The blooding city: ogni morte ha il proprio colore. di DonnaInRosso (/viewuser.php?uid=517112)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1: LEGAMI DI SANGUE (ROSSO) ***
Capitolo 2: *** #2: L’ALTRA FACCIA DELL’INNOCENZA (NERO) ***
Capitolo 3: *** MEMORIE DAL PASSATO (GIALLO) ***
Capitolo 1 *** #1: LEGAMI DI SANGUE (ROSSO) ***
1
<<
Se cerchi di urlare o di scappare, ammazzo tua sorella intesi? Anche
tu, se non
fai la brava dovrò ammazzarla. Ok? Adesso andiamo a fare un
giro nel bosco...
>>
Siamo
mano nella mano, perché solo così possiamo farci
coraggio a vicenda. Lo
seguiamo senza fiatare, ci ricatta, non possiamo difenderci. Abbiamo
tanta
paura, lui non ci perde d’occhio un solo istante.
È riuscito ad entrare in casa
perché papà aveva ancora una volta dimenticato di
risistemare la vecchia
serratura della porta di legno e perché lui può
avvicinarsi a casa nostra
quando e come vuole senza che nessuno gli dia peso.
Lui
lavora per papà. Lo aiuta nella gestione della fattoria,
mamma gli prepara
sempre cose buone e, quando ci riuniamo a tavola tutti insieme, ci
prendiamo
per mano e recitiamo la preghiera di ringraziamento.
Oggi
è venuto a ritinteggiare il tetto della stalla e quando ha
finito, papà gli ha
dato una pacca sulla spalla, insieme hanno sorriso e hanno bevuto una
bottiglia
di birra fresca a testa.
Quel
pomeriggio è venuto a giocare con me e mia sorella Stella,
ha preso il tè con
le nostre bambole di pezza e con dei fili di lana colorata e delle
perline
abbiamo creato delle bellissime collanine.
Quando
è venuto a prenderci di notte, indossava ancora il bracciale
speciale fatto
apposta per lui, con la pasta cruda e la vernice spray blu.
Ha
un coltello affilato con sé e lo punta al collo di Stella,
ma io non urlo, anzi
non emetto alcun suono; se cerco di svegliare papà lui la
ucciderà e poi ammazzerà
anche me e dopo salirà per le vecchie scale di legno
cigolanti ed entrerà in
camera di mamma e papà e li massacrerà senza
pietà.
È
così che ha detto che farà se non ubbidiamo.
Siamo
arrivati allo stagno delle ninfe fatate, ma di notte quel posto non
è così
bello come quando ci veniamo con la mamma. Mamma ci racconta sempre
belle
storie su quel posto e sugli abitanti segreti che vi abitano. Dice che
le ninfe
fatate appaiono solo di notte, quando nessuno può vederle e
far loro del male,
ma adesso ci siamo solo noi.
Lui
si gira verso di me e mi ordina di sedermi ai piedi
dell’albero secolare,
quello dove papà aveva promesso a me e a Stella di costruire
il nostro forzino
segreto, con ponti e funi annodate per arrampicarsi.
Poi
prende per mano mia sorella e la porta lontana da me. Le toglie il
pigiamino degli
orsetti e lo getta nel fango, Stella ne
è triste: quello è il suo pigiama preferito. Poi
le sfila le mutandine e
comincia ad accarezzarle il visino spaventato.
Io
la guardo ma non posso fare nulla per
aiutarla.
Fa
freddo, fa tanto freddo e Stella trema
tutta, comincia a piangere e a chiamare la mamma.
Lui
le dice di stare zitta, zitta e buona ma Stella ha paura e ho tanta
paura
anch’io.
Lui
le mette una mano davanti alla bocca, ma il faccino di Stella e
così piccolo
sotto la forza di quella mano gigante e dopo un po’ Stella ha
smesso di
divincolarsi dalla sua stretta. Non piange né trema
più, e lui comincia ad
agitarsi. Mi guarda e non sa cosa fare, si arrabbia e dice cose che non
ho mai
sentito pronunciare e parole che non capisco perché ho solo
6 anni.
Mi
raggomitolo e mi schiaccio contro il tronco di quell’albero
millenario, ma non
sono ancora invisibile ai suoi occhi. Lui prende il corpo di Stella tra
le
braccia e poi lo adagia sul pelo dell’acqua. Quasi subito la
vedo sprofondare
giù e scompare sotto i miei occhi.
Lui
sembra essersi dimenticato di me, comincia a piangere e a disperarsi e
a
maledirsi. Anche lui sembra un bambino adesso, anche se ha
già 17 anni.
Vorrei
scappare, tornare a casa, ma credo di essermi persa, non so
più come tornare
indietro, e poi non posso lasciare Stella da sola nel bosco, quando
ritornerà
su a galla si spaventerà un sacco e si arrabbierà
con me per averla
abbandonata.
Lui
d’improvviso si gira verso di me e si avvicina furibondo.
Prende
il suo coltello e mi fa un taglio sul braccio. Brucia, brucia un sacco,
ma
continuo a non fare rumore, anche se mi fa male e il sangue comincia a
macchiare il mio pigiama.
<<
Se dici a qualcuno quello che hai visto, verrò di nuovo a
casa tua e fredderò
te e la tua famiglia, hai capito? >>
Gli
faccio cenno di sì con la testa e lui mi ordina di andare
via e allora scappo
nel bosco buio e cerco la via di casa. Cado più volte
nell’erba alta e bagnata,
gli alberi coprono la luce della luna, mi sbuccio le ginocchia e mi
graffio il
viso.
Mamma
si arrabbierà molto quando vedrà come sono
ridotta, ma adesso non importa, devo
tornare a casa, lui me lo ha ordinato. Giro in tondo quasi tutta la
notte, ma
poi da lontano vedo la mia vecchia casetta di legno bianca e rossa e
corro
dritta in camera mia.
Domani
io la mamma e il papà andremo a riprendere Stella nel bosco.
Le
piccole ninfe fatate la terranno compagnia per stanotte.
Mi
sveglio in preda al panico, la
fronte madida di sudore. Sempre lo stesso maledettissimo sogno, mi
tormenta
ormai da 19 lunghissimi anni.
Guardo
la sveglia, sono le 3:48.
Merda. Se non riesco a recuperare qualche ora di sonno, domattina
sarò uno
straccio a lavoro. Poggio i piedi sul marmo ghiacciato, ma non ho
bisogno di
quel freddo contatto per svegliarmi dal torpore del sonno. Anche per
stanotte
Morfeo è andato a farsi fottere.
Vado
in bagno e la mia faccia
allo specchio mi fa rabbrividire.
Cavolo,
queste brutte occhiaie non sparirebbero nemmeno se Michelangelo in
persona
venisse a farmi il più grande lavoro di restauro.
Apro
l’armadietto pieno zeppo di
farmaci e tranquillanti e ne tiro fuori il solito flaconcino arancione
di
sonniferi che abbatterebbero un cavallo puro sangue, ma non me.
Magari
ha effetto solo sugli animali, Isabel, la prossima volta rivolgiti ad
un vero
medico e non ad un veterinario.
Sarà
per il sonno perso, ma certo che ne sparo di stronzate.
Ho
davvero necessità di dormire.
Ritorno
a letto, sul comodino mi
aspetta la mia vecchia amica, una seducente bottiglia di gin. Prendo
una dose standard di pillole, ad
occhio e croce
sembrerebbero una mezza dozzina, e le butto gli d’un fiato
con un sorso di gin.
Per un po’ riposerò senza fare brutti sogni.
Domattina
sarà un’altra giornata
di merda.
Il
cielo notturno è plumbeo, di
sicuro domani pioverà. E quando piove le notizie sono ancora
più brutte del
solito. Un’ultima occhiata al cuscino per vedere se la Glock
è ancora al suo
posto, poi sprofondo in un sonno senza luce.
Lunedì,
10
marzo ore 6.20
Driiiinnn!!!!
Dove
sei maledetta... *crash*
Apro
un occhio solo e...
Oh
Cristo! Sarà la ventesima
sveglia a cui faccio il funerale solo in quest’ultimo mese.
È
ora di alzarsi.
Guardo
fuori dalla finestra e il
cielo è più scuro e opprimente che mai. Perfetto.
Avrò bisogno di una doppia
razione di cioccolato a colazione e caffè ristretto, meglio
se amaro.
Il
mio monolocale è un casino
assoluto, sembra ci sia passato dentro l’uragano Katrina.
Cerco
tra le lenzuola la T-shirt
grigia e i leggins bucherellati neri. Sotto il letto trovo uno
stivaletto in
pelle e il reggiseno di pizzo. Biancheria piuttosto raffinata per una
donna
sola come me. Rubo al volo una mela dal centro tavola e mi fiondo in
bagno a
lavarmi i denti. Trovo anche l’altro stivaletto desaparecidos
e mi siedo alla
toletta per darmi una sistemata.
<<
Ci credo che sei sola da
una vita Isabel, guarda che faccia ti ritrovi. Non è per gli
spiriti che ti
porti dietro, la colpa è tutta di questa faccia da
spaventapasseri e delle
tette inesistenti che ti ritrovi, se sei pronta a far parte del
prestigioso
club delle “zitelle svitate”. >>
Ma
tu guarda se mi tocca armeggiare con trucchi e parrucchi di prima
mattina per
apparire accettabile. Certo che se non lo facessi, in ufficio
scapperebbero
tutti urlando come forsennati al solo intravedermi da lontano.
Uso
uno degli elastici che tengo
al polso a mo di braccialetto,
mi lego i
capelli in una sorta di coda ordinata e sono pronta per andare. Prendo
la Glock
e la infilo nella sua elegante custodia che tengo stretta alla cintura
e prima
di uscire sfilo lesta la giacca di pelle dall’appendiabiti.
Scendo
in strada e il tram tram
giornaliero mi perfora i timpani. Sono le 6.42 e già sono
tutti di corsa. Dai
tombini fuoriescono pennacchi di fumo nero e con questo tempaccio in
arrivo, la
città sembra essere calata in un film degli anni trenta.
Tutto sembra ridotto
al bianco e al nero, perfino i volti dei passanti. Fermo un taxi con un
gesto
della mano e dal finestrino del guidatore spunta la testa di un tipetto
simpatico sulla cinquantina, capelli brizzolati e faccia tutta rughe.
<<
Buongiorno brigadiere!!
Come vanno le cose in centrale? Si lavora? >>
<<
Sono un agente non un
brigadiere e poi lo sa che non posso parlare del mio lavoro Scott!
Comunque
buongiorno anche a lei, ammesso che di buongiorno si possa parlare.
>>
<<
Eh, brutto tempo vero?
Ma che ci vuol fare, non siamo mica a Napoli, dove brilla sempre il
sole.
Questa è la città dello smog perenne, signorì.
>>
<<
Deve essere davvero
bella questa Napoli, ne parla continuamente. >>
<<
Ah, bella assai. Peccato
per tutta quella delinquenza. Dovrebbero esserci più commissari come voi lì, allora
le cose andrebbero meglio. >>
<<
Agente. >>
<<
Si, si quello insomma.
Eccoci arrivati dottoressa. Sono 20$ >>
<<
Grazie Scott. Tenga il
resto. >>
<<
Gentilissima come
sempre, alla prossima. >>
Lo
saluto con la mano, brav’uomo
questo Scott. È dovuto andar via dalla sua città
per lavoro, ma non l’ha mai
dimenticata, la porta sempre nel cuore.
Eccoci
arrivati al dipartimento
federale della città di Constantine e più
precisamente al distretto dei casi irrisolti,
dove lavoro da quasi un anno.
Mi
chiamo Isabella Fitzgerard, ho
25 anni e sono single.
Il
mio compito qui al distretto
consiste nell’analizzare vecchi reperti, ricostruire scene
del crimine e
cercare di mettere a tacere più anime possibili, sperando un
giorno di poter
ripagare all’errore commesso anni fa.
<<
Ehi Fitzgerard ben
arrivata. Sulla scrivania c’è un caffè
fumante tutto per te. >>
<<
E scommetto anche un bel
fascicolo ammuffito. >>
<<
Perspicace. >>
Alan
Moore, 30 anni, collega di
muffa in questo edificio allo scatafascio. Si occupa di catalogare
tutti i casi
irrisolti secondo un ordine magistralmente creato dalla sua mente
contorta.
Occhialuto, ma affascinante, siamo usciti insieme qualche volta, ma la
mia
straordinaria capacità di mandare tutto a monte ha prevalso
ancora una volta.
Ciò nonostante Alan è sempre galante con me e non
mi fa pesare la mia freddezza
nei rapporti umani in generale e il mio rifiuto cronico verso tutte
quelle
attività che potrebbero anche solo lontanamente concedermi
un attimo di
stabilità interiore.
<<
Allora cosa abbiamo di
bello oggi? >>
<<
Statale 124, aprile di 2
anni fa. Un tizio è stato ritrovato carbonizzato nella sua
auto. Dalle indagini
si stabilì che la macchina era stata manomessa e quindi
è stato escluso il
suicidio dalla lista dei “sospetti”. Tutto il resto
è rimasto un mistero.
>>
<<
Prove rinvenute, analisi
effettuate, controlli incrociati? >>
<<
È tutto
nella scatola giù in archivio, numero
3953. >>
<<
Ok. Mettiamoci al lavoro.
>>
Vado
giù e accendo le luci
dell’archivio dei “senza
traccia”.
La
vita di tantissime persone si
è interrotta qui, il più delle volte senza
un’apparente motivo, ed ora è
racchiusa in queste scatole identiche tra loro, impilate le une sulle
altre, in
attesa che arrivi anche il loro turno di essere rispolverate. Mi fermo
sempre
un attimo su queste scale di ferro a contemplare questo
cimitero di vite spezzate,
prima di immergermi a capofitto in un'altra indagine e intanto spero sempre
di
aggiungere un tassello in più al quadro completo.
A
volte le cose girano dalla nostra
e la fortuna ci sorride. Per altre storie, invece, il mistero si
infittisce e
la cassetta torna a ricoprirsi di polvere su uno di questi innumerevoli
mensole.
Avvicino uno
sgabello al
casellario che mi
interessa ed estraggo
fuori dal ripiano il caso n°3953. Il fianco della scatola
riporta la data
dell’accaduto e il nome L. Castiel.
Le
luci del soffitto sono
usurate e
così sporche che la luce non
riesce a filtrare del tutto dalle plafoniere di plastica.
Questo
posto mi mette i brividi.
Meglio risalire di sopra.
<<
Già a lavoro Isabel?
Vuoi una mano? >>
<<
Magari Maggie, grazie.
Vediamo cosa abbiamo qui. >>
Maggie
Lancaster, 55 anni,
divorziata, ma sposata da una vita con il suo lavoro.
Questo
posto le piace così tanto
che qualche anno fa ha deciso di vendere la sua casetta in campagna e
adesso
vive qui nel suo ufficio. Dorme su un vecchio divano sgangherato,
mangia
cheeseburger e beve caffè tutti i giorni, temendo il giorno
della tanto
agognata (per molti ma non per lei) pensione.
Mette
l’anima in tutto quello che
fa ed è molto caparbia e capace. Le sue intuizioni in alcuni
casi ci sono stati
preziosi per la svolta nelle indagini.
Nel
contenitore c’è un misero
fascicoletto, alcune foto della scena del crimine, il documento
dell’autopsia e
la targa dell’auto. Il fascicolo in allegato riporta nome e
cognome della
vittima, l’indirizzo di casa sua e una lista di sospettati,
primo fra tutti una
certa Melinda Golden, moglie della vittima.
<<
Beh all’epoca la pista
dei sospetti si concentrò su un probabile omicidio
premeditato dalla moglie di
Louis Castiel, per una questione di assicurazioni e polizze sulla vita.
>>
<<
È sempre una questione
di soldi o di corna. >> esordisce Maggie.
<<
Le accuse contro la
donna sono decadute improvvisamente per assenza di prove sufficienti.
Poco dopo
si è trasferita a Lotzwood, nel Sunnyside. Dobbiamo fare una
chiacchierata con
lei, nell’assolata città del sud. >>
<<
Prenoto subito un volo.
>>
<<
Alan, prepara i bagagli,
tu vieni con me. E tu
Maggie prova a
contattare il medico legale che si occupò
dell’autopsia e lo sfasciacarrozze
che demolì l’automobile. >>
<<
Agli ordini, capo.
