Possibility

di Fuffy91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

1980 – Londra

 

“ Insomma, perché non mi dai una possibilità?”

Implorò Dafne, rincorrendo Carlisle, sotto una pioggia torrenziale.

Un taxi giallo svoltò velocemente dall’angolo, intraprendendo una curva in maniera rischiosa, considerato il tempo.

Dafne aveva i capelli incollati al viso. Sembrava una sirena appena fuoriuscita dall’acqua.

Ma le labbra, quelle labbra piene e voluttuose erano sporche di sangue. Sangue umano.

I suoi occhi, prima di un caldo color oro, ora si mostravano di un impuro nero sanguineo.

Erano gli occhi del predatore.

I piedi erano fradici dentro le scarpe nere col tacco alto.

La mano bianca era tesa verso Carlisle che, quasi irriconoscibile sotto l’impermeabile scuro, col collo alzato, la guardò, inespressivo.

Sospirò, deluso.

“ Non posso, Dafne. Hai avuto la tua possibilità. L’hai sprecata.”

Detto questo, le voltò le spalle, deciso a proseguire per la sua strada. Ma non compì neppure due passi, che la voce implorante di Dafne lo richiamò:

“ Ti prego, Carlisle.”

Carlisle si fermò, ma non si voltò più.

“ Se ora mi lasci, che ne sarà di me?”

Gli disse, allungandosi verso di lui, quasi come se volesse toccarlo. Carlisle sospirò, affranto. Tuttavia, quando parlò, fu categorico.

“ Non mi riguarda più, Dafne.”

Dafne fu colpita da quella parole. Abbassò lo sguardo, insieme alla mano, che ricadde sul fianco.

La luce dei fari delle auto in movimento, la colse bella e triste.

Improvvisamente, la pioggia non la bagnò più.

Alzò lo sguardo, ad incontrare quello dorato e caldo di Carlisle.

La stava proteggendo col suo ombrello.

Le si appannò la vista, ma le lacrime non sgorgarono. Non potevano.

Dafne afferrò il manico dell’ombrello, sfiorando con le dita il dorso di quella di Carlisle, che si ritirò.

“ Addio.”

Le mormorò. Un leggero vento le raffreddò la fronte.

Quando alzò gli occhi dal marciapiede. Carlisle non c’era più.

Se n’era andato.

L’aveva lasciata sola.

Era finita.

Questa volta, per sempre.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

2013 – Chicago

 

“ Ah, cazzo!”

Il sugo bruciato scottò sulla pelle. Fu solo un attimo. Il bruciore scomparve, come l’improvviso arrossamento.

Bobby gettò la padella nel lavello, facendola sbatacchiare insieme alle altre.

Un rumore giunse da fuori. Captò una risata, mentre si ripuliva la mano sporca con uno straccio.

Un altro tonfo contro la parete.

Si diresse alla porta, portandosi lo straccio sulla spalla. Era socchiusa. La aprì con un calcio.

Si affacciò alla soglia della veranda. Vi si appoggiò con una spalla, sogghignando.

Maria, la figlia dei vicini spagnoli stava di nuovo gettando la palla contro il muro della sua casa.

Che forza… Bobby si chiese perché non la iscrivessero ad un corso di pallavolo.

La vedeva bene come schiacciatrice.

Ah… ecco un’altra bomba. Povero vaso di begonie…

“ Maria!”

La richiamò, facendola sussultare e voltare di scatto. La vide impallidire.

La rassicurò, con un sorriso accomodante. La bambina rabbrividì. Quel sorriso assomigliava sempre di più ad un ghigno compiaciuto. Nonostante provasse a non farle paura, Bobby non era capace di tranquillizzarla.

“ Maria, a me non dispiace che giochi nel mio giardino ma, potresti evitare di disintegrarmi la parete? Grazie.”

Disse, indicandola con l’indice.

Maria annuì velocemente. Prese la palla che era intanto, rotolata fino ai suoi piedi, e corse via, attraversando come un razzo la strada deserta, tranne che per alcuni ragazzini, che giocavano a calcio irresponsabilmente lungo il mirino di corsa.

Bobby seguì la bambina con lo sguardo, finché non sostò sul marciapiede, attendendo che lei rientrasse in casa, per giocare di nuovo, in solitudine.

Bobby posò il vaso di begonie vicino a quello delle ortensie, accanto ai gradini di casa, per evitare che facessero la fine delle margherite gialle della settimana scorsa.

Poi, con tutta calma, rientrò in cucina, cercando di salvare qualche residuo di salsa andata a male.

Il tonfo continuò dopo pochi minuti, come le risate.

Maria si era spostata nel retro, questa volta, per dar fastidio ai girasoli solitari.

Bobby scosse la testa, sogghignando.

“ Quella marmocchia è più stronza di me…”

Mormorò fra sé e sé, mentre si asciugava le mani bagnate sui jeans scuri. Le aveva sciacquate sotto il getto d’acqua del rubinetto, dopo aver ripulito la pentola dal primo disastro culinario della giornata.

Bene, anche oggi le aspettava pizza per pranzo. Lo stomaco già le brontolava.

La gola le pizzicava. Ma ignorò quel fastidioso bruciore, annegandolo nella birra di ieri sera.

Si scolò metà bottiglia in un soffio e, mentre si asciugava col dorso della mano destra le labbra umide, con la sinistra rovistò nel frigo, fra gli avanzi della sera scorsa.

“ Aah… allora ci sei.”

Tirò fuori un cartone maltrattato di pizza. Ce n’era ancora metà. Fortuna che era una margherita, si manteneva di più.

Mise il cartone nel microonde e lo accese.

Sospirò, soddisfatta.

E anche oggi, pizza.

Si consolò al pensiero del messicano di Al che l’avrebbe attesa la sera stessa.

Sgranocchiò un cracker, tanto per placare i morsi della fame, nell’attesa della pizza, il cui aroma le giungeva già alle narici.

Andò allo stereo e cliccò sul tasto ‘play’.

Partì una musica rap e trascinante.

Girando su se stessa, ballò per un po’, finché la sua tranquillità non venne rotta da un frastuono di vetri rotti e vasi infranti.

Questa volta, non era Maria.

Bobby allungò una mano. Era un sasso.

“ Chi cazzo…?!”

Bobby si affacciò alla finestra sul retro.

Maria non c’era più. La palla era stata abbandonata fra i girasoli. Ne aveva piegati due.

Bobby corse fuori, mentre i sassi continuavano a disintegrarle mezza credenza.

C’erano frammenti di vetro dappertutto e ceramiche esplosero in mille pezzi volanti.

Bobby si riparò con le braccia, mentre correva verso la porta.

La aprì sempre scalciando contro il legno, imprecando.

I vetri e la ceramica, oltre a due sassi, si sbriciolarono sulla sua pelle, non appena la toccarono, senza lasciarle alcun segno.

Affacciata sulla veranda, arrabbiata e fumante, ringhiò verso la strada, imprecando.

La pioggia di sassi era terminata. Una macchina nera, sfrecciò a tutta velocità lungo la strada. I ragazzini corsero a ripararsi in fretta sul ciglio. Per poco non li investiva.

Bobby vide una figura scura ed incappucciata aggrapparsi all’ultimo momento alla portiera posteriore aperta, per poi ripararsi al sicuro in macchina, che scomparve.

“ Stronzi!”

Urlò loro contro Bobby, lanciando un sasso superstite e colpendo al centro il vetro scuro. L’auto zigzagò per un attimo, per poi sparire dalla sua vista.

Uno dei ragazzini urlò di sorpresa, mentre un altro esclamava a gran voce, per farsi sentire da lei:

“ Porca puttana! Che tosta!”

Bobby si voltò, indispettita di non poterli inseguire.

Non doveva dare nell’occhio…

Dannazione!

Una manina paffuta le stava porgendo un foglio.

“ Guarda.”

La incitò Maria, che aveva recuperato la palla. Si era nascosta dietro i vasi di fiori.

“ Cos’è?”

Bobby prese il foglio e lo aprì.

Sollevò un sopracciglio, storcendo la bocca in una smorfia.

Appallottolò il foglio, stringendo la palla di carta nella mano destra, abbandonata lungo il fianco.

“ Stronzate…”

Bobby guardò Maria, che ricambiava il suo sguardo, con aria spaurita. Si era spaventata.

Bobby le accarezzò la testa.

“ Va tutto bene.”

Le diede un buffetto sulla guancia.

“ Va a casa, su.”

Maria la prese in parola.

Corse a casa, dove la madre la stava già aspettando sulla soglia. Rimproverandola e abbracciandola stretta, si chiuse la porta alle spalle con un tonfo sordo.

I ragazzini ricominciarono a giocare, come se non fosse successo niente.

In casa, il telefono stava suonando.

Sputando in un angolo per il nervosismo, Bobby rientrò in casa, sbattendosi la porta dietro, adirata.

“ Ah… ma tu guarda che macello. Ah, cazzo! Aspetta un attimo no?”

Si rivolse al telefono, mentre si faceva strada fra le macerie di quel casino di vetri e cocci di piatti e bicchieri, per raggiungerlo.

Alzò la cornetta.

“ Mi hanno appena sabotato il pranzo. Spero per te che sia una cosa di vita o di morte.”

Non chiese nemmeno chi fosse. Era più che infuriata. L’indolenza forzata la imbestialiva più del fare qualcosa d’avventato.

“ Bobby… la mamma è nei guai. Devi venire. Subito.”

L’interlocutore riagganciò, nel momento esatto in cui il campanello del microonde annunciò che la pizza era riscaldata.

Ma, ormai, Bobby non aveva più fame.

Abbassò la cornetta.

Cercò il pacchetto di sigarette nella tasca posteriore dei jeans.

Ne portò una alle labbra e l’accese con l’accendino che trovò vicino ai fornelli.

Lo gettò sul tavolo, imprecando.

“ Cazzo.”

Bisbigliò, aspirando una bella boccata di fumo.

Doveva tornare.

Si guardò intorno.

Doveva fare la valigia…

Portò gli occhi al cielo.

“ Che palle.”

Buttò la sigaretta nel lavello, lasciò la pizza nel microonde e non chiuse la radio. Si sarebbe spenta da sola, alla fine del cd.

S’infilò le scarpe, prese il cellulare e le chiavi di casa.

Si fece scivolare la giacca di pelle nera sulle spalle, senza indossarla.

Andò dal suo vicino, dopo aver chiuso casa.

“ Karl!”

Urlò.

Senza aspettare che rispondesse, fece scivolare le chiavi nella buca delle lettere e si diresse a grandi passi nel suo garage.

 Lo aprì, incurante del fatto che non fosse il suo.

Il suo vicino, intanto, l’aveva raggiunta.

Karl era un quarantenne divorziato, con figlio maggiore adolescente e problematico a carico. La moglie l’aveva mollato per il suo istruttore di tennis e si era risposata dopo il divorzio con un vent’enne su una spiaggia delle Hawaii.

Solita, triste storia…

Karl aveva la pancetta ed era miope al pari di una talpa. Aveva un carattere pacifico e mite.

Per questo guardò sbalordito Bobby aprire il suo sub e metterlo in moto, senza sapere cosa dirle.

“ Bobby… che-che stai facendo? No, aspetta!”

Si parò davanti a lei, ancora in canotta e in mutande. Erano le dieci del mattino ed era il suo giorno di riposo dal lavoro. Faceva il contabile.

“ Karl, è un’emergenza. Mi serve la tua auto.”

