettila di piangere. Non voglio punirti, e tu non devi sentirti in colpa. Semmai la colpa è mia, avrei dovuto immaginare che non saresti stata bene in quella tenda in mezzo al bosco. Ma adesso rimedierò. Ti porterò da un anziano signore mio amico. Lui ti aiuterà. Avrei dovuto farlo prima. Forza, asciugati queste lacrime e vieni con me”.

Lentamente Shinobu si mise in piedi abbozzando un sorriso, e gentilmente Negi la prese per mano per guidarla fuori dal bosco.

“Uh, uh, uh, bravo Negi, ci sai davvero fare” pensò soddisfatto Kamo saltando sulla spalla del suo amico.

Dopo pochi minuti furono fuori dal bosco.

“Adesso andiamo dal mio amico. E’ il preside di questa scuola, una persona davvero buona e simpatica. Ti troverà una sistemazione”.

Shinobu sembrò titubante, poi inspirò per farsi coraggio. “N… Negi… chi… chi erano le due ragazze che stavano con te… prima?”

“Ah, che bello. Finalmente mi hai fatto una domanda sugli altri. Quelle due ragazze erano Tatsumiya Mana, la più alta, e Setsuna Sakurazaki. Possono incutere timore, ma sono due brave persone. Immagino che Tatsumiya ti abbia spaventata quando ha sparato alla finestra. Però lo ha fatto solo perché si sentiva spiata, e quindi ha reagito in quel modo. Dopo te la presenterò, vedrai che potrete diventare amiche. Anche con Setsuna”.

“Sa… sarebbe bello, si, molto bello”.

Kamo sussurrò qualcosa nell’orecchio di Negi. “Capo, hai trovato, Shinobu, eppure sento che qualcosa ti disturba ancora”.

“Shinobu, scusa un attimo, devo chiamare le altre per dire che ti ho trovata”.

Negi si allontanò da Shinobu di qualche metro, prese il cellulare e le diede le spalle, parlando a bassa voce. “Infatti. Poco fa Konoka e la capoclasse hanno cercato di fare del male ad Asuna. Ed è stata Konoka ad informare Nitta sulla presenza di Shinobu. Sembrano delle persone completamente diverse. E come se fossero diventate… malvagie”.

L’ermellino non nascose il suo stupore. “E come può essere? Fino a ieri era tutto normale”.

“Già, come può essere. Come possono delle persone buone e gentili come loro cambiare nel giro di una nottata… una nottata… che sia…”

“Ti è venuto in mente qualcosa?”

“No, e che mi è sembrato di ricordare… qualcosa. Ma adesso non ricordo proprio nulla”.

“Allora non sarà stato nulla di davvero importante. Cosa facciamo?”

“Per prima cosa, aiutiamo Shinobu”.

Negi estrasse la sua carta Pactio e fingendo di aggiustarsi la pettinatura, la avvicinò alla fronte per contattare Setsuna con la telepatia, dandole appuntamento insieme a Tatsumiya davanti all’ufficio del preside.

Subito dopo fece lo stesso con Asuna.

“Fatto, scusa per la lunga telefonata, Shinobu . Ora andiamo dal preside”.

Gli ampi corridoi, dallo stile sobrio e imponente, che conducevano allo studio del preside erano deserti e silenziosi.

Shinobu, condotta per mano da Negi, sembrava intimidita da quella grandiosità architettonica, i saloni e i corridoi erano cosi ampi che sembrava potessero passarci tre camion affiancati.

“Ne… Negi… ma tu sei sicuro che questo preside non mi caccerà via?”

“Te l’ho già detto, il preside è molto simpatico e disponibile” le rispose il piccolo mago “ Sono sicuro che si darà subito da fare per aiutarti, molto probabilmente ti iscriverà a questo istituto. Cosi avrai un’istruzione e potrai farti un sacco di amiche. Non sarebbe bello?”

“S-si, si. Ma ti rivedrò spesso?”

“Certamente. Io non solo abito qui, ci insegno pure”.

“I-insegni?”

“Ah si, non te l’ho detto. Io sono un insegnante di inglese. Nonostante la mia età, cerco di fare del mio meglio. E la classe a cui sono stato assegnato è veramente speciale. Spero di poterti presentare le mie allieve. Anzi, che ne dici se chiedessi al preside di iscriverti proprio nella mia classe?”

“Davvero potresti?”

“Certo”.

“Oh, grazie!”

Una voce arrivò dal corridoio che si profilava davanti ai due. “Professor Negi”.

“Setsuna. Tatsumiya”.

Negi girò l’angolo e vide le due ragazze in attesa davanti alla porta dello studio del preside.

“Ci sono stati problemi?” domandò la spadaccina Shinmei.

“No, nessuno”.

“Prima abbiamo sentito che parlava, ma con chi?” chiese Mana.

Negi rimase interdetto. “Come con chi? Con Shi…”

Solo allora si accorse che Shinobu era sparita.

Era stata cosi veloce e silenziosa, che il professore era rimasto inconsapevolmente con la mano che stringeva l’aria.

Neppure Kamo, sulla sua spalla, se ne era accorto.

Davanti a quella sparizione improvvisa, Negi si allarmò. “Kamo, dov’è finita?”

“Mmm, direi dietro quella porta laggiù” rispose l’ermellino dopo aver fiutato l’aria.

Negi andò ad aprire quella porta, di uno sgabuzzino, e vide Shinobu rannicchiata dietro una fila di scope.

“Cosa ti è successo, Shinobu?”

“In-incutono più timore di quanto avessi immaginato”.

“Oh, accidenti. Dai, vieni fuori, ci sono io con te”.

Lentamente Negi fece uscire Shinobu, e la presentò alle sue due allieve. “Shinobu, queste sono Tatsumiya Mana e Setsuna Sakurazaki. Tatsumiya, Setsuna, lei è Shinobu Maehara”.

Shinobu mormorò un ‘Piacere’, mentre le altre due ragazze la scrutavano da cima a fondo.

Poi risposero con un mezzo sorriso.

“Piacere di conoscerti” dissero insieme.

Negi sospirò. “Bene, fatte le presentazioni, che comunque avrei voluto più rilassanti, possiamo andare dal preside”.

“Veramente non c’è” lo informò Setsuna.

“Davvero?”

“Siamo qui da diverso tempo. Lo studio è vuoto. Stavamo aspettando per vedere se arrivava” spiegò Mana.

“Allora temo che dovrete aspettare un bel po’”.

“Professoressa Shizuna!” esclamò Negi.

La splendida insegnante si accostò a loro. “Il preside è uscito stamattina presto. E da allora nessuno l’ha più visto”.

“Come sarebbe a dire? E non lo avete cercato?” chiese Setsuna alquanto preoccupata.

“Certo. E non lo abbiamo trovato. Comunque il preside spesso sparisce in questo modo, e torna entro sera. Se per domani non sarà ancora tornato, allora credo che dovremo chiamare la polizia”.

Mana si mise davanti alla donna. “Perché non chiedete aiuto al professor Takahata?”

“E’ fuori per un viaggio all’estero”.

“E gli altri professori?”

“Eh, tutti impegnati a sedare delle risse”.

“Risse?”

“A partire da ieri sera c’è stato un preoccupante aumento delle risse nell’istituto. I tafferugli sono sempre accaduti ogni tanto, ma nelle ultime ore direi che sono cresciuti di molto. I ricoverati in infermeria sono tantissimi”.

“Ma è un fatto gravissimo!” esclamò Setsuna.

“Infatti. Senza contare che col passare del tempo questi scontri sembrano aumentare sempre di più non solo come quantità, ma anche come violenza. Non si tratta di risse scherzose come quelle tra Asuna e la vostra capoclasse. Fanno sul serio e si fanno veramente molto male”.

Quel paragone fece rabbrividire Negi.

La professoressa non sapeva ancora della svolta che le risse tra Asuna e la capoclasse avevano avuto proprio quel giorno.

“Ora devo lasciarvi. Se incontrerò il preside, gli dirò che lo cercate”.

Quando la donna se ne fu andata, Setsuna apparve davvero inquieta. “La faccenda si fa sempre più grave. Qualunque cosa sia successa a Lady Konoka e alla capoclasse, non è un fatto isolato”.

“E dubito che la scomparsa del preside sia una coincidenza” continuò Mana.

Negi, con una mano sul mento, si fece pensieroso. “E’ davvero tutto molto strano. Quando verrà Asuna dovremo organizzarci per indagare”.

“Hai ragione, capo. Però c’è un'altra stranezza che nessuno di voi ha notato”.

“Kamo, a cosa ti riferisci?”

“Al fatto che la professoressa Shizuna non ci ha chiesto nulla di Shinobu”.

“Già. Perché non…”

Negi si guardò in giro. “E’ scomparsa ancora?!”

“E’ incredibile la velocità e la silenziosità con cui si muove” commentò Mana.

Kamo fiutò l’aria. “Eh si. E indovinate dove si è nascosta”.

Asuna stava correndo verso il luogo dell’appuntamento con Negi.

Purtroppo la ferita alla guancia era cosi profonda che avevano dovuto metterle dei punti.

Comunque c’era un’altra cosa di cui doveva parlare con Negi.

E come se lo avesse evocato, se lo vide venire incontro insieme a Shinobu, Kamo, Mana e Setsuna.

“Negi, per fortuna. Sta succedendo qualcosa di molto inquietante. All’infermeria..”

“Lo so. E’ piena di persone rimaste ferite in risse” proseguì lui.

“Come fai a saperlo?”

“Me l’ha detto la professoressa Shizuna. Stanno scoppiando risse violente in tutto l’istituto”.

Setsuna si piazzò davanti ad Asuna, quasi scostando Negi. “Hai notizie di Konoka?”

“No, Setsuna, non l’ho proprio vista. E neppure la capoclasse” fu la risposta sconsolata.

“Maledizione!” sbottò la spadaccina Shinmei.

Un altro professore, Seruhiko, tutto trafelato raggiunse il gruppo. “Meno male che l’ho trovata, professor Negi. Presto, deve venire con me. Al club di belle arti sembra che siano diventati tutti dei vandali e stanno distruggendo tutto!”

“Che cosa?!”

“Si, una semplice selezione di quadri per un concorso si è trasformata in una vera e propria battaglia. Venga, presto!”

“Si, subito” disse Negi. Che cercò di organizzarsi. “ Allora facciamo cosi: Asuna, accompagna Shinobu al nostro appartamento e poi vai a cercare Konoka e la capoclasse. Se le trovi, non affrontarle e avvisami immediatamente. Shinobu, resta nell’appartamento e non aprire a nessuno.”.

“Io e Setsuna invece andremo alla ricerca del preside” propose Mana.

“Bene. Muoviamoci”.

Mana e Setsuna videro gli altri andare via.

“Veramente grave la situazione. C’è sotto qualcosa di soprannaturale” disse la prima.

“Sicuramente. Però non ho percepito niente”.

“E neppure io. Questo vuol dire che chiunque sia il nostro avversario, è davvero molto forte”.

“E se riesce ad occultare cosi bene la sua presenza, allora quella Shinobu non è scagionata. Non emana alcuna aura e sembra pulita. Ma non si sa mai. Hai notato poi quel collarino che porta al collo?”

“Naturalmente. Non mi sembra il tipo di oggetto che si porta per motivi estetici”.

“Comunque il professor Negi si fida di lei. Per ora ci fideremo anche noi. Adesso andiamo con ordine: troviamo il preside”.

“Voi due, aspettate”.

La professoressa Shizuna andò incontro alle due ragazze. “Mi sono ricordata un dettaglio: dall’ufficio del preside ho visto uscire Chachamaru, poco prima che uscisse lui”.

“Chachamaru? Ma avete controllato nella casa di Evangeline?” domandò Setsuna.

“Si, e non c’era nessuno”.

“Nessuno?”

“Nessuno. Però c’era un biglietto di Evangeline su un tavolo, e diceva che era andata a fare una passeggiata. Non so se è una cosa importante, ma ho voluto dirvela. Ora scusate ma devo correre in infermeria”.

Rimaste sole, le due ragazze si guardarono e corsero verso il bosco.

Setsuna lanciò un’occhiata a Mana. “Dovremmo dirlo al professore”.

“Meglio non fargli correre eventuali rischi. E poi adesso è già molto impegnato” fu la risposta.

****

Negi e Kamo stavano finalmente tornando al loro appartamento.

Sedare la rissa, o meglio, la battaglia nel club di belle arti era stato estenuante: i ragazzi avevano cominciato a lanciare addosso agli insegnanti di tutto, persino i treppiedi dei quadri, con i quadri, le sedie e i banchi.

Alla fine i professori avevano avuto la meglio e siccome gli studenti, e anche qualche insegnante, erano tutti feriti, dovettero portarli in infermeria legati alle barelle per evitare che ricominciassero.

Negi appariva estremamente preoccupato. “Sembra che il Mahora stia diventando un inferno, Kamo”.

“Lo sembra davvero. E non abbiamo ancora nessun indizio. Ehi guarda, ci sono Chizuru e Natsumi”.

Le due allieve di Negi si stavano aggirando per il parco, e appena visto Negi gli corsero subito incontro.

“Chizuru, Natsumi, cosa c’è?” domandò Negi.

Le espressioni ansiose delle sue allieve non promettevano nulla di buono.

Fu Chizuru la prima a parlare. “Professore, volevamo chiederle se sapeva dove si trovava Kotaro”.

Negi rimase di sasso. “Chizuru, cosa vuoi dire?”

“E da ieri sera che manca. Aveva detto che per colazione sarebbe tornato, ma stamattina non si è visto. Siamo andate a vedere nella nostra stanza adesso e ancora non è rientrato. Comincio a preoccuparmi”.

“Non risponde neanche al cellulare” aggiunse Natsumi.

“Mi dispiace, ma non so nulla. Ultimamente stanno accadendo troppe cose e troppo in fretta”.

Chizuru annuì. “Ha ragione. Del resto, sono ancora sconvolta per la faccenda della capoclasse. E pensare che fino a ieri sera era perfettamente normale”.

“Vi prometto che farò di tutto per risolvere questa situazione, di qualunque cosa si tratti. Ora tornate subito nella vostra camera, il sole sta tramontando e forse non è molto prudente stare fuori, oggi”.

Le due ragazze salutarono con un inchino e se ne andarono.

Poco dopo arrivò di corsa Asuna. “Tutto bene?”

“Domare quello scontro è stato una faticaccia, ma ce l’abbiamo fatta. E tu hai trovato Konoka e la capoclasse?”

“No, purtroppo”.

“Capo, perché non usi la tua carta per chiamare Konoka?” propose Kamo.

“Ah, è vero. Non ci avevo pensato”.

Negi estrasse la carta del suo Pactio con Konoka, e cercò di contattarla.

Senza riuscirci.

“Niente, non risponde”.

Asuna appariva alquanto preoccupata. “Ma dove diavolo si saranno cacciate?”

“Come se non bastasse” aggiunse Negi “sembra che ci sia un altro scomparso. E’ Kotaro”.

“E’ davvero terribile! Di questo passo viene da chiedersi chi sarà il prossimo”.

“Qualunque cosa stia succedendo, dobbiamo fermarla. Ma prima devo sincerarmi che le altre stiano bene”.

Attraverso le sue carte, Negi contattò le altre sue ministra magi.

