Whispers In The Dark

di LadyPalma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV. ***
Capitolo 5: *** Capitolo V. ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI. ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII. ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII. ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X. ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI. ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII. ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII. ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Ciao a tutti! Questa è la prima vera long-fiction che scrivo sui Tudors. Sul fandom inglese ha avuto abbastanza successo, e quindi ho deciso di provare a pubblicarla anche qui! Per ora vi basta sapere che siamo nel 1536 e la costante paura di Anna riguardo Maria e Caterina la spinge ad agire (naturalmente Caterina non è già morta). Spero vi piaccia, fatemi sapere se vi incuriosisce.
P.S. Le coppie saranno MOLTO crack, ma non vi anticipo nulla su  questo! xD



1.


Il movimento della sedia a dondolo sembrava seguire il ritmo delle oscillazioni del rosario nelle sue mani. Eccetto cucire, leggere e parlare con le poche dame rimaste a suo servizio, a Caterina in quei ben quattro anni di esilio dalla Corte, erano rimaste ben poche cose da fare, se non le più importanti, quella che avrebbe dovuto fare di più e quella che non avrebbe voluto fare mai: pregare e pensare. Eppure ne aveva di cose a cui pensare: suo marito che l’aveva ripudiata ma di cui era ancora innamorata, sua figlia che non vedeva da anni ormai e chissà in che condizioni si trovava, il suo mondo che sembrava crollare ogni giorno di più a pezzi. L’ultimo avvenimento era stata l’esecuzione del Cardinale Fisher e del suo caro amico Tommaso Moro e il solo pensiero non faceva che acuire il profondo stato di sofferenza in cui si trovava. Come mai Enrico si comportava così? Era davvero lo stesso ragazzo di cui si era innamorata, che aveva messo a morte senza apparente rimorso il suo fidato consigliere e amato tutore?

Il rumore della porta destò l’ormai ex-Regina dai suoi pensieri: Lady Elizabeth Darrell, la sua dama d’onore, era entrata come un uragano nella stanza, senza neppure bussare. Caterina sgranò gli occhi sorpresa dal suo atteggiamento così insolito, ma era bastata la vista della lettera che la giovane donna aveva tra le mani e il familiare sigillo su di essa, per chiarire ogni dubbio.

“E’ una lettera del Re, my Lady!” esclamò la dama sorridendo speranzosa passando il foglio tra le mani della sua signora, invitandola a leggerne il contenuto.

Caterina  esitò un attimo, cercando di contenere quella sciocca allegria che sentiva in quel momento, temendo di vedere sparire di nuovo un’altra fragile speranza da un momento all’altro. Come una ragazzina al suo primo amore e allo stesso come una prigioniera in attesa della sentenza di morte, scorreva le parole di quella breve ma significativa lettera.

Ma in fondo Caterina era una prigioniera, e l’uomo che le aveva scritto era effettivamente il suo primo vero amore.

“Parlate my Lady, brutte notizie?” chiese Lady Elizabeth apprensiva dopo qualche minuto immerso nel silenzio.

L’altra donna scosse il capo leggermente, mentre un sincero sorriso si formava sulle sue labbra. Alzò finalmente lo sguardo e adesso erano visibili anche le lacrime di gioia che brillavano nei suoi occhi.

“Vuole il mio ritorno a Corte..” sussurrò poi senza smettere di sorridere, come se in quel momento dicendolo ad alta voce, la frase sembrasse improvvisamente concreta.


**


“Allora non dite nulla?” chiese Maria in tono leggermente impaziente.

Il castello di Hatfield era immerso nel silenzio e nel buio più assoluto, fatta eccezione per la luce di una candela e delle chiacchiere sussurrate in una delle stanza destinate alla servitù e il leggero pianto di una bambina attenuato ulteriormente dalla lontananza della camera da cui proveniva.

“Elisabetta si è svegliata di nuovo” commentò semplicemente Lucia, udendo quel lamento e lasciando scivolare un foglio sul letto.

Maria alzò un sopracciglio non riuscendo a credere alle sue orecchie. Possibile che non avesse altro da dire? In quei anni relegata a Hatfield come semplice dama della sua sorellastra Elisabetta, aveva trovato almeno il conforto di un’intima e vera amicizia. Lady Lucia, figlia di un conte italiano decaduto, era arrivata in Inghilterra all’età di dieci anni e adesso che ne aveva diciotto, era stata scelta tra le dame al servizio della nuova piccola principessa. La Principessa più grande invece continuò in quel momento a tacere, lasciando che la lettera che stava sventolando davanti al volto dell’amica, parlasse per lei.

“Sul serio Maria, io non so che pensare” disse finalmente Lucia.

“Non sei felice per me?” chiese nuovamente l’altra un po’ confusa da quella strana reazione “Mio padre mi chiede di tornare a Corte, forse i miei giorni bui sono finiti… Capisci? Sapevo che lui non poteva avermi dimenticata…” continuò non riuscendo a trattenere un sorriso, lasciando cadere la testa sul cuscino.

“Si che sono felice per te!” esclamò l’altra rapidamente accennando a sua volta un sorriso “Ma non posso non essere preoccupata… Suona tutto così strano… Devi stare attenta” aggiunse poi leggermente esitante, temendo che le sue parole potessero essere fraintese.

Ma Maria aveva compreso benissimo, sapeva che il sentimento che animava la sua amica non era altro che protezione nei suoi confronti e lei non poteva esserle che eternamente grata: con sua madre lontana, suo padre che l’aveva allontanata, si sarebbe sentita letteralmente sola al mondo.

“Non devi preoccuparti, starò bene!” la rassicurò tendendole una mano.

Lucia la afferrò, poi lentamente si stese al suo fianco senza proferire parola. Solo per qualche istante però.

“Io verrò con te, però!” dichiarò d’un tratto solennemente, voltandosi a guardare la Principessa con i suoi grandi occhi neri.

Ed entrambe scoppiarono a ridere.


**


Il sole splendeva alto nel cielo quella mattina e sembrava un preludio di quello che sarebbe successo di lì a poco. Non aveva dormito molto quella notte, era ancora abbastanza nervosa che l’astuto piano che aveva messo in atto potesse in qualche modo fallire già dal suo principio. Ma adesso vedendo quel sole, la Regina era fiduciosa e assolutamente positiva verso il futuro, un futuro splendido che conosceva solo due ostacoli, due piccoli grandi ostacolati di nome Caterina e Maria.

“Allora, avete spedito le lettere?” chiese a bassa voce  lanciandosi un’occhiata intorno per accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi.

“Non vi preoccupate cara” rispose suo padre con un sorriso vittorioso sulle labbra “Tra qualche giorno saranno esattamente qui…”

“E qualche attimo dopo, non ci saranno più” concluse Anna scoppiando in una risata liberatoria.
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo II. ***


Ringrazio tantissimo Wolfgang Mozart per la recensione e Fletus Chattongue per aver inserito la storia tra le seguite :) Finalmente un pò di tempo per aggiornare le storie e scrivere (la scuola non mi ha lasciato tregua!) Vi lascio ben due capitoli, spero vi piacciano! E vi informo inoltre che sto preparando altre stoRie per il fandom (anche se giustamente non frega a nessuno! xD) Buona lettura!


2.



Era già buio quando la carrozza era arrivata a WhiteHall e i rumori proveniente dal Palazzo giungevano attutiti, anche se attraverso le finestre la visione del sontuoso banchetto e di alcune coppie danzare, dava un’idea del movimento che vi era all’interno. Caterina scese un po’ esitante dal veicolo, era giunta da sola come la lettera espressamente diceva e non poteva far altro che attendere l’arrivo del Re, ma fu un’altra la faccia familiare che vide.

“Madre!” esclamò una voce alle sue spalle; fu poco più che un sussurro, ma lei l’udì perfettamente.

Voltandosi, si trovò di fronte due ragazze abbastanza simili d’aspetto e all’incirca della stessa età, eppure, nonostante l’apparente somiglianza, il semibuio di quella sera e il fatto che non la rivedeva da tempo, Caterina non aveva esitato un attimo a riconoscere tra le due la figlia.

“Maria, sei cambiata così tanto!” fu la sua semplice risposta con la voce rotta dall’emozione.

Ed era cambiata sul serio, quella che la donna aveva di fronte era una giovane donna, eppure era sempre la sua Maria e l’affetto che le legava era restato invariato, come confermava l’abbraccio che entrambe si scambiarono. Un abbraccio che avevano atteso per quasi cinque anni. Ma il tempo di quell’abbraccio, di qualche carezza e qualche parola, che il destino tiranno (e non solo lui) aveva deciso di separarle nuovamente.

“Ma che bel quadretto di famiglia!” esclamò una voce facendole voltare.

Potevano essere passati quattro anni dal suo esilio a Corte, ma se sua figlia Maria era cambiata, l’usurpatrice del suo trono non lo era affatto. Anna Bolena stava lì di fronte, con la corona ancora sulla testa, di Enrico invece nessuna traccia. Entrambe fecero per dirigersi dalla parte opposta ma qui apparve magicamente Giorgio, il fratello della Regina.

“Cosa significa questo?” chiese Maria sospettosa. E faceva bene ad esserlo.

Un campanello d’allarme si era acceso e le parole di Lucia risuonavano adesso nella sua mente, forse era tutto solo una trappola… Le bastò lanciare uno sguardo alla madre per capire che anche lei era arrivata alla stessa amara conclusione. Ma dov’era Lucia? Si chiese per un momento la Principessa, ma non c’era tempo per pensare, non mentre la donna che aveva odiato più al mondo confermava ciò che l’intuito le aveva suggerito.

“Davvero credevate che il Re avrebbe pensato di riprendervi? E’ stato più facile di quello che pensavo” ridacchiò avvicinandosi lentamente a loro.

Caterina  volse lo sguardo in tutte le direzioni e fu lei in quel momento ad avere l’intuizione. C’era una sola cosa da fare: scappare, e il labirinto del giardino costituiva un’unica, seppur rischiosa, via di fuga. Prese per mano la figlia e con uno scatto rapido la trascinò con sé nel verde lasciandosi dietro le voci dei Bolena.

“Sei impazzita?” esordì Tommaso Bolena che aveva visto inosservato per tutto il tempo la scena “Per quale assurdo motivo hai rivelato la trappola?” chiese ancora mentre l’irritazione cresceva nella sua voce.

“Invece di rimproverarmi padre, dovreste inseguirle, come sta facendo Giorgio!” rispose stizzita Anna indicando il fratello e seguendolo, ben presto seguita a sua volta dal padre.

Lady Lucia, nascosta dietro un albero, aveva seguito tutta la scena con gli occhi sgranati e adesso che aveva perso di vista la sua migliore amica e sua madre, non sapeva cosa fare per poterle aiutare. Attese qualche secondo e quando anche le voci dei Bolena si erano ormai allontanate, uscì dal suo nascondiglio, cercando disperatamente un aiuto. Un uomo a cavallo che sembrava venire verso la sua direzione, sembrò la possibilità più speranzosa e dopo aver attirato la sua attenzione e aver atteso che fosse sceso dall’animale, gli si avvicinò rapidamente.

“Vi prego, aiutatemi!” esclamò con voce ansiosa.

“Cosa vi succede?” chiese l’uomo preoccupato, mostrandosi subito desideroso di essere d’aiuto.

“Nel labirinto… Maria l’hanno presa… E la Regina Caterina” rispose confusamente Lucia cercando di riprendere fiato.

Forse non avrebbe dovuto rivelare la presenza delle legittime Regina e Principessa a Palazzo, ma non restava altro che non fidarsi di quello sconosciuto cavaliere. E la speranza forse non era stata male riposta, dato che appena riconobbe in lontananza Bolena Senior, l’uomo gli corse dietro senza esitazione.


**

Nascosto dietro i cespugli, con la complicità del buio, Charles Brandon aspettava il momento giusto per intervenire. Quando aveva seguito Bolena nel labirinto, dietro sollecitazione di quella ignota fanciulla, non pensava ch davvero l’avrebbe condotto da Caterina d’Aragona. Eppure la donna che riusciva a scorgere era proprio la Regina e non era sola: una ragazza che non aveva mai visto prima era stretta a lei, forse era una sua dama di compagnia.

“Siete in trappola adesso, Lady Caterina” disse Giorgio con un sorriso fissando il padre come in attesa di un suo fatale movimento.

“Non osate chiamarmi così” sibilò in risposta Caterina che nonostante la situazione di estremo pericolo, sembrava non aver perso il coraggio e la dignità.

“Perché? E’ questo che siete, nessuno!” la interruppe in tono tranquillo Anna “E adesso basta giocare!” aggiunse poi voltandosi anche lei a fissare il padre.

Tommaso Bolena esitò solo un istante, poi estratta la spada, la puntò sotto il mento della rivale. Charles sgranò gli occhi a quel gesto e seppe che non poteva attendere oltre: con un gesto repentino, si mostrò insieme alla sua spada puntata dritta sull’unica donna Bolena.

“Uccidete la mia Regina e io ucciderò la vostra” disse semplicemente con aria di sfida fissando l’altro uomo.

L’uomo strinse i denti, visibilmente destabilizzato da quell’improvviso cambiamento nel suo piano.

“C’era un tempo in cui avreste combattuto al mio fianco, Vostra Grazia” disse ricambiando lo sguardo, senza abbassare la spada.
“C’era un tempo in cui non eravate nessuno, Bolena” rispose prontamente Charles.

Lord Wiltshire fece una smorfia irritata, probabilmente ferito da quell’allusione e per un attimo avvicinò ulteriormente la spada , ma poi lanciando uno sguardo alla figlia nelle mani di Brandon, con un gesto ritirò l’arma. Non poteva rischiare così tanto.
Il Duca di Suffolk non perse tempo e, prese Caterina e quella sconosciuta fanciulla, corsero tutti e tre tra le piante finché non avevano più fiato; allora si fermarono per un attimo, credendo di aver seminato i nemici.

“Charles, non ho parole per ringraziarvi” sussurrò Caterina riconoscente, mentre la ragazza teneva lo sguardo basso.

“E’ il minimo che avessi potuto fare, Vostra Maestà” disse calcando sull’appellativo per farle capire che era dalla sua parte.

Caterina accennò un sorriso, ma quella breve tregua ebbe ben presto fine. Voci e passi minacciosi sembravano sempre più vicini ed era tempo per scappare di nuovo, ma come fare? Se avrebbero accennato un solo movimento, li avrebbero scoperti di sicuro.

“Dobbiamo dividerci è l’unico modo” disse la donna in un sussurro.

“No!” esclamò Maria parlando per la prima volta e cogliendo di sorpresa l’uomo affianco a lei.

“Si, Maria, io starò bene!” riprese la Regina in tono dolce accarezzando il volto della figlia.

“Maria?!” chiese stupito Charles, capendo immediatamente la vera identità della ragazza.

“Vostra Grazia, vi prego!” disse ancora la donna rivolgendosi adesso a lui “Portate in salvo la mia Maria!”

I due tentarono ancora di protestare, ma invano, perché Caterina aveva deciso già e ignorando i loro ultimi tentativi, cominciò a correre, garantendo così loro una fuga. I Bolena infatti, udendo il rumore dei suoi passi, le furono subito dietro. Allora Charles, senza esitazione, approfittando del momento, prese per mano la Principessa e cominciò a correre nella direzione opposta.

“No, aspettate, mia madre non possiamo lasciarla così!” gridò lei cercando di divincolarsi dalla sua stretta.

Charles non si fermò neppure, tornare indietro adesso sarebbe stato un suicidio. Un rischio che per salvare la Regina avrebbe volentieri corso, ma non mettendo in pericolo la vita della Principessa.

“Andrà tutto bene, Principessa, dovete fidarvi di me” le disse solamente stringendo di più la presa attorno alla sua mano.

E Maria non ebbe altra scelta che fidarsi.