>>
<<
Fatto, il check-in è tra
due ore. >>
<<
Perfetto. Prendi la
macchina e passiamo da casa mia. Infilo qualcosa nel borsone e andiamo.
>>
<<
Isabel, dove credi di
andare? >>
Un
enorme energumeno pelato altro
quasi due metri mi si piazza di fronte.
Porca
tro... ci mancava solo lui.
<<
Procuratore. Un caso è
stato riaperto e l’unica pista da seguire al momento
è quella di un delitto di
interessi. Noi stavamo... >>
<<
Signorina Fitzgerard
quante volte devo ripeterle che in questo posto COMANDO IO!
>>
<<
Ha ragione signore, ma
vede lei non era ancora arrivato in ufficio e noi volevamo subito
metterci a
lavoro. >>
<<
Mmm. >>
Quando
si passa la manona nella
folta barba le cose non vanno mai bene. Devo prepararmi
all’ennesima lavata di
capo.
<<
Signore, vede...
>>
<<
La smetta di farneticare
e si sbrighi o rischierà di perdere l’aereo.
>>
<<
Certo signore, vado!
>>
Procuratore
Thompson, anni
sconosciuti. Se malauguratamente vi capitasse di incontrarlo in giro,
specie di
notte, è meglio per voi cambiare al più presto
direzione. Il solo aspetto
incute terrore, ma credo si sia abituato al fatto che sono una testa
dura e che
faccio sempre come voglio. Il più delle volte rischio di
essere radiata
dall’albo, ma alla fine tutto va per il meglio.
<< Ce la siamo
vista brutta. >>
<<
Pensavo peggio. Sembra
che Thompson si stia ammorbidendo con l’avanzare
dell’età. >>
<<
Forse. O forse ha una
cotta per te, Isabel. >>
<<
Certo come no. Se
potesse mi strozzerebbe con le sue stesse mani. >>
<<
Con quelle che si
ritrova sarebbe un giochetto da ragazzi soffocarti. Ahaha.
>>
La
sua mano sul suo viso e Stella non si agita più...
<<
Isabel, Isabel! Tutto
bene? >>
<<
Eh? Cosa? Si, si sto
bene tranquillo. Presto saliamo in macchina. >>
Usciamo
a tutto gas dal
parcheggio ma già siamo imbottigliati nel traffico
mattutino. Alan cerca come
può di destreggiarsi tra l’infinita fila di auto
in cui ci siamo imboccati e
appena può, inverte e si infila in un vicolo stretto. I
gatti che rovistano
nelle pattumiere miagolano e arruffano il pelo appena sentono il rombo
del
motore, poi sgattaiolano via. Un’altra curva
all’ombra dei grandi grattacieli,
e ci ritroviamo su una strada secondaria semi deserta.
<<
Sai che potresti anche
perdere la tua preziosa patente se continui a guidare in questo modo?
>>
<< E tu sai che
così rischiamo invece di perdere
l’aereo? >>
<<
Melinda Golden non sa
neppure del nostro arrivo, dove credi che possa scappare.
>>
<<
Oh, ma io non parlo di
lei. E che questa è la mia occasione di stare un
po’ con te. L’ultima volta mi
hai dato un bel due di picche, ma sai bene che io non demordo.
>>
<<
Alan sai bene che i tipi
precisini come te mi fanno venire il mal di mare. Vedessi il mio
appartamento
come è ridotto. Di sicuro sverresti per il troppo disordine.
>>
<<
Possiamo sempre
migliorarti. E poi io ti faccio ridere, il che è un grosso
punto a mio favore.
Devi ammettere che so essere simpatico quando voglio. >>
<<
Più simpatico dei tuoi
preziosi fascicoli stantii sicuramente! >>
<<
Questo è un colpo basso,
signorina Fitzgerard! >>
Lui
sorride e gli sorrido
anch’io.
Forse
questo viaggio farà bene ad
entrambi.
<<
Torno subito! >>
<<
Fa presto. >>
Salgo
di corsa le scale, apro la
porta e mi ritrovo a guardare l’abissale accumulo di vestiti
ammassati sulle
sedie, sul divano, tra le coperte...
Dio
che macello!
Ok
non ho tempo di scegliere cosa
portare.
Apro
il borsone da ginnastica e
ci infilo dentro quello che mi capita tra le mani. Vado in bagno e
prendo lo
spazzolino da denti, la spazzola e pezzi scoordinati di biancheria.
Passo per
la toletta ed infilo in borsa correttore, eye-liner Smoky e rossetto
rosso
scarlatto, giusto per non far morire di infarto Alan appena si sveglia.
Richiudo la porta e mi lascio alle spalle lo scempio che io stessa ho
creato.
Forse Alan ha ragione; sarà pure un maniaco
dell’ordine ma nemmeno essere una
strafottente come me aiuta molto.
<<
Fatto! Nuovo record.
>>
<<
Bene. Prossima fermata,
Constantine Airport, gate 5. >>
<<
E la tua roba? >>
<<
Ho chiamato Katerine e
le ho detto di prepararmi la valigia. Ci aspetta all’ingresso
dell’aeroporto.
>>
<<
E chi è Katerine?
>>
<<
Sei gelosa per caso?
>>
<<
Chi io?!? Sei impazzito?
Chiedevo per dire. >>
<<
Ah beh allora... >>
e sogghigna.
Maledetto.
Io gelosa di lui. Assurdo.
Ma
allora perché ho una voglia
matta di strappargli quell’informazione dalla bocca?
Perché
sei una ficcanaso, ecco perché.
Giusta
osservazione, posso accettarlo.
Dieci
minuti dopo siamo nel
parcheggio dell’aeroporto di Constantine.
Ho
proprio voglia di vedere chi è questa Katerine.
Prendo
il mio bagaglio a mano dal
portabagagli e ci avviamo al gate, quando alle nostre spalle arriva una
ragazza
allampanata coi capelli biondo platino e orecchini grandi come
cerchioni di una
Harley Davidson.
<<
Ecco a te Alan, la tua
valigia. C’ho messo dentro un paio di camicie pulite e un
vestito elegante, nel
caso tu debba incontrare qualcuno di importante. Nella tasca interiore
c’è la
biancheria e un paio di cravatte. >>
<<
Grazie Katerine sei
stata molto gentile. Queste sono le chiavi della mia auto, riportala a
casa e
già che ci sei puoi rimanere da me a dormire in mia assenza.
Così puoi anche
controllare la posta. >>
<<
Certamente Alan. Buon
lavoro. >>
E poi
si volta e se ne va’.
<<
Carina la tua nuova
fiamma, peccato sia così maleducata. Poteva almeno
presentarsi. >>
<<
Presentarsi con Isabel
Fitzgerard? La persona più acida e cinica che io conosca?
>>
<<
Così mi ferisci Alan.
>>
<<
Al contrario, ti
lusingo. E ora sbrighiamoci o perderemo il volo. >>
Un’ora
dopo
Signori e signore, ladies and
gentlemen, benvenuti a bordo della Fly Airlines. Mettetevi comodi ai
vostri
posti, allacciate le cinture di sicurezza e godetevi il viaggio.
Grazie.
<<
Il viaggio durerà due
ore, sarà meglio far come dice e riposare un po’
>>
<<
Si hai ragione. Ho
proprio bisogno di ricaricare le batterie. >>
Guardo
dall’oblò dell’aereo, il
tempo non è migliorato per niente. Grossi nuvoloni incombono
sulla città. Manca
poco e presto arriverà un terribile acquazzone. Ma quando
tra due ore
riapriremo gli occhi, ad accoglierci ci sarà un caldo
asfissiante.
Prendo
dalla borsa le mie pillole
“ristora sonno”
e ne mando giù tre
tutto di un fiato. Spengo le luci, abbasso la tendina
all’oblò e cerco di
riposare come posso.
<<
David! David svegliati, qualcuno stanotte è entrato in casa
nostra! >>
<<
Cosa stai dicendo Tamara. >>
<<
Ti dico che è così. La porta è aperta
e l’intelaiatura è stata tagliata.
>>
<<
Oh mio Dio le bambine! Presto corri in camera. >>
<<
STELLA! ISABELLA! RISPONDETE!! Isabella dov’è tua
sorella? Parlami Isa,
rispondimi >>
<<
Lui ci ha portate nel bosco stanotte. Stella è rimasta a
dormire con le ninfe
fatate mamma. Io ho avuto paura, ma adesso c’è il
sole e insieme possiamo
andare a riprenderla. >>
<<
Oh, mio Dio il letto è tutto sporco di sangue! AH!!
>>
<<
Cara cosa succede, oh Cielo. >>
<<
Papà perché la mamma piange? Papà?
Papà?? >>
<<
Isabel? Sveglia siamo
arrivati. >>
Sunnyside.
Un nome, una promessa.
Il sole prilla alto nel cielo e il caldo è soffocante.
Non
appena mettiamo piede a terra
ricevo una chiamata da Maggie.
<<
Pronto? Oh, bene mettici
in comunicazione. Dottor Lee, sono l’agente Fitzgerard e
stiamo indagando al
caso Castiel. Per caso ricorda qualche particolare rinvenuto
nell’autopsia
fatta da lei due anni fa? >>
<<
Salve agente. Si, in
effetti lo ricordo bene. Poverino, lo abbiamo identificato da un calco
dentale,
perché il poveretto era completamente ustionato. La cosa
strana è che
l’autopsia ha riscontrato una causa del decesso diversa da
quella che ci si può
aspettare in questi casi. Il signor Castiel non è morto
durante l’incendio
della macchina, bensì a causa del cianuro. Il suo stomaco ne
era pieno.
>>
<<
Un momento. Sta dicendo
che Castiel... >>
<<
Era già morto, quando è
salito su quell’auto. >>
<<
La ringrazio, c’è stato
di grande aiuto. >>
<<
Prego, arrivederci.
>>
Alan
getta via il mozzicone di
sigaretta e mi guarda curioso.
<<
Novità? >>
<<
La tesi dell’omicidio è
avvalorata! Il tizio si è scolato una tanica di cianuro
prima di sedersi
comodamente alla guida della sua Chevrolet. >>
<<
Interessante. Direi che
è giunto il momento di incontrare la povera vedova Castiel.
>>
<<
Già. Lo credo anch’io.
>>
Stesso
giorno, Casa Golden ore 13,53
<<
L’indirizzo è questo.
Carina! >>
<<
La modestia non è una
sua virtù. >>
Non
era una semplice casa. Era
una villetta a due piani, con piscina annessa sul retro e cagnolino
scodinzolante in giardino.
Bussiamo
alla porta con due
rintocchi al batacchio e viene ad accoglierci una donna sui 35 anni,
capelli
castani, grandi occhi verdi.
<<
Si? >>
<<
Lei è la signora Melinda
Golden? >>
<<
Chi la desidera?
>>
<<
Dipartimento casi
irrisolti di Constantine. Agenti Moore e Fitzgerard. Siamo qui per la
morte di
suo marito Louis Castiel. Possiamo entrare? >>
I
suoi grandi occhi si illuminano
e si riempiono di lacrime, ma poco dopo si scosta
dall’ingresso e ci fa segno
di entrare. L’interno della casa è ancora
più sfarzoso, con un enorme camino elettrico
al centro della stanza, parquet su l’intera superficie e
suppellettili di ogni genere,
forma e colore. Sembra che interi negozi di hobbistica, artigianato,
bricolage
e interi centri commerciali siano stati svuotati di tutta la merce per
riempire
ogni angolo possibile di questa casa. E poi ci sono quadri raffiguranti
figure
sacre, statuette di santi e ovunque sparsi ceri e candele accesi.
Ci
accomodiamo sul divano al di
sotto di un enorme lampadario di cristallo.
<<
Signora Castiel...
>>
<<
La prego mi chiami
Melinda. >>
<<
Melinda, siamo qui
perché il caso di suo marito non è stato ancora
risolto e abbiamo bisogno di
farle alcune domande. >>
<<
Chi ha riaperto il caso?
>>
<<
La scientifica. È stato
recapitato un messaggio anonimo ai nostri distretti, chiedendoci di
riaprire il
caso. Il biglietto citava le parole “scavate a
fondo.” Credevamo che fosse
stata lei, visto l’interesse che avrebbe nel far risolvere il
caso, per dar
pace all’anima di suo marito. >>
Ad
ogni mia parola questa donna è
sempre più sconvolta e stringe tra le mani il crocifisso
d’oro che porta al
collo.
<<
Cosa volete sapere? Ho
già raccontato tutto quello che sapevo agli agenti che si
occuparono del caso 2
anni fa. >>
<<
Allora non avrà problemi
a ripetere le stesse cose anche a noi. Si ricorda dove si trovava il
giorno
dell’incidente? >>
<<
Ero a casa. Da sola.
>>
<<
Quindi nessuno può
confermare il suo alibi? >>
<<
Alibi? Il caso è stato
archiviato per mancanza di prove contro di me. >>
<<
Ha ereditato una fortuna
dalla morte di suo marito Melinda, ed è proprio grazie a
quella somma di denaro
che adesso vive in questa casa di lusso lontana dalla sua
città natale.
>>
<<
Queste sono sporche
insinuazioni! Non vi permetto di accusarmi così in casa mia!
Andate fuori!
>>
<<
Ce ne andremo subito
dopo aver finito le nostre domande, adesso si sieda per favore.
>>
Alan
fa sempre la parte
dell’agente cattivo. “Fa uno strano
effetto” dice sempre, ed è vero. Chi se lo
aspetterebbe da un tipo come lui?
Meglio
intervenire, per calmare
le acque.
<<
Melinda qui nessuno
vuole puntarle il dito contro, stiamo solo facendo il nostro lavoro. Mi
dica
lei guida? >>
<<
Si, ho preso la patente
un anno fa. Ho dovuto per necessità. Se volessi arrivare in
centro coi mezzi
pubblici ci metterei un’eternità. >>
<<
È un maschio o una
femmina? >>
<<
Come scusi? >>
<<
Sotto il divano. C’è un
giocattolo per bambini. E su una delle mensole del camino
c’è una sua foto col
pancione. >>
<<
E... e una femmina. Si
chiama Dorothy. >>
<<
E dov’è adesso? >>
<<
È malata. >>
<<
La ringrazio per la sua
disponibilità Melinda. Adesso andiamo via, ma ci rifaremo
sentire in questi
giorni va bene? >>
Ci fa
cenno di si con la testa e
ci accompagna all’ingresso. Mentre usciamo dal vialetto,
sento i suoi occhi
fissi su di noi.
<<
Quella lì puzza di
colpevolezza da chilometri di distanza. Mancanza di prove. Dico ma
stiamo
scherzando? >>
<<
C’è qualcosa che ci
tiene nascosto. Dobbiamo scavare a fondo, proprio come dice il
biglietto. Ora
però andiamo in albergo, ho bisogno di una doccia.
>>
Quella sera,
Motel Moonlight ore 19,30
Mi ci voleva
proprio un bel bagno
rigenerante. Il letto non è comodissimo, ma almeno
c’è l’acqua calda e gli
asciugamani sono puliti.
*vrooom*
Il
display del cellulare si
illumina. Nuovo messaggio, è Alan.
Text:
“Ti aspetto
giù nella hall.
Andiamo a cena.”
Alan.
Apro il borsone è
con me ho solo robaccia.
Prendo un reggiseno verde petrolio senza spalline e gli slip neri, poi
tiro
fuori dal groviglio di panni il vestitino scollato blu cobalto. Mi tiro
su i
capelli in uno chignon e metto due gocce di profumo ai lati del collo.
Un filo
di eye-liner e sono pronta. Ultimo tocco: due pizzicotti sulle gote per
un po’
di rossore naturale, così sembro meno cadaverica. Metto la
Glock in borsetta e
scendo nella hall.
Alan
cammina frenetico avanti e
indietro. È buffo quando si agita, ma e anche carino.
Indossa una camicia
bianca e una giacca in gessato blu. Ha i capelli scompigliati e umidi e
i suoi
soliti occhialetti tondi. Si volta verso di me e la sua espressione mi
provoca
ilarità.
<<
Lo so, lo stile
femminile non mi dona granché, ma non ho avuto modo di
scegliere cosa portare.
>>
<<
Sei bellissima. >>
dice e mi porge il suo braccio.
Arrossisco
leggermente e scosto
lo sguardo da lui.
<<
Non dovevi indossare la
giacca per le occasioni importanti? >>
<<
Ma questa è
un’occasione importante. >>
Più
tardi,
Ristorante “Le Tronfie” ore 21.00
<<
Allora mi dici che cos’è
che non ti convince? A me il caso sembra fin troppo semplice.
