Fingi fino a crederci di milly92 (/viewuser.php?uid=28249)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to my silly life ***
Capitolo 2: *** Certe Notti ***
Capitolo 3: *** Non è una bugia, è un'omissione! ***
Capitolo 4: *** Sms sgrammaticati, inviti assurdi e coinquiline impiccione ***
Capitolo 5: *** Tra il Martini Rosato e la Vodka al Melone c'è il Vino Rosso ***
Capitolo 6: *** S.S.S.: Sei Stata Spottata ***
Capitolo 7: *** Penso che Penso Troppo ***
Capitolo 8: *** Lena è Cambiata? ***
Capitolo 9: *** V Per Vendetta ***
Capitolo 10: *** I'm not a girl, not yet a woman ***
Capitolo 11: *** Only know you love her when you let her go ***
Capitolo 12: *** I Keep Dancing On My Own ***
Capitolo 13: *** La Famiglia Inverno ***
Capitolo 14: *** Il Grillo Parlante - Fine Prima Parte - ***
Capitolo 15: *** Vuoto a Perdere ***
Capitolo 16: *** Ci Vorrebbe una Giratempo ***
Capitolo 17: *** Equilibrio precario ***
Capitolo 18: *** Ventiquattro lunghe ore ***
Capitolo 19: *** Tutto ciò che vuoi ***
Capitolo 20: *** A Painful Case ***
Capitolo 21: *** Quando il Karma Ti Frega ***
Capitolo 22: *** I Know The Sun Must Set To Rise ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***
Capitolo 24: *** One Shot- Domani è Un Altro Giorno ***
Capitolo 1 *** Welcome to my silly life ***
1
Capitolo 1
7 giugno 2012
Vedere
Matteo che dormiva al mio fianco, ancora nudo e coperto solo di
striscio dal lenzuolo del mio letto, mi ferì profondamente.
Non era mai successo che si addormentasse dopo che avevamo fatto l'amore, da quando stavamo insieme.
Forse era stanco a causa degli esami, sì, dopotutto tra meno di una settimana sarebbe iniziata la sessione estiva...
Cercavo
di non pensare al fatto che ultimamente fosse strano, che non mi
guardava più come prima, così, per distrarmi, andai a
farmi una doccia, raccattando gli abiti che mi aveva sfilato circa
un'ora prima.
Quando
tornai nella mia stanza, lo trovai di nuovo sveglio, mentre si stava
rivestendo con una fretta eccessiva, quando al contrario, di
solito faceva di tutto per trascinarmi di nuovo a letto.
Lo guardai, cercando di celare la mia incertezza, e lui ricambiò il mio sguardo con una serietà mai vista prima.
"Ben svegliato" mormorai, cercando di non fargli notare quanto me la fossi presa per il suo pisolino.
Che sciocca che ero, prendersela per una cosa così stupida!
Però
ero tranquilla perché spesso con lui riuscivo a fingere che
andasse tutto bene per non farlo preoccupare, e di solito non
sospettava mai nulla.
Inizialmente,
lui rimase in silenzio, occupato nell’ infilarsi la maglia e
passandosi una mano tra i capelli neri ancora sconvolti, per poi
alzarsi.
Mi
si avvicinò, ed evitò il mio tentativo di baciarlo,
sospirando e ignorando la mia faccia delusa che non riusciva a
comprendere cosa stesse succedendo.
"Amore, cos'hai...?" chiesi, preoccupata.
"Lena..."
- già qui ebbi un tuffo al cuore, lui non mi chiamava mai per
nome! - "...Io non ti amo più, non ce la faccio a continuare
così".
******
9 Marzo 2013
"Le
ragazze di oggi sanno quello che vogliono, e riescono ad ottenerlo
riuscendo a stare in equilibrio (sui loro tacchi dodici) tra studio,
lavoro, vita sociale e relazioni amorose".
Che idiozia!
Avevo
letto questa frase su un giornale per teenagers una delle rare volte
che ero andata dal parrucchiere, ed erano mesi che mi rimbombavano
nelle orecchie a causa di una vocina nella mia testa che la recitava
con voce sarcastica e di scherno.
Equilibrio? Tacco dodici? Vita sociale? Relazioni amorose, al plurale, per giunta?
Mi
sono sempre chiesta quale droga assumano le donne che lavorano in
questo tipo di giornali, viste le stronzate gratuite che sparano.
A
quasi ventidue anni e a quattro esami dalla laurea triennale in Lingue
e Letterature Straniere, è già molto che io riesca a
"stare in equilibrio" - sulle mie comode Nike, visto che da quando ho
finito il liceo indosso quei trampoli alias scarpe col tacco molto
raramente - tra università, studio, qualche amicizia, il mio
lavoro part time e le bollette da pagare della mia casa in affitto.
A
stento riesco a trovare il tempo per doccia e shampoo durante la
settimana, figuriamoci a gestire un'ampia vita sociale, relazioni
amorose e, soprattutto, riuscire a sapere ciò che voglio.
Cioè,
l'unica cosa che so di volere è questa benedetta laurea, ma solo
perché sono due anni e mezzo che faccio di tutto per fare tutti
gli esami in tempo e riuscire a mantenermi da sola economicamente.
Ok,
di solito i miei mi pagano la tassa di iscrizione e quasi tutti i libri
di testo, ma solo perché la prima costa - ormai - più di
cinquecento euro e i secondi possono arrivare a costare anche
cinquanta- sessanta euro l'uno.
In
realtà, sarebbero disposti anche a pagarmi l'affitto, le
bollette e il cibo, ma voglio essere indipendente anche se in minima
parte.
Ragion
per cui, le frasi idiote come quella citata mi fanno imbestialire,
anche perché mi istigano a chiedermi "Sono io che sono
anormale?".
Forse è così, anzi, molto probabilmente.
Sono
anormale perché tutte le mie coetanee non fanno altro che
divertirsi, spendere i soldi dei loro genitori per delle inutili e
costose cover per i loro altrettanto costosi i-phone ultimo modello e
uscire ogni sabato con un tizio diverso, che guarda caso è
sempre figo.
Evidentemente, quando sono nata io, hanno gettato via lo stampino onde evitare ulteriori scempi.
Sì,
perché non vedo nessun'altra quasi ventiduenne così
idiota da essersi trovata un ragazzo nella propria stessa
facoltà, in modo da vederlo giornalmente con la sua nuova fiamma
dopo la loro rottura.
Il
mio ex mi ha lasciato circa nove mesi fa e, al contrario di me,
subito si è ripreso, visto che solo un mese dopo l’ho
visto mettere piede in facoltà con la sua nuova ragazza.
E,
sì, lo so, è patetico il fatto che io tenga il conto dei
mesi passati, ma non ci posso fare nulla, è più forte di
me, visto che per quanto la parte più razionale di me mi dica
che sia uno stronzo patentato, quella più umana si spreca ancora
in osservazioni su quanto sia affascinante e decisamente sexy.
"Lena, ci sei? Ti ho fatto la stessa domanda due volte e non mi hai risposto!".
Pronta
a farmi notare come sempre quanto io sia distratta a causa del mio
segreto mondo parallelo fatto di pensieri assurdi e riflessioni, Trudy,
la mia coinquilina nonché unica buona e vera amica che sia
riuscita a trovare all'università, mi muove una mano davanti
agli occhi con fare impaziente, mentre stiamo camminando per avviarci a
lezione.
"Oh, sì, scusami, ero soprappensiero...".
"Come al solito! Comunque, dicevo, sabato viene Davide a trovarmi... E' un problema se si ferma a dormire da noi?".
Ecco,
ovviamente. Del resto, quale altra domanda poteva pormi Trudy -
nomignolo da lei scelto visto il suo "colorito" nome di battesimo,
Gertrude - all'alba del giovedì mattina? Chiedermi se il suo
storico fidanzato, con cui sta da quattro anni, può venire a
stare da noi per il week end.
Traduzione:
è un problema se sabato te ne vai a dormire da Marina e Germana
visto che io sarò molto impegnata ad approfondire l'anatomia del
mio ragazzo, nonostante la conosca a memoria?
"No,
no" rispondo, seppur a malincuore, dato che non sopporto Germana
più di tanto. "Anzi, ora domando a Marina se mi ospita...".
Trudy
sorride radiosa e mi abbraccia, rischiando di soffocarmi con una
consistente ciocca di capelli biondi che quasi mi va in bocca, mentre
la solita marea di studenti all'ingresso dell'università rischia
di travolgerci.
Saliamo
la prima rampa di scale del palazzo, attraversiamo lo spazio già
gremito di studenti fuori l'aula 1.1, e giungiamo allo spazio dedicato
al piccolo - ma confortevole - bar dell'università, dove un
aroma di caffè ci invade le narici.
Come
al solito, troviamo il nostro gruppo di amiche sedute dietro uno dei
tavolini arancio, colore che è in sintonia con il bancone del
bar e il soffitto.
Ridono
come sempre, prese da chissà quale discorso divertente, e appena
ci vedono muovono le loro mani dalle unghie perfettamente smaltate in
nostra direzione.
La
cosa bella di avere un gruppo di amiche abbastanza ampio è che
di sicuro nei giorni no c'è sempre qualcuna di loro che ha
qualcosa di confortevole da dirti per regalarti almeno un piccolo
sorriso.
C'è
Marina, la brunetta magrissima - a discapito delle migliaia di calorie
ingerite ogni santo giorno - sempre allegra con cui condivido una
spiccata passione per il sarcasmo e gli episodi di “Two broke
girls”.
C'è Alessandra, la simpaticona del gruppo con la sua chilometrica chioma tutta boccoli.
C'è Lucia, la ragazza buona e di cuore con cui condivido la passione per Jane Austen.
C'è Ida, la new entry del gruppo da circa sei mesi, sempre dolce e disponibile quanto ribelle.
C'è
Germana, la bionda casinista che si crede una bomba sexy, che non esita
a sputarti in faccia le sue sentenze non sempre molto simpatiche.
E
poi, ovviamente, c'è Trudy, quella sempre allegra che non ha mai
permesso ad un esame di farla diventare ansiosa, e poi ci sono io,
Lena, che di sicuro vengo definita la "seria" del gruppo, quella fin
troppo responsabile e che nei giorni no è intrattabile. Quella
ordinaria, in poche parole.
"Buon primo giorno del secondo semestre!" esclama Marina.
"Il
nostro ultimo semestre" preciso, un po' nostalgica, prima di prendere
con confidenza la sua tazza di caffè e berne un sorso.
E'
un gesto che facciamo sempre, anche quando ci troviamo una a casa
dell'altra, perché siamo troppo pigre e spesso non ci va di
mettere sul fuoco un'altra macchinetta.
"Ultimo
semestre per te che sei al passo con gli esami, noi comuni mortali ci
passeremo minimo un altro anno, qui!" mi rimbecca Germana, alias la
simpatia fatta persona. Ride per la sua acuta osservazione, gonfiando
ancora di più le sue grosse guance coperte da uno scurissimo
fondotinta, come il resto del viso, seguita da Ida e Alessandra.
Solo Lucia si astiene, e mi guarda come a dire: "Dai, non le dare retta".
"Voi comuni mortali sarete fuori corso, non avrete altre lezioni da seguire, ergo non avrete altri semestri" sbuffo.
Odio
fare la parte della maestrina, della secchiona di turno, ma non
è colpa mia se loro mi rinfacciano il mio non essere una
perditempo. Questo episodio fa crescere in me il desiderio di negare
loro le maree di appunti che mi chiedono ogni santa volta prima di un
esame, e ciò mi fa sentire come se fossi ancora alle medie.
Certe
volte, invece, rimpiango il liceo, perché lì nessuno - a
parte Lisa, la mia migliore amica - mi chiedeva appunti e cose simili
dato il mio non essere la prima della classe. E dire che all'epoca mi
lamentavo del non riuscire ad ottenere i risultati che volevo!
"Comunque,
perché ridevate, prima?" s'intromette Trudy, prendendo una sedia
stranamente libera dato che sono le dieci e quella è l'ora di
punta del bar. Ci si siede per metà ed occupo la parte
rimanente, posando la borsa con i libri sul tavolino.
"Perché
quella stronza della Banform se ne è andata, e al suo posto
è venuto un madrelingua super figo! E' quello dietro di voi,
sulla destra, con la camicia blu" risponde subito Ida, con gli occhi
che quasi le brillano.
"Se ne è andata la Banform? Wow!" esclamo.
Cassidy
Banform era la tremenda docente madrelingua di inglese che si ostinava
a prendere le presenze durante le sue noiose lezioni, dicendo che dopo
tre assenze al suo corso ci avrebbe ritenuti studenti non frequentanti
che dovevano portare due libri in più al già complicato
esame orale di Inglese III.
Mi giro, seguita da Trudy, e dopo qualche istante riesco a rintracciare il nuovo docente.
Nel vederlo, sbatto numerose volte le palpebre, dato che quel volto non mi è assolutamente nuovo.
Avrà
al massimo trent'anni, e sta sorridendo in maniera affabile alla
Prisco, la docente di Inglese III, mostrando una dentatura perfetta e
candida, in netto contrasto con i suoi capelli scuri e ricci e la barba
rada.
Non
riesco a capire dove diamine l'abbia visto in precedenza, ma comunque
decido di non farne parola con le altre, anche perché la mia
è di sicuro una svista.
Quando
mi rigiro verso le mie amiche, però, desidero non averlo mai
fatto: felice come non mai, mano nella mano con la sua ragazza, Matteo
Sabatini è appena arrivato al bar.
Andrebbe
tutto alla perfezione se lui non fosse il ragazzo con cui sono stata un
anno e mezzo, dal primo alla metà del secondo anno. Inoltre, la
cosa che mi manda in bestia è che non mi ha mai voluta tenere
per mano all'università quando stavamo insieme e non gli piaceva
darmi un bacio o abbracciarmi in pubblico - sempre
all'università - cosa che non si fa problemi a fare con la sua
attuale ragazza, Elisabetta.
Come
se nulla fosse, passa davanti al nostro tavolo, esclamando un semplice:
"Ciao!" seguito dal "Ciao!" radioso della tipa, per poi scomparire sul
terrazzo adiacente al bar, da cui si vede il mare e il porto di Napoli.
"E che è quella faccia?" esclama Trudy. "Su!".
"Ma
è possibile che ancora ti riprendi? E' passato un anno" sbotta
Germana, come se stesse parlando di qualcosa di inammissibile come
comprare una borsa non originale della Fendi.
"Nove mesi, e poi mi sono ripresa eccome!" mi difendo, arrossendo, a disagio come ogni volta che si tocca l'argomento.
Non
è facile essere te stessa e raccontare ciò che provi sul
serio quando sei circondata da un gruppo di amiche che ogni giorno ha
qualche novità riguardante un tipo diverso.
"Appunto,
nove mesi, avresti potuto avere anche un figlio da un altro" ridacchia
Ida, cercando di tirarmi su, accarezzandomi un braccio.
"Un altro come il nuovo madrelingua, magari" borbotta Alessandra.
"Ma pure senza figlio, eh" ridacchia Marina, battendo il cinque con Alessandra.
"Mamma mia, è troppo... Troppo! Me lo farei proprio! Mi manca un inglese, alla lista".
Fine come sempre, Germana parla con convinzione, senza smettere di guardare il docente.
"Quale lista?" domanda Trudy.
"Quella
dei tizi che si è fatta, ovviamente" risponde Lucia per lei,
mentre la diretta interessata annuisce con convinzione mista ad un'aria
sognante.
"Sì!
Tre napoletani, uno di Taranto, due di Roma, un francese, un tedesco,
uno svizzero, due austriaci e tre della mia città" risponde
prontamente, recitando il tutto a memoria come se si trattasse di
alcuni dati di una ricerca importante, ridendo poi di nuovo.
"Complimenti".
Parlo senza meditarci, e lei subito si fionda a fissarmi con aria di superiorità.
"Grazie. E la tua lista, invece?" domanda con finta curiosità, quando, in realtà, è certa della risposta.
"La mia è privata" rispondo subito, sulla difensiva.
Sarò
anormale io, ma sostengo che certe cose siano belle proprio
perché devono rimanere tra te e il tuo partner, senza essere
sbandierate a chiunque tu veda nell’arco della giornata.
"Giusto,
perché è troppo breve... Vediamo... Un solo tizio che
solo tu sai di dov’è. Stop. Con cui, tra l'altro, hai
aspettato quasi un anno prima di dargliela" commenta.
"E mica la diamo via tutte dopo tre minuti come te!" sbotto, alquanto infastidita, non riuscendo a trattenermi.
Ha
toccato l'argomento più delicato, per me, quello che riguarda il
mio rapporto con Matteo, l'unico ragazzo che abbia mai amato e con cui
sia andata a letto in vita mia, dopo numerose esitazioni e dubbi.
Odiavo
il fatto che tutti sapessero gli affari miei, ma giorno dopo giorno,
all'epoca, le ragazze non esitavano a pormi le loro domande intime
riguardo il mio rapporto con Matteo, e alla fine, esasperata, avevo
detto di non averci ancora fatto nulla.
"Sei solo gelosa, perché nessuno ti calcola" commenta Germana, senza scomporsi.
"Sono io che non mi faccio calcolare".
"Ma dai! Per favore, non farmi andare oltre...".
"Vai pure, parla, sono tutta orecchie! E’ divertente sentire le tue stronzate!".
"Lena,
è tardi, abbiamo lezione" si intromette prontamente Trudy,
afferrandomi per un braccio, notando quanto la conversazione stia
degenerando.
Cerco
di divincolarmi dalla sua presa, ma anche le altre ragazze si adoperano
per far tacere Germana, così, arrabbiata come non mai, prendo la
borsa e me ne vado, senzacalcolare nessuno.
A quanto pare è la mia specialità, no?
Con
passo rapido, entro nell'aula 1.5 dove si terrà la lezione di
letteratura tedesca III - studio inglese e tedesco - e prendo posto in
seconda fila, visto che la prima è occupata dalle solite tizie
convinte da ormai tre anni che il farsi vedere lì ogni giorno
possa aiutarle ad avere un buon voto all’esame.
So
che le altre non verranno mai a disturbarmi qui visto il loro
prediligere gli ultimi posti, dove si può tranquillamente
cazzeggiare con il cellulare e tenere proficue conversazioni.
Ogni
giorno, ogni santo giorno negli ultimi mesi, non faccio altro che
domandarmi cos'ho che non va, perché non riesco a farmi piacere
nessun altro e il solo pensiero di avere un'altra relazione e mettermi
in gioco mi spaventa a morte.
Sono
fatta così, tendo a stare solo con chi mi piace davvero,
donandogli tutta me stessa, e al momento tutto ciò non fa altro
che atterrirmi.
Non
riesco ad uscire con uno così, solo perché è
carino o perché non ho nulla da fare, o forse ci riuscirei, solo
che non ci ho mai provato.
Il
mio problema più grande è sforzarmi sempre di fare
qualsiasi cosa con impegno e serietà, quando invece Trudy mi
dice che forse, se riuscissi a trovarmi una relazione semplice senza
pretese, riuscirei a godermela meglio.
Mi
dice sempre che devo riuscire a vedere un po' di grigio - "Sì,
con tanto di cinquanta sfumature!" le rispondo sempre io, sarcastica -
invece di catalogare tutto come bianco o nero.
E
poi, è facile parlare per lei, che a diciotto anni ha trovato
quello che di sicuro è l'amore della sua vita, dato che il suo
ragazzo è semplicemente innamorato di lei e la conosce
perfettamente.
Sospirando,
estraggo uno dei quaderni nuovi di zecca, appena comprati per il nuovo
semestre, dicendomi che probabilmente sabato dormirò per strada
visto che non ho intenzione di starmene a casa di quella stronza di
Germana.
"Oh oh, ma guarda chi c'è!".
Mi
interrompo nell'atto di scrivere il mio nome sulla copertina del
quaderno ed alzo lo sguardo, trovandomi davanti un ventunenne alto,
dall'aria simpatica e con uno sguardo profondo celato da un paio di
occhiali che è solito portare solo durante le lezioni e quando
studia.
"Ehi, Dario! Ciao" esclamo, imponendomi mentalmente di fingermi serena e non incazzata.
Ovviamente, il mio triste tentativo fallisce miseramente, visto che Dario mi fissa preoccupato mentre prende posto vicino a me.
"Sembri strana, è tutto ok?" chiede premurosamente.
Come non detto.
Dario
è il primo amico che sia riuscita a farmi da quando abito a
Napoli, e dall'inizio dell'università siamo sempre stati grandi
amici, il che è un record per me visto che fino a quel momento
non ero mai stata in grado di mantenere l'amicizia con un ragazzo -
perché, alla fine, uno dei due finiva con il prendersi una cotta
per l'altro -.
Ci
conoscemmo due giorni prima dell'inizio dei corsi, mentre facevamo la
fila in segreteria per consegnare i documenti per l'iscrizione, e la
sera stessa si offrì di farmi fare un giro per alcune zone della
città visto che io ero nuova del posto e lui ci abitava.
"Ho discusso con Germana" confido quindi, sapendo che fare finta di nulla non serva a nulla.
"Germana la Troiana?" domanda, ridacchiando.
Annuisco,
ridendo a mia volta per il nomignolo datole da un gruppo di ragazzi
dell'università che hanno respinto le sue avances.
"E perché?".
"Le solite cose, lo sai".
"Non le hai dato gli appunti di qualche materia?" indaga, senza smettere di squadrarmi per un solo istante.
Alzo gli occhi al cielo, maldicendomi per il mio non sapere mentire nei suoi confronti.
Se
così fosse, ogni giorno mi risparmierei decine di spiegazioni
seguite da incoraggiamenti a cui non riesco mai a credere. Non che non
voglia confidarmi con lui, ma preferisco farlo dopo qualche ora, dopo
aver sbollito un po' la rabbia.
"Non è questo il motivo, Dario. Ne parliamo dopo".
"No,
me lo dici ora! Dai, vieni, usciamo, tanto la prof arriva tra minimo
venti minuti" esclama, afferrandomi il polso della mano destra e
tirandolo, riferendosi al fatto che nella nostra università
c'è uno spazio di mezz'ora tra una lezione all'altra dato che
essa è composta da vari palazzi e spesso ogni studente ha
bisogno di tempo per spostarsi.
Sapendo
che se resisto non smetterà di rompere le scatole per tutta la
lezione, così, obbedisco, facendo ben attenzione a non guardare
gli ultimi banchi, dove di sicuro c'è Germana.
Lo seguo fino al terrazzo adiacente al bar, e una volta arrivati inizia a fissarmi per indurmi a confidarmi.
"Mi
ha criticato perché sono andata a letto solo con un ragazzo,
dicendo che nessuno mi pensa, ed io le ho detto che non siamo tutte
come lei che la danno via subito" sintetizzo, guardando lo stralcio di
mare che ho davanti a me, seppur in lontananza.
"E
la pensi pure? Onestamente, Lena, non ti ci vorrebbe nulla per farti
"pensare" da qualcuno! Sei tu che fai di tutto per non attirare
l'attenzione...".
"Ti ci metti pure tu, ora?!".
Mi
volto verso di lui, ferita, ma subito scuote il capo e mi sorride,
assomigliando tanto ad un bambino che vuole farsi perdonare. "Volevo
farti un complimento, in realtà. Sul serio! Ti ci vorrebbe poco
per soffiarle i ragazzi da sotto al naso, perciò lei ti teme ed
è invidiosa di te".
Scettica,
gli rifilo un'occhiata che esprime questo mio stato d'animo, alzando le
sopracciglia. "Apprezzo il tuo tentativo, Dario, ma sei mio amico e non
potresti dirmi altro".
"Sono
tuo amico proprio perché sei speciale, Lena. Lo hanno capito
tutti tranne te" mormora, iniziando a sua volta a guardare davanti a
sé. “Tu sei la mela sulla cima dell’albero” mi
ricorda, riferendosi ad una conversazione avuta qualche giorno dopo la
rottura con Matteo.
Mi
fece leggere un frammento di una poesia anonima che sostiene che le
ragazze siano come le mele sugli alberi e che sono pochi quelli che si
sforzano per riuscire ad afferrare quella più in alto.
"Ma
dai" cerco di sdrammatizzare, un po' a disagio come al solito, quando
inizia a farmi complimenti su complimenti per cercare di alzare il
livello della mia autostima. "Io farei una figuraccia dietro l'altra se
mi comportassi come lei".
"E'
inutile continuare, tanto non mi ascolti mai. Ma promettimi che non
permetterai più a quella scema di rovinarti l'umore".
"Lo
sai che non è lei quella che mi rovina l'umore, bensì
tutto ciò che si cela dietro le sue frecciatine. Grazie,
comunque" sussurro, accarezzandogli il braccio con delicatezza.
Lui sorride un po' goffamente, e pochi istanti dopo un acido: "Ciao" attira la sua attenzione.
"Ciao, Daniela" risponde educatamente lui.
Daniela non risponde, soffermandosi a fissare la mia mano sul suo braccio, e poi si volta, continuando a camminare.
In fretta, allontano l'arto e lui sospira, come se fosse sera e fosse stanchissimo a causa di una giornata estenuante.
"Non la pensare, è paranoica" sussurro.
Lui
non risponde - proprio come mi aspettavo - ed io sorrido ironicamente.
"Come funziona qui? Tu mi fai da psicologo ed io non posso?" chiedo
retoricamente, facendogli cenno di iniziare ad avviarci verso l'aula.
"E' diverso. Mi fa sentire in colpa, mentre con Matteo tu hai il diritto di sfogarti e maledirlo".
In
realtà, Daniela è la ragazza che ha lasciato all'inizio
della scorsa estate e che continua a guardarlo male, anche
perché la sua ipotesi è che lui l'abbia lasciata per me.
"Ma tu non hai colpe, no?" osservo.
"No, no" risponde in fretta, seccato come ogni volta che glielo chiedo.
Alla
fine, siamo entrambi reduci da storie e rotture particolari, e
ciò ci ha fatto avvicinare ancora di più negli ultimi
mesi, anche perché come me, lui ha un migliore amico - Giovanni
- che è felicemente fidanzato è che quindi non c'è
sempre per ascoltarlo e dargli una mano.
“Sai a cosa penso spesso, ultimamente?” chiedo dopo un po’, spezzando il silenzio che si è creato.
Lui fa un cenno negativo che mi sprona a continuare.
“Ai primi due mesi di università”.
Improvvisamente,
lo vedo sorridere per poi annuire con decisione, il volto
improvvisamente rilassato che si perde nei vecchi ricordi.
“Ci divertivamo tanto” mormora, sospirando.
“Sì!
Ricordo che passavi intere giornate a casa nostra, specialmente quando
pioveva e non ti andava di tornare a casa tua a piedi… Cenavamo
insieme, poi chiamavamo le altre che compravano qualcosa da bere
all’ipermercato e facevamo quelle specie di feste in cui facevamo
giochi idioti”.
“Non
dimenticherò mai “Non ho mai!”*, sai?”
ridacchia. “Ricordo che dissi “Non ho mai baciato un
ragazzo” e tu, ubriaca, rispondesti: “Io invece
sì”, non comprendendo che mi riferissi al non aver mai
baciato qualcuno del mio stesso sesso”.
Inizio
a ridere come una scema, ricordando a mia volta quella sera di fine
ottobre del duemila dieci che, probabilmente, segnò il vero
inizio della nostra amicizia.
“Poi
uscimmo fuori al balcone, nonostante la pioggia, e iniziammo a cantare
“Heroes”…” continuo, senza smettere di
sorridere, sentendo di nuovo quella sensazione di felicità che
mi invase all’epoca, quando ero una diciannovenne spensierata ed
eccitata per l’inizio dell’avventura universitaria che
comportava anche il vivere, finalmente, senza genitori tra i piedi.
“… E alla fine mi vomitasti sui jeans…”.
“E indossasti i pantaloni della mia tuta per tornare a casa!”.
Ci guardiamo, improvvisamente animati da quei ricordi, e ci sorridiamo.
Poi,
però, un velo di amarezza mi fa tornare normale e mi passo una
mano tra i capelli non molto ordinati. “Poi ho rovinato
tutto”.
“Cosa?”.
“Sì,
ho rovinato tutto… Ho iniziato ad uscire con quell’idiota,
non ti ho calcolato molto, non ho più organizzato molte cene a
causa della dieta, con lo scopo di sentirmi migliore. Solo ora realizzo
che ero più divertente prima di trasformarmi in una che riesce a
raggiungere i suoi obiettivi seriamente” sussurro, tornando a
guardare in direzione del mare e sognando di essere sulla nave che si
vede dal porto.
Avverto
la mano di Dario sulla mia spalla destra, ma non ho il coraggio di
guardarlo in faccia, ricordando tutte le volte che gli ho dato buca per
vedere Matteo.
“Sei
cresciuta, e basta. Mi hai detto tante volte che non ti andava
più di rimanere immobile a vedere la sfiga che ti assaliva, e
hai reagito per entrare nei jeans che ti piacevano e per ottenere buoni
voti. Però rimarrai sempre la Lena del primo anno, e lo
sai” mi consola lui. “Spesso me la sono presa con Matteo
per il tuo avermi ignorato a volte, ma si fanno cose sceme quando si
è innamorati, non è colpa tua”.
Sentendomi
molto fortunata nell’avere un amico come lui, riesco a trovare il
coraggio di voltarmi e di tornare a sorridergli, seppur debolmente.
Mi
ha capito, sa che non dirò altro, perché questo tuffo nel
passato è stato già abbastanza doloroso.
Silenziosamente,
così, ci avviamo di nuovo verso l’aula e prendiamo di
nuovo posto, senza dire altro se non un "Speriamo che questa prof non
sia acida come quella di Letteratura Tedesca II!".
"Non era necessario, Lena, davvero...".
Due
giorni dopo, mentre mi adopero per legare i miei lunghi capelli castani
in una treccia, davanti allo specchio della mia stanza, Trudy se ne sta
appoggiata allo stipite della porta con aria colpevole, vestita di
tutto punto con shorts di jeans, calze ricamate, stivali e la maglia
beige che io chiamo "dimagrante" visto che la fa sembrare super snella.
"E invece sì. Mi pagheranno lo straordinario, così potrò comprarmi qualcosa di decente addosso per Pasqua".
"Ma lavorerai dalle undici di sera alle quattro del mattino!".
"Sono i vantaggi offerti dal lavorare in un pub, no? Avrò qualche drink gratis e...".
"E
niente, piantala di inventarti vantaggi dove non ce ne sono!" sbotta
con impazienza, per poi avvicinarsi e prendere in mano la mia chioma,
dato che la sto intrecciando in una maniera schifosa.
Separa tutte le ciocche, le pettina e ricomincia a formare la treccia con dedizione, come se fosse una parrucchiera nata.
"Per
favore, Trudy, smettila e pensa a goderti la serata con Davide"
sussurro, alzando gli occhi al cielo, dato che odio far preoccupare la
gente.
"Come posso riuscirci se so che a causa mia stai lavorando di sabato, di notte, per non andare da Germana?" chiede, retorica.
"Pensa ai soldi extra e ti passa tutto".
Non
replica, sospirando, e quando ha finito con i miei capelli vedo il suo
sorriso attraverso il riflesso dello specchio. "Non devi pensare a
quella stronza, sul serio" mormora.
Scrollo
le spalle, sforzandomi di sorridere. "Ma non ci penso, infatti! Dai, ci
ha già pensato Dario a farmi il discorsetto, non ti ci mettere
anche tu".
"Te lo meriti, il mio, perché di sicuro è più efficace. Io non sono buona come Dario!".
"Infatti
Dario non è buono. Mi ripete sempre la stessa cosa dieci volte,
proprio come te. Siete pessimi, entrambi! E noiosi!" sbotto, fingendo
un'aria da criticona che la fa ridere.
"Fatto sta che domani ti preparo la torta con nutella e panna" dichiara, sorridendomi apertamente.
"Uh, sì! Pranzerò con quella!".
Trudy
sa che nella maggior parte dei casi per tirarmi su ho bisogno solo
della sua torta mega calorica, perché mangiarla è una dei
miei sport preferiti, oltre incolparla per essere la causa di qualche
chilo in più, ovvio.
Così,
alle nove - due ore prima dell'inizio del turno - esco di casa con la
sua auto, dato che io non ne ho una mia e ho acconsentito nel farmela
regalare dai miei per la laurea dato che con i miei miseri
risparmi non ce l'avrei fatta mai, se non tra minimo dieci anni.
A
causa del traffico del sabato sera, ringrazio il cielo di essermi
anticipata, tanto da impiegarci un'ora per arrivare al pub, che dista
massimo mezz'ora da casa mia.
Preparandomi
psicologicamente per tutte le ore di lavoro che mi aspettano, prendo un
bel respiro mentre attraverso il parcheggio destinato al personale ed
entro dal retro.
"Ehi, Lena!".
Sara,
una delle mie colleghe, mi accoglie con un sorriso caloroso mentre si
sta aggiustando la camicia della divisa che dobbiamo indossare a lavoro.
"Sara, ciao. Anche tu fai il turno di notte?".
Annuisce,
svilita al solo pensiero. "Stasera i miei amici sono fuori, a Roma, per
il week end, quindi ho preso coraggio e mi sono proposta per questo
bellissimo turno" risponde, alquanto sarcastica, mentre inizia a
legarsi i capelli rossi non tanto lunghi in una comoda coda. "E tu?
Perché hai scelto il turno?".
"Mi servivano dei soldi extra per un acquisto" mento, anche se non è che sia proprio una bugia.
Annuisce, ed io vado nel piccolo stanzino che funge da spogliatoio per indossare la camicia e i pantaloni della divisa.
Quando
esco, noto che Paolo - un altro collega - ha portato un paio di drink
nel retro per noi povere anime che ci sorbiremo il turno notturno
mentre lui ha quasi finito il suo, così senza troppe cerimonie
inizio a sorseggiare il mio, un Cosmopolitan, per poi dichiararmi
pronta per l'inizio della nottata.
Uscendo dal retro, mi ritrovo nel locale vero e proprio e vengo assalita da un'aria calda che, tuttavia, trasmette energia.
Il
"Magic Trick" è particolare, e il nome inglese - "Scherzetto
magico" - è dovuto al fatto che il giovedì ci siano delle
serate dedicate a varie città e paesi anglofoni, in cui si
mangiano piatti tipici del posto con tanto di musica adeguata e
personale vestito.
E' stato anche grazie al fatto che studiassi inglese che mi hanno assunta, a dir la verità.
Alla
fine mi piace questo posto, anche perché è un locale
ampio e accogliente fino al mercoledì, poi dal giovedì in
poi si trasforma in una piccola isola di divertimento con luci soffuse,
a volte psichedeliche, e tanto alcool.
Io
e Sara ci guardiamo con uno sguardo d'intesa e, con un breve sospiro,
diamo inizio alla serata con le prime ordinazioni nella zona dedicata
ai panini e alle crepes.
"Ragazze, stasera mi servite al lato delle bibite" esclama Giacomo, il padrone.
E'
un omone sui quarant'anni simpatico ma decisamente intransigente quando
il locale è gremito di clienti, come in questo caso. "Giorgio ha
combinato il solito disastro! Ha perso il foglio delle ordinazioni e ha
preparato un Mojito senza menta... Su, muovetevi!".
Rapidamente,
così, ci spostiamo all'altro bancone, quello dei drink, dove il
povero Giorgio striscia via in silenzio per il solito caos creato.
In
realtà, mi piace fare drink, e ne ho inventato anche qualcuno,
solo che l'ho proposto esclusivamente alle mie amiche dopo una cena a
casa.
Così,
entro nel caos di ragazzi e uomini un po' più maturi che mi
riempiono le orecchie di nomi di bibite dal nome strano e a volte
incomprensibile.
"Lena,
prendi le ordinazioni tu, per ora? Voglio preparare ora i drink visto
che tra qualche ora non sarò molto attiva" esclama Sara,
guardandomi con aria supplicante.
"Va bene" annuisco.
Mi
rivolgo verso la folla - che è alquanto impaziente dopo
l'incidente di Giorgio - e dò ufficialmente inizio alla serata.
"Due birre!".
"Uno Screw Driver!".
"Un Mojito!".
"Due Sex on the Beach!".
"Un Martini Royal".
"Un Woo-Woo**".
Udendo quest'ultimo nome, batto le palpebre, confusa.
Cosa
diamine è un Woo- Woo? Sarà anche tardi, ma sono ancora
lucida, e questo drink non è presente sul nostro listino.
Alzo
lo sguardo dal block notes su cui sto scrivendo le ordinazioni per
contestare, ma, un secondo dopo, desidero non averlo mai fatto visto
che sento il cuore perdere qualche colpo.
L'uomo sulla trentina davanti a me non può essere colui che penso che sia.
Colui che mi sta sorridendo cordialmente non può essere il nuovo madrelingua di inglese.
Ecco
perché dicevo di averlo visto prima da qualche parte! Lui
è un assiduo frequentatore del "Magic Trick", l'avrò
visto almeno quattro volte nell'ultimo mese.
Cosa
dovrei mai fare? Sarebbe stupido chiamarlo professore, e non solo
perché avrà al massimo sette-otto anni in più a
me, ma anche perché la sua prima lezione ci sarà
lunedì.
Decidendo
di fare finta di nulla - tanto non dovrei ancora sapere che è il
mio insegnante, no? - rispondo con un flebile: "Mi dispiace, non
abbiamo il Woo Woo".
Lui annuisce, consapevole, passandosi una mano tra i suoi capelli scuri e ricci.
"Lo
so. Volevo solo avere una scusa per parlare con una dipendente molto
carina. Sai, vengo qui da un mese, ormai, conosco il menù a
memoria e non sono mai riuscito a parlarti" rivela.
Dovrei
essere scioccata per il suo italiano dall'accento quasi perfetto, ma
perché mai dovrei badare ad una simile quisquilia quando l'unico
professore carino che abbia mai avuto - cioè, che avrò -
mi ha detto una cosa simile?
Poi,
davanti a me, vedo solo la faccia sorpresa di Germana nel caso in cui
venisse a sapere di questa conversazione e ciò, in un solo
istante privo di lucidità, mi fa decidere il mio modus operandi
per la risposta da dargli.
*
“Non ho mai” è un gioco che consiste nel far
sì che, a turno, ognuno dica qualcosa che non ha mai fatto, e
chi lo ha fatto invece deve bere.
**
Il “Woo-Woo” esiste davvero, l’ho provato in un
locale a Londra, e spero che quello “Originale” sia
migliore di quello che mi è capitato perché sembrava
quasi un succo alla fragola senza alcool xD
*°*°*
Milly’s Corner
Salve a tutti!
Erano secoli che non iniziavo a pubblicare una long in questa sezione, sono felice di essere tornata.
Che dire, lavoro a questa storia da mesi e mesi, e sono arrivata al capitolo 12, quindi gli aggiornamenti saranno regolari.
Ogni capitolo
avrà la stessa struttura, ovvero sarà preceduto da un
flashback che ha lo stesso argomento di qualche contenuto del capitolo,
e ciò serve ad inquadrare ancora meglio i personaggi,
perché il loro passato ci serve a capire meglio ciò che
sono ora.
Spero che
l’elemento del prof che guarda caso nota Lena e le si avvicina
non sia stato classificato come un clichè, cioè, mi odio
un po’ per questo elemento, ma è l’unica soluzione
che ho trovato.
Non posso dirvi
come procederà la storia, ma ci tengo a dirvi che tra i due il
continuo non sarà come questo inizio… Chi vuol intendere,
intenda! xD
Ora, come ogni
settembre, sono impegnata con gli ultimi due esami del secondo anno di
università, quindi a volte aggiornerò ogni settimana e a
volte ogni dieci giorni, poi a ottobre aggiornerò regolarmente
ogni domenica J
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi lascio qualche anticipazione ;)
Alzo
gli occhi al cielo, mi volto e prendo altri due bicchieri, li
distribuisco e noto che è ancora lì, in attesa. Continua
a guardarmi, ma non sembra indispettito, anzi: sembra si stia
divertendo un mondo, e la cosa mi dà ai nervi.
Alla
faccia della domanda! Non poteva essere una più classica, del
tipo "Quanti anni hai?" o "Posso sapere che taglia di reggiseno hai?
Sai, ho scommesso con i miei amici che avrei indovinato!" ?
A domenica prossima!
Milly92
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Capitolo 2 *** Certe Notti ***
2ffac
Capitolo 2
Certe Notti
4 Novembre 2010
"Scusami, ma quello è uno dei libri di Linguistica Generale da studiare per l'esame del professore Giusti?".
Alzai lo sguardo, smettendo di
sottolineare un paragrafo particolarmente incomprensibile con
l'evidenziatore verde, e, stupita, mi ritrovai davanti quello che, il
primo giorno di lezione, ormai un mese prima, avevo ribattezzato
"Ragazzo Figo".
"Sì" risposi, sorpresa nel trovarmelo davanti, visto che dopo quel giorno non l'avevo visto più.
"E quanti altri ce ne sono? Scusami
per le domande, ma manco da un mese, ho avuto problemi con la casa da
affittare, sono un fuori sede..." spiegò, scrollando le spalle e
sedendosi dietro il mio stesso tavolo della biblioteca.
Mi sforzai di fare un sorriso che mi
rendesse carina e non idiota come al solito, e mi tolsi una corta
ciocca di capelli dalle spalle, sperando di non risultare goffa. "Ma
no, figurati! Ti capisco, sono fuori sede anch’io…
Comunque sì, ce ne sono altri due... Posso dirti i titoli" mi
offrii.
Lui guardò l'orario sul
display del suo Nokia C3 e, in tutta fretta, si rialzò.
"Scusami, è tardissimo, devo scappare! Facciamo così,
scrivimi il tuo numero e ti chiamo, così mi dici, ok?"
esclamò, porgendomi il suo cellulare.
Sorpresa più che mai, rimasi ferma qualche istante, prima di decidermi ad agire.
Possibile che gli servisse il mio
numero per conoscere i titoli dei libri che avrebbe tranquillamente
trovato sulla pagina personale del professore? E perché doveva
scappare se fino ad un secondo prima sembrava avere tutto il tempo del
mondo a tal punto di perdere tempo a vedere il titolo del libro che
stava leggendo una sconosciuta?
Tuttavia, dicendomi che era un bene dare il mio numero a "Ragazzo Figo", mi affrettai a digitare il numero e a salvarlo.
"Sono Lena, comunque" dissi, restituendogli il cellulare.
"Io Matteo, piacere" rispose lui.
"Aspettati una mia chiamata..." aggiunse, sorridendo in un modo che lo
rendeva ancora più figo, se possibile, per poi andarsene,
lasciandomi così, confusa e felice allo stesso tempo.
*******
"Ok, mi hai parlato, quindi penso ti possa ritenere soddisfatto".
Sono sul serio io quella che ha risposto in maniera così scorbutica, che sfiora l’essere incivile?
“Ecco perché sei single, i tuoi modi fanno schifo!” mi punzecchia una vocina nella mia testa, che è decisamente peggio del Grillo Parlante di Pinocchio.
Non posso aver risposto così di mia spontanea volontà, e non posso nemmeno aver dato del tu ad un mio insegnante!
Ai professori si da il lei!
Ok, lui parla inglese e in inglese ci si dà sempre il tu, ma stiamo parlando in italiano e...
Sono ufficialmente nel pallone, è deciso, senza contare che ho
una marea di clienti che sono in attesa di decine di drinks, ed
è per questo che, detto ciò, mi volto per dare la lista a
Sara, che inizia subito a darsi da fare.
Cerco di non guardare in direzione del professore, ma mi è
impossibile nel momento in cui la mia collega mi dà i primi due
bicchieri, cosa che mi obbliga a tornare al bancone.
"Sappi che non me ne andrò finché non avremmo
chiacchierato un altro po'" dice l'uomo, sorridendomi in un modo che
quasi mi fa dimenticare la mia determinazione.
"Sto lavorando!" protesto, chiedendomi cosa abbia mai fatto di male per meritarmi un simile scherzo del destino.
Ecco! Soluzione trovata: è tutto uno stupido scherzo,
perché non può essere che un bell'uomo come lui mi trovi
carina, quindi non mi rimane altro che ignorarlo e fare finta di nulla.
"Ho tutta la notte. A che ora stacchi?" risponde prontamente.
Alzo gli occhi al cielo, mi volto e prendo altri due bicchieri, li distribuisco e noto che è ancora lì, in attesa.
Continua a guardarmi, ma non sembra indispettito, anzi: ha
l’espressione di chi si sta divertendo un mondo, e la cosa mi
dà ai nervi.
Come posso mai comportarmi? La parola "Professore" continua a
rimbombarmi nelle orecchie, insieme alla frase: "E' troppo figo!", e
ciò mi provoca una lotta interiore tra la mia parte responsabile
e quella - sempre repressa - ribelle.
Mentre cerco di prendere tempo scrivendo altre ordinazioni, lui ripete
la domanda ed io non rispondo, fingendo di non sentire, il che potrebbe
essere molto probabile a causa della musica a tutto volume.
"Stacca alle quattro, ora però lasciala lavorare che il capo ci
ammazza se non ci diamo una mossa!" si intromette Sara, sorridendogli e
facendogli l’occhiolino, prima di strapparmi dalle mani il block
notes.
Il professore, finalmente soddisfatto, ritorna a sorridere. "Grazie!
Bene, allora ci vediamo alle quattro. Ah, prendo due birre" aggiunge
come se nulla fosse.
"Devi prima fare lo scontrino alla cassa" esclamo, fingendo di non aver ascoltato il commento precedente.
Dopotutto, non è nemmeno mezzanotte, figuriamoci se aspetta
quattro ore per parlare con una che nemmeno conosce e che l'ha trattato
male!
“Ma i ragazzi amano essere
trattati male, lo adorano, forse perché ciò ricorda loro
quelle cose zozze e sadomaso che gli piacciono tanto, sai?” continua imperterrita la vocina nella mia testa, che, ovviamente, ignoro.
Chiunque sia sano di mente smette di provare a fare qualcosa se non
riceve un trattamento adeguato, no? Lo dovrebbe stabilire qualche legge
fisica o che so io!
Dal canto suo, il professore annuisce e torna dopo pochi minuti con lo scontrino in mano, porgendomelo.
Rapidamente, mi dirigo verso il frigo vicino al bancone, estraggo le
due bottiglie e gliele porgo senza guardarlo, in modo da non capire
ciò che mi dice dato che il volume della musica è alto e
non ho visto il suo labiale.
"Ma dico io, un figo del genere ci prova con te e tu fai la zitella
acida?" mi rimprovera Sara, mentre versa della vodka liscia in un
bicchiere con fare esperto, anzi, eccessivamente meccanico.
Non so cosa mi blocca dal dire la verità, fatto sta che esito
qualche istante prima di inventare una scusa. "Sai com'è, mi
infastidiscono i tipi petulanti!".
"Tu sei matta! Fatto sta che mi ringrazierai per avergli detto a che ora finisci il turno".
"E tu sei un'ingenua! Pensi che mi aspetterà fino alle quattro?".
"Perché no? Se è qui, da solo, di sabato sera, non ha nulla da fare…".
Con un verso scettico, torno a distribuire i drinks, fino a quando,
alle due, non tocca a me prepararli mentre Sara prende le ordinazioni.
Non so quanti caffè bevo, fatto sta che mi aiutano a non
sentirmi stanca e a continuare a lavorare senza sosta, nonostante non
riesca a non pensare allo strano incontro di poche ore prima.
In realtà, in tanti anni la fortuna non è mai stata dalla
mia parte, quindi non riesco a credere che un bell'uomo come il mio
nuovo insegnante mi abbia notata a lavoro settimane prima di iniziare
il suo lavoro alla mia università.
E' raro che un ragazzo mi si avvicini e mi faccia complimenti
perché è altrettanto raro che io cerchi di farmi notare,
quindi il pensiero che il professore mi abbia notata mentre lavoro mi
sembra più che assurdo.
Lentamente, l'orologio del locale segna le quattro meno dieci, ma ormai ci sono pochissime persone, quasi tutte poco sobrie.
Il signor Giacomo si avvicina a me e Sara e ci fa un gesto che nel suo
gergo significa: "Potete andare!", annunciando la salvezza mia e della
mia collega.
Con un infinito sospiro liberatorio, così, entrambe corriamo nel
retro, prima che Giacomo possa cambiare idea, e ci liberiamo di
malavoglia della divisa, visto che sembra parte integrante delle nostre
epidermidi per tutto il tempo che l'abbiamo indossata.
Sciolgo la treccia dato che Trudy l'ha stretta così forte da
renderla quasi insopportabile dopo più di cinque ore e indosso i
jeans e il maglioncino che avevo prima di iniziare il turno.
Nonostante tutto, però, sono nella fase in cui dopo una notte
insonne si crede di non avere più voglia di dormire e per
confermare ciò bevo il caffè - l'ennesimo - che Giacomo
offre a me e Sara.
Quest'ultima esce prima di me, dato che devo accordarmi con il padrone
per quanto riguarda il prossimo turno di lavoro, e quando esco guardo
il cielo ancora molto scuro.
Tutto ciò mi ricorda la notte di Capodanno, quando vengo
letteralmente sequestrata dalle mie cugine che, vivendo nella mia
città, Caserta, non mi vedono spesso e quindi approfittano delle
vacanze natalizie per recuperare il tempo perso.
Negli ultimi tre anni, siamo solite iniziare l’anno nuovo con una
tombolata a casa di qualche conoscente, che poi degenera in una nottata
fatta di spumante, musica commerciale, qualche danza scoordinata a
causa della stanchezza e dell’alcool, per poi finire il tutto
verso le sei per andare a prendere i cornetti caldi dalla nostra
cornetteria di fiducia e tornare a casa verso le otto.
Questi ricordi misti all’atmosfera lugubre che mi avvolge mi
incutono uno strano senso di oppressione, perché so che non
è Capodanno e dovrò aspettare le vacanze di Pasqua per
divertirmi con le mie cugine, così mi avvio subito verso la
macchina, a passo svelto.
"Lena?".
Mentre sono ormai a pochi metri dall'automobile, sento una voce alle
mie spalle che mi chiama con decisione e un accento insolito.
Mi volto e, incredula più che mai, vedo il professore che mi
guarda sornione mentre sorride, con in mano una confezione bianca e due
bottiglie.
"Come sai il mio nome?" chiedo, improvvisamente dimentica del senso di oppressione che mi stava invadendo pochi istanti fa.
Se conosce il mio nome, può scoprire che sono una sua alunna in qualsiasi momento!
“Idiota! Non sei al liceo, i
professori non hanno il registro con il tuo nome! Lo leggono solo se ti
prenoti ad un esame, ricordi?” commenta la vocina nella mia testa, prendendosi il gioco di me. Certo che la stanchezza fa proprio brutti scherzi…
"Me l'ha detto un tuo collega, Giorgio. E' molto simpatco,
anche se mi ha quasi rovesciato un drink addosso. Comunque... Piacere
Lena, io sono Leo" si presenta, parlando lentamente - forse per cercare
di non commettere errori - e porgendomi la mano destra.
Gli stringo la mano di rimando, sentendo quanto sia decisa la sua
stretta, al contrario della mia. "Piacere. Leo?" domando poi,
incuriosita.
Perché diamine faccio domande simili ad uno a cui non devo assolutamente dare confidenza?!
"Mi chiamo Leonard Ernest Scott, ma tutti mi chiamano Leo. Sono nato in Calfonia ma i miei parenti erano Sicliani, sono emigrati in Amerca a fine Otocento... E tu? Cioè, Lena non è un nome usato, qui".
"No, infatti. E' molto usato in Germania, i miei nonni hanno vissuto
lì per tanti anni. Mia madre li andò a trovare poco prima
di sposarsi con mio padre e conobbe delle persone che si chiamavano
così, e le piaceva..." spiego, scrollando le spalle, come ogni
volta che lo spiego a chi crede che mi in realtà chiami
Maddalena o Milena.
"E' un bel nome" esclama. Poi, improvvisamente, mi porge la confezione bianca che ha tra le mani. "Croissants
caldi! Ti avevo detto che avrei aspettato la fine del tuo turno"
aggiunge poi, quando mi vede fare un cenno incerto. "Mantengo sempre le
mie promesse".
"Leo, sei molto gentile, ma devo tornare a casa e...".
"Non me ne andrò finchè non avrò il tuo number".
Sconcertata da quella buffa e strana situazione, batto numerose volte le ciglia, senza sapere sul serio cosa dire.
Vorrei sul serio non sapere che è il mio insegnante, così
magari lunedì avrei un'assurda sorpresa a lezione ma potrei
godermi in santa pace la gentilezza di un bell'uomo che mi crede carina.
In preda all'agitazione, così, faccio un cenno di assenso. "Va
bene, dammi il cellulare e te lo segno" esclamo, decidendo di usare un
vecchio trucco che uso con i ragazzi un po' assillanti – e
bruttini - che ti abbordano alle feste: dargli il numero sbagliato,
così quando chiamerà non avrà modo di
rintracciarmi.
"Eh no, non sono mica nato ieri! Così mi dai un fake number!" ridacchia, come se nulla fosse, comprendendo al volo le mie intenzioni.
"Ma se sai che farò così, perché ti ostini a parlarmi?".
"Perché so che non te ne pentirai".
"Non mi conosci, Leo".
"E' un motivo in più per parlarti, Lena".
Messa totalmente k.o. dall'arte oratoria di quell'uomo, non ho altro da
fare che prendere il suo cellulare, segnare il numero e lasciarlo
soddisfatto quando vede che squilla sul serio.
"Ora però devo andare, sul serio" dico, decisa più che mai. "Sono stanca e...".
"Ma ci sono i croissants! E se
ti sbrighi sono ancora caldi, dai! Ti ci vogliono un po' di zuccheri
dopo il turno di lavoro... E, se ti va, ho ancora le due birre che ho
preso ore fa". Mostra le due bottiglie come se fossero trofei, senza
smettere di sorridere.
"Per questo ne hai prese due!" mormoro, incredula.
E' assurdo! Non riesco a credere che faccia sul serio, anzi, in
realtà è come se avessi il timore che tutto questo sia un
malefico scherzo di qualcuno non molto ben disposto nei miei confronti.
"Pensavo lo avessi capito".
Scuoto il capo, arricciando le labbra. "No, sono sempre un po'
ritardata quando si tratta di queste... Cose, ecco. Quindi, ora, hai un
buon motivo per andare via".
"In realtà vorrei conoscere altri tuoi difetti, visto che
esteriormente per me hai molti pregi" rivela, con un tono che lo fa
sembrare quasi innocente come un bambino.
"Divento isterica quando qualcuno non mi ascolta" scandisco, per poi
fare qualche passo indietro come per fargli capire che sul serio me ne
devo andare, e subito.
"Anche io! Cioè, non proprio isterico, direi... Insicuro, ecco.
Sai, sono un professore d'inglese " - qui cerco di trattenere
un'espressione alla Capitan Ovvio e fingo di non sapere nulla - "E se
noto che la classe è disattenta inizio subito a pormi mille
problemi riguardo il mio metodo d'insegnamento. E tu?" aggiunge,
interessato più che mai, "Cosa fai nella vita? Oltre la barista,
intendo".
"Studio lingue. Inglese e Tedesco" rispondo automaticamente, senza nemmeno pensare alla possibilità di mentire.
Lo vedo sorpreso, poi, annuisce. "E in che facoltà?" chiede.
"Federico II" mento spudoratamente.
Ecco, la frittata è fatta. Ha il mio numero, non può
sapere che io sia una sua alunna, e io sono in una fase particolare -
tra il sonno e l'adrenalina - in cui non riesco a capire bene come
comportarmi.
"E' vicina all'Orientale, dove insegno io" spiega.
Annuisco, senza sapere cosa dire perché l'unica certezza che ho
al momento è che mi sto cacciando in un mare di guai senza
volerlo.
"Il locale a che ora chiude?" domanda poi lui, evidentemente per eliminare quel silenzio imbarazzante.
"Alle cinque".
"Bene, possiamo mangiare lì i cornetti, tanto li ho presi lì" propone.
Il pensiero di essere in qualche modo sorvegliata da Giacomo mi sembra
buono, così annuisco e ritorno nel luogo in cui ho passato il
sabato sera.
C'è solo Giorgio al bancone, il quale sembra molto a suo agio
ora che non ha clienti a causa di cui creare danni, e mi sorride
sornione quando vede con chi sono.
Come se nulla fosse, Leo apre la confezione con i cornetti e me ne porge uno con gentilezza.
Io odio mangiare davanti ai ragazzi se non ci sono in confidenza,
specialmente se si tratta di pizze, panini e cornetti, perché
temo di sporcarmi tutta mentre mangio e di fare la figura dell'idiota.
"Posso farti una domanda?" chiede poi.
"Vai. Ormai mi sembra di essere parte di un talk show incentrato su di
me!" esclamo, scrollando le spalle, causando la sua risata.
"Perché una bella ragazza come te lavora il sabato notte invece di uscire con gli amici?".
Alla faccia della domanda! Non poteva essere una più classica,
del tipo "Quanti anni hai?" o "Posso sapere che taglia di reggiseno
hai? Sai, ho scommesso con i miei amici che avrei indovinato!" ?
Più che altro, sono seccata dal fatto che dalla discussione con
Germana si stiano sviluppando conseguenze assurde: per non andare a
dormire da lei, decido di lavorare e mi ritrovo stalkerizzata da un mio
professore che non sa di esserlo.
"Avevo semplicemente bisogno di soldi" mento, fingendomi disinvolta e
dando il primo morso al cornetto per avere qualcosa da fare per non
guardarlo in faccia e dargli la possibilità di capire che sto
mentendo.
"Non penso sia così. L'ultima volta che hai lavorato qui era
martedì, se avessi avuto bisogno urgentemente di soldi ci
verresti più spesso, no?" osserva.
Deglutisco il boccone a forza, incredula per quella constatazione.
"Ma... Ma tu sei uno stalker!" esclamo, così forte che le poche
persone nel locale si voltano verso di me.
Per tutta risposta, Leo ride e scuote il capo. "Volevo conoscerti,
tutto qui. Dai, tu non hai mai seguito causalmente un ragazzo?" mi
provoca.
Certo che l'ho fatto!
Al primo anno, dopo aver conosciuto Matteo in biblioteca, facevo di
tutto per trovarmi negli stessi posti in cui c'era lui, ma per avere
una scusa per parlarci, non per seguirlo e basta.
"Ecco. Ti ho colta in flagrante! Quindi sei anche tu una stalker come me?" mi rimbecca, senza che io abbia detto nulla.
"Ma no!" sbotto, senza sapere cosa dire.
"Dai, allora, mi dici perchè...".
"Sei asfissiante, Leo! Davvero!" sbotto, senza riuscire a trattenermi.
Vedendolo improvvisamente a disagio, mi porto una mano alla bocca, un
po' pentita per aver sbroccato così, anche perché sono
riuscita a zittirlo.
"Scusami".
Sembra sul serio pentito, e, improvvisamente, ha l'aria di un uomo che
ha capito il limite, non sembra più un bambinone travestito da
uomo.
"A volte non realizzo di non essere nel mio paese, cioè, non per
offendere le italiane, ma da me le ragazze sono molto più aperte
e non badano al fatto che non ti conoscono e...".
"Leo, noi italiane non siamo una massa di bacchettone" lo interrompo, cauta.
"Bacchettone?" domanda, confuso, con quell'accento appena marcato che mi è sempre piaciuto.
"Volevo dire che noi italiane non siamo l'opposto delle californiane,
sul serio, sono io che sono particolare e hai toccato un tasto dolente,
tutto qui" cerco di spiegargli.
Annuisce. "E io sono... Come si dice...? Invadente, sì" ammette.
"Un pochino" confermo, cercando di risultare ironica.
Di nuovo, cadiamo in un silenzio imbarazzato, finché qualcosa
non scatta in me ed inizio a parlare e ad esternare la realtà
dei fatti come se mi stessi rivolgendo al mio diario segreto.
"Stasera sarei dovuta andare a dormire da due amiche perché
arrivava il ragazzo della mia coinquilina e volevo lasciar loro un po'
di privacy, ma ho avuto una discussione con una di loro e quindi ho
preferito lavorare, dato che l'alternativa era dormire per strada"
spiego lentamente.
Annuisce di nuovo, quasi come se avesse il timore di parlare ancora.
"Sei una persona orgogliosa" osserva poi, cauto.
"Fin troppo. L'orgoglio mi farà fare brutta fine" sospiro, decidendo di dare un altro morso al cornetto.
Lui mi imita, quindi per un po' si sente solo il rumore impercettibile delle nostre mascelle al lavoro, poi torna a parlare.
"A me è successa spesso una cosa del genere quando andavo al college. Bei tempi" dichiara, nostalgico.
"Parli come se fosse passata una vita".
"Sono passati quasi otto anni da quando mi sono... Graduated" risponde, in difficoltà a causa di quel termine di cui non ricorda la traduzione.
"Laureato".
"Giusto! Dopotutto studi inglese... Comunque, sì. Tra due mesi compio trent'anni" rivela.
"Ed io tra uno ne avrò ventidue".
"Pensavo ne avessi tipo ventiquattro...".
"Potrei offendermi, sai?".
Di solito, tutti mi dicono che sembro più piccola della mia
età effettiva, quindi questa sua osservazione mi giunge nuova.
Leo ride e mi guarda dritto negli occhi. "Ho detto una bugia. Si vedeva
che fossi piccola, ma non volevo fare la parte di quello che ci prova
con una di otto anni più piccola...".
"Non sono mica minorenne" osservo.
Passano i minuti, e, per la prima volta in vita mia, mi ritrovo a bere una birra dopo un cornetto caldo.
Alla cinque, però, usciamo visto che il locale sta per chiudere.
Mi riavvicino alla macchina, prendendo le chiavi dalla borsa, e Leo mi lascia con un sorriso di congedo.
"Il tuo numero ce l'ho, quindi... Mi autorizzi a mandarti qualche messaggio?" domanda.
Esito, senza sapere cosa dire. Tutto andrebbe a meraviglia se la mia
coscienza non mi ripetesse in continuazione che lui è uno dei
miei docenti, ma ormai gli ho mentito, e, a meno che non mi veda in
classe, non può avere modo di sapere che sono una sua alunna.
Quindi, annuisco. "Va bene. Sei autorizzato" concedo.
Lo vedo esitare, come se stesse riflettendo a lungo, poi, finalmente,
si decide a parlare. "Volevo anche dirti che... E' un po' imbarazzante.
Non so bene come funzionano le cose qui, cioè, cosa si aspetta
una ragazza quando uno le rompe le scatole come ho fatto io con te
ma... Lavorerò qui fino a giugno, poi tornerò in America,
quindi, nel caso uscissimo insieme qualche volta volevo tu sapessi che
non ci sarò sempre e...".
Se ne andrà a giugno, ed io ho intenzione di fare l'esame orale di inglese a settembre, quindi è tutto perfetto!
Annuisco, un po’ sollevata. "Tranquillo, Leo. Ti ho appena
conosciuto e di certo non penso che tu mi regalerai un anello di
fidanzamento, tranquillo" ripeto.
Sorride, evidentemente felice per il fatto che io abbia capito la situazione.
"Allora... Ciao, Lena".
"Ciao".
Muovo leggermente la mano in segno di saluto, ma rimango come una scema
quando lui si sporge e mi dà un bacio sulla guancia. Continua a
sorridere mentre se ne va, avvicinandosi alla sua auto, ed io entro in
macchina con la sensazione di aver sognato tutto.
“Probabile, solo nei tuoi sogni rimorchi dei fighi pazzeschi. L’ultimo era Ian Somerhalder, ricordi?” commenta la vocina nella mia testa, sarcastica al massimo.
Mi lascio trasportare dagli eventi e rido per qualche istante,
sentendomi un po’ più leggera e dicendomi che, sul serio,
forse sto sognando tutto ed è meglio così.
°*°*°*
Ed eccoci qui, con il nuovo capitolo!
Beh, se state leggendo queste parole, significa che probabilmente avete letto il capitolo, quindi… Grazie di cuore!
Grazie per l’accoglienza
che avete dato a questa storia e grazie a quelle che io chiamo
“Le mie lettrici fedeli” che hanno iniziato a seguirmi
anche qui. Non so cosa dire, davvero, è magnifico sapere
che il primo capitolo vi sia piaciuto! :D
Comunque, passando al
capitolo… Conosciamo Leo (e la vocina interiore di Lena!xD) e
veniamo anche a conoscenza delle sue intenzioni: a giugno se ne
andrà, e non è in cerca di una storia
“seria”. Stando a ciò che dice Trudy, Lena ha
proprio bisogno di una storia non seria, quindi ci divertiremo a vedere
eventuali sviluppi.
Questi due primi capitoli sono
stati un’introduzione, mentre dal prossimo inizia la storia vera
e propria. Conosceremo il ragazzo di Trudy e rivedremo Germana, Marina
e Dario.
Vi lascio qualche anticipazione:
"Ohoh! E chi è questo Leo?" domanda.
Deglutisco, cercando di evitare il suo sguardo, e mi alzo dal letto. "Se te lo dico non mi credi" borbotto.
"Ma come! A meno che non sia Leonardo Di Caprio, certo. Lì non ti crederei, senza offesa".
"Trudy,
ragiona. Lo conosco da, quanto?, tre anni? Ed è mai possibile
che abbia sempre finto con me? Per favore! E' un caso, basta!" provo a
farle capire, ma lei sembra non mi stia ascoltando.
Aggiornerò venerdì visto che domenica prossima sarà troppo vicina all’esame che ho il 17.
Baci!
Milly92
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Capitolo 3 *** Non è una bugia, è un'omissione! ***
3
Capitolo
3
17
Ottobre 2010
"Cioè,
il mio nome sarebbe Gertrude - no, mia madre non si droga, se ve lo
state
chiedendo - ma, sapete, non mi piace affatto ovviamente, quindi tuti mi
chiamano Trudy da sempre...".
Io
e Dario guardavamo con curiosità il modo eccessivamente
loquace ed allegro in
cui Trudy ci parlava.
Era
appena arrivata a casa, visto che aveva scelto di affittare l'altra
camera
disponibile in casa, e sin dal primo istante aveva illuminato
l'appartamento
con la sua simpatia.
"Vado
a prendere qualcosa da bere" dissi, alzandomi dal divano.
"Oh,
sì, grazie! Sai com'è, ho sempre sete, proprio
perché parlo tanto!" disse
Trudy, e le sorrisi candidamente, come a dire: "Me ne ero accorta!".
"Aspetta,
faccio io, voi continuate pure. Ormai conosco questa casa meglio di
Lena"
s'intromise Dario, alzandosi a sua volta.
"Ok,
grazie" risposi, riprendendo posto.
Quando
fu uscito dal piccolo soggiorno, Trudy mi guardò in un modo
ammiccante e mi
fece l'occhiolino. "Anche io ho un ragazzo, si chiama Davide, stiamo
insieme da quasi due anni...".
La
guardai, confusa. "Io non ho un ragazzo" dissi.
"Come?
E quel Dario chi è, scusa?".
"Un
mio amico, frequenta i nostri stessi corsi, ci siamo conosciuti in
segreteria".
Scettica,
Trudy scosse il capo. "Ma lui ti guarda in un modo che fa capire
palesemente che ci sia qualcosa tra voi" obiettò. "Ed io non
mi sbaglio
mai".
Risi
per quell'assurdità mai sentita prima, e feci un cenno
negativo. "C'è
sempre una prima volta, no? Siamo amici e basta...".
Lei,
non convinta, annuì, per poi continuare a squadrare il
povero Dario quando
tornò con una bottiglia di coca cola e dei bicchieri di
plastica.
******
"Ehilà,
sveglia! Sono le
due! E c'è una bella torta per te!".
La voce
squillante e allegra di
Trudy mi sveglia dalla serie di sogni assurdi che stavo facendo, e
quando
riapro le palpebre mi trovo il suo volto sorridente davanti agli occhi.
Un marcato
profumo di nutella
risveglia le mie narici, così mi metto a sedere,
stiracchiandomi.
Faccio mente
locale mentre
biascico uno strascicato "Buongiorno", e quando mi volto vedo che il
tasto centrale del mio cellulare si illumina ad intermittenza, come
ogni volta
che ricevo un sms.
Prendo l'oggetto
in mano e apro
il messaggio.
Ciao,
Lena, immagino tu stia ancora dormendo... Volevo solo dirti che mi sei
sembrata
ancora meglio di quel che credevo, e mi piacerebbe rivederci, sempre se
ti va.
Io sono sempre libero la sera, quindi aspetto tue indicazioni.
Spero
sul serio di ricevere una tua risposta.
E' Leo, e mi ha
inviato questo
messaggio due ore fa.
Sgrano gli
occhi, avendo la
prova concreta che gli accaduti di stanotte siano reali, e, senza
sapere come
dirlo alla mia amica, le dò il cellulare per farglielo
leggere.
Dopo vari
secondi, lei mi
guarda, curiosa più che mai.
"Ohoh! E chi
è questo
Leo?" domanda.
Deglutisco,
cercando di evitare
il suo sguardo, e mi alzo dal letto. "Se te lo dico non mi credi"
borbotto.
"Ma come! A meno
che non
sia Leonardo Di Caprio, certo. Lì non ti crederei, senza
offesa".
"Peggio"
biascico, e
senza sapere cosa fare afferro il piatto di torta e inizio a mangiarne
un
boccone bello grosso, solo per avere una scusa per non aprire bocca.
Trudy fa un
verso spazientito e
incrocia le braccia. "Se non parli mi riprendo la torta!" esclama
decisa, fissandomi con aria minacciosa.
"E' buonissima,
sai? Sei
proprio brava, dovresti...".
"Lena, non
divagare. Chi è
questo Leo?".
"Leonard Ernest
Scott" dico quindi.
"E sarebbe...?".
"Trudy, giurami
che non mi
giudicherai".
"Ovvio che non
ti
giudicherò! Dopo quasi un anno hai un ragazzo che ti invia
sms carini
e..." si blocca, avendo notato la mia occhiataccia. "Ok, non mi
è uscita
bene. Volevo dire che sono felice che dopo quasi un anno tu...".
"E' il nuovo
madrelingua
di inglese".
"... Abbia
trovato
qualcuno degno di avere il tuo nu... Che hai detto, scusa?".
"Che
è il nuovo
madrelingua di inglese. Leo è il nuovo madrelingua di
inglese che non sa di
essere il mio madrelingua di inglese e mi ha abbordato a lavoro. Dice
di avermi
notato da qualche settimana, ed io l'ho ignorato, ma Sara gli ha detto
che
staccavo alle quattro e lui mi ha aspettato fino alla fine del turno,
per più
di quattro ore! Ho cercato di respingerlo, ma era insistente, e per di
più
aveva preso cornetti e birre... Non avevo mai mangiato un cornetto
seguito da
una birra! E si è preso il mio numero e...".
"Lena, fermati.
Mi sono
persa".
Trudy mi fissa
con aria fin
troppo smarrita, nello stesso modo in cui io guardo mia cugina di
tredici anni
che sostiene di aver incontrato a Roma uno dei One Direction e di
averci
scambiato un'occhiata passionale.
Prendo un bel
respiro e
sostengo il suo sguardo.
"E' tutto vero,
Trudy. Mi
sembrava di averlo visto da qualche parte, e non mi sbagliavo. Ma ti
giuro che
ho fatto di tutto per respingerlo, solo che è un
chiacchierone assurdo, ogni
volta che dicevo qualcosa per obiettare lui iniziava a costruirci su un
romanzo! E' simpatico, oltre che bello, ha quasi trent'anni e... E
quando mi ha
detto che insegnava da noi io non ce l'ho fatta e ho detto che vado
alla
Federico II. Avevo sonno, lui era gentile e..." il mio discorso rimane
in
sospeso, perché al momento non riesco a trovare il nesso che
mi ha spinto a
mentire e iniziare quella sorta di gioco pericoloso.
"Wow.
Cioè, è una
coincidenza assurda" biascica Trudy dopo un po', scegliendo bene le
parole
e incredula più che mai.
"Lo so, credimi.
Mi
conosci, per ore ho creduto che fosse uno scherzo assurdo, ed ora non
mi rimane
che non rispondergli".
"E
perché?".
"Sveglia, Trudy!
E' il mio
professore! Domani c'è lezione con lui!".
"E non
è la stessa cosa se
lui ti vede in classe e passi per la bugiarda del secolo visto che sei
in un ateneo
differente da quello che gli hai detto?".
La mia amica ha
ragione come
sempre, dannazione!
"Sono in
trappola"
mormoro, passandomi una mano sulla fronte.
"Non proprio.
Scusa, lo
sai che nemmeno la metà degli studenti segue le lezioni dei
madrelingua, quindi
ti basta seguirne un altro è il gioco è fatto".
"A giugno se ne
andrà" aggiungo, riflettendo.
"E' perfetto,
non rischi
nemmeno di trovartelo all'esame!".
"Mi... Mi stai
incoraggiando a...".
"Ad uscirci,
sì".
Trudy sembra aver assimilato subito e fin troppo in fretta la notizia,
in un
modo che mi lascia alquanto scioccata. Sembra crederci più
di me, quasi quasi.
"Sai come si dice in questi casi?".
"Sei fottuta?"
suggerisco, melodrammatica come sempre.
"No.
"Fake
it until you make it"! Fingi! Fingi
fino a credere sul
serio di non essere una sua alunna e il gioco è fatto, no?".
Da una parte, il
discorso della
mia amica ha un minimo di senso, dall'altro sono troppo spaventata
perché, per
la prima volta in vita mia, rischio di iniziare un cammino
caratterizzato dal
proibito e ho paura di scottarmi.
Guardo il
cellulare, incerta, e
poi mangio un altro boccone di torta, infischiandomene del fatto che
nelle
ultime dodici ore abbia mangiato solo dolci.
Come ogni
domenica pomeriggio,
Marina e Germana vengono a trovarci per un caffè e per fare
due chiacchiere
circa gli avvenimenti del sabato.
Davide, il
ragazzo di Trudy,
mai come questa settimana è dalla mia parte
perché non sopporta Germana, la
ritiene volgare e antipatica.
Devo dire che
è un tipo
apposto, dall'aria simpatica, con un paio di occhiali che nascondono i
suoi
occhi verdi.
Gli manca poco
per laurearsi in
Ingegneria Informatica, e questo ai miei occhi lo rende un genio; per
di più, è
uno dei rari ragazzi esistenti sulla faccia della terra che non
trascorre le
domeniche steso su un divano a guardare le partite del campionato di
calcio,
quindi è grazie a lui se ho ancora la speranza di trovare un
ragazzo che metta
in pausa il gioco della playstation per parlare con me.
Lo chiamo sempre
Leonard per
prenderlo in giro, perché mi ricorda Leonard di
“The Big Bang Theory”, ed ora,
per punizione, l’universo mi ha mandato un vero Leonard in carne ed ossa…
Nel momento in
cui Trudy va ad
aprire la porta per far entrare Marina e Germana, così, ci
guardiamo con
complicità e ironia.
"Ti
vendicherò,
sappilo" sussurra lui, facendomi l'occhiolino.
Ha saputo della
discussione che
ha avuto luogo giovedì tra me e Germana, e alla fine del mio
accorato resoconto
ha chiesto esplicitamente a Trudy come mai siamo ancora sue amiche.
"Ma grazie"
ridacchio, giusto un istante prima dell'arrivo in cucina della mia
coinquilina
e le due ragazze.
Ovviamente, dopo
i saluti e i
primi convenevoli, inizia il tanto temuto e allo stesso tempo atteso
Germana-Show, che ha luogo quasi ogni santa domenica per dimostrare
che, se Dio
dopo tanti giorni di lavoro si è riposato, lei gli
è superiore perché manda
avanti la sua missione - alimentare il numero di "Partecipanti" alla
sua lista - anche durante il week end. Anzi, soprattutto.
"Ieri sono
andata ad una
festa e ho conosciuto uno troppo figo!" esclama entusiasta, passandosi
una
mano tra i capelli biondi ed eccessivamente piastrati.
"Cosa intendi
per
"conosciuto"?" chiede Davide, falsamente stralunato, in un modo
che mette in difficoltà i miei sforzi di non ridere.
"Nel senso che
ha
conosciuto la sua anatomia, molto in profondità, sotto tutti
gli aspetti!
Vero?" chiedo conferma, fingendomi innocente e innocua come non mai.
Germana
è così presa dalla
volontà di narrare gli eventi che non bada nemmeno al mio
sarcasmo e continua a
parlare.
Scorgo la povera
Marina che si
arriccia una ciocca corvina con le dita, annoiata da morire,
perché
evidentemente ha trascorso la domenica a subirsi quel racconto, magari
con le
stesse identiche parole che Germana sta usando ora.
"Appena mi ha
vista mi ha
subito notata...".
"E
perché? Avevi addosso il
giubbotto catarifrangente?" insiste Davide, in un modo che mi obbliga a
fingere di recuperare qualcosa sotto al tavolo della cucina per non
farmi
scorgere mentre rido, seppur silenziosamente.
Quando riemergo,
vedo Trudy che
si sforza di essere seria e una Germana infastidita.
"No. Per la mia
bellezza" risponde, altezzosa più che mai.
"Davide, e meno
male che
sei un ingegnere! Ti facevo più sveglio" lo rimprovero, e,
ovviamente,
Germana non capisce nemmeno quanto io sia ironica.
"Pensavo tu ce
l'avessi
con me" dice infatti, stupita.
"Ce l'ho con te"
confermo, questa volta seria più che mai.
La mia risposta
le fa dipingere
in faccia l'espressione più stupida che abbia mai visto sul
suo volto, quindi
mi decido ad aggiungere: "Ma so che non cambierai, quindi mi limito a
non
prendermela per ciò che dici perché so che non
capiresti mai le ragioni che mi
rendono a vivere diversamente da te".
"Sei troppo
buona, questo
è il tuo problema" osserva, con un'aria da donna vissuta che
mi dà ai
nervi.
"Potrei anche
non esserlo,
sai? Solo che non potresti saperlo perché a me non piace
andare in giro a
raccontare quello che ho fatto o meno il sabato sera" rispondo,
seccata,
il che mai come questa volta è vero.
Senza sapere
cosa dire, quindi,
si volta verso gli altri e ritorna a parlare del suo sabato sera con
tanto di
particolari, ed io non mi prodigo nemmeno nell'ascoltarla, pensando
alla
decisione da prendere per quanto riguarda Leo.
E' solo quando
sento il cognome
"Scott" che la mia attenzione si rifocalizza su di lei, circa venti
minuti dopo.
"... Pare che
sia davvero
bravo, me l'hanno detto quelle dell'altro corso, ma, voglio dire, chi
se ne
frega! A me basta andare lì, domani, e vederlo parlare,
muoversi e fantasticare
su di lui, anzi, noi che ci diamo da fare sulla cattedra... Poi penso
che gli
andrò vicino a fine lezione, è giovane e potrei
stringerci amicizia, anche se
non so quanto ciò possa essere positivo perché se
fosse per me gli salterei
addosso subito. Ho già detto che me lo farei?".
Noto che Trudy
mi sta
guardando, ed io, in tutta risposta, imito un'occhiata tranquilla, non
da me.
Non so cosa mi
prende, fatto
sta che estraggo il cellulare e inizio a scrivere rapidamente un sms.
Va
bene, ci sto. Sono libera mercoledì sera, ok?
Semplice e
rapida, invio l'sms
a Leo prima di potermene pentire.
In
realtà, mi sento un po' come
una bambina che può permettersi una bambola tanto agognata
da un'altra meno
fortunata e ne ho subito approfittato, arrivando dove Germana non
arriverà mai.
So di star
combinando un
pasticcio, ma per ora non me ne pento a causa dell'eccessiva
eccitazione che
pervade ogni cellula del mio corpo. Al diavolo Germana e la sua
convinzione che
io non sia in grado di farmi pensare
da nessuno!
So che Leo, alla
fine, è il
tipo che può permettersi il lusso di uscire con donne
bellissime e non ragazze
normali con mille dubbi e incertezze come me, ma si è fatto
avanti, è stato
chiaro e so che non ci sarà nessuna storia romantica tra
noi, ma almeno tanto
vale cogliere l’attimo, per una volta.
Nel giro di un
minuto, ricevo
subito la risposta.
Perfetto!
Non te ne pentirai, te lo prometto. Dove abiti? Così ti
vengo a prendere per le
9 p.m.
Quel "p.m." mi
fa
sorridere come un'idiota, così abbandono totalmente le
chiacchiere di Germana e
continuo a rispondergli, sentendomi di nuovo viva dopo tanto tempo.
Nel momento in
cui Trudy e
Davide escono prima che quest'ultimo torni a casa, accetto l'invito di
Dario
per andarci a prendere una birra al solito bar sotto casa mia,
così mi libero
velocemente della mia orrida misa domenicale per indossare qualcosa di
più
umano come un paio di jeans e un maglioncino verde ed esco di casa,
cercando di
non pensare alla birra bevuta questa notte con Leo.
In
realtà, non faccio altro che
pensare a cosa dire o meno al mio amico, perché non ho
proprio voglia di dirgli
che uscirò con uno nostro professore.
Dario non
è Trudy, e non so perché
temo la sua reazione e il suo giudizio, quindi decido di non dirgli
nulla per
ora, anche perché l'appuntamento potrebbe andare male e
sarebbe tutto inutile.
Così,
entro nel piccolo ma
confortevole bar e lo trovo già seduto dietro uno dei
tavolini, con una faccia
strana che non promette nulla di buono.
"Ciao. Ti
è morto il
gatto?" dico quindi, sorridendo.
Lui leva le
sopracciglia,
evidentemente incredulo per la mia insensibilità. "E' morta
la mia squadra
del cuore! Si è fatta scappare tre occasioni per fare goal,
tre! E quando si
decide a segnare... E' fuori gioco! Ma dico io!" sbotta frustrato.
Sentire le
parole "fuori gioco"
mi fa annuire con tacita e non proprio partecipe comprensione,
perché
nonostante non riesca mai ad imparare cos'è che lo
determina, so che è una cosa
bruttissima, una delle più brutte del calcio,
nonché il rovina speranze di
tutti i tifosi.
Voglio bene a
Dario, ma come
tutti ha i suoi difetti, ed uno di questi è che è
quasi monotematico dalla
domenica al lunedì visto che non fa altro che commentare le
partite di calcio
del campionato.
Deve essere uno
dei motivi per
cui lui e Davide non sono tanto amici, in fondo.
"Mi dispiace"
dico,
scrollando le spalle.
"Non ci voglio
pensare
più, guarda... A te tutto bene?" si decide a chiedere,
degnandomi della
sua attenzione per la prima volta da quando sono arrivata.
-
Sì, tutto bene, tranne per il fatto che mi sto cacciando in
un pasticcio
assurdo... Sai, uscirò con il nuovo madrelingua di inglese - mi
verrebbe da rispondergli, ma sopprimo quest'idea all'istante e
annuisco. Non
sto mentendo a Dario, sto solo omettendo
la narrazione della cosa più stupida che abbia mai fatto,
ecco tutto!
"Non posso
lamentarmi...
E' venuta Germana a casa, ma forse nella tua lista delle
priorità è meglio
della sconfitta della tua squadra del cuore, giusto?" domando,
sarcastica
come al solito quando si tratta l'argomento.
Lui - a
differenza di Germana -
comprende il mio sarcasmo e si lascia scappare una risata. "Sapevo che
fosse una buona idea vederci, almeno mi fai ridere un po'".
"Ma grazie...
L'avessi
saputo prima, sarei andata a lavorare come clown".
Ride di nuovo,
in un modo che contagia
anche me.
Nel frattempo,
Piero, il
ragazzo del bar, ci si avvicina per prendere le ordinazioni, e quando
si
allontana torniamo di nuovo seri.
"E quindi? Vi
siete
chiarite?" indaga Dario.
"Le ho detto
semplicemente
che so com'è fatta, che non sarò mai come lei e
che quindi mi limiterò a
conviverci. Poi però io e Davide ci siamo divertiti a fare
domande idiote
mentre parlava del suo focoso sabato sera, e in molti casi lei non ha
nemmeno
capito il mio sarcasmo" spiego, scrollando le spalle. "Dovresti darle
delle lezioni, sai?".
"Di sarcasmo-lenoso?".
"Precisamente".
"Ma no, quella
finirebbe
per corrompermi e portarmi a letto".
"Buon per te,
no?" lo
sfido, guadagnandomi un'occhiata scettica.
"Non sono
così disperato,
sai?" domanda retorico, passandosi una mano tra i capelli.
Piero ci si
avvicina, posando
le due Corona sul tavolo insieme ad un piattino con sopra delle
patatine, e
dopo averlo ringraziato guardo Dario con aria di sfida.
"Dai, non dire
bugie! Sei
un uomo, e in quanto tale non le diresti di no" stabilisco, sicura
della
mia idea.
"E invece ti
dico di no.
Sarò pure un uomo, ma non vado con la prima che capita. Ci
ho provato una
volta, e non mi è piaciuto" rivela, un po' imbarazzato.
Dario
è fatto così, non è il
tipo di ragazzo che riesce a parlare apertamente delle storie della sua
vita -
e magari ingrandendo anche i particolari - ed è uno dei motivi per cui mi ci trovo
bene insieme.
"Non ne sapevo
nulla"
ammetto, stupita.
Che ipocrita che
sono! Io sto
per uscire con un uomo "off
limits" e non gliene parlo e ho anche il coraggio di dire una
cosa
simile!
"Non mi piace
parlarne, in
realtà".
"Va bene".
"E' successo
dopo che è
finita la storia con Daniela" spiega poi, quando in realtà
credevo che non
avrebbe proseguito con i dettagli. "I miei amici mi portarono in un
locale, bevvi molto e conobbi una tizia di cui non ricordo nemmeno il
nome. Era
bella, così finimmo per farlo nella sua auto, ma... Fu una
cosa diversa dal
solito e non mi piacque affatto" ammette, parlando quasi sussurrando.
Ciò
mi porta a ragionare, a
riflettere su un'eventuale relazione tra me e Leo. Lui ha fatto capire
che non
è in cerca di una storia seria perché a giugno se
ne andrà, ed io ho accettato
di vederlo nonostante tutto, quindi per ora sto facendo il suo stesso
gioco.
Se la cosa
dovesse andar bene e
mi decidessi ad andare a letto con qualcuno che non amo?
Otterrei lo
stesso risultato?
Dopotutto, io e Dario siamo molto simili sotto molti aspetti.
D'altra parte,
questa potrebbe
essere la mia occasione di godermi una relazione con
semplicità, senza pretese,
come mi ha consigliato Trudy numerose volte.
Poi, una vocina
nella mia testa
mi dice che è inutile fasciarsi la testa prima di rompersela
e che chi vivrà
vedrà, quindi torno a guardare il mio amico.
"Ci hai provato,
non è colpa
tua. Anzi, sappi che sei colui che mantiene viva la speranza delle
poche
ragazze che sperano di non incontrare solo i soliti porci affamati".
"Io direi che
è il mio
problema. Il tipo di ragazza che mi interessa mi vede sempre come un
buon
amico" sbotta, sospirando, e decidendo di bere un sorso di birra.
"E quale sarebbe
il tuo
tipo di ragazza?" indago, improvvisamente curiosa.
A furia di
trattare Dario come
una sorta di fratello, non lo conosco molto sotto il punto di vista
sentimentale,
e in questi casi la voglia di conoscerlo anche sotto gli aspetti
più intimi si
fa sentire.
"E che te ne
frega?"
risponde.
"Curiosità".
Prende tempo
mentre continua a
bere, e solo dopo un minuto buono decide di rispondermi. "Mi piacciono
le
ragazze che ancora arrossiscono per un semplice complimento, che
preferiscono
un regalo che sia il simbolo di un avvenimento importante ad una borsa
costosa,
e che non si buttano chili di trucco in faccia quando usciamo".
Mentre parla,
sostiene con
fermezza il mio sguardo, ed io rimango immobile, perché
sembra abbia descritto
me, poi però penso che alla fine, essendo amici,
è ovvio che gli piaccia come
sono, anche perché passiamo molto tempo insieme.
Non riesco a
dire nulla di
intelligente e lui continua a guardarmi, come se fosse in attesa di
chissà
cosa, e mi mette ancora di più in difficoltà
perché mi sento come se stessi ad
un esame e il professore mi stesse mettendo sotto pressione.
Come
compromesso, bevo anch'io
un sorso di birra e inizio a mangiare una manciata di patatine, poi
alzo lo
sguardo verso il monitor della tv del bar che si trova in fondo al
locale.
"Oh, la Juve ha
vinto" biascico quindi, vedendo il replay di alcuni goal.
Ciò
lo fa distogliere dal
silenzio, si volta e commenta con uno "Tsk", dato che lui odia quella
squadra.
Uno dei signori
che sta
guardando la tv lo ascolta e lo fissa, annuendo in sua direzione.
"Ladri
fino in fondo! L'arbitro ha fatto finta di non vedere due falli...".
"Nulla di nuovo,
quindi".
Confusa
più che mai, quindi,
scelgo come compromesso quello di bere numerosi sorsi di birra e
ingozzarmi di
patatine, mentre in sottofondo si odono le chiassose proteste contro la
Juve e
l'arbitro.