**

Caterina non riusciva quasi più a sentire le gambe, ma non poteva fermarsi, Giorgio Bolena era ancora dietro di lei e sentiva la voce di Lord Wiltshire chiamarla da non troppo lontano. Un solo errore, un solo cedimento sarebbe stato fatale, ma il pensiero che sua figlia era al sicuro le infondeva speranza e coraggio. Continuava a correre solo questo, finchè d’improvviso intorno a lei non sentì più niente. Una calma innaturale regnò sovrana nel labirinto e Caterina rallentò cautamente fino a fermarsi del tutto, tornando a respirare. Questo finchè una mano si posò sulla sua bocca e cadde tra le braccia dello sconosciuto, svenuta.
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III. ***


3.


Lucia era rimasta per quasi più di un’ora ferma davanti al Palazzo nel buio ad aspettare qualche segnale che però non era mai arrivato. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare Maria, ma non sapeva proprio cos’altro poter fare. Sperava solo che quell’uomo avrebbe trovato un modo per farlo più di lei. Immersa nei suoi pensieri, non si accorse della figura che si materializzò affianco a lei.

“State bene?” chiese una voce in tono preoccupato.

“S-si grazie” rispose sussultando per quell’apparizione.

“Oh non intendevo spaventarvi, scusatemi” disse subito quello che appariva alla tenue luce lunare come un ragazzo.

“Non fa niente” disse semplicemente lei sorridendogli, capendo le sue buone intenzioni.

“Ad ogni modo sono Gregory Cromwell” si presentò poi con un cenno del capo “non frequento molto la Corte a dire il vero ma non credo di avervi mai visto, voi chi siete?” domandò poi incuriosito da quella bella ragazza.

Lucia esitò un attimo, poi un sorriso si formò sulle sue labbra. Si, avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare la sua amica e aveva un piano per poter arrivare alla verità.

“Sono Lady Lucia, una delle dame della Regina Anna”

**

“Grazie dell’ospitalità, Lady Potter” disse Charles raggiungendo la porta in legno della camera che gli era stata concessa per quella sera.

“Di nulla, Vostra Grazia” rispose l’anziana dona “Piuttosto chi è la graziosa dama che avete portato con voi?” chiese poi con la curiosità tipica di chi è rimasto all’oscuro dai pettegolezzi per troppo tempo.

Charles sorrise a quella domanda, ben ricordava il temperamento della donna, che aveva vissuto a Corte per gran parte della sua vita e solo recentemente si era ritirata nel suo palazzo di famiglia per accudire il marito malato. Aveva sempre avuto un buon rapporto con i coniugi e così, nella sua fuga da WhiteHall aveva pensato di chiedere rifugio per quella notte proprio presso i Potter che non abitavano molto distante. Ovviamente, per quanto potesse avere fiducia in loro, aveva taciuto l’identità della Principessa.

“Una dama” rispose evasivo, certo che non sarebbe bastato alla signora.

“E ha un nome questa dama?” incalzò ancora lei sempre più curiosa.


“Lady Violet” disse dopo un attimo di esitazione.

Lady Potter restò un attimo ferma davanti a lui, aspettandosi di ricevere ulteriori informazioni; quando però non ottenne nessuna risposta, non poté far altro che allontanarsi leggermente irritata e delusa, lasciandosi dietro la risata dell’uomo, che dopo aver aspettato qualche altro secondo, bussò alla porta accanto a quella della sua stanza.

“Come state?” domandò entrando nella stanza, una volta che la porta fu aperta.

“Lady Violet?” chiese confusa Maria, ignorando la domanda.

“Si, è meglio che la gente non sappia chi siate per un po’… E Violet è stato il primo nome che mi è venuto in mente” spiegò semplicemente.
“Il primo nome che vi è venuto in mente?” ripetè la Principessa adesso divertita.

“Ma cos’è, vi divertite a ripetere ciò che dico?” chiese Charles leggermente irritato, con un pesante sospiro.

Non era bastato l’aver rischiato la pelle ed essere adesso praticamente un ricercato, pensava  almeno  che la parte dell’interrogatorio l’avesse affrontata già con Lady Potter e invece adesso doveva anche subire l’ironia di quella ragazza che sembrava parlare solo ripetendo le parole degli altri. E ancora riusciva a credere che quella ragazza fosse proprio la piccola Maria, la figlia di Enrico. Forse era stato un po’ troppo brusco, ma la giovane non sembrava affatto risentita.

“E’ un nome che mi piace molto, insomma avrei voluto dare questo nome a mia figlia, ma non ho ancora avuto il privilegio di averne una” disse finalmente alludendo al matrimonio con Margaret, sorella del Re, che se n’era andata prima di dargli un erede.

Maria percepì la nota di tristezza nella sua voce e così annuì semplicemente, rimanendo un po’ in silenzio.

“E’ un buon nome” disse alla fine, accennando un sorriso.

Sorridendo a sua volta a quella che fondamentalmente era sua nipote, Charles lasciò la stanza, stranamente felice di averla fatta sorridere. Ma quel sorriso era durato solo un attimo e quando la porta fu nuovamente chiusa, la Principessa tornò ad indossare la sua solita espressione triste, e a pensare, a sua madre.

**

Quando Caterina si era svegliata  era già mattina, ma dalle porte e finestre completamente serrate sarebbe stato impossibile saperlo. L’uomo che invece la teneva prigioniera aveva tenuto sotto controllo l’orario per tutto il tempo e aveva seguito alla lettera ciò che gli era stato ordinato, aveva preparato tutto per l’esecuzione del suo piano. Era bastato solamente un bicchiere d’acqua sul tavolino vicino al letto riempito di veleno e quando lei, una volta svegliata, l’avrebbe bevuto, sarebbe stata la sua fine.

“Vi siete svegliata finalmente” disse semplicemente vedendola muoversi.

La Regina continuò ad agitarsi ancora un po’ prima di spalancare gli occhi in preda al terrore. Per un momento, un semplice momento, aveva dimenticato tutto, ma pian piano i ricordi cominciarono a riaffiorare prepotentemente e la scoperta di non trovarsi nel suo letto a The More, né tantomeno quello di WhiteHall, era stata fatale. Si voltò rapidamente e alla vista dell’uomo che stava di fronte al letto, sussultò e balzò subito seduta.

“Voi!” esclamò spalancando ancor di più gli occhi azzurri.

L’uomo di fronte a quello sguardo abbassò lo sguardo, in preda ad un intenso senso di colpa. Si, aveva preparato tutto nei minimi particolari mentre lei dormiva, ma quando si era svegliata, gli era bastato guardarla negli occhi per vederne riflesso la sua convinzione vacillare.
“Perché mi fate questo?” chiese poi la donna quasi disperata costringendolo ad alzare lo sguardo.

“Non sono altro che una pedina e voi lo sapete” rispose lui guardandola.

“E la vostra coscienza?” chiese lei nuovamente mentre l’irritazione cresceva nella sua voce.

“Eseguo gli ordini del Re, come fareste anche voi” rispose lui velocemente, troppo preso nella sua difesa che non si era accorto dell’inconsistenza dell’accusa che aveva appena rivolto alla donna.

“Io eseguo prima gli ordini dettati dalla mia coscienza, e poi voi non state eseguendo quelli del Re adesso, ma dei Bolena, o sbaglio?” ribattè Caterina un’ultima volta prima che un silenzio assoluto si impadronisse della stanza.

L’uomo abbassò nuovamente lo sguardo, improvvisamente indeciso. Forse era il momento di dare ascolto alla sua coscienza e a qualcos’altro che non riusciva ancora ad identificare, ma lo teneva legato a quella donna. Era l’unica che fosse davvero riuscita a tenergli testa, l’unica che avrebbe potuto fargli cambiare idea, l’unica che avrebbe potuto infondergli il desiderio di cambiare stile di vita. Forse sarebbe stata sconfitta lo stesso alla fine, ma non poteva essere lui a condannarla. Era tempo di prendere una decisione.

E intanto Caterina si era avvicinata il bicchiere di veleno alle labbra.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV. ***


Ecco il quarto e il quinto capitolo, spero vi piacciano :) Fatemi sapere cosa ne pensate mi raccomando, mi farebbe molto piacere! ^^
 


4.        
       

Non c’era un buon profumo e l’ambiente non era dei più confortevoli; d’altronde si trattava di una stanza adibita a cella, poteva davvero Anna Bolena aspettarsi di meglio? Entrò esitante e raggiunse lentamente l’uomo seduto all’interno della stanza con un sorriso che voleva ancora cercare di mascherare. Si sarebbe accertata della realizzazione di una parte del suo piano perlomeno, sarebbe uscita da quella stanza e poi si, finalmente avrebbe sorriso.

“Allora, è morta?” chiese schietta non vedendo la presenza della sua rivale, né come essere vivente né come cadavere.

L’uomo alzò lentamente lo sguardo e fu il suo turno di mascherare un sorriso, immaginando la reazione che la donna avrebbe avuto dopo le parole che lui avrebbe pronunciato.

“Vostra Maestà, Lady Caterina è fuggita” disse mostrandosi il più addolorato possibile, ma entrambi sapevano che era una finzione.

“Fuggita? Fuggita? Siete stato voi, ammettetelo, voi l’avete fatta fuggire!” gridò furiosa cominciando a camminare avanti e dietro per la stanza, per poi tornare a fissare il suo presunto alleato.

“Sapevo di non poter contare su di voi, Mastro Cromwell” disse infine, lanciandogli un’ultima occhiata prima di sparire, sbattendo la porta dietro di sé.

Era assurdo anche solo pensarci, eppure a volte Anna ne aveva avuto il sospetto. Il sospetto che alla fine Thomas Cromwell si sarebbe schierato dalla parte di Caterina d’Aragona.


**


Erano passati già alcuni giorni dall’avvenimento nel Labirinto e nulla presso la Corte, ignara di tutto, sembrava essere cambiato. Il Re e la Regina, nonostante le voci che aveva modo di udire, in pubblico apparivano ancora uniti e banchetti e balli si tenevano tutte le sere. Non era stato troppo difficile per Lucia farsi passare per una nuova dama della Regina e la sua fluidità nel parlare italiano era stata d’aiuto, se non per acquistare la simpatia, almeno per evitare l’antipatia, di Anna Bolena. Purtroppo però nel ruolo di infiltrata, aveva scoperto ben poco su possibili rifugi di Caterina e Maria e non aveva neppure avuto modo di rivedere l’uomo a cavallo a cui aveva chiesto aiuto. Non parlava quasi con nessuno e l’unica faccia amica che aveva trovato era quella di Gregory, il ragazzo che l’aveva trovata il primo giorno e a cui vagamente si era risolta a spiegare ciò che era successo. Lui le aveva creduto subito e si era offerto per quanto poteva di aiutarla.

“Non ho più idea di cosa fare” si lamentò, seduta al banchetto affianco al ragazzo, leggermente in disparte rispetto alla gente.

“Non temete, una soluzione si troverà, non possono essere sparite nel nulla!” rispose il ragazzo a bassa voce, per non farsi udire dagli altri, che comunque non sembravano prestare loro attenzione “Potrei provare ad indagare con mio padre, lui deve saperne per forza qualcosa!” aggiunse poi risoluto.

Lucia si illuminò improvvisamente, annuendo con vigore. Come aveva fatto a non pensarci prima? Il padre di Gregory, Thomas Cromwell doveva per forza sapere, anzi avrebbe potuto essere anche una parte stessa del piano. L’aiuto del ragazzo sarebbe potuto essere allora molto utile, e non tutto era forse perduto. Un pensiero  che in quel momento le attraversò velocemente la mente, la rese però per un attimo triste. Il suo nuovo amico l’avrebbe presto abbandonata, e avrebbe fatto ritorno a casa.

“Balliamo?” fu lei a chiedere d’un tratto per scacciare via quel pensiero. Non aveva mai ballato con un ragazzo, ma avrebbe tanto voluto provare.

“Non so ballare” ammise Gregory un po’ imbarazzato scuotendo il capo.

“Non possiamo provare?” tentò lei nuovamente ricevendo in risposta solo un’altra negazione mentre il suo volto assumeva un’espressione sempre più imbarazzata.

E no, non provarono a ballare per quella sera. Ma la passarono a ridere e scherzare tra loro, forse su quanto lui appariva imbarazzato o su quanto invece lei non lo sembrasse affatto.


**


Era stato amore a prima vista tra Maria e il Palazzo di Charles nel Suffolk, non tanto per la bellezza della dimora, ma per le condizioni in cui si trovava a vivere adesso: improvvisamente sembrava essere trattata come una vera principessa e non pensava di trovare questo benessere nella condizione di fuggitiva. Le era stata riservata la migliore camera e aveva tre dame tutte per sé, non doveva preoccuparsi di nient’altro che leggere, studiare, cucire e suonare il magnifico pianoforte che le era stato messo a disposizione. Anche la compagnia si era rivelata più che piacevole e non si trattava solamente delle sue dame: il duca di Suffolk era rimasto tutto il tempo nel Palazzo e aveva cercato in tutti i modi di rendere Maria a suo agio, eppure lei al suo cospetto non riusciva a reprimere uno strano e inspiegabile senso di disagio. Non aveva mai vissuto così a stretto contatto con un uomo e in particolare quell’uomo, pur avendo circa quindici anni più di lei, non riusciva di certo a vederlo come una figura paterna, conosceva la reputazione dell’uomo a Corte e per quanto si sforzasse, non poteva negare il fascino che aveva anche su di lei. Si ritrovava spesso a lanciargli delle occhiate quando erano nella stessa stanza e quando erano distanti, si ritrovava a pensare a lui più del necessario e in un modo che non le era consentito. Mentre si rimproverava mentalmente, non poteva di certo sapere che quando abbassava lo sguardo, era lui a fissarla.

“E’ tua nipote! Cosa diavolo stai pensando?” urlava nella sua testa, ma una parte di lui sembrava non ascoltare neppure. La verità era che lei lo aveva colpito, sembrava avergli mandato quasi un incantesimo ed era stato quella sera nel labirinto, prima ancora di sapere che era la principessa. Certo, sapeva che non avrebbe potuto comportasi con lei come si comportava con le altre dame, e sapeva che l’unica via era non pensare più a lei, non in quel modo perlomeno. Eppure più cercava di evitarla, più si ritrovava a cercarla.

Come quella sera.

“Principessa!” la chiamò entrando nella sua stanza, dopo essere stato introdotto da una delle dame che le aveva messo a disposizione.
“Vostra Grazia, a cosa devo la visita?” chiese Maria alzando appena lo sguardo, prima di chiudere lentamente il libro che aveva tra le mani.
“Chiamatemi Charles, vi prego” la interruppe, muovendo un passo verso di lei.

“Va bene, Charles, ma solo se voi mi chiamerete Maria” acconsentì lei alzando lo sguardo su di lui.

“Allora Maria” disse con un sorriso nel chiamarla per nome, sentendo in quel semplice dettaglio uno strano avvicinamento con lei “Come mai non vi siete presentate a cena? Vi sentite forse poco bene?” chiese poi leggermente preoccupato, conoscendo la cagionevole salute che aveva mostrato in passato.

Maria accennò un sorriso per la preoccupazione che il duca sembrava mostrare, affrettandosi a scuotere la testa per rassicurarlo. Stava bene, se così si poteva dire, perlomeno fisicamente. La verità era che, nonostante le attenzioni di cui stava godendo durante quel soggiorno, si sentiva sciocca e ingenua, per aver creduto ancora una volta a suo padre. Non si sarebbe mai sposata, non avrebbe mai trovato l’amore, non sarebbe mai diventata Regina né di Inghilterra né di nessun’altro Paese, non sarebbe stata nessuno, non sarebbe stata felice.
“Sono sicuro che vostro padre vi ami, Maria” disse dopo attimi di silenzio Charles, quasi intuendo il filo dei suoi pensieri.

La Principessa alzò di nuovo lo sguardo su di lui, stavolta stupita e annuì semplicemente tentando di trattenere le lacrime come, nonostante la giovane età, si era sempre imposta di fare.

“Posso baciarvi la mano?” le chiese avvicinandosi ancora un po’ prendendole la mano e quando gli fu accordato il permesso, posò un lieve bacio sul dorso della sua mano.

