Una mattina d'autunno

di Daleko
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio. [Capitolo 0] ***
Capitolo 2: *** "C'è stato un incidente.." [Capitolo 1] ***
Capitolo 3: *** Dimentica. [Capitolo 2] ***
Capitolo 4: *** Risveglio. [Capitolo 3] ***
Capitolo 5: *** Leo. [Capitolo 4] ***
Capitolo 6: *** Effrazione. [Capitolo 5] ***
Capitolo 7: *** Paura. [Capitolo 6] ***
Capitolo 8: *** Pensieri. [Capitolo 7] ***
Capitolo 9: *** Minacce. [Capitolo 8] ***



Capitolo 1
*** Preludio. [Capitolo 0] ***


UNA MATTINA D'AUTUNNO


Preludio.


I

l mozzicone di sigaretta cadde ai suoi piedi. Spense la cicca con la punta della suola in gomma della scarpa destra. Erano abbastanza logore; da quanto tempo non comprava un paio di scarpe nuove? Non lo ricordava più.

Luca si alzò, raccogliendo la cartella verde militare dalla panchina su cui era seduto. Percorse il viale pieno di foglie secche, diretto verso l'uscita dell'Università.
Era autunno, ma non sembrava fare troppo freddo. Camminava lentamente, con la giacca a vento nera chiusa e le mani infossate nelle tasche dei blue jeans. Era indeciso fra il tornare subito a casa e il prendersi un caffè al bar, a pochi passi dal parcheggio coperto dove lo aspetta la sua auto. Aveva appena optato per il caffè, quando "Spectral murmurs" spezzò il silenzio. «Devo decidermi a cambiare suoneria» mormorò fra sé, prendendo il cellulare con la mano destra. Fissò il mini-display sullo sportellino chiuso; aveva ancora uno di quei vecchi cellulari con l'antenna e lo schermo verde. Lesse la parola che continuava a scorrere davanti ai suoi occhi: "Sis". Dopo qualche secondo si decise a rispondere, sovrappensiero.

«Pronto?»

«Salve, parlo con un parente di Laura Salvi?»

Voce da uomo.

«No, sono un amico» rispose.

«Ah» la voce sembrava titubante. «Chiamo dall'ospedale Giorni Nuovi di Bielza. C'è stato un.. Incidente, il Suo numero era tra i numeri di emergenza. Sembra essere l'unico attivo» continuò la voce.

"Per forza, i suoi sono morti una vita fa" pensò fra sé, amareggiato. «È grave?» chiese quindi, stringendo con forza l'apparecchio.
«...forse è meglio parlarne da vicino. Sa come raggiungere l'ospedale?» rispose la voce. Luca strinse i denti, preoccupato.
«Certo, arrivo subito» concluse, chiudendo lo sportellino e riponendo il cellulare in tasca.
Si allontanò dal bar, dal caffè e dal resto del pomeriggio, correndo verso il parcheggio coperto.



 



Attenzione!
Nomi, luoghi e fatti narrati sono totalmente frutto della fantasia dell'autore. Riferimenti a persone, luoghi o eventi realmente accaduti è puramente casuale.

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Capitolo 2
*** "C'è stato un incidente.." [Capitolo 1] ***


UNA MATTINA D'AUTUNNO


"C'è stato un incidente.."

E


ntrò nella sala d'aspetto dell'ospedale poco dopo l'ora di pranzo. Si avvicinò al bancone, senza guardarsi intorno. «Sono stato chiamato, una mia amica è ricoverata e..»

«È qui per la signorina Salvi?» chiese una voce maschile alle sue spalle.
Si voltò, guardando in volto l'uomo in camice. Era sulla trentina e portava la barba nera apparentemente incolta, ma in realtà curatissima. Luca gliela invidiò; nonostante i suoi ventun anni, senza barba ne dimostrava — a voler essere generosi — diciotto.
«Sì, sono Luca Cassina» rispose semplicemente, al che l'altro annuì. «Lasci i suoi dati alla signorina e mi segua, grazie».


