Assassin's Creed: Rebirth

di Altair13Sirio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fuga ***
Capitolo 2: *** Il Lupo ***
Capitolo 3: *** La gilda degli Assassini ***
Capitolo 4: *** Nuovo incarico ***
Capitolo 5: *** Punizione ***
Capitolo 6: *** Attacco all'Isola Tiberina ***
Capitolo 7: *** Prigioniero ***
Capitolo 8: *** Complicazioni ***
Capitolo 9: *** Visita ***
Capitolo 10: *** Evasione ***
Capitolo 11: *** Il vecchio ***
Capitolo 12: *** Ultimatum ***
Capitolo 13: *** Ti stavo aspettando... ***
Capitolo 14: *** Dubbi ***
Capitolo 15: *** Traditore ***
Capitolo 16: *** Diverbio ***
Capitolo 17: *** Ritrovamento ***
Capitolo 18: *** Risveglio ***
Capitolo 19: *** Tregua ***
Capitolo 20: *** Infiltrazione ***
Capitolo 21: *** Trattative ***
Capitolo 22: *** Perdono ***
Capitolo 23: *** Torno subito ***
Capitolo 24: *** Allenamenti ***
Capitolo 25: *** Battaglia al Pantheon ***
Capitolo 26: *** Presentazioni ***
Capitolo 27: *** Iniziazione ***
Capitolo 28: *** Grazie ***
Capitolo 29: *** Un nuovo viaggio... ***



Capitolo 1
*** La fuga ***


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Una ragazza correva per le strade di Roma. Scappava dai suoi inseguitori. Sentiva le risate di Caha e Cahin avvicinarsi. Temeva di vedersi comparire Malfatto o Ristoro da un momento all’altro dietro a un angolo. Baltasar sicuramente la aspettava alla fine della strada. Lanz la inseguiva dai tetti. Lia la stava sicuramente aggirando dalle tante stradine di Roma. Silvestro le andava dietro ansimando. Gaspar le avrebbe sparato, se non fosse stata abbastanza veloce. Rocco, Auguste e il Carnefice la inseguivano a piedi. Il cavallo di Donato nitriva con forza. Insieme a lui c’era Faustina armata della sua mezza forbice.
Fiora era lusingata: erano venuti tutti per lei! Poi si accorse che qualcuno mancava.
Il Lupo non c’è… Quell’uomo era il migliore agente dei Templari. Non toglieva mai il suo cappuccio, aveva una mente straordinaria, non sbagliava mai! Un vero genio. Uccideva la sua vittima in silenzio, senza neanche far capire a quella di essere morta! La sua storia aveva un chè di misterioso, ma Fiora non la conosceva. Lei era entrata nell’Ordine dopo di lui, ma aveva sentito qualcosa… Era stato allevato dai lupi… Era entrato nell’ordine giovanissimo… E poi restava sempre nell’ombra, da solo…
<< Fermati, traditrice! >> Donato aveva urlato, e in quel momento Fiora si accorse di essere circondata!
<< Non puoi più fuggire! >> Silvestro ansimava e si teneva la spalla, il punto in cui Micheletto gli aveva strappato il braccio!
Davanti a lei c’erano Baltasar, Malfatto e Ristoro. Da un vicolo la guardava Lia De Russo. Attaccati a una corda tesa tra due case, a testa in giù, penzolanti, c’erano i gemelli. Silvestro era ancora ansimante, quando arrivarono alle sue spalle Donato con Faustina sul suo cavallo grigio, Rocco, Auguste e il Carnefice a piedi. Lanz era sul tetto della casa alla sua destra col pugnale impugnato di rovescio. Sull’altra casa c’era Gaspar con un fucile tra le mani.
Fiora si fermò. Si guardò intorno, cercando una via di fuga, invano.
Donato scese da cavallo e sguainò la spada. << Sei pronta per ricevere la giusta punizione per aver tradito l’ordine? >> Fiora girò lo sguardo verso di lui, poi guardò implorante Baltasar, che evitò il suo sguardo con rabbia. Allora si rassegnò. Sarebbe morta.
Donato si avvicinava a lei. Tutti trattenevano il fiato. Fiora stringeva i denti e pregava perché facesse in fretta. Donato sapeva perfettamente cosa stava passando Fiora in quel momento, e cominciò a prendere tempo, girandosi la spada nelle mani, passando il dito sul filo della lama…
Quando finalmente si decise ad alzare il braccio con solennità, come se stesse per compiere un gesto sacro, si sentì un sibilo, e un dardo da balestra colpì l’impugnatura della spada di Donato, che perse dalle mani.
Fiora aveva sentito il rumore della spada che cadeva, e si voltò. Ognuno cercava di capire da dove veniva il dardo. Donato si massaggiava il polso. Lanz sentì come un fruscio dietro alle sue spalle, poi un colpo secco alla testa. Cadde dal tetto. Si girarono tutti verso di lui. Poi guardarono in su, da dove era caduto e lo videro.
<< UN ASSASSINO!!! >> Urlò Faustina con voce stridula.
Gaspar gli puntò contro il fucile. Sparò un colpo, ma l’Assassino lo evitò agilmente. Poi lanciò un pugnale verso il suo assalitore, che fu ferito alla caviglia sinistra.
Caha e Cahin Si tirarono su dalla corda con un agile gesto e raggiunsero l’Assassino con i coltelli sguainati. Cahin menò un fendente al fianco del nemico, ma quello lo evitò e con il gomito colpì il braccio dell’Arlecchino, con l’altro braccio lo spinse per la schiena, tenendogli la gamba davanti, facendolo inciampare. La sorella saltò verso l’Assassino col coltello puntato alla testa, ma lui l’evitò, tese il braccio, e Caha sbattè con lo sctomaco. Poi l’Assassino la spinse via. Saltò giù in strada. Estrasse la spada e attese.
Non si mosse nessuno. L’Assassino aspettava il suo avversario, chiunque fosse.
Donato, con una smorfia di disprezzo, raccolse la spada:<< Sembra che dovrò occuparmene io! >>
L’Assassino sembrò sorridere. Donato si irritò a quel gesto e si lanciò sul nemico. L’assassino parò il colpo e respise la spada, che per poco non andò a colpire la fronte di Donato, poi attaccò dal basso il Templare, che schivò con un salto laterale l’attacco, girò su sé stesso e attaccò alla testa dell’avversario. Ma quest’ultimo abbassò la testa e parò con la spada. Donato allora estrasse la daga e puntò al ventre dell’Assassino, che automaticamente estrasse la sua cinquedea, e, tenendola di rovescio, parò la daga di Donato. Ora però era svantaggiato, perché si trovava con le braccia incrociate e doveva uscire in fretta da quella situazione. Spinse in alto le armi di donato, si abbassò e girò su sé stesso un paio di volte, spostandosi di lato. Questa mossa lasciò Donato sorpreso, che si sbilanciò. L’Assassinò colse il momento perfetto per rialzarsi, colpendo Donato con la cinquedea sul fianco. Purtroppo l’attacco fu frenato dall’armatura del suo nemico, che venne leggermente ferito.
Donato indietreggiò tenendosi il fianco ferito, da cui cominciava a scendere del sangue. Respirava profondamente.
L’Assassino ripose la cinquedea e la spada, scattò con i polsi, e dagli antibracci in metallo uscirono due lame lughe venti centimetri. Donato aveva perso le armi quando era stato colpito, e cominciò a indietreggiare. L’Assassino cominciò a menare colpi con i polsi, da sopra, da sotto, dai lati, girando, a volte anche con tutte e due le lame. Donato si trovava in una brutta situazione, e faticava ad evitare tutti i colpi, specialmente perché lui era più abile nell’attacco, che nella difesa. La fortuna volle che, indietreggiando, fosse finito su un montacarichi. Allora diede un calcio alla leva che teneva la corda, e si appese a quest’ultima. L’Assassino saltò indietro, per evitare di essere schiacciato dai mattoni che erano appesi al montacarichi. Donatò raggiunse il tetto. L’Assassino si parò davanti a Fiora, come per proteggerla.
<< Ah! Fai male a proteggerla, Assassino! >> Esclamò Donato << Perché dovresti ucciderla! Lei è una Templare… >>
<< Credi che non lo sappia!? >> Lo interruppe l’Assassino, che parlava per la prima volta. << So tutto su ogni templare di Roma, Donato Mancini! >> Aveva una voce solenne. << Non credi che ora dovresti ritirarti, prima che io ti faccia fuori? >>
Donato si irritò. Poi abbassò la testa, umiliato. Si girò, andò verso il bordo più a sinistra, dove si trovavano gli altri templari. Si molleggiò sulle ginocchia, e poi saltò giù dal tetto. Quando atterrò smorzò un imprecazione per il dolore. Salì sul cavallo, mentre Faustina gli faceva posto.
<< Questa volta hai vinto tu! >> Urlò. Poi si rivolse ai Templari dietro di lui, compresi Lanz, Caha e Cahin, che si erano ripresi.
<< Ci ritiriamo! >> Poi aggiunse << Malfatto, occupati di Gaspar, e dopo mi curerai questa ferita! >>
Poi girò il cavallo e se ne andò…
Rimase solo Baltasar, a conteplare la scena. Guardava con disprezzo Fiora e l’Assassino. Fiora aveva imparato tutto quello che sapeva dal Barbiere, per questo Baltasar era così furioso: la sua migliore allieva l’aveva tradito!
<< Farsi aiutare da un Assassino… >> Mormorò amarato.
Poi se ne andò.
Nella strada rimasero solo Fiora e l’Assassino.
Quello fece un passo verso una direzione imprecisata, come se volesse solo allontanarsi da Fiora al più presto.
<< Aspetta! >> Fiora allungò un braccio verso di lui.
L’uomo si girò, e la guardò con la coda dell’occhio. << Non c’è bisogno che mi ringrazi. >> Fece una pausa << Chiunque ha problemi con i Templari necessita il nostro aiuto. >>
L’uomo era alto e magro. Non sembrava molto adatto alla battaglia, ma le sue azioni dicevano il contrario.
Gli Assassini riescono sempre a sorprendere… Pensò Fiora. << Voglio solo capire perché mi hai aiutato. >>
L’Assassino rispose dicendo che lo aveva appena detto, ma Fiora non era soddisfatta. << Ma io sono una Templare! >>
<< Sono sicuro di no. Non più, almeno. >> Disse l’uomo.
Fiora era confusa. Perché un Assassino doveva salvarla?
<< Vorrei chiederti di poter venire con te. >> Disse senza pensare. Se ne pentì subito, perché l’Assassino la guardò male. << Pensì che sia così pazzo da portare una donna che è stata Templare nel nostro covo?  >> Fiora abbassò lo sguardo. << Tuttavia… >> Disse avvicinandosi << Non posso lasciare una ragazza in pericolo. >> E le sorrise.
Fiora si sentiva sollevata. Voleva sdebitarsi.
<< Ti dirò tutto quello che posso sui Templari! >>
L’Assassino la guardò basito. Probabilmente stava pensando che fosse una ragazza frivola. Fiora se ne accorse e si imbarazzò molto.
L’Assassino disse con un mezzo sorriso:<< I Templari non parlano mai sul serio, se non tra di loro. >>
Fiora si irritò. La considerava ancora una Templare?
<< Ma credo che non guasterà qualche informazione… >> Le sorrise.
Fiora, dapprima un po’ sconcertata, contraccambiò il sorriso.
Cominciarono a camminare. Poi Fiora si accorse che doveva chiedere all’Assassino un’altra cosa.
<< Tu chi sei? >>
L’Assassino si fermò e guardò verso l’orizzonte. << Io sono un uomo che vuole liberare Roma, come i miei fratelli e sorelle. Sono un Assassino. Il mio nome è Severino Sabelli. >>
  

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Capitolo 2
*** Il Lupo ***


La preda stava scappando. Doveva inseguirlo prima che fosse riuscito a salvarsi!
Saltò sulla ringhiera delle scale e poi si lanciò in strada. La gente si spostava e urlava, quando lo vedeva arrivare di corsa, ma lui, anche a costo di farsi strada a spintoni, doveva raggiungere la sua preda! Quello fuggiva, nonostante sapesse che sarebbe morto. Passò in mezzo a un gruppo di guardie suoi complici: sarebbero morti anche loro!
Con un salto evitò la lancia che gli aveva puntato contro uno di loro, estrasse il suo pugnale a doppio taglio dall’impugnatura d’argento , e con una giravolta colpì il nemico, tagliandolo dal viso alla gamba sinistra. Poi atterrò, si fece in avanti, per evitare la spada di un soldato e gli diede un calcio alla gamba, per farlo inciampare. Quello gli cadde di sopra e lui lo infilzò al cuore col pugnale, poi lo spinse via, si rialzò, rinfoderò il pugnale ed estrasse la spada, anch’essa a doppio taglio con l’impugnatura in argento, che ricordava il muso di un lupo. C’erano ancora tre guardie, e non poteva lasciare che la sua preda gli sfuggisse! Scattò in avanti verso un soldato armato di mazza, che tentò di colpirlo da sotto al fianco, ma senza successo. Lui approfittò dell’avversario scoperto, e da piegato si alzò con la spada levata e squarciò il torace del nemico. Poi si girò e infilzò la fronte dell’altro soldato. L’ultimo soldato impugnava un coltello largo e affilato. Tentò di ferirlo, ma lui si riparò col corpo del soldato appena ucciso. Il coltello rimase incastrato nella schiena del soldato morto, e lui tagliò la gola all’ultimo nemico.
La sua preda cercava di raggiungere la porta di Roma, ma lui scattò verso di lui. In poco gli fu dietro e scattò con il polso. Dalla manica si venne a formare una lama celata composta da due parti che, dapprima unite, si staccarono per allargarsi, e andarono a riunirsi formando la lama. Saltò sulla preda e la uccise piantandogli la lama nel collo!
Missione compiuta! Pensò. Ora doveva solo sbarazzarsi del corpo, e dopo sarebbe potuto tornare a casa. Prima però sarebbe dovuto andare a fare rapporto a Castel Sant’Angelo.
Lui era un Templare addestrato come un Assassino. Non toglieva mai il suo cappuccio azzurro/grigio. Un ragazzo che era cresciuto coi lupi. L‘unico che sapeva come creare una lama celata tra i Templari.
Lui era Il Lupo. 

 

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Capitolo 3
*** La gilda degli Assassini ***


Fiora stava scendendo delle scale che portavano al di sotto della strada. Era entrata in una torre dell’Isola Tiberina e ora seguiva Severino. Ai muri vi erano delle torce accese che irradiavano tutta la strada. In fondo c’era un arco che portava in una stanza ampia. Non era molto lunga, la scalinata, ma a Fiora sembrò un eternità.
Arrivati alla fine della scalinata, Severino si fermò.
<< Aspetta qui, per favore. >> Fiora annuì. Severino entrò nella stanza e Fiora lo guardò allontanarsi. Fiora era preoccupata: temeva di essere riconosciuta da qualcuno. In quel momento chiunque avrebbe potuto farle del male.
Era curiosa di vedere il covo degli Assassini. Si affacciò dall’arco con molta cautela, pronta a ritrarre subito la testa, in caso qualcuno la avesse notata.
La stanza era ampia e spaziosa. Alle pareti c’erano dei drappi rossi con il simbolo degli assassini in giallo. C’erano armadii pieni di libri e pergamene. Alcune panche e dei tavolini con varie pergamene di sopra. C’era anche una panca da medico per curare eventuali malati o feriti.
Severino uscì da una porta sulla destra e la chiamò.
<< Stavi dando un’occhiata all’arredamento? >> Chiese.
<< Il posto mi incuriosisce… >> Rispose esitante Fiora.
<< Il Maestro ha accettato di vederti. >> Disse senza cerimonie conducendola alla porta da dove era uscito.
<< Che cosa? Così, senza neanche un sospetto? >> Chiese Fiora stupita.
Severino aprì la porta e disse:<< Salute e pace, Maestro. >> Mettendo una mano al petto. << Ecco Fiora Cavazza. >>
Fiora entrò nella stanza, e vide subito un lungo tavolo, dietro alla quale stava seduto un uomo incappucciato, di cui notò la barba scura. La stanza era decorata più o meno come quella prima, ma sembrava una sala riunioni. Dietro all’uomo si trovava un camino acceso. L’uomo era armato di tutto punto. Una spada a doppio taglio, con l’impugnatura che faceva pensare al becco di un rapace. Una daga larga e scanalata, che si stringeva all’impugnatura stava appena sopra la spada. Dietro la schiena portava una balestra. Ai polsi portava degli antibracci da cui, Fiora pensò, dovessero uscire le lame celate; ma uno, quello sinistro, era più ingombrante, come se contenesse altro… Sulla spalla sinistra portava, come tutti gli Asssassini, una cappa per coprire il braccio. Ma la sua armatura e i suoi abiti erano diversi. Il suo cappuccio e la sua cappa erano rossi, sulle spalle e attorno al collo portava una folta pelliccia, dalla spalla destra spiccava un’aquila in metallo, e sulla corazza erano incise altre aquile. All’altezza della vita spiccava un’altra aquila con le ali spiegate, sopra alla quale compariva il simbolo degli assassini. Fiora capì che l’uomo che le stava di fronte era il Maestro Assassino Ezio Auditore da Firenze.
Se ne stava seduto con le mani unite, vicino al mento. Aveva gli occhi chiusi. Poi parlò. La sua voce era tra una voce da giovane, e quella di un adulto.
<< Fiora Cavazza. >> Disse. Fece una pausa. << La Cortigiana. >> Si alzò. << E’ così che ti chiamano? >> Fiora annuì. << Dimmi perché hai abbandonato i Templari. >>
Fiora sospirò. Poi cominciò a raccontare.
<< E’ cominciato tutto alcuni giorni fa. Mi era stato assegnato un incarico: dovevo uccidere un uomo che aveva fatto una predica contro i Templari. Viveva in periferia, era sempre circondato da mercenari che aveva pagato per proteggerlo. Dovevo riuscire a trovare un momento in cui non fosse scortato, in cui fosse stato debole, vulnerabile. Scoprì, studiando le sue abitudini, che alla sera congedava i guerrieri e si ritirava in casa. Avevo trovato così il modo di avvicinarlo. E così, ieri sera ho agito. L’ho attirato alla porta con una scusa, e quando si è presentato il momento l’ho ucciso! >> Fiora sospirò tristemente. << Il fatto è che me ne sono pentita subito! Mi era stato detto di non lasciare testimoni, e io non avevo preso in considerazione il fatto che l’uomo aveva una moglie e una figlia piccola. E lì, in quella scena terribile, io con il ventaglio sporco di sangue in mano, la mia preda morta in un lago di sangue con la gola squarciata e le due familiari che mi guardavano terrorizzate, mi si aprirono gli occhi. Se non avessi capito la gravità di ciò che avevo fatto, non credo che sarebbe cambiato nulla: io avrei ucciso anche loro e sarei tornata indietro. >> << Ma…? >> Chiese Ezio. << Ma mi fecero una tale tristezza… >> Concluse Fiora sconsolata. << Capii che avevo fatto una cosa imperdonabile. Cercai di chiedere perdono, ma non ci riuscii: come potevo chiedere perdono a una donna appena dopo avere ucciso suo marito? Perdere dei familiari all’improvviso è orribile. Ed è ancora più orribile per chi causa tutto ciò. >> Poi si rivolse ad Ezio << Non è vero? >> Rimase spiazzato. Lui aveva perso i suoi familiari dopo essere stati traditi, ma allo stesso tempo toglieva la vita a persone che avevano una vita al di fuori dei Borgia, alcuni neanche sapevano cosa fossero i Templari, e avevano le loro famiglie. Anche lui, come i Templari aveva portato disperazione!
<< Hai ragione. Io ho ucciso moltissimi uomini che si sono opposti a me. >> Disse con sguardo basso. Severino fu sorpreso dal vedere il suo Maestro abbassare così la testa. << Ma io non ho mai ucciso innocenti! >> Disse rialzando lo sguardo e col fuoco negli occhi.
Fiora sorrise.
<< Tornata dai Templari, raccontai tutto, e loro non la presero bene… Ero tornata perché volevo nascondermi dalla vista di quella donna e di sua figlia. Speravo che i Templari mi avrebbero capito… >> << Ma tu eri solo una pedina nelle loro mani che non valeva nulla. >> Disse Ezio.
Fiora annuì. << Sì, è così. Appena dissi loro che erano rimaste vive, cominciarono a urlarmi contro, ma ancora non mi attaccarono. Si era fatto tardi, così mi congedarono e rimasero a discutere. Mi ritirai nelle mie stanze e mi chiusi dentro. >> Fiora sospirò. << Il mattino dopo mandarono una guardia a chiamarmi. Appena entrata nella stanza, trovai Il Boia che affilava la sua ascia, pronto ad uccidermi. Donato Mancini cominciò a parlare. Parlava di tradimento, ribellione, ma io non lo ascoltavo: avevo già capito che mi volevano uccidere! Così, alla prima occasione scappai! Comiciarono a inseguirmi… Il resto lo sapete. >> Concluse Fiora guardando Severino.
Ezio, che aveva ascoltato tutto con molta attenzione, si sedette e avvicinò di nuovo le mani al mento. Rimase in silenzio ancora un po’, poi disse:<< Sei sincera. >>
<< Ve lo giuro! >> Disse Fiora, ma Ezio la interruppe.
<< La mia non era una domanda. >> Fiora lo guardò interrogativa. Ezio alzò lo sguardo. << Lo so. >>
Fiora era confusa. << Vuol dire che le basta vedere una persona per capire se mente o dice la verità? Oppure si fida a seconda di come le gira? >>
Ezio non sapeva come spiegarlo. << Quando guardi Severino, cosa vedi? >>
Fiora non capiva. << Un uomo che un tempo era mio nemico, ma di cui posso fidarmi… >> Disse.
<< Perché ti fidi di lui? >> Chiese Ezio. << Cosa vedi in lui che ti fa fidare? >>
Fiora balbettò qualcosa:<< Mi ha… Salvato la vita! >>
<< Quindi ti fidi perché ti ha salvato la vita. >> Disse Ezio. Si alzò e cominciò a camminare lentamente. << La gente si fida a seconda di come si vede le persone. Se una persona ha un atteggiamento ostile verso di me, io non mi fiderò di lui finchè non avrà cambiato atteggiamento. >>
<< Sì, ma non è così sempl… >> Ezio interruppe Fiora continuando a parlare.<< E’ ovvio! Bisogna capire se il comportamento è sincero, o falso. Ecco: io lo posso capire subito! >>
Fiora continuava a non capire. Ezio continuò a parlare. << E’ una cosa che si tramanda da generazione in generazione nella mia famiglia. Comiciò tutto da un mio lontanissimo antenato: Altaïr Ibn La’Ahad. Anche lui fu un Assassino, nonostante io non sappia molto della sua vita, so che questo “dono” l’ho ricevuto da lui. Questa sua caratteristica di poter vedere nell’anima delle persone fu chiamata “Occhio dell’Aquila”. Posso vedere le intenzioni di chi mi sta accanto, ed è per questo che capisco che sei sincera, Fiora Cavazza. >>
Fiora non riusciva a credere a ciò che aveva sentito. Ezio se ne accorse e sorrise. << E questo è niente. Ma lascio a te immaginare cosa posso fare. >> Disse.
<< Puoi andare, ora. Severino ti accompagnerà alla tua stanza. >> Disse.
<< Cosa? Starò qui? >> Chiese Fiora stupita. << Ma non funzionerà mai! Nessuno mi accetterà qui! Sarei solo un problema in più, per voi. >>
<< Non ci sarà nessun problema. >> Disse Ezio. << Ora va’. >>
Severino condusse Fiora fuori dalla stanza.
<< Prima di portarti nei tuoi alloggi, vorrei, se vuoi, farti conoscere i confratelli. >> Disse l’Assassino. Fiora non era sicura di quello che sarebbe successo, ma pensò che sarebbe stato molto meglio sbrigare quella faccenda al più presto possibile, quindi accettò.
Severino la condusse in un’altra stanza, dove vi erano rastrelliere con sopra varie armi:spade, asce, martelli, coltelli… In fondo alla stanza, di fronte a un caminetto, si trovavano due Assassini che discutevano delle loro armi.
<< Salute e pace, Fratelli. >> Li salutò Severino. I due Assassini contraccambiarono il saluto. Poi si accorsero di Fiora, che si nascondeva dietro Severino.
<< Cosa stai facendo, Severino? >> Disse l’Asssassino più vecchio. Aveva il viso scarno, gli occhi scuri e una barba corta.
<< E’ tutto a posto, Paolo! >> Disse Severino, alzando un braccio per calmarlo.
L’Assassino più giovane aveva anch’egli gli occhi scuri, ma lo sguardo era più acceso, magnetico, e il viso liscio e magro.
<< Non è a posto nulla! Lei è… >>
<< Fiora Cavazza, la Cortigiana. So benissimo chi è. L’ho salvata io dai Templari! >>
<< Che cosa? >> Chiese stupito il più giovane.
<< Figuriamoci! Sarà un tranello di quelle serpi! >> Disse il più vecchio.
<< Bè, se è un tranello o no, non lo so, ma il Maestro si fida di lei, quindi dovrete accettarla! >> Esclamò spazientito Severino. Poi si calmò e si rivolse a Fiora. << Fiora, questi sono Paolo Simoni >> e indicò l’uomo più anziano << e Severino Stornello. >> Concluse indicando l’altro più giovane.
Paolo si voltò e se ne andò via imprecando sottovoce. A Fiora sembrò di sentire “Un Templare resta sempre un Templare!”.
Severino Stornello guardò Fiora, poi Severno con uno sguardo interrogativo. Si voltò a guardare Paolo. Si rigirò e disse a Severino:<< Cercherò di farlo ragionare. Se il Maestro si fida, allora mi fiderò anch’io. >> Poi si rivolse a Fiora << Benvenuta, signorina Cavazza. >> E si avviò verso Paolo.
Fiora trasse un sospiro di sollievo, quando Severino se ne andò.
<< Non sei contenta? Lui ti ha accettata. >> Chiese Severino.
<< Solo perché va bene ad Ezio. >> Disse lei.
Severino si rattristò per la poca fiducia che riponeva nei suoi compagni.
<< Vieni, ti presento gli altri. >> Severino la portò in un’altra stanza. In questa stanza c’erano delle armature ai muri, e su alcuni piedistalli c’erano dei modellini di macchine che Fiora conosceva. Non facendo caso all’Assassino che si trovava nella stanza si avvicinò ad uno dei modellini.
<< Queste sono le macchine di Leonardo da Vinci! >> Esclamò.
Severino le si avvicinò. << Già. Il Maestro è un amico di Leonardo. Lui gli ha chiesto di distruggere le macchine che Cesare gli aveva fatto costruire. Ad Ezio, però, quelle macchine sono piaciute, e ha voluto crearne un modellino per ricordo. >> Fiora giocherellava con il modellino della macchina volante. << Volare dev’essere fantastico. >> Disse. Severino rispose:<< Bè, come ringraziamento per l’ottimo lavoro, Leonardo ha creato una variante di quella macchina per gli Assassini: il paracadute. >> Si tolse qualcosa somigliante ad una borsa dalla schiena e la porse a Fiora. << Vedi, tirando queste cordicelle si apre un telo che frena la caduta. >> Spiegò Severino mostrandole il paracadute. Poi distolse lo sguardo e si avvicinò all’Assassino, che, intento a sistemarsi l’armatura, aveva distolto lo sguardo non appena aveva sentito la voce di Fiora.
<< Fiora, questo è Orfeo Occhionero. >> Disse Severino.
Fiora si avvicinò all’Assassino. Era giovane, aveva gli occhi verdi e dal cappuccio uscivano dei riccioli rossi, mentre sul viso cresceva una leggera barba ancora giovane. Era alto e robusto.
Orfeo la salutò:<< Buongiorno, signorina. >> E le sorrise.
Severino la portò in una stanza più grande, dove erano appesi al muro molti quadri, tra i quali, le vittime più importanti di Ezio. Qui parlavano tre assassini. Un uomo alto e magro, un ragazzo giovane con gli occhi scuri e un Assassino grosso e robusto, con una folta barba nera.
<< Giovanni, Luca, Tullio! Volevo presentarvi una persona. >> Li chiamò Severino.
<< Di chi si tratta? >> Chiese il più vecchio.
Fiora si fece avanti timidamente, temendo un attacco: questa volta gli Assassini erano più di loro, se avessero dovuto assalirla, Severino non sarebbe riuscito a difenderla…
Appena la videro, gli Assassini ebbero un leggero scatto, ma a parte quello, nient’altro.
<< Ma lei è… >> Cominciò il più giovane, ma il più anziano lo trattenne.
<< Sì, lei è Fiora Cavazza. Ma non avete nulla da temere da lei; è dalla nostra parte. >> Disse rassicurante Severino.
<< Ne sei certo? >> Chiese l’uomo alto e magro.
<< Assolutamente! >> Poi si rivolse a Fiora:<< Fiora, questi sono Giovanni Guglielmi, Luca Lombardi e Tullio Tagliapietra. >>
Fiora li salutò rispettosa:<< Felice di conoscervi. >>
Gli Assassini ricambiarono con un cenno di approvazione.
Severino la portò in una sala addobbata con altri drappi degli Assassini a ogni colonna, con in fondo un altare e al centro un grande tappeto rosso.
<< Questa è la sala delle cerimonie. >>
<< C’è più luce che nelle altre stanze… >> Notò Fiora.
<< Già, perché questa stanza, a differenza delle altre, ha delle finestre. >> Rispose Severino.<< Così c’è ricambio d’aria nelle stanze sotterranee. >>
Severinò riportò Fiora indietro, e mentre camminavano, incontrarono un’Assassina che guardava in una libreria, cercando qualche libro da leggere.
<< Oh! Ecco Emiliana! >> Esclamò Severino. A sentire il suo nome, l’Assassina si girò. Era magra, aveva gli occhi neri e i capelli neri le uscivano di poco dal cappuccio. Negli occhi il suo sguardo angelico cambiò non appena vide Fiora. Subito sguainò la spada, lasciando Fiora sorpresa per la sua velocità. Severino la spinse indietro e si mise davanti per parare il colpo che stava per arrivare. Non ebbe il tempo per estrarre la spada e così dovette scattare col polso e parare con la sua lama celata.
Le lame emanarono un suono acuto che entrò nella testa di Fiora! I due Assassini rimasero fermi, a lame incrociate.
<< D…Dannazione, Emiliana! >> Sbottò Severino trattenendo la spada della Sorella.
<< Quelli come questa puttana hanno ucciso la mia famiglia! >> Esclamò esasperata Emiliana.
Severino non voleva ferire Emiliana, quindi non esercitava molta forza, e rischiava di essere sopraffatto.
<< Ma lei è cambiata…! Non sai neanche se lei centrava con l’uccisione dei tuoi familiari…! >> Nella stanza corse Orfeo, allarmato dal suono delle armi. Come vide Emiliana e Severino, prese lei e la tirò via e la tenne ben stretta.
<< Gh…! Lasciami, idiota!!! Devo ammazzarla!!! >> Cominciò a urlare.
<< No che non ti lascio, perché il Maestro ha detto che può stare, quindi ora te ne starai buona senza fare nulla! >> Rispose Orfeo. Emiliana girò lo sguardo verso di lui, che vedendola così infuriata chiese:<< Per favore. >>
Emiliana continuò a dimenarsi. << Lasciami, idiota! E’ UN ORDINE!!! Ti sono superiore, quindi devi rispettare il mio ordine! >>
<< E io gli ordino di non farlo! >> Esclamò Severino. << Ti sono superiore, o no? >> Emiliana lo guardò con odio. << Vogliamo vedere cosa dice il Maestro? >> Aggiunse lui.
Emiliana cominciò a calmarsi, poi si sconfortò; Orfeo la lasciò e lei si accassciò a terra. Cominciò a disperarsi.
<< Non li perdonerò mai… Mai… >> Continuò a parlare sottovoce.
<< Lei è Emiliana Santi. Ti prego di perdonarla: la sua famiglia, come hai potuto intuire, è stata uccisa dai Templari. >> Disse Severino, dopo che si furono allontanati.
<< Posso capirlo, in fondo non può sapere nulla di me… >>
Continuarono a camminare. Ad un tratto Fiora si accorse di una cosa:Santi… E’ la famiglia che è stata eliminata da Rocco Tiepolo tempo fa!
<< Severino! Io so chi ha eliminato la famiglia Santi! >> Disse tutto ad un tratto. << Era d’intralcio a Cesare, e quindi lui l’ha fatta massacrare da Rocco Tiepolo e un manipolo di soldati! >>
Severino fu sorpreso da quella informazione. << Sono anni che investighiamo su ciò… >> Disse. << Emiliana forse si arrabbierà ancora di più sapendo che sei stata tu a dirlo… >>
<< Non m’importa! >> Sbottò Fiora. << Perché lei deve odiarmi per qualcosa che non ho fatto io?! E’ vero, sono stata una Templare, ma ciò non significa che non ho un’anima! Posso capire cosa prova, non sono un mostro! Glielo dirò io stessa! >>
Severino spospirò sorridendo. << D’accordo. >>
Veniva un’altra Assassina verso di loro. Fiora si nascose per timore di un altro attacco.
<< Salute e pace, Severino. >> Lo salutò quella.
<< Salute e pace a te, Fabiola. Vorrei presentarti una persona… >>
<< Uh…? E di chi si tratta? >> Chiese curiosa. Poi notò Fiora nascosta dietro Severino. << E tu chi sei? >> Fiora superò la paura e alzò lo sguardo. Vide una ragazza magra, ma non quanto Emiliana. Con occhi verdi e lunghi capelli rossi che le uscivano dal cappuccio e si posavano sul petto. Aveva uno sguardo furbo e qualche lentiggine sul viso.
<< Che sorpresa; ecco il perché delle urla di Emiliana. >> Disse senza smettere di sorridere.
<< Fabiola! >> La avvertì Severino. << Il Maestro si fida di lei, e anche io; Quindi trattala bene. >>
<< Sì, sì… Non ti preoccupare. >> Disse muovendo una mano come per dire che si trattava di una cosa di poco conto, il fatto che Fiora fosse una Templare. << Lo avrei fatto comunque. >> Poi si girò a guardare Fiora. << Allora… >> E la scrutò. << Fiora Cavazza, la Cortigiana. Una dei migliori agenti dei Templari… Come mai sei scappata? >> Fiora indugiò un po’, e Fabiola se ne accorse. << Ah, bè… Avrai tanto tempo per dirmelo, d'altronde siamo compagne di stanza, no? >>
<< Prego? >> Chiese Fiora. Non era stata informata sul fatto che avrebbe diviso la stanza con qualcun altro. Non che la cosa le creasse disturbi. Diede uno sguardo a Severino, che le rispose:<< Bè… Sai, è una misura di sicurezza necessaria. Sei ancora in pericolo, lo sai. >> Non aveva tutti i torti…
<< Bene, allora, ti mostro la nostra stanza! >> Disse contenta Fabiola.
<< Un momento; tutto qui? Siete così pochi voi Assassini? >> Chiese Fiora a Severino.
<< Non proprio, ma gli altri Confratelli sono in missione. >> Rispose lui, e la lasciò con Fabiola.
Comunque sia… Pensò Fiora. Dovrò stare attenta… 
 

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Capitolo 4
*** Nuovo incarico ***


<< Quel bastardo…! Quei maledetti Assassini!!! Non c’è una volta in cui non ci mettano i bastoni fra le ruote! UNA!!! >> Donato era in una sala poco addobbata, ma molto pulita, poiché curare i malati non era cosa da fare in luoghi sporchi. Malfatto gli stava fasciando la ferita, dopo avergliela medicata. Faustina era con loro e tratteneva Donato dall’urlare di rabbia.
<< Lo sai che gli Assassini non rispettano le regole. Ti ha battuto solo perché è ha barato… >>
<< Faustina mia, se non ci fossi tu, a quest’ora sarei già schiattato… >> Disse Donato accarezzandola sulla guancia.
Lei rise. << Ma che dici? >>
Su un lettino lì vicino stava sdraiato Gaspar De La Croix, con la caviglia fasciata, e non molto lontani c’erano Lanz, Caha e Cahin, un po’ malconci,
Malfatto cercava di tenere fermo Donato, cosa assai ardua, soprattutto quando sopraggiunse nella stanza il Masnadiero.
<< DOVE CAZZO ERI FINITO?!?! >> Urlò adirato Donato. Malfatto dovette trattenerlo dall’alzarsi e saltare verso Il Lupo.
<< Mi hanno detto che ti avrei potuto trovare qui… >> Detto questo, scattò col polso e mostrò la lama celata insanguinata.
<< Al diavolo il tuo incarico! Abbiamo altro di cui parlare! >> Sbottò Donato alzando un braccio con impazienza.
<< Cos’è successo? Nessuno mi ha spiegato nulla sul perché sei qui. >> Disse calmo Il Lupo avvicinandosi.
<< La Cortigiana è scappata! >> Disse Faustina a denti stretti.
Il Lupo rimase stupito. << Scappata? E come? >>
<< Come non importa, sta di fatto che è stata aiutata dagli Assassini! Uno di loro l’ha salvata proprio quando stavo per ucciderla! >> Esclamò donato trattenendo una smorfia, ripensando al duello.
<< Aspetta! Hai detto un Assassino? >> Donato annuì. << Ed è stato lui a farti questo? >> Trattenne una risata quando Donato annuì rosso in faccia. A quel punto però, stava per urlargli contro di nuovo, ma Faustina lo trattenne. Donatò pensò a cosa dire. << Poche ciance. Il tuo prossimo incarico sarà questo: uccidere Fiora Cavazza. >> Il Lupo ebbe un sussulto.
<< Ucciderla? E perché? Perché proprio io? >> Chiese.
Malfatto fini di fasciare la ferita di Donato, quest’ultimo si tenne il fianco. << Perché eri l’unico assente: è per colpa tua se non l’abbiamo presa! >>
Tutto ciò non aveva alcun senso. << Come? Ma ero in missione! Mi ci hai mandato tu…! >>
<< Ma catturare la Cortigiana era più importante! >>
<< Ma io come potevo sapere che sarebbe scappata? >>
<< BASTA! SE CI FOSSI STATO TU A QUEST’ORA FIORA CAVAZZA SAREBBE MORTA!!! >> Urlò Donato in preda all’ira.
Il Lupo colse al volo l’occasione:<< Stai dicendo che sono migliore di te? >> E lo guardò con un sorriso di scherno da sotto il cappuccio. Donato capì di essersi tradito, ma l’unica cosa che potè fare fu guardare il Masnadiero con odio.
<< Ora basta, Lupo; ucciderai Fiora Cavazza: è un ordine! >> Il Lupo cambiò il suo sguardo, da scherno a disprezzo. Donato aggiunse:<< Altrimenti sarai ucciso. >> E sorrise.
Il Lupo esitò, poi fece un piccolo inchino e disse:<< Come vuole lei, Messer Mancini. >> Poi si voltò e se ne andò.
Si chiuse la porta alle spalle con Donato che rideva per la sua perfidia.
Ma sì… Che importa se fa quel che gli pare… Pensò il Lupo. Poi si fermò a guardare fuori da una finestra. Mi dispiace per Fiora… Pensò. Non avrà modo di migliorare la sua vita…
Il Lupo se ne andò, continuando a pensare alla sua preda.
 