Un bacio veloce e casto naturalmente, ma c’era qualcosa nello sguardo che tradiva le sue emozioni. Non era esattamente lo sguardo di uno zio alla nipote. Ma c’era qualcosa che Charles aveva capito in quel momento e intenda far sapere anche a lei: non importava se ancora riusciva a capire cosa provava per lei e come avrebbe dovuto agire, di una cosa era assolutamente certo.

Per lei ci sarebbe stato sempre. A prescindere da tutto.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo V. ***


5.

Erano passate ormai quasi due settimane da quando Maria si era trasferita nel suo Palazzo, due settimane da quando anche Charles aveva abbandonato la Corte e sapeva che quel dettaglio non sarebbe di certo rimasto a lungo inosservato. Quella che stringeva nelle mani era una lettera da parte del Re, che chiedeva espressamente il motivo della sua assenza, ma lui non la stava leggendo, non più, aveva al contrario gli occhi fissi alla finestra, perso nei suoi pensieri, interrogandosi sul da farsi. Avrebbe dovuto affrontare la questione con il Re? Avrebbe dovuto spiegargli l’accaduto che aveva coinvolto la sua prima moglie e sua figlia? Certo, Anna era ancora la Regina d’Inghilterra, mentre Caterina ancora ripudiata, ma l’amore di Enrico non poteva essere così cieco e anzi i Bolena, dopo l’ultimo aborto di Anna, sembravano aver perso gran parte del loro potere. Tuttavia, era un rischio che Charles non si sentiva di correre, avrebbe aspettato il momento giusto; per il momento avrebbe semplicemente accennato vagamente a problemi di salute della Principessa Maria, di qui il motivo di una più sicura e tranquilla dimora.

“Charles, buongiorno” lo salutò Maria entrando nella stanza.

Lui si voltò a guardarla e rispose al saluto con un semplice cenno del capo, ancora in parte perso nei suoi pensieri.

“Oggi siete stati voi ad aver disertato il pranzo” continuò lei con un lieve sorriso.

“Si, stavo ripensando alla lettera di vostro padre” rispose con aria leggermente preoccupata “Non ho altra scelta che tornare a Corte” aggiunse poi posando la lettera sul tavolo del salotto.

“Intendete raccontargli tutto?” chiese la Principessa in un sussurro, animata da un’improvvisa paura, una paura che non riguardava solo lei o sua madre, di cui ancora non aveva alcuna notizia, ma si ritrovò a pensare anche ai rischi che avrebbe potuto correre l’uomo che le era di fronte per averla difesa ed essersi schierato così nettamente contro i Bolena.

Il duca mosse rapidamente qualche passo verso di lei e le afferrò le spalle costringendola a guardarlo. Voleva rassicurarla e darle conforto, ma solo quando si ritrovò a fissare i suoi occhi blu, si rese conto del fatale errore che aveva commesso nell’avvicinarla.

“Non dovete preoccuparvi, non intendo farlo per il momento, troverò una scusa” disse alla fine, mentre lei si limitò semplicemente ad annuire.

Lui avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, ma non trovava niente da dire. Più guardava i suoi occhi, più si chiedeva dove fosse finita la bambina vivace e spensierata, e più si rendeva conto che quella bambina non c’era più. Maria non era più una bambina, e tecnicamente non era più sua nipote. Spinto da quella improvvisa rivelazione, Charles la baciò delicatamente sulle labbra. Maria sgranò gli occhi per un attimo, ma poi si ritrovò a ricambiare quello che era il primo bacio che avesse mai dato.

Non più vergine. Solo le labbra ovviamente.


**

Gregory Cromwell scese lentamente dalla carrozza e si guardò intorno: era ufficialmente tornato a casa. Quando era partito per WhiteHall, su espressa e ambigua richiesta da parte del Re, non era stato molto contento, eppure, nonostante avesse trascorso le ultime due settimane del soggiorno a Corte quasi da solo, senza neppure la presenza di suo padre, adesso nel tornare non era così felice. Sentiva già la mancanza di quella dama italiana che aveva conosciuto per caso, anche se lo rincuorava tuttavia la prospettiva di essere in una sorta di missione proprio per suo conto. Entrò nell’immenso Palazzo che il Re aveva donato a suo padre ormai da un anno, in qualità di suo più fedele collaboratore, e un servitore lo scortò fino all’ufficio personale di suo padre, dove lui l’aspettava seduto dietro la scrivania, leggendo alcune carte.

“Padre!” lo salutò sorridendo, palesando la sua presenza.

“Gregory!” esclamò Thomas mettendo da parte le carte e alzandosi in piedi per raggiungerlo.

Si scambiarono un rapido abbraccio e qualche parola a proposito del viaggio, del lavoro o della situazione a Corte, mentre, calandosi nel ruolo di spia che gli era stato affidato, il giovane Cromwell si guardava intorno alla ricerca di qualche particolare.

“Tutto bene?” gli chiese d’un tratto il padre un po’ confuso, cercando di seguire la direzione del suo sguardo.

Ma Gregory non era molto adatto nel ruolo di spia, e preferiva di gran lunga la schiettezza.

“Padre,devo parlarvi di un argomento piuttosto importante” rispose dopo alcuni attimi in tono serio “E devo farvi alcune domande…” aggiunse in fretta, alzando lo sguardo su di lui.

“Certo, puoi farmi tutte le domande che vuoi!” acconsentì il padre annuendo col capo “Ma prima devo mostrarvi io una cosa” disse poi poggiando una mano sulla spalla del figlio.

Anche il Lord Cancelliere sembrava adesso diventato improvvisamente serio e si fermò  qualche attimo di fronte a lui ancora un po’ esitante. Poi scosse la testa con vigore e iniziò a camminare facendogli cenno di seguirlo. Gregory obbedì e si ritrovò ben presto fuori dalla stanza, ma il suo cervello era ancora rimasto a quelle domande che ancora aveva chiesto.

“Padre, vi prego di ascoltarmi un attimo” lo chiamò ancora “Vedete ho incontrato una giovane a Corte e lei mi ha detto che…” aggiunse poi, pensando che sarebbe stato meglio spiegare le cose dall’inizio.

“Una ragazza? Sapevo che sarebbe successo ed è bella?” lo interruppe suo padre, rallentando di poco il passo e con un sorriso divertito sul volto.

“No! Cioè si, è bella…” balbettò lui colto di sorpresa arrossendo leggermente “Ma non è questo il punto… Lei mi ha chiesto alcune cose… Il punto è che io devo chiedervi se sapete dove si trova al momento una certa persona…” continuò facendosi coraggio.

Thomas però lo ascoltava appena, mentre giunto davanti a una stanza della casa, che il più giovane sapeva essere vuota, si mise a bussare.
“Se so dove si trova chi?” domandò poi lanciandogli una rapida occhiata.

Ma Gregory adesso non aveva più bisogno di alcuna risposta. La porta si era aperta e pur non avendo mai visto così da vicino la persona che aveva di fronte, sapeva esattamente chi era.

“My Lady, questo è mio figlio Gregory” disse suo padre indicandolo, mentre lui ancora stupito, fece un goffo inchino.

E Caterina d’Aragona gli sorrise.
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI. ***


Ecco il nuovo capitolo, più tardi probabilmente metterò anche il 7:)


6.


Onestamente, Maria non sapeva più che fare. Non riusciva a cucire o suonare, figuriamoci studiare! Per esempio adesso, aveva appena chiuso un libro dopo averlo fissato invano per cinque minuti e una delle dame di compagnia che aveva al castello di Suffolk le aveva fatto notare che lo teneva addirittura al contrario. Si era alzata e leggermente irritata era andata nel giardino per fare una passeggiata, ma adesso che non aveva nulla a cui pensare, ogni pensiero ritornava a quel bacio e alla persona che insieme a lei ne era stata protagonista, quando d’un tratto si ritrovò il suo pensiero in carne ed ossa di fronte a lei.

“Principessa…” la salutò lui dopo qualche attimo di esitazione.

“Vostra Grazia” rispose lei con un cenno della testa senza guardarlo negli occhi.

Si era davvero giunti a questo punto? Si, dal momento che entrambi rifiutavano di parlare di ciò che era successo, lei per vergogna probabilmente, lui per senso di colpa. E un solo sguardo poteva far rivivere quelle due emozioni.

“Dove state andando?” chiese poi Maria, azzardandosi a lanciargli una veloce occhiata.

“Rientravo nel mio ufficio” rispose semplicemente.

“Perfetto! Perché io stavo andando nella direzione opposta…” esclamò lei rapidamente, provando a sorpassarlo, ma lui fu più veloce e in uno scatto le afferrò delicatamente un braccio, per impedirle una nuova fuga.

“Maria, dobbiamo parlare” sussurrò lentamente, dimenticandosi quegli sciocchi titoli con cui erano tornati a chiamarsi.

Ma lei si divincolò e lui la lasciò a andare. Era una settimana che andava avanti così.


**


Gregory Cromwell non si era mai sentito così imbarazzato in tutta la sua vita come in quei giorni. Eppure, dato il suo carattere timido e riservato, ce n’erano state occasioni per provare imbarazzo. Forse perché la situazione non lo riguardava minimante eppure ci si era ritrovato coinvolto così tanto, oppure perché l’imbarazzo appariva ancora misto a stupore e confusione, ma adesso non sapeva davvero come comportarsi con la nuova “ospite” di casa Cromwell. Si ritrovava spesso a farle brevi visite, ad informarsi della sua salute, ma tuttavia parlava il meno possibile ed evitava accuratamente di chiamarla in qualsiasi modo.

“Aspettate!” lo richiamò lei durante una delle sue ultime visite, mentre lui aveva già raggiunto la porta “Allora alla fine della settimana ripartirete per il Palazzo Reale?” chiese poi facendogli un piccolo sorriso.

Era passata una settimana dall’arrivo del giovane e Caterina non poteva negare di essersi un po’ affezionata a quel ragazzo, così visibilmente buono e onesto, così diverso dal padre. Eppure in certi casi simile. Il soggiorno nel Palazzo di Cromwell si era rivelato piuttosto piacevole, non le mancava nulla almeno dal punto di vista materiale e il padrone di casa si era premurato perfino di trasferire anche le sue dame da The More. Assurdo e ironico, stentava ancora a crederci ed era per questo che nonostante le attenzioni che, da lontano, Thomas Cromwell le riservava, si sentiva ancora diffidente nei suoi confronti, ma non in quelli di suo figlio, che errori, peccati e precedenti da cui discolparsi non ne aveva.

“Si” rispose semplicemente il ragazzo, voltandosi verso di lei, stupito dalla domanda.

“E come vi trovate a Corte, Gregory?” domandò lei nuovamente con sincero interesse.

“Molto bene… Voglio dire le persone sono orribili e non ho amici … Non che ne avessi normalmente… Forse è colpa mia… Ad ogni modo non tutti sono così” rispose incoerentemente, finchè, resosi conto di aver parlato troppo e soprattutto della persona a cui stava raccontando quelle cose, abbassò la testa, ammutolendo improvvisamente. Ma la donna non si era affatto annoiata o a disagio dalla risposta, anzi aveva solo reso più dolce l’immagine che aveva del ragazzo.

“C’è una ragazza che vi ha conquistato…” concluse Caterina lanciandogli un’occhiata complice.

Gregory la fissò per qualche secondo e poi sorrise, mentre sentiva il ghiaccio sciogliersi lentamente. Non parlava molto, specialmente di se stesso e dei suoi sentimenti, l’unico a cui si apriva ogni tanto era suo padre e inoltre, data la prematura scomparsa della madre quando era solo un bambino, non aveva avuto mai una figura femminile di riferimento.

“Si” si ritrovò ad ammettere tuttavia, avvicinandosi di nuovo alla ex Regina “Ma c’è un grande problema, io non so ballare” aggiunse poi quasi meccanicamente, più a se stesso, dato che la mente tornava spesso a quel ballo mancato con Lucia.

“Davvero?” disse lei sorpresa “Posso insegnarvi io se volete” propose poi, desiderosa di aiutarlo e di sfuggire anche dalla noia del restare chiusa in quattro mura.

Gli occhi del ragazzo si illuminarono e, senza rendersene forse neanche conto, si ritrovò ad annuire vigorosamente e un grande sorriso si formò sulle sue labbra. Proprio in quel momento Cromwell Senior fece il suo ingresso nella stanza, stupendosi di trovare il figlio nella camera della precedente Regina; gli lanciò un’occhiata severa, temendo che la stesse disturbando, e il ragazzo sotto quello sguardo, non potè far altro che uscire, dopo un rapido inchino alla donna.

“Spero non vi abbia recato disturbo” disse l’uomo semplicemente, ritrovandosi solo con lei nella stanza.

Caterina in risposta scosse la testa, e per almeno un minuto restarono entrambi in silenzio, senza osare proferire parola, senza osare fare un movimento. C’erano così tante cose di cui avrebbero dovuto parlare, argomenti che in tre settimane avevano sempre evitato, domande che iniziavano tutte con la stessa parola: perché? Perché lui l’aveva lasciata scappare, perché la stava nascondendo rischiando la sua stessa vita, perché lei si stava fidando…

“Dovreste essere davvero orgoglioso di vostro figlio davvero un bravo ragazzo” disse lei rompendo il silenzio e il filo di quei pensieri destinati a rimanere insoluti.

“Lo sono” rispose lui annuendo “Soprattutto perché è così differente da me” aggiunse poi con amarezza, prima di fare un inchino e lasciare la stanza anche lui.

Speriamo non del tutto diverso” disse Caterina tra sé e sé.

Ma solo in un sussurro, e solo quando fu sicura che lui non avrebbe potuto sentirla.


**

Era tutto ormai pronto per la partenza. Charles avrebbe voluto rimandarla di ancora alcuni giorni, specialmente vista la situazione ambigua in cui lasciava Maria, ma adesso non si poteva davvero più aspettare, il Re si sarebbe insospettito ed inoltre aveva promesso alla Principessa che avrebbe provato ad informarsi a proposito di sua madre. Salì sulla carrozza che l’avrebbe condotto a WhiteHall, non prima però di aver lanciato un ultimo sguardo al Palazzo dove, affacciata ad una delle finestre Maria lo guardava partire.

“Anthony” disse una volta preso posto, chiamando uno dei suoi servitori “Portate questa a Lady Maria” ordinò dandogli la lettera in cui le porgeva i suoi saluti come non era riuscito a fare di persona, insieme a una viola.

E non era un fiore scelto a caso.


**

“Sono davvero contenta di rivedervi a Corte” rivelò con un sorriso Lucia raggiungendo finalmente Gregory che l’aveva fissata per tutta la serata.

“E come mai non mi avete salutato prima allora?” chiese lui leggermente irritato, anche se i suoi occhi si erano illuminati quando l’aveva vista avvicinare.

La ragazza sorrise semplicemente, indicando con un cenno del capo un uomo dall’altro lato della sala che stava discorrendo con  la Regina Anna.

“E’ mio padre” spiegò riportando lo sguardo sul ragazzo accanto a lei “E se mi avesse visto parlare con voi, probabilmente si sarebbe fatto strane idee” aggiunse mentre le guance le si coloravano leggermente di rosso.

Stavolta fu il turno del giovane Cromwell di sorridere, dato che non era facile vedere la ragazza arrossire. Ad ulteriori domande,gli fu spiegato che l’uomo si chiamava Sir Giuliano Verdi, Conte di Caprara in Italia e membro del Consiglio privato in Inghilterra, era probabile perciò che suo padre lo conoscesse. Fisicamente, nonostante avesse superato i quarant’anni, si presentava ancora come un bell’uomo e non era di certo passato inosservato alle dame nella stanza; lui però sembrava aver messo gli occhi solamente sull’attuale moglie del Re. E Lucia non gradiva affatto questa novità.

“Peccato, io volevo proporvi di ballare…” disse Gregory risvegliandola dai suoi pensieri.

“Ballare?” ripetè lei stupita lanciandogli un’occhiata.