“ Ma… ma… aspetta un attimo? Un’emergenza?”

“ Affacciati alla mia porta! Vedrai un casino esagerato. Mi hanno sparato contro…”

“ Ti hanno sparato?!”

Gridò, spaventato.

“ Non svenire. Non ho tempo di farti rinvenire. Devo scappare. E alla svelta, anche.”

Karl si asciugò il sudore dalla fronte, mentre Bobby dava gas con l’acceleratore. Karl sussultò e retrocesse di un passo.

“ Ma… cazzo, Bobby, vuoi mettermi sotto con la mia auto?”

“ Potrei farlo…”

Disse, scoccando le labbra.

Karl la guardò, shoccato.

“ Se non ti togli di mezzo, potrei farlo.”

Karl sospirò.

“ Ma, almeno…”

Iniziò, titubante.

“ Almeno me lo riporti indietro senza graffi o incidenti strani, questa volta?”

Bobby si fece una croce sul cuore.

“ Parola di scout.”

Karl aprì le braccia, portando gli occhi al cielo.

Bobby lo pressò a suon di clacson.

Karl si spostò, esasperato.

Bobby colse l’occasione per sbucare fuori dal vialetto e correre lungo la strada, senza nemmeno voltarsi a salutarlo.

Si accese un’altra sigaretta, gettando la giacca sul sedile posteriore.

Si accorse di non avere l’accendino.

“ Merda!”

Si fermò vicino al gruppetto dei ragazzini.

Abbassò il finestrino e si rivolse a quello che gli sembrava più grande.

“ Ehi, hai d’accendere?”

“ Ho quindici anni!”

“ E io venticinque. Vogliamo fare una gara? Dai, tira fuori quell’arnese!”

I ragazzini ridacchiarono.

Bobby li guardò,  ghignando.

“ Non quell’arnese…”

Fece loro la linguaccia e i ragazzi risero più forte.

Il ragazzino rise anche lui, tirando fuori dalla tasca un accendino di metallo, che funzionava a scatto.

Bobby allungò la sigaretta con le labbra e lasciò che gliela accendesse.

“ Fammi vedere un po’…”

Disse, mentre tirava una lunga fumata. Ah, ora sì che si sentiva meglio…

Il ragazzo le fece cadere l’accendino nel palmo aperto.

Lo esaminò.

Gli piaceva.

“ Quanto vuoi, per questo?”

“ Non è in vendita.”

Disse il moccioso.

Bobby lo esaminò attentamente.

Era smilzo per la sua età. Aveva una faccia furba.

Adocchiava la sua catenina.

Bobby sorrise.

“ Baratto?”

Si sfilò la catenina e gliela fece ciondolare davanti agli occhi.

Il ragazzo l’afferrò.

Le sorrise. Aveva un bel sorriso. Ampio, solare.

“ Okay. Andata.”

Bobby si mise al posto di guida, facendogli un saluto con una mano stile militare.

“ E’ stato un piacere.”

Alzò il finestrino e mise in moto.

Svoltò l’angolo e s’inoltrò nelle stradine di periferia.

Fece scattare l’accendino e lo chiuse.

Sorrise, con quel sorriso simile ad un ghigno.

“ Un accendino in puro argento per una catenina da quattro soldi, vinta con le patatine. Eh, ragazzo mio… ne hai di strada da fare.”

Lo gettò sul cruscotto e accese l’autoradio.

50 Cent… Allora quella giornata non era tutta da buttare.

Aveva un accendino nuovo, 50 Cent nella radio e una gran voglia di fare il culo a qualcuno.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Questo era il primo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate.

A presto,

Sempre vostra,

Fuffy

 

<3

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

2013 – New York

 

Tatiana cadde a terra. La testa urtò contro l’asfalto. Strusciò il labbro inferiore su quel ruvido pavimento, arido e sporco, ma non fuoriuscì sangue da nessuna ferita.

In effetti, era da un po’ che i fratelli Brown la stavano ‘corteggiando’ – così diceva lei – ma nonostante tutti gli spintoni e i maltrattamenti vari a cui la stavano sottoponendo, per convincerla a parlare, solamente i vestiti nuovi che aveva comprato nel gran magazzino all’angolo, erano ridotti in logori stracci.

Tatiana sorrise, mentre Big Frost la risollevò di peso.

La tratteneva con i lembi della camicia. La strattonò bruscamente e la gettò sulla serranda, provocando un gran frastuono di metallo contro corpo inerte.

“ Piano. Così mi rovini la tappezzeria, Big.”

“ Sta’ zitta, stronza.”

Le intimò, scurrile, mentre lei rideva. La risata di Tatiana era una risata particolare. Era roca, quasi gutturale. Le fuoriusciva direttamente dalla gola, come un suono selvaggio, delle fusa strascicate di leonessa.

Quella risata aveva il potere d’innervosire Johnny Jack, detto comunemente J.J. Un nome banale per una persona non del tutto tale.

A prima vista, J.J. poteva apparire un tipo anonimo, piuttosto normale, sempre nascosto dietro la sua nuvola di fumo, prodotto dai suoi immancabili sigari cubani. Senza filtro, per cancro ai polmoni assicurato.

Rispetto a Big Frost, suo fratello minore, che era un omone alto un metro e novanta per novanta chili di bicipiti e tricipiti, oltre a un modesto quarantadue di piede, J.J. appariva un mingherlino ed insipido ometto.

Ciononostante, J.J. era il più temibile dei due. Non per la sua forza bruta, ma per la sua insana violenza mentale. Era un sadico e machiavellico figlio di puttana, con la ‘p’ maiuscola.

Tatiana lo sapeva bene; ma, bando alla sicurezza personale, trovava irresistibilmente soddisfacente fallo imbestialire con la sua semplice e compiaciuta risata.

Al suono di quelle note graffianti e gioiose, J.J. contrasse la mano che stringeva il sigaro, gettandolo a terra ancora mezzo acceso e schiacciandolo sotto un piede.

“ Allora, Tatiana…”

Masticò J.J., facendo uscire a intervalli regolari l’ultima fumata dalla bocca aperta.

“ Ti decidi a parlare?”

Tatiana venne strattonata ancora da Big Frost. I suoi occhi neri brillarono minacciosi sotto le ciglia. Tuttavia, non reagì.

“ Dove sono i soldi?”

Tatiana sorrise.

“ Quali soldi?”

Big Frost le assestò un mal rovescio.

“ Fa pure la gnorri, questa stronza! Uccidiamola, Jay. Non vale la pena perdere tempo con …!”

“ Calma, fratello, calma.”

Lo placò J.J., facendogli abbassare la mano destra, mentre con la sinistra tratteneva ancora Tatiana, impedendole di cadere di nuovo al suolo. Con quella ‘dolce carezza’ di Big, le erano scivolati i capelli sul viso, nascondendole gli occhi e metà guancia. Si morse le labbra per trattenere un ringhio.

Quando rialzò lo sguardo, era di nuovo sorridente, quasi ubriaca.

“ E’ così che tratti le donne, Big? Non si fa, lo sai. E’ maleducazione. Potrei denunciarti per molestie.”

Big Frost le sorrise, avvicinandola al suo viso e alitandole in faccia, minaccioso:

“ Perché non ci provi, puttana?”

“ Basta, ora. Finitela, tutti e due.”

Quasi ordinò J.J., con tono di comando.

“ Per l’ultima volta, Tatiana…”

Con gesto disinvolto, tirò fuori dalla tasca interna del soprabito una pistola calibro 38. Un gingillo un po’ passato, ma comunque ancora ben funzionante.

Premette la canna al centro della fronte di Tatiana, che non smetteva di sorridere, guardandolo tranquillamente fra le ciglia socchiuse, per nulla intimorita.

Spazientito, J.J. tolse la sicura al grilletto.

“ Dove sono i miei soldi?”

“ Oh, immagino che tu voglia dire, i nostri soldi, vero amatore?”

Disse una voce femminile, che non era quella di Tatiana.

J.J. sentì un odore di sigarette di marca. La sconosciuta infranse il fumo sulla sua nuca scoperta e non solo quello.

Sentì un grilletto scattare e una pallottola volò nello spazio vuoto fra Big Frost e J.J., che si sentì bruciare la spalla.

Il proiettile lo aveva graffiato, prima di morire nel muro in pietra.

Big Frost lasciò andare Tatiana, sorpreso e impallidito. J.J. si voltò ad incontrare lo sguardo verde scuro della sua nemica. Era meno alta e più magra di Tatiana, ma, stranamente, ne aveva più timore.

E non solo perché le stava puntando la pistola sotto la cintura. Era il suo sguardo, uno sguardo che nessuna donna che aveva fino ad allora minacciato o con cui era stato a letto, gli aveva mai lanciato.

In quegli occhi limpidi, c’erano fiamme e fuoco. Si sentivo già consumato e atterrito.

Deglutì e abbassò l’arma.

Ma era troppo tardi.

Tatiana, dietro di lui, lo aveva già tramortito con un calcio. Il dolore al fianco lo accecò, aggiungendosi al fastidio della spalla bruciata. Un altro colpo in testa. Avvertì il calcio della pistola toccarlo duramente.

Sentì il ringhio del fratello, un altro colpo di pistola, un tonfo spesso e poi il buio.

J.J. aveva perso i senti e Tatiana gli stava frugando nelle tasche. Big Frost aveva perso conoscenza, quando l’altra gli aveva gettato contro la pistola, colpendolo con precisione in testa, subito dopo aver lanciato un colpo a vuoto, solo per spaventarlo.

Non ringraziò la donna che l’aveva aiutata. Anzi, le ringhiò contro.

“ Accidenti, Bobby! Mi hai fatto perdere un’occasione!”

Bobby raccolse la sua pistola e la gettò nel cestino dei rifiuti, dopo aver tolto il caricatore pieno, che passò a Tatiana. Un gatto soffiò al frastuono provocato dalla pistola scarica che toccava il fondo del bidone. Rizzò il pelo e scomparve nel vicolo buio, silenzioso.

“ Ma falla finita, Tati. Come al solito, ti diverti a giocare a fare la vittima sacrificale.”

“ Non è così! ‘Sta volta ce li avevo entrambi nel sacco. Questi idioti mi avrebbero detto tutto in pochi minuti, se solo non ti fossi messa in mezzo.”

Bobby fece spallucce, scalciando con la punta dello stivale un sassolino inesistente.

“ Si, si…”

Mormorò, accendendosi un’altra sigaretta.

Tatiana la guardò male.

Si ravviò i capelli con un mano, mentre con l’altra controllava il tacquino di J.J.

Ne scorse le pagine, storcendo le labbra.

“ Qui non c’è un cazzo, un cazzo!”

Lo gettò da parte, ai piedi di Bobby. Si chinò a raccoglierlo, fumando tranquillamente, mentre la sorella controllava e ricontrollava nelle tasche di J.J.

“ Merda…”

Borbottò Tatiana.

“ Era da una settimana che stavo dietro a questi stronzi. Ora dovrò ricominciare tutto daccapo. E la colpa è tua, Bobby!”

Le urlò contro, puntandole l’indice contro.

“ Si, si…”

Fu la risposta, vaga e per nulla soddisfacente.

“ No, ‘si si’ un corno. Ora chi mi ripaga per tutto il mio lavoro, eh? Senza contare il tempo perso.”

Bobby prese un foglietto caduto dal tacquino. Lo aprì e lesse ciò che c’era scritto. Sogghignò e lo porse alla sorella.

“ Che è?”