"L'ho sempre
detto io! Ah!
Sono un'indovina!".
Trudy quasi
saltella lungo
tutta la superfice del bagno, mentre io mi asciugo il volto in seguito
all'averlo lavato per togliere il trucco leggero che avevo sugli occhi.
Poso
l'asciugamano e la fisso
con aria di rimprovero, sbuffando. "Non c'è nulla da sapere,
sai? Non è
come dici tu!" sbotto, dicendomi che questa domenica sia stata la
più
lunga della mia vita.
La mia amica,
ovviamente, non
mi dà ascolto nemmeno per una frazione di secondo e continua
imperterrita a
fare il suo show, che consiste nel fare espressione buffe e mezzi
saltelli che
le conferiscono un'aria idiota.
"Davvero,
Trudy!"
insisto. "E' una coincidenza...".
"Ma per favore!
Lo dico io
che sono anni che ti muore dietro! Evidentemente stasera ha deciso di
smettere
di fingere e ha provato a buttarsi. Tutto stava nella tua risposta,
ecco
tutto" risponde lei.
Senza riuscire a
trattenermi,
le ho parlato della strana conversazione avuta con Dario, e il suo
risultato è
stata questa sorta di danza della pioggia senza senso e imbarazzante.
Già
quando ci siamo conosciute
lei pensava che Dario fosse il mio ragazzo perchè si trovava
in casa con me
quando lei si trasferì - circa una settimana dopo l'inizio
dei corsi - e quando
seppe che non era così disse che lo trovava strano
perchè sembravamo in
sintonia, nonostante ci conoscessimo da nemmeno dieci giorni.
Con il passare
del tempo, ha
sempre notato un comportamento particolare da parte sua nei miei
confronti, ma
le ho sempre detto che non è così
perchè è il suo semplice modo di fare.
Quindi, nel
momento in cui le
ho raccontato delle parole di questa sera, per lei è stata
semplicemente una
conferma ai suoi assurdi sospetti.
"Trudy, ragiona.
Lo
conosco da, quanto?, tre anni? Ed è mai possibile che abbia
sempre finto con
me? Per favore! E' un caso, basta!" provo a farle capire, ma lei sembra
non mi stia ascoltando.
"Dario secondo
me è
perfetto per te, è l'unico che potrebbe amarti come meriti"
sentenzia, con
aria saggia, per quanto possa sembrare saggia una che è
intenta nel passarsi
una crema sulle gambe mentre, con l'altra mano, si ficca in bocca uno
spazzolino.
Pregustando il
breve silenzio
che nascerà mentre si lava i denti, così, dico
semplicemente: "Tu vaneggi,
sul serio. Ormai è andata, uscirò con Leo e
proverò sul serio a godermi una
relazione semplice, anche se di sicuro sarà composta solo
dall'appuntamento di
mercoledì".
Esco dal bagno,
entro nella mia
stanza dalle pareti verdi acqua - mio ritocco personale con il consenso
del
padrone di casa - e prendo l'agendina in cui ho scritto gli orari del
nuovo
semestre.
Il solo vedere
la scritta
"Lunedì, ore 10-12 lettorato di inglese" mi provoca un nodo
alla
bocca dello stomaco: mi toccherà inventare una bugia da dire
alle altre per
giustificare la mia assenza al corso del professor Scott.
E' ufficiale: domani
inizierà
la recita più grande della mia vita.
*°*°*°*
- iHola!
- Venerdì
è appena iniziato ed io ho già aggiornato xD
- Domani
avrò mille cose da fare, quindi ho preferito
“anticiparmi”.
- Sono
molto stanca e l’aver trascorso la giornata a studiare
prima in inglese e poi in spagnolo non aiuta xD, quindi sarò
breve.
- Come
avete visto, Lena accetta di uscire con Leo solo per
fare un “tacito” dispetto a Germana, e magari
provare a se stessa che non è una
nullità.
- Ci
tengo a precisare che se pensate di leggere la storia in
cui l’alunna si innamora del prof e vissero felici e
contenti… Vi sbagliate! xD
- Detto
ciò, a venerdì prossimo :D
- Grazie
a tutti voi che leggete e recensite <3
- Milly92
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Capitolo 4 *** Sms sgrammaticati, inviti assurdi e coinquiline impiccione ***
sms shrammaticati, inviti assurdi e coinquiline impiccione
12
Luglio 2012
"Non
mi ricorderò mai tutte quelle stronzate su Freud! Ma ti pare
normale che per un
esame di letteratura inglese dobbiamo studiarci pure 'ste cose di
psicoanalisi?".
Disperata,
Trudy gettò sul tavolo i fogli su cui vi era scritto "Il
Perturbante"
di Freud.
"Ma
infatti! Che poi la psicoanalisi non esisteva ai tempi di Shakespeare!"
concordò Lucia, tuttavia prendendo i fogli e leggendo
qualche riga per
ripetere.
"Dai,
è semplice, se vuoi te lo spiego io ora, tanto l'appello
inizia tra mezz'ora e
i professori non sono mai puntuali" mi offrii volontaria.
"No,
no, tanto non mi ricorderei nulla. Andasse al diavolo, la prof,
Shakespeare,
Freud e tutto il resto, di certo non morirò di ansia a causa
di gente
morta!".
Io
e Lucia ridemmo: Trudy era sempre Trudy, anche nei momenti peggiori
riusciva a
sdrammatizzare con una delle sue solite battute.
"Ma
la prof è viva..." disse Lucia, ancora ridacchiando.
"Morirà
dopo che avrò sparato tutte le stronzate che
inventerò".
Le
nostre chiacchiere furono interrotte dall'arrivo di una Marina
più abbronzata
che mai, che, tuttavia, sembrava parecchio sconvolta.
"Ehi,
Mari! Ce l'hai fatta!" dissi, visto che fino alla fine era stata
indecisa
sul presentarsi o meno.
"Lena,
ho appena visto una cosa... Assurda. E te lo voglio dire prima che...".
"Cosa
è successo?".
"Riguarda
Matteo".
Mi
irrigidii, come ogni volta che sentivo parlare di lui da un mese a
quella
parte, da quando mi aveva lasciato in un modo non proprio gentile e
senza
alcuna spiegazione plausibile. "Non mi interessa, lo sai, ho deciso
che...".
"Sta
già con un'altra".
Via
il dente, via il dolore, questo doveva essere il motto della mia amica.
Sgranai
gli occhi, perchè, a quelle parole, si aggiunse la vista di
Matteo che era
appena entrato nel corridoio mano nella mano con una tizia…
La conoscevo di
vista, l’avevo vista qualche volta a lezione.
I
nostri sguardi s'incrociarono, e lui, freddamente, si voltò
verso di lei e la
baciò.
*****
Spesso,
le decisioni che
prendiamo la sera, il mattino dopo ci sembrano delle vere e proprie
idiozie.
E'
questo ciò che penso quando,
in seguito al suono della sveglia, mi alzo, sbadiglio, prendo la
biancheria
pulita da uno dei cassetti vicino al mio letto, pronta ad iniziare una
nuova ed
estenuante settimana, e poi mi blocco, dicendomi che oggi
andrò a lezione alle
dodici e non alle dieci perché ho avuto la brillante idea di
accettare di
uscire con il mio madrelingua di inglese che non sa di essere un mio
insegnante
e quindi non posso farmi vedere durante il suo corso.
Ormai
sveglia e alquanto
infastidita per la mia assurda e irresponsabile decisione, decido di
andare
comunque in bagno per farmi una doccia e poi iniziare a studiare per
l'esame di
Tedesco III, che nonostante ci sia tra tre mesi è
difficilissimo da superare,
quindi il tempo non è mai sufficiente in questo caso per
passarlo al primo
colpo.
Prima
di entrare in bagno,
passo davanti alla cucina e vedo che Trudy sta facendo colazione sola
soletta,
bagnando dei biscotti nel latte in un modo che la fa sembrare una
bambina.
"Buongiorno"
esclamo,
appoggiandomi allo stipite della porta con aria stanca.
Mi
risponde con un cenno visto
che ha la bocca piena, e ciò mi sprona a continuare a
parlare. "Vai al
lettorato d'inglese?" indago.
Lei
ingoia il boccone con calma
e scuote il capo. "No, no. Verrò con te. Hai già
deciso quale
seguire?".
Le
sorrido, felice di sapere
che non mi toccherà seguire quel corso da sola. "Penso di
andare da King,
quello del gruppo M-Z, è l'unico che ha gli orari
più comodi. Sta il martedì e
il giovedì dalle 10 alle 12".
"E
che King sia,
allora!".
"Grazie
per aver deciso di
seguirmi in questa follia" ammetto, perché, sì,
si tratta di una follia
vera e propria, seppur sia una follia di cui non ne potrò
parlare con nessuno
che non sia Trudy.
-
E Dario? Avevi detto che gliene avresti parlato se il primo
appuntamento fosse
andato bene! - mi
dice la fastidiosa vocina nella mia testa.
Cerco di non ascoltarla e mi concentro sul volto della mia amica, che
al
momento sta imitando una delle sue solite faccine buffe e ribelli.
"Ma
che, l'ho fatto solo perché
così saprò dove prendere gli appunti!".
"Stronza!"
esclamo,
tuttavia ridendo, e per ripicca le lancio addosso il paio di slip che
ho in
mano - abituata come sono a fare questo gesto con qualcosa di
più consistente
come un cuscino -.
Trudy
si scansa e poi raccoglie
i miei slip con aria critica. "Lilla con dei pupazzetti azzurri.
Tesoro,
non dirmi che anche quando stavi con Matteo andavi in giro con
dell'intimo
simile" osserva, alzandosi e porgendomi l'indumento.
Alzo
gli occhi al cielo, per
poi biasimarla con un solo sguardo.
"La
mia giornata è appena
iniziata, tra quarantotto ore uscirò con il mio madrelingua
d'inglese e tu non
perdi occasione per nominare il mio ex?" sbotto, incrociando le
braccia,
seccata più che mai.
Trudy
imita un sorrisino di
scuse. "Hai ragione, scusami. Non dovrei infierire, è che
sono così
abituata alla mia stabilità sentimentale che... Ok, sto
zitta che è
meglio".
Annuisco,
approvando
quell'ultima saggia decisione, e mi dirigo verso il bagno.
Dopo
pochi passi, però, mi
volto. "Quando stavo con Matteo indossavo comunque questo tipo di
intimo,
ne indossavo uno più decente solo quando uscivamo ed
è anche capitato che mi
beccasse con questo tipo di mutande. E sai la novità? Diceva
che erano
eccitanti" ridacchio, scatenando in lei una serie di risatine tremule.
Dopotutto,
mi fa bene parlare
del passato senza nessun rancore, perché alla fine io e
Matteo abbiamo vissuto
una storia bella, a tratti magica, e spesso, presa dal rancore e dalla
rabbia
verso il presente, me ne dimentico.
"Eccitanti?
L'ho sempre
detto che fosse un po' disturbato" commenta la mia amica.
"Comunque
andrò al più
presto a fare shopping, promesso" aggiungo.
Udendo
ciò, Trudy sgrana gli
occhi e spalanca la bocca, non riuscendo a celare la sua
incredulità.
"Stai dicendo che... Se le cose vanno bene, saresti disposta ad andarci
a
letto?".
"Sto
solo dicendo che un
po' di cambiamenti fanno bene, ogni tanto!" svio la questione, e senza
aggiungere altro, mi rinchiudo in bagno e, rapidamente, mi libero dal
caldo
pigiamone con cui ho dormito per poi buttarmi sotto il getto caldo
della
doccia.
Io
che vado a letto con un
professore? Inaudito!
Critico
tanto Germana e poi
finirei per comportarmi come, se non peggio, di lei.
Inoltre,
io e Leo non siamo
ancora usciti - non so quante volte mi ripeto mentalmente queste parole
- quindi
è inutile fare programmi e "fasciarsi la testa prima di
rompersela",
come si suol dire dalle mie parti.
Poi,
però, la solita voce
petulante che mi rompe sempre le scatole - deve essere quella della mia
coscienza - mi dice che nel momento in cui ho deciso di fare questo
assurdo
passo ho automaticamente accettato di andarci a letto, visto che le
premesse
per una semplice storia di sesso - prima fra tutte il tempo limitato,
visto che
a giugno tornerà in America, che fa capire che non ci sono
intenzioni "serie"
- ci sono tutte.
In
momenti come questi mi odio,
perché non so nemmeno io cosa mi passi per la testa e stento
a riconoscermi,
dannazione!
"Secondo
me, è lui quello
giusto per te".
"Lui
chi, scusa?".
"Dario".
Sgrano
gli occhi e tappo con la
mano quell'assurda boccaccia coperta da un lucidalabbra rosso che Trudy
si
ritrova, visto tutte le stronzate che spara ogni minuto.
Siamo
sedute sui gradini del
palazzo di Via Duomo, una delle numerose sedi
dell'Università, e aspettiamo
l'inizio della lezione di Filologia Germanica.
Per
fortuna, la lezione di Leo
c'era in un'altra sede, quindi non rischio di incontrarlo.
"Trudy,
la devi smettere
di sparare idiozie, soprattutto qui! Lo sai che qui anche i muri hanno
le
orecchie!" esclamo, dando voce ad una mia vecchia e consolidata
credenza, poiché
i "gossip" non sono mai al sicuro tra le mura della mia
università.
"Lena,
per favore!
Ascoltami! Lui ieri ti ha detto quelle cose perchè...".
"Ha
provato a farsi
avanti, certo, ed io sono la Regina Elisabetta, anzi, Kate Middleton"
sbotto in risposta. "Ti prego, pensa al tuo Davide e lasciami in pace,
al
sicuro dalle tue strambe congetture".
"Tu
non sarai mai Kate
Middleton, dovresti essere molto più furba e scaltra per
riuscire nei tuoi
intenti".
"Grazie,
è un piacere
sentirti mentre mi smerdi così, sai?".
"Sono
tua amica,
no?".
"Ecco.
Figuriamoci se non
lo fossi stata".
Le
dò una leggera spintarella
mentre ride nel solito modo assordante, sotto gli occhi curiosi di
alcune
matricole che, evidentemente, si stanno domandando se arrivate al terzo
anno
diventeranno anche loro così pazze.
"Sempre
a sclerare, voi,
eh?".
Ci
blocchiamo, alzando lo
sguardo, e vedo che a parlare è stato Dario, che
è appena arrivato e ci fissa
tra il curioso e il consapevole, come a dire "Non cambierete mai!".
"E'
Lena che sclera, io
sono normale" sbotta Trudy, sorridendo candidamente, mentre in cuor mio
spero che non si lasci sfuggire nulla riguardo le sue assurde
congetture prive
di senso e logica.
"Normale,
tu? Ma
dai!".
Come
sempre, Dario non esita a
prendere in giro Trudy, e lei sta al gioco come suo solito, alimentando
la loro
strana amicizia.
Alla
fine, io sono l'amica più
intima di entrambi, mentre la loro amicizia reciproca è
tenuta saldamente
grazie alla mia presenza.
Tuttavia,
sono sollevata nel
vedere che Dario sembri tranquillo come sempre, e ciò
conferma che Trudy sia
nel torto - non ho bisogno di conferme nel momento in cui non ho mai
messo in
dubbio tutto ciò, giusto? -.
Mentre
i due miei amici
continuano a prendersi in giro, vedo arrivare Marina, Germana, Ida,
Alessandra
e Lucia, accompagnate da una persona che inizialmente a causa degli
studenti
che le circondano non riconosco, prospettiva che cambia nel momento in
cui il
gruppetto si avvicina.
Le
ragazze sembrano serie,
annuiscono di tanto in tanto, e con mio sommo stupore vedo che la fonte
della
loro attenzione non è altro che Elisabetta, la ragazza di
Matteo.
Probabilmente,
non l'ho
riconosciuta perché la vedo per la prima volta dopo secoli
senza il suo ragazzo
che svolge perennemente il ruolo di sua ombra personale.
Sembra
allegra, esaltata, e non
fa altro che parlare mentre si passa una mano tra i capelli
castano-ramati e
stranamente non piastrati, visto che è solita avere una
capigliatura sempre
perfettamente ordinata.
Confusa,
tolgo lo sguardo dalla
direzione in cui si trovano loro, e subito Dario e Trudy si affrettano
a
guardare in loro direzione, per poi emettere un concitato: "Ah" di
comprensione.
Non
hanno il tempo di
aggiungere nulla, perché il gruppetto ci ha raggiunto e le
mie amiche cercano
di scusarsi con il solo sguardo, mentre io le saluto falsamente
disinvolta.
"Ciao,
Lena" esclama
Elisabetta, sorridendomi in un modo che sembra irritante, almeno per
me.
La
tentazione di risponderle
con un sincero: "Ma come, puoi parlare anche senza il sussidio della
tua
ombra?" è molto forte, ma mi sforzo di fare finta di nulla e
dico
semplicemente: "Ciao".
Che
poi, non ci siamo mai
parlate prima d'ora, visto che a stento la conoscevo di vista prima che
si
mettesse con il mio ex.
Continuando
a sorridere, lei
saluta anche Trudy e Dario, e poi ci fissa, sbattendo numerose volte
quelle
odiose ciglia iper voluminose che si ritrova grazie all'impiego di
chissà quale
costosissimo mascara.
L'imbarazzo
è percepibile da
metri di distanza, e lei evidentemente lo comprende, perché
si rivolge a me,
Trudy e Dario con un falso sorriso scintillante. "Ragazzi, stavo giusto
dicendo alle ragazze che mercoledì Matteo compie ventidue
anni...".
-
Giusto! Strano che non me lo sia ricordato!
- penso tra me e me.
"...
E visto che è il
primo compleanno che passiamo insieme...".
-
Stronza! Ribadiscilo ancora, mi raccomando, non s'era capito! -
"....
Avevo pensato di
organizzargli una festa a sorpresa a casa sua, visto che quel giorno
sarà fuori
fino alla sera. Perciò, volevo invitarvi! Spero verrete, ci
divertiremo!"
conclude.
Dal
canto mio, vorrei tanto
poter prendere qualsiasi cosa mi circondi che sia bella grossa e
pesante e
commettere il primo omicidio della mia vita, ma qualcosa mi dice di
restare
calma e di mostrarmi superiore, come cerco di fare da mesi e mesi.
Non
capisco cosa abbia nella
testa questa ragazza, letame, forse?
Se
avessi un ragazzo, di certo
non inviterei la sua ex alla sua festa a sorpresa, e nemmeno le amiche
di lei,
visto che alla fine Matteo le conosceva ma era amico solo di Trudy.
Probabilmente,
mi dico, la tipa
vuole invitarci solo per fare numero visto che c'è l'alto
rischio che si
presentino in pochi, dal momento in cui Matteo si è quasi
isolato dal resto del
mondo da quando sta con lei.
Cerco
di fare di tutto per
rimanere calma e, con un'ipocrisia assurda faccio un piccolo cenno di
assenso.
"In realtà mercoledì dovrei lavorare e non so a
che ora finirò, mi
dispiace, se l'avessi saputo prima..." rispondo, cercando di farle
capire
che una festa non si organizza due giorni prima, "... Ma comunque
passerò
per un saluto se non finisco troppo tardi".
"Oh,
va bene!".
Elisabetta
evidentemente non ha
voglia di discutere la mia critica non espressamente detta, in un modo
che mi
dà ai nervi, tanto che non ascolto nemmeno la risposta dei
miei amici.
Non
so quanto tempo dopo mi
ritrovo a salire le scale che conducono al secondo piano, dove si
terrà la
lezione di Filologia Germanica, e sento qualcuno che mi afferra il
polso.
"Mi
dispiace, anche noi le
abbiamo detto che non sappiamo se andarci o meno. Senza offesa, ma noi
già non
conoscevamo molto Matteo, figurati ora che vi siete lasciati!".
Con
un sorriso sincero e
un'espressione altrettanto sincera, Lucia mi guarda e cerca di
infondermi un
po' di coraggio.
Le
sorrido di rimando e scrollo
le spalle, un po' incerta. "Andateci, poi mi raccontate tutto e ci
facciamo qualche risata" dico, stupendo me stessa: una parte di me
vuole
che le mie amiche vadano, e non so nemmeno perché.
Infatti,
la stessa Lucia mi
fissa senza capire. "Non c'è bisogno che menti, Lena, sul
serio...".
"Non
sto mentendo! Vi
prego, andate e fate da reporter per me".
"Dici
sul serio?".
Alessandra si intromette nella conversazione, con gli occhi quasi fuori
dalle
orbite, seguita a ruota dalle altre.
Nel
giro di pochi istanti,
tutto il gruppetto si stringe attorno a me con aria curiosa mentre
saliamo una
delle statuarie rampe di scale, dato che il palazzo è molto
antico.
"Sono
seria. Andateci,
prendeteli in giro e riferitemi tutto. Ed ora scollatevi di dosso, per
favore!" aggiungo, accelerando il passo mentre salgo gli ultimi gradini
e
attraverso il corridoio di fretta.
Tuttavia,
scelgo una fila di
posti ancora del tutto vuota per far sedere tutti e prendo posto dietro
al
banchetto più esterno, giusto in tempo per vedere Elisabetta
e un ignaro Matteo
spuntato dal nulla che attraversano l'aula mano nella mano come al
solito, per
poi sedersi poche file avanti a me.
"Non
lasciare che
quell'oca ti rovini la giornata" mi sussurra Dario, che ha appena preso
posto al mio fianco.
Mi
volto per guardarlo, e vedo
che i suoi profondi occhi blu mi stanno scrutando con una sorta di
limpida e
sincera preoccupazione.
"Ma
no! Odio solo la sua
faccia tosta, tutto qui. O forse mi ha infastidito perché io
non avrei mai
fatto una cosa del genere. Qualcuno potrebbe dire che è
stata gentile, e forse
sul serio è meglio di me, perciò Matteo
è felice con lei e si comporta in un
modo migliore rispetto a come si comportava con me" rivelo tutto d'un
fiato, dando voce ai miei pensieri più profondi che, spesso,
fanno fatica ad
emergere, perché sono sempre convinta di comportarmi nel
migliore dei modi,
senza criticarmi nemmeno un po'.
Sono
profondamente insicura per
quanto riguarda il mio lato esteriore, ma allo stesso tempo convinta di
ciò che
penso, e ciò è totalmente sbagliato.
Farei
meglio ad essere sicura
di me ma umile nei pensieri, dopotutto.
Vedo
Dario poggiare la sua mano
sulla mia, e torno a guardarlo senza battere ciglio.
"Per
favore, smettila!
Ogni storia ha un suo perché, voi siete stati felici ed ora
lui lo è con
un'altra, ma presto lo sarai anche tu, vedrai. Perché
diamine ti colpevolizzi
per ogni singola cosa?" mi rimprovera, accalorato, seppure stia
bisbigliando onde evitare l’ascolto da parte di orecchie
indiscrete.
"Sono
egocentrica?"
domando a bruciapelo.
"Le
persone egocentriche
sono altre, fidati. Comunque, se vuoi mercoledì sera usciamo
e...".
"Mercoledì
ho sul serio un
impegno, non ho mentito".
"E
cosa devi fare?".
"Rimpatriata
con le amiche
del liceo che hanno preso casa qui" rispondo prontamente, ripetendo la
bugia che mi sono preparata per giustificare la mia assenza con i miei
amici.
Sto
diventando una schifosa
bugiarda, ma ferita come sono ora, non riesco a pentirmene. "Ma tu
vacci,
davvero" aggiungo.
"Che?
Finirei per
picchiarlo, lo sai".
In
effetti, anche quando io e
Matteo stavamo insieme, non riuscivo a farli andare d'accordo in nessun
modo.
Probabilmente,
hanno due
caratteri incompatibili, ed entrambi non mi hanno mai nascosto
l'antipatia nei
confronti dell'altro.
"Va
bene".
L'arrivo
del professore pochi
minuti dopo pone fine alle nostre chiacchiere, così estraggo
il quaderno dalla
borsa per prendere appunti, sperando di riuscire a concentrarmi per
seguire la
lezione e liberare la mia mente dai mille pensieri che mi affliggono
per circa
un paio d’ore.
Ciao! Come è
iniziata la tua
settimana? Io ho avuto poco tempo libero a causa delle lezioni... Ma ho
pensato
di te.
Scoppio
a ridere, in un modo
che attira l'attenzione di Trudy, la quale si sta dando da fare vicino
ai
fornelli per preparare la cena visto che è lei la chef della
casa. Di solito,
io mi limito a fare le pulizie e a cucinare cibo pronto o giusto
qualche
secondo.
"Perché
ridi?"
domanda, inquisitoria come al solito.
"Leo
mi ha scritto un sms,
e l'ultima frase dice "Ho pensato di
te"!" ridacchio.
Lei
esita un secondo, poi ride
ed annuisce. "Giusto, in inglese il verbo "To think" è
seguito
dalla preposizione "of"! Ma è stato carino, non correggerlo,
dopotutto non è italiano" aggiunge, intenerita.
"No,
infatti, non sono
così cattiva. Che gli rispondo?".
Trudy
scrolla le spalle con
aria vaga, prima di tornare a dedicare la sua attenzione alla
preparazione
della cena, così decido di cambiare stanza e mi reco nella
mia camera,
stendendomi sul letto e lasciandomi scappare un lungo sospiro.
Ciao! E' iniziata nel solito
modo, sono tornata dall'università un paio di ore fa... Devo
dire che ho
pensato molto alla nostra uscita.
Scrivo
rapidamente questa
risposta e la invio, per poi ricevere subito un altro sms.
Pensando
che non possa essere
già di Leo, apro il messaggio e scopro che è di
Dario.
Ehi, ti va se
passo da te dopo
cena?
Ok!
Non
ho nemmeno il tempo di
inviare la risposta che è appena arrivato un altro messaggio
di Leo.
Mi
metto a sedere, domandandomi
da quanto tempo non ricevevo così tanti sms visto che sono
solita chiamare, e
leggo il nuovo sms.
Sono sicuro che ci
divertiremo!
Sai già dove ti piacerebbe andare?
Quel
"Divertiremo", onestamente,
mi turba un po', perché nell'immaginario collettivo dei
ragazzi, stando alle
mie conoscenze, divertirsi coincide con il fare sesso sfrenato con una
ragazza
che non deve essere per forza una con cui stai insieme o che conosci da
tanto,
così la mia mente torna ad essere investita dallo stesso
dubbio che mi sono
posta nemmeno dodici ore fa: mi sto immergendo in una "storia" in cui
è contemplato solo il rotolarsi tra le lenzuola?
Subito,
rapida come non mai,
inizio a pensare ad un posto in cui sia impossibile appartarsi.
Un
bar?
No,
i bar hanno bagni che
sembrano fatti per copulare selvaggiamente!
Un
ristorante?
No,
peggio!
Un
locale?
Stessa
risposta della prima
opzione.
Poi,
però, ricordo che verrà a
prendermi con la macchina, che già di per sè -
Dario docet - è un luogo in cui
i ragazzi non si fanno scrupoli nel vederlo come un letto a due piazze,
quindi,
rassegnata e convinta che tocchi a me far capire che per ora non mi va
di fare
sesso con un estraneo, rispondo con un semplice:
E' lo stesso,
scegli tu!
Dopotutto sei tu che mi hai invitata, no? Non ho preferenze.
E se ti propongo una cena a casa mia?
Di
scatto, mi alzo dal letto e
corro in cucina, facendo così tanto rumore che Trudy alza lo
sguardo mentre sta
condendo l'insalata di pomodori e mi fissa.
"Che
hai?" domanda,
senza capire.
"Secondo
te, se un ragazzo
ti chiede al primo appuntamento di cenare a casa sua... E'
perché non vuole
spendere soldi, vero?".
"No,
è perché così può
fare meno fatica nel raggiungere un posto dove poterti conoscerti intimamente, come il suo divano, il suo
letto, il tavolo della sua cucina...".
Vedendo
che sono sbiancata, la
mia amica abbandona la presa sulla bottiglia di olio che aveva tra le
mani e,
vedendo che ho in mano il cellulare, lo afferra. Legge il messaggio e
ridacchia, fissandomi nello stesso modo in cui si fissa una bambina che
ha
paura del buio.
La
vedo scrivere qualcosa
rapidamente, in un modo così veloce che quando mi avvicino
noto con orrore che
sta già inviando l'sms.
"Che
diavolo hai
fatto?" sbotto.
"Leggi
tu stessa"
esclama soddisfatta.
Vado
nella cartella degli sms
inviati e leggo l'ultimo messaggio mandato.
Va bene, ma te lo dico in
anticipo: non faremo sesso!
Alzo
lo sguardo, con un
sopracciglio levato, e lei si giustifica con la sua solita aria da "La
vita è bella, godiamocela, non dobbiamo pensare a nulla di
negativo!".
"Con gli uomini bisogna essere diretti, non educate come te. Voglio
dire,
devi smettere di essere Biancaneve e devi diventare Crudelia De Mon!
Capisci cosa
intendo?" spiega, convinta di ciò che sta dicendo.
Abituata
alle sue convinzioni,
annuisco stancamente e mi butto di peso sul divano, portandomi una mano
sulla
fronte e chiudendo gli occhi. "Magari se l'è presa per il
tuo sms e decide
di non uscire più con me. Meglio così".
"Mi
sa proprio di no... Ha
già risposto!".
"Cosa?".
Mi
rialzo di scatto, in un modo
che quasi quasi mi causa un giramento di testa, e fisso il display del
cellulare che Trudy mi ha gentilmente sbattuto davanti agli occhi.
In realtà te lo
avevo proposto
per farti assaggiare dei piatti tipici di California, mi dispiace
averti dato
l'impressione non giusta! Dove abito io non è weird invitarsi a casa per cenare
insieme, scusami e stai
tranquilla!
"Mi
hai fatto passare
per...".
"Una
ragazza sincera e diretta,
sì".
"Cosa
che non sono, visto
che non gli ho detto di essere una sua alunna!".
"Basta,
Lena! Per favore,
rilassati!".
Sbuffando
sonoramente, cerco di
scrivere un messaggio di risposta per cercare di salvare un po' la
faccia,
mentre Trudy si diverte un mondo con il suo solito sorrisino mentre
torna a
dedicarsi alla cena.
Scherzavo... Dai, sono sicura
che ci divertiremo, sono curiosa di vedere come cucini!
Sentendomi
patetica più che
mai, invio il messaggio e inizio a preparare la tavola per la cena, non
esitando a sbattere le ante dei mobili con poca gentilezza.
"Tra
l'altro, dopo cena
viene Dario" mormoro dopo poco, mentre sistemo i coltelli.
"Tra
l'altro, io sono
stanca e andrò a dormire dopo una doccia e una bella
telefonata al mio
amoruccio".
La
guardo male, voltandomi con
uno scatto, sollevando uno dei coltelli con cui sto avendo a che fare.
"Trudy, cara, lo vedi questo? Te lo ritroverai ficcato da qualche parte
se
non smetti di intrometterti - o non intrometterti,
in questo caso - nella mia vita privata e...".
Dal
canto suo, lei mi guarda
con una finta aria innocente, sbattendo gli occhi in stile cerbiatta
indifesa
ma non riuscendo a trattenere l’ombra di un sorriso. "Cara
Lena" mi
interrompe, "Io ho solo detto che andrò a letto presto. Sei
tu che ci hai
fatto un film sopra e hai dedotto che io voglia non
intromettermi nella tua vita privata, magari non essendo
presente al tuo incontro serale con Dario... Io non ho fatto nulla,
ergo, sei
tu che fai pensieri...".
"Trudy,
fottiti!" la
interrompo a mia volta, alzando la voce.
Odio
i suoi giochetti
psicologici e il suo volermi far sembrare "colpevole" a tutti i
costi, e probabilmente lei capisce perché smette di
sorridere come suo solito e
mi guarda con serietà. "Sei una con le palle, Lena, e lo
sai. Questo
periodo passerà, e poi sarai felice come non mai, ne sono
sicura" mormora.
"Sì,
ma smettila di fare
la fata madrina...".
"Ho
detto che sei
Biancaneve, non Cenerentola!".
Detto
ciò, mi fa cenno di
sedermi per cenare ed obbedisco, non avendo ulteriori forze per
continuare a
combattere verbalmente con una vispa e furba come la mia coinquilina.
"Le
ragazze hanno deciso
che andranno alla festa e... Scoop del secolo, ho deciso che ci
andrò anche
io!".
Quasi
mi strozzo con una delle
caramelle gommose della scorta personale di Trudy - mangiarne un bel
po' e
offrirne a Dario è il minimo che possa fare per fargliela
pagare dopo quello
che ha combinato stasera - e guardo il mio amico che, appena arrivato,
si sta
liberando dal giubbino nero che indossa, per poi appoggiarlo vicino
l'attaccapanni.
Sorride,
convinto di ciò che
sta dicendo, e prende posto vicino a me per poi prendere una manciata
di
orsetti e serpenti gommosi.
"Stai
scherzando,
vero?" m'informo, squadrandolo come se il suo viso fosse trasfigurato
da
una ritardataria acne giovanile.
"No!
Sono serio! Mi hanno
convinto Lucia e Alessandra prima di cena, mentre stavamo parlando su
facebook!" spiega disinvolto.
"Lucia
e Alessandra
parlavano su facebook...?".
"Della
festa e del regalo.
Io ho proposto un poster con una tua delle tue foto migliori con la
scritta
"Non capisci proprio un cazzo e ti meriti quello sgorbio che chiami
ragazza" ma non hanno accettato..." ridacchia, divertendosi un mondo,
o almeno così sembra.
"E
perché mai hai deciso
di andare?" indago, sicura di star ascoltando un mucchio di stronzate.
Dario,
il Dario che conosco io,
non sopporta assolutamente Matteo e non è mai riuscito a
parlare civilmente con
lui su qualcosa che non fossero le condizioni metereologiche e la
difficoltà
degli esami.
"Perché
ho capito che la
sua ragazza farà un figura di merda esagerata! Voglio dire,
ha invitato gente
che lui nemmeno conosce, si vede che non lo conosce affatto! Non oso
immaginare
la sua faccia quando mi vedrà! E poi ha invitato anche Ida
che, alla fine, è
entrata nel gruppo all'inizio del terzo anno, quindi lei nemmeno lo
conosce..." spiega vivacemente, mozzando la testa ad un povero
orsacchiotto verde con un morso.
"Dario,
è gentile da parte
tua e di Ida, ma... Non è necessario. Davvero! Ho detto alle
ragazze di andare,
certo, ma almeno loro un po' lo conoscono, ci diranno come è
andata e ci faremo
due risate, stop! Matteo fa parte del mio passato ed io non ho
intenzione di
riprendermelo, quindi non ha senso che tu gli faccia notare quanto poco
lo
conosca Elisabetta" gli dico, decisa più che mai.
Noto
che Dario mi sta fissando
con una strana intensità, si lascia scappare un piccolo
sorriso e dimentica di
mangiare il resto della caramella. "Sul serio non hai intenzione di
riprendertelo? Voglio dire, se si lascia con Elisabetta...".
"Non
succederà, ed io devo
andare avanti. E poi, sono così arrabbiata con lui!".
"Penso
sia una decisione
saggia, sai?".
Annuisco,
senza sapere cosa
dire. In realtà vorrei poter aggiungere che
uscirò con Leo, giusto per fargli
capire che ho capito di dover continuare a vivere la mia vita, ma ho
una paura
così grande di essere giudicata da lui che mi blocco e non
dico altro.
"Comunque,
ci vado lo
stesso, ho deciso" decreta Dario, tornando a mangiare le caramelle come
se
fosse un bambino troppo cresciuto.
"Se
lo dici tu...".
"Eddai,
sostienimi in
questa follia!".
-
Follia? Dario, sto diventando la regina delle follie, sul serio, potrei
insegnarti a fare cazzate su cazzate! -
"Ok,
ti sostengo! E sarai
il mio reporter d'onore, ok?".
"Ok!".
Poi,
come se nulla fosse,
torniamo ad occuparci delle caramelle e a guardare un film in tv, come
se
fossimo sul serio due bambini e non due universitari con una vita
sempre in
bilico tra realtà e piccole e grandi follie.
°*°*°*°*°
Ciao
a
tutti! :)
Innanzitutto
ci tengo a ringraziarvi perché ho notato un aumento nelle
persone che seguono
questa storia, quindi… Grazie mille! <3
Passando
al capitolo, direi che è di transizione, in cui
Lena si prepara
mentalmente all’appuntamento con Leo, che ci sarà
nel prossimo ;)
I
dubbi
non mancano, specialmente per quanto riguarda ciò che
succederà con il
professore visto che entrambi sono d’accordo nel non avere
una eventuale storia
“seria”: per una come Lena è una
novità lasciarsi coinvolgere in una serie di
uscite senza pretese xD
Comunque,
preparatevi, perché ci sarà anche qualche
sorpresa!
Detto
ciò, aggiornerò venerdì prossimo :D
Milly92
|
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Capitolo 5 *** Tra il Martini Rosato e la Vodka al Melone c'è il Vino Rosso ***
5
Capitolo 5
15
Dicembre 2010
"Quindi
ammetti che il voler conoscere i titoli dei libri di Linguistica
Generale sia
stata tutta una scusa per avere il mio numero?".
"Sì...".
Matteo
mi sorrideva sornione, senza nemmeno vergognarsi un po' per
quell'ammissione.
Era
davvero bello, pensai, mentre mi sorrideva e mi si avvicinava di
più. La
panchina su cui ce ne stavamo seduti era bella spaziosa, eppure per lui
non
sembrava essere così, visto che era da un po' che faceva di
tutto per starsene
il più vicino possibile a me.
Era
il nostro terzo appuntamento, e, per fortuna, avevamo raggiunto un buon
livello
di confidenza, così che non mi sentissi più a
disagio.
"Perchè
non me l'hai chiesto senza inventare scuse?" obiettai, tuttavia
sorridendo.
"Perchè
non volevo fare la figura dell'idiota... Anche se mi rendo conto che
ora la sto
facendo comunque".
Risi
nervosamente, e lui mi imitò.
"Ma
no... Sei stato sincero, e lo apprezzo".
Matteo
mi guardò, questa volta più intensamente, per poi
appoggiare una mano sul mi
viso.
"Posso
essere di nuovo sincero, quindi?".
"Devi
esserlo!".
"Muoio
dalla voglia di baciarti, Lena" sussurrò, in un modo che mi
fece sentire i
brividi lungo la schiena.
Avvicinò
di qualche centimetro il suo volto al mio, mentre io non mi mossi,
incredula ed
emozionata com'ero.
Matteo
voleva baciarmi! Wow!
Mi
limitai a chiudere gli occhi, adrenalinica più che mai,
perchè si sa che il
momento più bello di un bacio è l'istante che lo
precede, quello in cui sai che
stai per essere baciata, che stai per ricevere quel bacio che hai tanto
sognato
ogni sera, prima di addormentarti...
*************
Il rituale di
preparazione per
un primo appuntamento è una delle cose che più
odio e per cui non sono affatto
portata, ragion per cui ho fatto sì che fosse Trudy a
occuparsi della scelta
dell'abito da indossare per l'occasione, composto da jeans aderenti,
una maglia
verde con uno scollo quadrato e delle fastidiose scarpe con una zeppa
abbastanza alta.
“Ho
notato una cosa
fighissima!” sghignazza la mia amica, entrando nella mia
stanza mentre sto cercando
di dare un senso ai miei capelli, che oggi sono più mossi e
voluminosi del
solito.
“Cioè?”
chiedo, decidendo di
pettinare la parte superiore della chioma per appiattirla un
po’.
“Pensavo…
Nei telefilm si dà
sempre un nome alle coppie, no? E ce ne sono alcuni assurdi, tipo Shamy che suona proprio come
“scemi”,
oppure Chair*, che io chiamavo
sempre
“i sedia”, o addirittura…”.
“Trudy,
dove vuoi arrivare?”.
“Che
se vogliamo creare il nome
alla coppia formata da te e Leo… Non possiamo non ottenere o
Lena, o Leo
visto che i vostri nomi iniziano entrambi con Le
e…”.
“Ma
co….”.
“Non
interrompermi, ora viene
il bello!”.
Alquanto
scettica, smetto di
pensare alla spazzola e mi volto verso di lei, che è
decisamente entusiasta,
così continua a blaterare.
“Ho
notato” riprende, “Che
anche tu e Matteo all’epoca sareste stati i Leo! Lena e
Matteo, Leo! Era
scritto nel tuo destino!” urla, battendo le mani e ridendo
come un’ossessa,
lasciandomi totalmente senza parole.
Poi, non
riuscendo a
trattenermi, scoppio a ridere a mia volta per
l’assurdità di quella congettura.
“Trudy,
ma non hai un cacchio
da fare?!” ridacchio, scuotendo il capo.
“Ma
no, queste cose fanno parte
della quotidianità di una shipper
come me! Ah, e vuoi
sapere come chiamerò
d’ora in poi Elisabetta e Matteo?”.
“Spara”.
“Gli Elio!”.
“Elio?!”.
“Sì,
Elio! E’ perfetto visto
che l’elio è un gas nobile incolore e inodore,
quindi totalmente noioso, privo di…”.
“Trudy?”.
“Sì?”.
“Si
vede che sei la fidanzata
di un ingegnere!”.
Circa
mezz’ora dopo, senza
capirci nulla, alquanto scioccata e confusa circa l’incognita
che mi aspetta, scendo
di casa – cercando di non camminare come un dinosauro a causa
delle scarpe -,
in seguito allo squillo che Leo mi ha fatto quasi dieci minuti prima.
In
realtà ero pronta dalle nove
meno dieci, ma Trudy-la-shipper ha
detto che dovevo farlo aspettare almeno un po’,
così non ho avuto altra scelta
che obbedire.
Ovviamente, una
serie di dubbi
iniziano ad affacciarsi nella mia mente, insieme ad una sorta di paura
che mi
spinge a controllare che nessuno di mia conoscenza sia presente nei
dintorni di
casa mia mentre salgo in auto.
“Ciao,
Lena!”.
Leo, fin troppo
a suo agio, mi
sorride, radioso, mentre apre lo sportello dell’auto.
“Ciao,
Leo. Come stai?”
rispondo, facendo di tutto per entrare nell’abitacolo con
calma ed eleganza,
senza lasciarmi prendere dal panico che sta dilagando nelle mie vene.
“Bene,
e tu?”.
“Bene,
bene, grazie”.
Cerco di non
pensare al fatto
che questa sembri una delle sciocche conversazioni tramite chat che non
avranno
mai un continuo, tra persone che non si sopportano molto,
così cerco di
distrarmi mentre metto la cintura di sicurezza e Leo fa ripartire
l’auto.
“Dove
abiti?” chiedo quindi,
dando voce alla prima domanda civile e con un senso che mi è
venuta in mente
pur di non far scendere un imbarazzante silenzio.
“A
venti minuti da qui, più o
meno”.
“Capito…”.
Purtroppo,
questa volta cadiamo
in un silenzio decisamente snervante, che viene rotto solo cinque
minuti dopo
da lui.
Si schiarisce la
voce, e ciò
non so perché mi fa preoccupare. “Volevo dirti
che… Mi è dispiaciuto aver fatto
una brutta figura quando ti ho proposto ti venire a casa mia”
mormora, un po’
imbarazzato.
Imbarazzata a
mia volta, sento
la vitalità andare via dal mio corpo oltre ad
un’insana voglia di gettarmi dal
finestrino, e non so perché mi viene da tossire, tanto che
Leo si volta per
pochi istanti verso di me. “Tutto bene?”.
“Sì,
sì… Coff… Vuoi la
verità?”
domando a bruciapelo, con una vocina stridula.
“Beh,
sì”.
-
Sono una tua alunna! Sono una tua alunna! – mi suggerisce
la mia
coscienza, che metto subito a tacere.
“Quell’sms
te l’ha inviato la
mia coinquilina. Le ho domandato un parere e lei, sapendo che tendo ad
essere… Timida e che ci
avrei solo girato
intorno, ha preso il cellulare e ha risposto alla velocità
della luce. So che
sembra assurdo ma…”.
“Io t’ credo. Si vede da come ne
parli ora, dal tuo imbrazzo”.
“Di
solito sono una frana con
le bugie, quindi ho preferito dirti subito come stanno le
cose”.
Che ipocrita che
sono, mi
faccio schifo da sola! E’ vero, sono una frana nel mentire,
ma in questo caso
ci sto riuscendo, chissà perché.
Vedo che Leo si
lascia sfuggire
un sorriso, e noto quanto sia affascinante.
E’ a
causa di questa
constatazione che riesco miracolosamente a rilassarmi e a pensare che
devo
stare tranquilla, che ho la prospettiva di passare una semplice serata
con un
bel ragazzo.
“Devo
dire che ho conosciuto
poche ragazze che non sapevano dire… Lies”
ammette.
“A
volte mi piace considerarmi
l’eccezione” rivelo, guadagnandomi un altro sorriso
da parte di sua.
“Se
stai provando a convincrmi che ho
fatto bene ad
invitarti ad uscire, devo dirti che ci stai riuscendo”.
Sembra sincero,
anche se
continua a non reprimere quel bel sorriso che si ritrova stampato sulla
bocca
da un po’.
Mi lascio
sfuggire una risatina
nervosa e mi accomodo meglio contro il sedile, lanciando uno sguardo al
paesaggio fuori al finestrino. “Allora completo il tutto
dicendoti che lunedì
sono stata invitata alla festa di compleanno del mio ex ma ho rifiutato
per
uscire con te, nonostante una piccola parte di me sarebbe voluta
andarci solo
per dimostrare alla sua attuale ragazza, che ha organizzato il tutto,
che so
cacciare fuori la mia faccia tosta”.
“Wow,
allora devo sentirmi lusngato! O non
ci sei andata perchè
temevi di innervosirti nel vederli insieme?” mi provoca, con
il tono di chi si
sta divertendo un mondo.
“Ma
no. Dopotutto, li vedo
insieme tutti i santi giorni all’università, ci
sono abituata”.
“Allora
sei una tosta. O,
almeno, il tuo… Ehm, liver,
lo è”.
“Il
mio fegato?” domando,
ricordando che dopotutto sia già abbastanza bravo
nell’esprimersi in italiano.
“Fegato,
sì. Scusami, ma…”.
“Tranquillo,
anzi, per me parli
fin troppo bene visto che non sei italiano” lo rassicuro, e
questa volta tocca
a me sorridere anche se lui non può vedermi dato che sta
fissando la strada
davanti a sé.
Un quarto
d’ora dopo mi ritrovo
nell’ingresso del suo appartamento, che, devo ammettere,
è decorato con gusto.
Mi ricorda molto
casa mia, ad
essere onesti, con le pareti dipinte con terra fiorentina e numerosi
quadri
raffiguranti antiche principesse con cornici dorate.
“E’
molto accogliente” dico.
“Grazie.
Questo appartmento è di
uno dei miei zii di
secondo grado, di solito ci vengono in estate, quindi lo hanno lasciato
a me.
Mi ci trovo bene”.
Annuisco, mentre
lui si toglie
il cappotto grigio che gli arriva un po’ oltre la vita,
così lo imito e lui,
elegantemente, mi aiuta a sfilare il mio trench beige e lo ripone con
cura sull’attaccapanni.
Gli affido anche la borsetta dopo aver estratto il cellulare, e poi lo
seguo
fino al soggiorno, dove mi fa accomodare su un divano di pelle bianco.
Questa volta
tocca a lui essere
un po’ nervoso, perché lo vedo guardarsi intorno
prima di voltarsi verso di me.
“Ti va
un bicchiere di vino
rosso mentre riscaldo la cena?” propone, passandosi una mano
tra i capelli.
“Certo.
Posso aiutarti, se vuoi”
aggiungo.
“No,
no, sei l’ospite. E poi è
una… surprise!”.
Lo vedo estrarre
una bottiglia
di vino da uno dei mobili, poi si allontana per prendere un cavatappi e
due
calici di vetro, apre la bottiglia e versa il suo contenuto nei
bicchieri, per
poi avvicinarsi e porgermene uno.
Si siede al mio
fianco, e
faccio avvicinare il suo calice al mio quando vedo che sta facendo lo
stesso,
come per imitare una sorta di brindisi.
Beviamo qualche
sorso, poi si
scusa e si dirige in cucina dopo aver acceso lo stereo, lasciandomi in
compagnia di Ne Yo con “Miss Independent”.
Sorseggio il
vino, senza sapere
cosa fare, ma per fortuna dopo nemmeno dieci minuti Leo torna con un
vassoio in
mano.
Lo poggia sul
tavolo ed io mi
alzo, così mi fa cenno di sedermi e, quando obbedisco, lui
allontana la sedia
dal tavolo per farmi sedere, proprio come sono solita vedere nei vecchi
film
americani.
“Ma
grazie!” esclamo, non
riuscendo a non ridere.
Tutta questa
situazione inizia
a sembrare decisamente surreale, ma mi intriga.
Lui ride a sua
volta e si
siede, per poi servire il cibo in due piatti.
Ovviamente, si
tratta di un
mega hamburger con patatine fritte, e le esibisce fieramente.
“Non penso di
averti stupito, vero?” domanda.
“No,
cioè, forse sì… Voglio
dire, sono così abituata ad associare la California con una
popolazione bella e
magra che nella mia mente di sicuro non mangiano hamburger”.
“Dovrei
prenderlo come un
complimento?” domanda, indicando sè stesso.
Nel giro di tre
secondi,
realizzo ciò che ho detto e il significato che
ciò può assumere, ma tuttavia
decido di fare un breve cenno. “Ok, sei bello e magro come
tutti i californiani
che ci sono nella mia testa, quindi sì, è un
complimento. Ma ritieniti
fortunato, nella mia vita ho detto solo a due uomini che sono
belli” spiego,
cercando di non sentirmi di nuovo stupida.
“Mi
ritengo privileged , allora! E chi
sono questi
altri due uomini?” indaga, per poi masticare un paio di
patatine fritte.
“Come
se non lo sapessi…”.
“Ok,
uno è il tuo ex, e l’altro?”.
“Il
mio migliore amico. A volte
è insicuro, così, una volta, gliel’ho
detto perché lo penso sul serio”.
Annuisce,
così inizio a
mangiare a mia volta, cercando di non rendermi ridicola mentre mordo
l’hamburger.
“Tra
l’altro, il panino che
ricopre l’hamburger l’ho fatto io, e le patate le
ho tagliate io” spiega Leo
dopo qualche minuto.
“Giuro
che non l’avevo messo in
dubbio. E’ tutto buono, davvero”.
La cena prosegue
con del pesce
cucinato in un modo tutto nuovo, per me, e degli spiedini di carne, e
termina
con dei deliziosi pancakes allo sciroppo d’acero come
dessert, perché, seppure
non siano dei dolci, Leo voleva farmeli assaggiare visto che sono fatti
con la
ricetta di sua nonna.
Alla fine della
cena, così, ci
ritroviamo di nuovo sul divano, con il calice di nuovo pieno di vino
rosso e un
po’ di complicità in più dovuta alle
leggere chiacchiere che ci siamo lasciati
sfuggire mentre cenavamo.
“Me la
darai la tua ricetta dei
pancakes?” domando.
“Dipende”.
“Da
cosa?”.
“Da se
ti andrà di rivedermi.
Lo so che l’appuntamento non è ancora finito, ma
già so che mi piacerebbe
rivederti” dice senza preamboli, avvicinandosi un
po’ di più a me.
Deglutisco, e
decido di
sostenere il suo sguardo. “Leo, non pensiamoci ora. Mi sto
divertendo con te, e
voglio vivere l’uscita con calma, senza pressioni.
Sarò sincera: ho già
abbastanza pressioni al momento”.
Lui annuisce,
comprensivo, e
mormora uno: “Scusmi”
prima di bere
dell’altro vino. “Posso sapere che tipo di
pressioni?” chiede poi.
“Sei
proprio curioso, eh?”.
“Sì,
cioè, sei tu che mi
incuriosisci molto, a dire la vertà.
Si vede che non sei banale” ammette.
“Sono
pressioni dovute al mio
volere laurearmi entro novembre, quindi devo passare al primo colpo gli
ultimi
quattro esami, al mio voler lavorare per pagare l’affitto, e
al mio prendere
tutto con serietà”.
Detto
ciò mi guarda, un po’
allarmato, ed io agito la mano, facendogli segno di calmarsi.
“Non sto
prendendo quest’uscita con quel tipo di serietà,
tranquillo, te l’ho detto
quando ci siamo visti la prima volta. Anzi, so di avere bisogno di
una… Storia
leggera, senza pretese, ed è probabilmente per questo che
sono qui. Ho preso la
mia ex relazione con molta serietà, la vedevo come un
qualcosa che non doveva
fallire e da cui dipendeva la mia vita… E quando lui mi ha
lasciato ci sono
rimasta uno schifo” rivelo, abbassando lo sguardo.
Leo mi accarezza
un braccio con
dolcezza, in un modo che mi piace. “Il tuo ex non capisce
nulla”.
“Me lo
dicono tutti, ma ciò non
cambia nulla. Comunque, sto andando avanti e ho capito che la mia
felicità non
deve dipendere da lui, ma da me stessa”.
Rialzo lo
sguardo e vedo che
Leo mi sta guardando in un modo strano che mi mette in soggezione.
“Dì
la verità, pensi che sia
pazza, vero?” domando.
“No.
Penso che tu sei una delle poche
persone vere che io ho mai
conosciuto e mi fa piacere
sentire un po’ del tuo past”
dice,
appoggiando il calice sul mobile vicino al divano.
Lo imito, per
poi tornare a
guardarlo. “Strano. Di solito tutti pensano che io sia
anormale solo perché
purtroppo tengo il conto dei mesi passati da quando lui mi ha mollata e
perché
non riesco a fare finta di nulla quando lo vedo con l’attuale
ragazza”.
“Guarda
che è normal! Mi
capitò la stessa cosa con
Annie, l’unica ragazza che ho
mai
amato e che mi ha lasciato. Mi sono ripreso dopo un anno, avevo circa
la tua
età, e, come te, capii che mi ci voleva qualcosa di
più… Lgero
per andare avanti. Tra l’altro, se vorrai, sarei felice di
essere il rappresentante della tua… Storia lgera”
spiega, questa volta facendomi l’occhiolino.
“Chi
vivrà vedrà, no?”.
E’ un
po’ confuso nel sentire
ciò, e questo mi induce a spiegare: “E’
un nostro modo di dire”.
“Ah,
ok”.
Non so come, ma
la
conversazione continua, composta da frasi sciocche e battutine, sempre
con il
cd di Ne Yo in sottofondo – che scopro essere uno degli
artisti preferiti da
Leo, insieme ad Eminem e ad altri che nemmeno conosco –
finché, dopo qualche
altro bicchiere di vino, non ci ritroviamo eccessivamente vicini mentre
stiamo
giocando a “Non ho mai”.
L’ho
accennato tra i giochi che
sono solita fare con i miei amici durante le feste e ovviamente lui, da
buon
americano, lo conosce fin troppo bene.
Consiste nel
dire una cosa che
non abbiamo mai fatto, e chi invece l’ha fatta deve bere.
Più
che altro, è questa la
causa della bottiglia di vino ormai quasi vuota.
“Non
ho mai avuto una storia
con qualcuno che era molto popolare a scuola” dico, e, udendo
ciò, Leo beve un
sorso di vino, per poi ridere come un matto.
“Io
sì, specialmente al liceo… Uscivo
sempre con la capo cheerleader! Tocca a me! Non ho mai…
Fatto pensieri impuri
sulla madre di un mio amico!”.
Nemmeno io bevo,
e lo guardo
come a dire: “Da dove ti è uscita
questa?”.
“Guarda
che dalle mie parti non
è raro non trovare una… MILF, ecco”.
“Nel
senso di Mother I’d Like To Fuck?”
domando.
Lui annuisce.
“Sì. Tanti miei
amici hanno delle belle madri, magari anche rifatte, ma non ho mai
pensato a
loro in quel senso. Si vede che mi piacciono le ragazze… Younger
than me!” dice, e qui mi lancia una significativa
occhiata di sbieco,
facendomi l’occhiolino.
Sarà
il vino in eccesso che mi
manda un po’ in tilt, ma ricambio con un sorrisino malizioso.
Dopo tre ore
passate insieme
vedo Leo come un simpaticissimo ragazzo che riesce a risultare
affascinante
anche solo compiendo un semplice gesto come prendere un bicchiere, e
per la
prima volta in vita mia mi ritrovo ad ammettere di sentirmi attratta da
un uomo
solo fisicamente, senza farmi film in testa e lasciarmi prendere da
sentimentalismi.
So che una
minima mossa può
avere conseguenze abbastanza forti, ma ormai, disinibita al massimo,
decido di
osare, aiutata anche dal corpo di Leo vicino al mio che mi trasmette un
piacevole calore.
“Non
ho mai baciato nessuno al
primo appuntamento” ammetto, il che è vero a causa
delle solite rigide regole
che mi impongo di seguire in ogni relazione con un ragazzo.
Non distolgo lo
sguardo dagli
occhi di Leo, che sembrano incendiarsi al solo udire quelle parole.
Ovviamente, beve
fino all’ultimo
sorso e posa di nuovo il bicchiere, prendendo anche il mio
delicatamente e
lasciandomi a mani vuote.
Ricambia lo
sguardo,
intensamente, e avvicina il suo viso al mio lentamente, per darmi il
tempo di
ritirarmi, cosa che però non faccio.
E’ una
situazione alquanto
nuova ed eccitante per me, che al momento non desidero altro che essere
baciata
da lui, alla faccia di tutte le seghe mentali che mi ero fatta prima
dell’appuntamento.
Al momento, Leo
è un semplice
ragazzo da cui voglio essere baciata, non il mio professore che non sa
di
esserlo.
Anzi, sembra
proprio che a
furia di fingere, io mi sia convinta di
non essere una sua alunna.
Perciò,
accosto il mio volto al
suo, finché i nostri nasi non si sfiorano, e accolgo il suo
bacio con una
timidezza iniziale che poi nel giro di pochi istanti muta fino a
diventare
eccessivo slancio.
Non penso a
nulla se non a
stringermi di più a lui e a lasciare che le sue mani vaghino
dal mio busto al
collo, e nel giro di mezzo minuto il mio cervello si scollega
totalmente,
facendomi solo assaporare quelle labbra che sembrano appartenere ad un
vero e
proprio maestro del bacio.
Mi bacia in un
modo che mi fa
sentire lusingata, perché percepisco che è un
qualcosa che avrebbe voluto fare
probabilmente dalla prima volta che mi ha vista al bar, e non posso
fare altro
che rispondere con voluttà.
Quando ci
separiamo, mi guarda
tra il malizioso e il compiaciuto mentre mi accarezza una parte della
mia
chioma.
“Speravo
sarebbe successo”
sussurra, con un filo di voce che a mio avviso lo rende decisamente
sexy.
“Soddisfatto?”
lo provoco.
“Non
ancora al cento per cento…”
e dicendo ciò mi ribacia, questa volta più
lentamente, come se volesse
assaporare ogni attimo, così, ovviamente, lo lascio fare,
domandandomi da quand’era
che non passavo una così bella serata.
“Quindi…”.
“Quindi
ti autorizzo ad
invitarmi per un secondo appuntamento, sì”.
Siamo di nuovo
in auto davanti
casa mia, ed io sto per scendere.
Eccolo, il
momento più
terrificante di un appuntamento: il saluto. Però,
ragionando, dal momento in cui
ci siamo già baciati non dovrebbero esserci problemi e
momenti imbarazzanti,
no?
Leo sorride ed
annuisce. “Sono
felice. Mi piace passare il tempo con te e…”
esita, non riuscendo a trattenere
una risata, “E che siamo riusciti a conoscerci un
po’ prima di usare il mio
divano come… Location per i nostri baci”.
“Oh,
se vuoi possiamo solo
parlare, la prossima volta” lo prendo in giro.
“Facciamo
fifty fifty” risponde, con
un sorriso malizioso.
“Ok.
Allora io vado… Grazie per
la cena e… Ci sentiamo”.
“Certo”.
Agito la mano in
segno di
saluto, senza sapere cosa fare – al momento noi che ci
scambiamo la saliva sul
suo divano sembra solo un ricordo – e lui si sporge per darmi
un bacio sulla
guancia come la prima volta che ci siamo visti.
“Ciao,
Lena”.
“Ciao!”.
Scendo
dall’auto e lo sento
allontanarsi mentre prendo le chiavi di casa dalla borsa.
Apro il portone
del condominio,
salgo le scale, e quando entro in casa guardo l’orologio e
noto che è
mezzanotte e venti.
Di Trudy non
c’è neanche l’ombra,
così compongo il suo numero e la chiamo, mentre mi libero
dal trench e appoggio
la borsa sul tavolo della cucina.
“Ehi!
Com’è andata?”.
Curiosa come
sempre, Trudy
sembra felicissima di sentirmi, mentre in sottofondo si sentono le note
di una
canzone da discoteca.
“Bene,
poi ti dico! Tu sei
ancora alla festa, giusto?”.
“Sì,
alla fine è iniziata alle
dieci e mezzo quindi mi sa che ci vorrà ancora molto, ma ora
torno, non ti
preoccupare!”.
“No,
no… Anzi, stavo pensando
una cosa… Che ne dici se ti raggiungo?”.
Non so come, nel
giro di venti
minuti mi ritrovo fuori l’appartamento affittato da Matteo
dopo quasi un anno.
Al mio fianco,
Dario, che è
venuto a prendermi, mi guarda come se fossi una sorta di giocattolo
buffo, e
non esita a lanciarmi numerose occhiate.
“Ti
sei vestita così per andare
a cena con delle amiche?” chiede, alquanto scettico e
malizioso, rifilandomi
una gomitata.
Abbasso lo
sguardo sulla gonna
nera e gli stivali con il tacco che ho indossato dopo essermi cambiata
e scuoto
il capo.
“No,
mi sono cambiata, e non
per fare colpo. Senti, voglio farmi due risate e basta, ci
divertiremo”
rispondo, per poi premere con decisione il pulsante del campanello.
Assurdo come la
serata con Leo
mi abbia fatto sentire bene e più sicura di me!
Ad aprirci la
porta è proprio
il festeggiato, che mi fissa con evidente incredulità, senza
premurarsi di
celare la sua sorpresa.
“Ciao!
Elisabetta mi ha
invitata ma le ho detto che dovevo lavorare, mi sono liberata solo
ora” spiego,
falsamente disinvolta.
Non riesco a non
ricordare che,
di solito, quando mi ritrovavo fuori quella porta venivo accolta e
salutata con
un bacio e tante attenzioni.
“Oh,
sono felice che tu ce l’abbia
fatta! L’hai accompagnata tu, Dario?” chiede,
così in imbarazzo che cerca di
appigliarsi a qualsiasi cosa.
Il mio amico
annuisce e mi
appoggia una mano sulla spalla, quasi con fare protettivo.
“Sì, sa che su di me
può contare sempre e a qualsiasi ora” ribadisce,
senza risparmiarsi quella
chiara allusione.
“Certo.
Entrate pure…”.
Entriamo, e
veniamo rapiti da
quell’ondata di musica pop che Matteo odia.
C’è
una bella porzione di
ragazzi dell’università, evidentemente tutti
imbucati per l’alcool gratuito, e
i più noti si stanno scatenando sulla superfice del
soggiorno a ritmo di
musica, con movenze non proprio raffinate e i drink in mano.
“Comunque…
Auguri” dico.
Istintivamente,
lui si abbassa
verso il mio volto, così gli lascio un bacio su ogni
guancia, poi, in un modo
che mi sorprende, mi afferra per il polso dicendo: “Vieni a
prendere qualcosa
da bere!”.
Annuisco, ma mi
libero dalla
sua presa e lancio un’occhiata a Dario che equivale ad un
“Tranquillo, me la
vedo io”, per poi seguire Matteo vicino al tavolo delle
bibite.
Noto con disagio
che molti mi
stanno fissando e che altri stanno sussurrando qualcosa nelle orecchie
di
altri, così decido di non badarci e di muovermi a prendere
qualcosa per poi
andare dalle mie amiche, che non ho ancora visto.
“Martini
rosato, vero?” chiede
Matteo, prendendo con sicurezza un bicchiere vuoto.
“No.
Vodka al melone” rispondo.
Mi guarda,
alquanto stupito,
come se gli avessi detto che dopo essere stata con lui ho scoperto che
mi
piacciono le ragazze, e poi si affretta a lasciare la bottiglia di
Martini in
favore di quella di vodka.
“Tu
adoravi il Martini rosato!”.
“Ho
cambiato idea. Sai, bisogna
cambiare ogni tanto e scoprire cose nuove, no?” rispondo,
afferrando il
bicchiere e bevendo il primo sorso, sapendo che me ne
pentirò visto che il mix
con il vino rosso non mi farà bene.
“Dipende.
Sai come si dice, chi lascia la via vecchia
per quella nuova,
sa quello che lascia ma non sa quello che trova”
esclama, inizialmente un
po’ mesto ma poi sorridendomi. “Comunque, tutto
bene? E’ un po’ che non
parliamo”.
“Beh,
tu sei sempre in giro con
la tua ragazza e non ti fermi mai a fare due chiacchiere, quindi non
oserei
disturbarti. Comunque tutto bene, le solite cose…”.
Alquanto ferito
dalla mia prima
affermazione, sospira, guardandosi intorno. “Ma no,
è che non c’è mai tempo
e…”.
“Non
m’interessa, Matteo, sul
serio. Io vivo lo stesso senza il tuo resoconto della
giornata” ammetto,
probabilmente a causa dell’alcool nel mio corpo che ha solo
il compito di
rendermi più audace e sincera.
Lui sta per
ribattere quando un’odiosa
vocina – che riconosco appartenere a Gloria Versanti, amica
di Elisabetta, nonché
Miss Gossip dell’Università – dice:
“Una foto col festeggiato! Sorridete!” dopo
averci puntato addosso la sua Canon ultimo modello.
“Oh,
sì…” biascica Matteo,
appoggiandomi timidamente una mano sulla spalla.
Entrambi
sorridiamo come due
ipocriti, per poi tornare a fare finta di nulla quando Gloria se ne va,
vittoriosa per aver immortalato il festeggiato con la sua ex.
“Ora
vado a cercare le ragazze”
mi congedo.
“Certo,
divertiti…” mi viene
risposto con un sorriso di circostanza.
Ancora con il
bicchiere in mano,
inizio a guardarmi attorno, scorgendo qualche volto familiare che mi
saluta,
finchè non avvisto le ragazze fuori al balcone.
Le raggiungo, e
mi guadagno
occhiate di incredulità e smorfie di sorpresa varie, tanto
che Alessandra a
stento non si strozza con i salatini che stava mangiando.
“Ma
salve! Che c’è, Trudy non
vi ha detto…?”.
“Ho
voluto mantenere il
segreto. Sorpresa!” esclama la mia amica, muovendo le braccia
verso di me come
se fosse una presentatrice televisiva ed io l’ospite
d’onore.
Rido, per poi
bere un altro
sorso. “La cena è finita presto e ho deciso di
venire a farmi due risate”.
“Finalmente
ti sei svegliata un
po’” commenta Germana, dandomi una pacca sulla
spalla.
“Sono
lusingata dalle tue
parole” la prendo in giro, ricambiando la pacca.
“Ma ti
guardano tutti” nota
Lucia, ancora stupita.
“E
lasciateli guardare!” s’intromette
Dario, che ci ha appena raggiunti.
“Che
dite, andiamo a ballare un
po’?” chiedo.
Le ragazze
annuiscono, e tutte
ci trasciniamo dietro Dario che di solito odia ballare in queste
occasioni.
Tutti si stanno
scatenando
sulle note di “Born this way” di Lady Gaga, e la
cosa mi fa ridere perché
Matteo la odia, così noi ci aggreghiamo alle danze,
iniziando a ballare con
Dario al centro, e ogni tanto ognuna gli si avvicina.
Dopo una decina
di minuti mi
avvicino io, facendogli l’occhiolino, e lo vedo ridere mentre
appoggio una mano
sul suo petto.
Di conseguenza,
lui passa un
braccio attorno alla mia vita e beve un po’ troppa vodka dal
mio bicchiere,
lasciandolo vuoto, tanto che lo getto per aria e, senza volerlo,
colpisco
proprio Elisabetta, causando numerose risate da parte dei presenti.
“…Wow,
cioè, è stata una serata
fantastica per te!” commenta Trudy quasi due ore dopo,
mentre, esausta e con i
piedi doloranti, mi accascio sul mio letto dopo essermi liberata dagli
stivali
e dal trench. “Leo è super e… Oh, sono
così felice! Ti ci voleva una serata
così!”.
Più
brilla che mai, con lo
stomaco sottosopra e i capelli sconvolti, annuisco.
“Sì,
sono felice, ma so anche
che domani tornerà tutto come prima” constato,
sbadigliando.
“Ora
goditi questa serata…”.
Annuisco, per
poi guardare il
mio cellulare che squilla ripetutamente a causa di numerose notifiche.
“Cioè,
Gloria sta già postando le foto! Ma non sta proprio
bene!” esclamo, trovandomi
davanti la foto di me e Matteo.
-
Come siamo diversi – penso.
Si vede che
siamo cresciuti,
mentre quando ci siamo messi insieme non avevamo nemmeno
vent’anni.
Di solito, nelle
nostre foto
insieme, io sono quasi sempre senza trucco ma ho un sorriso
sinceramente
felice, mentre ora sono truccata abbastanza,
e sorrido in un modo alquanto ipocrita.
Senza riuscire a
trattenermi,
mi avvicino all’armadio, apro l’anta destra e
guardo l’unica nostra foto
sopravvissuta, scattata il giorno del nostro primo – e unico
– anniversario,
quando siamo andati al mare.
La prendo in
mano, e dopo aver
confrontato le differenti verità scritte nei nostri sguardi,
la strappo,
gettandola nel cestino con fare deciso, sotto gli occhi attoniti di
Trudy.
“E’
tempo di andare avanti sul
serio. Stasera ho capito che anche da sola non sono da buttare, quindi
devo
farmi valere” sussurro.
Trudy annuisce e
si fionda ad
abbracciarmi, accarezzandomi i capelli. “Era ora che lo
capissi. Tu vali
tantissimo, Lena, e Matteo è un idiota”.
“Per
la prima volta ci credo”
rispondo, rimanendo così, tra le braccia
dell’amica che nei momenti più bui si
è comportata come una mamma con me e che non esita a fare di
tutto per farmi
stare meglio.
*Shamy:
Sheldon/Amy, The Big Bang Theory; Chair:
Chuck/Blair, Gossip Girl.
°*°*°*°*
- In ritardo, ma
sono qui! ^^’
- Scusatemi, ma
giovedì ho fatto
l’ultimo esame del secondo anno e non ho avuto il tempo di
correggere il
capitolo per venerdì, diciamo che ero abbastanza stanca e ho
dovuto recuperare
un po’ di sonno e di vita sociale, in questi giorni!xD
- Non ve ne
fregherà nulla, ma
sono felicissima perché mi mancano solo
7 esami alla laurea e mercoledì inizio il terzo anno ^^
- Comunque, avevo scritto del
ritardo nel gruppo facebook dove aggiungo spoiler,banner
etc… Se vi va di farne
parte, dovete solo mandare la richiesta qui https://www.facebook.com/groups/468964983146566/ :)
- Passando al
capitolo… Che ve ne
sembra?
- L’idea
della parte in cui Trudy
fa la shipper mi è venuta in mente venerdì e non
potevo non aggiungerla, spero vi abbia
fatto divertire un po’ xD
- Poi, nessuno si
aspettava che
Lena sarebbe andata alla festa, e invece a quanto pare ha trovato la
forza
grazie all’uscita con Leo, che le ha fatto capire che anche
se per ora è sola,
vale molto ed è forte :)
- Sono curiosa di
sapere che ne
pensate del bacio ^^
- Grazie a tutti
voi che leggete,
recensite e seguite questo mio sclero… xD
- A venerdì :)
|
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Capitolo 6 *** S.S.S.: Sei Stata Spottata ***
6g
- 10 Ottobre 2012
-
- "Ci
credi? Domani inizieremo il terzo anno!" esclamò Dario, mentre
riponeva il dvd contenente alcuni episodi della quinta serie di
"Friends" nella sua custodia.
- Annuii, mangiando una manciata di pop corn.
- "Sento che sarà fenomenale" continuò lui, sedendosi di fronte a me.
- "Fenomenale. Certo" biascicai, sospirando.
- "Oh, piantala! Lena, per favore, devi...".
- "Cosa,
Dario? Cosa devo fare? Ti ci vuoi mettere anche tu a darmi ordini?
Prego!" urlai, alzandomi di scatto dal divano e portandomi una mano
contro la fronte. "Scusa, scusa, tu non c'entri niente, io...".
- "Lo
so che non sarà facile vederlo con la sua nuova ragazza, ma tu
hai noi, e sono sicuro che troverai qualcuno di speciale anche tu,
quest'anno".
- "Non puoi capire, Dario".
- "Anche io ho un'ex all'università, nel caso ti sfuggisse".
- "Ma
è diverso! Lei non sta già con un altro e non ti ha
salutato all'esame orale di Tedesco con un'ipocrita "Ciao" mentre se ne
stava avvinghiata al suo nuovo tipo, mentre con te ha sempre evitato
certi atteggiamenti in pubblico!".
- Dario annuii, comprensivo, per poi alzarsi a sua volta e appoggiarmi le mani sulle spalle.
- "Se ti fa stare bene, posso prometterti che lo picchierò appena ne avrò l'occasione".
- "Ok, ma ti aiuterò nell'impresa!".
- "Ovvio!".
- In sincrono, ci abbracciammo, suggellando l'ennesima promessa di amicizia.
- Mi
sentivo un po' più rassicurata, perché sentivo che
finché Dario sarebbe stato al mio fianco, avrei sempre avuto
qualcuno pronto ad aiutarmi in mille modi possibili.
-
- *******
-
- Quando,
la mattina dopo la festa di Matteo, metto piede nell'atrio
dell'università, noto che c'è qualcosa che non quadra
affatto.
- Le
persone sono agitate, parlottano tra loro, in un modo molto più
esagerato rispetto ai giorni d'esame, e tutti ridacchiano mentre
adocchiano qualcuno cercando di non farsi scoprire.
- "Chissà
cos'è successo" commento, sicura che si tratti di qualche
succoso gossip che tutti dimenticheranno nel giro di una settimana.
- "Forse hanno pubblicato le date degli esami?" azzarda Trudy, scrollando le spalle.
- "Nah,
impossibile, è ancora marzo... E poi questi comportamenti non
possono essere legati a qualcosa di noioso e ansioso come gli esami"
ragiono, notando con aria alquanto sconcertata una ragazza che fissa il
cellulare con aria incredula prima di scoppiare a ridere.
- Facendoci
strada tra il turbine di ragazzi che di solito affollano la zona del
bar alle dieci del mattino, io e la mia amica ci impieghiamo un po' per
giungere sane e salve al tavolino dietro cui si sono sedute le altre.
- "Ecco la signorina Lena Inverno, alias la nostra star!".
- Senza
capire, fisso Germana che mi ha appena apostrofata così con il
suo solito sorriso eccessivamente ampio e non proprio sincero.
- "Prego?" chiedo, sedendomi sulla stessa sedia su cui c'è Lucia, vista la consueta mancanza di posti.
- "Sei stata spottata!" continua Alessandra, ridacchiando come una matta e scatenando la stessa reazione nelle altre ragazze.
- "Onestamente credevo che la prima ad esserlo tra noi sarebbe stata Germana, e invece..." borbotta Ida.
- "Ma
di che diavolo state parlando?" continuo a chiedere, sempre più
confusa visto che non ci sto capendo un accidenti di tutto quel fiume
di parole.
- "Stanotte
hanno creato la pagina "Spotted" della nostra università!"
spiega Marina. "Le pagine spotted in pratica fanno sì che
chiunque possa lasciare un messaggio anonimo a qualcuno, magari dopo
averlo "avvistato", ed è una moda che sta dilagando in tutte le
università".
- "Solo a me sembra la brutta copia di Gossip Girl?" domanda Trudy.
- "Infatti!" esclamo, ancora un po' scioccata. Ecco dovevo ho sentito quella parola!
- Io
e Trudy guardavamo sempre quel telefilm in diretta con l'America,
quindi dovevamo vederlo sempre sottotitolato, e dimenticare quel famoso
"Spotted Serena Van Der Woodsen..." sarà difficilissimo da
dimenticare.
- "E, fammi capire, sono stata spottata nel senso che...?".
- "Aspetta
che ti faccio leggere!" dice Marina, prendendo il suo i-phone e
iniziando a smanettare come suo solito con quell'aggeggio. "Ecco,
leggi!".
- Subito, Trudy mi si avvicina e inizia a leggere il contenuto da sopra la mia spalla.
-
- Avvistata:
Lena I. che non è più tanto glaciale come il suo cognome!
Ieri c'è stata la festa del suo ex Matteo e dopo quasi un anno
è stata vista mentre parlava con lui davanti ad un bicchiere di
qualche super alcolico, per poi scatenarsi a ballare con le sue amiche.
Tutti pensavano che non si sarebbe mai ripresa dopo la loro rottura, e
invece ci ha decisamente sorpreso!
- Nessuno
si aspettava di vederla alla festa, forse nemmeno la povera E., visto
che voci di corridoio dicono che lei sia decisamente gelosa di lei.
- Ah, e complimenti per le tue belle gambe! Ora che ho visto che sai essere sexy ci proverò con te.
- Anonimo.
-
- Sgrano gli occhi, mentre Trudy scoppia in una fragorosa risata, per poi darmi una bella pacca sulla spalla.
- "E brava, gliel'hai fatta vedere a tutti!" esclama.
- "Ma
che... Cavoli, chi sarà stato? Voglio dire, non che me ne
freghi, ma non vorrei che Elisabetta si facesse strani pensieri"
sussurro, senza smettere di fissare quel messaggio.
- "Io penserei a scoprire chi sono gli amministratori della pagina!" dice invece Germana.
- "Di
sicuro qualcuno che era alla festa, visto che i post parlano più
o meno di ciò che è successo ieri" ragiona Alessandra.
- "Dai, Germana, spotteranno anche te, tranquilla" ridacchia Lucia.
- Lei,
per tutta risposta, tira in giù la stoffa della maglia in modo
da rendere la sua scollatura ancora più generosa e ripassa il
rossetto rosso sulla sua bocca. "Datemi due ore e verrò citata
in almeno tre post!" esclama, prendendo la borsa e alzandosi, facendoci
l'occhiolino. "Ci vediamo a lezione".
- La
salutiamo con una vaga serie di "Ciao", e il suo posto viene occupato
nel giro di poco da Dario, che regge in mano tre caffè con
grande abilità.
- "Buongiorno!" esclama, porgendo un bicchiere a me e uno a Trudy.
- "Ciao, Dà! Grazie!" rispondo, visto che il caffè è proprio l'ideale in questo momento.
- "Per tutte le volte che vengo a prendermelo a casa vostra..." risponde lui, scrollando le spalle. "Comunque... Sei stata spottata!".
- Sbuffo, alzando gli occhi al cielo prima di bere un sorso di caffè. "Se lo continuate a dire suona come una malattia".
- "Ah, quindi hai saputo!".
- "Purtroppo sì".
- "Ma come purtroppo, è una cosa figa!" mi rimprovera Ida, ridacchiando.
- Non ho il tempo di replicare perché vedo Matteo ed Elisabetta che vengono verso di me, mano nella mano come loro solito.
- Lui sembra scocciato, lei, invece, sembra un po' arrabbiata.
- "Ciao" dice subito, con un tono seccato, appena è abbastanza vicina al nostro tavolo.
- "Ciao" replichiamo un po' tutti.
- "Immagino tu abbia letto lo spotted che ti riguarda..." inizia subito, senza nemmeno perdere un istante, incrociando le braccia.
- "Sì, ma...".
- "Ci
tengo a farti sapere che non sono gelosa di te, altrimenti non avrei
avuto motivo di invitarti alla festa, e spero che questa voce non sia
partita da te" continua.
- Senza
riuscire a trattenermi, mi alzo, ritrovandomi a mezzo passo da lei. E'
una soddisfazione constatare di essere più alta di lei di almeno
dieci centimetri.
- "Non
ti conosco, Elisabetta, e tu non conosci me, quindi non me la
prenderò e ti risponderò semplicemente che non sono
solita andare in giro inventando idiozie sulla gente" replico,
sforzandomi di rimanere calma, tanto che provo a sfogare la mia rabbia
stringendo con forza la parte superiore della sedia su cui mi stavo
quasi appoggiando.
- "Gliel'ho già detto" s'intromette Matteo, provando a stabilire un contatto visivo con me, "Ma...".
- "Tu stai zitto" replica la sua ragazza, prima di tornare a fissarmi. "Sei sicura? Voglio dire, certe voci non nascono da sole".
- "Senza
offesa, non sei nei miei pensieri, Elisabetta, e ho altro a cui badare
durante le mie giornate" rispondo lentamente, cercando di non iniziare
ad urlarle contro tutte le cose assurde che avrei voglia di sputarle in
faccia.
- Con un cenno brusco, lei annuisce, poi mi sorride mellifluamente.
- "Bene, quindi sai che qualsiasi cosa tu faccia non servirà a riavere Matteo indietro".
- "Non me ne potrebbe fregar di meno visto che lui non fa parte della mia vita e mi sto vedendo con qualcuno" dichiaro.
- Matteo sgrana gli occhi, mentre lei batte le palpebre numerose volte per la sorpresa.
- Sul
serio nella loro visione dei fatti io sono una povera disperata che non
ha il coraggio di andare avanti e vedersi con qualcuno?
- "Va bene. Allora... Ciao" dice, questa volta con una vocina, prima di prendere Matteo per mano e uscire di fretta dal bar.
- Mentre
cammina, lui si volta verso di me, e ci guardiamo per un solo istante
perché io distolgo lo sguardo, per poi risiedermi e provare a
fare finta di nulla, mentre, attorno a me, i mei amici non vedono l'ora
di commentare l'accaduto.
- "Sei stata fenomenale!" esclama Dario.
- "Sì, infatti!" approva Lucia.
- "E
dire che ti vedi con qualcun altro è stata un'ottima bugia!"
approva subito Trudy, mentendo per non scatenare ulteriori domande.
Annuisco, fingendomi disinvolta come non mai, mentre dentro di me sento
una gran voglia di tirare i capelli a quella mocciosa di Elisabetta.
-
-
- Per Lena ed Elisabetta: grazie per la bella scenata di oggi al bar, siete state fenomenali!
- Avrei voluto avere una manciata di pop corn a portata di mano per godermi meglio la litigata!
- Vi
do solo un consiglio: la prossima volta, invece di stare sul punto di
strapparvi i capelli, strappatevi i vestiti di dosso! ;)
- G.
-
- Getto
il telefono dall'altra parte del divano e mi volto verso Trudy, che se
ne sta incollata al cellulare da ormai un'ora, senza smettere di ridere
e sghignazzare come un'ossessa.
- "Ho capito, se non mi muovo io stasera non si cena..." borbotto, di malumore.
- "Cucinare
una volta tanto non ti ucciderà" commenta distrattamente Trudy,
per poi scoppiare a ridere nuovamente e voltarsi verso di me. "No,
questo lo devi sentire! "Visto
che ci tieni tanto ad essere spottata, ti accontento, cara Germana!
Penso tu sia una nana, brutta quanto una scimmia africana, volgare
quanto un reality show, e sopportarti non si può! Ti credi
bella, ma hai la forma di una ciambella, e oggi hai fatto di tutto per
accalappiarmi ma non avevo il coraggio di voltarmi... Giusto per
fartelo sapere, non sei un bello spettacolo da vedere". Ma ti rendi conto? Uno spotted in rima?!".
- Sgrano gli occhi, non sentendo per nulla la voglia di ridere, e la cosa inizialmente mi stupisce.
- Anche
se io e Germana non andiamo d'accordo, trovo che quel messaggio sia di
una cattiveria unica e assurda, perché, dopotutto, tutti la
criticano ma molti ne approfittano per farsi una sveltina.
- "Che cattiveria!" commento quindi, avvicinandomi al frigo e aprendolo per vedere con cosa possiamo cenare.
- "Si
vede che questa pagina ti ha infastidito, perché altrimenti ne
avresti approfittato per farti una semplice risata a sue spese"
constata Trudy, squadrandomi dall'alto in basso come è solita
fare quando vuole scoprire cosa mi passa per la testa.
- Prendo una confezione di uova e un paio di zucchine, e ricambio il suo sguardo mentre appoggio il tutto sul piano della cucina.
- "Non
è giornata, Trudy. Ventiquattro ore fa ho pomiciato con il mio
professore di inglese, poi mi sono scatenata alla festa del mio ex
sentendomi finalmente libera da ciò che mi opprime da mesi e...
Stamattina sono stata costretta a riaprire gli occhi. A rendermi conto
che, dopotutto, le cose non cambieranno, che io dovrò sempre
vedere quella vipera di Elisabetta che crede di essermi superiore, e
rimarrò sempre l'ex di quell'idiota!" sbotto, battendo un pugno
contro il palmo della mano destra con fare frustrato. "Come posso
andare avanti se chi mi circonda non lo fa?".
- "Ma non devi pensare agli altri!".
- "E' facile dirlo per te. Non puoi capire..." dico, sospirando e sentendomi sul serio triste.
- Guardo
il cibo, pensando che non ho voglia di cucinare e di fare altro che non
sia trovare un modo per sentirmi meglio e, se possibile, un po'
spensierata.
- Mi
guardo intorno, esitante, e cerco di non badare a Trudy che mi fissa,
in attesa di un mio sfogo o di qualsiasi segno che le faccia capire
cosa penso e come mi sento.
- Poi, senza rifletterci, mi avvicino al divano e recupero il cellulare, iniziando a scrivere un sms.
-
- Ehi!
Ti va di vederci? La mia giornata è stata infernale, e sei la
prima persona a cui ho pensato per provare a migliorarla...
-
- Rapida
come una furia, invio il messaggio a Leo senza pensarci due volte, e
ricevo una risposta nel giro di qualche minuto con mia grande sorpresa.
-
- Certo! Mi fa piacere vederti così presto... Io stavo pensando di mangiare una pizza. Ti passo a prendere alle nove?
-
- Perfetto! A dopo!
-
- Alzo
lo sguardo verso Trudy e mi lascio scappare, finalmente, un piccolo ma
significativo sorriso. "Esco con Leo, so che mi farà sentire
meglio" spiego.
- Lei
annuisce e sorride a sua volta. "Fai bene, divertiti..." dice solo,
senza prendermi in giro e fare battutine come suo solito.
- Forse
ha capito in che stato mi trovo, forse ha capito che al momento ho solo
bisogno di vedere qualcuno a cui piaccio, che non conosca ogni
dettaglio della mia vita e che non mi giudichi per qualsiasi cosa io
faccia.
- Così, corro in bagno per farmi una doccia, sperando che questa serata sia ancora migliore della precedente.
-
-
- "Certo che questa rgazza è proprio una... Vipra, ecco".
- Tre
ore dopo, io e Leo siamo in una piccola ed accogliente pizzeria vicino
il lungomare di Mergellina, e gli sto raccontando il motivo della mia
giornataccia che mi ha spinto a contattarlo.
- Annuisco, ingoiando l'ultimo pezzetto di pizza, poi lo guardo con aria incuriosita.
- "Non
ti dà fastidio che io ti abbia chiamato perché ero triste
a causa della ragazza del mio ex?" chiedo, un po' sorpresa.
- "No, sono felice di drti una mano, se posso. E poi volevo vederti, ho pensato molto di te oggi" rivela, prendendo la mia mano e accarezzandola.
- I
suoi occhi scuri mi guardano in modo abbastanza eloquente che mi
imbarazza un po', tanto che piego la testa di lato in modo da far
sì che una consistente parte di capelli mi vada sul viso e celi
la mia espressione.
- "Mi fa piacere sapere che hai pensato di me come persona che ti fa sentire bene" aggiunge, continuando a stringere saldamente la mia mano.
- "Tu
non pensi che io sia strana e... Mi fai sentire a mio agio. Non mi era
mai successa una cosa simile con un bel ragazzo" ammetto, decidendomi a
ricambiare la sua stretta e sforzandomi di non arrossire.
- "Strana?
Sei una delle poche persone sane di menti che ho conosciuto, invece"
sussurra in risposta, un po' compiaciuto per il mio complimento.
- Scrollo
le spalle, senza sapere cosa dire, finché lui non guarda
l'orologio che ha al polso e dice: "Che dici, andiamo a fare una
passeggiata?".
- Annuisco,
così ci alziamo e mi affretto a prendere il portafogli dalla
borsa, meritandomi la prima occhiata di biasimo da parte sua da quando
ci conosciamo.
- "Non credere che ti lscerò pagare" dice, mentre si avvicina alla cassa.
- "Cosa? Ieri hai offerto tu la cena, quindi ora...".
