Oltre ogni limite

di niky999
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Confusione ***
Capitolo 3: *** Voglio solo te ***
Capitolo 4: *** L'inferno ***
Capitolo 5: *** Lou ***
Capitolo 6: *** Troppo vero ***
Capitolo 7: *** Aggressione ***
Capitolo 8: *** Il dolore dei ricordi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo








“ Gwen .. vuoi sentire la mia opinione? “
“ Forza, non ho bisogno d’altro che di morire sottoterra. “ sbottai io, piena di rabbia fino al midollo.
“ Ti sei innamorata di lui. “ fece lei, osservandomi con un sorrisetto ebete.
Io alzai lo sguardo su di lei, pronta a scoppiare da un momento all’altro, ma cercai di trattenermi.
“ Ellie, vuoi sentire la mia opinione? E’ una gran cazzata! “ esclamai convinta.
Cavolo! Se li mi stavo trattenendo, fino a che punto sarei arrivata a riempirla di insulti? Forse non lo sapevo nemmeno io.
“ Gwen? Pronto? Avresti ammazzato Amanda lì, su due piedi, se non ti avessi bloccata appena in tempo. Subito dopo hai cominciato a sbraitare e a gridare dicendo che quella non doveva neanche azzardarsi a toccare Jeson perché non ne aveva il diritto. “ parlò Ellie, con la sua solita strana calma incorporata che mi faceva sempre perdere la pazienza. Riusciva a rimanere impassibile anche alle cose più vomiteli, come un rospo dentro a una minestra. No, se ci pensavo bene ci fu una reazione, ma al contrario di come si possa pensare si mise a ridere tanto quanto poteva non far passare più aria ai polmoni. Naturalmente non andò così, ma in fondo, anch’io mi ero sbellicata dalle risate! Questo ricordo mi strappò un piccolo sorriso, poi tornai allo stesso sguardo furibondo di prima.
“ Infatti, non ne aveva! “ gridai esasperata.
“ Forse dovrei ricordarti che è la sua fidanzata? E che hai fatto una figuraccia? E che li hai visti baciare più di una volta? E che … “ Ellie era pronta a continuare con le sue chiacchiere, ma la fermai appena in tempo.
“ Basta! Basta! Basta!! “ urlai in preda a un attacco isterico. “ Non ce la faccio più! “ strinsi i polsi alle orecchie tanto forte da potermi rompere i timpani.
Alcune lacrime rigarono il mio viso, ma mi voltai e le asciugai di fretta cercando di non darlo a vedere. Sfortunatamente un poco di mascara mi scivolò giù dalla guancia e cadde dal mento.
Lei se ne accorse, ovviamente, ma per fortuna non mi disse niente al riguardo.
“ Senti, Gwen … io sono qui per aiutarti e lo farò. Ma se Jeson è innamorato di Amanda io non posso farci nulla! Non posso mica minacciarlo con un coltello giapponese alla gola! “ esclamò con tono ironico. In circostanze diverse mi sarei rotolata dalle risate.
“ Molla subito Amanda e raggiungi Gwenda! O giuro che ti taglio la gola! “ mi immaginai Ellie puntargli un’arma addosso. Ma naturalmente, ora non avevo voglia di ridere neanche un po’.
“ Lo so ma .. è tutto così complicato! “ risposi, con voce strozzata.
Ellie mi accarezzò le guance e mi asciugò il mascara che mi era colato. Mi sorrise e mi trattò con fare materno. Mamma Leslie non era già abbastanza? Tuttavia accettai il suo conforto e mi strinsi al suo abbraccio in cerca di protezione e di qualcuno che potesse in qualche modo consolarmi.
Era davvero  tutto complicato. Un giorno prima mi rivolgeva tante attenzioni e quello dopo non mi degnava di uno sguardo.
“ Gli uomini, tutti uguali! “ pensai a voce alta.
“ Fatti forza, una Montrose dovrebbe essere ritta sul petto, completamente impassibile a ogni genere di distrazione! E’ inammissibile che tu ti comporti così! “ Ellie intonò la voce di Madame Violetta in modo perfetto.
Quella volta mi sorprese con un sorrisino sulla faccia e rimase soddisfatta dell’impresa riuscita.
“ Vado a casa, si è fatto tardi .. “ sospirai un po’ più rilassata.
“ Ok, va’ a riposarti e asciugati le lacrime, altrimenti Madame Violetta ti butterà fuori di casa gridando parole tipo “ è vergognoso “ o “ non sei degna “ e tanto altro! “ esclamò, alzandosi e abbracciandomi di nuovo.
“ Grazie, sei stata di grande aiuto! “ ammisi decisamente rilassata.
“ Le amiche fanno questo, no?! “
Io le sorrisi.
“ Veloce, Madame ..”
“ Ho capito, ho capito! “ mi lamentai, poi uscii di fretta e me ne tornai a casa.
Durante il tragitto non feci altro che pensare a lui. Jeson era così .. bello e .. attraente .. ma anche maledettamente stronzo. Però .. dio se era bello!
“ Grazie per i complimenti! “ esclamò una voce dietro di me.
All’improvviso, senza che neanche lo volessi, mi pietrificai all’istante assumendo un aspetto da perfetta idiota. Pensare a voce alta era un mio brutto vizio!
Lentamente mi voltai verso di lui con la saliva completamente azzerata e il viso rosso dall’imbarazzo.
“ P-prego. “ risposi, abbassando lo sguardo.
Lui si avvicinò a me con fare disinvolto, poi cercò il mio sguardo invano.
“ Forza Gwen, forza Gwen, forza Gwen! “ ripetei almeno cento volte questa frase!  (Nella mia mente naturalmente!)
“ Cosa ci fai qui? Com’è che Amanda non ti ha pedinato per tutta la città? “ gli chiesi.
Lui sospirò.
“ Com’è che ti interessi sempre così tanto? “
“ Non lo so .. mi da sui nervi! “
“ Sei gelosa? “ mi domandò, con un sorrisetto sfacciato.
Io aggrottai la fronte e scossi la testa.
“ Come cavolo ti è venuto in mente?! “ finalmente alzai lo sguardo verso di lui.
Era di una spanna più alto di me, aveva un fisico da pelle d’oca, proprio come quello dei modelli! Ormai doveva sapere che indossare una maglia attillata non avrebbe giovato per tutte noi ragazze. Tutte svenivano in continuazione! Poi aveva due occhi verdi che si potevano tranquillamente paragonare a dei fari, dei grossi fari che illuminano un oscuro oceano.
I capelli erano bruni e scompigliati e la sua bocca … faceva venire un’enorme voglia di ..
Non finii le mie riflessioni che Jeson mi si avvicinò e mi cinse un braccio alla vita.
Il rossore sul mio viso sparì, lasciando spazio a un bianco pallore. Il mio corpo si irrigidì e .. avete presente quando parlano di quelle piccole, guastafesti, farfalle nello stomaco? Ecco, in quel momento stavano svolazzando allegramente attorno ai miei ormoni.
Con l’altra mano giocherellò con un mio ciuffo di capelli e accarezzò lentamente la mia guancia.
Non sapevo cosa fare, ero completamente parallizzata!
“ Ci vediamo Gwen! “ mi diede un piccolo bacio sulla guancia poi rimase fermo, come ne aspettasse uno anche lui. Allora raccolsi tutte le mie forze, mi allungai e gliene stampai uno anch’io. Subito dopo si allontanò con le mani nelle tasche svoltando una via. Io invece rimase ferma immobile per altri cinque minuti se non di più. Ok, avevo fatto una figuraccia, ma alla fine era andato tutto bene.
Strinsi i pugni e strizzai gli occhi, poi mi decisi a tornare a casa con le forze che ancora mi erano rimaste. Pian piano ripresi coscienza e padronanza del mio corpo e fece un lungo, profondo, sospiro.
Quel ragazzo aveva qualcosa dentro di davvero attraente, una specie di calamita che da tempo attira qualunque ragazza lo fissi anche solo per un secondo. Ma .. perché era così stronzo? Questo era quello che più mi dava i nervi su di lui. Era tutto troppo, troppo complicato!
“ Ehi Gwenda, vieni a prenderti un gelato con noi? “ mi chiese un gruppo di ragazzi di un’altra scuola. Tutti dicevano che erano dei gran fighi, ma a me sinceramente interessava solo Jeson.
“ No grazie, sto tornando a casa. “ sinceramente nemmeno li conoscevo e loro non conoscevano me. E poi, come facevano a sapere il mio nome?
“ Allora ti accompagniamo! “ esclamarono compiaciuti, mollando lì la palla da calcio con cui stavano giocando e venendomi incontro.
“ Come volete. “ mi limitai a dire.
Per tutto il tempo non fecero altro che farmi domande sulla mia vita privata, su di me e per cento volte mi chiesero se avevo un ragazzo o se me ne piaceva uno.
Io mi limitai sempre a scuotere la testa e a cercare di sviare i discorsi. Cosa volevano da me? Dovevo decidere io se parlargliene o meno.
Poi dopo un po’ mi voltai e vidi che uno di loro continuava a fissarmi la scollatura. Ok, ora tutto si spiegava. Tirai un po’ più su la maglietta e sbuffai.
Intanto, camminando per le vie, notai che tutte le ragazze ci fissavano. Soprattutto me, dicendo qualche parola tipo “ Gwenda con quei pezzi di fighi? “ oppure “ come fanno a trovarci qualcosa in lei? “. Io mi limitavo sempre a fissarle truci e a voltarmi di nuovo, poi notai che ora tutti e cinque stavano fissando la mia scollatura e il mio viso arrossì all’improvviso. Qualcuno di loro mi fece anche l’occhiolino, ma io feci finta di non notarlo. Ero quasi arrivata a casa quando all’improvviso, quello più bello forse, mi cinse una mano alla vita. Osservai che pian piano stava salendo con la mano e quando arrivò in quel punto, io gliela fermai. Così facendo però gli stavo dando la mano e così incominciò ad accarezzarmela.
Quando sarebbe finito quell’inferno? Mi domandai, in preda al panico e alla rabbia. Possibile che non si potesse nemmeno camminare in santa pace?
“ Ecco, sono arrivata. “ dissi con sollievo, liberandomi dalla sua mano.
“ Ciao Gwen ci rivediamo, spero! “ esclamarono tutti quanti. Chi mi baciò sulla guancia, chi sulla fronte e .. chi fece in tempo a toccarmi il di dietro. Io gli bloccai la mano e me ne tornai in casa di fretta. Chiusi il cancello  e vidi che altre ragazze mi fissavano sbalordite.
Non preoccupatevi, sono tutti vostri! Avrei voluto dire, ma non lo feci.
Non appena mi voltai vidi che in casa mia c’era una grande festa. Di nuovo.
Io mi misi le mani nei capelli disperata. Deyn, il mio fratello maggiore, aveva organizzato un’altra delle sue feste con amici diciottenni o più. Io ne avevo diciassette di anni, ma tutte le volte mi ronzavano attorno ragazzi di quell’età, forse perché ne dimostravo uno o due in più.
Appena aprii la porta fui travolta dagli sguardi di tutti, tra cui qualche occhiolino.
Quella doveva essere proprio una delle giornate più stressanti della mia vita!
“ Ehi sorellina, eccoti finalmente! “ mi salutò Deyn con un cenno della mano, intento a parlare con un gruppetto di ragazze.
Vidi che alcuni dei suoi amici chiedevano: “ E’ tua sorella? “ e poi mi guardavano insistentemente. Io continuai ad abbassare lo sguardo e mi rannicchiai in un angolo, appoggiata al muro. C’era musica rap a palla, luci da discoteca dappertutto, la piscina all’esterno era completamente piena e c’era un tale casino che non riuscivo nemmeno a pensare un po’.
Ad un certo punto mi si avvicinò un altro gruppetto di ragazzi.
Ecco che ricominciava l’inferno!
Mi raggiungesero sorridendo, con un bicchiere in mano, poi mi chiesero il nome.
“ Mi chiamo Gwenda. “ risposi un po’ indifferente, giocherellando con un ciuffo di capelli nero pece.
Loro continuarono a parlare fra loro e a ballare, ma sempre di fianco a me.
Possibile che non potessi nemmeno pensare in santa pace? O attraversare una strada? O .. tante altre cose? Ero veramente stufa!
Uno di loro mi fece un sorriso innocente. Aveva dei bellissimi capelli biondi, gli occhi azzurri come i miei e la carnagione chiara come la mia.
Poi si avvicinò e mi disse: “ Lo so, deve essere stressante, ma devi dare la colpa a tua madre, che ti ha fatta così bella! “ rise leggermente.
Forse era l’unico con un po’ di sale in zucca.
Gli risposi con un piccolo sorriso.
“ Odio questo casino. Mi fratello organizza sempre feste senza chiedermelo! “ gli dissi.
“ In effetti, c’è un po’ troppo rumore qui e .. troppe persone. “ ammise, bevendo un sorso del suo cocktail.
“ Vuoi venire di sopra? “ gli chiesi. Non sapevo nemmeno come mai gli avevo fatto una tale domanda. Lui si limitò ad annuire e mi feci seguire su per le scale. Attraversammo un lungo corridoio ed entrammo in camera mia.
“ Certo che avete una gran bella casa! “ esclamò, ispezionando angolo per angolo la mia camera.
“ Sai, io preferirei averne  una più piccola e .. modesta. Non mi piace farmi notare solo per la ricchezza; sarebbe molto più bello avere una vita normale e invece .. “ mi interruppi all’improvviso.
Lui posò il cocktail sul tavolo.
“ A dirla tutta, anch’io ho una vita difficile. Mio padre è morto quando avevo sette anni e .. “
“ Cosa? Anche il tuo? “ strabuzzai gli occhi alzando lo sguardo.
“ Bene, sono felice che abbiamo almeno qualcosa in comune! “ mi disse, facendo un piccolo sorriso.
Io gli risposi facendo lo stesso.
Eravamo in piedi appoggiati al muro, uno di fianco all’altro. Notai che a un certo punto mi squadrò da capo a piedi per almeno un centinaio di volte.
“ Ora capisco perché tutti ti ronzano attorno, sei bellissima! “ si complimentò lui.
Io arrossii leggermente e forse lo notò.
“ Grazie, ma anche tu non sei da meno! “ Cosa?? Che mi stava succedendo?
A un certo punto si mise di fronte a me e mi bloccò al muro.
I nostri corpi erano incredibilmente vicini, il nostro respiro si fece improvvisamente corto e ansimante. Mi accarezzò i capelli, poi scese alle tempie e alle guance e infine alla bocca. Poi lentamente ci avvicinammo ancora di più e le sue labbra toccarono le mie. Ok, ora potevo morire.

