Your Soulmate

di Nephilim332
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Inferno ***
Capitolo 3: *** Conoscenze ***
Capitolo 4: *** Preoccupazioni ***
Capitolo 5: *** Misteri ***
Capitolo 6: *** Passato svelato ***
Capitolo 7: *** Protezione ***
Capitolo 8: *** Competizione ***
Capitolo 9: *** Legame ***
Capitolo 10: *** La tana del lupo ***
Capitolo 11: *** Salvami ***
Capitolo 12: *** Resta con me ***
Capitolo 13: *** Limbo ***
Capitolo 14: *** Scelta ***
Capitolo 15: *** Risveglio ***
Capitolo 16: *** Dall'inizio dei tempi ***
Capitolo 17: *** Il prisma dell'amore ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Prefazione

 

Divergevano due strade in un bosco
ingiallito, e spiacente di non poterle fare
entrambe uno restando, a lungo mi fermai 
una di esse finché potevo scrutando
là dove in mezzo agli arbusti svoltava.

Poi presi l'altra, così com'era,
che aveva forse i titoli migliori,
perché era erbosa e non portava segni;
benché, in fondo, il passar della gente
le avesse invero segnate più o meno lo stesso,

perché nessuna in quella mattina mostrava
sui fili d'erba l'impronta nera d'un passo.
Oh, quell'altra lasciavo a un altro giorno!
Pure, sapendo bene che strada porta a strada,
dubitavo se mai sarei tornato.

lo dovrò dire questo con un sospiro
in qualche posto fra molto molto tempo:
Divergevano due strade in un bosco, ed io...
io presi la meno battuta,
e di qui tutta la differenza è venuta.

 

Robert Lee Frost; The road not taken.


 


 

Era tutto buio, e freddo.

Ogni cosa, in quel luogo, pareva assumere sfumature di una tonalità triste e scura di grigio. L'odore era nauseabondo, insopportabile. Le lapidi erano tutte di marmo, fredde; come la morte stessa. Erano sparse ovunque: alcune erano molto vicine, altre più lontane. C'erano mausolei maestosi di marmo lucidissimo da un lato, e piccole tombe decorate con solo una piccola croce dall'altro.

Il cimitero era deserto, se non si contavano i centinaia di corpi in decomposizione, rinchiusi nelle bare, che si trovavano sotto il terreno bagnato che calpestava.

Una cosa era morire, un' altra era sentirsi morta. E' una sensazione che, quando ti assale, riesce a penetrarti in corpo, a confonderti la mente e a distruggerti lentamente l' anima. Tutto ciò che ti viene concesso, tutto ciò che ti viene donato, prima o poi ti sarà portato via, preso dall'oscurità eterna, magari prima del dovuto. Ti crogiolerai nel dolore, ti si mozzerà il respiro, inizierai a mettere in dubbio la tua importanza sulla Terra, nel mondo. Urlerai, un suono acuto, capace di squarciare un cuore. Impazzirai, cercando di trovare un senso a tutto ciò che ti è successo. Ti chiederai perché sia capitato a te.

I morti stanno bene; non soffrono, non provano dolore. I vivi che li piangono, invece, sono straziati: sentono il cuore venire strappato, brutalmente, dal petto. Si sentono come se fossero avvolti in una nube di tristezza che non accenna a scomparire. Sono loro, quelli che sono davvero invasi dalla sofferenza e dal dolore.

O, almeno, era così per lei

 










**NOTE DELL'AUTORE**
E' la prima volta che mi cimento in una prova così ardua come la scrittura di un libro.Spero soltanto che la mia storia in qualche modo arrivi a colpirvi il cuore,o meglio,l'anima.Se il primo capitolo avrà qualche recensione,continuerò a scrivere con immenso piacere sperando di trasmettere un pizzico di felicità a chi mi seguirà proprio come i miei autori preferiti fanno con me.
Questa è una storia strana.La protagonista sta male,è delusa e soffre.Ma scoprirà come si possa superare ogni cosa con le persone giuste accanto.
I colpi di scena non mancheranno,poco ma sicuro!

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Capitolo 2
*** Inferno ***


Le affollate strade di Manhattan erano tinteggiate dalla sfumatura rossastra del crepuscolo che di lì a poco avrebbe sostituito la calda e fioca luce del sole con il buio. Il buio gelido, che portava l'infittirsi della sua disperazione.

Isabelle Lewan guardava dal finestrino oscurato della Rolls Royce le indistinte sagome dei Newyorkesi che le sfrecciavano accanto. Scosse la testa, cercando di scacciare via i ricordi che la tormentavano in continuazione. Erano troppi. Non voleva pensare, eppure era incapace di riuscirci. Era come se stesse guardando un grosso schermo su cui venivano trasmesse tante sequenze di immagini;alcune più nitide, ben delineate;altre sfocate, indistinguibili.

Si passò le dita sulle tempie e cercò di concentrarsi sul paesaggio.

Manhattan contava circa 1. 629. 054 abitanti , 1. 629. 054 persone diverse.

C'era chi rideva. Chi dormiva. Chi piangeva. Chi beveva. Chi si divertiva. Chi soffriva.

Ma Isabelle non conosceva nessuno di loro. Era sola , ma lo era già prima di affrontare quel viaggio. Era sola da mesi e, francamente, non le importava. Non da quando le era stata strappata via la persona a cui più teneva al mondo. Marco.

Ma poteva davvero reggere il peso di una città d'elitè come quella?
Aveva vissuto a Seattle fino a pochi giorni prima. Tutti i diciassette anni della sua vita li aveva trascorsi lì. Ma cosa avrebbe fatto ora?Mahattan non la ispirava per niente. Non ne negava la bellezza, certo, ma era come se ogni cosa-o persona-che appartenesse a quel posto fosse frivola, finta, inutile.

In quella città vedere macchine di lusso come quella in cui era seduta era un'abitudine, ma a lei non piaceva. Non le piaceva il lusso, non le piacevano le attenzioni.

Era semplice, testarda, impulsiva. Non seguiva la moda, si vestiva bene, certo, ma non perchè ci pensasse su. Le veniva spontaneo.

Ed era anche incredibilmente bella. Aveva lunghi capelli color oro che le ricadevano in grossi boccoli fino alla vita, due occhi a cui nessuno sapeva associare un colore preciso.
Verdi al buio, azzurri alla luce accecante del sole e grigi come quelli di un lupo quando il cielo è coperto di nuvole, le dicevano.

Non era affatto magra, ma non era neanche grassa. Le sue gambe erano lunghissime, il suo seno perfetto e il suo viso era ovale, con zigomi ben definiti di un rosa tenue. Le ciglia nere le ricadevano sulle guance.

Ma la sua bellezza era sovrastata dalla tristezza che le si leggeva tutti i giorni negli occhi da tanto, troppo tempo, ormai. Non era mai stata dotata di grande dolcezza, bisognava ammetterlo, ma quando si era innamorata aveva dato tutta se stessa. Marco le aveva fatto capire cosa significa affezionarsi a qualcuno, volgergli bene, amarlo. Lei prima non ne era mai stata capace fino in fondo.

Jhonathan Lewan, suo padre, era un avvocato con un passato professionale da fare invidia. A Seattle era pagato bene, e Isabelle era stata spesso tentata di pensare che ci fosse qualcosa di più losco sotto. Non che le importasse minimamente. No. Perchè dopo la morte di sua madre i rapporti con Jhonathan si erano fatti ancora più tesi. ”sul filo del rasoio”. Poi il filo si era spezzato quando nelle loro vite era arrivata Alexandra.

Alexandra Barnett-Michael-Falles-Lewan aveva divorziato dal suo primo marito a seguito di un investimento fallimentare e con la conseguente bancarotta dell'uomo. Con il secondo, invece, aveva perso la sua battaglia in maniera umiliante:si era fatta trovare a letto con il fratello del marito e non aveva guadagnato nemmeno un centesimo da quel divorzio. Poi, ironia della sorte, Jhonathan, ricco e disperato vedovo, se ne era innamorato follemente. Era stata lei a convincerlo a trasferirsi. Metropoli, più abitanti, più soldi. E poi, a Manhattan c'era sempre un gran bisogno di avvocati.

Alexandra era in qualche modo l'incarnazione ancor più subdola e meschina della matrigna di Cenerentola, ma contrariamente a quest'ultima, Isabelle non si lasciava mettere i piedi in testa da lei, nè da nessun'altro.
Esattamente. Seppur il suo psicologo l'avesse definita depressa con professionale nochalanche il suo carattere era rimasto quello di sempre. Non avrebbe mai permesso che Alexandra avesse il sopravvento. Non che ci provasse più. Sapeva che avrebbe perso ogni battaglia.

C'erano dei momenti in cui a Isabelle sua madre mancava tantissimo. Si sentiva anche egoista quando si rendeva conto che il dolore per la perdita della madre era minore rispetto a quello che provava per Marco.

Sua madre le era stata accanto finchè aveva potuto. Le aveva fatto un grande dono:fin da bambina le aveva fatto conoscere nuovi mondi. Come?Con i libri. Le aveva insegnato che poteva rifugiarsi fra le pagine, che poteva, anche se solo per un po', essere qualcun'altro e lasciarsi i propri dolori alle spalle. Isabelle, dal canto suo, amava la lettura ancor più di quanto facesse sua madre. Leggeva, pagina dopo pagina. Iniziava quando dalla finestra filtrava ancora la luce del sole e, ad un certo punto passava così tanto tempo che doveva alzarsi per accendere la luce, poichè il velo del buio era calato.

Ma, sua madre l'aveva lasciata presto da sola. Con un padre-burattino, una matrigna stronza e nessuno che le restasse accanto. Poi era arrivato Marco, che aveva colorato la sua vita. Le aveva fatto da madre, da padre, da amico, da fratello e da fidanzato. Era stato tutto ciò che le fosse mai servito. E invece il destino le aveva portato via anche lui.

Per un attimo, Isabelle non respinse i suoi ricordi e sospirò.

Il battito coordinato dei loro cuori, i loro respiri che si mischiavano, l'assenza di distanza dai loro corpi.
I suoi baci dolci, passionali, carichi di desiderio. La sua risata che riecheggiava nelle sue orecchie così forte da farle male. I suoi occhi nocciola che la guardavano con ammirazione.

NO, si disse.

Non poteva permettere alle emozioni di prendere il sopravvento, non lì, non in quel momento. A volte le sarebbe solo piaciuto poter spegnere tutto:il dolore, il senso di colpa, la frustrazione, l'amore. Ma la vita non è un film, o un libro, o qualsiasi altra cosa. Nella vita ogni cosa ha una spiegazione logica, la magia è un'assurdità. I miracoli non accadono.

Trecentosessantadue secondi-sei minuti-dopo, Isabelle li aveva contati per la noia e per tenere la mente sgombra, arrivarono a destinazione.

La ragazza sapeva già cosa aspettarsi. Nonostante il suo inesistente interesse per ciò che li aspettava, i suoi genitori non avevano fatto altro che descrivere l'appartamento in cui avrebbero abitato.

Appena scesa dall'auto, guardò l'edificio che ospitava il loro appartamento. Era imponente, dipinto in maniera impeccabile;i balconi erano lunghi e larghi e ogni appartamento, notò, occupava un intero piano. Ad accoglierli all'interno c'era un uomo sulla quarantina che sorrideva, lasciando che le rughe intorno ai suoi occhi s'increspassero.

« Buongiorno» disse il portiere.

« Buongiorno» ribattè Isabelle, sforzandosi di sorridergli.

I suoi genitori, da persone frivole e schizzinose quali erano, non lo degnarono neanche di un'occhiata, ma lui parve non accorgersene o, comunque, non gliene importava.

L'appartamento era situato al secondo piano. Jhonathan aprii la porta con un gran mazzo di chiavi e la luce del tramonto , che filtrava nella stanza da una grande vetrata, colpì il volto di Isabelle regalando ai suoi occhi ora grigi una sfumatura d'azzurro. Al centro dell'appartamento si estendevano due enormi divani in pelle nera, di fronte a quello posto a destra, la cucina bianca e nera che ricordava una scacchiera risplendeva . La moquette era nuova. Larghe scale poste sotto un enorme lucernario portavano alle altre stanze. Isabelle le risalì e cercò, scovando qui e là. La sua camera. La riconobbe dalla porta bianca un po' più alta e larga della altre e dall'incisione del suo nome posta proprio sopra ad essa. Vi entrò e rimase a bocca aperta. Nella zona giorno di fronte a lei c'era una vetrata ancor più grande di quella dell'ingresso, sotto di essa due poltrone di velluto azzurro assumevano strane sfumature a contatto con la luce del crepuscolo, il tavolino era bianco e notò che il tappeto che stava calpestando in quel momento era meravigliosamente morbido. Imboccando il piccolo corridoio posto alla destra della vetrata, raggiunse la zona notte. L'imponente letto a due piazze era posto su un piccolo soppalco, una vetrata più piccola di quella della zona giorno illuminava fiaccamente la stanza. Il comodino e il comò erano di legno e la grande cabina armadio era posta dietro due grandi porte scorrevoli. Era bellissima.

Isabelle vagò un po' per la camera, soffermandosi sull'immagine che rifletteva lo specchio posto accanto al letto. Si accarezzò la guancia, come se volesse asciugare una lacrima invisibile. Non si era mai ritenuta bella e ora, mentre si guardava, vedeva solamente una ragazza che soffriva come se ogni secondo qualcuno le infilasse una lama affilata nel petto. Si guardò ancora per un po', poi la sua attenzione fu attirata da qualcos'altro. Voltò la testa e notò due porte che erano poste al lato opposto della stanza. Una sola richiesta aveva fatto a suo padre e probabilmente lui l'aveva esaudita. La porta più piccola portava al bagno, lo sapeva, ma le interessava l'altra. Le si avvicinò e notò che era più grande anche della porta di ingresso. Girò la piccola chiave che si trovava già nella serratura e la spalancò. Lo spettacolo che le si parò davanti le tolse il fiato. Pesanti tende di velluto ornavano tre grandi finestroni di fronte a lei, morbida moquette ricopriva ogni centrimetro cubo della stanza. E poi pile di scaffali alti fin dal soffitto traboccavano di libri. Piccoli divanetti di velluto stracolmi di cuscini erano posti in diversi angoli dell'immensa stanza. Era meraviglioso. Dovette ammettere, almeno a sé stessa, che suo padre si era impegnato davvero tantissimo. Sapeva quanto tenesse ai suoi libri e aveva fatto in modo che, in un modo o nell'altro, lei ricordasse che anche lui teneva a lei. Sorrise fra sé e iniziò a vagare fra gli scaffali. Inspirava profondamente, l'odore delle pagine che impregnava tutta la stanza. Accarezzava il dorso di ogni libro, beandosi della ruvidezza delle copertine. Leggeva ogni titolo, ricordando tutte le storie. Quando poi si soffermò su un libro che non le era familiare lo prese e ne lesse il titolo.

Jane Eyre.

Era stato il libro preferito di sua madre. Proprio per questo motivo non l'aveva mai letto, ma non ricordava di aver mai visto quella copia. Lo sfogliò un po', finchè non trovò un foglio di carta profumata di rosa con il suo nome sopra. Era una lettera. Di sua madre.

La aprì, con le mani che le tremavano e le lacrime che iniziavano a rigarle il volto e la lesse.

 

Cara Isabelle,

ti scrivo questa lettera, nutrendo nel mio cuore la speranza che tuo padre te la consegnerà solo quando sarà assolutamente sicuro che tu sia pronta.

Stai dormendo nella tua stanza in questo momento e sei meravigliosa. Sicuramente adesso sarai una giovane e bellissima donna e l'unico mio rimpianto è di non vedere quanto sei stupenda. Sono sicura che tu e tuo padre vi sarete allontanati un bel po' dopo che sarò morta, Si, tesoro. Ho provato a vincere questa battaglia con tutta me stessa, ma il destino non può essere cambiato. Tornando a tuo padre, comunque, voglio che tu sappia che non smetterà mai di amarti. Sei la sua bambina, farebbe qualsiasi cosa per te. Proprio come quando leggesti Harry Potter e volevi visitare Hogwarts. Il giorno dopo eravamo in Scozia a visitare il castello. Oppure come quando volevi vedere un leone simile ad Aslan e ti portammo in quel famoso zoo di New York. O ancora quando volevi bere il tè con il cappellaio matto e tuo padre assunse un intero set cinematografico. Lui farebbe qualsiasi cosa per te e so che anche tu lo faresti. Non lasciarlo mai solo.

Hai trovato questa lettera nel mio libro preferito e sai perchè?Perchè quando stavo male, o ero arrabbiata, o triste o felice era lì che mi rifugiavo:fra le pagine di un libro. I viaggi che compi quando ne leggi uno sono ancora più meravigliosi di quelli che potrai mai compiere nella vita reale. Conosci nuovi mondi, nuove persone. Nuove battaglie, nuove vittorie. Nuove delusioni, nuovi amori. Puoi scappare per un po' dai tuoi problemi e catapultarti dove vuoi. Ma solo per un po'. Sai perchè?Perchè arriva il momento, piccola mia, in cui il lettore smette di essere tale per diventare scrittore. Ed è questo il momento giusto per te. Se ho conosciuto a sufficienza te e tuo padre so che questa lettera la starai leggendo verso i diciassette anni. E' ora. Scrivi la tua storia. Crea i tuoi eroi. Risolvi i tuoi problemi. Affidati al tuo istinto, al tuo cuore. Trova l'amore. Non il primo, perchè sappiamo bene entrambe che il vero amore si trova a seguito di grandissime delusioni. Affronta queste delusioni, Isabelle e trova la tua strada. Crea il tuo lieto fine, sconfiggi tutti i mostri che hai nel cuore. Devi essere tu a prendere in mano le redini della situazione, però, non altre persone.
Ricordi quando per il tuo ottavo compleanno ti ho regalato il tuo primo vero classico?
Bè come potresti dimenticare?E' diventato subito il tuo libro preferito. Orgoglio e pregiudizio.

Mi dicesti subito che volevi diventare come Elizabeth. Bella, intelligente e indipendente. Lo eri a otto anni e ora lo sarai ancora di più. La vita è preziosa, non sprecarla.

Affronta le sfide e vincile. Sempre. Puoi farlo. Io ti aiuterò.

Fisicamente non ti sarò accanto, ma nel tuo cuore vivrò per sempre.

Ti amo Isabelle. Con la mia anima, con il mio cuore. Con tutta me stessa,

 

 

Mamma.

Non appena Isabelle finì di leggere la breve lettera, non potè evitare di sorridere con il volto rigato di lacrime. Sua madre aveva previsto tutto, ogni dettaglio. Sembrava anche che sapesse di Marco e della sua morte. Ma di una cosa si era sbagliata. Il primo amore per lei era stato Marco ed era piuttosto sicura che fosse quello vero.

Si strinse la lettera al petto e ripose il libro sullo scaffale. Arrivata al tavolino al centro della stanza, ripose la lettera nel cassettino sotto di esso che chiuse a chiave. Fuori dai finestroni della biblioteca la luna ormai era alta in cielo e l'indomani Isabelle aveva scuola. Fece una doccia veloce e si mise a letto, con la tristezza che ancora le attanagliava il cuore.

 

Era in spiaggia, da sola.

Isabelle beveva una birra. Sapeva che bere birra a 15 anni non è molto salutare e responsabile, ma non le importava, voleva solo trovare un modo per sopprimere il dolore. Voleva solo dimenticare.
Quella sera, il cielo era di un blu notte molto intenso, la luna risplendeva in tutta la sua bellezza, piena come non mai, le poche stelle che punteggiavano il cielo erano raggruppate attorno ad essa.

Un rumore di passi riportò Isabelle a guardare la spiaggia e, al suo fianco, si sedette un ragazzo. Era abbronzato, i suoi denti bianchi scintillavano nel buio mentre sorrideva e i suoi occhi erano bellissimii, color cioccolato; la ragazza lo guardò per un istante, mentre i loro occhi si incontrarono. Distolse subito lo sguardo, era imbarazzata.

« Non dovresti stare tutta sola» le disse il ragazzo, leggermente divertito.

« Lasciami in pace!» Isabelle era irritata, lui non sapeva niente di lei.

« Ehi, ehi, calma. Lo dico per te. Non vorrei facessi incontri spiacevoli» era sincero, lo si poteva leggere nel suo sguardo,

« Scusami. . sono solo arrabbiata con il mondo intero» lo guardò e fece una piccola smorfia

« Delusioni d'amore??» chiese lui

« Magari!» lo guardò.

« Di solito alla tua età sono le cose che fanno star male le ragazze. Cos'è successo?» era sorpreso e la sua curiosità non era invadente, era come se fosse piuttosto preoccupato.

« Alla mia età?» lo sfottè lei «Quanti anni hai?Ottanta?»

« Cos'hai?Sembri così triste. . »

« Mia madre è morta. La mia matrigna è una stronza e mio padre è un burattino. Mi sento sola. Sono sola, ineffetti. »

« Bhè, lo eri. Ora non lo sei più, io sono Marco. »

Isabelle gli sorrise come non sorrideva da tanto tempo. Era un sorriso vero, genuino, per nulla forzato.

« Sono Isabelle , ma qualcuno mi chiama Belle. E' un piacere conoscerti. »

« Il piacere è tutto mio, Belle. »

Sfoderò di nuovo il suo sorriso, e la ragazza non potè fare a meno di lasciarsi cullare dalla dolcezza che sprigionava il suo volto.

 

Isabelle si svegliò di soprassalto, si sentiva stanca, l'unica cosa che riusciva a fare era singhiozzare. Otto mesi passati a piangere. Otto mesi in cui il dolore non faceva altro che aumentare. E alla tristezza per Marco aveva anche ritrovato il dolore per la mancanza di sua madre.
Il dolore può finire?O almeno, può diminuire?Dopo dolori così forti, si può tornare a vivere, ad amare?

Si poneva queste domande ogni singolo giorno della sua vita e una vocina nella sua testa continuava a dirle che si, poteva amare di nuovo. Va bene, ma come?Ammesso che avrebbe trovato qualcun'altro da amare, come avrebbe fatto a stare con lui?Non sarebbe stato un tradimento nei confronti di Marco?Lui era morto, certo, ma. . .

I dubbi, le incertezze, le affolavano la mente, confondendola ogni volta sempre di più. La verità era che Isabelle Lewan aveva sempre avuto una concezione della vita piuttosto singolare.

Sperava che in qualche modo potesse tornare ad ascoltare la sua risata che un tempo era stata cristallina, a sfoggiare quel sorriso che trapelava tutta la sua bonta. Sperava di poter continuare a vivere nel migliore dei modi, ma non sapeva come, considerando che , per lei, un tradimento nei confronti di una persona che è ormai morta, che non può provare rancore, che non può dirti quanto tu l'abbia delusa sia un tradimento ancora più ignobile. ignobile.
La voce che sentiva ogni tanto nella sua testa continuava a parlare e lei non riusciva a zittirla.

« Non dovresti essere così triste, non dovresti gettare la tua vita come si getta una cartaccia. Vivi!» le diceva.

Isabelle si asciugò le lacrime con la manica della giacca che indossava, scuoteva la testa, cercando di cacciare la voce, di cacciare i pensieri, di cacciare i ricordi. Di cacciare via ogni cosa spiacevole. Si alzò dal letto e aprì la cabina armadio. Era grande e le varie staffe che reggevano gli abiti erano affollate. Sulla prima c'erano le divise scolastiche. Nella scuola in cui sarebbe andata, le divise erano particolari:la camicia era sempre bianca, ma i colori delle giacche e delle gonne variavano di giorno in giorno. Aprì i portabiti bianchi che le contenevano a uno ad uno e scrutò le uniformi:quella del lunedì richiamava un bellissimo rosso, quella del martedì il rosa, quella del mercoledì il lilla, quella del giovedì il turchese e quella del venerdì, notò Isabelle con un misto di confusione e incredulità. il nero. Tutti gli altri colori erano belli, forti, pieni di vita. Il nero no. Il nero non poteva nemmeno essere considerato un colore. Le metteva tristezza, forse per questo lo considerava in quel modo. Infondo per il funerale di Marco aveva dovuto indossare un lungo abito nero. . . .

Richiuse con forza la porta della cabina armadio e sospirò;si avvicinò al tavolino su cui aveva poggiato le chiavi della sua auto e le prese. Per i suoi sedici anni suo padre le aveva regalato una fiat 500 bianca. L'aveva scelta lei, non voleva nulla né di troppo appariscente, nè di troppo costoso. Avviò il motore e l'auto partì con un rombo. Percorse le strade della città notando quanto fosse piena di vita già di prima mattina. Probabilmente il sogno di ogni ragazza cresciuta in una piccola città è quello di trasferirsi nella grande mela, ma Isabelle era molto diversa dalle altre ragazze!Amava la tranquillità più di ogni altra cosa al mondo, fosse dipeso da lei si sarebbe trasferita in qualche isolato cottage di montagna.

Parcheggiò nello spazio riservato alle auto degli alunni e guardò, sospirando, l'edificio. La scuola sorgeva a qualche quartiere di distanza da casa sua ed era tanto bella quanto imponente. Avanzò nel cortile, cercando di non guardarsi indietro consapevole che, se l'avesse fatto, avrebbe avviato il motore dell'auto e sarebbe scappata via. Era strano, doveva ammetterlo. Non aveva mai avuto paura di niente, non aveva mai nemmeno voluto scappare via da qualcosa. Non faceva parte del suo carattere. Eppure quel giorno si sentiva così insicura che il cuore le martterlava forte nel petto e il respiro le si bloccava in gola. Deglutì e entrò nell'edificio. Si avviò per i larghi corridoi girando la testa a destra e a sinistra cercando la segreteria. Quando finalmente la trovò, vi entrò e vide una donna con corti capelli grigi sorriderle da dietro un'enorme scrivania di mogano. Isabelle cercò di sorriderle e le si avvicinò.

« Salve>>le disse accompagnando le parole con un cenno del capo.

« Ciao, cara. Tu devi essere Isabelle»

Lo sguardo che la donna le rivolse da dietro gli occhiali senza montatura le fece venire un brivido lungo la schiena. Scrollò le spalle, cercando di scrollarsi da dosso la sensazione di timore che provava, ma fu inutile. Cercò di concentrarsi e rivolse di nuovo lo sguardo verso la donna che aspettava una sua conferma.

« Si, sono io. Signora. . . Fine?»chiese, ricordando vagamente il nome della donna

« Esattamente. Questi sono i tuoi orari»

Isabelle prese il foglio che la signora Fine le porse e si voltò per andarsene. Quando la sua mano si poggiò sulla maniglia della porta, una voce sconosciuta la bloccò.

« Il passato non si cancella, Isabelle, ma non puoi continuare ad aggrapparti ad esso. Finirai per perderti nel tuo dolore»

Isabelle si voltò appena in tempo per vedere le labbra della segretaria muoversi. Era stata lei a parlare, ma la sua voce era stata diversa, come se fosse appartenuta a qualcun'altro. Inoltre, i suoi occhi erano completamente vitrei. Scrutò la donna per qualche secondo finchè quest'ultima non battè forte le palpebre come a svegliarsi da un lungo sonno. Rivolse un sorriso un po' forzato alla ragazza e continuò a concentrarsi sulle sue occupazioni. Con lo stomaco attorcigliato , ripensò alle parole che le aveva rivolto, in una specie di trance, la segretaria.

Il passato non si cancella, Isabelle, ma non puoi continuare ad aggrapparti ad esso.

Finirai per perderti nel tuo dolore.

Finirai per perderti nel tuo dolore.

Le parole non smettevano di martellarle in testa, come se volessero imprimersi a forza nel suo cervello. Scosse più volte la testa cercando di sacciarle, ma poi si rassegnò. Affranta, confusa e, come sempre, con un dolore nel petto che non l'abbandonava mai, cercò l'aula 3, quella di letteratura italiana. Quando alzò la testa dal foglio per vedere se il numero della porta accanto alla quale si trovava fosse quello che sperava, i suoi occhi si scontrarono con due pozze bellissime, profonde e infinitamente azzurre.

Quegli occhi meravigliosi appartenevano ad un ragazzo alto e robusto. I folti capelli castani erano morbidi e tagliati in un modo che si adattava perfettamente alla forma del suo viso; sue labbra rosa erano impegnate in un sorriso che lasciava intravedere trentadue denti perfettamente bianchi che contrastavano con la scura tonalità della sua abbronzatura. Quando Isabelle l'aveva guardato, stava ridendo con un ragazzo accanto a lui, ma non appena aveva sentito gli occhi di lei posarsi su di lui, non aveva potuto fare a meno di sorridere alla bellissima ragazza che si trovava a pochi metri di distanzai.

Il cuore di Isabelle perse un battito.
Non sapeva perchè, ma quel ragazzo era così dannatamente familiare. Come qualcuno che aveva conosciuto molto bene fino a qualche tempo prima, il problema era che non riusciva proprio ad associarlo a nessuno. Eppure lei lo conosceva, sicuro. Avrebbe anche potuto dire quale fosse il suo colore preferito.

Lo guardò ancora, di sottecchi e notò le forti braccia che penzolavano lungo i fianchi. In meno di un attimo, si sentì invadere da un pensiero che si era insinuato nella sua testa. Immaginò quelle braccia stringerla, mentre la sua testa si posava perfettamente nell'incavo del suo collo. Come se loro si completassero. Sorrise a quell'idea, sorrise al pensiero di sentirsi protetta da quel ragazzo, ma il sorriso le si spense un attimo dopo essere affiorto. Appena il suo cervello le fece ricordare un altro paio di braccia altrettanto forti che l'avevano stretta in passato. Marco l'aveva cullata così tante volte. . . .

“Lui ti cullerebbe molto meglio. . . ”

Nessuno aveva pronunciato quelle parole, erano nella mente di Isabelle. Qualche parte ribelle del suo cervello si stava prendendo gioco di lei. Cercò di scacciare sia l'immagine di Marco, sia l'immagine dell'altro ragazzo e ci riuscì, ma la situazione peggiorò. L'immagine che le si parò davanti era terribile.

Un Marco sofferente, che la guardava da lontano. Lacrime e lacrime rigavano il suo volto bellissimo mentre si contorceva dal dolore.

Scacciò quell'immagine orrenda dalla sua testa prima di cadere in un baratro di dolore senza fine mentre si trovava in quei corridoi.

La campanella suonò.

Benvenuti all'inferno.

 

Lucas Archer era definito dai più “Bello e dannato”.

Bello, lo era. Assolutamente. Dannato?. . . Anche. Aveva passato periodi così bui e superato dolori più atroci che ormai niente poteva più scalfirlo. Niente e nessuno. O almeno aveva creduto fosse così prima di quella mattina. Aveva visto la ragazza nuova vagare per i corridoi confusa, disorientata. Lo aveva fatto sorridere il suo modo di camminare. Cercava di mostrarsi aggraziata, ma non riusciva a nascondere completamente la sua goffagine. L'aveva osservata fermarsi davanti una della aule mentre leggeva l'orario con un sopracciglio alzato. Poi lei aveva alzato lo sguardo e i loro occhi si erano incontrati. Lucas era letteralmente sprofondato in quelle iridi meravigliose. Non riusciva a definire il loro colore. Erano occhi cangianti, che cambiavano in base all'intensità della luce. Nel momento in cui si erano guardati erano trasparenti con qualche sfumatura di un azzurro più intenso. Non l'aveva notata, prima. Non era stato quello però a farlo tentennare riguardo la sua infrangibilità spirituale. Somigliava tantissimo ad Ashley, l'unica ragazza di cui si era veramente innamorato e che aveva perso per circostanze davvero tremende. La sconosciuta, però aveva quegli occhi meravigliosi e sconolgenti. Quelli di Ashley erano stati anch'essi belli, ma non gli avevano mai fatto quell'effetto. Ecco, era questo che l'aveva sconvolto. Ciò che aveva sentito nel momento in cui si era immerso in quelle sue pozze perfette. Lui la conosceva. Era una cosa strana, illogica, ma era come se un tempo l'avesse conosciuta benissimo. Come se lei fosse stata in qualche modo. . . importante. Eppure non era riuscito ad associarla a nessuno. E lo attraeva in un modo incredibile. Certo, era bellissima, perfetta. Ma non era questo il motivo. Andava tutto ben oltre la bellezza.

Era nuova, non aveva dubbi. Una sconosciuta per tutti gli alunni della Costance St, Jude.

Ma era davvero una sconosciuta anche per lui?



**NOTE DELL'AUTORE**
In questo primo capitolo capiamo un po' il carattere della nostra protagonista.Conosciamo la sua famiglia,la sua sofferenza e scopriamo anche la causa di tanto dolore.


Ma questo dolore,passerà mai?
E il nostro nuovo amico Lucas,la aiuterà?
Aggiornerò ogni giovedì,aspetto le vostre recensioni :)!

 

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Capitolo 3
*** Conoscenze ***


Capitolo 2

Conoscenze

La prima parte della giornata scolastica di Isabelle passò abbastanza velocemente.Ogni volta che entrava in una classe tutti gli sguardi erano puntati su di lei,ma aveva cercato a tutti i costi di ignorarli e di passare il più possibile inosservata.In quella scuola c'era qualcosa di strano.Quando incrociava casualmente lo sguardo di qualcuno,sia ragazze,sia ragazzi,la guardavano confusi e come se fossero sorpresi.Non come si guarda una ragazza nuova erano piuttosto … incerti. Quando si avviò verso la mensa,sempre con in mano la sua fidata piantina ,sperò di trovare un tavolo vuoto dove passare un po' di tempo a pensare da sola,senza che nessuno le rivolgesse la parola.Comprò solo una bottiglia d'acqua e riuscì,come aveva sperato,a trovare un tavolo completamente libero in uno degli angoli più remoti della stanza.Mentre giocherellava con la bottiglietta d'acqua i pensieri le affollarono la mente e i ricordi che le facevano male iniziarono a prendere forma.

 

Seattle.8 luglio.

Mentre Isabelle e Marco camminavano per la città ridevano all'unisono.Marco aveva fatto una delle sue solite battute che non avevano senso,ma che facevano tornare il buon umore per il modo in cui venivano raccontate.Il cielo blu sopra di loro era pieno di stelle e la fioca luce dei lampioni illuminava i due ragazzi.Isabelle ansimava per il troppo ridere e inciampò.Marco la sorresse per le spalle,stringendola a se.

<< Stai bene? >>le chiese.Non era preoccupato,era divertito.

<< Fino a quando ci sarai tu,accanto a me,starò sempre bene. >> Isabelle era sincera.Lei lo amava,lo amava tantissimo.Lui l'aveva aiutata,c'era stato nei momenti belli come in quelli brutti.La faceva ridere.Andava contro il mondo pur di farla stare bene.

Marco la guardò,i suoi occhi ardevano.Le sollevò il mento con un dito per guardarla negli occhi.

<< Io ci sarò sempre.Ci sarò per prenderti quando inciamperai,ci sarò quando ,per la centesima volta,mentre ti aggiri nella tua camera scalza in cerca di una delle dozzine di cose che perdi al giorno,il tuo piede urterà il comodino facendoti imprecare in maniera fantasiosa,mentre io mi diverto ad ascoltarti.Ci sarò quando,tornata a casa dal cinema dove abbiamo visto un film horror che a me ha fatto solo ridere,tu non riuscirai a dormire e mi chiamerai alle tre del mattino per chiedermi di aspettare al telefono fino a quando non ti addormenti.E io ci sarò,ci sarò e basta.Sempre.Perchè non permetterò che niente e nessuno ti faccia star male >> le disse.

Isabelle lo baciò con tutta la passione che aveva,con tutto l'amore che provava.

Lui avrebbe mantenuto quella promessa,finchè avrebbe potuto.Lo sapevano entrambi.

 

Isabelle cercò di trattenere le lacrime che le facevano pizzicare gli occhi.Si morse il labbro,determinata a non far trapelare niente riguardo i suoi sentimenti. Era determinata,orgogliosa e dignitosa. Non avrebbe mai permesso a degli estranei di vederla piangere e di giudicarla senza nemmeno capire il motivo delle lacrime.Già li immaginava a fare supposizioni,a sospettare tradimenti,a compiatirla per la morte della madre.
Ma in quella città nessuno sapeva nulla di Marco.E nessuno l'avrebbe saputo.Mai.

Disegnava dei cerchi immaginari sul tappo della bottiglietta,tentando di concentrarsi su altro quando una voce la fece sobbalzare.

<< Ciao! >>esclamò qualcuno in maniera vivace.

Isabelle alzò un sopracciglio,mentre i suoi occhi si scontrarono con un viso completamente estraneo.Un ragazzo alto,con la carnagione olivastra e un sorriso stampato sul volto la fissava,aspettando una sua risposta.

<< Ciao >>rispose,pacata.

<< Io sono Mike Callaway >> si presentò.

Isabelle non sapeva cosa pensare.Quel ragazzo sembrava simpatico,certo,ma lei non voleva farsi degli amici,non credeva in quel tipo di relazione,nessuno ti è mai davvero amico e l'ultima cosa che voleva era che al dolore per Marco si aggiungesse anche il dolore che le avrebbe procurato una falsa amicizia,ma la sua indole era comunque buona e,seppur seppellita da tutte le emozioni negative provate,non potè fare a meno di rispondergli cortesemente.

<< Isabelle Lewan. >>

Mike la guardò negli occhi.Il verde delle sue iridi metteva a disagio la ragazza.Era come se quel ragazzo che conosceva appena stesse creando una sorta di legame con lei,come se stesse cercando di capire cosa la turbava.Distolse lo sguardo e Mike parlò:

<< Perchè? >> le chiese.

Isabelle non capiva.