- "Nemmeno quando non lavoravo non ho permesso ad una rgazza di pagare, e poi è il mio modo per ripagarti per la tua compagnia" dice, inizialmente con un tono quasi offeso.
- Rapidamente, estrae la carta di credito, soffocando ogni mia protesta, e mi lascia in evidente imbarazzo mentre paga.
- Non
sono abituata a questi gesti, e non mi piace che qualcuno paghi per me,
anche perché quando stavo con Matteo, visto che non lavorava,
pagavamo a turno, tranne nei primi mesi in cui si offriva sempre lui di
pagare.
- "Grazie"
sussurro mentre usciamo, sentendomi un po' lusingata visto che ho
appena beccato una ragazza che fissava Leo in un modo alquanto
esplicito.
- Lui mi circonda le braccia con le spalle, ed io non mi ritiro, perché, dopotutto, mi fa stare bene.
- "Non dirlo nemmeno per… Joke, mi offendo" borbotta, tuttavia ironico.
- "Oh,
ho trovato come offenderti, allora, ne approfitterò" esclamo,
guardandolo negli occhi e, contemporaneamente, stringendomi a lui a mia
volta.
- "Poor me! Mi hai in pugno!".
- Ridiamo come due bambini spensierati, finché non ci ritroviamo sul lungomare.
- La
luna piena si riflette sul mare, e attorno a noi ci sono pochissime
persone, visto che è ancora marzo e questa zona non è
molto frequentata fino all'estate.
- "Grazie, davvero. E non sto parlando del conto" mormoro, quando ci fermiamo su una panchina.
- La
sua espressione diventa ancora più interessata, e mi sento
meglio quando prende una ciocca di capelli e me la porta dietro
l'orecchio, per poi soffermare la sua mano sul mio viso,
accarezzandomelo con delicatezza.
- Mi guarda come ad invitarmi ad esprimermi meglio, così mi schiarisco la voce e ricambio lo sguardo.
- "Non
mi era mai successo di stare bene con una persona che ho visto solo un
paio di volte. Deve essere perché abbiamo messo in chiaro che
tra di noi non ci sarà nulla di serio visto che partirai a
giugno, così non mi sento sotto pressione e... Sto trascorrendo
delle bellissime ore, davvero, mi fai sentire come se fossi la Lena che
vorrei essere" spiego, esitante e desiderosa di farmi capire, visto che
temo di non saper esporre bene ciò che sento.
- "Tu sei chi vuoi, e se gli altri non lo vedno, è un problema loro. Io vedo solo una bella rgazza che
ha tanta forza, che ha intelligenza e simpatia da vendere, e che ha la
volontà di lavorare il sabato notte per non darla vinta a chi le
ha fatto un torto... E ti conosco da pochissmo. Se la gente non riconosce ciò, ha seri problems" dice in risposta, avvicinandosi ancora di più.
- Sono
senza parole, perché sul serio nessuno che mi conoscesse da
così poco mi ha mai detto una cosa simile, e lui lo capisce di
sicuro perché sorride in un modo malizioso e aggiunge: "E non lo
dico perché ho una voglia matta di fare sesso con te. So che,
semmai vorrai, è presto".
- In
un'altra situazione mi sarei subito allarmata, proprio come mi è
successo tutte le volte che mi sono ritrovata a pensare a questo stesso
argomento, ma, ora come ora, mi lascio scappare solo una risatina
nervosa e non mi ritraggo quando avverto la sua mano sulla mia gamba
coperta solo da una gonna e un leggero paio di calze.
- Il
suo tocco mi piace, è deciso ma leggero allo stesso tempo, e non
posso negare che l'idea di passare una notte con lui non mi faccia
schifo.
- E'
come se la mia mente avesse dimenticato la reale situazione che
c'è tra noi, che lui è un mio insegnante, perché
il bell'uomo comprensivo è riuscito a scavalcare la figura del
professore che non sa di esserlo.
- Inoltre,
il fatto che abbia fatto questa battuta senza nascondersi dietro falsi
atteggiamenti lo ha di certo aiutato a guadagnare qualche punto in
più, perciò appoggio una mano sul suo petto e dico:
"Sì, è presto".
- Annuisce, e toglie la mano dalla mia gamba, mentre io, stupita per quel gesto, circondo il suo collo con le braccia.
- Sorride, e, comprendendo dove voglio arrivare, annuisce.
- "Can I kiss you, madame?" chiede gentilmente, con quell'accento che mi fa decisamente impazzire.
- Non lo avevo mai sentito articolare un'intera frase in inglese, fino ad ora.
- "Of course you can"
rispondo, e mi ritrovo ad essere baciata da lui per la seconda sera di
fila appena termino di articolare la frase, sentendomi sul serio felice
e spensierata, come se Elisabetta, Spotted e tutto il resto non
esistessero.
-
-
-
- Due
giorni dopo, stanca morta per lo studio e per il doppio turno a lavoro,
mi ritrovo ad osannare la fine della lezione di Letteratura Inglese III
per poter tornare a casa, mangiare qualcosa e dormire un po'.
- Trudy
non c'è visto che è tornata a casa sua per il weekend,
così mi ritrovo da sola, senza le sue battutine che mi servono
sempre a rimanere allegra e a seguire la lezione con più
leggerezza.
- Sono
ormai le due e dieci, e la professoressa dovrebbe finire a minuti, ma
si addentra nell'ennesimo discorso riguardante Virginia Woolf,
così, come ho fatto raramente da quando sono
all'università, ripongo le mie cose nella borsa, sotto lo
sguardo stupito di Dario che, al mio fianco, spalanca la bocca.
- "Interessante. Cos'hai di meglio da fare che ascoltare prolissi discorsi sulla Woolf?" sussurra, incuriosito.
- "Nulla
se non riposarmi. Sto seguendo dalle otto e stanotte ho staccato da
lavoro alle due..." spiego, notando che anche lui si sta dando una
mossa per sistemare il quaderno e la penna nello zaino.
- Mi alzo, seguita da lui, e usciamo silenziosamente dall'aula, sotto lo sguardo incuriosito di Germana e le altre.
- "Ah, aria fresca, finalmente!" esclamo, dirigendomi verso le scale che conducono al piano terra dell'edificio.
- "Avvistata:
Lena Inverno che esce dall'aula prima che la lezione sia finita!" mi
scimmiotta Dario, con una vocina antipatica che non gli dona affatto.
- "Avvistato:
Dario Boni che butta al vento la possibilità di pranzare con
Lena Inverno!" sbotto in risposta, facendogli la linguaccia, visto che
l'argomento "Spotted" non mi è affatto gradito.
- "Dici sul serio?" chiede poi, quasi come se fosse sospettoso.
- "Certo. Non vuoi pranzare da me? So che non c'è Trudy, ma qualcosa so cucinarlo..." rispondo, scrollando le spalle.
- "No,
no, non intendevo quello! E' che... Ultimamente sei un po' distante,
sai, studi, lavori, sei arrabbiata per la questione di Elisabetta e ho
notato che le cose sono un po' diverse, nel senso che ci vediamo di
meno al di fuori dell'università" spiega, parlando cautamente.
- Mi blocco mentre cammino, nell'atrio, e gli riservo un'occhiata un po' dispiaciuta.
- In
effetti, tra le critiche di Germana, Elisabetta, la questione di Leo e
tutto il resto l'ho trascurato un po', e la cosa mi dispiace
decisamente perché lui non merita di essere messo in ombra a
causa di fattori esterni che riguardano solo me.
- "Hai ragione, scusami, è un periodaccio" mi scuso.
- "Ma no, l'ho capito...".
- "Che
ne dici di una delle nostre serate in stile "Friends"?" propongo,
riferendomi alle nostre serate passate davanti alla tv a vedere le
vecchie puntate di Friends davanti ad una pizza e ad una montagna di
pop corn e caramelle gommose. "Stasera" aggiungo.
- Sono felice nel vedere i suoi occhi illuminarsi, così annuisce prontamente. "Certo! Ci vuole proprio" commenta.
- "Hai ragione".
- Più
animati rispetto a qualche minuto prima, quando eravamo appena usciti
dall'aula, usciamo dall'università, diretti verso il mio piccolo
appartamento e decidendo cosa preparare per pranzo.
- E'
così che ci ritroviamo, senza volerlo, a passare tutta la
giornata insieme, e il mio proposito di riposarmi va a farsi friggere
visto che pranziamo, guardiamo la tv, chiacchieriamo del più e
del meno, e la sera giunge rapidamente, come accade di solito quando ci
si trova bene.
- Dopo il quarto episodio di "Friends" ci ritroviamo insonnoliti ma felici, e lo osservo mentre mangia una manciata di caramelle.
- Sarebbe
tutto perfetto se lui sapesse della mia storia con Leo, se mi potessi
confidare con lui, invece sento qualcosa mi frena, una sorta di paura
che non so definire.
- Una voce continua a ripetermi che Dario non è Trudy, e non capisco perché.
- Sono entrambi i miei migliori amici, diamine, perché ho paura di confessargli che esco con Leo?
- Il mio flusso di pensieri viene interrotto dalla sua voce, che mi riporta bruscamente alla realtà.
- "Sai,
ad aprile inizierò a lavorare nella libreria di mio zio.
Andrò tutti i pomeriggi, mi paga abbastanza bene, non posso
rifiutare" annuncia, abbastanza allegro. Si porta su gli occhiali in
modo da avvicinarli agli occhi, e mi guarda, in attesa.
- "Wow,
mi fa piacere per te!" esclamo, ricordando da quanto tempo fosse alla
ricerca di un lavoro part-time. "Sarai il ragazzo della libreria, che
figo, le clienti di tuo zio aumenteranno a dismisura" lo prendo in
giro, dandogli una pacca sulla spalla e facendo l'occhiolino.
- "Non mi prendere in giro!" si lamenta, ricambiando la pacca.
- "Sono
serissima" ribatto, prendendo una caramella e mangiandola. "Dai,
veramente, devi piantarla di pensare che tu non possa essere capace di
attirare uno stuolo di ragazze, non sei più un ragazzino!"
esclamo, questa volta seriamente.
- Udendo
ciò, quasi caccia gli occhi fuori dalle orbite e spalanca la
bocca, incredulo. "Da quale pulpito viene la predica! Tu sei molto
più insicura di me, quando sai che penso che tu sia bellissima"
ammette, sforzando di rimanere disinvolto e di non imbarazzarsi.
- "Sei
il mio migliore amico, non potresti dirmi il contrario" mormoro,
cercando di non pensare a quel "Bellissima", una parola ormai
sopravvalutata e poco usata, sostituita dai più volgari "Figa" e
"Bona".
- "Potrei
anche non dirti nulla e basta" precisa, serio a sua volta. "Se non ti
conoscessi farei di tutto per avere il tuo numero, credimi. Quando..."
qui si blocca, un po' a disagio, con l'espressione di chi pensa di aver
parlato troppo.
- "Quando...?".
- "Quando
ti ho vista per la prima volta in segreteria, tre anni fa, mi hai
colpito" ammette, deglutendo e guardando altrove, passandosi una mano
tra i capelli.
- Sorpresa, cerco di non fare la figura dell'idiota e di non rimanere a bocca aperta come una deficiente.
- "Ma
dai! Tre anni fa pesavo otto chili in più, avevo quegli orribili
capelli corti, il volto un po' paffuto che mi faceva sembrare una
bambina..." esclamo, visto che non mi piacevo affatto a causa dei chili
in più che mi hanno portata a decidermi a seguire un po' di
dieta e a muovermi di più per essere un po' meno in carne - non
che ora abbia un corpo da modella, anzi -.
- "Il
tuo sguardo è sempre lo stesso, però, e mi ci ritrovai
molto. Diceva chiaramente "Cavoli, ho paura, ce la farò?", e poi
la gonna ti stava bene" risponde, cercando di tornare ad essere ironico.
- "Indossavo una gonna?".
- "Sì. Gonna di jeans, Superga e una maglia verde, se non erro".
- Alquanto basita e confusa dal fatto che lui ricordi tutti questi dettagli, cerco di ricompormi.
- "Rimane
il fatto che tu sai che io penso che tu sia bello e che attirerai molte
clienti" dico quindi, alzandomi e togliendo il dvd dal lettore cd,
giusto per fare qualcosa.
- "Ma sì, potrei trovarmi una ragazza nerd con cui leggere insieme mattoni come l' "Ulisse" di Joyce".
- "Ecco, bravo, ti conviene! Invece io al lavoro potrei trovare solo ubriaconi..." borbotto, riponendo il dvd nella custodia.
- Scherzo
del destino, è proprio lì che ho conosciuto Leo, e mi
verrebbe voglia di mordermi la lingua per tutte le stronzate che dico
in certi casi.
- Per fortuna, il discorso sembra cadere nel nulla, finché non mi risiedo sul divano e accendo la tv.
- "Chissà
se continuerà ad essere tutto così" dice Dario,
lasciandosi sfuggire un sospiro. "Voglio dire, a novembre ti laurei...".
- "...Speriamo!".
- "... Ed io sarò occupato con gli ultimi esami, entrambi lavoreremo, tra due mesi termineranno i corsi del terzo anno...".
- "Certo
che non cambierà nulla! Basta volerlo" sussurro, sicura di me.
"Anche quando saremo laureati, poi seguiremo la magistrale, e poi
magari saremo disoccupati insieme. Saremo sempre noi" lo rassicuro.
- "Mi fa piacere sapere che la pensi così. Ci sarò sempre per te, Lena".
- "Vale lo stesso per me".
- In
sincrono, ci abbracciamo, e, in cuor mio, vorrei tanto sapere se
è vero e cosa cambierebbe se sapesse di Leo e della mia grande
bugia che gli sto dicendo, tenendogli nascosto tutto.
- Lo
stringo forte, sentendomi al sicuro e sperando di averlo sempre al mio
fianco, perché uno come Dario non si trova facilmente e devo
essere grata nell'averlo come amico.
- *°*°*°*
- Di nuovo in ritardo, lo so xD
- Purtroppo
devo ancora abituarmi ai miei nuovi orari, quindi ho deciso che
pubblicherò sempre il martedì, che è l’unico
giorno libero che ho :)
- Comunque, passando al capitolo… La
pagina di cui si fa riferimento esiste sul serio, e credo che tutti voi
conosciate le pagine spotted, visto che ne esiste anche una riguardo
Efp :)
- Posso garantirvi che sul serio c’è gente così cattiva che mette in giro gossip su Spotted, e
non ho dovuto inventare molto per rendere la scena in cui le ragazze
entrano nell’uni e vedono gente che sghignazza con il cellulare
in mano.
-
- Passando a
Lena… L’avete visto, le è bastato poco per sentirsi
a suo agio con Leo, perché lui la sta “aiutando” ad
essere sé stessa, ma, se posso darvi un consiglio, non vi
abituate a niente di ciò che leggete perché potrebbe
sconvolgersi tutto all’improvviso, eheh!
- Nel
prossimo capitolo, conosceremo Lisa, la migliore amica di Lena dai
tempi del liceo, e le due si troveranno ad una festa…
particolare xD
- Grazie a chi segue, davvero! <3
- A martedì!
- Milly92
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Capitolo 7 *** Penso che Penso Troppo ***
7
Capitolo
7
6
Maggio 2009
Io
e Lisa eravamo vicino i distributori del nostro liceo, intente nel fare
scorta di merendine e schifezze simili.
Mi
guardai nel vetro della macchinetta, che mi restituì lo
sguardo di una neo diciottenne dal volto paffuto e dal corpo un bel po'
pienotto, celato da una larga maglia rossa.
Ciò
non mi impedì di prendere un Kinder Bueno: avevo bisogno di
energie visto che alla quinta ora avrei avuto l'interrogazione di
matematica, materia che odiavo insieme al prof, ovviamente.
Lisa
mi diede una gomitata, e quello era il nostro "segnale" quando passava
qualcuno di interessante.
Mi
voltai discretamente, e mi ritrovai il professori Belloni a pochi passi
da noi, mentre parlava con la bidella, la signora Carmela, il pilastro
del liceo “Manzoni” di Caserta.
Era
un trentaduenne affascinante che insegnava educazione fisica, e,
ovviamente, era circondato da uno stuolo di alunne ovunque andasse.
"Marta
mi ha detto che sabato uno del quinto l'ha visto in un bar con Carla
della C" sussurrò Lisa.
"Nooo!".
"Sì,
invece. Uscire con un prof così figo deve essere figo il
doppio, secondo me!".
"Ma
è pur sempre un prof, cioè, con che coraggio ti
presenti poi in classe?" obiettai, ancora incredula per lo scoop.
Lisa
scrollò le spalle, mentre prendeva il suo Bounty e mi faceva
segno di tornare in classe. "E' maggio, è lei è
all'ultimo anno... E ha pure un anno in più visto che
è ripetente! Da luglio potranno fare quello che vogliono".
Annuii,
senza sapere cosa dire.
"Fatto
sta che non potrei mai riuscire a gestire una situazione simile, per
come sono fatta" mormorai, addentando un Kinder Bueno.
"Sei
fatta male, Lè, te lo dico sempre!".
Scrollai
le spalle, sapendo che non sarei mai cambiata...
°*°*°*
"Non ci credo! E'...
Assurdo!".
Quando la tua migliore
amica dei tempi del liceo ti dice una cosa del genere, devi sul serio
preoccuparti, perchè lei conosce tutte le idiozie che hai
fatto dai quattordici anni in poi, quindi significa che ti sei
superata.
"Lo so, non
c'è bisogno che me lo dici" replico, analizzando la faccia
entusiasta e allo stesso tempo scioccata di Lisa Cortina.
Bionda, con capelli
ricci che sembrano quasi una criniera umana e gli occhi nocciola
spalancati, Lisa mi fissa seriamente incredula, come se le avessi detto
che ho vinto un milione di euro in circostanze misteriose.
"Tu che ti vedi con un
prof! E noi andremo ad un suo festino, stasera, ah!" continua ad
esclamare, alzandosi dal mio letto e abbracciandomi con vigore.
Le ho appena detto di
Leo, delle uscite e che ieri sera mi ha invitata ad una festa che si
terrà stasera a casa sua, a cui sono invitati alcuni suoi
amici che lavorano in Italia e mi ha chiesto di portare qualche amica.
Trudy non
può venire perchè, essendo venerdì, ha
deciso di tornare di nuovo a casa sua per stare con il suo ragazzo,
quindi non ho potuto fare a meno di chiamare Lisa, visto che le altre
sono tutte studentesse di Leo e non posso fidarmi ciecamente di loro.
Lei è stata
sorpresa di vedere la mia chiamata, perchè ultimamente ci
sentiamo solo tramite Whatsapp, telefonate e Skype visto che studia
Giurisprudenza nella provincia dove siamo nate, e quando ha sentito il
tutto è venuta il più in fretta possibile,
così ne ho approfittato per invitarla a passare il weekend
qui.
"Non sarà
un festino!" dico. "E' una festa e...".
"Ma dai! I suoi amici
sono americani, e loro sanno come divertirsi!" replica Lisa,
entusiasta.
"Non sono mica dei
liceali...".
"Appunto. I trentenni
sono i peggiori in questi casi, si sa!".
Scoppiamo entrambe a
ridere, poi annuisco, facendole segno di seguirmi in cucina per
mangiare qualcosa visto che è ora di pranzo. "Uscire con uno
più grande è diverso, in effetti" constato,
lasciandomi scappare un sorriso.
Io e Leo ci siamo
visti altre numerose volte, visto che è ormai aprile e
abbiamo continuato a vederci regolarmente in queste settimane.
Oltre al fatto che
abbiamo passato ogni fine-uscita a pomiciare e a fare a gara a chi
privava l'altra di più strati di indumenti, ho avuto modo di
apprezzarlo sempre di più perchè mi fa sentire a
mio agio e mi fa sentire importante, perchè mi ascolta con
calma e attenzione.
Sento di essere
riuscita a credere di essere chiunque tranne la sua alunna, e la cosa
mi stupisce perché, dopotutto, ci conosciamo da solo un mese.
"E ci credo, sono
più bravi a letto" ridacchia la mia amica, facendomi
l'occhiolino mentre si siede su una delle sedie.
Alzo gli occhi al
cielo prima di perdermi in un sorrisino non da me, tra il malizioso e
l'imbarazzato.
"Non saprei visto che
non siamo ancora arrivati a quel punto. Posso solo dirti che... Beh,
senza maglietta è ancora più sexy" borbotto, per
poi coprirmi il volto con una mano per la vergogna.
Non posso non
ricordare l'ultima volta in cui ci siamo visti - due giorni fa - in cui
mi sono ritrovata sul divano di casa sua senza vestito e desiderosa di
sentire la sua pelle al contatto con la mia, e, se non avessi avuto il
ciclo, di certo non me ne sarei fregata di fermarlo, eccitata com'ero.
"Non ci credo!"
esclama Lisa, sgranando gli occhi e battendo un pugno sul tavolo. "Non
ci hai combinato ancora nulla?".
Scuoto il capo,
deglutendo. "Pensa che all'inizio per me era assurdo pensare a
quest'opzione. Ero così presa dal fatto che fosse un mio
professore che mi sentivo decisamente fuori di senno per aver accettato
di uscirci, ma poi... Vedi, mi trovo così bene con lui che
spesso dimentico come stanno i fatti, quindi è
già molto che io stia prendendo in considerazione l'idea di
andarci a letto" spiego con cautela, sperando di essermi espressa bene
perchè tutta questa situazione è così
assurda che risulta difficile da spiegare a chi non conosce i fatti.
Tuttavia, Lisa mi
conosce così bene da capire subito cosa voglio dire, ed
annuisce.
"E' tipico di te,
dopotutto sei sempre troppo razionale. Il fatto che lui a giugno se ne
torni in America è perfetto visto che non te lo ritroverai
all'esame, ma... Mica te ne starai innamorando?" chiede, analizzando il
mio volto come se fosse un particolare di un quadro e con un tono
alquanto apprensivo.
Scuoto il capo, sicura
di me e di ciò che provo.
"No, anzi, mi sento
strana proprio perchè è la prima volta che mi
ritrovo ad essere attratta da qualcuno solo fisicamente. Quando non lo
vedo non mi manca, non lo penso durante il giorno... E' solo che mi fa
piacere stare in sua compagnia perchè mi fa sentire diversa"
ammetto, dando voce ad uno dei ragionamenti che ho fatto spesso nelle
ultime notti.
Così, lei
sospira ed annuisce. "Meglio così" approva.
Senza sapere cos'altro
dire, così, apro il frigo per scegliere cosa cucinare per
pranzo, optando per pasta con il pesto alla genovese e mozzarella e
pomodori per secondo, ottenendo la sua approvazione.
"Ah, e poi oggi
pomeriggio mi accompagni un po' in giro, ho urgentemente bisogno di
comprare nuovi completi intimi" aggiungo dopo un po', guadagnandomi
un'occhiata ammiccante da parte sua.
Dopo un pomeriggio di
shopping che ci ha ricordato molto i tempi del liceo, io e Lisa ci
ritroviamo davanti la porta di casa di Leo, entusiaste e incuriosite
alle stesso tempo per ciò che ci aspetta.
Ci ritroveremo
coinvolte in una serata noiosa con uomini altrettanto noiosi o in uno
di quei festini in stile American Pie?
La risposta si svela
subito, sin da quando Leo apre la porta, rivelando musica ad altissimo
volume e schiamazzi di ogni tipo.
Appena lo vide, Lisa
cerca di contenere il suo sguardo di apprezzamento, ed io, per
sciogliere il ghiaccio, mi affretto a presentarla.
"Lei è
Lisa" dico, dopo aver salutato l'uomo con il solito bacio informale
sulla guancia.
"Ciao, piacere di
conoscerti!" esclama Leo, facendoci entrare e chiudendo la porta alle
nostre spalle.
"Il piacere
è tutto mio" risponde Lisa, senza riuscire a trattenersi,
facendomi ridere.
Leo le sorride
candidamente ed io le dò un pizzicotto senza farmi vedere da
lui.
"Venite pure in
soggiorno" ci invita, così, mentre lo seguiamo, Lisa
sussurra al mio orecchio: "Cacchio, come hai fatto a resistergli? E' da
dieci e lode!".
"Piantala!" biascico,
tuttavia sorridendo.
Nel giro di pochi
istanti, ci ritroviamo nel caos fatto persona: ci sono circa dieci
uomini sulla trentina che bevono, ridono come pazzi e flirtano con
delle donne, mentre solo un paio giocano con la x-box ad un gioco di
basket.
"Loro sono dei miei
amici, sono qui per un convegno che è iniziato oggi..."
spiega Leo, alzando la voce per farsi sentire nonostante la musica
alta.
"Non me ne presenti
nessuno?" chiede Lisa, sorridendo candidamente, facendomi ridere.
Eccola, la mia
antitesi! Ho sempre voluto essere diretta come lei, e, a sua volta, ha
sempre fatto di tutto per aiutarmi a superare la mia timidezza,
specialmente quando eravamo al liceo.
Per certi versi
è molto simile a Trudy, tranne per il fatto di essere un po'
meno matura e responsabile quando è necessario, ma dopotutto
non ha nemmeno ventidue anni, mentre Trudy è cresciuta molto
in fretta visto il divorzio dei suoi che l'ha costretta a badare ai
fratelli quando sua madre lavorava.
"Volevo prima offrirti
da bere" ridacchia a sua volta Leo, facendole l'occhiolino.
"Puoi fare le due cose
contemporaneamente" ribatte lei.
"Ma no, solo le donne
sono multitask" m'intrometto, sarcastica come mio solito.
Leo fa un verso
scettico, così si avvicina al tavolo delle bibite, riempie
un bicchiere di chissà cosa e afferra un suo amico per un
braccio, portandolo vicino a noi.
"Ecco" dice, dando il
bicchiere a Lisa. "Lui è Steve" aggiunge, indicando l'amico,
un trentenne dai capelli biondi e gli occhi azzurri fin troppo vispi
che gli danno l'aria di uno che è abbastanza furbo.
"Io sono Lisa!"
esclama la mia amica, sorridendogli, evidentemente in segno di
apprezzamento.
"E lei è
Lena" aggiunge Leo, circondandomi le spalle con un braccio.
"La famosa Lena! Do
you really exist?" mi prende in giro Steve, ridendo con aria divertita.
Annuisco, senza sapere
cosa dire, al contrario di Lisa che, dopo avermi fatto l'occhiolino,
non so come riesce a dissolversi con lui nel giro di pochi istanti.
"E' simpatica"
constata Leo, senza mollare la presa attorno alle mie spalle.
Lo guardo con aria di
sfida, assottigliando le palpebre. "Di la verità, la
preferisci a me".
"Ma no. Forse non
sarai simpatica" - qui mi fa la linguaccia - "Ma sai essere davero hot...".
"Ah sì?".
"Sì...".
Senza dire altro, si
china su di me e mi bacia, stringendomi a sè con slancio, ed
io lo lascio fare, sentendo che sarebbe controproducente fermarlo visto
che, dopotutto, va anche a me.
Mi piace il modo in
cui mi bacia, sa essere seducente e dolce allo stesso tempo, oltre al
fatto che è capace di farmi perdere il controllo in
pochissimi istanti.
Rimaniamo
così per non so quanto tempo, tra un bacio e l'altro e un
paio di drink che, come al solito, riescono a farmi sciogliere un po' e
a rendermi un po' meno lucida.
Circa un'ora dopo,
sono così presa da lui e brilla al tempo stesso che a stento
realizzo di trovarmi nella sua camera, nel momento in cui lo sento
chiudere la porta a chiave.
Mi bacia il collo
mentre mi fa stendere sul letto, e senza alcuna esitazione riesce a
posizionarsi tra le mie gambe, mentre mi libera dal top e passa a
baciarmi il seno con una voluttà esagerata, che mi regala
una piacevole sensazione di oblio, tanto che mi ritrovo a sbottonargli
la camicia e ad accarezzargli il petto.
"I want
you..."
sussurra, con quella voce roca che mi fa impazzire.
Non rispondo, ma non
gli impedisco nemmeno di privarmi della minigonna e di continuare a
passare la sua bocca su ogni centimetro di pelle libera da indumenti
vari.
Quando vede il
completo merlettato blu che ho comprato quel pomeriggio si blocca,
deglutendo.
"Che... Che
c'è?" sussurro, preoccupata.
Non mi sono mai
ritrovata solo in intimo davanti a lui, e ho paura che la visione dei
miei fianchi un po' larghi e della pancia possa avergli fatto cambiare
idea.
Per tutta risposta,
lui sorride e scuote il capo, avvicinando la bocca al mio orecchio.
"Quel completino dovrebbe essere fuori legge..." spiega.
Mi lascio scappare una
risata nervosa, ricordando che sono secoli che non mi ritrovo in una
situazione simile, e, più rasserenata, per tutta risposta mi
decido a ribaltare le posizioni, ritrovandomi su di lui mentre, con le
mani tremanti, provo a slacciargli la cintura dei pantaloni.
Mi osserva, sorridendo
maliziosamente, e ciò mi manda ancora più in
tilt, perchè ho anche constatato il suo livello di
eccitazione.
"Ehi, stai
tranquilla..." mormora, notando le mie mani che tremano come
forsennate.
Sbuffo, arrossendo
come una matta. "E' che sono secoli che non mi trovo in una situazione
simile e...".
Non riesco a dire
altro perchè lui si è messo a sedere e mi ha
ribaciato, mentre, nel frattempo, ha afferrato le mie mani per poi
guidarle con calma.
Sorrido, labbra contro
labbra, e quando ha finito di aiutarmi in quell'operazione lo spingo di
nuovo a stendersi, per poi stendermi a mia volta su di lui.
Mi abbraccia,
accarezzandomi i capelli, come per tranquillizzarmi, poi passa al
gancetto del reggiseno, esitante.
"Posso...?" chiede.
Per tutta risposta, mi
metto a sedere, ritrovandomi a cavalcioni su di lui, e mi libero
dell'indumento, gettandolo per aria e squadrando la sua reazione, che
non si fa attendere affatto: sgrana gli occhi e avverto un cambiamento
anche nel suo amico dei paesi bassi.
"Sei stupnda" esclama, e per confermare
ciò, con decisione, si tuffa letteralmente sul mio petto.
Mi fa sentire
decisamente desiderata, e ciò fa sì che il mio
cervello si spenga, in modo da non fargli obiettare nulla sul fatto che
non avessi premeditato di fare sesso con lui durante un festino.
Gli bacio a mia volta
il collo, per poi passare al lobo dell'orecchio e ottenendo un mugolio
di apprezzamento, cosa che mi fa sentire più sicura.
Quando avverto una
delle sue mani che si avvicina con decisione ai miei slip per poi
scostarli, non riesco a pensare ad altro che ad un: "Muoviti, non ce la
faccio più...", e glielo faccio capire riuscendo a trovare
il coraggio di avvicinare la mia di mano ai suoi boxer.
Li ho appena sfiorati
quando una serie di urla degne di una cantante lirica mi fa sobbalzare
e mi fa bruscamente tornare alla realtà, e Leo, notando il
mio movimento brusco, si blocca e mi fissa.
"... MA STIAMO
SCHERZANDO? QUESTO E' UN CONDOMINIO, NON UNA DISCOTECA! E' TARDI, E
OLTRE LA MUSICA A PALLA DOVREI ANCHE SOPPORTARE IL SUO VOMITO
SUL MIO TAPPETINO D'INGRESSO?!" continua ad urlare quella
voce femminile.
"Wh... What
the fuck?!"
sbotta Leo, seccato e incredulo allo stesso tempo.
"Penso... Dovresti
andare a..." inizio, ma una serie di bussate alla porta della stanza
danno ufficialmente fine al nostro breve incontro che non ha avuto un
epilogo.
"Leo, Leo!
Are you here? Please, come out, your neighbour is freaking out!" urla una voce maschile,
senza smettere di dare pugni contro la porta.
Leo sbuffa e si porta
una mano contro la fronte.
"Just one
second, Mark, I'm coming..." risponde, alquanto seccato,
mentre si alza dal letto e inizia a recuperare i suoi vestiti.
"Lì c'è il bagno se vuoi sistemarti, devo andare
a vedere cos'è succeso" spiega, indicando la porta alla
nostra destra.
Annuisco, recuperando
a mia volta i miei abiti per poi entrare nell'altra stanza senza dire
altro, scioccata e incredula come sono.
Mi guardo allo
specchio, e noto che erano secoli che il mio riflesso non mi restituiva
lo sguardo di una ragazza con i capelli sconvolti e la faccia
arrossata.
Per una volta che mi
ero decisa a spingermi oltre con qualcuno che non fosse Matteo, ecco
che il fato mi rompe le scatole sotto forma di una vicina seccata e
rompiscatole.
Mancava pochissimo,
ormai, ci eravamo andati così vicini, e invece...
Frustrata, mi sciacquo
il viso numerose volte e cerco di dare un senso ai miei capelli, per
poi vestirmi rapidamente ed uscire alla ricerca di Lisa.
La trovo seduta sul
divano del soggiorno con Steve, e appena mi vede inizia a ridacchiare
come una matta.
"Cosa è
successo con la vicina...?" m'informo, sperando di non aver indossato
il top al contrario e di avere un'espressione non troppo sconvolta.
"Un certo Josh ha
esagerato con l'alcool e mentre stava uscendo con una tipa ha vomitato
davanti l'appartamento della signora di fronte" sintetizza Lisa,
entusiasta come se stesse raccontando un fatto eccessivamente
divertente. "Tu, piuttosto? Sei particolarmente sconvolta..." osserva,
facendomi l'occhiolino, facendo ridere il suo nuovo amico.
"Ti spiego dopo"
mormoro, dicendomi mentalmente che questa serata alla American Pie si
sarebbe potuta concludere meglio.
"Ma tu aspetti che io
vada via per andartene a divertire con una banda di americani con la
sindrome di Peter Pan?".
E' domenica
pomeriggio, Trudy è appena tornata mentre Lisa sta per
andarsene, ancora tutta pimpante per la serata a suo giudizio
elettrizzante appena trascorsa.
"Lo sai che con me
Lena si decide a sfoggiare il suo lato di bambina birichina..."
ridacchia Lisa, mentre chiude la borsa contenente i vestiti usati
durante il week end.
"Piantatela..."
sbotto, incrociando le braccia. "E' destino che io debba fare sempre la
tizia noiosa e frigida visto che quando mi decido a fare sesso con
qualcuno vengo interrotta!".
Le mie amiche ridono
come delle matte, poi Trudy mi lancia un'occhiata di sbieco e sorride
in un modo comprensivo.
"Poverina.... Voglio
dire, ti apprezzo molto, io avrei dato di matto dopo tutti questi mesi
di astinenza".
"Infatti!
Vabbè, dai, almeno sai che succederà la prossima
volta che vi rivedrete" le dà man forte Lisa, facendomi
l'occhiolino.
"Sì, ma...
E' diverso! Voglio dire, è come se fosse programmato, mentre
ieri stava per succedere spontaneamente" faccio notare loro, scrollando
le spalle.
"Ma non è
il tuo ragazzo, Lena, non badare a queste cose, alla fine siete una
sorta di... Trombamici, no?" mi fa notare Lisa.
"Ma no! Si dice "Amici
con benefici"! Per Lena è più adatto...".
"La finite di parlare
come se non fossi presente?!" sbotto, sbuffando. "Il problema
è che mi mette ansia sapere che di sicuro
succederà appena ci vedremo, odio queste cose, mentre ieri
era una cosa spontanea".
"Oh, ma con un figo
come Leo non devi farti di questi problemi!" dice la mia amica del
liceo. "Ed è risaputo che pensi troppo".
"Concordo con Lisa!"
approva Trudy.
Senza sapere cosa
dire, mi siedo sul mio letto, passandomi una mano tra i capelli e
cercando di non pensare alla nottata passata a pensare a come mi sono
sentita bene con Leo e se tutto ciò fosse giusto viste le
circostanze.
Sono tornata indietro,
ad essere la solita Lena che fa tutto con serietà, e
pensando a questa mia nuova "versione" mi sono chiesta se fossi sul
serio cambiata o se questa sia solo una fase.
"Comunque, sono le
cinque, ho il treno tra mezz'ora, è meglio se vado" dice
Lisa dopo poco, facendomi riemergere dal mio stormo di pensieri.
Alzo lo sguardo,
annuisco e sorrido, rialzandomi. "Mi ha fatto piacere averti qui, fammi
sapere quando puoi tornare per un altro week end" dico, abbracciandola.
"Sì, ti
faccio sapere appena mi libero dall’esame di diritto penale"
risponde.
"Perfetto!".
Io e Trudy
l'accompagniamo alla porta, e dopo altri diecimila saluti e promesse ci
ritroviamo da sole dopo vari giorni.
Ci guardiamo,
prendendo posto automaticamente dietro il tavolo della cucina, e noto
che Trudy sembra un po' nervosa visto che si sta torturando una corta
ciocca bionda con un dito.
"Che c'è?"
chiedo. "Tutto bene?".
Lei annuisce
prontamente e accenna uno strano sorriso. "Sì. Devo dirti
una cosa, ho aspettato che Lisa se ne andasse...".
"E' successo
qualcosa?" m'informo, ora un po' preoccupata.
"Sì".
"Trudy, non
è normale che tu mi risponda a monosillabi, cosa...?".
"C'è stata
una novità che cambierà la mia vita e quella di
Davide" inizia, torturandosi le mani.
Spalanco la bocca,
senza capire.
"Sì. Una
novità che cambierà molto la mia vita, che mi
porterà a fare scelte diverse rispetto al mio futuro e...".
"No!" sbotto, senza
riuscire a controllarmi, sgranando gli occhi. "No! Sei incinta! Avrete
un bambino! Oh!" esclamo subito, coprendomi la bocca. "E' una cosa...".
Trudy scoppia a ridere
e scuote la mano ripetutamente, come per fermare il mio insensato
flusso di energie che mi portano a dire queste sciocchezze. "No! Ma no!
Non aspetto un bambino!" esclama.
Mi blocco, fissandola
senza capire.
"Ah no? E cosa...?".
"Mi ha chiesto di
andare a vivere con lui, tra un anno. A Torino, dove verrà
assunto dopo la laurea" spiega cautamente, questa volta fissando la mia
reazione.
"Oh" dico quindi. "A
Torino. Wow".
Lei fa un cenno di
assenso e mi guarda, sostenendo il mio sguardo nonostante sembra le
stia risultando un po' difficile.
"Lo so che pensavi che
avremmo sempre vissuto qui, fino alla fine della specialistica, ma...".
"Ma no, no! E' una
cosa bellissima, devi stare con Davide, avrà bisogno di te
in una città nuova..." mormoro, ancora un po' sorpresa
perchè sul serio credevo che io e Trudy avremmo coabitato
fino alla fine dell'università, se non addirittura anche
dopo.
"Studierò
lì, c'è un'ottima università di
lingue, non devo nemmeno fare il test per accedere alla
specialistica... Perciò parlavo di scelte differenti"
continua a spiegare, mordendosi il labbro, evidenziando un po' la sua
difficoltà nel dirmi quelle cose. "Credimi, anche io mi
immaginavo di vivere qui dopo la triennale, di specializzarci insieme,
e so che a Torino sarà tutto differente perchè
dovrò iniziare di nuovo tutto daccapo, ma si tratta di
Davide e...".
"Non devi
giustificarti, Trudy, io farei lo stesso" la interrompo, sforzandomi di
sorridere e gettandomi tra le sue braccia per stringerla a me, anche
per non continuare a sostenere il suo sguardo.
La sento stringermi di
rimando e aumento la stretta, se possibile, dicendomi che d'ora in poi
dovrò assaporare ogni minuto passato insieme per quando se
ne andrà.
Quando ci separiamo,
siamo entrambe un po' imbarazzate, abituate come siamo a prenderci solo
in giro.
"Però
dovrete sposarvi qui! Non mi obbligherete a venire fin lì
per la cerimonia, no?" chiedo, cercando di ironizzare.
Lei ride in un modo
ancora più stridulo del solito ed annuisce con un cenno del
capo. "Tanto succederà tra anni...".
"Secondo me no".
"Ma dai! E poi pensa
alla tua, di vita sentimentale!".
"Mi stai forse
chiedendo di pensare al nulla?".
Di nuovo, per
l'ennesima volta, ci troviamo coinvolte nell'ennesimo battibecco, per
non lasciarci prendere da ulteriori sentimentalismi e ammettere che,
dopotutto, questi tre anni sono stati speciali proprio per il
contributo che ognuno ha dato alla vita dell'altra.
*°*°*°*°
Ed eccoci qui, con uno
dei miei capitoli preferiti, che danno inizio ad una parte un bel po'
caotica.
La novità
di Trudy non sarà facile da accettare per Lena, e, nel
frattempo, la sua vita continuerà ad essere caratterizzata
da numerose dinamiche che rischieranno di metterla in crisi.
Abbiamo visto cosa
succede quando prova a lasciarsi andare, quindi ecco che tutti i suoi
dubbi sono tornati a galla...
Lena è
sempre Lena xD
Per quanto riguarda la
scena un po' più "Hot" con Leo, beh, spero non faccia
schifo, non sono abituata a scrivere storie con il rating arancione ^^'
Poi abbiamo conosciuto
Lisa e abbiamo visto un po' com'era al Liceo insieme a Lena.
Che dire, spero che il
capitolo vi sia piaciuto, grazie a chi continua a seguire la storia
come sempre <3
Se vi va di farmi
sapere che ne pensate, sono qui ^^
A martedì,
milly92.
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Capitolo 8 *** Lena è Cambiata? ***
8
- Capitolo
8
- 8 Ottobre 2011
- "Se studiassimo medicina, avrei
trenta ad anatomia, ma purtroppo studiamo lingue e ciò non
ci aiuterà a...".
- "Lingue, hai detto bene...".
- Matteo, per confermare la sua
affermazione, slacciò un altro bottone della mia camicetta,
per poi baciarmi un seno da sopra il reggiseno con eccessiva enfasi.
- "Amore...".
- "Sì?".
- "Ho deciso. Cioè, mi
sono decisa. Possiamo..." rivelai, con il fiatone, desiderosa di
continuare a sentire le sue mani su di me e le sue carezze infinite.
- Stavamo insieme da mesi, troppi
mesi, a detta delle mie amiche, e in quel momento ero giunta alla
conclusione che fosse inutile aspettare ancora, perchè per
me Matteo era quello giusto.
- Lui, un po' incredulo, mi
fissò, smettendo di dedicarsi al mio petto.
- "Possiamo, cioè, hai
deciso...?".
- "Non ha senso aspettare. Io ti
amo...".
- "... Lo sai che ti amo anch'io,
tanto...".
- "... E anche io sono stufa di
bloccarci sempre, ogni volta che stiamo in pace, da soli. Voglio te,
solo te" mormorai, arrossendo furiosamente.
- "Anche io, amore. Ma sappi che
ti avrei aspettato ancora" sussurrò lui, prima di gettarsi
di nuovo addosso a me e continuando a slacciarmi la camicetta. "Ti amo
da impazzire".
- "Anche io, anche io!".
- **********
- Nuovo lunedì,
nuove lezioni, nuove dosi eccessive di caffeina, solite chiacchiere con
i soliti amici.
- Tuttavia, questa volta
c'è qualcosa di nuovo, una sorta di piccola
novità: sto facendo colazione a casa di Dario, mentre di
solito è lui che viene da me prima di andare a seguire le
lezioni.
- I suoi genitori non ci
sono come al solito, visto che la loro condizione di infermieri li
costringe a lasciare casa prima delle otto del mattino, e, non avendo
altri figli, la casa non è ospitata da nessuno tranne noi.
- Ieri sera ho mandato un
sms al mio amico in cui gli chiedevo di vederci prima della lezione di
Letteratura Tedesca, ma ovviamente costringerlo ad uscire di casa prima
delle dieci del mattino era alquanto impossibile, per cui sono andata
io da lui e gli ho anche preparato la colazione.
- "Quindi... Trudy se ne va
a Torino. Wow" sussurra colpito Dario, dopo che gli ho spiegato la
novità del momento. E' serio, con ancora addosso i
pantaloncini blu e la maglietta bianca che usa per dormire, e mi
squadra insistentemente oltre il vetro dei suoi occhiali rettangolari.
- "Sì. Sono
felice per lei...".
- "Ma...?" mi interrompe,
lasciando perdere il toast che stava per mangiare.
- Sospiro, iniziando a
torturare con le mani un tovagliolo di carta fino al punto di ridurlo
in una piccola pallina.
- "Ma ho paura, ecco. Ho una
brutta relazione con gli addii, se non te ne sei reso conto" spiego,
sbuffando e incrociando le braccia.
- "Non sarà un
addio, Lena...".
- "Dai, Dario, sii serio. La
mia più cara amica oltre Trudy vive a nemmeno trenta
chilometri da qui e ci vediamo pochissimo, figurati ora che Trudy se ne
andrà così lontano! Ho paura, Dario, ho paura di
non farcela senza di lei, e poi...".
- "E poi?".
- "E poi questo mi fa
chiedere cosa sto combinando di buono, io. Non so nulla
del mio futuro, so solo che se va tutto bene a novembre avrò
un stupido pezzo di carta tra le mani! Se non supero il test di accesso
alla magistrale? Chi verrà a vivere con me? Sarò
ancora più
sola? Troverò un lavoro o morirò di fame? Sono
così abituata a programmare le pagine da studiare al giorno
per ogni esame che vorrei poter programmare la mia vita...".
- Comprendendo che ormai la
sua colazione sia saltata, Dario lascia perdere il cibo e avvicina la
sua sedia alla mia, in modo da trovarsi di fronte a me. Appoggia le sue
mani sulle mie spalle e mi fissa negli occhi, sorridendo.
- "Sbaglio o queste sono
più o meno le cose che ti sei chiesta quando hai iniziato
l'università?" chiede retorico. "Tante preoccupazioni e poi,
puff!, hai conosciuto me, Trudy, le altre, ti sei innamorata, sei
andata avanti... Sai che significa questo?".
- Scuoto il capo, senza
sapere cosa dire.
- "Che gli imprevisti sono
la cosa più bella che ci sia. Non puoi fare nulla per
controllarli, non conosci la loro esistenza, eppure eccoli
lì, pronti a sconvolgerti la vita e sorprenderti.
Andrà tutto bene... E poi avrai sempre me, te l'ho detto
mille volte" ribadisce, sul serio per la millesima volta.
- Annuisco, e lui, dopo
l'ennesimo sorriso, si fionda ad abbracciarmi, lasciandomi un bacio tra
i capelli con una dolcezza che non gli ho mai visto esercitare.
- "Gr-Grazie" biascico,
ricambiando l'abbraccio e accarezzandogli la schiena.
- Quando ci separiamo, ci
ritroviamo per qualche istante fronte contro fronte, e la cosa mi
risulta così... Strana che, non so come nè
perchè, gli lascio un bacio sulla guancia, perchè
sento che rimanere immobile mi avrebbe fatto sentire ancora
più strana.
- Sorridendo imbarazzato, si
scosta e si alza dalla sedia, passandosi una mano tra i ricci ribelli.
- "Allora... Vado a
prepararmi, tra mezz'ora c'è lezione..." mormora.
- "Sì,
sì, io nel frattempo sistemo qui...".
- Annuisce, per poi
scomparire oltre il corridoio, e lasciandomi un po' confusa e stranita.
- Ho forse sbagliato a
dargli quel bacio? Perchè è cambiato
improvvisamente?
- Siamo amici da una vita,
perchè certi comportamenti lo mettono ancora in soggezione?
- Immersa nei miei pensieri,
passo una decina di minuti a sistemare la cucina, finchè non
mi blocco visto che non so dove riporre la ciotola da lui usata per il
latte.
- Così esco dalla
cucina fino a bussare alla porta della sua camera.
- "Entra" mi dice,
così apro e me lo ritrovo davanti con indosso solo i suoi
soliti jeans e calzini.
- La cosa mi lascia un po'
allibita perchè realizzo di averlo sempre visto
completamente vestito, anche perchè non siamo mai andati al
mare insieme, e quando nota che lo sto fissando fa una faccia
imbarazzata.
- "Eh, ho messo un paio di
chili, lo so... Devo andare in palestra...".
- Scuoto energicamente il
capo, sforzandomi di guardarlo in viso e sentendo di star arrossendo di
brutto. "Ma no, no, è che... Sono abituata a vederti
vestito, scusa, cioè, non è che stai male"
biascico, sentendomi decisamente stupida.
- E' come se per me Dario
avesse solo il suo bel carattere e i suoi occhiali, scoprire che ha un
busto nudo come tutti gli altri è stato rilevante e
scioccante.
- "Noo, sto solo uno schifo"
ironizza.
- "Scemo, dai...".
- "Ma sei arrossita?"
ridacchia, sorpreso, forse più di me.
- "Io? Eh? No, sono venuta
per chiederti dove mettere la ciotola del latte..." svio subito
l'argomento.
- "Oh, sì"
risponde, avviandosi verso la cucina.
- Lo seguo, e mentre lo vedo
riporre l'oggetto, noto qualche graffio sulla schiena visto che mi sta
dando le spalle.
- "Cosa hai fatto alla
schiena?" chiedo quindi, preoccupata.
- Si blocca mentre sta
chiudendo l'anta del mobile, per poi terminare l'operazione e fare un
cenno imbarazzato.
- "Oh, quello..." sussurra,
deglutendo.
- Gli lancio uno sguardo
interrogativo, e lui sospira, per poi scrollare le spalle. "Stavo per
dirtelo... Ho fatto sesso con una, ieri" spiega. "E mi ha lasciato
questi segni...".
- Senza sapere cosa dico,
opto per un semplice: "Oh" di comprensione.
- "E' una delle studentesse
Erasmus, è spagnola, la ospita un' amica di Giovanni e...".
- "Non mi devi spiegazioni"
gli ricordo, pensando che, quindi, entrambi abbiamo avuto un'occasione
questo fine settimana e che lui è riuscito a coglierla.
- "Ma no, te lo avrei detto
comunque... In pratica mi ha fatto il filo per tutta la serata e...".
- "Ma ti stai
giustificando?" lo prendo in giro, spingendolo lievemente, e notando la
sua pelle d'oca quando la mia mano sfiora la sua spalla nuda.
- "No! Ti sto solo raccontando...
Aspetta, vieni che nel frattempo mi metto la maglia...".
- Lo seguo nella sua stanza
e mi appoggio allo stipite della porta, mentre lui si affaccenda per
indossare una maglia rossa e le scarpe. "Non mi ricordo nemmeno come si
chiama, da una parte mi sento in colpa! Lo sai che non mi trovo a mio
agio con queste... Storie...
Ha passato tutta la serata a gettarsi addosso, poi mi ha chiesto di
accompagnarla a casa perchè aveva dimenticato una cosa e me
la sono ritrovata davanti mezza nuda" continua a spiegare.
- "Vabbè, dai, ti
è andata bene! Da quel che so tutti quelli
dell'università pagherebbero per passare una serata con
quelle spagnole" ironizzo, facendogli l'occhiolino.
- "Beh, alla fine non sono
nulla di che" rivela, ridacchiando.
- "Addirittura!".
- "Ma sì...
Preferisco le italiane, sai?".
- Rido, senza sapere cosa
dire, perchè in un lampo mi sono ricordata di star
continuando ad omettere il racconto che riguarda me, Leo e la nostra
strana relazione.
- Ormai ci vediamo spesso,
quindi non ho più scuse per continuare a mentire, ma non me
la sento affatto, ho una paura che non so descrivere, forse
perchè temo il suo giudizio di sicuro negativo.
- Perciò, con i
sensi di colpa a mille, mi limito a tacere, sperando di zittire anche
la mia coscienza.
- "... Quindi, se superate
la prova intercorso, all'esame porterete solo metà
programma. Siete liberi di farla o meno, ma penso che vi convenga,
visto che siete all'ultimo anno e di certo avrete altre decine di libri
a cui badare ora che si avvicina la sessione estiva. Troverete gli
argomenti da studiare sulla mia pagina personale entro oggi pomeriggio,
e durante la prossima lezione farò circolare un foglio in
cui dovrete scrivere il vostro nome se avete deciso di fare la prova".
- Mentre la professoressa
Ciarla parla, l'aula è più silenziosa del solito,
perchè di sicuro tutti aspettano di ascoltare quel
particolare vantaggioso che li farà decidere a sostenere la
prova e a studiare per avere "mezzo" peso in meno durante la sessione
estiva.
- "La prova ci
sarà il ventidue aprile, quindi avete un paio di settimane
per prepararvi" continua la docente. "Bene, pensateci, per oggi
è tutto, ci vediamo mercoledì".
- Sgrano gli occhi udendo
quella data, perchè il ventidue aprile è il
giorno del mio compleanno e, conoscendomi, so che deciderò
di fare la prova per avvantaggiarmi con lo studio.
- Sospirando, ripongo la mia
copia in inglese di "1984" e il quaderno di Letteratura Inglese III per
poi aggregarmi al mio solito gruppetto che, ovviamente, sta commentando
la decisione della professoressa.
- "Avvisarci con solo due
settimane di anticipo, questa è pazza!" sbotta Lucia.
- "E se parlassimo con gli
altri e provassimo a farla spostare di almeno una settimana?" propone
Alessandra.
- "Sapete com'è
fiscale la Ciarla" sospiro.
- Andiamo nel bar
dell'università visto che è ormai ora di pranzo e
abbiamo la prossima lezione alle due, e lì troviamo Germana
con il suo gruppo di nuovi amici, un gruppo di nullafacenti che passano
le loro giornate all'univeristà senza fare nulla e con cui
ha legato molto nelle ultime settimane.
- Gira voce che conoscano
gli amministratori della pagina Spotted, e forse è
ciò che li rende tanto interessanti ai suoi occhi.
- Ci saluta distrattamente,
come fa quando è con loro, e noi rispondiamo nello stesso
modo, feriti dal suo ignorarci a causa di quella gente.
- "Non dico che non debba
avere altri amici, ma può essere loro amica anche senza
ignorarci" commenta Marina, che ultimamente, essendo la sua
coinquilina, si ritrova la casa invasa da quei tizi e a doverla
sistemare dopo i loro festini che stanno diventando una meta attrattiva
per mezza università.
- Lucia annuisce,
comprensiva, mentre io vado a prendere un panino per pranzare e
facendomi spazio tra la solita folla che c'è al bar a
quell'ora.
- Noto che qualcuno mi
lancia un'occhiata un po' strana, qualcuno mi fissa, ma cerco di non
badarci, pensando che sia dovuto ancora alla vecchia storia degli
spotted riguardo Matteo ed Elisabetta, così, nel giro di
dieci minuti torno al tavolo dei miei amici che, a loro volta, mi
fissano senza dire nulla.
- "Cosa c'è? Ho
un brufolo in faccia?" sbotto, gettando il panino sul tavolo con forza.
- Quando vedo che un paio di
loro reggono il telefono in mano, faccio due più due e alzo
gli occhi al cielo, sconvolta. "Cos'hanno scritto, ora?".
- Trudy mi passa il suo
iphone e, allibita, mi ritrovo davanti ad una foto in cui, in
lontananza, ci siamo io e Lisa che guardiamo dei tanga di pizzo da
Tezenis.
- "A quanto pare Lena si sta dando
da fare dopo la rottura con Matteo. Era ora! Ma... Chi avrà
il coraggio di vederla con quei cosi addosso? Chiunque tu sia, hai
tutto il mio appoggio, devi essere proprio coraggioso!"
recita la didascalia sotto.
- Per un pelo non getto in
aria il costosissimo iphone, grazie a Dario che lo salva e lo consegna
alla proprietaria.
- "Non sono nemmeno libera
di comprare dell'intimo, ora? E poi, tutti mi hanno rotto le palle
perchè non mi sono messa con qualcun'altro dopo Matteo, e
ora che potrebbe sembrare il contrario mi rompono le palle, per di
più in pubblico?!" urlo, infischiandomene dell'attenzione di
tutti che si rivolge a me, per poi alzarmi e uscire dal bar come una
furia, sforzandomi di non piangere per la rabbia.
- O è stata
Elisabetta o Germana, questi sono i miei unici pensieri mentre urto
numerose persone che stanno andando a pranzare.
- Come si fa a pubblicare
simili idiozie? E perchè nessuno non mi lascia in pace?
- Comprare dell'intimo non
è un reato, e, nonostante fosse vero che ero da Tezenis per
indossare qualcosa di decente per Leo, sarei potuto essere
lì anche solo per fare shopping con un'amica.
- E poi, diamine, questo
è stalking! E' una cosa da denuncia!
- "Fermati, Lena!".
- Quando sono ormai fuori
l'ateneo, vedo Trudy e Dario che mi stanno correndo incontro, urtando a
loro volta numerose persone.
- "Per favore, calmati" dice
subito Dario, trattenendomi per il braccio e, di conseguenza,
bloccandomi.
- "E' una cosa orribile, lo
so, ma... Per favore, ragiona. Marina ha detto che sabato sera Germana
mostrava una certa foto ai suoi nuovi amici e ridevano come matti,
quindi indagherà per scoprire se è stata lei. E
tu sei andata lì sabato, giusto?".
- "Sì... Volevo
comprare qualcosa da mettere sotto il vestito per il mio compleanno"
mento, visto che, conoscendo Dario, mi chiederà il motivo
del mio nuovo interesse per la lingerie.
- Trudy - che sa il reale
motivo - mi regge il gioco e non batte ciglio. "Aiuteremo Marina nelle
ricerche...".
- "Che schifo. La odio!"
sbotto. "Se è stata lei è un'ipocrita! Volendo
potrei farmi dare da chiunque le foto che si fece scattare dal suo ex,
per vendicarmi!".
- "Lena, tu le sei
superiore..." mormora Dario.
- "Superiore un cazzo! Sono
una scema, ecco cosa sono! Sono la povera Lena che non può
avere una vita sua perchè tutti le stanno con il fiato sul
collo! Mi sono rotta!" urlo, per poi liberarmi dalla presa di Dario.
"Lasciatemi in pace, per favore..." aggiungo, per poi dare loro le
spalle e dirigermi verso casa.
- L'unica cosa che so
è che devo contattare Leo, incontrarlo e ottenere il mio riscatto.
- Circa tre ore d'ore dopo,
mentre sto ricopiando gli appunti di Trudy di Filologia Germanica che
mi sono persa a causa della mia "fuga", sento suonare il campanello, ma
non vi bado più di tanto, perchè la mia
coinquilina sa che sono ancora arrabbiata e che, per oggi, non
contruibuirò alla vita domestica, se così
vogliamo definirla.
- Così, faccio
finta di nulla e continuo a scrivere, finchè non bussano
alla mia porta.
- Pensando che sia la mia
amica, borbotto "Avanti", per poi voltarmi e rimanere bloccata nel
vedere che davanti a me non ho nient'altro che Matteo, che mi sorride
cortesemente come se fossi una schiofrenica e lui uno psichiatra.
- E' vestito con
più cura del solito, e i suoi capelli sono ordinati, come se
fossero stati pettinati con cura, come era solito farli quando uscivamo
insieme.
- Probabilmente la mia
espressione è davvero idiota, perchè lui si
guarda intorno, imbarazzato, per poi tornare a guardarmi.
- "Scusa la mia irruzione.
Volevo... Sapere come stavi, ecco".
- Deglutisco, senza sapere
cosa dire o fare, alquanto sorpresa. Ho sentito bene? Il mio ex vuole
sapere come sto?
- "Prego?" chiedo quindi,
senza premurarmi di celare il mio scetticismo. Al momento sono
così presa dal contenermi e dallo stupore che non riesco a
gestire più cose contemporaneamente, come sono solita fare.
- "Volevo sapere come stavi"
ripete lui, senza battere ciglio. "Voglio dire, ti ho visto correre
fuori dal bar e...".
- "Elisabetta
dov'è?" lo interrompo, dando voce al mio primo pensiero. E'
così strano vederli separati, e la prima e unica volta che
è successo lei mi ha invitato alla sua festa di compleanno,
quindi dovrei preoccuparmi.
- Lui abbassa lo sguardo, e
mi fa sentire un po' vittoriosa, perchè so di avergli
sferrato un colpo basso.
- "Sa che sono in
biblioteca..." dice spudoratamente, come se mi stesse narrando una
piacevole storiella di poca importanza.
- "Cosa? Casa mia non
è una biblioteca, nel caso ti sfuggisse".
- Già sono
arrabbiata, e vederlo davanti a me, mentre ammette di star mentendo
alla sua ragazza, mi fa sentire ancora più irata.
- Sospira, passandosi una
mano tra i capelli, e poi torna a guardarmi. "Non potevo dirle la
verità, Lena...".
- "Perchè? Cosa
sei venuto a fare di male?" lo provoco, alzandomi di scatto e
incrociando le braccia.
- "Nulla! Voglio sapere
come...".
- "Oh, piantala! Ti ho detto
che mi vedo con uno, settimane fa, e probabilmente non ci hai creduto
solo perchè non me lo porto in giro per
l'università come un cane al guinzaglio" - qui si morde un
labbro, colpevole - "Ma ti è bastato vedere che ho comprato
della lingerie su una schifosa pagina dell'università per
vedere che fosse vero, e così eccoti qui. Cosa dovrei
pensare?!" urlo, senza premurarmi di star facendo la parte dell'ex
pazza che, probabilmente, si fa anche tanti film nella sua mente.
- Tuttavia, lui mi stupisce,
perchè, dopo un attimo di shock, causato probabilmente dalla
mia grinta, annuisce, guardandomi negli occhi.
- "Tu... Sei sempre stata mia, quindi
è normale che ora mi senta un po'... Strano, nel sapere che
fai sesso con altri" ammette, con la sua solita faccia da schiaffi.
- "Solo perchè
sei stato il mio primo non significa che mi debba rinchiudere in un
convento ora che non stiamo più insieme" dico, incredula per
l'assurdità del suo discorso. "Ed io non sono di nessuno. Le
persone non sono oggetti, Matteo, e forse non l'hai mai capito".
- "Sei diversa".
- "Eh?".
- "Sei diversa" ripete,
continuando a fissarmi intensamente. "Sei sempre stata... Dolce,
premurosa, mentre ora... Hai cacciato fuori il tuo carattere. Una parte
di me vorrebbe ancora stare con te perchè ora sei
intrigante, me ne sono reso conto la sera del mio compleanno".
- Sbalordita al massimo,
cerco di non cogliere qualche allusione piuttosto evidente, e mi limito
a scrollare le spalle.
- "Quando qualcuno ti
ferisce, l'unica opzione che hai è reagire, altrimenti
rischi di vivere nella sua ombra. E questa persona con cui mi sto
vedendo mi ha aiutato a capire quanto valgo" spiego, piuttosto
freddamente.
- "E' una persona fortunata.
Mi pento di...".
- "Dovevi pentirtene prima"
lo blocco, perchè so che meno ascolto e meglio è
per me e per la mia salute mentale. "Prima di baciare la tua ragazza
davanti a me dopo un mese dalla nostra rottura, senza nemmeno
salutarmi... Hai scelto lei, stop. Ora, per favore, sei pregato di non
guastarmi la festa ora che sono felice".
- "Scusami, sono egoista, lo
sai...".
- "Certo che lo so. Avrei
solo voluto saperlo prima. E sappi che se mi andrà
dirò ad Elisabetta della tua visita" sbotto con finta calma,
sentendo, tuttavia, un grande peso che scivola via.
- Colpito ed affondato, lui
annuisce, per poi salutarmi ed uscire silenziosamente.
- Rimango qualche istante
immobile, fissando la porta, per poi gettarmi sul letto e
raggomitolarmi, sentendo in arrivo un lungo pianto, che, probabilmente,
è liberatorio.
- Questa sera mi sento come
l'adolescente che non sono mai stata.
- Avete presente quelle
adolescenti ribelli, che sembrano donne vissute, trasgressive e cazzute
che si vedono nei telefilm?
- Io ero l'opposto.
- Sono sempre stata una
ragazzina che si innamorava dei personaggi dei libri, che aspettava le
feste per indossare un bel vestito e le scarpe alte che mi slanciavano
un po', e che massimo a mezzanotte tornava a casa, dopo una semplice -
e spesso noiosa - serate tra amiche al cinema o in pizzeria.
- Questa sera ho voglia di
non pensare, di non essere me stessa, di osare e buttarmi, di mettermi
alla prova per capire che posso essere anche qualcun'altro.
- Devo capire che quello che
sono lo sono perchè lo voglio e non perchè non
posso essere diversa.
- Ho indossato un completo
intimo rosso e nero con un vestito nero, ho provato a truccarmi meglio
che potevo e ho piastrato i capelli in modo che mi arrivino oltre la
schiena.
- In tutto questo, Trudy non
ha detto una parola, sin da quando se ne è andato Matteo, e
so che non lo farà.
- Forse parlerà
tanto, ma il suo pregio è che sa quando bisogna tacere.
- La saluto mentre prendo le
chiavi della macchina e, lentamente, per non cadere a causa dei tacchi,
esco di casa, scendo le scale che conducono al portone d'ingresso del
palazzo e raggiungo l'auto.
- Accendo la radio, proprio
perchè non ho voglia di pensare a nulla, e, come per
sfogarmi, passo tutto il tragitto a cantare l'ultimo cd di Pink, che mi
dà la carica giusta per la serata.
- Arrivata, prendo un lungo
respiro e parcheggio l'auto, per poi rimanere qualche istante
lì, ferma, senza sapere cosa fare.
- Mi guardo nello
specchietto retrovisore per aggiustarmi il rossetto, sforzandomi di non
piangere perchè mi sento come una Germana qualunque.
- Sento comunque qualche
lacrima di rabbia a causa della pessima giornata combinata ai mille
pensieri che mi opprimono, e faccio del mio meglio per sopprimerla.
- Ora ho carattere, stando a
ciò che dice Matteo, no? Quindi devo usarlo per farmi
valere, diamine!
- Impedendomi di non pensare
e di agire solo, mi decido a scendere, impiegando secoli per
raggiungere la porta di Leo dopo aver bussato al citofono.
- Quando apre la porta e mi
vede, mi lancia uno sguardo che mi dà conferma di cosa
succederà stasera.
- Lo sappiamo entrambi,
sappiamo entrambi che finiremo per concludere ciò che
abbiamo lasciato in sospeso sabato, e cerco di dirmi di stare
tranquilla, che lui sa come comportarsi e che mi farà
sentire desiderata.
- Decidendo di fare il primo
passo, entro e lo saluto con un bacio, a dispetto del solito casto
bacio sulla guancia che siamo soliti scambiarci per salutarci, e la
cosa non gli dispiace, perchè non esita a ficcarmi la lingua
in bocca e a stringermi a sè.
- "Non sai quanto ho pensato
di
te..." mi accoglie, guardandomi negli occhi, come per imprigionarli nei
miei.
- "Hai pensato solo a me o
anche ad altro?".
- "Beh, non saprei
descrivertelo, ora".
- "E allora fammelo vedere".
- Sul serio sono stata io a
parlare?
- Probabilmente
sì, perchè dopo un suo sguardo malizioso e
d'intesa, mi ritrovo senza giacca, adagiata contro la porta della sua
camera da letto con le sue mani che prima mi accarezzano una gamba e
poi si intrufolano sotto il vestito.
- "Ti ho pensato anch'io"
sussurro quando mi ritrovo stesa per la seconda volta sul suo letto,
con lui sopra di me che è così eccitato per
ciò che sta per succedere che sembra non sapere cosa fare.
- "E di cosa hai
pensato?".
- "A questo" dico, prima di
attirarlo a me, ribaciarlo e condurre una delle sue mani sul mio seno,
poi su tutto il mio corpo, per poi mettermi a cavalcioni su di lui e
consentirgli di slacciarmi il vestito, cosa che io non riuscirei a fare
a causa delle mani che mi tremano.
- Riesco sul serio a non
pensare a nulla, nè alle parole di Matteo, nè a
Spotted, nè a Trudy che se ne andrà,
nè a Dario che è andato a letto con una straniera
come sto facendo io...
- Il solo pensiero di essere
una sorta di ribelle, di fare qualcosa che non ho mai osato fare per
mia scelta, mi fa sentire più forte e audace.
- Ho sul serio cacciato
fuori il mio carattere o è una fase?
- Chiudo questo breve flusso
di pensiero grazie al tocco di Leo, che è sul serio bravo.
- Probabilmente ora
è se stesso, non si sta contenendo come è solito
fare per fare bella figura, e la cosa non mi dispiace, visto che sono
stanca di essere circondata da gesti falsi e ipocriti.
- Desiderosa di sentire la
sua pelle a contatto con la mia, lo privo della camicia, poi dei
pantaloni, mentre lui mi slaccia il reggiseno senza
difficoltà, troppo preso dagli eventi per fermarsi a
guardare il completo che ho scelto con tanta cura.
- Quando non so
più cosa fare, ci pensa lui a prendere in mano la
situazione, a stendersi su di me, facendomi schiudere le gambe e
privandomi degli slip, con meno premura e più passione, per
poi rimanere nudo a sua volta.
- Si china su di me,
baciandomi, e chiedendomi un eccitato: "Posso...?", mentre mi lascia
una scia di baci fino al collo, per poi scendere sempre più
giù.
- Annuisco, sforzandomi di
rilassarmi, riuscendoci giusto un istante prima che le danze abbiano
inizio...
- Gemiti, sospiri, parole
sussurrate sottovoce diventano gli abitanti della camera da letto,
facendomi provare sensazioni ancora più piacevoli rispetto a
quelle che ricordavo, e che sono la prova tangibile che, sul serio,
Lena è cambiata, anche se, probabilmente, solo per stasera.
- *°*°*°
- Tadà, ecco il capitolo in
cui Lena e Leo si danno una mossa, che, forse, è un po'
diverso da come ve lo eravate immaginati.
- Mi riferisco a tutto il processo che
ha avuto luogo nella mente di Lena, che ci consente di capire cosa
cavolo rappresenta per lei Leo, visto che di amore non si tratta, ma
nemmeno di una cosa fisica senza fini.
- Dopo un po', si è capito
che lui è la sua "Via di fuga", nel senso che le ha
consentito di capire che la ragazza che ha amato solo Matteo, che si
ostina a fare tutti gli esami in tempo, abbastanza rigida, mai frivola
che conoscono tutti, in realtà lo è
perchè vuole esserlo, non perchè non potrebbe
essere altrimenti.
- Voglio dire, Lena finalmente ha
capito di aver sempre avuto una percezione sbagliata di sè
stessa, ha sempre pensato di dover vivere la sua vita così
perchè non poteva essere diversamente, mentre in
realtà può essere quello che vuole. Ovviamente,
ciò non la porterà a chissà quale
cambiamento, sarebbe assurdo: le basta sapere che la Lena che conoscono
tutti è così perchè lo vuole lei.
- Parlando della parte iniziale del
capitolo, beh, mi è piaciuta molto scriverla,
perchè fa capire quanto siano importanti Dario e Trudy per
Lena.
- Comunque, ho deciso che d'ora in poi
pubblicherò ogni due settimane perchè sto
scrivendo il capitolo 14 e a causa di numerosi impegni non ho mai molto
tempo per scrivere, così pubblicando di meno non
terminerò in fretta i capitoli già scritti.
- Quindi... Al 5 Novembre! :D
- milly92.
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Capitolo 9 *** V Per Vendetta ***
9v
- Capitolo 9
- V per Vendetta
- 15 Dicembre 2010
- Faceva freddo, troppo
freddo, e le ore di pausa tra una lezione e l'altra erano davvero una
tortura visto che fuori le aule non c'era alcun riscaldamento.
- Era ora di pranzo, e dopo
la lezione di Letteratura Italiana ci accampammo sulle scale che
conducevano al primo piano della sede dell'Università, di fronte
la porta - ovviamente chiusa - che conduceva al cortile in cui c'era
l'ascensore riservata agli studenti.
- Estrassi un contenitore
dalla borsa con dentro tonno al naturale e pomodori conditi solo con un
pizzico di sale, e Dario mi guardò con rimprovero, come faceva
da due settimane a quella parte all'ora di pranzo.
- "Ma la vuoi finire?" sbottò, infastidito.
- Alzai gli occhi al cielo e feci finta di non sentire, prendendo la forchetta di plastica che avevo avvolto in un tovagliolo.
- "Se piaci a quel tizio, se
gli piaci davvero così come sei, non devi perdere peso, stai
bene così" continuò imperterrito.
- "E' una dieta controllata, Dario! Me l'ha scritta il dietologo, dopo ho un altro contenitore con un hamburger di vitello e...".
- "Ma è inutile, stai bene...".
- "Smettila!" urlai,
attirando l'attenzione delle altre su di me. "Mi conosco, ok? I jeans
mi stanno stretti, e li ho comprati solo due mesi fa, in più non
mi piaccio e ho il diritto di fare qualcosa per me, intesi? Lo faccio
solo per me!".
- "Dario voleva solo dirti che per lui sei carina lo stesso..." disse Trudy, cercando di calmare le acque come suo solito.
- "Mi sono scocciata di
essere carina e l'eterna seconda, terza o quarta... Voglio migliorarmi,
ho quasi vent'anni, e non penso di dovere dare spiegazioni a nessuno"
spiegai, sforzandomi di calmarmi.
- "Piantatela, fa bene,
voglio dire, ha lo stomaco più grande delle tette"
dichiarò Germana, con il suo solito sorrisino mellifluo,
facendomi arrossire di brutto e guadagnandosi una gomitata da parte di
Lucia.
- Forse, in quel momento
Dario riuscì a capire le mie motivazioni, perchè le
riservò uno sguardo di puro disprezzo e disse: "A te non succede
solo perchè ce le hai troppo grosse, e, per inciso, mi
digustano".
- *********
- Riaprire gli occhi e trovarmi in una stanza che non mi è familiare.
- Non mi succedeva da tempo, in realtà, per cui mi
metto a sedere e vedo Leo che dorme al mio fianco, a pancia in
giù e con una mano protesa verso la direzione in cui mi trovo.
- Ci impiego qualche minuto per razionalizzare il tutto, poi guardo la sveglia e vedo che sono quasi le sette.
- Non so come mi sento: una parte di me è serena, un'altra cerca di reprimere i mille dubbi che mi invadono.
- Sono andata a letto con un mio insegnante che non sa di esserlo, accipicchia! E non è stato affatto male, anzi.
- Direi che sono sul serio riuscita a fingere fino a
crederci, in questo caso, e la cosa mi stupisce alquanto, visto che
riuscire a far tacere la mia coscienza e i miei mille pensieri è
sul serio un'impresa.
- Devo pensare che questa sia la mia esperienza
più pazza dell'ultimo anno di università, tutto qui, mi
dico mentre mi alzo e mi dirigo verso il bagno per darmi una sistemata,
con indosso solo il completo intimo scelto la sera precedente e che ora
mi dà fastidio a causa del tessuto non proprio comodo.
- Mi guardo allo specchio, e vedo una Lena diversa da quella che ero fino a due anni fa.
- I capelli, ormai lunghi, sono disordinati e
ingestibili, il mio viso è più sottile e la pancia
è nettamente inferiore al seno, anche se il fatto che ieri sera
non abbia cenato contribuisce a renderla un po' meno gonfia.
- Una parte di me, però, sa che dentro non
cambierò mai se non mi ci metto d'impegno, perchè una
taglia in meno e un viso meno paffuto non possono compiere nessun
miracolo.
- Ricordo che è martedì, e che Leo ha
lezione alle dieci... Mi viene da sorridere al pensiero che i miei
"colleghi", tra cui Germana, lo ascolteranno mentre spiega
chissà cosa, come fanno tutti i professori normali, mentre lui
ha passato la notte con una loro coetanea, e magari fatica a
concentrarsi a causa di ciò.
- Che egocentrica che sono! Per Leo non è di certo
una novità fare sesso con una con cui non sta nemmeno insieme, a
differenza della sottoscritta.
- Quando ho finito di lavarmi, torno nella stanza e vedo
che dorme ancora, così, vedendo la sua camicia su una sedia, la
prendo e la indosso, sentendomi sul serio una di quelle ragazze che si
vedono nei film americani nella scena che segue quella in cui lei e il
tizio di turno hanno fatto sesso.
- Non mi guardo nemmeno allo specchio, perchè so
che mi sentirei patetica, e mi dirigo in cucina, con l'idea di
preparare la colazione.
- Ventiquattr'ore fa l'ho preparata per Dario, ed ora
eccomi qui, nella cucina del mio professore, che mi guardo attorno come
se fossi una bambina eccessivamente curiosa.
- Mi basta aprire uno dei mobili per trovarmi davanti
cereali, pane bianco, marmellata... E capire che io non so un cavolo di
cosa Leo sia solito mangiare per colazione.
- Ecco uno dei rischi che si corrono quando si passa la
notte con uno che non conosci bene: farti venire una sorta di crisi
isterica perchè sai com'è quella persona nuda, ma non sai
cosa diamine gli piaccia per colazione!
- - Pensi troppo, Lena. Piantala - mi dico, tuttavia senza esito.
- E' solo che è tutto nuovo per me, tutto qui, e,
grazie al mio piccolo problema che consiste nel pensare troppo, tendo
ad ingigantire il tutto.
- Le attrici dei film che se ne vanno in giro con indosso
la camicia del loro uomo hanno un copione che dica loro cosa fare, e al
momento ne vorrei uno anche io...
- "Wow!".
- Mi volto, sobbalzando, e mi ritrovo un Leo con addosso
solo i boxer e appoggiato allo stipite della porta della cucina che mi
guarda con aria di approvazione.
- E' dannatamente sexy, deve essere proprio per questo
che ieri non mi sono fatta alcun problema mentre mi strappava i vestiti
di dosso.
- Imbarazzata, mi limito a sorridere e a dire: "Buongiorno", cercando di scacciare le mie paranoie.
- "Buongiorno. Pensavo te ne fossi andata...".
- "No, no, volevo solo... La colazione, sai...".
- Annuisce, prima di avvicinarsi e baciarmi, stringendomi a sè. "Facio io, tu siediti" dice.
- Annuisco a mia volta, prendendo posto, sul serio senza sapere cosa dire o fare.
- Chissà cosa pensa di me, se me la sono cavata ieri sera o ho fatto schifo...
- "Sei stata... Amazing,
ieri sera" dice d'un tratto lui, come se mi stesse leggendo nel
pensiero e rivolgendomi un sorrisino mentre appoggia i cereali sul
tavolo.
- "Non devi dirmelo per forza, Leo, sul serio..." biascico, in evidente imbarazzo.
- "E' la verità".
- "Oh! Beh... Vale lo stesso per te" mormoro.
- Mi guarda, incerto, in un modo che mi fa ridere. Gli
occhi socchiusi, le sopracciglie inarcate, le labbra incurvate, gli
donano l'espressione simile a quella di un bambino che non sa se
credere a cosa gli stanno dicendo i genitori.
- "Sul serio!".
- "Ci credo, allora".
- "Ci devi credere".
- Ci sorridiamo, finchè lui non si china di nuovo
su di me. "Ho lezione tra circa tre hours ma.... Già so che
penserò di te e di
quello che è successo stanotte" ammette, prima di baciarmi di
nuovo, questa volta soffermandosi di più e stringendomi a
sè, mentre una delle sue mani mi accarezza le gambe, con
così tanta insistenza fino ad infilarsi tra di esse.
- Mi sorprende, tanto che mi stacco e lui mi fissa, preoccupato. "Scusa, io...".
- "No, no, è che ero solo... Non fa nulla" mormoro, baciandolo.
- Pensavo avrebbe voluto spiegazioni, invece non è
così, visto che, con cautela, ritorna alla sua precedente
occupazione.
- "Dovremmo... Farci una doccia e poi fare colasione,
non... Credi?" sussurra contro il mio orecchio, mentre le sue mani
continuano a vagare sotto la camicia, con una maestria tale che mi fa
dimenticare tutto.
- "Sì..." rispondo, deglutendo, aggrappandomi alle
sue spalle, non riuscendo a pensare ad altro che al suo tocco e
all'eccitazione che è in grado di scaturire in me.
- In pochi secondi, senza sapere come, mi ritrovo in
braccio a lui, diretta verso il bagno, con la sensazione di essere sul
serio in uno di quei film...
- "In pratica avete girato un film porno" commenta Trudy a pranzo, guardandomi con aria diversa dal solito.
- "Niente che tu e Davide non abbiate fatto centinaia di volte" la rimbecco, mangiando un pezzo di pane.
- "Sì, ma per arrivare alla doccia ci abbiamo messo un po'...".
- "Invidiosa?" chiedo, ridendo.
- "No, sul serio... Stai bene? Cioè, non vorrei
che tutto ciò sia successo solo per farla vedere a certi idioti
dopo quello che è successo ieri".
- "Ma se nessuno sa e deve sapere di me e Leo! E' una
cosa mia, Trudy. Avevo bisogno di sapere che sono così per
scelta, non perchè non posso essere diversa" le spiego con
convinzione. "E mi ci voleva, onestamente. Mi va bene così,
perchè so che io e Leo siamo attratti solo fisicamente. Te lo
giuro, non sono coinvolta sentimentalmente e mi ha fatto bene sentirmi
desiderata da un uomo".
- Trudy annuisce, sorridendo. "Mi fa piacere, allora"
sentenzia e, sbalordendomi, non aggiunge altro visto che sembra
impegnata esclusivamente nel terminare la pasta che ho preparato.
- Venti minuti dopo, scendiamo di casa, dirette alla
lezione di Letteratura Tedesca III, con il nostro solito anticipo che
ci consente di fare quattro chiacchiere prima di sorbirci due ore di
ininterrotte considerazioni su Goethe, autore ovviamente amato dalla
dispotica Passoli, la docente che ci è capitata che sembra
essere peggio di quella dell'anno precedente.
- Ci accodiamo nel cortile, su una panchina vicina a
quella occupata da Marina, Lucia, Alessandra e Dario, i quali stanno
contemplando dei fogli.
- "Cos'è?" chiedo, falsamente disinvolta, cercando
di non badare alle occhiate di chi mi circonda a causa del pettegolezzo
del giorno precedente.
- "Ehi, stai benissimo, Lè! Questo lucidalabbra ti
dona!" m'interrompe Alessandra con aria di approvazione, ignorando la
mia domanda.
- "Sì, sembri sul serio... Raggiante" osserva Lucia, sorridendomi.
- O mi stanno prendendo in giro, o è vero che una scopata può fare miracoli, come si suol dire.
- Scrollo le spalle, sorridendo. "Grazie, ragazze. Ho
solo capito che non vale la pena arrabbiarsi a causa di certe persone,
tutto qui" rispondo.
- "Brava ma..." esordisce Marina, alzandosi e sedendosi
al mio fianco, preoccupata. "Ho controllato ieri, mentre Germana era
sotto la doccia e... Ha quella foto sul cellulare, è stata
scattata sabato verso le diciassette" spiega.
- Trudy fa un verso di disapprovazione, mentre io non mi
scompongo più di tanto, sentendo che le cose stessero
così. "Grazie, Mari, ti devo un favore".
- Lei sorride ed io le passo un braccio attorno alle spalle per farle capire la mia gratitudine.
- "E' una stronza" sentenzia Dario, che, evidentemente, sapeva già tutto insieme alle altre.
- "Nulla di nuovo. So già cosa fare. Cosa sono
questi fogli, comunque?" replico, facendo finta di nulla perchè
sono appena passati alcuni dei nuovi amici di Germana.
- "Riguardano il tirocinio" spiega Lucia, riferendosi
alle ore che dobbiamo svolgere dedicandoci a qualche attività in
cui mettere in pratica ciò che abbiamo studiato prima della
laurea, per guadagnare sei crediti formativi.
- "Oh! Io non posso farlo ancora, vero?" chiede Trudy, prendendo un foglio e squadrandolo.
- "Non penso... Lo possono fare le persone a cui mancano al massimo cinque esami" risponde Alessandra.
- "Che sfiga! A me ne mancano sei!" replica la mia amica, sbuffando.
- "Siamo più o meno tutti sulla stessa barca..." commenta Marina, afflitta. "A me ne mancano otto, pensa!".
- "Mi sa che possiamo farlo solo io, Lena e Dario" dice
Lucia. "Ma io ho messo tirocinio interno, quindi collaborerò con
il sito dell'università".
- "Io ho messo esterno, invece" mormora Dario.
- "Idem" dico, prendendo un foglio, leggendo le varie
proposte e poi sgranando gli occhi. "No, impossibile! Cioè,
c'è anche il mio ex liceo!" esclamo.
- "Ma sei sicura?" chiede Trudy.
- "Sì! Il Manzoni di Caserta! Wow!".
- "Quindi potresti fare la tirocinante della tua prof d'inglese, no?" osserva Alessandra.
- "Beh, sì, era una delle poche che mi stavano simpatiche...".
- "Ehi, gente! Come va?".
- Il nostro chiacchiericcio viene interrotto da Damiano Graziani, detto anche 'Er Playboy dai suoi amici, vista la sua convinzione di fare colpo su chiunque si rivolga a lui, ragazzi inclusi.
- Lo conosciamo dal primo anno, ma ci sono periodi in cui scompare, per poi tornare puntualmente durante il secondo semestre.
- "Dami, ma allora sei vivo!" lo prende in giro Dario,
alzandosi e stringendogli il pugno per salutarlo con una delle solite
stupide mosse che fanno i ragazzi invece di dirsi un semplice "Ciao!".
- Nel vederlo, ricordo che l'ultima volta che l'ho visto
è stato a febbraio, dopo l'esame di Storia della Filosofia,
mentre Germana faceva la scema con lui. In effetti, è uno di
quelli che l'ha respinta, da quel che so.
- "Certo! Sono stato un po' in giro per la Repubblica
Ceca, l'Ucrania e la Romania, mi hanno ospitato alcuni amici che ho
conosciuto l'estate scorsa" spiega.
- "Sei stato lì per due mesi?" chiedo, senza capire.
- "No, no, tre settimane, a marzo, poi ho lavorato da mio
padre, ed ora eccomi qui, pronto a far sognare le donzelle di questa
triste università con la mia sola presenza" si pavoneggia,
indicando sè stesso ed esibendo un sorriso che, forse, crede
essere irresistibile.
- Ovviamente, tutti ridiamo, sapendo di farlo gasare
ancora di più e di spronarlo a raccontare qualche aneddoto
divertente, reale o inventato che sia.
- "Però, lo ammetto... Quella che mi è
mancata di più è Lena!" esclama, sedendosi alla mia
destra e lasciandomi un bacio sulla guancia.
- "Ma davvero?" chiedo, ridendo.
- "Certo!".
- "Anche mentre eri in mezzo alle ucraine e alle rumene?".
- Qui tace, e si genera un nuovo circolo di risate,
interrotto solo dall'arrivo di Germana, che esclama un acuto: "Ma
guarda chi è tornato!".
- Si avvicina a Damiano e gli getta le braccia al collo, e lui l'allontana con una delicatezza che sembra costargli molto.
- "Sei scomparso!".
- "Sono stato in giro per l'Europa e ho lavorato" spiega lui.
- "Ah. Potevi farti sentire!".
- "Ehm...".
- "Non sarebbe stato sincero comunque, perchè ha
detto che sono io quella che gli è mancata di più!"
m'intrometto, arrabbiata a causa della conferma che sia stata lei a
inviare la foto a Spotted.
- Per alimentare il tutto, appoggio la testa sulla spalla di Damiano che, prontamente, mi circonda le spalle con un braccio.
- Lui evidentemente capisce che sto cercando di salvarlo dalla presenza di Germana, perchè annuisce vigorosamente.
- "Sì... Sai com'è, mi piace cacciare le prede difficili, non essere cacciato" dice.
- Improvvisamente livida, rossa di rabbia, Germana mi lancia un sguardo freddo per poi accennare un sorriso ipocrita.
- "Si vede che manchi da molto, qui! Ormai Lena non è più una difficile, è stata spottata mentre comprava della biancheria sexy...".
- "Mi fa piacere sapere che ti informi su di me, Germana,
mi dai molta importanza" la blocco, sorridendo falsamente a mia volta.
"Ma quella biancheria era proprio per festeggiare il ritorno di Dami...
Vieni che te la mostro!" esclamo, prendendo Damiano per mano e
trascinandolo fuori dal cortile, sotto lo sguardo sbalordito e
scioccato di tutti, Germana in primis, che sembra aver ricevuto uno
schiaffo forte sulla faccia.
- Quando ci ritroviamo da soli in uno dei corridoi dell'università, lui mi fissa, senza parole. "Cosa mi sono perso?".
- In effetti, vedere Lena Inverno che risponde a tono a
Germana e dice di dover mostrare della biancheria sexy a qualcuno non
è proprio una cosa all'ordine del giorno.
- Inizio a raccontargli dei dissapori tra me e Germana
che ultimamente sono aumentati, fino alla foto pubblicata su quella
pagina e, alla fine, lui sorride sornione.
- "Perchè sorridi?" chiedo.
- "Perchè posso aiutarti".
- "Come?".
- Mi fa l'occhiolino, prima di prendere il cellulare e iniziare a cercare chissà cosa.
- Dopo un paio di minuti, esclama un trionfante "Ecco!" e
mi mostra un MMS che mi lascia alquanto basita, tanto che apro e chiudo
numerose volte le palpebre.