*

 
Fiora non aveva mai dormito meglio. Nonostante attorno a lei ci fossero persone che non la volevano, si sentiva sicura; sapeva che almeno tre persone non l’avrebbero uccisa: Ezio Auditore, Severino Sabelli e Fabiola Fornari.
Ezio le aveva spiegato il perché si fidasse, ma ancora stentava a crederci: le sembrava quasi impossibile che una persona potesse avere quella capacità… Riconoscere le persone e le loro intenzioni solo guardandole… “E questo è niente”, ha detto… Mi chiedo cos’altro possa fare…
Severino all’inizio sembrava essere l’unico di cui poteva fidarsi. Lui l’ha salvata, due volte, ed era degno di fiducia.
Fabiola era stata amichevole sin dall’inizio, e sembrava non importarle molto del suo passato da Templare… Sentiva di potersi fidare.
Stava scendendo le scale che portavano di sotto, e aveva intenzione di parlare ad Emiliana.
Si arrsetò di colpo quando vide in una grande stanza, tutti gli Assassini seduti a un lungo tavolo, mangiare insieme. Conversavano animatamente e spensieratamente. Dalla tavola si sentivano risate, ma anche discorsi serii. A capotavola sedeva Ezio. Accanto a lui, rispettivamente alla sua destra e alla sua sinistra, sedevano Severino Sabelli ed Emiliana Santi.
Fiora guardava di nascosto. Eccoli: la Gilda degli Assassini. Erano così in armonia… Nessuno era in conflitto. Era evidente che lei fosse il problema, lì. Non sarebbe mai stata una di loro…
Ebbe come l’impulso di andarsene, di lasciarli vivere senza altre preoccupazioni, ma sapeva che sarebbe stato peggio che rimanere e creare così conflitti…
Si voltò e vide due giovani Assassini appena tornati da una missione, sporchi e affannati, che la guardavano increduli e infuriati. Avevano le loro lame celate fuori dagli antibracci.
Fiora urlò.
L’urlo fece sobbalzare tutti nella stanza. Ezio scattò in piedi. Severino saltò alla porta scattando col polso. Emiliana ebbe uno scatto. Fabiola per poco non cadde all’indietro dalla sua sedia. Tullio sobbalzò sulla sedia. Orfeo saltò in piedi e seguì Severino, ma non estrasse la lama celata. Giovanni si girò di scatto. Severino sobbalzò. Giovanni si morse la lingua. Luca e Paolo, che stavano conversando animatamente sbatterono con le teste.
Severino arrivò mentre Fiora evitava un colpo scagliato da un Assassino dal alto verso il basso. Lui ne deviò un secondo scagliato dal secondo Assassino. Scattò con l’altro polso e fermò la lama celata del primo Assassino.
<< Marco! Ulrico! Fermi! >> Gridò.
<< Che diavolo stai facendo, Severino?! Non hai visto che la Corigiana è entrata nel covo?! >> Urlò uno.
<< Lo so benissimo, perché l’ho portata qui io! >> Rispose Severino esasperato.
<< Che cosa? >>
Le prese dei due Assassini si allentarono,  Severino potè ritrarre la lama. Tutti gli Assassini erano alla porta della stanza. Fabiola aiutò Fiora ad alzarsi, che era scivolata sulle scale, cercando di evitare i colpi. I due Assassini la guardavano; uno si girò e disse:<< Adesso ci spiegate per bene cosa sta succedendo! >>
Così Severino si mise a spiegare ai due Assassini tutto quello che era accaduto il giorno precedente. Alla fine del racconto i due erano stupiti.
Uno dei due, capelli neri corti seminascosti dal cappuccio e occhi scuri, il viso scavato, si avvicinò a Fiora:<< Mi perdoni per prima, signorina Cavazza. Non potevamo sapere… >>
<< Non fa niente… >> Disse in fretta Fiora. << Quella che è fuori posto sarei io… >>
<< Ma a quest’ora saresti morta. >> Disse l’altro Assassino. << Se fossi al tuo vecchio posto. >> Era giovane. Aveva gli occhi e i capelli color castano chiaro, e una barba corta, anch’essa castano chiaro.
Fiora sorrise. << Sono molto contenta che non ci siano problemi, per voi… Ehm… >> Non sapeva ancora i loro nomi.
Il primo Assassino parlò:<< Io sono Ulrico Ursini. >>
Il più giovane disse:<< Io sono Marco Melozzi. >>
<< Felice di conoscervi, Ulrico, Marco. >> Rispose Fiora. << Ora devo urgentemente parlare con Emiliana. >> Disse frettolosa. I due Assassini andarono a lavarsi, e Fiora si diresse verso Emiliana, che non si era alzata dalla sua sedia neanche un istante. Appena Fiora si sedette, lei girò la testa. Fiora sospirò, poi si rivolse agli Assassini rimasti a guardare. << Se non vi dispiace, vorrei parlarle da sola. >> Disse. Gli Assassini uscirono chiudendosi la porta alle spalle. Fiora aspettò qualche istante, prima di parlare, e sapeva che Emiliana la avrebbe ascoltata, nonostante tutto. Era interessata a ciò che voleva dirle. Lo capì quando disse dura:<< Allora? Dici quello che hai da dire e poi sparisci! >> Fiora sospirò di nuovo.
Parlò tutto ad un fiato:<< Emiliana, io so chi ha ucciso i tuoi parenti! >> A quelle parole Emiliana si voltò di scatto afferrò Fiora per il vestito e la sbattè sul tavolo, dove rimasero ferme. Il volto di Emiliana era una maschera di rabbia.
<< E ALLORA DIMMELO, PUTTANA!!! E POI LASCIAMI IN PACE!!! >> Fiora era rimasta allibbita dalla reazione di Emiliana. Non si aspetava tutta quella rabbia. Esitò un momento.
<< E’ stato Rocco Tiepolo, sotto ordine di Cesare. >> Emiliana lasciò andare Fiora e battè i pugni sul tavolo, accasciandosi poi su se stessa. Cominciò a singhiozzare silenziosamente, come se non volesse farsi sentire da Fiora. Lei si massaggiava il punto in cui Emiliana l’aveva afferrata, e si chiedeva se questo avrebbe migliorato la relazione tra loro due.
<< Non ti preoccupare… >> Disse allora, alzandosi e andando verso la porta. << Non è un problema, se piangi. >> Detto questo aprì la porta e uscì. Emiliana rimase lì a piangere.
Fiora sentiva il bisogno di uscire, di respirare aria fresca, e poi voleva imparare ad usare il paracadute che le aveva mostrato Severino. Aveva sempre sognato di volare. Quindi ne prese uno e uscì dalla torre senza dire nulla a nessuno. Uscita in strada, cominciò a pensare dove provare il paracadute.
Forse avrei fatto meglio a salire in cima alla torre e a lanciarmi da là… Pensò. Stava per girarsi e andarsene, ma vide qualcosa che la fece bloccare. In fondo alla strada, tra la gente, c’era un uomo incappucciato che conosceva troppo bene: Il Lupo la stava aspettando.
Lui cominciò a camminarle incontro, e lei scappò.
Fiora girò l’angolo a destra e continuò a correre. Il Lupo comparve subito dopo che lei raggiunse il secondo angolo. Lei a quel punto salì su delle casse e si aggrappò a un palo che usciva dal muro, a cui era appesa una lanterna spenta. Il Lupo la seguì. Fiora era veloce, ma anche Il Lupo lo era, nonostante fosse più robusto di lei, ed era agile quasi quanto lei, e gli fu facile seguirla fino in cima alla torre. Infatti, senza accorgersene, Fiora aveva continuato a arrampicarsi proprio sulla torre degli Assassini. Arrivati in cima, ormai era chiaro che non aveva scelta. Se si fosse buttata giù, l’avrebbe seguita. Il Lupo non si scoraggiava così facilmente. Doveva fare qualcosa per fargli capire che non sarebbe morta!
<< Fiora. >> Disse Il Lupo ansimante per la salita. << Perché hai abbandonato i Templari? >>
Fiora, anch’ella ansimante, rispose cercando di prendere tempo:<< Dovrebbero avertelo detto: mi sono rifiutata di uccidere degli innocenti! Tu cosa avresti fatto? >> A quelle parole Il Lupo abbassò lo sguardo. << Ho ucciso troppe persone per poter dire che avrei risparmiato qualcuno… Io lavoro e basta… >> Alzò lo sguardo. << Non me ne importa nulla, di questa maledetta lotta tra Templari e Assassini. Io vivo per me stesso! >> E il suo sguardo si indurì.
Fiora cercava di prendere ancora un po’ di tempo. << Ma… Ma non eri tu, quello che parlava di pensare con la propria testa? Vuoi dire che tu fai quello che ti dicono senza neanche pensare a cosa fai? >> Ricambiò lo sguardo del Templare. << Non sei diverso da loro! >> Detto questo estrasse il ventaglio dalla fondina sul fianco sinistro, lo aprì e si lanciò sul Lupo, che scattò col polso ed estrasse la lama celata.
Lei cercò di colpirlo dal basso verso l’alto, ma lui evitò l’attacco, e le afferrò i polsi con la destra, mentre con la sinistra avvicinva la lama celata. Fiora schivò la lama saltando sulle spalle del Lupo, sfruttando proprio il fatto che le tenesse i polsi. Agganciatasi alla testa con le gambe, si spinse in avanti e lo fece cadere indietro. Lui lasciò la presa e cercò di spingerla di sotto, ma prima che riuscisse a prenderla, lei si era già alzata, lo aspettava con il ventaglio pronto. Il Lupo si alzò e cercò di colpire Fiora con la lama celata, ma lei deviò il colpo con il ventaglio e scagliò un altro attacco da sotto. Il Lupo lo evitò abbassandosi e cercò di trafiggere il ventre di Fiora con la lama celata, ma lei fece una capriola all’indietro e lo evitò. Cercò di colpire Il Lupo un’altra volta con il ventaglio, con un attacco da sinistra verso destra, ma lui fermò il ventaglio con la lama celata, provocando un forte rumore di metallo che si scontra: la lama celata del Lupo e le lamette sul ventaglio si erano scontrate. Il rumore rimase nelle orecchie a tutti e due, che si fermarono per qualche istante. Quando si ricordò cosa stava facendo, Fiora saltò addosso al Lupo, che, abbassandosi, la spinse sotto con un calcio, e si rialzò con una capriola all’indietro. Andò a vedere se Fiora era ancora viva. Era aggrappata alla corda che scendeva dalla cima della torre, appesa ad un supporto mobile che girava attorno a tutta la torre. Fiora tentava di rimanere aggrappata, e si fece prendere dal panico, quando vide Il Lupo scendere verso di lei, aggrappato alla stessa corda alla quale era aggrappata lei. Reagì d’impulso: cominciò a correre verso sinistra sul muro, e Il Lupo fu tirato dalla corda. Fiora fece un giro completo, e Il Lupo era sceso alla sua altezza. Stava per colpirla con la lama celata, ma il supporto mobile della corda si arrestò di colpo a causa della torretta da cui si usciva sul tetto. La corda però andò avanti, girò un altro angolo, finchè Fiora e Il Lupo non resistettero più, e vennero lanciati via. Il Lupo cercò di afferrare Fiora per una gamba, ma non riuscì a prenderla. Lei tirò le cordicelle del paracadute che aveva messo sulla schiena, che si aprì. Il Lupo andò a finire nel fiume. Fiora, invece, si sentì tirare su dal vento, e direzionò il paracadute verso la cima della torre.
Il Lupo uscì dall’acqua tirando un lungo respiro. Si aggrappò al bordo del fiume e ne uscì fuori. Salì le scale che portavano in strada e guardò in alto, verso la torre: Fiora volava nel cielo e scendeva verso la torre. Ormai era inutile tentare ancora.
E’ tenace… Pensò. Non vuole morire…
Il Lupo si voltò e se ne andò.
Fiora guardava dalla cima della torre.
Ben fatto! Pensava. Non morirò per mano di un Templare!
E mentre se ne tornava dentro, si voltò a guardare Il Lupo, e come se la avesse sentita voltarsi, anche lui si voltò a guardarla un’ultima volta.
Avevano un conto in sospeso, loro due. 

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Capitolo 5
*** Punizione ***


Il Lupo ora sapeva che non lo avrebbero accolto a braccia aperte, ma tornò a Castel Sant’Angelo. Pensava che in qualche modo sarebbe riuscito a cavarsela…
Appena entrato nelle segrete, dove si riunivano i Templari, attraversò la lunga stanza e andò a sedersi nell’ombra, in fondo alla stanza, all’angolo. Nella stanza c’era un lungo tavolo alla quale si sedevano i Templari. Nella stanza c’erano tutti quanti: Donato Mancini, indossava una camicia bianca e dei pantaloni scuri, il fianco fasciato; Faustina Collari, accanto a lui, giocherellava con delle monetine che faceva saltare nel cappello; Malfatto osservava Il Lupo passare silenziosamente nella stanza con le mani unite sul mento; il Carnefice affilava la sua ascia, e ogni tanto ne saggiava il filo con il pollice; Baltasar de Silva puliva il suo rasoio fingendo di non essere interessato al Lupo, in realta moriva dalla voglia di sapere se la missione era andata a buon fine; Lanz attorcigliava uno spago attorno al manico del suo pugnale; fra’ Ristoro pregava; Lia De Russo giocava con la sua lama celata, costruitagli dal Lupo; Caha e Cahin si lanciavano avanti e indietro dei coltelli; Silvestro Sabbatini si massaggiava la spalla del braccio sinistro, e armeggiava con la protesi; Gaspar De La Croix armeggiava col suo coltello multiuso; Auguste Oberlin si passava il martello da una mano all’altra; Rocco Tiepolo affilava la sua larga spada.
Aspettarono tutti che Il Lupo si sedesse, ma Donato non era mai stato un uomo paziente. Appena il Masnadiero si sedette gli chiese.<< Allora? >>
Il Lupo aspettò un po’. Cercò di prendere tempo. Si sistemò gli abiti, controllò che lama celata si aprisse senza problemi e strinse un po' la vite…
<< Allora?! >> Chiese con maggiore intensità il Capitano.
<< Fiora Cavazza mi è sfuggita. >> Rispose calmo Il Lupo.
Donato sobbalzò sulla sedia. << L’HAI LASCIATA IN VITA!?!? >>
<< Ho detto che mi è sfuggita! >> Precisò Il Lupo con calma. << Abbiamo lottato, ma è stata astuta e meglio equipaggiata, e mi ha buttato nel Tevere. A quel punto stava tornando nel covo degli Assassini. Sarebbe stato impossibile ucciderla a quel punto, non credi? >> Gli lanciò un’occhiata da sotto il cappuccio. Donato non lo sopportava: riusciva sempre a farlo passare per un idiota. Cercò un pretesto per insultarlo. << Ma tu non eri il migliore? Per caso ti sei sopravvalutato? >>
<< Buah-ah-ah-ah!!! >> Il Carnefice si era messo a ridere di gusto. << Ti ha buttato nel Tevere? Questa è davvero spassosa!!! >>
<< Sta’ zitto! >> Esclamò autoritario Ristoro. << Nessuno sta ridendo! >>
Il Carnefice si zittì subito.
<< Fiora, oggi, mi ha fatto capire che non si lascerà uccidere tanto facilmente. >> Disse Il Lupo, non facendo caso al Boia.
<< Bè… Oggi morirai tu! >> Esclamò Donato.
<< Ma davvero? E poi chi manderai ad ucciderla? >> Il Lupo rise.
Donato si steva infuriando. Non poteva ucciderlo, perché era il migliore, anche se non voleva ammetterlo, ma meritava una lezione…
<< Vivrai di soli pane e acqua finchè ella non sarà morta! >> Sentenziò.
Il Lupo fece spallucce. << Come vuoi. >> Disse.
<< E verrai fustigato! >> E sorrise malignamente.
<< Cosa? >> Chiese Il Lupo.
<< Non sei riuscito ad ucciderla: una piccola punizione ci vuole. >> Spiegò calmo Donato.
Il Lupo lo guardò incredulo. Poi abbassò la testa.
Donato fece segno al Carnefice di prendere la frusta, mentre Il Lupo alzava la parte inferiore del mantello, quella con sopra la croce dei templari, si tolse gli abiti e rimase a schiena nuda… 

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Capitolo 6
*** Attacco all'Isola Tiberina ***


Il Sole stava tramontando. Fiora era nella sua stanza. Si era chiusa lì da quando aveva combattuto contro Il Lupo. Fabiola le parlava.
<< Insomma, da quello che mi hai detto, sei stata strepitosa! La tenacia è proprio il tuo forte! >>
<< Non esattamente. >> Rispose Fiora un po’ sconfortata. << La follia mi ha fatto correre sul muro: non avevo altra scielta, se non morire. >>
<< Ma non sei morta! >> La incalzò Fabiola. Fiora era stanca. Come se quei pochi minuti le avessero portato via tutta la sua forza…
<< Senti… >> Comiciò la sua compagna. << Non hai mangiato nulla, da stamattina, e neanche ieri sera. Scendi giù a mangiare. >>
Fiora si accorse che aveva ragione: non aveva mangiato nulla da quando era scappata!
<< Forse hai ragione… >> Disse Fiora stanca. << Scenderò a mangiare qualcosa. >>
Scendendo alla sala da pranzo, Fiora e Fabiola incontrarono Emiliana che saliva le scale, ed evitò i loro sguardi.
<< A proposito… >> Cominciò Fabiola quando Emiliana girò l’angolo. << Cosa le hai detto, stamattina? >>
Fiora sospirò, ma non parlò. Emiliana non l’avrebbe apprezzato.
Arrivarono nella sala da pranzo, dove presero del pane e si sedettero.
<< Prendi solo quella pagnotta? >> Chiese Fabiola sedendosi sulla sedia e mettendo le gambe sul tavolo.
<< Non voglio essere un peso più di quanto sia già… >> Rispose Fiora guardando la sua pagnotta.
<< Ma devi mangiare! Non puoi stare qui e vivere come se pagassi per tutto quello che fai! >> Esclamò Fabiola incredula.
<< Non ti preoccupare: io non mangio molto. >> La rassicurò Fiora.
Fabiola non potva accettarlo, ma rimase in silenzio.
Qualcuno mise una pagnotta davanti a Fiora. Lei alzò lo sguardo e vide Emiliana che la guardava con occhi duri.
<< Non fare la idiota e mangia! >> Disse. << Non voglio sentirmi in debito con una come te! >> Si voltò.
Fiora guardò il suo pane. << Mi dispiace per la tua famiglia… >>
Emiliana rimase in silenzio. Non aveva intenzione di dire altro su quello…
Le tre donne rimasero in silenzio per alcuni istanti. Fu Fabiola a rompere il silenzio.
<< Avanti, Emiliana! Perché sei così aggressiva? >> Si alzò dalla sedia e la guardò negli occhi. << Ha chiesto scusa, ha detto che le dispiace! Cosa vuoi sentire di più da lei? >>
Emiliana ci pensò un po’. << E’ una Templare. E lo sarà sempre. >>
Fabiola stava per dire qualcosa, ma fu arrestata da un suono lontano; gente che urlava, che batteva le armi…
<< CI ATTACCANO!!! >> La voce di Marco eccheggiò per tutta la torre. Qualcuno scese di fretta le scale: era Severino Stornello, che correva ad avvertire Ezio. Fiora, Emiliana e Fabiola gli andarono dietro.
Ezio e Severino Sabelli erano nella sala del caminetto e discutevano su varie strategie, quando Severino irruppe nella stanza ansimando. Dietro di lui Fiora, Emiliana e Fabiola, altrettanto affannate.
<< I Templari ci stanno attaccando! >> Esclamò allarmato.
<< Che cosa?! >> Ezio si alzò dalla sedia su cui era seduto e uscì dalla stanza, dirigendosi verso il tetto della torre. Al suo seguito aveva ormai tutti gli Assassini, che avevano udito l’urlo di Marco. Arrivati in cima, Ezio guardò oltre il ponte a sud, e nel buio, riuscì ad intravedere un manipolo di soldati carichi delle loro emozioni d’odio nei loro confronti; poteva vederli brillare di rosso, e capì che i più importanti, coloro che comandavano tutto ciò erano quegli uomini e donne che stavano davanti. Brillavano di un color oro intenso…
<< Fiora! >> Chiamò Ezio. Lei si avvicinò. << So che è buio e che sono lontani, ma riesci a riconoscere le persone davanti ai soldati? >>
Fiora strizzò le palpebre, e alla testa del gruppo vide Donato Mancini con la sua armatura con le spalle asimmetriche; come al solito accanto a lui c’era Faustina Collari, con in testa il suo cappello; più di lato vide fra’ Ristoro camminare risoluto; Baltasar De Silva teneva il suo rasoio stretto i mano; il Carnefice fendeva l’aria con la sua ascia; Malfatto caricava la sua siringa di veleno; Auguste portava il suo martello alla cintura; Lanz non stava fermo un secondo; Lia De Russo scattava la sua lama celata avanti e indietro; Caha e Cahin rideva come pazzi; Rocco Tiepolo aveva già la spada sguainata; Silvestro Sabbatini era ingobbito e teneva il braccio sinistro pronto a scattare; Gaspar de la Croix apriva e richiudeva il suo coltellino multiuso. C’erano proprio tutti, anche Il Lupo, che stava dietro Donato con la testa bassa.
<< Sono i Templari! >> Esclamò. Elencò i nomi ad Ezio.
Ezio ascoltava con pazienza. Dopo che Fiora ebbe finito di parlare, parlò lui.
<< D’accordo, allora! Severino, Emiliana! Venite con me! Fabiola, Marco e Severino, appostatevi sui tetti davanti al ponte! Orfeo e Tullio, fate rientrare gli abitanti nelle loro case, e ditegli di sbarrare le porte! Gli altri si appostino nelle strade, ed escano al mio segnale! >> Stava per lanciarsi in acqua, ma Fiora lo prese per una manica. Gli disse:<< Fate attenzione al Lupo! E’ il più pericoloso! >> Ezio annuì, e si lanciò. Emiliana lo seguì. Severino, invece, fu fermato da Fiora, proprio come aveva fatto con Ezio.
<< Voglio combattere anch’io! >> Disse Fiora con insistenza e un tono che no ammetteva repliche. Severino sorrise. << Sai nuotare? >> Chiese.
<< Eh? >> Fu la reazione di Fiora. Lui glielo chiese di nuovo. Lei rispose affermativamente. << E hai paura dell’altezza? >> Chiese dopo. << Cosa? No! Ma… >> Rispose Fiora. << Perché? >> Chiese.
Severino sorrise di nuovo. Le mise una mano dietro la schiena e urlò:<< SALTA!!! >> Spingendola giù dalla torre. Fiora urlò per tutto il salto, ma fu abbastanza pronta da tuffarsi dritta, per non ferirsi. Quando uscì dall’acqua, si tuffò anche Severino.
<< Allora? Com’è stato? >> Chiese ridendo.
<< Stronzo! >> Disse Fiora ancora frastornata per il tuffo. << Almeno potevi avvertire! >>
<< Ti ho chiesto se sapevi nuotare e se avevi paura dell’altezza: non ti basta come avvertimento? >> Rispose uscendo dall’acqua. Lo aiutò ad alzarsi e si diressero verso la cima delle scale, dove aspettavano Ezio ed Emiliana, attenti a non farsi vedere. Severino si mise alla destra di Ezio ed Emiliana alla sua sinistra. Fiora si mise dietro di loro.
I tre Assassini uscirono allo scoperto non appena i Templari raggiunsero il ponte. Fiora li seguì.
Donato aveva un sorriso di sicura vittoria, ma il suo sguardo si inasprì non appena vide Severino.
<< Assassini! Siamo venuti qui, per prendere Fiora Cavazza! >> Gridò dall’altra parte del ponte.
<< Potete scordarvela! >> Rispose Ezio. << Noi non trattiamo coi Templari! >>
<< Sapevamo che avreste risposto così… E siamo venuti preparati! >> Disse Donato annoiato. << Ma pare proprio che non sarà difficile! >> E scoppiò in una fragorosa risata.
<< STA’ ZITTO, BASTARDO!!! >> Urlò Fiora. Donato non l’aveva vista, perché era rimasta nascosta dietro a Severino. Quando la vide disse:<< Fiora, ci sei anche tu… >> Con un largo sorriso mimò un inchino. Scoppiarono tutti a ridere. Donato, finito di ridere, diede un semplice ordine:<< Uccideteli! >>
I soldati stavano per lanciarsi all’assalto, ma alcuni di loro caddero a terra, trafitti dalle frecce scagliate dagli Assassini sui tetti. Ezio alzò una mano e fece un segno. Dalle stradine uscirono gli Assassini, compresi quelli che erano andati ad aiutare i civili, che evidentemente avevano finito. Gli Assassini si misero in riga, e occuparono tutta la larghezza del ponte. In tutto erano quattordici persone, se si contavano quelli sui tetti, e difendevano tutti Fiora.
Donato li guardò con odio, poi ripetè:<< UCCIDETELI!!! >>
Tutti i soldati e i Templri cominciarono a correre verso gli Assassini, che puntarono contro di loro le lame celate, tenendo i polsi con gli indici delle mani opposte. Fiora sentì dei boati smultanei, e dalle lame celate uscirono fuori proiettili che andarono a colpire i soldati. Gli Assassini ricaricarono. Ezio sfoderò la spada, tutti gli Assassini lo imitarono, e poi corsero verso i nemici.
Fiora fu sorpresa da quella mossa: sarebbero morti subito, non appena si fossero scontrati con i soldati! Ma ciò che vide la lasciò senza parole: gli Assassini schivarono i fendenti saltando o abbassandosi, e uccisero la prima fila di soldati, poi si lanciarono contro quelli più dietro e contro i Templari che erano andati più indietro per evitare le frecce; Fiora, però, notò che mancava una persona, tra queste. Estrasse il ventaglio, si girò e lo parò davanti a sé. Il ventaglio cozzò con la lama di una mezza forbice. Faustina Collari aveva aggirato il ponte e le era spuntata alle spalle.
<< Bene, bene… >> Disse. << Una traditrice tra le fila nemiche! >>
Faustina aveva un sorriso malvagio stampato in faccia. I suoi biondi e lisci capelli le uscivano dal cappello e le coprivano la fronte. I suoi occhi vitrei la guardavano avidi. Non poteva sembrare vero che una ragazza delicata come Faustina fosse una pazza omicida. La sua mezza forbice non era ancora sporca di sangue.
Ha intenzione di sporcarla solo col mio, di sangue!
Fiora ritrasse il ventaglio indietro e si abbassò mentre Faustina abbassava con forza la lama. Si buttò in mezzo alle sue gambe, per evitare di essere colpita; rotolò in avanti per un paio di metri, e si rialzò. Si voltò di scatto, appena in tempo per vedersi arrivare addosso Faustina con la lama impugnata di traverso. Parò il colpo col ventaglio, e cominciò a deviare tutti gli attacchi veloci che le lanciava la Ladra.
<< Fiora! >> Gridò Severino, non appena si accorse che lei era stata attaccata. Aveva ucciso sette guardie: due saltandogli addosso con le lame celate; a una aveva dato un calcio all’inguine, perché si inginocchiasse, e poi gli aveva dato un destro deciso; dopo aver scagliato il pugno, si era girato, ed estratta la cinquedea dentellata, aveva ucciso una guardia proprio nel momento in cui alzava il braccio; poi aveva portato indietro il braccio e ucciso un’altra guardia infilzandola tra le costole; aveva portato, poi, il braccio sulla sinistra, e aveva parato un attacco del quinto soldato, tenendo la cinquedea con due mani, e dopo che la spada nemica si era fermata, aveva puntato la lama sul viso del nemico, e l’aveva affondata nella sua faccia; si era poi girato e abbassato, aveva scattato col polso, e aveva immerso la lama celata nel fianco di una guardia, appoggiandosi a terra con la mano con cui teneva la cinquedea, si era poi rialzato, levando l’arma verso l’alto, aprendo uno squarcio sul lato sinistro del petto del soldato, e aveva abbassato, subito dopo, la cinquedea sul tendine sinistro del suo nemico, poi l’aveva estratta e l’aveva rinfoderata. A quel punto si era girato e aveva visto Fiora e Faustina combattere.
Si stava dirigendo verso di loro, ma una sottile spada con impugnatura formata da sottili fili d’argento gli era apparsa davanti, si girò e vide davanti a sé Donato Mancini, che lo guardava con un sorriso malvagio.
<< Abbiamo un conto in sospeso, o sbaglio? >> Chiese sorridendo.
Severino sfoderò la spada colpendo quella di Donato, mandandola verso l’alto; ma Donato aveva nella mano sinistra la sua daga con impugnatura simile alla spada, ma senza fili d’argento, e la sollevò verso il fianco di Severino. Quest’ultimo fu veloce, e fu colpito solo di striscio, al fianco.
Severino indietreggiò, tenendo puntata la spada su Donato.
<< Occhio per occhio… >> Disse Donato sorridente e posizionandosi per combattere.
<< Bastardo…! >> Disse divertito Severino. E si lanciò verso Donato.
Emiliana stava combattendo contro tre guardie e, a suo parere, erano alquanto eccitati a combattere contro una donna. Dopo la carica iniziale aveva ucciso una guardia abbassandosi e passandogli la lama per tutto il busto; a quel punto si era alzata, aveva estratto la seconda lama, e aveva ucciso una guardia piegandosi in avanti e infilzandola nello stomaco; poi l’aveva spinto in avanti e si era girata in tempo per afferrare l’ascia di un soldato che le arrivava addosso; l’uomo era rimasto sconcertato, dopo essere stato disarmato da una donna, ed era rimasto a guardarsi le mani, ed ecco che la sua ascia gli era tornata indietro, scagliata da Emiliana, proprio in fronte. Il colpo aveva provocato uno schizzo di sangue che aveva imbrattato l’abito di Emiliana e l’armatura del soldato. Subito dopo erano arrivati i tre soldati che avevano cominciato ad attaccare Emiliana; ma lei era veloce, e parava ogni colpo con la sua spada. Colse l’occasione al volo, quando un soldato armato di lancia la caricò alle spalle; Emiliana si abbassò e roteò lateralmente: il soldato uccise la guardia al centro, lasciando le altre due allibbite. Emiliana, che si era portata alle spalle delle due guardie, si rialzò e le uccise con un solo colpo di spada; la guardia con la lancia cercò di colpirla, ma lei si nascose dietro le guardie morte, che ancora rimanevano in piedi; all’improvviso saltò da dietro una guardia e lo uccise.
Emiliana si girò, e vide un uomo che le correva contro, con una larga spada sguainata. Lei parò il colpò, e le spade emisero scintille.
<< Te la cavi bene, Assassina. >> Disse l’uomo.
Emiliana indietreggiò, e guardò meglio l’uomo che aveva di fronte. Lo riconobbe. Quei lunghi e sporchi capelli neri e que baffi grossi, quel viso…
<< ROCCO TIEPOLO!!! >> Esclamò fuori di sé.
Emiliana si lanciò su di lui con tutta la furia che aveva in corpo!
Ezio aveva ucciso molte guardie, fino a quel momento: due li aveva uccisi con le lame celate, all’inizio della battaglia; altri due gli erano corsi incontro con le spade a mezz’aria per sbarrargli il passo e rendergli le cose difficili, ma lui si era abbassato, li aveva aggirati, si era rialzato e li aveva uccisi con le lame celate, infilzandogliele nel collo; un bruto lo stava caricando con una spada bastarda squainata; lui si scansò di lato e gli fece lo sgambetto; ad aspettare l’uomo c’era la sua lama celata, che trapassò la sua gola; parò una lancia che scendeva su di lui, colpì il soldato che la impugnava con l’altra estremità e gliela strappò dalle mani; dunque gliela piantò nella schiena, partendo dal tendine della spalla sinistra; poi estrasse la daga di Bruto, una daga larga e scanalata con cui riusciva ad eseguire delle ottime mosse, si voltò, e tenendola di rovescio, parò una spada diretta su di lui; poi scattò col polso sinistro e piantò la lama nel torace del nemico; si voltò e colpì un soldato alla spalla sinistra due volte; si spostò di lato, evitando un soldato che abbassava un’ascia minacciosamente, e infilò la daga nel ginocchio di una guardia; quella si inginocchiò, lui fece roteare la daga nella mano, e, giratosì sull’altro lato, infilò l’arma nella schiena del soldato inginocchiato; poi prese un pugnale da lancio e lo lanciò verso il soldato che aveva abbassato l’ascia.
Ezio avvertì qualcosa alle sue spalle, si voltò e parò una lama con la daga. Davanti a lui c’era un uomo con un cappuccio azzurro, e sul polso sinistro portava una lama celata.
Ezio indietreggiò, rinfoderò la daga di Bruto, scattò col polso sinistro ed estrasse la spada di Altaïr. L’uomo estrasse a sua volta la sua spada.
<< Un Assassino incappucciato di rosso, con una cappa sulla spalla sinistra e una cicatrice al lato destro del labbro… >> Disse. << Ho forse l’onore di essere di fronte al Maestro Assassino Ezio Auditore da Firenze? >>
Ezio annuì:<< E con chi ho l’onore di combattere, io? >> Chiese.
L’uomo fece una smorfia di dolore, poi disse:<< Io sono Il Lupo! >>
Ezio sorrise. << Il Lupo, eh? >> E si avventarono l’uno sull’altro.
Ezio tentò di colpire sotto la spalla sinistra, ma Il Lupo  parò il colpo con la sua lama celata e puntò la spada verso la testa di Ezio, ma anch’egli parò il colpo con la lama celata, e gli diede una testata. Il Lupo indietreggiò, sorrise, e attaccò di nuovo. Ezio alzò la spada, e dopo aver parato, la abbassò per colpire, ma Il Lupo fu svelto, e deviò la spada, abbassandola con la lama celata; poi diede una ginocchiata nello stomaco ad Ezio. Quello indietreggio con una smorfia in viso. Il Lupo lo guardava con un largo sorriso, che faceva vedere bene i canini bianchi.
<< Oh, fammi il piacere… >> Disse Ezio, e lo attaccò.
Il Lupo tentò di colpire a una gamba, ma Ezio fu agile, e schivò la spada spostandosi a destra e rimanendo su un piede solo; a quel punto attaccò Il Lupo al fianco, ma questo si era spostato in avanti, dopo aver colpito il terreno, usando la spada come perno, si era voltato, aveva attaccato Ezio, e la sua spada aveva cozzato con la lama celata dell’avversario. Ezio spinse in alto la spada del Lupo, che rimase armato solo della lama celata, e cominciò ad attaccare. Il Lupo parava e schivava tutti i colpi egregiamente, anche solo con la lama celata. Ezio attaccò alla testa, Il Lupo si abbassò, passò in mezzo alle gambe del nemico, e facendo leva con tutte e due le mani, spinse indietro le gambe di Ezio, facendolo cadere all’indietro. Il Lupo si rialzò, estrasse il pugnale e attese che Ezio si rialzasse.
<< Dare una possibilità al nemico, in battaglia può portare alla morte, lo sai? >> Chiese Ezio rialzandosì e rinfoderando la spada.
<< Devo anche dare un po’ di respiro a chi è più vecchio di me, no? >> Disse Il Lupo sorridendo.
Ezio estrasse la daga di Bruto e scattò piegato in avanti. Il Lupo indiereggiò e parò il colpo di Ezio, che andava verso l’alto; però era un diversivo, perché Ezio, dopo aver alzatò la daga aveva continuato a correre in avanti, fino a colpire di striscio il fianco del Lupo con la lama celata. Il Lupo indietreggiò tenendosi la ferita con la mano sinistra, ma poi scattò in avanti, colpì la daga di Bruto, fece una giravolta, e cercò di trafiggere il cuore di Ezio con il pugnale impugnato di traverso. Ezio levò la lama celata, e deviò il colpo del Lupo, che sfruttò la spinta, si abbassò e diede un calcio ad Ezio, per farlo cadere. Cadendo, Ezio lasciò andare la daga, distese il polso e si spinse tutto indietro, per cadere con le mani. Il Lupo rimase a guardare stupito, come Ezio si rialzava lanciandosi in aria e atterrando con leggerezza. Il Lupo rinfoderò il pugnale. Ezio scattò con i polsi e punto le lame verso l’avversario, mentre notò che la lama del nemico non si era mossa, nonostante il suo polso fosse rilassato.
Il Lupo lo aspettava con la schiena dritta e lo sguardo basso.
<< Non hai fatto sul serio, fino ad ora, vero? >> Chiese.
Ezio fu sorpreso. Sorrise. << Eh… L’hai notato? E neanche tu lo hai fatto! >>
Il Lupo sorrise da sotto il cappuccio. << Sono così contento di aver trovato un avversario così abile! >>
<< Lo stesso vale per me! >> Disse Ezio.
I due scattarono. Il Lupo usava la sua lama celata, Ezio le sue due lame celate. Poteva sembrare uno scontro impari, ma erano perfettamente alla pari. Ezio aveva abbassato il braccio destro e alzato quello sinistro, pronto a colpire come se dovesse dare un pugno molto forte, mentre Il Lupo si preparava a ricevere. Ezio aveva poi levato con forza il destro e Il Lupo l’aveva parato con la sua lama, mentre con la mano destra prendeva il braccio sinistro di Ezio, per evitare di essere attaccato una seconda volta, e attaccava a sua volta verso il fianco destro si Ezio. Ma Ezio si era spostato usando come perno il braccio che Il Lupo stesso stava tenendo fermo, e venne colpito solo di striscio. Poi diede uno strattone e lo fece cadere in avanti. Il Lupo lasciò il braccio di Ezio e cercò di non cadere con la faccia; così abbassò le mani e si fermò con la faccia a pochi centimetri da terra. Si rialzò e diede un calcio nello stomaco ad Ezio, che indietreggiò; poi girò e lo attaccò con la lama celata; ma Ezio parò con la lama destra e puntò l’altra sul collo del Lupo; ma questi si abbassò, girò di lato e si rialzò scagliando un pugno sul muso dell’Assassino. Poi gli saltò addosso con la lama puntata sul collo.
I due nemici caddero a terra. Ezio teneva il polso del Lupo con la mano destra, e con la lama celata sinistra puntava al collo del nemico, ma anche Il Lupo teneva il polso sinistro di Ezio, mentre con la lama celata gli puntava il collo. Erano bloccati: una mossa falsa e sarebbero morti entrambi. Ormai erano tutti e due esasperati e stanchi. Respiravano a fatica. Durante il combattimento si erano dimenticati della battaglia che si stava svolgendo attorno a loro. Si guardavano intensamente, con l’odio negli occhi.
Il Lupo sentì un colpo alla nuca molto forte che gli fece perdere i sensi, e crollò addosso ad Ezio. Lui vide dietro al Lupo Paolo Simoni, che teneva tra le mani un maglio pesante. Doveva aver usato quello, per colpire Il Lupo. Ezio lo guardò. Quello gli offrì la manò, dopo aver lanciato via con molta agilità un nemico che l’aveva caricato, prendendolo per le gambe e facendogli fare una giravolta.
<< Sei arrivato al momento giusto… >> Disse Ezio rialzandosi tenendosi dalla mano di Pietro. Attorno a loro la situazione non era molto favorevole: i soldati nemici erano molti di più, e anche gli Assassini sui tetti erano stati costretti a scendere; ognuno era alle prese con più soldati, e con i Templari che Fiora aveva indicato.
Severino Sabelli stava combattendo contro Donato Mancini; era ferito a un fianco, ma si muoveva agilmente, evitando gli attacchi e attaccando a sua volta, saltando e abbassandosi, spostandosi di lato.
Emiliana Santi combatteva contro Rocco Tiepolo con la furia di una belva: rispondeva colpo su colpo, e il suo nemico sembrava divertito.
Fabiola Fornari stava cercando di infilzare Lia De Russo con le lame celate, ma lei parava tutti gli attacchi e si avvenatava su Fabiola ogni volta che poteva.
Orfeo Occhionero combattteva contro Baltasar De Silva; saltava e attaccava con una velocità incredibile, il ragazzo, ma Baltasar non era da meno, e col suo rasoio attentava alla gola di Orfeo.
Severino Stornello combatteva usando il suo stiletto contro i due gemelli Caha e Cahin, che sembravano due armi umane, mascherate e sorridenti.
Marco Melozzi combatteva col suo pugnale contro Lanz, che si muoveva a una velocità impressionante.
Ulrico Ursini cercava di trapassare la gola di Malfatto con la lama celata, e quest’ultimo cercava di fare lo stesso con la siringa.
Tullio Tagliapietra combateva contro Auguste Oberlin con un’ascia presa a un soldato.
Luca Lombardi combatteva contro Silvestro Sabbatini che, nonostante la protesi metallica, era molto abile nel combattimento, e parava ogni colpo con le “dita” del braccio sinistro.
Giovanni Guglielmi combatteva contro il Carnefice, evitando l’ascia e cercando di ferirlo, ma era molto difficile, poiché il nemico calava l’arma con tanta foga che avrebbe potuto fare a fette il ponte su cui si trovavano.
Ognuno, naturalmente, oltre ai Templari, doveva vedersela con i guerrieri, che attaccavano in massa, con ogni tipo di arma.
L’unica che aveva una sola avversaria era Fiora, che lottava contro Faustina Collari, una armata del suo ventaglio, l’altra armata della sua mezza forbice. Combattevano velocemente, schivando e tagliando l’aria con le loro armi. Faustina sembrava in estasi, mentre Fiora aveva in viso un’espressione mista alla fatica e alla disperazione.
Fiora aveva appena attaccato le gambe di Faustina, dopo essere stata costretta ad abbassarsi per evitare la lama nemica, ma quella aveva saltato e si era portata sulla sua schiena, dopodichè aveva abbassato la lama sul fianco sinistro, ma Fiora era scattata in avanti, facendo cadere a terra Faustina, ed evitando il colpo per un soffio.
Ezio stava per correre verso Fiora, ma qualcosa alle sue spalle gli diede l’impulso di spostarsi lateralmente. Un pugnale calò a terra con forza e l’uomo che lo teneva tra le mani, fra’ Ristoro, sorrise.
Ezio era sorpreso dall’agilità del vecchio, nonostante la sua età.
<< Maestro… >> Disse Paolo mettendoi in posizione per lottare.
<< Va tutto bene, Paolo. Va a dare una mano agli altri. Qui me ne occupo io. >> Rispose Ezio alzando un braccio e ponendolo davanti a Paolo.
Quello, un po’ esitante, si avviò verso la battaglia. Ezio e Ristoro rimasero soli, a guardarsi negli occhi. Ristoro impugnava di traverso nella mano destra un pugnale molto decorato. Aveva il manico in legno lavorato e decorato con finimenti d’oro; alla fine dell’impugnatura c’era un pulsante dorato su cui era incisa un’aquila con le ali spiegate; dall’altro lato, prima della lama, c’era un altro pezzo in oro su cui era incisa la croce dei Templari.
<< Sei Ristoro? >> Chiese Ezio.
Lui sorrise. << Fratello Ristoro, dell’ordine dei frati Minimi, lieto di fare la tua conoscenza, Ezio Auditore da Firenze. >> Fece un inchino.
Ezio lo guardò con disprezzo. << Frate, come no! >> Estrasse la daga di Bruto e colpì il pugnale del frate, facendolo andare il alto, ma quello, si abbassò per evitare il secondo colpo, passò in mezzo alle gambe di Ezio, facendolo inciampare coi piedi, e prese il pugnale che stava ricadendo giù. Poi si girò e lo puntò sulla schena di Ezio, che stava rialzandosi. Lui gli diede un calcio, facendolo cadere in avanti. Ezio si alzò in fretta e si mise in posizione di difesa. Ristoro si alzò a fatica e sorrise. Poi urlò.
<< Ci ritiriamo! >> Si girò verso la battaglia che si stava svolgendo sul ponte. Tutti si fermarono a guardare il frate.
<< Uomini! Correte! Tornate indietro! Per oggi abbiamo sprecato abbastanza sangue! E’ chiaro che non molleranno tanto facilmente! >> Disse
<< CHE STORIA E’ QUESTA, RISTORO!?!? >> Urlò Faustina, per niente contenta della decisione del Fratello. Si era avventata su Fiora, puntandole la sua lama alla gola, aprendovi un leggero taglio, e Fiora teneva il ventaglio sulla gola della sua assalitrice, anch'essa ferita leggermente; ma ora si era alzata e si stava dirigendo verso Ristoro.
<< Lo puoi vedere con i tuoi occhi, Faustina: quasi tutti i nostri soldati sono stati uccisi, e loro non presentano ferite gravi. E’ evidente che non li batteremo stanotte! >> Rispose Ristoro.
Donato aveva combattuto come un pazzo contro Severino sin dal primo istante, e ora si poteva vedere lontano un chilometro che sudava molto. Severino era ferito al fianco, ma non era nulla di grave; anche lui, però, era molto stanco e sudato, perché aveva dovuto stare al passo con Donato.
Emiliana era l’unica che tentava ancora di combattere, nonostante stessero parlando di ritirarsi.
<< Ma che diavolo! Perché non ti fermi neanche un secondo?! >> Chiese Rocco Tiepolo sudato, mentre parava i colpi dell’Assassina.
<< Bastardo! Tu sei Rocco Tiepolo! >> Urlò Emiliana. << L’uomo che ha sterminato la famiglia Santi! >>
Rocco si ricordò di quell’incarico e capì tutto.
<< Oh… Quindi eri tu, quella mancante? >>
<< BASTARDO!!! >> Gridò Emiliana. Rocco piantò la sua spada nel terreno e bloccò Emiliana. La prese per un polso e lo strinse così forte da farla gridare. Lei lasciò andare la spada e cercò di liberarsi in ogni modo continuando ad insultarlo e ad imprecare.
<< EMILIANA!!! >> Gridò Severino. Si voltò, lasciando perdere Donato, che però gli si parò davanti.
<< Togliti dai piedi!>> Gli gridò contro e gli diede un pugno col sinistro sul mento. Donato cadde a terra.
Severino raggiunse Rocco Tiepolo ed Emiliana, che continuava a urlare. Quello le diede un calcio molto forte alla caviglia, intimandole di stare zitta. Severino gli si avventò addosso puntandogli la lama alla gola.
<< Bastardo, smettila di prenderti gioco di lei! >> Gli urlò in faccia con uno sguardo d’odio profondo negli occhi. Emiliana si accasciò a terra, tenendosi la caviglia con una mano.
Rocco Tiepolo mise le mani sul petto di Severino e lo spinse via. Lui venne lanciato indietro. Rocco si alzò e si mosse verso Ristoro e Faustina, che stavano ancora discutendo, prese Donato sottobraccio e urlò:<< Sbrigatevi, o morirete tutti qui, stanotte! >> Dopodichè, si voltò e se ne andò. Tutti i soldati corsero dietro di lui. I Templari lo seguirono. Faustina dovette essere sollevata di peso da Lanz ed essere portata in spalla, urlante e scalciante. << Lasciami, bastardo! Ero così vicina ad ucciderla!!! >>
Baltasar rimase a guardare gli Assassini. Li guardò negli occhi uno per uno. Poi si girò e se ne andò.
Il Lupo rimase lì, svenuto.
Severino, che era finito a terra, si avvicinò lentamente ad Emiliana, che aveva smesso di lamentarsi, ma si teneva la caviglia con una mano.
<< Emiliana, come stai? >> Chiese lui preoccupato.
Emiliana alzò lo sguardo verso di lui e scosse la testa. << Non è nulla. Posso farcela… >> Tentò di alzarsi in piedi, ma la gamba cedette, e lei cadde a terra. Severino la guardò dispiaciuto, poi le mise una mano sulla spalla, l’altra mano sul fianco opposto e la sollevò lentamente.
<< Non mi serve il tuo aiuto! >> Esclamò lei, ma lui, in tutta risposta, la sollevò completamente e la tenne in braccio. Lei cominciò a urlargli di metterla giù, ma lui cominciò a portarla dentro.
Fiora era ancora a terra. Dopo che Faustina le era saltata addosso, era rimasta lì, non si era mossa. Era esausta. Le si avvicinò Severino Stornello, che le offrì la mano. Lei si alzò da sola e si diede delle pacche, come per togliersi la polvere di dosso, imbarazzata. Severino la guardava perplesso.
<< Fiora! >> Ezio la chiamò e le fece segno di andare da lui. Avvicinandosi, Fiora distinse la sagoma del Lupo distesa a terra, riversa a terra.
<< Che cosa è successo? >> Chiese un po' allarmata.
<< Si chiama “Il Lupo”, vero? >> Chiese Ezio girandolo. Era ferito a un fianco e fece una smorfia non appena Ezio lo girò.
Ezio era ferto al fianco destro, e aveva del sangue che gli scendeva dal labbro.
<< Avete lottato? >> Chiese Fiora guardando stupefatta Il Lupo. Era la prima volta che lo vedeva in quello stato. Indifeso… Ferito… Dolorante… Le sembrò strano che Ezio se la fosse cavata tanto facilmente.
Ezio la rassicurò. << E’ stato molto tosto, ma sono riuscito ad uscirne… >>
<< Sarà meglio portarlo dentro… >> Disse Paolo.
Così gli Assassini si ritirarono. Ezio mandò Marco ad avvertire la popolazione che il pericolo era passato, mentre Paolo sollevava di peso Il Lupo, che continuava a fare smorfie ad ogni movimento. Fabiola andò subito da Fiora, e cominciò a parlarle.
<< Allora? Come stai? Sei ferita? E quello chi è? >> Fiora però non aveva la forza di rispondere. Finita la battaglia, era come rimasta stravolta. A stento riusciva a camminare. Disse qualcosa, diede qualche risposta frammentaria, e si avviò dentro, seguendo Ezio e Paolo. 