Si sentì sollevato quando Nodoka rispose, dicendo che per il momento stava bene ed era insieme a Yue e Haruna.

Negi disse loro di raggiungerlo subito al suo appartamento, trovando una scusa per seminare Haruna.

Ma quando toccò a Setsuna, il sollievo sul volto di Negi sparì. “Setsuna non risponde alla chiamata, come Konoka”.

“Oh no! Non può essere successo qualcosa proprio a lei!” sbottò Asuna.

“Lo spero anche io. Lei e Tatsumiya dovrebbero essere in grado di difendersi. Però adesso temo che la situazione sia ancora più grave di quanto pensassimo. Dobbiamo prendere delle precauzioni, ma senza creare allarmismi nella classe, che già sarà troppo preoccupata”.

Negi chiamò tramite il cellulare tutte le altre sue allieve, per sincerarsi che stessero bene.

Quando fu il turno di Nagase, Ku e Asakura, disse loro che si sarebbero ritrovati nel suo appartamento.

Chiamò anche Evangeline: la maga-vampira non usava il cellulare, ma almeno la sua baita aveva il telefono.

“Pronto?” rispose dall’altro lato dell’apparecchio una voce femminile dal sottofondo metallico.

“Chachamaru, sono il professor Negi”.

“Salve-professore-cosa-le-serve?”

“Ehm, volevo sapere se stavate bene”.

“La-mia-padrona-è-ancora-bloccata-a-letto-ma-per-il-resto-va-tutto-bene”.

“… Chachamaru…”

“Si?”

“Ecco io… volevo sapere se avevate visto Tatsumiya, Setsuna, il preside, Kotaro, Konoka e la capoclasse o almeno uno di questi”.

“Nessuno-di-loro”.

“Capisco. Scusa il disturbo e abbi cura di Evangeline”.

“Naturalmente”.

Negi chiuse il contatto e Asuna lo guardò perplessa. “Negi, cosa succede? Hai una strana espressione”.

“Ho parlato con Chachamaru. E continua a sembrarmi… diversa”.

“Be, una come Chachamaru non credo possa impazzire. O essere posseduta, come credo stia succedendo alle altre. Le uniche che potrebbero manometterle il cervello sono Hakase e Chao, che sono ancora sane. Perciò penso che ti stai facendo influenzare troppo dalla situazione attuale”.

“Hai ragione, Asuna. Ora andiamo dalle altre”.

****

“Forse non è stata proprio una buona idea portare qui Shinobu” pensò Asuna davanti alla porta sfondata del loro appartamento.

“Shinobu!” esclamò Negi fiondandosi dentro la stanza.

C’era molto disordine, anche se il suo angolo di studio non era stato toccato.

E nessuna traccia di Shinobu.

Negi si sentì pieno di rabbia, e del tutto impotente. “Dannazione! Dannazione!”

“Professore, cosa è successo?” domandò una voce proveniente dal corridoio esterno.

Era la voce di Yue, e dietro di lei, bisbigliando preoccupate, c’erano le altre ragazze che aveva chiamato.

“Asuna, resta qui con loro, io verrò subito” disse risoluto Negi.

“ Dove intendi andare?”

“A cercare Shinobu, non posso lasciarla da sola. Non conosce nemmeno l’istituto”.

Sentendo quel nome sconosciuto, Nodoka rimase molto perplessa.

“Ehi, chi sarebbe questa Shinobu?” domandò incuriosita Asakura.

“Uff, ve lo spiego io” rispose Asuna mentre Negi correva via.

“Kamo, mi affido al tuo fiuto”.

“Non preoccuparti, capo, l’ho già sentita. Seguimi”.

L’ermellino corse fuori dal dormitorio e si infilò nel bosco.

“Shinobu è andata nel bosco? Ma allora… Kamo, vieni sulla mia spalla, presto”.

“Hai capito dove si trova?”

“Si, nell’unico luogo del bosco che conosce”.

Negi spiccò il volo sul suo bastone.

La tenda di Nagase sembrava intatta.

Negi atterrò lì vicino e vi guardò dentro. “Accidenti, sembra che non ci sia nessuno”.

Kamo annusò nuovamente l’aria. “Eppure il mio fiuto mi dice che è proprio qui dentro. O meglio ancora…”

L’ermellino saltò dalla spalla di Negi verso un punto vuoto della tenda.

E improvvisamente rimase fermo a mezz’aria.

“…è proprio qui. Ta-daan!”

Con la bocca Kamo sollevò qualcosa di invisibile, e cosi apparve una spaventata Shinobu.

“S-Shinobu!”

La ragazza si rannicchiò su se stessa, guardando timidamente Negi. “C-ciao”.

Kamo ritornò sulla spalla di Negi. “Eh, capo, ormai è inutile fingere. Ha trovato il mantello dell’invisibilità e l’ha pure usato”.

“Shinobu” disse Negi andandole vicino “per fortuna stai bene. Ma cosa è successo?”

“Stavo aspettando nella stanza, quando fuori è successo qualcosa, c’era gente che gridava, rumori forti. Ho… ho provato a cercare un riparo, e mi sono nascosta in un armadio tentando di mimetizzarmi con questo mantello. Qualcuno è entrato, era… era Konoka insieme ad altre persone. Ha rovesciato tutto, e cercava me. Ha detto:’Quella lercia barbona non è qui’. Ha aperto anche l’armadio, ma non mi ha vista, e se ne è andata imprecando. Uscendo dall’armadio, ho notato che questo mantello… rende invisibili. E avendo paura a restare lì, mi sono rifugiata in questa tenda” spiegò la ragazza.

“Accidenti, Konoka…. Senti Shinobu, secondo te perché questo mantello rende invisibili?”

Shinobu rifletté per qualche attimo. “Perché… perché è magico?”

“Esatto, bella, lo stesso motivo per cui io parlo” disse Kamo accendendosi una sigaretta.

La ragazza guardò notevolmente stupita Negi e Kamo. “Un ermellino parlante, un mantello invisibile… Negi… tu… non sarai mica…”

Negi si mise una mano sulla testa. “Ebbene si, sono proprio un mago. Scusa se non te l’ho detto, ma la mia vera identità deve restare segreta. Promettimi che non lo dirai a nessuno”.

Shinobu sorrise. “Si, te lo prometto”.

“Bene allora, ora andiamo alla biblioteca. Al Mahora sta succedendo qualcosa di brutto, e dobbiamo decidere cosa fare. Ti spiegherò tutto mentre voliamo”.

“Voliamo?”

“Si, il mio bastone vola”.

“Ah, Negi, dimenticavo. Mentre correvo nel bosco, ho trovato per terra qualcosa che forse appartiene a quella Setsuna”.

Detto questo, tirò fuori la carta-pactio della spadaccina.

Vedendola, Negi rimase pietrificato.

La prese in mano e la scrutò.

Davanti a quella reazione, Shinobu ebbe paura. “Qual-qualcosa non va?”

“Purtroppo si. Ma non preoccuparti, riusciremo a risolvere tutto”.

Un attimo dopo, si alzarono in volo sul bastone.

Nell’appartamento di Negi e Asuna, le ragazze si guardavano attorno smarrite: chi poteva aver fatto tutto ciò?

Nagase e Ku avevano cercato invece di sistemare la porta sfondata, riuscendo solo ad appoggiarla al muro nella sua posizione originale.

“Sempre meglio di niente” commentò la ragazza ninja “Almeno finché non torna il professore”.

Qualcuno bussò alla porta, Nagase la scostò.

“Professore, felice di vederla sano e salvo” lo salutò la ninja.

Negi entrò insieme a Shinobu. “Grazie. Ehi, ma quella è Haruna!”

“L’unica e sola” replicò orgogliosa la quattrocchi appoggiandosi a Yue e Nodoka.

“Ci scusi, ci ha pedinato” mormorò Nodoka.

Haruna cominciò a scrutare con occhi da predatrice Negi e le sue amiche. “Non capisco il motivo di tutta questa segretezza. Mi nascondete qualcosa?”

Yue, per distogliere la sua attenzione , adocchiò Shinobu. “Dunque quella sarebbe Shinobu Maehara” .

Negi fu lesto a cogliere l’occasione. “La conosci?”

“Asuna ci ha informati” spiegò la piccola leader della Baka Rangers.

“Giusto. Allora Shinobu” Negi iniziò ad indicare una per una le sue allieve “loro sono Kaede Nagase, ninja, Kuu Fei, esperta di Kung-Fu, Yue Ayase, grande appassionata di cultura, Nodoka Miyazaki, amante dei libri e Haruna Saotome, appassionata di fumetti. Infine, Asakura Kazumi, giornalista”.

“Pia-piacere di conoscervi” rispose titubante la nuova venuta.

“Piacere nostro” risposero in coro le altre.

Il modo in cui guardavano Shinobu era certo più allegro degli sguardi indagatori di Mana e Setsuna.

In particolare Asakura la guardava in modo molto malizioso. “Certo che questa Shinobu è davvero carina. Complimenti, professore, anche se è inglese, ha il fascino del latin lover”.

“Eh?! Ma io…”

“Oh si, Asuna ci ha spiegato anche che l’ha fatta dormire qui, le ha lavato i vestiti, e ora mostra tutta questa preoccupazione per lei. Non sarà che…”

“Assolutamente no!” esclamarono imbarazzati Negi, Shinobu e Nodoka.

Che stupiti si guardarono e arrossirono ancora di più.

“L’ho aiutata solo perché… aveva bisogno di aiuto” iniziò Negi

“Siamo solo amici” continuò Shinobu.

“Si, sono solo amici” concluse Nodoka.

Che si beccò due occhiate divertite da Haruna e Asakura.

Asuna decise di intervenire. “Scusate, ma piuttosto che fare questa specie di gioco delle coppie, non dovremmo capire cosa sta succedendo? Vi ricordo che oggi la capoclasse e Konoka hanno quasi tentato di uccidermi”.

“Hai ragione, scusaci” ammisero Asakura e Haruna.

“Be, in realtà” disse Yue “non abbiamo molti elementi a disposizione. Sappiamo che da un giorno all’altro Konoka e Ayaka sembrano essere diventate delle aspiranti assassine, e che nell’istituto sono scoppiate ultimamente molte risse, parecchio violente”.

“Ma non è solo questo. Shinobu mi ha detto che è stata Konoka, insieme ad altre persone, a devastare questo appartamento. Cercavano lei, e non credo avessero intenzioni benevole. E come se non bastasse, Kotaro, Setsuna, Tatsumiya e il preside sembrano scomparsi” aggiunse Negi.

Kaede incrociò le braccia e scosse la testa. “La situazione allora è davvero molto preoccupante”.

Le ragazze poi, a parte Haruna, guardarono con aria interrogativa Negi.

In particolare Yue. “Questa faccenda potrebbe avere origini… particolari, professore?”

“Non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo, mi dispiace” rispose il piccolo mago.

Con ogni probabilità tutto quello che stava succedendo aveva davvero una origine magica, ma lui non sapeva spiegare che cosa fosse.

E la frustrazione dovuta al sentirsi inutile, aumentava.

“Comunque” riprese Negi “dobbiamo reagire. Mentre venivo qui ho notato che la situazione sembra essersi calmata. Forse sta passando, o forse no. Ma è meglio essere prudenti. Kaede, tu e Ku questa notte controllerete il dormitorio. Certo l’edificio è troppo grande perché possiate sorvegliarlo tutto, ma almeno potrete verificare che le ragazze della nostra classe stiano bene. Alle altre provvederanno gli altri professori. Asuna, tu, Haruna e Asakura andrete a cercare Konoka, la capoclasse e il preside, mentre io cercherò Setsuna, Mana e Kotaro. Yue, tu e Nodoka terrete compagnia a Shinobu nella vostra stanza”.

Yue fece per obbiettare, ma Negi si mise davanti a lei e le segnalò con un gesto della mano che le avrebbe parlato dopo.

Asakura diede a Negi una vigorosa pacca sulla schiena. “Complimenti, professore, si sta dimostrando un vero leader”.

“Tsk, hai detto una sciocchezza. Un vero leader saprebbe cosa sta succedendo, e non avrebbe perso di vista tutte quelle persone amiche” ribatté lui molto severamente.

“Ma io…”

“Oh, scusami, scusami Asakura, tu mi hai fatto un complimento e io ho risposto in maniera cosi sgarbata. Perdonami. E solo che io sono il vostro insegnante, siete sotto la mia responsabilità, e non sono riuscito a fare niente per le vostre compagne”.

“Piantala con questi discorsi da fallito. La partita è ancora tutta da giocare, e non sei mica solo” replicò seccata Asuna.

Anche Kaede, Ku e le altre lo incoraggiarono.

“Certo, siamo tutte con lei, professore”.

“Il mio Kung-Fu è al suo servizio”.

“Faremo di tutto per aiutarla. Ci fidiamo di lei”.

Negi si sentì rincuorato. “Vi ringrazio. Avete ragione, non è il momento di abbattersi. Diamoci da fare!”

Rapidamente la stanza si svuotò.

“Ah, che bello poter parlare di nuovo. A causa di Haruna devo starmene zitto per cosi tanto tempo, che mi sembra di sparire” sospirò Kamo.

Negi trattenne un momento Yue, Nodoka e Shinobu. “Yue, tu e Nodoka potreste condurre delle ricerche per capire cosa sta succedendo?”

“Non c’è problema. Durante una delle nostre ultime esplorazioni, ho trovato un gran numero di libri riguardanti episodi storici in cui era coinvolta la stregoneria con annessi casi di possessione”.

“Bene, andate allora, e portate con voi Shinobu. Non dovete preoccuparvi, anche lei conosce il mio segreto”.

Yue squadrò Negi leggermente. “Anche lei? Mi sa che tra di voi c’è davvero una certa intimità”.

“Non è vero!” esclamarono in coro Negi, Nodoka e Shinobu.

Yue sospirò. “Va bene, andiamo”.

****

Calò la sera sull’istituto Mahora, una sera tranquilla, incredibilmente tranquilla rispetto a quanto accaduto quel giorno.

Nella grande biblioteca centrale, tra le tante sale di letture, immense e vuote, ce n’era una più piccola con la luce accesa.

Shinobu dormiva appoggiata su un tavolo poco distante da quello su cui Yue leggeva con grande rapidità degli antichi volumi.

Tecnicamente anche Nodoka, che le stava affianco, avrebbe dovuto farlo. Ma sembrava che qualcosa non andasse.

Yue se ne accorse subito. “Nodoka, cosa c’è?”

“Eh? Nulla, è tutto a posto”.

“Non credo proprio, dato che il tuo ritmo di lettura è notevolmente calato. Per leggere quelle pagine, ci stai mettendo più tempo di quanto impieghi solitamente”.

Nodoka rimase in silenzio.

“Nodoka, guarda che lo so di cosa si tratta”.

“Si?”

“Si. Riguarda lei”.

Yue con lo sguardo indicò Shinobu.

Nodoka non rispose e rimase con la testa bassa.

“Sei gelosa” continuò Yue “Ammettilo. Questa Shinobu sembra arrivata dal nulla, e come niente catalizza su di se l’attenzione del professor Negi. Sei preoccupata, temi di aver trovato una rivale che possa sottrarti ogni speranza di conquistare il professore”.

Come risposta giunse solo un mugugno.

