Guerra e Pace

di lamialadradilibri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. Mio. Mia. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** 16. ***
Capitolo 17: *** 17. ***
Capitolo 18: *** 18. -Non l'hai capito? Ti amo ***
Capitolo 19: *** 19. ***
Capitolo 20: *** 20. ***
Capitolo 21: *** 21. ***
Capitolo 22: *** 22. ***
Capitolo 23: *** 23. ***
Capitolo 24: *** 24. ***
Capitolo 25: *** 25 ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Guerra e Pace.
“Dentro noi... Dentro noi... Non c’è buio senza luce...”  - Fabri Fibra.
1.
È il primo giorno di scuola, oggi. Ed io andrò lì, fingerò sorrisi e d’essere felice. La verità è una ed una resterà sempre: odio la scuola. L’essere lì, seduta ad un banco, obbligata a stare vicino a qualcuno che magari odio, dopo un’estate da urlo, è orribile.
Solo la mia amica Nella lo sa. Lei è una ragazza di cui mi fido cecamente. Sa ogni cosa di me: dal mio primo bacio – un bacio infelice, dato per obbligo ad un gioco, ad un ragazzo che non mi piaceva – alla prima volta che mi sono ubriacata – in prima superiore, con un ragazzo più grande di me. Lui voleva farlo, ma quella fu una sbronza “triste”, così passò la notte a consolarmi, mentre frignavo perché lo scotch era finito.
In bagno mi do un’occhiata veloce. Sono alta, bionda e magra. Beh, sì, se non fosse per i miei fianchi un po’ troppo larghetti e le caviglie non esattamente fine, sarei anche bellissima.
Ovviamente mi vado bene così. Ora, a sedici anni, dopo svariate crisi di pianto perché “quel figo non mi caga!”, avevo aperto gli occhi: ognuno andava bene così com’era, con pregi e difetti, paure e difficoltà, perché era la sua storia ad averlo reso tale.
Non mi sono truccata per oggi. Gli altri anni lo facevo, ma ora non più: perché mai farlo? È una fottuta maschera, per nascondersi appunto, che di sera però dovrai togliere, e i difetti saranno lì, a farsi vedere più che mai. E sarai sola ad affrontarli.
Io non voglio essere sola. Così condivido ciò che sono col mondo, anche se non è sempre facile.
Esco di casa che sono le 7.40. Per puro culo, vivo accanto al mio liceo. Assolutamente non l’ho scelto per questo motivo: fin da piccola volevo frequentare il classico, non l’ho fatto sicuramente per comodità – anche perché andare al classico non è ‘comodo’. Andare al classico è una battaglia.
Il mio cellulare squilla. Different, di Robbie Williams, colora la stanza di note magiche. Quasi quasi, lascerei finire la suoneria, ma mi obbligo a rispondere. È Nella.
— Ehi, bellissima! Com’è?
La sua voce è ancora assonnata. Arriverà sicuramente tardi a scuola, oggi. Accidenti, non è che ora mi costringerà ad aspettarla fuori per “condividere ogni cosa, anche le brutte!”.
E la cosa brutta in questo caso è: un giretto dalla preside il primo giorno, tanto per salutare...
Sbuffo. — Dimmi che sei sotto scuola — le dico. Questa è una supplica quasi.
— ... No.
Okay.
Devo star calma.
Sssh.
Non fare né dire cose che non vuoi.
— Dove sei Nel? — mormoro.
— Non odiarmi Cate ... Sono a casa! — esclama in velocità. Perché? Pensa che così non capisca che siamo nella merda?
— Nel, io oggi entro. Scusa. È il primo giorno!
— Ma... E la storia di “condividere tutto”?
Mi sento in colpa per ciò che le ho detto. È vero, noi condividiamo ogni cosa. Quando sono stata male lei c’era.
Ci sarò anch’io, per l’ennesima volta, allora. Con lei, assieme.
— Okay, vieni a casa mia. Tanto la preside sa.
La sento ridere, ed è così coinvolgente, che rido anch’io.
In ogni caso la preside è davvero abituata. Dal primo anno arriviamo tardi il primo giorno.
Spero solo che quest’anno non s’arrabbi troppo, perché l’ultima volta, esattamente un anno fa, non era esattamente contenta di vederci.
 
 
*
 
 
— Non è possibile.
Ecco ciò che esclama la preside non appena ci vede entrare nel suo ufficio. È come al solito ben vestita, e la sua espressione è severa ma dolce, nello stesso tempo. È una madre che vuole il tuo bene, non intralciarti.
— Salve pres!
Ecco, ci sono momenti nei quali adoro la mia migliore amica – ad esempio quando sa che sto male, ed arriva a casa mia con sigarette e birra – ed altri che la odio tremendamente.
Un esempio?
Ora!
Come cazzo le è venuto in mente d’iniziare già così male?
Stringo le mani a pugno, e quando la preside c’invita a sederci, sto già male. Di solito ci faceva star in piedi, perché la sua ramanzina era veloce.
Ma quest’anno no. Merda!
Nella sicuramente non la vede nel mio stesso modo perché si siede e, tranquillamente, inizia a parlare senza dare del lei alla preside, e chiamandola col suo nome.
— Marta, com’è andata l’estate?
Per me è stata da sogno.
Ora tutto è un incubo.
Mi siedo anch’io, raggiungendole.
“Marta” si rivolge a me, ignorando Nella. — Ditemi una cosa. Perché?
Non ci fa parlare, e prende a ipotizzare da sé. — Forse è una specie di protesta pacifica? Ogni anno qui, dio! Perché? È forse per mettervi in mostra? Vi assicuro che c’è modo e modo...  E poi andiamo, siete le più brave del vostro anno, perché rovinarvi così?
La guardo esitando.
Non le dirò mai la verità e Nella, che lo sa, è tranquilla.
Sa che affonderà – metaforicamente, ovvio – ma non sarà sola.
— Ci scusi — sussurro infine.
Non c’è altro che possa dire.
Abbasso la cresta insomma.
La preside guarda Nella che ora, seria – deve aver capito cos’ha combinato – mormora imbarazzata: — Preside è colpa mia. Sono arrivata tardi e l’ho costretta... Mi scusi e, se deve punire qualcuno ... Scelga me ...
— Ma dài Nel. Non fare la moralista è anche colpa mia... — Ah, davvero? Non è esattamente così ... ma l’adoro troppo e vederla così mal messa mi fa incazzare con la preside.
La guardo, cercando un qualche segno di resa.
Ma niente: ci osserva un secondo e poco dopo fa: — Bene. Bella scenetta davvero. Ma ognuna di voi avrà una punizione diversa e, quest’anno, sarete in sezioni separate. Da domani.
Poi, come un’ultima frecciatina, commenta: — Spiegatelo pure ai vostri genitori. Dite loro perché. Se vogliono parlare sono qui.
Puttana.
 
 
*
 
 
In separata sede la preside ci ha detto le nostre punizioni.
Primo: io andrò in C.
È la classe più disastrata dell’intera scuola.
È terribile.
Lì è pieno di ragazzi e ... Sì, sono fighi in modo assurdo, ma fanno paura.
Secondo – perché non è finita così.
Dovrò aiutare uno di loro in latino, greco, matematica e storia.
Lui è Andrea. Lo conosco già – di “fama”.
E già lo odio.
Complimenti a quella befana.
È riuscita a rovinarmi.
 
 
*
 
 
Subito dopo l’incontro separato sono uscita da scuola. ‘Fanculo mondo. Inutile dire che Nella è venuta con me.
Ha subito iniziato a urlare ciò che dovrà fare.
Resterà nella nostra sezione – quella dove c’è gente più stupida, alla fine.
E dovrà aiutare chi ha 4 e 5! Metà classe!
Non so qual è la punizione peggiore.
Per lei è la mia anche se – parole sue! – “Andrea è figo”.
Poi però aggiunge una cosa che mi fa turbare. — Però c’è chi dice che non è esattamente normale ...
Le chiedo più spiegazioni, che non mi sa fornire.
Ottimo!
Poteva stare zitta no?
Corro a casa. Non dico nulla ai miei.
Non ci sono comunque.
Voglio dormire.
No, non è vero: voglio morire.

Rieccomi con l'ennesima storia che m'ispira un botto :3 perciò aggiornerò in modo quasi assurdo ;)
Che ne dite voi? Spero v'ispiri ... :D
A preso!

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.
“Chi trova un amico trova untesoro e farà tutto per non perderlo.”
- Cit.

 
 
È sera.
Mia madre è già arrivata, mentre mio padre questa notte starà via, per lavoro.
Appena mi vede mi chiede cos’ho. Devo avere una faccia tremenda, a questo punto.
Non mi perdo in considerazioni e le dico la verità. In realtà non sa nemmeno degli anni scorsi ... E così non appena scopre il tutto s’infuria. Il suo nome è Serena. Ma non le si addice.
È una bestia, mio dio!
— Voi... Cos’avete... Fatto? — mi domanda, mentre un tic preoccupante le prende l’occhio.
Mi fa paura.
Tanta paura.
Si passa una mano tra i capelli corti e ricci, tentando di calmarsi.
In una parola: inutile.
Mi alzo e mi avvicino in velocità a lei, che s’allontana – per non picchiarmi? Okay ... — Senti mamma! — dico, alzando le mani in segno di resa. Anch’io sono in colpa ora, bene! — Ovviamente la storia non si ripeterà...
— Questo sì che è ovvio, figlia.
Figlia.
Oh, messi bene!
Cerco di trovare una via di fuga, ma non c’è. È guerra. Perché se vai al classico, non puoi comportarti così. Il liceo classico è rigore e competenza ... E non è arrivare tardi il primo giorno.
Ma non mi pento: la mia migliore amica aveva bisogno di sostengo e io, beh, gliel’ho dato.
Si chiama amicizia.
— Lo so... Scusa... Ovvio che non si ripeterà.
— Eccome! — esclama con gli occhi sbarrati e si butta a capofitto sul frigo. Lei è magra, per diversi anni è stata una modella ma poi ha mollato – dice: “Non fa per me non fare nulla tutto l’anno”. Ed ora è medico. — E la punizione è già poco!
Cosa? — Oh mamma, è solo un ritardo...
— Sì! Il primo giorno e si ripete ogni anno. — precisa. Così capisco che oggi non c’è aria. Se non altro non mi darà altre punizioni ... per ora.
Salgo in camera mia.
Non ho più voglia di mangiare né di dormire – ho già dormito per ore!
Ma non posso uscire e – immagino – non potrò farlo per almeno... Tutto l’anno.
C’è una cosa di cui mi pento.
L’ho delusa.
 
 
*
 
 
22.45.
Ho parlato tutto il tempo al cellulare con Nella. Sua madre non l’ha presa altrettanto bene e le ha messo dei paletti – molti in realtà. Primo: non uscirà mai più. È ovvio che non andrà così, ma Nel ha bisogno d’uscire spesso e... Impazzirà.
Secondo: non potrà più vedermi oltre che a scuola – cioè: niente scappatelle a casa sua quando sto male per bere: per l’appunto a casa mia non c’è alcol.
Terzo: niente ragazzi. Lei non ce l’ha... Ma nemmeno l’avrà, per un po’.
Mi sembra un po’ esagerato e mi dispiace tantissimo per lei, ma non posso farci nulla.
Insomma, è sua madre. Si chiama Katia, ed è giapponese. Per questo motivo Nel ha i tratti del viso un po’ diversi da noi occidentali, ed è ancora più bella. Comunque, Katia ha circa l’età di mia madre tanto che, spesso, escono assieme.
Non so né voglio sapere che fanno.
La porta di camera mia si apre, piano, e mia madre fa capolino. Ha con sé del cibo, e l’amo per questo: ora sì che ho fame.
Mangio senza nemmeno capire cos’è il tutto, in silenzio, con lei che mi guarda.
Alla fine domanda: perché?
A lei dico la verità su Nel e così finiamo per farci una risata. Inizialmente cerca di dare il buon esempio, rimanendo severa, ma alla fine s’informa: — Katia cos’ha detto? È così severa lei...
Le dico ogni cosa.
— Ah sì? — borbotta, con le sopracciglia inarcate. — Ci parlerò — mi assicura con un sorriso, carezzandomi la guancia. — e si sistemerà tutto vedrai.
Annuisco poco convinta.
La verità è che non voglio andare in C.
Né voglio conoscere Andrea.
Ovviamente non l’ho detto a mia madre. Ho solo detto vaga che “dovrò aiutare qualcuno”. Lei non sospetta che dovrò aiutare il più figo della scuola e che, perciò, sarò spesso a casa sua...
Okay. Sssh. Stupida baba1!
Mia madre mi lascia dormire alla fine.
Ma non dormo.
Penso, penso, penso troppo.
Perché la mia mente è stupida: non si spenge.
Risultato? Il giorno dopo ho una faccia distrutta.
 
 
*
 
Ore 7.30, sono a scuola.
Anche la preside – Marta – è già lì; Nella ovviamente non c’è. Sarà a casa a... Dormire. Oggi però non potrò aspettarla: lei invio un messaggio.
Nel. Dove sei? santo Zeus, sei pazza?! Dovresti essere già qui! La preside è fuori PER NOI! Scema!
Invio e mi avvio verso la donna che, a braccia conserte, non muove un passo per raggiungermi né mi fa un sorriso “d’incoraggiamento”.
Appena la raggiungo la saluto – lei non ricambia.
Già questo m’indispone: dov’è finita l’educazione?
Gli adulti non dicono sempre ‘l’educazione prima di tutto’?
Non importa. La seguo fino in C.
La classe è vuota e lei comincia a parlare, guardandomi con perplessità e quasi... ironia. — Andrea Monte. È il peggiore ed il più distratto. — mi dice ora più serena, quasi come se si fosse tolta un ‘peso’. Chissà da quanto tempo voleva dirlo a qualcuno? — Fa in modo che passi l’anno. Sarà tre volte che lo bocciano, ormai dovrebbe già essere fuori di qui.
La guardo e mi sento un po’ come in una missione di quei film d’azione. Messaggi in codice su ciò che devi fare, un obbiettivo preciso e soprattutto – in questo caso più che mai – irraggiungibile.
Nei film gli eroi ce la fanno.
Ma qui siamo nella realtà e...
M’infilo le mani nelle tasche e sposto lo zaino sull’altra spalla. — Farò tutto ciò che è in mio potere.
Dio, non sono riuscita a trattenermi.
Alla preside scappa un sorriso e poi, quasi come fosse un regalo, m’informa: — Se lui passa l’anno, torni nella tua classe.
L’anno.
L’anno che passerò con lui.
Non è un regalo.
Decisamente.
Voglio morire ma le sorrido e la saluto.
Guardo poi la classe. Mi sento come in un film horror.
Dove devo sedermi? Davanti? Dietro? Dov’è Andrea? Verrà lui da me? sa già?
Per quanto ne so, la preside potrebbe essersi divertita a non avvisare nessuno, facendomi fare la figura dell’idiota.
Dio, no.
Non con lui!
E poi... Nella testa mi frulla ancora la frase di Nella.
In che senso non è normale?
Alla fine mi siedo nel banco meno disastrato. Poso i libri su di esso e li fisso per un tempo infinito. Poi metto la testa sul banco. Spero di morire lì.
E invece no. I primi ragazzi entrano ed io sono ancora viva.
— Ehi, che fai qui?
Qualcuno mi sta parlando? A me?
Oddio.
Alzo lo sguardo e incontro quello di una ragazza tatuata ovunque, a quanto pare.
Lei sbarra gli occhi e con una risatina informa quelli che sono lì: “è lei”.
D’accordo, almeno sanno già tutto.
— Andrea dov’è? — sento dire e mollo un sospiro.
Magari non c’è.
Ma poi una voce suadente e assurdamente bella si fa sentire. — Sono qui, amori miei.
No.
Non dirmi che è... Così.
Così stupido.
Così montato.
Alzo lo sguardo e... Così bello.
Alto, magro, muscoloso.
Vestiti stracciati ma... fighi.
Tatuaggi.
Sguardo intenso, blu.
Capelli color del grano in estate.
Il mio cuore perde un battito quando mi sorride... Molto ironico. Gli sento chiedere: “davvero? È lei?”. E poi lo sento ridere.
Che risata.
Okay. Devo stare calma.
Perché qui io detto le regole. Non un ragazzo così... Be’, l’ho già detto.
Proprio quando si siede accanto a me mi arriva un messaggio di Nella.
Adoro tua madre cazzo! L’ha fatta passare a Katia! È così un amore<3 Come va da te? Qui tutto okay... C’è ... “okay”. E Andrea? Ahaha. Buona giornata e auguri!
Grazie, mi serviranno.
Mi volto verso Andrea, con l’intento di fargli capire chi è il capo.
— Sono Caterina de Angelis... Quella che ti farà passare l’anno. Spero.
Il suo sorriso mi manda in estasi. — Certo, tesoro. Continua a sognare.
— No, scusa. Mi chiamo Caterina. Non tesoro. E non è un sogno. È un incubo!
Ho parlato troppo.
Sorride. — Ah già. Però io sono un sogno , no?
Terribilmente!
— No, sei il mio incubo.
I suoi occhi ridono. — Ah sì? E così sono tuo?
— ...Non dicevo questo, lo sai.
Annuisce, visibilmente divertito da quanto sono impacciata.
Ma non è colpa mia.
È che lui è davvero un sogno.
Mi volto dall’altra parte, decisa a seguire la lezione d’un prof che non c’è. Ma dov’è? Cazzo.
Ho le mani sudate. Non posso fare nulla perché sbaglierei.
Ed io sarei un ‘capo’?
Dio. Perché Nel mi mette in situazioni così assurde?
— Ehi! Guarda che sono di qua!
Okay, questo è troppo.
Imbarazzata o no le cose vanno messe in chiaro per bene.
Mi volto con uno sguardo assassino – penso – e sbotto: — Lo so, coglione! Mi farai passare un anno d’inferno!
Si può essere più stupidi?
Mi si avvicina sempre più, alzandosi dalla sedia che ringhia sul pavimento sporco e mi guarda con odio.
Appoggiandosi con una mano allo schienale della mia sedia, e con l’altra sul mio banco, ed abbassandosi così che potessi vedere solo lui, sentire solo lui, assaporare solo il suo profumo e guardare solo le sue iridi blu, sussurra in modo seducente: — Ripeti, non ho sentito bene. Cos’è che sono?
Tutt’attorno a noi cala il silenzio.
Okay. Cazzo.
Fisso un’ultima volta in quegli occhi e lo ripeto a voce più alta.
 
1Baba: ragazza.
 

E questo e’ quanto ... Questo nuovo, affascinante (?) capitolo di Guerra e Paceci ha fatto conoscere (anche se per pochissimo) il nuovo personaggio: Andrea.
Si, è vero, non abbiamo conosciuto solo lui: pure Serena, e Katia. La preside non è stata un po’ maleducata quella mattina? “L’educazione prima di tutto”? ...
Comunque, Andrea è un ragazzo “tipico” stronzo, pieno di sé, che sa d’essere bello ... Ed è così montato che appena Cate gli dice ciò che pensa s’infuria!! :/
Katia è la madre di Nella... e povera Nella!! :D Mentre Serena è molto più dolce: sì, s’incazza perché è comunque una madre ... ma come tale, s’impietosisce pure <3
È interessante ? Chissà che succederà tra Andrea e Caterina? Insomma, sono così vicini ... e lui è così stronzo !...
Mmm <3 Deciderò IO ahah ** In ogni caso ciao e...
Continuo a 1recensione!!
Ps: In caso vi piace come scrivo (wow!) ho fatto anche altre storie: IN THE END e SHE’S ON FIRE. <3 Passate a dare un’occhiata e, magari, recensite??? Ciao!

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Capitolo 3
*** 3. ***


***
3.

 Fatto.
Sono nella merda, fino al collo, su su per i capelli, che mi impedisce di respirare...
Oh, accidenti! Non è merda, è Andrea! Che è tutt’altro che merda! È... Perfezione!
Ma non devo pensarci.
Il suo sguardo si fa più duro, e in qualche modo più seducente, mentre ripete: — Dillo ancora. Che c’è, non hai più la lingua?
Non vi dico neanche cos’ho pensato riguardo alla lingua ed a lui ... Accidenti, stare in posti così mi fa male!
Andrea s’abbassa fino a sfiorare il mio volto col suo. Occhi negli occhi, sento solo il suo profumo forte e buono. — Allora?
Cazzo, ora non posso più tirarmi indietro. Tanto più che va contro i miei principi – e cioè, una cosa iniziata va’ portata a termine.
Mio dio, devo dirgli di nuovo quella frase.
Com’era? Ah sì... Okay, forse sono stata un po’ troppo volgare. È che lui è così montato, accidenti!
Fisso un’ultima volta quegli occhi e lo ripeto, a voce più alta.
Così che tutti possano sentire. La conseguenza è che, nella classe, cala il silenzio.
Andrea posa il suo naso sul mio. È troppo intimo.
Un momento... Intimo? Cos’è intimo?
Qui non c’è nulla d’intimo!
Tento d’allontanare quel ragazzo, poggiando le mie mani sul suo petto.
Uh, uh! Che muscoli!
Concentrati, mi dico e, alla fine, lo sposto d’un po’.
Ma lui è irremovibile. — Sì, sarà un inferno davvero. — commenta alla fine, con freddezza, dopo avermi regalato uno sguardo indecifrabile.
Poco più tardi arriva il prof. Non l’ho mai visto, dev’essere o nuovo, oppure soltanto di questa sezione. È un normalissimo professore, forse ancora più infimo degli altri.
Insegna scienze, ma di scienze non riesce a spiegare nulla per quell’ora né quella seguente. Ed è così per tutte quelle a venire, finché non suona l’ultima campana. La prof d’inglese s’alza dalla cattedra e, sollevata, ci saluta con un veloce ‘Bye, guys!’1, prima di scappare via, cartella in mano e penna nell’altra.
Mi fa un po’ pena. Ma ancor più pena mi fa la classe: tutti esseri umani normali – almeno così pare – che potrebbero tranquillamente imparare ed essere meno sciocchi. E invece no.
È triste, perché nella vita avranno tanti problemi.
Ci sto ancora rimuginando quando una mano mi si posa sulla spalla. Noto subito l’anello d’argento che già prima ho visto alle dita d’Andrea, così mi volto di scatto, preoccupata già che ce l’abbia ancora con me per prima.
Ma così non è. Con un sorriso quasi sincero – sottolineo il ‘quasi’ – mi domanda, affabile – affabile? Dai, è Andrea! Non è affabile! — Allora, casa mia o casa tua?
Ecco, visto?
È Andrea cazzo!
Capisco troppo tardi che non intendeva qualcosa di male, ma illudeva allo studio e così, dopo la gran figura di merda, cerco di rimediare con l’indifferenza: — Tua. Che materia?
— Latino, direi.
Bene. Latino. Lo odio anch’io, ma non glielo darò a vedere.
Io sono il boss... Sì, certo.
— Okay. Per le tre e mezza. — m’informa poi della via. — A dopo, capo.
Capo? Chi gliel’ha chiesto di chiamarmi così?
Un po’ turbata mi alzo. La verità è che non voglio venga a casa mia primo, perché voglio vedere la sua – sì, lo so. È stupido e insensato, ma non sono riuscita a trattenermi! – e secondo, perché non vorrei mai che mia madre tornasse prima dal lavoro, o mio padre!, e, nel vederlo lì, traessero conclusioni errate.
Ecco tutto.
Perciò alle tre e mezza sarò là.
Corro fuori da scuola, sapendo già che Nel vorrà conoscere ogni cazzo di particolare.
 
 
*
 
 
— Cate!! Com’è andata? — m’accoglie fuori dal cancello. Lei non ha l’aria d’essere stata maltrattata da un ragazzo fighissimo, anzi: ha l’aria tranquilla e serena. Bene, perciò io sono l’unica a patire?!
Ignoro tutto ciò. — Bene tutto sommato.
Sì, ma solo perché poteva andarmi peggio.
Il ‘bene’ è relativo, come molto altro del resto.
— Ah sì? Beh, racconta.
Ovvio.
In breve le spiego un po’ com’è la classe. Gruppetti. Tatuaggi. Piercing. Ho anche sentito qualcuno parlare di ‘roba’, durante l’ora d’inglese, l’ultima credo.
Non voglio sapere cos’è.
— Ah sì? Sarà droga — m’informa Nel, aiutandomi proprio, perché m’insinua il dubbio che dopo andrò a casa d’un drogato!
A proposito di questo: non appena glielo dico, fa i salti dalla gioia.
Ora ditemi una cosa: perché?
Non c’è niente – nulla! – di gioioso! Ci sono io – spaventata e impappinata – e lui – sereno e... figo, cazzo! – e non riuscirò mai a fargli passare l’anno.
— Ma dai non vederla così — sbotta Nella quando siamo sotto casa mia, baciandomi le guance per salutarmi.
Io la trafiggo con un’occhiata. — Come dovrei vederla?
E lei, col suo solito sorriso da ‘ma è ovvio’, commenta: — Magari scopate!
Ecco, lo sapevo.
Sarei dovuta stare zitta, così non l’avrei mandata a cagare né avrei porconato2. E invece no, perché chissà, speravo in qualcosa... No, anzi, semplicemente volevo vedere se Nella era cambiata.
Risposta?
Ovviamente no.
La mia amica mi piace così, penso, entrando a casa nel panico più totale.
È l’una e mezza, e passo il resto del tempo a preparare libri, vestiti – per cosa poi? Andrò a studiare – e non riuscendo a mangiare, per l’eccitazione.
Eccitazione, mio dio? Perché? Perché sono così pirla?
Non posso crederci. Voglio andare a casa di Andrea, tanto che poco dopo mi ritrovo a messaggiare sotto stress con Nella – che se la ride, la stronza! – perché sono in crisi: che vestiti devo mettere?
Alla fine l’ora tanto ‘temuta’, ‘desiderata’, arriva.
Ed ho sempre più dubbi.
E se è ancora incazzato per l’insulto?
E se è drogato davvero? E trovo lì la ‘roba’?
E se un’inondazione colpisce casa sua e muoio là?
Okay, l’ultima cosa non ha molto senso, ma... E’ che ho paura cazzo!
Sono le tre e un quarto. Mi costringo ad uscire di casa con lo zaino che pesa un po’. Prendo un bel respiro.
Andrà tutto bene, mi dico.
Sì, certo. Chissà perché ogni film horror inizia così.
E poi?
Beh, poi, muoiono tutti.
 
 
*
 
 
Con un nodo alla gola suono al campanello di Andrea.
Apre subito, senza chiedere chi è. Perché? L’ho sempre trovata una cosa stupida: e se ti entra un drogato in casa?
... Argh, un momento. Il drogato è di casa, qui.
Mi do subito dell’idiota. Non è vero che è drogato.
Ciò che so di lui è che va male a scuola, è bello, e sicuramente ha una vita sentimentale e sociale molto più attiva di me, sfigata e secchiona.
Okay, l’ammetto: non sono né una né l’altra cosa ma... mettete vicini me e Andrea. C’è qualcosa che c’accomuna?
Nah, non direi.
E lui è... più tutto.
Entro nel vialetto. Casa sua è una villa, e c’è una piscina in giardino. Okay, amo casa sua!
La cosa più bella è il portico all’ingresso: pieno di fiori, e in giro ci sono un po’ di gatti. Ne coccolo subito uno, perché io adoro queste piccole bestioline fusanti3... Purtroppo noi non ne abbiamo perché papà è allergico.
Nessuno viene ad aprirmi la porta così, con un po’ il cuore in gola, faccio da me, borbottando: — Permesso?
Andrea, che fin’ora non ho sentito, si fa vedere. È in jeans e a petto nudo, e il mio cuore palpita nel vederlo.
Oddio... Non può farmi questo! Muoio!
Con un sorriso ironico, commenta — Sì, dai. È permesso.
Okay, okay. La ‘magia’ svanisce. Perché deve commentare tutto ciò che dico? Cioè, dio! Ho  detto una cosa ed ha già da ridire!
O sono io che cerco pretesti per essere incazzata con lui?
— Ciao Andrea.
Alla fine affronto così la realtà. Non è che evito il problema, è che semplicemente se non dai corda a un ragazzo, smetterà d’essere stronzo.
Lo si sa, insomma.
Lui dà un’occhiata a ciò che porto con me. — Quello zaino ha l’aria molto pesante. Cos’è, davvero si studia? — domanda, con le sopracciglia piegate all’ingiù. Gli danno un’aria terribilmente ingenua.
— Beh, direi di sì. O passerò tutta la mia vita in C.
— Uh! Tutta la vita eh? Non è che sei un po’ pessimista? Dai, vediamola così: ho molta birra !
Amo la birra: amo Andrea.
Nah. Non è vero, non può essere così.
M’impunto: — No, no. Andrea non l’hai capito? Pensavo anche tu volessi studiare! — dico, con un’aria innocente che sicuramente non mi dona. Butto giù a terra lo zaino perché pesa davvero troppo, ed al suo tonfo segue quello, più misurato, della porta che chiudo alle mie spalle.
Quando mi volto, c’è Andrea a fissarmi. Ha un’espressione incomprensibile, e nell’ambiente ora più scuro della casa, perché ci sono poche luci accese, è bellissimo.
Bacerei quelle labbra e l’abbraccerei anche ora, potessi farlo.
AAALT!Cos’è sta puttanata? Io odio Andrea, uno, perché è stronzo, due perché è uno sciupa femmine e ultimo, perché – forse! Okay, l’accetto: forse – è drogato!
Perciò no, non lo bacerei né abbraccerei. Fine.
Alla fine Andrea accetta d’avere un rapporto normale, e così andiamo in cucina a studiare, lui con la camminata da figo ‘yo, yo!’ e io che mi trascino e con me porto lo zaino.
Mi siedo al tavolo che c’è là. Mani sudate e sguardo perso. Sono già nella merda. Ho già perso, cazzo.
— Cominciamo?
— Quando vuoi, tesoro.
— Te l’ho già detto...
— ... Il tuo nome è Caterina. Si, l’ho capito eh. Ma per me sei tesoro — m’interrompe ed io, un po’ perché così sta zitto, e un po’ perché ‘tesoro’ mi piace... L’ammetto cazzo!...
— Come sei messo?
— Seduto.
Ah, ah. Molto divertente. — Sì, anch’io. E col latino? — borbotto in risposta, un po’ acida.
Quando mi risponde ‘male’, so che davvero è così.
Allora ricomincio da zero. Cos’è il latino. Le basi, eccetera.
Non sembra gradire ma non m’interessa. Ho un obbiettivo.
— Capito? — domando dopo l’ennesima spiegazione d’una cosa d’una semplicità assurda.
— No.
Okay forse spiego un po’ male, perché fin’ora non ha capito niente.
È colpa mia?
Rispiego daccapo. Quando spiego mi sento quasi più libera. È tutta questione di logica, insomma, alla fine basta fare muovere un po’ le rotelle.
— E ora?
Ritento.
Try, try, try.
Sì, Pink, mi sento proprio così. Devo solo riprovare.
Ancora e ancora.
Il suo sguardo si posa su me. Assonnato. — Birretta?
— Okay...
Sì, meglio se facciamo una pausa va.
Prende le birre e me ne dà una . Poi, mentre andiamo in salotto, mettendo un braccio sulle mie spalle – per niente sgradito , penso arrossando – commenta — Conosciamoci un po’!
Io, che mi sento a disagio così vicina a lui, non riesco a dirgli di no, e così mi ritrovo seduta al suo fianco su un divano che ha l’aria d’essere molto costoso. Il silenzio, apro la mia birra e do un sorso.
— Allora, che fai nel tempo libero? —, mi ritrovo a chiedergli. Chissà, un po’ perché sono curiosa, un po’ perché se no rimarremo in quel silenzio imbarazzante e poi perché... Ma sono idiota? Eh sì, verrà così a dirmi ‘mi drogo’. Tanto!
Dopo un breve silenzio – che dà conferma, forse!!, ai miei interrogativi – Andrea risponde — E tu?
Nah, così non ci capiamo. Ma non voglio insistere: — Amici, sport. E tu?
Chissà, ora mi risponderà?
— Anch’io facevo così, una volta.
Una volta.
L’incanto finisce. Mi ricordo d’essere là, a casa sua, soli. È irreale ma è la realtà.
Finisco al volo la birra, presa da una sete improvvisa. — Aspetta... Suoni il pianoforte, no? — domanda all’improvviso anche lui.
Annuisco. — Perché?
Beh, non è che ‘suono’... io ‘strimpello’, piuttosto. Anche se ho suonato brani carini, l’ammetto, e mi sono riusciti bene.
— Perché...
La suoneria d’un telefono lo interrompe. Non è il mio, così lui tira fuori il suo e legge l’sms. Do un’occhiata senza farmi vedere – spero! – e scopro che è di Sara, la troia della mia classe... No, ex classe.
‘Sono sotto casa tua...’
Okay, quei ‘...’ fanno capire il concetto: devo andarmene.
Ma non mi muovo: voglio che sia Andrea a dirmi che fare. Anche perché non dovrei aver letto nulla.
Lui si volta e, con la sua voce suadente, sussurra: — Dovresti... Andare.
Ecco, l’ha fatto. Ed io, idiota, ci son cascata.
Cosa mi aspettavo? “Ecco... Resta qui”, e che cacciasse Sara?!
Sono un’imbecille!
Mi alzo, corro in cucina, prendo la mia roba e faccio per andarmene. Ma perché questa casa è così buia cazzo? che c’è, paura di spendere?
M’inciampo su qualcosa.
Non so cos’è.
Non mi volto.
Sono già al portone, quando Andrea mi afferra per la vita e mi ci fa andare addosso.
Che...?
— Ehm... Il tuo numero. Perché se no, non possiamo metterci d’accordo.
Voglio morire.
Perché mi aspettavo altro?!
E tu cuore , va più piano!
Glielo dico. E, senza una parola, esco.
Nel vialetto c’è Sara. Mi dà un’occhiata carica di disprezzo e poi si sistema un po’ il suo ‘vestito’.
— Ciao, troia.
Mi è sfuggito.
Quella si ferma. — Ripeti?
Déjà-vu. Okay, odio i déjà-vu: quando li ho, ho una faccia da imbecille.
Ma questa volta glielo ripeterò chiaro: — Ciao, troia!
Lei spalanca ancor più quegli occhi color merda. Poi si volta e, indignata, se ne va. Come immaginavo, non ha le palle per difendersi.
Sono fiera di me.
Allora perché voglio piangere?
 
1: ‘Bye, guys!’ ‘Ciao, ragazzi!’
2: porconato, cioè bestemmiato.
3: bestioline ‘fusanti’, cioè che fanno le fusa.

 
L’ AUTRICE.
Allora innanzitutto GRAZIE a chi segue la storia, la legge, commenta ... G r a z i e!
Questo nuovo capitolo è ricco di contenuto, no? C’è la “sfuriata” tra Andrea e Cate ... C’è lei a casa sua ... E c’è il litigio finale. Concentriamoci su quello, perché nel prossimo capitolo darà i suoi “frutti”.
Ciao ragazze!

Continuo a 1 recensione (minima).

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Capitolo 4
*** 4. ***


By meme1, "Guerra e Pace"
Altre storie: 'She's on fire', 'In the end'.