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Capitolo 2
*** Confusione ***


Confusione









 
 
Il bacio crebbe sempre più d’intensità, i nostri corpi erano sempre più stretti e il nostro respiro era corto, troppo corto. Lui mi mise le mani tra i capelli e mi si avvicinò ancora. Quel contatto mi fece sentire il suo fisico da mozzafiato, che pareva essere proprio come quello di Jeson.
Mi baciò così intensamente che solo in quel momento mi accorsi di essere spiaccicata come una frittata al muro.
Ma che mi succedeva? Avevo portato in camera mia un perfetto estraneo. Gli avevo accennato la mia vita privata e ora ci stavano anche baciando. Non sapevo neppure come si chiamava! Mi scostai leggermente e lui pian piano si staccò. Rimasi così, bloccata al muro, per almeno un quarto d’ora; entrambi era come se non riuscissimo più a respirare.
Poi, all’improvviso la porta si aprì e vidi apparire il volto di mio fratello.
“ Gwen ti stavo cerca.. “ si interruppe non appena vide chi era con me e in che posizione si trovava.
Il biondo si allontanò di scatto e diventammo completamente rossi.
“ Ops, scusate, non intendevo interrompervi! “ e richiuse la porta con un tonfo.
“ Scusa, non so cosa mi è successo .. “ mi disse, portando le mani al viso.
Io non proferii parola. Stavo ancora pensando a quello che era appena successo, al nostro bacio e .. a tutto quanto! Ero ancora sbalordita.
C’era qualcosa in lui che mi aveva incredibilmente attirata e che mi aveva portata a fare ciò che non avrei nemmeno lontanamente immaginato.
“ Come ti chiami? “ gli chiesi, sbloccando quell’atmosfera di imbarazzo.
Lui alzò lo sguardo su di me.
“ Il mio nome è Rey. “ mi rispose, accennando un piccolo sorriso. Poi guardò l’orologio sul suo polso sinistro:
“ Si è fatto tardi, devo scappare. Ciao Gwen! “ mi salutò con un occhiolino.
Non feci in tempo a rispondergli che era già uscito dalla stanza.
Ok, ora veniva il peggio. Avevo complicato ancora di più la situazione, che poi era già in un punto critico. 
Jeson o Rey? Mi piacevano entrambi!
“ Fermati Gwen, sei sicura che ti piaccia davvero quel ragazzo? Quello che hai conosciuto esattamente un minuto fa? “ Ellie mi avrebbe sicuramente detto questo.
In effetti, ne ero davvero sicura?
Ok Gwen, calma! Ripetei questa frase almeno un milione di volte, poi mi distesi sul letto e aspettai. Aspettai di addormentarmi e di riaprire gli occhi fingendo che fosse tutto uno stupido sogno.
 
 
 “ Signorina Montrose, ha dormito tutto il pomeriggio. E’ ora che si alzi e che venga a mangiare. E si sistemi per cortesia! “ era Madame Violetta, che mi aveva svegliata con la sua solita voce stridula e squillante.
Ad addormentarmi ce la feci, ma a svegliarmi credendo che tutto ciò non fosse mai successo no. 
Strabuzzai gli occhi e lentamente mi alzai dal letto. Attraversai il corridoio, raggiunsi il bagno e mi guardai allo specchio.
Avevo una faccia distrutta; il rossetto era quasi completamente scomparso. Probabilmente l’avevo lasciato sulla faccia di Rey.
Avevo tutti i capelli scompigliati, per questo mi affrettai a pettinarmeli per bene e a cercare di sistemare quel solito ciuffo ribelle. I miei due piccoli fari azzurri sembravano un po’ spenti e la mia carnagione era un pelino pallida.
Uscii di fretta dal bagno, corsi giù dalle scale e mi recai nella sala da pranzo.
C’era un lungo tavolo centrale dove sedeva tutta la mia famiglia:
i miei fratelli Deyn e Nick, mia sorella Natalie, mamma Leslie, nonna Kate, zia Maddy e zio Harry.
Feci per andare a sedermi ma la fame mi aveva completamente abbandonata.
“ Mamma, Ellen organizza una festa e devo essere lì tra poco. Mi ha invitata lì a mangiare perciò … “ mentii io, cercando di essere convincente.
“ D’accordo, va’ pure. Ma non tornare tardi! “ mi avvertì, ma io ero già di sopra a prepararmi. Anche se non è bello da dire, sono sempre stata la numero uno a creare bugie “ credibili “ in un secondo.
Mi cambiai di fretta con dei pantaloncini neri e una semplice canotta bianca legata in vita, poi presi la borsa, il cellulare e corsi fuori, raggiungendo come un razzo la casa di Ellie.
Attraversai la via principale e feci per svoltarne un’altra quando sbucò all’improvviso il viso di un ragazzo e sbattemmo la testa come due scemi.
“ Ahia! “ esclamammo entrambi.
La voce di quel ragazzo …
“ Gwen? “ eh sì, era proprio Jeson, che mi fissava da capo a piedi massaggiandosi la fronte.
“ Scusa, non volevo! “ mi scusai con voce preoccupata. Perché dovevo sempre fare figuracce in sua presenza?
“ Scusami tu, non stavo guardando. Certo che hai proprio una bella testa dura eh!? “ rise con tono ironico.
“ Senti chi parla! Sono di fretta, ciao! “ lo salutai con un pugno amichevole sulla spalla; lui mi sorrise e mi accarezzò la mano, ma ad un certo punto un’enorme vertigine mi colpì. Sentii un fortissimo dolore alla nuca, che sicuramente non era dovuto a quello “spiacevole” incontro.
Il dolore crebbe di intensità e io non potei fare a meno di piegarmi in due e svenire. Poi più niente. Nient’altro che .. niente.
 
Cosa mi era successo? Una testata non poteva dicerto ridurmi in quel modo! E poi era uno strano dolore, un dolore diverso, uno che non avevo mai avvertito prima. La testa mi doleva terribilmente così come tutto il resto del corpo. Mi sentivo incredibilmente .. sfinita e completamente senza forze. 
Aprii gli occhi lentamente. Un’ondata di luce mi travolse, costringendomi a coprirmi e a girarmi su un lato.
Li strofinai con la poca energia rimasta e la prima persona che vidi fu Jeson.
Era seduto di fianco a me e non appena vide che mi stavo alzando mi si fiondò addosso, tutto preoccupato.
Prima di tutto, dove cavolo mi trovavo? Non ero a casa mia, né in ospedale. Forse era la casa di Jeson.
“ Gwen, ti senti bene? Gwen! “ mi gridò lui, stringendomi la mano.
Alzai lentamente il busto. Mi trovavo su un letto, perciò doveva essere la sua stanza o quella di sua sorella.
“ Più o meno … cosa mi è successo? “ domandai con voce strozzata, fissando insistentemente i suoi grandi occhi verdi.
Lui fece un sorriso storto e si alzò in piedi.
“ Te lo spiegherò più tardi, devo assicurarmi che tu stia veramente bene. “ mi disse, facendosi improvvisamente serio.
Io annuii nella maniera più convincente possibile e sembrò credermi. 
“ Dov’è il bagno? “
“ Ti accompagno. “ mi prese per mano e lo seguii lungo un corridoio, poi mi aprì la porta e la richiusi dietro di me. 
Stavolta il dolore era concentrato nella parte destra dell’addome; fitte continue mi colpivano insistentemente.
No, non stavo affatto bene. 
Mi tolsi la maglietta e vidi sbalordita che la fonte di tutto ciò era uno strano simbolo nero che si diramava in diverse venature sino a scomparire. Aveva proprio l’aria di un tatuaggio, ma per quanto ne sapessi non ne avevo mai fatto uno. 
Lo soluzioni erano due: o mi avevano fatto un tatuaggio mentre ero svenuta (cosa molto improbabile!) o era solo un sogno (altrettanto improbabile!).
Lo sfiorai leggermente e fui assalita da un forte dolore e da una nuova vertigine. Gridai cadendo in ginocchio con un tonfo e subito la porta si spalancò. Avevo la vista annebbiata ma non avevo ancora perso coscienza.
Vidi Jeson di sbieco che mi prendeva in braccio e mi portava di corsa ancora sul letto. Prese uno strano liquido e me lo fece ingerire tutto, da capo a fondo.
Poi pian piano il dolore si alleviò fino a scomparire.
Era successo di nuovo, ma che cosa?
Notai imbarazzata che ero rimasta in reggiseno e Jeson stava fissando proprio quello! Io cercai di coprirmi con le braccia ma lui me le afferrò.
Stavo per gridare: Cosa stai facendo? Ma non lo feci. 
Avevo altri di quei segni su entrambi i polsi, che erano comunque meno marcati di quello sull’addome.
“ Ora mi vuoi spiegare cosa cazzo sta succedendo? “ sbottai in preda al panico.
Lui alleggerì la stretta e sospirò.
“ Gwen, non è il momento. “ si limitò a dire.
“ Non è il momento? “ ringhiai, alzandomi in piedi. “ Grido da due ore a causa di alcuni simboli incisi sulla mia pelle e l’unica cosa che sai dirmi è Gwen, non è il momento? Mi stai prendendo in gi .. “ non finii la frase che lui mi si avvicinò terribilmente e mi mise un dito sulle labbra, per invitarmi a tacere. Come sempre mi accarezzò i capelli, ma stavolta scese fino alla bocca.
Io rimasi pietrificata, di nuovo.
Poi a un certo punto, senza che avessi il tempo di accorgermene, mi mise le mani nei capelli e mi baciò. Mi baciò talmente forte da farmi cadere di nuovo sul letto. Ci rotolammo in continuazione senza mai terminare quel bacio, che a ogni minuto crebbe di intensità.
No, non poteva essere vero. E poi Jeson era fidanzato e .. no Gwen, devi fermarti. Non puoi baciare due ragazzi in un giorno solo! Anche se mi costò parecchio farlo, mi staccai e mi voltai, strizzando gli occhi.
Jeson mi guardò di nuovo i polsi e l’addome.
“ Ok, i segni sui polsi sono scomparsi ma quello non ancora. “ disse, indicandolo.
Io aggrottai la fronte e mi alzai di scatto. Avevo ancora il fiato corto e un gran rossore in viso.
“ Tu .. “
“ Sì Gwen? “
“ Tu .. mi hai baciata solo per questo. Per levarmi questi cosi di dosso. Non l’hai fatto per… “ mi interruppi qualche secondo abbassando lo sguardo. “ Tu l’hai fatto solo per questo!! “ gridai, con le lacrime agli occhi.
Jeson cercò di afferrarmi le braccia ma io mi allontanai.
“ Gwen non è come credi! “
Ero così accecata dalla rabbia che non riuscii nemmeno a sentirlo.
“ Mi fai schifo! “ gli gridai contro, tirandogli uno schiaffo, poi mi rimisi la canotta e la borsa, con tutto il mascara ormai completamente colato.
“ Gwen aspetta! Gwen! “ furono le ultime parole che sentii, subito dopo aver chiuso la porta con un tonfo micidiale ed essere corsa con la velocità di flash a casa di Ellie.

