Racane

di Portuguese_D_Ace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I sogni sono dettati dal subconscio, o no? ***
Capitolo 3: *** Uno strano nome in bocca ***
Capitolo 4: *** Incontri inaspettati ***
Capitolo 5: *** Conoscenza ***
Capitolo 6: *** Festa ***
Capitolo 7: *** Rapimenti ***
Capitolo 8: *** Spesso si oscilla tra la finzione e la realtà ***
Capitolo 9: *** Volare o ragionare? ***
Capitolo 10: *** Triste passato ***
Capitolo 11: *** Bisogna rianimare un po' la situazione! ***
Capitolo 12: *** Ira brevis furor est ***
Capitolo 13: *** Poteri ***
Capitolo 14: *** Senza luna ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

            




Non so dove sono. E’ buio. Tutto è terribilmente buio. Lo spazio non esiste. E’ scomparso, insieme a tutto ciò che era veramente reale e sensato. Finalmente vedo una luce. Mi muovo. Il mio corpo non ha consistenza. E’ una cosa strana, incredibile e fantastica. Mi sento leggero come non mai. Che sia il mio spirito a vagare in quest’oscurità incondizionata? La raggiungo e l’attraverso, come se fosse una porta e…e mi ritrovo in un luogo complementare a quello precedente. Intorno a me, è tutto luce. E’ tutto semplicemente bianco. Tremo. Dentro me so cosa sta per accadere. Ad un tratto appaiono delle sfere viola, dalle varie sfumature e tonalità. Mi avvicino e ne tocco una. A quel punto ritorno nella “stanza” buia. Ed è in quel momento che non so più cosa fare. Di nuovo una luce. Quella luce. Però, non voglio attraversarla. Accadrebbe la stessa cosa di prima. Quelle sfere, quel colore, mi attirano, come una calamita. Non posso fare a meno di toccarle.

“Ace!”

Una voce!

“Ace!”

Ancora quella stessa ed identica voce! La sento in lontananza, ma abbastanza vicina da capire che è una voce femminile e che sta letteralmente urlando il mio nome. Mi ritrovo nuovamente in quel luogo interamente bianco. Mi gira la testa…troppi spostamenti per i miei gusti. Cado a terra. Mi sento male. Riesco a distinguere (per quanto la vista sfocata me lo permette) una figura. Prima di chiudere gli occhi, sento di nuovo quella voce, che però, questa volta, dice:

“Devi scegliere, Ace.”

Ed è di nuovo tutto buio.







 

Lo stupido angolo dell'autrice

Salve a tutti!!!!!!!!!!!!
Se state leggendo questo stupido angolino, significa che avete aperto la mia 
storia. Grazie mille :')
Spero che il prologo vi abbia incuriosito, anche perchè
tengo davvero molto a questa storia. Diciamo che ormai fa parte di me.
Riguardo al titolo, un pò particolare, volevo avvertirvi sulla sua esatta
pronuncia. Non si legge Racane, ma Resein :)
Bene, non so più cosa dire (sono così emozionataaa *------*)
vi lascio alle vostre riflessioni su questa storia, positive o negative
che siano. Ci sentiamo presto!
Arrivederci huhuhuhuhuhu ^.^

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Capitolo 2
*** I sogni sono dettati dal subconscio, o no? ***


Capitolo 1

Mi sveglio di soprassalto e proprio mentre la sveglia sta suonando. Wow, che precisione! Nonostante ciò, ogni mattina mi viene da prenderla e buttarla dalla finestra. “Driin, Driin!” Che fastidio! Una volta l’ho fatto. E’ arrivata in testa alla vicina che stava passando sotto la mia finestra. E “casualmente” da quel giorno lei mi odia. Dopotutto non ha tutti i torti, le ho quasi spaccato il cranio… Ma lasciando perdere il ricordo di questo inconveniente decisamente inopportuno, mi alzo dal letto con una faccia tutt’altro che volenterosa di iniziare una nuova giornata. Mi avvicino alla scrivania e ripenso al sogno fatto. Nulla di nuovo, considerato il fatto che lo faccio da circa una settimana. Ancora rifletto al senso di quell’oscurità e di quella luce, ma soprattutto, di quelle parole pronunciate infine dalla “figura-non-ancora-identificata”.
“Devi scegliere, Ace.”
Chissà cosa vorrà significare. Poi, seriamente, cosa dovrei scegliere? Cavolo, mi preoccupa così tanto tutto questo? Ma lasciamo perdere e prendiamo qualcosa dall’armadio che altrimenti arrivo in ritardo a scuola e poi chi li sente i miei professori?! Decido di indossare un jeans scuro e una maglietta rossa. Con in mano questi vestiti entro in bagno e cerco di risvegliarmi con un getto improvviso d’acqua fredda. Giro la manovella del lavandino e butto un po’ d’acqua ghiacciata sul mio viso ancora addormentato. Ok, ha funzionato, adesso sono sveglio.

***

Scendo le scale lentamente mentre osservo i miei genitori. Mio padre, vice-presidente di un’importante azienda finanziaria di Sydney, è intento a leggere il quotidiano seduto al tavolo e sorseggiando il suo caffè. Solo adesso percepisco un delizioso odorino che mi mette l’acquolina in bocca. Waffle. Che buoni. Ho sempre adorato i waffle, da quando ero piccolo. Mia madre, infatti, li sta cucinando.
“Buongiorno!” Proferisco con una vitalità totalmente inaspettata.
“Buongiorno!” Mi salutano a loro volta mamma e papà.
“Dormito bene?”Domanda mia madre.
“Certo!” Si, come no, se sognare da una settimana di essere catapultato in cinque minuti per ben quattro volte da un luogo all’altro, di sentirsi male e di udire un “essere sconosciuto”che ti dice di dover scegliere non si sa che cosa, può ritenersi dormire bene, allora sì, credo di aver riposato magnificamente.
Mia madre serve in tavola i waffle. Caldi e fumanti, con uno strato di nutella adagiato sopra. Che bontà. Certo che questa giornata, che prima sembrava già impossibile da vivere, si sta evolvendo davvero bene.
“Ti adoro mamma!” Esclamo mentre mangio un pezzo del mio dolce preferito.
“Si, solo quando vuoi tu, però.” Mi risponde lei.
Ed è a quel punto che sorrido e le dico: “Ma non è vero, io sono il figlio modello, ricordalo!”
“Che se non si sbriga, porterà a casa un altro richiamo da parte delle sue amabili professoresse.”Aggiunge mio padre.
“Non preoccuparti, so essere molto veloce, se voglio!”dico ghignando.
Finisco la mia colazione, vado nella mia stanza a prendere lo zaino e arrivato lì, me lo carico sulle spalle, indossandone una sola bretella. Quando sto per varcare la soglia della porta, mi gira la testa. Ed è a questo punto che ho un dejà vu. Mi sento esattamente come alla fine del mio sogno. E’ incredibile. Tutto ciò sta diventando veramente assurdo. Insomma, i sogni non hanno alcuna influenza sulla vita reale. Almeno, non dovrebbero. Mi tengo al muro, perché la testa non smette di girare; sento che tra poco sverrò. Alzo lo sguardo e vedo il mio riflesso nello specchio. Sono sempre io, gli stessi capelli nero corvino, la stessa pelle chiara e gli stessi occhi viola. Già, viola. Devo dire che mi hanno donato una certa fama e poi io stesso li adoro, mi piace guardarli, scoprire le loro sfumature e tonalità. Sorrido, sembrano proprio due ametiste, anzi assomigliano di più alle…sfere del mio sogno. Il mio sorriso si spegne improvvisamente e la testa ha pure smesso di girare. Ma la confusione…quella c’è sempre. Come mai tutti questi collegamenti? Coincidenze? Non credo proprio. Non per fare il drammatico, ma, andiamo, tutti la penserebbero come me. Giusto? Mah, lasciamo perdere. Forse sono solo un quindicenne idiota e fin troppo complessato. Scendo le scale e saluto frettolosamente i miei genitori che mi augurano buona giornata. Beh, direi che è già troppo tardi.

***

Camminando mi ritrovo davanti alla mia scuola, un semplicissimo liceo, basato di più sulle materie scientifiche. Si, mi piace la matematica, ma soprattutto le scienze. Mi affascinano. Scopro sempre qualcosa di nuovo, che mi fa pensare, riflettere su quante cose esistano, su quanti meccanismi intricati e particolari vi siano.
“Ace!!”Qualcuno mi si butta “con delicatezza” al collo. Il mio migliore amico: Kyle Navystone. Siamo amici da una vita, precisamente da quando avevamo sei anni e non riuscivamo a ricordare uno il nome dell’altro. E’ un po’ più alto di me, ha gli occhi azzurri e i capelli biondi. Potrebbe essere benissimo scambiato per un tedesco. Inoltre, ha un carattere aperto, è solare e simpatico e abbiamo quasi gli stessi gusti.
 “Come va, Kyle?”Gli domando.
“Bene Ace, veramente bene!”risponde con un sorriso da un orecchio all’altro.
“Cos’è tutta questa energia di prima mattina? Sprizzi felicità da tutti i pori! E non è da te, di solito hai una faccia terrificante!”
“Ah ah, ma che simpatico. Comunque anche tu oggi hai qualcosa di diverso, il tuo solito sguardo assassino mattutino, che non è da meno della mia faccia “terrificante”, non c’è.  A cosa devo l’onore?”
“Davvero? Sono desolato, dovrò provvedere mio caro amico!” E lo fulmino con lo sguardo. Molti mi hanno sempre detto che quando voglio so essere agghiacciante. Devo dire che la cosa non mi dispiace. Anzi, mi diverte, e anche molto.
“Sai, quando mi guardi in quel modo, mi fai venire i brividi…”
“E’ questo il mio intento!” sorrido beffardo. “Comunque, se proprio lo vuoi sapere, quel sogno continua a perseguitarmi, e lo sai qual è il colmo? Che non riesco mai ad andare avanti. Svengo e mi sveglio di colpo. E’ pazzesco e stamattina mi sono sentito pure male.”
“Problemi di stomaco?”Scherza Kyle.
Rido. “Magari! Li avrei preferiti…”
“E che hai avuto allora? Mal di testa, linee di febbre, vomito, bollicine sparse in tutto il corpo?”
“Non ho mica la varicella, dottore.” Ironizzo io.
“No, dai. Che è successo?” Mi domanda con un tono sinceramente preoccupato.
“La testa ha preso ha girarmi. Ininterrottamente e anche per parecchio tempo. Mi sono dovuto appoggiare al muro per non cadere a terra. E indovina? Proprio come nel…”
“…proprio come nel tuo sogno.” Completa lui. “Pensi ci possa essere un collegamento?”
“L’ho pensato anch’io, ma sinceramente voglio lasciare perdere. Quello che deve succedere, succederà. Anche se ammetto di volere che tutto ciò finisca all’istante.” Gli confesso. E’ vero voglio solo che tutto questo finisca. Ok, è tutto tremendamente forte e “figo”come direbbero tutti, ma a me non piace tantissimo questa situazione. Vorrei non averla mai vissuta.“Vedrai che è una cosa passeggera. Comunque la mia felicità è dovuta al fatto che manca la professoressa di matematica, quindi dobbiamo entrare alla seconda ora!” Esclama il mio migliore amico.
“E me lo dici ora!”
“E pensa che doveva pure interrogarmi in algebra! Che fortuna spacciata che ho avuto! Non avevo nemmeno studiato!” Sorride soddisfatto.
“Ma sei un cretino! Devi studiare, altrimenti rimani indietro. Non hai una memoria propriamente lunga!”Ridacchio .
“Secchione!”Esclama secco lui.
“Oggi sono buono, quindi ti lascio perdere.”
“Ma che clemenza! Grazie padrone”
Ci guardiamo e ridiamo insieme. Tutti si girano ad osservarci. Non siamo molto silenziosi quando ridiamo…ma a noi non importa e poi la maggior parte degli alunni della scuola ci conosce, in poche parole sanno come siamo fatti. Ci voltiamo e vediamo altri due ragazzi che stanno per raggiungerci. Anche loro miei grandi amici:  Derek Garland e Hugo Jeydorn.
Conosco anche loro da molto tempo, in particolare Derek. Diciamo che il modo in cui siamo diventati  amici è un po’...strano. Ero in terza elementare, mentre lui era in quinta. Essendo più grande, faceva il bulletto con quelli più piccoli di lui. Una volta tentò anche con me e io, preso da una rabbia incondizionata di cui non ricordo completamente il motivo, gli diedi un pugno. Lui cadde a terra e mi guardò, serio e cupo in volto. Mi aspettavo un “Ora ti ammazzo!” oppure un “Sei finito!”, invece, mi sorrise e mi disse: “Sei forte, vuoi diventare mio amico? “ E accettai. Anche lui è più alto di me (che ingiustizia), ha i capelli castano scuro e gli occhi grigi. E’ simpatico, aperto, impulsivo e abbastanza schietto.
“Ehi ragazzi! Come va la vita?” ci chiede Derek.
“Molto bene, babbo!” dico io.
“Come ti permetti d’insultarmi, personaggio proveniente da un cartone animato!” scherza lui.
“ Io sono Ace Harlem e porto lo stesso nome del fratello di Rufy in One Piece. E sai cosa? Ne vado fiero! E’ il migliore di tutti insieme a Rufy stesso! Il suo potere è fantastico!”
“Non scherziamo!” S’intromette Hugo. “Il migliore in assoluto è Brook! Insomma, avete ascoltato le sue canzoni?! Sono pura genialità! E poi è fortissimo.”
“Non diciamo cavolate. Shank è il più forte di tutti! Cioè, lo avete visto in azione?” Dice Derek.
“Sarà, però a me piace Usopp!” Esclama Kyle.
Tutti ci giriamo a guardarlo sconvolti.
“Usopp?!” Gli domando io.
“Cosa vorresti insinuare? E’ un cecchino molto simpatico!”Mi risponde lui.
Ci fissiamo e scoppiamo, ancora una volta, in una fragorosa risata.

***

Dopo aver trascorso l’ora libera andando in giro per Sydney e parlando del più e del meno, ci rechiamo nuovamente a scuola dove ci aspetta un’usuale giornata scolastica. Prima che suoni la campanella che indica l’inizio della seconda ora, andiamo tutti insieme a posare le nostre cose nei rispettivi armadietti. Il mio è vicino a quello di Hugo. Alcune volte mi capita di osservarlo. Tra tutti i miei amici, devo dire che lui è decisamente il più misterioso. E’ chiuso e freddo inizialmente, poi comincia a sciogliersi quando ti conosce. Eppure sono sicuro che dietro quello corazza dura, si nasconde una persona molto fragile. Da quando sono diventato così sentimentale? Mi preoccupo per me stesso, seriamente. Ha gli occhi ambra, i capelli castani, la carnagione leggermente più scura della mia ed è un po’ più basso di me.
“Ehi Hugo! Che materia hai ora?”Gli domando.
“Inglese, tu?”Mi chiede lui raggiante. Ha sempre amato le materie letterarie.
“Economia…non vedo l’ora che quest’anno scolastico finisca! Non ne posso più.” Gli rispondo io scocciato.
“Forza Ace, siamo a metà Novembre, un mese e tutto questo finirà per un paio di mesi!” Mi incoraggia lui. “Pensa a Derek che, invece, deve fare gli esami.”
“Vero! Me lo ero completamente dimenticato! Povero Derek, lui a studiare e noi a mangiare gelati.” Dico io ridendo.
“Chi è che studierà mentre voi mangerete gelati?!” Il ragazzo in questione spunta dietro alle mie spalle. “ Guarda che tu mi dovrai aiutare a ripassare! Sei o non sei uno degli alunni migliori di questa scuola?”
La campanella suona, interrompendo il nostro animato discorso.
“Ma guarda un po’, la campanella è suonata! Devo scappare in classe! Ci si vede ragazzi!” E me ne vado via correndo.
“Ne riparleremo, Ace! Non pensare di averla scampata!” Mi avverte il mio amico.
Sogghigno. Alla fine lo aiuterò.

***

Entro in classe. Ancora la professoressa non è arrivata. Bene, minuti di lezione in meno. Non che abbia qualcosa di cui preoccuparmi, sia chiaro: a scuola vado bene. Anzi, sono il cosiddetto “secchione”, ma dopo mesi e mesi di studio accurato, la voglia se ne va. Mi avvio verso il mio banco, mentre i miei compagni mi salutano, o per meglio dire, mi saltano addosso.
“Ace!!!! Ci vieni alla partita di Rugby di domani, vero? Non puoi mancare! Dovrai giocare!” Questo è Adam. Mio amico, compagno di classe, nonché della squadra di Rugby della scuola di cui faccio parte.
“Certo, Adam! Come potrei mancare?!”Lo rassicuro io.
“Harlem, non dimenticarti del consiglio d’istituto di lunedì! Ci devi andare per forza, dopotutto rappresenti la nostra classe!” Drew Smith. Non ho capito ancora di che pasta sia fatto. E’ strano. Un giorno ti fa salire i nervi a livelli indecifrabili, un altro è tutto carino e gentile. Mah, chi lo capisce è bravo.
“No problem, Smith. Ci sarò!” Lui mi chiama per cognome? Io lo chiamo per cognome. Giochetto semplice ed efficace.
“Ah, Ace senti! So che la professoressa di matematica è mancata, ma c’era un’equazione che proprio non mi veniva.” Callie White. Una  ragazza gentile e simpatica, che ti fa gli occhi dolci anche solo per controllarle un’equazione.
“Dai, fammi vedere. Cosa avrai sbagliato?” Gli domando io, tranquillo.
“E’ quello che vorrei sapere anch’io. Il bello è che l’ho riprovata un sacco di volte ieri! Mi era venuto l’istinto di buttare il quaderno di algebra, insieme al libro, fuori dalla finestra.”
Rido. “Comunque ho trovato l’errore. Questo è un più, non un meno. Stai attenta con i segni, sono la cosa che ti trae più in inganno, soprattutto quando si è stanchi.”
Lei mi sorride felice. “Grazie mille Ace!”
Ricambio il sorriso. “Figurati.”
“Ace, ascolta. Per martedì…”
“Ragazzi ma organizzate voi la mia agenda o cosa?!” Esclamo io ad alta voce.
Tutti scoppiano a ridere, o meglio quasi tutti.

Ran

Entra la professoressa in classe. “Forza sedetevi, inizia la lezione!”

Solo lei non ride.

***

Siamo usciti da scuola alle tre e mezza del pomeriggio e, dopo esserci salutati, sono andato a casa di Kyle. Ormai lo facciamo spesso, non abbiamo più bisogno di invitarci con giorni di anticipo, lo decidiamo al momento. Arrivati a casa sua, abbiamo fatto uno spuntino (perché con lui, che esce cibo ogni ora, è impossibile non mangiare) e ci siamo messi a studiare. Poi abbiamo messo la musica a tutto volume e abbiamo cominciato a ballare come dei deficienti, facendo finta di avere una chitarra elettrica in mano, improvvisando enormi scivoloni sul pavimento lucido e mosse acrobatiche mai viste sul divano semi-distrutto della sua camera da letto. Sinceramente, credevo che qualcuno sarebbe venuto a lamentarsi della confusione che stavamo facendo. Abbiamo smesso nel preciso istante in cui i genitori del mio amico sono tornati a casa dal lavoro.
“Ciao Ace! Come va?” Mi domanda dolcemente la madre di Kyle. E’ sempre stata una donna pacata e gentile, credo che, in tutti questi anni, l’abbia vista arrabbiarsi raramente.
“Bene, signora. Lei?”
“Bene, grazie. I tuoi genitori stanno bene?”
“Si, loro stanno benissimo. Ma suo marito?”
“Oh, lui sta parcheggiando la macchina in garage. Non avete fatto baccano mentre non c’eravamo, vero?”
“No no, assolutamente.” Esclamiamo all’unisono. A momenti l’immobile cadeva a pezzi, ma questo non deve necessariamente venire alla luce, giusto?
Inarca un sopracciglio. “Bene, facciamo che oggi vi credo. Ace, resti qui a cena?”
“No, grazie per l’invito, ma stavo per tornare a casa.”
“Ok, non preoccuparti, allora.”
“Arrivederci.”La saluto e mi giro verso Kyle. “Noi due ci vediamo domani, ciao Kyle!”
Lui mi saluta, prendo il mio zaino e me ne vado. Faccio un cenno anche a suo padre che si trovava in giardino e m’incammino verso casa mia.
E’ ormai sera. Il cielo scuro è illuminato da miriadi di stelle e dalla luna che emana una luce bianca indescrivibile. Ho sempre pensato che tutto ciò fosse un quadro, una tela dipinta con accuratezza dall’artista più dotato e più delicato che sia mai esistito. Il cielo non è altro che lo sfondo, quell’elemento fondamentale affinché tutti gli altri possano attirare l’attenzione dell’osservatore. Le stelle, invece, fungono da decorazione. Piccoli puntini luminosi, che risaltano la bellezza di tutto ciò che vi è intorno. Ma la vera protagonista, la musa ispiratrice del pittore è senza dubbio la luna. Tutto nel quadro è sistemato in funzione di essa,  ogni equilibrio è sostenuto da essa stessa. Infine, troviamo il più violento contrasto che vi sia al mondo: nero e bianco. Due colori opposti, due significati diversi, due strade differenti. Che, stranamente, si fondono perfettamente tra di loro, divenendo una cosa sola. Si valorizzano a vicenda, creando un composto complessivamente armonico. Questo, per me, è il cielo. Il luogo in cui oscurità e luce s’incontrano senza tentare di prevalere l’una sull’altra, senza creare conflitti.
Sospiro e mi accorgo di essere già arrivato a casa. Mi sono perso un’altra volta nei miei pensieri, che, alle volte, potrebbero continuare all’infinito, se solo non mi bloccassi, non m’imponessi di smettere, di smetterla di crearmi tutti questi problemi e di vivere in modo spensierato. Ma, devo dire, che proprio non ci riesco. Tutto segue una logica, tutto ha un motivo, tutto serve a qualcosa. Quindi un giorno troverò il perché di tutto questo mio riflettere e ne scoprirò l’utilità, almeno spero.
Sfilo le chiavi dalla tasca destra del jeans e la infilo nella serratura. La porta è ancora perfettamente sigillata, segno che i miei genitori non sono ancora rincasati. Ritornano sempre tardi la sera, nell’azienda hanno sempre tanto lavoro da fare e mia madre, essendo la segretaria di mio padre, passa la giornata con lui. Almeno un lato positivo c’è. Decido di ordinare una pizza, così digito sul cordless il numero della mia pizzeria preferita. Scelgo una pizza al salame, non ne ho una preferita, così ogni volta ne prendo una nuova per provare nuovi gusti. Non ho niente da fare. Mi sdraio molto poco elegantemente sul divano e decido di accendere la televisione, consapevole del fatto che non troverò nulla di interessante. Film per vecchi, reality show stomachevole, cartone del ‘600, programma di persone scomparse che mi fa venire la depressione, persone che cucinano, telegiornale, telegiornale e ancora telegiornale, Chuck, no aspetta! C’è Chuck! Questo è un miracolo. In tv c’è qualcosa di guardabile, anzi di davvero bello. Un telefilm molto coinvolgente che parla di C.I.A., agenti segreti, missioni d’importanza internazionale, kun-fu, bombe che esplodono nei momenti meno impensabili e pistole che vengono puntate contro qualcuno almeno ogni cinque minuti. Non l’ho scoperto da molto; diciamo che se non fosse stato per Kyle e Derek, non ne avrei saputo l’esistenza. Guardo la puntata dando consigli a Chuck (che comunque gli sarebbero serviti) e imprecando contro Shaw e, proprio quando finisce, suona il campanello. Apro la porta e vedo che un ragazzo tiene la mia pizza in mano. Lo saluto, prendo i soldi dal portafogli e glieli porgo. Lui mi da l’oggetto della consegna e se ne va. Finalmente, ho una fame da lupi. Mangio con gusto la mia pizza ancora fumante mentre, come sottofondo, si odono solo voci sconnesse provenienti dalla televisione lasciata aperta da me. Ma oramai io non l’ascolto più. Mi sono perso nei miei ragionamenti. Stanotte rifarò sicuramente quel sogno. E’ diventata una routine.

Notte = sogno.
Dormire = sogno.

O forse dovrei dire incubo? Non lo so. Non so più cosa pensare. Dovrei passare la notte in bianco? No, cavolo, io ho sonno. E allora che fare? Semplicemente, niente. Aspetterò che il mio subconscio la smetta di elaborare sempre lo stesso evento. Sbadiglio. Ho finito la mia cena. Sono stanco, così decido di andare a dormire. Salgo di sopra, indosso il pigiama, spengo le luci e mi corico. Prima di cadere nelle braccia di Morfeo, sussurro, quasi inconsciamente, una parola, o per meglio dire, un nome:

Ran.

 


 

Lo stupido angolino dell'autrice

Buonasera a tutti, miei cari lettori!
Ecco a voi il primo capitolo, spero che vi sia gradito:)
Ringrazio davvero tutti quelli che hanno anche solo visualizzato questa storia, davvero :')
Un grazie particolare però va a Merida, topilu98 e luxaar. Vi adoro :')
Però, devo ammettere che luxaar mi ha consigliato in parecchie cose, prima fra tutte il titolo del primo capitolo,
avevo il vuoto più totale in mente. Thank you very much my dear friend:) 
E allora che ne pensate?
Il protagonista di questa storia, nonchè la voce narrante è Ace Harlem <3 che io amo con tutta me stessa
ahuhuahuahuahuahuahuahuahauhuahua mi affeziono facilmente ai miei personaggi:)
Ci sentiamo presto
ciaooooooooooooooooooo

 

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Capitolo 3
*** Uno strano nome in bocca ***


Capitolo 2


Oggi mi sono svegliato come al solito di soprassalto, dopo aver concluso il solito sogno, ma con un pensiero diverso in mente.

Ran

Ma cosa c’è?! Non posso vivere in pace?!
Il colmo è che penso ad una ragazza con cui non ho mai parlato, ma che all’apparenza sembra parecchio scontrosa, del tipo “Se mi parli, ti uccido!”, quindi, ho preferito mantenerne le distanze. Che poi non è nemmeno brutta, però non la conosco, so il suo nome ed il suo cognome solamente perché in classe fanno l’appello. Nel frattempo, mi sto già incamminando verso scuola. Oggi, inoltre devo partecipare ad una partita di Rugby con la squadra della scuola, quindi rincaserò più tardi del solito. Vedo in lontananza un ragazzo che mi saluta: Kyle.
“Ehi, amico! Come va?”Gli domando io allegro.
Lui per tutta risposta mi starnutisce involontariamente in faccia. Che schifo. Mi porge un fazzoletto e, allo stesso tempo, ne prende uno anche lui per soffiarsi il naso.
“Non tanto bene, a quanto vedo.” Continuo io, mentre mi pulisco la faccia disgustato. “E poi che schifo Kyle! Stai più attento la prossima volta!”
“Si si, scusa.” Si soffia nuovamente il naso. “Mi sono svegliato con questo raffreddore che sembra non volermi più lasciare.”
“Si è affezionato facilmente.” Scherzo io.
“Chissà che non si affezioni anche a te!” Mi guarda con un sorriso sghembo stampato in volto.
“Comunque sia, oggi è venerdì! Due giorni di puro riposo ci attendono!”
Gli strappo un sorriso. “Non vedevo l’ora.”
Siamo ormai davanti alla scuola. Non c’è più nessuno nel cortile, sono già tutti entrati. Io e Kyle ci guardiamo e cominciamo a correre. Un altro ritardo! No, non ci voleva proprio. Entriamo in classe spalancando ad un tratto la porta chiusa. Siamo affannati e ormai l’attenzione di tutti è su di noi. La professoressa d’inglese ci fulmina con lo sguardo, inarca un sopracciglio, si leva irritata gli occhiali e ci dice con tono fermo e severo: “Qual è la scusa, stavolta?”
“Nessuna scusa professoressa. Il nostro orologio deve essere indietro, perché non avevamo la minima idea di essere in ritardo.” Spiega il mio amico col sorriso sulle labbra.
“Quindi, sia l’orologio di Harlem che il tuo erano indietro?”Chiede lei con fare sospettoso.
“Esatto!” Esclamiamo entrambi.
“Andatevi a sedere!”Ci rimprovera lei. Che scocciatura, è sempre stata molto severa. Non metto in dubbio che sia molto brava e preparata, però i ritardi non li tollera proprio. Ubbidiamo silenziosamente al suo “comando” e ci andiamo a sedere ai nostri rispettivi posti. Io mi trovo nella fila di destra, precisamente al quarto banco, mentre Kyle al terzo.
“Ci è andata bene, amico. Nessuna nota!”Gli sussurro io.
“Adesso state attenti!” Urla la nostra “deliziosa” professoressa.
Mi sa che ci toccherà ascoltare attentamente.

***

“Finalmente possiamo andare a mangiare! Sto morendo di fame!” Esclama entusiasta Kyle.
Rido e saluto Derek e Hugo che ci stanno raggiungendo.
“Altro ritardo?”Mi domanda il primo ridacchiando.
“Come fai a saperlo?!”Gli dico a mia volta confuso.
“Oggi la professoressa d’inglese era più nervosa del solito e una o due volte ha imprecato contro “un certo” Harlem e “un certo” Navystone” Mi risponde lui, continuando a ridacchiare.
“Ah, quella è troppo esagerata. I nostri orologi sono perfettamente in orario, vero Kyle?”
“Si, certo. Andiamo in mensa?!”Ci fa fretta lui.
“Allora ditelo agli altri mille studenti che sono arrivati puntuali. I loro orologi si che sono sbagliati!” Scherza Hugo.
“Hai visto, Derek? Hugo ha capito la situazione!” Continuo io.
Ridiamo tutti insieme ed entriamo in mensa. Subito si nota un caos generale. Persone intente a prendere da mangiare, quelle che stanno sedute a scaldare il posto, aspettando di essere servite e riverite, quelle che discutono delle loro passioni e gli isolati. Insomma, come in ogni “High School”, ci sono vari gruppi. Ma è inutile stare qui a fare la descrizione particolareggiata: ognuno sta con chi vuole stare. Nessuno costringe qualcuno a fare qualcosa. Almeno, io la penso così. Noi quattro, costituiamo un gruppo vero e proprio, però siamo amici di tutti e di conseguenza facciamo compagnia sempre a persone diverse. Prendiamo il cibo e ci sediamo anche noi con altri ragazzi.
“Ehi, Adam! Esclamo io. “Oggi dobbiamo vincere!”
“Ovvio Ace!” Mi sorride lui. “Li faremo a pezzi!”
“Oggi siete arrivati un’altra volta in ritardo vero?”Questa è Ally Jackson, una compagna di classe di Hugo.
“Ma come fate tutti a saperlo?!”Rispondiamo io e Kyle, ancora una volta, all’unisono.
Tutti ridono.
“Fate morire da ridere quando fate così!”Ci dice Derek.
“Come se fosse una cosa volontaria.”Borbotta il mio migliore amico.
Stiamo parlando tranquillamente, quando sento qualcuno urlare.
“Dammi i soldi del pranzo e non fare storie!”Ah. Questo ragazzo “altamente garbato” è Blake Joy. Ogni giorno o quasi, crea una rissa, tortura una persona e la fa addirittura piangere. E’ meschino ed io non lo tollero, ma la cosa è ovviamente reciproca.
“Chi sta torturando oggi?” Domanda serio James Livinstong, un compagno di classe di Derek.
La cosa che mi fa più rabbia? Nessuno muove un dito per fermarlo. Tutti fanno finta di niente e le sue vittime periscono in silenzio.
“Forza!”La sua voce irritante rimbomba nella mensa, nonostante la confusione non si sia placata.
Stringo la mano in un pugno. Queste cose non le sopporto proprio. Così, senza pensarci due volte, mi alzo e lo raggiungo. Una cerchia di persone si trova intorno a lui, come per adorarlo, per incitarlo, anche se la verità è che nessuno vuole problemi. I suoi stessi amici lo temono, per questo gli vanno dietro come fedeli cagnolini, per questo nessuno in questa dannata scuola reagisce.
Mi faccio spazio in mezzo a quella massa di gente e, quando arrivo finalmente in “prima fila”, osservo e analizzo la scena. Blake sta tenendo Drew per il colletto, schiacciandolo contro il muro e minacciando di picchiarlo se non gli avesse dato i soldi del pranzo. Stronzo. Il mio compagno di classe, dal canto suo, ha gli occhi lucidi e il volto contratto in una smorfia di dolore e timore. Mi avvicino ulteriormente e gli dico, con il mio sguardo assassino al massimo della sua potenza:
“Lascialo stare.”
“Oh, guardate.”Incomincia con il suo monologo da quattro soldi. “E’ arrivato Harlem. Il paladino della giustizia!”
Digrigno i denti, lo guardo ancora più profondamente e stringo il suo polso, il polso del braccio che sta tenendo il colletto di Drew. Rimango in questa posizione per un po’, almeno, finchè lui non molla il mio “amico”. Non lo fa certo per compassione, deve solamente scaricarsela con me.
“Sei una rottura! Perché non mi lasci fare quello che voglio?!”
“Non mi sembra giusto quello che fai, tutto qui.” Striscio il piede sul pavimento beige. Adesso, anche i miei amici si sono avvicinati e seguono con interesse la situazione.
“Non mi sembra giusto quello che fai.” Mi fa il verso. “Ma fatti i fatti tuoi! Tu non intralci me, io non intralcio te. Semplice, no?”
“Non m’intralceresti comunque.” Metto le mani in tasca.
“Ah, no? Credi che non ne sarei capace?”Mi chiede lui con tono di sfida.
“Sei solo un vigliacco. Non faresti niente.” Sospiro.
“E’ una sfida, Harlem?”
“Prendila come vuoi, Joy.” Detto questo, afferro per il polso Smith, ancora imbambolato a osservarci. Lo trascino al tavolo dove ero seduto prima di tutto ciò e ricomincio a mangiare, come se non fosse successo nulla. Non voglio fargli pesare niente. Anche gli altri vengono a farci compagnia.
“Quello non lascia mai in pace nessuno!”Esclama stizzita Ally.
“E’ perfido, ne sono certa!” Afferma Callie.
“La cosa migliore è lasciarlo stare, cosa che dovresti fare anche tu, Ace!”Mi consiglia Adam.
“Non preoccuparti Adam.” Ho finito di pranzare, mi alzo nuovamente, sorrido e do una pacca sulla spalla del mio amico. “So badare a me stesso, anche se, sinceramente non immagino cosa farà.” Rivolgo lo sguardo verso il gruppetto di Blake, ancora in piedi, che discute animatamente. Chissà quale altro piano malefico sta architettando…
“Sei uno stupido, ma sei forte. Per questo ti stimo.”Mi proferisce Derek.
“Oh, grazie. Ne sono onorato.” Dico io ridacchiando.
“Beh, una cosa è certa.” Continuo io, osservando ancora quel maledetto gruppetto. “La sua prossima mossa, sarà contro di me.”

***

Abbiamo vinto! E ripeto, abbiamo vinto! Ok che non era una partita importante e anche totalmente fuori stagione, però, una vittoria fa sempre piacere! E’ andato tutto alla perfezione; la squadra avversaria si era arresa già al terzo tempo. Adesso sto tornando a casa. Sono le sei e un quarto. Sinceramente credevo di rincasare più tardi. Beh, vorrà dire che starò a casa buono buonino a non fare niente. Relax. Magari accendo il computer, indosso le cuffie e ascolto musica a tutto volume. Già, adoro la musica. Alcune volte ho anche creduto di non poter vivere senza. Pensandoci bene, tutto attorno a noi la richiama.  Il cinguettio degli uccelli, il battito del nostro cuore, una goccia che s’infrange contro un piano solido, la pioggia, la caduta di un oggetto…tutte queste cose, messe insieme, potrebbero formare una canzone, una melodia; a partire da un rumore, fastidioso e irregolare, per poi arrivare ad un suono, piuttosto piacevole e apprezzabile. Ma ogni oggetto è in grado di produrre qualcosa che sia in relazione alla musica. Inoltre, ognuno di noi possiede uno strumento, che sa suonare come meglio crede e come più gli aggrada. Non stiamo parlando di una chitarra, di un pianoforte, di un violino o di un’arpa, ma del nostro corpo, la macchina più perfetta che possa esistere al mondo. Battendo le mani e i piedi si può creare un qualcosa di melodico, ovviamente d’indeterminato, in quanto non otterremo delle vere e proprie note, solamente dei suoni che possono essere accostati, per il loro timbro ad esse. Alzo lo sguardo verso il cielo. Non è ancora sera, però si può intravedere la luna che appare lenta e timida. Non voglio tornare a casa. Farò una passeggiata. Odo il mio cellulare squillare. “Incredibile”, penso. Di solito ho sempre il silenzioso e, di conseguenza, non lo sento mai. Sia i miei genitori, che i miei amici si lamentano di questo, soprattutto i primi, che se non rispondo ad una chiamata mi credono morto o, comunque, in pericolo di vita. Sfilo il cellulare dalla tasca e guardo il display. Kyle. Accetto la chiamata e dico:
“Pronto?”
Sento starnutire. “Ciao.” Un naso soffiarsi. “Come va? A me male, ho la febbre! Ma ti rendi conto?! La febbre! Ora dimmi tu se un individuo maschio a quindici anni, può avere la febbre! Mica sono una femminuccia delicata io!”
Rido di gusto. “Mio caro amico, tutto è possibile nella vita.”
“E ora non te ne uscire con queste frasette filosofiche! Devi consolarmi, è tuo dovere!” Mi dice lui.
“E chi lo dice?”Gli domando col sorriso sulle labbra.
“Io, quindi è legge!” Esclama lui deciso.
Rido nuovamente. “Ok ok. Come mai ti è venuta la febbre? Insomma, hai quindici anni e sei pure maschio, è una cosa praticamente impossibile! Così va bene?”
“Perfetto.”Resta in silenzio per una manciata di secondi. “Ma tu dove sei?”
“In giro.” Gli rispondo osservandomi intorno. Nonostante sia venerdì sera, non c’è praticamente nessuno per le strade.
“Non è che sei con una ragazza e non vuoi dirmelo?!” Mi chiede eccitato.
“No.” Dico seccamente. “Nessuna ragazza.”
“Ma dai! E io che pensavo che in questa monotona vita ci potesse finalmente essere qualcosa d’interessante!”
“Trovatela tu la ragazza allora!”
“Ci penserò.” E’ assorto in chissà quale pensiero. Lo conosco bene, ha qualcosa, qualcosa che non mi ha detto. Ho capito!
“Avanti chi è?”
“Chi è chi?”
“Chi è la ragazza che ti ha rubato il cuore?” Gli domando ridendo, annettendo una certa enfasi nel tono della mia voce.
“Nessuna! Ma sei scemo?! E questa da dove ti è uscita?!” Mi risponde lui agitato. Lo sapevo! Sono un bravissimo intenditore.
“Sei tu che hai tirato fuori l’argomento x.” Ah, quanto mi diverto.
“Non mi piace nessuna, ok?”
Scoppio inevitabilmente a ridere. M’immagino la sua faccia. La vorrei vedere, sarà davvero spassosa.
“Ok ok. Scusa Kyle, mi dispiace che tu non sappia esporre i tuoi sentimenti.” Rido nuovamente.
“Quando starò bene e avrò la forza di prendere un qualsiasi oggetto in grado di romperti un osso in mano, tu morirai.”
“Oh, non ti scaldare, che ti sale ancora la temperatura.” E’ ufficiale: quando si riprenderà mi ammazzerà davvero.
“Hai capito, vero?” Mi chiede minaccioso.
“Si, non preoccuparti.”