“Ma se vuoi la mia opinione, penso che puoi stare tranquilla. Il professore è molto buono, questa ragazza deve aver avuto una vita davvero difficile, che noi possiamo appena immaginare. Basta pensare al suo mutismo, solo quando c’è Negi sembra aprirsi un po’. A causa di questo, è ovvio che il professore gli dedichi delle attenzioni particolari. Ma sono sicura che non si tratta di amore”.

Nodoka sollevò la testa. “Lo… lo pensi davvero?”

“Certamente”.

Allora Nodoka sorrise. “Be, ti ringrazio allora. Anche se un po’ mi vergogno. Voglio dire, questa povera Shinobu, come hai detto tu, deve avere avuto una vita davvero difficile. Andrebbe aiutata. E io invece, mi preoccupo solo della possibilità che possa togliermi ogni chance col professore”.

“Purtroppo questo è un piccolo esempio di quanto le questioni di cuore siano complesse. L’amore a volte può spingerci verso ragionamenti egoistici”.

“Hai ragione”.

Detto questo Nodoka si alzò, prese una delle coperte che avevano portato per proteggersi dal freddo della notte e la mise sopra Shinobu.

Nel farlo, Nodoka si accorse del collarino che la nuova arrivata teneva intorno al collo.

“Buffo” pensò “e’ cosi piccolo che trovo difficile credere che sia un ornamento”.

Yue, guardando quella scena, sorrise amaramente. “L’amore, oltre ai ragionamenti egoistici, può spingerci anche a discorsi egoistici” mormorò.

E si tirò degli schiaffetti .

Ad un tratto sentì un lieve spostamento d’aria sopra di lei.

Nulla di forte, fu come una breve brezza che le mosse qualche capello.

Guardò il soffitto, che stava cosi in alto da non essere visibile con la lampada del tavolo.

Sopra di lei si estendeva solo una impenetrabile coltre scura.

“Mah, sarà stato uno spiffero di corrente”.

Si immerse nuovamente nella ricerca di eventuali indizi presenti in quei grossi libri.

Subito dopo, anche Nodoka riprese il suo lavoro.

Si immersero cosi tanto nella lettura, da non accorgersi della figura avvolta in un largo saio scuro che rapida e silenziosa si muoveva tra gli scaffali.

****

“E alla fine è passata anche questa notte”.

“Hai ragione, capo. E non è successo niente”.

Negi atterrò col suo bastone su un alto albero, contemplando il panorama mattutino del Mahora. Quel bel panorama lo tranquillizzò almeno in parte. “Non è successo niente di nuovo, Kamo, ma non abbiamo trovato nessuno degli scomparsi. Speriamo che alle altre sia andata meglio”.

Tramite la carta-pactio contattò Asuna. “Asuna, mi senti?”

“Forte e chiaro. Ci sono novità?”

“Nessuna purtroppo. E tu?”

“Niente da fare. Konoka e Ayaka sembrano scomparse nel nulla”.

“Maledizione. Contatto le altre, ci vediamo al mio appartamento”.

Poco dopo, il gruppo di Negi si radunò nella stanza del professore.

“Kaede, Ku, tutto a posto?”

“Si, professore. Abbiamo incontrato anche gli altri professori e alcuni studenti universitari che svolgevano servizio di ronda come noi. Non ci sono stati problemi. Li abbiamo lasciati che andavano a farsi un sonnellino” rispose Kaede.

“E in tutto l’istituto sembra cessato ogni problema” aggiunse Ku.

“Lo so. Sembrerebbe tutto a posto, se non fosse per gli scomparsi che ancora non si trovano”.

Negi già sapeva, grazie alla telepatia della carta, che Yue e Nodoka non avevano trovato nulla.

Mentre gli altri decidevano il da farsi, Haruna si avvicinò a Shinobu, che se ne stava in disparte.

“Ehi, Shinobu, finora non abbiamo avuto modo di parlare, ma sembri una persona simpatica. Vogliamo essere amiche?”

Haruna porse la mano alla ragazza, che si limitò a sorridere timidamente.

“Be, un sorriso è meglio di niente. Allora, troviamo un attività che possa coinvolgerci entrambe. Facciamo a turno. Tu hai qualche hobby?”

Shinobu scosse la testa.

“Ok, allora comincerò io. Ti hanno detto che a me piacciono i manga, giusto? Ne conosci qualcuno?”

Altra risposta negativa.

“Già, probabilmente non hai mai avuto l’opportunità di leggerne. Ah, ci sono, per avvicinarti alla materia, ti mostrerò alcuni cosplay riguardanti personaggi dei manga. Conosco un ottimo sito, gestito da una nostra compagna di classe. Si chiama Chisame Hasegawa, ma nel web tutti la conoscono come Chiu. E’ bravissima nel mascherarsi. Vuoi vedere questo sito?”

Shinobu annuì.

“Bene, allora, Konoka una volta mi mostrò dove teneva il suo computer portatile”.

Haruna aprì alcuni cassetti della scrivania di Konoka, trovando il portatile.

“Bene. Ora lo accendo, lo collego ad internet, inserisco l’indirizzo… e voilà! Ammira!”

Shinobu guardò incuriosita lo schermo, ma subito impallidì, emise un grido e si coprì gli occhi.

Quel grido attirò l’attenzione degli altri.

“Shinobu, cosa è successo?” domandò Negi.

Haruna impallidì. “Oh… oh mio Dio! Professore, ragazze, guardate il sito di Chiu!”

Tutti osservarono lo schermo che stava indicando, restando ammutoliti.

Sull’home page del sito di Chiu campeggiava l’immagine, tremendamente realistica, di un cadavere di ragazza inchiodato su una croce a x e col ventre squarciato.

E quella ragazza la conoscevano pure.

“Ma… ma è la capoclasse!” esclamò Asuna, che coprì gli occhi di Negi.

Yue rimase disgustata. “Dio, che orrore!”

Asakura cliccò sulle altre pagine. “Fatemi controllare una cosa”.

Ad ogni pagina, altri orrori: le ragazze della III A uccise nei modi più crudeli.

E quelle immagini erano davvero fatte molto bene, sembravano foto autentiche.

Nodoka non resistette a quella vista e vomitò.

Come se volesse imitarla, Shinobu fece lo stesso.

Con un gesto rapidissimo, Haruna spense il computer. “Che cosa mostruosa! Dobbiamo avvertire Chisame che qualche hacker maniaco ha invaso il suo sito”.

“Si, presto” convenne Negi.

Lasciarono la stanza e corsero verso l’appartamento di Chisame.

Raggiuntolo, bussarono senza udire risposte.

Negi allora si fece coraggio e aprì la porta.

“Hasegawa, scusa se entriamo, dobbiamo dirti di una cosa gravissima accaduta al tuo sito”.

La stanza appariva vuota e immersa nel buio, illuminato solo dalla luce del monitor di un computer.

Lentamente il gruppo entrò.

“Hasegawa, sei qui? Sono Negi”.

Il giovane professore avanzò fino allo schermo acceso, lo guardò e distolse lo sguardo.

“Urgh, Hasegawa sa già del suo sito”.

“Allora dov’è finita?” si domandò Asuna.

“Forse è scappata sconvolta per quello che è successo al suo sito” le rispose Asakura.

“Scordatelo, puttana!”

Con uno scatto fulmineo, Kaede spostò in avanti Asakura, prima che venisse colpita da un ascia.

Negi e le ragazze rapidamente indietreggiarono, mentre dal buio uscì fuori Chisame, con un nuovo costume: un vestito bianco e con la gonna, molto elegante, con un largo berretto sulla testa.

Nella mano destra la ragazza impugnava un machete dalla punta ricurva.

“Siete venute tutte, luride stronze. Bene! Ora potrò passare dall’immaginazione alla realtà! E lo farò seguendo il mio nuovo idolo: Rena Ryugu!”

Con uno sguardo esaltato, Chisame cercò di colpire le altre.

La sua furia però era inutile contro Ku, che bloccò il machete con una mano e con l’altra stordì la cos player colpendola allo stomaco.

Chisame cadde a terra.

Negi e le ragazze si guardarono.

La spiegazione era una sola.

E come a confermarlo, un'esplosione fece tremare tutta la stanza.

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Capitolo 7
*** 7° CAPITOLO ***


7° CAPITOLO

“Cos’era quella esplosione?”

Negi e le sue compagne corsero fuori dal dormitorio.

Videro una grossa colonna di fumo nero alzarsi dalla zona universitaria.

Asakura aguzzò lo sguardo. “Se non sbaglio, quella è la zona di ingegneria robotica”.

“Oh mio Dio. Altro che finito tutto! Era solo la calma che precedeva la tempesta!” esclamò Negi.

“Attenzione!” gridò Nagase, che lanciò una serie di stelle ninja contro alcune pietre che stavano per colpirli.

Le armi deviarono le pietre, che caddero intorno a loro.

Negi si chinò ad osservarle. “Chi ci ha lanciato addosso queste pietre?”

“Temo che siano stati… loro” disse Nodoka impallidendo.

In un silenzio quasi spettrale, dal dormitorio e da tutti gli altri edifici cominciarono ad uscire delle persone, tante persone.

Professori, assistenti, studenti.

Molti di questi ultimi erano ancora in pigiama.

Avanzavano verso di loro con passo calmo e deciso.

Le loro espressioni indicavano una maligna e divertita voglia di massacrare.

Erano tutti armati, anche se in vario modo: si andava dalle mazze da baseball ai coltelli, fino alle varie armi di circoli sportivi come quello del tiro con l’arco e del kendo.

Gli studenti di ingegneria erano provvisti invece di armi più futuristiche, che sembravano uscite da un film di Star Wars o da qualche manga di Masamune Shirow.

Quella folla usciva da punti diversi, ma convergeva verso un’unica direzione: il gruppo di Negi.

I cui membri iniziarono a indietreggiare fino a ritrovarsi schiena contro schiena.

Shinobu tremava ed era sul punto di piangere, Asuna e le altre osservavano incredule le loro compagne, Natsumi, Yuna, le cheerleaders, Misora, Ako, Zazie e tutte le altre, che sembravano davvero intenzionate a linciarli.

Negi invece osservava i professori: Nitta, Seruhiko e gli altri. C'era anche la professoressa Shizuna, armata di katana.

La dolcezza della donna era stata sostituita da un ghigno sadico, che rendeva orribili le ipotesi su quello che voleva fare con quell’arma.

La folla avanzò fino a circondare completamente il gruppetto, fermandosi a una ventina di metri di distanza.

Negi deglutì: doveva fare qualcosa.

“Ragazze” bisbigliò “afferrate il mio bastone. E tenetevi forte!”

Le ragazze prontamente obbedirono.

Con un urlo bestiale, la folla si scagliò contro di loro.

“Mea Virga! Maxima Acceleratio!”

Il bastone di Negi partì come un razzo verso l’alto, portandosi dietro Negi e le sue compagne.

Ma dopo pochi minuti, quando sorvolarono il bosco, la velocità del bastone diminuì e iniziarono a perdere quota.

“Siamo troppo pesanti! Preparatevi all’atterraggio!” gridò Negi.

Quando furono ad una decina di metri dal suolo, Kaede e Ku si lasciarono cadere, atterrando perfettamente.

Lo fece anche Asuna, che atterrò con un po’ meno grazia.

“Ah, devo allenarmi di più con Setsuna” esclamò.

“Asakura, Haruna, lasciatevi cadere. Vi prenderemo noi” disse Kaede alle sue compagne rimaste sul bastone.

Quest’ultimo, alleggerito, non cadeva più ma era ancora troppo instabile.

“Yue, io prenderò te” gridò invece Asuna.

Le tre ragazze si fidarono e fecero come gli era stato detto, finendo senza problemi tra le braccia delle loro compagne.

A quel punto, Negi poteva tranquillamente atterrare insieme a Nodoka, Kamo e Shinobu.

“Complimenti, capo, ottimi riflessi” disse Kamo.

“Grazie” Negi tirò un sospiro di sollievo “Non potevamo combattere contro di loro, sia perché erano in troppi, sia perché non sono veramente responsabili delle loro azioni. Sono chiaramente posseduti”.

Nagase si guardò in giro. “Però tutto questo è pazzesco. Fino a qualche ora fa quelle persone erano assolutamente normali. Abbiamo pure fatto la ronda insieme”.

“Allora, di qualunque cosa si tratti, deve essere successa di notte” concluse Yue.

“Ma saperlo non ci serve a molto, se non capiamo di cosa si tratta” ribadì Asakura per poi sbadigliare leggermente.

E lo sguardo indagatore di Yue si puntò su di lei.

“Co…. Cosa c’è?”

“Asakura, adesso cosa hai fatto?”

“Non l’hai visto, Yue? Ho sbadigliato, questa notte non sono riuscita a dormire, perciò…”

“Ma certo!” Yue schioccò le dita “Il sonno. Questa forza oscura, di qualunque cosa si tratti, colpisce le persone mentre dormono. Questo spiega perché noi siamo rimasti immuni. Tra ricerche e sorveglianza non abbiamo mai chiuso occhio”.

Gli altri annuirono.

Anche Asuna, alla quale sembrò di sentire delle grida in lontananza. “Ottima intuizione, Yue. Ma questo non risolve il nostro problema. Cosa facciamo adesso? Tutto il Mahora ci dà la caccia”.

“Dobbiamo andarcene” propose con rammarico Negi “Andarcene e avvertire la comunità dei maghi di cosa sta succedendo. Solo cosi…”

“Comunità dei maghi?!” esclamò stupefatta Haruna.

La sua sorpresa per il bastone magico di Negi divenne stupore al massimo livello. “Cioè… lei… professore… il bastone… la comunità… insomma… lei è un mago?!”

“Si” intervenne Asuna “è un mago. E sarebbe meglio se non lo dicessi a nessuno”.

“Ma voi… da quanto lo sapete? Yue? Nodoka?”

“Da abbastanza tempo…” rispose Nodoka.

Haruna si indispettì. “E perché non me lo avete detto? Non vi fidavate di me?”

“No” rispose Yue “Tu sei certamente una brava ragazza, ma sei anche la fonte numero uno di pettegolezzi in tutto l’istituto. Non potevamo rischiare che ti lasciassi scappare qualche parola di troppo. E l’identità del professore deve restare segreta. Rischia grosso altrimenti”.

Haruna ci rimuginò sopra. “Be, in effetti non avete tutti i torti. Ok, siete perdonate”.

“Bene, risolto questo, andiamo a cercare aiuto” concluse Negi.

Il gruppo si avviò all’interno del bosco.

Molti si sarebbero persi lì dentro.

Per fortuna Nagase aveva una notevole dimestichezza nel muoversi tra tutti quegli alberi.

E dopo un po’ arrivarono di fronte ad un muro di cinta, che separava il Mahora dalla città. Al di là del muro si vedevano le strade trafficate, con auto e persone.

“Bene, andiamo” ordinò Negi facendo da apripista.

Ma appena saltò sopra il muro, prese una terribile craniata contro qualcosa di invisibile e cadde a terra.

Asuna lo soccorse. “Negi! Stai bene?”

“Ahia! Ma contro cosa sono sbattuto?”

Nagase con prudenza saltò anche lei sul muro, cominciando a tastare l’aria. “Mmm, direi che abbiamo di fronte una specie di barriera invisibile. Scommetto che copre come una cupola tutta la scuola”.

La ragazza ninja sbatté le mani contro tale barriera, gridò. E non ebbe nessuna reazione dalla gente esterna.