Pochi minuti dopo, erano in attesa dell'ascensore ad una delle estremità del corridoio. L'uomo – o meglio, il medico – riprese a parlare.
«È stata portata qui stamattina, alle undici e trentotto. Si è... Gettata dal tetto del palazzo della sua abitazione» spiegò, entrando nell'ascensore.
«G-Gettata?» ripeté Luca, come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco. Entrò nell'ascensore con fatica. «Come? Perché? Come sta?!» continuò, guardando il medico e resistendo alla tentazione di urlare. L'altro premette il pulsante "2" e abbassò il capo, senza parlare. Non sembrava troppo contento di essere lì; Luca attese una risposta, angosciato.
«È in coma» rispose il medico. «Potrebbe non... Resistere a lungo. Ci sono... Danni cerebrali che potrebbero risultare degenerativi» continuò, alzando il volto. Lo guardò negli occhi, stringendo le labbra. «Mi dispiace molto» aggiunse, mentre l'ascensore annunciava con un suono l'apertura delle porte. Luca uscì al seguito del medico, senza guardarsi attorno. Lo seguì silenziosamente nella camera 211, dove la sua migliore amica giaceva in un letto. L'altro chiuse la porta.
«Al momento è abbastanza stazionario. Lei sa perché ha fatto ciò?» gli chiese, voltandosi a guardarlo. Il ragazzo scosse la testa. «No. Assolutamente. Era una ragazza allegra, vivace, andava all'Università, aveva degli amici, e...» deglutì «mi sconvolge non sapere per quale motivo ha tentato di togliersi la vita» aggiunse mormorando, amareggiato. Si avvicinò al letto in cui Laura era stesa con la testa fasciata, due tubi che le permettevano di respirare, un braccio ingessato e troppi macchinari attorno.
«Tenga» disse, porgendogli una scatola bianca con su un'etichetta. «Qui c'è quello che indossava quando è stata trasportata in ospedale. Se può servirle...» «Grazie» rispose, con un cenno del capo. Prese la scatola, lanciò un'ultima occhiata a Laura e sentì le lacrime salirgli agli occhi.
Uscì dalla stanza.






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Capitolo 3
*** Dimentica. [Capitolo 2] ***


UNA MATTINA D'AUTUNNO


Dimentica.


P

archeggiò nel vialetto, spegnendo il motore. Si voltò a guardare la scatola sul sedile del passeggero; restò così per qualche secondo, poi aprì la portiera e scese dall'auto. Infilò nuovamente la testa nell'abitacolo e afferrò la scatola, prendendola in braccio. Chiuse l'auto con le chiavi che aveva ancora nella mano sinistra, e alzò il viso a guardare il cielo. Era il crepuscolo, e l'aria cominciava a raffreddarsi. Qualche nuvola di passaggio contribuiva a creare un gioco di luci che in altre circostanze gli sarebbe piaciuto molto, ma che in quel momento contribuiva solo a peggiorare il suo umore. Sospirò, dirigendosi verso la porta di casa. Il lieve scricchiolio della ghiaia lo accompagnò fino agli scalini di legno che salì lentamente, come se non avesse affatto fretta di entrare. Aprì la porta di casa, entrò e la richiuse alle sue spalle. Poggiò le chiavi sul tavolino accanto alla porta, lanciando un'occhiata allo specchio lì sopra. Aveva un'aria stravolta: i capelli biondo cenere erano disordinati, gli occhi arrossati e le labbra secche; nel complesso il tutto stonava molto con il viso dai lineamenti dolci e perfettamente sbarbato, ma non vi badò più di tanto. Si diresse in cucina, poggiando la scatola sul tavolo di marmo. Era intento a sfilare la giacca, quando qualcosa urtò il suo ginocchio. Abbassò lo sguardo.
«Oh, ciao Dex» mormorò mestamente, mentre il beagle continuava a strusciare il muso sul suo jeans. Portò la mano destra ad accarezzarlo, mentre il cane scodinzolava allegro. «Scusa, non è giornata» disse prima di drizzarsi e uscire dalla cucina per posare la giacca sull'appendiabiti.
Restò a fissare la giacca nera per qualche minuto, senza avere il coraggio di tornare nella stanza. Sapeva che avrebbe comunque dovuto aprire quella scatola, prima o poi, ma al momento non ne aveva il coraggio.