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Capitolo 7
*** Prigioniero ***


Il Lupo era stato legato a una sedia e rinchiuso in una stanzetta molto piccola, nella quale entrava luce solo da una finestrella posta in alto a destra, che dava sulla strada. Oltre alla sedia su cui era seduto lui, c’era solo un tavolino all’angolo a sinistra della porta.
<< Cosa ne facciamo di lui? >> Chiese Paolo, dopo averlo rinchiuso lì dentro.
<< Potremmo interrogarlo, oppure eliminarlo… >> Disse pensieroso Tullio, con le dita al mento.
<< Non lo elimineremo finchè non sapremo con chi abbiamo a che fare! >> Esclamò Severino.
<< Io direi di parlarci… >> Disse Fiora pensierosa, guardando attraverso le sbarre della porta. Il Lupo dormiva, con le mani legate alla sedia, la testa reclinata in avanti.
Tutti rimasero in silenzio.
<< Penso che sia la cosa migliore da fare… Entriamo. >> Disse Ezio.
Entrarono Ezio, Fiora, Severino, Paolo e Tullio.
<< Come lo svegliamo? >> Chiese Tullio incrociando le braccia.
Ezio disse a Paolo di andare un secchio d’acqua fredda. Paolo scattò, e gli altri rimasero ad aspettare. Quando Paolo tornò con il secchio, sotto ordine di Ezio lo rovesciò sulla testa del Lupo.
Un secchio d’acqua gelida calò sulla testa del Lupo, che si svegliò di soprassalto, alzando lo sguardo. Aveva gli occhi spalancati, e guardava tutti incredulo. Poi vide Fiora, abbassò la testa e si mise a ridere, e quasi a stento si tratteneva.
<< Cosa diavolo hai da ridere? >> Chiese duro Tullio.
<< Come mai sono ancora vivo? >> Chiese Il Lupo.
<< Come? Sei sorpreso di essere ancora vivo? >> Chiese Severino.
Il Lupo abbassò lo sguardo. << Non dovrei? >> Chiese.
Il Lupo guardò Fiora da sotto il cappuccio, con uno sguardo che lei non capì. Sembrava sofferente, ma non voleva farlo vedere…
<< Cos’hai? >> Chiese lei impietosita.
Il Lupo strinse i denti, sollevò la testa, e guardò Fiora. << Non patire per me… Non ho niente. >>
<< Tu non stai bene! Ti si può vedere in faccia! >> Esclamò Fiora.
Il Lupo si guardò intorno, indifferente a ciò che Fiora aveva appena detto. Studiò bene la stanzetta, guardando bene in ogni angolo. Lei si irritò vedendo che la ignorava.
<< Se stai cercando una via d’uscita… >> Cominciò Tullio.
<< Dove sono finite le mie armi? >> Chiese all’improvviso.
<< Le armi? Ce le abbiamo noi. >> Disse Ezio.
<< Anche la lama celata? >> Chiese con un sorriso. Gli interessava molto sapere che ne pensassero della sua creazione.
<< Quella lama… >> Cominciò Ezio, dopo aver aspettato qualche secondo. << Sono rimasto impressionato! >> Alzò lo sguardo e sorrise. << Come l’hai creata? >>
Il Lupo sorrise compiaciuto. << Se la vai a prendere te la mostrerò. >> E alzò lo sguardo. Lo guardava da sotto il cappiccio con uno sguardo che non sembrava minaccioso, ma divertito. Ezio sospettò che fosse una trappola, ma mandò qualcuno a prendere la lama celata. Moriva dalla voglia di conoscere i segreti di quell’oggetto.
Quando la lama arrivò, era ancora aperta.
<< Prima di tutto, indossala. >> Disse Il Lupo. Ezio si tolse una delle due lame e si mise quella del Lupo. << Ora scatta col polso, come fai di solito per aprirla. >> Disse Il Lupo, ed Ezio scattò col polso. La lama si richiuse dividendosi in due parti. Ezio e gli altri Assassini erano stupiti.
<< Scatta di nuovo. >> Disse Il Lupo. Ezio scattò di nuovo col polso e la lama, che si era riunita dopo aver fatto un giro, si divise di nuovo e si aprì. Inoltre Ezio notò che la lama rimaneva aperta anche se rilassava il polso. Gli Assassini ammiravano esterrefatti.
<< Che te ne pare? >> Chiese Il Lupo sorridente.
<< Non pensavo che qualcuno potesse riuscirci senza nessuna base, o nessuno che potesse insegnarglielo… >> Disse Ezio pensieroso, continuando ad ammirare la lama. Si girava il polso davanti agli occhi e guardava. << C’è anche una piccola pistola, accanto alla lama, che può essere usata sia con l’anulare della mano sinistra che con l’altra mano. >> Aggiunse Il Lupo. Ezio continuava ad ammirare la lama affascinato.
Il Lupo lanciò un << Ah! >> Di soddisfazione. << Era da tanto che volevo mostrare il mio lavoro a qualcuno che ci capisse qualcosa! Qualcuno che sappia pensare con la propria testa, se capite cosa intendo… >> Ezio annuì, anche se confuso. << Vuoi dire che non li tolleri? >>
<< Sono loro che a malapena mi tollerano. Io li ignoro. >> Disse noncurante Il Lupo.
Nella stanza erano tutti sconvolti. Nessuno sapeva cosa dire.
<< Ora dormi… >> Disse Fiora. << Domani mattina verrà qualcuno a svergliarti e a portarti del cibo… >>
Uscirono tutti quanti dalla stanza e chiusero a chiave.

Come se potessi scappare… Pensò Il Lupo, poi si ricordò di una cosa.
<< Ehi, Ezio! >> Chiamò sperando che lo sentisse. Ezio era nel corridoio. Si girò. << Sì? >> Chiese.
<< Sull’antibraccio della lama c’è una vite: assicurati di stringerla un paio di volte al giorno, altrimenti si allenta e si rompe! >> Ezio sorrise e rispose:<< D’accordo. >>
Fiora tornò in camera sua, dove la aspettava Fabiola, già stesa sul suo letto, con indosso una tunica bianca. 

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Capitolo 8
*** Complicazioni ***


<< Dannazione, Ristoro! Se non fosse stato per te, a quest’ora Fiora sarebbe MORTA!!! >> Urlò Faustina all’altro capo del tavolo. Era infuriata, non perché non era riuscita ad uccidere Fiora, ma perché Ristoro le aveva interroto il divertimento.
Faustina Collari era una donna cresciuta per le strade di Roma. Già molto piccola dovette rubare per poter vivere, assieme a suo fratello. All’età di sedici anni, però, quella donna cambiò, dopo aver fatto una cosa che non avrebbe dovuto fare: mentre se ne andava a zonzo per le strade della città, cercando qualcuno da derubare, le capitò sott’occhio la borsa pendente di un uomo vestito bene, con i capelli neri e lisci, e i baffi neri lunghi e gli occhi; tentò subitò di derubarlo. Aveva due possibilità: sfilargli la borsa senza che se ne accorgesse, oppure prendergliela con la forza velocemente e seminandolo, nel caso l’avesse seguita. Decise di prendere la borsa di nascosto. Si avvicinò lentamente all’uomo, che era intento a guardare in un negozio di lame e coltelli. Con molta calma si mise dietro di lui, e, allungata la mano, si mise a frugare lentamente nella borsa, dopo averla aperta con infinita cautela. Con la mano destra frugava, e con l’altra mano toccava i vari articoli esposti, per non insospettire. Trovò delle monete. Molte monete. Richiuse la borsa e cercò di capire come fare: per sua fortuna la borsa non era a tracolla, ma era attaccata alla cintura. Tirò fuori dalla manica la sua mezza forbice; quella mezza forbice aveva una storia, ed era molto importante, poiché era l’oggetto con cui era stato suggelato il patto tra lei e suo fratello: la forbice che lei un tempo aveva rubato, a undici anni, e rotto assieme a suo fratello, era diventata due mezze forbici, uguali ma diverse, opposte ma indispensabili l’una all’altra: proprio come loro due. Si sarebbero sempre aiutati, sarebbero sempre rimasti insieme, qualunque cosa fosse accaduta. Con la lama, lentamente, con estrema cautela, tagliò la cinghia che teneva la borsa attaccata alla cintura. Presa la borsa, rimise la mezza forbice nella manica, e si allontanò lentamente, mettendo al sicuro la borsa. L’uomo che aveva borseggiato si girò e se ne andò. Era riuscita a derubarlo. Ormai era fatta. Faustina si allontanò dal posto. Decise di prendere un vicolo poco frequentato, per far perdere le sue tracce. Arrivata all’angolo, certa di essere ormai al sicuro, si arrestò di colpo, vedendosi comparire da dietro un muro, puntato sul suo collo, un rasoio da barbiere, e dietro al muro, l’uomo che aveva appena derubato.
<< Restituiscimi la borsa. >> Le intimò quello. Lei, non sapendo cosa fare, e vedendo che la sua vita era in pericolo, scosse la testa, indietreggiò lentamente, si voltò e scappò.
<< Stolta. >> Disse quello, uscendo da dietro al muro e mettendosi a correrle dietro.
Fuastina saltò su una cassa e si arrampicò su un muro, raggiungendo il tetto della casa. L’uomo la seguì. Faustina saltò giù nella strada più frequentata, e l’uomo continuò a seguirla. Cadendo si fece male alle ginocchia, a causa della troppa altezza. L’uomo che la seguiva, invece, non mosse un muscolo, e non appena arrivò a terra scattò in avanti. Per un uomo della sua età era molto agile. Faustina cercava di evitare la gente, mentre il suo inseguitore spingeva via chiunque, avvicinandosi sempre di più alla preda. Allora Faustina saltò su una bancarella e cominciò a muoversi fra i balconi delle case. Si aggrappò a un vaso appeso e girò nell’angolo. Si arrampicò sul tetto della casa dove si trovava, e si accovacciò, sperando di non essere stata vista dal suo inseguitore. Nel rischio, si affacciò dal tetto per vedere se la seguiva ancora, ma non lo vide. Forse aveva continuato per una direzione sbagliata. Stava per tirare un sospiro di sollievo, quando il rasoio dell’uomo le si posò nuovamente sul collo, si girò e lo rivide. << Dammi ciò che mi hai rubato. >> Scandì atono l’uomo. Faustina estrasse la mezza forbice dalla manica e spinse in alto il rasoio. Mentre l’uomo cercava di non perdere l’equilibrio, lei ne approfittò e fuggì. Saltò in un vicolo vuoto, era su un palo sporgente dal muro. Vide l’uomo sporgersi, allora si rimise a scappare. Saltava di palo in palo. Arrivata all’angolo si attaccò a un vaso appeso, ma questo cedette, e Faustina cadde a terra, in mezzo al vicolo. Il vaso si frantumò. Mentre lei cercava di alzarsi, l’uomo scese e le puntò contro la lama. Lei indietreggiò a terra, ma fini con le spalle al muro. Ansimante e ferita gli gridò contro.
<< E quante storie, per una borsa! >> L’uomo la guardava noncurante. << Dovrò pur vivere in qualche modo! >> Continuò lei. L’uomo continuava a guardarla. Lei capì che ormai era in trappola. Abbassò lo sguardo e cominciò a singhiozzare. << Bè, se dovete uccdermi, fatelo in fretta. Ve ne prego. >> Disse. L’uomo parlò.
<< Potrei anche decidere di lasciarti in vita… >> Disse senza toglierle la lama di dosso. Faustina alzò lo sguardo speranzosa, il volto già solcato dalle lacrime. << Ma a una condizione. >> Disse. Faustina temeva che l’avrebbe detto, e sapeva già cosa le avrebbe chiesto. << Non verrò mai a letto con… >> Cominciò lei, ma l’uomo la interruppe. << Non voglio quello! Non sono quel tipo di uomo! >> Faustina fu sorpresa.
<< Sei veloce, abile, ti sai arrampicare bene, ti mimetizzi bene tra la folla e hai tenacia… >> Disse.
<< Potresti essere una Sorella molto abile… >> Faustina non capì. L’uomo abbassò il braccio.
<< Facciamo così. >> Disse. << Io ti posso lasciare in vita, se ti unisci al nostro Ordine. >> Faustina non aveva idea di cosa stesse parlando, ma intravide una possibilità di salvarsi. Senza scomporsi chiese timida:<< Che… Che tipo di ordine è? >>
L’uomo sorrise. << L’Ordine dei Cavalieri del Tempio. >> Rispose. Faustina Continuava a non capire. << Conoscerai di certo i Templari. Hai mai sentito parlare delle crociate? >> Chiese l’uomo. Faustina scosse la testa. Non aveva mai studiato perché sin da piccola aveva vissuto per le strade. L’uomo trasse un sospiro di pazienza. << Bè… Saprai tutto a suo tempo… Ma ora… Non vorresti che la tua vita migliorasse? >> Chiese indicandola con l’indice.
<< Bè… Sì. >> Disse incerta Faustina.
<< Di certo non ti piacerà questa vita. Non può piacerti! Vivi in mezzo alla strada! >> Disse allargando le braccia. << Posso offrirti una vita migliore, a patto che tu lavori per noi. >> Disse offrendole una mano. Faustina sembrava aver capito, e le piaceva la prospettiva di cambiare vita. << Se ho capito bene… >> Disse. << Mi state offrendo un lavoro? >> Chiese alzandosi lentamente. L’uomo mosse la testa lateralmente. << Più o meno… >> Faustina allora accettò il “lavoro”, ma scoprì presto che non le sarebbe piaciuto.
L’uomo che l’aveva reclutata era Baltasar De Silva, una spia dei Templari che si celava dietro l’immagine di un barbiere molto attento al suo lavoro. Tuttavia, egli dedicava maggiore attenzione al suo vero lavoro. Egli tagliava la carne molto meglio dei capelli, con precisione e minuziosità.
Faustina era stata portata in un castello che non aveva potuto vedere dall’esterno, poiché ancora non era una vera Templare. Baltasar le aveva detto che, prima di farla diventare una Templare, doveva dimostrare loro la sua abilità e fedeltà. Doveva fare qualcosa di speciale, prima che potessero fidarsi di lei. E lui le aveva chiesto se era pronta a sporcarsi le mani.
<< Ecco il tuo incarico. >> Le disse Baltasar, dopo averle presentato alcuni Fratelli: un uomo in armatura scintillante con uno sguardo superbo che rispondeva al nome di Donato Mancini; un vecchio frate pelato e con gli occhi scuri chiamato Ristoro; un medico nascosto nella sua maschera chiamato Malfatto; un uomo alto e robusto, vestito bene e pesantemente armato, Rocco Tiepolo; un uomo basso e deforme, ingobbito, con uno sguardo sprezzante, chiamato Silvestro Sabbatini, ancora in possesso di tutte e due le braccia; un uomo con indosso una divisa nera e armato con una strana spada che rispondeva al nome di Teodor Viscardi.
<< Dovrai mostrarci la tua fedeltà, oltre all’abilità, quindi, dato che non possiamo essere sicuri che anche lui si unirebbe a noi, dovrai uccidere tuo fratello. >> Disse con voce atona Baltasar, e Faustina si senti crollare il mondo addosso. Avrebbe dovuto uccidere il suo amato fratello maggiore? Colui con cui aveva giurato di non tradirsi mai a vicenda e di aiutarsi sempre?
<< MAI!!! >> Esplose Faustina con tutta la rabbia che aveva in corpo. I Templari non si scomposero minimamente. Baltasar le si avvicinò. << Mia cara… >> Disse. << Devi capirci: noi non sappiamo se fidarci di te; ci serve una dimostrazione della tua abilità e della tua fedeltà! Non possiamo fidaci neanche di tuo fratello, purtroppo: lui non sa niente di tutto questo, e non ne sarebbe contento, credimi. >> << Vorrà dire che non mi unirò a voi! >> Esclamò Faustina voltandosi e andando verso la porta.
<< Ragiona, Faustina! Vale veramente la pena di sprecare il tuo talento? Vale veramente la pena di vivere in mezzo alla strada come cani? >> Chiese il Barbiere.
Faustina si voltò di scatto e disse rabbiosa:<< Vale veramente la pena di sacrificare il proprio fratello, pur di vivere bene? Tu lo avresti fatto? >>
Baltasar guardò alla finestra. << Io non ho fratelli… >> Faustina stava per ribattere, ma sapeva che non sarebbe servito. Si voltò e andò verso la porta. La aprì e due lance si misero davanti a lei. Scattò indietro e si voltò aguardare infuriata Baltasar.
Lui la guardò mesto. << Ti avevo chiesto se eri pronta a sprcarti le mani. >> Lei continuò a guardarlo infuriata. Lui sospirò. << In questo caso… Non rimane che una cosa da fare. >> Estrasse dalla borsa il rasoio e lo puntò alla gola di Faustina. Lei ebbe un sussulto. << Non… Non potrei semplicemente andarmene, dimenticandomi dell’accaduto? >> Chiese tremante. Baltasar scosse la testa. << O tutto o niente! >> Disse e si avvicinò lentamente a Faustina. Lei abbassò la testa. Dentro di lei stava avendo luogo una lotta: morire, rimanendo fedele a suo fratello, o tradire l’ultimo familiare rimastole e continuare a vivere? Lei voleva vivere, ma non voleva tradire suo fratello. Fu difficile scegliere.
Strinse i pugni, e col volto solcato dalle lacrime disse:<< D’accordo, Baltasar. Farò ciò che mi ha chiesto. >> Baltasar si fermò. Ripose il rasoio e mise la mano su una spalla della ragazza. << Hai fatto la scelta giusta. >> E le sorrise. Faustina si voltò e uscì a testa bassa. Baltasar sorrise perfidamente.
Quella sera Faustina raggiunse suo fratello che era seduto davanti a un fuoco, e si scaldava. Aveva il braccio sinistro fasciato, la fascia sporca di sangue. Lui non appena la vide la salutò e la invitò a sedersi accanto a lui, facendole posto. Lei non disse una parola e si sedette.
<< Allora, sorellina. Come è andata la giornata? >> Le chiese sorridente. Faustina estrasse la borsa di Baltasar e gliela porse senza neanche guardarlo in faccia. Non appena suo fratello vide il contenuto della borsa sussultò. << Uao! Qui dentro c’è tantissimo denaro! Chi hai derubato, una Guardia Papale? >> Chiese scherzoso. Rise un po’, poi si fermò e disse:<< Meno male! Oggi mi sentivo in colpa per essermi fatto curare questo braccio. I dottori si fanno pagare veramente caro! >> E mise la mano destra sulla fascia. Faustina lo guardò e chiese. << Come te lo sei fatto? >> Suo fratello rispose sbrigativo. << Non è niente… Una freccia mentre giravo per i tetti. >> Lei lo guardò preoccupata, ma lui le disse che era tutto a posto. << Parlando d’altro… >> Disse. << Ti vedo un po’ giù… E’ successo qualcosa? >> Chiese. Lei spalancò gli occhi e tentò di prendere tempo. << Fratellone… Tu cosa diresti se ti dicessi che mi è stato offerto un lavoro? >> Lui stava bevendo da una bottiglia, e quasi si affogò quando Faustina finì la frase. Tossicchiò un po’. << Un lavoro?! E chi mai offrirebbe un lavoro a qualcuno come noi? >> Rise. Faustina abbassò lo sguardo. Lui le scompigliò i capelli affettuosamente e le disse:<< Sarei contentissimo. >> Faustina lo aveva guardato triste, poi gli aveva chiesto:<< E… Se fosse un lavoro sporco? >> Suo fratello chiese guardandola con la coda dell’occhio mentre si scaldava le mani:<< In che senso? >> << Se dovessi uccidere delle persone! >> Sbottò lei a malincuore. Lui si girò, le posò la mano sulla guancia e le sorrise. << Non lo faresti mai. >> Lei abbassò lo sguardo, sconfortata. Tentò ancora di parlargli. << E se mi avessero offerto questo lavoro sporco… E fossi stata obbligata… Facciamo un esempio… A ucciderti… >> Lui le mise un dito sulle labbra.
<< Se è successo qualcosa devi dirmelo, Faustina! Posso aiutarti! >> Lei abbassò lo sguardo e si scostò indietro. << Sono tuo fratello, no? >> Faustina quasi pianse. << Mi mancherai, fratellone… >> Estrasse la mezza forbice, e, alzando il braccio, tagliò la gola di suo fratello. Non un suono, non un urlo; solo un espressione interrogativa con cui la guardò, chiedendosi perché lo aveva fatto.
Cadde a terra, lo sguardo fisso verso il cielo, la gola tagliata da cui sgorgava il sangue rosso. Tossì debolmente e del sangue scese dalle lebbra. I suoi abiti si macchiarono di rosso. Faustina lo guardò impietosita e triste. Non riusciva a vedere quella scena, ma rimase a vederla, perché pensava che avrebbe dovuto abituarsi in fretta a tutto quello. Qualcosa la fece cedere: la mezza forbice di suo fratello, che lui teneva sempre nella manica, come lei, era scivolata, e vedendola le aveva fatto venire le lacrime agli occhi. Pensava che fosse finito, e decise di voltarsi, ma la testa di suo fratello si girò verso di lei, e con un filo di voce roca chiese:<< Perché? >>
Faustina si voltò e scappò tenendosi una manica sugli occhi, per non piangere.
Quella sera stessa, Faustina e gli altri Templari erano riuniti a Castel Sant’Angelo. Erano tutti in una grande sala ornata d’oro con un grande tappeto rosso sul pavimento che portava fino a un altare in fondo alla sala su cui era posto un crocifisso dorato. I Templari erano tutti ai lati della sala, e guardavano composti. Baltasar la accompagnò fino in fondo alla sala, dove c’erano due persone vestite con sontuosi abiti: Rodrigo Borgia, eletto da poco Pontefice, e un giovane Cesare Borgia, che sorrideva beffardo.
<< Faustina Collari. >> Cominciò il Papa posando lo scfettro papale in verticale davanti a lei. << Sei, tu, pronta ad entrare nell’Ordine dei Cavalieri del Tempio, e unirti ai tuoi fratelli e sorelle nella ricerca della Verità e l’adempimento della pace, seguendo sempre gli insegnamenti e le leggi di Cristo Nostro Signore, per tutto il resto della tua vita? >> Chiese in tono solenne. Faustina deglutì, e rispose come gli era stato detto di dire:<< Sì, lo sono. Sono pronta a mettere la mia vita nelle mani del Signore, e cercare la Verità e l’adempimento della pace con ogni mezzo. Diverrò un Templare. >> Rodrigo posò il bastone del comando sulla fronte di Faustina, le fece il segno della croce e disse solennemente:<< In nomine Patris et Filii et Spiritus sancti, nunc et Templarii. >> Poi mise di nuovo lo scettro come prima e disse:<< Docebit vos sapiens esse Patrem. >> Tutti i Templari estrassero le loro armi. Baltasar il suo rasoio, e lo posò davanti al viso; Donato la sua spada e la mise davanti al viso unendo le mani; Silvetsro un pugnale dorato, lo impugnò con la sinistra e lu tenne puntato verso il basso davanti al viso; fra’ Ristoro il suo pugnale consacrato, premette il bottone e spuntò fuori la lama, e lo tenette davanti a sé, impugnato di rovescio con due mani; Rocco Tiepolo estrasse la sua larga spada, la prese con tutte e due le mani e la mise davanti al viso; Malfatto prese la sua siringa e la mise sul petto; Gaspar De La Croix estrasse il suo coltellino e lo tenne davanti al viso; Lanz estrasse il suo pugnale e lo tenne di rovescio davanti al viso; Auguste Oberlin il suo martello e lo mise davanti alla faccia, tenendolo con due mani; Teodor Viscardi estrasse la sua strana spada e la puntò al cielo, tenendola con la mano destra; nella sala c’erano anche una donna dai capelli rossi che rispondeva al nome di Dama Rossa, che estrasse il fermaglio dai capelli e lo puntò in alto, e un uomo mascherato, Il Reietto, così chiamato, che estrasse una pistola e la puntò al cielo. C’era anche Il Lupo, che aveva un’espressione annoiata. Scattò col polso sinistro e posò la lama sul petto, trasversalmente. Proclamarono tutti quanti insieme:<< Docebit vos sapiens esse Patrem. >> Faustina si guardò intorno, poi, lentamente, estrasse la mezza forbice dalla manica, infilò l’indice nel cerchio del manico e fece roteare la lama. Si fermò chiudendo la mano e bloccando la lama verso l’alto. Poi alzò il braccio verso l’alto, con la lama puntata al cielo e disse come le era stato detto:<< Amen. >> Ora era una Templare.
Quella lunga notte, però, non era ancora finita. Infatti, quando si fu accertata che non ci fosse più nessuno, Faustina uscì dalla sua stanza, e andò dove nessuno avrebbe potuto vederla né  sentirla: il tetto del castello. La sommità. Da dove partiva il grande palo di legno che teneva la bandiera. Lì era al sicuro. Non la poteva sentire né vedere nessuno. E pianse. Pianse come non mai, perché aveva ucciso suo fratello e aveva trattenuto tutto fino a quel momento.
Da quella notte Faustina non fu mai più la stessa… Non aveva più pianto, da quella notte. Non solo, ma sembrava che fosse diventata un’altra persona, e già la mattina dopo si cominciarono a manifestare i suoi cambiamenti: atteggiamento più sfacciato nei confronti degli altri, volgarità, e uno strano interesse per Donato, che egli ricambiava spesso…
Erano passati dieci anni da quel giorno, e lei non aveva dimenticato, eppure parlava di quel giorno come se niente fosse, con una freddezza incomparabile.
Ora era lì, nella stanza dei sotterranei col tavolo lungo dove si riunivano i Templari, a discutere con fra’ Ristoro, perché non era riuscita a divertirsi come avrebbe voluto: uccidendo Fiora tagliandole la gola dopo averla disarmata, dopo averla fatta piangere ed essersi fatta implorare di risparmiarla. Ma Ristoro aveva rovinato tutto!
<< DOVEVA ESSERE UNO SCONTRO MORTALE!!!!!! >> Urlò lei. << Eravamo troppo pochi, ormai. Gli Assassini non demordono tanto facilmente. Torneremo un’altra volta e… >>
<< NO!!! DOVEVA ESSERE ORA!!!! >> Faustina era fuori di sé. Ristoro si sedette e sospirò debolmente. << Probabilmente eri troppo presa dal tuo “scontro mortale” per accorgerti del fatto che Il Lupo era stato neutralizzato, vero? >> Faustina si voltò e si guardò intorno. << E persino ora non ti sei accorta che manca all’appello, dato che sei troppo presa a sbraitare contro di me, vero? >> Ristoro unì le dita delle mani, abbassò leggermente la testa in avanti e sorrise. Faustina ebbe come uno scatto, e si accorse solo in quel momento che Il Lupo era assente. Stava per imprecare contro Ristoro. Alzò il braccio ma Baltasar glielo afferrò. << Ora è inutile discuterne! Il Lupo è abile, riuscirà a cavarsela, altrimenti andremo a prenderlo noi! >> Faustina si calmò. Tutti quanti uscirono dalla stanza e rimasero solo Baltasar, Donato, Faustina e Ristoro, a guardarsi. Baltasar le lasciò il braccio, le fece intendere di non sbraitare in quel modo, si voltò a Ristoro e lo guardò con uno sguardo duro, ma che faceva capire che aveva ragione, e uscì. Donato si rivolse a Faustina:<< Su, Faustina. Andiamo. >> Lei accettò stancamente. Donato lanciò un’occhiata interrogativa a Ristoro. Lui gli disse:<< Non badate a questo povero vecchio. Me ne resterò qui a pregare un po’… >> Donato annuì e si voltò, e uscì dopo Faustina. Rimasto solo, Ristoro si tirò su il cappuccio e sorrise, unendo le mani in preghiera davanti alla bocca.
<< Mi dà sui nervi! >> Esclamò Faustina rivolta a Donato mentre si avviavano nella loro stanza. Camminava in fretta, presa dall’isteria. << Non aveva il diritto di interrompermi a quel modo! >> << Non aveva molte altre scelte… La situazione era troppo confusa e complicata perché potesse spiegarti tutto lì… >> Faustina sospirò. Aprì la porta della stanza ed entrò. Donato la chiuse alle sue spalle, una volta entrato. Le cinse i fianchi. << Non ti preoccupare… >> Le disse dolcemente. << Non ci saranno problemi, la prossima volta. >> La baciò, e poi si buttarono nel letto. 