Premessa: non riuscivo proprio a prenderlo, questo capitolo, nemmeno mettendoci un POV Andrea. Così l’ho cominciato da un altro momento, e cioè già dalla mattina dopo piuttosto che subito dopo l’incontro con Sara (“Ciao, troia!”). Leggete e ditemi com’è... Ci saranno un po' di sorprese! :3

4.
Nato a Novembre, forse per questo col freddo dentro. (Cit. Emis Killa).

 Quella mattina a scuola non volevo proprio andarci, ma mi costringo a tirarmi giù dal letto.
Vado in bagno e mi do un’occhiata. Ho un po’ d’occhiaie perché non riuscivo a dormire, questa notte. Perché, poi? Perché pensavo a quell’idiota di Andrea. Ero gelosa, ero arrabbiata, senza però un motivo.
E poi, perché mi aveva chiesto del pianoforte? Sì, poteva avermi sentita suonare in auditorium – a volte vado lì a suonare anziché a casa, perché c’è un piano migliore -, ma questo non spiega nulla.
I miei occhi, così scuri, mi sorprendono. Fino all’ultima volta, erano marroni e un po’ verdi – Nella li definiva “Color foresta”. Ed io? Beh, color merda – ma ora... Ora sono quasi solo verdi, ma un verde molto scuro.
Quand’è che sono cambiati?
Un momento ... Gli occhi cambiano?
Un po’ scocciata mi costringo a lavarmi e prepararmi. Per oggi niente vestiti carini né fighi, solo jeans e felpa. È settembre, ma sembra già novembre, così prendo anche un cappottino.
Infilo le cuffie e faccio quei quattro passi che mi separano da scuola. Do un’occhiatina all’ora: 7.50, e ancora non c’è Nella. Se va avanti così verrà bocciata. Gli altri non ha mai fatto così fatica ad alzarsi... Che le sia successo qualcosa?
Vorrei andare a casa sua, magari è malata, però la campana suona. Non posso più tirarmi indietro.
Entro a scuola con la faccia d’uno che va ad un funerale e, senza salutare la mia ex classe, vado in C. Siedo al solito banco e lì resto.
— Buongiorno.
Oh! Oggi un prof è arrivato addirittura in anticipo! Alzo lo sguardo: ma è Rossi, il prof di ginnastica, quello che avevo nell’altra classe! È anche qui?
Il prof Rossi è favoloso: innanzitutto, è figo. Dannazione se lo è.
Ma se confrontato a Andrea... Non più!, penso.
Passa un secondo e mi do dell’idiota. Perché c’ho pensato? È innaturale. Perché a me Andrea non piace... Vero?
Eppure, se l’ho presa così male ieri pomeriggio, qualcosa c’è. Anche se è solo attrazione fisica... è già troppo.
— Salve prof!
Devo distrarmi così mi concentro sul professore. Oggi è già in tuta – grazie a dio, non me la sono dimenticata ed è nello zaino con le scarpe – ed ha un’aria stranamente ancor più sexy. — Allora, Cate! Com’è che sei qui? Ho sentito, credevo la preside scherzasse...
Alzo le spalle e le stringo un po’. — E invece no, — dico — però dai, non è così male. I prof arrivano a metà dell’ora... forse. E non insegnano. Wow.
Non ne sono entusiasta. Anche perché tutto ciò non può certo aiutare né me né Andrea, che non può certo imparare se non c’è nessuno che insegna.
— Sì, lo so. È che gli studenti sono così... Intrattabili! Piace solo ginnastica a loro.
— Chissà perché! — mi sfugge e lui mi regala un’occhiata maliziosa.
Cristo. Non può essere così figo. Ha trent’anni. A trent’anni non si è più così fighi cazzo!
Quando iniziano ad entrare i primi studenti, ci zittiamo. Capisco che ciò che è avvenuto è stato troppo intimo, forse, per un prof e un’alunna. Non tanto le parole che ci siamo scambiati, bensì gli sguardi. È... Sbagliato.
— Ragazzi, sapete che giorno è? — domanda il prof quando è entrata l’intera classe – Andrea compreso, che non mi ha rivolto la parola né uno sguardo. Sara gli avrà sicuro detto tutto... Ma perché fa così? Sono così intrattabile?
— Sì! È il compleanno di Andrea! — tuona l’intera classe e il sottoscritto si alza quando tutti iniziano a cantargli un ‘tanti auguri’ modificato.
— Okay, basta ora però. — gli zittisce alla fine il prof Rossi, sciolto e pacato. Andrea mi dà appena un’occhiata, ed io accenno un saluto.
Grazie a dio ricambia, anche se freddamente.
— Allora, oggi si farà qualcosa d’un po’ diverso. Una gara ragazzi-ragazze, vi va? Sì, lo so. È ‘proibito’ a scuola, ma non ne vedo il perché. — c’informa il prof Rossi e lo odio – lo odio, cazzo!
— Sa perché prof? perché le ragazze sono perdenti!
Chi è l’imbecille?
Subito scatta una rissa, più che altro a parole, ed il prof è costretto a ritirare il tutto, infastidito. — Siete così bambini! — sbuffa alla fine e mi lancia un’occhiata divertita.
Okay, perché?
Andrea non perde un particolare di tutto ciò, e mi lancia un’occhiataccia. Un’occhiataccia eloquente, anche.
Io rabbrividisco, ma mi costringo a sorridergli. — Auguri! Quanti?
— Troppi — mormora solo, e non si capisco se si riferisca a sé o all’età del prof.
Non gli rivolgo più la parola finché non ci rechiamo in palestra. Lì, più calma, mi cambio. Do un’occhiata alle altre ragazze e, sbalordita, vedo che c’è chi fa ginnastica vestita elegante , chi non si è proprio cambiata, chi tiene i jeans... in poche parole, sono l’unica in tuta. E, vedendo le loro gambe così magre, mi vergogno d’essere in shorts. Insomma... Le mie gambe sì, sono slanciate e tutto... Ma le caviglie...
Stringo i pugni e mi costringo ad andare in palestra senza rimettere i jeans.
E tutta la pappardella del ‘non m’importa il parere altrui’? Dov’è, eh, Cate?
È qui, cazzo se è qui!, penso entrando in palestra a spalle alte e sguardo serio. Il prof dà un’occhiata frustrata alle ragazze in jeans, o che non si sono cambiate e, quando posa i suoi occhi su me, sorride.
— Bene ragazzi, vi va un po’ d’allenamento? A coppie, magari?
E... magari no?
Purtroppo l’intera classe è d’accordo.
Guardo le ragazze: ognuna ha già una compagna, così sono l’unica idiota sola, senza partner.
Oh, bene!
Sto già avvicinandomi al prof – per cosa, poi? Per chiedergli di fare con me? o, magari, di non fare? – quando una mano si posa sulla mia spalla. L’anello che ha mi è troppo noto.
È Andrea.
— Sola, eh? — sussurra al mio orecchio, col suo fiato che mi accarezza la pelle.
Annuisco soltanto, perché non riesco più a spiccicare parola.
Oddio!
— Bene, anch’io. Faremo assieme.
Non riesco ad inquadrarlo : il suo tono è neutro, ed il suo sguardo pure. È sfuggente.
Invece le ragazze le capisco benissimo : nei loro sguardi vedo invidia, rabbia, gelosia. Scetticismo.
Beh, potevano non escludermi! Troie!
Cominciamo a fare esercizi col pallone. Forse non ho ben capito le regole dell’allenamento, perché prendo tutte le palle di testa. O è Andrea a lanciarmele proprio lì?
All’ennesima pallonata, sbuffo. — Andrea, non potresti aiutarmi? La mia testa diventerà un enorme bernoccolo!!
Lui sorride delle mie lamentele e, per tutta risposta, alza la sua maglia da basket. Ma che cazzo? Divento rossa all’istante e guardo da un’altra parte.
— Tirala giù!
— Perché? Ieri sono sempre stato così, eh.
È vero, per tutto il pomeriggio Andrea non s’è messo la maglia, lasciando tutti i suoi muscoli in bella vista. Ma soprattutto il tatuaggio che ha sul fianco, in basso. Troppo in basso, così che io non riesco mai a capire cos’è, perché per farlo dovrei osservare giù... E mi beccherebbe subito!
Okay, devo pensare razionalmente.
Lui è ancora con la maglia su, così mi volto subito dall’altra parte.
È il prof a salvarmi, che gli da una bella tirata d’orecchi , e poi va a correggere gli altri ragazzi.
Lo sguardo di Andrea è infastidito, anzi, di più. È furioso. — Ma cos’ha! Sempre addosso a te!
Cosa?
Davvero è... geloso?
Non riesco a pensarci perché mi arriva un’altra pallonata.
Dove? In testa ovviamente.
 
 
*
 
 
Alla fine delle lezioni , mentre sto uscendo , qualcuno mi prende per un braccio, da dietro – così non riesco a vedere chi è -, e mi trascina in un piccolo corridoio buio. Non l’avevo mai notato e difatti non c’è nessuno.
Mi volto, dando le spalle al muro, dove sono schiacciata. Davanti a me c’è il prof. Rossi.
Ma cosa?...
— Ehi, Cate. Com’eri carina oggi.
Il suo sguardo è acceso.
Ed io non capisco più nulla.
Perché è così vicino a me?
Perché lo fa? È un insegnante cazzo!
Poso le mani sul suo petto muscoloso. — Prof...
— Chiamami Marco, — m’interrompe con un sorrisone, facendosi più vicino. Mi manca l’aria.
— Bene... Pr... Marco. Io devo andare, grazie per il complimento, mi scusi ma...
— E non darmi del lei! — m’interrompe di nuovo, immobilizzandomi soltanto con un’occhiata. I suoi occhi sono grigi e freddi come il ghiaccio. Freddi ma incendiati da qualcosa. Non va affatto bene. — Così bella... e così poco apprezzata.
Mi passa una mano sulla guancia.
È... una carezza?
E cosa sta farneticando?
— Ma io t’apprezzerei moltissimo! — sbotta ad un tratto, alzando le mani in aria, con voce più forte.
Il mio cuore perde un battito per lo spavento. E l’adrenalina scorre nelle vene. Perché ho capito che qui c’è qualcosa. Qualcosa che non va.
Il prof si fa sempre più vicino fino a posare le sue labbra sul mio collo. Mi sento... Sporcata. Da lì sussurra: — Capisci? Ti amerei! Mi ami?!
Spingo di più sul suo petto.
Penso che nemmeno se ne accorga.
— Prof...
Alza lo sguardo, che ora è furioso. — MARCO!
— Marco — mi costringo a dire. — Sono lusingata ma... Non si può. Né io...
Mi blocco di colpo. È troppo incazzato, mi fa paura.
E così quando s’avvicina fino a baciarmi una guancia, non riesco a reagire. Soltanto inizio a tremare e balbettare ‘basta, la prego’, e preghiere simili.
Nessuno verrà a salvarmi.
Cosa mi farà?
Sto per lasciargli fare tutto, distrutta, perdente, quando il prof si stacca improvvisamente. Apro gli occhi, che non mi ero accorta d’aver stretto a più non posso, a lo vedo steso a terra.
Al suo posto c’è Andrea.
Mi prende per un braccio e per il fianco opposto al lato dove si trova, e inizia a spingermi di corsa verso l’uscita della scuola, imprecando tra sé e sé. pensa che non capisca?
Che non capisca ciò che dice? Purtroppo sì, lo sento.
— Chi cazzo gli ha dato la roba, cazzo?!
Raggelo.
La... Roba?...
Do uno sguardo a Andrea e poi punto i piedi. Siamo ancora a scuola, non potrà farmi nulla.
Ed io voglio sapere tutto.
 
Eccomi!! :) Dopo diversi tentativi, ecco il capitolo! Credetemi,è la versione più bella! Quasi mi commuovo! Ahahah :3
No dai scherzo, dovete darmi voi il parere.
Comunque, che cazzo è la ROBA?? E cos’ha il prof Rossi??
In più quello era il giorno del compleanno di Andrea.. è andato tutto a rotoli??
Uhm. Vedremo. <3

Continuo a 1 recensione <3

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Capitolo 5
*** 5. ***


5.

"Non c'è tempo per pensare, agisco.''
(Caterina)

 

M’impunto, le mie Nike(1) non accennano a muoversi dal pavimento sudicio del corridoio della scuola, nemmeno quando Andrea mi prega.
Il suo sguardo, di solito freddo come il ghiaccio, duro come il marmo, distaccato come non mai e sfuggente come il vento, ora è quasi ... Disperato? È davvero così?
Non riesco a capirne il perché, ed incrocio le braccia sotto il seno. — Andrea, mi muoverò solo dopo che mi avrai detto cos’è la roba! — dico, freddamente, quasi battendolo.
Lui mi lancia un’occhiata, ora quasi infuriato, e ritorna accanto a me, prendendomi le spalle. — Non posso! — sbotta, a fior di labbra. — Né voglio, sei solo un’idiota che deve sempre sapere tutto di tutti!
Resto a bocca aperta, sconvolta. Perché è stato così acido? Io voglio solo sapere cos’è la roba, perché sento che, altrimenti, in C non sopravvivrò. E lui che fa? Mi accusa!
— Andrea, qui l’idiota sei tu! — ribatto, seccata, con lo zaino sulle spalle che sembra pesare sempre più. È il mio fardello, sorrido tra me e me.
— Ah sì? Sono io che si fa quasi importunare da un prof? No, perché non mi sembrava.
Resto ancora più sconvolta.
Dio, a vederla così ... ma si sbaglia, perché crede , forse, che l’abbia avvicinato io. Questo mai!
Meno arrogante, domata quasi, mormoro: — Allora... Puoi portarmi via ... Di qui?
Non m’interessa dove andrò. Non voglio stare né qui né a casa, né tantomeno da Nella. Lei non capirebbe. Direbbe che è ‘figo’, perché sono ‘contesa’ tra due ragazzi! Che uno nemmeno lo è, un ragazzo!
E non è assolutamente figo!
Andrea mi lancia un’occhiata dalla sua altezza, un’occhiata indecifrabile. Poi annuisce e lascio che mi afferri la mano, trascinandomi con sé.
In quel momento non m’importa più di nulla. Né di Sara, né della roba, né del prof.
Voglio solo seguire Andrea, è la mia ancora di salvezza, perché sento che sto affogando.
E non va bene, perché io, in teoria, dovrei essere quella forte. Seguo i suoi passi come un cagnolino, stringendo forte la sua mano, finché non raggiungiamo un’Audi rossa, tirata a lucido.
L’adorerei, se non fossi così sconvolta.
Mollo, senza però volerlo fare, la mano di Andrea. Lui sale al posto di guida ed io a quello del passeggero, e l’Audi parte.
Non guardo nemmeno dove andiamo, anzi, mi appisolo lì. Sono distrutta, non riesco a non pensare “Che sarebbe successo, se non fosse arrivato?”
Forse è stata colpa mia, ho mandato segnali sbagliati al prof. Ma io di segnali non volevo mandarne proprio!
Il mio cervello non regge tutti quei pensieri, ed è così che m’addormento.
 
 
*
 
 
Quando mi sveglio, sono di nuovo a casa di Andrea. È già la seconda volta ... In due giorni.
Perché mi sento quasi onorata?
Sono distesa, senza scarpe, sul divano del giorno prima. Mi alzo di scatto, perché ho la testa dove, il giorno prima, c’era il lato B di quell’idiota.
Il mio zaino è buttato a terra davanti a me e, se tendo le orecchie, posso sentire dei rumori provenire dalla cucina. Di patti e posate che si scontrano.
Oddio ... Non starà mica cucinando?
Mi decido a tirarmi su e, poiché non trovo le scarpe, raggiungo Andrea in cucina solo coi calzini.
Appena entro, un po’ esitante, lui mi lancia un’occhiata veloce da sopra una spalla. È ai fornelli, esattamente come temevo, ma ora come ora non mi va d’aiutarlo.
Nemmeno un po’, così mi siedo su una sedia trasparente vicino ad un tavolo e l’osservo. È troppo divertente vederlo trafficare con stoviglie, pentole e cibo, un po’ impacciato ma...
— Sexy i tuoi calzini, — m’interrompe lui, ridendo un po’, ma senza guardarmi.
Io allora do un’occhiata. In effetti, quella mattina ho preso un paio proprio di fretta, beccando dei calzini che sono più buco che calzino! Hanno dei buchi enormi sui talloni, che si vedono completamente, ma almeno non sono bucati sulle dita.
Con una risatina, lo assecondo. — Ah, sì. È un modello nuovo, sai.
Dalla sua posizione si limita ad annuire e, poco dopo, si avvicina al tavolo con due piatti. Dentro ci sono delle porzioni enormi di pasta al sugo.
— Wow, grazie! —, esclamo, afferrandone uno, senza lasciargli il tempo di servirmi.
Con un sorrisone, si siede vicino  a me. Afferro le posate, che erano già lì, e inizio a sfamarmi.
In effetti, essere quasi violentata mette fame!..
Alt.
Ritorno in me, sveglia. Devo sapere cos’è la roba, è vero, ma non voglio rovinare questo momento così...
Intimo?
No, non lo è. Ciò che lui fa con Sara – e con chissà quante altre – è intimo, questo è cortese.
Sbuffando, assecondo quello stronzo del mio cervello. — Allora?
Lui alza lo sguardo dal piatto, già vuoto. Dal canto mio, sono a metà, ma non ho più spazio nello stomaco. Né fame.
Lui beve della birra e, quando m’invita a berne un po’ della mia, rifiuto. Sì, è strano: non rifiuto mai la birra.
Ma so che sta divagando, perciò non voglio perdere l’occasione di capire. — Allora? —, ripeto, più forte. Questa volta non potrà né, spero, vorrà, ignorarmi.
Lui mette giù la lattina.
Dal rumore che fa, è vuota.
— Allora cosa? —, replica, più duro. È ovvio che sa ciò che voglio dire, quanto è ovvio che non ne vuole parlare.
— La dro... Roba. Cos’è?
Non devo fare stronzate.
Cazzo.
Il suo sguardo è duro, freddo, mi mette in soggezione. Si sistema meglio la maglia aderente, che mette in mostra ogni cazzo di muscolo che ha, ma copre il tatuaggio, ed è un gesto per prendere tempo. Lo so.
— Perché vuoi saperlo? E com’è che sai?
Decido di dirgli la verità. Anche perché non riesco a mentirgli.
— Durante le ore di scuola, più volte ho sentito nominare la ‘roba’... — esito, non so cosa dire o cosa non dire. È terribilmente difficile stare con questo ragazzo, perché è imprevedibile, lo conosco poco, e nasconde terribili misteri.
— Bene, dirò a tutti di stare più attenti. Ora, se vuoi scusarmi.
Si alza e fa per andarsene. Quando me ne rendo conto è già fuori dalla cucina, così lo inseguo, trovando a salire una rampa di scale. Correndo, tento di raggiungerlo, ma è quasi impossibile e più volte rischio d’inciampare e cadere rovinosamente.
— Andrea! — esclamo, con voce strozzata. È così diverso. Perché prima era così gentile, garbato, mi teneva a sé e ora.. Ora mi lascia? È come cadere, sempre più giù, in un baratro scuro, dove non c’è luce né speranza, c’è solo spazio per l’orrore.
Lui nemmeno si volta e si chiude in una stanza, sbattendo la porta.
Non penso più, corro, lo raggiungo.
Non voglio cadere! Lui è la mia salvezza!
Apro la porta, la spalanco senza pensare e...
Oh, cazzo!
Mi volto subito dall’altra parte, andando a fuoco, e blaterando scuse senza senso. Oddio! Perché non ho nemmeno immaginato che potesse andare in bagno? Cazzo!! che figura!
— Scusa, oddio, scusa!
La sua risata mi scalda il cuore. — Okay, ho capito, chiudi la porta però.
Lo faccio subito. Restando dentro al bagno.
Perché sono così idiota?
Prima che possa uscire, commenta: — Vuoi unirti a me?  —, sorride dolce, indicando la doccia e levandosi, per l’ennesima volta davanti a me, la maglia. No, cazzo! il tatuaggio!...
Oddio.
Calma.
Scuoto il capo e scappo via, giusto in tempo per sentirmi dire d’andare in camera sua, e che mi raggiungerà lì.
Non mi chiedo il perché, apro soltanto tutte le porte finché non trovo una stanza che, ipotizzo, è camera sua. C’è un letto a una piazza e mezza, poster dall’aria molto vecchia e vestiti sparsi ovunque. Una radio enorme con casse ancora più grandi, la ps3 e l’Xbox360(1), giornalini – non oso avvicinar mici -, ma soprattutto c’è un fortissimo odore di lui.
Okay, devo stare calma.
Quando sento l’acqua scorrere, mi viene un’improvvisa idea.
Potrei rovistare tra le sue cose, magari scopro qualcosa.
Mi morbo il labbro, esitante.
Vorrei. È sbagliato. Ma...
C’è poco tempo per decidere.
Agisco.

(1): Questi sono nomi di prodotti commerciali, Xbox360, Ps3, Nike... Li ho utilizzati soltanto perché li ritenevo necessari per rendere il tutto più, in qualche modo, credibile, e assolutamente non per pubblicizzarli.
 

Dunque, rieccomi già!!
In questo capitolo, c'è sia la dolcezza di Andrea, che la sua grandissima freddezza.
E poi ... Sa cucinare !!! :3
Per ora, non si è parlato del prof Rossi, forse è stata proprio Cate a non volerlo fare, è comunque un trauma .
Né si è scoperta cos'è la "roba", ma manca davvero, davvero poco; per l'appunto, che farà Caterina? si, spiare è sbagliato, ma sapere la verità è importante !
"Non c'è tempo per pensare, agisco", chissà come agirà?
E soprattutto, se lo farà, Andrea la scoprirà?
Mm. :'3

CONTINUO A 1 RECENSIONE!

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Capitolo 6
*** 6. ***




 

6. I don’t know who you are but I’m with you1
In questo capitolo, c’è un POV Andrea! :3 Sì, lo so, è un po' breve però è pur sempre un POV Andrea !! (:
V'invinto a recensire, perché è un capitolo che mi è risultato un pò "difficile" da scrivere... Vorrei un'aiutino da voi! 
In ogni caso, ci vediamo più giù!
Vostra (pazza sclearata)
meme1.

 
Mi abbasso, piegata sulle ginocchia, con un’aria pensosa ed indecisa. Perché vorrei agire, capire, scoprire, ma è così sbagliato.
Violare la privacy d’una persona è una delle cose che ho sempre evitato di fare, ma d’altronde se in quest’occasione lo farò, sarà soltanto perché devo proteggere un po’ anche me.
Perché, se Andrea è drogato – il pensiero mi fa rabbrividire – devo scoprirlo.
E poi? Per poi che fare? Scappare e denunciarlo? O, magari, tentare d’aiutarlo, rischiando in prima persona?
Esito. Alla fine, senza pensare a nulla, agisco. Mi sposto verso il comò che c’è vicino al letto ed inizio ad aprire i cassetti. No, qui non sembra esserci nulla ... Solo biancheria!
Eh?!Ho le mani nei boxer di quel pazzo!
Chiudo immediatamente il cassetto, e passo a quello seguente. Cerco, cerco, ma non c’è nulla. Anzi, è tutto così normale.
Mi alzo, passandomi una mano tra i capelli. Cosa posso fare? La stanza è troppo grande, così facendo non scoprirò nulla.
Preoccupata, tendo l’orecchio. Sono stata così scema da non controllare, mentre raspavo tra la roba di Andrea! Ed ora?
M’immobilizzo.
Merda.
L’acqua non scorre più.
Con movimenti indecisi e lenti, mi volto verso la porta.
Ed Andrea è là.
 
 
*
 
 
La osservo, mezzo nudo, mentre rovista tra la mia roba, non curandosi del fatto che sono là, a spiarla.
È così bella.
Mi do uno schiaffo immaginario.
Lei non è bella! E’ secchiona, spiona e una pigna in culo!
Ma mentre penso queste cose, so che non stronzate. Da quel poco che la conosco, lei è favolosa.
Quando si alza, dopo aver rovistato tutto nel mio comò, resto immobile ad osservarla. Quei jeans le donano e mi dispiace d’averla trattata male, prima, quand’eravamo a scuola.
È che non so cos’è la cordialità. O la gentilezza. Ed ero in collera: chi ha dato – porca puttana – la roba a quell’idiota del prof?
Ed ecco il risultato: mi importuna la ragazza!
Mi importuna la ragazza? Quale ragazza? Lei non è la mia ragazza!
Si volta ed i suoi occhi così belli incrociano i miei.
Resto impassibile. Dovrei odiarla per ciò che ha fatto, ma in realtà mi viene solo da ridere.
 
 
*
 
 
— Andrea! —, gracchio con voce strozzata.
— Bambolina, perché erano là le tue mani? Vuoi i miei boxer? —, mi chiede ironico, mandandomi a fuoco.
Dio, non è giornata!
— N-no! Cioè, sì. Cioè, NO!
Ho detto si? Perché l’ho fatto?
Sono imbecille!
— Ah sì? Beh, se vuoi, prendi questi!
E così facendo mi indica quelli che ha addosso, passando una mano sull’elastico.
Mi volto dall’altra parte, rossa come un pomodoro.
Odio quando fa così.
Ma almeno non è incazzato.
Dalla mia posizione, lo vedo superarmi e, in boxer, sedersi sul letto. Così realizzo: il tatuaggio è là. .. in bella mostra di sé!
Ed io non riuscirò a difendermi né a dire qualcosa d’intelligente con lui così!
Stringo i pugni e lo guardo negli occhi.
Affogo nel blu delle sue iridi, ma non oso scontrarmi con le pupille, nere, fredde.
Lui alla fine sospira e, quasi annoiato, domanda: — Allora, perché?
Resto in silenzio.
‘Sai, vedevo se c’era un po’ di coca...’
Nah, non è l’approccio giusto.
Resto là a fare scena muta finché non batte più volte con la mano sul letto, accanto a sé.
Piuttosto che andare là muoio.
Lui mi dà un’occhiata ed io faccio l’errore di immergermi negli occhi. Meglio là che fissare il tatuaggio.
— Che c’è? Dai, vieni.
No!
Sbuffando si alza, ed io indietreggio. Lui con un sorriso avanza.
Indietro.
Avanti.
Troppi passi.
Cazzo, mi trovo a sbattere addosso all’armadio. È un po’ com’è successo oggi , col prof. Solo che riesco a pensare solo “vienimi più vicino”. Perché faccio così? dio, dovrei essere terrorizzata da ciò ch’è successo a scuola, ma niente. Penso solo al ragazzo davanti a me e...
E il mio sguardo cade più giù, sul tatuaggio.
Non m’interessa se noterà il mio sguardo là. Lo osservo. È un dragone che s’allaccia al fianco e corre su per le ossa della gabbia toracica. La coda invece va più giù...
Mm, troppo giù.
Alzo gli occhi, ed incontro i suoi sorridenti più che mai.
Sempre sorridendo – okay, mi fa un po’ paura ora – posa le mani accanto alla mia testa, intrappolandomi.
Con voce suadente, mormora: — Allora, cos’è che facevi?
La sua voce non è né fredda né calda.
Ancora una volta non riesco a capirlo.
È lui chiuso? O sono io che non riesco a “leggerlo”?
Balbetto a più non posso. Ora sì che sono imbarazzata.
Non si capisce una parola di ciò che dico ma, in teoria, dovrebbero essere scuse. Insomma, cos’altro dovrei dire?
Andrea però, da stronzo qual è, pensa bene di zittirmi a modo suo.
Si abbassa e posa le sue labbra sul mio collo.
Proprio dov’è andato, prima, il prof.
Ora... mi sento più pulita, ecco.
Lascia là un bacio leggero e poi risale per tutto il collo, finché non arriva all’orecchio. Scie di brividi mi percorrono la spina dorsale e, poiché non mi reggo in piedi, mi aggrappo alle sue spalle.
— Va beh, mi risponderai un’altra volta —, sussurra piano, con voce sexy. Il suo respiro sul mio collo. La scia dove ha lasciato i baci è rovente.
Stringo di più le sue spalle.
Siamo dannatamente vicini.
 Ma non mi basta, evidentemente, ne voglio di più, perché mi alzo sulle punte e gli do un bacio a stampo fugace sulle labbra.
Poi resto là. Immobile. Ci fissiamo.
Il suo sguardo è acceso, ora.
— Cos’era? —, mormora sulle mie labbra, sorridendo appena.
Passo una mano tra i suoi capelli – da quant’è che, inconsciamente, volevo farlo? Troppo tempo, troppo. Sono morbidi e setosi.
Poi realizzo ciò che mi ha chiesto. “Cos’era”.
Beh, un bacio, questo è ovvio.
Ma perché gliel’ho dato?
Neanch’io lo so, ora come ora.
Volevo farlo, ecco.
— Un bacio... ? —, mi limito a dire, ma lui scuote il capo, divertito.
Cosa?...
— No... Questo è un bacio!
E, veloce come un predatore, posa le sue labbra sulle mie, muovendole in modo esperto.
Mi stringo di più a lui, ricambiando e, quando mi morde il labbro inferiore, mi esce un gemito.
Cazzo! che figura di merda!
Apro gli occhi – quand’è che li ho chiusi? – e colgo il suo sguardo compiaciuto. È un attimo, perché poi lui ricomincia, e lo lascio entrare nella mia bocca.
O, al diavolo, fa’ ciò che vuoi!
Mi lascio completamente andare, e continuiamo a baciarci così per un tempo indefinito, stretti tra noi.
Andrea, con le mani ora sui miei fianchi, mi carezza la schiena, la pancia, sale fino al collo ...
Dal canto mio non riesco a far altro che stare aggrappata a lui.
Dopo un po’ siamo quasi costretti a lasciarci andare, ed io, involontariamente, sbuffo.
Lui ride, divertito, ancora stretto a me.
Così... Mio.
Ma so che non sarà mai così.
Con questo pensiero, raggelo e mi allontano un po’ da lui. Vado a sedermi sul letto, quasi in trance, senza pensare più a nulla.
E se lo fosse davvero, drogato?
Avrei dato il primo bacio ad un drogato.
Il mio primo bacio ...
Andrea si siede accanto a me, poi, non contento, si sposta dietro e da lì mi abbraccia, facendo scorrere le sue mani sulla mia schiena. Io rabbrividisco, pensando già al peggio.
Mai mi sarei aspettata che lui, proprio lui, si mettesse a farmi dei massaggi.
— Senti, Caterina, — mormora dopo un po’, con voce sexy, mentre ancora mi massaggia. Il suo respiro è sul mio orecchio, ed è dannatamente piacevole. — perché t’interessa così tanto cos’è la roba?
Stringo i pugni.
Ora gli dirò la verità.
Tutto cazzo, tutto.
— Ho paura. Che sia droga e che, magari, anche tu ne abusi.
Perché sto provando qualcosa per te. E, se tu fossi un... — esito. È terribilmente difficile dirlo ad alta voce. In quell’istante, Andrea s’immobilizza e lascia ricadere le mani sulle mie. Continuo più decisa. — Beh, non potrei mai... Non potrei più provare qualcosa, capisci?
Lui appoggia il suo mento sull’incavo del mio collo, quasi pensieroso. Sono in imbarazzo, ma tento di dargli un’occhiata. E così mi ricordo che è ancora in boxer e vado a fuoco.
Ancora di più. Ancora.
— Cos’è che provi, esattamente? — domanda, con voce ardente.
Avevo promesso che gli avrei detto la verità?
Bene, e così farò.
Mi aprirò con lui.
 
1Non so chi sei, ma sono con te (Avril Lavigne, “I’m whit you”).
 
Eccomi :3 Cosa ne pensate di questo capitolo?
Io dio, ahah, beh.. non so dài, che ne dite, commentate?? Dio, help  me ! non sono brava a scrivere cose del genere, uhmm..  :’3
Com’è andata??


COME AL SOLITO, CONTINUO A 1 RECENSIONE, minima ;D

Ps: che ne pensate del banner?? :3

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Capitolo 7
*** 7. ***




7.

Presto l’idea malsana di dirgli tutta la verità inizia a sembrarmi davvero l’unica soluzione possibile. Anche perché a forza d’aspettare, sento Andrea allontanarsi sempre più.
E così mi volto, abbracciandolo. Mi costa non poco stare in quell’assurda posizione, così stretti e vicini ... E poi c’è quel dannatissimo tatuaggio che mi attira lo sguardo, e m’invita a sfiorarlo ... A sfiorarne i bordi ...
— Allora? —, m’invita il ragazzo, un po’ impaziente, passandomi una mano sulla guancia. È una carezza... Ma ora non posso sopportarla, non riuscirei a dirgli più una parola; così, il più delicatamente possibile, lo scanso. Le nostre mani intrecciate vanno a finire giù, sulla mia coscia.
— Be’, è da poco che ti conosco... Meglio. — sussurro, guardando ovunque tranne che lui. È troppo. — Ma non penso che tu sia ‘cattivo’, o ‘strano’... Come dicono.
Alzo gli occhi.
Ciò che gli dirò ora deve capire che è la verità. Deve entrargli nel cuore – se ce l’ha – e restarci. Così sfido quel blu, che ora è ansioso e curioso.
— Penso che tu sia dolce. E cretino sì ... — sorridiamo, lui sciallo1, io più imbarazzata che mai. Dire i miei sentimenti a qualcun altro, oltre che a Nella, è sempre stato difficile. Ma non avrei perso quell’occasione. — Tuttavia, credo che così non si possa andare avanti.
Cioè, mi spiego. Tu sì, cazzo, mi piaci.Non solo esteriormente, ovviamente. È che ogni volta vedo qualcun’altra con te... Sara...
M’interrompe, con un sorriso dolce. — Per questo l’hai insultata? Dài, è solo una scopamica2.
Queste parole che cosa dovrebbero farmi?
Mi sento un po’ un’illusa, perché io non arriverò mai a quel punto con lui – e sì, vero, forse sto sbagliando persino ora, a dirgli la verità.
Dall’altra parte è bello sentirsi dire che non stanno assieme, è un po’ ciò che speravo senza accorgermene.
— Ah sì? —, biascico, senza più capire che fare.
Siamo così vicini e...
Così vicini che...
Esito, tento d’allontanarmi e Andrea, appena se ne accorge, mi afferra i fianchi, trattenendomi a sé.
Appoggiando la sua bocca sul mio collo, sussurra: — L’ultima volta quella puttana c’ha interrotto. Ti stavo per chiedere — si alza e mi guarda dritta negli occhi, così vicino a me che, avanzando d’una spanna – forse meno – col viso, avrei potuto baciarlo — vuoi suonare con me?
Rimango un po’ interdetta. Tutto mi sarei aspettato meno questo. È vero, conosco così poco Andrea... E chissà che cosa suona?
Annuisco, decisa. Forse per stare con lui dovrò soltanto essere più sicura di me stessa. — Sì, d’accordo. cosa suoni?
Ci alziamo e mi prende per mano. Andiamo giù, in salotto.
— La chitarra.
Sorrido. È così... Intimo.
Questa volta però, non mi disturba, anzi, vorrei stargli ancora più vicina. Mi costringo a sedermi al pianoforte che, solo ora, ho visto, evitando di saltargli addosso.
— Che suoniamo? — domando, sorridendogli dalla mia postazione. Lui s’abbassa verso terra a 90° – così ho la visione del suo lato B da urlo, che mi fa venire in mente pensieri non così consoni per una ragazza come me, sempre attenta a ciò che dice, sempre pronta a evitare di fare cose "pervertite" – e successivamente si rialza con in mano lo strumento ed uno spartito. Me lo lancia e l’afferro. È «In the end», dei Linkin Park. È un brano splendido, del loro album che ha fatto più successo .
— Cominciamo?
— Sì.
Suoniamo. È tutto così... Sì, sono ripetitiva. Intimo.
Alzo lo sguardo dai tasti, ho già suonato questo brano più e più volte, così già so le note.
Lo sguardo di Andrea è posato sulle sue mani e concentrato, ha la boccia stretta e le sopracciglia piegate all'ingiù, verso il basso.
Direi che è l'immagine perfetta della concentrazione, se non avessi mai visto Nella quando disegna. Lei è bravissima a disegnare e, quando lo fà, è dannatamente decisa, convinta, ma allo stesso tempo sciolta e sicura.
La invidio: tutto ciò la porta a riuscire al meglio in tutto ciò che fa.
Mentre io ... Beh, a guardarmi potrebbe sembrare così.
La ragazza sicura di sé, o che almeno così dà a vedere, quella che pensa 'non conta né la bellezza né avere grandi tette, ma cervello'.
E sì, è così.
Ma sono anche quella che, appena deve fare qualcosa, pensa: "e se...?"
Non l'ho fatto davvero poche volte.
Un esempio? 
Oggi. Dicendo a Andrea tutta la verità.
Però, ora che ci penso, lui non ha ancora risposto.
Lo farà?
Lo fisso e m’imbarazzo.
Così bello.
Così perfetto.
Così troppo - per me.
Ioho baciatolui?
È quasi un sogno.
Solo che è la realtà.
Finisco per sbagliare le note, così Andrea si mette a ridere e s’avvicina sempre più a me, posando a terra la chitarra . Il suo sguardo è acceso da qualcosa però, ora come ora, non mi sento pronta a conoscere e così, quando inizia a baciarmi, metto un po’ di distacco.
Lui non lo capisce, o lo ignora,  e continua a farmi andare in paradiso. Abbracciati sempre di più, stretti tra noi, cominciamo ad andare sempre più oltre.
Oh, al diavolo!
Lo bacio con più passione, e anche Andrea fa così.
Quando mi tocca il lato B faccio un salto e un urletto tra le sue labbra.
— Ssh, micina! Fa la buona.
— Io mi chiamo ...
Inutile dire che mi zittisce con un bacio più approfondito.
Mi lascio nelle sue mani: è tutto ciò che voglio.
 
 
*
 
 
Non ricordo più come, verso le 7, quando mi sveglio, mi ritrovo sdraiata su un letto – il suo letto!! – con diverse birre sparse attorno a me.
Che cazzo?
Mi tiro su e tendo l’orecchio.
Sento delle urla provenire da un’altra stanza.
No.
Non posso né voglio crederci.
Sì, certo, un sogno ...
Ecco cos’era, solo quello.
Ora che mi sono svegliata la festa è finita.
Mi ributto giù, sui cuscini.
Aspetto.
Qualcosa accadrà , no?
Passa il tempo e, per non fare preoccupare mia madre, le invio un SMS.
Sono a cena da Nella.
Poi, per non bruciarmi da sola l’alibi, ne invio uno alla mia amica.
Fingo d’essere da te perché sono da Andrea. Coprimi. Ti dirò.
Certooo! Che fate scopate?!?
Prevedibile.
Com’è prevedibile che butto giù un po’ di santi.
Cristo.
Perché voglio piangere?
Non è ovvio?
Ho detto tutto ciò che provavo ad Andrea.
E come risponde? Mi fa ubriacare, mi porta in camera sua e va...
A farselo con un’altra!
Stringo i pugni.
Oh, se gliela farò pagare!
Il bacio di prima è ancora così impresso nella mia mente che riesco a sentirne il sapore!
Mi alzo e, con furia, mi dirigo giù, verso le urla.
Ma come...?
Oddio, non è possibile.
 
 
 
1Sciallo: noncurante, sciolto, a suo agio.
2Scopamica/o: nei giovani d’oggi, c’è l’abitudine d’incontrarsi per fare sesso e basta, senz’alcuna complicazione seguente. Si ‘scopa’ ma sono amici.
 
Ehi ! :3:) Come và? Che pensate di questo capitolo ? è dolce... ma Andrea cos’ha combinato!
Piuttosto, cos’è che sta per combinare la nostra Caterina?! “Oddio , non è possibile.
Che vorrà mai dire?
Comunque, non sono dolciosi?



Dal prossimo capitolo (solo un pochettino eh :D)
Scendo giù giù le scale, già convinta che lo beccherò solo con Sara, o peggio... Con più d'una.
Ma dannazione, non è così... E devo assolutamente ammetterlo. E' la figura di merda peggiore che abbia mai fatto!!


Spero d'avervi incuriosito almeno un po', eh :3
In ogni caso, se ci fosse qualcuna che segue She's on fire, vada a leggere il capitolo 9.