Salì le scale senza voltarsi, intenzionato a farsi una doccia. Aveva una fame tremenda, ma non voleva nemmeno dirlo ad alta voce; sarebbe tornato in cucina solo se costretto. Entrò nel bagno e chiuse la porta a chiave, lasciando il beagle fuori. Sfilò la maglia nera che nascondeva i muscoli allenati ma non pompati, lasciandola cadere a terra. Stessa fine capitò ai calzini, al jeans e al boxer; solo le anonime, logore scarpe da ginnastica restarono in un angolo del bagno, in attesa di trovare una sistemazione migliore.
La doccia calda che ne seguì fu sì la cosa più rilassante della giornata, ma anche la più terribile. Non riusciva a smettere di pensare a Laura e a quanto il suo gesto gli bruciasse nel profondo.
"Perché l'hai fatto?" pensò amareggiato, lasciando che l'acqua calda portasse via la schiuma dal suo corpo. D'un tratto, realizzò che se non aveva mai nemmeno sospettato la possibilità di un atto del genere da parte sua, evidentemente non la conosceva affatto. Questo pensiero, lucido quanto terribile, gli tolse il respiro.

Uscì dalla doccia con un asciugamano legato attorno alla vita, diretto alla sua camera. Lo stomaco cominciava a brontolare sonoramente; accese la luce pigiando l'interruttore e lanciò un'occhiata alla sveglia sul suo comodino. Segnava le 20:25, e lui era ancora digiuno dal caffellatte delle 7:30. "Perfetto" pensò, prendendo atto che la scatola era ancora dabbasso, sul tavolo, in cucina, a reclamare la sua attenzione almeno quanto il cibo che si trovava inevitabilmente nella stessa stanza.
Chiuse le tende azzurre della finestra, poi lasciò cadere l'asciugamano. Aprì il cassetto del comodino – quello del lato del letto in cui dormiva, l'altro era praticamente inutilizzato – e ne tirò fuori un boxer grigio, che indossò evitando di voltarsi verso l'armadio. Voleva evitare di specchiarsi e, dato che la facciata dell'armadio era a specchio, riteneva difficile non farlo restando nella camera da letto. Indossò velocemente il pantalone e la giacca del pigiama che quella mattina aveva lasciato sul letto disfatto, ed uscì a piedi scalzi dalla stanza spegnendo la luce. Restò per qualche secondo a fissare la balaustra, indeciso sul da farsi; l'ennesimo brontolio dello stomaco lo convinse a scendere nuovamente, ma non ad andare in cucina. Accese la luce del pianerottolo deciso ad andare nel salotto a guardare la TV, ma la presenza della cucina vuota e buia lo infastidiva; chiuse la porta quasi sbattendola, evitando di guardare la scatola, e attraversò l'arco del salotto.
Nel mobile in fondo alla stanza teneva sempre degli snack, oltre gli alcolici. Afferrò una busta di patatine e si stese sul divano, accendendo il televisore col telecomando. Fece un po' di zapping, fermandosi su un vecchio film horror in bianco e nero. "Tutto ciò è ridicolo" pensò fra sé, ma era più che fermo sulla sua decisione di non pensare a Laura. Era arrabbiato, incazzato con lei per averlo tenuto fuori da tutto questo, e non voleva pensare a lei. Non voleva.

Meno di due ore dopo, si addormentò.

 


 

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Capitolo 4
*** Risveglio. [Capitolo 3] ***


UNA MATTINA D'AUTUNNO


"Risveglio"

"M


angiate cereali... Più bianco non si può... Un grande pennello!"
Luca battè le palpebre, infastidito. Era stato svegliato, probabilmente dal fragore del televisore. Mise un piede a terra, passandosi una mano sulle palpebre. Rumore frusciante: aveva rovesciato il pacco di patatine, non del tutto vuoto, sul pavimento. Dex non parve dispiaciuto all'idea di una colazione diversa, così cominciò a sgranocchiare soddisfatto. «Oh, fanculo» borbottò il ragazzo, alzandosi alla ricerca del telecomando; ne aveva abbastanza della pubblicità. Dopo pochi secondi lo individuò sotto le patatine: probabilmente durante la notte aveva fatto cadere anche quello. Si chinò a raccoglierlo, parlando al cane. «Hey Dex, cosa ci facevo a dormire sul div...» non terminò la frase; il ricordo del giorno prima gli tornò in mente, rapido e pesante.
Cadde in ginocchio sul tappeto, fra le patatine. Il cane, del tutto incurante dei pensieri del padrone, passò il muso su una mano del ragazzo. Luca si voltò lentamente; la porta della cucina era, ovviamente, ancora chiusa.
Si alzò di botto, dirigendosi fremente nell'altra stanza. Non voleva più aspettare; per quanto valeva, lo aveva già fatto fin troppo. Era ancora arrabbiato con Laura, ma doveva sapere perché l'aveva fatto.
Entrato in cucina, rimase a fissare per qualche secondo la scatola chiusa sul tavolo. L'etichetta recitava:



Nome e cognome
Laura Salvi
Data di nascita
26/06/1993
Ricoverato il alle
15/10/2013 11:38
Paziente n°
126521


Fissò l'etichetta per qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore.
Poi, fattosi coraggio, aprì la scatola.








# Spazio autore #

Spero di non essermi guadagnata l'odio di troppi, con il temporeggiare del protagonista. Solitamente non amo apporre riflessioni personali ai miei scritti, ma ho notato un discreto numero di letture finora e, cosciente del fatto che non tutti sono registrati, gradirei da parte di quelli che lo sono di recensire la storia per incoraggiarmi a proseguirla o per farmi migliorare nella scrittura. Le critiche costruttive sono sempre ben accette, così come riflessioni e congetture sulla storia; amo vedere i lettori coinvolti, davvero.
Detto ciò, spero di non avervi annoiati eccessivamente. Grazie della lettura.



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Capitolo 5
*** Leo. [Capitolo 4] ***


 

UNA MATTINA D'AUTUNNO

  
Leo. 


«P

ronto?.. Pronto?...»
Il click di fine conversazione lo informò che la telefonata era terminata.
Luca abbassò lentamente il cellulare, fissando lo schermo nero. Un'auto passò, illuminando con i fari l'interno dell'abitacolo.
Pigiò il tasto rosso, per far illuminare lo schermo. "23:56" apprese, prima che il cellulare tornasse in stand by.
Estrasse lentamente il foglietto a quadretti strappato dalla fine di chissà quale quaderno, che aveva riposto nella tasca della giacca a vento. Su c'era segnato, con una scrittura frettolosa e un po' sbiadita dal tempo, un numero di cellulare. Sotto, il nome "Leo" l'aveva informato sin da subito che si trattava di un uomo.
Era rimasto piuttosto sorpreso dal fatto che il numero fosse ancora attivo; aveva chiamato senza ben sapere cosa fare, semplicemente per sentire la voce dell'uomo. Non gli era chiaro per quale motivo il foglio col numero, palesemente vecchio di qualche anno, si trovava quel giorno nella tasca di Laura... Ma era piuttosto intenzionato a scoprirlo.
Digitò nuovamente il numero sul cellulare; non aveva bisogno di leggerlo, era ormai la quarta volta che lo chiamava nascondendo il proprio numero.
«Senti pezzo di merda, chiama di nuovo e ti spezzo tutte le ossa» rispose furente il suo interlocutore, interrompendo subito la conversazione.
Il ragazzo lasciò cadere il cellulare, abbassò la testa, prese il volto tra le mani e cominciò a piangere.
 

Chiamare Leo 20/05/09
7 gr 23/05/09
Leo in caff. 31/05/09
Sarah 3 gr 02/06/09
5 grammi 11/06/09
Leo casa 16/06/09
BIELZA!!! 17/06/09



Fissò nuovamente la pagina strappata di quello che pensò essere, probabilmente, un taccuino. Aveva ancora gli occhi lucidi; il display del cellulare lo informava essere quasi mezzanotte e mezza. "L'ora di andare" pensò il ragazzo, mettendo in moto l'auto. Guidò verso casa, spossato da una giornata di cui avrebbe volentieri fatto a meno.


 



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Capitolo 6
*** Effrazione. [Capitolo 5] ***


 

UNA MATTINA D'AUTUNNO


Effrazione.


N

on aveva mai fatto una cosa del genere, ma c'è sempre una prima volta. Questo era quello che pensava Luca Cassina, ventunenne di Bielza, studente alla facoltà di Ingegneria dell'Università più vicina, mentre alle quattro e dodici del mattino era chinato con una forcina vicino alla porta sul retro della casa di Laura, intento a forzare la serratura.
"C'è sempre una prima volta" pensò per l'ennesima volta, mentre un clack lo avvisava che la porta era finalmente aperta. Entrò furtivamente, chiudendo la porta dietro di sé. Si guardò intorno: le finestre della cucina erano coperte da semplici tende leggere, per cui ritenne poco sicuro accendere la luce. Si diresse verso i cassetti di uno dei banconi, aprendo l'ultimo e prendendo una candela. L'accese con il suo accendino, ringraziando mentalmente la ragazza per non aver spostato nulla dall'ultima volta che era andato da lei. Chiuse il cassetto con un piede, mentre si voltava a guardare la stanza.