Le ringhiò contro, arrabbiata.

“ Leggi un po’…”

Tatiana le strappò il foglio dalle mani. La fronte, prima aggrottata, tornò liscia e priva d’imperfezioni.

Si gettò fra le braccia di Bobby, ringraziandola e baciandola sulla guancia.

“ Si, si… ma che sono? Coordinate? O un codice per una cassaforte?”

“ La seconda! Andiamo nell’ufficio di quel porco, e prendiamoci la grana, eh?”

“ Dipende. Dov’è? Lontano? Sono quasi a secco.”

Disse Bobby, intanto che le due sbucavano fuori dal vicolo, del tutto indisturbate.

Tatiana sgranò gli occhi alla vista del suv, parcheggiato in divieto di sosta.

“ E’ tuo? Forte.”

“ In realtà è di Karl.”

“ E chi è? Il tuo uomo?”

“ Ma figurati! Io ho chiuso con quella roba, lo sai… no, è il mio vicino.”

“ E’ bello?”

“ Ba’… se ti piace la pancetta…”

“ Che cosa?!”

“ Niente, lascia stare. Piuttosto…”

Si appoggiò all’auto, portandosi le mani in tasca. La sigaretta era in bilico, stretta fra le labbra.

“ Hai saputo?”

Le chiese, seria.

Tatiana la guardò interrogativa per qualche minuto. Infine sospirò e annuì.

“ Si… ho paura di si.”

Si passò una mano fra i capelli crespi, mordendosi il labbro inferiore.

“ La mamma è nei casini.”

Bobby annuì.

“ Già.”

Rimasero in silenzio, per un po’. Bobby guardava alcuni ragazzi entrare a coppie in un locale sulla destra, senza vederli davvero. Tatiana aveva trovato improvvisamente affascinante un macchia d’olio sull’asfalto.

“ Ti ha chiamato Tasha?”

Domandò improvvisamente a Bobby, rompendo lo stato di tensione. La guardò. La trovava più dimagrita. I capelli le erano cresciuti fino alle spalle. Era bella e fin troppo seria. Non l’aveva mai vista così preoccupata. Si morse di nuovo il labbro.

“ Si, immagino fosse lei.”

Rispose alla fine Bobby, senza voltarsi verso di lei.

“ Come l’hai sentita?”

“ Non c’ho parlato molto.”

Sospirò e gettò la sigaretta a terra. Non aveva finito di fumarla, ma la schiacciò lo stesso sotto il piede. Non le andava più di fumare.

“ E tu?”

Le chiese, tornando a guardarla.

Tatiana scosse la testa.

“ Nemmeno io. Mi è sembrato avesse fretta.”

Bobby sogghignò.

“ Già, immagino.”

Trasse un profondo respiro, ritornando a guardare i ragazzi del locale. Stavano uscendo due ragazze, in bilico sui tacchi a spillo. Barcollavano. Erano fatte o ubriacate di sicuro.

Bobby le compatì.

Fu un lampo, tornò a guardare la sorella. Le sorrise, staccandosi dall’auto.

“ Dai. Andiamo a prenderci i soldi del mafioso.”

Tatiana ricambiò il sorriso e l’affiancò, guidandola verso la sua auto.

Bobby si bloccò sul posto, guardando la sorella con un sopracciglio alzato.

“ Che c’è? E’ d’epoca. Ci ho messo parecchio per aggiustarla. I soldi migliori se ne sono andati per pagare il meccanico che me l’ha rimessa in sesto.”

“ Chi te l’ha fatto fare?”

Borbottò Bobby, guardando disgustata l’auto di Tatiana. Era una 500, piccola e d’epoca, color celestino chiaro.

Tatiana rise, con la sua tipica risata graffiante, salendo in auto, al posto di guida.

Mise in moto e la macchina subito prese vita, ronzando sul posto e sputando fumo nero dal retro.

Bobby guardò Tatiana, scettica.

Le aprì la è portiera dall’interno.

“ E dai, muoviti. Dobbiamo ancora fare tante cose.”

“ Io non ci salgo in quella scatoletta.”

“ Ma dai, Bobby… di che hai paura? L’ho provata. E’ un gioiellino.”

“ Si, da museo però…”

Borbottò, mentre, quasi contro voglia, prendeva posto sul sedile in pelle bianca.

“ Cosa?”

Bobby chiuse la portiera.

“ Niente. Parti, prima che ci ripensi.”

Tatiana rise di nuovo. Il suono della sua risata era sempre più roco. Si stava divertendo un mondo. Guardò Bobby riaccendersi un’altra sigaretta con un bell’accendino in argento. Osservò il suo broncio e la sua aria accigliata. Stiracchiò le labbra in un nuovo sorriso. Eh, sì… le era mancata.

Bobby e Tatiana presero i soldi, incuranti dell’allarme che stava svegliando tutto il vicinato. Molti si chiesero chi razza di rapinatore fosse quello che stava svaligiando un negozio per onoranze funebri. Nessuno di loro avrebbe creduto mai che dentro una tomba principesca, si nascondesse una botola che conduceva ad un improbabile scantinato. Lì sotto, fra tubatura, topi e bottiglie di whisky andate a male, c’era un quadro di Monet, un falso naturalmente, con dietro una cassaforte colma di denaro.

Quando quelle brave ed ignare persone si affacciarono in pigiama, babbucce e vestaglia dalla finestra, sporgendosi dalla ringhiera dei loro balconi, non videro nulla, se non la lampadina del lampione vicino all’insegna del negozio lampeggiare come sempre, le vetrine infrante e due figure scure. Un giovane intraprendente scese a controllare, e vide due dei più importanti malavitosi di New York, le cui facce erano presenti in tutti i notiziari, imbavagliati e legati all’entrata.

Erano privi di sensi, ma facilmente riconoscibili.

Erano Big Frost e suo fratello Johnny Jack, detto J.J.

Sulla sua faccia, c’era attaccato un foglio.

La calligrafia era in stampatello ed elementare.

Il ragazzo lesse e sorrise.

“ Per i gentili poliziotti di New York City, un cordiale omaggio dalle sorelle Elliot.”

Le sorelle Elliot? Che sfrontate.

La polizia arrivò e uno dei sergenti lesse il biglietto, che il giovane porse senza farsi tante domande. Nessuno sapeva chi fossero queste sorelle Elliot e se davvero esistessero.

Tuttavia, avevano fatto il lavoro della polizia di New York e della C.I.A che stava inseguendo quei due malviventi, senza mai riuscire a scovarli. Che ci facessero davanti ad un negozio di onoranze funebri, il sergente Michael Richards non riusciva a spiegarselo.

Si passò una mano fra i capelli, irritato per non essere stato lui stesso ad acciuffare J.J e il suo sciagurato fratello.

Rilesse il foglio e lo appallottolò. Ci mancava solo un altro grattacapo.

Avrebbe voluto disfarsi di quel biglietto, ma non lo fece. Lo consegnò alla scientifica, che lo esaminarono con guanti e pinze, prima di catalogarlo.

Le sorelle Elliot… che fortunate figlie di puttana.

Al sergente Michael, istintivamente, già piacevano.

Ma non lo ammise mai, nemmeno a se stesso. Era pur sempre un poliziotto, cazzo!

Intanto, Bobby e Tatiana stavano comodamente imbottigliate nel traffico. Era mezzanotte e Bobby non aveva ancora mangiato. Tatiana tirò fuori un hamburger mangiucchiato dal cruscotto e glielo porse, ammiccando.

Bobby sogghignò, la ringraziò con un cenno del capo e divorò il panino in tre bocconi.

Dopo, accesero la radio, godendosi le voci di Jay-Z e Alicia Keys che intonavano ‘Empire State of Mind’, inseguendo le note del piano e il rullare della batteria.

Tatiana cantò il ritornello, mentre Bobby si mise comoda sul sedile, incrociò le gambe, allungandole sul cruscotto e guardando fuori dal finestrino il via vai della gente.

Entrambe, si stavano godendo il pensiero dei trecentocinquatacinque milioni di dollari che dormivano placidi nella loro valigetta e di quello che ne avrebbero fatto, una volta fuori coda.

“ Andiamo da Ginny, ora?”

Bobby si accese un’altra sigaretta.

“ Si, si…”

Tatiana sorrise e rimise in moto. Finalmente, si camminava.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Ecco il nuovo capitolo. Ringrazio coloro che leggono, seguono e commentano.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Aggiornerò presto.

Baci,

Sempre vostra,

Fuffy

 

<3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

2013 – Los Angeles

 

“ Sprecate il vostro tempo.”

Disse Sebastian Gregory a Bobby e a Tatiana.

Bobby sgranocchiò una nocciolina, mentre Tatiana sorseggiò la sua birra alla spina.

Si trovavano al ‘Saturday Night’, il locale più in dei bassifondi della città degli angeli.

Bobby si guardò in giro, notando i centauri del tavolo in fondo, guardarle sorridenti e palesemente ubriachi.

Perché sua sorella si ostinasse a frequentare certi posto, non riusciva a capirlo.

Bobby arcuò un sopracciglio e ritornò a guardare il proprietario del pub.

Sebastian era un uomo sulla quarantina, tozzo e corpulento. Aveva un principio di calvizie e folti baffoni neri. Sembrava un messicano in cerca delle sue maracas. Ma, sicuramente, puliva i boccali di birra meglio di lei.

Prese un’altra nocciolina e la masticò con calma.

“ Quindi non l’hai vista?”

Gli chiese con tono confidenziale, rubando la birra alla sorella, buttandone giù un sorso generoso.

Tatiana s’indispettì e ne ordinò un’altra al barista, che gliela porse ammiccando.

Era carino, ma fin troppo slavato per i suoi gusti. In compenso, aveva un buon odore… lo seguì con lo sguardo, mentre si portava la bottiglia alle labbra.

“ No, ve l’ho detto!”

Esclamò a gran voce Sebastian, gettando lo straccio inamidato sul bancone e sospirando esasperato.

“ Sentite, vi ho detto come sono andati i fatti. Quando sono arrivato, l’altra sera, al locale, per controllare gli incassi della sera prima e darle i soldi…”

“ Soldi? Che soldi?”

Lo interruppe Bobby, mettendo da parte il boccale vuoto e rubando la bottiglia per metà vuota della sorella.

Tatiana la guardò male, scuotendo il capo rassegnata.

Il barista le porse una nuova bottiglia, facendogliene già saltare il tappo di metallo.

Tatiana lo fermò con un gesto della mano e un sorriso.

Non aveva più sete.

Il barista fece spallucce e la ripose nel frigo bar, nascosto sotto di lui.

“ Quelli della paga, no?”

Specificò Sebastian, gesticolando e irrigidendo le spalle. Ora, sembrava uno spagnolo incattivito.

“ Perché? Ginny ha lavorato qui?”

Gli domandò Tatiana, guardando Bobby. Avevano la stessa espressione scettica. Ginny che lavorava? Non era concepibile.

Entrambe sorrisero. Nessuna delle due se la immaginava impegnata in un lavoro serio.

“ Ma no, ma quale lavoro! Per l’esibizione del suo gruppo. Hanno fatto un concerto la settimana scorsa. Mai avuto il locale così pieno, ve lo dico io! Per questo, le avevo proposto di esibirsi di nuovo la sera scorsa.”

“ E non si è presentata?”

“ No, a presentarsi si è presentata. Ha cantato e suonato anche. Ma era sola, senza band… L’ho trovato strano. Di solito, stavano sempre insieme.”