“Esattamente, ho avuto una brava insegnante in questi giorni” rispose con un sorriso, ripensando alle lezioni che aveva preso prima del suo ritorno a Corte e felice di poter essere d’aiuto alla ragazza con la rivelazione che le avrebbe fatto presto.

“E chi sarebbe quest’insegnante?” domandò sempre più incuriosita.

“La Regina Caterina” rivelò in un sussurro, sorridendo ancora di più nel vedere l’espressione di puro stupore formarsi sul volto della ragazza.
Le raccontò rapidamente la storia, perlomeno gli aspetti di cui lui era a conoscenza, e poi la rassicurò sulla sicurezza della donna, che aveva trovato improvvisamente in un nemico che aveva quasi tentato di ucciderla, un aiuto insperato.

“Non posso crederci…” commentò semplicemente lei scuotendo la testa. Era contenta di sapere che Caterina stesse bene, ma non poteva esserne ancora del tutto sicura, aveva imparato a fidarsi di Gregory, ma suo padre non era uguale a lui. E poi dov’era Maria? Il ragazzo le aveva spiegato che non aveva ricevuto notizie sulla Principessa, eppure era sicuro che la Regina sapeva dove fosse e che in qualche modo prima della fuga era riuscita a metterla in salvo.

“Neanche io, potevo credetemi!” concordò lui, che non aveva ancora avuto modo di parlare apertamente al padre di quell’improvviso cambiamento.

I due giovani restarono a parlare ancora per un po’ fin quando l’attenzione della ragazza fu attirata da un uomo da poco entrato nella sala. Un uomo che avrebbe riconosciuto tra mille e che aveva aspettato di rivedere più di chiunque altro. Anche lui sembrò averla riconosciuta e mosse qualche passo nella sua direzione. Chi quell’uomo fosse in realtà non lo sapeva, sapeva solamente che era l’uomo che avrebbe potuto risolvere l’altro grande mistero.

Era l’unico uomo che poteva sapere che fine aveva fatto Maria.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII. ***


7.

Maria scese rapidamente le scale di Suffolk Manor. Era stata bene in quei giorni durante l’assenza del padrone di casa, eppure era stata anche male: da un punto di vista materiale e fisico non le era mancato nulla, ma da un punto di vista emotivo un perenne malumore l’aveva accompagnata, soprattutto per il modo in cui non l’aveva salutato prima della sua partenza, soprattutto dopo la lettera che invece lui le aveva lasciato. E poi c’era anche l’ansia che la teneva in costante agitazione: cosa avrebbe detto suo padre? Qualcuno avrebbe potuto rivelare qualche informazione su sua madre? Intanto che queste domande tornavano nuovamente nella sua testa, era già arrivata nel giardino della residenza. Charles stava scendendo proprio in quel momento dalla carrozza e quando i loro sguardi si incrociarono, lui abbassò immediatamente la testa in segno di saluto, mentre lei, senza neppure accorgersene, sorrise. Avrebbe voluto correre ad abbracciarlo e buttarsi alle spalle tutto l’orgoglio e i ripensamenti che l’avevano bloccata, ma c’era qualcosa che all’atto pratico le impediva di manifestare le sue emozioni. Il duca sembrava averlo capito e senza proferire ancora parola, fu lui ad avvicinarsi lentamente.

“C’è una sorpresa per voi, Principessa” disse infine con un sorriso.

La ragazza gli lanciò un’occhiata confusa, ma non riuscì a chiedere altro che la carrozza si aprì di nuovo e si ritrovò nel giro di qualche secondo una persona fin troppo familiare tra le braccia. Lucia. Lei si che non aveva problemi a manifestare le proprie emozioni, perlomeno con lei.

“Non potevate farmi una sorpresa più bella…” mormorò Maria, tenendo ancora abbracciata l’amica, e alzando lo sguardo verso Charles, che in risposta le regalò un altro sorriso.

“E le sorprese non sono finite!” esclamò Lucia, udendo quelle parole, sciogliendo l’abbraccio per guardare negli occhi la Principessa.

“Ce ne sono altre?” chiese lei confusa spostando lo sguardo nuovamente verso l’uomo.

“Ce ne sono due…” intervenne lui annuendo.

“E sono belle o brutte?” chiese ancora Maria, sempre più incuriosita. L’impazienza la stava letteralmente consumando? Sua madre era forse in pericolo, suo padre le aveva rifiutato il permesso di restare nel Suffolk e forse aveva esiliato da Corte Charles, se non di peggio?

Ma il duca sorrise semplicemente e in quel nuovo sorriso che quel giorno stava vedendo così spesso, la Principessa smise improvvisamente di preoccuparsi e di fatti come le fu rivelato poco dopo, si trattava di due notizie belle, anzi “una bella e una bellissima”.

“La bella è che…” iniziò Lucia lanciando una rapida occhiata a Charles come a chiedergli il permesso di rivelare la novità “Tua madre è al sicuro e si trova al Palazzo dei Cromwell” disse poi con un radioso sorriso sulle labbra.

Il sorriso di Maria invece si congelò all’istante. Era forse uno scherzo? Non era umanamente possibile una cosa del genere. Era sicuramente tenuta prigioniera, non poteva essere altrimenti, oppure la situazione avrebbe superato i confini della realtà e sfiorato il grottesco. Semplicemente non si fidava di quell’uomo, non del Lord Cancelliere Thomas Cromwell, non del così detto “messo di Satana” e chi avrebbe potuto al suo posto? Insomma, se quella era la bella notizia, qual era la bellissima allora? Forse che il Palazzo Cromwell non apparteneva più ai Cromwell, semplice. Maria, mentre si perdeva nuovamente nei suoi pensieri, era rimasta in silenzio con gli occhi sgranati e una mano sulla bocca per lo stupore.

“Non fare quella faccia!” la rimproverò l’amica dopo attimi di silenzio “Gregory mi ha assicurato che suo padre tratta Caterina da vera Regina!” disse poi annuendo con vigore, sentendosi in dovere di difendere i Cromwell, verso cui, a dispetto di ciò che potessero pensare gli altri, lei sentiva una profonda fiducia.

“Gregory?” ripetè la Principessa, mentre la sua espressione passava dalla confusione alla sorpresa.

“Si, chi era? Il tipo con cui stavate chiacchierando allegramente l’altra sera?” intervenne Charles cercando di trattenere una risata “Sembra che stessero anche per danzare” aggiunse poi in un sussurro avvicinandosi di poco a Maria, con aria complice.

Lucia si zittì di colpo e scosse la testa con vigore con aria indispettita, poi, arrossendo come sempre accadeva quando semplicemente pensava al suo nuovo amico conosciuto a Corte, afferrò la piccola valigia che aveva e si diresse all’interno del Palazzo.

“No dai Lucia! Non te la sarai mica presa?” le disse Maria richiamandola, ancora con la risata sulle labbra.

“No!” la rassicurò lei voltandosi e facendole un sorriso “Vado a portare dentro le mie cose, tanto resterò solo per stanotte, poi devo tornare a Corte” aggiunse poi riprendendo a camminare.

“Come? Di già?” chiese ancora l’altra ragazza un po’ dispiaciuta. Davvero c’era tutta questa esigenza?

“Per forza, adesso sono una delle dame della Regina” rispose Lucia voltandosi nuovamente e alzando gli occhi al Cielo nel dare quel titolo ad Anna Bolena.

Charles e Maria la guardarono allontanarsi per qualche secondo poi si guardarono a vicenda , ma solo per un attimo, perché subito, adesso che era soli, furono costretti a guardare altrove.

“Non ancora vi ho detto la bellissima notizia, mi pare” disse poi l’uomo, rompendo l’imbarazzante silenzio.

La ragazza annuì semplicemente, incuriosita ma anche un po’ spaventata. C’era rischio che la bellissima notizia fosse rassicurante come l’altra e allora lei ne aveva tutti i diritti di esserlo. O forse no, perché stavolta la bellissima notizia, bellissima lo era per davvero.

“Anna Bolena ha perso tutti i suoi poteri… Il Re sta facendo delle indagini su di lei… E sai cosa c’è di divertente? Che lei non lo sa ancora!” rivelò tutto d’un fiato, sicuro di renderla felice.

E infatti adesso le emozioni di Maria erano chiare sul suo volto e, senza rendersene conto lei stessa, buttò le braccia al collo di Charles.


**


Continuava a ballare con le sue dame e a sorridere, come se fosse ancora la “più felice”. E invece felice, Anna Bolena non lo era più da tempo, da quando forse i suoi sorrisi erano cominciati a diventare forzati. Sapeva che nonostante tutti i tentativi, tutti i piani, non era riuscita a liberarsi di Caterina e Maria e sentiva anche che presto quella che avrebbe avuto una brutta fine, sarebbe stata lei stessa.

“Vostra Maestà, posso parlavi un momento?”

Anna si voltò sentendo la voce chiamarla; era una voce familiare, come l’uomo che di fatti si trovò di fronte.

“Certamente My Lord” annuì lei immediatamente, curiosa di sentire cosa avesse da dirle quell’uomo con cui aveva parlato poche volte, ma che poteva ormai considerare uno dei pochi amici a Corte.

Giuliano Verdi restò a fissarla per un po’, non era affatto un sostenitore dei Bolena ed era fedele alla vecchia Regina e alla vecchia religione, eppure sentiva che doveva aiutare quella giovane donna che in fondo era solo una pedina di un gioco più grande di lei.

“Stanno facendo delle indagini sul vostro conto, e credo che il Re voglia sbarazzarsi di voi” sussurrò un po’ esitante, temendo la reazione della donna.

La Regina invece annuì semplicemente, abbassando lo sguardo per qualche secondo, persa nei suoi pensieri. Poi rialzò gli occhi improvvisamente incontrando i sinceri occhi azzurri del conte italiano.

“Grazie” mormorò poi mentre un sorriso si formava sulle sue labbra.

Un sorriso sincero stavolta.


**


“Scaccomatto!” esclamò Thomas senza troppo entusiasmo, muovendo sulla scacchiera l’ultimo pezzo nero che gli avrebbe permesso la vittoria di quella partita.

Caterina sospirò brevemente, chiudendo per un attimo gli occhi. E la partita era l’ultimo dei suoi pensieri.

“Se avessi mosso il cavallo prima oppure la torre nell’altra direzione…” disse poi riflettendo ad alta voce, cercando di ricondurre i pensieri al gioco “La verità è che non riesco a ragionare bene questa sera” rivelò poi più a se stessa che al suo interlocutore.

Cromwell annuì semplicemente: che la distrazione della sua rivale (adesso solo nel gioco) fosse una casualità relativa solo a quella sera non era solo una scusa e ne erano prova le partite serali di tutta la settimana, tutte vinte da lei. Era ormai diventata una specie di routine in cui oltre a giocare, parlavano anche, a volte di libri, a volte di religione – e qui si era rischiato più volte di litigare – a volte degli avvenimenti a Corte; si parlava sempre, ma sempre poco, e un argomento restava sempre taboo. Dopo altri attimi di silenzio, l’uomo si alzò in piedi, prese la sua sedia e si sedette nuovamente più vicino alla donna.

“Cosa c’è che vi preoccupa?” chiese incuriosito lanciandole un’occhiata “Gregory vi ha fatto sapere del benessere di vostra figlia e, per quanto possa provare avversione per Brandon sono sicuro che Lady Maria starà molto bene… E poi con le indagini in corso su Anna Bolena tutti i vostri problemi stanno per risolversi…” continuò lui non capendo l’improvvisa tristezza in un quadro così positivo. Insomma, aveva vissuto sicuramente delle condizioni molto più sfavorevoli.

“E siete voi ad occuparvi delle indagini, suppongo…” disse Caterina, facendo un sorriso divertito quando lo vide annuire “Perché?” chiese poi in un sussurro tornando a guardarlo.

“Perché?” ripetè lui confuso “Mi pare di avervi già detto che ci sono dei sospetti riguardanti l’infedeltà della Regina Anna…”

“No… Non intendevo questo” lo bloccò lei, non riuscendo a capire se l’uomo non aveva davvero capito l’allusione o stesse solo cercando di evitare quella domanda che in un mese ancora aveva posto “Perché mi state aiutando?” chiese poi finalmente senza smettere di guardarlo.

Lui non rispose, sospirò pesantemente, poi si alzò nuovamente in piedi e afferrò un libro che aveva lì sopra al tavolo del salotto del Palazzo.
“Sapete, quando ero giovane, sono stato in Italia, a Firenze per qualche anno” iniziò cominciando a camminare lentamente per la stanza, sotto lo sguardo attento di Caterina “Ho avuto modo di leggere un poema allegorico, molto bello che parla del viaggio di un uomo dall’Inferno verso il Paradiso, non l’ ho mai capito fino in fondo, fino a qualche settimana fa…” spiegò posando il libro tra le mani di lei.

“Commedia, Dante Alighieri” lesse la Regina ad alta voce incuriosita.

“E’ un poeta del 1300, ma non preoccupatevi per la lingua, vi è affianco una traduzione in inglese” spiegò ancora lui “Leggetelo, ve lo regalo e fingete che io sia Dante, forse allora avrete la risposta” aggiunse avvicinandosi ancora un po’ e prendendole, non senza un po’ di esitazione, una mano e baciandola leggermente.

Con un ultimo inchino, Cromwell lasciò la stanza e Caterina restò a guardarlo sparire incerta se l’aveva più colpito il suo gesto o il suo dono. Poi, gettò un’occhiata al libro, lo aprì e iniziò a leggere.


“Nel mezzo del cammin di nostra vita                                       
Mi ritrovai per una selva oscura                                                   
Chè la diritta via era smarrita”    
        


                           
 

 NDA:
                                                            
Ok, la chiusa è da ricovero lo so... Ma quando ho saputo che Cromwell era stato a Firenze mi è partita subito l'idea! E non è neanche molto possibile dato che non credo ci fosse la traduzione di Dante in inglese nel 500 comunque fingiamo di si...xD Che ne dite dei miei due Dante e Beatrice? Ok, chiudo prima che davvero vengono a mettermi la camicia di forza... Alla prossima!!                                    

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII. ***


8.

Un colpo, poi un altro e così da venti minuti ormai. Non sapeva come si era ritrovato a maneggiare la sua spada, ma quando era uscito nel giardino per trovare un po’ di pace, era sembrata l’idea migliore per trascorrere il breve tempo libero di quel pomeriggio di Maggio. Affondare però i colpi nell’effimera aria, non si era rivelato, come si aspettava, un metodo utile per sfogarsi ed eliminare i suoi pensieri; almeno non quando il suo pensiero costante era apparso lì davanti a lui in carne ed ossa.

“Non pensavo foste così bravo” disse Caterina un po’ sorpresa, muovendo qualche passo verso di lui.

L’uomo bloccò immediatamente il movimento dell’arma e alzò lo sguardo sulla donna che aveva parlato, come se avesse visto un fantasma. Un fantasma troppo reale e troppo bello, sfortunatamente per lui. Ma Thomas Cromwell era certamente famoso per saper controllare qualunque tipo di situazioni ed emozioni, e quella volta non poteva costituire un’eccezione: scosse leggermente la testa e mostrò un veloce sorriso.
“Volete provare?” propose poi lanciandole un’occhiata.

Adesso fu il turno di Caterina di sorridere e lentamente si avvicinò ancora di più a lui, fino ad afferrare l’impugnatura dell’arma. Lui allora, dopo averla guardata per qualche altro secondo, si allontanò lentamente muovendosi intorno a lei, che curiosa di scoprire le sue intenzioni, spostò leggermente la testa, solo per ritrovarsi il volto di lui a pochi centimetri dal suo. Sbarrò gli occhi sorpresa da quell’inaspettata vicinanza, ma non era infastidita come sarebbe dovuto esserlo, e ne era prova il fatto che non osava muoversi da quella facilmente equivocabile posizione. Abbassò lo sguardo per evitare di sfuggire a quel contatto tra i loro occhi che sembrava quasi metterla in soggezione, ma nel fare questo si scontrò nelle sue labbra e fu nuovamente costretta a distogliere lo sguardo, mentre uno strano rossore coloriva le sue guance. Adesso, nel silenzio di quel verde deserto, fissava la spada davanti a lei che con movimenti lenti ma precisi tagliava l’aria davanti a lei, ma la causa non era la sua mano che invece era stretta in quella del suo rivale. Era lui a condurre il gioco. Riusciva a sentire i respiri di lui e i battiti del suo stesso cuore, mentre sembrava non riuscire più a controllarsi; lui forse sembrava riuscirci di più all’apparenza, ma in realtà sarebbe stato il primo a cedere. C’era qualcosa di assolutamente curioso, strano e terribilmente malizioso nel rapporto tra loro due: non certo due  da “Dio prima li fa e poi li accoppia” ovviamente.