Non era mai stata troppo ordinata, e il vuoto assoluto che regnava in cucina lo disturbò. Non c'era nulla, assolutamente nulla fuori posto. Non un piatto ad asciugare, non un bicchiere lasciato sul tavolo, non un canovaccio lasciato su un bancone. Nulla. Tutto era perfettamente al suo posto. Turbato, decise di spostarsi nella camera da letto. Mentre saliva lentamente le scale, sperò che nessuno dei vicini fosse affacciato alla finestra. Cosa difficile a quell'ora, certo, ma non poteva in nessun caso trattenersi troppo a lungo. Uscire con la luce del giorno era decisamente troppo pericoloso.

Quando, circa tre ore prima, era tornato a casa, non era riuscito a chiudere occhio. Aveva passato quasi mezz'ora steso lì a fissare l'orologio, poi si era alzato frustrato ed era tornato in auto. Era dunque tornato nel quartiere di Laura, parcheggiando però stavolta l'auto più lontano per non destare sospetti nei vicini. Aveva indugiato un po', poi era entrato nel giardino e aveva deciso di aprire la porta sul retro. Incredibilmente, ci era riuscito.

Ma ora cosa doveva fare?
Rimase sulla soglia della camera da letto, a bocca aperta. L'intera casa non mostrava un solo tovagliolo fuori posto, ma in quella stanza regnava il caos più assoluto. A terra, una valigia era aperta. Tutti i vestiti dell'armadio erano stati gettati alla rinfusa sia all'interno del piano dell'armadio stesso, al momento aperto, sia nella valigia, che sul pavimento. Continuò a fissare quest'ultimo, ingombro oltre che di abiti anche degli oggetti più disparati: libri, fogli, qualche penna, un accendino, un ombrello, una buccia d'arancia, mezzo limone, un telefono in pezzi. Sembrava essere stato strappato dalla presa telefonica, dato il portariviste – che era proprio davanti alla presa – si era rovesciato su un lato, assieme al suo contenuto.
Il comodino era quasi completamente sparito sotto vari piatti, un'agenda, un portafogli, la lampada rovesciata su un lato, un cucchiaio e mezzo cuscino, scostato dal letto. Anche il letto non era in condizioni migliori: sopra c'era il resto dell'armadio svuotato, un carillon spaccato in due, frammenti di vetro e un laccio emostatico?
Questo spettacolo di devastazione, già di per sé inquietante, alla luce della candela era quantomeno sinistro. Camminò tra le macerie della vita di Laura, andando verso il comodino della ragazza. Voleva dare un'occhiata all'agenda intravista lì sopra, nella speranza di trovare un indizio. Quando guardò il pavimento, però, si dimenticò totalmente del mobile. A dire il vero, dimenticò tutto quello a cui stava pensando.
Tanto per cominciare, c'era del sangue. Troppo sangue, pensò fra sé. Non erano che gocce, questo è vero, ma buona parte del pavimento era incrostato di rosso. Anche un lembo del lenzuolo, che sporgeva dal letto, era sporco di sangue. Pensò che l'avesse usato per pulirsi. Punto secondo: non gli piaceva, non gli piacevano affatto gli altri oggetti sul pavimento. Si fletté sulle gambe, rimanendo abbassando a guardare meglio quanto c'era alla luce fioca della candela. Una scatolina faceva bella mostra di sé, voltava verso il basso. La alzò cautamente, ma era vuota. La rimise al suo posto, contemplando gli altri oggetti. Si accorse, per il riflesso, che anche lì c'erano frammenti di vetro. Guardando sotto il letto capì da dove provenissero: c'erano almeno quattro – o cinque? – bottiglie vuote. Gli sembrarono quelle di liquore che teneva, solitamente, in salotto.
Si inquietò, tornando a prestare attenzione al pavimento.
«Merda!» esclamò, afferrando la candela con l'altra mano per paura di farla cadere a terra. Si era scottato con la cera bollente. Sfregò rapido la mano sul jeans, ma ormai la bolla stava cominciando a gonfiarsi. Leccò lievemente il punto rosso della mano, guardando fuori dalla finestra. Era quasi l'alba. Impaurito, capì che doveva sbrigarsi. Portò dunque nuovamente la luce verso il pavimento, doveva aveva adocchiato quello che gli sembrava il taccuino da dove la ragazza aveva strappato la pagina. Alzò il libretto, solo per rendersi conto che era umido. Lo aprì con enorme delusione: Laura lo aveva impregnato d'acqua (o, fidandosi dell'olfatto, nell'alcool) per cancellare tutto quel che c'era scritto, inevitabilmente. Luca lo lasciò ricadere con un sospiro, facendo per alzarsi. Mentre si girava per andare via, però, urtò qualcosa con la scarpa. L'oggetto rotolò sotto il letto.
"Qualcosa che rotola?" pensò, incuriosito. Si abbassò nuovamente, scrutando sotto il letto.
Quello che vide non gli piacque affatto.