***

“Ciao Ace!” Mi saluta allegramente mio padre.
“Ciao papà!”Gli batto il cinque. Ha sempre avuto un modo di fare molto, ehm, come dire…giovanile.
“Com’è andata oggi a scuola?” Mi domanda dolcemente mia madre.
“Bene, molto bene!” Sono talmente contento, che assomiglio ad un bambino che ha ricevuto un giocattolo da sempre desiderato. “Abbiamo anche vinto la partita, poi siamo stati insieme per un po’ a festeggiare.”
“Bravissimi, complimenti. Siete una squadra molto forte!”Esclama fiero mio padre.
“Già, complimenti Ace.” Lo segue a ruota mia madre. Sono sempre stati due tipi molto fieri di me. Diciamo che non sono un ragazzo problematico o particolarmente ribelle. Ho un bel carattere (a detta loro), vado bene a scuola, ho tanti amici, ho le mie passioni…insomma, alcune volte, mi fanno anche sentire perfetto, quando, in realtà, non lo sono per niente. Mi innervosisco facilmente, nei giorni “no” molto facilmente, alcune volte sono scontroso e prepotente, se sono arrabbiato con qualcuno e non riesco a chiarire, tendo a mandare continuamente frecciatine e a diventare antipatico. E poi, sinceramente, non sono così bravo come tutti credono. Almeno, questo è quello che io penso. A volte, vorrei sapere quello che pensano gli estranei di me. Chissà come appaio ai loro occhi.
“Grazie, ad entrambi.”
Mi sorridono. Ma, alla fine, sono contento che siano fieri di me. Quando avevo tredici anni, mia madre mi rivelò che ogni genitore è fiero del proprio figlio, per quanto imperfetto egli possa essere.
“Come mai ieri sera avete fatto tardi?” Gli domando mentre mi siedo a tavola, accanto a mio padre.
“Avevamo molto lavoro.”Risponde velocemente mio padre.
“Ci dispiace molto di averti lasciato da solo.” Si scusa mia madre, servendo in tavola la cena.
“Mamma, non preoccuparti. Ho quindici anni, non muore nessuno se sto da solo in casa. La prossima volta avvisate, però. Mi fate stare in pensiero.” in un certo senso li rimprovero. Com’è che quando ritardo io, li devo subito avvisare e loro, invece, mi possono far preoccupare quanto vogliono?
Mia madre sorride, apprensiva. “Lo faremo.”
“Beh, chiarito questo, buon appetito!” Esclama mio padre.
Così, cominciamo a mangiare. Mi raccontano la loro giornata, come io la mia. Abbiamo sempre avuto un rapporto molto aperto e sincero. “La sincerità è fondamentale”, questo mi vogliono far capire con i loro discorsi “devi dirci sempre tutto, capito Ace?”. Ma , devo dire, che, in fondo, questa cosa non mi dispiace affatto.

***

Preso da una noia pazzesca, decido di alzarmi dal letto su cui, pochi minuti fa, mi sono buttato con un salto degno di un acrobata di successo. Accendo il computer e una volta caricatosi, vado su Google. In realtà, non so neanche io il perché di quest’azione, però non ho niente da fare e di andare su Facebook non mi va, quindi cominciamo a cercare cavolate su questo famosissimo motore di ricerca. Sogni strani. Questo è quello che digito. Come risultato della mia ricerca, trovo numerose discussioni e articoli, anche su Yahoo, dove comincio a leggere sogni fatti da gente a me sconosciuta. Wow, alcuni sono davvero inquietanti. Ci sono persone che sognano morti e stragi, il mio sogno, in confronto, non è niente. Nulla di particolare, nulla di importante, nulla di determinante. Eppure, sento che quel sogno è un qualcosa di fondamentale, una chiave. Senza una chiave non si può aprire qualcosa di chiuso. Ecco, secondo me è una cosa simile. Quello che io devo capire è paragonabile ad uno scrigno, uno scrigno sigillato. Per aprirlo, però, devo trovare la chiave che farà scoccare la serratura, quella giusta. Quindi, in poche parole, per scoprire quello che succederà (perché sono sicuro che accadrà qualcosa), devo prima comprendere il mio sogno, devo dargli un senso. Eh, fosse facile. Tutto ciò mi crea una gran confusione in testa. Se lo raccontassi ai miei genitori o a qualcun altro, mi direbbero di lasciar perdere, perché i sogni sono solo sogni. Ho cercato di dimenticare, ma è come se mi perseguitasse, è sempre nella mia mente, nei miei pensieri più ricorrenti. E’qualcosa di cui non posso liberarmi, di cui non voglio liberarmi. E’ tutto così strano, così contorto… sento che devo necessariamente scoprire ciò che sta accadendo. Lascio perdere questi miei pensieri e ridò la mia attenzione allo schermo del computer, chiudo la scheda e successivamente, il computer. Sono le undici. Decido di andare a dormire, anche se, di solito, il venerdì mi addormento sempre tardi. Vado in bagno. Mi avvicino al lavello, alzo il capo e non posso non vedere il mio viso riflesso nello specchio. I miei capelli sono completamente scompigliati e i miei occhi sono spenti. Complessivamente, in questo momento, faccio paura. Mi infilo il pigiama e vado a letto.

Bentornato mio caro sogno.





 

 

 Lo stupido angolo dell'autrice


Salve a tutti!!!!!:))
Dopo una settimana e un giorno (che precisione ehehehe) mi sono decisa a postare il secondo capitolo.
Adoro l'amicizia che c'è tra Ace e Kyle, amo scrivere parti comiche in cui sono insieme e devo dire che 
per il loro rapporto, mi sono basata sull'amicizia che ho con la mia migliore amica. Quando Kyle 
starnutisce in faccia ad Ace è fantastico huauhhauhauhua
A voi piace l'amicizia che c'è tra di loro? E gli occhi di Ace (*----*) c'è stato un periodo in cui avevo 
la fissa degli occhi viola e poi puff, per magia questo ragazzo mi è apparso in mente con il (fantastico)
nome di Ace. Una famosa attrice ormai defunta (poverina) aveva gli occhi viola, cercatela su google;)
si chiama Liz Taylor, non so se la conoscete. Ricordo alcuni pomeriggi in cui mia nonna guardava
alla tv vecchi film dove lei recitava :)
Per Ran dovrete aspettare ancora un pochino ehehheehe (poi vi dirò anche come sono arrivata a darle
questo nome) però non molto. 
Posterò una volta alla settimana, o di lunedì o di martedì :DD
Spero anche che la descrizione del cielo osservato dal punto di vista di Ace vi sia piaciuto! 
A proposito, vi piace Ace? Hahahahahahah vi sto facendo troppe domande e questo angolo sta per diventare
mezza pagina :') comunque man mano che andrò avanti con i capitoli, rivelerò sempre un altro pezzo
della personalità di ognuno, com'è giusto che sia. 
Ringrazio tante chi l'ha visualizzata e, soprattutto, chi l'ha inserita nelle seguite. 
Grazie Merida, grazie topilu98, grazie luxaar (alias cara compagna di vita XD)
Ci sentiamo presto 
ciaooooooooooooooooooooooooo
 
 

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Capitolo 4
*** Incontri inaspettati ***


Capitolo 3

 
Ok, tutto ciò è assurdo. E’ sabato, posso dormire quanto voglio e mi sveglio alle sette? No, dico, alle sette! Solitamente dormo fino alle undici e anche di più alcune volte. Ah, e la cosa ancora più pazzesca è che non riesco a riaddormentarmi. Ci ho provato, ma niente. Osservo la mia camera. Leggeri riflessi di luce, provenienti dalla serranda non del tutto abbassata, illuminano leggermente l’ambiente circostante. La mia scrivania, i miei libri, l’armadio, la televisione, la Play-Station… tutto normale. Sospiro e volgo lo sguardo verso il soffitto bianco. Come previsto ho fatto nuovamente quel sogno. Ma chi è quella ragazza che mi parla? Non riesco a distinguerne mai i lineamenti perché vedo sfocato. La sua voce, però, quella la sento. Ma non mi fornisce molti indizi. Distolgo lo sguardo dal soffitto e mi alzo dal letto. Decido di uscire, una bella passeggiata all’aria fresca del mattino mi farà bene. Prendo qualcosa dall’armadio e mi dirigo in bagno.
Giornata no = start.

***

Finalmente sono fuori casa. Una brezza leggera mi avvolge, come se volesse consolarmi da tutto quello che sta succedendo per ora e liberarmi da pensieri opprimenti. Chiudo gli occhi, inspiro ed espiro. Sento una profonda pace dentro me. E’ una sensazione fantastica. E’ come se niente avesse peso, se niente importasse. Apro gli occhi e decido di iniziare a camminare. Farò una passeggiata sul lungomare. La faccio sempre. Ho sempre adorato il mare. Una volta mio zio mi portò a fare un escursione. Lui è un sub e quando mi ha visto interessato alla Barriera Corallina, ha dato di matto. “Mio nipote seguirà le mie orme!” Aveva esclamato quel giorno tutto fiero. E così vidi il fondale e ne rimasi affascinato. Quei colori ti rapivano, quell’ambiente stesso ti rapiva. Era così surreale, così bello… La città, alle sette e mezza di mattina e, per giunta, di sabato, è morta. Non una persona in giro, non un uccello in cielo. E’ come se tutto fosse scomparso, come se io fossi l’unica persona nell’universo o forse, l’unica persona a questo mondo che si è svegliata presto di sabato. Certo, il tempo non è dei migliori. Nel senso: è ancora presto, ma il cielo è di un grigio scuro e il mare non è particolarmente calmo. Se non fosse per il fatto che è metà novembre e che, di conseguenza, sta per arrivare la bella stagione, sembrerebbe una classica giornata invernale. Cammino, cammino, cammino, come se non avessi di meglio da fare. Beh, in realtà, non ho di meglio da fare, almeno non in questo momento. Continuo imperterrito nella mia passeggiata finchè, osservando l’immensa distesa di acqua salata che si protende alla mia destra, non scorgo una figura. E’ una ragazza, il cui sguardo è rivolto verso il mare. E’ così tranquilla. Non voglio disturbarla con la mia presenza, quindi mi nascondo dietro un cespuglio. Non so nemmeno io il perché di quest’azione, ma lei mi sembra familiare. Comincio a squadrarla per bene. Ha i capelli biondi e mossi e la pelle chiara. Inoltre, è magra e alta nella media. Indossa un jeans chiaro e una maglietta a maniche corte azzurra, abbinata a delle Converse del medesimo colore. Non riesco, però, a comprendere di che colore siano i suoi occhi. La mia postazione nascosta, che mi fa pensare a me nei panni di un agente segreto, rabbuiato in un nascondiglio (abbastanza banale, ma, andiamo, mi accontento) perché deve spiare un pezzo grosso di una società criminale organizzata, mi permette di vederla di profilo e, comunque sia, non credo si sia accorta di me. Aspetta un attimo… ma quella è Ran! Dicevo che mi sembrava familiare! O sto perdendo colpi, o non l’ho mai degnata di uno sguardo. Cavolo, la vedo ogni giorno e non avevo la più pallida idea di chi fosse!
“Per quanto hai intenzione di restare lì a fissarmi?” Domanda lei.
Mi ha scoperto. Oh, cavolo. Faccio finta di niente, magari si auto-convince che, in realtà, nessuno la sta fissando. Sto in silenzio, stando attento a non dare voce anche solo ad uno dei miei respiri.
“Dico a te, dietro i cespugli! Vuoi uscire fuori o no?” Dice ancora.
Mamma mia, che gran figura di mer…
“Ciao, Ace.” Ran sorride sorniona. E’ proprio qui, davanti a me. Dal canto mio, io sono imbambolato come un ebete. Mi schiarisco la voce e prendo parola.
“Hola, Ran. Tutto bene? Bello il mare, vero? Il tempo, invece, oggi fa schifo! Ora scusami ma devo proprio andare, ciao!” Dopo aver pronunciato queste parole tutte ad un fiato, mi volto e me ne vado, quando sento una mano che si appoggia delicatamente, ma in modo deciso, sulla mia spalla. Mi rigiro e la guardo.
“Guarda che non mordo!” Mi dice sorridendo veramente. Solo in questo momento riesco a percepire il colore dei suoi occhi. Sono verdi. Ma non di un verde scialbo e spento, di un acceso e meraviglioso verde smeraldo.
Sospiro. “Scusami, è che quando mi hai scoperto mi sono sentito in imbarazzo!” Spiego con sincerità.
“A proposito, ma che ci facevi dietro un cespuglio?” Mi chiede lei confusa.
“Niente, mi godevo questo leggero venticello.”Rispondo.
“Dietro un cespuglio?”Mi domanda nuovamente non proprio convinta.
“Ehi, ognuno ha i proprio posti.”
“E tu hai un cespuglio?”
“Hai qualcosa contro i cespugli, per caso?” Cioè, stiamo parlando di cespugli! Ma come mi sono ridotto…
“No, niente. Assolutamente niente.” Proferisce ridacchiando.
Uno strano silenzio si insidia tra di noi. Non sappiamo più che dire, né io né lei. Non ci siamo mai parlati, a dire la verità. Però, non sembra antipatica o snob, quindi, perché non farci amicizia?
“Che ci facevi qui, da sola, alle sette e mezza del mattino e di sabato?” Le domando.
“Potrei farti la stessa domanda.” Ok, questa risposta non me l’aspettavo. Vuole fare l’enigmatica, per caso?
“Non riuscivo semplicemente a prendere sonno. Mi sono svegliato e non mi sono più riaddormentato.” Le dico io.
“In questo caso, rispondendo alla tua domanda, sono sempre stata una tipa mattiniera, quindi è facile che mi si trovi in giro a quest’ora.”
“Ah, capisco. Vuoi fare una passeggiata?” Le propongo.
“Si, va bene.” Meno male che le va bene, altrimenti facevo un’altra brutta figura e, devo dire, che già ne faccio tante.
Cominciamo a camminare. Sento il suo sguardo su di me, ma cerco di sembrare il più normale possibile.
“Perché io e te non ci siamo mai parlati?” Le chiedo con la speranza che potesse veramente esserci un valido motivo.
“Non saprei.” Porta il suo sguardo verso il cielo, e in questo preciso istante, mi appare molto pensierosa. “Diciamo che non sono proprio un tipo socievole, a differenza tua.” Mi guarda nuovamente.
Lo avevo notato, questo.
“E come mai non sei molto socievole?” In realtà, volevo veramente sapere il perché di questo suo isolamento. Insomma, per non parlare con nessuno, devi per forza avere qualcosa.
“Sai, non mi piace aprirmi molto con gli altri. Non sai mai se puoi avere fiducia in loro. Per questo, preferisco chiudermi in me stessa, penso sia la soluzione migliore.”
“E perché mi stai dicendo questa cosa, allora?”
“In che senso?”Mi domanda lei confusa.
“Se non ti fidi facilmente delle persone, perché con me stai parlando liberamente?” Le spiego meglio io.
“Non ti ho detto niente di speciale.”Mi dice seria in volto. Wow, leggermente acida la ragazza.
“Ehi, non ti scaldare! Siamo un tantino nervosette oppure ti sei alzata dalla parte sbagliata del letto?”Ok, lo avevo detto veramente? Ho fatto bene! Sono fiero di me stesso. Vedo lei tentennare. E’ sorpresa, non si aspettava una simile risposta. Dopotutto siamo ancora perfetti sconosciuti, forse ho sbagliato a dirle quella frase. Prima che potessi scusarmi, si decide a parlare. Non ha più stampata in faccia l’espressione meravigliata di prima, bensì un sorriso finto accompagnato da uno sguardo triste.
“Sai, nessuno aveva mai avuto il coraggio di dirmi queste cose…” Si gira verso di me. “Nessuno ha mai parlato così tanto con me, in realtà.”
“Ah, mi dispiace. Non volevo…”
“No, non preoccuparti. Mi fa piacere parlare veramente con qualcuno e sono io quella sgarbata, lo so.” Ora sta sorridendo. Finalmente un sorriso vero. “Quindi…” Continua a parlare. “Presentiamoci ufficialmente.”Mi tende la mano. “Io sono Ran Ellison. Ho 15 anni e frequento la tua stessa classe e non so più che dirti!”
Stringo la sua mano e rido. “Piacere di conoscerti Ran. Io sono Ace Harlem e ho la tua stessa età e anche io non so più che dirti.” Le faccio l’occhiolino. Ride anche lei. Aspetta un attimo. Io le avevo fatto l’occhiolino? No, non può essere. Kyle mi ha attaccato la febbre, sicuro.
“Direi che siamo di poche parole.”Dice lei.
“Non ne essere così sicura. Alcune volte, da quanto parlo, nemmeno i miei genitori mi sopportano.” Ed è vero. Se ne escono semplicemente con un: “Ace, sta un po’ zitto” e io che borbotto tra me e me.
“Davvero?”
“Imparerai a conoscermi, Ran…” Le do dei colpetti sulla spalla, come per incoraggiamento.
“Bè, neanche io sono una persona facile da comprendere.”Prende anche lei a darmi colpetti sulla spalla, proprio come avevo fatto io pochi secondi fa. “Ma, riuscirai a capirmi, un giorno.”
“Che deduco sarà abbastanza lontano.” Ci scherzo sopra io.
“A meno che tu non sia uno dei migliori psicologi al mondo.”
“Mi metterò d’impegno, lo prometto.” Sbatto la mano contro il mio petto, come se stessi giurando qualcosa d’importante. E il sorriso non abbandona le sue labbra. Questa cosa mi fa piacere. Non riesco a vedere la gente triste, voglio sempre cercare di farla ridere. Poi lei sembra avere una vita difficile, lo sento.
Cala di nuovo il silenzio tra di noi, finchè…
“Ciao Ace!!!” Mi saluta euforico Derek.
“Ciao…Derek.”Lo saluto decisamente meno contento io.
“Vedo che sei in dolce compagnia.” Inarca un sopracciglio, con una faccia da “Finalmente te la sei trovata, la ragazza!”.
“Allora vedi male, perché in me non c’è niente di dolce, Garland.” Lo schernisce Ran.
“Mettiti gli occhiali, Derek.” Lo prendo in giro io.
Mi fulmina con lo sguardo. Ok, mi sto divertendo un sacco, ma era impossibile non continuare la geniale battuta di Ran. La stimo con tutto il mio cuore.
“Due contro uno non è corretto, ragazzi.”Si difende il mio amico.
“Tutte scuse, Garland.” Proferisce nuovamente Ran. A questo punto si gira verso di me. “Ace, io ora devo andare, però ti lascio il mio numero di telefono, se ti sta bene.”
“Certo, tieni!” Esclamo con un sorriso a trentadue denti, mentre le porgo il mio cellulare. Derek starà sicuramente pensando male. Salva il suo numero sull’apparecchio telefonico, me lo ridà e ci saluta.
Adesso io ed il mio caro amico siamo da soli.
“Ulalà, sbaglio o stavi flirtando con la ragazza più antipatica della scuola?” Appunto.
“Non la conosci nemmeno, non puoi dire che è antipatica.” Gli rispondo io deciso.
“Ok ok, ma ci stavi provando, di questo ne sono certo!” Esclama tutto fiero della sua affermazione.
“Sbagli, invece. Io ci stavo solo facendo amicizia.” Ma cosa andava a pensare, questo cretino?
“Che poi me lo potevi pure dire che ti piace quella. Mah, io non lo so. Mi sento profondamente ferito e deluso, Ace. Kyle lo sa?”Sta parlando a raffica, il che vuol dire che è convinto, e la cosa non va bene.
“Aspetta, aspetta. Frena.” Mi metto davanti a lui, non permettendogli più di camminare. “Non mi piace Ran, non ci stavo provando con lei e non avrei avuto motivo di non dirtelo, nel caso la cosa fosse stata vera.” Mi guarda e mi rivolge un sorrisetto malizioso, come per dire: “Allora ti piace!!” Così continuo a parlare, o meglio, a spiegare. “Ma la cosa non è vera, quindi mettiti il cuore in pace. Quando mi piacerà una ragazza sarai il primo a saperlo, contento?” Tiro un sospiro di sollievo, come se mi fossi liberato di un peso. Ma mi sbagliavo.
“Ammetti la verità, Ace. Dai, non è brutta. Anzi, devo dire che è piuttosto carina.” Come devo fare con lui?
“Non devo ammettere niente e poi, lo so che è carina. Molto carina…ma non è questo il punto.” Scuoto la testa mentre pronuncio l’ultima frase.
“Sai stavo quasi per crederti, amico. Ma dopo questo, è ufficiale: ti sei innamorato! Li vedi i cuoricini, Ace? Sono tutti intorno a te, proprio come gli uccellini che cinguettano.” Mette la mano in corrispondenza dell’orecchio, come per dirmi di ascoltare quel suono inesistente. Sbuffo e lo guardo male, malissimo.
“Stai zitto.” Scandisco bene. “Non sono innamorato e tu la devi finire.” Credo, anzi, spero, di avergli messo paura.
“Va bene, va bene. Scusa Ace!” Mi sposto in modo da ritornare nuovamente accanto a lui e riprendiamo a camminare. “Comunque, che ci facevi con lei?”
“Niente. L’ho incontrata per caso e ci siamo messi a parlare. Alla fine è nella mia stessa classe, non potevo ignorarla bellamente.” Per carità, non gli racconterò mai che la stavo spiando, da dietro un cespuglio, per giunta. Almeno, non ora che gli ho fatto capire che siamo solo “amici”, sempre se lo siamo.
“Tu non me la racconti giusta.” Mi osserva, inquisitorio. “Ma lascio perdere perché vedo che siamo piuttosto reticenti riguardo a questo argomento.” Sorride beffardo. “Ah già, dimenticavo che non hai mai baciato una ragazza.” Ridacchia soddisfatto della sua “battuta”.
Brutto cretino che non è altro, ora lo ammazzo, giuro. “Io ho baciato una ragazza.”
“Cosa??!!” Ma è una cosa così sconvolgente?
“Lasciamo perdere, sembriamo delle femminucce pettegole.” Dico io.
“Ma perché dai, io son…” Lo interrompo con un mio  “Shhhhhhhhhhhhh.”
Sbuffa seccato. “Ok.”
“Ma Kyle come sta?” Domando io a Derek.
“Dice che si sta riprendendo e che sicuramente lunedì ritornerà a scuola, perché lui è molto forte e si riprende subito!” Rispose Derek, imitando malamente la voce del nostro amico.
“Molto ottimista!”
“Eh già, il nostro amico è sempre il solito!” Sospira. “Tu, invece?”
“Cosa intendi?” Cosa sta cercando di dirmi? Sono diverso? Non mi risulta.
“Non cercare di divincolare la cosa, Ace. Pensi che io sia così stupido da credere che non ti sia capitato nulla? ” Sono scioccato. Non mi è capitato nulla di preoccupante o rilevante. Tranne…il sogno. Ma non ho assunto un comportamento diverso dal solito. Giusto?
“Ma sei cretino? Non mi è successo nulla, non preoccuparti. E poi perché questa domanda? Sono…diverso?”
“Sei strano. Più taciturno e pensieroso.” Mi spiega serio.
“Sarà la tua impressione, Derek.” Mi sforzo di sorridere. Non gli racconterò del mio sogno. Non che non lo consideri un buon amico o non mi fidi di lui, ma non capirebbe. Nessuno lo farebbe. Neanche Kyle ci ha capito qualcosa e nemmeno io, se è per questo.
“Sicuro?” E’ sospettoso, si vede.
“Mai stato più sicuro.” Sorridere, sorridere, mostrarsi sicuro e raggiante. Non devo fargli notare che sto mentendo. So essere un fantastico attore quando voglio.
“Ok, allora! Scusa, magari è che sei un po’ stanco.” Se l’è bevuta! Perfetto, semplicemente perfetto. Potrei fare teatro.
“Si, sarà sicuramente così!” Mi sorride e comincia a raccontarmi dell’entusiasmante pomeriggio trascorso facendo il dog-sitter. Doveva badare al delizioso cagnolino della sua vicina. E per delizioso, s’intende un cane di una stazza pazzesca che abbaia continuamente e morde tutto ciò che si capita a tiro. Amo i cani, ma quello…lasciamo perdere.
“Quindi mentre lo stavi lavando con la pompa (perché in vasca non si può) ha tentato di morderti, ti è saltato addosso, bagnandoti tutto e si è messo a leccarti in faccia?” Wow, che grande esperienza!
“Si, ti sembra normale?” Per lui non deve essere stata una piacevole avventura…
Ridacchio. “Quel cane comincia a farmi simpatia.”
“Ah ah. Grazie Ace! Sei un vero amico.”
“Guarda che se, alla fine, si è messo a leccarti magari non gli stai così antipatico. Ah, già, anche la sua padrona ti adora.” La sua vicina lo ha sempre adorato. Ogni volta che lo vede, gli tira le guance e gli dice “Bellooooo”. Mamma mia, quelle si che sono scene comiche.
“Oggi sei più spiritoso del solito, lo sai?”
“Devo ammettere che il mio sarcasmo è imbattibile!” Scherzo io.
“Oh, su questo non c’è dubbio.” Mi tiene il gioco lui.
“E comunque se vuoi evitare docce impreviste, ti conviene trovarti un altro lavoro per guadagnare soldi.”
“E’ molto più facile farsi mantenere dai propri genitori.”Dice lui abbattuto.
“Si, lo è.” Proferisco io, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
“Un giorno, anche tu sentirai il bisogno di prendere in mano la tua vita e di cominciare a gestirti autonomamente.”
“Parli come se avessi trent’anni.”
“E’ vero, Ace. Ma la mia storia è diversa…” Alza lo sguardo verso il cielo, pensieroso.
“Già, hai ragione.” La sua storia è molto diversa. Lui è nato qui, però da due anni ormai, non abita più con i suoi genitori. Si è trasferito da solo in un'altra casa. Aveva sempre vissuto lontano dal centro, in periferia, però a sedici anni affittò un appartamento proprio a Sydney, anche abbastanza vicino alla scuola. Motivo? I suoi genitori vantavano troppe aspettative su di lui. Può sembrare banale, ma non lo è. Specie se hai un fratello più grande che gli ha dato e gli da tutte le soddisfazioni di questo mondo. Così Derek ha imparato a fare tutto da sé, ad essere pienamente indipendente. Si sentono poche volte e, quando lo fanno, litigano pure.
Restiamo per un po’ in silenzio, persi in chissà quali pensieri. Dopo circa cinque minuti, incontriamo un gruppetto di ragazze e ragazzi che frequentano la nostra scuola. Tra quelli c’è anche la mia compagna di classe Callie White e il caro e vecchio Adam.
“Ace!!” Urla il mio amico. “Come va? Ciao Derek!” Si battono il cinque. Adam è un ragazzo parecchio socievole, ha un mucchio di buoni amici.
“Tutto bene Adam?” Domanda a sua volta Derek.
“Certo! Hai visto che abbiamo vinto la partita di rugby? Comunque, detto francamente, io ed Ace siamo i migliori giocatori!” Sorrido. Un po’ di modestia a volte non fa male. Intanto saluto Callie. Mi sorride e poi mi dice: “Ace, stasera sei invitato alla mia festa!”
“Alla tua festa? E perché mai dovresti darne una?” Sospira. Le sue amichette hanno una faccia contrariata e parlano silenziosamente una nell’orecchio dell’altra.
“Ma sei seriamente così poco perspicace o fai finta? E’ il mio compleanno, amico mio. E tu, stasera, alle otto e mezza, sei invitato alla mia festa.” Mi da un pacca sulla schiena e si gira verso Derek. “Derek, ovviamente sei invitato anche tu!”
“Dove?” Caduto dalle nuvole, penso io. Quando parla con le persone è talmente concentrato che non si rende conto di quello che gli accade intorno.
“Alla mia festa di compleanno!” Sbuffa e continua dicendo: “E’ a casa mia alle otto e mezza, stasera.”
“Ah, va bene.” Risponde il mio amico. “Una piccolissima domanda: dove si trova casa tua?”
“Non preoccupatevi. Che ne dite se andiamo insieme?” Propone Adam. Lui saprà sicuramente dove abita Callie. Una volta mi raccontò che si conoscono più o meno dai tempi dell’asilo.
“Mi sembra un’ottima idea!” Accetto io.
“Ho anche chiamato Kyle, ma sembra che non possa venire a causa della febbre.” Spiega Callie.
“Si per ora è in “fase influenza”. Comunque stasera ci saremo!” Affermo io.
“Perfetto.” Sorride ampiamente. “Allora ci vediamo tra un po’ di ore ragazzi! Adam, vieni con noi?”
“No, resto con loro.” Risponde lui.
“Ok, ciao a tutti!” Lei e i suoi amici stavano per andarsene, quando…
“Ah, Callie!”La chiamo. Mi sono scordato di fare una cosa molto importante. Lei si gira e mi guarda come per dirmi: “Che devi dirmi?”. “Tanti auguri!” Sorrido e le faccio l’occhiolino. Ride nervosamente e si gira, dopo avermi fatto un cenno di saluto.
“Auguri!” Urla in modo totalmente poco delicato Derek.
Lei, per tutta risposta, nemmeno si gira. Probabilmente non avrà sentito.
“Beh, direi che non ho le ho fatto il tuo stesso effetto Ace.” Mi prende in giro lui.
“Ha sfoderato l’arma del sorriso abbagliante con occhiolino. E’ ovvio che non hai fatto il suo stesso effetto.” Dice Adam.
“Ma la vostra è fissazione?!” Insomma, non si può fare qualcosa di carino per una ragazza che questi pensano subito male! Si, è vero, le ho fatto l’occhiolino, che propriamente è un gesto che fa fraintendere la situazione. Ma oggi l’ho già fatto non intenzionalmente già una volta. Una seconda cambia qualcosa?
“Si.” Rispondono pure all’unisono. Wow.
“Comunque, passiamo alle cose serie: il regalo.”Giusto, il regalo! Mi sa che sto rimbambendo…
“Che le regaliamo, Adam? Tu la conosci meglio di noi.” Gli domando io.
“Credo che una catenina vada bene. Le ragazze amano le cose graziose e delicate.” Risponde lui.
“Bene, andiamo in una gioielleria allora!” Esclama Derek.
E così ci incamminiamo alla ricerca della collanina perfetta per Callie.



Lo stupido angolo dell'autrice

Ed eccomi qui genteeeee!
Una sola parola: vacanze!
Quanto amo le vacanzeeeeeeeeee *-----------*
Allora Ace e Ran si sono incontrati, non credete che siano adorabili?
ahuuahhuahauhuahau sto dando i numeri >.<
E' Halloween, uno dovrebbe uscire e divertirsi e invece si mette a diluviare
e devi startene a casa -.-""""""" (qualcuno ce l'ha con i sabati e con le 
feste). Quindi che ne pensate di questo capitolo??
Spero che sia scritto bene e che sia stato di vostro gradimento.
Ringrazio chi recensisce e chi l'ha messa nelle seguite.
Grazie a Merida, luxaar, topilu98 e _Natsu_98:)
Nel prossimo capitolo, vi farò conoscere meglio Ran, promesso:)
alla prossima
ciaooooooooooooooooooooooo

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Capitolo 5
*** Conoscenza ***


 Capitolo 4


Mai più! E dico, mai più! Quanto diavolo ci vuole per comprare una collanina? Rispondo io, due ore. “Questa è troppo appariscente, questa non le piacerebbe, questa fa schifo, questa ha il ciondolo di un colore che non le piace…” Mamma mia! Una tortura! Alla fine, abbiamo deciso per una catenina semplice, in argento, con un ciondolo a forma di mezzaluna. Adam ha detto che le piacerà sicuramente. Ho io il pacchetto, hanno insistito perché lo tenessi io e no, non so il perché. Sfilo le chiavi di casa dalla tasca dei pantaloni e apro la porta. E’ ormai mezzogiorno. Trovo mia madre in cucina che cucina canticchiando beatamente una canzone di cui non conosco il titolo.
“Ciao mamma!”
“Buongiorno Ace!” Mi saluta guardandomi per un attimo e ridando l’attenzione ai fornelli. “Ma oggi a che ora ti sei svegliato?”
“Alle sette, non chiedermi il perché. Non lo so nemmeno io.”Mi siedo e comincio a giocherellare con un bicchiere lasciato per caso sul tavolo. “Ma domani mi sveglierò sicuramente tardi!”
“Come mai?” Mi chiede lei curiosa. Giusto non le ho ancora detto della festa, anche se so che non dirà niente. Acconsentirà e mi farà le solite raccomandazioni, perché le mamme sono le mamme.
“Oggi è il compleanno di Callie…” Non finisco nemmeno la frase, che m’interrompe.
“Callie chi?” Domanda sospettosa. Ok, mi sa che mi aspetta un questionario piuttosto lungo.
“Callie White, mamma. Una mia compagna di classe. Oggi fa il compleanno, compirà…”
“Ah è una tua compagna di classe? Ma che sciocca che sono! Chi dovrebbe essere, altrimenti?! E quanti anni compie?!” Sospiro, seccato. Odio quando qualcuno m’interrompe mentre parlo.
“Se mi fai finire di parlare, magari te lo dico.”
“Ok, scusa figliolo. Parla pure.”Mi dice apprensiva.
“Grazie, madre.” Recito ironicamente un ragazzo d’altri tempi che si rivolge educatamente alla madre. “Allora, compirà 16 anni e darà una festa a casa sua stasera, l’ho incontrata prima con Derek e ci ha invitati.” Le spiego, tranquillo.
“Ah, ecco cos’è quel pacchetto!!” Ora pure mia madre si mette a pensare cose strane! Andiamo bene.
“Si, mamma. Le siamo andati a comprare un regalo io, Derek e Adam. Una collanina di argento con un ciondolo a forma di mezzaluna.” Le preciso sin da subito. Tanto lo so che me lo avrebbe chiesto.
“Ok, allora stasera rincaserai tardino…”
“Già.” Confermo io con totale indifferenza.
“Mi raccomando, Ace. Sta attento…” Ora sono io ad interromperla. Conosco questo discorso a memoria.
“…non bere alcuna bevanda strana o alcolica, non fumare niente di niente, non fare cavolate, non entrare in macchina con alla guida persone ubriache…qualcos’altro? Ah, si. Comportati bene. Firmato, mamma.” Le sorrido per completare l’opera.
“Precisamente.” Scandisce bene. “Ora vai, sei libero dalle mie grinfie.” Scherza un po’ lei.
Ridacchio e salgo in camera mia. Era stata una mattina abbastanza movimentata. La ricerca del regalo perfetto, la chiacchierata con Derek, il mio svegliarmi così presto, Ran...
Ecco, Ran; voglio assolutamente fare amicizia con lei! Sono una persona molto socievole e poi, sento che ha bisogno di una persona di cui possa fidarsi…ho letto parecchia, anzi, troppa tristezza nei suoi occhi. Voglio fare qualcosa, devo assolutamente fare qualcosa. Prendo in mano il cellulare e comincio a scriverle un sms.
“Ehi, Ran. Come va?” Questo è quello che digito. Invio. E attendo. Dopo circa due minuti ricevo un messaggio.
“Ace, non ci siamo visti un anno fa. Sto come stavo prima.” Ma certo! Ho fatto la figura del cretino…non glielo farò notare, però.
“Spiritosa -.-” Bene, risposta perfetta. Almeno credo.
“Sei tipo da faccine? Non lo immaginavo :)” Sorrido alla vista di quel messaggio. Eppure, è simpatica. Non capisco perché si isola.
“Sono io quello ad essere sconvolto! Pure tu le usi! E credimi, la cosa è improbabile e strana.” Un altro sms ricevuto.
“Come mi immaginavi, Ace?” Rimango pietrificato davanti al mio cellulare. Vuole una risposta sincera? Oppure sta scherzando. L’idea che mi ero fatto di lei non era certo rosa e fiori.
“Io? Ti immaginavo simpatica ma timida.” Speriamo ci creda. Invio questa balla colossale e aspetto che mi risponda.
“Seriamente, Ace.” Ok, non ci ha creduto. E sono più che certo che in questo momento è serissima. La conosco da poco, almeno, oggi è stata la prima volta che ci ho parlato. Però, leggo i suoi messaggi con la sua voce. Come se la conoscessi da tempo, come se il mio orecchio fosse abituato al suo tono. Strano.
“Allora, credevo che fossi scontrosa e acida, del tipo, come ho sempre detto, “se mi parli ti uccido”. Contenta?” Mi affrettai ad inviare tale sms, perché so che se lo avessi riletto un’altra volta, non lo avrei inviato. Almeno, sono stato sincero. E lei voleva la verità, quindi.
“Beneeeeeee! Mi fa piacere che la gente pensi questo di me ;) Però, nonostante, l’idea che ti eri fatto di me, ti sei avvicinato e mi hai parlato. Ti ringrazio. Vuoi sapere l’idea che io mi ero fatta di te il primo giorno di scuola?” Meno male, non si è offesa.
Scrivo: “Si, dai sono curioso!! E poi perché solo quella che ti eri fatta il primo giorno di scuola?”
“Perché da come ti comporti in classe, ho pensato che tu fossi esattamente come sei. Il primo giorno di scuola, invece, ho pensato che eri il solito ragazzo menefreghista, che si sente “figo”e prepotente.” Leggo il messaggio e rimango scioccato. Wow, ora capisco quello che ha provato leggendo il mio di messaggio.
“Evviva la sincerità! :) Comunque, adesso stiamo parlando e io mi sto rendendo conto che le mie idee su di te erano totalmente infondate.” Ecco chiarito ciò, mi auguro che cambi discorso.
“Stiamo imparando a conoscerci, almeno.” Eh già. Decido di farle delle domande banali, ma fondamentali affinchè io possa veramente conoscerla.
“E dimmi, Ran. Ora ti faccio tante domande stupide per capire cosa ti piace. Anzi, non ti assillo, ti chiedo semplicemente: cosa ti piace?”
“Allora…il mio colore preferito è l’azzurro, amo disegnare, suonare la chitarra e viaggiare. Mi piacciono le persone spontanee e solari, mentre odio quelle che pensano di essere grandi e forti. Non ho molti amici, perché io non sono né spontanea, né solare,  ma non mi sento nemmeno grande e forte. Credo di non essere facilmente comprensibile e in questi anni ho compreso che la gente non spreca il suo tempo a cercare di capirmi. Mi piace il sushi e vado matta per la pizza. E poi, mi piace tanto leggere. Tu Ace?” Perché si sta aprendo così tanto con me? Questo è quello che penso, appena leggo tutto questo. Forse perché io sto trascorrendo il mio tempo cercando di capirla.
“Suoni la chitarra???!!! Elettrica o classica? Secondo me, le suoni entrambe. Ho questo presentimento. Comunque, il mio colore preferito è il verde, adoro la musica (per questo sono sorpreso del fatto che tu suoni uno strumento), il mare e mi piace molto scattare fotografie. In fatto di persone, anche io sono d’accordo con te. Non sopporto chi si fa il prepotente per sottomettere le altre persone. E la pizza? La mia passione. Il sushi non l’ho mai mangiato, ma spero di assaggiarlo ;)”
“Hai indovinato! Sono sbalordita! Suono sia la chitarra elettrica che quella classica. Anche se ho iniziato con la chitarra classica a sette anni. Adesso capisco perché odi Drew!” Ah già, mi ero dimenticato! Mi devo aspettare anche una vendetta da parte di questo “temibilissimo bullo”.
“Chi, quello? E’ uno sbruffone altezzoso e nessuno fa niente per farglielo notare.” Non lo sopporto. E’ l’incarnazione perfetta di tutte le cose da me odiate.
“Tutti tranne te.” Allora osserva quello che accade nella scuola, fa solo finta di esternarsi.
“Rideresti se ti dicessi che ho un senso innato della giustizia?” E’ vero. Da piccolo, una signora mi chiamava addirittura “avvocato”.
“No, non riderei. E’ la verità. Fai bene a metterti contro di lui. Bisogna fargli notare che il mondo non gira intorno a lui. Una volta ho anche pensato di dirgliene quattro!” Sgrano gli occhi.
“No! Non metterti contro di lui! E’ pericoloso e dico sul serio.” Non potrò mai dimenticare quando in primo superiore, dopo che io lo avevo criticato per il suo comportamento, aveva mandato tre ragazzi dell’ultimo anno a picchiarmi. Com’era finita? Uno di loro aveva cercato di darmi un pugno, ma io gli avevo abilmente preso il braccio e bloccato il colpo. Non sono riusciti a torcermi un capello. E non mi sono nemmeno sporcato le mani. Nel senso, non gli ho mollato nessun pugno o ceffone, anche se l’istinto era quello di andare da Drew e dargli un calcio di quelli che non si sarebbe dimenticato per tutta la vita. Mi sono solamente limitato a parare i loro colpi, finchè non si sono stancati e se ne sono andati biascicando qualche imprecazione mentalmente ricambiata.
“Tu ti metti contro di lui. Perché io non posso farlo? Non tirarmi fuori il discorso “tu sei una femmina e io sono un maschio”, non mi fa alcun effetto.” Forte la ragazza.
“Io non penso che le donne siano meno forti degli uomini. Lui si, invece. E poi non attacca singolarmente, bensì in gruppo. Potrebbe organizzare qualcosa di terribile, per questo ti dico di lasciare perdere. Un po’, lo ammetto, c’entra il fatto che io sono un maschio e tu una femmina, ma il problema non è questo, credimi.” Invio l’ennesimo messaggio. Ed ecco che subito ne arriva un altro.
“Ok, il tuo consiglio sarà rigorosamente seguito :) però non giudicare, sono molto più forte di quello che credi!” Sicuramente, penso.
“Ah su questo non c’è dubbio!”
“Senti, ho una curiosità. Come fai ad avere gli occhi viola?!” Rido. Quante persone me lo avranno chiesto?
“Ahahahahahahahahaha…gli occhi viola sono rari, ma esistono. Non sono un alieno proveniente da un pianeta sconosciuto, tranquilla ;) E tu perché ti chiami Ran? Non è che mi sembra un nome strano, sia chiaro, però non avevo mai conosciuto una ragazza con questo nome.”
“Sai, Ran è un nome giapponese. Significa “orchidea”. Il fiore preferito di mia madre era proprio l’orchidea, allora non ci ha pensato due volte a chiamare sua figlia Ran. Che ragionamenti contorti -.-”
“Fantasiosa tua madre! E poi ha fatto una buona scelta. Non è un nome comune, ma nemmeno strano o orrendo.”  Proprio quando invio quest’ultimo messaggio, sento urlare il mio nome da mia madre. Sicuramente sarà pronto il pranzo.
“Si, arrivo.” Urlo io di rimando. Mi arriva un altro sms da parte di Ran che dice: “Se lo dici tu...”
Le invio quindi un altro messaggio dove scrivo: “Adesso devo andare, ci sentiamo Ran ;)”
Dopodiché mi dirigo verso la cucina. Ran è una persona…interessante.