- Davanti a me, ho una foto di Germana, anzi, del suo
busto nudo con una faccia che crede di essere sexy, con sotto la
didascalia: "E' tutto tuo stasera, se vuoi".
- Distolgo lo sguardo, nauseata, e vedo che se la sta spassando un mondo.
- "Me lo inviò a febbraio, a San Valentino. Ho
fatto finta di non aver ricevuto nulla con la scusa di non avere il
cellulare configurato per ricevere gli MMS. Ma è una foto che
invia a molti..." aggiunge, abbassando la voce.
- "E come pensi di aiutarmi?".
- "Inviando questa foto a questo Spotted e...".
- "Non la pubblicheranno, ora esce con dei tipi che
sembra conoscano gli amministratori della pagina. Ora che ci penso,
penso possa essere una misura preventiva presa proprio perchè sa
che avrebbe potuto fare delle figure di merda a causa di questo suo
vizio di mandare roba del genere a chiunque" medito, incrociando le
braccia.
- "E allora la diffonderemo in un altro modo. Dammi ventiquattro ore e risolvo tutto" dice, sorridendomi.
- Senza parole, gli sorrido a mia volta, per poi
ricordarmi che è sempre di Damiano che stiamo parlando, e che la
sua galanteria ha sempre un prezzo. Così, cercando di non
risultare antipatica, dico: "Come posso ricambiare il favore?".
- "L'ho sempre detto che sei troppo intelligente, capisci subito...".
- "Dai, spara".
- "Esci con me, stasera" dice, questa volta serio.
- "Se con uscire intendi altro, ti ringrazio per il
favore ma me la caverò da sola" mormoro. Conosco Damiano e le
sue "Uscite", e al momento mi basta il casino con Leo, ad essere onesti.
- "No, no! Una semplice uscita, promesso. Ci mangiamo una
pizza, ti racconto del mio viaggio, mi aggiorni sulle novità e
basta. Mi ricordi una ragazza che ho conosciuto a Praga, davvero".
- Sollevo un sopracciglio con aria alquanto scettica, e
lui mi guarda, serio. "Credimi, farò il bravo. Una pizza tra
amici, tutto qui".
- "Se così non fosse, mi sentirò autorizzata a picchiarti".
- "Certo".
- "Va bene, allora. Accordo fatto".
- Ci stringiamo la mano, complici, per poi notare che la lezione è già iniziata da una decina di minuti.
- Decidendo di giocare fino all'ultimo, così, trattengo Damiano per un braccio e lui mi guarda, senza capire.
- "Non farti film mentali. Questo fa parte dell'accordo"
dico, prima di chinarmi su di lui e lasciargli un rapido bacio sul
collo, sporcandolo di lucidalabbra insieme ad una piccola parte del
colletto della sua maglia bianca. "Voglio dire, entreremo in ritardo, e
tu sei in queste condizioni... Germana ci rimarrà".
- Ridendo, lui mi scompiglia i capelli con una mano,
facendomi ridere a sua volta. "Nessuna sopravvive ad uno dei miei
attacchi perfettamente in ordine… Ora sei credibile anche tu".
- Sghignazzando, ci avviamo verso l'aula, entrando mentre la prof sta già spiegando.
- Ci sediamo dietro Germana e lei, voltandosi e vedendoci così, sgrana gli occhi, per poi voltarsi di nuovo con uno scatto.
- Damiano non è male, a dire la verità. Me ne sono resa conto mentre cenavamo e mi raccontava dei suoi viaggi.
- Isolato dal contesto universitario, in cui cerca di
pavoneggiarsi e di fare solo in cretino, guadagna molti punti,
perchè in realtà ha tanto da dire, e in più ha un
modo di ragionare che condivido sotto molti aspetti.
- In più, sul serio ha mantenuto la promessa, visto che non ha tentato in nessun modo di gettarsi addosso.
- Quando insiste per pagare il conto, mi fa ricordare
della pizza che andai a mangiare con Leo a Mergellina quando successe
il primo casino con Spotted che riguardava Matteo ed Elisabetta, e noto
che quello che dovrebbe essere il mio insegnante non si è fatto
vivo, nemmeno con un sms, ma non ci rimango male, cosa che mi sorprende.
- Deve essere la prova tangibile del fatto che io non provi nulla nei suoi confronti.
- "Però ora andiamo in qualche bar ed offro io" esclamo, mentre stiamo uscendo dalla pizzeria. "E non si discute!".
- "Mmm, vuoi farmi ubriacare ed approfittare di me,
vero?" esclama Damiano, lanciandomi una delle sue occhiate che sono
tutto fuorchè seducenti.
- "Mi hai scoperta, diamine!" sto al gioco, ridacchiando.
- Tuttavia, la mia risata si spegne quando, una volta
fuori dalla pizzeria, vedo Matteo seduto sul suo scooter, con le
braccia incrociate ed un'aria alquanto arrabbiata.
- Appena ci vede, si alza e si dirige verso di noi, con un modo di camminare alterato che conferma il suo stato d'animo.
- E' sul serio paonazzo, la sua faccia è trasfigurata, tanto da fare quasi paura.
- "E' lui il tizio che ti scopi ora?" sbotta, senza nemmeno salutare.
- Incredula, sgrano gli occhi. "Ma stai fuori? Che ci fai qui, poi?".
- "Ero venuto di nuovo a casa tua, e Trudy mi ha detto
che non c'eri, e ci ho messo un secolo per farmi dire dove fossi,
continuava a dire che non sono affari miei...".
- "E la biasimi, per questo?" s'intromette Damiano, duro
più che mai, fronteggiandolo. Gli ho raccontato le ultime
novità che lo riguardano, e, ovviamente, non l'ha giudicato
affatto bene.
- "Stai zitto, stronzo!".
- "Stronzo? Io sarei stronzo? E tu, allora?".
- "Ragazzi, piantatela!" mi intrometto, frapponendomi tra
i due che sembrano sul punto di picchiarsi lì, davanti a tutti.
"Matteo, vattene, non capisco perchè tu sia qui e non
m'interessa...".
- "Ti voglio parlare, diamine! Devi capire delle cose, ti devo spiegare e...".
- "Ancora? Matteo, smettila! Sembri un pazzo! Non puoi
farti vivo solo se vieni a sapere che mi vedo con un altro, che tra
parentesi non è lui! Sei un bambino, oltre che stronzo! Hai
scelto Elisabetta, e ora devi pagarne le conseguenze!" urlo,
infischiandomene del fatto che si sia formata una folla attorno a noi
che ci sta fissando.
- Trascino Damiano lontano da quell'essere insulso del
mio ex, che ora se ne sta immobile nel bel mezzo del marciapiede,
circondato da una folla che lo guarda come se fosse giunto il giudizio
universale.
- "Propongo di scrivere un bel romanzo sula tua vita sentimentale" ridacchia Trudy la mattina dopo.
- Forse crede di tirarmi su visto che mi aspetta una
giornataccia tra lezioni, decisioni varie e il mio turno di lavoro, ma
non ci sta riuscendo affatto.
- Non ho dormito, la faccia spaventosa di Matteo mi si
parava davanti agli occhi appena li chiudevo, e una parte di me non fa
altro che chiedersi se, sotto sotto, io sia felice per questo suo
strano "Interesse" nei miei confronti.
- "Che è inesistente" sbotto, dando l'ultimo morso
ad un croissant al cioccolato che ho comprato strada facendo.
"Comunque, oggi a Letteratura Inglese darò il mio nome alla
prof, sosterrò la prova intercorso...".
- "Non avevo dubbi".
- "Lo faccio solo per avere qualcosa su cui concentrarmi,
non per avvantaggiarmi con lo studio. Anzi, per come sono messa, ho
paura di non combinare nulla durante la sessione estiva e...".
- "Non avevo dubbi su questo. Ti conosco troppo bene, ormai! E comunque ti farò compagnia".
- "Davvero?".
- "Sì. Ci sono rimasta male nel non poter fare il
tirocinio a causa di un esame e così..." spiega, scrollando le
spalle.
- "Ma lo potrai fare anche a settembre" le ricordo.
- "Lo so, lo so, ma ci tenevo a farlo con voi".
- Le sorrido, senza sapere cosa dire, così, cosa
alquanto rara, rimaniamo zitte fino all'arrivo all'università,
dove, fuori l'aula di letteratura, troviamo un foglio attaccato alla
porta su cui c'è scritto che dobbiamo lasciare lì il
nostro nominativo se vogliamo effettuare la prova intercorso.
- Io e Trudy scriviamo il nostro nome e il nostro numero
di matricola, per poi vedere Elisabetta che si accinge ad avvicinarsi a
sua volta per firmare. Ci saluta con un sorriso, il suo solito sorriso
ipocrita, e la cosa mi fa pensare che, ovviamente, lei ignori cosa sta
combinando il suo ragazzo, il quale, stranamente, non è con lei
al momento.
- "Non sa nulla, si vede lontano un miglio" mormora la mia amica mentre entriamo in aula.
- Annuisco, senza riuscire, tuttavia, a dire una parola.
- "Lo sai, vero, che lui ora proverà a tornare con te?" continua lei, scrutandomi attentamente.
- Esito, abbassando lo sguardo. "Ci ho pensato, ma voglio pensare che abbia un minimo di dignità e...".
- "No, lui non ce l'ha la dignità, l'ha persa secoli fa. Devi solo prepararti nel caso in cui succederà".
- "Lo manderò a quel paese" rispondo, sospirando.
- Trudy fa un cenno di approvazione, per poi voltarsi e
fare cenno agli altri di raggiungerci, visto che hanno appena finito di
firmare il foglio.
- La lezione inizia con mille raccomandazioni e
chiarimenti riguardo la prova, e poi prosegue con l'ultima parte della
spiegazione di “1984” che riempie l'aula di parole vuote
che, forse, nemmeno il cinquanta per cento di noi ascolta con
attenzione.
- A metà lezione, tuttavia, Germana si alza di
scatto e se ne va come una furia, sotto lo sguardo attonito di tutti e
sbattendo rumorosamente la porta, in un modo che fa protestare la
professoressa.
- Mi volto verso Damiano, seduto vicino Trudy, e lui mi
fa l'occhiolino. Gli lancio un'occhiata interrogativa e lui mi fa cenno
di aspettare.
- Strappa una parte di foglio del quaderno, scrive rapidamente qualcosa e poi me lo passa.
- Ho creato un nuovo account sul forum dell'uni e ho aperto un post nella sezione "Roba da Orientale" con la sua foto ;)
- Sospiro, visto che con l'umore che mi ritrovo
vendicarmi di Germana è l'ultimo dei miei pensieri, al momento,
così aspetto la fine delle due ore ed esco, decidendo di saltare
la lezione successiva per andare a casa, iniziare a studiare e poi
andare a lavoro.
- "Complimenti".
- Mi blocco, trovandomi davanti Germana che blocca il passaggio per uscire dall'università.
- Ha le braccia incrociate, il mento alzato in segno di
sfida, ma sembra a disagio visto gli occhi di tutti che si posano su di
lei.
- "Prego?" chiedo, sentendomi, tuttavia, uno schifo.
- "Complimenti per aver postato quella foto sul forum. Potrei denunciarti, sai?".
- "Ed io non potrei denunciarti per stalking vista la mia
foto che hai inviato a spotted?" esclamo, decidendo di scoprire le
carte, visto che non ha senso continuare a mentire.
- "E' diverso, tu non sei nuda...".
- "Quindi ammetti di essere stata tu!" dico, un po' trionfante.
- "Immagino che ti abbia aiutato Damiano" cambia discorso lei, arrossendo.
- "La colpa è anche tua che invii certe foto a
chiunque. Non dovrebbe imbarazzarti, visto che quella foto ha fatto il
giro della città anche senza essere stata messa on-line, mentre
tu mi hai seguito di proposito e...".
- "Passavo di lì, ti ho visto e ti ho fatto una foto!" spiega, sempre più rossa in viso.
- "E ciò spiega che sei tu quella che mi dà
più importanza, la mia è stata semplice difesa. Gli
amministratori del forum la toglieranno subito visto il contenuto,
mentre la mia foto rimarrà lì, su quella pagina di merda".
- Lei esita un istante, poi, togliendosi una ciocca bionda dalle spalle, sospira e mi fissa.
- "Io e te non siamo poi così tanto diverse,
ricordalo" sbotta, prima di girarsi ed andarsene, lasciandomi
lì, immobile, colpita dalla forse-verità di quelle parole.
- *°*°*°
- Dopo due settimane eccomi di nuovo qui, con uno dei miei capitoli preferiti.
- Ormai quelli di
presentazione sono finiti, siamo nel vivo della storia, e si inizia a
capire che, dopotutto, il nocciolo della questione qui non è la
relazione prof-alunna, bensì tutto ciò che si cela nella
vita di lei, i suoi problemi nel relazionarsi con alcuni conoscenti e
il fatto di non aver ancora, forse, superato qualche fatto del suo
passato.
- Questa è Lena, questo è il momento in cui è più vulnerabile e dovrà superarlo...
- Non so cos'altro dire, lascio la parola a voi, se vi va di farmi sapere cosa ne pensate :)
- Grazie a coloro che continuano a leggere e a seguire la storia <3
- Aggiornerò domenica 17 perchè poi andrò una settimana a Milano e non potrò pubblicare ^^
- milly92.
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Capitolo 10 *** I'm not a girl, not yet a woman ***
10ff
Capitolo
10
- Non sono una ragazza
- Non c'è bisogno di proteggermi,
- E' tempo che io
- Impari ad affrontare tutto questo da sola.
- Ho visto molto di più di quello che tu sai ora
- Perciò non dirmi di chiudere gli occhi.
- Non sono una ragazza ,
- Non ancora una donna.
- Tutto quello di cui ho bisogno è tempo,
- Un momento che sia mio ...
22
Aprile 2009
"Meno
tre, meno due... Meno uno e.... Auguri! E' mezzanotte! Hai
diciott'anni, ah! Auguriiii!".
Lisa
mi si gettò addosso, regalandomi un abbraccio alquanto
soffocante, facendomi trovare in bocca una ciocca dei suoi riccissimi
capelli biondi.
"Gr...
Grazie, coff, coff, i capelli!" la ammonii, sciogliendo l'abbraccio e
ridendo.
"Oh,
ti sono andati in bocca? Scusami, una volta mi è successo
mentre mi baciavo con uno, posso capire la sensazione"
ridacchiò la mia amica.
"Wow,
è come se avessi iniziato i miei diciotto anni con
un'esperienza lesbo se la metti così" le rammentai,
ottenendo come risultato un'altra serie di risatine da parte di
entrambe.
Poi,
Lisa si alzò e si affrettò ad aprire la
confezione di candeline che aveva appoggiato sulla scrivania della mia
stanza quando era venuta a casa mia, circa tre ore prima, e si
affrettò ad appoggiarla sul cornetto con la nutella che
aveva comprato strada facendo.
Prese
un accendino e accese la candelina rosa con maestria, per poi mettere
il tutto in un piattino e porgermelo.
"Su,
su, facciamo pratica per domani sera, quando dovrai spegnere ben
diciotto candeline in presenza di una cinquantina di persone... Tanti
auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a Lena, tanti auguri a
teee! Esprimi un desiderio! Se posso darti un consiglio, esprimine uno
che ha a che fare con due gnocchi con cui andremo in vacanza
quest'estate...".
"Sei
sempre la solita!" la rimbrottai, prima di sorriderle e spegnere la
candelina.
Lei
applaudì, entusiasta più che mai, e mi
guardò in un modo strano, direi commosso e incredulo allo
stesso tempo.
"Non
ci credo, hai già diciotto anni! Tra tre mesi
toccherà anche a me... Sembra ieri che iniziammo il liceo,
che ci conoscemmo, abbiamo condiviso tutto e... Sai, ora ho un po'
paura" mormorò, sedendosi al mio fianco.
"Perchè?".
"Perchè
stiamo crescendo! Il liceo non durerà per sempre, tra un
anno smetteremo di vederci tutti i giorni e toccherà a noi
metterci in gioco, non avremo più chi sceglierà
per noi, e non so come farò senza di te al mio fianco. Tu
sei la prima persona che non mi ha mai deluso e che mi sopporta per
quella che sono, sai? So di sembrare sempre allegra, frivola, per tutti
sono "Lisa, quella che non se ne frega di nulla", ma in
realtà non è così...".
Commossa
da quelle parole, l'abbracciai di nuovo, per poi sorriderle con
gratitudine.
"Ho
sempre sognato che a diciotto anni avrei fatto una bellissima festa e
avrei avuto al mio fianco un bellissimo ragazzo che era pazzo di me, ma
sono contenta lo stesso perchè ho te, e di sicuro tu mi vuoi
più bene di qualsiasi scemo che c'è nei
paraggi...".
Lisa
annuì, poi, improvvisamente, tornò la buffona di
sempre.
"Non
è che con queste parole mi stai facendo capire che vorresti
sul serio un'esperienza lesbo, eh?".
"Scema!".
*°*°*°*
"Io vado a dormire,
non ne posso più, ormai quel che è fatto
è fatto" mormora Trudy, sbadigliando e chiudendo il manuale
di storia letteraria con uno scatto.
Annuisco, alzando lo
sguardo dalla mia copia della dispensa della professoressa dopo circa
mezz'ora, tanto che vedo il suo volto un po' sfocato. "Io sto un altro
po', rivedo la parte finale della dispensa sulla Woolf e poi vado
anch'io. Andrà bene, hai studiato tantissimo" la rassicuro.
Domani c'è
la fatidica prova di letteratura inglese III che sta mandando in tilt
tutti quelli del mio corso perchè, stando ad alcuni fuori
corso, la prof boccia tantissimo ed è una vera stronza
fissata su cose assurde, e la mia amica sul serio si è
impegnata tantissimo, aiutandomi nel farmi trovare il quaderno pieno di
schemi e sintesi quando tornavo da uno stressante turno di lavoro.
"Speriamo. Non fare
tardi..." mi ammonisce lei, con un'occhiata falsamente minacciosa e
lasciandomi un bacio sulla guancia.
"Tranquilla" rispondo,
sorridendole mentre la vedo allontanarsi ed uscire dalla cucina.
Guardo l'orologio, e
vedo che tra venti minuti sarà il mio ventiduesimo
compleanno, così mi affretto nel finire di ripetere e,
quando ormai manca qualche minuto, chiudo i libri, mi alzo, mi
sgranchisco un po' come se fossi un gatto particolarmente assonnato e
bevo un sorso d'acqua, riflettendo sui miei ventun'anni.
Sono iniziati alla
grande con un pic nic con Matteo e il concerto di Gianluca Grignani,
uno dei miei cantanti preferiti, e poi hanno subito un drastico calo
due mesi dopo, a causa dell'essere stata mollata.
E, in effetti, tutti i
mesi che si sono susseguiti sono stati abbastanza piatti, alimentati
solo da qualche buon voto e dall'adrenalina scaturita dall'aver
iniziato a preparare la tesi.
Quest'ultimo mese, in
effetti, ha compensato un anno privo di avvenimenti eclatanti, e di
sicuro l'anno scorso in questo momento pensavo all'anno successivo come
dodici mesi passati felicemente con Matteo...
Persa nelle mie
considerazioni, vedo che l'orologio della cucina segna esattamente
mezzanotte e, contemporaneamente, sento che qualcuno sta suonando il
campanello di casa.
Stranita a causa
dell'orario, così, guardo nello spioncino e vedo che non
è altro che Dario.
Sorridendo, apro la
porta e lo vedo che sorride a sua volta, gioioso.
"Auguriii!" esclama,
abbracciandomi e dandomi un bacio sulla guancia.
"Grazie!" rispondo,
sconcertata e quasi imbarazzata da tutta quella premura.
"Stavi già
festeggiando con Trudy...?".
"No, no, lei sta
dormendo".
Senza capire, lui mi
fissa, alquanto basito. "Come? E' il tuo compleanno!".
"Penso se lo sia
dimenticato, cioè, non penso che sappia che è il
ventidue aprile, ha studiato così tanto per la prova che
deve aver perso il conto dei giorni" gli spiego.
"Ma non è
da Trudy!".
"E' da Trudy nel
momento in cui ci è rimasta male per non aver potuto fare il
tirocinio per un solo esame e perchè è decisa nel
laurearsi a febbraio per poter andare a Torino con Davide" gli spiego
pazientemente, chiudendo lentamente la porta per non far rumore.
Lui annuisce, ora
comprendendo il punto della questione. "Voi ragazze siete
così strane, cioè, pensate e capite mille cose,
mentre noi ragazzi non comprendiamo nulla se non ci viene detto
esplicitamente almeno tre volte..." ridacchia.
Rido a mia volta,
facendolo accomodare sul divano. "Grazie per il pensiero,
cioè, venire qui a mezzanotte in punto nonostante domani ci
sia la prova...".
"Per te questo e
altro" m'interrompe, improvvisamente serio, facendomi zittire, ma non
riuscendoci con la mia coscienza, che in momenti come questi mi ricorda
quanto io sia un'amica pessima.
Una parte di me
è felice del fatto che io e Leo non ci siamo più
visti dopo la nostra prima e unica notte insieme, semplicemente
perchè non ho più bugie da raccontargli.
Non so cosa sia
successo esattamente, so solo che non mi è dispiaciuto
affatto dire a Leo che non potevo uscire con lui perchè
dovevo studiare.
Mi ha cercato un paio
di volte, poi, a causa dei miei rifuti, è scomparso, e la
cosa non mi ha toccato più di tanto con mia enorme sorpresa.
Mi sento come se fossi
diventata apatica rispetto a tutte le situazioni in cui mi sono
cacciata ultimamente, e questa è una cosa rara per una come
me che sa sempre alla perfezione come si sente e cosa prova in una
determinata situazione.
"E questi sono per te"
aggiunge il mio amico, porgendomi ben due pacchetti.
"Addirittura due
regali?" esclamo, incredula.
"Apri, su" mi esorta.
Apro il più
grande, circondato da un'allegra carta da regalo verde, trovandovi una
copia di "The Perks of Being a Wallflower", libro che avrei voluto
leggere da un anno ma che non ho mai comprato per mancanza di tempo.
Sgrano gli occhi,
senza parole.
"E' vero che ora
lavoro in una libreria, ma ti giuro che l'ho pagato, anche
perchè ci ho messo un mese per farlo arrivare in lingua
originale, come piace a te..." spiega subito.
"Ma sei scemo? Secondo
te io penserei male di te solo perchè lavori in una
libreria?" lo riprendo, tuttavia contenta. "Anzi, sarei contenta di
sapere che non hai speso soldi per me! Ti sarà costato molto
di più per la spedizione e... Oh, non ho parole...".
"Mi basta sapere che
ti piace".
"Ovvio! Grazie!"
esclamo, sul serio senza parole, gettandogli le braccia al collo per
sottolineare di più il concetto.
Rimaniamo
così, abbracciati, con i respiri quasi in sincrono per circa
un minuto, e quando ci separiamo lui mi porge il secondo pacchetto.
"Questo non l'ho pagato, ma spero ti faccia piacere lo stesso" spiega.
"Tu e questa fissa con
i soldi! Un amico come te è già troppo..." lo
rimprovero, mentre apro il secondo pacchetto.
"Bene,
perchè dovremmo stare a stretto contatto per tre settimane".
Lo guardo senza
capire, per poi trovare un semplice foglio che leggo in fretta.
"Cioè..."
mormoro, incredula.
"Farò il
tirocinio nel tuo ex liceo con te, sì" conferma. "Ti piace
l'idea?".
Il foglio dice proprio
che lui farà le cento ore di tirocinio dal ventisei aprile
al sedici maggio presso il liceo Manzoni di Caserta, ed è lo
stesso che ho consegnato in segreteria due giorni fa.
"Certo che mi piace!
Sarà una bellissima esperienza!" urlo, per poi abbassare la
voce per non svegliare Trudy.
"Devo solo trovare una
stanza da affittare" spiega, scrollando le spalle. "Per una volta
sarò io a vivere nella tua città".
"Affittare? Ma sei
scemo? Ritieniti invitato a casa Inverno, ho una camera degli ospiti
che non usiamo mai!".
Questa volta tocca a
lui essere incredulo, perchè sbatte numerose volte le
palpebre, colto di sorpresa. "Davvero? Cioè, dai, saranno
venti giorni, non voglio disturbare i tuoi...".
"Ma smettila! Io sto
fuori per la maggior parte dell'anno, ai miei farà piacere
avere qualcuno in più in casa oltre a mio fratello!".
"Ma almeno chiedilo,
cioè...".
"Oooh, piantala e
basta! Ci divertiremo! E' un bellissimo regalo di compleanno, davvero,
grazie!" esclamo.
Felice, si lascia
scappare un sorriso a trentadue denti, ed io non so cosa ho fatto di
buono per meritare una persona come lui al mio fianco.
"Ehm... Non vorrei
disturbarvi ma... Tra un'ora e mezza abbiamo la prova di letteratura".
La voce squillante di
Trudy mi raggiunge come da un tunnel remoto, e ci impiego qualche
istante per realizzare che non sto dormendo sul mio letto, ma su una
superfice diversa, una superfice che respira...
"Dormiglioni,
sveglia!" continua, facendo sobbalzare sia me che ciò, anzi,
chi che
c'è sotto di me.
Apro gli occhi di
scatto, mi alzo, e urto contro il busto di Dario, che è
scattato su a sua volta.
"Che...?" chiedo,
confusa.
Vedo le sue gambe che
penzolano dal divano, mentre io me ne sto distesa su di esso.
Dario sbatte numerose
volte le palpebre, prima di realizzare la situazione in cui si trova,
per poi sbadigliare sonoramente.
"Ho dormito qui, sul
vostro divano" constata, alzandosi e strofinandosi gli occhi.
"E Lena ha dormito su
di te" ribadisce Trudy. Poi, si volta verso di me e si mette una mano
sul fianco, in una posizione molto Trudyesca.
"TU!" esclama.
"Io...?".
"Sì, tu!
Come hai osato lasciarmi andare a dormire mezz'ora prima della
mezzanotte del tuo compleanno?!" mi accusa, puntandomi un dito contro.
"Mi sono svegliata, ho visto il tuo letto intatto e ho pensato che ti
fossi addormentata sui libri come tuo solito... E invece ti ho trovata
addormentata su Dario. E' un passo avanti, devo ammetterlo" mi prende
in giro, facendo ridacchiare il mio amico. "Ho visto la carta regalo
per terra e ho capito... AUGURIIII!" urla poi, dimenticando di essere
arrabbiata.
Mi abbraccia, dicendo
cose del tipo "Stai invecchiando, ahahah!".
"Eri così
stanca" mi giustifico.
"Ma che c'entra, ho
fatto una figura...".
"Lo sappiamo che hai
studiato tanto e che ti stai impegnando per laurearti in tempo e
specializzarti a Torino da Davide" dice Dario, sorridendole e dicendo
ciò che gli ho detto circa otto ore fa.
Trudy ricambia il
sorriso, poi scuote il capo. "Non mi fai scema, 'sta cosa te l'ha detta
la ventiduenne in questione" dice, risoluta, indicandomi.
Una risata serve a
confermare il tutto, poi, lei prende il cellulare e ci mostra una foto
che, evidentemente, ha scattato prima di svegliarci, in cui io me ne
sto con il busto su Dario e lui mi stringe a sè, con le
gambe penzoloni oltre il divano. "Siete carini!" esclama.
Dario sorride, mentre
io, stranamente a disagio, cambio discorso con un: "Lo sai, Dario
farà il tirocinio con me!".
Così, ci
ritroviamo a fare tutti colazione insieme, per poi separarci visto che
Dario corre a casa sua per farsi una doccia e cambiarsi, mentre noi
andiamo a prepararci per la dura prova che ci attende.
A mezzogiorno e un
quarto, finalmente, la tortura finisce, e mi ritrovo fuori dall'aula
abbastanza soddisfatta per le risposte date, che erano fattibili e non
impossibili come ci era stato detto.
Ovviamente, andiamo
tutti nel bar per pranzare, e quando abbiamo preso posto dietro uno dei
tavolini vedo Marina sgranare gli occhi mentre ha il cellulare davanti
a sè.
"No, non dirmi che
è un altro spotted, non lo reggerei proprio oggi" sbotto,
provata dal non aver dormito proprio comodamente e dallo stress post
prova.
Lei scuote il capo.
"No! Ho appena visto su Facebook che è il tuo compleanno,
oggi! Potevi dircelo, stiamo tutti fusi... Auguri!" esclama.
Si leva un sorpreso
coro di "Auguri!" da parte di tutte le altre, che si risvegliano dal
tipico assopimento post esame e mi rimproverano per aver taciuto, e
mentre sono costretta ad alzarmi per ricevere i loro baci e i loro
abbracci, vedo che di fronte a noi, vicino al bancone, c'è
Elisabetta che mi sta fissando, per poi distogliere lo sguardo.
Anche oggi
è senza Matteo, che sembra essere scomparso nel nulla da
quando si fece trovare fuori la pizzeria dove ero andata con Damiano.
Quest'ultimo, poi, si
aggiunge a coloro che mi stanno facendo gli auguri coprendomi gli occhi
con le mani e facendo una delle sue solite battute.
"Mi hai riconosciuto,
ah! Si vede che ti stai facendo più saggia..." borbotta,
facendomi ridere.
"Lena, Lena..." mi
chiama invece Trudy, facendosi largo tra la piccola folla che si
è creata attorno a me.
"Sì?".
Mi fa cenno di
seguirla, così obbedisco e la raggiungo lontano da occhi
indiscreti.
"Che c'è?".
"Mi sento uno
schifo...".
"Che è
successo?".
"In pratica avevo
promesso a Davide che avremmo passato del tempo insieme visto che non
ci vediamo da una ventina di giorni, e lui sta venendo qui, ora, e...".
Facendo due
più due, annuisco, comprensiva. "Non c'è
problema, fallo venire e trascorrete a giornata insieme, torno a casa
stasera" dico, sorridendole.
"Ma è il
tuo compleanno!".
"Me ne
andrò in giro, tranquilla. Non vi vedete da secoli" le
ricordo.
"Allora stasera
andiamo fuori a cena per festeggiare, che dici?" propone,
illuminandosi.
"Certo!".
Mi sento poggiare una
mano sulla spalla, e vedo che è Dario, che ci guarda
sorridente. "Non è mia abitudine origliare, ma ho sentito
tutto. Ho un'idea... Seguimi, Lena".
Lo guardo con aria
interrogativa, senza capire, mentre lui continua a sorridere
imperterrito. "Anzi, aspettami qui, ti chiamo... Capirai!" dice,
facendomi l'occhiolino e fuggendo via, rischiando di andare contro i
malcapitati che stanno raggiungendo ora il bar.
Mezz'ora dopo,
sorpresa e felice, mi ritrovo in spiaggia, sotto il tiepido sole di
aprile, mentre Dario sistema una tipica tovaglia da pic nic su uno dei
tavoli del lido.
Il mare, calmo e
piatto, si infrange contro la riva, con quel tipico rumore che adoro e
che mi ricorda tanto le spensierate giornate estive trascorse in
spiaggia negli anni precedenti.
"Devi ancora spiegarmi
come siamo finiti qui!" esclamo, tuttavia eccitata, visto che adoro la
spiaggia quando è deserta e non fa troppo caldo.
"Semplice, ho preso
l'auto, sono passato a prenderti e...".
"Scemo! Voglio dire,
in due secondi hai pensato a...".
"Non posso svelarti i
miei segreti, Lena, o sarò costretto ad ucciderti!" mi
interrompe, con finta aria seria, facendomi ridere come non mai.
Lo vedo mentre mi
fissa, contento, e mi si avvicina con cautela. Sorride, è
contento anche lui, si vede.
"Erano secoli che non
ti vedevo ridere così" mormora, quasi timidamente, come se
il solo dire ciò potesse cambiare la realtà.
"E' tutto merito tuo,
Dario, sul serio. Io non ti merito" ammetto, molto più seria
di quanto sia necessario in una situazione simile.
"Tu meriti di essere
spensierata perchè sei forte e puoi superare tutto. Anzi, mi
sembra che tu non sia più innamorata di Matteo e
ciò ti rende diversa, più felice".
Annuisco, speranzosa.
Mi sento libera, forse sul serio l'ho dimenticato, e cerco di non
pensare al fatto che Leo abbia un ruolo in tutto questo
perchè mi ha aiutato a capire che valgo qualcosa anche da
sola e che non faccio pena a nessuno.
Vedendo il mio gesto,
mi abbraccia, stringendomi forte a sè e facendomi sentire
sul serio calma, al sicuro, felice, mentre mi accarezza la schiena con
dolcezza.
Ricambio la stretta a
mia volta, con le mie mani che gli circondano la vita e la testa
nell'incavo della sua spalla.
Quando ci separiamo,
rimaniamo a fissarci per chissà quanto, e avverto la sua
mano sulla mia guancia destra che mi accarezza il viso.
"Sei speciale per me"
sussurra impercettibilmente, ma facendo sì che lo ascolti
perfettamente.
"Anche tu" sussurro a
mia volta, per poi avvertire la sua mano che mi stringe un fianco.
Batto numerose volte
le palpebre, sentendo che non avrei la forza di fare nulla al momento
se non stare lì, ferma, e capire cosa sta succedendo.
"Vorrei..." continua a
sussurrare, per poi bloccarsi di botto, come se si fosse ammutito.
"Cosa?".
"Nulla, è
una cosa stupida". Ritira le mani che aveva poggiato su di me e fa
un'espressione di circostanza, per poi sedersi a tavola e passarsi una
mano sul volto, come accade a chi sta passando un guaio.
"Se si tratta di te
non può essere una cosa stupida" gli ricordo, sedendomi di
fronte a lui con cautela, ancora un po' stordita dalla sensazione di
prima.
Scuote il capo, come
un cagnolino che cerca di liberarsi dall'acqua dopo un terribile
temporale. "E invece sì".
"Si può
sapere cosa...?".
"Eri così
bella al sole che avrei voluto baciarti. Deve essere colpa del pensiero
che, dopotutto, stanotte hai dormito su di me" dice rapidamente,
abbassando lo sguardo.
"Detto così
suona male. Che ho dormito su di te" mi correggo, cercando di divagare,
scioccata per la sua prima affermazione.
Lui, baciarmi? Ma se
siamo amici!
Mi sembra quasi di
vedere una Trudy di dimensioni minuscole che svolazza per la spiaggia
mente urla "Lo dicevo io, lo dicevo!", e la cosa mi fa sentire uno
strano caos nello stomaco.
"Ma comunque non
c'è nulla di male, cioè, siamo amici, ma
rimaniamo sempre persone di due sessi che si attraggono" continuo a
blaterare, cercando di riempire il pietoso silenzio vuoto che si
è originato.
"Scusami, davvero...".
"Ma no,
cioè, ci sono amici che fanno sesso, figurati,
cioè, un bacio...". Non riesco a smettere di parlare e dire
stronzate, chiaro segno del fatto che la cosa mi abbia scossa.
"Non ti sto chiedendo
nulla, Lena, lo sapevo che dovevo tacere" dice, quasi rimproverandomi e
rosso più che mai, specialmente in zona orecchie.
"No, no, hai fatto
bene, voglio dire, che fa! Non è nulla, nulla, gli americani
si baciano sulla bocca per salutarsi...".
"Lena, calmati e
pranziamo".
Imbarazzata e ormai
fusa, mi alzo e mi ci avvicino, non capendoci più nulla.
Dario voleva baciarmi,
ma non significa nulla, siamo solo stati troppo a contatto ultimamente,
tutto qui, mi dico, mentre blocco il suo viso, in preda ad un'assurda
agitazione. "Non è successo nulla, guarda, posso
tranquillamente darti un bacio come gli americani" esclamo, senza
sapere cosa diamine stia facendo per davvero.
E' come se una parte
di me sia stata smossa, scrollata, turbata da queste parole e un'altra
volesse riparare il tutto in un modo assurdo come porre fine alla
questione baciandolo sul serio, in modo da far sì che questa
"voglia" sia messa a tacere per non comparire più in futuro.
Mi avvicino al suo
volto con poca grazia, e probabilmente sono rossa come lui.
Tuttavia, quando mi
mancano pochi centimentri per raggungere la sua bocca, lui mi respinge,
scuotendo il capo, e io sgrano gli occhi, colpita e confusa come non
mai.
"Non deve succedere
così" sentenzia.
"Cosa...?".
"Cioè,
siamo amici, non ha senso e... Non parliamone più, sul
serio! Basta, voglio indietro la solita Lena" dichiara, tenendosi a
distanza di sicurezza da me. "Sono così abituato a dirti
tutto che ti ho detto anche questo. Ci facciamo un giro sulla spiaggia
prima di pranzare?" propone poi, cambiando repentinamente argomento e
sforzandosi di sorridere come se nulla fosse.
Ancora in stato
confusionale, annuisco, seguendolo, e iniziamo a camminare a qualche
centimetro di distanza, ognuno perso nei propri pensieri.
"Vai a casa e
cambiati, Davide offre la cena a tutti in pizzeria per scusarsi. Porta
anche Dario!"
Sono ormai le otto
quando leggo l'sms di Trudy, mentre sono in macchina con Dario, sulla
strada che ci condurrà a casa.
Per il resto del
pomeriggio siamo tornati quelli di sempre, abbiamo costruito strane
sculture di sabbia e ci siamo fatti il bagno, e ormai sembra che il
piccolo inconveniente del non-bacio sia solo un ricordo molto vecchio e
di dubbia verità, come una leggenda.
Lo informo dell'sms,
così parcheggia fuori casa e mi accompagna sopra, dove ho
intenzione di indossare l'abito color pesca che ho comprato per questo
giorno circa un mese fa, in occasione dei saldi.
"Ci metterò
poco, promesso" dico, mentre infilo la chiave dentro la serratura.
"Fai con calma,
è il tuo compleanno" mi ricorda lui, scrollando le spalle.
Quando entro in casa,
avvolta dal buio, sento qualche rumore impercettibile, tanto che mi
blocco, tremante.
"Dario, hai sentit..."
esclamo, afferrandolo per il polso, impaurita.
Ci mancano solo i
ladri e questo compleanno entrerà nella lista di quelli
memorabili!
"SORPRESA!" sento
invece.
Le luci si accendono
all'improvviso, e mi ritrovo nel soggiorno di casa mia che è
decisamente addobbato a festa, con un enorme striscione di auguri, il
tavolo colmo di dolci e rustici e i miei amici che acclamano il mio
nome, battendo le mani.
Sul serio sorpresa e
colpita, vedo Trudy che mi corre incontro per poi stritolarmi in un
abbraccio, mentre Davide, al suo fianco, sorride bonario.
"Possibile che tu non
abbia ancora capito com'è fatta Trudy? Secondo te mi avrebbe
permesso di rovinarti il compleanno?" chiede retorico, prima di
abbracciarmi a sua volta.
"Non ci credo!" dico
solo, a causa della momentanea mancanza di parole intelligenti da dire.
Nessuno mi aveva mai organizzato una festa a sorpresa, accidenti!
"Sono stato bravo nel
distrarla, vero?" si intromette Dario, indicando fieramente il suo
petto con l'indice, in perfetto stile Damiano.
"Perfetto! Era tutto
organizzato, e ci hai creduto! Potrei arrabbiarmi!" esclama la mia
coinquilina, ridendo come una matta.
"E' che ami troppo
questo scemo falso-rovinacompleanni" la rimbrotto, facendole la
linguaccia, per poi venire sommersa dalle mie amiche di corso, Damiano,
e altri visi noti dell'università.
"Non ho parole,
grazie, davvero" mormoro quando mi libero dall'ennesimo abbraccio,
sorridendo.
"Te lo meriti dopo che
ce lo siamo dimenticati per la prova" spiega Lucia.
"Infatti!" concorda
Alessandra.
"Germana ti fa tanti
auguri, è uscita con uno" dice Marina, senza sorprendermi
affatto, visto che nelle ultime due settimane a stento ci siamo
salutate.
Annuisco, poi Trudy mi
trascina in un angolo della stanza, dove vedo un grande bouquet di rose
rosse sistemato in un vaso.
"E' arrivato oggi,
mentre organizzavo tutto" spiega, indicandomi un bigliettino.
Lo apro, curiosa,
strappando quasi la busta che lo contiene.
Ventidue
rose per i tuoi ventidue anni, che spero saranno magnifici come lo sei
tu.
Sei
fantastica, sappilo.
Nessuna firma, nessun
nome, nessuna indicazione. E' scritto a computer, quindi non posso
nemmeno basarmi sulla grafia per provare a capire chi sia il mittente.
Aggrotto le
sopracciglia, pensierosa.
"Non può
essere Leo...?" sussurra la mia amica, mimando quasi il suo nome.
"Non gli ho mai detto
quando sono nata" spiego. "Ma se non è lui...".
Trudy mi guarda in
maniera eloquente, ma io faccio finta di non capire, visto che non
voglio rovinarmi la serata in nessun modo e ho avuto fin troppe
sorprese per oggi.
"Dopo gli mando un sms
e vedo" dico quindi, scrollando le spalle per farle capire che per ora
la questione è sospesa.
Lei annuisce e, senza
aggiungere altro, mi trascina in camera mia, dove trovo l'abito pesca
poggiato sul letto, perfettamente stirato.
Le sorrido, grata, e
senza dire altro la abbraccio per ringraziarla per tutto, non solo per
la festa, bensì per il modo in cui mi sta supportando e
sopportando.
Quando torno tra gli
invitati, vestita, pettinata e truccata alla bell'e meglio visto il
tempo limitato, Damiano fa partire una musica dolce e lenta, che
riconosco essere "I am
not a girl, non yet a woman" di Britney Spears.
"Con chi
ballerà la festeggiata?" chiede lui, mentre varie ragazze
iniziano a ballare un lento con i ragazzi.
Ridendo, Davide mi si
avvicina, facendo la linguaccia a Trudy, porgendomi la mano.
Rido a mia volta, e
lancio un'occhiata a quest'ultima. "Non te lo rubo, dai" dico infine,
spostandomi e facendo in modo che loro due inizino a ballare.
Qualcuno alle mie
spalle mi afferra una mano, mi giro e vedo Dario che mi sorride,
esitante.
"Balli con me?"
chiede.
Annuisco, allacciando
le braccia attorno al suo collo e guardandolo negli occhi. "Grazie per
aver contribuito alla sorpresa, avrei dovuto capire che fosse tutto
progettato".
"Non era tutto progettato".
"Eh?".
"Cioè, lo
era quasi tutto... Ma la questione del bacio era vera, se te lo stai
chiedendo" ammette, abbassando lo sguardo.
"Ma no,
cioè, l'avevo già dimenticato, figurati..."
borbotto, per poi appoggiarmi contro la sua spalla per non dover
più vedere la sua faccia imbarazzata.
Lo sento aumentare la
presa attorno ai fianchi, e cerco di non pensare a nulla,
perchè so che tendo sempre ad ingigantire ogni cosa quando
inizio a rimuginarci su e non voglio che ciò accada con
Dario.
Rimaniamo
così, in silenzio, e quando finisce la canzone ci separiamo
senza guardarci, sapendo che una sola occhiata potrebbe danneggiare lo
strano equilibrio in cui ci troviamo ora.
"Ora però
balli con me!" esclama Damiano, porgendomi un bicchiere contenente
chissà cosa e rifilandomi il suo sorriso smagliante.
Presa da una strana
idea, invece di rispondere, dico: "Per caso sei stato tu ad inviarmi
delle rose, oggi?" per poi pentirmene all'istante.
Che figura! Un ragazzo
non può essere gentile che subito traggo conclusione
affrettate...
Confuso, lui scuote il
capo. "Perchè, hai ricevuto dei fiori...?".
"Anonimi,
sì" ammetto. "Scusami, sono stata una sciocca a
chiedertelo".
"Perchè?
Dai, sono gentile ultimamente con te, è normale".
Gli sorrido, con un
cenno affermativo. "Dai, balliamo!".
Così, ci
perdiamo nella musica, mentre la serata procede tra qualche risata e la
consapevolezza che, forse, ora non ho più scuse per
rifugiarmi e non affrontare la vita... Non posso più dire
"Non sono una ragazza, non ancora una donna" al contrario di Britney
Spears, ormai sono sul serio una donna, non più una
ragazzina, e questo mi fa tanta, tanta paura.
*°*°*°*
- Salveeee,
buona domenica a tutti :D
- Come state?
^_^
- Io sono
nella cacca più totale visto che sono ferma al capitolo 14
da un bel po', ma non pensiamoci e passiamo al capitolo xD
- La
situazione ormai è sempre più strana, concordate?
- Lena e Leo
non si vedono da due settimane, Dario inizia a non riuscire a tenersi
tutto dentro (dai, s'è capito perfettamente quello prova,
che dite?), Matteo prima fa l'idiota e poi si dissolve nel nulla... E
Lena passa un compleanno alquanto strano, tra prove intercorso, una
giornata al mare, una festa a sorpresa e fiori anonimi.
- Se
è vero che i suoi ventun'anni sono stati piatti, i ventidue
iniziano in maniera abbastanza esplosiva.
- Detto
ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto,
aggiornerò il 1 dicembre :D
- Se vi va,
torno a linkarvi il gruppo su facebook dove metto anticipazioni e
avvisi vari: https://www.facebook.com/groups/468964983146566/
- A presto!
- milly92
|
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Capitolo 11 *** Only know you love her when you let her go ***
11ds
Con grande
gioia ho visto che siete aumentati di parecchio... Grazie, era quello
che mi ci voleva per sentirmi più motivata :)
Come
sempre, vi lascio il link del gruppo facebook in cui metto
anticipazioni e cose simili ^^:
https://www.facebook.com/groups/468964983146566/
Buona
lettura! :D
- Maybe one day you’ll understand why
- Everything you touch surely dies
- But you only need the light when its burning low
- Only miss the sun when it starts to snow
- Only know you love her when you let her go
- Only know you’ve been high when you’re feeling low..
- ["Let her go", Passenger]
20 febbraio 2011
"Ma... Ma sono
bellissime!".
Senza fiato, mi persi
nella contemplazione del bouquet di rose rosse che mio padre mi aveva
portato quel freddo venti febbraio.
Casa mia era fredda a
causa del riscaldamento che io e Trudy non potevamo permetterci, ma
quel mazzo di fiori sembrò donare calore a tutto l'ambiente.
Mio padre, Antonio
Inverno, mi sorrise e mi strinse a sè con affetto,
baciandomi la fronte.
"Te le meriti, i primi
due esami sono andati benissimo e ho capito che ho fatto bene a darti
fiducia, sei in grado di gestire la tua vita, qui, da sola"
spiegò.
"Quindi queste rose
sono per gli esami andati bene?".
"Anche...
Più che altro non sapevo cosa regalarti, e ho pensato a
quando regalavo dei fiori a tua madre ogni volta che tornavo per un po'
a casa durante il servizio militare, per farle capire quanto mi fosse
mancata...".
"Quindi ti manco?"
chiesi, sorridendo, con aria furba.
"Tanto... Ci manca
averti tra i piedi! Ora però torni per un po'? Hai detto a
mamma che hai una decina di giorni liberi prima dell'inizio del secondo
semestre...".
Deglutii, senza sapere
cosa dire. Avevo promesso a Matteo che avremmo passato quei giorni di
pausa insieme, durante i quali saremmo andati a Roma per un weekend, e
non sapevo come dirglielo. Dopotutto, un padre è sempre un
padre, e sapere che non tornerai a casa a causa di un ragazzo non
è semplice da accettare.
Tuttavia, come sempre,
lui capii tutto dopo mezzo sguardo e sospirò, come
sospirò la prima volta che seppe che avevo comprato un
reggiseno.
"Ho capito, c'entra
quel ragazzo, tua madre me ne ha parlato. Io...".
"Papà...".
"Fai la brava, e fatti
rispettare! Non farti mettere i piedi in testa, se vengo a sapere che
ti tratta male gli spacco...".
"Papà,
è tutto ok, Matteo mi vuole bene" sussurrai, sempre un
po'imbarazzata visto l'argomento.
"Non mi piace il suo
nome, uno scemo che corteggiava tua madre si chiamava così"
borbottò, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni per
evitare di iniziare a gesticolare come è solito fare quando
è nervoso.
"L'importante
è che ora mamma stia con te, no?" gli ricordai, cercando di
sviare la conversazione. "Dai, vieni, andiamo a mangiare una bella
pizza!".
"Con me non attacca,
non sono come gli altri papà che davanti alla prospettiva di
un bel pranzo si dimenticano tutto! Però, pensandoci, puoi
parlarmi di 'sto scemo davanti una bella Capricciosa...".
Risi di cuore e
annuì, stampandogli un bacio sulla guancia per poi prendere
il mio cappotto.
Adoravo
papà, e sentivo che, nonostante Matteo, era l'uomo che
avrebbe avuto sempre la precedenza nel mio cuore.
*°*°*°*
"Ciao
Leo! Come va? Mi dispiace essere scomparsa a causa dello studio... Ieri
però mi sono liberata, per fortuna!".
"Tranquilla,
me lo avevi detto... Quando vuoi ci vediamo!".
"Certo!
Tra poco ho anche il tirocinio, quindi non saprei... Comunque, volevo
chiederti se per caso sei stato tu a mandarmi delle rose rosse ieri per
il mio compleanno, erano anonime e sto cercando di scoprire il
mittente".
"Era
il tuo compleanno? Damn! Perchè non me lo hai detto?! Non lo
sapevo, altrimenti te le avrei mandate sul serio... Sono mortificato!
Tanti auguri anche se in ritardo! Xoxo".
"Tranquillo,
è colpa mia che non te l'ho detto... Grazie! A presto XoXo".
- "Non
è stato lui" sospiro, poggiando il telefono sul tavolo della
cucina con aria sconsolata e afferrando un croissant alla crema che
Davide ha gentilmente comprato per colazione.
- E' ormai
una sorta di tradizione quello che lo fa sentire in dovere di viziarci
con qualcosa di buono da mangiare ogni volta che si ferma a dormire a
casa nostra.
- "Io
comunque sono ancora sconvolto dal fatto che tu abbia una storia con il
tuo prof" risponde lui, fissandomi, sornione, per poi farmi un
occhiolino ammiccante mentre dà un morso al suo cornetto.
- "Taci, lo
sapete solo tu, Trudy e una mia amica" gli ricordo, minacciosa.
- Il doverlo
dire mi costa molto, perchè ora che mi sono allontanata da
Leo mi fa sentire peggio, come se avessi creato questo circolo di bugie
e segreti per nulla.
- Sul serio,
è come se questo anno in più mi faccia vedere le
cose con una prospettiva diversa e mi faccia sentire autorizzata a
rimproverarmi per il caos che ho creato.
- "Fatto sta
che questo anonimo prima o poi si farà vivo" mi rassicura
Davide, con il suo solito tono calmo e rilassante che contrasta alla
perfezione con quello squillante della sua ragazza.
- Alzo le
spalle, non molto convinta, e mi lascio sfuggire uno sbadiglio che si
prolunga più del solito vista la stanchezza.
- Ieri la
festa è finita alle tre, e ora è quasi
mezzogiorno; abbiamo deciso di prenderci un giorno di ferie dalle
lezioni di comune accordo visto che dopo la prova e la festa non
avremmo avuto le forze necessarie per affrontare sei ore di lezione.
- Trudy
entra in cucina, ancora con i capelli bagnati a causa dello shampoo, e
subito mi guarda con aria interrogativa.
- "Non
è stato Leo" dico subito.
- Lei
annuisce, con aria grave, poi fa per aprire bocca e, cosa rarissima, la
richiude.
- "Se
è un anonimo resterà anonimo, no?" mormoro. "O
forse è Germana che vuole farmi uno scherzo" aggiungo, visto
che stanotte, tra il sonno e la veglia, ho pensato anche a questa
possibile opzione.
- "Germana
non spenderebbe tutti quei soldi in fiori per te" ragiona Trudy.
- "Forse li
ha pagati facendosi il fioraio" ridacchia di gusto Davide, smettendo
subito a causa di un'occhiataccia della sua ragazza, che lo interrompe
con un: "Il punto è: i fiori esprimono sempre qualcosa,
Lena, e quella composizione è stupenda, è stata
fatta con cura".
- "Sì,
ma che senso ha sprecarsi così tanto se si rimane anonimi?"
sbotto, animata più che mai.
- "Si fanno
sempre cose così stupide quando ci interessa qualcuno, no?".
- "Gli
stupidi li becco tutti io..." dico in risposta, per poi finire di
mangiare il cornetto. "Dopo ti aggiorno su... Dario" aggiungo,
lentamente,sentendo che Trudy non mi perdonerebbe mai se non gli
raccontassi la breve vicenda avvenuta sulla spiaggia.
- Lei mi
sorride dolcemente e si siede di fronte a me, tamponandosi i corti
capelli biondi con l'asciugamano con una calma quasi nauseante.
- "So
già tutto" risponde.
- "Cosa?!".
- "Me lo ha
detto ieri, mentre ti scolavi chissà cosa con Damiano. Gli
ho detto che mi sembrava pensieroso e mi ha detto che si sentiva uno
stupido per quello che ti aveva detto".
- "Ah.
E...?".
- "E non
dirò nulla, sai come la penso e odio ripetermi. Ultimamente
sei te stessa, senza i miei consigli, e preferisco che le cose
continuino così, ti fa bene" dice categorica, per poi
rialzarsi e annunciare che va ad asciugare i capelli.
- Scioccata,
visto che nella mia mente la reazione della mia amica sarebbe stata
decisamente differente, decido di affogare la mia confusione in un
secondo croissant, sapendo già che presto me ne
pentirò.
- "Che cosa?!" urlo,
sconvolta. Di sicuro tutto il vicinato mi ha ascoltato, a causa del
tono della mia voce alquanto squillante che mi fa sembrare la sorella
gemella di Trudy.
- Marina e
Lucia annuiscono tacitamente, mentre io, senza farci caso, faccio
cadere per terra un bicchiere di vetro ormai vuoto che per fortuna cade
sul tappeto che riveste il soggiorno della casa di Marina e Germana e
non si rompe.
- Lucia e
Marina hanno deciso di seguire l'ultimo corso, quello dopo pranzo, e mi
hanno mandato un sms in cui dicevano di avere una scottante
novità.
- "Si sono
lasciati?" continuo, battendo numerose volte le palpebre.
- "Sì.
Lui è tornato all'università, hanno seguito le
lezioni separati, camminavano per i corridoi con i loro amici, e
abbiamo sentito Elisabetta che ne parlava con delle amiche a Filologia"
spiega cautamente Lucia, scrutando la mia reazione, che consiste nel
voltarmi verso Trudy, che tace.
- "E' stato
lui, no?" dice poi, riferendosi ai fiori. "Lo pensavo da ieri, ma a
questo punto...".
- "E'
così idiota?" sbotto, alzando gli occhi al cielo.
- "Sì.
E' un idiota che perde la testa appena pensa che tu ti veda con un
altro" sentenzia Alessandra.
- Io non
dico nulla, troppo presa dal caos che sento dentro di me, nella testa,
nello stomaco, sul mio viso.
- Nella mia
mente, Matteo ed Elisabetta non si sarebbero mai lasciati
perchè lui l'adora, quindi mi ero rassegnata a vederli
insieme, anzi, mi ci ero abituata, ed ora ecco che è
crollato tutto, come se nulla fosse.
- Perchè
diamine una parte di me è felice? Solo ventiquattr'ore fa ho
detto a Dario che probabilmente non amavo più Matteo,
diamine! Ne ero convinta, eppure non sono indifferente alla notizia.
- La figura
un po' giunonica di Germana spunta nella stanza, ma non le bado, presa
come sono dallo shock.
- Regge in
mano una tazza di caffè, e si siede di fronte a me mentre
beve un sorso, apparentemente placida e tranquilla.
- "Erano in
crisi da settimane, lui le ha chiesto una pausa di riflessione e ora si
sono mollati" mi informa, stranamente seria e comprensiva, senza
nemmeno l'ombra del suo solito sorrisino di schermo.
- Fuori di
me come sono, le presto la massima attenzione, senza pensare che,
forse, di lei non dovrei fidarmi.
- "Chi ha
lasciato chi?" chiedo, torturando con le mani il povero bicchiere
scampato al pericolo di rottura poco fa.
- Come
vorrei essere come lui, che è uscito illeso da un simile
urto...
- "Non si
sa, la questione è ancora top secret. Senza offesa, ma nel
caso fosse stato lui a mollare lei, Elisabetta non sarebbe ingenua come
te nel farlo sapere subito" mi risponde.
- "Certo,
non lo metto in dubbio" sospiro amaramente, passandomi una mano tra i
capelli.
- "Lena,
questo non deve condizionarti, stai calma" sussurra Trudy,
accarezzandomi un braccio, premurosa.
- Eppure,
non ci riesco. Mille immagini si accavallano nella mia mente e mi sento
trascinata indietro di quasi un anno.
- La
consapevolezza di essere ormai una donna adulta che deve affrontare di
petto tutte le difficoltà non mi serve a nulla, sono di
nuovo una ventudenne fragile che è appena stata mollata
dallo scemo di turno.
- "Ragazze,
io vado a casa" dico quindi, repentinamente, afferrando la borsa e
alzandomi con uno scatto rapidissimo.
- Loro non
dicono nulla, non chiedono nulla, si limitano ad annuire ed esco dalla
stanza sotto il loro sguardo dispiaciuto e comprensivo, mentre Marina
mi accompagna alla porta, premurosa.
- "Se vuoi
faccio rimanere Trudy qui per cena, così puoi startene in
pace per un po'" si offre volontaria, con un sorriso materno stampato
in volto.
- Annuisco,
ancora stordita, sentendo la testa che mi gira un po'. "Sì,
grazie. Scusami con le altre, è che...".
- "Tranquilla,
abbiamo capito tutto" mi blocca. "Stai calma e rifletti, ok?".
- "Sì,
sì certo... Ciao" la saluto, iniziando a correre per le
scale che mi conducono al portone d'ingresso del palazzo.
- Cammino a
passo veloce, attraversando Spaccanapoli con rapidità,
rischiando quasi di essere investita da un motorino e attirando
l'attenzione di un po' di gente.
- Non vi
bado, perchè sono arrabbiata con me stessa,
perchè non sono riuscita ad essere indifferente ad una
notizia del genere.
- Tutto
ciò che credevo è quasi crollato del tutto, e mi
odio per questo.
- L'avrà
lasciato lei o lui? E perchè? Dov'era Matteo in queste
settimane, durante quella stupida pausa di riflessione?
- Ed io,
cosa provo?
- Non posso
amarlo ancora, no! Forse sto così perchè sono
felice che lui non sia felice con Elisabetta, come avevo creduto...
- Quando
varco il portone del mio palazzo, affannata, inizio a salire lentamente
la rampa di scale che conduce al mio appartamento, stanca per la corsa.
- Tuttavia,
vedo una figura seduta sull'ultimo gradino, e quando la riconosco la
mia confusione aumenta ancora di più e il mio cuore aumenta
i suoi battiti già più numerosi del dovuto.
- Immobile,
con uno sguardo deciso e l'aria di chi non dorme da un po', Matteo mi
fissa e mi sorride in un modo enigmatico.
- "Che ci
fai qui?" mormoro, alquanto incredula, con lo stesso tono di chi ha
visto un fantasma.
- "Ho capito
che ti amo ancora" risponde lui, alzandosi e scendendo dei gradini per
raggiungermi, con lo stesso tono con cui si annunciano le previsioni
meteo.
- Se
potessero, gli occhi mi uscirebbero fuori dalle orbite; spalanco la
bocca e faccio un passo indietro, fino a ritrovarmi contro la ringhiera
delle scale.
- "Sei
ubriaco?" chiedo, incredula.
- "Forse lo
ero quando ti ho lasciata, e lo sono stato fino ad ora, ma... Credimi"
mi implora, cercando di afferrare le mie mani, cosa che gli nego.
- La signora
del secondo piano passa tra noi, guardandoci con un sorrisino, ed io le
dico un distratto "Buonasera", per poi tornare a guardare il mio ex.
- "Meglio
non dare spettacolo qui, vieni" dico, cercando le chiavi nella borsa e
aprendo la porta dell'appartamento con una certa foga, visto lo stato
in cui mi trovo.
- Quando
entra e vede le rose, sorride ed io, a disagio, mi volto, senza sapere
cosa dire o fare.
- Lui,
audacemente, mi abbraccia da dietro, bloccandomi. "Ti sono piaciute?"
chiede, sussurrando contro il mio orecchio destro.
- Cercando
di non badarci, mi volto, guardandolo in faccia. "Fai pena! La tua
ragazza ti molla e torni da me?" chiedo, incredula più che
mai e scostandomi da lui.
- "Sei
informata su di me..." osserva con un sorrisino, ignorando il resto
delle mie parole.
- "Me lo
hanno riferito" spiego, stizzita, cercando di non arrossire.
- "Fatto sta
che l'ho mollata io. Non ne potevo più, voleva farmi
conoscere la sua famiglia, mi obbligava a fare cose assurde e...".
- "Mentre
Lena no, Lena si comportava bene, ti obbediva come un cagnolino fedele,
vero? Sono problemi tuoi, io e te abbiamo chiuso quasi un anno fa,
ricordi?".
- "Ho
sbagliato, ok? Fatto sta che ora ho capito che...".
- "...Sei un
idiota?" suggerisco, incrociando le braccia, arrabbiata.
- “Lo
sono stato, sì, ma per fortuna sono rinsavito, è
questo l’importante!” risponde, alzando il tono e
parlando con una passione mai vista, fermamente convinto di
ciò che sta dicendo.
- “No.
Scusami ma meriti di soffrire come è successo a me in questi
dieci mesi”.
- “Dieci
mesi. Tieni il conto, eh? Significa che…”.
- Gli faccio
cenno di tacere e mi volto, non riuscendo a sostenere il suo sguardo
eccessivamente acceso e colmo di speranza.
- Maledetta
me! Perché diamine non tengo mai chiusa questa cavolo di
bocca che nei momenti di crisi spara le stronzate più
assurde?
- Di nuovo,
lo sento abbracciarmi da dietro, mentre sposta i miei capelli,
liberando il collo e posandovi un bacio denso e sensuale.
- Rabbrividisco,
pensando che questo si chiami giocare sporco visto che sa che il collo
non è altro che il mio punto debole per farmi andare su di
giri.
- Mi erano
mancate le sue labbra così soffici e carnose,
così brave nel farmi eccitare nel giro di pochi istanti.
Avverto un braccio che mi stringe il fianco e non riesco a non
sospirare.
- “Mi
sei mancata…” soffia contro il mio orecchio.
- “Matteo…
No, per favore” oppongo resistenza, ma ricevendo in risposta
una stretta più decisa e un secondo bacio che dal collo si
sposta alla guancia.
- Lentamente
mi fa voltare verso di lui, ma non riesco a guardarlo in faccia,
perché potrei vedere un piccolo riflesso di me stessa nelle
sue iridi e non voglio ritrovarmi davanti a quello che, mio malgrado,
sta succedendo.
- “Matteo…”.
- “Mi
vuoi anche tu, Lena” sentenzia, senza mettere di sussurrare
in quel modo che ho sempre amato.
- “No!
Io non posso!” dico, sentendo il fiato mancarmi e
allontanandomi di qualche passo.
- “Non
puoi ma vuoi, lo leggo nei tuoi occhi”.
- Non riesco
a ribattere, è come se mi mancasse la voce, e non riesco
nemmeno a muovermi mentre lo vedo avanzare verso di me. Lentamente, si
abbassa finchè i nostri volti non si sfiorano e, con una
dolcezza che raramente ha usato nei miei confronti, mi bacia, tornando
a stringermi a sé con una salda presa attorno ai fianchi.
- Possibile
che in quasi un anno non abbia cambiato profumo? E che si ostini a
tagliarsi sempre la barba, rendendo il suo volto morbido e liscio, come
quello di un ragazzino?
- Quando il
bacio diventa più coinvolgente, tuttavia, si separa da me,
fissandomi negli occhi con una serietà mai vista e
lasciandomi un vuoto nello stomaco, perché
l’improvvisa mancanza del suo calore si fa sentire.
- Batto le
palpebre numerose volte, sforzandomi di pensare ma non riuscendo ad
elaborare nulla che sia diverso da me e lui, stretti l’uno
all’altra, come se gli ultimi dieci mesi non fossero mai
esistiti.
- La parte
di me che si odia per averlo assecondato, mano a mano si dissolve, fino
a scomparire del tutto e dandomi la forza di ristringerlo a me e
ribaciarlo, questa volta con più foga, perché mi
ritrovo adagiata contro lo stipite della porta che conduce
all’ingresso.
- “La
mia…. Camera…” biascico, indicando a
destra, mentre lui è tornato a baciarmi il collo con una
foga immane, tanto che forse rischierò di trovarmi i segni
di un succhiotto. Non me ne frega, non me ne frega più di
nulla, e so che mi odierò per questo.
- Sono
lucida visto le mie parole, non posso incolpare cose come la libido
temporanea e altre idiozie. E’ un dato di fatto: una parte di
me lo vuole ancora, e possibilmente nel mio piccolo letto che tante
volte ci ha ospitato.
- Ma non
arriviamo lì, no, perché, dopo aver percorso il
corridoio arpionata ai fianchi di Matteo con le gambe, lui mi poggia
sulla scrivania, famelico, e subito di dedica alla mia camicetta, che
sbottona come se farlo fosse una cosa che fa quotidianamente.
- “Ti
voglio, Lena, ti voglio…” dice, mentre armeggio
con il suo giubbino, che gli sfilo insieme alla polo bianca.
- Non
rispondo, godendomi solo la pura sensazione di piacere che provo mentre
si dedica a baciarmi i seni con una devozione mai vista; nel giro di
pochi minuti le mie calze hanno fatto una brutta fine, la mia gonna
è ammucchiata sul pavimento insieme alle ballerine ed io
armeggio ancora con i suoi pantaloni, finchè non riesco a
slacciarglieli e a liberarlo da quella costrizione.
- Sospira,
sollevato, poi mi bacia mentre mi priva degli slip con una mossa audace
e, tre istanti dopo, smetto sul serio di ragionare, scollegando il
cervello, perché ciò che sta per succedere mi
rende adrenalinica come non mai.
- Lui sa
come toccarmi, sa cosa mi piace, ed è la causa della mia
mente annebbiata finché, sfiniti, non ci ritroviamo uno
addosso all’altra, con il fiato mozzo e i corpi madidi di
sudore.
- “Ma
sei impazzita? Esci di casa presto, non ti trovo nel tuo letto, hai il
cellulare spento… E mi lasci un fogliettino minuscolo sul
tavolo del soggiorno che ho visto per puro caso prima di uscire di casa
e chiamare “Chi l’ha visto!”! Ti rendi
conto? Credevo avessi fatto chissà quale
follia…” urla Trudy, attirando su di sé
tutta l’attenzione del bar
dell’università, come ormai succede troppo spesso
ultimamente.
- Di sicuro,
tra poco inizieranno a vendere i biglietti quando entriamo noi,
perché certi show non possono essere visti gratuitamente.
- Assonnata
e confusa, alzo lo sguardo dal libro di tedesco che stavo leggendo per
distrarmi e guardo la mia amica, pallida in volto, senza trucco e con
indosso una semplice tuta grigia.
- In
effetti, uscire alle sette del mattino per fare due passi e schiarirmi
le idee senza avvisarla dopo che ieri sera non ci siamo viste non
è stato molto intelligente da parte mia… Ma, un
momento, quand’è che ultimamente ho fatto qualcosa
di intelligente?
- Da quando
è iniziato il secondo semestre la mia vita è
stata sconvolta da una serie di eventi di cui sono l’unica e
sola responsabile, e questo mi fa paura perché fino ad ora
non sapevo di cosa fossi capace sul serio in determinate circostanze.
- “Scusa”
dico quindi, “Devo spiegarti alcune cose
e…”.
- “Ovvio
che devi! Inizia con il dirmi dove diavolo hai lasciato il tuo
senno!”.
- - Il mio senno non lo so, ma il
mio seno, beh, fino a dodici ore fa è stato spupazzato per
bene dal mio ex - ribatte l'odiosa vocina nella mia testa
che da ieri non riesce a smettere di assillarmi e dirmi quanto grosso
sia stato il mio sbaglio.
- “Trudy,
per favore, calmati, ora ti racconto tutto” la zittisco,
raccattando il libro e l’evidenziatore, mettendo la borsa in
spalla e gettando tre bicchierini di plastica – che prima
contenevano caffè – nell’apposito
contenitore dell’immondizia.
- La signora
del bar, Carmela, ci guarda con aria incuriosita, e temo che anche lei
legga spotted grazie a Mario, il diciottenne che lavora con lei da
pochi mesi.
- Non
sapendo dove andare, conduco Trudy nei bagni adiacenti al bar; entriamo
in una toilette, chiudo la porta a chiave e la guardo.
- “Mi
dici che è successo?” sbotta, impaziente.
“Io cerco di tacere, ma mi sembra che senza i miei consigli
tu sia diventata scema!” osserva, non riuscendo a trattenersi.
- “Abbassa
la voce!” le intimo, poggiando la borsa per terra.
“Comunque, lo so, che ti credi! Sto facendo una cosa
più stupida dell’altra e…”.
- “Cosa
hai fatto ora?” chiede, preoccupata. Evidentemente credeva
che questo mio atteggiamento fosse dovuto semplicemente al mio solito
rimuginare su ogni singola cosa che accade nella mia vita, non a
qualcosa di concreto.
- “Ieri,
quando sono tornata a casa, ho trovato Matteo fuori la porta”
inizio cautamente, vedendola spalancare gli occhi per
l’eccessiva sorpresa.
- “E
gliel’hai sbattuta in faccia, la porta, no?”.
- - No, gli hai sbattuto in faccia
qualche altra cosa... - ridacchia la vocina nella mia
testa.
- Vedendo
che non replico, alza gli occhi al cielo.
“No…”.
- “E’
stato lui a mandarmi i fiori e a lasciare
Elisabetta…”.
- “Che
novità!” sentenzia. “E poi?”.
- “E
poi inizialmente gliene ho dette di tutti i colori
ma…”.
- “Lena…”.
- “…
Poi abbiamo finito per farlo. Sulla mia scrivania” aggiungo
come un’idiota, come se gliene fregasse.
- Ovviamente
Trudy diventa paonazza, si passa le mani per faccia, guarda altrove,
poi, finalmente, si decide a guardarmi in faccia, facendomi sentire
davvero uno schifo.
- “Ma
sei impazzita? Dopo quello che ti ha fatto?” dice, scuotendo
il capo teatralmente.
- “Non
ci ho capito più nulla, Trudy! Era come se fosse tornato
tutto normale…” le spiego, torturandomi le mani.
- “Certo!
Lui ti ha mollata, ti ha sbattuto in faccia la sua nuova ragazza dopo
un mese, ora l’ha mollata, torna da te solo perché
è geloso che tu stia vedendo qualcun altro ed è
ovviamente tutto normale! Ma ascolti quello che dici? Hai sbagliato!
Ora striscerà da te tutte le volte che avrà
voglia di una sveltina…”.
- “Perché
qui si parla di me, non sia mai che uno venga a letto con me
perché mi ama, vero?” chiedo ferita, sentendo un
grande senso di oppressione che mi piomba nello stomaco con una
velocità mai vista.
- Trudy
sgrana gli occhi, colpevole, e agita subito le mani per smentirsi, ma
io non ho voglia di stare ad ascoltare le sue scuse e giustificazioni,
per cui afferro la borsa ed esco dal bagno, imbattendomi in Germana che
si sta lavando le mani.
- Ci
guardiamo, in silenzio, poi, non riuscendo a trattenermi, dico:
“Mi raccomando, spiffera tutto a tutti, eh”.
- “Ricorda:
io e te non siamo poi così diverse” ribadisce
semplicemente lei, mentre sto già uscendo dal bagno, diretta
non so dove.
- Perché
non la smette di dire quella stupida frase? E’ come se
sapesse tutto di me, ma non è così, accidenti!
- Sentendo
che questa giornata non può peggiorare, così,
decido di avviarmi verso l’aula di Filologia Germanica,
nonostante la lezione inizi tra circa mezz’ora, ma,
ovviamente, mi sbagliavo: ci sono solo dieci persone più o
meno, e due di queste non sono altro che Matteo ed Elisabetta che
discutono a bassa voce ma in un modo piuttosto concitato.
- Quando lei
mi vede fa un sorriso melenso in mia direzione, e Matteo si volta,
sorridendomi debolmente mentre non riesco a fare finta di nulla e a non
arrossire.
- Poi, non
so come, Elisabetta inizia a camminare a passo di marcia verso di me e
prima che possa rendermene conto ho la guancia dolorante, colpita da un
sonoro schiaffo e un’occhiata sdegnata.
*°*°*°*
Eccomi qui, people!
Rilassata dopo una
settimana di vacanza, vedo tutto in maniera positiva e grazie al numero
di persone che seguono la storia che è aumentato, vi
prometto che da domani mi darò da fare per scrivere gli
altri capitoli, tanto la trama è già stata
scritta tutta :)
Che dire, lo so che mi
odiate per la parentesi Lena/Matteo, ma se lei non avesse ceduto, beh,
non sarebbe stato da lei.
Che poi lui sia
un'idiota possessivo, beh, questo lo sappiamo tutti: Elisabetta non
è come Lena, lo obbliga a comportarsi in maniera differente,
e a lui va solo di essere adorato, come succedeva con l'ex.
Mi perdonate se vi
dico che nel capitolo 12 scopriremo perchè Matteo
lasciò Lena? Abbiate fiducia in me e state tranquille! :D
Ovviamente, tutte mi
chiedete di Leo... Non è scomparso, lo rivedremo nel
capitolo 13, ma ovviamente tutti dobbiamo riconoscere che lui
è stato importante per Lena per capire che da sola non
è da buttare e che la sua vita è così
perchè lo ha scelto lei.
Ecco perchè
ho sempre parlato di una storia differente tra alunna e prof! :D
Che dire, vi
dò appuntamento al 15 dicembre, sperando di aver scritto un
bel po' per allora! :D
Vi anticipo che la
"colonna sonora" sarà "I love it" delle Icona Pop...
Preparatevi per una sorta di scena-karaoke! xD
A presto!
milly92
|
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Capitolo 12 *** I Keep Dancing On My Own ***
ikeep
Dedicato a tutti i ragazzi senza "attributi" che ognuna di noi ha
incontrato
almeno una volta nella vita...
E a
te, che mi hai dato la conferma del fatto che se
uno
interessa a me, deve essere per forza un "Coniglio".
29 Maggio 2012
Elisabetta Gastrini era
una ragazzina minuta, magrolina e con i capelli di una
tonalità diversa ogni mese.
Questo era tutto
ciò che sapevo di lei fino a luglio del secondo anno,
onestamente.
Sembrava simpatica, dava
l'aria di una che ha mille amici perchè la vedevo sempre in
giro con persone diverse o appiccicata al cellulare, e spesso mi
sorrideva, ma forse solo perchè le avevo prestato degli
appunti di Antropologia Culturale di una lezione che si era persa.
La beccavo sempre a
guardare in mia direzione, e, cieca com'ero, non avevo capito che
guardasse il mio ragazzo.
Mi sorrideva, mi faceva
un cenno, e io pensavo che fosse solo per gratitudine visto che mi
aveva raccontato distrattamente che l'esame di Antropologia fosse
andato bene, quando ci incontrammo vicino al distributore.
Tuttavia, un giorno di
fine maggio, notai che era radiosa mentre ridacchiava con alcune amiche
fuori l'aula: gesticolava, si ravviava i capelli, quasi saltellava per
la gioia.
Io ero sola, le ragazze
sarebbero arrivate a momenti e Matteo era impegnato con un suo amico,
da quel che mi aveva detto.
Chissà
cos'era successo a Elisabetta!
Ripensandoci, anche lei
era mancata alle lezioni precedenti; l'avevo notato perchè
spesso si sedeva poco distante da noi e io avevo iniziato anche a
credere che fosse interessata a Dario, solo che non si era fatta avanti
perchè stava con Daniela.
Elisabetta si
voltò, mi vide, si rigirò e scoppiò a
ridere più forte che mai, e una sua amica fece lo stesso.
Non comprendendo, feci
finta di nulla e presi il cellulare perchè mi era appena
arrivato un sms.
"Sono ancora impegnato,
amore, e domani vado in palestra... Ci vediamo la sera magari".
Ero cieca,
sì, perchè ero così accecata
dall'amore che non riuscii a leggere tra le righe...
*°*°*°
- Tutti ci guardano, ed io sento qualcosa che mi fa male, che
mi ha ferita profondamente. No, non è il dolore sulla
guancia causatomi dallo schiaffo di Elisabetta – anche
perché ultimamente mi schiaffeggerei anche io da sola,
volentieri – bensì da ciò che si cela
dietro, il dolore, la confusone, l’incertezza.
- “Sei pazza?” riesco solo a dire,
boccheggiando, facendo un passo indietro e posandomi una mano sul viso,
sul punto colpito da quella mano con le unghie lunghe e perfettamente
ricostruite.
- “No. Tu sei una sgualdrina, invece!” mi
rimbecca lei, totalmente convinta delle sue parole. “Sei
soddisfatta, eh? Finalmente te lo sei scopato, ci sei riuscita,
brava!”.
- Cercando di non diventare ancora più paonazza,
le rido in faccia, seppur nervosamente. “E’ lui che
è venuto da me e…”.
- “Ma sai che ti dico?” mi interrompe,
con una sadica luce negli occhi che la fa sembrare una vera e propria
strega uscita da un telefilm taroccato, “Siamo pari, anzi, ho
vinto io perché tu te lo sei fatto dopo che ci siamo
lasciati, mentre io ci sono riuscita quando stavate ancora insieme.
Ecco la causa della vostra rottura, contenta?” sibila.
- Senza riuscire a trattenersi, la mia mano si alza e la
colpisce in piena faccia con uno schiaffo sonoro come quello che mi ha
rifilato lei; guardo malissimo Matteo, che ha la bocca spalancata e
sembra un pesce lesso decisamente stupido.
- “Complimenti. Sono scema io che ti ho dato troppa
fiducia e mi sono sforzata di non pensare male quando ti ho visto con
lei un mese dopo la nostra rottura. Mi fai schifo, tu non mi
meriti!” urlo, sentendo un’energia assurda dentro
di me che potrebbe condurmi a fare qualche pazzia, ragion per cui esco
dall’aula, con lui che mi segue come un cagnolino bisognoso
di cure e disperato ed Elisabetta che rimane in aula, immobile.
- “Ma ora ti amo sul serio, davvero, ho capito che
sei tu quella giusta, Elisabetta non è mai stata
importante!” mi supplica, fermandomi per un braccio e
trattenendomi per la manica del giubbino.
- Siamo nel bel mezzo del corridoio, e a tutti sembrerebbe
una giornata normale, particolarmente soleggiata,come tutte quelle che
ci sono ad aprile a Napoli.
- Solita giornata di lezioni, spiegazioni, numerosi
caffè bevuti in compagnia e appunti prestati con un sorriso
in cambio… Per me no. Questa è la mia giornata,
quella in cui, dopo aver toccato il fondo, posso solo iniziare a
risalire con eleganza e con la consapevolezza di meritare di meglio, di
più rispetto al viscido idiota che ho davanti.
- Dopo quasi un anno, è arrivato il giorno in cui
non me ne starò zitta a vedere Matteo che mi riduce a pezzi
per l’ennesima volta, in cui reagirò e
farò valere le mie ragioni di donna ed ex ragazza innamorata.
- “Tu non sai quello che vuoi Matteo, mentre io
sì. Io voglio qualcuno al mio fianco che mi apprezzi per
quella che sono, che non mi cerchi solo quando è annoiato o
perché pensa che io sia cambiata. Sono sempre io, sono
sempre la ragazza che hai conosciuto tre anni fa! Se sono stronza ora
è perché mi ci hai fatto diventare tu, ma sappi
che supererò tutto questo e sarò felice, magari
anche da sola, ma almeno rispettando me stessa! Stare con te significa
rinnegare me e le mie potenzialità. Tu sei un emerito
coglione viziato che si diverte a confondere la gente con i suoi
sorrisi e le sue manie improvvise, mentre io ho voglia di
stabilità, ne ho bisogno. Io sono la mela sulla cima
dell’albero, e di sicuro tu ora diventerai la volpe che non
arriva all’uva e inizia a disprezzarla, ne sono certa! Non mi
aspetto che tu capisca i riferimenti che sto facendo, ed è
un altro motivo per cui non vai bene per me. Abbiamo chiuso!”
esclamo, e, non trattenendomi nemmeno questa volta, gli do uno
schiaffo, completando il quadretto e sentendomi alquanto soddisfatta.
- Sento una mano sulla mia spalla, mi volto e vedo che non
è altro che uno strabiliato Dario, che mi guarda orgoglioso,
con aria di approvazione.
- “E visto che si parla di mele e uva…
Ora vattene, idiota, sono certo che troverai subito qualche scema a cui
potrai offrire la tua banana immatura” dice, alquanto
soddisfatto per la sua battuta non proprio fine ed elegante.
- Senza parole, e umiliato, Matteo sibila un deciso
“Non finisce qui!” per poi andarsene
chissà dove, mentre il mio migliore amico mi trascina in un
angolo deserto vicino le scale del primo piano.
- Mi guarda, fiero e incredulo, e poi mi abbraccia con un
calore assurdo, che mi avvolge completamente.
- “Avevi ragione, Dario. Sei sempre stato
l’unico che aveva capito Matteo
dall’inizio… Ha fatto sesso con Elisabetta quando
stavamo ancora insieme” rivelo, stringendolo forte, felice di
averlo vicino a me come non mai.
- Lo sento sospirare, poi mi accarezza i capelli con
delicatezza, posando un bacio su di essi.
- “Sei stata fenomenale, sei sul serio la mela
sulla cima dell’albero, te l’ho sempre
detto” mormora.
- “Sì, ma l’ho capito solo
adesso. Ieri… Ieri ho scoperto che lui aveva mollato
Elisabetta, si è fatto trovare fuori casa mia e…
L’abbiamo fatto. E oggi Elisabetta mi ha uno schiaffo, mi ha
detto la verità, ed io le ho dato uno schiaffo a mia volta
e… E ora ho paura. Ho paura di rimanere sola, per sempre, di
non incontrare mai l’amore, quello vero” mormoro,
sentendo una valanga di lacrime premere per uscire.
- Non le trattengo, e inizio a singhiozzare come non mai, in
preda a tutte le paure provate in questi mesi di solitudine e angoscia.
- “Lo troverai, anzi, lui troverà te.
Devi solo credere in te stessa, perché vali molto e lo
sai” mi risponde Dario, separandosi da me e offrendomi un
pacchetto di fazzoletti che estrae con rapidità dalla sua
borsa a tracolla.
- “Non mi rimproveri per esserci andata a
letto?” chiedo, sorpresa.
- Temevo la sua reazione, onestamente, come temo quella che
potrebbe avere se gli dicessi di me e Leo…
- Sembra trattenersi per un istante, poi scuote il capo,
sorridendo sarcasticamente. “Ma no! Poverina, non infierirei
mai dopo che hai dovuto sorbirti ancora quella banana
immatura…”.
- Rido tra le lacrime, facendolo sorridere. “Quella
battuta è stata fenomenale, rimarrà negli
annali!” esclamo.
- “Erano anni che avrei voluto farla, onestamente.
Comunque… Che ne dici di venire da me? I miei lavorano, puoi
startene in pace fino a stasera e magari, non so, sentirti
meglio” propone, con il suo tono rassicurante che adoro.
- Annuisco, visto che per ora non riuscirei a starmene nella
mia stanza che mi ricorda il pomeriggio passato con Matteo, e senza
aggiungere altro ci dirigiamo verso l’uscita.
- Dario mi circonda le spalle con le braccia e mi lascia un
bacio sulla fronte, proprio mentre ci troviamo davanti la sua ex che ci
ignora dopo la sua solita occhiata sospettosa.
- “Chi ha inventato gli ex?” chiede lui,
alzando gli occhi al cielo.
- “Non me ne parlare” sbotto, tuttavia
stringendomi a lui e sentendomi, finalmente, un po’
più al sicuro mentre ci ritroviamo nel bel mezzo di Via
Nuova Marina, il solito traffico e la solita marea di studenti.
- E’ un giorno normale per tutti, sì,
nessuno sa che oggi qualcosa è cambiata definitivamente per
qualcuno come me dopo quasi un anno.
- Mentre me ne sto seduta comodamente sul divano del
soggiorno di casa Boni in compagnia di una confezione di Pringles alla
Paprika e di un episodio di “New Girl”, la chioma
bionda di Trudy fa capolino nella stanza e Dario la segue, dopo averle
aperto la porta d’ingresso.
- “Non so quante lezioni hai saltato questo mese,
tra uno spotted e l’altro e una schiaffeggiata con certe
oche, quindi sappi che ora sì mi piaci, ragazza!”
esclama la mia amica, per poi gettare all’aria le buone
maniere e gettarmisi addosso, rischiando di sfondare il divano.
- “Trudy!” dico solo, ricambiando la sua
stretta.
- Ci guardiamo e, come due bambine, ci perdiamo in un sorriso
che vale molto di più rispetto a tante e stupide parole che
sarebbero superflue.
- “Mi dispiace per oggi, per quello che ti ho
detto, mi sono espressa male…” inizia in quarta,
dopo aver, ovviamente, mangiato una patatina. “Tu non meriti
quell’idiota, e…”.
- “E’ tutto ok, Trudy, anche io
esagerato, ero confusa” mormoro.
- “Perdonami, per favore. So che ci stai male, ho
saputo cosa è successo grazie alle ragazze, ma non devi
abbatterti perché il mondo è pieno di ragazzi che
sapranno apprezzarti come meriti” continua, con una veemenza
smisurata.
- “Lo spero” biascico, scrollando le
spalle. “Avrei solo voluto saperlo prima, che lui se
l’è fatta con quella mentre stava ancora con
me… Me ne sarei fatta una ragione subito, senza aspettare
per mesi alla ricerca di una risposta” dico, esponendo il
pensiero che mi perseguita da tutto il pomeriggio.
- “Sono due viscidi e basta, gli auguro di tornare
insieme e di tradirsi a vicenda ogni giorno!” dichiara Trudy,
alzando la voce e battendo un pugno sul ginocchio, convinta.
- “Finirà così, ne sono
sicuro. E Lena si farà le migliori risate alla faccia
loro” s’intromette Dario, incoraggiante, dal fondo
della stanza da cui ci sta guardando come se fossimo un buffo cartone
animato degli anni Novanta.
- “E noi contribuiremo a queste grasse
risate!”.
- “Vi voglio bene” dico
all’improvviso, esternando un pensiero che è
sempre nella mia mente, giorno dopo giorno.
- “Oh, te ne vogliamo anche noi!” replica
Trudy, piegando la testa di lato e mostrando la sua dentatura candida.
- “Io di più” dice Dario,
avvicinandosi.
- “No, io di più!” protesta
Trudy.
- “Ok, mi rimangio tutto” ridacchio.
- “Eh, no, no!”.
- Come un gruppo di bambini dell’asilo,
così, senza sapere come e dove ci ritroviamo stretti in un
abbraccio di gruppo, in cui non si capisce quali braccia siano di chi.
- “Sono contenta di tornare a Caserta, tra due
giorni” mormoro circa tre ore dopo, mentre mangio la favolosa
torta al cocco che Trudy ha preparato per me.
- La mia amica prende posto sul divano accanto a me, con in
una mano a sua volta un piattino con il dolce.
- Annuisce con fermezza. “Ti ci vuole, sono sicura
che sarà bello tornare a casa per un po’ e
staccare la spina”.
- “Oh, sai… Tornare tra le mura del mio
liceo, dover incontrare gente della mia città che mi sta
antipatica e avere a che fare con i miei ex prof sarà uno
schifo, ma è tutto migliore se paragonato alle
assurdità degli ultimi tempi” le rispondo,
scrollando le spalle. “Oh, e dovrò anche andare
alla festa di laurea di Chiara” aggiungo, scuotendo la testa.
- Trudy sgrana gli occhi e quasi si strozza con un pezzo di
torta per la sorpresa. “Cos… Coff Coff…
Cosa?” chiede, mentre le do delle pacche sulla schiena per
farla stare meglio. “Chiara, tua cugina, la fashion blogger
stra convinta che sta all'Accademia di Belle Arti da otto anni si
laurea?”.
- Sorrido, annuendo. Io e lei abbiamo passato delle serate
stra divertenti a vedere i servizi fotografici di mia cugina che si
ritiene una guru della moda, nonostante i risultati alquanto pietosi.
- “Sì, l’ho saputo due giorni
fa, me lo ha detto mamma. Gli zii sono così fieri di
lei!”.
- “Era ora, eh, otto anni per una triennale mi
sembrano un po’ eccessivi”.
- “No, sono fieri perché temevano che mi
sarei laureata prima di lei. In tal caso avrebbero detto a tutta
Caserta che io ho scelto una facoltà semplicissima in cui
regalano gli esami mentre la loro figlioletta si spacca la schiena sui
libri…”.