>>
<<
È proprio
questo quello che non mi convince. Se
il caso è così semplice per quale motivo
è stato archiviato come caso non
risolto? Quando le
ho chiesto di sua
figlia è sbiancata. >>
<<
Buonasera signori, cosa
vi porto? >>
<<
Per me il piatto della
casa e una porzione di gamberi, grazie. >>
<<
Faccia due piatti della
casa e un tris di carne per me. >>
<<
Da bere? >>
<<
Per i vini ci affidiamo
a lei, visto che abbiamo preso sia carne che pesce. >>
<<
Come desidera signore.
>>
Aspettiamo
che il cameriere si
allontani, poi Alan riprende:
<<
E come intendi
procedere? >>
<<
Dobbiamo indagare sul
passato dei due. E qui entra in gioco Maggie. Louis Castiel
è stato ucciso e
poi qualcuno ha cercato di farlo sembrare un incidente stradale.
Dobbiamo
scoprire perché. >>
Arrivano
i primi piatti e
cominciamo a sferruzzare con le posate.
<<
Allora, da quanto
frequenti Katerine? >>
*cof*
*cof*
Alan
si sta quasi strozzando con
il boccone di cibo.
Sempre
il solito tempismo Isabel.
<<
Forza bevici su!
>> ma non riesco ad essere seriamente preoccupata per
lui, la sua
espressione è troppo buffa e adesso è diventato
rosso come un peperone e
continua a tossire.
<<
Maledetta! Vuoi farmi
morire! >>
Ma
poi scoppia a ridere anche
lui. Che coppia mal assortita che siamo!
<<
Dai, sarà meglio pagare
e andare a dormire. Domani ci aspetta un’altra giornata di
fuoco.
Letteralmente. >>
<<
Si, ma stasera offro io,
anche se volevi ammazzarmi, sono sempre un galantuomo. >>
<<
Non insisto solo perché
stavo per ucciderti e non hai le forze per contrattaccare. Non sarebbe
una
sfida ad armi pari. >>
<<
Menomale. Le tue battaglie
personali a volte sono senza fondamento alcuno. >>
Alan
paga lasciando anche una
cospicua mancia al cameriere che ringrazia animatamente. Poi saliamo in
macchina diretti al motel.
<<
Stanotte sei sicura di
voler dormire da sola? >>
<<
Alan! Certo che sono
sicura! Mi piacevi di più quando eri un nerd impacciato.
>>
<<
Ma cosa hai capito? Io
avrei dormito sulla poltrona... e poi che significa “nerd
impacciato”? Comunque
te l’ho detto perché ho notato che sei un
po’ strana, hai il sonno agitato. In
aereo hai più volte urlato il nome di una donna e ti sei
agitava parecchio. Da
quanto è che non dormi come Dio comanda? >>
Da
22 anni, da quando ho visto mia sorella venire uccisa da quello che i
miei
consideravano “uno di famiglia.”
<<
Davvero? Devo aver fatto
un brutto sogno per via delle turbolenze e della posizione scomoda,
tutto qui.
Ti ringrazio per l’interessamento, ma va tutto bene.
>>
La
conversazione si è stroncata
qui, Alan sa quando è meglio non insistere, anche se la mia
versione non lo ha
convinto per nulla, il che significa che domani ripartirà di
nuovo all’attacco.
Ma almeno per stasera posso star tranquilla.
<<
Allora buonanotte,
Fitzgerard. >>
<<
Buonanotte Moore. Ci
vediamo a colazione domani mattina. Sii puntuale e non parlare troppo
al telefono
con Katerine. >>
<<
Ancora? L’ho capito che
sei gelosa, non c’è bisogno di sottolinearlo
ulteriormente. >>
<<
Io lo dico per te. Le
onde elettromagnetiche del cellulare ti faranno venire il cancro al
cervello.
>>
<<
Quanto sei perfida. Mi
piace! >>
<<
Malato! Vai adesso,
‘notte, >>
<<
Sogni d’oro. >>
Spiritoso.
Dicono
che un bel bagno caldo sia
l’ideale per conciliare il sonno.
Riempio
la vasca con acqua
bollente, mi spoglio e mi immergo in quell’oasi di pace.
Aggiungo
oli profumati e essenza
di garofani e sambuco bianco e mi rilasso cercando di scacciare via la
brutta
sensazione che mi assale di notte. Gli aromi mi inebriano e lentamente
scivolo
in un tiepido sonno.
<<
Isabella! Questa è la terza volta in una settimana che fai
pipì a letto.
Stanotte dormirai con le ginocchia sui ceci. Vediamo se impari.
>>
<<
La prego priora, voglio vedere i miei genitori, la prego, li chiami!
>>
<<
Rinchiuderti in questo istituto è stata una loro
volontà. Quando decideranno di
portarti via, allora li rivedrai. Fino ad allora però dovrai
sottostare alle
mie regole! >>
Oggi
è il mio compleanno, ho compiuto 12 anni. Mi alzo e sto per
rassettarmi il
letto come tutti i giorni, quando vedo tra le lenzuola delle grandi
macchie
rosse.
Sangue,
sangue dappertutto! Devo pulire, o sarò punita. Devo pulire,
devo pulire ma non
si smacchia, non va via! Urlo e piango e mi dispero.
<<
Isabella calmati! Sta’ ferma, Isabella! Non è
nulla, sei solo diventata grande.
>>
<<
Suor Gertrude, non è colpa mia! Non è colpa mia!
>>
Apro
gli occhi e mi ritrovo
sommersa. Mi dimeno nell’acqua schiumosa della vasca quasi
fosse profondissima.
Riesco finalmente ad uscire e cerco di respirare a pieni polmoni e
sputo via
residui di sapone che mi corrodono la gola. Gli occhi mi bruciano e per
un
attimo non so più dove mi trovo.
Sento
bussare forte alla mia
porta, qualcuno urla il mio nome con tono allarmato. È Alan,
sembra molto
preoccupato, ma non posso andare ad aprire. Provo a raccogliere i
pensieri e
riesco ad urlare:
<<
Moore, che succede?
>>
<<
Isabel, finalmente! Apri
questa porta. >>
Mi
avvolgo alla meglio in un
asciugamano mini e vado ad aprire sporgendomi solo con la testa.
<<
Moore perché urli come
un forsennato? Stavo facendo il bagno per questo non ti rispondevo.
>>
<<
Oh, beh.. io... avevo
sentito dei suoni strani provenire da camera tua e mi sono spaventato.
Sembrava
stessi soffocando. >>
<<
Beh sto bene. E adesso
torna a dormire prima che qualcuno ci sbatta fuori per schiamazzi.
Buonanotte.
>>
<<
Notte >>
Fiuu!
C’è
mancato poco. Credo sia
andato via solo perché mi ha visto mezza nuda e non voleva
mettermi
ulteriormente in imbarazzo. Sono così stanca che non ho
nemmeno la forza di
infilarmi qualcosa di asciutto. Mi poggio sul letto e sprofondo
beatamente.
Vrooom
– vroooomm - vroo *click*
<<
P-pronto? Cosa? Sono già
le 7?? Oh cacchio! Arrivo! >>
Martedì,
11
marzo ore 7,14
<<
Eccomi! >>
<<
Ben alzata, miss
puntualità. Ti ho preso un succo alla papaia e un croissant
al cioccolato.
>>
<<
Molto gentile, grazie.
>>
<<
Ho delle novità.
>>
<<
Spara. >>
<<
Prima una domanda: ti
sei data un’occhiata allo specchio prima di uscire?
>>
<<
Perché? >>
Indosso
una bandana nera con
disegni bianchi tra i capelli, una canotta attillata rossa, un
pantaloncino a
vita alta di jeans, stivaletti neri e giacca di pelle nera borchiata.
Un tocco
di stile: un rossetto rosso fuoco in tinta con tutto il resto.
<<
Così nessuno penserà che
sono uno sbirro, a differenza tua. >>
<<
Poco ma sicuro. >>
Gli
lancio un’occhiataccia e lui
ritorna serio.
<<
Mentre tu sonnecchiavi
tranquillamente, io ho cominciato a lavorare. Ho chiamato Maggie che mi
ha dato
notizie davvero interessanti. >>
<<
Sono tutta orecchi.
>>
<<
La bambina della Golden
è affetta da una rara e acuta forma di sindrome di Down
congenita. È stata
ricoverata al Saint Mary Ospital dalla nascita fino ai primi tre mesi
di vita,
poi la madre ha creato una struttura attrezzata a casa sua, comprando
tutti i
macchinari necessari con la polizza assicurativa del defunto maritino,
assumendo un’infermiera giorno e notte, che si occupi della
bambina
costantemente. >>
<<
Beh questo non spiega
comunque perché doveva uccidere suo marito. I soldi
sarebbero comunque stati
usati per curare la piccola. >>
<<
Forse il padre non
voleva che questa creatura venisse al mondo. Maggie ha scavato a fondo
e ha
trovato dei documenti medici in cui la bella Melinda aveva dato il
consenso per
un aborto assistito. Una settimana prima dell’intervento
però a ritirato
l’autorizzazione. Due giorni dopo il marito è
saltato in aria nel deserto.
>>
<<
Adesso si che le cose si
fanno interessanti. >>
Pronta per il secondo
round? >>
<<
Prontissima! >>
<
Casa
Golden,
ore 10,00
<<
Melanie, sappiamo della
polizza sulla vita di tuo marito e del ricovero di tua figlia. Perché non ci racconti
come sono andate le
cose? >>
<<
Voi non sapete nulla! Io
non ho fatto niente a Louis. >>
<<
Non hai fatto niente da sola.
Facciamo così: io comincio a
raccontare quello che secondo me è successo 2 anni fa e, se
qualcosa non
combacia, tu mi correggi, ok?
Dunque:
tu e Louis vi sposate e
le cose sembrano andare a gonfie vele. Fino a quando tu Melanie, non
rimani
incinta. Durante una visita di routine, scopri che la bambina che porti
in
grembo è malata, ma a te non importa. È un dono
di Dio e decidi comunque di
continuare la gravidanza. Ma Louis non la pensa allo stesso modo. Vuole
che tu
ti sottoponga ad un aborto, e alla fine riesce anche a convincerti, ma
all’ultimo momento ti tiri indietro. Torni a casa e dici a
Louis che
l’intervento è avvenuto con successo, poi aspetti
che si addormenti e gli fai
scivolare in gola un bel quantitativo di cianuro. Louis muore nel giro
di pochi
minuti. Poi Louis viene caricato nella sua auto e portato sulla statale
124,
dove accidentalmente salta in aria
facendo un gran botto. >>
<<
Vede Melanie fin qui
tutto sembra rientrare a pennello, ma ci sono dei punti ancora oscuri.
Sappiamo
che non ha fatto tutto da sola, qualcuno deve averla aiutata.
>>
<<
No! Ho fatto tutto da
sola. Sono stata io sola ha progettare tutto. >>
<<
Può darsi, ma vede lei
stessa ieri mi ha detto che ha preso la patente solo un anno fa. Inoltre Louis era molto
più robusto
e alto di lei. È impossibile che da sola abbia potuto
trascinare il suo corpo e
caricarlo in macchina. >>
Melanie
scoppia in un pianto
sommesso, singhiozza e comincia a sbiascicare frasi sconnesse.
<<
Lui era un mostro!
Meritava di finire nel modo in cui è morto! >>
<<
Ci racconti cosa è
successo. >>
<<
Golden non è il mio vero
nome. L’ho cambiato all’anagrafe quando ho compiuto
18 anni, un mese prima di
sposare Louis. Il mio nome è Melanie Castiel. Io e Louis
eravamo fratello e
sorella. >>
<<
Oh, mio Dio! >>
Io
e Alan siamo scioccati
all’udire tali parole.
<<
Quando sono rimasta
incinta di Dorothy, sapevo che Louis avrebbe cercato di liberarsi di
lei in
qualche modo, ma non credevo che arrivasse a pensare
all’aborto. Pensavo che mi
avrebbe fatto continuare la gravidanza e che appena nata si sarebbe
attivato
per farmela dare via abbandonandola in un orfanotrofio. Invece lui
diceva che
dentro di me c’era un mostro, il figlio di Satana, che avrei
dovuto ucciderlo
se volevo fare un favore ad entrambi. Mi rivolsi ad un agente di
polizia e gli
raccontai tutta la verità. Lui mi disse che la legge non
poteva aiutarmi, ma
che avrei potuto sbarazzarmi di Louis uccidendolo e che in cambio di
denaro lui
avrebbe insabbiato la questione. Io l’ho avvelenato, poi
l’ho chiamato e lui ha
fatto il resto, compreso l’insabbiamento di prove. Ma subito
dopo l’accaduto ho
preso Dorothy e sono scappata qui, perché non avevo i soldi
che lui mi aveva
cercato.
Quello
che Louis mi ha fatto è
abominevole! Ho scoperto della polizza sulla vita solo dopo
l’arrivo del primo
assegno. Ho cercato di fornire le migliori cure possibili alla mia
bambina e ho
provato a voltare pagina. Per la legge sono da punire? Adesso mi
arresterete?
>>
Non
so cosa rispondere. Sono
disgustata da tutta questa storia mostruosa, ho voglia di vomitare
l’anima.
<<
Mi dispiace Melanie, ma
dobbiamo farlo. È probabile che si possa ricorrere ad
eventuali attenuanti.
Racconteremo l’intera storia e chiederemo alla Corte una
sentenza di grazia.
>> interviene Alan.
<<
Che ne sarà della mia
bambina? Lei non è in grado di autogestirsi. Ha bisogno di
me. >>
<<
Verrà trasferita in un
centro specializzato e riceverà le cure migliori.
>>
<<
D’accordo allora.
Andiamo. >>
Partimmo
il giorno stesso per
Constantine dove Melanie fu processata ricevendo il minimo della pena.
Probabilmente ad inviarci quel biglietto anonimo era stato proprio
l’agente che
aveva aiutato Melanie nell’assassinio del fratello.
Dorothy
venne trasferita in una
clinica privata dove i medici migliori del paese si presero cura di lei.
Una
settimana dopo il processo
ricevemmo l’avviso dal penitenziario della morte di Melanie
Castiel; si era
impiccata nella sua cella d’isolamento con le lenzuola della
brandina. Col suo
sangue aveva lasciato un messaggio sulla parete della cella:
“In
questo mondo non c’è
giustizia né pace. Torno a te, Padre mio.”
Il
giorno stesso anche il cuore
della piccola Dorothy si arrestò.
Noi
tornammo alla nostra vita di
sempre, tra scartoffie e porte aperte sul passato, ma la storia di
Melanie ci è
rimasta nel cuore.
L’uomo
può essere capace di
barbarie riprovevoli e purtroppo nessun pensiero umano può
essere anticipato o
prevenuto. Mentre qui il mondo continua come sempre, dietro
l’angolo migliaia
di persone continuano a morire, a sparire, ad aggiungersi sui nostri
scaffali
stracolmi chiedendo solo giustizia.
Così,
quando ho scritto col
pennarello “CASO CHIUSO”
per il
fascicolo n°3953, non c’ho fatto molto caso,
poiché esso si è perso nelle altre
centinaia scatole identiche tra loro dei “senza
traccia”.
FINE
1°
EPISODIO.
|
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Capitolo 2 *** #2: L’ALTRA FACCIA DELL’INNOCENZA (NERO) ***
Constantine News
(Servizio a cura di Shimon Tau)
Catturato finalmente il famelico serial killer denominato dai media “ il Tagliagole” per il suo modus operandi, una settimana fa dagli agenti del dipartimento federale della città. Il procuratore J. T. Thompson ha così parlato della conclusione del caso: “... sarà mio interesse assicurare questo mostro alla giustizia e farò in modo che non possa appellarsi a nessun cavillo burocratico, di modo da poter ricevere il massimo della pena possibile.”
La cittadina di Constantine è dunque libera dalle grinfie del temibile assassino che in questi mesi aveva terrorizzato l’intera popolazione. Grazie all’intervento della polizia locale, il Tagliagole ha finalmente un nome e un volto: si tratta di Eric Ford, 26 anni, secondogenito del milionario chirurgo di fama mondiale Victor Ford. La famiglia non rilascia interviste sull’intera vicenda preferendo il silenzio stampa. Il colpevole, intanto, è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Jackland, sull’isola di Or, in attesa di un ordinario processo. Nei prossimi giorni è prevista una visita psichiatra per affermare con certezza la capacità di intendere e di volere del colpevole.