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Capitolo 3
*** Voglio solo te ***


Voglio solo te




 
 
“Ok Gwen, hai ragione. E’ uno stronzo. “ 
“ Non me ne parlare .. “ singhiozzai.
“ Però, prima di parlare di questo, volevo approfondire il discorso di quel simbolo. Posso vederlo? “
“ Certo. “ scostai leggermente la canottiera e glielo mostrai.
“ Non toccarlo! Potrei avere un’altra vertigine! “ Ellen stava per sfiorarlo ma glielo impedii categoricamente.
“ E’ strano … non ho mai visto nulla di simile. Potrei fare qualche ricerca ma .. non credo di trarne qualche risultato. L’unica soluzione sarebbe parlarne con Jeson “ disse, scrutandolo attentamente e mettendosi a sedere.
“ Non voglio neanche sentirlo nominare Ellie, te l’ho già ripetuto dieci volte! “ esclamai spazientita, con ancora il trucco tutto colato.
“ Ok, ok, come vuoi! Ma se non gli parli tu gli parlo io. “ 
“ Sei matta? Non ha voluto dirmi niente e dovrebbe farlo con  te .. “ le risposi, voltandomi di scatto.
“ Tentar non nuoce Gwenda, ricordatelo! Comunque se vuoi sfogarti .. sono qui. “ mi fece un sorriso apprensivo.
“ Vedi, io pensavo che quel bacio fosse vero, che non avesse alcuna intenzione di rendermi in questo stato, invece eccomi qui. E poi non ci capisco niente. I simboli, le vertigini .. e quel bacio. Subito dopo le due incisioni sono scomparse … “ dissi, tra un singhiozzo e l’altro.
“ E’ veramente molto strano, ma credo che qui l’unico a capirne qualcosa sia proprio lui. Cercherò di parlargli e se necessario avrà un bel coltello giapponese alla gola! “ mi rassicurò lei, tirandomi una pacca sulla spalla.
“ Speriamo .. digli che comunque non voglio più vederlo! E soprattutto che è un lurido stronzo. Soltanto questo! “ le gridai, prima che uscisse come un razzo.
Da quando ero arrivata a casa sua mi ero rannicchiata in angolo e non avevo avuto più intenzione di uscirne. 
Mi trovavo in uno stato .. critico. Era come se qualcuno mi avesse tirato su da una buca e poi buttata dall’Everest.
Quel ragazzo … ancora faticavo a chiamarlo per nome. 
Perché non mi ero accorta fin dall’inizio che mi avrebbe solo provocato sofferenza? Perché ero stata così stupida?
E poi, se davvero avesse voluto curarmi da quei simboli, non avrebbe potuto dire: “ Ehi, un piccolo bacio e tutto guarirà. “ Ma certo che no, ha dovuto fingere in quel modo, farmi credere chissà cosa e piantarmi in asso!
Quanto lo odiavo! Se mi avessero dato da scegliere tra lui e Rey, avrei scelto sicuramente Rey! Almeno si era scusato e poi non aveva fatto sceneggiate.
Ma perché doveva capitare tutto a me? Perché? Cosa avevo fatto di male per meritarmelo? Non riuscivo proprio a capire …
La suoneria di “Diamonds” interruppe le mie riflessioni.
Afferrai il cellulare; numero sconosciuto.
“ Pronto? “ cercai di nascondere la voce singhiozzante di un attimo fa.
“ Gwenda, sono Rey. “ 
Io tacqui per qualche secondo.
“ Come cavolo hai avuto il mio numero? “ gli domandai sorpresa.
“ Non preoccuparti, me l’ha dato tu fratello. Senti, ti va di uscire stasera? Posso venirti a prendere tra cinque minuti. “ 
Rimasi in silenzio. In fondo, un’uscita non mi avrebbe fatto male. Forse sarei anche riuscita a distrarmi un po’.
“ Mmmh …. ok, però ora sono da un’amica. Puoi venire al parco? Sono proprio qui di fianco. “ proposi.
“ Certo, qualche minuto e sono lì. “
“ Bene e … in quest’uscita chi c’è? “ gli domandai speranzosa.
“ Io e te. Ma se vuoi puoi invitare qualcuno come posso farlo anch’io. “
“ No, va bene così, a dopo! “ 
Non appena attaccai, spiegai per telefono la situazione a Ellen, che mi disse che ancora non era arrivata da lui, per fortuna.
Mi alzai di scatto dal mio angolino, presi la mia roba e uscii di casa di corsa.
Fortunatamente, durante il breve tragitto, non incontrai nessuno.
Non avevo voglia di parlare con nessuno, ad esclusione di Ellie e Rey. Ero ancora in depressione per quello appena accaduto.
Non pensavo che il primo bacio con la persona che amavo così follemente divenisse tanto traumatico.
Cercai di riscuotermi da quei pensieri, chiusi gli occhi, feci un gran sospiro e continuai a camminare. 
Non potevo continuare così, dovevo assolutamente dimenticarlo.
Finalmente raggiunsi il parco e mi sedetti su una panchina.
L’acqua della fontana guizzava qua e là, e a volte mi giungevano alcune gocce.
Il piccolo soffio del vento e il lieve frusciare delle foglie mi calmò lentamente. Sembrava di essere a una lezione di yoga! 
“ Ciao Gwen. “ sentii qualcuno che mi stampò un bacio sulla guancia.
Mi voltai di scatto, era Rey. I suoi occhi zaffiro mi travolsero così come il suo rassicurante sorriso. Lo salutai con un cenno, ma per mia sfortuna non avevo tolto bene il mascara che mi era colato, e lui lo notò.
“ Hai pianto? “ mi chiese preoccupato, tendendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi.
Accettai il suo aiuto e mi pulii velocemente.
“ Scusami, preferirei non parlarne .. “ ecco che mentivo di nuovo. Avrei voluto parlarne invece, ma forse era meglio non rovinare quella serata.
“ Come vuoi tu. Dove vogliamo andare? “ mi chiese, cingendomi un braccio sulla spalla.
Io rimasi in silenzio. Dove cavolo saremmo potuti andare? Escludendo le discoteche e i locali .. in giro per la città? Troppo noioso, ma sarebbe andato bene comunque.
“ Andiamo verso la piazza? Poi vediamo. “ proposi sorridendogli.
Il primo sorriso dopo tutta quella disperazione!
“ Certo Gwen! “ 
 
“ Scusa se ti faccio questa domanda, non vorrei essere impertinente ma .. com’è morto tuo padre? “ gli chiesi, voltandomi verso di lui. 
Rey abbassò lo sguardo.
“ E’ morto di cancro. Come ti ho detto oggi pomeriggio, avevo solo sette anni. Ero davvero .. disperato. Per la mia piccola età ho sofferto molto la sua mancanza e ancora la soffro. La cosa che più mi ha dato sui nervi è che mia madre me lo ha tenuto nascosto per molto tempo … diceva che stava facendo un viaggio di lavoro che sarebbe durato tanto tempo, ma .. cavolo! Avevo sette anni! Non ero mica scemo! Questo è stato quello che mi ha fatto più soffrire! Io non ho potuto salutarlo! “ i suoi occhi erano pieni di lacrime.
Per un po’ ci fu un gran silenzio.
“ Mio padre … è morto in circostanze sconosciute.  E’ stato nove anni fa, è uscito di casa e non è più tornato. “ tagliai corto. “ Ora ho superato la cosa ma.. è brutto non sapere che fine ha fatto. “ spiegai.
“ Ti capisco. “ mi disse, con tono rassicurante.
“ Anch’io. “ 
Era bello avere qualcosa in comune con qualcuno, soprattutto con Rey, perché riuscivamo a capirci a vicenda. Non che Ellie non lo facesse, ma provandolo sulla tua pelle riesci comunque a capirne di più.
Finalmente tolse la mano destra sulla mia spalla! No, mi faceva piacere e anche molto, ma avevo la spalla surriscaldata! Il problema fu che me la cinse alla vita e così sfiorò con la punta dell’indice l’incisione.
La vertigine mi colpì di nuovo, ma molto più lievemente. Feci per svenire ma un braccio muscoloso mi afferrò appena in tempo.
Mi massaggiai dolorante le tempie.
“ Tutto bene? “ mi chiese preoccupato.
Solo ora mi accorsi che la mia schiena era completamente appoggiata al suo ventre e sempre e solo ora mi accorsi del suo fisico da pelle d’oca!
No, non solo ora. Avevo avuto modo di conoscerlo anche oggi pomeriggio, ma quella sensazione sembrava rinnovarsi ogni volta.
“ Sì, penso di sì, era solo un mancamento. “ lo rassicurai, portandomi una mano al viso e strofinandomi gli occhi.
A un certo punto vidi passare il gruppetto di ragazze più … noiose, fastidiose, invidiose, vanitose, piene di ragazzi della scuola.
“ Ok, possiamo ripartire. “ mi diede un altro bacio sulla guancia. A quella reazione, loro si avvicinarono con sguardo indecifrabile.
“ Un nuovo ragazzo, Gwenda? “fecero le siamo-le-più-belle-del-mondo, rivolgendo occhiolini e sorrisetti attraenti a Rey.
“ Dovrebbe riguardarvi? “ aggrottai la fronte.
“ Ehi Montrose, prenditi un calmante! Volevamo solo avvertire questo gran figo di riguardarsi da te. Quelle come voi  non hanno mai resistito a una storia d’amore per più di .. dieci minuti. “
“ Andiamo Rey, queste qui non sanno fare altro che le invidiose. “ feci, più acida che potei. Gli presi la mano e ci allontanammo, ma feci in tempo a sentire parole tipo: “ che gran figo! “ e “ tutti che ronzano intorno alla Montrose! “.
Avevo colto nel segno: invidiose.
“ Chi erano? “ mi chiese perplesso.
“ Troiette della mia scuola, lasciamole perdere … e poi su quello che hanno detto .. “
Mi mise un dito sulle labbra.
“ Shh, pensi che gli creda? “ fece Rey, che improvvisamente mi diede un altro bacio sulla fronte. Quando stavo con lui … non so, era come se ci fosse una stufa affianco al mio cuore. Ed era l’unico a trasmettermi queste emozioni!
Lo abbracciai più forte più che potei. Non seppi dire il motivo della mia reazione .. ma sentii l’assoluto bisogno di farlo.
Lui ricambiò il gesto stringendomi forte a sé e notai compiaciuta che le siamo-le-più-belle-del-mondo ci fissavano esterrefatte e come sempre … invidiose.
“ Gwen, voglio solo te “ mi guardò con i suoi color oceano, in cui tanto amavo disperdermi.
“ Vale lo stesso per me. “ gli sorrisi come meglio potei.
Pian piano i nostri corpi si fecero più stretti.
Ecco che il mio e il suo respiro si accorciarono all’improvviso. Mi accarezzò le guance con il suo solito, dolce sorriso e notai che fissava insistentemente la mia bocca. E poi di nuovo. Di nuovo le sue labbra sulle mie. Di nuovo quel calore che mi avvolse. Di nuovo quell’attimo meraviglioso che per un momento riusciva a farmi dimenticare tutto.
Mi mise le mani sulle guance cercando di spingersi il più possibile a me e cercò la mia lingua.
Mi sembrava che il tempo si fosse fermato all’improvviso e che tutto ciò che si trovava attorno a noi fosse improvvisamente scomparso.
Il suo amore faceva questo. Mi faceva dimenticare tutto e mi obbligava a pensare solo, unicamente a lui.

