Every day in the dark

di Music is my soul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'm a vampire. ***
Capitolo 2: *** This is my world. ***



Capitolo 1
*** I'm a vampire. ***



Non sapeva quando fosse pericoloso stare con lui. Non conosceva la sua anima.
Ma decise comunque di dargli retta e conoscerlo, forse nemmeno lei sapeva il perchè.
 
 

I'm a Vampire.




Entrò un ragazzo strano al negozio quel pomeriggio, molto chiaro di pelle, una chioma riccia castana e dei meravigliosi occhi verdi.
Kimbley era intenta a sistemare dei cd su uno scaffale quando notò quel ragazzo.
Si accostò al bancone e aspettò che arrivasse lei, per servirlo.
-Buongiorno, posso aiutarla?- Chiese Kimbley con una tale calma, quasi snervante.
-Mh... stavo cercando dei dvd di film horror. Dove posso trovarli?- Chiese lui, con lo sguardo basso.
-Nel corridoio alla tua destra.- Rispose lei, cercando di guardarlo in viso.
Il ragazzo si strinse nel suo cappotto e si diresse verso quel corridoio, evitando chiaramente lo sguardo perplesso e curioso di lei.
Kimbley tornò a lavoro, lanciando di tanto in tanto uno sguardo al giovane riccio.
Quando incrociò i suoi occhi, per un attimo le sembrò fermarsi il tempo. Le sembrò che le persone non si muovevano più, che i cd inseriti negli stereo per provarli smisero di girare, che le immagini alle televisioni si erano immobilizzate e che solamente lei e lui potevano muoversi e parlare.
-Che mal di testa!- Pensò, l'emicrania cominciava a manifestarsi.
-Rose, io me ne vado, ho finito il turno, a domani!- Annunciò lei alla collega, indossando il caldo cappotto e uscendo dalla porto sul retro, riservata al personale del negozio.
Era sicura di non trovare nessuno a quell'ora del pomeriggio tardi, così si sedette su una panca di legno e si accese una sigaretta. Non era solita fumare, ma quando era molto stressata, lo faceva.
Appena buttò il filtro per terra, vide una luce proiettata sul muro di fronte, ma non capiva da dove provenisse, dato che non era visibile nessun proiettore.
Così, impaurita e infreddolita dal vento di Chicago, corse via, verso la metropolitana.
Appena arrivata, si sedette sulla solita panchina prima di prendere il treno che la riportava a casa.
Aveva comprato una di quelle pizze congelate all'emporio dentro la metropolitana, con tanto di una bottiglia di coca cola light e un gelato artigianale fragola e limone, come cena. Di solito comprava sempre qualcosa di pronto al negozietto sotto il suo palazzo, ma questa volta non aveva proprio voglia, era stanca e terribilmente impaurita per gli episodi precedenti.
Una volta arrivata a destinazione, prese il sacchetto con la cena, la borsa e di diresse verso il suo palazzo.
Per arrivare a casa, doveva attraversare solamente la strada.
Quando entrò nel cancello, attraversò a grandi passi il cortile interno, quando inciampò in un sasso sporgente e cadde rovinosamente a terra.
Nel momento in cui alzò gli occhi, vide quegli occhi verdi che tanto l'attraevano e lanciò un urlo di paura.
Lui prontamente le tappò la bocca con una mano, la prese in braccio e la portò nel suo appartamento. 
La posò delicamente sul divano e Kimbley cominciò a sbraitare.
-Prima di tutto mi devi dire come fai a sapere dove abito e poi, come hai fatto ad entrare in casa mia! Poi devi dirmi perchè da quando ti ho visto stamattina in negozio mi succedono un sacco di cose strane!- Urlò.
-Non posso dirtelo Kimbley.- Rispose il ragazzo.
-Come sai il mio nome?- Chiese lei, ancora urlando.
-Oggi ce l'avevi scritto sulla maglietta.- Rispose lui.
Lei sapeva che il vero motivo non era questo, nessuno le guardava quelle minuscola targhetta sul fondo della maglietta che usava per il lavoro!
-Va bene, ora vattene. Grazie per avermi aiutata ad alzarmi prima.- Rispose fredda.
-Comunque sono Harry.- Disse lui sparendo dalla vista di lei.
Era tutto così strano, non riusciva a capire il perchè delle azioni di quel ragazzo, come lui faceva a sapere il posto in cui abitava, il suo nome e sopratutto, come aveva fatto ad aprire la suo porta blindata.
 