“ Chi erano i membri del suo gruppo?”

“ E che ne so! Ragazzini, come lei…”

“ Maschi o femmine?”

Fu sempre Bobby a chiedere.

“ Tutti maschi. Lei era l’unica donna del gruppo.”

Bobby e Tatiana ritornarono a guardarsi, scambiandosi un identico sguardo eloquente. Immaginarono già cos’era successo. Ma sorvolarono sui dettagli dell’improvviso scioglimento del gruppo musicale, chiedendo cose più rilevanti.

 

“ Comunque, al momento di darle il dovuto compenso – io tengo sempre a pagare i buoni dipendenti, anche se non lo sono effettivamente – lei non c’era più. E’ sparita! Puff!”

Disse, chiudendo ed allargando le dita in un gesto significativo, sbarrando gli occhi.

Bobby e Tatiana, entrambe appoggiate al bancone con le braccia, ripeterono all’unisono:

“ Puff…”

Sebastian si portò le mani ai fianchi, annuendo lentamente.

“ Esatto.”

Bobby e Tatiana tornarono a guardarsi. Bobby distolse lo sguardo, arcuando entrambe le sopracciglia e sbuffando. Tatiana si schiarì la voce, ravviandosi i capelli ricci.

“ E’ strano.”

Disse Tatiana.

“ Molto strano.”

Commentò Bobby.

“ E’ quello che sto cercando di dirvi.”

Disse Sebastian, riempiendo un grosso boccale di birra ad un cliente solitario. Gli tirò vicino anche la ciotola delle olive, per tirarlo su. Aveva una faccia lunga e scura.

“ Brutta giornata?”

Gli chiese Bobby, che gli era vicino.

Lui annuì, lentamente e con gli occhi rossi e lucidi fissi davanti a sé.

“ Bevici su e manda a fan culo tutti. E’ così che faccio io e tre quarti della popolazione americana.”

Gli rubò le olive e li immerse nel suo boccale, prima di berlo a sue spese. Diede allo sconosciuto una pacca sulla spalla che quasi lo piegò in due.

“ Dammi retta, omologati. Ti salverai.”

Fece un cenno al barista.

“ Whisky liscio per lui. Mettilo sul mio conto.”

Il barista annuì e servì il cliente infelice.

Bobby tornò ad osservare Sebastian, che ricambiava il suo sguardo prima sorpreso, poi accigliato.

“ Allora, è sparita così? Nel nulla?”

“ E’ quello che ti ho detto!”

“ Ma che cazzo dici? La gente non sparisce così, nell’aria.”

Gli disse Bobby, accendendosi una sigaretta.

Sebastian gliela strappò dalle labbra e la spense nel pugno. Bobby alzò le mani e si accigliò. Sebastian le indicò il cartello ‘Vietato fumare’ dietro di lui.

“ E che cazzo…”

Mormorò, riponendo accendino a scatto e pacchetto di sigarette nella tasca della giacca di pelle.

Tatiana trattenne a stento un sorriso, mentre adocchiava di nuovo il barista. Aveva un sedere niente male… ah, perché era così slavato?

“ Ma non ti ricordi, che ha fatto dopo aver cantato?”

Sebastian fece spallucce e una smorfia.

“ Ah…”

Bobby lo mandò a quel paese con un gesto. Lui fece altrettanto, ma senza enfasi. Si allontanò dal bancone, senza nemmeno congedarsi. Quando sparì nel retro, Bobby tirò fuori una nuova sigaretta. Se la portò alle labbra e fece scattare l’accendino. Il divieto non l’aveva scalfita per niente.

“ E’ un casino.”

Le disse Tatiana, giocando con un’oliva, tenendola in equilibro davanti al suo naso, sostenendola fra i due indici.

“ Già, lo è.”

Rimarcò Bobby, traendo una gran nuvola di nicotina.

“ Non sappiamo dove potrebbe essere. Come facciamo a rintracciarla?”

“ E che ne so? Quello non sa un cazzo e mi ha fatto sprecare una sigaretta.”

Controllò il pacchetto.

“ Cazzo, solo due.”

Richiuse il coperchio di cartone e se lo rimise in tasca, insieme con l’accendino.

“ Dovrò comprarmi un altro pacchetto.”

Si sostenne la sigaretta fra l’indice e il medio della mano destra, dopo aver aspirato e rilasciato altro fumo.

Tatiana capì che era agitata, ma cercava di mascherare il nervosismo con l’aiuto della nicotina.

“ Ginny ci sta facendo perdere tempo.”

Disse, dopo un quarto d’oro di silenzio. Aveva lasciato che la sigaretta si consumasse, senza più accennare a fumarla. La cenere era caduta sul bancone. Il barista si avvicinò con uno straccio inumidito per pulirne la superficie.

“ Lo so.”

“ La mamma è nei casini e lei sparisce. E’ sempre così.”

Disse, con tono di rimprovero. Gettò il mozzicone in un vaso a forma di conchiglia.

“ Be’… lo sai com’è fatta…”

“ Non provare a giustificarla. Ora come ora, è ingiustificabile.”

“ Ti calmi? Non voglio giustificarla.”

“ Ah… ma smettila.”

Disse, bevendo altra birra.

“ Te la prendi con me, adesso? Mi dici che c’entro?”

Le domandò Tatiana, con aria offesa.

“ Non me la sto prendendo con te, ok?”

Disse Bobby, alzando di poco la voce.

“ Sono solo incazzata, perché stiamo perdendo tempo appresso a Ginny, quando a quest’ora potevamo essere da Tasha.”

Concluse, con tono più calmo, ma ancora nervoso.

Tatiana sospirò e guardò davanti a sé. Condivideva con lei, ma non glielo disse. Era preoccupata per la sorella. Cosa le era successo, per correre via, senza la grana?

Il barista le guardò da lontano, mentre puliva un bicchiere. Erano entrambe belle ed aggraziate, nonostante fossero preoccupate. Si sarebbero dette delle modelle o delle dive del cinema… di certo, come Ginny, non appartenevano a quel mondo. Ginny, Ginny… dov’è che l’aveva vista l’ultima volta? Era stato alla festa, giusto? Si, le aveva chiesto…

Ebbe un lampo di consapevolezza.

Si diresse dalle ragazze, immerse ancora nei loro pensieri.

Attirò la loro attenzione, schiarendosi la voce. La riccia di colore le sorrise. Da vicino, era ancora più bella. Si sentì imporporare il viso e per un secondo non capì più nulla. Reazione peggio di un liceale. Scosse la testa, per ritrovare il giusto contegno. Quando si rivolse ad entrambe, aveva la voce roca e fievole. Dannazione… se la schiarì di nuovo, evitando di guardare a destra, dov’era seduta Tatiana.

Provò a concentrarsi solo sull’altra. Ma quegli occhi verdi, lo inquietavano non poco. Tuttavia, parlò con voce più ferma.

“ Scusate, non avevo intenzione di origliare ma… io credo di sapere dove sia la persona che cercate.”

Bobby inclinò la testa di lato, mettendolo a fuoco, decisamente più interessata.

“ Ah, si? Parla un po’…”

Il ragazzo la guardò sorpreso. Era bella di sicuro, ma in quanto a modi…

Tatiana sorrise e lo incitò a continuare con un cenno svagato della mano destra.

Rincuorato, riprese il suo discorso, con tono sommesso, quasi cospiratorio.

“ Conosco da tempo, Ginny. Si è esibita col suo gruppo parecchie volte, nel locale. Non eravamo amici, però nemmeno nemici. Diciamo piuttosto, conoscenti intimi.”

Arcuò un angolo della bocca, socchiudendo gli occhi azzurri. Tatiana si morse il labbro inferiore, non vista da lui. Lo trovava sexy.

“ Non quel genere d’intimità, s’intende. Lei frequentava altri giri e non avevamo molte cose in comune.”

“ Si, si… ti dispiace arrivare al punto?”

Lo incalzò Bobby, che si stava spazientendo. Tatiana le diede un calcio sotto il bancone. Bobby la guardò storta e lei le fece una linguaccia.

“ Insomma, per farla breve, quella sera ero di turno al locale. L’ho trovata alquanto irritata, nervosa ecco… forse aveva litigato con i suoi amici musicisti, dato che non si erano presentati con lei, quella sera, che ha dovuto cantare in acustica. A proposito, è davvero molto brava.”

Si complimentò, on un nuovo sorriso e ricominciando a pulire il bancone. Tatiana annuì e gli sorrise riconoscente, Bobby sbuffò fra le labbra chiuse.

“ Comunque sia, a metà concerto, mi arriva una telefonata dalla cabina del locale. Credevo fosse il rifornitore, quindi ho risposto senza pensare.”

“ E invece?”

Gli chiese Bobby, accendendosi un’altra sigaretta.

Il barista non la rimproverò e i suoi occhi si fecero più intensi.

“ Non era il rifornitore. Era una donna di cui non ho mai sentito la voce, prima d’allora. Mi chiese subito di parlare con Ginny. Io ne conoscevo solo una, così, la chiamai dal palco e la feci avvicinare al bancone. Lei scese subito e si stava già avviando nel retro, dove abbiamo il telefono. Mi stupii. Sembrava quasi che si aspettasse la telefonata. Ebbi il tempo solamente di dirle che la cercavano al telefono. Ginny annuì soltanto e, preoccupata, si diresse nel retro.

Ne uscì dopo una mezz’oretta circa. Lo so per certo, perché ero proprio qui, vicino alla porta che dà sul retro, a servire un gruppo di punk. Ebbi soltanto la possibilità di vederla schizzare via, verso l’uscita. Era di fretta e più ansiosa di quando era entrata per rispondere alla chiamata. Ho tentato di fermarla. Doveva aspettare Sebastian per il pagamento. Sapevo che aveva bisogno di soldi e così… be’, comunque non ho fatto in tempo. Era già andata via.”

“ Allora siamo punto e d’accapo. Tu non sai dov’è, nonostante tu ci abbia raccontato questa storia affascinante.”

Disse con tono serafico Bobby, sbuffando fumo grigio verso di lui. Il barista tossì e si rivolse a Tatiana. Cominciava a temere sul serio quella donna.

“ In realtà…”

Rovistò nella tasca dei jeans, tirando fuori un foglietto stropicciato.

“ Ho trovato questo, vicino al telefono.”

Disse, porgendo il foglietto ripiegato a Tatiana. Lo prese con cura e lo aprì piano.

Bobby si sporse verso di lei, per leggerne il contenuto:

“ Derek,

Se vengono a cercarmi delle tipe strane, dagli questo biglietto. Lascio un indirizzo allegato. Loro sanno già tutto.

Ci vediamo,

G.”

Bobby sporse il labbro inferiore, in una smorfia, arcuando un sopracciglio.

“ Tipe strane?”

Domandò Tatiana, irritata.

“ Credo siamo noi.”

Rispose Bobby, allontanandosi dalla sorella lentamente. Tatiana appallottolò il foglietto e lo mise in tasca.

Derek si stupì.

“ Non v’interessa più sapere dov’è? Forse è a quell’indirizzo…”

Bobby tirò fuori dalla tasca tre dollari e due centesimi e li fece tintinnare sul bancone.

Mangiò un’altra oliva e si alzò dal sedile rotondo.

Lo stesso fece Tatiana, senza pagare naturalmente.

“ No, non credo. Non pensarci più, va bene? E’ un consiglio spassionato.”

Fece un cenno verso l’uscita a Tatiana e si avviò fra i tavoli vuoti verso la porta. I centauri all’angolo le fischiarono dietro. Bobby l’ignorò semplicemente.

