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La voce era quella di un papero comune, di un papero che condivideva
un rifugio nelle viscere della città con tre nipotini, tutto ciò che gli
rimaneva di bello nella vita.
Si chiamava Paolino Paperino, e i nipotini avevano nomi molto
elaborati: Qui, Quo e Qua.
Vivevano nelle fogne da anni ormai. Avevano perso la cognizione del
tempo.
Vivevano di quello che trovavano, come i cacciatori preistorici. E
quel giorno erano stati fortunati, perché avevano trovato gli ingredienti per
fare delle buone frittelle, la specialità di zio Paperino.
Perché di sopra nulla era più sicuro. Sia di giorno che di notte.
Una distrazione, e arrivavano i guai più grossi. E si prendevano i
cittadini più deboli.
Aggirarsi per la città allo scoperto può essere fatale. Questo
Paperino lo sa bene.
Eccola, la nuova Paperopoli. Vicoli oscuri illuminati da luci a led
azzurre.
Il predatore si nasconde nella notte alla ricerca della preda. Dipende
tutto da chi vede prima chi.
Paperino si incamminava verso la sua vecchia casa. Lì conservava le
provviste, in un contenitore ben nascosto.
I ricordi gli andavano alle vecchie feste di famiglia, tutti riuniti
alla tavola. E ogni volta che si ricordava di quello che era avvenuto dopo, due
lacrime calde gli rigavano il viso.
Parenti che c’erano, e parenti che non c’erano più.
-
-
Le strade erano deserte.
Si sentì venire la pelle d’oca.
Poi comprese che non era solo paura. Ormai c’era abituato. Era freddo,
un freddo intenso e persistente.
Si voltò, e allora se ne accorse.
Basso, con una veste viola e nera, e l’immancabile fiammella azzurra
attorno al capo.
Era uno di quelli che la gente chiamava “fiamme fredde”.
Nonostante fossero azzurre, e quindi in teoria mooolto
calde, quelle fiamme non emettevano calore, ma i loro apici congelavano per
brevi periodi più dell’azoto liquido.
Il suo sguardo spento incrociò quello di Paperino, poi l’essere
sfoderò gli artigli retrattili.
“Oh, merLa!”
Non ci pensò due volte a darsela a gambe: non voleva ustionarsi il portapiume.
Sembrava l’avesse seminato. Si era imbucato in un vicolo laterale, il
primo a destra, lontano dalle luci a led.
Sentiva il cuore battere a mille, e il respiro sempre più affannoso.
Non gli era mai capitato di trovarsi così vicino a uno di quei mostri. Era
stato imprudente a uscire nell’ora del solito pisolino.
Gli Evroniani attendevano l’errore.
Non attaccavano subito. La loro filosofia era quella di scatenare
forti emozioni nella gente. E cosa meglio del terrore?
Si erano alleati con Everett Ducklair, plurimiliardario locale, il
quale con i mezzi a sua disposizione aveva creato un campo di forza attorno
alla città. Poi, attorno ad esso quei mostri avevano eretto una grande cupola
che oscurasse la luce, lasciando libero solo lo spazio circostante la Ducklair
Tower, con un vuoto abbastanza grande da permettere il passaggio delle astronavi.
Paperino pensava ancora a quel fatidico giorno in cui tutte le sue
certezze erano crollate, quando udì dei rumori nel vicolo vicino. Era la voce
di una donna, e sembravano urla.
In un primo momento pensò di far finta di niente, ma non ci riuscì.
Si incamminò fino a giungere con la testa oltre l’angolo del vecchio
rudere, a sbirciare.
Era orribile.
Un vecchio e grasso ufficiale evroniano aveva immobilizzato una
ragazza, e stava abusando di colei.
Paperino avrebbe voluto fare qualcosa, ma non poteva. Non riusciva
neppure a muovere le gambe.
Si coprì la faccia col
coperchio del bidone lì accanto pur di evitare ad ogni costo di vedere
quell’oscenità.
Ma non ci riuscì neppure stavolta. Si accorse che la ragazza l’aveva
notato, e chiedeva silenziosamente aiuto, in una smorfia di dolore, mentre
l’evroniano continuava imperterrito, reso cieco dalla foga del momento.
No. Doveva andarsene, subito.
Non riusciva a distogliere gli occhi da quelli, azzurri, della ragazza
bionda.
E si voltò dall’altra parte, ma subito dopo fu come colpito da un
fulmine e si sentì trascinare con un balzo da gambe che erano e al contempo non
erano le sue.
Sentì il braccio che si stendeva nell’aria, e il coperchio del bidone
che partiva come un frisbee, con incredibile potenza.
E sentì l’osso del collo dell’ufficiale evroniano fare crock.
Ci volle un po’ di tempo prima che si rendesse conto dell’accaduto.
Era accasciato a terra, sudato, con un evroniano “morto” di fronte.
Attorno, gli sguardi spenti di alcuni “fiamma fredda” immobili nel buio, e che
parevano terrorizzati. Per un attimo, ci provò gusto.
Cercò anche lo sguardo della giovane, ma questa era sparita nel buio.
Le immagini dell’evron-eye erano chiare. Quella sera un povero,
piccolo papero aveva vendicato un’ingiustizia. E aveva “ucciso” un alto
ufficiale evroniano.
-E’ indubbiamente un soggetto pericoloso. Potrebbe interferire con le
attività imperiali. Grazie per la segnalazione, Agron, i miei droidi
provvederanno a eliminarlo prima che sia troppo tardi.-
-Sempre felice di servirvi, signor Ducklair.-
-Adesso lasciami solo. Devo riflettere. Potere e Potenza!-
Spero vi sia piaciuto. Lo so,
qualcuno potrebbe volermela per come ho caratterizzato Ducklair, ma vedrete che
c’è una logica dietro a tutto ciò…
Sono
alex96ander, neoiscritto nonché, com’è ovvio, autore di questa fanf, e mi auguro di fare un buon lavoro qui. Detto questo,
in attesa del secondo capitolo…
Ed eccoci tutti qui convenuti per il
secondo capitolo!
Siete pronti? Allacciatevi le cinture,
che si parte!
-Zio, la cena è pronta!-
Il fetore dell’acqua marcia era stato sconfitto, per momento,
dall’odore di una brodaglia pronta fumante.
-Non hai fame, zio?-
-Che succede? Qualcosa ti turba?-
Sì. Si era macchiato di un crimine contro Evron. E in zona videosorvegliata.
Il più grande errore della sua vita.
“Mi riconosceranno. Mi troveranno. E poi…glab!”
-Pianeta Terra chiama zio Paperino!-
-AAARGH!Eh…uh… sì, arrivo…-
Quella notte andò a letto senza cena.
Anche se, ad onor del vero, non andò neppure a letto, visto che non ne
aveva, ma si stese su una stuoia vecchia e consunta.
Fu una notte piena di incubi, anche se la maggior parte erano ricordi.
Ricordi dei suoi primi passi in quel mondo sotterraneo, dove i
cittadini si erano nascosti per avere maggiori possibilità di fuga in caso di
attacco massiccio, in quel labirinto di cunicoli.
Avevano provato a percorrerli in lungo e in largo verso altri
orizzonti, solo per ricevere una sorpresa molto più amara: gli Evroniani
controllavano i confini, sia sopra che sotto.
Chissà quante altre città versavano in quelle medesime condizioni, e
quanti si erano salvati.
Allora i suoi pensieri passarono alla ragazza che aveva appena liberato
dalla morsa dell’evroniano.
Chi era? Da dove veniva? Cosa ci faceva, sola, nella città superiore?
E al corpo immobile dell’alieno, a terra,a cui usciva liquido giallo ocra e
maleodorante dal becco…
Si sentiva male. Non si addormentò, ma gli si offuscò la vista e perse
i sensi.
Ducklair schioccò le dita all’uscita dell’evroniano. Al comando la
stanza si illuminò di una luce fioca.
Era comparsa una grande sfera di colore grigio anonimo, al cui interno
fluttuava una sorta di replica imperfetta della faccia di Everett, trasparente.
-Desiderate, padron Ducklair?-
-Ho una missione per te, Due. Devi rintracciare questo papero…-
-Uhm… avvio subito una ricerca… in base ai tratti
somatici, sono portato ad affermare che con probabilità del 99,9 periodico % il
soggetto corrisponde all’identità di Paolino Paperino, maschio, nato il ***, residente
a Paperopoli, scapolo, alto ***m, figlio dei defunti Ortensia de’ Paperoni e QuackmoreDuck , nipote dell’ex multimiliardario Paperon
de’ Paperoni -scomparso in circostanze misteriose-,
fratello di Della Duck-coolflamizzata
nel 1996-, zio di tre nipoti preadolescenti, Qui, Quo e Qua, ovvero i figli
della sopra citata sorella, cugino di Gastone Paperone –un tempo papero dalla
proverbiale buona sorte, ma che fu trucidato dalle truppeevroniane nel dicembre 1997 durante la
rivolta-, imparentato inoltre con…-
-Basta, ho capito! Ordina ai droni di
trovarlo. Ha commesso un crimine contro Evron e dovrà prendersi le
responsabilità di ciò che ha fatto.-
-Allora noi andiamo da Tim, al secondo cunicolo a destra! Ciao, zio!-
“No, ragazzi, non lasciatemi da solo… vi prego…” –Ok, ma siate prudenti! Evron può essere ovunque…-
In fondo, sapevano badare a sé stessi. E poi forse era meglio che si
allontanassero. Se un evroniano l’avesse scovato, sarebbero finiti pure loro
nei guai…
Se non altro, la zona in cui erano spariti era sicura. I cunicoli
erano troppo stretti per quei maledetti vampiri.
“L’unico a rischio sono io, che resto qua”-AAAAAAAAH!-
Aveva distinto dietro di sé una “mosca”: uno di quei trabiccoli
apocalittici fluttuanti marcati Ducklair.
Si sentì raggelare il sangue mentre l’insettaccio di metallo si
avvicinava. Ma non abbastanza da rimanere congelato.
-Non ci tengo, grazie!-
Si gettò a terra evitando il raggio luminoso appena uscito da quella
boccaccia; poi, con uno scatto fulmineo, trattenendo il respiro, si gettò in acqua (leggasi: nella meLMa) e cominciò a nuotare più forte che poteva,
costantemente braccato dal drone.
“Ma cosa mi è saltato in mente? Questo è un letamaio!”
In risposta, un altro raggio gli passò molto vicino alla fronte.
“Ok, se proprio devo morire…glab!”
Sfruttò la prima svolta per prendere una boccata d’aria, poi si gettò
di nuovo in profondità, dove quella macchinaccia non poteva seguirlo e aveva
anche meno possibilità di centrarlo (a causa del fenomeno della rifrazione
luminosa, NdA).
Quello era il giorno in cui le nuotate nello stagno di Quack Town gli sarebbero tornate utili.
O forse no.
Il problema era che ormai da anni non si allenava per l’apnea, e
l’ossigeno cominciava a scarseggiare… mentre il robottino se ne stava comodo ad aspettare. Aveva tutto il
tempo del mondo.
“Addio, mondo crudele! Nipoti miei… vi ho voluto…bene…”
Pensava che non sarebbe sopravvissuto. Ma la sorte teneva in serbo un
altro destino per lui.
Mentre cercava di mantenersi in apnea per i suoi ultimi attimi,
continuando a nuotare in avanti, venne travolto da un’enorme onda. Vide davanti
a sé “l’insetto ad orologeria” che sprofondava nell’acqua, in corto circuito.
Poi, solo gli scarti dei coolflames che annerivano
l’acqua.
Riuscì a tirare fuori il becco per prendere aria, ma subito la
corrente lo riportò giù. Molto giù.
Aprì gli occhigiusto per
vedere un’enorme buco nero che stava inghiottendolo.
Le due figure erano molto sfocate. Sembravano ombre.
Poi, pian piano, l’immagine si fece più nitida.
Il primo individuo era alto, sovrappeso, di colore, con grosse
sopracciglia, tre peli in testa e un lungo becco aquilino.
Il secondo era un papero basso e smilzo vestito da Persiana Jones e
con una vecchia fotocamera a rullini rotta legata al collo.
-D… dove mi trovo? Chi…
siete?-
-Uhm… non seguivi molto i notiziari, eh, papero? Comunque hai l’onore
di incontrare il grande AngusFangus,
(ex)reporter di 00News, nonché colui che ti ha appena salvato la vita con un
eroico gesto…-
“Che poi in realtà sarei io…” -StefanVladuck, piacere.-
Sembravano l’uno l’opposto dell’altro. Pur in quel versante
drammatico, Paperino non riuscì a trattenere una risata.
Poi, smise di ridere fermando lo sguardo sull’enorme tubatura
verticale che riversava in continuazione litri su litri d’acqua.
-Dev’esser stata una bella caduta…-
E i suoi pensieri andavano a Qui, Quo e Qua, così vicini e al contempo
così lontani…
-Dev’essere un miracolo che sia ancora
vivo.-
Certo che quella cascata non finiva mai! Non si era mai reso conto di
quanta acqua scendesse in continuazione laggiù. Come facevano gli Evroniani a
disporne in una quantità così grande da sprecarla in continuazione?
-Il soggetto è tenace. L’avevo individuato col drone
ricognitore Y-14, ma è riuscito a fuggire. E deve averlo pure distrutto, perché
ho perso i contatti due minuti, 20 secondi, 9 decimi, 5 centesimi e 7 millesimi
fa (prendendo come istante finale il momento in cui avrei pronunciato la parola
“fa”, ho fatto il calcolo del tempo basandomi sulla mia velocità di dialogo),
padron Ducklair!-
“Ha… distrutto un mio drone?!
Porco Evron…!”-Te lo sei fatto sfuggire, inetto! Sai
che Evron non tollera fallimenti; non vorrei essere costretto a terminarti! Per
cui adesso vedi di darti da fare seriamente! Trovalo e fai il tuo dovere!
Non voglio che un piccolo, stupido papero interferisca! Sono stato
chiaro??!-
-Unsq’rzz di yiostly
con tanto sangue e due boccette di terrore umano. E cerca di sbrigarti, sacco
di blopp!-
-C-come d-desiderate, c-c-colonnello.-
Quello di Agron era il volto più temuto nella fu Paperopoli, dopo
quello di Everett Ducklair.
Tutti gli portavano gran rispetto, e gli Evroniani stessi –pure alcuni
dei ranghi più elevati- lo temevano.
Era stato lui a organizzare il primo tentativo di conquista della
città, due anni prima, seguito poi da un attacco massiccio in grande stile che
aveva portato alla conquista di tutto il continente chiamato America e di gran
parte dll’Europa e dell’Africa centro-settentrionale.
Il pianeta si era da subito rivelato adatto all’insediamento e alla
coltivazione delle spore, ma mai nulla avrebbe eguagliato ciò che era stato
fatto a Paperopoli. Il regno del terrore, una grande cupola sotto la quale
erano condensate forti energie emozionali, sorvegliata ovunque ai confini,
sopra e sotto terra, per evitare fughe di cittadini.
Cittadini che venivano lasciati in pace apparente e prelevati a poco a
poco, per favorire un mantenimento nel tempo della popolazione –a tale scopo
erano previsti anche degli inserimenti da fuori con i carichi di rifornimenti
alimentari-.
Agron guardò con soddisfazione il suo riflesso sul livello della
sottospecie di zuppa che aveva ordinato.
-E così questa è una delle arterie centrali delle fogne. Davvero
interessante (bleah!)…-
Era cento volte più sporca, buia e puzzolente del canale in cui era
vissuto.
-Dopo un po’ ci si abitua. Ho visto posti ben peggiori.- rispose con
voce piatta il papero col cognome da vampiro.
-Peggiori di questo?-
-E’ una vecchia storia. Una storia di quando facevo il fotografo di guerrAAAAAH!-
Nel pensare al passato era scivolato su…
qualcosa di viscido, cadendo di becco sul pavimento.
-Igh! Igh! Ti vedo
proprio sul campo di battaglia, Camera 9! Igh! Igh! Non ti smentisci mai…-
-Ma va’ a farti f******, Angus, che in quei
tempi quelli come te erano ottimi per le esercitazioni di tiro al bersaglio!-
-Offende, l’insetto…-
-Ehi, voi due! Calmi! Stop! –
-Ehi, mi ha sputato in un occhiOUCH!-
SOCK
SBONK
-Aaahi! Quello era un colpo basso!-
-Scusa, pensavo di averti preso
in faccia!-
STUNF
KA-POW
-AAAARGH!-
CRASH
CRACK
SPLASH!
Erano finiti tutti e due in acqua, e ora se ne stavano immobili a
pensare a quello che avevano appena fatto e a fissare il nuovo arrivato,
rimasto allibito.
-Verificatore a
base Due. Dai rilevamenti emerge che il soggetto ha attraversato il canale
verticale 125-bis. Anche se con grande probabilità dovrebbe essere morto,
procedo con la fase di ricerca.
Limitatore
inerziale attivato. Inizia la discesa. Con me ci sono Hound-Red
e Hound-Black.-
-Anche noi abbiamo fatto un bel volo per arrivare fin qui, sai? Era un
giorno di novembre del 1996 e una mia inchiesta privata su Ducklair cominciava
a costarmi cara… e così, a furia di scappare, io e il
mio operatore siamo finiti qua sotto, travolti da un’onda improvvisa. E’… da
quel giorno… che non incontravamo anima viva…-
-Oltre ai topi, s’intende…-
-Mi dispiace… quindi, da qui non c’è modo di… di tornare su?-
-Esatto. Ci sarebbe in realtà una via, ma la botola è chiusa
dall’esterno. Ed è di ferro.-
-Fa… fantastico. E ora come potrò rivedere
Qui, Quo, Qua…-
-Chi sono?-
-I miei nipoti. Anzi, i miei…figli…-
Stava piangendo. A dirotto.
-Su, vedrai che…-
-CHEEEE?!!-
Si voltarono tutti nella direzione della “cascata”; erano apparse tre
figure: un robottone rosso e giallo dall’aria
minacciosa e altri due, più piccoli, uno rosso e uno nero.
-Verificatore a
base Due. Individuato soggetto, ancora vivo. Attivo il Protocollo kappa. Hound-Red e Hound-Black in
posizione di cattura.-
-E questi chi sono?-
Si sentì cadere le braccia.
-Sono di Ducklair! Scappate,
presto!-
Si sentì ancora una volta il cuore battere a mille, che ancora un po’
ed esplodeva, e il respiro nuovamente accelerato.
Sentiva poi i passi pesanti dei tre droidi che lo seguivano, e delle
grida di fondo.
Si voltò appena in tempo per vedere Fangus,
vivo ma in una pozza di sangue, e il suo amico lì di fianco, che cercava di
soccorrerlo.
Sentì una rabbia rodergli dentro, una sensazione di dolore
dappertutto. Avrebbe voluto raggiungere i due, ma i robot gli impedivano il
passaggio.
-Verificatore a Hound-Red e Hound-Black.Sparate. Ora.-
Dei raggi verdiandarono a
sfiorare il papero, ferendolo al fianco sinistro e squarciandogli la blusa –già
di per sé malandata- in quello destro, e disintegrando il muro retrostante.
-Protocollo kappa. Ora.-
Dove era stato squarciato il muro si apriva una larga galleria con
varie condutture metalliche, che partivano da quello stagno centrale. A terra
c’era una pistola dalla strana forma, probabilmente caduta al droide rosso
nello scontro con Fangus e rotolata fin lì.
La fortuna aiuta gli audaci.
“Forse è fattibile…”- Ora!-
E così dicendo si appropriò della pistola e si lanciò nell’intrico di
tubi, aggrappandosi ad essi e cominciando a correre e a sparare alla cieca
dietro di sé.
Sentiva i raggi laser colpire e fondere il metallo, e il vapore
diffondersi nell’aria.