“E temo anche che questa barriera ci abbia isolato completamente. Non possiamo farci sentire o vedere”.

Asakura si guardò in giro smarrita. “E adesso che facciamo?”

Negi si rimise in piedi. “Credo ci sia un altro luogo sicuro dove possiamo andare. La baita di Evangeline”.

“La baita di… Ma Negi, perché non l’hai suggerito prima?” obbiettò Asuna.

“Ti ricordi quando ti dicevo che Chachamaru mi sembrava strana? Con tutto quello che sta succedendo, adesso la cosa mi sembra veramente sospetta. Ma il fatto che Evangeline non si sia mai fatta vedere, potrebbe significare che è prigioniera. Potremmo liberarla a farci aiutare da lei. Può essere pericoloso, ma non abbiamo molta scelta”.

E cosi il gruppo si inoltrò di nuovo nel bosco.

Senza accorgersi di essere osservati da lontano da una figura avvolta in un saio nero.

Non ci misero molto a raggiungere la casa di Evangeline, che sembrava deserta.

Negi fece segno a Kaede di andare avanti, mentre le altre restarono nascoste nel bosco.

Cautamente, la ninja si appostò dietro un cespuglio.

Poi in un istante scomparve, apparendo dietro un altro cespuglio posto dieci metri più avanti.

Scomparve ancora e riapparve stavolta sul tetto della casa.

Con notevole agilità e silenziosità, la ragazza controllò in tutte le finestre.

Poi, facendo il percorso inverso allo stesso modo di prima, tornò dalle altre. “L a casa è in ordine e non c’è nessuno. C’è solo Chachamaru, seduta affianco al telefono e immobile come una statua”.

“Dobbiamo entrare a cercare Evangeline. Ma non possiamo combattere contro Chachamaru. E’ sicuramente anche lei una vittima” disse Negi.

“Però” obbiettò Yue “come facciamo ad entrare senza che ci scopra?”

“Userò un incantesimo di teletrasporto”.

Asuna rimase sorpresa. “Negi, non sapevo di questa tua capacità”.

“Non l’ho uso mai perché a causa della mia scarsa esperienza, posso tele portarmi solo per brevi distanze. E consumo ancora parecchie energie, la cosa mi lascia sfiancato. Ma stavolta dovrebbe fare al caso nostro, la casa di Evangeline è molto vicina. Per la destinazione devo immaginare il luogo dove intendo arrivare. Ovvero davanti al resort di Evangeline. Adesso state indietro”.

Negi cominciò a mormorare alcune parole, fece roteare il suo bastone intorno a se, con velocità crescente.

Sul terreno sotto tutte loro si creò un cerchio magico, e un secondo dopo svanirono.

Il cerchio si riformò nella stanza sotterranea della baita, piena di bambole. Un secondo dopo, sul cerchio apparì il gruppo di Negi

“Uao” esclamò Haruna “è stato verame…umpf…”

Nagase le tappò la bocca e indicò la scala che conduceva al piano superiore. Dove stava Chachamaru.

Haruna annuì e rimase in silenzio.

Negi invece cadde al suolo, e Asuna fu lesta ad afferrarlo. Sembrava veramente esausto.

“Negi! Negi, stai bene?” gli sussurrò Asuna.

“S-si, non preoccupatevi, ve l’avevo detto che era molto spossante questo incantesimo. Datemi qualche attimo per riprendere fiato” rispose lui sottovoce.

“E queste cose sono?”

La domanda di Asakura li fece voltare tutti verso la piccola colonna con sopra il resort di Evangeline.

La colonna era circondata da una corda ricoperta da foglietti di forma rettangolare con sopra delle scritte incomprensibili.

Negi li osservò, riconoscendoli. “Sono… sono amuleti che fungono da sigilli. Conferma quello che temevo. Evangeline è prigioniera del nostro misterioso nemico. Dobbiamo liberarla”.

Rapidamente le ragazze tolsero i sigilli, una gran luce pervase l’intero locale.

E quando la luce si esaurì, al suo posto c’erano cinque persone.

Grande fu la sorpresa di tutti.

“Evangeline! Preside! Tatsumiya! Setsuna! Kotaro!”

Evangeline, con l’aspetto naturale, lo guardò sprezzante. “Ah, era ora che arrivaste, ragazzino!”

Intervenne il preside. “Non le badi, professor Negi. Siamo tutti contenti di vedere che lei e le sue allieve state bene”.

Negi appariva raggiante. “Grazie, signore”.

All’improvviso un ombra li attaccò saltando già dalle scale.

“Allarme!-Fuga!-Non posso permetterlo!”

“Chachamaru!” gridò Asuna.

Ma ad Evangeline bastò chiudere una mano a pugno perché dal pavimento emergessero dei tentacoli di energia, che avvolsero la ragazza robot bloccandola.

La maga vampira strinse ancora di più il pugno.“Stupido robot, per avermi tradita meriteresti di finire stritolata”.

Il corpo di Chachamaru cominciò a scricchiolare sotto quella pressione.

“Evangeline, maestra, ora basta!” esclamò Negi.

Evangeline lo guardò divertita. “Tuttavia, ti risparmierò”.

Aprì la mano, i tentacoli sparirono, e appena Chachamaru toccò il pavimento una sfera luminosa la ricoprì.

“Fatto. Non ci darà nessun fastidio, adesso”.

“Ma si può sapere cosa le è successo?” domandò Yue.

Evangeline alzò le spalle. “Non ne ho la minima idea. Con un trucco mi ha attirata nel resort e mi ha chiuso lì dentro”.

“La stessa cosa che ha fatto con me e gli altri” aggiunse Mana.

Negi si chinò sulla sfera che copriva Chachamaru, guardandola con compassione. Asuna gli mise una mano sulla spalla. “Non preoccuparti, Negi, adesso che abbiamo questi rinforzi, dovremmo avere qualche possibilità di successo. Ma prima dobbiamo capire che sta succedendo”.

Evangeline salì al piano successivo. “Venite di sopra, vi spiegherò tutto, magari bevendoci del thé”.

Yue non sembrò molto convinta. “Ma sarà prudente?”

“Non preoccupatevi, con voi ci sono io” rispose la vampira, dando una breve occhiata a Shinobu.

Il gruppo si riunì intorno ad un grosso tavolo della cucina.

Negi e le sue amiche stavano sul lato destro, Evangeline e gli altri liberati dal resort sul lato sinistro.

Il preside aveva preparato del the, e Setsuna lo aveva servito a tutti. Tranne a Kamo, che beveva solo caffè e alcol.

Il discorso fu iniziato da Asuna. “Allora, Evangeline, ci puoi spiegare finalmente con chi o cosa abbiamo a che fare?”

In attesa della risposta, la ragazza cominciò a sorseggiare il suo the.

Evangeline si diede una sistemata ai capelli con una mano. “Il nemico è uno dei demoni più potenti in circolazione, un’entità spirituale chiamata Arxelles”.

“Arxelles?” domandò Negi perplesso. Non aveva mai sentito quel nome durante i suoi studi alla scuola di magia.

“Esatto” continuò Evangeline “E’ uno dei più potenti demoni del sonno. La sua razza agisce attraverso il mondo dei sogni: creano un incubo, ti costringono a compiere azioni violente in modo da liberare il tuo lato oscuro e fanno in modo che ti pervada. In questo modo ti controllano e si nutrono della tua malvagità. Ma all’occorrenza possono anche ricorrere ad altri tipi di sentimenti, quelli più tristi”.

“Davvero inquietante” commentò Yue bevendo il suo the.

Pure le altre, mentre ascoltavano, avevano cominciato a sorseggiarlo, anche se Shinobu meno di tutti.

“Ed esiste un modo per sconfiggerlo?” domandò ancora Negi.

“Sconfiggerlo si. Ma ucciderlo è impossibile, perché è puro spirito. Tuttavia si può imprigionarlo” rispose la maga vampira.

Asuna si allungò sul tavolo. “Davvero? E come?”

“L’essenza di Arxelles è legata ad una piccola collana. Vi fu imprigionato da un potente mago millenni fa. L’unico modo per batterlo è rinchiuderlo lì dentro”.

Come Asuna, anche Negi si incuriosì sempre più. “E come si fa a rinchiuderlo?”

Evangeline spostò lo sguardo sul suo giovane allievo. “Bisogna estrometterlo dal suo corpo ospite”.

Nonostante l’interesse, Negi cominciò a sentirsi improvvisamente gli occhi pesanti e a sbadigliare. “Che cosa… yawn… intendi dire?”

“Arxelles, da quando è prigioniero nella collana, può interagire col mondo esterno solo possedendo una persona che indossa quel gioiello. Qualcuno, in questa scuola, deve averla trovata e indossata. Qualcuno probabilmente molto vicino. Bisogna trovarlo e togliergli quel gioiello”.

Negi aprì la bocca per chiedere un’altra cosa, ma venne interrotto da un tonfo: Nodoka era appena caduta a terra. E come a volerla imitare, anche Yue e Asakura crollarono al suolo.

“Ma cosa… cosa succede?!” esclamò Negi cercando di alzarsi. Però ora sentiva anche il suo corpo essere sempre più pesante.

Nagase e Ku tentarono di reagire, ma vennero bloccate da Mana e Setsuna. Che riuscirono a farlo semplicemente mettendogli le mani sulle spalle.

“Resistere è inutile” disse Mana “E parlo per esperienza personale”.

“Al risveglio non avrete più problemi, anche se penso vi sentirete un po’ più cattive. Come è successo a noi” continuò Setsuna.

Un ghigno apparve sui volti delle due ragazze, dopodiché bastò loro una semplice spinta perché le compagne di Negi cadessero all’indietro prive di sensi.

Kamo venne afferrato al volo da Kotaro. “Non preoccuparti. In attesa di decidere cosa fare di te, ti aspetta una bella gabbia!” e lo portò in un’altra stanza.

Asuna fece giusto in tempo a mugugnare un’imprecazione per poi addormentarsi anche lei.

Negi invece cadde in avanti sul tavolo. Guardò Evangeline, impassibile. “P…Perché… maestra…”

“Perché” rispose Evangeline prendendo in mano una delle tazze del thè e contemplandola “Arxelles è un essere che ho sempre ammirato. E che in cambio del mio aiuto mi ha fatto una proposta che non potevo rifiutare. Diciamo che si tratta di affari, tra un demone e una maga malvagia che lo ammira parecchio”.

Negi non riusciva a credere che Evangeline li avesse traditi. Fece in tempo a lanciare un’ultimo sguardo supplichevole al preside, che rispose con un ghigno malefico, alle sue orecchie giunse indistinto il rumore di un altro corpo che cadeva a terra. Infine anche Negi piombò nelle tenebre.

“Il trucchetto del sonnifero ha funzionato con loro come ha funzionato con noi” commentò soddisfatto Kotaro quando tornò.

“Modestamente” disse il preside massaggiandosi la lunga barba “ci so fare con le pozioni”.

Evangeline si alzò, rivolgendosi all’unica persona del gruppo di Negi ancora in piedi. “Allora Arxelles, sei soddisfatto?”

“Naturalmente mia cara. E ora, lasciatemi lavorare su questi idioti”.

“Però” obbiettò Mana “Il professore l’altra volta si è salvato”.

“Se dovesse farlo anche stavolta, prenderò delle precauzioni. Ora prendete quella Asuna e portatela al luogo della cerimonia” ordinò Arxelles.

****

Il sole splendeva alto nel neonato cielo primaverile, e la vegetazione aveva già ricominciato a fiorire.

Un bambino, con su la testa un buffo cappello da stregone, era seduto sulla riva di un lago e pescava.

Appariva molto contento, e mormorava qualcosa tra se e se. “In caso di pericolo, lui verrà! Arriverà all’istante, chissà da dove!”

Poi sembrò venirgli in mente qualcosa. “Ah, è vero! Oggi viene Nekane! Devo correre al villaggio!”

Lasciando a terra la canna da pesca, si alzò e corse verso un piccolo sentiero in terra battuta.

Il sentiero percorreva una piccola valle per poi svoltare dietro una collinetta.

Il bambino girò dietro la collina, tutto contento.

“Nekane!” gridò colmo di felicità.

Ma quella felicità morì all’istante.

A causa dello spettacolo che gli si parò davanti: al posto del suo villaggio c’era solo un mare di fuoco e case distrutte.

Incredulo il bambino percorse lentamente il sentiero, fino ad arrivare dentro quello che una volta era il suo villaggio.

Si guardò intorno, smarrito. “Z-zio! Nekane!”

Tra le macerie fumanti, sin intravedevano dei mostri orridi e grotteschi.

Il piccolo vide in lontananza un gruppo di persone, ansioso gli corse incontro.

E si bloccò quando vide che quelle erano statue di pietra. Che però raffiguravano delle persone che ben conosceva.

“Z-zio?”

Il bambino cominciò a tremare e a piangere. “E’ successo… perché in caso di pericolo pensavo che… pensavo che sarebbe venuto mio padre… E’ stato per questo che…”

Un tonfo lo distrasse, una bella ragazza con lunghi capelli biondi caduta a terra vicino a lui. Le gambe della giovane erano state pietrificate fino alle ginocchia.

“Nekane!” gridò il bambino andandole vicino per aiutarla.

Ma la ragazza lo allontanò con uno spintone. “Allontanati da me, maledetto!”

“Ma… sorella… cosa dici… sono io… Negi….”

“Lo so chi sei, dannato. E vorrei tanto che non fossimo parenti!” continuò lei rabbiosa.

“Eh?! Ma… ma io…”

“Vattene! Bastardo vattene! Quello che è successo adesso, è successo per colpa tua!”

A quelle parole, il bambino iniziò a indietreggiare.

Nekane sembrava volesse incalzarlo. “E’ solo colpa tua, ammettilo! Non ti voglio vedere mai più!”

Negi piangeva copiosamente.

“Ti odio!!” concluse Nekane, fredda come il ghiaccio.

A quel punto il bambino gridò disperato e corse via.

E Nekane sorrise soddisfatta.

Negi correva e piangeva a dirotto. Le parole di Nekane gli risuonavano ossessivamente in testa.

Inciampò in un sasso e cadde a terra, mostrando al cielo la sua disperazione.

“E-ehi… piccolo…”

Quella voce, proveniente da un gruppo di alberi lì vicino, fece trasalire Negi.

Seduto alla base di un albero, c’era un uomo anziano con la barba, vestito da stregone.

“Sono io, piccolo scemo…” continuò l’uomo.

“Zio Stan!” esclamò Negi correndo verso di lui.

“Stai bene… ragazzino?”

“S…si… ma tu come stai, zio?”

“Insomma….” Rispose Stan sorridendo e sollevando un lembo del suo mantello: le sue gambe erano pietrificate, e la pietrificazione stava risalendo lungo tutto il corpo.

“No! Zio! Ti prego, dimmi se posso aiutarti!”

“Be, un modo ci sarebbe…”

“Quale?” domandò ansioso Negi.

“Potresti aiutarmi ammettendo la tua colpa”.

“Colpa? Quale colpa?”

“Lo sai, ragazzino. Quello che è successo stanotte, è successo per colpa tua. Non dovevi pensare che tuo padre sarebbe venuto a salvarti. Ma se ammetti la tua colpa, ti libererai di un peso e tutto tornerà come prima”.