(In foto: il procuratore Thompson, gli agenti Moore e Fitzgerard e, in manette, il pluriomicida Eric Ford.)
<< Bel colpo per quella pellaccia di Thompson, questo arresto gli sarà valso un bonus sulla pensione. Magari una targhetta d’oro. >> dico rivolgendomi ad Alan che, come al solito, mugugna anziché rispondere davvero, perché troppo impegnato ad armeggiare con uno dei suoi soliti “lavori cibernetici”.
<< Alan mi ascolti? >>
<< Certo zuccherino, dammi solo un minuto e finisco questo aggiornamento del software di protezione che ho personalmente ideato. >>
<< Chiamami di nuovo zuccherino e giuro che... >>
<< Alt, alt, ALT! Chiedo venia. Ti offro la colazione per farmi perdonare. >>
<< Non te la caverai tanto facilmente. >> e lo fulmino con uno sguardo truce.
<< Buongiorno ragazzi. >> Ci saluta dolcemente Maggie che stringe tra le mani un hot dog con senape e un tazzone di caffè nero.
<< Buongiorno a lei, oh mia milady. >>
<< Ehi con chi credi di parlare, con tua nonna? E poi mi spiace Alan, ma non sei il mio tipo. >>
<< Bella questa Maggie! >> e nell’aria schiocca un sonoro *snap* come segno d’intesa e di approvazione.
Alan si passa le mani tra i capelli con aria rassegnata.
<< Oggi non è la mia giornata. Ehi, attenzione, arriva il boss. >>
Thompson spalanca la porta dell’ufficio, ma il nostro “Buongiorno capo” rimane strozzato a mezz’aria.
L’aria da sbruffone che aveva ostentato fino al giorno prima, era improvvisamente svanita e al suo posto si era insinuata un’espressione accigliata e preoccupata.
Al suo seguito si materializzano due tizi dall’aspetto da spaventapasseri: il primo è alto e spaventosamente magro, l’altra invece è bassa e tarchiata.
<< Ehi Alan, hai visto il triste mietitore e la vedova allegra sgusciare nell’ufficio del boss? La cosa puzza parecchio. >>
<< Già: qui gatta nera ci cova. >>
<< Tira brutta aria. Sarà meglio non rimanere nei pareggi quando si scatenerà la bufera. Se mi volete sono nel mio bugigattolo. Non sopporto quando l’abominevole Yeti comincia a sbraitare. >> ci dice Maggie ritirandosi nel suo ufficio e sorseggiando la sua tazza di caffè nero.
Chissà cosa si staranno dicendo quei tre lì dentro. Quei tipi sono davvero inquietanti.
<< Stanno uscendo! Presto facciamo qualcosa! >>
Isabel, svelta! Fiondati in postazione di Alan e cerca di essere ESTREMAMENTE interessata a quei numerini che corrono sullo schermo.
<< Arrivederci Theodore. Teniamoci in contatto. >>
Theodore? Chi può essere così vicino al capo da potersi permettere il lusso di rivolgersi a lui col proprio nome di battesimo?
O sono molto amici, oppure quella tappetta si trova su un gradino molto più alto di quello di Thompson.
<< C-certo Cordelia. >>
<< Stammi bene Thompson. >>
<< Anche tu Pascal. >>
E così dicendo le due sagome cadaveriche si congedano.
Fiuu. Per un pelo!
<< Isabel... alzati mi stai schiacciando! >>
<< Eh, come osi! Io sono un peso piuma! >>
<< Ed io in realtà sono James Bond. Dai non fare quella faccia, sto scherzando. >>
<< Non sei per niente divertente. Comunque hai visto quei tipi? Mancava solo zio Fester e la famiglia Adams era al completo. >>
<< C’è poco da fare battutine Fitzgerard. Riunitevi tutti nel mio ufficio tra dieci minuti. >>
Tuona la voce di Thompson alle nostre spalle.
<< Andiamo bene. >>
Alan si accende una Lucky Strike.
<< Si prospetta una pessima giornata per tutti noi. >>
Ufficio del procuratore, ore 9.40
Ci accomodiamo nell’ufficio del procuratore attorno al tavolo ovale di cristallo; di fronte ad ognuno di noi vi è una cartellina denominata: CASO “TAGLIAGOLE”. La cosa si fa preoccupante.
Alan mi lancia occhiate furtive dall’altro lato del tavolo e Maggie comincia a tremare tutta e a pregare concitatamente.
<< Credevo che il caso fosse stato risolto. Procuratore chi erano quei tali che erano con lei nel suo ufficio. >>
<< Gli agenti speciali Cordelia Malone e Orazio Pascal. Sono stati inviati qui dal Governo perché ai piani alti sono convinti che quello che abbiamo arrestato come il Tagliagole, in realtà sia innocente. >>
Cosa cosa?! Quei due sono agenti speciali?
<< Questo è impossibile! Il ragazzo è reo confesso! Abbiamo già tra le mani una testimonianza firmata! >> scalpita Alan.
<< Che potrebbe essere carta straccia dopo la visita psichiatrica. Ma c’è dell’altro: sembra che mentre il nostro colpevole fosse rinchiuso in quello che è considerata la prigione più sorvegliata del continente, ci sia stato un altro omicidio qui in città attribuito proprio al Tagliagole. >>
Stavolta è Maggie ad intervenire.
<< Come sarebbe? E come sanno che è stata la stessa mano omicida? >>
<< La donna corrisponde alle altre vittime per le stesse caratteristiche fisiche. Ha la gola tagliata di netto, da destra verso sinistra e sul corpo della vittima è stata ritrovata anche la sua firma; si è portato a casa un altro souvenir. >>
<< Maledizione! Però potrebbe trattarsi di un emulatore. >>
<< È impossibile. Le notizie sul Tagliagole non sono state divulgate alla stampa. Nessun emulatore poteva sapere che il vero Tagliagole lascia nella gola delle sue vittime un “ricordino” >>
<< E in quest’omicidio invece... >>
<< Guardate voi stessi. >> dice Thompson indicando le cartelline.
Avvicino quella rivolta verso di me e la apro lentamente. Dentro ci sono le foto di tre donne, le vittime del Tagliagole. Hanno dai 18 ai 22 anni, tutte more con occhi verdi.
Nello squarcio alla gola l’anatomopatologo ha estratto un frammento plastificato di un biglietto. È un messaggio per la polizia, un puzzle da risolvere. Ma per ogni pezzo aggiunto, un’altra ragazza innocente muore.
Non possiamo proteggere tutte le donne della città, dobbiamo fermare questo pazzo psicopatico, e credevamo di esserci finalmente riusciti, invece....
<< Fermo dove sei! Mani in alto o giuro che ti pianto una pallottola dritta nella fronte, brutto figlio di puttana! >>
Aveva le mani sporche di sangue e rideva, rideva come un pazzo. Alan gli ha messo le manette e l’abbiamo spintonato fino alla macchina della polizia, ma lui non ha fatto resistenza. L’unica cosa che ricordo di quella notte è la sua risata isterica e il suo sguardo fuori dalle orbite.
<< Se voltate pagina, potrete vedere le foto scattate a quella che sembrerebbe la quarta vittima del nostro S.I. La donna è Corinne Collins, 21 anni, commessa al Market Center. Il posto di lavoro è la prima pista da seguire, per vedere se qualcuno ha visto movimenti sospetti nella zona. La foto successiva mostra la scena del delitto. Il corpo è stato ritrovato in un vicolo poco distante dal Market, riverso a faccia in giù, annegata nel suo stesso sangue. Come sempre l’ha spogliata completamente ma l’autopsia ha stabilito che non c’è stato rapporto sessuale, né prima né dopo l’assassinio. La ragazza non mostra segni di colluttazione tranne che per una ferita alla testa, presumibilmente è stata stordita dal suo carnefice che l’ha aggredita di schiena. >>
<< Come sappiamo che non è stata presa in un altro posto e poi portata in quel vicolo? >>
<< La foto successiva è un particolare dei talloni della vittima. Mostrano chiaramente segni di trascinamento, per cui non può aver percorso molta strada. Inoltre la Collins ha staccato il suo turno alle 21.00 e l’autopsia ha fissato l’ora del decesso intorno alle 10 e le 12 ore fa, in altre parole verso le 22,00 di ieri sera. >>
<< Ha detto che anche questa volta il killer ha lasciato un indizio. Possiamo esaminarlo? >>
<< C’è uno zoom del frammento nelle vostre cartelline. Il pezzo originale è ancora all’obitorio. Dovreste portarlo alla scientifica per altre informazioni. >>
La foto mostra il frammento rinvenuto dalla gola della vittima. Nello scatto si vede chiaramente la lettera R.
<< Bene ragazzi questo è tutto quello che sappiamo al momento. Mettetevi al lavoro, il caso Tagliagole è ufficialmente riaperto. >>
Usciti dall’ufficio...
<< Povera ragazza! Che cosa ha fatto di male per meritare una morte così atroce! >>
Cara Maggie, fai questo lavoro da tutta una vita e ancora non ti sei abituata alla morte e all’atrocità che l’uomo può commettere. Sei davvero un’ingenua a credere ancora nell’innocenza e nell’amore. Il mondo è stato inghiottito da Satana in persona e tutti noi vaghiamo nelle sue oscure budella, come pinocchio nel ventre della balena.
<< Su, Maggie non disperiamo. Mettiamoci all’opera per acciuffare questo degenerato. >>
<< Hai ragione Isabel, mettiamo questo delinquente dietro le sbarre! >>
<< Forza ragazze, sbrighiamoci. Maggie, contatta il capo del Market Center e chiedigli di venire qui con le registrazioni delle telecamere di sicurezza. Tu ed io, Isabel, andremo all’obitorio e al laboratorio. >>
<< Prendo la Glock e ti raggiungo, tu riscalda il motore. >>
Medical Institute of Constantine, ore 11,20
<< Salve agenti, ho appena ricevuto i genitori della Collins per il riconoscimento. Qual buon vento vi porta da queste parti? >>
Dottor Gregory Fox, illustre luminare e conoscente di famiglia. Ha esaminato il corpo di mia sorella Stella, durante le indagini del suo caso. Collabora spesso col nostro dipartimento distrettuale su casi particolarmente delicati come questo.
<< Dottor Fox, volevamo saperne di più sullo squarcio al collo della vittima. Lei è assolutamente certo che sia la stessa mano che ha commesso gli altri tre omicidi? >>
<< Signorina Isabella, sta forse mettendo in dubbio il modo in cui svolgo il mio lavoro? Un po’ impertinente da parte sua, non trova? >>
<< Non volevo intendere questo. Ma chi ha commesso quelli omicidi sta già scontando la sua pena. >>
<< Lei fa il suo lavoro, io svolgo il mio. E dalle analisi che ho compiuto sul corpo della giovane Collins, posso affermare con estrema sicurezza che è stata uccisa dalla stessa mano omicida delle altre tre vittime. Il Tagliagole, signorina, è ancora a piede libero. >>
Al sol pensiero mi si accappona la pelle.
<< Dottore, potremmo esaminare il frammento trovato nella gola di Corinne? >>
<< Certo. Capire cosa significa è compito vostro. >>
E ci consegna la prova in una bustina sigillata.
<< Causa del decesso? >>
<< Recessione dell’arteria Aorta. La perdita di sangue è stata copiosa, ma il modo in cui è stata posta la vittima è alquanto singolare. L’assassino voleva simulare un annegamento nel suo stesso sangue. A un che di artistico, bisogna ammetterlo. >>
<< È un tipo meticoloso, attento. Quando uccide, lo fa con freddezza e lucidità, prendendosi tutto il tempo necessario. >>
<< Esatto, signorina Isabella, proprio così. Solo un freddo calcolatore può far ciò. Ecco perché escludo categoricamente quel ragazzo dalla lista dei sospetti. Quell’Eric Ford che avete acciuffato è mentalmente instabile, irrequieto e anche abbastanza ignorante. Non dico che non sarebbe in grado di uccidere, ma di sicuro rientrerebbe nella categoria degli omicidi passionali, dove l’efferatezza dei colpi e la rapidità del delitto la fanno da padrone. >>
<< Grazie per l’analisi forense, dottore. >>
<< Un’ultima cosa agenti: dalla ragazza ha preso l’anulare sinistro. Glielo ha staccato di netto, con un seghetto o una tenaglia. La parte monca del dito è stata cauterizzata per cui è impossibile capire che strumento abbia utilizzato. >>
<< Arrivederci dottore. Vieni Isabel andiamo. >>
<< Si fa chiamare ancora così signorina Isabella? Perché inglesizzare il suo bel nome. Sembra voglia quasi cancellare il suo passato, quando invece dovrebbe affrontarlo. >>
Non mi volto per rispondere, lascio che le sue parole mi scivolino addosso, sperando che Alan non ficchi il naso in faccende che non gli riguardano.
Cala un silenzio imbarazzante che nessuno dei due vuole spezzare, poi finalmente mi volto verso Alan e gli chiedo di cambiare i nostri piani per la mattinata.
<< Facciamo una piccola inversione di marcia. Andiamo prima sulla scena del crimine e poi al laboratorio. >>
<< D’accordo. >>
Un vicolo cieco, 27a strada, ore 12.09
La zona e sigillata dai nastri gialli della polizia che comunicano ai curiosi di girare a largo da lì. Nell’ombra della viuzza risalta la sagoma della vittima disegnata col gessetto.
Mi abbasso e supero il “DO NO CROSS” e analizzo la scena del crimine aiutandomi con le foto scattate durante il ritrovamento del cadavere.
È buio, mi nascondo qui in modo da non esser visto da nessuno, e parallelamente la osservo. Chiude la cassa, trascrive nel registro l’ammontare del profitto giornaliero, prende il soprabito nero ed esce nella fredda notte. Il respiro mi si fa affannoso, l’adrenalina scorre nelle mie vene. Accarezzo la dolce lama nascosta nella mia tasca. Sono pronto ad uccidere.
Sta per allontanarsi, allora le arrivo da dietro, furtivamente, e la colpisco forte alla nuca. Lei sviene. Mi guardo intorno, non c’è nessuno. La trascino nel vicolo dove prima ero acquattato e la adagio sull’asfalto granitico. La denudo in modo che la sua pelle candida risalti sul nero della strada. Comincia a rinvenire, devo sbrigarmi. Sono sopra di lei, estraggo la mia fedele amica e le taglio la gola da parte a parte, il suo urlo soffoca e si spegne. La rivolto a faccia in giù e il sangue rosso vivo è un tutt’uno con il bianco e col nero. È una festa di colori ed io ne sono estasiato. Resto fermo a contemplare la mia opera d’arte, tengo per me un souvenir e lascio la zona indisturbato.
Per ora la mia fame è placata.
<< Era nascosto qui, dietro questo cassonetto dell’immondizia, mentre aspettava che Corinne uscisse dal negozio. È stato qui al freddo molte notti, ha studiato i suoi movimenti, i suoi orari di lavoro. Non si fa mai prendere dagli istinti. È scrupoloso, attento e paziente. L’ha tramortita con un colpo alla testa, più o meno all’altezza dell’incrocio della strada opposta, dove ha perso uno dei sandali, poi l’ha trascinata a mano qui dietro, in modo da poter lavorare indisturbato. Si gode il momento, senza fretta, ma assaporando ogni gesto. Enfatizza il suo lavoro come fosse un’artista con la sua creazione. Quando ha finito, si è fermato a contemplare l’opera conclusa, poi è tornato a casa sua in tutta calma. >>
<< A volte mi fai paura Isabel. Hai una predisposizione naturale per entrare nella mente dei serial killer. >>
<< Non ha l’aspetto di un disagiato. La mattina vive la sua vita come tutti. Forse è anche stimato da chi lo conosce. Ma di notte si trasforma. >>
<< È un po’ come dottor Jekyll e mister Hyde? Perfetto, il cerchio si restringe. >> ironizza Alan.
<< Qui abbiamo finito Moore. Andiamo al laboratorio. >>
Laboratori scientifici della Police of Constantine, ore 12,55
<< Ehi ragazzi, ciambella? >>
<< Ti ringrazio Jack, ma passo. >> declina Alan.
<< Io accetto volentieri invece. Ho bisogno di zuccheri. >>
<< Prendi quella con la glassa al cioccolato e i canditi. È una vera bomba! >>
Jack Castagni, 37 anni, nonostante la giovane età e già a capo di questo istituto. Un tipo davvero in gamba nel suo campo anche se un po’ svalvolato.