Bene, ... Io vado !<3<3


Continuo a 1 recensione ! ;)

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Capitolo 8
*** 8. ***





8.

Oh, me la pagherà!
Inondata d’ira, scendo i gradini a due a due – rischiando più volte d’inciampare e cadere giù – e corro verso la stanza da dove proviene il rumore.
Non mi preoccupo neppure di tendere l’orecchio per sentire chi è, dando già per scontato che sia Sara.
Perché sono così idiota?
Perché gli ho detto tutta la verità?
Ogni mio fottuto sentimento?
Così, ovviamente, troverà l’occasione per calpestare la mia dignità. Andrà in giro a ridere e farselo con altre, dicendo a tutti com’è che mi piace.
Perché sono così idiota?
Entro nel salotto, passando sotto l’arco bianco che funge da ingresso. Cazzo! Cazzo se pagherà. Cazzo se soffrirà lui!
Entro, sempre correndo, col fiatone.
Do un’occhiata davanti a me, e... Oh, mio dio.
Perché sono così idiota?
Sì, ho già sbagliato a dirgli tutta la verità.
Ed ora ...
Perché non mi sono nemmeno posta il problema?
Insomma, lui è un ragazzo! Un uomo, con tutto ciò che segue!
Oddio!
— Oh, ciao bellissima! —, mi saluta un ragazzo che riconosco subito. È anche lui nel gruppetto d’amici di Andrea, i “fighi della scuola”, quelli che – suppongo, ma non di più – fanno utilizzo della “roba”.
Lo riconosco, deve essere uno dei più fidati di Andrea.
È Manuele, che Andrea spesso, a lezione, chiama “Manu!”, interrompendo i prof. Più e più volte i due sono stati cacciati dall’aula, e uscendo, se le ridevano.
 
 
*
 
 
Guardo per l’ennesima volta Caterina, stesa sul mio divano.
È stato così bello passare un pomeriggio ... Serio? Lo definirei così? Comunque, un pomeriggio del genere – piacevole ma sobrio, a parte le birrette – con una ragazza.
È strano, per uno come me.
E, l’ammetto, mi è piaciuto.
Non per questo non la guardo con un occhio “obbiettivo”. Caterina è proprio bella; come ragazza non è la “perfezione”, ma l’ammetto, in questo caso non m’interessa. Il suo carattere conta, te la fa vedere con un occhio diverso.
Te la fa adorare.
È, sì, guardinga.
Prima d’iniziare a fidarsi d’una persona, controlla ogni cosa.
Allora perché, mi chiedo, s’è fidata così tanto di me? Dicendomi già tutta la verità?
Ciò che prova. È così bello sentirsi dire cose simili.
E non un “sei bellissimo”, seguito a ruota da un “scopami!”.
Quando me l’ha detto, non posso nasconderlo, ero lusingato ed onorato, quasi. Per questo l’ho fatta entrare un po’ più nella mia vita, condividendo con lei una mia grande passione: la musica.
È stato bellissimo suonare, sentire la sua bravura, e quando ha iniziato a sbagliare – poiché mi guardava, sfacciata, credendo che non la vedessi – l’abbiamo presa sul ridere, anziché in altri modi.
Ma non la vedo ancora come altro che un’amica.
Forse è un poco più d’una amica.
E l’ammetto, vorrei avere una ragazza così.
Mi risveglio. Com’è che mi ritrovo a fantasticare su lei e me?
Le do un’ultima occhiata e poi la prendo in braccio – senza curarmi di dove metto le mani, tanto non lo saprà mai. E che bel culetto! – e la porto in camera mia, sorridendo come un idiota.
E forse sì, lo sono un po’.
Mi sto rammollendo per lei.
Mentre l’appoggio sul letto, mi rendo conto che le avrei quasi detto cos’è la roba, se non mi avesse interrotto con ... Quello. Che è stato meglio.
E poi, a chi vuole darla a bere? È ovvio che la roba è droga, com’è ovvio che Rossi ne ha abusato! Appena scoprirò chi è stato, l’ammazzerò. Anche perché ha osato – quasi – toccare lei.
Che è mia.
Mi do mentalmente dell’idiota – ancora – mentre vado giù correndo ed afferro il cellulare – un nuovo Samsung Galaxy S41 – e invio un messaggio a Manu.
 
 
*
 
 
Ommioddio!
Perché? Perché a me?!
Guardo, allibita, per l’ennesima volta i due ragazzi e poi mi soffermo sulla TV con il volume al massimo.
È da lì, dal porno, che arrivano le urla.
E i due ragazzi se la ridono, divertiti da me.
— Dai, che faccia! — esclama Manuele, ridendo a più non posso.
Anche Andrea se la ride e mette in pausa la TV. Non voglio più averne a che fare! Che schifo!
Un porno a volume così alto! Ma che cos’è, non capiscono che così ha sentito tutto il vicinato!?
E che hanno scioccato anche me!?
O cos’è , i vicini sono abituati?!
Andrea si alza dal divano, dove spero non sia successo niente – no, Cate, non pensarci! ... No! ... -, e mi raggiunge.
Mettendo le mani sulle mie spalle, sorride in modo sincero, così bello che mi fa divenire le gambe di gelatina, e commenta: — Vuoi che andiamo a finire il film su? —, commenta, sfacciato.
Cosa?
— NO! —, urlo, camminando all’indietro, e facendo ridere anche di più i due.
Camminando all’indietro, non mi accorgo di un ostacolo che c’è per terra – uno zaino maledetto! – e rotolo giù a terra, a gambe  all’aria. Grazie a dio non ho la gonna bensì i jeans.
I due se la ridono, e quando alzo il busto, ancora intontita, li vedo stesi a terra piegati in due dal ridere.
— Uffa! —, sbotto, anch’io però divertita.
Sono anche un po’ felice d’averli fatto ridere, soprattutto però di aver fatto ridere Andrea. È così bello quando sorride, così allegro, così ... perfetto.
Un dio.
Eh sì, e più lo guardo, più m’innamoro.
M’innamoro?
Sì, è vero, anche prima gli ho detto che mi piace un po’  e tutto ... ma innamorarmi? È un po’ troppo. Almeno, per ora.
E poi lui è lui.
Non c’è niente da fare, Sara potrebbe chiamarlo da un momento all’altro e lui andrebbe con lei, e io rimarrei sola, col cuore spezzato a metà.
Mi alzo e più lontana, saluto tutti.
Manuele s’avvicina e mi schiocca un bacio sulla guancia, sotto lo sguardo infastidito di Andrea.
Perché?
Insomma, non stiamo mica assieme ... Non ha senso che sia così.
O è un’impressione mia?
È molto più probabile,mi sussurra una vocina in testa, che già odio. È la mia coscienza?
— Allora, ciao. — bisbiglio, un po’ in ansia.
Ed esco, in velocità.
Non mi piacciono questi sbalzi, ma non posso farci nulla.
È che sono insicura di me quando sto con Andrea.
 
 
*
 
 
Passo l’intero pomeriggio stesa a letto, a parlare dei miei dubbi con Nella.
Lei si definisce – sue parole! – “team Andrea”, perché pensa che qualcosa scatterà. Amore? Mah.
Sotto sotto ci spero anch’io.
Nella è molto felice per il fatto che abbiamo suonato assieme, dice che è tremendamente romantico.
Ma è delusa perché non abbiamo scopato.
— Nel! La vita non è solo sesso!... —, borbotto.
— Ah sì? Va beh — dice dall’altro capo, ma è solo per assecondarmi. “Sì, sì”, certo. Ignoro ciò e l’ascolto. — Come ti è venuto l’esercizio a pagina 377 numero 14 d’inglese?
Eh?
Libro?
— Ah già! Sei in C! Ma vi danno compiti?
E inizia a blaterare.
Ma io già non ci sono più con la testa.
Inizio a ripetere più volte “merda” e poi la saluto in velocità.
Ho lasciato l’intero zaino da Andrea, troppo scioccata da ciò ch’era successo! Che nel ha definito la “normalità”. Ma non è normale!
È pervertito!
M’infilo una giacca, fa un po’ freddo, e corro alla bici che è in garage. Mi torna in mente il periodo, quand’ero piccola, che credevo che qui ci fossero mostri.
Mah, ero un po’ scema.
Tutt’ora lo sono.
Afferro il manubrio e salto sulla sella della bici, preoccupata.
Non posso lasciare semplicemente tutto là.
Così, inizio a pedalare, diretta alla casa d’Andrea – sperando che sia là.
In effetti, sarà difficile che sia lì. È pur sempre un ragazzo ed è sera, perciò sarà fuori.
Io comunque corro verso lui.
 
1Samsung ( ... ): è sempre per rendere il tutto più “credibile”, e non per pubblicità.
 
Rieccomi! Il capitolo com’è? C’è un POV Andrea, giusto per far capire com’è che la pensa! :3
Per me è dolce ... però è pur sempre un ragazzo e ahhaha <3 dio, povera Cate!! È arrivata in un momento un po’ ... ahah ^^
Beh, poteva vedere di peggio!
Che ne dite?
E quand’è caduta??
Oddio!!
Siete team Andrea come Nella? <3<3
A presto!
(Ps: Quando faccio un POV diverso, tipo POV Andrea, per voi, devo scriverlo o va bene così? premettendo che non ci saranno altri POV, per ora)


Continuo a 1 RECENSIONE!

NEL PROSSIMO CAPITOLO ... Caterina andrà a casa di Andrea, ma lo troverà? E lo troverà solo o, magari, con Sara? Se sì, vorrà spiegazioni più dettagliate?
E le importa o no di Andrea? Cioè, vuole andare oltre? (...)

(Che ne dite del nuovo banner?).


GRAZIE PER AVER LETTO, 
meme1

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Capitolo 9
*** 9. ***




9.

PREMESSA.
Okay, nel capitolo che segue si scoprirà che Caterina è atea. (poi leggerete, chiaramente).
Non so se questo può urtare qualcuna di voi lettrici (?), ma comunque l’argomento ‘religione’ lì è e lì finisce, d’accordo?
Se v’infastidisce, levo quella parte, era solo per far conoscere un po’ più il personaggio.

 
Ringraziogià qui le ragazze che recensiscono!! Grazie mille tesore ;D
 
Beh, allora buona lettura e... spero d’avervi sorprese :3 :3
(feel like a boss)

 
 
Fa che sia a casa.
Fa che sia a casa.
Fa che sia a casa e fa che sia solo.
Prego. Ma in realtà, chi prego? Pur essendo battezzata, sono atea. Sì, beh, ovvio che ogni tanto sono costretta ad andare in chiesa, perché i miei non approvano. Ma stando lì, seduta su quelle panche scomode e fredde, con -40°C d’inverno e d’estate, non provo nulla.
Quando il prete recita il credo, io non lo imito, né prendo, poi, la particola. Per i miei questa è una cosa stupida, e vorrebbero che facessi la cresima.
Risposta? «No, mai.»
Non so perché ce l’ho così tanto con dio. Anzi, veramente io non ce l’ho con lui, è solo che non sono pronta ad esserne così devota. E quando lo sarò – se, lo sarò – non credo proprio che una cresima in più mi cambierà troppo le cose.
Do un’occhiata all’ora. Le 9,30. Quando sono uscita da casa di Andrea erano poco più che le sette, e sono rimasta a letto finché Nel non mi ha ricordato la scuola.
Dove sono i miei?
Mentre sfreccio, evitando le pozzanghere, rimugino un po’.
Ah! Vero! Oggi è il loro giorno, fanno dieci anni di matrimonio! Come  ho potuto dimenticarlo?
Così staranno fuori, è vero, tutta la notte.
Per fare che, poi?
No!
Arrivo davanti alla casa di Andrea e do un’occhiata. Sembra ci sia qualcuno, e spero vivamente che sia lui, perché non vorrei incontrare i suoi genitori – o peggio – che partirebbero con le solite domande da interrogatorio.
“Quand’è che fate un mese?”
“Com’è che vi siete conosciuti?”
“Lo ami Quanto?”
Cos’è, un questionario?
Devo mettere le crocette?
Scendo giù dalla bici, lasciandola in malo modo sul marciapiede e suono il campanello, con l’adrenalina nelle venne.
Andrea.
È l’unica cosa che voglio anche se, lo so, non dovrei. Aprirmi così tanto è stato splendido, magico, ma non è detto che sia stata la miglior cosa da fare.
O sì? È che lì, dopo il bacio, sembrava tutto così magico ...
— Chi è?
La voce che mi arriva è danneggiata dal campanello, ma è indiscutibilmente Andrea, così mi piego verso l’apparecchio e rispondo: — Sono Caterina!
Con un sonoro bzzz! metallico, il cancello si apre.
Do un’occhiata, indecisa , alla bici.
Alla fine scelgo di portarla con me, l’ultima cosa che voglio è restare a piedi.
A passo spedito, che nasconde però l’urgenza di rivederlo e l’insicurezza, perché chissà con chi è, mi avvio al portone. Prima che possa bussare – o entrare, o che ne so – Andrea lo apre ed appare davanti a me.
Questa volta s’è degnato di indossare una maglia.
Con un sorriso aperto, commenta: — Che c’è, non puoi starmi lontana, piccola? —. La frase di per sé dovrebbe farmi infuriare, e ancora di più per il “piccola”, ma il mio cervello è idiota, così inizio a sorridere come un’ebete e a balbettare.
— Ehm, no. È che... lo zaino. Il mio. È qua.
Okay, chi ha vinto il premio per stupidità?
Caterina!
Lui mi lancia un’occhiata fugace, che non interpreto, e si sposta per farmi entrare, restando però sulla porta, così che, nel passare, lo sfioro.
Sto già per iniziare con le ricerche – il damerino sicuro non ha intenzione d’aiutare! – quando, inaspettatamente, Andrea mi afferra i fianchi e mi spinge addosso a sé.
— Non provare a mettere mano sulle mie cose.
Cosa?...
Non capisco.
Perché? Cosa intende?
Dopo un po’ – quand’è già lontano – afferro il concetto, forse. Deve riferirsi a ciò ch’è successo oggi, prima del bacio.
Ma perché mai?
Cos’ha da nascondere?
Spaventata – se fa così, vuol dire che qualcosa da nascondere c’è – corro in salotto, dov’ero caduta, ed afferro lo zaino.
Andrea è lì, disteso sul divano, a guardare la TV; grazie a dio questa volta c’è un programma decente.
Esito, guardandolo. È concentrato sullo schermo e non mi degna d’uno sguardo, così posso ammirarlo. È dannatamente bello, ma così freddo e distante.
E in quel momento, così vicini eppure così distanti, afferro il concetto che è dentro me dalla prima volta che mi ha guardata. Sì, è passato così poco tempo, tuttavia per innamorarsi basta meno d’un secondo , no?
E così capisco: io tengo ad Andrea.
Sì. Ci tengo, e tanto cazzo!
Non lo farò scappare via così ... A causa della mia stupidità.
Mai!
Lui sarà mio – decido, veloce, mentre lascio cadere con un botto a terra lo zaino, e azzero la distanza tra noi.
Quando mi siedo a terra davanti al divano, il ragazzo non sposta nemmeno lo sguardo.
Così, più decisa che mai, alzo una mano e la passo, lenta, sul suo braccio. Sono quasi arrivata alla spalla, in un percorso sempre più lento, quando lui l’afferra e la porta giù, stringendola tra le sue.
Quando parla non mi degna d’un’occhiata.
— Cos’è che vuoi, Caterina? —, domanda, freddo.
È così strano.
Quando sono arrivata era felice.
Poi d’un tratto non più.
So già il perché: ci sarà della. ... roba ... a casa sua.
Lì, vicino a noi.
Magari in lui.
— Scusarmi, per prima.
Lui abbassa lo sguardo, ed è quasi compiaciuto. Lei sue parole però non lo danno a vedere.
— Ah. E perché mai? Per il bacio? Cos’è, già ritiri tutto?
Cosa? — NO! —, esclamo, eliminando ogni mia difesa. Ecco, l’ho ammesso: io gli voglio bene.
Ora non può più ignorarmi.
Vero?
Sposta i suoi occhi blu su me, interrogativo.
— E perché, allora? —, sibila, serrando poi la mascella.
Mi sono fatta coinvolgere troppo.
Do un’occhiata ai suoi occhi ma sono normali. Cos’ha?
— Perché ... Ho capito d’essere stata sciocca, ho ipotizzato ch’eri drogato, ed è un errore. Perché io credo in te, e so che... — parola dopo parola il suo sguardo si fa più acceso, e la mia voce più fievole.
Lui si alza e, tirandomi su, mi mette a sedere accanto a sé.
È forte.
Dovrebbe spaventarmi.
Perché non lo fa?
— Ah sì? È così che pensi d’intenerirmi? E perché non ti scusi invece per aver rubato la mia roba?!
COSA?
Non capisco, lo guardo atterrita.
Io?
Rubare?
Droga?
No, mai! E poi ...
Un dolore improvviso mi coglie.
L’ha ammesso.
Ma guardandolo negli occhi ignoro questo fatto.
Non m’interessa.
È lui che amo. È lui che aiuterò!
È drogato?
Cambierà.
Con me.
Deglutisco a vuoto, per poi parlare. La mia voce è roca e titubante, ma procedo: —Non capisco che intendi. Nemmeno sapevo che eri ... Così, insomma. Come posso aver rubato della ...? No, Andrea, sbagli.
Mi vengono le lacrime agli occhi nel vederlo così distaccato. — Io ero qui per dirti che ti voglio bene, che sei importante.
La mia voce, ormai un sussurro, si spezza.
Resto lì, immobile, fragile.
Cedo.
E più lacrime scivolano giù. Appoggio le mie mani sugli occhi, sentendomi più sola che mai.
Non mi aiuterà. Mi caccerà. E odierà.
E quest’incubo non avrà fine!
Cado, cado, cado.
È tutto nero.
È tutto buio.
È tutto perso.
È...
S’avvicina e mi abbraccia.
Luce.
— Cosa?...
Lui, accarezzandomi la schiena con le mani, mormora: — Sono un’idiota. Ho dubitato di te. È un disonore, per me. Scusa.
Scusa?
Si scusa?
Afferro il suo volto con le mani e lo alzo dalla mia spalla. E senza curarmi di nulla lo bacio. — Sei importante per me. — gli sussurro ad un orecchio. È il mio segreto.
Che ne faccia ciò che vuole.
 
 
*
 
 
Dove cazzo è la roba?
Dov’è? Dov’è?
Dove cazzo è andata?
Rovisto tra i cassetti, con sempre più paura. Perché non c’è più?
Alla fine – dopo aver rivoltato mezza camera – mi arrendo e mi butto sul letto. Okay, guardiamo tutto in modo obbiettivo.
La robanon c’è più.
In camera mia c’è stata solo Sara – anche se per poco – e Caterina, negli ultimi periodi.
Perciò ... E’ una di loro.
Caterina.
Sara non è così intelligente e in più lei nonsa. Caterina neppure, ma intuisce e poi, l’ho già beccata con le mani nel sacco.
È stata lei.
Quest’idea fa male – perché mi fidavo cazzo ... – ma è l’unica possibile.
Possibile che lei, una ragazza così dolce e favolosa, sia anche una ladra? Stringo i pugni. Eh sì che dopo l’episodio col prof dovrebbe aver messo il cervello un po’ a posto...
Vorrei farla fuori.
Quella roba ... Cazzo, devo prendere un po’ per quando tornerà mio papà o non riuscirò a sopportarlo!...
La domanda è: perché l’ha fatto?
Sì, è vero, mi vuole bene e sicuramente non vorrà che io abusi di quella roba ... Ma ...
Un’idea. Mi colpisce.
Bom.
E se fosse andata dalla polizia?
Stringo i pugni.
Domani ci parlerò.
Mi volto, penso, penso, penso.
La serata passa così finché non scendo a guardare un po’ di TV. Penso. Com’è che gliela farò pagare?
Perché lei deve pagare.
Driiin.
Il campanello.
Oh no, non ora! Sono così incazzato che potrei ammazzare chiunque.
Chiedo svogliatamente ‘chi è’, e quando la sua voce mi risponde, vorrei sotterrarmi.
Come potrò sopportarla? Senza picchiarla?
... Picchiarla?
No, non potrei mai. È mia amica . è più che un’amica.
Stringo i pugni quando la vedo arrivare con la bici vicino, per poi lasciarla cadere a terra.
La faccio entrare e, quando sta passando sotto l’arcata della porta, l’afferro.
È più forte di me.
Non provare a metter mano nelle mie cose.
Lei mi guarda sbalordita e rimane lì immobile, così io me ne torno in salotto. Sento la porta sbattere e i suoi passi, così chiudo gli occhi .
Fa così male essere traditi.
Ma poi tutto accade in pochi istanti. Lei viene lì da me e io l’accuso, pesantemente, le urlo addosso ch’è una ladra.
E sì ammetto d’avere la “roba” anch’io.
Ancor più velocemente capisco d’essere ionel torto: iosono l’idiota, ioforse la perderò.
Non sono le sue parole a convincermi – anche se sì, l’ammetto, sentirmi dire io ero qui per dirti che ti voglio bene, sei importantemi spiazza, letteralmente.
È però il suo sguardo, così puro, così sincero.
Mi destabilizza.
Totalmente.
Una parte di me urla: no idiota, no! Non abbracciarla! Chi è il duro?
Ma un’altra, più grande, più mia, replica: Abbracciala. È tua. Ti ama, forse. E non sei così idiota da perderla.
È ovvio che l’abbraccio.
Mi scuso.
E ci baciamo. Sì, capisco d’aver ritrovato questa ragazza. Che – forse – mi ama.
 
 
 
*
 
 
Ci stringiamo in quel modo così intimo ancora per un po’ di tempo, finché non mi dico che davvero ora di sapere cos’è la “roba”. E soprattutto perché era così furioso con me.
Mi allontano e sì, l’ammetto. È difficile.
Guardandolo negli occhi sussurro – ben sapendo che, così, rovinerò il momento. Ma la verità è più importante. Romanticismo sotto lo zero eh...
— Perché eri... Così furioso?
So già mezza risposta.
Ma deve dirmela lui.
Stringe i pugni. — Ti racconterò tutto. Mi fido di te.
Mi fido di te.
Sento che queste parole – le più belle che mi abbia detto fin ora – si imprimono nel mio cuore.
Sorrido. Non m’importa ciò che dirà.
M’importa lui, adesso.
Quando comincia – con voce prima insicura, poi più decisa – mi si stringe comunque lo stomaco. So che sta parlando di cose serie, problematiche. Difficili.
Ancor più so che si sta aprendo a me, e come può non farmi piacere?
— La roba è droga.
Dritto al punto.
Annuisco, quando mi guarda per capire se lo sto seguendo. Gli afferro una mano e la stringo. È ovvio che l’ascolto.
— Io... Sì. Ne ho abusato. Ma non giudicarmi — s’affretta a dire, e non mi lascia tempo neanche per pensare: — La uso perché la mia è una famiglia difficile. Sì, non è una giustificazione.
Mio padre è un alcolizzato.
Lo odio e l’ammiro, per certi versi. Lo saprai anche tu che è un manager di successo. Questo, di giorno. E di notte ... beh, hai capito. Ma è così bravo che solo io e mia madre ... e tu, ora, lo sappiamo.
Mi osserva.
Annuisco.
Scioccata.
Inizia a giocare con le mie dita, ma non sento il suo tocco. Alcolizzato. Drogato. Difficile.
— Ogni tanto torna a casa. Così quando c’è, non riesco a non utilizzare la... Droga. Sì. È vero, è sbagliato. Ma è impossibile non farlo! — i suoi occhi blu s’incupiscono. — Lo so, io sbaglio, e sbaglio, e sbaglio.
Ma è l’unico modo, capisci? — mi lancia un’occhiata in tralice.
Non annuisco.
Né nego.
Come posso capire?
Procede comunque. — Tra poco mio padre sarà di ritorno. Mia madre pure e... la situazione sarà disastrosa. Non voglio immaginare. Nel comò dove hai cercato tu prima c’è un cassetto nascosto. Lì c’è... C’era la droga.
— Come, c’era?
— Qualcuno l’ha rubata. Però in camera mia siete venute solo tu e... Sara. Così ho ipotizzato fossi tu, perché sai... Eri lì.
È dispiaciuto sinceramente, così gli afferro una mano e gli do un bacio.
Non m’importa.
È il nome ‘Sara’ che mi irrita.
— Pensi che l’abbia presa lei?
— Sì. Almeno, è l’unica cosa possibile ...
— Ma... E Manuele?
Stringe i pugni. In uno c’è la mia mano dentro, e gemo di dolore, così la molla e mi lancia un’occhiata di scuse.
— Anche lui è... Mmm. Meno di me. Per le serate. È mio amico e sì, è vero, anche lui sa di mio padre. Sa che arriverà. Non l’avrebbe maifatto.
— Ovvio. Che si fa?
Lui mi rivolge uno sguardo stupito.
— Vuoi... Aiutarmi?
Non è ovvio? — Sì.
Mi abbraccia, stringendo forse più del dovuto. Ma ricambio anch’io. So che per lui è – sono – importante ora. Un po’ d’aiuto.
Mi avvicino al suo orecchio, e seria, mormoro: — Promettimi che non la userai più. La droga non è una soluzione.
Annuisce. Poi mi bacia.
 
Che posso dire?
AMATEMI!! È un capitolo lunghissimo, con un POV ANDREA e tanto looove :3 <3
L’ho scritto così anche perché non so se domani potrò aggiornare, sorry ..!
Comunque, che ne dite?? :D
Ripeto: GRAZIEEE a chi segue/commenta/.. la storia. È importante per me!!!<3<3
E così Andrea l’ammette.
1, gli piace Caterina e 2, purtroppo si droga. Per “necessità”.
Smetterà con l’aiuto di lei?
E lei riuscirà ad aiutarlo?
MISTERO!
Beh, direi che è così. :’3

 
Continuo a 1 recensione minima,
ovviamente se ce n’è già una non è che non dovete recensire eh! U.U ahah ciau;D

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Capitolo 10
*** 10. ***




La vendetta è un piatto che va servito freddo.


"La letteratura è evasione;
chi legge non è un nerd,
chi legge è un avventuriero!"
-Cit.
10.
— Cos’è che facciamo ora?
La mia domanda è più che lecita. Io ed Andrea abbiamo appena finito di cenare – ha cucinato lui, dei manicaretti da leccarsi i baffi che, grazie a dio, non ho -, e i miei mi hanno anche chiamata per sapere come stavo. Gli ho detto la verità, e cioè ch’ero fuori da un amico.
Quando ho pronunciato quella parola, Andrea ha messo il broncio e così, chiusa la telefonata, sorridendo e ridendo, soprattutto, gli ho spiegato: — Altrimenti, iniziano a farmi domande! Oh, dài, non sarai arrabbiato? Tu!
Dopo aver riso, scherzato e... esserci baciati, ho finalmente avuto la buona volontà di ritornare alla realtà. La verità è che Andrea è in pericolo, qualcuno ha preso la sua roba e, ahimé, ce l’ha in pugno.
Potrebbe andare dalla polizia, o chissà che cosa.
Non voglio pensarci. Sarebbe stato meglio se l’avessi trovata io la droga, cazzo, perché non ho controllato meglio?
— Pensavo d’andare domani da Sara. Noi però dobbiamo restare in segreto... — , sussurra, e si vede che è riluttante. Io però non ne capisco il perché. Cioè? Perché dovremmo? È un disonore per lui stare con me? Non riesco neppure a sottoporgli i miei dubbi, che spiega: — Se ce l’ha Sara, la roba, s’incazzerebbe di brutto. Impazzirebbe e, oplà!, sarei nella merda, capisci? Neanch’io vorrei...
— Sei astuto, cucciolo. —, mormoro, schioccandogli un bacio sulla guancia. E lui, sorridendo, esclama:
— Chi è che non sopportava i soprannomi? ‘Io mi chiamo Andrea, sai...’ —  e mi imita, causando le mie – e sue – risate a più non posso.
Dopo un po’ d’ho un’occhiata all’ora, nell’orologio della cucina. Sono le dieci e più, non posso più restare là. Purtroppo.
In realtà, potrei dormire là... Insomma, volendo! I miei non ci sono e...
Arrossisco.
Ovviamente, Andrea lo nota. S’avvicina ancor più a me, scendendo giù dalla sua sedia e poggiandosi sulle mie gambe. Non dico che è pesante... ma non dovrebbe essere il contrario?
E perché tento di distrarmi?
— No, nulla... è che...
— Ehi!... Che c’è, piccola?
Al che si volta, abbracciandomi. Ma no, non resterò di già a dormire là. Anche se, effettivamente, non sarebbe la prima volta.
Sono pur sempre Caterina, la “sobria”, la decisa, l’intelligente... e restare là non sarebbe proprio tale. Perciò, mi costringo – e lo costringo – ad alzarmi e avviarmi alla porta.
— C’è che è ora d’andare a casa! —, esclamo, afferrando lo zaino.
Lui mi prende una mano, sorridendo più che mai. — No. 
Gli lancio un’occhiata truce. Cos’è, mi sta sfidando? — Sì. È tardi e, se domani dovremo affrontare la tro... Sara, dobbiamo essere in forze.
Alle mie spiegazioni non può che ammettere ch’è così, ma non demorde: — T’accompagno.
Sbuffo, ma col sorriso. — Sono in bici, sta buono.
— Vengo in bici anch’io, che problema c’è?
— Che poi non potrei più andare a casa, se fossi con te —, le parole sgusciano da sé fuori dalle mie labbra, e gli causano un sorriso dolcissimo.
Che poi è la verità.
Ma è pur sempre imbarazzante, essere già così legata.
Poco dopo riesco a sfuggire ai suoi abbracci e ai suoi baci, e monto in bici. L’aria frizzante di settembre mi accompagna fino a casa.
Odio questo tempo: non è né caldo né freddo, non stai né bene né male. È già un tempo autunnale, la stagione che, ahimé, odio.
Sì, belli i colori delle foglie rosse, gialle, arancioni, bordò... Ma l’umidiccio? E la sensazione d’essere a metà, d’attendere qualcosa che non arriva più?
È una stagione intermedia, appunto, tra l’estate e l’inverno – stagioni che, invece, amo – ed è la più brutta. Perché la primavera non è tale: i fiori spuntano, gli uccelli cinguettano, le giornate si fanno via via più lunghe, l’umore migliora e anche la vita. Per di più, in primavera c’è anche l’avvicinarsi delle vacanze.
E poi l’estate! Così calda e bella, luminosa, lucente, avvolgente, piena d’emozioni.
Come l’inverno: sì, è freddo, ma è pure caldo – quando sei dentro casa tua, davanti al camino, con un buon libro, non è la cosa migliore di tutte? D’inverno per di più hai mille scuse per stare chiuso in casa a non far nulla, perché o è freddo, o piove, o grandina.
E poi c’è la neve, ch’è la cosa più bella. La neve è ghiaccio abbellito, secondo me.
L’autunno invece... Devi uscire per forza, perché non è mai né caldo né freddo, stare chiuso in casa col caminetto è impossibile perché c’è troppo studio ...
Odio l’autunno.
E, - penso mettendo giù la bici in garage – odio anche Sara. Cos’è che odio di più?
— Dio, l’autunno mi dà alla testa.
Ma mi rendo conto di ciò che penso? Ho preso le parti contro l’autunno! Che non ha colpe! 
Sara sì. Ha toccato Andrea, in modo così...
Un conato di vomito.
Salgo su le scale, in velocità, ed entro in casa.
Perché mi sento tradita? Innanzitutto, quando Sara e lui erano scopamici – perché non lo sono più, vero? – nemmeno mi cagava1.
E poi ora la odia. Non ci andrà più in quel verso, anzi, non ci andrà proprio più.
L’impulso è più forte di me. m’infilo il pigiama e vado in camera mia, accendo il cellulare – che ho spento perché sennò Nel avrebbe potuto rovinarci il momento – e gli scrivo un messaggio.
L’indecisione è troppa, ma alla fine, quasi per errore – premo per sbaglio su “invia” anziché “esci” – lo invio.
Ed è fatta.
Andrea, ‘notte. Non so perché... ma ho un tremendo dubbio, posso parlarti?
22.53, ora d’invio.
Due minuti più tardi ho già la risposta.
Certo che sì cucciola :)
Okay.
Respiro, calmati, che c’è? Perché sono stata così tranquilla – beh, tranquilla... è una parola. Andrea mi fa sempre un po’ di soggezione, alla fine. È... strano – ed ora non più? Dio, è solo un messaggio!
Un banalissimo...
Inizio a ridere istericamente.
Dài, non è il caso disturbarlo così.
Oh, è proprio il caso invece, non voglio avere brutte sorprese.
Beh, Sara e tu non siete più.. Quello, vero?
Dio, mi sento patetica.
“Quello”. Perché è difficile scrivere una cazzo di parola?
Il cellulare vibra, e prendo un colpo. Di già?
Ma è Nel: Bell’amica! Prima mi dici ‘coprimi’ e poi non ti fai più sentire? Ciò!
Sospiro. Nel è così, le servono attenzioni. Ed infine ha ragione: mi sta coprendo, è così gentile e sta anche un po’ rischiando... e nemmeno le dico il perché.
Scusa, Nel. Posso dirti domani? È che è successo tutto così in fretta
Poso la testa sul cuscino.
Ecco, lo sapevo, dovevo tenere il cellulare spento. Ora è là che vibra più d’un vibratore.
Oddio! L’ho pensato davvero?
Beh, Cate, mi dico, è solo un pensiero eh.
Già. Giusto.
Afferro l’apparecchio, e inevitabilmente, apro prima il messaggio di Andrea: Sì, lo siamo ancora ma solo perché non sa. Domani saprà. Sta tranquilla <3
Sta tranquilla.
Devo stare così.
Lo congedo, ora è il momento di dedicarsi a Nel.
No, ORA! Cazzo, ti sto coprendo e a meno che non stiate scopando – so che non è così ! – mi dici.
Ha tutte le ragioni del mondo.
Si, scusa. Allora, stiamo assieme – esito là, perché non so se è così. Ma cos’altro sono baci, carezze e confidenze? Vado avanti – e così. domani i dettagli, muoio di sonno.
Siii!! ;) Okay. Baciati?
Sì, più volte.
E spengo tutto.
Off.
 
 
*
 
 
Buongiorno piccola sbruffoncella, pronta per l’azione? <3
Inevitabilmente sorrido. Sono le 7,30, ho acceso il telefono e, guarda caso, c’è un messaggio di Andrea.
Non gli rispondo, soprattutto perché non ho soldi, e finisco di prepararmi.
È la prima volta che desidero andare a scuola.
È la prima volta che ringrazio la preside.
È la prima volta che, dalla scuola, mi arriva qualcosa di buono: Andrea.
Me lo immagino volare fino a me, tutto impacchettato, con un cartello: per Caterina, trattalo con cura.
Sorrido, e alle 7,40 scendo. I miei sono a casa, già pronti per andare al lavoro.
Sto uscendo, tutta sorridente, quando papà mi afferra per un braccio, delicatamente. — Chi è questo “amico”?
Lo guardo, sorridendo ancora di più. — Papà, è una storia divertente. Io e lui ci siamo conosciuti a una lezione di sessuologia — che, preciso, nella mia scuola non si fa — e ci siamo così tanto ispirati uno all’altra, che sono andata a cena da lui.
Ma indovina un po’ cos’ho scoperto? — ... momento d’attesa ansiosa ... — E’ GAY!!
E corro via, ridendo.
Mio papà è così ingenuo che ci crederà, e mia madre dovrà spiegargli che è una cazzata.
Già m’immagino!
 
 
*
 
 
— Ciao, — dico ad Andrea quando entra in classe. Ovviamente nemmeno sta mattina Nel è arrivata puntuale, però l’ho vista correre dentro scuola all’ultima campanella. Magari ce l’ha fatta. 
Andrea però m’ignora, voltandosi dall’altra parte. Prima che arrivi il prof, prende il cellulare e m’invia un messaggio: Non ricordi? Ignorarci!
Ah, è vero.
Che idiota.
L’intera giornata la passiamo così: io che lo guardo di sfuggita e lui che, sempre così, guarda me.
È divertente.
È deprimente.
Ma presto finirà e, comunque, lo stiamo facendo per una buona causa.
A latino, il prof ci mette a coppie. Ovviamente io capito con Andrea, ovvio.
Mi guarda, sorridendo appena, malizioso.
— Ragazzi vi prego! Fate almeno metà esercizio.— mormora il prof, e successivamente inveisce, quando un aereo di carta lo colpisce sul naso. Sembra nascondersi dietro la cattedra, e poi tira fuori il Mac, ignorandoci.
È il mio momento.
— Ieri sera ero un po’... così. Scusa.
Lui alza un sopracciglio.
È terribilmente sexy.
Ma mai più del suo tatuaggio.
— I messaggi? Ma dài, è che sei scema.
— Sì, lo so.
Non ridiamo, perché c’è troppa gente. Metà sono amici stretti, molto uniti2 di Sara, per di più.
Ad ogni ora l’adrenalina sale.
Non vedo l’ora di sentirla piangere e inveire.
Troia.
All’ultima ora, appena suona la campanella, Andrea scappa via. E so già il perché. Io lo seguo, con più cautela, osservando la sua chioma bionda tra gli studenti, e camminandogli poco più indietro.
Quando arriva in C, e si appoggia allo stipite della porta, esito più indietro del dovuto.
Ma abbastanza vicina da vedere Sara correre da Andrea, saltargli al collo e baciarlo.
Ma abbastanza vicina da vedere che lui non si oppone, anzi, la stringe a sé.
Rimango immobile, in attesa.
Quand’è che la caccia?
Ma non accade. Lei gli prende la mano e s’avviano lontani.
Qualcuno mi parla, sento il mio nome, ma non capisco ciò che dice.
Tradita.
Tradita.
Tradita.
— Caterina! Dài, rispondimi!
Illusa.
Illusa.
Illusa.
— Ho visto... Perché è andato via così, con lei?
Idiota.
Idiota.
Idiota.
— Cate. Calmati. La pagherà.
Tradita.
Illusa.
Idiota.
— Caterina! Tremi! BASTA!
Un ceffone.
È stata Nel.. Ora la vedo, prima non riuscivo che pensare a...
A..
Mi accorgo che sto tremando forte, e mi appoggio al muro della scuola. Grazie a dio non c’è più nessuno nei paraggi.
Guardo la mia amica e sussurro, flebile: — Ti prego, lasciami...
Lei , capendomi, se ne va.
Perché?
Perché?
Perché? 
Cos’ho sbagliato?
Non lo sento nemmeno avvicinarsi.
Il prof Rossi si appoggia al muro accanto a me e, con aria sbarazzina, mi sorride: — Cos’hai, Caterina? — domanda, per pura cordialità. Interesse zero, a parte per quella cosa. — Piuttosto, ti va un caffè?
Accetto.
E sì, so cos’è: vendetta.
 