<< Perchè cosa? >>ribattè confusa

<< Perchè sei triste,Isabelle? >>

Quelle parole colpirono la colpirono come uno schiaffo.Quel ragazzo aveva guardato oltre la facciata,aveva capito che in lei c'era qualcosa che non andava.Aveva capito che stava soffrendo,anche se non la conosceva ancora.Voleva piangere,sfogarsi con qualcuno,liberarsi da tutto il peso che soffocava il suo cuore,ma non poteva.Tantomeno con uno sconosciuto.A Seattle nessuno l'aveva capita,nessuno le era stato accanto.Lì sarebbe accaduta esattamente la stessa cosa.E non voleva altro dolore,per niente.

<< Non sono triste e non ignoro nessuno.Sono fatta così.Ora scusami,devo andare. >>

Aveva usato un tono duro,lo sapeva.Guardò per un attimo Mike,sospirando.Non voleva che la odiasse,quel ragazzo trasudava gentilezza da tutti i pori,ma non voleva tradire né essere tradita.Si avviò fuori dalla mensa e quando si girò per vedere se Mike la stesse osservando confusa vide solo un enorme sorriso di comprensione sul volto del ragazzo.

Dopo la settima ora Isabelle si avviò verso il parcheggio.Si sentiva a pezzi dopo quella prima giornata scolastica.Non voleva pensare al ragazzo che tanto l'aveva sconvolta con quei suoi occhi bellissimi,nè tantomento a Mike,che aveva abbattuto le sue barriere difensive in un battito di ciglia.Avviò il motore della sua auto e guidò senza una meta precisa.

Mentre guidava riusciva a sentire l'aria settembrina scomigliarle i capelli e sfiorarle il volto come una carezza.Guidò per un po' ,passò varie strade e varie negozi,oltrepassò anche la zona in cui si trovava Central Park,il pezzo di verde che rendeva Manhattam più gradevole ai suoi occhi.Uno di questi giorni l'avrebbe sicuramente visitato,ma ora l'unica cosa di cui voleva bearsi erano i fiochi raggi di sole che la raggiungevano nell'abitacolo dell'auto. Si accorse di aver guidato fino a Brooklyn.un altro distretto della grande mela.Accostò davanti a un negozio di alimentari e vi entrò.Vagò un po' per gli scaffali e poi comprò del gelato al cioccolato e dei coni.Sorrise vagamente perchè se l'avesse vista Alexandra probabilmente le avrebbe detto che il gelato non andava mangiato mai,soprattutto di sera,perchè è importante non ingrassare neanche un po',ma tanto quello che pensava Alexandra non importava a nessuno.

Mentre era alla cassa notò un ragazzo con i capelli di un biondo ossigenato e un paio di occhi scuri,quasi neri,totalmente inespressivi .Quegli occhi la guardavano.Guardavano proprio lei.Distolse velocemente lo sguardo.Non sapeva perchè,ma quel ragazzo la intimoriva,come se il suo sguardo potesse spogliarla.Si affrettò a pagare e corse fino a raggiungere la macchina.Solo quando si ritrovò nello spazio ristretto della sua auto si sentì veramente al sicuro.

***

Tornata a casa Isabelle lasciò il gelato nel frigo ,i coni nella dispensa e si affrettò a raggiungere la sua camera.Corse allo specchio e ,riflesso nel vetro,vide il suo volto impaurito.Non si sentiva così da parecchio,la paura non era mai stata parte dominante del suo essere,ma lo sguardo di quel tipo,il suo modo di guardarla come se fosse chissà cosa,l'avevano letteralmente terrorizzata.Andò in bagno e fece una doccia calda per cercare di scrollarsi da dosso quelle preoccupazioni.Mai giudicare un libro dalla copertina,giusto?
Eppure c'era qualcosa di strano.

Si asciugò in fretta i capelli e indossò uno dei primi pigiami che trovò nei cassetti del bagno.Quando fu a letto,la stanchezza ebbe la meglio e Isabelle,nonostante la paura provata,nonostante il dolore che l'assillava ancora,nonostante i pensieri che le assillavano la mente si addormentò in fretta.

 

Un petalo.

Due petali.

Tre petali.

Cadevano leggeri,circondando l'intera radura attorno a lei.

Erano rossi,di un rosso intenso e irresistibile.Cremisi.

Isabelle ne era completamente estasiata.Avvicinò una mano per sfiorare quel velluto,ma la realtà era che quelli non erano petali.
Erano macchie.

Macchie di sangue.Davanti a lei c'erano due cadaveri.Due corpi maschili.
Urlò.

Quell'urlo squarciò il cielo che si estendeva sopra la sua testa.

 

 

Quando Isabelle si svegliò si sentiva un po' frastornata,ma non ricordava di aver sognato qualcosa di bello o di aver avuto alcun incubo.Si preparò in fretta e uscì di casa per raggiungere la scuola.

La sua copia di orgoglio e pregiudizio era sul sedile del passeggero della sua macchina.Non ricordava di averla messa lì,ma la prese e la mise in borsa.

Quando fu nel cortile era in anticipo di dieci minuti.Rivolse il suo sguardo al cielo e il sole le colpì il viso donando un'intensa sfumatura azzurra ai suoi occhi e un tono di biondo più chiaro ai suoi capelli.Quando i suoi occhi si abituarono alla luce,non potè fare a meno di pensare a come gli occhi del ragazzo del giorno prima fossero così simili al colore di quella distesa azzurra che si estendeva infinitamente sopra di lei.

Cercò,ancora una volta,di deviare i suoi pensieri e prese orgoglio e pregiudizio dalla borsa.Lo aprì seguendo il segnalibro.Darcy stava ammettendo a una stupefatta Elizabeth i suoi sentimenti.La sua ammirazione,la sua devozione,il suo amore.

<< Orgoglio e pregiudizio,eh?Carino,ma un pò troppo sdolcinato.Darcy vuole fare tanto il duro,ma poi basta una semplice ragazza testarda a fargli perdere la testa. >>

Riconobbe quella voce all'istante,come se l'avesse sentita già tante volte.E,quando i suoi sospetti si rivelarono fondati,non potè fare a meno di sorridere.Si scontrò con le iridi verde smeraldo di Mike e gli fece cenno di sedersi accanto a lei.Inizialmente il ragazzo parve confuso,come se si aspettasse un altro maleducato comportamento,ma alla fine scrollò le spalle e si accomodò.

<< Vedo che oggi siamo moolto più calmi,Isabelle >> esclamò enfatizzando il suo “molto”.

<< Mi dispiace >>cercò di scusarsi lei << non volevo >>

Lui sbuffò << Si,Isabelle.Lo volevi >>

<< No >>

<< Ehi,và tutto bene,davvero.E' a me che dispiace.Di solito non sono così bravo a leggere le persone,ma con te...è stato diverso >>

Isabelle era confusa e,in qualche modo,speranzosa.Si,perchè per qualche assurdo motivo dentro di lei la speranza di riuscire a trovare qualcuno che finalmente la capisse,che la confortasse senza chiedere nulla in cambio stava crescendo a dismisura e a ogni sorriso di Mike quella speranza cresceva sempre di più,

<< Mike >> iniziò << Cosa intendi per diverso? >>

<< E' come se i tuoi occhi mi avessero lanciato un grido d'aiuto.Come se tu avessi bisogno di qualcuno e che qualcuno fossi io >>

<< Non voglio soffrire >>sussurrò lei.

<< Tu soffri già >> setenziò Mike,risoluto.

<< E' complicato >>

<< Lo so >>

Isabelle sobbalzò << Lo sai? >>

<< Si.So che è complicato,ma so anche qualcos'altro .>>

<< Cosa? >>

<< So >> disse lui alzandosi << Che sarai tu a parlarmene quando sarai pronta .>>
Detto questo le fece un cenno con la mano e si allontanò al suono della campanella.

Dopo aver razionalizzato le parole di Mike che cercava davvero di diventarle amico,di darle una spalla a cui appoggiarsi ,si alzò anche lei e si avviò quasi correndo verso l'edificio consapevole di essere in ritardo.

Diede un'occhiata al suo orario.Quel giorno,alla prima ora,aveva letteratura.Sorrise.Era brava in quella materia e aveva seguito un corso avanzato a Seattle,quindi,probabilmente,sarebbe stata una passeggiata.Quando entrò in classe trovò un solo banco vuoto accanto alla finestra e,arrivata con qualche minuto di ritardo era convinta che nessuno lo occupasse.Lo sperava almeno.

Qualche minuto dopo,però le sue speranze crollarono quando qualcuno si avvicinò al banco,soffermandosi di fronte a lei.Isabelle alzò lo sguardo e lo vide.

Il ragazzo del corridoio dai bellissimi occhi azzurri la guardava sorridente.Quando si guardarono negli occhi,nessuno dei due parve riuscire a distogliere lo sguardo.Era come se in qualche modo i loro occhi comunicassero.Parlassero di qualcosa che a nessun'altro era dato di sentire.Le iridi azzurre del ragazzo ardevano e vi si poteva leggere desiderio al loro interno.Isabelle era sicura che succedesse anche con i suoi occhi.

Riuscirono a staccarsi solo quando il professore entrò in classe rumorosamente.Scossero entrambi la testa,confusi.Isabelle prese a disegnare qualcosa sul quaderno,ma Lucas sorrideva come un bambino.Si sentiva attratto da lei ancora più del giorno precedente e poi...quella sensazione!Cosa gli avevano fatto i suoi occhi?
La guardò per un secondo,con una maledetta voglia di rigirare tra le dita una di quelle meravigliose ciocche dorate.Sorrise ancora,pensando a quanto sarebbe stato bello.Poi si schiarì la voce.

<< Ciao >>le disse

Lei si voltò,incerta.Non lo guardava negli occhi,aveva la testa bassa,apparentemente ancora concentrata sui suoi scarabocchi.

<< Ciao >>sussurrò.

<< Lucas Archer.E' un piacere >>

Le offrì la mano e lei la scrutò con un sopracciglio alzato.Dopo un breve attimo di esitazione,finalmente la strinse.Il calore che gli trasmettevano le sue dita era un qualcosa di paradisiaco.Quel piccolo tocco gli sarebbe potuto bastare per tutta l'eternità.Avrebbe preferito accarezzare dolcemente la sua mano piuttosto che passare una delle tante nottate che passava con Amanda,la sua presunta ragazza.

<< Isabelle >>rispose,rompendo il contatto che si era protratto più del dovuto mentre un leggero rossore le colorava le guance << Isabelle Lewan >>

<< Allora >>iniziò Lucas << Credevi che questo banco fosse vuoto,vero? >>

<< In realtà,si >> confessò lei.

<< Lo immaginavo >>

<< Perchè? >>gli chiese

<< Ho saputo che te ne stai sempre da sola. >>

Isabelle distolse lo sguardo da lui e cercò un modo per tenere occupate le mani.Il sorriso sul volto di Lucas si spense.Aveva paura di averla ferita in qualche modo perchè lei adesso sembrava triste.

<< Non che sia una brutta cosa >>cercò di riparare all'affermazione precedente<< Sei nuova,ti capisco >>

<< Credimi...non puoi >>g li sussurrò.

Lucas cercò i suoi occhi,incapace di frenare il desiderio di guardarli ancora.Erano grigi in quel momento perchè il cielo si era coperto di nuvole.E in quegli occhi notò tutto ciò che aveva immaginato.

Vide la sua sofferenza,il suo dolore,il suo cuore squarciato da un qualcosa più grande di lei.Ovviamente non aveva il potere di capire tutti i dettagli,ma gli era ormai chiaro che lei era depressa per qualcosa.
Ma come faceva?Com'era possibile anche solo immaginare che potesse succedere una cosa del genere?Era come se fra loro ci fosse un legame profondo,magico in un certo senso.Era assurdo.Lui non credeva a niente che non potesse essere semplicemente spiegato dalla scienza.Era totalmente razionale.

<< Ma ci siamo già conosciuti? >>

la domanda la fecero entrambi all'unisono e Lucas arrossì,vergognandosene.Non gli era mai capitato di arrossire in tutta la sua vita,ma Diavolo!Quella ragazza gli faceva mettere in dubbio il suo stesso carattere.La conosceva appena,eppure era come se lei avesse il totale controllo del suo corpo,della sua mente.Avrebbe potuto cambiare ogni più piccola parte di sé stesso se lei gliel'avesse semplicemente chiesto. Anche a lei pareva di averlo già conosciuto.Possibile?

Guardò Isabelle che aveva gli occhi spalancati,come se anche in quel momento stesse pensando ciò che pensava lui.

<< Cioè.. .>>proseguì Isabelle<< Non so,è strano. >>

Provava a moderare la voce,ma non ci riusciva.C'era una sorta di confusione,in essa.

<< Mi ricordi qualcuno che conosco >>disse Lucas.

Era vero,ma solo in parte.Lei gli ricordava Ashley,ma pensava di conoscere Isabelle meglio di quanto avesse mai conosciuto la sua ex,meglio di sua madre,meglio di qualsiasi persona sulla faccia della terra.Eppure non poteva spiegare una tale assurdità a lei perchè non ci capiva nulla nemmeno lui stesso.

Isabelle socchiuse le labbra,stava per dire qualcosa,ma la voce del professore interruppe la loro conversazione e non riuscirono a parlarsi per il resto dell'ora.

Quando la campanella suonò,Lucas provò a parlarle,ma quando si voltò lei era già diretta alla porta.

 

Isabelle era totalmente sconvolta.Le tempie le pulsavano tanto forte da farle male,il respiro era veloce e il cuore le batteva all'impazzata.Era praticamente scappata via da Lucas. Aveva frequentato tanti ragazzi,prima di Marco,ma non era mai durata a lungo.Non li aveva mai conosciuti realmente.Passava con loro qualche giorno,chiacchieravano,mangiavano,ma non si conoscevano mai a fondo.Eppure Lucas...

Il suo modo di parlare,di arrossire,di toccarsi i capelli quando era nervoso.Il suo fare giocoso,il modo di scrollare le spalle...era tutto così dannatamente familiare.Diverso totalmente da Marco,eppure così incredibilmente uguale a qualcun'altro.Già,ma chi?Chi era,Lucas?
Aveva creduto di essere diventata paranoica,ma poi aveva scoperto che anche lui credeva di conoscerla.Lo aveva sentito pronunciare quella domanda con le sue orecchie proprio nel momento in cui la pronunciava lei.Eppure la certezza di non essergli estranea le era entrata nella testa non appena i loro occhi si erano scontrati.
Scrollò la testa,incapace di far altro e camminò per i corridoi.Mentre cercava l'aula 8,notò un ragazzo poggiato accanto a un armadietto e per poco non le cedettero le gambe.

La paura,per un qualche motivo a lei sconosciuto,le invadeva il petto.Era lo stesso ragazzo che aveva visto in quel negozio a Brooklyn.Tentò di cambiare strada,ma la sua voce la bloccò,ghiacciandole il sangue nelle vene.

<< Perchè scappi,bellezza? >> chiese il ragazzo con un ghigno.

Isabelle deglutì,ma non rispose.Rimase ferma dov'era,incapace di muoversi.Pregò che qualcuno arrivasse,pregò che suonasse una campanella,pregò che qualcosa le permettesse di allontanarsi da lui.

Calma-si disse-l'hai detto tu stessa.Mai giudicare un libro dalla copertina.E' il tipico stronzo newyorkese,tranquilla.Quelle parole non la rassicurarono affatto.Il ragazzo le si avvicinò velocemente e le sfiorò una guancia.Nei suoi occhi neri brillava una malizia esasperante.Perversione,forse.Isabelle cercò di arretrare,ma lui la bloccò posandole un braccio intorno alla vita e stringendola così forte da farle male.

<< Lasciami andare >> quasi pregò Isabelle.

Lui rise,mentre la guardava con la testa inclinata.Quel suono le scoppiò nei timpani,era orrendo.Non era una risata cristallina,era tetra,oscura.

<< E perchè dovrei?Sai,non capita di trovare in giro ragazze tanto belle >>

Le sfiorò l'incavo del collo con un dito per poi sfiorarle le labbra.Stava per baciarla famelicamente quando Isabelle riuscì a dargli un calcio che lo fece allontanare più per lo stupore che per il dolore.

<< Tu >> ringhiò lui.L'afferrò per un bracciò e la sollevo da terra come se fosse leggera come una piuma.Stava per gettarla a terra come un sacco quando un ringhio che sembrava di animale ruppe il silenzio nel corridoio.

<< RYAN ! >> Urlò la voce.Isabelle era sicura di non conoscerla,eppure...

Ryan la mise giù e lei riuscì a vedere la figura che si avvicinava.I suoi occhi azzurri li avrebbe conosciuti ovunque.Lo guardò,mimando un grazie con le labbra.Era sconvolta.Non pensava che Lucas potesse sbraitare in quel modo,con lei era stato dolcissimo.Lucas le sorrise,ma fu solo un momento.Gli era grata...l'aveva salvata.Voleva andarsene,ma la curiosità era troppo forte.

Lucas si avvicinò a Ryan e lo sbattè contro uno degli armadietti.I suoi lineamenti erano tesi,la mascella pulsava.Era completamente furioso.

<< Che cazzo stavi facendo,Ryan? >> chiese,la voce dura.Fiamme brillavano nelle sue iridi oscurandone l'azzurro.

<< Lucas,che diavolo ti prende? >> ribattè l'altro << Lasciami andare! >>

<< Come hai fatto tu quando te l'ha chiesto lei? >>

Ryan deglutì,terrorizzato.Isabelle non potè fare a meno di sentirsi soddisfatta . Primo:Ryan aveva paura. Secondo:Lucas la stava difendendo.

<< Non toccarla mai più,intesi ? >> sbraitò Lucas. Con uno scossone,mollò Ryan a terra e si voltò per andare da Isabelle.

<< Grazie >> disse lei,rassicurata. Lucas era ancora furioso,ma stava tornando in sé. La guardò per un attimo e,contrariamente a tutto ciò che Isabelle riteneva potesse accadere in quel momento,lui l'attirò a sé,spingendo il suo petto contro il suo.Le accarezzò i capelli,rigirandoseli fra le dita.

Era tutto completamente sbagliato.

Eppure era tutto così giusto.

I loro corpi erano in perfetta armonia,come se l'uno completasse l'altro.Ma lei non poteva,non poteva pensare a nessun altro.Solo a Marco. Si allontanò piano,cercando di non essere brusca e di non offenderlo.

<< Stai bene? >> sussurrò lui,allontanandosi a sua volta.

Isabelle gli fu grata.Era come se avesse capito che quella vicinanza non era una cosa che poteva sopportare.

<< Sono stata meglio >> rispose lei,scrollando le spalle.

<< Mi dispiace >>

<< Ti dispiace? >>

<< Sì >>

Le accarezzò la testa,scompigliandole i capelli.

<< Non è colpa tua. >>disse Isabelle,guardandolo per un attimo.

<< Nessuno ti farà del male,mai più >> disse lui,cercando i suoi occhi. Isabelle si voltò e si allontanò velocemente.

Se fosse restata,molto probabilmente sarebbe stata lei a cercare le sue braccia.Ed era certa che,una volta avvolta nel suo abbraccio,non sarebbe stata in grado di allontanarsi mai più.

N on doveva,non poteva provare qualcosa per quel ragazzo.Diavolo,lo conosceva appena!Ma cosa le stava succedendo?

Che scherzi le stava riservando il destino?

Qualcosa le diceva che più tempo avesse passato con quel ragazzo,più sarebbe stata male quando lui non ci sarebbe stato.Tutto in lui la attirava.Era come il polline per le api,ma lei sarebbe andata contro natura.

Isabelle non si sarebbe innamorata.

Non di nuovo.

Non di Lucas.

Forse.

 

***

Quando la campanella del pranzo suonò Isabelle sperò con tutta sé stessa di trovare Mike ad aspettarla per il pranzo,preoccupata da un altro incontro ravvicinato con Ryan o,ancora peggio,con Lucas.Fortunatamente i suoi desideri furono esauditi.

Mike la stava aspettando al tavolo che lei aveva occupato il giorno prima e le fece cenno di avvicinarsi. Quando fu proprio di fronte a lui Isabelle lasciò che tutta la sua frustazione trasparisse e sospirò,esausta.
Mike la guardò accigliato.

<< Cos'hai? >> le chiese

<< L'emicrania. >>

<< Causata da...? >>

<< Una brutta esperienza >>

<< Cos'è successo,Belle? >> le chiese.

Isabelle sussultò al suono del nomigliolo con cui la chiamava Marco,ma fortunatamente era concentrata su altro in quel momento.

La situazione con Ryan l'aveva spossata.Era esausta mentalmente da mesi,ma ora anche il suo corpo era stanco.Aveva paura che se si fosse alzata in quel momento dalla sedia della mensa le gambe avrebbero ceduto.Aveva avuto paura,ma quando era arrivato Lucas si era sentita finalmente al sicuro.

Nessuno ti farà del male,mai più

Quelle parole le si erano impresse nella mente. Lucas le aveva fatto una promessa.Lucas aveva avuto paura.Aveva avuto paura per lei.

Mike la stava ancora guardando,impaziente.

<< Mi sono trovata in una situazione piuttosto spiacevole >> gli disse

<< Ryan >> affermò lui,sicuro.

Era arrabbiato,si notava dalla mascella contratta e dai tendini tesi.

<< Si,mi pare si chiamasse così .>>

<< Devi stare attenta con lui >>

<< Perchè? >>

Isabelle sapeva di dover stare attenta,ma sentirselo dire la faceva rabbrividire.

<< Non chiedermelo.E' meglio che tu sappia il meno possibile.Ora mi spieghi cos'è successo? >>

<< Eravamo da soli in corridoio e mi si è avvicinato.La sua presenza mi infastidiva,era troppo vicino.Gli ho dato un calcio e si è arrabbiato. >>

<< Cristo,Isabelle.Un calcio a uno come Ryan.Sei pazza? >>

Era preoccupato.

<< Non avrei dovuto >>

<< Cosa è successo poi? >>la incoraggiò lui

<< Mi hanno aiutata >> disse Isabelle,arrossendo.

<< Chi? >>

<< Lucas Archer >>

Guardò per un attimo Mike.Nei suoi occhi balenava una sorta di consapevolezza,come se avesse già conosciuto la risposta.

<< Ovvio >> annuì

Isabelle non capiva e non voleva approfondire.Lucas già era un richiamo irresistibile per lei,approfondire la sua conoscenza avrebbe solo peggiorato la situazione.

Anche se lei,infondo,sapeva di conoscerlo già meglio di chiunque altro.

 

Il pallone entrò in rete così forte che tutti temevano potesse stracciarla.

Lucas stava sfogando la sua furia in quel modo.

Dopo aver visto come quell'essere di Ryan aveva strattonato Isabelle-la ragazza verso cui si sentiva così maledettamente possessivo-era come se fossero spuntati dentro di lui istinti omicidi.

Si guardò intorno.I suoi compagni di squadra lo osservavano,confusi.Nessuno l'aveva mai visto arrabbiato.Era una novità per ognuno di loro.

<< Luke >> gli disse un ragazzo alto e robusto con i capelli corvini,Trevor<< Che hai? >>

<< Niente >> rispose Lucas,ritrovando un po' di calma.

<< Se c'è qualcosa che non và,puoi parlarcene.Lo sai >>

<< Si >> annuì.

Trevor si allontanò e Lucas,dopo aver dato un calcio ad un altro pallone,uscì fuori dalla palestra.

Arrivato a casa,si accasciò sul divano.Aveva bisogno di parlare con qualcuno,ma non aveva chissà quali rapporti con i suoi compagni di squadra.Afferrò il suo blackberry e digitò il numero dell'unica persona su cui aveva sempre potuto contare.

Uno squillo.Due squilli.

<< Pronto? >> rispose la voce all'altro capo del telefono.

<< Mike >> disse Lucas << dobbiamo parlare >>.

 

 

 

**NOTE DELL'AUTORE**

Ho preferito aggiornare prima,siccome il capitolo era finito.
Grazie a chi segue e a drawandwrite,le cui recensioni sono sempre vivacissime!♥

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Capitolo 4
*** Preoccupazioni ***


Capitolo 3

Preoccupazioni

Quando bussarono ,Lucas era disteso sul divano di pelle nera del soggiorno,con un braccio sugli occhi per cercare di non vedere.Rillutante,si alzò e andò ad aprire.

Mike lo guardava dalla soglia ,la mascella contratta.Le labbra erano una linea dura.Era strano vedere quell'espressione sul suo volto. Si passò una mano fra i morbidi capelli color miele e lasciò andare un grande sospiro.

<< Lucas >> disse << spero non sia ciò che penso >>

<< Faresti meglio ad entrare >> ribattè Lucas,serio.

Gli fece spazio per lasciarlo entrare e arrivarono in soggiorno.Si sedettero e Lucas fece cenno a Elena,una delle cameriere,di portare due birre. Mike aggrottò la fronte,e il suo viso pareva quello di un bambino confuso.

<< Lucas, birre? >> chiese,incredulo.

<< Non so cosa mi sta succedendo,Mike. >> disse,abbattuto.

Mike lo scrutò per un po',poi un barlume di comprensione si dipinse nei suoi occhi.

<< Oh-oh >> borbottò << Lei chi è? >>

<< Isabelle >>

<< Cosa?!? >>

<< Isabelle Lewan,dovresti conoscerla bene,visto che ogni momento del suo tempo lo passa con te >>
Lucas lo guardò,una scintilla di gelosia mista a rabbia si impossessò nel suo sguardo.

Ma che diavolo gli prendeva?
Non aveva mai ,mai e poi mai provato sentimenti del genere.Con la sua ragazza era un bastardo,lo sapeva,ma lo sapeva anche lei e le stava bene...

Ma Isabelle?Si erano parlati per quanto?Cinque minuti?Dieci,massimo.

Eppure...non avrebbe mai potuto spiegare la sensazione dei loro sguardi incrociati,non avrebbe mai potuto smettere di soffrire per lo spavento che le aveva visto provare quando quell'essere abominevole l'aveva trattata come un giocattolo.
E niente gli avrebbe mai trasmesso più calore e più gioia delle sue braccia strette intorno a lei.La testa di Isabelle che si poggiava delicatamente nell'incavo del suo collo in maniera così perfetta,così giusta.

Bramava altri contatti del genere con lei.Voleva sentirla sua,voleva baciarla,accarezzarla.Comprarle delle rose!Rose...rosa!Qualcosa nella sua testa gli disse che erano quelli,i fiori giusti.I suoi preferiti.Ed ecco di nuovo la sensazione di averla già conosciuta.

Mentre rimuginava,aveva abbassato lo sguardo,i gomiti erano poggiati sulle ginocchia.Rialzò la testa e incontrò lo sguardo di Mike.Era divertito.La sua bocca sfoggiava un sorriso a trentadue denti.

<< Mr. Sono-già-pazzo-di-lei-e-sarà-mia,almeno le hai parlato? >> gli chiese.

Lucas annuì

<< E...? >> lo incoraggiò Mike.

<< E niente! >> sbottò.

Non poteva parlargli della certezza di averla già conosciuta,ammetterlo a sé stesso era anche accettabile,ma farlo davanti a qualcun'altro?Insomma!Era qualcosa di irrazionale e assurdo. Per lui erano le cose logiche le uniche a cui accordare una certa importanza.

<< Lucas >> disse Mike,ora lo sguardo era serio e il sorriso-perenne sul suo volto-era solo accennato<< E' una brava ragazza.Credo ne abbia passate già troppe... >>

<< Tu credi che io voglia portarla a letto, vero? >> lo interruppe lui << Non è così,Mike >>

Mike sgranò gli occhi,incredulo. Lucas era dolce,gentile e davvero un bravo ragazzo,ma non si faceva alcun scrupolo quando si trattava di ragazze.

<< Sono solo preoccupato >> continuò Lucas

<< Quindi >> disse Mike prendendo una delle birre che finalmente Elena aveva portato e bevendone un sorso << era come temevo.Isabelle me ne ha parlato,ma speravo fosse stato solo un gioco. >>

<< No,non è un gioco,per lui >> disse Lucas << Ryan la vuole,Mike. >>

<< Cristo,Lucas! Isabelle è terrorizzata da lui,anche se non lo ammetterà mai e lui...>>

<< E' già ossessionato da lei >> contiunuò Lucas.

Mike annuì.L'altro contrasse la mascella.

<< Non gli permetterò di farle del male >> disse.

<< Lucas >> disse Mike.La tensione era ancora palpabile sul suo volto,ma riuscì a sorridere << cosa ti ha fatto questa ragazza ? >>

<< Vorrei saperlo >>

<< La vuoi? >>

Ma certo che la voleva!Con tutto sé stesso.Con tutto il suo cuore e la sua anima.

<< Si >> disse semplicemente

<< E l'avrai ? >>

Lucas lo guardò.Mike era un po' teso,voleva già bene a Isabelle,era chiaro.Si preoccupava per lei.

<< Sarà una sua scelta,ma spero proprio di si >>

<< Din Din Din >> esclamò Mike << Un punto per Isabelle!>>

Si alzò in piedi, e si avviò alla porta.Lucas lo guardava,confuso.

<< Un punto per lei? E per cosa? >> chiese

<< Per aver finalmente sciolto il tuo cuore diventato di ghiaccio dopo Ashley,cuginetto. >> rispose Mike.
Lucas lo guardò uscire dalla porta,incapace di ribattere e si accasciò sul divano cercando,invano,di comprendere il turbine di emozioni che la sola presenza,il minimo tocco di quella ragazza gli provocava.

Scosse la testa.Spiegare cosa gli aveva fatto Isabelle era semplicemente impossibile.

E,per la prima volta in tutta la sua vita,Lucas iniziò a credere alla magia.

 

Isabelle si svegliò alle sette e trenta del mattino grazie al dolce suono della sveglia che le ronzava nelle orecchie.Si stiracchiò per un po',poi si mise a sedere e si guardò intorno,confusa.

Era un sogno?

Erano mesi che non si svegliava ad un orario decente.Non aveva avuto incubi,non si era svegliata urlando.Anche il suo cuore sembrava essersi alleggerito un po'. Si sfiorò la guancia destra e,per un breve momento',pensò a quando quella stessa guancia,il giorno prima,si era posata nell'incavo del collo di Lucas.Arrossì e scosse la testa,scacciando quel pensiero.Quel ragazzo era così strano,così...misterioso.Era dolce,gentile,ma la rabbia che gli aveva visto provare verso Ryan quando l'aveva strattonata era stata qualcosa di animalesco.Eppure,in cuor suo,sapeva che quella furia era fuoriuscita solo perchè Ryan maltrattava lei.Probabilmente avrebbe aiutato chinque,ma non nello stesso modo.

Chi era,in realtà,Lucas Archer?
Perchè le era così familiare?E perchè le faceva provare tutte quelle meravigliose sensazioni che non poteva provare?

Non avrebbe dovuto pensare a nessun altro se non a Marco,ma,decise,seppur egoisticamente,che quel giorno sarebbe stato tutto suo.Ne aveva bisogno.Si guardò allo specchio e sbattè le palpebre.Lo stupore era evidente sul suo volto.
Chi era la ragazza riflessa?

Sembrava lei,ma molto più...viva.Si,viva.

Le guance erano arrossate e contrastavano con la carnagione diafana.I lunghi capelli biondi le ricadevano più morbidi del solito,ma non fu questo a stupirla.Furono i suoi occhi.Brillavano di una nuova luce.Nelle sue iridi vi erano una quantità infinita di emozioni,eppure non riusciva a definirle.Iniziò a giocherellare con i capelli e decise di raccoglierli in una coda che le cadeva morbida e bassa al lato destro del volto.Si truccò un po' più del solito e indossò l'uniforme.

Mentre si guardava pensò di essere bella per la prima volta dopo tanto tempo.
“E' Lucas che ti fa sentire bella”

Ignorò la vocina.Ma aveva davvero tutti i torti?
Perchè?Perchè stava pensando al suo aspetto fisico?Era davvero per Lucas?
“Fa' che non sia così” pensò.

Decise di non pensarci più e si affrettò ad andare a scuola.Parcheggiò al solito posto e scese dall'auto.Si guardò intorno,cercando di non sembrare spaventata.Anche se lo era.Lo era eccome.Ryan l'aveva letteralmente terrorizzata,ma non faceva parte del suo essere mostrare agli altri i suoi sentimenti,sia negativi,sia positivi. Con grande gioia,vide Mike sorriderle da lontano e gli andò incontro.

<< Ciao >> lo salutò

<< Ciao,dolcezza >> rispose l'amico,tirandole la coda con aria giocosa << Sei molto carina stamattina >>

Isabelle arrossì,e il senso di colpa tornò ad impossessarsi di lei,ma lo ignorò.
Era la sua giornata. Sua,di nessun'altro.

<< Andiamo in classe? >> chiese all'amico.

Mike annuì e iniziarono a camminare.Isabelle si guardava i piedi,ma quella strana sensazione di familiarità la avvolse e alzò lo sguardo.Eccolo lì,bello come un Dio.E la guardava. Lucas stava guardando proprio lei.E come la guardava!Gli occhi sgranati,sorpresi,brillanti.Adoranti. Isabelle aveva saputo che i loro occhi si sarebbero incontrati ancor prima di alzare lo sguardo.Avvampò e Lucas le sorrise. Isabelle distolse lo sguardo,poichè l'incontro dei loro occhi era una sensazione così intensa da confonderla. Continuò però a guardare Lucas di sottecchi e si accorse che era impercettibilmente arrossito.

***

Isabelle non vide Lucas fino alla pausa pranzo,quando entrò in mensa.Era con una ragazza con i capelli così biondi da sembrare bianchi.Era alta,con un fisico da far invidia e due occhi grandi e marroni.Era bella.Vedendola stare così vicina a Lucas,Isabelle non potè evitare di provare una fitta di gelosia.Non aveva mai avuto una grande autostima,ma sapeva di essere bella.Eppure l'aspetto di quella ragazza avrebbe potuto eclissare completamente il suo.

“Ma andiaaaamo,sei gelosa solo perchè è con lui!”

Isabelle scacciò,in un gesto ormai meccanico,via la vocina.Scosse la testa e guardò i due più intensamente.Lucas sembrava seccato e la ragazza,per quanto carina,sembrava un tipetto alquanto facile.

“E infatti lui non la ama certo per il suo carattere,ragazza!”

La vocina quel giorno la tormentava completamente.La ignorò e continuò a guardare la coppia quando una voce la distrasse.

<< Non sarai una specie di guardona? >>

Isabelle si girò,trovandosi faccia a faccia con Mike.Lui si passò una mano fra i capelli e la guardò con un espressione di finto orrore.Isabelle arrossì.

<< Ehm .. >> iniziò << Pensavo solo che Lucas fosse...cioè...non immaginavo che...>>

<< Isabelle >> le disse Mike,serio << Non temere. Non è proprio un rapporto di amore quello che li lega >>

Isabelle si mordicchiò il labbro,confusa e preoccupata. Anche lei era uscita con persone che non conosceva bene,ma non era mai stata insieme a qualcuno senza provare per lui sentimenti concreti. In realtà,la sua unica relazione seria era stata quella con Marco.

Oh,Marco!

 

Era una bella serata e Isabelle e Marco erano seduti sul portico della casa di lui al mare.Le stelle brillavano nel cielo blu,le costellazioni erano chiare.Marco non guardava le stelle,guardava Isabelle.Lei se ne accorse e arrossì,poi lo guardò.

<< Ho qualcosa che non và? >> gli chiese,ansiosa.

<< No,affatto. Ammirarti è una delle cose che amo fare. >>

<< Ti piace guardarmi ? >>

A Isabelle brillavano gli occhi.In quel momento,erano più luminosi anche delle stelle.

<< No,Isabelle,non è quello che ho detto. >> disse lui,rivelandole quel meraviglioso sorriso << Ho detto che amo ammirarti.Così come amo te >>

<< Tu mi ami ? >> sussurrò Isabelle,mentre la gioia le invadeva il cuore.

<< Non credo di aver mai conosciuto l'amore,prima di avere te >>

<< Oh,Marco >> Isabelle si alzò dalla sua poltroncina e si issò sulle sue ginocchia << Anche io ti amo >>

 

<< Come si fa a stare con una persona senza amarla ? >> chiese sussurrando a Mike.

<< E' un po' complicato.Neanche lei ama lui. >> Mike era arrossito.

<< Oh >> disse Isabelle. << Il sesso! >>

Mike ora era scarlatto,molto più rosso del sangue.

<< Ehm,potremmo cambiare argomento ? >>

Isabelle scoppiò a ridere.

<< Non ti sentirai a disagio,vero ? >>

<< Stà un po' zitta ! >> esclamò Mike,dandole un buffetto scherzoso sulla testa.

<< Come si chiama ? >>

<< Victoria >>

<< Wow >>

<< Che c'è? >> chiese Mike,confuso.

<< Non so,le si addice.Tutti i nomi dovrebbero essere adatti alle persone che li portano >>

<< Okay,Miss renderò-il-mondo-tutto-rosa-e-fiori,il mio nome mi si addice? >>

<< Si,esprime simpatia,come te. >>

<< Bhè,anche il tuo ti si addice. >>

<< Davvero? >>

<< Si,sei bellissima e non sono l'unico a pensarlo >> disse,un sorriso malizioso sul volto.

Il rossore imporporò le guance di Isabelle.

<< Dai,Mike.Faremo tardi a lezione >> disse Isabelle con un sorriso sul volto.

Si,anche se non voleva ammetterlo,la notizia che Lucas non provasse amore per quella ragazza,l'aveva confortata. Chissà come sarebbe stato farsi amare da Archer...e poi Mike aveva detto che anche qualcun'altro la riteneva bella. Lucas forse? Il pensiero che potesse essere così le fece scoppiare nel petto un emozione del tutto nuova e cercò,invano,di allontanarla.