“Davvero?”

“Certo”.

“E… e se lo faccio, anche Nekane tornerà a volermi bene?”

“Sicuro. Potrei mai mentirti?”

Negi abbassò lo sguardo.

“Ammettere i propri errori è sempre difficile, ti senti il cuore riempire di amarezza e tristezza. Però dopo ti sentirai meglio. Forza, ammettilo. Dì: è stata tutta colpa mia!”

Negi aprì lentamente la bocca. “E’… è…”

“Coraggio. Dillo” lo incoraggiò Stan.

“….è stata…”

“Forza!”

“….è stata tutta….”

“DILLO!” ordinò Stan.

E fu allora che qualcosa trafisse quest’ultimo al petto.

“Eh!?” esclamò Negi sbigottito.

Ma ancora più sorpreso era Stan, che osservava cosa lo aveva infilzato.

Un lungo bastone.

“ ANCORA TU!!! MALEDETTOOOO!!!!” strillò Stan, i cui lineamenti cominciarono a distorcersi, finché si tramutò in un ombra scura che si dissolse insieme a tutto quel mondo.

Gridando Negi precipitò in quel vuoto.

E fu ancora il bastone a salvarlo, mettendosi sotto di lui e conducendolo verso una grande luce.

****

Negi si svegliò di botto, giusto in tempo perché vedesse un pugno circondato da un aura energetica piombare sulla sua faccia.

Si spostò evitando per un soffio quel colpo che altrimenti avrebbe sfondato la sua testa anziché il pavimento.

Con un balzo Negi si mise in piedi dietro al suo avversario.

Che si girò con calma.

Il piccolo mago non poté nascondere la sua sorpresa. “Ma tu…. Tu sei Kotaro!”

“Hai indovinato” rispose sogghignando il ragazzo-cane.

“Perché mi hai attaccato?”

“Non ci arrivi? Non ricordi niente?”

Negi si guardò attorno: era nella baita di Evangeline, vide un tavolo, con sopra delle tazze per il the.

E ricordò. “Oh no! Non può essere. Sei stato posseduto!”

“Bingo! Come pure le altre”.

“Le altre?! Vuoi dire che…”

“INUGAMI! A ME!” gridò Kotaro alzando una mano, dalla quale uscirono dei grossi cani neri che si avventarono contro Negi avvolgendolo e immobilizzandolo.

La stretta era tale che Negi si sentiva come stritolato. E non riusciva a respirare.

Come se non bastasse, i cani lo azzannarono alle spalle e agli arti, facendogli emettere un grido strozzato.

Kotaro si avvicinò tranquillamente. “Che delusione. Non riesco a credere di averti ritenuto in passato un degno avversario. E’ bastato distrarti un attimo con le tue allieve ed eccoti qui, immobile e in attesa del colpo di grazia”.

Negi si dimenò, mormorò qualcosa ma gli mancava il fiato.

“Che c’è? Vuoi dire qualcosa?” Kotaro mosse un dito e gli Inugami allentarono leggermente la presa. “Spero che siano delle suppliche, vederti chiedere pietà sarebbe una gioia. Oppure spero che intendi usare qualche incantesimo. Cosi potrò strapparti la lingua”.

“Dove… dove sono le mie allieve?” domandò Negi con un filo di voce.

“Capisco, ti preoccupi più per loro che per te. Molto nobile e molto stupido” rispose Kotaro “ Comunque te l’ho detto prima: sono state possedute dal grande Arxelles. Sono bastati pochi minuti di sonno perché diventassero dei nostri. Temo che tu ormai sia solo”.

Kotaro sorrise soddisfatto quando vide ogni energia abbandonare il corpo di Negi, i cui occhi si riempirono di lacrime. “Ti fa male, vero? Si erano affidate a te, e le hai tradite portandole proprio qui, nella tana del lupo. Mi sarebbe piaciuto vedere la tua faccia davanti alle loro nuove personalità. Ma devo presenziare al rito e quindi mi dovrò accontentare del tuo volto tumefatto. Bye bye, Negi!”

Gli Inugami tornarono a stringere sempre di più, Negi boccheggiò, ma ormai non resisteva più.

Mentre Kotaro caricò il suo pugno con tutta la sua energia. “Prima mi sono sbagliato. Ho detto volto tumefatto. Invece suona meglio volto sfondato!”

Un qualcosa di bianco si gettò sul volto di Kotaro, graffiandolo. “Non te lo permetterò!”

Per la sorpresa, il ragazzo perse la concentrazione e gli Inugami si dissolsero. Negi cadde a terra come un sacco di patate.

“Kamo!” ringhiò Kotaro “Sei fuggito dalla gabbia!”

Il ragazzo-cane afferrò Kamo e lo scagliò contro una parete.

L’ermellino prese una brutta botta e rimase a terra dolorante. “Non… non ti lascerò uccidere… Negi…” sussurrò.

Kotaro lo fissò furente. “Prima ti abbiamo risparmiato perché Yue voleva seviziarti. E invece sembra che ti dovrò uccidere io, lurida palletta di pelo. Ma prima…”

Kotaro si avvicinò a Negi, immobile e privo di qualunque enegia. “Guarda che patetico! Non ha più forze!”

Gli rifilò alcuni calci nella pancia e nella schiena, senza ricevere alcuna reazione. Infine lo afferrò per il collo e preparò il colpo di prima. “Stavolta sei fatto! Nessuno verrà più ad aiutarti come prima o come nel sogno!”

A quelle parole, accadde qualcosa: Negi ebbe un fremito e sollevò la testa; i suoi occhi prima inespressivi ora si erano riempiti di una determinazione rabbiosa.

Davanti a quel cambiamento improvviso, Kotaro esitò un momento.

Un momento più che sufficiente perché Negi lo allontanasse con un colpo di Kung-Fu dato al petto col palmo della mano.

Kotaro quasi volò dal’altro lato della stanza.

Negi si rimise in piedi: le spalle e diversi punti degli arti sanguinavano, aveva il fiatone. Eppure la sua espressione traboccava di energia e decisione. “Hai sbagliato… prima. Non sono solo. Ora ricordo davvero tutto. Mio padre è con me! Due volte Arxelles ha cercato di possedermi! E due volte il bastone di mio padre mi ha aiutato! Tu sei rimasto qui per stendermi nel caso mi salvassi nuovamente, giusto?”

“Esatto” rispose Kotaro rialzandosi “Dunque il misterioso incantesimo che ti protegge è opera di tuo padre? Peccato che nel mondo reale non ti servirà a niente!”.

“Dì che rito parlavi prima?”

“A che serve spiegartelo? Ora morirai! Tu sei troppo buono per farmi del male, mentre io voglio ucciderti. E sei anche ferito!”

Kotaro partì all’attacco, sdoppiandosi in cinque copie.

Le copie circondarono Negi, lo attaccarono con pugni e calci, colpendolo e scagliandolo contro il tavolo che si sfondò.

“Hai visto? Non puoi niente contro di me!” esultò Kotaro lanciando l’ultimo attacco.

Ma Negi, ancora sdraiato per terra, con un calcio mandò per aria molti frammenti del tavolo e costrinse Kotaro con le sue copie ad indietreggiare per non essere colpiti. Infine con una capriola all’indietro si rimise in piedi davanti all’avversario.

“Hai guadagnato solo qualche secondo. Perché vuoi rimandare l’inevitabile?” domandò quest’ultimo.

“Io invece” replicò Negi “mi chiedo se tu sei veramente forte come credi”.

“Cosa vorresti insinuare?”

“Be, prima mi hai colpito con cinque copie e non mi hai fatto praticamente niente. Non sei veramente in grado di stendermi con un solo colpo. O il nemico deve essere immobilizzato, oppure devi avere un aiuto. E non è detto che ti basti”.

Kotaro ringhiò furiosamente. “Come osi?! Ti ammazzo!”

Negi aprì le braccia. “E allora fallo. Dai, con un colpo solo. O hai troppa paura?”

Accecato dalla rabbia, Kotaro singolarmente si lanciò contro Negi, con un unico, potentissimo pugno.

Che si abbatté in pieno sul petto del giovane professore.

Negi ebbe uno sbocco di sangue, Kotaro sghignazzò soddisfatto.

Ma la sua gioia cessò un istante dopo: si rese conto che il suo colpo non toccava appieno Negi.

“Una…. Una barriera al massimo livello? Ma quando l’ha attivata? Non ha recitato incantesimi…”

Poi capì: uno Speel Day.

Negi abbozzò un mezzo sorriso, afferrò un braccio di Kotaro. Un cerchio magico si formò sotto di loro, scomparvero e si materializzarono in un’altra stanza. Quella del resort miniaturizzato, che adesso era proprio dietro ad uno stupefatto Kotaro. “Hai… hai usato un doppio Speel Day??!!”

Negi rispose con un calcio che mandò Kotaro contro la colonnina del resort, attivando il meccanismo di ingresso in quest’ultimo.

Kotaro sparì, e subito Negi rimise a posto la corda con i sigilli magici.

“Ci sono tanti modi per sconfiggere un avversario. Mi dispiace, Kotaro”.

Negi tornò al piano superiore. “Kamo! Stai bene?”

“Si, capo” rispose l’ermellino andandogli incontro un po’ ammaccato. “Immagino che hai vinto. Ma come?”

“Quando mi ha scagliato contro il tavolo, gli ho lanciato contro dei frammenti per guadagnare il tempo necessario ad usare uno Speel Day che trattenesse gli incantesimi della barriera e del teletrasporto. Poi l’ho provocato e infine l’ho bloccato nel resort. E’ una tattica di cui dovrei ricordarmi in futuro” spiegò Negi.

“Grandioso. Usare un doppio Speel Day nello stesso momento è roba da superesperti! Sei veramente una promessa del futuro, Negi. Ma ora mi sembri piuttosto malconcio. Sei sicuro di farcela?”

“Certo”.

Udito questo, Kamo saltò sulla spalla del suo amico. Che subito si afflosciò come una marionetta senza fili.

“Negi! Altro che malconcio. Sei proprio distrutto mi sa!”

“Sono solo esausto. In cosi poco tempo mi è successo di tutto di più. Ma non c’è tempo di riposare. Devo salvare le mie allieve. E tutti gli altri. Kotaro parlava di una specie di rito. Qualunque cosa sia, devo fermarlo!”

“Ma siamo solo noi due. Contro tutto il Mahora! E loro hanno pure Evangeline!”

Negi si rabbuiò. Solo per un istante. Poi ammiccò con un sorriso. “In fondo non è molto diverso da Kyoto, no? E poi credo che abbiamo qualche vantaggio!”

Kamo fece per rispondere, quando sentì qualcosa nell’aria. “Capo, un momento”.

“Che succede?”

“Aprì quel ripostiglio là in fondo!”

Negi lo fece, ed ebbe un moto di sorpresa: “Shi…Shinobu?!”

La ragazza giaceva incatenata, e rannicchiata su se stessa. Sollevò la testa e gli occhi arrossati dal pianto si illuminarono. “Negi!!”

Negi si chinò su di lei. “Shinobu! Che ci fai qui?”

“Prima… quando abbiamo bevuto il the, l’ho trovato troppo caldo e l’ho sorseggiato appena. Sono caduta a terra quasi addormentata…. Vedevo tutto annebbiato. Ma tu e le altre siete… siete caduti a terra come morti. Quella Mana mi ha afferrato per i capelli, qualcuno ha detto che non valeva la pena perdere tempo con una come me… e mi hanno rinchiusa qui. Ho avuto tanta paura! Non capivo più niente! Liberami, presto!”

Negi prontamente fece per liberarla, ma Kamo lo fermò. “Un momento capo. Ma possiamo fidarci? Voglio dire, mentre tu dormivi, e io ero chiuso in quella gabbia…”

Negi guardò prima Kamo, poi gli occhi supplichevoli di Shinobu. Infine sorrise. “Shinobu, hai degli splendidi occhi”. E la liberò.

Shinobu sorresse Negi, recuperarono il suo bastone che giaceva abbandonato per terra ed uscirono dalla baita.

“Ora cerchiamo di scoprire dove vogliono celebrare questo rito” disse il giovane.

“E quello che diamine è?!” esclamò Kamo puntando qualcosa di enorme che si vedeva in lontananza.

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Capitolo 8
*** 8° Capitolo ***


8° CAPITOLO

Al di là del bosco si erigeva una costruzione enorme, che né Negi né gli altri due avevano mai visto.

“Da dove sbuca quell’affare?! Fino a mezz’ora fa non c’era!” esclamò Kamo.

Negi cercò con rapidità di uscire dal bosco, e il suo passo era tanto accelerato da trascinare quasi Shinobu, che lo sorreggeva.

Vicini all’uscita del bosco, Negi si fermò e con un gesto della mano indicò a Shinobu un gruppo di cespugli.

Dietro i quali subito si nascosero.

Infatti il largo piazzale antistante il bosco era interamente occupato dalle persone possedute dal misterioso Arxelles, una folla di migliaia di persone quasi in religioso silenzio, tutte girate verso il misterioso oggetto al centro della piazza.

Negi lo esaminò: di colore grigio scuro, era alto diverse decine di metri e parecchio largo alla base. Poi man mano che saliva si restringeva, fino ad essere largo appena un metro al centro. Dopo ricominciava ad allargarsi, e l’estremità superiore era grande quanto la base.

“Sembra una specie di torre a forma di clessidra” commentò sottovoce.

“Ehi capo, guarda là!”

Seguendo l’indicazione di Kamo, Negi osservò la parte alta della torre: al centro di essa, inserita in una sorta di capsula, c’era una persona, priva di sensi.

Negi sentì lo stomaco chiudersi per la tensione quando aguzzò la vista per vedere chi fosse. “A..Asuna!”

E dalla folla si staccarono due figure, una alata che ne portava un’altra.

“Oh mio Dio… quelle sono Setsuna e Konoka!”

Setsuna collocò Konoka al centro della torre, dove nel punto più stretto c’era un’altra capsula.

Shinobu si strinse ad un braccio di Negi. “Ma… ma cosa vogliono fare?”

“Non lo so. Ma devo assolutamente fare qualcosa”.

Negi cercò una soluzione. Che a prima vista non c’era affatto. Il tempo evidentemente stringeva, si doveva intervenire subito. Ma cosa avrebbe potuto fare al momento contro una folla di migliaia di persone, molte delle quali munite di poteri? In questo Shinobu e Kamo non potevano essere di grande aiuto. E poi quelle persone erano possedute, quindi Negi non poteva fargli del male. E il misterioso incantesimo di suo padre finora si era attivato solo in sogno e mai nella realtà.

Poi vide un particolare: sulla base della torre erano appena salite due persone, ovvero Chao e Hakase.

Dal pavimento sotto di loro uscirono dei quadri comando, con cui iniziarono a trafficare.

“Forse ci sono. Shinobu, Kamo, siete pronti ad aiutarmi?”

I due annuirono convinti.

“Bene. Adesso io li attirerò su di me, lanciando una serie di incantesimi. Dopo di che scapperò. Non so se mi verranno tutti dietro, comunque spero di provocare abbastanza confusione da permettere a voi due di avvicinarvi alla base della torre e…“ Negi sospirò ”… attaccare quelle due ragazze vicino ai comandi. Quella con le treccine si chiama Chao, ed è esperta di arti marziali, quindi la dovrai attaccare tu, Kamo. Shinobu, tu ti occuperai dell’altra, Hakase. Fisicamente non è forte, dovresti farcela. Allontanatele da quei comandi e distruggeteli in qualunque modo, anche a martellate. Poi scappate”.