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Capitolo 4
*** L'inferno ***


L'inferno





 
 
Troppe cose mi frullavano per la mente.
Troppe cose erano successe.
Troppe cose non mi avevano lasciato nemmeno il tempo di pensare.
Troppi pensieri, troppe paure, tutto troppo velocemente!
Dovevo cercare di non pensarci ma .. come riuscirci?
Probabilmente Ellie aveva già finito il discorsetto con Jeson, chissà come se l’era cavata.
Afferrai il mio cellulare e composi il suo numero.
“ Pronto? “ una squillante voce femminile mi rispose.
“ Ellie, com’è andata? “ le chiesi speranzosa.
“ Oh ciao Gwen! Beh, quando sono arrivata gli ho detto che ero la tua migliore amica e che mi avevi raccontato tutto quanto. Gli ho chiesto di quei polsi ma mi ha detto che lo spiegherà a te, di persona, non appena se ne presenterà il momento e .. “
“ Ancora con questa storia! Non è mai il momento giusto per lui! “ gridai esaurita.
“ Aspetta, c’è dell’altro, questo potrebbe piacerti! Riguardo al bacio mi ha detto che .. “
“ Alt! Non voglio saperlo. Se ha le palle me lo dice lui in faccia. “ tagliai corto.
“ Ok, allora vai subito da lui! “ 
“ E va bene, ma ha un tempo limite di cinque minuti! “
“ Gwen, se vuoi posso mettere una bomba a orologeria così siamo sicuri che spiegherà tutto in quel lasso di tempo. “ fece lei con tono sarcastico.
“ Grazie come sempre Ellie, un bacio. “ 
Buttai subito il cellulare nel primo angolino che trovai, poi feci per scendere le scale quando la mamma mi bloccò appena in tempo.
“ Gwenda aspetta! Quest’estate io e Marta abbiamo deciso di venire insieme in vacanza nella loro casa a Breinwood, con le rispettive famiglie ovviamente. Partiremo tra mezz’ora; lo so che ti ho avvisata un po’ tardi, ma sei rientrata adesso e poi siamo già ad Agosto! “
Io rimasi pietrificata. La famiglia di Marta era composta da … lei, suo marito, Arleen e … Jeson.
Quando mai mia madre aveva deciso di riprendere i rapporti con la sua “amica” delle elementari! Ma come gli era saltato in mente?
Dovevo subito dirlo a Ellie, ma prima dovevo preparare le valigie.
“ Gwenda, cosa ti succede? Non mi sembri molto entusiasta … “ mi domandò preoccupata.
“ Oh no, ma certo che lo sono! Io e Arleen ci divertiremo un sacco! “ feci una risatina nervosa e lei mi rispose con uno sguardo indecifrabile.
“ Ah, le valigie le ho già preparate io! “ mi gridò mentre salivo le scale.
Questa non ci voleva. Ok, in vacanza avrei avuto anche Arleen ma .. il pensiero di trovarmi nella sua stessa casa era qualcosa di .. deprimente. Avrei potuto fingere di avere la febbre a quaranta riscaldando il termometro nel microonde! No, l’ultima volta che l’avevo fatto avevo messo dentro anche una tazza di latte per non destare sospetti, ma poi ad un certo punto era scoppiato, lo sportellino si era aperto ed era caduto tutto per terra! Madame Violetta era corsa alla velocità di flash a vedere cos’era successo ed era scivolata sul latte cadendo a terra con un tonfo e mettendosi a gridare il mio nome.
Ok, anche quella poteva considerarsi un’esperienza drammatica.
Quale altro diversivo avrei potuto inventarmi? Nessuno. Dovevo affrontare la cosa. Il tutto tra … venti minuti.
Ok Gwen, fai un bel respiro. Calmati. Dimentica tutto e rilassati!
Inutile, era tutto inutile!
Mi sdraiai sul letto a fissare il soffitto e rimasi così, a pensare, per almeno altri dieci minuti. Sarei riuscita a sopportarlo? O appena arrivata a casa mi sarei subito buttata giù dalla finestra? O magari .. sarei morta di crepacuore? 
Guardai ansiosa l’orario: mancavano più o meno cinque minuti.
Mi alzai di scatto con il battito cardiaco alterato e mi misi a rovistare nel mio guardaroba. Cosa cavolo mi sarei potuta mettere?
Forse … una bella canotta di hollister blu e una minigonna di jeans. Come scarpe delle semplici All-star blu. Mi cambiai alla velocità della luce e corsi in bagno a pettinarmi. Stranamente quella mattina erano più lisci e in ordine del solito! Mi misi un po’ di matita nera e di mascara e … ecco che suona il campanello!
Il battito si arresta all’improvviso.
Prendo la mia borsa a tracolla, recupero il cellulare dal remoto angolino in cui l’avevo scaraventato e mi fiondo giù dalle scale.
La porta è aperta e lì davanti c’è Jeson che mi travolge con i suoi occhi verde smeraldo.
Ok, la giornata iniziava decisamente male! 
Raccolsi i miei due trolley e lo sorpassai prendendogli in pieno una spalla, misi tutti bagagli in macchina e feci per salire quando Arleen mi si scaraventò addosso.
“ Gwenny!! “ mi chiamava sempre così. 
Vidi una ragazza sui sedici anni, fisico snello, capelli bruni e occhi castani venirmi incontro a braccia aperte.
In fondo mi stava simpatica, ci conoscevamo da moltissimo tempo ed era sempre stata la mia seconda “ amica del cuore “.
Mi ricordo bene quando mi autoinvitavo a casa sua con la scusa di vederla, ma invece era per il semplice motivo di stare appiccicata a Jeson.
Le sorrisi e la abbracciai più forte che potei! Lei sarebbe stata l’unica ragione di mia sopravvivenza in quella casa.
“ Vuoi venire in macchina con noi, Gwenda? “ mi domandò Marta, intenta a sistemare le valigie.
“ No non importa, grazie comunque! “ risposi, con una risatina nervosa.
“ Insistiamo Gwenny, e poi nemmeno ci state in sei in una macchina sola! Forza salta su. “ mi intimò Arleen.
“ No davvero non .. “ 
“ Ha ragione, abbiamo qualche problemino di spazio … “ la mamma mi invitò ad accettare l’invito. Maledetti tutti quanti!
Arleen mi spinse in macchina senza che io facessi troppe storie. 
Ok, era iniziata decisamente male! 
Dovevo stare nella sua stessa macchina per almeno .. un’ora, che era già fin troppa considerano la vicinanza!
Per fortuna Arleen si sedette in centro, dividendomi da Jeson.
“ Almeno quello! “ pensai, alzando gli occhi al cielo.
“ Pronti a partire? “ 
Arleen fu l’unica a gridare “sì”. No, non ero affatto pronta!
Avrei voluto gridargli un bel no, sbattere la portiera, tornarmene a casa e chiudermi a chiave, ma non ebbi il modo di farlo. Eravamo già in viaggio.
Le mie mani tremavano terribilmente, così come le mie gambe. 
Strinsi i pugni cercando di non darlo a vedere e guardai fuori dal finestrino.
Il tempo era bello, ma solo quello atmosferico! Quello della mia mente, invece, si trovava in uno stato di crisi isterica tra voglia di prenderlo a pugni e a calci e voglia di scaraventarmi giù dal finestrino.
Deglutii a fatica e mi voltai.
I nostri sguardi si incrociarono, così abbassai gli occhi.
Una vera e propria tortura! Ecco cos’era! Arleen e tutti gli altri me l’avrebbero pagata!


 
 
“ Gwen? “ aprii gli occhi a fatica.
“ Hai dormito per tutto il viaggio. “ era Jeson, che mi fece un sorriso sghembo.
“ Sta’ lontano da me! “ lo spinsi indietro e scesi immediatamente dalla macchina; presi le mie valigie e andai all’ingresso.
Era una bella villa più o meno come la mia, con la solita piscina sul retro e infiniti corridoi tra un piano e l’altro.
La porta era già aperta, così non esitai ad entrare. Non appena varcai la soglia, un pungente odore di rose mi travolse. Era simile alla reception di un albergo: le pareti erano bordeaux; alla mia destra c’era un’enorme vetrata da cui si ammirava il paesaggio naturale del luogo; dei divanetti bianchi in pelle circondavano la sala per tutto il suo perimetro; un enorme televisore al plasma; una lunga scrivania sulla sinistra, con una poltrona e un Mac fisso e vasi di rose ovunque. 
Il parquet era insolitamente fresco.
Camminai su per le scale giungendo così nel solito, interminabile corridoio delle stanze. 
La prima e la seconda sulla destra avevano un letto matrimoniale: non era la mia. A sinistra due camere dalle pareti scure apparentemente identiche, dove trovai Deyn e Nick. Più avanti una con il letto a castello dove si erano sistemate Natalie e Arleen e infine altre due stanze, una di fronte all’altra, che sarebbero dovute essere quella mia e di Jeson.
“ Perfetto! “ bisbigliai piena di rabbia.
Entrai nella mia camera. Aveva le pareti celesti, ruvide piastrelle beige, un morbidissimo tappeto centrale, una scrivania di legno di ciliegio, una finestra che dava sulla piscina e … un letto matrimoniale! Per quale assurdo motivo avrei dovuto dormire lì?
Ok, ora ero al limite della pazienza!
Buttai tutto sul letto, socchiusi la porta e mi cambiai i vestiti, rimanendo con reggiseno e intimo. Aprii la valigia e cercai qualcosa da mettermi, quando sentii il fruscio della porta aprirsi. Mi voltai di scatto: era di nuovo Jeson.
Io presi la prima cosa che mi capitò in mano e mi coprii come potei.
“ Esci subito di qui! “ gridai, con il cuore a mille.
Lui mi fece un occhiolino e richiuse la porta.
“ Idiota, idiota, idiota, idiota! “ urlai in preda a una crisi isterica. Ultimamente ne avevo avute tante!
Mi misi il costume con la bandiera americana, il mio preferito, e la minigonna di jeans, poi vidi la porta aprirsi di nuovo e piombarmi addosso Arleen che teneva per mano Natalie, la mia sorellina di sei anni.
“ Gwenny, stavo giusto venendo a pregarti per la piscina ma vedo che non ce n’è bisogno, forza andiamo! “ esclamò, con in braccio mia sorella.
Corremmo giù per le scale, varcammo la porta e ci fiondammo sul retro, in piscina. Dietro di noi comparvero Deyn, Nick e … Jeson!
Nick, di otto anni, rimase seduto sul bordo piscina insieme a Natalie.
“ Ok, tutti in acqua! “ 
“ No aspettate! “ Deyn inseguì Arleen per tutto il perimetro della piscina, poi la afferrò e la buttò in acqua.
Io scoppiai a ridere divertita, ma poi mi accorsi degli sguardi di mio fratello e di Jeson.
“ Oh cazzo .. “ feci in tempo a dire, poi Jes mi prese per le braccia, Deyn per le gambe.
“ In acqua, forza! Buttatela! “ gridava Arleen ridendo.
“ Uno, due e tre! “ mi fecero dondolare e cercarono di buttarmi dentro, ma i mi aggrappai ai polsi di Jeson e cademmo entrambi in acqua. Mio fratello si tuffò subito dopo.
“ Cretini! “ urlai, spruzzandoli tanto che si misero a tossire coi polmoni pieni d’acqua.
“ Vuoi la guerra? “
“ E guerra sia .. “ sibilai.
Mio fratello e Arleen incominciarono a spruzzarmi e non feci nemmeno in tempo a gridare “ Due contro uno! Non vale! “ che qualcuno mi prese le caviglie e mi sollevò.
“ No!! Lasciami stare! “ urlai, prendendo a pugni la schiena di Jeson.
Lui cercò di ributtarmi in acqua ma non sapeva dei miei corsi di autodifesa! Con le gambe gli stritolai il collo e gli feci fare una capriola all’indietro!
Quando risalì in superficie mi rivolse uno sguardo di sfida e cercò di inseguirmi. Io uscii dall’acqua e mi misi a correre ma lui mi era già dietro e mi afferrò, facendomi cadere sul prato e rotolare.
Io ero distesa a terra, completamente bagnata, e lui subito sopra di me, che mi fissava con un sorriso sghembo e il fiato corto. Quel sorriso, quegli occhi .. e quel fisico .. no! Dovevo smetterla di innamorarmi di lui a ogni suo sguardo!