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Capitolo 9
*** Visita ***


Il Lupo si era addormentato a mezzanotte, quarantasette minuti e ventitrè secondi. Aveva dormito fino alle due di mattina, tredici minuti e cinquantaquattro secondi, quando un rumore di passi proveniente dal corridoio fuori dalla sua stanza, lo aveva destato. Erano i passi di una donna di venticinque anni, magra, alta circa un metro e settantasei, e portava qualcosa con sé; un catino d’acqua, intuì Il Lupo, dal rumore che sentiva a ogni passo: lo scroscio dell’acqua. Quando aprì la porta, Fiora fu sorpresa di trovarlo sveglio.
<< Non hai dormito? >> Gli chiese chiudendo dietro di sé la porta e poggiando il catino sul tavolino all’angolo. Portava un panno, appeso al catino.
<< No. >> Rispose lui stanco. << Mi sono svegliato non appena ho sentito i tuoi passi. >> Fiora lo guardò impietosita.
Rispariamatelo! Pensò Il Lupo. Guardarmi in quel modo non mi farà stare meglio. E le ricambiò lo sguardo con un occhiata di rimprovero. Fiora sospirò, si girò, andò verso il catino e bagnò il panno. << Allora… >> Disse girata di spalle. << Dimmi dove sei ferito. >>
<< Cosa? Ti ho già detto che non… >>
<< Non mentirmi! Non sei così sprovveduto, per farti prendere così facilmente! >>
<< E chi ti ha detto che è stato facile? Io ed Ezio abbiamo combattuto come leoni, non è stato facile né per lui né per me! >> Ribattè Il Lupo. Fiora lo ignorò e gli disse:<< Fami vedere… >> Si avvicinò a lui lasciando il panno ammollo e gli tastò la schiena. Il Lupo cercò di trattenersi, ma non ci riuscì, e si lamentò. << Agh…! D’accordo! Te lo dico, ma fai piano! >> Fiora staccò le mani dalla schiena del Lupo. Lui ansimò, e poi le disse:<< Toglimi il mantello e apri i vestiti sulla schiena. >> Fiora stava per tirargli via il cappuccio, ma Il Lupo sfuggì alla sua presa, dicendole:<< Non togliermi il cappuccio! Alza solo il mantello! >> Fiora arretrò alla reazione del Lupo, poi obbedì. Dopo avergli tolto l’abito, lasciandolo a schiena nuda, attaccato ai lati del vestito, che ora tiravano in avanti, trasalì, vedendo i tagli e i graffi lasciati dalla frusta ancora freschi. Si portò una mano alla bocca, spaventata, ma non disse niente. Il Lupo aspettava che lei parlasse. Fiora si morse un labbro e andò a prendere il panno. Dopo averlo ripescato dal catino disse:<< Ho disciolto nell’acqua alcuni sali e l’ho mescolata con un po’ di medicinale; dovrebbe farti sentie meglio… >> Il Lupo sorrise. << Grazie… >> Fiora si avvicinò e, lentamente, poggiò il panno sulla sua schiena. Il Lupo scattò, non appena sentì il bruciore della soluzione, ma cercò di contenersi, e dopo un po’ si abituò. Mentre lo curava, Fiora gli chiese:<< Come è successo? >> Il Lupo sospirò. << E’ la punizione per non essere riuscito ad ucciderti. >> Fiora abbassò lo sguardo. Sentva che c’era qualcosa di misterioso, dietro quell’uomo. Perché non voleva che gli togliesse il cappuccio? Perché era sempre così tenebroso e solo? Voleva conoscere la sua storia, cosa lo avesse spinto ad unirsi ai Templari. Nonostante avesse sempre mentito a sé stessa su quel fatto, ora non riusciva ad aspettare.
<< Senti… >> Cominciò lei. Il Lupo ebbe un “Mh” interrogativo. << Che… Cosa ti ha spinto ad unirti ai Templari? >> Chiese. Il Lupo guardò il vuoto. << Non ti interesserebbe… >> Disse sbrigativo. << Invece sì! Me lo sono sempre chiesto, e ora… >> Fiora arrossì un po’. Il Lupo sospirò.
<< Diciotto anni, tre mesi, ventuno giorni, tre ore, sette minuti e ventuno secondi fa… >> Disse. << Uccisi i miei genitori. >> Guardò triste il muro. Fiora si era fermata, e guardava allibita Il Lupo, sia per la precisione e la memoria dell’uomo, sia per l’azione che aveva appena confessato. << Cosa? >> Chiese. << Stai scherzando? >> Il Lupo girò la testa e la guardò deluso. << Scherzerei su qualcosa del genere? >> Fiora deglutì e chiese:<< Come è successo? >>
<< Mio padre era un uomo violento con il vizio di bere. Capitava che uscisse di casa con molti soldi, e che rientrasse a notte fonda ubriaco fradicio e senza un soldo in tasca! >> Disse con dell’odio nella voce. << Mia madre era una brava donna… Non volevo ucciderla… Si è trattato di un imprevisto… Sopportava le percosse di mio padre con molta pazienza, e, nonostante tutto, lo amava come lo aveva sempre amato. Io ero triste. Da qualche tempo mio padre si ubriacava tutte le sere, e mia madre si stava facendo sempre più debole, per causa sua! Quella notte tornò a casa sbattendo la porta, tanto da svegliarmi (nonostante a quel tempo avessi il sonno molto pesante) e cominciò a urlare. Mia madre accorse a calmarlo, ma lui la colpì. La faccenda andò avanti per quindici minuti e sei secondi. In quei quindici minuti e sei secondi riuscì a contare le lucciole che volavano fuori dalla mia finestra, gli ululati dei lupi che sentì, e i colpi che mio padre inflisse a mia madre. Mostruoso! Un bambino che deve sopportare tutto questo non potrà mai essere normale! E’ questo che capì, quella notte. A quel punto, ormai fuori di me per tutte le volte che ero rimasto in silenzio sentendo le urla di dolore di mia madre, mi alzai dal mio letto, lottando contro mio fratello maggiore che non voleva che scendessi, andai nella stanza di sotto e presi un coltello! Un oggetto molto affilato, tagliente… Corsi verso mio padre e lo trafissi col coltello, costringendolo a lasciare mia madre! Lei si accasciò a terra, mentre mio padre urlava. Quando tutto finì, mi voltai a controllare che mia madre stesse bene, ma mi guardava terrorizzata. Solo allora – e ancora oggi non riesco a comprendere perché solo allora – mi accorsi dell’orribile gesto che avevo fatto! Arretrai, spaventato dal coltello sporco del sangue di mio padre che tenevo nella mano, e gettandolo a terra, fuggì! Mia madre morì in quell’istante, a causa dello spavento che aveva provato, vedendo il suo bambino uccidere suo marito. Mio fratello era rimasto impietrito a guardare da dietro la porta. >> Il Lupo sospirò tristemente. Fiora tentò di dirgli:<< Ma non l’hai uccisa tu! Non è giusto che ti accusi di qualcosa che non hai fatto! >> << E’ morta per causa mia! Non tentare di farmi cambiare opinione! >> Sbottò Il Lupo con durezza. Fiora si sconfortò: era difficile poter convincere quell’uomo di qualcosa. Cercò di farlo continuare. Il Lupo sospirò, poi si rimise a raccontare:<< Quella notte fuggì nei boschi attorno Roma, popolati dai lupi, dopo aver rubato un mantello di mio padre. >> Il Lupo indicò il suo mantello. << Questo mantello… Avevo paura, perché non sapevo cosa fare, e la paura di incontrare qualche bestia feroce mi attanagliava. Stremato, dopo aver passato due ore a correre, mi accasciai a terra, mi accucciai al tronco di un albero, e con le lacrime agli occhi, mi addormentai. >> Il Lupo scattò quando Fiora posò il panno sulla sua schiena dopo averlo risciacquato. Riprese il racconto:<< La mattina dopo, venni svegliato da un ringhio… Aprì gli occhi e vidi davanti a me una bellissima lupa grigia dagli occi gialli che mi ringhiava contro. Urlai. La lupa mi rispose con potenti latrati. Mi alzai in fretta e scappai, contando di arrivare in un posto dove la lupa non potesse arrivare. In realtà non ero molto sicuro della mia riuscita: stavo scappando da una lupa che viveva in quei boschi da non so quanto tempo! Era chiaro che fossi in svantaggio. >> Il Lupo sorrise:<< Però io sono un tipo molto ostinato! Scappai finchè non riuscì a trovare un modo per fermare la lupa. Ogni passo che facevo, quella ne faceva due; per fortuna trovavo sempre un modo per ostacolare la mia inseguitrice a quattro zampe: le mettevo tronchi in mezzo alla strada, mi arrampicavo sugli alberi, attraversavo torrenti… Dopo un po’ adocchiai un albero che faceva al caso mio: alto e stretto, facile da scalare. Vi corsi contro, e la lupa mi inseguì, come speravo. Mi ci arrampicai e la lupa cominciò a latrare e a girare intorno all’albero. Ormai ero al sicuro. Però pensai di saltare su un altro albero, per allontanarmi. Che stupido fui… Saltando dal ramo a un altro, quello si spezzò, e io caddi assieme al ramo. Il ramo cadde addosso alla lupa, che rimase a terra stordita e ferita. Io caddi su un letto di foglie che attutì la caduta. Mi rialzai, ma mi accorsi che non correvo pericolo: la lupa era ferita. Non so per quale ragione mi precipitai su di lei terrorizzato; forse non volevo essere la causa della morte di un altro essere vivente. Cercai un modo per curarla, ma non avevo idea di cosa fare; così strappai una parte dei miei vestiti e fasciai la zampa ferita della lupa. Quella mi ringhiò contro, non appena mi avvicnai, ma le sussurrai: “è per il tuo bene”, e lei, non so come, sembrò capirmi… Ci misi un quarto d’ora a fasciarle la zampa per bene, e dopo aver finito la aiutai a rimettersi sulle zampe, con difficoltà e lentamente. Poi sembrò avviarsi verso una direzione, ma si fermò a guardarmi: quegli occhi gialli che trasmettevano intelligenza mi colpirono e mi penetrarono nell’anima. Sembrò volermi dire che potevo andare con lei, se volevo. Mi avvicinai cauto, e lei si avviò. La seguì con un certo distacco, e ogni tanto si voltava a guardare che ci fossi ancora. Arrivammo in una radura dove ella ululò. Un branco di lupi uscì dalle tane e ci accerchiò. Molti di loro ringhiavano, altri sembravano perplessi, e altri ancora non mi calcolavano proprio… Lei andò in una tana a riposarsi, credo, io rimasi lì, in mezzo a quei lupi che avrebbero potuto sbranarmi se solo avessi fatto qualcosa di sbagliato. Per fortuna, rimanendo fermo, cominciarono a ignorarmi – dopo molto tempo, certo – ma mi resi conto che, per il momento, potevo restare là. Sembravano temermi, e si tenevano a distanza. Solo i cuccioli, sempre molto curiosi, cominciarono a darmi confidenza e a giocare con me. Anch’io cominciai a giocare con loro, stando sempre attento a non allarmare i genitori. Col tempo i lupi cominciarono a darmi più confidenza… Passato un mese, adesso mi lasciavano dormire con loro, invece che fuori, su qualche albero. Dopo altri quindici giorni mi portarono a caccia, e quel giorno mangiai per la prima volta come un lupo. >> Il Lupo tossì. << Per tre anni vissi con loro. Avevo ormai tredici anni, ed ero un lupo in piena regola. Vivevo come loro, mangiavo come loro… I primi tempi dovetti anche muovermi a quattro zampe come loro, per non farli impaurire. Sapevo persino ululare. >> Fiora ebbe un’esclamazione di sorpresa. << Già… I lupi mi conoscevano tutti, e mi trattavano come e fossi uno di loro… Un fratello… Quello è forse stato l’unico gruppo a cui mi sono veramente sentito parte… I Templari… La mia famiglia… Non sono niente, a confronto… Ancora oggi, ogni sera la lupa che mi trovò quel giorno ulula alla luna per chiamarmi. Ogni sera alla stessa ora. >> Il Lupo guardò fuori dalla piccola finestra. << E io non le ho risposto, stanotte. >> Un’espressione rassegnata gli solcò il viso. Fiora cercò di farlo andare avanti. << Ehm… Continua a raccontare, Lupo. Quando sei diventato un Templare? >> Il Lupo si schiarì la voce:<< Giusto: un Templare. E’ stato quello stesso anno: quindici anni, sei mesi, otto giorni, quattro ore e trentaquattro secondi fa… Ero a caccia con i miei fratelli, i lupi che erano cresciuti assieme a me, e sentì un dei cavalli correre nel bosco. I miei fratelli stavano per attaccarli, ma qualcosa mi fece fermarli: sapevo che non saremmo riusciti a fare nulla, perché i cavalli erano molti e sembravano esserci anche uomini. All’improvviso ci spuntò davanti Baltasar De Silva, e i miei fratelli cominciarono a ringhiargli contro. Mi guardò, e mormorò qualcosa, dopo mi parlò, dicendo che non voleva farmi del male, ma solo offrirmi un’occasione. >> Fiora lo precedette. << Diventare un Templare. >> Disse. Il Lupo annuì. << Sì. Da quanto mi disse, sembrava che mi cercasse da quando aveva sentito parlare alcune persone di un ragazzo che viveva coi lupi, molto agile, veloce e intelligente. In effetti, alcune persone mi avevano spesso intravisto nei boschi, quando andavo a caccia, e dovevano aver visto come cacciavo, perché altrimenti non so come avrebbero potuto dire che ero intelligente… Capì che era una buona cosa, ma non volevo abbandonare i miei fratelli e sorelle. Baltasar mi concesse di andare da loro ogni volta che volevo. Chiesi un ultimo favore: volevo andare a salutare la lupa e tutti gli altri lupi. Baltasar me lo concesse, e rimase ad aspettarmi in quel posto. Arrivato alla radura dove vivevamo, salutai tutti i lupi, promettendo loro che sarei tornato presto, e mi avviai. Nei giorni seguenti, Baltasar mi addestrò a combattere, a nascondermi, a scappare, ma ero già abbastanza abile. Dopo dieci giorni passati ad addestrarmi costruì la mia lama celata, basandomi sui racconti degli Assassini che mi diceva Baltasar. Il meccanismo a scatto lo inventai io, non conoscendo come funzionasse quello a molla. Comunque ora credo che lo saprei riprodurre facilmente. Dopo venti giorni di addestramento, mi fu assegnato il mio primo incarico. Dovevo uccidere la mia preda con il solo ausilio della mia lama celata, e usarla solo per quella, quindi se avessi incontrato soldati armati avrei dovuto eliminarli a mani nude. Non me ne preoccupai: Baltasar continuava a ripetermi che ero il più veloce soldato che avesse mai visto, il più giovane e il più intelligente. Se Baltasar pensava tutto questo di me, allora dovevo essere meglio di quanto pensassi… Sta di fatto che ci riuscì: il giorno dell’incarico mi avvicinai alla zona dove mi era stato detto che lo avrei trovato, e mi misi a cercarlo. La zona era molto affollata, ma sapevo che aspetto aveva, o almeno ero sicuro dell’aspetto che avevo immaginato… Bè, immaginai bene, e non appena lo vidi mi avvicinai senza farmi notare; purtroppo lui mi vide, e si mise a correre. Dovetti inseguirlo, e arrivammo in una piazza molto frequentata, che tuttavia si era svuotata vedendoci arrivare. Mi mandò contro dei soldati, che non si fecero scrupoli a prendersela con una ragazzino come me. Il primo che mi corse incontro armato di spada, lo afferrai per il braccio, evitando con facilità l’arma, e glielo spezzai; mentre cadeva a terra, un altro armato con un coltellaccio mi correva contro: mi abbassai per schivare il coltello e gli diedi una gomitata all’inguine. Mentre si inginocchiava, io mi alzavo, e gli diedi un calcio sul mento. Un altro soldato armato di lancia mi caricava assieme a uno armato di ascia; calarono tutti e due le armi verso di me con molta spinta; mi spostai di lato e feci lo sgmbetto a quello con l’ascia, mentre quello con la lancia si fermava e si girava, ma io gli saltai addosso spezzandogli il collo, poi presi per le gambe il soldato che era caduto e lo trascinai verso di me, e calpestandogli la testa, lo uccisi. La mia preda era rimasta da sola, ora. Scappò ancora, ma io salì sul tetto di una casa e lo suguì dai tetti. Quando lui fu certo di avermi seminato, si fermò e io gli piombai addosso, lacerandogli la gola con la lama celata. Mentre moriva sussurrava: “Mio Dio, un ragazzo… Un ragazzo…” Morì, e io tornai a Castel Sant’Angelo. Quella sera feci il rito d’iniziazione, simile a qello che hai fatto tu: tanto latino e tante bugie… Ma a me non importava un bel niente… Ora avevo una casa, potevo vedere i miei lupi quando volevo e vivevo bene… Per il resto, non me ne importa un bel niente, di questa stupida guerra tra Templari e Assassini… Il mio è un lavoro, e come tale va svolto… Anche se a volte è spiacevole… >> Il Lupo si fermò. La sua storia era finita, ma Fiora voleva sapere ancora qualcosa.
<< E il tuo cappuccio? Perché non lo togli mai? >> Chiese imbarazzata. Il Lupo aspettò qualche secondo. << Non voglio mostrare la mia vergogna a tutti quanti… Ciò che ho fatto basta per me. >> Fiora non era ancora soddisfatta.
<< E il tuo vero nome? Perché ti chiamano tutti “Il Lupo”? Voglio dire… Avrai un tuo nome, no? >> Il Lupo rispose duro:<< Io ho perso tutto: la mia famiglia, la mia vita, la mia dignità e il mio nome! Non sono più degno di nessuna di queste cose! >>
Fiora abbassò lo sguardo. Non sapeva più che chiedere, quindi continuò a curare le ferite in silenzio. Era passta un’ora e trentacinque minuti, da uqndo Fiora era arrivata, svegliando Il Lupo. In verità non ci voleva tutto questo tempo, per curare le ferite del Lupo, ma lei era rimasta rapita dal racconto, e aveva perso la cognizione del tempo. Erano le tre di mattina, quarantotto minuti e cinquantaquattro secondi.
<< Non Dovresti andare, ora? >> Chiese Il Lupo a Fiora. Lei non voleva andarsene.
<< Perché ti stanno così antipatici? >> Chiese Lei. << Perché non ti interessa la lotta tra i Templari egli Assassini? >> Lui la guardò. << Perché so cosa fanno. Anche tu ti sei accorta di quello che fanno, o sbaglio? >> Lei protestò. << Gli Assassini non sono come i Templari! Non puoi giudicare senza sapere! E’ un atteggiamento da Templare! >> Il Lupo rise. << Io sono un Templare! >> Fiora si zittì. Riprese:<< Bè… Non è giusto! >> Detto questo tolse il panno dalla schiena del Lupo e lo sciacquò bene. Poi sollevò il catinò e si avviò alla porta. Il Lupo la chiamò.
<< Grazie. >> Le disse. Lei rispose:<< Di niente… >> Detto questo si voltò e uscì. Il Lupo sentì un ululato lontano, nei boschi fuori Roma. La sua lupa era rimasta ad ululare per tutta la notte, in attesa di una risposta.
Un ululato eccheggiò nella torre e arrivò alle orecchie della lupa, che, sollevata, andò finalmente a dormire. 

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Capitolo 10
*** Evasione ***


Quella mattina, alle otto e ventidue minuti, nella piccola stanza entrò Orfeo che porse sul tavolo un vassoio di pane e latte. Si voltò a guardare Il Lupo. Lo trovò a guardare fuori dalla finestra, con un’espressione assorta. Sembrava non essersi accorto di lui. Si schiarì la voce, come per farsi notare, ma Il Lupo non lo sentì neanche. Battè forte la mano sul tavolo. Il Lupo sussultò sulla sedia, come se si fosse svegliato all’improvviso, e guardò Orfeo. Si guardarono per alcuni istanti, poi Orfeo si voltò e disse:<< Ti ho portato la colazione. >> Detto questo andò dietro alla sua sedia, la sollevò e la posò davanti al tavolo. Si spostò davanti alla porta e aspettò, respirando a fatica. Il Lupo gli chiese:<< Come dovrei mangiare con le mani legate dietro la schiena? >> Orfeo si irritò. Andò dietro al Lupo e gli slegò i polsi. Il Lupo se li massaggiò.
<< Non tentare di fuggire. >> Disse Orfeo tornando al suo posto. << Sono armato, e non mi preoccuperò di usare le mie armi, se sarà necessario. >>
<< Anche se volessi, come potrei scappare? >> Disse Il Lupo prendendo in mano il cucchiaio di legno che si trovava sul vassoio e bevendo un po’ di latte dalla tazza.
Orfeo non rispose. Il Lupo bevve un po’. Prese il pane, lo spezzò e ne inzuppò un pezzo. Cominciò a mangiare in silenzio. Dopo aver ingoiato parlò. << Qual è il tuo nome? >> Orfeo esitò. Poi rispose:<< Orfeo Occhionero. >> Il suo tono atono faceva intendere che non aveva intenzione di parlargli. Il Lupo ripetè il suo nome sottovoce. << Da quanto sei un Assassino? >> Orfeo ebbe uno sbuffo d’impazienza. << Un anno, più o meno… >> << Quindi sei un Assassino abile, immagino. Gli Assassini sono molto abili, e so che già a pochi mesi di addestramento sono in grado di combattere per ore. Tu puoi confermarlo? >> Chiese Il Lupo guardandolo con la coda dell’occhio. Orfeo esitò ancora. << Non so gli altri… >> Disse. << Ma io non penso di poter resistere per molte ore in un combattimento. Per quanto ti sembrerà strano, a me stanca di meno correre e arrampicarmi, che combattere. >> Il Lupo sorrise. Mandò giù un altro pezzo di pane e chiese. << Con chi hai combattuto ieri sera? >> Orfeo ci pensò su un attimo. << Baltasar De Silva. >> Rispose. << Ah, Baltasar è un osso duro! E ne sei uscito intero? Complimenti. >> Orfeo non sapeva che dire. << Vuol dire che sei meglio di quanto sembri. >> Disse Il Lupo sottovoce, ma attento a farsi sentire. Orfeo si irritò. << Cosa hai detto? >> << Niente, niente… Non tutti possono essere perfetti. >> Il Lupo continuò a mangiare. << Se stai pensando di farmi irritare per poi fuggire, non funzionerà… >> << Non sto dicendo nulla, ho solo detto che sei meglio di quanto sembri, tutto qui… Ti stai scaldando per niente. Se fai così, allora vuol dire che ne hai di strada da fare, prima di poter essere un vero Assassino. >> Orfeo si irritò parecchio a questa affermazione. << Anche se sono un novizio sono molto abile, e non mi interessa se pensi che non sia degno di essere un Assassino! >> Il Lupo alzò le braccia al cielo. << Ma certo che no. Voi Assassini non vi curate di ciò che si dice… >> Sorrise. << Ma se vuoi un consiglio, dovresti allenarti di più, per evitare di morire in battaglia. >> Orfeo scattò col polso destro e puntò la lama verso Il Lupo, lanciandosi su di lui.
<< Smettila di parlare! >> Il Lupo si alzò di scatto e schivò la lama, afferrò il braccio di Orfeo col destro tenendo la lama lontana e gli diede una gomitata in viso. Poi gli diede una ginocchiata allo stomaco. Orfeo si piegò a terra tossendo. Il Lupo camminò verso l’uscita, e uscì dalla stanza, chiuse a chiave e getto per terra la chiave. Poi si mise a correre. Orfeo, ripresosi, cominciò a urlare che il prigioniero era fuggito. Il Lupo doveva sbrigarsi: per prima cosa doveva ritrovare le sue armi, altrimenti non avrebbe fatto molto. Correva per un corridoio lungo; a destra c’era una rampa di scale che portava verso sopra, mentre più a fondo, si svoltava a sinistra. Il Lupo aveva intenzione di ispezionare quel piano, prima di salire, e quando passò davanti alla rampa di scale si vide davanti due Assassini, Severino Stornello e Tullio Tagliapietra che parlavano agitati, a proposito dell’urlo di Orfeo. Come lo videro, Tullio estrasse l’ascia e Severino scattò con i polsi. Tullio calò giù l’ascia con forza, e Il Lupo, che stava correndo, si diede una spinta in avanti, cadendo a terra e facendo una capriola. Rimase in ginocchio. Poi si rialzò, mentre Severino gli si lanciava addosso. Fece una capriola all’indietro mentre l’Assassino abbassava le lame, tentando di colpirlo.
<< Non ho tempo da perdere con voi! >> Urlò voltandosi e continuando a correre. Tullio e Severino lo inseguirono. Severino era più veloce di Tullio, a causa del peso minore che doveva portare, e si portò in avanti, dicendo al suo Fratello di avvertire gli altri. Tullio obbedì, pur con riluttanza, e Il Lupo si ritrovò a scappare da Severino. In realtà era più preoccupato a guardarsi intorno, che a fuggire, e Severino cercò di distrarlo. << Se pensi di riuscire a districarti in questa torre meglio di noi Assassini, ti sbagli! >> Il Lupo cercò di distanziarlo girando a destra, entrando nella sala dei ritratti delle prede di Ezio. Severino se ne accorse e tentò di giocare d’astuzia: andò dritto ed entrò dall’altra porta della sala, per bloccare Il Lupo. Questi si era fermato un istante, alla vista di quei quadri, ma fu sorpreso da un Assassino che se ne stava dietro una colonna. Gli puntò la lama alla gola e gli intimò di non muoversi. Dalla seconda porta della sala entrò di corsa Severino, che esclamò:<< Luca! Per fortuna c’eri tu! >> Dall’altra porta entrarono Tullio, Severino Sabelli e Marco Melozzi, ognuno con le rispettive armi in mano: Severino aveva una spada da Priore, a doppio taglio, con il manico in argento che finiva in punta; Marco aveva in mano un falcione veneziano a un lato; Tullio aveva tra le mani la sua ascia barbuta pesante che aveva usato per attaccare Il Lupo prima.
Il Lupo era in trappola. Prese Luca per il braccio che gli teneva puntato contro con la mano destra, mentre con la sinistra lo prese per la cintura e lo sollevò, lanciandolo verso i tre Assassini appena arrivati. Luca rimase allibito, e non ebbe neanche il tempo di reagire. Il gruppo di Assassini cadde a terra e tutti persero le armi. Il Lupo sctto verso Severino, che fece lo stesso verso di lui. Il Lupo spostò le braccia di Severino puntate su di lui verso i rispettivi lati, saltò sulla spalla destra di quest’ultimo, e si spinse in avanti, facendogli perdere l’equilibrio. Severino cadde a terra, Il Lupo uscì dalla sala e continuò a correre. Passò per una sala che si diramava in altre stanze, e rimase fermo un momento, incerto su quale strada prendere. Si voltò e vide un altro Assassino che gli correva contro con nella mano destra una daga tenuta di traverso. Il Lupo gli afferrò il braccio e lo chiuse in una morsa col braccio destro, mentre col sinistro teneva ferma la mano destra dell’Assassino. Quello tentò di puntargli la lama della daga sul viso, ma non ci riuscì.
<< Ulrico! >> Si sentì la voce di Fabiola Fornari. Il Lupo e Ulrico si voltarono a guardare: Fabiola era in aria con una cinquedea dentellata nella mano destra, e puntava verso Il Lupo. Questo girò su sé stesso portandosi dietro Ulrico e lanciandolo contro Fabiola, che perse lo slancio e cadde a terra. Il Lupo scappò nella stanza da dove era venuta Fabiola. Si ritrovò nell’armeria.
Ci siamo! Pensò, e cominciò a cercare tra le rastrelliere, anche se probabilmente non avevano messo le sue armi su una rastrelliera qualunque. Infatti trovò la spada e il pugnale dentro una credenza a vetri, chiusa con un lucchetto. Diede un pugno al vetro, mandandolo in frantumi, aprendo degli squarci nei guanti e tagliandosi le mani. Afferrò la spada con la mano destra, la estrasse dalla credenza, infilò l’altra mano ed estrasse il pugnale. Li guardò un istante. Non avevano segni che indicavano di essere stati usati in modo improprio, quindi erano stati lasciati lì dalla sera prima e non erano stati usati da nessuno. Nella stanza entrarono gli Assassini e gli puntarono contro le pistole negli antibracci.
<< Fermo dove sei! >> Gli intimò Severino. Il Lupo li guardò con la coda dell’occhio. La spada alzata davanti al volto. Scattò indietro voltandosi. Gli Assassini spararono, ma lo mancarono. Il Lupo corse raso terra e diede un pugno nello stomaco a Paolo, si alzò e diede un calcio a Marco. Poi incrociò la spada con quella di Ulrico, e lo spinse via con un calcio, spinse via Luca che gli era corso incontro, parò la lama di Severino, saltò alle sue spalle e gli diede un calcio, Fabiola gli corse incontro, lui sbuffo – non gli piaceva combattere con le donne – si abbassò e sollevò Fabiola prendendola dalla gamba sinistra e dalla spalla destra, e la lanciò addosso a Tullio, che tentò di afferrarla. Giovanni gli saltò addosso e cercò di fargli perdere l’equilibrio, ma Il Lupo si divincolò e lo scagliò contro una credenza. Il Lupo si girò e respinse a lato la spada di Severino. Lo guardò negli occhi, poi puntò in alto la spada e quello la parò. Il Lupo la abbassò e Severino lo seguì; incrociarono molte volte le loro spade, prima a destra, poi a sinistra… Ora era qui, e dopo era lì… Ogni tanto, Il Lupo cercava di colpire Severino con calci e pugni, ma l’Assassino era molto abile, e schivava egregiamente tutti gli attacchi. Dopo questo lungo incontro, Il Lupo colpì la spada di Severino con una forza tale da strappargliela dalle mani, disarmandolo. Gli puntò la spada alla gola, e gli intimò di non prendere altre armi. Severino non voleva arrendersi, ma qualcosa alle spalle del Lupo lo fece aspettare. Lui se ne accorse e si voltò con la spada puntata in avanti, e questa provocò un grande suono, di quando due spade si scontrano con forza. Il Lupo ed Ezio erano lì, uno davanti all’altro, a guardarsi e a puntarsi le spade contro. Le loro spade erano rimaste incrociate, e puntate alla gola di ognuno dei due. Ezio lo guardava con durezza. Il Lupo ricambiava con uno sguardo sorridente.
<< Sei riuscito a scappare… >> Disse Ezio. Il Lupo rispose. << Pensavi che una corda potesse riuscire a trattenermi? >> Dopo guardò gli Assassini. << Dov’è la mia lama celata? >>
Ezio sorrise. << Voglio proprio vedere se uscirai di qui indenne! >> Poi gli rispose. << E’ nel mio studio. Complimenti per l’ottimo lavoro che hai fatto con quella lama. >> Il Lupo lo ringraziò. << Hai stretto la vite? >> Ezio annuì. << Bene… >>
Il Lupo saltò Ezio girando in senso antiorario, mentre Ezio gli passava di sotto abbassandosì. Si girarono e colpirono le spade, Ezio da sotto, Il Lupo da sopra. Indietreggiarono e si avventarono l’uno sull’altro. Eziò tentò di colpire al fianco del. Lupo, ma questo schivò all’ultimo momento e sfiorò la spalla destra di Ezio con la spada. Ezio si spostò di lato e tentò di colpire la mano del Lupo, ma commise un’imprudenza, e lui schivò senza problemi, portando indietro il braccio, e attaccò al viso. Ezio fu fortunato, perché Severino gli corse incontro e si buttò su du lui dandogli un calcio alle gambe, per farlo scivolare indietro. Poi lo afferrò. Ezio e Severino indietreggiarono. Il Lupo sorrideva, ma era in svantaggio, contro tutti quegli Assassini. Notò delle bombe fumogene su un tavolino, ne prese una e la lanciò ai piedi dei nemici. Il fumo si propagò nella stanza. Il Lupo scappò in tempo coprendosi la bocca, prima di essere colto dal suo stesso trucco. Corse via, cercando lo studio di Ezio. Sfondò molte porte, prima di trovare il posto che cercava. Trovò la lama celata sul tavolo, in mezzo a tanti fogli. La prese e la controllò. Infilò l’antibraccio e scattò col polso. Perfetto! Pensò. Ora posso andarmene da qui!
Cominciò a salire le scale, mentre sentiva le voci degli Assassini urlargli dietro. Arrivato sulla cima della torre, attraversò la porta che portava sul tetto, e la bloccò con delle assi che trovò lì.
E’ ora di andare… un fruscio alle sue spalle lo allarmò, ma era sicuro di essere solo. Tutto ad un tratto si ritrovò puntato alla gola il ventaglio di Fiora.
<< Non ti consiglio di saltare, Lupo. >> Disse Fiora con voce atona. Il Lupo le chiese:<< Non sei un po’ impulsiva? >> Fiora lo zittì. << Quello che è successo questa notte è stato un atto di pietà, niente di più! >> Il Lupo sorrise. << Un atto di pietà che mi ha salvato la vita, praticamente. >> Abbassò lo sguardo, senza smettere di sorridere. << Hai la mia gratitudine, Fiora. >> Fiora fu sorpresa da questa affermazione.
<< Perché non ti unisci a noi? >> Chiese senza pensare. Il Lupo la guardò sbalordito da sotto il cappuccio, girandosi. << Che razza di domanda è? >> Fiora abbassò lo sguardo. Il Lupo rise divertitò. << Spero che tu riesca a vivere, Fiora. >> Fiora alzò lo sguardo di scatto. Stava per chiedergli cosa intendesse, ma Il Lupo si gettò dalla torre nel fiume, lasciando Fiora lì, a chiedersi cosa intendesse, e a chiedersi cosa le stesse succedendo… 

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Capitolo 11
*** Il vecchio ***


Il Lupo camminava in fretta, come se volesse allontanarsi in fretta dall’Isola Tiberina. C’era qualcosa che lo metteva in difficoltà, lo confondeva…
Perché ho detto così? E’ vero che vorrei che tutto quesyo finisse, che lei potesse vivere senza paura, ma perché ho detto così? In fondo dovrei odiarla! Dovrei temerla! Dovrei provare ad ucciderla, non aiutarla!
Passava tra le strade trafficate, tra i bambini che giocavano e gli anziani che parlavano tra loro; tra i mercanti che vendevano e i poveri che mendicavano; tra i monaci che pregavano per le strade e le cortigiane che adescavano uomini a cui spillare soldi; e tra i ladri che borseggiavano chiunque avesse una borsa abbastanza pesante da necessitare un “aiuto” a portare la loro roba. Tutti si fermavano e lo fissavano, parlando sottovoce, indicandolo con gli indici; i bambini venivano tirati nelle case, come passava lui; i ladri si nascondevano alla sua vista; i poveri azzardavano qualche richiesta, timorosi; i mercanti nascondevano le merci di valore, non appena si avvicinava lui; i vecchi parlavano tra di loro, dicendo tutte le infamie che aveva commesso quell’uomo; i monaci pregavano più forte, come per chiedere la salvezza della sua anima; le cotigiane tentavano di attirarlo, poiché Il Lupo era un uomo gradevole d’aspetto alle donne e nessuna di loro lo aveva mai conosciuto oltre che nelle strade.
Il Masnadiero era abituato a tutto ciò, sapeva che loro sapevano, quindi non poteva dar loro torto, ma gli sembrava tanto ingiusto, tanto cattivo da parte di gente che non sapeva niente di quel mondo, e che guardava con occhi falsi e parlava con lingue biforcute.
Tutto quello, all’improvviso gli fece venire una rabbia indescrivibile.
<< MISERABILI!!! NON SAPETE NULLA, MA SIETE TANTO LOQUACI CHE DITE TUTTO, NONOSTANTE SIANO TUTTE MENZOGNE LE VOSTRE!!! >> Urlò fuori di sé. << CIO’ CHE DITE POTRA’ ANCHE ESSER VERO, MA NON SAPETE, ED E’ QUESTO CHE VI RENDE MISERABILI!!! >> Detto questo scappò, in preda all’ira, imprecando e pregando che tutto quello passasse in fretta.
Il Lupo arrivò in una strada deserta, nessuno più lo poteva vedere, e lui non sapeva più che fare. Era diventato paranoico? Cosa aveva in testa? Credeva davvero che sarebbe riuscito a fare qualcosa nella vita, oltre a servire i Templari come un cane? Era accasciato a terra, quando vide un vecchio mendicante cieco, che stava adagiato al muro, con un braccio teso in avanti, per chiedere l’elemosina. Lo guardò con compassione. Quell’uomo viveva da solo, lontano dalla gente, perché considerato uno abbandonato da Dio. Non aveva famiglia, e se ce l’aveva, di sicuro non voleva averne niente a che fare.
E’ lui, quello che sta peggio. Si alzò e si avvicinò a lui. Gli diede delle monete e quello lo ringraziò.
<< Grazie, giovane. >> Il Lupo sussultò. Perché lo aveva chiamato giovane? Lui era cieco, e non poteva capire chi aveva di fronte.
<< Come mai mi avete chiamato giovane? >> Chiese Il Lupo.
<< Come? Oh, bè… >> Disse il vecchio. Aveva una voce profonda e i suoi occhi azzurri vitrei avevano perso tutta la lucentezza di un tempo. Era impossibile che stesse mentendo. << Dimmi una cosa, prima: tu su queli sensi fai affidamento? >> Il Lupo rispose confuso. << Tutti, ovviamente. >> “E molto più degli altri” avrebbe voluto aggiungere, ma non gli sembrava il caso. Il vecchio sorrise. << Fin da quando sono nato, non ho mai visto nulla. Ho sempre fatto affidamento sugli altri sensi; su tutti i sensi, come te, meno che sulla vista. Con gli anni, ho sviluppato questa capacità di capire le cose anche senza vederle. Mi sono adattato, e posso fare a meno della vista. >> Il Lupo compre in quel momento. Lui e quell’uomo erano uguali!
<< Anche io, pur vedendo, faccio molto affidamento sugli altri sensi. Non penso che potrei fare tutto quello che so fare ora, senza la vista, ma in minima parte, sì. >> Il vecchio sorrise di nuovo. << Anche io riesco a capire chi viene verso di me solamente sentendone il passo, e riesco a capire dove mi trovo  seconda degli odori che sento nell’aria. >> Continuò. << Ma voi… Voi siete un cieco, e non avrei mai pensato che un cieco riuscisse a fare tutto questo da solo… Senza nessuno ad appoggiarvi, a confortarvi, ma sempre a nascondervi, sempre emarginato! Voi siete un genio! >> << Anche tu sei un genio, ragazzo. >> Disse. << Tu sei Il Lupo, giusto? Colui di cui si parla. Il bambino cresciuto tra i lupi, il sicario perfetto… >> Il Lupo fece un sorriso mesto. Non era ancora soddisfatto: non gli sembrava giusto che quell’uomo stesse in quelle condizioni. Tirò fuori dalla borsa altre monete e gliele diede. << Io non sono degno del vostro tempo, ma spero di esser degno di darvi un piccolo aiuto. >> Il vecchio lo ringraziò. << Nonostante si dica tanto male di te, non credo proprio che tu sia una così cattiva persona. Sei generoso e compassionevole, e anche molto intelligente, Lupo. Non offendere te stesso in questo modo. >> E gli sorrise. Il Lupo fece per andarsene, a si voltò a guardare il vecchio mendicante.
<< Vi aiuterò ancora, buon uomo. Non dovete vivere nella polvere, nascondendovi. Avrete una casa, un giorno, e dei soldi con cui poter vivere, anche senza la vista. Ve lo prometto. >>
Il vecchio gli sorrise un’ultima volta, e Il Lupo colse un bagliore nei suoi occhi vitrei.
Quel vecchio mendicante cieco gli aveva fatto capire che non era lui, l’uomo che viveva peggio al mondo, ma esisteva gente più povera di lui, più sola, più triste e più sfortunata. 

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Capitolo 12
*** Ultimatum ***


Il Lupo era tornato a Castel Sant’Angelo, come sempre gremito di guardie armate di tutto punto. Arcieri, archibugieri, lancieri… Tutti che proteggevano il Papa… E i Templari.
Entrò nel grande cortile in cui facevano la ronda molte guardie. Entrò nel portone oltre le scale, attraversò un’altra porta, poi salì delle scale ed entrò in una stanza coi muri in mattoni, una finestra lasciava entrare la luce, mentre delle torce spente stavano ai pilastri laterali. Al centro della stanza c’era un lungo tavolo alla quale sedevano i Templari.
Donato ebbe un sussulto, non appena vide entrare Il Lupo nella stanza. Tutti si voltarono a guardarlo, stupiti. Il Lupo attraversò lentamente la sala, guardandoli uno per uno con uno sguardo provato, come per dire: “Risparmiatemi la ramanzina.”
Stanco, prese posto sulla sua sedia all’angolo del tavolo, nell’ombra. Da solo. Non disse una parola, come se non fosse successo nulla. Prese la sua posizione abituale: con la gamba destra sul ginocchio sinistro, le mani unite e la testa abbssata. Fu fra’ Ristoro a rompere il silenzio.
<< Dunque? >> Chiese. Il Lupo alzò leggermente la testa e lo guardò interrogativo, quasi come se fosse lui, quello a dover dare delle spigazioni. Abbassò di nuovo lo sguardo. Rimase in silenzio per alcuni istanti. Donato non era un uomo paziente, e battè le mani sul tavolo. << Hai intenzione di farci attendere molto?! >> Il Lupo alzò lo sguardò.
<< Immagino che vi siate dati una gran pena, per me. Lo dimostra il fatto che ve ne stavate qui senza fare nulla… >> Disse con le mani unite davanti alla bocca. Donato impreco tra i denti, mentre il Carnefice rideva di lui. Faustina lo fulminò con lo sguardo.
<< Cos’è successo? >> A parlare fu Baltasar, in piedi dvanti alla finestra, e guardava fuori. Si voltò. << Cos’è successo lì? >>
Il Lupo sorrise beffardo. << Eri lì, Baltasar? Non ti avevo visto. >>
<< Cosa è successo? >> Scandì di nuovo.
Il Lupo si mosse sulla sua sedia e alzò le spalle. << Nulla. Ho fatto un po’ di trambusto e sono scappato. Non ho avuto la possibilità di uccidere Fiora neanche questa volta… >>
<< Lo sai che dovrei farti giustiziare per negligenza… >> Cominciò Donato, ma Baltasar lo interruppe. << Dunque è ancora viva. >> Il Lupo annuì debolmente. Baltasar annuì. << Allora vai! Uccidila e basta! Questa è la tua ultima occasione! >>
Il Lupo alzò di nuovo le spalle. Si alzò debolmente dalla sedia e si avviò fuori dalla sala. Senza dire una parola. I Templari rimasero fermi a guardarsi, ascoltando Il Lupo che si allontanava. Baltasar si voltò e tornò a guardare fuori dalla finestra. Dopo alcuni minuti, vide Il Lupo attraversare il Ponte Sant’Angelo, e, ormai sicuro che non lo potesse sentire, sentenziò autoritario:<< Lanz. >> Quello si voltò a guardarlo. << Seguilo. Assicurati che compia il suo dovere. Poi torna qui e riferisci ciò che vedrai. >> Dopo aver sentito queste parole, Lanz si alzò e si avviò.
Per Baltasar era molto difficile dire addio ai suoi due migliori allievi, ma era per il bene dell’Ordine. Se avrebbe dovuto, li avrebbe uccisi. 