<< Sissignora. >> disse Mike << Forza!Forza!Se perdiamo cinque minuti di lezione potrebbe crollare la scuola.Corriamo >>

Si alzarono e marciando come soldati,si avviarono alla lezione.



**NOTE DELL'AUTORE**
Questo è,più o meno,un capitolo di passaggio. Capiamo perchè Lucas e Mike sono legati (sono cugini),ma riusciamo anche a vedere la loro preoccupazione nei confronti di Ryan...mhh..è così pericoloso,questo tipo?
Per quanto riguarda Isabelle sta tornando un pò in se,ma il suo passato continua a tormentarla.Lo supererà mai?..Vedremo.
Recensite e fatemi sapere.
Ringrazio le persone che hanno aggiunto questa storia fra le seguite,le ricordate o le preferite.
Un ringraziamento a speciale sempre a Drawandwrite.Non so cosa farei senza le tue parole!

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Capitolo 5
*** Misteri ***


Capitolo 4

Misteri

Quando tornò a casa,il pomeriggio,Isabelle si gettò sul letto,mentre si rimproverava da sola.

<< Sei una stupida ! >> continuò a ripetersi e sbuffò.

Sì,aveva deciso di dedicare un'intera giornata a sé stessa,ma non avrebbe dovuto accettare l'invito di Mike di andare al cinema.Dio!Quel ragazzo riusciva a convincerla in men che non si dica con il suo sguardo da “gatto con gli stivali che fa gli occhioni “. Era davvero giusto andare a divertirsi,mentre il dolore era ancora completamente in possesso del suo corpo?
Francamente si,probabilmente era il modo migliore di alleviare il dolore,ma lei non voleva che il suo amore per Marco vacillasse …

Sorrise amaramente. Non era possibile.

Amleto recitava “ Essere o non essere ?”,era in dubbio.Doveva scegliere.Ma ne aveva davvero avuto la possibilità.o il suo destino era già stato scritto?La seconda opzione,probabilmente.E il destino di Isabelle,per adesso,era la sofferenza.

**

Dopo aver rimuginato per un po',Isabelle si alzò dal letto e uscì fuori dal balcone a mezzaluna della sua camera. Ispirò un po' d'aria fresca mischiata al leggero odore di rose proveniente dai vasi posti sulla ringhiera.Le rose erano tantissime.C'erano rose rosse,rose tea,rose blu e,in maggioranza assoluta,rose rosa,le sue preferite.Accarezzò i petali di una di queste ultime assaporandone la morbidezza con le dita.Gettò un'occhiata all'interno della camera e notò che la sveglia posta sul comodino segnava le 18.20.Rassegnata,sbuffò e si avviò al bagno per prepararsi all'imminente uscita con il suo amico.Forse l'unico vero amico che avesse mai avuto.Si,l'avrebbe fatto contento...o almeno c'avrebbe provato.Mike lo meritava.

Fece una lunga doccia calda,estasiata dal piccolo tocco delle goccioline che sfioravano la sua pelle come leggere carezze...

Uscita dalla doccia avvolse intorno alla testa un asciugamano a mò di turbante,mentre iniziava a vestirsi.

Indossò un pantalone beige a vita alta,con piccoli bottoncini posti sulle anche,una canotta blu notte e delle francesine dello stesso tono.Asciugò in fretta i capelli e lasciò che le onde dei suoi lunghi capelli restassero a incorniciarle il volto.

Mezz'ora dopo,qualcuno bussò alla sua porta.Isabelle si precipitò ad aprire,ma quando le sue mani furono sulla maniglia e spinse la porta per salutare Mike sulla soglia si accorse che non c'era il suo amico ad aspettarla.Non c'era nessuno,eccetto un enorme mazzo di rose rosa poste in un grande cesto di vimini.Dovevano essere più o meno due dozzine di fiori.Si chinò per raccoglierli e li portò al viso,annusando il dolce aroma che emanavano,poi si accorse di un biglietto.Lo aprì,sperando di trovare il nome del mittente,ma il messaggio non era firmato.

“Le tue preferite”

C'era scritto solo questo e,quando Isabelle lesse le tre parole,non potè fare a meno di sobbalzare.Non ricordava di aver detto a Mike quali fossero i suoi fiori preferiti,nè tanto meno ricordava una sua domanda al riguardo.Marco però lo sapeva...possibile che lui...?

Scosse la testa,schernendo sé stessa.Marco era morto mesi fa,e niente l'avrebbe portato in vita.

I morti non resuscitano.

Fece per chiudere la porta,ma Mike la bloccò con un piede.

<< Ehi,Belle! >> la salutò.

Portava un paio di jeans chiari che gli fasciavano le gambe robuste e una t-shirt rossa che gli metteva in risalto i muscoli del torace e delle braccia.I suoi occhi,incorniciati dalle lunghe ciglia, irradiavano una dolcezza e una contentezza incredibili,quella sera.Isabelle si rese conto solo in quel momento di quanto il suo amico fosse bello. Bello da mozzare il fiato,con un fisico da nuotatore invidiabile,e,ineffetti,non potè fare a meno di ricordare,in quel momento,che molto spesso le ragazze della loro scuola lo guardavano come se brillasse.Bhè,Mike brillava,in realtà.Non un alone come quello di un angelo o roba del genere,ma aveva un animo così puro che nessuno avrebbe mai potuto dubitare di lui.

<< Oh,ciao Mike >> disse alla fine ,nascondendo l'orgoglio che provava per quel ragazzo.Il ragazzo che stava diventando il suo migliore amico.

Gli occhi del ragazzo vagarono dal mazzo di rose a lei ,confusi.

<< E quelli? >> chiese

<< Non lo so,credevo li avessi mandati tu. >>

Lui scosse la testa. << No,ma cosa c'è scritto sul biglietto? >>

Indicò il piccolo cartoncino nelle mani di Isabelle e lei glielo porse.Mike lo lesse e sgranò gli occhi dalla sorpresa.

<< Io non sapevo che le rose rosa fossero le tue preferite >>

<< Lo so >> disse ,scrollando le spalle.

<< E se fosse stato Lucas? >>

<< Ma non ho parlato di questo con lui,nè con nessun'altro. >> disse Isabelle,poi riflettè un secondo << Mike,perchè mi parli di Lucas in questo modo ? >>

<< Eh? … In questo modo ? In nessun modo,solo che è l'unico con cui hai parlato eccetto me?No?E Ryan non è tipo da cioccolatini,o fiori,per quel che vale >>

Appena Mike menzionò Ryan ,Isabelle rabbrividì,ma Mike le lanciò un sorriso che la fece sentire subito meglio.

<< Bhè >> disse,infine << Scoprirò chi li ha mandati >>

Mike aveva un'audi bianca. Isabelle non avrebbe saputo dire quale con esattezza,ma era certa che costasse parecchio,anche se Mike non sembrava il tipo di ragazzo che bramava la ricchiezza,faceva comunque parte dell'elitè di Manhattan. Entrarono nell'auto e il silenzio,stranamente,si protrasse per un bel po'. Isabelle guardava fuori dai finestrini dell'audi mentre pensieri incoerenti le affollavano la mente. Voleva scoprire il mittente di quei fiori,voleva capire chi,in quella città,sapesse un dettaglio così banale riguardo a lei. Poi un pensiero la attraversò come una saetta. Anche a Lucas lei non era familiare. E se quella sensazione di conoscerla a fondo la provasse anche lui?Isabelle era certa di poter rispondere a qualsiasi domanda riguardante Lucas. Si schiarì la gola.

<< Mike >> disse,esitante

<< Eh ? >> rispose lui,molto concentrato sulla guida.

Wow,Mike Callaway era responsabile !

<< Conosci anche tu Lucas,vero? >> chiese

<< Oh,Isabelle >> disse lui << lo conosco meglio delle mie tasche . >>

<< Avete un rapporto molto forte ? >>

<< Si,siamo cugini >>

Isabelle deglutì,sconvolta da questa informazione e il coraggio raccolto poco prima vacillò,ma ormai doveva sapere e niente l'avrebbe fermata.

<< Bene >> setenziò << Chiedimi qualcosa su di lui >>

<< Isabelle,ti senti bene?Hai bevuto qualcosa? Se vuoi posso portarti da un medico >>

Isabelle sbuffò,seccata << Mike >> disse << Fallo e basta >>

<< Okay >> disse l'amico,guardandola un po' come se fosse pazza << Qual è il suo fiore preferito ? >>

<< E' allergico ai fiori >>

Mike sgranò gli occhi,ma poi si ricompose e disse: << Bhè,te l'avrà detto lui >>

Isabelle alzò gli occhi al cielo.

<< Mike,io lo conosco >>

<< Okay,lo so ti ha aiutata con Ryan e blà blà blà .>>

<< No >> disse Isabelle,seriamente irritata << Lo conosco benissimo.Potrei dirti qualsiasi cosa sul suo conto >>

<< Isabelle,è assurdo ! >>

<< Chiedimi qualcosa che solo tu e lui potreste sapere >>

<< Okay >> disse Mike << Qual era il desiderio di Lucas quando aveva sei anni? >>

<< Voleva riuscire ad entrare nella lavastoviglie per dormirci. >>

<< Merda! >> esclamò Mike << O tu e Lucas state architettando qualcosa oppure qui qualcosa non torna >>

Isabelle si prese il volto tra le mani,incapace di credere alle risposte che le erano uscite spontaneamente da bocca quando Mike le aveva posto quelle domande.

Isabelle nemmeno credeva a quanto affermava,eppure era così.Lei lo conosceva.E,probabilmente,lui conosceva lei.Perchè la sua vita non poteva essere più semplice?

Tornò a guardare il suo amico che,con le sopracciglia aggrottate,rifletteva su tutto ciò che aveva saputo pochi minuti prima.

<< Sai >> iniziò lui << Tu a Lucas ricordi qualcuno >>

<< Chi? >> chiese Isabelle,sconvolta.

<< Non posso parlartene,non ora,ma lo farò.Comunque tu a lui ricordi qualcuno,ma tutto questo non si spiega.Lui forse centra qualcosa con te,ma tu cosa centri con lui? >>

<< Non lo so,Mike.E' tutto così assurdo! >>

<< Credi sia stato lui a mandarti quelle rose? >>

<< Si, Mike.Probabilmente lui sa su di me più cose di quante ne sappia io stessa >> affermò Isabelle e rabbrividì.E se avesse saputo anche di Marco?

<< Bhè,è una situazione complicata >>

<< Sì.Inspiegabile,direi. >>

Mike annuì.

Scesero dall'auto qualche minuto dopo e Isabelle aveva ancora l'aria stanca e afflitta per quanto scoperto solo poco prima.Guardò Mike,la sua ancora di salvezza in quel momento e si accorse che anche lui la stava osservando

<< Ehi,lo so che è una scoperta assurda,ma ne sapremo di più >> la voce di Mike era rassicurante.

<< Promettimelo,Mike.Promettimi che troveremo un senso a questa dannata storia >>

<< Te lo prometto . >>

Quando guardò negli occhi del suo amico,seppe che avrebbero avuto la meglio su quella storia.La promessa di Mike era completamente sincera e l'affetto che provava nei suoi confronti non smetteva di crescere.

**

Quando entrarono nell'atrio del cinema,Isabelle guardò Mike,confusa dalla sua espressione.I bellissimi occhi verdi dell'amico brillavano.Seguì la loro traiettoria e notò che Mike stava guardando il poster di un film romantico.Non avrebbe mai pensato a lui come ad un amante di film fin troppo sdolcinati,ma infondo lo conosceva da poco.

<< Mike? >> lo chiamò

Al suono della voce dell'amica,Mike scosse la testa e si voltò a guardala,la scintilla d'entusiasmo ancora vivida nei suoi occhi.

<< Isabelle >> iniziò << ti prego >>

<< Mike,se vuoi vedere un film romantico va bene,solo che non pensavo ti piacessero cose del genere >> disse,facendo spallucce.

Mike fece una smorfia,ma poi si schiarì la gola e disse:

<< Non intendo vedere il film,ma piuttosto lo spettacolo che mi si parerà davanti quanto tu ed io lanceremo un po' di pop corn sulle teste di quelle coppiette >>

<< Ma Mike,è una cosa infantile ! >>

Lui scrollò le spalle,non era offeso,ma un po' deluso per la sua idea snobbata così in fretta

<< Non mi sono mai dato dell'adulto,nè tanto meno ho intenzione di farlo. >>

Isabelle lo guardò,rassegnata.Mike era l'unico che le avesse davvero voluto bene fin dall'inizio,le stava accanto nonostante fosse così complicata e si conoscessero da così poco.Era la sua debolezza.

<< Okay >> disse << Mi arrendo.Facciamolo >>

Mike l'abbracciò forte e corse a comprare i biglietti.

Per abituarsi all'oscurita della sala di proiezione a Isabelle occorsero un paio di secondi.Lei e Mike si sedettero in due poltrone dell'ultima fila e la ragazza notò che Mike stava già sorridendo al pensiero di quello che stava per fare.Non appena il film partì e tutti furono assorti,bhè in realtà non erano assorti a guardare il film,ma piuttosto a imitare ciò che facevano i protagonisti,Mike scatenò l'inferno.

Lanciava pop corn su tutte le teste che notava,ma nessuno si accorgeva mai di lui.Dopo un po',anche Isabelle iniziò a cimentarsi nell'impresa e Diavolo!Si divertiva veramente parecchio.

Quando una manciata dei popcorn che stava lanciando colpì una massa di capelli biondo platino,le si irrigidì la spina dorsale. Aveva centrato Victoria,e ora era pallidissima. Non aveva paura di quella ragazza,ma,accanto a lei,c'era Lucas.

Oh,Lucas!Cos'avrebbe pensato di lei?Di quello che stava facendo?

Provò una sensazione di disagio mai conosciuta prima e avrebbe tanto voluto che la poltrona sotto di lei la risucchiasse.Visto che era un qualcosa di assurdo,decise di vedere il lato divertente della situazione.Avrebbe potuto affrontare Victoria,verso la quale provava un'ostilità senza alcun motivo.

“Probabilmente è perchè le sue gambe sono avvinghiate a Lucas sette notti su sette mentre tu dormi “

Scacciò quella vocina,concentrandosi per affrontare al meglio quella sottospecie di Barbie che si era alzata dalla sua poltrona seguita da un Lucas scocciato.

<< Mike,Victoria tra un po' mi minaccerà di morte >> disse Isabelle,ridendo

<< Cosa? >> chiese Mike,spostando lo sguardo dalle sue prede alla sua amica.

<< Si è accorta dei pop corn >> rispose lei,facendo spallucce.

<< Bene >> disse Mike,con un sorriso che andava da orecchio a orecchio << Ora mi divertirò sul serio. >>

Victoria e Lucas erano ormai solo a qualche centimetro di distanza.La ragazza aveva un vestito striminzito che,per chissà quale grazia divina,nascondeva appena le mutandine.Era rosso,esattamente come le scarpe alte qualche centinaio di centimetri.E sì,ora anche il viso era della stessa tinta.

Lucas invece...era bellissimo.Aveva un paio di Jeans scuri strappati e una t-shirt azzurra.Era un bel tono di azzurro,ma imparagonabile al colore delle sue iridi e Isabelle,per l'ennesimo scherzo del destino,non potè fare a meno di sorridergli,cercando di evitare il più possibile i suoi occhi.Era un sorriso puro,irresistibile e destinato soltanto a lui.

 

Il cuore di Lucas si era completamente sciolto a causa dell'irresistibile tenerezza del sorriso di Isabelle.Sapeva che era impossibile ma sperava,in qualche modo,che lei si fosse resa conto che il mittente dei fiori era stato lui.
Aveva un'acuta allergia e entrare dal fioraio gli aveva causato una scarica di starnuti non indifferente,ma fortunatamente,non si era dovuto trattenere a lungo.Sapeva già cosa avrebbe gradito Isabelle.Rose rosa.

La sua passione,le sue preferite.Aveva scritto queste ultime tre parole nel suo biglietto,ma il coraggio di firmarlo non l'aveva avuto anche perchè sarebbe stato alquanto difficile spiegarle come facesse a conoscere i suoi gusti dopo averle parlato per circa...nove minuti?Dieci,forse.

Provò un impeto di rabbia per la furia aggressiva di Alexandra,ma moriva dalla voglia di vedere la reazione di Isabelle.Conosceva,anche se non sapeva ancora come,la parte aggressiva di lei.Quella ragazza così bella aveva la lingua più biforcuta di un serpente e Lucas voleva esserle vicino,guardarla negli occhi.

Dio,lui la bramava con tutto sé stesso.Non gli ci volle molto per immaginarla stretta a lui,mentre si baciavano,le sue dita che gli sfioravano i capelli...

<< Ti diverti? >> Victoria era notevolmente irritata.

<< Beh,dipende da cosa intendi >> rispose Isabelle,completamente a proprio agio e con un sorriso beffardo sul volto.

<< Scusa? >>

<< Se ti riferisci al film,lo trovo rivoltante,ma se ti riferisci al lanciarti pop corn in testa..oh,si,mi stava divertendo un sacco >>

A questa affermazione,Mike rise.

Lucas non aveva fatto caso a suo cugino troppo preso dalla irresistibile figura di Isabelle,ma ora un piccolo impeto di gelosia non potè non crescergli dentro.Non era preoccupato di una possibile relazione fra i due,sentiva che non c'era niente,ma era geloso.Come se Isabelle fosse stata o potesse mai essere sua.Si rattristò un po',ma era ancora divertito dalla discussione fra le due ragazze.

<< Non dovresti,ragazzina.Lanciare pop corn in testa alla gente dalle mie parti è sinonimo di maleducazione >> sibilò Victoria

<< E dalle mie parti >> disse Isabelle lanciando un altro pop corn in testa alla bionda con una mira impeccabile << parlare così ad una tua coetanea è sinonimo di vecchiaia.Attenta,mammina.Inizio a intravedere delle rughe sul tuo bel faccino >>

Victoria era diventata ancora più rossa in volto,Lucas non l'aveva mai vista così arrabbiata in vita sua.Non temeva in una reazione fisica da parte sua,ma se Victoria avesse solo tentato di alzare un dito contro Isabelle,l'avrebbe bloccata lui stesso.

<< Come osi... >>

<< Mammina non ti piace?Preferisci nonnina ? >>

Lucas non potè trattenersi a quest'ultima frecciatina e scoppiò a ridere lasciando che le risate represse poco prima gli uscissero tutte in una volta.Lanciò uno sguardo d'approvazione in direzione di Isabelle e quello che vide lo rimase completamente di stucco.Isabelle lo guardava,un bellissimo sorriso sghembo sulle sue labbra.Una passione nei suoi occhi che Lucas percepì all'istante.Smise subito di ridere e tornò a guardarla,consapevole che la passione che scrutava negli occhi della ragazza non era nemmeno paragonabile a quella che ardeva nei suoi.

<< Basta così! >>Victoria urlò,strattonando Lucas per il braccio e cercando di portarlò con sé,il ragazzo si oppose e si sistemò la manica della camicia stropicciata.Guardò Mike e Isabelle.Il cugino aveva un'aria divertita,ma i suoi occhi gli facevano capire che non riusciva proprio a pensare a come facesse a stare con quella pazza,ma Isabelle,Dio,Isabelle!Nel suo sguardo c'era una comprensione smisurata.La passione non era del tutto scomparsa dalle sue iridi,ma ora c'era qualcos'altro ora,che Lucas percepì.Gelosia.
Le sorrise,incapace di fare altro.Lei voltò la testa,ma non prima che Lucas riuscì a intravedere il rossore sulle sue guance.Scrollò le spalle e si avviò fuori.Victoria era già sulla sua bmw.

Lucas si passò una mano fra i capelli e sorrise.

Isabelle era gelosa,l'aveva capito.

Ed era gelosa di lui.

Questa singola emozione provata nei suoi confronti,sarebbe potuta bastargli per tutta la vita,in condizioni normali.

Ma lui la bramava,voleva vivere con lei ogni singolo istante.

Sorrise.

Non aveva mai fatto progetti per il futuro,con nessuna.Nemmeno con Ashley.Ma Isabelle Lewan aveva guardato attraverso i suoi occhi e gli aveva totalmente sconvolto la vita.

Mentre era seduta nella bmw al lato del passeggero,Victoria continuava a lamentarsi e a lanciare maledizioni verso la ragazza che considerava la sua nuova nemica.Lucas non le dava retta,troppo perso nei suoi pensieri,ma quando tornò alla realtà,Victoria non aveva finito.

<< La conosco da quanto?Pochi minuti?E la detesto già!Non mi conosce,come ha osato? >> chiese.

Lucas sospirò e la guardò

<< Andiamo,Victoria,stai calma.Non è l'unica che non ti sopporta >>

<< Ah sì,Luke? >> sibilò << E chi altro non mi sopporterebbe? >>

<< Uhm... >> Lucas finse di pensarci un po' su << Direi circa tre quarti degli abitanti di Manhatthan >>

<< Idiota!Stai prendendo le sue difese ? >>

<< Sì,è abbastanza ovvio >> sorrise Lucas,pensando a quanto sarebbe stata contenta Isabelle di sentirlo parlare così.

<< Ma io sono la tua ragazza ! >>

<< Esatto >>

<< Ma che diavolo …? >>

<< Victoria >> la interruppe Lucas,brusco << non ci lega alcuna forma di amore,mi pare chiaro >>

<< Non mi dire che mi usi solo per il sesso ! >>

<< Victoria >> sibilò Lucas,irritato,ma anche un po' divertito << Sei tu che usi me per il sesso,lo sai >>

<< Portami a casa >> disse lei e il silenzio,finalmente,calò fra di loro.

Lucas non smetteva di sorridere.Sembrava un bambino la mattina di Natale.Girò nel viale di casa Matthew,la casa di Victoria,e accostò.

<< Ciao >> gli disse lei.

<< Buonanotte >>

Quando lei si sporse verso di lui per baciarlo,Lucas si voltò.Non voleva baciarla.Non voleva baciare nessuno eccetto Isabelle.Quella fragile,ma così determinata ragazza che in qualche giorno l'aveva indissolubilmente legato a sé.

<< Luke,fai sul serio?E' finita? >>

<< No,Victoria.Non è finita perchè non è mai iniziata.Ci vediamo. >>

E,prima che lei potesse rispondere,accellerò e tornò verso casa.Non avrebbe mai provato a conquistare Isabelle da impegnato,perchè lei non doveva nemmeno lontanamente credere che lui in qualche modo potesse ferirla,ma ora,aveva bisogno di lei con tutto sé stesso.

Il suo pensiero tornò un attimo a Ryan e alla minaccia che comportava per lei.Forse per quel motivo Mike l'aveva convinta ad uscire insieme a lui,per evitare che si cacciasse in qualche guaio e per tenerla sotto controllo.In quel momento fu più che grato a suo cugino,anche se,seduto nella sala di proiezione accanto a lei,avrebbe voluto esserci lui.Ogni giorno.Sempre.

 

Quando tornarono a casa di Isabelle,la ragazza e il suo amico ridevano ancora per la bella serata che avevano passato.Tuttavia,Isabelle dovette riconoscere che era stata cattiva a mandare Victoria su tutte le furie,doveva riconoscere,inoltre,che stava iniziando a essere davvero brava a camuffare le sue emozioni.

Mentre uscivano dal cinema,infatti,Isabelle era a pezzi. Il senso di colpa la tormentava,ma in modo diverso dal solito.Sentiva delle urla rimbombarle nelle orecchie e,quando si facevano più vicine,le riconosceva come di Marco.Urlava contro di lei,dicendole che era una traditrice.Urlava come un uomo lacerato dalle fiamme,e Isabelle ne soffriva.Ma non aveva mai permesso a nessuno di vedere la sua debolezza e non voleva che Mike la compiatisse.Non voleva la pietà di nessuno.

Ma non era quella la cosa peggiore,assolutamente no.

La cosa peggiore era che era stata gelosa di Victoria,troppo vicina a Lucas.

Isabelle lo voleva.Non riusciva a pensare a Lucas e a non immaginare quelle braccia allenate che la serravano in un abbraccio,la sua faccia immersa nel suo petto mentre lui la guardava con devozione.Voleva che lui la abbracciasse così,voleva sentire il calore del suo corpo,voleva stargli accanto.

Rabbrividì,ma non era il caldo vento di inizio autunno a farle sentire un freddo nelle vene,piuttosto la paura.Paura di scoprire qualcosa di più grande di lei,qualcosa che potesse sorprenderla e,allo stesso tempo,distruggerla.Ormai Isabelle Lewan era certa di una cosa:lei e quel ragazzo erano legati da qualcosa di eterno,che andava oltre ogni aspettativa,ma era certa anche del fatto che quel legame andasse disintregato.Per Marco.Per il loro amore.

La parte più fredda,più razionale della sua coscienza le diceva di mantener fede alla sua promessa,di allontanare quegli istinti passionali che le ribollivano nel sangue alla sola vista di Lucas,di uccidere ancor prima che nascessero i sentimenti per quel ragazzo.

La sua parte passionale,quella calda,le diceva,invece,di buttarsi a capofitto in questi sentimenti.Di lasciarsi trasportare dai suoi istinti,di lasciar crescere e far uscire i sentimenti da troppo prigionieri nel suo cuore.Le diceva di farsi aiutare a ricostruire il suo piccolo cuore andato in pezzi quando l'unica persona che credeva di amare l'aveva lasciata sola contro tutto.

Si,credeva.

Perchè per quanto potesse negarlo,per quanto potesse sopprimerlo,per quanto potesse far dominare i suoi istinti razionali,sapeva che Lucas sarebbe sempre stato un punto debole.

Doveva saperne di più,in fretta.

Almeno a sé stessa doveva ammetterlo.Quel ragazzo le aveva sconvolto la vita.E lei lo voleva.

Quanto lo voleva!Voleva,ma non poteva.

Aveva fatto una promessa e non ne aveva mai infrante nemmeno una,eppure era ciò che la straziava di più.
Non la straziavano il suo senso di colpa sottoforma di urla,non la tormentavano gli incubi.No.Quello che più la distruggeva era sapere che,per colpa della sua fede nel mantenere le promesse,le avrebbe reso la vita un inferno.Non avrebbe avuto futuro,con nessuno.Tantomeno con Lucas.

Quando entrarono nell'appartamento il soggiorno era al buio,illuminato dalla fievole luce della luna piena che filtrava attraverso la vetrata sulla parete di fronte all'ingresso.Si tolse le scarpe che le facevano un male cane e si appoggiò sul divano.Mike si sedette accanto a lei.I suoi occhi sorridevano ancora,ma nonostante ciò,Isabelle riuscì a leggere un'espressione piuttosto seria sul suo volto.

<< Dobbiamo parlare >> esordì lui.

<< Oh,oh >> Isabelle sbattè civettuosamente le ciglia,scherzando << Non vorrai lasciarmi al primo appuntamento >>

La sua battuta non fece ridere Mike,che la guardava ancora intensamente.

<< Mike >>riprovò << Che succede?Di solito sei tu quello che ride per ogni cosa e io quella seria. >>

<< Oh >> esclamò lui << E' ancora così! >>

<< Ma allora?Cos'hai? >> chiese,preoccupata.

<< Isabelle >> disse prendendole le mani << Non preoccuparti per me.Non è un problema mio.Siete tu e Lucas. >>

<< Cosa? >>

<< Si.,qui sta succedendo qualcosa,Belle >>

Accidenti.

<< E cosa? >>

<< Mentre eravamo al cinema,ho notato il modo in cui vi guardavate.Victoria non se né accorta perchè troppo presa a sbraitare,ma diavolo!Chinque altro se ne sarebbe accorto!E' stato incredibile!>>fece una pausa,ma allo sguardo interrogativo di Isabelle continuò << Ci sono stati dei momenti in cui vi guardavate dritto negli occhi ed era assurdo!I vostri sguardi parlavano,i vostri occhi conversavano.Le vostre iridi brillavano.Era uno spettacolo meraviglioso.Era come un flusso di parole che scorreva fra te e lui,come se foste impegnati in una sorta di conversazione mentale.Era incredibile. >>

Isabelle scosse la testa,incredula.Una cosa era che lei pensasse che le emozioni Lucas le fossero chiare quando si guardavano,un'altra era che le emozioni di entrambi fossero visibili per tutti.

<< Ma noi non parlavamo... >>

<< Voi no,Isabelle,ma le vostre anime si >>

<< Le nostre anime?Mike,ma cosa...? >>

Due parole lampeggiarono nella sua mente e non fu capace di scacciarle via.

Anime Gemelle.

Aveva letto qualcosa a riguardo...

<< Gli occhi sono lo specchio dell'anima,mai sentito?Okay,forse sto blaterando,ma credo che potrebbe davvero nascere qualcosa fra voi >>

<< E' assurdo e impossibile >>

<< Perchè? >>

“Perchè devo mantenere una promessa fatta al mio ex ragazzo morto otto mesi fa.Eh,oh,lui mi urla nella testa fungendo da mio senso di colpa quando mi avvicino a Lucas” pensò Isabelle,ma poi disse:

<< Sono stanca.Buonanotte Mike >>

Lui scrollò le spalle e si avviò alla porta.Sulla soglia,Mike alzò lo sguardo.Il cielo limpido rifletteva centinaia di stelle,quella sera.La luna sembrava perfettamente rotonda.
C'era qualcosa da scoprire,e lui lo sapeva.

Isabelle soffriva,lo sentiva,ma sapeva anche che,quando sarebbe stata pronta,sarebbe andata da lui e gli avrebbe raccontato tutto.

Isabelle salì in camera sua,ancora scossa dalle rivelazioni di Mike.Si infilò il pigiama e si abbandonò sul suo cuscino,sapendo già che,quella notte,gli incubi sarebbero tornati.

 

 

 

**NOTE DELL'AUTORE**

Finalmente la storia sta seguendo la sua vera trama.Isabelle si è arresa a sé stessa:vuole Lucas,ma ovviamente,non può averlo.Lucas,invece la desidera con tutto sé stesso e sta cercando di trovare il modo di conquistarla,ma sarà così facile?No.Sorgeranno nuovi problemi,una minaccia incombe su Isabelle,ma perchè?E qual è il mistero del legame fra i due protagonisti??

 

Ringrazio le persone che hanno inserito questa storia fra le preferite,le seguite e le ricordate.Conto su di voi!

Il mio ringraziamento sempre speciale và a Drawandwrite ,che ha imparato ad amare questa storia quasi quanto me!Grazie,tesoro!

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Capitolo 6
*** Passato svelato ***


Capitolo 5

Passato svelato

Isabelle era seduta su un tronco d'albero simile a una panchina naturale.Era situato in mezzo a un piccolo boschetto pieno di piccoli alberi che riflettevano un'ombra dove la ragazza poteva ripararsi dal sole.Si guardò per un po' intorno e,tutto d'un tratto ,davanti a lei comparve la figura di Marco. Era il ritratto della disperazione.Seduto a terra,la schiena contro un albero, si era preso la testa tra le mani e sembrava stesse per scoppiare in lacrime. All'improvviso alzò la testa e la sua espressione mutò. La mascella era tesa e aveva i pugni serrati mentre guardava verso un punto oltre la ragazza. Isabelle si girò e si accorse di Lucas che,dietro di lei ,le sorrideva.I suoi occhi,quegli occhi irresistibili, la invogliavano ad andare con lui ,tuttavia si costrinse a guardare ancora Marco .La situazione con Lucas era inspiegabile,certo, ma Marco era lì e le stava mimando con le labbra “Vieni da me”. Isabelle gli sorrise e cercò di andargli incontro. Non ci riuscì. Le sue gambe camminavano in direzione di Lucas che la prese tra le braccia e la baciò con dolcezza e foga irreali. Provò a liberarsi dalla sua stretta,ma fu completamente inutile. Guardò Marco, ma ormai era lontano. Lucas la strinse ancora di più a sé mentre le asciugava le lacrime con i pollici e le sussurrava che andava tutto bene.


Isabelle si risvegliò. I capelli erano attaccati al volto intriso di sudore, il cuore batteva nel petto come un tamburo ,era affannata. Quel sogno era stato così dannatamente reale. Ogni singolo dettaglio, dalla panchina scolpita nel tronco d'albero fino all'irresistibile azzurro delle iridi di Lucas. E poi Marco,così dannatamente reale !Incredibile...

Gli incubi ormai la tormentavano,risvegliandola ogni due ore al massimo. Era sfinita,non riusciva a darsi pace. Gettò uno sguardo alla sua sveglia .Erano le 6.30. Si alzò in fretta dal letto e riempì la grande vasca ovale del suo bagno per poi immergersi al suo interno. L'acqua calda la rilassava un po',anche se ormai aveva i nervi tesi al massimo. Non sapeva davvero cosa fare. Era ad un bivio, ma scegliere da quale parte andare era un qualcosa di molto complicato.

Aprì il suo armadio. Era venerdì e la divisa di quel giorno era quella nera. Aveva pensato che fosse un colore troppo pesante,troppo triste per un'uniforme non appena l'aveva vista e ora pensò di nuovo che qualcosa non andava. Capire le motivazioni che avevano spinto i dirigenti scolastici a prendere quella decisione era davvero difficile.

Isabelle scrollò le spalle, dicendosi che non era tutto sempre complicato. Forse a qualcuno piaceva il nero. Indossò la divisa e corse all'auto.

Sfrecciò durante il tragitto. Non era in ritardo,ma la sensazione del freddo pungente sul volto le dava sollievo. Le guance le si erano arrossate e i capelli erano ormai gonfi, ma comunque bellissimi. Parcheggiò e cercò,come al solito,Mike fra la folla. Quando lo trovò gli sorrise,ma lui non ricambiò. Sembrava preoccupato,Isabelle non lo aveva mai visto così. Che la scoperta riguardante lei e Lucas l'avesse turbato così tanto?

No,era impossibile. C'era qualcosa di più grosso,sotto.

Quando si avvicinò,non la abbracciò come al solito e non fece nemmeno una delle sue battutacce. Si limitò a sospirare.

<< Vieni con me >> disse poi,la voce tormentata e afflitta.

Non aspettò la risposta della ragazza. Le afferrò un braccio e la trascinò in un corridoio riservato agli insegnanti. Isabelle non capiva dove la stesse conducendo,ma si fidava totalmente di lui e così si lasciò trascinare. Svoltarono a destra,percorsero un altro piccolo corridoio alle cui pareti erano appese foto-ricordo delle squadre sportive scolastiche e,infine svoltarono a sinistra,trovandosi di fronte a una grande porta di uscita d'emergenza. Mike guardò Isabelle preoccupato per un minuto,poi scosse la testa tristemente e aprì.

Lo spettacolo che si parò di fronte alla ragazza era sensazionale e macabro allo stesso tempo. La porta,infatti,conduceva al giardino sul retro: un'immensa distesa di verde circondata da grandi alberi e cespugli. Per un po' le ricordò lo scenario del suo sogno,ma fu completamente scacciato quel pensiero quando vide ciò che Mike voleva vedesse. Appostato sotto un cerchio naturale di alberi c'era un enorme mausoleo bianco ornato da centinaia di fiori freschi. Era la tomba di una ragazza. Isabelle rabbrividì,ancora confusa e ora anche spaventata. Si avvicinò con cautela alla lapide e lesse le incisioni.

" Ashley Besly 13 ottore 1996-20 aprile 2012,ragazza amata da tutti"

Sotto le scritte c'era un enorme fotografia. Isabelle indietreggiò e trattenne il respiro. Quella ragazza le somigliava tantissimo. Aveva i capelli corvini e occhi verdi,ma per il resto era uguale a lei. Cos'era questa storia? Perchè Mike l'aveva portata lì?

Guardò il suo amico,che la stava scrutando dall'alto in basso, poi capì.

<< L'uniforme...Lucas...il ricordare qualcuno... >> sussurrò ,senza nemmeno capire cosa diceva,ma Mike comprese a annuì.

Ora tornava tutto. Il 20 aprile 2012 era un venerdì , lo ricordava perchè aveva giocato un'amichevole di calcio-si,prima di perdere Marco faceva anche quello- e aveva anche vinto. D'un tratto capì anche perchè praticamente tutti i ragazzi di quella scuola la guardavano in maniera così strana. Una strana sensazione si impossessò del suo cuore.

<< Mike >> deglutì << Lucas e Ashley? >>

Il suo amico annuì.

Ma certo. Allora era quello il motivo di tutto quell'interesse da parte di Lucas. Le rivolgeva quegli sguardi,quei sorrisi solo perchè lei somigliava così tanto ad Ashley. Questa consapevolezza le fece male,aveva pensato che qualcosa li unisse,ma non pensava fosse quello .E,probabilmente,nemmeno Mike lo pensava.

Cercò di ricomporsi e ,guardandosi un po' intorno trovò un grande cespuglio di rose rosa. Sorrise leggermente e ne raccolse una. Si avvicinò al mausoleo,vi si inginocchiò davanti e sistemò la rosa vicino agli altri fiori. Accarezzò le incisioni e sospirò. Si rialzò e raggiunse Mike,che cercava di leggere l'indecifrabile espressione del suo volto. La ragazza gli fece un cenno col capo e si avviò verso la porta. Mike la seguì subito.

Isabelle era sconvolta,non sapeva cosa pensare. Non rivolse nemmeno una parola all'amico, era troppo immersa nei suoi pensieri. Finite le lezioni del mattino ,i due ragazzi si ritrovarono in mensa. Nessuno dei due parlava. Isabelle era ancora frastornata, Mike voleva darle il tempo di riflettere. -Una ragazza morta alla quale somigli tantissimo ,un legame surreale con l'ex ragazzo di quest'ultima. Un pericoloso ragazzo come Ryan che ti brama irrimediabilmente .Assimilare queste informazioni in pochi giorni deve essere davvero una bella impresa-pensò Mike.

Isabelle si passò le dita sulle tempie e decise di rompere quel silenzio ormai troppo assordante.