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Capitolo 5
*** Lou ***


Lou





 

 
 
Io gli misi le mani sul petto e lo spinsi via, cercando di liberarmi da quella posizione.
Jeson strabuzzò gli occhi e si allontanò, continuando a rivolgermi quello stupido sorriso.
Gli altri sembravano essersi bloccati a quella scena, perciò Deyn decise di intervenire:
“ Forza, continuiamo! O avete forse paura di battermi? “ e così ecco che ricominciò la guerra di spruzzi, a cui però non partecipai. Mi alzai indispettita e senza farmi troppo notare tornai di nuovo a casa, corsi su per le scale e mi chiusi in camera, stravaccandomi sul letto.
Ok, ora era davvero troppo! Quanto ancora aveva intenzione di farmi soffrire? Per quanto tempo? Giusto per decidere il momento giusto per iniziare a scavarmi la fossa!
Com’era possibile che ad ogni suo sorriso, ad ogni suo sguardo, riusciva sempre ma dico sempre a rapirmi? Ogni volta me ne innamoravo e sentivo l’irrefrenabile bisogno di gettarmi alle sue braccia e non lasciarlo più.
Gwen, svegliati! Ti stai innamorando dello stesso ragazzo che più o meno un giorno fa ti ha spezzato il cuore!
Mi riscossi da tutto ciò e cercai di asciugarmi le lacrime che, ancora una volta, mi avevano solcato il viso. Dovevo smetterla di soffrire per uno come lui!
Poi, all’improvviso, mi tornò in mente l’incisione che avevo sulla pelle.
Era ancora lì ma … come mai nessuno se n’era accorto? Mi sembrava alquanto strano che nessuno mi avesse chiesto niente!
Le sue diramazioni erano molto simili a delle vene e pian piano si stavano dilagando sempre di più! Cosa potevo fare? Jeson non aveva ancora avuto il coraggio di dirmi niente e fin ora era l’unico a saperne qualcosa.
Mi tornò in mente che ne avevo altri due sui polsi e che dopo il bacio di Jeson erano scomparsi. Già, il suo bacio … al suo ricordo scoppiai di nuovo a piangere e avvolsi la faccia nel cuscino.
“ Cosa stai facendo! “ una voce mi fece sobbalzare. Guardai la porta ma l’avevo chiusa a chiave.
“ Asciugati quelle lacrime e smettila di piangere! “ mi alzai in piedi e girovagai per tutta la stanza in cerca di quella voce misteriosa.
“ O vuoi che te la costruisca io la fossa? Tira su il petto e fatti forza ragazzina, non voglio vedere femminucce qui! “ un’altra volta quella voce.
“ Dove sei?? “ domandai in preda al panico. Cominciavo a preoccuparmi.
Sentii una specie di sbuffo.
“ Eccomi qui, sei contenta ragazzina? “ ad un certo punto, davanti alla mia faccia, si materializzò la figura di un gatto nero, gli occhi blu oceano, due piccoli ali da demone sulla schiena e una lunga coda terminale.
Alla sua vista barcollai all’indietro fino a cadere di nuovo sul letto.
“ Chi diavolo sei?? “ feci indicandolo.
“ Uff, che insolenza! Tutto a suo tempo! “ sbuffò, svolazzando per la stanza. Io rimasi a fissarlo allibita. Un gatto nero con le ali si materializza all’improvviso davanti ai miei occhi e …. Riesce pure a comunicarmi??
“ Scusami hai ragione, non è mai il tempo giusto! “ replicai furiosa.
“ Per tua informazione non sono un normale gatto nero a cui puoi rivolgere quattro insulse chiacchiere! Sono Selmalouwill e sono un demone-doccione ragazzina! “ socchiuse gli occhi e incrociò le zampe, con aria superiore.
“ La vuoi smettere? “
“ Di fare cosa!? “
“ Non sono una ragazzina! “ sbottai in preda alla rabbia. Ci mancava solo questa! Un gatto volante che mi dice di essere un .. demone-doccione? Ma stiamo scherzando? Sicuramente mi ero addormentata nel letto e ora stavo solo sognando, ma non accettavo comunque che uno stupido gatto mi chiamasse ragazzina!
“ Ehi, ti ho sentita sai? “ si innervosì Selmalouwill.
“ Non ho detto nulla! “ mi alzai in piedi e cercai di accarezzarlo per osservarlo meglio.
“ Tieni le tue zampaccie lontane da me! “ gridò, allontanandosi di scatto. “ E nel caso tu non lo sapessi, leggo nel pensiero ragazzina. “ disse, con tono sorprendentemente pacato.
“ Selnilouwe.. “
“ Selmalouwill. “ mi corresse lui spazientito.
“ Va beh, ti chiamerò Lou; sei un sogno, vero? “ corrugai la fronte convinta.
Lui svolazzò dietro di me andandosi a posare sul mio letto.
“ No, non sono affatto un sogno. Ti ho già detto che sono un demone-doccione! “ esclamò seccato, poi si leccò le morbide zampe.
“ Ma tutto ciò non ha senso! “ stavo per avere un’altra crisi isterica, ma questa volta avevo tutte le ragioni di averne!
“ Perché l’incisione ne ha, vero? “
Tornai a fissarla allibita. Questa volta al centro brillava di una luce scura.
Provai di nuovo a sfiorarla ma la sua voce squillante mi fece sobbalzare.
“ Ragazzina, sei impazzita per caso? Devo forse ricordarti tutte le volte in cui ti sei messa a imprecare dal dolore e sei svenuta? Potresti mettere in pratica quel briciolo di cervello che ancora ti rimane? “
No, ora basta, ero veramente stufa! Selnalouwer o come cavolo si chiamava, poteva davvero essere un demone-doccione? In effetti, nemmeno quel segno aveva un senso logico. E se lui provenisse proprio da lì? Magari sarei riuscita a capirne qualcosa di più.
“ Esatto ragazzina, provengo da quell’incisione. “ annuì Lou, leggendomi nel pensiero. “ Come ti ho già detto sono un demone-doccione e quel segno è la mia fonte. Ora ti domanderai per quale motivo sono qui. “
“ Infatti. “
“ Non avevo dubbi! “ di nuovo quell’aria da so-tutto-io. “ Questo per ora non posso rivelartelo “
“ Certo, tutto a tempo debito “ ripetei, imitando la sua voce squillante.
“ Ma posso dirti che puoi stabilire contatti con fantasmi e demoni come me … La vuoi smettere di fissarmi così ragazzina? “
“ E tu quando la pianterai di chiamarmi in quel modo?! “
Entrambi sbuffammo.
Mi diressi verso la porta cercando di evitare ulteriori litigi con Lou, misi la mano sulla maniglia ma qualcuno la aprì prima di me.
“ Tu che ci fai qui, levati di mezzo! “ feci acida. Non avevo voglia di discutere ancora.
“ Aspetta un secondo Gwen, dobbiamo parlare! “ Jeson entrò con fare deciso e autoritario e richiuse la porta dietro sé.
“ Ragazzina, è giusto che tu sappia che nessuno può vedermi o sentirmi tranne te. “ aggiunse Lou, che era ancora stravaccato sul mio letto.
“ Grazie per avermelo detto. “ sibilai. Oggi era decisamente la mia giornata no.
“ Cosa? “ Jes aggrottò la fronte e mi fissò perplesso.
Io mi limitai a scuotere la testa, così lui si sedette sul letto evitando Lou per un soffio.
“ Gwen, ho un assoluto bisogno di chiarire le cose. “
“ Avanti, parla. Ormai non mi sorprende più nulla! “
“ Ecco, riguardo al bacio, io … “
“ Sì? “ lo invitai a proseguire, incenerendolo con lo sguardo.
Jeson fece un grande sospiro.
“ Io volevo guarirti le incisioni e più tardi ti fornirò altre informazioni “
“ Cerca di avere pazienza ragazzina e se vuoi ti anticiperò qualcosa “ aggiunse Lou con tono apprensivo.
“ ma quando ti ho baciata io … mi sono sentito come enormemente attratto da te. Dal tuo sguardo, dalla tua bocca .. mi sono innamorato di te! “ alzò i suoi occhi verde smeraldo su di me.
“ Hai finito di dire stronzate? “ feci gelida, incrociando le braccia e appoggiandomi al muro.
A quelle parole parve innervosirsi.
“ Sto dicendo la verità! “ sbottò, ma io rimasi in silenzio senza degnarlo di uno sguardo. “ Credi che sia servito a qualcosa buttarti su un letto? “ aggiunse, con il tono della voce alterato.
In effetti … non aveva tutti i torti. Ma davvero volevo farmi abbindolare così? No Gwen, non devi dargli corda! Chiusi gli occhi e mi feci forza.
“ Vattene. “ dissi, più chiara possibile, indicando la porta.
" Mi vuoi dire come mai hai così tanta difficoltà ad amare? "
Io rimasi in silenzio per qualche secondo. No, non avevo nessuna difficoltà a farlo, o almeno era quello che credevo.
" Perché nulla si dimentica. La ferita scompare, ma la cicatrice rimane! " sbottai, alzando il tono della voce.
" Tu non hai ancora capito che ti amo! Ti amo Gwen, ti amo follemente! E' difficile da capire? "
A quella dichiarazione rimasi paralizzata, come se qualcuno avesse improvvisamente bloccato lo scorrere del tempo. " E' questo il punto! Ti ostini a non capirlo! " mi si avvicinò pericolosamente, poi giocherellò con un mio ciuffo di capelli, mi accarezzò la fronte, scese alle tempie, alle guance e poi alla bocca. Il mio respiro si arrestò all'improvviso.
" E' bello sapere che ogni volta smetti di respirare a causa mia. " mi sorrise dolcemente.
Farfalle nello stomaco, vista annebbiata, cuore infiammato e incredibile voglia di gettarsi fra le sue braccia: chiari sintomi di quell'amore che, seppure impossibile, tenti sempre di raggiungere. Di quell'amore per cui saresti pronta a morire pur di preservare.
" Voglio te Gwen, voglio solo te. " mi sussurrò all'orecchio, poi si piegò leggermente e mi baciò repentinamente sul collo, scostandomi i lisci capelli neri.
Mi morsi il labbro inferiore; stavo cedendo.
A ogni bacio Lou gridava uno “ Smack “ fingendo di baciare qualcuno davanti a sé. Io gli rivolsi un’occhiata truce e il piccolo demone-doccione rispose con una risata provocatoria, poi si dissolse, abbandonandomi in quella brutta situazione.
Gwen, devi resistere! Non puoi permetterti di soffrire ancora!
Proprio quando stava arrivando alla mia bocca lo bloccai spingendolo via e mi voltai con le lacrime agli occhi.
Stavo risultando come la ragazza facile, quella che si ottiene facilmente, invece no! Non ero affatto così! Doveva capire che io non avevo niente a che fare con tutte le ragazzine che gli cadevano ai piedi, assolutamente niente!
Uscii dalla stanza velocemente, lasciandomi dietro il suo sguardo indecifrabile, e corsi in bagno con il cellulare in mano.
Sei chiamate perse e quattro messaggi!
Il primo era di Rey:
“Gwen, posso venire lì da te stasera? Devo parlarti di una cosa importante. Un bacio. “
Il secondo di Ellie. O cavolo, Ellie! Non l’avevo nemmeno avvisata della mia partenza!
“ Ma dove sei finita? Sono venuta a cercarti a casa ma non c’era nessuno. Ti hanno per caso rapita con un coltello giapponese alla gola? “quel messaggio riuscì a strapparmi un sorriso. Stavo per rispondere a entrambi quando Selmalouwill apparve proprio di fronte a me, facendomi di nuovo prendere un colpo.
“ Possibile che devi sempre apparire in questo modo? “ gli urlai contro, con il battito cardiaco a mille per lo spavento.
Lui fece solo uno sbuffo voltandosi e incrociando le zampe, poi disse:
“ Le sue parole mi sembravano sincere ragazzina. Avresti potuto dargli una possibilità. “
“ Gliel’ho data infatti, ma l’ha trascurata! E ora basta parlare di lui! “ replicai stufa.
“ Ok miss indemoniata! “
“ Ti ricordo che il demone qui sei tu! “
“ Demone-doccione ragazzina, quando ti deciderai a impararlo?? “
“ Pronto? “ Rey mi aveva chiamata proprio in quell’istante.
“ Ciao Gwen! Ti ho inviato un messaggio ma .. “ lo interruppi prima che continuasse.
“ Tranquillo, l’ho letto un secondo fa. Purtroppo però mia madre mi ha detto all’ultimo di una vacanza e ora non sono in città. Non so quando tornerò, ma puoi dirmi lo stesso quella cosa … “ lo intimai speranzosa.
“ Ah, no tranquilla, ti dirò tutto quando tornerai .. Chi c’è lì in vacanza? “ mi domandò con tono curioso.
“ La famiglia Montrose e la famiglia Sepherd. Scusami, ora devo andare! “ sentii Arleen gridare il mio nome e salire le scale come un razzo.
“ Ok, ci sentiamo Gwen! “
Chiusi la telefonata e mi misi le mani nei capelli.
“ Chi è ragazzina, il tuo amante? “ mi stuzzicò Lou, strizzando un occhio.
Io lo incenerii con uno sguardo.
“ Primo, smettila di chiamarmi ragazzina, e secondo non è il mio amante! “
Lui sbuffò spazientito.
“ Allora, sei ancora dell’intenzione di farmi scavare la fossa? “
“ Direi proprio di sì! “ sospirai.