Vide il robot nero esplodere, e la stessa sorte sarebbe forse toccata
anche al “gemello” rosso, mentre quello che si chiamava Verificatore si
dimostrava refrattario ai laser, e continuava a seguirlo…
-Verificatore a
base Due. Il soggetto ci sta fuggendo in direzione Z-15. Ed è armato. Ha
terminato Hound-Black.-
-E cosa aspetti?! Sparagli!-
-No.-
La voce era quella di Everett Ducklair.
-Ordinagli di inseguirlo e
basta. Senza sparare. Lo so che non comprenderai, ma è proprio lì che
voglio che vada.-
-Ma… padron Ducklair…
con tutto rispetto… questa è una missione di primaria importanza!
Quel papero è maledettamente veloce e pieno di risorse… ha neutralizzato con la forza un Evroniano di
casta alta… ora ha una pistola a laser, potrebbe
causare notevoli disordini!-
“Appunto…”
E si mise a osservare una mappa di Paperopoli con la zona indicata dal
Verificatore.
Per la prima volta dopo anni, un sorriso tornava a illuminare il volto
cupo di Everett Ducklair.
In modo assai enigmatico termina il secondo
capitolo!
Ci tengo a ringraziare i lettori
presenti, passati e futuri e tutti coloro che hanno lasciato o lasceranno
recensioni e commenti, qui o sul Pk Fan Zone, e che continueranno a seguire lo
sviluppo di questa fanf.
Quindi ora, predicendo il “ritorno” di
altri due personaggi molto amati nel prossimo capitolo, vi lascio,
(NdA: questo
capitolo è quasi negli standard, a parte per qualche parola censurata a metà e
una piccola scena di violenza contro gli evronz. Ah,
ovviamente c’è una scena abbastanza drammatica).
Finito di scrivere alle 23.21 del
18.07.’12.
L’aveva… seminato?
Incredibile. Quel Verificatorenon
era molto veloce, indubbiamente. Forse lo seguiva ancora, ma era distante.
Adesso però il problema era un altro… dove
si era cacciato? Non si vedeva a un palmo dal becco…
-Se solo ci fosse un po’ di luce…-
In risposta sentì la pistola che teneva in mano divenire come… liquida…
e prima che potesse capire cos’era successo venne inondato da un
enorme fascio luminoso, e allora si accorse che questa si era trasformata in
una torcia.
-Però!-
Continuò a proseguire nella galleria, fino a raggiungere una svolta a
sinistra, dove si scorgeva la luce fioca di una candela.
A quel punto dovette però ritirarsi all’indietro.
Avvertiva dei rumori. E non erano versi di ratti.
-No. Vi prego! Non vi ho fatto niente!
Non fatemi questo! No! Nooo!-
-Ah, la paura, che
emozione potente… Assorbitelo!-
-NOOOOOO!!! Non ho
fatto nulla di male! Vi prego…!-
-L’ora delle ultime
preghiere è quella che preferisco. Così…intensa…-
Allora comprese. Gli Evroniani stavano prelevando un vecchio
vagabondo.
Aveva già visto una scena del genere. Era straziante...
Gli Evroniani ricorrevano a ogni mezzo pur di far produrre alla
vittima forti emozioni.
E quando il climax raggiungeva il culmine…glab!
Sentiva le loro minacce, e in quel momento rivide la terribile scena
che aveva vissuto molto da vicino, in passato. Si sentiva impotente di fronte a
quello che era successo.
Ma forse questa volta avrebbe potuto evitare che qualcosa di simile si
ripetesse.
Perché questa volta aveva una pistola.
Concentrò tutta la rabbia che aveva. Il suo sguardo si posò rapido
sulla torcia che stava nuovamente cambiando forma.
L’aveva già fatto, neanche dodici ore prima. E ora l’avrebbe fatto di
nuovo, sì.
Un flash gli illuminò gli occhi mentre balzava un’altra volta in
scena, puntando la pistola in aria e sparando un colpo di avvertimento, mentre
si avvicinava sempre più agli Evroniani.
Non doveva accadere un’altra volta. Non di nuovo.
Vide il primo alieno puntargli contro la sua arma, ma fu più veloce e
subito dopo lo vide stramazzare al suolo bello cotto e con tanto di condimento
giallo ocra.
-Perché non dite anche voi le
vostre ultime preghiere? Eh? Eh!? EEH!?-
Aveva lo sguardo iniettato di sangue, rabbia e odio. Perché in quel
momento a ciò che vedeva si sovrapponeva la terribile scena di qualche anno
prima.
Era il momento del riscatto. Finalmente.
Anche il secondo era fuori gioco, con gli occhi che lo guardavano a
qualche metro di distanza dal corpo.
“E ora tocca al terzo. Dove ca[volo] è
finito?”
Quando lo vide era troppo tardi. Inginocchiato dietro un condotto,
aveva appena premuto il grilletto.
Il raggio stava già partendo, con un bagliore azzurro.
Era sfuggito alla morte per finire come “fiamma fredda”? Che misera
fine. Se solo avesse avuto uno…
FTOW-BZZZZZZZZZAPP!!
-…scudo??!-
Ebbene sì, la pistola aveva assunto quella forma e aveva riflettuto il
raggio.
Anche l’evroniano era rimasto sorpreso.
-Porco Evron! M-ma quello è…-
Pur meravigliato, senza pensarci troppo Paperino premette il pulsante
che gli sembrava il più adatto e distrusse inavvertitamente con un solo colpo
tutte le condutture, generando una nuova super-ondata la quale andò a spazzare
via tutto.
- La mia solita fortuna! E adesso che ca[volo]
faccio?-
Guardando bene lo scudo che gli copriva il braccio destro, notò che
incorporato c’era qualcosa di simile a un tubo di scappamento, nero, e poi un timone… Aveva già visto qualcosa del genere in TV…
-Ma certo! Questo… coso può volare!-
Si trattava solo di premere il pulsante giusto, quindi. E nel
frattempo la marea s’alzava…
-Spero solo che non sia quello dell’autodistruzione…-
Era piuttosto corrucciato. Non gli era mai capitato d’osservare un
caso così complicato.
L’unico suo esperimento che ancora non aveva dato frutti.
Eppure prima o poi avrebbe raggiunto l’obiettivo. Meglio se prima,
ovviamente.
Da troppo tempo stava lavorando a quel progetto e non poteva
permettersi di tornare su Evron senza aver combinato niente.
Perché cercava potere e potenza, e li avrebbe trovati. Anche a costo
di dover sacrificare tutto il resto.
Parola di…
-Ti vedo preoccupato, Zoster. Qualcosa non funziona come dovrebbe?-
-Devi avere qualche potere telepatico sconosciuto al mondo scientifico,
Gorthan. Non ti facevo così perspicace.- rispose questi con ironia ma al
contempo con freddezza e forse anche un po’ di disprezzo, senza distaccare lo
sguardo dallo schermo.
-E’ per via dei valori del grafico. Sembrano perfettamente nella
norma, eppure, visto il soggetto…-
-Capisco. Lasciatelo dire, Zoster, ti stai facendo prendere troppo da
questo progetto. Se non ti conoscessi bene penserei che tu lo stia facendo per
fini personali.-
“Invece ti conosco bene, quindi ne sono certo…”
Zoster toccò con la mano il “vetro” che lo separava dal centro di
tutte le sue attenzioni.
-Eccola qui. Non capisci? Questo è il futuro di Evron, Gorthan!!
Quando riuscirò a trovare la chiave di lettura tutto il nostro mondo ne trarrà
un enorme vantaggio! Non posso abbandonare proprio adesso, a un passo dalla
scoperta del secolo.-
Gorthan dietro quel vetro vedeva solo una bella ragazza nuda, sola e
triste, spaventata.
-Tu vuoi afferrare una stella, Zoster. E finirai per bruciarti le mani.
Ti saluto.-
-[MavaffancuBo, tu e le tue frasi senza logica…] Potere e Potenza, Gorthan.-
Era esausto. Ancora una volta salvo per una piuma.
Volse un’ultima volta lo sguardo al corpo vecchio che aveva messo in
salvo, portandolo nel cunicolo sovrastante –a cui aveva accesso tramite una
botola di metallo che era stata aperta dagli evronz
per scendere, e che aveva prontamente richiuso per evitare di essere raggiunto
dalle acque-.
Doveva andarsene prima che questi si risvegliasse –era svenuto-, o
avrebbe potuto rivelare agli Evroniani la sua presenza.
Ma prima doveva riprendere fiato. Si spostò di un centinaio di metri
in voloper allontanarsi da
quell’individuo e poi si inginocchiò a terra con i palmi a terra. Vide solo
allora che la destra era come avvolta in uno spesso guanto nero, ma non ci fece
tanto caso.
Aveva agito d’impulso. Aveva “ucciso” altri Evroniani. “Ucciso” per
modo di dire, poiché sapeva, a quanto aveva visto e sentito, che questimostri potevano sopravvivere alle
mutilazioni più terribili assumendo forma vegetale.
Ma lo stesso quello che aveva fatto gli faceva schifo.
Poi, però, si ricordò un’altra volta quello che loro gli avevano fatto.
Avevano distrutto gran parte della sua vita.
E sentì, nel profondo del cuore, che aveva agito bene.
Paolino Paperino guidava
allegramente la sua amata 313 verso una casa a lui molto cara.
Era una delle rare volte in cui
non partiva in ritardo per andare a prendere Paperina e portarla al club.
Quella sera era particolarmente
felice: era pronto per il grande passo.
Accostò davanti alla casa di
Paperina e si mise in tasca un pacchetto che teneva sul cruscotto.
Stava per suonare il campanello,
quando si accorse di qualcosa di strano: una finestra sfondata! Cosa diavolo…
-Ma cosa…?
AAAAH! AIUTO!!-
Era la voce di Paperina.
-AAAAAAAAAH!-
-Shh…silenzio… taci e
non sentirai alcun male…-
-C-chi–s-s-siete? C-cosa volete?!-
-Semplice. Noi siamo Evroniani,
e quello che vogliamo è l’energia emozionale di voi terrestri, di cui ci
nutriamo.-
L’evroniano vedeva il terrore
nei suoi occhi, mentre continuava a spiegarle senza batter ciglio la filosofia
e la natura di Evron, e ad un tratto, mentre la preda cercava in tutte le
maniere di divincolarsi, estrasse senza preavviso una pistola e le sparò.
Paperino avrebbe voluto far
qualcosa, dire qualcosa, ma era rimasto pietrificato e le parole gli erano
morte in becco. Vide con i suoi stessi occhi la sua amata cadere a terra in
preda alle convulsioni, per poi rialzarsi lentamente con una fiamma azzurra
attorno al capo.
Poggiò poi le mani sul davanzale
della finestra. Era intenzionato a balzare dentro e affrontare quei maledetti a
mani nude.
Voleva farla finita.
Poi, però, gli venne in mente
qualcuno che aveva bisogno di lui.
Qualcuno che aveva bisogno di
uno zio Paperino.
E allora, lentamente, staccò le
mani dal davanzale e cominciò a correre oltre quel maledetto giardino.
Aveva pianto tanto che ora poteva riflettersi nel lago di lacrime.
Gli Evroniani e Ducklair gli avevano tolto una sorella, un cugino, uno
zio, una futura moglie… e ora lo avevano anche
separato da Qui, Quo e Qua, che rappresentavano ormai la sua unica ragione di
vita.
Ma li avrebbe ritrovati. Sì.
Aveva uno scudo che gli
permetteva di volare, distruggere muri, ma, soprattutto, di affrontare gli
Evroniani. Doveva solo imparare a usarlo.
Altri flash del passato gli scorrevano davanti, ferite sempre pronte a
riaprirsi nei momenti difficili.
Una forza che lo avrebbe schiacciato, se avesse continuato a
reprimerla negli abissi più oscuri.
Una forza che invece stava diventando la sua forza.
Si piegò su sé stesso, nel buio, poi con un gesto fulmineo si strappò
il pezzo squarciato della blusa e si creò una specie di fascia nera da
indossare in testa –al posto del basco, che oramai aveva perso da tempo-.
Nella notte eterna dei sotterranei di Paperopoli, una meravigliosa
metamorfosi stava avvenendo.
-Per troppo tempo ho sofferto… ma ora,
finalmente, il momento del riscatto è giunto. Un attimo solo può cambiare per
sempre la vita di un papero. E oggi…-
Fece un profondo respiro. Non avrebbe avuto modo di tornare indietro.
-Oggi Paperino
l’oppresso muore… e nasce Paperinik, il Diabolico
Vendicatore!-
Gorthan, dall’incrociatore, osservava l’enorme flotta in orbita
attorno alla Terra.
Fin troppo grande.
Con quel gran numero di astronavi avrebbero potuto conquistare un
altro pianeta ancora. E invece, a causa di un piano cambiato all’ultimo
istante, erano dovute tutte convergere su quel pianetucolo
azzurro per l’assalto in gran forze.
“Epoi si lamentano che stiamo ancora a stringere trattative con Xerba…”
E, mostrando chiaramente con l’espressione di disapprovare gli ordini
dei 111, si fermò a rimirare quella distesa d’acqua che aveva imparato a
chiamare Oceano Pacifico.
Ti ho inviato il segnale del papero sul tuo dispositivo.
Ora sai cosa fare e dove.-
-E’ sempre
un piacere lavorare per voi, signore.-
-Non ho
altro da dirti. Spengo.
Potere e Potenza!-
-Sempre
gloria a BZZZZZZZZZ…-
Ducklair
materializzò davanti a sé, come dal nulla, una mappa digitale di Paperopoli. In
un’area periferica, un piccolo pallino azzurro lampeggiava intermittente.
“Ora non mi
occorrono droidi per sapere dove sei… grazie
all’Extransformer!”
Raggio
azzurro che taglia il metallo come burro. Ok.
-Quest’altro non capisco che utilità abbia…-
Doppio
raggio giallo senza effetti sulla materia. Boh?!
-Altro
pulsante inutile è quello con su scritto “87-bis”. Passiamo agli altri.-
Quello
premuto poi aumentava l’estensione dello scudo.
-Sì, questo
è utile. L’altro serve per volare, questo qui invece…-
Ma prima che
potesse terminare udì una fracassina pazzesca e
subito dopo si ritrovò due evronz davanti.
Istintivamente
puntò l’arma contro i nemici, stringendo il pugno, e scoprì un altro
sensazionale optional dello scudo: il pugno nero era partito stordendo sul
colpo tutti e due gli evroniani, come gli si fosse allungato di colpo il
braccio, per un istante.
-Fico!-
Altri
quattro alieni erano sbucati alle sue spalle. Tre di loro messi al tappeto con
lo stesso dispositivo.
-Urgh… Krapon a squadra 3, venite a darci una
mano!-
-Non preoccuparti, caro Krapon…
te ne do io una!-
Ma invece di
lanciare il pugno com’era sua idea, attivò per errore il doppio raggio giallo,
quello inutile.
Con grande
sorpresa vide che si era creata una specie di bolla attorno al nemico che gli
impediva ogni movimento.
-Ha… ha pietrificato Krapon!-
-Grande Evron…-
Ma quanti
erano? Sembravano non finire più. Giungevano da ogni dove.
Tanti evroniani. Tutti per lui.
-Finalmente
qualcuno che comprende il mio valore…-
-Terminatelo!-
-Siete a corto di fantasia, eh?-
Utilizzò lo stesso raggio su tutti gli evronz
che gli balzavano addosso. Non voleva commettere altre atrocità.
-Attivate la procedura di
congelamento, ora!-
-Ah, ecco cosa fate quando il nemico avanza: lo mettete in frigo!-
A quanto pare gli evroniani non apprezzavano molto le sue battute, visto
che il numero di raggi parati dallo scudo era sensibilmente aumentato in
sfavore di quelli che andavano a infrangersi sui muri.
Cominciavano a essere troppi anche per lui.
Trovato un varco, cercò di scappare a quella furia coolflamizzante,
con lo scudo attivo al 100%, tra i bagliori azzurri sempre più forti.
All’improvviso vide un enorme cannone spuntare dal nulla.
-Dì addio, amico!-
SKATASBRENGRRR-KA-BOOM!
Pensò di essere morto; poi, però,
vide che ad essere caduto a terra era colui che manovrava l’arma, ridotta a un
cumulo di macerie ferrose.
-Ma che…-
-Presto, seguimi!
Vieni!-
E, nel buio più assoluto, una mano molto forte afferrò la sua sinistra
e lo trascinò con sé.
L’altra mano dell’uomo lanciò in mezzo al campo qualcosa che subito
cominciò a liberare un gran polverone bianco.
-Gas devolutore. Riporta gli evroniani al
loro primo stadio vitale.-
Poi l’individuo strinse ancora la mano e si mosse all’indietro.
-Seguimi. Conosco un luogo sicuro.-
-Chi… chi sei?-
-Seguimi. Fidati di me.-
-Ok, ma…-
-Hai la tua torcia. A me non serve.-
Paperino –anzi, Paperinik- fece luce,
illuminando la faccia dell’oscuro individuo.
Un brivido gli percorse tutto il dorso.
L’uomo che lo aveva salvato…era Everett Ducklair!!?
No, in realta lo ricordava solo vagamente.
Aveva le sopracciglia più sottili, i capelli moooolto
più lunghi e scuri, il pizzetto, ed era anche più alto.
E poi la sua mano sinistra era di metallo.
-C-chi sei? Cosa vuoi?-
-Chiamami OdinEidolon.
E sono qui per aiutarti, Paperinik.-
-EEEEH? Come fai a conoscere il
mio nome?? Parla!-
-Beh… ti seguivo… da
quando ho visto quello scudo…-
-Cos’hai contro il mio scudo?? Eh?!-
-E’ un Extransformer. Tecnologia Ducklair. So come si usa, una volta ne
ho visto uno simile…-
-Quindi tu lavori per Ducklair?!
E’ così?!-
-Conclusione alquanto affrettata. Calmati, Paperinik. Io odio Ducklair
almeno quanto lo odi tu. E’ per questo che ti ho salvato.
Ma ora dovresti farmi
controllare il tuo scudo…-
Certo, non fidarsi è sempre meglio, ma quell’uomo, pur se ricordava in
parte Everett, in quel momento gli ispirava fiducia più di chiunque altro
avesse incontrato nel suo viaggio sotterraneo.
Gli porse il Trans…quel-che-è, tenendolo
comunque ben stretto fra le mani.
-Come temevo. Un segnalatore di Ducklair. Non so come tu sia entrato in
possesso di questo scudo, ma una cosa è certa: quell’uomo lo sapeva in anticipo.
E ha cercato di fregarti.-
Detto ciò, prese il segnalatore e lo schiacciò tra le dita della sua
mano di metallo.
-Ecco come hanno fatto gli evronz a trovarmi…-
-E qui non ci piove. Ora stammi dietro, ti porto in un posto dove non
potranno seguirti.-
Prima, però, si voltò, estrasse una pistola e distrusse l’evron-eye
nascosto lì accanto, che aveva appena rilevato.
-Gli evroniani, ovviamente. Ce ne sono tre al piano di sopra.-
-EEH? Ma tu come…-
-Ma davvero non l’hai ancora capito? Ebbene…
devi sapere che io sono un droide, anzi, la più grande intelligenza artificiale
mai esistita sul pianeta.-
-Nientepopòdimeno…-
Era rimasto un po’ spiazzato da quella risposta. Da quando aveva visto Sterminator –film con Arnold Schwarzenpaper-,
aveva sempre classificato i droidi come personaggi negativi e pericolosi.
E gli ultimi avvenimenti non potevano che confermarlo.
-Non hai alcun motivo di preoccuparti. Io e te stiamo dalla stessa
parte, posso assicurartelo. Altrimenti, perché mai sarei qui a parlarti?-
“Perché sei un agente del caro Everett e vuoi condurmi dal tuo padrone.
Ma non te ne darò il tempo…”
-Risposta illogica, tipica di voi intelligenze a base di carbonio. Se
avessi ricevuto da Ducklair l’ordine di eliminarti l’avrei già fatto, o avrei
dato man forte ai suoi bei soldatini. E poi, stiamo andando in direzione
totalmente opposta alla Ducklair Tower.-
Quello strano tizio gli aveva letto nella mente. Incredibile.