<< Raccontami un pò di Ashley,Mike. >>lo incoraggiò.

<< Bhè. Ashley era fantastica.Non lo dico perchè ormai non c'è più,ma era così. Per lei la vita era preziosa più di tutto. La amavano tutti,come avrai potuto dedurre dalle moltitudini di fiori sulla sua lapide e dall'incisione,ma più di tutti l'amava Lucas. Ashley era il centro del suo tutto. Era devoto a lei. La seguiva ovunque,la difendeva...Ashley lo ricambiava pienamente.Sai..le piaceva molto camminare e un giorno,mentre tornava a casa dopo aver comprato dei regali per il compleanno della sorella,venne aggredita.Non sappiamo chi o quanti fossero,ma le hanno sparato al cuore >> fece una pausa e si asciugò le lacrime che gli sgorgavano dagli occhi << Non lo meritava per niente.La lapide è solo per permetterci di averla più vicina,di farle onore.La tomba che contiene quel che resta del suo corpo è al cimitero.La conoscevo poco,ma era una persona meravigliosa,avrei tanto voluto saperne più di lei. Quando ti ho vista,non ho notato subito la vostra somiglianza. Forse perchè tu sembravi così triste mentre lei sorrideva costantemente,ma qualcosa mi ha spinto ad avvicinarmi a te. La cosa migliore che abbia mai fatto. >> si fermò e guardò Isabelle negli occhi,sorridendole. La ragazza aveva il volto rigato di lacrime. << Non pensare ciò che stai pensando. >>

<< Cosa intendi? >> chiese Isabelle

<< Lucas non si comporta con te perchè gli ricordi Ashley,Isabelle. >>

Isabelle non si era nemmeno accorta di aver rimuginato praticamente tutto quel tempo esclusivamente su quel dettaglio,fino a quando Mike lo aveva detto ad alta voce.

Come faceva quel ragazzo a conoscerla così bene ?

<< E allora perchè ? >> chiese

<< Il vostro legame,quel legame così particolare. Forse,ma forse c'è anche dell'altro. Non te lo so spiegare,ma non l'ho mai visto così... protettivo,ecco. Lui a te ci tiene anche se ti ha parlato per qualche minuto,anche se ti ha vista poche volte. E' legato a te. Non si è fatto avanti e non ne capisco il motivo,ma puoi star certa che lui,anche nell'ombra ,ti protegge. Il solo pensiero che possa accaderti qualcosa lo terrorizza. Non era così nemmeno con Ashley. >>

Un pensierò balenò in testa ad Isabelle.

Lucas ci teneva a lei,ma non si era fatto avanti. Non si era spinto oltre,si limitava a proteggerla.

Perchè ?

Probabilmente,così come lei conosceva così tante cose di lui,lui conosceva tante cose di lei.

Lucas sapeva di Marco.

Marco era morto,proprio come Ashley e,per un attimo,Isabelle si sentì in colpa verso quella ragazza. Lei aveva amato la vita. Il suo unico desiderio era stato di viverla al meglio.


Isabelle era sdraiata a terra in uno squallido capanno buio e freddo. Aveva gli occhi vitrei,mentre continuava a fissare un punto davanti a lei senza guardarlo veramente. Erano passate due ore da quando aveva scoperto la morte di Marco e,da quel momento, una lunga agonia si era impossessata di lei. Stava singhiozzando,ma ormai le lacrime non le rigavano più il volto,probabilmente le aveva consumate tutte quante. Non poteva crederci. Non voleva crederci,dannazione!
Chiuse gli occhi ed estrasse un piccolo coltello dalla tasca posteriore dei Jeans,poi li riaprì e si rigirò fra le mani il coltello, lo impugnò e fece un lungo taglio proprio sulle vene principali dei polsi. Prima il sinistro,poi il destro. Poi un braccio,poi l'altro. Il sangue usciva a fiotti,sempre più velocemente. Non si fermava. Il coltello le scivolò dalle mani,posandosi a terra. Isabelle perse i sensi.


Quando torno alla realtà,Isabelle rabbrividì e,istintivamente,si accarezzò uno dei polsi sul quale le cicatrici dei tagli erano molto evidenti,ma fortunatamente coperti dalle maniche della camicia della divisa. Dopo aver perso i sensi,l'avevano trovata e portata in ospedale. La polizia era stata in grado di rintracciarla attraverso il GPS del suo cellulare. Se fosse rimasta lì qualche minuto in più,probabilmente sarebbe morta. Ed era quello che voleva,allora. Ma non ne era più così sicura. Non dopo aver scoperto il modo in cui a una bellissima ragazza era stata strappata via la sua esistenza,non dopo aver trovato Mike,di cui poteva fidarsi al cento per cento. E non dopo aver trovato Lucas....la cui vicinanza le faceva così bene,eppure così male.

<< Mi dispiace ,non sapevo come dirtelo... >> la voce di Mike era roca, e il suo volto sembrava triste.

No,Mike triste no! Non voleva che il bellissimo viso del suo amico fosse triste. Si sforzò di sorridergli.

<< Non avrei voluto saperlo da nessun'altro. Grazie per aver trovato la forza di dirmelo >>

Mike le sorrise,ma non era uno dei suoi soliti sorrisi. Era ancora visibilmente teso. Forse aveva bisogno di smaltire la tensione. O forse no.

<< Mike,cosa c'è che non và ? >> gli chiese

<< Niente,tutto okay >> Mike deglutì.

Isabelle lo guardò,la testa piegata di lato. Mike le stava mentendo. No,no,no. Non doveva mentirle,non lui!

-Perfavore,non anche tu-pensò.

<< Non mentirmi,ti prego >> sussurrò,la voce rotta.

Mike la guardò,la preoccupazione evidenti sul suo volto.

<< Non voglio mentirti >>

<< Allora parlami >> disse,risoluta.

<< Prima di essere sparata ,Ashley è stata stuprata >>

Stuprata ? Da chi? Perchè?

<< Mike >> disse Isabelle << Perchè ho il sospetto che tu sappia chi è stato ? >>

<< Non lo so con certezza , >> disse lui << ma la polizia ha seguito una sua pista. >>

<< Mike !Ora basta >> sbottò Isabelle << chi pensano sia stato ? >>

Guardò intensamente il suo amico. Aveva gli occhi lucidi,il bellissimo verde delle iridi velato da uno strato di lacrime. La mascella contratta,i pugni chiusi. Le sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Un gesto privo di malizia,ma zeppo d'affetto.

<< Ryan >> mormorò alla fine << Sospettano sia stato Ryan >>





**NOTE DELL'AUTORE**

Ec co che,finalmente,capiamo perchè Mike e Lucas sono protettivi nei confronti di Isabelle.Ormai i sentimenti dei due protagonisti sono innegabili ,ma sono tanti gli ostacoli da superare per Isabelle.
Ringrazio le persone che hanno inserito questa storia fra le seguite,le ricordate e le preferite.

In particolare ringrazio Drawandwrite e Bloomsbury,le cui recensioni mi provocano sorrisi alla Mike !♥

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Capitolo 7
*** Protezione ***


Capitolo 6

Protezione

In uno dei quartieri più poveri e squallidi di Brooklyn,un ragazzo con i capelli biondi fumava una sigaretta,seduto sul logoro pavimento.

Era contento,sul viso aveva dipinta un'espressione di totale beatitudine e appagamento. I suoi occhi neri scintillavano nel buio della stanza. L'unica cosa che lo infastidiva un po' era l'odore di ruggine proveniente dal sangue secco sulla gola della ragazza ,priva di vita,distesa sul pavimento a meno di un metro da lui,ma in fin dei conti era quello stesso odore che gli faceva capire di aver vinto. Di nuovo. Adorava quel gioco.

La guardò per un po': era bella,o almeno,lo era stata prima di morire. Ora aveva gli occhi blu spalancati ,sulla faccia un'espressione sofferente e i capelli biondi intrisi di sangue. Non aveva mai scelto le sue vittime secondo particolari criteri,ma ultimamente lo faceva. Dovevano essere alte, slanciate, bionde e con un colore di occhi particolare. Dovevano somigliare a Isabelle Lewan Quella troia aveva osato mettergli le mani addosso,aveva fatto in modo che Lucas percepisse che aveva paura di lui. Si,stuprare e poi ammazzare ragazze simili a lei gli dava una soddisfazione molto più profonda. Soprattutto dopo aver visto come la guardava il suo “Salvatore”. Non avrebbe mai perdonato quella troia. Isabelle Lewan non avrebbe fatto la stessa fine di tutte le sue precedenti vittime,no. La sua sarebbe stata una morte molto più atroce. Aveva in mente migliaia di modi per torturarla e li avrebbe usati tutti,fino all'ultimo.

Si alzò lentamente e premette l'interruttore della luce. Gli ci volle un po' per abituarsi a tutto quel risplendere,ma quando lo fece si avvicinò alla parete opposta del monolocale. Dozzine di fotografie di Isabelle tappezzavano circa tre metri quadrati di parete. C'erano foto di tutti i tipi. Mentre mangiava,mentre camminava,mentre dormiva.

Il ragazzo si guardò intorno e sorrise. Poi prese sulla spalla il cadavere della ragazza dal destino crudele.

Ryan aprì la porta del suo appartamento e uscì nel buio delle strade,pregustando già il piacere che avrebbe tratto dall'uccidere ancora.

 

Isabelle era ancora sconvolta dalle rivelazioni che le aveva fatto Mike durante la giornata. Si sentiva oppressa, confusa e,cosa molto rara per lei,intimorita. Aveva paura. O forse era terrorizzata. Si,terrorizzata chiariva meglio il concetto. Era come se il sangue le si fosse ghiacciato nelle vene. Rivolse uno sguardo alla mezzaluna alta nel cielo,coperta in parte dalle nubi e sospirò. Era davvero tardi,e non avrebbe dovuto vagare per le strade tutta sola,ma non aveva potuto farne a meno. Stare a casa la rendeva inquieta, si sentiva soffocata,l'aria aperta era l'unica cosa che riuscisse a darle un po' di sollievo. Continuò a camminare per le strade di Manhatthan senza fermarsi. Non aveva una meta, non voleva averne una. Aveva solo bisogno di muovere le gambe,di fare qualsiasi cosa mentre i pensieri le attanagliavano la mente in maniera incoerente. Rabbrividì quando nella sua mente riaffiorarono gli occhi neri come la pece di Ryan.

Ma in quel momento,si sentiva protetta. Sapeva che lui la proteggeva sempre. Lucas le aveva promesso che nessuno le avrebbe mai fatto più del male,e sapeva con una certezza disarmante,che aveva detto la verità. Avrebbe mantenuto quella promessa. Chiunque avrebbe pensato a lui come a uno stalker e la cosa divertiva Isabelle non poco. Certo,chi penserebbe il contrario? Conosci un ragazzo a scuola,ci parli per pochi minuti e lui ti “protegge “ seguendoti ovunque. Faceva tanto film horror. L'avrebbe pensato anche lei di chiunque altro,ma di Lucas mai. Perchè lei lo conosceva,fin troppo bene. Ormai sapeva che era così,anche se non capiva il perchè. Diede uno sguardo all'orologio. Erano le undici di sera. I piccoli lampioncini disposti in file ordinate gettavano una fioca luce sulla strada che stava percorrendo. Una bmw bianca accostò vicino al marciapiede. Isabelle ,anche se non riusciva a vedere attraverso i vetri oscurati,sapeva chi stava guidando. Lo percepiva. Si avvicinò piano all'auto. Il finestrino venne abbassato.

Lucas la guardava impassibile,nei meravigliosi occhi azzurri un velo molto spesso di preoccupazione.

<< Cosa credi di fare,Isabelle ? >> le chiese Lucas.

<< Archer >> disse lei. Si abbassò fino a guardarlo in faccia,cercando comunque di evitare il suo sguardo. Sapeva che se i loro occhi si fossero incontrati,sarebbe successo ciò che accadeva sempre.

Diede uno sguardo complessivo al ragazzo. Indossava un paio di pantaloni beige e una camicia bianca .Grazie ai risvolti,si scorgevano i muscoli scolpiti degli avambracci. Isabelle per poco non alzò la mano per sfiorarli,ma fortunatamente,riuscì a ricomporsi << cosa sei,esattamente? Il mio stalker o il mio angelo custode ? >>

<< Bhè >> disse Lucas con un sorriso << mi piacerebbe più che tu mi considerassi come un angelo >> fece una pausa,poi la guardò con la mascella contratta e gli occhi che ribollivano di una rabbia nascosta. Il sorriso completamente scomparso << ma se non sali in questa macchina entro due minuti credo che ti apparirò più come un demone >>.

Isabelle lo guardò con gli occhi sgranati,non per la paura,piuttosto per la sorpresa. Quanto era lunatico !Eppure era anche irresistibile...

Cercò di scacciare quei pensieri,non poteva permettere ai suoi contorti sentimenti di prendere il sopravvento. Non ora che era entrata in uno spazio ristretto con Lucas,non quando il suo cuore apparteneva ancora a Marco.

<< Tieni a freno la tua parte demoniaca,Archer >> sbottò sistemandosi sul comodo sedile in pelle.

Lucas le sorrise e lei si sentì così serena in quel momento che avrebbe solo voluto ricambiare,invece si accigliò << Sai,non credo di aver mai conosciuto nessuno di così lunatico >>

<< Lunatico ? >> chiese il ragazzo.

Dio santo,accarezzava con il suo tono di voce ogni parola,era praticamente irresistibile.

<< Si,lu-na-ti-co. Prima sorridi,poi sei arrabbiato,poi sorridi di nuovo. >> setenziò

<< Non ti chiederò se ti ho spaventata perchè...>>

<< Non mi hai spaventata solo che … >> lo interruppe

<< Ecco,appunto. Sapevo di non averti spaventata >>

Isabelle avrebbe voluto chiedergli come faceva a saperlo,ma sapeva che se avessero iniziato quel discorso,sarebbero fuoriuscite tante altre cose e il dolore era già troppo forte quando si risvegliava dai suoi incubi,non voleva che la sopraffacesse anche in quel momento. Quello era un momento tutto suo... e di Lucas.

Guardò per un po' il lussuoso interno dell'automobile. I sedili erano di pelle nera,il volante sembrava risplendere e il cruscotto davanti a lei era ghepardato. Già,e proprio posto sopra di esso c'era un enorme mazzo di girasoli. Una fitta di gelosia la attraversò

<< Vai a trovare Victoria ? >> chiese,indicando i fiori a Lucas.

Lui la guardò per un istante,sembrava...felice.

<< No,non Victoria >> disse.

Un'altra?Dannazione!

<< Ah e chi ? >>

<< Ashley >> rispose lui,mentre un lampo di dolore passava nei suoi occhi.

<< Vengo con te >> disse Isabelle senza nemmeno pensarci

<< Cosa?NO! >>

<< E perchè no? Se vuoi portarmi a casa va bene,non verrò con te.C'andrò da sola >>

<< Ma non pensarci nemmeno >> sbottò lui,mentre con l'auto faceva un'inversione a U

<< Davvero,Lucas...so cos'è successo ad Ashley,so che per te era .. >>

“il centro del tuo universo” pensò,ma invece disse << importante.Quindi non voglio rovinarti il momento >>

<< Non ti permetterò di andarci da sola,Isabelle. E non volevo che tu venissi perchè … so che i cimiteri non ti piacciono >> avvampò per un attimo,poi si ricompose e aggiunse,correggendosi :<< cioè,non sembri il tipo di ragazza che ci va spesso >>

Ora fu Isabelle ad avvampare,mentre il dolore si infiltrava nel suo cuore ancora una volta. Stranamente,non era forte come le altre volte..come se la sua vicinanza lo ammortizzasse, in qualche modo. Ma cosa intendeva dire con “so che i cimiteri non ti piacciono”? Allora sapeva davvero di Marco...

<< N on devi farlo,sai ?>> gli chiese

<< Cosa,Isabelle ? >>

<< Non devi cercare di proteggermi solamente perchè somiglio ad Ashley. Non è stata colpa tua se è morta,Lucas >> disse Isabelle tutto d'un fiato.

Lucas accostò piano e spense il motore dell'auto. La guardo per un attimo,poi inspirò profondamente,come a voler prendere coraggio. Si sedette in modo da starle perfettamente di fronte. Erano vicinissimi,i loro respiri erano una cosa sola. Condividevano lo stesso ossigeno. Isabelle aveva una visione perfetta delle sua labbra dannatamente rosa. Lucas le prese il viso fra le mani,costringendola a guardarlo negli occhi. Lei si lasciò trasportare e accadde di nuovo.

Storidimento,Dolore,Consapevolezza,Affetto,Amore.

Le emozioni si susseguirono velocemente. Isabelle poteva leggerle negli occhi di Lucas,e lui poteva fare altrettanto. Gli occhi dei due ragazzi erano intrecciati come in un abbraccio. Mantenevano il contatto visivo come se fosse l'unica cosa di cui avessero bisogno. Il desiderio iniziò a scorrere piano nelle vene dei due. Si volevano così tanto che era un miracolo che si limitassero a rimanere così : Isabelle con la bocca aperta a formare una “O” e Lucas che,con le sue mani caldissime continuava a sfiorarle le guance. Un cellulare squillò e la magia si dissolse. Isabelle scosse la testa,ma Lucas la guardava ancora.

<< Non è il mio >> disse lei

Lucas le sorrise,poi,senza distogliere lo sguardo da lei,estrasse il suo blackberry dalla tasca.

<< Ciao,Mike.Si,tutto bene. No,non ora. Sono impegnato. Senti, sono a posto,okay?Ti richiamo >> e attaccò

<< Era Mike ? >> chiese Isabelle.

<< Si.Credo volesse salutarti >> affermò lui

<< E come faceva a sapere che ero qui? >>

<< Non chiederlo a me,Lewan. Mike sa sempre tutto. >> rispose Lucas,facendo spallucce.

<< Lewan? Mi chiami per cognome,adesso ? >>

<< Bhè >> disse lui con un ghigno << tu lo fai con me,no ? >>

<< Certo,Archer. Ma non ti ho mai dato l'autorizzazione di farlo. >> sbottò Isabelle.

<< Neanche io ti ho detto che potevi chiamarmi come ti pare >> ribattè Lucas

<< Ma posso farlo >>

<< Sì. >>

<< Perchè non mi hai passato Mike?Poteva essere importante ! >> chiese irritata e desiderosa di cambiare discorso.

Una delle ciocche di capelli biondi era sfuggita dal frontino e ora le ricadeva morbida davanti agli occhi. Stava per rimetterla a posto,ma Lucas la precedette. Le tolse il cerchietto e glielo rimise in maniera perfetta. Poi si scostò da lei e la guardò. Aveva una maglietta verde, il colore dei suoi occhi in quel momento. Il jeans chiarissimo le fasciava le gambe in maniera perfetta. Le iridi azzurre di Lucas iniziarono a scintillare, sembravano capaci di inondare di luce un'intera stanza buia.

<< Sei bellissima >> disse il ragazzo,ignorando la sua domanda.

Isabelle avvampò,ma non disse nulla. Lucas scese dalla macchina,con un sorriso stampato sul volto,e andò ad aprirle la portiera.

<< Volevi venire a trovare Ashley ,no? Andiamo >>

<< Ma che gentiluomo,Archer. Mi stupisci >>

In realtà non la stupiva,conosceva perfettamente i modi di Lucas,ma doveva trovare un modo per scrollarsi di dosso tutto l'imbarazzo che provava.

<< Fai su ogni cosa del sarcasmo,vero Lewan ? >>

<< E' un dono,Lucas. Non tutti ne sono capaci >>

“ E io per un bel po' non sono riuscita a usarlo “ pensò .

<< E' solo uno dei tuoi doni,Isabelle >> disse con voce morbida.

Camminarono vicini,ma Lucas non la sfiorò neanche. Isabelle gli fu immensamente grata. Probabilmente,al minimo tocco, il fuoco che aveva dentro sarebbe esploso e avrebbe distrutto tutto.

I cancelli del cimitero erano altissimi,in ferro battuto,ormai arrugginito. Li varcarono e Isabelle rabbrividì. Tutta la distesa di terra era piena zeppa di tombe,grandi e piccole. L'erba sembrava essere grigia,anzichè verde. E anche il cielo sopra di loro sembrava aver assunto una sorta di aria minacciosa. Paragonato al cimitero di Manhattan,quello di Seattle sembrava una specie di Luna Park.

<< Non avrai paura ? >> le sussurrò Lucas all'orecchio.

<< Forse un po' >> ammise lei

Lucas sorrise. << Tranquilla,sono tutti morti. E se dovessero rinascere come zombie,gli spezzerò di nuovo tutti gli arti. Te l'ho promesso,Isabelle. Nessuno ti farà del male >>

<< Grazie,anche se... >>

<< Anche se il discorso non è finito in auto. Bhè,si.L'ho notato anche io. Ascoltami >> si voltò verso di lei e le prese di nuovo il viso dalle mani. Stavolta,però fece in modo che i loro occhi non si incontrassero. << Non cerco di assicurarmi che tu stia bene perchè somigli alla mia ex ragazza morta. Non mi accuso della sua morte,Isabelle. Non potevo saperlo. Ryan era mio amico,suo amico. Sono certo che sia stato lui,adesso,ma prima non potevo saperlo.

<< Io voglio che tu stia bene perchè c'è qualcosa che mi lega a te. Sembra assurdo,ma non mi importa. Sei l'unica ragazza che mi abbia guardato in un modo che mi ha fatto sentire...speciale. Forse non te ne sei neanche resa conto.Ma è stato così. Per la prima volta,dopo tanto,troppo tempo mi sono sentito importante. Io voglio che tu stia bene. Che tu sia felice. Non voglio altro. Mi basta questo. >>

Isabelle avrebbe voluto dire e fare tante cose,il suo desiderio più grande in quel momento,a seguito di quelle rivelazioni, era potergli saltare addosso e baciarlo senza mai fermarsi,ma non poteva. Non poteva illudere lui,nè se stessa. Lei apparteneva a Marco,sempre e per sempre.

<< Andiamo a trovare Ashley >> disse.

Lucas lasciò cadere le mani dalle sue guance,ma non smise di sorridere. Lui sapeva che stava patendo le pene dell'inferno, e la rispettava per questo.

Isabelle cercò di ignorare lo sguardo di Lucas,non voleva che vedesse le lacrime scorrerle sul viso.

“Voglio che tu stia bene.Che tu sia felice “ le aveva detto.

Lo voleva anche lei. Ma come puoi essere felice quando ti senti all'inferno?

Si avvicinarono ad uno dei mausolei più grandi. Pareva risplendere alla fioca luce della luna. Era quello di Ashley. Era più grande di quello nel giardino della scuola,ancora più zeppo di fiori,ma era,allo stesso tempo,ancora più triste. La foto la raffigurava sorridente,con le gote arrossate e i capelli disordinati. Aveva uno sguardo così puro e ingenuo...

A Isabelle mancò il fiato. Come poteva qualcuno fare del male ad una ragazza che riusciva a trasmetterti la sua dolcezza anche solo attraverso una fotografia? Si sentì un po' in colpa. Era lì con il suo ex ragazzo infondo. Non stava in qualche modo tradendo Marco,ma anche Ashley.

“ Tu ti fai troppi problemi “

la vocina era tornata ancora più testarda. Isabelle provò ad ignorarla,ma la verità era che,in quel momento,con Lucas accanto,avrebbe solo voluto che quella parte del suo inconscio uscisse e la possedesse totalmente. Si sentiva vicina a Lucas non solo fisicamente,ma anche emotivamente. Avvertiva il suo dolore,la sua preoccupazione,il suo amore. Ma non erano sentimenti rivolti ad Ashley,erano rivolti solo a lei. E,per la prima volta dall'inzio di tutta quella storia,avrebbe solo voluto che il ricordo di Marco le scivolasse via dalla testa ,lasciandola libera di scegliere.

Diede uno sguardo a Lucas. Era accovacciato accanto alla tomba e sorrideva. Posò il mazzo di girasoli in uno dei vasi, mentre contemplava la moltitudine di fiori lì presenti e si rialzò.

<< Grazie,Lucas >> disse,impotente davanti al suo sorriso

<< Per cosa ? >> chiese lui

<< Mike mi ha raccontato tutto. Di Ashley,di Ryan,di te. Era molto tempo che qualcuno non era protettivo nei miei confronti >>

<< Lo so >> disse lui,lasciandola spiazzata << ma anche Mike si sta impegnando nell'impresa >>

Un lampo di gelosia gli passò nello sguardo e Isabelle non potè ignorarlo.

Lucas geloso di lei? Ma andiamo! E poi...di Mike? Era assurdo. Mike le era entrato dentro totalmente. Era come il fratello che non aveva mai avuto. La proteggeva,le voleva bene e lei voleva bene a lui. Ma non c'era niente di romantico in tutto questo. Non potè non sorridere,mentre ci pensava. Nessuno probabilmente si era mai comportato così con lei. Nemmeno Marco. Le aveva fatto da fratello, da padre,da madre, da tutto. Ma Mike era diventato il suo migliore amico,niente avrebbe potuto annullare l'affetto che provava per lui.

<< Vuoi che ti lasci solo? >> gli chiese alla fine.

Non voleva che la sua presenza ostacolasse in qualche modo la sua visita ad Ashley. Non l'avrebbe sopportato. Lei era andata soltando una volta al cimitero da Marco, a Seattle. Ma ne era rimasta terrorizzata. Non l'avevano spaventata le tombe,o l'odore o gli addetti alla sicurezza che sembravano zombie. L'aveva spaventata la consapevolezza di non averlo più accanto a sé. Lui non sarebbe tornato,mai.

<< No >>

La voce di Lucas la colse di sorpresa. Quando lei tornò a guardarlo,lui le afferrò un braccio e la spinse contro il suo petto,esattamente come aveva fatto quando l'aveva salvata da Ryan. Isabelle sentiva i battiti del suo cuore accellerare. Avrebbe potuto contarli: uno,due,tre...

Si lasciò cullare da quella melodia e chiuse gli occhi.

<< Non vorrei essere con nessun'altro in questo momento. Sei tu,il mio angelo. >> aggiunse Lucas.

<< Che vuoi dire ? >> gli chiese la ragazza

<< Non sono io che proteggo te, sei tu che proteggi me. >>

<< Io? >> Isabelle era confusa << E da cosa ? >>

<< Da tutto e da niente. Sarà anche assurdo dirtelo,Isabelle,ci conosciamo da quanto? Ci siamo parlati per quanto ? Ma non posso negarlo.Non qui. Non ora. Non a te. Tu mi sei entrata dentro. Mi salvi da me stesso,dal mio dolore,dalla mia rabbia. Mi salvi da ogni cosa. Eppure potrei non essere più salvato se tu te ne andassi,capisci ? Se ti succedesse qualcosa,non potrei sopportalo. >>

Al suono di quelle parole,Isabelle si ritrovò a stringerlo forte a sé. Lo percepiva. Percepiva il bisogno che aveva Lucas di lei in quel momento. E anche il bisogno che l'aveva attanagliata dal loro primo incontro iniziò a rifiorire dentro di lei.
Non le importava degli incubi che avrebbe avuto.
Non le importava di vedere Marco sofferente.
Non le importava del freddo che avrebbe sentito quando Lucas avrebbe sciolto l'abbraccio.
Non in quel momento.
Mentre le stelle brillavano numerose in cielo,mentre la coltre di nubi si era allontanata dallo spicchio di luna permettendole ora di risplendere, le uniche cose importanti erano l'odore di miele di Lucas, i battiti del suo cuore e la sensazione che le procuravano le sue braccia intorno al corpo.

 




**NOTE DELL'AUTORE**

Finalmente,direi,un capitolo tutto dedicato ai nostri protagonisti. Ryan è un criminale,ormai l'abbiamo capito,ma Lucas ha promesso di proteggere Isabelle,infondo,no?
Fatemi sapere cosa ne pensate.

Ringrazio chi ha inserito la storia tra le ricordate,le preferite e le seguite.

Un grazie speciale và a Drawandwrite e Bloomsbury che riescono,con le loro recensioni,a farmi credere in me stessa♥!

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Capitolo 8
*** Competizione ***


Capitolo 7

Competizione

Erano le tre del mattino e Isabelle era ancora nella sua piccola biblioteca,rannicchiata sulla sua poltrona. Continuava a rimuginare su tutto ciò che era successo con Lucas:le sue confessioni,i suoi sguardi,il suo abbraccio meraviglioso. Erano rimasti in quella posizione per un bel pò,poi Lucas le aveva detto che era ora di andare ,aveva sciolto l'abbraccio e l'aveva presa per mano,guidandola fuori dal cimitero. Isabelle aveva osservato le loro mani intrecciate per molti minuti,meravigliata da tale perfezione. Era come se fossero due pezzi di un puzzle perfettamente combacianti. E quando poi lui le aveva accarezzato il palmo con il pollice,centinaia di sensazioni diverse si erano insinuate dentro di lei. Ma ora doveva smetterla. Non poteva pensare a Lucas,non in quel modo. Non quando aveva fatto una promessa a Marco,una promessa che l'avrebbe vincolata a lui per sempre.


<< Con il sudore del tuo volto mangerai il pane >> mormorò l'officiente, << finchè tornerai alla terra,perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai. >>

Nero. C'era nero ovunque. Anche il cielo sembrava nero,anche i volti delle persone raccolte nel giardino sembravano neri. Anche il sole. Anche il cuore di Isabelle era nero.

Le lacrime le uscivano dagli occhi ininterrottamente,arrivavano alle guance,cadevano sull'erba. Si sentiva le gambe molli,aveva il respiro corto. Non riusciva più a sentire il battito del suo cuore. Piangevano bambini,donne,uomini,anziani,ma lei stava morendo dentro. Avrebbe solo voluto scivolare accanto alla bara bianca e dormire,dormire per il resto della sua vita. La morte di Marco la stava divorando: non riusciva a pensare,a parlare,a mangiare.

<< Isabelle,dobbiamo andare >> sussurrò una voce maschile.

Jhonathan,suo padre,forse. O forse no. Non capiva più nulla.

<< Arrivo >> sussurrò.

La bara era ormai sottoterra,al freddo,al buio. Isabelle si inginocchiò.

<< Te lo prometto,Marco. Io non ti dimenticherò mai. Non ci sarà mai nessun'altro per me. Ti amerò per sempre >>.

Strinse alcuni fili d'erba tra le piccole mani e li strappò,senza smettere di sentirsi totalmente impotente.

Marco non c'era più. Le parole di conforto,i sorrisi che le rivolgevano per farle forza,era tutto inutile. Niente avrebbe cambiato il corso degli eventi.

La morte non guarda mai indietro.


Isabelle asciugò le lacrime. Non voleva dormire. Aveva gli occhi stanchi,avrebbe solo voluto chiuderli,ma aveva paura. Sapeva che non appena il velo del sonno fosse calato su di lei,gli incubi l'avrebbero tormentata. L'aveva saputo non appena le braccia di Lucas l'avevano avvolta,ma non le era importato. Quando era con lui,niente era importante. Solo loro due.

La notte passò lentamente,ma passò. Isabelle tornò nella sua camera da letto,mentre i primi raggi del sole inondavano la stanza, e indossò la sua uniforme. Non si guardò nemmeno allo specchio. Sapeva di avere un aspetto orribile,ma non le importava. Magari se Lucas l'avesse vista così sarebbe inorridito e l'avrebbe lasciata perdere. Il pensiero le faceva male,ma sapeva anche che sarebbe stato meglio. La vicinanza di quel ragazzo era una pace assoluta,ma quando poi si allontanava,le tenebre la attanagliavano.

Il viaggio in macchina durò poco come al solito. Scese dall'auto,meravigliandosi di riuscire a tenere gli occhi abbastanza aperti e scorse Mike nel cortile gremito che si affrettava a raggiungerla. Le sorrise,ma poi si accigliò.

<< Ehi,Belle! E' un piacere vederti di nuovo,mi sei mancata,ma che hai ? >> disse.

<< Ciao,Mike.Mi sei mancato anche tu >> ribattè lei e lo abbracciò.

L'amico l'avvolse fra le sue braccia. Non provava le stesse sensazioni che provava con Lucas,quelle che provava con Mike erano fraterne. Si sentiva protetta e amata allo stesso tempo,ma non doveva preoccuparsi delle conseguenze. Mike le accarezzò i capelli e la strinse poi le sussurrò:

<< Che c'è che non và? >>

<< Ho tanta paura,Mike. >>

<< Di cosa hai paura,esattamente ? >>

<< Di chiudere gli occhi. Di vedere il mio passato. Il passato che mi tormenta ogni volta che ne ha l'opportunità >>

La voce di Isabelle era strozzata. Mike sciolse l'abbraccio per guardarla negli occhi e vi scorse un'infinita tristezza al loro interno.

<< Vuoi parlarmene ? >>

<< No,vorrei,ma è...strano. Sento che non è ancora il momento di dirtelo. >>

Il tono della ragazza aveva riacquistato un po' di fermezza,ma Mike si accorse che stava tremando. La strinse di nuovo,incapace di vederla così. Le voleva bene,come non ne aveva mai voluto,la amava in un certo senso. La amava come se fosse sua sorella. E lei aveva solo lui,lo sapeva. Lui e Lucas,ma per qualche strana ragione,Isabelle non riusciva ad aprirsi con quest'ultimo. Con quel ragazzo che,proprio in quel momento,li stava osservando. Il cortile era deserto e Lucas era ben visibile. Fece un piccolo cenno del capo a Mike e se ne andò. Sapeva che in quel momento la ragazza a cui teneva di più al mondo,aveva bisogno del suo migliore amico.

<< Andrà bene,Isabelle. Supereremo ogni cosa >> le sussurrò Mike.

Si.Avrebbero superato ogni cosa.

***

Isabelle si sentiva ancora a pezzi,ma il conforto di Mike l'aveva rinvigorita ,almeno un po'. Seguì tutte le lezioni prestando attenzione,così che la sua mente non vagasse altrove e,quando si rese conto che la lezione successiva sarebbe stata insieme a Lucas,insipirò profondamente.

Difficile ammetterlo,ma l'adrenalina le scorreva nelle vene. Aveva voglia di rivederlo e allo stesso tempo era terrorizzata. Sperava tanto che lui potesse,in qualche modo,migliorare il suo umore. Entrò in classe e lo trovò già seduto al loro banco,lo sguardo rivolto alla finestra che dava sul cortile. Si avvicinò piano,ma lui la sentì comunque.

<< Ehi >> salutò.

<< Ciao,Lucas >> rispose Isabelle.

Lucas si accigliò,notando il pallore del suo viso e le occhiaie profonde sotto gli occhi,ma non potè non continuare a pensare a quanto fosse bella.

Isabelle,dal canto suo,pensava che Lucas la stesse trovando ripugnante.

<< Hai dormito male ? >> chiese il ragazzo

Isabelle avvampò.

<< In realtà >> disse << Non ho dormito affatto. >>

<< Cioè,fammi capire >> ribattè lui preoccupato << io mi privo della tua presenza per farti riposare e tu non dormi ?A saperlo ti avrei trattenuta di più >>

Oh,Lucas.Quanto vorrei che tu l'avessi fatto” pensò Isabelle,ma invece disse:

<< Sono un po' tesa >>

<< Già,l'ho notato. Io gioco a calcio per scaricare la tensione >> disse lui con un luccichio negli occhi.

<< Anche io >>

Lucas si stava dondolando sulla sedia e quando udì quelle parole,per poco non cadde.

<< Che cosa ? >> chiese

<< Anche io gioco a calcio per scaricare la tensione >> rispose Isabelle piano,come se stesse parlando ad un bambino << O,almeno,giocavo. >>

Lucas sapeva già,infondo,della passione di Isabelle per il calcio,ma sentirlo dire da lei in persona,lo mandava praticamente in tilt.

Insomma!Isabelle era perfetta.

Sapeva che era intelligente,riusciva ad esprimersi perfettamente. Era bella,sarcastica,riusciva a farti sorridere con uno sguardo. Spesso era triste,ma non permetteva mai agli altri di farsi carico dei suoi problemi. E giocava a calcio. Era tutto ciò che si potesse desiderare.

<< Ah,piccola >> esclamò,parlando più con sé stesso che con lei << sei incredibile >>

Isabelle era ancora rossa per il modo in cui Lucas l'aveva guardata,ma ora era sicura che il suo volto fosse color cremisi. Bhè,se non altro non era più bianca come un lenzuolo.

<< Sai >> continuò Lucas << Io sono il capitano della squadra scolastica >>

<< Archer,vuoi impressionarmi o cosa ? >> chiese Isabelle sorridendo.

Già,Lucas era davvero capace di far nascere dentro di lei centinaia di emozioni diverse.

<< Bhè,c'ho provato >>

<< Sai che non è facile impressionarmi >>

<< So anche che non è facile impedirti di ironizzare su tutto. >> sbuffò Lucas.

Isabelle rise. E Lucas si beò di quel suono,soprattutto perchè l'aveva emesso grazie a lui.

<< E cosa intendi fare,Archer? >> chiese la ragazza

<< Potrei sfidarti >>

<< Sfidarmi ? >>

<< Io e te. All'ora di pranzo in palestra,ma assicurati di mangiare qualcosa. E porta Mike,sarà eccitato di scoprire che una ragazza gioca a calcio >>

<< Sei sicuro di volere che lui assista alla tua sconfitta ? >>

<< Certo.Credimi,Isabelle. Essere battuto in una partita di calcio da te,mi darebbe più soddisfazione di quanta me ne abbia mai dato una settimana al letto con Victoria. >> ammiccò e sorrise maliziosamente.