***

Sono le otto e io e Derek  stiamo aspettando Adam che dovrà accompagnarci alla festa, visto che noi non abbiamo la benché minima idea di dove sia la casa di Callie.
Ad un certo punto suona il campanello, e vado ad aprire.
“Ace!! Siete pronti, tu e Derek?” Mi domanda Adam tutto pimpante.
“Certo!” Gli rispondo. “Derek!!!” Urlo al mio amico per fargli capire che è ora di andare, perché lui non si è degnato di venire ad aprire la porta con me, visto che è impegnato a giocare con la Playstation…
Sento che spegne la tv e scende le scale. Dopo che ci ha raggiunto, usciamo di casa e io chiudo la porta a chiave. Guiderà Adam, visto che ha compiuto sedici anni mesi fa e ha preso la patente. Io, invece, ho ancora quindici anni, quindi non posso ancora guidare, anche se non vedo l’ora.
Saliamo sull’automobile ed il mio amico accende il motore. Sono le otto e un quarto ed ancora non è completamente buio, considerato l’imminente arrivo della bella stagione. Cominciamo a parlare di sport e Derek e Adam cominciano a litigare perché si trovano in disaccordo su una cosa. Siamo sempre alle solite…
“Ehi ragazzi, calma. Avete due opinioni diverse! Punto e basta.” Gli dico io cercando di non scoppiare a ridere. Ho dimenticato di dire che fanno semplicemente morire dalle risate quando s’insultano?
“Ace sta zitto!” Mi zittisce, anzi, tenta di zittirmi Derek. “Non vedi che non capisce niente?”
“Io non capisco niente! Ma se tu hai scritto sulla fronte “non parlatemi: sono troppo ignorante per capire!!”” No, ora scoppio…
“Ma allora sei proprio cretino! Come ti permetti?! Per tua informazione, la mia fronte non è impregnata di alcuna scritta ignobile, anzi, è liscia e profumata come il culetto di un bambino!”
“E chi ha detto che il culetto di un bambino è profumato??” Domanda Adam.
“Ah lascia perdere…io ti faccio un discorso e tu pensi al fatto se il culetto di un bambino sia profumato o no, il che prova che sei ancora più stupido di quanto credessi.”
“Oh senti io ho il quoziente intellettivo più alto della scuola!” Esclama Adam. Ma ora mi devo intromettere io.
“Scusa?! Tu, il quoziente intellettivo più alto della scuola? Ma hai sbattuto la testa o cosa?!” Gli dico io.
“Vedi pure Ace ti sta dicendo che sei uno stupido!” Proferisce soddisfatto Derek.
“Non lo ha detto!”
“Ma te lo sta facendo capire.” Gli da un colpetto sulla spalla. Adam si gira a guardarlo come per dirgli “leva quella mano dalla mia spalla e ricrediti, perché ho ragione io”.
“Adam sta attento alla strada!! Capisco che sei cretino, ma ragiona! Che ci vuoi far perire tutti?!” Urla Derek.
“Perire? Cos’è questo linguaggio da vecchio intellettuale??” Gli chiedo io.
“Ma che ne so! Mio nonno mi lascia addosso residui di cultura dopo che passa con me anche solo un’ora…” Mi spiega lui.
“Cultura? Sicuro?” Devo ammettere che la battuta di Adam è arrivata nel momento perfetto.
“Si, cultura! Sai cos’è Adam?”
E a quel punto scoppio a ridere. Andiamo, non ce la facevo più. Inizialmente mi guardano confusi, (già, mi guarda anche Adam, che invece dovrebbe tenere lo sguardo puntato sulla strada), ma poi scoppiano anche loro in una fragorosa risata.
“Comunque…siamo arrivati, ragazzi”. Annuncia l’autista.
Che la festa abbia inizio.

 

Lo stupido angolo dell'autrice .


Ok, lo so. Il capitolo è corto. Vi spiego. Poichè nella storia è un capitolo molto lungo quello che riguarda
la conoscenza di Ace e Ran e la festa, ho dovuto tagliarlo ad un certo punto ed è venuto fuori questo.
Il prossimo capitolo sarà più lungo, promesso. Ci sarà la festa e Ran non mancherà di certo!
Allora, che ne pensate della storia? 
Ran suona la chitarra come me *---* amo creare i personaggi, perchè posso dargli
le caratteristiche che voglio. Ahhhh che freddooooo:3333
brrrrrrrrrrrrrrrrr io sono perennemente fredda:) 
Ahuahuauhauhahua che bellini Derek e Adam che litigano, non credete?
 Grazie davvero a tutti quelli che l'hanno visualizzata e letta e recensita.
Un grazie particolare a luxaar, Merida, _Natsu_98 
Grazieeeeeeeeeeeeeeee ahuahuhua:)
Notte a tutti gente!


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Capitolo 6
*** Festa ***


Capitolo 5

In quel momento mi mancano sia le risate che le parole. Sono letteralmente stupito. Davanti ai miei occhi si presenta una villa enorme. E quando dico enorme, intendo gigantesca. C’è persino una fontana che si trova nel piazzale immenso che si estende davanti alla villa. Ma che dico, villa? Questa è una reggia!
“E’-è casa di Callie??” Domando balbettando.
“Certo amico.” Mi risponde Adam.
“Wow.” Questo è tutto quello che riesco a dire.
Adam parcheggia la sua auto, scendiamo e ci dirigiamo verso l’entrata.
Appena varco la soglia della villa/reggia/casa in questione, mi rendo conto che l’interno è ancora più fantastico e maestoso dell’esterno. Delle imponenti scale sono posizionate davanti a me e al centro del soffitto, si può notare (anche se, data la sua grandezza, deve per forza essere notato) un lampadario meraviglioso, come quelli che si vedono in ricche dimore di antiche famiglie. Ai lati della scala, ci sono due porte di legno bianche, entrambe aperte. Ma la festa si sta sicuramente svolgendo nella stanza che si trova a sinistra. Almeno, la tipica musica da discoteca proviene da lì. Parecchi camerieri fanno avanti e indietro per portare svariate cose da una stanza all’altra. Molto probabilmente, la camera che si trova a destra è la cucina. Un cameriere ci saluta cordialmente e prende il pacchetto che abbiamo in mano, riponendolo delicatamente su un tavolo, insieme a tanti altri regali.
“Allora che stiamo aspettando?! Entriamo!” Esclama entusiasmato Adam che ci fa strada. Dopotutto, lui e Callie sono amici da tempo, quindi sa come giostrarsi in quel posto immenso.
Entriamo nella suddetta stanza, allestita accuratamente per la festa di compleanno. Cioè, mi sembra che sia stata allestita per bene. Le luci da discoteca non permettono alla vista di notare questi particolari. La musica è altissima e intanto noi ci dirigiamo verso un gruppetto di ragazzi e ragazze che semi-circondano quella che dovrebbe essere la festeggiata.
“Callieeeeeeeeeeeeeeeeee!!!” La saluta allegramente Adam, mettendole entrambe le mani sulle spalle. Callie si gira e sorride ampiamente.
“Ciaoooooooooooooooooooooooooooooo!!” Lo saluta di rimando lei.
“Auguriiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!” Le dice sempre Adam.
“Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeee!” Risponde lei.
“Per favore, basta allungare le finali!!” Speriamo abbiano sentito. “Comunque, tanti auguri Callie, di nuovo”.
“Grazie mille, Ace.” Sorride nuovamente.
“Callie, anche io volevo farti gli auguri.” S’intromette Derek. “Oggi me ne sono dimenticato, ero sovrappensiero.”
“Guarda che oggi ti ho sentito quando me li hai urlati.”
“E perché non ti sei girata?!”
“Perché mi seccavo e volevo vedere se ti fossi deciso a farmeli per bene.”
“Ah certo. La prossima volta ti tieni quelli urlati.”
Mentre gli altri continuano a parlare, io mi osservo intorno. C’è una specie di bar a destra della stanza e lungo le pareti sono disposti dei divanetti rossi, mentre il centro è  dedicato alla pista da ballo, ormai piena di gente. Ci sono parecchie persone della scuola che conosco, ma anche gente che non ho mai visto in vita mia. Riconosco anche il carissimo Drew, che sta bevendo chissà quale intruglio mentre parla e gesticola, come per sentirsi superiore. Una sola parola: insopportabile.
“Ehi Ace, a che pensi?” Mi domanda Callie.
“Ah, a niente, non preoccuparti.” Le sorrido. “Come ti senti? Insomma, oggi compi sedici anni!”
“Bè, devo dire che il sedicesimo compleanno è…memorabile, ma alla fine mi rendo conto che non è cambiato molto da ieri.” Nel mentre si guarda intorno, proprio come ho fatto io poco tempo fa
“Questo è anche vero. Ma il compleanno rimane sempre un giorno speciale, diverso.”
“E tu quando li compi sedici anni, Ace?”
“Il 10 marzo. “
“Allora ancora deve passare un po’ di tempo…”
“Già.” Mi giro verso di lei. “Bella regg…cioè, bella casa, comunque.”
Ride. “Ah grazie. Ti ha colpito perché è gigantesca?”
“Direi. Sono ancora intontito. Come fai a viverci?”
“Ci siamo trasferiti in questa casa esattamente il giorno del mio sesto compleanno. Sono passati dieci anni da allora e anche se prima sembrava un po’ strano vivere in una villa del genere, piano piano ci ho fatto l’abitudine. Da piccola, però, avevo paura a gironzolare da sola in questa immensità.” E ci credo che aveva paura. Da piccoli, alcune volte, si ha timore di passare da una stanza all’altra se nel corridoio non è accesa la luce! Figuriamoci se si avventurava in questa villa/reggia/casa!
“Ma lasciando perdere l’argomento della…casa, ti stai divertendo??”
“Ma certo! E pensare che ho organizzato tutto all’ultimo minuto! E’ venuta fuori proprio una gran bella festicciola.”
“Su questo non c’è dubbio.” Sospiro e le dico: “Senti, io vado a prendere qualcosa da bere, tu vuoi qualcosa?”
“Non preoccuparti, ci vediamo dopo!” E viene trascinata in pista da ballo da Adam. L’ho sempre saputo che aveva una cotta per lei. Vediamo se combina qualcosa stasera, altrimenti gli urlo talmente tanto forte da fargli perdere l’udito.
Mi dirigo verso il bancone delle bevande e ordino una coca cola. A parte le raccomandazioni dei miei genitori, non sopporto proprio l’odore dell’alcool. Mi da la nausea. E lì vicino, questo tanfo particolare è veramente forte. Che schifo. Mentre bevo la mia coca cola, si avvicina a me una ragazza che riconosco subito: Felicity Arrows. Un’oca primordiale che se non parla di lei per almeno cinque minuti, sente la mancanza del suo ego gonfiato quanto un pallone. E’ una cheerleader (e no, non siamo in un film) ed è una delle tipiche ragazze “io sono fantastica e tu sei uno schifo”, ma questo è sottinteso quando sta con altre ragazze. Quando sta con i ragazzi, invece, la sua aura dice solamente “non vedi come sono bella, cadi ai miei piedi, ora!” E tanto per intenderci, non è nemmeno così bella. In faccia sembra una bambola di porcellana (e tanto per informazione: non mi sono mai piaciute) e sono convinto che se le getterei un secchio d’acqua in testa, perderebbe il 95% della sua bellezza esteriore. Certo, esteriore, perché di bellezza interiore non ve ne è nemmeno l’ombra. Egocentrica, snob, antipatica…se prova un qualsiasi sentimento positivo ti devi meravigliare, e tanto anche. Inoltre, ha un ragazzo nuovo ogni settimana, il che non è certo una cosa positiva. Continua ad avvicinarsi con la sua camminata “oh si, sto arrivando, svenite ragazzi, forza!” e noto che sta guardando verso di me. Chissà perché mi aspettavo un altro suo disperato attacco questa sera… Il bello è che non è nemmeno simpatica, l’unica cosa divertente (o almeno, l’unica cosa che lei ritiene divertente) che può dire è: “Oh santo cielo, cioè, ma tu non sai! Ieri mi stavo sciacquando la faccia e mi si è sciolto il trucco!” A questo punto, ad una persona intelligente (ma non dico intelligentissima, anche nella media) viene da pensare: “Idiota, se ti sciacqui la faccia è ovvio che ti si scioglie il trucco!” Ma poi lei ti illumina spiegandoti che “si era dimenticata di mettersi il trucco resistente all’acqua!” E poi parte una sua risata semi-isterica da oca. Ci prova con me dal primo liceo, ma non le ho mai dato corda (ok, la prima volta che l’ho vista sono rimasto…ehm…colpito, ma poi ho capito com’era fatta e ho lasciato perdere), e nonostante ciò, mentre ci prova con una persona, ha altri mille ragazzi con cui, teoricamente, è fidanzata.
“Ciao Ace.” Mi saluta con voce e sguardo che qualcuno riterrebbe sensuali, ma che io ritengo a dir poco stomachevoli.
“Ciao.” Voce ferma e neutra, semplicemente perfetta.
“Quindi anche tu qui alla festa?” No, sai? Sono una proiezione! No, anzi, fantasma! Ma è cretina o fa finta?
“Si, Callie è una mia amica quindi mi ha invitato.” Le spiego io con calma e pazienza che sto già per esaurire.
“Ah si? Siete amici??” Ok, è proprio cretina.
“Si, Felicity. Siamo amici, sai siamo anche in classe insieme. Non lo so, hai sbattuto la testa per caso?”
Inizia a ridere. Promemoria: evitare battutine ironiche e qualsiasi altro genere di battute con lei. Mi mette una mano sulla spalla. Se gliela schiaffeggio, mi creo una brutta reputazione?
“Oh, Ace! Sei così simpatico!” Oh mio Dio, non ci posso credere! Felicity Arrows mi ritiene simpatico! Ora svengo! Ma fatemi il piacere.
“Si ok, senti io devo…” Non faccio in tempo a finire la frase che l’ochetta mi trascina sulla pista da ballo con lei. No! Che ho fatto per meritarmi questo. Porta le sue mani dietro il mio collo e la visione del suo viso mi appare ancora più vicina. Semplicemente un incubo.
“Allora Ace, parlami un po’ di te!” Mi chiede con voce dal tono mieloso.
“Perché ti devo parlare di me? Non stai già tanto ad osservarmi quando siamo a scuola?” Ok, se non leva quelle mani dal mio collo entro cinque secondi la uccido.
5…4…3…2…1..GO!
Un attimo...dove la trovo l’arma? Sono spacciato. 
Stringe la presa al mio collo e continua a blaterare cose su di lei (e chi sennò?), poi ad un certo punto mi chiede: “Ti piace il mio vestito? Ci ho messo tre ore a decidere che mettere.” Solo adesso noto com’è vestita. Indossa un abito lucido, di color fucsia talmente acceso che, se non ci fossero queste luci soffuse, accecherebbe chiunque. Inoltre, il vestito è a dir poco cortissimo. In poche parole, è vestita e truccata in modo altamente osceno.
“Non mi piacciono vestiti di questo genere indosso alle ragazze. Sono di cattivo gusto.” Vediamo se adesso mi molla e se ne va.
Si mette a ridere. No, aspetta…a ridere?! Ma me lo fa a posta??!!
“Ma sei proprio un burlone!” Stringe di nuovo la presa al mio collo (sto seriamente cominciando a pensare che mi voglia soffocare) e mi ridomanda: “Dai, ti piace?”
“No. N-O lo capisci o te lo devo scrivere sulla lavagnetta con i gessetti colorati?”
“Ok, hai voglia di scherzare! L’ho sempre detto che sei carino e simpatico.” Ma conosce solo la parola simpatico e carino questa qui?
Ricomincia a blaterare su di lei e sulla sua vita tutta “rosa, fiori e pony” e io mi guardo intorno. Speriamo di trovare una scusa per scappare da questa situazione insostenibile.
Vicino al bancone delle bevande (proprio dove, prima che questa sanguisuga mi acchiappasse, ero andato a prendere una coca cola), noto una ragazza bionda e dai capelli liscissimi. Si gira, però non riesco a vedere il suo viso perché sta bevendo quella che sembrerebbe semplicissima acqua. Indossa un vestito tutto bianco senza spalline e con la parte della gonna a balze che arriva poco più sopra del ginocchio. Ecco che genere di vestiti mi piacciono addosso alle ragazze, non questa oscenità che sfoggia Felicity. Quando posa il bicchiere sul bancone, riesco a vedere il suo viso e la riconosco. E’ Ran!!! Benissimo, ho un piano. Le faccio un ampio gesto di saluto con la mano, in modo che anche l’oca lo possa notare. Ran mi saluta sorridendo e, come previsto, Felicity allenta la presa al mio collo e si volta, curiosa di sapere chi sto salutando.
“Chi stai salutando?” Mi domanda sinceramente interessata. Ovvio che è interessata…guai a chi tocca le sue prede.
“Ma non ci vedi? Sto salutando Ran!” Sorrido alla ragazza che mi sta inconsapevolmente aiutando ad uscire da questa situazione e noto che ci sta fissando confusa.
“E chi sarebbe questa Ran??” Chiede irritata e con quella sua odiosa vocetta stridula.
“Come quale Ran?! La mia ragazza, Ran Ellison!”
“Cosa?!” Urla lei, mollando definitivamente la presa al mio collo.
“Non hai sentito?? Sto salutando la mia ragazza Ran!” Enfatizzo molto sulla parola ragazza e me ne vado, lasciandola da sola in pista, con una faccia da fotografare e salutandola con uno squallido: “Ciao Felicity!”.
Raggiungo Ran e la saluto esclamando: “Io ti adoro!”
Mi guarda un’altra volta con quel suo sguardo confuso e mi chiede: “E il motivo di questa positività sarebbe…?”
“Che ti adoro!” E l’abbraccio scherzosamente. Sono sicuro che quell’arpia ci sta ancora guardando e voglio essere sicuro che mi lascerà in pace per il resto della mia vita. Dal canto suo, Ran è talmente sconvolta e confusa che tra poco comincerà a picchiarmi, così, le sussurro all’orecchio: “Stai al gioco, per favore?”
Non mi dice niente ma la sento annuire. Ci sciogliamo dall’abbraccio e, con la coda dell’occhio, osservo Felicity. La ragazza, indignata si era girata dall’altra parte e se n’era andata. Perfetto.
“Ora mi spieghi?” Mi domanda gentilmente Ran.
“La conosci quella che ballava con me?”
“Felicity, la ragazza più snob della scuola?”
“Esatto.” Le sorrido. “Non mi lasciava in pace! Ci ha sempre provato con me e mi aveva trascinato, contro la mia volontà, in pista da ballo. E in più, si era avvinghiata strettamente al mio collo.”
“E ti dava fastidio?”
“Molto.”
“Strano. Di solito quando quella passa, ai ragazzi scende un rivolo di bava dalla bocca. Patetici.” Sospira.
“Bene, sarai contenta che il tuo ragazzo non è uno di quelli.” Mi porto una mano dietro alla testa e mi scompiglio i capelli. Sono imbarazzato e quando sono imbarazzato, faccio questa mossa.
“Il mio che??!!!!”
“Per levarmela fuori dai piedi, le ho detto che tu eri la mia ragazza.” Mi aspettavo un pugno, uno schiaffo, un urlo…ma, invece, non fa niente di tutto ciò. Chiude gli occhi, inspira, come per calmarsi, e li riapre.
“Che cosa hai fatto?!!!!” Urla lei. Ecco, lo sapevo.
“E dai Ran, è una piccola ed innocente bugia. Lo sa solo lei!”
“Ma voi maschi siete stupidi di natura o lo diventate nel tempo?? Quella è Felicity Arrows!! Lo sai cosa significa? Che da domani tutta la scuola crederà che io e te siamo fidanzati.”
“E vabbè, temi il giudizio degli altri?” Cerco di ironizzare io, ma a quanto pare non risolvo molto.
“Io? Ace io non temo niente. Il fatto è che mi scoccia. Per questi tre anni sono rimasta nell’ombra e ora che tutti sapranno che sono la ragazza di Ace Harlem, la mia ombra sarà illuminata da un riflettore!” L’ho fatta così grossa?
“Ma che dici?”
“Non ti rendi conto di quanto sei popolare, non è vero?” Mi dice lei.
“ Senti, scusa. Ora vado da lei e le dico che non è vero niente, no problem.” Mi volto e faccio per andarmene, ma Ran mi afferra il polso e mi dice: “Ormai la frittata è fatta. Evita di fare questa brutta figura. Per me non c’è problema.”
“Sicura?” Non voglio costringerla a fare qualcosa di cui non ha minimamente voglia.
“Sicurissima. Che sarà mai far finta di essere la tua ragazza?”
“Ti renderò il tutto una passeggiata, vedrai!”
“Senti, usciamo fuori?” Mi domanda lei. “Questa musica è altissima e sento che, quando uscirò di qui, avrò bisogno di quegli aggeggini che vende la Amplifon.”
Ridacchio e le rispondo di si.
Usciamo fuori da casa di Callie e subito una leggera brezza accarezza i nostri corpi. Noto che Ran ha un brivido di freddo, però non le dico niente. Se ho compreso il suo carattere, è orgogliosa, di conseguenza rifiuta l’aiuto altrui. Comincia a camminare e io la seguo a ruota.
“Mi sento osservata.”Sbotta lei ad un tratto.
“Ma che cosa dici!” Sto per girarmi, ma lei mi blocca tirandomi per la maglietta, dopo mi guarda con sguardo deciso.
“Non ti girare.” Scandisce bene.
“Andiamo Ran! Non fare la paranoica!” Le sussurro io.
“Ti dico che c’è qualcuno che ci osserva! Ho questa sensazione…”
“Appunto, è solo una sensazione.” Non vorrà veramente mettersi a fare la paranoica, del tipo “qualcuno ci sta seguendo” o cose del genere!
“Ma le mie sensazioni sono piuttosto precise e, nella maggior parte dei casi, veritiere. Quindi adesso, per favore, non ti girare, continua a camminare con me e comportati normalmente.”
“Se magari lasci la mia maglietta, possiamo iniziare a comportarci come se non ci fosse un individuo sconosciuto che ci sta osservando.” Fisso la sua mano che sta ancora stringendo tra le dita il tessuto della mia maglietta. Ran allontana immediatamente la sua mano e continuiamo a passeggiare. Siamo ormai giunti sul retro della casa, dove c’è un enorme piscina! E’ a dir poco fantastica. La guardo adorante, mentre nel mio cervello iniziava a balenare l’idea di buttarmi dentro quell’acqua cristallina, con i vestiti indosso.
“Non pensarci nemmeno Ace.”Mi dice Ran, manco mi avesse letto nel pensiero.
“Perché no, Ran? Non vedi che è meravigliosa?”
“Ma tu sei deficiente!” Mi giro immediatamente verso di lei, con un sorriso sghembo stampato in faccia.
“Ace?” Mi avvicino a lei, lentamente.
“Ace?” Mi chiama nuovamente lei.
Per un attimo sembra pensierosa, poi il suo sguardo s’illumina.
“Ho capito quello che vuoi fare! Dovrei scappare?”
“Si, credo che dovresti!!” Rido e comincio a rincorrerla.
Lei scappa, ma sempre ridendo. Mi piace da matti far ridere le persone, farle divertire. Mi da soddisfazione, mi fa sentire utile, vivo.
Mentre ci rincorriamo, come due bambini, lei mi domanda: “Non hai veramente intenzione di gettarmi nella piscina! Vero?” Ad un tratto si ferma e mi guarda con aria divertita.
“E perché non dovrei?” La minaccio io, spavaldo ma ironico.
“Perché io sono la tua ragazza.” Mi fa gli occhietti dolci e mi prende un po’ in giro.
“Ah ah, molto simpatica.”
“E tu non vorresti mai che la tua ragazza ritorni a casa bagnata fradicia. Non è vero, Ace?” Sussurra il mio nome nello stesso momento in cui una folata di vento sfiora nuovamente i nostri corpi, provocandomi un leggero brivido lungo la schiena.
“Allora, facciamo così, quando ci lasceremo ti butterò in piscina e non avrò pietà.” Improvviso una perfetta risata malefica, che, di conseguenza, mi porta a tossire.
“Un consiglio: lascia perdere le risate malefiche.”
“Si, credo che lo farò.”
“Bene.”

***

E’ l’una di notte e sto aprendo proprio in questo momento la porta di casa mia. La festa è finita a mezzanotte e mezza, io, però, ho insistito perché accompagnassimo Ran a casa e ne ho approfittato per raccontare l’accaduto ad Adam e Derek che si sono fatti una sana risata per tutto il tragitto, accompagnati dagli sguardi assassini mio e di Ran. La porta saggiamente chiusa, finalmente si apre e io rientro in casa, salgo di malavoglia le scale e mi butto sul mio letto morbidissimo. Ripenso alla serata e concludo che alla fine non è stata tanto male (a parte il ballo con Felicity, sia chiaro). Prendo il pigiama e mi dirigo in bagno, felice di poter farmi una di quelle che sarebbe sicuramente stata una lunga (e tormentata) dormita.

***



Nell’oscurità della notte, in un vicolo cieco, solo due persone sono presenti.
Si ode solo il loro respiro, non un passo, non un movimento di mani, non una parola.
Entrambe le figure sono avvolte in un lungo mantello nero, e indossano un largo cappuccio, sempre facente parte dell’austero abito. Un osservatore esterno non avrebbe avvertito la loro presenza. Nero nel nero, chi avrebbe notato che lì si trovavano due individui?
Finalmente uno dei due inizia a parlare. “Lo hai trovato?” Dice.
“Si.” Risponde subito l’altro.
“E’ certo che sia lui?”
E’ certo.”
“Bene. Assicuratene. Voglio una certezza definitiva, non una misera supposizione.”
“Sarà fatto.”
Uno di loro schioccò le dita e scomparvero improvvisamente nell’oscurità più totale.





Lo stupido angolo dell'autrice


Hello everyone!
Ok, chiedo umilmente perdono! Non mi sono accorta del tempo che passava, perchè il 
capitolo era pronto da un sacco! La scuola fa male:')
Sono incostante, mi scuso:''') cercherò di essere più puntuale ed è ovvio che il prossimo 
capitolo lo posterò tra pochi giorni! (è sicuro:) )
Comunque, che carini Ace e Ran che fanno finta di essere fidanzati:33
mi fanno tenerezza:3333
auhahuahuhuahua ricordo la sera in cui cercavo il nome perfetto
per la protagonista femminile! Oddio, ho chiesto
alla mia migliore amica, abbiamo setacciato siti e siti che proponevano vari nomi, 
ho chiesto a mia madre e alla fine, dopo aver sparato due o tre nomi a casaccio, 
siamo andate su google translate:'') 
Mia madre diceva nomi di fiori che io traducevo in varie lingue. E alla fine è
venuto fuori Ran, che significa "orchidea" in giapponese.
(Amo il Giappone, si e anche i manga e gli anime)
Mi sono divertita a scrivere la parte di Felicity! La mia migliore amica
è morta dalle risate la prima volta che l'ha letta. Ammetto, che il 
mio intento è anche divertire con la mia storia, anche se non 
so se ci riesco:'') 
Ringrazio tutti quelli che la seguono e soprattutto Merida, che ogni
volta mi lascia una meravigliosa recensione:D grazie.
A presto, ciaoooooooooooooo

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Capitolo 7
*** Rapimenti ***


Capitolo 6

 
Sbadiglio e mi stiracchio. Sento gli uccellini e la canzone di Biancaneve risuonare come sottofondo. Aspetta un attimo….da quando in qua io ho visto Biancaneve?! Mah, i misteri della vita. 
Guardo l’orologio e realizzo soddisfatto che sono le undici e mezza di mattina. 
Dormita fantastica, risveglio meraviglioso, niente compiti, giornata libera…semplicemente perfetto. Mi alzo dal letto e scendo a fare colazione. 
“Buongiorno, Ace!” Mi saluta allegramente mia madre. “Sto preparando i pancake. Di sopra vuoi dello sciroppo d’acero o preferisci la marmellata?”
“Marmellata, grazie.” Le sorrido. Ma che magnifica mattinata!
Mi serve un piatto pieno di pancakes e mi passa il vasetto della marmellata, poi riempie un bicchiere di latte fresco e lo mette sul tavolo. Successivamente, prende a sedere di fronte a me.
“Allora? Com’è stata la festa di ieri?” Mi domanda curiosa lei.
“Bella.” Rispondo io con la bocca piena.
“Di poche parole tu, non è vero? Dai racconta tutto alla tua mammina adorata.”
La guardo male. “Mammina adorata? Mamma che vuoi sapere?”
“E’ successo qualcosa che dovrei sapere?”
“Non ho bevuto alcool se è questo che intendi. Eppure dovresti fidarti di me!”
“Non intendo questo, sciocco. Hai ballato con qualcuno d’interessante?” Ma da quando le mamme sono così impiccione?
“No, mamma, con nessuno.” Le mento io. Perché le sto mentendo? Perché se le raccontassi che ho ballato con la ragazza più antipatica della scuola (e già qui darebbe di matto) e che successivamente ho ballato pure con Ran (da bravi amici, niente visioni romantiche o cose del genere) mi torturerebbe. “ E com’erano queste ragazze? Sono carine? Sono simpatiche? Com’erano vestite?” Per carità, non le dirò niente. Anche perché appena arriverebbe mio padre, gli direbbe “Oh George, il nostro Ace ieri ha ballato con due ragazze! Due!” e mio padre comincerebbe a raccontare le sue avventure da liceale del millenovecento e tutto ciò non mi va minimamente. Osservo mia madre che sembra delusa e che, allo stesso tempo, mi squadra per bene per capire se sto mentendo o no. Alla fine si arrende e ritorna a sistemare la cucina borbottando un “peccato”.
“Ma papà dov’è?” 
“E’ uscito a comprare il quotidiano e a farsi la sua corsetta domenicale!” Mi spiega lei con fare dolce.
“Capisco.” Continuo a mangiare i pancake e quando li finisco, mi alzo dalla sedia e avverto mia madre che sto per andarmi a fare una doccia.  Ah che bello! Tra meno di un mese finisce la scuola ed entro in vacanza. Quindi poi sarà solamente sole, mare, dormire, mare, non fare niente, mare, amici e mare. Fantastico. Poi per ora i professori ci lasciano anche pochi compiti che si possono tranquillamente fare a scuola, tranne alcune cose che sono costretto a completare a casa. Mentre penso tali cose, abbastanza ordinarie, mi viene in mente un particolare che mi fa barcollare. Non ho fatto il mio sogno. Non mi sono svegliato di soprassalto. Non ho sognato di essere catapultato da una stanza all’altra, di essermi stata imposta una scelta da parte di una figura-mai-identificata. Non posso crederci!! Non ho sognato niente! Evviva!! Dopo aver esultato per almeno cinque minuti, entro in bagno per farmi la doccia e comincio a pensare, mentre mi levo malamente il pigiama. Anche se sto esultando, anche se cerco, se m’impongo di essere felice, in realtà non lo sono. Già, non lo sono. Oramai era divenuta un’abitudine per me fare quel sogno. Mi rendo conto che, nel profondo, credevo davvero che potesse essere qualcosa di rilevante, che potesse avere un significato. Ma, evidentemente, mi sbagliavo. Sono deluso e sento un grande vuoto dentro di me. Eppure, credevo di volere che tutto ciò finisse all’istante. Però, non è così.
Entro nella doccia e apro il rubinetto. Porto la manovella verso il lato dell’acqua fredda e la faccio scorrere su tutto il corpo. Quando mi sento stordito o stanco faccio sempre così (per un lasso di tempo molto breve, però, altrimenti mi sarebbe venuta una bella bronchite). Rigiro la manovella verso l’acqua calda. In quel momento, vorrei che l’acqua facesse scivolare via tutti questi pensieri, tutte queste idee. Desidererei che il tempo si fermasse, che il mondo stesso si fermasse, per permettermi di capire che sta succedendo. Sospiro e capisco di aver bisogno solamente del mio migliore amico. 
 
***
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin. Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin. Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin.
 