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Capitolo 13
*** Ti stavo aspettando... ***


<< Fiora! >> Severino la stava cercando per chiederle una cosa. La stava cercando dappertutto. Era andato nella sala da pranzo, dopo nella sua camera, ma non l’aveva trovata. L’aveva cercata nell’armeria, nella libreria, nella sala delle cerimonie… L’unico posto dove non aveva ancora guardato era il tetto. E lì la trovò.
<< Fiora! >> Lei stava guardando sotto. Il vuoto. Si voltò come se si fosse destata dal sonno. Lo guardò con gli occhi spalancati.
<< Fiora, cosa stai facendo qua? >> Chiese lui. Lei si voltò e tornò a guardare in basso. << E’ scappato… >> Severino sospirò. << L’importante e che nessuno si sia fatto male. Vieni, torniamo dentro. >> Lui la condusse dentro, ma Fiora continuava a parlare. << Avrei dovuto immaginarlo… E’ un Templare, non si può ragionare con taluni… Sono stata una stupida… >> Severino non capiva cosa intendesse. Scendendo incontrarono Orfeo, rabbuiato per essere stato gabbato dal Lupo. Severino aveva capito che Fiora era un po’ scossa, e prese Orfeo in disparte. Questo, pensando che volesse rimproverarlo, cominciò a scusarsi.
<< Mi dispiace, Severino, ma è stato astuto… Mi ha irritato e… >>
<< Non è per questo che voglio parlarti! Fiora sembra scossa. Non so cosa sia successo sul tetto, ma non deve esserle piaciuto… Volevo chiederti se potessi accompagnarla un po’in giro, e se potessi capire cos’è successo lì… >> Spiegò Severino sottovoce.
Orfeo accettò. << Penso che sarà una buona idea farla distrarre un po’… >> E andò a parlarle. Inventò una scusa per uscire, e andarono a fare una passeggiata.
Nelle strade la gente parlava, i bambini giocavano, i mercanti vendevano, ma nessuno faceva caso a loro, come se non esistessero. Qualcuno, addirittura, salutava cordialmente Orfeo. Fiora gli chiese come mai.
<< Bè… Non in tutta la città, ma qui nell’Isola Tiberina la gente vive grazie agli Assassini. Ci sono tutti riconoscenti, per quello che abbiamo fatto: il luogo è privo di crimini, perché tutti vivono bene insieme. Ezio, due anni fa, restaurò la torre dove ci siamo stabiliti, e tutto il qartiere lo ringraziò per aver portato via la presenza dei Borgia. Il loro controllo opprimente, la loro prepotenza… >> Fiora ascoltava interessata. << Noi ci prendiamo cura di questa gente. Hai visto, l’altra notte, come Ezio ha mandato alcuni di noi a mettere in salvo la popolazione. Noi facciamo parte dell’Isola quanto gli altri abitanti, e loro lo sanno. E ci trattano come liberatori, quando in relatà non abbiamo fatto molto… >> Fiora aveva compreso cosa c’era di diverso tra Templar e Assassini: gli Assassini erano i liberatori, coloro che lottavano per il popolo, mentre i Templari erano capaci solo di opprimere e distruggere.
<< E’ strano, ma ora non mi sento più una Templare… >> Disse.
<< E’ chiaro! Ora comprendi cosa facevano i Templari! >> Esclmaò Orfeo.
Fiora non capiva ancora perché si sentiva così vuota dentro. Aveva capito cosa facevano i Templari, era non era più una Templare, ma qualcosa la faceva esitare… Era come se non volesse staccarsi del tutto da quella che era stata la sua vita.
<< Ehi, vuoi comprare qualcosa? >> Chiese Orfeo indicando le bancarelle ai lati della strada.
<< No, grazie, ma non vorrei approfittare… >> Rispose timida Fiora.
<< Non ti devi preoccupare… >>
<< No, davvero! >>
Orfeo sospirò. << D’accordo. Allora andrò dal fabbro a farmi riparare l’armatura. Aspetta qui, per favore. >> << Non mi muovo. >> Gli sorrise Fiora. Orfeo si avviò alla bottega sotto la torre. In effetti Fiora non si sarebbe mossa da lì, se non avesse sentito una voce chiamarla da dietro un angolo.
Magari se mi sposto di poco Orfeo non se ne accorgerà… Pensò. Voleva sapere chi la stava chiamando. Seguì la voce fin dietro un angolo. Non c’era nessuno, solo un mucchio di petali di rosa in un carretto, e la voce si era spenta. Fiora fu incantata da quei petali, chissà come… Si avvicinò, per vederli meglio.
<< Ti stavo aspettando… >> Sussurrò Il Lupo all’interno del carretto, e Fiora lo sentì. Cercò di non farsi notare e avvicinò la mano sinistra alla fondina del ventaglio, lo sfilò lentamente.
Il Lupo scattò col polso e la lama celata si aprì. Tutto finisce qui… Pensò.
Fatti sotto, bastardo! Pensò Fiora.
Il Lupo era ormai pronto a colpire Fiora con la sua lama celata, ma qualcosa lo frenava. Gli tremava la mano; non riusciva ad andare avanti, come se ci fosse qualcosa che lo teneva fermo, che gli diceva di non farlo… Il suo viso era contratto in una smorfia di dolore, disperazione… Non sapeva più che fare… Scattò col polso e la lama si richiuse. Chiuse gli occhi, sudava.
Uscì dal cespuglio spingendo Fiora verso il muro. E la baciò.
Fiora non capiva cosa stesse succedendo, e rimase esterrefatta per alcuni istanti, ma capì che Il Lupo non aveva intenzione di farle del male. Così chiuse gli occhi e si lasciò trascinare da quel bacio.
Durò dodici secondi. Il Lupo si allontanò da Fiora con in viso un’espressione provata. Anche Fiora sembrava esausta e lo guardava interrogativa. Il Lupo ansimava.
<< Scusami… >> Disse. Si mise a correre e scomparve. Fiora rimase lì, imbambolata. Non sapeva più che fare…
E tra i tetti, con lo sguardo fisso su di lei, c’era Lanz, con un sorriso malvagio… 

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Capitolo 14
*** Dubbi ***


Il Lupo correva, fuggiva. Non sapeva dove andare, ma sapeva che se sarebbe tornato dai Templari sarebbe morto. E quindi? Sarebbe stato molto meglio che dare spiegazioni a Fiora! Non aveva idea di cosa gli stesse succedendo!
Cos’è tutto questo? Il tanto decantato amore? Sapevo che portava la felicità, faceva stare bene… Tutte stronzate! Da quello che ho capito, porta solo male! Che cosa porterà questo amore? La mia morte e quella di Fiora! Merda! Se avessi fatto il mio dovere non sarebbe successo tutto questo! Si fermò all’improvviso. Era in vicolo vuoto, e ai margini della strada c’era il vecchio. Quello alzò lo sguardo, come se lo avesse sentito, e rimase a fissarlo.
<< Ragazzo? >> Il Lupo si avvicinò lentamente e gli diede delle monete, poi si sedette accanto a lui. << Sei turbato? >> Chiese il vecchio. Il Lupo mormorò qualcosa. Il vecchio annuì. Rimasero un po’ in silenzio. I rumori dalla strada si sentivano in lontananza. Il Lupo avrebbe voluto essere una persona di quelle, senza pensieri, senza problemi. Niente vite sulla coscienza. Niente. Invece era un Templare.
<< Ha mai provato qualcosa di speciale per qualcuno? >> Chiese all’improvviso. Il vecchio sospirò. << Un tempo… Quando ero giovane. Ero nelle strade, a fare delle commissioni. A quei tempi ero ancora in grado di muovermi per le strade facendo affidamento sui miei sensi e senza essere d’intralcio a qualcuno. Tornando a casa venni attirato da un profumo. Il profumo di una ragazza. Nessuno aveva fatto caso a quel profumo, ma io sì. Lo avevo sentito. E non mi resi conto di essere vicino alla ragazza finchè non la urtai. Gli oggetti che portavo caddero a terra, e lei, che portava un secchio d’acqua, cadde, rovesciandolo. Io mi scusai, e cercai di rimediare, in qualche modo, ma non sapevo proprio come! Dovevo sembrarle proprio patetico, lì, a terra, davanti a lei e in mezzo alla strada, che cercavo di raccogliere le mie cose, senza sapere dove fossero finite. Lei mi prese una mano e la indirizzò verso gli attrezzi che mi erano caduti. Mi sentì in imbarazzo. Allontanai la mano, perché temevo che volesse punirmi, ma lei la afferrò un’altra volta e la strinse nelle sue. Cercavo di tenere lo sguardo basso, per non farle capire cosa fossi. Ma lei mi prese il mento e mi alzò la testa. Non posso dirti quale fu la sua espressione, ma non lasciò la presa, al contrario di quello che pensavo, ma dopo un momento di esitazione, portò la mia mano sulle sue labbra, e allora capì che quella ragazza non era diversa da me. Io non potevo vedere, e lei non poteva parlare. Rimanemmo lì, lei guardava i miei occhi vuoti, e io passavo la mano sul suo viso. Avrei voluto dirle qualcosa, ma cosa può dire un cieco a una muta? Allora le chiesi il suo nome. Lei ci pensò un attimo, poi mi unì le mani in segno di preghiera. Maria. Era questo il suo nome. Le chiesi se potevo aiutarla a prendere di nuovo l’acqua. Mi fece intendere che era d’accordo. Allora la accompagnai al pozzo – o meglio, fu lei ad accompagnarmi – tenendomi il braccio mentre io portavo il secchio. Arrivati al pozzo raccogliemmo l’acqua, poi la accompagnai a casa. Lei mi ringraziò con un bacio sulla guancia. Non so bene cosa provava, ma sapevo che sarebbe stato impossibile. Me ne andai a casa, e fui sgridato per il mio ritardo. Non la incontrai più. Forse lasciò Roma, o forse morì. Spero vivamente che stia bene, comunque. Forse avrei dovuto chiederle se avremmo potuto incontrarci il giorno dopo, ma ero terribilmente timido, e ho perso l’occasione. >> Il Lupo ascoltava silenzioso. Che storia strana… Un cieco e una muta che si innamorano l’uno dell’altra, ma non si vedono più. << Mi dispiace. >> Disse. << E’ il presente che conta. E tu sei il presente! >> Disse il vecchio puntandogli un dito sul petto. << Hai anche tu un problema di questo tipo, vero? >> Il Lupo annuì tritemente. << La donna che dovevo uccidere mi ha fatto innamorare, temo. E ora non so più che cosa credere. >> Il vecchio sorrise. << Questo succede a tutti. >> << Non a me! >> << Oh, ma l’amore non è male. >> << Morirò per averla lasciata in vita! >> << Ma vorresti dirmi che staresti meglio se l’avessi uccisa? >> Lo incalzò il vecchio. Il Lupo si sconfortò. << Ormai quel che è fatto è fatto… Sono morto. >> << Non se decidi di seguire la strada giusta. >> Disse il vecchio alzando un dito. Il Lupo non sapeva cosa volesse dire. Non voleva uccidere Fiora. << Allora non ucciderla! >> Esclamò il vecchio. << E’ così facile! >> << Sarebbe facile se non dovessi fare i conti con la morte! I Templari sono malvagi, senza scrupoli… >> Esclamò Il Lupo. Non sapeva che stava facendo tutto da solo. Si fermò. << Aspetta… Cosa ho detto? Malvagi e senza scrupoli? >> Il vecchio rimase ad ascoltarlo con un mezzo sorriso. << E io… Non sono così, o no? >> << Non direi. >> Il Lupo si alzò lentamente. << Se non avessi scrupoli non ti interesserebbe nulla di me. >> Per Il Lupo fu come una rivelazione. << Io non sono un Templare. E non lo sono mai stato! >> Corse via ringraziando il vecchio, che si mise a ridere. 

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Capitolo 15
*** Traditore ***


Era notte fonda. Il Lupo non era ancora tornato a Castel Sant’Angelo, e stentava a credere di essere lì, in quel momento. Aveva deciso che sarebbe andato, avrebbe mentito e sarebbe andato via, facendo perdere le sue tracce. Sapeva che probabilmente sarebbe successo qualcosa di imprevisto, ma lui aveva deciso che avrebbe fatto così. Stava attraversando il ponte Sant’Angelo. Era a metà strada, quando fra’ Ristoro comparve e gli sbarrò il passo. Il Lupo lo salutò e gli chiese di poter vedere Baltasar. Ristoro non disse nulla. Da sotto il ponte entrò Lanz, che si mise accanto al frate. I gemelli Caha e Cahin comparvero alle spalle del Lupo. Lui si guardò dietro. Era in trappola.
<< Sapete. >> Guardò Ristoro negli occhi con un sorriso sprezzante. Ristoro estrasse il pugnale, premette l’aquila e la lama spuntò. << Sei pronto a ricevere la tua punizione? >> Lanz estrasse il pugnale tenendolo di rovescio. Caha e Cahin tirarono fuori i loro coltelli. Il Lupo si guardò attorno. Scattò col polso. Lanz scattò verso di lui. Alzò il pugnale, cercando di colpire la spalla del Lupo. Quello ruotò il busto e schivò il colpo, mentre Caha e Cahin arrivavano da dietro. Caha gli infilò il coltello nel fianco destro, e Cahin gli saltò addosso, cercando di infilargli i suoi coltelli nelle spalle. Il Lupo si scansò dopo un urlo di dolore. Ristoro gli corse contro e tentò di piantargli il pugnale nel petto, ma Il Lupo gli diede un pugno col destro e lo graffiò con la lama celata. Ristoro indietreggiò. Il Lupo gli corse incontro. Comparve Lanz che gli piantò il pugnale nel fianco destro. Il Lupo sentì come una spinta all’indietro. Lanz estrasse il pugnale, si girò di scatto e lo infilò nella spalla sinistra. Lo estrasse di nuovo e attaccò di nuovo il fianco destro. Il Lupo saltò con tutta la forza che aveva e atterrò alle spalle di Lanz. Si agganciò con le braccia alle sue e lo lanciò in avanti. Lanz cadde addosso al frate. Il Lupo perdeva sangue; doveva scappare; sapeva che ormai era solo un ostacolo, per loro. Si avviò verso il bordo del ponte, ma Cahin e Caha gli apparvero di fronte: il maschio aveva le braccia alzate con i coltelli in mano, mentre la sorella aveva il coltello accanto al fianco, pronto a infilzarlo. Cahin calò le braccia e tagliò Il Lupo dalle spalle fino al ventre. Caha colpì Il Lupo nello stomaco e tirò il pugnale più avanti, aprendo uno squarcio nella sua pancia. Dai tagli uscirono degli schizzi di sangue. Il Lupo urlò, ma resistette: spinse via i due gemelli, saltò sul parapetto e si lanciò nel Tevere, mentre Ristoro gli infilava il pugnale nella schiena.
Un tonfo in acqua fu l’ultimo rumore di quella notte. Il ponte era macchiato di sangue, e i segni della lotta erano ben visibili. Lanz era stremato. Caha e Cahin, che con quelle maschere in faccia non potevano essere presi sul serio, sghignazzavano tra di loro. Fra’ Ristoro guardava il fiume con sguardo corrucciato. Poi si voltò verso i suoi compagni e disse:<< Ora sbrighiamoci! Dobbiamo ripulire la zona, altrimenti domani sorgeranno sospetti. >> E cominciarono a darsi da fare.
Il corpo del Lupo galleggiava al centro del fiume e veniva trascinato dalla corrente. Dietro di sé lasciava una scia rossa di sangue che sporcava l’acqua… La stessa acqua su cui si rifletteva la luna bianca…
E in lontananza, una lupa ululava alla luna…
E non riceveva risposta… 

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Capitolo 16
*** Diverbio ***


<< Allora Il Lupo è morto? >> Chiese Baltasar.
<< Sì. Lo abbiamo ferito mortalmente, e nonostante sia riuscito a tuffarsi nel Tevere, ormai sarà morto. Solo Dio sa dove si trova in questo momento. >> Disse fra’ Ristoro. Si trovavano tutti quanti nella stanza sotterranea dove si riunivano, Baltasar guardava alla finestra con le mani unite dietro la schiena, Ristoro era seduto e teneva le mani unite vicino al mento, Lanz stava seduto scomposto sulla sedia, con una gamba sull’altra, su cui poggiava il pugnale, che puliva con un espressione annoiata. Tutti gli altri erano seduti come si sedevano sempre.
Baltasar sorrise sprezzante:<< “Solo Dio sa dove si trova?” >> Si voltò e si avvicinò infuriato a Ristoro. << Hai idea di chi stiamo parlando? IL LUPO!!! UNO DEI MIGLIORI AGENTI TEMPLARI!!! >> Gli urlò in faccia. Il frate non si scompose. Guardò da un’altra parte. << Non può essere sopravvissuto, con tutte quelle ferite… >> << Gia solo il fatto che vi è scappato dimostra la vostra incompetenza! >> Sbraitò Baltasar. Il suo viso era contratto in una smorfia di odio. Ristoro ricambiò lo sguardo con un’occhiata adirata, ma non si mosse di un centimetro. << Se sei così arrabbiato, allora perché non lo hai ucciso tu? >> Disse. Baltasar imprecò e si allontanò. Si fermò a guardare il muro. << Sei forse dispiaciuto? O semplicemente non volevi rinunciare a quei due? >> Baltasar gli intimò di stare zitto. << Se è per questo, allora non va bene. Non dovresti provare qualcosa per i traditori. >> Baltasar gli urlò contro di nuovo stare zitto. << Non dovremmo forse pensare che anche tu sei uno di loro? >> Sorrise Ristoro. Baltasar si voltò con tutta la furia che aveva e sbattè le braccia sul tavolo. << STA’ ZITTO!!! >> Lo guardò con odio. Ristoro non cambiò per niente la sua espressione. << Io ho visto crescere quei due! Li ho addestrati io! Loro per me erano come due figli! >> Ristoro rise. << Ma per favore! >> Liberò le mani e si alzò. << Tu non potresti provare nulla per loro. Sei un Templare, e la pietà non è concessa! Devo forse rammentarti i tuoi compiti, fratello Baltasar De Silva? >> Si scambiarono degli sguardi furiosi. L’atmosfera si era fatta pesante. Donato decise di cambiare discorso:<< Dunque, la prossima mossa qual è? >> Si schiarì la voce, prima di parlare.
Ristoro si sedette calmo e annuì. << Giusto… La nostra prossima mossa sarà quella finale. >> Baltasar era amareggiato. Non riusciva a smettere di provare rancore per Ristoro, ma dovette fare uno sforzo. Si sedette a capotavola, dove prendeva posto di solito. << Attaccheremo di nuovo l’Isola Tiberina! >>
Faustina chiese:<< Ma come faremo, questa volta? Non c’è nemmeno Il Lupo, adesso! >>
Ristoro sorrise. << Non ci faremo notare… >> Faustina non capiva. << Ed è per questo che dovremo allentare la presa per un po’. >> Disse Baltasar.
Faustina chiese:<< Dunque, dovremo smettere di fare pressione sugli Assassini per un po’ di tempo? >> I Templari annuirono. << Un lasso di tempo sufficiente a fargli abbassare la difesa. >> Disse il frate. << E quando li attaccheremo useremo la loro stessa tecnica! >> Concluse Baltasar. La Ladra allargò le mani interrogativa.
<< Non più un assalto con molti soldati, ma un attacco silenzioso, con pochi membri e ben preparato! >> Finì il Barbiere.
<< Li prenderemo alla sprovvista. >> Concluse Faustina. Però le venne un dubbio:<< E se questa pausa li allertasse ancora di più? Non è un po’ approssimativa, come tecnica? >> Malfatto annuì. << Continueremo ad attaccarli con altre azioni, vero? >> Ristoro e Baltasar annuirono insieme. << Proprio così. >> << Semplicemente cambieremo obbiettivo: qualche azione intimidatoria, qualche furto… >>
<< Li indeboliremo e non potranno più intralciarci, i bastardi! >> Esclamò Donato.
<< Invece no! >> Sbotto Ristoro. << Non dovremo fargli capire che siamo noi a manovrare il tutto. Saranno solo dei piccoli incidenti. >> Sorrise.
Tutti se ne andarono dopo aver messo a punto i dettagli. Tutti tranne Baltasar De Silva e fra’ Ristoro.
<< Sei ancora qui, fratello? >> Chiese Ristoro, seduto sulla sua sedia, girato verso il muro a pregare, con il cappuccio alzato sulla testa. Baltasar aveva il suo rasoio tra le mani, e sembrava deciso a colpire Ristoro. Alzò il braccio e stava per abbassarlo sul Monaco, ma quello si alzò dalla sedia e lo schivò. Il rasoio si conficcò nel legno della sedia. Baltasar fu impegnato a tirarlo fuori per pochi secondi. In quei secondi Ristoro estrasse il suo pugnale, mentre il cappuccio gli si abbassava. Baltasar tirò fuori il rasoio dalla sedia, ma Ristoro gli puntò il pugnale alla gola, e gli cadde a terra.
<< Diamo un taglio? >> Chiese. La sua battuta irritò parecchio il Barbiere. Ristoro sorrise. Levò la lama dalla gola del Templare e disse:<< Smettila di comportarti come un bambino! >> Si tirò su il cappuccio, ripose il pugnale e si sedette nella sua solita posa. << Lei ormai è una nemica, e cercherà di ucciderti! >> Baltasar guardò spezzante Ristoro. Raccolse il rasoio e lo ripose.
<< Faresti meglio a dimenticartela! >> Disse il frate. Il Barbiere uscì senza dire una parola. Ristoro rimase in silenzio. Adocchiò la sedia di Baltasar. Si alzò dalla sua e si sedette su quella.
<< Sì… Qui starei molto comodo… >> Sorrise malignamente.
Fra’ Ristoro e Baltasar De Silva erano sempre stati in competizione, ma era Baltasar a comandare i Templari, nonostante fossero dello stesso grado. Baltasar era considerato più abile. Forse perché era stato lui a scovare la maggior parte dei migliori agenti, o forse perché era più giovane e più portato per combattere… Ristoro aveva sempre bramato quel posto, ma non era mai riuscito ad ottenerlo, almeno da quando Baltasar si era unito ai Templari… 

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Capitolo 17
*** Ritrovamento ***


Orfeo stava uscendo a prendere dell’acqua dal fiume. Il cappuccio abbassato e le sole lame celate come armi. I capelli ricci brillavano di un rosso acceso. Il secchio in mano dondolava a ogni passo. Scese le scale che portavano al fiume, da cui avrebbe potuto prendere l’acqua. Si chinò canticchiando e riempì il secchio. Alzò lo sguardo e qualcosa attirò la sua attenzione. In mezzo al fiume, ancorato a uno dei pali che uscivano dall’acqua, c’era un uomo! Ebbe un sussulto. Si alzò di scatto, rovesciando il secchio, si tuffò in acqua e nuotò fino all’uomo. Lo sollevò di pesò e lo portò a fatica fino alla riva. Lo fece sdraiare e lo riconobbe. Era Il Lupo. Sempre nel suo mantello azzurro, tutto insanguinato, ferito. Orfeo non sapeva che fare. Sapeva che era un nemico, ma lasciarlo in quello stato, lì, gli sembrò disumano. Prima si accertò che fosse vivo: respirava a fatica, e il cuore batteva. Doveva essere quasi affogato. Se non si fosse ancorato al palo, chissà dove sarebbe finito… Cercò di dirgli qualcosa, ma non reagiva. Quindi lo portò dentro.
<< Che sta succedendo? >> Chiese Tullio, sentendo Orfeo urlare di chiamare un medico. Si alzò lasciando perdere le mappe che stava consultando e andò ad affacciarsi all’arco che portava verso le scale. Venne quasi investito da Orfeo, che correva con Il Lupo sulle spalle.
Arrivò Severino allarmato, e sgranò gli occhi quando vide Il Lupo. << Che cosa è successo?! >> Chiese mentre Orfeo depositava il ferito su una barella. Rispose che lo aveva trovato nel fiume in queste condizioni e che, non sapendo cosa fare, lo aveva portato lì.
<< Ma sei pazzo a portare un Templare nel nostro covo? Lascialo morire, e avremo un nemico in meno! >> Esclamò Paolo, arrivato in quel momento. << Non piace neanche a me, ma se lo salviamo forse possiamo farcelo amico! >> Rispose Orfeo guardando Paolo dritto negli occhi. << E’ un Templare! Non sai nemmeno perché è conciato così! >> Sbottò l’altro. << Che facciamo, Severino? >> Si voltarono entrambi verso Severino, che era rimasto a guardare amareggiato Il Lupo. Paolo lo guardava incredulo. << Non vorrai… >> << Marco, va a chiamare un medico, presto! >> Esclamò il priore. Marco si avviò. Paolo era esterrefatto. Se ne andò mormorando tra sé e sé. Intanto arrivò Fiora. Urlò, non appena vide il corpo del Lupo. Severino e gli altri non seppero spiegarsi questa reazione. Ezio era stato attirato dalle urla di Paolo, e ora guardava la scena con occhi sgranati. Lanciò un’occhiata a Fiora. Sentiva che nascondeva qualcosa, ma non sapeva che cosa…
Arrivarono Marco e un dottore di corsa. Il dottore era vestito di nero e non portava la maschera “a becco”. Si mise a lavoro, e cominciò atoglere i vestiti al Lupo, per valutare il numero e l’estensione delle ferite. Fiora ebbe un brivido, non appena il dottore afferrò il cappuccio del Lupo. Stava per abbassarglielo, quando lei lo fermò.
<< No! Non lo fate! >> Disse alzando una mano. Il dottore la guardò interrogativo. Poi guardò Severino. Lui fece cenno di fare come lei aveva detto.
Ezio chiamò Fiora. La fece entrare nella stanza col caminetto e chiuse la porta.
<< Cosa succede, Fiora? >> Chiese. Lei era un po’ esitante. Non voleva parlare di quello che era successo il giorno prima. D'altronde sapeva che non poteva mentire ad Ezio. Lui sapeva tutto quello che le passava per la testa. Abbozzò un sorriso. << Sei titubante. Sai che non mi puoi mentire, e temi per quello che potrebbe succederti se dicessi la verità. >> Fiora si destò come da un sogno. << Non è vero! Non ho paura di quello che potrebbe succedermi, ma ho paura di come potresti prenderla… >> Disse. << E’ complicato… >> Cercava di evitare il discorso, ma sapeva che lo avrebbe affrontato, prima o poi, quindi meglio togliersi il peso ora. << Lo hai incontrato ieri? >> Chiese Ezio. Fiora si sentì letta nel pensiero. Annuì. << Era venuto per uccidermi, immagino, ma è andata diversamente… >> << Cosa è successo? >> Chiese Ezio. Fiora esitò. << Mi ha baciata! >> Disse con tristezza. Ezio sgranò gli occhi. << Invece di ucciderti ti ha baciata? >> Chiese stupito. Fiora annuì. << Immagino che sia per questo che Il Lupo è in queste condizioni. Forse ci hanno visti. Magari qualcuno lo ha pedinato, e poi hanno deciso di toglierlo di mezzo. Ormai per loro era solo un ostacolo… >> << Torneranno alla carica? >> Chiese Ezio. << Penso di sì. Ora vorranno uccidermi ad ogni costo. >> Disse Fiora guardando Ezio dritto negli occhi. Ezio guardò il caminetto. << Sei in pericolo, Fiora. >> << Siamo tutti in pericolo, e non me ne andrò finchè tutto questo non sarà finito! >> Esclamò dura Fiora.
Ezio era contento di sentire che Fiora non se ne sarebbe andata. Lui sapeva che che diceva la verità.
Tornarono nella stanza dove c’era Il Lupo.
<< Come sta? >> Chiese Ezio.
<< Ha subito molte ferite… Due nel fianco destro, una sulla spalla sinistra, due tagli che vanno dalle spalle al ventre, una larga ferita allo stomaco e un taglio alla schiena che sembrerebbe fatto di fretta, come se fosse scappato mentre aveva ancora l’arma infilzata nella schiena, ma essendo ancora tra le mani dell’aggressore ha provocato questo taglio. >> Rispose il medico. Stava maneggiando delle boccette con antidolorifici e medicine varie. << L’acqua del fiume ha lavato in parte le ferite, ma sarà meglio controllare. Inoltre potrebero esserci corpi estranei, pezzi di armi staccati e rimasti nelle ferite, pallottole… >> Ezio annuì. << Ma è in pericolo di vita? >> Chiese allarmata Fiora. Il dottore strinse le spalle. << Ha resistito fino ad ora… Se lo curo in fretta  dovrebbe essere fuori pericolo. >> Ezio annuì. Se quello che Fiora aveva ipotizzato era giusto, allora Il Lupo sarebbe potuto diventare un buon alleato… 

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Capitolo 18
*** Risveglio ***


Il Lupo si sveglio dopo due giorni in una stanza della torre degli Assassini. Spalancò gli occhi all’improvviso. Non credeva di essere ancora vivo; pensava si trattasse di un sogno. Era sdraiato su un letto, coperto di bende e avvolto in una coperta bianca. Tentò di muoversi, di guardarsi attorno, ma ogni movimento era una sofferenza immane.
Nella stanza entrò Fabiola con delle bende tra le mani. Quelle le caddero quando si accorse che Il Lupo era sveglio. << Ti sei svegliato! >> Esclamò sorpresa, con un sorriso strabiliato in volto.
Il Lupo cercò di muoversi. << Dove sono? >>
<< Al sicuro. Da noi Assassini! >> Disse Fabiola.
<< Non capisco… >> Disse Il Lupo. << Non ti preoccupare. >> Disse Fabiola aprendo la porta. << Ti spiegheremo tutto! >> Gli sorrise e se ne andò. La ragazza aveva sorpreso Il Lupo. Così aperta verso gli altri e così spensierata. Non sembrava nemmeno conoscerlo. Sembrava che non le importasse che lui fosse un Templare. Il Lupo sospirò. << Di nuovo qui… >>
 

*

 
<< Così mi avete curato? >> Chiese Il Lupo. Ezio annuì. << Ma perché? Sono vostro nemico! >> Ezio, Severino, Orfeo, Fabiola e Fiora avevano raccontato tutto quello che era successo da quando Orfeo l’aveva trovato. Il Lupo non riusciva a comprendere quelle persone così complesse che venivano chiamate Assassini.
<< Abbiamo pensato che ti trovassi in quelle condizioni a causa dei Templari. >> Disse Ezio. Il Lupo chiese:<< E per quale motivo avreste pensato una cosa del genere? >> Ezio indicò Fiora. Il Lupo la fulminò con lo sguardo. Fiora abbassò lo sguardo. Il Lupo si mise una mano sulla fronte e si morse un labbro.
<< Perché gliel’hai detto?! >> Esclamò Il Lupo. Fiora lo guardò. << Non gli si può mentire… >> Il Lupo non capì. Le ferite gli facevano male a ogni movimento, ma non voleva farlo notare.
<< E ora cosa sperereste di ottenere? Il mio aiuto? >> Chiese Il Lupo guardando Ezio con asprezza. Lui si mise una mano sul collo e se lo massaggiò. << Al momento non credo potremmo aspettarci nulla da te… >> << Spiritoso… >> Fece Il Lupo. Fece per alzarsi, ma una fitta gli attraversò i fianchi. Fiora scattò a fermarlo.
<< Devi riposare! >> Disse lei tenendolo per le spalle. Il Lupo strinse i denti.
<< Come posso riposare quando i Templari si avvicinano? >> Chiese.
<< Terremo lontani i Templari, tu non temere e pensa a riposare. >> Disse Ezio. Il Lupo lo guardò. << Non temere per cosa? Credi che io abbia paura dei Templari? Non sono altro che pedine che non sanno pensare con le loro teste! >> Il Lupo guardò da un’altra parte. << Allora tu cosa sei? >> Chiese Ezio. Il Lupo lo guardò infuriato. << Nessuno! Io non sono nessuno! Non ho anima, cuore né vita! >> Ezio fu sorpreso da questa affermazione. Il Lupo si girò verso il muro e gli fece intendere di non voler parlare più. Gli Assassini uscirono dalla stanza e Fiora rimase con Il Lupo.
Dopo un attimo di esitazione, Fiora parlò. << Sono contenta che tu stia bene… >> Il Lupo non rispose. Fiora sospirò. << Volevo chiederti una cosa… >> Cominciò. << Volevo chiederti perché hai fatto… >> Non completò la frase. Sapeva che Il Lupo aveva già capito. Infatti sospirò triste. Si voltò a guardare Fiora. << E tu perché mi hai chiesto di unirmi a voi? >> Chiese. Fiora inarcò le sopracciglia. << Io ti faccio una domanda e tu mi rispondi con un’altra domanda? >> Il Lupo tossì. << Comunque te lo avevo chiesto perché pensavo che avresti accettato! In fondo non ti interessa niente dei Templari! >> << Ecco! E’ tutta colpa tua! E’ colpa tua! Se fossi morta subito io non sarei arrivato a tanto! >> Fiora non credeva a quello che aveva appena sentito. << Staresti dicendo che avresti preferito che fossi morta? >> Il Lupo la guardò duro. << No! Sto dicendo che è colpa tua se mi sono innamorato! >> << Cosa? >>
Il Lupo pensava a cosa fare. Non sarebbe potuto restare lì per sempre, ma non sarebbe riuscito ad andare da nessuna parte. E poi doveva difendere Fiora! Probabilmente sarebbe stato meglio rimanere lì…
<< Cosa vuoi dire con… >> Cominciò Fiora. Il Lupo la baciò all’improvviso, senza neanche lasciarle il tempo di pensare. Teneva la sua mano dietro la testa di lei, e la teneva vicina. La lasciò andare. Fiora ansimante.
<< Questo volevo dire! >> La guardò arrabbiato e imbarazzato allo stesso tempo. Si sdraiò sul letto e si girò dall’altro lato.
Fiora si mise una mano sulla bocca e guardò a terra. << Ti lascio solo, ora. Più tardi ti farò conoscere gli altri Assassini. >> Disse alzandosi e dirigendosi verso la porta.
Il Lupo rimase solo. Era arrabbiato con se stesso per essere sopravvissuto. Sembrava che il mondo non volesse far cessare le sue sofferenze…
O forse… Pensò. Il mondo vuole far cessare le sofferenze degli altri col mio aiuto…  

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Capitolo 19
*** Tregua ***


Il tempo non passò mai tanto lentamente per Il Lupo. Era libero, ora, ma non poteva abbandonare gli Assassini a causa delle ferite e del suo senso del dovere verso Fiora. I Templari erano scomparsi. Così dicevano gli Assassini, ma Il Lupo sapeva che quella era la quiete prima della tempesta: non avevano abbandonato l’obbiettivo di uccidere Fiora, ma avevano preso una tregua, tanto non sarebbe fuggita da nessuna parte. Si stavano preparando a colpire. Lui li aveva avvertiti, di stare all’erta, e di non abbassare mai la guardia. Nella torre degli Assassini c’era un’atmosfera movimentata; a parte gli Assassini che si allenavano continuamente, ma alcuni elementi erano veramente rumorosi. La più rumorosa di tutti era Emiliana Santi, dalla sera dell’attacco era rimasta su un letto ad aspettare che la caviglia guarisse, e non perdeva occasione di imprecare su Rocco Tiepolo, sui Templari e su Severino Sabelli, che l'aveva portata in braccio, umiliandola davanti a tutti – a detta di lei. Il povero Severino sopportava in silenzio, e andava a trovarla ogni giorno nella sua stanza, ad informarsi delle sue condizioni. Il Lupo aveva capito che lui provava qualcosa per quella donna così irascibile, ma preferiva tacere. Fabiola Fornari era sempre allegra, e lasciava Il Lupo a bocca aperta, per ogni sua affermazione pungente e per la sua naturalezza nel parlare con leggerezza di cose delicate. Doveva occuparsi di lui, e ogni giorno faceva battute che Il Lupo non capiva. Un giorno lei era entrata dicendo “buongiorno, Lupacchiotto!” e lui era rimasto in silenzio chiedendosi se fosse seria o stesse scherzando. Poi gli aveva raccontato di come fosse diventata una Assassina. Era molto loquace. In un giorno di un anno prima, la ragazza stava scappando dalle guardie dei Borgia, per aver tentato di rubare loro dei soldi. Era stata spinta in un angolo e non aveva più via di scampo. Le guardie stavano per ucciderla, quando si udì uno sparo che rimbombò nell’aria. Fabiola si guardò intorno, cercando di capire da dove venisse, e sul tetto sopra di lei, vide un angelo in bianco. Una delle guardie cadde morta, uccisa dal proiettile che aveva tranciato l’aria in un secondo. L’angelo scese su due guardie e le uccise, poi si rialzò e infilò la sua lama nel ventre di un’altra guardia, parò la spada dell’ultima guardia e la uccise tagliandole la gola. Poi l’angelo le si era avvicinato. Lei si era inginocchiata ringraziandolo, ma lui le aveva detto che non doveva ringraziarlo: era lui che doveva ringraziare lei, per aver derubato quelle guardiee per avergli fatto capire che avrebbe potuto contare su un’alleata che non aveva paura dei potenti. Poi le aveva detto che se aveva a cuore la liberazione di Roma, allora doveva solo seguirlo, e avrebbe potuto fare molto più che derubare le guardie. Avrebbe potuto liberare Roma con le sue mani. L’angelo era Ezio Auditore in persona. Il Lupo aveva ascoltato il racconto con interesse. Aveva capito che Ezio aveva semplicemente preso le persone che si ribellavano alle guardie e le aveva trasformate in Assassini. Inoltre la ragazza gli aveva raccontato moltre altre cose: << Ezio è il nostro Maestro. E’ lui che ci ha aiutato, ci ha addestrato e ci ha cresciuto in questi anni. A lui va la nostra gratitudine. Senza di lui saremmo morti, a quest’ora. Lui è il simbolo degli Assassini qui a Roma. Nessuno lo riesce ad eguagliare. Severino Sabelli è un Priore, è il grado più alto, dopo quello di Maestro, ovviamente, ed è sempre con Ezio. Lui è molto abile, penso tu lo abbia visto quella notte, quando avete assaltato l’isola, mentre combatteva contro Donato Mancini… No? Pazienza… E’ stato lui a salvare Fiora, sai? Immagino che tu senta ogni giorno Emiliana Santi urlare contro di lui… Lei è così irascibile da quando Fiora è arrivata alla torre; prima non era così… Lei è un grado più in basso di Severino, e nonostante la sua corporatura esile è molto abile e non fallisce mai. Io sono una Novizia, ma non dovresti sottovalutarmi, sono molto abile soprattutto con la balestra. Orfeo Occhionero è quello che ti ha trovato nel fiume: è un Novizio anche lui, ma è molto abile e molto agile… >>
Ma quanto parla? Pensava Il Lupo.
Il Tempo passò lentamente, ma dopo una settimana Il Lupo volle alzarsi dal letto e uscì dalla sua stanza. Voleva camminare, e non voleva essere un peso per gli altri. Era presto, e uscì dalla torre senza farsi notare da nessuno.
Era l’alba, e Il Lupo si ricordò di quelle notti passate nei boschi assieme ai lupi, nei giacigli di foglie, nelle tane. Il freddo d’inverno che metteva paura. Si guardò intorno. Che silenzio. Se ci fosse stato qualcun altro non avrebbe potuto concentrarsi su quello che aveva da fare. Doveva decidere cosa fare.
Fiora è al sicuro, per ora, ma i Templari stanno sicuramente pensando a qualcosa… Se riuscissi a raggiungere Castel Sant’Angelo senza incontrare resistenza potrei prenderli alla sprovvista, ma c’è da ricordarsi che loro sono molti di più, e io da solo non ci riuscirei mai, specialmente in queste condizioni… Se magari venisse qualcuno con me potrei riuscire ad avere qualche aiuto, ma non credo che gli Assassini verrebbero così di buon grado. Potrebbero pensare a una trappola oppure che sarebbe un suicidio! Devo pianificare con cura tutto quanto… Devo sapere chi verrebbe con me e chi invece mi lascerebbe morire. Mi sembra di aver capito che alcuni di loro non apprezzano la mia presenza, e forse nemmeno quella di Fiora… Per loro se sparissi non sarebbe un problema… Ma per gli altri?
<< Lupo! >> La voce di Fabiola lo fece destare dai suoi pensieri. Si voltò sentendo una fitta al fianco. << Che stai facendo qui? >>
Il Lupo guardò il cielo. Il sole stava nascendo. << Penso. >> Disse.
<< A che pensi? >> Chiese Fabiola avvicinandosi lentamente e guardandolo incuriosita.
<< Penso a come far finire tutto questo… >> Seguì con lo sguardo uno stormo di uccelli che passava di lì. Fabiola lo prese per un braccio e gli disse:<< Ora vieni dentro. >> Il Lupo si lasciò accompagnare dentro. Una volta entrati chiese se poteva rimanere fuori della sua stanza, per camminare un po’ e conoscere meglio il posto dove era stato per una settimana. Fabiola accettò, e lo accompagnò per tutto il tempo.
Così Il Lupo vide tutta la torre e fece conoscenza di tutti gli Assassini. Alcuni si mostrarono entusiasti di incontrarlo, altri non sembrarono molto felici.
Il Lupo e Fabiola incontrarono Fiora per le scale. Lui e Fiora ebbero un “ah” esclamativo, non appena si videro. Era passata una settimana dall’ultima volta che si erano visti e sembrava così strano incontrarsi di nuovo all’improvviso. Lei arrossì.
<< Sono felice di vedere che ti sei rimesso in sesto… >> Disse Fiora esitante.
Il Lupo la ringraziò e le chiese come stava lei.
<< Ottimamente, anche se ieri uno dei Cento Occhi ha cercato di derubarmi… >> Rispose.
<< Quando eri tra i Templari queste cose non succedevano, vero? >> Disse Il Lupo sorridendo.
<< Ehm… Già… >> Disse Fiora. Li salutò e se ne andò per la sua strada.
Il Lupo e Fabiola proseguirono e lei gli chiese:<< Ma che aveva? >>
<< Chi lo sa… >> Disse Il Lupo sorridendo. 
Fabiola sbuffò, perché sapeva che lui era a conoscenza di qualcosa che non voleva dirle.