Il campanello appeso all’ingresso tintinnò quando uscì.

Tatiana si attardò un po’ di più, prima di lasciare Derek.

Lo salutò con un bacio sulla guancia, annusando furtiva il suo profumo nella piega fra il mento e il collo. Eh, sì… aveva decisamente un buon odore.

“ Grazie mille, Derek.”

Lo ringraziò, mentre si ritirava. Lui rimase immobile e arrossì lievemente quando si accorse di averle appena sbirciato nella scollatura.

Tatiana gli sorrise e sghignazzò come suo solito, in maniera ruvida e giocosa.

“ Sei stato prezioso. Ci vediamo.”

Ammiccò e lo salutò con una mano, mentre si voltava, ancheggiando verso l’uscita.

Derek la guardò ipnotizzato e a bocca aperta, finché lei non scomparve dietro la porta.

“ Dammi retta.”

Disse il tipo al bar. Si era ripreso e sorseggiava il suo whisky. Gli parlava con espressione e tono di voce molto serio, come se gli stesse confessando un omicidio.

“ Donne come quelle appena uscite, sono pericolose.”

Disse, con voce strascicata.

Derek sorrise, alzando appena un angolo della bocca.

Si mise lo straccio sulla spalla e si voltò per aggiustare le bottiglie in disordine sui ripiani.

“ Lo so bene, amico.”

Sospirò, tastandosi con due dita il punto in cui le labbra di lei l’aveva toccato sulla guancia. Gli bruciava ancora.

“ Lo so molto bene.”

Mormorò per poi non ripensarci più.

Sentì un tonfo.

Si voltò, preoccupato. Sorrise subito dopo.

L’uomo era crollato addormentato sul bancone.

Rise piano, fra le labbra vibranti. Certo che se ne incontravano di tipi strani…

Bobby aspettò che la sorella uscisse dal locale, fumando l’ennesima sigaretta indisturbata, sotto la pergola gocciolante.

Stranamente, piovigginava. L’anticiclone era arrivato prima, quell’anno.

“ Che palle. Ci mancava solo la pioggia…”

Disse Tatiana, sbirciando sotto il pergolato, guardando la pioggia cadere come se le avesse fatto un torto.

“ Hai finito di fare la civetta?”

Le chiese, con la voce impastata dal fumo.

Tatiana sorrise, maliziosa.

“ Carino, eh?”

Bobby portò gli occhi al cielo.

“ Bah…”

Uscì allo scoperto, lasciando che le gocce di pioggia la bagnassero.

La sigaretta si spense e lei la sputò in una grata.

“ Finite?”

Le chiese Tatiana, ridendo già.

Bobby le diede una spallata e insieme si diressero verso l’auto.

Quando furono al riparo nell’interno della 500, Tatiana si scrollò i capelli bagnati, schizzando la sorella, che chiuse un occhio di scatto, quando una goccia le arrivò sulle ciglia.

“ E falla finita. Sembri un cane.”

Le intimò, rovistando nel cruscotto. Trovò il cellulare e lo accese.

C’erano tre chiamate perse del vicino Karl e una di Tasha.

Chiamò prima lei.

Rispose al secondo squillo, mentre Tatiana metteva in moto.

Bobby!

Esclamò Tasha dall’altro lato della linea.

“ Si, si… che vuoi? Stiamo arrivando.”

Le disse, frettolosa.

Tatiana si voltò di scatto verso la sorella, guardandola meravigliata.

“ E Ginny?”

Mimò con le labbra.

Bobby annuì scocciata, indicandole la strada da imboccare.

Tatiana alzò gli occhi al cielo e seguì l’ordine alla lettera, svoltando l’angolo e ingranando la marcia.

Dall’altro capo del telefono, Bobby sentì Tasha sospirare, sollevata.

Meno male. Credevo non mi rispondesti per capriccio. Dove siete? Vi ho cercato un’ora fa. Ho chiamato Tatiana cinque volte sul cellulare, ma  partiva sempre la segreteria.”

“ Hai il cellulare con te?”

Chiese Bobby a Tatiana che negò.

“ Ecco perché non ti rispondeva. Non ce l’ha appresso.”

Un altro sospiro, questa volta rassegnato.

Come al solito. Bobby, dovete venire subito.”

“ Si, non appena ripeschiamo Ginny.”

Ginny?

“ Siamo state al Saturday, ma lì non c’è.”

Cosa?! Al Saturday? Ma siete ancora a Los Angeles?

Gridò Tasha dall’altra parte. Bobby socchiuse gli occhi, serrando le labbra.

“ Che cazzo urli, per telefono? Neanche stessi qui con noi.”

Borbottò Bobby, cercando una sigaretta. Si ricordò di non averle più. Imprecò fra i denti e gettò il pacchetto vuoto dal finestrino.

Bobby, come devo dirtelo che la situazione è grave. Devi venire qui, adesso!

La rimproverò Tasha, incurante delle sue sgridate. Il suo tono di voce era concitato e preoccupato insieme. Bobby la sentì ansimare, ansiosa.

“ Tasha, non farti venire nessun attacco di panico. Arriveremo presto. Il tempo di riprendere Ginny e…”

Sprechi il tuo tempo. Ginny non è più a Los Angeles. E’ a Seattle.

Bobby chiuse gli occhi. Ora, era veramente incazzata. E la voglia di fumare si fece più acuta.

“ E che cazzo mi hai mandato a fare, qui?!”

Gridò, come un’ossessa. Tatiana sussultò e si morse il labbro.

Bobby…

Cercò di ammansirla Tasha. Ma la sua voce era tremante.

“ No, Bobby il cazzo! Ginny è lì da te e non ci dici niente?”

Era per questo che vi stavo chiamando. Per dirvelo! Se solo una delle due rispondesse al telefono…

Cercò di reagire Tasha, borbottando velocemente fra le labbra, proprio come Bobby.

Quest’ultima la mandò a quel paese e passò il cellulare a Tatiana.

Lei lo afferrò e accostò l’auto. Bobby scese e si precipitò in una tabaccheria piccola e logora, sbattendo la portiera. Le pagine dei giornali del giorno volavano dappertutto, scosse dal vento.

“ Tasha? Ci sei ancora?”

Ah, Tati… meno male. Con Bobby non puoi parlarci, che ti manda subito a fan culo.

“ Lo sai com’è fatta. E’ irascibile, ma rimane comunque affidabile.”

Le ricordò Tatiana, guardando la sorella prendere a calci lo stand dei giornali. Il povero, anziano proprietario la stava implorando di fermarsi. Gli urlò qualcosa e quello corse a rifugiarsi all’interno del negozio, spaventato.

Le venne da ridere.

“ Ma quindi, Ginny è con te adesso?”

Chiese Tatiana a Tasha, per una conferma.

Si, l’ho detto a Bobby. L’ho chiamata al locale, una settimana fa. Come voi, sapevo di trovarla lì, perché ce lo disse lei stessa, una volta partita per Los Angeles, ti ricordi? Ci lasciò anche il numero verde…

Tatiana disse che lo ricordava bene.

Ecco, quindi l’ho cercata lì e fortuna che l’ho trovata subito. Si è precipitata all’istante. Non ha soldi con sé ed è piuttosto inquieta per questo. Mi ha detto di avervi lasciato un indirizzo.

“ Si, è così. Sai cos’è?”

A quanto so, è l’appartamento di un tizio che le deve cinquemila dollari. In contanti.

Specificò Tasha, sospirando di nuovo.

Tatiana sorrise.

“ Be’, un bel bottino. E noi che dovremmo farne?”

Non l’hai capito? Vuole che andiate a riscuotere, prima di tornare qui. E’ così venale…”

Mormorò Tasha quasi fra sé, rimproverandola.

“ Ha preso da me, è sicuro.”

Scherzò Tatiana, facendo ridere Tasha. Intanto, Bobby era sul marciapiede e fumava tranquilla. Sembrava essersi calmata, quando ritornò in macchina.

Tasha, intanto, era ritornata seria e preoccupata.

Vi prego, Tati… fate in fretta. Ho un brutto presentimento.

Tatiana seppe che stava tremando, anche se dal tono non si sarebbe detto. Ma la conosceva fin troppo bene, per prevedere le sue reazioni.

“ Stai tranquilla. Arriviamo subito.”

Tatiana la sentì sorridere. Quando parlò, era sollevata.

Bene. Vi aspetto, allora. E, Tati… dì a Bobby che…

“ Lo so, lo so… a più tardi.”

Ciao.

Tatiana chiuse la comunicazione e consegnò il cellulare alla legittima proprietaria.

La guardò sorridente. Bobby sbuffò.

“ Cammina. Sbrighiamoci ad andare a casa. Devo dare una lezione a quella smorfiosetta…”

Tatiana rise. Sapeva che si riferiva a Ginny.

“ A dire la verità, avremo una deviazione da fare.

Bobby la guardò confusa, mentre rimetteva in moto.

Tatiana sogghignò.

“ Ti piacerà.”

Detto questo, sfrecciò lungo la strada, diretta verso le zone di periferia.

Più tardi, dopo aver minacciato un ragazzino di circa diciotto anni, con segni d’acne sul viso e capelli lunghi, biondi e sporchi di sudore, aspirante spacciatore d’erba, Bobby si sentiva molto più soddisfatta. In quanto ai cinquemila dollari che spettavano a Ginny, trovò più proficuo dividerli con Tatiana. La giusta punizione per una sorella sfruttatrice.

Chiamò anche Karl, che le urlò contro tutta la sua disperazione. Era dovuto correre a New York, perché il centro trasporti privati l’aveva chiamato. Un carro attrezzi aveva sequestrato il suo adorato suv e in più, oltre a pagare per riaverlo, avrebbe dovuto sborsare fior fiore di quattrini, per coprire l’ammanco di una multa salata.

Come ti è venuto in mente di lasciare l’auto in divieto di sosta per ventotto ore?

“ Scusa, Karl. Te li renderò, lo giuro.”

Ah, Bobby…

Detto questo, scoppiò a piangere e chiuse la comunicazione.

“ Problemi?”

Le domandò Tatiana, continuando a guardare la strada.

Bobby si allungò comodamente sul sedile e si accese un’altra sigaretta, incurante di tutto.

“ No, no… solo un vicino addolorato.”

“ Ah…”

Tatiana accese la radio.

Bobby sogghignò e alzò il volume.

Tatiana sbuffò.

“ No!”

Si lamentò.

“ Oh, sì!”

Esclamò Bobby, cantando l’ultimo singolo di Snoop Dogg.

Tatiana accelerò, lungo l’autostrada.

Sarebbe stato un lungo viaggio e lei voleva abbreviarlo il più possibile.

Quando arrivarono a Seattle, era già tarda notte.

Non si erano fermate un attimo e la 500 era quasi a secco.

Bobby tirò fuori la valigetta con i trecentocinquantacinque milioni di dollari ancora dormienti dal portabagagli, mentre Tatiana si avviò lungo il vialetto della villetta a due piani di Tasha.

Bussò al campanello, proprio mentre Bobby l’affiancava, la valigetta dietro la schiena e la sigaretta spenta in bocca.

Si sentirono dei passi e la porta si spalancò.

“ Bobby!”

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Scusate il ritardo. J

Ecco un nuovo capitolo.

Spero vi piaccia.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Un saluto particolare a tutti coloro che seguono e leggono con interesse la mia ff.