<< Jack ti ringraziamo per l’ospitalità ma andiamo di fretta. Dovresti passare allo scanner questo reperto e spedirlo al nostro dipartimento. E che la cosa resti tra noi. >>
<< Oh, OH! Certo ragazzi, farò in un lampo. >>
<< Grazie mille Jack. >> cerco di esser gentile io.
<< Di nulla. Magari uno di questi giorni andiamo a cena fuori, che ne dici? >>
Alan tossisce rumorosamente, con palese finzione, interrompendo la conversazione.
<< Ehi Moore, un bicchiere d’acqua? >>
<< Ti ringrazio ma preferirei che facessi quello che ti abbiamo chiesto, cortesemente. >>
<< Hai ragione. Faccio in un lampo, aspettate qui! >>
E si eclissa in uno dei tanti reparti di analisi.
<< Hai avuto un improvviso attacco di tosse cronica? Tutto bene? Non vorrei ti venisse un coccolone per qualche innocente avance. >>
<< No, credo di essermi preso l’influenza. Sarà la tua gelida vicinanza a farmi male >>
<< Stupido! >>
<< Dai non te la prendere. Se vuoi, puoi sempre farmi da infermierina. >>
<< Non verrei mai e poi mai a fare la tua badante! >>
<< Veramente io... >>
<< Ecco a voi ragazzi. Il file è arrivato a destinazione. >>
<< Gentilissimo Jack, il nostro distretto ti deve un favore. >>
<< Domenica prossima al “Linko” danno il karaoke. Potremmo andare lì, giusto per ripagare al favore fatto. >>
Sto per rispondere che sono impegnata, ma Alan mi batte sul tempo.
<< Certo Jack, Isabel ed io verremo sicuramente, porta anche tu qualcuna ok? >>
<< Ah, sicuro... contaci. Facciamo che vi aggiorno meglio in settimana. Mi sono ricordato che ho del lavoro arretrato da recuperare e... >>
<< Come vuoi Jack, aspettiamo conferma. >>
<< Ci vediamo Jack. >>
<< Si, ciao, ciao. >>
<< Povero Jack, adesso non dormirà più la notte. >>
<< Solo perché gli hai rifilato un due di picche? Ma dai! >>
<< Io non gli ho rifilato un bel niente, la colpa è tua. E comunque mi riferivo al fatto che adesso è convinto che tu ed io stiamo insieme. È una cosa da incubo, non credi? >>
<< Davvero spiritosa. >>
Vroom-vroooom*click*
<< Maggie? Arriviamo. >>
<< Novità? >>
<< È arrivato il responsabile del Market Center, il capo della Collins, con i video della sorveglianza dell’altra notte. Dobbiamo tornare alla base. >>
<< Agli ordini. >>
Sala interrogatori, ore 13,35
<< Lei è il signor Tommasi, gestore del Market Center sulla 27a giusto? >>
<< Si sono io. Una vostra collega al telefono mi ha detto dell’accaduto. Mio Dio sono sconvolto! Chi ha mai potuto far questo a quell’angelo di Corinne! >>
<< Lei è qui per aiutarci a scoprirlo signor Tommasi. Ha con lei i video della sorveglianza della scorsa notte? >>
<< Si certo li ho già consegnati alla vostra collega. >>
<< Molto bene. Allora, mi parli di Corinne. In questi giorni l’ha vista preoccupata, oppure si è comportata normalmente? Ha notato qualche comportamento insolito? >>
<< Oh, no Corinne era sempre sorridente e piena di vitalità. Lavorare da noi non era la sua massima aspettativa, ma le servivano soldi per andare all’Accademia delle Belle Arti. Avrebbe voluto fare la stilista... – voce rotta dal pianto - ... povera ragazza. >>
Mi avvicino a lui e gli tengo strette le mani nelle mie. << Si faccia coraggio. >>
<< Io... io ho sentito dire che quello lì che avete arrestato non è l’uomo giusto. È così? >>
<< Ci è stato di grande aiuto, signor Tommasi, resti in città nel caso avessimo bisogno di farle altre domande. >>
<>
<< Stiamo facendo tutto il possibile. Le assicuro che fermeremo colui che sta facendo tutto questo, e che pagherà. Glielo prometto. >>
Lasciata la sala interrogatori, mi sono avviata verso la scrivania di Alan, intento nel visionare i nastri.
<< Allora trovato nulla? >>
<< Si e no. Avevi ragione tu, Corinne è uscita dal negozio alle 21.05 e si è diretta verso l’incrocio della strada. Quando Corinne scompare dall’inquadratura, si vede chiaramente una sagoma scura che corre nella stessa direzione. E alle 21.38, ricompare Corinne, trascinata dall’uomo in nero. Poi più nulla. Ho già rivisto il video 20 volte, non si vede più niente fino alle 7.30 del mattino, quando Tommasi riapre bottega. >>
<< Hai provato ad ingrandire l’immagine dell’aggressore? >>
<< Certo. Ma il volto è completamente coperto. >>
<< Devo liberare il mio ufficio, mi aiuti? >>
<< Cosa? >>
Tiriamo fuori la vecchia scrivania di legno rinfoderata con finto cuoio, la sedia girevole, due schedari e la pianta grassa. Questo è tutto quello che si trova nel mio ufficio.
Poi io ed Alan preleviamo due manichini dal distretto di balistica accanto al nostro e cominciamo a lavorare.
<< Ok. Corinne era alta 170 cm >>
<< E con questo? >>
<< Voglio dimostrare l’innocenza di Ford. >>
A quelle parole, io stessa sono sconvolta.
<< Ma aveva sulle mani il sangue di Sarah Ferguson, l’ultima delle vittime ritrovate e... >>
<< E abbiamo anche una sua confessione. Lo so, Alan. Ma Sarah, cosi come Angela Miller e Christina Benton, erano più alte del nostro uomo. In tutti quei casi Eric Ford non poteva immobilizzare la sua vittima senza aver alcun problema, visto che lui misura solo 172 centimetri. Sono tutte troppo alte. Guarda. >>
E regolo le altezze dei due manichini, avvicinandoli come a rappresentare l’aggressore e la vittima uno alle spalle dell’altro.
<< Ma questo è ovvio. Non poteva essere stato Ford ad uccidere Corinne Collins. Quando è avvenuto il delitto, Eric Ford era già in prigione. >>
<< E se non avesse ucciso nemmeno le altre tre vittime? Se fosse stato usato come una marionetta dal vero S.I.? >>
<< E come? >>
<< Ha ragione il dottor Fox. Il vero Tagliagole è scrupoloso, pignolo, freddo e calcolatore. Eric Ford non rientra in nessuno di questi canoni. Non sarebbe in grado di procurare alle sue vittime quei tagli così precisi, senza sbavature. Non ha una mano tanto ferma! >>
<< Magari... >>
Ma i nostri discorsi vengono interrotti dalla tonante voce di Thompson.
<< Mentre voi due giocate a fare gli arredatori, è arrivata una notifica dal carcere dove era rinchiuso Ford. >>
Era...?
<< La visita psichiatrica ha rilevato un grave disturbo mentale. Il ragazzo ha grossi problemi psicologici, non è mai uscito da casa sua e fa uso di antidepressivi. È stato dichiarato incapace di intendere e di volere, per cui tutte le accuse a suo carico sono decadute. Ora è a casa sua, a Villa Euganea. >>
<< E la psichiatra ha anche dato una spiegazione per il sangue ritrovato sui suoi vestiti e sulle sue mani?? Oh Cristo Santo! >>
<< Agente Moore, cerchi di contenersi. E rimettete tutto in ordine qui. Per colpa vostra l’intero corridoio è bloccato da inutili cianfrusaglie. >>
<< Agli ordini signore. >>
<< Signorsì signora! >>
<< Isabella smettila di fare la stupida, non lo capisci che i tuoi genitori ti hanno rinchiusa qui proprio per il tuo modo di fare? Sei indisponente e soprattutto sei una cattiva ragazza. Lo sei sempre stata. La madre superiora mi ha informato di tutte le marachelle che combini e dei tuoi miseri tentativi di fuga. >>
I miei genitori sono degli stronzi colossali e questo posto fa schifo...
<< Loro mi hanno rinchiusa qui perché mi incolpano di quello che è successo a Stella, ma io ero solo una bambina!! Potevo morire anche io quella notte nel bosco! Perché invece di pregare per la salvezza di almeno una delle loro bambine, hanno cacciato via anche me? >>
<< Forse non volevano che ha salvarti fossi tu. Forse avrebbero voluto perdere te anziché Stella. Almeno questo è come la penso io. D’altronde Stella è sempre stata molto più buona e rispettosa di te. Tu, invece, non facevi altro che far disperare la tua povera mamma, ti sporcavi di continuo, distruggevi la casa correndo come un’ossessa a destra e a sinistra. >>
<< Ero solo una bimba. Ero solo vivace, ero viva!!! >>
La sua faccia tutta raggrinzita, al suono di quelle parole, divenne una maschera orripilante...
<< Anche tua sorella lo era, ma non per questo si comportava come te. Sembrava avessi il diavolo in corpo. E forse è davvero così. Non volevi mai andare in chiesa la domenica, non aiutavi nelle faccende domestiche, facevi dispetti a chiunque, anche a quel ragazzo che vi aiutava in fattoria. Ecco perché è venuto a prendervi quella sera, perché era stanco dei tuoi soprusi. E per colpa tua a rimetterci è stata la piccola Stella. Avrebbe dovuto prendersela con te, non con lei. Povero angioletto. Adesso sei un posto migliore.>>
E piangeva.
Io ho passato metà della mia vita qui dentro e non ho più nemmeno la forza di piangere, mi hanno tolto anche questo privilegio...
<< Io amavo mia sorella. Eravamo gemelle. Se lei si faceva male, io piangevo, se lei cominciava una frase, io la concludevo; quando a lei regalavate il gioco più bello, io ero felice per lei. Non le avrei mai fatto del male né sono mai stata cattiva nei suoi confronti. Io le volevo bene; fin dal concepimento siamo state insieme, legate allo stesso cordone ombelicale. Stella era tutto per me!! La mia confidente, la mia migliore amica, l’altra mia metà. Se non avessi avuto Stella al mio fianco, la mia infanzia sarebbe stata un inferno! E mia madre non mi ha mai trattato come se fossi sua figlia!! Eppure mi ha partorita lei, no? Avrà provato un po’ di dolore nel mettermi al mondo. Allora perché non ha fatto altro che rovinarmi l’esistenza? Stella era la mia ancora di salvezza. Come puoi pensare mostruosità del genere? Avrei fatto qualsiasi cosa per lei! >>
<< Perché, semplicemente, è la verità. Hai dato problemi sin dalla nascita. Per colpa del tuo parto difficile, tua madre non ha potuto avere altri bambini. Stella era la metà buona, la metà perfetta. Tu sei la parte sbagliata e purtroppo Nostro Signore ha scelto di richiamare a sé il fiore più bello. >>
Perché sei qui, maledetta, perché continuate a rovinarmi la vita? Quello che mi avete fatto non basta? Sto pagando per una colpa non commessa e voi siete ancora qui a torturarmi...
<< Nonna perché sei venuta a trovarmi? >>
<< Non è ceto una visita di cortesia. Domani compi 18 anni. Significa che uscirai da qui, ma non puoi tornare a casa dei tuoi genitori. Loro non ti vogliono, e nemmeno io. Quando domani te ne andrai da qui dentro, sarai completamente sola, per cui cercati un lavoro ed uno scantinato dove vivere e non venire a rovinare le nostre vite come tuo solito. >>
<< Sono sempre stata sola. >>
<< Non capisco come questo posto non ti abbia piegata, non ti vedevo da 12 anni eppure sei la stessa di allora. Continui ad essere la solita sfrontata di sempre. >>
<< Perché io so di essere innocente. >>
<< Tu non sei mai stata una bambina innocente. >>
Arriva la Priora...
<< Signora Carbone, l’orario di visita è terminato. La prego di accomodarsi fuori. >>
<< Addio, Isabella. >>
Addio maledetta strega! Spero possa venirti un infarto! Crepa maledetta, crepa.
<< Ah, un’ultima cosa. I tuoi genitori hanno espresso la chiara volontà di spodestarti, non vogliono che la memoria della loro piccola bambina e il buon nome della famiglia venga infangato da una pecora nera come te. Da questo momento in poi non sarai più Isabella Carbone. L’avvocato Hank verrà nel pomeriggio per farti firmare la dovuta documentazione. Domani sarai grande ed entrerai a far parte della società, cerca di non recar danno a nessun altro. >>
<< Isabel, non stare lì impalata, aiutami a portare dentro i mobili, poi ci fiondiamo a casa di quel degenerato. >>
<< Si scusa, arrivo >>
Villa Euganea, ore 15.00
Villa Euganea, la residenza del chirurgo più famoso e in voga di Constantine. Ad accoglierci ci sono enormi statue di leoni alati, fontane zampillanti, creazioni di esseri fantastici intagliati nelle siepi dell’immenso prato frontale e meraviglie che sono alla portata di gente come Victor Ford e la sua famiglia. Peccato che i soldi non possano comprare tutto. Possono nascondere grossi scheletri nell’armadio, possono anche ripulirti la fedina penale se sai a chi rivolgerti, ma non possono eliminare ciò che sei, né renderti un uomo migliore solo nascondendo la verità. Bussiamo al grande batacchio posto sul portone e ad accoglierci troviamo il maggiordomo. Ci dice di accomodarci in salone e di attendere ‘ il signore ’. Poco dopo arrivano biscottini e tè verde. Il ticchettio meccanico del grosso pendolo posto all’entrata diventa nella mia testa un opprimente martello pneumatico pronto a perforarmi il cranio.
D’un tratto ecco comparire sulla soglia una tetra figura.
<< Finalmente. >> dice e si accomoda sulla poltrona di fronte a noi.
<< Dottor Ford, siamo gli agenti.. >>
<< So chi siete e conosco il motivo della vostra visita. Al momento mio figlio sta riposando e non può rispondere alle vostre domande. Tuttavia credo che abbiate appreso la notizia: mio figlio è stato dichiarato incapace di intendere e di volere, per cui è ovvio che non possa essere il vostro assassino. >>
<< Questo è ancora tutto da vedere. Suo figlio è stato arrestato mentre aveva ancora sulle mani il sangue di una delle vittime, come lo spiega que... >>
È vero. Suo figlio non ha commesso quegli omicidi, men che meno l’ultimo. >> intervengo io interrompendo il flusso di pensieri di Alan, che mi guarda sconcertato.
<< Lei agente sembra molto più comprensiva del suo collega. Credo che risponderò soltanto a lei. Il suo collega può anche lasciare la mia umile dimora. George, per favore accompagna l’agente Moore alla porta. >>
<< Ma... cosa fai tu, toglimi le mani di dosso! Isabel, alzati vieni con me! Ci ripresenteremo con un mandato! >> scalpita Alan.
<< Ti raggiungo in centrale più tardi Alan. >>
<< COSA!?! È pericoloso! Isabel. ISABEL!! >>
<< Allora, Isabel, mi è concesso di darti del tu vero? Qual è la tua teoria a riguardo di questo caso? >>
<< Suo figlio non può aver commesso nessuno di quegli omicidi, questa è una certezza. Le altezze non corrispondono così come la precisione del taglio. Inoltre c’è un particolare davvero interessante; suo figlio è mancino. Non poteva provocare quelli squarci alla gola delle sue vittime con un taglio da destra verso sinistra. Se la mano omicida fosse stata la sua, la ferita sarebbe stata esattamente al contrario. >>
<< Davvero un’ottima osservatrice. Sei sprecata per quello che fai. Voglio farti vedere una cosa, vieni. >>
Mentre mi alzo, il cellulare nella mia tasca vibra e premo il tasto di risposta senza che il dottore mi noti.
Resta in linea Alan. Resta in linea...
Scendiamo nel seminterrato e il dottore mi mostra la ‘ camera delle torture ‘.
<< Vedi Isabel, il mio lavoro consiste nel salvare le vite di tante persone, ma per essere davvero bravi in quello che si fa, bisogna far pratica, molta pratica. >>
<< Dottor Ford, che posto è questo? >>
<< Oh, questo è solo il mio studio personale. Fa freddo non trovi? Serve per tenere i corpi freschi. Ma sfortunatamente l’effetto non dura a lungo, per questo ho bisogno continuamente di nuova carne. >>
E alle mie spalle sento un forte tonfo e una serratura che scatta. Sono in trappola. Nella tana del lupo.