Forse da “Gli opposti si attraggono”. E si respingono, anche se non sembrava questo il caso.

“My Lady” la chiamò spostandole lentamente con la mano libera i capelli e accarezzandole il collo “Siete così bella..” continuò in un sussurro.
La mano era gelida. Doveva essere stato quello a provocarle dei brividi, certo.

Caterina chiuse gli occhi per un attimo, lasciandosi andare alla strana indefinibile sensazione di… peccato, ma poi li riaprì rapidamente e con uno scatto repentino, lo colse di sorpresa divincolandosi e ritrovandosi di fronte a lui con la spada puntata sotto il suo mento. Adesso era lei a condurre il gioco. Lo sguardo di lui era sorpreso, ma non spaventato, mentre quello di lei aveva un’aria di sfida ma più di tutto sembrava divertito.

“Master Cromwell” lo chiamò in tono tranquillo “Dovreste stare attento a ciò che dite o fate… Soprattutto quando ho una spada in mano” disse poi come rimprovero, spostando l’arma e riconsegnandola nelle mani del legittimo proprietario.

Dopo avergli lanciato un’ultima occhiata, Caterina cominciò a farsi strada verso il Palazzo, mentre un piccolo sorriso vittorioso si formava sulle sue labbra. Stava giocando con il fuoco, lo sapeva, ma sapeva anche che alla fine non sarebbe stata lei a scottarsi. Infatti mentre lei stava già pensando ad altro (o almeno così sembrava), lui rimase nel giardino ancora un po’, senza riuscire a pensare ad altro.
Diavolo, quella donna lo avrebbe davvero fatto impazzire.


**


Potevano essere passati venti minuti, forse mezz’ora e innegabilmente la stanchezza cominciava a farsi sentire. La ferita alla gamba bruciava più del solito, eppure c’era qualcos’altro che al momento bruciava di più: gli occhi. E non era per la stanchezza.

“Ti prego Dio, dimmi cosa devo fare” continuava a ripetere Re Enrico, solo nella cappella.

Era seduto con le mani giunte proprio di fronte al Crocifisso e ormai le lacrime cadevano sul suo volto senza che lui potesse fare nulla per fermarle. Cos’ aveva fatto? Quanto male aveva provocato alle persone che aveva amato e l’avevano amato, quanti disastri aveva combinato in meno di un decennio, e adesso cosa avrebbe fatto?

“Chiedo perdono” sussurrò con la voce rotta.

Ma non era al Crocifisso che avrebbe dovuto pronunciare quelle parole.


**


Charles era seduto davanti al tavolo, apparentemente a giocare a carte da solo nel silenzio del salotto del Palazzo. In realtà, muovendo a caso le carte, era disperatamente alla ricerca di qualcosa da dire, o meglio era alla ricerca del coraggio di dire quel qualcosa in particolare. La situazione con la sua ospite era sicuramente migliorata in quegli ultimi giorni, passavano del tempo insieme di nuovo, ma non si erano parlati ancora in merito a ciò che era successo. A lui del resto non mancavano le parole, aveva capito ormai cosa provava per lei e non immediatamente da quel bacio, ma con la sensazione che aveva provato stando lontano e quella di rivederla e riabbracciarla al suo ritorno. Mancava appunto solo il coraggio. Scosse la testa leggermente e con un sospiro lanciò un’occhiata a Maria, seduta poco distante sulla poltrona, apparentemente immersa nella lettura di un libro.

“Maria…” iniziò un po’ esitante, si, erano tornati a chiamarsi per nome “Dobbiamo parlare, da un po’ di tempo in realtà… Ecco dopo il… bacio, ho pensato spesso a te, anzi sempre… e anche prima… Io so che non posso meritarti e che la mia reputazione è quella che è… Ma io vi amo Maria” confessò  finalmente sospirando di sollievo.

Ma il sollievo si trasformò ben presto in impazienza e l’impazienza in terrore quando si accorse che lei non aveva detto nulla, non aveva neppure alzato la testa dal libro. Confuso e anche spaventato, Charles si alzò dalla sua sedia e si avvicinò lentamente alla ragazza e, quando le appoggiò delicatamente una mano sulla spalla, si accorse che si era addormentata. Scosse la testa un po’ irritato, il suo discorso era stato del tutto vano, ma poi lanciandole un altro sguardo, la tenerezza ebbe la meglio e un dolce sorriso si formò sulle sue labbra.

“Da quant’è che non dormi?” le sussurrò prendendola delicatamente tra le braccia, convinto che lei non l’avesse sentito.

La condusse lentamente ai piani superiori verso la camera di lei, lasciandosi guidare dalla poca luce che filtrava ancora dalle finestre; una delle servitrici li guardò confusi ma il duca le fece cenno di non preoccuparsi e riuscì finalmente a raggiungere la stanza. La posò sul letto e la coprì con le lenzuola.

“Buonanotte, Principessa” mormorò spostandole i capelli dal volto e voltandosi per raggiungere la porta, ma proprio in quel momento si sentì afferrare il braccio.

“Troppo tempo” mormorò la ragazza aprendo lentamente gli occhi.

“Cosa?” chiese lui confuso voltandosi di nuovo verso di lei.

“Mi avete chiesto da quanto tempo è che non dormivo” spiegò lei guardandolo.

Charles si prese qualche secondo per comprendere completamente il significato di quella risposta. Spalancò gli occhi e deglutì, tentando di restare calmo. La mano di lei ancora sul suo braccio. Adesso non c’erano più vie di uscita.

“Si, Charles” rispose lei alla sua implicita domanda “Ho sentito tutto e… vi amo anch’io” rivelò sorridendogli apertamente.

“Mi amate?” ripetè lui sedendosi sul letto affianco a lei e prendendole il viso tra le mani.

Lei annuì semplicemente e lui prontamente avvicinò il suo viso a quello di lei e le stampò un bacio sulle labbra, al colmo della felicità. Era sempre stato un uomo attratto dalle belle donne certo e che su di loro aveva sempre avuto un certo ascendente, ma non avrebbe mai pensato di avere al suo fianco un angelo del genere, perché più la guardava, più se ne convinceva: quella ragazza era un vero angelo.

“Io vi amo Charles, però…” disse improvvisamente la Principessa interrompendo il bacio e posando un dito sulle labbra di lui.

“Però?” chiese lui cominciando a preoccuparsi, temendo il peggio. Ma ogni suo dubbio fu dissipato dal nuovo sorriso che lei gli rivolse.

“… Però adesso ho davvero bisogno di dormire!” esclamò lei ridacchiando poggiando la testa sul suo petto e chiudendo nuovamente gli occhi.

E ben presto li chiuse anche Charles, continuando ad accarezzarle i capelli. Magari domani si sarebbe svegliato, accorgendosi che era stato tutto solo un sogno, ma gli bastò lanciarle un’ultima occhiata per capire che forse, sarebbe stata la realtà.



NDA:
Scusate il ritardo!! Spero vi sia piaciutquesto capitolo!!:) Lo so chesoprattutto la prima parte sembra frutto di una sbronza ma ero assolutamente sobria u,u ahahah Alla prossima:)




 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


9.


“L’esecuzione di Anna Bolena è fissata tra tre settimane” annunciò Cromwell con un sorriso entrando nella sua stanza, senza neppure essere annunciato.

La presunta lieta notizia rimase sospesa nell’aria. Caterina lo fissò per qualche momento, poi si ritrovò ad abbassare lo sguardo, facendosi quasi istintivamente il segno della croce. Pensando alla donna che le aveva rubato tutto, corona, titolo e marito, le sembrava di avvertire ogni volta una pugnalata al petto, ma il pensiero della sua imminente morte sorprendentemente non le alleviava di molto il dolore.

“Non siete felice?” chiese l’uomo, stupito da quell’inaspettata reazione.

“Non posso essere felice della morte di qualcuno” rispose lei semplicemente, riprendendo a cucire come se fosse niente successo.

Lady Elizabeth Darrell al suo fianco spalancò gli occhi e lanciò una rapida occhiata al padrone di casa, che sembrava più stupito di lei. Poggiò il cucito sul tavolo, dato che lei ,al contrario della sua signora, sembrava essere sufficientemente colpita da non riuscire a portarlo a termine, e ad un cenno dell’uomo lasciò silenziosamente la stanza.

“Mi sembra giusto, ma non stiamo parlando di qualcuno” fece notare Thomas mentre la dama di compagnia chiudeva la porta alle sue spalle.

 “Pensavo fosse quello che volevate…” tentò nuovamente lui sempre più confuso, non ricevendo risposta.

Caterina alzò gli occhi per un attimo rilasciando un sospiro, e poi tornò al suo lavoro, ignorando entrambi i commenti.

“Non  è quello che voglio adesso” disse poi continuando a tenere lo sguardo fisso sulle mani che sembravano muoversi più veloci.

Thomas notò che tremavano.

“E allora cos’è che volete?” domandò incuriosito non riuscendo a mascherare una punta di aspra ironia nella voce. Un’ironia del tutto giustificata d’altronde: non aveva fatto forse tutto questo per lei, per aiutarla e per dimostrarle che combatteva dalla sua parte?

Di fronte a quella domanda così diretta, la Regina fu costretta adesso ad alzare definitivamente lo sguardo, lasciò anche il cucito e scosse la testa lentamente, come per scacciare gli stessi pensieri  che ogni volta erano causa della sua sofferenza: il titolo, la corona e soprattutto suo marito, le tre cose che la potevano rendere felice, le tre cose che la potevano semplicemente distruggere. Era inutile gioire della morte di Anna Bolena, perché questo non le avrebbe ridato indietro il suo legittimo posto accanto ad Enrico; non le avrebbe ridato Enrico. Sarebbe stata libera, è vero, libera e al sicuro, ma a cosa le sarebbe servita quella riacquistata libertà?

“Non lo so” mormorò sinceramente chiudendo gli occhi e tirando la testa indietro sullo schienale della sedia a dondolo, dondolandosi al ricordo di quella su cui era seduta quando aveva ricevuto la lettera maledetta di Anna Bolena.


**


Maria aveva già percorso almeno parecchie volte l’intero perimetro del giardino quel pomeriggio, e sul calare della sera, aveva cominciato a piovigginare anche se lei, immersa nella lettura di un libro di poesie, sembrava non esserne accorta neppure.

“Devo dedurre che il libro è forse più interessante di me?” chiese Charles apparendo improvvisamente alle sue spalle.

“Stavate facendo tiro con l’arco e ho pensato  fosse stato meglio non disturbarvi” replicò lei fingendosi offesa, senza alzare lo sguardo dalle pagine.

“Adesso ho finito però…” disse lui seguendo i passi di lei e camminandole affianco.

“Mi dispiace per voi, ma io non ho finito invece!” rispose prontamente la Principessa, cercando di trattenere una risata.

Il duca la osservò con un sorriso divertito poi si avvicinò ulteriormente per tentare di strapparle un bacio, ma proprio mentre lei si girava distratta dal suo movimento, con un rapido gesto le tolse il libro di mano e iniziò a correre lontano da lei.

“Charles!! Fermatevi subito!” urlò lei stupita “Sto dicendo sul serio, riportatemelo subito!” continuò mentre si lanciava all’inseguimento del suo uomo, che nel frattempo sembrava aver rallentato il passo.

Dopo averlo rincorso per un po’, riuscì a fermarlo, afferrandogli un braccio. L’uno di fronte all’altra adesso, si guardarono negli occhi per qualche istante e poi lentamente scoppiarono entrambi a ridere, mentre la pioggia cominciava ad aumentare e cadeva dolcemente su di loro, tra di loro. Un bacio passionale, spontaneo e terribilmente bagnato suggellava la fine di quella breve e sciocca litigata che aveva avuto sin dall’inizio più i contorni di uno scherzo.

“Credo dovremmo rientrare amore” mormorò Charles alzando gli occhi al cielo che nella sua nuova oscurità, non prometteva nulla di buono, e sfilandosi il mantello per posarlo sulle spalle della sua donna.

Maria sorrise a quell’ennesimo gesto di premura che riceveva da parte sua e adesso, come i lampi squarciavano il cielo, sembrava improvvisamente vedere anche lei sotto una luce diversa quanto quell’uomo aveva portato alla sua vita, anzi quanto avesse riportato lei alla vita. Ma il lampo non aveva colpito solo la ragazza.

“Sposatemi Maria” sussurrò Charles fissandola negli occhi e prendendole le mani.

La principessa sgranò gli occhi a quella proposta del tutto inattesa e fu per qualche istante incapace di rispondere, anche perché una risposta non la conosceva ancora... Chi si sarebbe mai preparato una risposta per una domanda che non si aspettava? Eppure una domanda che si era posta più volte c’era: sarò felice? E la risposta l’aveva trovata in quel preciso istante. Forse non sarebbe mai stata riaccolta da suo padre, molto probabilmente non sarebbe mai stata riconosciuta Principessa, quasi sicuramente non sarebbe mai diventata Regina, ma lei, Maria Tudor, anche se ufficialmente priva di alcun titolo, poteva essere felice.

“Si…” disse in un sussurro al termine dei suoi pensieri, mentre sentiva le mani di lui tremare dall’agitazione tra le sue.

Un nuovo bacio li fece incontrare di nuovo, il bacio che suggellava stavolta una promessa, di cui erano unici testimoni la pioggia e il libro di poesie, che giaceva al suolo dimenticato.


** (5  giorni dopo)


Nel breve periodo che intercorreva tra il suo arrivo a Palazzo e l’udienza con il Re, Charles non aveva fatto altro che domandarsi il motivo di quell’improvvisa convocazione. A dire il vero, non era così strano che Enrico reclamasse la sua presenza a Corte, e sarebbe parsa una cosa normalissima anche a lui se in quel momento non sapeva di nascondere un segreto, che occupava e monopolizzava tutti i suoi pensieri. Il Re poteva aver scoperto qualcosa? E se si, fino a che punto? E poi, cosa gli sarebbe successo? E a Maria? Scosse la testa rendendosi conto dell’assurdità di quegli interrogativi, ma nonostante tutto era nervoso. E sfortunatamente per lui, l’agitazione quel giorno non era destinata ad esaurirsi .

“Oh, Charles, benvenuto!” esclamò Enrico, ma quel saluto non suonava molto accogliente; gli lanciò una rapida occhiata, continuare a camminare avanti e dietro per la stanza.

Appariva decisamente pensieroso e non era facile intuire cosa gli passasse per la mente. Dopo averlo fissato in silenzio per qualche istante, il duca di Suffolk spostò lo sguardo sull’altro uomo presente nella stanza: Thomas Cromwell; si stupì di trovarlo a Corte, probabilmente doveva essere stato convocato anche lui, e ancor di più si scoprì di vedere un’espressione di paura sul suo volto che normalmente non tradiva alcuna emozione. Davvero, come poteva anche solo pensare di essere tranquillo, quando un uomo freddo come il Lord cancelliere non ci riusciva?

“Vi ho convocato qui, perché ho preso un’importante decisione!” esclamò d’un tratto Enrico arrestando il passo e spostando lo sguardo dall’uno all’altro “Voglio riprendermi mia moglie!” spiegò poi con un sorriso luminoso sul volto.

“Vostra… moglie?” ripetè Charles confuso, cercando di capire il senso di quella novità.