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Capitolo 20
*** Infiltrazione ***


Il Lupo aveva riflettuto, e non voleva aspettare il prossimo attacco dei Templari. Erano passate due settimane, e loro non si erano fatti sentire: questo per lui significava che si stavano preparando all’attacco finale. Non avrebbe aspettato!
Stavano tutti mangiando, e lui era seduto tra Orfeo e Fabiola. A volte durante i pasti sembrava che qualcuno lo scrutasse con disprezzo, ma se lo aspettava. Si alzò dalla sedia. Tutti volsero lo sguardo verso di lui. Rimase in piedi e guardò negli occhi ognuno di loro. << Io vado. >> Disse. Gli Assassini si guardarono tra loro chiedendosi cosa intendesse dire. Il Lupo parlò di nuovo. << Vado a Castel Sant’Angelo. >> Dal gruppo si levarono delle esclamazioni di sorpresa.
<< Non puoi farlo! >> Esclamò Paolo infuriato. Il Lupo lo guardò. << Non posso? >> Si avvicinò a lui. << Vuoi dirmi che non posso porre la parola fine a questa maledetta battaglia? Vuoi dire che devo aspettare che i Templari tornino e ci uccidano tutti? VOGLIO ANDARE LI’ E AMMAZZARE QUEI BASTARDI!!! NON DIRMI CHE VUOI FERMARMI, PAOLO SIMONI!!! >> Paolo fu travolto dalla furia del Lupo e rimase allibito. Il Lupo si voltò e chiese:<< Chi viene con me? >> Gli Assassini lo fissarono. Severino Sabelli alzò un braccio. Lo seguirono Fabiola, Orfeo ed Emiliana, che ormai si era rimessa in sesto. Si alzarono dalla tavola e lo seguirono. Severino diede al Lupo le sue armi. << Mi fido di te! >> Gli disse mentre gli porgeva la lama celata. Gli diede anche un paracadute, e gli spiegò come usarlo. Fabiola gli sorrise. Emiliana borbottò:<< Vengo solo per ammazzare quel bastardo di Rocco Tiepolo. >> Orfeo lo guardò fiducioso, mentre si armava. La sua spada, il suo pugnale, la sua lama celata… Ora era pronto! Sarebbe tornato a combattere.
<< Voglio venire anch’io! >> Esclamò Fiora mentre i cinque sellavano i cavalli.
<< Cosa? >> Chiese Severino. << Assolutamente no! >> Esclamò Il Lupo. Fiora sbuffò. << Oh, insomma! Perché? >>
<< E’ troppo pericoloso. Sei tu il loro obbiettivo, e non possiamo permettere che ti facciano del male! >> Disse Il Lupo.
<< E tu? Tu non sei meno in pericolo di me! >> Disse Fiora sbattendo il piede a terra.
<< Invece no. Loro mi credono morto. >> Disse salendo a cavallo. Questa fu la sua ultima frase. Diede uno strattone alle redini e fece partire il cavallo. I quattro Assassini lo seguirono. Fiora rimase a guardarli sconsolata. Le era stato detto di non andare, ma lei sarebbe andata. Tornò nella torre ed entrò nelle gallerie sotterranee.
 

*

 
Donato e i Templari erano tutti nella solita sala a discutere sull’attacco all’Isola Tiberina.
<< Li attaccheremo questa sera! >>
<< Ormai avranno abbassato la guardia e non si aspetteranno più niente. >>
Faustina Collari e Lia De Russo erano in giro per il castello e stavano discutendo anche loro su quale strategia adottare. Il Lupo e gli Assassini erano entrati senza problemi, senza farsi riconoscere, e ora si stavano dirigendo alla stanza del tavolo.
<< Conosco bene questo posto, se fate silenzio e non vi agitate troppo riusciremo ad arrivare nella sala dove si riuniscono senza essere visti da nessuno, e sarà molto meglio non lasciarsi dietro dei cadaveri che potrebbero allarmare le guardie. >> Diceva. Severino, Fabiola e Orfeo seguivano i suoi consigli, ma Emiliana si rifiutava spesso di fare come diceva lui. Avevano quasi incrociato una guardia, e invece di nascondersi come aveva detto Il Lupo, aveva lanciato un sasso per distrarla e passare di soppiatto alle sue spalle. Il Lupo e gli altri avevano aspettato, invece, che il soldato passasse.
<< Emiliana, devi aspettarci, lo sai! Non puoi fare tutto da sola! >> Le aveva detto Severino, ma lei non lo aveva ascoltato e aveva continuato a fare di testa sua. Per fortuna non vennero scoperti.
Arrivarono alla porta della sala riunioni dei Templari senza farsi scoprire. A quel punto Il Lupo scattò col polso e gli Assassini lo imitarono. Bussò alla porta. Si sentì un mormorio. Era la voce di Donato Mancini che diceva di entrare. Il Lupo aspettò e bussò ancora. Donato ripetè la sua frase. Il Lupo bussò di nuovo. Si sentì Donato imprecare e ordinare a Gaspar de la Croix di andare ad aprire.
<< Ci siamo! >> Sussurrò Il Lupo. La porta si aprì. Il Lupo non perse tempo e sollevò la lama celata verso il viso di Gaspar. La sua faccia venne trapassata dall’arma, e ne uscì un fiotto di sangue che imbrattò gli abiti del Lupo. Con uno strattone spostò via il corpo di Gaspar ed entrò. Il viso di Baltasar De Silva, che era girato a guardare la finestra, si trasformò in una maschera d’orrore, alla vista del Lupo. Donato si spaventò. Ristoro stava pregando e alzò la testa verso Il Lupo, sorpreso di vederlo.
Il Lupo scosse il braccio per cacciare il sangue dalla lama.
<< Co-Cosa ci fai tu qui?! >> Balbettò Donato sbattendo le mani sul tavolo.
<< Sono venuto a fermarvi prima che causiate altri problemi, bastardi! >> Disse con naturalezza Il Lupo. Severino estrasse la sua spada. Fabiola prese alcuni pugnali da lancio e li tenne tra le dita. Emiliana entrò nella sala, e, alla vista di Rocco Tiepolo urlò saltandogli addosso. Orfeo tentò di trattenerla, ma non ci riuscì, e si sbilanciò in avanti. Il Lupo la guardò disperato e infuriato. Scattò e la superò. Severino ancora più imbestialito le saltò davanti e puntò la spada contro Rocco Tiepolo.
Ci fu un cozzare di spade. Donato parò la lama del Lupo con la sua daga. Ristoro si alzò dalla sua sedia ed estrasse il pugnale. Emiliana rimase allibita dall’azione di Severino e rimase a guardare l’uomo che attaccava il Templare. Orfeo scattò verso Lanz e Fabiola saltò verso i gemelli. I Templarai erano molti di più, ma gli Assassini non volevano arrendersi.
Il Lupo si ritrovò a combattere contro Donato, Ristoro e Baltasar, mentre Severino attaccava Rocco Tiepolo e il Carnefice. Fabiola tentava di colpire i due arlecchini con i pugnali da lancio, ma quelli schivavano tutte le armi che gli si lanciava contro; inoltre Malfatto tentava ogni volta di colpirla con la siringa. Orfeo combatteva con i rimanenti tre: Lanz, Auguste Oberlin e Silvestro Sabbatini. Emiliana era rimasta allibita dalla furia di Severino e non stava combattendo. Si chiedeva perché… Perché la vista di Severino l'aveva fatta fermare? Era come se quel gesto l'avesse colpita.
Il Lupo respinse la spada di Donato e si avventò su Ristoro, che schivò di lato e tentò di colpire il nemico nella schiena. Ma Il Lupo si alzò con una capriola, e colpì il pugnale del frate, lanciandolo via e lasciandolo disarmato. Vide con la coda dell’occhio Baltasar attaccare col suo rasoio e si abbassò di nuovo. Severino aveva colpito la spada di Rocco Tiepolo, e ora doveva parare l’ascia del Carnefice, che veniva da destra. Alzò la mano sinistra, e si ritrovò con le braccia incrociate. Rocco stava per abbassare la sua spada su di lui, ma Emiliana lo fermò saltandogli addosso.
<< Idiota! Questa è la mia battaglia! Devo ucciderlo io! >> Urlò a Severino, che aveva perso l’equilibrio e stava cadendo in avanti. Diede un calcio al Carnefice e lo disarmò. Si rialzò con un’acrobazia e gli puntò contro la spada. Orfeo aveva colpito il pugnale di Lanz con la sua cinquedea scanalata, e gli aveva dato un pugno al fianco, spingendolo indietro; Silvestro lo aveva preso e gli aveva messo le “dita” del suo braccio sul collo. Lui gli aveva dato una testata e aveva fermato Auguste che cercava di strozzarlo col martello. Fabiola aveva fatto inciampare Malfatto, che le era corso addosso, e aveva lanciato un pugnale a Cahin, strappandogli una manica. Caha aveva tentato di tagliarle la gola col suo coltello, ma lei le aveva preso il braccio e l’aveva lanciata via.
La lotta continuò per una decina di minuti. Nessuno dava segno di cedere, e allora entrarono nella stanza tre persone: Faustina Collari, Lia De Russo e Fiora Cavazza!
<< Cosa succede qui dentro? >> Chiese Faustina con un sorriso perfido. Lia teneva la sua lama sulla gola di Fiora.
<< FIORA!!! >> Urlarono Severino e Il Lupo.
<< Che ci fai qui? >> Chiese Il Lupo. << Ti avevamo detto di restare alla torre! >> Continuò Severino.
Fiora cercò di parlare, ma Faustina le prese le guance. << Voleva eliminarci tutti da sola! Poverina… Non è riuscita a bettere nemmeno me e Lia… >> Disse con falsità.
<< Ottimo lavoro, Faustina. >> Disse Donato.
<< Andatevene, o uccideremo Fiora! >> Disse fra’ Ristoro.
Il Lupo gli ringhiò contro, girandosi di scatto.
<< Lupo… >> La voce di Fiora lo fece destare. Era ferita, e non riusciva a stare in piedi. << Abbandonatemi… Non dovete morire… >>
<< Che diavolo stai dicendo, Fiora?! >> Esclamò Il Lupo. << Pensi davvero che potrei lasciarti qui?! >>
Fiora voleva ribattere, ma Baltasar parlò per primo:<< Facciamo un accordo… >> Il Lupo si voltò e si avventò su di lui. << UN ACCORDO CON TE?!?! PREFERIREI MORIRE!!! >> Urlò prendendolo per il colletto. << E allora muori! >> Rispose Baltasar. << Ma sappi che dopo di te toccherà a loro… E a lei! >> Disse indicando prima gli Assassini e poi Fiora. Il Lupo lo fissò con odio. Baltasar si staccò dal Lupo e continuò. << Facciamo così: voi vi arrendete a noi, e Fiora potrà andarsene sana e salva. >> Il Lupo guardò Fiora con la coda dell’occhio e poi gli Assassini.
<< Per me non ci sarebbe problema, se fossi solo. So che sei un uomo di parola, e che manterresti la promessa, ma ci sono anche loro… >> Si voltò verso gli Assassini. << Voi che ne dite? >>
Severino era indeciso: lasciare che Fiora morisse avrebbe significato uno spreco di tempo e delle sue energie, ma morire per lei sembrava peggio… Emiliana era completamente contraria all’idea. Fabiola non voleva morire, ma non voleva neanche che Fiora morisse per causa sua. Orfeo era anche pronto a sacrificarsi… Dipendeva da quello che avrebbero detto gli altri.
<< Come vedi non tutti sono inclini al tuo accordo. >> Disse Il Lupo. << Perciò… >>
Una bomba fumogena esplose nella sala, e i Templari furono travolti dal fumo, e non riuscirono a seguire la scena. Il Lupo aveva fatto intendere a Severino di lanciare una bomba fumogena per terra facendogli dei segni con le dita, e ora era scattato verso l’uscita portandosi dietro tutti gli Assassini. Mentre usciva era passato accanto a Fiora, e le aveva detto di aspettarlo, che sarebbe tornato a salvarla.
Cominciarono a correre. Il Lupo conosceva bene il castello, e sapeva dove andare per non perdersi, ma non sapeva da dove fuggire, e i Templari gli erano alle calcagna.
<< Trovato! >> Esclamò una volta dopo essere passato davanti a una scala che portava verso l’alto. << Salteremo dal tetto! >> Non gli sarebbe venuto in mente se non si fosse ricordato di avere un paracadute. Gli Assassini erano d’accordo, così cominciarono a salire le scale. Si ritrovarono davanti a una botola. Il Lupo la alzò e uscì sul tetto. Dopo che furono usciti tutti la richiuse e si mise di sopra.
<< E ora? >> Chiese Orfeo.
<< Ora ci arrampichiamo fin sopra al pennone, per guadagnare altezza, e ci lanciamo coi paracadute! >> Disse Il Lupo. Diede segno di andare, lui sarebbe riamsto sulla botola finchè non sarebbero andati tutti. Emiliana, Fabiola e Orfeo salirono. Severino rimase lì e disse al Lupo prendendolo per un braccio:<< Ascolta, Lupo! Più aspetti prima di aprire il paracadute e più potrai andare lontano, capito? Purtroppo il paracadute è ancora imperfetto, e potrebbe rompersi se aspetti troppo! Devi tirare la corda al momento giusto! >>
<< D’accordo. Grazie! Ora vai! >> Rispose Il Lupo. Vide i quattro Assassini saltare e aprire i paracadute. Li vide sparire lontani. A quel punto si molleggiò sui talloni. Sentiva qualcuno colpire violentemente la botola. Scattò e si arrampicò sull’asta. Arrivò in cima, oltre la bandiera. Il vento era fortissimo, lassù… Vide Donato e gli altri uscire dalla botola.
Tirare al momento giusto, eh? Non ci vuole niente. Posso farcela! Si preparò e saltò. Aspettò alcuni secondi. Sette secondi esatti.
Uno… Due… Tre… Quattro… Cinque… Sei… Sette! ORA!!! Tirò la corda del paracadute e fu sollevato dal vento. Si girò a vedere Donato che imprecava contro di lui. Si voltò e guardò avanti. Fu distratto da un rumore che veniva da sopra. La tela si stava strappando! Si spaventò, ma non ebbe il tempo di fare nulla: la tela si strappò e lui precipitò con i pezzi del paracadute che sventolavano dietro di lui. Urlò, ma il vento rendeva il suo urlo un sussurro, e tuttavia non sarebbe servito a nulla, urlare. Urtò sul parapetto delle mura. Si spinse in avanti per scendere ancora. Sbattè contro un palo che fuoriusciva dalle mura. Il suo stomaco si frantumò. Se c’era una cosa che poteva ritenere fortuna, era che aveva superato le mura interne, e ora stava scendendo nel fiume. Scivolò dal palo e andò a colpire una piccola finestrella con la fronte, e venne spinto indietro. Sbattè con un altro palo con la schiena: sentì la colonna vertebrale scricchiolare e trattenè un gemito di dolore. Scivolò ancora e sbattè con il petto a un altro palo. L’aria uscì dai suoi polmoni con violenza. Ormai era a pezzi, e si lasciò trascinare giù. I brandelli del paracadute lo seguivano sventolando leggeri. Cadde in acqua con un tonfo. I pezzi del paracadute si inzupparono e si appesantirono. Scattò col polso e tagliò le corde. A pezzi, nuotò fino alla riva opposta al castello. Si aggrapò al marmo e si gettò sul pavimento ansimante.
<< Come stai? >> Sentì una voce familiare: Severino e gli altri erano lì davanti a lui.
Il Lupo guardò il cielo:<< Secondo te…? >>
Severino lo guardò impietosito. << Te lo avevo detto di non aspettare troppo… >>
<< Per raggiungere la riva opposta del fiume quello era il tempo ideale… Ma non sapevo ancora quanto potesse resistere un paracadute… Ora che lo so, potrei rifare i calcoli senza errori, ma dubito che riuscirei nell’impresa… >> Si alzò a fatica. Fabiola lo aiutò.
<< Come mai? >> Chiese Severino.
<< Non credo di essere simpatico ai paracadute… >> Sorrise.
Severino rispose al sorriso.
Ora dovevano tornare all’Isola Tiberina e fare il punto della situazione. Avrebbero preso le gallerie sotterranee… 

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Capitolo 21
*** Trattative ***


Il Lupo era tutto acciaccato, ma era ancora in piedi. Il medico che lo visitò si stupì della sue resistenza.
<< Eppure le avevo detto di restare qua…! >> Disse una volta che il medico lo lasciò. << E’ davvero stupida…! >> Severino era rimasto per tutta la durata della visita con lui. Ora era in piedi e lo ascoltava con le braccia incrociate.
<< Dovremo tornare lì? >> Chiese l’Assassino sollevando leggermente la mano sinistra.
<< Sarebbe un suicidio! Probabilmente non ci lascerebbero neanche entrare… E moriremo! >> Rispose Il Lupo disfattista.
Nella stanza calò il silenzio…
Entrò Ezio, preoccupato. Chiese al Lupo cosa pensava di fare ora. Lui si ranicchiò sul letto su cui era seduto. Si mise le gambe tra le braccia e ci appoggiò sopra il mento. Guardò il vuoto.
<< Non ne ho idea… >> Era la prima volta che non sapeva cosa fare. << Penso che prenderò una boccata d’aria… >> Disse, e cominciò a salire le scale per raggiungere la cima della torre, dove Orfeo faceva la guardia. Una volta arrivato, si mise a guardare l’orizzonte. L’aria era fresca. La sera si stava avvicinando e lui riusciva a sentire suoni che gli altri non sentivano. Vedeva cose che loro non vedevano e sentiva odori che gli altri non sentivano. E sentì proprio un odore diverso, che non si sentiva all’Isola Tiberina, portato avanti dal vento. Un odore che aveva sentito per quindici anni. Era odore di Templari!
<< Orfeo! >> Esclamò. Quello si girò di scatto. << Va’ a chiamare Ezio! >> Orfeo scattò, pur non sapendo perché. Intanto Il Lupo si mise a scrutare il paesaggio in cerca di qualche segno. E vide sul ponte i Templari: Donato stava davanti al gruppo, con la sua armatura lucida e scintillante; alla sua destra stava fra’ Ristoro, il cappuccio copriva il viso; alla sinistra di Donato c’era Baltasar, e non sembrava molto contento… Dietro Donato c’era Faustina che spingeva Fiora, con i polsi legati. Lia, Lanz, Auguste, Rocco, Silvestro, il Carnefice, Caha, Cahin e Malfatto li seguivano.
Arrivò Ezio, seguito da Severino e Orfeo. Severino scrutò i Templari che marciavano verso di loro. << Hanno intenzione di attaccarci di nuovo?! >> Esclamò.
<< No… >> Disse Il Lupo. << Vogliono trattare… >> Ezio lo guardò. Lui riusciva a vedere le loro emozioni, le loro intenzioni… E non erano ostili… Non troppo, almeno.
Il gruppo si fermò a metà del ponte.
<< LUPO!!! >> Chiamò Donato.
Il Lupo imprecò tra i denti e si lanciò giù, saltando da un tetto all’altro. Atterrò in mezzo alla strada. Glì Assassini rimasero sul tetto.
Il Lupo cominciò a camminare lentamente verso Donato, barcollando un po’… Il Templare sorrideva con malvagità, e guardava Il Lupo come una preda in trappola.
<< Allora, Donato… Cosa siete venuti a fare qui? Non una visita di cortesia, immagino. >> Sorrise beffardo. Non perdeva mai l’occasione per deridere quell’uomo così irritabile.
Donato sorrise. << Siamo qui per parlare! >> Si spostò e Faustina spinse Fiora in avanti. << Oggi hai ucciso un nostro uomo, Lupo, e noi dovremmo ripagarti con la tua stessa moneta e uccidere Fiora Cavazza! >> Disse prendendole le guance e sorridendo. << Ma non lo faremo, perché siamo gentiluomini, e non c’è bisogno di sporcarsi le mani… >> << Concordo: possiamo risolvere la questione senza sfoderare le spade. >> Disse Il Lupo. Era come una commedia. In realtà Donato aveva una voglia matta di uccidere i due traditori, ma doveva agire d’astuzia. Il Lupo stava al gioco per vedere dove voleva andare a parare.
Donato sorrise:<< Allora ti faccio una proposta: tra una settimana sarò al Pantheon, dove parteciperò a una festa. Ci saremo tutti noi… E anche Fiora! Lì avverrà lo scambio! La tua vita per quella della Cortigiana! Sarò al centro della piazza, e tu dovrai consegnarti a noi! Se non verrai Fiora verrà giustiziata! >> << Non lo ascoltare, Lupo! E’ solo una trappola! Di sicuro! >> Urlò Fiora. Donato fu sorpreso di sentire la voce della donna in quel momento. Le diede uno schiaffo, urlandole di stare zitta e insultandola. Lei cadde in ginocchio. Il Lupo ebbe uno scatto, ma si frenò e si morse un labbro, guardando Donato con ferocia. Fiora continuò a urlare:<< Non venire! Salvati e dimenticati di me! Non voglio vederti morire… >> Donato le diede un altro schiaffo.
<< Sta’ zitta! >> Donato era proprio infuriato. << Mi hai capito, Lupo? Verrai? >>
Il Lupo guardò Donato con uno sguardo calmo, ma che nascondeva l’ira più profonda dell’uomo. << Verrò! >> Sentenziò. Fiora, che per la disperazione aveva abbassato la testa e si era messa a piangere, sollevò la testa con gli occhi spalancati, stupita. Le lacrime le solcavano il volto.
<< Molto bene. >> Disse Donato. I Templari si ritirarono, e Fiora non voleva credere alle sue orecchie. Non voleva credere che Il Lupo fosse stato così ingenuo.
Anche Il Lupo si ritirò. Tornò nella torre, dove sapeva che gli Assassini lo avrebbero tempestato di domande.
Così fu.
Fabiola corse verso di lui per chiedergli cosa fosse accaduto, e perché lui fosse così pallido. In effetti non si era accorto di ciò, ma ora si rendeva conto di avr sudato freddo. Orfeo gli chiese se aveva bisogno di qualcosa. Severino gli chiese cosa avesse in mente, cosa avrebbe voluto fare. Il Lupo non rispose. Voleva parlare con una persona sola: Ezio Auditore da Firenze. Lui lo capì, e così lo condusse nel suo studio e chiuse a chiave la porta.
Il Lupo si sedette e respirò profondamente, prima di cominciare a parlare. << Voglio fartelo intendere, quindi non ci girerò attorno, Ezio: tra una settimana io sarò in quella piazza e salverò Fiora Cavazza. Non voglio che mi aiutiate. E’ una questione tra me e i Templari: me ne occuperò da solo. >> Ezio ascoltò silenzioso. Era appoggiato alla porta con le braccia incrociate, e aveva capito che non avrebbe potuto far cambiare idea al Lupo. Non ribattè. Si limitò ad ascoltare. << Voglio che tu lo sappia: per me ha significato molto il vostro aiuto. Grazie a voi sono sopravvissuto, e ve ne sono grato. >> Continuò Il Lupo. << Ma nella vita arriva un momento in cui si deve pensare con la propria testa e agire con le propie mani. E solo ora mi sono accorto di essere stato un codardo. E’ per questo che ho deciso che andrò da solo. Non dovrete aiutarmi: per me avete fatto già abbastanza. >> Ezio abbassò lo sguardo. Il Lupo si alzò dalla sedia e andò verso l’Assassino. Gli porse la mano, e quello gliela strinse. << Sono lieto di aver fatto la tua conoscenza, Ezio Auditore da Firenze. >> Disse sorridendogli. << Anche per me è lo stesso: ho conosiuto un Templare che si è redento, che ha capito la vera verità, ma soprattutto, ho conosciuto un genio che mi ha fatto capire che tutti hanno una speranza. >> I due rimasero a strinsersi le mani per alcuni istanti, poi Il Lupo si allontanò da Ezio. << Ora devo fare una cosa, e poi comincierò ad allenarmi, per prepararmi allo scontro finale. >> Sia Il Lupo che Ezio sapevano che Donato aveva mentito, e che avrebbe ucciso sia Fiora che Il Lupo. Ezio lo sapeva grazie al suo “Occhio dell’Aquila”, e Il Lupo conosceva bene Donato: non avrebbe mai mantenuto la parola data. Per questo doveva allenarsi. Avrebbe lottato contro Donato, quel giorno. Ezio acconsentì che Il Lupo uscisse, e andò a spiegare agli altri Assassini le volontà del Lupo. 

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Capitolo 22
*** Perdono ***


Il Lupo aveva raggiunto il vicolo dove stava di solito il vecchio. E lo vide lì, appoggiato al solito muro, ad aspettare che qualcuno gli mettesse qualche fiorino nella mano. Si mise a camminare silenzioso; prese delle monete e gliele mise in mano.
<< Dove vai? Non si saluta più? >> Chiese il vecchio, sentendolo allontanarsi. Il Lupo sorrise e si sedette accanto a lui. << Sono venuto per chiederle scusa… >> Disse.
<< Chiedermi scusa? >> Disse il vecchio. << E perché mai? >> Il Lupo alzò lo sguardo al cielo. << Perché forse non potrò mantenere la promessa che ho fatto… >> Il Vecchio rimase in silenzio. Il Lupo continuò:<< Quella promessa che le ho fatto il primo giorno che ci siamo incontrati. >> << Quella promessa? Quando hai detto che avrei avuto una casa e avrei vissuto bene? >> Chiese il vecchio. Il Lupo annuì, pur sapendo che non poteva vederlo. Il vecchio abbassò la testa. << Sapevo che non sarebbe successo comunque… Non devi preoccuparti per me… Vivo così da moltissimi anni, e non cambierebbe nulla, ormai… Sono un cieco, sono emarginato dalla popolazione e non sarei mai accettato da nessuno. Non temere. Non devi scusarti di nulla, perchè sono io che devo scusarmi, se non ho creduto a te. Non ho creduto che avresti mantenuto la promessa. >> Disse. Il Lupo fu sorpreso. Perché non credeva in lui? Forse non si aspettava più nulla di buono dalla comunità? Aveva perso le speranze? Il Lupo gli chiese scusa ancora una volta.
<< Devo andare… Tra una settimana dovrò affrontare i Templari, e probabilmente morirò… Avrei voluto aiutarla, ma a quanto pare… >> Disse, e mise altre monete nella mano dell’uomo. << Questo è il massimo che posso fare… >> Si alzò. Il vecchiò gli tirò una manica. Lui si abbassò e avvicinò l’orecchio. Quello sussurrò:<< E’ per lei che lo fai, vero? >> Il Lupo fu sorpreso dalla domanda del vecchio. Rispose amareggiato di sì. Il vecchio gli prese la mano e gliela strinse tra le sue. << Allora vincerai! Vincerai di sicuro! >> Lo fissò negli occhi, chissà come, e gli sorrise. Era un sorriso paterno, che gli trasmetteva molta fiducia e sicurezza. Il Lupo colse ancora una volta quel bagliore che aveva scorto il primo giorno.
<< Grazie. >> Disse, e se ne andò.
Il vecchio aveva ora un’espressione di pace sul volto. 

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Capitolo 23
*** Torno subito ***


Il Lupo era fuori Roma, e ora andava verso i boschi. Le parole del vecchio lo avevano rincuorato e riempito di sicurezza. Doveva, tuttavia, parlare un’ultima volta a coloro che erano stati la sua famiglia. I lupi.
Era nel solito luogo, il branco di lupi era riunito al centro della radura. Tutti quanti, non appena lo videro, gli corsero incontro, latrando felici. La sua lupa, aveva un’aria stanca. Aveva ululato tutte quelle notti, senza ricevere nessuna risposta, e non appena lo vide, alzò la testa, stanca. Con la poca forza che aveva si avvicinò lentamente al Lupo e strofinò la testa contro la sua. Il Lupo era contento di poterli rassicurare, ma doveva anche metterli in guardia, e abituarli all’idea che forse non sarebbe più tornato da loro.
<< Ragazzi, ragazzi… Lo so che è da un po’ che non torno qua, ma ho avuto dei problemi… >> Tentò di dire, tra i lupi che lo leccavano e che gli saltavano addosso. Quando parlava, di solito i lupi si zittivano tutti e lo guardavano, e ascoltavano quello che aveva da dire. Ma questa volta erano troppo vivaci.
<< Sì, sì… Lo so che vi ho fatto preoccupare… >> Disse staccandosi di dosso un cucciolo. << Ma questo potrebbe essere un addio! >> Sbottò. I lupi, chissà come, si zittirono e lo fissarono attenti. Il Lupo sospirò. << Mi sono cacciato in un grosso guaio, e non so se ci rivedremo… >> Abbracciò il capobranco, che rispose con un leggero mugolio. << Vi voglio bene, ragazzi. Siete la cosa più preziosa che ho! >> Disse. << Se andrà tutto bene ci rivedremo tra sette giorni. >> Disse alzandosi. << In caso contrario… >> Gli scesero delle lacrime dagli occhi. Sorrise tristemente. << Vi voglio bene! >> Li salutò a uno a uno. Poi arrivò il momento di salutare la sua lupa. Le mise una mano sulla testa e gliela strofinò un poco. La abbracciò e si rialzò.
Il Lupo cominciò a camminare verso la città. Mentre se ne andava sentiva i mugolii dei suoi lupi… I suoi amici… I suoi fratelli e sorelle… I suoi genitori… La sua famiglia.

Allora vincerai! Vincerai di sicuro! Il Lupo si bloccò. Fino a quel momento aveva dato poco peso alle parole del vecchio, nonostante lo avessero gia riempito di sicurezza. Ora che aveva parlato ai lupi si sentiva meno sicuro. E proprio ora capiva che il vecchio aveva un motivo per dire a quel modo.Si voltò verso i lupi.
<< Tornerò! >> Urlò. << Torno subito! Voi aspettatemi! >> Si girò e si mise a correre. I lupi si misero a ululare dietro di lui, come saluto d’incoraggiamento.
Il vecchio aveva ragione! Non lo riuscirò mai a ringraziare abbastanza per quello che ha fatto! Mi ha dato il coraggio: il coraggio che mi mancava!!! Pensava mentre tornava in città. 

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Capitolo 24
*** Allenamenti ***


Il Lupo tornò all’Isola Tiberina. Era deciso ad allenarsi per una settimana intera, al fine di poter sconfiggere i Templari. Avrebbe dovuto mettercela tutta! Lui da solo, in quelle condizioni non avrebbe fatto nulla, ma lui da solo, una settimana dopo, avrebbe potuto fare molto di più! Aveva in mente un programma di allenamento durissimo, a cui si sarebbe sottoposto. Per prima cosa avrebbe ridotto i pasti, per abituare il suo organismo a una quantità minore di energia, e poi si sarebbe esercitato il doppio di quanto faceva quando era un Templare. Avrebbe dovuto allenarsi a correre, saltare, arrampicarsi e avrebbe dovuto allenarsi a combattere come gli Assassini! Per questo avrebbe chiesto ad Ezio di addestrarlo come un Assassino. Voleva imparare!
Appena entrato nella torre, fu accolto con distacco. Molti Assassini si facevano i fatti loro, altri si allenavano. Severino, Fabiola e Orfeo gli corsero incontro e lo tempestarono di domande. Il Lupo non seppe rispondergli – era troppo stanco mentalmente, per rispondergli – e farfugliò qualcosa di volersi allenare, di voler parlare con Ezio. Questa volta i tre Assassini entrarono a forza nello studio del Maestro, e vollero rimanere.
Il Lupo era seduto su una sedia all’angolo. Era riluttante a parlare, ma sapeva che doveva farlo.
<< Ezio, vorrei che mi insegnassi a combattere come un Assassino! >> Disse. Ezio fu sorpreso. Non si aspettava questa richiesta. << Come? >> Chiese piegando la testa. << Ti ho già detto che voglio confrontarmi con Donato da solo. Non voglio aiuto, e per farlo devo allenarmi duramente per tutto il tempo che ho a disposizione. Ma non posso allenarmi da Templare! Non sono più un Templare, e sono già stato sconfitto da solo quattro di loro. Se vado là morirò senza aver fatto niente! Fiora morirà, e sarà perché non mi sono allenatò abbastanza. >> Ezio e gli altri Assassini erano pensierosi.
<< Va bene. Ti addestrerò a diventare un Assassino! >> Disse Ezio.
<< Guarda che non voglio diventare un Assassino! Io rimarrò sempre me stesso. Ora che non ho più nulla agirò con le mia mani, pensando con la mia testa! >> Esclamò Il Lupo. Ezio sorrise, perché vide il suo corpo brillare intensamente, dopo aver sentito la frase “diventare un Assassino”. Era come se volesse nascondere la verità, ma non sapeva che ad Ezio Auditore da Firenze non si può mentire…
Così cominciarono gli allenamenti del Lupo. Ezio, Severino, Fabiola e Orfeo lo allenavano continuamente, e lui sembrava instancabile. La notte usciva di nascosto e andava a correre. Saltava da un tetto all’altro e si tuffava da altezze inimmaginabili. Dormiva poco, correva molto, mangiava poco e lottava molto.
Più volte gli Assassini gli avevano chiesto di farsi aiutare, ma lui aveva rifiutato fermamente il loro aiuto. Non c’era modo di fargli cambiare idea.
Il Lupo si allenava continuamente, e la settimana fu lenta.
Ma alla fine passarono sette giorni… 

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Capitolo 25
*** Battaglia al Pantheon ***