Aveva appena finito di sistemarsi per la notte, dopo quella gustosa pizza margherita, quando sentì un rumore provenire dalla sua stanza.
-Sarà ancora quell'Harry?- Pensò sbuffando un po'.
Attenta e più impaurita di prima, si diresse verso la sua stanza con un mestolo in mano.
Si accostò alla porta e il rumore si era intensificato.
Contò fino a tre e aprì la porta di scatto, notando che il rumore proveniva dalla stanza di fronte alla sua, ovvero l'appartamento di Zayn, il suo vicino di casa.
Tirò un sospiro di sollievo e scostò le tende, per vedere cosa stesse facendo di così rumoroso quel ragazzo.
-Kim? Perchè hai un mestolo in mano?- Chiese lui confuso.
-Lascia perdere. Tu piuttosto cosa stai facendo? C'è un rumore talmente assordante!- Disse lei.
-Niente, sto solamente rimettendo a posto qui, tutti questi atrezzi per la ginnastica mi stanno facendo impazzire, non so più dove metterli!
-Immagino. Va beh, buonanotte Zayn.
Si salutarono entrambi e lei andò a letto.
Si sciolse i capelli, si riempì le narici del profumo delle rose poggiate sul suo comodino e si distese sotto le calde coperte, avvolta nel suo pigiamone invernale.
Prima di chiudere gli occhi, pensò a quello che era successo durante la giornata.
Prima la sensazione che il tempo si fosse fermato, poi quella luce sul muro e poi Harry nel cortile del palazzo e in casa. Sperò solamente che durante la notte non si fossero ripetuti quegli episodi.
 
La giornata era appena cominciata. 
Kimbley si lavò, si vestì e si diresse verso la metropolitana, come tutti i giorni.
L'unica cosa che interruppè quella routine giornaliera, era Harry.
Era lì, che la seguiva.
Kimbley aveva davvero molta paura, visto che non aveva mai avuto nè un rapporto stabile con un ragazzo, nè qualcuno che ricoprisse il ruolo di un padre.
L'unico "uomo" con cui aveva rapporti, era Zayn.
Prima di trasferirsi in quel palazzo, vivevano in una stanza in affitto, insieme ad altri due ragazzi dall'altro capo della città.
Dopo il trasloco, erano diventati buoni amici, quindi decisero di trovare casa vicini, per mantenere meglio i rapporti creatisi.
Harry cominciò a tenerla ferma dalle braccia per guardarla dritta negli occhi.
Il contatto visivo era fondamentale per lui.
Ogni volta che guardava qualcuno negli occhi, riusciva quasi ad ipnotizzarlo, però con Kim non ci riuscì.
-Harry, lasciami!- Urlò lei, allontanandosi da lui, iniziando a correre per il vialetto.
-Non posso, io e te siamo destinati, non puoi scappare dal destino.- Rispose lui seguendola.
-E chi te lo ha detto questo? Smettila di rompere le scatole! Sembri un ragazzino.
Ci fu un tonfo sordo e di nuovo la sensazione che il tempo si fosse fermato.
Le persone erano immobili, nessun suono, nessuna parola.
Però c'era una differenza, anche lei era immobile questa volta.
Vedeva Harry avanzare verso di lei, senza un minimo di pudore. 
La guardò intensamente negli occhi e le lasciò un lungo bacio sulle labbra.
C'era qualcosa di strano, lei non era più immobile e intanto continuava a baciarlo, come se non ci fosse un domani, come non aveva mai baciato nessun'altro.
Quando si staccarono, nessuno dei due proferì parola.
Si guardarono ancora e ancora.
-Mi sembra di conoscerti da una vita.- Sussurrò lei.
-Kimbley, sono un vampiro.- Rispose lui, lasciandola di stucco.
 
 
 


Writer's Corner.

Ehy ragazzeeee!
Non pensate che ho abbandonato le altre mie tre fan fiction!
Avevo solamente bisogno di staccare un po', di cambiare aria, non so se riesco a spiegarmi.
Comunque, questa qui sarà un mini long sovrannaturale! :)
Spero vi piaccia!
Lasciatemi una recensione :3

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A prestooo :)

-Re

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Capitolo 2
*** This is my world. ***



 
  This is my world.
  