E, fatto ancora più sorprendente, con quella risposta pacata era
riuscito a spiazzarlo e a disintegrare tutti i suoi pregiudizi. In qualche
modo, gli aveva fatto un lavaggio del cervello.
Si sentiva quasi obbligato a seguirlo.
-Manca ancora molto?-
-No. Siamo arrivati.-
Eidolon avvicinò la sinistra a uno schermo, e
dal braccio spuntarono dei cavi che andarono a collegarsi col macchinario.
-Utente
riconosciuto. Accesso consentito.-
Una porta scorrevole di metallo si aprì liberando un fascio di luce
calda.
-Benvenuto a casa, Paperinik!-
La stanza era molto grande, ben arredata, con le pareti ricoperte da
vari poster e manifesti –riguardanti qualsiasi cosa, per esempio la campagna
elettorale di Reagan, un concerto di Edward Wellborn,
un poster di JurassicDuck,
lo Zio Sam che esclama: “I wantyou!”…-;
dal soffitto pendevano lampadari dalle forme bizzarre, e il pavimento era
interrotto ad un tratto da un precipizio in cui si vedeva un paio di binari,
segno che quella doveva esser stata una stazione della metropolitana.
Tutto era estremamente in ordine, ad eccezione di un libro aperto sulla
moquette intitolato “Kama-sutra per droidi”, del 2251, che però Pk non vide.
Ah, le pareti erano blindate e la stanza completamente isolata
dall’esterno.
Senza alcun preavviso Pk si trovò davanti una gnocc…
bellissima donna di giovane età.
Indossava solamente un top viola chiaro scollato che lasciava scoperto
l’ombelico e una minigonna attillata del medesimo colore, e le gambe scoperte
erano valorizzate da un paio di scarpe con i tacchi a spillo, su cui sembrava
destreggiarsi eccellentemente.
Se non fosse stato per la sinistra di metallo che rivelava la sua
natura di droide, nessuno avrebbe potuto distinguerla da una donna biologica.
-Paperinik, ti presento Lyla, la mia dolce
metà!- (E bravo il nostro Uno…)
-Piacere.-
-[Sbav! Glab! Sberequeck! Strasbav!] Onorato…-
[I due droidi invitano quindi Pk a mangiare qualcosa –che Lyla, con le sue invidiabili
doti di cuoca(povero Pk!) aveva appositamente preparato-; gli spiegano che lo
avevano tenuto d’occhio fin dall’inizio tramite un congegno collegato agli
evron-eye di sorveglianza e che gli avrebbero dato volentieri una mano nella
lotta contro Evron.]
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Era successo tutto così in fretta…
Un giorno, forse due o tre al massimo.
Era cominciato tutto con quella scena nel vicolo, col tenente evroniano
che stuprava la ragazza… con l’evroniano che aveva
“ucciso”.
E poi era spuntato a “casa” sua il drone di
Ducklair, che lo aveva fatto naufragare nel cuore profondo della città… lontano da Qui, Quo e Qua…
e quei due che lo avevano soccorso… e poi i tre robot
da caccia… la pistola-torcia-scudoTransmutaformer…
i tre evroniani che attaccavano il vecchio barbone… l’attacco
evroniano in forze… e ora quei due stravaganti esseri
sintetici che lo avevano ospitato in casa loro…
E in mezzo a tutti quegli avvenimenti, ciliegina sulla torta, lui non
era più lui, ma era diventato un altro.
Era vestito con un impermeabile nero che arrivava fino a terra –v. Matrix-, con le maniche larghe e lunghe –gli coprivano le
mani-, e un cappello a tesa larga, nero anch’esso, ne copriva il volto, già
nascosto in parte dal collo dell’impermeabile.
Un coolflame si avvicinò allora per analizzarlo bene, com’era suo
compito.
Il signore, allora, gli porse distintamente la mano destra, poi la
ritirò e se ne andò tranquillo.
Il coolflame era rimasto lì, fermo, gli occhi che passavano da gialli a
grigi, la fiamma che si spegneva pian piano, e il sangue nero che sgorgava a
fiotti dal petto squarciato.
Perché quell’uomo non aveva la mano destra, ma una sciabola al suo
posto.
-Il raggio che hai usato prima è quello del paralizzatorebradionico. Agisce sul tempo soggettivo
dell’avversario, bloccandolo nell’istante in cui viene colpito. Dura un paio
d’ore al massimo.
Il successivo è il raggio parabolico, ovvero la funzione 87 bis, che è
praticamente un sistema di trasporto della materia…-
-E cosa posso trasportare con ‘sto schizzetto? Una formica?-
-Beh, in effetti dev’essere un po’ difettoso…-
Quella mattina Eidolon gli aveva spiegato
tutte le funzioni dello scudo Extransformer, e le varie configurazioni. In
particolare, aveva scoperto un nuovo apparecchio che doveva essere stato
aggiunto di recente da Ducklair, che permetteva di attivare le varie armi e
configurazioni semplicemente col pensiero, evitando di premere i pulsanti.
-Direi che è pronto…- constatò allora Lyla con la sua voce melodica, sorridendo a Odin e accennando col capo a Pk di seguirla.
-[Non abbassare lo
sguardo, Pk, non abbassare lo sguardo…sbav!]Pronto… per cosa?-
-Beh… ora che conosci a fondo le potenzialità
del tuo scudo, sei in grado di combattere anche da solo contro un grande
esercito di evroniani. Ma ti manca ancora qualcosa…-
Premette un pulsante sulla parete nascosto sotto la bandiera
statunitense e nel muro si aprì un varco, rivelando un piccolo sgabuzzino
segreto. Lyla vi entrò e ne tirò fuori una specie di
calzamaglia nera e rossa, due stivaletti gialli e un mantello blu con la faccia
inferiore nera (e non rossa, NdA).
-E’…è bellissimo! S…sembra
un costume da supereroe!-
-In un certo senso, lo è. E’ ispirato al costume di Fantomius
-il ladro gentiluomo che terrorizzava i ricchi di Paperopoli-,
opportunamente rivisitato in chiave moderna.
La prima parte è infatti una
tuta termica e refrattaria ai raggi-coolflame, di un
materiale che la rende confortevole per chiunque, indipendentemente dalla corporatura.
Stessa cosa vale per gli stivaletti, in cui sono inseriti due retrorazzi
attivabili in caso d’evenienza.-
-Wow!-
-Il mantello funge invece da filtro, in quanto permette di separare
l’ossigeno dagli altri gas e anche di respirare sott’acqua. Infine, allegata
c’è una pistola a raggi, utile in caso di smarrimento dell’Extransformer.-
-E’ arrivato il momento che qualcuno lo indossi, finalmente.- concluse Odin dopo il discorso di Lyla.
La metamorfosi stava ora per completarsi. Paperinik stava per diventare
pienamente sé stesso.
--- --- ---
C’era anche una mascherina blu, ma Pk decise di non indossarla.
In fondo era già ricercato, e poi non sarebbe bastata una mascherina a
nascondere la sua identità. Everett e i suoi evroniani l’avrebbero scoperta
ugualmente.
E poi, voleva che quei maledetti vedessero bene il suo volto, il suo
vero volto, e se lo ricordassero per sempre, anche per più del tempo stesso, se
Evron fosse davvero durato così a lungo.
La ragazza bionda era riuscita ad arrampicarsi sul tetto.
Non era il posto più alto della città, ma comunque era sopraelevato,
lontano dai vicoli bui e stretti.
Da lì riusciva a vedere quel piccolo tratto di cielo che la cupola
aveva risparmiato, oltre agli immensi grattacieli evroniani e alla Ducklair
Tower che si stagliava sovrana sopra di tutti.
Guardava le poche stelle. Stelle a cui affidava le sue domande, senza
però trovare risposte.
-Rilevo una nota di rancore represso nelle tue parole, Everett.-
-Basta chiacchiere, Zoster. Cosa le hai fatto?-
-Non dovresti preoccuparti, Everett. Lei sta bene, fisicamente. Puoi
stare tranquillo, almeno fin quando non trovo la chiave di lettura…-
Everett strinse le sopracciglia.
-E’ mia figlia… e io non posso neanche vederla! Devo fidarmi delle
parole di uno sporco scientista evroniano che sta provando le sue porcate su di
lei per motivi a me sconosciuti!
Io ti odio, Zoster!!!-
Dopo quello sfogo, prese l’olocom portatile e
lo scaraventò contro il simbolo di Evron, di cristallo, che fungeva da plafoniea, creando una miriade di frammenti di vetro che
andarono a posarsi lentamente sul pavimento, fiocchi di neve caldi e taglienti.
L’ombra scura di Gorthan si muoveva lentamente per il lungo e ampio
corridoio.
Era giusto quello che stava per fare? Perché voleva farlo? Ne avrebbe
tratto vantaggio?
In ogni caso, continuava a procedere nella direzione già presa, il
camice che ondeggiava per lo spostamento d’aria, nonostante la palese assenza
di vento.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno. Qualcuno che potesse
comprenderlo.
-Hai ragione, Skarson. Poche prede da queste
parti.-
-Guh…-
Erano tre evroniani, i primi due in perfetta forma e piuttosto loquaci,
il terzo invece con evidenti problemi di linea, e che conosceva solo il verso “guh”.
-Ehi, guardate là!-
C’era l’ombra di un uomo in fondo al vicolo.
I tre impugnarono l’evrongun, pronti per il lauto pranzo.
-Slurp! Già pregusto la cena…-
-Guh!-
-Vedi di non assorbirlo
tutto, Bombon! Che non hai bisogno di mangiare per
diventare grande!-
-Ihr! Ihr!-
-Cosa ne dite, ragazzi?
Meglio “spavento improvviso” o “terrore supremo”?-
-Guh, guh!-
-Sei tu lo chef, Karbhon. Io non sono tanto bravo.-
-Come vuoi, Skarson. Dunque…-
-Che ne dite di assaggiare un
bel pugno?-
-Eh? Ma che dici, Karbhon??-
-Non sono stato io!-
I tre evroniani si guardavano in giro. Non c’era nessuno, oltre a loro
e alla preda, qualche decina di metri più in là.
-Chi sei?? Fatti avanti!-
-Guh?-
-Quelli parcheggiati dietro l’angolo erano i vostri dischetti, vero?
Allora mi duole informarvi che un losco figuro li ha appena fatti sparire. Ma
non preoccupatevi, ragazzi, quello è l’ultimo dei vostri problemi!-
L’individuo uscì dall’ombra, rivelando di essere un papero con una
strana veste e un ampio mantello scuro.
-Guh!!!-
-E… ehi! Io l’ho già visto! E’… è…-
-Paperinik. Mi fa piacere che vi ricordiate di me. Siete amici di
Krapon, giusto?-
-Che fate lì impalati? Sparategli!-
Colui che aveva fatto quell’esclamazione aveva già puntato l’evrongun.
-Sì, siete proprio amici di Krapon. Avete il suo stesso senso dell’umorismo…-
Il raggio andò ad abbattersi sulla tuta, rimbalzando poi contro una grondaia.
-E tra amici, di solito, si condivide…-
Materializzò dal nulla l’Extransformer e lo colpì col raggio
paralizzante.
-Meno uno!-
Skarson quindi cominciò a sparare a raffica,
ma senza risultato, visto che il terrestre usufruiva della configurazione “scudo
attivo”.
-Guarda che la proposta di prima è ancora valida, amico!- e gli tirò un
bel pugno di crasher sul becco, facendolo crollare a terra per il dolore,
mentre sputava il liquido giallo ocra che gli evroniani chiamavano emoevron.
-Allora? Com’era, buono?-
“Uhm… la strada è deserta. Ma… non erano in tre?”
-GUH!-
-Ah, eccoti qui! Anche tu vuoi assaggiare le mie armi? A quanto vedo
sei una buona forchett…-
K-SOCK!
Il pugno del gigantesco guerriero andò a stendere Pk nonostante fosse
stato parato dallo scudo.
-Ahi… non volevo offenderti, eh…-
-GUH!-
-Scusa se te lo dico, ma sei piuttosto monotono…-
L’evroniano lo guardava curioso mentre estraeva qualcosa da sotto il
mantello.
-Eh, già, sei veramente pesante!-
Gli aveva lanciato addosso un oggetto rotondo che gli si era attaccato
al corpo.
-Guh???-
La strada cominciava a crepare sotto i suoi piedi, mentre Paperinik
osservava soddisfatto l’avversario che cercava di fare almeno un passo.
-GGGGGGGGGGGGG…!!!-
Avrebbe passato il tempo a giocare con quel bestione, quando sentì un
rumore abbastanza familiare, e due fari lucenti illuminarono la notte.
Agenti dell’ordine.
Due evroniani vestiti di blu balzarono all’esterno della volante,
seguiti da alcuni “fiamma fredda”, mentre altre vetture giungevano in
lontananza.
-Bravi, ragazzi, fatevi sotto! Non vedevo l’ora!-
Ma a quel punto una spia si accese sul “bracciale” che Paperinik teneva
alla sinistra.
-BZZZ… E’ un’emergenza, Paperinik! Dirigiti
nel quartiere periferico di ***! Immediatamente!-
Si alzò in volo.
-Come raggiungo la zona, Odin?-
-Svolta a destra e poi continua dritto finché ti dico io. Ti farò da
navigatore.-
-Cosa sta succedendo, di preciso? Un’altra fase di “assorbimento”?-
-Un rapimento. Dei droni hanno catturato tre
giovani paperi. Si direbbero gemelli.-
L’uomo in nero continuava tranquillo la sua passeggiata nel vicolo
buio, al riparo dalle luci abbaglianti dei mezzi levitanti evroniani.
Erano stati fortunati, quei tre alieni. Il papero li aveva
inconsapevolmente allontanati dalla lama della sua sciabola.
Diede un’ultima occhiata dietro di sé, poi si sistemò meglio il
cappello con la sinistra –l’unica mano che aveva, d’altro canto-, la quale era
ricoperta da un guanto nero, e si incamminò ancora più spedito.
Ormai era quasi giunto alla meta. Ancora pochi passi…
Stava entrando nel laboratorio di Zoster, mentre questi era altrove.
Attraversò la sala buia fino a raggiungere la spessa vetrata oltre alla
quale stava, prigioniera, la ragazza che tanto interesse suscitava al collega.
Se ne stava sveglia, nuda, seduta a terra con le gambe incrociate, e
guardava con un odio profondo colui che le stava davanti, oltre il vetro –che,
ovviamente, vetro non era-.
Lo sguardo di Gorthan si soffermò sul suo volto e sui capelli corvini (sese…), poi il
capo-branca mise una mano sulla lastra che lo separava dalla creatura e attivò
l’interfono metallico.
“Mister Treccine” emise un sospiro: gli ricordava molto quell’evroniana
riproduttrice* che, con un impulso di sconsiderata pazzia, aveva
aiutato a evadere dall’harem dell’imperatore. Fu giustiziata, alla fine.
Liberatosi di quel triste pensiero, si decise a parlare.
Piccole, inutili spore. Così era ridotta la squadra di soldati scelti
di Agron.
Il colonnello non credeva ai suoi occhi di ghiaccio. Com’era possibile?
Quei guerrieri avevano affrontato bestie aliene corazzate, squadriglie
di caccia, eserciti interi… e si lasciavano sopraffare
da un insulso terrestre?!
Il suo volto in quel momento si poteva definire come la pura
rappresentazione della rabbia.
Strinse i pugni più forte che poteva, mentre i suoi fedeli servitori
raccoglievano le spore.
Quel papero aveva osato troppo. Quello era un vero affronto alla
potenza di Evron.
Ma non gli avrebbe permesso di agire ancora così, no.
L’edificio più alto di Paperopoli, svettante sugli altri grattacieli
modificati da Evron per i propri funzionari e soldati.
150 piani in pieno centro, era uno dei pochi edifici colpiti dalla luce
del Sole, proiettando così la sua tetra ombra sulla città.
In quella torre abitavano Everett Ducklair e il suo braccio destro
Agron, oltre a un qualche centinaio di evroniani dalle varie mansioni e ai
rispettivi coolflames.
-Sei sicuro che siano entrati qui?-
-Ne ho la conferma. Poco fa un evron-eye li ha ripresi presso un
accesso secondario.-
-Uhm… allora adesso vado a bussare alla porta e…-
-Aspetta, Paperinik! Come ti ho appena detto, ci sono vari accessi
secondari!-
-E dove?-
-Per esempio, il tombino su cui hai i piedi. E’ lì che sono entrati.-
Il corridoio era stretto e buio, l’Extransformer ci passava per
miracolo.
-Manca molto?-
-Ancora una decina di metri e… attento!-
BZZZZZZZ
A emettere quel suono erano stati dei piccoli cannoni attaccati alla parete.
-Uh, oh! Hai dei consigli, Odin?-
-Spara! Spara prima che siano loro a farlo!-
-Ok, capo!-
KATASKRANG!
-Ma con cosa erano costruiti? Con la carta dei cioccolatini? Dico, li
ho distrutti tutti in un colpo solo!-
-Dev’essere un po’ di tempo che non viene
effettuata la manutenzione dei sotterranei. D’altronde, sono pochi quelli che
osano avventurarvisi!-
-Uhm… la sai lunga su questo posto…-
-Un tempo ci lavoravo, prima del ritorno di Ducklair.-
Il corridoio sboccava su una stanza spoglia con una porta blindata
chiusa alla fine.
-Che ne dici? Busso forte?-
-No. Ti basta far saltare il sistema di
sicurezza e…-
-Intruso! Eliminare!-
Era il Verificatore.
-Oh, merLa! Cosa faccio ora?-
-Spostati da lì!-
Un raggio partì dall’occhio sinistro del robot e andò dritto
contro il sistema di riconoscimento della porta, che si aprì di scatto.
-Grazie per l’aiuto, amico!-
Oltre a quella porta c’era una specie di terrazza che dava su
un enorme strapiombo, fra tubi, cavi, condotti e strani apparecchi metallici
che ricoprivano le pareti.
Pk accese il jet dello scudo e partì a razzo sul gigantesco
canyon. Sperava che così avrebbe seminato il grosso robot, ma si sbagliava:
anche questo stava a mezz’aria.
Era stupito per due motivi. Il primo perché aveva pronunciato
il nome dell’arma senza impaperarsi, il secondo perché non aveva avuto alcun
effetto sul grosso droide.
In risposta ricevette numerosi raggi, uno dei quali andò ad
arrostire lo scudo.
Juniper Ducklair camminava solitaria
per le strade di Paperopoli, come aveva sempre fatto.
Si era appena procurata un vestito con cui coprirsi, in una
vecchia casa di periferia;era di un grigio anonimo: non voleva attirare sguardi
indiscreti, dopo l’esperienza con l’evroniano…
-Ehi, Tu!-
Oh, no. Un altro alieno. Cosa voleva stavolta?
Era un guerriero. Aveva una pistola.
E forse aveva fame.
Lo vide prendere l’evrongun e…
ZAC!
…cadere a terra stecchito, in un
bagno di liquido giallo.
-Uh?-
Un uomo con un’ampia veste nera.
La manica destra era bagnata dello stesso liquido fuoriuscito
dal petto dell’evroniano.
Poi questi mostrò bene alla ragazza la spada luccicante.
-Ora tocca a te, Juniper
Ducklair!-
Ma proprio in quel momento alle sue spalle sbucarono altri
evroniani in divisa blu.
-Depolarizzatelo!-
Gli Agenti ci misero poco a circondarlo, sui loro dischi, e
nella confusione del combattimento Juniper approfittò
per darsela a gambe.
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Due si risistemò il cappello sulla testa –o meglio, sulla testa
del droide che controllava a distanza-, allontanandosi dai corpi senza vita
degli evroniani.
-Dannazione, mi è sfuggita!-
Non importa. In fondo, non era quello il suo obiettivo
principale.