“Ehm… capo… il tuo piano mi sembra un po’… azzardato, per non dire peggio” obbiettò Kamo.

“Lo so, hai ragione” convenne Negi “Ma non mi viene in mente altro. Prima ero più fiducioso, ma perché pensavo che avessimo più tempo a disposizione per elaborare una strategia. E pensavo che avremmo potuto farci aiutare da Asuna dopo averla liberata. Grazie alla sua immunità alla magia, non poteva essere stata posseduta. Invece questo misterioso Arxelles ha già tutto pronto. E Asuna sembra fondamentale per questo suo piano. Vorrei chiedervi di liberare anche lei, ma sarà già tanto riuscire ad avere l’occasione per distruggere quei maledetti comandi”.

“Questa occasione temo che non vi sarà mai data”.

Negi reagì istintivamente: prese Shinobu per le spalle e la tirò in avanti, prima che un calcio la colpisse da dietro.

Davanti a loro si parò Ku Fei. “Professore, che piacere rincontrarla. Vediamo se ha imparato le mie lezioni”.

La combattente cinese si lanciò in un nuovo attacco, ma Negi saltò all’indietro insieme a Shinobu e a Kamo, in direzione di un albero.

E proprio davanti a quell’albero comparve dal nulla Nagase, che lanciò delle stelle ninja.

Non erano dirette a lui, ma a Shinobu. Però Negi le fece da scudo col suo braccio sinistro.

I due atterrarono malamente, il braccio di Negi sanguinava copiosamente, trafitto da quattro lame.

“Oh no! Negi!” esclamarono Shinobu e Kamo.

La ragazza si strappò parte della gonna per bendare il braccio ferito, mentre Kamo con la bocca estraeva le lame.

Dagli alberi e dai cespugli circostanti sbucarono fuori molte persone. Occhi malvagi e desiderosi di massacro si puntarono su loro tre.

“Dannazione, siamo in trappola” mormorò a denti stretti il piccolo mago.

“Ovvio che lo siete”.

Tra le persone che li avevano circondato, si mosse Evangeline. La vampira andò loro incontro, seguita da una silenziosa e impassibile Chachamaru.

Negi sussultò. “M… maestra…”

Evangeline guardò il suo allievo in modo sprezzante. “Il grande Arxelles è in collegamento mentale con i suoi schiavi. Ha saputo della tua vittoria su Kotaro nello stesso istante in cui è avvenuta. Quindi vi ha teso una trappola. Non avete mai avuto nessuna speranza”.

“Maestra… ti prego…”.

Evangeline reagì a quella supplica dando un calcio in faccia a Negi e facendolo volare contro un albero. “Non osare piagnucolare. Odio i piagnistei”.

Shinobu, sconvolta, si girò rabbiosa contro Evangeline. Sembrava volesse darle un pugno.

Ma la vampira fulminea afferrò la ragazza per il collo, sollevandola dal suolo. “Patetica mocciosa! Cosa credevi di fare? In confronto a me sei niente! Potrei ucciderti in mille e più modi, però mi rifiuto di usare il mio potere con una come te. Saranno i posseduti a linciarti, tra poco”.

Shinobu fu sbattuta violentemente al suolo.

“Lasciala stare!” gridò Negi rimettendosi in piedi. Kamo voleva salire sulle sue spalle, ma Negi lo fermò.

“Sali sull’albero più alto e restaci” gli ordinò. A malincuore Kamo obbedì.

Qualcuno fece per colpire Negi alle spalle, venendo bloccato con lo sguardo da Evangeline.

“Bene, proprio come tuo padre, hai la tendenza a fare l’eroe. Peccato che ti manchi qualcosa, tipo l’età, la forza, l’abilità, gli incantesimi, ecc ecc” lo schernì la vampira.

Negi cominciò ad avvicinarsi lentamente. Sentì un forte rumore provenire dal piazzale.

“Cosa… cosa sta succedendo…?” domandò allarmato.

“E’ il rituale” rispose Evangeline.

“Che diavolo volete fare?!”

“Oh si, l’ho visto in qualche film. Questo è il momento delle spiegazioni chiarificatrici. Va bene, starò al gioco. Come già ti ho detto, Arxelles è pura essenza, e vive imprigionato dentro una collana. Gli è stata fornita la possibilità di liberarsi, con una tecnica che mescola tecnologia e magia. L’essenza di Arxelles uscirà dal suo attuale corpo ospite, verrà potenziata all’infinito da Konoka, poi la tecnologia della torre trasformerà la sua energia da soprannaturale in naturale. In questo modo si libererà dai vincoli della collana e potrà possedere il corpo di Asuna Kagurazaka scavalcando l’immunità alla magia di quest’ultima. Arxelles dovrà rinunciare ad essere una creatura del mondo magico, ma è un prezzo accettabilissimo se in cambio otterrà l’onnipotenza e un corpo invulnerabile alla magia. Sarà invincibile. E una volta diventato cosi potente, sarà una scherzo per lui liberarmi dalla maledizione di tuo padre. E farà di me la sua compagna. Certo, apparentemente saremo due donne ma, ehi, siamo nel 2000 ormai” concluse Evangeline con una punta di divertita soddisfazione.

Negi rimase sconvolto. “Ma… ma tutto questo è assurdo! Credi davvero che si possa fare una cosa del genere?! Cambiare l’essenza stessa dell’energia magica! E anche se fosse possibile, davvero per la tua libertà sacrificheresti Asuna, il Mahora, forse il mondo intero?!”

“Certo ragazzino. Non dimenticare che io sono una maga malvagia”.

“E chi ti garantisce che Arxelles manterrà la parola data?”

Evangeline si passò la lingua sulle labbra, mettendo bene in mostra i canini. “Se non lo farà, potrò sempre liberarmi alla vecchia maniera. E cioè dissanguandoti”.

“Non… non te lo permetterò mai!!” gridò Negi.

Un’aura energetica cominciò a crepitare intorno a lui, rendendolo sempre più luminoso, mentre rabbioso stringeva i pugni.

“Ma guarda, ti sei ricordato dell’over drive magico” Evangeline invitò Negi a farsi avanti “In attesa di tornare libera, farò un po’ di riscaldamento”.

In quel momento Shinobu iniziò a riprendersi.

Negi richiamò fulmineo il bastone, e altrettanto velocemente scattò in avanti piazzandosi davanti alla vampira e caricando il pugno destro.

Evangeline si preparò a respingere l’attacco.

Ma improvvisamente Negi si chinò su Shinobu, la afferrò e si spostò di lato con lei.

Poi spiccò il volo col suo bastone.

Evangeline li inseguì. “Dove credi di scappare, piccolo?”

“Shinobu, afferra il bastone” ordinò Negi.

Confusa, la ragazza obbedì.

Il giovane mago recitò una breve formula, e il bastone partì a razzo in direzione della biblioteca sull’isola.

E Negi, nello stesso istante in cui il bastone partiva, lo usò come punto d’appoggio per lanciarsi verso il piazzale con la torre, che cominciava a crepitare d’energia.

“Che altruismo commovente” disse Evangeline, che col gesto di una mano indicò il bastone che si allontanava a Chachamaru. La ragazza-robot prontamente volò all’inseguimento.

La vampira poi sembrò sparire per riapparire come dal nulla sopra Negi.

Gli diede un pugno sulla schiena, Negi non sentì troppo dolore perché accompagnò il colpo facendosi dare la spinta verso il suolo.

Raggiunse quest’ultimo atterrando a quattro zampe e scattò in avanti.

Molti posseduti si posero davanti a lui per fermarlo, ma Negi cominciò a saltare sopra di loro, usando come appoggi le loro teste e le loro spalle.

Cercarono di fermarlo e colpirlo, ma con incredibile agilità Negi evitava tutti i loro attacchi, dribblando e muovendosi a zig zag. Come se stesse correndo sopra un campo minato.

La torre era sempre più vicina, il crepitio era sempre più forte, e scariche energetiche iniziarono ad uscire dalla sommità della costruzione.

Ad un tratto, due figure imitarono Negi saltando anche loro sopra la folla. E una terza figura, alata, si avvicinò dall’alto alle prime due.

Negi riconobbe subito Nagase, Ku Fei e Setsuna. Però non aveva tempo di fermarsi, e cercò di aggirarle muovendosi a sinistra.

“Sarebbe troppo facile” disse Nagase muovendosi verso il suo professore e moltiplicandosi.

Davanti a Negi si materializzarono ben dodici copie della ragazza, bloccando quel lato.

Il piccolo mago allora tentò di spostarsi a destra, venendo intercettato da Ku Fei, che cominciò a bersagliarlo di calci.

Era un notevole spettacolo vedere come la cinese riuscisse a sferrare tanti calci con una sola gamba, mentre con l’altra si manteneva in perfetto equilibrio sulla spalla di un posseduto.

Chiuso da entrambi i lati, Negi allora saltò verso l’alto, ritrovandosi di fronte Setsuna con la sua spada.

La spadaccina menò un fendente dall’alto verso il basso che avrebbe potuto tagliare in due Negi. Quest’ultimo allora intercettò e bloccò la lama con i palmi delle mani, per poi girare su se stesso e scagliare Setsuna nella direzione opposta alla sua.

Negi atterrò nuovamente sopra la folla e riprese la sua corsa, quando una fitta lancinante gli percorse da cima a fondo la schiena, e subito dopo sentì qualcosa di caldo bagnargli quest’ultima.

Si voltò solo un attimo, per vedere che la parte posteriore della giacca era piena di sangue.

“Ha dimenticato un particolare, professore: io posso colpire anche a distanza” gridò soddisfatta Setsuna lanciandosi all’inseguimento insieme a Nagase e Ku.

Nonostante le numerose ferite sanguinanti, Negi non si arrese e continuò a saltare in avanti.

Adesso l’energia della torre, che era ormai vicinissima, propagandosi dall’alto aveva raggiunto Asuna, il cui corpo si tese come se fosse attraversato da scariche elettriche.

“ASUNA!!” gridò Negi, che caricò molta energia dell’over drive nel suo pugno destro.

Udì chiaramente un sibilo e un istante dopo la gamba destra sembrò cedergli, come se non ci fosse più.

Subito arrivò il dolore, fitto e bruciante.

Negi cadde verso il basso, qualcuno lo aveva colpito al ginocchio. Si girò a destra e vide Tatsumiya, su un albero, col suo fucile di precisione ancora fumante.

La folla di posseduti sembrò inghiottirlo, per poi essere respinta da una sfera luminosa.

Dalla sommità della sfera uscì Negi, girato verso il basso con le braccia tese. Le aveva usate per darsi un’ultima spinta verso l’alto, e ora si trovava proprio di fronte alla torre.

Sagitta magica series lucis!!!”

Ben trecento saette magiche, che dalla loro luminosità sembravano davvero potenti, uscirono dal braccio destro di Negi. Un insieme impressionante di fulmini si scagliò verso le due estremità della torre.

Ma le saette impattarono contro una sorta di barriera invisibile, causando una lunga e vistosa serie di piccole esplosioni luminose che costrinsero i posseduti ad arretrare.

Quando si esaurirono, la torre era rimasta intatta, e anche l’energia di Negi sembrò essersi esaurita.

Il giovane mago atterrò in modo impacciato, cadendo subito in ginocchio: la parte inferiore della gamba destra, il braccio sinistro, la schiena, erano imbrattati di sangue che continuava ad uscire.

Negi cominciò a sentirsi debole, la vista gli si annebbiò.

Tuttavia non si arrese: c’era un’ultima cosa che poteva tentare.

Pronunciò una formula magica e si teletrasportò oltre la barriera, davanti ad Asuna.

“N…Negi…” mormorò felice Asuna mentre cercava di resistere al dolore.

Ma appena il piccolo mago toccò la capsula, terribili scosse di energia lo colpirono come fulmini.

Negi cercò di resistere il più possibile alla sensazione di essere attraversato da una miriade di esplosioni interne.

Ma ormai aveva chiesto troppo al suo corpo e l’energia dell’over drive si era esaurita.

Abbandonò la presa sulla capsula, tentò di trovare un altro appiglio, però le sue braccia non si alzarono.

Sentì che la volontà c’era ancora, ma il suo corpo sembrava non esserci più.

Quindi precipitò da un’altezza di molte decine di metri.

Un volo letale.

Che venne interrotto da Setsuna: la spadaccina alata prese Negi per le spalle sostenendolo.

“Se.. Setsuna.. tu..” mormorò speranzoso il mago.

“Non farti illusioni” replicò seccamente Setsuna.

Infatti una volta raggiunto il suolo, la ragazza lo lanciò contro la barriera, che Negi attraversò come se fosse un fantasma.

Il mago finì steso a terra, incapace di muoversi.

Il senso di sconfitta lo dominò: perché, nonostante stesse dando tutto, non riusciva ad aiutare gli altri?

Non poteva aiutare neppure se stesso mentre sentiva la folla avvicinarsi minacciosa intorno a lui.

Poi udì la folla fermarsi, anzi, indietreggiare.

E una persona davanti a lui cominciò ad applaudire lentamente.

Quella persona si avvicinò anche e si chinò su di lui fino a guardarlo in faccia.

Negi cercò di schiarirsi la vista.

Vide e capì. “Oh…. Oh mio Dio. Ma certo, che stupido. Avrei dovuto intuirlo che fossi qualcuno del mio gruppo. Evangeline me l’aveva pure detto che eri molto vicino”.

“Troppo preso da troppe responsabilità. In fondo sei solo un bambino” rispose la persona posseduta direttamente da Arxelles.

“Mi… stai… consolando per caso?”

“No, la mia era una semplice constatazione. Un bambino non può indossare le scarpe di un adulto. E tu ti sei addossato troppe responsabilità. In caso contrario, avresti potuto riflettere con più calma, renderti anche conto di chi ero. E avresti anche potuto immaginare che sarebbe stato davvero stupido da parte mia lasciare senza protezione questa torre, strumento della mia ormai imminente liberazione. Ho fatto anche munire la torre di altre difese, che hai potuto toccare con mano. Va bene che ho alzato una barriera per isolare questo edificio dal resto del mondo, ma la prudenza non è mai troppa. E proprio per questo, è meglio procedere subito col rituale. Tu non vedrai il mondo che forgerò con la mia prossima onnipotenza, perché io non perdono chi mi ostacola. Ma facendoti eliminare adesso, ti faccio anche un regalo. Addio”.

Arxelles fece per incamminarsi verso la torre.

“A-aspetta!” lo richiamò Negi cercando di alzarsi.

Fu uno sforzo terribile, come se ogni muscolo del suo corpo fosse incollato al suolo.

Eppure faticosamente e dolorosamente, Negi riuscì ad alzarsi.

La gamba destra era inservibile, quindi barcollando dovette spostare tutto il peso sull’altra gamba.

Arxelles lo guardò incuriosito. “Riesci ancora a muoverti? Notevole. Cosa vuoi?”

“Io…. Ti prego…. Lascia andare gli altri… e Asuna… prendi il mio corpo. Hai visto che cosa sono in grado di fare, no? Potenziato da Konoka, anche il mio corpo può servire al tuo scopo. Non ti sembra uno scambio equo?”