<< Oh,Archer >> disse Isabelle << credimi. Non sarai solo battuto. Sarai stracciato. Ah,ed evita queste battute la prossima volta. Il tuo ego è già gigantesco. >>

<< Ai suoi ordini,signorina. >>

Risero entrambi e Isabelle capì che,per quanto ci avrebbe provato,non sarebbe mai riuscita a stare lontana da lui.

**

L'ora di pranzo arrivò in fretta. Isabelle scorse i capelli color miele di Mike tra la folla e gli si avvicinò,molto più radiosa rispetto a ore prima. Mike se ne accorse.

<< Hai mangiato cioccolata ? >> chiese

<< Eh ? >> si accigliò Isabelle

<< Sei passata da “ho paura di chiudere gli occhi “ a “ viva la vita !” >> spiegò il ragazzo,sorridente come sempre

<< Oh. Bhè,no,niente cioccolata. Ma poi cosa c'entra?Oh,lasciamo perdere. Ti và di vedere un piccolo scontro calcistico ? >>

<< Certo ! >> esclamò Mike << chi contro chi ? >>

<< Io >> disse Isabelle << Io contro Lucas. >>

<< Tu giochi a calcio ? >> Mike aveva gli occhi fuori dalle orbite.

<< Sì,genio. >>

<< Ma tu...cioè...oh,al diavolo!Non mi sorprende in realtà. Tu non sei normale >>

<< Già, forse hai ragione. Allora,andiamo ? >>

<< Non me lo perderei per niente al mondo ! >>

Mike si avviò subito verso la palestra,Isabelle invece,si recò negli spogliatoi. Aveva chiesto alla sua governante di portarle un paio di pantaloncini e una t-shirt. Non poteva crederci. Non toccava un pallone da così tanto tempo...


Isabelle era negli spogliatoi. Continuava a camminare in circolo,creando praticamente dei solchi nel pavimento. Era nervosa,troppo per stare ferma. Era la partita cruciale. Non battevano i Liones da due anni,ma ora era diverso. Se avessero vinto,sarebbero passate al primo posto in classifica. Le avversarie erano a soli due punti da loro. Aveva promesso alla sua squadra,all'allenatore,a tutti che avrebbero vinto. Ma non ne era più così sicura. Diede un pugno ad un armadietto e sospirò,lasciandosi andare su una panchina,mentre si sentiva impotente. All'improvviso la porta dello spogliatoio si aprì. Marco le si avvicinò lentamente,porgendole una bottiglina d'acqua. Isabelle la prese,ma non gli rivolse neanche un cenno.

<< Ehi,piccola. Che hai ? >> chiese il ragazzo,ansioso,

<< Non posso farcela.Non vinceremo mai. >> ribattè lei ringhiando,certa che le sue parole fossero assolutamente reali.

<< Io credo in te,Isabelle. Puoi farcela. Inoltre devi dedicarmi un goal prima che io parta o me ne andrò ancora più triste di quello che sono >>

<< E allora non partire ! >> sbottò Isabelle

<< Sai che andare per mare è sempre stato il mio sogno >> ribattè lui,mentre la guardava sorridendo debolmente.

Gli occhi della ragazza si infiammarono.

<< Sai qual è il mio sogno,Marco ? >> chiese << Tu! >>

<< Ti amo,Isabelle,ma devo andare. Tornerò presto. >>

Le accarezzò i capelli e lasciò che lei si appoggiasse contro il suo petto.

<< Mi dispiace,Marco. Ti amo anche io,sono solo nervosa. >>

<< Vinci per me >> le sussurrò lui all'orecchio.

Si scostò lentamente da lei e la guardò negli occhi. Isabelle non potè far altro che annuire. E,quando le labbra di lui si posarono sulle sue,si sentì inondata da una nuova forza. Si,avrebbero vinto loro. Sarebbe stata lei a rendere la sua squadra capolista. E così fu.

<< 90' minuto. Situazione di parità tra le Tigers e le Liones. 0-0 è il punteggio. L'arbitro assegna tre minuti di recupero.Forza,ragazze ! >> la voce del telecronista arrivava debole a Isabelle,ma era comunque comprensibile. Tre minuti. Aveva solo tre minuti. Intercettò velocemente il pallone,sottraendolo ad una delle sue avversarie larga quanto una delle porte,se lo portò tra le gambe ed iniziò a correre. Le furono in tre addosso in meno di un secondo. Vide Lauren ,la sua compagna,alla sua destra. Le passò il pallone,poi corse il più velocemente possibile verso la porta avversaria. L'altra era già lì. Le fece un cenno col capo e lei le passò il pallone. A tre metri di distanza,Isabelle tirò. Calciò con tutta la forza che aveva in corpo,mentre ripensava alla promessa fatta a Marco. Il suo Marco.

92'.

Il pallone gonfiò la rete,passando tra le mani del portiere. Lo stadio esplose. Isabelle fu sopraffatta da tutte le sue compagne di squadra che facevano a turno per abbracciarla. In tribuna,,la ragazza scorse Marco. Gli corse incontro e lo abbracciò.

<< Non potrei mai deluderti >> disse

<< Non ho dubbi al riguardo >> ribattè lui.

Si baciarono ancora una volta,intensamente. Isabelle si sentiva felice per così tante cose,che non riusciva a capire quale fosse la più importante.


La ragazza entrò in palestra,scuotendo la testa. Cercò di sfoggiare uno dei sorrisi che aveva dimenticato di possedere e che aveva riconquistato grazie ai due ragazzi che ora si trovavano proprio di fronte a lei.

<< Pronta,piccola ? >> chiese Lucas

<< Sono sempre pronta, Archer. Ma tu? Sei pronto a perdere? >> ribattè Isabelle,sarcastica come sempre.

<< Io sono ansioso. Vi muovete ? >> si intromise Mike,impaziente.

<< Allora, Archer?Ci muoviamo ? >> chiese Isabelle a Lucas.

Gli si avvicinò e mentre i loro occhi si scontrarono,iniziando a comuncare,lei si concentrò sul pallone che Lucas aveva tra i piedi. Glielo prese agilmente e iniziò a correre dall'altro lato della palestra.

<< Vieni a prendermi,Lucas ! >> gli urlò.


Isabelle e Marco erano in camera della ragazza.Lei era impegnata a studiare,mentre lui la guardava,sdraiato sul letto,mentre giocava col cellullare. Cinque secondi dopo,il cellulare di Isabelle vibrò.
Un nuovo messaggio.

Era di Marco,quanto era scemo!Aprì il messaggio.

"Ti voglio,ora"

Lo guardò e vide l'espressione di totale devozione sul suo volto.

<< Mi vuoi? >> chiese.

Lui annuì.

<< Allora vieni a prendermi,Marco! >> lo provocò,con una linguaccia.

Si alzò dal letto e Isabelle iniziò a correre per tutta la stanza. Era veloce,ma dopo un pò lui la raggiunse,gettandola sul letto. La guardò negli occhi e la baciò. Le baciava le labbra,il collo,le guance. Poi si avvicinò al suo orecchio.

<< Sei mia >> sussurrò.

Il cuore di Isabelle iniziò a battere all'impazzata.

<< Per sempre >>rispose .


Quando tornò alla realtà Isabelle si accorse di avere ancora il possesso del pallone. Probabilmente,era passato solo qualche secondo,ma Lucas le era già alle calcagna,veloce come un fulmine. Accellerò,mentre il cuore prendeva a martellarle nel petto. Si girò e vide il suo neo-avversario. E,probabilmente,ora lo stava guardando davvero. Si fermò un solo secondo,spiazziata dalle sue vellutate labbra rosa e,per un attimo,pensò a come sarebbe stato baciarle,sfiorarle con la punta delle dita...

Ma cosa le prendeva? Scacciò via il pensiero,probabilmente era colpa dell'adrenalina che le scorreva nelle vene. Sentì Lucas dietro di lei,l'aveva raggiunta. I loro corpi erano vicinissimi.

<< Scusa,non puoi competere >> le sussurrò il ragazzo all'orecchio,con voce tanto dolce quanto perfetta,mentre le rubava il pallone.

Lucas la stava provocando. Lo aveva capito,lo sapeva. Gli sorrise,e lui,ormai lontano,ricambiò. Ma la ragazza aveva ritrovato la sua determinazione, e non avrebbe mai perso. Scattò e in pochi secondi lo raggiunse. Iniziò a marcarlo e gli sottrasse il pallone. Corse ancora,nella direzione opposta e,a cinque metri dalla porta,tirò.

Calciò il pallone con un'emozione immensa,mentre il cuore sembrava volesse uscirle dal petto. La rete si gonfiò. Aveva segnato. Aveva vinto. Tornò da Lucas,che la stava guardando ad occhi aperti,con un'espressione di totale ammirazione sul volto. La ragazza si soffermò ancora una volta sulle sue labbra,poi sbirciò i suoi occhi,riuscendo a non perdervisi e,infine,avvicinò le labbra al suo orecchio.

<< Dicevi,Archer ? >> lo stuzzicò,mentre il battito del cuore del ragazzo,ancora più forte del suo,faceva da sottofondo alle sue provocazioni.

Dopo aver indossato di nuovo l'uniforme,Isabelle tornò in palestra. Vide Mike e Lucas parlare animatamente,ma quando li raggiunse,ammutolirono. Lucas prese a bere da una bottiglina d'acqua che poi passò alla ragazza. Lei bevve ,arrossendo al pensiero delle labbra di Lucas che poco prima avevano sfiorato quella stessa bottiglia. Lui se ne accorse e sorrise.

<< Sei stata fenomenale ! >> esclamò Mike,rompendo quel silenzio imbarazzante << Non credevo dicessi sul serio >>

<< Io non mento >> ribattè la ragazza ghignando.

<< Sei brava >> aggiunse Lucas << ma non è finita qui >>

<< Che paura,Archer >> lo schernì Isabelle.

Mentre i tre ragazzi ridevano,le porte della palestra si aprirono. Lentamente,la figura di una donna si fece sempre più nitida. Un caschetto di corti capelli grigi e un paio d'occhi nascosti dietro occhiali senza montatura resero chiara l'identità della donna.

<< Signorina Lewan, signor Archer,signor Callaway >> elencò la signora Fine << Ho bisogno di parlarvi >>




***NOTE DELL'AUTORE***

Non trinciatemi ,la scuola mi sta portando via tantissimo tempo,ma,finalmente,sono riuscita a scrivere. Il capitolo mi piace. Mike mi fa ridere come sempre,Lucas mi fa sciogliere completamente e Isabelle con le sue frecciatine mi fa morire. Voglio proprio sapere cosa ne pensate della signora Fine,cosa vorrà ? U__U

Un ringraziamento a chi ha inserito la storia fra le seguite,le ricordate o le preferite e un grazie speciale và sempre a Drawandwrite e Bloomsbury,che mi riempiono il cuore di gioia ! ♥

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Capitolo 9
*** Legame ***


Capitolo 8

Legame

Isabelle, Lucas e Mike seguirono la signora Fine senza proferire parola, senza chiedere nemmeno una spiegazione. Camminavano dietro la donna e si lanciavano occhiate interrogative di continuo.

Dove stavano andando?

Perchè la segretaria voleva parlare con loro?
Che si fossero messi nei guai?

Isabelle era confusa, molto. Utilizzare la palestra era un diritto di ogni iscritto alla scuola, e non ricordava di aver in qualche modo infranto il regolamento scolastico da quando si trovava lì. Camminarono per circa cinque minuti in linea retta poi girarono a destra e percorsero un piccolo corridoio del tutto estraneo a Isabelle. La ragazza guardò i due ragazzi, ma loro alzarono le spalle. Non conoscevano quel posto. Che strano...

Quando giunsero davanti a una porta alta e larga, la signora Fine si fermò. Frugò in entrambe le tasche e poi, dalla destra, estrasse un mazzo di chiavi. Infilò quella più grande nella serratura e aprì la porta.

Isabelle rimase a bocca aperta, così come Mike e Lucas. La stanza era enorme, sembrava una casa in miniatura. La moquette era nuovissima e il leggero beige della parete permetteva alla luce del sole proveniente dal balcone di rendere la stanza ancora più luminosa. Una grande scrivania torneggiava al centro, proprio davanti a tre grandi librerie zeppe di libri. A destra, sotto una piccola finestra ornata da leggere tende bianche come nuvole, erano situati un sofà e due poltrone che circondavano un delizioso tavolino di vetro. Fu proprio in quella direzione che la signora Fine avanzò, sedendosi sulla poltrona più grande. Fece un cenno ai tre ragazzi che,dapprima esitanti,presero posto. Isabelle si sistemò sulla poltrona rimasta, Mike e Lucas sul divano. Il silenzio era pesante fra i quattro, ma la signora Fine sorrideva. Sembrava a suo agio ed era anche visibilmente compiaciuta.

<< Eccoci qui,ragazzi. Finalmente >> esordì.

<< Già. Qui dove,precisamente ? >> chiese Isabelle.

Era agitata,certo,ma era pur sempre la schietta Isabelle.

<< Oh,Isabelle. Così curiosa. Bene, era proprio su questo aspetto del tuo carattere che contavo. Ebbene, cara, siamo nell'ufficio del preside. >>

<< Io >> s'intromise Mike, con il suo solito sorriso ritrovato << sono stato nell'ufficio del preside qualche volta. Molte, in realtà. E, mi creda, non era nemmeno lontanamente simile a questo >>

<< Michael, tu invece quel sorriso lo porti sempre con te,vero? Sì, caro. Questo è l'ufficio del preside, ma quello privato. Quello che hai visto tu, è solo per ricevere gli studenti. >>

<< Mi farebbe estremamente piacere, signora Fine >> disse Lucas << sapere chi riceve il preside qui dentro >> guardò un attimo l'anziana donna che arrossì, poi continuò: << ma, francamente, non credo ci abbia portati qui per questo. Usare la palestra è un nostro diritto e se avessimo infranto il regolamento ci saremmo trovati nell'ufficio “pubblico” del preside. Quindi, signora, cosa vuole da noi ? >>

<< Lucas Archer. Subito al punto,vero? Ma questo non è il tuo vero carattere, ragazzo. Per te potrei anche parlare per ore ed ore. Tenerti qui dentro per giorni interi, non t'importerebbe, ma sei preoccupato. Per lei. >> indicò Isabelle << hai paura che io sia una pazza e possa farle qualcosa. Tu non lo permetteresti. Stai tranquillo, non lo farei mai. >> lo guardò per un attimo negli occhi e Lucas mantenne il suo sguardo. Voleva farle capire che ciò che aveva detto era la verità, avrebbe difeso Isabelle con le unghie e con i denti se quella donna l'avesse anche solo sfiorata con un dito. Lei annuì, sorridendo. Poi Lucas guardo un attimo Isabelle: era arrossita e sembrava volesse scoppiare in lacrime. Il suo passato la stava tormentando, lo sentiva. Avrebbe tanto voluto prenderle la mano e abbracciarla, ma ora c'era qualcosa di importante da scoprire. Rivolse di nuovo lo sguardo alla signora Fine. Le fece un cenno con il capo e lei continuò:

<< Il punto è questo, ragazzi: voi siete legati. >>

A Isabelle scappò un risolino e il cuore di Lucas perse un battito. Era bellissima quando rideva.

<< Io non vedo nessuna corda >> disse la ragazza.

<< Isabelle >> la ignorò la donna << qual è il colore preferito di Lucas ? >>

<< Il blu >> rispose la ragazza.

Non era riuscita a fermarsi,le parole le erano uscite prima che riuscisse a fermarle. Dio! E ora? Guardò Lucas, aveva la bocca spalancata, formava una “O”. Poi rivolse lo sguardo alla vecchia segretaria. Quest'ultima annuì e sorrise.

<< Lucas,quali sono i fiori preferiti di Isabelle? >>

<< Le rose rosa. >>

<< E perchè ? >>

<< Perchè quando aveva otto anni sua madre le regalò il suo primo libro,orgoglio e pregiudizio. Quando Isabelle lo aprì,notò dei petali rosa tra le pagine,li accarezzò e le parvero velluto. Chiese a sua madre cosa fossero,lei le rivelò che erano delle rose. Da allora,sua madre iniziò a farle portare un mazzo di rose ogni settimana. Rose rosse, blu, gialle, ma lei continuò a preferire le settimane in cui la sua cameriera piazzava al centro del tavolino della sua stanza un vaso contenente rose rosa. E, pian piano, iniziò ad amarle, ad adorare il dolce profumo che emanavano. Quando sua madre è morta, poi, non ha potuto più farne a meno. >>

Lucas non sapeva nemmeno che nel suo cervello esistesse quell'informazione, nè sapeva da dove era uscita. Eppure sapeva, in qualche modo, che era la verità.

Isabelle lo stava guardando,immobile,silenziosa. I bellissimi occhi ora grigi colmi di lacrime.

<< Ma com'è possibile ? >> riuscì a sussurrare la ragazza.

<< E' il legame, Isabelle. >>

<< La prego,signora. Ci spieghi tutto >> implorò Lucas, incapace di vedere Isabelle in quello stato.

<< Sicuri ? >> chiese la donna

<< Sì, per favore. >> ribattè Mike, anche lui preoccupato per l'amica.

<< Bene. >>

La signora Fine si alzò, il lungo abito rosso che indossava svolazzava all'altezza delle caviglie. Si diresse verso una delle librerie e ne estrasse un grosso tomo. Era un libro rilegato in pelle, apparentemente molto pesante e malandato. Le parole incise sulla copertina erano sbiadite. La donna lo appoggiò sul tavolino e tutti, Isabelle, Lucas e Mike, riuscirono, seppur faticosamente, a leggerne il titolo.

IL LEGAME DELLE ANIME “

<< Qui dentro >> disse la signora Fine,indicando il libro << è raccontata la leggenda del legame delle anime. Sicuramente conoscerete la leggenda delle anime gemelle, no? >>

I ragazzi scossero la testa.

<< So che le anime gemelle sono quelle persone che, bhè, sono destinate a stare insieme, ma non conosco nessuna storia che ne parli >> mormorò Isabelle, la voce ancora roca a causa del pianto.

<< Bene. Allora partiremo proprio da lì. La leggenda delle anime gemelle risale ai greci. Secondo questi ultimi, al principio di tutto, uomini e donne erano legati fisicamente. Erano un solo essere dotato di quattro arti superiori e quattro inferiori. Poi Zeus, per punirli, li divise, costringendoli a cercare la loro metà in ogni angolo della Terra. Ora, questo è un mito piuttosto conosciuto, ma c'è dell'altro. >> si fermò, posando lo sguardo sui ragazzi. La stavano osservando a bocca aperti, stupiti.

<< Il legame delle anime è pura realtà. Nessuno di noi è notato di un'anima completa, ma di una metà di essa. L'altra metà...>>

<< Appartiene alla persona amata. >> concluse Mike al suo posto.

Era confuso, come faceva lui a sapere una cosa del genere? Certo, era facilmente intuibile, ma...

<< Esatto >> confermò la signora Fine << Appartiene alla persona amata. >>

<< Cosa c'entro io, in tutto questo ? >> chiese Mike cercando di far chiarezza.

<< Tu sei il portatore >>

<< Eh?!? >>

<< Posso continuare ? >> chiese retoricamente la donna << La metà dell'anima che ognuno ha dentro di sé, risiede negli occhi. Proprio per questo, tra le due persone racchiudenti le parti dell'anima, si crea subito un contatto. Si arriva a conoscere quella persona intensamente. Si possono percepire le sue emozioni, le sue passioni, i suoi desideri. I dolori, gli affanni. All'inizio è tutto molto relativo, ma ogni volta che il contatto avviene, il legame si approfondisce. >>

<< E cosa mi dice del cuore, signora? Ha pensato a lui ? >> chiese Isabelle.

Aveva il viso ancora stravolto. Era delusa, arrabbiata, frustrata, triste.

Credeva a ogni singola cosa che quella donna aveva detto, sapeva che non mentiva. Ma lei aveva già amato. Il suo cuore era appartenuto a Marco e gli apparteneva ancora. Forse la sua anima era la metà di quella di Lucas, ma possibile che il cuore contasse così poco?

No, non poteva accettare una cosa del genere.

<< Il cuore batte a un ritmo velocissimo, quando le anime si incontrano. Si ama la proprio metà della mela in maniera irrazionale, con ogni singola parte del corpo. Sei legata al tuo passato, Isabelle. So cosa ti è successo. Ma il legame che hai con Lucas è più forte di qualsiasi altra cosa. Siete destinati dall'alba dei tempi . >>

Isabelle si sentì sprofondare. Probabilmente, se avesse avuto ancora una scorta di lacrime, avrebbe pianto, ma ormai le aveva espulse tutte dai suoi occhi.

Voleva andarsene, uscire da quella stanza, scappare da quella realtà che risaliva alla genesi. Lucas capì. Fece per alzarsi, ma la ragazza lo fermò, per la prima volta irritata dalla loro profonda conoscenza sovrannaturale. Doveva ascoltare ancora, doveva trovare il modo per spezzare quel legame.

Andiamo,Isabelle “ sussurrò la vocina tormentatrice “Sai bene che non è quello che vuoi”.

Isabelle cercò di scacciarla, ma le parole le rimbombavano in testa. Era tutto vero. Lei non voleva spezzare quel legame. Lucas la sorprendeva, la divertiva, le faceva battere il cuore, le metteva in allarme tutti i sensi. La proteggeva, l'aveva fatta sentire viva. L'aveva liberata dai suoi demoni con un abbraccio. La sua sola presenza era in grado di farle dimenticare tutto.

A Isabelle tornarono in mente le lezioni di filosofia.

Cos'era giusto? Amare qualcuno, la tua anima gemella, e tradire un altro oppure soffrire, ma rimanere fedeli alle proprie promesse?

La risposta giusta sarebbe stata la seconda, se Marco fosse stato ancora vivo. Ma Marco era morto.

Quindi, c'era una risposta?

La voce della signora Fine la riportò alla realtà, distogliendola dai suoi pensieri. Isabelle cercò di rimanere calma, ma stava tremando. Incontrò gli occhi tristi di Mike, ma non ebbe il coraggio di guardare Lucas.

<< Per rispondere alla tua domanda, Mike, i portatori sono appunto coloro che “portano” il legame. Sono dei custodi. Persone legate da un vincolo parentale o di amicizia profonda a entrambi i portatori delle metà di un'anima. Sei in grado di vedere quando le loro anime comunicano, non è così? >>

<< Sì, >> rispose Mike << ma credevo che tutti ne fossero in grado >>

<< No, Michael. Se fosse così, sarebbe il caos. Anche io sono una portatrice. Proprio per questo conosco il legame che c'è tra Lucas e Isabelle. >>

<< E cosa dovremmo fare ora? >> chiese Lucas, con un tono leggermente rabbioso.

<< Niente. Avevate il diritto di sapere. Ora, ho solo un consiglio da darti: prenditi cura di lei. Anche se, in realtà, credo che tu lo faccia in ogni istante. Non mi era mai capitato di vedere un legame così forte. Lei è combattuta, Lucas. Sta affrontando qualcosa più grande di lei >>

Ormai la signora Fine parlava come se Isabelle non fosse presente nella stanza e Lucas si costrinse a fare altrettanto. Non perchè riteneva superficiale la presenza della ragazza, al contrario, ma perchè voleva sapere cosa la tormentava.

<< Lo so. Lo sento, >> disse << sento la sua sofferenza come se fosse la mia, ma non riesco a risalire alla fonte. >>

<< E' normale. E' un qualcosa che è accaduto nella sua vita attuale, la metà della tua anima può percepire qualcosa, ma sarà lei a decidere se, e quando, rivelarti la verità. >>

<< Capisco. >>

<< Vi lascio da soli, ragazzi. Se avete bisogno di qualche informazione su questa storia, o su qualsiasi altra cosa, non esitate a chiedere. >> disse la donna, congedandosi.


Isabelle stava tremando.

Cos'era quella storia? Sentì il mondo frantumarsi sotto i suoi piedi. Si sentì pesante, mentre le pareva di star precipitando giù, senza mai atterrare.
Perchè era accaduto tutto a lei?

<< Certo che è una cosa strana >> esordì Mike, cercando di mantenere il suo solito tono giocoso, ma inutilmente. Era preoccupato per la sua amica.

<< Dovremmo davvero credere a tutto questa storia? E' sovrannaturale! >> esclamò Isabelle.

Stava cercando di essere tagliente, ma i risultati erano davvero penosi.

<< Isabelle >> le disse Mike dolcemente << Questo non è sovrannaturale, anzi. Non so come definirlo, ma credo sia un qualcosa di grandioso. >>

<< No,Mike! Non è per niente grandioso! >>

Lucas si sentì impotente davanti alla sofferenza di Isabelle, ma le si avvicinò comunque. Si appoggiò alla sua poltrona e le cinse le spalle.

<< Shh, calma. >> le sussurrò.

Isabelle era stordita da lui. Anche un piccolo contatto come quello la mandava in tilt, ma ora doveva rimanere lucida. Respinse Lucas, il quale scosse la testa.

<< Io non starò calma! Chiaro? >> disse.

<< Isabelle … >> provò Mike.

<< No! Non voglio sentire una parola di più! Credete a tutte queste idiozie, non m'importa. Entrate in questa bellissima storia, se volete, ma lasciatemi fuori. >>

Anche lei, ovviamente, sapeva che tutto aveva un senso, che tutto era reale. Era una delle verità universali, ma lei non poteva accattarla. Non la condivideva.

Amava Lucas con tutta sé stessa, ormai era innegabile. Lo amava con il suo cuore, con il suo corpo, con la metà della sua anima, ma non poteva, non doveva accettare tutta quella situazione.

Perchè?

Perchè gli incubi l'avrebbero tormentata, Marco avrebbe sofferto ovunque si trovasse, si sarebbe sentita una vigliacca e la vita che stava così faticosamente rendendo meno dolorosa sarebbe tornata ad essere un inferno.

Guardò Lucas mentre usciva dalla stanza: era bellissimo come sempre, ma il dolore era evidente sul suo volto.

Isabelle si era sbagliata. In quel momento, era al centro esatto dell'inferno.

Tornò a casa più in fretta che potè e dopo essersi chiusa in camera si lasciò scivolare contro la porta. Si prese la testa tra le mani. Le tempie le pulsavano dolorosamente. Doveva trovare un modo per sfogarsi, per liberarsi del peso che aveva sul cuore.

Le venne in mente un metodo che usava sua madre: ogni volta che era triste, scriveva una lettera indirizzata a una persona qualsiasi e si sfogava mettendo nero su bianco tutto ciò che provava in quel momento. Decise di fare lo stesso. Frugò nella borsa e ne estrasse un foglio protocollo, poi prese una pena e l'appoggiò sulla carta bianca. Le parole iniziarono a susseguirsi...


Cara mamma,

Ti ho scritto decine di lettere quando ero piccola, quando tu eri in vita. Scrivertele quando eri ormai passata a miglior vita, mi sembrava un'idiozia.

Non oggi, però. Non ora.

Sono confusa, mamma. Confusa, disorientata, frustrata, depressa, arrabbiata.

Sono così tante cose, adesso, che scrivendo tutti gli aggettivi con cui potrei descrivermi, probabilmente riempirei l'intero foglio.

Mi ero innamorata. Quando avevo quindici anni, quando ero sola, quando tu non c'eri e papà e io eravamo distanti, qualcuno entrò nella mia vita. Si chiamava Marco. Si, chiamava. Marco non c'è più, mamma. E' andato via, morto. Come te.

E' riuscito a conquistarmi a poco a poco. E' stato un confidente, un amico, un padre, una madre. Un fidanzato perfetto. Poi me l'hanno portato via. Inutile dirti che il mio mondo è crollato completamente; è stato come se si fosse aperta una voragine nel mio cuore. Niente mi stupiva più, niente mi rendeva felice. Era come se, in qualche modo, insieme a Marco fossi morta anch'io.

Poi ci siamo trasferiti. Ora abitiamo a Manhattan, sai?

Sì, la trovi orribile, lo so. Era così anche per me. Ma poi ho incontrato Mike. E Lucas.

Mike è diventato il mio migliore amico in un battito di ciglia, c'è per me in ogni momento. Mi fa ridere, mi protegge, mi consola. Lucas è completamente diverso: mi sorprende, risveglia in me sentimenti che credevo ormai sepolti. Credo di essermi innamorata di lui dal primo momento in cui i miei occhi hanno incontrato i suoi. Dovresti vederli, sono meravigliosi. Azzurri. Hanno la stessa tonalità del cielo, ma anche descriverli in questo modo è riduttivo. Il punto è che io e Lucas siamo legati da qualcosa che è più grande di noi. Dentro di me ne ero consapevole, ma apprendere con certezza che era così mi ha sconvolta. Io lo amo, mamma. Non come ho amato Marco, però. Per Lucas nutro un amore irrazionale. E' inspiegabile, completamente folle. Anche se il mio cervello mi dice di allontanarmi da lui, di pensare a Marco, il mio cuore e la mia anima mi portano proprio davanti a lui. Quando mi prende tra le braccia provo una sensazione meravigliosa. Il suo corpo si combina al mio, la mia testa si posa nell'incavo del suo collo perfettamente. In quei momenti, dimentico ogni cosa. Vorrei non dover rinnegare il suo amore, il nostro amore, ma non riesco ad accettare l'idea di deludere Marco. Ha fatto tanto, per me. Poi però penso che mantenere la mia promessa non lo riporterà indietro.

E allora, cosa dovrei fare?

Sentimenti contrastanti nascono dentro di me ogni volta che penso a questa dannata storia.

Il mio cervello mi dice di tener fede alla promessa fatta a Marco. Ritiene sia la cosa giusta da fare.

Il mio cuore desidera solo poter battere in sincrono con quello di Lucas.

La parte dell'anima che risiede dentro me, invece, chiede solo di potersi ricongiungere alla sua esatta metà.

Cosa farò, mamma?

Non lo so.

Vorrei non dover continuare a lottare con i fantasmi del mio passato, sono davvero stanca.

Mi piacerebbe molto ricevere un tuo consiglio, un tuo abbraccio. Amerei averti accanto a me.

Ti vorrò sempre bene, davvero.


Isabelle smise di scrivere e sospirò. Il peso che aveva sul cuore era ancora lì, non voleva andarsene.

Guardò fuori dalla vetrata della sua camera: il cielo era di un bellissimo blu scuro, punteggiato da migliaia di stelle e una vistosa luna piena. Afferrò la giacca che aveva lasciato il giorno prima sulla sedia e uscì di casa.

L'auto si accese con un rombo e Isabelle partì: non aveva una meta, non l'aveva mai avuta.

Ma in quel momento, non aveva importanza.

**NOTE DELL'AUTORE** Ringrazio come sempre Drawandwrite e Bloomsbury. È grazie a voi che questa storia non è finita nel cestino del mio pc. E ringrazio anche voi,lettori o lettrici silenziosi/e. Siete la mia gioia. Fatemi sapere cosa pensate della storia,ogni tanto. Mi farebbe piacere. Al prossimo capitolo!

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Capitolo 10
*** La tana del lupo ***


Capitolo 9

La tana del lupo.

Lo squallido locale era illuminato solo dai fievoli raggi di luce provenienti da piccoli abat-jour sparsi ovunque in maniera casuale. Ryan sorrise, alla vista di quel posto. Ricordava i tempi in cui era stato un tipo da grandi hotel di lusso, prima che gli venisse strappato via tutto. Accese una sigaretta e guardò le sgualdrine che gongolavano audaci per la stanza con le loro gonne cortissime e i tacchi altissimi. Alla vista di una ragazza con gli stessi tratti distintivi di Isabelle Lewan una furia cieca e una brama animale si impossessarono di lui. Ecco un'altra vittima, un altro premio di consolazione.

Quando avrebbe avuto la vera Isabelle, solo allora, sarebbe salito sul podio.

 

Appena tornato a casa, Lucas era sprofondato sul divano. La sua prima, folle idea, era stata quella di chiamare Victoria. Non sapeva perché, ma di solito il sesso era una soluzione.

L'avrebbe fatto, in passato. Non c'avrebbe pensato due volte, ma era cambiato tutto così in fretta! Quella ragazza era entrata nella sua vita così all'improvviso...l'aveva sconvolto, totalmente. Si era impossessata di tutto: del suo cuore, della sua anima.

La metà, almeno, visto le rivelazioni del pomeriggio.

Ancora non poteva crederci.

« Luke, è tutto così strano » sentenziò una voce.

Mike.

« Come diavolo sei entrato? » chiese Lucas tirandogli un cuscino.

« Ho la chiave, ricordi? » sorrise l'altro « Sei a pezzi. »

« E'così evidente? »

« Un po'. Ne vuoi parlare? »

« Anche se non volessi, tu lo faresti comunque. Sputa il rospo. »

« Quando ti sei innamorato di Isabelle? »

« Pessima domanda »

« Luke! »

« Okay, okay. Me ne sono innamorato il primo giorno di scuola. »

« Cosa? » esclamò Mike « Subito dopo averci parlato? Non pensavo fosse stato così semplice, amico. »

« Dopo averci parlato? » chiese Lucas ridendo « No, Mike. Mi sono innamorato di lei dal primo momento in cui l'ho vista. Appena i miei occhi hanno trovato i suoi. »

« Sai che anche per lei è stato così, vero? »

« Francamente, non ne sono così sicuro. »

E invece, nel profondo, lo sapeva. Ne era assolutamente certo, ma avrebbe tanto voluto che fosse tutto una finzione, ogni minimo dettaglio. Perché, per quanto lui fosse felice all'idea di poter stare con lei, sapeva che per Isabelle era tutto troppo difficile e dannatamente doloroso.

Avrebbe voluto essere lui, quello destinato a soffrire; avrebbe voluto poterle donare la sua felicità, ma non era possibile. Anche perché trovava ridicola l'idea di essere infelice con Isabelle accanto.

Se ripensava a quando le sue braccia l'avevano avvolta nel cimitero, il cuore cominciava a battere ad un ritmo innaturale. Amava ogni cosa di lei: gli occhi cangianti; le labbra carnose; i capelli color dell'oro; il meraviglioso suono della sua voce. Amava quella voce...era la melodia più bella del mondo. L'aveva sognata così tante volte.

E che dire del suo profumo?

Era inebriante, un misto di ginepro e calda pioggia estiva.

« Io sì. » la voce di Mike lo riportò alla realtà

« Non puoi esserne sicuro. »

« Sì. Lucas, lei ti ama. »

Lucas, lei ti ama.

Lucas, lei ti ama.

Il ragazzo continuava a sentire quelle parole come se fossero un eco.

Lei ti ama.

Era una piccola frase, minuscola. Eppure, niente avrebbe potuto riempire il suo cuore di una gioia così intensa.

« Ne sei sicuro? » chiese in un sussurro.

« Ho parlato con la signora Fine, Lucas. I portatori sanno quanto è forte il legame tra le metà di un'anima. Io sono il vostro e posso sentire tutto ciò che provate: ecco perché ho capito subito che Isabelle era triste., ed ecco perché ti aiuto a proteggerla ogni giorno. »

Ed ecco perché ti aiuto a proteggerla ogni giorno”

A quelle parole, il cuore di Lucas perse un battito. Provò a respirare, a calmarsi, ma era inutile. Era nel panico.

« Mike! » gridò « Dove diavolo è Isabelle? »

Mike lo guardò confuso.

« A casa sua, credo. Non la vedo da quando è scappata via. Ma, infondo, dove potrebbe andare? »

« Ovunque » sussurrò Lucas.

Aveva la voce rotta. Una piccola consapevolezza iniziò a nascere dentro di lui.

Isabelle era in pericolo o era in procinto di mettersi nei guai.

Non poteva permetterlo. E se si fosse imbattuta...

Non riusciva nemmeno a pensare. Non riusciva nemmeno a pronunciare mentalmente il suo nome.

Inspirò.

E se si fosse imbattuta in Ryan?

Corse alla porta, afferrò le chiavi dell'auto e s'inoltrò nel buio.

 

 

Isabelle sfrecciava per le strade di Manhattan. Stava guidando senza sosta da più di un'ora e,oramai, il sole si era ritirato, lasciando spazio al primo, debole buio. La ragazza guardava la strada dal parabrezza, ma la sua mente vagava altrove.

Pensava a Lucas, a Mike, a Marco. Centinaia di pensieri le vorticavano nel cervello, ma lei non sapeva quale fosse il più importante. Non sapeva più nulla. Era caduta in un baratro da cui probabilmente non sarebbe mai uscita: il baratro dell'impotenza. Non poteva spezzare il suo legame con Lucas e, in realtà, non voleva neanche farlo. Ma non poteva nemmeno stare con lui.

Avrebbe voluto avere una risposta ai suoi quesiti, ma non l'aveva. Non c'era una risposta giusta, né una sbagliata: lo sapeva.

Le tornò in mente la lezione di letteratura dello scorso anno sui romanzi cortesi. Il cavaliere della caretta narrava del rapimento di Ginevra, moglie di Artù. Lancillotto, il suo amante, era disposto a tutto pur di salvarla e, quando si trovò a scegliere tra il suo onore e la sua amata, esitò un attimo soltanto, ma poi l'amore prevalse sulla ragione.

Isabelle invidiava Lancillotto. Lui aveva scelto in fretta, con la minima esitazione. Lei non ci riusciva. Non ci riusciva perché sapeva che avrebbe seguito la stessa strada del cavaliere, ma non poteva permetterlo. Al contrario di Lancillotto, lei non aveva intenzione di rinunciare al suo onore.

Perché si trattava di questo, ormai. Isabelle si sentiva un verme anche solo ad ammetterlo a sé stessa, ma era così.

Marco era morto.

Non sarebbe tornato indietro, mai. Le ci erano voluti nove mesi per capirlo, ma alla fine c'era riuscita. Non aveva dimenticato il loro amore semplicemente perché non era mai esistito. Si erano voluti bene, e tanto, ma solo ora riusciva a capire il vero significato di quell'emozione: l'amore ti distrugge. Ti obbliga a fare delle scelte, ti impone di rinunciare a tante cose, ma è anche la cosa più bella al mondo. L'amore è il paradiso in terra, ecco tutto. E, per arrivare al paradiso, si devono pur fare dei sacrifici, no?