 
1cagava: calcolava.
2eh sì, sono MOLTO UNITI... capitemi!
 
(non ammazzatemi!!)
La vendetta (V come Vendetta ARR) alla fine non è stata quella che ci aspettavamo, e cioè contro Sara.
Bensì è stata quella di Cate rivolta ad Andrea.
Perché lui non si è opposto? Cos’ha in mente?
E quando scoprirà di Caterina e Marco (il prof) come reagirà?
Ha già scordato la povera ragazza?
Kiss Kiss, alla prossima <3<3

PS: che cosa ne pensate delle spiegazioni messe alla fine? Per esempio Ciao(1), e poi alla fine c'è l' (1) con la spiegazione..vi risultano utili?? <3<3
 
Continuo a 1 recensione,
e grazie per avere letto il capitolo/la storia !

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Capitolo 11
*** 11. ***


 


11.
Be’, dopo che vi ho lasciate con Andrea + Sara, e Caterina + Marco, è ora di vedere cos’accadrà. Caterina sistemerà con Andrea?
Soprattutto: Andrea vuole sistemare?
Leggete e ... scoprite!
 
(Questa volta scriverò di chi è il POV quando cambia, d’accordo?)
 
BUONA LETTURA!
 
Meme1.

 
***


 CATERINA

Sorseggio il caffè, infastidita.
Il prof mi sta osservando, con occhi famelici, da un tempo infinito e più i secondi passano, più io divento indisponente.
Non vorrei essere là. Vorrei invece essere dentro un caldo abbraccio, e so bene di chi.
È che ora come ora, non posso più averlo.
Non so chi è stato l’idiota della situazione. Forse è Andrea, che s’è lasciato ammaliare da Sara – o meglio, dalle sue tette enormi! – o forse lo sono stata io che, prima di pensare che forse avevo capito male, c’era un malinteso, mi sono già data alla vendetta.
Perché forse Andrea, penso – ma forse è solo una mia convinzione, una ricerca spietata della felicità – è uscito con Sara, senza fermarla, perché non voleva che facesse scenate in pubblico.
È probabile visto che, se lei è al corrente della droga, avrebbe potuto urlarlo all’intera scuola – non che i ragazzi di per sé abbiano fatto molto per tenerlo segreto, sia chiaro.
Il fatto è che ora sono qui, con un uomo che non è un uomo qualsiasi, è un mio professore,a bere un caffè. Per scopi personali.
E se passasse qualche mio conoscente? Penserebbe subito male di me, sì, in quelsenso.
Realizzo d’un tratto: non voglio starmene qui a perdere tempo, voglio capire le cose. E bere caffè con un uomo che ha solo quella cosa in testa, e che probabilmente ha come sfondo del telefono un’immagine con su scritto VLF1, non mi aiuterà.
Con un sorriso che di più falso non ce n’è, esclamo: — Grazie del caffè, è stato molto cordiale da parte sua, professor Rossi.
E nel dirlo, lo guardo negli occhi. S’incupiscono, e lui diventa più acido, quando risponde: — Ah sì? Bene, e spero che non ricapiti più... Che lei stia così male. Ma cos’è successo?
Mi sforzo di sorridere ancora. È un prof, è un prof, mi ripeto nella testa, ma non vorrei altro che menarlo2.
— Beh, non sono fatti che la riguardano...
M’interrompe battendo forte le mani sul tavolino fragile, che traballa. M’innervosisco ancora di più, ma non lo do a vedere.
Cazzone.
— In un certo senso sì, mi riguarda! Ti ho offerto il caffè, o sbaglio?! —, sbotta, passando dal “lei” al “tu”.
Io cerco di rimanere educata.
L’educazione prima di tutto – anche se, devo ammetterlo, in questo periodo non è stata così rispettata questa regola.
— Mi scusi per il caffè. Vuole che paghi io?
Gli prende un tic all’occhio. Come a mia madre, realizzo, dev’essere qualcosa che succede più quando si è meno giovani.
M’innervosisce però. Perché è familiare, e niente in quell’uomo dovrebbe esserlo.
IO VOGLIO ANDREA, cazzo, non lui!
— Pago io. Non preoccuparti. E ora va via.
— Grazie del caffè professore. E scusi ancora del disturbo, sarà mia premura che non ricapiti più. Arrivederci.
Ogni mia parola è come una pugnalata al suo petto.
Vedo che, man mano che continuo, stringe di più i pugni, e così mi affretto ad afferrare lo zaino ed andarmene.
Non ci parlerò mai più e, se cercherà di disturbarmi a scuola, ne parlerò con la preside. Lei mi capirà.
Spero.
 
 
*
 
 
 
ANDREA
Sara mi stringe di più a sé.
Non so come comportarmi.
Ho paura che riveli tutto a tutti.
Forse, è meglio chiudere i rapporti con Caterina.
È più sicuro, sia per me che per lei.
La ragazza, seduta sul divano a casa mia, mi afferra le spalle. È disgustosa.
— Amore, ho visto che da un po’ giri con quella sfigata, Caterina no?
Mi limito a emettere un gemito. Che decida lei cosa significa.
Lo prende come un sì, a quanto pare: — Beh, devi smetterla! —, sibila con voce più tagliente che mai, ed io in tutta risposta le sorrido: — Okay. Senti, ho un po’ di roba a casa... Vuoi? — rischio tutto.
Lei sorride, ma ora non è divertita.
Con finto sguardo colpevole, sussurra: — Pochi giorni fa l’ho trovata, e l’ho rubata. Ma... Scusa. — e non sono vere scuse. È un “sì, devi scusarmi, capito?”.
Emetto un rantolo.
Come farò?
Cosa farò?
Le sorrido, così capirà che è perdonata.
Devo trovare il modo di lasciarla, cazzo. E’ una cozza, mi sta sempre attaccata.
Non posso nascondere il groppo che ho in gola, mentre ripenso a ciò che, per salvarmi, sto perdendo: Caterina.
Ma poi Caterina cos’è che Sara non è?
Sara è un corpo, è soldi, è sesso, Sara è feste, è sorrisi falsi, è nuove conoscenze.
Caterina è carattere, è sorrisi veri, è felicità, è stare a casa a suonare, a baciarsi, Caterina è ridere, è sorridere, è imparare cos’è il latino e quanto può essere bella la storia.
Caterina èuna storia.
E io, cazzone, che faccio?
L’allontano.
Seppure, lo so fin troppo bene, mi farà molto, molto male.
Sara tenta d’avvicinarsi alla mia bocca, per un bacio che non ha nulla d’amore. Ma no, non le darò mai più un bacio, non le darò mai più me stesso.
Così, le stringo i polsi e l’allontano da me.
Pronta, troia? Ora sentirai la verità.
Tuttala verità, ladra di merda!
 
 
*
 
CATERINA
Subito dopo aver lasciato il professore, m’incammino a piedi verso la casa di Andrea.
Spero che sia là, anche perché dopo ciò che mi ha confidato riguardo suo padre, non vorrei mai avere l’onored’incontrarlo.
Non sola, almeno.
Il cellulare, nella tasca dei miei jeans, vibra un po’ ed emette un suono soffocato dal tessuto, quello che annuncia un messaggio; l’afferro, ipotizzando già che sia Nel, e accendo il display, tremendo appena sopra ad esso.
È lei, infatti.
No, non ho un sesto senso – come quello del ragazzino del film3, magari! – è solo la forza dell’abitudine.
Ehi, come va? Ma cos’è successo?
Decido di risponderle. È che lei sa così poco, e non va bene – è la mia migliore amica, dovrebbe sapere tutto!
1, non so, 2, posso venire da te?
Non ho più voglia d’andare da Andrea.
È con Sara? Bene, buon per lui!
Mi ha già dimenticata? Devo essere noiosa, allora, peccato però: non sembrava quando mi baciava!
Stringo i pugni, cambiando strada ed avviandomi verso la casa di Nel. Faccio uno squillo ai miei per avvisarli, senza chiedere il permesso.
Certo!! Vieni che mi spieghi, e decidiamo come farlo fuori! Ma si può essere più cretini? Ha perso TE per la TROIA!!!
Cammino con un groppo il gola.
È vero: mi ha perso.
La domanda è: io lo voglio?
Voglio lui, Andrea?
Voglio che mi perda?
O combatterò?
Non do più ascolto a me stessa, e raggiungo Nel.
’Fanculo, mondo!
 
 
*
 
 
Davanti a una tazza di tè sembra tutto più gestibile, in realtà. Ho raccontato tutto – con difficoltà – a Nella, che se n’è uscita così: — Beh, non è l’unico uomo al mondo no? Neppure è uomo, è bambino! Dimenticalo, è meglio.
E, che devo dire, farò così.
Perché non c’è altra soluzione.
— Ma, — inizia dopo un po’ la mia migliore amica, stringendosi di più nella coperta che ha addosso, stile cavaliere oscuro – versione rossa con cuori blu, eh! Molto spaventosa! — cos’è successo col prof?
Rabbrividisco, e le racconto di quella volta in corridoio e poi, prima che m’interrompa, le dico cos’è successo oggi.
— Ah. Ma è... è un pedofilo, è... Cate, denuncialo!
— Ah!! No, Nel. Non è la soluzione.
— Per me sì!
— Poco cocciuta, eh? No, non lo farò e se vuoi ti dico il perché. Primo, non ha fatto nulla. Si, vero, in corridoio l’ha quasi fatto... Quasi! Perciò, ancora è nulla, sai? Ecco, non posso nemmeno denunciarlo!
Lei aggrotta le sopracciglia. — Per me...
Viene interrotta da una suoneria.
È il mio cellulare.
Lo afferro, è posato sul tavolo, e...
Con voce truce, affermo: — Andrea.
Nel resta in silenzio, aspettando che faccio qualcosa. Ma non faccio nulla: lo lascio suonare e così, dopo qualche squillo, la mia amica prende l’apparecchio e scappa via, rispondendo.
Nemmeno mi muovo, non ne ho la forza.
Tanto, che gli dirà?
“Sei uno stronzo!”.
Sei uno stronzo!—, sento urlare da una stanza.
Ecco, lo dicevo io.
 
 
*
 
 
ANDREA
— No, Nella! Calmati! E passami lei.
È l’ennesima volta che la prego, invano.
— Perché? —. Appunto. — Cosa c’è, che devi dirle?! Cazzone!
— ... Chiederle scusa, deve aver visto oggi, a scuola la scena. Insomma, tu non sai forse... anzi, tu non sai. —. Esito. Cate le avrà detto della droga? Dio, fa di no! — Beh, è un malinteso. L’ho lasciata.
Silenzio.
Chi?
Oh, merda.
— Sara, Sara!! —, m’affretto a dire e lei, dopo un po’ di silenzio, soggiunge: — Okay, va bene, ti credo. Lei non ti risponderà. Vieni qui, è con me.
E mi da un indirizzo, poco distante da casa mia.
Riattacco.
Voglio andare a riprendere ciò che è mio.
Sì, può sembrare un'affermazione egoista, ma io la amo - finalmente so cos'è, l'amore - e non la perderò.
 
 
 
1VLF: Viva La Fi** - l’ho censurato perché magari c’è qualcuno che non vuole leggere queste cose spiacevoli, però ricordo che è una storia non a rating verde, bensì arancione: la prossima volta non lo rifarò u.u
2menarlo, picchiarlo.
3C’è un film che s’intitola Sesto senso. Parla di un ragazzo che vede i morti – solo quelli morti in modo violento – e, aiutato proprio da uno di essi, riesce a capire come aiutarli. Ovviamente non è tutto qui, ma quel film mi terrorizza. È così reale! Ahah :)
 

 
FINE CAPITOLO!
Come vi è sembrato? Caterina, era ora!!, si decide a mandare a quel paese il prof, e lo fa’ con una grazia infinita <3 bella lei. Poi,dice tutto – tranne della droga – all’amica. Era ora!
E Andrea... sì, gli passa per la testa l’idea di pensare solo a sé – segno che lo è, idiota! – ma poi, OVVIO!!, caccia Sara.
Come? E come l’avrà presa lei?
Ho scelto di farvi questa sorpresa... nel prossimo capitolo! <3 :’)

Ringrazio infinitamente chi legge e recenisce la storia, dio, 30 recensioni tutte per me?! Yep!!
Davvero, grazie, non è una cosa detta così per, e poi senza voi non scriverei nulla! grazie<3


Be’, per ora ciao gente !! :3

(Ps: sono  uscita col 9. Col 9 !!! – dalle medie. E ora, liceo classico, arrivo ... yep. .. 9 !!!!!)

CONTINUO A 1 RECENSIONE,
grazie per aver letto questa storia,
se vi può interessare, passate a dare un'occhiata a "In the end", che è sempre mia. 
 :3


Aggiornerò il prima possibile,
bye. :3

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Capitolo 12
*** 12. ***






12^ capitolo di "Guerra e Pace", by meme1

«L’amore è una cosa semplice, Tiziano? No, assolutamente no!».1
 
CATERINA
— Che cos’è successo? —, domando, quasi annoiata, a Nel. È appena ritornata da me, con un libro.
Lo riconosco subito, l’abbiamo comprato quest’estate ad Ischia, vicino Napoli, dove abbiamo passato parte delle nostre – splendide – vacanze. S’intitola «War», Guerra, ma ancora non l’ho letto. Perché l’abbiamo preso? Primo, il tipo sulla copertina è figo – lineamenti decisi, abbronzato e biondo... Solo ora mi accorgo che è simile ad Andrea, tranne per gli occhi – e secondo, la libraia che lo vendeva c’ha detto che è un racconto di vita che «racconta la vita d’ognuno di noi». Possibile? Allora, deve parlare di droga, estati da urlo, e infiniti pomeriggi di studio.
— Beh? —, continuo, un po’ meno interessata a cos’è successo davvero, e più al libro. Lei però ancora non risponde, e questo m’insospettisce. È stata via un bel po’ – mentre io cercavo di capire cosa  volevo fare davvero – ed ora  ha un’espressione indecisa.
— Diamine, Nel! — diamine? Ma che parola è? Non l’ho mai usata ma ora è tremendamente appropriata. Sì, la definirei così. — Cos’hai fatto?
Lei, senza più esitare, sibila: — Ciò che è giusto. Ora, se non ti spiace, vado di là. A leggere! — ed alza in aria il libro. «War». Non riesco a non pensare che la mia vita ora è una guerra. — Perciò, aspetta qui.
 Aspettare cosa?
Non riesco nemmeno a chiederlo, che il campanello suona – il rumore è assordante, tanto che serro gli occhi e li riapro solo dopo un po’. Non c’è più la mia amica, è scomparsa, ma chissà perché so che non è al portone, così mi avvio.
«War.»
Chi è?
Metterò «fine» a questa «guerra».
Diamine, se lo farò!
Quando m’informo su chi sia, una voce fin troppo familiare mi prega d’aprire. È Andrea.
Perché è qui?
D’un tratto collego.
È stata Nella!
Il primo desiderio è quello d’urlargli ciò che penso da qui, così da non vederlo in faccia, e non aprirgli, ma lo sopprimo: non porterà a nulla.
Così , serrando le mascelle, premo il tasto che apre il cancello. Ma non smuovo il portone. È tremendamente difficile perché, mentre ascolto i passi affrettati di Andrea – ora così familiari – non posso non pensare a ciò che è successo.
Cazzo, se n’è andato con Sara! Lasciandomi là, sola, tradita, idiota.
Ed io cos’ho fatto!? Sono andata con un professore.
Mi sento stupida.
Così gli apro, perché sì, sono stupida, ed è l’amore a rendermi tale.
Cazzo, è così.
Tiziano Ferro dice che «l’amore è una cosa semplice». Ed ora, sarebbe così semplice afferrare Andrea per le spalle, stringerlo a me e dirgli che è tutto okay, che ora lui è qui e non con Sara, e che a me va bene così, perché è già tanto.
Ma la vita e l’amore, cazzo, non sono semplici. Così resto a fissarlo, quasi imbambolata. Ha un aspetto trafelato e un ceffone ancora rosso sulla guancia, e l’aria di uno che se l’è passata brutta, o almeno così pare. Provo compassione e felicità assieme, almeno finché non vedo il capello biondo platino – tinto, si vede già – sulla sua spalla. È di Sara.
Perché diamine è là?
Andrea non mi dà tempo di parlare, ed mi stringe a sé. Quel gesto è bello ed è brutto, e mi fa stare male, perché non sono coerente.
Inspiro il suo profumo, così fresco.
— Amore —, mormora lui, stringendomi così forte da farmi mancare il fiato.
— Non lo sono.
Con le sue dita fine trova il mio mento, che afferra e mi costringe a guardarlo negli occhi. — Sì, invece, — ribatte, egoista quasi — ed ora ti spiegherò tutto.
Dopo una breve pausa – nella quale ci guardiamo negli occhi, con tanto ardore da farli bruciare – continua: — Posso entrare?
Alzo le spalle, e mi allontano d’un passo all’indietro. — Come ti pare. Non è casa mia. — sbuffo fredda.
Lui lo prende come un sì e, dopo aver aspettato che fossi entrata per prima, mi segue all’interno, sbattendo dietro di sé il portone massiccio. Sto già per andarmene via, quando mi afferra con determinazione il polso più vicino.
— Perdonami.
Lo sussurra.
Ed è più dolce d’un «ti amo».
Più dolce d’una carezza.
Più dolce dell’amore d’una madre.
«Ti perdono.»
La frase mi muore in gola e il caldo che avevo nel cuore scompare, perché no, non posso. Non è così che vanno le cose, non più almeno.
— Ti spiegherò tutto.
Gli lancio un’occhiata di fuoco, infastidita.
Come può essere così sciocco?
— Questo è ovvio.
— Ti prego — mi implora con lo sguardo; i suoi occhi blu, lucidi, m’incantano. Così riesce a trascinarmi con sé in cucina, e a farmi sedere.
— Sara era a casa mia. L’ho portata lì perché non sapevo che fare e, sempre lì, l’ho mollata.
Inizialmente il mio cuore perde un battito per la felicità. Non riesco che pensare “l’ha mollata, l’ha mollata!”.
E sì, l’ammetto, ho una punta d’orgoglio, perché ho battuto la troia solo-tette-e-culo. Io!
Poi però, l’atmosfera cambia.
Lo guardo, riluttante. Con il mento indico il capello, così visibile. — E quello?
— Oh. Ha tentato di baciarmi. Tentato.
E subito lo leva di lì, quasi disgustato, lanciandolo a terra.
È lì che deve stare.
Annuisco.
È un errore, forse, ma non rischierò di perderlo ancora.
Così l’abbraccio.
È mio. È mio cazzo.
È
— Sei distante —, sussurro, stringendolo a me. — Cosa...
— Nulla. — sbotta, stringendomi più a sé.
Poi mi dà un bacio che mi fa dimenticare anche chi sono.
 
 
 
*
 
 
 
ANDREA – poche ore prima
Le stringo così forte i polsi da sentirli quasi scricchiolare, poi sibilo:— Ladra puttana!
Sara sbianca ancor più, e spalanca gli occhi.
Così falsi.
— Come?
— Ladra . puttana . — scandisco bene, così che le entri in testa. E lei, furiosa, tenta d’alzarsi. Ma no, non glielo farò fare. — Che vuoi da me? Dammi la roba.
— No! — gracchia. — L’ho... finita...
Stringo più forte.
Senza roba né Cate, non sopravvivrò.
Devo riavere Cate.
— Non parlarmi mai più. Noi non ci conosciamo.
E la mollo.
Lei si alza e corre alla porta, non prima d’aver urlato: — Non finisce qui!
Cos’è che intende?
 
 
 
*
 
 
 
CATERINA
Devo andare di là a ringraziare Nel.
È così perfetta, lei.
Io ... No. Mai.
Così mi sgancio da Andrea, seppur non così felice, e la raggiungo.
È completamente immersa nel libro e, leggendo, si mordicchia il labbro inferiore.
È, ancora, il ritratto della concentrazione.
— Ehi.
Alza lo sguardo subito, probabilmente mi ha sentita, anzi, ha sentito me ed Andrea, e non aspettava altro.
— Sì?
Mi avvicino a mezza corsa – il mio allenatore di rugby, ricordo con un sorriso, lo chiamava il “mezzo-trotto”. Odiavo il mezzo-trotto. Che senso ha? Non è né una camminata né una corsa. Non ha senso.
Arrivata l’abbraccio.
È un abbraccio d’amiche.
Solo io, lei e... il libro che è rimasto tra noi.
Nel lo lancia via, ridendo, per poi stringermi a sé, tenendomi per le spalle. — Grazie — sussurro, felice.
— Non c’è di che.
Rimaniamo così finché Andrea non ci interrompe, salutandoci, e se ne và. Poco dopo entrano i genitori di Nel che, nel vederci così felici, non osano allontanarci e resto a dormire là.
 
 
 
*
 
 
 
È da poco passata l’una, ma io e Nel continuiamo a parlare del più e del meno. Non le ho rivelato della droga – né lo farò. È un problema chiuso ormai – ma le ho detto com’è finita con Sara, e cioè che è sola.
Quando sussurro, con orgoglio, la parola sola, la mia amica s’irrigidisce un po’. Mi puntello sui gomiti del suo letto a due piazze, dove siamo distese, e la guardo dall’alto.
— Che c’è?
Lei guarda da un’altra parte. — Niente... è che... Insomma, anche io lo sono.
— Cosa?
Puttana? Oh, dio...
— Sola.
Ah ecco.
Come... sola?
— Perché? Hai me, i tuoi amici della classe...
— ... e nessun ragazzo. — m’interrompe lei, voltandosi dall’altra parte. È difficile vederla così e non poter fare nulla, perciò l’abbraccio.
— Cos’è che dovrei fare?
Emette un gemito.
— Organizzare un appuntamento al buio?
Al che si alza di scatto – dandomi una testata! – e sibila: — NO!
Io, ancora dolorante, scoppio a ridere, e do inizio a una gara di solletico, che perdo miseramente.
Alla fine arresa, urlo pietà.
— Ti perdono! — ride lei, stendendosi nuovamente.
Io le stringo una mano e la guardo, seria. Abbiamo il fiatone, ci sorridono ancora gli occhi, ma quando parlo, è come se stessi facendo un discorso importante. E lo è.
— Non sei sola. E se proprio ti serve un ragazzo... lo troverai.
Annuisce e c’addormentiamo così: vicine.
E lì, d'un tratto, realizzo che non ho ancora detto bene << ti amo >> ad Andrea.
Forse non ne ho il coraggio...
Lo troverò!



FINE CAPITOLO 12^.


Grazie per aver letto :3



Devo cambiare banner? o questo vi piace ancora? preferivate il precedente?
 

 
1 l’amore è una cosa semplice, canzone di Tiziano Ferro.
 
 
Bene, grazie per l’attenzione! Ehm ehm! :3
Scusate per il ritardo, è causato da diversi fattori ... :\ spero non sia stato così sgradito... Le mie più profonde scuse! e' che ho un po' di casini, devo fare molte cose ed andare a feste ^^ i love party ! :3 embé, sorry. <3


Allora... bando alle ciance (ciance! Che bel suono ha sta parola!!). che ne dite del capitolo??
Cosa succederà con SARA?
Pensate sia giusto ciò che ha fatto CATE? (perdonare ANDREA)
E cos’è che ha in testa NELLA?
 
Alla prossima <3<3
 

Continuo a 1 recensione, ovviamente il periodo d’aggiornamento può variare. 

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Capitolo 13
*** 13. Mio. Mia. ***


13.

|CATERINA|
Quel giorno capisco perché Nel è sempre in ritardo a scuola.
Quando mi alzo, mi lancio un’occhiata attorno. Perché non sono a casa mia? E perché mi sento così ben riposata? Di solito, dormo sempre così poco e le 7 arrivano troppo presto. Oggi però, sto benissimo. Guardo al mio lato, e c’è Nella. Ah, ora ricordo, prima è venuto Andrea (ed abbiamo, grazie a dio, fatto pace), e poi sono rimasta qui a dormire, perché era già tardi. Giusto. Mi rimetto giù, convinta d’essere in tempo, e socchiudo gli occhi; nel farlo, mi volto a destra quel che basta perché veda i numeri rossi della sveglia. Il rosso è un segnale di pericolo, d’attenzione, e anche in questo caso m’avvisa: è tardissimo! PERCHE’ SONO LE 7.25?
Do subito una pacca a Nella che, ancora addormentata, mi caccia via con una manata ben assestata.
Cazzo, picchia duro!Eh beh, ovvio, penso dandomi dell’idiota, faceva arti marziali!
Comunque non demordo, e inizio a cazziarla1: — Perché è già così tardi?
Lei, mezz’addormentata, mormora: — Perché la sveglia non è impostata, — e lo fa con ovvietà. Poi apre gli occhi, arrossati perché ha sonno, e mi guarda, con un sorrisetto: — Cos’è sta fretta?
Fretta? Cos’è?
Non capisco più nulla, dio, non arriverò mai in tempo, già è tardi e, in più, tutta la mia roba è a casa! Dove, benedetto dio, io non sono!
Quando glielo dico, lei scoppia in una breve risata e mi da dell’idiota. Mio dio, vorrei picchiarla! Non capisce che così la nostra situazione s’aggraverà? È ormai quasi finita la settimana dove la preside ci ha cazziate, proprio non possiamo finirla bene? Eh, no, dobbiamo saltare l’intera prima ora e, forse, pure la seconda!
Sto già per imprecare, porconare, urlare, menare tutto, quando Nella si puntella sui gomiti e mi dà un’occhiata divertita; io me ne sto stesa sul letto, col busto su, e scrocchio le unghie. Cristo. — Cos’hai? Non ricordi? Dai. I miei hanno chiamato i tuoi, e loro hanno acconsentito a farti rimanere qui, e marinare la scuola.
Sbatto più e più volte gli occhi. Non è possibile. La madre di Nella non l’avrebbe mai permesso. Neppure la mia, sempre così attenta al rigore. E in più oggi tornava mio padre, e sta mattina dovevo essere lì a salutarlo.
No, c’è dell’altro. — Cosa? In cambio.
Lei si passa la lingua sulle labbra secche. — Un’intera settimana a lavorare dai mia madre di pomeriggio.
Quando lo dice per me è come una fucilata. Così non potrò trascorrere più tempo con Andrea! Come ho potuto dire di sì? Ero così stanca?
— Ovviamente può unirsi il ragazzo, eh.
— Mi leggi il pensiero?
Un’ombra scura le oltrepassa lo sguardo e, mentre mi rimetto giù, perplessa, dice: — C’è un ragazzo, Justin te lo ricordi? L’americano.
Dopo qualche secondo lo focalizzo. Americano, figo, un po’ troppo spaccone, se la tira più del dovuto perché infondo ha solo begli occhi neri, capelli chiari e tartaruga, ma non è chissà ché. Beh, ammetto che anch’io, prima d’incontrare Andrea, c’avevo fatto un pensierino ma... ora è diverso. Completamente. E poi, perché Nella lo nomina? L’ha sempre odiato. “Così pompato” – parole sue, eh – “E così simile a JB.”
Noi odiamo JB. Cioè, spiego meglio. Non siamo né directioner né hater, perché sosteniamo che, in entrambi i casi, sia un comportamento da bambine: e così, ci asteniamo da commenti.
— Sì, perché?
Lei esita ma poi sussurra tutto, come proiettili, in velocità. Sento che per lei è un peso, del quale si sta sbarazzando. — Ecco, sai com’è, io lo odiavo. Sì, — mima le virgolette con le dita. — “odiavo”. Così per. Beh, ora è cambiato tutto; o è cambiato lui o io perché...
Si ferma.
Oddio.
No, Nel.
Non fermarti.
Dillo.
— Vedi, Justin ... Justin mi piace un casino!
Non so che dire, e così cominciamo a parlare del più e del meno e di lui. Cioè, se lui è cambiato mi va più che bene, perché montato non mi è mai piaciuto davvero; se è cambiata Nel... No, non è così. L’avrei visto. Lei è così, come sempre, e così va bene.
Dopo un po’ le domando, per levarmi il pensiero: — Non è che ti è piaciuto da sempre?
— Sì, cazzo.
Ridiamo e, dopo un po’, verso le 9, scendiamo in cucina a fare colazione; i suoi sono già usciti e così passiamo un’intera giornata a cazzeggiare, non facendo nulla.
Io, dopo un po’, non riesco più a trattenermi e così invio un messaggio ad Andrea.
Ehi, come stai? Che fai? Io sono ancora a casa di Nella. <3
Stranamente risponde subito; deve essere un’ora molto noiosa. Così leggo subito e Nella, curiosa, s’appoggia alla mai spalla facendomi da “gufo”.
Bene, amore:) niente, e tu? Comunque, sì, lo so; vi state divertendo? Guardate porno?
Nella ride e mi ruba il cellulare e poi, sempre ridendo, invia un sms a quel pazzo del mio ragazzo.
Solo dopo una rincorsa all’ultimo fiato, che chissà come vinco, riesco a leggere ciò che gli ha scritto e le rispettive risposte.
Sì, con Sascia Grey.
Ah, davvero? Mm, è la mia preferita, magari un giorno la imiti<3
Ahah, sì cucciolo:) sai posso essere molto brava
Non vedo l’ora.

Sono dispiaciuta di dirgli che è stata Nel, perché chissà che storie s’è fatto in testa, così non lo faccio.
E poi magari s’immagina che non ho scritto io; cioè, non siamo mai andati oltre il bacio, neanche una strusciata...
Okay, basta.
 
|ANDREA|
Leggo i messaggi di Caterina con un sorrisetto ebete, tipico degli innamorati, intuendo subito quand’è che Nella le ha preso il cellulare. Devo ammettere però che l’idea di Caterina che fa la porno star per me è allettante... Mm.
Vedrò di far qualcosa in proposito.
— Andrea, che pensi?
Do un’occhiata a Manu che mi sorride, divertito.
— A Caterina.
Perché mentirgli?
— Oh, capisco. Sai, è così carina, mm. C’ho fatto un pensiero!
Oddio, vorrei picchiarlo!
Gli lancio un’occhiata truce, infastidito da quell’orribile commento che, probabilmente, è inventato sul momento, e poi non gli do più ascolto.
— Idiota.
 
 
*
 
 
Non vedo l’ora di vederla.
E sarà mia.
Mia, solo mia.
 
 
*
 
 
|CATERINA|
Ormai è passato mezzogiorno da un pezzo.
Io e Caterina non abbiamo fatto nient’altro che mangiucchiare, guardare le televisione, cantare rap e inviare messaggi a Justin – il quale ha , stranamente, risposto.
Verso l’una chiedo ad Andrea di raggiungerci, ma lui nega, chiedendomi d’andare da lui.
Leggo l’intero messaggio più volte.
Non c’è traccia di preoccupazione nei riguardi di Sara, o simili, ma magari è così soltanto perché era preoccupato che Nella leggesse.
Dio, mi sto facendo assurde seghe mentali.
Prima di raccattare la mia roba lancio un’occhiata a Nella, per chiederle il permesso. Insomma, lei è pur sempre mia amica, e la lascerei qui sola.
Lei alza lo sguardo dal cellulare.
Deve essere impegnata con Justin.
Spero solo che non farà casini.
— Vai, pirla; t’aspetta.
Con un sorriso prendo la mia roba.
— D’accordo, ciao tesoro!
— Hola!
 
 
*
 
 
Busso più e più volte alla porta di Andrea e, quando mi apre, è soltanto in jeans. Posso osservare i suoi muscoli perfetti e il suo tatuaggio, e non riesco a non domandarmi come può essere così bello. Poi noto che è bagnato e centinaia di gocce gli percorrono il corpo, cadendo dai suoi capelli più scuri poiché bagnati.
I miei pensieri sono casti finché il mio sguardo non si posa sul tatuaggio.
Più calda, alzo lo sguardo verso Andrea e nei suoi occhi leggo il mio stesso tormento.
Mi avvicino, decisa.
 
 
*
 
 
|ANDREA|

Quando il campanello suona sono sotto la doccia.
Corro fuori e m’infilo i jeans, con un pensiero fisso.
Apro la porta ed osservo Caterina.
È terribilmente bella e oggi sarà mia.
Cazzo, solo mia.
Manuele non riuscirà nemmeno a immaginare ciò che le farò.
Mia.
Di nuovo.
E per sempre.





1cazziarla, cioè farle la predica.


FINE CAPITOLO-

Scusate per il ritardo, ancora.. :C 
Che ne pensate di questo capitolo? 
Non sono dal mio Pc, perciò non posso mettere il banner. embè.
Che cosa succederà tra Andrea e Caterina??
e Nel e Justin? li conosceremo più tardi:3

Embè, ho detto tutto.
HOLA!

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Capitolo 14
*** 14. ***


14.
I’m in love.1

Allora, se posso descrivere il capitolo brevemente direi “colpi di scena”. Eh sì. Preparatevi all’azione ! Cosa succederà tra queste righe?
Meme1 . a più giù.

 
 
 
CATERINA.
Mi avvicino sempre più ad Andrea, affamata di lui. Questa volta non voglio nulla a separarci, né un muro fatto d’incertezze né un tessuto. È già arrivato il momento? Cioè, non che mi stia tirando indietro, ma voglio farlo solo a sedici anni? E di giorno? Insomma. Ho sempre pensato che il sesso... l’amore, si dovesse fare la notte. È un errore?
Mi avvicino e, nel farlo, inciampo nel tappetino dell’ingresso.
Quasi cado ma le braccia forti di Andrea – che mi guarda famelico più di me – mi afferrano per la vita, avvicinandomi a sé stesso.
Ed è il momento perfetto per un bacio.
Poi andremo su, correndo, perché non vogliamo più aspettare, e finiremo ciò che abbiamo iniziato, l’amore.
Ma Andrea non si muove. Mi guarda negli occhi e aspetto.
Quand’è che mi bacia?
Attendo. Occhi negli occhi.
M’immergo in quel blu, aspettando che accada.
Dai.
E dopo un po’, fissandolo, mi rendo conto che forse avrei dovuto avere io l’iniziativa. Ma è già troppo tardi e così il momento si spezza. Io mi allontano d’un passo, confusa.
Cos’è successo?
Le parole vengono fuori da sé: — Avresti dovuto baciarmi.
È un’accusa.
È un’affermazione.
È tutto. È nulla.
Lui scrolla le spalle, scostandosi per farmi entrare; sembra confuso quanto – o più – me.
— Sì, ma non l’ho fatto. — bisbiglia, con voce piatta, chiudendo dietro sé il portone. Emette un sonoro “bum”, che è l’unico rumore nella stanza.
Stringo i pugni. — Perché?
Un sorriso increspa le sue labbra. — Mi sono perso nei tuoi occhi.
Oh, al diavolo!
Con due lunghi passi lo raggiungo e lo bacio, con passione. È un gioco d’amore, “Love Game”. Sì, so che non dovrei pensare a una canzone mentre bacio colui che amo – sì, è così, lo amo! – tuttavia mi è impossibile: quel pezzo è perfetto per il momento.
Lui mi allontana un po’ da sé, ma solo per un attimo: mi osserva, studia e poi, sicuro, riprende il bacio.
Come previsto, andiamo verso le scale.
È tutto perfetto.
Passo una mano sulla sua schiena.
Pregusto già ciò che accadrà.
L’età con conta.
L’orario non conta.
Non conta dove si è.
Ma con chi si è.
Prima di salire lui approfondisce il bacio, e non capisco più nulla. serro gli occhi. Mio!
I’m love!
Che diav...?
Li riapro, sconcertata. Cos’è?
Io ed Andrea, il respiro veloce, ci separiamo appena.
I’m lo-o-o-ve!
È una fottutissima suoneria.
Non è mia, penso, quasi per togliermi una colpa.
Andrea, con un sonoro sbuffo, esclama: — Rimani qui. Non scappare!
E chi scappa?!
Lui corre in cucina. Osservo più giù, i suoi piedi: battono a terra in gran velocità. Top, top, top. È un rumore candido.
— Pronto?
Andrea, nel rispondere, ha una voce che è più fredda dell’inverno. Capisco che c’è qualcosa che non quadra, e mi avvicino. Lui è appoggiato al tavolo della cucina, ma non ansima più. Anzi, è pallidissimo e, quando gli poso una mano sulla schiena, esitante, scatta e mi allontana.
— No, sono a casa. Sì, solo. Perché?
Con chi parla?
Perché mente?
Serro le labbra.
Che sia Sara...? Diamine, perché non capisco nulla?
Guardo il mio ragazzo passarsi una mano sul volto, che sembra più vecchio, piegato in un’espressione depressa ma, allo stesso tempo, rabbiosa.
— Venire qui? — urla d’un tratto, inferocito. Io mi allontano, spaventata. Chi è?
Chi può essere?
Chi lo fa arrabbiare così?
Chi
— Non puoi venire e basta, papà.
Ora che gelo.
È suo padre, maledizione.
E sta venendo qui.
 