- “Mamma mia. Che cattiveria!”.
- “E’ colpa loro, volevano una figlia
laureata a tutti i costi, mentre a lei non può fregar di
meno dello studio”.
- “Falla conoscere a Dario, di sicuro andranno
d’accordo!” ridacchia Trudy, facendomi
l’occhiolino.
- Rido a mia volta, pensando sul serio che le prossime due
settimane saranno migliori rispetto a questi ultimi giorni.
- Continuo a mangiare, e la mia coinquilina mi imita,
così che in sottofondo si senta solo il rumore della
televisione che è sintonizzata su MTV.
- Poi, dopo un paio di minuti, dalla tv proviene un motivetto
di una canzone a noi nota, che entrambe adoriamo.
- “Somebody said you got a new friend... Does she
love you better than I can?".
- E' "Dancing on my Own" di Robyn, e l'abbiamo ascoltata la
prima volta in un episodio di "Girls", telefilm che amiamo e che
seguiamo in diretta con l'America.
- “La amo!” esclamo, posando il piattino
sul tavolino adiacente al divano.
- “Anche io! E mi sembra perfetta per
te!” aggiunge Trudy, alzandosi di scatto.
- “Eh?”.
- “Ma sì… Che te ne frega,
meglio ballare da sola che con un idiota come Matteo! I keep dancing on my own... I'm
just gonna dance all night, I'm all messed up, I'm so out of
line. Stilettos and broken bottles, I'm spinning around in
circles...” inizia a cantare, aggiungendoci dei
saltelli.
- “I'm
in the corner, watching you kiss her... I'm right over here, why can't
you see me? I'm giving it my all, but I'm not the girl you're taking
home... I keep dancing on my own !” inizio a
cantare a mia volta, aggregandomi alla strana danza della mia amica e
trasformando, così, il nostro salotto in una pseudo
discoteca alquanto rustica.
- “I
keep dancing on my own!”.
- Continuiamo a ballare, come se non ci fosse nessun
problema, nessun idiota e nessuna questione che ci affligge,
lasciandoci sopraffare dal magnifico e potente potere della
musica…
- Questo è il potere dell'amicizia, quello che ti
fa passare dall'urlarsi addosso le cose con sincerità al
chiarirsi e aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà,
senza rancore e questioni inutili.
- Adoro Trudy, e sento che una volta partita per il tirocinio
mi mancherà, perchè i giorni che
trascorrerò a Caserta verranno sottratti ai giorni che ci
restano da passare insieme prima del suo trasferimento a Torino.
- Tuttavia, questa volta ne sono convinta, so che la distanza
non ammazzerà la nostra amicizia e che continueremo ad
essere sempre le stesse...
- “Scusami se sono scomparsa”.
- Dopo circa venti
giorni, sono seduta davanti a Leo, sul divano che fu testimone del
nostro primo bacio quasi due mesi fa. Mi sembra passata una vita, e
alla luce degli ultimi avvenimenti sento che la confidenza che
c’era tra noi si sia dissolta nel nulla.
- Lui, sorridente e bello
come sempre, con una camicia bianca che accentua i suoi lineamenti
signorili, scrolla le spalle e incrocia le braccia.
- “Ma
no, ti capisco, sei stata molto... Busy con lo studio”
risponde.
- “Sì…
Poi, sai, c’è stata una questione particolare con
il mio… Ex” ammetto, imbarazzata.
- Da quando ci vediamo,
abbiamo sempre parlato di “storia leggera”,
“senza pretese”, non abbiamo mai messo nulla in
chiaro, come se si trattasse di una relazione aperta, e, al contrario
delle mie aspettative, lui sembra decisamente rincuorato, tanto che si
lascia scappare un respiro che mi sembra di sollievo.
- Faccio tanto la
santarellina, ma anche io posso dire di aver avuto una sorta di "Amico
con benefici", non c'è più scusa per negarlo.
- “E’
finita definitivamente, ma prima ci sono andata a letto”
rivelo tutto d’un fiato, tuttavia senza sentirmi in colpa
data la nostra decisione di non avere chissà quale legame.
- “Anche io ho
visto un’altra” dice subito Leo, torturandosi le
mani seppur sollevato dalle mie parole precedenti.
- “Oh,
bene”.
- Ovvio, no? Un quasi
trentenne affascinante e pieno di risorse come lui mica poteva
rimanersene bello e buono senza vedere nessuno?
- La cosa non mi tocca
per nulla, ragion per cui gli sorrido a mia volta.
- “Ma
è diverso…” continua, e per la
primissima volta da quando ci conosciamo lo vedo preoccupato, alquanto
insicuro.
- La cosa non gli dona
affatto, perchè la cosa che più lo caratterizza
è il suo sorriso perfettamente candido e rassicurante, e
senza di esso il volto sembra perso.
- “In che
senso?”.
- “Lei mi piace
davero, really, e… Divento uno scemo quando stiamo insieme, erano
anni che non mi sentivo così. Avrei dovuto parlartene,
scusami. Cioè, tu mi hai subito colpito quando ci siamo
visti ma…”.
- “Leo, non
devi giustificarti, so che tra noi c’è stata una
specie di relazione esclusivamente fisica. Mi fa piacere sapere che hai
trovato una ragazza che ti interessi così tanto”
lo interrompo, per fargli capire che di certo non me la
prenderò o contesterò la sua decisione.
- Alla fine Leo
è umano come tutti noi, e sta dimostrando che anche un
libertino alla fine può cedere al grande mistero dei veri
sentimenti.
- “Ma tra un
mese me ne andrò, cioè, me ne dovrei andare e
vorrei chieder lei di venire in America con me” ammette.
- Cavoli, a quanto pare
non si tratta di una semplice infatuazione! Sono sorpresa, fin troppo,
ma decido di infondergli coraggio con un sorriso sincero.
- “Beh,
provaci, non si sa mai. Sei bravo a convincere le persone, se hai
convinto me a vederci senza pretese puoi fare miracoli” cerco
di tirarlo su, mettendo in ballo la mia autoironia, sentendo che,
probabilmente, alla fine di questa assurda storia mi
ritroverò con un nuovo amico.
- “Ma
dai!”.
- “Sono seria,
Leo, anzi, devo ringraziarti. Tu mi hai aiutato a capire quanto valgo,
mi hai incoraggiata, e se in questi mesi sono cambiata un po’
lo devo a te, sul serio. Sei una persona speciale e meriti di essere
felice” esclamo, sicura delle mie parole, sincere al massimo.
- Leo mi ha aiutato ad
andare avanti, a sentirmi più sicura, a superare qualche
paura, e probabilmente ora, senza di lui, mi starei ancora piangendo
addosso senza fare nulla.
- Senza dire nulla,
così, mi abbraccia, e mentre lo stringo sento un gran
rimorso: perché non riesco a dirgli che sono una sua alunna,
ora che è finito tutto? Sarebbe il momento perfetto,
così potrei chiudere la nostra stramba relazione e andare
avanti con la mia vita.
- “Grazie,
Lena. Quindi immagino che ora siamo… Amici, no?”
dice Leo, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
- “Certo”
rispondo mio malgrado, con la coscienza che mi urla i peggiori insulti.
- Sto fingendo fin troppo
bene, e la cosa non mi piace, anzi, mi fa alquanto paura...
- *°*°*°
- Salve! Sono in ritardo,
lo so, scusatemi, ma ho avuto dei giorni non proprio facili...
- Il capitolo
è molto di passaggio, a parte l'inizio, in cui sappiamo
perchè Matteo ha mollato Lena.
- Scusatemi ma non
dirò altro, se non che ora pubblicherò ogni
settimana fino al 29/12 e poi la storia sarà in pausa per 2
mesi a causa degli esami...
L'episodio della "Mela sulla cima dell'albero" è narrato qui http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2091088&i=1
- Grazie per il supporto,
spero che il capitolo, seppur breve, sia di vostro gradimento :)
- A domenica!
- milly92
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Capitolo 13 *** La Famiglia Inverno ***
13
La Famiglia Inverno
29 Dicembre 2012
La musica in sottofondo diffondeva le
note di una canzone natalizia, nonostante Natale fosse passato, ed io,
Lisa e alcune mie cugine ce ne stavamo in un bar, sedute quasi una
addosso all'altra a causa di alcuni ragazzi che si erano aggiunti dopo
il nostro arrivo.
Erano amici di Chiara, e, da quel che potevo immaginare, tutti erano usciti con lei almeno una volta.
"Avete stilato la lista dei buoni propositi per il nuovo anno?" domandò Lisa, dopo aver bevuto un sorso del suo Mojito.
"Fare una lista del genere è
da perdenti!" la rimbeccò Chiara, approfittando del poco spazio
per gettarsi ancora di più addosso al più alto dei
ragazzi, un tale Christian.
"E perchè mai?" chiesi.
"Perchè la vita si vive senza progetti, cogliendo mano a mano le opportunità che ti offre...".
"Ecco perchè sei parcheggiata
all'università da quasi otto anni! Aspetti di cogliere
un'opportunità per laurearti, vero?" la prese in giro Christian,
facendo ridere quasi tutti, mia cugina Alice in primis visto che non
aveva buoni rapporti con l'oggetto della battuta.
"No, sono all'università da otto anni perchè non mi prendo mai un esame se non con il massimo e...".
"Ma se fai massimo due esami all'anno
e mi prendi in giro quando prendo trenta!" sbottò Alice. "Dillo
che ti piace perdere tempo dietro al tuo blog di moda e falla finita,
sii onesta con te stessa!".
"Ragazze, calma! Ognuno ha la sua
vita e la gestisce come vuole" m'intromisi, sapendo che quelle due
avrebbero finito con il picchiarsi visti alcuni diverbi avuti in
passato.
"Senti chi parla! "Miss mi laureo
entro novembre"! Sei patetica, vai in giro a vantarti di essere una
grande intellettuale e poi non sai tenerti un uomo! La vita non si
può imparare dai libri!" mi urlò contro Chiara, con un
tono canzonatorio che mi ferì profondamente.
"Beh, non mi sembra che tu sia
più brava di me visto che quelli con cui esci non ti richiamano
più" risposi a tono.
"Come osi...".
"Ehi, Lena, io con te ci uscirei
volentieri, dammi il tuo numero!" l'interruppe Christian,
scrollandosela di dosso e sorridendomi con aria divertita, come se
fosse un gioco.
Chiara sgranò gli occhi, colpita e stupita, mentre io, sorpresa, mi limitai a fare un sorriso di vittoria.
- *°*°*°
- Il giorno dopo l'ultima chiacchierata con Leo, mi ritrovo a
Caserta dopo circa due mesi, con un eccitato Dario che si guarda
intorno come un bambino.
- “Non ero mai stato qui, sai?” confessa, mentre
il rumore delle rotelle dei nostri trolley fa da sottofondo alla
conversazione.
- “Beh, non ti sei perso molto, a parte la Reggia”
rispondo, mentre attraversiamo la strada che conduce al condominio in
cui abito, a circa duecento metri dalla stazione. “Comunque, ho
detto io a papà di non venire a prenderci, abito così
vicino che mi sembrava assurdo”.
- “Ma figurati! Spero di essere simpatico alla tua
famiglia” aggiunge, con un’evidente nota di preoccupazione
nella voce.
- “E perché non dovresti esserlo, scusa?”.
- “Boh, sai, dicevo così…”.
- Ormai vicini al portone d’ingresso del condominio,
premo il pulsante del citofono, anche se il mio gesto si rivela inutile
visto che la porta si apre all’improvviso, rivelando una chioma
ramata perfettamente boccolosa e un sedere spiaccicato in una gonna a
tubino grigia.
- “Chiara” dico quindi, cercando di trattenere un sospiro, mentre il mio amico sembra confuso.
- Mia cugina si volta e, vedendomi, fa una faccia falsamente sorpresa e mi sorride. “Lena, tesoro, ciao!”.
- Sono abituata ai suoi sorrisi non proprio sinceri, visto che
purtroppo abitiamo nello stesso condominio grazie a mio nonno paterno
che regalò due appartamenti vicini ai suoi due figli maschi.
- Noto che ha tra le mani un bouquet di rose e la sua tesi di
laurea, per cui la fisso senza capire, sentendo di essermi persa
qualche pezzo.
- “Mi sono persa qualcosa? Ti sei già laureata?” domando quindi.
- “Ma no, no, sciocchina, sto solo facendo una serie di scatti per il mio blog! I miei followers vogliono vedere il mio outfit per l’evento
e temo che quel giorno non verrò bene a causa dell’ansia e
dell’emozione, quindi sto facendo una serie di prove!”.
- Mentre parla, suo fratello emerge dall’ingresso del
condominio, con in mano la sua Canon ultimo modello e un’aria
scocciata. “Ciao, Lena!” esclama.
- “Ciao, Massimo! Come va?”.
- “Diciamo… ‘Sta scema non ha voluto usare l’autoscatto come al solito…”.
- “… Ma che dici, scemo!”.
- “Così devo perdere tempo a causa sua, quando domani ho pure l’interrogazione di latino!”.
- Massimo è uno dei miei cugini più simpatici -
mi chiedo come possa essere geneticamente legato a Chiara-, ha diciotto
anni e frequenta l’ultimo anno del liceo scientifico, proprio
come mio fratello Daniele.
- Ironia della sorte, frequentano anche loro il Manzoni, che
ospita il liceo classico, scientifico, pedagogico e linguistico, quindi
da domani dovrò vederli spesso nei corridoi, e sarà
strano visto che invece che una studentessa ricoprirò il ruolo
di una tirocinante.
- “Studi dopo, c’è tempo!” sbotta
Chiara. Poi, notando Dario, gli sorride e gli porge la mano, ovviamente
perfettamente smaltata e adornata con mille anelli.
- “Tu devi essere l’amico di Lena, vero?”.
- “Sì, sono Dario, piacere” risponde lui, rispondendo alla stretta.
- “Io sono Chiara, ma di sicuro lo sai già”.
- Cercando di non ridere, visto che Dario sembra un bel
po’ confuso e spiazzato dalla grandezza dell'ego di mia cugina,
mi volto verso Massimo. “Dai, dopo vai a studiare così mi
farai fare bella figura con i tuoi prof e mi vanterò di avere un
cugino super studioso”.
- “Se questa scema mi lasciasse libero…”
sbotta lui, lanciando un’occhiataccia alla sorella che, contro le
mie previsioni, invece di inveirgli contro, gli toglie la macchina
fotografica dalle mani e guarda Dario nello stesso modo in cui un leone
farebbe con una gazzella.
- “Penso avrai tempo da perdere visto che inizierai
domani il tirocinio. Perché non mi fai da fotografo?”
domanda, imitando un sorriso mieloso e uno sguardo da cerbiatta.
- “Oh, beh, io dovrei sistemare le mie cose, salutare i
genitori di Lena e ringraziarli per l'ospitlità, sai”
risponde lui, in difficoltà.
- “E vai, ti ci vorranno cinque minuti! Ti aspetto qui,
così mi sistemo il rossetto. Contento? Vai a studià,
Cicerone!” sbotta, rivolta verso Massimo.
- “Mi dispiace” dice quest’ultimo, diretto verso Dario, per poi andarsene.
- Il mio amico, dal canto suo, non proferisce verbo, alquanto intimidito dalla sicurezza di Chiara.
- “Bene, allora andiamo, dai…” borbotto,
dicendomi che il mio ritorno a casa sia già stato abbastanza
movimentato ancor prima di mettere piede nell’ingresso.
- Qualcuno definirebbe la famiglia Inverno aperta, divertente
e socievole, se non fosse per me: spesso, da piccola, credevo di essere
stata adottata perché mi sentivo diversa dai miei familiari, che
erano in grado di fare amicizia con chiunque nel giro di pochi secondi.
- Mia madre, Stefania, è una chiacchierona
instancabile; mio padre, Antonio, è un simpaticone di
prim’ordine; mio fratello, Daniele, è il ragazzo
più popolare della sua scuola e ha un gruppo di amici che
comprende una trentina di persone.
- E poi ci sono io, la figlia tranquilla che ha pochi amici
stretti e che preferisce una serata in pigiama con pop corn e pizza
davanti alla tv piuttosto che uscire a fare baldoria chissà
dove. Deve essere per questo che i miei mi hanno consentito di prendere
casa a Napoli: “Nostra figlia è troppo riservata e pigra
per fare qualcosa di assurdo come ubriacarsi e farsi mettere incinta
senza che la sorvegliamo”, devono aver pensato tre anni fa.
- Appena suono il campanello, mia madre apre la porta e ci sorride con un felice: “Ciao!”.
- “Ehi, mà! Ciao!” esclamo, abbracciandola.
“Lui è Dario” aggiungo, entrando e facendogli cenno
di seguirmi.
- “Ciao, piacere di conoscerti, sono Stefania!” risponde mia madre, porgendogli la mano.
- “Piacere di conoscerla, signora! Devo dire che mi
sembra di stare davanti a una Lena con venti anni in più”
risponde il mio amico, sorridendole.
- “In realtà ne sono ventisei, ma lo prendo come
un complimento!” ridacchia mia madre, afferrando il suo trolley
senza troppe cerimonie.
- “Certo che lo era”.
- “Wow, sei qui da dieci minuti e hai già fatto
colpo su mia cugina e mia madre, complimenti” ridacchio, dandogli
una pacca sulla spalla.
- “Cosa, cosa? Hai conosciuto Chiara?” s’intromette mamma.
- “Sì, e lei gli ha chiesto di scattarle delle foto per il suo blog” dico.
- “Attenzione, Dario, che poi non te la scrolli più di dosso”.
- “Ma cosa avrei dovuto dirle? Ha deciso lei per
me”. Dario sembra imbarazzato, e la cosa evidentemente diverte
mia madre, che lo conduce nella sua stanza.
- “Spero ti troverai bene, qui”.
- “Ne sono sicuro, grazie per l’ospitalità, signora Inverno”.
- “Chiamami Stefania, mi fai sentire vecchia!”.
- “Oh, ok”.
- Vedere mia madre e il mio migliore amico insieme è
strano, perché ognuno di loro rappresenta uno dei mondi in cui
vivo, ed ora, grazie a questo evento, sembrano essersi fusi.
- “Maaaà, dove hai messo il mio cappello grigio?”.
- Disinvolto e bello come sempre, in jeans e felpa grigia un
po’ grande per la sua taglia, mio fratello entra nella stanza,
per poi squadrare Dario.
- “Ehi, Bro!”
esclamo, avvicinandomi e lasciandogli un bacio rapidissimo sulla
guancia, visto che quando si tratta di me, Daniele sembra tornare
all’asilo e alla fase “Le femmine? Che schifo!”.
- “Guarda chi c’è, che palle, sei ancora
viva! E io che volevo fondere le nostre camere e crearmi un monolocale
tutto mio…” risponde lui, falsamente seccato.
- “Sei sempre lo stesso, eh? Tanto lo so che ti manco tanto!”.
- “Mi manchi solo quando non capisco i compiti di
inglese e non ci sei per farli al posto mio” risponde, dandomi
una pacca sulla spalla.
- “Idiota! Comunque lui è Dario…”.
- “Ciao, piacere!” dice il mio amico.
- “Piacere! Ma come fai a sopportare questa cozza?”.
- Dario ride, seguito da mamma, ed io incrocio le braccia,
falsamente arrabbiata. “Bene, visto che sono una cozza non ti
darò il cd di Eminem che mi avevi chiesto di prenderti”.
- “Tanto me lo prendo stasera!”.
- “Ehi, ehi, che succede qui?”.
- Mio padre è appena entrato nella stanza ed io, in perfetto stile cocca-di-papà, corro ad abbracciarlo.
- “Babbo, ciao!”.
- “Lena!”.
- “Papà, lui è Dario”.
- “Piacere di conoscerti, Dario! Lena ci ha parlato tanto di te”.
- “Il piacere è mio, signor Inverno, grazie mille
per l’ospitalità” risponde Dario, sorridendo seppur
in un modo un po’ intimorito.
- “Ci manca avere gli amici di Lena in giro per casa, da quando va all’università” dice papà.
- “Che dite, vi preparo qualcosa? Sarete affamati, dopo il viaggio” si intromette mamma.
- “Ma il viaggio è durato solo mezz’ora, mamma…”.
- “Zitta, tu, Dario ha fame, vero?”.
- Lui mi guarda, senza sapere cosa dire, perché di
sicuro, come me, non ha fame visto che abbiamo pranzato poco prima di
metterci in viaggio.
- “Dario, preparati ad ingrassare, mia madre non ti
farà lasciare la tavola prima di averti fatto ingerire migliaia
di calorie! Non a caso sono dimagrita quando mi sono trasferita”
ironizzo, facendolo ridacchiare.
- “Bene, allora venite in cucina!”.
- “Io però ora esco, mà, dimmi dove sta il cappello grigio…” dice Daniele.
- Nel giro di pochi istanti, ho la conferma di essere sul
serio a casa: mia madre che sbraita contro il disordine di mio
fratello, mio padre che si siede vicino a me in cucina e mi chiede
dell’università, del lavoro e delle ultime
novità… E poi c’è lui, Dario, la new entry
che ci guarda tra l’attonito e il divertito, chiedendosi,
evidentemente, cosa lo aspetterà in queste settimane in cui
vivrà con noi.
- Quando mamma entra nella stanza, subito si dà da fare
per preparare il caffè, mettere in tavola patatine e stuzzichini
vari e fare un panino per il nuovo arrivato.
- Nel frattempo, qualcuno suona alla porta, così
papà si alza per aprire e per poi tornare, ovviamente, con una
Chiara alquanto infastidita alle calcagna.
- “Ciao, zia. Dario, ti sto aspettando da venti
minuti!” esclama, alquanto indignata, con il rumore dei tacchi
che conferma il suo stato d'animo.
- “Chiara, Dario è appena arrivato, lascialo
riposare…” s’intromette mamma, cauta ma decisa,
ricevendo una smorfia di disappunto come risposta.
- “Ehm, Chiara, scusami, ma…”.
- “Ti bastava dire di no, Dario” lo interrompe lei.
- Papà guarda la scena senza capire, chiedendosi, evidentemente, che nesso ci sia tra mia cugina e il mio amico.
- “Chiara, sono sicura che verrai benissimo nelle foto
il giorno della laurea” cerco di rassicurarla, pensando,
tuttavia, che la sua mania riguardo le foto sia assurda.
- “Ah sì? Con l’ansia, lo stress, tutti che mi guardano?”.
- - Come se ti dispiacesse – borbotta la vocina nella mia testa.
- “Beh…”.
- “Fa niente, le farò a casa con l’autoscatto, ciao”.
- “Chiara, dai, perché non ti fermi qui con
noi?”. Mamma, come al solito, cerca di sistemare tutto, ma,
questa volta, senza alcun esito perché mia cugina si congeda
senza dire altro, alquanto offesa e arrabbiata.
- “Fatemi capire, Dario doveva scattarle le foto per
quel blog di moda?” chiede papà, dopo averla accompagnata
alla porta.
- Annuiamo, e lui ride. “Sappi che noi siamo normali,
Chiara è l’unica eccezione in famiglia” dice,
facendo ridere il mio amico.
- “Allora, tutto bene?”.
- Papà e Dario hanno scoperto di amare entrambi i film
della saga di Rocky, così stanno vedendo il primo nel soggiorno,
con l’intenzione di vederne uno al giorno, mentre io e mamma ci
stiamo occupando della cena, finalmente da sole dopo mesi e mesi.
- - Sì, mamma, va tutto a meraviglia. Ho fatto sesso
con un professore, e anche con Matteo, solo che ora abbiamo chiuso
definitivamente…- dice la vocina nella mia testa, che scaccio
come al solito.
- “Tutto bene… Sto aspettando i risultati della
prova di letteratura inglese III, sto continuando a lavorare per la
tesi e…”.
- “Lena, lo so che la vita universitaria va bene. Mi
riferivo al resto. Stai con Dario?” chiede a bruciapelo,
squadrandomi con i suoi bellissimi occhi verdi che, purtroppo, non ho
ereditato.
- “Cosa?!”. Quasi mi taglio mentre sto affettando
una melanzana, e la fisso, stralunata. “No! Siamo amici, come
sempre”.
- “Sicuro? Non direi nulla, cioè, anzi, è un bravo ragazzo, mi piace!” continua imperterrita lei.
- “No, mamma. Siamo amici. E poi al momento voglio stare in pace…”.
- “Ma come, non penserai ancora a Matteo! E passato un anno, devi andare avanti, guardarti intorno…”.
- “Ci ho provato, mamma, ma il problema era che non
avevo chiuso definitivamente con lui dal momento in cui non avevo
saputo perché mi aveva lasciato. Solo pochi giorni fa ho saputo
che mi aveva tradito con la ragazza che ora ha lasciato… Ed ora
ho capito di dover andare avanti, avanti sul serio” spiego.
- “Oh. Non è mai piaciuto quel ragazzo, era solo
bello, non aveva nulla, non mi trasmetteva nulla” dice mamma,
indignata per la recente scoperta.
- Annuisco, per poi tornare a dedicarmi alla melanzana con una
minuziosità maggiore del solito, e lei comprende che non voglio
parlarne più.
- In un certo senso, mi sembra di essere tornata indietro di
qualche anno, quando mi insegnava a cucinare qualcosa con, purtroppo,
scarso esito, e ci perdevamo in lunghe chiacchierate che riguardavano
gli argomenti più disparati.
- Devo riconoscere che mia madre è sempre stata una
sorta di migliore amica per me, perchè non è una di
quelle donne che hanno una visione del mondo antiquata e piuttosto
rigida, anzi: spesso, per prenderla in giro, dico che io sembro la
mamma e lei la figlia.
- Abbiamo passato anni a vedere "Una mamma per amica", a
ridere per le follie delle protagoniste e per i loro dialoghi
assurdamente lunghi, rapidi e un po' frivoli, e lei mi diceva che ero
la sua Rory.
- "Sono sicura che saprai farti valere come lei, un giorno.
Anzi, sappi che non ho bisogno di un'università come Yale per
essere fiera di te" mi disse a tal proposito, qualche giorno prima del
mio diciottesimo compleanno.
- Furono le parole più belle che mi avesse mai detto, e, spesso, tendo a ricordarle nei momenti più difficili.
- Ho appena finito di indossare il pigiama che la voce di Dario mi chiede se può entrare, dopo aver bussato alla porta.
- "Sì, entra pure" rispondo, mentre sto chiudendo l'armadio.
- Mi viene da sorridere nel vederlo con addosso un pigiama blu e bianco, e, notandomi, mi guarda in un modo interrogativo.
- "E' la prima volta che ti vedo con il pigiama, al posto dei
tuoi pantaloncini e magliette improponibili" spiego, scrollando le
spalle.
- "Sono ospite dei tuoi, non posso girare per casa come un
selvaggio" spiega. "Tra l'altro, vedendo che stavo entrando in camera
tua, tuo padre mi ha minacciosamente detto: "Sono le undici, eh". Ho
avuto paura" ammette, per poi ridacchiare e scaturendo in me la stessa
reazione.
- "Beh, sei il primo ragazzo che entra qui. Lo sai che non ho
mai avuto amici maschi e non ho mai osato portare un ragazzo a casa".
- Annuisce, comprensivo. "Comunque... Chiara mi ha aggiunto su facebook" dice.
- "Non avevo dubbi" ribatto.
- "E mi ha contattato... Mi ha invitato per un caffè,
domani pomeriggio" spiega lentamente, torturando il cellulare che ha in
mano.
- "Ci andrai?" chiedo, sforzandomi di risultare neutrale.
- "Io... Ho detto che non lo so, che non so se sarò libero a causa del tirocinio" ammette.
- "Ma sai che lavoreremo solo la mattina" obietto, senza capire.
- "Lo so, ma... Lena, cioè, è tua cugina, e non
mi è sembrata proprio simpatica, onestamente. Poi ha tipo cinque
anni in più a me e...".
- Lo blocco, parandomi una mano davanti, e lui si zittisce all'improvviso.
- "Chiara è fatta così, sente il bisogno
patologico di avere qualsiasi ragazzo che la circonda ai suoi piedi. In
più, non ha mai digerito che uno con cui si frequentava anni fa
mi avesse invitato a uscire durante le vacanze di Natale, quest'anno,
quindi penso che uscire con te sia la soluzione ad entrambi i casi. Se
vuoi, vacci pure, tanto non ti si incollerà, fidati, lei cerca
una storia seria con uno ricco che le consentirà di fare
shopping trecentosessantacinque giorni all'anno...".
- Dario esita, deglutisce e si aggiusta gli occhiali sul naso, per poi guardarmi con decisione.
- "Non ci andrò, te l'ho detto, non mi sembra proprio simpatica" mormora.
- "Lo sai che probabilmente farà sesso con te se accetti, vero?" chiedo.
- "Perchè dovrei voler far sesso con una che non mi interessa?".
- "Ma dai, l'hai fatto con la spagnola e...".
- "Te lo ricordi, eh?" mi interrompe, probabilmente
perchè è imbarazzato. "Senti, non ci uscirò e
basta. Voglio vivere al cento per cento l'avventura del tirocinio, e mi
basta che ci sia tu con me, senza cugine fashion blogger tra i piedi"
sussurra, regalandomi uno dei suoi sorrisi più belli.
- "Sono lusingata signor Boni" rispondo, sentendomi improvvisamente più serena, felice e spensierata.
- Sono nella mia città natale con una delle persone
più importanti della mia vita... Forse questa volta ce la
farò ad affrontare il liceo senza problemi e le solite
insicurezze, posso tornarci a testa alta e senza paura alcuna.
- "Deve esserlo, signorina Inverno, è un privilegio,
sa?" risponde lui, prima di stringermi a sè e accarezzarmi i
capelli con la sua tipica dolcezza.
- "Lo so. Ti voglio bene" gli dico nell'orecchio e, sorpresa, lo sento tremare per un istante, come se avesse la pelle d'oca.
- "Te ne voglio anch'io..." sussurra in risposta, per poi baciarmi una guancia.
- "Ragazzi, ha detto mamma... Oh".
- Daniele se ne sta fermo sulla soglia della porta, per poi
portarsi teatralmente le mani sugli occhi per coprirli. "Scusate, io...
Cioè, Lena ha detto che eri solo un amico e...".
- In effetti, la visione di noi che ce ne stiamo così
stretti l'uno all'altra è un po' equivoca, così allontano
Dario e mi alzo dal letto con uno scatto, con il viso che va a fuoco e
gli occhi bassi.
- "Infatti lo siamo, gli amici si abbracciano, no?" chiedo.
- "Sì, certo... Guarda mi sta bene, Dario è
simpatico, tifiamo pure per la stessa squadra, poi può portarmi
allo stadio visto che è di Napoli" dice mio fratello,
facendo l'occhiolino al mio amico che se ne sta immobile, ancora
scioccato e imbarazzato.
- "Siamo amici, Daniele, ma puoi venire allo stadio con me quando vuoi".
- Daniele scrolla le spalle, come se nulla fosse.
- "Bene, sei un grande, Dà! Dai, ti credo, chi la
vorrebbe quella cozza di mia sorella..." blatera, come se non fossi
presente.
- Tuttavia, non bado alle sue ciance, presa dalla scenetta a cui ha assistito.
- "Comunque, dicevo, mamma ha preparato la cioccolata calda, venite in cucina" dice, per poi uscire.
- Io e Dario ci guardiamo, ancora impacciati, così indosso le pantofole e prendo un bel respiro.
- "Cioccolata calda dopo quella cena super abbondante! Ora
capisci perchè ero un po' in sovrappeso?" borbotto, come se
nulla fosse, ma, tuttavia, senza ricevere alcuna risposta mentre
cambiamo stanza.
- *°*°*
- Here I am! :)
- Quella che vi sta scrivendo è una Milly
incasinatissima, che dovrebbe fare milioni di cose visto che negli
ultimi giorni ha preferito dormire e uscire, cose che tra parentesi fa
raramente a causa del suo voler sempre portare a termine tutto in
tempo, e che quindi si consola con il solito "A Natale puoi fare quello
che non puoi fare mai" xD
- Tralasciando le idiozie e la mia pazzia, che dire... E'
iniziata la fase del tirocinio, abbiamo conosciuto Chiara e... Non so,
lascio a voi i commenti, io mi diverto molto a scrivere di lei!
- Le cose sono sempre più strane, ma in un modo "tacito", visti i caratteri di Lena e Dario.
- Non so cos'altro dire se non augurarvi BUON NATALE e dirvi
che tornerò la prossima settimana con l'ultimo capitolo prima
della pausa di un mese e mezzo :)
- Di solito non chiedo queste cose ma... Vi va di farmi sapere cosa ve ne sembra come regalo di Natale?xD
- Auguri e Buone Feste!
- milly92
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Capitolo 14 *** Il Grillo Parlante - Fine Prima Parte - ***
14gg
Vi ricordo che questo
è l'ultimo capitolo che pubblicherò per ora,
e tornerò ad
aggiornare dopo il 18 febbraio a causa esami.
Questa volta non ci
sarà nessuna scena iniziale
ambientata nel passato
perchè il capitolo è già bello corposo
di suo.
Buona lettura! :D
Capitolo
14
Mi sveglio di
soprassalto, senza fiato, tremante, e noto di essere un po' sudata.
L'immagine di Chiara
che se ne sta avvinghiata a Dario, mentre mormorano insulti contro di
me, è ancora vivida nella mia mente con mio grande
disappunto.
Che razza di sogno
è? E' perchè mi sono svegliata così,
come se stessi sognando qualcosa di spaventoso?
Mi passo una mano
contro la fronte e, guardando l'orplogio, noto che sono le sei e mezzo
del mattino, quindi la sveglia sarebbe suonata tra un quarto d'ora.
Sospirando, mi metto a
sedere, allontanando le coperte dal mio corpo visto che mi sembra che
la temperatura si sia alzata, e rimango immobile, pensierosa, in quello
stato di shock e confusione che segue un brusco risveglio.
Cerco di calmarmi,
così chiudo gli occhi e prendo un lungo respiro, ma
purtroppo la mia mente non cessa di farmi domande assurde circa il
sogno appena fatto.
Forse una parte di me
teme che Dario cada nella trappola di mia cugina, e la cosa non gli
gioverebbe, e poi ne abbiamo parlato proprio poco prima di andare a
dormire, tutto qui.
Dopo cinque minuti
buoni, così, decido di anticiparmi e di andare a farmi una
doccia, per prepararmi per bene alle ore che mi aspettano in compagnia
dei miei vecchi prof.
Cosa dovrò
fare, una volta in classe? Ne sarò in grado? Mi sono
diplomata da tre anni, com'è possibile che io possa essere
minimamente pronta ad aiutare una professoressa che svolge questo
mestiere da decenni?
- Basta, Lena, piantala
di pensare, sei un caso disperato! - borbotta la vocina nella mia
testa, facendomi così decidere a concentrarmi su cose futili
come il bagnoschiuma da usare e la crema corpo.
Quando entro in cucina,
un'ora dopo, vengo sorpresa da una scenetta in stile
pubblicità della Mulino Bianco: tutti, tranne me, stanno per
fare colazione, seduti, perfettamente vestiti e sorridenti, seppur
ancora un po' assonnati.
E' una cosa assurda,
visto che in tanti anni non abbiamo mai fatto tutti colazione insieme
tranne in alcune rare circostanze come le festività, visti
gli orari diversi.
Evidentemente, mamma ha
imposto questa nuova regola ora che abbiamo un ospite.
"Buongiorno" dico,
alquanto stupita.
Mi risponde un coro di
"Buongiorno!" così prendo posto vicino al mio amico,
sentendo di essere in una dimensione parallela.
"Bella idea fare
colazione tutti insieme, eh?" dice mamma, mettendomi davanti il
barattolo di Nutella e dei cornetti vuoti.
"Sì"
rispondo, sentendo che non sia proprio educato sottolineare che una
cosa del genere non si sia mai vista in tanti anni.
"Tua madre è
una chef da dieci e lode, queste crepes sono favolose!" mormora Dario,
per poi sorridere a mia madre.
"E allora fai il bis,
no?" risponde prontamente lei, alquanto soddisfatta.
"No, la ringrazio,
Stefania, ma sono già pieno".
"Ne prendo io un'altra"
dice subito Daniele, per poi sottrarmi il barattolo di Nutella. "Tu sei
a dieta, no?".
"Quando fa comodo a te"
dico, scrollando le spalle e afferrando il vasetto di marmellata alla
fragola.
"Quindi, cosa farete
oggi a scuola?" cambia discorso papà.
"Non lo sappiamo
ancora" rispondo.
"Speriamo qualcosa di
semplice, ho una paura matta!" dice Dario.
"Dimostratevi sicuri e
andrà tutto bene".
"Io spero di incontrare
quello scemo di Lombardi, se insegna ancora lì" mormoro,
riferendomi all'ex prof di matematica che ha reso i miei primi quattro
anni di liceo un inferno. "E farmi sfuggire causalmente che l'anno in
cui se ne andò presi sette con la nuova professoressa e che
mi manca poco per laurearmi".
"Mi raccomando, sii
educata" borbotta mamma.
"Lo sono sempre"
rispondo, con una falsa espressione candida e innocente.
Ritrovarmi fuori
l'entrata del Manzoni mi fa sentire esattamente nello stesso modo
provato otto anni fa, prima di iniziare il primo anno.
Davanti a me
c'è l'ignoto, misto ad una paura provata raramente. Mille
domande mi assalgono il cervello, inducendomi a respirare velocemente,
perchè mi sembra che mi stia per balzare il cuore fuori dal
petto.
"Paura?" chiede Dario
al mio fianco, immobile come me.
"Sì"
ammetto, e, senza pensarci due volte, afferro la sua mano e la stringo
nella mia. "Questo posto mi fa sentire sempre insignificante. Quando
studiavo qui ero una ragazzina timidissima, imbranata, sfigatella, che
guardava le ragazze più belle e conosciute che
collezionavano fidanzati e vestiti costosi come se nulla fosse... Le
fissavo, immaginavo cosa significasse avere qualcuno che ti viene a
prendere con il motorino o la macchina, magari con una rosa in mano per
qualche ricorrenza speciale, e così andavo avanti,
nutrendomi di finzioni e fantasia" rivelo, sentendo lo stomaco
contorcersi per quei ricordi.
"Pensa che non sei
più nè timidissima, nè imbranata,
nè sfigatella. Sei una donna, ormai, una delle
più intelligenti, professionali e belle che io conosca"
sussurra Dario, aumentando la presa attorno alla mia mano, che inizio a
sentire sudaticcia e scivolosa come non mai.
"Grazie per aver scelto
di venire qui" rispondo, non sapendo come replicare ai suoi
complimenti, come accade sempre.
"Non me ne
pentirò. Dai, iniziamo quest'avventura!".
Improvvisamente un po'
più energici, così, ci avviamo verso l'entrata,
nonostante l'anticipo di circa venti minuti rispetto all'inizio della
prima ora.
Passare vicino ai
distrubutori, al piano terra, mi fa sentire l'ennesima fitta allo
stomaco, così mi blocco, lasciandomi scappare un sorriso
nostalgico.
"Che c'è?"
chiede Dario.
"Qui ho trascorso tutte
gli intervalli dal terzo anno in poi, con la mia amica Lisa" spiego,
per poi estrarre il cellulare. "Muoviti, fammi una foto qui vicino
prima che passi qualcuno!".
"Eh...?".
"Muoviti!".
Senza capire, il mio
amico obbedisce, così mi metto in posa vicino al
distributore e sorrido.
"Fatto" dice, ma
inizialmente non lo ascolto, presa come sono dal vedere che i prodotti
esposti siano quasi gli stessi di tre anni fa.
Vedo il mio riflesso
nel vetro, che mi restituisce l'immagine di una ragazza con indosso
jeans chiari stretti, una camicia azzurra e una giacca panna, che
sembra solo condividere il volto con la ragazzina diplomatasi con un
semplice ottantacinque/cento.
"Grazie" aggiungo,
quando ritorno in me, affrettandomi ad inviare la foto a Lisa tramite
Whatsapp, con scritto "Guarda dove sono...? Ci manchi solo tu! Stasera
ci vediamo e basta, non si discute!".
"L'ho inviata a
Lisa..." spiego.
"Deve essere strano
ritrovarsi qui".
"Non sai quanto...".
"Dove andiamo?".
"Beh, direi di avviarci
in sala professori, e appena viene la Solazio le chiediamo
informazioni" dico, iniziando a salire la rampa di scale che conduce al
primo piano.
Mano a mano, mi
avvicino alla porta che si trova in fondo al corridoio, e noto che la
scritta "Sala professori" è stata rinnovata e plastificata.
Prendo un sospiro e
busso, poi, non sentendo nessuna risposta, entro, con Dario alle
calcagna.
Inizialmente la sala
sembra vuota, poi, con un mezzo sussulto, noto che a sinistra, dietro
un armadietto, c'è un uomo sulla cinquantina che sbuffa
mentre agita come un forsennato la penna rossa nelle sue mani.
Dopo quattro anni,
eccomi qui, faccia a faccia con l'uomo che ha reso il mio liceo non
proprio piacevole.
Deglutisco, e riesco a
dire: "Professor Lombardi, salve!".
Lui alza lo sguardo e
mi fissa, senza mollare la presa sulla penna rossa. Pelato come sempre,
con quegli occhialoni antiquati e un maglione infeltrito, sembra
confuso.
"Sono Lena Inverno,
professore, della sezione A" aggiungo.
"Oh, Inverno, sei tu!
Accipicchia, non t'avevo riconosciuto, che hai combinato?" esclama, con
il suo squallido sorriso, mentre si alza e mi stringe la mano.
Scrollo le spalle.
"Sono cresciuta...?" azzardo.
"Sei meno rotondetta
è più adulta".
"Beh, professore, ormai
ho ventidue anni" rispondo, cercando di essere cauta e non maleducata.
"Ma che ci fai qui?".
"Oggi inizio il
tirocinio con la professoressa Solazio".
"Tirocinio...?".
"Sì, ho
cento ore da svolgere qui, per guadagnare sei crediti e potermi
laureare".
Confuso, batte numerose
volte le palpebre e non la smette di squadrarmi in un modo che mi mette
a disagio, mentre la sala inizia ad essere popolata da altri insegnanti.
"Ti stai per laureare?
Già?".
"Sì, mi
mancano quattro esami".
"Ma quanto tempo fa ti
sei diplomata, scusa?".
"Tre anni fa".
"Ah, sì,
quando mi trasferii per un anno a Benevento... Hai fatto in fretta,
quindi" osserva, stupito. "In cosa ti laurei?".
"Lingue e letterature
straniere. Inglese e Tedesco" rispondo, alquanto soddisfatta della sua
incredulità.
"Ah, volevo dire, nulla
di scientifico, mi sembrava strano" ridacchia, con quell'umorismo che
odio.
"Diciamo... Il tedesco
per me è così assurdo che è peggio
della matematica".
Ci voltiamo, e notiamo
che a parlare è stata una donnetta sui quarantacinque anni,
con corti capelli biondi e un sorriso stampato in faccia.
"Professoressa!"
esclamo, contenta, rivolta a Claudia Solazio, una delle poche
insegnanti che ho adorato da quando ho iniziato i miei studi.
Ci scambiamo dei
formali baci sulle guance, per poi sorriderci. "Sono stata
così contenta di sapere che saresti venuta qui per il
tirocinio e che sei così vicina alla laurea! E' un trionfo,
nemmeno io sono riuscita ad essere così puntuale con gli
esami. Devo congratularmi con te, Lena!" ammette, facendomi sorridere
come una scema per un simile complimento. "Hai visto? Le ex alunne
portano avanti il nome del Manzoni nelle università" dice,
rivolta a Lombardi, il quale fa finta di nulla.
"Professoressa, lui
è Dario Boni..." aggiungo, introducendo il mio amico che se
ne sta timidamente alla mia destra, con una paralisi facciale che cerca
di imitare un sorriso di circostanza.
"Piacere, Claudia
Solazio. Comunque, vi ho introdotto in vari progetti pomeridiani
perchè altrimenti non riuscirete mai a fare in tempo tutte
le ore, va bene?".
Annuiamo, felici di
avere qualche informazione in più e speranzose nel riceverne
altre al più presto. "Ora seguitemi, ho la prima ora in
3°A, poi la seconda in 5°C e la quinta in
4°F... Saranno tutte lezioni di letteratura, leggerò
dei brani con i ragazzi e voi potrete aiutarmi con la traduzione o
scrivendo qualche parola che i ragazzi non conoscono. Domande?" chiede,
mentre afferra il registro.
Scuotiamo il capo
negativamente, così ci affrettiamo a seguirla fino in
3°A, salutando distrattamente il professore Lombardi.
Ritrovarmi tra quelle
quattro mura bianche che formano un'aula mi sembra strano, abituata
come sono alle grandi aule universitarie, e sono così presa
dal guardarmi intorno che, in perfetto stile Lena, urto una sedia che
chissà perchè si trovava all'entrata, vicino il
cestino dell'immondizia, e rischio di cadere.
Per fortuna Dario mi
trattiene prontamente per un braccio, e non riesco a non notare le
facce dei ragazzi che si sforzano di non ridere.
Ed io che volevo una
sorta di entrata trionfale...
"Tu che appena metti
piedi in classe rischi di cadere sei il mio mito! Non cambierai mai,
eh?".
Sono le sei passate,
stando all'orologio del bar in cui ci ha condotto Lisa per un
aperitivo, e lei, ovviamente, non perde tempo nel prendermi in giro
come al solito.
Sempre sorridente, con
una delle sue magliette super colorate e un cosmopolitan nel bicchiere,
la mia amica non esita a farmi notare quanto sia felice di avermi
lì con lei per un po'.
"Vedere quella foto
vicino al distributore mi ha fatto quasi emozionare!" rivela.
"Ringrazia me, che sono
il suo fotografo ufficiale!" si intromette Dario, addentando una
manciata di patatine.
Ci perdiamo in una
serie di risate, e realizzo quanto possa essere strana la vita: sono
qui, con due dei miei più cari amici, apparentemente felice
e spensierata, quando qualche giorno fa mi sembrava impossibile pensare
di poter sorridere di nuovo così presto.
"Lo sai, il fotografo
ha fatto già colpo" aggiungo, giusto per ripagare Dario per
aver spifferato il mio incidente con la sedia.
"Ah sì?".
Dario sospira e mi
guarda male, facendo una smorfia che non gli dona affatto.
"Sì! Mia
cugina Chiara ieri voleva che lui le scattasse delle foto per il blog e
lo ha invitato a prendersi un caffè, ma lui ha rifiutato"
racconto.
"E perchè?
Lena forse non ti ha detto che ti saresti trovato una trombamica per
tutta la durata del tirocinio?" domanda Lisa, con un'aria che sfiora lo
biasimo.
"Che me ne frega! Oh,
è antipatica, è sotto i trent'anni e...".
"Che c'entra! Poi
assumeresti il fascino del toy-boy, sai?".
Esasperato, Dario
sbuffa e mi guarda con rimprovero. "Tu non ti sai scegliere un'amica
che sia diversa da Trudy, eh?" borbotta con disapprovazione.
"No, mi dispiace".
Tuttavia, le nostre
chiacchiere vengono interrotte da un falsissimo "Ciao!" che ci fa
girare tutti e ci fa rimanere stupiti: Chiara ci sorride come
sorriderebbe una mamma che ha beccato il figlio con le mani nel vasetto
di Nutella ed è piuttosto inquietante.
Dario, ovviamente,
sbianca e biascica un: "Ciao, Chiara" non molto convinto.
"Caserta è
piccola, eh? Ci siamo incontrati nello stesso bar, che coincidenza!
Avete appena finito il tirocinio?" indaga, con falsa aria tonta che,
tuttavia, in faccia a lei è piuttosto credibile.
"Sì, da
poco, così siamo venuti a salutare Lisa che non vedevamo da
un bel po'" rispondo, sapendo che Dario finirebbe col rovinarsi con le
sue parole.
"Ah sì? No,
perchè, stando alla localizzazione che la tua amica ha fatto
su Facebook, siete qui da più di mezz'ora...".
Senza riuscire a
trattenermi, lancio un'occhiata di rimprovero a Lisa, che non ci ha
detto di averlo scritto su Facebook, mentre Dario deglutisce,
mortificato.
"Caro Dario, impara a
dire meglio le bugie, la prossima volta. Mi fai tenerezza! E sappi che
non avrai più l'occasione di prendere un caffè
con una come me! Ciao, divertitevi".
Tutta tronfia, si volta
di spalle e se ne va, sculettando nel suo abitino arancio che non
è proprio adatto ad un martedì pomeriggio.
"Lisa!" riesco solo a
dire, scuotendo il capo con disapprovazione.
"Cosa? Mi sembrava una
cosa carina, non ci vediamo mai! Non sapevo tutta la situazione,
avresti dovuto dirmelo...".
"Te l'ho detto infatti,
solo...".
"Ragazze, basta.
Guardiamo il lato positivo: non mi rivolgerà più
la parola" dice Dario, ancora mortificato per la figuraccia.
"Dimentichi che tra due
giorni siamo invitati alla sua festa di laurea" gli ricordo, facendo
definitivamente sparire ogni traccia di colore dal suo viso.
Alza teatralmente gli
occhi al cielo, in un modo un po' buffo, e poi beve un sorso del suo
drink. "Posso non venire, non sono un familiare" tenta, scrollando le
spalle.
"I miei non ti
lascerebbero mai solo a casa, sei uno dei loro bambini, ora" lo prendo
in giro, non riuscendo a sentirmi preoccupata per la figura fatta con
Chiara a causa del suo umore che tende a balzare più rapido
di una pallina da ping pong e che, probabilmente, la porterà
a strisciare di nuovo ai suoi piedi nel giro di poco.
"Ecco perchè
ti stai comportando così, sei la sorella rompipalle che non
ho mai avuto".
"Oh, Dario! Sei
più sexy quando parli sporco!".
Lisa, ovviamente, mi
supporta con le prese in giro, tanto che ci meritiamo una delle sue
facce disperate in stile "Che ho fatto di male per meritarmi tutto
ciò?".
Mentre io e la mia
amica battiamo il cinque in segno d'intesa, però,
l'atmsofera viene interrotta da un sms di Trudy.
"Il
trenta maggio il padrone di casa va a Firenze dai figli per una
settimana... Sai cosa significa?".
Scettica ma non troppo,
abituata ai messaggi strambi della mia coinquilina, mi affretto a
rispondere.
"Ciao
anche a te, eh, mi manchi anche tu, eh! Comunque... Che significa?".
"Che
faremo una bella festa di fine triennio a casa nostra!
Organizzerò tutto io, lo so che tu sei una frana con i
party! Buon tirocinio!".
"Trudy
organizzerà una festa di fine triennio a casa nostra a fine
maggio" dico quindi, sentendo che sarebbe inutile replicare con le
mille obiezioni che mi vengono in mente, tutte noiose e assurde.
"Fico!" commenta Dario,
felice che l'attenzione si sia spostata da lui.
"Per me invece
è... Triste" ammetto, mangiucchiando una patatina.
"Significherà dire addio alla nostra
quotidianità, che Trudy sarà più
vicina al trasferimento con Davide...".
"Per favore, basta
pensieri negativi, su! Ora devi pensare solo alla tua migliore amica e
a una bella cosa che ha da dirti" m'interrompe Lisa, ficcandomi
un'altra patatina in bocca con forza e ottenendo un'occhiata di biasimo
da parte mia. "Quest'estate non prendere impegni dal dieci al
venticinque agosto, sei mia ospite alla casa al mare a Gaeta! I miei
vanno in Sicilia e avremo la casa tutta per noi" spiega poi, senza
nemmeno di darmi il tempo di chiederle cosa.
"Davvero?" chiedo,
sorpresa.
Sono stata ospite della
famiglia di Lisa dai sedici ai diciotto anni, e tornarci
sarà senza dubbio fenomenale.
"Sì! Ci
divertiremo un sacco!" esclama entusiasta lei, battendo le mani, felice
al solo pensiero.
"Cioè, hai
anche tu casa lì?" domanda invece Dario, sorpreso.
"Sì, al
liceo Lena veniva sempre a trovarmi...".
"Figo, potremmo vederci
allora!".
"Buona idea!" dico io,
sentendomi un po' strana al solo pensiero dell'estate, nonostante ormai
maggio sia alle porte, insieme al periodo di fuoco dovuto alla sessione
estiva.
"Ho sentito Chiara che
sparlava di te con Massimo".
Daniele mette in pausa
il videogioco della xbox e guarda incuriosito Dario, che protesta visto
che stava per fare goal.
Io, che sto perdendo
tempo sul divano giocando a Ruzzle, metto in pausa a mia volta e alzo
gli occhi al cielo, incredula per la faccia tosta di mia cugina.
Parlare male di una
persona che vive sotto lo stesso tetto di mio fratello davanti a lui,
bella maturità!
"E che diceva? Che non
avrò mai più l'occasione di prendere un
caffè con una come lei?" mormora il mio amico, evidentemente
seccato dal comportamento di quella ragazza.
"Che non capisci nulla,
che sei maleducato... E che a causa tua non avrà un
accompagnatore alla sua festa di laurea" sghignazza mio fratello,
ancora incredulo a sua volta.
"Eh?".
Dario è
alquanto confuso, e non lo biasimo per questo. Da quando in qua si deve
avere un accompagnatore alla proprio festa di laurea? La tesi non
dovrebbe bastare a farti compagnia e sentirti fiera di te stessa?
"Sì, nella
sua mente tu eri il...Giocattolino
che le
avrebbe fatto... Compagnia a quella specie di rave party che ha
organizzato!".
"Rave party? Ma se
dobbiamo andare a cena in un ristorante" obietto, ricordando una parte
della conversazione della cena precedente in cui mia mamma snocciolava
a memoria il menù che zia Giovanna le ha ripetuto quasi ogni
giorno da un mese a questa parte.
"No, c'è un
dopo festa in cui verranno i suoi amici, la cena è solo per
i familiari. Lo farà a casa di una sua amica fashion
blogger, una trentacinquenne piena di soldi che ha una villa".
"Ah" biascico,
incredula.
"E quindi io sarei
stato il suo giocattolo?" domanda ancora Dario, sempre più
incredulo.
"Penso proprio di
sì. Devo spiegarti cosa intendo per "Giocattolo"?" chiede
beffardo Daniele, con tanto di dita che fungono da virgolette.
"Dio, no! E'
imbarazzante, sei il fratellino di una mia amica!".
"E' che non mi sembri
molto sveglio, tutto qui" continua placidamente Daniele, come se si
trovasse in una sorta di talk show in qualità di
presentatore.
"Perchè,
scusa?".
"Devo proprio
spiegartelo?".
Al cenno positivo di
Dario, mio fratello ride, scuotendo il capo con disapprovazione. "Vedi!
Non sei sveglio!".
"Oh, taci...".
"Il punto è
che se tu fossi stato sveglio avresti accettato di prendere un
caffè con lei e basta, non ti avrebbe mangiato mica! Anzi,
forse sì, ma ci saresti andato bene! E poi... Cacchio, mia
sorella ha chiuso definitivamente con l'ex, vi becco stretti come sue
cozze in camera sua, dormi a casa sua, si capisce che è
vulnerabile e non ci provi con lei! Ho visto come la...".
"Daniele, zitto, ma che
scemenze dici!".
Dario, paonazzo, si
fionda a tappare la bocca di mio fratello, rosso in volto e agitato
come non mai e dimenticando la sua eccessiva e solita educazione.
Dal canto mio, me ne
sto immobile sul divano, sentendo la gola improvvisamente arida e una
specie di forza che mi impedisce di muovermi in qualsiasi modo; davanti
ai miei occhi, non so perchè, rivedo le scene del sogno di
stanotte, e mi viene in mente il pomeriggio del mio compleanno, la
questione del bacio, la sicurezza di Trudy riguardo ciò che
il mio migliore amico prova per me...
Daniele non sa nulla di
tutto ciò, eppure sembra essere giunto alla stessa
conclusione.
Quando esco dal momento
di trance, noto che di mio fratello non c'è più
traccia e che Dario armeggia con il joystick della xbox con fare
incerto, ancora rosso in faccia.
"Io... Vado a...".
"Sì,
sì" risponde lui, senza nemmeno farmi finire di parlare,
così vado nella mia stanza, premurandomi di chiudere a
chiave la porta, e mi getto sul letto, chiedendomi come sia possibile
passare dalla spensieratezza all'avere mille dubbi in pochi secondi.
"... Poi durante
l'intervallo Gaia e Francesca, due della 5°B, ci hanno chiesto
di aiutarle con un riassunto di un brano tratto dall' "Ulisse" di
Joyce, e addirittura una della 4°C ci ha invitato al suo
diciottesimo compleanno!".
"Che figo! Guarda un
po', io che perdo anni di vita sul Codice Civile e tu fai la
professorina figa che tutti amano!".
Ridendo, squadro con
aria critica un vestito lilla che comprai in occasione del mio
diciannovesimo compleanno e poi lo mostro a Lisa, che questo pomeriggio
ricopre il ruolo di mia consigliera in occasione della scelta del
vestito da indossare alla festa di Chiara.
"Si può?".
Ovviamente, mia madre
entra nella mia stanza senza bussare, come se chiedere il permesso
fosse abbastanza per ottenere un sì, e appoggia un vassoio
con due tazzine di caffè sulla mia scrivania.
"Lena, butta quel coso"
aggiunge poi, con aria di disapprovazione.
"Perchè?"
chiedo, senza capire.
"Perchè
è una 46 e ti va grande. Non andrai a quella festa conciata
come una zingara, dammi cinque minuti che usciamo e te ne compri uno
nuovo!".
"Senza offesa,
Stefania, è la prima volta che vedo una madre insistere per
andare a fare shopping al posto della figlia" s'intromette Lisa,
sorridendole e ricevendo un altro sorriso in risposta.
Mia madre la adora, se
potesse, adotterebbe la mia amica in un battito di ciglia.
"Ma è un
modello a stile impero, calza grande comunque e...".
"Dai Lena, ti
accompagno io!" m'interrompe Lisa. "E' la laurea di una fashion
blogger, non puoi sfigurare!".
"E che c'entra! Alla
mia laurea mica pretenderò che qualcuno tenga un discorso in
inglese e tedesco solo perchè mi ci sono laureata io!"
puntualizzo.
"Non si discute,
preparati che uscite per prendere il vestito, mi fido del giudizio di
Lisa. La festa è domani!". Ovviamente, mia madre nel giro di
tre secondi esce e torna nella stanza con la sua borsa in mano, estrae
il portafogli e appoggia una serie di banconote da venti euro sulla
scrivania.
"Ho i soldi dell'ultimo
mese di lavoro, me lo compro io, non ti preoccupare" mormoro, sentendo
la solita fitta allo stomaco quando vedo i miei genitori spendere dei
soldi superflui per me.
A ormai ventidue anni,
mi sento in dovere di pesare il meno posssibile sulle loro spalle,
nonostante la situazione economica che non è delle peggiori
grazie ai due stipendi che entrano in casa ogni mese.
"Non essere ridicola"
ribatte subito mamma, come al solito. "Vedi di trovarne uno sul verde,
ti sta bene e ti ostini sempre a indossare roba scura".
"Tranquilla, Stefania,
me la vedo io!".
Così, mamma
lascia la stanza rassicurata dal buon gusto della mia amica, ma nel
giro di tre secondi la stanza è di nuovo occupata da
più gente del solito: Chiara fa la sua trionfale entrata con
Dario alle calcagna, che non sembra molto entusiasta.
E meno male che non gli
avrebbe più rivolto la parola... La coerenza di mia cugina
è da record.
"Ciao!" esordisce lei,
salutandoci con la sua faccia perennemente allegra che sembra dotata di
una paresi.
"Ehi, laureanda"
rispondo.
"Sono qui
perchè voglio invitare Lisa, ho pensato che dopotutto la
conosco da anni e so che apprezzerai avere qualcuno che conosci con te,
alla festa".
"Beh, c'è
anche Dario, no?".
"Sì, ma
sarà occupato, dopotutto è il mio
accompagnatore!".
"Cosa?!".
Senza riuscire a
controllarmi, faccio cadere la gruccia dell'abito che reggevo in mano e
la guardo con un'occhiata stupita e decisamente incredula.
Anche Lisa è
colpita, vista la resistenza di Dario fino a qualche ora fa e il fatto
che i due non si siano parlati dall'episodio del bar.
"Sì, Dario
ha accettato di essere il mio cavaliere, quindi non lo vedrete molto
alla festa a casa di Susy!".
Ovviamente mia cugina
è al settimo cielo, e per confermare il tutto, circonda le
spalle di Dario con un braccio e mi fa l'occhiolino, mentre lui rimane
immobile, quasi impassibile, con lo sguardo al suolo.
Che cosa gli
è preso?
"Grazie per l'invito,
verrò" dice Lisa, giusto per rianimare l'atmosfera che non
è delle migliori visto il silenzio che si è
generato.
"Bene, mi fa piacere!".
"Ora scusateci ma
dobbiamo uscire" sussurro, lanciando un'occhiata significativa a Lisa,
che annuisce e scrolla le spalle in loro direzione.
"Quaranta euro buttati".
"Stai zitta che ti sta
benissimo! Farai un figurone!".
"Non me ne frega,
onestamente...".
"Ma la pianti? Tieni il
muso da tutto il pomeriggio e sei insopportabile, lo sai?".
Appena uscite dallo
store di Berska del centro commerciale più vicino, Lisa mi
trascina su una delle panchine in legno stranamente libere e mi degna
della sua migliore occhiata arrabbiata che non dona affatto al suo
visino angelico e un po' tondo.
"C'entrano Dario e
Chiara" aggiunge poi, con una degna esclamazione, senza alcun tono
interrogatorio.
Deglutisco e mi passo
nervosamente una mano tra i capelli, sapendo che non potrei mai mentire
a Lisa perchè mi conosce troppo bene.
"Dario mi ha deluso..."
ammetto, scrollando le spalle.
"Ah, Dario ti ha
deluso, certo. Ti ha deluso perchè evidentemente tua cugina
gli ha rotto le scatole e alla fine ha accettato? Almeno lo sai, pensa
a lui che ignora che la sua migliore amica abbia avuto una storia con
un suo professore!" esclama Lisa, severa più che mai,
penetrando il mio sguardo con i suoi occhi chiari che non sembrano
dolci come al solito.
"Questo è un
colpo basso, sei stata una di quelle che mi ha incoraggiato a farlo!"
la rimprovero, paonazza e rossa in viso nel giro di pochi secondi.
"Certo, ti ho
incoraggiato a farlo, ma non a mentire a Dario!" precisa. "E'una
questione diversa. Non capisco perchè diamine tu gli abbia
nascosto la verità, è una persona di cui ti fidi,
proprio come me e Trudy".
"E' diverso!".
"Ah sì? E
perchè?".
"Perchè...
Lo so che è stupido, ma temevo la sua reazione" rivelo,
mordendomi il labbro come faccio sempre quando sono nervosa. "Dario
è una delle poche persone che mi ritiene intelligente e
tutto il resto e...".
Lisa mi blocca,
scuotendo il capo con decisione. "No, Lena, deve esserci altro sotto"
borbotta, convinta più che mai.
"Scusa, vuoi sapere
meglio di me come mi sento?" esclamo, incredula per il livello di
assurdità che la mia amica è in grado di
raggiungere a volte.
"Certo che
sì, se c'è una cosa che so di te, è
che tendi ad ignorare certi aspetti ovvi della tua vita quando non ti
fa comodo".
Senza capire, la guardo
con aria interrogativa, ma per tutta risposta lei si alza e mi obbliga
a fare lo stesso, per poi iniziare a cercare le chiavi della sua auto
in borsa come se nulla fosse.
"Lisa, ma cosa...".
"Prima o poi tutti i
nodi vengono al pettine, Lena" dice solamente.
"Ma che vuoi dire?!"
sbotto, infastidita da quell'aria da filosofa da quattro soldi che non
le dona affatto.
Dov'è la mia
migliore amica, quella che mi ha sempre supportato? Perchè,
come Trudy, ormai si limita solo a rimproverarmi, senza darmi consigli?
Sono così
fastidiosa e assurda da averle indotte ad uno stato di indifferenza nei
miei confronti?
"Che in fondo
c'è un motivo per cui ti stai comportando così, e
prima o poi lo scoprirai, devi solo essere onesta con te stessa. Non
devi fare come quando facevi un compito di matematica schifoso per poi
ingorare la questione finchè non ti ritrovavi tre come
risultato..." spiega, mentre usciamo dal centro commerciale e ci
avviamo verso il parcheggio, circondate da numerose persone che si
apprestano ad entrare al contrario nostro.
Non rispondo, sentendo
uno strano magone in gola, e mi fingo interessata al mio cellulare, che
mai come oggi è più silenzioso che mai.
Quando rientriamo in
macchina, nel momento in cui la metto in moto sento una strana
sensazione che, sconvolta come sono, mi porta ad ignorare il
cartello che indica la direzione per tornare a Caserta e imbocco la
strada per Napoli.
"Ma che fai? Lena, hai
sbagliato strada!" esclama Lisa, tra il preoccupato e il confuso.
"No, sto per risolvere
il problema, ok?" sbotto.
"Cosa? Ma Dario non sta
a Napoli, ricor...? O no!" si interrompe, portandosi una mano alla
bocca, "Tu vuoi andare da Leo!".
"Sì. Se
voglio risolvere il pasticcio, è meglio partire con il dirlo
a lui, no? E' con lui che è iniziato tutto!".
"Lena, no, calmati, per
favore, sono le sei passate, tra poco farà buio e...".
"Di cosa hai paura?
Senti, ti è piaciuto fare il Grillo Parlante? E ora mi
accompagni, ci metterò poco, tanto ormai è perso
di un'altra, non potrà dispiacergli più di tanto"
mormoro, più per convincere me stessa che lei, in
realtà.
E' come se la mia
coscienza si fosse risvegliata dopo un lungo periodo di torpore e
inattività, anche perchè, alla fine, se Lisa
è arrivata a rimproverarmi significa che ho sbagliato di
grosso.
Conosco questa
sensazione, questa volontà mista a paura, non è
la prima volta che la provo, e probabilmente non sarà
nemmeno l'ultima.
Devo essere coraggiosa,
devo riuscire a parlargli, altrimenti non riuscirò nemmeno a
dirlo a Dario.
Così, Lisa
tace e accende la radio, iniziando a canticchiare come al solito, forse
per tenere comunque la bocca aperta ma senza parlare.
Trentacinque minuti
dopo, così, mi ritrovo fuori il condominio in cui abita Leo,
e la cosa non può non farmi ricordare la sera in cui dopo la
questione di Spotted mi decisi ad andare a letto con lui.
"Ti aspetto qui"
sussurra la mia amica, con un'occhiata che cerca di darmi conforto.
"Sì, ci
metterò poco" rispondo, per poi uscire dall'auto.
Decisa, sentendo che
tra poco la mia coscienza sarà più pulita, salgo
rapidamente le rampe di scale che conducono a casa di Leo, e subito
busso per farmi aprire.
Uno, due, tre... I
secondi mi sembrano infiniti, l'attesa dura in eterno,
finchè, finalmente, la porta si apre, rivelando una lunga
chioma bionda con il corpo coperto solo da una camicia che a stento le
copre un po' di cosce.
Boccheggio, senza
parole, ricordando che, spesso, c'è sempre un altro problema
che ti impedisce di risolvere un problema.
"Germana, che ci fai qui?" boccheggio, incredula.
"Potrei farti la stessa
domanda, sai?".
*°*°*°
TADAAN!
Finale con il
botto direi, non credete?
So di non essere
stata proprio "brava" visto che aggiornerò dopo il 18
febbraio e la conclusione vi ha lasciato a bocca asciutta, ma doveva
andare così.
Mi dispiace, ma
prometto che in un modo o nell'altro mi farò perdonare :)
In compenso, il
capitolo è bello lungo e succedono tante tante cose.
Ovviamente, ci
sono tante domande: Chiara come ha fatto a convincere Dario? Germana
è la famosa ragazza che ha rubato il cuore di Leo? Cosa
succederà ora che Lena è stata "beccata"?
Grazie a tutti voi
che, leggendo e lasciandomi recensioni, avete migliorato tantissimi
momenti del mio 2013 :)
Spero che il
vostro anno si concluda nel migliore dei modi e che il 2014 sia
strepitoso!
Mi dispiace
abbandonarvi per due mesi, ma il dovere chiama... Ho due esami belli
tosti, entrambi a febbraio, ed ho finito i capitoli già
scritti, quindi conciliare le due cose sarebbe impossibile.
Mi mancherete
tanto!
Se vi va, appena
potrò aggiungerò qualche spoiler nel gruppo
facebook:
BUON
ANNO A TUTTI! :*
milly92.
|
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Capitolo 15 *** Vuoto a Perdere ***
15ff
E dopo
due mesi eccomi di nuovo qui.
Grazie a chi leggerà, mi siete mancati tanto!
Capitolo
15
... Ma non mi fermo più
mentre vado a cercare quello che non c'è più
perchè il tempo ha cambiato le persone.
Sono un'altra da me stessa,
sono un vuoto a perdere ,
sono diventata questa
senza neanche accorgermene.
Non c'è cosa
più pesante di un lungo silenzio imbarazzante.
Puoi
percepirlo perchè riempie ogni particella di ossigeno che ti
circonda e ti fa rimbombare nella testa tutte quelle frasi che vorresti
pronunciare, una che si accavalla sull'altra.
Non so come, trovo il
coraggio di alzare lo sguardo e di ritrovarmi faccia a faccia con
Germana, che mi è seduta di fronte con un gigantesco punto
interrogativo stampato in faccia.
I ricordi dell'ultima
ora - io che, nel panico, dico: "Germana, appena puoi vieni da me e ti
spiego", per poi scendere di corsa le numerose rampe di scale,
rinchiudermi in auto e tornare nella casa che divido con Trudy insieme
a Lisa - si sovrappongono nella mia testa, e ciò mi rende
alquanto stordita.
"Io nelle ultime
settimane sono uscita con il professor Scott" inizia Germana, forse
comprendendo che non parlerò se non spinta in questa assurda
conversazione.
Ricordo vagamente
Marina dire che era uscita con qualcuno abbastanza spesso, ma non
pensavo fosse sempre lo stesso ragazzo.
"Tu cosa ci facevi oggi
fuori casa sua?" aggiunge, insistente.
Deglutisco, e posso
percepire quanta voglia di chiarezza sia espressa dal suo volto.
"Volevo dirgli la
verità" dico quindi, abbastanza stupidamente.
"E cioè...?".
"Germana, sono uscita
con Leo per circa un mese! Lui mi ha notata nel pub dove lavoro, ha
voluto conoscermi, ed io non gli ho mai detto di essere una sua
alunna!" vuoto il sacco, alzando la voce di parecchi toni tanto da
farmi risultare decisamente isterica.
Non oso immaginare le
condizioni e il colore del mio volto...
"Per questo non ti ho
mai visto alle sue lezioni! Che puttanella!" sbotta Germana, facendo
rapidamente due più due, battendo un pugno sul povero tavolo
della cucina.
Ignoro la sua offesa,
perchè una grande parte di me sente di meritarla pienamente,
così prendo un grande respiro e decido di continuare.
"Senti, tra di noi non c'è stato nulla di sentimentale, era
una cosa puramente fisica".
"Tu che hai fatto sesso
con Leo! Inaudito! Alla faccia della santarellina!".
"Devo ricordarti tutte
le volte in cui mi spingevi a cambiare e a darmi una mossa?" le chiedo,
basita.
Comprendendo il punto
della questione, lei annuisce e si morde il labbro, stordita dalla
rivelazione.
"Senti, prima di
partire io e lui abbiamo concordato di essere semplicemente amici,
anche perchè non ci siamo visti per tutto il periodo in cui
ho studiato per la prova di letteratura. Siamo andati a letto una,
cioè, due volte e basta, per il resto siamo usciti solamente
e abbiamo pomiciato un bel po'. Vederci mi ha aiutato a capire che
posso essere chi voglio, che anche senza il mio ex valgo qualcosa, e,
onestamente, rimpiango solo la rete di bugie che ho creato,
perchè per ora solo Trudy, il suo ragazzo e una mia amica lo
sapevano".
"Eh? E il tuo
bodyguard, Dario?".
Alzo gli occhi al cielo
spazientita, e scuoto il capo in segno negativo. E' così che
gli altri vedono Dario, come il mio bodyguard?
"Non gliel'ho detto".
"E perchè
mai...?".
"Senti, Germana, non ti
interessa. Tu, piuttosto?".
Lei si morde il labbro,
inizialmente un po' esitante, poi socchiude gli occhi e si decide ad
aprir bocca.
"Io... Beh, lo sai che
sono sempre stata la sua fan numero uno" ammette, passandosi una mano
tra i lunghi capelli biondi. "Seguivo le sue lezioni con passione,
anzi, ho anche capito delle cose di grammatica che ignoravo... Spesso
gli chiedevo dei chiarimenti a fine lezione, ero sempre l'ultima ad
andarmene, e un giorno gli ho chiesto di correggere una traduzione. Lui
mi ha sorriso - sai com'è sexy quando sorride! - e mi ha
detto che se volevo potevamo correggerla insieme quella sera, a cena.
Non ho resistito, ho accettato, e al contrario di quello che credevo si
è trattato di un vero e proprio appuntamento! Ero super
nervosa, non mi sentivo così da secoli, e la cosa assurda
è che non è successo nulla, nemmeno un bacio!
Così mi ha invitato al cinema la sera dopo, poi la sera
successiva siamo usciti ancora, ci siamo baciati e mi sono sentita
morire, è stata una cosa assurda, stupenda, e da allora si
può dire che vivo quasi a casa sua... E prima mi ha chiesto
di tornare in America con lui, tra un mese".
Assorbo tutte quelle
informazioni con una rapidità che mi sorprende e, senza
nemmeno rendermene conto, tutti i pezzi del puzzle combaciano.
Ovvio che sia lei la
sconosciuta ragazza che ha rubato il cuore di Leo! E' fuori dagli
schemi, tutto fuorchè timida, una sorta di bomba ad
orologeria che non si sa quando scoppierà... E' perfetta per
quel poco che so di lui.
"Ci andrai?" domando
semplicemente.
Germana alza gli occhi
al cielo e sbuffa, portandosi una mano alla tempia e massaggiandola.
"Sono affari miei,
Lena, e in più non capiresti".
"Certo, ovvio, non
potrei mai capire i mirabolanti pensieri di Germana De Santis, eppure
era lei quella che un paio di volte mi ha detto che alla fine,
dopotutto, siamo simili" sbotto, lanciandole un'occhiata di rimprovero.
"L'ho detto
perchè avevo capito che ci fosse qualcosa sotto, poi sentii
che alla fine ti eri fatto Matteo dopo la rottura con l'ex e...".
"Quindi puoi solo
sparare sentenze e infastidirmi? Senti, non penso che qualcuno oltre me
sappia della faccenda di Leo, quindi se ti va di parlarne sai che lo
farai con una che può capirti, altrimenti ciao".
Seria più
che mai, mi alzo per la frustrazione, senza sapere cosa fare, cosa
dire, cosa pensare: la certezza che mano a mano mi riempie ogni fibra
del mio corpo è assurda ma quanto mai veritiera. Io e
Germana, seppur per motivi diversi, ci troviamo nella stessa
situazione, ma un po' la invidio perchè lei prova dei
sentimenti per quest'uomo, mentre io mi sono cacciata in questo
reticolo di bugie per nulla.
"Non voglio diventare
come mia madre" dice all'improvviso lei, con voce atona.
La guardo senza capire,
sorpresa.
"Mia madre ha mollato
tutto per mio padre. Ha lasciato la sua città, ha litigato
con la sua famiglia che voleva farla sposare con un medico, l'ha
seguito fino in Valle d'Aosta a causa del suo lavoro - era un militare
- e poi, un bel giorno, lui la tradisce con mille donne diverse, lei lo
scopre, lo lascia, con a carico una bambina di otto anni, e non torna a
casa per il litigio con i suoi, così senza lavoro, senza un
soldo, va in una piccola città della Campania, da un'amica,
e inizia a fare lavori saltuari per dar da mangiare a sua figlia. Ecco
la storia di Germana, detta anche la Troiana. Ma perchè
fosse così, perchè odiasse legarsi per sempre
solo con un uomo e perchè, al tempo stesso, avesse bisogno
sempre e costantemente dell'affetto di un ragazzo, anche solo per una
notte, nessuno se l'è mai chiesto. E' facile giudicare, lo
sappiamo tutti, ed io mi odio perchè adorerei mollare tutti
e tutto e volare in California con Leo" spiega, con un crescendo di
emozioni che le si dipingono in volto e che danno vita ad un volto
serio, preoccupato, triste, che non le ho mai visto in faccia.
Mi porto una mano alla
bocca, sentendo quasi le lacrime agli occhi, e come una stupida non so
cosa dire.
L'ho sempre giudicata,
non mi sono limitata a difendermi quando ero vittima dei suoi attacchi,
ed ora provo una grande compassione per lei, compassione che so non
vorrà vedermi esprimermi a causa del suo essere, dopotutto,
orgogliosa. Ecco perchè non ce ne ha mai parlato, in tre
anni che la conosciamo.
"Io... Mi dispiace,
non...".
"Per favore, non voglio
la tua pietà" mi blocca, alzandosi a sua volta e
fronteggiandomi.
Annuisco, per nulla
sorpresa. "Hai tutte le ragioni del mondo, Germana, sul serio.
Potresti, non so, proporgli che lo raggiungerai in estate, dopo la
sessione e tutto il resto".
"Pensi che non ci abbia
pensato? So che se ci andrò, non tornerò
più qui".
Deglutisco, sul serio
senza sapere cosa dire. "Qualunque cosa sceglierai, sarà
quella giusta".
Germana sembra sul
punto di invocare una divinità per la disperazione,
perchè alza lo sguardo e sembra stia guardando il soffitto.
"Ecco perchè
non siamo amiche, sai solo sparare stronzate" biascica.
Non riesco a
prendermela, presa come sono dalla sua storia e dal
"Momento-confidenza" che abbiamo condiviso.
"Eppure ci siamo fatte
lo stesso ragazzo, questo non conta niente per te? Significa avere
qualcosa in comune" ironizzo, sentendomi decisamente stupida.
"Hai un senso
dell'umorismo che fa schifo. Me lo ricordi pure? Hai scopato con quello
che fino ad ora è l'unico uomo che mi abbia sul serio
ammaliato e me lo ricordi pure?!" chiede, incredula.
Imbarazzata, abbasso lo
sguardo, senza sapere cosa dire.
"Allora vattene in
California e non avrai più a che fare con questa scema" dico
semplicemente, indicandomi.
"No, direi che
è ora di andare a casa" ribatte invece, raccattando giacca e
borsa e avviandosi verso l'uscio.
"Germana!" la chiamo,
trattenendola per un braccio.
"Che c'è?".
"Per favore, acqua in
bocca. Nessuno deve sapere nulla" la prego, esasperata come non mai.
Lei annuisce, con un
sorriso mesto. "Sono obbligata, non posso smerdarti perchè
tu potresti fare lo stesso con me" mormora, aprendo la porta d'ingresso.
"Germana" ripeto.
"Che c'è?"
domanda di nuovo, esasperata.
"Io devo tornare a
Caserta, quindi probabilmente ci rivedremo tra qualche settimana...
Puoi chiamarmi quando vuoi se ti serve qualcuno con cui parlarne".
Annuisce
impercettibilmente, evidentemente colpita da quell'offerta gentile, e
poi mi saluta con un cenno, scomparendo dalla mia visuale nel giro di
pochi ma lunghi istanti.
Chiudo la porta
d'ingresso, stordita, confusa, sapendo che mai mi sarei aspettata di
condividere dei segreti con una persone come Germana da quando la
conosco.
"Ehi, tutto bene?".
Alzo lo sguardo e mi
ritrovo davanti le mie due migliori amiche che mi fissano con
apprensione.
"Lo so che avete
origliato tutto" dico solo.
"Beh, la casa
è piccola" mormora in difesa Trudy.
"Certo" rispondo,
sarcastica. "Comunque dobbiamo tornare a casa, è tardi,
domani c'è la laurea...".
"Lena, lo sappiamo che
non va niente bene, smettila di essere razionale, blocca il tuo
cervello e sfogati" sussurra Lisa, avvicinandosi e abbracciandomi con
calore, seguita da Trudy che la imita.
"Che cosa dovrei dire,
che sono un'idiota? Ho creato un casino per nulla! Un castello di bugie
inutili, che mi faranno perdere tanto quando crollerà! Non
ce la faccio, non ho le palle per affrontare tutto questo, me la sono
fatta sotto quando ho visto Germana! Sono una stupida, mi faccio pena
da sola, ho così tanto bisogno di attenzioni che ho ceduto
al fascino di uno che nemmeno m'interessa sul serio solo per uscire con
qualcuno e sentirmi meno sola... Dario mi odierà, io mi
odio, ma se lo dico ad alta voce diventerà tutto vero e... E
non sono pronta..." inizio a singhiozzare, senza riuscire a trattenermi.
Mi sento un mostro, la
solita vocina rompiscatole mi riempie la testa di considerazioni
cattive e scoraggianti, mentre l'unica cosa che mi fa sentire un po'
più al sicuro è rappresentata dall'abbraccio
caloroso delle mie amiche che, non sapendo cosa dire o fare, scelgono
il silenzio come compromesso, lasciando spazio all'affetto che provano
per me.
"Ma che ci facevate a
Napoli? Sono quasi le dieci, siete uscite cinque ore fa!" esclama mia
mamma, apprensiva come al solito, quando io e Lisa, appena tornate a
casa, le raccontiamo una parziale verità per giustificare il
nostro ritardo.
Bugie su bugie, ancora,
diamine!
"Trudy aveva bisogno di
me, ha litigato con Davide" mento, con il tono più neutro
che riesco a trovare. "E siamo passate anche da Lisa per prendere la
sua roba, stasera dorme qui...".
"Se non è
troppo disturbo" aggiunge la mia amica, timida come lo è
raramente.
"Ma certo che no, solo
che avevo preparato la cena e si è fatto tardi,
così abbiamo mangiato un'ora fa".
"Mamma, tranquilla...".
"Ho lasciato comunque
qualcosa, ora corro a riscaldare tutto!".
"Faccio io, tranquilla,
sul serio, vai a vedere la tv con papà, e dopo ti faccio
vedere il vestito" la rassicuro.
"Va bene" annuisce.
"Buon appetito, se avrete ancora fame nella dispensa ci sono...".
"Ci sazieremo,
Stefania, tranquilla" dice Lisa, sorridendole candidamente. "E
già so che sarà tutto squisito".
Soddisfatta, mamma
ricambia il sorriso ed esce dalla cucina, lasciandoci da sole e immerse
in uno strano silenzio.
La mia amica si finge
impegnata mentre mi aiuta a preparare la tavola, aggiungendo posate e
bicchieri, per poi esplodere dopo un paio di minuti, non potendone
più.
"Ho sbagliato, non
dovevo farti quella ramanzina! Ho esagerato, davvero" si scusa.
Non posso vedere il suo
volto perchè sto riscaldando le patate e la focaccia con
prosciutto e mozzarella preparata da mamma e quindi le do le spalle, ma
onestamente non mi andrebbe nemmeno di guardarla negli occhi.
"Invece hai ragione.
Poco a poco risolverò tutto, è difficile ma ce la
devo fare, devo trovare un po' di coraggio" mormoro, sentendo il peso
di quella decisione ardua direttamente sul mio stomaco, come se fosse
di piombo.
"Tutti sbagliamo prima
o poi, e alla fine tu non hai ucciso nessuno e...".
"Lisa, basta, pensiamo
alla cena, domani ci aspetta una giornata lunga" la interrompo,
riuscendo finalmente a voltarmi e a guardarla in faccia.
La vedo annuire e
accennare un discreto sorriso, per poi avvicinarsi alla padella e dire
con falsa disinvoltura: "Oh, ma che profumino!".
Così, nel
giro di dieci minuti siamo a tavola, con le mascelle al lavoro e uno
strano silenzio che viene interrotto da una risata cristallina e
un'imboscata da parte di Chiara e Dario, che entrano nella stanza.
"Ma buonasera, ce
l'avete fatta a tornare!" esclama allegramente Chiara, sorridendo come
se avesse una paresi facciale. "Noi abbiamo cenato fuori con una bella
pizza" aggiunge.
La parte meno nobile di
me vorrebbe uscirsene con un "Ti ho forse chiesto dove hai cenato?" ma
la sopprimo e mi limito a sorridere, proprio come fa Lisa.
"Noi abbiamo fatto
shopping" rispondo invece, scrollando le spalle.
"E come mai siete
tornate così tardi?" chiede il mio amico.
"Siamo andate a Napoli
a salutare Trudy, tanto non avevamo niente da fare" rispondo.
"Beata te! Io vorrei
ancora dare un'occhiata alla tesi ma ho la testa già alla
festa a casa di Susy! E' una villa lussuosa, ci divertiremo un casino!"
dice energicamente, lanciando un'occhiata ammiccante a Dario che, per
tutta risposta, evita il suo sguardo, fingendosi interessato al display
del suo cellulare.
Quando pensavo al
tirocinio, negli anni precedenti, mi immaginavo coinvolta in situazioni
lavorative interessanti, che mi avrebbero messo alla prova e insegnato
quello che i libri non dicono.
Ritrovarmi fuori ad una
lussuosa villa situata nella periferia di Caserta, alle undici di sera,
con un'eccitata Chiara alle calcagna, al contrario, non era affatto nei
miei piani.
Eppure eccomi qui, dopo
un lungo sabato trascorso tra le lezioni a scuola, il parrucchiere, la
sua seduta di laurea e la breve festa con i parenti in un ristorante in
cui si è mangiato da schifo.
La seduta di laurea
è stata noiosissima, onestamente, e Chiara è
riuscita a strappare un novantadue su centodieci, lamentandosi con i
genitori che in realtà meritava cento ma la sua relatrice le
ha dato solo un punto sulla tesi perchè è una
vecchia zitella acida invidiosa di lei.
"Ho il dolce sullo
stomaco" sussurra Dario al mio orecchio destro, approfittando della
momentanea distrazione di Chiara che è corsa ad abbracciare
la proprietaria della villa con i suoi soliti modi affettati.
"Poverino! Spero che
ciò non interferisca con i tuoi doveri da accompagnatore" lo
prendo in giro, voltandomi verso di lui e sorridendo con evidente
sarcasmo.
Elegante e affascinante
come non mai - lo ammetto, con giacca, cravatta e camicia sembra tutta
un'altra persona - lui sdrammatizza con un sorriso e sospira.
"Te la sei presa, eh?
So di non essere stato coerente...".
"Ma sei scemo? Dario,
è la tua vita, e mia cugina è una bella ragazza
e...".
"No, non c'entra,
è che...".
"Sono pronta per
ubriacarmi! Ho fatto la brava per mesi, ho dato tre esami da gennaio a
ora e devo riprendermiii!".
Il nostro breve
confronto viene interrotto da una sexy Lisa che ci raggiunge camminando
in modo tra l'elegante e l'ammaliante, con le gambe rese chilometriche
dalle scarpe con il tacco dodici e il corpo fasciato da un miniabito
azzurro chiaro e oro.
E' così che
l'unico tentativo di confronto tra me e il mio migliore amico scompare,
lasciando spazio ad una serie di risate e battutine nei confronti di
Lisa.
In effetti, a quanto
pare, io e Dario siamo bravi a non affrontare i problemi e ad ignorare
le discussioni.
Mano a mano, macchine
abbastanza costose iniziano ad arrivare nei pressi della villa,
rivelando proprietari ed ospiti eccessivamente eleganti e di sicuro
ricchi.
"Oh mio Dio, ma quella
è Vanessa MakeUp!" esclama Lisa, indicando una ragazza non
molto alta con lunghissimi capelli rosso fuoco e un trucco non proprio
sobrio che ci è appena passata davanti.
"Chi?" domando.
"Sei proprio arretrata!
E' una delle ragazze si occupano di make up più famose di
YouTube!".
"Non vedo i tutorial"
mi difendo.
"E quello è
Cristiano, il youtuber più famoso per quanto riguarda i
video degli scherzi telefonici!" aggiunge sbalordito Dario, indicando
con il mento un ragazzone scuro di capelli che sta ridendo con un
amico, appena uscito da una modesta Fiat Cinquecento.
"Ok, sono ufficialmente
un'ignorante. Non vedo la tv, figuriamoci YouTube" spiego, sentendomi
sul serio una vecchia noiosa.
"Tua cugina sa il fatto
suo" mormora Lisa, entusiasta. "Oh, ci divertiremo!".
In effetti, constato
mezz'ora dopo, il divertimento c'è, ma non per me.
La casa di Susy
è enorme e stupenda, e il cuore della festa è
rappresentato da un enorme soggiorno che dà su una spaziosa
terrazza.