Probabilmente avrebbe dovuto urlare.
Avrebbe dovuto avbere paura o addirittura avrebbe duvuto avere paura di Harry e di ciò che stava succedendo, ma stranamente era più che tranquilla e lasciava che quello sconosciuto la baciasse.
E inoltre, le sembrava di conoscerlo da una vita.
Improvvisamente Harry sparì e la lasciò in mezzo a una valanga di gente che la spintonava o la superava per prendere la metropolitana.
Lei era rimasta spiazzata dalla confessione di Harry e sopratutto da quel bacio.
Non sapeva più che pensare o che fare, aveva solo tanta paura di quello che sarebbe successo dopo.
Prese la metro più spiazzata di prima.
La gente la pressava, la spingeva. C'erano alcuni che la maledicevano per la sua lentezza, altri che parlavano da soli e altri ancora che ascoltavano la musica con le cuffiette, come se fossero in un altro universo.
Appena arrivò alla fermata del lavoro, iniziò a farsi spazio fra la gente ed era tutto un 'permesso' 'mi scusi' 'dovrei passare', alla fine, dopo molta fatica, riuscì a scendere e a dirigersi al negozio di elettronica.
-Ciao Kim! Tutto bene? Hai una faccia...- La salutò Rose, notando la sua faccia bianca.
-Non credo...devo vomitare!- Disse la ragazza, correndo verso il bagno, facendo preoccupare Rose.
-Ehy, hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?- Chiese Rose, tenendo i capelli di Kimbley.
-Non so...- Rispose lei, continuando a rigettare e a pensare al perchè stesse così male: Harry.
 
 
La giornata era finita, e fortunatamente erano già le sette di sera, quindi Kimbley poteva salutare tutti e andarsene alla metropolitana.
Come al solito, passò dall'emporio per comprarsi la cena.
C'era l'offerta del giorno, un panino con porchetta e maionese.
Prese quello, contenta che ci fosse solo l'ultimo pezzo, come se la stesse aspettando.
Prese anche una bottiglietta di coca cola, lei era una coca cola dipendente, almeno un goccino al giorno doveva berlo, se non lo faceva era come se avesse un vuoto dentro.
Pagò, prese il sacchettino trasparente e si diresse verso la panchina dove stava sempre, per attendere.
Lei era una pendolare ormai, ma purtroppo si sapeva che era una vita frenetica quella.
Arrivò finalmente la metro e si fiondò in una cabina piccolina, in mezzo a due grandi.
Era quasi arrivata, finalmente poteva andarsi a mangiare quel gustoso panino davanti ad un bel film.
All'improvviso ci fu un black out, dove saltò la luce e la metro si fermò all'istante.
Kimbley cominciò ad agitarsi e cerco di afferrare il telefono nella borsa per fare un poco di luce.
Comparve una figura davanti a lei che emanava luce, era Harry.
-Harry...c-cosa ci fai qui?- Chiese lei torturandosi il labbro inferiore.
-Sono venuto a prenderti.- Disse lui, facendo tornare di botto la luce e prendendo Kimbley a mo' di sposa.
-Che cosa stai facendo?! Lasciami andare!- Urlò lei.
-E' inutile che urli! Non possono sentirti, sono stato io a causare tutto questo.-
Immediatamente si catapultarono in un'altra dimensione, che sembrava più antica e molto più diversa.
-Dove siamo?- Chiese lei curiosa e spaventata.
-Siamo nel mio mondo. Io ho diciannove anni da centocinquant'anni. Qui c'è la mia casa.- Disse lui, conducendo la ragazza all'interno.
-Come mai mi hai portata qui?- Chiese lei.
-Perchè volevo fartelo vedere. Volevo farti conoscere una parte di me.- Rispose lui, prendendo una lattina dal frigorifero, rigorosamente nero.
-Hai fame?- Domandò lui.
-Si...sai com'è stavo andando a cenare!- Rispose lei.
-Un momento.- Disse lui, chiudendo gli occhi e aprendo il palmo della mano.
Disse qualcosa in una strana lingua, qualcosa di antico sicuramente, e come all'improvviso, quando lui aprì gli occhi, apparve il sacchettino di plastica che aveva Kimbley sulla metropolitana.
-Ecco qui, mangia pure!- Disse lui, porgendoglielo.
Lei era rimasta sconvolta.
-Come hai fatto?- Chiese titubante e anche un po' spaventata.
-Te l'ho detto, sono un vampiro...con la forza del pensiero posso fare questo.
-E' cosi che vieni da me? Senti...l'altro giorno mi hai detto che io e te siamo destinati...perchè l'hai detto?- Chiese, con tutto il coraggio che aveva in corpo.
-Si...E' una storia lunga...allora, è cominciato tutto quando ero piccolo. Io non sapevo di essere un vampiro. Vivevo la mia vita normale, come un normalissimo bambino. Un giorno mia madre mi portò in mezzo ad una foresta, di notte, dove c'era un raduno. Ricordo che avevo molta paura, perchè c'erano tutte quelle persone grandi, con quei denti sporgenti. Mi avvinghiai alle gambe di mia madre e non la lasciai finchè non mi misi su una specie di piedistallo fatto di legno. 'Adesso vedrai il tuo futuro Harry.' Mi disse un'anziana signora, che sicuramente era la signora. Vidi su un albero il tuo viso. Mi dissero che quando avrei raggiunto i diciannove anni, potevo venire nel tuo mondo e dirti tutto.
-E perchè hanno scelto proprio me?- Chiese la ragazza.
-Non lo so perchè. Quella signora ha una lista, che nessuno può toccare. E' la lista dei ragazzi e delle ragazze umane che sono destinati a noi vampiri. Non so con che criterio venga scelto.- 
-E se il "destinato" non ricambiasse i sentimenti ?- Domandò ancora lei, vergognandosi un po'.
-Non è possibile. I vampiri hanno uno strano fascino...che nessuno mai ha avuto.- Disse lui, malizioso.
-Ah...vedo che sei un modesto!- Rise lei.
-Comunque...riuscirò a farti innamorare di me Kimbley. Tu sei destinata a me.- Sputò lui sorridendo.
Lei a denti stretti continuò a mangiare quel gustoso panino, fissando il pavimento scuro.
Kimbley non era tanto sicura che Harry le avesse detto la verità, ma in fondo...che lui era un vampiro era vero. Che erano in un'altra dimensione era vero e che lei era così attratta da lui...era vero, nonostante si conoscessero da due giorni e sopratutto, non sono capitati in delle belle situazioni.
-Va bene Harry...queste cose sono cose molto strane...io ho solo diciotto anni...non credo di essere abbastanza forte per reggere tutto questo.- 
-Invece si che lo sei...tu sei forte Kimbley.- Disse lui, quasi ipotizzandola col suo sguardo.
Dopo essersi svegliata da quello stato di trance, lei piano piano si avvicinò al suo viso.
-Harry...- sussurrò lei, toccandogli il petto.
Lui mugugnò qualcosa e incollò le sue labbra a quelle morbide di lei, facendo sorridere entrambi.
Dopo essersi baciati per un lungo periodo, Kimbley balzò in piedi e si ricordò di quanto tempo avesse passato da Harry.
-Mio Dio! Il tempo è passato così in fretta!- Squittì lei, in preda ad una specie di attacco di panico.
-Stai tranquilla, tornerai a Chicago nello stesso momento di prima. Non è cambiato niente.- Disse lui, prendendola in braccio e lasciandogli un altro bacio, prima di riportarla nella sua America.
 