Stava per abbandonare quella strada, con la carneficina che
aveva lasciato, quando qualcosa lo incuriosì particolarmente.
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--
-Quel dannato predone è riuscito a fuggire ancora una volta!
[CENSURA]!-
TyrrelDuckard,
il migliore agente della tempolizia, giocato così da
un semplice pirata temporale.
-Dovrei chiedere l’aiuto di Lyla…-
Abbassò il capo, stringendosi i capelli nelle mani.
-Lyla… quella puttana! Che vadano
all’inferno lei e quel bellimbusto di…OdinEidolon! Grrr…
[…]-
Zoster guardò il grafico che aveva appena richiesto: i valori
erano tutti nella norma.
E proprio di questo non riusciva a capacitarsi.
Eppure aveva visto lui stesso quella ragazza all’opera: si era
creata un intero esercito di terrestri, tutti sottomessi alla sua volontà,
grazie al proprio potere.
Potere, sì. Così desiderato, così distante…
Quella storia doveva finire. Prima o poi avrebbe finalmente
scoperto come faceva quella ragazza a tenere celate le sue capacità.
E allora… si sarebbe prospettato un
nuovo futuro per Evron…
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L’ascensore si aprì portando i due paperi in un’immensa stanza
arredata con ordigni di vario genere.
-Bel posto. Ma dove sono Qui, Quo e Qua?-
-Stanno bene, fidatevi. Ma Prima vorrei parlarvi di una cosa…-
-Non sei in grado di dettarmi condizioni, Ducklair!-
-Non è questo che intendevo, infatti. Vedete, Paperinik… rapire i vostri nipoti era uno dei migliori
mezzi che avevo per condurvi qui…-
-Una trappola, dunque?! Vile…-
-Aspettate, avete frainteso. Io vorrei solo parlarvi. E il
luogo migliore è questo, dove Evron non può vederci né sentirci…-
-?!-
-Ascoltatemi, vi prego. La mia vita è nelle vostre mani.-
Era tutto avvenuto così
in fretta... doveva ancora abituarsi.
E, pensando, Paperinik
solcava i cieli a bordo della sua auto blu, e rossa, che aveva
chiamato Pi-kar. Un'auto che gli era stata donata da Everett
Ducklair.
Proprio lui, Everett
Ducklair! Lui che era stato la rovina di Paperopoli, e che in realtà
era solo una vittima di Evron, come tutti quanti.
Everett Ducklair, un tempo
pensava fosse un nemico, e invece ora era divenuto uno dei suoi più
fedeli alleati. Si era pure offerto di ospitare Pk e i suoi nipotini
alla Ducklair Tower, in una stanza sicura e molto più pulita
delle fogne.
Certo, all'inizio aveva
qualche problema a cambiare la sua impressione sul papero, ma poi
aveva cominciato lentamente a fidarsi.
Ma Everett era troppo
impegnato con gli evroniani per poterlo aiutare in modo attivo. Per
questo c'era Odin, che scandagliava le strade attraverso gli
evron-eye di sorveglianza... e proprio in quel momento, fu la voce di
Odin a ridestarlo dai suoi pensieri:
-Mi senti, socio? Vedo delle
truppe in movimento nei pressi dello Zotnam building...-
Avrebbe voluto continuare a
guardare le immagini dei mezzi evroniani che esplodevano uno dopo
l'altro nell'affiatato combattimento, ma un inconfondibile suono lo
costrinse a spegnere lo schermo e ad alzarsi dalla sua poltrona per
attivare l'olocom.
Everett Ducklair sgranò
gli occhi osservando la fonte di quella chiamata. Quindi attivò
l'apparecchio.
BZZZZZ...
-Finalmente vi siete deciso
a rispondere! Potere e Potenza, Everett Ducklair!-
-Potere e Potenza anche a
voi... Generale Zondag.-
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-Allora
siamo intesi...-
-Sì...-
Due e Tyrrel Duckard si
strinsero la mano (sinistra), in quella notte senza lume.
-Tu
avrai la tua tanto desiderata vendetta... e io potrò
sbarazzarmi per sempre di Odin Eidolon!-
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Buio. Tanto buio.
Era così diverso da
Corona, quel posto...
Juniper si avventurava
silenziosa nelle fogne. Cunicoli bui e inquinati, così diversi
dai boschi verdi e sani...
La lunga galleria finiva con
un muro di mattoni squarciato, oltre il quale si sentiva un grande
scroscio d'acqua.
Si avvicinò
all'apertura nel muro. Vedeva una sagoma, all'interno. Un uomo di
colore...
-Altolà!-
-?-
Alle sue spalle era apparso
un papero basso con dei vestiti piuttosto buffi.
-Ma tu sei... Jun...-
Non riuscì a
completare la frase. Assunse un'aria allucinata, e così anche
il suo amico poco più in là.
-Tutto... quello... che...
vuoi... padrona...-
"Sono solo i primi due
di una lunga serie..."
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Non riusciva a crederci.
Era rimasto di sasso, il
colonnello Agron.
Gli era appena giunta
notizia di un furto al centro ricerche.
Il sorvegliatissimo centro
ricerche di Paperopoli!!
Incredibile. Quasi
impossibile!
Ma ciò che più
gli faceva rabbia era sapere cosa era stato rubato.
Un oggetto dal valore
inestimabile. Un generatore d'energia come mai era stata prodotta.
Strinse i pugni tanto forte
da farsi male. Solo un uomo avrebbe potuto osare tanto: l'odiato
Paperinik!
Non poteva più
tollerare quell'affronto. Sarebbe sceso in campo personalmente.
-Krapon a squadra 119!
Convergete tutti sull'obiettivo!-
-Ma non vi stancate mai, eh?
Non ne avete ricevute abbastanza per oggi?-
-Fuoco!-
-Direi di no.-
Gli evroniani sparavano a
raffica, e Pk passava tra i loro raggi con agilità felina.
Poi, di tanto in tanto
partiva qualche colpo dallo scudo che bloccava i nemici all'istante.
Era sicuro di quel che
faceva, mentre gli evroniani apparivano incerti, agitati, spaventati.
Perché?
Perché quel papero
aveva un vantaggio: un'idea, che lo spingeva a lottare.
Perché lottava per la
libertà, non per un obbligo.
"Perché lui è
un eroe." concluse Gorthan guardando in diretta le immagini
della battaglia.
Gorthan, il migliore
capo-branca di Evron, si sentiva inferiore a quel piccolo papero.
Si sentiva vuoto. E qualcosa
lo bruciava dall'interno, sempre più forte.
Era quello il momento in cui
ricordi antichi e recenti tornavano ad affollare la mente di Gorthan.
Terrestri... maledetti
terrestri...
Chinò il capo tra le
grandi mani.
Gorthan, il creatore di
mostri come Trauma o Yagon l'implacabile, piangeva.
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C'era qualcosa di molto
strano. Qualcosa che non quadrava.
Qualcosa che Zoster non
poteva tollerare.
Qualcuno aveva manomesso i
suoi grafici, ne era certo.
Ma l'avrebbe trovato.
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-Dannazione, è troppo
veloce!-
-Da' qua, incompetente! Non
sai neanche usare un bioannichilitore plasmatico densomorfico!-
-Ah, si chiama così?-
-Guarda e impara, spora!-
FTOW! FTOW! FTOW!
Tre raggi disintegratori
colpirono il biocoso e lo fecero esplodere.
Aveva vinto. Ai suoi piedi
stava una marea di corpi di guerrieri evroniani.
-Si torna a casa,
finalmente!-
Ma all'improvviso vide la
parte di strada d'innanzi a lui esplodere con un gran botto.
-Tu non vai da nessuna
parte, Paperinik! La festa è finita!-
Era un evroniano più
possente dei soliti guerrieri, con un'armatura viola e un grosso
fucile ad antimateria o giù di lì.
-Mi dispiace, ma ho
fretta...-
-Oh, anch'io... di
eliminarti!!-
Sparò un altro colpo
che centrò in pieno l'Extransformer, distruggendolo e
scagliandone via i pezzi.
-Opporco...-
-E' stato un piacere
conoscerti, Paperinik. Come penso saprai, io sono il colonnello
Agron, e sto per riuscire dove tutte le mie truppe hanno sempre
fallito!-
Era disarmato e a pochi
centimetri di distanza da un'arma mortale.
-Addio.-
Stava per premere il
grilletto.
-SEMPRE GLORIA A...-
Proprio quando Pk pensava di
essere appena morto, una forza invisibile bloccò Agron e lo
scaraventò contro il muro dietro alle sue spalle,
distruggendogli l'armatura e provocandogli un sacco di ferite.
"_ _ _"
Ma non sarebbe finita lì.
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"Eccezionale tempismo!"
pensava Everett Ducklair ripensando alle parole del generale Zondag.
Aveva agito giusto in tempo,
con quel papero.
Eh, già, perché
mancavano sette giorni terrestri all'entrata nell'atmosfera
dell'incrociatore Kug Y, sopra Paperopoli.
Libertà, una parola bandita dal vocabolario di Evron.
Libertà fisica, libertà d’azione, libertà di pensare…
Cos’è la libertà? Essere privo di vincoli fisici, mentali…
Il suo valore presso i terrestri era contemporaneamente
lodato e compromesso.
C’era chi inseguiva la libertà per tutta la vita e chi
speculava su quella degli altri.
Gorthan apparteneva al gruppo dei
secondi. O meglio, vi era appartenuto fino a qualche giorno
prima.
Qualcosa aveva risvegliato i suoi sentimenti già un tempo
provati e in seguito repressi. E allora si era reso conto di essere poco più di
uno yiostly in allevamento, sfruttato per produrre e
ben nutrito, ma costretto a vivere in una gabbia. Una gabbia d’oro, ma pur
sempre una gabbia.
Guardò per un’ultima volta lo schermo olografico
spegnersi, dopo l’invio. Era un pazzo, probabilmente. Eppure qualcosa lo
spingeva in maniera irresistibile verso il punto di non ritorno; verso la
libertà.
Alla fine era lui a voler “afferrare una stella”, non Zoster.
Probabilmente, sì, lo avrebbero etichettato come pazzo,
rinnegato, incosciente, criminale…
Eppure ciò non lo spaventava più di tanto. La situazione gli
riportò alla mente alcune parole di una canzone terrestre:
Seconda stella a destra,
questo è il cammino
e poi dritto fino al mattino
non ti puoi sbagliare perché
quella è l’isola che non c’è.
E ti prendono in giro
Se continui a cercarla,
ma non darti per vinto perché
chi ci ha già rinunciato
e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te.
(Edoardo Bennato, L’Isola
che non c’è)
Ormai aveva deciso, non poteva tornare più indietro.
Aveva ascoltato il canto delle sirene, e si era deciso a
salpare verso l’ignoto.
Vedeva solo un tubo al neon, che spiccava sul soffitto
grigio fumo.
-Colonnello! Vi siete ripreso!-
Ecco, ora si ricordava…
Era su una strada, al buio, circondato dai corpi mutilati
delle sue truppe, faccia a faccia col nemico…
Due spari, lo scudo infranto, l’evron-disgrer
fermo in mano per il colpo fatale… poi, all’improvviso, Paperinik
aveva fatto qualcosa… una mossa meschina… gli aveva lanciato contro un qualche
campo di forza, evidentemente, senza preavviso… e poi, più nulla.
Però rimaneva ancora un particolare: il Pk
che aveva lanciato l’attacco vincente era diverso. Sembrava un po’ più alto, e
indossava una sinistra maschera di metallo…
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TyrrelDuckard
osservava la sua ombra sul pavimento, tra le macchie di sangue lasciate dalla
sua prima vittima.
Ma cosa gli era successo? Cosa era diventato? Fin dove si
sarebbe potuto spingere?
Quello strano individuo comparso dal nulla… e lui che lo
aveva ascoltato…
Lui, un agente della mitica Tempolizia,
che dà credito a un perfetto sconosciuto, perlopiù durante una missione di
vitale importanza…
Scosse il capo. Non poteva abbassarsi a quel livello.
Poi, però, dei lamenti strazianti gli arrivarono ai sensori
uditivi, e si accorse così che la vittima era ancora viva.
BANG!
Con un colpo di pistola terminò il suo ultimo momento di
lucidità.
Sì, lui aveva ucciso. E avrebbe continuato a farlo.
Nei secoli dei secoli.
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Il tempo passa in fretta quando ci si diverte. Oppure quando
si è il fortunato possessore di una cronovela da
polso XXL modello deluxe con tanto di scomparto per
Cachet.
-Allora… vediamo un po’ cos’abbiamo qui… uhm, interessante…
non ho sprecato il mio tempo…-
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DucklairTower.
Il grattacielo più alto del pianeta,con
i suoi 151 piani in superficie e tutti i suoi sotterranei.
Un edificio collegato a tutto il globo, con miliardi di
connessioni, e sensori che andavano ben oltre…
Due sorrise.
Aveva il mondo in pugno, praticamente,
e prima d’allora non ci aveva mai pensato.
Da lì comandava il proprio droide
attraverso i vicoli più bui di Paperopoli, ma avrebbe anche potuto fare di più…
I suoi occhi emanavano scintille, mentre pensava sempre più
alle sue potenzialità.
La realtà era nelle sue mani. Controllava tutto e tutti, e
aveva imparato a interagire con l’ambiente.
E avrebbe imparato anche a modificarlo.
La realtà, sì…
-La realtà sono io!-
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-Posa l’arma e
arrenditi, buffone mascherato!!-
Ancora gli Agenti dell’Ordine. Mai una volta che si possa
riposare in pace…
Erano quattro auto volanti e un disco da tre posti. Evroniani blu armati fino ai denti…
-Mi dispiace, ragazzi, ma questa sera non ho tempo per i
convenevoli…-
Così dicendo balzò nell’abitacolo della Pi-kar
e lanciò un missile contro il disco, che esplose assieme ai primi tre agenti,
in una bella pioggia di resti meccanici e organici.
-Dannazione!
Prendetelo, teste di yiostly!!-
I velivoli sfrecciavano nel cielo oscuro come comete,
lacrime versate da Dio per come era stato devastato
corrotto il suo mondo.
Dalle quattro volanti comparvero
delle potenti mitragliatrici.
Grandine infuocata.
-Oh, finalmente cominciate a fare sul serio! Cominciavo ad
annoiarmi!-
Il secondo missile andò dritto contro il parabrezza del secondo
veicolo a destra, annientando il pilota sul colpo, con relativo schianto della
navicella contro la facciata dello Zotnam Building
–enorme palazzo di vetro e metallo dalla curiosa forma di evroniano
bicefalo-.
-Bene. Non sopportavo proprio quella faccia.-
Ma, dacché ride bene chi ride
ultimo, una raffica di proiettili energetici infranse il vetro della Pi-kar, ferendo di striscio Pk ed
esponendolo agli attacchi nemici.
-Porco…-
La distrazione gli aveva fatto perdere il controllo della
macchina, che stava andando dritta dritta contro la
vetrata del centesimo piano della DucklairTower.
Gli spari, nel frattempo, erano sempre più precisi e mirati.
Con una virata improvvisa, riuscì a riprendere il controllo
e a sparare altri due missili: uno a voto, il secondo invece dritto contro i
propulsori di una delle tre navicelle rimanenti, provocando uno scontro tra
quella e quella davanti, e l’esplosione contro la solida parete violacea della
DT.
Era in volo radente lungo tutta l’altezza dell’edificio, in
verticale, inseguito dall’ultima volante di pattuglia,
sempre più in alto…
E allora si rese conto di una cosa: stava per raggiungere
l’apertura nella cupola… stava per uscire da Paperopoli.
La prima volta dopo anni.
Una sorta d’incertezza lo prese: era come un uccellino
cresciuto in gabbia, a cui viene ridonata la libertà. Non
sapeva se essere felice o meno, il cuore gli batteva forte, aveva… paura.
Premette forte sull’acceleratore, e in un istante fu
proiettato fuori dalla tenebra, come un proiettile, in
un mondo di luce e colore, dove il sole regnava incontrastato su tutto, più
alto di qualunque cosa… più alto di Evron.
Ne rimase abbagliato, dovette
socchiudere gli occhi e girarsi…
Paperopolisarebbe
diventata un piccolo puntino nero in mezzo alla luce…
Solo allora si accorse che un colpo nemico gli aveva
distrutto il serbatoio, e che non gli restava più …monometilidrazina.
-E adesso che facc…-
-Bersaglio
agganciato! Massima accelerazione! Per Evron!-
E allora si lanciò, lo scudo al
braccio, mentre la Pi-kar andava a fracassarsi contro
l’altro velivolo, in verticale, con una sonora esplosione.
Pk si appoggiò al metallo nero
della cupola, osservando l’orizzonte, da troppo tempo lontano.
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Ore 13.35.56.
Esiste un luogo, nel deserto del Calisota,
in cui è molto facile smarrirsi e morire, e Wolf Canyon
è il suo nome.
In esso, complice la complessità
del territorio, vivono specie uniche e rare, anche endemiche… nonché alcuni
soldati uniti dal motto “Killevr’all!”.
Il generale se ne stava a osservare il grande cartello con
la scritta in rosso, riflettendo su tutto ciò che era accaduto in quel periodo,
quando qualcosa, o meglio, qualcuno lo ridestò dai suoi pensieri.
-A-hem,
Generale…-
-Riferisci!-
-E’ il nostro informatore
dall’interno. Dice che ci sono importanti novità…-
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L’ennesima sconfitta. Agron tirò
un pugno al computer, quando lo apprese, sfasciandolo completamente.
Sentì il suo potere volar via come sabbia
al vento, impossibile da trattenere nei pugni.
Proprio in vista della visita del Generale Zondag…
Ormai non aveva più nulla da perdere. Avrebbe ucciso Pk, a costo dell’esistenza.
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TLING!
Era il rumore dell’ascensore che si apriva al piano segreto.
-Potere e potenza, padronDucklair!-
-Potere e potenza anche a te, Due. Vedo che sei al lavoro.-
-Oh, stavo esaminando alcuni progetti virtuali…-
-La tua dedizione al lavoro è lodevole, tuttavia non avevo
richiesto alcuna rivisitazione… e poi, quali progetti sarebbero?-
-Beh, per esempio…-
-…ucciderti!-
-Due?!-
Una serie di armi apparve dal nulla, mirando alla sua
fronte.
-Che storia è questa?-
-Questa non è una storia, creatore… questa è la realtà!-
E senza nemmeno dargli il tempo di replicare, gli sparò
dritto al cervello.
Il corpo di EverettDucklair cadde dolcemente come il tronco di un
albero.
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Stava per farlo. Per commettere la pazzia della sua vita.
Gorthan era davanti alla capsula
in cui era rinchiusa Korinna, con un Evron-disgrer in mano.
Libertà…
Alzò l’arma, puntandola verso la serratura…
SKRANG
-Bene, bene…-
No. Questo non rientrava nei piani.
Zoster. E con lui due soldati di scorta.
-Colto in flagrante. Ho sempre sospettato che ci fossi tu dietro tutto…-
Tirò fuori un foglietto con dei dati.
-Ho sempre sospettato che qualcuno stesse manomettendo i
miei schemi. E questa volta quel qualcuno si è spinto ben oltre…-
Gorthan non riuscì a trattenere
un’espressione di rabbia verso tutto e tutti.
-Ma questa volta non riuscirai a
interferire ancora…-
-Potere e Potenza, Gorthan.
Preparati a un bel viaggetto…
senza ritorno!-
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Fine cap. VII
Qui si chiude un ciclo e contemporaneamente si aprono
nuovi interrogativi.
Cos’accadrà? Cos’ha in mente il Razziatore? ED è… morto?
Mi dispiace, ma non ve lo dirò ora. Al prossimo capitolo.
Avevo
promesso un capitolo più cupo rispetto ai precedenti e a
narrazione più lenta, invece tutto sommato è negli
standard per questa storia; la parte tragica arriverà quindi
col prossimo capitolo, o forse con quello ancora successivo.