L'impianto musicale sta
dando "We can't stop" di Miley Cyrus, e Dario si è dissolto
con la festeggiata e Lisa, al mio fianco, chiacchiera con la famosa
Vanessa.
Le scarpe iniziano a
farmi male, e l'istinto di gettarle per aria è molto forte,
ma cerco di trattenermi anche se non so come farò visto che
la festa finirà almeno verso l'alba.
"Ho imitato il tuo
tutorial oro e nero per il mio ventunesimo compleanno, è
piaciuto molto!" spiega la mia amica.
"Ma davvero?". Vanessa
fa un sorriso non proprio sincero e si toglie una ciocca rossa dalle
spalle, mentre si guarda attorno, forse alla ricerca di qualcuno.
"Sì!
Possiamo scattarci una foto insieme? Taggherò la tua pagina
su Facebook!".
"Va bene, ma mi
raccomando, quella ufficiale, ci sono delle pischelle idiote che
vogliono imitarmi a tutti i costi!".
"Certo, ovvio!".
Entusiasta
più che mai, Lisa estrae il cellulare dalla borsa e me lo
porge. "Ci scatti la foto?".
Annuisco pazientemente,
e dopo che Vanessa obietta di doversi mettere a destra
"Perchè quello è il suo profilo migliore" riesco
a compiere la mia missione.
"Se usi i filtri di
Instagram non usare il bianco e nero, lo odio, voglio dire, elimina il
gioco di colori dell'outfit e del trucco".
"Ovvio" sussurra Lisa,
ora un po'più scioccata.
"Oh!". Vanessa si
illumina, vedendo qualcuno oltre le mie spalle, e nel giro di tre
secondi abbassa la scollatura già bella profonda del suo
mini abito. "Gus, Gus! Ciao!". Mi oltrepassa come se fossi un fantasma
e si getta addosso ad un ragazzone affascinante che la stringe a
sè premurandosi di palparle il sedere. "Ora vado, ciao
Laura".
"Lisa!" protesta la mia
amica, ma nessuno la sente perchè ormai Vanessa e quel Gus
si sono dissolti nel nulla.
"Simpaticissima"
osservo, celando un colpo di tosse sarcastico.
"...E quindi, sai, non
è facile avere nuovi seguaci sul mio blog ma ce la metto
tutta, purtroppo devo scendere a compromessi e spesso devo parlare di
argomenti che interessano al pubblico e non a me...".
Alle tre e un quarto me
ne sto su un divano con un certo Max, che a quanto pare è un
blogger abbastanza noto e che è stato ospite in qualche
programma tv di qualche canale meno noto al pubblico.
Non è male,
è carino e simpatico, e mi si è avvicinato circa
un'ora fa, quando Lisa ha iniziato la sua eterna conversazione con un
ragazzo che frequentava l'università con Chiara e sono
rimasta da sola.
Il fatto che poi la
conversazione stia avendo luogo da seduti, in modo da far riposare i
miei poveri piedi, aumenta di più la mia buona disposizione
nei confronti di questo ragazzo.
Sono un po' brilla, e
deve essere per questo che riesco a parlare tanto senza fregarmene
delle stronzate che potrei sparare.
"Ad esempio?" domando,
poggiando la testa di lato e bevendo l'ultimo sorso di gin lemon con
avidità.
"Gossip, reality show,
queste scemenze qui. Ma almeno una volta ho avuto
l'opportunità di intervistare i giudici di X Factor".
"Wow! Wow!" ripeto, non
proprio intelligentemente.
"Vuoi che ti prenda
qualche altra cosa da bere?".
"Un po' di sangria,
gracias, chico!".
Max sorride e prende il
mio bicchiere vuoto, tornando dopo un paio di minuti con la bibita. Me
la porge e lo ringrazio, così torno a bere.
"Come conosci Chiara?"
mi domanda.
"E' mia cugina. Che
pizza, non puoi sceglierti i parenti!" rispondo, scrollando le spalle.
Davanti a noi, un
gruppo di gente ubriaca inizia a fare un ballo imbarazzante sulle note
di una canzone che ignoro.
"Oh, allora devo
chiederle di presentarmi più spesso qualcuno della sua
famiglia".
Ignorando l'ultimo
commento, ma ridendo, mi guardo intorno e vedo che la padrona di casa
ha appena preso in mano il microfono con aria altezzosa, come se fosse
la più brava delle presentatrici tv. "Gente, un po' di
attenzione, per favore!".
Come se avesse parlato
il Messia in persona, tutti, anche gli ubriachi, smettono di dedicarsi
alle loro dubbie attività, ed io, sentendo che da quel
microfono non potrà uscire nulla di buono, mi scolo l'intero
bicchiere di sangria in due sorsi.
"Vi state divertendo?
Bene, innanzitutto facciamo un'applauso alla nostra Chiara... Chiara,
dove sei?".
Un fragoroso applauso
prende vita in tutta la sala, e Chiara fa un'entrata trionfale,
sorridendo al mondo intero.
Come diamine fa ad
essere ancora perfettamente pettinata e truccata dopo ore ed ore?!
"Eccoti qui, tesoro! Ti
ricordi quando ti avevo promesso una festa VIP? Ecco, ho mantenuto la
mia promessa, e c'è qualche paparazzo in giro che ha fatto
degli scatti compromettenti! Continuate a divertirvi, gente, ma dopo
aver guardato questo!".
Susy indica il
proiettore che c'è dietro di lei, le luci si spengono e
iniziano ad essere proiettate varie foto di gente non proprio sobria
con in sottofondo una canzone dal ritmo sostenuto.
Una tizia con il
vestito bianco bagnato che mette in mostra tutta la sua trasparenza, un
ragazzo e una ragazza che ballano in maniera alquanto sconcia,
addiritura una che vomita in terrazza... Dopo una ventina di foto, il
mio cuore perde un battito, e mi chiedo se la visione che si
è parata davanti a me sia tutta colpa dell'alcool, ma a
quanto pare no visti i fischi di approvazione.
Chiara e Dario se ne
stanno avvinghiati su un divano, intenti nel baciarsi. Lei ha la
spallina dell'abito abbassata e lui ha il nodo della cravatta
allentato.
Non ricordo altri
dettagli perchè mi giro, nauseata, ma cerco di dare la colpa
ai drink bevuti.
Sento improvvisamente
caldo misto ad una sensazione di disagio e provo a respirare con
più regolarità perchè mi sembra di
essere in apnea.
"Almeno una della tua
famiglia si è data da fare" osserva Max, avvicinandosi di
più a me e facendo l'occhiolino.
"Che vuoi dire?"
sbotto, incredula, con lo stomaco che sembra si stia attorcigliando su
se stesso.
"Nulla. Se vuoi darti
da fare anche tu, tienimi presente" mormora contro il mio orecchio,
ammiccante, e sfiorandomi leggermente la gamba destra.
Lo guardo, battendo
numerose volte le palpebre, perchè sono brilla e sento la
testa che non è proprio ferma sulle mie spalle, e deve
essere questo che mi porta a fare ragionamenti assurdi.
Se c'è una
cosa peggiore per chi ragiona sempre, è il pensare sotto
l'effetto dell'alcool, che porta a ragionamenti contorti e
controproducenti.
In realtà
non so nemmeno io cosa penso, ma fatto sta che dico: "Ti tengo
presente" e, come reazione, mi ritrovo Max che mi si getta addosso,
baciandomi con un trasporto eccessivo e appoggiando entrambe le mani
sui miei fianchi, come se non stesse aspettando altro.
L'odore forte del suo
dopobarba misto a quello di rum invade le mie narici, e deve essere
questo che mi porta ad allontanarlo da me con uno scatto, facendo
sì che egli mi guardi senza capire.
"Pensavo lo volessi
anche tu" dice, sconcertato.
"Io... De...Devo...".
"Cosa?".
Ma al posto di una
risposta verbale ha una risposta concreta, visto che nel giro di un
istante si ritrova le scarpe sporche di vomito a causa mia.
Max scatta su come una
molla e mi guarda nauseato, portandosi una mano alle narici per non
sentire l'odore causato dal mio gesto.
"Hai bevuto solo tre
drink, che cazzo di reazione eccessiva!" sbotta.
"Sc-scusami, scusami,
io...".
Lui continua a fissarmi
ed io, per la vergogna, con la testa che mi gira, me ne scappo,
trovandomi nei meandri di quella lussiosa e vasta villa, senza sapere
cosa fare. Per fortuna ho ancora la mia piccola borsa con gli effetti
personali con me, e, ormai disperata, varco la prima porta bianca dalla
maniglia color oro che mi trovo davanti e scopro che, per fortuna,
è un bagno.
Mi chiudo dentro, mi
sciacquo la bocca, e quando mi guardo allo specchio vedo una Lena con
il trucco sbavato, la faccia pallida e i capelli non più
perfettamente ordinati.
La mia immagine viene
sostituita da un flash accecante che mi mostra di nuovo la foto di
Chiara e Dario, ma mi sforzo di non pensare a nulla.
Non so cosa pensare, al
riguardo, se non che tutti cambiano, io per prima se è per
questo.
Noto che non avevo mai
baciato uno appena conosciuto ad una festa senza interesse, e la mia
poco sobria conclusione è che una parte di me si stia
sforzando di regalarmi in maniera poco ortodossa l'adolescenza "pazza"
che non ho mai vissuto.
Ancora con la testa che
mi gira e alquanto stordita, prendo il cellulare e chiamo un numero che
non sono solita contattare in genere.
Dopo numerosi squilli,
finalmente, la voce mi risponde, decisamente infastidita.
"Ma che cazzo vuoi a
quest'ora? Sono quasi le quattro!".
"Oh, ho chiamato te,
haha".
"Lena, ma sei ubriaca?".
"Ho visto una foto in
cui Dario bacia quella stronza di mia cugina, la fashion blogger,
quindi devo per forza essere ubriaca, secondo me me lo sono immaginato".
"Cosa? Lena, cosa vuoi,
perchè mi hai chiamato?".
"Forse sei l'unica che
mi capisce. Ho baciato un tizio sconosciuto e gli ho vomitato sulle
scarpe, ha! Ma non fa niente, il grosso l'ho fatto con Leo, e non
capisco più nulla, sai? Voglio dire, la mia vita non mi
sembra più la mia vita, e forse nemmeno quella di Dario lo
è, mi sento una scema, non mi sentivo così scema
da tanto tempo! Sai, sono in un bagno a questa festa di merda, ci sono
tante persone famose e... E io non so più niente...".
"Lena, hai solo bevuto,
stai andando in paranoia, ora trovati un posto tranquillo...".
"La vasca!
C'è una bella vasca, ci entro subito!".
"No, Lena,
ascoltami...".
"Germana, non rompere,
sono stanca, e la vasca è perfetta!".
Germana sbuffa
sonoramente, mentre io valuto la vasca con un'aria degna del peggior
architetto sbronzo.
"Hai chiuso la porta a
chiave?" chiede poi, pazientemente.
"Sì".
"Sbloccala".
"Perchè?".
"Perchè...
Devi farlo, è maleducazione usufruire della vasca degli
altri chiudendosi dentro" inventa Germana, pensando che fare leva
sull'educazione possa servire.
E in effetti ci riesce,
perchè obbedisco. "Fatto".
"Ed ora getta la chiave
fuori dal bagno".
"Va bene. E'
divertente, sai? Ha urtato il muro ed è caduta per terra...".
"Bene, ora...".
"Ora mi stendo nella
vasca, ciao Germyyy, ti voglio bene!".
"Fai la brava
puttanella" dice lei, con un tono preoccupato che, purtroppo, non
ricorderò.
*°*°*°
Dopo
quasi due mesi eccomi qui, gente, stanca ma soddisfatta nell'essere
riuscita a scrivere il tutto in quattro giorni.
Se
non avessi avuto altro da fare ci avrei impiegato anche di meno vista
la voglia che avevo di scrivere, ma penso vada bene così,
nemmeno io credevo di poter essere così rapida :)
Allora...
Capitolo molto adolescenziale, non trovate?
All'inizio
quasi tutti erano molto personaggi un po' più "Maturi" nel
senso che sembravano sapere ciò che volevano ed ora,
tadà, ne combinano di mille colori.
Lena
è in piena metamorfosi, e lo strano "sodalizio" con Germana
lo conferma.
Parlando
di quest'ultima, ora conosciamo la sua storia che può
spiegare il perchè del suo carattere.
A
quanto pare, Dario ha ceduto al fascino di Chiara, e Lisa conferma un
po' la sua vena da party-girl che aveva mostrato all'inizio.
Cosa
dire, i commenti maggiori spettano a voi!
Spero
che questo capitolo non vi abbia deluso dopo due mesi di attesa :)
Fatemi
sapere! ;D
Cercherò
di aggiornare al più presto, promesso!
milly92
|
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Capitolo 16 *** Ci Vorrebbe una Giratempo ***
16g
Ci ho messo un mese, ma ce
l'ho fatta, scusatemi.
Sembrerà
banale ma è un periodaccio, il tirocinio, lo studio e altre
cose mi stanno facendo impazzire e non avere capitoli già
scritti non aiuta.
Mancano circa altri
nove capitoli, quindi, anche se lentamente, dovrete sopportarmi ancora
per un po'... E so di star aggiornando pochissimo, ma ho notato che le
recensioni sono calate a dismisura. Spero sia dovuto al fatto che avete
altro da fare - ed io ne sono la prova vivente xD - e non
perchè vi annoiate a leggere. In tal caso fatemelo sapere :)
Vi lascio al capitolo,
che presenta qualche bel riferimento "Potteriano" :D
Cercherò di
aggiornare presto, anche se a breve i capitoli a cui dovrò
dare la priorità saranno quelli della tesi :/
Bacioni e buona
lettura! <3
Capitolo 16
"Eccoti! Germana
aveva ragione!".
Mi sento scuotere
con gentilezza, ragion per cui apro gli occhi e mi ritrovo davanti il
volto sfocato di Dario.
Sento il marmo duro
e scomodo della vasca che mi sta facendo a pezzi la schiena, ma la
prima cosa che riesco a dire è: "Non voglio vomitarti
addosso".
Il mio migliore
amico mi guarda come se fossi un personaggio del cartone di Peppa Pig e
poi mi porge una mano. "Non lo farai, tranquilla".
"Io... Io penso di
essere un po' ubriaca" rivelo lentamente, come se non si fosse capito.
"Lo so, Germana me
l'ha detto".
"Mi ha chiamato
puttanella. Due volte, haha!".
"E
perchè?".
"Perchè
abbiamo scopato con lo stesso tizio...".
"Si è
fatta Matteo anche lei?" ironizza Dario, non sapendo che,
probabilmente, al momento sono più sincera di quanto lo sia
stato negli ultimi mesi.
"Ma no...
Però il nome fa rima, sai? Che coincidenza!".
"Stai sclerando,
Lena. Ora, per favore, aiutami a renderti l'uscita da questa vasca
più semplice...".
"Prendimi in
braccio!" urlo, dimenando le gambe come se fossi una neonata,
più energica di quanto senta di essere, in realtà.
"Va bene".
Concentrandosi come
se stesse per fare un'operazione super delicata, Dario allunga le
braccia, fino ad afferrare il mio busto e le gambe e mi solleva con non
poca difficoltà. Mi arpiono al suo collo e appoggio la testa
al petto, sentendomi finalmente al caldo.
"Sei più
comodo della vasca" mormoro, ancora assonnata.
"Ma grazie".
Lo avverto muoversi,
camminare, mentre la musica a palla del soggiorno disturba la pace che
si era formata nella mia testa per un po', poi avverto una superfice
ancora più morbida che mi avvolge e comprendo di essere su
un divano.
"Dove sono?" domando
stupidamente, tuttavia senza chiudere gli occhi.
"Su un divano, ora
recupero le giacche e andiamo" risponde pazientemente lui.
Spalanco gli occhi e
con uno scatto mi metto a sedere, sentendo la testa che mi gira per il
movimento eccessivamente brusco.
"Ma non possiamo
andarcene" obietto, mettendo a fuoco la sua figura con
difficoltà.
"Certo che possiamo".
"No! Tu sei
l'accompagnatore di Chiara...".
"Fidati, sono
felicissimo di andarmene" dice seccamente, porgendomi la giacca che,
puntualmente, respingo. "Ho caldo!".
"Sono le quattro e
mezza, fa freddo, copriti!".
"Sei l'unico scemo
che dice a una ragazza di coprirsi" mormoro, facendogli la linguaccia.
Udendo
ciò, fa una faccia amereggiata, come se avessi toccato un
tasto dolente, e mi aiuta ad indossare la giacca con pazienza, per poi
afferrarmi la mano e aiutarmi a camminare.
Non so come, qualche
passo dopo ci ritroviamo davanti Lisa, che ovviamente è
sorpresa di vedermi in questo stato.
"Cosa...?".
"Ha bevuto,
è ubriaca, la porto a casa" spiega Dario.
"Oh. Allora prendo
la mia roba...".
"Se vuoi rimanere
tranquilla, ci sono già io, e non ho bevuto quindi posso
guidare senza problemi".
"No, mi sentirei
un'amica orribile, Lena è in queste condizioni e...".
"Ti ho visto con
quel tizio mezzo famoso, prima. Dai, rimani, non mi serviresti a nulla,
ti prometto che la porterò al sicuro nel suo letto" la
rassicura Dario, mentre io mi appoggio addosso a lui, con la testa che
mi fa male.
"Sicuro?".
"Sicuro! Ci vediamo
domani".
Dopo una serie di
saluti e raccomandazioni, così, il nostro percorso prosegue,
fino ad arrivare alla macchina e, circa mezz'ora dopo, nella mia stanza.
Dario, camminando
lentamente e con passo vellutato per non svegliare nessuno, mi adagia
sul letto con premura e lo percepisco accarezzarmi il volto con
infinita dolcezza.
"Mi ricordo quando
ti ubriacasti al primo anno e mi vomitasti addosso. Vorrei tornare
indietro, sai? Solo per avere più tempo, per impedirti di
metterti con quel coglione che ti ha spezzato il cuore e, magari, per
non diventare il tuo migliore amico".
Osserva la falsa
Giratempo che ho inchiodato al muro anni fa, quando la comprai a Londra
visto che ho sempre amato Harry Potter, e poi la prende tra le mani.
"Ecco, se solo
funzionasse... Potrebbe essere tutto diverso. Ma anche ora è
tutto bello, ed è per questo che non voglio rovinare
tutto... Non sarei di certo un Grifondoro". Sospira, quasi amareggiato,
e mi accarezza un braccio con delicatezza, per poi accostarsi al mio
volto, lentamente.
Quando i nostri nasi
si sfiorano, però, si blocca, trattenendo il fiato. "Non
succederà così, se succederà" mormora,
lasciandomi un bacio sulla guancia.
Mi toglie le scarpe,
adagia il mio corpo sotto le lenzuola, mi rombocca le coperte e, dopo
un ultimo sguardo malinconico e colmo di dubbi si allontana,
avvicinandosi alla porta.
"Vorrei che domani
ricordassi tutto, ma conoscendoti non sarà così,
ed è per questo che l'ho fatto".
E poi, tac!, il buio
totale invade la stanza, lasciando spazio solo ad una luce un po'
più chiara che proviene dalla finestra, simbolo dell'alba
che sorgerà tra meno di un'ora.
"La sera tutti
leoni, la mattina tutti coglioni!".
Alle due passate,
quando metto piede in cucina, Daniele mi accoglie con questa frase,
evidentemente non avendo ancora accettato l'essere stato brutalmente
escluso dal mega party riservato ai "ventenni" - Chiara non voleva il
fratello diciottenne tra le scatole, ovviamente -.
"Taci, invidioso"
biascico, sedendomi e massaggiandomi una tempia con energia.
"A quanto pare siete
stati i primi a tornare, Chiara è tornata alle nove"
m'informa subito mamma.
"Eravamo stanchi e
abbiamo deciso di andare a dormire" dice Dario, al suo fianco,
lanciandomi un'occhiata d'intesa discreta ma efficace.
Ovviamente, per
fortuna, non ha osato dire ai miei in che condizioni mi trovavo la sera
precedente, e gliene sarò eternamente grata, visto che a
tavola tendo a rifiutare sia vino che birra, non so perché.
"Sì,
sì, c'era tanta, tanta confusione" lo appoggio, sollevata.
"Lì
c'è del caffè" aggiunge mamma, indicando la
macchinetta sul lavandino. "Noi abbiamo già pranzato...".
"Non ho fame, ma
prendo il caffè volentieri" dico, alzandomi.
"Faccio io" mi
blocca Dario, affabile.
"Grazie. Sei sveglio
da tanto?".
"Dalle undici e
mezza... Ho aiutato Daniele con i compiti di inglese e ho cucinato con
tua mamma" spiega, tutto contento.
"Oh. Adottatelo se
vi fa comodo, io vado dalla sua famiglia" ironizzo, sforzandomi di non
accasciarmi con il busto sulla tavola a causa del post sbronza che mi
fa ricordare perchè tendo a limitarmi ad un'innocente birra
massimo una volta a settimana.
"Lo farei
volentieri, ma non vorrei privare i suoi genitori di un figlio
così bravo e gentile. Chissà dove abbiamo
sbagliato con te!" mormora mamma, scompigliandomi i capelli come se
avessi cinque anni e uscendo dalla stanza.
"Di sicuro hai
battuto la testa quella volta che sei cascata dal seggiolone..." mi
prende in giro Daniele.
"Idiota!".
"Ho ragione! Dario,
devi sapere che Lena, il giorno del suo primo compleanno, è
caduta dal seggiolone per prendere un piattino con la torta che...".
"Stai zitto, scemo!".
"No, no, fallo
continuare, mi piace questa storia!" dice invece quello scemo di Dario,
tutto soddisfatto, dopo aver appoggiato la tazza di caffè
sul tavolo.
Imbronciata,
così, bevo il tutto in un sorso ed esco dalla cucina, mi
reco in soggiorno e accendo la tv con svogliatezza, abbassando al
minimo il volume onde evitare che le condizioni della mia testa che sta
già per scoppiare aumentino.
Nel giro di mezzo
minuto, però, Dario si siede al mio fianco e la sua voce -
normale per chiunque, alta per me, al momento- mi fa sobbalzare.
"Come... Come va?
Ieri eri un po'...".
"Ho fatto qualcosa
di ridicolo?" domando a bruciapelo, dando voce ad una delle domande che
più mi affliggono.
I miei ricordi sono
sbiaditi, poco lucidi, e si limitano a voci o sensazioni, alcune delle
quali sono decisamente assurde.
"Ti ho trovato stesa
in una vasca del bagno grazie ad una telefonata di Germana" spiega
cautamente. "A quanto pare l'hai chiamata nel bel mezzo della notte per
dirglielo" aggiunge, leggendo la mia confusione dipinta sulla faccia.
"Sì,
ricordo di aver chiamato qualcuno" mormoro, detestandomi per quei drink
bevuti che dovevano essere più forti del solito.
Poi, si sa, non sono
un fenomeno nel reggere bibite alcoliche, per questo mi limito sempre a
circa cinque-sei cocktail all'anno, proprio quando non posso rifutare o
sembrare la scema di turno che beve bibite analcoliche.
"Comunque ti ho
trovata per fortuna e ti ho accompagnato a casa" continua a spiegare,
scrollando le spalle, e noto che è falsamente disinvolto,
come se ci fosse altro sotto.
"Perchè?
Voglio dire, c'era anche Lisa, tu eri l'accompagnatore di mia cugina"
chiedo, ricordandomi della foto di lui e Chiara che si baciano.
Ricordo di aver
visto la foto, bevuto tutto d'un sorso il drink che avevo in mano e...
Quel Max che mi si getta addosso dopo qualche parola che non ricordo.
"Erano le quattro
passate, Lena, sono stato con lei cinque ore, mi sembrano sufficienti"
dice, evasivo.
"Ho visto la vostro
foto" sussurro improvvisamente, un po' a disagio.
"E allora?".
Il suo atteggimento,
ora, mi sembra quasi di sfida, e la cosa mi sorprende non poco.
Deglutisco, senza capire.
"Niente,
cioè, se la serata è andata bene tra voi avresti
potuto anche...".
"Cosa, ignorare la
chiamata di Germana e lasciarti in una vasca mentre non stai bene?
Pensi sia un mostro che mette una serata con una ragazza prima del bene
di un'amica?" sbotta, infervorato come non mai.
La cosa mi stupisce
visto che da quando lo conosco è sempre stato la calma fatta
persona anche nei momenti più colmi di ansia.
"Calmati! Ero solo
sorpresa, tutto qui!".
"Sorpresa? Dovresti
essere sorpresa dal fatto che una come Germana mi chiami per darti una
mano, dopo che per tre anni non si è comportata bene, non di
me. Hai una percezione sbagliata di chi ti circonda, dovresti saperlo
che sei una delle persone più importanti della mia vita e
che non ti abbandonerei mai nel momento del bisogno!".
"Ed io, non sono
importante, cucciolo?".
Ci voltiamo e
vediamo che una sorridente Chiara se ne sta sulla soglia della stanza,
con una faccia riposata come se avesse dormito per ore.
Dario la guarda e,
dopo un po' si esitazione, ricambia il sorriso.
Mi lancia un'ultima
occhiata che non so affatto definire prima di alzarsi dal divano,
andare in sua direzione, circondarle i fianchi con le braccia e
baciarla con uno slancio che mi lascia senza fiato.
"Non ho dimenticato
quella cosa, ci vediamo stasera?" le domanda quando smette di baciarla,
accarezzandole i capelli.
"Ma anche oggi!".
"Va benissimo"
risponde lui, tornando a baciarla come se fosse l'unica donna sulla
faccia della terra.
"Scusate, vi lascio
soli" mormoro, uscendo dalla stanza alla velocità della
luce, diretta verso la mia stanza.
Daniele, appena
uscito dal bagno, dice: "E' arrivata Chiara?".
"Sì,
sì, è arrivata Chiara!" sbotto con impazienza,
guardandolo male, prima di raggiungere finalmente la mia camera e
chiudermi la porta alle spalle.
- Poverina, questa
volta non c'è nessun drink o uno sconosciuto con cui
limonare, come te la caverai? - mi domanda la vocina stupida nella mia
testa, che sopprimo come tanti altri pensieri ed emozioni che ho
lasciato sospesi negli ultimi tempi.
Si sono baciati, a
Dario frega di me, sono una delle persone più importanti
della sua vita, ma alla fine a ceduto a Chiara, ovvio.
Non dovrei essere
delusa, lei è bella, accattivante, è l'ideale per
chiunque, e riesco solo a pensare che non sono infastidita dal fatto
che lei potrebbe farlo soffrire perchè sono concentrata solo
su di me, su quello che sento, su quello che mi sta succedendo.
Che strano, era da
un po' che non pensavo solo a me stessa senza preoccuparmi del resto
del mondo, e la cosa mi fa paura perchè, diciamolo, non
è quando proviamo qualcosa per qualcun altro che diventiamo
eccessivamente egocentrici, passando il nostro tempo a preoccuparci per
cosa ci succederà, come andrà, se quel maglione
ti sta bene o se tu riceverai una risposta a quel maledetto sms?
Questo non
può succedermi di nuovo, non ora!
Ma non
succederà nulla se non farò nulla, giusto? Queste
sono le regole, devo rispettarle per uscire indenne!
Devo riuscirci, e
per farlo non devo nemmeno pensare a ciò che penso mi stia
succedendo.
Non devo pensarci e
tutto andrà bene, è così che funziona,
è così che ci si abitua alle cose che non
vogliamo far succedere e che ci complicherebbero la vita.
Poi, proprio quando
mi ritrovo a pensare di complicazioni e cose che non vogliamo accadano,
ecco che quel bastardo dell'universo reagisce con una vibrazione del
mio cellulare che corrisponde ad un sms.
"She
said no and I understood that I'm really in
love with her. I need a friend, and I know you're home, but,
please, can I reach you so we can talk? Please. Let me know as soon as
possible*".
Dopo settimane il
mio cellulare riceve un sms da Leo, in perfetto inglese per di
più, simbolo del fatto che sia sul serio sconvolto per il
rifiuto di Germana e incapace di pensare a qualcosa di futile come la
traduzione in italiano.
Perchè
vuole aiuto da me? Non ha altri amici con cui poter parlare, accidenti?
I secondi
trascorrono velocemente, trasformandosi in minuti, ed io non so cosa
fare, perchè non ho bisogno di ulteriori problemi che
sconvolgano già il mio precario equilibrio.
"Mi
dispiace Leo, non posso, sono incasinata come non mai e non sarei
d'aiuto. Scusami".
Invio la risposta
rapidamente, prima di poter pentirmene e lasciar prevalare il mio non
essere in grado di dire di no a nessun amico, e, provando a non pensare
più a nulla, mi ritrovo a guardare fuori dalla finestra,
dove la scena è rubata dai forti raggi di sole di una
semplice domenica pomeriggio di inizio maggio.
"Già
esci?".
Due ore dopo, mamma
mi guarda sospettosa mentre prendo la borsa dall'attaccapanni. Annuisco
distrattamente, controllando di avere il cellulare in tasca insieme al
portafogli.
"Voglio fare una
passeggiata".
"Dove vai di bello?"
s'informa Dario, spuntando da qualcuna delle stanze come una sorta di
fantasma.
"In giro. Ti avrei
chiesto di unirti a me ma ho sentito che hai da fare con Chiara"
mormoro, indifferente al massimo, in un modo in cui mi fa odiare me
stessa come non mai.
Mamma lo guarda con
attenzione e curiosità; conoscendola, dopo gli
farà un educato e non affatto discreto terzo grado per
saperne di più.
"Oh, sì,
magari poi posso raggiung...".
"Devo scappare,
ciao, ciao mamma, ci vediamo per cena!" lo interrompo, senza nemmeno
guardarlo in faccia.
Esco di casa quasi
di corsa, e sento che ho bisogno di prendere una boccata d'aria fresca.
Quasi quasi mi
sembra di essere al di fuori del mio corpo, con la testa altrove, e la
miriade di cose a cui ho bisogno di pensare è
così eccessiva che, alla fine, mi riduco ad evitarli.
L'unica cosa che so è che voglio stare da sola al momento e
che ho fame visto che non mangio da più di sedici ore, e
ciò mi conduce al bar più vicino a casa, il
"Sunset", quello in cui ho passato gran parte dei miei giorni dai
sedici ai diciannove anni.
Non ci entravo da
più di un anno, onestamente, perchè è
solitamente frequentato da liceali e quelli della mia fascia di
età solitamente frequentano il "La Playa", ma fatto sta che
metterci piede mi fa sentire ancora più strana se possibile,
come se fosse ancora il duemilaotto ed io fossi una ragazzina che se ne
sta seduta al bar a contemplare l'entrata per vedere l'eventuale arrivo
di quel ragazzo che ti piace tanto ma che non ti guarderà
mai perchè non ti conosce nemmeno.
Enzo, il barista,
quando mi vede sorride e mi saluta con un: "Lena, da quanto tempo!" che
mi fa capire che forse sono sul serio a casa e posso prendermi un po'
di pausa dai problemi che mi affliggono la mente.
Ricambio il saluto e
mi siedo ad un tavolino vuoto, senza nemmeno badare al menù
che conosco a memoria e, probabilmente, non è cambiato
affatto se non nei prezzi di solito aumentati a causa della crisi.
"Allora, cosa ti
porto?" domanda Enzo, premuroso come lo è sempre stato con
me e le mie amiche. "Anzi, come stai?".
"Bene" mento,
facendo finta di nulla. "Sono qui solo per il tirocinio, torno a Napoli
a metà mese. Comunque prendo un hot dog e un thè
alla pesca, grazie" dico subito, per evitare ulteriore domande e
spiegazioni.
Enzo annuisce, senza
nemmeno scrivere l'ordine sul block notes, e torna al bancone dicendo
qualcosa che non capisco, e nel giro di cinque minuti mi serve,
raccontando le ultime novità del posto che, normalmente,
troverei interessanti.
Per fortuna poi il
dovere lo chiama e così riesco ad avere una decina di minuti
di tranquillità per mangiare l'hot dog, anzi, divorare.
Il tutto viene
interrotto da un: "Lena?!" decisamente sorpreso che mi ritrovo ad
alzare la testa di scatto, trattenere il fiato, riabbassare il capo per
pulirmi la bocca dai residui del panino e rialzarlo per mormorare un
altrettanto sorpreso: "Luca?!".
"Lena, sei sul serio
tu! Cavoli, da quanti anni non ci vediamo? Quattro?".
"Mi sa cinque...".
Luca, Luca Barbati
per la precisione, è il mio ragazzo del liceo, l'unico con
cui mi sia messa prima di Matteo e con cui mi sono lasciata in maniera
abbastanza pacifica nel momento in cui, essendo due anni più
grande di me, si diplomò e decise di studiare economia a
Roma quando avevo diciassette anni.
La nostra storia
durò circa sei mesi, e fu abbastanza tranquilla e priva di
intoppi perchè eravamo abbastanza simili e lui non sembrava
affatto il tipo di ragazzo che ti avrebbe tradita. Mi ispirava fiducia,
mi faceva sentire speciale nonostante la mia eccessiva
ordinarietà, ed era ciò che più mi
piaceva nello stare con lui.
"Non ho parole,
accipicchia! Fatti salutare!" esclama lui, come se fossi una semplice e
buona amica che non incontra da tempo.
Imbarazzata e goffa
come non mai, mi alzo e lo lascio abbracciarmi per un paio di secondi,
per poi guardarmi in faccia e dritto negli occhi.
"Sei cambiatissima,
ti ho riconosciuto solo per i capelli, giuro! Ma quanti chili hai
perso? Anzi, direi che tu li hai persi per darli a me...".
Chiacchierone come
sempre - il mio opposto, in pratica -, si passa una mano sulla pancia
un po' più gonfia del solito, proprio come la sua faccia, a
dispetto del magro adolescente che era un tempo nonostante le
tantissime calorie ingerite anche solo per un semplice snack.
"Ma no, stai
benissimo, eri troppo magro" ribatto.
"Allora, che mi
dici? Sono a Caserta da mesi ma non ci siamo mai incrociati...".
"Vivo a Napoli, sono
qui per il tirocinio" spiego per l'ennesima volta, scrollando le spalle.
Mi squadra con
quegli occhi verdi che mi piacevano tanto e si passa la mano sulla
barba un po' incolta, annuendo. "Fammi indovinare... Studi lingue!".
Annuisco al mio
essere poco sorprendente, visto che decisi di frequentare questa
facoltà quando stavamo insieme e non ho mai cambiato.
"E tu? Ora sei un
importante uomo d'affari?".
"No, no, alla fine
sono diventato un fisioterapista, ho capito che economia non faceva per
me".
"Sempre a Roma?".
"Sì, mi
ci sono trovato bene e...".
"Ehi, allora vado,
ci vediamo stasera alla festa di Giulia, ok?".
Un bellissimo
ragazzo moro, fin troppo alto, ci interrompe mentre stiamo
chiacchierando, e, improvvisamente, vedo Luca irrigidirsi senza un
motivo apparente.
Annuisce, poi, come
se non avesse scelta, mi indica il nuovo arrivato con educazione.
"Lena, ti presento Giacomo".
"Piacere, Lena"
dico, guardando il tipo in faccia e notando che ha dei tratti
principeschi, eleganti, una bocca alquanto perfetta e degli occhi di un
blu particolare, quasi raro.
Giacomo sgrana gli
occhi mentre stringe la mia mano e poi dice semplicemente: "Lena? Oh, quella Lena? L'ultima?" chiede a Luca, curioso.
Luca arrossisce,
evidentemente a disagio, ed io li fisso entrambi senza capire. "L'ultima?" domando.
"E' una lunga
storia..." inizia Luca, deglutendo e mettendo le mani in tasca, come
era solito fare anni fa quando si trovava in una situazione spinosa e
non sapeva cosa fare per uscirne indenne.
Giacomo fa un
sorrisino malizioso con tanto di occhiolino e poi dice semplicemente:
"Devo scappare, quindi farò un riassunto per entrambi", per
poi voltarsi verso Luca e, fiondandocisi addosso, gli stampa un bacio
appassionato sulla bocca.
Luca se ne sta
immobile finchè Giacomo non si stacca e se ne va con uno
strafottente "Ciao!", lasciandoci soli in un silenzio simobolo di
quanto strana e imbarazzante la situazione sia al momento.
Senza parole, batto
numerose volte le palpebre, e poi mi risiedo, ancora incredula.
"L'ul... L'ultima
nel senso che... Sono stata l'ultima ragazza...".
"Con cui sono stato,
sì".
Luca mi guarda,
dispiaciuto, e si siede di fronte a me, schiarendosi la voce. "Volevo
dirtelo ma non mi sembrava il caso, cioè, ci eravamo mollati
così bene..." si scusa.
"Immagino che Roma
sia stata una scusa, vero?" chiedo a bruciapelo, alzando la testa di
scatto e fronteggiandolo, occhi negli occhi, cuore a cuore.
"Diciamo,
cioè, io avevo capito che... Voglio dire, tu eri fantastica,
il problema ero io...".
"No, ti prego,
risparmiatelo" lo interrompo subito, porgendo le mani avanti per
bloccarlo.
"Ma sono sincero!
Eri così divertente, spiritosa e...".
"Luca" lo
interrompo, con una voce più seria che mai, sentendo la
testa che sta per esplodermi, "Negli ultimi due mesi ne ho passate di
cotte e di crude, ho scoperto che il mio ex mi ha tradita
già quando stavamo insieme, ho creato un casino con un prof
e sono ad un passo così"- quasi unisco pollice e indice per
rendere l'idea- "dall'impazzire a causa di un casino che credo si sia
creato tra me e il mio migliore amico, quindi, per favore, falla breve.
Sai, non è piacevole sapere di essere stata mollata
perchè il tuo ex preferiva un ragazzo a te, cioè,
intendo...".
"Ma no! Lena, erano
anni che sentivo qualcosa, ma l'ho sempre represso. Sai
com'è, in questa società del cazzo sembra quasi
che sia più opportuno dire:"Ehi, sono un ladro, spaccio
droga e ho ucciso più persone" piuttosto che ammettere di
essere omosessuale! Nell'ultimo mese in cui stavamo insieme ho capito
di essere innamorato di Luigi, quello della quinta B, e la
maturità, l'università e tutto il resto sono
capitati nel momento giusto. Volevo un nuovo inizio, lontano da
pregiudizi e stronzate varie, capisci? Ci sono casi in cui la
verità ci fa così paura che proviamo a
reprimerla, a nasconderla, perchè temiamo le conseguenze...
Ma bisogna affrontarla prima o poi perchè non possiamo
sprecare la vita a causa di paure che esistono solo nella nostra testa,
capisci?" spiega, accalorato come non l'ho mai visto.
Ed io, davanti a
queste parole, mi sento così stranamente toccata che sento
le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi e fatico per non farle
uscire.
Spaventato dai miei
occhi lucidi, Luca rimane interdetto, senza sapere cosa fare.
"Lena! Ti ripeto,
stare con te è stato bello, è una storia che
porterò sempre con me, non dimenticherò mai tutti
i film che abbiamo visto al cinema per poi finire a baciarci senza
sapere come il film sia sul serio finito e...".
"No, Luca, no,
scusami, è un periodaccio" dico solo, prendendo un respiro e
alzandomi per andare in bagno, onde evitare una di quelle scenate che
si vedono nei bar in cui lui la molla e lei piange senza
dignità.
Torno a casa per le
otto, dopo aver trascorso il pomeriggio con Luca e avergli raccontato
la mia situazione attuale per sommi capi, eppure l'unica cosa che non
riesco a togliermi dalla mente è il suo discorso sulla
verità che spesso tendiamo a reprimere per paura delle
conseguenze.
Saluto rapidamente
Daniele, visto che mamma e papà sono usciti, e torno nella
mia stanza, dove vengo sommersa da messaggi di Lisa su Whatsapp a causa
del wifi che si è appena attivato.
"17.07:
mi sono appena svegliata, sono un'amica orribile! Come stai? Dario mi
ha convinto a non venirmene con voi, ho conosciuto uno, è
fantastico!".
"18.23:
ehi, ci sei? Ho finito il credito, non posso chiamarti!".
"19.12:
Daniele mi ha detto che sei uscita, chiamami quando torni. Comunque
Dario è stato gentilissimo, ha mollato la festa per te,
dovevi vedere quanto era dolce!"
Sentendo un brivido
lungo la schiena, sospiro, e non so come, mentre mi guardo intorno, la
mia attenzione viene catturata dalla Giratempo appesa al muro che
comprai a Londra. Non so perchè, ma sento di avere qualche
ricordo delle ultime ore legato a quest'oggetto, anche se chiaramente
è solo un'impressione perchè non la tolgo dalla
sua postazione da anni.
Mi viene da pensare
che, tuttavia, vorrei che fosse vera per non cacciarmi in nessun
pasticcio con Leo e non rischiare di rovinare nulla, poi, sentendomi
scema, la ripongo al suo posto.
Ma, proprio mentre
ce l'ho ancora in mano, qualcuno bussa alla porta.
"Avanti".
Dario entra e,
vedendomi con quell'oggetto in mano, si blocca, come se fosse una bomba.
"Perchè
ce l'hai in mano? Cioè, voglio dire...".
"Mi sembrava di
avere qualche ricordo recente connesso ad essa ma non ricordo nulla"
rispondo, scrollando le spalle e mettendola al suo posto.
"Oh, bene,
cioè, strano!".
"Ti senti bene?"
domando.
Lui chiude la porta
alle sue spalle e poi mormora: "Io e Chiara...".
"Vi sposate?" lo
prendo in giro, cercando di non badare alle ultime parole che mi ha
urlato contro oggi e a come mi sono sentita in seguito.
"No. Siamo andati a
letto insieme" confessa, guardando il pavimento.
Sento i battiti del
mio cuore accelerare e le guance prendere calore, ma non dico nulla se
non: "Wow, mi fa piacere per voi" che è decisamente ipocrita.
"Lei per me non
signfica nulla, però".
"Dario, tu... Sei
stato il primo a dire che non riesci ad avere storie occasionali quindi
è ovvio che ti interessa" gli dico, più
accalorata di quanto debba essere.
Lui riesce ad alzare
il capo e a guardarmi in faccia, scuotendo il capo.
"No, siamo
d'accordo, ci stiamo solo... Divertendo...".
"Non devi
giustificarti!" esclamo, alquanto energica.
Vorrei avere il suo
coraggio, dirgli di Leo e finirla una volta per tutte, ma no, no, io
sono una fifona del cavolo, in una universo Potteriano non sarei mai
una Grifondoro, e ne sono consapevole.
"Scusa, io...".
"Dario?" lo chiamo,
non riuscendo a trattenermi, con un'evidente nota di implorazione nella
voce.
"Sì?".
"Potresti...
Abbracciarmi?" sussurro.
Senza nemmeno
rispondere, mi stringe a sè con una forza e allo stesso
tempo una dolcezza mai vista, in un modo che mi fa tremare come una
foglia.
Lo sento
accarezzarmi la schiena, lasciarmi un bacio tra i capelli, poi su una
guancia, e ricambio la stretta.
"Non ti muovere, per
piacere".
"Sono qui, non me ne
andrò, non ci riuscirei mai a farlo" mi risponde, con quel
tono caldo ma allo stesso tempo sincero che ho sempre amato.
*"Lei ha detto di no
e ho capito che la amo sul serio. Ho bisogno di un amico, e so che sei
a casa, ma, per favore, posso raggiungerti così possiamo
parlare? Per favore. Fammi sapere prima possibile".
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Capitolo 17 *** Equilibrio precario ***
17f
Eccomi
di nuovo qui, dopo circa diciotto giorni. Sto migliorando, vero?
Ora che ho finito il tirocinio tornerò
all'università, quindi la sera dovrei avere ancora un po' di
energie per scrivere visto che potrò svegliarmi quasi sempre
un paio d'ore dopo e non più alle sei.
E poi, nel prossimo capitolo inizia l'ultima, tormentata fase della
storia, che non vedo l'ora di scrivere da quando ho pensato a questa
ff, ormai più di un anno fa.
Grazie a chi continua a seguire questo mio delirio, davvero <3
Godetevi il capitolo, qualche notizia alla "Wtf?" e la "cara" Germana.
Buona lettura, a presto!
Vi lascio il link del gruppo fb dove lascio sempre spoiler ed eventuali
news :) https://www.facebook.com/groups/468964983146566/
milly92
Capitolo
17
2
Maggio 2012
"Amore,
guarda che belle rose, Davide le ha regalate a Trudy!".
"Quelle
che ti ho regalato io per il nostro anniversario sono più
belle" mormorò Matteo, facendomi l'occhiolino.
"Non
c'entra, ultimamente sei così distante, pensi solo ai tuoi
amici e alla palestra..." gli feci notare, annusando la bellissima
composizione di rose, peonie e girasoli che Davide aveva regalato alla
mia amica per il loro anniversario.
"Ma
anche tu hai i tuoi impegni, no? Siamo una coppia impegnata, non una di
quelle noiose...".
"Però
non stiamo un po' da soli da secoli, te ne rendi conto? Sembra che tu
abbia perso l'interesse per me!" gli feci notare, abbracciandolo da
dietro mentre prendeva uno dei biscotti preparati da Trudy.
"Stasera
abbiamo casa libera, no? Possiamo rifarci..." notò lui, con
una voce maliziosa.
"Ed
io dovrei venire a letto con te dopo che mi hai trascurato?" chiesi,
falsamente offesa, dandogli un pugno leggero sulla spalla.
Si
voltò e mi lanciò una delle sue occhiate
maliziose, una di quelle che lo rendevano decisamente sexy ai miei
occhi.
"No,
sarai tu che mi implorerai, alla fine...".
"Ah
sì?".
"Sì!".
Ridendo,
mi lasciai baciare con trasporto, perchè mi era mancato
davvero tanto in quei giorni in cui era stato così tanto
impegnato rispetto al solito.
"Ehi,
piccioncini, dateci un taglio!".
Trudy
entrò nel soggiorno mano nella mano con Davide, felice come
non mai.
"I
piccioncini oggi siete voi! Tre anni insieme, wow!" osservai, felice
per loro.
"Sono
sicuro che anche voi vivrete questo momento e sarete felicissimi come
noi" rispose Davide, stringendo a sè la sua ragazza e
baciandole dolcemente una guancia.
I
miei occhi brillarono al solo pensiero - quanto lo avrei voluto! -
mentre Matteo cambiò subito argomento con un: "Ottimi questi
biscotti, Trudy, sei una chef nata!".
"Farà
salire il mio diabete a trecento, prima o poi" si lamentò
Davide, tuttavia prendendone uno.
Guardai
quella scena con felicità, sentendomi davvero bene
perchè era bello essere felice e avere un'amica che lo era
altrettanto.
Tuttavia,
per nostra sfortuna, quella felicità faceva parte solo di un
equilibrio precario, pronto a dissolversi e modificarsi nel giro di
poco tempo...
*°*°*°*
"Mi dispiace averti
fatto venire subito qui, Lena, so che sei appena tornata da Caserta, ma
ho trovato quel libro che ti serviva nell'ufficio della prof Casellini
ed è meglio che lo prendi in prestito subito, altrimenti
dovrai andare a recuperarlo alla Biblioteca Nazionale..." dice la
professoressa Giuliani, la mia relatrice.
E' il diciassette
maggio, sono appena tornata a Napoli dopo aver fatto le ultime cinque
ore di tirocinio questa mattina, e a stento ho avuto il tempo di fare i
bagagli perchè la mia relatrice mi ha contattato con
un'email urgente per dirmi di tornare presto per ottenere il libro che
cercavo da circa un mese.
"Sai
com'è, la Casellini non me l'avrebbe mai dato se
gliel'avessi chiesto, crede che io mi diverta a collezionare libri per
la mia biblioteca personale. Voglio dire, solo una volta ho preso in
prestito la biografia di Katherine Mansfield, e crede che io sia una
ladra!" aggiunge, alzando gli occhi al cielo con aria frustrata.
Quando le ho chiesto
la tesi, tre mesifa, sapevo che Carlotta Giuliani fosse una
professoressa un po' fuori dagli schemi, con la testa tra le nuvole e
qualche comportamento fuori dal comune, ma era stata la mia
professoressa di Inglese II e si era dimostrata molto umana e
informale, e la sua nomena di essere in grado di aiutarti con qualsiasi
problema burocratico senza infischiarsene aveva avuto la meglio. Volevo
una relatrice prima umana e poi super professionale, visto che avrei
passato molto tempo a contatto con lei.
"Si figuri,
professoressa, ora vado a prenderlo" rispondo quindi, sorridendole per
rassicurarla.
Lei ricambia il
sorriso, per poi afferrare una matita dal portapenne con uno scatto e
iniziare ad usarla per legare i lunghi capelli color miele - con
qualche accenno di ricrescita grigia - in uno chignon scomposto.
"Tutto bene il
tirocinio?" chiede poi, interessata.
"Sì,
è stato molto... Movimentato"
rispondo, soffermandomi un po' sull'aggettivo da utilizzare che,
tuttavia, mi sembra l'unico appropriato.
"Bene, tanto so che
a te non piacciono le cose calme e rilassate".
La Giuliani mi fa
l'occhiolino, ed io non riesco a non pensare che mi conosca abbastanza
bene perchè, sì, ormai di calmo nella mia vita
c'è solo il mare che si intravede dai piani alti
dell'università.
Faccio un cenno e mi
alzo, borbottando qualcosa sul libro e uscendo dal suo ufficio, diretta
verso quello della Casellini, la docente di Inglese III del gruppo M-Z.
Sono sollevata di
ritrovarmi di nuovo tra le mura dell'università,
perchè le ultime due settimane sono state decisamente da
dimenticare.
Adoro il fatto di
avere Trudy come unica coinquilina, mi è mancata tanto,
anche se ho dovuto lasciare Lisa a Caserta con la promessa di ospitarla
a casa appena si libera dall'esame che la sta affliggendo.
Immersa in questi
pensieri, raggiungo la stanza numero centodue e busso, non ottenendo
nessuna risposta.
"La Casellini
è uscita, tornerà a breve. O almeno spero, sono
due settimane che devo farle leggere l'ultimo capitolo della tesi!" mi
informa un ragazzo pallidissimo e dall'aria sconvolta.
"Grazie,
l'aspetterò" rispondo, accomodandomi su una delle sedie
adiacenti al muro dell'ufficio.
"Dovresti segnare il
tuo nome nella lista del ricevimento".
"Devo solo prendere
un libro".
"Ma entro prima io,
eh, non è giusto, sono qui da due ore e...".
"Sì,
sì, calmo, non ci sono problemi!" gli rispondo, accalorata,
non potendone più dell'ansia che mi trasmette questo tizio,
anche perchè probabilmente starò messa peggio di
lui a poche settimane della laurea.
Non so quanto
aspetto, forse una ventina di minuti, ma quando rialzo lo sguardo e
vedo la professoressa avvicinarsi sento il cuore perdere una manciata
di battiti.
Sta parlando con un
uomo che cammina con lei, un uomo giovane, bello e dal sorriso
mozzafiato, nonostante sia appena accennato.
Leo.
Sono a circa dieci
metri di distanza da Leo, quando lui crede che io studi alla Federico
II.
Entro in confusione,
non capisco più nulla, il mio cervello proprio non mi aiuta
ad elaborare un piano di fuga, ma almeno le mie gambe mi comandano di
alzarmi con discrezione e camminare nella direzione opposta - mentre mi
copro il viso con i capelli - in modo da passare davanti al bagno ed
entrarci come una fuggitiva.
Chiudo la porta alle
mie spalle, entro in una delle toilette e mi appiattisco contro la
porta, respirando affannosamente.
C'è
mancato poco, davvero poco, e Leo avrebbe scoperto che studio qui e il
passo che lo avrebbe condotto a scoprire che sono del suo corso sarebbe
stato decisamente breve.
Mi passo una mano
tra i capelli, ancora con il respiro corto, e deglutisco, sperando sul
serio di veder spuntare un pubblico che urla: "Sei su scherzi a parte!".
Tornare a casa a
Napoli è sempre bello, per me, perché significa
vivere la vita che mi piace e che ho scelto da tre anni a questa parte,
al fianco di Trudy.
"Sono a casa! Non
immaginerai mai cosa ho rischiato per quel libro di merda! Trudy, dove
sei? Non ci vediamo da settimane!".
Normalmente, la mia
coinquilina si farebbe trovare seduta in soggiorno, impaziente, magari
con qualcosa di dolce preparato per il mio ritorno, eppure di lei non
vedo neanche l'ombra.
Entro in cucina, che
ovviamente è vuota e uguale al solito, con un unico, piccolo
particolare: la lavagnetta attaccata al frigo, invece di recitare la
lista della spesa, contiene nomi di canzoni non proprio allegre: Somebody that I used to Know,
Rolling in the Deep, Summertime Sadness, addiritura La Solitudine!
"Ma che cacchio...?".
"Ehi, sei tornata".
Mi volto di scatto e
mi ritrovo davanti Trudy come non l'ho mai vista: capelli arruffati,
occhi gonfi, tuta larga e sformata, occhiaie interminabili...
"Trudy!" esclamo,
abbracciandola di scatto,stringendola come non ho mai fatto prima
d'ora. "Ma cosa è successo?" domando.
"Nulla" risponde,
vaga, scostandosi dal mio abbraccio con una gentilezza forzata.
"Ma come nulla! Che
significano quelle canzoni? E perchè sembra che non dormi da
giorni?" continuo a chiedere imperterrita, sempre più
preoccupata.
Nello status quo del
mondo, Trudy è sempre allegra, solare e iperattiva, cosa che
al momento sta venendo decisamente meno e, ovviamente, mi dà
mille cose da pensare.
"Non posso avere un
momento difficile anche io?" chiede semplicemente, addirittura un po'
arrabbiata.
Sconcertata,
annuisco, rassicurante.
"Certo, ma, vorrei
solo capire cosa...".
"Davide mi ha
lasciato".
Mi blocco nell'atto
di appoggiare la borsa sul tavolo e, probabilmente in maniera poco
delicata, spalanco la bocca.
"Evita scenate,
già va male così" aggiunge, amareggiata.
"Ma... Cosa... Trudy
questo non ha senso, Davide ti ama e...".
"Smettila! Cosa ne
sai tu di Davide?" mi urla contro, con i pugni serrati lungo i fianchi
e un'espressione sofferente che non dimenticherò mai e poi
mai, perchè su quel viso troneggia sempre e solo un sorriso.
Si gira ed esce a
passo di marcia dalla stanza, dritta fino in camera sua, con me alla
calcagna.
"Trudy, per favore,
se mi spieghi posso...".
"Cosa, aiutarmi? Ma
per favore, che cavolo ne capisci tu?" sbotta, mentre mi oppongo per
non farmi sbattere la porta della stanza in faccia.
"Sei arrabbiata, non
mi offenderò, e poi hai ragione. Tu sei Trudy! Hai sempre
ragione, da quando non mi dai più consigli sto combinando un
pasticcio dietro l'altro!" provo a rincuorarla, e, per fortuna,
ottenendo un suo rilascio sulla presa della porta che mi consente di
entrare.
La vedo sedersi sul
suo letto, con le mani sul viso, disperata come non mai, in un modo che
mi trafigge il cuore.
"Il due maggio era
il nostro anniversario..." inizia, senza guardarmi in faccia.
Mi siedo al suo
fianco, senza dire nulla, ascoltandola solamente con la massima
discrezione e la speranza di essere d'aiuto in qualche modo.
"Mi ha portato alla
pizzeria dove siamo usciti la prima volta, addirittura ci siamo seduti
sulla panchina dove ci siamo dati il primo bacio e... Mi ha chiesto di
sposarlo! Sposarlo! Ho solo ventitrè* anni, accidenti!
Convivere va bene ma... Sposarsi, così giovani, senza alcuna
certezza, per voi vivere a Torino... Pensa che io non lo ami. Ha detto
che la nostra storia può finire perchè tanto non
sono sicura di lui!".
Scioccata nel
ricordare quel turbinio di emozioni, la mia amica scoppia a piangere e
a singhiozzare, ed io non posso fare altro che stringerla a me e
provare a darle un po' di calore umano, cosa che deve esserle mancato
ultimamente anche a causa della mia assenza.
Una cosa del genere,
oltre che assurda, è sul serio difficile da vivere per
chiunque, figuriamoci per una persona che era impegnata con un'altra da
quattro anni, che si ritrova da sola in una casa che certe volte, nei
momenti peggiori, sa essere davvero enorme e poco consolante.
Continua a
singhiozzare, facendomi sentire male per lei, perchè di
solito la scena si svolge sempre e solo al contrario, ma ciò
non fa altro che provare che il nostro equilibrio di giovani donne
è sempre più precario, anche quando si ha una
relazione stabile e duratura.
Le accarezzo i
capelli e la schiena, finchè non si stende sul mio grembo
come una bambina un po' cresciuta che ha bisogno di coccole come non
mai, e rimaniamo così per più di un'ora.
"Ehi, ciao".
"Oh, ciao,
puttanella. Sei di nuovo ubriaca?".
La voce colma di
ironia e scherno di Germana non mi era mancata affatto, ma è
la prima persona a cui ho pensato per avere qualche informazione su
Trudy e le settimane che ha trascorso da sola.
Avrei potuto
chiamare chiunque, Lucia, Alessandra, Marina, ma il mio istinto mi ha
portato per la seconda volta a cercare il suo nome, uno di quelli che
non avevo mai chiamato prima della festa di mia cugina.
"No. Senti, avrei
bisogno di sapere come se l'è passata Trudy ultimamente,
quando ero via..." spiego, passando davanti alla camera della mia amica
e controllando se stia ancora dormendo dopo il lunghissimo pianto
liberatorio, nonostante siano solo le otto di sera.
"Che vuoi dire?"
chiede, ora più interessata.
"L'avete vista
all'università? Le avete parlato?".
In effetti, ora che
ci penso, chiamarla non è stato proprio una cosa
intelligente perchè dopo aver iniziato a piangere Trudy non
mi ha detto altro e quindi non so se ha detto alle altre della sua
situazione.
"Senti, non so dove
vuoi andare a parare, ma comunque sono per strada, vengo a trovarti,
anzi, cucina qualcosa che ho fame, Marina esce con delle amiche e non
ho voglia di cucinare" mi dice solamente, staccando subito la chiamata
per non darmi il tempo di ribattere.
Scioccata, resto per
qualche istante con il telefono in mano come una stupida:
cenerò con Germana. Io e Germana De Santis ceneremo insieme,
come se fossimo due vecchie compari che hanno mille cose da dirsi.
Il pensiero di tutte
le cose che sono cambiate quasi mi dà i brividi, e
ciò mi porta a domandare cosa ne sarà di me, di
Trudy, di Germana, tra solo un anno, visto la precarietà dei
nostri sentimenti.
Tuttavia, la
vibrazione del cellulare mi risveglia da questi pensieri, e noto di
aver ricevuto un sms.
"Tutto
bene il rientro? Posso passare da te così saluto anche
Trudy?".
E' Dario.
Dario, quello che ha
passato il tirocinio a recitare il ruolo del boy toy di Chiara, che mi
ha lasciata sola tante sere, che poi tornava ad essere quello di sempre
quando voleva e mi chiedeva di vedere un film insieme.
Dovrebbe essere il
mio migliore amico, ma ormai non sono più certa di nulla.
"Scusami ma Trudy già
dorme, poi ti spiegherà lei. 'Notte" rispondo
freddamente, sentendomi un po' stronza ma anche ferita al solo ricordo
delle serate passate a studiare mentre lui usciva con mia cugina.
- Calmati, Lena, calmati. E'
tutto ok -.
Per una volta che la mia voce interiore è rassicurante, la
ignoro totalmente, e decido di tenere la mente occupata con la
preparazione della cena.
Ovviamente,
però, il frigo è quasi vuoto, e mi preoccupo
riguardo le condizioni della mia amica: ha mangiato almeno un po' in
questo periodo? Da quanto non fa la spesa?
La mia ancora di
salvezza si rivela essere un pacco di spaghetti, così inizio
a riempire la pentola d'acqua proprio nel momento in cui bussano al
citofono.
Sospiro: che la
serata più stramba della mia vita abbia inizio.
Germana
fa il suo ingresso con aria quasi annoiata, con indosso una delle sue
solite mise appariscenti costituite da una maglia stretta di un arancio
fluo, shorts di jeans sfilacciati e stivali non proprio estivi con un
tacco molto alto.
"Saltiamo 'sti
convenevoli, va" dice, avvicinandosi e lasciandomi un rapido bacio
sulla guancia, cosa che mi stupisce. "Tutto bene? Non rispondere, per
favore, non m'interessa. Che si mangia?".
"Cibo avvelenato, se
non la smetti di fare la parte della disinterresata. Se sei qui
significa che...".
"Mi annoio, Lena, mi
annoio. Da quando non mi vedo con Leo ho tanto tempo libero, sai?"
m'interrompe, come se mi stesse spiegando una cosa da dilettanti che io
sono troppo stupida per capire.
"E non hai altri
amici con cui... Intrattenerti? Di solito fai così" le
ricordo.
Ovviamente, sbuffa e
si getta sul divano, come se fosse una donna famosa stressata dall'orda
di paparazzi che c'è al di fuori della sua finestra.
"Nessuno
è alla sua altezza, ci sto lavorando. Sai, pensavo al tuo
amichetto Dario, l'ho intravisto poco fa in un bar, sembra diverso"
sussurra, velenosamente, oserei dire.
"Serviti pure, penso
sarà felice di dilettarsi con te in qualsiasi cosa
deciderete di fare. Certo, ora il suo tipo ideale è vicino
ai trenta e fa la fashion blogger, ma hai altri interessi che
potrebbero farti guadagnare punti" replico freddamente, chiedendomi
perchè stia tirando in ballo proprio Dario.
Cosa ne sa, lei?
Perchè ha messo in mezzo proprio lui?
Dal canto suo,
Germana ride, divertita, lanciandomi uno dei suoi sguardi da femme
fatale che ha capito tutto della vita e si diverte a vedere come
prosegue quella di chi invece non ne sa nulla.
"Tu sei gelosa di
Dario, ecco perchè non sa di te e Leo. Ti piace, ma non vuoi
ammetterlo. Sei così prevedibile, Lena, mi fai tenerezza!"
sentenzia, divertita.
"Che? Tu sei pazza,
ecco cosa sei! E poi, che divertente detto da quella che non riesce ad
uscire con altri perchè ama un altro, come tutte le persone
normali! Mi ha mandato un sms, sai? Voleva vedermi per parlare dopo che
gli hai detto di no, ma ho rifiutato!" urlo, non sentendomi
più padrona di me stessa dopo la sua ultima frase, che
è stata in grado di scatenare in me una strana sensazione
che non so spiegarmi se non attraverso questo attacco d'ira.
Germana ride di
nuovo e si alza con una sorta di eleganza che non le dona affatto, e ci
ritroviamo una di fronte all'altra.
"Lo so, me l'ha
detto. Mi ha parlato di te, ovviamente non sa che ti conosco, ma nelle
nostre conversazioni tu sei la "brunetta con cui è uscito
prima di conoscermi". Continuiamo a sentirci, ma non osare farmi
domande sul perchè gli ho detto di no per quanto riguarda
l'America" dichiara, scandendo quasi le ultime parole della frase.
Rido di scherno a
mia volta, accennando uno sguardo di sfida.
"Non ti
farò domande perchè so già la
risposta".
"Sarebbe?".
"Non t'interessa,
no? Quindi la terrò per me".
Alza gli occhi al
cielo e poi, come una furia, raccatta la borsa e si avvicina alla porta
come una forsennata.
"Non sei migliore di
me, comunque! Negare i tuoi sentimenti per Dario non ha senso, e sai
che lui prova qualcosa per te a sua volta. Sei solo una fifona
perchè non vuoi metterti in gioco e sai che rischieresti di
perderlo nel momento in cui succederà qualsiasi cosa!".
"Senti chi parla,
quella che non segue l'unico uomo che le sia mai interessato
perchè ha paura di mettersi in gioco!" strillo a mia volta,
sentendo il mio stomaco dilaniato da un misto di rabbia, paura e
addirittura dolore.
Con aria vincitrice,
Germana si volta verso di me e mi squadra con aria di vittoria.
"Non l'hai negato di
nuovo, quindi lo hai ammesso. Ah, e comunque Trudy ci ha detto della
rottura tra lei e Davide, ha seguito qualche lezione ma ultimamente non
viene più all'università e ha incaricato me per
quanto riguarda la festa di fine triennio. Bellissima cena,
complimenti" dice con aria di scherno, uscendo.
"Sai solo fuggire,
ecco cosa sai fare!" le urlo dietro.
"Di nuovo, senti chi
parla. Ciao, puttanella!" esclama, per poi uscire di casa, chiudendosi
la porta d'ingresso alle spalle.
Resto ferma,
nell'ingresso, senza sapere cosa dire, fare o pensare, scossa dalla
discussione come ogni volta che mi capita di litigare con Germana.
Sto fuggendo anche
io? Cosa provo sul serio, perchè non riesco a pensarlo
lucidamente senza farmi troppi problemi?
Non è
normale aver speso le ultime settimane a sbuffare ogni volta che il tuo
migliore amico si vede con tua cugina, fare l'offesa, essere fredda e
distaccata e, tuttavia, non parlarne sinceramente con nessuno, nemmeno
con la tua migliore amica di sempre.
Sta succedendo tutto
in fretta e mi sto comportando come quando ero al liceo, quando, pur di
non affrontare un compito difficile e il suo esito, fingevo che il
problema non ci fosse, mi rinchiudevo in me stessa, senza chiedere
aiuto, e limitandomi ad avere paura di notte, senza riuscire a dormire
bene.
Sentendo di aver
bisogno di un po' d'aria dopo l'assurdo rientro a Napoli, mi affaccio
alla finestra della mia stanza, senza badare al trolley che deve ancora
essere disfatto.
Davanti a me ho il
palazzo di fronte, avvolto nell'oscurità di una tipica sera
primaverile, e giù ci sono i soliti tipi che frequentano il
bar che tante volte ha ospitato le mie domeniche o venerdì
sera con una birra.
"Ehi, Lena!".
Mi riscuoto dai miei
pensieri e, con sommo orrore, noto che a parlare è stato
proprio Dario, che se ne sta seduto ad uno dei tavolini al di fuori di
esso con un paio di amici.
Sospiro e ricambio
il saluto, senza avere alternativa.
"Non voglio sembrare
scortese visto che mi hai già detto di no, ma sembri libera,
posso salire?".
"Oh... Ma Trudy
dorme, non puoi salutarla..." ribatto debolmente, senza sapere cosa
dire, in preda al panico.
"Era una scusa,
volevo parlare con te" ammette, sorridendo in imbarazzo in un modo che
ai miei occhi lo fa risultare adorabile.
Così non
mi rimane che annuire e fargli segno di salire, maldicendomi per aver
aperto quella dannatissima finestra.
Non potevo scegliere
quella della cucina?!
Dario obbedisce,
scusandosi con gli amici e avviandosi verso il mio condominio, ed io,
come una stupida, penso solo a controllare che i capelli siano in
ordine.
Nel giro di un
minuto me lo ritrovo nell'ingresso e, senza giri di parole, si fionda
ad abbracciarmi con una stretta decisa e allo stesso tempo
rassicurante, come se non ci vedessimo da secoli e non da sole sei ore,
quando ci siamo salutati in stazione.
"Scusami, ti ho
mentito" dice, mentre accarezza i miei capelli e si separa da me
lentamente.
"Che vuoi dire?".
"Tu... Sei sempre
più distante, ed hai ragione, voglio dire, durante il
tirocinio ti ho trascurato, ho speso serate intere con Chiara e...".
"Dario...".
"Lasciami finire! Ho
mentito, ci siamo solo baciati, non è successo altro! Lei...
Ha trovato il mio diario, il giorno prima della laurea, ha fotografato
degli estratti a suo giudizio "succosi" e ha detto che li avrebbe
diffusi se non fossi stato il suo accompagnatore per far ingelosire un
impresario con cui voleva uscire da mesi. Mi dispiace, non doveva
andare così, dovevamo trascorrerlo insieme!" si scusa,
sincero come non mai. Prende le mie mani tra le sue e le stringe forte,
cosa che crea un gesto più intimo del dovuto.
"Tu hai un diario?"
chiedo, sbarordita. Sapere che un ragazzo tiene un diario è
come vedere un unicorno rosa!
Dario ha un diario!
"Sì, ho
un diario da circa quattro anni" mormora, arrossendo.
"Sei dolcissimo, non
ho parole" ridacchio, per poi tornare seria. "Scusa, ma allora
perchè mi hai detto che eri andato a letto con lei? Io non
sono l'impresario" noto con disappunto.
"Voleva che tu lo
credessi, dice che non ha digerito il fatto che a Natale uno dei suoi
amici ti abbia chiesto di uscire" spiega.
"Ma potevi dirmelo!
Cioè" mi correggo, sentendo le guance andare a fuoco, "Non
che la cosa mi importi, sono affari tuoi ma...".
"Lena, fidati, non
potevo fare altrimenti. Avevo paura che le cose che ha letto venissero
rivelate ma... Quest'esperienza mi ha aiutato a capire che devo
smetterla di vivere nell'ombra delle mie paure, e ho deciso che d'ora
in poi parlerò con le persone citate nel diario per dir loro
quelle cose che ho sempre tenuto segrete. In un certo senso, devo
ringraziare Chiara" spiega, determinato come l'ho visto poche volte in
tre anni.
Annuisco, senza
-sapere cosa dire perchè, in cuor mio, sento un grande
sollievo, un sollievo decisamente ipocrita: sono felice che lui e
Chiara non abbiano avuto una storia, quando io una ce l'ho avuta sul
serio e lui non ne sa nulla.
Sarebbe il momento
perfetto per parlargliene, ora, ma mentre valuto se essere sincera una
volta per tutte, lui dice: "Comunque, ti va di venire con me alla festa
di fine triennio che sta organizzando Germana? Potrei... Farmi
perdonare per averti trascurato" e mi guarda con aria speranzosa.
Dovrei dire di no,
che ho altro da dirgli, che il nostro discorso deve continuare, ma la
codarda che è in me prende il sopravvento insieme a quella
da ragazzina che sta rinascendo in me dopo tanto, così mi
limito ad annuire e a dire un semplice "Sì" che lo fa
prodigare in un bellissimo sorriso.
C'è
qualche momento in silenzio, poi, senza sapere cos'altro dire, mormoro:
"Comunque, Trudy è a pezzi perchè Davide l'ha
lasciata".
Stupito, Dario
sgrana gli occhi e chiede dettagli, così gli spiego quel
poco che so, in modo da trasformare la serata in una semplice serata
tra amici, come se le ultime settimane non avessero avuto luogo,
nonostante ci siano stati dei significativi cambiamenti.
*Trudy ha un anno in
più agli altri perchè dopo il liceo ha dovuto
lavorare per aiutare sua madre nel suo negozio visto che a causa di un
momentaneo problema economico, ed essendo divorziata, non poteva
permettersi di pagare una commessa.
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Capitolo 18 *** Ventiquattro lunghe ore ***
18vlh
Eccomi qui, dopo due settimane, alias quattro giorni in meno rispetto l'ultimo aggiornamento xD
Miglioro sempre di più, dai!
Comunque, capitolo bello denso, pieno di ritorni, anzi, i protagonisti sono proprio i personaggi
che non vedevamo da un po'.
Siamo ufficialmente nell'ultima parte della storia, gente, e direi che mancano sei
capitoli più l'epilogo, più o meno.
Cercherò di aggiornare presto, perchè vorrei sul serio finire questa storia per
fine maggio, anche se la vedo dura...
Grazie a chi continua a seguire, e spero che mi farete sapere che ne pensate,
anche solo per maledirmi hahaha :D
A presto, buona lettura! <3
18.
Ventiquattro lunghe ore
29 Maggio 2011
Era una calda
sera di maggio in cui, dopo aver studiato tutti insieme, io, Trudy e
Dario decidemmo di cenare insieme con i rispettivi fidanzati e
fidanzate, così ci eravamo trovati tutti e sei a cenare fuori al
balcone, a luce di candela, mentre la signora di fronte si dilettava
nell'arte dello spionaggio per scoprire cosa combinassero quelle due
ventenni che spesso organizzavano serate rumorose con altri coetanei.
"Ho sentito che
quelli del terzo anno del nostro corso hanno organizzato una festa di
fine triennio" disse Daniela, mentre sorseggiava un bicchiere di vino
super economico che avevamo trovato al supermarcato vicino casa.
"Davvero?" squittì subito Trudy, interessata.
"Ah, sì,
l'ho sentito anche io, è opera dei presidenti di facoltà.
Pare si siano divertiti tanto" disse Matteo, accendendo una sigaretta e
ignorando le mie occhiatacce di disapprovazione.
"Ne hai già fumate due, prima" gli ricordai, impaziente.
"Amore, dai, piantala di fare la maestrina... E poi lo so che, male che vada, mi donerai uno dei tuoi polmoni" ridacchiò.
Tutti risero, tranne Dario, ma non ne fui sorpresa: non rideva mai alle pseudo battute di Matteo da quando lo conosceva.
"Comunque, spero lo facciano anche quando saremo noi al terzo anno!" continuò Daniela.
"Voglio vedervi, al terzo anno" disse invece Davide, guardandoci con aria di sfida. "Non avrete nemmeno il tempo di respirare".
"Scemo, non
guastarci la festa! E poi, che ti credi, anche se non siamo ad
Ingegneria Informatica comunque il primo anno è tosto..."
esclamò Trudy.
"Respirare o meno, sarebbe carino. Avremo ventidue anni, chissà come saranno le nostre vite" mormorai, pensierosa.
"Chissà se voi coppiette sarete ancora insieme come me e Davide!" disse la mia coinquilina, ridendo.
"Eh?
Perchè, non potrete lasciarvi anche voi, scusate?"
domandò Daniela, con tanto di linguaccia non proprio matura.
"No, Daniela, se
c'è una certezza al mondo, è che Davide e Trudy
invecchieranno insieme" dissi, sincera, guadagnandomi un bacio da parte
della mia amica e un sorriso da parte del suo ragazzo.
Ah, se solo avessimo avuto una sfera di cristallo per sapere come sarebbero state le cose due anni dopo...
*°*°*°
"Devo dirti delle cose importanti che non sai. Vediamoci domani pomeriggio al parco vicino casa mia alle diciotto".
Rapidamente, scrivo l'sms e lo invio, in modo da non avere ripensamenti e cambi di idee.
Nel frattempo, un cliente mi chiede
una Heineken e obbedisco dopo aver verificato che sia in possesso dello
scontrino, mentre, al mio fianco, seduta dietro al bancone, Trudy
osserva la scena con aria distratta.
Ho deciso di portarla con me a
lavoro per il turno serale per non lasciarla sola, dopo che le ho
imposto di vestirsi e venire con me a seguire le lezioni.
"Ok, può rimanere, basta che
faccia danni" è stato il commento del signor Giacomo quando mi
sono presentata a lavoro con un'ospite, e poi il fatto che sia
mercoledì e che non ci siano chissà quanti clienti aiuta
molto.
"Abbiamo superato la prova di
letteratura inglese, la prof si è decisa a mettere i risultati
dopo quasi un mese" bofonchia la mia amica, con il cellulare in mano.
Mi volto, ricordando che oggi la
professoressa a lezione si sia scusata per il ritardo con cui ha
iniziato a correggere le prove e ci ha assicurato che avrebbe postato i
risultati sulla sua pagina personale in serata.
"Evvai!" esclamo, fiondandomi a
guardare il display del suo telefono. "Venticinque, bene! E tu hai
preso ventisette, wow! Bravissima!" esclamo, entusiasta,
abbracciandola. "Ora con l'orale puoi perfettamente arrivare al
trenta!".
"Non penso proprio, non ho la testa di studiare, ora".
"Trudy...".
"C'è un cliente" dice,
indicando un uomo dall'altra parte del bancone, così, di
malavoglia, sono costretta a voltarmi e a prendere l'ordinazione.
Cinque minuti dopo, dopo aver salutato il cliente, torno da Trudy, che è ancora presa dal telefono.
"Dario mi ha mandato un sms in cui
mi chiede il colore del tuo vestito per la festa, vuole comprare la
cravatta coordinata" dice.
Deglutisco, senza sapere cosa dire
visti gli strani atteggiamenti che ci sono stati tra di noi dopo che,
due giorni fa, ho accettato di andare con lui alla festa di fine
triennio. Ci comportiamo come sempre, solo in maniera più
garbata e senza le nostre solite frecciatine, e in più non
abbiamo idea della situazione in cui ci troviamo: cosa rappresenta la
festa? Un semplice party, un appuntamento? La sola idea mi fa girare la
testa.
"Rispondi che non sarà un
ballo di fine anno americano e che potrà vestirsi come vuole"
mormoro, evasiva come non mai.
Trudy prima fa una smorfia, poi scrive qualcosa e torna a fissarmi.
"Gli ho scritto di chiederlo a te" spiega. "Non ho tempo per i vostri drammi...".
"Drammi?" domando, con una risata forzata.
"Sì. Non siete più
migliori amici, e non volete ammetterlo. Avete speso qualche settimana
sotto lo stesso tetto, e vi siete allontanati in un modo che al ritorno
vi ha fatti avvicinare ed è chiaro che ci siano sentimenti tra
voi, ma tu sei frenata dall'aver omesso parti fondamentali della tua
vita sessuale e lui lo è dalla paura di perderti. Ora andrete ad
una festa insieme e non sapete con quale ruolo. Se non è un
dramma questo...".
"Trudy, piantala, io...".
"Ciao, Lena".
Trudy sgrana gli occhi come se
avesse visto un fantasma, mentre io, udendo quella voce dopo un mese,
mi immobilizzo, per poi trovare a stento il coraggio di voltarmi e
replicare il saluto.
Leo se ne sta dall'altra parte del
bancone, appoggiato con le braccia ad esso, e mi guarda con una strana
aria, tra l'imbarazzato e il deluso.
Eccoci qui, nel luogo in cui ci siamo conosciuti più di due mesi fa, faccia a faccia ma con un mare di cose non dette.
- Per fortuna che Trudy scelse di
seguire un altro lettore con te, altrimenti ora non gli ci vorrebbe
molto per insospettirsi - mormora quella stronza della vocina nella mia
testa.
"Leo! Leo, ciao, come stai?" domando
stupidamente, visto che l'ultima volta che ci siamo sentiti lui mi ha
chiesto una mano ed io l'ho ignorato.
"Puoi prenderti cinque minuti di pausa?" chiede invece, ignorando la mia domanda.
"Io... Sì, Trudy,
sostituiscimi tu" dico frettolosamente, totalmente in panico, mentre la
mia amica ha una faccia in stile "OMG".
Faccio segno a Leo di seguirmi e lo conduco nel privè del locale, in modo da stare lontano da occhi indiscreti.
"Leo, scusami, so di essere stata una stronza ma...".
Mi blocca, poggiando un dito sulla mia bocca con fare che non posso non negare sia comunque decisamente sexy.
"Ora so che sei human anche tu, eri troppo... Gentle.
Non sono qui per rimproverarti! Volevo dirti che la settimana prossima
parto, torno in America, il mio contratto è scaduto visto che
era per un solo semestre. Volevo salutarti e dirti che mi dispiace che
ultimamente non ci siamo visti" spiega, prendendo la mia mano destra e
stringendola tra le sue.
Deglutisco, un po' a disagio. Dovrei
essere dispiaciuta per la sua partenza, ma una parte di me è
felice di non averlo più nella stessa università, memore
del quasi accaduto di due giorni fa.
"Mi dispiace essermi allontanata, ma
ne sono successe tante e... Non so più cosa voglio, ormai, sono
un po' incasinata e immagino lo sia anche tu" dichiaro, per poi
sentirmi improvvisamente dispiaciuta a dispetto della mia sensazione di
pochi secondi fa.
Nonostante tutto, Leo si è
sempre comportato bene con me, mi ha aiutato tanto nell'essere
più sicura di me, ed io l'ho ignorato dopo aver raggiunto il mio
"scopo".
"Lena, avevo bisogno solo di un'amica ma ormai è andata".
Abbasso lo sguardo, colpevole, ma lui solleva il mio volto con una mano, in modo da farmi trovare faccia a faccia con lui.
"Germana -si chiama così la
ragazza di cui ti ho parlato - tornerà da me, prima o poi, ne
sono sicuro! Volevo solo salutarti e basta, non farti pesare nulla. E'
stato bello conoscerti".
"Anche per me, Leo, grazie di tutto.
Semmai verrò in California, ti contatterò" dico, giusto
per farfugliare qualcosa.
"Lo spero, ma non ci conto visto che ora che vivevamo nella stessa city non mi hai degnato di una chiamata" ironizza, facendomi ridere.
"Hai ragione. Sono stata cattiva" rido a mia volta, felice che l'atmosfera si sia alleggerita.
Fa un cenno positivo, e poi, non so come, mi ritrovo schiacciata contro il muro del privè, con una mano sui fianchi.
"You're a bad girl"
sussurra contro il mio orecchio, e, senza alcun preavviso, preme le sue
labbra sulle mie con forza, baciandomi con un impeto che non ha nulla a
che fare con il romanticismo.
Stupita e decisamente colpita, lo
allontano, confusa al massimo da quel gesto così al di fuori
dalle sue precedenti parole amichevoli.
"Scusa, scusa, se nomino Germana
inizio a fare lo stronzo per essere stato rifiutato, tu non c'entri"
dice, portandosi una mano alla bocca come per eliminare il gesto appena
compiuto. "Sono a pezzi" dice per confermare il tutto.
"Leo, è ok, è stato un
bacio di addio, ma... Magari prima di partire prova a riparlare con
lei" provo a convincerlo.
E' improvvisamente rabbuiato, triste, lo vedo sospirare amaramente e poi rialza lo sguardo in mia direzione.
"Ci provo da un bel po', ma nulla. Comunque... Ciao, Lena, se vuoi passa per un coffee
prima del ventisette maggio" dice semplicemente, porgendomi la mano in
in un modo che lo rende buffo come non mai perchè lo fa sembrare
uno di quei bambini troppo cresciuti e tristi che si vedono nei cartoni
animati.
"Certo" rispondo, per poi abbracciarlo per qualche secondo e sorridendogli.
"Bye" mi saluta, mandandomi un bacio e uscendo dal privè.
"Bye bye" replico, senza smettere di
sorridere con cordialità, per poi tornare dietro al bancone, per
scoprire che, per fortuna, non mi sono persa nessun cliente.
"Ti giuro che l'immagine della scena
in cui Leo ti chiama "bad girl" e ti bacia mi ha aiutato a distrarmi,
nelle ultime dodici ore. Ho riso tanto" dichiara Trudy, sorridendo in
maniera abbastanza sincera e spontanea come non accadeva da giorni.
"Oh, beh, almeno è servito a
qualcosa. Di sicuro Germana non riderà quando lo saprà"
osservo, mentre mi siedo di fronte a lei dietro uno dei tavolini del
bar dell'università.
"Perchè glielo dici? Fà sempre la stronza, con te".
"Non tollererei avere ulteriori segreti, e poi mentire significherebbe che mi è piaciuto, mentre...".
"Mentre?".
"Avrei voluto che fossero state
altre labbra, a baciarmi" ammetto, non riuscendo a non arrossire,
sussurrando come una dodicenne.
Trudy sorride dolcemente e mi accarezza un braccio con gentilezza.
"Se non avessi altro per la testa, starei urlando come la peggiore fangirl del mondo!" esclama, battendo le mani.
"Ma no! Cioè... Trudy,
abbiamo vissuto insieme, siamo stati a stretto contatto, ho paura che
sia solo un abbaglio, un momento di confusione".
"Un momento di confusione che dura
da settimane?" osserva lei, mettendo lo zucchero nel suo bicchierino di
plastica contenente il caffè.
"Può darsi".
Fà un verso scettico, mentre
strappa la bustina di zucchero per versarla nel suo caffè, ed io
la imito, godendomi uno dei momenti "sacri" della giornata, alias il
primo caffè, che mi aiuta a svegliarmi e a sentirmi meno
assonnata e stanca.
Lo sorseggio come se fosse una
bibita prelibata, e quando ho finito mi alzo per andare a gettare il
bicchiere di plastica nel rispettivo contenitore dell'immondizia, salvo
poi rimanere bloccata nel momento in cui una figura agile e magra mi si
avvicina, salutandomi con eccessivo garbo.
Stralunata, e anche infastidita, mi
ritrovo di fronte a Matteo dopo un mese di lontananza, in seguito alla
litigata che ha definitivamente messo fine al nostro rapporto.
"Lena, ciao! Come stai? Sapevo fossi a Caserta per il tirocinio e...".
"Sono tornata" replico brevemente,
per poi fare per tornare al tavolo dalla mia amica, solo che mi
trattiene per un braccio con decisione.
Infastidita, lo strattono in modo da avere il braccio libero, e lo guardo decisamente male. "Che c'è?".
Vedendomi così poco ben
disposta nei suoi confronti, alza gli occhi al cielo - come se quella
strana fossi io - e fa un sorrisino di scherno.
"Per favore, piantala, sono passati secoli e...".
"Matteo, ti conosco, torni da me
solo quando vuoi qualcosa" replico freddamente, non potendone
più del suo entrare e uscire dalla mia vita a piacimento, anche
perchè, ora come non mai, sono certa di non voler più
nulla a che vedere con lui.
"E va bene. Vieni con me alla festa
di fine triennio, ti farò capire che insieme siamo perfetti"
dichiara, alquanto convinto della sua esclamazione.
Senza riuscire a trattenere una
risata, stupendo anche me stessa, scuoto il capo con decisione e lo
guardo con aria di superiorità. "Perfetti, noi? Io che ti muoio
dietro e tu che mi tradisci? Questo è il tuo concetto di
perfezione?" sbotto, alquanto nauseata dal barbaro coraggio di
quell'idiota senza cervello che risulta essere il mio ex. "E comunque
ci vado già con qualcuno" aggiungo.
"Ah sì? E con chi?".
"Con Dario".
Matteo sbianca, incredulo, evidentemente colpito.
"Ecco cos'è, si vede che
pensi a un altro e ciò ti distrae da me" replica, con la testa
bassa e il tono indignato di chi è stato tradito sul serio.
Non potendone più del suo
comportamento assurdo e senza senso, non riesco a fare altro che
fissarlo negli occhi e dire: "Tu sei pazzo. Tra noi è finita,
l'hai voluto tu, mi hai tradito, e ora sono libera di fare ciò
che voglio. Non osare più pronunciare parole così
sciocche e cretine che non sarò più buona come ora e ti
schiaffeggerò senza scrupoli perchè è ciò
che ti meriti. Ti ho amato ma ora non più, quindi trovati
qualcun'altra da infastidire". Scandisco il tutto con estrema calma,
con, al contrario, gli occhi che, se potessero, emanerebbero scintille
infuocate e pericolose.
Totalmente impietrito, umiliato e
ferito, Matteo non replica e si allontana con la testa bassa,
lasciandomi un po' stranita, ma decisamente soddisfatta per la durezza
delle parole che gli ho rivolto.
Quando mi giro, pronta per tornare
da Trudy, noto che Daniela, alias l'ex di Dario, ha assistito alla
scena con le braccia incrociate, e mi fissa come se fossi il male in
persona.
Ricambio lo sguardo, e la vedo avvicinarsi pericolosamente a me, sentendo che per oggi la pace non sarà dalla mia parte.
"Congratulazioni, a quanto pare, dopo un anno, tu e Dario siete usciti allo scoperto" mormora, falsamente compiaciuta.
In un lampo, rivedo davanti a me
tutti gli avvenimenti dello scorso luglio: Dario che rompe con Daniela,
la quale sostiene che l'abbia mollato perchè i suoi pensieri
siano rivolti a me...
"No, Daniela! Che usciti allo scoperto! Andiamo insieme a una festa ma non significa nulla..." esclamo, presa dal panico.
Come potrei mai spiegarle che non so nemmeno io in che cacchio di situazione ci troviamo io e il suo ex?
Ride sarcasticamente, annuendo con
falsa convinzione. "Certo, certo. Povera Lena, il suo ragazzo la molla,
la tradisce, eppure lei non si fa scrupoli a fare lo stesso con i
ragazzi delle altre!".
Si passa una mano tra i corti capelli castani e quasi mi sbuffa in faccia, inonandomi con il suo alito che sa di fumo eccessivo.
"Tra me e Dario non c'è mai stato nulla!" mi difendo.
"Provamelo".
Senza sapere cosa dire o fare, sputo la prima frase che penso, senza rifletterci per nemmeno un misero instante.
"Vacci tu alla festa con lui,
così capirai che non era un'affare di stato e che non c'è
mai stato nulla!" dico, mentre una parte di me mi maledice all'istante.
Al contrario delle mie previsioni,
Daniela spalanca gli occhi e, senza farselo ripetere due volte,
annuisce subito. Sembra decisamente entusiasta da quella prospettiva,
tanto da sorridere improvvisamente. "Guarda che ci conto, diglielo".
"Io... Sì, certo".