A presto e un bacio a voi. J

Sempre vostra,

Fuffy

 

<3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

2013 – Seattle

 

Ginny spalancò la porta e abbracciò Bobby.  Non si vedevano da due anni e le era mancata molto.

La trovò dimagrita, ma tutto sommato sempre la stessa.

Bobby si sentì investire dall’odore della sorella più piccola. Sapeva di cioccolato e menta peperita. Fresco, avvolgente e con un sopportabile pizzicore sotto le narici.

Una ciocca di capelli rossi e leonini le era finita in bocca. La sputò via, insieme alla sigaretta, che rimise in tasca, con la mano libera.

“ Sì, sì…”

Le picchiettò sulla spalla. Era sempre stata così alta?

La scostò da sé con garbo e le tirò i capelli.

Ginny si lamentò e le afferrò il polso.

“ No, no… e dai, Bobby!”

Esclamò, tentando di liberarsi.

“ E dai un cazzo. Si può sapere che hai combinato?”

“ Perché? Che ho fatto?”

Piagnucolò. Bobby mollò la presa e la sorpassò per entrare in casa. La vide massaggiarsi la testa nel punto in cui aveva tirato i capelli. Quante storie! In fondo, non aveva stretto così forte. Doveva sempre farsi credere…

“ Come sarebbe a dire? Ci hai solo fatto trotterellare per tutta Los Angeles per trovarti. E alla fine dei conti, eri qui, con Tasha.”

La informò Tatiana, accarezzandole il punto in cui Bobby le aveva afferrato i capelli e spingendola verso di lei, in un semi abbraccio fraterno, sorridendole.

Ginny si strinse al suo fianco, circondandole la vita con un braccio.

Sorrise anche lei, affondando il capo nel suo seno morbido.

“ Ma non è colpa mia. Tasha lo sapeva. Doveva informarvi lei.”

“ Sì, sì… ma falla finita? Perché? Tu non puoi comprarti un cellulare?”

La rimproverò ancora Bobby, guardando con biasimo Tatiana stringerla a sé. Non dovevano sgridarla? Ah, se non ci pensava lei a quelle cose…

“ Che viziata…”

Mormorò a Ginny, che le fece una linguaccia scherzosa. Non se la prendeva mai con Bobby. In fondo, adorava che fosse così burbera e scostante. Era il suo fascino brusco.

“ Bobby! Tatiana! Siete arrivate, finalmente.”

La voce materna di Tasha giunse all’orecchio di Bobby come il rumore scrosciante dell’acqua di un ruscello.

Alzò lo sguardo, giusto in tempo per vederla scendere le scale e andarle incontro di corsa.

Sorrise. Era cresciuta ancora. Non la vedeva da quanto tempo? Tre anni? Non si oppose quando si sporse per baciarle entrambe le guance.

“ Cominciavo a credere che non sareste più venute. Ho riscaldato la cena. Ho fatto le lasagne. Ciao!”

Abbracciò Tatiana, che la cullò per un po’ fra le braccia. Era contenta di rivederla.

Ginny era seduta sul divano. Stava rovistando curiosa in una busta colorata. Ne tirò fuori un vestito nero e un pellicciotto in eco-pelle maculato. I regali di Tasha.

“ Che belli. Merci.”

Squittì, provando il pellicciotto e facendosi rimirare da Bobby.

“ Ah… ‘grazie’ in francese, eh? Siamo diventate poliglotte?”

Ginny le fece un’altra linguaccia e di fronte al suo visino ridente e alle sue guance rosse di piacere, Bobby non poté non sorriderle. Con quel sorriso particolare, simile ad un ghigno.

Ginny l’abbracciò di nuovo e lei non la scostò.

“ E i soldi? Ce li avete i soldi, vero?”

Bobby smise di sorridere. La solita avida…

Si liberò senza difficoltà dalla sua stretta e la guardò con rimprovero.

“ Sempre a pensare a quello. Non cambierai mai.”

Borbottò, accendendosi la sigaretta di prima. Ginny guardò affascinata il suo accendino in argento. Protese una mano per prenderlo, uno scintillio avido negli occhi blu.

Bobby ne schiaffeggiò il dorso e lei mise il broncio.

“ Uffa… voglio i miei soldi!”

Esclamò, quasi furente.

“ Accontentanti del pellicciotto.”

Masticò Bobby, guardandola fra le ciglia socchiuse.

Ginny gonfiò le guance e fece una smorfia.

“ Non è nemmeno vero!”

Sottolineò, incrociando le braccia.

“ Siamo animaliste.”

Disse Bobby, fumando tranquilla.

Ginny sbuffò e si diresse in cucina. Tasha e Tatiana, che intanto stavano parlando fra loro, s’interruppero per osservare la scenetta divertente di quell’insolito quadro familiare, ridendo mentre seguivano la sorella in cucina.

Bobby chiuse la coda. Si sedette sulla sedia a capotavola, tirando a sé il posacenere in vetro verdastro, dove fece cadere i residui di tabacco.

Ginny si era seduta sul mobile bar in marmo, facendo dondolare le gambe. Aveva tirato fuori dal frigo il barattolo di gelato e ora leccava da un grosso cucchiaio una buona dose di vaniglia.

Aveva ancora il pellicciotto addosso. Faceva tante storie, ma alla fine le piaceva.

Tasha stava servendo Tatiana con le sue famose lasagne. Le aveva riscaldate nel microonde e adesso erano fumanti e ben calde. Tatiana affondò la forchetta nel piatto e le mangiò affamata.

“ Tu non ne vuoi, Bobby?”

Le chiese cortese Tasha.

Bobby scosse il capo.

“ No, grazie.”

Tasha sospirò e si sedette al suo fianco, di fronte a Tatiana.

Seguirono lunghi attimi di silenzio. Le sorelle Elliot erano di nuovo unite, dopo tanto tempo. Eppure, le circostanze che aveva portato a quell’evento, non erano delle più piacevoli.

Tasha non sapeva da dove cominciare col suo racconto dei fatti e si morse il labbro inferiore, portandosi i capelli lisci e biondi dietro le orecchie, preoccupata.

Incrociò le braccia sul tavolo e guardò Bobby fumare pensierosa.

“ I bambini stanno bene?”

Le domandò, con voce profonda.

Tasha sussultò, ritornando improvvisamente al presente e sorrise.

“ Sì, stanno benissimo. Ora, dormono. Volevano aspettarvi ma, si è fatto troppo tardi e ho dovuto mandarli a letto.”

Spiegò con tono fin troppo frettoloso e senza smettere di osservare la sorella, che annuì lentamente. La vide arcuare l’angolo destro della bocca.

“ Faremo piano, allora. Così, non si sveglieranno.”

La rassicurò Bobby, schiacciando il mozzicone consumato nel posacenere, proprio mentre Tatiana ebbe finito di mangiare. Il piatto era vuoto. Fece i complimenti a Tasha che si schermì, scuotendo il capo.

Bobby si fece seria.

“ Allora, Tasha? Che ci dici della mamma?”

Tasha sussultò e si contorse i capelli fra le mani, ponendoli tutti da un lato, coprendole la spalla destra come un velo sottile e di platino.

“ La cosa è molto seria, Bobby.”

Mormorò a bassa voce, tremante e chiudendo gli occhi.

“ Non… non so se riuscirò a dirvi tutto.”

Tatiana si sporse lungo il tavolo, per stringerle una mano.

“ Coraggio, sorellina.”

Le diede forza, sorridendole rassicurante.

Ginny scese con un balzo dal mobile bar e le circondò il collo con le braccia, da dietro, accostando il viso alla sua guancia sinistra.

“ Su, su, Tasha. Raccontaci ogni cosa.”

La invitò con ardore contagioso, ridendo piano, quando lei trasalì alla sua stretta improvvisa, per poi sorriderle grata. Bobby la guardava fra le ciglia socchiuse, vigile ed attenta. L’aroma amarognolo della sua sigaretta aveva invaso l’intera stanza.

Tasha afferrò l’avambraccio destro di Ginny e iniziò a raccontare, con voce grave.

“ Va bene. Vi dirò tutto. Una settimana fa, la mamma è venuta a trovarmi. Mi disse che era venuta per vedere i bambini e stare un po’ con me e Luke. Io e mio marito non avemmo nulla da obbiettare e così l’abbiamo ospitata volentieri. Per tutto il tempo che è rimasta qui, è stata amabile con tutti, mi ha aiutato con le faccende, ha accompagnato i bambini a scuola ed è perfino andata a pesca fuori città con Luke. Insomma, mi era sembrata serena…”

“ E invece? Ha fatto qualcosa di strano?”

La interruppe Bobby.

Tasha scosse il capo. I grandi occhi nocciola spalancati.

“ No, anzi. Si è comportata normalmente. Be’, insomma… normale, secondo i suoi canoni.”

Sorrisero tutte.

“ Già.”

Disse Bobby, accendendosi una nuova sigaretta. Tasha la guardò, aggrottando la fronte. Non le piaceva che fumasse. Bobby fece spallucce e si portò lo stesso la sigaretta alle labbra.

Tasha sospirò e continuò.

“ Comunque sia, le cose sono precipitate all’improvviso. Ieri mattina, dopo aver accompagnato i bambini a scuola, sono andata al supermarket in centro. Dopo aver fatto la spesa, mi sono fermata al bancomat, per ritirare alcuni soldi che mi sarebbero serviti per fare delle compere il pomeriggio. Luke era a lavoro a quell’ora, quindi per tutto il tempo che sono stata via – circa due ore e mezza, ho calcolato subito – la mamma è rimasta da sola.”

La voce le mancò e chiuse gli occhi, prima di proseguire con una nota roca, prossima al pianto.

“ Quando sono tornata a casa, l’ho chiamata subito. Volevo farle vedere il nuovo vaso per le begonie che avevo trovato in offerta speciale. Aveva detto che avremmo piantato i fiori insieme nel pomeriggio, per far fare giardinaggio ai bambini.”

Le lacrime cominciarono a rigarle il viso. Ginny la strinse di più a sé e lo stesso fece Tatiana, serrando più fermamente le dita intorno al dorso della sua.

Bobby si limitava ad osservarla. Aveva un’espressione granitica e non stava più fumando. La cenere stava cadendo indisturbata sul tavolo e sul pavimento.

“ L’ho chiamata di nuovo. Più volte. Non ha risposto.”

“ Non era della mamma. Lei ci sentiva sempre, ovunque fossimo.”

Bisbigliò Tatiana, deglutendo nervosa.

Tasha continuò, come se non l’avesse sentita, immersa nei suoi ricordi. Iniziava a singhiozzare.

“ L’ho cercata dappertutto. In cucina, di sopra, nelle camere dei ragazzi, in giardino… Niente.”

Scosse la testa. Gocce salate caddero sulla pelle di Ginny.

“ E’ scomparsa.”

Si nascose il viso fra le mani e pianse.

“ E’ scomparsa e non so come! Mi dispiace ragazze! Non so… come… non… so…”

Ormai era in preda ad una forte crisi di pianto. Era evidente che le aveva trattenute da molto.

“ Smettila. Non è il caso che tu pianga così.”

L’ammansì Bobby, mentre entrambe le sorelle la confortavano.

Quando alzò lo sguardo, ancora in preda ai singhiozzi, Tasha guardò solo lei.

Bobby sogghignò e socchiuse gli occhi, spegnendo la sigaretta. Tasha provò a ricambiare il sorriso, strofinandosi gli occhi. Ora, la guardavano tutte. Ginny era impallidita e Tatiana aveva serrato le labbra, preoccupata.