“Ma vostra moglie si trova nella Torre di Londra e l’avete fatta imprigionare voi!” esclamò Thomas, riflettendo ad alta voce; non riusciva, non voleva immaginare come tutte le accuse che era riuscito a muovere contro Anna adesso si stessero rivelando infondate.

Enrico gli riservò un’occhiata glaciale che lo incenerì in un attimo, poi si avvicinò repentinamente al suo consigliere e lo sbattè contro il muro, tenendolo per il collo.

“Anna Bolena non è mia moglie, è una strega, una prostituta, nulla di più” sibilò sprezzante, lasciandolo poi andare di colpo.

“E allora a chi vi riferite?” domandò Charles un po’ esitante, in parte per il timore di ricevere un egual trattamento.

“Semplice…” sussurrò il Re, rassicurando il suo amico su quel punto con un altro sorriso “Intendo mia moglie Caterina… e mia figlia Maria naturalmente, verrà riconosciuto loro di nuovo il titolo di Regina e Principessa e le rivoglio qui a Corte con me”

Entrambi gli uomini sgranarono gli occhi a quelle parole e poi si scambiarono il lungo sguardo di una muta domanda a cui nessuno dei due sapeva rispondere. E adesso? 


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Capitolo 10
*** Capitolo X. ***


10.


C’era qualcosa di strano a Palazzo quella sera. Sembrava all’apparenza una normale festa, una di quelle indette da Sua Maestà per celebrare indipendentemente un matrimonio o un funerale, e difficile era ad un occhio esterno agli intrighi di corte, riuscire a capire quale fosse l’occasione del momento. Ciò che però ad ogni modo rendeva quella serata particolare era che  l’attenzione generale sembrava monopolizzata da un unico punto della sala che coincideva, com’era da aspettarselo, proprio con il trono reale. Una qualche novità doveva essersi verificata di sicuro… Ora che Anna Bolena aveva davanti a sé meno di cinque giorni di vita, era probabile che il Re avesse già in mente una nuova moglie e che quella magari fosse la serata della sua presentazione. Tutti fissavano la stessa direzione, tutti sussurravano sullo stesso argomento, ma Gregory non riusciva proprio a cogliere qualcosa di significativo in quella folla, forse perché in fondo non gli interessava neppure comprendere; poi come per magia, o forse per ciò cui la psicologia darà qualche secolo più tardi il nome di fenomeno del “cocktail party”, si voltò di scatto nel sentirsi chiamare. Non era amante delle feste o del ritmo di Corte, come è cosa già nota, sembrava estraneo ai pettegolezzi e non era avvezzo alle chiacchiere; c’era in definitiva poche cose in grado di attirare la sua di attenzione. Lucia era una di queste.

“Chi non muore si rivede!” esclamò lei avvicinandosi con un radioso sorriso.

Il ragazzo rispose al sorriso e la guardò in silenzio per qualche istante. Possibile che la sola vista di quella dama riuscisse letteralmente a lasciarlo senza parole?

“Che sta succedendo?” chiese finalmente rompendo il silenzio, per celare l’imbarazzo più che per reale interesse.

“Come cosa sta succedendo?” ripetè Lucia confusa “Non ditemi che non sapete cosa sta succedendo!”

“No…” ammise sinceramente Gregory “vedo solo tutti sorpresi e stupiti, ma non riesco a capire quale ne sia il motivo…” continuò lanciandosi un’occhiata intorno.

La dama lo fissò per un po’ sbalordita, poi iniziò lentamente a ridacchiare; il giovane Cromwell normalmente avrebbe preso quel gesto come una presa in giro e si sarebbe innervosito, ma conoscendola si limitò semplicemente a lanciarle un’occhiata indispettita.

“Guarda!” disse allora lei indicando il trono accanto al Re, quello solitamente destinato alla Regina che appariva adesso occupato da qualcuno “Stanno tutti fissando la Regina Caterina!” spiegò poi, rivelando il nome della donna del mistero.

“La Regina Caterina?” ripetè lui immediatamente sgranando gli occhi “Vuoi dire che lei è qui?” chiese sempre più confuso.

Lucia annuì distrattamente, mentre fissava un punto oltre la spalla del ragazzo, poi si inchinò improvvisamente e solo allora voltandosi, Gregory potè rendersi conto della reale presenza in carne ed ossa della donna che fino a qualche giorno viveva nascosta a casa sua, mentre mano nella mano a Enrico VIII raggiungeva il centro della Sala. Si inchinò anche lui e poi li osservò danzare: c’era davvero qualcosa di strano quella sera, anzi di quasi surreale; ma quando vide altre coppie unirsi ben presto al ballo e lanciò una rapida occhiata alla bella dama italiana, ogni pensiero nuovamente passò in secondo piano.

“Allora, mi concedete l’onore di questo ballo?” le chiese porgendole una mano.

La risposta di Lucia è facilmente immaginabile: pochi istanti dopo una nuova coppia stava ballando e Gregory potè giurare di aver visto la Regina, sua preziosa insegnante di ballo, fargli un occhiolino.


**


La Corte ai suoi occhi non era mai stata così brillante, forse perché adesso per la prima volta la guardava con occhi diversi, per la prima volta dopo tanti anni essa tornava ad essere centro di una gioia di cui anche lei poteva godere e non assistere come comparsa indesiderata. Le luci l’abbagliavano, la musica la sorprendeva e gli sguardi degli altri la spaventavano e divertivano allo stesso tempo. E Caterina sorrideva, la mano di Enrico sulla sua e il suo sorriso tutto per lei… Quanto le era mancato, il suo sorriso, il suo tocco, tutto.

“Balliamo?” le aveva chiesto improvvisamente portandosi la sua mano alle labbra e fissandolo con uno sguardo inequivocabilmente innamorato e lei aveva immediatamente accettato.

E adesso erano lì, a ballare nuovamente insieme dopo quasi dieci anni; sembrava tutto così surreale e invece era vero e lei non aveva dubbi sul fatto che la felicità era vicina, non solo per lei ma per tutti. Lei era di nuovo Regina, sua figlia Maria era di nuovo Principessa, i Bolena stavano per essere sconfitti: sembrava la chiara dimostrazione di come a volte anche la realtà ha il suo lieto fine, come una fiaba.

“Siete così bella” le sussurrò Enrico all’orecchio facendola sorridere “Vi prometto che vi renderò di nuovo felice Caterina e cercherò di rimediare a tutto ciò che è successo…Cercherò di fare tutto ciò che può compiacervi, non dovete fare altro che chiedere”.

“Enrico…” disse lei semplicemente, stupita da quelle parole e lanciandosi un’occhiata intorno temendo ancora di trovarsi solo in un sogno.

“Volete un’alleanza con vostro nipote l’Imperatore? O forse restaurare pratiche religiose? Magari sono alcuni collaboratori che non vi piacciono, come per esempio Cromwell, se volete potrei ridimensionare il suo potere o perfino…” continuò il Re pensieroso, cercando di compiacerla.

“No… no Cromwell è… va bene” balbettò immediatamente, mentre il sorriso spariva dalle sue labbra nel pronunciare quel nome.

Proprio in quel momento Gregory Cromwell passò davanti a lei in compagnia della migliore amica della figlia, Lady Lucia; istintivamente gli sorrise e gli fece un occhiolino sentendosi in qualche modo orgogliosa di quel ragazzo. Anche lui avrebbe avuto il suo lieto fine, e lei doveva vivere il suo adesso, completamente. Riportò lo sguardo su Enrico e dopo qualche istante lui era lì a baciarla davanti a tutti, ma in mezzo a quei tutti c’erano solo loro due, gli altri non esistevano e non dovevano esistere, in quella sala come nella loro testa.


**


La fiaba continuava anche per Maria, ma non esattamente come lei voleva. Il suo ritorno a Corte aveva destato lo stupore generale e quasi nessuno era riuscito a riconoscerla dopo tutti quel tempo lontana; l’attenzione era più rivolta su sua madre a dire il vero, ma era lei a detenere il monopolio degli ambasciatori, che tentavano di proporle un vantaggioso matrimonio. “Poveri illusi” diceva tra sé e sé sorridendo, rispondendo gentilmente alle domande e guardandosi intorno. Dopo quasi un’ora, riuscì a trovare finalmente l’oggetto della sua ricerca, Charles ovviamente che non vedeva dal suo arrivo a Palazzo, ma il sorriso le si gelò rapidamente sulle labbra quando lui, passandole accanto, la superò senza degnarla di uno sguardo.

“Scusatemi, Vostra Eccellenza” disse Maria interrompendo un’altra domanda dell’ambasciatore di Milano e congedandolo, chinando il capo.

Uscì dalla stanza, con passo spedito, cercando tuttavia di non destare sospetti e raggiunse finalmente il Duca di Suffolk. Il corridoio era deserto, c’era solo lui davanti a lei, che lo teneva fermo per un braccio.

“Charles, dove andate?” chiese confusa da quell’atteggiamento.

“Mi ritiro nelle mie stanze, Vostra Altezza, sono solo passato a rendere omaggio alle loro Maestà” disse lui ostentando una fredda indifferenza, senza neppure voltarsi.

“Vostra Altezza?” ripetè in un sussurro lei sgranando gli occhi “Vostra Altezza?” ripetè poi nuovamente adesso a voce più alta “Cosa significa tutto questo?” chiese con la voce incrinata da un pianto ancora inesistente. Non sapeva perché, ma sentiva crescere in lei la voglia di piangere, si sentiva morire ed erano state quelle semplici parole a ferirla.

“Niente, non è mai significato nulla…” rispose lui voltandosi, continuando tuttavia a tenere lo sguardo lontano “Anzi, dimenticate ogni cosa, meritate di meglio, tra poco vi sposerete con un principe o un duca straniero e sarete felice…” disse poi, divincolandosi da lei e riprendendo a camminare.

Mary provò a chiamarlo ma era come se la voce le fosse improvvisamente sparita. Lo fissò andare via, poi quando uscì dalla sua visuale, sentì le gambe diventare deboli e si ritrovò a terra con la testa tra le mani. Non riusciva nemmeno a piangere, le lacrime sembravano inutili mentre osservava non vista la sua fiaba diventare tragedia. C’era stato il castello, il Re raggirato, la strega cattiva, le prove da superare e i buoni aiutanti, ma alla fine il principe se n’era andato.

“Principessa!”

Una voce la risvegliò da quel dolore e alzò lo sguardo leggermente, solo per trovare la figura di Thomas Cromwell che l’aiutava ad alzarsi. Buffo come quell’uomo sembrava davvero cambiato, buffo come era stato l’aiutante principale, buffo come non ci trovava nulla di buffo adesso.

“Mastro Cromwell voi credete nelle fiabe?” gli chiese guardandolo, ancor prima di realizzare davvero a chi stesse rivolgendo una domanda simile.

Ma il Lord Cancelliere non ebbe nulla da obiettare, la fissò per qualche istante pensando a una risposta e poi annuì lentamente.
“Non credo nel lieto fine” rispose infine con una punta di tristezza nella voce.

E in quell’istante, due persone che non si erano mai parlate prima in tutta la vita, improvvisamente capirono, trovando la loro stessa paura impressa negli occhi dell’altro. Era finita, e tutta quella presunta felicità che credevano di raggiungere con il potere, titoli e ricchezze era solo una mera bugia. 


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Capitolo 11
*** Capitolo XI. ***


11.

 

“Vostra Maestà, non so cosa fare!” esclamò Lucia, entrando nella stanza della Regina e facendo una frettolosa riverenza.

Caterina scrutò per un po’ quell’ospite inattesa e poi posò lentamente sul tavolo affianco a lei il cucito. Sembrava visibilmente agitata e la Regina, sapendo in fondo di lei solo che era ormai la corteggiata ufficiale di Gregory Cromwell e la migliore amica di sua figlia, si agirò a sua volta, pensando subito a qualcosa di brutto che potesse essere accaduto a qualcuno dei due.

“Lady Lucia calmatevi, vi prego! Cos’è successo?” chiese infine facendole cenno di avvicinarsi.

“E’ per la Principessa Maria... E’ chiusa da questa mattina nelle sue stanze e non vuole vedere nessuno...” rivelò la ragazza leggermente esitante “Non ve ne ho parlato per non preoccuparvi…” aggiunse poi in tono di difesa.

Caterina si alzò rapidamente e abbandonata del tutto qualsiasi altra occupazione, corse quasi verso la stanza della figlia. L’aveva vista strana veramente dalla sera precedente al ballo in loro onore che le aveva ripresentate ufficialmente a Corte, ma non credeva che quel suo essere strana fosse qualcosa di negativo: forse stava male, forse era spaventata, forse era triste, arrabbiata, magari si sentiva sola… Scosse rapidamente la testa lasciando scrollare quelle domande inutili e bussò alla porta per trovare finalmente delle risposte concrete.

“Lucia, è inutile che continui a bussare tanto…” giunse una voce rotta dall’altro lato della porta.

“Maria, tesoro, sono la mamma, fammi entrare ti prego…” la interruppe subito la madre, con la voce più dolce che avesse potuto avere.

Attimi interminabili di silenzio seguirono, ma finalmente la porta si aprì il poco che bastava per far entrare la donna, mentre le dame furono costrette per loro grande delusione e dileguarsi e lasciare le due reali da sole.

“Tesoro…” mormorò Caterina avvicinandosi leggermente e poggiando le mani sulle spalle della figlia, che si ostentava a tenere lo sguardo basso. Non era un buon segno di certo, ma quando finalmente lo alzò fu anche peggio: occhi gonfi, volto umido, non c’erano dubbi che stava piangendo.

“Mamma” sussurrò semplicemente con voce rotta, tuffandosi tra le sue braccia, lasciandosi cullare da quella splendida sensazione di casa e di famiglia che in tutti quegli anni le era mancato così tanto e che solo sua madre riusciva veramente a darle.

Anche la Regina del resto non perse occasione per consolare sua figlia e dimostrarle di poter esserle finalmente vicino. Provava ogni volta rimorso e dolore al pensiero di non averla potuta guardare crescere e forse solo adesso si accorgeva veramente che la ragazza che stringeva tra le braccia era una giovane donna.

“Che succede? Dimmelo, Maria, ti prego…” le disse poi prendendole il viso tra le mani e facendo specchiare i loro occhi, così simili nel colore, così simile nella tristezza che trattenevano.

“Oh mamma! Io….” Iniziò esitante abbassando lo sguardo “Io lo amo, mamma, lo amo da impazzire!” esclamò poi coprendosi il volto tra le mani.

“Chi?” domandò sua madre confusa e sorpresa da quell’inaspettata rivelazione.

“E’ il mio primo amore, ma è anche il mio vero amore… E non posso perderlo, anche lui mi ama… Non doveva andare così…” continuò a dire Maria tra le lacrime che avevano ripreso a scendere sulle sue guance.

“Chi, Maria, chi?” ripetè nuovamente Caterina con voce più forte afferrandole le mani.

La Principessa fissò sua madre per qualche secondo senza riuscire a parlare. Le lacrime si erano fermate e rimaneva solo un’insostenibile e inspiegabile vergogna e temeva la reazione che avrebbe potuto avere quella che rappresentava la donna più importante della sua vita: avrebbe fatto qualunque cosa per renderla orgogliosa, qualunque cosa, eccetto una.

“Charles Brandon…” mormorò infine con voce più chiara di quella che credeva “Lo so che può sembrare assurdo, ma ci siamo innamorati… E adesso tutto è perduto” spiegò osando alzare lo sguardo per spiare la reazione, che però non era quella che si era immaginata.

Caterina era stupita, certo che lo era, ma non quanto lo sarebbe dovuta essere. La verità era che se lo era aspettata, conosceva il duca di Suffolk e sapeva quanto poteva essere affascinante e sospettava che qualcosa fosse successa tra loro.

“Non siate arrabbiata vi prego” mormorò Maria, dopo qualche attimo di insopportabile silenzio.

“Non sono arrabbiata” chiarì immediatamente la donna più adulta con un piccolo sorriso “Non so cosa dire, non so cosa pensare, ma non è una cosa di cui vergognarsi, l’amore non è mai una cosa di cui vergognarsi” disse poi con una strana luce che le brillava negli occhi.