"Se non lo farai mi darai modo di pensare che avevo ragione e...".
"Ho capito Daniela, ho capito!" esclamo, esasperata.
Senza aggiungere altro, e puntandomi
contro pollice e indice dopo averli puntati contro i suoi occhi come a
dire "Ti tengo d'occhio", si allontana, soddisfatta come non mai.
Ho a stento il tempo di tornare al
mio tavolo che vedo una trionfante Germana sorpassarmi e scendere le
scale che conducono all'aula in cui avremo lezione e, ovviamente, la
cosa mi puzza alquanto.
Subito dopo la lezione di
Letteratura Tedesca, nel cortile dell'università, mi ritrovo
davanti ad uno spettacolo così pietoso che preferirei potermi
strappare le pupille dagli occhi con una sola mossa.
Trudy mi appoggia una mano sulla
spalla, per supportarmi, ed io sbuffo, desiderando di sprofondare e non
farmi vedere più in giro.
Seduti su una panchina, da soli, ci
sono Germana e Dario che chiacchierano come se fossero sempre stati in
ottimi rapporti, e lei ogni tanto gli sussurra qualcosa all'orecchio
con fare da civetta, mentre appoggia la mano sul suo petto.
Sento uno strano calore al petto, mista ad una voglia di avvicinarmi e spararli entrambi nel più crudele dei modi.
Obbedisco solo ad uno di questi comandi: li raggiungo, rinnovando i saluti, come se non ci fossimo già visti a lezione.
"Lena! Ehi, lo sai che a quanto pare
dovrò andare alla festa di fine triennio con la mia ex
perchè la ragazza a cui l'avevo chiesto non ha avuto il coraggio
di mandarla a quel paese?" dice, improvvisamente sfacciato come l'ho
visto solo quando aveva a che fare con Chiara.
Sospiro, passandomi una mano tra i capelli mentre guardo una gongolante Germana.
"Grazie per aggiornare Dario in
tempo reale, cara" la prendo in giro, sottolineando l'ultima parola.
"Ero venuta a dirtelo proprio ora" gli spiego, infervorata come non
mai. "Posso capire Daniela, mi sono sentita anche io come lei e...".
"Ti faceva schifo l'idea di parlarne
prima con me?" chiede Dario, accalorato come non mai. "Credevo che dopo
il mio invito, le cose tra noi fossero diverse".
"Diverse? Ma se non mi hai detto
nulla, cioè, non mi hai detto con quale ruolo sarei andata alla
festa con te, se come semplice migliore amica o...".
Ovviamente, lui arrossisce di brutto, in evidente difficoltà, mentre Germana se la gode un mondo.
"Dovresti cacciare un po' le palle,
Dario, e non lo dico solo perchè al momento sto scazzata e odio
la stupidità di voi maschi" s'intromette Trudy, stranamente
appropriata nel suo essere inappropriata.
Confermo queste parole con
un'occhiata significativa e odio non poter dire altro, visto che
Germana è in una posizione superiore: conosce i miei segreti e
può smerdarmi in qualsiasi istante.
"Trudy, non sono affari tuoi" sbotta Dario.
"Mi ricorderò di risponderti
la stessa cosa quando mi verrai vicino a chiedermi cosa sia successo
tra me e Davide" replica freddamente lei, ferita.
"Basta!" li interrompo, non riuscendo a vederli litigare a causa mia.
"Basta lo dico io" dice Dario, alzandosi, mentre Germana lo imita.
"Dario...".
"Ho bisogno di sbollire. Mi
capiresti se ti obbligassi ad andare ad una festa con Matteo, no?" dice
semplicemente, allontanandosi senza salutare e lasciandomi così,
immobile, con al fianco solo Trudy che non sa cosa dire proprio come me.
"Stasera
probabilmente farò sesso con Dario, stiamo in giro da oggi, non
è male. Ovviamente, ti tengo in pugno, osa dire qualcosa e ti
smerderò. Ah, e lo confermo: lo faccio perchè ti odio a
morte da quando ho saputo di te e Leo... Magari così ti
ripagherò con la stessa moneta".
Sono stanca di provare paura, dolore e tanto altro nello stesso istante.
Mi ritrovo da sola a casa, visto che
Trudy è stata obbligata da Marina e Lucia ad uscire per fare
shopping con loro, e mi ritrovo a pensare di essere sola anche nei
fatti, visto che tutti coloro che mi sono sempre stati vicini hanno
altro per la testa o si sono semplicemente allontanati.
Dario andrà sul serio con Germana?
Non capisco tutto questo astio di
lei nei miei confronti, visto che sa da settimane di me e Leo... E meno
male che non sa del bacio di ieri! Cosa avrebbe combinato, altrimenti?
E poi, per la prima vera volta, una domanda mi affligge: Dario prova qualcosa per me?
Per alcuni sembra chiaro, ormai, ma
io non riesco a trovare una risposta anche perchè non so bene
come mi sento nei suoi confronti, dopo tanti anni di amicizia.
Rileggo l'sms di Germana, sempre più nauseata, e senza pensarci due volte, scrivo a mia volta un sms.
"Ci ho pensato e sono pronta per quel caffè e farmi perdonare. Sei a casa?".
E' ovvio che quando la mente
è sovraccarica di emozioni, pensieri e problemi, tendiamo a fare
cose stupide, ed io ne sono sempre di più la prova vivente.
Ma se sto sbagliando, perchè c'è sempre qualcuno che mi sostiene, che è dalla mia parte?
"Sure. Ti aspetto" mi viene risposto.
Così, rapidamente, dopo aver
guardato per l'ultima volta il messaggio di Germana, mi faccio una
doccia e indosso i primi vestiti che trovo nell'armadio, diretta verso
una meta che snobbavo da settimane: casa Scott.
La facilità e l'allegria con
cui mi accoglie Leo ogni volta mi lascia sempre più spiazzata,
perchè devo riconoscergli una certa galanteria nonostante sia
già riuscito nell'intento di portarmi a letto.
Casa sua è sempre la stessa,
solo un po' più disordinata visto l'imminente partenza, e
ritrovarmi nel suo soggiorno, sul famoso divano del primo bacio, mi fa
sempre uno strano effetto, perchè mi ricorda quanto io sia
apparentemente cambiata in soli due mesi.
"Mi sento una stupida, vengo da te
sempre quando ho giganteschi problemi e mi sento sola. Dimmelo che mi
odi" confesso dopo la prima mezz'ora di chiacchiere generali.
Dal canto suo, Leo sorride con quel
suo solito modo che lo farebbe sembrare innocente anche se colto in
flagrante nel luogo del reato, e scuote il capo con un cenno di dinego.
"No, mi piace quando vieni a trovarmi, con te non sono mai... Bored!" rivela. "E poi, sono incassinato anche io, quindi ti capisco".
"Non voglio annoiarti con i miei problemi, facciamoci solo compagnia per un po'" propongo, scrollando le spalle.
"E se non voglio farti compagnia?" domanda, avvicinandosi un po' di più a me.
"Me ne vado" sintetizzo.
"Stavo scherzando. Puoi stare qui quanto vuoi".
"Non ti capisco, Leo" ammetto, decisamente confusa.
"Perchè?".
"Perchè sei troppo...
Gentile, ecco! Ti sto chiaramente dicendo che ho deciso di venire qui
perchè mi sento sola, perchè non ho altra compagnia e
tu...".
"Mi piace proprio perchè me lo hai detto, senza nasconderlo" ammette.
Distolgo lo sguardo, sentendomi bugiarda più che mai, e vengo salvata dalla scusa di aver ricevuto un sms.
"Abbiamo appena pomiciato su da lui... Sembrava parecchio, come dire, interessato".
Germana, ovviamente. L'idea di lei e
Dario che pomiciano nella sua stanza mi manda decisamente in tilt, e
non so come riesco a riporre il telefono in borsa come se nulla fosse e
a tornare a guardare Leo.
"Allora... Va bene" dico solo, sentendo la gola secca, senza sapere cos'altro dire.
Anche lui sembra a corto di idee circa la conversazione, poi, come se nulla fosse, torna a sorridere.
"E' stato bello baciarti per
l'ultima volta ieri, al bar" dice, avvicinandosi ancora di più.
Vedendo che non replico, sorride maliziosamente, sfiorandomi una
guancia.
"Perchè era l'ultima volta,
vero, Lena?" domanda, questa volta sussurrando contro il mio orecchio
con un tono decisamente basso ma altrettanto sensuale.
"Leo, se lo sai, perchè me lo chiedi?" rispondo.
"Perchè io sono solo, tu sei sola, possiamo farci compagnia come ai vecchi tempi, se vuoi".
Mi scosto un po', guardandolo negli
occhi. "Ami qualcuno, Leo, e anche io penso di provare qualcosa per
qualcuno, anche se probabilmente ora si stà dando da fare con
un'altra" gli ricordo.
- Leo ama Germana ma ciò non
gli impedisce di fare lo stupido con me, quindi, anche nel remoto caso
in cui Dario sia interessato a me, cosa gli impedisce di andare a letto
con Germana? - mi dice la vocina nella mia testa, facendomi arrabbiare
ancora di più al pensiero di quei due insieme.
"Anche quando ci siamo conosciuti
pensavi al tuo ex, eppure ciò non ti ha impedito di venire a
letto con me. Sono nella stessa situazione, ora" mi ricorda,
lasciandomi un lento e sensuale bacio sul collo.
"Leo...".
"E a quanto pare la tua nuova fiamma ora è con un'altra" aggiunge.
"Leo, senti...".
"Non so come si può fare, sei
fantastica, ho pensato tanto della notte che abbiamo trascorso insieme"
torna a sussurrarmi nell'orecchio, facendo ruggire la ragazza offesa e
decisamente confusa e bisognosa di attenzioni che regna in me da mesi.
Ed è proprio a causa sua che
mi ritrovo ad essere baciata da Leo per l'ennesima volta, come se lui
non aspettasse altro da mesi e mesi.
Si lascia andare ad un bacio
decisamente passionale, voluttuoso, e sento improvvisamente le sue mani
sotto il leggero top azzurro che indosso.
Fisicamente, non posso negare di
sentirmi attratta da lui, perchè rimane un uomo decisamente
affascinante dai modi alquanto persuasivi, ma una parte della mia testa
non fa altro che chiedermi se sia giusto e opportuno commettere un
nuovo errore da aggiungere alla lista degli ultimi mesi.
- Ma Dario è con Germana, e
lei lo sta facendo per fartela pagare! Non devi soffrire solo tu, fai
soffrire anche lei! - penso, proprio mentre Leo inizia a sfiorarmi il
seno.
Presa da queste parole, mi decido a
rispondere al bacio, assaporando la vaga illusione di essere di nuovo
calcolata e desiderata da qualcuno, e così sbottono la sua
camicia.
Ho così tanto la sua
approvazione che, eccitato, mi schiaccia sotto il suo peso e mi fa
stendere sul divano, mentre mi priva a sua volta del top.
Sapendo quanto mi piaccia, lascia una scia di baci desiderosi dal collo al seno, borbottando parole che non recepisco.
Mi sfila anche la gonna, lasciando
qualche bacio ai bordi degli slip, e quando fa per divaricarmi un
più le gambe, lo guardo e rimango stupita dalla visione del suo
volto, come se non fosse giusto essere lì, in quel posto, in
quella situazione.
Per qualche istante, presa da
un'improvvisa eccitazione, ho pensato che al suo posto ci fosse un
altro, e quasi me ne ero convinta.
Ragion per cui mi scosto, mettendomi a sedere, tra la sua confusione e il mio senso di colpa.
"Non posso, pensavo a un altro"
rivelo, indossando subito i miei indumenti come una furia, alzandomi
con rapidità e sentendo quasi la testa che mi gira.
Scioccato da quel repentino comportamento, anche Leo si alza, fissandomi come per studiare quella reazione strana.
"Anche io penso di un'altra ma...".
"Sei bello e sexy, Leo, troverai
qualcun'altra con cui... Distrarti" mormoro, riuscendo, stranamente, a
sostenere il suo sguardo e provando ad essere più decisa che mai.
Lui sospira, scompigliandosi i capelli con aria da uomo vissuto, e poi sorride amaramente.
"Deve piacerti tanto questo ragazzo, è fortunato" osserva.
"Leo, è che non posso
permettermi altri casini e... Nessuno dei miei amici sa che ho avuto
una storia con te, cioè, tutti sanno che non sono stata con
nessun'altro dopo il mio ex e...".
"Non devi giustificarti con me" m'interrompe, serio più che mai. "E' stato bello rivederti. E ti confesso che... I love your boobs!" aggiunge, ridacchiando, come per distogliere la serietà dalla conversazione.
"In italiano si chiamano tette" dico ironicamente, senza sapere cosa dire, imbarazzata.
"Ok. Amo le tue tette" ripete, per poi fiondarmisi addosso e abbracciandomi con una stretta ferrea. "I'll miss you" sussurra.
Comprendo quanto sia sincero dal
fatto che me l'abbia detto nella sua lingua madre, perchè a
quanto pare quando è sconvolto per qualcosa non pensa a tradurre
le parole, come quando mi scrisse di com'era andata con Germana.
Sentendo una stretta al cuore,
causata dal mio non riuscire ad essere onesta con lui nonostante sia
probabilmente l'ultima volta in cui ci vediamo, sospiro e gli accarezzo
la schiena, stringendolo a me.
"I'll miss you too" replico, per poi
lasciargli un bacio sulla guancia quando ci separiamo. "E, comunque,
continua a provarci con quella ragazza, fidati".
Annuisce mestamente, mentre mi guarda raccogliere la borsa e avvicinarmi alla porta.
"Ciao, Leo" sussurro, sentendo un groppo in gola, totalmente in contrasto con il sollievo provato ieri.
"Ciao, Lena. Sono felice di averti fermato, quella sera al bar".
"Ed io sono felice di aver ceduto,
alla fine" replico, lasciando che ora sia lui a baciarmi una guancia
per salutarmi. "Tienimi aggiornata riguardo quella ragazza!".
"Certo, ma solo se uscirai con me se finirà male" ironizza.
Annuisco, ridendo, e, mentre esco
sul pianerottolo e inizio a scendere i gradini, lo vedo che aspetta che
io sparisca dalla sua visuale con la porta aperta, con uno sguardo che
vale come ultimo addio.
Notando che sono quasi le diciotto,
mi dirigo spedita verso il parco vicino casa, ringraziando mentalmente
la mia memoria che, nonostante i mille casini, riesce quasi sempre a
non dimenticare nessun impegno preso.
Mi siedo su una panchina vicino
l'entrata, controllando per l'ennesima volta di avere gli abiti
infilati nel verso giusto vista la fretta con cui li ho indossati, e
provo a concentrarmi solo su ciò che ho da dire al diretto
interessato che ho contattato ieri.
Strano quanto sia facile isolare la
mente quando provi a non pensare a ciò che ti affligge e divide
la tua coscienza in due...
Fortunatamente, nel giro di pochi
minuti, vedo la figura del sempre preciso e rigoroso uomo che sto
aspettando, e gli faccio cenno con la mano, in modo da farmi
notare e farmi raggiungere.
"Scusami per il poco preavviso con cui ti ho chiesto di vederci" mormoro, sperando che vada tutto per il meglio.
"No, tranquilla, immaginavo che ci saremmo visti prima o poi" replica Davide, scrollando le spalle.
Sembra più pallido e
dimagrito, e la cosa non dona affatto alla sua carnagione già
chiara e il suo essere decisamente poco in carne e robusto.
"Innanzitutto, voglio dirti che non è mia intenzione intromettermi...".
"E allora perchè siamo qui?"
chiede, amaramente ironico, fissando dinanzi a sè una serie di
bambini che giocano con un pallone azzurro e nero.
Sospiro pazientemente, visto che mi aspettavo una frase simile.
"Perchè adoro Trudy, le voglio un mondo di bene e so che siete fatti l'uno per l'altra".
"Sai cosa si fa quando si è fatti l'uno per l'altra? Ci si sposa" replica duramente, ferito.
"Sì, ma non subito! Siamo negli anni duemila, Davide, non ci si sposa più subito e...".
"Lena, non sono affari tuoi". Brusco come non mai, Davide si alza, maleducato come non l'ho mai visto prima d'ora.
"Lo so, e so anche di non avere una
relazione duratura come prova del fatto che io possa anche minimamente
avere ragione ma pensa solo al fatto che Trudy abbia dovuto passare la
sua adolescenza sotto il trauma del divorzio dei genitori! Ha lavorato
con la mamma, badato ai fratelli, mentre le sue coetanee uscivano per
andare ad ubriacarsi! Ha visto sua madre soffrire di nascosto, senza
mai dirglielo, e ha odiato suo padre per questo! Non pensi che proprio
per questo voglia fare un passo così grande dopo averci
ragionato per bene, con calma, magari dopo aver trovato un buon lavoro
per non far passare ai suoi figli ciò che ha vissuto lei?" dico
accalorata, senza riuscire a fermare il flusso di parole che provengono
dritte dal cuore.
Quando mi fermo, noto che Davide
è senza parole, un po' perplesso, tanto che apre la bocca e poi
la richiude, cosa che non gli ho mai visto fare.
"Lei ti ama sul serio, e lo sai, ma
ha solo ventitrè anni, e se non ti avesse amato non avrebbe
accettato di venire a Torino con te e di cambiare casa,
università e città" aggiungo.
"Io...".
"Davide, per favore, ripensaci e contattala. Lei non sa che sono qui, mi ammazzerebbe, e lo sai".
Come se gli costasse una fatica immensa, Davide continua a tacere e poi sospira.
"Prenderò in considerazione ciò che hai detto" si limita a dire infine.
"Lo sai che ti presserò
finchè non ti farai vivo, vero?" gli faccio presente, dandogli
un pugno amichevole sulla spalla.
Annuisce con un sorriso mesto, poi,
senza dire altro, mi saluta e se ne va, immerso nei suoi pensieri,
lasciandomi con la speranza di aver combinato almeno una cosa buona
nelle ultime ventiquattro ore.
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Capitolo 19 *** Tutto ciò che vuoi ***
19ffac
Capitolo pieno di emozioni e... Non vi anticipo nulla xD
Che dire, non so come sia riuscita a finirlo perchè l'avvicinarsi della sessione estiva non aiuta affatto...
Spero vi piaccia e che mi farete sapere che ne pensate!
Grazie a chi continua a seguirmi :D
Un bacione,
milly92
Capitolo
19
24 Settembre 2010
C'era troppa gente fuori
la segreteria, davvero troppa per i miei gusti, abituata com'ero ai
numeri ristretti della mia classe del liceo.
E le ragazze, poi,
com'erano... Strane, grandi, diverse da me!
Super truccate - quasi
mascherate, oserei dire - con abiti non proprio comodi, orecchini
giganteschi, occhiali da sole enorme e capelli perfettamente piastrati
e setosi.
Abbassai lo sguardo
sulla gonna di jeans, le mie amate Superga e la semplice maglia verde e
larga che nascondeva quella pancia in più che odiavo e
sospirai, sentendomi così piccola e insignificante a
confronto delle mie future colleghe.
In un episodio di Gossip
Girl, Serena diceva: "L'università è come il
liceo, solo con i libri più costosi", e il solo ricordarlo
mi fece venire i brividi.
No, non volevo rivivere
il liceo! Volevo un'esperienza nuova, unica, che mi cambiasse,
insegnasse tanto e mi rendesse una persona matura...
Ce l'avrei fatta? Avevo
i miei dubbi, onestamente.
Sospirai, pensando alla
casa nuova, all'imminente trasloco, alla fototessera per il libretto
universitario che non mi piaceva affatto...
"Scusami, anche tu sei
qui per l'immatricolazione?".
Una voce maschile mi
risvegliò dai miei pensieri e quasi tremai per la sorpresa.
A parlare era stato il ragazzo che stava facendo la fila davanti a me,
che mi sorrideva con un'aria che avrei definito sincera.
Sembrava avere la mia
età e, come me, aveva la tipica espressione da matricola
impaurita.
"Sì, per la
facoltà di Lingue" risposi educatamente.
"Anche io, ho scelto
inglese e Tedesco".
"Oh, anche io!".
Il sorriso del ragazzo
divenne più ampio. "Non l'avrei detto, cioè,
sembri più una da Francese e Spagnolo".
"Odio il francese"
risposi.
"Io non l'ho mai
studiato... Comunque, beh, piacere, io sono Dario!" aggiunse,
porgendomi la mano.
"Piacere, Lena" risposi,
stringendola.
"Lena? E' un
diminutivo...?".
"No, no".
All'epoca non lo sapevo,
ma una semplice fila in segreteria mi aveva appena dato l'occasione di
conoscere una delle persone più importanti che mi avrebbero
accompognato in quel tortuoso percorso di studi.
*°*°*°*
Quando il proprio mondo viene sconvolto da mille incertezze e uno stato
perenne di confusione, si arriva a pensare ai problemi dei mesi scorsi
e addirittura a riderne per la loro futilità.
Non riesco a non pensare al tempo perso dietro Matteo, e a sentirmi
sollevata circa la scomparsa di qualsiasi sentimento nei suoi confronti.
Il sollievo è ciò che provo anche riguardo l'aver
fermato Leo prima di commettere un altro brutale errore che avrei
rimpianto nei mesi a venire, mentre non riesco a capacitarmi della
stronzaggine di Germana, del contenuto dei suoi sms, anche se, avendo
baciato Leo poche ore fa, non sono proprio in una buona posizione.
E' proprio questo pensiero ricorrente che, dopo cena, mi spinge a casa
sua e di Marina con la scusa di dover prendere Trudy che è
ancora con loro da oggi pomeriggio.
Vengo accolta con i residui della cena giapponese presa dal ristorante
giapponese più vicino e del vino bianco, ma reclino
l'offerta con un mezzo sorriso.
"Trudy, prendi tutto tu, so che adori questo tipo di cucina" dico.
"Ok, grazie! E comunque Davide mi ha mandato un sms, ci vediamo domani"
aggiunge, speranzosa.
Il mio sorriso da mezzo diventa intero, e sento di aver fatto sul serio
qualcosa di buono, oggi.
"Davvero? Meno male, dai" rispondo, abbracciandola.
Mentre Marina aggiunge qualche considerazione sugli avvenimenti futuri,
la figura di Germana si trascina in cucina, con il solito sorrisetto
strafottente dipinto in faccia.
"Brunetta,
vieni in camera mia, devo dirti una cosa" esordisce, con tono imperioso.
Sentendo un'enorme voglia di schiaffeggiarla lì, davanti a
tutti, reprimo i miei impulsi primordiali - anche perchè,
altrimenti, darei vita ad una scena simile a quella di Mean Girls in
cui Cady immagina di gettarsi addosso a Regina per picchiarla - e
annuisco, seguendola senza dire una parola.
"Allora, ti sei divertita con Dario?" domando subito, senza riuscire a
tenere a freno la lingua.
"E tu, ti sei divertita con Leo?".
Vedendo la mia faccia sconvolta, ride con gusto, squadrandomi da capo a
piedi.
"Co...?".
"Mi ha chiamato. Mi ha detto di essersi visto con la Brunetta di cui mi
ha parlato, di averci provato con lei per una sorta di ripicca, ma che
poi lei non c'è stata perchè pensava ad un certo
ragazzo".
Non riuscendo a non arrossire, abbasso lo sguardo, studiando il
pavimento anni ottanta marrone con i rombi neri che, ad un tratto, sono
più interessanti che mai.
"Comunque tu ti sei data da fare di più con Dario..."
mormoro debolmente.
"No, ti ho preso in giro. Io e Dario abbiamo solo pranzato insieme, non
m'interessa il tuo amichetto. Bella reazione, comunque, sei gelosa
marcia, ho vinto io!" urla trionfante, brandendo un pugno in aria.
Senza fiato, con la bocca spalancata per la sorpresa, scuoto il capo,
scossa al massimo.
"Ma... Ma sei seria?" sbotto, incredula. "Ti senti, quando parli?".
"Oh, sì, ed è uno dei piaceri più
grandi della mia vita*. Dopo il sesso, ovviamente" replica con
tranquillità.
"Germana, tu non stai bene! Chi ti credi di essere? Giochi con le
persone come fossero burattini nelle tue mani, e sono sicura che lo fai
perchè "Ti annoi" senza Leo! Ti ha avvertito riguardo oggi,
cosa vuoi di più? Dove lo trovi un ragazzo così?
Ti ama davvero, e non sto dicendo che devi andare in America da lui, ma
almeno si trova una soluzione qualsiasi e...".
"Ho raggiunto il mio scopo, mi sono divertita per oggi, ora vattene" mi
ordina, improvvisamente seria e adirata, con aria imperiosa.
"Germana...".
"Vattene!".
Addirittura arriva a strattonarmi con violenza pur di farmi uscire e mi
sbatte la porta in faccia, chiudendola a chiave.
"Sei una scema! Almeno io...".
"Stai zitta, stronza! Vattene!" mi urla contro in risposta, con una
nota di pianto mista a rabbia nella voce.
Scossa da quel repentino cambio di umore, torno in cucina, dove Marina
e Trudy mi guardano senza capire, evidentemente a causa delle urla.
"Uno dei nostri soliti litigi" minimizzo, scrollando le spalle. "Trudy,
andiamo a casa?".
"Veramente le ho chiesto di dormire qui, è un problema?"
chiede speranzosa Marina.
"Oh, no, no" replico. "Ci vediamo domani".
"Passo a casa prima delle lezioni" dice Trudy, lasciandomi un bacio
sulla guancia.
Annuisco, ricambiando il bacio, e dopo un ultimo saluto esco di casa,
sentendo una gran voglia di urlare per il modo in cui Germana mi fa
arrabbiare ogni volta ma, allo stesso tempo, urlare di sollievo
perchè tra lei e Dario non c'è stato nulla.
"Salve, signor Francesco! Dario è qui?".
Il giorno dopo, poco prima di cena, mi ritrovo nella libreria dello zio
di Dario, in cui egli lavora da ormai due mesi, perchè non
si è fatto vivo all'università e non sapevo cosa
dirgli se l'avessi chiamato o contattato in qualche modo.
Il signor Francesco, un omaccione simpatico dai grandi occhiali neri e
quadrati, annuisce. "Sì, ma è da tre ore nel
retro con una sua amica che doveva parlargli" risponde, con un tono che
sembra dire "Ah, 'sti giovani di oggi non hanno proprio voglia di
lavorare!". "Infatti dovrei uscire per delle commissioni ma non posso
perchè non ci sarebbe nessuno a sorvegliare il negozio".
"Posso dare uno sguardo io mentre aspetto, se si fida" propongo, anche
perchè preferisco non avere nessuno tra i piedi quando
parlerò con Dario, anche se non so cosa dirgli di preciso,
onestamente.
"Davvero?" domanda, sorpreso.
"Sì, e poi lavoro in un bar, so che non è la
stessa cosa ma...".
"Va bene, mi fido. E poi, cosa potresti mai rubarmi? Libri? Qui ormai
nessuno li vuole...".
"Si vede che non mi conosce" rispondo, ironica, ma zittendomi subito.
"Scherzavo".
Il signor Francesco ride e annuisce, per poi prendere delle chiavi e
una borsa di pelle. "Allora mi fido, eh".
"Certo, stia tranquillo!".
Lo vedo uscire e allontanarsi, così, come ogni volta che mi
trovo in una libreria, inzio ad aggirarmi tra gli scaffali con aria
curiosa, per vedere quali dei libri ho letto, quali conosco, quali
vorrei leggere, quali non ho mai nemmeno sentito nominare.
Generi, autori, colori di copertine diverse scorrono davanti ai miei
occhi, mentre il mio cervello mi ricorda che ho altro a cui pensare.
Cosa voglio dire a Dario?
Che mi spiace per la storia di Daniela, ovvio, e poi?
E poi... Nulla, no? Avrei tanto altro da dire, ma l'essere dispiaciuta
per l'accaduto di ieri è l'unica cosa meno rischiosa che
sento di poter rivelare.
Con un sorriso vedo una copia di "Noi siamo infinito", e ricordo il
giorno del mio compleanno, quando Dario si è fatto trovare
fuori la mia porta a mezzanotte spaccata con una sua copia in lingua
madre - "come piace a me" - come regalo.
Un sonoro "Sei stronzo
come tutti gli altri!" proveniente dal retro mi risveglia
dal mio flusso di pensieri e mi immobilizzo.
Quell'inconfondibile voce è proprio di Daniela, non ci sono
dubbi. Daniela è la persona con cui Dario si sta
intrattenendo da tempo nel retro.
Dopo qualche altra parola confusa, odo un chiaro e distinto: "Lo sapevo
che è sempre c'entrata lei, lo sapevo! Per te ero solo un
passatempo!".
Ancora con la copia di "Noi siamo infinito" in mano, faccio qualche
passo in avanti, incerta.
"Non è vero! All'epoca stavo bene con te, solo ora ho
realizzato la verità!" risponde ad alta voce Dario.
Deglutisco, udendo dei passi frenetici.
"La verità, ha! E sarebbe?".
"Che, nonostante tutto, da quando conosco Lena c'è solo lei
nei miei pensieri. Pensavo fosse una semplice preferenza, una cotta, ma
non è così, non riesco a dimenticarla nonostante
siano passati tre anni!" replica la voce di Dario, mista a dei passi
sempre più vicini alla porta che separa il retro dal negozio
principale.
Incredula, porto una mano alla bocca, proprio mentre la porta si apre,
rivelando prima una paonazza Daniela e poi Dario.
Io me ne sto così, immobile, mentre Dario sbianca e Daniela
sembra sul punto di avvicinarsi e farmi a pezzi.
"Onnipresente Lena" dice invece, sprezzante. "Sono proprio felice che
tra una settimana i corsi finiranno, così non vi
vedrò più. Avevo bisogno di sentire la
verità che ho sempre sospettato, quindi, grazie, Dario,
spero te ne andrai a fanculo al più presto con la tua
amichetta!" strilla Daniela, lasciandoci un'ultima occhiata sprezzante
prima di uscire a passo svelto, lasciando un silenzio imbarazzato e
alquanto pesante.
Dario sembra a sua volta fatto di cera, anzi, una statua sarebbe molto
più espressiva e naturale di lui.
Deglutisco, sentendomi quasi senza aria per ciò che ho
appena udito, e lui alza lo sguardo verso di me.
"Quanto... Quanto hai sentito?" chiede debolmente.
"Io sono venuta qui per scusarmi e tuo zio mi ha lasciato il negozio"
inizio stupidamente, come se me l'avesse chiesto, "E poi ho sentito che
Daniela ti diceva che sei uno stronzo come tutti gli altri".
Annuisce, passandosi nervosamente una mano tra i capelli e poi sulla
faccia. "Te lo avrei detto alla festa e, nel caso non l'avessi fatto,
Chiara ti avrebbe mandato la foto di una delle pagine del mio diario,
quindi... Beh, mi sono anticipato contro tutti i pronostici" mormora,
cercando di ironizzare.
"Ma... Sul serio? Cioè...".
Mi si avvicina cautamente, guardandomi negli occhi, ed annuisce con
serietà.
"Da quando ti conosco ho sempre provato qualcosa per te. Quando ho
conosciuto Daniela pensavo di essere andato avanti, ma poi ho scoperto
che non era così, ecco perchè l'ho lasciata.
Ma... Ero sempre il tuo migliore amico, per te, poi ti sei messa con
Matteo, poi stavi male a causa sua e... Solo ora mi sembra che tu sia
libera. Tutti avevano capito cosa provassi per te, tutti tranne te, e
quando Chiara ha trovato il mio diario ho capito che avevo troppe cose
non dette di cui dovevo liberarmi per vivere la mia vita senza filtri"
spiega.
"Germana ieri si è inventata di aver pomiciato con te, che
magari sareste andati oltre, e... So solo che il pensiero mi ha mandato
fuori di testa" rispondo, dicendo la prima cosa che mi viene in mente,
che ovviamente non c'entra nulla con il resto.
Confuso, Dario si lascia scappare un sorrisino.
"Eri... Infastidita?" chiede, incredulo.
"Tanto" ammetto.
"Lena..." sussurra, con un filo di voce che quasi mi fa venire la pelle
d'oca.
"Perchè... Perchè te lo sei tenuto dentro
così tanto? E' una cosa insana e...".
"Avevo paura, accidenti! Paura di perderti, visto che chiaramente fino
a poco fa i tuoi pensieri erano rivolti altrove!" dice.
Senza sapere cosa dire, abbasso lo sguardo, poi, vedendo che ho ancora
tra le mani "Noi siamo infinito", una parte del mio cervello,
chissà come, ricorda una frase in particolare che si trova
verso la parte finale del libro.
E' così che, sotto lo sguardo nervoso e incomprensibile di
Dario, inizio a sfogliare il volume, con le mani tremanti per
l'agitazione e l'emozione.
"Lena, non mi sembra il momento..." osserva, senza capire.
"Ecco, ecco!" lo blocco invece, come una furia, zittendolo.
In realtà, probabilmente, se qualcuno stesse ad assistere a
questa scena la vedrebbe in un modo decisamente comico e mi prenderebbe
per una pazza squinternata.
"Se piaccio a un
ragazzo, voglio piacergli per quella che sono veramente, e non per
quella che pensa che io sia. E non voglio che se lo tenga dentro.
Voglio che me lo faccia capire, affinchè anch'io possa
sentirlo. Voglio che sia in grado di fare tutto ciò che
vuole, vicino a me" leggo, dando voce alle parole di Sam
nei confronti di Charlie.
"Tutto
ciò che vuole?" domanda Dario, mentre mi allontano di
qualche passo per posare il libro sullo scaffale, giusto per avere
qualcosa da fare e non starmene lì, impalata.
"Certo!" replico senza pensarci, per poi sentire la sua mano attorno al
mio polso che mi attirà a sè con un gesto fluido,
colmo di urgenza ma allo stesso tempo delicatezza.
Mi è oscura la dinamica che mi fa ritrovare stretta contro
il suo petto, con le sue mani attorno alla mia vita e le sue nostre
labbra unite in un bacio timido, calmo, fatto di sospiri che si fondono
con delicatezza e movimenti lenti, cauti.
Qualsiasi cosa che mi circonda si dissolve in un battito di ciglia, e
so solo che il dopobarba di Dario ha un profumo delizioso e che mi sta
baciando con una gentilezza mista ad una sorta di paura di esporsi,
commettere qualche errore, magari essere respinto.
Non lo so cosa ci sia di diverso, so solo che vorrei che mi stringesse
di più, che facesse qualsiasi cosa tranne il porre fine a
questo momento magico.
Si separa per un solo istante, per guardarmi negli occhi mentre mi
accarezza il viso, ed io circondo il suo collo con le braccia per
sentirlo ancora più vicino a me.
"Non sai quante volte ho sognato questo momento" sussurra, per poi
tornare a baciarmi, questa volta con più sicurezza e
decisione, fino a farmi ritrovare - non so come - stretta contro la
parete del negozio.
Per fortuna nessuno entra nel negozio, ma forse ad un primo impatto
nessuno ci vedrebbe perchè siamo nascosti da uno degli
enormi scaffali della libreria, chissà, ho totalmente perso
la cognizione dello spazio e non so nemmeno io come mi stia sentendo,
onestamente, confusa e compressa tra mille sensazioni differenti che si
prendono il gioco di me...
Circa un'ora dopo, immersi in un silenzio abbastanza imbarazzante, ci
ritroviamo sotto il portone del condominio in cui vivo.
"Io... Ehm, sono arrivata" mormoro, indicando stupidamente il portone
che è abbastanza grosso per passare inosservato.
Il ricordo di lui che si separa da me per rispondere al telefono,
sorride timidamente, scusandosi, e poi è obbligato a firmare
alcune consegne, è ancora vivido nella mia testa, insieme
alle poche parole che ci siamo scambiati durante il tragitto dalla
libreria a qui, e mi porta a sentirmi in imbarazzo.
"Oh, sì, sì. Beh, buona... Serata" risponde,
mettendo le mani nella tasca.
"Vuoi... Salire?" chiedo. "C'è Trudy" aggiungo come una
perfetta idiota, maledicendomi nell'istante in cui termino di parlare.
"No, no, grazie, mi aspettano a casa".
"Va bene, perfetto. Allora... Ciao!".
"Ciao!".
"Ciao...".
Ci fissiamo, senza sapere cosa fare, guardando a destra e poi a
sinistra, e proprio mentre faccio per voltarmi, lui fa un passo avanti,
così lo faccio anche io e, in un modo alquanto buffo, ci
scambiamo un bacio sulla guancia frettoloso, per poi ribadire:"Ciao!" e
allontarnarci, ognuno nella sua direzione, senza aggiungere altro.
Quando mi ritrovo nell'ingresso del condominio, mi appoggio al portone
ormai chiuso, sospirando e biascicando un continuo: "Scema,
scema,scema!", senza rendermi conto che la signora del primo piano mi
sta fissando perchè deve uscire ed io la sto bloccando.
"Scusami, posso...?" mi chiede gentilmente.
Alzo gli occhi e mi ritrovo davanti il volto di questa quarantenne
abbastanza divertita e incuriosita, così mi scosto come se
avessi una molla sotto i piedi ed annuisco frettolosamente.
"Sì, si, mi scusi" replico, per poi fiondarmi a salire le
scale come una forsennata, tanto che mi ritrovo fuori il mio
appartamento nel giro di dieci secondi.
Senza che io bussi, Trudy apre la porta, con un'energia stranamente
nuova rispetto a quella degli ultimi, tristi giorni.
"Ho visto te e Dario dalla finestra, ma che combinavate? Sembravate due
scemi" osserva.
"Come è andata con Davide?" provo a cambiare discorso,
mentre poso la borsa.
"Te lo dico dopo. Tu mi nascondi qualcosa!".
La parte più cattiva di me, pensa che non era male la nuova
Trudy taciturna che non se ne fregava di nulla, e nota con disappunto
che la fase "Interrogatorio mode on" sia iniziata subito.
Così non mi rimane che sedermi sul bracciolo del divano del
soggiorno, con lei di fronte che esibisce braccia incrociate a
mò di investigatore e un'aria decisamente curiosa.
"Mi ha baciato" rivelo quindi, sentendo come suoni strano detto ad alta
voce.
Trudy sgrana gli occhi, spalanca la bocca e poi dice: "Giusto per
essere precisi, parliamo di Dario, giusto?" con una risatina.
Senza esitare, le lancio contro uno dei cuscini del divano, lei si
scansa prontamente e poi corre ad abbracciarmi, entusiasta.
"Oh, lo sapevo che ce l'avrebbe fatta dopo l'invito alla festa! Lo
sapevo! Dimmi tutto, tutto, tutto, non tralasciare nulla!" urla come
impazzita, quasi soffocandomi.
La allontano delicatamente, e improvviso un sorriso forzato. "Possiamo
parlarne dopo? Voglio stare tranquilla per qualche minuto".
Accigliata, la mia amica non la smette di squadrarmi come se mi stesse
analizzando, e fa una faccia al limite dello scandalizzato. "Cosa?".
"Posso starmene cinque minuti sola, per favore? Ho appena vissuto un
pomeriggio assurdo e...".
"Quando il ragazzo che t'interessa ti bacia, di solito si chiama
"Pomeriggio fantastico", lo sai, vero?" dice, senza capire, come se
fossi una sorta di aliena.
"Che sono strana non è una novità" dico
rapidamente, alzandomi e dirigendomi verso la mia stanza.
Voglio sul serio starmene in santa pace per un po', senza dover dire
nulla a nessuno, perchè non so cosa dire a me stessa,
onestamente.
E' così strano il solo pensiero di me e quello che credevo
il mio migliore amico che ci baciamo e che poi ci comportiamo come due
perfetti idioti!
Cosa succederà Dario? Ci ha messo tre anni per farmi
scoprire la verità - involontariamente - e ora sembra
rinchiuso in se stesso.
"Lena, ma che ti prende?" continua la mia amica, imperterrita.
"Mi prende che non posso dirti nulla se non so nemmeno io cosa dirti di
preciso!".
"Lena...".
E davanti a quella vocina stridula e implorante, so che non ho
più scampo e che devo vuotare il sacco, esternare i miei
dubbi, descrivere quel bacio così dolce e unico nel suo
genere. Continuo a dirigermi verso la mia stanza, lei mi segue e, non
so come, nel giro di qualche minuto ci ritroviamo come accadde dopo il
mio rientro da Caserta: lei seduta, io stesa sul letto con la testa sul
suo grembo, che parlo, parlo, e lei che dà urletti eccitati
o acuti mentre dice qualcosa come "Oooh!".
"E' stato romantico" osserva alla fine, quando le ho descritto anche lo
strambo modo in cui ci siamo salutati.
"Sì, ma... Avrebbe potuto comportarsi meglio, da... Adulto!
Già l'ho scoperto per caso, perchè l'ha urlato
alla sua ex, ed ora non posso sentirmi a disagio appena lo
rivedrò perchè non so come si
comporterà. Perchè è così
complicato? Di solito ho sempre avuto a che fare con ragazzi che mi
hanno sempre messo a mio agio, invece...".
"Beh, Dario è diverso da Matteo e anche da Leo, se
può entrare nella lista. Ma è questo il bello,
no? E poi, tranquilla, anche Davide all'inizio era sempre impacciato".
"Come mai parliamo di Davide, ora?" chiedo, ricordando che,
stranamente, il tono di Trudy non è risentito o tipico di
chi sta per scoppiare in lacrime.
Trudy mi accarezza i capelli e la vedo sorridere un po' amaramente.
"E' stato onesto al cento per cento" spiega.
"Ah sì?".
Annuisce, lasciandosi scappare un sospiro che può tradursi
con laconico "Uomini!".
"Voleva sposarsi anche perchè sua nonna materna ha lasciato
intendere che, quando si sarebbe trasferito dopo la laurea, gli avrebbe
dato in anticipo la sua parte di eredità se si fosse
sposato, invece di convivere con la sottoscritta" dice, scuotendo il
capo con disapprovazione. "Queste donne anziane che vedono nel
matrimonio la soluzione a tutto!".
"Quanto... Quanto sei arrabbiata?" chiedo, mettendomi a sedere dopo
tanto tempo e sentendo uno strano dolore al collo.
"Un po'. Cioè, Davide ha venticinque anni, è
ovvio che voglia avere una maggiore disponibilità economica
e odio che non me lo abbia detto prima, ne avremmo discusso insieme,
anche se ovviamente non avrei cambiato opinione".
"Lo perdonerai?" domando a bruciapelo.
"Sì, posso capire il perchè delle sue azioni. Ma
ci metterò un po'" aggiunge, facendo l'occhiolino.
Sorridendo, alzo il pollice in segno di approvazione e poi, alzandoci
entrambe, ci lasciamo sfuggire entrambe esclamazioni che riguardano
cosa prepareremo per cena, un po' più sollevate.
Il giorno dopo, l'orario delle lezioni viene troppo, troppo presto per
i miei gusti, e di malavoglia sono costretta ad alzarmi e a prepararmi.
"Il tuo scopo è quello di non piacere più a
Dario?" chiede ironica Trudy, dall'alto della sua tazzona di latte e
caffè.
"Eh?".
"Levati quella maglia larga, e aggiustati quei capelli, sembri una
barbona" dice più direttamente, ma sorridendo candidamente.
Abbasso lo sguardo sulla mia maglia bianca con la scritta "Harlem
Shake" verde e metto il broncio mentre mi verso il caffè in
una tazzina. "Uno, a Dario piaccio da quando avevo la quarantasei e mi
vestivo peggio, due, per favore, oggi fatti gli affaracci tuoi, anche
con Marina e le altre" rispondo, ma solo dopo aver bevuto quel sacro
nettare che per me è l'essenziale per iniziare anche solo ad
esprimermi di prima mattina.
"Ok, ma non ci vorrà molto per capire che c'è
qualcosa dal momento in cui vi comporterete come due idioti" sentenzia,
sospirando.
Non replico, passandomi una mano tra i capelli e prendendo dei biscotti
con le gocce di cioccolato, immersa nei pensieri.
"Io che ti prendo in giro e tu non ribatti. Record".
"Trudy, per favore... Ho speso mezza nottata a pensare, ho sonno e ho
mille cose per la testa" la imploro, con una voce piagnucolante che di
sicuro non mi dona affatto.
"E hai pensato...?".
"Devo dire la verità a Dario. Devo raccontargli di Leo, devo
farlo, anche se questa specie di cosa che c'è tra noi non
andrà avanti. Non ne posso più" dico
sinceramente, sentendo lo stomaco rivoltarsi al solo pensiero.
Procrastinare non serve a nulla, e fino ad ora ha creato solo ulteriori
casini all'interno della mia vita. E poi, volendo, ciò che
gli dirò non sarà poi così tanto
grave, no? Dovrà solo perdonarmi l'enorme omissione di
questi mesi, giusto? Il fatto che Leo sia un nostro prof non
può farlo arrabbiare più di tanto, no?
"Fai bene" annuisce la mia amica, sorridendomi. "Andrà tutto
bene".
Annuisco debolmente a mia volta per autoconvincermi, mentre il citifono
di casa suona con il suo solito rumore fastidioso.
"Vado io!" si anticipa Trudy, così mi siedo tranquillamente
e addento un altro biscotto, godendomi il dolce sapore del cioccolato
che tanto amo.
Nel giro di cinque secondi, la mia coinquilina torna, sorridendo
maliziosamente. "E' Dario, ti aspetta giù, mi ha chiesto di
farti scendere" dice tutta emozionata, come se fossi sul serio un
membro delle sue coppie preferite di qualche telefilm.
Quasi mi strozzo con il boccone e mi affretto ad ingoiare, per poi
guardarla allarmata.
"Muoviti!".
"Ma... Perchè? Tra un'ora c'è lezione! Ci saremmo
visti lì".
"Non fare domande e scendi, cialtrona. Anzi, no, aspetta!".
Senza capire, la vedo correre fuori dalla cucina e poi tornare
rapidamente con un top glicine tra le mani. "Cambiati, su!".
"Ma tu sei...".
"Fornita di buon gusto, sì, cara barbona. Se non ti sbrighi
ti spoglio io" mi minaccia.
Sbuffando spazientita, obbedisco, togliendomi la comodissima t-shirt e
indossando quello striminzito pezzo di stoffa da cui si vedono tutte le
forme.
"Fai la brava e non commettere atti osceni in luogo pubblico!" mi
prende in giro Trudy mentre mi avvio verso la porta di ingresso.
Tuttavia, non rispondo, in preda ad un'assurda ansia che mi fa pentire
di aver mangiato quei biscotti che ora stanno facendo la lotta tra loro
nel mio stomaco.
Scendo rapidamente tutte le rampe di scale, prendo un bel respiro prima
di aprire il portone di ingresso e ci trovo subito fuori Dario, che
appena mi vede si esibisce in un sorriso tra il timido e lo smagliante.
"Buongiorno" mi saluta, avvicinandosi.
"Buondì" replico, sforzandomi di sorridere senza risultare
scema.
Come ieri sera, mi saluta con un bacio sulla guancia e poi mi guarda
negli occhi, a pochi centimentri dal mio viso.
"Scusami se ti ho fatto scendere in anticipo ma volevo salutarti
perchè oggi non verrò a lezione, devo aiutare mio
zio con le consegne che sono arrivate ieri" spiega rapidamente, quasi
inciampando nelle parole.
"Ti credo, le ho viste" rispondo, provando a ironizzare ma riuscendo
solo a far imbarazzare entrambi visto il revocato ricordo di
ciò che è effettivamente successo tra le mura di
quella libreria.
"Io non tanto bene, ero troppo preso da... Altro" ammette.
"Dario... Ne parleremo mai senza sottintesi?" chiedo, seppur
sussurrando.
Annuisce prontamente, accarezzandomi un braccio. "Sì,
scusami, so di essere troppo impacciato, ma è che non
credevo che una cosa simile fosse possibile e...".
"Non è che hai baciato Megan Fox ieri, eh" replico,
facendolo ridere di gusto, un po' più tranquillizzato.
"Ecco perchè mi piaci così tanto. Stanotte non ho
fatto altro che pensare al bacio e a... Cosa ne pensi tu" rivela
cautamente.
Ecco, ovviamente vuole sapere cosa provo io, mi sembra logico.
Mi mordo il labbro, esitante, scegliendo le parole con cura. "E' un po'
che non mi sei indifferente, dal tirocinio, ma non so dirti altro,
è successo tutto così in fretta che devo ancora
capire bene cosa sei per me. Da quel che ho capito tu ne sei
più sicuro, e mi dispiace, ma...".
"Allora potremmo iniziare ad uscire insieme, se ti va" mi interrompe,
speranzoso.
"Certo, è l'ideale, anche se, diciamolo, fa un po' strano
visto che ti ho sempre considerato il mio migliore amico".
"Non me ne potrebbe fregare di meno" esclama, per poi abbracciarmi e
stringermi a sè con una decisione che mi fa sentire al
sicuro come non mai.
Rimaniamo così, mentre la vita quotidiana di una semplice
mattinata Napoletana va avanti con le sue auto e numerosi motorini che
riempiono l'aria con i loro mille rumori assortiti.
"Allora ci vediamo domani alla festa" dice lui quando ci separiamo."Ed
è un appuntamento, visto che volevi saperlo".
"Va bene" rispondo, sorridendogli, alquanto sollevata per questa
chiarezza così inaspettata che rende la situazione
più leggera rispetto a quella di ieri sera.
"Io vado al negozio allora".
"Ed io salgo".
"Non andare a lezione vestita così" aggiunge poi, con uno
scatto, facendo l'occhiolino.
"E perchè mai?".
"Perchè troveresti in un batter d'occhio qualcun altro con
cui uscire, bella come sei" rivela, avvicinandosi e baciandomi senza
alcuna esitazione, ma senza trattenersi a lungo, lasciandomi
decisamente scombussolata. "Hai visto? Sto imparando a fare quello che
voglio".
Non riesco a fare altro che non sia sorridergli e urlare:
"Sì, ma non te ne approfittare!" mentre lo vedo risalire in
macchina, salutarmi con la mano e allontanarsi, piacevolmente
scombussolata da quel ragazzo che ora si trova al mio fianco per un
motivo decisamente differente rispetto a quello ricoperto di solito.
"Viva i Dana!".
Alzo la testa e vedo Trudy che urla dalla finestra, tutta emozionata,
come se stesse sul serio guardando un telefilm.
"Spiona!" le urlo contro, arrossendo.
Lei sorride maliziosamente e poi sorrido anche io mentre mi avvio verso
il portone, per poi tornare seria quando ricordo che devo raccontare la
verità circa gli ultimi due mesi al ragazzo che mi ha appena
baciata.
*Battuta rubata a Sheldon Cooper di TBBT xD
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Capitolo 20 *** A Painful Case ***
20cap
Questo
è uno di quei capitoli che non hanno senso se non vengono
scritti senza fermarsi, ed è così che è successo a
me.
Ho scritto solo l'inizio qualche giorno prima e poi il resto
è frutto di quasi quattro ore di scrittura matta e disperata xD
Comunque... Siamo alla fine, gente!
Oltre a questo, mancano due capitoli e poi l'epilogo.
Ho letto che molti di voi non si aspettavano gli avvenimenti dello scorso capitolo, e sono curiosa di
sapere cosa ne penserete di ciò che accade in questo.
Ovviamente, non vi anticipo nulla ;)
Il titolo del capitolo è preso da una delle short stories di "Dubliners" di James Joyce,
che sto studiando e amando alla follia.
Ah, e visto che ormai conosciamo tutto ciò che c'è da
sapere sui personaggi, non ci saranno più i flashback iniziali.
Aggiornerò presto,
buona lettura! :D
Capitolo 20
A Painful Case
Quante volte ci soffermiamo a
pensare al passato, alle nostre scelte, alle persone che ci siamo
trovate al nostro fianco senza sapere come?
Ci ritroviamo a ridere per delle
cose che all'epoca credevamo importanti, o a sopravvalutare altre che
prima ritenevamo di poco valore, ma sempre con un enorme sorriso
nostalgico stampato in faccia, perchè, belli o catastrofici che
siano, questi eventi ci hanno condotto ad essere ciò che siamo.
E' così che, senza sapere
come, mentre sono sotto la doccia per prepararmi in vista della
fantomatica festa di fine triennio, mi ritrovo a rivivere il meglio e
il peggio di questi tre lunghi anni, dalle classiche nottate passate
sui libri con Trudy alle improvvisate serate in compagnia di amici e
birra scadente.
C'è stata l'epoca della
felicità assoluta, della spensieratezza e della reale scoperta
di ciò che significa avere vent'anni e sentirsi felici e
appagati per come procede la nostra vita, poi quella del crollo di
tutte le speranze e, infine, quella dell'incertezza, di scelte
sbagliate ma che comunque ti aiutano a crescere e a capire che alla tua
età non puoi controllare nulla e devi stare alle regole di quel
bizzarro gioco che è la vita.
Lentamente, il flusso di pensieri
giunge agli avvenimenti di Marzo e, nonostante sia terrorizzata dal
dover raccontare tutto a Dario, non riesco a pentirmi di nulla se non
di non essere stata sincera con lui e Leo.
Ho imparato a sentirmi più
sicura, ad andare avanti, e non so come potrei pentirmi di aver
conosciuto una persona come il mio professore, una persona che non ti
manda al diavolo nonostante tu l'abbia ignorato nel momento del bisogno
e che, a differenza tua, non ti ha mai detto bugie e ti ha sempre detto
come stanno i fatti.
- Tra quattro giorni partirà - penso,
e, improvvisamente, il pensiero di non poter più vederlo quando
ho bisogno di due parole di conforto mi riempie di angoscia.
Sì, ho sbagliato, gli sono
sempre stata vicino solo quando ne avevo bisogno, quando tutti i miei
amici non c'erano per me per vari motivi, ma, almeno questo, lui lo
sapeva e non se l'è mai presa.
Dovrei dirgli che sono una sua alunna?
No, certo che no, che senso ha? Non lo vedrò più, quindi almeno non ci saluteremo con rancore, giusto?
"Lena, sei in bagno da tre ore, sbrigati!".
La voce petulante di Trudy mi
risveglia dall'eccessivo flusso di pensieri, così, dopo un: "Ora
esco!", mi affretto a uscire dalla doccia e a indossare l'accappatoio,
con il residuo di tutti quei pensieri che continua a rimbombarmi in
testa.
"A' bella!".
Non ho nemmeno il tempo di uscire
dalla mia stanza e recarmi in soggiorno che mi ritrovo un Damiano
alquanto sorridente di fronte, pronto ad esibire la sua migliore
occhiata da "Se non fossimo amici ci proverei con te".
"A' scemo!" lo rimbecco, per poi avvicinarmi e abbracciarlo. "Sei vivo, quindi! Non ti vedo da secoli!".
"Ho fatto il tirocinio anche io, non
sei l'unica impegnata, qui" mi ricorda, dandomi un bacio sulla guancia.
"Comunque, vai con Dario, eh? Ci avrei scommesso!".
Provando a non arrossire, abbasso lo
sguardo, sorridendo imbarazzata. "Che tu andassi con Trudy invece non
l'avrei mai detto" lo rimbecco, provando a cambiare argomento.
"Beh, sai, è il mio dovere
provare a tirar su le donzelle tristi e sole" minimizza, scrollando le
spalle e lisciando la superfice della giacca grigia che ha indossato
sui jeans scuri.
"Prova ad allungare le mani e te le spezzo. Lo sai che a breve tornerà con Davide, no?".
"Sì, me l'ha accennato, ma sai, so essere molto persuasivo" dice, facendo l'occhiolino.
"Provaci e...".
"Non essere minacciosa, dopotutto
sei una di quelle che ha pomiciato con me, anche se per finta" mi
ricorda, riferendosi al giorno in cui, durante una delle mie lotte
contro Germana, fingemmo di esserci trattenuti insieme prima delle
lezioni, mandandola su tutte le furie.
"Tanto lo so che scherzi".
"E va bene, sì, scherzo. Ma
non scherzo sul fatto che sei una delle amiche che più mi
mancherà, quando tutto questo sarà finito" rivela,
decisamente sincero e senza alcuna ombra di sarcasmo dipinta in faccia.
"Vale lo stesso per me" ammetto, e
ci riabbracciamo, suggellando un'amicizia che nonostante le numerose
assenze e il non sentirsi quasi mai è riuscita a sbocciare e a
rimanere sempre la stessa, anno dopo anno, se non modificandosi in
meglio.
"Ehi, che fai, ti getti addosso al
mio accompagnatore? Il tuo non ti basta?" irrompe la voce di Trudy alle
nostre spalle, falsamente severa.
Mi giro, ridendo. "Scema, aggiungiti anche tu a questo abbraccio!".
"E va bene! Goditelo, Dami, che sarà l'unica forma di contatto che avrai con me, stasera!".
Ridendo, ci ritroviamo tutti abbracciati, commemorando in qualche istante tutti i momenti passati insieme.
Poi, il mio cellulare squilla, rivelando una chiamata persa da parte di Dario.
"Io... Scendo, Dario è
arrivato" mormoro senza fiato, improvvisamente presa da un'ansia
assurda, e non solo perchè sto per trascorrere una serata con
colui che è sempre stato il mio migliore amico e che ora, a
quanto pare, è il ragazzo con cui sto iniziando a vedermi.
"Che senso ha scendere se la festa è su in terrazza?" chiede Trudy.
"Quanto sei ingenua, Trudyna,
i due piccioncini si devono prima salutare, fare cose sconce e poi
raggiungere noi comuni mortali" la rimbecca Damiano, guardandomi con
una malizia assurda.
"Scemo!" riesco solo a dire, con le mani tremanti mentre ripongo il cellulare nella pochette blu abbinata al vestito.
"Non fare la santarellina, Lè, Dario ti muore dietro da anni ed è normale che...".
"Buona serata, ci vediamo dopo!" dico solamente, uscendo in fretta di casa nonostante le scarpe dal tacco abbastanza alto.
Cavoli, direi che Trudy e Damiano sarebbero una bella coppia se lei non fosse fatta per Davide!
Entrambi impiccioni esperti nel
descrivere gli scenari più scomodi e imbarazzanti, entrambi
ficcanaso e peggio di uno stormo di fangirl che vivono solo per la loro
cosiddetta "OTP"!
Cerco di scendere le scale senza
problemi e cautamente a causa dell'abito che dietro è
eccessivamente lungo mentre davanti arriva a poco più di
metà coscia, e quando arrivo all'uscita del condominio prendo un
bel respiro, chiudo gli occhi per qualche istante e poi mi decido ad
aprire il portone ed uscire, trovando un elegante Dario che mi aspetta
appoggiato alla macchina.
Quando mi vede, mi sorride, e non
posso non notare quanto sia affascinante grazie al semplice tocco di
una camicia e una giacca, senza occhiali e con l'espressione felice.
Sapere che probabilmente la causa di
ciò sono io mi fa sentire peggio, perchè ciò che
dovrò dirgli probabilmente spazzerà via tutta questa
gioia.
"Ehi... Sei stupenda!" dice, avvicinandosi.
"Grazie. Anche tu stai benissimo" rispondo, lunsingata.
Cade un leggero silenzio, ripreso poi da lui, che si guarda intorno.
"Quindi... Non ho capito bene,
cioè, la festa la fate nel vostro terrazzo ma l'ha organizzata
Germana?" domanda, evidentemente solo per fare conversazione.
"Sì. Cioè, Trudy ne ha
approfittato perchè il padrone di casa è fuori, a
Firenze, ma poi ha lasciato l'organizzazione a Germana dopo i problemi
con Davide. Abbiamo concesso agli altri studenti che vivono qui di
venire, in modo da non avere spie" spiego, torturandomi le mani.
"Ah, capito. Allora... Saliamo?".
"Direi di sì, ormai sono le dieci passate, ci sarà gente, no?".
E, in effetti, la gente è già arrivata, anche se non è proprio numerosa.
Il terrazzo è decorato con
candele, un modestro buffet ma tanti, tanti alcolici, così Dario
subito si affretta a prendere due bicchieri.
"Cosa prendi?" domanda.
"Fai tu, basta che non ci sia la
vodka" rispondo, perchè non voglio nemmeno diventare brilla e
rimanere lucida per tutta la serata.
"Martini rosato?" propone quindi.
Annuisco, guardandomi intorno, per poi scoppiare a ridere nel giro di tre secondi.
"Che succede?" chiede Dario, porgendomi il bicchiere.
"Guarda dietro di me, a destra".
Lui obbedisce, per poi sgranare gli occhi e ridere, con un verso di disapprovazione.
"Matteo e Elisabetta di nuovo insieme, ti pareva! Si meritano a vicenda" commenta, tra l'incredulo e l'esasperato.
"Hai proprio ragione! Brindiamo?" propongo.
Annuisce, avvicinando il suo bicchiere al mio. "Al tuo sorriso che ultimamente è finalmente ampio e sincero" propone.
Non riesco a non sorridere a mia volta, pensando a quanto sia dolce, e bevo un sorso, salvo poi avvicinarmi al suo orecchio.
"E' inutile che fai così,
è il primo appuntamento, non succederà nulla, stasera"
sussurro, sentendolo deglutire impercettibilmente.
"E allora faresti meglio a non
avvicinarti così tanto a me e a sussurrare" replica, con un tono
di eccessivo autocontrollo.
Rido, cercando di non badare a
quanto sia strano flirtare con lui, e come compromesso scelgo di bere
ancora un po', sotto il suo sguardo attento e rapito.
L'arrivo delle altre ragazze allevia
un po' la tensione, anche se la situazione è un po' strana visto
che di sicuro tutti sanno che siamo venuti insieme alla festa ma fanno
finta di non sapere, a differenza di Trudy e Damiano, che si scatenano
sulla pista da ballo e mi obbligano a scattare qualche foto da postare
su Instagram "Così Davide le vede e capisce che non deve
nascondermi mai più nulla".
Germana, invece, avvolta in un lungo
e complesso abito rosso, non mi rivolge nemmeno la parola, ma non ci
bado, perchè per stasera non ho bisogno di ulteriori drammi.
"Non l'avrei mai detto" dice Dario
qualche ora dopo, mentre balliamo una musica stranamente lenta dopo
tutte quelle house e commerciali che si sentono in giro.
"Cosa?" chiedo, mantenendo il contatto visivo.
"Questo. Io, tu, questa festa, questo appuntamento... Mi sembra tutto troppo irreale e... Perfetto,
sai, come se tutto stesse andando per il verso giusto, finalmente, dopo
tanto tempo" rivela, stringendomi di più a sè e
accarezzandomi il volto con dolcezza.
Ovviamente, la mia reazione non
è delle migliori, perchè mi manca l'aria per qualche
frazione di secondo e mi sento uno schifo per essere quella che invece
sa che non è tutto così perfetto, perchè la
sincerità tra noi ha un'enorme crepa che deve assolutamente
essere risanata.
"Cos'hai?" chiede, vedendomi così strana.
Sospiro, per poi stringermi a lui
con forza e beandomi del suo calore. "Vieni, devo dirti una cosa"
mormoro a malincuore, usando tutto il coraggio che possiedo e che ho
provato solo quella volta che sono andata da Leo per dirgli tutto salvo
poi trovare Germana a casa sua e annullare tutto.
Mi separo dalla sua stretta e lo
prendo per mano, trascinandolo fuori dal terrazzo, sotto lo sguardo
curioso di qualche nostro amico.
"Lena, mi dici che succede?" continua a chiedere, preoccupato.
"Aspetta" dico solo, conducendolo
fuori il mio appartamento e aprendo la porta con le mani di nuovo
tremanti, quindi con una certa difficoltà.
Lo faccio sedere sul divano del soggiorno, mentre poso la pochette sul tavolino e mi siedo al suo fianco.
Fissandolo, mi chiedo se dopo la mia
confessione si arrabbierà a morte o sarà solo stupito e
incredulo, ma so che probabilmente non tutto sarà come lo
è ora, almeno non subito.
Perciò, spinta da questo
pensiero, seguo il mio istinto e mi sporgo con uno slancio eccessivo
verso di lui, poggiando le mie labbra sulle sue e ricevendo subito una
pronta risposta a questo bacio che, da parte mia, sa di disperazione e
cose non dette.
So di non essere coerente con
ciò che gli ho detto poco fa, ma, ormai, quand'è che sono
stata coerente ultimamente?
Tuttavia, a Dario non sembra
importare della mia incoerenza, perchè nel giro di pochi istanti
riesce a trascinarmi di peso su di sè, baciandomi con una
voluttà che non pensavo potesse possedere, per poi trattenermi a
sè con una mano su un fianco mentre l'altra vaga sotto il mio
vestito, accarezzandomi con bramosia una gamba.
Sentendo che le cose ci stiano
sfuggendo di mano, pongo fine al bacio, seppur un po' febbricitante e
accaldata, maldicendomi per ciò che ho combinato in passato che
ora mi costringe a porre fine a questo momento. Dario ci sa fare,
eccome!
Colpevole, lui subito distoglie la mano dalla mia gamba e si allontana, seppur guardandomi con un'aria ancora frastornata.
"Scusami, non dovevo, è che non me lo aspettavo, avevi detto che...".
"Ti ho baciato perchè non so
se avrai voglia di vedermi ancora dopo quello che ho da dirti" confesso
tutto d'un fiato, alzandomi e sistemandomi il vestito messo alla prova
dalle sue mani.
Confuso, Dario mi squadra senza capire, in silenzio, sconcertato.
"Cosa devi dirmi?" chiede infine.
"C'è... C'è una cosa
che omesso negli ultimi due mesi, che sanno solo Trudy, Germana, Davide
e Lisa. Avrei dovuto dirtela, ma non ne ho mai avuto il coraggio,
probabilmente temevo il tuo giudizio, non volevo deluderti e..".
"Hai ammazzato qualcuno?" ironizza, forse per alleviare la tensione.
Mi blocco - perchè sto passeggiando freneticamente per la stanza - e scuoto negativamente il capo, amareggiata.
Vorrei saltare questo momento,
quello della confessione, e giungere a quello tanto temuto della
reazione, ma so che è impossibile e che mi tocca pagare le
conseguenze di mesi di silenzio e omissioni.
"Ma no! Io... Vedi, è successo tutto in fretta, mi sentivo insicura dopo la rottura con Matteo e...".
"Lena, che cazzo devi dirmi?" sbotta, impaziente, alzandosi e marciando verso di me, preoccupato.
Maledetta me, maledetta me! Ora
avrei potuto avere una serata fantastica con il ragazzo più
buono e dolce che conosca e invece devo rovinare tutto come al solito!
Ma devo dirglielo, devo, devo, non
posso basare un eventuale rapporto su un castello di menzogne fragile
come se fosse fatto di carte.
Non so come, trovo il coraggio di
guardarlo negli occhi, sentendo il labbro inferiore che mi trema come
non mai per la paura e il nervosismo.
"Io... Da marzo ad aprile sono
uscita con... Con Leonard Scott, il nostro madrelingua. Ma lui non sa
chi io sia, ecco perchè non ho mai frequentato il suo corso.
E... Ultimamente l'ho rivisto e ci siamo ribaciati ma solo
perchè ero arrabbiata perchè credevo...".
"Ferma, ferma, ferma! Ma che diavolo
stai dicendo?" mi blocca Dario, con la fronte contratta, un cipiglio
incredulo, la faccia tipica di chi sta ascoltando un'assurdità.
Deglutisco, pensando che potrei
cavarmela in calcio d'angolo biascicando un falsissimo: "Scherzo!", ma
scaccio il pensiero, limitandomi ad annuire tristemente.
"E'... E' la verità. Mi sono cacciata in un pasticcio, lo so, e...".
"Mi stai dicendo che sei andata a
letto con il madrelingua di inglese?" urla, scandendo ogni singola
parola per l'incredulità.
Sento il mio stomaco attorcigliarsi,
le gambe che stanno per cedere e le lacrime agli occhi, ma provo a
resistere e a non accasciarmi per terra.
"Sì, ma è successo
solo una volta! Per lo più siamo usciti! Mi ha visto a lavoro e
ha insistito per conoscermi, non sapevo che fare e...".
Dario, avvilito, si passa una mano
tra i capelli e mi guarda come se fossi un'estranea appena uscita da un
manicomio dopo tanto tempo. Leggo delusione, confusione e sconforto nei
suoi occhi, e sapere di esserne la causa mi fa sentire come il peggior
essere umano esistente.
Ho sempre accusato gli altri di
essere la causa della mia sofferenza, di avermi trattato male, mentre
oggi, anzi, in questi mesi, è toccato a me mentire, omettere
informazioni necessarie per essere sincera con chi dice di tenere a me.
"Quindi, in questi mesi, quando non eri a casa uscivi con lui?".
"Nella maggior parte dei casi,
sì. Ma,ti ripeto, lui non significava nulla, ma mi ha aiutato a
sentirmi meglio con me stessa...".
"Come, facendo la sua puttana?" strilla, con un'occhiata assassina che non dimenticherò mai.
Stordita e colpita nel profondo, sento il fiato mancarmi e il cuore che sta per esplodere di fronte a quell'insulto.
"Cambierebbe qualcosa se non fosse
un nostro insegnante? Anche tu hai avuto storie di sesso occasionale e
non ti ho mai giudicato! Se ce l'hai con me per la bugia va bene,
ma...".
"Ma cosa? In tutti questi anni hai
criticato persone come Germana, Elisabetta, mentre ora non ti fai
problemi a farti un professore, mentendogli, e ovviamente nascondendolo
in giro! Io... Non ho parole, cioè, sei sicura di essere la Lena
che conosco io?".
Non riuscendo a celare le lacrime, trattengo un singhiozzo e lo guardo, vedendolo in maniera offuscata a causa del pianto.
"Non sono la stessa di tre anni fa,
Dario! Sono cambiata! Se ora ho dimenticato il mio ex, sono andata
avanti e ho capito che anche da sola valgo qualcosa, lo devo anche a
quest'esperienza!" gli urlo contro.
"Non sono sicuro che mi piaccia
questa Lena, ed è buon per lei che abbia imparato che anche da
sola vale qualcosa. Io... Non ce la faccio, non ci capisco nulla, non
so chi tu sia" dice infine, sconfortato, per poi alzarsi e uscire di
casa sbattendo la porta, lasciandomi sul serio da sola, in una valle di
lacrime e rimpianti infiniti.
Mi accascio per terra, tremante e
singhiozzante come non mai, sentendo di aver perso tutto, anche quella
che ero solita essere fino a poco fa.
"Lena!".
Saranno circa le tre del mattino, e, a quanto pare, la festa è appena finita.
Me ne sto seduta sul pavimento, in
un angolo della mia stanza, da non so quante ore, illuminata solo dalla
fioca luce della luna e dalla mia coscienza sporca.
Trudy, preoccupata, mi scuote per
vedere qualche mia reazione, visto che mi sta chiamando da secoli ma
non ho avuto la forza di risponderle.
Al suo fianco, spunta Davide, e se non fossi troppo presa dai miei disastri, mi domanderei se hanno fatto pace.
"Trudy" replico, asciutta.
"Che cosa è successo?"
chiede, preoccupata, togliendomi i capelli dal viso e accendendo la
luce con un movimento febbrile.
"Dario sa, gliel'ho detto. E' andata male, ovviamente. Me lo merito" sussurro.
"Oh!".
La mia amica mi stringe a sè,
accarezzandomi e cullandomi come se fossi una bambina delicata, per poi
dire a Davide: "Amore, stanotte dormo con lei, tu dormi nel mio letto"
con aria pratica, per nulla dispiaciuta.
Davide mi si avvicina a sua volta, dopo aver sussurrato "Certo", e mi accarezza una guancia.
"So che ora ti starai odiando, ma
pensa a tutte le cose belle che hai fatto. Mi hai convinto a parlare
con Trudy e ho capito che dovevo essere onesto, ed ora stiamo di nuovo
insieme. Se non fosse stato per te, ci avrei impiegato molto di
più, fidati. Dario capirà, come ha capito Trudy".
"Infatti, grazie, tesoro. Passerà".
"Non credo... Ha detto che sono una puttana" rivelo, sforzandomi di non piangere ancora e ancora.
Loro, agghiacciati, replicano con
voci indignate e poi rassicuranti, e non so come, alla fine, mi ritrovo
di nuovo sola con Trudy.
"Hai fatto la cosa giusta, Lena,
davvero. Ora proviamo a dormire e domani affronteremo tutto insieme, te
lo prometto" mi rassicura, aiutandomi ad alzarmi e continuando a
sostenermi fino a raggiungere il letto.
"Ti voglio bene" riesco solo a dire, con un sussurro ma significativo.
"Anche io, piccola, non sai quanto. Passerà, e te lo dice una che ci è appena passata".
Non tanto convinta ma rassicurata da
quel tono dolce, la riabbraccio, per poi non ricordare nulla di
significativo fino al giorno dopo.
Germana's POV
Lentamente, mi metto a sedere e mi affretto a recuperare il mio intimo insieme all'abito lungo che indossavo alla festa.
Alla mia destra, sento fruscii e rumori vari, e capisco che anche lui si sta rivestendo.
Non mi ero mai sentita così
strana e pensierosa dopo essere andata a letto con qualcuno, eppure
questa volta è così, non so bene cosa dire o fare, e mi
sento estranea nella mia stessa camera.
Tutti sono alla festa, a festeggiare
questi tre anni che, almeno per me, sono volati, a dirsi frase smielate
e di sicuro false, ma tutto questo non fa per me, assolutamente. Ho
festeggiato a modo mio, penso, guardando la bottiglia di vodka alla
fragola appoggiata per terra e quasi tutta intera, eppure mi sento in
tutti i modi tranne che spensierata e felice come lo si dovrebbe essere
dopo dei festeggiamenti.
"Se vuoi puoi rimanere qui" dico,
speranzosa senza volerlo, perchè, sì, accipicchia,
stanotte voglio il calore di qualcuno al mio fianco, solo per illudermi
di sentirmi protetta.
"No, grazie, torno a casa".
"Corri, scappa, mi raccomando, eh" lo apostrofo, sarcastica come non mai.
"Ma no!". Mi si avvicina e mi guarda
come si guarderebbe una creatura maltrattata dal circo, e non lo
sopporto, perchè odio essere compatita dagli altri. "Io... E'
stato inaspettato e immagino sia stato il nostro modo di salutarci".
Sospirando, annuisco, ricordando
quando, circa un paio di ore fa, ci siamo incontrati, anzi, scontrati,
e siamo finiti a parlare di tutto e di nulla, così, non sapendo
perchè, gli ho rivelato di aver deciso di partire e andare a
vivere con mio padre a Bologna e tornare a Napoli solo per sostenere
gli esami, ora che sono finiti i corsi.
Proverò a perdonarlo, a
ricostruire un rapporto, perchè so che non riuscirò mai a
fidarmi di nessuno se non imparerò a fidarmi prima di lui,
l'uomo che mi ha messa al mondo.
"Ti senti in colpa?" chiedo a bruciapelo, sapendo di star indossando il mio solito sorriso strafottente.
"Al momento non so nulla, Germana" mi risponde, neutro e amareggiato.
"Beh, quando lo saprai fammelo sapere" lo prendo in giro.
Rovisto nella mia borsa e ne estraggo un pacchetto di sigarette, offrendogliene una.
"No, grazie. Io... Devo andare, Germana. E' stato bello parlarti".
"Solo quello?" lo provoco.
Non risponde, per poi infilarsi la giacca e lasciarmi un ultimo sorriso di circostanza.
So che non vede l'ora di fuggirsene,
lo so eccome, e trattenerlo quasi mi diverte, mi fa sentire sadica,
perchè non devo essere l'unica a soffrire e a pagare le
conseguenze di scelte sbagliate.
"Vai, vai" dico infine.
"Ciao, ci... Vediamo in giro" mormora, agitando la mano in segno di saluto e affrettandosi ad uscire.
"Ciao, Dario".
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Capitolo 21 *** Quando il Karma Ti Frega ***
21g
Penultimo capitolo, gente! Sono stata rapidissima, visto?
In questo caso, gli esami che incombono aiutano ad aumentare la mai ispirazione, eheh xD
Preparatevi, ormai siamo agli atti finali e ne succedono di tutti i colori, io vi ho avvisato!
Nel prossimo capitolo, l'ultimo, aggiungerò qualche nota alla fine, ora credo sia superflua perchè
la parola sta a voi, sono curiosissima di sapere che ne pensate!
Ci ho messo anima e corpo, sul serio, e ci tengo tantissimo ai vostri commenti!
Ho visto che aumentate sempre di più, quindi... GRAZIE! <3
Visto che ora devo scappare, risponderò alle vostre recensioni stasera, scusatemi! ^^'
Buona lettura e bacioni,
milly92.
Capitolo 21
Quando il Karma Ti Frega
20 luglio 2013
Caro diario,
non ne posso
più di studiare, onestamente. Ho il cervello a pezzi, arrivo a
fine giornata che non so se parlare in italiano, tedesco o inglese.
Ieri, a cena, ho
detto a Trudy: "Wasser, please!" per chiederle l'acqua, rendiamoci
conto... dovrei inventare una nuova lingua, il Tedese o Inglesco.
Comunque, penso a cosa succederà domani, onestamente.
Ho l'ultimo
esame per ora, quello di Letteratura Inglese III, e poi mi
rimarrà solo l'orale di inglese III a settembre, non ci credo.
Dovrei essere
sollevata, tanto ho superato la prova intercorso con venticinque e di
sicuro l'esame, male che vada, si può considerare comunque
superato, ma in realtà sono preoccupata perchè mi hanno
detto che anche Dario sosterrà quest'esame domani.
Ci incrociammo
più di un mese fa, allo scritto di Inglese e quello di Tedesco,
e mi ha ignorato, senza nemmeno salutarmi, dopo che lo avevo chiamato
per giorni e provato a contattarlo in qualsiasi modo, ma niente. Ho
smesso di cercarlo da più di venti giorni, perchè, per
l'amor del cielo, ho sbagliato a non dirgli nulla, ma mi sembra una
reazione esagerata a questo punto, gli ho detto tutto il
ventitrè maggio, sono passati quasi due mesi, avrebbe dovuto
farsene una ragione e affrontarmi, dicendomi ciò che pensa.
E, invece, no,
silenzio. All'inizio mi ero incolpata di tutto, dicendomi che dopotutto
aveva ragione, mentre ora, beh, penso che anche lui non è che si
stia comportando da persona matura. Ci ho messo due mesi per dirglielo,
ma alla fine ho avuto le cosiddette "palle", mentre lui si sta
comportando da bambino.
Pensa di potermi ignorare per sempre? Bah.
Comunque, sono quasi le undici, penso sia meglio andare a dormire, domani l'appello inizia alle nove.
Speriamo bene!
Lena.
"Devo prendere trenta, accipicchia,
non posso permettermi di sbagliare dopo che ho superato la prova con
ventisette!" mormora Trudy tra sè e sè, mentre fa il
pieno di energia con la sua solita colazione pre esame: due toast
grondanti di Nutella, uno yogurt con tre biscotti al cacao e un
bicchiere di latte.
Il solo vedere tutto quel cibo fa
aumentare la mia nausea causata dall'ansia, così mi limito a
bere un bicchiere di succo alla pesca come se fosse il mio ultimo pasto
e fossi condannata alla ghigliottina.
"Si sono invertiti i ruoli, mi sa. A
me basta avere l'esame sul libretto, tornare qui, dormire dodici ore,
fare l'ultima serata di lavoro e poi tornare a casa e andare al mare
con Lisa" borbotto.
"Capisco, ti devi disintossicare un po' da Napoli e... Alcuni suoi abitanti" risponde comprensiva.
"Non c'entra, Trudy, ormai non lo
vedo da un mese. E' che voglio pensare solo ed esclusivamente a me,
dopo tanto tempo. Se ho dimenticato Matteo, riuscirò a superare
anche i casini di questi mesi e ad andare avanti".
"Sai, ci ho pensato ultimamente, e un po' mi sono pentita di averti spronato ad uscire con Leo" ammette la mia amica, colpevole.
"E' stata una scelta mia e... Lo sai
che, in fondo, non me ne sono pentita. Era così bello sentirsi
me stessa, capace di farmi desiderare da un uomo così
affascinante, non avevo nessun problema e senza l'aiuto di Leo forse
sbaverei ancora per quell'idiota del mio ex. Te lo ripeto, rimpiango
solo le bugie, ma ormai è andata" spiego.
"Alla fine avresti dovuto salutarlo, prima della partenza".
Rido amaramente, dopo aver bevuto
l'ultimo sorso di succo. "Trudy, ti ricordi come ero messa? E poi, va
bene così, il nostro addio è stato giusto e bello
così come è stato. Dai, abbiamo un esame che inizia tra
un'ora, diamoci una mossa".
Alla parola esame, la mia amica
scatta all'impiedi e annuisce come se fosse un soldato, diligente come
non l'ho mai vista prima d'ora.
Provando a concentrarmi solo
sull'esame, vado a preparare la borsa, continuandomi a ripetere
mentalmente che ho fatto il possibile per mettercela tutta e che almeno
poi potrò riposarmi un po'.
L'arrivo davanti all'aula in cui si
sosterrà l'esame è lo stesso, identico e preciso di tutti
gli esami precedenti: gente disperata, ragazze sedute per terra con
mille fogli in mano, gruppi di amici che improvvisano un ripasso
all'ultimo minuto per poi finire per sclerare, i soliti non
frequentanti che fanno domande a chiunque circa la docente e il
programma...
Io e Trudy avanziamo lentamente
verso il luogo in cui avrà origine la strage, come per non farci
contagiare da tutta quell'ansia, per poi bloccarci davanti ad una scena
alquanto strana: al centro del corridoio, Damiano e Dario sembrano star
discutendo animatamente, seppur a bassa voce, in un modo che rende i
toni ancora più taglienti.
"Ehm, ciao ragazzi, possiamo passare?" esordisce Trudy.
Sobbalzando, i due smettono di
parlarsi addosso e, mentre Damiano annuisce, Dario mi guarda, con
un'aria che non so assolutamente decifrare.
Nel pallone, tra ansia, imbarazzo e
chi più ne ha più ne metta, mormoro solo: "Grazie, ciao"
e continuo a camminare con Trudy, finchè qualcuno non mi
trattiene per un braccio.
Sperando che sia Dario, mi giro, ma invece scopro con un po' di delusione che si tratta di Damiano.
"Ehi, dopo l'esame devo dirti una cosa" dice serissimo, come se fosse una cosa di vitale importanza.
"Va bene" mormoro, non riuscendo a capire di cosa possa mai trattarsi.
"Allora ci vediamo dopo, quando la
prof fa l'appello" mi saluta, prima di tornare indietro con aria
risoluta e decisa al massimo.
"Mah" commento, senza sapere che
pensare, ma la vista della porta dell'ufficio della prof in cui si
terrà l'esame mi riempie nuovamente di ansia e mi fa dimenticare
tutto ciò che non abbia a che fare con l'esame imminente.
Nella mia mente, iniziano ad
arrovigliarsi discorsi sul modernismo, pezzi di "Dubliners", "Between
the acts" e "Prelude" che ricordo a memoria a furia di averli letti,
gli importanti dati autobiografici della vita della Woolf e di Joyce...
Non so quanto tempo passa da qui al momento in cui la professoressa
esce dal suo ufficio con l'aria tipica di chi vorrebbe essere al mare e
non in un corridoio colmo di studenti disperati che lottano contro i
trentacinque gradi all'ombra e l'ansia.
Risoluta come sempre, sembra godersi
il silenzio che si genera subito dopo la sua uscita trionfale nello
studio e ci squadra uno ad uno, aggiustandosi gli occhiali sul naso e
dando uno sguardo al foglio delle prenotazioni.
"Bene, allora, per fortuna mi
sembrate di meno rispetto al numero delle prenotazioni... Vi
dividerò in due gruppi, quelli che hanno già sostenuto la
prova intercorso e quelli che non l'hanno fatta o non l'hanno superata.
I primi verranno esaminati da tre assistenti, i secondi saranno
esaminati da me. Bene, inizio col primo gruppo, vediamo chi c'è!
Vi ricordo che ora parlo a nome del gruppo G-M dell'anno 2012-2013, poi
vedremo i fuori corso. Allora... Goliardi... Immaturo... Inverno...".
Alzo la mano, tremante, e aspetto il
resto dell'appello, con la gola secca e una crescente paura che mi
invade. Sono così presa dal panico che mi sembra di non
conoscere più mezza parola in inglese, e la cosa mi rende super
nervosa perchè l'esame, ovviamente, si svolgerà tutto in
inglese.
Poi, risvegliandomi dal flusso di
pensieri negativi, odo la fatidica frase: "Goliardi, Immaturo e
Inverno, entrate. Gesto, tu lo farai con me".
Trudy mi stringe il braccio,
sussurrando "In bocca al lupo!", ed io annuisco a stento, avviandomi
con gli altri tre verso il famoso patibolo alias l'ufficio della
docente.
La stanza per fortuna è
fresca grazie ai condizionatori, e vedo la professoressa che conduce
Goliardi dall'assistente giovane che, a detta di tutti, è super
stronza, mentre Immaturo capita con uno sulla quarantina che non ho mai
visto.
Non ho nemmeno il tempo di
domandarmi con chi farò io l'esame visto che c'è un'altra
scrivania vuota, che la porta alle mie spalle si riapre e la
professoressa sorride. "Here you are! Pensavo mi avessi abbandonato per
andartene al mare!".
Ci mancano solo i teatrini, penso, mentre, di spalle rispetto alla porta, estraggo il libretto universitario dalla borsa.
"No, no, mi dispiace ma ieri sono arrivato all'una qui, a Napoli, e... Ero stanchissimo, mi sono svegliato tardi, I'm sorry!".
Sgrano gli occhi, sentendo il cuore
sprofondare. Io conosco quella voce, conosco quell'accento. Deglutisco,
dicendomi di star sognando.
"Ma figurati, caro, anzi, è
già un miracolo che tu sia qui, mi dispiace per l'organizzazione
dell'università. Contattarti con poco preavviso per il
prolungamento del contratto! Scusaci, davvero".
"Ma no, mi fa piacere, ero senza lavoro e dopotutto sono laureato in letteratura inglese, no?".
Non riuscendo a muovermi di mezzo centimetro, con le mani sudate, faccio cadere il libretto per terra senza volerlo.
"Qui c'è la tua prima cavia,
comunque!" esclama la prof, indicandomi, credendosi divertente. "Sulla
scrivania c'è il foglio con i voti della prova, e la lista degli
argomenti. Mi fido di te, Leonard! Buon lavoro!".
Mentre lei si allontana, Leo si abbassa contemporaneamente a me per prendere il libretto.
"Ecco" dice, per poi bloccarsi quando, non potendo più celarmi, devo mostrargli il mio viso.
Un viso che dimostra vergogna, paura, che prenderei a schiaffi, se potessi.
Si blocca, sgranando occhi e bocca,
ed io quasi riesco a sentire il rumore che fa la mia messainscena di
questi quattro mesi mentre si frantuma in mille pezzi.
Si rialza, col libretto in mano,
proprio mentre la stanza si riempie di voci che parlano in inglese e
domande alquanto precise. Lo apre, legge il mio nome affiancato a
quello dell'università, con una furia che mi fa sentire male.
Se potessi permettermelo, sverrei
qui, all'istante, ma probabilmente, per quello che ho fatto, mi
lascerebbe per terra sperando che nessuno mi dia una mano.
"Lena Inverno, iscritta al corso di
"Lingue, letterature e culture europee" presso la facoltà degli
studi di Napoli "L'Orientale". Che stupido" sussurra, mentre prende
posto dietro la scrivania.
Mi siedo a mia volta, sentendo di
voler scoppiare in lacrime o di inginocchiarmi ai suoi piedi per
scusarmi, ma non riesco a dire nulla.
"Ehm... Professor Scott..." esordisco, sentendo quanto suoni strano chiamarlo così.
"Dimmi, mia cara studentessa. Come mai non ti ho mai visto al mio corso di Inglese III? Eri impegnata ad uscire con...".
"Leo, per favore...".
"Chi è Leo? I'm your teacher, my little liar" m'interrompe, sconvolto, evidentemente nauseato.
Vorrei mandare al diavolo l'esame,
dire che mi ritiro, spiegargli tutto, ma me lo merito, merito di essere
bocciata da lui, accidenti.
Le bugie hanno le gambe corte, ed io ne sono la prova vivente.
Paurosa, lo osservo mentre legge la lista degli argomenti, sentendo quasi la testa girare.
"Well, let's start with... "The Waste Land". Start reading" ordina, prendendo la mia copia del libro e prendendo una pagina a caso.
"My nerves are bad tonight. Yes, bad. Stay with me.
"Speak to me. Why do you never speak. Speak.
"What are you thinking of? What thinking? What?
"I never know what you are thinking. Think."
I think we are in rats' alley
Where the dead men lost their bones.
Mi ferma mille volte per correggere
la mia pronuncia, con un atteggiamento pseudo nazista, e più mi
corregge, più leggo male, sentendo l'aria mancarmi e la voce
tremare.
Mi chiede il significato di questo pezzo, poi passa a Virginia Woolf, senza farmi finire il discorso.