 
*
 
 
ANDREA.
Mio padre.
Sta per venire a casa.
Sta per trovarmi con Caterina.
E arriverà a minuti.
Che le dirà? L’ultima volta che ha visto Sara, lo ricordo fin troppo bene, le ha urlato: “Cos’hai, Andrea? Un’altra sgualdrina?”. La differenza tra allora ed oggi è che, quel giorno, disse la verità. Facendolo oggi sarebbe in errore.
E se lo facesse io lo picchierei.
Alcolizzato? Manager di successo? Capo della città? Di tutto ciò me ne sbatto. È pur sempre mio padre – purtroppo – e deve portarmi rispetto in quanto io sia suo figlio, cazzo.
Metto giù il cellulare e do uno sguardo a Caterina. Lei è dall’altra parte della stanza, ancora un po’ scompigliata e un po’ spaventata. In effetti ho avuto degli scatti un po’ violenti, ma deve capire che non è colpa sua né sono rivolti a lei.
Dal suo sguardo capisco che l’ha già fatto.
— Andrea.
— Sì?
Fa un passo avanti. — Era tuo padre — un altro passo — che sta venendo qui — un altro — ora — mi raggiunge. L’intera frase è un’affermazione e ciò che dice dopo mi stupisce ancor più. — Mettiti una maglietta. — e sorride, imbarazzata.
Non è a suo agio.
E come darle torto? Neanche io sto bene. Ma devo essere forte. Lei è qui e la roba non mi servirà. Ce la farò.
Costringo il mio respiro ad avere un ritmo regolare, seguendo quello di Caterina. Poi la seguo in camera mia dove infilo una T-shirt. Solo dopo mi accorgo che è quella dei Linkin Park, la mia band preferita. So tutto di loro perché, da più piccolo, ero un patito cronico – così mi definiva mia madre e gli amici – e m’informavo su ogni particolare. I nomi. I ruoli. La storia. Tutto. Ora quel periodo è passato ma amo la loro musica, e sono messi in secondo piano solo ad Eminem. Il rap è, se possibile, ancora meglio dell’alternative rock.2
— Amo i Linkin —, sussurra Caterina passando una mano sulla T-shirt, più precisamente sul cantante.
Io sorrido e le afferro il polso. — Anch’io. Sono stato a non so quanti concerti e raduni, pochi anni fa.
— Sì? Io nemmeno a uno. I miei di solito sono molto elastici, ma per i concerti no. Papà dice che è un ambiente ‘pericoloso’ e mamma è così occupata col lavoro che non può ribattere. Stranamente però succede solo in queste occasioni.
Sorrido ancora di più. — Ti ci porterò.
Lei alza lo sguardo. — Ma...
— Oh dài — esclamo portando le sue mani all’altezza della scritta “I ©Linkin Park”. Sì, è un po’ da gay, ma qualche anno fa avrei comprato ogni cosa “limited edition” di quella band – e di Eminem – e quella maglia lo era. Ho preso l’ultimo pezzo. Ero così fiero di me.
Ora mi sembra tutto così stupido.
Perché ho Caterina.
Sì.
— Vieni qui...
Mi afferra il viso.
Perfetto.
È tutto così...
Driiin!
Mio padre. È di già qua dannazione. Beh, almeno ha l’educazione di suonare, conoscendo le mie abitudini – anzi,ex abitudini. E cioè, il portarmi a casa ragazze che, non appena sentivano quel suono, si rivestivano per poi scappare via. In quell’asso di tempo prendevo la siringa e...
No.
Non più!
Stringo più forte Caterina a me.
Sì, io sono forte.
No, non è vero.
Noisiamo forti.
Soli non si può far nulla.
 
 
*
 
 
 
CATERINA.
Col cuore in gola scendo le scale dietro ad Andrea. Lui stende un braccio dietro di sé per tenermi la mano, segno che mi sta salvando mentre lo salvo.
Dannazione, ho paura. Lui di più: è teso come la corda di un violino e respira veloce, troppo veloce.
Gli sussurro di calmarsi e fa ciò che può per eseguirlo.
Poi lo supero ed apro io la porta.
Sarò io ad affrontare il mostro.
Quando lo vedo ne resto colpita. L’ho già visto – ma solo in TV – ed è uguale a come appare nello schermo. È un uomo così alto che per guardarlo in faccia devi reclinare il viso, ma non è dinoccolato. È muscoloso – “merito di ore ed ore in palestra!” l’ho sentito dire per un’intervista, con il suo sorriso plastico in faccia – ed è biondo come il figlio. Il suo sguardo è freddo e respinge chi lo guarda.
È ripugnante già di per sé, ma sapere com’è davvero è peggio.
È una persona che guarda tutti dall’alto in basso e ormai l’ho capito, non è soltanto per via dell’altezza.
È un fottutissimo bastardo!
Il suo sguardo scorre con velocità su me. Lo sento. Mi disgusta. Controlla i miei difetti.
Ma non mi muovo.
— Salve — gli porgo la mano, anche se preferirei morire piuttosto — sono Caterina. Lei è...?
L’uomo lancia uno sguardo ad Andrea, dietro di me.
Non ho idea di in che stato sia, e sinceramente voglio soltanto vedere morire quest’uomo che mi fronteggia ora come ora.
— Ma dài, Andrea. Non gliel’hai detto? — esclama ridendo. È così stupido. — Sono il padre di Andrea, piacere.
E mi stringe la mano.
Che schifo.
Però non posso attaccarlo, perché si comporta ancora adeguatamente. Sorriso plastico, sguardo lontano.
Dannazione.
— Entro! — esclama e mi spinge via con un’unica manata. Poi entra in casa, mentre Andrea mi afferra prima che cada a terra.
Il portone sbatte chiudendoci fuori.
Il mio ragazzo è pallido e stremato.
Io sono scioccata.
— Che cazzo! C’ha chiuso fuori!
— Sì perché ... ora lui ... beve.
— NO! — punto le mani sui fianchi, furibonda. — Questa è anche casa tua e tu entri.
Andrea tenta di protestare, ma io sono già attaccata alla porta.
Busso e suono il campanello a più non posso.
TOC, TOC, TOC, TOC.
DRIIIN, DRIIIN, DRIIIN.
Continuo così determinata finché la porta non si apre.
Il padre di Andrea mi si para davanti, una bottiglia in mano.
— Che cazzo c’è, ora?
Eccolo qua.
— Fammi entrare.
Il suo sorriso si allarga.
— Mai.
E fa per chiudere la porta, ma infilo il piede all’ultimo momento. L’impatto tra il legno ed il muro è doloroso, ma resisto. Sorrido più di lui.
— ENTRO! — urlo e, imitandolo, sbatto la porta spingendolo via e trascinando Andrea con me. è come una marionetta.
L’uomo si lancia su me, violento, ma io scarto all’ultimo.
Alcolizzato è sinonimo di violento, porca miseria!
Ed io non sono per niente forte.
Scappo finché non suona il campanello, sbattendo sui mobili e schivando caldi.
Ho paura, ma la paura mi rende più forte.
Mi accende.
Quando sento il rumore guardo Andrea. È paralizzato, e segue i miei movimenti con occhi sbarrati.
Suo padre mi lancia un’occhiataccia. — Su vai! — ordina come nulla fosse.
Io raggiungo il citofono senza mai dargli le spalle. Afferro il telefono e appoggio la schiena al muro, piena d’adrenalina, così da poterlo osservare.
Lui non si scompone.
È come se non fosse successo nulla.
È pazzo.
— Sì, chi è?
Un breve silenzio segue la mia domanda.
Poi: — Caterina? Che cazzo fai qui! Sono Sara! Che cos’è, vuoi rubarmi anche il padredi Andrea? Fammi entrare!
Il cordless mi cade dalle mani e l’uomo, che ha sentito tutto, apre il portone con un sorriso.
Guardo Andrea, con gli occhi così aperti da bruciare.
Lui mi afferra una mano, tornando in sé, e sposta suo padre, quindi usciamo correndo.
Sono così scioccata che quando Sara m’insulta non replico.
Corriamo sempre più veloce fino a non aver più fiato.
Fino ad esaurirci.
 
1I’m in love è una canzone recente di un artista straniero.
2So ben poco dei Linkin in realtà, ma le cose basilari sì. Spero davvero di non aver scritto cazzate, perché loro fanno alternative rock no? E comunque li adoro  ** tuttavia è Eminem il migliore, almeno per me <3 Beh nel caso abbia fatto errori avvisatemi!!


Ciao a tutti :3 Scusate se non aggiorno più ogni giorno ma è diventato davvero impossibile per me :c sorry.
Allora, ecco il nuovo capitolo, già il numero 14 <3 e siete così tante a seguire :) favoloso!!
allora, che pensate? facciamo il punto della situazione.
-Nel e Justin, per ora, sono in stand- by.
-Cate e Andrea non sono riusciti a fare niente di "quello", ma hanno avuto ben altri pensieri ;
-Il padre di Andrea è tornato, e non si sa' per quanto, con una ''bellissima sorpresa''
-Sara è la ''bellissima sorpresa''. per chi non l'avesse capitolo quella frase NON FINISCE QUI porta a questo! Lei ovviamente nn va dalla polizia nè da altri  a dire della droga perché ne ha abusato,ma colpisce Andrea nel profondo. che lo odi o no, quello con cui va è suo PADRE,e Andrea non può uscirne indenne. e' proprio una gran troia sì.
-Ora Cate e Andrea corrono, senza meta, ma è ovvio che lui non può tornare a casa. dove andrà? e sua madre scoprirà qualcosa? come reagirà? E' appena stata tradita...

Allora, alla prossima!

CONTINUO A 1 RECENSIONE

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Capitolo 15
*** 15. ***


 
15.

"Se ridi, io rido; se piangi, io piango; se ti ha fatto soffrire, soffro anch'io con te, ma lui soffrirà molto più di quant'abbiamo sofferto noi! E' una promessa."


Storia di : Meme 1.

Titolo : Guerra e Pace.

Capitoli totali pubblicati : 15.

Capitolo numero : 15.



POV CATERINA.
Affondo il pugno nei suoi muscoli. L’impatto mi fa male, ma nuoce di più a lui.
Picchio più forte che posso, ogni pugno o calcio lo do pensando a quant’ha sofferto Andrea.
A quanto avrà pianto.
Alla droga che è stato costretto a prendere.
A quanto a sopportato.
E chissà, sarà anche stato picchiato?
Quel pensiero mi fa perdere ogni facoltà mentale. Così picchio più forte.
No, così non basta.
Di più, di più.
Di più.
Di
— ARGH!
Inciampo su un sasso, e cado giù a terra rotolando, strisciando la guancia sui sassi. L’immaginazione che ho avuto è stata così forte e reale da non farmi più vedere il suolo dove, con Andrea, sto correndo, e a farmi cadere.
Ma c’è un solo problema. È un’allucinazione. Non è reale.
Non ho picchiato il padre d’Andrea, di cui nemmeno so il nome.
Perché? Lo voglio così tanto ma, quando mi ha attaccata, non ho fatto altro che scappare.
Codarda.
Tolgo via gli ultimi sassi dalla guancia, che brucia un po’, ma non è nulla rispetto a quanto mi brucia il cuore.
È successo tutto così velocemente.
I suoi pugni che partivano.
Il campanello.
Sara.
La corsa.
E così ora mi ritrovo spalmata a terra, con metà guancia sull’asfalto e metà sul volto. Chi lo sa, rimarrò sfigurata in eterno?
C’è un altro problema: non m’importa! Ciò che voglio è far soffrire il padre di Andrea, e Sara.
Tanto.
Tanto.
Troppo.
Andrea si ferma e mi raggiunge, urlando il mio nome, preoccupato. Mi porge la mano, che non accetto.
Codarda e pure imbecille, ora?
No.
Io sono forte.
E picchierò duro quel bastardo!
Tirandomi su, sento una fitta lancinante al polpaccio, e ricado a terra. Merda. Un crampo, ancora. Quel muscolo è sempre stato malconcio, anche quando andavo a rugby, cominciava a fare malissimo ed una volta ho persino urlato dal dolore.
Ora però non lo farò. Perché devo essere forte: il mio è solo un po’ di dolore che, paragonato a quello di Andrea, rimpicciolisce. È infimo.
— Tutto a posto? — Andrea si abbassa e mi tira su, prendendomi per le ascelle. Un leggero strato di sudore m’imperla la fronte perché cazzo sì, fa malissimo e no, non è per niente tutto “ a posto “. Merda!
Con voce tremante e bassa, sussurro: — Veramente no — e, tentando di camminare, gli crollo addosso.
Non deve succedere!
Non deve!
E invece sta succedendo.
Bastardo muscolo.
Ora no, non potrò picchiare il padre di Andrea.
Con un tacito accordo c’avviamo verso casa mia. Chissà che dirà mia madre nel vedere Andrea? Chissà se è a casa poi. Insomma, deve essere risaputo chi è – e cos’è – il mio ragazzo. Come già mi ha anticipato Nel, prima che tutto diventasse così emozionante, è stato che “non è proprio a posto”. O qualcosa del genere.
E in effetti è così.
Eracosì.
La strada verso casa mia sembra non finire più e, nel tragitto, incontriamo la mia amica. È assieme a Justin.
Mentre la guardo mi chiedo perché è stata così egoista nell’ultimo periodo. Chi lo sa. Alla fine però, quando la raggiungo e mi abbraccia preoccupata, capisco che era solo in pensiero per me. perché sto con uno “come” Andrea.
Be’, le direi che è fantastico e splendido e la cosa più bella al mondo, ma sembra un po’ troppo occupata con Justin, che le tiene un braccio attorno alla vita.
Io, saltellando, indietreggio fino ad Andrea e mi appoggio con tutto il peso su di lui.
Lancio un’occhiata di sottecchi a Justin. È tirato a lucido ed ha un sorriso a 10 mila watt, così simile al padre di Andrea. Ma santo dio, è possibile che non me ne ricordi il nome? È così famoso!
Osservando i vestiti di marca di Justin – jeans scoloriti apposta, T-shirt e orologio Calvin Klein – mi viene un’illuminazione.
“Signor Mario, allora, qual è il suo hobby? “
“Cacciare, mrs. Il suo? “
“Oh, ma qui faccio io le domande, Mario .“
E così il nome è Mario.
Com’è possibile che non me ne sia ricordata?
Mah.
“ Cacciare. “
Da quando cacciare – uccidere – è un hobby? E se io, per hobby, cacciassi lui? Bastardo.
Una mano schiocca le dita davanti al mio naso. — Ehi Cate! Il pianeta Terra ti rivuole a sé! —, dice la voce allegra di Nella.
Io rinvengo dai miei pensieri. — Si, scusate.
— Allora, ti va? — mi chiede Justin.
Che cazzo?!... Eppure la stretta di Andrea non si fa più tesa. È rilassato.
Non dovrebbe! Ha sentito che proposta...?
— D’uscire con noi? — continua Justin, con un sorriso malizioso.
Justino.
Mi riscuoto. Sono un’idiota.
— Oh, ma certo, Justino! — esclamo.
Solo quando vedo lo sguardo carico d’odio di Nella mi accorgo di cos’ho detto, ma il ragazzo non mi dà il tempo di riparare e scoppia a ridere.
— E così ti ricordo Justin? Quella checca?
Okay, ha preso molti punti in più.
L’ammetto.
Con un sorriso smagliante facciamo ancora qualche battuta sul povero cantante che, ovviamente, non ne saprà mai nulla e poi ci dividiamo.
Mi sento un po’ in colpa. Ho insultato un ragazzo che nemmeno conosco.
Ah, pazienza! Quanta gente lo fa? Tanta.
Ecco.
Stringo la mano di Andrea, non appena vedo l’ingresso di casa mia. Lui però non è teso quanto me. forse non ha visto la Panda rossa di mia madre.
— Andrea, sii coerente — gli sussurro, ma mi zittisce con un bacio.
Molto... Mmm.
Per un attimo scordo tutto.
Il dolore.
L’ansia.
Mario.
Ogni cosa.
Sento solo Andrea.
Alla fine lui si stacca e, sornione, commenta: — Oh vedrai, andrà tutto bene.
— Lo spero! — commento avviandomi alla porta, saltellando.
Quando suono il campanello sono più preoccupata del dovuto.
Il mio cuore sembra voler uscire.
Andrea mi osserva dolcemente.
Sorride.
Fa per rassicurarmi quando...
... La porta si apre.
 
 
*
 
 
POV NELLA (new)
Cammino di fianco al mio nuovo ragazzo . In realtà Justin ha detto che gli va bene di essere tale, ma dubito che durerà. Insomma, lui è così... e io sono così...
È troppa la differenza anche se, a parole, non riesco ad esprimerla. E poi io ho gli occhi a mandorla! A molti non piacciono, e a lui...?
Non ho il coraggio di chiederglielo.
Non dopo ciò che ha fatto Caterina!
Dico, è impazzita? Justino?
È forse gelosa?
La cosa mi pare impossibile. Lei ha Andrea che, da quel che ho capito, è stronzo ma è fantastico.
Comunque sento che mi nasconde qualcosa e ciò mi fa molto male. Perché dovrebbe tenere segreti con me? La sua migliore amica...
Sospiro, sconcertata. È vero che siamo migliori amiche, tant’è vero che ci stiamo allontanando.
Anch’io le ho nascosto qualcosa.
È una cosa importante.
Ma che ci farà soffrire, tutti.
Ci trasferiamo.
Io e la mia famiglia, perché papà forse avrà un nuovo lavoro. Per ora non le dirò nulla, né a lei né a Justin, non c’è nulla di sicuro.
Ma è la cosa giusta?
Mentre camminiamo tra i campi in silenzio – un silenzio quasi romantico, ma un po’ troppo freddo – Justin si ferma.
Mi guarda e, con un sorriso, si china su di me.
Il mio primo bacio.
 
 
*
 
 
POV ANDREA.
Tento di nasconderlo, ma mi sto letteralmente cagando addosso. Spero che abbiano più bagni nella casa di Caterina, perché altrimenti sono proprio nella merda.
Beh, per restare in tema.
La porta si apre proprio prima che le possa sussurrare un “ ti amo “.
E chi si presenta?
È proprio la madre di Caterina.
Sotto sotto speravo in una sorellina... o qualcosa di simile.
Ma..
Oh, non far il cagasotto!
Con un sorriso smagliante, che so già l’ammalierà, esclamo – e nella mia voce, ahimé, si può sentire l’ansia: — Piacere signora, sono Andrea.
Lei mi studia.
Per fortuna non ho piercing e il tatuaggio non si vede. Così acquisisco punti – vero?
Alla fine, con un sorriso felice, mi fa entrare.
Caterina mi segue, zoppicando e piena d’ansia.
— Oh Caterina! Ancora quel muscolo? Su, va a sederti... — la riprende la donna, con uno sguardo preoccupato, e l’accompagna in un’altra stanza. Il salotto, presumo.
Quando torna da me posso osservarne l’abbigliamento formale ma scintillante, gli occhi ridenti e l’espressione genuina. È una donna che mi piace. È la madre che mi manca.
— Piacere! Sono Serena! — dice, impacciata, e mi stringe la mano.
— Il piacere è mio.
Non è esattamente vero.
Mi sto cagando addosso!
Ma che faccio? Le dico, cortesemente: “ scusi, dov ‘è il bagno? “. Wow, ma che bell’inizio!
Decido d’aspettare un po’. La serata si prospetta tranquilla – facciamo il tè freddo, mentre mi chiede se sono il ragazzo di Caterina, un po’ preoccupata, perché iniziava a sospettare che facesse quel genere di cose, e mi fa ridere – e poi raggiungiamo la mia ragazza. Io mi siedo accanto a lei, e Serena su un altro divano.
La osservo. È così minuta, coi suoi capelli biondi, i suoi occhi verdi, ma che in realtà non sono solo verdi... hanno mille sfaccettature in cui perdersi, proprio come lei... e la sua bocca...
Mi trattengo all’ultimo dal baciarla e lei scoppia a ridere afferrando il suo tè.
— Allora, Andrea — fa Serena mettendo sul tavolino di vetro il bicchiere — ceni qua?
Scrollo le spalle. — In realtà speravo di sì, a casa mia non c’è  nessuno e non vorrei dar fuoco a tutto! — mento facendole ridere. Non sapevo di essere un attore così bravo. Beh, meglio così. Poi continuo, cortese: — Sempre se non la disturba.
— Oh, non è un problema! — cinguetta, sorridente. — Voi restate qui, io vado di là a cucinare... Cate, tra un po’ arriverà tuo padre. Poi vediamo quel muscolo okay?
Caterina si limita ad annuire, più tranquilla ora. Mette giù il bicchiere e mi lancia un’occhiata divertita.
— Allora?
— Cosa?
Cosa dovrei dirle?
Lei sorride e trattiene una risatina.
È completamente pazza?
Rido anch’io.
— Come ti è sembrata?
— Fantastica.
Lei mette su un’espressione gelosa e cominciamo una battaglia di cuscini, che viene interrotta dall’arrivo del padre. È un uomo di mezz’età dall’espressione allegra, che mi dà subito uno scappellotto in testa, in segno di approvazione e saluto – così mi dice.
Parliamo un po’ e alla fine approfitto di un momento di pausa per andare in bagno.
Oh, grazie a dio!
 
 
*
 
 
POV SARA.
Guardo l’uomo davanti a me, disgustata.
E poi semplicemente rinuncio.
Andrea non mi vuole più.
Non gli interessa se farò qualcosa con suo padre.
Perciò perché rovinarmi così?
Gli lancio un’ultima occhiata e, mentre butta giù altri drink, scappo.
Mi fa schifo.
Mi faccio schifo.
Voglio cambiare porca puttana.
Sento le lacrime affiorare.
Chiederò scusa a tutti loro!Penso, ed è la verità.
Cazzo se lo farò.
Voglio essere diversa.
Quanti ragazzi ho avuto, solo questo mese? Undici?
Dio mio.
Che schifo.
E poi per loro non sono che spazzatura.
Cambierò.
È una promessa.
 
 
*Sorridendo*
Ciao a tutti, :) Sono riuscita ad aggiornare un po’ prima, visto? Ecco, questo capitolo è carino, spero u.u beh, che ne pensate? Cosa succederà nel prossimo? Povero Andrea che... doveva cagare!!! Ahahah che figura di merda :’3 mi diverte.
Avevo detto che Sara avrebbe sofferto, ma... mi è venuta un’illuminazione; e poi ci sono Nel e Justin, dei quali si capisce così poco... e Nel deve trasferirsi..
Insomma, un bel po’ di casino .
*Sorrido di più*
Cavolo, siete in tante a leggere eh! E pure a recensire, 50 e passa recensioni !!! wow <3
Beh, allora fatemi sapere com’è il capitolo e, al solito:
Continuo a 1 recensione (minima).

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Capitolo 16
*** 16. ***




16.

”Caterina, this is my mom!”

 
POV ANDREA.
Perché hai quell’espressione? —, mi domanda Caterina, con un’espressione interessata. Suo padre se n’è appena andato e, a ruota, la madre. Ora sono a giocare con la Wii. La Wii. Per me è incomprensibile che un genitore – anzi, un adulto – possa saper giocare con la Wii. O la Play Station, o qualsiasi altro videogame. O cose elettroniche. Cioè, mio padre lo fa, ma d’altronde quando non è un alcolizzato è un manager, è ovvio. Ma mia madre? Le sue amiche utilizzano messaggi, Facebook, Whatsupp, e lei appena riesce ad inviare un fax! Per questo ho un’espressione un po’ scioccata, tutto qui.
Sorrido, ancora perplesso. — I tuoi, giocano con la Wii.
Lei alza le spalle. Da un’occhiata al suo polpaccio, rabbuiandosi. Sua madre le ha appena detto che dovrà stare ferma per un bel po’, perciò niente corse la domenica né ritrovi sportivi. Non me l’immaginavo la ragazza “fitness”. Mi sorprende anche lei, l’ammetto.
— Quanto pensi significhi “per un bel po’”? —, chiede, l’espressione scocciata ma anche sofferente. È pur sempre della sua passione che stiamo parlando.
Non voglio né demolirla né illuderla. Così, mi limito a dire quella che  è – a mio parere – la verità, alzando le spalle anch’io. — Beh, può voler dire tutto e niente, dipende da come reagisci. Se stai a riposo passerà prima, per esempio. Ma se mi dici che è proprio il muscolo ad essere “difettoso”, può cambiare tutto.
Lei mi rivolge un’occhiata divertita. — Cos’è, fai il filosofo?
— In realtà, sono realista.
— Lo vedo.
Ci guardiamo un altro po’. In realtà sono sbigottito anche perché i suoi genitori, persone così severe e raffinate, ci hanno permesso di mangiare straiati sul divano. Deve essere stato perché Caterina stava male.
Sto per riprendere il discorso, immerso nei suoi occhi, quando dei passi alle nostre spalle c’interrompono. Mi volto, con un sorriso cordiale, così da scorgere Serena, con un sorriso felice in faccia. È un po’ spossata, devono aver fatto un gioco di sport.
Oppure...
La mia parte pervertita non è morta, a quanto vedo.
Sorrido di più.
— Ehi, ragazzi! Vi divertite?
Lei sì?
Il mio sorriso si apre ancora.
— Caterina, volevo solo ricordarti che sei ancora in punizione, e visto che sono tua madre devo fartela rispettare. —, esordisce.
Lei, impettita, ribatte: — E chi te l’ha detto? Papà? Non pensi da te?
Serena non cambia espressione. — Oh, lo penso io. Perciò questa settimana non uscirai.
Quando vedo l’espressione furibonda di Caterina – che anticipa un litigio inutile – capisco che devo dire io qualcosa.
Prendo la parola.
Quasi faccio per alzare la mano, come a scuola.
Beh, non che io a scuola parli molto.
— Serena... Scusa. Volevo dirti che, forse non lo sai, noi due — indico la ragazza vicino a me, che è così importante per me — ci siamo conosciuti perché la preside l’ha punita, non so bene il perché. Beh, la punizione comprende anche farmi passare l’anno, perciò già più volte Caterina è venuta a casa mia per farmi studiare.
Se non potrà uscire, non vedo come potremo sistemare quest’impiccio.
Serena mi lancia una lunga occhiata.
È carica di significati.
Menti?
A casa tua studiate e basta?
Cosastudiate?
Come?
A tutte quelle domande ci sono due risposte e, l’ammetto, non posso certo dar vita alla mia parte maliziosa, perché non abbiamo fatto nulla. Il ricordo del pomeriggio si fa più vivo.
— Ah si? Beh, se è così... Se studiate... Rivaluterò la cosa.
Caterina lascia uscire un sospiro.
— Caterina, ma perché non mi hai detto tutta la verità?
— Pensavo t’incazzassi ancor più.
Mente.
E lo so.
Con un brivido, ripenso a come mi conosce la gente che non mi conosce davvero. Quello “strano”. Quello della “roba”. Quello che da piccolo aveva dei lividi sul corpo, e non si sapeva perché. Quello bello e impossibile. Quello di ghiaccio. Quello senz’anima.
Avrà pensato ciò anche lei?
Serena torna su e Caterina mi sorride.
No, non l’ha mai pensato.
Non so perché lo so.
Lo so. Punto.
È l’amore.
Non ti stai rammollendo un po’ troppo, Andrea?
Con sicurezza, mi rispondo.
No.
 
 
*
 
 
POV CATERINA.
Ad ogni parola di Andrea, capisco che mi sta salvando il culo.
Cioè, all’inizio non l’ho capito, quando ha iniziato a dire a mia madre tutta la verità, intuendo dei miei segreti. E volevo ammazzarlo. Ad ogni parola pensavo “no, no, no!”. Ed invece è andata così bene.
Dal piano superiore sento i suoni della Wii riprendere, e mia madre che si congratula con mio padre perché “il ragazzo è davvero furbo! Mi piace!”.
La risposta un po’ gelosa di mio papà è evidente. Io ed Andrea ci diamo un’occhiata divertita, mentre io mi massaggio il polpaccio.
Starò così per un bel po’. A casa di Andrea, però.
E già la vedo meglio, la cosa.
Lancio un’occhiata all’orologio. Le undici e mezza. È venerdì, è vero, potrei stare su fin tardi, ma non vorrei tirare troppo la corda.
Così, dopo aver parlato un'altra oretta con Andrea, lo caccio. È l’ultima cosa che vorrei fare ma, d'altronde, che altre opzioni ho?
Mi spiace di cacciarlo, ma farlo rimanere qui vorrebbe dire rovinare tutto. Quell’atmosfera tranquilla tra i miei lui che s’è creata s’incrinerebbe molto. Così gli lancio un’occhiata preoccupata.
— Da chi vai?
Perché è ovvio che non tornerà a casa sua.
Vero?
Lui mi lancia un’occhiata dall’alto. Io sono ancora seduta al divano, e lo sguardo reclinando all’insù il capo.
— Chiamerò Manuele. E spero non sia occupato...
— Lo spero anch’io. — sorrido timidamente ripensando a ciò che abbiamo quasi fatto. Ed odio ancora di più Mario. Ha rovinato tutto!
— Che ne dici — propongo, sperando di non essere troppo appiccicosa — se domani vengo a casa tua e studiamo un po’?  Siamo un po’ indietro e mi manca ciò che avete fatto oggi.
— Bell’idea. Sì, va bene. Mio padre — esita prima di chiamarlo così. Infondo come può quello essere un padre? — non dovrebbe esserci, ma mia madre sì. È okay?
— Sì, sì. Non è lei la cattiva, no?
La mia è quasi una supplica. Dimmi di sì. Dimmi che è buona. Dimmi che non sei dovuto sopravvivere a ben due mostri. Dimmi che c’è del buono nella tua famiglia. Sennò ti adotto.
— Sì, è buona! — sorride, chinandosi su di me. — Perciò, ti aspetto alle dieci. Porta latino e... Storia. — rabbrividisce nel pronunciarlo, facendomi ridere. Dopo aver dato un bacio veloce, mormora, guardando su: — Saluta i tuoi... Non vorrei interrompere qualcosa...!
Gli lancio un cuscino, promettendogli che lo farò.
Quando esce, non ho ancora smesso di sorridere come un’ebete.
 
 
*
 
 
Sull’una mi arriva un messaggio.
Io sono ancora sveglia, perché il sonno sembra essere sparito. E comunque domani è sabato, perciò va bene.
Lo apro quasi subito, dopo aver spento la suoneria. I miei domani lavorano, non posso disturbarli.
È Nella. Sorrido, felice. Così non mi ha scordato.
Oddio! Non ci crederai mai! Sei occupata?? Ahah <3
Scoppio a ridere.
Dio, se sapesse! Ma non posso rivelarle molto perché temo mi scapperebbe qualcosa in più. Ed Andrea mi odierebbe a vita.
Sì, sono libera :3 dai, che è successo?
Guardo il display che mi acceca per qualche secondo, finché non mi arriva un altro messaggio.
Esito ad aprirlo.
Nella avrà una storia normale. Senza droga né alcolizzati né misteri.
Ed io no.
È ciò che voglio?
Voglio Andrea?
La risposta è palese. Sì, sì. Sempre.
Ogni giorno.
Ogni secondo.
Justin mi ha baciata nei campi!!!
Wow! È fantastico Nella! Dai! Ma è wowowowow! Com’è stato?!

La risposta arriva quasi subito, e da là iniziamo a parlare di quant’è diverso e cambiato Justin. Meno male! Non avrei sopportato che Nella diventasse una troia.
Alla fine, non so come, l’argomento vola su di me. E Andrea. Su noi.
Come va con Andrea?
È bellissimo:3 lo amo. È la prima volta che posso dirlo davvero.
Ahah si? Ma non dicevo quello. Io dicevo Quello!

Osservo lo schermo.
È la solita pervertita! Sì, è vero, avrei dovuto saperlo! È sempre lei! Accidenti, mi fa così ridere.
Ahah ma dai! Sempre così!
Dai? L’avete fatto? L’avevo detto!!!
NO! Non è successo nulla. Quasi.
Perché quasi?

Non posso dirle di più.
L’ho promesso a me.
E a lui.
Così scrivo: Ho esitato, non sono pronta. L’ha capito.
L’argomento cambia, e le ore passano.
 
 
*
 
 
Ore 8.55.
Salto giù dal letto, troppo eccitata per aspettare. Prendo dei vestiti a caso, ridendo al ricordo di me che, spaventata, discutevo con Nella su che indossare; poi afferro i tanto temuti libri di latino e storia e li ficco in borsa. Il tutto in mezz’ora. Sì, l’ammetto, mi sono persa a fare una partita con la Wii e a inviare sms con Nella, nel frattempo. Lei è già sveglia e mi ha detto che uscirà con Justin. Io le ho detto che studierò con Andrea, scatenando le sue “bellissime” battutine.
Poi se n’è andata. E mi ha lasciata sola così che ora, alle 9,30, sono seduta sul divano a farmi domande.
Come sarà la madre di Andrea?
Lei è la “buona” sì, ma è tutto relativo.
Dopo un altro bel po’ di tempo passato a seghe mentali, mi accorgo che è ora di partire e, ancora un po’ impreparata, esco.
 
 
*
 
 
Driiin.
La porta si apre e davanti a me c’è Andrea. Dietro di lui una donna piccolina con il naso all’insù e i capelli corti saltella per vedermi, con un’espressione curiosa.
— Dai! Voglio vederla!
Oddio. Ho paura.
Di deludere le sue aspettative. Insomma, si aspetterà una foto modella o che ne so io. E io non sono così.
Invece, quando Andrea si sposta e mi vede, la donna emette un urletto d’approvazione e m’abbraccia. Deve aver detto qualcosa tipo “perfetta!”, ma non sa quanto si sbaglia.
Sono piena d’errori io.
Non riesco a salutarla che mi trascina con sé nel vortice d’allegria, che per così tanto tempo mi è mancato.
 
 
*
 
 
POV ANDREA.
Guardo mia madre, Giulia, abbracciare e bombardare di domande Caterina che, suo malgrado, si lascia trascinare dalla sua allegria.
Dopo un po’, decido che è ora di salvarla. Le ha già chiesto tante cose – tra le quali “Quand’è che hai il ciclo? Vi controllo eh!”, che mi ha fatto morire dalle risate e dall’imbarazzo totale – e mi avvicino a mia madre, tappandole la bocca con una mano.
— Mamma, dobbiamo studiare. Andiamo su.
Lei si libera con un morso.
— Si e, per favore, studiate e basta! Sono qui che sento tutto.
Scoppio a ridere mentre Caterina scappa su, correndo. Non dovrebbe farlo ma, questa volta, è di vitale importanza, così lascio correre e la seguo. Sono ancora un po' spossato e stanco perché ieri sera, alla fine, sono andato da Manuele e abbiamo guardato film - quelli - fin tardi, ma alla fine la raggiungo e l'abbraccio. Lei si volta e mi bacia.
Questo è amore? Perché, se è così, non riuncerò mai.”

 
*Che dire?* In questo capitolo – scritto perché non ho niente da fare, hem, ehm! xD – c’è un po’ di roba, ma non così tanta. Non vi anticipo nulla ma ho un bel po’ d’idee!! Ahhah xD mmm.
Mi diverte questa cosa, mi sento potente<3<3
Embé, che ne dite? Errorini? Si lo so se ci sono scusate ma odio rileggere ç.ç se me li dite voi correggerò... u.u
Alla fine Giulia non è per niente una donna triste né cattiva, nonostante il marito che ha, e soprattutto non sa di Sara, perciò SSH! Tra l’altro né Andrea né Cate sanno che Sara è pentita perciò credono sia ancora una troia e che l’ha fatto con Mario – ma che schifo D: :Q__ (vomito). Beh, non dico altro!! :3:D se no muoio u.u
Alla prossima xoxo meme1. (:

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Capitolo 17
*** 17. ***


17.
CATERINA.
Mi sento strana. Forse è semplicemente perché la madre di Andrea, una donna che avrà sopportato così tanto, che tanto sa ma ancor più non sa, è una donna solare ed aperta, sorridente, travolgente. Sì, la definirei travolgente. Beh, come può esserlo? Non è normale, insomma, non dovrebbe essere triste, chiusa in sé, diffidente? Sì, diffidente! È così che diventano le persone dopo che le hai maltrattate e usate. E invece no. Magari è così perché pure le hai scelto Mario come marito con un secondo fine che, facilmente, potrebbero essere i soldi.
Andrea entra nella stanza, sorridente. Mi dà un buffetto sulla guancia, e con sguardo severo commenta: — Non dovresti correre, lo sai. — Ed invece sta nascondendo un sorriso che, presto, si trasforma nella nostra risata.
E saremo quel che tutti sognano
Quell’amore che i cantanti cantano
Tanto forte e immenso che
Sembra esagerato e impossibile.
L’abbraccio, ormai è così naturale. Sorrido, al pensiero che, una settimana prima, al solo pensiero d’abbracciare Andrea, sarei morta. Cioè, in realtà io l’ho sempre guardato di sottecchi, a scuola – proprio come si guarda qualcosa d’impossibile: vuoi guardare, esplorare, scoprire, ma nello stesso momento sai che non puoi, che mai ci arriverai né sarà tua. È una lenta tortura.
Eppure Andrea è mio.
Ma il nostro amore non è avvenuto un po’ troppo in fretta? Come una fiamma che prima stenta ad accendersi, ma poi prende fuoco e brucia, brucia alta ed impetuosa, esagerata, finché alla fine non si consuma?
Si consuma?Cioè, il nostro amore si consumerà? Come le rocce sotto la pioggia ed il vento? Si, sembrano indistruttibili, ma anche una cosa invisibile come il vento può modellarle a suo piacimento.
Allontano quei pensieri e mi siedo sul suo letto. — Davvero non sai perché sono in punizione? —, domando, alludendo alla sera prima. Dio, ho ancora in mente la fiamma. Ora è alta, ma domani?
— Già. Perché? Sono curioso.
Quando glielo racconto, ne rimane un po’ deluso. — Speravo in qualcosa di più...
— Esagerato? Si, in effetti anche allora avrei dato fuoco a Sara...
Scoppiamo a ridere, ma la mia risata è tirata e così, troppo presto, iniziamo a studiare.
 