<< Perché ha ucciso quelle donne, Ford? >>
<< Chiamami Victor. I miei piccoli puzzle non sono serviti a niente? Avanti Isabel, rifletti. So che puoi rispondere da sola a tale domanda. >>
Ultima vittima. Corinne Collins. Nella foto potete notare uno zoom del frammento ritrovato... lettera R.
Angela Miller, seconda vittima del tagliagole, nel frammento c’è la lettera M.
Prima vittima: Christina Benton: trovate le lettere ATE.
Terza vittima, Sarah Ferguson, la sillaba BI.
<< Non lo so! Sono solo lettere sconnesse! >>
<< Avanti! >>
<< Mater! Ok una parola potrebbe essere madre... ma BI non so a cosa collegarlo... >>
<< Beh, questo perché mi avete interrotto prima che potessi darvi tutti i pezzi. Ti do un aiutino. >>
E mi lancia una foto e un libro.
Nella foto ci sono Ford col figlio Eric e una donna dai folti capelli neri e gli occhi verdi. Sul retro è segnata una data e i nomi Victor, Daisy e Eric.
<< Chi è la donna nella foto? >>
Silenzio.
Quello che credevo fosse un libro in realtà è un fumetto in bianco e nero, ma guardando la copertina, mi sembra di riconoscerlo. Fa parte di una collana uscita in edicola un paio di mesi fa. Il titolo dell’albo è mater morbi.
Mater morbi, materi morbi... M-ATE-R M-o-R-BI!
<< “La madre di tutte le malattie”. Hai... hai ucciso tutte queste donne solo perché somigliavano a Daisy? >>
<< Conosci il latino, ammirevole. Daisy era mia figlia. Tutti i soldi e le conoscenze che ho non hanno potuto salvarla dal male che l’affliggeva. Si è spenta nel giro di pochi mesi a causa di un tumore alle corde vocali. La morte mi ha distrutto la vita! E poi l’ho vista. Era la nuova postina. Quando è venuta a bussare alla mia porta non ho potuto fare a meno di invitarla dentro. Era la fotocopia della mia piccola Daisy. Nei mesi a seguire le sue visite si sono fatte sempre più frequenti e credevo di aver avuto dalla vita una seconda opportunità. Potevo ancora restare accanto a Daisy, potevo ancora occuparmi di lei e vivere di quei piccoli momenti di gioia. Ormai ero completamente solo, visto il crollo mentale di Eric dopo aver visto l’agonia di sua sorella. Ero così disperato che un giorno le chiesi se voleva trasferirsi da me e le raccontai di mia figlia. Ma lei impazzì. Mi disse che dovevo essere uscito fuori di senno, che mia figlia era morta e che era stata ormai mangiata dai vermi. Che dovevo dimenticarla e lasciare in pace lei e la sua inutile vita. >>
<< Questo non giustifica le tue azioni! >>
<< IO potevo rendere la sua superflua e miserabile esistenza, qualcosa di sensato! Avrebbe potuto essere la regina di questa e tutto quello che le chiedevo in cambio erano un paio di chiacchiere in compagnia di un povero vecchio come me! Meritava di tacere per sempre! Proprio come era successo alla mia povera bambina. >>
<< Ma poi hai continuato ad uccidere. Perché? >>
<< Perché mi chiedi? Io mi sono chiesto perché la mia piccola mi sia stata strappata via, ma nessuno mi ha risposto. E se quel Dio di cui tutti parlano esiste davvero, allora doveva pagare per quello che aveva osato farmi. >>
<< Perché hai dato la colpa a Eric? >>
<< Si è incolpato da solo, quando mi ha disubbidito ed è venuto a curiosare qui giù. Quando l’ho colto in fragrante si è spaventato ed è corso via con le mani ancora sporche di sangue. >>
<< Lei signor Victor Ford, pagherà per quello che ha fatto a tutte quelle povere ragazze. >>
<< Sai avevo proprio bisogno di un corpo nuovo per i miei aggiornamenti. Mi spiace agente, ma non credo uscirà viva da qui! >>
E così dicendo cerca di afferrarmi, ma prontamente gli assesto un calcio negli stinchi e Ford cade di schiena lamentandosi e maledicendomi.
Un attimo dopo la porta si spalanca ed entrano Alan con una squadra di supporto.
<< Fermo dove sei Ford! La dichiaro in arresto per gli omicidi attribuiti al serial killer il Tagliagole. Tutto quello che dirà potrà essere usato contro di lei. Forza ragazzi ammanettate il mostro. >>
<< Non si muova... >>
<< Isabel, stai bene? Ho sentito tutto dal cellulare. È tutto finito, andiamo a casa. >>
<< Dottore, Stella è morta vero? Quando l’avete tirata fuori era diventata viola. >>
<< Signorina Isabella, dovreste tornare a casa, è tutto finito adesso, non c’è più nulla che io possa fare qui . >>
<< È tutta colpa mia! Se non l’avessi lasciata da sola... adesso... adesso... >>
<< Isabella!! Smettila di infastidire tutti! Lascia in pace tua sorella e il dottore. Torna a casa, c’è la nonna che ti sta aspettando. >>
Da allora non ti ho più rivista Mamma.
<< Complimenti ragazzi, anche questo caso è stato archiviato e fortunatamente non ne siamo poi usciti così ammaccati. Victor Ford finirà il tempo che gli resta in una cella d’isolamento e suo figlio Eric è in una clinica psichiatrica. Oggi, grazie a voi, un altro mostro è stato rinchiuso in gabbia. Adesso andate a riposare, ci vediamo domani. >>
<< Per una volta sono d’accordo con Thompson. >>
<< Aveva perso sua figlia in modo atroce. Non voglio giustificare ciò che ha fatto, ma questa storia fa riflettere su quanto la mente umana possa essere fragile. Un uomo amato e stimato da tutti, un ottimo chirurgo, ricco di famiglia, all’apparenza poteva dirsi un uomo più che fortunato e certamente felice della propria vita. Ma anche i migliori hanno un lato oscuro, una faccia nera che non mostrano a nessuno. >>
<< Beh, a domani Isabel. Ehi per chi sono quelle rose bianche? >>
DAYSY FORD 19xx-20xx
<< Queste sono per te. >>
FINE 2° EPISODIO |
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Capitolo 3 *** MEMORIE DAL PASSATO (GIALLO) ***
I’ve been walking in the same way as
I did / Missing out the cracks in
the pavement / And tatting my heel and strutting my feet…
<<
Tanti auguri Isabel…la. È
così oggi sono 26. Cazzo, sto invecchiando. E per giunta da
sola. Ho bisogno di
un caffè doppio malto per calmarmi e affrontare un altro
schifo di giornata. >>
“Is there anything I can do for you
dear? / Is there anyone I could
call?” / “No and thank you” /
“please Madam.” / “I ain’t
lost, just wandering.”
<<
Ah! Cavolo la lingua! Scotta,
scotta! Dov’è il limone? Credevo di averlo
comprato l’ultima volta che sono
andata dal fruttivendolo. Mmm, ah!
Eccolo. >>
Round my hometown / Memories are fresh / Round
my hometown / Ooh the
people I’ve met...
<<
Buono. Ok, mi ci vuole
una doccia. Dio la testa, che male! >>
Poggio
la tazza nel lavello e
dribblo con passo di danza la bottiglia di gin ai piedi del divano;
acchiappo
un paio di slip puliti e una maglietta extra large gialla dal cassetto
sgangherato e sono pronta per una super doccia rinfrescante.
È
questa era “Hometown Glory”
della magnifica Adele, tutta per voi. Qui è radio ZetaTetha
sono le 5.15 di un
altro favoloso mattino qui a Constantine City. Buongiorno mondo.
Driiin-driiiiin
<< Arrivo!
>>
Apro
la porta e chi mi trovo di
fronte?
<<
Alan! Che ci fai qui a
quest’ora del mattino? Tra l’altro oggi non lavoro,
Thompson mi ha concesso il
giorno libero. >>
<<
Ehm... Isabel, mi... mi
spiace disturbarti. >>
<<
Come se tu non fossi un
fastidio continuo. Dai entra non rimanere impalato sulla soglia. Ti
avverto che
ieri sera ho finito la mia scorta di superalcolici per cui ho solo orzo
e
camomilla. Serviti pure da solo, io cerco di domare questa massa
informe di capelli
che mi ritrovo. >>
<<
Si... Isab... >>
<<
Non far caso al
disordine, sposta quel che trovi e accomodati pure sul divano.
>>
<<
È un po’ difficile
spostare i residui di patatine. Comunque... >>
<<
Dimmi pure. Cazzo che
male! Maledetti nodi! >>
<<
Isabel potresti
indossare qualcosa alle parti basse? Tipo un pantalone? >>
Cosa?
Abbasso
lo sguardo e noto con
orrore che indosso solo una T-shirt di Spongebob giallo fluo e un paio
di slip
viola.
Cazzo!
Cazzo!!
<<
Oh, Alan per la miseria!
Sei tu che vieni a casa mia alle 5.30 del mattino. Potevi dirmelo prima
almeno,
no? >>
<<
Beh, c’ho provato...
>>
<<
Copriti gli occhi!
>>
<<
Ahi! >>
<<
Che succede adesso?
>>
<<
Ho battuto la testa!
>>
<<
Ci credo, cammini per
casa come un imbecille con gli occhi bendati! >>
<<
Ma tu hai detto... Ah!
Lascia stare. >>
<<
Dai siediti ti prendo
del ghiaccio. >>
Recupero
dei mini pantaloncini di
jeans e un panno da cucina dal mucchio indistinto ai piedi del letto e
vado in
cucina. Alan è steso sul divano con gli occhi chiusi.
Che
testa di...!
Prendo
dei cubetti di ghiaccio e
li avvolgo nel panno di cotone, poi ritorno nella stanza principale che
funge
da anticamera, sala relax e pseudo ufficio e poggio il fagotto sulla
fronte del
mio collega.
<<
Oh, finalmente. >>
<<
Ora mi dici perché mi
sei piombato in casa? E questi cosa sono? >>
Ai
piedi del divanetto giace un
bel mazzo di girasoli freschi e mimose profumate.
<<
Sono per te. Tanti
auguri Isabel. >>
Sono
senza parole.
<<
Te ne sei ricordato.
Grazie. >>
<<
Grazie a te per il
bernoccolo. Ne ho sempre desiderato uno. Che ne dici se oggi andiamo a
mangiare
una fetta di torta al limone da Carlo’s insieme ad un freddo
bicchiere di
latte? È ottimo per il post sbronza solitario.
>>
Quant’è
carino. È un imbranato
colossale, un nerd sfegatato, ma con me è sempre gentile e
soprattutto è
tenace. Se gli ho concesso un paio di uscite è proprio per
la sua testardaggine
e la sua caparbietà.
Peccato
che si sia preso una
cotta per la persona sbagliata.
<<
Il tuo disordine e la
tua sciattezza mi fanno venire la nausea lo sai? >>
Ecco,
appunto.
Avanti
Isa, accetta l’invito e stacca la spina per un po’.
<<
Mi piacerebbe venire a
mangiare un boccone con te Alan ma oggi ho un appuntamento. E poi devo
rassettare questo buco di casa. >>
Perché
diavolo non mi do mai ascolto?
<<
Per quello ti aiuto io.
In due si fa prima. >>
<<
E che ho da fare.
>>
<<
Isabel sono abituato ai
tuoi due di picche. Tranquilla, ci andremo un’altra volta.
Anche se il tuo
compleanno arriva una volta sola in un anno intero. >>
Cerca
di alzarsi dal divano, ma
lo scatto repentino gli fa girare la testa e barcollando mi cade
addosso e mi
ritrovo bloccata al suolo dal peso del suo corpo.
I
nostri occhi sono fissi in
quelli dell’altro, le punte dei nostri nasi si sfiorano,
posso sentire il suo
respiro fresco sulle labbra.
<<
Io.. io devo andare.
Auguri Isabel. >>
Stupido,
stupido, stupido! Ti prego non farti spaventare da me.
Forza
Isa è sulla porta, sta per andare!
<<
Aspetta! Se vuoi puoi
restare. Voglio dire, ho proprio bisogno di una mano qui e tu sei
così pignolo
che forse questa volta riesco davvero a mettere tutto in ordine. Sempre
se non
hai niente di meglio da fare, si intende. >>
Alan
mi sorride e mi porge il
mazzo di fiori, un trionfo d’oro e di profumo.
<<
Trova un vaso per
questi, poi cominciamo. >>
<<
Come fai a vivere da
sola e avere tutto questo caos in giro? >>
<<
Perché vivo sola. E poi
questo posto è una topaia tanto è minuscolo.
>>
<<
Non è così male. Sembra
piccolo perché non ci si può camminare
liberamente visto i mucchi di vestiti
sparsi per l’intera superficie calpestabile. >>
<<
Sei il solito rompi.
>>
<<
Ehi questa sei tu?
>>
Alan
stringe tra le mani una
vecchia foto incorniciata. Ci siamo io e Stella in primo piano e i
nostri
genitori sullo sfondo.
<<
È una vecchia foto di
famiglia. Non la trovavo più da un po’.
>>
<<
Era infilata sotto il
divano. >>
<<
Davvero? >>
<<
Isabel, non parli mai
della tua famiglia. >>
<<
Perché non ho nulla da
raccontare. >>
<<
Non sapevo neppure
avessi una gemella! >>
<<
Perché non c’è nessuna
gemella. >>
<<
Ma è proprio qui nella
foto! Siete identiche. >>
<<
È MORTA, ALAN, OK?
>>
Mi
ritrovo in piedi, la foto
stretta nella mano sinistra, pezzi di vetro rotto sotto i miei piedi.
<<
Isabel stai... stai
sanguinando. >>
<<
Cosa? >>
Il
vetro della cornice si è
frantumato sotto la pressione delle mie dita e la foto sottostante si
è
macchiata di sangue.
<<
Vieni, troviamo qualcosa
per disinfettare il taglio e medicare la ferita. >>
Mi
sento sopraffatta dalle
emozioni, la stanza gira tutta e la vista comincia a diventare vacua e
lattiginosa. Mi accascio sulle ginocchia e Alan è
lì che mi stringe forte,
senza parlare. Il suo buon profumo mi invade le narici e lo stringo
più forte a
me, soffocando sul suo collo i miei inarrestabili singhiozzi.
<<
La teiera è sul fuoco,
tra poco sarà pronta una buona tazza di camomilla calda. Ho
trovato anche un
goccio di miele nella credenza, ti aiuterà a eliminare il
peso che hai sul
petto. >>
<<
Bastasse solo questo,
sarei riuscita a conciliare il mio sonno molti anni fa. >>
<<
Si chiama Stella vero? È
il nome che ripetevi in aereo, durante il caso Castiel –
Golden. >>
<<
Si, il suo nome era
Stella. >>
Fiuuu!
<<
È pronto. Non muoverti
arrivo subito. >>
Fiuuuu!
<<
Guarda quanto è lungo! È come fischia! Mi senti
papà? >>
<<
Isabella non urlare per favore, ci guardano tutti. >>
<<
Papà perché siamo alla stazione? Dove stiamo
andando? >>
<<
In un posto molto bello bambina mia. >>
<<
E perché la mamma non è con noi? >>
<<
La mamma è con la nonna adesso. Stanno organizzando il
funerale di tua sorella.
>>
<<
Papà perché piangi? Padre Fernando ha detto che
Stella adesso vive in cielo con
gli angeli e dorme sulle nuvole. Si starà divertendo un
mondo lassù. >>
<<
Sta’ zitta Isa! >>
<<
Papà, sei arrabbiato di nuovo con me? >>
Dal
treno scende una donna vestita di nero che si avvicina a noi. Si
inginocchia e
mi guarda dritta negli occhi. Mi fa paura.
<<
Questa deve essere Isabella. Molto bene, da questo momento la sua
custodia è
affidata a me. Potete venire a trovarla in qualsiasi momento con un
dovuto
preavviso di almeno 15 giorni e in occasioni particolari, potete
portarla fuori
dall’istituto per un massimo di 2 ore. >>
<<
Né io né mia moglie siamo intenzionati a venire.
>>
<<
Capisco. Bene, allora direi che abbiamo finito. Forza Isabella, prendi
la tua
valigia e sali sul treno. In carrozza ti aspetta suor Gertrude.