Il Capitano era sul suo cavallo grigio e salutava la folla con un braccio alzato. Tutta la piazza era gremita di persone. I tetti erano ricoperti di soldati armati di archibugi. Attorno al capitano c’erano la Ladra, su un altro cavallo, il Mercenario con la sua spada larga alla cintura, e il Nobile, ingobbito, con lo sguardo torvo rivolto verso la folla. Non lontano c’erano i due Arlecchini che facevano degli spettacoli con i coltelli, per divertire dei bambini e altri spettatori. Il Frate era nascosto dietro le colonne del Pantheon. Il Carnefice era seduto su una panchina, lontano dalla folla. Il Grassatore era in mezzo alla gente, e si guardava intorno circospetto. Il Cerusico stava curando un paziente su una barella. Il Fabbro stava battendo alcune armi con il suo martello in una bottega lì vicino.
Una figura incappucciata osservava la scena da lontano, nascosta nell’ombra… Cominciò a camminare. Il suo passo era lento, ma pesante; come se ogni passo celasse una rabbia inarrestabile. Si sorprese vedendo che nessuno lo aveva attaccato, ancora, quando uscì alla luce. I civili si spostavano, al suo arrivo, riconoscendolo. Lui, inarrestabile, camminava con lo sguardo fisso verso il Capitano. Due guardie si accorsero di lui. Scattò col polso ed estrasse il pugnale. Si scansò a sinistra, per poi infilare il pugnale nello stomaco della prima guardia. Poi infilzò la seconda guardia con la lama celata nel fianco e la uccise.
Continuò a farsi strada tra la gente. Raggiunse la fine della folla, dove cominciava la fila di soldati che facevano la guardia. Uccise altre due guardie con il pugnale e la lama celata, aprendosi un varco. Scattò col polso e ripose il pugnale. Si fermò al centro della piazza, dove sei guardie lo accerchiarono, tenendogli puntate le lance alla testa. I Templari lo fissarono.
Donato rise sprezzante. Scese da cavallo e disse:<< Il Lupo! Mi fa piacere che tu sia venuto qui, quest’oggi. >> Rise di nuovo. << E so anche perché sei qui! >> Si voltò alzando il braccio, indicando il tetto del Pantheon. Il Barbiere e la Cortigiana apparvero sul bordo. Lui la teneva ferma, col rasoio puntato alla gola. Il Lupo non si potè trattenere dal ringhiare. Fiora tentava di divincolarsi, ma Baltasar era più forte di lei. << Ma sei stato ingenuo! >> Disse Donato. Rise. << Perché io non sono Baltasar: e non faccio accordi con i traditori! >> Continuò. << Ucidetelo! >> Le guardie stavano per ucciderlo con le lance. Quando spinsero le lance, Il Lupo si abbassò, si voltò tenendosi in equilibrio con la mano destra e spinse in avanti la lancia della guardia che aveva davanti. La lancia trapassò il petto della guardia dietro di lui. Prese la lancia di quest’ultima e uccise la guardia disarmata. Dopo girò la lancia sopra di se, e uccise le altre guardie. I soldati si accasciarono a terra, agonizzanti. Donato mandò due guardie a cavallo, ad ucciderlo. Il Lupo lanciò la lancia verso la guardia alla sua destra, spingendola via. Poi schivò la spada della guardia alla sua sinistra, scattò col polso e gli saltò addosso. Lo fece cadere da cavallo e gli trapassò la gola. Si rialzò con la lama celata sporca di sangue e fissò Donato.
<< TEMPLARI!!! >> Chiamò il Capitano. Faustina scese da cavallo ed estrasse la sua mezza forbice dalla manica. Fra’ Ristoro premette il bottone del suo pugnale e uscì alla luce del sole. Silvestro armeggiò col suo braccio meccanico e si accostò a loro. Rocco estrasse la sua spada. Auguste uscì dalla bottega in cui stava lavorando. Malfatto uccise il paziente che stava curando e si unì agli altri. Lanz uscì dalla folla facendosi strada tra le persone. Caha e Cahin impugnarono i coltelli e andarono ad aggregarsi. Il Carnefice si alzò dalla panchina su cui era seduto ed estrasse la sua ascia.
Donato, circondato dai Templari, estrasse la sua spada e ne saggiò il filo con le dita, sorridendo. La puntò contro Il Lupo, ma ebbe una faccia sorpresa. Tutti i Templari sembravano sorpresi. Il Lupo non capì perché. Si guardò intorno e si stupì di vedere alla sua destra Ezio Auditore, che gli lanciava uno sguardo amico, Emiliana Santi, che fissava i Templari con indifferenza, Marco Melozzi che lo guardava in volto interrogativo, Ulrico Ursini, Giovanni Guglielmi e Tullio Tagliapietra, che estraevano le loro armi. Alla sua sinistra invece c’erano Orfeo Occhionero, che lo rassicurava con un sorriso, Fabiola Fornari, sempre sorridente, Severino Stornello che stringeva gli antibracci, Luca Lombardi che estraeva le armi e Paolo Simoni che guardava torvo i Templari.
Donato assunse uno sguardo sprezzante. << Se ci attaccherete Baltasar De Silva ucciderà Fiora Cavazza! >>
<< Io non mi preoccuperei di quello… >> Rispose Ezio. Il Lupo ancora non si era ripreso dallo stupore.
<< Ma che diavolo stanno facendo là sotto? >> Si chiese Baltasar.
<< Perché fai questo, Baltasar? >> Chiese Fiora.
<< Perché non posso più fidarmi né di te, né del Lupo! Non mi lascerò prendere dalla compassione ancora una volta! >> Rispose il Barbiere puntandole la lama alla gola.
<< Sei un mostro, Baltasar! Sei solo un mostro! >> Urlò Fiora.
Una figura in bianco comparve alle spalle di Baltasar e lo colpì con la sua lama celata al fianco. Baltasar perse l’equilibrio e cadde. Riuscì ad aggrapparsi al bordo appena in tempo per non cadere. Vide la figura incappucciata che teneva Fiora per un fianco, per evitare che cadesse. << Già… >> Disse Severino Sabelli. << Proprio un mostro… >> Mise il piede sulla sua mano e lo spinse giù. Baltasar urlò, mentre cadeva nel vuoto. Il terrore e la sconfitta nei suoi occhi.
<< Non temere, Fiora: ora ci sono io. >> Disse Severino. Fiora ansimava ancora. Non riusciva a credere che ora era libera. Si sporse per vedere il suo vecchio mentore cadere nel vuoto.
Baltasar si schiantò a terra, dietro i Templari. Non si mosse. Uscì dalla sua gola solo un lungo e lento verso. Respirava affannosamente e non si muoveva. Cominciò a perdere sangue. Tossì e sputò sangue. Malfatto stava per andare ad accertarsi delle sue condizioni, ma Donato gli urlò di fermarsi. << Non possiamo permettere che ci rallenti! >> Malfatto non sapeva che fare. Ristoro gli intimò di tornare al suo posto con uno sguardo. Baltasar rimase lì a tossire, e a guardare Severino sul tetto del Pantheon.
I Templari partirono alla carica. Gli Assassini partirono per contrastarli. Al centro Il Lupo e Donato. Le spade nelle mani pronte ad essere usate. Il Lupo corse incontro a Donato, saltò e abbassò la lama celata tentando di colpire il Templare. Le due fazioni si scontrarono, e ognuno si ritrovò a combattere.
Ezio contro Ristoro, Orfeo contro Lanz, Emiliana contro Rocco, Fabiola contro Caha, Paolo contro Auguste, Severino contro Cahin, Giovanni contro Silvestro, Luca contro Malfatto, Tullio contro il Carnefice, Marco e Ulrico lottavano contro delle guardie. Il Lupo incrociava la sua spada con Donato.
<< Ti senti così potente, ora che ci sono gli Assassini? >> Chiese Donato scagliando un fendente da sinistra. Il Lupo si abbassò e attaccò le ginocchia del Templare. << Non gli ho chiesto niente! Sono venuti di loro iniziativa! >> Donato schivò indietro e abbassò la spada con forza sulla testa del Lupo. Quello si lanciò in avanti, sotto le gambe del Capitano, e, con una capriola, si rialzò pronto ad attaccare il suo avversario. << Pensavi davvero che mi sarei arreso? >> Chiese Il Lupo affondando la spada nell’aria. Donato parò girandosi e abbassò la spada del Lupo con la sua. << Davanti a Fiora in pericolo non avresti mosso un dito: perché hai fatto così? Non sapevi degli Assassini! >> Il Lupo attaccò Donato con la lama celata al volto. Quello indietreggiò fissando la punta della lama con timore. << Sapevo che Baltasar avrebbe indugiato nell’uccidere Fiora. >> << Avrebbe potuto non farlo. >> << Ma lo ha fatto! >> Disse Il Lupo ataccando Donato alla testa.
Ezio aveva appena colpito Ristoro con un calcio allo stomaco, quando il vecchio frate lo aveva tagliato col pugnale al braccio. Lui aveva indietreggiato, aveva fatto una capriola all’indietro e si era portato lontano da Ristoro. << Sei un combattente abile, Ezio, ma noi Templari siamo di più, e vinceremo la guerra! >> Disse Ristoro scagliandosi su di lui. Ezio indietreggiò e parò con la spada. << E’ vero che siete di più, ma noi siamo più affiatati! Vuoi dirmi che non ci sono contrasti tra di voi? Ho visto il tuo sguardo, quando Baltasar è caduto dal tetto, e non mi è sembrato affatto dispiaciuto! >> Rispose Ezio facendo scivolare in alto il pugnale del frate, che rise. << In effetti non dovrei essere contento di ciò, ma sono stato proprio io a consigliare di far salire Baltasar lassù… >> << Tutto questo perché…? >> Chiese Ezio. << Il potere, Ezio! Il potere che non riesco ad avere da anni sarà mio, una volta vinta questa battaglia! Baltasar è sempre stato un fratello scomodo, e non mi è mai andato a genio, nonostante la sua abilità e le sue conquiste per i Templari! Da quando c’è lui sono sempre stato considerato inferiore, antico! >> E tentò di colpire Ezio al fianco. << E poi è troppo buono! >> Ezio parò con la lama celata e graffiò la mano del frate, tagliando il suo guanto destro. << Questi sentimenti non esistono da noi Assassini! >> Ristoro prese il braccio dell’Assassino e lo lanciò girando su sé stesso. << Tutti gli uomini sono così! Tutti provano l’odio, la rabbia, l’invidia… Puoi nascondere questi sentimenti, ma non disfartene, Assassino! >> Ezio atterrò con agilità e si rimise in piedi con un balzo. << Voi Assassini non siete da meno! >> Ezio rispose:<< E’ vero. Noi non siamo diversi dagli altri… Ma diversamente dagli altri, noi agiamo diversamente! >> << Che bel gioco di parole… >> Disse Ristoro. << Fa proprio ridere! >>
Emiliana stava inseguendo Rocco Tiepolo, che dopo averla lanciata in aria, era fuggito, sguinzagliandole contro molte guadie, che lei aveva ucciso con facilità. << Scappi da una donna, bastardo? Sei solo un codardo! Fermati e paga per i tuoi crimini! >> Rocco si fermò strisciando gli stivali e sollevando un polverone. Sollevò la spada e tentò di colpire Emiliana con un fendente trasversale dal basso verso l’alto. Lei scattò indietro, piegandosi e potè vedere la lama della spada passarle davanti al viso. Si fermò e lo fissò con odio. Lui ricambiava con uno sguardo sprezzante. << Perché sei così infuriata con me? >> Emiliana si infuriò. << LO SAI!!! TU HAI UCCISO LA MIA FAMIGLIA!!! >> Rocco chiese mantenendo la calma:<< E tu come fai a saperlo? >> Emiliana lo guardò come per dirgli che non erano affari suoi, e si lanciò su di lui. Lui rise e parò il suo attacco. << E’ stata Fiora, vero? Te lo ha detto lei! >> << Sta’ zitto!!! >> << E ti sei fidata? Dovete essere davvero degli ingenui… >> << Non mi sono fidata! Ho seguito l’istinto! >> Cercò di giustificarsi l’Assassina. << Io non mi fido dei Templari, e non mi fiderò MAI!!! >> << Oh, certo. >> Disse Tiepolo allargando le braccia. << Non ti fidi, ma sei qui per salvare loro la vita… >> Emiliana lo fulminò con lo sguardo. Si lanciò su di lui con la furia di un leone.
<< Allora, Occhionero, come ci si sente a combattere al fianco di un Templare? >> Chiese Lanz dopo aver incrociato il pugnale con la cinquedea di Orfeo, e dopo avergli immobilizzato il braccio tenendolo fermo sotto la spalla. Orfeo tentò di liberarsi, ma non ci riuscì, e allora rispose abbassandosi e stendendosi sulla schiena. Spinse Lanz con le gambe e lo lanciò in aria. Si rialzò e disse:<< Non è più un Templare: è un uomo normale con un passato da Templare che ora vuole solo salvare una donna! >> Lanz atterrò con grazia e sorrise. << Forse siete un po’ troppo ingenui… >> Puntò il pugnale contro Orfeo. << E continuando così non sopravvivrete a lungo! >> << Così come, dando speranza agli altri? >> Chiese Orfeo scattando verso il suo avversario.
Fabiola stava cercando di colpire Caha, l’Arlecchina, che saltava da una parte all’altra e schivava tutti i pugnali che lei le lanciava. << La vuoi smettere di scappare e cominciare a combattere lealmente? >> Urlò dopo che la Templare aveva schivato il settimo coltello che l’Assassina le aveva scagliato contro. Saltò su una bancarella e si appese a una trave che usciva da un muro. La guardò a testa in giù, con un sorriso largo quanto l’intera faccia. << Guarda che non sei divertente; fai solo irritare! >> Caha saltò giù e diede un calcio a Fabiola, colpendola dietro la testa. L’Assassina cadde a terra. Si rialzò e si lanciò sulla Templare, che saltò in alto e atterrò alle sue spalle. Fabiola si voltò e puntò l’antibraccio verso Caha, che smise di sorridere. Premette il grilletto sull’antibraccio e sparò una pallottola che tagliò l’aria. Caha si piegò indietro per riuscire a schivarlo, tanto che dopo essersi abbassata, per rialzarsi dovette fare una capriola all’indietro. Fabiola approfittò dell’istante in cui la sua avversaria era distratta e le diede una gomitata sulla guancia, non appena si rialzò. Caha indietreggiò tenendosi la guancia. Dalla sua bocca uscì un rivolo di sangue. Caha si pulì con la manica e guardò Fabiola arrabbiata. << Ah! Finalmente hai smesso di ridere! >> Disse Fabiola estraendo la sua cinquedea dentellata. Caha tirò fuori il suo coltello e saltò verso l’Assassina.
Paolo e Auguste colpirono i loro martelli con forza immane. Indietreggiarono tutti e due. Auguste sorrideva per aver trovato un avversario degno. Paolo ansimava e non distoglieva lo sguardo dal nemico. << Sei un avversario abile, Paolo Simoni. Non ti piacerebbe stare dalla parte giusta? >> << Non dire stronzate, Auguste Oberlin! >> Rispose aspro Paolo. Auguste fece come di spolverare il manico del martello. << Eppure sono certo che si sentiresti come a casa, tra di noi. Saresti un Fratello perfetto… >> Paolo si infuriò. << Voi non cercate Fratelli, ma pedine che vi obbediscano senza discutere gli ordini: ecco cosa cercate! >> Auguste fece una smorfia di disapprovazione. << Purtroppo sei anche dannatamente perspicace… >> Paolo si infuriò e si lanciò su di lui.
Severino aveva appena menato un fendente in aria con la sua spada, e Cahin lo aveva schivato piegandosi. Aveva poi sfruttato la sua situazione per colpire il nemico con una capriola all’indietro. Severino perse la spada e si ritrovò a dover schivare gli attacchi incessanti del giullare. La sua maschera era un sorriso eterno, e lui voleva tanto togliergliela dalla faccia, giusto per distrarlo un po’… Cahin lo tagliò al braccio, e Severino cominciò a perdere sangue. Si teneva il braccio destro col sinistro, e intanto, indietreggiava. Si ritrovò con le spalle al muro, e, non sapendo cosa fare, aspettò l’attacco del Templare. Il coltello che Cahin impugnava nella mano sinistra sibilò nell’aria. Severino schivò a sinistra e il coltello si incastrò al muro. Diede un calcio alla mano destra del Templare, che rimase vulnerabile. Severino alzò la mano destra e tirò la mascherà. Cahin urlò e si coprì il viso, una volta persa la maschera. Si inginocchiò e lo guardò con odio. Severino vide il viso di un giovane proveniente da oriente sfigurato da una lunga cicatrice che andava dalla fronte al labbro, sfiorando l’occhio sinistro. << Questa cicatrice mi è stata fatta da uno di voi molto tempo fa… E da quando io e mia sorella siamo stati arruolati dai Templari ho cominciato a indossare quella maschera, e ho giurato che avrei ucciso tutti gli Assassini che avrei incontrato! E’ con quella maschera che posso vivere come un semplice arlecchino di giorno e mietere vittime di notte! QUINDI DEVI RIDARMELA!!! >> Severino scattò, mentre Cahin si rialzava per prenderlo. << Dovrai prima acchiapparmi! >> Disse. L’Arlecchino si lanciò verso l’Assassino con la furia di una belva.
Giovanni aveva colpito il “gomito” del braccio sinistro di Silvestro Sabbatini. La spada non aveva scalfito il metallo e per poco non rimaneva incastrata. << Davvero bravo… >> Disse il Templare ruotando la spalla. Si avventò su Giovanni puntando alla sua gola con le “dita”. Giovanni schivò il fendente e chiese:<< Perché servi ancora i Templari? Dopo quello che Cesare ti ha fatto… >> Silvestro non lo fece finire attaccando un’altra volta. << Sta’ zitto! Io sono un Templare! Per il mio errore ho pagato, e quello è un episodio chiuso! >> Giovanni sapeva di aver toccato un tasto dolente, e continuò:<< Tu hai paura di loro! >> Rise. << Di chi stai parlando? >> Chiese Silvestro infuriato e perplesso allo stesso tempo. << Di Cesare e di tutti gli altri Templari! >> Rispose Giovanni col sorriso di un bambino che si stava divertendo un mondo. Silvestro si infuriò e urlò menando fendenti col braccio. << COME TI PERMETTI, BASTARDO?! IO SONO SILVESTRO SABBATINI, E NON HO PAURA!!! NON AVRAI ALTRE OCCASIONI PER RIDERE DI ME!!! >> Giovanni saltò indietro e cominciò a schernirlo.
<< Allora, Cerusico, com’è uccidere persone che dovresti salvare? >> Chiese Luca, dopo aver fermato Malfatto che stava per infilargli la sua siringa nella gola. << I pazienti vengono da te per essere curati, non per essere uccisi! >> Disse. Malfatto non rispose, e continuò a fissare l’Assassino. << Sono certo che anche tu, un tempo, curavi la gente come gli altri medici, ma hai smesso di farlo perché uccidere era più divertente, giusto? O forse non volevi più aiutare il prossimo? >> Malfatto continuava a non rispondere. << O forse il motivo è che i Templari ti offrivano più soldi! Sì, deve essere questo il motivo per cui lavori per loro! >> Malfatto spinse via Luca e lo fissò intensamente. << Riesco quasi a vedere i tuoi occhi avidi di quel denaro sporco che guadagni! >> Malfattò scattò in avanti e tentò di colpire l’Assassino, ma la rabbia lo fece deconcentrare, e Luca schivò a sinistra. Lo colpì nello stomaco e lo spinse indietro. Malfatto cadde a terra dolorante. << Brucia la verita, eh? >> Chiese sorridente Luca. Malfatto si alzò. Lentamente si portò la mano alla maschera. La tolse, e il suo viso fu investito dalla luce del sole. Un uomo dai capelli rossi coperti dal cappello, la barba tagliata e gli occhi verdi, con delle occhiaie profonde. Uno sguardo sofferente negli occhi. Luca lo guardava come per dire: “ti ascolto”. << Un tempo ero un medico… Alcuni pazienti riuscivo a salvarli… Altri… Molti altri, morivano… Hai idea di cosa significhi? La gente viene da te per farsi salvare, e tu non riesci a curarli… Le minacce di vendetta delle famiglie… Le speranze infrante… A che serviva curare pazienti, se sarebbero morti, prima o poi? Caddi in depressione e non ne uscì mai. Non sapevo più fare il mio mestiere. Tutti i pazienti che venivano da me morivano. Poi mi trovarono i Templari, e mi diedero una speranza: la speranza di poter fare qualcosa di buono per la comunità! >> Disse il medico. << ”Di buono”? >> Ripetè Luca. << L’ordine è tutto! In una società governata da persone che sanno farsi obbedire tutto va per il verso giusto! Ma non se il popolo fa di testa sua: la gente ha bisogno di qualcuno che li comandi e li trattenga! >> Finì Malfatto. Luca era davvero sorpreso. << Non riesco a credere che crediate veramente alle cazzate che dite, voi Templari… >> Malfatto si rimise la mashera. << Dopo essere diventato un Templare cominciai a provare piacere nell’uccidere la gente… Soprattutto le donne! >> Disse. Luca era inorridito. Un uomo che prova piacere nell’uccidere non è normale. << Li trovavo e li uccidevo. A volte col veleno… Altre volte fingevo di curarli e poi li squartavo… >> << Mi fai schifo, Malfatto… >> Disse Luca con sguardo dispiaciuto. Malfatto si preparò a difendersi. << Puoi pensarla come vuoi… Almeno finchè non vincono i Templari! >> Luca inarcò la schiena e puntò la lama verso il Cerusico. << Non vincerete finchè rimarrà anche un solo Assassino sulla faccia della Terra! >>
Tullio parava i colpi del Carnefice con difficoltà, nonostante fossero della stessa massa e armati in modo simile. La differenza era che, al contrario del Templare, lui si controllava a menare fendenti con l’ascia, per evitare di perdere l’equilibrio, il suo avversario metteva tutto sé stesso in ogni fendente. Inoltre la sua ascia era più corta di quella di Tullio, e ciò gli permetteva più mobilità, anche se avrebbe dovuto avvicinarsi di più per combattere. Tullio parò un colpo puntando l’ascia verso il nemico, e questa blocò perfettamente l’arma nemica, che si incastrò. Tullio non sapeva come poteva essere possibile, e il suo avversario era stupito quanto lui. Cominciarono tutti e due a tirare le armi verso di loro, senza risultati. << Come mai combatti in questo modo? Così avventato… >> Chiese Tullio. Il Carnefice rise. << In combattimento bisogna dare sempre il massimo, altrimenti non si sopravvive! >> << Ma come diavolo pensi di vincere senza neanche un po’ di tattica? >> Chiese Tullio. << Tattica? >> Tullio girò su sé stesso e lanciò via il Carnefice, che perse l’ascia. L’Assassino posò l’ascia e staccò quella del Templare. La impugnò con la mano sinistra e disse:<< Ora non potrai più “dare il massimo”! >> Il carnefice rise. << Pensi che mi faccia scoraggiare? >> Tullio si lanciò sul Templare con le due asce nelle mani, pronto a porre fine al duello.
Marco e Ulrico erano circondati da guardie, e si davano le spalle. Ognuno dei due impugnava una spada con la mano destra, mentre nella mano sinistra tenevano la lama celata scoperta. Un soldato si lanciò su Marco, questo schivò a destra e Ulrico lo uccise alzando la spada di lato. Un’altra guardia saltò verso Ulrico con un coltello levato in alto. Questo gli trapassò la testa con la spada prima ancora che lo raggiungesse. Poi lo afferrò con l’altra mano e lo scagliò verso una barriera di soldati che correva verso i due Assassini. Quelli caddero a terra rovinosamente e Marco saltò su di loro per finirli. Ulrico lanciò un pugnale ad una guardia che correva verso di lui, si voltò per tagliare la gola a un’altra guardia alle sue spalle. Marco saltò indietro e si mise al fianco di Ulrico. Questo unì le mani. Marco mise un piede su di esse. Ulrico lo lanciò in alto, nel bel mezzo dei soldati, che cominciò a uccidere. Ulrico andò dall’altro lato. Pochi istanti dopo si ritrovarono insieme di nuovo, dandosi le spalle. << Che scocciatura, eh Marco? >> Chiese Ulrico. L’amico rise. << Sembrano non finire mai… Ma non c’erano altri Templari, prima? >> << Che vuoi dire? >> Chiese Ulrico uccidendo una guardia. Marcò sparò a un soldato e indietreggiò. << Mi ricordavo che c’erano anche Lia De Russo e Gaspar de la Croix. Dove sono? >> Ulrico saltò e tagliò la gola di un soldato. <> Disse. << In quanto a Lia… >> L’Assassino lasciò la frase a metà, come volendo dire di non saperne nulla. Marco uccise una guardia attraversandogli il petto con la spada e si guardò intorno. << Ma… Non c’era anche la Ladra, oggi? >> Ulrico si voltò a guardarlo interrogativo. Si guardò intorno. Nella piazza erano presenti tutti gli Assassini, tranne Severino che era sul tetto con Fiora, i Templari e molte guardie della città, di cui Donato Mancini era capitano, ma di Faustina Collari neanche l’ombra… << Forse è fuggita all’inizio della battaglia… >> Disse dando poca importanza alla cosa.
Severino e Fiora erano sul tetto del Pantheon e osservavano la scena dall’alto.
<< Non ti preoccupare. >> Disse lui. << Ezio sa quello che fa; Il Lupo ne uscirà senza neanche un graffio! >> Fiora annuì fiduciosa. Tornò a guardare il campo di battaglia. La situazione sembrava molto disordinata, ma non era grave. Gli Assassini se la stavano cavando egregiamente, ma c’era un dettaglio che la inquietava…
<< Faustina! >> Esclamò. << Dov’è finita? >> Chiese cercandola per il campo di battaglia. Severino scrutò la piazza. << Se fosse scappata? >> Fiora scosse la testa. << No… Quella donna prova piacere nell’uccidere, e la battaglia la rende pazza! >> Disse preoccupata. << Non abbandonerebbe mai uno scontro. >> Severino scrutò di nuovo la piazza. << E non sapere dov’è mi mette in ansia… >> Finì angosciata.
Severino sentì come una folata di vento alle sue spalle. Si voltò e sentì un dolore acuto alla schiena, dalla zona lombare fino alle spalle. Fiora si voltò e lo vide cadere in avanti, nel vuoto. Urlò il suo nome. Si voltò e vide Faustina Collari far roteare la sua mezza forbice col dito. Sul viso un’espressione di estasi e follia. Fiora estrasse il ventaglio e lo aprì.
<< Sembra che siamo giunte alla fine… >> Disse Faustina allargando le braccia. Diede uno strattone alla mezza forbice per pulirla. Il sangue di Severino schizzò via dalla lama.
<< Puttana… Non mi farò uccidere da una come te! >> Esclamò Fiora fuori di sé.
<< Che bel complimento, fatto da una come te! >> Rispose Faustina, che si lanciò su Fiora con un sorriso enorme.
Severino stava cadendo. Straziato dal dolore, tirò le cordicelle del paracadute che portava sulle spalle. Purtroppo aveva preso troppo slancio, e ne fu avvolto. Il paracadute si strappò. Come Baltasar De Silva, si schiantò a terra, e rimase lì, immobile, rantolante, a guardare il cielo. Ora capiva come ci si sentiva a cadere nel vuoto dopo aver tentato di aprire un paracadute. Gli venne da ridere, perché era la stessa cosa che era successa al Lupo, solo che, in quel momento, non c’era niente da ridere…
Sentì qualcosa muoversi verso di lui. Con orrore vide Baltasar De Silva, sporco di sangue e tremante, un’espressione disperata e rabbiosa allo stesso tempo sul viso, gli poggiava il rasoio sulla gola. Severino tentò di muoversi, ma non ci riuscì, e Baltasar gli tagliò la gola. Dopodichè, morì. Un fiotto di sangue uscì dalla gola dell’Assassino, e Severino perse i sensi.
Il Lupo aveva notato la caduta di Severino, come tutti, del resto, e attaccò Donato.
<< Chi c’è sul tetto? >>
<< Che vuoi che ne sappia? >> Rispose Donato parando la spada. << Io non ho dato nessun ordine! >>
<< E’ stata la Ladra, vero? E’ l’unica assente! >> Disse Il Lupo. Sapeva di avere ragione, ma avrebbe preferito di no. Faustina era terribile in battaglia, e non sapeva se Fiora avrebbe potuto tenerle testa. Donato rise. << Sei troppo intelligente per credermi, vero? >> << Dunque l’hai mandata tu! >> Esclamò Il Lupo spingendo indietro il Templare. << No. Ha deciso di testa sua! >> Disse rispondendo alla spinta. << Ha sempre mostrato questa capacità di pensare con la sua testa… >> Il Lupo si infuriò. Come si permetteva di pronunciare il suo motto? Lui, un Templare – un uomo che non sa vedere oltre i suoi fini – che parla di pensare con la propria testa?
<< E tu credi di pensare con la tua testa? >> Chiese Il Lupo. Donato si fermò per un istante. Il Lupo lo fissava con disgusto. << Certo! >> Rispose con un sorriso sprezzante. << No, non è vero. >> Disse Il Lupo atono. << Sei solo un fantoccio che crede di agire per qualcosa di grande, ma che mira solo a un obiettivo, il resto non importa! >> Donato si irritò. << E quale sarebbe questo obiettivo? >> Il Lupo rispose con noncuranza. << Non sono un indovino, ma conoscendoti, direi che è essere il più temuto uomo sulla Terra. >> Donato sollevò lo sguardo. << Vuoi il potere di un dio. >> Il Lupo sorrise. Sapeva di aver detto la verità. Donato, da prima incupito, si mise a ridere.
<< Sei un vero genio, Lupo! >> Disse avanzando con la spada in mano. << Peccato che morirai oggi! >> << Ti piacerebbe, bastardo! >> Rispose Il Lupo andandogli incontro.
Fiora era stata ferita alla guancia, e aveva ricevuto un calcio sullo stomaco. Faustina rideva come una matta, e sembrava non fare caso al filo della lama del ventaglio di Fiora, che a volte le sfiorava la testa, e lei non faceva nulla per schivarlo. Per lei infliggere danni era tutto!
Fiora era esausta, e non sarebbe finita finchè una delle due non sarebbe morta – dunque, non presto.
<< Non ti arrendi ancora, Fiora? >> Chiese Faustina tagliando l’aria sopra la testa di Fiora. Lei si abbassò per evitare la lama, ma la Ladra fu rapida e, dopo essersi abbassata, le diede un calcio in viso che la fece balzare indietro. Fiora si tenne una mano sulla bocca, dolorante. Faustina non le diede respiro; si alzò e le saltò addosso. Fiora si sdraiò e la spinse via, sperando che cadesse dal tetto, ma non andò così: la Ladra si aggrappò al bordo e si tirò su. Era di nuovo in piedi, mentre Fiora non si era neanche tolta la mano dalla bocca. Si alzò a malapena. Faustina sorrise nel vedere che la sua avversaria non si era ancora arresa. Adorava le persone dalla forte volontà. Scattò verso Fiora con la mezza forbice puntata al petto della donna, pronta a ucciderla. Fiora si scansò di lato e diede una gomitata nella schiena alla Templare. Faustina fu spinta indietro dal colpo e perse l’equilibrio. Era un’occasione che non si sarebbe più presentata! Fiora girò il ventaglio nella sua mano destra e tagliò il fianco sinisto della Ladra. Questa trattenne un urlo di dolore. Si voltò levando il braccio sinistro, e colpì Fiora, facendola cadere a terra. Nei suoi occhi c’era il terrore. Si toccò la ferita con la mano sinistra, e la osservò con interesse e una punta di divertimento. Cominciò a tremare, e poi si mise a ridere silenziosamente. Fiora si teneva alla larga da quella pazza.
<< E’ così, dunque? E’ così che accade? Quando vieni ferita e perdi sangue ininterrottamente? Uccidere porta alla morte… Tutte le anime che ho stroncato ora stanno rivendicando la mia vita… >> Girò lentamente la testa verso Fiora e la guardò con un sorriso mesto. << Non è così? >> Fiora si alzò furiosa e le puntò il ventaglio contro. Si lanciò su di lei e menò un fendente da destra a sinistra. Faustina, la mano insanguinata, schivò il ventaglio e immobilizzò Fiora prendendole le mani. Le abbassò e avvicinò il suo viso al suo. Ora c’era un sorriso folle, su di lei, e mentre parlava sembrava essere impazzita. << Vuoi uccidermi, Cortigiana? Ma qualcuno un giorno ucciderà te! E’ la vita, e non ci puoi fare nulla! Ma se fuggiamo possiamo salvarci e sopravvivere! Mettiamo da parte l’odio e scappiamo dall’ira dei nostri sicari!!! >> Fiora non capiva più nulla. << Sei pazza?! >> Chiese dando uno strattone alla Templare, che fu spinta indietro. Ora nei suoi occhi c’era il vuoto. << Ciò che dici non ha senso! >> Esclamò Fiora. Faustina rise. << Hai ragione… In fondo io sono solo la tua nemica! Perché dovremmo mettere da parte le ostilità? >> Urlò e si avventò su Fiora. << NON MORIRO’ OGGI!!! >> Fiora tentò di fermare la furia di Faustina, ma era piuttosto confusa. Quella donna era pazza, e quello che aveva detto non aveva alcun senso. Sollevò il ventaglio, puntando alla gola. Anche Faustina puntava alla gola dell’avversaria. Ci fu un istante in cui nessuna delle due donne vide più nulla. Fiora aveva tagliato la gola di Faustina molto in profondità, ma Faustina aveva ferito Fiora al petto, proprio sopra al cuore. Tutte e due caddero a terra. Sanguinavano. Faustina aveva uno sguardo vuoto, mentre Fiora era incredula. Non riusciva a credere che sarebbe morta sul serio! Aveva lottato con tutte le sue forze, e ora stava morendo. Tra le sue dita sentiva ancora il ventaglio coperto di sangue.
Se me lo avessero detto non ci avrei creduto… E’ troppo ingiusto! Pensò tristemente. Tutto questo per morire. Tutti quanti si sono fatti in quattro per proteggermi e io sono morta in un attimo… Il Lupo. Lui ha perso tutto, per me… Dagli occhi di Fiora cominciarono a scorrere delle lacrime. E io non gli ho detto che lo amo.
Il Lupo aveva appena ferito Donato al fianco, che ora faticava a combattere. Il Lupo sapeva che sarebbe riuscito a sconfiggere il Templare, ma solo se non si sarebbe distratto! Bastava un attimo e sarebbe potuto morire!
<< Sei così insistente… >> Disse Donato che tentava di schivare gli attacchi. << Sai che la tua cara Fiora sarà di sicuro morta, a quest’ora? >> << ZITTO!!! >> Urlò Il Lupo. Colpì la spada di Donato con tanta forza da farlo barcollare.
<< RIDAMMI LA MIA MASCHERA!!! >> Urlò Cahin, mentre Severino correva via da lui. << D’accordo, tieni… >> Disse Severino arretrando e lanciandogli la maschera. Cahin la afferrò con sguardo avido e fece per mettersela sul viso. Ma Severino fu rapido come una volpe, e lo infilzò al fianco con la spada. Cahin rimase nella posa in cui era per qualche secondo. Poi la sua espressione mutò in terrore. Severino, con il rimpianto che sentiva sempre quando uccideva qualcuno, scattò col polso e gli trapassò la gola. L’Arlecchino cadde a terra. Lo sguardo perso nel vuoto. Severino gli posò la maschera sul volto. << Requiescat in pace. >> Disse.
Caha, che stava combattendo contro Fabiola, si distrasse, vedendo il fratello cadere sotto i colpi dell’Assassino. Urlò il suo nome, ma lui era morto. Respinse Fabiola, che si stava avventando su di lei, e corse verso il fratello. Severino non la fermò. Si accasciò sul corpo del fratello e cominciò a piangere. Strattonava il suo corpo inerte, parlava una lingua sconosciuta e singhiozzava. Severino assistette a quella scena pietosa. Fabiola si avvicinò con gli occhi sgranati.
<< Lo sapevo… Sapevo che non avremmo mai dovuto unirci ai Templari… >> Si rivolse ai due Assassini. << Glielo avevo detto di non farlo… Che tutto questo non avrebbe portato nulla di buono… >> Abbracciò il fratello. << E ora… >> Si perse d’animo. Tolse la maschera al fratello. Si tolse la maschera dal viso e le sue lacrime le rigarono il volto, portando via il trucco. Severino e Fabiola si guardarono senza sapere cosa fare. << Uccidetemi. >> Disse Caha. << E’ per questo che siete qui, no? Io non voglio vivere senza mio fratello. >> Severino guardò triste Fabiola, che ricambiò lo sguardo. << Requiescat in pace. >> Sentenziò. Caha baciò il fratello. La uccise con la lama celata, in fretta. Severino si alzò e rilassò il polso. Aveva negli occhi uno sguardo mesto. << Quanto odio fare questo genere di cose… >>
Ezio aveva inseguito Ristoro dentro al Pantheon. << Fermati, Ristoro! Affrontami! >> Il frate si voltò. << Sei molto insistente, Ezio. >> Sorrise beffardo. << Non dovresti scappare dalla battaglia. >> Ezio rispose al sorriso. << Ma perché rifugiarsi qui? Non ci sono vie di uscita… >> Ristoro annuì. << Volevo farti sentire una cosa… >> Disse. Ezio lo guardò interrogativo. Il Templare sollevò un dito e puntò verso il tetto. Il tetto era aperto, e si sarebbero potuti sentire i rumori dello scontro che stava avendo luogo lì fuori, se ci fosse stato uno scontro… Ezio lo capì. << Faustina avrà già vinto. >> Disse fra’ Ristoro con un sorriso perfido. Ezio si buttò addosso a lui, furioso. Il frate lo infilzò nel fianco col pugnale. Ezio si accasciò a terra. Ristoro uscì fuori.
Il Lupo colpì Donato alla schiena col dorso della spada. Quello cadde a terra. Ormai era ricoperto di ferite. Perdeva sangue dal fianco, la sua armatura era ammaccata sul petto e aveva dei tagli sul viso, uno molto profondo sulla guancia sinistra. Il Lupo aveva un taglio sulla fronte, dalla quale era uscito del sangue che, dopo essergli passato sopra all’occhio destro, gli era arrivato fino al mento. Sembrava essere molto stanco. Si teneva un fianco, alla quale era stato ferito. I vestiti erano imbrattati di sangue, in parte suo, in varie parti del corpo.
<< Sei pronto a morire, vecchio? >> Chiese.
Donato cercava di indietreggiare, ma era troppo stanco, e fissava Il Lupo con un espressione di pietà. << Per favore, Lupo… Siamo amici da tempo… >>
<< Noi non siamo amici! >> Scandì Il Lupo prendendolo dal colletto. Scattò col polso. << Che il padre della comprensione ti guidi! >> Disse. La lama celata calò giù veloce, e gli trapassò la gola. Tutto tremò, il terreno cominciò a sparire, e Il Lupo si sentì trasportare in un luogo lontano…
Si ritrovò in un luogo impossibile. Una stanza enorme – forse infinita – dal colore azzurro chiaro, dove passavano nubi che lo investivano. Era lontano dalla battaglia, e non sentiva più nessun suono. Era in ginocchio, e davanti a lui c’era Donato, sdraiato, morente.
Rise. << Alla fine mi hai ucciso, Lupo… >> Il Lupo si avvicinò a lui, e lo fissò con asprezza. << Ma non sai che hai condannato tutti voi! >> << Cosa? >> Chiese Il Lupo tenendo la testa a Donato, come per farlo parlare. << Ho ordinato a Ristoro di fuggire e tornare a Castel Sant’Angelo, se fossi dovuto morire, e raggiungere Lia De Russo, che aspetterà lui per attivare il Frutto dell’Eden su di voi! >> << Il Frutto dell’Eden?! >> Esclamò Il Lupo. Donato sorrideva sprezzante. << Vi farà perdere ogni ricordo di tutto questo! A voi, agli Assassini, alle persone che oggi erano in piazza… >> Il Lupo aveva ormai capito che era questione di tempo, e sarebbero diventati tutti servi dei Templari. Donato rise. << Voglio proprio vedere come farai… Il Lupo… >> Si accasciò a terra e morì.
<< Bastardo… >> Disse sprezzante Il Lupo. Non riusciva a credere che quell’uomo gliel’avesse fatta un’altra volta. Ora doveva andare…
Tutto tornò come prima. Era in mezzo al campo di battaglia. Ristoro era appena uscito dal Pantheon, e guardava incredulo Il Lupo di fronte al corpo di Donato. Cominciò a correre. Dal Pantheon uscì anche Ezio. Si teneva il fianco con una mano. Doveva essere ferito, ma la corazza lo aveva protetto abbastanza da salvarlo.
<< EZIO!!! >> Chiamò Il Lupo. << SEGUI RISTORO!!! NON FARLO ARRIVARE AL CASTELLO!!! >> Ezio diede una veloce occhiata a Ristoro, poi annuì e si mise a correre dietro di lui. Il Lupo si ricordò cosa doveva fare, e si mise a correre… Mentre correva si fermò a guardare il corpo di Baltasar De Silva accasciato su quello di Severino Sabelli. Gli si avvicinò e disse:<< Requiescat in pace, mentore… >> Guardò poi Severino. Fece per sentirgli il battito, ma quello gli afferrò la mano e lo guardò intendendo che non aveva bisogno di aiuto: aveva qualcosa di più importante da fare. Il Lupo capì cosa intendeva, e annuì. Lo rassicurò e si mise a correre… 
Tullio diede un fendente con la sua ascia al ventre del Carnefice, che schivò saltando indietro. Allungò il braccio su cui teneva l’altra ascia e la puntò al viso del nemico, che fermò prendendogli il braccio. Tullio si divincolò e attaccò con la sua ascia al viso del Carnefice, per farlo indietreggiare, ma questo afferrò il manico dell’arma e, girando su sé stesso, gliela strappò dalle mani, e gliela puntò contro. Tullio la fermò con l’altra ascia che aveva in mano. Le due armi si incastrarono di nuovo. Il Carnefice era distratto: Tullio scattò col polso destro e colpì il nemico al viso, uccidendolo. Il Carnefice cadde a terra. Tullio raccolse la sua ascia e gettò l’altra sul corpo del Templare, dicendo:<< Requiescat in pace. >>
Giovanni parò il “braccio” di Silvestro con il suo pugnale. Silvestro era ormai infuriato. Attaccava con furia e senza fermarsi mai, ma le sue mosse erano diventate più prevedibili. << Che ti succede? Non ti sembrano un po’ patetici, questi attacchi? >> Chiese. Silvestro ringhiò. << Forse stai per cedere? >> Il Templare liberò il braccio dal pugnale e lo alzò in alto, per poi abbassarlo con tutta la sua ira. Giovanni si gettò a terra, scattò i polsi e infilò le lame nel “braccio”, incrociandole. Poi diede uno strattone verso l’esterno e la protesi di Silvestro si spezzò. La parte con le “dita” cadde a terra, e Giovanni la raccolse, mentre il pezzo dal gomito in su rimase attaccato alla spalla del Templare. << Dev’essere proprio fastidioso, un aggeggio del genere… Ora come ti senti, Silvestro Sabbatini? >> Chiese l’Assassino. Silvestro cominciò ad arretrare con in volto un’espressione di orrore. Giovanni scatto il polso e lo uccise. << Requiescat in pace. Ora la tua paura non ti perseguiterà più. >>
Orfeo ansimava, non era portato per la battaglia, e perdeva sangue dalla spalla destra, dove Lanz lo aveva tagliato con pugnale. Parò un attacco del Templare con la cinquedea e mirò al fianco destro con la lama celata. Lanz saltò sulle spalle dell’Assassino e si aggrappò alla sua testa con le ginocchia. << Ora sei mio! >> Esclamò sollevando il pugnale. Lo abbassò con forza. Orfeo ebbe poco tempo per pensare. Si abbassò fino a rimanere sdraiato sulla schiena. Lanz perse l’equilibrio e lui ne approfittò per spingerlò indietro con le gambe, facendo forza sulla schiena. Il Grassatore cadde a faccia in giù. Orfeo si obbligò a continuare, quindi si girò e saltò addosso a Lanz con la lama celata estratta. Lui si voltò e gli puntò il pugnale contro, ma non riuscì a fermare la spinta dell’Assassino, che si abbattè su di lui, lacerandogli la gola. Orfeo fu però ferito al petto. Emise un gemito e si spostò dal corpo di Lanz tenendosi il punto in cui era stato ferito. Si sdraiò e si mise a guardare il cielo. << Requiescat in pace… >> Ansimò.
Malfatto aveva tentato di pungere Luca molte volte con la sua siringa, ma era stato tutto inutile: il pericolo lo aveva reso molto cauto e raramente si scopriva. Ora il Templare stava cercando di pungere l’Assassino nel braccio. Luca aveva attaccato Malfatto al fianco, ma questo aveva schivato di lato, e ora aveva il suo braccio davanti agli occhi. Lo aveva bloccato e stava per calare la siringa, ma Luca tirò il braccio con forza e lo fece cadere. Malfatto perse la siringa. Si mise a cercarla. Senza era perduto. La trovò, ma luca ci posò il piede di sopra. << Non ho parole per esprimere il disgusto che provo nei tuoi confronti… >> Lo guardò sprezzante, come qualcosa che non meritava pietà o compassione. << Provi piacere nell’uccidere la gente, mentre come medico dovresti fare di tutto per salvarla. >> Luca premette sulla siringa, che si ruppe con un rumore di vetri infranti. << Mi fai schifo! >> Malfatto indietreggiò, ma era inutile. << Non lascerò in vita un simile mostro! >> Disse Luca. Scattò col polso e lo uccise. << Requiescat in pace, bastardo… Che tutte le anime che hai stroncato trovino la forza di perdonarti. >> Disse.
Auguste aveva attaccato Paolo al costato, e ora l’Assassino non riusciva più a respirare bene. << Buon riposo, Polo Simoni! >> Urlò saltando. Paolo era stanco e non sarebbe riuscito a schivare l’attacco del Fabbro. Auguste tirò su il martello e lo abbassò con tutta la forza che aveva in corpo. Avrebbe fracassato il cranio di Paolo, ma l’Assassino sollevò il suo martello e deviò la traiettoria dell’arma nemica. Auguste fu trascinato dalla sua stessa furia, e rotolò a terra. Si alzò con difficoltà, e Paolo gli sparò a una gamba. Quello si accasciò a terra. Paolo si avvicinò ansimante. Il Fabbro si teneva il punto in cui la pallottola lo aveva colpito, e guardava Paolo con rabbia. << Credo di non voler riposare ancora, sai? >> Disse l’Assassino ansimando. << Ma tu mi sembri molto stanco. >> Scattò il polso e uccise Auguste Oberlin. << Requiescat in pace, Auguste Oberlin. >> Disse.
<< Sono davvero insistenti, non trovi, Marco? >> Chiese Ulrico. I soldati continuavano ad attaccarli e nessuno sembrava volersi arrendere. << Resisti, Ulrico. >> Rispose l’altro. << Sembra che stiano diminuendo. >> << Oh, non ne dubito! Ne abbiamo uccisi così tanti che ormai avranno dovuto richiamare quelli fuori città! >> Scherzò Ulrico. Saltò addosso a un soldato e lo scaraventò verso un gruppo di guardie armate di lancia. Marco lanciò una bomba fumogena e uccise tutti i soldati che ne furono distratti. Ulrico diede un pugno in faccia a una guardia e prese al volo Marco, che gli era corso incontro. Lo fece roteare e lo lanciò nella mischia. << Dovremmo cominciare a prendere la cosa un po’ più seriamente… >> Disse uccidendo una guardia alle sue spalle senza neanche voltarsi. << Io credo che dovremmo cominciare a prendere tutto più seriamente! >> Rispose Marco dopo essere saltato addosso a due guardie. Ulrico rise alla sua battuta, e sparò a un bruto che stava per attaccare l’amico.
Emiliana era ferita alla gamba sinistra, al ginocchio, e perdeva sangue dal labbro, dove aveva ricevuto un pugno. Inoltre Rocco Tiepolo le aveva procurato una ferita profonda sopra al sopracciglio destro, e il sangue le era colato nell’occhio. Così continuava a combattere con un occhio solo, e Rocco le era scappato. Ora stava approfittando della sua temporanea cecità per sorprenderla. << Merda! Dove diavolo si è nascosto quel bastardo? >> Si chiese arrivata in un vicolo vuoto, dove lo aveva visto sparire. << Una signorina come lei non dovrebbe esprimersi così! >> Disse una voce alle sue spalle. Era Rocco Tiepolo, e la aveva sollevata da terra. Le aveva poi tappato la bocca e le impediva di respirare. << Forse dovresti imparare ad essere meno irruenta. >> Le disse. Emiliana tentò di divincolarsi, ma Rocco la teneva stretta in una morsa e le veniva difficile anche il più piccolo movimento. Era furiosa. Non sarebbe dovuta cadere nel suo tranello! E la colpa era tutta sua, perché, come aveva detto Rocco, era stata troppo irruenta.
Rocco si sentì tirare l’abito. Si voltò con sguardo interrogativo e vide di fronte a sé Severino Sabelli. Aveva strappato la cappa e l’aveva usata per fermare l’emorragia al collo. Lo guardava furioso. Aveva le lame celate estratte e stava per colpire il Templare. Rocco fece per parare Emiliana davanti a sé, ma Severino lo ferì alla spalla destra, e poi cadde a terra. Rocco urlò, e lasciò la presa su Emiliana, che scattò col polso destro e infilò la sua lama nel fianco di Rocco. Lui urlò di nuovo, e lei si liberò. Si voltò e si gettò su di lui urlando con tutta la furia che aveva in corpo. Gli lacerò il collo con la sua lama celata. Rocco Tiepolo cadde a terra, e morì. Emiliana si alzò ansimante. << Requiescat in pace, bastardo! >>
Era strano… Aveva aspettato quel momento da quando i suoi familiari erano stati uccisi, e ora era passato così in fretta… E lei non si sentiva diversa da prima… Sentiva la calma; sentiva l’appagamento per aver raggiunto l’obiettivo che aveva da molto tempo; ma non sentiva altro. Anzi: ora sentiva come un vuoto, dentro di sé. Non si era mai preoccupata di nulla, se non dei suoi nemici. Aveva finalmente scoperto che era stato Rocco Tiepolo ad aver eliminato la sua famiglia, e finalmente aveva vendicato la loro morte, ma era triste: triste perché aveva capito che la sua vita era finita! La sua vita non aveva più senso! Si era unita agli Assassini principalmente per trovare Tiepolo e porre fine alla sua vita, ma voleva anche proteggere il popolo! Questo proposito le era entrato nella testa ora! Prima non lo aveva mai considerato più di tanto.
Il suo sguardo cadde su Severino, accasciato a terra, ferito e rantolante. Si buttò su di lui e preoccupata. << Severino! Che cosa ti è successo? Come hai fatto ad arrivare fin qui con una ferita del genere? >> Chiese allarmata scostandogli la cappa dal collo. Lui tossì. Emiliana si spaventò. << Aspetta qui! >> Disse. << Vado a cercare aiuto! >> Emiliana si alzò e tornò nella piazza, a cercare qualcuno per medicarlo, o per portarlo al sicuro.
Come se potessi andare da qualche parte… Pensò Severino. Rimase lì, solo, con il cadavere di Tiepolo accanto. A quel punto svenne di nuovo. Aveva fatto il suo dovere, e ora poteva anche andare…
Sul tetto si sentiva forte il vento. Il Lupo era riuscito ad arrampicarsi, e si era mostrato a lui uno spettacolo terribile: Fiora era sdraiata a terra, coperta di ferite, il ventaglio sotto la mano aperta, e poco lontano da lei c’era Faustina Collari, morta. Lo sguardo vuoto verso il cielo. Aveva la gola tagliata e non si muoveva. Aveva ancora la mezza forbice in mano. A terra, lontano da lei, c’era il suo cappello. Doveva esserle volato durante il combattimento, o prima, perché non era sporco di sangue, a differenza degli indumenti delle due donne. Lo raccolse e si avvicinò a Faustina. Le passò le dita sugli occhi, chiudendogleli, e dicendo:<< Requiescat in pace. >> Poi posò il cappello accanto a lei e si rialzò. Si diresse verso Fiora. Aveva il viso bagnato, segno che aveva pianto. Era ferita sopra il cuore e in molti altri punti. Aveva ancora il ventaglio in mano, come Faustina. Il Lupo si rattristò a vederla in quelle condizioni. Sperava di dover essere l’unico a dover finire in quelle condizioni…
<< Sono venuto a prenderti, Fiora. >> Sussurrò. Le cinse la vita e la sollevò. Il suo corpo inerte sembrava senza vita, ma non voleva perdersi d’animo. Se avrebbe fatto in fretta, avrebbe potuto salvarla! Cominciò a camminare, per scendere da lì e portarla all’Isola Tiberina, da qualcuno che la potesse curare.
Il corpo di Faustina rimase lì…
Ezio saltò su una cassa e si aggrappò a una trave. Ci salì sopra e saltò su un tetto. Da lì vedeva Ristoro scappare molto in fretta. Doveva fermarlo prima che arrivasse a Castel Sant’Angelo, altrimenti sarebbero morti tutti! Si mise a correre, saltando da un tetto all’altro. Ristoro sapeva di avercelo alle costole, ma non si voltava per non perdere tempo. Cercò di infilarsi in un vicolo stretto, dall’altra parte della strada su cui correva Ezio. Lui saltò su un altro tetto e continuò a seguirlo. Ristoro svoltò a destra e uscì dal vicolo. Ezio si ritrovò davanti solo una piazza. Saltò per raggiungere il Frate: non c’era tempo per cercare un altro tetto. A quel punto Ristoro si aggrappò a un montacarichi. Ezio tentò di aggrapparsi a lui prima che salisse, ma rischiò di farsi schiacciare dal peso che portava il montacarichi. Cominciò così a seguirlo da terra. Sapeva, però, che sarebbe dovuto scendere, prima o poi. Gli era difficile capire cosa pensava quell’uomo dalla mente così contorta, anche col suo dono.
Continuò a seguirlo per tutta Roma. << Non ti stanchi mai, Ezio? E’ impressionante come riesca a correre per tanto tempo con quella ferita… >> Disse a un certo punto il Templare. Ezio rispose emettendo uno sbuffo:<< Non è la prima volta che vengo ferito, e questa non è neanche tanto profonda, dato che la corazza mi ha salvato la pelle… >> Ristoro rise. << E pensare che questa è la seconda volta che accade… >> Continuò l’Assassino. << E’ grazie a quell’armatura, dunque? In effetti sembra molto resistente. Chi te l’ha forgiata? >> Ezio rise alla domanda del Frate. << Nessuno. Era in un sotterraneo. Appartenne all’Assassino Bruto. E’ la seconda armatura che mi salva la vita in questo modo. >> << Prima non ce l’avevi? >> << Già! L’armatura che avevo precedentemente è andata perduta durante l’attacco a Villa Auditore. Immagino tu sappia di cosa sto parlando! >> Disse Ezio rabbuiato. << Oh, mi dispiace! >> Disse Ristoro con falsità.
Ormai erano quasi arrivati al castello. Ezio doveva fermare Ristoro, che era sceso dai tetti dopo aver superato un arco. Ezio era stato rallentato più volte da delle guardie, ma le aveva sempre liquidate in fretta.
Ristoro stava attraversando il ponte Sant’Angelo, ed Ezio era alle sue spalle. Come passavano la gente si levava di torno. Alcuni civili incitavano Ezio a raggiungere il Frate, perché molte persone appoggiavano gli Assassini, e Ristoro era ben conosciuto come un poco di buono, e nonostante fosse un frate, neanche la Chiesa era riuscita a coprire tutto quello che lui aveva fatto… Nemmeno i soldati si paravano fra loro.
Ristoro sembrava chiamare qualcuno nel castello, ma non sembrava accadere nulla…
<< Quella puttana… E’ troppo stupida! Starà aspettando il mio arrivo… Sarebbe stato meglio, ma lei non sa usare la Mela come me… Dunque preferisce aspettare me, per evitare di sbagliare qualcosa, ma così rischieremo troppo!!! >> Imprecò tra i denti Ristoro. Ezio si era accorto che c’era qualcosa che non andava. Doveva raggiungere il Frate prima che arrivasse sul tetto, dove sembrava guardare.
Ristoro mandò alcune Guardie Papali a fermare Ezio. Questo sparò alla prima, poi lanciò un pugnale nella fronte alla seconda guardia. La terza guardia gli corse incontro con la lancia puntata contro. Ezio saltò, afferrò la lancia, spinse la guardia con i piedi, girò la lancia e la uccise colpendola sul viso. Poi la lanciò verso Ristoro, che stava entrando nel castello. Questo si abbassò e schivò la lancia, salvandosi per pochi centimetri. Ezio tornò all’inseguimento. Ristoro entrò nel cortile attraverso il cancello interno. Ordinò alle guardie di abbassare le sbarre. Queste cominciarono a scendere lentamente. Ezio si costrinse ad andare più veloce, scattando in avanti. Restavano trenta centimetri di spazio. Si gettò a terra, e, con una capriola entrò nel cortile. Si rialzò, cogliendo gli sguardi di stupore delle guardie, che cominciarono a urlare. Sparò alla guardia a sinistra e lanciò un pugnale a quella alla sua destra. Riprese l’inseguimento. Ristoro entrò nel castello, sbattendo la porta in faccia ad Ezio. Si voltò, dopo aver constatato che la porta non si sarebbe aperta, e si accorse di essere circondato da guardie ben armate. Si guardò intorno per cercare una via di fuga, ma l’unica via di fuga era il muro: infatti l’obiettivo di Ristoro era il tetto. Allora Ezio comicniò ad arrampicarsi. Le guardie gli urlarono di scendere, ma lui non li ascoltò. Alcuni soldati armati di balestra cominciarono a sparargli contro, ma lui non si arrestava. Ogni piccola fenditura nel muro era un passo in avanti! Stava per arrivare in cima: doveva arrampicarsi sull’ultimo muro! Due guardie gli si pararono d’avanti e lui le uccise con le lame celate. Arrivato in cima, dove si innalzava l’asta che teneva la bandiera. Vide Lia De Russo, con in mano il Frutto dell’Eden, che aspettava Ristoro. Stava per saltarle addosso, quando da una botola uscì il Frate.
<< Perché diavolo non hai utilizzato subito la Mela?! >> Chiese infuriato.
<< Stavo aspettando te! Avrei rischiato di colpire anche te, se non fossi stato accanto a me! >> Si giustificò la Trafficante.
<< Ezio Auditore in persona mi è alle calcagna! >> Eslcamò Rsitoro adirato. Le strappò la Mela dalle mani e si arrampicò sull’asta. Lia lo seguì. Ezio balzò verso di loro. Ristoro lo vide e il suo viso perse tutto il colore di prima.
Erano quasi in cima all’asta, e senza pensarci neanche un attimo, spinse giù Lia De Russo, che cadde urlando, sperando che potesse rallentare Ezio. Lui tentò di schivarla e si lanciò su Ristoro in preda all’ira.
Scattò col polso e attaccò il Templare, che utilizzò il Frutto dell’Eden. Un lampo giallo ne uscì, ma Ristoro era distratto, e il lampo mancò Ezio e colpì Lia, che svenne mentre cadeva. Ezio allungò il braccio sul viso di Ristoro, ma il Frate spostò la testa a sinistra, e lo ferì sulla parte destra del viso: la lama tagliò dalla mascella fino alla fronte, passando per l’occhio.
Ristoro perse la presa, e cadde urlando. La Mela gli scivolò dalle mani. Ezio tentò di lanciarsi per prenderla, ma non ci riuscì. Cadendo posò un occhio su Lia De Russo. Vide una donna, non una Templare. Quel lampo doveva averle cambiato qualcosa dentro… Ebbe un’idea folle. Si lanciò per afferrarla! La prese per un braccio e si aggrappò con tutte le sue forze al parapetto. Guardò in basso e vide Ristoro cadere, sbattere contro i parapetti, contro le travi, precipitare giù e finire inerte nel Tevere. Il Frutto dell’Eden cadde in acqua con lui, e finì in fondo al fiume, a causa del suo peso.
<< Requiescat in pace… >> Disse rivolto a fra’ Ristoro. Diede un’occhiata al punto in cui era caduto il Frutto dell’Eden e pensò: Meglio così… Nessuno dovrebbe avere un simile potere…
Ezio guardò Lia De Russo, inerte, addormentata, penzolare attaccata al suo braccio. Con uno sforzo enorme la tirò su, e la fece sdraiare a terra, dopo essersi issato su, ovviamente. La guardò preoccupato, come se ora avesse un cucciolo a cui badare, e non era poi tanto diversa la situazione…
<< Direi che ce l’ho fatta… >> Disse mettendosi le mani ai fianchi e guardandosi intorno. Guardò di nuovo Lia. << Ahhh… >> Sospirò. << Gli altri come la prenderanno? >> 