Isabelle si stava sacrificando, e anche tanto.

Era arrivata a Brooklyn, ormai, ma l'unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era tornare a Manhatthan, bussare ad ogni porta, trovare la casa di Lucas e rivelargli ciò che provava.

Ma non l'avrebbe fatto.

“Perché diavolo ti ostini, ragazzina?” le chiese la vocina.

Perché si ostinava?

Non lo sapeva precisamente neanche lei.

Per orgoglio, certo, ma c'era anche dell'altro: Lucas non sapeva nulla di Marco e non voleva instaurare una relazione con lui nascondendogli il passato. Avrebbe potuto semplicemente dirgli tutto, ma non sapeva come fare. Era troppo spaventata.

Scosse la testa, decisa di scacciare via dalla sua testa, per quella sera, Lucas, Marco e anche Mike.

Parcheggiò vicino ad un marciapiede e scese dall'auto.

 

Il locale in cui entrò Isabelle era squallido: il pavimento era logoro, c'era un odore acre, le pareti erano sudice e il soffitto era pieno di ragnatele.

La ragazza si trattenne a stento dal vomitare. Nonostante l'aspetto, era il posto giusto.

Si sedette al bancone ed aspettò impaziente il barman.

Si aspettava un uomo corpulente e sporco sulla cinquantina, quello che le si parò davanti, invece, era un ragazzo di ventidue anni circa. Era molto carino: i capelli color miele un po' troppo lunghi gli ricadevano morbidi davanti agli occhi di un bellissimo azzurro. Le ricordò un po' Lucas e sorrise per un momento, poi scosse la testa. Il colore d'occhi di Lucas era irripetibile. E le mancava. Così come le mancavano le sue labbra, il suo sorriso, le sue braccia...

« Brutta giornata, eh? » chiese il ragazzo sorridendole.

Era strano che un tipo del genere lavorasse in un posto così, probabilmente, era solo per pagarsi la retta del college. Isabelle lo guardò per un attimo e il ragazzo arrossì. Era stato folgorato dalla bellezza della piccola donna che aveva di fronte.

« Già »

« Non dovresti essere in un posto come questo. »

« Ti prego, non farmi la predica. Sono già a pezzi. Berrò fino a quando sarò certa di svegliarmi con un grande mal di testa domattina. A volte è meglio soffrire fisicamente. »

« Mhh, va bene. In effetti, non sono nessuno per giudicarti. Anch'io bevo per dimenticare. »

« Credimi » disse Isabelle ridendo. Era una risata priva di divertimento, di calore « se sapessi cos'ho da dimenticare, saresti il primo ad affermare che non basterebbe tutto l'alcool che hai qui dentro. »

« Beh, iniziamo con un bicchierino di bourbon? »

« Facciamo tre. »

Il ragazzo rise « Ecco a te. »

Sistemò sul bancone tre bicchieri pieni di liquido giallognolo e Isabelle li bevve velocemente uno dopo l'altro.

Dopo il nono bicchiere, o forse il decimo o l'ottavo, non riusciva a ricordarne il numero, la ragazza iniziò a non riuscire nemmeno più a distinguere i contorni del bancone, o del ragazzo, o del locale.

Aveva raggiunto il suo obiettivo: i pensieri erano troppo incoerenti per riuscire a capirli.

Non ricordava nemmeno chi fosse Lucas, eppure, a quel nome pronunciato nella sua mente, non poté che non sorridere come un' ebete. L'alcool stava agendo bene: il suo cervello, adesso, non valutava Lucas in maniera negativa, anzi. Decine di immagini iniziarono ad apparirle davanti agli occhi: lei e Lucas al cinema, in gelateria, a scuola, a casa, in un letto.

In un letto.

Isabelle scoppiò a ridere a questo pensiero.

Lei era vergine, non aveva nemmeno idea di cosa significasse fare l'amore con qualcuno. Non si era sentita pronta con Marco e lui l'aveva rispettata, dicendole che poteva aspettarla.

 

Il parco in cui si trovavano i due ragazzi era una distesa immensa di verde. Il sole splendeva alto nel cielo, riscaldando l'aria. L'unico riparo da esso, era costituito dalle grosse ombre proiettate dalle querce.

La testa di Isabelle era appoggiata alle gambe di Marco. La ragazza aveva gli occhi chiusi, mentre si beava delle mani del suo ragazzo che le accarezzavano dolcemente i capelli: adorava quei momenti.

« Ehi, sei sveglia? » chiese Marco.

« Mhh » mugugnò Isabelle.

« Sei bellissima. »

La ragazza aprì gli occhi, si avvicinò di più a lui e lo baciò con dolcezza. Marco però la strinse più forte a sé e Isabelle notò qualcos'altro, in quel bacio: desiderio. Marco la desiderava.

Anche lei, ma non era pronta a cedersi completamente a lui. Riteneva la sua verginità una delle cose più importanti.

« Marco... »

« Mi dispiace, Piccola » si scusò lui, accarezzandola.

Isabelle posò una guancia sul suo grande palmo e lo guardò negli occhi.

« E' a me che dispiace, Marco ma io... »

« Ehi, ehi. Non c'è alcuna fretta. » la interruppe lui « Ti amo, okay? Conta solo questo. »

« Ti amo anche io. »

 

Tornata alla realtà, Isabelle, anche se era ubriaca fracida, capì ogni cosa: lei aveva sempre saputo di Lucas. Inconsciamente, certo, ma l'aveva sempre saputo.

Ricordava anche di aver tentennato prima di dire a Marco“ti amo”, il giorno in cui gli si era negata. E non era nemmeno stata l'unica volta che l'aveva rifiutato.

Sorrise.

Forse era solo l'effetto dell'alcool e la mattina dopo avrebbe cambiato completamente idea, ma , in quel momento, l'unica cosa che voleva era andare da Lucas. Voleva dirgli che lo amava, che la sua anima era sua, lo era sempre stata, come il suo cuore, come il suo corpo. Era sua. Per sempre.

Fece per alzarsi, ma la voce del barista la bloccò.

« Ehi » la chiamò

« Si? »

« Questo è per te » disse mostrandole un bicchiere di Vodka « Offre lui » indicò un ragazzo che era seduto in un angolo del locale, ma era troppo lontano per Isabelle: a causa dell'alcool, non riusciva a riconoscerlo.

Scrollò le spalle e si riavvicinò al bancone. Per tornare da Lucas e dirgli, finalmente, cosa provava, le serviva tanto coraggio e un altro bicchierino non era una cattiva idea.

Ingoiò il liquido rosa, salutò il barista, che sembrava stranamente preoccupato, e uscì dal locale. Avrebbe cercato un taxi e poi avrebbe mandato qualcuno a recuperare l'auto. Non poteva guidare in quelle condizioni e non poteva permettere che le accadesse nulla di brutto. Doveva raggiungere il suo Lucas.

« Stai andando da qualche parte? » chiese una voce.

Isabelle sentì il sangue gelare nelle vene. Quella voce la penetrò lo stomaco come mille schegge di vetro. Era la voce roca di un essere immondo, di un assassino.

Era la voce di Ryan.

« Sai, Lewan... credevo sarebbe stato molto, molto più difficile averti tutta per me » le sussurrò.

Isabelle cercò di scappare, ma fu completamente inutile. Ryan la stringeva così forte da farle male. Provò a divincolarsi, ma il mostro la colpì forte.

La trascinò fino ad un auto sicuramente rubata e la sistemò sul sedile posteriore. Salì al posto di guida e mise in moto. Sfrecciò per Brooklyn, mentre le lacrime iniziavano a scendere ininterrottamente sul volto di Isabelle: era finita. Ogni più piccola parte del suo corpo le stava dicendo che ormai non aveva più via d'uscita. Avrebbe voluto gridare, ma la paura l'aveva ammutolita. Quando gli occhi furono troppo pesanti per tenerli aperti, qualcosa la fece sobbalzare: Ryan aveva parcheggiato. La prese in braccio con violenza, senza alcuna delicatezza ed entrò in un palazzo decrepito, ancor più squallido del locale in cui Isabelle si era ubriacata poco prima. Il ragazzo salì le scale velocemente e, al terzo piano, aprì una porta. Gettò la ragazza a terra brutalmente. Lei gemette per la forza dell'impatto e iniziò a singhiozzare.

Il mostro le si avvicinò e s'inginocchiò accanto a lei. Le sfiorò una guancia col pollice e poi la colpì con un sonoro schiaffo. Isabelle urlò.

Era solo l'inizio della fine.

« Benvenuta nella tana del lupo, Piccola. »



***NOTE DELL'AUTORE***
Miei cari lettori, grazie. Non smetterò mai, mai di dirvelo; siete la mia gioia, la mia forza.
Fatevi sentire, ogni tanto.
Un grazie speciale, come sempre, a Drawandwrite e Bloosmury. 
Conoscere i sentimenti che provate per la mia storia, che sono praticamente sempre positivi, mi riempie di gioia.
Non so come farei, senza di voi! ♥♥
http://www.youtube.com/watch?v=Ir2Sg_8hC3w
 

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Capitolo 11
*** Salvami ***


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Capitolo 10

Salvami

Lucas era sempre stato un amante della velocità: amava correre in campo, in moto, in auto. Tuttavia, non ricordava di aver mai guidato in vita sua a 180 km/h.

Ma era una questione di vita o di morte.

Doveva trovare Isabelle.

Non sapeva dove fosse, ma non ne aveva bisogno: era come se qualcosa più grande di lui, un qualcosa di divino, soprannaturale, forse, lo stesse aiutando nella sua impresa.

Le auto che sorpassava sembravano delle indistinte macchie di diversi colori. Nulla sembrava fatto di materia, nulla sembrava definito.

Ma, infondo, c'era qualcosa che fosse definito, chiaro, nella sua vita?

Probabilmente no, non c'era mai stato.

Era sempre stato un ragazzo carismatico, un po' troppo pieno di sé, ma aveva avuto anche un grande cuore. Un cuore che aveva donato solo a due persone in tutta la sua vita: Ashley e Isabelle.

Solo che, a quest'ultima, non aveva donato solo il cuore, ma anche l'anima, il corpo...

Era completamente suo.

Schiavo di quella meravigliosa ragazza dai capelli biondi e il sorriso sghembo.

Era sempre stata lei, il suo destino.

E, mentre pensava a tutto questo, un ricordo iniziò a formarsi nella sua testa.

 

Ashley era morta da due mesi, ma a Lucas sembravano passati anni. Sentiva la sua mancanza sempre, ogni momento. Eppure, c'erano anche i suoi primitivi bisogni carnali ad assillarlo: gli mancava il calore di un corpo stretto al suo, gli mancava qualcuno con cui poter ridere, mangiare un gelato.

Aveva passato qualche notte con Victoria, ma era stato solo sesso. Buon sesso, ma solo sesso.

Sapeva di meritare di più, lui voleva di più.

Stanco a causa del continuo rimuginare, s'infilò nel letto e chiuse gli occhi. Dopo qualche istante, il velo del sonno cadde su di lui.

Lucas era consapevole di essere in un sogno. Una bellissima radura illuminata dal caldo sole di mezzogiorno apparve dinnanzi ai suoi occhi e, proprio sotto una grande quercia che proiettava un'ombra in grado di riparare tre persone dal caldo asfissiante, c'era Ashley.

Nonostante ritenesse che un sogno iniziante con una persona morta come protagonista non promettesse nulla di buono, non poté non pensare a quanto fosse bella . Proprio come la ricordava: i capelli corvini le ricadevano morbidi su una sola spalla, le labbra erano piegate in un piccolo sorriso ed era avvolta in un bellissimo vestito azzurro. Quando Lucas la guardò, però, notò qualcos'altro: nei suoi occhi c'era tristezza.

« Ashley... » sussurrò, provando ad avvicinarsi.

Non riusciva a raggiungerla. era come se, ad ogni passo che il ragazzo faceva in avanti, lei ne facesse uno indietro.

« No, non è lei. » disse Ashley.

Il suo tono di voce era basso, ma era dolce come al solito. Lucas sentì la voragine che aveva nel petto dal giorno della sua morte allargarsi ancora di più. Non voleva vederla così, non avrebbe mai voluto che fosse triste.

« Di cosa parli, Ash? » chiese, cercando di sorridere.

Non ci riuscì. Quella ragazza era il suo punto debole, come sempre. Da viva, era stata una ragazza dalle mille qualità: bellissima, brillante, divertente e con una voglia di vivere che non aveva eguali. Poi le avevano strappato via ogni cosa.

« Non è quella giusta, Lucas. Lei non è ancora arrivata.. »

« Parli di Victoria? Victoria non è quella giusta? »

Ashley annuì.

« E chi sarebbe quella giusta, tesoro? Tu non sei più accanto a me. Eri tu quella giusta. Solo tu. »

Appena il ragazzo pronunciò queste parole, le lacrime iniziarono a rigare il volto di Ashley. Vedendole, Lucas non poté far altro che piangere anche lui.

« Lei non è ancora arrivata, ma arriverà. » disse quello che ormai era un pallido ricordo della bellissima ragazza dalla pelle diafana.

Aveva la voce ridotta ad un sussurro. Stava soffrendo. Lucas tentò di avvicinarsi a lei ancora una volta, ma fu un tentativo vano.

« Non puoi raggiungermi. »

« Perché? »

« Perché non è questo che vuoi. »

Lucas sgranò gli occhi. Perché diceva così? Lei era stata sempre il suo tallone d'Achille, non poteva pensare che lui non la volesse ancora. Era sicuro che sapesse che ciò che aveva con Victoria non era nulla di neanche lontanamente romantico.

Ashley scosse la testa,ancora in lacrime.

« Non è me che il tuo cuore brama, non è me che la tua anima cerca. »

« E' assurdo ! E allora chi sarebbe? »

« Lei non è ancora arrivata. »

Lucas stava per chiederle di essere più precisa, di dirgli finalmente cosa intendesse con quelle enigmatiche parole, ma il corpo di Ashley iniziò a diventare trasparente fino a scomparire del tutto.

« Ashley... » sussurrò, ma era tardi.

Anche la radura era scomparsa.

 

Lucas tornò alla realtà. Non era più nel suo letto intento a sognare, ma nella sua bmw. Stava sfrecciando per le strade di Brooklyn.

E, dannazione, ora era tutto chiaro.

Quel sogno era stato una sorta di premonizione.

Scosse la testa.

Ma cosa succedeva?

Sembrava che la sua vita fosse ormai permeata di magia.

Oppure no. Stando alla definizione di Mike, era tutto " naturale ".

Ma c'avrebbe pensato in seguito. Naturale o no, ora doveva trovare Isabelle.

La sua vita.

La sua metà.

Spinse ancor di più il piede sull'acceleratore e, dopo pochi minuti, frenò di colpo.

Si ritrovò nel parcheggio di un locale. E la vide: la macchina di Isabelle.

Di lei, però, non c'era la minima traccia.

Il panico tornò ad impossessarsi di lui, ma riuscì a dominarlo. Doveva restare lucido. Era sempre stato un tipo impulsivo, ma non poteva permettere di lasciare nulla nelle mani del caso.

Guardò l'edificio.

L'insegna del locale era al neon, ma alcune lettere rimanevano spente a causa di qualche malfunzionamento elettrico.

Lucas cercò di leggere il nome.

Billy's.

Ma certo!

Era un posto squallido, ma c'era venuto spesso con qualche amico per darsi alla pazza gioia lontano da occhi indiscreti e senza aver bisogno di un documento falso.

Beh, in realtà era stato lì molto spesso per ubriacarsi così tanto da non pensare a nulla: alla scuola, alla morte di Ashley...

Ma per quale motivo Isabelle era stata lì?

Entrò dalla porta di legno decadente e cercò la persona che gli interessava.

Si guardò un po' intorno: era il posto più squallido che avesse mai visto.

C'era solo feccia, gente che ha solo due scopi nella vita: fare sesso e rimediare soldi per comprare della droga.

Il pavimento presentava degli aloni giallastri in quasi ogni angolo e su ogni superficie, dai tavoli alle sedie e , ancora, al bancone, c'erano spessi strati di polvere.

Finalmente trovò chi cercava. Era di turno al bar.

Will.

Era un ragazzo alto, con un fisico da calciatore, due occhi azzurri e i capelli color miele.

Lui e Lucas sarebbero potuti passare tranquillamente per fratelli.

Il ragazzo prima abitava nell'Upper East Side, ma poi, per rendersi indipendente dai genitori, aveva trovato lavoro e affittato un monolocale nel centro di Brooklyn.

Lucas lo ammirava.

Anche lui c'aveva pensato, ma la verità era che non avrebbe mai abbandonato sua madre, per niente al mondo.

Era una donna fragile, con un marito che amava il suo lavoro più di quanto avesse mai amato lei. Eppure la donna non provocava mai litigi con lui, gli era sempre devota, lo seguiva nei suoi viaggi..

Lucas la vedeva poco, ma provava nei suoi confronti un affetto smisurato e anche un po' di pena.

Si avvicinò al suo vecchio amico. Quest'ultimo gli rivolse un sorriso enorme.

« Ciao Luke! » salutò. « Non ti vedo dalla fine dell'estate. »

E in effetti, non aveva più messo piede in quel posto da quando Isabelle era arrivata in città. Era troppo impegnato ad ammirarla e, soprattutto, a proteggerla.

Proteggerla.

Ormai quello era diventato il suo obiettivo principale.

« Ciao Will » ricambiò senza l'accenno di un sorriso « non posso fermarmi, ma ho bisogno di alcune informazioni.E in fretta, anche. E' venuta una ragazza qui, stasera? »

Will arrossì. Lucas lo guardò accigliato.

« Bellissima, fisico mozzafiato e due occhi che ha probabilmente solo lei su tutta la faccia della terra? »

A quella domanda, Lucas sorrise. Avrebbe dovuto essere geloso, forse, ma non poteva non capire la reazione di Will.

Isabelle era fenomenale.

« Proprio lei. »

« E' andata via un quarto d'ora fa. Probabilmente con quel suo amico. »

Lucas sentì il cuore fermarsi.

Quale amico?

« Descrivimelo.» ordinò.

« Era di media statura, biondissimo e con degli occhi neri come la pece. Non mi pareva un bel tipo, ma lei sembrava conoscerlo. »

Lucas tremava mentre un unico nome appariva avanti ai suoi occhi ad intermittenza.

Ryan.

Il suo peggiore incubo, la sua paura più grande...si era avverato tutto.

Isabelle era con Ryan.

Non salutò nemmeno Will, uscì dal locale cercando di non farsi dominare dalla paura, ma stavolta fallì miseramente.

Isabelle era nelle mani del Diavolo.

Corse alla sua auto e avviò il motore. Non sapeva quale strada prendere, ma sapeva che sarebbe arrivato a destinazione seguendo solo il legame...un qualcosa che lo legava a quella piccola donna così indissolubilmente.

Fermò l'auto accanto ad un marciapiede. Non si preoccupò nemmeno di chiuderla. Che la prendessero, la sfasciassero, non gli importava. Entrò in un grande edificio di mattoni. Evitò l'ascensore e salì le decrepite scale che scricchiolavano ad ogni falcata. In pochi secondi, fu di fronte ad una porta ancora più squallida di tutto ciò che lo circondava.

Inspirò forte.

Stava per entrare all'inferno.

 

Ogni volta che Ryan faceva un passo in avanti, Isabelle sussultava. Dire che era terrorizzata e dolorante era un eufemismo. Non sapeva da quanto tempo fossero in quella stanza, non riusciva a rendersi conto del tempo che passava.

Sapeva solo che Ryan l'aveva torturata già in tre modi diversi.

L'aveva legata ad una sedia e imbavagliata, in modo che non potesse urlare.

Poi, per prima cosa, l'aveva riempita di pugni e schiaffi.

Successivamente aveva usato una frusta con cui le aveva colpito ripetutamente le gambe.

Infine, aveva preso un coltello fra le mani. Le aveva già provocato un taglio superficiale, ma doloroso, sul collo ed ora le parlava con una voce così bassa e strascicata che pareva un sibilo.

Il diavolo, nella genesi, aveva assunto le sembianze di un serpente per tentare Eva. Era considerato un animale malvagio, e Ryan gli somigliava sotto molti aspetti.

« Sai, Isabelle » disse « ho così tanti motivi per volerti morta. »

Le si avvicinò e passò il coltello sulla guancia destra della ragazza, sfregiandola.

« Vuoi che te li elenchi? »

Isabelle strinse gli occhi, cercando di non mostrarsi dolorante.

Il mostro rise.

« So che non vorresti, ma lo farò proprio per questo. Sei bellissima, proprio uguale ad Ashley. Avevo un debole per quella ragazza, sai? » disse.

Era sempre l'essere spietato di prima, ma al nominare Ashley, Isabelle notò una strana luce nei suoi occhi.

« Non volevo farle del male, ma lei mi ha rifiutato. Era troppo innamorata di Lucas. E così, l'ho prima fatta mia e poi l'ho ammazzata. Le ho sparato al cuore. Se non poteva essere mia, non sarebbe stata di nessun altro. Ah, poi, ovviamente, c'è il motivo più importante: la vendetta. Lucas possedeva l'unica persona per cui avessi mai provato qualcosa, ma non l'ha mai guardata nel modo in cui guarda te. E so che perderti lo distruggerà completamente. E' questo che voglio: voglio strappargli ciò che ama di più al mondo, così forse capirà cosa si prova. »

Isabelle urlò, ma il grido venne attutito dal bavaglio che aveva sulla bocca. Iniziò a piangere. Ryan l' aveva accoltellata alla pancia.

Quando il ragazzo estrasse il coltello, sentì il sangue uscire a fiotti, ma non poteva permettere al buio di prendere il sopravvento. Doveva restare sveglia, lucida.

Cercò di pensare a Lucas, l'unica persona capace di darle forza in quel momento. Non poteva lasciarlo solo, aveva già perso Ashley. E, francamente, non voleva lasciarlo solo. Ora più che mai, lo voleva accanto a sé.

“Ti salverà” disse la vocina che popolava la sua mente. Questa volta, Isabelle l'ascoltò volentieri.

 

Lucas sfondò la porta con un calcio. La scena che gli si parò davanti lo pietrificò. Isabelle era legata e imbavagliata su una sedia, il volto sconvolto, segnato da vecchie e nuove lacrime. Quando i loro occhi si incontrarono, Lucas percepì una voce, la sua voce, nella testa.

“Salvami” diceva in un sussurro.

Decine di immagini affiorarono nella mente del ragazzo. Immagini che ritraevano lui e l'amore della sua vita.

Poi Isabelle chiuse gli occhi.

E tutto sparì.

Avvenne tutto in un attimo, poi Lucas individuò Ryan. Era girato verso di lui e lo guardava, un ghigno era impresso sul suo viso.

« Sei qui, Archer. Stavolta proverai a salvare qualcuno. Chissà perché, me l'aspettavo. Sarà un piacere ucciderti » disse estraendo una pistola dalla tasca posteriore dei jeans.

Lucas avrebbe voluto farlo a pezzi, ma doveva essere cauto. Quell'essere immondo avrebbe potuto ucciderlo in un secondo. Poteva anche farlo, ma non con Isabelle lì. Doveva salvarla. Era stata lei a chiederlo. Non poteva deluderla, nessuno l'avrebbe delusa mai più.

Ma, anche se lei non gli avesse fatto tale richiesta, come avrebbe potuto lasciare che le facessero altro male?

Ryan si volse a guardare Isabelle. Fu solo un secondo, ma Lucas riuscì a sfruttarlo. Con una velocità inumana si portò dietro il mostro e gli afferrò un polso. Strinse forte, e la pistola scivolò dalla mano di Ryan atterrando sul logoro pavimento con un tonfo sordo.

« Come hai osato, bastardo? » chiese ringhiando.

« Scommetto che è vergine, la puttana. Non appena l'ho toccata, si è irrigidita. Avrei dovuto violentarla, prima. Ma volevo solo farle del male. Volevo vederla soffrire, ma, soprattutto, volevo vedere te in questo stato. Andiamo, Archer. Uccidimi. So che è quello che vuoi. »

Aveva ragione. Qualche minuto prima non l'avrebbe fatto, ma ora non ne era più così sicuro. Aveva detto di Isabelle cose orribili. Le aveva fatto del male, per poco non l'aveva violentata.

Per poco non le aveva strappato via la sua verginità, la sua innocenza.

Quell' abominio meritava la morte.

E l'avrebbe avuta.

Lucas gli tirò il braccio. Probabilmente, a causa della troppa forza messa in quel gesto, gli aveva slogato una spalla. Riuscì a dargli un calcio nelle gambe e a farlo cadere, ma Ryan lo trascinò con sé. Sul pavimento, la lotta continuò: era un groviglio di braccia e gambe. Entrambi colpivano e incassavano, ma, alla fine, Lucas riuscì ad avere la meglio. Sollevò Ryan per il colletto della polo che indossava e riuscì a scaraventarlo dall'altro lato della stanza

Si avvicinò velocemente alla pistola rimasta in terra e la tenne stretta fra le mani.

« Hai ragione, Ryan » disse« vorrei ucciderti io stesso. Tu meriti la morte. »

Puntò l'arma alla gamba del ragazzo e sparò.

Il suono fu così forte da far male alle orecchie.

« Ma non sarò io a dartela » continuò Lucas. « Io non sono un assassino. Io non sono te. »

Aveva puntato all'arto in modo da evitargli qualsiasi movimento. Doveva portare Isabelle via di lì, subito. Da quando aveva chiuso gli occhi, non l'aveva più vista riaprirli.

Si avvicinò cautamente alla ragazza e sciolse i nodi che la legavano alla sedia. Aveva dei segni rossi su entrambi i polsi. Li accarezzò per un secondo, beandosi della sensazione che gli dava il contatto con la sua pelle perfetta.

« Andiamo, Isabelle. Ti porto via. » sussurrò, spaventato.

La ragazza non si muoveva, ma riusciva ancora a sentire-o percepire-il battito del suo cuore. Uscì in fretta dall'edificio mentre la teneva stretta fra le braccia. Gli faceva male tutto, ogni muscolo, ma non aveva importanza in quel momento. Aprì l'auto e sistemò Isabelle sui sedili posteriori.

Fu allora che la vide.

A causa della fretta avuta nell'allontanarla il più possibile da Ryan, non aveva osservato attentamente il suo corpo, ma, adesso, il suo cuore divenne di ghiaccio.

Isabelle aveva un taglio profondissimo proprio sulla pancia. La maglia blu che indossava era intrisa di sangue nel punto in cui il coltello le aveva lacerato la carne.

Lucas si sentì morire, ma prima che la paura potesse impossessarsi completamente di lui, Isabelle parlò:

« Tu... » disse in un debole sussurro « tu mi salvi sempre. »

Poi tornò al suo buio.

Lucas era sempre stato un amante della velocità, ma ora, mentre guidava, col volto rigato di lacrime, era veloce per un solo motivo: doveva salvare la vita della sua anima gemella.

 




**NOTE DELL'AUTORE**
Ciao! Eccovi qui in bell'aggiornamento...non potevo farvi aspettare troppo ! Niente..il capitolo mi piace, credo mi sia riuscito abbastanza bene, ma lascio giudicare voi.
Ho avuto un'idea: vorrei creare una pagina facebook in cui potremmo scegliere i volti dei personaggi, fare qualche spoiler di tanto in tanto e cose così.
Fatemi sapere in un mp o rimarrà solo un'utopia.
Ah, non aggiorno se non ho minimo dieci recensioni.
Dai, scherzavo hahahha... non m'importa di queste ultime, ma spero di riuscire, in qualche modo, a sfiorare il vostro cuore.
Un grazie speciale a Drawandwrite e Bloomsbury per le loro sempre accurate recensioni.
E a voi, miei lettori silenziosi.
Siete la mia gioia, tutti ♥

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Capitolo 12
*** Resta con me ***


Capitolo 11

Resta con me

Lucas sentiva il dolore propagarsi in tutto il corpo come fosse un fuoco.

Centinaia, forse migliaia, di volte aveva provato dolore, ma si era trattato, quasi sempre, di un male fisico, che non aveva nulla in comune con il cuore, o l'anima.

Nemmeno alla morte di Ashley si era sentito così.

Gli eventi si erano succeduti rapidamente, eppure a lui sembrava che il tempo scorresse molto più lentamente al solo scopo di lacerargli il petto.

Erano passate tre settimane, dal giorno dell'aggressione; tre settimane di pura agonia. Ryan era stato arrestato subito dai poliziotti chiamati dal ragazzo e quest'ultimo, grazie al padre di Isabelle, l'avvocato Lewan, non era stato accusato di nulla. Anche perché non aveva fatto niente di sbagliato.

Non nei confronti di Ryan, almeno.

Con Isabelle, invece, aveva sbagliato ogni cosa; era arrivato troppo tardi.

Tre settimane; ventuno giorni e quattordici ora e lei non si svegliava.

Era caduta in un coma profondo a causa del troppo sangue perso dalla ferita alla pancia.

La verità era semplice: Lucas aveva gareggiato contro il tempo e fallito miseramente.

E, mentre rimuginava, preso dai sensi di colpa, non poté fare a meno di maledirsi ancora una volta.

Si trovava in ospedale; passava praticamente tutto il suo tempo lì, ma, quel giorno, doveva tornare a scuola per rinnovare il permesso di assentarsi senza che ciò influisse troppo negativamente sulla sua condotta.

Si alzò, riluttante, dalla scomoda poltrona verde su cui era seduto da ore intere e si stiracchiò. Guardo Isabelle.

Era bellissima.

Il suo volto era più pallido del solito, ma con i bellissimi capelli biondi e gli occhi chiusi sembrava una bambola addormentata. A Lucas mancò il fiato. Guardarla in quello stato gli procurava delle fitte lancinanti, eppure ammirarla era qualcosa a cui non poteva rinunciare.

Le accarezzò la guancia destra con le nocche.

« Torno presto. » le sussurrò.

Si allontanò in fretta. Prima sarebbe andato, prima sarebbe tornato.

***

Rimettere piede a scuola, per Lucas, era una vera tortura.

Si era abituato alle pareti bianche, alle lenzuola bianche, alle tende bianche; insomma... si era abituato a tutto quel... bianco. L'ospedale era sempre un stato un posto odiato da tutti, ma ovunque fosse Isabelle diventava “casa” per lui. Lei era il suo porto sicuro.

 

Potrebbe non risvegliarsi. “

Sembrerebbe troppo tardi. “

E' un coma abbastanza profondo. “

 

Le frasi dei vari medici che avevano visitato la ragazza tornarono a vorticargli in testa. Non voleva credere a quelle affermazioni; non l'avrebbe mai fatto. Si sarebbe svegliata, presto. Doveva farlo.

Il cortile era gremito di gente; lo salutavano tutti, ma lui continuava ad ignorarli: si comportava come se non gli importasse più di nulla, come se il suo mondo si fosse frantumato.

E' così, pensò.

« Lucas » lo chiamò una voce.

« Ciao, Mike» salutò di rimando, ma senza enfasi.

Poteva ignorare tutti, ma non lui. Non lo meritava. Era una delle poche persone vicine a Isabelle. L'unico ad essere immischiato in quella leggenda risalente alla genesi insieme a loro. Forse era più vicino alla ragazza dello stesso Lucas.

« E' migliorata? »

« No, » rispose Lucas in un sussurro « è nelle stesse condizioni di tre settimane fa. »

« Luke, » disse Mike abbracciandolo « non è stata colpa tua.. »

Lucas si lasciò abbracciare, aveva bisogno di un contatto umano. Tuttavia, non poté trattenere le lacrime.

« Se fossi arrivato prima... »

« Lucas, non potevi. Nessuno ci sarebbe riuscito. Lei respira; è viva. Ed è tutto merito tuo! »

« Respira grazie a una macchina! »

« Starà bene, lo so. Così come lo sai tu, vero? »

Il ragazzo annuì, cercando di darsi un contegno.

« Ora vado, Mike. Devo firmare quegli stupidi moduli e tornare in ospedale. »

« Và. Ci vediamo lì tra qualche ora. »

Lucas si volse e si avviò verso la segreteria.

Mentre vagava per i corridoi, non poté fare a meno di sorridere. Era arrivato nel punto esatto in cui, quella mattina di pochi mesi prima, aveva visto la ragazza che sarebbe diventata il centro esatto del suo universo. Erano successe così tante cose, avevano fatto così tante scoperte, ma non riusciva ancora a descrivere le emozioni provate nel momento in cui i suoi occhi avevano guardato attraverso quelli di Isabelle. Era stata quella, la loro prima conversazione. O meglio, era stata la prima conversazione delle loro anime. Si erano trovati in questa vita, così come avevano fatto altre migliaia di volte.

Si costrinse ad avanzare, ma una figura esile dai lisci capelli rossi lo bloccò.

« Lucas » salutò Victoria « è un po' che non ci si vede. »

« Sono di fretta » rispose lui atono.

« Oh, non ho dubbi, ma non m'interessa. »

« Cosa diavolo vuoi, Victoria? » ringhiò Lucas.

« Te. » ripose la ragazza « Ho sempre voluto solo e sempre te. E, finalmente, ora ti avrò. »

Il ragazzo rise, ma fu un suono crudele.

« Ah, davvero? » chiese. « E perché mai? »

« Perché staccheranno la spina del respiratore che tiene Isabelle in vita presto, no? »

In quel momento, Lucas scattò. Era in un luogo pubblico, e stava praticamente strangolando una ragazza, ma importava?

No.

Con quella sua lurida bocca, Victoria aveva detto l'unica cosa che non le avrebbe mai perdonato.

« Non provare a parlare di Isabelle, Victoria. » disse, stringendo la presa attorno al collo della ragazza » Non osare farlo, capito? »

La ragazza annuì a stento, presa alla sprovvista da quella reazione, ma Lucas non la lasciò.

Avrebbe potuto ammazzarla in un attimo, ma una voce nella sua testa lo bloccò.

“Non farlo, Lucas. Non diventare un mostro come Ryan. “

Era la voce di Isabelle.

Il ragazzo lasciò subito Victoria e si diresse in segreteria.

Doveva tornare dalla sua piccola donna.

Aveva bisogno di lui, lo sentiva.

Durante l'intero percorso, non si guardò indietro neanche una volta.

**

All'imbrunire, la stanza d'ospedale numero 202, acquisiva una forte tonalità rossastra. Il sole, che tra poco sarebbe scomparso completamente, filtrava dalle finestre donando al volto di Isabelle un po' di colore. Lucas guardava dalla sua poltrona quel gioco di luci, sbalordito.

Non portava nulla, quando andava in ospedale da Isabelle: né un cellulare, né un computer, né un libro.

Il suo tempo lo passava ad ammirarla.

E a piangere.

Sì, piangere.

Non riusciva ad impedire alle lacrime di rigargli il volto; non ci riusciva mai. Perché, per quanto gli altri lo negassero, per quanto lui stesso cercasse di negarlo, non poteva non prendersi la colpa di tutta la questione.

Era sempre stato così: si preoccupava troppo per le persone; i sensi di colpa riuscivano sempre a dominarlo. Ma, stavolta, non riusciva proprio a farsene una ragione.

Il suo cuore non batteva più ad un ritmo regolare: era sempre troppo, troppo veloce. Il respiro gli si accorciava al più piccolo movimento di Isabelle.

Ma perché era successo a lei?

Si era addossato anche la colpa della morte di Ashley, ma l'aveva superato perché la sua vita aveva acquistato un senso, finalmente.

Perché, perché, nella sua vita, la tempesta non cessava mai?
Perché il sole non tornava mai a splendere?

Si prese il volto fra le mani, distrutto.

Non dormiva quasi più; evitava di chiudere gli occhi perché, ogni volta che lo faceva, la sua subdola mente creava delle immagini orribili: Isabelle, bianchissima, in una bara. Il volto sereno, gli occhi chiusi che non si sarebbero mai più aperti.

Isabelle, in quella stessa stanza, che moriva sotto i suoi occhi.

L'ultimo battito del suo cuore dopo un silenzio inumano...

Isabelle, Isabelle, Isabelle...

« Ti prego. Ti prego, Isabelle. Devi svegliarti. » sussurrò.

Nella sua voce, il tormento era evidente.

Toc Toc

Il leggero bussare alla porta lo costrinse ad asciugarsi, velocemente, le lacrime.

« Avanti » disse.

La figura che apparve sulla soglia, era quella di un uomo molto alto e robusto. Aveva corti capelli biondi-color dell'oro- e occhi grigi.

Era Jhonathan Lewan, e somigliava tantissimo a sua figlia.

« Signor Lewan » salutò Lucas, rispettoso.

« Lucas, sei ancora qui? » chiese l'uomo.

Aveva una voce soave, capace di calmare anche gli animi più bollenti. Forse era per questo che, da avvocato, era un fenomeno.

« Sì. »

« Dovresti riposare un po'. »

Jhonathan gli sorrise e Lucas non poté non notare l'ironia della situazione: l'avvocato Lewan aveva grossi cerchi violacei intorno agli occhi; anche lui dormiva pochissimo.

« Voglio essere qui, quando si sveglierà. »

« Ci tieni a lei, non è così? »

« Più della mia stessa vita. »

« Più della tua stessa vita. » ripetè l'uomo, sorridendo « Non conosci ancora la sua storia? »

« La sua storia? »

« Si. »

« Centra qualcosa la tristezza che le leggo negli occhi ogni giorno? »

« Molto probabilmente. Ma, devo ammettere, Lucas, che da quando è venuta qui, da quel poco che ho visto a causa del mio stupido lavoro, è migliorata tantissimo. » Jhonathan fece una pausa, poi riprese « Devo ringraziare te e Michael per questo. Tuttavia, mi sembra di non averti ancora ringraziato per averle salvato la vita. »

« Signor Lewan... » lo interruppe il ragazzo.