“In effetti lo sarebbe. Il tuo ultimo attacco è stato davvero notevole e ho temuto che la mia barriera non reggesse. Ma l’immunità di quella Kagurazaka alla magia è troppo preziosa e rara per perderla. Mi dispiace, ma non si può fare”.

Negi fremette, e si lanciò contro Arxelles prendendolo per le braccia. “No… maledetto… non ti lascerò fare del male ad Asuna e gli altri…. Ti fermerò a qualunque costo!”

“Come ci rende volubili la disperazione. Sei passato in un istante dalle proposte alle minacce. D’accordo allora”.

Arxelles con uno strattone si liberò facilmente e subito Setsuna lo raggiunse, porgendogli la sua spada.

Arxelles la prese per poi porgerla a Negi.

“Avanti, prendi questa spada e uccidimi. L’unico modo per liberare qualcuno dalla mia collana, a meno che non lo lasci io spontaneamente, è ucciderlo. Hai detto che mi avresti fermato a qualsiasi costo. Ora puoi dimostrarlo”.

Negi osservò la spada con incredulità e orrore.

Poi, dopo alcuni interminabili secondi, il suo braccio sano cominciò lentamente ad alzarsi.

“Ecco, così. E’ un’occasione unica per te. Se uccidi questa persona, io finirò imprigionato nella collana e tutti i miei schiavi torneranno liberi. Puoi salvare tutti, salvare anche questo mondo, sacrificando una sola vita. Non ti sembra uno scambio equo?” Le ultime parole furono dette con un sogghigno.

Negi guardò allibito il suo braccio muoversi, quasi munito di vita propria.

La mano di quel braccio afferrò la spada.

“Bene, avanti. Ah, ti assicuro che non è una trappola. Io riesco a possedere gli altri solo nei sogni, non nella realtà. Uccidi questo corpo, e avrai vinto”.

Negi cominciò a tremare, ma la sua mano non si staccò dalla spada.

Iniziò anche a piangere leggermente e a respirare sempre più forte.

Infine gridò, un grido disperato e rabbioso, strappò dalla mano di Arxelles la spada, la sollevò.

E quasi con rabbia la buttò dietro di sè.

Negi guardò dritto negli occhi Arxelles. “Tu… tu lo sapevi, vero? Certo che lo sapevi, sei stato nella mia mente..”

Arxelles annuì. “Infatti. Lo vedi? Hai il cuore troppo tenero. Per questo uccidendoti ti faccio un regalo: nel mio mondo non riusciresti a vivere.”

Arxelles diede un leggero colpo sul petto a Negi, che cadde all’indietro di schiena finendo nella posizione di prima.

La folla dei posseduti riprese ad avvicinarsi.

“Un’ultima cosa” disse Arxelles girandosi verso la torre e dando le spalle al magio sconfitto “Siccome sono il cattivo, il mio dono per te dovrà avere un tocco di sadismo: saranno loro ad ucciderti”.

Dal gruppo dei posseduti si fecero avanti le alunne di Negi: l’allegra spensieratezza di Makie, la timidezza di Nodoka, il dolce sorriso di Chizuru, la bontà di Satsuki, la sicurezza e il portamento quasi nobiliari della capoclasse, la simpatica spregiudicatezza di Asakura…

Non era rimasto più niente, i loro volti sembravano trasfigurati dalla malvagità e dal desiderio di massacrare il loro professore usando oggetti come coltelli, pietre, pistole. Yue e Nodoka avevano dei mattoni.

E Negi ormai si sentiva svuotato, fallito, sconfitto e distrutto.

Piangendo apertamente, trovò che forse era pure giusto che venisse ucciso da coloro che non era riuscito a proteggere.

C’era solo un’ultima cosa che poteva fare per loro.

“Padre…. Mi dispiace di non essere stato all’altezza… ma ti prego… dovunque tu sia… aiutale. Salvali tutti!”

Evangeline si era goduta lo spettacolo restando sospesa in aria, e ora si era avvicinata ad Arxelles, che stava per prendere posto dentro una capsula inserita nella base della torre.

Ormai i misteriosi meccanismi di quest’ultima sembravano funzionare a pieno regime, una grande sfera energetica si era formata sulla sua sommità, mentre Konoka e Asuna erano irrigidite da chissà quale energia che le attraversava.

Entrambe apparivano sofferenti, ma mentre Asuna sembrava lottare disperatamente per liberarsi, Konoka appariva esultante all’idea che avrebbe aiutato il suo padrone a diventare onnipotente.

“Arxelles, il momento è arrivato” disse Evangeline.

“Infatti, mia cara. Non posso descriverti quello che provo adesso. Sono al culmine della felicità”.

“Ritieni veramente di poterti fidare di chi ti ha dato questa macchina?”

“Certo. E poi, anche se dovessero tradirmi, avrei comunque degli alleati pronti a fornirmi tutti i mezzi per una eventuale vendetta. Alleati come te, mia dolce Evangeline”.

Arxelles accarezzò il volto di Evangeline, che sorrise.

“Bene, e ora che il rituale cominci!”

Arxelles buttò via gli occhiali di Haruna, e per sentirsi maggiormente libero, sbottonò la camicetta mostrando cosi una magnifica collana d’oro, finemente lavorata e con un diadema nero al centro, posta intorno al collo della studentessa appassionata di manga.

Infine entrò nella capsula.

Chao e Hakase, rimaste per tutto il tempo imperturbabili, iniziarono a manovrare i vari comandi.

Evangeline si allontanò.

E sembrò ricordarsi di qualcosa. “Ora che ci penso. Che fine ha fatto Chachamaru?”

Fu allora che si udì in lontananza uno scoppio, poi qualcosa di velocissimo, come un proiettile, volò in direzione di Evangeline. Prontamente con la mano afferrò quell’oggetto al volo.

“Ma… Chachamaru?!”

La testa della sua partner era stata non solo staccata dal corpo, ma anche quasi del tutto distrutta. Solo alcune parti del viso e alcune ciocche di capelli sintetici permettevano di identificarla.

“Attenzione! Nemico in arrivo!” gridò Evangeline sbarazzandosi di quella testa frantumata.

La folla di posseduti formò un cerchio intorno alla torre, lo stesso Arxelles sembrò rimanere paralizzato da quel fatto.

“Dov’è?” pensò Evangeline guardandosi intorno.

Poi ci fu un sussulto del terreno, un altro e un altro ancora.

Infine la terra si squarciò proprio davanti alla torre, e da essa emerse un mostro.

La forza usata per sfondare il terreno fu tale che molti posseduti vennero sbalzati in aria come birilli.

Evangeline contemplo brevemente la creatura: di colore nero, alta almeno tre metri, un torace possente, braccia e gambe snelle e muscolose, la testa di forma allungata, occhi rossi e feroci, una bocca irta di denti aguzzi da fare invidia ad uno squalo. Infine sulle schiena erano presenti numerose scaglie ossee simili a spine.

“Fermatelo!!” gridò Arxelles. Nella sua voce si poteva leggere una notevole preoccupazione, dovuta all’ingresso improvviso di un elemento non previsto.

Evangeline partì all’attacco. La sua immagine parve triplicarsi.

Sagitta Magica Series Obscuri! Nivis Tempestas Obscurans! Congelatio Telluris!”

I tre attacchi contemporanei si fusero in un unico immenso raggio di energia congelante, che colpì in pieno la creatura.

Ci fu un esplosione di ghiaccio, e davanti alla torre si formò una colonna di ghiaccio nero.

“Tsk, non era granché” commentò soddisfatta Evangeline.

Appena finì di parlare, la colonna esplose in migliaia di frammenti che andarono a colpire tutti i posseduti, incluse tutte le allieve di Negi, stordendoli.

Evangeline guardò stupita. “Non era un attacco casuale. Ha indirizzato i frammenti verso i loro punti vitali. Quel mostro possiede l’intelligenza e conoscenze specifiche”.

Il mostro si parò davanti alla torre.

“Non riuscirai a superare la mia barriera, mostro. Evangeline, sbrigati ad abbatterlo. E voi due, attivate il processo, subito!” ordinò Arxelles a Chao e Hakase, non raggiunte dai frammenti perché poste dietro la barriera.

Il mostro avanzò fino alla barriera, toccandola con le mani come se la esaminasse.

Evangeline si lanciò all’attacco, il mostro le dava le spalle e in un istante le sue scaglie ossee si allungarono fino a diventare aculei che trafissero in più punti la vampira.

Gli aculei si ritirarono un momento dopo lasciando cadere a terra un corpo pieno di buchi e sanguinante.

Arxelles rimase alquanto contrariato. “Evangeline, non sei forte come mi avevi detto!”

“Il processo comincia, padrone!” gridò Chao.

“Finalmente!” esultò Arxelles.

Alla sommità della torre iniziò a formarsi una sfera energetica, simile ad una bolla, che si ingrandiva sempre di più.

Asuna e Konoka gridarono dal dolore.

Il mostro invece con calma finì di controllare la barriera, tirò indietro il pugno destro e menò un colpo contro quel muro invisibile.

Sembrò non essere accaduto nulla.

Poi la barriera si frantumò in migliaia di pezzi come una lastra di vetro.

“MALEDIZIONE!!!!” gridò Arxelles.

Il mostro con un solo salto raggiunse Asuna, frantumò la capsula e afferrò la ragazza.

L’essere misterioso non sembrò risentire delle scariche energetiche, e tirò fuori di lì Asuna, svenuta.

Poi con una serie di pugni staccò la sommità della torre dal resto.

Ci fu un lampo luminoso, la sfera energetica scomparve e infine il pezzo staccato cadde a terra innocuo.

Arxelles furioso uscì dalla sua capsula. “NO! NO! NOOOO!”

Senza curarsi di lui, il mostro scese fino alla capsula intermedia e liberò Konoka, anch’essa svenuta.

Con un balzo scese dalla torre atterrando vicino a Negi, quasi incosciente, e posò affianco a lui le due ragazze.

Fatto questo, la creatura si voltò verso Arxelles.

Quest’ultimo si lanciò in un furente attacco lanciando alcune raffiche energetiche dalle mani.

Ma la creatura le parò tutte trasformando un suo avambraccio in uno scudo, per poi lanciarsi a sua volta in un attacco.

Arxelles evitò per poco che un pugno della creatura lo colpisse in pieno: il pugno colpì il terreno aprendovi un piccolo cratere, e lo spostamento d’aria scagliò Arxelles contro la base della torre, dove vi sbatté violentemente di schiena.

Chao e Hakase cercarono di soccorrerlo, ma lui le allontanò bruscamente rialzandosi. “Lontano da me, nullità. Maledetto mostro, hai rovinato i miei piani! Non so chi sei, ma giuro per gli dei oscuri che ti…”

La creatura ruggì, un ruggito assordante, e un secondo spostamento d’aria fece finire nuovamente Arxelles contro la torre.

“E’ inutile! Questo corpo è quello di una semplice persona. La sola conoscenza di incantesimi non basta. Contro un avversario come quel Negi andrebbe bene, ma questo mostro è troppo forte. Devo trovare qualcun altro!” pensò il demone dei sogni.

“Prendi… prendi me!” disse allora Evangeline, sdraiata per terra e rimasta un po’ in disparte a causa della ferite, che non accennavano a rigenerarsi.

“E perché? Ti confesso che ti sei dimostrata deludente contro questo mostro”.

“Solo perché mi ha colto di sorpresa. Intendo vendicarmi dell’affronto subito. E tu vuoi vendicarti perché ha fermato il rituale. Se ci uniamo, il nostro comune desiderio di vendetta lo spazzerà via!”

“E sia” rispose Arxelles.

Si tolse la collana, e appena lo fece Haruna crollò a terra.

Evangeline la prese e la indossò.

Un’aura color rosso la avvolse, e parve subito riprendersi sollevandosi dal suolo e richiudendo subito tutte le sue ferite.

“Si, sei davvero potente, Evangeline” commentò soddisfatto Arxelles “Ora potrò vendicarmi di questo lurido mostro misterioso, riparerò la torre con l’aiuto dei miei schiavi e…”

L’aura energetica iniziò a diminuire.

“NOOOO! Non è possibile!!!” gridò Arxelles. Stavolta nella sua voce era evidente la paura.

Il mostro colse l’occasione: si lanciò con tutto il suo peso contro il nuovo corpo di Arxelles, schiacciandolo contro la base della torre.

Le ossa di Evangeline scricchiolarono e si frantumarono.

Infine Evangeline fu afferrata per un braccio e sollevata come un sacco di patate fino a trovarsi faccia a faccia col mostro.

Che aprì la bocca e divorò con un solo morso la testa della vampira.

La creatura lasciò cadere il corpo decapitato, che si polverizzò.

Era rimasta solo la collana di Arxelles, ormai innocua senza un corpo ospite.

Il mostro la prese e spiccò il volo tirando fuori sulla schiena due ali dalle piume nere.

“E…Evangeline…” mormorò Negi quasi cosciente e incapace di muoversi.

Una nuova, singola lacrima andò ad aggiungersi a quelle già versate.

 

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Capitolo 9
*** 9° CAPITOLO ***


9° CAPITOLO

La grande presidenza era vuota e silenziosa.

Il preside Konoe osservava dalla finestra dietro la scrivania gli studenti passeggiare e chiacchierare per il Mahora.

Sentì chiaramente il bussare sommesso alla sua porta . “Venga avanti, professor Takamichi”.

Il professore entrò e spense la sigaretta passandoci davanti una mano. “Preside, tutto a posto?”

“Oh oh, la ringrazio per la sua preoccupazione, professore. Ma almeno per questo non c’è più niente da temere.

Con la sconfitta di Arxelles, tutti i posseduti sono stati automaticamente liberati. Anche la barriera che isolava l’istituto è sparita subito, permettendo ai nostri maghi di risolvere tutto”.

“Infatti, hanno svolto un ottimo lavoro, riparando con la magia i danni dello scontro. Peccato che siano stati anche costretti a modificare i ricordi di tutte le persone normali”.

“A nessuno piace modificare la mente altrui, ma talvolta può essere necessario. Altrimenti come avremmo potuto spiegare a migliaia di persone la loro presenza in quel piazzale? Per non parlare dei fatti precedenti la possessione generale. Già siamo stati fortunati che si è trattato solo di quello. Se tutte quelle persone avessero mantenuto anche il ricordo di cosa hanno fatto o potevano fare sotto il controllo di Arxelles…”Il preside rabbrividì. “Per fortuna passata la possessione quei ricordi sono scomparsi”.

“Già, siamo stati veramente fortunati”.

“Come sta la professoressa Shizuna?”

“Sta bene, prima sono stato da lei”.

“Ottimo”.

“Mi dispiace di non essere stato presente”.

“Non si affligga, professore. Probabilmente l’unico risultato che avrebbe ottenuto sarebbe stato quello di aggiungere un altro nome sulla lista dei posseduti”.

Calò un breve silenzio.

Interrotto da Takamichi. “Adesso che facciamo?”

“Per prima cosa, dobbiamo condurre indagini su chi ha piazzato la collana di Arxelles in quella biblioteca. Impossibile che ci sia finita per caso. Vorrei anche sapere com'è finita in mano a delle allieve.”