*
 
Quella notte non riesco a pensare che alla fiamma. La sogno persino. Nel mio sogno – o dovrei chiamarlo incubo? – ci siamo io ed Andrea che, abbracciati, camminiamo.
La gente che ci guarda è gelosa, ed io sono compiaciuta e lusingata, mentre do pizzicotti ad Andrea e ridiamo. È tutto così intimo seppure al centro dell’attenzione.
Andrea mi indica il terreno ed io guardo: nel cemento, o asfalto, non ho mai capito cos’è, c’è una fiamma. Brucia alta e piena di vanità senza trarre forze da nulla, e ci guarda, sembra sfidarci. Poi però un soffio di vento la fa diventare più piccola. Ad un certo punto la gelosia della gente si trasforma in risate. Mi guardo attorno, la gente mi addita e non sento più il caldo abbraccio di Andrea e le mie forze vengono meno.
Con una sensazione di solitudine do un’occhiata alla fiamma.
Non c’è più.
Sgrano gli occhi e rialzo il capo, solo per vedere Andrea abbracciato a Sara che ride con gli altri. Tra di loro c’è pure Nella, dietro al mio ragazzo, con Justin. Rabbrividisco.
Non  è più il mio ragazzo.
È perché la fiamma si è spenta?
Sì.
 
*
 
Mi sveglio con una sensazione di disagio. Sì, so che è stupido e inutile, ma quel sogno è così reale anche se è frutto della mia fantasia distorta. Sospiro e mi passo una mano sugli occhi, accorgendomi così di lacrime secche che mi coprono il viso.
Serro gli occhi. Non ho idea di cosa significhi tutto ciò. Ho forse un sesto senso?
Serro i pugni. Basta, non guarderò più film horror1. Non se mi rovinano in tal modo l’esistenza!
Guardo il soffitto sopra me. Cosa c’è che non funziona?
Veramente nulla, se non me. Si, sono proprio io ad andare male!
Andrea non dovrà saperne nulla.
Assolutamente.
Chiudo gli occhi e mi riaddormento. Grazie a dio domani non è lunedì.
 
*
 
L’indomani nessuno viene su a svegliarmi. I miei sono soliti farlo anche nei weekend, se non altro per un saluto, perché papà parte e se ne va per tutta la settimana fino a giovedì o venerdì, e mia madre sta a lavorare fin tardi. Così ci vediamo poco, se non in occasioni eccezionali.
Così, quando mi sveglio, accendo il cellulare per vedere che ore siano. Non sopporto l’idea d’aver perso metà giornata a dormire anche se, l’ammetto, spesso mi farebbe bene.
Sono solo le dieci. Per fortuna. Rimetto giù la testa sul cuscino, ancora infreddolita dall’incubo.
Poi il cellulare mi squilla in mano. È un messaggio da un numero che non conosco.
 
Ciao, voglio parlarti. Incontriamoci al parco x le 10,30 okay? – Sara.
 
Sara...
Sara...
Quella Sara?
La puttana?
Dai, non è possibile.
Sono tentata di darle buca ma alla fine mi alzo. Almeno lei mi distrarrà dall’incubo. Spero.
 
*
 
Arrivo in orario all’appuntamento ma, com’era ovvio, non c’è nessuno. Decido di aspettare giusto qualche minuto, così da non far la figura di quella che non s’è presentata nel caso Sara sia in ritardo. Mi siedo su una panchina – la stessa dove veniamo spesso io e Nel per studiare, quand’è caldo e non ci va di studiare realmente, e ci perdiamo in chiacchiere – e decido d’inviare un messaggio ad Andrea per chiedergli come và. Ho già composto il semplice testo, quando mi fermo, esito. E se fossi davvero troppo appiccicosa? Cioè, niente contro i messaggi, però non dovrebbe essere lui a scriverli?
Mi sento stupida. Non dovrei nemmeno averli, sti pensieri. E così, metto via tutto ed aspetto.
Poco più tardi, arriva Sara. È vestita stranamente coperta, con jeans al ginocchio e canottiera colorata, e non è truccata. Devo dire che, senza i chili di nero che è solita usare, è davvero carina. E non poco.
Mi sorride, sincera. O è una brava attrice o è felice di vedermi. Tendo per la prima ipotesi, ma so che è soltanto un pregiudizio.
— E così, — commenta, sedendosi accanto a me — sei venuta.
— Già. — Non è ovvio? Sono lì!
Lei si morde il labbro inferiore e mi lancia un’occhiata che non comprendo. — Senti, devo dirti una cosa.
Increspo le labbra. Avrei già pronte diverse battutine su Mario, però mi trattengo. Sembra veramente impegnata per combinare qualcosa di buono.
— Non ho fatto nulla col padre di Andrea. — mi anticipa. Ed io non posso che pensare che lei non dovrebbe nemmeno pronunciare nemmeno quel nome.
Non mi trattengo: — Ah si? Beh, l’idea soltanto di far qualcosa è... mortificante.
Sara abbassa gli occhi. Guarda giù, i suoi piedi. Indossa i sandali, perché oggi fa un po’ più caldo. In effetti è ancora settembre, ma vorrei fosse già maggio. O giugno.
— Lo so. Eccome. Mi faccio schifo.
Nascondo la mia sorpresa con un acido: — Proprio come dovrebbe essere.
— Fammi parlare! Non ci ho fatto nulla, perché sono pentita di ciò che ho fatto fino ad oggi. La troia, cioè. Si, lo so, è tardi per pentirsi. Ma per me è così — torna a guardarmi, ed io mi sciolgo un po’. È sincera.
E come si fa a resistere a questa richiesta? È come il pianto d’un anziano che perde la moglie e, sulla sua bara, la saluta per l’ultima volta, ricordandone sorrisi e pianti. È uno spettacolo d’amore al quale non si può resistere, e come si può non cedere alla sincerità?
Così allungo una mano verso di lei, e stringo la sua. — Non so se ciò che dici è vero, ma sono felice per te. In ogni caso, non vedo che c’entri io..
— Ma tu sei essenziale! Te lo chiedo in ginocchio: aiutami! Aiutami a rifarmi una vita.
Non resisto, e l’abbraccio. Quel corpo sarà stato toccato da così tanta gente ... ma me ne infischio. Devo aiutarla? Non mi tiro certo indietro.
Ritirandomi, sussurro: — Sì. Sì, va bene, lo farò.
Il suo sorriso gioioso mi dà la forza di crederci.
Che lei cambi è difficile.
Che la gente cambi parere su di lei è un’impresa titanica.
Ma posso provarci. E una nuova amica non si rifiuta mai.
 
*
 
Circa un’ora – e un gelato – dopo sono di nuovo a casa, felice. Sì, felice ed orgogliosa.
Se credessi nel karma, direi che questa buona azione che sto iniziando allontanerà l’incubo che mi sta turbando2. Poiché non ci credo, penso soltanto che aiuto una ragazza perché farlo mi dà felicità. Che è sempre una bella cosa.
Do uno sguardo al cellulare. È quasi mezzogiorno, ma non ho fame, né credo mi verrà.
Ho solo una sensazione di ... vuoto. Ora che Sara non c’è più, che farò? Nella sarà occupata con Justin, credo, e Andrea... non sono così appiccicosa. Insomma, sarà sicuramente con Manuele.
Non riesco ad organizzare le idee che mi arriva un messaggio:
 
Che fai, comunella con la troia? Ma bene, ecco quanto t’interessa di me!!!
 
Basita, guardo il mittente.
Nella.
Non voglio spiegarle ciò che è successo per messaggio, così le do appuntamento al parco in quell’istante. Cos’avrà visto?  E cos’avrà pensato?! Rabbrividisco, uscendo nuovamente. Il mondo mi sta crollando addosso.
 
*
 
NELLA.
Com’è possibile?
Guardo la scena davanti a me.
Sara – la troia!
E Caterina – la mia , in teoria, migliore amica!
Che mangiano – assieme – un gelato.
Mi allontano disgustata.
Dopo un po’ non riesco a trattenermi: le invio un messaggio. Lei, in tutta risposta, m’invita al parco.
Decido d’andarci. Così le dirò per sempre addio. Nella mia vita non c’è spazio per le puttanelle.
 
*
 
CATERINA
Guardo Nella arrivare verso me, e la raggiungo. Lei mi tiene a distanza, ma io la saluto calorosamente.
Poi prendo a spiegare cos’è successo, senza che me lo chieda.
Lei ascolta, è attenta.
So che cercherà la bugia.
Ma non c’è.
Così, quando ho finito sorrido. Ovviamente ho tralasciato la storia d’Andrea e di Mario, ma le ho raccontato del cambiamento della ragazza.
— E perché è venuta proprio da te?
— Perché – immagino – mi conosce; abbiamo passato anni assieme.
Lei mi scruta e, alla fine, accetta l’idea.
— Però, non mi convince — mormora dopo un po’, sedendosi più vicino a me, segno che la lite è già finita — perché questo cambiamento radicale? Da puttana a suora?
Alzo le spalle, e mento ancora. — Non ne ho idea. Ma ne sono felice.
Lei mi scruta ancora per un po’. — Anch’io.
È una menzogna, ma fingo di non accorgermene, anzi, cambiamo argomento.
Tento di non pensarci molto, ma mi dà molto fastidio che Nella pensi che io sia solo sua, e d’avere il controllo sugli amici che mi faccio.
’Fanculo.
Stringo i pugni, continuando a parlare.
Questa storia non mi piace.
Dopo che ci siamo lasciate, alzo lo sguardo davanti a me, sono ancora seduta alla panchina e penso che lì resterò per un bel po’.
E chi vedo?
Dannazione!
Davanti a me c’è il professore di ginnastica.
C’è Marco.
Che, ormai l’ho capito, quel giorno s’è drogato.
Quando mi scorge, mi sorride e s’avvicina a me, a passo veloce.
Io resto lì.
Non gli farò capire che ho paura.
Lo affronterò, e a testa alta anche.
Quando si siede accanto a me – chi gliel’ha permesso?! – lo saluto, garbata, con in mente ancora quella volta che abbiamo bevuto il caffè assieme.
— Buongiorno, professore. Come sta?
Ma qualcosa è cambiato.
— Salve, Caterina. Io bene, grazie per l’interessamento. Volevo parlarti di una faccenda, riguardante ciò che è successo tra noi. Hai tempo?
Qualcosa è cambiato davvero.
È gentile.
È cordiale.
È diverso.
Ora però devo scoprire cos’ha in mente.
 
1Caterina si riferisce ad un film horror che ha visto – “Sesto senso” -; vedi capitolo 11 ànote.
2Non sono un’esperta di Karma, perciò se ci sono errori  nella “teoria” avvisatemi!!:D

 
Ehilà, rieccomi! Volevo solo avvisare chi non se n’è accorto ma oggi, poche ore fa, ho pubblicato un’altra storia: L’umana. È sovrannaturale – romantico, perciò il solito genere, se vi va dateci un’occhiata.
 
Ora però parliamo di questo capitolo.
È molto “ricco” non trovate?
Ci sono diversi personaggi: Sara, Nella, Marco...
Manca però Andrea, per la maggior parte, anche se appare inizialmente e poi nei pensieri di Caterina.
Che sta succedendo?, che accadrà?
Siete pro o contro un'ipotetica amicizia o anche solo avvicinamento tra Caterina e Sara?
E tra Sara e Nella?
E soprattutto, come reagirà Andre alla notizia?
 
:) un enorme grazie a chi segue questa storia, leggendo soltanto, o anche recensendo! G r a z i e !!
 
XOXO MEME1
Continuo a 1 recensione, as usual.

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Capitolo 18
*** 18. -Non l'hai capito? Ti amo ***




18.
Non l’hai capito?
 
 
Ti amo.

 
 
*
Il mio sguardo va su e giù dal libro di matematica al profilo di Andrea che, ignaro, finge d’ascoltare la lezione. Sono un po’ preoccupata: né io né lui ci stiamo davvero impegnando per superare l’anno, e questa cosa non è buona, in primis perché deluderei mia madre che, ormai, sa tutto, e in secondo piano perché di restare un’altra volta in C non se ne parla. Sì, è vero, è splendido stare di più con Andrea, ma è il resto della classe il problema: insulti, battute squallide, pestaggi sono all’ordine del giorno ed io sembro essere la vittima dei loro scherzi. Oggi, ad esempio, ho trovato un biglietto sul mio banco, che mi minacciava, dicendomi d’allontanarmi da Andrea perché “altrimenti finirà male, molto male, nerd.
Sospiro, guardando il libro. Non capisco nulla e così i miei pensieri volano al giorno prima: la mia domenica è passata in casa, ho cercato di recuperare i compiti e non sono uscita. Quando Andrea mi ha chiamata, ero così tentata di dirgli tutto, tuttavia alla fine non l’ho fatto.
Il professor Marco in sostanza è stato gentile, educato, rispettoso e, soprattutto, pentito. Mi ha chiesto scusa di tutto, e mi ha umilmente pregato di dimenticarmi di tutto perché “non ero nelle mie piene facoltà mentali!”. Ovviamente. Oramai l’ho capito, la droga in questo posto impera. La domenica sera sono uscita, sola, a prendere un gelato, poi sono andata al bagno del locale ed, uscendo, ho incontrato un uomo barcollante con dei buchi sulle braccia.
Sembra essere la normalità, qui – ma come si può? Perché la polizia non sa niente? Se non fosse per Andrea... Avrei già detto tutto... Ma dovrei rischiare così? Andrea potrebbe finire male, e non solo con la polizia.
Mi mordo il labbro, rispondendo ad una domanda del prof, salvandomi all’ultimo. Quello poi si risiede e passa il resto dell’ora, l’ultima ora tra l’altro, a bere caffè e sfogliare un giornale.
Lancio un’occhiata ad Andrea, ed incontro i suoi occhi blu. Lui mi sorride, ignorando ciò che penso. Ho ancora in mente le frasi del professor Marco. Così vivide.
— Mi spiace di rubarti tempo, Caterina. Vorrei parlarti di ciò che è successo tra noi, ciò che non sarebbe mai dovuto accadere. Ho interpretato male i tuoi segnali, ch’erano pura gentilezza, null’altro, e così ho reagito male. In più, quando sono venuto da te, non ero nelle mie piene facoltà mentali ed ero preso dall’ira. Ti chiedo di dimenticare  tutto, perdonarmi. E il nostro non sarà nient’altro che un rapporto alunna – professore.
Sicuramente non dimenticherò ciò che è successo, ma posso provare a perdonarlo. È una cosa che mi riesce quasi troppo facile, a dir la verità.
— Ehi... Cos’hai? — domanda Andrea, sporgendosi appena verso me, ma così poco che nessuno lo noterà, proprio nel momento in cui la campanella suona, sovrastando la sua voce.
Ho deciso.
Gli dirò ogni cosa.
Il prof.
Sara.
Il biglietto.
Tutto.
 
 
*
 
 
ANDREA
La campanella suona, irrompendo nel silenzio della classe, e placando la mia voce. Guardo un’ultima volta Caterina, con rimorso, perché vorrei abbracciarla e stringerla a me, ma non posso. Non so come la prenderebbe la gente qui in classe. È pieno di ragazze che mi vanno dietro, non apprezzerebbero e sono violente.
Così, infilo la spallina dello zaino ed esco dalla classe, sospirando. Manuele mi segue, ridendo come un idiota ad una battuta di Amelia, una ragazza della nostra classe. Per poco non è divenuta la mia ragazza.
Poi, ho scoperto che si fa abitualmente di coca. È, in effetti, la messa peggio.
Mi guarda, il suo sguardo cattura il mio, e mi gela.
Ma è un secondo, perché il mio amico mi salva.
O così credevo.
— Ei amico! — sbotta, mentre usciamo, battendomi una mano sulle spalle. Vedo le ragazze più piccole guardarmi di sottecchi, ridendo, arrossendo, ma le ignoro. L’ho sempre fatto. — Ti va d’andare al cinema, oggi?
Io lo illumino con un sorriso. È da tanto che non vado al cinema. — Ma si, certo!
— Ottimo! Verrà anche Paolo — m’informa, indicandolo. È un sacco di muscoli quel ragazzo, ma ha un cuore d’oro. — la gatta morta, ed Amelia.
Per gatta morta intende Sara. È già male.
Ma poi dice “Amelia”, e complica di più il tutto.
Serro la mascella, infastidito. Ma non esistono più le serate “solo uomini”?
— Certo.
Ormai ho detto di sì. Non posso ritirarmi.
Lui ridendo, propone: — Invitiamo la nerd, dài! Sarà da divertirci un po’, e poi non è male! —. Ciò causa lo scroscio di risa dei ragazzi, mentre io m’irrigidisco. Lancio un’occhiata alle mie spalle, verso Caterina che, a passo annoiato, viene verso noi. Manuele si ferma, sorridendole. Che stronzo! Pensavo non la odiasse.
— Aspettiamola! — suggerisce Amelia, che sicuramente avrà già un piano in testa.
Devo fare qualcosa. — Ehi, ragazzi. Sicuri? Cioè, è noiosa. Se poi facciamo un po’ di cagate rompe il cazzo... Dài. Rovinerà tutto! —, faccio notare, irrigidendomi ad ogni parola di più. Non penso tutto ciò. Come potrei? Ma devo, devo farlo. Fa male.
Manuele mi guarda. Lui sa che Caterina è spesso a casa mia, seppur non conoscendone il perché. — Ah sì? Non sembrava, a casa tua.
Amelia mi lancia un’occhiata di fuoco. — Cosa? —, sibila, più tagliente d’una lama.
Ecco, appunto.
E Caterina è già arrivata, così Manuele la ferma.
Le parla, lei lo guarda, guarda me. Seppur dubbiosa, accetta.
No!
Non voglio che soffra, non per una puttanata simile... ma mi limito a voltarmi e lasciare tutti là, sotto lo sguardo furioso di Amelia.
Io non sono suo. Può anche morire, per quanto mi riguarda.
 
*
 
CATERINA
Non capisco. Perché Manuele mi ha invitata al cinema con loro, oggi? Ha detto che ci sarà lui, assieme ad Andrea, ovviamente, Sara – che non mi preoccupa più, anzi -, Paolo – che non conosco -, ed Amelia.
Quando nomina l’ultima la indica. La ragazza, d’una bellezza nordica, perfetta quanto gelida e distante, mi guarda, e sembra che voglia farmi fuori.
Sarà una ex di Andrea...ipotizzo, ma come può sapere di noi? Nessuno lo sa...
Faccio due più due.
Manuele.
Ottimo! Benissimo, ora chi mi odiava e scriveva quei cazzo di biglietti mi odierà di più!
Saluto tutti, quasi scappando. In ogni caso, non mi spiego perché Andrea se ne sia andato via in tal modo. Che ci sia sotto qualche cosa?
Passo a prendere in classe Nella, che mi investe con le sue novità su Justin.
Justin.
Justin.
Justin!
Non ne posso più! Vorrei risponderle male, dirle che, magari!!, anche io ho qualcosa da dirle! Ma niente, nemmeno se ne accorge, continua!
Così fingo interesse e, alla fine, vado a casa.
È meglio così.
 
*
 
Poco più tardi chiamo Andrea, ma non mi risponde, così gli invio un sms. Niente. Alla fine, vado su Facebook, e lì c’è.
Sperando che non sia qualcun altro, scrivo: Ehi, come va?
Bene
Perché sei scappato?
A casa mia, ora (comunque ho il cellulare scarico)
Perché? È successo qualcosa?
Se vieni te lo dirò, ma entra dalla porta sul retro
D’accordo
Accetto solo perché voglio sapere cos’è successo, ma questa storia del “nascondersi” mi sta iniziando a irritare non poco.
Mi sistemo, afferro cellulare e borsa, prendo la bici e pedalo come se fossi inseguita dal diavolo così che, in due minuti, sono da lui. E ‘fanculo tutti.
 
*
 
Entro nella casa dal retro, seppur riluttante, e raggiungo Andrea in camera sua. Lui mi saluta con un sorriso genuino, che poi però si spegne.
Non penso più alla fiamma, che brucia ma muore, ora penso a ciò che sta accadendo nel presente. Il futuro può andare a benedirsi, per quanto mi riguarda.
Mi siedo sul letto. Improvvisamente, guardando la sua maglia bianca che gli fascia la schiena da atleta, inizio a parlare e dirgli tutto ciò che è successo. Lui continua a non guardarmi in faccia, dandomi le spalle, ma capisco che mi ascolta perché la pagina, sullo schermo, non cambia più.
Gli dico di Sara. È pentita. Non ha fatto nulla con Mario. Sarà mia amica e, aggiungo severa, “sarà anche tua amica, Andrea”. E se osa provarci l’ammazzo, sia lui che Sara.
Poi passo al prof. Andrea, questa volta, si gira. — Non mi convince. Perché questo cambiamento?
— Perché, infondo, è una bella persona?
Mi scruta dubbioso. — Tu sta attenta, okay?
Sospiro, mordendomi le labbra. Ed ora la parte più misteriosa. Le ragazze.
Gli dico del biglietto, poi glielo mostro perché l’ho preso con me. Lui lo legge, ringhiando quasi. Io, a disagio, gioco con le lenzuola del letto. Chissà com’è dormirci... soffoco quei pensieri quando lo sguardo gelido di Andrea si posa su me.
Appallottola la carta, con un’espressione più furiosa che mai. Non l’ho mai visto così incazzato, penso, a parte una volta, ancora non ci conoscevamo. Io lo osservavo, per così dire, da lontano, e fin qui non c’è nulla di strano. Finché un giorno non l’ho visto fuori scuola che stava urlando contro un ragazzo. Il povero malcapitato è finito ben male, ricordo che l’ha picchiato molto forte, tutti hanno sentito le urla – nessuno s’è mosso. Ed ora ho paura di ciò che potrebbe fare perché, se reagisce così male, cosa farà questa volta?
Stringo i pugni accanto a me, un gesto quasi automatico. È tutto okay
— Questa è la scrittura di Amelia. Senti, Caterina, amore, devi stare attenta. Questa sera ti hanno invitata solo perché hanno in mente qualcosa... che né a me né a te piacerà.
— Come?
Mi si forma un nodo in gola.
E così, proprio tutti mi odiano?
Pure Manuele?
Ma...
— Proprio così. E in più, Amelia è una “specie” di ex.
Serro gli occhi. — Che vuol dire “una specie”?
Andrea s’avvicina, inginocchiandosi davanti a me. Da là alza lo sguardo, che incontra il mio. Sento che tutto ciò che dirà, sarà la verità.
Sento che mi fido. Voglio farlo.
Ma questa scoperta è un soffio di vento che fa tremare la nostra fiamma e, nonostante io cerchi di tenerla alta, s’abbassa.
— Lei ed io stavamo per metterci assieme. Finché non ho scoperto che si fa ogni giorno di coca.
Le parole di Andrea escono con naturalità, mentre io non posso credere a ciò che sento. Amelia è una ragazza un po’ smilza ed ammalata, è vero, ma non avrei mai pensato ...
— Solo per questo? — assottiglio lo sguardo, guardandolo dall’alto. La fiamma trema. — Non è che l’ami ancora?
Lui si alza, prendendomi  i polsi e trascinandomi stesa a pancia in su sul letto, mettendosi sopra di me. Il mio cuore non può che battere ad altissima velocità, emozionato, mentre la mia mente cerca d’essere lucida. Andrea sa perfettamente ciò che fa. Sa che , così, perdo lucidità. Ma ignoro tutto, e mi lascio baciare, mentre mi accarezza ovunque.
Dopo poco, troppo poco, si stacca: — Tu non l’hai capito, forse.
— Cosa? —, ansimo, ne voglio di più, di più. Le sue labbra ...
— Caterina. Io ti amo.
Oddio.
L’ha detto.
L’ha detto davvero.
L’ha detto a me.
L’ha detto Andrea a me.
Oddio.
— Ti amo anch’io.
E la fiamma torna alta, mentre io volo in paradiso, senza vergogna, solo amore.



Mille scuse per l'immenso ritardo! Ma posso spiegarvi: ero via da casa, senza un mio pc, con altri che potevano leggere ciò che scrivevo ... non il massimo, no? Perciò, ancora scusate!
Allora, questo capitolo è abbastanza cruciale: c'è di nuovo fedeltà tra Andrea e Cate, non più segreti, e poi c'è la loro ammissione, questa volta non più detta sottovoce ma urlata, urlata al mondo. E in più, fanno l'Amore:'3 non mi sono soffermata a scrivere perché sinceramente non credo che nella storia sarà così "cruciale", e poi non è spinta ahahh xD bene. Cosa succederà la sera stessa? sì, è vero, ci sarà Sara - amica di Cate - e Andrea, poi Paolo - il "gigante buono" -, e Manu? Cos'è successo a lui? E Amelia... ne leggerete delle belle! Scappo!
meme1 **

(scusate eventuali errori, se ci sono segnalateli)


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Capitolo 19
*** 19. ***






"By meme1"

""Guerra e Pace""


"Capitolo numero
19"
.

"A volte il vincitore è semplicemente chi non ha mai mollato." –Jim Morrison.
 
Caterina.

Mi do dell’idiota. Sì, perché potrei tranquillamente non trovarmi in questa – orribile – situazione, e invece eccomi qui, a fare la parte di quella forte. Con chi, poi? Poveri sfigati senza futuro che mi danno della nerd. Serro i pugni, guardandomi attorno: Amelia è già arrivata, e se ne sta appoggiata ad una parete del piccolo cine a fumare delle sigarette; intravedo Manuele che è là con lei, e sorride chissà per quale motivo; c’è anche un altro ragazzo che non conosco, ma che già so come descrivere : l’Armadio. È il più alto di tutti, qui, nemmeno Andrea lo supera, ed ha uno sguardo acceso, divertente – o semplicemente divertito. L’istinto mi dice di stargli lontana ma, quando s’avvicina a me, a passo regolare, non mi sposto perché non sono una codarda. — Ciao, io sono Paolo!
Mi porge la mano ed io, dopo averla osservata un secondo con indecisione, la stringo. La sua stretta è ferrea, ma sento che si trattiene così da non farmi male. Perché? Non sono qui per questo? Cerco di sorridergli, amichevolmente, ma non mi riesce così bene. — Ciao, Paolo. Io  sono...
M’interrompe: — Già lo so, Caterina. Come stai?
Come sto?Una parte di me urla: sì, bene, perché oggi è il Gran Giorno, è stato il giorno di svolta, la mia prima volta. È stato tutto perfetto ed ora desidero ancor più Andrea vicino a me, lo amo cazzo! Un’altra parte però, in questo momento più viva, sibila: Male! Perché in un giorno così io devo star qui. Già, ed ha ragione... in ogni caso la zittisco.
— Be’, bene. Tu? — come se m’importasse come sta. Oltre a lui, vedo Amelia buttare giù a terra la cicca, per poi schiacciarla con un piede. Successivamente s’avvicina a noi, preceduta da Manuele.
— Tutto apposto. Grazie.
Manuele poggia una delle sue grandi mani sulla spalla più vicina a sé di Paolo, spiegazzandogli un po’ la Tshirt scura, e mi sorride in modo che definirei “lurido”.
— Ehi, nerd. Sei venuta.
È un’affermazione, certo, ed è anche ovvia, ma rispondo comunque: — Già. Non potevo perdermi un’occasione così bella per vedere l’Esorcista.
Lui sorride più convinto. — Non ti fa paura?
Alzo le spalle, indifferente. La verità è che amo gli horror, l’adrenalina, le scene di paura, e l’orrore che ti segue anche dopo il film, per qualche giorno, animandoti di diffidenza e qualcosa di così simile alla paura che è ridicolo e paradossale. E tutto ciò grazie ad un semplice film. — No, mi piacciono questi film, a te invece?
Ma la vera domanda è: Dov’è Andrea? E dov’è Sara?
Non posso pensarci più di tanto perché Manuele molla la spalla di Paolo e mi guarda con più intensità. — Oh. Peccato. Volevamo spaventarti un po’.
La sua voce è tranquilla come se ciò che sta dicendo fosse normale.
Come se stesse dicendo “ehi, piove”.
È pazzo e, forse, sotto l’effetto di qualcosa ...
— E così, tu e Andrea?...
Guardo Amelia. Oggi è meno sciupata del solito, forse soltanto grazie ai chili di trucco che s’è messa in faccia. Io le sorrido ma, in realtà, vorrei strangolarla. E pensare che, per poco, a letto con Andrea non c’è andata lei. Per poco Andrea non ha amato lei.
— Sì, dobbiamo studiare assieme. Perché?
Lei inarca le sopracciglia e, con aria strafottente, mi mostra i palmi aperti delle mani. Su uno – il destro – c’è tatuata una stella a sei punte. — Ehi, calma!
E così, io sono la pazza drogata? Serro di più i pugni, ma senza smettere di sorridere. Non ho idea di dove sarà finito Andrea, ed il fatto che pure Sara manca mi inizia a preoccupare un po’.
Almeno finché, un attimo dopo, mi arriva un messaggio da parte di lui.
 
Scusa il ritardo, sto arrivando. Chi è già lì? Tutto okay?
 
Sorrido allo schermo, ora più tranquilla. Andrea sta per arrivare, portando con sé amore e calma, benché non potremo stare assieme questa sera. Anzi, forse – mi ha avvisata – dovrà fingere d’odiarmi. Il pensiero è insopportabile ma è l’unico modo per far sì d’essere lasciata in pace.
Purtroppo.
Paolo dà una gomitata ad Amelia. — Ehi, Amy, sii più buona. Che c’è?
Lei gli lancia un’occhiataccia e non commenta più.
L’aria inizia a farsi più scura e il sole cala giù. Ormai è ottobre e le giornate sono già più corte, cosa che mi fa sempre tristezza.
Poco dopo sento delle braccia attorno alla mia vita. Mi volto, sicura che sia Andrea, ma è Sara.
Ovviamente.Andrea non mi avrebbe mai abbracciata.
— Ei!
— Ciao, Sara! Ma dove ti eri cacciata?
— Scusa, ho avuto un imprevisto. Quel poliziotto di merda mi ha multata! — detto ciò indica la moto dietro sé, una splendida Kawasaki. Io le sorrido, e poi torno a guardare i ragazzi. Loro osservano esterrefatti la scena – cos’è? S’aspettavano che Sara mi odiasse? Beh, fregati. Essere buoni è sempre la scelta migliore.
Sara.
La voce di Amelia è gelata.
Beh, ovvio. Sara e lei devono odiarsi, perché avranno sempre desiderato Andrea. Ed ora è mio. Il pensiero mi fa arrossire e spero che nessuno se ne accorgerà.
Un secondo dopo arriva Andrea. È bellissimo: dei jeans a vita assurdamente bassa lasciano ben poco spazio all’immaginazione – non che ne abbia bisogno... Arrossisco al pensiero – e la felpa aperta di colore grigio scuro lascia intravedere una Tshirt scollata bianca che mette in risalto i suoi muscoli... mmm.
Mi piace ciò che vedo, ma non mi piace per niente il fatto che Amelia sta andando là a baciarlo sulle guance. Sospiro, sapendo che non c’è niente che possa fare.
Entriamo al cinema ma non seguo il film, troppo presa a tener d’occhio  Amelia. Si è ovviamente seduta vicino al mio ragazzo, e lo guarda con possessività. Ad un certo punto volta il capo verso di me,  lanciandomi un’occhiata che definirei “assassina”.
Beh? La mia è peggiore. Serro i pugni e guardo lo schermo, dove una donna si contorce, urlando. Wow. Che robe. Sospiro, tristemente annoiata.
— Ehi!
La voce di Sara, appena sussurrata, interrompe la mia battaglia interiore. Mi piego appena verso di lei, guardandola.
— Sì?
— Perché hai quello sguardo? Non è per il film, vero?
— No.
Lei mi lancia un’occhiata, aspettando che dica qualcosa, che però non arriva e così torna al film.
Pensando d’averla offesa, sussurro: — Anche tu odi Amelia?
— Amelié, in realtà. È francese.
— Ah. — come se m’importasse.
— In ogni caso, sì. Da sempre, non solo per Andrea.
— Immagino. È terribile.
Lei si morde il labbro inferiore, come se stesse pensando, macchinando qualcosa. Ed è davvero così: s’avvicina al mio orecchio e, mentre dal film provengono urla acute e rauche, mormora: — Potremmo fargliela pagare.
Mi volto ad osservarla, con gli occhi accesi. Annuisco più volte, è un’idea fantastica. — Sì, certo che sì!
— Bene, perché ho un piano.
Sorrido maleficamente. Bene. Molto bene.
 

Andrea.
Arrivo con più ritardo del previsto: mia madre si è messa in testa che deve montare un nuovo mobile in cucina, e mi ha preso del tempo costringendomi ad aiutarla. Solo quando le ho detto che dovevo uscire con Caterina mi ha lasciato ed io sono letteralmente scappato. È una frana a montare le cose!
Quando arrivo, vedo Paolo davanti a Caterina, che è abbracciata da Sara, e vicino a lui ci sono Manuele – che saluto con freddezza – e Amelia – che mi bacia sulle guance. Io non ricambio.
Prima d’entrare do uno sguardo a Caterina, che però non incontra il mio. Non posso che pensare a poche ore fa e qualcosa s’agita dentro me.
“Ti amo!”L’abbiamo urlato assieme, alla fine.
Ed ora eccoci qui, divisi da degli idioti. Non capisco davvero perché Manuele si comporti così, ma poi ci parlerò.
— Entriamo ragazzi! — esordisco, precedendoli. Vorrei sedermi tra Paolo e Manuele, tutto purché non mi sieda vicino a Sara o Amelia, ma ecco che quell’arpia dal naso all’insù s’aggiudica il posto alla mia sinistra. Alla destra c’è Paolo che guarda terrorizzato lo schermo.
Sospiro... Perché sono venuto qua? Avrei potuto passare molte più ore da solo con Caterina a far tutto ciò che volevamo, se non ci fossimo divisi. Così mi passo una mano sugli occhi , un po’ per non vedere quelle scene raccapriccianti del film, un po’ perché sono davvero stanco.
Quando usciamo noto che Sara e Caterina camminano a braccetto verso Amelia – che è troppo occupata a parlare con Paolo in  modo malizioso per accorgersene. Le due hanno un’aria decisa, e sicuramente qualcosa in mente.
Devo bloccarle.
Sto già marciando verso loro quando Manuele mi afferra un braccio: — Ehi, idiota. Devo dirti un due cose.
— Sì, certo.
Non posso rinunciare a quest’occasione e così lascio Caterina a sé stessa. Insomma, non è né una bambina né stupida, perciò andrà tutto bene.
Credo.
Spero.

Eccomi qui **
Q
uesto nuovo capitolo è l' "annunciatore" del prossimo che, come forse già potete intuire, porterà grandi novità: che cosa faranno Caterina e Sara  ad Amelia? E questo riuscirà a far stringere di più il loro legame? 
E tra Andrea e Manuele che tipo di conversazione ci sarà?
Spero non ci siano né errori né frasi incomprensibili, come al solito ;) in caso avvisate!!!
**

Continuo a 1 recensione :3

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Capitolo 20
*** 20. ***


OILA!

Gente! Colgo l'occasione per avvisarvi già con un pò d'anticipo che in questi giorni aggiornerò più frequentemente, perché sono a casa senza molto da fare. Poi però, la settimana dopo questa fino ad inizio agosto sparirò :\ non so se anche dopo sarò in giro, ma è probabile... in ogni caso, andrò in un posto lontanooo senza tecnologia --> niente aggiornamenti :( si, avete capito bene, vado a scout *O* YaY ad ogni modo, continuate a seguire la storia ed aspettatemi, io arrivo! intanto andate al mare u.u embé, a più giù^^



Capitolonumero20dellastoria"Guerraepace"



“Milady, ce la farò da sola.”

“Non ne dubito. Ma dubito che lei (...) sopravvivrà.”

“Non sono un’assassina.”

 

 

*AVVISO ALLA GENTILE CLIENTELA* din – din!

Allora, in questo capitolo ci sarà un affronto di temi per così dire “più forti”. Ci sarà un pestaggio che ho, comunque, scelto di descrivere in leggerezza. Cioè, niente descrizioni troppo crude né altro. In ogni caso se vi dà fastidio, saltate.

*GRAZIE DELL’ATTENZIONE* din – din!