“Eh si, arrivo!!!” Urla Kyle dall’altro lato della porta. Avrò suonato il campanello un milione di volte e non rispondeva nessuno! Ma ero sicuro che lui fosse in casa. Apre la porta e mi dice, con voce scocciata e aria stanca: “Lo sapevo che eri tu. Il tuo sublime modo di suonare il campanello è unico!”
“Ciao anche a te! Ti trovo…in forma!” Lo scruto per bene. Ha delle occhiaie pazzesche, il naso screpolato e gli occhi lucidi. “Kyle, sei una visione orribile!!!”
“Come stai Kyle? Tutto bene? Ti è passata la febbre? Domani torni a scuola? Hai vomitato per caso?” Cerca di imitare la mia voce con tono sarcastico lui.
“Scusa…comunque, come stai?” Gli domando io.
“Ah certo, ora ti ricordi della salute del tuo migliore amico! Sono due giorni e dico due, che sto chiuso in casa a non fare niente e né tu, né Derek, né Hugo, né nessun altra persona in questo mondo è venuta a farmi visita o mi ha telefonato! Dovrei essere felice, Ace???!!!!!” Sta sbraitando in una maniera talmente strana che comincia a farmi paura.
“Ma io veramente volevo solo sapere come stai.” Replico io.
“Ace!!” Urla lui. “Non scherzare! Comunque dal mio aspetto orribile avrai notato che non sono in forma, giusto?” Ok, mi incute timore. Seriamente.
“Kyle mi stai facendo paura.”
“Ma davvero??” Proferisce lui con una voce stranissima mai sentita. “Posso picchiarti?”
“Ehi, non devi sfogare la rabbia repressa in questi giorni su di me, che ti sono venuto a trovare come un buon migliore amico!!” Mi tira un pugno sul braccio (che non mi scalfisce minimamente) e poi si calma.
“Bene.” Oh, finalmente è tornato il Kyle di sempre.
“Ti è passata la febbre?” Gli domando io.
“Si, la febbre si, però mi sento ancora tra le nuvole…” Mi spiega lui.
“E domani torni a scuola?”
“Certo!!! E tu che mi racconti Ace? Com’è andata la festa di Callie ieri?!
“A questo proposito…” Comincio io.
“Che è successo?” Mi chiede lui allarmato.
“Mi sono fidanzato.” Dico io scherzoso.
“Cosa???!!!” Urla lui talmente forte da stonarmi l’orecchio. “E con chi??” Ma ci ha creduto?
“Idiota! Per finta. Che pensavi?”
“Ah.” Sembra deluso (ma guarda un po’, anche lui). “E con chi?”
“Allora, devi sapere che ieri mattina ho incontrato Ran, quella ragazza taciturna dallo sguardo assassino…”
“Si si, ho capito chi è…continua.”
“E abbiamo parlato e tanto anche. La sera quella specie di ragazza di nome…”
“Felicity.” E’ inutile. Kyle è Kyle. Mi capisce al volo.
“Esatto. Mi aveva acchiappato e mi ha trascinato a ballare con lei!!! Che schifo! Ti giuro che non mi mollava più!”
“Eh, insomma, arriva al dunque!!” E’ curiosissimo. Che bello, amo tenerlo sulle spine.
“Dovevo trovare una scusa, un qualcosa per scappare da quell’orribile situazione. La prima cosa che ho visto è Ran.”
“Allora hai detto a Felicity che eri fidanzato con Ran?”
“Esattamente.”
“Ma tu sei pazzo!” Ok, non era la reazione che mi aspettavo. Credevo mi dicesse “ma sei un genio!” oppure “hai fatto bene!”, e invece “ma tu sei pazzo!”. Mah.
“Perché? Almeno quell’oscena sanguisuga mi si è levata di dosso e mi ha lasciato in pace!”
“Sei cretino? Ran non spiccica una parola. Mai, in nessuna occasione. Tutta la scuola da domani saprà che siete fidanzati. Ergo: lei sarà sulla bocca di tutti e diventerà il bersaglio di Felicity e sai che l’oca in questione non è propriamente gentile.”
“Si, è probabile. Anche se, secondo me, Ran è forte, molto forte, solo che è difficile crederlo.” 
“Certo, non dimentichiamoci che le tue idee iniziali sulle persone sono sempre precisissime.” 
“Ok, magari non sono parecchio intuitivo su queste cose, però…”
Kyle m’interrompe subito e inizia col suo monologo shakespeariano. “Terza elementare, una ragazza di nome Katherine, meglio conosciuta come la bambina malefica, era stata definita da te inizialmente come un docile agnellino. Peccato che quando le hai raccolto la matita da terra, ti ha dato un pugno perché pensava che fossi stato tu a buttargliela.”
“Quella bambina era posseduta.” Dico io in mia discolpa. 
“Si certo. Oppure, in quarta elementare, quel ragazzo secchione e apparentemente innocuo che ti stava appiccicato? Ce lo siamo scordati?” 
“Kyle, davvero non è…necessario.” Lo blocco io. 
“Quello scipito, viscido e insulso leccapiedi ti seguiva come un cagnolino! Tu, ovviamente, eri fierissimo perché avevi un “fedele discepolo” al tuo fianco, ma dimentichiamo com’è finita? 
Eh eh?”
“Ok, Kyle ho capito! Ma Ran è un’altra cosa!”
“Oh certo, vedremo, Ace. Vedremo.” Proferisce lui, inserendo un’inquietante enfasi nel suo tono di voce.
“Comunque, dopo essersi arrabbiata, mi ha detto che per lei non c’era problema e che avrebbe finto di essere la mia ragazza. Ma dopo ci lasciamo, questo è chiaro ad entrambi!” Gli racconto io.
“Si si, poi voglio vedere.”
“E vedrai, allora!!” Lo sfido io. “Comunque, la cosa di cui volevo parlarti è un’altra…”
“Che è successo?”
“Stanotte…ho dormito, ho solamente dormito.” Gli spiego in modo un po’ ambiguo io.
“Eh bravo, che dovevi fare? Cantare una canzone?” Non ha capito.
“Intendo che, non ho sognato. Non ho fatto il mio solito sogno e non mi sono svegliato di soprassalto.” Guardo il suo viso rilassarsi e noto che assume un’aria parecchio interessata.
“Com’è possibile??!! E io che già vedevo la tua faccia su tutti i giornali, dove ti avrebbero definito come il ragazzo che ha scoperto di avere dei grandi poteri grazie ad un semplice sogno.” Cerca di sdrammatizzare lui.
“Non sto scherzando Kyle.” Gli dico io serio.
“Ok, scusa. Ma alla fine hai ottenuto ciò che volevi: non fare più quel dannato sogno.”
“Si, almeno pensavo che fosse quello il mio volere…”
“E invece…?” Mi aiuta lui a completare la mia frase.
“E invece non lo è. Credevo davvero che quel sogno significasse qualcosa. Mi ero illuso e un po’ troppo anche.”
“Ace, non dimenticare che siamo esseri umani.” Comincia lui.
“E questo che vorrebbe significare?” Ora parte con uno dei suoi rari discorsi filosofici?
“Significa che sogniamo e che fantastichiamo. Che ci aspettiamo sempre qualcosa di impossibile e irreale dalla vita normale, dalla solita routine. Non sentirti stupido per aver pensato che quel sogno avrebbe cambiato la tua routine quotidiana.” Ed ecco a voi, uno dei rari (anzi, rarissimi) discorsi filosofici di Kyle! Rifletto bene sulle sue parole e mi rendo conto che sono ricche di significato. Ha ragione, ha ragione su tutto ciò che ha detto. E’ normale sognare e fantasticare, altrimenti saremmo uomini di pietra, privi di speranza. Eh già, avevo proprio bisogno del mio migliore amico.
“Grazie Kyle.” Lo ringrazio con un ampio sorriso e mi auguro che la semplice parola “grazie” possa esprimere tutta la gratitudine che provo verso di lui. Mi ha sempre aiutato e sempre mi aiuterà nei momenti di bisogno.
“Figurati amico.” Mi sorride anche lui e battiamo un rapido cinque. 
E poi anche io ci sarò sempre per lui.
 
***
 
E quando la noia prende il sopravvento su di te? Non succede proprio un bel niente…
Te ne stai seduto nella tua stanza, a guardare il tuo soffitto e a pensare a cosa potresti fare.
Sono già le nove di sera e non so praticamente come passare il tempo prima di andare a dormire. Oggi pomeriggio sono uscito con Derek, Hugo e poi è venuto pure Kyle che voleva cercare di riprendersi uscendo e stando all’aria aperta. Siamo stati parecchio insieme e alle sette e mezza sono ritornato a casa. Quasi quasi contatto Ran…oggi non ci siamo né visti né sentiti e ho voglia di parlare un po’ con lei. Spinto da quest’idea, prendo il cellulare, lasciato nel bel mezzo della scrivania. Vado nella sezione “nuovo messaggio” quando mi arriva una chiamata e proprio da parte di Ran! Che telepatia impressionante. Rispondo.
“Raaaaaaaaaaaan, ma lo sai che stavo per mandarti un messaggio??”
“Oh ma che bravo fidanzatino che sei, Ace!” Aspetta un momento, questa non è Ran.
“Chi sei?” Domando io minaccioso alla persona dall’altro capo del telefono. Magari è suo fratello e ha risposto al suo posto al cellulare.
“Ma come?! Non mi riconosci?! Ci sto rimanendo davvero male Ace!”
“Blake…” Bisbiglio io senza nemmeno pensare.
“Finalmente ci sei arrivato! Comunque la tua fidanzatina è nelle mie grinfie, quindi farai meglio a venire qui subito, altrimenti…le potrei fare molto male.” Ma fa sul serio?! Non ho mai pensato che potesse essere così pericoloso. 
“Chi mi dice che Ran sia lì con te?” Gli chiedo io, pallido in viso.
“Parla!” Ordina a qualcuno lì con lui. 
“Ace, sono io.” Questa è davvero Ran. Non posso crederci. Magari è un altro sogno. Beh, se lo è, non vedo l’ora di svegliarmi.
“Non c’è bisogno che tu dica altro, ripassami allo stronzo.”Sentenzio io.
“Guarda che siamo in vivavoce e ti conviene non offendermi, a meno che non vuoi che le faccia del male.”
Sospiro. Un sospiro di rassegnazione, che non è per niente da me. “Dimmi dove sei.”
“Nella casa abbandonata dietro la scuola.” Mi dice lui.
“C’è una casa abbandonata dietro la scuola?!!!!” 
Si sente una risata generale. Si è portato pure gli scagnozzi!
“Certo idiota e sbrigati.” Prima che io possa replicare, Blake interrompe la chiamata. Sono agitato, non potrei sopportare che Ran venisse ferita per colpa mia. Infilo le scarpe da ginnastica, prendo il cellulare e scendo velocemente e nervosamente le scale. Quando afferro le chiavi, posate su di un tavolino nell’entratina, noto che mio padre e mia madre stanno guardando la televisione sul divano del soggiorno.
“Stai uscendo?”Mi domanda mio padre.
“Si, devo sbrigare…una faccenda.”
“E che tipo di faccenda?” Prima che io possa rispondere a mio padre, s’intromette mia madre dicendo (con tono da predica, ovviamente): “Non credi che sia un po’ troppo tardi per uscire?”
“No, mamma.” Rispondo io, serio e cupo. “Ho detto che devo sbrigare una cosa, piuttosto importante anche.” Stringo il pugno. “Non farò tardi, ci vediamo dopo.” Ed esco velocemente da casa. Comincio a correre, velocissimo, impaziente. “Devo fare in fretta”, questa è l’unica frase presente nella mia mente.





Lo stupido angolo dell'autrice
Ok, sono crudele a lasciarvi così, ma un po' di suspence ci vuole, no?
Ieri non ho pubblicato perchè il pc non mi faceva collegare ad EFP (stavolta
ho la scusa) huhuhuuhhu:')
La parte tra Kyle ed Ace ahuhuahua, li adoro <3
E' tardi e ho sonno, quindi trovo poche cose da scrivere nell'angolino.
Che non me ne vogliate, ma io chiudo ringraziando Merida e tutti quelli 
che la anche solo visualizzano:)
Notte e Peace & Love!
auhahuahuahuhuahuahuahua:'')

 
 

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Capitolo 8
*** Spesso si oscilla tra la finzione e la realtà ***


 

Capitolo 7

La scuola non è molto distante e se continuo a correre così velocemente, arriverò in un batter d’occhio. Come ha potuto quel lurido, viscido essere indegno rapire Ran?! Se voleva parlare con me, picchiarmi, uccidermi…poteva benissimo non includere altre persone. Lo odio, forse è l’unica persona che odio. Almeno era solo! Ma no, si è portato pure la sua fidata schiera! Vigliacco, maligno, spregiudicato…quanto lo devo insultare ancora?? Sono arrivato a scuola, ora cerchiamo questa schifo di casa abbandonata. Mi reco nel retro della scuola e scavalcando il cancelletto che divide il lotto dove sono adesso io dall’altro, mi ritrovo in un piazzale, oscuro e molto da “film horror”. Continuo a camminare…pensava di spaventarmi facendomi vagare in questa oscurità? Mah per favore! Che se la faccia lui addosso! Ecco apparire alla mia vista una casa abbandonata. Ok, tutto ciò è assurdo…vuole fare pure la scenografia?! Ci manca che spuntano le telecamere ed un regista impazzito che mi da consigli e mi dice: “Avvicinati spaventato, ma sicuro di te, timoroso di quello che possa accadere a te, ma soprattutto, alla tua amica.” Ma cose da pazzi!Ricomincio a correre, in modo da arrivare immediatamente alla porta che mi permetterà di entrare nella casa. Sfioro il portone in ferro ormai arrugginito ed entro nell'immobile vecchio e degradato. Ci sono grandi ragnatele negli angoli e polvere a non finire sui pochi mobili rimasti. Vi è una piccola entrata e subito dopo un immenso corridoio, che visto dalla mia prospettiva sembra infinito. Ora dove si è messo quel deficiente?
Si potrebbero contare almeno quindici porte, tra quelle del lato destro e quelle del lato sinistro. Percorro il corridoio e di tanto in tanto apro le porte rimaste chiuse per chissà quanto tempo, rivelando stanze orrende ma interessanti. Avrei voluto esplorarle, fare delle nuove avventure non fa male, però adesso il mio compito è un altro. Trovare Ran e il suo “rapitore”.
Finisco di percorrere il corridoio e mi ritrovo davanti a due rampe di scale. Una porta al piano di sopra e l'altra a quello di sotto. Che fare? Quale devo prendere?
Quale da molta sensazione di film horror, rapina e minaccia? Decisamente quella di sotto e poiché Blake è un ragazzo dalla poca inventiva, non credo che abbia avuto l'ingegnosità di salire delle scale e inscenare il tutto al piano di sopra. E poi, andiamo...salire le scale è troppo faticoso e un duro come Blake è talemente sacro che non può nemmeno toccare quella rampa in salita o una goccia del suo prezioso sudore si andrà a depositare sul suo diafano viso. Scherziamo?
Scendo rapidamente le scale e mi ritrovo davanti a ciò che mi aspettavo. Ran legata ad una sedia e Blake e i suoi scagnozzi che la guardano con un sorriso stampato in faccia. Disgustosi. Non mi hanno ancora notato, così mi nascondo dietro un ammasso di roba varia e ascolto quello che stanno dicendo.
“Certo che è proprio divertente vederti legata a questa sedia!!” Tutti ridono.
“Non vedo perchè ce l'hai con me. Ti ho mai fatto qualcosa? Non c'è nemmeno bisogno che tu risponda. Mi sono sempre fatta i fatti miei, ma in realtà avrei fatto bene a criticarti, visto e considerato com'è finita.” Dice Ran.
“Ma tu sei solo un'esca. Chi mi serve davvero è Harlem.” Si spiega meglio il bullo-criminale.
“Ovvio, lo so questo. Ma sai una cosa? Lui è migliore di te, per quanto tu possa cercare di danneggiarlo, sarà sempre migliore di te. Lo puoi invidiare, minacciare e anche picchiare, ma non si chiuderà in un guscio perchè sei tu a dirgli di farlo. Accettalo: tutti a scuola lo adorano. Ogni persona, invece, ha paura di te, anche i tuoi compagni qui presenti.”
“Non mi odiano tutti! Fa silenzio tu!” Urla malamente Blake.
“Non sono mica la tua schiava, non usare quel tono!” Esclama seria, ma calma Ran.
“Io con te uso che tono voglio!” Ok adesso ha raggiunto il limite.
“No, tu con lei non usi che tono vuoi!” Esco dal mio nascondiglio e comincio ad avviarmi verso di lui. Li vedo parecchio sorpresi in viso, certo non si aspettavano che io fossi lì.
“Finalmente! Credevo ti fossi perso.” Mi dice ironicamente il cretino. Ignoro le risate degli altri che rimbombano nella stanza e continuo a parlare.
“Dai slegala e finiamola qui.”
“Troppo facile, Ace.” Mamma mia, che seccatura! Vuole fare il cattivone ricattatore della situazione?
“E che vuoi sentiamo?” Gli chiedo io scocciato.
“Che la smetti di metterti contro di me e di finirla di fare il buono e coraggioso che non sei.”
“Ok, se prima pensavo che tu fossi deficiente, ora credo che lo sei ancora di più. Dico io, ma che hai in quella testa? Di sicuro, la tua materia grigia si è sciolta, perché non trovo alcun'altra spiegazione al tuo comportamento.” Bene, ho detto tutto quello che pensavo.
“Farai bene a smetterla di farti tanto lo spavaldo!” Mette una mano nella tasca destra del jeans nero e ne sfila un qualcosa di piccolo ma affilato. Un coltellino! Non intenderà fare quello che sto pensando! “Ti ho già detto di stare attento a quello che dici! Questo che vedi non è un giocattolo.”
Agita “l'arma” che tiene in mano. Ma io non sono stupido come i protagonisti di qualunque cosa, non sto fermo ad osservare per poi agire ad effetto. Mi avvio verso Blake e gli afferro il polso.
“Lascia il coltellino!!” Gli altri mi afferrano dalle spalle e tra uno che ti spinge per evitare che tu possa prendergli un coltellino dalle mani e due che cercano di levarti di dosso dal loro “boss”, nemmeno io riesco a non cedere.
Blake ride, fiero e si avvicina a Ran, la quale esclama prontamente: “Tu quel coso sotto la gola non me lo metti!”
“Si, convinta.” Gli risponde ironico Blake.
“Hai voglia di fare dell'ironia Blake?! Bene, prendi questo.” Mi alzo velocemente da terra e gli rifilo un pugno nello stomaco. Cade clamorosamente al tappeto (per così dire) e io cerco di slegare Ran, quando qualcuno (non si sa come) mi fa lo sgambetto e mi stringe subito le mani al collo, allontanandomi sempre di più dalla mia amica. Intanto, Blake si era rialzato ed aveva veramente puntato il coltellino alla gola di Ran.
“Ora farai tutto ciò che ti dico.” Sbotta il bullo. “Ah e non ti ho raccontato la parte migliore!” Sorride beffardo. “A scuola sarai il mio cagnolino! Mi porterai i libri in classe, mi porterai il pranzo e cose varie...ti umilierò fin quando non ne avrò più voglia!” Cosa devo fare? Non posso rischiare che Ran venga ferita, anche se lievemente. Però non voglio essere una specie di servo. Mi guardo intorno. Ci sono delle bombole di gas. Com'è possibile? Siamo in una casa abbandonata non in un magazzino. Mah. Quanto vorrei fare qualcosa...far accadere un evento memorabile, che lo spaventi, che lo tenga lontano da me e dalle persone a me care. Chiudo gli occhi, forse con la speranza che potesse davvero succedere qualcosa.
“Allora?” Tiene ancora stretto il coltellino in mano e ad un centimetro dal collo dalla carnagione chiara di Ran. Mi mette fretta e io non sopporto chi mi dice di sbrigarmi, mi irrita. “Ehi?! Ma sei morto?!” Tutti ridono, che poi si divertono con queste battute tristissime? “Forza, parla!” Sta cercando di rifilarmi un ordine? Che nervoso. I miei nervi sono tesi come le corde di un violino, anzi no, più tesi di quelle. “Harlem, che dici?!”
E, tutto ad un tratto, si sente un botto, un forte botto. Una delle bombole era scoppiata. Apro gli occhi. I presenti sono spaventati e parecchio anche. Blake, però, ha ancora allontanato il coltellino dalla gola della mia amica.
Sento correre il potere dentro di me, penetrare nelle mie vene e donarmi forza, sia morale che fisica. Una forza indescrivibile, una sensazione fantastica.
Sono stato io a far scoppiare la bombola. Voglio farne scoppiare un'altra. E così fu, un'altra bombola esplose. Qualcuno nella stanza urla. Eh eh...che femminucce. Una terza bombola viene distrutta da me, da quel potere meraviglioso che sento di avere. E, proprio in quel momento, Blake butta a terra il coltellino . Volgo il mio sguardo verso Ran. Mi sta guardando seria, un lieve sorrisetto incorniciarle il volto. Un'altra bombola, questa volta però, voglio che l'esplosione sia più forte e spaventosa. E ciò accade. L'ambiente attorno tremò e qualcuno si accasciò a terra, forse per una perdita dell'equilibrio, compreso Blake. Mi avvicino e comincio a fargli uno dei miei discorsi seri e da incutere timore. “Ascoltami bene Blake, non permetterti più di fare una cosa del genere, né con lei né con nessun'altra persona a cui voglio bene. Chiaro? Non sarò il tuo schiavetto e sono libero di fare ciò che voglio, anche di criticare i tuoi comportamenti meschini e perfidi. Non pensavo potessi arrivare ad usare armi.” Raccolgo il coltellino caduto poco tempo prima a terra. “E' pericoloso, ma io non sono quel genere di persona...di questo accaduto non saprà niente nessuno e non pensare che lo voglia tenere segreto perchè un giorno potrei ricattarti. Io non sono come te.”
“Io ti odio!” Urla lui dimenandosi invano. Ha lo sguardo spaventato da...me??!!
Faccio esplodere un altra bombola (ma quante ce ne sono?) e gli proferisco: “Non cacciarti in guai inutili e non ti mettere contro di me.” Annuisce impercettibilmente, si alza rapidamente da terra e scappa via insieme ai suoi scagnozzi. Li osservo andare via, ma, dopo questa scena, Ran ha tutta la mia attenzione. “Stai bene?” Prendo il coltellino e taglio le corde che la tengono ferma alla sedia e lei si alza, felice e annuendo. “Sei stata rapita, legata e minacciata e...sei contenta?” Sbraito io.
“Certo che sono contenta!”Saltella raggiante lei. Ma è pazza? Cioè, quel cretino colossale poteva ferirla e lei festeggia?
“Ma io non ti capisco!” Come ho fatto esplodere quelle bombole? Questa è la domanda che s'insinua rapidamente nella mia mente. E' una cosa totalmente irreale, non posso certo essere dotato di poteri segreti. La magia non esiste e io l'ho capito almeno a quattro anni. Però non penso che fosse una coincidenza. Bastava solo che io lo volessi e accadeva.
“Ace, tu sei grande! Lo sapevo, lo sapevo! Ho fatto bene a non fare niente per liberarmi!!” Trilla allegra.
“Quindi tu mi stai dicendo che ti saresti potuta liberare se solo avessi voluto?”
“Esattamente. Ma ora mettiamoci comodi e parliamo della questione!” Dice lei.
“Di che questione Ran?”
“Lo sai benissimo.” Mi guarda con una serietà epica e proprio qui, capisco che devo dirle tutto, raccontarle delle bombole e del fantastico potere che sentivo confluire in me.
“Vieni.” Mi fa cenno di seguirla e saliamo le scale, arrivando al piano di sopra. Attraversiamo un lungo corridoio, sempre ricco di stanze, e ci ritroviamo nuovamente di fronte ad una rampa di scale che porta ad un ulteriore piano superiore. Saliamo pure quella e noto Ran aprire una porta a vetri che si trova sul lato sinistro del nuovo corridoio che ci si presenta davanti. Altre scale! Ma quanto è grande questa casa e soprattutto, come fa lei a conoscerla? Comincia a salire pure quelle e io la seguo. Infine, ci ritroviamo in una grande terrazza. Quello che vedo è...semplicemente fantastico.
La casa non è un granché (che tradotto, significherebbe che fa letteralmente schifo), ma ciò che sto osservando adesso, non ha niente a che vedere con l'immobile antico. Questa, un tempo, deve essere stata una gran bella casa, una specie di villa/reggia/casa di Callie del seicento.Ran  si siede sul muretto che delimita la terrazza e io mi metto accanto a lei. Sospiro e le dico: “Ti sembra normale che delle bombole di gas esplodono a mio comando?”
Ridacchia. “Veramente, no.”
“E il bello è che se una bombola di gas scoppia, l’esplosione dovrebbe coinvolgere un’area più estesa, in confronto a quella che occupava oggi.”
“E’ vero, Ace.” Si limita a dirmi solo questo. Non lo so va, io mi credo pazzo e lei mi “consola” con dei monosillabi?
“Ran! Avanti, formula una frase complessa! Sto impazzendo, dovrei andare da uno psicologo. Ho sempre pensato di essere sano di mente e, invece, mi sto rendendo conto che non lo sono affatto.”
“Come te lo posso dire?” Si gratta la nuca, come per pensare attentamente a ciò che mi dovrà dire. “Tu non sei pazzo e non hai assolutamente bisogno di uno psicologo.” Spiega lei pacificamente.
“Si, ma com’è possibile che io pensavo che dovesse esplodere una precisa bombola e quella stessa bombola esplodeva?”
“Ace, tu sei una persona rara.”
“Cosa intendi?” Io sono una persona rara?
“Sei un Racane.” Ah? Io sono un Racane? E che vorrebbe significare questa parola?
“Un cosa?!” Esclamo io.
“Un Racane (pron. Resein).” Sospira. “I Racane sono persone molto rare, dotate di poteri stupefacenti. Al mondo ve ne sono solo tredici, tra cui anche tu.” Ok, adesso sono sconvolto. Sono dotato di poteri fantastici? Ma sto sognando o sono il protagonista di un nuovo programma di scherzi? “So che adesso sei confuso, ma anche io lo ero tempo fa. Anche io sono un Racane, proprio come te. Anche se dotati di poteri meravigliosi, i Racane non li utilizzano per divertirsi. Sono tenuti a mantenere l’ordine nel mondo. Tre Racane si trovano in Asia, tre in America, due in Africa, due in Europa e, infine, tre in Oceania, ovvero me, te e un ragazzo che si occupa delle isole minori.”
“Wow, certo che questi Racane sono organizzati. Scusa, ma non ci credo. E’ una cosa surreale, io sono un semplice quindicenne australiano, niente poteri e mondo fantastico. Solo amici, scuola, uscite e normalità.”
“Adesso non pensare che sia io quella pazza. L’hai detto anche tu che le bombole esplodevano a tuo comando. Ace, questo è il tuo potere.”
“Far esplodere le bombole? Ok è forte, ma non è proprio il massimo.” Se sono davvero uno di questi Racane, so solo far esplodere bombe? Che tristezza.
“Si, col cavolo! Sei uno dei Racane più potenti, Ace.” Io sono tra i più potenti? Wow. Un momento, ci sto credendo? Non posso farmi questo…
“Non è possibile.”
“E, invece, ti dico che lo è. Non mi sono inventata tutto, stanne certo.” Sembra davvero sincera, ma non posso bermi questa frottola colossale.
“Mi dispiace, non posso crederti.” Faccio per andarmene, quando lei bisbiglia tre semplici parole: “Luce, fuoco, gas.” Non so perché, ma io non le posso non credere. Sento che sta dicendo la verità e io ho notato che un insolito e bellissimo potere mi scorreva tra le vene. Mi sono sentito potente e mi è piaciuto anche.
“Continua.” La incito io, ritornando a sedermi al posto di prima.
“Il tuo potere, luce, fuoco e gas. Non vi è mai stato individuo con tali capacità. Cinquant’anni fa, però, nacque una persona, un Racane, proprio come noi. Damon Grey, almeno così si chiamava, aveva un potere simile al tuo, possedeva il fuoco e il gas. E’ molto meno forte di te, ma un triliardo di volte più forte dei Racane di allora. Diventò cattivo e desideroso di possedere tutto ciò che esiste al mondo. Un Racane non deve bramare niente di tutto ciò. Uccise parecchia gente.” Volge lo sguardo verso il mare, che da là sopra si può ammirare in tutto il suo splendore. Io osservo lei, però. Sembra triste, lo noto dal suo sguardo. I capelli biondi e mossi oscillano leggermente al vento. “Ma non è questo il punto. Ace sei importante, devi diventare più forte. Questa è la tua vita, il tuo potere è un dono, devi sfruttarlo. Ora che sai di averlo, se non lo utilizzerai, ti sentirai rodere dentro.”
“Qual è il tuo potere, Ran?”
“Manipolazione mentale. Per questo ti ho detto che se avessi potuto mi sarei fatta liberare immediatamente da quei cretini. Li ho lasciati fare, perché volevo che tu rivelassi finalmente il tuo potere.”
“Beh, direi che non ti è andata tanto male. Manipolazione mentale, cioè, è un buon potere!” E sarei io uno tra i più potenti?
Ride, ma non la faccio nemmeno parlare che le domando: “Come facevi a sapere che io ero il tredicesimo Racane?”
“Gli altri Racane sentono quando uno nuovo sta per scoprire i suoi poteri. Non conoscono la sua identità, sentono solamente che un altro Racane sta per svelare i loro poteri. E nei secoli, i Racane sono sempre stati tredici e adesso, mancava solo il tredicesimo. Quando ti ho visto, ho capito subito che eri tu, il mio istinto lo diceva. Ma non potevo venire là e svelarti tutto. Ogni Racane è tenuto a scoprire i propri poteri da solo. Non ti posso dire quello che potrai fare con i tuoi poteri, sarai tu a doverli sperimentare.” E’ pazzesco.
“Ran?”
“Dimmi.”
“Non sto sognando, vero?”
“No, Ace. E’ tutto vero.” Comincia a ridere. La sua risata è così coinvolgente che anche io rido insieme a lei. Così, rimaniamo lì, a ridere come due deficienti, nella terrazza di una casa abbandonata di cui ieri non conoscevo nemmeno l’esistenza e consapevoli di essere dei Racane.
Fantastico.

***

E’ mezzanotte e mezza. Cavolo! Non credevo fosse così tardi!
Richiudo delicatamente la porta dietro di me, in modo da non svegliare i miei genitori. Domani mattina mi aspetterà una bella ramanzina. Sospiro e comincio a salire le scale che portano alla mia camera. Sono dotato di poteri ed è una cosa incredibilmente forte! Voglio sfruttarli e imparare ad utilizzarli in tutte le loro forme. Entro nella mia stanza e mi butto sul letto. Già, mi butto spesso poco delicatamente sul mio letto morbido. Non ho voglia di andare a letto. Mi metto a sedere e spalanco la mia finestra e osservo Sydney di notte, illuminata solo dalla luce dei lampioni.  Chissà come si fa ad “attivare” i miei poteri…provo in un modo alquanto banale. Porto la mano davanti al viso, in modo che possa rientrare nel mio campo visivo e alzo l’indice. Mi aspettavo di veder apparire una fiammella, ma niente. Abbasso e rialzo il dito, come se quel gesto mi aiutasse a concludere qualcosa. Eppure, non accade nulla. Allora, ripenso a ciò che mi era accaduto. Le bombole esplodevano a mio comando. Basta solo volerlo. Non devo ricorrere a gesti particolari o a caso, devo solo ordinare mentalmente me stesso che quella cosa succeda. Ed è proprio in quel momento che l’indice s’illumina di una flebile luce viola. Incredibile, penso. Quello che viene dopo è del tutto automatico, un gesto incondizionato. Stringo la mano in un pugno che riapro rapidamente ed ecco che una sfera viola appare sul mio palmo. Sorrido e la osservo. Noto che ha mille sfumature e tonalità di colore, proprio…come i miei occhi. Un ricordo recente occupa i miei pensieri. Nel mio sogno, ad un certo punto, apparivano delle sfere viola. E’ tutto collegato! Le sfere, i miei occhi, il mio potere…perché? Tutto ciò ha un senso? Intanto la sfera è rimasta immobile e sospesa proprio sopra il palmo della mia mano. Screziature viola chiaro, quasi bianco pallido, spiccano su uno sfondo più scuro. La sfera brilla rigorosamente, una luce viola. Dopotutto uno dei miei poteri è anche la luce, no? Quindi dovrebbe avere un senso. Ma se quella sfera racchiudesse luce, fuoco e gas? Se fosse l’insieme dei miei tre poteri? Infilo la mano destra nell’oggetto che sta catturando tutta la mia attenzione. Non mi brucio, ma dovrebbe essere una cosa abbastanza ovvia visto che sono io a creare questa sfera. Riesco anche a vedere la mia mano, il che mi porta a pensare che non abbia una massa, all’interno è vuota. Continuo a guardarla e ne rimango sempre più affascinato, forse perché quella luce viola lascia sulla mia pelle la sensazione di una dolce carezza o forse perché è una cosa totalmente surreale. Stringo nuovamente la mano in un pugno e ricado di peso sul letto. Sono ancora confuso, ma il tutto…mi piace, e molto anche.

***

“Quindi ha rivelato i suoi poteri??” Domanda una voce misteriosa.
“Già.” Risponde sicura di sé un’altra.
“Mi hai molto soddisfatto. Le tue osservazioni sono a dir poco soddisfacenti.” Dice la prima voce.
“La ringrazio. Il mio compito è questo, dopotutto.”
A parlare sono due figure, sempre coperte da un mantello con cappuccio largo nero; nero come la pece, nero come la notte, periodo della giornata in cui sempre s’incontrano.
“Cerca di continuare ad adempire i tuoi doveri, allora. E non deludermi!” Esclama sempre la prima voce con tono impetuoso e possente.
“Non la deluderò, non si preoccupi.” Proferisce la seconda voce prima di scomparire ad uno schiocco di dita. E le loro voci, i loro sospiri, i suoni che emettevano se ne vanno insieme a loro.





 

Lo stupido angolo dell'autrice


Buonasera a tutti!
Questa volta sono stata puntualissima (l'autrice è fiera di sè stessa)! 
Ed ecco a voi i poteri di Ace <3 si, anche io li vorrei, lo ammetto! 
Abbiamo finalmente scoperto il senso del titolo, e i misteri della storia
si stanno poco a poco dissolvendo, ma ancora non siamo a niente!
Questa cosa di Ace che fa l'eroe e va a salvare Ran mi fa brillare 
gli occhi *----* è così dolce e carino (non a caso l'ho creato io) 
ahuhuahuahuahuauhua si, sto dando i numeri. 
Che ne pensate? 
Sono davvero felice di vedere che ci suono nuove lettrici :)
infatti oggi ringrazio come al solito Merida, che recensisce ogni
mio capitolo:'), luxaar che dorme e poi si sveglia (huahuahua),
Natsu_98, _Natalie_ che l'ha inserita tra le sue preferite!:')
 (nuova lettrice, grazie mille) e DreamyDrop che l'ha messa nelle seguite.
Grazie mille a tutte, spero di avervi soddisfatto anche con questo capitolo,
grazie anche a chi la legge semplicemente, sono così felice:')
Vi lascio, alla prossima settimana
Ciaoooooooooooooo

 

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Capitolo 9
*** Volare o ragionare? ***


 Capitolo 8

“Ace!!” Sento una mano poggiarsi sulla mia spalla e muovermi delicatamente.
“Ace svegliati!” Mi sento scuotere con più forza. Mugugno qualcosa d’incomprensibile anche a me stesso e mi giro rapidamente e assonnato dall’altro lato.
“Vuoi arrivare in ritardo a scuola, di nuovo?” Riconosco la voce. E’ mia madre.
“Altri cinque minuti.” Dico io.
“Alzati! Forza, Ace!” Finalmente collego tutto. Oggi è lunedì e c’è scuola! Apro gli occhi fino ad allora tenuti rigorosamente chiusi e scatto in piedi. Mi gira un po’ la testa, a causa della velocità con cui mi sono alzato.
“Grazie di avermi svegliato, mamma. Non ho sentito la sveglia.”
“Quanto tardi sei rientrato ieri notte?”
“Non molto, non preoccuparti.”
“Tu non me la racconti giusta.” Si gira ed esce dalla mia stanza con quella sua camminata da mamma. Mi passo una mano sul volto e mi strofino gli occhi. Non ho proprio voglia di andare a scuola. Sono stanco e scombussolato. Ho bisogno di dormire! Solo in quel momento mi accorgo di indossare ancora i vestiti di ieri sera. Devo essermi addormentato improvvisamente. Non ho nemmeno sfatto il letto, ho semplicemente dormito sulle coperte. Il che spiegherebbe anche il leggero freddo che sentivo stamattina. Apro l’armadio e prendo un pantalone e una maglietta a caso. Li lascio sul letto e mi dirigo verso la cucina. Ho una leggera fame. Mi siedo pesantemente sulla sedia del tavolo della cucina e verso del latte freddo in una tazza.
“Che hai fatto ieri sera?” Domanda mio padre alzando leggermente lo sguardo dal suo giornale.
“Niente che valga la pena di essere tirato in ballo in una discussione inutile.” Cerco di evitare una potenziale punizione io. In questo periodo poi, non ho per niente voglia di rimanere chiuso in casa.
“Ovvero?” Chiede insistente mio padre.
Sospiro. Devo per forza inventarmi una frottola. “Avete presente che Kyle ha avuto la febbre?”
Annuiscono in contemporanea.
“Ecco. Ieri i suoi genitori erano andati a cena fuori e lui si è sentito male. Non ce la faceva a reggersi in piedi. Non volendo disturbare sua madre e suo padre, ha chiamato me.” Si, è abbastanza credibile.
“Poverino!” Esclama mia madre. “E oggi verrà a scuola?”
“Si, ha detto che per tutta la giornata era stato bene, era anche uscito con noi ieri pomeriggio.” Spiego io. “Si annoia a restare in casa, quindi mi ha affermato che sarebbe sicuramente ritornato a scuola.”
“Capisco. Scusa, Ace. Non vi era motivo di tutta questa serietà. Ce lo potevi dire subito, figliolo!” Mio padre si alza dalla sedia e viene a darmi una pacca sulla spalla.
“Già, scusate. Ero in ansia per lui. Per questo sono scappato in fretta e furia senza spiegarvi dove stessi andando.” Perfetto. Ci stanno credendo.
“Non preoccuparti. Adesso finisci la tua colazione e preparati per andare a scuola. Una nuova giornata ti aspetta!”
“Eccome.” E sarà anche parecchio impegnativa.