Anche gli occhi della Principessa si illuminarono all’improvviso e strinse le mani che la madre le stava porgendo, sorridendole in un misto di sollievo e serenità.

“Mi aiuterete dunque?” le chiese in attesa.

“Si, certo che ti aiuterò, sempre” promise Caterina fissandola negli occhi “Ma adesso devi raccontarmi tutto… Vedrai che troveremo un modo”

“Pensavo che fosse importante sposare un principe straniero e che non potessi scegliere” disse Maria d’un tratto pensierosa.

“Hai ragione, è importante il destino e sono importanti i titoli e i buoni matrimoni…” convenne sua madre mentre uno strano sorriso di difficile interpretazione si formava sulle sue labbra “Ma adesso credo che  l’unica cosa che conti davvero sia la felicità… E lotterò con tutta me stessa credimi, almeno per la tua”

**

Edward Seymour era in trepida attesa: i servigi che aveva da tempo prestato al Re stavano per essere finalmente in parte ricompensati, ma la promessa elevazione a nobiltà non era a sufficienza per lui; voleva più ricchezze, voleva più potere, voleva semplicemente di più e, calcolatore quanto ambizioso, sapeva anche come ottenerlo. Il Re si era da poco ripreso la sua moglie Caterina è vero, ma la rapidità con cui cambiava idea e la debolezza che mostrava nei confronti del gentil sesso facevano ben sperare in un nuovo rapido stravolgimento riguardante la persona che condivideva con lui il trono, o, come punto di partenza, perlomeno il suo letto. Non era iniziata in fondo così con Anna Bolena? Più il tempo stringeva e più si sentiva nervoso, perché Edward lo sapeva: dipendeva tutto da quell’incontro.

“Andiamo, fratello, rilassati: tra poco il Re ti nominerà barone e tutto andrà per il meglio” disse suo fratello Thomas facendosi beffa della sua tensione dandogli una pacca sulla spalla.

“Duca, mi appellerai come duca” replicò semplicemente Edward con uno strano sorriso sulle labbra.

“Duca?” gli fece eco sua sorella Jane, parlando per la prima volta “Hai davvero così tanta fiducia nelle tue capacità persuasive?” gli chiese poi in un misto di incredulità e divertimento.

Il più grande dei fratelli Seymour si fermò a guardarla per un attimo e lunghi capelli color dell’oro, occhi chiari, bei lineamenti e un dolce sorriso che le conferiva un’aria da ragazzina.

“No, cara sorella, mi fido ciecamente delle tue”

**

 

L’eco delle parole della figlia si ripeteva ancora nella sua mente e il vero significato del segreto che le aveva rivelato, adesso prendeva completamente forma: la sua piccola Maria era diventata sul serio una donna e, come prevedibile, si era innamorata. Certo Charles Brandon non era l’uomo ideale che aveva pensato come genero, ma era stata d’altronde lei stessa a affidare la vita della Principessa nelle sue mani. Preoccupazioni, congetture, rimorsi e sentimenti contrastanti popolavano la mente della Regina, mentre camminava in compagnia di alcune dame per il giardino del Palazzo, tenendosi però a debita distanza dall’ enigmatico labirinto, memore di esperienze troppo cariche di amaro dolore. Ciò che però l’avrebbe preoccupata di lì a poco sarebbe stata una questione ben diversa, che la sua coscienza si sentiva pienamente coerente nell’abbandonare, ma che il suo cuore di donna e di madre tuttavia non avrebbe potuto evitare di ignorare.

“Lady Elisabetta, venite qui!”

Fu quella voce il preludio di quello strano incontro e quando Caterina si ritrovò improvvisamente una vivace bambina di tre anni attaccata alla lunga gonna del vestito, si sorprese non poco nel collegarla dopo qualche istante alla povera balia che la stava rincorrendo affannata.

“Lady Elisabetta, lasciate stare la Regina…” disse nuovamente Lady Joan visibilmente imbarazzata dalla situazione “Vostra maestà sono mortificata” continuò inchinandosi con rispetto, mentre le altre dame presenti trattennero per un secondo il fiato.

“Non vi preoccupate…” mormorò lentamente Caterina, con lo sguardo fisso sulla bambina che le sorrideva calorosamente, e non potè evitare di sorriderle a sua volta.

Si era irrigidita infatti nel realizzare che si trattava della figlia della sua peggior nemica, ma non si era allontanata, riconoscendola prima di tutto semplicemente come una bambina, che avrebbe quasi sicuramente vissuto le stesse sorti di sua figlia Maria. Si abbassò un po’ esitante sulle ginocchia per portarsi alla sua altezza e le aveva preso le candide manine.

“Siete molto bella…” sussurrò la bambina, fissando i lunghi capelli neri della donna.

“Tu lo sei di più” replicò Caterina sorridendole dolcemente.

“Posso chiedere una cosa?” chiese d’un tratto Elisabetta fissandola con i suoi grandi occhi chiari “Mia mamma morirà?”

L’innocenza e la naturalezza con cui aveva posto la domanda fecero tremare la Regina che per un moment, colpita, le lasciò di scatto le mani, ma poi sinceramente non potè evitare di annuire. E sorprendentemente la bambina non chiedeva il perché o il come, ma, dimostrando un’intelligenza decisamente spiccata e precoce, chiedeva solo una cosa: un aiuto per la salvezza di quella che molti definivano ancora “la Gran Puttana” e lo chiedeva proprio a lei, la donna che meno di tutti avrebbe avuto motivo di esaudire quel desiderio. E l’unica donna che forse aveva il cuore di farlo.

“Non lo so, non so se posso…” mormorò ancora sconvolta, cercando di comparare l’assurdo odio nei confronti di Anna e l’infinita dolcezza che le infondeva quella bambina.

“Io credo che potete, Vostra maestà… Avete gli occhi azzurri” ribattè candidamente Elisabetta riprendendo nuovamente il sorriso.

“Occhi azzurri?” ripetè confusa la donna, con una breve risata.

“Si, le persone con gli occhi azzurri sono speciali”

Forse era vero, pensò Caterina. E anche Anna Bolena ce li aveva.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo XII. ***


12.

 

Sua maestà il Re aveva fissato la moglie per qualche secondo con occhi spalancati, poi improvvisamente aveva abbassato lo sguardo ed era scoppiato a ridere, prendendo l’assurda richiesta appena udita nell’unica interpretazione possibile: un audace, e per certi versi irritante, scherzo a sue spese. Ma lo sguardo impassibile che la Regina continuava ad ostentare fece sorgere qualche perplessità e, mentre la risata lasciava lentamente il suo volto, che assumeva adesso un’aria preoccupata, fu costretto a farsi ripetere la domanda.

“Si, Enrico, avete capito bene…” confessò seriamente lei muovendo qualche passo verso di lui “Voglio che Anna Bolena non sia condannata a morte” ripeté poi scandendo bene le parole.

Enrico scosse la testa sempre più esterrefatto “E cosa proponete invece?”

Caterina ci pensò su un momento. “Che venga rilasciata, magari esiliata” rispose poi alzando leggermente le spalle.

Magari esiliata? Caterina, siete forse impazzita?” urlò a quel punto lui incapace di trattenere il suo sconcerto.

“Non merita la morte” mormorò lei semplicemente, mentre il ricordo dell’incontro con Elisabetta le tornava alla memoria. Per quanto quella donna l’aveva umiliata e le aveva causato dispiacere, era una donna e madre esattamente come lei.

“Ha provato ad uccidere voi e Maria… Mi ha tradito con infiniti amanti” ribattè il Re snocciolando le accuse mosse contro la Regina caduta in disgrazia e rinchiusa nella Torre.

“E’ la madre di vostra figlia”

“Elisabetta è una bastarda!”

Un colpo secco aveva scosso il pavimento e quel botta e risposta era improvvisamente finito. Stavolta però non era stata di Enrico l’ira esplosa in quel momento e la causa di quel rumore era stato il tacco di Caterina.

“Avete messo a morte Tommaso Moro e il vescovo Fisher e Dio solo sa quante altre persone… E per quanto io desideri che Anna perisca, so che la vendetta non porta a niente, il sangue non lava via il sangue” disse poi lentamente, con gli occhi lucidi nel menzionare due dei suoi più cari amici, periti durante la follia del marito.

“Bene!” strillò allora lui, dopo qualche secondo, colpito inevitabilmente anche lui dalla menzione di quei due nomi “Libererò Anna, ma dovrà starsene lontana dall’Inghilterra, che se ne vada in Francia dal suo caro Francesco”

“Per me può andarsene anche all’Inferno” replicò la donna secca “Ma non voglio essere io a mandarcela prima del tempo”

“Attenta a non finirci anche voi nel prestare aiuto a persone indegne” disse Enrico lanciandole un’occhiata sprezzante raggiungendo a grandi falcate la porta.

Il tonfo della porta sbattuta alle sue spalle, fece chiudere d’istinto gli occhi a Caterina, ma l’attimo dopo erano di nuovo aperti, di nuovo sul libro di Dante. E poteva anche andare all’Inferno, ma intanto iniziava la scalata in Purgatorio.

**

 

Eccolo lì, indagato tra gli amanti di Anna Bolena, sopravvissuto alla sua precipitosa caduta in disgrazia e con nessuna fortuna rimasta tranne le sue poesie... Eppure eccolo lì a strimpellarle davanti all'intera Corte. Come diavolo faceva? Questo si domandava Charles bevendo un sorso di birra chiara, ma fare un breve bilancio della vita di Thomas Wyatt, lo aveva distratto solamente per poco dal suo pensiero costante, la principessa Maria.

"Ahimè cosa farò per amore?"

La frase della nuova poesia di Wyatt era riecheggiata alle sue spalle e, voltandosi con un'espressione incuriosita sul volto, scoprì che era stato un altro Thomas a parlare.

"Cosa volete, Cromwell?" gli chiese bruscamente, mentre il nuovo arrivato muoveva la sedia al suo fianco e vi prendeva posto con un sorriso amaro.

"Non dovreste adirarvi così" rispose il lord cancelliere allargando le braccia "avete sposato la sorella del Re, non vedo che impossibilità per voi ci sia nello sposarne la figlia" disse poi mentre il sorriso diventava adesso ironico.

Suffolk spalancò gli occhi, colto completamente alla sprovvista. Come faceva quell'uomo a conoscere la natura del suo rapporto con Maria? Si era forse traditi con qualche gesto, oppure era semplice intuizione? Scosse la testa e un lieve sorriso apparve anche sulle sue labbra.

"Detto da uno che freme dalla voglia di infilarsi nel letto della Regina" commentò con aria di sfida.

Neanche lui era messo male ad intuito, dopo tutto.

"Non.." iniziò Cromwell, ritrovandosi adesso lui a corto di parole.

"Non è vero?" suggerì Brandon alzando un sopracciglio.

"Non sono affari vostri" completò l'altro a denti stretti.

Il duca sospirò pesantemente distogliendo lo sguardo, mentre il cancelliere abbassò gli occhi lasciando tamburellare le dita sul legno davanti a lui con aria pensierosa. Poi rialzò improvvisamente la testa e ogni traccia di provocazione sembrava essersi dissolta dal suo volto.

"Parlate con la Principessa" consigliò semplicemente "E buona fortuna" aggiunse alzandosi nuovamente in piedi e guardando fisso davanti a sé.

Suffolk seguì silenziosamente la direzione dei suoi occhi e quando si ritrovò davanti il mite sorriso di Caterina, annuì con aria consapevole. In quel momento loro due forse erano così diversi. Afferrò una manica della sua pesante tunica e lo fece voltare.

"Anche a voi, buona fortuna anche a voi"

**

 

I cancelli che delimitavano l'area della Torre si aprirono davanti ai suoi occhi e un sospiro le sfuggi dalle labbra. Alzò gli occhi: le grosse nuvole scure in quella distesa grigia non promettevano nulla di buono, eppure a lei il cielo non era mai sembrato così bello. Si prese qualche secondo per contemplarlo e quasi non si accorse della piccola figura dai capelli rossi che si attaccò alle sue gonne.

"Elisabetta!"esclamò Anna piegandosi verso di lei e prendendola in braccio "La mia dolce principessa" disse stringendola al petto, sentendo le lacrime pulsarle negli occhi.

"Mammina, adesso stai bene?" chiese Elisabetta guardandola con i suoi grandi occhioni, che tradivano ancora una certa preoccupazione.

"Sì, la mamma starà benissimo" rispose una voce maschile davanti a loro.

Anna alzò gli occhi e si ritrovò a sorridere di fronte al volto amico di Lord Giuliano. Lui sorrise a sua volta e senza dire altro, condusse entrambe nella sua carrozza, concedendo loro giusto il tempo di salutare l'atmosfera londinese. Francia? Italia? Avrebbero lasciato presto l'Inghilterra e l'avrebbero fatto insieme.

"Un attimo!" esclamò l'ex regina prima di lasciarsi definitivamente tutto alle spalle.

allungò una mano sotto la manica destra dell'abito e lasciò scivolare tra le mani di un servitore una lettera sigillata.

"Dovete consegnarla alla... Regina Caterina" ordinò non senza una certa reticenza nell'appellare la sua rivale con il titolo che aveva provato con tutte le sue forze a strapparle.

Ma poi sorrise e basta, sorrise incontrando di nuovo gli occhi rassicuranti di Giuliano. Aveva la possibilità di essere amata e di amare, aveva la possibilità di capire cosa vuol dire essere felici.

Non c'era potere più grande.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII. ***


13.

 

“Fantastico!” mormorò ironicamente Jane Seymour, camminando spaesata tra i corridoi di WhiteHall.

Si fermò un attimo, spostò  il suo pesante carico da un braccio all’altro e prese un ben più pesante respiro, cercando di riprendere la calma. Dove era finita? Lady Elizabeth Darrell, la dama d’onore della Regina, le aveva detto di recarsi a prendere le stoffe per il cucito, ma nella sua prima settimana a Corte, Jane aveva evidentemente sopravvalutato la sua conoscenza del Palazzo e adesso non riusciva più a trovare gli appartamenti reali di Sua Maestà. Si lanciò un’altra occhiata preoccupata intorno e poi lentamente una risata del tutto priva di ironia le sfuggì dalle labbra. Si sentiva in quel momento completamente stupida: come poteva sperare di attirare l’attenzione del Re se era stata capace di perdersi?

Fortunatamente per lei, non era il senso di orientamento che Enrico cercava nelle donne e la sua bellezza si rivelò più che sufficiente per farlo fermare con uno sguardo affascinato proprio davanti a lei, proprio in quel momento.

“Lady Jane, vi siete persa?” domandò sorridendo appena e avanzo verso di lei.

La ragazza rialzò lo sguardo davanti a sé e si sprofondò in un inchino quando incontrò inaspettatamente la figura del Re, limitandosi semplicemente ad annuire in un’espressione di studiato imbarazzo.

“Non temete, vi farò strada io” propose lui palesemente affascinato, porgendole un braccio.

Jane lo guardò per qualche istante, poi glielo afferrò, lasciando che un servitore al seguito del Re la liberasse delle stoffe. Un sorriso ben più fiducioso si aprì allora sulle sue labbra: fantastico lo era davvero.

**

Come mai ultimamente si tenevano a Corte balli tutte le sere? Non se lo chiedeva il Re, mentre, protagonista della festa sembrava aver puntato gli occhi su una nuova dama, non se lo chiedeva  Jane Seymour al suo fianco mentre si apprestava a diventare la nuova Anna Bolena, non se lo chiedeva neppure suo fratello Edward mentre, chiacchierando allegramente con la sua seconda moglie Anne, osservava compiaciuto  la scena.

Era invece la domanda che ronzava nella mente della Principessa, seduta accanto ai troni, entrambi vuoti, dei suoi genitori. Era appena uscita dalla sua reclusione volontaria nei suoi appartamenti e, ancora triste per come la sua speranza nel ritorno a casa si era rivelata solo una chimerica illusione, non riusciva a capire il motivo di tanta gioia intorno a lei. Scosse la testa e fece per portarsi il calice di vino alle labbra, quando una leggera pressione sul polso le impedì di portare a termine il gesto. La ragazza alzò lo sguardo e non poté mascherare la sua sorpresa nell’osservare il duca di Suffolk lasciarle andare la mano e prendere posto accanto a lei.