« No, so che ti ritieni responsabile della sua permanenza qui, ma ora lei, grazie a te, ha qualche possibilità. E' viva grazie al tuo coraggio. E io non potrò mai ringraziarti abbastanza. »

« Io la amo... » sussurrò Lucas.

Non sapeva perché l'aveva detto, ma si sentì subito meglio.

Jhon sorrise.

« Lo so, ragazzo mio. La amo anche io, tu, però, al contrario di me, sei riuscito a dimostrarglielo. Si sveglierà. Si sveglierà presto. »

« Sì, lo farà. »

L'uomo e il ragazzo si guardarono per un istante negli occhi; provavano entrambi lo stesso dolore.

« Posso? » chiese una voce.

Mike entrò nella stanza, imbarazzato.

« Salve, Michael » salutò il signor Lewan « stavo andando via. Vi lascio soli, ragazzi. »
Detto questo, l'uomo si congedò.

Mike si avvicinò a Lucas e gli diede una pacca sulla spalla.

« Come va? »

« Come sempre. »

« Sai » iniziò Mike guardando la sua più cara amica « la prima volta che l'ho vista, aveva una tristezza negli occhi così grande che ricordo di aver pensato: “ Questa ragazza non supererà mai ciò che sta passando. “. Poi, però, la nostra cara Isabelle, mi ha mostrato l'esatto contrario: ha combattuto ogni giorno contro ciò che la turbava ed è migliorata. Quella tristezza non è mai scomparsa, eccetto che in alcuni momenti, ma era molto più lieve. Lei è competitiva, Luke. Credi davvero che permetterà ad un coma di vincerla? Guardala! Riesci a vedere il sorriso che ha sul volto? Guardala bene! Sta lottando, con tutta sé stessa. Lei non vuole andare via. Lei vincerà questa battaglia e tornerà da noi. »

Il ragazzo tornò a guardare Lucas negli occhi, ma quest'ultimo era impallidito. Non riusciva ad emettere alcun suono; riuscì solamente ad alzare un dito e indicare al cugino lo strumento che monitorava il battito di Isabelle. Il cuore della ragazza batteva sempre più lentamente.

Mike, velocissimo, chiamò gli infermieri.

Una donna sulla quarantina, con ricci capelli neri, li fece uscire dalla stanza.

Le uniche parole che i due ragazzi riuscivano a sentire erano: Codice Rosso, CODICE ROSSO. STANZA 202.

Arrivati in sala d'attesa, erano sconvolti. Mike andò a sedersi su una delle sedie, Lucas non riuscì neanche ad arrivarci. Si accasciò contro una parete. Era il ritratto di un uomo divorato dalle fiamme.

« Non andare via » sussurrò « Resta con me, Isabelle. »

Si era ormai abituato a sentire il sapore salato delle sue stesse lacrime, tuttavia, in quel momento, il pianto non era uno sfogo.

Era solo un qualcosa che incrementava il suo dolore.




****NOTE DELL'AUTORE****
Ciao gioie mie,
eccomi con un aggiornamento! Questo capitolo è stato difficile da scrivere: immedesimarmi nel dolore di Lucas è stato davvero complicato.
Quindi, dovete farmi sapere cosa ne pensate, casomai lo scrivo di nuovo U___U !
Sto crescendo, grazia a questa storia, e ne sono contentissima.
Grazie perchè mi seguite e recensite.
Un ringraziamento speciale a Bloomsbury, Drawandwrite e Mary Blue Zabini che hanno recensito il capitolo precedente! Per chi non avesse ancora letto la oneshot sulla morte della madre di Isabelle: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2197249&i=1
Alla prossima ♥♥

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Capitolo 13
*** Limbo ***


Capitolo 12

Limbo

Isabelle sbatté le palpebre e, pian piano, si risvegliò dal suo stato di incoscienza; era completamente intontita. Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse e, soprattutto, perché l'avessero lasciata da sola. Era in un letto che presentava rigide e orrende coperte bianche. Alzò gli occhi; anche le pareti che parevano incombere su di lei erano bianche. E le sbarre ai piedi del letto?

Certo; era in un ospedale.

Ma per quale motivo?

Si alzò senza fatica, a parte la testa che girava, non avvertiva alcun dolore.

Cercò di ricordare, ma era come se un muro impedisse ai suoi ricordi di riaffiorare.

Ma che diavolo stava succedendo?

Si guardò intorno, ma senza risultati: tutto appariva poco vivo, sbiadito, come se ciò che la circondava non fosse fatto di materia.

Camminò per qualche secondo cercando un' uscita, ma non trovo nulla. Proprio quando stava per arrendersi, una voce la fece sobbalzare.

« Ciao, Isabelle » sussurrò qualcuno.

Il cuore della ragazza perse un solo battito, poi tornò a battere sempre più velocemente. Dopo poco, acquisì un ritmo frenetico e non sembrava avere alcuna intenzione di rallentare.

Il motivo di tale reazione fisiologica era semplice: la voce apparteneva a Marco.

Era impossibile.

Lentamente, si girò in direzione della voce. Cercò di non affrettarsi, di non essere brusca. Temeva che, in qualche modo, il ragazzo che aveva tanto amato potesse scomparire all'istante.

« Marco » mormorò guardando, per la prima volta dopo quasi un anno, dentro quei bellissimi occhi nocciola che le erano tanto mancati « … non può essere vero. »

Era proprio come lo ricordava: i capelli castani gli ricadevano morbidi sulla fronte; il volto era così perfetto e così luminoso da sembrare quello di un angelo.

Il ragazzo le sorrise, ma adoperò solo le labbra cremisi e carnose: il sorriso non raggiunse i suoi occhi.

« E' vero, Isabelle, » disse « ma è anche falso. »

« Che intendi? » chiese la ragazza, non riuscendo a trattenere la felicità che grondava dalla sua voce.

« Che tutto ciò è vero, ma falso allo stesso tempo. »

Isabelle sbuffò.

« Potresti spiegarti meglio, per favore? » chiese.

Il ragazzo rise e lei sentì il ghiaccio che aveva sul cuore sciogliersi.

« Siamo nel limbo, Belle. » disse.

« Eh?!? » esclamò la ragazza « Tipo: confine tra la vita e la morte? Scusa, ma mi sembra più plausibile la mia ipotesi. »

« E quale sarebbe, la tua ipotesi? »

« Sei resuscitato ! »

Sul volto della ragazza era dipinto un sorriso dolcissimo, gli occhi erano pieni di gioia. Sembrava una bambina che aveva ricevuto tutto quello che voleva per Natale.

Marco rise ancora, ma il dolore era ancora ben impresso nel suo sguardo.

« Vorrei tanto fosse così, ma tutto ciò non riguarda me. La tua definizione di limbo è giusta, e tu ci sei dentro. »

« E tu? » chiese Isabelle, confusa.

Cosa ci faceva Marco lì, se quello era il limbo?

« Io di solito sono ai piani alti. » rispose Marco, pacato.

« E allora cosa ci fai qui? E, soprattutto, cosa ci faccio io qui? »

« Ricorda » ordinò lui.

La ragazza lo guardò e cercò di fare ciò che le era stato chiesto. Chiuse gli occhi e, non appena lo fece, centinaia di immagini le affollarono la mente. Raffiguravano tutte lei, Ryan...

« Lucas … » mormorò.

« Lui ti ha salvata. »

« Si, ma se sono nel limbo significa che non ha fatto in tempo... »

“ E ciò vuol dire che starà soffrendo tantissimo.. “ disse la voce che ormai identificava come la sua coscienza.

Nemmeno nel limbo poteva lasciarla in pace?

Eppure, aveva ragione: se era nel limbo, se era ad un passo dalla morte, probabilmente Lucas stava patendo le pene dell'inferno.

Il suo Lucas...

« Non mi riferisco a quando ti ha salvata da Ryan, Isabelle. Lucas ti ha salvata in tutti i modi in cui una persona può essere salvata. » disse Marco, interrompendo i suoi pensieri.

« Oddio! » esclamò Isabelle « Cosa ti hanno insegnato nell' al di là, a parlare in maniera enigmatica? »

« Sì, anche.» sorrise lui « Ti ha salvata anche da te stessa. » terminò.

« Da me stessa? » chiese la ragazza, sconvolta.

Marco annuì.

« Se non l'avessi incontrato, saresti morta. » spiegò.

« Io sono morta. »

« No, Isabelle. Ho un compito da portare a termine. Ascoltami: senza Lucas, saresti morta. » ripetè.

« L'hai già detto, ma non riesco a seguirti... »

« Hai tentato il suicidio una volta e l'avresti rifatto. Però, non avresti fallito: ti saresti ammazzata. » disse Marco, mente una lacrima che gli scendeva sulla guancia.

«Ah-ah» esclamò Isabelle « Ho capito! »

« No, non è vero. Stai per dire qualcosa di stupido. »

« Ehi! Non è giusto! Non dovresti leggermi la mente. »

« Non posso farlo, piccola, ma ti conosco troppo bene. Avanti, spara. »

« Questo è un sogno! Ho preso uno dei sonniferi di papà. »

Marco si passò una mano sulla fronte, esasperato.

« Lo sapevo. »

« Andiaamo, sai che è così! »

« Posso finire? »

« Davvero non è un sogno? »

« No. »

« Oh, e va bene! »

« La ferita che Ryan ti ha inferto alla pancia era molto grave e...»

« Mi ha fatto malissimo! » lo interruppe lei, indignata.

« Isabelle! » la rimproverò lui.

La ragazza arrossì.

Marco sorrise, davanti a tanta bellezza. Quanto le era mancata!

« Insomma, la ferita che ti ha fatto tanto male era molto grave. Sei in coma da tre settimane. » il ragazzo si fermo e, guardando gli occhi spalancati di lei, sospirò e chiese: « Commenti? »

Isabelle sentì il cuore in gola. In coma da tre settimane? E cosa avevano pensato di tutto ciò Lucas, Mike, suo padre? Si erano preoccupati, stavano bene? Marco avrebbe dovuto dirglielo subito, senza troppi fronzoli. Infondo, avrebbe dovuto saperlo! Era suo diritto. Magari, avrebbe potuto fare qualcosa, rassicurarli in qualche modo.

Ma avrebbe davvero potuto?
Cos'avrebbe fatto?
Sarebbe apparsa alle persone a cui più teneva in sogno e avrebbe detto qualcosa tipo: “ Non sono morta, sono solo nel limbo” ?

Anche solo pensarlo, era assurdo. Eppure DOVEVA fare qualcosa.
E che Diavolo, Marco avrebbe dovuto dirglielo prima!

« QUANDO AVEVI INTENZIONE DI DIRMELO? » urlò, furiosa

« Sei tu ad interrompermi in continuazione! »

« Non è vero! »

« Sì, invece! »

Dopo questo piccolo battibecco, si guardarono e scoppiarono a ridere.

Ovviamente, i sensi di colpa di Isabelle si fecero sentire ancora una volta. Come aveva potuto dimenticare tutto questo?

Beh, semplice: Lucas.

Anche in quel momento così dolce, così simile al passato e al presente che avrebbe voluto un tempo, non poteva negare che la sua assenza le lasciava dentro una voragine ben più profonda di quella che aveva lasciato la morte di Marco.

« Non devi farlo, Isabelle. » il ragazzo interruppe i suoi pensieri.

« Cosa, Marco? » chiese Isabelle in un sussurro.

« Non devi mantenere quella promessa. »

La ragazza scosse la testa; il volto era rigato di lacrime e si mordeva il labbro inferiore.

« Marco... »

« So tutto, Isabelle. So che, comunque, prima o poi l'avresti infranta. Ma non è assolutamente sbagliato.» disse Marco. Le si avvicinò e le alzò il viso facendo pressione con le dita sotto al mento. La guardò in quegli occhi meravigliosi e sorrise « Non permettere ai tuoi sensi di colpa di prendere sempre il sopravvento. Io non ci sono più, Isabelle. E' giusto che tu ti rifaccia una vita. Tu lo ami, vero? »

« Ho amato anche te. » disse lei.

« Lo so, per questo sono qui. »

Isabelle rifletté.

« Hai detto di avere un compito. » disse « Di cosa si tratta? »

« Devo aiutarti a scegliere. »

« Spiegati meglio, » disse la ragazza « senza enigmi. »

« Bene. » iniziò Marco « Abbiamo già appurato che sei nel limbo, il confine tra la vita e la morte. Ciò che pochi sanno è che la scelta di continuare a vivere, o morire, è proprio della persona racchiusa qui. »

« Okay, voglio vivere. E ora? »

« Non è così semplice. Devo mostrarti le tue alternative e, soprattutto, devo mostrarti le conseguenze che porterà l'una, o l'altra, scelta.»

« Non capisco. »

« Vieni con me. »

Marco le porse la mano, ma Isabelle non la prese. Si scusò con lo sguardo e Marco capì.

Non poteva avere nessun contatto fisico, l' ultima persona che ricordava l'avesse toccata era Lucas. E se, per assurdo, avesse scelto la morte alla vita, voleva che il suo tocco le restasse addosso.

Ma poi, perché avrebbe dovuto scegliere la morte? E perché dovevano esserci delle conseguenze?

Marco la guardò rassegnato e poi schioccò le dita.

D' un tratto, tutto cambiò.

Non si trovavano più in ospedale, ma in un bellissimo giardino. Proprio nel centro, c'era un fiume che si divideva in quattro bracci; centinaia di fiori diversi emanavano un profumo piacevolissimo. Era tutto così etereo! Il cielo era blu, punteggiato da migliaia di stelle che emettevano una luce fortissima; le nuvole sembravano essere trasparenti, c'erano animali che scorrazzavano felici sotto gli alberi che erano alti due metri e foltissimi. Uno di loro, era ancora più grande. Era l'albero della conoscenza del bene e del male.

Marco l'aveva portata nel Paradiso Terrestre, nell' Eden. Dove tutto aveva avuto inizio; dove Dio aveva creato Adamo ed Eva e poi li aveva puniti.

Era al principio.

« Oh » borbottò Isabelle « questo non promette nulla di buono. »

« Che c'è? » chiese Marco « Non ti piace? »

« Certo, ma spero che la nostra prossima visita non sia all' inferno. » rivelò lei « Ho paura di quel posto! »

« Ma cosa devo fare con te? Non ti porterò all'inferno. »

Isabelle sospirò di sollievo.

« Menomale! » esclamò « Ma se la mia prima opzione è il paradiso, e l'altra non è l'inferno... qual è? »

Marco schioccò di nuovo le dita.

Ogni cosa, per la seconda volta, mutò.

All'inizio, Isabelle non riuscì a capire dove si trovassero. Poi, tutto divenne più chiaro: erano a Manhattan.

Da lontano, scorse due figure: erano lei e Lucas.

Avrebbe tanto voluto dire che stavano camminando, ma non era così. Lucas camminava, lei era seduta su una carrozzella che il ragazzo spingeva. Era paralitica.

« Mio Dio... » esclamò, portandosi una mano sulla bocca « cos'è successo? »

Marco scosse la testa, non voleva guardarla; non voleva risponderle. Eppure doveva.

« Quando ti sveglierai, se deciderai di svegliarti, ci sono buone probabilità che tu finisca su una sedia a rotelle. » disse, la voce intrisa di dolore.

« Rimarrò per sempre su una sedia a rotelle? » chiese Isabelle, atona.

« Non è detto, ma è probabile. »

« Lucas... tutto questo gli peserà tantissimo, vero? »

« No, Isabelle. Guardalo: sorride. Lui vuole solo averti accanto. »

« E' un santo. »

Per quanto si sforzasse di non sembrare così felice per non turbare Marco, non poteva non sorridere. Era orribile sapere che, una volta uscita dall'ospedale, nella peggiore delle ipotesi sarebbe stata condannata a trascorrere la sua vita su una sedia a rotelle. Era orribile sapere che non avrebbe potuto più condividere la gioia immensa di segnare un goal insieme a Lucas; era orribile, eppure, mentre osservava il volto di quel “Lucas del futuro” non poteva non gioire. Lui la guardava come aveva sempre fatto, come se fosse una cosa preziosa; come se esistesse solo lei e non sette miliardi di persone.

« E' innamorato » disse Marco.

Isabelle lo guardò dolcemente. Il ragazzo distolse lo sguardo e continuò:

« Ti ama più di quanto abbia mai amato Ashley, o sé stesso, o chiunque altro. Ti ama, proprio come lo ami tu. »

Isabelle iniziò a piangere di nuovo.

« Mi dispiace tanto, non volevo. » sussurrò.

« Siete destinati dall'inizio dei tempi, Isabelle. Sarebbe successo comunque, anche se io non fossi morto. »

La ragazza si passò una mano fra i capelli. Non parlò, non poteva negare quelle affermazioni. Odiava mentire.

« Ora » continuò Marco « Tocca a te. Devi scegliere tra una vita mortale, fatta di sacrifici con Lucas, o la beata morte nei giardini dell'Eden. Ci saranno delle conseguenze gravi in entrambi i casi, come già detto, devo mostrartele. »

La ragazza sgranò gli occhi.

Gravi?

« Cosa intendi? »

Per la terza volta, lo scenario cambiò: erano di nuovo nell' Eden, ma ora il giardino presentava grossi cancelli di ferro battuto. Quando Isabelle provò ad aprirli, la sua mano bruciò a quel contatto.

« Ahia! » esclamò « Ma che diavolo...? »

« Se sceglierai di sopravvivere, non avrai accesso al Paradiso Terrestre. Una volta morta, la tua anima non raggiungerà mai la pace; sarà costretta ad un eternità di reincarnazioni. »

All'improvviso, nella mente di Isabelle, qualcosa scattò.

« Mio Dio... » sussurrò « E' per questo che io e Lucas ci innamoriamo sempre, in ogni vita, vero? »

Isabelle guardò Marco, che annuì e la invitò a continuare.

« O io, o lui scegliamo sempre la vita. Per noi la pace eterna è il nostro amore. »

« Sì, Isabelle, ma un giorno uno dei due sceglierà diversamente. »

« Cosa succederebbe se io scegliessi di morire? Anche l'anima di Lucas raggiungerebbe il paradiso, una volta morto il corpo? »

« Sì. »

« Redenzione, no? »

Marco annuì, ancora una volta.

« Non hai ancora letto il libro delle anime, vero? » chiese.

« No » rispose Isabelle, ancora sovrappensiero.

Lei e Lucas continuavano a scegliere l'amore. Per loro, era quello il paradiso.

Era tutto così romantico, eppure, non voleva che una sua scelta egoistica condannasse, in qualche modo, anche la sua anima gemella.

Lui era troppo, troppo importante.

« C'è dell'altro, nel libro, ma non posso rivelarti nulla. »

Isabelle annuì. Sapeva che non poteva, anche se non riusciva a capire come facesse a sapere tutte quelle cose.

Avrebbe dovuto leggere quello stupido libro invece di scappare, da sola, come un' idiota! Avrebbe evitato parecchi casini.

« Mostrami cosa succederebbe se scegliessi la redenzione. » disse.

Doveva sapere tutto.

In un batter d'occhio, si trovarono in un cimitero. Sotto una grande quercia, c'era una grande lapide di marmo, molto simile a quella di Ashley che c'era nel giardino posteriore della scuola.

Accucciato accanto ad essa, c'era quello che era stato il suo Lucas.

Era stato, perché quella era solo un'ombra del ragazzo con gli occhi azzurri che tanto amava: era dimagrito tantissimo, aveva occhiaie violacee e l'aria di chi ha il cuore a pezzi.

Anche il cuore di Isabelle, in quel momento, si frantumò.

Lucas si portò le ginocchia al petto e iniziò a singhiozzare: era un uomo lacerato dalle fiamme. Isabelle provò ad avvicinarglisi, ma Marco la trattenne per un braccio.

« Non puoi fare nulla. » le disse, triste. « Guarda. »

Una seconda figura raggiunse quella di Lucas. Isabelle avrebbe riconosciuto quel ragazzo ovunque: occhi verde smeraldo, folti capelli color miele e un viso così dolce da far sciogliere chiunque.

Mike si sedette accanto al cugino e gli cinse le spalle con un braccio.

« Luke, andiamo a casa. » gli sussurrò.

« No. »

Isabelle sobbalzò. La voce di Lucas era solo un sussurro fievolissimo.

« Non puoi continuare a restare qui » continuò Mike.

« Va' a farti fottere, Michael. »

Isabelle iniziò a singhiozzare. Mike sembrò guardarla per un attimo, ma poi scosse la testa e si alzò, lasciando Lucas di nuovo solo.

« Finirà per morire. » sussurrò la ragazza.

« Non solo lui. » disse Marco.

Isabelle lo guardò.

« Che significa? »

Marco chiuse gli occhi.
Si ritrovarono in una camera. Aveva le pareti azzurre, rivestite da decine di poster, e il soffitto bianco. Una cabina armadio era posta alla destra della porta. Al centro della camera, troneggiava un letto enorme. Sulla testiera, c'era una targhetta di legno. Su di essa, vi era inciso un nome.
“MIKE”.

Era la camera di quello che era il suo migliore amico, ma era vuota.

Dopo pochi secondi, qualcuno aprì violentemente la porta di legno bianco e, ancor più violentemente, la richiuse.

Era proprio Mike.

Prese a calciare le pareti come una furia, mentre grosse lacrime gli rigavano le guance.

Era sconvolto, distrutto.

Isabelle per poco non cadde, ma fortunatamente Marco la sostenne.

Mike prese ad urlare.

« Perché, Isabelle, perché? » diceva « Non avresti dovuto lasciarci da soli! Niente ha più senso senza di te! »

Blaterava, le sue parole dopo un po' perdevano senso; eppure era evidente che stesse soffrendo tantissimo, quasi quanto Lucas. Isabelle non ne poteva più.

« Basta. » disse a Marco, risoluta.

« Non vuoi vedere tuo padre? » chiese il ragazzo in un sussurro.

« No! Basta, Marco. Ho preso la mia decisione. Niente mi farà cambiare idea. »

Marco la riportò nei pressi dell' Eden, il cancello era ancora lì.

« Cosa scegli, Isabelle? » chiese « Vita o morte? »

Isabelle guardò il cielo blu che l'aveva tanto meravigliata. Mentre le stelle prendevano a splendere come fossero lucciole, si portò una mano al petto e chiuse gli occhi.

Vita o morte?



**NOTE DELL'AUTORE**
Gioie mie, scusate l'attesa! Scrivere questo capitolo è stata una vera impresa. A parte il fatto che è molto lungo (6 pagine di office) era anche uno dei capitoli fondamentali! Spero davvero di non avervi deluse. Se così fosse, basta dirlo: sono disposta a riscrivere tutto!
Ringrazio, come sempre, chi ha recensito i capitoli precedenti: drawandwrite, Bloomsbury e Mary Blue Zabini.
Inoltre, ringrazio anche marty96borgi che mi fa sempre sapere cosa pensa dei miei capitolo per mp! Grazie!
E grazie anche a voi, miei cari lettori/ mie care lettrici silenziose. Spero di colpire, ogni tanto, i vostri cuoricini!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci baci!

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Capitolo 14
*** Scelta ***


Capitolo 13

Scelta

Vita o morte?

Vita o morte?

Isabelle barcollò.

Quella domanda le rimbombava così forte in testa da farle male.

Aveva ordinato a Marco di smetterla di mostrarle come sarebbe stata la vita delle persone che amava, se avesse scelto la morte. Gli aveva detto di aver deciso, ma ora non ne era più così sicura.

Perché doveva essere lei a scegliere non solo il suo destino, ma anche quello di Lucas?

Era assurdo! E sbagliato, e ingiusto, anche!

La verità era che vedere Lucas, e Mike, in quelle condizioni, le aveva procurato un dolore immenso.

Se fosse stato per lei, avrebbe scelto la vita.

Infondo, era sempre quella la decisione che prendeva, no? Ogni volta che si era trovata davanti a quel bivio, non aveva mai messo i suoi sentimenti in secondo piano.
Eppure, sentiva che stavolta qualcosa era diverso. Lei era diversa.

Non riusciva ad essere così egoista.

Non se ogni suo più piccolo pensiero era rivolto a Lucas.

Era giusto condannarlo ad un' eternità fatta di reincarnazioni? Era giusto non spezzare il ciclo una volta per tutte?

No, non lo era affatto; era sbagliato.

E, allora, era giusto condannarlo ad una vita fatta di sofferenza?

No, anche questo era sbagliato.

« Isabelle. » la chiamò Marco, distogliendola dai suoi pensieri.

« Non c'è una terza opzione, vero? » chiese la ragazza.

« No. » rispose lui, atono.

Si sedette su di un tronco e si prese il viso fra le mani. Isabelle lo guardò, confusa.

« Cos'hai? » domandò.

Il ragazzo scosse la testa. « Nulla. » disse.

Isabelle gli si avvicinò. Si sedette anche lei sul tronco, gli sollevo la testa con le mani e lo obbligò a guardarla negli occhi.

« Parlami. » ordinò.

« Ti è sempre piaciuto darmi ordini. » sussurrò lui, sorridendo.

La ragazza arrossì. « Per favore » mormorò.

Marco strinse le sue mani. « Ricordi cosa ti ho detto? »

« Mhh » rifletté Isabelle « Non saprei... » disse, guardando le loro mani intrecciate. Non voleva avere quel tipo di contatto con lui, ma non poteva dargli un altro dispiacere. « mi hai detto tante cose da quando sono qui. »

Il ragazzo, percependo il suo disagio, la lasciò andare e si allontanò.

« Mi riferisco a quando ti ho detto di non permettere ai tuoi sensi di colpa di prendere il sopravvento. » dichiarò.

« Oh... » disse Isabelle, piano.

« Posso farti una domanda? »

« Certo. »

« Cos'hai provato quando hai saputo della mia morte? »

Isabelle sentì il suo cuore iniziare una nuova corsa; le mani presero a sudare; le si mozzò il respiro.

Guardò l'Eden che si estendeva oltre i cancelli di ferro e sospirò. La sua mente creò pensieri che non centravano nulla con ciò che le aveva chiesto Marco, ma che, comunque, non poteva ignorare.

A parte la magnificenza di quel giardino, cosa c'era di così speciale?

Era davvero meglio dell'amore?

Quando aveva visto gli alberi maestosi, i fiori meravigliosi e l'erba verde si era sentita bene, ma non era stato nulla in confronto a ciò che provava quando era accanto a Lucas. Aveva provato una sorta di pace, ma il cuore, e l'anima, non avevano sentito quel bisogno frenetico di restare in quel posto.

Tornò a guardare Marco, stava aspettando una risposta.

Come si era sentita quando aveva saputo della sua morte?

Aveva tentato il suicidio, quindi male. Si era disperata, aveva visto il suo mondo frantumarsi, ancora una volta. Dopo la morte di sua madre, lui era stato l'unico in grado di farla sentire viva. Dopo il suo abbandono, niente aveva avuto più senso; era iniziata l'agonia.

« Morta. » rispose. « Mi sono sentita come se, insieme a te, fossi morta anche io. »

« Poi hai incontrato Lucas. » disse Marco, sorridendo « E ti sei sentita di nuovo viva. »

Sì, Marco aveva ragione. Grazie a Lucas, il suo mondo aveva riacquistato una forma, era passato dall'essere un posto grigio ad uno pieno di colore, di gioia, di emozione.

Perfino quando Ryan l'aveva rapita, sapeva che la sua anima gemella non l'avrebbe mai, mai lasciata da sola. Lui l'aveva salvata.

“In tutti i modi in cui una persona può essere salvata. “ le aveva detto Marco.

Ora capiva il significato di quelle parole. Dopo questa sorta di “ viaggio ultraterreno”, vedeva tutto sotto un'altra prospettiva.

« Anche Lucas ha ricominciato a vivere quando tu sei entrata nella sua vita, Isabelle. Sei stato l'arcobaleno dopo la tempesta, per lui. E, adesso, lui si sente proprio come ti sei sentita tu alla mia morte. »

Isabelle sobbalzò.

Lucas stava davvero così male? Ma lei non era ancora morta!

« Non ti seguo. » disse, alzandosi e avvicinandosi al ragazzo.

Marco sospirò. « Non dovrei mostrartelo, Isabelle. Non rientra nel mio compito; eppure non posso non farlo. »

« Cosa, Marco? Cosa non puoi mostrarmi? » chiese Isabelle, ma era troppo tardi.

Il Paradiso Terrestre, i cancelli, il tronco d'albero sui cui si erano seduti... sparì tutto.

Ci fu un lampo di luce bianca che quasi l'accecò, poi, pian piano, iniziò a materializzarsi un ospedale.

Lo stesso ospedale in cui Marco l'aveva trovata. Il luogo in cui aveva avuto inizio tutta quell'assurda storia, che, francamente, faceva tanto “Divina Commedia.”

« Perché siamo di nuovo qui? » chiese in un sussurro.

« Seguimi. » ordinò il ragazzo.

Camminarono per due lunghi corridoi; era come se stessero vagando in un labirinto. Marco, però, sembrava sapere esattamente quali strade prendere.

Svoltarono prima a destra, poi a sinistra. C'erano decine e decine di persone che camminavano accanto a loro, ma nessuno li vedeva.

Non potevano vederli.

Arrivarono in una grande sala d'attesa e fu allora che gli occhi di Isabelle incontrarono quelli azzurri, e pieni di dolore, di Lucas.

Il suo Lucas.

Bello come un Dio, proprio come lo ricordava.

Il dolore era ben impresso nelle sue pozze azzurre. Sembrava quasi che riuscisse a vederla, ma ovviamente, non era possibile. Era accasciato contro una parete; aveva le mani tra i capelli, pareva quasi volesse strapparseli.

Isabelle gli si avvicinò e non resistette al desiderio di toccarlo. Gli sfiorò una spalla e, a quel tocco, Lucas sembrò tranquillizzarsi un po'.

« E' incredibile. » sussurrò Marco.

« Cosa? » chiese Isabelle.

Marco si avvicinò e guardò Lucas più da vicino. « Non dovrebbe sentirti, » disse « eppure, è come se ti percepisse. »

« L'ho notato anche io. »

« Non credevo che il legame fosse davvero così forte... » mormorò il ragazzo più a sé stesso che a lei.

« Non puoi rivelarmi nulla di ciò che c'è scritto nel libro delle anime? Niente di niente? » domandò Isabelle, in un disperato tentativo di capirci qualcosa.

Marco scosse la testa. « No. Non dovresti nemmeno essere qui. »

« Perché? »

Il ragazzo si allontanò da lei; non voleva guardarla assieme a Lucas. Non ci riusciva. Si appoggiò ad un bancone. Dietro di esso vi era una segretaria grassoccia, con lunghi capelli neri. Cercava qualcosa fra le varie scartoffie; sembrava molto confusa.

« Avevo un compito: mostrarti le alternative che avevi e le conseguenze che sarebbero derivate da una tua scelta. Non avrei dovuto mostrarti il presente. » indicò Lucas. « Non avrei dovuto mostrarti lui. » prese a guardare un punto oltre le spalle di Isabelle. « E nemmeno lui. »

La ragazza si volse. Seduto su una sedia di plastica azzurra, c'era Mike. Teneva la testa fra le mani, ma Isabelle riuscì a vedere le lacrime sulle sue guance.

Gli si avvicinò e lo toccò. Su di lui, però, quel gesto non ebbe alcun effetto.

« Succede solo con Lucas. » disse a bassa voce. « Allora ha davvero a che fare con il legame. »

« Sì, lo credo anche io. » confermò Marco.

« Da quanto tempo sono in questo stato? »

« Da circa due ore. Erano entrambi nella tua stanza, quando il tuo cuore ha smesso di battere. Lucas è stato il primo ad accorgersene, ma era come paralizzato. Mike ha chiamato subito i medici. »

« Il mio cuore ha smesso di battere... » sussurrò Isabelle. « e sono finita qui. Perché, Marco? Come si finisce nel limbo? »

Marco fece un passo verso di lei, ma la ragazza si era accovacciata di nuovo accanto a Lucas e non accennava ad allontanarsi , quindi restò dov'era.

« Vuoi davvero saperlo? » chiese.

Isabelle annuì, mentre accarezzava la nuca di Lucas, che sembrava essersi, finalmente, leggermente calmato.

« Finiscono nel limbo solo le persone che hanno perso qualcuno. Ovviamente, non una persona qualsiasi. »

« Spiegati meglio, Marco. Ogni volta che non vuoi rivelarmi qualcosa per paura di ferirmi, diventi incomprensibile. »

Marco sospirò. « Dev'essere una morte che ha avuto un certo peso. » guardò Isabelle con una dolcezza infinita. « Una morte che ha lacerato il cuore. »

« La tua. »

« E quella di tua madre. »

Isabelle prese a guardarsi le mani. Era una bambina quando sua madre era morta; quando era morta proprio davanti ai suoi occhi. Ricordava ogni attimo; ricordava di aver sentito il cuore frantumarsi in piccole schegge. La morte di Marco l'aveva devastata, ma quella di Elinor... le aveva procurato un dolore indescrivibile.

Aveva amato sua madre con tutta se stessa. Era stata una donna presente, se avesse posseduto la luna, e qualcuno l'avesse chiesta in dono, solo per la gioia di vedere un sorriso, gliel' avrebbe donata.

Le mancava ogni giorno; sentiva la sua assenza provocarle dentro un vuoto costantemente.

Appoggiò il mento sulla testa di Lucas; sentirlo accanto a sé la rassicurava notevolmente, ma le lacrime sarebbero potute uscire in ogni momento. Si volse verso Marco.

« Dov'è mia madre? » chiese, risoluta.

« Nell' Eden. »

« L'hai conosciuta? »

« Sì. »

Isabelle si alzò. Accarezzò la guancia di Lucas e si pose proprio di fronte a Marco. Alzò la testa, e i suoi occhi, in quel momento di un grigio chiaro, si scontrarono con quelli di lui.

« Per quale motivo stai infrangendo le regole, Marco? » gli chiese, risoluta.

« Non voglio che tu ti penta delle tue scelte. » mormorò lui, intimorito.

« Vorresti che scegliessi la pace, vero? Vorresti poter stare accanto a me; vorresti farmi rivedere mia madre. »

« Vorrei tante cose, Isabelle. » disse lui, col volto rigato di lacrime. Cercava di distogliere lo sguardo da quello di lei, ma era del tutto inutile. Gli occhi della ragazza, lo attiravano come una calamita attira il ferro. « Vorrei che tu potessi rivedere tua madre; vorrei che rimanessi con me, ma, allo stesso tempo, vorrei vederti felice. E sappiamo entrambi che, se non fosse per i tuoi sensi di colpa, avresti già scelto lui. »

« Sai cosa vorrei io? Vorrei non dover scegliere. »

« Lo so. »

« Cosa devo fare? »

« Chiudi gli occhi. »

Isabelle obbedì. L'unica cosa che riusciva a vedere, era il volto di Lucas.

Lucas, Lucas, Lucas.

Sempre Lucas.

Diverse versioni di lui, ma era sempre lui.

« Cosa vedi? » chiese Marco.

« Lucas. »

In un certo senso, lei e Lucas erano nella stessa stanza. Eppure, vederlo in quel modo le sembrava ancora più reale. Era come se lo sentisse; sentiva il loro legame come non lo aveva mai sentito prima.

Non era solo amore. Era una sorta di miscuglio. L'amore prevaleva, certo, ma c'era anche la devozione, l'ammirazione, il senso di protezione.

E, per qualche strano scherzo del destino, vide una scena che, probabilmente, apparteneva ad una delle sue vite passate.

 

C'era una ragazza, era lei, che, stesa sulla soffice erba di un bellissimo parco, guardava il cielo azzurro. Sul volto, aveva dipinta un'espressione di totale beatitudine. Ascoltava gli uccelli cantare; li osservava mentre volavano, felici.

D'un tratto, qualcosa le fece ombra, e il sole smise di creare riflessi dorati fra i suoi capelli.

La ragazza sorrise.

« Ti sto aspettando da un secolo! » esclamò, con la voce piena di gioia.

« Scusami, Isabelle. » rispose il nuovo arrivato.

Era un ragazzo bellissimo, con folti capelli color miele, un sorriso che avrebbe spiazzato chiunque e due occhi così azzurri e così belli da non poter essere descritti in maniera soddisfacente.

Lucas.

La ragazza, con un agile movimento, gli gettò le braccia al collo e lo strinse a sé.

Lui sorrise.

« Dove sei stato, Luke? »

« Ti ho preso un regalo. »

Quella versione di Lucas frugò nelle tasche dei jeans e, da quella destra, estrasse una scatolina di velluto. La porse ad Isabelle. La ragazza lo guardò con una dolcezza spropositata, prese il regalo e lo baciò.

Fu un bacio che si protrasse a lungo; carico di amore e di passione.

Quando si staccarono, sorrisero entrambi e Isabelle aprì la scatolina.

All'interno, c'era una collana d'oro bianco. La ragazza la guardò con una dolcezza indefinibile. In realtà, non era stata spiazzata dalla collana. Certo, era bellissima, ma ancor più bello era il bigliettino che c'era con essa. Presentava queste parole:
“Alla mia anima gemella. Sceglierò sempre te.”

 

Il frammento sparì alla vista di Isabelle così come era apparso. Era stato strano, le era sembrato quasi di vivere quel momento.

E quel bacio?

Era stato meraviglioso.

« L'hai visto anche tu? » chiese a Marco.

« Sì. » confermò lui.