“Questo in parte lo sappiamo. Il club di esplorazione della biblioteca era alla ricerca di un raro manoscritto per la gara mensile tra i club, e secondo Yue Ayase e Nodoka Miyazaki, che l’avevano accompagnata, Haruna Saotome aveva preso l’informazione alla biblioteca centrale, dall’ultima pagina di un libro anonimo sulle rarità letterarie. Era la pagina 352. Ho trovato il libro, e le due ragazze l’hanno riconosciuto. Però ho scoperto che in realtà quel libro è di 351 pagine”.

Il preside si massaggiò la barba. “Capisco. Dev’essere stato lo stesso che ha introdotto un oggetto così pericoloso nel Mahora. Ma chi poteva farlo senza farsi scoprire?”

“Molti penserebbero Evangeline. Ma lei era bloccata dalla maledizione, quindi non poteva andare alla ricerca della collana. Mentre Chachamaru le è sempre stata affianco. Però all’appello manca Chachazero”.

“Non regge comunque” obbiettò il preside “Il potere di Chachazero è legato a quello di Evangeline, quindi neppure quella bambola poteva allontanarsi dall’istituto. La sua sparizione deve avere un altro motivo”.

“Come se non bastasse, ci sono pure altri misteri”.

“Eh già” convenne il preside “Chi era il mostro che in pratica ci ha salvato tutti? Abbiamo ricostruito a grandi linee cosa è successo in questi giorni grazie a testimonianze come quelle di Negi, Kamo e delle sue allieve prima della possessione: dal nulla sbuca questo mostro sconosciuto, sconfigge come niente Chachamaru ed Evangeline, uccide quest’ultima con incredibile facilità sconfiggendo quindi Arxelles. Poi prende la collana, ce la fa ritrovare sulla mia scrivania e scompare nel nulla. Come fa un mostro di simile potenza ad aggirarsi per il Mahora senza che lo notiamo?”

“E’ vero, anche se non pensavo che Evangeline si potesse sconfiggere così facilmente. E dov’è la collana adesso?”

“E’ stata trasferita nella prigione magica del Kanto. Se tutto va bene, ci resterà per l’eternità”.

“Cosa mi dice degli studi su quella strana torre?”

“Stanno continuando, tra poco avremo i risultati. Ed è proprio quella torre che ci conduce ad un nuovo mistero: chi può averla costruita?”

“Forse Chao Linghshen e Saotomi Hakase possedute”.

“Forse. Ma i tempi non coincidono. Anche se Arxelles le avesse possedute sin dall’inizio, cosa che non sembra, si è trattato comunque di pochi giorni: come avrebbero potuto costruire una cosa del genere senza che nessuno se ne accorgesse? E’ molto più logico pensare che fosse già pronta da prima che tutta questa faccenda iniziasse. E la cosa mi inquieta assai”.

“Perché?”

“Perché mi dà la netta impressione che in tutta questa storia non sia Arxelles il vero cattivo. Temo che fosse solo una pedina, manovrata da qualcuno che è ancora nell’ombra. E noi dobbiamo scoprire chi è. Solo così troveremo una soluzione per gli altri misteri”.

Il telefono sulla scrivania squillò, il preside andò a rispondere. “Pronto? Oh, capisco, molto bene. Io e Takamichi saremo lì immediatamente”.

“Chi era?”

“Il laboratorio magico. Hanno finito di esaminare la torre. Andiamoci subito”.

Su una parete dell’ufficio apparve dal nulla un cerchio luminoso, i due uomini lo attraversarono e si ritrovarono in quello che appariva come un laboratorio ultratecnologico gestito da uomini e donne in camice bianco.

“Se qualcuno vedesse tutto questo, non ci crederebbe mai dei maghi” commentò Takamichi.

“Eh già, ma i tempi corrono e bisogna aggiornarsi” rispose il preside.

Una donna bionda andò incontro ai due. “Salve, sono Ritsuko Akagi, la direttrice del laboratorio” si presentò porgendo la mano.

Prima Takamichi, poi il preside gliela strinsero.

“Piacere di conoscerla, direttrice” disse quest’ultimo “Se non le spiace vorremmo vedere subito cosa avete scoperto”.

“Ma certo, seguitemi”.

I tre percorsero il laboratorio arrivando davanti a quattro colonne nere di due metri, che sorreggevano un grosso oggetto circolare collegato al pavimento da un tubo metallico.

Il preside e Takamichi riconobbero l’oggetto come la parte superiore della misteriosa torre di Arxelles.

“In base ai dati fornitici dal professor Negi Springfield” esordì la Akagi “abbiamo ricreato il meccanismo intero della torre. Sotto il pavimento ci sono degli emettitori di energia magica, con sopra un amplificatore. Adesso guardate”.

La donna schioccò le dita, dal pavimento si diffuse un ronzio che divenne sempre più forte, sul pezzo della torre si ebbero alcune scariche e poi si formò una bolla di energia di circa un metro di diametro.

“Non corriamo rischi?” domandò il preside.

“No, sappiamo controllare bene le dosi di energia. E adesso… professor Takamichi, potrebbe scagliare il suo colpo più potente contro la sfera?”

Takamichi rimase sorpreso. “Come scusi?”

“Non si preoccupi. Il fatto è che un esempio vale più di mille parole”.

Takamichi guardò il preside, che annuì.

“Va bene allora, ma per sicurezza state indietro”.

La scienziata e il preside indietreggiarono, Takamichi aprì i palmi delle mani che si illuminarono: “Nella destra l’energia del ki, nella sinistra il potere magico. Li unisco, però per sicurezza non userò il livello massimo” spiegò.

Unì i palmi, creando una sfera energetica. “Normalmente la scaglierei stando con le mani in tasca, ma questo non mi sembra il caso”.

Infine lanciò la sfera contro la bolla.

Non appena toccò quest’ultima, la sfera svanì.

Nessuna esplosione, o movimento d’aria, o ancora impatto contro qualche barriera: la sfera era scomparsa come se non fosse mai esistita.

“Ma che diavolo…?!”

La Akagi era già pronta a rispondere. “La sua sfera energetica è stata annullata, professor Takamichi. E la stessa cosa succederà con qualunque cosa contenga, in tutto o in parte, energia magica”.

“Come sarebbe a dire?” domandò il preside.

“Come questo meccanismo lo faccia, non lo sappiamo ancora. È una tecnologia del tutto sconosciuta. Ma gli effetti finali sono chiari: l’energia di questa torre annulla completamente qualunque tipo di energia magica. Noi l’abbiamo chiamata energia AM, ovvero Anti-Magia”.

“Però” continuò Takamichi avvicinandosi al pezzo della torre “Il professor Negi ci ha detto che questa torre doveva trasformare l’essenza di Arxelles in energia naturale, dopo che era stata potenziata all’infinito da Konoka Konoe, e infine riversarla nel corpo di Asuna Kagurazaka”.

“La prima cosa la fa. Anche in questo caso, non siamo ancora riusciti a capire il come, ma questa torre può davvero trasformare l’energia magica da soprannaturale in naturale. Ma una volta trasformata, il risultato finale è del tutto diverso, e sarebbe potuto essere catastrofico”.

Il preside si accigliò. “Direttrice, cosa intende dire?”

“I calcoli sono approssimativi, basati su deduzioni. Ma se l’energia di Arxelles, potenziata all’infinito e trasformata in energia naturale, fosse finita dentro questo pezzo, avrebbe generato una bolla di energia talmente grande da arrivare a coprire tutta l’Asia, forse il mondo intero”.

“Arrivando a cancellare completamente la magia da tutto il pianeta” concluse Takamichi.

La donna annuì, e il preside e Takamichi si guardarono.

“Aveva ragione, preside. Era solo una pedina” disse il professore.

****

Asuna rientrò nel suo appartamento con una busta della spesa. La porta sfondata e il disordine prodotti dalla passata irruzione erano già stati sistemati.

Sarebbe stato davvero difficile credere che fino al giorno prima il Mahora era occupato da una folla di persone possedute da un demone dei sogni.

La ragazza era stata anche dal preside, che le aveva detto come avrebbe dovuto comportarsi per poi riferirlo anche alle altre: ad eccezione delle ragazze che non erano state possedute, almeno non dall’inizio, nessuno avrebbe mai dovuto sapere cosa era successo. Neppure Konoka: delicata com’era, avrebbe sofferto troppo all’idea che aveva tentato di fare del male ai suoi amici.

Mentre per quanto riguardava la morte di Evangeline e la distruzione di Chachamaru, la versione ufficiale sarebbe stata che la prima era tornata in Europa in tutta fretta e forse per sempre, e Chachamaru l’aveva seguita, nonostante l’ovvio disappunto delle sue creatrici Hakase e Chao.

Data la freddezza di Evangeline verso le sue compagne, nessuno si sarebbe stupito se era partita senza salutare.

Asuna non potè tuttavia reprimere un sentimento di tristezza: nonostante il tradimento, Evangeline era comunque una loro compagna di classe, che a Kyoto li aveva pure salvati.

Chachamaru poi…

Takamichi le aveva spiegato che anche se era possibile ricostruirla, non avrebbero mai potuto restituirle la cosa più preziosa: la sua anima.

Solo Evangeline sapeva come infondere un’anima in quegli esseri meccanici.

Sarebbe stato bello vedere Chachamaru ridotta ad una bambola priva di sentimenti?

Ovviamente no e così la III A aveva perso un’altra alunna.

Ma in quella situazione c’era comunque spazio per una buona notizia: il preside aveva accettato la presenza di Shinobu, ritrovata mentre si nascondeva nella grande biblioteca, e proprio da quel giorno l’avrebbe iscritta al Mahora.

Inoltre l’avrebbe messa nella loro classe.

“Negi, Kamo, sono tornata” annunciò Asuna posando la busta.

Ma la stanza era deserta.

“Strano, avevo lasciato Negi a letto per riposarsi. Le sue ferite le hanno guarite con la magia, però era ancora piuttosto debole con tutto il sangue che aveva perso. Mah, sarà andato da qualche parte con Kamo”.

Cominciò a tirare la spesa fuori dalla busta, quando si accorse di una lettera poggiata sul letto di Konoka.

Prima che potesse prenderla, nella stanza arrivò Kamo con una lattina sulla schiena. “Ehi capo, ti ho portato il tuo the freddo… ehi, Asuna”.

“Kamo. Dov’è Negi?”

“Io pensavo che fosse qui dove lo avevo lasciato”.

“Ah sì? Io credevo che fosse con te…”

Asuna deglutì e puntò lo sguardo sulla lettera, precipitandosi ad aprirla.

Era una lettera magica e non appena la aprì, comparve una piccola immagine registrata di Negi.

Il giovane mago aveva lo sguardo basso, come se fosse incapace di guardare chi aveva di fronte.

''Asuna, perdonami se sono cosi vigliacco da non riuscire a dirtelo direttamente, ma ho deciso di andarmene. Non so dove e per quanto tempo, però devo cercare di risolvere quello che adesso mi sento dentro.

Il fatto è che durante l’ultima crisi sono stato un vero disastro: ho condotto te e le altre nella tana del lupo, e quando Arxelles stava per farti del male, anzi, stava per distruggere il mondo intero, non sono riuscito a fare niente.

Ho potuto solo mettermi a piangere come un bambino, perché è questo quello che sono.

Un bambino che cerca di indossare le scarpe di un adulto.

Ho voluto accollarmi troppe responsabilità, come mago, insegnante, amico e per poco non provocavo una catastrofe.

Finora mi sono cullato in un illusione, per via dei miei tanti presunti talenti, ma adesso devo guardare in faccia la realtà.

Lo so che se tu fossi qui adesso diresti che non devo prendermela, che in una situazione come quella chiunque si sarebbe trovato in difficoltà, anche Takamichi o mio padre. E aggiungeresti che nessuno poteva prevedere il tradimento di Evangeline. Ma io non posso sorvolare su queste cose, non posso pretendere di essere un mentore se poi non riesco a fare nulla per chi si fida a me.

Provo tanta confusione, anche nei confronti di Evangeline: nonostante il suo tradimento, non riesco ad odiarla. E nonostante ci abbia salvato tutti, non riesco a non odiare il mostro che ha ucciso lei e distrutto Chachamaru.

Forse se anziché chiederle egoisticamente di allenarmi, mi fossi dato da fare per liberarla dalla maledizione, non ci avrebbe mai tradito.

Comunque ho preso la mia decisione: salutami le altre, e anche Kotaro e Kamo. Ti prego poi di chiedere scusa da parte mia al preside e a Takamichi per tutti i fastidi che gli ho procurato, compreso l’ultimo: trovare una scusa per la mia partenza''.

L’immagine alzò lo sguardo, sembrò voler dire qualcos’altro, ma tacque e si limitò a fare un mesto sorriso.

Infine la registrazione terminò.

Asuna e Kamo si guardarono.

Poi la ragazza corse subito fuori dal dormitorio, con Kamo sulle spalle.

“Presto! Presto! Sono sicuro che è andato alla stazione. Dannazione, stamattina Negi mi era sembrato strano, ma non pensavo che avrebbe fatto una cosa del genere!” disse preoccupato l’ermellino.

“Quel maledetto moccioso! Appena lo trovo lo riporto al Mahora a pedate” mormorò Asuna rabbiosa e con gli occhi lucidi.

Grazie alla sua incredibile velocità, Asuna ci mise pochissimo ad arrivare alla stazione.

Kamo fiutò l’aria. “Lo sento. Si è fermato davanti a quello sportello, il numero quattro”.

Asuna corse fino alla biglietteria indicata dall’ermellino, c’erano due persone davanti, ma lei le scostò quasi lanciandole per aria.

Il bigliettaio rimase sconvolto davanti alla forza che aveva quella ragazzina.

Asuna cercò di parlare nonostante il fiatone. “Mi… scusi… poco fa… ha visto passare di qui un bambino occidentale, con gli occhiali e un bastone… sulla schiena?”

L’uomo tentò di ricordare. “Ah sì, penso di averlo visto. Ha preso il diretto 705. E’ partito dieci minuti fa”.

Asuna ammutolì, sussurrò qualcosa, forse un grazie, e se ne andò.

Uscì dalla stazione, muovendosi come se si fosse smarrita.

Anche Kamo sembrava incapace di dire qualcosa.

Poi Asuna cadde a terra in ginocchio e iniziò a piangere.

Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.

“Negi!” esclamò Asuna girandosi.

Invece si trovò di fronte una donna, molto bella e anche molto giovane, che indossava un elegante completo nero.

“Mi scusi, signorina, le serve aiuto?”

“N…no… si figuri” rispose Asuna cercando di asciugarsi le lacrime e rialzandosi.

La ragazza tentò di trattenere nuove lacrime.

In fondo certi dolori sono cose personali.

La donna le porse un fazzoletto.

Asuna lo prese ringraziando.

La donna tentennò un momento, poi si decise: “Mi scusi se l’ha disturbo ancora, signorina, ma potrei chiederle un informazione?”

“Si figuri, chieda pure”.

“Sa dirmi dove si trova l’istituto Mahora?”

“Be, sì, io sono una studentessa di quella scuola”.

“Davvero? Bene. Chissà, forse finirò nella sua classe”.

“Come sarebbe a dire? Lei chi è?”

Asuna squadrò quella donna.

Doveva avere al massimo una ventina di anni, quindi non poteva essere una studentessa.

“Sono un insegnante di inglese, mi chiamo Rei Ayanami” fu la risposta.

FINE

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