 


 

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Capitolo 7
*** Paura. [Capitolo 6] ***


UNA MATTINA D'AUTUNNO


Paura.


L

uca non ebbe nemmeno il tempo di prendere atto di cosa avesse appena visto, che un rumore improvviso lo fece sobbalzare. «Merda!» biascicò fra sé, riconoscendo il rumore della serratura della porta sul retro: qualcun altro aveva avuto la sua stessa idea. Si alzò, guardandosi freneticamente intorno. Soffiò sulla candela, la gettò sotto al letto ed uscì rapidamente dalla stanza cercando di non inciampare su nulla. Uscì in corridoio con il cuore in gola, mentre qualcuno trafficava in cucina. «Dove tiene le candele quella puttana?» borbottò una voce maschile al piano di sotto. Luca sbiancò; riconobbe la voce in quella dell'uomo al telefono, identificato come Leo. Si diresse verso il bagno degli ospiti, in fondo a destra, pregando che il legno non scricchiolasse. Il legno non scricchiolò, e lui richiuse lentamente la porta dietro le sue spalle. Benedì mentalmente chiunque avesse oliato i cardini l'ultima volta, e appoggiò l'orecchio alla porta per essere sicuro che l'ospite inatteso non si dirigesse lì. Con il cuore che ancora rimbombava nelle orecchie, però, la sua mente non era rivolta totalmente all'uomo, ma alla siringa che aveva trovato sotto il letto dell'amica. L'uomo salì le scale; evidentemente aveva trovato una candela. Non ci mise molto a trovare la stanza da letto; una risata rimbombò in tutta la casa.
Contò i minuti, ma la risata sembrava non finire mai. «Avrebbe dovuto continuare a succhiare!» sentì ad un tratto, sobbalzando. Leo aveva terminato la sua risata divertita, cambiando repentinamente umore. Il rumore di un bicchiere infranto gli fece gelare il sangue nelle vene. «Dove ha messo la mia fottuta roba, quella troia, devo darle quello che si merita!!» sentì ancora sbraitare, con il suono sempre più ovattato.
La luce cominciava ad entrare dalle finestre, e per una mezz'ora buona sentì l'altro rovistare nelle altre stanze. Il rumore improvviso della porta sul retro, sbattuta, lo avvertì che si trovava nuovamente solo.
Luca era già solo, era già solo da molto tempo. Era seduto sul pavimento del bagno, col viso nascosto nelle mani, a piangere in silenzio. Aveva capito molte cose, quella notte. Ne aveva capite troppe, probabilmente; ed ora, preso dallo sconforto, non aveva nemmeno la forza di andar via. Non aveva nemmeno la forza di andare via dalla casa di Laura, universitaria, amica, bugiarda.


 



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Capitolo 8
*** Pensieri. [Capitolo 7] ***


 

UNA MATTINA D'AUTUNNO


Pensieri.