 
Caterina.
Il cuore mi rimbomba in gola,
mentre cammino vicina a Sara – così vicina che ne posso sentire il respiro calmo, regolare, a differenza del mio che esce ed entra quasi a scatti, rapido, poi lento, poi singhiozzante, poi indeciso, poi più calmo – e c’avviciniamo sempre più ad Amelia. Il piano è questo: farla sentire inutile. A parer mio basterà qualche semplice parola messa giù, che la ferirà, penso – questa è la mia specialità: aver la battuta pronta, sempre – ma secondo Sara, che ha un parere molto differente, il metodo migliore è sottometterla. Sì, con la forza. Io ho, ovviamente, obbiettato: — E come? Non vedi che è con l’Armadio? —, le ho fatto notare piano, mentre uscivamo dal Cine. È stato in quel momento che ho perso di vista sia Andrea che Manuele, ma ora come ora non è il momento di pensarci.
Sara ha così, finalmente, afferrato il concetto: — E se lo allontanassimo? — ha proposto.
Io ho alzato le mani al cielo: — Dimmi come, allora! E se poi ci vede e torna?
I contro sono molti più dei prof e Sara, afflitta, ha gettato la spugna. Ora, armate solo di “belle” parole, camminiamo via via più sicure verso l’indicibile troia, Amelia o Amelié, quel che è.
— Ehi, Amy.
Lei, nel sentire la mia voce, si volta. Ha un’espressione strana e nei suoi occhi grigi non riesco a leggere niente di più. Quando vede anche Sara piega la bocca all’ingiù, questa volta disgustata.
— Ti va di scambiare quattro chiacchiere? —, irrompe Sara, con frenesia quasi, sbattendo gli occhi più volte.
Sta tutto andando liscio, finché Paolo L’Armadio non s’intromette. Per fortuna nostra, è solo per andarsene, perché esordisce: — Be’, io vado. Amy, cerca d’essere gentile.
Lo seguo con lo sguardo salire in moto, e sfrecciare via. Quell’affare lascia nell’aria una scia di fumo che mi irrita i polmoni, così respiro più piano.
Sposto lo sguardo su Sara. È felice. Mi guarda con pazzia quasi, il suo sguardo è chiaro: Io la meno! Tu? Lo farò con o senza te.
Ecco.
Sospiro. Non so. Non so. Come posso picchiare una ragazza? È troia, certo. È arpia, certo. È la quasi ex del mio ragazzo, certo. Ma è una contro due. E allora le troie lo diventeremmo noi. Così mostro a Sara i palmi aperti, arretrano d’un passo. È tua.
Annuisce.
Osservo Sara camminare in avanti, trascinando con sé Amelia che arretra, fino a sbattere sul muro. La rinchiude tra i mattoni ed il suo corpo, in trappola. La ragazza ostenta orgoglio e forza, ma sono tutte cazzate. Nel suo sguardo spento c’è già paura.
Sorrido, appagata. A me basterebbe ciò: una dimostrazione che lei non è forte, né spavalda, né coraggiosa, né
CRAC!
Sbarro gli occhi, portandomi una mano alle labbra per soffocare l’urlo, che resta imprigionato tra i miei denti.
O
Mio
Dio
Sara ha tirato un destro dall’aria molto potente – troppo potente – in piena mandibola a Amelia, che ha lasciato cadere la testa di lato, senza più muoverla.
Il cuore mi batte a mille.
No, no! No!
Eppure avrei dovuto saperlo. Questo è picchiare una ragazza. Che mi aspettavo? Che bevessero del tè?
Cerco di calmarmi: Sara si fermerà, non andrà lontano. Lo so.
È una menzogna.
— Allora, cos’hai da dire?! Eh?! Hai rovinato la mia vita! Ed ora anche quella di Caterina?! — urla, sibila, strepita la ragazza che ora controlla la situazione, che ora è un mostro.
Amelia tira su il capo. La guarda, la sfida. La fronteggia. Dalle sue labbra esce del sangue; devo aver visto male dov’è andato il colpo, perché ha il labbro spaccato, ma la guancia intatta. Che male, cazzo. — Sì, è ciò che farò.
Cosa?!
È completamente pazza?!
Serro gli occhi, sapendo già ciò che sta per accadere.
CRAC!
E questa volta è più forte.
Non oso riaprire le palpebre per un secondo: è tutto troppo silenzioso. Quando Amelia torna a parlare però, sbarro gli occhi: da dov’è uscita questa forza? Perché è così sciocca?Perché?
— Sappiate, voi due, — quando punta lo sguardo su me e sputa sangue, fremo. — che mi state solo aiutando. Su, Caterina, pensi che ad Andrea tutto ciò piacerà?
Serro la mandibola, così forte che i denti fanno male.
Poi sputo, acida, ciò che penso: — Penso che un altro pugno non potrà che farti bene!
Sara mi accontenta.
CRAC!
Questa volta però, Amelia non si ritira più su, e crolla tra le braccia di Sara. D’un tratto realizzo: l’abbiamo fatta grossa.
E poi: Ad Andrea tutto ciò non piacerà, anzi.
E il mio Gran Giorno non doveva finire così!!
Sara si volta verso me, reggendo con fatica quel corpo che ora si sta insaccando: gli arti, a penzoloni, sbattono a terra ed il volto di Amelia è rovesciato all’indietro.
Nonèmortanonèmortanonèmortapenso, urlo dentro me, mentre mi avvicino il più piano possibile. È vero, in questa zona non c’è anima viva, ma se passasse la polizia? Affretto il passo.
— Lei è ... ? — Azzardo, scioccata.
Sara alza gli occhi al cielo. — Viva. Dài, per tre colpi. È proprio gracile, però. Malmessa già di per sé.
Già lo so, già lo so.
— Che si fa?
Già, che si fa con una persona svenuta e pestata?
— Nascondiamola.
— Scherzi?! E se morisse d’ipotermia?!! Sei pazza!
Sara mi getta Amelia addosso. — Cioè, sei con lei? Quanta pazienza! Non so! Non so che fare. — sibila sempre più velocemente, mentre appoggia le mani sulle ginocchia, col fiatone.
— Quando Andrea la vedrà...
Lei mi blocca con lo sguardo. — Non la vedrà. Portiamola a casa mia.
Mi sembra un’idea idiota, ma la seguo. Lei sale in moto, caricandosi dietro Amelia – in qualche modo la lega a sé, così che non cada.
Io resto giù, perplessa: non c’è più spazio! — Ed io?
Lei alza la visiera del casco che ha appena indossato. — Milady, ce la farò sola.
— Non ne dubito. Ma dubito del fatto che lei — indico Amelia, che ora è legata a Sara. La sua testa tende da un lato, incontrollata, ha la lingua a penzoloni e gli occhi bianchi. Scuoto il capo. Cazzo! CAZZO! cos’abbiamo fatto?! Continuo poi, dopo aver preso aria: — sopravviverà.
Sara alza le sopracciglia: — Non sono un’assassina. Tu distrai Andrea.
E parte, lasciandomi là.
Sono scioccata. Cado giù a terra. Bum. Le mie ginocchia incontrano l’asfalto, e si graffiano.
Come ho potuto essere così codarda? Mentre una ragazza veniva pestata, io ho guardato!
Nessuna lacrima mi riga però il volto. Come potrò nascondere tutto ciò ad Andrea, che mi conosce così bene da capire ogni volta che mento?

 
Andrea.
Seguo Manuele dentro al cine, fino al bagno, là io e lui ci fermiamo. È tutto così irreale, il mio migliore amico è irreale! È diverso, è cambiato e non in bene. Gli lancio un’occhiata furtiva: l’aspetto è sempre quello: pelle, capelli ed occhi scuri, spalle larghe e sorriso strafottente, ed ha sempre le sue battutacce cattive pronte.
Però, è diverso. Ed io non posso sopportarlo, così gli vado subito addosso: — Sei impazzito, forse?! Cos’hai contro Caterina?!
Lui mi sorride, calmo nonostante sia bloccato al muro da me, il più forte. — Cos’ho? È che ti ha cambiato, ti sei rammollito.
Per tutta risposta gli tiro un pugno che fa un rumore assordante. — Non direi, Sherlock!
Lui torna a guardarmi, ancora tranquillo. — Invece direi di sì. Questo è un pugno secondo te?!
Ma mente, lo so, perché il suo sguardo si è già fatto meno fiero, ed è già più esitante. Però è vero: quello non è il pugno più forte che posso dargli.
— E così, sei una femminuccia.
Parte un pugno più forte, per zittirlo. Cazzo ha in testa?!
— Ritenta, sarai più fortunato! — sbotto, serrando la mascella.
— Ecco... — borbotta, confuso. Mi guarda stralunato. — ... Questo è ... un pugno.
— Vedi? E ora dimmi perché la odi.
Lui mi guarda di sottecchi. — All’inizio non la odiavo. Poi però Amelia s’è accorta di cosa c’è tra voi, e soffre. Io amo Amelia, non voglio vederla così. E se penso che è tutta colpa di quella nerd, io ...
Un altro pugno, l’ennesimo. Il più forte e il più deciso. Quando la sua testa è ancora di lato, per l’impatto, io mi avvicino e gli sussurro all’orecchio, malvagio: — Non è colpa sua. È Amelia. E se la ami fattela, è tutta tua.
Lui torna a voltarsi, ed un guizzo gli passa negli occhi. — Davvero? Cioè, non la vuoi?
Lo sguardo meglio; è sempre stato così idiota? — Sì, babbeo.
Manuele mi abbraccia. — Ah grazie!! — esclama. — Pensavo fossi ancora quello che vuole per sé tutti i giocattolini!
— No, non più. — mi affretto a dire, perché davvero è cambiato tutto, grazie a Cate ora so cos’è l’amore. — Usciamo, ho un’orribile sensazione.
Camminiamo a passo svelto fuori dal cine – la giovane al bancone ci lancia occhiate languide, almeno finché non vede la faccia di Manu – ed usciamo, seguiti dal campanello della porta.
Non mi sbagliavo: fuori c’è solo Caterina, è inginocchiata a terra e sembra sotto shock. Mi affretto a correrle vicino a lei, nel vedermi, strilla e si fa un po’ in là, spaventata, per poi abbracciarmi.
Mentre la stringo, domando: — Cos’è successo?
La voce di Manuele irrompe: — Già, che è successo? E dov’è Amelia?
Lei tace.
Oh, merda.


AngoloDell'Autrice

Rieccomi di già:) Allora, che dire?Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, perché è un capitolo molto importante, Sara e Cate hanno combinato davvero un gran casino, che è ancor più aggravato dal fatto che Manu,ora deciso a perdonare Caterina,forse potrebbe scoprire tutto e rivedere le sue idee!! e chi non lo farebbe? Cate è davvero pentita,e scioccata,tanto più che è il primo pestaggio "terribile" che vede e,se non altro,quello che più la ha coinvolta C_C ma che può fare?!Sara se n'è andata con Amelié,Amelia,come volete, ed ora lei è lì e dovrà trovare un modo per sistemare! Che dirà ad Andrea e,peggio,a Manuele? E Amelia-é sarà davvero in gravi condizioni? infondo era già messa MOLTO male di suo! e come dice lei,l'avranno solo -aiutata- con questo pestaggio? ma c'è anche Manuele, come reagirà? Dico solo: AIUTO!!!

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Capitolo 21
*** 21. ***



21

--Puoi avere ciò che vuoi, ma attenta agli effetti collaterali – gira la confezione.
Chi è, di tutti noi, che non ha mai commesso un errore? Seppur banale, stupido, inutile sia esso, l'abbiamo tutti fatto, dico bene?
Beh, ed ognuno ne avrà affrontato sicuramente le conseguenze. Né Caterina né Sara sono eccezzioni.--

 
 
 
Caterina
Il mio sguardo salta vorticosamente da uragazzo all’altro dei due che si trovano dinnanzi a me, uno in piedi, Manuele, e l’altro inginocchiato, preoccupato, scioccato: Andrea. Ho rovinato una così importante giornata, ed ora chissà che ne sarà di me e lui, di noi? Come sarà dire, a casa, che mi ha mollata? E come spiegherò il perché? Rabbrividisco al solo pensiero di ciò che, d’ora in poi, accadrà, e prendo la decisione più razionale che mi passa per la testa – escludendo da subito quella di scappare in America, magari ad Hollywood.
Alzo lo sguardo su Andrea – ora mi stringe le mani, ma poi che farà? Mi tirerà uno schiaffo con gli stessi palmi che, finora, mi hanno carezzata? – e mento. Sì, mentire – per ora – è l’unica soluzione. Per quanto sia doloroso. — Io... — No, io un corno, non dirò niente finché ci sarà Manuele! Riprendo: — Sara ed Amelia. Hanno litigato... si sono tirate i capelli!... — esordisco, per spiegare  il mio shock. — ...Poi, Amelia se n’è andata. Sara è partita in moto. Però Amelia era conciata... — esito quando lo sguardo di Manuele, furente, si impossessa del mio. No! Non dirò che è conciata male. — ... Be’, stava meglio prima. Le si è anche spezzata un’unghia. — puntualizzo, sperando d’essere convincente.
Quando Manuele tira un sospiro di sollievo, mi dico brava da sola: scioccata, impaurita e stremata, sono ancora un’attrice da urlo!
Almeno così ho pensato finché non ho visto lo sguardo di Andrea. Indagatore. Sospettoso. Gli stringo di più le mani, ma ormai so già che, quando saremo soli, ne vorrà sapere di più.
Mi volto appena in tempo per vedere Manuele tirare fuori il cellulare, e mi affretto ad aggiungere: — Anche se chiami Amelia, sappi che non ti risponderà. — lo informo. Eh beh, come può una persona svenuta e col labbro spaccato parlare?! Serro i pugni, senza rendermi conto che, così, Andrea sentirà la mia paura. In ogni caso è troppo tardi, così rinuncio e l’abbraccio. Che tutti sappiano che stiamo assieme, me ne fotto! Tanto, poco tempo e finirà – anche se prego di no.
Manuele rimette giù il telefono e si stringe nelle spalle – io ed Andrea ci alziamo, mano nella mano. Lui mi schiocca un bacio sulla tempia, ma è distante. — Be’ ragazzi, la serata non è andata proprio come volevamo ma ...
— Perché, come volevate che finisse?! — sbotto sulla difensiva. — Cosa volevate farmi? Manuele rispondimi!
Lui china il capo. Perché, inspiegabilmente, ora è  più mansueto? Completamente diverso da quando sono arrivata?
Scusa.
Cosa? — Tu...
M’interrompe con un’occhiata carica di freddezza. — Si, mi sto scusando! Per ora ti perdono d’aver fatto soffrire Amelié, — sibila, digrignando i denti. A quelle parole la stretta di Andrea si fa più salda sulle mie mani. — ma rifallo e ne pagherai le conseguenze!
Oh, nonononono! Così non va bene per niente. Quando scoprirà ... no, se scoprirà tutto, farà fuori me e Sara!
— Bene. Manu, se hai finito ... andiamo.
Manuele annuisce e, dopo un breve saluto senza allegria, ognuno va per la sua strada. Io ancora scioccata seguo Andrea, che è venuto a piedi perché il cinema dista poco sia da casa sua che dalla mia.
Per un po’ tra noi c’è solo il silenzio, ma so che è la calma prima della tempesta così, furtiva, inizio a baciarlo ed entro con lui a casa sua. Voglio averlo un’ultima volta prima che sappia. Prima che mi odi! Anche se sono certa che non me lo permetterà. Così, stringo le mani al suo collo e gli tiro i capelli più in basso. Lui borbotta qualcosa d’indistinto e mi trascina con sé.

 
Sara
La mia moto sfreccia per le vie, con il carico in più addosso. Non sembra che la rallenti molto ma, nei pressi di casa mia, la mia piccola inizia a dar segnali d’affaticamento1, così mi muovo a metterla in garage.
— Ei, piccina! Su, dài, un altro po’.
Spingo la mia dolcezza fino al box e lì la parcheggio, al calduccio. Il freddo non le fa per niente bene e, da questo periodo in poi, non potrà che peggiorare la temperatura, soprattutto di notte.
Poi do uno sguardo ad Amelié. Quando ho detto con sicurezza che no, non era morta, non ne ero poi così certa, perciò mi allungo per sentirne il polso. È leggero, ma il sangue pompa nel suo corpo, il cuore batte: è viva.
Ye. Wow. Che felicità.
Vorrei buttarla nel fosse dietro casa che è, tra l’altro, vicina al cimitero – casualità? – ma ho promesso a Caterina che non diventerò un’assassina. E poi, uccidere una persona è una cosa grande, distantissima dal picchiarla soltanto. Così, mi rimbocco le maniche – letteralmente – e porto su quel peso morto. È davvero un fardello pesante, cazzo!, ma mi costringo a trascinarla su per due rampe di scale, fino in camera mia. Grazie a dio, né mia madre né mio padre sono in casa, in teoria dovrebbero essere partiti per qualche giorno per andare a visitare una qualche fiera di qualcosa ... mah. Io e loro ci vogliamo bene, sì, ma ci trascuriamo molto ed è anche per questo che sono – no, ero – così.
Butto Amelié sul materasso. I suoi arti cascano qua e là, e un po’ di sangue cola giù dalla bocca.
Mi toccherà ripulirla e curarla, se voglio che tutto vada per il meglio.
Il problema è: lo voglio?
Ripenso allo sguardo terrorizzato di Caterina. Lei sì che è ingenua, pensava di ferirla a parole. Mm. Per quanto le parole possano essere più taglienti d’una lama, un bel pugno o più sono meglio. Molto.
Decido di inviarle un sms, tanto per dirle che è – per ora – tutto okay.
 
Qui tutto a posto. Amelié dorme.
 
Non sono certa che con “dorme” si possa definire ciò che sta passando Amelié, ma non voglio indagare di più. Intanto che aspetto una risposta, le lavo il volto, la lascio in maglia e jeans e comincio a ispezionarle le ferite. Ci sono andata giù pesantuccia, ma le passerà tutto.
 
Sono contenta. È messa malissimo? È così debole.
 
Leggo l’sms più volte. Dio, Amelié è messa male. Non dico malissimo solo perché non voglio demoralizzarmi, e anche perché voglio rispondere “no” al messaggio di Caterina. Ma in questa situazione ci siamo cacciate e ne usciremo.
 
No, malissimo no. Sai perché è così debole?
 
Io sì, lo so. E sono certa che pure Cate lo sa, anche se sicuro non verrà a dirmelo. Anche se non vado in C, per molto tempo sono stata con Andrea, e così ho conosciuto un po’ i ragazzi della classe.
Un’enorme massa di drogati, cazzo, uno più dell’altro, ma in cima alla lista c’è sempre stato un nome, d’una ragazza straniera, fine, dolce: Amelié. È rimasta tale almeno finché non ha più potuto smettere d’usare la Coca, ed allora è cambiata.
Da com’è messa penso che si faccia spesso. Un po’ troppo spesso. Okay, davvero troppo spesso. Il suo volto è sempre più scarno, la pelle sempre più fine, più pallida. No, non pallida... più gialla, ecco. Seppure io abbia sì, usato la droga, l’ho fatto una volta ma poi non l’ho più ripetuto: tutti gli avvenimenti della vita mi hanno distratta da quel pensiero fisso.
 E sì, posso dire che gli effetti collaterali ci sono sin da subito: benché io ne abbia presa pochissima, ed il resto l’abbia buttata per paura, mi ha subito fatto male. È vero, all’inizio è eccitante e divertente ma... poi non più. Sei più debole, più stanca, più irascibile, più incontrollabile, pensi solo a lei, lei, lei... la droga!! È più importante del respirare! Così, ho iniziato a fumare per distrarmi un po’. Ha funzionato, ma mi ha aiutato pure Caterina, con la sua bontà.
Tutto ciò mi fa pentire d’aver picchiato Amelié.
Sono un mostro.
 
Si, ho qualche idea te ne parlerò.
 
Non le rispondo più, e prendo a curare la ragazza con più interesse. Deve guarire. Per sé stessa, per me, per Caterina.
Mentre, con mani tremanti, le tolgo del sangue secco dalla guancia, fremo: non è che ci sono andata un po’ forte, ci sono andata troppo forte. Posso ancora vederla là, tra me ed il muro, a fingere d’essere decisa e sicura di sé. Posso ancora vederla mentre rialza il volto, ostentando un’aria annoiata e cazzo, posso ancora sentire l’ammirazione nelle mie vene! Questa ragazza non è semplice, non è una ragazza facile com’ero io, questa ragazza è forte anche se l’eroina le sta togliendo tutto! Ed io, mi prometto, la salverò.
— Tesoro, svegliati. C’è il mondo che t’aspetta. — sussurro e, a quelle parole, lei ha uno spasmo involontario. Serro i pugni, più preoccupata che mai, e continuo a curarla.
’Fanculo tutto, Amelié sopravvivrà!

 
Andrea
Caterina mi spinge sempre più verso la camera, e per quanto io voglia essere trascinato là – dimenticare tutto, ogni cosa – mi costringo a fermarla. Mi stacco dalle sue labbra e la osservo: ha gli occhi sbarrati, è fuori di sé. Ostento sicurezza, mentre mento: — Non possiamo farlo! C’è mia madre. La verità è che mia madre, per quanto l’adori, ora è l’ultima delle mie priorità e si, l’ammetto: la sto usando. In ogni caso, trascino di qualche gradino Caterina giù e la porto in cucina. Lei si siede su una sedia ed io inizio a preparare un caffè. Ho il sentore che ci servirà.
 
*
 
Per un po’ lei guarda il tavolo, come in trance. La osservo, i capelli arruffati e l’aria ora abbattuta: è successo qualcosa, di grosso. — Vuoi che ti curi le ginocchia? —, tento un approccio gentile.
— No.
— Un po’ di caffè? Offre la casa! — ed alzo una tazzona piena di caffè fumante in alto.
Lei nemmeno alza lo sguardo.
— No.
Ritento: — Vuoi guardare la TV? C’è Il dottor House.
— No.
Fremo.
Perché semplicemente non se ne va a casa, se non ha intenzione di dirmi la verità? Sono tentato di cacciarla, si, ma d’altra parte la amo e resterò lì con lei. Così, mi siedo accanto a Caterina e la osservo, poggiando il mento sulle mani.
— Cos’è successo.
— Amelié s’è spezzata un’unghia.
— Okay. — sospirando, mi arruffo i capelli. Quel gesto in teoria dovrebbe “ammaliare” le ragazze ma su Caterina ora non ha alcun effetto. — Dimmi cos’è successo veramente, ora.
— L’unghia...
— No. La verità.
E lei alza lo sguardo.
Tutta?
Serro i denti. Cazzo. Quanta roba c’è da sapere? — Ogni particolare.
— Bene. — Ora mi dirà cosa, di preciso, va bene. perché io e lei siamo, alle 2 di notte, in piedi, di lunedì. Cioè, di martedì. E tra cinque ore o poco più avremo un test di chimica. E lei mi nasconde un po’ troppe cose. Ed io vorrei farle un po’ troppe cose. E tutto ciò che vorrei farle è immorale o illegale, ma sono sicuro che non negherebbe nulla. — Sara odia Amelié. Io odio Amelié. Così abbiamo deciso di...
— Mmm?
— Fargliela pagare.
Oh.
Cazzo.
Il mondo sa che le vendette delle ragazze sono terrificanti, ma ho il presentimento che questa volta abbiano fatto qualcosa di molto piùveloce e rude.
Nascondo la paura.
— Come, sentiamo.
— Io pensavo... A parole. Poi Paolo se n’è andato... — si ferma. Prende un bel respiro, che dura qualche battito. Poi butta tutta l’aria fuori, quindi ne prende un altro. E un altro ancora. Fuori l’aria. Un altro. Parla: — E Sara l’ha picchiata. L’ha immobilizzata. La parte peggiore è che io ho guardato. Non odiarmi, se puoi. Se no me ne farò una ragione.
Mi rilasso d’un colpo. I muscoli che ho trattenuto si sciolgono e le sorrido. — Be’, che può averle fatto? Spezzato un’unghia?
Lei alza lo sguardo, e sembra sul punto di piangere. I suoi occhi verdi si spengono. Sussurra.
— Le ha dato tre pugni.
Il rumore era assordante.
Il primo l’ho visto.
Poi ho chiuso gli occhi. Ed un pugno le ho detto io di darglielo.
Poi è svenuta.
Poi l’abbiamo messa in moto con Sara e se n’è andata.
Oddio! — irrompe in singhiozzi sempre più forti. Io non mi avvicino.
So che è pentita.
So che non lo rifarà più.
Ma come posso non odiarla?!
La mia ragazza! Una codarda! Un’idiota! Una sciocca!
La guardo.
La mia ragazza: una delusione!
Mi alzo.
La sedia stride sul pavimento pulito. Caterina, che s’è appallottolata sulla sedia, non alza nemmeno lo sguardo e, con spasmi irregolari, continua a singhiozzare.
Io non so più che dire.
Che fare.
Che pensare.
Dove sarà ora Sara? Che farà ad Amelia?
Poi prendo una decisione: io non farò proprio niente, perché non devo fare proprio niente.
Io in questa storia non c’entro.
Io me ne frego.
Iome ne tiro fuori.
Non m’interessa più né di Sara, né di Amelia.
Né m’interessa Caterina.
Fine della favola.
Ogni cosa è come una retta: non è infinita, ha un inizio ed una fine. Ed io e Caterina l’abbiamo raggiunta.

 
Caterina

Aia. Ah, se fa male. Ah, com’è doloroso perdere l’amore. Già lo sapevo, già lo sapevo cazzo!, però quando Andrea esce dalla stanza – la sedia stride a terra, i suoi passi lenti – non posso che piangere più forte. Piango proprio come una bambina, sul latte versato, ma che ci posso fare?
Che ci posso fare?
E i pensieri più assurdi mi comandano: e se Amelié fosse in coma? Cioè, non so per niente com’è che funzionano queste cose, però se già stai male, ed uno ti picchia ... e se fosse stata troppo drogata oggi?
Mio dio!
Il mio giorno! Finisce così!
Serro i pugni.
Fermare i singhiozzi è doloroso: all’inizio se ne fregano, e continuano, poi rallentano un po’, diventando però più forti e alla fine ne rimane solo qualcuno, che schiocca nella mia gabbia toracica come un avvertimento: “Io e te non abbiamo ancora finito.”
Già, piangerò tante volte ancora.
Ma ora basta!!
Mi alzo, con un sentimento rinnovato.
È furia.
Furia pura, ceca, forte, cocente, sibila dentro me, le orecchie fischiano ed immagino sia l’urlo della mia anima!
Ioottengo sempre ciò che voglio.
Volevo che Amelié soffrisse.
Tac. Fatto.
Poi però c’è l’effetto collaterale: se compri “Amelié sofferente” gira il pacchetto, ci sono gli avvertimenti. “Soffrirai anche tu. Perderai tutto. Perderai ogni cosa che ti è cara e ciò che più odi s’avvicinerà a te.” Ovviamente le postille sono scritte in piccolo, così che tu compri tutto, senza saperne niente.
Oh, andiamo! Non c’è niente da comprare! C’era solo una scelta da fare, anzi, due: la buona e la cattiva.
La buona: o fermavo Sara, o chiamavo i ragazzi.
L’ho fatto? No.
Si, ero immobilizzata, ma mentire a me stessa sarebbe inutile: restavo là a guardare non perché il terrore m’inchiodava a terra, bensì era una mia scelta.
La cattiva: ciò che ho fatto. Guardare. Osservare. E peggio incintare.
L’ho fatto? Bene, ora pago.
Ecco il conto, e lo scontrino.
Perfetto.
Con una stretta al petto, capisco che Amelié non si sbagliava; l’abbiamo aiutata e non poco, anche.
O meglio, per ora l’abbiamo aiutata.
Parlando tra me e me, sussurro: — Salirò su. Parlerò ad Andrea. Troverò una soluzione. Mi amerà.
Ma il mio cervello non è una macchina, e mi da troppe soluzioni diverse.
Ad ogni modo, serro i pugni e mi incito a salire.
Un gradino
Due
Tre
Quattro
...
All’ultimo mi fermo.
Fallo.
Perché dovrei? Per sentirmi rifiutare?
Non è detto. Fallo.
No! Perché? Mi rifiuterà, sicuro.
Cos’è, prevedi il futuro? Tenta.
Tenterò.
Muovo le gambe.
Salgo il gradino, ed è un’impresa titanica.
Proprio in quel momento la porta della camera di Andrea si spalanca e mi trova così: a metà su e a metà su.
Io salgo ciò che mi manca e, in velocità, lo raggiungo.
— Andrea. — bisbiglio flebilmente, mentre lui mi osserva dall’alto in basso. Io, umile. Lui, arrogate. Dio. L’ho deluso! — Rimedierò a tutto ciò. So d’averti deluso, ed odio deludere chi amo. Ora, però, ascoltami. Sara si sta prendendo cura di Amelia, prima mi ha mandato un messaggio.
Già, prima. mi chiedo ancora come ho fatto a risponderle, tra un singhiozzo e l’altro.
Andrea non spiccica parola. Continuo.
— So d’essere stata disgustosa, viscida, bastarda. E non dirò che “può capitare”. No, non capita. Mi farò schifo per tutta la vita ormai. Dimmi però che ho una possibilità di non perderti. Una. Riconquisterò la tua fiducia. Lasciami provare. Non posso non amarti più, Andrea. Io non
— Stai zitta.
Cosa?!
No. No, non può essere. No...
— Devo... Pensare. — Andrea esita, prima di passarsi la lingua sulle labbra. — Dormi qua, sul divano. Domani niente scuola, andiamo a vedere dov’è Amelié. Se sta bene, vedrò che fare.
Altrimenti...
La frase cade, la lascia in sospeso.
— Quindi dormo... Sul divano.
— Si.
— D’accordo. Grazie. Ti amo.
Nessuna risposta. Senza più un cuore scendo giù, diretta... al divano.

 
Andrea
Quando Caterina scende le scale, ascolto i suoi passi dalla mia camera. È frustrante: più cerco d’odiarla più vorrei abbracciarla, ora.
Ma è pur sempre una delusione. L’ha fatta picchiare. L’ha incitata! Cos’avrà detto? Dai, un altro po’ non le farà male?
Serro i pugni e sbatto la porta.
Deluso.
Amareggiato.
Solo.
Rinchiuso in una prigione di sentimenti contrastanti.
Odio.
Amore.
Come posso provarli entrambi?
Sospiro, passandomi una mano sugli occhi. Il fatto è che, per perdonarla, devo prima vedere com’è messa Amelia. Amelié. È la causa di tanti mali.
Se non esistesse...
Be’, giocare agli e se? Ma? non mi aiuterà. Cado di peso sul letto, con un sospiro tremante.
Tanto la mia decisione l’ho già presa.
Sarà quella giusta? Sarà ciò che voglio? Sarà...?
Una suoneria trilla, giù. Lascio che i miei occhi si chiudano e, non so come, scivolo nel sonno.

 
 
1Okay, “segnali d’affaticamento”. Non so spiegarli meglio perciò lì sono e lì restano, okay? Credo che anche una moto si “affatichi” con del peso in  più. No? Comunque non so spiegarlo. Ecco.

Beh, che dire di questo capitolo? Seppur Andrea scopre tutto e, scioccato, cerca di capire cos'è che vuole fare, Manuele non e' al corrente di nulla, ed ora è chissà dove bello tranquillo. Sarà così ancora per poco. C'è una "nuova" Sara, qui, si. La si può tranquillamente vedere quando "apre" gli occhi, vedendo CIO' che ha fatto. Ecco, è un passo importante. Un personaggio che è mancato fin'ora è Nella, ma sta per entrare in scena. Come? Lo scoprirete. Be', cos'altro? Ah si, Caterina seppur distrutta dal dolore non ha convinto del tutto Andrea, e come dar torto a lui? Lei è una delusione, la cosa che più teme: si può vedere anche all'inizio, nel rapporto madre - figlia.Ed ecco in questo capitolo spiegato perché Sara è (era)... Sara. Causa dei suoi? o è una scusa? E' facile incolpare gli altri per ciò che si è (era). Ma è giusto?E Amelié, Amelia, troia, mezza - morta, che ne sarà di lei? perché ora è da lei che tutto dipende: Manuele e ciò che farà, lo stesso vale per Sara, ed il rapporto tra Andrea e Cate potrebbe cambiare nel caso lei non "rinvenisse" ...
Lol, è molto Beautiful, sorry! ahahah <3 
Beh, per ora ciauu *: meme1

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Capitolo 22
*** 22. ***



22
Sapevo cos’era successo e l’avevo anche pensato, ma non riuscivo a dirlo ad alta voce. Perché?
 
Lose Yourself – Eminem. Ascoltatela nel leggere :)
 
Caterina.
Mi trascino sul divano, e lì resto per un bel po’ con gli occhi sbarrati, a pensare a quant’è successo tra oggi e ieri. Già, perché oggi è già domani, insomma, è martedì. C’è il pericoloso test di chimica che, per un po’, ho addirittura temuto. Dopo ciò che è successo poche ore fa però, lo vedo soltanto per ciò che è: un idiota test di chimica. Materia dove sì, ho delle difficoltà, ma che studiando supererei tranquillamente. 
Be’, studiando. Ero un po’ più occupata ad incitare l’omicidio di una ragazza, per studiare. 
Serro gli occhi e i pugni automaticamente.
No. No cosa, poi? È vero, dire l’omicidio è tanto, è troppo, sì, però nel mio caso è pur sempre una brutta cosa: come ho potuto dire a Sara di tirare un altro pugno a un’innocente? Sì, seppur troia, stronza, guastafeste, rovina vite altrui ... Amelia è innocente. Dannazione, perché dirlo mi risulta così difficile? È la verità!
Il mostro ora sono io! È così facile passare dal bene al male, cazzo.
Perlomeno, Andrea sta pensando su ciò che farà. Mi da speranze, sì, ma è probabile che siano solo illusioni. 
Illusioni.
Cos’è poi, un’illusione?
Non posso pensarci, perché il mio cellulare trilla appena, leggermente. Chi sarà a quest’ora?
Lo afferro, tirandolo fuori dai jeans. È Nella.
Cos’avrà a quest’ora?
Rispondo alla chiamata, prima che svegli la madre di Andrea. Perché lui sarà sveglio, no? A pensare? A pensarmi? Forse mi sopravvaluto troppo, forse lui sta già scrivendo a Amelia. “Mi scuso da parte di Sara e quell’altra, potrai perdonarle? So io che fare...”
— Ehi! C’è qualcuno?
— Oh. Si, scusa, Nel.
— Ah eccoti!! — esclama la mia amica, con voce per niente assonnata — Volevo dirti, sai dell’uscita a quattro?
Oh no.
Nella, non costringermi a dir ad alta voce ciò che è successo...
Nella... Taci!...
Ma non muovo le labbra, e così lei procede, spedita. Un treno in corsa. O sali, o ti schiaccerà. 
— Beh, io e Justin siamo fuori oggi. Vi va d’uscire?
Se mi va? Sì, molto. Sì, troppo.
— Beh, no.
La mia mente si concentra su qualcosa di felice, così che non possa piangere. Il sorriso d’un bambino. La risata d’una ragazza innamorata... E tutto finisce. Perché quella risata, quella che ho riesumato dai ricordi, è mia: ho riso così pochi giorni fa, con...
Un singhiozzo.
— Ehi. —, mormora la mia amica, intuendo già cos’è successo. Un altro singhiozzo mi spezza la voce, così non riesco a dirle niente. — No. Dimmi che
— Dirti cosa? Esattamente, cosa vuoi che dica? Perché se devo mentire — singhiozzo — lo farò...
La mia voce si spegne là. Vorrei dirle tutto, dall’inizio: droga, problemi familiari, nuove cattive amicizie, fino all’idea stupida della vendetta.
Invece, taccio.
— Perché? —, domanda, più che lecita.
Io tremo da testa a piedi.
No.
Non è finita.
È un periodo.
È che noi due
— Chi và là?
La voce d’una donna interrompe il flusso dei miei pensieri. È la madre di Andrea, che s’avvicina cauta al divano. Io saluto velocemente Nella, che non ne capisce più niente, e mi tiro su, stremata.
Non può essere finita così. Vero?
Chi se lo sarebbe aspettato che io, in piena notte, piangessi perché ho appena perso due cose così importanti?
— Oh. Tesoro. Caterina. Cos’è successo? — la donna s’accuccia seduta vicino a me, e io non riesco a far nient’altro che seppellire la faccia nella sua spalla, e piangere, piangere, piangere.
Ad un certo punto una mano tira su il mio mento, e mi tuffo negli occhi blu di quella donna sempre così sorridente, simpatica, affettuosa e giocosa, che ora è però sconvolta, stranita, stupita direi. Restiamo così per un po’, una scena che non riesco ad interpretare. Mi conosce appena! Perché vuole consolarmi?
Alla fine, sussurra: — Cos’è successo? Perché non sei in camera di mio figlio?
Già. Perché.
Lei saprà della droga? Spero di no.
Perciò, le dico soltanto ciò che può sentirsi dire. Di Amelié, Amelia, quel che è, e di Sara. E di cos’è successo. Dei pugni. Dei miei occhi puntati lì, a guardare. Di Amelia che ora non so nemmeno dov’è. Se è viva. Se è ...
E il bello è che lei ascolta, annuisce, sospira e m’incita a proseguire finché la storia non è giunta al termine.
— Tesoro, che immenso errore hai fatto. — sussurra quando ho finito. Ormai la mia voce è fredda, gelida, dura, non provo più sentimenti, solo un grande vuoto, e non riesco più a piangere, forse perché ho esaurito ogni mia lacrima.
Serro i denti, nel sentire quell’affermazione. Non è esattamente ciò che credevo dicesse alla fine, perché non si consolano così le persone, ma poi prosegue, spedita: — Però sei pentita. E se Gesù perdonò tanti peccatori — Dove vuole andare a parare? Gesù? Io sono atea, tra l’altro — be’, allora non vedo perché il mio figlio non dovrebbe perdonare te.
— Io sì. — sibilo, stringendo spasmodicamente le dita di quella madre così dolce e così importante per me, ora. — Ho picchiato colei che ha amato, forse, e perché? Per vendetta. Sì, è vero mi ha minacciata. Ma io? Io sono stata peggiore.
— Te ne penti?
Che domanda è? Ovvio. — Sì.
— Ogni secondo?
— Sì.
Senza smettere di guardarmi negli occhi, chiede ancora: — Vorresti cancellare tutto? 
— Sì.
Si alza e, prima che possa dire soltanto una parola, comincia a camminare verso le scale. Io la seguo solo con lo sguardo: sono stremata da una giornata così, non riuscirei nemmeno ad alzarmi, cascherei giù.
— Vado a parlarci. 
La mia mente va in tilt. Cosa? — No! — allungo un braccio verso lei — così tutto peggiorerà! 
Ma è già salita, ed io rimango lì, immobile, il braccio teso.
Poi crollo giù. Il telefono suona. Un po’ è Nella un po’ è mia madre. Di mia madre c’è un solo sms, nel quale dice che non dovrò più dormire fuori senza che lo sappia.
 