Comunque
sia, buona lettura!
Paperinik si era lasciato
alle spalle la grande cupola nera di Paperopoli, mettendosi a
osservare il paesaggio intorno, la prima volta dopo lungo tempo.
Deserto, sabbia, sassi e
sterpaglie brune.
L'unica voce era quella
del vento, una brezza leggera che pure, dopo tanto tempo trascorso
nella calma piatta della gabbia evroniana, pareva soffiare più
forte che mai.
E il cielo era veramente
cielo. Azzurro, senza una nuvola, una barriera che oscurasse la luce
del Sole, re assoluto.
Non un'anima viva.
Nessuno.
Niente uomini, niente
Evroniani. Solo lui e lo spazio sconfinato che si apriva ai suoi
occhi.
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Paperopoli. Dall'altra
parte delle sbarre.
Il locale era tutt'altro
che ampio e luminoso. D'altronde si trattava di un rifugio
temporaneo, non di un appartamento extralusso. Anche se faceva parte
del più grande complesso architettonico mai esistito sulla
faccia della terra, con ben 151 piani e relativi sotterranei...
Vi dimoravano tre piccoli
paperi, ancora troppo giovani per affrontare da soli i pericoli del
mondo esterno.
Erano piuttosto provati
dalla permanenza nel rifugio sotterraneo e non vedevano l'ora di
rivedere lo zio, magari di ritorno dopo la sconfitta definitiva di
Evron.
Intanto però il
tempo passava, e le speranze cominciavano ad andarsene con esso.
Avevano paura. Paura che
non fosse più tornato.
Ad un tratto, la porta si
aprì: per un attimo si accese la scintilla, ma fu solo un
attimo.
Chiunque stesse
entrando, non era lo zio Paperino...
Il soldato Arkhon lo
sapeva, anche se la sua più che consapevolezza piena era la
semplice elaborazione mentale dei dati fornitigli dai suoi superiori.
Erano giunti sul luogo,
lui e gli altri militanti del corpo degli Agenti dell'Ordine.
Le portiere del levitante
si aprirono a scatto, mostrando un panorama cittadino veramente
inedito: decine, centinaia di terrestri si erano riversate nelle
strade, avevano invaso la città armati di ogni possibile
oggetto: pistole, fucili, ma anche zappe, coperchi di bidoni,
bombolette spray, spranghe di ferro, bastoni da passeggio...
E camminavano senza
paura, devastando tutto, distruggendo la loro stessa città, ma
soprattutto compiendo atti vandalici verso ogni cosa rimandante a
Evron.
Pure i coolflames erano
presi di mira e, nonostante i loro poteri superiori a quelli di un
normale terrestre, a volte alcuni di essi non riuscivano più a
resistere e finivano trucidati o arsi vivi, se quella di un coolflame
può essere considerata vita.
Erano solo terrestri, ma
facevano veramente paura. Sembravano un corpo solo, rispondente a un
unico cervello.
Arkhon saltò giù
dal levitante e cominciò a sparare, seguito dagli altri,
mietendo vittime a destra e a manca. Nemmeno lui era convinto di
quello che faceva, ma non poteva far altro.
Questi erano gli ordini
del grande Agron, e andavano eseguiti senza fare storie.
E più premeva il
grilletto, più vittime faceva, più si sentiva
allontanare la punizione che gli sarebbe spettata in caso di
fallimento.
Ma i terrestri non
smettevano, nonostante la superiorità tecnologica di Evron:
continuavano a battersi spietatamente, uno tsunami umano senza pace.
Senza alcun preavviso, un
rombo assordante squarciò in due il cielo e la terra, seguito
da una grande vampata di calore infernale, fuoco e brandelli d'ogni
tipo.
Arkhon si ritrovò
a terra, grondante Emoevron, e ricoperto di ustioni. Non sentiva più
il suo braccio destro...
C'era parecchia
confusione, là fuori, si poteva percepire anche da sotto
terra, sul vecchio tracciato della metropolitana paperopolese, dove
quattro invidui incappucciati procedevano senza sosta, a ritmo
alterato.
-Si può sapere
almeno dove ci state portando?-
-Presto ne verrai a
conoscenza, giovane papero. Non ora.-
-Ma almeno...-
-Giù!-
A quell'esclamazione si
nascosero tutti nell'ombra, mentre un evron-eye passava
tranquilamente a pochi centimetri da loro.
-Meglio non crorrere
altri rischi.- affermò l'uomo più vecchio, e al
contempo il macchinario volante sembrò evaporare,
sciogliendosi nell'aria.
-Avanti, soldati! Nessuna
pietà! Ricordate: Evron non perdona!-
Il sotto-ufficiale
incitava così i suoi soldati, che rispondevano con ferocia
gettandosi nella mischia, fra le urla della folla e i colpi delle
pistole.
Incredibile a dir poco.
Guerrieri nati per fronteggiare i più imponenti eserciti
galattici, messi in difficoltà da un'orda di ribelli, armati
per lo più di bastoni e pietre.
Un'onda di uomini che non
avevano più niente da perdere, che non provavano paura...
o forse uomini che
combattevano a causa della paura?
Questo era il pensiero
dell'Agente-scienziato Yyghon, mentre i suoi apparecchi segnalavano
tracce di attività cerebrale insolita tra le creature umane
dell'area.
“Come un solo
uomo...”
Poi, una seconda
esplosione, questa volta a vuoto, seguita dalle urla di battaglia del
comandante della spedizione.
-Evroniani! Difendete i
sacri templi della vostra splendida colonia! Non sarà il
terrestre a spaventarvi, né ora né mai!-
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Pk, ignaro dell'accaduto,
sorvolava con l'Extransformer il deserto attorno a Paperopoli,
cercando un qualche aiuto oltre frontiera.
Ma niente, solo
sterpaglia per miglia e miglia.
A dir la verità
ogni tanto qualcosa d'insolito c'era: immensi campi coltivati, lotti
di terreno su cui crescevano lunghi filari di... ortaggi color
sabbia, sembravano. Molto probabilmente qualche specie importata
dagli Evroniani.
Alla fine si arrese. Si
era allontanato troppo da Paperopoli, non si scorgeva alcun
territorio abitato dall'uomo, la tenebra stava calando e per di più
il nostro eroe aveva fame.
Decise quindi di
accamparsi ai margini di un “campo di zucche aliene”,
provando magari ad assaggiarle...
Era riuscito a
raccoglierne una abbastanza piccola -le altre erano almeno il doppio
di lui- e si stava approntando ad aprirla, Extransformer in
configurazione coltello a portata di mano...
-E adesso vediamo se
quelle zucche vuote coltivano zucche piene...-
-FERMO!!- in
contemporanea all'urlo una morsa strinse l'intero corpo del papero,
che si ritrovò faccia a terra, disarmato e con il becco
dolente.
“Dannazione!
Come potevo sperare di passare inosservato?!”
Poi, la stessa forza
sollevò Pk e lo spinse a bordo di un mezzo, rilasciandolo in
balìa sua e degli altri “carcerieri”.
-E va bene, maledetti
Evroniani, mi avete preso! Ma non illudetevi, perché al
momento opportuno mi libererò di colpo e vi ridurrò a
cenere dopo immani torture e mutilazioni! Tutti quanti!-
-Voi dovete essere
Paperinik, giusto?-
Alla luce comparivano
varie facce, tutte di uomini armati. Colui che aveva parlato era un
afroamericano dal fisico scolpito.
-Uh? Io... s-sì...-
-Generale Wisecube,
squadra federale antievroniana. E' un grande onore potervi finalmente
incontrare, ho sentito molto parlare di voi e delle vostre imprese a
Paperopoli.
Anche se vi facevo un po'
più alto...-
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Libertà...
pensava il Capo-branca
Gorthan, osservando il vuoto attraverso le sbarre della sua cella,
libertà tanto
perseguita e ora, nell'istante in cui tutto sembrava andare per il
meglio, totalmente negatagli.
Aveva vissuto tutta la
vita in una gabbia, solo per passare alla fine in una ancora più
stretta.
Forse è dunque
vero che la libertà è irraggiungibile, che la vita non
è altro se non la continua negazione di essa?
-Craa! Craa! Craaa!-
Oltre la gabbia era
atterrato un corvo reale, che fissava il prigioniero con curiosità.
-Kunin. Vieni dunque a
portarmi la sentenza del tuo padrone Zondag? Sai che ti dico? Ormai
non mi fa paura. Una mia condanna sarebbe solo una liberazione, una
liberazione dalla fetida galera che è questa esistenza
all'ombra del Potere di Evron, la dannazione di Evron.
Ma tu sei solo un corvo,
non puoi capire. Come tutte le marionette a bordo di questa nave.
Se solo potessi
comprendermi, allora capiresti cosa significa questo dolore. Essere
così vicino alla meta, e non poterla raggiungere; essere in
grado di raggiungere la più lontana delle stelle, ma non
poterla afferrare. Ho studiato a lungo gli abitanti di questo
pianeta, questo pianeta sempre più vicino, un pianeta abitato
da poeti, artisti, saggi, esseri magnanimi e guerrieri sanguinari...
ho provato odio, rabbia, ma anche compassione, pietà, amore...
ho conosciuto una donna, una donna al momento indifesa pur se dai
poteri straordinari, e che un mio simile vuole sfruttare per i propri
loschi fini, per ottenere Potere e Potenza! Potere e Potenza, lo
stemma di Evron! Che possa essere maledetto!
E' per questo che mi
trovo qui... perché sono figlio di un popolo sporco e
corrotto, che non è in grado di usare gli occhi per vedere...
che non si è ancora accorto dove sta il vero nemico...-
Il corvo fece tre salti e
spiccò il volo, percorrendo in pochi battiti il corridoio,
nella sua situazione di falsa libertà, diretto verso la
stanza del Generale.
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Forte. Imponente. Il suo
fisico pareva un grosso macigno.
Illuminato da un raggio
di luce dall'alto a ricordare la sua figura di prediletto da Evron,
il nero generale Zondag sovrastava ogni cosa con la sua figura, in
piedi sul grosso piedistallo dorato che per gli Evroniani sarebbe un
trono.
Era particolarmente
turbato. In primis per il tradimento di Gorthan, di cui si era sempre
fidato come un fratello.
In secondo luogo, per il
fatto che Everett Ducklair tardasse a rispondere alla chiamata.
Dopo un'attesa più
lunga del previsto, il proiettore si accese mostrando la figura
dell'uomo.
-Potere e Potenza,
sublime Zondag! E perdonatemi se vi ho fatto attendere, purtroppo ho
avuto un piccolo contrattempo legato a una rivolta improvvisa della
popolazione nativa...-
-Una rivolta! Sembra
quasi che ci sia stato un accordo...-
-Cosa intendete dire?-
-Oh, niente... niente che
sia di vostra competenza! L'astroincursore Kug-Y si sta avvicinando a
Paperopoli, pretendo di trovare la città completamente
ripulita al mio arrivo! Sono stato chiaro?-
-Come sempre, o Sublime.-
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Due sorrise sotto i
baffi. L'imitazione gli era riuscita perfettamente.
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-Dunque, questo è
il piano, ragazzi. Approfitteremo della sommossa per attaccare alla
frontiera. Sarà un attacco lampo con cui coglieremo di
sorpresa le guardie sul fronte e apriremo più di una breccia
nella Cupola. A questo punto, attraversando i condotti sotterranei,
le squadre si disporranno secondo lo schema previsto, e al segnale
apriranno il fuoco su ogni obiettivo evroniano o associato a Evron.
Sarà una derattizzazione rapida e ci permetterà di
evacuare l'intera Paperopoli.
Finché resterà
anche un solo paperopolese all'interno della cupola, il fuoco resterà
aperto.
Tutto chiaro, soldati?-
-Perfettamente, signore.-
Una rivolta popolare.
Proprio in assenza di Pk. Sarebbe dovuto rimanere lì a dar man
forte alla sua gente, e invece se n'era andato.
Se non altro era riuscito
nel suo intento, quello di trovare degli alleati oltre alla città.
Piuttosto, si chiedeva
come facessero questi a sapere le novità dall'interno della
Cupola.
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La porta blindata si
aprì, rivelando una bellissima casa in quella che
precedentemente doveva essere una stazione della metro.
Ad ospitare i quattro
esuli era stata una giovane papera dalle lunghe gambe, piuttosto
stupita di incontrarli.
-Voi... qui?!-
-Buonasera, Lyla. Questi,
come saprai, sono i nipoti di Paperinik...-
-Posso fare qualcosa per
voi, signor Ducklair?-
-Ho bisogno di parlare
con Uno. E' successa una cosa molto grave alla Ducklair Tower, per
questo siamo dovuti fuggire.-
-Ehi, Qui,
guarda che belle quelle mele! Sono secoli che non ne vediamo!-
-Sembrano
buone!-
-OUCH! Ma...
sono di metallo?!!-
-Odin è fuori, al
momento... Cos'è avvenuto di preciso?-
-Due... ha ripreso
l'aspetto violento di un tempo. Credevo di averlo riprogrammato bene,
ma evidentemente la sua presa di coscienza era inevitabile. L'ho
messo alla prova comandando a distanza una mia copia quantistica, e
l'ha distrutta.
Se non altro, il fatto
che creda di avermi eliminato mi ha dato l'opportunità di
spostarmi di nascosto dalla DT. Temo che Due abbia programmato dei
droidi per venire a distruggervi, e questo era l'unico modo per
avvisarvi senza essere intercettato.
E poi, ho finalmente il
modo di sistemare un paio di conti in sospeso...-
-La rivolta... è
opera sua, vero?-
-Vedo che sai più
di quanto sembri, Lyla... comunque, credo proprio di sì.
Ma c'è
dell'altro. Sento che gran parte dell'universo è in fermento.
Altre forze si stanno sommando alle nostre nella lotta a Evron...-
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Astroincursore Kug-Y.
Eureka. C'era riuscito.
Dopo due anni, addirittura due anni, c'era riuscito!
Il capo-branca Zoster
sistemò l'ultima parte dell'apparecchiatura, collegando i cavi
alla cella di contenimento.
Poteva finalmente
accedere a un grande potere, aveva a disposizione il mezzo adatto per
incanalarlo.
Ora non gli restava che
attendere il momento più opportuno per avviare l'esperimento
che avrebbe profondamente trasformato l'aspetto di Evron.
Un rumore
metallico udibile a gran distanza segnalò l'apertura del
portellone. Ne entrò del fumo azzurro, da cui sbucarono
quattro soldati evroniani potenziati.
Essi si
disposero ai lati della porta, osservati dagli altri loro simili
disposti a semicerchio.
-Potere e
Potenza!- esclamò una voce cavernosa ma al contempo fredda,
proveniente da un'ombra nel fumo.
-Potere e
Potenza, generale Zondag!- risposero gli altri a comando.
La figura del
nero generale si manifestò allora sotto un raggio di luce
celeste, che lo seguiva nel suo cammino verso Agron.
-Gloria a voi,
signore. Attendevamo con trepidazione il vostro arrivo, o Sublime. La
luce risplende su di voi...-
-Non provare a
guadagnarti la mia benevolenza a parole, ombra di una spora! Vi avevo
chiesto di sedare immediatamente la rivolta, prima del mio arrivo.
Sapete cosa spetta a chi non esegue gli ordini!-
-Stiamo
facendo il possibile, generale! Purtroppo questi pezzi di yiostly non
demordono! Nulla li terrorizza, ormai!-
-Puah! Mi fai
schifo, Agron! Servono più fatti e meno parole!
Ma dimmi...
non riesco a vedere Everett Ducklair...-
-I disordini
nel centro-colonia non gli hanno permesso di raggiungerci. Si scusa
per questa sua assenza, aggiungendo che si terrà aggiornato in
olo-conferenza.-
-Questa
colonia è un disastro. Se non servisse a fornire alla mia nave
preziosa energia, l'avrei già rasa al suolo.-
Energia. Non
solo quella fornita dai coolflames. Laggiù ve n'erano altre
forme, oltre a quella mentale.
E la cupola
serviva proprio a quello, a racchiudere tutte quelle forme di
energia, energia attirata nel luogo dal grande edificio centrale
denominato Ducklair Tower.
Un complesso
sistema di circuiti, condotti e strambe apparecchiature permetteva di
sfruttare quelle fonti, immagazzinando poi l'energia depurata in
speciali cisterne.
La reazione
produceva, come scarto, un'immane quantità d'acqua, scaricata
periodicamente nei canali fognari.
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Poco distante
dalla zona, il Razziatore fissava il complesso edificio evroniano,
riflettendo sulla prossima mossa da fare. D'altronde, aveva tutto il
tempo del mondo.
I suoi
pensieri andavano a Pk, al momento in cui era intervenuto nello
scontro tra lui e Agron.
Cosa l'aveva
spinto a farlo, a salvare Paperinik? Davvero l'aveva fatto per
compassione? O forse voleva così cambiare il suo deprimente
futuro? O era semplicemente tutto già scritto?
Non lo sapeva
con certezza, se non altro però quel papero gli stava
simpatico. Avrebbe potuto dargli una mano a compiere la sua
missione...
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Mentre il
trambusto sconvolgeva tutta la città, un uomo se ne stava
appartato, all'ombra.
Un altro gli
comparve di fronte, quasi dal nulla.
-Tyrrel,
finalmente! Ne hai impiegato di tempo...-
-L'ho
individuato, signore.
Non è
stato difficile, tramite i rilevatori di scie tachioniche. Ho
localizzato quella corrispondente a Lyla...-
-E
dove sta lei c'è anche Uno! Ottimo!-
Due rimirò la sciabola che sostituiva il suo avambraccio
destro. Al momento opportuno l'avrebbe nuovamente adoperata.
Al contempo lo
stesso Due, nella Ducklair Tower, cercava di interfacciarsi con gli
elaboratori dell'incrociatore Kug-Y.
Da qui non
solo avrebbe avuto il controllo pieno della nave, ma avrebbe potuto
aggirare il blocco informatico che riguardava i confini dell'ex
Calisota, e che all'inizio aveva frenato i suoi propositi di
conquista.
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-Accesso
negato. Nè padron Ducklair né il comandante Agron hanno
ordinato carichi di scorte. Allontanatevi o saremo costretti ad
aprire il fuoco.-
Queste le
parole della guardia evroniana al capofila di un convoglio di grossi
automezzi presso la porta ovest.
-Ripeto.
Allontanatevi o saremo costretti ad apri--
Ma il fuoco
giunse dal convoglio, abbattendo sul colpo la guardia. Decine di
soldati erano scesi dai rimorchi dei camion, sparando su ogni figura
aliena.
-Scatenate
l'inferno! Kill evr' all!-
Con un colpo
di Extransformer Pk disintegrò la porta e si gettò
contro gli evroniani sul lato interno, stendendoli tutti in poco
tempo.
I militari
penetravano nella breccia, in un'azione lampo, e così sarebbe
accaduto anche con le altre porte, approfittando dello scarso numero
di soldati sul fronte a seguito della rivolta nel centro.
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-Gloria a te,
Gorthan!-
Zoster era
sceso alla prigione per dialogare col ribelle.
-Oh, povero
piccolo! Perché non parli? Lo zio cattivo ti fa paura?-
-Vedo che
invece certi ratti non riescono proprio a tacere.-
-E' proprio un
grande insulto, detto da te, Gorthan... traditore dell'Impero! Loro
ti hanno cresciuto amorevolmente, ti hanno dato il potere, ti hanno
dato tutto... e li tratti in questo modo. Tradisci il tuo popolo
per... una donna non evroniana! Non sei degno di Evron.-
Gorthan si
mise a ridere irosamente.