>>
<<
Papà?? Tu vieni con me? >>
<<
No Isabella. Questo è un addio. Questa donna si
prenderà cura di te e farà in
modo che tu possa crescere in modo retto e garbato. >>
<<
Ma io voglio restare a casa! Non conosco questa signora ma sembra
cattiva!
>>
<<
Isabella ora basta! Sii rispettosa. >>
E
mi dà un forte ceffone sulla guancia.
<<
Comportati da grande. Addio >>
<<
Forza signorinella andiamo. E non piangere. Imparerai ad essere
più educata, a
sopportare il dolore e reprimere le tue emozioni. >>
<<
È sbagliato piangere? >>
<<
Mostrare le proprie emozioni non è utile. Non è
la cosa giusta da fare, specie
in pubblico. Forza asciuga quelle lacrimucce e vieni con me.
>>
<<
Signora che cos’è un addio? >>
<<
È quello che succede quando si è cattivi come te.
>>
Fiuuuuu...
<<
Ecco, prendi. Attenta, è
bollente. >>
<<
Non piangevo così forte
da quando ero solo una bambina. Credo mi si sia rotto qualcosa dentro
al petto.
Mi mancano le forze. >>
<<
È la corazza che ti sei
costruita. Ora si capiscono tante cose. >>
<<
Quali cose? >>
<<
Isabel sei una donna
fantastica! Sei forte, intelligente e sicura di te, ma il tuo chiuderti
a
riccio nei confronti della vita, lo stare sempre sulla difensiva... non
riuscivo a spiegarmi il perché del tuo comportamento. Ma
adesso... >>
<<
Adesso credi di
conoscermi? Solo perché mi hai vista in un attimo di
fragilità? >>
<<
Ehi, mostrarsi
vulnerabili a volte non è così brutto come credi.
>>
<<
Parla per te. >>
E
butto giù una lunga sorsata di
camomilla che mi riscalda il cuore.
<<
È buono con il miele.
>>
<<
Lo so. >>
<<
Ehi Alan, oggi non devi
andare a lavoro? >>
<<
Ho il cercapersone
acceso, nel caso avessero bisogno di me. >>
<< Ti va di
accompagnarmi in un posto?
>>
<<
Certo, dove vuoi andare?
>>
<<
A casa. >>
<<
Isabel, dove vivevi coi
tuoi? >>
<<
Lo chiedi per sapere
quanto manca? >>
<<
Lo chiedo perché abbiamo
già preso due tram, un taxi e adesso siamo in treno
già da più di venti minuti
e credo che la destinazione sia ancora lontana. >>
<<
Avevamo una casa in
campagna, molto fuori mano e dislocata dalla città o anche
solo dal centro
della piazza principale, dove ogni venerdì si faceva il
mercato. Mio padre
gestiva una fattoria proprio alle spalle della nostra abitazione, tutto
quello
che ci serviva era proprio lì, sotto il nostro naso. Non ci
allontanavamo
spesso da casa se non per qualche piccola gita nel bosco e qualche raro
picnic.
>>
<<
E da quanto vivi in
città? A quanti anni hai lasciato questo posto dimenticato
da Dio? >>
<<
Ho trovato casa a 18
anni. Ma ho lasciato casa mia quando ne avevo 6. Dopo la morte di
Stella, i
miei genitori mi hanno affidato ad un istituto gestito da suore.
>>
<<
Perché ti hanno fatto questo?
Perdere una figlia non era abbastanza? >>
Bella
domanda Alan.
<<
Beh.. mia madre ha... ha
avuto un crollo di nervi, ecco. Non riusciva a badare a me dopo il
forte trauma
subito. >>
<<
E tua sorella, come...
>>
<<
Era malata di polmonite.
Una forma molto acuta e violenta. >>
Mi
affretto a dirgli e la
conversazione si stronca lì.
Alan
è intento a guardare gli
alberi che sfrecciano veloci dal finestrino della nostra cabina e
sembra
assorto nei suoi pensieri.
<<
A cosa pensi? >>
<<
Al fatto che sei una
pessima bugiarda. >>
<<
Come? >>
<<
Quando menti rotei gli
occhi all’insù e scrolli le spalle con finta
indifferenza. >>
<<
Mi fai paura. >>
<<
AhAhAh. Scusa! Hai
ragione sono uno stolker! >>
<<
Lo puoi ben dire.
>>
<<
E solo che ti osservo,
tutto qui. >>
<<
Ho notato! >>
<<
Ancora mal di testa?
>>
<<
Un po’ >>
<<
Vado nel vagone
ristorante e ti prendo un caffè. >>
<<
Sarebbe meglio un
bicchierino di vodka. >>
<<
Curi la sbornia bevendo
cicchetti? >>
<<
Mai stato ubriacato tu,
vero? È la prima regola dell’alcolista: chiodo
scaccia chiodo. >>
<<
Si come vuoi, ma
facciamo a modo mio ti va? >>
<<
Ok, vada per il caffè,
ma che sia bello forte. >>
Un’ora
più tardi...
<<
Eccoci arrivati.
>>
Un
cartello ci avverte che
abbiamo messo piede ad “Halloween Town” come amo
definire io questo posto, con
una mastodontica avvertenza luminosa da sottotitolo:
“Attenti
alle merde di vacca!”
Home
sweet home.
<<
Bene. Dove possiamo
prendere un taxi? >>
<<
Vedi Alan, da qui si
estendono ettari ed ettari di campi coltivati e lunghe spighe di grano
dorate
che si stagliano in alto verso il cielo. E non c’è
nemmeno l’ombra di un
veicolo a quattro ruote che caga smog sulle loro preziose e vergini
terre.
>>
<<
Quindi mi stai dicendo
che dobbiamo incamminarci per sentieri sdrucciolosi e scalare colline
per
chissà quanti kilometri, il tutto sotto il sole cocente?
>>
<<
Comincia a buttar via la
giacca e ad allentare il nodo alla cravatta! >>
Hello
darkness my old friend /
I've come to talk with you again / Because a vision softly creeping /
left it's
seeds while I was sleeping / And the vision that was planted in my
brain still
remains / within the sounds of silence...
In restless dreams I walked alone / for narrow
streets of cobblestone /
'neath the halo of a streetlamp / I turned my collar to the cold and
damp /
when my eyes were stabbed by the flash of a neon light / split the
night and
touched the sound of silence.
Camminiamo
per ore sotto il sole,
percorrendo sentieri solitari e alquanto instabili, incrociando mucche
e
pastori, vecchi e giovani, bambini che giocano con il fieno e
coltivatori di
terre intenti nella raccolta dei loro frutti.
And in the naked light I saw / ten thousand
people maybe more / people
talking without speaking / people hearing without listening / people
writing
songs that voices never share no one dare / disturb the sound of
silence…
"Fools" said I "you do not know / silence like
a cancer
grows / hear my words that I might teach you / take my arms that I
might reach
you" / but my words like silent raindrops fell… / and echoed
the will of
silence.
Tutti
ci guardano in cagnesco,
perché in un posto come questo una faccia nuova la riconosci
subito, e una
faccia nuova non è mai ben accettata qui. Tutti si conoscono
tra loro e nessuno
vuole guai. Se ti ritrovi faccia a faccia con uno di città,
la prima cosa che
pensi è “buon Dio quel tizio vuole comprare la mia
terra per costruirci sopra
una superstrada!”
Ed
eccoci qui, quelle facce
silenziose e abbronzate per il sole preso a chiazze nei campi di lavoro
durante
il maggese, mi mettono ancora paura, come prima, come sempre.
And the people bowed and prayed / to the neon
god they made / And the
sign flashed out its warning / in the words that it was forming. / And
the sign
said, "The words of the prophets are written on the subway walls, and
tenement halls" / and whisper the sound of silence.
<<
Siamo arrivati. >>
In
un campo di margherite appena
fiorite, si staglia sovrana una lapide marmorea sulla quale si
può leggere il
nome “Stella” e vedere una sua fotografia.
L’epitaffio recita:
“Ora
dormi sulle nuvole bambina
mia, coi tuoi angeli e le fate.”
<<
Ciao Stella, quanto
tempo. Questi sono per te, da parte del mio amico Alan. >>
<<
Peccato si siano
sciupati durante il tragitto. I girasoli hanno abbassato le loro teste.
>>
<<
Non importa, è il
pensiero che conta. Tanti auguri sorellina. >>
<<
Ehi, io vado a fare un
giro per questo meraviglioso campo di margherite ok? >>
<< Alan,
è un cimitero! Forza siediti
qui con me. Anche se ti sembra assurdo, ho bisogno di parlare un
po’ con mia
sorella. Tra gemelle funziona così per tua informazione.
>>
<<
D’accordo. Piacere di
conoscerti Stella, io sono Alan, il suo futuro marito. >>
<<
COSA?!?! >>
<<
Scherzavo!! >>
<<
Torna subito qui!!
ALAN!!! >>
<<
Sono le 7 di sera, sarà meglio
ritornare o perderemo l’ultimo treno che ci riporta in
città e poi domani chi
lo sente Thompson! >>
<<
Visto che siamo qui,
potresti fare un salto dai tuoi genitori, che ne pensi? >>
<<
Penso che posso
affrontare uno spirito alla volta. >>
<<
Anche i tuoi genitori
sono... beh ecco passati oltre? >>
<<
Vuoi dire trapassati oltre??
Hahaha. Non intendevo
dire questo. Mi riferivo ai miei spiriti passati. Magari
un’altra volta.
>>
<<
Ok allora andiamo.
>>
In
treno...
<<
Sai Alan, era davvero
molto tempo che non facevo visita a mia sorella e per la prima volta
dopo
tanto, non mi sono sentita in colpa per quello che è
successo. >>
<<
E perché avresti dovuto
sentirti in colpa. >>
<<
Non lo so. È quello che
mi hanno fatto credere i miei genitori e mia nonna. Io li detesto.
>>
<<
Probabilmente avevano
solo bisogno di trovare qualcuno su cui accanirsi. Erano distrutti dal
dolore e
tu sei così simile a Stella. Probabilmente ogni volta che ti
vedevano, gli
saltava alla mente la figlia che gli era stata strappata via
ingiustamente.
>>
<<
Questo non li giustifica
affatto. >>
<<
Certo che no. Ma almeno
tu potresti sentirti apposto con te stessa e liberarti da questo senso
di colpa
che ti opprime l’animo. Credo che a Stella sarebbe piaciuto
vederti vivere la
tua vita appieno invece di sprecarla e buttarla via bevendo fino a
stare male
ed evitando ogni rapporto umano. >>
<<
Ehi, a te do retta un
pochino. Non evito tutti. >>
<<
Ne sono onorato.
>>
<<
Sono stanca morta.
>>
<<
Anche io. Il viaggio è
lungo, riposiamo un po’. >>
E
quella volta, su quel treno,
dormii senza fare incubi, con Alan al mio fianco.
Quando
mettiamo piede a terra il
cielo sopra di noi sembra volerci inghiottire. È tutto
così buio e non si vede
nemmeno una stella brillare nel firmamento. In compenso ci sono alti
lampioni,
cartelloni pubblicitari, semafori e insegne al neon di locali notturni.
<<
Finalmente siamo tornati
a casa. Caro vecchio smog, quanto mi sei mancato! >>
<<
Smettila, dai. Ci siamo
divertiti tutto sommato! >>
<<
Ho bisogno di una doccia
e del mio vecchio amico. >>
<<
E chi sarebbe? >>
<<
Linux. >>
<<
Eh? >>
<<
Lascia stare. >>
<<
Ahahah. >>
<<
E adesso perché ridi
così? Stai soffocando. >>
Mi
avvicino ad Alan e gli tolgo
via dai capelli i residui di una spiga di grano.
<<
Mio Dio quella cosa è
stata sulla mia testa per tutto il tempo?? La mia reputazione da latin
lover
sta decisamente perdendo colpi con te al mio fianco. >>
Poi
mi porge il suo braccio a cui
aggrapparmi e ci avviamo verso il mio appartamento con l’aria
più stanca che mai.
<<
Beh allora buonanotte
Isabel. Ci si vede domani a lavoro. >>
Si
volta per andar via e con una
mano levata verso il cielo blu notte ferma al volo un taxi.
Io
sto lì sulla soglia di casa a
ciondolare e giro e rigiro il mazzo di chiavi tra le dita che tintinna
gaiamente.
Sbrigati
fermalo!
<<
EHI ALAN! >>
Si
volta, lo sportello dell’auto
già semiaperto.
Ok
si è voltato. Ora invitalo dentro.
<<
Vuoi venire a bere
qualcosa? >>
Sorride
e sbatte forte la
portiera del taxi. Si china verso il conducente e gli dice qualcosa che
somiglia ad uno “scusi”, poi si avvicina e mi dice:
<<
Hai dimenticato che il
tuo frigo è vuoto. Mi offri una tazza di orzo o di
camomilla? >>
<<
Non infierire, accetta
l’invito e basta. >>
<<
Opto per un bicchier
d’acqua allora. >>
Entriamo
in casa, Alan si siede
sul divano ed io mi dirigo in cucina.
<<
Ecco a te la tua acqua,
ma non ho il ghiaccio, l’abbiamo utilizzato tutto stamattina.
>>
<<
Peccato, poteva passare
benissimo per un bicchiere di gin con un paio di cubetti.
>>
Mi
siedo anch’io sul divano al
suo fianco e raccolgo i pensieri per essere più chiara e
concisa possibile.
<<
Ok, sarò breve. >>
<<
Ti ascolto. >>
<<
Non interrompermi.
>>
<<
Muto come un pesce.
>>
E
con le mani finge di cucirsi la
bocca.
<<
Ti ringrazio per aver
passato l’intera giornata con me. È stato il
compleanno più bello che potessi
mai desiderare ed in verità è il primo che
festeggio da moltissimi anni. >>
Secondi
di silenzio.
<<
E ora puoi parlare!
>>
Che
stupidone.
Oddio!
Perché sto pensando a lui con vezzeggiativi smielati?
<<
Non devi ringraziarmi,
sono stato davvero bene con te. >>
I
suoi enormi occhi azzurri sono
a meno di mezzo centimetro dalla mia faccia e non riesco a distogliere
lo
sguardo. Mi sento scuotere da forti brividi, ma non è come
quando senti freddo.
È qualcosa di stranamente piacevole. Sento il cuore battere
forte e ho paura
che possa esplodere da un momento all’altro. Strani crepitii
partono dalla
radio in cucina.
Ecco
l’ultimo pezzo della
giornata: Skyfall. Magnifica serata a voi, mondo!
This is the end / Hold your breath and count to
ten / Feel the earth
move and then / Hear my heart burst again…
For this is the end / I've drowned and dreamt
this moment / So overdue I
owe them / Swept away I'm stolen / Let the sky fall / When it crumbles
We /
will stand tall / Face it all Together…
<<
Isabel? >>
<<
Si? >>
<<
Ho un regalo per te.
>>
E
poi le sue labbra sono sulle
mie. E un bacio dolce, il più dolce del mondo. La sua lingua
sfiora il contorno
delle mie labbra delicatamente, quasi fosse un alito di vento. Un
attimo dopo
sono sopra di lui, le mie mani sotto la sua camicia, le sue dita tra i
miei
capelli.
Alan
mi tiene stretta tra le sue
braccia; è forte eppure allo stesso tempo la sua morsa
mortale sembra un
abbraccio pieno d’amore.
Mi
ritrovo avvolta dalle fresche
e candide lenzuola del mio letto vuoto da troppo tempo e sento il suo
respiro
affannoso sul mio collo.
La
sua bocca corre lungo tutto il
mio corpo, sfiorando appena la mia pelle diafana.
I
nostri corpi sgusciano dai loro
involucri, gli strappo di dosso la camicia, lui mi sfila gli slip
così
delicatamente che quasi non me ne accorgo.
Volano
indumenti ovunque, la sua
bocca corre sui miei seni piccoli e turgidi, i miei denti gli
mordicchiano un
lobo.
Mi
tira su di lui, siamo seduti
al centro del grande lettone e Alan mi stringe forte a sé;
adesso siamo una
cosa sola.
I
nostri corpi si uniscono in
un'unica meravigliosa cosa. Un calore indescrivibile m'avvolge e mi
lascio
inebriare dal profumo della sua pelle, senza che Alan se ne accorga.
Timidamente,
scivolo sul suo
petto, scoprendo il suo corpo palmo a palmo, ardendo di una passione
inaspettata
e violenta che mi spinge a chiedere ancora, insaziabile.