***

“Finalmente si pranza. La fame mi stava divorando!” Esclama a voce alta il mio migliore amico.
“Si si, ora andiamo a mangiare. Calmati.” Gli dico io.
“Muoviamoci!!!” Mamma mia, quando ha fame è terribile.
Mi guardo in giro. Possibile che non l’abbia vista ancora? Ho bisogno di parlare con lei, di raccontarle quello che mi è successo ieri sera. Di fargli vedere quello che so fare.
“Ehi Kyle!” Il mio amico si gira nella mia direzione. “Io vado in bagno. Tienimi il posto in mensa.” Svolto l’angolo, e mi volto, sicuro che Kyle non mi stesse più osservando. Inizio a vagare per i corridoi. Possibile che non riesca a trovarla? Continuo a camminare, ma niente. E’ scomparsa?
“Cerchi qualcuno?” Trovata. Mi giro verso di lei.
“Si, e l’ho anche trovata.” Sorrido. Mi avvicino e prendo posto accanto a            Ran, mentre cominciamo a girare nei corridoi della scuola.
“Perché mi cercavi?”
“Sei la mia ragazza, mi preoccupo se non ti vedo! Dovrei essere geloso??” Scherzo io. Ran, per tutta risposta, mi da una gomitata.
“In classe c’ero!” Mi dice lei.
“Si, ma al suono della campanella ti sei volatilizzata!”
“Non è vero! Sei tu che sei scomparso!”
“Ok, forse eravamo tutti e due sovrappensiero.” Concludo io.
“Probabilmente.” Sospira e mi domanda: “Allora, perché mi cercavi?”
“Devo farti assolutamente vedere quello che riesco a fare.” Bisbiglio al suo orecchio.
Annuisce e le dico di andare in un altro posto, visto che siamo nel bel mezzo di un corridoio e che a volte anche i muri acquistano vista e udito. Mentre ci accingiamo a salire la seconda rampa di scale, notiamo Felicity e le sue oche-amiche parlare e sghignazzare. Dopo aver salito quelle scale, io cerco di evitare il gruppetto girando velocemente a sinistra, ma, a quanto pare, qualcuno mi ha mandato qualche maledizione.
“Ace!!!” Urla in quel modo così odioso. Fortuna che c’è Ran con me.
“Oh ma guardo un po’! Ciao Felicity!!” Cerco di fare il cordiale per un lasso di tempo, che so sarà molto breve. Squadra dalla testa ai piedi (letteralmente) Ran e poi si rivolge a me: “Siete ancora fidanzati?”
“Certo, perché non dovremmo?” Cosa sta tramando?
“Non lo so.” Assume un’aria di superiorità infinita e dice a Ran: “Perché ti sei messa con lui?”
Osservo Ran e noto che un leggero rossore si posa sulle sue guance. Non me la immaginavo proprio Ran imbarazzata!
“Perché mi sono innamorata di lui?” Le risponde lei ironica.
“Ah, ho capito. Sicura che ti piaccia? Non vi avevo mai visto parlare!”
“Che ne dici di farti gli affari tuoi, Felicity? Ci siamo messi insieme, mi dispiace che tu ci sia rimasta male!” E brava Ran! Sa recitare bene, fortunatamente.
“Io, rimasta male?? Tu non meriti Ace!” Che odiosa la sua vocetta stridula.
“Senti ochet…” Interrompo immediatamente la mia finta-ragazza e prendo parola.
“Ti da così fastidio che io abbia una ragazza?” Ridacchio. “Io sto con chi mi pare e piace. Anche se non fosse entrata lei nella mia vita, non sarei ugualmente diventato il tuo ragazzo.”
“E perché mai?”
“Perché non sei il mio tipo e a differenza di tutti gli altri, non ti vengo dietro. Cerca di imprimertelo bene in mente.” Avrà capito? Boh.
“E comunque…sarete anche fidanzati, ma guardatevi!” Quella che sta parlando è un’amica dell’oca-capo-del-gruppo-di-oche. Quest’ultima, infatti, è troppo scossa per rispondere. Continua: “Sembrate due pezzi di legno!”
“In che senso?” Chiediamo io e Ran all’unisono. Ora vediamo che cosa vuole intendere questa!
“Cioè, siete ragazzo e ragazza e nemmeno vi toccate. Neanche la mano vi date!”
Felicity si rianima. Non è che ha un’idea?
“Se è vero che state insieme…allora datevi un bacio!”
“Cosa?!”Esclamiamo nuovamente all’unisono.
“Avanti, non deve essere una cosa così difficile.” Io mi uccido, anzi, la uccido. Ora l’arma ce l’ho. Ran mi guarda come per dirmi “io non lo faccio” e io ricambio il suo stesso sguardo.
“Perché dovremmo? Non dobbiamo mica dare spiegazioni a te.” Spero davvero di dissuaderla.
“Io voglio solo una dimostrazione!”
Noto che la mia amica assume un’aria molto concentrata. Dopodiché domanda a Felicity, come per conferma: “Ne sei sicura?”
“No, in realtà. Non so perché vi ho chiesto questa cosa. Non sono proprio affari miei, mi dispiace tanto.” Le sue amiche la guardano confuse, ma io ho già capito.
Manipolazione mentale.
Questo era il potere di Ran. E devo ammettere che risulta terribilmente utile.
Il gruppo di oche se ne va, con Felicity che capitaneggia le altre tutta contenta, come se non fosse successo niente.
“E devo nuovamente ammettere che ti adoro!” Trillo io scherzosamente.
“Sono stata costretta! Secondo te, ti baciavo?”
Rido e le dico: “Come scusa?! Sei la mia ragazza.” Le do due piccole gomitate. “E non credo che ti sarebbe dispiaciuto così tanto.” Sono consapevole che a volte dovrei tenere la bocca chiusa, ma questa battuta la dovevo proprio fare. Dal canto suo, Ran mi sorride falsamente e mi pesta un piede.
“Mi hai fatto male!!” Lei comincia a camminare.
“Te lo sei meritato.” La seguo e saliamo un’altra rampa di scale.
Arriviamo all’ultimo piano della scuola, dove non ci sono molte classi, in quanto è utilizzato principalmente per sgabuzzini, archivi e cose varie. Non c’è nessuno, saranno tutti in mensa. Faccio segno a Ran di entrare in uno sgabuzzino, tanto non sono nemmeno tanto piccoli. Entriamo nella suddetta stanza e io chiudo a chiave, per sicurezza. Già finiremmo nei guai se ci trovassero lì, visto che è vietato l’accesso agli studenti, poi se mi vedessero maneggiare con una sfera viola di potere…non ne parliamo.
“Ora spiegami.” Scandisce bene Ran.
“Più che spiegarti, devo solamente farti vedere.” Ripeto il gesto di ieri sera. Stendo per bene il palmo della mano e desidero che quella stessa sfera compaia di nuovo. E questo è proprio quello che succede. Ran si abbassa leggermente, per poter osservare meglio quell’oggetto così strano ma affascinante.
“Sai cosa potrebbe essere?” Mi domanda curiosa.
“Inizialmente, ho pensato che potrebbe rappresentare la luce. Poi, però, sono giunto alla conclusione che potrebbe essere l’insieme dei miei tre poteri.” Le racconto per bene io.
“Come ci sei riuscito?” Sposta lo sguardo dalla sfera a me.
“Ieri sera, volevo  vedere di cosa sarei stato capace, così ho alzato l’indice. Volevo far apparire una fiammella, ma non succedeva niente. Ho stretto la mano in un pugno, poi l’ho aperta e ho desiderato che accadesse qualcosa. Beh, questo è il risultato.” Le rispondo.
“Capisco. Hai scoperto nient’altro?” Avvicina la mano alla sfera. Ha forse intenzione di toccarla? Con la mano non occupata, le prendo il polso e l’allontano da ciò che stava per fare.
“Io riesco ad infilarci la mano dentro, ma è normale. Alla fine è il mio potere. Se tu la toccassi, però, potresti ustionarti.” Allento la presa e le lascio definitivamente andare il polso.
“C’è solo un modo per scoprire che cosa rappresenta questa sfera.” Si guarda intorno e prende un fazzoletto, uno di quelli che si utilizzano per levare la polvere da un mobile. Lo getta nella sfera, facendo attenzione a non toccarla. Quello che succede conferma la mia ipotesi. Quella sfera racchiude luce, fuoco e gas. Come posso dire questo? Il fazzoletto si è incenerito. E’ scomparso.
Ran deglutisce rumorosamente. “Forse hai fatto bene a bloccarmi.”
“Forse???!!!” Riportiamo entrambi l’attenzione alla sfera. “Il fatto è che mi sembra così strano che io riesca a fare una cosa del genere. Di per sé, la sfera è già una cosa fantastica. Se aggiungiamo tutte le cose che riuscirò a fare…devo ancora abituarmi per bene all’idea.” Stiamo un po’ in silenzio. Dopo un po’, la mia amica riprende la parola.
“E’ una visione meravigliosa.” Bisbiglia lei.
“Già. Questa sfera è una cosa totalmente fuori dal normale.” E’ una cosa bella anche da vedere.
“Non parlavo della sfera, Ace.” Ah? E a che sta pensando, a Peppino? Alzo lo sguardo, per poterla guardare in viso e noto che il suo sguardo non è più rivolto verso “l’oggetto dal colore viola”. Stava guardando me. Ora si che sono ancora più confuso.
“I tuoi occhi. Riflettono la luce della sfera, che è del loro stesso ed identico colore. Tutto ciò li rende ancora più belli e luminosi del solito.”
“Non sapevo che ti piacessero i miei occhi.” Cioè, una volta mi aveva chiesto come facevo ad avere l’iride viola, ma non mi aveva esplicitamente detto che le piacessero. Noto che le sue guance s’imporporano. Ma che è oggi? E’ già la seconda volta che s’imbarazza! Non posso fare a meno di scoppiare a ridere. E chi mi ferma più ora.
“Ora perché stai ridendo?” Gonfia le guance e incrocia le braccia. Io continuo a ridere, anche più forte. Sembra proprio una bambina in questa posizione. “Allora?” Mi domanda per la seconda volta.
“E’ già la seconda volta che t’imbarazzi oggi!!! Poi in questa posizione sembri proprio una bambina. Che carina!!” Parlo a fatica io, mentre continuo a ridacchiare. Stop. Un attimo. Le ho detto “che carina”??? Ma sto diventando deficiente o cosa? Ora spiego perché le sue guance s’imporporano ulteriormente…dunque, continuo a ridere.
“Di nuovo! Che c’è Ran non sei abituata ai complimenti?”
“Sai che se voglio, posso indurti a sbattere violentemente la testa contro il muro??” Mi minaccia lei.
“Ma come siamo aggressive!! Io ti dico che sei carina e tu mi vuoi spaccare la testa?!” Ok, lo ammetto: ci sto prendendo gusto.
“Stupido Ace.” Borbotta lei. Sono sicuro che è ancora imbarazzata.
“Comunque, la smetto di provocarti. Non sia mai che ritorni a casa con una frattura.”
“Bene. E comunque ho fame, andiamo in mensa?”
“Si, andiamo.” Richiudo la mano e faccio scattare la serratura. Mentre ci dirigiamo verso la mensa parliamo del più e del meno, insomma, di cose normali e non di poteri o Racane. Quando entriamo in mensa (ormai completamente piena) mi sento alquanto osservato. Che fastidio! Kyle mi fa segnale e raggiungo il tavolo dov’è seduto.
“Senti, ehm…io vado.” Mi dice all’improvviso Ran.
“Starai scherzando spero. Vieni a sederti con noi! Non fare la timidina, Ran.” Le do una piccolissima gomitata e lei per risposta mi spinge leggermente. Certo che stiamo diventando davvero amici, nonostante la prospettiva sembrava abbastanza irraggiungibile. Ci sediamo al tavolo e tutti mi guardano come fossi un alieno, tranne Kyle, Derek e Adam. Giusto, Hugo non conosce ancora la situazione e gli altri seduti a quel tavolo non la conosceranno mai. Uno strano silenzio s’instaura e mi viene naturale esclamare: “Ho un assassino alle spalle?”
Non ridono nemmeno! Ok, la cosa è preoccupante. “Ma vi siete incantati?” Provo ancora io. Finalmente, qualcuno rompe quello stramaledetto silenzio: Kyle scoppia a ridere.
“Forza ragazzi, quanto tempo deve passare prima di dirgli che ha Jack lo Squartatore alle spalle?”
“Dici che riesco a defilarmi?” Fingo io di essere veramente in pericolo.
“Non credo, Ace. Addio amico mio.” Kyle recita la parte dell’offeso in maniera impeccabile e per rendere il tutto più realistico, mi mette una mano sulla spalla.
“Fantastico spettacolino, davvero.” Finalmente qualcun altro contribuisce a rompere quel silenzio. Il mio amico Derek fa un applauso da accompagnare alla sua frase. Gli altri, però, sono sempre muti e immobili. Non capisco, perché si comportano in questo modo? Non c’è niente di nuovo o strano, a parte…
“Ragazzi, conoscerete tutti Ran, no? E’ nella mia stessa classe ed è la mia ragazza.” Vediamo se adesso parlano. Niente, il silenzio non se ne va. Ma bene! Li ho sconvolti di più. Guardo Ran, che alza le spalle, in segno di rassegnazione.
“E che cavolo! Parlate!” Grido io.
“Scusa, Ace. E’ che non pensavamo che foste davvero fidanzati. Credevamo fosse una stupida voce inventata da Felicity.” Hugo parla a voce di tutti.
“Non lo è, invece. Sembra così strano?”
“Abbastanza.” Dicono tutti all’unisono. Wow, devo averli sorpresi davvero tanto! Sento Ran ridacchiare.
“E tu che ridi?” Mi giro verso la mia “ragazza”.
“Niente. Noto che avevano parecchia fiducia in te, Ace.” Proferisce lei sorridente.
“Noi abbiamo molta fiducia in lui. Scherziamo?”
“Grazie per la battutina ironica, Derek.”
“Di niente, amico.”
L’atmosfera ritorna normale e io tiro un sospiro di sollievo. Kyle prende la parola.
“E dimmi Ran, cosa ti ha portato a metterti con questo pazzo psicopatico?”
“Già Ran, perché ti sei messa con me?” Infierisco io. Ma che ci posso fare? Questo è puro divertimento.
“Come non ricordi? Sei stato tu a dichiararti!” Che colpo basso.
“Ah davvero? Ma quanto sei romantico Ace!” Classica battuta da Derek.
“In una scala da uno a dieci, quanto è stato carino nel dichiararsi?” Stupido di un Adam. Ma che amici comprensivi!
“Secondo me, sei! Ace non è il tipo.” Esprime la sua opinione il caro Derek.
“E se fossi stato da undici?” Lo sfido io.
“Si valla a raccontare a qualcun altro, Ace! Per me, comunque, un sette!” Certo che anche Adam non scherza.
“Sono d’accordo con Adam.” Grazie anche a te, Hugo.
“Ma siete proprio cattivi! Io lo conosco da più tempo, quindi la mia opinione vale di più! Secondo me, un otto!”
“Allora vi stupirete, perché è stato da nove!” Mi fa l’occhiolino. Ma questa Ran sicura e smagliante da dov’è uscita? Sono sicuro che si sta vendicando per prima…
“Cosa?!!!” Esclamano tutti e quattro.
“E senti, Ran.” Ricomincia il mio migliore amico. “Cosa ti ha detto quando si è dichiarato?” Maledetti amici impiccioni.

Driiiiiiiinnnn!!!!

Santa campanella!! Ti ho sempre amata!
“E’ suonata! Ritorniamo in classe.” Mi affretto a dire io.
Li sento borbottare un secco “secchione” e mi volto prontamente verso di loro, con in faccia il mio spaventoso sguardo assassino. Ran ritorna al mio fianco.
“Piaciuta la mia piccola vendetta?” Sorride beffarda.
“Come la pioggia in un giorno d’estate.”
“Bene.” 

***

Sono le cinque e sono uscito proprio adesso dalla scuola. Motivo: consiglio d’istituto.
Ovvero una riunione a dir poco noiosissima, che riunisce tutti i rappresentanti delle varie classi, più quello della scuola stessa.
“Ciao, Ace.” Alcune ragazze mi salutano. Ricambio con un cenno di saluto. Le poche persone ormai rimaste sono per lo più rappresentanti di classe, poi ci sono anche altri ragazzi che hanno aspettato la fine del consiglio per fare compagnia ai loro amici. Non mi resta che tornare a casa, anzi, vado alla villa qua vicino. M’incammino, con la speranza che sia vuota. Mi da fastidio che una villa dove vado solamente per rilassarmi e riflettere sia piena di bambini e i loro genitori. Svolto a destra e mi ritrovo a dover fare solo pochi metri. Ho sempre amato questa villa, i miei genitori mi ci portavano da piccolo e io mi divertivo un sacco a salire sull’altalena, che adoro ancora adesso. Ricordo intere mattinate trascorse a farsi spingere da mio padre e a dire: “Papà, spingimi ancora più in alto! Voglio volare!”. Pensare che da quei momenti sono passati più di dieci anni…come passa il tempo. Non che abbia grandi problemi nella vita, ma alcune volte vorrei tornare il bambino spensierato di un tempo. Niente scuola, niente ragazze che ci provano disperatamente con te, niente situazioni imbarazzanti, niente poteri…per quanto io possa essere contento di essere un Racane, anche la mia vita da semplice umano è bella. Con questi pensieri, varco il cancelletto della villa. Bene, non c’è nessuno. Tranne una persona sull’altalena accanto a quella dove avevo prospettato di sedermi. Che scocciatura. Avvicinandomi, però, noto che quella stessa persona è Ran. Ok, non è andata così male.
“Che ci fai qui?” Le domando io, alzando leggermente il tono della voce, visto che non siamo ancora vicinissimi.
“Mi dondolo, non si vede?” Sorride e anche io non posso fare a meno di sorridere. Non so perché, ma il suo sorriso porta a sorridere anche me. Sarà che è terribilmente bello e coinvolgente o  sarà che sto semplicemente impazzendo. “Tu, invece?”
“Avevo intenzione di dondolarmi un po’.”
“Beh, allora che aspetti, siediti qui, no?” Mi fa segnale verso l’altalena libera accanto a lei, che io occupo senza pensarci due volte.
“Com’è andato il consiglio d’istituto?”
“Una noia mortale, come al solito.”
“Dai, tanto ne mancheranno pochi. Dopotutto la scuola sta finendo.”
“Due, se non mi sbaglio. E comunque è noioso fare il rappresentante di classe.” E’ vero. Ti mandano a destra e a manca per rappresentare la tua classe, e chiariamoci, per destra e manca s’intendono riunioni assillanti.
“Lo so, però ne dovresti essere fiero. Vuol dire che parecchie persone si fidano di te e ti ritengono all’altezza.” Per eleggere il rappresentante, si fa una piccola elezione in classe. Chi alla fine ha più voti, sarà scelto.
“E tu? Anche tu hai votato per me?” I voti sono anonimi, non si sa chi ha votato per te, conta solo il numero.
“Vuoi la verità?” Non ha votato per me…non che m’importi, sia chiaro. “Si, anche io ho votato per te.” Ecco lo sapevo. Aspetta un attimo…ha votato per me??? Sono sconvolto, non me lo sarei mai aspettato. Non formulo nemmeno una frase che subito si affretta a chiarire: “Non sapevo per chi votare mi sembravi il più adatto.”
“Stai arrossendo.” Ridacchio. In realtà, non stava arrossendo. Voglio solo vedere la sua reazione.
“Non è che mi sto prendendo la febbre?” Si porta la mano alla fronte. “No, non sono calda.”
“Ovvio se te la tocchi tu la fronte non riuscirai mai a capire se sei calda.” Così, porto la mia mano alla sua fronte che ritiro dopo pochi secondi. “No, non hai la febbre.” Sorrido e lei fa una smorfia come per dire “ma no?!” e comincio a dondolarmi.
“Sembri proprio un bambino, Ace.” Proferisce Ran.
“E che c’è di male?! L’altalena fa tornare bambini, non che siamo così grandi, alla fine.”
“Si, anche questo è vero. Ma in questo momento dovresti vederti.”
“Forza Ran, torna anche tu bambina!” La esorto io. E’ davvero divertente dondolarsi come si faceva a cinque o a sei anni.
Sbuffa e si mette anche lei a dondolare come me. Per un attimo la osservo e trovo dipinto sul suo volto un sorriso divertito. Prima di conoscerla, non l’avevo mai vista sorridere. Quand’è con me, invece, sorridiamo come due scemi la maggior parte delle volte. Non nota che la sto guardando, poiché ha lo sguardo rivolto verso un punto indefinito. Ed è proprio in quel momento che in quello stesso sguardo, che in quei profondi occhi verdi, leggo tanta tristezza. Non è la prima volta e credo proprio che non sarà nemmeno l’ultima. Mi fermo e anche lei compie la mia stessa azione.
“Che c’è?” Mi chiede confusa. Che cosa le sarà potuto capitare, per avere uno sguardo così triste? Devo assolutamente scoprirlo, non sopporto di vederla in quel modo. E pensare che la conosco da quanti? Tre o quattro giorni? Abbiamo preso una confidenza incredibile, non sono mai diventato così amico di una persona in così poco tempo. Eppure sento di potermi fidare ciecamente di lei. Conosco un suo lato che nessun altro ha mai visto, almeno credo; non penso che vada a dire in giro di essere capace di manipolare le menti altrui. So così poco ma allo stesso tempo così tanto di questa ragazza che improvvisamente è entrata nella mia vita. Quello sguardo così triste...non mi piace vedere della tristezza nei suoi bellissimi occhi. E non lo dico tanto per dire, i suoi occhi sono davvero stupefacenti, di un verde smeraldo brillante. Non sto parlando di verde-marrone o di verde chiaro, ma di quel verde che al solo guardarlo t’incanti per minuti indefiniti a contemplare quel colore così naturale e così raro.
“Ace?” Non è una di quelle ragazze che pensano solo ed unicamente a loro stesse, a come stanno con certi tipi di vestiti o cose del genere. Non è in stile oca-Felicity. Lei è solo Ran.  
“Ace!” La sua schiettezza, ad esempio. Ran non fa la faccia lavata a nessuno. Ti dice semplicemente quello che pensa, è questa una delle cose che mi piace di lei.
“Ace!”

***
“Ace!”
Una voce!
“Ace!”
Ancora quella stessa ed identica voce! La sento in lontananza, ma abbastanza vicina da capire che è una voce femminile e che sta letteralmente urlando il mio nome.                             
***

Rimango imbambolato per un po’. Perché questo flashback? La voce, quella voce…ho sempre pensato che la voce di Ran fosse familiare, ma non ho mai pensato a quella del mio sogno. Nel sogno, non vedevo mai la figura-non-ancora-identificata-anche-se-è-passato-molto-tempo poiché la vista sfocata che avevo a causa del mio improvviso malore non me lo permetteva. Ricordo che in quel periodo mi sono ritrovato alcune volte a pensare senza un preciso motivo a Ran, anche se non credevo potesse esservi alcun collegamento logico. Ma la voce di Ran e della figura-non-identificata del mio sogno, è la stessa? La risposta s’insinua prepotentemente nella mia mente: si, la voce è la stessa. Dovrei darle ascolto? Si. Quindi la persona nel mio sogno è Ran. Perché? Che senso ha?
“Ace! Ma che hai?!” Una mano che sventola davanti alla mia faccia mi fa ritornare nel mondo reale.
“Si, dicevi?”
“Hai idea quanto tempo sei rimasto imbambolato, senza rispondere ai miei continui richiami?”
“No.”
“Sei senza speranza.” Per rendere maggiormente evidente il significato della sua frase, fa sbattere la sua mano contro il suo viso.
“Scusa, stavo pensando.” E direi che i miei pensieri mi hanno anche portato a delle conclusioni soddisfacenti.
“Ok…” Ecco, non è nemmeno invadente. Ran non ti forza a dirle per forza cos’hai e di questo, gliene sono grato. Restiamo un po’ in silenzio, certo non un silenzio imbarazzato, ma un silenzio di riflessione, di mancate parole, colmato solamente dallo scrosciare dei piedi di Ran sul terreno e dal leggero rumore che producono le catene vecchie che sostengono il sellino dell’altalena e il peso di chi vi è sopra. Voglio raccontarle del sogno. Lo so, è strano, perché il mio famoso sogno è stato sempre un mio segreto personale, una cosa di cui solo io ero padrone. E’ vero, anche Kyle lo conosceva, però, all’infuori di lui, nessun altro sapeva di questa mia preoccupazione. Quindi, per un motivo a me sconosciuto, devo raccontarlo anche a Ran. Ancora mi sembra strano come io riponga fiducia in lei, e per quanto possa pensare a questa cosa, non riesco mai a venirne a capo. Non c’è un motivo, è solo intuito. Poi, magari mi potrebbe aiutare a comprendere meglio tutto ciò.
“Ran, hai voglia di venire a casa mia?”
“Eh??!!”




Lo stupido angolo dell'autrice


Dashing through the snow
in a one-horse open sleight,
over the fields we go,
laughing all the way.

Bells on bobtail ring,
making spirits bright

What fun it is to ride and sing
a sleighing song tonight.

Jingle bells, jingle bells,
jingle all the way!

O, what fun it is to ride
in a one-horse open sleigh.

Hahuahuhuauhahuahua
una cosa strana di me: quando mi annoio canto canzoni di Natale.
A moggior ragione adesso che siamo nel bel mezzo del periodo natalizio.
E poi, andiamo, jingle bells mette troppa allegria!:DD
Allorssss, come va? Vi è piaciuto questo nuovo capitolo?
Ehehehe come al solito vi ho lasciato sulle spine but
don't worry guys!!
Pubblicherò il prossimo tra pochi giorni, ricordate che a Natale
sono tutti più buoni, compresa me (?? ma quando mai?!) 
Ringrazio tutti, tutti, tutti, tutti, tutti, tutti, tutti; anche chi l'ha
visualizzata soltanto:')
Ma ringrazio soprattutto Koizora (ex Merida huahuaua),

 luxaar, Natsu_98, _Natalie_ e DreamyDrop .
Lascio tutto in mano alle vostre recensioni:) 
al prossimo capitolo, 
ciaoooooooooo

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Capitolo 10
*** Triste passato ***


Capitolo 9


Bene, direi che questo è il momento giusto. Stiamo per arrivare a casa mia. Già, si è convinta a venire.
“Ti è mai capitato di fare lo stesso sogno per una o più settimane?” Comincio io.
“No, direi di no. Però ho sentito di queste cose. A te, invece?”
“A me, si. E recentemente anche.” Speriamo che mi aiuti anche lei ad addentrarmi di più nel racconto di questa storia.
“E che cosa sognavi? Mi hai fatto incuriosire.” Sorrido e comincio a raccontarle.
“ Sognavo di trovarmi in uno spazio infinito e buio. Il mio corpo era leggero, pensavo che non fossi lì di presenza, ma che solo il mio spirito vagasse in quell’oscurità. Era una sensazione davvero fantastica, paragonabile a quella che provo quando utilizzo i miei poteri.”
“So cosa si prova. Comunque continua, è interessante.” Proferisce lei.
“Ad un tratto vedevo una luce e stanco di quel buio, l’attraverso. Dopo ciò, mi ritrovo in uno spazio infinito contrario a quello di prima: intorno a me c’era una luce incredibile, era tutto bianco.”
“E poi che succedeva? Tu ti sentivi sollevato a vedere di essere capitato in uno spazio luminoso?”
“Si, mi sentivo sollevato. Poi, però, apparivano delle sfere viola, identiche a quelle che riesco a generare io. Mi sentivo attratto da esse, quindi mi avvicinavo ad una qualsiasi e la toccavo. E’ proprio in questo momento che vengo catapultato nuovamente nello spazio buio.”
“Wow, è un sogno particolare.” Commenta la mia amica.
“E ancora non è finito. Ne resterai davvero colpita.” Sospiro e continuo a narrare il tutto. “Riappare la luce. Questa volta non l’attraverso, semplicemente perché non la voglio attraversare. So che succederebbe la stessa cosa di prima. Ad un certo punto, sento una voce che mi chiama per ben due volte. La testa inizia a girarmi e cado a terra, incapace di reggermi in piedi.  Non ci vedo nemmeno bene, è tutto terribilmente sfocato. Nonostante ciò, riesco a contraddistinguere una figura, che mi dice: << Devi scegliere, Ace.>> E poi, mi sveglio.”  Vedo che Ran mi guarda scombussolata, perciò continuo a parlare. “La voce della figura in questione è femminile. Dopo che ella pronunciava l’ultima frase io vedevo tutto nero e mi svegliavo di soprassalto. Comunque, siamo arrivati.” Attraversiamo il vialetto e quando infilo la chiave nella toppa, Ran mi domanda: “Quindi non riuscivi a capire chi era la ragazza che ti parlava.”
“Veramente ho capito da poco chi era la ragazza del mio sogno.” Faccio scattare per la seconda volta la serratura della porta di casa.
“E chi era? Dai Ace, non mi tenere sulle spine!”
“Eri tu.” E apro finalmente la porta. Le faccio un gesto con le mani. “Prego, si accomodi signorina.” Nonostante la mia frase da finto-cordiale-padrone-di-casa, non sento riecheggiare nessuna risatina nell’aria. Dopo aver gettato malamente le chiavi sul tavolino accanto alla porta d’ingresso, mi giro e vedo che la mia amica non ha ancora varcato la soglia di casa. A quanto pare è troppo sconvolta. Sbuffo, le afferro il braccio e la tiro “delicatamente” dentro.
“Raaaaaaaaan???” Niente, nessuna risposta. Sorrido sghembo. “Ora sei tu quella imbambolata. Guarda che fortuita coincidenza.”
“Come faccio ad essere io la ragazza del tuo sogno? Ancora non ci parlavamo quando lo facevi, giusto?” Era ora che si decidesse a formulare una frase di senso compiuto.
“Già, non ci parlavamo ancora. Però sono sicurissimo che quella ragazza eri tu. Ci metterei la mano sul fuoco.”
“E ci credo che ci metteresti la mano sul fuoco: non ti faresti niente!” Ah, vero.
“Vabbè, è un modo di dire. Il punto è: che senso ha questo sogno?” Speriamo che lei abbia qualche ipotesi.
“Non ne ho la più pallida idea.” Ma non si può! Questo sogno è un arcano mistero. “Possiamo provare ad analizzare ogni cosa che succede nel tuo sogno e vedere se gli troviamo un senso.”
“Buona idea, Ran.” Getto lo zaino sulla poltrona, prendo qualche penna e qualche foglio e ci sediamo al tavolo della cucina.
“Quindi…” Inizia lei. “Ti trovi in uno spazio buio.” Prende una penna nera ed un foglio e comincia a disegnare un rettangolo, che colora di nero. Sopra di esso scrive: “spazio buio”. “Poi, vedi una luce.” Sotto il rettangolo disegna un ovale  e sotto scrive: “luce”.  “Tu attraversi questa luce e ti ritrovi in uno spazio infinito luminoso, il contrario di quello precedente, giusto?” Annuisco e lei disegna un rettangolo che dentro lascia bianco e sopra vi scrive: “spazio luminoso”.
“Successivamente appaiono delle sfere viola, uguali a quella che ti ho fatto vedere oggi a scuola.” Dico io. Ran, allora, disegna un cerchio il cui spazio interno viene riempito da delle linee.
“Perché delle linee?” Domando io.
“Vedi un viola? In qualche modo dobbiamo contraddistinguere il colore!” E sotto scrive: “sfere viola”. “Tu ne tocchi una e ritorni nello spazio buio.” Ridisegna il rettangolo nero e vi riscrive sotto le medesime parole. “Riappare la luce che tu, stavolta, non attraversi.” Rifà l’ovale che, però, taglia con una linea netta.
“Poi sento te che urli il mio nome, mi sento male, cado a terra e tu mi dici: << Devi scegliere, Ace. >> Fine.” Disegna un omino con i capelli lunghi (che suppongo dovrebbe essere lei), accompagnato da una vignetta con scritto dentro il mio nome. Poi, rappresenta un altro omino, con i capelli corti (il che mi fa pensare che quel coso dovessi essere io) con delle linee curve intorno alla testa e fa una freccia rivolta verso una linea retta che dovrebbe rappresentare il pavimento. Scoppio a ridere.
“I tuoi disegni esplicativi sono una meraviglia!”
“E che vuoi?! Ora mi metto a fare un capolavoro, secondo te?”
“Io non sono così brutto.”Indico il mio omino.
“E chi te lo dice?” Domanda sicura di sé.
“Lo specchio, cara Ran.”
“Allora se la metti in questo modo, neanche io sono così brutta.” Indica l’omino con i capelli lunghi.
“E chi te lo dice?” Scherzo io.
“Una certa persona che per osservarmi si è nascosta dietro un cespuglio.” Sorride soddisfatta.
“Che colpo basso.”Affermo io.
“Già.” Mi sorride un'altra volta e ricomincia a disegnare. Rappresenta nuovamente l’omino con i capelli lunghi, sempre accompagnato da una vignetta, nella quale però scrive: << Devi scegliere, Ace. >>
“Ma che bello schemino!” La scherno io.
“La smetti di fare dell’ironia?? Sto cercando di aiutarti.” Scandisce meglio l’ultima parola.
Sospiro e le dico: “Va bene tesoro, scusa.” Unisco le mani, in segno di scusa (o presa in giro?) e le sorrido in modo wow.
“Guarda che non m’incanti con quel sorrisetto!”
“Ma come amore? Io ti riservo il mio sorriso figo e tu mi dici così? Non va bene, Ran. No no.” Le faccio no col dito per rendere più l’idea.
“Cosa stai dicendo orsacchiottino mio?!” Si alza dalla sedia e si avvicina a me. Si mette proprio dietro di me e appoggia delicatamente le sue mani sulle mie spalle. Si avvicina al mio orecchio e sussurra: “Lo sai che mi piace tanto il tuo sorriso.” Si sposta da me rapidamente e la vedo avvicinarsi al divano. Prende un cuscino e io mi alzo lentamente dalla sedia. “Però, quando ti sussurro all’orecchio rabbrividisci. Che c’è cucciolotto, perché ti faccio quest’effetto?” Cavolo, mi sono davvero venuti i brividi e ci sto pensando solo ora. Comincio anche io ad avviarmi verso il divano.
“Mah, non lo so.” Prendo anche io un cuscino, consapevole di quello che succederà tra pochi minuti o secondi forse. “Sarà che mi piaci terribilmente.” Avvampa immediatamente, anche se sa che ci stiamo prendendo in giro. “E ora sei pure arrossita! Ma come siamo sensibili, cara.” Le faccio l’occhiolino e lei mi dà una cuscinata. Rido e ricambio. Lo sapevo che sarebbe iniziata la guerra delle guerre delle cuscinate. Cominciamo a ridere come due imbecilli e a darci cuscinate ogni nano secondo, divertiti da quel gioco così infantile e così semplice. Proprio mentre noi giovincelli giocavamo con i cuscini del divano rosso del soggiorno-cucina, sento la porta di casa aprirsi. Ma com’è possibile? Saranno le sette! I miei genitori rincasano sempre tardi! Quando devono ritornare a casa tardi, tornano presto, quando devono ritornare a casa presto, tornano tardi.
Mi fermo e anche Ran smette di darmi cuscinate. I miei genitori, che stavano parlando tranquillamente, come sono soliti fare, interrompono la loro discussione appena mi vedono. Non sono arrabbiati perché mi vedono con un cuscino in mano e intuiscono quello che stava accadendo un minuto fa; sono solamente stupiti perché ho portato una ragazza in casa.
“Ciao mamma, ciao papà.” Li saluto io con un tono di voce seccato.
“Come sei entusiasta di vederci, figliolo.” Mio padre posa le chiavi accanto alle mie e la borsa di cuoio marrone su una sedia. Mia madre si avvicina e dice: “E questa bella signorina chi è?” Ora sono io quello imbarazzato. Perché mia madre doveva proprio dire “bella signorina”? Non poteva dire: “E questa ragazza chi è?”?
“P-piacere io sono Ran.” Porge cordialmente la mano a mia madre, che la stringe calorosamente.
“E io sono Elisabeth Johnson, ma tu puoi chiamarmi Ellis.” Le fa l’occhiolino. “Alle superiori mi chiamavano tutti così, quindi ci ho preso l’abitudine, anche se sono passati parecchi anni.”
“Allora la chiamerò Ellis, è un bel soprannome.” Proferisce Ran.
Mentre la mia carissima amica e mia madre familiarizzano, mio padre è corso in bagno a farsi una doccia (nonostante la curiosità lo stesse divorando) e io mi sono diretto verso il tavolo, dopo aver avuto un lampo di genio. Prendo i fogli e nascondo il “disegnino esplicativo” del mio sogno tra altri fogli bianchi, che ripongo nel mio zaino.
“Vuoi restare qui a cena, Ran?” Domanda gentile mia madre.
“Grazie dell’offerta, ma credo che ritornerò a casa.”
“Già che ci sei, resta pure a cena, no?”
“Vedi, cara? Pure Ace sta insistendo!” Le doti di convincimento di mia madre non falliscono mai.
“E va bene. Resto qui.” Sorride, quando mia madre prende nuovamente la parola.
“Avverti i tuoi genitori, così non li fai stare in pensiero.” 
“Ah si, giusto.” Sfila il cellulare dalla tasca dei pantaloni. “Scusatemi un attimo, allora.”
Mentre Ran parla al telefono con i suoi genitori in corridoio, mia madre inizia con il suo discorso ricco di domande. In poche parole, comincia il quiz “dicci tutto su quella ragazza che ti piace tanto.”
“E’ adorabile.” Incominciamo bene.
“Si, come un coccodrillo.” Ironizzo io.
“Andiamo Ace! Lo so che ti piace.” Ma pure mia madre deve pensare male? Quelli sono gli amici, non i genitori!
“Ora mi spieghi che caspita stai dicen…” Non finisco nemmeno la frase, che Ran entra di nuovo nel soggiorno-cucina, esclamando: “Hanno detto che vi ringraziano e che vi salutano, anche se non vi conoscete.” Mia madre ride. “Quando torni a casa, porta a loro anche i nostri saluti.” Ran annuisce. “Certamente, non si preoccupi.”
“No no, Ran. Così non va bene!” Sbotta ad un tratto mia madre, mentre si affretta a preparare la cena. Io e lei la guardiamo confusi.
“Cosa?” Chiede Ran.
“Non mi devi dare del lei! Dammi del tu e chiamami Ellis.” Parto a ridere. Ah, la mia mamma comprensiva e gentile. Anche Ran ride e afferma che le darà del tu, da allora in poi.
“Mamma, noi saliamo in camera mia. Quand’è pronto urla.”
“Mio figlio è delicatissimo.” Si riferisce a Ran, pronunciando quest’esatte parole.
Saliamo le scale e io apro la porta di camera mia, lasciata chiusa fino a quel momento. C’è una leggera confusione sulla scrivania (per non dire che non si capisce niente), ma il pavimento è lindo e per il resto è ordinata (e quando mai?). Vedo Ran osservarsi intorno interessata. Si sofferma a guardare delle fotografie. Sono appassionato di fotografia, questo interesse si è sviluppato in particolare negli ultimi anni. Quando ho in mano la macchina fotografica, qualsiasi cosa mi sembra artistica. Una parete della mia camera è quasi tutta piena di foto. Mi piace guardarle di tanto in tanto. Mi ricordano eventi della mia vita ai quali non do più importanza e mi fanno sorridere e pensare a quanto tempo sia passato da quel momento che sembra accaduto appena ieri.
“In quella foto, io e Kyle avevamo otto anni.” Indico l’oggetto in questione.
“Siete amici da parecchio tempo, quindi…”
“L’ho conosciuto in prima elementare, a sei anni. Da allora, siamo sempre rimasti amici.” Spiego io.
“Non è facile mantenere un’amicizia per così tanto tempo, o almeno, così dicono…”
“Tutto dipende dalle due persone amiche, Ran. Non importa il fatto che col tempo subentrano altre preoccupazioni. Almeno, io la penso così.”
“Capisco.” Ridacchia. “E questa foto?” La indica e anche io rido. Quella è la foto che più preferisco. Ci sono io che tiro una guancia a Derek, come fa la sua vicina. Lui ha una faccia che è un misto tra l’arrabbiato e l’annoiato, mentre Kyle e Hugo ridono come due pazzi.
“Questa foto l’ha scattata Adam. Eravamo tutti insieme e io avevo portato la macchina fotografica con me. L’avevo lasciata un attimo ad Adam, che scattò questa foto perché non era riuscito a resistere. Ci disse che era una scena fin troppo comica per non essere immortalata.”
“E aveva anche ragione.” Osserva qualche altra foto. “Quella, invece?”
“Quella là l’ho scattata io. Quel tramonto era davvero bello.” Quel pomeriggio mi era venuta una voglia incredibile di fotografare qualsiasi cosa e quando ho visto quel tramonto, quelle sfumature rosse, arancioni, gialle e azzurre, non ho resistito.
“Sei davvero bravo!” Porta la sua attenzione anche verso altre foto scattate da me in vari pomeriggi d’ispirazione.
“Grazie.” Mi allontano e, come al mio solito, mi butto sul letto.
“La stanchezza comincia a farsi sentire?” Scherza lei.
“Ma che dici? Io sono attivo anche alle cinque di mattina!”
“Si si, come no, Ace. Dove hai lasciato il disegno?”
“Ho scordato di prenderlo.” Sospiro. “L’ho nascosto nello zaino, che è rimasto di sotto.”
“Ma bravo!” Improvvisa un applauso. “Comunque, il tuo potrebbe essere un sogno premonitore! Lo fai ancora?”
“No, non lo faccio più da sabato notte.” In effetti, potrebbe essere un sogno premonitore, ma noi Racane non siamo sensitivi, giusto?
“Alla fine hai scoperto i tuoi poteri domenica sera, quindi è strano che tu non lo abbia sognato anche sabato notte.”
“Il tuo ragionamento non fa una piega.” Sospiro. “Guarda, non lo so. Se lo capiremo, bene, altrimenti non importa.”
“Come vuoi.” Si adagia sulla comodissima sedia blu della scrivania. “Tua madre è stata molto gentile ad invitarmi a restare qui, davvero.”
“Figurati, lei è fatta così. Poi non porto mai ragazze a casa, le tengo lontane da questo ambiente.”
“E perché?” Mi chiede lei di rimando.
“Perché non ritengo necessario fargli conoscere i miei genitori, forse perché non sono importanti per me o forse perché so che mia madre mi farà l’interrogatorio.”
“Ora ti faccio un’altra domanda….allora perché mi hai portato a casa tua?” Giusto, ho detto che non portavo le altre ragazze (poche ragazze con cui sono uscito, intendiamoci) a casa mia perché non erano importanti, persone superflue. Detto così sembrerebbe una cosa meschina, ma è la verità.
“Ti ho portato qui perché tu, innanzitutto, sei un altro discorso.” Mi metto a sedere. “E poi non credevo che i miei genitori tornassero così presto.”
“Ah…” Sembra delusa. Eppure le ho detto che lei è un altro discorso! Mi aspettavo che arrossisse, e invece…
“Oggi sei stata fantastica con Felicity. Ero in difficoltà, non sapevo che fare.” Cerco io di riattaccare discorso.
“Bene.” Risponde lei acida. La ignoro e continuo a parlare.
“Poi l’espressione sulle facce delle amiche-oche di Felicity era epica!”
“Buon per te.” Ora cos’è tutta quest’antipatia?
“Ran ti ha per caso punto la tarantola?” Odio le persone lunatiche.
“No, scherzi?” Ora fa pure dell’ironia! Bene siamo messi.
“Adesso che hai?”
“Pensa un po’ a quello che hai detto e capirai.” Mi fa una smorfia e poi si sente mia madre urlarci: “Ragazzi! Scendeteeeeeeeeeeee!”
“Si, arriviamo!” Urlo io di rimando.
Usciamo da camera mia. Boh, ora si è offesa! Chi la capisce è bravo.