L

uca fissava il soffitto, tirando il lenzuolo fin sopra la bocca. Era mattina, ma aveva chiuso gli scudi delle finestre. Completamente al buio, pensava.
Non voleva credere a quello che aveva trovato sotto il letto della sua migliore amica. Ripensò a Laura, ai suoi lunghi capelli castani, gli occhi verdi, il naso piccolo e le labbra sempre piegate in un sorriso. Era bella, Laura. Bella e piacevole, sempre piena di vita; infondeva allegria a chiunque incrociasse il suo cammino. L'aveva conosciuta circa due anni e mezzo prima, evidentemente spaesata nel nuovo quartiere. All'epoca era molto più introversa e riservata a causa della recente morte dei genitori, ma presto aveva ritrovato la gioia.
Le aveva sempre voluto bene come ad una sorella, gli era sempre sembrato di conoscerla da una vita.
Ma ora...

Luca si voltò su di un fianco, mettendo una mano sotto in cuscino. "Ma ora mi è crollato tutto", pensò amaramente.
Non voleva credere a quello che aveva trovato sotto il letto della sua migliore amica.
Ma l'aveva trovato. Era un dato di fatto. Si era chinato, aveva guardato e aveva visto. E dopo aver visto quella siringa, nulla aveva avuto più senso. Non era di certo un esperto in materia, ma le basi le conosceva. TV, internet, libri insegnano che non serve poi chissà cosa per farsi una dose.
"Una siringa... Un laccio emostatico... Un limone, un cucchiaio... C'era tutto, c'era tutto!"
Tranne la roba.
Luca si voltò sull'altro fianco, inquieto. Laura... Laura un'eroinomane? Non poteva crederci, non voleva. Non lo sembrava affatto, era sempre così... Così normale!

Driiiin!
Il campanello lo distolse dai suoi pensieri. Guardò l'orario: le cifre luminose gli comunicarono che erano le sei e un quarto. Il ragazzo s'incupì.
Driiiin! Driiiiiiiiiiiiiiiiiiin! Driiiin!
«Chi cazzo è a quest'ora» borbottò fra sé, preoccupato. Si alzò dal letto – ancora vestito come ore prima, eccezion fatta per le scarpe lasciate in corridoio – e si diresse verso le scale, fissando la porta d'ingresso. «Arrivo, arrivo!» disse ad alta voce.
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiin!

Tutto ciò non presagiva nulla di buono.
 


 

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Capitolo 9
*** Minacce. [Capitolo 8] ***


UNA MATTINA D'AUTUNNO


Minacce.


C

adde all'indietro. Si aspettava di tutto, tranne che un pugno in faccia. Tramortito, riuscì a vedere solamente un uomo entrare in casa. Lo prese per la gola, e lo tenne fermo a terra. Su per giù, stimò Luca, doveva avere poco meno di trent'anni. Ventisette, avrebbe detto. «DOV'È ANDATA QUELLA PUTTANA, EH? DOVE?! RISPONDI O SEI MORTO, FIGLIO DI PUTTANA!» l'uomo, rosso in volto, urlava tanto da schizzargli la saliva in faccia. Riconobbe la voce; era dunque lui il fantomatico Leo?
Ebbe paura. L'altro strinse di più la presa al collo; cominciò a mancargli l'aria. «DIMMELO O TI AMMAZZO, NON METTERMI ALLA PROVA, STRONZO!»
«N-Non lo so» rispose. «ERI A CASA SUA STANOTTE, NON DIRE CAZZATE!» sbraitò quello, alzandolo a sedere per avvicinare il viso ancora di più al suo. «Vuoi morire?» gli ringhiò in faccia. Luca approfittò dell'aria per rispondere. «Non ne ho idea, non la vedo da giorni, per questo sono andato a cercarla ma non c'era. Non so dove sia. Giuro» aggiunse, con la voce incrinata dalla paura. Probabilmente l'altro se ne accorse, perché lo lasciò andare.
«Se scopro che hai detto una cazzata» disse, uscendo dalla porta «ti farò rimpiangere di essere nato!» ringhiò nuovamente, per poi andare via.
Luca si rialzò tremando, chiuse lentamente la porta e si rese conto che faceva sul serio. Si accasciò a terra, scivolando con la schiena contro il muro. Toccò tremante il collo, dove l'aveva stretto il suo visitatore. D'un tratto, cominciò a piangere. Era spaventato; non avrebbe sporto denuncia, e l'altro lo sapeva bene.
«Laura... Che cosa hai c-combinato...» disse, portandosi le ginocchia al petto. Continuò a piangere silenziosamente per un tempo imprecisato, nella casa vuota e buia.

 


 

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