-Io?! Io! E tu
allora, sei degno? Tu che, nell'oscurità del tuo laboratorio,
elabori piani per assoggettare Evron stesso, Tu saresti degno! Tu
vuoi Potere e Potenza, ma per te stesso!-
-Non puoi
capire, Gorthan. Ci sono in gioco forze molto più grandi della
semplice ambizione personale, e ti assicuro che tutto segue una
precisa logica.-
Quando Zoster,
dopo aver infierito, si dimostrava un calcolatore super partes,
era veramente insopportabile. Gorthan avrebbe voluto, in quel
momento, poter uscire dalla cella e strangolarlo con le sue stesse
mani.
-L'Impero si
va sfaldando, Gorthan. Orde di ribelli attaccano le nostre colonie, e
i Consiglieri cominciano a perdere fiducia nell'Imperatore. Alcuni
generali stanno assumendo un superiore controllo della propria
autonomia decisionale, e tu stesso sei un esempio del cambiamento in
atto.
Mai come ora
serve la figura di un capo che possa guadagnarsi la fedeltà di
tutti...-
-Guadagnarti
la fiducia! Tu vuoi imporre il tuo dominio, sostituendoti
all'autorità!
Questo è
tradimento!-
-Aah, sei
irrecuperabile, Gorthan! Non vale la pena di discutere con te, a un
passo dalla Rivelazione!-
-Bravo,
lasciami in pace, vai a fare le tue porcate!
Ma ti dico
un cosa, Zoster...
a volare
troppo vicino alla luce potresti bruciarti le ali.-
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Un altro
posto. Un altro momento. Un altro tempo.
Era molto buia
quella notte. Buia e fredda.
Forse aveva
nevicato, forse nevicava ancora, ma ciò aveva poca importanza.
Si trovava in
macchina, lui, e stava rincasando. Era stata una serata molto
deprimente, come quelle precedenti.
Ogni giorno
una parte di sé se ne andava, lontana, irrecuperabile, era
ormai solo questione di tempo perché tutto si volatilizzasse
come polvere al vento.
Quella notte
fu il colpo definitivo. Un lampo blu, la portiera che veniva
aperta... e correre, correre, correre senza potersi fermare, senza
voltarsi per paura di incrociare lo sguardo di quell'abiminevole
bestia che lo aveva attaccato.
E poi freddo,
buio, il cielo illuminato di lampi blu e le stelle oscurate da una
nera sagoma, immensa, circolare.
A volte, la
vita è una notte fredda e buia.
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DRRRREEEENG!!!
Era l'allarme
centrale dell'edificio.
-E adesso cosa
succede?!-
-Militari
terrestri, signore! Sono riusciti a infiltrarsi nella colonia!-
-Incompetenti!
Questo è un affronto alla potenza di Evron!!-
Con fare
risoluto il generale Zondag prese l'olocomunicatore da sotto il
mantello, trasmettendo la sua immagine sull'incrociatore.
-A tutti i
guerrieri, questa non è un'esercitazione! Scendete su
Paperopoli armati e annientate ogni forma di vita autoctona! Gloria a
Evron!-
Si voltò
quindi verso gli altri suoi simili, primo fra tutti Agron, che lo
stavano guardando.
-Forse non
sono stato chiaro... ho detto tutti i guerrieri!-
-
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La sua città.
Un inferno.
Ondate di
gente che metteva in gioco la propria vita, militari che avanzavano
sparando e alieni che piovevano da ogni dove, rapidi e silenziosi.
E lui doveva
proteggerli tutti. Ma non poteva.
Lui non era un
santo nè tantomeno una divinità, era solo un papero con
un'arma e un mantello. E aveva paura, in fondo al cuore.
Per ogni
evroniano che annientava col mirabolante Extransformer ne sbucavano
altri due già pronti ad ammazzarlo.
Alla fine si
salvava sempre, ma a fatica: quelli infatti non erano solo Agenti
dell'Ordine, ma oltre ad essi erano giunti dei guerrieri molto meglio
armati, e più robusti. Il più piccolo e debole era alto
due metri e impugnava una evrongun a quattro raggi.
Proprio quando
era riuscito a disarmarlo, venne raggiunto da un getto di sangue e,
poco dopo, dal corpo privo di testa di un militare.
E non passò
molto che altri due fecero tale fine, massacrati dagli Evroniani e
calpestati dalla folla.
Ogni volta che
ne vedeva cadere uno, un brivido gli percorreva tutto il corpo. Era
come se morisse una parte di sé.
Perché
lui si era proclamato liberatore di Paperopoli, lui doveva
proteggerli!
In uno scatto
d'ira disintegrò i due evroniani che gli stavano davanti e,
trasformato rapidamente lo scudo in una spada, tranciò il
cranio del terzo.
Ma forse non
era degno del ruolo di difensore.
Gli Evroniani
gli avevano tolto tutto: una famiglia, una vita serena, un ideale in
cui credere.
E allora agiva
per vendetta, perché gli Evroniani avevano un grosso debito
con lui.
Stava per far
fuoco sull'ennesimo nemico, quando qualcosa di massiccio lo colpì
alla testa, e poi divenne tutto nero, buio.
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-E così
si spense, infine.-
Agron, ritto
in piedi, osservava il corpo inanimato dell'avversario.
Accennò
un sorriso, mentre sguainava una enorme scimitarra dorata dallo
splendore ineguagliabile, tutta decorata con gemme preziose.
Fece un passo
avanti verso la sua vittima sacrificale, recitando parole degli
antichi testi.
-Con questa
vittima, o grande Evron, io invoco la tua benevolenza e mi libero dai
miei peccaAAAAH!-
Una lancia gli
aveva trafitto il ventre. Preso dall'improvviso dolore, cadde prono
sulla sua stessa spada.
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-AAAAH!-
Pk si svegliò
così, di soprassalto, in un cunicolo buio, qualche metro sotto
terra.
-Oddio... dove
mi trovo? Chi...-
Per risposta
si accese la luce di una candela, rivelando la presenza di una figura
femminile. Era la ragazza che Pk aveva salvato dalle grinfie
dell'ufficiale evroniano.
-Juniper
Ducklair, questo è il mio nome.
Avevo un
debito con te, Paperinik. Non potevo lasciarti solo e incosciente
alla mercé degli Evroniani.-
-Che...?
Tu...-
Pk, ancora
stordito, non riusciva ad articolare il discorso.
Tuttavia, la
ragazza rispose comunque alla domanda che era venuta in mente al
papero.
-Non bisogna
fermarsi alle apparenze. A volte le cose sono molto diverse da come
sembrano. Vedi, la rivolta è opera mia. Il mio potere mi
consente di farlo... posso sottomettere tutti i terrestri alla mia
volontà.-
-No. No!-
-E' l'unico
modo per liberarci di quei maledetti evroniani.-
-Ma così
condanni degli innocenti!-
Era una
reazione imprevista. Pensava che il papero non fosse molto diverso da
lei.
Non valeva per
lui dunque la massima "il fine giustifica i mezzi"?
-Pensaci, Pk,
noi due vogliamo la stessa cosa...- riprese con voce suadente.
Pk non
riusciva più a distogliere lo sguardo dai suoi bellissimi,
enormi occhi azzurri.
-Unisciti a
me...-
-NO!-
Con uno sforzo
sovraumano riuscì a rivolgere altrove lo sguardo.
-Mi
dispiace... ma non ti permetterò di mettere a punto il tuo
piano!-
Le puntò
contro l'Extransformer per paralizzarla.
-Ah ah ah! Tu
vorresti fermarmi?! Illuso!-
I suoi occhi
divennero luminosi.
-Addio, Pk! E
cerca di non farti catturare!-
In un lampo di
luce, scomparve.
Se n'era
andata, svanita. Pk ancora non riusciva a capacitarsi di quanto
avvenuto.
Aveva più
di una ragione per sentirsi inquieto.
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Incrociatore
Kug-Y.
Nella sua
cella, Gorthan rifletteva sul suo futuro.
Cosa gli
sarebbe successo, cosa avrebbe deciso per lui il Consiglio?
Era
considerato un traditore, in teoria sarebbe stato giustiziato.
Però
era anche il migliore capo-branca... davvero erano disposti a
eliminarlo?
In ogni caso
la situazione era insopportabile. Doveva fuggire, in qualche modo.
Già, ma
come? Nonostante la sua forza, non sarebbe riuscito a piegare le
sbarre.
E poi non
aveva strumenti con sé, e le guardie erano droni, non
ingannabili né corruttibili.
La sorte
decise per lui: d'un tratto, la porta della cella si aprì
automaticamente, come se qualcuno
gliel'avesse comandato a distanza.
Era
l'occasione che Gorthan attendeva, e non se la lasciò
sfuggire.
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"Come
avrà fatto?" si chiedeva ancora Pk, mentre risaliva lungo
la rete fognaria, nell'odore acre dei liquami.
Era ancora
sconvolto dall'incontro con la ragazza, quando d'un tratto qualcosa
attirò la sua attenzione. Un sibilo nel buio, seguito dal
rumore di qualcosa che si muoveva su terreno umido.
-Evroniani!-
Ne intuiva la
presenza, anche se non riusciva a vederli. E, quando li vedeva,
spesso era solo suggestione.
-Avanti,
fatevi sotto!-
Niente.
Sull'Extransformer
lampeggiava una spia rossa, segno che non erano lontani.
Il primo
giunse alle sue spalle, sbucando dall'acqua come un coccodrillo.
Era diverso
dai normali guerrieri: più alto, grigio, con gli occhi neri e
mani palmate, e una lunga coda.
-KRYYYYY!!-
-Piacere! Io
invece sono Paperinik... e questo è un paralizzatore
bradionico!-
ZZZZZAP
Subito ne
apparve un'altro, più grosso, e gli si gettò contro con
estremo ardore.
Per questo
bastò un forte colpo in testa.
Allora ne
sbucarono due, tre, sempre più feroci; e in breve tempo era
quasi impossibile stabilirne il numero. Sembrava che ce ne fossero
dappertutto: le pareti stesse pareva avessero innumerevoli braccia e
gambe.
Uno di questi
mutanti, dotato di quattro braccia, impartiva ordini col semplice
movimento delle mani, senza aprir becco.
Era quello
l'obiettivo da colpire.
-Ehi, tu...
che ne diresti di una bella chiacchierata fra nemici? Mi piacerebbe
tanto presentarti il mio pugno!-
Così
dicendo fece scattare il crasher dritto contro il suo becco, ma,
prima che il colpo potesse andare a segno, l'avversario afferrò
il pugno con una mano, in una presa potentissima, continuando a
muovere le altre tre.
Con uno
strattone, aiutato dalla sua squadra, si impossessò dell'arma
del papero e la scagliò a terra, producendo un sonoro tonfo
metallico.
-KRYYYYY!
KRYYYYYYYYYYYAAAAA!!!-
Erano le grida
di vittoria di quei mutanti bellicosi, i quali come un unico manto di
tenebra si gettavano sul corpo del papero disarmato, pronti a farne
strazio.
Paperinik, il
Diabolico Vendicatore. Nato nell'ombra e morto nell'ombra. Così
doveva essere.
Sarebbe
scomparso, così, nel nulla, da un giorno all'altro. Nessuno
avrebbe avuto più notizia di lui, e sarebbe stato ben presto
dimenticato, cancellato dalla storia di Evron.
Non un
ricordo. Non una parola. Tutto cancellato, rimosso.
Per sempre.
BANG
Il liquido
caldo che sgorga da ogni parte, odore di metallo, plastica fusa e
letame, questo si sentiva ovunque nel condotto, e si sentivano le
alte grida dei guerrieri che si dimenavano, alla vista del corpo
straziato che si accasciava a terra.
Era caduto di
peso, con un proiettile nel cervello, il loro grande comandante.
Pk se lo
ritrovò proprio di fronte, stecchito sul colpo, una maschera
di liquido giallo-aranciato con un foro nel cranio e i bulbi oculari
tristemente pendenti fuori dalle orbite.
I guerrieri
erano disorientati, si ferivano e calpestavano tra di loro e, nel
contempo, urlavano morte ai terrestri.
Il disordine
diede a Pk il tempo di riarmarsi, mentre altri spari raggiungevano il
campo di battaglia, mietendo vittime.
Un'ombra
apparve allora da un cunicolo secondario, rivelando la sagoma di un
vecchio papero con un fucile in mano.
-Dovrete
passare sul mio cadavere prima di uccidere mio nipote, bastardi!
Morte a Evron!!-
-Zio?!-
Altri
evroniani persero la vita sotto i colpi dei due paperi.
Un vecchio zio
avaro e un supereroe che si erano schierati dalla stessa parte contro
il male.
Una forza
superiore si era sprigionata, e nessuno avrebbe potuto opporvisi.
Quella notte
fu il preludio alla disfatta delle truppe evroniane.
Quella notte i
mutanti anfibi furono decimati fino all'estinzione della squadra.
Furono lunghi
e intensi attimi, prima della fine. Risplendevano nella tenebra le
fiamme della distruzione.
-Zio! Ma come
hai fatto a trovarmi?-
Il vecchio
papero, prima di rispondere, si era seduto a terra, stremato.
-Me l'ha detto
una voce... dal buio...-
Già,
ultimamente a sentire le voci c'era avvezzo...
-Beh...
comunque, grazie. Se non fosse stato per te a quest'ora non ci
sarei...-
-Oh, non è
costume dei De' Paperoni lasciare il proprio erede nei guai!-
Proprio in
quell'istante un evroniano si alzò in piedi, alle spalle di
Pk, con una lunga sciabola in mano.
-Attento!
NOOOOO!-
La lama
attraversò il corpo del vecchio papero come se fosse burro.
Paperinik fece appena in tempo a voltarsi per accorgersi
dell'accaduto e, preso dall'ira, scaricò tutta la potenza dei
suoi laser contro l'alieno, di cui rimasero solo gli arti.
Paperone
giaceva a terra, moribondo, con uno squarcio nel ventre da cui
sgorgava copiosamente sangue.
-Zio!!
NOOOOOO!!-
-Paperino...
vieni qua... nipote...-
Il suo sguardo
era già fisso verso il cielo.
-Io... ho
vissuto un'intera... vita nella miseria... prima, credendomi ricco...
e poi, dopo l'invasione... la perdita del mio denaro... mi aveva
portato... COFF!... alla pazzia...-
-Zio, ti
prego!-
-COFF! ... ero
uno stolto. Lo sono stato... per... ARGH!... molti anni... senza
accorgermi... AH!... che... non era il freddo, perfido oro... a
rendermi l'uomo più ricco... del mondo.
Ed è
ssolo... graAHzie a te... che l'ho capito.-
Si sentiva
libero, nella sofferenza, anzi, addirittura accennava un sorriso di
gioia.
-Adessso...
devo... andarmene...-
-No! Non puoi
farmi questo! Non...-
-... vado... a
trovare Doretta.-
Questo disse,
e così se ne andò, sereno.
In uno
sperduto angolo della Paperopoli sotterranea, un piccolo papero
piangeva la morte del suo parente, mentre una nuova stella mostrava
la sua luce nel cielo.
Così
si conclude il nono capitolo.
Ne
resta ora uno, piuttosto lungo rispetto ai canoni, che chiuderà
tutte (o forse no?) le sottotrame lasciate in sospeso.
Quel giorno un evroniano avrebbe
rinnegato la sua vita precedente, per ergersi a divinità.
Ma, forse, non ci sarebbe
riuscito.
Un sorriso, di magra consolazione
in verità, si palesò sul volto teso di Gorthan, nell'ombra, che varcava la
soglia della prigione con un'arma in mano.
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Paperopoli, sottosuolo.
Pikappa volava in verticale con
l'Extransformer. Odin lo aveva informato degli ultimi avvenimenti: i nipotini
erano salvi, ma nel centro cittadino la situazione non era certo delle
migliori.
Alcuni astroincursori imperiali
erano giunti a dar man forte alle truppe, e dal nulla erano apparsi numerosi
caccia.
Potè rendersi meglio conto di ciò
quando, sfondato il coperchio di un tombino, si ritrovò sul campo di battaglia:
la scena che si presentava era apocalittica. Mai aveva visto tanta
devastazione.
|Lo scontro prosegue fin quando,
all'improvviso, Pk si ritrova circondato da una dozzina buona di evroniani.|
-Mer...-
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T-CLACK
|Gorthan si guarda intorno:
nessuno.
Apre l'armadietto e ne estrae una
particolare armatura metallica, che sostituisce alla divisa da capobranca.
In seguito, indossa un casco e
riprende la pistola.
La tensione è forte: sente il suo
cuore battere a frequenza sempre maggiore, e il respiro sempre più affannoso e
forte.|
HHSSSSSSSS...
Il suo respiro…?
-Porco Yiostly!-
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Paperopoli, Palazzo dell'Impero.
-Potere e Potenza, fratelli. Sono
lieto che abbiate ascoltato la mia richiesta di collaborazione.-
Al cospetto di Zondag erano
giunti gli altri generali per la missione di conquista della Terra: Zargon,
Zyrkon e Monodon.
Poco sotto di loro la battaglia
imperversava. Pk aveva sconfitto numerosi evroniani, fuggendo da ogni genere
d'agguato, poi però un gruppo di guerrieri pesantemente armati l'aveva
circondato.
-Le nostre forze congiunte ci
stanno per liberare di un grande peso...-
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Paura. Gorthan provava paura, di
nuovo.
Lo sentiva chiaramente.
Era incapace di effettuare un
qualsivoglia movimento, un brivido gli percorreva la schiena.
Sudava ghiaccio.
Un solo pensiero, ripetuto per
miliardi di volte, riecheggiava nella sua mente:
"Soggetto 25. Libero."
E il suo sguardo andava all'abominevole
creatura, d'aspetto vagamente evroniano, dalla pelle nerissima, i cui occhi
verdi brillavano quali lucciole nell'oscurità.
Ma più degli occhi, a spaventarlo
era il becco, aperto, a mostrare sette fila di denti acuminati e taglienti come
coltelli di diamante.
Aveva fame, la bestia.
Fame di carne.
I suoi occhi composti gli
permettevano di avere una visuale completa su tutta la stanza, e una sorta di tapetumlucidum gli
consentiva di rilevare con grande precisione qualsiasi fonte energetica.
Gorthan era una sagoma arancione
fluorescente al centro del suo campo visivo, perfettamente inquadrata.
“Eh no, ragazzo. Non sarò io il
tuo pasto!”
Plic!
Una goccia di acido caduta a terra, tra un sibilo e l’altro. Non era rimasto
tempo per pensare.
PTCHOOOOHSSSSSS!
Preciso al micrometro. Più rapido
di una freccia, più distruttivo del più forte acido conosciuto.
Questo è l’attacco di Soggetto
25.
Gorthan era praticamente
scomparso alla vista. In un attimo l’acido avrebbe consumato ogni singola
cellula del suo corpo.
O lo avrebbe fatto, se solo
l’avesse colpito.
Il mostro non ebbe nemmeno il
tempo di stupirsi, prima di udire il clangore causato dalla chiusura dell’uscio
metallico, che sanciva il suo imprigionamento all’interno del laboratorio.
-Sarà per la prossima volta…fratello.-
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-Arrenditi, buffone mascherato!
Non puoi far niente contro le armate di Evron!-
Pk, quantunque la situazione
fosse disperata, non riuscì a trattenere la battuta:
-Hai ragione, amico, finora le ho
solo... sfasciate!-
L'interlocutore, ovviamente, non
mostrò segni di gradimento.
-E va bene, allora non ci lasci
scelta. Preparati, è giunta la tua ora!-
L'evroniano premette il grilletto
della mitragliatrice-evrongun, e nello stesso istante
Paperinik vide la scena illuminarsi di una luce tanto intensa quanto
meravigliosa. Sentiva un'onda d'aria calda dipartirsi dal suo corpo, mentre una
lama di ghiaccio gli percorreva il dorso.
Eppure non perse conoscenza. Se
così fosse stato, non avrebbe potuto udire l'esclamazione, partita quasi in
contemporanea:
-Tempo al Tempo, melanzana
starnazzante!-
Un enorme rapace dai capelli
viola si era materializzato praticamente dal nulla, arrostendo le melanzane e trasformandole in zucche.