***

Abbiamo cenato in tutta tranquillità, parlando e scherzando con i miei genitori. Ran, però, sembra ancora arrabbiata con me. Ancora non riesco a capire quello che ho fatto.
“Sono le nove, credo che dovrei tornare a casa.” Esclama Ran. Ha anche aiutato mia madre a lavare i piatti. Una cosa è certa: mia madre la adora.
“Oh certo, cara. Ace sarà felice di accompagnarti.” Dice lei come se dovesse ricordarmi le buone maniere.
“E secondo te la lascio tornare a casa da sola?!” Le domando io infastidito.
Ran stringe cordialmente la mano a mio padre e tende il braccio anche a mia madre, che però la abbraccia, o per meglio dire, la stritola. “Torna quando vuoi, Ran. Sei sempre la benvenuta.” Noto che la mia amica ricambia volentieri l’abbraccio e le dice: “Grazie mille, è stata gentilissima.” Sembrano quasi mamma e figlia, in un momento commuovente e ricco di affetto. Si sciolgono dall’abbraccio e mi sembra di vedere che Ran ha gli occhi lucidi. Usciamo di casa e la guardo nuovamente in viso; non ha più gli occhi lucidi. Sarà stata un’allucinazione.
“Allora, si può sapere che hai?” Domando io sull’orlo di una crisi isterica. Non sopporto discutere con qualcuno e non sopporto che una persona sia arrabbiata con me.
“Ancora non ci sei arrivato? Comunque, lascia stare. I tuoi genitori sono fantastici, dico sul serio.”
“Grazie e lo so. Alcune volte sono scocciati, ma credo sia una cosa normale. Però, sono sicuro che anche i tuoi genitori sono due persone fantastiche.” Mi giro verso di lei e noto che ha di nuovo gli occhi lucidi, proprio come mi sembrava di aver visto pochi minuti fa. Non mi risponde, sta semplicemente in silenzio. Continuiamo a camminare in silenzio, io più che altro sto seguendo lei, visto che non so dov’è casa sua. Il suo sguardo è di nuovo triste, come oggi alle altalene. Perché tutta questa angoscia? Che cosa le è capitato? Mi sto innervosendo. La smette di soffrire in silenzio? Di non sfogarsi con nessuno? Di non sfogarsi con me? Con un rapido movimento mi metto davanti a lei.
“Si può sapere cos’hai?”
“Che intendi?”
“Non fare la finta tonta Ran! Prima ti sei arrabbiata con me per un motivo che ancora non ho capito, poi eri sul punto di scoppiare a piangere e dopo assumi uno sguardo triste che al solo guardarlo sto male anch’io. Ora mi spieghi che cosa ti è capitato per soffrire così tanto!”
“Perché dovrei dirlo proprio a te? Dopotutto io non sono importante per te! E non ti montare la testa, Ace. Tu non sei una presenza fondamentale nella mia vita, non sei nessuno, forse non sei nemmeno mio amico. Nessuno lo è e nessuno lo sarà mai!”

***
“Figurati, lei è fatta così. Poi non porto mai ragazze a casa, le tengo lontane da questo ambiente.”
“E perché?” Mi chiede lei di rimando.
“Perché non ritengo necessario fargli conoscere i miei genitori, forse perché non sono importanti per me o forse perché so che mia madre mi farà l’interrogatorio.”
 “Ora ti faccio un’altra domanda….allora perché mi hai portato a casa tua?” Giusto, ho detto che non portavo le altre ragazze (poche ragazze con cui sono uscito, intendiamoci) a casa mia perché non erano importanti, persone superflue. Detto così sembrerebbe una cosa meschina, ma è la verità.
“Ti ho portato qui perché tu, innanzitutto, sei un altro discorso.” Mi metto a sedere. “E poi non credevo che i miei genitori tornassero così presto.”
“Ah…” Sembra delusa. Mah, eppure le ho detto che lei è un altro discorso! Mi aspettavo che arrossisse, e invece…

***

Ora capisco! Dicendole che non pensavo che i miei genitori tornassero così presto, lei ha pensato che non volevo che li conoscesse perché non la ritengo importante! Adesso si che mi è tutto chiaro! Ci credo che si è arrabbiata con me…
Tutto quello che ha detto…lo penserà davvero? La guardo. Una lacrima sta rigando il suo viso.
“Cos’hai Ran?” Le domando io rassegnato un’ultima volta. Non si asciuga nemmeno gli occhi, comincia a parlare, anzi, a spiegarmi.
“Tredici anni fa, i miei genitori sono stati assassinati. Sono morti in un incendio, appiccato volutamente da qualcuno di ignoto. Da allora in poi ho vissuto con mia nonna. Mi voleva bene e mi ha sempre trattato come una figlia, anche se non poteva darmi quell’affetto che ti danno i tuoi genitori.” Inspira. “E’ morta due anni e mezzo fa. Aveva raggiunto il limite.” Altre lacrime segnano la sua pelle diafana. “La cosa stupida è che sento di non aver superato la morte di nessuno dei tre.” Ora sta letteralmente piangendo. Non so come o perché, so solo che il mio cervello mi ha ordinato di abbracciarla e io l’ho fatto senza pensarci due volte. Ran non s’irrigidisce, anzi si stringe a me e continua a singhiozzare contro il mio petto. Ora capisco quello sguardo, quella tristezza…questa ragazza deve avere una  grande forza d’animo per aver affrontato tutto ciò da sola. Appoggio la testa sulla sua. I suoi capelli profumano di pesca (ma con cosa si lavano le ragazze?). Chissà come apparivamo alla gente che ci vedeva in quella posizione. Forse avrebbero creduto che eravamo fidanzati o cose del genere.
“Mi dispiace tanto, Ran.” La stringo a me con più forza, come se il calore del mio corpo potesse alleviare il suo dolore. “Ti chiedo scusa per quello che ho detto. Ci tengo a te, anche se ti conosco da pochi giorni; non pensare il contrario.” Dunque oggi aveva fatto finta di parlare con i suoi genitori. Mi sento male per lei. Ran, una ragazza apparentemente impassibile, silenziosa e forte, in realtà è molto più fragile di chiunque altro. “Ricorda che non sei sola, Ran e non lo sarai mai.”
“Si, invece. Io sono sola, Ace.” Mormora mentre piange, fortunatamente, meno di prima.
“Adesso sono io quello che si dovrebbe offendere.” Sorrido leggermente tra i suoi capelli biondi. “Io sono invisibile?”
“No, non lo sei.” Non era una domanda a cui era necessario rispondere, eppure lo ha fatto.
“Bene.” Resto in silenzio, in attesa che il suo pianto disperato si calmi. Spero vivamente di averla consolata per bene. Non mi ero mai trovato prima d’ora in una situazione del genere. Rimaniamo così per un altro po’ e quando penso che si sia calmata, mi stacco lentamente da lei. Qualcosa, però, mi dice di prenderle la mano (vorrei proprio sapere cos’ho oggi) e lei non dice o fa qualcosa che mi possa far capire che è contraria. Dopo un po’ arriviamo davanti ad una piccola villetta. Ran prende le chiavi dalla tasca e apre il cancelletto. Attraversiamo il giardinetto e ci fermiamo davanti alla porta bordeaux di casa. Mi lascia piano la mano e cerca la chiave nel mazzo. Trovata, la infila nella serratura e apre la porta. Sta per entrare in casa, quando si ferma all’improvviso. Si gira verso di me e mi dice: “Grazie, Ace.” Dopodiché mi fa un cenno con la mano, che io ricambio prontamente. Attraverso nuovamente il giardinetto e chiudo il cancelletto alle mie spalle. Quelle parole pronunciate da Ran, prima che entrasse in casa, mi hanno fatto capire che almeno l’ho consolata bene. E pensare che venti minuti fa era arrabbiata con me. Sento la maglietta umida nel punto in cui Ran aveva appoggiato il suo viso. Le sue lacrime, quello che ha passato…ancora non mi capacito del passato duro e crudele che ha avuto. Ripenso alla mia di vita. Genitori sempre presenti, niente che manca, amici sempre pronti ad aiutarmi…non che sia stata sempre perfetta, ma quasi. Io la voglio aiutare. Aiutarla a superare, a lasciare alle spalle ciò che è avvenuto, perché non può dimenticare una parte della sua vita. Nessuno può. Alcuni si potrebbero chiedere il motivo di questo mio interessamento. Significa che quelle persone non hanno la benché minima idea di quello che so provando io. Avete mai provato un irrefrenabile desiderio di aiutare qualcuno? Ecco. Che razza di persona sarei se, adesso che so la verità, mi allontanassi da Ran? Meschino, egoista, perfido…e non so quanti altri aggettivi potrei trovare. E so che non le devo niente, ma con gli amici non si hanno debiti. Due amici si aiutano semplicemente perché sono amici, perché tengono l’uno all’altro, non per ricevere qualcosa in cambio. Scuoto leggermente la testa e guardo il cielo. Oggi la luna non c’è, il che vuol dire che stiamo per entrare nel periodo della luna crescente. E senza quella luna, questo cielo sembra più scuro del solito, nonostante le stelle siano sempre pronte ad illuminarlo. Guardo l’orologio; le 9:30. Bene, stasera non vedo l’ora di tornare a casa, infilarmi il pigiama e mettermi a dormire. Sono esausto. Anche se penso, anzi, cerco di pensare a queste cretinate, mi rendo conto che il mio cervello sbatte sempre in un punto preciso, ovvero in quello che è successo pochi minuti fa. E’ così ingiusto che Ran abbia avuto una vita così dolorosa. Di una cosa, però sono certo.
Io la aiuterò, lei non sarà mai più sola.

***

Dall’altra parte della città o chissà, del mondo, una figura incappucciata osserva la stessa luna che prima ha ricevuto l’attenzione di Ace.
“Il deterioramento interiore porta alla cattiveria.” Sussurra talmente piano che chiunque potrebbe pensare che stesse parlando con qualcuno al suo fianco, che in realtà non c’è.
“Il potere porta alla distruzione.” Bisbiglia ancora. Una folata di vento fa oscillare il suo mantello nero.
“La bontà presto svanisce.” Espira e ride malvagiamente.
“Non lo sai questo, Ace?” E con uno schiocco, la figura, la bocca di quelle parole, scompare.










Lo stupido angolo dell'autrice

Salve gente! Per vostra (s)fortuna sono tornata e stavolta definitivamente (si spera!).
Sono mancata tanto, però adesso eccomi qua, con un bel capitolo fresco fresco. 
Capitolo importantissimo, dove tante cose importanti vengono a galla :D
Spero davvero che vi piaccia *---*
Inoltre, poichè sto scrivendo anche un'altra storia (L's secret ahuauhua) alternerò
la pubblicazione dei capitoli di queste due storie. In poche parole, una settimana
pubblicherò un capitolo di Racane e l'altra settimana uno di L's secret :)
Ma a voi come va la vita? 
Due giorni di puro riposo *-----* non credete che il Carnevale sia fantastico?
Ringrazio Koizora, luxaar,_Natsu98_ e DreamyDrop  

che come sempre seguono la mia storia :) grazie mille.
E adesso vi lascio, attendo aggiornamenti
(?) auuahhuauhuhahua
al  prossimo capitolo! :')
Ciaoooooo

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Capitolo 11
*** Bisogna rianimare un po' la situazione! ***


Capitolo 10



Mi trovo in uno spazio infinito completamente buio. Niente luci, niente sfere, niente presenze altrui. Mi muovo, come al solito il mio corpo non ha consistenza, è come se volassi. Cerco di trovare un possibile muro, un pezzo di mobilio…un qualsiasi corpo solido. Cerco invano un oggetto e dopo un po’ mi rassegno, rimanendo sempre fermo in un punto. Non succede nulla. E’ quasi un’agonia, stare qui fermo, senza trovare quello che cerco. So che è un sogno e so anche che voglio svegliarmi il più presto possibile.

“Aspetta, piccoletto!” Esclama una voce maschile che non ho mai sentito. Giro intorno a me stesso.
“Chi è che ha parlato?” Domando io guardingo.
“Non ha importanza.”
“Si che la ha!” Urlo spazientito.
“Ehi, piccoletto, calmati!” Sento che qualcosa, o meglio, qualcuno che mi mette una mano in testa e mi scompiglia i capelli. “Voglio solo parlare e i sogni sono l’unica cosa attraverso la quale posso farlo.”Bene, la persona sconosciuta è qui accanto a me e mi può toccare. La parte migliore è che non so nemmeno chi sia. Ma già che sono qui e che non posso andarmene di mia spontanea volontà, devo ascoltarlo.
“Bene, ti ascolto, anche perché sono costretto.”
“Certo che sei irascibile, piccoletto.”
“Ma la vuoi finire con questo piccoletto! Non sono un bambino!” E che cavolo. Mi sto irritando davvero!
“Lo so bene, questo, piccoletto.” Sbuffo rumorosamente, ma lui fa finta di non sentirmi e continua a parlare. “Come vedi, questo non è il tuo abituale sogno.”
“Ma và?! Lo avevo capito da solo. Comunque grazie per la tua illuminazione inutile, vecchiaccio.” Lui mi chiama piccoletto? E io lo chiamo vecchiaccio. Forse s’innervosisce e mi lascia andare via da questo sogno. Con queste speranze, rimaniamo un po’ in silenzio e dopo un po’, lui scoppia a ridere.
“Vecchiaccio? Certo che sei molto simpatico, piccoletto!” Mah, non ho parole. “Fammi parlare, però. E’ maleducazione interrompere qualcuno che parla, specialmente un vecchietto.”
“Non vecchietto, vecchiaccio.” Sospiro. “Parla pure.”
“Bene. Siediti, mi scoccia stare in piedi.” Faccio quello che mi ha appena detto e poi continua nella sua spiegazione. “Non so come interpretare il tuo sogno passato. Devi trovare una valida spiegazione da solo.” E figurati se qualcuno poteva aiutarmi! “Tuttavia, sei una persona parecchio speciale e lo hai scoperto da poco tempo. Il tuo potere è ancora debole. Ma debole si fa per dire, piccoletto.”
“Che vuoi dire?”
“Ti hanno detto che sei uno tra i Racane più potenti, no?” Annuisco, anche se mi rendo conto che lui non può vedermi. Eppure, come se avesse capito che io avevo dato il mio assenso, riprende il suo discorso. “Il tuo potere è talmente forte, che anche se per ora è debole, riuscirebbe a fruttare molto di più rispetto a  qualsiasi altro potere.” Mi mette un mano sulla spalla. “Rafforzalo, per aiutare il mondo, la gente che lo abita. Per evitare incidenti o avvenimenti negativi. Per questo voi siete Racane.”
“Come rafforzo il mio potere?” Domando io curioso.
“Devi semplicemente utilizzarlo, scoprire le sue molteplici funzionalità. Stai già cominciando ad usarlo e la sfera viola che riesci a creare è qualcosa di molto più potente di quanto tu stesso creda, piccoletto.” Wow, sicuri che io sia davvero così potente come tutti credono? Come se mi avesse letto nel pensiero, dice: “Sei davvero parecchio dotato, piccoletto. Credimi.”
“Ok. Adesso, però, ho qualche piccolissima domanda da rivolgerti.” Parecchie domande da rivolgerti.
“Prego. Dì pure, piccoletto.” Mamma mia, con ‘sto piccoletto.
“Uno: chi sei? Due: come fai a conoscere il mio sogno? Tre: come fai a sapere che sono così potente? Quattro: non ti ho mai detto il mio potere. Come fai a conoscerlo? Cinque: la finisci di chiamarmi piccoletto??!!” Mi sembra troppo bello che risponda a tutte le mie domande.
Ride nuovamente. “Ah piccoletto!” Lo sento alzarsi. “Non è necessario che tu sappia tutte queste cose.”
“Si, invece. E’ importante per me, vecchiaccio.”
“No, non lo deve essere. E comunque, mi piace chiamarti piccoletto, quindi continuerò a chiamarti piccoletto. Capito, piccoletto?” Ok, sa come farmi innervosire.
“Sbollisci la rabbia. Ti saluto! Ci vediamo, piccoletto.” E il vecchiaccio scompare.
E con lui, anche questo sogno.

***
 

Mi sveglio di soprassalto. Guardo l’orologio: è ancora presto. Sono in un bagno di sudore.
Ma che razza di sogno era questo?!
Era un sogno anche abbastanza reale, visto che riuscivo a pensare e a decidere cosa dire o fare.
E chi era quell’uomo che mi chiamava “piccoletto”?
Mi metto a sedere, col la testa tra le mani. Non è che sto diventando pazzo?
I miei capelli sono umidi; certo che ho sudato davvero tanto.

Mi alzo e apro l’armadio. Prendo un jeans grigio e una maglietta viola scuro a maniche corte. Fatto ciò mi dirigo in bagno a fare una bella doccia rinfrescante. Mi guardo allo specchio: sembro allo stremo delle mie forze. Come faccio spesso, apro il rubinetto e butto improvvisamente un po’ d’acqua fredda sul mio viso. Neanche quella sembra funzionare stamattina…andiamo bene. Entro nella doccia e la apro immediatamente. L’acqua è ancora fredda, ma non m’importa. Voglio solo trovare un senso a questi sogni. Chiedo forse troppo? Lascio scorrere l’acqua sui miei capelli, sul mio viso, su tutto il mio corpo e spero che possa portare con sé tutti i miei dubbi. Secondo il vecchiaccio, devo allenarmi, utilizzare i miei poteri per rafforzarli. E fin qui ci siamo, anche perché questa cosa me l’aveva già detta Ran. Insomma, tutto quello che ha detto sembra vero, dalle giuste fondamenta. L’unico problema è: chi era quello? Come faceva a conoscermi e a sapere tutte quelle cose sul mio conto? Forse è solo una persona creata dal mio subconscio per tranquillizzare me e spiegare alcune cose che non ho ancora compreso bene. Il fatto è che sembrava tutto così reale…
Ah, è presto e tra poco sarò già pronto per andare a scuola. Cosa posso fare, in quell’ora che precede il suono della campanella? Esco dalla doccia e mi avvolgo nel morbido accappatoio di spugna blu. Scompiglio i miei capelli con il cappuccio, per asciugarli leggermente. E’ odioso dover usare il phon quando fa caldo. Non capisco come fanno le ragazze ad asciugare i loro lunghi capelli, stando per almeno venti minuti chiuse a soffocare nel bagno ormai divenuto una sauna. Tuttavia, lo attacco alla spina e lo metto al massimo della sua potenza. Asciugo accuratamente i miei capelli nero corvino e comincio a vestirmi. Anche se non ha risolto granchè, una bella doccia ci voleva proprio. Quando esco dal bagno, noto subito lo sbalzo di temperatura. Come facevo a stare in quel forno? Torno nella mia stanza e guardo il letto sfatto; non posso fare a meno di ripensare al sogno di stanotte e di conseguenza anche all’altro. Provo uno schifosissimo senso di nausea. Malgrado ciò, prendo il mio Eastpack blu elettrico, lo svuoto dai libri di ieri e metto, invece, quelli che mi servono oggi. Osservo implorante l’orologio, con la speranza che sia passato più tempo di quello che credo, purtroppo però noto che mi sono preparato in soli quindici minuti. Ma come ho fatto ad essere così veloce? Prendo a camminare nella mia stanza, come se da un momento all’altro potesse dirmi: “Fai questo!”. Su una mensola, perfettamente sistemata nella sua borsa c’è la mia macchina fotografica Nikon. Sorrido tutto contento e la prendo, poi mi affretto a scendere le scale. Non ho fame, né voglia di prepararmi la colazione. I miei genitori stanno ancora dormendo…meglio lasciargli un promemoria per non farli preoccupare. Prendo i post-it dal primo cassetto ed una penna.

Mamma, papà
mi sono svegliato presto e non ho più sonno.
Sto già uscendo, vi ho lasciato questo post-it
per non farvi preoccupare.
Ci vediamo stasera
                                                                           Ace


Perfetto.
Lo attacco al frigorifero, sistemo i post-it nel cassetto, prendo le chiavi di casa dal tavolino all’entrata ed esco fuori. L’aria fresca del mattino ha il potere di calmarmi e rilassarmi. Resto un po’ fermo a godermi questo leggero venticello e subito dopo mi dirigo verso il mio soggetto preferito: il mare. Amo fotografarlo e scoprire sempre delle nuove inquadrature, nuovi posti e zone da fotografare. Sfilo delicatamente la macchina fotografica dalla borsa apposita, che appoggio sulla panchina lì vicino, dove ripongo anche lo zaino. Osservo il cielo. Non è ancora completamente azzurro; vi sono delle sfumature color arancio e indaco: uno spettacolo sensazionale. Mi inginocchio, in modo che la foto venga meglio e scatto. Resto qui, per interminabili minuti, ad immortalare qualunque cosa che ritengo “artistica”mi capitasse a tiro. Alla fine mi siedo sulla panchina dove sono sistemate le mie cose e riguardo le mie foto. Sono venute bene, ne sono fiero. Una in particolare mi piace molto: due gabbiani volano vicinissimi alla superficie dell’acqua, la quale riflette perfettamente le sfumature del cielo.
Chiudo la macchina fotografica, la metto nuovamente nella sua borsa e mi carico lo zaino sulle spalle.
Mancano ancora quaranta minuti all’inizio della scuola…uffa, che noia.
Potrei…andare a casa di Ran! E’ anche qua vicino. Illuminato da questo pensiero, m’incammino verso casa della mia amica. Appena raggiunta la villetta che probabilmente apparteneva a sua nonna, suono il campanello. Visto che nessuno mi risponde lo risuono, ma niente. Suono il campanello insistentemente e varie volte. Niente di niente. Proprio quando sto per andarmene, sento che il cancelletto si apre e che una Ran addormentata è proprio lì, sulla soglia della porta.
Sbadiglia e mi domanda: “Mi spieghi perché mi devi svegliare con il rumore fastidiosissimo del citofono?”
Quando le arrivo di fronte, si scosta e mi fa entrare. Avanzo un poco e mi guardo intorno.
C’è una piccola entratina dalle pareti bianche e dal pavimento a mosaico verde, blu e arancione. Proprio di fronte a me, è disposta una porta aperta che mostra un corridoio non troppo lungo. A sinistra, vi è un’altra porta dalla quale, invece, si accede alla cucina. Sulla destra è stato sistemato un attaccapanni, pieno di cappotti invernali: al solo guardarli mi viene il caldo.
“Non sapevo che fare.” Rispondo infine.
“Quindi vieni a rompere le scatole prima che io mi possa svegliare?”
“Si.” Rispondo semplicemente. Scruto Ran. I capelli biondi, mossi e al profumo di pesca sono tutti spettinati e indossa un pigiama azzurro chiaro dove ci sono stampati dei cuoricini  blu. Fra poco le rido in faccia.
“Non una parola sul mio pigiama.” Scandisce lentamente.
Ridacchio. “Ma come? E’ così grazioso.” Mi fulmina con lo sguardo. “Poi quei cuoricini sono il massimo!”
Mi guarda male. “I pigiami sono traditori.”
“No, invece. Mi aiutano a conoscerti meglio.” Scherzo io. “Cos’è quello un orso?” Indico un animale che apparentemente dovrebbe essere un orso nella canottiera del suo pigiama.
“Veramente dovrebbe essere un panda.”
“Davvero? Non si direbbe.”
“Ma che dici?! Si vede benissimo che è un panda!” Abbassa la testa per guardare meglio la stampa della sua maglietta.
“Secondo me è un orso.
“Boh. Comunque perché sei già lavato e cambiato un’ora prima di scuola?”
“Ho fatto un altro sogno, Ran. E lo sai qual è la cosa strana?” Rimane in silenzio, come per incitarmi a continuare. “Sembrava più che reale. Non come un sogno normale, ma come un episodio accaduto davvero. Pensavo, dicevo e facevo quello che volevo, quello che il mio cervello comandava.”
“Ho sentito che può capitare di essere capaci di controllare le proprie azioni in un sogno.” Si sfrega gli occhi. “Hai già fatto colazione?”
“A dire la verità, no. Ma non ho fame e non è questo il punto.”
“Ok, allora mentre mi racconti io faccio colazione.” Va in cucina e prende del latte e del caffè dal frigorifero. Mentre cerca lo zucchero nella credenza, io mi accomodo in una sedia. Posa il tutto sul tavolo e mi dice: “Che succedeva nel sogno?”
Le racconto dettagliatamente il sogno. Ovviamente, quando le dico che quello mi chiamava “piccoletto” e che io ricambiavo con “vecchiaccio”, scoppia a ridere rumorosamente.
“Tantissima stima verso il vecchiaccio!”
“Ah, grazie tante Ran.” Proferisco io sarcastico. “Sapeva tutto di me, era una cosa pazzesca.”
“Non so che dirti, i tuoi sogni sono così…” Esita un istante. “…strani.”
Sospiro. “Parliamo d’altro.”
Ran annuisce e osserva la borsa della mia macchina fotografica. Il suo sguardo s’illumina, mi guarda e prende nelle sue mani la suddetta borsa. La apre e ne estrae lo strumento contenente. Inizia a guardare le foto. Noto il continuo cambiare delle sue espressioni: felicità, gioia, ammirazione, entusiasmo, tristezza…in questo momento mi sento davvero fiero delle foto che ho scattato. Chiunque lo sarebbe percependo tutte quelle emozioni che sono state proprio le sue foto a provocare. Di solito, quando qualche mio amico scopre la mia passione per la fotografia, non prova molto interesse, ma lei è tutta un’altra storia. A lei importa sempre, non mostra mai del disinteresse.
“Ma, ma, ma…sono tutte bellissime!”Balbetta improvvisamente.
Rido. “Beh, vedo che ti piacciono.”
“E molto anche!” Mi porge la macchina fotografica e io la tengo in mano per un po’. “Sarà meglio che mi vada a cambiare.” Si alza dalla sedia, posa il latte e il caffè, preparato probabilmente la sera prima, nel frigo e lo zucchero nella credenza. Poi si dirige verso la sua stanza dicendomi che potevo restare lì, se volevo. Quando sento che la porta del bagno si chiude a chiave, comincio a girovagare per casa.
Lascio la macchina fotografica sul tavolo della cucina e imbocco il corridoio che avevo notato entrando.
Noto una porta a vetri socchiusa e non posso fare a meno di entrare in quella camera. Mi rendo conto di essere particolarmente invadente in questo momento, ma non m’interessa più di tanto.
Il salone mi regala un’accoglienza pazzesca. Le mura sono coperte da della carta da parati beige chiaro, con un motivo a fiori intarsiato nella carta stessa. Un divano rosso occupa il centro della parete sinistra e nell’angolo vi è un caminetto che, con questo caldo, non mi aiuta a sentirmi fresco nonostante non sia in uso.
Proprio di fronte al divano, vi è un tavolino di vetro basso, con sopra un vaso riempito da rose e girasoli finti. Attaccato alla parete destra, invece, vi è un mobiletto basso, sul quale alloggia un televisore abbastanza grande.
Accanto al caminetto si trova una grande cassettiera, decorata da centrini e innumerevoli foto. Mi avvicino e le osservo. Una cornice in particolare attira la mia attenzione: una bambina bionda, con tanto di codini e vestitino azzurro, dà la mano a due persone che sembrano i suoi genitori. Suo padre ha i capelli castano chiaro e gli occhi verde smeraldo, mentre sua madre è una signora bionda con gli occhi castani. Sorridono in un modo talmente bello che porterebbero allegria a chiunque guardasse quella foto. Non c’è alcun dubbio: quella è Ran da piccola con i suoi genitori. Sembrano e sono sicuro che fossero una famiglia felice. La vita a volte può essere davvero ingiusta. Poso al suo posto la foto e ne osservo un’altra. Questa volta vi sono una Ran più grande, di almeno dodici anni, che sorride raggiante accanto ad una vecchietta, quella che sicuramente è sua nonna. Le restanti foto, rappresentano quella che dovrebbe essere la nonna di Ran da giovane con un uomo che probabilmente era suo marito e Ran da bambina. Sua nonna le doveva volere molto bene. Di colpo sento una presenza alle mie spalle.
“Vedo che sei parecchio interessato.” Riconosco la voce della mia amica e mi volto.
“Già, sono foto belle.” Ma piene di tristezzaper te.
“Viste da un punto di vista esterno.”
“Ogni foto che è su quella cassettiera, è una pugnalata, non è vero?”
“Una violenta pugnalata data senza pietà.” Completa lei. Sono sicuro che per un attimo ha pensato che non avessi potuto comprendere il suo dolore. Sarà rimasta impressionata o sollevata, almeno credo. “Ma allo stesso tempo, non voglio toglierle, perché sarebbe come strappare un pezzo di me da me stessa.”
“Lasciale, allora.” Mi guarda; vuole capire dove voglio andare a parare. “Ogni foto merita di essere guardata, anche se riporta alla mente brutti ricordi. Sono sempre parte di un qualcosa senza il quale non potresti vivere.” Mentre dicevo tutto ciò, ero rimasto ad osservare quelle cornici, quei momenti immortalati, ora però, la guardo negli occhi. Non è né triste né felice, prova solo conforto e io sono contento di averle fatto quest’effetto. “Queste, però, sono tutte foto alquanto vecchiotte. Bisogna rianimare un po’ la situazione.”
Mi osserva confusa. “In che senso?”
Sorrido ed esco dalla stanza per poi dirigermi in cucina. Prendo la macchina fotografica e inserisco l’autoscatto. “Significa che una foto con il tuo caro amico Ace, potrebbe non essere una pugnalata, a differenza delle altre.” Metto la foto sul tavolo e controllo che possa prendere entrambi.
“No, Ace. Non sono fatta per le foto.”
“Non importa.”
“Non ne voglio fare una, ok?” Quanto deve protestare ancora?
“E sta’ un po’ zitta!” Non so come, ma la zittisco davvero. Non sono veramente arrabbiato, era solo per convincerla che se non si sarebbe fatta questa foto, mi sarei arrabbiato. Premo il bottone che fa partire il conto alla rovescia dell’autoscatto: dieci secondi.
“Bene mettiti qui. Io starò leggermente dietro di te.”

7 secondi

“Perché dietro di me?”

5

“Ricordi? Sta' zitta e fatti scattare questa foto.”

3

La abbraccio da dietro, cingendole i fianchi con le braccia. Sembra sorpresa, ma io non ci faccio caso e sorrido soddisfatto.
Bene, la foto è fatta.
Sciolgo l’abbraccio e corro a vedere la foto. Speriamo che io non sia venuto con gli occhi chiusi o Ran con la faccia troppo sorpresa. Quando la vedo, però, mi rendo conto che è semplicemente perfetta. Giusta illuminazione, giusta inquadratura e dei sorrisi non forzati.
“Osserva e loda questa foto, Ran.” Le passo la macchina fotografica e la vedo sorridere.
“Ok, è venuta bene.”
“E meno male che non eri fatta per le foto.”
“Non sai da quant’è che non mi veniva scattata una foto, credo sia stato dalla morte della...”Ingoia pesantemente. “…della nonna.” Il suo sguardo è nuovamente triste.
“Dai Ran, non fare così…piuttosto, pronta per la noiosissima lezione di storia della professoressa Rickens?”
“Prontissima.” Dice sarcasticamente. “Andiamo, dai.”
“Posso lasciare la macchina fotografica qui? Non potrei perdonarmi se succedesse qualcosa al mio gioiellino.”
Ride. “Al tuo gioiellino?”
“E certo! Il mio fantastico gioiellino.” Amo la mia macchina fotografica, si merita davvero di essere chiamata “gioiellino”.
“Lasciala qui, allora. Il liceo è un posto troppo pericoloso, Ace.” Proferisce con teatralità.
“Ok, allora colgo la palla al balzo e la lascio qui.” Scherzo io.
“Bene, andiamo adesso.”
Usciamo da casa di Ran, che chiude accuratamente la porta e il cancello di casa sua. Durante il tragitto stiamo rigorosamente in silenzio. Quando arriviamo davanti alla scuola, la campanella non è ancora suonata. Meno male. Vedo Kyle e Derek arrivare tutti contenti, così gli faccio un cenno di saluto, prontamente ricambiato. Noto, però, una cosa strana: il sorriso stampato sui loro volti si spegne e diventano d’un tratto seri. Io e Ran ci avviciniamo.
“Ragazzi!” Mi metto tra di loro e do ad ognuno di loro una pacca sulle spalle.”Come va?” Ran, avendo notato qualcosa di strano, ci avverte di dover andare a prendere dei libri nel suo armadietto e si allontana. Io mi metto davanti ai miei due amici e gli domando: “Si può sapere qual è il problema?” La faccia seria di Derek si trasforma in un sorrisetto malizioso.
“C’è qualcosa che devi dirci, Ace?” Odio quando devono comportarsi in questo modo.
“Non c’è niente!” Sbotto io improvvisamente nervoso.
“Ehi, calmati.” Cerca di tranquillizzarmi Kyle.
“Ti stiamo facendo questa domanda perché ti vediamo molto preso da questa ragazza, più che da ogni altra.”
“Dobbiamo far finta di essere fidanzati, o no? Grazie a Felicity, lo sa tutta la scuola!” Bisbiglio io.
“Non credo si tratti solo di questo, Ace.” Mormora Derek. Sono davvero così preso da lei? In effetti, non mi sono mai aperto tanto con una ragazza, alla fine lei sa cose di me che non sa nessuno. Mi sento molto vicino a Ran e questo non posso certo negarlo, ma mi da fastidio che il nostro rapporto debba essere frainteso.
“Non c’è niente di più, davvero.” Mi guardano scettici e non fanno che ricordarmi quanto siano sospettosi riguardo a questa storia. “Allora, mettiamola così.” Comincio io infastidito. “Ran mi piace, ma non in quel senso. Mi piace come amica e come compagnia.”
“Ed esteticamente?” Mi domanda Kyle. Ma che domanda è?
“Ha importanza?” Mi affretto a rispondere.
“Si, che lo ha. E’ per una mia, anzi…” Guarda a sottecchi Derek. “…per una nostra curiosità personale.”
“Allora non sono tenuto a rispondervi.”
“E dai, Ace! Non fare il prepotente egoista.” Mi supplica Derek. Sospiro e mi decido a rispondere, alla fin fine sono sempre i miei migliori amici.
“Certo che mi piace esteticamente.” Loro esultano come se avessero vinto alla lotteria. “Ma che avete da esultare?!” Uno gli dice la verità, la purissima verità e loro fanno i cretini. Sbuffo arrabbiato e me ne vado via. Entro con passo veloce nella scuola e mi dirigo verso il mio armadietto. Lo apro, prendo il libro di biologia e lo chiudo violentemente.
“Nervosetti?” Mi ritrovo Adam davanti. Gli rivolgo uno dei miei migliori sguardi assassini.
“Non è giornata, Adam.” Comincio a camminare verso l’aula della prima ora.
“Ma scusa, che ho fatto?” E proprio in quel momento, mi accorgo che lui non c’entra proprio niente con il mio nervosismo. Mi fermo e dico: “Scusa, è che Kyle e Derek hanno il potere di farmi inferocire, quando vogliono.”
Sorride e mi chiede: “Che è successo?” Sospiro e gli racconto l’accaduto.
“Capisco. Non arrabbiarti, stavano solo scherzando e comunque tu hai detto la verità e anche loro lo hanno fatto. Non puoi negare il fatto che sei preso da lei.”
“Lo sono troppo?” Per un attimo mi passa per la mente il pensiero che io stessi diventando assillante per Ran e poco presente per i miei amici. Adam, però, smentisce tutti i miei timori.
“No, Ace. Non lo sei. State diventando parecchio amici e non ci vedo nulla di male.”
“Almeno una persona intelligente c’è.”