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Capitolo 26
*** Presentazioni ***


Il Lupo era seduto su una sedia in un corridoio, dietro una porta. Era nervoso. Stava aspettando che il medico che aveva chiamato lo facesse entrere, ma era passato troppo tempo. Stava piegato in avanti, con le mani unite, e ascoltava tutto quello che succedeva fuori e dentro. Vedeva i granelli di polvere spostarsi quando arrivava una folata di vento, e non si muoveva di un millimetro, per non turbare tutto quello. Sentì un rumore provenire da fuori il corridoio. Era una porta che si apriva, spinta da qualcuno che aveva difficoltà, forse un ferito o qualcuno che portava un ferito.
Il Lupo si alzò e andò incontro ai suoni. Sentiva due voci: Paolo Simoni, che sembrava ansimare, e Emiliana Santi, che sembrava preoccupata, dal tono di voce. Li vide non appena uscito dal corridoio: Paolo stava deponendo il corpo di Severino Sabelli, con la sua cappa al collo, su una panca, mentre Emiliana gli girava attorno, prendendo il necessario per curarlo. Paolo prese un medicinale e glielo versò in una ferita. Di conseguenza, Severino reagì stringendo i denti. Paolo cominciò a fasciarlo, dopo aver sciacquato le ferite. Levò la cappa di Severino dal suo collo e sciacquò la ferita con molta acqua. Poi cominciò a disinfettarla con medicinali, e poi si mise a fasciarla.
Il Lupo si avvicinò. << Che è successo? >> Chiese. Paolo non gli rispose. Emiliana lo guardò scontrosa. << Ho solo fatto una domanda… >> Disse ai due Assassini. Emiliana lo squadrò: era ricoperto di sangue, e sembrava ferito in molte parti del corpo; la sua espressione assente e sprezzante non se n’era andata, anzi, si era indurita. Lei vedeva un mostro, di fronte a sé. Un mostro che aveva messo a repentaglio le vite di tutti loro! Ma allo stesso tempo vedeva un uomo triste e solo, che aveva cambiato la sua vita. Inoltre, era la vecchia Emiliana a vedere quello. La nuova lei vedeva solo un uomo triste e solo, che aveva cambiato la sua vita, e che aveva combattuto per salvare una persona. E vedeva una persona di cui fidarsi.
<< Cosa ci fai qui? >> Chiese Emiliana. << Non dovresti portare Fiora da un medico? >> Il Lupo rispose cortese. << Infatti l’ho portata qua. >> Emiliana gli lanciò un’occhiataccia. << Perché qua? Questa non è certo casa tua! >> Paolo continuava a fasciare Severino. << Hai ragione, non è casa mia, e nemmeno sua. E’ la casa degli Assassini, e siete voi che dovete decidere cosa fare di me e di lei… >> Allargò le braccia. << Decidi pure: la più alta in grado, al momento sei tu… >> Emiliana girò la testa e guardò da un’altra parte. << Puoi restare. >> Disse. << Ma non stare in mezzo ai piedi… >> Finì. Il Lupo sorrise mestamente. << E’ stato Baltasar de Silva a fargli questo. >> Disse. << Gli ho chiesto se aveva bisogno di aiuto, ma ha detto di no… >> << Non ti preoccupare! >> Lo interruppe l’Assassina. << Lui ha un forte senso del dovere, e sapeva che avevi qualcosa da fare! >> Lo guardò con tristezza. << E anche lui aveva qualcosa da fare… >> Disse. Il Lupo non disse altro, e tentò di cambiare discorso. << Dove sono gli altri? >> << Non lo so… Ci siamo divisi, per evitare di farci seguire, anche se dubito che sarebbe successo… >> Disse Emiliana continuando a guardare Severino. << Ma sono certa che stanno bene. >> Il Lupo sbuffò:<< E perché diavolo siete venuti, quando vi avevo detto che non volevo che veniste? >> Emiliana sorrise. Guardò Severino e poi Il Lupo. << E’ stato lui, che ha convinto tutti noi… >> Il Lupo sorrise, con un’espressione di ringraziamento.
Appena finì di parlare, la porta della torre si aprì, ed entrarono Severino Stornello, Orfeo Occhionero e Fabiola Fornari.
<< Ehi, siete arrivati! >> Esclamò Orfeo non appena vide gli Assassini. Era ferito alla spalla destra e ansimava, a causa di una ferita al petto medicata in fretta.  << Siete solo voi? >> Chiese. Il Lupo annuì. Paolo contemplò il corpo di Severino, fasciato in molti punti, e annuì soddisfatto. Lo sollevò e lo portò nella sua stanza. Tornò dopo qualche istante. << Ora dovremo solo aspettare che guarisca… >> Disse. Emiliana tirò un sospiro di sollievo. Nella stanza calò il silenzio. Gli Assassini erano ricoperti di ferite, e sui loro abiti c’era il sangue delle loro vittime…
<< Bè… E’ finita! Non siete contenti? >> Chiese Fabiola, cercando di tirare su il morale agli altri. << Non ancora! >> Disse Il Lupo. << Quando tornerà Ezio, sarà finita! >> Fabiola non capì, come tutti gli altri presenti. Il Lupo si mise a raccontare cosa Donato gli aveva svelato, in punto di morte. Gli Assassini sgranarono gli occhi, quando sentirono il racconto.
<< Ezio ci riuscirà! Non può andare diversamente! >> Disse Fabiola.
Il Lupo non ne era sicuro. << So benissimo che Ezio è un abilissimo Assassino, ma anche Ristoro è forte: è subdolo e combatte bene… Non lo so… >> << Devi pensare positivo… >> Lo incoraggiò lei.
Nella torre arrivarono anche Marco e Ulrico. Erano completamente ricoperti di sangue, ma non era il loro, e avevano poche ferite, molto lievi. << Non sapevano neanche tenere in mano una spada… >> Disse Marco mentre Paolo gli dava una medicina con cui disinfettare le ferite.
Arrivarono, infine, Giovanni, Luca e Tullio. Ormai mancava solo Ezio.
Il medico che aveva chiamato Il Lupo uscì dalla stanza tutto sudato. << Sta bene, ma ha bisogno di riposo… Ha sfiorato la morte. Col tempo si rimetterà in sesto. Se avrete ancora bisogno di me, non esitate a chiamarmi. >> Disse. Il Lupo era sollevato da questa sua notizia, e pensò di andare a vedere come stava Fiora.
Entrò nella stanza infilando lentamente la testa. Fiora era distesa su un letto, ricoperta di garze, e respirava serenamente: sembrava dormire, ma lui sapeva che era sveglia. Si avvicinò e si sedette su una sedia accanto al letto.
<< Ehi. >> Chiamò dolcemente. Fiora mosse la testa, senza aprire gli occhi. << Hai corso un bel rischio… >> Fiora rimase ferma. << Già… Se te ne fossi rimasta al tuo posto non avresti rischiato tanto… >> Fiora parlò senza aprire gli occhi. << Non mi piace restarmene a guardare mentre gli altri rischiano la vita per causa mia. >> Il Lupo abbozzò un sorriso. << Me ne sono accorto… >> Il silenzio invase la stanza. Il Lupo si alzò dicendo a Fiora di riposare.
Il Lupo ora non sapeva veramente che fare… Fiora era al sicuro, e i Templari non c’erano più… Forse avrebbe fatto meglio a sparire…
Mentre pensava non guardava dove andava, e urtò contro qualcuno che portava dei rotoli di pergamena. Caddero tutti e due, e le carte si sparsero per terra. Il Lupo tentò di aiutare la persona a raccoglierle, ma si bloccò quando vide chi era: Leonardo da Vinci. Lo aveva visto qualche volta a Castel Sant’Angelo, ma non pensava che frequentasse la Gilda degli Assassini con così poca discrezione…
<< Leonardo da Vinci? >> Chiese.
<< Il Lupo? >> Chiese l’altro. Rimasero a fissarsi alcuni istanti, meravigliati di quell’incontro… Poi Il Lupo si schiarì la voce. << Ehm… Che ci fai qui? >> Leonardo si mise le carte sottobraccio. << Ehm… Prima tu… >> Era normale che non sapesse che dire: Ezio non doveva ancora avergli parlato di lui. Il Lupo sorrise:<< Sta’ tranquillo: non sono più un Templare! >> << Ah, quindi possiamo parlare come se niente fosse? >> Il Lupo annuì. << Allora sarebbe meglio che il nuovo Lupo si presenti! >> Disse Leonardo. Il Lupo sorrise. << Hai ragione. >> Allungò una mano. << Piacere: sono Il Lupo! >> Leonardo gliela strinse. << Piacere: sono Leonardo da Vinci! >> Sorrisero. Poi Leonardo chiese:<< Ezio non c’è? >> Il Lupo scosse la testa. <> <> Proprio mentre Leonardo finiva di parlare, la porta della torre si spalancava, e la figura di Ezio con in braccio Lia De Russo addormentata entrava dentro. Subito gli Assassini cominciarono a tempestarlo di domande, a cui Ezio non rispose. Prese Il Lupo in disparte e gli parlò.
<< E’ stata colpita dalla Mela. Non vedo più una minaccia, in lei. >> Disse. Il Lupo non sapeva come potesse capirlo, ma non era importante, in quel momento.
<< La Mela doveva farci perdere la memoria su tutto quello che è successo, e se Ristoro l’ha usata per colpire te, allora o era per ucciderti oppure per farti perdere la memoria. >> Rispose Il Lupo.
<< Sì, bè, a proposito di Ristoro, mi ha mancato, e a quel punto l’ho ucciso… >> Disse Ezio. << E’ caduto giù dalla sommità del castello ed è finito nel fiume. >>
<< Sei sicuro che sia morto davvero? >>
<< Nessuno potrebbe resistere a un volo del genere! >> Lo rassicurò Ezio.
<< Hai ragione: ormai è finita. >> Disse Il Lupo rilassandosi. Tornarono poi dove erano prima, dove tutti quanti erano attorno a Lia De Russo, sdraiata su una panca, inerte. Alcuni erano sorpresi, altri pittosto rabbuiati…
<< Non mi è mai stata molto simpatica… >> Disse Il Lupo guardandola. << Ma se pensi che non sia più una minaccia, allora mi fido di te. >> Ezio sorrise. Sembrava che la Gilda si fosse allargata… 

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Capitolo 27
*** Iniziazione ***


Il Lupo avrebbe voluto andarsene, ma sentiva qualcosa, come se non volesse abbandonare quel luogo… Fiora stava bene, era al sicuro, ormai, ma lui non se ne voleva andare, nonostante pensasse fosse la cosa migliore da fare. Gli Assassini lo avevano convinto a restare, tirando in ballo il fatto che non sapevano come comportarsi con Lia… E Fiora non lo avrebbe lasciato andare, ma in quel momento non avrebbe potuto fare niente…
Il Lupo non voleva mentire a Lia, tuttavia non voleva che ridiventasse una Templare… Ma se Ezio diceva che non era più una minaccia, allora avrebbe provato a dirle tutto: non sarebbe stato giusto farle credere di essere qualcuno che non era. Non appena si risvegliò e riuscì a comprendere ciò che le veniva detto, le parlò. Aveva proprio dimenticato tutto. Era tornata una bambina…
<< Al momento… Sei una Templare. >> Disse Il Lupo con le braccia incrociate, seduto davanti al letto della ragazza.
<< Come? >> Chiese stordita.
Il Lupo sospirò. Doveva essere paziente: così si mise a raccontarle tutta la storia. doveva raccontarle la storia dei Templari e quello che facevano, e poi doveva raccontarle la sua storia... Non sapeva molto di Lia, ma era entrato a far parte dei Templari prima di lei, e poteva raccontarle cosa aveva fatto in quel periodo…
Lei era la Trafficante. Comprava o rubava oggetti pregiati, armi o qualunque altra merce che potesse interessare ai Templari, e le rivendeva per ricavarne soldi, in parte per sé, in parte per i Borgia… Era come una tassa che doveva pagare perché potessero chiudere un occhio per i suoi crimini; in fondo si trattava sempre di omicidi e furti… Non erano mai stati grandi amici, ma qualche volta avevano lavorato insieme… Poi Il Lupo le parlò di tutto quello che era successo da quando Fiora era fuggita, e di come lui era stato cacciato, di come aveva combattuto contro Fiora, il giorno che gli Assassini si erano infiltrati al castello, e, infine, di come era stata colpita dal Frutto dell’Eden, dopo essere stata tradita da fra’ Ristoro, che aveva tentato il tutto per tutto, pur di vincere…
Alla fine del racconto, Lia era pensierosa. Ora ricordava abbastanza per poter decidere da sola cosa fare…
<< Puoi scegliere, se rimanere una Templare, diventare una persona normale, senza uccidere o rubare, o diventare un’Assassina… Io non voglio condizionare la tua scelta… Potrei dirti facilmente i pro e i contro di ogni scelta, ma la decisione spetta a te! >> Disse Il Lupo.
Dopo un attimo di esitazione, Lia chiese:<< Quali sono i pro e i contro? >> Il Lupo sospirò. << Rimanendo una Templare non dureresti molto, tra queste mura… E inoltre dovresti vedertela da sola con tutti noi e tutti i ribelli… Non saresti ben voluta dalla gente e saresti un burattino che non sa pensare con la propria testa… Però vivresti bene… Avresti protezione e soldi in quantità… Diventando una persona normale, saresti solo una persona che si è levata dalla scena, che se n’è andata, lasciando perdere tutto questo… Un atteggiamento da vigliacchi, direi. Ma in fondo sarebbe solo chiedere di vivere una vita normale, e dopo tutto questo, chi non lo vorrebbe? Non posso rimproverare qualcuno per questo, quando anch’io vorrei andarmene, lasciando tutto questo ad altri, ma sarebbe un comportamento da vigliacco, e io lo sono stato fin troppo! >> Il Lupo si accorse di aver cambiato discorso. Tossicchiò e continuò. << Tuttavia, ricominciare una vita normale con tante vite sulla coscienza, non sarebbe molto giusto… Diventare un’Assassina sarebbe la cosa migliore, dato che potresti continuare a vivere pensando con la tua testa, senza che le vite che ti porti dietro ti pesino sulla coscienza, perché faresti qualcosa di buono, pur uccidendo… Tuttavia è comunque pericoloso: essere un Assassino significa andare in missione, rischiare la vita e altro ancora… >> Finì Il Lupo. << Ricorda che non voglio condizionare la tua scelta. Io non tenterò di farti scegliere qualcosa che non vuoi: devi pensare con la tua testa! >>
Lia deglutì e rimase in silenzio. Con voce roca, rispose. << Diverrò un’Assassina. Già ora non riesco a sopportare di aver ucciso degli innocenti, e rimanendo una Templare odierei me stessa, come divenendo una persona normale… >> Lo guardò speranzosa. << Farò del bene, cosa che nella mia vita non ho mai fatto. >> Il Lupo sorrise. << Non lo puoi sapere… >>
 

*

 
Erano passate due settimane. Fiora stava meglio, e Lia riusciva a fare quello che faceva prima; era tornata nel pieno possesso delle sue abilità. Il Lupo era rimasto: sarebbe diventato un Assassino, e, pur brontolando, dicendo di non esserne degno, due persone sapevano la verità: lui ed Ezio.
Severino Sabelli era ancora un po’ acciaccato, ma stava bene… Ora Emiliana non lo perdeva di vista nenache un momento, temendo che si cacciasse in qualche guaio, e a lui non davano certo fastidio, le sue premure…
Orfeo e Fabiola avevano addestrato Lia per farla tornare in piena forma.
Il Lupo aveva fatto visita a Fiora ogni giorno, finchè, il giorno dopo aver accettato di diventare un Assassino, sapendo che anche lei lo sarebbe diventata, passò da un fabbro per commisionargli alcune cose, e poi si chiuse nella sua stanza e non ne uscì se non ventidue ore e tredici minuti esatti dopo, con un oggetto avvolto in un panno. Passò a ritirare qualcosa dal fabbro, e andò da Fiora. Lei era con Ezio, Severino ed Emiliana, e stavano decidendo la data della cerimonia di iniziazione. Lui la prese in disparte e le diede alcune cose: una spada con l’impugnatura dorata ben salda, con una rosa di rubino proprio sull’elsa, e una lama celata che si adattava ai suoi abiti; sopra c’erano incisi il simbolo degli assassini con sopra una rosa. Lei sorrise, ringraziandolo per il regalo, e gli mostrò una cosa: tirò fuori il suo ventaglio e gli fece vedere che la croce Templare era stata cancellata, in qualche modo, e ora c’era il simbolo degli Assassini. Il Lupo sapeva che per lei quella piccola cosa era importante, perché significava definitivamente la scissione dai Templari. Passò ad illustrargli come usare la lama celata: l’aveva creata a molla, come quelle degli Assassini, ma aveva velocizzato l’uscita della lama, conoscendo Fiora, avrebbe dovuto essere molto veloce, per non intralciarla. Gliela fissò al polso sinistro e gliela fece provare. Quando uscì allo scoperto, la lama brillò alla luce delle torce, e Fiora potè vedere incisa la scritta: “Pensa sempre con la tua testa”. Lei lo guardò felice, come se tutto quello fosse stato possibile solo grazie a lui. Lui scosse la testa e le disse che era stata lei: era lei che aveva fatto tutto quello. Fiora lo abbracciò, e Il Lupo ricambiò l’abbraccio.
La sera prestabilita per la cerimonia arrivò.
I tre ex-Templari erano nella sala delle cerimonie, davanti al tappeto rosso. Ai lati c’erano tutti gli Assassini in fila: Orfeo, Fabiola, Severino, Paolo, Tullio, Luca, Giovanni, Marco e Ulrico. In fondo alla sala, vicino a un altare e a un braciere, c’erano Ezio, Severino – che guardava la scena con orgoglio – e Emiliana a sorregerlo. Lia partì per prima: non aveva voluto rinunciare al suo mantello verde, a cui erano stati tolti tutti i simboli Templari, naturalmente. Dietro di lei Fiora camminava a testa alta sorridendo. Il Lupo aveva eliminato la croce sul suo mantello, e, nascondendo la verità – che solo lui ed Ezio conoscevano – si era fatto mettere il simbolo degli Assassini di sopra.
Ezio si mise una mano sul cuore, e fu seguito da Severino, Emiliana e i tre iniziati.
<< Laa shay'a waqi'un moutlaq bale kouloun moumkine. La saggezza del nostro Credo sta in queste parole. >> Disse. << Laddove altri seguono ciecamente la verità, ricordate… >>
I tre risposero insieme:<< Nulla è reale. >>
<< Laddove altri sono limitati dalla morale e dalle leggi, ricordate… >>
<< Tutto è lecito. >>
<< Agiamo nell'ombra per servire la luce. Siamo Assassini. >> Finì Ezio. Emiliana gli diede un marchio che era rimasto nel braciere. I tre allungarono le braccia e aprirono gli anulari. Ezio marchiò prima Lia, poi Fiora e infine Il Lupo.
Furono poi portati in cima alla torre, dove avrebbero effettuato il Salto della Fede.
Lia saltò ed entrò in acqua.
Fiora saltò ed entrò in acqua.
Toccò infine al Lupo. Si stava avvicinando alla trave da cui si sarebbe lanciato, ma Ezio gli parò una mano davanti. Gli sorrise. Il Lupo capì e rispose al sorriso. Salì sulla trave e saltò.
Era un Assassino, e aveva trovato la sua strada. 

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Capitolo 28
*** Grazie ***


Il Lupo stava accompagnando il vecchio, che non aveva fatto domande su dove lo stesse portando. Era piombato da lui, all’improvviso, lo aveva fatto alzare e lo aveva preso con sé… Ora stavano attraversando il ponte che portava all’Isola Tiberina. Il vecchio poteva capirlo dal rumore del fiume che si sentiva più forte… Il Lupo lo portò in una casa, vicino alla torre degli Assassini. C’era tutto quello che gli sarebbe potuto servire, e glielo fece intendere.
<< Questa è la tua nuova casa! >> Disse Il Lupo. << E’ vicino alla torre degli Assassini, così sarai al sicuro dai pericoli, e se avrai bisogno di aiuto, potrai sempre chiamare qualcuno. >> Il vecchio non credeva a quello che il ragazzo stesse dicendo. Delle lacrime cominciarono a scendergli dagli occhi e a solcargli il viso.
<< Grazie, Lupo. Chiunque abbia detto male di te, era nel torto. >> Lo abbracciò, piangendo. Il Lupo lo abbracciò e rispose:<< No, ti sbagli. Non sei tu che devi ringraziarmi: sono io, perché è grazie a te che sono riuscito a fare tutto questo. >> Il vecchio continuò a piangere. << Grazie. >>
Il Lupo lasciò il vecchio ad ambientarsi nella sua nuova casa, e si avviò verso il luogo dove avrebbe ringraziato qualcun altro…
 

*

 
Era nei boschi, e camminava lentamene, sentiva l’odore dei lupi, e sapeva che erano là, che lo aspettavano con pazienza. Erano passate tre settimane, da quando li aveva visti, e gli aveva detto che ce l’avrebbe fatta. Gli aveva detto anche che sarebbe tornato subito… Ma erano passati ventidue giorni!
Il Lupo entrò nella radura dove viveva il branco. I cuccioli gli corsero incontro. Gli altri lupi lo raggiunsero e si misero a girargli attorno. Erano felici di rivederlo, e lui era felice di rivedere loro, quando era mancato tanto così che non li rivedesse più… Poi arrivò la lupa che lo aveva allevato. La abbracciò, e disse che era tutto a posto…
<< Sono venuto qui, principalmente per un motivo, ragazzi… >> Disse, dopo che i lupi si fossero calmati. << Sono venuto per ringraziarvi, perché senza di voi la mia vita non sarebbe mai ricomiciata! Senza di voi non avrei imparato nulla di quello che so ora, e senza di voi non avrei avuto la forza di essere onesto con me stesso e di affrontare i Templari. Quindi… >> Il Lupo era un po’ imbarazzato, non sapeva perché… << Grazie. >>
I lupi cominciarono a ululare di gioia e lui si unì a loro. Erano tornati finalmente la famiglia che erano un tempo… 

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Capitolo 29
*** Un nuovo viaggio... ***


Fiora e Il Lupo erano a letto. Ora stavano insieme. Tuttavia, Il Lupo continuava a tenere il cappuccio e a non mostrare il suo volto… Fiora era dispiaciuta per quello, perché pensava che per lui significasse che nessuno avrebbe mai visto il suo volto, neanche la donna che gli stava accanto, ma aveva accettato questa sua decisione.
Fiora dormiva beatamente, anche se sembrava che qualcosa la turbasse. Il Lupo non dormiva. Lui non dormiva molto, e quando stava a letto pensava a tante cose… Un tempo pensava a come sarebbe stata la sua vita se non avesse ucciso i suoi genitori, ma da quando stava con Fiora non ci pensava più, perché avrebbe significato non conoscerla mai… E quindi rimaneva ad ascoltare i suoni della notte, a pensare a tante cose, finchè il sonno non lo prendeva con sé…
Era tardi, e dalla strada non si sentiva alcun suono, se non l’ululato dei lupi e le voci di qualche ubriaco che passava di là…
Notò un cambiamento nei movimenti di Fiora: prima stava ferma, si spostava raramente, mentre adesso sembrava turbata, come se un incubo si fosse insinuato nella sua testa. Il Lupo pensò che si trattasse proprio di questo. Glielo avrebbe chiesto la mattina dopo… Ma Fiora si svegliò di colpò con uno sguardo stremato. Si rizzò dritta e guardò il vuoto, come terrorizzata. Il Lupo fu sorpreso da questo risveglio brusco, e le chiese se ci fosse qualcosa che non andava. Quando lei si girò notò sul suo viso un’espressione che andava dalla preoccupazione all’isteria.
<< Mi sono completamente dimenticata di una cosa importante… >> Disse.
<< E cioè? >> Chiese Il Lupo tirandosi su alla sua altezza e guardandola con un’espressione interrogativa in volto.
La voce di Fiora era un sussurro. << Mi sono dimenticata di mia sorella… >>
<< Hai una sorella?! >> Esclamò Il Lupo quasi cadendo dal letto.
 

*

 
In un porto di Roma stava avvenendo l’imbarco delle merci e dei passeggeri su una nave diretta a Costantinopoli. Tra questi c’era un monaco incappucciato con le mani unite in preghiera.
<< E qual è il motivo del vostro viaggio? >> Chiese un marinaio. << Come mai un monaco di qui va in un posto lontano come Costantinopoli? >>
Il monaco era pelato e aveva una grande cicatrice sul lato destro del viso, che andava dalla mascella fino alla fronte, e passava attraverso l’occhio destro, cieco, di colore azzurro velato, trasparente.
<< Oh, sapete com’è… >> Disse quest’ultimo. << Motivi di pellegrinaggio… >> Rispose con un sorriso malvagio… 

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