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Capitolo 6
*** Troppo vero ***


Troppo vero








Erano ormai trascorsi diversi giorni lì a Breinwood, ma erano tutti talmente identici e monotoni che sembrava ne fosse passato soltanto uno.
E poi, sfortunatamente, disgraziatamente, tristemente o come volete chiamarlo voi, avevo dovuto vivere a stretto contatto con quel piccolo diavolo di diciotto anni che tanto amava farmi soffrire.
Poteva esserci vita peggiore? No, non credo. Chiunque nelle mie condizioni si sarebbe già buttato dal Burj Khalifa, ovvero un grattacielo negli Emirati Arabi con l’altezza di oltre ottocento metri e ben centosessantatre piani!
Su quel grattacielo la sapevo lunga, per il semplice fatto che molte avevo valutato l’idea di lanciarmi da lì!
In fondo, non era del tutto male. Dovevo solo morire a Dubai spiaccicata, niente di più semplice.
A volte mi chiedevo come mai dovessi sopportare tutto ciò. Per quale motivo? Per il fato? No, non ero affatto il tipo che credeva in certe cose.
Io ero sempre stata la ragazza ribelle, quella testarda e cocciuta, caparbia e acida, quella che non è facile da ottenere. Non ero affatto come gli angioletti amati da tutto e da tutti. Io ero totalmente diversa.
Chi riusciva a guadagnarsi la mia fiducia, doveva proprio sentirsi realizzato!
Ma in fondo, mi preferivo così.
Preferivo una vita complicata a una semplice e senza intoppi.
Ero cresciuta con uno stile di vita molto difficile.
Nessuno mi aiutava a rialzarmi, nessuno ad allacciarmi le scarpe, nessuno ad asciugarmi le lacrime, a spianarmi la strada, a darmi tutto ciò di cui una bambina aveva bisogno. Tra questo c’era di mezzo anche l’infanzia: da quando mio padre era morto era diventato tutto così complicato. Non avevo apparentemente nessuno, mi sentivo sola, nessuno che poteva aiutarmi, nessuno che poteva rassicurarmi, nessuno che potesse darmi un semplice motivo per continuare a vivere, nessuno.
Ma, con l’avanzare del tempo, avevo capito che tutto ciò l’avevo voluto io, ero io a desiderare di compiere tutti questi sforzi da sola.
Lo facevo per il mio orgoglio, per me stessa e anche per mio padre.
Ero convinta che al termine di tutta questa fatica ci fosse qualcosa, un dono speciale riservato a chi era riuscito a scalare la montagna della propria vita. Un dono capace di farmi aprire gli occhi e farmi vedere cosa davvero poteva essere la felicità, un dono che solo con la forza della propria anima sarei riuscita ad ottenere.
Quello era il mio scopo nella vita: salire ogni giorno di qualche gradino e non fermarmi mai, per nessun motivo.
Volevo ottenere la felicità!
E per questo, nella mia mente ripetevo sempre la stessa frase, che mi sarebbe servita nel momento in cui avessi deciso di terminare lì la mia scalata:
“ E quando pensi che sia finita, è proprio lì che inizia la salita! “
Tutti avevano un motto, no? Questo era il mio.
“ Ehi ragazzina, potresti fare silenzio? Sto cercando di dormire! “
Lou, alzò i suoi grandi occhi color mare verso di me.
“ Sei un demone, non hai bisogno di dormire! “ sbuffai.
“ Demone-doccione, scrivitelo sul cervello! E poi, questo lo dici tu. “
“ E’ uguale, non c’è alcuna differenza. “
“ Sì che cambia invece! I demoni normali hanno sembianze umane, i demoni-doccioni sono persone reincarnate in animali, ora capisci? “ spiegò Selmalouwill, sedendosi assonnato sul mio cuscino.
“ Vorresti dire che quindi .. una volta eri umano? “ aggrottai la fronte confusa. Chi se lo sarebbe mai aspettato?
“ Certo, proprio così. Aspetta un attimo, qui c’è qualcuno! “ Lou si alzò lentamente con gli occhi che brillavano alla fioca luce della luna.
“ Cosa? Chi dovrebbe esserci qui? “ il sangue mi si congelò nelle vene. Non sapevo perché, ma tutto ciò aveva un’aria inquietante.
Il piccolo demone continuò a girovagare per la stanza, quando all’improvviso vidi saltare da un angolino una grossa figura. Non sapevo distinguerla dal momento che era in penombra.
Mi avvicinai cauta e notai che era un enorme lupo dalla pelliccia bianco-latte, gli occhi ridotti a fessure dalle iridi grigie e …. due code??
Non appena i nostri sguardi si incrociarono feci per cacciare un urlo ma Lou mi tappò la bocca:
“ E’ un fantasma, i fantasmi non possono interagire col mondo reale. “ sussurrò rassicurandomi.
“ Evidentemente ti sbagli. “ una voce profonda invase la stanza.
Il lupo aveva appena fatto scivolare per terra una matita come dimostrazione.
“ Tranquilli, non voglio fare del male a nessuno di voi. “ si mise seduto e rimase a fissarmi, con sguardo indecifrabile.
“ Chi sei? Cosa sei venuto a fare qui? “ gli chiesi, con aria decisamente confusa. Lui si alzò in piedi, si grattò la pelliccia, e la sua voce incominciò di nuovo a invadere la mia stanza.
“ Il mio nome è Haiko. Purtroppo Selmalouwill conosce poche informazioni su noi fantasmi. “ rivolse lo sguardo su di lui.
“ Come sai il mio nome? “ sbottò lui, sbattendo le ali più frequentemente.
“ Prima di tutto, esistono diversi tipi di fantasmi, così come i demoni. Noi ci suddividiamo in fantasmi siriani e fantasmi biani. Io sono un fantasma siriano e posso benissimo interagire con la ‘vita’; il mio unico problema è che alle volte perdo questa capacità. Comunque, i fantasmi biani sono come dire .. penalizzati dal fatto che non possono far rotolare per terra una matita. “ spiegò indicandola.
“ Non hai ancora risposto alla mia domanda! “ esclamò Lou, mettendosi a sedere sulla mia spalla.
“ I fantasmi siriani come me, hanno come un radar in testa. Ad esempio, ora che ti sto guardando sto ricevendo tutte le informazioni sulla tua vita. So tutto di te. “ Io rimasi completamente paralizzata e solo in quel momento mi accorsi di non aver proferito ancora parola. Santo cielo, ci mancava che conoscessi anche un fantasma siriano! Voglio dire, la mia vita non era già abbastanza strana? Forse era solo uno stupido sogno, oppure avevo bevuto qualcosa che mi aveva seriamente dato alla testa.
“ Beh, questi particolari devono essermi sfuggiti .. “ sbuffò il demone, incrociando le zampe.
“ Cosa vuoi da noi? “ feci gelida. Non sapevo se potermi fidare o meno ed era decisamente meglio andare sul sicuro.
Lui socchiuse gli occhi e sospirò, poi si avvicinò a me di qualche metro.
Un po’ tremolante allungai la distanza.
“ Puoi fidarti di me, davvero. “ si bloccò e si avvicinò di nuovo, fin quando non riuscì ad annusare la mia pelle. “ Lo sapevo .. c’è il loro odore! “
“ Il loro odore? “ inarcai un sopracciglio e cercai di capire quello che aveva sentito, ma niente.
“ Sì, sono loro … “ sibilò. “ Gwen, può bastarti sapere che sei in pericolo? “
“ Che cosa?? “
Proprio in quell’istante si aprì la porta della mia stanza.
Vidi due occhi verdi luccicare nell’ombra.
“ Ehi, cos’hai da urlare a quest’ora? “ era Jeson, che si strofinava gli occhi confuso.
“ Non sono affari tuoi, esci da qui. “ sibilai. Dovevo subito sapere qualcosa di più su quello che mi era appena stato riferito.
Non sapevo se credere o meno alle sue parole, ma come avevo detto prima, era sempre meglio andare sul sicuro, e perché non concedere ad Haiko il tempo di spiegarmi?
“ Senti Gwen, noi dobbiamo parlare. Di nuovo. “
“ No carino, noi non abbiamo proprio niente da dirci! “ sbottai, in preda alla collera.
Non volevo che accadesse la stessa identica cosa che era accaduta qualche giorno fa. Non volevo farmi abbindolare, nessun cedimento. Ero o no la ragazza forte, ribelle, caparbia e cocciuta?
“ No Gwen, tu non immagini nemmeno la gravità della situazione. Devi subito venire con me .. “
Stavo per replicare quando un’improvvisa luce abbagliante incominciò ad invadere la mia mente. Sentii l’eco della sua voce rimbombare nella mia testa pesantemente, un specie di contatto gelido si riversò sulla mia pelle. Sentii le mie gambe e ogni mio singolo muscolo cedere e svanire sotto i suoi brillanti occhi, che mi fissavano preoccupati.
Poi più niente, il niente più assoluto.
Sentivo solo un gran freddo e la testa mi doleva terribilmente.
Ok, ora stavo decisamente prendendo in considerazione l’idea di aver bevuto qualcosa di strano, ma sembrava tutto vero. Troppo vero.

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tuttiiii scusate il ritardo :c
Volevo ringraziare tutti quelli che seguono la mia storia, siete davvero tantissimi! E soprattutto quelli che mi recensiscono:
-soulofthemusic
-JustNiki_
-Ellie Dream
-kirabest99
-adwa
Scusate devo scappareee ciaoooo! ♥

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Capitolo 7
*** Aggressione ***