Driiiiiiiin Driiiiiiin.

Accidenti! La campanella. Io ed Adam cominciamo a correre e mentre facciamo ciò, lui mi dice: “Comunque, non innervosirti. E’ normale avere discussioni del genere.” Gli sorrido con gratitudine e quando arriviamo nel corridoio dove si trova la classe dove si svolgerà la lezione, notiamo che anche la professoressa sta arrivando in questo momento. La salutiamo allegri.
“Salve Prof.!” Esclama Adam.
“Ciao, Adam, Ace.” La professoressa Jenkins è sempre stata simpatica e solare, con lei siamo più aperti. Poi il fatto che insegni una delle mie materie preferite, la rende a maggior ragione la miglior professoressa di tutte (senza offesa per le altre). “Ma che avete fatto? Siete tutti affannati!”
“Ci siamo precipitati qui correndo.” Spiego io con il sorriso sulle labbra.
“In poche parole, non vi siete resi conto dell’orario?”
“Esatto.” Diciamo io e Derek all’unisono.
 La professoressa ride e borbotta: “Ma che alunni sbadati ho!” Ci da dei colpetti sulle spalle ed entriamo in classe.
“Buongiorno, ragazzi!” Saluta gli altri mentre noi raggiungiamo i nostri posti. Proprio quando sto per sedermi, scocco un’occhiata a Ran; anche lei mi sta guardando. Le sorrido e anche lei lo fa.
“Bene, cominciamo o no questa lezione?” Ci domanda la professoressa Jenkins.
“Dobbiamo proprio rispondere?” Claire, una ragazza abbastanza spavalda, esprime la sua opinione, suscitando una risata generale.
“No, Claire. Comunque sia, se la lezione non è di tuo gradimento puoi anche uscire fuori dall’aula, evitando di deliziarci con le tue battute del tutto inopportune.” La professoressa deve essere stufa di Claire, poiché non è la prima volta che dice una cosa del genere. Per tutta risposta, la ragazza sbuffa, ma non proferisce parola e la professoressa comincia a spiegare e a scrivere sulla lavagna.
Kyle, che è seduto davanti a me, si gira e mi bisbiglia: “Ti sei davvero arrabbiato?”
“No sai? A me piace far finta di arrabbiarmi! Non ho niente di meglio da fare!” Non so perché gli rispondo in questo modo, credevo di essermi calmato. Invece, la rabbia ribolle nuovamente in me, vanificando le parole di Adam.
“Dai, Ace. Stavamo solo scherzando. Non prendertela.”
 “Io me la prendo quanto voglio, Kyle.” Apro il libro alla pagina scritta alla lavagna dalla professoressa e lui si gira, permettendomi di seguire la lezione. Per così dire, intendiamoci. La mia mente ormai è partita.
Pensandoci bene, non ho raccontato a Kyle di quello che mi sta accadendo. Dei miei poteri, di Ran, dei sogni…e mi rendo conto di non avere intenzione di dirgli niente, né a lui, né a nessun altro.
Che cosa triste, e dire che io e lui ci siamo sempre detti tutto, dalle cose più bizzarre alle cose più serie. E’ come un fratello per me, non c’è persona al mondo che mi conosce meglio di lui. Un po’ mi dispiace non raccontargli che il suo migliore amico ha dei poteri straordinari, come a lui piaceva immaginare, ma sento che in questo momento la cosa deve rimanere segreta, inaccessibile a chiunque.








Lo stupido angolo dell'autrice


Ehm...sì, credo di dovere delle spiegazioni. 
Ma prima faccio una premessa: scuola.
Io odio la scuola. 
Ecco, adesso capite? 
Interrogazioni, compiti in classe, pagelle e pagellini...BASTA!
E la professoressa di matematica viene pure a dirmi che vuole un'interrogazione migliore.
Risparmiami. 
Lasciamo perdere i miei altamente.intricati-complessi-a-sfondo-scolastico per immergerci 
nel fantastico mondo di Ace!
No, seriamente. Vorrei essere io Ran. Ok, sto decisamente delirando. 
Ma Ace è così carino e coccoloso (?), dovrebbero essere tutti come lui! u.u
Innanzitutto, a voi come va la vita? Spero bene:)
Sto scrivendo questo angolino di fretta e furia, perché tecnicamente
ho un appuntamento dal medico e dovrei sbrigarmi. 
Quindi, se lo troverete strano o piuttosto stupido (come d'altronde dovrebbe essere), 
conoscete il perché.
La villa della nonna di Ran è pazzesca. Mi piace da morire, anch'io 
vorrei avere una parete o un mobile pieno di foto. 
Le amo. Quando scatti una foto, non immortali solamente le persone
o le azioni che stanno compiendo in quel preciso istante, ma anche le 
emozioni, i sentimenti che si sono provati. 
Per questo sono qualcosa di...magico.
Oh, yeah, sto diventando dolce! (?)
L'altra volta pensavo che mi piacerebbe scrivere qualcosa, 
magari una one-shot, dal punto di vista di Ran. 
Voi cosa ne pensate? 
Fatemelo sapere nelle recensioni!:)
Cerchero di essere più puntuale, ringrazio tutti 
e vi saluto calorosamente. Devo scappare!
Ciaoooooooooooooooooo :)

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Capitolo 12
*** Ira brevis furor est ***


Capitolo 11








Direi che oggi è un giorno da segnare sul calendario. Non ho fame, e questa si che è una cosa strana ed epica. E dire che non ho fatto nemmeno colazione! Mi dirigo comunque in mensa, più che altro per chiarire con Kyle e Derek, credo che il nervoso mi sia passato.
Entro in mensa e mi guardo intorno; non sono ancora arrivati. Quando mi giro, per uscire da quel luogo affollato, mi sento afferrare dal polso. Credo già di sapere chi è, lo noto dalla sensazione di frustrazione mista al disgusto che mi pervade.
“Ace.” Biascica con quella vocetta che mi fa saltare i nervi.
Mi volto, con un bel sorriso finto stampato in faccia e un’aria apparentemente tranquilla. “Felicity. Qual buon vento?” Certo che questo “buon vento” ce la deve avere per forza con me.
“Credo che sia solo destino, Ace.” Ma quale destino avverso e sfortunato mi si è rivoltato contro? Con uno strattone mi libero dalla sua presa in stile colla-attack e nei suoi occhi celeste chiaro percepisco un certo disappunto, dovuto probabilmente al mio gesto.
“Che c’è, Felicity?” Con la mano perfettamente curata, si porta indietro i lunghi capelli, mettendo in atto la sua strategia “acchiappa ragazzi”.
“Niente, volevo stare un po’ con te. C’è qualcosa di sbagliato?” Prima che io possa ribattere con un bel “Si, c’è qualcosa di sbagliato” o con un “vattene” decisamente meno cordiale, lei mi stringe nuovamente il braccio e mi trascina fuori dalla mensa. Continua a correre con me al seguito, costretto a seguirla. La sua stretta è abbastanza debole da poter essere facilmente debellata, ma non faccio niente e continuo a seguirla perché liberandomene potrei farle male e non sono così stupido. Per quanto mi possa dare fastidio, è solo una ragazza che ci prova con me e che è abituata ad avere una schiera di ragazzi, a cui lei non darà nemmeno retta, ai suoi piedi. Finalmente si ferma, davanti ad un fila di armadietti grigio metallizzato, decorati da adesivi e abbellimenti vari procurati dai proprietari degli armadietti stessi. Credo che tra quelli ci sia anche il suo. Adesso la domanda è: perché mi ha portato qui? In una zona della scuola al momento desolata? Mi libera il braccio e io mi appoggio agli armadietti.
“Sai, Ace, non ho mai capito perché tu non sei mai caduto ai miei piedi, perché non mi hai mai chiesto di uscire o di diventare il mio ragazzo.” Wow, ora parte il discorso filosofico da film. Lo dovrei ascoltare? Ma si, un po’ di divertimento a volte non fa male! “Sei…diverso.” Oh, e non immagini quanto.
“E con questo?” Non rispondo in modo acido solamente perché voglio davvero ascoltare quello che ha da dirmi.
“Mi hai stupito e continui a farlo ancora oggi.” Prende a camminare avanti e indietro, tira un sospiro e ricomincia a parlare. “Rispondi con acidità e mi spiattelli in faccia quello che pensi. Come l’altra volta alla festa, ad esempio. Mi hai detto a chiare lettere che il mio vestito ti faceva schifo e nessuno mi aveva mai rivelato una cosa del genere.”
“Era la verità.”
“Lo so. Andiamo, Ace…da quant’è che ti vengo dietro?” Da parecchio, anche troppo. Non rispondo poiché penso che la signorina volesse continuare il suo elogio nei miei confronti, invece si ferma, come se volesse una risposta da me.
“Se non lo sai tu, lo posso sapere io?” Seriamente, in un film che si rispetti lei non si sarebbe mai fermata per pormi effettivamente quella domanda.
Sospira. “Da tanto, tanto tempo. Non hai mai ceduto ai miei complimenti e al mio carisma. Rimani sempre indifferente.” Si ferma davanti a me e mi guarda negli occhi. “E’ per questo che mi piaci.” Anche se è sempre stato sottinteso, sentirmelo dire in faccia provoca in me un certo imbarazzo che cerco immediatamente di reprimere.
“Ma tu non piaci a me, non sei mai piaciuta.” Ammetto io con durezza.
Ridacchia scuotendo il capo, lievemente triste. Forse sono stato un po’ troppo duro. “E quando dici queste cose mi piaci ancora di più.”
“Allora sei masochista.” Non è normale, no, non lo è, ne sono certo.
“Sicuramente.” Risponde lei come se la cosa fosse ovvia. “Ma cosa ti costa conoscermi meglio?”
“Felicity, ti risparmio l’infelice delusione di sentirti illusa. Non sei il mio tipo.” Risolvo io semplicemente.
“E che ne sai?” Mi domanda con superbia.
“Ne so abbastanza per arrivare a dire una cosa del genere.”
“Quel giorno…quella ragazza mi aveva provocato.” Tutto ad un tratto mi sento nervoso e penso seriamente di dover prendere una tazza di camomilla prima di affrontare un giorno al liceo.
“Ti rendi conto di quello che stai dicendo?! L’hai umiliata! Ti piacerebbe provare quello che ha provato lei in quel momento?” Non potrò mai scordare quell’episodio, quel giorno, quella cattiveria.
“Quella ragazza aveva baciato il mio ragazzo!”
“Che a me risulta avessi già lasciato.” Si vede messa in difficoltà, lo noto dalla sua espressione.
“Mi aveva rinfacciato il fatto di essersi messa con lui.” Si può essere più meschini? Sta inventando, non è andata così.
“Non è vero e tu lo sai.” La ammonisco io. Mi massaggio le tempie e poi esclamo. “Tra l’altro, parli proprio tu che hai un ragazzo nuovo ogni settimana e non ti fai scrupoli a costringerli di lasciare proprie fidanzate?!” Abbassa lo sguardo; colpita e affondata. Non si può certo negare l’evidenza. Quel giorno, io mi ritrovavo ad attraversare il corridoio dove siamo io e lei adesso. Stavo per girare l’angolo, quando ho sentito delle risatine e una ragazza che parlava. Allora, avevo parlato solo una volta con Felicity, ma già mi aveva, come dire, “avvistato”. Mi nascosi e seguii l’episodio. Le persone che ridevano erano se non altro le amiche-oche di Felicity e qualche altro ragazzo. Stavano prendendo in giro una ragazza, che poi scoprii si chiamava Rosie. Aveva i capelli rossi e le lentiggini, nel complesso però era carina, più di Felicity sicuramente ed era proprio quello che le dava fastidio. Se poi aggiungiamo il fatto che quella ragazza si era messa con l’ex di Felicity, l’odio diventa qualcosa d’incommensurabile. L’ha semplicemente umiliata, screditata davanti a mezza scuola. Rimasi allibito e come al mio solito, non stetti zitto. Andai lì e la difesi. Stava quasi per mettersi a piangere; poverina, quanta pena mi aveva fatto. In quel momento sento accendersi una lampadina nel mio cervello, una lampadina che rimpiango non aver azionato prima di adesso. Solo lei sapeva che Ran era la mia “ragazza”, quindi come faceva Blake a saperlo? Glielo ha detto lei! Blake si è vendicato contro di me e Felicity contro Ran!
“Tu…” Comincio a balbettare con rabbia. “Tu…come hai potuto?
“Fare cosa scusa?” Ora fa la finta ingenua. E no, non funzionerà.
“Pensavi che io e Ran ci lasciassimo? Ti sbagli di grosso.” Un sorrisetto furbo anima il suo volto pieno di trucco.
“Non so proprio di cosa tu stia parlando.” Proferisce tranquilla. Mi stacco dagli armadietti e mi avvicino a lei.
“Non pensavo fossi così meschina! Non credevo che potessi arrivare a fare una cosa del genere!” Sono davvero arrabbiato e sto anche urlando. Avvicinandomi ancora, la costringo ad indietreggiare.
“Ma non ho fatto niente di male!” Grida lei. Finisce per doversi appoggiare al muro.
“Sai che Blake aveva un coltello? Lo sapevi?!” Mi allontano, prendendo un respiro profondo. Di solito non m’innervosisco così facilmente, tento di mantenere sempre la calma.
“Scusa, non lo sapevo.” Dice con voce flebile. Non volevo di certo farla spaventare.
“No, scusa tu, non volevo urlare in quel modo. Comunque sia, mi hai deluso, per l’ennesima volta. Quindi ciao, non abbiamo più niente da dirci.”
Comincio ad allontanarmi, quando sento lei che dice: “Una settimana, una sola settimana. Stai con me una sola settimana e conoscimi davvero.” Se si fosse trattato di un’altra persona, avrei accettato, forse per compassione o forse per vero interesse. Nel suo caso, però, non c’è niente che m’induca ad accettare.
“Quale parte della frase “io sono fidanzato con Ran” non ti è chiara?”
“Lasciala, so che non ti piace davvero.”
“Ecco. Vedi, Felicity? Non potremmo mai stare insieme.” Detto ciò me ne vado via, senza esitare, senza far caso ai suoi continui richiami. Guardo l’orologio: la pausa pranzo sta per finire e io non ho per niente voglia di fare lezione. La campanella suona e un fiume di ragazzi m’investe. Ora ho inglese, per giunta. Nonostante il delirio iniziale, non posso fare a meno di pensare alla discussione con Felicity. Sto fermo a rimuginare, fin quando mi accorgo che sono rimasto solo nel corridoio. Cavolo! La lezione è iniziata da ben cinque minuti. Ora la professoressa mi ammazza. Corro e arrivo in classe, bussando e spalancando la porta proprio mentre la professoressa stava chiamando me all’appello.
“Ace Harlem.” Si girà verso di me. “A quanto pare il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Oggi i tuoi genitori saranno contenti di ricevere un altro richiamo da parte mia.” Tengo in bocca tutti gli insulti (e sono davvero tanti) che mi vengono in mente in quel momento.
“Scusi, professoressa. Non avevo fatto caso alla campanella.” Scoppia a ridere, come se avessi appena raccontato una barzelletta.
“Harlem! Stai scherzando, vero? Il richiamo non te lo toglie nessuno, quali pensieri puoi avere alla tua età?!”
“Che ci creda o no, anche io ho i miei pensieri, professoressa. Non è nemmeno sera e già questa giornata sta andando per il verso sbagliato, quindi cerchi di non rompere anche lei. Ci prova gusto a torturarmi? Bene, scriva e firmi quel maledetto richiamo così lo faccio vedere ai miei genitori e la sua vita potrà continuare liscia e serena. Ne ho già abbastanza.” Per quanto abbia sempre cercato di trattenermi, sempre, ad ogni sua lezione, oggi sono scoppiato. Ho detto tutto ciò ad un fiato e non me ne pento poi così tanto, tranne per il fatto che so che mi farà espellere (perché lei può) o mi darà una bella punizione.
“Bene, Harlem. Vedrà, non sarà solo un semplice richiamo stavolta. Vada a sedersi.”
Benissimo, mi sono cacciato in un bel guaio.

***

Infilo la chiave nella toppa e apro la porta. So che stasera mi aspetterà una bella sgridata da parte dei miei genitori, per quello che è successo oggi a scuola, ovviamente. Sono stato convocato dal preside, al quale ho spiegato che era stata una giornata piena di nervosismo e che, a causa dei ripetuti richiami giustificati da parte della professoressa, me la sono presa con lei. Lui mi ha liquidato immediatamente, rassicurandomi sul fatto che non ci sarebbero state delle gravi conseguenze, a causa della mia buona condotta e della mia media alta. Poi mi ha anche rivelato, con fare scherzoso, che conosce la professoressa d’inglese, poiché sono vecchi amici e che sa quanto sia permalosa. E’ una fortuna avere un preside del genere. Ovviamente, l’arpia avrà chiamato i miei genitori, ne sono certo. Non gli sarà bastato il richiamo del preside e la nota sul registro…si vuole assicurare che abbia pure una bella punizione. Entro in cucina, butto lo zaino sulla poltrona e mi dirigo verso il frigorifero per prendere dell’acqua fresca. La verso in un  bicchiere di vetro e mi giro, volgendo lo sguardo verso il salone. Sobbalzo quando scorgo i miei genitori seduti sul divano con un espressione indignata stampata in volto.
“Ace!” Incominciamo bene. Ma come mai sono rincasati così presto?
“Come mai siete già a casa?” Domando io, ignorando il tono duro utilizzato da mio padre pochi secondi fa.
“Questo non importa.” Fa un gesto con la mano. “Cosa ti è saltato in mente?!”
“Ace, siamo molto delusi dal tuo comportamento. Non ci aspettavamo che tu, proprio tu, potessi ricevere un richiamo dal preside.” E io che credevo ci fosse una possibilità, una minima possibilità, in cui avrebbero capito, in cui non avrebbero affrettato conclusioni. Evidentemente chiedevo troppo.
“Insomma! Non si risponde in quel modo, a prescindere da quanto la professoressa possa essere seccante!” La voce di mio padre rimbomba, possente.
“Lasciate che vi spieghi, no? Avevo litigato con Kyle, Derek e una mia amica.” Mi schiarisco la gola quando pronuncio l’ultima parola. Felicity non è una mia amica, ma in questo momento, non trovo  il termine più giusto da utilizzare. “Ero nervoso, estremamente nervoso. Mi ero messo a pensare e non ho sentito la campanella.”
“Come fai a non sentire la campanella, Ace? Come fai?” Mio padre si mette una mano sul volto, come se fosse disperato. “Se devi mentire, almeno abbi la decenza di inventare frottole credibili!” Rimango immobile, sconcertato. Pensa che stia mentendo?
“Papà, io non sto mentendo! E’ la verità, se vi avessi mentito e sai che non lo avrei fatto, avrei davvero detto qualcosa di credibile. Questa è la verità, che ti piaccia o no!” Il tono della mia voce è più alto del solito. So che alzare il volume non porta a niente, eppure è una cosa naturale, quasi come respirare.
“Dì la verità! Che è successo realmente?” E’ cretino, allora! Mi dispiace pensare queste cose di mio padre, ma deve essere ottuso per non capire che sto dicendo la verità.
“Hai sbattuto la testa da qualche parte?! Ti ho appena detto che è questa la verità! Quando quella strega mi ha spiattellato in faccia il fatto che avrebbe firmato un altro richiamo da farvi vedere, con un’aria soddisfatta, le parole sono uscite da sole dalla bocca.” Restano un attimo in silenzio, guardandomi irati.
“E tu, mamma? Non hai niente da dire?” Mi sto arrabbiando anche con loro, non ci posso fare niente. Il viso di mamma si contorce in un espressione dapprima stupita e poi corrucciata.
“E’ davvero questa la verità, Ace?” Allora sono cretini entrambi. Sto parlando in aramaico o in cinese?
“Si!” Urlo io.
“In punizione. Per tre settimane. A meno che tu non dica la verità, raccontando quello che è successo veramente oggi.” Taglia corto lui. Noto che sui fornelli vi è un bollitore; mia madre ama il tè. Chissà come sarebbe fargli prendere fuoco…un attimo…che diamine sto pensando?!
“Ma, papà…”
“Basta. Discussione chiusa.” Discussione chiusa un corno. Tre settimane, finché non dico la verità. Ringhio, su tutte le furie, mi volto e mi dirigo verso la porta e prendo le chiavi di casa, rigorosamente poggiate sul tavolino all’entrata.
“Dove stai andando?” Domanda mio padre furioso.
“Non ti, anzi, non vi riguarda.” Non mi ero mai comportato così con loro, è come se oggi fossi impazzito, lasciando il senno in una cassaforte di cui ormai non ricordo la combinazione.
“Ace!” Le loro urla mi sembrano così lontane, nonostante la distanza minima tra noi. Mentre chiamano il mio nome, li sento avvicinarsi. Apro la porta e la sbatto chiudendola dietro di me. Comincio a correre, in modo che non mi possano raggiungere e riportarmi in casa.
Non ho una meta, sto semplicemente correndo verso un luogo a me sconosciuto.
Sento il vento sferzarmi il volto e scompigliarmi i capelli. E’ una bella sensazione questa.
Essere consapevoli di trovarsi lontani da tutto e da tutti, di star correndo verso una luogo non preciso, solamente per sbollire la rabbia, fregandosene di quello che ti accade intorno. Non posso ignorare la sensazione provata mentre litigavo con loro, una sensazione che m’induceva a distruggere qualcosa, a far accadere qualcosa per mano dei miei poteri. Le idee c’erano, si ammucchiavano una sopra l’altra nella mia mente, come la polvere che va a crearsi sui mobili, su un oggetto. Mancava solamente il mio volere. Non voglio certo farli spaventare o far loro del male, per quanto io possa essere arrabbiato.
Corro ancora, veloce…fin quando mi fermo, ansimante.
Resto per un po’ con la testa china, con i capelli neri che mi coprono gli occhi color ametista. Quando alzo lo sguardo rimango sorpreso: sono finito davanti a casa di Ran.
In effetti, oggi ho dimenticando di andare a prendere la mia macchina fotografica e poi, sento di aver bisogno di un’amica, di aver bisogno di lei. Scavalco il cancelletto, decidendo di andare direttamente a suonare il campanello. Premo il bottone, con insolita delicatezza, delicatezza che in realtà nasconde una profonda impazienza. Apre la porta e mi dice prontamente: “Che è successo?” Non usa un tono freddo e scocciato, ma caldo e ricco di comprensione. “Vieni, entra.” Mi fa cenno di entrare e si chiude la porta dietro. Senza pensarci ulteriormente, la abbraccio. Lei è presa alla sprovvista, lo sento dai muscoli tesi del suo corpo. Affondo il viso tra i suoi capelli al profumo di pesca e mi sento d’improvviso calmo. Da quando in qua ha questo potere su di me? La sento finalmente rilassarsi fra le mie braccia.
“Non stai usando la magia, vero?” Domando io scettico.
“Che magia?” Mi risponde lei confusa.
Ridacchio. “Niente, lascia stare.” Chiudo gli occhi e respiro un’altra boccata del suo odore. Stiamo in silenzio e ad un certo punto, Ran chiede ironica: “Mi ci devo abituare, ai tuoi abbracci?”
“Non saprei…tu cosa vorresti?” Sta zitta, probabilmente stupita dalla mia risposta. Intanto, rimaniamo sempre abbracciati, come fosse la cosa più naturale del mondo.
“Non lo so. Tu, invece?”
“Non lo so.” In questo momento, rimarrei così per sempre. E’ come essere vittime di un incantesimo…un incantesimo che ti assicura felicità e tranquillità interiore. “Oggi è stata una giornata…difficile.” Mi sciolgo lentamente dall’abbraccio, che questa volta è servito a confortare me.
“I tuoi genitori?” Domanda lei come se mi avesse letto nel pensiero. Annuisco e mi fa cenno di seguirla. Mi porta in balcone, dal quale si accede attraverso una stanza con un letto che probabilmente è una camera per gli ospiti. Ran si appoggia alla ringhiera, con lo sguardo rivolto verso ciò che si estende sotto di noi. Si tratta di un piccolo boschetto, col prato inglese e qualche albero dal tipo a me sconosciuto. “Avanti, racconta.” Mi sistemo nella posizione opposta alla sua, ovvero con la schiena e i gomiti appoggiati alla ringhiera di ferro che sarà stata ridipinta nel tempo con della vernice grigio metallizzata.
“Stamattina litigo con Kyle e Derek perché devono fraintendere il…” Mi fermo e mi accorgo che la persona con cui sto parlando è proprio la ragazza facente parte del “rapporto parecchio fraintendibile”.
“Cosa devono fraintendere?” Mi chiede per incitarmi, guardandomi. “Se non me lo dici tu, ti induco io a finire la frase.”
“Ok ok, possibile che la manipolazione mentale sia così utile?” Sospiro. “Devono fraintendere la…nostra amicizia.”
“E che dicono su di noi?” Dicono semplicemente che sono preso da te e si sono eccitati perché gli ho detto che mi piaci esteticamente.
“Niente, solo cretinate.” Taglio corto io.
“Guarda che ti costring…” Non le lascio finire la frase che subito mi affretto a dire.
“Non usare i tuoi poteri in situazioni inopportune, Ran.” Le do un buffetto sulla guancia. “Non si fa.” E le faccio no con l’indice, proprio come se stessi parlando con una bambina di due anni. Lei mi abbassa la mano con la sua, incitandomi a continuare il discorso.
“Poi ci si mette Felicity, che viene a farmi un discorso in cui ha dichiarato apertamente il suo ‘innamoramento’ nei miei confronti e il masochismo nei suoi.” Direi che come riassunto della chiacchierata con Felicity è abbastanza banale.
“Felicity Arrows, masochista? Ne sei certo?”
“Mi ha detto che, quando le dico cosa penso di lei, e sono sempre cose negative, le piaccio ancora di più.” Ran mi guarda scioccata. Nemmeno lei si aspettava una cosa del genere.
“Allora le piaci proprio tanto.” Il suo sguardo lontano, è pensieroso. Dovrei dirle che Felicity c’entra con il suo “rapimento”? So che la mia amica è abbastanza forte da potersi tirare fuori dal qualsiasi situazione e che non ha utilizzato i suoi poteri solo perché voleva vedere se io ero l’ultimo Racane, però non deve essere stata un’esperienza tanto divertente.
“Non saprei. “ Abbandono la posizione tenuta fino ad allora e siedo sul pavimento, con la schiena appoggiata al muro bianco e le gambe piegate. Ran avverte il mio movimento e si sistema a gambe incrociate di fronte a me.
“Eri nervoso. Per questo quella reazione con la professoressa, oggi?” Chiudo gli occhi. “Esattamente. Il preside mi ha giustificato, perché non avevo mai preso note e non ero mai stato richiamato da lui. Poi mi ha anche confessato che conosce al di là del piano professionale la professoressa e sa che è parecchio permalosa. Quindi il problema rimane l’arpia. Ma sai qual è la cosa peggiore?”
Apro gli occhi. Noto che mi sta fissando e fa cenno di no con il capo.
“I miei genitori non mi credono. Mio padre non pensa che io non abbia sentito la campanella. Mi hanno messo in punizione per tre settimane, che magari diminuirebbero se io dicessi questa immaginaria verità.” Restiamo in silenzio. Incasso la testa fra le ginocchia. “Non voglio tornare a casa. In poche parole sono scappato, con loro che urlavano il mio nome al seguito.”
“Sei uno stupido.” Mormora lei. Alzo la testa e la osservo. Sorride tristemente. “A quest’ora saranno preoccupatissimi per te.” In questo momento non me ne frega proprio niente se si stanno preoccupando o no. Magari durante questi minuti capiranno che ho detto la verità. “Ace, ragiona.” Il tono della sua voce è apprensivo, carezzevole.
“Io non torno a casa. Non stasera, almeno. Posso restare qui?” Mi alzo e Ran mi segue con lo sguardo. Sono stato molto sfacciato a chiederle ciò, ma rivedere i miei genitori in questo momento è proprio l’ultima cosa che desidero. “Sembrerò sciocco e so di esserlo.” Mi fermo un attimo. “Però, per favore, fammi restare qui.” Le faccio gli occhioni dolci, nella speranza di convincerla.
“Non guardarmi in quel modo.” Distoglie lo sguardo. “Ritorna a casa, Ace.” Mi raccomanda piano con nella voce una dolcezza incredibile, con una dolcezza che non avrei mai associato a lei, alla sua personalità.
“Per favore…solo una notte, lo prometto.” Si gira nuovamente verso di me. I suoi occhi scintillano ed un guizzo di poca convinzione li attraversa.
“Ace…” Scuote la testa. Non per dirmi no, però. E’ come se stesse riflettendo e dentro di lei si aggirassero pensieri e suggerimenti discordanti.
“Ti prego.” Mormoro io implorante, in un tono che non si addice per niente a me.
Non dice niente. Va bene, ho capito, me ne vado a casa. Faccio per andarmene, quando la vedo sorridere impercettibilmente. Capisco che quello è un sì e che lei, nonostante il suo evidente disappunto, mi sta facendo un grande favore. Sorrido anche io e le prendo le mani tra le mie.
“Grazie, grazie mille. Davvero.” Le sue mani fredde aderiscono alle mie.
“Sei caldissimo.” Bisbiglia lei abbassando la testa, probabilmente per guardare incredula le mie mani. Porta la sua mano sinistra prima sulla mia guancia e poi sulla fronte. La sua pelle è davvero morbida e fresca. “Non è che hai la febbre?” Le scosto delicatamente la mano che è ancora posata sulla mia fronte.
“Guarda che io ho una salute di ferro!” Rido leggermente. “Ricordi? Luce, fuoco e gas. Dovrebbe essere normale.” Si ritrae ed entra dentro.
“Sicuramente sarà per questo. Anche perché se avessi la febbre vorresti stare nel letto al caldo e borbotteresti parole senza senso.” Entriamo nella stanza che io avevo giudicato come quella degli ospiti. Accende la luce. “Questa sarà la tua stanza, almeno per stanotte.” Osservo meglio il mobilio della camera.
Vi è un armadio di legno scuro, una cassettiera con sopra un largo specchio decorato e dall’aria antica. Il letto è provvisto di coperta e lenzuola e accanto ad esso è sistemato un piccolo comodino sempre in legno scuro. Infine, una scrivania dello stesso tipo di legno degli altri mobili, ospita una vecchia macchina da scrivere grigia. A lato vi sono pure dei fogli bianchi e una lampada da tavolo provvista di una delicata cordicella di metallo che funge da interruttore. Il dipinto di una natura morta è contenuto in una cornice dorata e appeso accuratamente al muro.
“Quello lo ha dipinto mia nonna.” Mi risveglio dalla trance e guardo la mia amica che, invece, sta fissando il quadro. “Quando era giovane amava dipingere ed era pure brava.” Si ferma un attimo per prendere fiato o secondo me, per raccogliere quel poco di forza che le serve per continuare a parlare. “Nello sgabuzzino sono conservati ancora il suo cavalletto, la sua tavolozza, qualche tela già dipinta e qualcuna ancora vuota. Una volta mi è sembrato anche di scorgere qualche bottiglia di colore, ma non ne sono sicura.”
“Era molto brava.” Doveva tenere molto a sua nonna. Quando ne parla, una grande tristezza le vela gli occhi. “Comunque Ran, con cosa dormo?”
“Eh?!” Esclama lei stizzita.
“Con cosa dormo?” Alla fine questa domanda che è servita se non altro a sdrammatizzare un po’, merita veramente una risposta.
“Con i vestiti?” Ironizza lei.
“Secondo te devo dormire con i jeans? Mi sciolgo tra le lenzuola!” A meno che non voglia lenzuola grondanti del mio profumatissimo sudore…
“Ace, ci sono solo cose da donna in questa casa. Se poi vuoi una camicia da notte, possiamo anche parlarne…” Mi sta prendendo in giro? Io non ci dormo con i jeans, sono troppo caldi.
“Io con una camicia da notte? E’ una visione orribile persino per me! Andiamo Ran, non hai un pantalone che ti sta largo?” Sento lei che scoppia a ridere all’improvviso. “E adesso cos’hai?”
Balbetta qualcosa di poco comprensibile mentre ride e alla fine quando si è calmata (mi sta deridendo?) biascica: “Mi sono immaginata te con una camicia da notte rosa con i cuoricini!” E ride ancora.
“Guarda che sei tu ad avere i pigiami con i cuoricini!” Ancora devo capire se l’animale che c’era stampato nella canottiera del suo pigiama fosse un orso o un panda. “Con animali dal tipo e dalle origini sconosciute, per giunta.”
“Ah ah, simpatico. E comunque i cuoricini di quel pigiama sono azzurri non rosa.” Precisa lei.
“Beh, alla fine posso dormire anche in boxer.”
Il sangue defluisce nelle sue guance e diventa tutta rossa.
“Che c’è, piccola? Ti imbarazza la cosa?” Ammicco io.
“N-no, assolutamente.” Balbetta Ran. “ Comunque, dovrei avere un pantalone largo da qualche parte. Aspetta che lo cerco.” Esce dalla stanza e la sento salire le scale.
Sfilo il cellulare dalla tasca. 13 chiamate perse.
Per una volta in tutta la mia vita ho fatto bene a lasciare il silenzioso.
Che chiamino quanto vogliono! Mi vedranno domani, probabilmente di sera, perché loro non trascureranno mica il loro lavoro.
E’ in quel momento che mi arriva un messaggio di Kyle.

Aceeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!
Dove sei andato a finire???
I tuoi genitori hanno chiamato
a casa mia, per chiedermi se eri
qui. Sono molto preoccupati.
Non fare cretinate, ok?
‘Notte.


Eccolo qui, il mio migliore amico. Quello che ha voluto intendere con questo sms non è “torna subito a casa, stupido che non sei altro” ma “Ace non fare stupidaggini e torna a casa quando ti sentirai di farlo”. Gliene sono grato. Controllo le chiamate: mamma, mamma, mamma, papà, mamma, papà, papà, mamma...che stiano in pensiero! Non gli farà certo male. Mi guardo intorno. Ran non è ancora arrivata con il mio “pigiama”. Salgo le scale. Mi ritrovo di fronte ad un piccolo corridoio con cinque stanze. La seconda porta a sinistra è socchiusa e ne proviene una forte luce gialla. Sbircio nella stanza senza farmi vedere e vedo che Ran sta girando nervosamente nei cassetti. La sua stanza è dipinta di un leggero azzurro, mentre i mobili sono di legno chiaro, totalmente opposto a quello del mobilio nella stanza di sotto.
“Trovati!” Esulta tutta contenta, girandosi e sobbalzando alla mia vista. “Come fai ad essere così silenzioso? Mi hai fatto prendere un colpo!” Spalanco la porta e lei mi porge i pantaloni.
“Grazie. Comunque chi pensavi che fosse? Un assassino munito di pistola?” Mi dà una leggera gomitata.
“Spiritoso.” Un angolo della sua camera attira particolarmente la mia attenzione. Quattro chitarre sono sistemate accuratamente l’una accanto all’altra. Un leggio, nel quale sono posti diversi spartiti sparpagliati, è in piedi accanto alla scrivania, dove sono posti libri di scuola e di musica. Sulla parete, è stata dipinta una grande chiave di violino con l’inizio di un pentagramma ricco di note. Sulla scrivania si trova anche il portatile con le cuffie ancora attaccate e una libreria ricca di libri scolastici e altro.
“Quello lo ha dipinto tua nonna, vero?” Domando io all’improvviso.
“Si.”
“E’ molto bello. Hai un sacco di libri!” Le indico la libreria. Sorride.
“Ti meravigli per quelli? Oh, non hai visto niente!” Esclama estasiata con gli occhi che le brillano.
“Vieni.” Usciamo dalla sua stanza e scendiamo le scale. Mi conduce verso un'altra stanza. Resto imbambolato appena vi entro. Ogni parete è occupata da immense librerie di legno scuro piene di libri. Un lungo tavolo si estende al centro della stanza, circondato da cinque sedie in pelle nera e ornato da un candelabro in argento posto su un centrino dal motivo intricato e particolare. Un tappeto persiano sui toni del rosso scuro, del beige e del blu notte copre il pavimento in mattonelle lucide. Un lampadario maestoso e ricco di cristalli luccicanti e riflettenti la luce da esso stesso prodotta domina sulla visuale della stanza. Altre lampade si trovano sparpagliate nell’ambiente, una vicina ad un divanetto sempre in pelle nera sistemato vicino all’angolo. Delle tende in velluto dello stesso rosso scuro del tappeto incorniciano due finestre dagli infissi bianchi aperte. Appesi al muro color crema, vi sono dei piccoli quadretti. Mi avvicino incuriosito e noto che non sono né foto né dipinti. Quelle sono frasi; e non semplici frasi filosofiche, ma parole pronunciate da letterari rimasti nella storia.

Ira brevis furor est.
L'ira è un breve momento di follia.
Orazio

Abbasso lo sguardo, incredulo. Questa frase si adatta perfettamente a questa situazione. Eppure, mi rendo conto che è vero. Quando si è arrabbiati si agisce d’istinto, non si pensa alle conseguenze. Solo quando la rabbia sbollisce, ti chiedi che cos’hai fatto e pensi che sarebbe stato meglio pensare, essere ragionevoli, piuttosto che fare stupidaggini. Faccio qualche passo in avanti e mi ritrovo di fronte ad un altro quadretto.

Obsequium amicos, veritas odium parit.
L'adulazione procura gli amici, la sincerità i nemici.
Terenzio.

Sorrido. Quante persone false esistono al mondo? Persone che davanti dicono di stimarti, persone che apparentemente sono tue amiche e che alle tue spalle parlano male di quello che fai e mettono voci in giro? Tante, troppe. E quante persone al mondo vanno in giro a servire su un piatto d’argento la purissima verità? Poche, pochissime. Ci ritroviamo quindi ad ammirare e a ritenere amiche quelle persone che si servono dell’adulazione e ad evitare quelle che, invece, sono semplicemente sincere. Un altro quadretto, questa volta più grande degli altri.
 

« Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. »
«
 Mentre parliamo il tempo sarà già fuggito, come se ci odiasse: cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani. »
Orazio.

Carpe diem. Questa parola, che sembra quasi superflua, in realtà racchiude in sé un significato enorme. Cogliere l’attimo. Si dovrebbe sempre fare, si dovrebbe sempre sfruttare ogni ora, ogni minuto, ogni secondo della propria vita, cogliendone ogni singolo momento, perché non si sa mai quando potrebbe finire. Per quanto possa essere cupa questa prospettiva, la verità non si può cambiare. Dall’altra parte della stanza, altri quadretti attirano la mia attenzione, così l’attraverso e vado a leggere le altre frasi.
 

Non omnia possumus omnes.
Non tutti possiamo tutto.
Virgilio.