Scusa mamma non si ripeterà. Notte. Ti voglio bene
 
Non saprà mai quant’è vero. Scambierà le mie parole per delle scuse tirate, per non andare in punizione. Ahimé. Perché in questo momento l’adoro. Lei, mia mamma.
 
Si può almeno sapere dove sei?
 
Sì, si può. Ma non vorrei essere qui.
Se non fossi qui vorrebbe dire che và tutto bene.
Non và tutto bene.
 
A casa di Andrea
 
Guardo il cellulare vibrare. TRRR. TRRR. Alla fine, quando arriva un messaggio da mia madre, lo afferro.
 
Ah ok, allora va bene bebè ! notte ! :*
 
Non mi soffermo sul linguaggio di mia madre, e spengo l’apparecchio, più sola che mai. Per quanto Nel si sforzi non sarà mai una buona amica. Per quanto io mi sforzi non sarò mai una buona amica, né una buona ragazza, né una brava persona. Per quanto Andrea si sforzi non sarà mai un ragazzo sincero. Per quanto mia madre si sforzi non sarà mai una vera madre. Per quanto il mio professore si sforzi non sarà mai un buon professore...
Un momento. Marco! Un’idea improvvisa quanto stupida mi rianima, e riaccendo il telefonino, maledicendolo per quant’è lento.
 
Andrea.
TOC. TOC.
No. Se è ancora Caterina, non credo potrò più risponderle educatamente. Invece, entra mia madre, in vestaglia e con l’aria severa.
Accende la luce – AH! I miei occhi gridano pietà, ma la donna non dà segno di voler far tornare il buio. Così, mi nascondo sotto le coperte leggere.
— Figlio mio.
Da lì sotto non vedo il suo sguardo, ma la sua voce la sento. È... Delusa? Da me? e perché mai? — Si, mamma?
— Sei un’idiota!
Ma che diavolo?!!
Mi tiro giù le coperte dal volto a la guardo.
L’espressione è tale alla voce. Delusa.
Perché?!
— Mamma cos’hai? Sei impazzita forse? E hai visto l’ora? Ti prego vattene! — grugnisco, tirandomi su. 
— Andrea. C’è una ragazza, giù, che ti ama. Lo sai vero?
I suoi occhi esprimono sincerità. Certo che lo so, Caterina me l’ha detto, tuttavia sentirselo dire da qualcun altro è un altro paio di maniche. 
Qual è la differenza non lo so, però il mio cuore perde un battito, e sposto lo sguardo sui miei piedi, imbarazzato.
Quando parlo la mia voce è tremante. — Che devo dirti? Sai cos’ha fatto?
— Sì.
— Mamma! Allora come posso
— Gesù perdonò tutti. — esordisce. Ah già dimenticavo! Ora ha quella del cristianesimo, è diventata la “fan numero 1” di Gesù. Ottimo, ci mancava anche la predica in stile “parroco misericordioso”. — Sai cos’ha detto alle mie domande?
Alzo le spalle, ma in realtà m’importa.
— Le dispiace. È stata sciocca. Ti ama.
— Bene. Esci e spegni la luce. — sibilo, tornando a letto. Ciò che ha detto è stato come ricevere un pugno. CRAC. Ed è proprio questa sensazione a ricordarmi ciò che ha fatto Caterina, e a ghiacciarmi. Mi metto giù e, quando vedo che la luce si spegne, mi sento un po’ più vuoto.
Poi però una mano si posa sulla mia spalla. È mia madre che mi sussurra all’orecchio ciò che non sono in grado di pensare: — Se qualcuno ti ama così tanto perderlo sarà un errore, figlio mio. Io ho fatto così: ho perso papà. È vero: non l’amo più. Tuttavia Andrea, non perdere Caterina. Mai. Né per un’Amelié né per una Sara.
Si alza ed esce.
TOC. La porta si chiude.
Tiro su il capo.
O
Mio
Dio.
Pensavo d’aver già scelto che fare ... ma cambiare idea si può, no?
 
 
Sara
Le cinque.
Le cinque, dannazione e Amelié ancora dorme! Sento una mano stringermi il cuore, forte, fino a che non scoppierà.
Perché non è stata Caterina a tirare i pugni. Sono stata io.
Ed una domanda mi rimbomba in testa.
E se l’avessi uccisa?
È vero, le ho dato miseri tre pugni... D’accordo, forti ma... Una persona non può morire così! Non può!
Mi abbasso a sentirle il battito del polso. C’è, ed è anche meno leggero.
Questo non vuol dire nulla, però.
Sospirando, mi alzo dalla sedia accanto al mio letto sulla quale sto passando la notte, e mi dirigo in cucina, per prepararmi l’ennesimo caffè. Ho già fatto qualche passo verso la porta – in modo barcollante, indeciso, insicuro – quando una voce quasi proveniente dall’aldilà mi ferma.
Sara...?
Mi volto, strabuzzando gli occhi verso la ragazza. Amelié è ancora stesa sul mio letto, ma ora ha gli occhi sbarrati e si guarda freneticamente attorno.
Faccio dietro front e la raggiungo, scioccata. 
Mi chino su di lei e le afferro le mani.
— Eccomi! — esclamo, con la gola secca.
Lei mi guarda con orrore, paura. — No! No, lasciami! — sussurra con voce scioccata, ma non fa niente per liberarsi. Non capisco. Perché non si muove? Perché non tira un debole pugno? — Sara?
— Si?
— Perché non mi muovo? Perché sono paralizzata? — le parole scendono giù veloci dalle labbra, strepitanti.
Sgrano anch’io gli occhi. Oh, santo cazzo. — Come? Che vuol dire che sei paralizzata?
In preda al panico, Amelié borbotta: — Non mi muovo! Guarda! Sto cercando di muovere le mani ma...! — sposto lo sguardo. Quelle restano inermi tra le mie, non riescono a sgusciare via e non è perché le sto stringendo forte. — NON MI MOVO! Cosa mi hai fatto?? Cosa?!
Sento un fischio nelle orecchie.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII.
E quel fischio soffoca le parole di Amelié – non la sento più. All’inizio la vedo, però: vedo le sue labbra muoversi in modo veloce, piccato, anomalo.
Alla fine la mia visuale s’oscura e crollo giù, svenuta.
 
Pov Amelié.
Provo a chiamare Sara, ma le mie labbra sono troppo pesanti da muovere, ora. Così chiudo gli occhi.
Cos’è successo?
Perché non mi muovo?
Perché Sara mi sta aiutando?
Perché sono paralizzata?
Eccola.
Quella parola mi farebbe urlare, scalciare, correre dalla paura. La paralisi. Ed invece resto lì, supina.
 
Non mi muovo!
 
Perché non mi muovo?
Perché?
Cazzo, la droga deve avermi messo molto KO.
Troppo KO.
Troppissimo KO.
Ed ora, ecco cos’è successo: tre pugni e muoio.
Non sono morta.
Preferirei  esserlo.
Osservo Sara, mezza stesa a terra e mezza sul pavimento.
Potessi farlo, la scalcerei via. Troia!
Ed invece, la osservo.
Dico alle mie gambe: spingete!
Le mie gambe restano lì.
Dico alle mie braccia: muovetevi!
Le mie braccia restano lì.
Il mio respiro si fa meno regolare.
No, no, no, no, no, non può.
Non può andare così.
Vorrei correre.
E invece resto stesa.


E questo è il capitolo 22, niente di più niente di meno. Andrea è ancora indeciso, la madre di Andrea si scopre che è dolce ed è premurosa, Caterina capisce d'amarlo davvero e capisce anche d'averlo perso del tutto. In più Nella. Nella, che Caterina rifiuta. Nella, che la chiama così tante volte e Caterina, che lascia vibrare il telefono. Per poi riprenderlo con un'idea "improvvisa" e "stupida". Cosa riguarderà? 
Ma soprattutto: cos'è successo ad Amelié? Può davvero essere rimasta paralizzata per dei "pugnetti"?
Sara è preoccupatissima,in più iniziava quasi ad apprezzare la povera ragazza, e quando vede che non si muove più il suo corpo non ce la fa più e sviene.
Amelié resta la solita stronza perché il suo primo pensiero è di buttarla giù tuttavia c'è un problema: NON PUO'. Ne scopriremo meglio il perché, pazientate.
Questo è uno degli ultimi capitoli drammatici, GIURO.
Be', per ora ciau, meme1.

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Capitolo 23
*** 23. ***


 

23

"Oggi qualcuno si farà male."
Chi?
Corri, dannazione, corri!
Dottor Rossi, con tutto il rispetto, correndo il corpo... La ragazza... Si sposterà di qua e di là, e questo potrebbe danneggiarla.
Il dottore non ferma la sua corsa.
E con ciò? Non la vedi?
La corsa si fa più frenetica. Il respiro di un uomo più veloce e pesante.
Dottore...
Sta morendo!
 
SBAM!
 
 
Diverse ore prima – Caterina.
Apro gli occhi stancamente. Ciò che vorrei fare è restare lì, dormire, riposare, e soprattutto non pensare a nulla. Né a ciò che ho fatto. Né a ciò che comporterà. Invece, devo tirarmi su.
Afferro il cellulare – guardo il display.
Le 6.57.
6.57.
Mi domando perché non ho sonno. Ho dormito all’incirca quattro ore, forse più ma molto più probabilmente meno, e sono certa che, per stare in piedi, me ne servirebbero almeno otto.
Otto, cazzo. Otto ore. Ma significherebbe perdere mezza giornata e così... Mi alzo, e vado in cucina a farmi un caffè. Ho ancora la vista oscurata dalle lacrime, ma cerco di ricordare dove Andrea ha preso, ieri sera, la mocca e la polvere. Quando trovo tutto, finisco l’ “opera” e metto sul fuoco il tutto.
Mia madre starà pensando che oggi io ed Andrea ci stiamo dando dentro, e mi farà un sacco di domande, quando tornerò. E io che potrò fare? Dirle la verità è escluso...
— Ehi. Già sveglia anche tu.
Quella voce mi fa tremare le gambe.
Vorrei andare lì ed urlargli che mi perdoni, perché mi ama troppo.
Perché lo amo troppo.
E invece, ancora girata verso il fuoco, mi limito ad un’alzata di spalle.
— Come hai dormito?
E tu perché vuoi far conversazione, se mi odi? — Male.
— Perché?
Già, come se dovessi anche spiegarlo! — Sono piuttosto preoccupata.
— Anch’io. — dice Andrea, mentre io alzo il livello del fuoco sotto la mocca, così che il caffè salga prima. — Andrà tutto bene.
Mi volto, a dir poco scioccata.
Ed Andrea è lì – non è tutto frutto della mia immaginazione. È seduto sulla stessa sedia dove sono stata io, singhiozzante, ieri notte, ed il suo sguardo è sì più cupo, ma anche più speranzoso rispetto a ieri. Ciò che gli ha detto sua madre deve aver avuto effetti positivi – anche se non posso saperlo perché lei non è più tornata di sotto, dopo. Non che io l’avessi aspettata: sono crollata sul divano proprio quando mi è arrivato l’ultimo sms di Nella.
Nella! Come ho potuto essere così stronza con lei ieri sera?
Sfilo il cellulare dalla tasca, e l’accendo. Leggo per primo l’ultimo messaggio – in tutto ce ne sono 74.74 messaggi che ho apertamente ignorato. 74.
Il messaggio è kilometrico, e lo leggo con frenesia, sotto lo sguardo di Andrea – che non perdo tempo a decifrare.
 
Caterina, devo darti un’orribile notizia (almeno, così credevo che l’avresti considerata, solo un po’ di tempo fa): e cioè, parto. Sì, vado via, lontano, perché mio papà ha trovato un altro lavoro, migliore, lontano da qua. Mamma lo seguirà, ed io? Beh, sono costretta ad imitarli. All’inizio pensavo che avrei sofferto per TE. Ed invece com’è finita? Soffro per Justin (quello che credevo d’odiare. Indovina un po’ chi odio ora?)
Non posso certo dire che sei stata un’amica cattiva ALL’INIZIO. Ti ricordi i pigiama party? E tutto il resto? Le risate? Il parco? Il cinema? Ah sì, vero: no, non t’interessa più perché sei troppo presa da SARA. Sai, sapevo che Andrea non ti avrebbe fatto bene ma indovina un po’? sono stata zitta perché tu ci tenevi! Non l’ho insultato, non l’ho chiamato “Justino”!! mentre tu diventi più orribile ogni secondo che passa io faccio le valigie.
Non dirò d’essere contenta che tu ed Andrea vi siete lasciati ... ma sicuramente triste non sono!
Detto ciò, non vedo perché continuare oltre. Hai letto gli altri 73 messaggi? No, vero?
Bene. è finita. Domani, alle 7,30, partirò. ADDIO Caterina. Addio.
Ed ora che ti scrivo, alle 3,40 di notte (partirò tra 3 ore ma sono sveglia x TE) sono certa k tu non risponderai. Ma va bene così. ogni cosa ha una fine (non sempre “lieta”). Ciao. Nella.
 
Rileggo l’sms mentre il mondo mi crolla addosso.
No! Nella, no!
Io, una cattiva amica!
73 messaggi non letti...
“Justino”...! Mi è scappato, ma come potrò mai dirglielo? È semplice, non potrò: tra meno di mezz’ora partirà ed io non sarò lì a fermarla.
Ha ragione. L’ho trascurata e lei è stata zitta.
Faccio schifo.
Digito più veloce che posso:
 
nella, semmai leggerai questo sms, credimi: non ti ho trascurata apposta. La mia vita si è NOTEVOLMENTE complicata dopo la punizione, ed ora che te ne andrai non farà che peggiorare. Ma che posso dirti? Ma come posso biasimarti? SCUSA. Scusa davvero, faccio schifo: non solo come amica, ma anche come persona, come fidanzata. Non verrò all’aeroporto, e sai perché? Perché non ti merito. Ti prego, vattene. C.
 
Invia.
 
Invio in corso ...
 
Messaggio inviato correttamente – per rileggerlo andare su: messaggi inviati.
 
Ecco.
L’ho fatto.
La verità è che non merito né Nella né Andrea.
Non dopo ciò che ho fatto ieri sera quando, sola, ho contattato il mio professore.
Lancio un’occhiata ad Andrea. — Il caffè è pronto — bisbiglio, anziché dirgli ciò ce provo. — ne vuoi un po’?
Lui annuisce e va un gesto annoiato con la mano per indicarmi la sua tazza. L’afferro e ci verso un po’ ci quel nettare degli dèi, che mi farà rimare in vita oggi.
Spero.
— A chi scrivevi? — domanda Andrea, quando lo raggiungo al tavolo, sorseggiando caffè amaro.
Alzo le spalle. — Nella.
— Avevi un’espressione piuttosto ... — esita, come se stesse cercando una parola più adatta — scioccata, sì.
— Perché sono scioccata.
— Immagino.
Beviamo i nostri caffè in silenzio, lanciandoci occhiatine di tanto in tanto.
È complicato ciò che stiamo vivendo.
È troppo per me.
È troppo per lui.
— Caterina.
Alzo lo sguardo dal marrone del caffè, curiosa. — Si?
— Sei dispiaciuta?
Guardo Andrea come se fosse impazzito. — Andrea. Come posso non esserlo? È come se l’avessi picchiata io. L’ho picchiata io, dentro me. E perché? — lo guardo dritto negli occhi. — Perché non volevo perderti. — restiamo tutt’e due un attimo in silenzio, ma poi io continuo: ho un fiume di parole, emozioni, azioni dentro, voglio tirarne fuori almeno un po’. O scoppierò. — E cos’ho ottenuto?
La risposta è ovvia, ma ci metto un po’ per riuscire a dirla. Così respiro profondamente e poi, con un po’ di coraggio in più, mormoro: — Ti ho perso.
Non scoppio in lacrime. Come ho già detto: non ne ho più.
Andrea gioca col bordo della sua tazza, passandoci l’indice. — Questo — comincia, con voce lieve — non è del tutto vero.
Il mio sguardo s’illumina.
Cosa?!
— Non so che fare — precisa Andrea guardandomi truce. — ma so che deciderò dopo aver visto Amelia.
Annuisco.
Vorrei dirgli “grazie”, ma che senso ha?
Vorrei dirgli “ti prego, amami”, ma non mi ascolterebbe.
Così sto zitta.
Semplicemente.
E ripenso a ciò che ho fatto ieri notte.
Stupidastupidastupida.
Perché richiamare il prof?
Prendo il cellulare e, stando attenta che Andrea non possa sbirciare, controllo gli sms. Non ricordo nemmeno più ciò che gli ho scritto e ciò mi mette ansia.
 
Professore, lei crede che io sia una brava persona?
 
Sì, certo, Caterina. Perché me lo chiedi?
 
Perché ho fatto una cosa orribile.
 
Cioè?
 
Non gli ho più risposto, grazie a dio. Sto già per scrivergli che non è successo nulla, quando mi arriva un altro SMS.
È Nella.
 
Sono felice che almeno tu l’abbia presa bene, sai, Caterina! E non venire all’aeroporto: TI FAREI CACCIARE!! Ti odio! Ti odio! Tutta la nostra amicizia cos’era? IL NULLA? addio! Stronza!! Tale e quale a SARA!
 
Non replico perché Nel non sa nemmeno ciò che dice.
Non mi va più di scrivere al prof.
Non mi va più di andare da Amelia o da Sara.
Solo che devo e  così io ed Andrea ci alziamo.
— Sai dove abita? — mi domanda senz’espressione, mentre mette via la colazione.
— No. La chiamo.
Compongo il numero e premo su “chiama”.
 
Tu...
 
Tu...
 
Tu...
 
Tu...
 
Sara! Sara dove cazzo sei?
 
Tu...
 
— CATERINA! Oddio Caterina!
— Sara. Sì? — non posso mostrarmi spaventata, non ora: qui c’è Andrea. — Dimmi.
— Amelié... Non si muove più... Oddio!
Dei singhiozzi le soffocano la voce.
I suoi singhiozzi.
Sara che piange?
Serro i pugni.
— Sssh, Sara. Arriviamo ora. Dimmi la via, per cortesia.
Mi dice tutto. — SBRIGATEVI!
Metto giù.
Un’altra parola e mi farei prendere dal panico.
Io ed Andrea scendiamo in garage, lì c’è una moto splendida. Mi porge il casco e senza una parola infila il suo. Non mi sembra affatto il momento d’essere goffa, ma proprio non riesco a salire su quest’affare, così Andrea è costretto ad aiutarmi.
Alla fine non lo ringrazio nemmeno e partiamo silenziosi.
 
Andrea.
Oh cristo.
Guardo Amelié un’altra volta. È stesa malamente su un letto e non si muove. Accanto a lei c’è Sara, disperata.
Amelié mi guarda, con gli occhi m’ implora. Di far cosa, poi?
È nella merda.
Siamo nella merda.
— Portiamola all’ospedale. — dico soltanto, senz’alcuna emozione.
Caterina, ferma sulla porta, mi guarda sgranando gli occhi , piena d’orrore.
Cosa? — esclama con voce acuta. — No. No! Vedrebbero che è strafatta — sbotta irrispettosamente. Be’, dove vuole andare a parare? — Forse scoprirebbero anche te!
Sara osserva la scena, sospirando. — Caterina non ha torto.
— Sì invece — sibilo. — Non la vedi? È messa malissimo. Mi beccheranno? Me ne fotto. Su portiamola via di qui.
 
Manuele.
Sto ancora dormendo, quando mi arriva un SMS.
È di Andrea, ed è piuttosto breve.
 
SIAMO ALL’OSPEDALE. VIENI. È PER AMELIA.
 
Oh cazzo.
Amy? E perché mai?
 
Cos’è successo?
 
La risposta arriva subito.
 
NON T’IMPORTA. VIENI!
 
M’infilo jeans, Tshirt e felpa, e parto sgommando in moto.
Oggi qualcuno si farà male. 

Eccomi qui, con il 23esimo capitolo della storia. Sì, aggiorno velocemente** Ad ogni modo, che ne dite? Prometto sinceramente che è uno degli ultimi capitoli così, poi ci sarà più azione che lacrime, okay? Ho messo diversi "P. O. V.", che ve ne pare? Comunque.. Che succederà, ORA? 
Andrea: scopre com'è messa davvero Amelia-é.
Sara: è scioccata.
Caterina: idem.
Nella: è andata via; perciò di Justin non se ne parlerà più.
Marco(prof):???
Manuele: incazzato nero, nero, nero!
La faccenda è molto complicata, e poi che succederà tra Andrea e Cate? E che vorrà dire quel paragrafo iniziale del capitolo? Chi è che sta per morire??
Kiss Kiss, alla prossima!

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Capitolo 24
*** 24. ***



24
Stavo così male. Mi sentivo cadere: proprio come un angelo che cade giù, dal paradiso.

 
Caterina
Andando all’ospedale mi aggrappo all’idea che è tutta una farsa di Amelia che, come al solito, vuole tutto barando. È ovviamente tutto inutile. So che Sara l’ha picchiata bene. So che Amelia è indecentemente fatta e così, debole.
Mi stringo di più ad Andrea, che sfreccia veloce per le strade ed è più distante che mai. In un attimo realizzo che l’ho perso. Lo penserò per sempre. Per sempre, cristo.
— Andrea! — urlo, per sovrastare il rombo del motore d’ultimo livello – o così immagino – della Kawasaki.
— Sì?
— L’ospedale!... L’hai superato!
Andrea rallenta giusto un po’, soltanto per vedere l’edificio stagliarsi già lontano. Poi, torna ad andare a tutto gas e procede sempre dritto. Perché?
Sento lo stomaco contrarsi sempre più, la velocità è semplicemente troppa, ed io l’ho sempre odiata. Così, mi stringo di più ad Andrea, stritolandolo.
Non commenta.
Alla fine, il ragazzo ferma la moto in mezzo ai campi, leva velocemente il casco e scende giù. Io lo seguo, con un po’ più di difficoltà e lui, seppur notandolo, non fa nulla per aiutarmi.
Dopo un po’ gli arrivo vicino – così tanto da sentirne il respiro tranquillo, a differenza del mio – e lo osservo un secondo. È così bello ed è stato mio. Beh, mi hanno insegnato a non pensare più al passato, e così seppur soffrendone ci metto una pietra sopra. Quasi per fortificare il gesto, mi chino, raccolgo un sasso e lo scaglio lontano. Il “toc” dell’impatto col suolo si sente solo qualche secondo dopo, e ben distante.
— Allora — comincio osservando il sole coperto da nuvole. — perché siamo qui.
— Odio gli ospedali, tutto qua.
Alzo un sopracciglio, ed il mio cipiglio è diffidente, mentre parlo. — Ah sì? Niente di più? Non è che temevi per te?
A quelle parole il ragazzo si volta e mi zittisce con un’occhiata. — Perché?... Oh. — il suo sguardo si fa ancor più gelido quando realizzo dove volevo andare a parare: la droga. — No, non è per quello. Ma di certo non ti racconterò la mia storia.
— Dovresti invece! — ribatto, piccata. — Perché così supereresti ...
— E tu non dovresti andare in giro a picchiare gli indifesi! — sibila lui, a tono di voce più alto. Sorpresa, arretro d’un passo.
Serro i pugni, lasciandoli però cadere sui miei fianchi. — E con questo? Andrea, quanto dovrò ripeterti che non smetterò mai di pentirmi?
— Però l’hai fatto.
— Grazie, non c’ero arrivata! E poi sei uno stronzo, io sì ti ho visto picchiare un povero ragazzo indifeso però non te l’ho fatto pesare perché ti amavo!
Dico tutto d’un fiato. Non m’importa niente di ciò che accadrà ora – s’incazzerà? Mi odierà? Pazienza. Capita.
— Non mi ami più?
Alzo lo sguardo dall’erba. Che razza di domanda è? — Perché me lo chiedi?
— Perché non rispondi? — replica imperturbabile.
Scrollo le spalle. — . Si ti amo. Ma ormai non c’è più nulla da fare. Ti ho perso. Non credo però che amerò più così tanto e...
Non riesco più a parlare. Il bacio di Andrea soffoca ogni mia parola.
 
*
 
Sara.
Dove accidenti sono?
Serro i pugni e lascio  Amelié nell’auto – sì, proprio l’auto che ho preso in prestito ai miei. Certo non potevo caricarla ancora in moto.
Corro dentro l’ospedale sperando di non avere una faccia colpevole.
Al bancone c’è una ragazza snella e bellissima, una bellezza irraggiungibile che io però, un tempo, ho provato ad avere. Inutile. Sembravo un’idiota, un manichino, una drag-queen. Illusa.
Ridicola.
Serro i pugni e la guardo strabuzzando gli occhi. — Scusi... Scusi! Una mia amica... non si muove più... paralizzata...
Lei alza lo sguardo dalla rivista. — Si calmi. — dice con voce piatta e seria, senza preoccuparsi minimamente di me né di altri. — Ora mi dica tutto in maniera comprensibile.
Altrimenti? — Una mia amica. Ieri è stata picchiata così l’ho portata a casa mia. Stava male. Dormiva. E basta. Ora però che si è svegliata non si muove più. L’ho dovuta trascinare in auto... — le parole mi muoiono in bocca, al solo ricordo.
La ragazza – Patrizia c’è scritto sul cartellino  - mi osserva ora con più attenzione. — Esattamente, lei dov’è?
— Gliel’ho detto. È nella mia auto, qua davanti.
— D’accordo. Stia calma.
Così prende un telefono, parla con qualcuno  e mi accompagna ad una macchinetta. Lì mi offre un caffè che io accetto e bevo, avidamente.
Poi un uomo in camice mi raggiunge, mi chiede dov’è l’auto e le chiavi. Gli do tutto ma lo seguo, nonostante mi dica d’essere tranquilla.
Ed è poi che accade il putiferio.
 
Amelia.
Sento solo delle voci, è tutto nero.
Le voci sembrano nere. Nero. Io odio il nero, il buio.
Devo aprire gli occhi.
Non ci riesco.
Così ascolto.
 
— Corri, dannazione, corri!
— Dottor Rossi, con tutto il rispetto, correndo il corpo... La ragazza... Si sposterà di qua e di là, e questo potrebbe danneggiarla.
Il dottore non ferma la sua corsa.
— E con ciò? Non la vedi, Patrizia?
La corsa si fa più frenetica. Il respiro di un uomo più veloce e pesante.
— Dottore...
— Sta morendo!
 
SBAM!
 
Non è difficile capirlo: stavano parlando di me.
Io,che sto morendo.
 
Sara.
Osservo la scena da dietro Patrizia.
Sta morendo!
Poi non riesco più a mantenere il loro passo – dire che sono scioccata è poco – ed inciampo, crollando al suolo. Il caffè si schianta con me sulla moquette pulita ma orribile, e non faccio nulla per rialzarmi.
Cazzo.
Amelié. Morta.
Quasi non posso crederci.
Vorrei restare là, stesa, all’infinito, a guardare le gocce di caffè davanti a me che formano macchie strane: una sembra un sorriso malvagio, che pare diretto proprio a me.
Poi però delle mani possenti mi tirano su senz’alcuna delicatezza e una voce nota sbotta: — Amy dov’è?
 
Andrea.
La mia decisione l’ho presa.
Ognuno può sbagliare ed io sarò come Gesù: perdonerò tutti. Be’, quasi tutti. Ma Caterina sì: lei se lo merita.
E Sara... non lo so. Se non la perdonassi sarebbe però perlopiù per vendetta, per ciò che mi ha fatto.
E chi se ne importa?
Ciò che conta è che io e Cate stiamo di nuovo assieme. La stringo più a me, sorridendo come un idiota.
Poi, il disastro. Caterina si sporge verso me e mi dà un altro bacio quasi rubato. Nel suo sguardo c’è amore e c’è sincerità.
La tranquillità però è destinata a finire.
Trr. Trr.
Caterina. È la vibrazione di un cellulare. Sospirando, afferro il mio. È vero, vorrei che questo momento non finisse più, ma so anche che è impossibile. Così, quando vedo lo schermo inerte, lancio un’occhiata ad Andrea. Senza bisogno di parole, lui prende il suo e lo porta all’orecchio. — Sì, pronto.
Lo osservo, cercando di capire le sue emozioni dall’espressione del viso perché non riesco a capire una parola di ciò che gli viene detto. Dapprima lui abbassa le sopracciglia, poi sgrana gli occhi ed, infine, inizia a stringere e riaprire il pugno spasmodicamente. Lo afferro e lo fermo, cercando di calmarlo.
Lui mi guarda. È la luce che ha negli occhi a farmi capire cos’è successo.
Mette giù la chiamata e s’affretta a raggiungere la moto.
— Chi era?! — squittisco quasi, afferrandolo per un braccio.
— Manuele.
Oh no. Da ciò che ho capito Manuele è legato molto ad Amelia: perciò sarà furioso ora. Con me e Sara.
Oddio.
— Cos’è successo?
Non devo arrivare a conclusioni affrettate.
Chissà magari sta
— Male. Amy. Amy sta male. No, malissimo. È praticamente morta.
Senza infilare il casco – né lasciarmi il tempo di farlo – mi mette sulla moto e poi sale davanti. Partiamo, a una velocità inaudita. È la prima volta che a questa velocità non temo per me, ma per qualcun altro.
 
*
 
L’ospedale si fa sempre più vicino.
Al parcheggio scorgo una moto già nota: Manuele.
Io ed Andrea entriamo, mano nella mano. Solo ciò mi dà la forza d’andare avanti.
L’aria dell’ospedale è opprimente: sa di piscio e di morte.
Manuele mi lancia un’occhiata indecifrabile. È seduto su un divanetto ed è abbracciato da Sara che, quando ci vede, sorride appena. Appena però nota le nostre mani incrociate alza le sopracciglia e mi guarda, curiosa. È però un attimo, perché poi l’oppressione della morte scansa tutti gli altri pensieri, e prende tutto il posto.
— Ragazzi. — esordisce Andrea. Non è strano che dica solo ciò: che dovrebbe aggiungere?
Io stringo di più la sua mano quando lo sguardo di Manuele si posa su me.
— Caterina, volevo dirti solo una cosa. — comincia e sento lo sguardo di tutti su me. Vado a fuoco, mi sento in colpa e soprattutto ho le mani sporche del sangue di Amy – non letteralmente, quello è per Sara, ma anch’io mi sento quel liquido caldo scorrere tra le dita ... — Volevo dirti che sì, ti odierò per sempre.
Boccheggio.
Odiare è una parola grossa.
— Ma non posso dirti di più. È vero avete sbagliato, ma chi non l’ha mai fatto? Non dico che ti perdono, ma nemmeno che tenterò d’ucciderti.
Perché non sospiro di sollievo?
Perché sentirmi dire tutto ciò è peggio?
— Solo spero che... Che lei... — Manuele non riesce a parlare più e così abbasso il capo, umilmente.
— Neanch’io mi perdonerò mai per cos’è successo. Manuele. È colpa mia...
— No, nostra. — mi corregge una voce tremolante ma sicura: Sara. Alzo lo sguardo, ma non riesco a dirle niente.
È vero. È la verità.
Andrea mi stringe di più la mano , osservandomi dall’alto.
— E non voglio che lei ... Be’, vorrei soltanto che stesse bene. — finisco, sussurrando.
Manuele annuisce rassegnato.
È ciò che vorremmo, ma non è per forza ciò che accadrà.
 
*
 
Ciao, Nella.
Volevo solo dirti scusa di tutto ciò che è successo, tutto ciò che ti ho detto. Non vedere questo messaggio come un patetico tentativo d’essere perdonata. È che voglio dirti la verità o, quanto meno, ciò che puoi sapere. Devi sapere che in questo periodo ho sbagliato più volte. Sarei venuta a salutarti un’ultima volta, se non fosse che ora sono all’ospedale, perché Amy – Amelia – sta malissimo. E sai perché? Perché io e Sara l’abbiamo picchiata.
Sì: vorrei tornare indietro nel tempo. Ma non per lasciare Sara sola: soltanto per stare con voi due, assieme. La notizia che saresti partita mi ha scioccato così tanto ed è arrivata in un così brutto momento che non l’ho ascoltata. Ora sì: e mi spiace di tutto.
TUTTO è stata colpa mia. Scusa, non sono stata granché come amica nell’ultimo periodo, è vero, e non credere che perderti mi lasci indifferente. Detto ciò spero che c’incontreremo, magari più avanti. Non so neppure dove sei.
Scusami. C.
 
Invio il messaggio con mani tremanti, mentre Andrea mi abbraccia. È ormai una giornata che siamo seduti lì – con piccoli intervalli per il bagno, o per andare a prendere un caffè al bar – ed è venuta solo una volta un’infermiera ad avvisarci: Amy sta facendo un’operazione. Che forse le salverà la vita e dalla paralisi.
Anche sua madre è qui. Suo padre pure. Sono tornati in fretta e furia da una vacanza in Austria. Meno male che erano già in viaggio.
Io e Sara abbiamo scelto di non dire a nessuno la verità, perché così sarà tutto più semplice. Almeno per ora, perché quando Amy si sveglierà... Se si sveglierà... Deciderà lei che fare.
Stringo più forte la mano di Andrea.
Amore.
Ecco cos’è: stare assieme nel bene e nel male. Ed ora lui è qui con me.
Ho già scelto chi, nella mia vita, non perderò.
Lui.
È lui dannazione! È il mio bellissimo eroe.
 
AVVISO: è esattamente l’ultimo capitolo “drammatico”!!! :3 YEY! Perciò, pazientate, manca poco alla felicità! :3 Be', povera Amy, sta davvero male. UN'OPERAZIONE è tanto... Insomma, non è proprio come quelle di scuola xD Allora, Andrea e Cate fanno pace, sì, perchè si vogliono troppo bene... Che succederà con Nella dopo quell'sms? E Manuele non è nemmeno più incazzato, ricordiamo la frase "qualcuno si farà male".. ecco l'ha già scordata, bene. E Sara... Sara sta male ed è preoccupata (come tutti poi). Come procederà?
continuo a almeno 3 recensioni<3

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Capitolo 25
*** 25 ***




25.

ADOLESCENZA: pazzo momento di cambiamenti!


È strano come tutto, nella vita, possa cambiare.
Il ragazzo che odiavo ora è il ragazzo che amo.
La mia migliore amica ora non è che un fantasma, lontano, perso nel tempo e nei meandri di una biblioteca che è enorme, eterna, che è appunto la vita. Cercarla? Sarebbe inutile.
La ragazza che odiavo e che consideravo “da quattro soldi” ora è la mia migliore amica.
L’altra ragazza che, più o meno, odiavo, ora è mia amica e non mi odia, anche se per poco non finiva in sedia a rotelle a causa mia.
Il ragazzo che conoscevo perché lo vedevo in giro e basta, è ora mio amico.
Il ragazzo che odiavo, che è stato il ragazzo della mia ex migliore amica... No, okay, Justino lo odio ancora.
È pazza l’adolescenza, no?
 
A casa di Andrea sfoglio un suo libro. È di Stephen King. Non so se riuscirò mai a leggerlo, ma lui è intento nel latino – che mi annoia sempre di più – e devo distrarmi.
D’un tratto, mi viene in mente una cosa. Metto giù il libro e lo guardo, dolcemente.
« Ti va di parlarmi della tua ospedali – fobia? ». Gli chiedo.
Lui mette giù la penna, si volta.
Annuisce. « Da piccolo, mio padre mi picchiò. Poi mi potrò all’ospedale. “Caduto dalla bici!” disse. E l’infermiera “La bici dov’è?”. Forse sospettava. Ma lui la passò liscia e mi lasciò là. » Con lo sguardo che s’indurisce, procede: « Vedi, sono rimasto là chiuso tre giorni. L’aspettavo! Mia madre era via. Quando arrivò lo scoprì. E mi raccolse. »
La sua bocca si chiuse e  non parlò più.
Io, scioccata, mi alzai e cambiai argomento. « Allora, come ti vesti per andare al cine? Ci sarà anche Amy? ».
La vita sembra aver ripreso la giusta strada, ora. E mi augurò continuerà così, magari per sempre.
Mentre penso ciò, mi guardo allo specchio. E colei che vedo, è una ragazza cresciuta e più matura, bella e intelligente. E mi piace.

 
E ciò è tutto, gente. Ho avuto versioni più disparate per questo capitolo (da quelle più drammatiche alle più divertenti), ma questa è senza dubbio la migliore! :')
Sì, è vero: è la più breve.. Nemmeno una pagina, lo so, LO SO.
Ma c'è tutto, ecco. Non mi piace tirarla per le lunghe, ed alla fine c'è il particolare più importante: IL CAMBIAMENTO di tutti.
Perchè questa è l'adolescenza.. La vita.. Chiamatela come volete, ma sappiatelo: ribalterà tutte le carte in tavola! :)
A chi mancheranno i protagonisti di questa storia? a me sì, tanto!! :( Salutiamoli! "Addio!!!"

***Il mio account!***

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***ALTRE STORIE***
Per il momento ho queste storie:

La rinascita del Male.,
WOLF,

In the end.
Se v'interessa , passate a dare un'occhiatina! :)

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