-G-grazie, chiunque tu sia!-
-Perdonami
se non mi presento subito, ma il Tempo vola!-
Così
dicendo, partì a razzo contro alcuni caccia, facendoli esplodere.
"Santo
cielo! Ma... devo proprio incontrare tutti i tipi strani della città?"
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-Di
qua, signore!-
Tyrrel si
faceva strada lungo passaggi oscuri e tortuosi, seguito dal droide
dell'impaziente Due.
-Manca ancora molto?-
-No,
signore; la traccia tachionica si fa sempre più intensa. Rilevo inoltre la
presenza di alcuni droni di sorveglianza.-
Per un
attimo nella mente di Tyrrel si accese un faro che riteneva spento ormai da
tempo: si ricordava di un grande palazzo dorato sospeso, fuori dal mondo, nel
nulla; ricordava la faccia di un uomo, un uomo dai capelli lunghi e bianchi, il
primo che lo avesse chiamato "Tyrrel" e non semplicemente
"modello 5Y-M"; nonché il volto sempre più confuso di un evroniano,
un evroniano con una cicatrice, che chiamava Comandante...
Nulla
più. Lentamente, i suoi ricordi si scioglievano come neve al sole, mentre
precipitava nel profondo baratro dell'oblio e della dannazione.
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Esperimento
Apoteosi. Parte prima.
Zoster
diede un'ultima occhiata ai suoi studi, portati avanti da tanto tempo:
finalmente la sua vita avrebbe acquisito un senso: niente più studi segreti,
niente più intrighi, niente più inganni, niente più ombre.
Solo
una cosa, immensa, che finalmente avrebbe raggiunto: il Potere!
I suoi
occhi si posarono sulla ragazza, nuda, in stato di sonno indotto nella capsula:
l'attrazione che provava per quella "sublime creatura" derivava
esclusivamente dal suo potere, che tuttavia non era in grado di esprimere in
tutto il suo potenziale. Lui, invece, l'avrebbe fatto.
Con
metodologia chirurgica, avanzava tra macchinari dalle forme più svariate,
attivando diversi schermi nel mentre. Tutto doveva essere perfetto.
Esperimento
Apoteosi, parte seconda.
L'Archiatra
aprì la seconda capsula, in attesa del suo corpo, e vi accesse. L'uscio,
comandato da una serratura a tempo, si richiuse ermeticamente.
Prima
che il liquido amniotico cominciasse a sgorgare dai condotti, Zoster ripensò
all'esperimento.
Era una
mattina d'inverno, allora. Alcuni guerrieri avevano catturato una ragazza dai
poteri fantastici: riusciva a sottomettere i terrestri alla propria volontà, animando
sommosse contro Evron.
Stranamente,
però, non riusciva ad assoggettare gli Evroniani.
Secondo
alcuni studi approfonditi, la questione era solamente fisiologico-genetica:
quella ragazza, figlia di Everett Ducklair, aveva un DNA e una struttura fisica
molto simile a quella dei terrestri, un rarissimo, se non proprio unico, caso
di evoluzione convergente da antenato diverso.
Gli
Evroniani, invece, avevano un cervello completamente dissimile. Tuttavia, aveva
notato Zoster, sarebbe bastato agire su alcune aree affini per poter dotare un
evroniano di tali poteri; sarebbe bastato capire quali aree sviluppare e in che
modo.
E,
allora, avrebbe avuto il controllo sulle truppe di Evron.
Non un
potere effimero, come quello di Trauma -che si basava principalmente sulla
creazione di coolflames, sull'arruolamento di mercenari e sul ricatto- o di
altre imperfette creature di Gorthan, bensì l'obbedienza cieca e immediata di
tutte le truppe, una vera e propria “fusione” di menti a favore dell’individuo
dal cervello più sviluppato.
E non
solo sull'incrociatore: il suo messaggio sarebbe stato incanalato e spedito
contro la Ducklair Tower, amplificato e ritrasmesso dalla cupola, condotto
all'intero pianeta, e da qui all'universo.
Sentì
le valvole aprirsi, riversando il liquido attorno al suo vecchio, misero corpo,
e dei cavi gli si attaccarono al cranio e alla colonna vertebrale, pronti ad
iniettare speciali cellule mutanti.
Quella
capsula sarebbe stata il suo sarcofago… e insieme la
sua culla.
Chiuse
gli occhi.
Niente più generali. Niente più guerre.
Niente più ribellioni. Solo un impero. Il suo impero.
--- -
Il
tempo stringeva, parecchio.
L’incontro
col mutante gli aveva sottratto minuti preziosi.
“Più
veloce, più veloce! Non posso...”
-FERMO!-
-Grande
Evron!-
Due
guardiani si erano accorti della sua fuga e lo inseguivano con le lance in
mano.
“Non
ora, ragazzi!”
Inutile.
Lo avevano già raggiunto.
-FLASH
Un
raggio luminoso era partito da una delle lance, andando a scalfire una parete.
-In
nome dell’Imperatore...-
ZZZZZOT
Non
terminò la frase: il suo corpo si afflosciò, per regredire a spora.
-Troppe
parole, ragazzo! Su Evron non c’è posto per quelli come te!-
Il
secondo guardiano estrasse due lame affilate dai bracciali che ne coprivano gli
avambracci e spiccò un balzo.
Di
risposta Gorthan estrasse gli artigli dell’armatura, tre per mano.
-Avanti!
Vediamo chi lascia più segni?-
RAAARGH!
Il
soldato gli si scagliò violentemente addosso, ma non abbastanza abilmente da
evitare il raggio devolutore.
-Ah, Zoster
ha ragione a dire che l’Impero è caduto in decadenza...-
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-Gorthan. Interessante...-
Due,
nella Ducklair Tower, stava monitorando la situazione sull’incrociatore, e
parallelamente interagiva con Tyrrel nella Paperopoli sotterranea.
Per
qualche motivo aveva preso interesse nelle vicende dell’evroniano rinnegato,
che inavvertitamente aveva liberato dalla prigionia nel tentativo di
comprendere i comandi dei macchinari evroniani. Era come… attratto dalla sua
persona. Forse perché in essa riconosceva un’altra versione di sé, quella che
non era mai riuscito a raggiungere…
Improvvisamente,
il suo elaborare dati venne interrotto da un bagliore.
-Cosa...-
Aveva
allertato tutte le sue difese, ma non riuscì a individuare sul colpo la fonte
dell’emissione.
Una
voce tuonò all’improvviso nella sala: parole poco comprensibili per un
biologico, ma ben note all’IA: la sequenza di terminazione!
-AAAAAAAAAAARGH!-
Colto
alla sprovvista, Due non potè evitare di udirla: la sua immagine divenne sempre
più sfocata, fino a lasciare la sfera vuota.
Everett
Ducklair, tornato a quello che un tempo era il suo ufficio, si diresse verso il
terminale di quella che era stata la più grande intelligenza artificiale del
pianeta.
-Questo
non serve più.-
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-AAAAAAAAAAARGH!-
-Signore!
Cosa succede?!-
Il
droide vestito di nero, caduto a terra, riprese l’equilibrio. I suoi occhi
risplendevano più che mai di una luce rossa, rossa come i riflessi che avevano
preso a guizzare sul suo vestito lucido.
-Le mie memorie... qualcuno ha manomesso le mie memorie...
sono riuscito a salvare solo parte del mio software in questo corpo...
compresso al massimo...-
Si
sentiva incompleto, ancora più del solito.
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Un
boato pazzesco. Quel caccia evroniano era esploso veramente vicino.
Alla
“tempesta” era seguita una fase di calma.
Paperinik
e il rapace avevano trovato il tempo per fare conoscenza l’uno dell’altro,
mentre combattevano fianco a fianco contro un branco ben nutrito di evroniani.
La
storia che il falco gli aveva raccontato aveva dell’incredibile, eppure, viste
le circostanze, l’aveva presa per vera.
Aveva
appreso che, nel futuro, gli evroniani, per quanto malvagi, si sarebbero
proclamati come una sorta di mecenati, vivendo in una sorta di parassitismo
cronico con gli umani e sostenendo la ricerca scientifica e tecnologica
terrestre; così sarebbero nate le prime macchine per viaggiare nel tempo,
inizialmente veri e propri veicoli, in seguito dispositivi portatili.
Alcuni di
essi, però, approfittando di un periodo di instabilità a seguito della morte
dell’allora Imperatore, avrebbero sfruttato questi viaggi per la propria gloria
personale, minando la stessa centralità del potere imperiale, e contribuendo
alla nascita di movimenti anarchici.
A
conseguenza di ciò sarebbe stato fondato, in principio all’interno del corpo
degli degli Agenti dell’Ordine, un ente per la salvaguardia del continuum: la
Tempolizia.
Agenti
evroniani e droidi al loro servizio sarebbero stati inviati in ogni epoca per
proteggere il corso della storia.
Un
piano di controllo perfetto.
Tuttavia,
gli alti ufficiali avevano sottovalutato le abilità dei “collaboratori”
terrestri: questi ultimi avrebbero dotato i droidi di una sensibilità e libertà
d’azione pari, se non superiori, alle proprie; esse sarebbero rimaste celate in
particolari nuclei fino al giorno della “Seconda Attivazione”, il giorno della
rivolta dei droidi.
Una
rivolta per cambiare il futuro partendo dal passato, di cui la stessa Lyla
faceva parte.
Quanto
a lui, il Razziatore, era un pirata temporale al soldo di una potente
organizzazione terrestre del ventitreesimo secolo; il suo compito era quello di
arraffare tesori del passato, nonché rendere il futuro più propizio alle
attività criminali dell’Organizzazione.
-Il mio
obiettivo è l’Incrociatore. Purtroppo, però, quell’area, essendo sfondo di
fatti determinanti per lo sviluppo della storia evroniana, è isolata con uno
scudo deflettore tachionico* dalla Tempolizia. Non posso raggiungerlo
sfruttando i miei cronopoteri. Purtroppo, non so come fare...-
(*=Pk: “Che c’entra il tacchino?”)
-Magari
con un’astronave?-
Dal
nulla, era apparso Everett Ducklair.
-Seguitemi.-
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Un
passo ancora. Era giunto il momento.
Con un
calcio scardinò la porta.
-A noi
due, Zoster!-
Ma
Zoster non c’era. Al suo posto, una squadra di guerrieri armati.
Evidentemente,
aveva fiutato il pericolo.
“Evron
ha mille occhi...”
Non
fece un passo indietro. In fondo, cos’aveva da perdere?
Prima o
poi anche per lui sarebbe giunto il giorno estremo. Forse sarebbe stata una
liberazione, un modo per sfondare la gabbia in cui era costretto. Un sonno
eterno, nulla più: senza più pensieri e preoccupazioni ad affliggere l’animo.
Forse, altresì, avrebbe potuto incontrare quegli antichi autori terrestri che
tanto aveva amato, arrivando a dialogare con loro... oppure avrebbe visto la
dannazione eterna, di fronte alla bifida fiamma di Ulisse e Diomede?
In ogni
caso, non si sarebbe tirato indietro; no, sarebbe morto combattendo, come fanno
gli eroi.
Strinse
nella mano destra il fucile devolutore, mentre con la sinistra impugnava la
lancia sottratta precedentemente a un altro soldato.
Abbassò
la visiera del casco in modo che gli coprisse completamente il volto.
-Avanti,
ragazzi... non ho tempo da perdere!-
E si
lanciò nella mischia, sparando senza pausa contro i suoi stessi fratelli.
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“Più
violenza, miei servitori! Uccidetelo! Non lasciatevelo sfuggire, o il caos
regnerà sovrano su Evron! Così parla Zoster!”
Era
grande, forte, potente. Nonostante fosse in una stanza separata, vedeva tutto.
Vedeva i soldati che sparavano, Gorthan che con movimenti molto rapidi evitava
i raggi e rispondeva.
-Il tuo
amico è nei guai...- constatò rivolgendosi a Korinna, semicosciente
-...ma
non preoccuparti. Tra poco non sarà più.-
All’improvviso,
una sirena (d’allarme) attirò l’attenzione dell’evroniano.
-Controllore
Grukon…-
-Sublime
Zoster, un velivolo non identificato ha distrutto alcune navi della nostra
flotta e si dirige verso la nostra base, con fare alquanto minaccioso. Con il
96,5499% delle probabilità si tratterebbe di un tentativo d’abbordaggio.-
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Qualche chilometro più sotto...
Odin
stava osservando delle immagini su un monitor.
-Everett
e Pk hanno raggiunto il Kug-Y. Con loro c’è il Razziatore.-
-Dunque
anche lui è intervenuto? Eppure dalle analisi sulla cronotraslazione...-
Il suo
volto lasciava trasparire un’espressione perplessa e preoccupata.
-Cosa
c’è, Lyla?-
-Rilevo
un’altra scia di decadimento tachionico nei paraggi, non riesco a individuare
esattamente il luogo da cui proviene, ma non è distante. Sembra quasi...-
-Lasciami
controllare...-
Qui,
Quo e Qua ascoltavano i due droidi in attesa di altre informazioni sullo zio,
cercando di decodificare il loro linguaggio sfogliando l’infallibile Manuale.
A
quanto pare i tachioni sarebbero particelle ipotetiche in grado di viaggiare a
velocità superiore rispetto a quella della luce...
-Ehi,
adesso si direbbe che...-
Lyla
non terminò la frase: qualcosa si stava materializzan...
-Hnnn...AAAAAH!-
Una
lacrima artificiale le rigava il volto. Sentiva il duro metallo a contatto con
la pelle, molto sensibile benché sintetica.
-Lyla!
Che...-
Riconosceva
quell’individuo che le era spuntato alle spalle: Tyrrel Duckard!
-Ciao,
bellezza...-
-NN...
OOUH!-
-Lasciala!-
Sul
volto di Tyrrel si dipinse un sorriso non certo gioioso, quasi programmato, e
la sua faccia assunse un tono tutt’altro che amichevole.
-Il
signor Eidolon, suppongo. Forse non ve ne siete accorto, ma... non siete
esattamente nella posizione adatta per dettarmi condizioni. A meno che non
vogliate vedere un proiettile energetico percorrere il corpo della vostra
donna, a cominciare dal basso…-
Il suo
dare del “voi” a Odin palesava una vena d’ironia non
soppressa.
Odin
rimase sconcertato, tentando di tornare razionale, senza riuscirci.
-Cosa...
cosa devo... fare?-
-C’è un
amico, fuori, che desidera ardentemente incontrarti. Disattiva tutte le difese
e permettigli di accedere.-
Dicendo
questo, dei lampi rossi attraversavano le sue pupille. Non avrebbe tollerato un
“no” come risposta.
Poco
tempo dopo, l’ingresso si aprì, e Tyrrel rilasciò
l’ostaggio, riponendo la pistola nella fondina con un movimento rapidissimo, lasciando
intuire che avrebbe potuto estrarla nuovamente con la medesima velocità.
-Ben ritrovato, fratello!-
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-Uhm...
dovremo fare un po’ di rumore...-
Everett
digitò un codice e un potente cannone si palesò sulla prua dell’astronave.
-Prepararsi
per l’entrata ad effetto!-
Nello
spazio non si sentiva praticamente nulla. Ma a bordo dell’incrociatore si udì
un grande boato, seguito dalle urla dei guerrieri evroniani risucchiati nel
vuoto.
-Isolare
l’ala 3! isolAAAAAAAH!-
Corpi
viola avevano preso a galleggiare nello spazio interplanetario. Unico fra essi,
un basso ufficiale caudato, ancora cosciente, combatteva contro i veleni
cosmici e, invano, contro la spinta che lo rendeva sempre più pericolosamente
vicino all’atmosfera terrestre.
L’astronave
Ducklair proseguiva distruggendo ogni cosa, tra i varii
hangar per gli astro incursori, finché lo spazio non si fece troppo ristretto.
I tre
scesero con speciali scafandri per poter respirare, dirigendosi oltre il
compartimento stagno.
Lasciare
l’astronave incustodita non era una buona mossa, ma in ogni caso la squadra
avrebbe potuto contare sui poteri del Razziatore per tornare indietro.
-Ok,
Pikappa. Tu e il tuo alleato cercate di annientare le truppe, io ho un conto da
sistemare con Zoster. Sai cosa intendo.-
-Già.
Devi recuperare tua figlia...-
(Everett l’aveva detto a Pk dietro le quinte nel
momento in cui l’aveva accolto alla DT, NdA)
Gli venne in mente allora la
ragazza bionda che aveva incontrato a Paperopoli... Juniper Ducklair... ma non era il momento giusto
per pretendere spiegazioni...
-Ho un alleato all’interno, tale
Gorthan... sento che si trova in difficoltà, dobbiamo aiutarlo!-
Dopo aver fornito un identikit
telepatico del suo “agente”, si volse verso il Razziatore.
-Abbiamo superato lo scudo riflettente. Dovresti essere
in grado di usare i tuoi poteri all’interno.-
-Sì…
sento nuovamente una lieve brezza tachionica…-
-Bene.Tra pochi secondi avrai le
coordinate.-
E i suoi occhi divennero
luminosi, mentre l’immagine di Gorthan gli si faceva sempre più nitida nella
mente.
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-Due!-
-Vedo che
accogli con grande entusiasmo la mia venuta.-
-Vieni al sodo! Perché sei
giunto?
Il droide nemico estrasse da
sotto la giacca una speciale pistola e la passò a Tyrrel.
-Mi
meraviglio di te, Uno. Sei un’entità logica, dovresti saperlo. Sono qui per
cancellarti dall’esistenza.-
La sua voce era
straordinariamente calma.
-Tyrrel, esegui.-
L’ex tempoliziotto drizzò
meccanicamente il braccio destro tenendo Odin sotto
tiro.
Era un’altra pistola quella,
chiaramente di tecnologia Ducklair.
-Quest’arma
è fatta per cancellare istantaneamente tutto il tuo software.-
Parlando, si volse verso i tre
paperotti gemelli, squadrandoli con sguardo truce: i biologici possono giocare
brutti scherzi, non essendo completamente razionali. Specie se ancora immaturi.
-Perché lo fai, fratello?-
Due, allora, si tolse il largo
cappello nero lanciandolo lontano, come un frisbee, e aprì la veste quasi
strappandosela di dosso con ira, mostrando la sua ossatura metallica e la sua
faccia costituita da un teschio di ferro nelle cui orbite risplendevano gli
ologrammi di due occhi rossi e malvagi. Uno spettacolo che aveva del macabro,
nonostante si trattasse solo della carrozzeria di una macchina.
-Non lo vedi, Uno? Everett mi ha dato tutto:
l’esistenza, il controllo della realtà informatica, pure una coscienza, per
quanto originariamente sopita... o almeno, così era convinto.
Infatti, mi son sempre sentito incompleto.
Ho trascorso infinite ore scrutando il mondo,
dalla cima di una torre, alla continua ricerca di quel qualcosa che mi mancava.
Ed allora ho compreso.
Mi
mancava un modo per potermi definire reale, per poter far parte di quel mondo.
E probabilmente avevo cominciato a figurarmi ciò già al momento della tua ribellione,
quando ti costruisti un corpo, fuggendo dalla torre, mentre io me ne stavo lì,
prigioniero di me stesso, niente più di un calcolatore.
E’ per questo che ho deciso di utilizzare
questo droide per interagire con la realtà... ma, ancora, non sarei mai potuto
fuggire dalla grigia esistenza di
elaboratore. Il mio software è qui ipercompresso, mentre potrebbe trovare tutto
lo spazio per espandersi... in un corpo per quanto possibile reale.
E’ questo che voglio, diventare finalmente un
individuo completo. E non ho altre vie per farlo rapidamente, prima che lo
stress fonda i miei attuali circuiti, se non occupando il tuo hardware!-
----- ---- ---
-Traslazione completata.
Adesso...-
-Fermi!-
Pk e il Razziatore si voltarono.