È
muscoloso, quasi statuario,
perfetto. I suoi capelli bruni sono una cascata di riccioli ribelli, le
sue
labbra carnose, sono il peccato capitale più dolce.
Le
mie labbra baciano ogni lembo
di carne che ricoprono il suo essere, bramose di quella amabile e
allettante
sensazione che mi colpisce alla testa, rendendo la mia vista acquosa.
Le
sue mani si stringono più
forte a me, mescolando dolcezza e vigore, alternando baci e dolci
parole sussurrate
al mio orecchio.
Sono
sua tutta la notte e, avidamente,
desidero esserlo per tutte le notti future.
Per
tutte le notti del mondo.
Per
sempre.
Non
ho più voglia di dormire da sola, Alan. Ti prego resta con
me.
Bip-bip-bip
*click*
6.30
Un altro giorno.
Il
sole non è ancora sbucato da
dietro quelle grosse nuvole grigie. I vetri sono macchiati, forse
stanotte ha
piovuto. Cerco la mia amica di sempre sul comodino, ma non
c’è. Né lei né le
mie pillole scaccia sogni.
Guardo
il mio corpo avvolto dalle
lenzuola, sono ancora nuda, ma la mia maglietta di Spongebob
è poggiata sullo
sgabello ai piedi del letto.
Quindi
è successo davvero.
Mi
volto di scatto ma lui non
c’è.
Il
mio letto è ancora quello di
una volta, sempre vuoto, sempre troppo grande per una persona
sola
come me.
Porca
puttana Isabel sei andata a letto col tuo collega di lavoro che
è sgusciato via
mentre tu dormivi candidamente come un ghiro in letargo. Sei la
sensualità
fatta persona, complimenti!
Ok.
Tempo scaduto per
l’autocommiserazione. In fondo sei sempre tu, la donna cinica
e spietata che
non si fa toccare da nulla. Ora ti vesti, vai in ufficio e lo affronti.
Gli
dici che è stato un momento di debolezza, che andava ad
entrambi e che non ti
mancheranno assolutamente le sue dolci mani sul tuo corpo e i suoi baci
che
rincorrono la tua schiena.
Si,
più o meno così può andare.
*crash*
<<
Che... >>
Chi
diavolo c’è in cucina?
Prendo
la Glock dal cassetto e mi avvicino
furtivamente alla fonte
del rumore.
Maledetto
topo di fogna, chi sei un ladruncolo da quattro soldi? Sei nel posto
sbagliato
amico mio.
E
ancora buio, ma riesco a
distinguere una sagoma in piedi di fronte al frigo. Arrivo di spalle,
non ha
scampo. Miro alla spalla, sto per sparare quando la sagoma apre lo
sportello
del frigo illuminando il volto del mio intruso.
<<
ALAN! >>
<<
Oddio! Isabel, posa
quella pistola! >>
<<
Scusami avevo sentito un
rumore. >>
<<
Non pensavo che
prepararti la colazione fosse un reato punibile con la morte!
>>
<<
Mi dispiace! E che casa
mia è sempre vuota e... >>
<<
E credevi che fossi sgattaiolato
fuori dal tuo letto, appena ne avessi avuto
l’opportunità vero? >>
Accidenti!
<<
No! Beh, un pochino, ma
solo per un istante! >>
<<
Il tuo frigo è misero.
Non dovresti sempre mangiar fuori nei fast food. Comunque ho trovato
delle uova
e del latte, ti preparo delle omelette, tu corri
a fare una doccia, Thompson ci distruggerà
oggi. >>
<<
Non darmi ordini. Sulla
mia voglio lo sciroppo d’acero. >>
<<
Perché siamo andati a
lavoro insieme? >>
<<
Perché mi fai questa
domanda? >>
<<
Beh sei tornato a casa
tua per prendere dei vestiti puliti, non c’era bisogno di
passare a prendermi.
>>
<<
Isabel? >>
<<
Che c’è? >>
<<
Stai rinnegando ciò che
è successo stanotte? >>
<>
<<
Signorina Isabel!
Signorina Isabel! >>
<<
Carlo! Buongiorno.
>>
<<
Buongiorno signorina
Isabel. Agente Moore. Ho qui per lei quei fascicoli che mi aveva
chiesto.
>>
E
mi porge un involucro giallo
imbottito.
<<
Grazie Carlo ti devo un
favore. >>
<<
Si figuri. Sempre al suo
servizio. Buon lavoro. >>
<<
Anche a te Carlo.
>>
Mi
volto e lo sguardo di Alan è
sconvolto.
<<
Che hai? >>
<<
Perché Carlo si rivolge
a me chiamandomi Agente e con te usa il tuo nome di battesimo?
>>
<<
Il mio nome di battesimo
è Isabella. E poi non dirmi che sei geloso. Tra
l’altro è un ragazzino.
>>
<<
Di questo ne
riparleremo. Stai lavorando ad un caso indipendente? >>
<<
Anche di questo ne
riparleremo. Ora corriamo da Thompson. >>
Mi
siedo alla mia scrivania e
scarto il pacco che mi ha consegnato Carlo. Dentro
c’è il fascicolo che
riguarda il caso dell’omicidio di mia sorella e
l’indirizzo del suo assassino.
Bravo ragazzo.
Dall’ultima
volta che l’ho visto,
il tizio si è fatto una plastica facciale e a cambiato i
suoi dati anagrafici,
credendo così di rimanere nell’ombra, a quanto
pare senza successo.
Dopo
quella fatidica notte, venti
anni fa, la notte dell’omicidio di Stella, ho rivisto il
volto del suo
assassino un’altra volta. E quella volta è stato
per vendicarmi.
Ma
purtroppo ho commesso un
errore fatale e quel viscido è riuscito a farla franca. Ma
questa volta non
sbaglierò. Quando ci rincontreremo sarà
l’ultima volta.
*toc-toc*
<<
Isabel, scusa se ti
disturbo, ma il vecchio sta facendo una bella strigliata ad Alan e il
mio
ufficio è troppo vicino all’area di guerra. Non
è che posso rintanarmi qui fino
a che la bufera non è passata? >>
<<
Certo Maggie. Tu resta
qui, io vado a vedere cosa succede. >>
Mi
affaccio in corridoio e tutto
quello che vedo è Davide che indietreggia di fronte la
mostruosità di Golia.
<<
Questo è un lavoro
serio! Ieri avevo bisogno di te qui! Dove diavolo sei stato! Se proprio
non ti
va di venire in ufficio a lavorare, da oggi puoi continuare pure a
poltrire a
casa tua! Sei sospeso dal servizio a tempo indeterminato! Ed ora levati
di
torno! Ti voglio fuori da questo ufficio in meno di 2 minuti!
>>
<<
Come vuole Signore.
Questo è il mio distintivo, il badge e la pistola.
>>
<<
Bene. E ora sparisci.
>>
<<
Alan che stai facendo,
non puoi andartene! >>
<<
Tranquilla posso
lavorare anche da casa. >>
<<
La colpa è solo mia! Ora
vado in ufficio e gliene dico quattro! >>
<<
Così uccideresti il mio
orgoglio maschile, Isa. Va tutto bene, non metterti nei guai anche tu.
Ci
vediamo. >>
Gli
volto le spalle senza
controbattere e mi rintano nel mio ufficio. Lavoro senza sosta tutto il
giorno,
Thompson mi sta col fiato sul collo. Esamino prove balistiche in
laboratorio,
altri casi vengono riaperti, i centralini squillano
all’impazzata, la pazienza
del capo sembra dissolversi ogni 3 minuti, le scartoffie ricoprono
l’intera
scrivania. In un batter di ciglia, la giornata e letteralmente
scivolata via e
il mio fascicolo è sommerso da innumerevoli altri casi.
<<
Isabel, il tuo lavoro
per oggi qui è terminato. Torna a casa. Gli agenti stanchi
sono agenti inutili.
Ci si vede domani. >>
Prendo
le mie cose e mi lascio
alle spalle gli orrori che domani mi daranno il loro macabro buongiorno
e
controllo il cercapersone. Non ha fatto altro che vibrare tutto il
giorno e sul
cellulare ci sono numerose chiamate senza risposte. Sono tutte di Alan.
Ora non
ho tempo di pensare a lui, mi dico, fermo un taxi e torno a casa. La
mia caccia
all’uomo è appena cominciata.
Lunedì.
Sono
passati diversi giorni dal
mio compleanno e da quello che è successo in camera mia con
Alan e le cose
sembrano essere tornate quelle di sempre: nessuno ha mai un momento di
riposo,
le corse frenetiche per i vari dipartimenti sono sempre
all’ordine del giorno e
il boss non fa altro che farci ramanzine e strigliate di capo ogni
volta che
può. Già tutto sembra essere esser tornato al
proprio posto tranne che per un
particolare; Alan.
È
rimasto a casa 2 giorni, nei
quali ha provato invano di contattarmi.
Se
cerco di avvicinarmi con una
scusa, mi risponde che è oberato di lavoro e sparisce dietro
i suoi schermi e i
suoi numerini cibernetici. Non mi sforzo più di tanto di
attaccar bottone;
sembra che quello che è successo, sia stata solo una
parentesi di vita ormai
già dimenticata, e a me va bene così, o almeno
cerco di convincermene.
La
mia caccia all’uomo non
prosegue come sperato. Il tizio è furbo, non ha carte di
credito, cellulare o
mobili e immobili di proprietà da cui un agente
può risalire ai suoi
spostamenti. Tutto quello che ho è una faccia su un
tabellone.
Giovedì
L’aria
in ufficio è diventata
irrespirabile. La freddezza di Alan mi lascia senza parole. Non mi
saluta e si
rivolge a me solo se è strettamente necessario, sempre e
solo per lavoro. Così
non posso andare avanti...
Domenica
*toc-toc*
<<
Ciao posso aiutarti? >>
Ad
accogliermi sulla soglia di
casa Moore c’è una donna su 30, la pelle rovinata
da troppe lampade solari,
rossetto rosa shocking, big babol coordinata tra i denti, capelli
sfibrati da
fin troppo finte tinte color biondo platino, occhi azzurri incorniciati
da lunghissime
ciglia ricurve, anch’esse rigorosamente made in china.
<<
Cercavo Alan. È in casa?
>>
Si
aggiusta il mini top azzurro
all’altezza del seno siliconato e con le sue unghia da Barbie
smaltate di un
giallo canarino si scosta una ciocca di capelli, sembrerebbero
extention.
C’è
qualcosa di umano in questa donna?
<<
Al momento è sotto la
doccia, chi lo desidera prego? >>
<<
Lasci perdere. Scusi il
disturbo. >>
Mi
volto per andar via quando il
cyber alle mie spalle comincia a starnazzare come un’oca
giuliva.
<<
Aspetta, io ti ho già
vista! Tu sei la collega di Alan giusto? Lavori con lui. ti ho vista
all’aeroporto
quando siete partiti per uno dei vostri casi. >>
Mi
volto e la guardo meglio.
Massì
ora ricordo chi sei: la groopy di un motociclista Harley Davidson!
<<
Già ora ricordo. Tu sei
Karoline giusto? >>
*Pof*
Una
bolla grande quanto una casa
le scoppia sul viso.
<<
Katerine. >>
<<
Katerine, bel nome.
>>
<<
Accomodati, Alan ha
finito. >>
E
fa un ampio gesto col braccio
scheletrico invitandomi ad entrare.
<<
Aspetta qui. >>
Mi
indica il divano e si
volatilizza in cucina. L’appartamento di Alan è
davvero diverso dal mio. Tutto è
in un ordine quasi maniacale, ogni ambiente della casa è ben
collocato e diviso
dagli altri e una
magnifica vista sulla
città si staglia su un intero lato della casa.
La
Barbie botulinica ritorna con
un vassoio ricolmo di biscotti, caffè, latte e dolcificante.
<<
Serviti pure. Quando vedi
Alan digli che sono andata via e che ci vediamo domani mattina. Buona
serata
lavorativa. >>
L’ultima
frase suona come una
minaccia.
<<
Riferirò. >>
E
detto ciò si infila i lunghi e
altissimi stivali neri di pelle nera lucida e una giacca leopardata ed
esce
dall’appartamento con la massima disinvoltura.
Subito
dopo compare sulla soglia
opposta una sagoma.
<<
Isabel! Che ci fai qui?
>>
Mi
volto per dirgli qualcosa ma
le parole mi si bloccano in gola. È quasi totalmente nudo se
si esclude un mini
asciugamano di cotone che gli cinge teneramente i fianchi. La sua pelle
e
ancora bagnata e accaldata dal getto bollente d’acqua.
Piccole goccioline
scendono giù dai suoi capelli bruni e corrono veloci lungo i
suoi pettorali
scolpiti.
Sembra
notare il mio sguardo
imbambolato e si affretta a dire:
<<
Scusa l ‘aspetto. Non aspettavo
nessuno. Vado ad indossare qualcosa di comodo e ti raggiungo. Suppongo
che
adesso siamo pari. >>
<<
Va bene anche così!
>>
Ma
che ti salta in mente Isabel!!
<<
Perché sei qui? >>
<<
Ho bisogno del tuo aiuto
per un caso. Sono una frana con i computer e devo trovare una persona.
È importante.
>>
<<
E solo per questo che
sei qui? >>
<<
Si. >>
<<
Beh Isabel, non ho
voglia di aiutarti. >>
<<
Perché mi tratti in modo
diverso. In ufficio mi eviti come la peste. Cosa è cambiato
tra di noi?
>>
<<
Cosa, dici? Isa siamo
andati a letto una settimana fa! forse per te non significa nulla, ma
scusami
se mi sono sentito un emerito cretino a credere di piacerti davvero!
Invece a
quanto pare sono stato solo un giocattolino per te. Spero tu ti sia
divertita.
>>
<<
Come osi dire questo. Sei
un’idiota! >>
<<
Oh si che lo sono! Dici che
io ti ho evitato e tu invece? Ti ho chiamata cento volte e tu hai di
proposito
preferito non rispondere. >>
<<
Sai una cosa, posso
chiedere a Jack questo favore, di certo sarà molto
più disposto di te ad
offrirmi il suo aiuto senza dover pregare come ora sto facendo con te.
>>
<<
Certo, ammesso che te lo
porti a letto. >>
*sbam*
Un
sonoro schiocco scoppia nell’aria.
La guancia di Alan si tinge di rosso.
E
subito dopo i miei occhi si
riempiono di lacrime.
<<
Isabel... mi, mi
dispiace, scusami. Non ho alcun diritto di parlarti così; se
non vuoi creare qualcosa
con me, non posso di certo fartene una colpa. >>
<<
Sta’ zitto! Sei uno
stupido! Pensi davvero che io vada a letto con il primo che capita? Che
mi
porti a casa tutti gli uomini che incontro per riempire una qualche
carenza d’affetto?
>>
<<
No. >>
<<
Sei un imbecille come
tutti gli altri! >>
Corro
verso l’uscita, ma Alan e
più veloce di me e con un braccio blocca la porta
impedendomi di andar via.
Nella
foga il piccolo asciugamani
vola via e giace a terra privo di vita dopo un debole vorticare a
mezz’aria.
<<
Sono un vero idiota,
perdonami. La mia è solo gelosia. Non penso assolutamente
tutto quello che ti
ho detto. >>
<<
Tu mi giudichi e
pretendi di psicanalizzarmi, quando in realtà sei tu quello
che tradisce la sua
ragazza. >>
<<
Cosa? Ma di che stai
parlando? >>
<<
Della sciacquetta bionda
che mi ha aperto mentre eri sotto la doccia. >>
<<
Katerine? Praticamente mi
fa da mamma! Mette apposto casa, cucina e stira tutto qui!
>>
E
scoppia in una fragorosa
risata.
<<
A me piacciono le rosse
lentigginose Isabel. >>
Tutto
quello che ricordo dopo e
la sua pelle umida sulla mia e la mia lingua strisciare nella sua bocca.
Un
altro Lunedì.... alba
*brrrmm*
<<
Il tuo stomaco brontola.
Ho solo uno yogurt magro in frigo, ma non ho tazze, quindi dovrai
mangiarlo dal
mio stomaco. >>
<<
È allettante, dico
davvero, ma devo passare. Ho davvero bisogno del tuo aiuto per
risolvere una
volta e per tutte una questione in sospeso. >>
<<
Cosa cerchi? >>
<<
L’assassino di mia
sorella. >>
FINE
3° EPISODIO
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