Aggressione








“ Gwenda Montrose… Ti sei svegliata finalmente. “ un voce sibilò a poca distanza da me. Mi passai una mano sul viso e strizzai gli occhi. Non appena li aprii mi travolsero due grandi fari azzurri. Ma non erano normali, erano … diversi. Trasmettevano un incredibile senso di freddo e soprattutto avevano un aria inquietante. Mi trovavo in una strada deserta, di notte, con un unico lampione acceso. Il classico dei film horror.
Vidi davanti a me un ragazzo sulla ventina che continuava a tenere lo sguardo fisso su di me.
Era abbastanza muscoloso, aveva indosso una semplice canottiera grigia e dei jeans stretti. Aveva la bocca sottile e i lineamenti forti, che mi incutevano un qualche tipo di paura. La sua inespressività aveva qualcosa di inquietante.
Lentamente si piegò sulle ginocchia verso di me.
Io mi allontanai di scatto ma lui mi afferrò per una caviglia e mi tirò a sé.
Che cosa voleva da me? Chi era? Dove mi trovavo? E soprattutto, come ci ero finita?
Cercai di liberarmi dalla sua stretta ma lui la aumentò, costringendomi a urlare per il dolore.
“ Chi sei??!! “ gridai, in preda alla sofferenza.
Lui sogghignò, mostrando lunghi canini appuntiti.
“ Lasciami in pace!! “ la sua gelida mano stringeva sempre di più, a tal punto che sentii un “ crack “. Gridai ancora di più, decisamente terrorizzata.
Chi era? Cosa stava succedendo? Dov’erano Lou, Haiko e Jeson? 
All’improvviso me lo ritrovai davanti alla faccia.
Come aveva fatto? Un attimo prima mi stava rompendo la caviglia!
“ Dove sono loro. “ tagliò corto, guardandomi truce.
Loro chi? Di chi stava parlando?
“ Hai perso la lingua? “ mi sibilò all’orecchio.
“ Non so di cosa stai parlando! “ mi trattenni dallo scoppiare a piangere.
“ Dove sono!! “ ringhiò, poi mi prese per un braccio e mi lanciò contro il lampione. Sbattei pesantemente la schiena sul palo e caddi a terra dolorante.
Un altro grido mi uscii dalla bocca; stavolta le lacrime stavano calando come cascate dai miei occhi terrorizzati. 
Mentre continuava ad avvicinarsi io iniziai a indietreggiare, con la poca forza che ancora mi era rimasta. Mi accorsi che il mio respiro si era fatto improvvisamente corto.
Cercai di alzarmi ma inciampai su un sasso e rotolai a terra, ritrovandomi a un passo da lui.
“ Vorrà dire che ti porterò con me. “ sussurrò, con aria spazientita.
Mi prese per la caviglia ancora sana e cercai di dimenarmi, senza ottenere alcun risultato.
La mia faccia strisciava sull’asfalto e le mie urla divennero sempre più acute.
“ Ho detto di lasciarmi stare!! “ le ultime parole mi morirono in gola.
Mi tirò su per il collo e riprese a parlare.
“ Questa è la tua ultima possibilità: dove sono! “ sussurrò. I suoi occhi non erano più inespressivi bensì arrabbiati e … assassini, con una strana luce che li avvolgeva.
Incominciò ad aumentare la stretta, così cercai di togliergli le mani sulla mia gola, ma niente. Non avevo più molte forze, la vista stava tornando annebbiata, sentii l’aria non passare più ai miei polmoni. Il cuore rallentò i suoi battiti e pian piano le mie energie mi abbandonarono. Era questo dunque, il mio destino? La mia vita sarebbe terminata in quel modo? Non avrei più visto la mamma, Lou, Haiko, Jeson, Rey, Deyn …. Sarei morta così?
Proprio quando ormai la mia vita stava sfuggendomi dalle mani, la gelida mano che stringeva la mia gola mi lasciò cadere. Riuscii a sentire solo delle urla e  gli scontri di due persone che stavano lottando fra loro. Poi di nuovo niente. 
 
 
“ Sei un cretino! Ecco cosa sei! “
“ Dici a me? Stavo solo facendo il mio dovere! E poi cos’ha di tanto speciale? E’ solo un’umana! “
Lentamente mi svegliai, ma preferii non darlo a vedere e continuare a origliare quel discorso.
“ Questo non è il nostro dovere! Noi non uccidiamo nessuno! “ 
Aspetta, quella voce era familiare. Sembrava proprio …
“ Rey! “ feci con voce strozzata, aprendo lentamente gli occhi e cercando di tirarmi su, ma un dolore lancinante alla schiena mi aggredì all’improvviso.
Vidi Rey gettarmisi addosso e aiutarmi, con sguardo apprensivo.
“ D-dove sono? “ chiesi, guardandomi attorno. Sembrava una stanza, una minuscola stanza che sinceramente non avevo mai visto prima. Aveva le pareti bordeaux, una grande vetrata al centro, il parquet e qualche sedia.
Ebbi un’improvvisa tosse non appena tirai su la testa; rivoli di sangue mi caddero dal mento.
“ Sentite, non può stare qui. Portiamola a un ospedale. “ Rey mi prese in braccio per le gambe facendo attenzione a non sfiorare le mie ferite.
Mi appoggiai al suo petto sfinita; solo allora mi accorsi che era a torso nudo, ma in quel momento non sarebbe dovuto importarmene niente.
La sua pelle era incredibilmente fredda; mi tornò alla mente il ricordo della mano gelida del ragazzo che mi aveva aggredita. Anche lui era biondo e aveva le iridi azzurro ghiaccio, avrebbe potuto significare qualcosa?
Non feci in tempo a rifletterci su che le energie mi abbandonarono su quel ragazzo, quello di cui tanto mi fidavo, quello che ora mi doveva molte spiegazioni.
 
 
Riaprii gli occhi. Di nuovo. Mi passai una mano sul viso e trattenni un grido di dolore. Riportavo ancora le ferite che mi aveva procurato l’aggressore, trascinandomi con la faccia sull’asfalto.
Vidi la mamma davanti a me, che mi fissava con sguardo preoccupato. Chissà come si era spaventata! Avevo in mente l’immagine di lei che alla notizia cadeva svenuta su un divano, con le braccia al cielo.
Beh, perlomeno non ero morta. O almeno, avevano impedito che morissi.
C’erano comunque alcune cose che non tornavano, come ad esempio Jeson che doveva assolutamente parlarmi. Aveva detto che era una cosa di estrema importanza. Poi Haiko, che mi aveva avvertita del pericolo che stavo correndo e infine il fatto che fossi svanita nel nulla e ricomparsa davanti a un serial killer dai capelli biondi e dagli occhi cristallini, proprio come Rey.
In tutto ciò doveva esserci per forza un qualche tipo di collegamento, ne ero sicura.
“ Gwen, tesoro, stai bene?? “ la mamma mi si scaraventò addosso. Dietro di lei comparve un medico che la obbligò a uscire un attimo dalla stanza.
“ Signorina Montrose, le abbiamo già applicato un tutore. Dopo l’aggressione ha riportato varie lesioni interne tra cui distorsione della caviglia sinistra. La schiena pare sia resistita abbastanza bene. Se vuole può essere già dimessa. Ha passato qui tutto il pomeriggio e le abbiamo commissionato alcuni antidolorifici. “ il medico continuò ad armeggiare con alcuni strani apparecchi alle mie spalle.
“ Sì, preferirei così. Grazie del vostro aiuto .. “ la voce stava pian piano tornando come prima, ma credevo che questo trauma mi sarebbe rimasto per tutta la vita. Santo cielo, come cavolo avevo fatto ad apparire davanti a un assassino? E poi, come mai se l’era presa con me? Haiko diceva che avevo il ‘loro’ odore addosso e infatti quel ragazzo mi aveva quasi uccisa per farsi dire dov’erano. Ma chi? Di chi stava parlando? Cosa centravo io in mezzo a tutta quella storia? 
Jeson e Arleen riuscirono miracolosamente a convincere la mamma a lasciarmi a casa loro. Sì, detestavo ammetterlo ma in quel momento non avevo proprio voglia di tutte le premure della mamma e di dover spiegare a tutti i miei fratelli ciò che mi era accaduto. 
Volevo più che altro qualche spiegazione da Jeson. Ero convinta che lui ne sapesse qualcosa e che ci fosse anche dentro.
Facendo attenzione mi portarono in macchina e solo dopo qualche minuto mi accorsi che ero completamente stravaccata sul petto di Jes. A differenza di Rey, mi trasmetteva un gran calore; sembrava di essere sdraiata su una stufa!
Mi scostò una ciocca di capelli che avevo sul viso e mi sorrise dolcemente.
Mioddio, perché doveva sempre fare così? Perché dovevo per forza addormentarmi sui suoi pettorali? Perché doveva sempre rapirmi coi suoi occhi? Perché? 
Anche volendo non sarei riuscita ad alzarmi dal suo petto, ero troppo messa male e poi avevo un tutore incollato al braccio che pesava due quintali!
Ok, aver bevuto qualcosa che mi aveva dato al cervello non si era rivelata l’ipotesi giusta.
 
 
“ Jeson? “
“ Dimmi. “
“ Mi devi delle spiegazioni. “ tagliai corto, incrociando le braccia.
“ Io e Arleen, ti dobbiamo delle spiegazioni. “ mi corresse, spostando lo sguardo su di lei.
“ Centri anche tu? “ inarcai un sopracciglio, per niente sorpresa. Ormai niente mi lasciava più di stucco dopo tutte quelle stranezze.
“ Gwen, per ora non possiamo rivelarti niente. Devi solo fare attenzione a starci vicino e credimi se ti dico che per me è difficile non poterti dire nulla. Lo facciamo per la tua protezione, sarebbe meglio che tu non sapessi nulla su questa storia. “ Arleen si sedette di fianco a me.
“ Stai dicendo sul serio? Dopo aver rischiato di morire ed essere finita all’ospedale, non avrei il diritto di saperne qualcosa? “ mi lamentai, pronta a scoppiare da un momento all’altro. 
“ Sì Gwen, ne hai tutto il diritto, eccome! Ma davvero, non possiamo dirti niente per ora .. “ aggiunse Jes, cercando di essere il più apprensivo possibile.
“ Ok, ora ho capito. Prima di portarmi qui avete bevuto qualcosa e ora siete ancora in stato di trance. “ 
Jeson sbuffò, tirandosi su “ Certo che hai proprio scelto il momento sbagliato per farti aggredire, tra qualche giorno si torna a scuola! “
“ Ci mancava… “ feci una risatina nervosa. 
Ero appena stata aggredita da un pazzo maniaco, avevo addosso l’odore di un qualcuno che mi aveva quasi ammazzata, avevo incontrato un lupo fantasma siriano e.. ero appena stata dimessa dall’ospedale. 
In tutto ciò, nessuno aveva il coraggio di rivelarmi niente.
“ Grandioso! “
“ Eh? “
“ Niente. “

ANGOLO AUTRICE

Holaaaaaa! Come state?
Allora, in questo capitolo si aggiungono tanti altri misteri oltre a quelli che già c'erano, quindi... povera Gwen! Ha scelto l'autrice sbagliata se non vuole avere problemi! xD
E qui ha pure rischiato la vita a causa di un serial killer che si è misteriosamente trovata davanti... e ( sempre misteriosamente ) ha i capelli biondi e gli occhi azzurri proprio come Rey. Che ci sia un collegamento? Vi avverto: non scoprirete mai tutto ciò che c'è dietro, ne sono sicura ;) E poi la storia di Haiko, diceva che Gwen aveva addosso l'odore di qualcuno che probabilmente cercava anche il suo aggressore, ma chi era questo qualcuno?? Cosa stava a significare tutto ciò?
Fatemi sapere le vostre opinioni e grazie tante per tutte le visualizzazioni e per quelli che hanno messo la storia tra le seguite, preferite o ricordate!
A presto!
-Niky.

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Capitolo 8
*** Il dolore dei ricordi ***


Il dolore dei ricordi







“ Signorina Gwenda, scenda subito dal letto o farà tardi a scuola! “ squillò Madame Violetta, che girovagava per i corridoi della casa.
“ Sta’ zitta! “ scandii le parole, affondando la testa nel cuscino, ma non riuscì a sentirmi perché aveva già superato quattro piani di scale!
Lentamente mi tirai su e mi passai una mano sul viso. Appena aprii gli occhi un’ondata di luce mi travolse. Quella mattina ero decisamente stanca, perché la sera prima avevo dovuto correre per le strade della città a ripescare il cane della signora Minson. Lo stava portando a spasso quando a un certo punto ha visto un gatto ed è corso via, trascinando per un pezzo la povera anziana.
Naturalmente io, l’unica nei paraggi, mi sono dovuta arrangiare  a recuperarlo! 
Ho superato tre isolati fin quando è inciampato e si è rotolato per terra!
Mi alzai in piedi assonnata e raggiunsi in fretta il bagno. 
Mi lavai la faccia velocemente con l’acqua gelata e mi misi dei pantaloni di jeans e una felpa bianca, il mio colore preferito.
Mi pettinai per bene cercando di ignorare i lancinanti dolori causati dai nodi e scesi giù per le scale, evitando di un soffio Madame Violetta. Non avevo molta fame, perciò presi il mio zaino, aprii la portiera della Volkswagen e accellerai a tutto turbo.
Sì, per essere il primo giorno incominciavo proprio bene coi miei soliti ritardi.
 

 
“ Guardate la Montrose .. che macchina! “
Non appena fui a scuola parcheggiai nel primo posto libero e scesi dall’auto. Osservai imbarazzata che tutti mi fissavano con ammirazione e non feci a meno di notare che fra loro c’era anche Jeson. Arrossii e mi feci strada tra gli altri studenti, raggiungendo lui e Arleen.
“ Buongiorno! “ fecero loro all’unisono.
Per tutta risposta rivolsi loro un ampio sorriso, poi lentamente entrammo nella scuola.
“ Ti sei guadagnata lo sguardo di tutti. “ Arleen si voltò verso di me.
“ Certo, con questo coso addosso… “ indicai il tutore al braccio. Fortunatamente avrei dovuto toglierlo di lì a pochi giorni.
 