“Cosa volete, vostra grazia?” chiese duramente, sforzandosi di apparire distaccata.

“Voglio solo parlarvi… Maria”

Lei si voltò lentamente e riscoprendo negli occhi dell’uomo quella dolcezza che le era così tanto mancata, sentì tutta la sua simulata freddezza sgretolarsi. Maria, l’aveva chiamata così, semplicemente così, di nuovo.

“Ah adesso volete parlarmi?” domandò non riuscendo a non sentirsi spaventata da quel repentino cambiamento di idea.

“Sì, voglio solo dirvi che ho sbagliato” ammise Charles, allungando delicatamente una mano sulla sua e sorridendo appena quando si accorse che lei non la stava scansando “Vi amo Maria ma non potevo… non volevo impedirvi di sposare un principe come meritate o di riconciliarvi completamente con vostro padre… Sarebbe stato egoista da parte mia”

“E adesso cos’è cambiato?” chiese Maria non ancora del tutto convinta.

“E’ cambiato che ho scoperto di non poter fare a meno del mio lato egoista” rivelò semplicemente rivolgendole uno dei suoi sorrisi malandrini.

Maria restò a guardarlo per un po’ in silenzio, poi rispose al suo sorriso e gli strinse la mano.

Quella decisione apparentemente egoistica era stato il gesto più altruistico che avesse potuto fare per lei.

**

“Il mio signore è contento per il modo in cui si sia risolta la questione” disse l’ambasciatore, unendosi alle danze insieme alla Regina, su esplicita pressione da parte del Re.

Etienne Chevalier, da poco arrivato in Inghilterra era un uomo affabile e dotato di grande fascino, ma il suo tono mellifluo non aveva fatto altro che irritare Caterina, che adesso guardava il suo accompagnatore con un sopracciglio alzato, ben sapendo quali erano sempre stati le inclinazioni di Francesco I. Ma del resto, aveva imparato durante il corso della sua vita a non aspettarsi coerenza e lealtà dalle persone. Specialmente se francesi.

“Davvero?” chiese semplicemente in tono vagamente ironico.

A pochi passi da loro, suo marito stava ridendo mostrando a tutta la Corte la sua nuova infatuazione che ancora una volta non era per lei. Chiuse per un attimo gli occhi, poi riportò lo sguardo sull’ambasciatore che stava parlando di alcune trattative da avviare tra i due paesi. Poteva essere interessante, peccato che non avesse udito una singola parola. Il cambiamento di musica interruppe il ballo e Caterina si sentì sollevata quando vide l’uomo rivolgerle un inchino e porgere la mano ad una delle sue dame di compagnia, ma il sollievo svanì improvvisamente quando scorse il Lord Cancelliere avanzare chiaramente verso di lei.

“Posso avere l’onore di un ballo, Vostra Maestà?” chiese quando fu abbastanza vicino, inchinandosi davanti a lei.

“No” rispose semplicemente lanciandosi delle occhiate intorno.

Thomas si alzò e la fissò per qualche istante, ma non c’era alcuna traccia di stupore sul suo viso: si era aspettato quella risposta, anche se non conosceva ancora il motivo che vi era dietro.

“Avete ballato con un Francese e voi non sopportate i Francesi” le fece notare con una traccia di ironia nella voce.

“E’ vero” ammise lei annuendo “Ma sapete cosa odio di più? Gli eretici” continuò in tono sprezzante.

Cromwell abbassò lo sguardo e tacque per alcuni istanti, non riuscendo a mascherare la ferita che l’odio rinnovato da parte di lei gli stava procurando. Caterina guardò la delusione sul volto dell’uomo e si morse un labbro, rendendosi conto di essere stata meschina con l’ultima persona che forse l’avrebbe meritato.

“Io… Io non posso” disse in un sospiro, facendogli alzare lo sguardo.

“Non potete ballare con me?” domandò lui chiaramente confuso.

“Mi… mi mancate” mormorò Caterina a fatica, sentendo gli occhi riempirsi improvvisamente di lacrime.

Si voltò di scatto e raggiunse rapidamente il trono, come per sfuggire a quell’inaspettato momento di debolezza, lasciando l’uomo con il dubbio di aver udito realmente quell’ammissione o meno.

**

Enrico non aveva smesso di sorridere un istante, aveva ballato tutta la sera e partecipato a tutti gli intrattenimenti proposti; Sua Maestà sapeva che se era così raggiante era solo grazie alla presenza della bella dama che lo aveva affascinato e dato che quella sensazione di allegria gli era molto gradita, aveva deciso di prolungare la compagnia di Jane il più a lungo possibile. Le stampò un bacio sulla mano e le promise di avere un incontro privato più tardi, per poi incamminarsi con questo pensiero nella testa verso il suo Lord Cancelliere coinvolto al momento in una conversazione con l’ambasciatore di Francia.

“Master Cromwell” esordì, facendo un cordiale cenno di congedo all’altro uomo “Thomas” disse poi in tono più confidenziale posandogli una mano sulla spalla.

“Vostra Maestà?”

“Ho visto che parlavate con la Regina poco fa… Ci sono ancora problemi tra voi?” chiese con aria pensierosa, lanciando un’occhiata al trono vuoto, segno che la Regina aveva lasciato la Sala già da un po’.

“Oh… No” rispose Cromwell dopo un attimo di esitazione, non aspettandosi quella domanda.

Il Re spostò lo sguardo su di lui e gli concesse un sorriso “Bene” commentò semplicemente ponendo fine alla questione “Ho un favore da chiedervi”

Thomas guardò il trono vuoto di Caterina, il Re e poi Jane Seymour che si stava avvicinando verso di loro. E ebbe la netta sensazione che qualunque fosse stata la richiesta da parte del Re, non gli sarebbe piaciuta.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV. ***


14.

 

I giardini del Palazzo reale erano ebbri di profumi e colori, segno che l’estate era finalmente arrivata. I paesaggi inglesi non erano certo paragonabili a quelli italiani di cui conservava preziosi ricordi, ma Lucia stava cominciando ad apprezzare quel Paese e la bellezza del posto non era la sola scusa; la verità era che il principale motivo di quel suo rinnovato benessere era la presenza di Gregory. Passeggiate, balli e lunghe conversazioni: non sapeva se tutto questo poteva essere effettivamente considerato un corteggiamento e non ancora era perfettamente sicura delle intenzioni del ragazzo, ma erano stati mesi difficili e l’unica cosa bella che le era capitata era stata l’averlo incontrato.

“Siete sicura di stare bene?” le chiese d’un tratto durante una delle solite passeggiate, con un’espressione preoccupata sul volto.

“Beh, Maria teme che il Re non approvi la sua relazione con Suffolk e la Regina sembra così triste…” rispose, lasciando la sua devozione per le due donne prendere il controllo dei suoi pensieri.

“Ma io ho chiesto come state voi” precisò il ragazzo concedendole un sorriso.

“Io sto bene… Nonostante mio padre sia scappato in Francia con Anna Bolena e io sono sola”

“Potete arrabbiarvi e intristirvi, ma sappiate che voi non siete sola… perché io sono qui” le disse Gregory prendendole una mano, mentre le sue guance si coloravano timidamente di rosso per quell’ammissione.

“Lo so, per questo ho detto che sto bene!” esclamò Lucia regalandogli un enorme sorriso.

“Bene, perché non ho intenzione di lasciarvi nemmeno un sec…”

Le parole del ragazzo gli morirono sulle labbra, quando una mano si posò sulla sua spalla e un’espressione di sorpresa si dipinse sul suo volto.

“Temo invece che dovrai farlo, figliolo” disse suo padre con un sorriso affabile “Spero vogliate scusarci, Lady Lucia” disse poi rivolgendosi alla ragazza con un cenno del capo.

“Certamente, My Lord” rispose lei  annuendo “Vi aspetto qui allora, Gregory” aggiunse mentre i due prendevano congedo.

La ragazza  li osservò allontanarsi lentamente per l’immenso giardino, mentre, ancora più felice dopo quella sorta di dichiarazione del giovane Cromwell, aveva iniziato a raccogliere qualche fiore dal prato. I due uomini parlavano tra loro, ma lei non riusciva a captare che qualche parola sconclusionata, senza prestarvi del resto la dovuta attenzione. Ma l’attenzione si destò quando la voce del figlio si alzò improvvisamente e le figure non erano ancora abbastanza lontane da precluderle un chiaro ascolto.

“Non posso crederci… Da un mese avete dato le vostre camere per gli incontri proibiti del Re con Jane Seymour?”

Shh, abbassa la voce!” lo rimproverò Thomas, guardandosi intorno e notando con sollievo che nessuno era nei paraggi.

Nessuno, eccetto Lucia. I fiori le caddero dalle mani, così come il suo buonumore. Sapeva che quella notizia avrebbe finito per spezzare il cuore della Regina, ma lei aveva il dovere morale di riferirgliela.

**

Il prezioso vaso di vetro proveniente dalla lontana Venezia, si frantumò in mille pezzi dopo il brusco movimento della principessa che camminava avanti e dietro senza posa per il grande corridoio antecedente alla sala delle udienze del Re. Un servitore si avvicinò immediatamente e la fece scansare da quel disastro che suo malgrado aveva causato; a suo padre piaceva molto quell’oggetto ma la ragazza ripetendosi a mente il discorso che aveva preparato, sapeva che di certo quel banale incidente sarebbe passato in secondo piano e forse, al termine del colloquio, sarebbe potuto essere Enrico stesso in uno scoppio di ira, a distruggere l’arredo dei suoi appartamenti. Maria sospirò pesantemente a quel pensiero, mentre un brivido di puro terrore le attraversò la schiena: non sarebbe stato facile spiegargli come la sua erede al trono avesse intenzione di sposare il duca di Suffolk, il suo migliore amico, dalla reputazione non proprio limpida.

“Principessa, Sua Maestà vi attende”

La giovane donna si voltò leggermente confusa a quell’invito: poteva sentire ancora delle voci dall’interno della sala, segno che qualcuno era in riunione con il Re; ad ogni modo, prese un respiro e superò rapidamente il servitore, correndo incontro al suo destino.

“Padre” disse, facendogli un profondo inchino.

“Figlia adorata” rispose Enrico con un gran sorriso sulle labbra “Come state?” chiese cordialmente facendola alzare in piedi.

Era di buonumore, constatò Maria, e un piccolo sospiro di sollievo le uscì dalle labbra, mentre mormorava una laconica risposta, ansiosa di arrivare al punto.

“Ho urgenza di parlarvi, padre…” iniziò leggermente titubante “Riguarda il mio futuro…” continuò interpretando il silenzio paterno come un invito a esporre il problema.

“Molto bene, sono contento che vogliate parlarne…  E’ una questione che mi sta molto a cuore” rispose lui annuendo con aria pensierosa.

“Sono successe molte cose in questi mesi e io… ho avuto modo di considerare molte cose a proposito della possibilità di sposarmi, con qualcuno cui stiano a cuore i miei interessi e…

“Non dovete preoccuparvi, so già tutto” la interruppe posandole affettuosamente un braccio attorno alle spalle.

“Davvero?” chiese la ragazza perplessa da quelle parole.

Possibile che suo padre avesse scoperto la relazione tra lei e Charles, e soprattutto possibile che avesse deciso di accettarla così apparentemente di buon grado? Certo che non era possibile, perché Enrico VIII aveva sempre un modo personale di interpretare la realtà: questo pensava Maria e i suoi pensieri trovarono conferma alla vista dell’ambasciatore francese, cui il Re aveva appena fatto cenno di avvicinarsi.

“Principessa” disse lui semplicemente con un forte accento parigino, rivolgendole un inchino.

“Tesoro, quest’uomo è Etienne Chevalier ed è il mezzo per cui diventerete Regina di Francia” esclamò il sovrano inglese, incapace di trattenere ulteriormente il suo entusiasmo.

Regina… di Francia?” chiese la ragazza in un semplice sussurro velato di puro terrore.

 “Sì, ho appena concesso la vostra mano al principe Francesco, il primogenito del nostro cugino francese… Vi sposerete entro un mese a Calais” spiegò Enrico continuando a sorridere compiaciuto “Vedete, vostro padre si preoccupa dei vostri interessi” aggiunse poi, prendendole una mano.

Maria fece istintivamente un passo indietro e fissò suo padre con un’espressione smarrita, mentre la concretezza di quella notizia la colpiva come uno schiaffo.

E il pensiero le tornò al vaso di Venezia. Era finita in mille pezzi esattamente come il vetro, solo che nessuno se n’era accorto, perché il rumore del suo cuore sul pavimento non aveva fatto rumore.

**

Caterina richiuse con cura la lettera e un piccolo sorriso apparve sulle sue labbra. Anna Bolena non le aveva chiesto scusa per le sue azioni ma lei non si era neppure aspettata tanto; del resto la parola grazie ripetuta ben due volte, una delle quali seguita dall’appellativo “Vostra Maestà”, si era rivelata più che sufficiente per smettere di preoccuparsi della donna come sua nemica, e forse al tempo stesso per capire di non aver preso una decisione sbagliata salvandole la vita.

“Avete fatto davvero un bel gesto” le disse con ammirazione Lady Elizabeth Darrell, quando aveva deciso di rendere partecipi le sue dame della lettera.

La Regina alzò gli occhi su di lei concedendole un sorriso, per poi far scorrere lo sguardo su tutte le dame presenti nella stanza, concentrate nel cucito. Ce n’era una in meno, Lady Jane; ce n’era una in più, Lady Lucia. Serrò tra le labbra la domanda relativa alla giovane Seymour, temendo di conoscere già la risposta, e si concentrò invece sull’altro particolare.

“Lady Lucia, come mai non siete con la principessa Maria?” le chiese chiaramente confusa.

“Dovrei parlarvi, Vostra maestà…” rispose l’interrogata torturandosi nervosamente le mani “In privato” aggiunse poi lanciando un’occhiata alle altre donne che incuriosite avevano già teso le orecchie per ascoltare.

“Va bene…” concordò Caterina assumendo un’espressione preoccupata, mentre con un cenno del capo congedava le altre dame di compagnia.

Io… non so come dirlo” iniziò la ragazza esitante, avvicinandosi lentamente.

“Riguarda vostro padre? So che il Conte è partito con Anna Bolena ed è stata una sorpresa per tutti noi, ma non preoccupatevi, troverò il modo per favorirvi il più possibile… Non siete sola”

Lucia alzò lo sguardo su di lei e sentì gli occhi riempirsi di lacrime di commozione nell’udire la benevolenza che dimostrava nei suoi confronti. E di dolore, per la consapevolezza dello sgradito compito che doveva portare a termine.

“Jane Seymour è da circa un mese la nuova amante ufficiale del Re” rivelò in un sussurro, tornando a fissare il pavimento.

La Regina deglutì come per assimilare la notizia e poi annuì semplicemente, abbozzando un sorriso triste. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo: certe promesse non sono fatte per essere mantenute, certe storie sono fatte per ripetersi continuamente. E certe persone non cambiano mai.

“Lo immaginavo…” disse semplicemente “C’è dell’altro?”

“Veramente sì” rispose Lucia incerta se continuare o meno, ma per quanto amasse i Cromwell, non voleva nasconderle la verità: almeno quella le era dovuta. “Il Re e Lady Jane si incontrano tutte le notti nelle stanze di Lord Thomas Cromwell” rivelò infine, sentendosi improvvisamente libera di un peso.

Caterina sgranò gli occhi e poi lentamente li chiuse per qualche istante; anche l’ironico sorriso che aveva ostentato alla notizia del tradimento del marito era sparito adesso, perché questo si era rivelato un tradimento ben più grande e del tutto inaspettato. Ma lei del resto lo sapeva: certe persone non cambiano, perché avrebbe dovuto farlo Cromwell?

 

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