« E' stato Lucas a scegliere, in quella vita? »

« Sì, ma non lo sapeva. »

« Spiegami. »

« Non ricordate mai nulla, Isabelle. Se sceglierai la vita, non avrai alcun ricordo del limbo, dell'Eden, di tutto ciò che ti ho mostrato... neanche di me. »

Isabelle gli si avvicinò di nuovo e lo abbracciò.

« Marco, » gli sussurrò all'orecchio. « non mi dimenticherò mai di te. »

« So che è così, ma promettimi che farai ciò che ti ho chiesto: vivi, sii felice. Senza sensi di colpa. »

Isabelle tornò a guardarlo negli occhi, lo stava implorando di essere completamente sincero con lei.

« Lui non ricordava, ma sapeva, vero? »

« In qualche modo, il vostro legame vi spiega sempre tutto. »

« Sai già qual è la mia decisione. »

« Devi dirmelo tu, il tempo sta per scadere. »

In ospedale, si sentiva una voce metallica che sbraitava dagli altoparlanti.
EMERGENZA, EMERGENZA.

« Cosa succede? »

Marco la prese per mano e la trascinò nella sala operatoria in cui il suo corpo era steso su un lettino.

« La stiamo perdendo! »

« 1, 2, 3... Libera! »

Stavano provando a rianimarla.

Ripeterono la stessa operazione due volte.

Una lacrime scese sulla guancia del suo accompagnatore.

« Devi scegliere, Isabelle! » la incoraggiò, con gli occhi carichi di terrore.

Isabelle gli sorrise.

« Scelgo l'amore. L'ho scelto per millenni, lo scelgo anche ora. Per quanto questa sia una decisione egoistica, non posso farne a meno. Forse mi sarà vietato l'ingresso al Paradiso Terrestre, ma il mio vero Eden è l'amore. E sono sicura che è così anche per Lucas. » disse.

Marco sorrise.

« Non dimenticare la tua promessa: vivi. »

Isabelle annuì. « Ti voglio bene, Marco. »

« Ti amo, Isabelle. »

Marco le lasciò le mani e ricominciò a piangere.

Come ultimo gesto, il ragazzo schioccò le dita e... tutto mutò.



**NOTE DELL'AUTORE**
Eccomi qui, stranamente, in tempo! Questo capitolo mi piace, mi sono venute le lacrime agli occhi. Non nego che avevo pensato a una scelta di Isabelle diversa, ma non potevo fare questo a Lucas, nè a Mike!
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, se vi va!
Ringrazio drawandwrite e Mary Blue Zabini per aver recensito il capitolo precedente.
Grazie a chi ha inserito la storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate.
Tutti voi siete la mia gioia, sempre♥

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Capitolo 15
*** Risveglio ***


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Capitolo 14

Risveglio

Era come se il tempo si fosse fermato.

Lucas era in uno stato di dormiveglia, consapevole, solo in parte, di ciò che lo circondava. Sapeva di essere in ospedale; ricordava il codice rosso lanciato quando il cuore di Isabelle aveva smesso di battere. Ricordava le lacrime che gli avevano rigato il volto, mentre, impotente, usciva dalla sua stanza per permettere ai dottori di salvarla, di provarci.

Il dolore gli aveva trafitto il petto, eppure, era riuscito a scivolare in un leggero stato di quiete. Si sentiva leggero; le preoccupazioni c'erano, la sofferenza era sempre lì, ma nulla sembrava gravare sulle sue spalle. La cosa migliore, erano le immagini che gli si proiettavano davanti agli occhi: centinaia e centinaia di scene in cui lui e Isabelle erano insieme. Quando, una di queste, si fece più vivida delle altre, Lucas iniziò a tornare in possesso del suo tormento.

Dopo qualche minuto, si risvegliò.

***

Isabelle sentiva il suo corpo incredibilmente leggero, quasi fosse una piuma. Sembrava che in quel luogo, qualunque esso fosse, la gravità fosse del tutto assente. Le sembrava quasi di galleggiare. Sì, galleggiare. Nel mare dell'incoscienza. Avrebbe tanto voluto guardarsi intorno; capire dove fosse. Quel silenzio era assordante. Sembrava che la sua mente, per un bel po', fosse stata in uno stato di blackout e adesso l' elettricità stesse tornando. Inizialmente, sembrava che un muro impedisse ai suoi ricordi di riaffiorare; dopo un po', però, riprese coscienza del suo passato.

Ma esisteva, in quel posto, un passato?

Il suo primo ricordo fu la voce di Lucas, il suo Lucas. Le aveva sussurrato di svegliarsi tante volte, le aveva parlato tanto. Non sapeva come facesse a saperlo, né se fosse mai accaduto, eppure aveva quei ricordi impressi nel cervello.

E, riflettendoci, era da un po' che non sentiva la sua voce... ma per quale motivo?

Non lo sapeva proprio; non riusciva nemmeno a immaginarlo.

Che si fosse stancato di lei?

No, era ridicolo. Lucas non si sarebbe mai, mai stancato di lei.

I dettagli tornarono vividi: rivide Ryan mentre la rapiva, con un'espressione animale dipinta sul volto; ricordava la paura provata, la voglia di scappare, di andare lontano, di cercare, in qualche modo, di sfuggirgli. Vani erano stati i tentativi.

Mentre erano nella topaia in cui lui l'aveva portata, l'aveva torturata. Non era stato il dolore fisico a farle male, ma quello psicologico: l'umiliazione che le aveva inferto era stata peggiore di qualsiasi taglio, di qualsiasi ferita. Doveva ammettere, tuttavia, che non poteva fare a meno di provare pietà per Ryan: non accettava i suoi comportamenti, ma li capiva. Li capiva perché, quando le aveva parlato di Ashley guardandola negli occhi, una strana luce aveva illuminato il suo sguardo: quella dell'amore. Gli avrebbe voluto dire che doveva fermarsi, che se aveva amato una ragazza così dolce, non poteva commettere atti così brutali. Poi, però, la paura aveva iniziato a prendere il sopravvento. Aveva avuto paura per lei, per la sua vita; per i rimorsi che avrebbe avuto se fosse morta. Ma, soprattutto, aveva avuto paura per Lucas. Aveva già sofferto così tanto, forse più di lei, non meritava altre pene. Quegli occhi azzurri, avevano già contenuto troppa sofferenza.

Quella sera, la sera dell'incidente, forse grazie anche all'alcool, aveva deciso, finalmente, di andare da Lucas, di provarci. Voleva riuscire ad avere una vita con lui; voleva farlo ridere, descrivergli i suoi libri preferiti, andare al cinema con lui, tenerlo per mano.

Solo al pensiero, il cuore iniziava una nuova corsa. Ogni volta che lo sfiorava, ogni volta che entravano in contatto fisicamente, ondate di calore le invadevano il corpo. Si sentiva scossa, nuda, vulnerabile. Privata di ogni difesa, eppure, completamente al sicuro perché sapeva che Lucas non le avrebbe mai fatto del male. Ricordava il suo sguardo quando l'aveva salvata. Ciò che vi aveva letto, l'aveva resa intensamente triste: c'era disperazione in quegli occhi, terrore, anche. Un terrore che non gli aveva mai visto dipinto sul volto, mai. Perdere una persona che si ama, è la peggiore delle torture. Vedere la vita scivolare via dal corpo di qualcuno che è l'esatto centro del tuo universo è un qualcosa di atroce. Atroce e indescrivibile. Bruciare all'inferno, al confronto, sembra un bel modo di passare il sabato sera.

Isabelle lo sapeva.

Eccome, se lo sapeva.

Quando aveva perso Marco, nulla aveva più avuto senso. Era come se il suo mondo fosse precipitato in un perenne stato di infelicità. Tutto questo, ovviamente, era accaduto prima dell'entrata in scena di Lucas nella sua vita.

Se Marco era stato il centro del suo universo, Lucas era qualcosa di ancora più importante. Era il suo sole, la sua luna. Era le stelle; tutto il firmamento. Ed era così bello, così dannatamente perfetto. La metà della sua anima apparteneva a lui.

E anche il suo cuore, adesso.

Avrebbe dovuto capirlo prima, ma meglio tardi che mai. Infondo, forse sarebbe riuscita a svegliarsi; forse sarebbe andato tutto bene, ogni tessera del puzzle sarebbe andata al suo posto.

Perché la sua vita, ormai, era un enorme puzzle quasi impossibile da finire, eppure spettacolare.

Meglio dell'alba, del tramonto. Meglio della cioccolata, o della pizza.

 

“Il cuore batte a un ritmo velocissimo, quando le anime si incontrano. Si ama la proprio metà della mela in maniera irrazionale, con ogni singola parte del corpo. Sei legata al tuo passato, Isabelle. So cosa ti è successo, ma il legame che hai con Lucas è più forte di qualsiasi altra cosa. Siete destinati dall'alba dei tempi .”

 

A Isabelle tornarono in mente le parole della signora Fine e, finalmente, riuscì a capire cosa aveva voluto dire quella donna.

Amare in maniera irrazionale.

Sì, era proprio ciò che provava lei.

Ed era anche pronta a rivelare a Lucas ogni singola parte del suo passato: voleva descrivergli le orribili sensazioni provate quando aveva visto sua madre morire; quando aveva visto la vita abbandonare il suo bellissimo corpo. Voleva descrivergli i brividi di paura che aveva provato quando si era resa conto che sua madre non ci sarebbe stata più; quando il suo viso era diventato ancor più bianco del solito e i rossi capelli gli avevano fatto da cornice. La ricordava ancora, bella come una Dea, ma una semplice donna divorata dal cancro. Voleva raccontargli del legame con suo padre che, col tempo, si era indebolito; fino ad essere spezzato da Alexandra.

Cosa ancora più incredibile, e importante, voleva raccontargli di Marco, del dolore provato quando aveva saputo della sua morte; voleva dirgli come aveva fatto a sapere in che modo ciò era accaduto. Voleva che Lucas sapesse tutto di lei. Anche se, probabilmente, nessuno la conosceva meglio di lui.

E come avrebbero potuto competere, gli altri?

Loro si appartenevano dall'inizio dei tempi, e vivevano un ciclo di innamoramenti senza fine.

Si sarebbero incontrati e innamorati in ogni caso, anche se Marco fosse stato ancora vivo.

Marco.

Non sapeva perché, ma era come se percepisse dei ricordi legati ad un passato molto vicino, come se loro due si fossero visti, e avessero parlato, poco prima di quel momento.

Era una sensazione stranissima, eppure Isabelle era sicura che fosse successo. Cercò di ricordare; stava per riuscirci, ma, all'improvviso, qualcosa cambiò.

Iniziò a sentire il dolore propagarsi in tutto il corpo come se fosse un fuoco; sentiva i suoi arti muoversi, ma non ne aveva più il controllo. Era scossa da spasmi.

Perché faceva così male?

Una fitta alla pancia, accanto al fianco destro, nel punto esatto in cui Ryan l'aveva accoltellata.

Alle gambe provava un dolore atroce, che si alternava a momenti in cui non le sentiva per niente, come se gliele avessero amputate.

Perché faceva così male?

Avrebbe tanto voluto urlare, magari avrebbe cacciato via un po' di quell'agonia, ma non ci riusciva.

Cominciò a udire delle voci. Inizialmente, le arrivavano all'orecchio ottavate; dopo un po', le apparvero chiare. Riusciva a sentire ciò che dicevano... i medici.

« La stiamo perdendo! »

« 1, 2, 3... Libera! »

Stavano provando a rianimarla; le scosse elettriche che riceveva sul petto la stavano lacerando. Stavano cercando di strapparla via dalla sua incoscienza. Isabelle voleva che ci riuscissero, lo desiderava ardentemente, ma voleva anche che quel tormento finisse.

Utilizzarono il defibrillatore per la terza volta; Isabelle sentì il cuore fare una capriola.

Bum Bum Bum

Il rumore che produceva il suo muscolo involontario era veloce, e stava per sfondarle i timpani.

Perché diavolo faceva così male?
“Svegliati, Isabelle. “ sussurrò una voce.

Forse era solo una mera immaginazione, ma era proprio la voce di Lucas che aveva sentito.

Come un soldato, eseguì l'ordine.

Respirò, il suo cuore prese a battere ad un ritmo regolare.

Lentamente, si risvegliò.



**NOTE DELL'AUTORE**
Questo è un capitolo breve, semplicemente perchè è di passaggio. Avrei potuto saltarlo, ma mi sembrava giusto farvi inquadrare meglio il concetto di "incoscienza" in cui si trova Isabelle dopo il suo " viaggio ultraterreno. "
Ragazze mie, la storia, devo dire, sta procedendo bene: l'ispirazione non mi manca, il tempo si, purtroppo.
Mi sto facendo davvero in quattro, per aggiornare e sto facendo anche un' opera di correzione dei capitoli precedenti: sistemo i periodi, l'html, la punteggiatura... proprio per questo, vorrei tanto sapere cosa ne pensate del mio lavoro!:')
DI conseguenza, se non vi costa troppo, recensitemi u.u
Ringrazio le persone che hanno recensito il capitolo precedente: Drawandwrite, Mary Blue Zabini e occhi di fuoco. Inoltre, ringrazio chi ha inserito nelle seguite, preferite, e ricordate questa storia.
Grazie, dolcezze! ♥

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Capitolo 16
*** Dall'inizio dei tempi ***


Capitolo 15.

Dall'inizio dei tempi.

 

Il dolore era straziante, ma Isabelle continuava a sopportare. Urlava, non poteva farne a meno, ma era come se quelle grida non producessero alcun suono. Guadava ogni cosa, ma non vedeva nulla. Eppure, non mollava. Insomma, era viva! Dopo un tempo che le era sembrato eterno, i suoi occhi si erano aperti, e la bianca luce dei neon, che si trovavano sul soffitto, l'aveva accecata. Aveva una mascherina, posta sul viso, che le procurava ossigeno. Sotto di essa, le sue labbra produssero un piccolo sorriso. Stava male, ma bene allo stesso tempo. Fisicamente, era come se ogni singola parte del suo corpo fosse posta su carboni ardenti. Psicologicamente, la pace inondava il suo cuore: tutta la gioia che provava, si articolava in diverse forme che, poi, confluivano tutte in un uniico centro: il prossimo ritorno alla vita.

Non avrebbe avuto più rimorsi; finalmente, poteva avere ciò che voleva: rivedere Mike, il suo migliore amico. Le sue battute le erano mancate così tanto! Poteva, dopo tanto tempo, stringere suo padre a sé, premere il viso sul suo petto ampio, mostrargli le sue lacrime, sussurrargli che gli voleva bene, nonostante tutto, che non importava quale donna avesse accanto: era comunque un grande uomo, lo era sempre stato.

Avrebbe potuto, dopo un' apparente eternità passata a volerlo, dire a Lucas che lo amava, così tanto da rendere nulla ogni agonia. Avrebbe potuto rivelargli che, fra tutte le scelte che le avessero proposto, non avrebbe mai scelto una strada diversa da quella che, grazie al cuore e, soprattutto, all'anima, continuava a condurla da lui, sempre, in ogni vita, in qualsiasi circostanza. In quel momento, si rese conto di quanto le mancasse; di quanto le mancassero quegli occhi azzurri che la legavano a lui in maniera così indissolubile. Lucas mancava ad ogni pezzo del suo cuore ricostruito. Non poteva aspettare nemmeno un altro secondo; doveva rivederlo.

« Dove sei, Lucas? » sussurrò.

Il suono della sua voce era attutito dalla mascherina; tuttavia, i dottori sembravano averla sentita.

Isabelle drizzò le orecchie, pronta a percepire anche il più fievole mormorio.

« Sta reagendo! » urlò un medico.

Le voci sembravano così tante, così acute. Sembravano suoni capaci di perforarle i timpani. La testa iniziò a farle male, la vista le si annebbiò e iniziò a sentire le palpere pesanti.

Dopo pochi secondi, il buio tornò.

 

**

 

BIP...BIP...BIP...BIP...BIP...

La macchina che monitorava i battiti di Isabelle, sembrava produrre una leggera melodia. Ovviamente, quei continui Bip erano di conforto per tutti: Jhonathan, Mike, Lucas...

Dopo quasi quattro settimane, la ragazza si era svegliata e, a seguito dell'arresto cardiaco del giorno precedente, tutti avevano temuto per la sua vita. Fortunatamente, tutto si era concluso nel migliore dei modi e il sollievo era palpabile; aleggiava nella stanza.

Isabelle era viva.

Era un fatto concreto, eppure sembrava ancora una fantasia, un qualcosa di astratto. Una meta irraggiungibile.

« Signor Lewan, » disse la voce della dottoressa che si era occupata del caso di Isabelle. « Posso parlarle? »

L'uomo distolse lo sguardo dal volto della figlia e, serio come sempre, ma con una dolce luce negli occhi, disse:

« Certo. Di cosa si tratta? »

« Delle condizioni fisiche di sua figlia. » mormorò la donna,

« Cos'ha? » chiese Jhonathan, impaurito. « Mi sembra stia bene. » affermò, cercando di darsi coraggio.

« E' viva, signor Lewan, ma... »

« Ma cosa? » s'intromise Lucas.

Era praticamente saltato dalla sedia; era terrorizzato. Isabelle aveva combattuto per continuare a vivere, lo sentiva.

Ma, allora, cos'era andato storto?

La dottoressa guardo l'uomo, chiedendogli , con lo sguardo, il permesso di parlare. Il padre di Isabelle annuì, concedendoglielo.

« La ragazza, col tempo, riacquisterà tutte le sue facoltà intellettive. Potrebbero volerci minuti, ore, giorni, ma le riacquisterà: abbiamo effettuato tutti gli esami per accertarcene. Il problema, sorge in relazione alle facoltà fisiche. Potrebbe esserci un danno motorio... »

La donna fece una pausa, sconvolta dalle reazioni delle tre persone presenti: Jhonathan Lewan aveva una mano sulla fronte; era davvero disperato. Sembrava essere invecchiato di una quindicina d'anni in pochi secondi. Il ragazzo con gli occhi verdi, invece, si era preso la testa fra le mani, aveva il viso nascosto, ma piangeva: il rumore che producevano i suoi singhiozzi era un chiaro segno. Tuttavia, la reazione che più la sconvolse fu quella del ragazzo che, poco prima, l'aveva interrotta: aveva il viso inondato di lacrime, le sue gambe avevano ceduto ed ora si trovava sul pavimento. Sembrava che delle fiamme invisibili lo stessero logorando.

« State bene? » chiese.

« Continui, dottoressa. » la incoraggiò Jhonathan, con tono autoritario.

« Le sue gambe... » mormorò il medico. « Potrebbe finire su una sedia a rotelle. »

« Il rischio è alto? » chiese Mike.

« Abbiamo una percentuale molto elevata: al 97%, rimarrà paralizzata per il resto della sua vita... »

Un mugolio interruppe il dibattito. Involontariamente, sorrisero tutti. Lucas si alzò da terra, asciugò meglio che poté il suo volto, e si avvicinò a Isabelle. Si stava svegliando, finalmente.

« Isabelle... » sussurrò il ragazzo, prendendole la piccola, fredda, mano e stringendola fra le sue.

Non poteva credere a quanto potesse essere bella quella ragazza. Sentì il cuore inondato da una nuova gioia, come se non importasse nulla, eccetto la presenza della persona che più amava al mondo accanto a sé.

« Lucas... » mormorò Isabelle.

La sua voce era fievole, ma a Lucas arrivò chiarissima.

« Lucas. » lo chiamò il signor Lewan.

« Si? » chiese il ragazzo, spostando il suo sguardo su di lui e sorridendogli. « Mi dica. »

« Vi lasciamo un po' da soli. » borbottò, dolcemente, l'uomo. « Non sconvolgermela troppo. »

Prima di uscire dalla stanza, con Mike e la dottoressa al seguito, ammiccò al ragazzo e sorrise alla figlia.

Lucas arrossì, Isabelle ridacchiò.

A quel suono meraviglioso, il ragazzo tornò a guardarla e a sorridere.

« Ti diverti? » chiese.

« Beh, diciamo che al momento non saprei definire la parola “ divertimento”. » disse la ragazza, che stava, pian piano, riacquistando la sua voce e, soprattutto, il suo sarcasmo.

« Come ti senti? »

« Indolenzita, non riesco a muovermi, sono stanca... »

« Dovresti dormire un altro po'. »

« No! » Isabelle quasi urlò. « Non ci penso neanche. »

Lucas la guardò, con un'espressione di curiosità dipinta sul volto.

« Perché? » chiese.

La ragazza arrossì.

« Devo parlarti, Lucas. » sentenziò, seria.

Il ragazzo sentì una sorta di voragine aprirsi nello stomaco. Temeva questo momento, l'aveva sempre temuto.

« Dimmi. » disse, cercando di non mostrare il nervosismo.

« Ti amo. »
Gli occhi di Lucas si spalancarono, era sconvolto. Le mani iniziarono a sudargli, il cuore cominciò a battere velocemente, senza fermarsi mai.

« C-che cosa? » balbettò.

« Ti amo. »

Isabelle cercò di mettersi a sedere e, con qualche sforzo, e un po' d'aiuto, ci riuscì. Si schiarì la gola e continuò:

« Non sarei dovuta scappare. Sono stata una stupida, ma ero... terrorizzata. Avevo le mie buone ragioni, te l'assicuro. E voglio spiegartele, davvero. Ma non ora, non qui; non con me che sono in questo stato a dir poco pietoso. Il punto è, Lucas, che io stavo tornando da te, quando Ryan mi ha presa. Ero pronta a giocarmi tutto,a rischiare. A lottare. Perché, infondo, in amore vince chi lotta, no? » la ragazza si fermò un attimo e chiuse gli occhi.

Non voleva vedere il viso di Lucas, non prima di aver finito.

« Sceglierei te, se mi trovassi ad un qualsiasi tipo di bivio. Sei la mia anima gemella, il mio opposto; l'unico in grado di completarmi. »

Quando riaprì gli occhi, Isabelle rimase stupefatta: le labbra di Lucas erano piegate nel sorriso più dolce che avesse mai visto, un ciuffo ribelle gli era caduto sugli occhi, nascondendoglieli. Senza nemmeno pensarci, lo scostò e vide il meraviglioso azzurro delle iridi del ragazzo velate, in quell'attimo, da copiose lacrime che, ormai, scendevano incessantemente. Anche lei sorrise.

I loro occhi, come sempre quando entravano in contatto, iniziarono quella deliziosa comunicazione che ormai i due conoscevano bene. Lucas non resistette. Si avvicinò ancora di più ad Isabelle, le appoggiò una mano sulla guancia e la baciò. Lei non oppose alcuna resistenza.

Avrebbero potuto usare, entrambi, migliaia di aggettivi per descrivere quel contatto, ma nessuno avrebbe reso davvero. C'era desiderio, passione, amore. Il loro legame era inconfondibile, pulsava fra i loro corpi. Si sentirono invasi dall'adrenalina, i loro cuori battevano in sincrono creando una dolce melodia. Le mani di Isabelle erano fra i capelli di Lucas, la ragazza sentiva un bisogno di averlo accanto a sé il più possibile. Era ciò che aveva sempre bramato; non c'era una spiegazione logica a tutte le sensazioni che le stavano nascendo dentro, era tutto irrazionale.

Quando si staccarono, erano senza fiato.

« Ti amo, Isabelle. » disse Lucas, disperato, quasi come se non riuscisse a credere a ciò che stava accadendo. « Ti prego, dimmi che sei mia. » supplicò.

« Dall'inizio dei tempi. » disse la ragazza, in un sussurro. « Dall'inizio dei tempi. »



***NOTE DELL'AUTORE***
TADAAAAAAAAAAAAAAAA' ! Isabelle è sveglia, Olè! Finalmente, devo dire. Beh, questo capitolo è quello che, francamente, bramavamo tutti. Il bacio fra i due ragazzi è un qualcosa che aspettavamo con ansia, o no?
Sono un pò di fretta, scusatemi xD
Ringrazio drawandwrite, che ha recensito il capitolo precedente. ♥
E ringrazio le 16 persone che hanno inserito la storia fra le seguite, le 2 che l'hanno messa fra le ricordate e la persona che l'ha posta fra le preferite. Siete la mia gioia.♥
Ci sto mettendo l'anima, quindi, vi prego, ve lo chiedo col cuore in mano, fatemi sapere cosa ne pensate. (basta anche un mp, non m'importa delle recensioni. )
A presto, un bacio!

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Capitolo 17
*** Il prisma dell'amore ***


Capitolo 16

Il prisma dell'amore

 

Lucas e Isabelle continuarono a guardarsi negli occhi a lungo, mentre il contatto fra le loro anime si stabilizzava. Affiorava grazie alle loro iridi chiare, che si contemplavano a vicenda. Quella volta, il legame era molto più forte, e più chiaro; era meraviglioso.

I loro sguardi erano intenti ad intraprendere la più dolce delle conversazioni; l'argomento prevalente era, come la banalità richiede, l'amore. Tuttavia, di banale c'era ben poco perché passione, bisogno, desiderio e speranza creavano un sentimento del tutto nuovo, incredibile, magico.

I suoi sintomi erano evidenti, giacché Isabelle sentiva un turbinio di sensazioni scatenarsi nello stomaco. 
Cos'era?

Le risposte sarebbero state molteplici, ed erronee. Tutto ciò che va oltre l'amore, tutto ciò che provoca il tremito delle mani, l'inizio della corsa del cuore, e l'accorciarsi del respiro, non può essere spiegato.

Non esiste una soluzione al quesito.

La ragazza sapeva di star vivendo un idillio, ma sapeva anche che ogni cosa ha un inizio, uno sviluppo e, soprattutto, una fine. 
Tutti i problemi sarebbero tornati a bussare, incessantemente, alla sua porta. L'avrebbero sfondata e Isabelle ne sarebbe stata travolta come un fiume in piena. Gli occhi iniziarono a pizziccarle, ma non doveva permettere neanche ad una lacrima di bagnarle il volto. Non ora. Doveva pensare a Lucas; quello era il loro momento, non poteva rovinarlo.

« Ti prego, se è un sogno non svegliarmi. » disse Lucas, sorridendo.

Isabelle ringraziò Dio silenziosamente. Quell' attimo di distrazione, era proprio ciò che le serviva.

« Stai diventando troppo sdolcinato, Archer. Potrei stancarmi di te. » scherzò.

Il ragazzo rise, alla vista dell'espressione maliziosa dipinta sul volto di lei.

« Fortunatamente, Lewan, » provocò. « non sei un tipo che si stanca facilmente. »

« Mhhh... » finse di riflettere la ragazza. « Forse. O forse no. »

Il loro giocoso battibecco fu interrotto dall'ingresso di un ragazzone dagli occhi verde smeraldo.

« Mike! » esclamò Isabelle, radiosa come può essere solo un bambino il giorno di Natale.

Anche il volto di Lucas s'illuminò. E, in quel momento, forse a causa del legame con Isabelle, o forse semplicemente perché conosceva entrambi, capì che i due ragazzi avevano bisogno di trascorrere del tempo insieme.

« Vado ad informare tuo padre delle tue condizioni, Isabelle. » disse, fingendo di schiarirsi la gola.

Rivolse un sorriso ad entrambi. La ragazza, gli mimò un “grazie” con le labbra, e fece in modo di trasmettergli tutta la sua gratitudine grazie al sorriso che gli rivolse. Il cuore del ragazzo perse un battito. Si volse nella direzione del cugino e, uscendo, gli diede una pacca sulla spalla.

« Ciao, piccola! » salutò Mike, dopo che la porta venne chiusa alle loro spalle. « Alla fine hai ceduto, lo sapevo. » disse, ghignando.

Isabelle sorrise, ma poi, rabbrividì. Gli occhi cominciarono ad inumidirsi, il respiro accelerò, il suo corpo venne scosso da fremiti e, dopo poco, il rumore dei singhiozzi che iniziò a produrre fu l'unico suono udibile fra le quattro mura rigorosamente bianche.

Fuori dalla piccola finestra posta alla sua destra, il sole stava tramontando; avrebbe lasciato il posto al buio. Tuttavia, quei fasci di luce scarlatta rimasti sembravano quasi voler accarezzarle il volto, consolarla. Il peso che gravava sulle sue spalle era davvero troppo: in principio, c'era stata la morte di sua madre, successivamente quella di Marco, il tentato suicidio, il trasferimento, i sentimenti contrastanti nei confronti di Lucas, Ryan, Victoria, l'aggressione... un ammasso di pensieri che continuavano a vorticarle in testa, sfinendola. Aveva solo diciassette anni, e una ragazza di diciassette anni non può sopportare tutto questo.

E' moralmente sbagliato.

Sapeva che, da quel giorno in poi, tutto sarebbe andato meglio; ci sperava. Ma il passato non si cancella, gli incubi non avrebbero smesso di tormentarla; erano prodotti dal suo senso di colpa. E il suo senso di colpa non l'abbandonava mai.

Nel frattempo, Mike l'aveva abbracciata e, di secondo in secondo, la sua stretta diveniva sempre più salda.

« Lo so, Isabelle. » continuava a sussurrarle.

Avrebbe voluto dirgli tante cose; ringraziarlo, innanzitutto, dirgli che era proprio questo ciò di cui aveva bisogno: i suoi abbracci. Non ci riuscì, quelle parole non vennero mai prodotte dalla sua bocca, eppure era consapevole che Mike sapeva esattamente cosa gli avrebbe comunicato, se solo la sua voce avesse deciso di collaborare.

Passarono dieci minuti, o forse venti-non aveva importanza- e Isabelle iniziò a calmarsi. Le lacrime smisero di rigarle le guance, il respiro tornò regolare, un nuovo calore le si propagò in corpo, proprio all'altezza del cuore.

« Grazie. » riuscì a mormorare.

« Shh... » disse Mike. « non devi ringraziarmi, lo sai. »

« Ho paura. »

« Lo so. »

« Non voglio che la realtà torni a torturarmi. »

« Lo so. »

« Ti voglio bene. »

« Lo so. »

Isabelle sbuffò, e sul suo volto comparve un leggero sorriso.

« C'è qualcosa che non sai, Mike? » chiese, ironica. « Almeno evito di annoiarti. »

Mike rise, ma continuò a tenerla stretta a sé.

« Non so come finirà questa storia. » sussurrò.

« Ah! » esclamò lei. « Questo non lo so nemmeno io. »

Aveva un' espressione delusa, come quella di una bambina capricciosa.

Il peggio era passato.

« Dov'è Ryan? » chiese.

« In prigione, dove merita di essere. » rispose Mike, trattenendo un ringhio.

« Lui l'amava. »

« Eh? »

Ryan aveva amato Ashley, Isabelle lo sapeva. Aveva visto nei suoi occhi accendersi una luce inconfondibile, mentre le parlava di lei. A modo suo, l'aveva ritenuta importante.

« Ryan amava Ashley, Mike. »

« Lo so. »

« Che novità... »

« No, ascoltami: lo so per un altro motivo. »

La ragazza rifletté, ma non riusciva a trovare un senso alle parole dell'amico « Non capisco. »

« Ti spiegherò tutto. Hai voglia di sentire? »

« Assolutamente. »

« Bene. » il ragazzo fece una pausa, probabilmente stava cercando le parole giuste per spiegarle tutto. « E' passato quasi un mese, da quando sei qui. Durante quest'arco di tempo, è venuta a cercarmi la signora Fine, e ha continuato a dirmi che, uno di noi, doveva conoscere nei minimi dettagli tutta questa faccenda “leggendaria”. Per ovvi motivi, non potevi essere tu quella da istruire, e Lucas non ti lasciava un attimo. Di conseguenza, ha scelto me. All'inizio, ero riluttante: volevo passare tutto il mio tempo libero qui, per starti accanto, ma poi ho capito che era una cosa della massima importanza. Ho letto il libro delle anime: è un oggetto magico, dico sul serio. In ogni caso, dopo la milleduecentesima pagina, c'era un elenco, davvero lunghissimo, che riportava il nome di ogni essere umano di sesso maschile. Nella colonna accanto, c'era la corrispettiva anima gemella di sesso femminile. E' stato facile trovare te e Lucas- è tutto raggruppato per città- e, qualche nome dopo i vostri, c'erano quelli di Ryan ed Ashley. Ed erano insieme. Loro erano anime gemelle. »

« Wow. » riuscì a dire Isabelle.

« Già... wow. »

« Non mi è' chiara una cosa, però. Se Ryan ed Ashley erano anime gemelle, per quale motivo non si sono accorti del legame? Insomma, perché lei stava con Lucas? Certo, Ryan è inquietante, ma io amerei Lucas in ogni caso. »

« Sapevo che non ti sarebbe sfuggito questo dettaglio. » disse Mike, sorridendo. « Qui, entriamo in gioco noi: i portatori. Se un portatore non si trova nella città delle due persone che condividono l' anima, il legame non si manifesta. O meglio, c'è comunque un sentimento, ma è confuso e, chi lo prova, tende a scappare da esso, non ad andargli incontro. »

« Che situazione... non so se giustificare Ryan. »

« No, Isabelle. E' imperdonabile ciò che ha fatto a te, ancor di più ciò che ha fatto ad Ashley. Sta di fatto che l'amava. In un modo folle, perverso... ma l'amava. »

« Già... »

Mike sciolse l'abbraccio e guardò Isabelle negli occhi.

« Dovrei proprio andare. » sentenziò. « Hai ancora bisogno di me? »

La ragazza scosse la testa.

« No. » mormorò. « Hai fatto proprio ciò di cui avevo bisogno. »

« Sempre a tua disposizione! » esclamò lui. 
Si avvicinò alla porta e, con la mano appoggiata alla maniglia, come a voler la aprire, si girò nella direzione della sua amica.

« Ah! » disse. « Sotto la voce “Chicago”, nel libro delle anime, c'era il nome di tuo padre. La sua anima gemella era Elinor Hallard. Ti dice nulla, questo nome? »

Isabelle sorrise, e gli occhi le si inumidirono.

« Elinor Hallard era mia madre. » sussurrò.

Mike la sentì.

« Lo immaginavo. Elinor Lewan suonava alla perfezione. »

Aprì la porta della stanza, ed uscì.

**

Isabelle era rimasta sola per circa dieci minuti, un tempo durante il quale aveva cercato di metabolizzare tutti i nuovi dettagli appresi riguardo la leggenda delle anime. Era tutto così assurdo; eppure bellissimo. Voleva saperne di più, doveva saperne di più.

Non si era mai interessata così tanto a queste cose, ma pensava che, quando in una leggenda ci sei dentro, è anche normale che tu te ne senta attratta. Fortunatamente,  le milleduecento o più pagine da leggere- a sentir Mike- non la spaventavano: le avrebbe divorate in pochi giorni.

Toc toc

Un leggero bussare alla porta la riportò alla realtà.

« Avanti. » disse.

Dalla soglia, fece capolino un uomo alto almeno un metro e novanta, sulla cinquantina, con occhi grigi e corti capelli biondi. Si avvcinò velocemente al capezzale di Isabelle.

« Ciao, bimba. » sussurrò, cominciando ad accarezzarle i capelli.

La ragazza prese a mordersi il labbro inferiore: non piangeva davanti a suo padre da anni.

« Ciao papà. » salutò, con voce rotta.

« Smettila. » disse il signor Lewan, dolce ma autoritario.

« Di fare cosa? » chiese sua figlia, caparbia.

« Di trattenerti, quando sei con me. Isabelle, tu sei mia figlia. E ti voglio bene. Ho sbagliato a trascurarti, ma avevo paura: non ho mai saputo come ci si comporta nei confronti di una ragazza; tu sei sempre stata così intraprendente... Non ho scuse, lo so; le paure che mi hanno assillato in questi anni non sono state nulla, paragonate a ciò che ho provato in queste settimane. L'angoscia mi ha logorato, il dolore era così forte che ho quasi perso il mio contegno. Ti prego, ti prego, bambina mia, perdonami. »

Isabelle lasciò che nuove lacrime affiorassero, e si maledisse mentalmente. Da quando si lamentava così tanto?

Abbracciò suo padre e posò la testa proprio sopra il suo cuore; esso batteva forte per l'emozione.

« Mi dispiace. Mi sei mancato tantissimo. » sussurrò.

« No, piccola. E' a me che dispiace. »

« Posso farti una domanda, papà? »

« Puoi chiedermi ciò che vuoi. »

La ragazza posò lo sguardo in quello del padre, così dannatamente simile al suo.

« Ami Alexandra come amavi la mamma? »

Il signor Lewan sorrise. Prese le piccole mani della figlia fra le sue e se le portò alle labbra, poi le baciò.

« Non amerò mai nessuno, come ho amato lei, Isabelle. Ci sono state tante donne prima e dopo di lei, ma nessuna di loro susciterà mai in me le stesse emozioni. La amavo come Lucas ama te e come tu ami Lucas. Mi capisci? »

« Era la tua anima gemella. »

« Esattamente. Hai bisogno di sapere qualcosa, al riguardo? So che hai solo qualche idea, del vero significato di tutta questa storia. »

« No, papà. » disse la ragazza, con una strana luce negli occhi. « Devo capire tutto da sola. E poi, il modo in cui hai parlato della mamma, mi ha detto tutto ciò che avevo bisogno di sapere. »


**NOTE DELL'AUTORE**

Innanzitutto, vi chiedo scusa per l'attesa, ma ho avuto pochissimo tempo.

Perché questo titolo?
Perché il prisma è una figura geometrica che presenta diverse facce e, in questo capitolo, noi abbiamo visto quattro tipi di amori: quello che Isabelle prova per Lucas, il più struggente, il più passionale. Quello che prova per Mike, dolce e fraterno e, infine, quello che prova per i suoi genitori che è infinito.

Vi faccio i miei auguri di buone feste, anche se il Natale è già passato. Ringrazio drawandwrite, come sempre e tutti voi che seguite la mia storia♥

Fatemi sapere cosa ne pensate, è un capitolo importante! ♥

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