 
“ Gwenda, gira voce che quest’estate tu e Jeson abbiate avuto una storia.. l‘ avete già fatto? “ 
“ Cosa?? Non è assolutamente vero! “ ecco che incominciavano a girare voci del cavolo …
“ Eddai ammettilo! “ tutti avevano gli occhi fissi su di me, ma cercai di ignorare i loro sguardi. Non avevo voglia di intavolare altre discussioni!
E poi, ecco che dalla porta fa capolino Jeson.
Tutti si voltano verso di lui, naturalmente. Era il più figo della scuola!
Sperai con tutta me stessa che non si sedette dietro di me e invece, povera sorte, lo fece. 
Iniziò a picchiettarmi da dietro con la penna.
“ Cosa vuoi? “ mi voltai di scatto.
Lui si avvicinò al mio orecchio fino a sfiorarmi la guancia.
“ Ti stanno guardando tutti, sei bellissima.. “ mi sussurrò.
A quelle parole avvampai! Voleva farmi diventare un peperone proprio davanti a tutti? Sentii dei fischi in fondo alla classe.
“ Jes, attento a quello che fai o ti arriverà un bel calcio nel culo da Amy!  “
Ok, ora l’imbarazzo era alle stelle! 
“ Tranquillo, le piace troppo per rovinarmelo! “ gli rispose.
Tutti scoppiarono a ridere. Tutti tranne me.
La giornata era iniziata male e stava continuando male!
Ci mancava solo che ora avevo una storia con Jes! Ma neanche per sogno! 
Guardai fuori dalla finestra: come al solito pioveva, pioveva a dirotto.
Avevo sempre odiato la pioggia, fin da piccola. Mi dava un enorme senso di tristezza … mi faceva sentire sola, incredibilmente sola.
Papà invece la amava, diceva che era una cosa meravigliosa, che lo faceva star bene. Gli piaceva stare sotto la pioggia perché riusciva sempre a pensare e a riflettere meglio. Gli faceva ricordare i suoi errori che sarebbero serviti a non ricommetterli; diciamo che era la sua fonte di ispirazione.
Ed era proprio per questo che avevo iniziato a odiarla, mi faceva ricordare papà.
Quando dicevo che avevo superato la cosa fingevo, eccome se fingevo.
Non avevo mai pensato, nemmeno per un secondo, che lui mi avesse abbandonata. Nei miei pensieri lui era ancora lì, a casa, seduto davanti al suo pc ad attendere il mio ritorno.
Me lo sentivo dentro, lui era ancora con me.
Non avevo mai accettato l’idea che se ne fosse andato perché sentivo sempre la sua presenza nella mia anima. Sentivo il suo respiro, sentivo le sue calde mane, sentivo il suo battito e .. lui.
Mi tornò in mente quello che mi aveva detto Lou: io avevo il potere di interagire con demoni e fantasmi, pertanto sarei riuscita a stabilire un qualche tipo di contatto con papà? Decisi che questa sarebbe stata la prima domanda che avrei posto a lui e ad Haiko.
Fremevo per la possibilità che potessi rivederlo o abbracciarlo di nuovo!

 
 
La giornata proseguì monotona, senza appigli o altri momenti particolari. Appena uscita da scuola fui completamente travolta da Ellen, che correndomi incontro con un po’ troppa enfasi rischiò di farmi cadere per terra e farmi rotolare sull’asfalto.
“ Gweeen! Ho saputo che sei stata aggredita, com’è successo? Stai bene? Devi fare attenzione di notte! Te l’ho sempre detto! Che faccia aveva? Cosa ti ha fatto? “ due grandi occhi castani circondati da lentiggini mi si fiondarono addosso.
“ Ellie! Oh beh, ti spiegherò non appena avrò tempo, adesso sono davvero molto occupata… “ mentii. Non avevo mai rinunciato a offrire un po’ del mio tempo ad Ellie, ma in realtà un po’ lo ero. Dovevo subito capire com’era potuta accadere quell’aggressione, dovevo farmi spiegare tutto, dalla “a” alla “z”, e anche subito! Se mi fosse riaccaduto?
Stavolta avrei convinto Arleen e Jeson a farmi dire qualcosa di più su quella storia da cui tanto desideravano tenermi fuori, ma ormai ne ero dentro. Dovevo sapere!
“ Ehi, aspetta! “ 
“ Scusami Ellie, più tardi ti chiamo e ne parliamo! “ corsi all’impazzata dai due fratelli che nel frattempo stavano venendomi a loro volta incontro.
“ Gwen, senti devo parlarti. “ tagliò corto Jes, intimando alla sorella di salire in macchina e tornare a casa.
“ Anche io se è per questo. “
“ Seguimi allora. “
Jeson prese a camminare sul retro della scuola inoltrandosi nel bosco lì vicino.
Non seppi dire quanti minuti erano passati. Parecchi direi, i piedi incominciavano a protestare!
Per fortuna aveva smesso di piovere; un pungente odore d’erba fresca aleggiava nei dintorni. Faceva molto freddo per essere una delle prime giornate di settembre.
“ Per quanto tempo ancora dovrò seguirti? “ sbuffai. Non ce la facevo più, e poi avevo una tremenda voglia di tornare a casa e sapere qualcosa di più da Haiko.
Jeson sembrò non degnarmi di uno sguardo, cosa che mi fece parecchio innervosire.
Giungemmo fino ad un piccolo ruscello che scendeva dalle Mountains Rold e ci fermammo lì.
Jes si sedette per terra e scagliò un sasso nell’acqua, provocando una serie di piccoli cerchi che pian piano si dilatarono.
“ Se dovevi parlarmi di un sasso me ne sarei volentieri rimasta a casa. “ lo guardai spazientita.
Un inquietante silenzio aleggiava nell’aria.
Si voltò verso di me e sgranò gli occhi all’improvviso.
“ Che c’è, hai visto la Madonna per caso? “ ironizzai.
“ Gwen, non ti muovere, dietro di te.. “ lasciò la frase in sospeso.
La paura si inoltrò nei miei pensieri. Cosa poteva esserci dietro di me? Voleva farmi uno scherzo? Se fosse stato così sarei riuscita a sbattergli in testa il tutore in un nanosecondo, ma date le situazioni non credevo proprio fosse l’ipotesi più corretta.
Mi voltai lentamente muovendo al minimo ogni mio singolo muscolo e con grande “gioia” e estrema “contentezza” notai un enorme orso bruno a poca distanza di me.
Una risatina nervosa si prese gioco di me, le mie mani incominciarono a tremare e il mio viso a impallidire.
“ J-Jeson… “ sussurrai, in preda al panico. Era già tanto se non mi ero messa gridare correndo per il bosco con le braccia in aria!
“ Ho detto di non muoverti. “ marcò le ultime parole, alzandosi lentamente in piedi con gli occhi fissi su di lui.
Io feci come mi era stato intimato. 
Non mossi nessun muscolo, nemmeno un pensiero per tutto quel lungo tempo, ma ad un certo punto l’orso ringhiò paurosamente e prese la carica verso me.
Cos’avevo fatto? Non mi ero mossa di un millimetro!
Ecco che di nuovo avevo quella sensazione. La mia vita che mi sfuggiva dalle mani. Questa volta sarei davvero morta? O sarei di nuovo sopravvissuta? Scartai l’ultimo dei miei pensieri e chiusi gli occhi, nell’attesa di abbandonare tutto e tutti.
Sentii qualcosa dietro di me muoversi: era Jeson. 
Aprii leggermente gli occhi e notai sorpresa che il moro era riuscito a scaraventare l’orso addosso a un albero, con tale forza da spezzarlo in due.
I suoi occhi avevano iniziato a brillare insistentemente di un verde smeraldo anormale, così come il resto del corpo.
Notai che stava tremando terribilmente; delle goccioline di sudore cadevano repentinamente dal suo viso, mentre l’orso gemeva per terra ferito.
Poi tutto ciò che di strano aveva lo abbandonò al suo stato “normale” e tornò esattamente come poco fa.
“ J-Jeson.. ? “ mi avvicinai a lui allerta, allungai una mano sulla sua spalla e fui colta da un bruciore sovrumano. La sua pelle era bollente! Sembrava che pochi secondi fa qualcuno lo avesse sommerso di benzina e poi gli avesse dato fuoco con la lava! La ritrassi velocemente dolorante, ma per niente sorpresa.
Dopo l’aggressione niente e nessuno era più riuscito a stupirmi, ma questa poi..
“ Chi diavolo sei? “ gli domandai, con la poca calma che ancora il mio corpo esausto aveva in serbo.
Lui sospirò, passandosi una mano sul viso e mettendosi a sedere su un masso.
“ Ok, tu non sai quanto sia complicata la mia vita. Lo è molto più di tutta la vostra. “
“ Cosa? Vuoi dire che la mia vita non è difficile? Che tutto quello che sto passando è solo una semplice cavolata? Tu non puoi nemmeno immaginare come sto soffrendo. Mio padre è scomparso tanti anni fa, nessuno ha saputo più niente di lui. Il caso è stato definitivamente chiuso perché nessuno è riuscito a dare anche una sola stupida risposta a tutto questo, nessuno! E non sai come è stato difficile vedere la convinzione della gente, di tutte quelle persone che credono sia morto. E io sono l’unica a non pensarla così, sono l’unica che ancora crede in lui. Ogni giorno è come se una lama tagliasse il mio petto sempre più profondamente, il dolore è lo stesso. Senza parlare di tutto il resto! Mi sono trasferita in sei città diverse perché ogni volta, la familiarità che acquisivo in una casa mi faceva pensare a lui e alla nostra stupida vecchia quotidianità, dove lui era lì, sempre pronto ad aiutarmi e a offrirmi una mano per ogni cosa. Abbiamo litigato, non sai quante volte abbiamo litigato e la cosa che fa più male è che la sera prima della sua scomparsa abbiamo discusso di nuovo, solo perché non aveva voluto comprarmi un maledetto gelato! Gli ho detto che era il padre peggiore di tutto il mondo e tutto questo perché ero una bastarda bambina viziata… “ scoppiai a piangere col cuore affranto. I ricordi tornavano sempre nei momenti meno opportuni e poi tornavano, tornavano ancora, fin quando il mio cuore non aveva perso tutti i pezzi che lo componevano. 
‘Segui sempre ciò che ti dice il cuore’ dicevano. Ma se è in frantumi, quale pezzo segui? Sentivo che ogni giorno che passavo, il ricordo di mio padre mi affliggeva di più, piano piano, fin quando non sarei morta per lo strazio e per le lacrime. Era molto difficile per me continuare a vivere una vita che non mi apparteneva. Non ero fatta per avere una famiglia ricca, famosa, per essere viziata e soprattutto per essere amata solo grazie ai soldi che avevo.
Sentivo di non appartenere nemmeno a quello stupido mondo che mi aveva recato così tanta sofferenza. Mi sentivo sola, tremendamente sola e tutto ciò mi stava uccidendo ogni giorno di più.
Dovevo darci un taglio, non potevo più continuare così. Dovevo iniziare a vivere una nuova vita! Peccato che questa frase l’avevo ripetuta fin troppe volte e su di me si riversava sempre il medesimo fallimento…
Una fallita: ecco cos’ero.
Una stupida fallita che non aveva più le forze e il coraggio di voltare pagina…

ANGOLO AUTRICE

Ringrazio tantissimo:
- adwa
- JustNiki_
per le loro recensioni!
Allora, innanzitutto mi scuso molto per il mega ritardo ma sono stata in vacanza e non ho avuto proprio il tempo di fare un singolo aggiornamento, ma ora eccomi qui!
Primo giorno di scuola, le cose non sono iniziate per il verso giusto, però nel prossimo capitolo Jeson svelerà a tutti noi quale diavolo di essere è e sopratutto tutti i collegamenti a cui non riesce a dare risposta. Dovete solo pazientare ;) E comunque, beh.. le sorprese non sono proprio finite! Un'altra stranezza si fa strada, ovvero quella secondo cui Jeson ha iniziato a emmettere luce, tremare, ha scaraventato un orso contro un albero e ha surriscaldato al massimo il proprio corpo!
Come vi ho detto prima nel prossimo capitolo sveleremo anche questo!
Beh, ora vi lascio!
Come al solito grazie per le visualizzazioni e recensioni, mi aspetto qualche consiglio o critica perché ne ho davvero bisogno per la continuazione della storia.
Alla prossima!
-Niky

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