Sulla metropolitana non era successo niente, non c'era stato nessun black out.
Appena tornò a casa, fu stortita da quello che era successo con Harry.
Lei ancora non si capacitava del fatto che gli sembrava di conoscerlo da sempre, del fatto che era così vicino a lei, di come quando si baciavano sentiva quei brividi lungo la schiena...dei suoi meravigliosi occhi verdi.
Si spogliò e appena si sfilò i jeans, le cadde dalla tasca posteriore un braccialetto con dei pendenti.
C'erano tre spazi, ma solamente un pendente c'era attaccato.
C'era scritto "io".
Kimbley era sicura che glielo avesse dato Harry, ma non capiva il perchè di quell'io e sopratutto come avesse fatto quel braccialetto a finire nei suoi pantaloni.
Lo ripose sul suo comodino, accanto al cellulare, impostò la sveglia alle sette e un quarto, indossò il suo pigiamone e andò dritta a letto.
 
Non aveva idea di quello che sarebbe successo domani.



Writer's Corner.

Ragazze! Dovete scusarmi, ma ho perso la cognizione del tempo!
Ho troppe ff in corso, non ce la faccio ad aggiornale tutte presto, infatti molte hanno lunghe attese, come questa!
Allora, che ne pensate?
Questa è una ff che mi piace moltissimo.
Però, durerà solamente quattro capitoli, perchè è una mini long! :)
Bene...spero che mi perdoniate per la lunga assenza!
A presto :3

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