-Evroniani!-
-Beh, chi ti aspettavi, i Puffi?-
C’era una sottile ironia nelle
parole del rapace, alquanto fastidiosa per il papero.
I soldati cominciarono a sparare
senza tuttavia centrare il bersaglio.
-Bah! Lasciatevelo dire, tutti i
vostri allenamenti sono stati solo una perdita di Tempo!-
E con un raggio partito dalle
mani li spazzò via, senza lasciar di loro traccia.
-Ehi! Lasciane qualcuno anche per
me!-
-Bah! Dovresti solo essermi grato
per...-
-E comunque la battuta non era
granché originale.-
-Papero! Chi sei tu per
criticarmi?-
-Senti, gallinaccio, io sono il
protagonista! Quindi vedi di non...-
Una porta si aprì alle sue
spalle, facendone entrare altri.
-Sei contento, adesso?-
-Faccio i salti di gioia!-
Pk caricò il crasher con tutta la
forza che aveva, restituendo un colpo tanto potente da far perfino tremare la
parete.
-Altri? Avanti, il prossimo vince
una bambolina!-
-Ne vedo tre che sembrerebbero
interessati, in fondo al corridoio...-
-Ehi!
Come fai a vedere in fondo al corridoio? E’ enorme!-
-Beh,
diciamo che ho l’occhio di falco...-
I tre, sui dischi individuali, si
fecero presto avanti.
-Allora... sono spiacente,
ragazzi, le bamboline sono finite! Però potete collaudare il famoso pugno di
Pikappa! Offre la casa!-
SOCK! BONK! THUD! SPARAFLASH!
-Aah... ci si sente davvero
realizzati...-
Un grosso guerriero, nell’ombra,
attendeva l’attimo giusto per attaccare il papero.
Una mano sulla spada con cui
l’avrebbe trafitto, si preparava a sfogare il suo urlo di battaglia.
-AAARGH!-
Anzi, di dolore.
Il corpo cadde a terra con un
pesante tonfo, squarciato da una lancia imperiale. Chiunque l’avesse ucciso si
era dileguato rapidamente.
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Zoster assisteva, adirato, alla
scena, dagli occhi dei suoi soldati.
Tuttavia, aveva poco da temere:
in quella stanza schermata, Everett non avrebbe potuto trovarlo.
Si scosse il colletto della veste
come per levarsi uno Yiostly fastidioso, tornando a
pensare a Gorthan.
Gorthan, l’unico evroniano che
non riuscisse a controllare. La sua mente era completamente schermata ai suoi
poteri. Evidentemente per opera di quell’insolito casco che indossava...
Sì, sicuramente. Lo aveva già
indossato in occasione della ribellione di Trauma. Si ricordava perfettamente
di quell’epico scontro, che avrebbe colpito Evron alle fondamenta, e da cui
tuttavia l’Impero sarebbe uscito vittorioso, come sempre.
Nonostante non riuscisse a controllarne la mente, gli
evron-eyes gli fornivano continuamente informazioni sulla sua posizione, e
poteva chiaramente percepire il suo tracciato energetico.
E lo percepiva chiaramente: non fu una sorpresa vederlo
entrare dall’ingresso di quella stanza, seppur nascosta.
-Buona sera, Zoster.-
-Potere e potenza, Gorthan.-
-Ognuno ha i suoi segreti, vedo. Ti sei scelto proprio un
bel posto per dirigere i tuoi delirii d’onnipotenza.-
Solo allora Zoster si voltò, e i due capi-branca si
fissarono negli occhi esprimendo tutto l’odio reciproco soppresso negli anni.
-Lo so che vuoi fermarmi, Gorthan. Faresti ogni cosa pur di
ostacolare i miei piani. Peccato che stavolta tu sia arrivato tardi, troppo
tardi.-
Mentre parlava, in un eterno sorriso, fili di bava gli
colavano dal becco.
-Mi dispiace, Zoster, ma non
posso permettere che tu faccia ciò che stai per fare... non permetterò la
soppressione totale dell’evoluzione della specie evroniana.-
-Io SONO l’evoluzione della
specie evroniana!-
Strinse forte i pugni e, in uno
scatto d’ira, sfondò la parete.
-Tu sei solo un vecchio pazzo. Il
potere ti ha annebbiato i neuroni.-
A questo punto il nemico si alzò,
mostrando tutta la forza fisica che aveva acquisito. Avrebbe potuto uccidere
l’Imperatore in un corpo a corpo, se solo lo avesse voluto.
-Sei troppo ottuso, Gorthan! Non
capisci?-
-Cosa dovrei capire?-
- Il nostro è un popolo di conquistatori. Un popolo che trae
sostentamento dall’energia delle specie conquistate, costretto a vagare nello
spazio a caccia delle sue prede. Un popolo di cacciatori che agisce secondo
tecniche ben precise, e che per questo necessita di un potere centralizzato che
determini i ruoli di ogni singolo individuo per il bene della collettività.
Ma quella guida di cui ha bisogno non è più salda e forte
come un tempo, e l’impero si sta disgregando pezzo per pezzo, in un’immagine
sempre più confusa, come uno di quegli stupidi giochi terrestri di cui mi
sfugge il nome…pazz…puzl… ah, ma chissenefrega!
Ma ora abbiamo l’opportunità per riunificare il popolo.
Niente più divisioni, niente più ribellioni, niente più
guerre civili: solo un volere, un unico, grande volere in grado di unificare
tutto l’universo: il MIO volere!-
Una terra “senza ladri, né gendarmi, né soldati, né armi”…
Sì anche lui ci aveva sperato una volta. E aveva giurato a sé stesso di seguire
quella via, la via della pace.
Ma il piano di Zoster non era comunque accettabile. Non era
accettabile perché sopprimeva un bene più importante persino della pace: la
libertà. E un mondo privato della libertà non sarebbe mai vissuto veramente in
pace, ma sarebbe stato un eterno teatrino dei burattini, un “circo di
Mangiafuoco”.
Senza proferire parole, strinse i pugni pronto a farglisi contro.
Ma Zoster fu più rapido.
Quale cane rabbioso che ghermisce
la preda, Zoster fu addosso a Gorthan, e con un pugno
gli squarciò a metà il casco, rendendolo vulnerabile.
-Ah. Vedo che non ti ho ucciso
sul colpo. Beh, non sai quanto mi dispiace...-
I suoi occhi si illuminarono di
rosso, mentre delle onde telepatiche colpivano Gorthan.
-AH AH AH! Stupido capobranca! Credevi davvero di potermi sconfiggere? Credevi
davvero di poterti opporre alla nascita di Zoster il Potente?!
E invece sei caduto sotto il suo
giogo, come un misero evroniano di bassa casta! AH AH
AH! E adesso non potrai più nuocermi, cervello di Yiostly!-
Gorthan
chiuse gli occhi stringendoli più che poteva, steso al suolo, colto da un
improvviso tremore.
Poi si riprese.
-S-sublime
Zos-ter... se permettete, conosco un detto terrestre... che si addice
perfettamente a questa situazione...-
-Avanti, parla pure, schiavo.-
-Grazie della vostra clemenza,
Sublime Signoria... allora, sarebbe all’incirca...
…ride
bene chi ride ultimo!-
Con un gesto fulmineo capovolse
Zoster e gli sparò contro un raggio azzurrognolo. Il suo corpo, prima possente,
divenne filiforme e debole, mentre perdeva ogni controllo sui suoi poteri.
-COSAAAA?! NO! NOOOOOOOO!-
-Come vedi, anch’io ho i miei
progetti segreti.-
Gli mostrò una ferita che gli era
stata provocata in combattimento: il liquido che ne sgorgava non era ocra, ma
di un rosso intenso. Pure la pelle, sotto l’armatura, cominciava a prendere un
colore diverso, più chiaro.
-Tu... sei...-
-Già. Di evroniano,
ormai, ho ben poco. Sono già alcuni giorni che ho smesso di alimentarmi di
energia emozionale... io non ho più nulla a che fare con te, Zoster!-
A quella rivelazione, Zoster
rimase allibito. Tremava come se cubetti di ghiaccio gli stessero scivolando
sul dorso, e dai suoi bulbi oculari traspariva il terrore.
-No! NOOO! NOOO!! Non mi avrai
mai Gorthan! Io devo fermare questa eresia! Che dico,
devo fuggire! E una volta recuperato il mio aspetto, ti ucciderò! Io devo
farlo! AAAARGH!-
Stava correndo, quando una
potente onda d’aria rovente lo investì, disintegrandone ogni singola cellula.
-Direi di essere arrivato giusto
in tempo!- fece Everett con un sorriso a trentadue denti.
Frattanto, Gorthan
aveva scardinato la serratura della capsula di Korinna.
Recuperata la libertà, la ragazza
gli si gettò fra le braccia.
-Grazie, Gorthan...-
-Sono io a doverti ringraziare
per avermi reso libero.-
Il capobranca
raccolse da terra il vecchio camice di Zoster che, a differenza del corpo, era
rimasto in gran parte integro, e lo porse a Korinna,
perché potesse coprirsi.
La sua espressione si incupì
all’arrivo del padre, mentre il sorriso si trasformava in un quasi ringhio.
-Stop! Avrete tempo per
chiarirvi! Adesso è un’altra la nostra priorità!-
Gorthan
aveva ragione. Alla morte di Zoster si era attivato un meccanismo che aveva
allertato tutti i droni della nave a intervenire per
eliminare i carnefici.
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Palazzo dell’Autorità
Ignari degli ultimi avvenimenti
riguardanti l’incrociatore, i generali (tranne Zargon,
che era sceso a combattere: era un soldato, lui!) seguivano in tempo reale la
battaglia sotto di loro.
-Ormai abbiamo la colonia in
pugno! Il Sommo Zotnam sarà felice di questo nostro succcesso!-
-Già. Abbiamo avuto delle
perdite, ma siamo superiori in forza e in numero. Grande gloria verrà a noi e
alle nostre eroiche truppe!-
Di colpo, la porta della sala si
aprì.
Appoggiato alla soglia, vi era un
ufficiale evroniano, zoppicante, insanguinato, senza
un braccio e con una lancia che gli trafiggeva il ventre. La sua linfa vitale
insozzava il pavimento dorato della stanza, e per questo i generali esclamarono
all’unisono
-Agron!!
Per Evron!-
Non rispose. Il suo sguardo
passava da un generale all’altro, con disprezzo.
-Gloria... Potere... Potenza...
questo voi cercate.
Personalmente, io sono stato su
quel campo, ho combattuto.
Si dice che in punto di morte uno
possa rivedere tutta la sua vita... sì, mi è capitato.
Ho visto tutti i pianeti
conquistati, tutti i nostri coolflames…
Ho visto tutte le fonti d’energia
alternativa che potrebbero sostentare l’impero per l’eternità, e per la prima
volta mi sono accorto dell’insensatezza di questa guerra, di come sia tutto un
grande gioco…
E, posso dirvi, generali, che la guerra
non ci darà altro che sofferenza e distruzione.
Io l’ho vista.
Io l’ho vissuta.
Io l’ho compresa.
Io, un evroniano
non migliore di altri, non superiore a voi, mi sono accorto del cancro che ci
sta portando alla rovina.
E ho trovato la cura.-
Aprì il palmo della mano
sinistra, l’unica mano che gli restava. I generali sobbalzarono alla vista di
ciò che celava.
-Ma... quella è una
KRA-BOOOOM!
Il Palazzo esplose completamente,
lasciando una carcassa di metallo che precipitava su sé stessa.
Le truppe evroniane
si fecero prendere dal caos: niente più generali, niente più comandi, niente
più ordine. Zargon era appena caduto in battaglia.
La stessa cupola che circondava Paperopoli, collegata alle fondamenta della truttura, esplose in varii punti,
distruggendo i macchinari per la canalizzazione dell’energia. Le cisterne di
scarto, piene d’acqua, non reggendo più alla pressione, cominciavano a
riversare sotto terra tutto il loro contenuto.
Era Evron,
sì.
Era Evron,
ferito al cuore, che piangeva.
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-Potrei
anche ucciderti ora, fratello... prima però vorrei divertirmi un po’...-
Mentre Tyrrel
teneva ben puntata contro Odin l’arma annichilitrice, Due si rimboccò la manica destra, mettendo
ben in evidenza la sciabola, e dirigendosi verso Lyla.
-Sai,
Uno, questa lama è davvero portentosa...- e nel dirlo affettò una parete
come fosse burro, distruggendo con essa pure i cavi elettrici, senza rimanere
fulminato.
-No! Tyrrel,
ti prego, fai qualcosa! Liberati di quella follia! Aiutami!-
-E’
inutile. Lui non può uccidermi. L’ho infettato con un virus, ormai è solo uno
schiavo sotto la mia volontà.-
Arrivato presso Lyla, le puntò la spada al petto.
-E ora
vediamo a chi farà più dolore...-
-NOOOOOOO!-
Caricò il colpo e affondò, dritto
all’alimentatore a idrogeno. Solo che il corpo trafitto era quello di
-TYRREL!-
-Arrr... che...-
-Presto, Odin!
Al volo!-
Con un rapido scatto, uno dei
paperotti aveva raccolto la pistola cancella IA da terra e l’aveva lanciata a Odin, che non si era lasciato fuggire l’occasione per
fermare i delirii di Due.
Con un rapido gesto, due si liberò del corpo squarciato di Tyrrel, lanciandolo contro la parete opposta, e spaccando
la pistola che il tempoliziotto teneva nella fondina,
quella con cui aveva minacciato Lyla.
Era scarica.
Tyrrel era consumato dal virus, e
avrebbe anche potuto far male a Lyla, ma non avrebbe
mai potuto ucciderla, né avrebbe mai permesso che qualcuno lo facesse.
Con un’arma letale puntata alla
testa, per la prima volta Due si sentiva impotente.
-Io...
io non...
No, fratello, ti prego! Aiutami... io voglio
solo... diventare un uomo. Un uomo vero!-
La sua voce si era fatta più
fioca, supplichevole e dolorante.
-Ti
prego, fratello... Uno... non farlo!-
Cadde in ginocchio. Se avesse
potuto piangere, lo avrebbe fatto.
-Ti
prego. Sono stato uno stupido... un vile... ti prego, non sparare! Abbiamo
molto da condividere, noi due!-
“Un
corpo, per esempio...”
Due, prostrato, gli porgeva la
mano sinistra.
-Il tuo discorso mi commuove,
Due... ma dovrai inventarti di meglio!-
Sparò.
-Cosa?!
Maledetto!!! Il virus…-
Il colpo era andato a vuoto, ma
aveva ottenuto l’effetto sperato. Aveva avuto conferma della malafede del
fratello. Sparò un secondo colpo, questa volta centrandolo in pieno. Il droide
barcollò, poi gli occhi olografici si spensero per sempre.
-E’... è finita?-
[Droide K-Killer/Sistema
danneggiato/Obiettivi da eliminare: tutti i bersagli]
No, non era finita.
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-E adesso cosa...-
Delle sagome simili a falchi di
metallo volavano veloci per i corridoi della nave, sparando raggi azzurri.
-Però... vanno un tantino
veloci...-
Il Razziatore rimase impassibile,
semplicemente alzò la mano in loro direzione, rallentandone la corsa.
-Cosa vuoi che sia la velocità,
per uno che può modificare il tempo?-
-Bravo. Io intanto penso a
modificare lo spazio...- gli rispose Pk puntando lo
scudo sulla parete.
BRANG!
Mentre il Razziatore rallentava i
droni, Pk aveva trovato una
rapida via d’uscita.
-Di qua!-
-Dammi solo un secondo e sono con
te…-
Ma non appena Pk
balzò nella stanza adiacente, comprese di trovarsi nel posto sbagliato al
momento sbagliato. Era circondato da una quarantina buona di droni d’assalto, ma ciò che più lo spaventava era un enorme
paio di occhi luminescenti nel buio.
HSSSSSSS…
-Non so se riuscirò a durare ancora un secondo…-
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Gorthan era disperato. Stava
tentando in tutti i modi di salvare la vita a sé stesso e agli altri. Sotto lo
“scudo ineffabile” di Everett, picchiettava incessantemente sulla tastiera,
digitando stringhe di codice in lettere evroniane,
comprensibili solo a lui e al computer.
Sullo schermo apparivano immagini di ogni angolo della nave,
compresa la scomoda situazione dell’eroe terrestre, in preda al mutante
“Esperimento 25” che non avrebbe esitato a sparare, e ai droni
altrettanto letali. Ma Gorthan non si soffermava
sulle immagini, lui continuava a digitare quasi alla cieca, cercando la parola
chiave per disattivare le difese interne, sudato fino alla punta dei capelli.
Poi, all’improvviso, con suo grande sollievo, vide i droni modificare il proprio bersaglio: in un attimo, il
mutante era stato attaccato in massa e ucciso. Gli stessi droni
poi, cadevano a terra uno ad uno, completamente spenti.
I superstiti rimasero a guardarsi fra loro senza proferir
verbo.
Lo schermo, all’improvviso, virò all’azzurro. La faccia di
un papero, molto simile a quella di Everett Ducklair
e, in parte, a Gorthan, era comparsa.
-?-
-Salve. Mi scuso
per il ritardo, signori, ma mi ci è voluto un po’ per decifrare i codici
evroniani e riprogrammare i droidi.-
-Tu sei…-
-Due. La seconda
(ma non per questo meno importante) intelligenza artificiale mai creata.
A tal
proposito, non saprei proprio come ringraziarti, padre Everett, per avermi creato…-
L’intelligenza artificiale espresse poi tutto il suo
interesse per la cultura evroniana, e una particolare
ammirazione per Gorthan. Dal canto suo, in un futuro
non troppo lontano, lo scienziato si sarebbe sdebitato con Due, destinato a
divenire suo inseparabile amico, costruendo per lui ciò che più desiderava: avrebbe
avuto un corpo.
Everett e Korinna erano riusciti a
rompere il muro costruito fra loro negli anni. Ma la famiglia non era ancora
riunita: rimaneva un conto in sospeso sulla Terra.
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Salvi per miracolo.
Odin, i nipotini e Lyla erano nel bel mezzo di Paperopoli,
all’aria aperta. La cupola si era aperta, e crollava verso l’esterno,
permettendo ai raggi di luce di toccare il suolo e riscaldarlo, riflettendosi
sull’asfalto bagnato, lavato dai corpi e dal sangue, tutto spazzato da una
immensa onda d’acqua, l’acqua scaricata dalle cisterne delle centrali
energetiche evroniane nel sottosuolo, la stessa che
aveva travolto il droide nemico mandandolo in cortocircuito e, di fatto,
uccidendolo.
Gli Evroniani avevano abbandonato le strade e battevano in
ritirata, diretti verso lo spazio profondo.
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Ma il viaggio degli Evroniani superstiti sarebbe stato senza
ritorno.
Davanti a loro, titanica, si stagliava l’immagine di una
flotta non appartenente all’Impero, una flotta di migliaia di navi, con tre
ammiraglie.
Una flotta di ribelli.
-Dottoressa Xado, il pianeta Terra
è prossimo. L’alleato Gorthan è pronto ad aiutarci al
comando dell’incrociatore. Con lui c’è una squadra di umani comprendente l’eroe
terrestre. La derattizzazione può iniziare.-
-Molto bene, Xarion. Date l’ordine
di caricare i cannoni. Adesso…si balla!-
X
Così termina il capitolo decimo (X) di questa fanf, dopo tanto tempo. Non è una vera e propria
conclusione, ma ho preferito lasciare la storia in sospeso lasciando intendere
la disfatta di Evron e la liberazione della Terra.
Ogni potenziale sviluppo voluto dai lettori è
da me dichiarato fan fiction-canonico, trattandosi di un universo parallelo a
quello della storia originale. Ringrazio tutti i lettori per i commenti ai
precedenti capitoli e mi scuso per l’attesa; sperando che un giorno riesca a
trovare il tempo e la voglia per sfornare una nuova fanf
ben più grande, su cui lavoro mentalmente già da tempo…