“ Com’è possibile? La mamma non sarebbe mai andata via così.”

Bobby tirò fuori un foglietto appallottolato e lo stese sul tavolo. Le sorelle si sporsero per leggere ciò che vi era scritto.

Ginny lo afferrò con entrambe le mani e lesse più volte.

“ Che significa?”

Domandò a Bobby.

“ Che è questa roba?”

Le chiese Tatiana.

Bobby sbuffò.

“ Dei tizi incappucciati mi hanno disintegrato la casa, lanciandomi sassi alle finestre. Uno di loro mi ha attaccato questo biglietto alla porta, prima di filarsela. Non sapevano neppure guidare decentemente…”

“ Erano umani?”

Le domandò Tatiana.

Bobby si sostenne il viso con una mano e sbuffò di nuovo.

“ Bobby?”

La chiamò Ginny, aggrottando le sopracciglia.

Tasha si era calmata un po’ e la guardava confusa e spaventata insieme.

“ Non lo so.”

Disse loro.

“ Non ho controllato. Ma, non credo che dei tipi normali avrebbero scritto questo avvertimento.”

Tasha prese il foglio maltrattato dalle mani di Tatiana e ne lesse il contenuto.

 

“ Carissima Roberta Elliot,

siamo spiacenti d’informarla che si è profilata la necessità di una sua dipartita.

Ci rammarichiamo di questa notizia,

ma le circostanze c’impongono un suo totale annientamento.

Il nostro voleva essere solo un avvertimento pacifico.

Una seconda volta, s’imporrà una più giusta soluzione definitiva.

Ci scusiamo ancora.

A presto.

V.”

 

Tasha aggrottò la fronte, massaggiandosi la tempia destra con le dita.

“ V.?”

Bobby fece spaccucce.

“ Con chi te la fai?”

Chiese Tatiana.

“ Sono drogati?”

Tutte osservarono Ginny.

“ Insomma, chi scriverebbe roba del genere senza essersi fatto? Ma insomma, avete letto o no?”

Riprese il foglio e rilesse ad alata voce:

Dipartita? Annientamento? Ah… Ci scusiamo ancora?!

Le guardò sbigottite, con le sopracciglia inarcate e la bocca semiaperta, indicando con una mano il foglio.

Bobby sbuffò di nuovo, strappandoglielo dalle dita.

“ Questi sono solo dei dilettanti con un grande senso dell’umorismo.”

“ Però sono educati.”

Aggiunse Tatiana.

“ Sì, e formali.”

Continuò Tasha. Guardò Bobby.

“ Troppo formali. Usano un tono troppo altisonante. Sono garbati, eppure celano un profondo senso di comando.”

Ragionò, osservata dalle sorelle.

“ E’ quasi come se ti stessero ordinando di morire.”

Mormorò Tasha a Bobby, che rimase impassibile. Finché non arcuò un sopracciglio e fece una smorfia.

“ Sentite, sembra assurdo, ma credo che questi tizi…”

E indicò il foglio, che mise di nuovo sul tavolo.

“ Non siano gli stessi che sono venuti a casa mia.”

“ E chi sono allora?”

La interruppe Ginny.

“ Pensi a dei mandanti?”

Proseguì Tatiana, con tono pratico.

Bobby annuì.

“ Sì, è così.”

“ E’ possibile, ma… tu li conosci? O almeno, riesci a capire chi siano?”

Le domandò Ginny, risedendosi sul bancone in marmo.

“ Io ho vissuto da perfetta cittadina. Sono stata fuori dal giro per molto, molto tempo. Non ho dato più nell’occhio, da quando la mamma me l’ha chiesto. Gliela avevo promesso.”

“ Non parlare di lei al passato, ti prego!”

Esclamò Tasha, afferrandosi la testa con le mani e ricominciando a singhiozzare.

Tatiana le racchiuse una spalla con la mano sinistra, per confortarla.

Ginny abbassò la testa, abbattuta.

“ Stavo solo raccontando quello che mi disse. Tasha, ti ho già detto che devi calmarti.”

La rimproverò Bobby.

“ Non è facile Bobby.”

Bisbigliò lei, strofinandosi le braccia, come se provasse freddo.

“ Non lo è per nessuno, Tasha.”

Disse Ginny, quasi risentita.

“ Bobby ha ragione Tasha. È inutile che tu ti compatisca. Non serve a niente e di sicuro non aiuta nessuno di noi.”

Disse Tatiana, accarezzandole la spalla e con voce meno brusca di Bobby, che sospirò.

“ A che pensi, Bobby?”

Bobby si accese un'altra sigaretta. La luce rossa della fiamma a gas le illuminò il viso, nella penombra della stanza, addolcendone i tratti e rendendola quasi un’immagine onirica.

Fumò con calma, aspirò e rilasciò nicotina e infine disse:

“ Che quei bastardi la pagheranno.”

Prese il foglio fra due dita e lo tenne di fronte a lei. Bucò con la punta in fiamme del mozzicone un lembo di carta. Quando lo lasciò volare di nuovo, per toccare la superficie levigate del tavolo, la firma ‘V.’ era sparita e al suo posto c’era solo un tondino ancora in combustione.

“ Pensi siano stati loro, a rapire la mamma?”

Le chiese Tasha. Bobby fumò ancora, prima di risponderle lentamente.

“ Rapita…” la guardò, con uno sguardo acceso:” O scortata?”

Le sorelle la guardarono confuse.

“ Siamo serie, ragazze. Credete davvero che la mamma si sia lasciata catturare così facilmente e senza opporre resistenza?”

Le tre si scambiarono sguardi eloquenti e scettici. Infine, scossero il capo.

“ Appunto. Questo significa che li ha seguiti, di sua spontanea volontà.”

“ Ma non ha alcun senso!”

Disse Tasha, agitandosi.

“ Insomma, perché avrebbe dovuto farlo?”

“ Forse è stata minacciata. E’ già successo altre volte.”

“ Sì, Tati. Ma sapevamo chi erano. I soliti conoscenti approfittatori, che noi poi abbiamo conciato per le feste. Se non ci pensava lei stessa.”

Dissi Ginny, sorridendo a qualche ricordo passato.

“ Io dico che la mamma si è messa in casini più grandi di lei. E, come al solito, spetta a noi tirarla fuori.”

“ Vuoi forse ritirarti, Bobby?”

Ora, fu il turno di Tasha di rimproverarla.

Bobby sogghignò.

“ Ma falla finita. Proprio ora che inizio a divertirmi?”

Mormorò, con tono compiaciuto.

Risero tutte, contagiate.

“ Bene! Allora è deciso. Salviamo la mamma!”

Disse Ginny, scendendo definitivamente dal mobile bar e accostandosi alle sorelle, riunitesi attorno a Bobby.

“ Calma. Prima dobbiamo scoprire chi sono questi anonimi rapitori.”

Disse Bobby.

“ E come facciamo? Non abbiamo informazioni.”

“ Mm…”

Mugugnò Bobby, in risposta alle preoccupazioni di Tatiana.

“ Ma abbiamo sempre un informatore.”

Borbottò, quasi fra sé. Le sorelle la guardarono scettiche. Bobby le rassicurò con uno dei suoi sorrisi particolari.

“ Lasciate fare a me.”

“ Mamma.”

Una vocina infantile le fece voltare verso la porta. Una bambina di circa sette anni, avvolta in un pigiama celeste a stelle gialle, si avvicinava a tentoni e a piedi nudi verso la madre, strofinandosi gli occhi.

Tasha le andò incontro, prendendola in braccio.

“ Viola, amore, cosa c’è? Un brutto sogno?”

Le mormorò affettuosa, stringendola a sé e baciandole la guancia destra.

“ No, ho sentito che piangevi…”

A Tasha le si strinse il cuore.

“ Ma no, tesoro mio, no. La mamma non piangeva. Hai sognato.”

Le mentì. Intanto, la voce le si spezzò. Ma, questa volta, represse le lacrime e sorrise alla sua bambina assonnata, cullandola fra le braccia.

Le sorelle guardarono entrambe intenerite. Perfino Bobby, sorrise nel vedere quell’abbraccio fra madre e figlia. Avere figli non le era mai interessato più di tanto, ma i bambini le piacevano.

“ Vieni, è tardi. Torniamo a letto. La mamma sta vicino a te, finché non ti addormenti, vuoi?”

Le mormorò all’orecchio, mentre si avviava già al piano di sopra.

Le altre sentirono Viola bisbigliarle “si”, già ad un nuovo passo verso il mondo dei sogni.

Anche Ginny sbadigliò, contagiata.

“ Andiamo a nanna anche noi?”

Disse, stiracchiandosi.

“ Sì, ma prima voglio sapere…”

Disse Tati.

“ Bobby, quest’informatore, non sarà…”

Bobby scosse la testa.

“ E’ tardi. Ne parliamo domani.”

La rassicurò. Anche lei cominciava a sentirsi stanca. Tatiana annuì, sospirando.

Bobby si mise sul divano del salotto. Incrociò le braccia dietro la testa e senza togliersi le scarpe, chiuse gli occhi.

Sognò uno strano tipo, con l’impermeabile e i capelli biondi. Gli occhi di un insolito tono dorato.

Pioveva a dirotto e lei sentiva freddo.

Quando si svegliò, sentì qualcosa pizzicarle il naso.

Era Danny, il secondogenito di Tasha. Era diverso dalla sorella, che aveva ereditato i tratti scuri e gli occhi azzurrognoli del padre. Danny, invece, era tutto sua madre. Stessi capelli biondi – anche se i suoi erano ricci, per via dell’età – e stessi occhi grandi e castani.

Le sorrise, nel ritrovarla sveglia e articolò il suo nome con una vocina dolce. Nel pugno sinistro stringeva un fiore. Glielo porse, tutto contento. Aveva solo quattro anni ed era già un romanticone. Bobby sorrise, chiuse per un attimo gli occhi e gli scostò la mano dal naso, che stava stringendo fra le dita minuscole. Con l’altra afferrò il fiore e si alzò.

“ Bravo, Danny! Hai svegliato zia Bobby.”

Si complimentò Ginny, prendendolo fra le braccia e facendogli fare l’aeroplano per tutta casa.

Bobby si grattò la testa e sospirò.

“ Anch’io, anch’io!”

Saltellò Viola, protendendo le braccia verso Ginny, che le accarezzò la testa.

“ No, no Viola. Niente aeroplano. Sei già in ritardo per la scuola.”

Le disse Tasha, che le stava infilando lo zaino dietro la schiena.

Viola gonfiò le guance e sbuffò, facendo una pernacchia al fratello, che rise divertito.

“ Basta, Viola. Su, è arrivato l’autobus.”

Il pulmino giallo si fermò alla fermata e Viola corse a scuola, trascinandosi per mano il fratellino, che salutò la mamma.

“ Li lasci andare da soli?”

Chiese Tatiana a Tasha, sulla soglia di casa, mentre entrambe guardavano Viola e Danny salire sull’autobus e prendere posto.

“ Sì. L’asilo è insieme alla scuola elementare e Viola è molto responsabile. Ha preso come una specie di dovere accompagnare il fratello fino all’aula e andarlo  a prendere a fine lezioni. Le maestre si complimentano sempre con me per il suo alto senso di responsabilità.”

Disse, tutta orgogliosa, salutandoli ancora, mentre loro la ricambiavano sorridenti.