Questa citazione mi riporta subito alla mente un altro detto.
Niente è impossibile.
Sono due concetti così in netto contrasto…e dire che sono d’accordo con Virgilio rovinerebbe speranze e sogni, i quali si rivelerebbero vani. Tutti hanno delle aspirazioni, alcune talmente tanto impossibili da raggiungere che nel profondo si sa sempre che è una cosa troppo complicata da fare. Nonostante ciò, si continua a confidare nei propri sogni e anche quando si capisce che è praticamente impossibile fare ciò che desidereresti fare con tutto te stesso, nel tuo cuore pervade sempre un barlume di speranza che non si spegnerà mai.
Pulvis et umbra sumus.” Mi distacco da quel mondo governato dai miei pensieri e dalle mie opinioni e ritorno alla realtà.
“Cosa?”
“Pulvis et umbra sumus.” Ripete ancora Ran. “Secondo te è vero?”
“Che siamo polvere e ombra?” Annuisce e mi guarda intensamente. “Beh, non saprei.”
“Questa frase mi ha sempre affascinata, sin da quando ero piccola ed entravo di nascosto in questa camera, come se stessi facendo qualcosa di proibito, violando un qualche divieto improrogabile. Mi piaceva, sentivo di star vivendo un’avventura.” Osserva le imponenti librerie con gli occhi luccicanti. “E col tempo i libri sono finiti per diventare i miei migliori amici. Nel momento in cui m’immergevo nella loro lettura, al mondo non esisteva altro che la storia che veniva narrata in quelle pagine.” Possibile che a sentirla parlare in questo modo mi si stringe il cuore? E dire che non sono mai stato un tipo sensibile o troppo sentimentale. “Mi sono ricordata una cosa.” Sobbalza lievemente e raggiunge un altro quadretto appeso al muro.
<< Somnia ne cures, nam mens humana quod optat, dum vigilat sperat, per somnum cernit id ipsum. >> Legge ad alta voce. << Non badare ai sogni: ciò che la mente umana desidera, quando è sveglia lo spera, nel sogno lo vede realizzato. Catone. >>
Magari fosse vero. I sogni (almeno nel mio caso) non sono certo desideri della mia mente. E’ tutto collegato con i miei poteri, con il mio essere Racane. “Non è vero.” Sbotto io. “Catone non conosceva noi, Ran.”
“Non conosceva il mondo soprannaturale in generale.” Dice lei, mentre si avvicina ad un libreria, sfiorando con la mano il dorso dei libri conservativi. 
“In che senso il mondo soprannaturale in generale? Insomma, esistiamo solamente noi Racane, giusto?” Cioè, esistono tutte quelle creature mitologiche e immaginarie? O solo noi Racane siamo dotati di poteri magici? Possibile che ancora io non conosca una vasta parte di questa storia?
“Sì, sì, certo. Con mondo soprannaturale, intendevo noi Racane e i nostri poteri.” Ah, ecco. La mia mente già stava viaggiando in qualcosa di inesplorato. “Che ne dici se ordino una pizza?”
Proprio in questo momento, mi rendo conto di avere una fame da lupi. Ci credo, non ho né fatto colazione né pranzato. “Sì. Per me va bene, conosco a memoria il numero di una pizzeria che fa una pizza fantastica.”
Mi sorride. “Bene, vado a prendere il cordless.” Esce dalla libreria e io continuo a guardarmi in giro. Vi sono conservati dei libri davvero molto antichi, dalla copertina marrone e dalle pagine ingiallite. In netto contrasto a quelli, ci sono dei libri dalle copertine colorate e dai titoli stampati sul foglio plastificato; insomma, i libri di oggi. Sono davvero moltissimi, Ran deve leggere davvero tanto. Il fatto che mi abbia rivelato che i libri sono divenuti i suoi migliori amici, non fa altro che confermarmi la sua solitudine. E non fa altro che ricordarmi che, d’ora in poi, non sarà mai più sola.

***


Dall’altra parte della città o chissà, del mondo, una figura incappucciata osserva la stessa luna che prima ha ricevuto l’attenzione di Ace.
“Il deterioramento interiore porta alla cattiveria.” Sussurra talmente piano che chiunque potrebbe pensare che stesse parlando con qualcuno al suo fianco, che in realtà non c’è.
“Il potere porta alla distruzione.”Bisbiglia ancora. Una folata di vento fa oscillare il suo mantello nero.
“La bontà presto svanisce.” Espira e ride malvagiamente.
“Non lo sai questo, Ace?” E con uno schiocco, la figura, la bocca di quelle parole, scompare.





Lo stupido angolo dell'autrice


Ace che respinge Felicity °-°
Poverina!
Giuro che mi è dispiaciuto :(
E sta iniziando a starmi simpatica, perciò cominciate a preoccuparvi.
So che, in realtà, anche voi la amate.
E devo dire che ci ho messo parecchio impegno in questo capitolo.
Insomma, anche le frasi fighe in latino. 
Ehehehehe pure il titolo è figo, solo perché è in latino.
Eppure io odio il latino (a me piace la matematica c: )
*si sente un'aliena venuta da un altro mondo*
Ran ha ospitato Ace a casa sua! I due stanno entrando molto in confidenza e
ad Ace piace molto abbracciarla e farla arrossire e abbracciarla.
Awwnn *-*
E, inoltre, anche se hanno litigato, amo Kyle e Derek.
Li adoro, semplicemente.
Mi diverto un sacco a scrivere le loro prese in giro!
L'ispirazione proviene dai miei di pazzi amici.
Ma gli amici sono tutti pazzi! E' una loro fantastica caratteristica:')
Hauhahuahuahua ho deciso che scriverò la one-shot su Ran, 
non adesso, però, poiché si collocherà più avanti nella storia.
Ringrazio tutti tutti tutti tutti (un altro tutti no, eh?!)
E' bello sapere che ci sono persone che leggono le tue storie:)
A presto
Ciaoooooooooo

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Capitolo 13
*** Poteri ***


N.b. 

 

A causa della mia immensa stupidità, avevo confuso questo capitolo con il decimo, ringrazio devil_angel_vampire che me lo ha fatto notare :3 


Capitolo 12










Mi trovo un’altra volta nella stanza buia. Sta quasi diventando un’abitudine, la quale preferirei troncare.
“Piccoletto! Come stai?” Di nuovo lui. Cosa ho fatto di male nella vita per meritarmi questo?

“Vecchiaccio! Io sto bene, tu?”
Lo sento sedersi a terra, incrociando le gambe e sospirando mentre mi risponde: “Anche io sto bene. Grazie per l’interessamento. Eppure io so che tu non stai bene, piccoletto. Ieri è stata una giornata abbastanza difficile, non è vero?”
Mi irrigidisco. Per quanto tutto ciò possa essere un sogno, lui sa quello che mi è capitato, i miei più oscuri segreti.
“Tu chi sei?” Sbotto infine. “Sei un’elaborazione del mio subconscio?”
Ride. “Io non sono un’elaborazione del tuo subconscio e, prima che tu lo chieda, nemmeno del tuo inconscio.” Sospira. “Ti ho già spiegato che non è importante che tu sappia chi sono. Piuttosto, parlami di quella Racane, come si chiama? Ah si, Ran.”
“Come fai a sapere tutte queste cose? E tra l’altro, cosa dovrei dirti su Ran?” Non ditemi che pure il vecchiaccio può pensare male.
“Perché sei venuto da lei? Perché non sei andato dal tuo migliore amico? Perché non gli hai raccontato dei tuoi poteri?” Una dolorosa fitta allo stomaco mi colpisce e un conato di vomito mi assale. Tossisco varie volte. “Perché menti, Ace?” Per quanto mi possa sentire male, non posso fare a meno di aver notato il fatto che, per la prima volta, mi ha chiamato con il mio nome. Una sensazione di soddisfazione mi avvolge, alleviando leggermente il dolore. “Devi rafforzare i tuoi poteri, piccoletto.
Non cantare mai vittoria
“Non vedo come possa interessarti. Non sono affari tuoi, vecchiaccio.”
“Tu sei importante per me, piccoletto. Non dimenticarlo e ricorda quello che ti ho detto: rafforza i tuoi poteri.” Si alza e lo sento allontanarsi. Io rimango fermo nel punto di partenza. “C’è un modo per dimostrarti che io sono reale. Quando ti svegli, cerca di far bollire l’acqua. Ci dovresti riuscire. Sei sempre caldo perché uno dei tuoi poteri è anche il fuoco. Sei capace di alzare la tua temperatura corporea e riusciresti anche ad emanare calore a tuo piacimento dal tuo stesso corpo. Prova. Se ci riuscirai, saprai che sono reale e non farai più domande.” Prima che io possa ribattere, lui scompare e io svengo.

***

“Ace!” Apro gli occhi d’un tratto e mi ritrovo davanti il viso preoccupato di Ran. Una sua mano è appoggiata sulla mia spalla. Probabilmente stava cercando di svegliarmi, scuotendomi leggermente. Mi metto a sedere e lei leva la sua mano dalla mia spalla. Suona la sveglia, messa preventivamente nel cellulare. La disattivo e guardo Ran. “Stai bene?” Mi domanda.
“Si, perché?” Ho caldo. Scosto delicatamente il lenzuolo che mi copriva.
“Hai tossito, varie volte.” Non è possibile. Io ho tossito, ma nel sogno, quando una fitta improvvisa di dolore mi ha colpito allo stomaco.
“Questo non è possibile, Ran. Ho sognato di nuovo il vecchiaccio. Sapeva quello che era successo ieri e ti conosce, cioè sa che siamo amici. Non lo so, è tutto così confuso.” Copro il viso con una mano, sentendo i miei capelli sfiorarmi la pelle.
“Hai tossito anche nel sogno?” Annuisco.
“Una fitta di dolore mi ha colpito allo stomaco e dei conati di vomito mi hanno assalito. Dopo un po’, ho tossito alcune volte.” Questa storia sta diventando fin troppo reale. Come fa ad accadere una cosa del genere?!

***
“C’è un modo per dimostrarti che io sono reale. Quando ti svegli, cerca di far bollire l’acqua. Ci dovresti riuscire. Sei sempre caldo perché uno dei tuoi poteri è anche il fuoco. Sei capace di alzare la tua temperatura corporea e riusciresti anche ad emanare calore a tuo piacimento dal tuo stesso corpo. Prova. Se ci riuscirai, saprai che sono reale e non farai più domande.”
***

Mi alzo di scatto dal letto e corro verso la cucina. Sento i passi di Ran dietro di me. Arrivato nella stanza prendo una ciotola (non deve essere per forza una pentola, mica devo cucinare la pasta), mi avvicino al lavello e apro il rubinetto. Dopo averla riempita, metto la ciotola sul tavolo.
“Sei impazzito?” Chiudo gli occhi e inspiro profondamente.
“Devo portare l’acqua a temperatura di ebollizione. Se ci riuscirò, il vecchiaccio sarà reale, almeno così ha detto.” Ran rimane in silenzio; chiudo gli occhi e focalizzo bene l’obiettivo. Devo far aumentare la mia temperatura corporea e indirizzare il calore all’acqua nella tazza. Come al solito, sento il potere che mi scorre nelle vene e non posso fare a meno di pensare che questa sensazione è a dir poco magnifica. Quel calore, quella sicurezza…sento che in questo preciso istante potrei fare qualunque cosa. Percepisco l’aumentare della temperatura nel mio corpo e cerco immediatamente di farla emanare verso l’esterno, verso l’acqua.
“Ace, secondo me è una cavolata…” Sospira. “Dopotutto, i sogni rimangono sogni.” Mi concentro maggiormente: è come se debba dimostrare qualcosa. Io voglio far bollire l’acqua, voglio far aumentare la temperatura. Lo voglio. Sento un rumore, ma non riesco a capirne l’origine. Continuo a tenere gli occhi chiusi, senza perdere la concentrazione.
“Ace?” Sta un attimo zitta. “Apri gli occhi.” Faccio come lei ha detto e noto che l’acqua sta bollendo. Sorrido e mi giro verso di lei, che sta sorridendo a sua volta.
Si avvicina e mi tocca il braccio. “Sai cosa significa, Ace?”
“No, cosa?” La sua mano resta ancora appoggiata delicatamente sul mio braccio. Penso che in questo momento sarò molto caldo.
“Significa che sai fare molte più cose di quanto tu stesso creda.” Chiudo gli occhi nuovamente. E se provassi a farla evaporare? Devo allenarmi, devo rafforzare i miei poteri. Mi concentro e faccio salire nuovamente la temperatura. Eppure sento che la mia pelle non scotta. Sarà perché voglio che sia la temperatura dell’acqua ad aumentare e non quella del mio corpo, che presta solamente le basi, affinché ciò possa accadere. Percepisco un leggero suono, come un palloncino che scoppia, però più flebile e una leggera umidità si fa strada nell’aria. 
“L’hai fatta evaporare! Fantastico!” Il tono di voce di Ran è un misto tra il sorpreso e l’eccitato. E’ come se si stesse divertendo un mondo, come un bambino che vede per la prima volta un luna park, una giostra in funzione. Apro gli occhi e mi rilasso.
“Dai, dillo che sono un grande.” Do una piccola gomitata a Ran e lei lascia ricadere la mano che era rimasta sul mio braccio.
“Mai. Non lo dirò mai.” Scherza lei.
“Forza, Ran. Il tuo ragazzo è o non è un mito?!” Sorrido smagliante scherzosamente. La sento ridacchiare.
“Se ti dico che sei un mito, quando ci lasceremo eviterai di buttarmi in piscina?” A questa sua frase, ricordo la festa di Callie, svoltasi pochi giorni fa.
“Parli già di quando ci lasceremo? Sei una fidanzata molto ingrata, tesoro.” Quanto mi piace recitare queste scenette con lei! Ormai è diventata un’abitudine.
“Non sono ingrata.” Finge di mettere su il broncio. “Parlo nell’eventualità. Sto bene con te, non potrei mai lasciarti, amorino.” La cosa migliore di questi momenti è il tono sarcastico. Potremmo far ridere un pubblico, se solo ci vedessero dal vivo, davvero.
Le faccio una smorfia e guardo l’orologio. Sarebbe meglio che ci preparassimo.
“Ran, mia cara, prepariamoci per lasciare la nostra, anzi, la tua umile dimora e andare a scuola.”
“Dalle stelle alle stalle.” Ridiamo insieme.
“Eh già. Vado a cambiarmi.” Vado a prendere i vestiti nella stanza dove ho dormito. Stasera dovrò tornare a casa. Non sono preoccupato; chiarirò il tutto con i miei genitori. Prendo il cellulare: 30 chiamate perse. Vado a scrivere un nuovo sms.

Mamma, papà,
sto bene, non sono
morto o scomparso,
tranquilli.
Ci vediamo stasera
a casa. 


Invio. 

Almeno saranno tranquilli.

***

“E’ tutto a posto, tranquilli.” Un’altra giornata scolastica è finita. Io, Kyle, Derek e Hugo siamo in cortile che parliamo da almeno un quarto d’ora, durante il quale non ho fatto che rassicurarli che tutto vada bene. Ieri sera i miei genitori non si sono limitati a chiamare solamente me. Hanno telefonato anche a Kyle (ben tre volte perché erano sicuri che fossi lì da lui), Derek e Hugo.
“Scusa Ace, è che i tuoi genitori erano davvero preoccupati.” Dice Hugo.
“Secondo me, tua madre stava per svenire.” Derek cerca sempre di fare qualche battutina che mi faccia sorridere; credo che sia una sua grande qualità, cercare di trovare sempre un lato scherzoso e simpatico in tutto ciò che accade.
“Ve l’ho detto. Penso che si siano calmati.” Mi appoggio alla ringhiera. “Il messaggio conteneva due frasi principali: sto bene e ci vediamo stasera a casa. Secondo voi, mi strozzano?”
“Personalmente, credo che ti buttano a mare.”
Guardo male Kyle. “Se affondo io, affondi anche tu. Ritornerò in veste di fantasma e ti renderò la vita un inferno, fin quando non ti butterai anche tu a mare.”
“Questo si che è lo spirito giusto, ragazzi!” Ci prende in giro Derek.
“Non vedi che si vogliono tanto tanto bene?” Proferisce Hugo con una vocina ridicola. “Fra poco si mettono pure a ballare da quanto sono contenti!”
Derek ride. “Allora balliamo tutti insieme.” Per quanto questo discorso sia insensato, anche io e Kyle, dopo esserci scambiati un’occhiata parecchio confusa, scoppiamo in una fragorosa risata.
“Grazie, ragazzi.” Li osservo uno per uno. “Davvero. Non ve lo dico spesso, ma grazie.” Mi guardano seri.
“Non dire queste cose che mi fai commuovere!!” Ed ecco Derek, puntuale come un orologio svizzero.
“Non dirmi che ora ci mettiamo veramente a ballare!” Esclama Hugo.
“Ma siamo pazzi? Cos’è questo sentimentalismo?!” Domanda sconvolto Kyle. Ah, quanto adoro i miei amici. Scoppio di nuovo a ridere e anche loro mi imitano. Sanno sempre come farmi ridere e come tirarmi su di morale. Gli amici sono quelle persone che ti comprendono, che ti fanno ridere, che non ti fanno quaranta domande per una piccola cosa, che ti confortano e che ti aiutano senza aspettarsi niente in cambio. Sono quelle persone che ti vogliono bene a prescindere da tutto, che ti dicono la verità in faccia, che sono te stessi davanti a te e tu lo puoi tranquillamente essere davanti a loro. Nonostante questi pensieri, un altro invade la mia mente: devo prendere la macchina fotografica a casa di Ran. Se mi sbrigo, magari la trovo ancora in strada.
“Ragazzi! Ho dimenticato di fare una cosa! Devo prendere la macchina fotografica che ho lasciato a casa di Ran.” Prendo lo zaino che avevo posato a terra.
“Allora ci vediamo domani, Ace.”Mi salutano e comincio a correre, nella speranza che in strada troverò Ran. A poca distanza da casa sua, scorgo una figura. Corro nuovamente fino a raggiungerla; è Ran. Le metto una mano sulla spalla, ansimando. Lei sobbalza lievemente.
“Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Scusa. Ho dimenticato di prendere la mia macchina fotografica a casa tua.” Riprendo a respirare normalmente e mi metto di fianco alla mia amica.
“Giusto! Non preoccuparti, il tuo gioiellino è al sicuro.” Mi fa l’occhiolino, sorridendo. Quando ancora non ci parlavamo, non l’avevo mai vista sorridere, figuriamoci ridere. Aveva sempre una faccia serissima e un’aria misteriosa. Per questo, quando sono con lei mi sento felice nel vedere che le faccio quest’effetto, che io sono capace di farle fare un sorriso, di farla ridere fino alle lacrime.
“Su questo non ho dubbi. Senti Ran, conosci un posto dove posso allenarmi?” Devo rafforzare i miei poteri e poi, voglio anche vedere di cosa sono capace. Mi guarda, sbalordita.
“Cosa? Allenarti? Vuoi andare in palestra o giocare a rugby all’infuori delle partite scolastiche?” Scuoto la testa sorridendo.
“Allenarmi nel senso di rafforzare i miei poteri.” Volgo lo sguardo al sole, che ormai sta tramontando colorando il cielo e il mare di varie sfumature. “Diciamo che i miei poteri sono piuttosto…ehm…distruttivi. Non posso andare in un posto qualsiasi e mettere a fuoco qualcosa. Ho bisogno di un luogo appartato, una zona a cui nessuno fa caso.”
Sta un attimo a pensarci, poi un sorriso sghembo le dipinge il volto mentre mi dice. “Conosco il posto adatto. Andiamoci ora. La macchina fotografica la prendiamo al ritorno .”
Perfetto.
***
“E il posto sarebbe questo?!” Esclamo mentre scavalco il cancello il ferro battuto.
“Già, Ace. Qualche problema?” Salto e mi ritrovo nuovamente con i piedi per terra, osservando la struttura che mi si presenta davanti. Comincia a scavalcare anche lei.
“Ti avevo detto un luogo appartato.” Preciso io.
“E’ appartato! Fino all’altra sera non ne conoscevi nemmeno l’esistenza.” Dice mentre sta passando da una parte all’altra del cancello.
“Giusta osservazione.” Sospiro e mi avvicino a Ran. La prendo dai fianchi, la sollevo un po’ e la rimetto a terra con delicatezza.
“Grazie, ma non c’era bisogno.” Proferisce con un tono pieno di orgoglio.
“Si, invece. E comunque, se la gente vede un po’ di fumo provenire da qua non si preoccuperà?” Prendiamo a camminare nel vialetto ormai rovinato.
“E’ una casa abbandonata, Ace. Le persone si faranno i fatti propri.” Mi accompagna nel tetro retro della casa. Ci sono delle palle di fieno sparpagliate qua e là, una vecchia carriola arrugginita abbandonata vicino ad un fienile scassato. Sembra davvero un posto adatto dove allenarsi. Unisco l’indice e il medio e li protendo in avanti, proprio come se volessi sparare un proiettile da una pistola. E improvvisamente una piccola pallina di solo fuoco si libra in aria e sfreccia verso terra, mandando a fuoco un piccolo mucchietto di erba.
“E questo quando lo hai imparato?” Esclama ad un tratto Ran.
Ridacchio e scuoto il capo. “Hai mai guardato One Piece, Ran?”
“Sono più amante dei libri. Comunque ne ho sentito parlare. Ma questo cosa c’entra?”
“In questo anime.” Odio le persone che chiamano gli anime cartoni animati. Li fanno sembrare cose stupide, da bambini. “Il fratello del protagonista si chiama Ace e ha il potere del fuoco. Quella che ho appena fatto, è una delle sue mosse.” Mi guarda scioccata. Ammetto anche io che la coincidenza è pazzesca, ma non posso farci niente. “Ricordami di fartelo guardare.” Le faccio l’occhiolino. Io e Kyle siamo amanti di One Piece da un secolo. A volte ci mettevano spaparanzati sul divano, col computer portatile sulle gambe e facevamo una scorpacciata di episodi. Da quant’è che non sto con Kyle, con il migliore amico? Da tanto.
“Allora qualche volta me lo devi fare vedere.” Annuisco, sorridendo falsamente e mascherando il rammarico per non star dando conto a Kyle. Mi sto comportando uno schifo con lui. Non gli ho raccontato niente di quello che mi è capitato. Non lo biasimerei se fosse arrabbiato con me.
Non ho tempo di pensare a queste cose; adesso devo rafforzare i miei poteri.





Lo stupido angolo dell'autrice


Salve bei ragazzuoli (?)
Come sta andando l'estate? 
Che caldooooo D:
Finalmente mi sono degnata di aggiornare e devo anche dire 
che questo è un capitolo piuttosto importante. 
Chi sarà l'uomo che chiama Ace "piccoletto"?
Chissà...
(Muahahahahaaha)
Sì, ok, sto cercando di farvi morire dalla curiosità 
Hauhahuahuahuahuauhua
Sì, ho confuso i due capitoli come una babbalucca (?!)
ma adesso ho corretto tutto:3
E' un po' corto come capitolo, ma ero indecisa se dividerlo in due o no
e siccome poi sarebbe venuto troppo lungo, l'ho tagliato :)
Ringrazio tutti quelli che l'hanno inserita nelle seguite e nelle preferite
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo c:
Ciaooooooooooooo

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Capitolo 14
*** Senza luna ***


Capitolo 13

 

** Ph. Una bravissima fotografa **


Adesso devo solamente tornare a casa.
Che depressione. Chissà cosa mi aspetta.
Sono le sette e sono a pochi metri da casa mia. In poche parole devo solo attraversare il giardino anteriore.
Dopo aver finito “l’allenamento” sono passato a casa di Ran per prendere la macchina fotografica e l’ho salutata. Ho scoperto che posso creare, oltre che a delle palle di fuoco vere e proprie, anche delle fiamme che crescono di grandezza a seconda del mio volere. Non ho messo a fuoco niente (ci è mancato poco però) e Ran si è anche fatta delle sane risate perché devo ammettere che mentre cercavo di controllare le fiamme, molto difficili da domare, sembravo un imbranato completo.
Sfilo le chiavi dallo zaino e apro il cancelletto e, successivamente, la porta di casa. Mi guardo intorno guardingo; a quanto pare non c’è nessuno. Poso, come al solito, le chiavi sul tavolino nell’entratina e lo zaino ai suoi piedi. Entro in cucina e mi avvio verso il frigorifero, con l’intenzione di prendere una bottiglia di acqua fresca.
“Ace!” Sobbalzo e mi volto. I miei genitori sono nel salone, proprio come ieri. Mia madre sta venendo verso di me.
Noto le occhiaie scure e profonde sotto i suoi occhi marroni e il volto segnato dalla stanchezza. Un grande senso di colpa fa capolino in me e improvvisamente vorrei solamente abbracciarla, come facevo quando avevo cinque anni ed ero caduto, sbucciandomi un ginocchio. Lei mi stringe forte a sé, in un abbraccio che ha il familiare calore di casa e di mamma, che racchiude in sé solamente affetto e apprensione. Ci stacchiamo e le sorrido rassicurante.
Intanto, anche mio padre si è avvicinato. Lo guardo serio e lui fa lo stesso. Noto la preoccupazione nei suoi occhi, e noto anche che sta cercando di nasconderla a me con tutto se stesso. Ho sempre detto che mio padre è un tipo piuttosto giovanile, ma so che è severo e che non si vuole mai mostrare debole davanti agli altri. Mai. Improvvisamente vedo che alza la mano destra che finisce inevitabilmente sulla mia faccia. Uno schiaffo bello e buono.
Abbassa la mano e io non do nemmeno l’impressione di essere ferito, anche se un po’ lo sono, ma non fisicamente, più che altro interiormente.
Mia madre mi è venuta incontro, abbracciandomi, facendomi capire che le ero mancato più di ogni altra cosa. Lui, invece, si è limitato ad uno schiaffo; duro, serio, severo.
Gli rivolgo uno dei miei peggiori sguardi, carichi di rancore e rabbia nei suoi confronti, quando alla fine so che mi è passata.
Che sia il desiderio di fargli capire che le sue parole mi hanno colpito molto più di quanto avrebbero dovuto fare?
In realtà, non credevo nemmeno di essere capace di guardare mio padre in un modo simile. Non che nei miei occhi ci sia odio verso di lui, dopotutto non potrei mai odiare mio padre. Mi volto e me ne vado nella mia stanza, sbattendo violentemente la porta alle mie spalle.  
Li sento discutere.
“George, comprendilo! Ace ha sempre detto la verità, anche ieri lo ha fatto!” Mi avvicino alla porta e appoggio l’orecchio contro la superficie fredda. Allora mia madre mi crede! E’ mio padre che è ancora titubante. Come può esserlo? “Ti sei comportato male nei suoi confronti.” Dice ancora mia madre.
“Certo, meglio fare come hai fatto tu? Abbracci e sorrisi…come se non fosse successo niente?” Wow, è davvero arrabbiato.
“Io so che non è successo niente. Ma so anche che ieri sera se n’è andato perché non ne poteva più. E’ un ragazzo, George. A te non è mai capitata una giornata storta?” Apro un po’ la porta, per sentire meglio quello che si dicono. Sento mio padre sospirare.
“Ellis…non voglio che prenda una strada sbagliata.” Ingoio rumorosamente.
“ E non la prenderà, George. Lo abbiamo educato bene ed è diventato un ragazzo fantastico.” Il tono di mia madre è dolce e carezzevole. “Buono, giusto e capace. Ricordi quando eravamo fidanzati e tu mi raccontavi che avresti voluto un figlio bravo e generoso?” Un minuto di silenzio. Non mi avevano mai raccontato una cosa del genere. “Ace è l’incarnazione di tutti questi pensieri.”
“Ace è molto di più.” Finalmente parla mio padre e non posso negare di sentirmi altamente lusingato a causa delle parole dei miei genitori. “Quando eravamo fidanzati e io ti dicevo cose del genere più che altro per far colpo su di te...” Si sente una piccola risatina. “...non pensavo che avrei avuto un figlio così. E sono fiero di lui, di quello che sta diventando, di come sta maturando e crescendo. Per lui voglio solo il meglio.”
“Però?” Gli domanda mia madre.
“Però, alcune volte sento di dover essere più severo con lui.” Sento il rumore dei piedi di una sedia strisciare sul pavimento. “Ma a quanto pare, ieri ho sbagliato di grosso.” La sua voce è triste e io, senza pensarci due volte, esco dalla mia stanza e scendo le scale. Mia madre e mio padre mi guardano come se fossi un ufo appena atterrato sulla Terra.
“E non guardatemi così!” Scuoto la testa e guardo mio padre negli occhi. “Papà, tu con me non hai mai sbagliato niente, non demoralizzarti. Per ieri…non fa niente, davvero. Sono stato un po’ troppo avventato, ma era stata una giornata davvero pesante.” Diciamo che è proprio il periodo ad essere pesante. Mi trattengo a stento da aggiungere anche questa frase. “Mi dispiace di aver risposto in quel modo alla professoressa, anche se se lo meritava pienamente.” Mi osserva storto e io mi schiarisco la gola. “Le chiederò scusa.”
“Non si tratta di questo, Ace.” Comincia lui. “Sono io a doverti chiedere scusa.” Quanto è strano che sia un padre a chiedere scusa al figlio? Tanto. “Non avevo motivo di non crederti.”
Gli sorrido, contento che questa situazione si sia chiarita. “Va tutto bene, papà.” Ci battiamo il cinque ridendo, come facciamo al solito. Mia madre sorride, felice.
“Che ne dite se stasera andiamo a cenare fuori?” Propone mio padre.
“Ma che magnifica idea!” Mia madre dà un bacio sulla guancia a mio padre. E' straordinario quanto si amino, nonostante siano passati parecchi anni. “Vado a prendere la borsa.” E non posso fare a meno di tralasciare il pensiero che ho davvero una fantastica famiglia.


***
 

La luna piena splende in cielo, accompagnata da miriadi di stelle. Grazie a questo magnifico spettacolo, perfino le strade deserte di notte sembrano più rassicuranti. Ma questo non importa, perché quel vicolo non potrà mai trarre vantaggio da qualcosa di bello; resterà sempre buio e abbandonato. Sembra quasi farsi beffe, in questa notte, di quest’atmosfera così misteriosa, così magica. Dopotutto, come può un albero maturare se non viene cresciuto con le debite cure e trattato con dei validi prodotti? Non esiste risposta a questa domanda, poiché i frutti dell’albero appassirebbero ancor prima di poter rivelare la loro vera bellezza. Così è per questo posto. Aldilà di questo muro, imbrattato di scritte insignificanti, che chiude il vicolo, chissà cosa si estende? Un campo, un panorama mozzafiato, una piccolo bosco? Non si saprà mai, questo luogo resterà per sempre così com’è, senza riportare miglioramenti. Rimarrà rifugio di chi, ormai, non ha che infimi fini e di chi, presta servigio per soddisfazione personale.
Un mantello nero striscia sul pavimento ormai pieno di cartacce. La persona che lo indossa ridacchia piano, come se avesse ottenuto quello che voleva.
“Sono giorni che non mi porti notizie. Come va l’osservazione?” E’ proprio in questo momento che si nota un'altra persona, sempre coperta da quel mantello nero, appoggiata sempre a quello stesso muretto, persa nei suoi pensieri.
“L’osservazione procede al meglio. A quanto pare, il ragazzo vuole allenarsi, vuole rafforzare i propri poteri.” L’altra persona ride, maleficamente e con gusto.
“Ma che dolce, davvero.” Sospira, fiera della propria ironia. “Come sono i suoi poteri? Hai visto cosa sa fare, o no?”
“Certamente. Fiamme, palle di fuoco, di luce gas e fuoco insieme…possiede dei poteri davvero straordinari.” Si avvicina all'altra con nonchalance.
“Proprio quello che mi occorre.” Adesso, le due figure sono faccia a faccia. Sembra quasi che si stiano sfidando, in una muta gara di sguardi taglienti. “Non preoccuparti. Ricordo il patto. Alla fin fine, è proprio l’odio e il ribrezzo verso i Racane che ci accomuna, no? Sarà eliminato, questo è garantito.”
“Bene. Ma io non sono una pedina, imprimitelo bene in mente.”
“Non ti avevo mai sentito rivolgerti a me utilizzando questo tono autoritario. E’ successo qualcosa?” La persona che prima era appoggiata al muretto si scosta e dà le spalle all’altra.  
“Non è successo niente. Mi piace solo chiarire questo concetto, ogni tanto.” Comincia a muoversi, sta per andarsene, ponendo fine a questo discorso.
“Tieni d’occhio il ragazzo. Ora più che mai. Ci vediamo tra tre settimane.” La figura che sta camminando annuisce e rivolge all’altra un gesto di saluto. All’improvviso, si ferma e si volge per l’ultima volta. “Perché da qui non si vede mai la luna?”
“A quanto pare noti ogni particolare. Eppure è strano che tu non conosca la storia.” Incrocia le braccia. “Dodici anni e mezza fa, proprio in questo vicolo fu assassinato Damon Grey. Era una notte di eclissi lunare, e si dice che da quella notte, la luna non riesca più ad essere avvistata da questo punto della città. Allo stesso tempo, però, questo vicolo ha sempre avuto un nome attinente a questa cosa.”
“Ovvero?” Ma ormai era troppo tardi. Quella figura, fino a pochi secondi fa presente, se n’è andata. E’ scomparsa, schioccando le dita, com’è solita fare.
E, inoltre, ha lasciato nel dubbio chi aveva solamente sete di conoscenza. Malgrado tutto, raccontare storie e spiegare le coincidenze non è mai stato e mai sarà compito suo.
Anche l’altra persona si sta allontanando, lasciando che, ancora una volta, quel luogo macchiato in passato da sangue indecente, venga accolto dalle tenebre più oscure.


***
 

Stasera il cielo è davvero fantastico. Ci sono un sacco di stelle e, come se non bastasse, è una notte di plenilunio.
Sono sul letto della mia stanza, con la finestra spalancata, ad ammirare questo spettacolo naturale.
Non ho nemmeno acceso la luce, mi piace stare qui, al buio ad osservare tale immensità.
Alcune volte, quando non riesco a dormire, alzo silenziosamente la serranda e guardo il cielo fin quando non mi addormento. Una notte non mi sono addormentato e ho osservato come la luna tramontava per lasciare spazio al sole e come il cielo cambiava colore. Ho anche fatto delle foto, come non potevo? Sento bussare alla porta della mia camera, che si apre un poco. Nell’oscurità, riesco a distinguere i lineamenti di mia madre.
“Posso entrare?”
“Certo.” Entra nella mia stanza e chiude piano la porta. Non mi domanda nemmeno perché sono al buio; sa come sono fatto. Le faccio spazio sul letto e si siede dietro di me. Restiamo in silenzio per un po’. Poi lei prende parola.
“Ti è sempre piaciuto osservare il cielo. Sin da quando eri piccolo. Sei cresciuto così tanto.” Mi volto appena, per guardarla in viso. Sta sorridendo, malinconica.
“Non così tanto.” Commento sorridendo.
“E invece sì.” Mi scosta un ciuffo di capelli. “Il mio bambino si sta facendo grande.” Sospira. “E io ho l’impressione che il tempo passi fin troppo in fretta.” Si volta verso la finestra e il riflesso della luna prende vita nei suoi occhi.
“Mamma, il tempo passa sempre in fretta. L’importante è non rimanere indietro e camminarci accanto, costanti, senza lasciarci sopraffare.” Sorride e anch’io mi giro ad osservare il cielo.
“Oggi hai sentito la discussione che ho avuto con tua padre, vero?” Sento il suo sguardo su di me e annuisco. “Ace sappi che noi ti ci fidiamo di te. Alcune volte, è normale che dei disguidi creino delle situazioni sgradevoli.”
“Lo so che vi fidate di me. Dovete credermi. Non avrei avuto comunque motivo di mentirvi. Mamma, per quanto fossi nervoso ieri, avrei detto qualsiasi verità in faccia a chiunque.” Ridacchio per allentare un po’ la tensione. 
“A proposito, ma ieri notte dove sei stato? Ho chiamato a casa di Kyle, di Derek e Hugo.” Insomma, ha fatto la maratona delle telefonate.
“Mi ha ospitato Ran.” Sta un attimo zitta, sorpresa.
“Allora devo ringraziare assolutamente i suoi genitori!” Oh cavolo. Dovrei dirle la verità? Dopotutto, la stessa Ran gliel’ha nascosta, quindi forse dovrei rispettare il suo volere.
“Mamma, i suoi genitori erano fuori per lavoro, quindi non sanno niente.” Mi volto verso di lei, più che altro per constatare se ci ha creduto. Odio dire bugie, ma in questo caso devo.
“Capisco. Allora devo ringraziare almeno Ran. Tra tre settimane, nel weekend andiamo dai nonni a Melbourne. Magari puoi invitarla.”
“Andiamo dai nonni?” Saranno mesi che non li vedo. Mamma è originaria di Melbourne, ma ha frequentato l’università qui a Sydney. Così ha conosciuto mio padre. I nonni, però, sono rimasti a Melbourne. Qualche volta li andiamo a trovare.
“Si si. E’ da tanto che non gli facciamo visita e tra tre settimane c’è il compleanno del nonno. Magnifica occasione.” Si alza dal letto e, quando arriva alla porta, dice con tono dolce: “Buona notte, bambino mio.”
E io mi rendo conto che non mi chiamava in questo modo da tantissimo tempo. 






Lo stupido angolo dell'autrice 


Hola chicas! (E chicos, in caso ce ne dovessero essere :') )
¿Cómo estás?
Ecco a voi il nuovo capitolo!
Un po' più corto del solito, ma rimedierò nel prossimo :)
Ace ritorna a casa!
E prima di questo, finalmente decide di rafforzare i propri poteri, di
vedere di cosa è capace. 
Quella casa abbandonata è ancora una volta lo sfondo
di un evento importante della vita di Ace.
Un'altra volta una nuova scena tra quelle figure incappucciate,
nel solito vicolo cieco e buio. Un mistero che diventa 
sempre più fitto. (??)
Sì, la me che cerca di farvi incuriosire, non può resistere
in nessun caso ahahuahuauha
E, infine, Ace che fa pace amorevolmente con i suoi genitori. 
Loro sono convinti che Ace dica sempre la verità, anche se 
qualche volta tendono a non crederlo, dopotutto anche 
lui è un ragazzo. Eppure, Ace dice sempre la verità?
EHEHEHEHEHE
Ok, basta. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio
tutti quelli che seguono e recensiscono la mia storia,
quelli che l'hanno inserita tra le preferite, e quelli che 
l'hanno aperta anche solo per sbaglio.
Grazie :3
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ciaooooo

P.S. Avete visto quant'è bella la foto ad inizio capitolo?
        L'ha fatta una mia cara amica.
        Grazie Vale :3

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