Bobby vide Viola trattenere il fratello, prima che si sbilanciasse troppo dal finestrino. Lo rimise a posto accanto a lei e gli aggiustò il berretto.

L’autobus partì e rientrarono in casa.

Ginny si era già servita la colazione. Solo allora Bobby notò il suo abbigliamento.

“ E così cammini in casa di tua sorella?”

Aveva una maglietta con scollo a barca, che le lasciava scoperta una spalla, con tanto di reggiseno in pizzo nero e fucsia in vista. Sotto non indossava nulla, tranne un paio di micro mutandine dello stesso materiale e colore del reggiseno e dei calzettoni in lana lunghi fino al ginocchio.

Ginny fece spallucce, continuando a bere il suo succo d’arancia.

Bobby l’avrebbe strozzata.

Tasha rise.

“ Tranquilla, Bobby. Luke è in viaggio di lavoro. Tornerà in tarda mattinata.”

“ Cioè giusto il tempo necessario perché Ginny sia pronta.”

Disse Tatiana, beffeggiandola.

Ginny le lanciò lo stracco da cucina, che lei afferrò al volo.

“ Rimproverate me. Perché? Bobby che è vestita come ieri, no?”

“ In realtà, questi sono gli unici vestiti che ho.”

La guardarono tutte, sbigottite.

“ Che c’è? Non ho avuto tempo di fare i bagagli.”

Disse semplicemente, bevendo il caffè che Tasha le aveva preparato, proprio come piaceva a lei: scuro e poco zuccherato. L’amaro della bevanda riuscì a ridestarla del tutto.

Ginny la invitò a prendere qualcosa di suo, dalla sua valigia, ma lei rifiutò. Tuttavia, rubò una t-shirt nera di Tasha e si rimise il cappotto di pelle. Aveva ancora freddo. Il freddo dell’abbandono che le aveva lasciato attaccato addosso quel sogno.

Aspettò le sorelle fuori, sulla veranda, mentre leggeva una rivista sportiva di Luke sul dondolo in legno.

Si abbandonò sui cuscini per un po’, pensando al da farsi.

Attesero che Luke ritornasse dal suo viaggio di lavoro, prima di lasciare la casa incustodita. Non volevano lasciare nulla al caso, oltre ad assicurare ai bambini di ritorno da scuola di ritrovarsi almeno un adulto ad aspettarli.

Luke era un uomo semplice. Portava molto bene i suoi trentacinque anni. Era sportivo e gli piaceva giocare a squash col suo capo il finesettimana. Amava la pesca al lago ma, soprattutto, sua moglie e i suoi due figli.

La prima cosa che fece, prima di salutarle, fu di stringere sua moglie a sé e di baciarla sulle labbra, intrattenendola in un lungo bacio. Poi, si dedicò a loro, ammaliandole con lunghi sorrisi, ampi e spensierati. Danny aveva ereditato da lui proprio quel sorriso, oltre al suo romanticismo shakespeariano.

“ Come sarebbe a dire che ve ne andate? Così presto?”

Disse, con tono dolce e naturale.

“ Sì. Abbiamo cose urgenti da fare.”

“ Riguarda vostra madre?”

Ah… sveglio il ragazzo.

Tasha annuì.

“ Sì, amore. Ma, faremo subito.”

“ Mica tanto…”

“ Bobby…”

“ Ti spettiamo fuori, Tasha, mentre saluti Lucas.”

“ No, un attimo. Luke…”

Bobby lo invitò ad avvicinarsi. Quando le fu vicino, Bobby gli consegnò tra le mani una grossa somma di denaro. Luke sbarrò gli occhi e la guardò a bocca aperta.

“ Ma… cosa… Dove hai preso questi?”

“ Non fare domande di cui non vorresti sentire la risposta. Tienili e mettili in banca, in un conto protetto. Prendine un po’ per fare una lunga vacanza con i bambini.”

“ Cosa? Una vacanza? Ma, non possiamo. Il lavoro, la scuola…”

Guardò la moglie e poi Bobby. Poi i soldi e di nuovo Bobby.

“ Sì, sì… una vacanza, hai capito bene. Portali al mare, in montagna, al lago… dove ti pare. Basta che sia lontano e non qui.”

“ Ma, Tasha…”

“ Tasha te la monopolizzo per una settimana o due, dopodiché ti raggiungerà.”

“ Cosa? Ma, io…”

Interloquì Tasha. Non era quello che Bobby le aveva detto.

Bobby la zittì con uno sguardo acceso ed eloquente. Poi, sogghignò verso Luke, con ancora l’aria confusa ed allibita.

“ Bobby, io…”

“ Non devi ringraziarmi.”

“ Ma…”

“ Con permesso, scusa.”

Ginny recuperò la valigetta chiusa, con dentro il resto del denaro.

Bobby gliela sfilò dalle mani e, prima che potesse replicare, se la mise dietro la schiena e uscì fuori casa.

“ E dai, Bobby!”

Sentì esclamare Ginny, che l’aveva inseguita.

Le si attaccò al braccio libero.

“ Non merito anche io un premio.”

“ Si, certo. Quando avrai combinato qualcosa.”

“ Ma non è giusto! A Luke non hai chiesto nulla.”

“ Perché Luke è un padre di famiglia. Tu sei sola, spiantata e una scialacquatrice.”

“ No.”

“ Saresti capace di finirti questi soldi in meno di due giorni.”

“ Ma non è vero! Mi fai così dispendiosa?”

“ Esattamente.”

“ Oh, Bobby! Sei ingiusta!”

“ Lo so. Ora falla finita, prima che m’incazzi sul serio.”

Sogghignò, mentre gettava la valigetta nel portabagagli della 500 di Tatiana e lei caricava il resto dei bagagli.

Ginny sibilò contro la sorella.

“ Non ringhiare. Sei brutta quando lo fai.”

Mormorò Bobby, accendendosi una nuova sigaretta. Controllò l’interno del pacchetto, trattenendola fra le labbra. Cazzo. Erano quasi finite. Di nuovo.

Ginny salì in macchina, sbattendo la portiera.

“ Non sbattere così! Mi scheggi la portiera!”

Le gridò Tatiana dal finestrino.

“ Vaffanculo!”

“ Non mandarmi a fan culo, Ginny, ti avverto… E non urlare, cazzo!”

Ginny ringhiò più forte, incrociando le braccia al petto, indispettita.

“ Togli le gambe dal sedile o te le spezzo!”

“ Non rompere Tati, cazzo!”

“ Ginny, sto perdendo la pazienza…”

“ Me ne fotto.”

“ Ti fotterò io se non la pianti!”

Bobby sogghignò, appoggiata al cofano della macchina e fumando tranquilla, con quel sottofondo colorito di rimproveri e proteste. Tasha la raggiunse, ridendo.

“ Come ai vecchi tempi.”

Le disse, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.

“ Già…”

Disse Bobby, aiutandola a mettere il suo borsone, accanto a quello più gonfio e voluminoso di Ginny, nel portabagagli.

Lo richiuse con un tonfo sonoro. Tasha era ancora vicino a lei. Aveva lo sguardo basso, come quando da piccola tergiversava a dirle qualcosa.

“ Che c’è? Vai in macchina, dai. Hai salutato Luke?”

“ Sì. Ha detto che partirà per un breve vacanza con i bambini. Li porterà a mare. Viola sarà contenta e anche Danny.”

“ Sì, sì… e qual è il problema? Vuoi andare anche tu?”

“ No!”

Esclamò, con tanta foga da imporporarsi le guance.

Sospirò, riabbassando il capo.

“ Io… non… Perché hai detto a Luke che sarei rimasta con voi per una o due settimane? Basterà questo tempo per salvare la mamma? Io… io non meglio mollare tutto se…”

“ Smettila di agitarti.”

Le disse Bobby, afferrandola per le spalle.

“ Ci penseremo quando sarà, va bene?”

Tasha la guardò negli occhi. Quei profondi occhi verdi, capace da sempre di farle dimenticare ogni turbamento, svuotandola di qualsiasi sentimento, negativo o positivo che fosse. Quel senso di annientamento la frastornava e confortava allo stesso tempo.

Si accorse che Luke le stava guardando dalla soglia di casa. Quando la salutò con la mano, lei lo ricambiò con riconoscenza.

Lo vide sorriderle, fiducioso. Sapeva già che quel sorriso le sarebbe mancato più di tutto.

Guardò Bobby.

Be’… in fondo, era con lei. E con Tati, e con Ginny… Solo allora, si accorse di quanto le erano mancate. Si accorse di aver abbracciato Bobby, solo quando la distaccò bruscamente, come sempre.

“ Dai, andiamo. Altrimenti quelle, lì dentro, si scannano.”

Le sorrise. Quel mezzo sorriso che la faceva sempre ridere e le infondeva coraggio.

Si mise dietro, accanto a Ginny che era molto nervosa ed irritata. Almeno, rimaneva in silenzio, senza fare i capricci.

Tatiana, invece, continuò a rimproverarla fino a quando non imboccarono la tangenziale.

Solo allora, si rivolse, con tono più calmo, a Bobby.

“ Allora? Direzione?”

Bobby raccolse un mozzicone semi consumato dal portacenere dell’auto stracolmo, lo riaccese e si mise comoda sul sedile, incrociando le gambe sul cruscotto.

“ Prendi l’A-1.”

Tatiana eseguì, colpita dal suo tono, quasi incolore. La guardò, con la coda nell’occhio. Stava pensando. Lo sapeva. Deglutì, nervosa, e accelerò di poco, ingranando la quarta.

Ginny, che guardava fuori dal finestrino, in parallelo al lato del passeggero, vide il riflesso di un’insegna. Sgranò gli occhi e si protese verso Bobby, picchiettandola per una spalla.

“ Stiamo andando a Forks?”

Tasha la guardò e Tatiana aspettò la risposta, senza voltarsi verso di lei.

“ Sì, sì…”

Disse semplicemente, gettando il mozzicone, ora finito, fuori dal finestrino.

Ginny si afflosciò sul sedile posteriore, sbuffando.

“ Ma non c’è niente a Forks.”

Piagnucolò, scontenta.

Bobby sogghignò.

“ Non mi risulta.”

Ginny portò gli occhi al cielo.

“ Che palle.”

Borbottò, fra sé e sé.

Si stese di lungo, posando la testa sulle ginocchia unite di Tasha. Chiuse gli occhi, mentre lei le accarezzava piano i capelli.

Almeno, si sarebbe fatta una bella dormita. Doveva recuperare il sonno perduto… doveva…

Si addormentò.

Bobby accese la radio. La stazione di Forks mandò una canzone dei Linking Park , Leave out all the rest.

Bobby sbuffò. Cazzo. La più moscia.

Tatiana alzò il volume, sorridendo.

Bobby la osservò di traverso.

“ Bella Forks.”

Disse Tatiana, tutta giuliva.

Tasha, dietro di loro, ridacchiò.

Bobby arcuò un sopracciglio, mentre svoltavano verso l’uscita.

Quando videro un cervo zampettare lungo il guardialinee, brucando l’erbetta selvaggia, lontano dal bosco, capì che erano arrivate.

 

Angolo dell’autrice.

 

Scusate l’imperdonabile ritardo, ma non ho avuto molto tempo per la scrittura. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. J

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Ringrazio come sempre tutti coloro che seguono, leggono e commentano la mia storia.

Perdonate eventuali errori di battitura.

Aggiornerò presto. Soprattutto nel finesettimana.

Un bacio a tutti/e voi. J

Sempre vostra,

Fuffy

 

<3

 

 

 

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