Da lì passa a Katherine Mansfield, poi a Joyce. Poi a Symons.
Mi fa leggere "Eveline", una short
story tratta da "Dubliners", e continua a correggermi, per poi
chiedermi se trovo qualche cosa in comune con qualche altra storia
della raccolta. Addirittura passa ad una sorta di analisi testuale,
chiedendomi di indicargli tutti i verbi che indicano il concetto di
"paralysis".
Non soddisfatto, torna sulla Woolf,
soffermandosi sui suoi dati autobiografici, in particolare sul
Bloomsbury Group e la figura di suo marito, Leonard Woolf.
"Did she love Leonard?" chiede, apparentemente asciutto.
"Well... Not really. She was very fond of him but she had a relationship with a woman...".
Fa un sorrisino accondiscendente, e si passa una mano tra i capelli, sospirando. "You know, if your name is Leonard, people will never tell you the truth".
Comprendendo questa frecciatina, sentendo che ormai non ho nulla da perdere, lo guardo negli occhi e dico: "But,
before her suicide, Virginia Woolf wrote a letter to Leonard, saying
that she knew that if there was a chance to be saved by someone, this
person would be him*. If your name is Leonard, you can help people, and
I'm saying this because it happened to me, few months ago".
Ci guardiamo per un lungo istante,
durante il quale leggo incertezza e giusto un pizzico di impressione
nel suo volto, poi riprende il libretto e dice: "Le confermo il 25,
signorina. Ha studied ma si lascia troppo prendere dall'emotion, avrebbe potuto fare better. Sign here".
Non comprendendoci più nulla,
firmo la camicia d'esame, lascio che metta il voto, vado dalla prof per
la firma sul libretto, e prima di uscire lo guardo, ma lui è
impegnato già nel parlare con la prossima studentessa.
Sentendomi sul punto di svenire per
la fatica, l'emozione, lo stress, esco dall'aula, ignorando lo stormo
dei fastidiosissimi: "Che ti ha chiesto? Che voto ti ha messo? E'
facile?", e mi reco vicino Trudy, che mi guarda con preoccupazione.
Mi trascina in un angolo remoto del
corridoio, super ansiosa, fissandomi. "Ho visto entrare Leo! Che ci fa
qui? Non dirmi che...".
"Mi ha esaminata lui. Ha scoperto
tutto. Mi ha confermato il voto. Voglio andare a casa, Trudy, scusami
se non rimango con te" biascico, sentendo che la testa mi
esploderà da un momento all'altro.
"Cavoli! Quando l'ho visto stavo svenendo, correva come un matto!".
Annuisco distrattamente, posando il
libretto, afferrando una matita e usarla per dare vita ad uno chignon
che non ha nè capo nè coda.
"Ci vediamo a casa" dico semplicemente, senza nemmeno aspettare la replica del suo saluto.
Non ho nemmeno il tempo di fare dieci passi che Damiano mi viene incontro, con una faccia dispiaciuta.
"Lena! Ti ha esaminato lui?" chiede a bruciapelo.
"Cosa? Ma che ne sai, tu?".
"L'ho saputo... Tutto bene?".
"Scusami ma voglio andare a dormire, sono in vacanza, no?".
"Sì... Appena stai meglio
chiamami" dice semplicemente, dandomi un bacio sulla guancia e
lasciandomi libera di volare via da quell'Inferno chiamato
università.
Corro via, percorrendo come una furia i quattro piani che mi separano dall'uscita, per poi dirigermi come una furia verso casa.
Entro, getto la borsa per aria, mi
spoglio, tutta sudata per il caldo, l'afa e la corsa, e mi dirigo sotto
la doccia, per poi scoppiare a piangere come una cretina.
Ho finto, ho finto fino a credere
che Leo sia un semplice uomo con cui uscivo, e poi la verità mi
ha punito facendomi trovare lui all'esame, dopo che sarebbe dovuto
essere in America.
Non ne posso più, è un
anno che me ne succedono di tutti i colori, e penso che sia giunto il
momento di non avere a che fare con nessun ragazzo per i prossimi mesi,
se non anni.
Le lacrime sul mio viso si
confondono con il risultato del getto della doccia, mentre numerose
immagini di questi mesi mi passano davanti come una sorta di film
distorto che ha un finale pessimo. "La ragazza che passò
dall'avere tre uomini intorno a zero", ecco il titolo.
Chi sono, io? Chi sono diventata?
Sono una persona orribile, ho fatto scappare Dario, e ora anche Leo ha
una considerazione bassissima di me...
Ho appena il tempo di uscire dalla
doccia e vestirmi che, senza riuscire a fare altro, mi addormento,
sperando di risvegliarmi a marzo e non commettendo gli stessi errori.
Se l'inizio della mia estate è così, non oso immaginare
come sarà il proseguimento, onestamente.
"Alle 8 p.m. sarò sotto casa tua. Devi dirmi tutto, me lo devi. And try to be HONEST, please".
Non ho nemmeno il tempo di
svegliarmi, alle sei del pomeriggio, dopo un lungo sonno che mi ha reso
più stanca, se possibile, che mi ritrovo questo sms di Leo.
Mi trascino fino in cucina, di malumore, dove trovo Trudy che sta mangiando un panino.
"Ehi. Dormito bene?" chiede pacatamente.
"Domanda di riserva?" domando, aprendo la dispensa e prendendo il barattolo di Nutella.
Sento lo sguardo della mia amica
sulla nuca mentre prendo un cucchiano, apro il barattolo, mi siedo e
inizio a mangiare varie cucchiaiate di quel nettare tanto buono quanto
dannoso.
"Lena...".
"Me lo merito, Trudy. Volevo farla
franca ma non mi è stato concesso. Almeno mi sono tolta un
peso... E tra un paio d'ore verrà qui per sapere tutto" spiego
rapidamente.
"Continuo a sentirmi in colpa, dopotutto sono stata io a consigliarti di uscirci e non dire nulla" ammette.
"Ho ventidue anni, cavoli, se prendo
una decisione è perchè voglio, non perchè me lo
dici tu!" ribatto, esausta a causa di tutte quelle chiacchiere.
"Certo, certo. Ehm... Quando torni a
casa?" chiede poi, per cambiare argomento e provare a rendere
l'atmosfera più leggera.
"Il ventitrè. Domani lavoro, così mi prendo lo stipendio, e poi torno a casa".
"Io domani! Sabato parto con Davide, andiamo a Gallipoli per dieci giorni".
Mi sforzo di sorridere, annuendo.
"Sono felice per voi, dovevate per forza riconciliarvi. Voi insieme, io
qui da sola che combino pasticci.E' tornato tutto normale" ironizzo
amaramente, decidendomi a chiudere il barattolo perchè inizio a
sentire una certa nausea a causa dell'alto potere calorico del suo
contenuto.
"Non dire così! Lena...".
"Trudy, per favore, basta, ho bisogno di silenzio".
Quasi mordendosi la lingua, annuisce
e lascia la stanza per preparare i bagagli, lasciandomi in compagnia
solo dei miei pensieri e su ciò che dovrò dire al mio
professore.
Prima delle otto, poi, esce per salutare le altre nostre amiche prima della partenza, così ho casa tutta per me.
Nervosa, con la voglia di prendere a
calci il mondo, non so come trovo la voglia di rendermi presentabile
indossando dei bermuda e una canotta verde, proprio mentre il cellulare
squilla.
E' lui, è arrivato, mi chiede dove citofonare.
Apro il portone e gli dico il piano
e nel giro di un minuto me lo ritrovo di fronte, evidentemente seccato
e deluso, ancor più di oggi, se possibile.
"Ciao, entra" lo saluto, provando a rimanere calma, mentre chiudo la porta alle nostre spalle.
"Ciao" replica freddamente.
"A...Accomodati" aggiungo, indicando il divano del piccolo soggiorno. "Posso offrirti una birra?".
"No, grazie. Le tue birre mi piacevano quando pensavo fossi una semplice barista" replica, tagliente come non mai.
"Ok, mi odi, l'ho capito ma...".
"Non ho tempo da perdere, domani gli esami continuano. Dimmi tutto. Tutto".
Prendo un gran bel respiro e mi
siedo di fronte a lui, torturandomi le mani più nervosa che mai.
Anche lui mi guarda, e mi odio per essere la causa di quell'espressione
dura e ferita.
"Tutto ciò che sai su di me
è vero, non ho mai mentito" inizio. "Prima che tu ti avvicinassi
a me al bar, ti avevo visto solo una volta, al bar
dell'università, mentre parlavi con la professoressa d'inglese,
e le mie amiche, tra cui Germana, mi dissero chi eri. Sì,
conosco Germana" ammetto.
"Of course" commenta esasperato, passandosi una mano tra i capelli.
"Ma non abbiamo affatto un bel
rapporto! Comunque... Quando ti sei avvicinato, quella sera, ero
così sorpresa che tu, un uomo così bello e per giunta il
mio professore, volessi conoscermi, che inizialmente ti ho respinto,
ricordi? Ti ho respinto fino allo stremo, poi abbiamo parlato e... Ero
così stanca, fusa a causa dell'ora e del sonno, che alla fine ti
ho dato il mio numero. Non volevo risponderti, poi... Poi Germana venne
a casa, dicendo quanto avrebbe voluto una storia con te, che mi sentii
come una ragazzina che ha una bambola che l'altra non può
permettersi. Così ti ho risposto, e ho deciso di non farmi
vedere in aula... Ma, alla fine, Leo, mi sono trovata così bene
con te che ero arrivata al punto di dimenticare quasi chi fossi tu!".
Indignato, mi lancia lo sguardo più brutto che qualcuno mi abbia mai rifilato in vita mia.
"Cos'ero, il giocattolo che tu e
Germana vi condentevate?!" urla, pieno di ribrezzo, fissandomi come se
fossi un insetto schifoso.
"Ma no! No, Leo! Lasciami spiegare!
Quando sono partita per il tirocinio, una sera ho deciso di venire a
dirti la verità, ho bussato alla tua porta e ho trovato Germana,
così me ne sono scappata".
Spalanca gli occhi, incredulo. "Era... La sera in cui le chiesi di partire con me?".
Annuisco. "Io non sapevo nulla di
voi finchè non l'ho vista da te. Volevo dirtelo allora, poi,
vedendola, sono fuggita e non ci ho pensato più, troppo presa
dal tirocinio con Dario".
Leo mi fa segno di fermarmi, come se avessi detto qualche cosa di vitale importanza. "Dario?".
"Sì, Dario" dico senza capire.
"Frequenta i corsi anche con Germana, giusto?".
"Sì, perchè?".
"That son of bitch!" dice semplicemente.
"Scusami?".
"E' andato a letto con Germana la
sera di quella vostra festa di fine anno, me lo ha confessato lei il
giorno dopo, non lo sai?".
"Che...?!" strillo, fissandolo come se fosse impazzito. "Ma che dici?".
Leo annuisce, con aria grave.
"Sì, Germana è andata
al letto con questo Dario la sera della festa, e per questo, più
altre cose, ho deciso di lasciarla perdere... Mi ha deluso" rivela.
"No, Leo, scusami, quello che dici è impossibile, o forse si tratta di un altro Dario, voglio dire...".
"Era all'esame, stamattina?" chiede.
Annuisco.
"Prima ha risposto all'appello, prima che arrivassi, poi se ne è andato" dice semplicemente.
"No, non può essere! Lui... Non mi parla da due mesi, dopo che gli ho parlato di te e...".
"Ah, a lui l'hai detto" nota amaramente. "Mi hai fatto lasciare l'Italy senza salutarmi!".
"Il nostro saluto era stato perfetto, Leo! Che senso aveva dirti tutto? Non saresti tornato, perchè farmi odiare...".
"Intanto il karma ti ha fregato" m'interrompe, soddisfatto.
"Leo, ti prego, devo chiedere a Dario se...".
"Ti accompagno. Voglio vederlo in faccia. Me lo devi" mi fa notare.
Senza capirci più nulla,
presa dal disgusto e dall'incredulità, annuisco, prendendo al
volo le chiavi di casa e la borsa, facendogli segno di seguire.
"Sono giù da te, scendi!".
Invio rapidamente l'sms ed esco
dall'auto, mentre Leo rimane dentro. "Per favore,non uscire e non fare
nulla, rimani un nostro professore" dico a malincuore.
Lui annuisce.
"Lena?" chiede poi.
Lo invito a parlare con uno sguardo.
"Sul serio pensi che io ti abbia... Salvato?".
"Sì! Leo, te lo giuro, eri
l'unica persona con cui potevo essere me stessa, senza essere vista
come l'ex di Matteo che è sfigata e non riesce a farsi una vita,
e mi hai aiutato a dimenticarlo, ad essere più sicura di me...
Lo sai, non ho mai avuto una storia come la nostra e...".
"Va bene, vai" concede, sorridendo per la prima volta dopo tanto tempo.
Sorrido a mia volta, per poi
allontanarmi ed attraversare la strada, verso il condominio che ha
fatto da testimone a tanti momenti tra me e Dario e che ora mi sembrano
più distanti che mai.
Dopo qualche istante, lo vedo uscire dall'edificio, con una faccia non proprio allegra e coraggiosa.
"Damiano ti ha detto tutto, immagino" dice, riuscendo a stento a guardarmi in faccia.
"Damiano? No! Leo mi ha detto che sei andato a letto con Germana. E' vero?" chiedo a bruciapelo.
Vedendolo colpito come non mai, mi
viene solo da ridere, generando una risata falsa, priva di effettiva
allegria, che cela tristezza.
"Rispondi!" strillo, sentendo i nervi a pezzi.
"Sì" rivela infine, a malincuore.
"Bene. Almeno io dopo due mesi ti ho
detto di Leo, sono passati due mesi e tacevi ancora! Potevi entrare nel
regno delle puttane e dei gigolò con me, ti pare?" urlo,
sentendo una strana forza negativa invadere ogni fibra del mio corpo.
Per due mesi, quel "puttana" mi
è eccheggiato nelle orecchie, facendomi sentire in colpa, non
facendomi dormire la notte, ed ora ecco che scopro che lui non è
stato da meno.
"Almeno io non ho fatto sesso con
una che ho sempre disprezzato! "Ma no, Lena, non mi piace andare con
una così, lo sai". Idiota! Io sarò cambiata, ma tu non
sei da meno!".
"Lena, è stato uno sbaglio, è successo per caso...".
"Certo, ti sei trovato Germana nuda fuori casa e non hai potuto dire di no, vero?".
"Lena...".
"Mi hai mentito per due mesi come io
ho fatto con te, anzi, ti sono superiore perchè te l'ho detto, e
poi, tra tante, cazzo, proprio lei?!".
"Ero sconvolto dalla nostra litigata e...".
"Oh, anche io sono sconvolta dalla
nostra litigata, quindi ora farò sesso col primo che mi trovo
davanti, che dici?" lo prendo in giro, sprezzante.
Chiude gli occhi per la frustrazione, scuotendo il capo. "No! No! Ho fatto un errore, cazzo, me ne pento da mesi!".
"Ti rendi conto che da maggio ti ho
lasciato i tuoi spazi, sperando che tu mi perdonassi prima o poi,
mentre mi maledicevo per aver combinato un casino con uno dei migliori
ragazzi esistenti? E poi scopro che ho perso tempo a comportarmi bene e
a pensare solo remotamente a una nostra riappacificazione! Mi hai fatto
sentire una cretina ma non sei meglio di me! Non te lo perdonerò
mai!" urlo e, senza riuscire a trattenermi, gli dò un sonoro
schiaffo sulla guancia destra, lasciandolo allibito.
Indietreggio, colpita dal mio gesto, coprendomi una bocca con la mano.
"Io... Scusa, scusa, non volevo, non è da me!" dico, impaurita da ciò che ho fatto.
Deglutendo, si passa una mano sulla
guancia dolorante e mi guarda, impassibile. "Vorrei prendermi a
schiaffi io da solo, ormai. Scusami, non dovevo, ho sbagliato a
chiamarti così ma...Ci tenevo a te e...".
"Dovevi essere onesto con me, saresti stato superiore e probabilmente l'avrei accettato" sussurro, sforzandomi di non piangere.
"Abbiamo combinato un casino" commenta, ancora con la mano sulla guancia.
Annuisco, non sapendo più cosa dire o fare.
"Io... Ci vorrà del tempo prima che io possa perdonarti" ammetto.
"Lo so. E una parte di me è ancora arrabbiata con te" aggiunge, amareggiato.
"Sì, ma pensa ad essere
arrabbiato anche con te stesso! Devi trovare il coraggio di esporre la
verità, prima o poi! Tutte le cose che ci riguardano o le ho
sentite senza volerlo o me le hanno riferite gli altri".
"Va bene, basta Lena, buona estate"
commenta, salutandomi con la mano e correndo nel suo condominio, senza
dire altro, lasciandomi lì come una scema, amareggiata da tutti
i recenti avvenimenti.
"Ehi, Dami! Da
quel che ho capito volevi dirmi di Dario e Germana... Il professor
Scott ti ha battuto sul tempo, senza volerlo. Grazie, sei un vero
amico!".
"Di nulla,
dovere. Dovevi saperlo, no? E, comunque, appena hai tempo mi racconti
tutto per bene... Brava la nostra Lena che ha avuto una storia col
prof!".
Sorridendo amaramente per l'ironia
di Damiano, ripongo il cellulare in tasca e ringrazio il cielo per il
fatto che stasera il bar non sia per nulla affollato.
Poi, mentre mi dedico alla pulizia
di un bicchiere con eccessiva enfasi, presa dal ricordo degli ultimi
avvenimenti, mi ritrovo davanti, di nuovo, Leo, che entra con passo
elegante nel bar, che si dirige con decisione verso il mio bancone.
"Ho trovato il modo per perdonarti".
E' serio, ma non arrabbiato.
E' enigmatico, ma divertito, e non
capisco cosa sia potuto succedere in un giorno solo per fargli
assimilare così bene la notizia che la sottoscritta gli abbia
mentito da quando lo conosce.
"Cosa? Leo, riflettici, se sei un vero essere umano dovresti essere arrabbiato con me" gli faccio notare.
"Infatti non ho detto che ti ho perdonato già" dice, facendo l'occhiolino.
Sospirando, chiedendomi quanto sia strano quest'uomo e che cosa gli passi mai per la testa.
"Sarebbe?" chiedo, arrendendomi alle sue particolarità e curiosa allo stesso tempo.
Mi porge due biglietti e li posa sul bancone con cura, come se fossero preziosissimi.
"Devo andare ad un convegno a Londra tra una settimana, e un mio amico mi ha dato buca. Parti con me".
*Ecco cosa scrisse la Woolf a suo marito prima di suicidarsi:
«
Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non
possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta
non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi.
Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare.
Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni
modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso
che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando
è arrivata questa terribile malattia. Non posso più
combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti
andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere
questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti
è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei
stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio
dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi
saresti stato tu. Tutto se n'è andato da me tranne la certezza
della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non
credo che due persone possano essere state più felici di quanto
lo siamo stati noi. V. »
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Capitolo 22 *** I Know The Sun Must Set To Rise ***
22g
Dedicato a tutti voi che avete seguito
questo mio
sclero.
Ora rimane solo l'epilogo, sigh :(
Vi aspetto in fondo al capitolo per dei "commenti"...
Buona lettura!
Capitolo 22
I Know The Sun Must Set to Rise
Piove, ma so che a breve
passerà, come tutte le cose negative che all'inizio ci sembrano
catastrofiche e poi si rivelano, stranamente, positive.
Sono qui, in un'altra città,
in un altro paese, tra altra gente che non ho mai visto e non
rivedrò mai più, ma, soprattutto, solo ora riesco a
vedere me stessa.
Rido, mentre apro l'ombrellino
giallo che ho sempre con me da due settimane a questa parte, e torno a
fissare la pioggia che s'imbatte sulla superfice un po' increspata e
grigia del Tamigi.
Sento ancora la cornamusa dell'uomo
scozzese dall'altra parte della strada, ovviamente nemmeno il cattivo
tempo può fermare il suo lavoro da artista di strada.
Prendo un bel respiro, beandomi della temparatura bassa, pensando a chi al momento è in Italia e sta morendo dal caldo.
Preferisco le temperature basse, sarà colpa del mio cognome, chissà.
"She walks in beauty like the night" sussurra una voce alle mie spalle, facendomi voltare.
Sorrido in direzione dell'uomo che
mi sta di fronte, così imprudente da non avere un ombrello, e
gli faccio segno di avvicinarsi. Obbedisce, riparandosi sotto il mio
stesso ombrello.
"Citiamo Byron, oggi?" chiedo retorica, non sapendo cosa dire.
"Mi sembrava perfect.
L'hai riconosciuto, eh? Forse ho sbagliato, ti meritavi un voto
più alto in letteratura inglese" ironizza, togliendomi una
ciocca di capelli umidi dal volto.
Lo scosto, facendolo sbuffare.
"Lena, non ho fatto nulla, devi
smetterla di essere così intimorita" mi rimprovera, paziente e
seccato dal mio ennesimo allontanamento nei confronti di un semplice ed
innocente gesto.
"Certo, sono solo qui, a Londra, con
un insegnante del mio corso di laurea" gli ricordo, con un tono
precisino che odio dover usare.
"E allora perchè hai accettato di venire qui?" domanda, tuttavia senza prendersela.
Deglutisco, ripensando alla nostra
conversazione di ormai un mese fa, una delle più pazzesche che
abbia mai sostenuto in vita mia.
"Devo andare ad un convegno a Londra tra una settimana, e un mio amico mi ha dato buca. Parti con me".
"Che cosa? Mi prendi in giro?" gli avevo risposto, incredula.
"No, sono serissimo".
Decisamente
confusa, approfittando della poca gente e della momentanea assenza del
signor Giacomo, lasciai tutto nelle mani della mia collega e feci segno
a Leo di seguirmi nel ripostiglio, che già in precedenza aveva
ospitato una nostra conversazione.
"Scusami, ma... Io non sono Germana, è a lei che chiedi queste cose, no?" gli risposi, provando a non offenderlo.
Sospirò, guardandomi torvo.
"A Germana
chiesi di venire in Amerca, non di andare a Londra! Non c'entra nulla!
Sto provando a chiudere con lei, siamo entrambi arrabbiati per due
persone che sono state insieme e...".
"Ah, quindi è vendetta".
"No! E anche se
fosse... Me lo devi. Avrei potuto bocciarti, ieri, o riferire alla
docente il tuo comportamento, ma sono stato zitto, ho provato a
capirti! Fallo per me, hai bisogno anche tu di cambiare area!".
"Ma lo capisci
che rimani un mio docente? L'ho sentita la prof, ieri, ora ricopri la
cattedra di letteratura, è una posizione importante! E... Se ti
ritrovo nella commissione di laurea? O all'orale di Inglese III? Se ho
fatto tutto questo, l'ho fatto perchè ero convinta che a maggio
te ne saresti andato, non avrei mai osato altrimenti!".
Rise, passandosi
una mano nei capelli come per fare qualcosa mentre ascoltava le
stupidaggini di una ventenne pazza e fuori di senno.
"Rimane il fatto
che abbiamo dormito insieme, una volta, e ciò non cambia, no?
Quindi, perchè non puoi venire con me come amica?".
"Cosa direi ai miei?".
"Che sei stata
scelta per un convegno in Inghilterra. Ho visto il tuo libretto, ieri,
hai molti voti alti. In più il biglietto è pagato, e una
volta mi hai detto che non vedevi l'ora di tornare a Londra,
passeggiare a Westminister di sera e perderti nei mercatini di
Camden...".
"Non mettere in
mezzo il mio amore per Londra!" urlai, cercando di scacciare dalla mia
mente tutti gli scenari che avrebbero potuto avere luogo: io che,
uscendo dalla fermata della metro di Westminister, mi ritrovavo di
fronte il Big Ben, o bevevo un cappuccino da Starbucks senza problemi,
o tornavo alla Stazione di King's Cross per farmi l'ennessima foto
vicino il finto binario 9 3/4...
"Te lo leggo negli occhi che vorresti venirci!" mi sfida, con la sua solita sicurezza.
"Di andare a Londra, certo, ma non con te! Leo, non è appropriato!".
"Te lo ripeto: non cambierà nulla, davvero!".
"Certo, perchè quando Germana lo saprà se lo terrà per sè...".
"Germana non è nella posizione di sbandierare tutto ai quattro venti, fidati".
"Leo...".
"Pensaci, per
favore. Ti perdonerei al cento per cento, potremmo dare una lezione a
quei due e passeresti una bella estate. Sono ancora più
divertente, in viaggio, fidati, soprattutto in Inghilterra quando cerco
di nascondere il mio American accent e di imitare quello British"
mormora, senza smettere di guardarmi negli occhi. "Hai detto che ti ho
salvato... Ora salva tu me dalla noia di un viaggio in solitudine, me
lo devi! Ti chiamo domani per la risposta".
Se ne
andò senza permettermi di dire altro, sicuro di sè,
voltandosi indietro solo per farmi un'indecifrabile occhiolino.
E poi, la
mattina dopo, segno del destino, Lisa mi avvisò che sarebbe
andata in Sardegna con la sorella e che quindi la nostra estate al mare
da lei era cancellata.
"Perchè il destino ti ha
fatto capire che doveva andare così" risponde da solo, convinto
delle sue parole. "Quindi, rilassati e goditi questi ultimi giorni qui".
"Non devi offenderti, Leo, davvero.
E' che mi sento come quelle stupide sceme che si vedono nei film che
hanno una relazione con un professore...".
"Oh, abbiamo una relazione?" m'interrompe, malizioso.
"Stupido!".
"Stupido? L'ho visto come mi guardi
da lontano, ultimamente... Ma tranquilla, lo faccio anche io" sussurra
al mio orecchio, in un modo che mi fa tremare e venire la pelle d'oca.
Il problema è che non si
può vivere a lungo con uno come lui senza iniziare a
fantasticare sul suo sorriso da infarto o le sue spalle larghe,
specialmente se già sai cosa nasconde quella maledetta maglietta
attillata e cosa si prova ad avere quell'uomo su di te dopo che ti ha
letteralmente strappato i vestiti di dosso.
E' una cosa chimica, primordiale,
che non puoi evitare se sei una ventenne patologicamente attratta dai
belli e dannati con i capelli scuri e l'aria un po' impossibile.
"Che dici..." borbotto, imabarazzata, rivoltandomi verso il Tamigi.
"Lena, dai! Ci attraiamo
fisicamente, non è una novità. Se così non fosse
stato, non saremmo qui visto che non ti avrei fermata, al bar, mesi fa"
mi fa notare.
"Leo, stai zitto, anzi, andiamocene... E' quasi ora di cena" cambio argomento, con grande disagio e sentendomi parecchio scema.
"Ai suoi ordini, miss" mi prende in
giro, prendendo il mio ombrello e iniziando a mantenerlo a sua volta,
mentre cammino al suo fianco per non bagnarmi ma faticando a stare al
suo passo, visto che non oso appoggiarmi al suo braccio.
Dopo cena, stanca morta dalla
giornata trascorsa a camminare come una forsennata, salgo in camera per
una doccia rilassante e decido di indossare già il pigiama
perchè non voglio scendere nella hall dove ci sono alcuni
colleghi di Leo, che non fanno altro che parlare di storia,
letteratura, viaggi assurdi e, ogni tanto, delle loro ex mogli stronze
e acide che, chissà perchè, li hanno mollati.
Dopo essermi rivestita, mi siedo sul letto, prendendo il cellulare, e noto di avere vari sms non letti.
I miei genitori che sono a Parigi
per il loro anniversario mi chiedono notizie, Lisa vuole sapere quando
tornerò, Trudy mi saluta... E poi, tra questi, un semplice: "Mi manchi tantissimo".
Il mio cuore perde un battito, quando leggo il mittente.
Dario.
Manco a Dario!
Strabuzzo gli occhi, incredula, e quasi non mi strozzo con la mia stessa saliva.
Proprio ora che stavo meglio, senza pensare notte e giorno agli avvenimenti catastrofici di maggio!
Batto le palpebre numerose volte,
rileggendo il messaggio come se potesse cambiare, ma il contenuto di
quelle parole rimane lì, immobile, con un peso che se mi venisse
scagliato addosso mi ucciderebbe.
Non sa che sono a Londra con Leo,
nessuno lo sa oltre Trudy e Lisa, e mi domando se questo sms sarebbe
stato scritto se avesse saputo la mia posizione attuale.
Quelle parole mi fanno arrabbiare da un lato, ma con me stessa, però, che non provo nè gioia, nè sollievo.
Com'è possibile? Nei
precedenti ho aspettato una sua forma di perdono, mentre ora me ne sto
impassibile, senza pensare a cosa rispondergli o a cosa
succederà quando ci rivedremo.
Cos'ho che non va?! Qualcosa deve
pur esserci, perchè sono un casino vivente, che di questo passo
non si ritroverà mai più al posto giusto e nel momento
giusto con il ragazzo che le interessa.
Odiandomi a morte, mi viene da piangere e non sopprimo le lacrime, approfittando della mia momentanea solitudine.
Com'è possibile? Dario aveva iniziato ad interessarmi, no?
Ecco, appunto: era l'inizio di
qualcosa che poi è stato interrotto, ed ora, a distanza di mesi,
sarebbe come chiedere di compiere un miracolo resuscitando un morto.
Non doveva essere qualcosa di
così forte se è bastato così poco per farlo andare
via... Forse era la convinzione di poter avere al mio fianco un ragazzo
che reputavo dolce, premuroso, che pensavo di conoscere bene,
convinzione che mi ha fregato, alla fine.
Al cuor non si comanda, dopotutto.
Sono così presa da questi pensieri che a stento odo qualcuno che bussa alla porta della camera.
"Lena, apri!".
Scatto all'impiedi, affrettandomi ad asciugare gli occhi, ma vedendo nello specchio che purtroppo sono ancora rossi e gonfi.
Apro la porta, senza guardare Leo negli occhi.
"Stasera sono usciti tutti, almeno
non devo sorbirmi le chiacchiere di Tommy riguardo l'etimologia delle
parole inglesi... Perchè hai il pigiama? Andiamo a prenderci una
birra, su!" mi incoraggia.
"No, io ho sonno, vai tu" rispondo, mentre, di spalle, disfo il mio letto pur di fare qualcosa.
"Hai una voce... weird! Hai pianto!" osserva, avvicinandosi e obbligandomi a guardarlo in faccia.
Alzo gli occhi al cielo, sbuffando. "Sì, ok, ho pianto".
"E perchè?".
Vorrei inventare qualche banale
bugia, ma non ci riesco, perchè, da quando Leo ha scoperto la
verità, sono incapace di mentirgli ulteriormente, come se avessi
paura di rileggere la delusione nel suo sguardo come capitò quel
giorno.
Così, prendo il cellulare e
gli mostro il messaggio, vedendo la sua reazione diventare da curiosa
ad atona, falsamente impassibile.
"Bene... Erano lacrime di gioia?" ironizza, seppur amaramente.
"No. Lacrime di rabbia verso me stessa. Non ho provato... Nulla" rivelo, sedendomi sul letto.
Senza capire, si siede di fronte a
me, guardandomi come se mi stesse analizzando per capire una specie non
umana in via d'estinzione.
"E sei triste? Dopo quello che ha fatto?" domanda, incredulo.
"Io... Non lo so, sono fatta
così, mi incolpo troppo, passo la vita ad incolparmi, quindi
è come se quella che ha sbagliato di più sono io e...".
"Ti ricordo che quando sei uscita
con me, eravate solo amici, mentre lui ha fatto sesso con Germana
quando avevate iniziato a vedervi" puntualizza. "E non ti ha detto
nulla, mentre tu hai avuto il coraggio di dirglielo. Smettila di
incolparti, Lena".
"E' che... Sono così abituata
a voler bene sempre e solo ad una sola persona alla volta che... Che mi
sembra strano, cioè, voglio dire...".
"Cosa? Una persona alla volta...?".
"Niente, lascia perdere, sono una scema".
"No! Che significa? Che... Vuoi bene
a più di una persona, al momento?" domanda cautamente, ma
interessato, mentre lascia spazio ad un sorriso sempre più ampio.
"No, penso di voler bene solo ad una".
"Ah".
"E temo sia tu. Dio, perchè
sono così stupi..." dico, ma non ho il tempo di finire la frase,
perchè mi ritrovo stretta a Leo, persa in un bacio che non so
descrivere, che sa di gioia, ma allo stesso tempo incertezza e paura di
spingersi oltre un marcato confine che non possiamo superare.
Mio malgrado, quando avverto la sua
stretta attorno alla mia vita aumentare e il bacio diventare più
profondo, mi scosto, non riusciendo a guardarlo in faccia e alzandomi
di scatto, come per fuggire e non cadere in tentazione.
"Leo! Leo, non dovevi!" lo rimprovero, portandomi una mano sulla bocca, come se quel bacio si dovesse cancellare.
Lui, dal canto suo, si alza a sua
volta per fronteggiarmi, tra la disperazione e l'esasperazione,
fissandomi in un modo che mi fa sentire in soggezione.
"Lena, su! Siamo qui, in piena
estate, da soli in una stanza d'hotel, in un paese straniero. Non ci
siamo finiti per caso! Se hai accettato, se te l'ho proposto,
c'è un motivo! Io inizio a pensare sempre di più che
tutti i casini, tutte le storie che abbiamo vissuto, siano serviti a
portarci qui" spiega, accalorato.
"Tu... Tu leggi troppi libri
romantici, mi sa! Leo" lo imploro, letteralmente, perchè mi
ritrovo ad unire le mani come in segno di preghiera, "Personalmente,
sì, lo ammetto, dopo una settimana al tuo fianco ho iniziato ad
apprezzare ancora di più la tua compagnia, a pensare a... Al
periodo in cui ci siamo visti... Ma sono convinta del fatto che sia
dovuto al tuo essere oggettivamente bellissimo, affascinante, sexy,
amante della letteratura come me, con un accento che farebbe capitolare
anche una suora! Mi è successo lo stesso con Dario! Viviamo
insieme per un po', inizio ad essere gelosa, bla bla bla, e poi,
qualche mese dopo vari problemi, lui mi dice che mi manca ed io non
provo nulla. Non posso rischiare con te, un mio docente, specialmente
ora che sono vicinissima alla laurea!" finisco per urlare, isterica al
massimo.
Senza parole, Leo scuote il capo e finisce per ridere, lasciandomi totalmente basita.
Ride, ride genuinamente, come se avessi raccontato un'ilare barzelletta mai sentita prima.
"Tu sei matta, sul serio. Analizzi
troppo, e dimentichi che, alla fine, io sono l'unica costante della tua
vita da marzo. Certo, eravamo friends with benefits,
ma da quel che ho capito non vai col primo che capita, e se è
successo per la prima volta con me, qualcosa ci sarà, sotto.
Forse ti piacevo ma sei rimasta sentilmentalmente distante
perchè sapevi che ero un tuo professore, mentre ora, a carte
scoperte, ti servi più vulnerabile. Ti batto in psicologia, baby" risponde placidamente, puntandomi l'indice contro.
"E il tuo grande amore per Germana, dove lo metti? Sembravi cotto perso di lei e...".
"Lena, stop it!
I sentimenti non sono calcoli matematici! Non puoi sapere nulla se non
ci provi!" urla ora a sua volta, camminando verso di me fino a farmi
ritrovare stretta contro il muro. "Nessuno sa che sei qui con me tranne
un paio di persone, hai inventato bugie su bugie con i tuoi per essere
qui con me... Nessuno si sforza così tanto per nulla" dice, una
mano contro il muro e l'altra attorno alla mia vita, facendomi
deglutire. "Hai mentito a me, in passato, ma ora stai mentendo a te
stessa. Stai fingendo fino a credere di non provare nulla per me".
Il solo fatto che ricordi la
questione del "fingi fino a crederci" che gli dissi in una delle nostre
conversazioni delle ultime settimane, mi colpisce profondamente, tanto
che chiudo gli occhi, sospirando pesantemente.
"Dici ciò che vuoi, ma rimani
un trentenne che ora sta raggiungendo il suo sogno in un'importante
università di Napoli" borbotto, riaprendo lentamente gli occhi
giusto per vedere il suo sorriso ampliarsi.
Mi stringe di più a sè, facendomi sentire la gola arida. "Sì, la Federico II, spero".
"Ti sei rincitrullito?" chiedo.
"No, la conosci bene, mi avevi detto che studiavi lì" mi prende in giro, facendo l'occhiolino.
"Sii serio!".
"Lo sono. Due giorni fa, grazie a
Jack, quello che ti ho presentato che veste sempre di verde,
ricordi..?, ho scoperto che la docente di Letteratura Anglomericana del
corso di Lingue della Federico II è andata in pensione,
così ho contattato l'univeristà, ho inviato il curriculum
e ho il concorso a fine mese. La letteratura angloamericana è
proprio il mio ambito, capisci? Mi ci sono specializzato e...".
"Perchè lo stai facendo?" chiedo, incredula.
"Potrei realizzare due sogni in uno. Usciresti con me se non insegnassi all'Orientale?".
"Tu sei pazzo! E' assurdo, è...".
"Era assurdo anche mentire al tuo
prof circa la tua identità, ma l'hai fatto, e ci ha condotto a
questo. La storia insegna, Lena".
Non riesco a respirare regolarmente,
presa da quel mix di informazioni e comportamenti che mi stanno
destabilizzando completamente, e lui se ne accorge, perchè mi
accarezza dolcemente una guancia.
Un conto era pensare a lui molto
spesso, ultimamente, un altro è scoprire che forse
cambierà università anche per te.
"Sarebbe la cosa più romantica che qualcuno abbia mai fatto per me" dico scioccamente.
"Hai conosciuto solo scemi, allora"
deduce, prima di calarsi su di me e ribaciarmi, lasciando quasi un
marchio infuocato in ogni punto della mia bocca.
Mi fa sentire così speciale,
desiderata, che non riesco a rifiutarlo di nuovo, sarebbe troppo, e una
vocina nella mia testa, quella che di solito m'insulta, se ne esce con
un: -Nulla che non abbiate già fatto, no? Che cambia?-.
Ben presto, insieme ai nostri
sospiri e baci sempre più roventi, l'atmosfera di solito fredda
londinese diventa esageratamente calda, tanto che il pigiama a maniche
lunghe, seppur di cotone, diventa insopportabile.
Ancora stretti contro la parete, con
le mani che si cercano avidamente, Leo sussurra: "Se vuoi che mi fermi,
dimmelo ora, poi non ci riuscirei".
Mi blocco, guardandolo negli occhi,
e rimango decisamente stupita nel vedere il suo volto velato da pura
dolcezza e non solo dalla solita eccitazione tipica di ogni volta che
ci ritrovavamo mezzi nudi sul divano di casa sua.
Sul serio, cosa cambierebbe? E' già successo di tutto, tra noi, e poi farà domanda per la Federico II, no?
Pensare troppo mi ha sempre
rovinato, e ogni volta che mi sono lasciata andare con quest'uomo, alla
fine, sono sempre stata bene.
Prima pensavo che rischiavo di non
trovarmi mai allo stesso passo con i sentimenti con un eventuale
ragazzo quando ora, a quanto pare, ciò sta accadendo, proprio
con Leo.
Possibile che nelle ultime settimane
ci siamo desiderati entrambi senza dircelo e, probabilmente, senza
nemmeno rendercene conto più di tanto...?
Perciò, prendo il suo volto tra le sue mani e dico: "Non fermarti", beandomi del suo sorriso incredulo e baciandolo.
E' sempre stato lui a baciare me,
non era mai successo il contrario, e questo forse indica il più
grande cambiamento tra noi.
Dolcemente, non capisco nemmeno bene come, mi prende in braccio e mi poggia sul letto, stendendosi su di me.
Continua a baciarmi mentre mi
accarezza tutto il corpo al di sopra del pigiama, in un modo che mi fa
fremere e desiderare il momento in cui le nostre pelli potranno
finalmente sfiorarsi, nude, senza alcun impedimento.
Poi, la sua mano vaga sotto la maglia, accarezzandomi la schiena, e si blocca quando non avverte la presenza del reggiseno.
"Io... Non lo indosso per dormire..." mormoro.
Si morde un labbro - ma come fa ad essere sempre più sexy? - e si lascia scappare un eccitato: "Great!"
mentre mi sfila la maglia, gettandola per aria e fiondandosi a baciare
il collo in quel punto che sa mi manderà ancora di più su
di giri, afferrando allo stesso tempo uno dei miei seni e
accarezzandolo.
Sforzandomi per non gemere
oscenamente, con urgenza, inizio a sbottonare la sua camicia blu con le
mani tremanti, tanto che è costretto a darmi una mano per
riuscire nell'impresa.
"Certe cose never change" ricorda, riferendosi alla mia eccessiva ansia ogni volta che, in passato, avevo provato a spogliarlo.
Sorrido, imbarazzata, per poi
accarezzare il suo petto e le sue braccia, in un modo che mi fa
avvertire i muscoli tendersi sotto il mio tocco, tanto che lui chiude
gli occhi, beandosi di quel contatto.
E' così bello sentirsi
apprezzata, ma anche unica, come se fossi tu a fare la differenza
perchè se ci fosse qualcun'altra non sarebbe lo stesso, che
riesco a dimenticarmi di tutto e a dedicarmi solo a Leo, l'uomo che
è stato causa dei miei pasticci, quest'anno, e con cui non so
davvero come andrà finire.
Ma è il presente che conta,
accipicchia, me lo dimentico sempre con la mia ansia di pensare sempre
al futuro e di programmare tutto.
Le relazioni, gli affetti, non possono essere preparati come un esame, e tendo sempre a dimenticarmene.
Sono gli imprevisti quelli che rendono la vita tale e degna di essere vissuta, e devo iniziare a ricordarlo più spesso.
Così, con calma, ci
ritroviamo sempre più stretti l'uno all'altra, come se fosse sul
serio la prima volta, con la luce della luna londinese come unica
spettatrice.
La mattina dopo, quando mi sveglio,
avverto di essere stretta ad un corpo caldo, e sento una sensazione di
beatitudine e calma eterea invadermi.
Alzo lo sguardo, e vedo che Leo
è già sveglio. Mi sta guardando con l'ombra di un sorriso
stampato in faccia, e mi accarezza i capelli per poi posarmi un bacio
sulla fronte.
"Buongiorno" dico, la voce impastata dal sonno.
"Buongiorno, piccola" replica.
"Da quanto sei sveglio?".
"Una ventina di minutes, più o meno".
Annuisco, ancora abbracciata a lui. "Sono stata benissimo, ieri" ammetto, mettendomi a sedere e guardandolo negli occhi.
"Anche io, davvero. Spero di
ottenere quel lavoro" aggiunge, riportandomi così alla
realtà dei fatti, che non è proprio allegra.
"E se non...?".
"Vedremo, troveremo una soluzione.
Non voglio rinunciare a te" dichiara apertamente, con una decisione che
mi fa sentire orgogliosa e felice come non mai.
"Se... Se andrà tutto bene, potrei continuare la specialistica in un'altra...".
"Lena, stop. Godiamoci questa mattinata e basta. After all... The sun must set to rise".
Sgrano gli occhi, confusa da quelle parole.
"Stai citando i Coldplay?" chiedo, abituata come sono alle sue citazioni letterarie.
Annuisce, quasi con fierezza. "Sono
i miei poeti del ventunesimo secolo preferito" rivela, "E, come dicono
loro in questa frase... Il sole deve tramontare per risorgere, no?
Quindi, anche se avremo dei problemi, all'inizio, ci renderanno
più forti e ce la faremo ad andare ava...".
Non termina la frase perchè
lo blocco io, rendendo le sue labbra più utili in un bacio e non
per la continua azione di citazione.
E' successo tutto in fretta, lo so,
ma, alla fine, sto vivendo al meglio questo inizio di giornata con
l'uomo che ora sento più vicino a me come non mai, e mi va bene
così.
Basta fingere, basta dire bugie... Voglio solo crederci, senza rimpianti.
Un mese dopo...
"Le ragazze di
oggi sanno quello che vogliono, e riescono ad ottenerlo riuscendo a
stare in equilibrio (sui loro tacchi dodici) tra studio, lavoro, vita
sociale e relazioni amorose".
Che idiozia!
Avevo letto questa frase su un
giornale per teenagers una delle rare volte che ero andata dal
parrucchiere, ed erano mesi che mi rimbombavano nelle orecchie a causa
di una vocina nella mia testa che la recitava con voce sarcastica e di
scherno.
Equilibrio? Tacco dodici? Vita sociale? Relazioni amorose, al plurale, per giunta?
Mi sono sempre chiesta quale droga
assumano le donne che lavorano in questo tipo di giornali, viste le
stronzate gratuite che sparano.
A ormai ventidue anni e a un esame
dalla laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere, è
già molto che io riesca a "stare in equilibrio" - sulle mie
comode Nike, visto che da quando ho finito il liceo indosso quei
trampoli alias scarpe col tacco molto raramente - tra
università, studio, qualche amicizia, il mio lavoro part time ,
le bollette da pagare della mia casa in affitto e il mio pseudo ragazzo
che, guardacaso, è stato anche il mio professore madrelingua di
Inglese III e mi ha esaminato all'esame di letteratura Inglese III.
Sono una stupida, certo,
perchè la cosa più stupida oltre l'avere un ex che studia
nella tua stessa facoltà, è trovarsi un nuovo ragazzo
che, addirittura, insegna nella stessa facoltà. Un applauso per
Lena Inverno, che sa solo combinare pasticci più grandi dei
precedenti, se possibile.
"Non è possibile che
quest'estate sia già finita! Mi sembra ieri che ero a
Gallipoli..." commenta Trudy, malinconica come lo diventa ogni
settembre.
"Non me lo dire, guarda" replico, sospirando, mentre salgo a forza gli scalini che conducono al bar dell'università.
"Almeno la tua è stata
un'estate super! Io ho dovuto sforzarmi di farmi apprezzare dalla nonna
di Davide! Ma almeno ora sgancerà i soldi anche se non ci
sposiamo" dice soddisfatta.
"Diciamo che è stata
un'estate da Teen Drama" la correggo, non riuscendo, tuttavia, a
reprimere un sorriso al solo ricordo di tutto ciò che si
è generato tra me e Leo dopo la nostra chiacchierata a cuore
aperto.
"Infatti sei bella, riposata e
felice proprio come una di quelle attrici di questo tipo di Telefilm"
osserva. "Io e te felici contemporaneamente con due figoni, di nuovo!
Chi l'avrebbe mai detto?".
"Io di certo no" ironizzo. "Comunque, mi raccomando, acqua in bocca con le ragazze".
Annuisce, stranamente seria. "Quando si saprà l'esito del concorso?".
"A giorni" replico, preoccupata. "Se andasse bene, sarei la più felice del mondo, te lo giuro".
"E se non...?".
"Se per quando sarò laureata
le cose continueranno così bene, m'iscriverò io alla
Federico II, tanto non cambia nulla" dico, decisa.
"Ti piace proprio tanto... Lo dovevo immaginare che alla fine non eri capace di farti una storia di solo sesso con uno!".
"Shhh!".
Per fortuna arriviamo al tavolo dove sono sedute le mie amiche, unite come sempre, abbronzate più che mai.
L'unica che manca e che fa notare la sua assenza, è proprio Germana, che ormai è a Bologna dal padre da luglio.
Germana, con cui non ho avuto nessun confronto.
Germana, che non riesco a chiamare.
"Belle, ciao!" esclama Marina, entusiasta.
Si genera un caos di abbracci, baci e frasi sceme, per poi parlare dell'estate appena trascorsa.
Con un nodo allo stomaco, vedo Leo
seduto qualche tavolo più in là, che sta parlando con la
Prisco, la professoressa d'inglese III. Mi guarda, lo guardo, accenna
un minimo sorriso e torna ad ascoltare la donna.
Deve vincere quel concorso,
accidenti! Vederlo così mi fa sentire in colpa più che
mai, ed è solo la prima volta che ci becchiamo
all'università.
Mentre la mia combriccola passa
rapidamente dall'argomento: "Tra due giorni abbiamo l'esame!" a quello
più interessante:"Che avete combinato, quest'estate?", noto con
rammarico l'arrivo di Damiano e Dario.
Quest'ultimo mi guarda, probabilmente memore della nostra conversazione di un paio di settimane fa.
Ci salutiamo discretamente, mentre
Damiano fà lo scemo come al solito gettandosi addosso ed
esclamando: "Mi sei mancata, scemotta combinaguai!" - non sapendo di
essere guardato con aria torva da Leo -, per poi gettarsi sulle altre.
I secondi passano, e non so come, odo Dario dire: "Posso parlarti un secondo?".
A disagio, annuisco, così ci
allontaniamo da tutti per recarci fuori al terrazzo
dell'università, in un modo che mi fa ricordare tanto il primo
giorno del secondo semestre, quando mi consolò in seguito alla
litigata con Germana.
"Il tuo ragazzo ci ha lanciato un'occhiata..." commenta, asciutto.
"Dario, cosa devi dirmi?" chiedo, non gradendo quell'osservazione.
"Ci ho pensato e... Non approvo la
vostra relazione, ma ti vedo felice. Non capisco come possa essere
accaduto così in fretta, tra voi, ma va bene e... Non fare
cazzate, però. Non voglio che tu cambi università per lui
o...".
"Dario, ho esaurito il numero di
cazzate, onestamente. Andrà tutto bene" dico, cercando di
tranquillizzare prima me stessa, poi lui.
Annuisce, sospirando pesantemente.
"E mi piacerebbe tornare quelli di una volta, mano a mano" aggiunge. "Mi manca la mia migliore amica".
"Anche a me manca il mio migliore
amico, che credi? Ci siamo feriti a vicenda e solo con il tempo
potremmo tornare quelli di prima. Lo spero".
"Sappi che ti romperò le scatole se riterrò che stai commettendo qualche errore...".
"Ed io ti romperò qualcos altro se non la smetti. So badare a me stessa!".
E poi, non so come, dopo mesi e mesi
di silenzi e cose non dette, scoppiamo a ridere in sincrono, generando
una sorta di miracolo.
Mi era mancata questa spontaneità tra noi, ad essere onesti, e forse, e dico forse, poco a poco ritorneremo amici.
"Posso... Abbracciarti?" chiede, esitante.
"Gli abbracci non si chiedono" replico, abbracciandolo lievemente, seppur per poco.
Ci guardiamo, imbarazzati, e senza
aggiungere altro, torniamo al bar, sotto lo sguardo di Leo che di
sicuro ci ha spiati durante quella scenetta.
Prendo un bel respiro e, provando a
non farmi notare da nessuno, sorrido in sua direzione, rassicurante, e
ottenendo subito il suo sorriso in cambio, felice.
Va tutto bene, finalmente.
*°*°*
Tadà!
Chissà come sono le vostre facce, al momento!xD
Ve lo aspettavate?
Tutto ciò è
una grande sorpresa anche per me, fidatevi, perchè i piani erano
ben altri, ma mano a mano mi sono convinta a cambiare strada
perchè questa storia è nata più di un anno fa
nella mia mente e, con essa, sono cresciuta anche io.
Riflettendo, e conoscendo
oramai Lena come se esistesse sul serio, sono arrivata al punto di
pensare che sul serio una con il suo carattere, in fondo, non
riuscirebbe ad avere un "friend with benefits" xD senza un minimo di
coinvolgimento sentimentale.
All'inizio non provava
nulla proprio perchè sapeva che fosse un suo insegnante etc...
Ma, con l'andare avanti, si è dimostrato un uomo a modo suo
maturo, che non le ha voltato le spalle nemmeno quando non si è
comportata bene.
La parte finale,
ovviamente, riprende l'inizio del primo capitolo con le giuste
modifiche, e anche la scena fuori al terrazzo con Dario ricorda quella
del primo capitolo, per generare una sorta di cerchio che si chiude.
Cosa succederà, ora? La storia tra Leo e Lena proseguirà? Lui otterrà il lavoro alla Federico II?
Lo scoprirete solo nell'epilogo! ;)
A presto,
milly92
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Capitolo 23 *** Epilogo ***
epilogo
Epilogo
Sei Felice?
Ho appena risposto alla
domanda del docente di tedesco, con qualche esitazione e incertezza, ma
spero di essere stata soddisfacente.
Sento lo sguardo di tutti puntato
su di me, tanto che mi sembra di sentire fisicamente almeno una ventina
di persone addosso ma provo a non badarci e a concentrarmi, in attesa
della domanda d'inglese.
Nella mia facoltà, la
seduta di laurea funziona così: si espone la tesi, poi seguono
due domande, una per ogni lingua studiata.
Ho sempre temuto la domanda di
tedesco, ma ora che mi ritrovo in questa situazione spinosa, preferirei
risponderne ad una in cinese, onestamente.
Deglutisco, mentre il presidente di commissione fa un cenno e si volta verso il membro della commissione che più temo.
"Bene, Professor Scott, a lei la parola".
Ho la gola arida, che quasi mi fa
male, come se stessi provando ad ingoiare del vetro, e mi pento di
tutti i casini che ho creato negli ultimi otto mesi.
Ora potrei essere una semplice
laureanda che sta per essere esaminata da un suo professore, mentre mi
ritrovo ad essere una laureanda che sta per essere esaminata da un uomo
con cui ha avuto una storia per la seconda volta.
Maledetto destino, maledetto tutto, maledetta me!
Nervosa, tesa, sul punto di
vomitare, a stento trovo il coraggio di guardare Leo, che ricambia lo
sguardo con la faccia più professionale che trova, indugiando un
po' prima di iniziare a formulare il quesito.
"Well... What do you think...?".
Non odo il resto della domanda,
perchè sento un rumore che mi distrae. E' il cellulare per caso?
Ho lasciato il cellulare in tasca, per di più acceso e senza
silenzioso il giorno della mia laurea?
No, il suono è diverso, è insistente, è...
"Oh!".
Mi sveglio di soprassalto, tremante, facendo tremare il letto a mia volta.
Ringrazio il cielo di trovarmi qui, in questo comodo letto matrimoniale e non in un'aula dell'università...
- Stupida, ti laurei oggi! - mi ricorda la voce nella mia testa, malefica come sempre.
Mentre disattivo la sveglia del
cellulare, ansimante, avverto una mano che si stringe al mio braccio e
mi lascio scappare un sorriso, voltandomi verso destra.
"Buondì" sussurro.
"'Morning. Che è successo? Il letto ha tremato o sognavo?".
Leo si mette a sedere lentamente, gli occhi ancora socchiusi a causa del sonno, e sbadiglia.
"No, sono stata io, scusami. Sognavo... Che mi interrogavi tu, oggi" ammetto, mordendomi un labbro con aria imbarazzata.
Si lascia scappare un sorriso
sincero per poi calarsi verso di me e baciarmi con dolcezza. "Ci
è mancato poco ma ce la siamo scampata, no?" mi ricorda, per poi
stringermi a sè e accarezzarmi i capelli.
"Sì, deve essere per questo che l'ho sognato, una parte di me è ancora terrorizzata!".
"Lena, stop it, please. E' passata, abbiamo rischiato grosso quando ho fatto il secondo posto al concorso, ma... Il destino ci ha aiutato anche this time,
no? Quella scema che mi aveva superato è rimasta incinta dopo un
mese ed è a gravidanza a rischio, così hanno chiamato me
e l'hanno licenziata".
Annuisco, sorridendo al solo
ricordo di tutti gli accaduti degli ultimi due mesi: lui che arriva
secondo al concorso, io che, morta, gli chiedo di prenderci un po' di
pausa per pensare a cosa fare, lui che insiste, io che non resisto
senza vederlo, la paura e l'imbarazzo quando ci incrociavamo...
E poi, un bellissimo giorno di
fine ottobre, sorpresa!, si scopre che Janet Clarkville, colei che era
stata assunta, non può muoversi di casa per una gravidanza a
rischio e Leo viene assunto.
Lo ricorderò come uno dei
momenti più belli della mia vita, così come
ricorderò il salto che ho fatto quando me l'ha detto. Gli sono
saltata addosso, piangendo, pensando che l'universo sembrava finalmente
venirci incontro.
"E meno male. Oh, sono così felice!" esclamo, stringendomi a lui.
"Anche io... Finalmente hai raggiunto il suo sogno accademico, oggi".
"Guarda che mi riferivo a te, scemo" sussurro, guardandolo negli occhi e leggendo tanta gioia quanta emozione.
Purtroppo, a svegliarci dal nostro momento idilliaco, è una chiamata da parte di Trudy.
"Pron...?".
"Scema, sono le sette passate, i
tuoi saranno qui tra massimo un'ora e mezza, alza il culo e vieni, sai
che non so dire bugie paraculo!" dice tutto d'un fiato, per poi
staccare subito, senza aggiungere altro.
"Trudy?" chiede Leo.
Faccio un cenno di assenso, sospirando e alzandomi dal letto, di malavoglia.
"I miei saranno a casa massimo
per le nove, e devo ancora farmi i capelli... E preparati, che mi sa
che te li presenterò. Lo so che stiamo insieme da poco ma sanno
che esco con qualcuno e non presentarti sarebbe sospetto. Ovviamente
non sanno nulla della questione dell'ex prof" gli ricordo.
"Mi fa piacere, don't worry".
Rapidamente, mi preparo e quando sono pronta per uscire, un Leo in pigiama mi accompagna alla porta.
"Ci vediamo quando sarai una dottoressa, allora" dice, facendo l'occhiolino. "Ah, e devo dirti un'altra cosa...".
"Sì?" chiedo, curiosa.
"Sai, sono io il padre del figlio di Janet, avrei fatto di tutto pur di poter stare con te" dice, quasi serio.
Esito, confusa per un attimo, per
poi fare una faccia grottesca e dargli un pugno leggero sul braccio.
"Scemo! Non devi dire più queste sciocchezze!" lo rimprovero.
"Lo sai che non lo farei mai! After all... I love you" risponde, questa volta serio, quasi ansioso, direi.
Sgrano gli occhi, sentendo il fiato mancare. Oddio. Oddio.
E' il primo, vero, "I love you"
della mia vita, se escludiamo lo scialbo "ti amo" che mi disse Matteo
ben un mese dopo che glielo avevo detto io, ragion per cui mi ero
ripromessa di non dirlo mai più per prima.
Diciamolo, detto in inglese suona ancora più... Importante, bello, da infarto.
Vedendomi così attonita, Leo, imbarazzato, si passa una mano tra i ricci ribelli e mi sorride. "Tranquilla, non devi...".
"Ma... Ma ti sembra normale dire
una cosa simile a poche ore dalla mia seduta di laurea, come se non
avessi già fin troppe emozioni di mio? Sei... Sei imprevedibile,
eppure così deciso, mi hai sconvolto la vita e si è
capito ormai che dovevi sconvolgermi anche la laurea! Ed è anche
per questo che... I love you too, Leo" replico, dando voce ad un
sentimento che ho provato sempre più insistentemente nelle
ultime settimane.
Un conto è essere attratte
da un uomo così affascinante, un altro è rendersi conto
di conoscere ormai ogni suo minimo gesto e reazione e amarlo comunque,
non importa cosa dica o faccia, perchè da quando c'è lui
al tuo fianco ti senti bene come non mai.
Felice, mi abbraccia,
stritolandomi quasi; ci guardiamo negli occhi, complici di uno sguardo
in grado di comunicarsi tutto senza parole, per poi scambiarci
l'ennesimo bacio con la promessa tacita di continuare la nostra storia
così, nella sua semplicità ma ricca di sentimenti.
"Io... Vorrei rimanere qui, ma...".
"Go, go, love" risponde, felice.
Obbedisco, mandandogli un bacio e
allontanandomi di malavoglia, sentendo che la mattinata della mia
laurea non poteva iniziare in maniera migliore.
Il ritorno a casa, però,
non è dei migliori: trovo una Trudy tutta preoccupata ad
accogliermi, e non ho nemmeno il tempo di chiedere cosa sia mai
successo che trovo la risposta seduta sul divano del soggiorno,
appariscente come sempre, seria come non mai.
Deglutisco, sentendo l'aria mancarmi e la codarda che è in me farsi largo per nascondersi il meglio possibile.
"Germana!"esclamo debolmente, quasi senza fiato.
"Ciao, puttanella" risponde. Se
ne sta seduta con le gambe accavallate, con addosso un completo grigio
e rosa più raffinato rispetto agli abiti che è solita
indossare, e sembra in qualche modo più curata, cresciuta oserei
dire. "Sono qui per gli esami e ho sentito delle voci interessanti su
di te. Miracolo, eh? Sei passata dall'essere una noiosa di prim'ordine
ad una puttanella esperta. Complimenti" dice, distendendo il viso in un
sorriso ipocrita.
"Ho imparato dalla migliore" mi
difendo, chiedendomi come abbia fatto a sentirmi in colpa tutte le
volte che non ho avuto il coraggio di chiamarla per dirgli di me e Leo,
sempre dopo avergli fatto un'eventuale partaccia per essere stata con
Dario. "Quella che è andata al letto con il ragazzo con cui mi
vedevo e non ha avuto il coraggio di dirmelo".
Annuisce, con aria annoiata. "Sì, sì, certo".
"Germana, che vuoi?".
"Sentirti dire che lo stai facendo per ripicca, per...".
"No, mi dispiace!" la interrompo,
chiedendomi come sia possibile cambiare umore così
repentinamente a causa di una sola persona. "Tu... Tu hai avuto la tua
occasione! Ti ho spronato a chiamare Leo, a cambiare idea, ma tu non
hai voluto sentirmi! Hai preferito ignorarmi, sbattermi la porta in
faccia e fare sesso con la persona con cui uscivo, per poi scappare a
Bologna! Non ti ho detto di me e Leo, certo, ma tu non mi hai detto di
quella notte e non lo hai apprezzato. Ora non lamentarti, stronza che
non sei altro, se è felice con me! E' successo tutto per caso,
mi ha scoperto all'esame di letteratura, mi ha perdonato, perchè
è l'uomo migliore del mondo, poi mi ha invitato a Londra e alla
fine abbiamo capito di provare qualcosa che, cara mia, dopo quattro
mesi è ancora qui, anzi, è diventato amore!".
"Mi sono persa qualcosa...?" s'intromette Trudy, attivando il suo radar da fangirl.
"Ce lo siamo detti stamattina" confermo, sorridendo appena.
"Oh!".
Trudy mi abbraccia, mentre Germana fa un cenno di dissenso.
"Potrei vomitare" sbotta, nauseata.
"Vomitati addosso, fai prima"
replico, non potendone più di quella ragazza sempre pronta a
rovinarmi i momenti di felicità.
Lei, invece, si alza e mi porge la mano, risoluta.
"Complimenti per la tua laurea, per il tuo ragazzo e tutto il resto. Non mi sei mancata affatto".
Stringo la mano, incredula, e la fisso con disapprovazione.
"A me manca quella ragazza che mi
parlò a cuore aperto mesi fa, raccontandomi di suo padre, della
sua vita... Se è ancora viva, vorrei parlarle, prima o poi".
"Dovrai guadagnarti la sua amicizia" dice enigmatica.
Allude forse a qualche speranza di perdonarci a vicenda dopo questo strambo e offensivo chiarimento?
Perplessa, annuisco, e poi la vedo prendere la sua borsa firmata e avviarsi verso la porta.
"Io vado, ciao ragazze" dice, scomparendo senza lasciarci il tempo di dire o fare nulla.
"... La commissione proclama dottoressa Lena Inverno con la seguente votazione... Centosette su centodieci!".
E' così strano starsene
alzata insieme a coloro che dovrebbero essere i tuoi colleghi e sentire
queste parole che pongono definitivamente fine a tre anni
indimenticabili.
Sorrido, incredula, perchè
mi aspettavo un voto peggiore, non così vicino al massimo, e mi
volto automaticamente verso la mia personalissima curva B, alias la
fila in cui sono seduti i miei genitori, mio fratello, Trudy, Davide e
Dario. Dietro di loro, Marina, Alessandra, Lucia, Damiano e gli altri
mi fanno segni di vittoria e incoraggiamento, radiosi, e provo a
ricambiare nonostante l'emozione.
Poi, in un punto molto più
distante, da solo, ma felicissimo come non mai, incrocio lo sguardo di
Leo. Sorride, facendomi l'occhiolino, senza lasciarsi prendere dal
dispiacere per non poter sedere con tutti gli altri.
Tutti i miei amici sanno di noi,
ovviamente, ma gli ho chiesto di fingere di essere venuto in
facoltà per salutare i professori per poi trattenersi per
salutarli in seguito visto il loro essere impegnati.
Non so come, termina la
proclamazione dei voti, e prima di riuscire a dire o fare qualcosa mi
ritrovo senza sapere come nel cortile dell'università, con
addosso un cappello di laurea regalatomi da Trudy, un bouquet di fiori
e la mia tesi di laurea tra le mani.
"Ce l'hai fatta, dottoressa!".
"Grande!".
"Auguri!".
"Oh, mia figlia si è laureata!".
"Ora che sei dottoressa prescriviti qualche farmaco per curarti, scema!".
Tutti ridono alla battuta di mio
fratello, me inclusa, e quando riesco a liberarmi da abbracci e baci
vari faccio segno a Leo di avvicinarsi.
Indossa un completo grigio perla
che lo rende ancora più pieno di fascino, se possibile, e si
avvicina sforzandosi di non essere imbarazzato.
Comprendendo ciò che sta
per accadere, Trudy distrae i nostri amici facendoli allontanare, e la
ringrazio mentalmente mentre la distanza tra il mio ragazzo e i miei
diminuisce sempre di più.
Vedo mamma abbastanza impressionata, mentre mio padre sembra quasi diffidente.
"Mamma, papà, volevo presentarvi il mio ragazzo, Leonard" dico.
"Piacere, signori Inverno"
esclama lui, porgendo la mano ad entrambi e poi a mio fratello Daniele,
che lo fissa come per squadrarlo da capo a piedi.
"Piacere nostro!" replica mamma.
Dal rossore delle sue guance, devo dedurre che approva la mia scelta.
"Lena ci ha detto che sei Americano...".
"Sì, sono nato in California, ma ho parenti italiani, signora".
"Oh, chiamami Stefania!".
"Invece a me puoi chiamarmi Singor Inverno, tranquillo" dice papà, ricevendo un'occhiataccia da parte mia.
"Oh, certo, certo".
"Leo, papà scherzava" ribadisco. "Sono sicura che vi conoscerete meglio alla festa, no?".
"Senz'altro" s'intromette Daniele. "Mi piacciono le Americane, me ne presenti qualcuna?".
"Ehm, direi che è ora
delle foto, no?" cambio argomento, regalando un sorrisino di
soddisfazione a quel teppista per avermi messo in imbarazzo.
"Qualcuno ha detto foto?!" dice Trudy, che, evidentemente, stava ascoltando tutta con la massima nonchalance.
Annuisco con urgenza, per poi
venire sommersa dalla valanga di persone che a quanto pare non vedono
l'ora di farsi una foto con una ventiduenne con un cappello blu, una
tesi tra le mani e l'aria decisamente stressata.
"Ce l'hai fatta, alla fine! Complimenti, te lo meriti".
Mi giro, dopo aver bevuto
l'ultimo sorso di acqua in occasione di cinque minuti liberi da
chiacchiere, foto e festeggiamenti vari, e mi trovo davanti Dario.
Sembra un po' nervoso ma sincero, e mi fa piacere vederlo finalmente più disinvolto e meno impacciato, onestamente.
Negli ultimi mesi ci siamo visti
poco, ma mano a mano siamo riusciti ad essere in grado di iniziare una
semplice conversazione quando ci vedevamo o addirittura scambiarci sms,
sempre per questioni pertinenti all'università.
"Grazie, Dà!".
"Non mi chiamavi così da
secoli" osserva, felice. "Comunque, questo è per te" aggiunge,
porgendomi un pacchetto incartato alla perfezione.
"Ma... Nel regalo degli altri
c'era anche il tuo nome" osservo, stupita, riferendomi al nuovo
cellulare super tecnologico che mi hanno regalato i ragazzi
dell'università.
"Lo so, è un regalo più personale. Un regalo extra" spiega.
"Non dovevi!".
"Oh, piantala e apri!" mi rimprovera.
Obbedisco, sorridendo timidamente
in sua direzione, per poi scartare il regalo e rimanere sorpresa
davanti ad una copia di "Jane Eyre".
"Lo so che lo hai già
letto, ma te l'ho preso proprio perchè lo leggemmo
contemporaneamente durante il primo anno, per l'esame di Letteratura
Inglese I... Io che prendevo in giro Jane e tu ti arrabbiavi, dicendo
che il suo amore con Rochester era uno dei più belli della
letteratura. Ricordo la tua faccia rapita mentre lo leggevi tra una
pausa e l'altra, ed io ti rimproveravo perchè eri più
avanti di me e non riuscivo a tenere il passo... E a volte mi
minacciavi con degli spoiler se non arrivavo puntualmente o non
correvo a prendere i posti a lezione in anticipo quando facevi tardi!
Vedi, è l'edizione che ci raccomandò la prof, ma che non
comprammo perchè costava troppo... Ora, da laureata, potrai
leggere quelle famose note e...".
"Ti voglio bene Dario, non ho parole, sul serio. Vorrei... Vorrei poter tornare indietro di anni e...".
"Ti voglio bene anch'io, Lena. E questa volta proverò ad essere amico del tuo ragazzo, lo prometto".
Simultaneamente, ci abbracciamo,
suggellando una promessa di amicizia che è stata interrotta per
un po' ma che forse sta tornando più forte e, soprattutto,
sincera di prima.
"Ehi, che succede qui?".
Oltre la spalla di Dario, vedo un
Leo che finge disappunto. Gli faccio l'occhiolino e mi separo
lentamente dal mio amico, con aria complice.
"Hai interrotto un momento importante tra due migliori amici" gli faccio presente.
"Oh, I'm sorry. Comunque, Dario, ti va se ci prendiamo una birra? Non abbiamo mai avuto occasione di conoscerci".
"Va... Va bene" accetta nervosamente Dario.
Sollevo il pollice in direzione
di entrambi e li vedo allontanarsi verso il tavolo delle bibite,
evidentemente un po' nervosi ma per fortuna tranquilli e decisi ad
iniziare per bene un'eventuale amicizia.
Forse questa volta ce la farò ad avere due delle persone a cui tengo di più che vanno d'accordo!
"La strana coppia, eh?" mormora Trudy.
"Spero vadano d'accordo sul serio, ci tengo...".
"Ma sì, tranquilla. Comunque... Stasera Davide si ferma da noi se per te non è un problema e...".
"Vado a dormire da Leo,
sì, tranquilla!" la interrompo ridendo. "Sono finiti i tempi in
cui o andavo da Germana o lavoravo" le ricordo, quasi nostalgica.
"E intanto proprio per Davide che si è fermato qui sei andata a lavorare e hai conosciuto Leo" mi ricorda.
"No... Devo ringraziare Germana,
se non avessimo litigato avrei dormito da lei" noto, dando voce ad un
particolare che fino ad ora avevo trascurato.
Vedendomi pensierosa, Trudy mi
stringe a sè, coccolandomi. "Prima o poi sarete più
amiche, non devi incolparti di nulla. Basta che ora sei felice,
dottoressa!".
Annuisco, sentendo improvvisamente una gioia che quasi mi fa venire voglia di ridere e non smettere mai.
Guardo i presenti alla festa che ridono, mangiano...
E sono qui per me, perchè
ho raggiunto uno dei primi importanti traguardi della mia vita e ho la
fortuna di condividere questa fortuna con le persone che più amo
al mondo e mi hanno accompagnato in questo pazzo viaggio. "Sì"
sussurro, stringendomi a lei a mia volta. "Sono davvero, davvero
felice".
*°*°*°
...E così, dopo nove lunghi mesi, Lena&co smettono di farci compagnia :)
Questa storia ha un significato
per me, perchè è stato un anno abbastanza particolare, di
crescita, tanto che, alla fine, ho modificato la trama prestabilita in
favore di una che andava meglio con i miei cambiamenti personali.
Che poi, vabbè,
l'introduzione della storia vi ha completamente fatto sentire presi in
giro, visto che alla fine la storia prof/alunna c'è, ma spero
sia stata diversa dalle solite e che non la dimenticherete così
in fretta!
Mi mancherà scrivere di
Lena, ormai mi era facilissimo entrare nella sua mente ed esternare i
suoi pensieri come se fossero i miei.
Ovviamente, ringrazio tutti voi
che avete seguito questa storia fino alla fine, che avete lasciato
bellissime recensioni o avete semplicemente letto silenziosamente!
Non faccio i nomi perchè rischierei di dimenticare qualcuno visto che ultimamente siete aumentati, ma... Grazie!
E grazie soprattutto alle ragazze che stanno nel gruppo e che sopportano le mie notifiche, supportandomi in tutti i sensi!
Purtroppo, penso di tornare a
postare qui su Efp solo qualche one shot di tanto in tanto,
perchè ho gli ultimi esami da fare, devo scrivere la tesi e
laurearmi...
Grazie ancora<3
Sperando di aver scritto
qualcosa che non vi abbia annoiato e che ricorderete per un po' (che
presunzione!xD), vi saluto e vi auguro buona estate...
Godetevela anche per me che ho ancora tanto da studiare prima di andare in vacanza xD
Bacioni!
milly92.
|
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Capitolo 24 *** One Shot- Domani è Un Altro Giorno ***
os
No, non ho
deciso di continuare la storia e non sono
nemmeno impazzita...xD
Questa è semplicemente una OS che conclude
definitivamente la
storia e che avevo in mente da un po’.
L’ho postata qui per fare in modo che chi seguiva la
ff
potesse essere in grado di sapere che c’è un altro
piccolo
capitoletto da leggere :D
Buona
lettura :)
"E quindi,
dobbiamo usare il
"Present Progressive" quando...".
"Prof?".
"Dimmi, Carlo".
"Posso andare in
bagno?".
Alzo gli occhi
al cielo, come
faccio ogni volta che vengo interrotta per una cosa futile mentre sto
spiegando, mentre nell'aula si diffonde qualche risatina.
"Sì,
ma dopo fai qualche
esercizio alla lavagna, non è possibile che ogni volta che
spiego senti l'urgenza
di andare in bagno! Ti stimolo la vescica, per caso?".
Carlo si alza,
ridacchiando, e mi
fa l'occhiolino in un modo che probabilmente lo fa sentire sexy nei
confronti
della sua professoressa ventisettenne.
"Oh, prof, lei
mi stimola
tante cose!" esclama, per poi scappare fuori dall'aula e lasciando la
classe ilare per la sua ultima affermazione.
"E tra questa
c'è di sicuro la
tua maleducazione!" gli urlo dietro, sforzandomi di non arrossire.
"Sul serio, ragazzi, siete assurdi! Ai
miei tempi non avrei mai osato rivolgermi così ad
un'insegnante!".
"Ai suoi tempi?"
domanda
Paola, seduta come sempre al primo banco e con il solito tono
rispettoso ma
curioso. "Meno di dieci anni fa, intende, giusto?".
Annuisco,
sedendomi sulla cattedra.
"Sì, ma non c'entra...".
"E'
perché lei è giovanissima!
Mia sorella è più vecchia di lei, sa? Voglio
dire, lei è buona, ci sprona
sempre ad essere onesti, a spiegarle perché non abbiamo
studiato senza
inventare bugie, quindi non la vediamo come una minaccia" spiega
Claudia,
con lo sguardo quasi celato dalla frangia di un rosso fuoco e ottenendo
l'approvazione di più di metà classe, che
annuisce o fa versi di assenso.
Sorrido,
dimenticando le parole
impertinenti di Carlo, e scrollo le spalle mentre guardo i miei ventuno
alunni
della II B, che da circa sei mesi rappresentano uno dei motivi per cui
mi
sveglio la mattina, desiderosa di dare il massimo per insegnare loro
qualcosa
che non dimenticheranno nel giro di poco.
"Siete
fortunati, avrei tanto
voluto anche io un'insegnante così!" ironizzo, scatenando
qualche risata.
"Ma dai, prof!
Ha avuto come
prof il suo fidanzato, che è stupendo!" esclama Giorgia, con
la sua solita
voce petulante.
"E' vero! Non si
può
lamentare!".
"Ragazze! Sapevo
di non
dovervi raccontare nulla della mia vita privata! Ed ora, su, torniamo
al
"Present Progressive"!" cambio argomento, ma allo stesso tempo
ricordando quel piovoso giorno di ottobre in cui, all'uscita, mezza
classe mi
aveva visto correre in direzione di Leo che mi aveva fatto una sorpresa
facendosi
trovare fuori scuola, visto che lui insegna ancora a Napoli mentre io
sono
stata chiamata per un anno di supplenza a Roma.
Vista la
situazione nell'ambito
dell'insegnamento, non ho potuto rifiutare quest'incarico annuale e
sono
costretta a fare la tratta Roma-Napoli ogni fine-settimana due volte al
mese,
perchè le altre due è Leo che viene a trovarmi.
Sarebbe tutto
più semplice se
potessi permettermi di pagare un treno Freccia Argento ogni giorno,
visto che
impiegherei meno di un'ora per giungere a scuola da Napoli, ma
purtroppo sono
una semplice prof squattrinata da circa due anni e devo accontentarmi,
perché
sono stata io a scegliere questa strada dopo la specialistica.
Carlo torna in
classe, questa volta
a testa bassa, memore della sua battutaccia, ma è costretto
a fermarsi e a fare
marcia indietro dopo il mio: "Ehi, Carlo, l'esercizio, ricordi?".
Rassegnato, mi
si avvicina, in
attesa di fare la sua solita figuraccia che verrà attenuata
solo quando mi
applicherò nel spiegargli la regola per bene, in modo
semplicissimo.
Qualcuno
ridacchia, Silvia - che ha
una cotta per Carlo - si prepara nel caso in cui lui abbia bisogno di
un
suggerimento, ed io mi sento fortunata perché mi sento a
casa nonostante sia a
lavoro.
"Sono
stanchissima! Dimmi, come
facevamo ad uscire il sabato e a tornare tardissimo a casa?".
"Eravamo giovani".
Come se fossi a
casa mia, mi stendo
sul divano di casa Bellofiore e mi perdo in uno sbadiglio infinito,
annuendo
alle parole della mia vecchia amica Trudy.
Riesco a trovare
la forza di
rialzarmi dopo qualche minuto, mettendomi a sedere, ma lascio che una
nota di
disappunto mi si dipinga in faccia quando vedo la figura della ragazza
incinta
che mi è di fronte che si dà da fare davanti lo
schermo del computer, con una
concentrazione massima.
"E' quasi sabato
sera,
potresti smettere! Devi riposarti un po', sai?" esclamo.
Sbuffando, Trudy
si volta verso di
me, esasperata.
"Per favore,
almeno tu
potresti smetterla di dirmelo?".
"Ma è
vero! Aspetti un
bambino, dovresti...".
"Cosa, dimmi?
Guardare il
soffitto per i prossimi tre mesi invece di portare a termine la
traduzione di
questo bellissimo romanzo, grazie a cui otterrò, finalmente,
un pagamento
decente dopo anni?".
Mi mordo il
labbro inferiore,
pensando che, tuttavia, anche io al posto suo farei lo stesso.
Ma io non mi
sono sposata a
ventisei anni, non ho provato a fare un figlio subito dopo e non ho
scelto di
lavorare come traduttrice letteraria per il momento, in modo da stare
di più a
casa e poter accudire mio figlio quando nascerà.
"Almeno vedrai
uno stipendio
decente. Odio dare via quasi la metà del mio per l'affitto
di quel buco in cui
vivo" cambio argomento.
"Non puoi
lamentarti, Lena!
C'è chi pagherebbe oro per stare al posto tuo! Tipo io"
ammette,
sorridendo tristemente.
Mi fa tenerezza
ora che ha il viso
più paffuto che mai e il ventre piacevolmente arrotondato
dalla presenza di sua
figlia, che si chiamerà Lara.
"Perchè
dici così? E poi,
scusa, chi ti dice che non vorrei essere io al tuo posto?".
"Il semplice
fatto che ormai
non fai altro che parlarmi dei tuoi alunni e di quello che fanno. Mi
sembra di
conoscerli!".
Scrollo le
spalle, mentre prendo
posto su una sedia di fronte a lei e noto con piacere che sembra
essersi
distratta dal suo lavoro.
"Comunque,
sì, non dobbiamo
lamentarci, basta pensare a chi non lavora".
"E a chi sta a
casa ad
aspettare il marito che torna da lavoro, senza fare nulla" aggiunge
lei,
per poi alzarsi, avvicinarsi alla dispensa ed estrarne dei biscotti con
scaglie
di cioccolato.
"Mmmh, parli di
Elisabetta?" ridacchio, rinvigorita dall'inizio del nostro
"Spetteguless" settimanale.
"Sì.
E' confermato, ha sposato
un quarantenne pieno di soldi che le consente di avere borse lussuose e
abiti
firmati da indossare alle sue noiose cene di lavoro" spiega Trudy,
scegliendo una sedia più vicina alla mia e porgendomi i
biscotti.
"Contenta lei...
Fatto sta che
mi ha più sorpreso Germana" osservo, addentando una di
quelle delizie.
"Sì...
Quella cena di
Capodanno è stata sconvolgente! Che scoop!".
‘Lo
scoop di Capodanno’, come lo
chiamiamo noi, non è altro che una scena assurda, mitica, in
cui io e lei ci
avviamo con Leo e Davide in un noto ristorante di Napoli per il cenone
e
aspettiamo Dario che aveva promesso di portare la sua nuova ragazza -
dopo mesi
di segreta frequentazione -, salvo poi ritrovarci una Germana
più bionda, dispiaciuta
e soprattutto timida che mai.
Personalmente,
aspettavo che
qualcuno se ne uscisse con la frase: "Siete su "Scherzi a
Parte!"", ma nel momento in cui ciò non è
successo, come precauzione
ho passato la sera appiccicata a Leo, arrivando a scortare la suddetta
Germana
quando ha annunciato di dover andare in bagno subito dopo di lui.
So di aver
esagerato, ma la storia
mi ha insegnato che non si è mai prudenti abbastanza in
questi casi, no?
"Ma Dario
è felice ora, è
questo che conta. Sai, iniziavo a credere che non riuscisse a farsi
piacere
qualcuno sul serio, dopo di te".
"Basta che sia
felice ora con
la mia nemesi" ironizzo.
"Nemesi,
sì... Intanto siete
uscite entrambe con Dario e Leo".
"Ah ah ah. Non
continuo per
rispetto per Lara, non vorrei che si dicesse che zia Lena le fa sentire
le
parolacce...".
Tuttavia, le
accarezzo la pancia, e
sento dei lievi calci. "Mi ha sentito!" esclamo, emozionata.
Trudy contrae un
po' la faccia per
i colpi, ma poi mi sorride. "Vorresti essere la sua madrina?" chiede
tutto d'un fiato. "So che la sorella di Davide e mia sorella mi
odieranno
per averle snobbate ma...".
"Sei seria? Oh
mio Dio, cioè,
sì!" esclamo, sentendo una grandissima esplosione di gioia
ed emozione
contrarsi nel mio stomaco.
Abbraccio la mia
amica,
felicissima, proprio mentre due uomini - i nostri due uomini - entrano
nella
stanza.
"Ehi, ragazze,
che
combinate?" chiede Davide, nella sua migliore versione da sabato sera,
con
tuta e pantofole.
"Sono l'unico a
cui puoi
urlare "sì", tesoro" mi ricorda Leo, facendomi l'occhiolino.
"E a quale
domanda? "Mi
passi il pane, please?"" lo prende in giro Trudy, ma con uno strano
sorriso.
"Scemi! Trudy mi
ha appena
chiesto di essere la madrina di Lara" spiego, entusiasta.
Si genera un
coro di "Oh"
e "Wow!", specialmente da parte di Davide che guarda sua moglie come
a dire: "Non ne sapevo nulla!".
"Gliel'ho
chiesto appena mi è
venuto in mente, Lara ha scalciato mentre Lena parlava di lei!" spiega
Trudy.
"Ottima scelta,
amore"
approva quindi l'uomo, per poi abbracciarmi con calore.
"Bene, andiamo?"
chiede
poi Leo, guardando l'orologio da polso.
"Sì.
Sicuri di non voler
venire?" domando, ripetendo la domanda formulata già un paio
di ore fa,
quando io e Leo siamo arrivati a casa loro per la nostra visita
settimanale,
visto che ora il lavoro ci ha separato.
“No,
davvero, stasera ci aspetta
una buona pizza a domicilio con mio fratello che ci
presenterà la sua ragazza”
risponde Davide.
“Sì.
Spero sia grassa, così non mi
sentirò brutta e vecchia” aggiunge Trudy, con il
suo sorrisino furbo che non è
cambiato affatto da quando ci conosciamo.
Rido, mentre
indosso la giacca e
prendo la borsa.
“Ehi,
sei la mia migliore amica!
Quindi sei automaticamente il top del top!”.
“Veramente
è il contrario,
comunque... Divertevi!”.
Qualche altra
chiacchiera e risata
dopo, io e Leo ci ritroviamo nella sua auto, dopo essere stati avvolti
da
un’ondata di freddo, una di quelle tipiche che hanno luogo a
marzo prima
dell’inizio della primavera.
“Brrrr”
esclamo, strofinando le
mani sulle braccia nonostante siano coperte dalla giacca.
“Accendi il
riscaldamento?”.
Leo si toglie i
guanti per poter
guidare, per poi fissarmi.
“Potrei.
Ma se ti riscaldassi io?”
chiede, facendo
l’occhiolino e mordendosi il labbro inferiore mentre si volta
verso di me e
avvicina il suo viso al mio.
“Mi
hai riscaldato circa tre ore fa,
appena ho messo piede nel tuo
appartamento, ricordi?” rispondo, tuttavia stando al gioco e
piegando il mio
volto verso destra, per accogliere un eventuale bacio.
Annuisce,
appoggiando una mano
sulla mia guancia e avvicinandosi ancora di più, fino a
riuscire a sfiorare le
sue labbra contro le mie. “Sì, ma il nostro
weekend sta già scivolando via e
visto che non è previsto un aumento delle temperature voglio
riscaldarti il più
possibile, in modo da non farti sentire freddo per tutta la prossima
settimana...” sussurra, labbra contro labbra, occhi negli
occhi.
“Beh,
in questo caso...” mormoro,
chiudendo gli occhi, “Chi sono io per impedirti di compiere
un gesto così
nobile?”.
Ho appena il
tempo di finire di
pronunciare la frase che sento la sua presa su di me aumentare, prima
di
avvertire l’inizio del nostro bacio, che di dolce o
sentimentale non ha proprio
nulla.
Non mi dispiace
affatto, con Leo è
così: abbiamo passato quasi metà della nostra
relazione in città diverse, a
causa degli impegni lavorativi, e quindi ogni volta che abbiamo la
possibilità
di stare insieme viviamo l’attimo secondo dopo secondo, con
passione e gioia,
perché sappiamo che nel giro di poco la vita
porrà tra di noi una distanza di
almeno cinquanta chilometri.
“Andiamo
a casa...?” domando, avvertendo
l’inizio del cambio di temperatura che potrebbe generarsi da
un momento
all’altro se non ci fermiamo.
Lui, perdendosi
prima qualche
istante a depositare baci roventi sul mio collo, si separa di
malavoglia e mi
guarda in modo malandrino.
“No...
Rimaremmo fedeli al nostro
piano...” dice, per poi separarsi con mio sommo disappunto e
mettere in moto
l’auto.
“Eh?
Andare in un locale a cenare?”
chiedo, senza capire.
“Sì”.
“Ok...
Ma non aspettarti nessun riscaldamento,
quando torneremo a casa”
sbuffo, contrariata.
“No,
non me lo aspetterò... Perché
mi riascalderai prima...”.
“Leo,
ma che hai in mente...?”.
Sorride beffardo
senza dire nulla,
cosa che mi causa il mio solito broncio tipico di quando vengo esclusa
da
qualcosa e non capisco cosa stia accadendo.
Circa dieci
minuti dopo, con mio
sommo stupore, ci ritroviamo davanti al “Magic
Trick”, il locale in cui ci
siamo parlati per la prima volta.
“Perché
siamo qui?” domando, senza
capire. “Non volevi provare il panino speciale del nuovo pub
a Corso Umberto?”.
Senza rispondere
mi prende per mano
e mi trascina nel caos del locale causato dal momento della settimana.
Gente che balla,
clienti al
bancone, tre impiegate dietro il bancone dei drink...
Non è
cambiato nulla negli ultimi
due anni, da quando vi ho messo piede l’ultima volta.
Non so come sia
possibile, ma
Pamela e Gina mi notano quasi subito dopo il nostro ingresso e mi fanno
segno di
avvicinarmi.
Sono le colleghe
che hanno iniziato
a lavorare qui circa due mesi prima che mi licenziassi, e spesso ci
sentiamo
anche se non ci vedevamo da almeno sei mesi.
“Vai,
vai” dice Leo, indicando il
bancone.
Così
mi avvicino alle ragazze,
abbracciandole per quel che posso attraverso il bancone.
“Aspetta,
vieni qui dietro come i
vecchi tempi, dai!” ridacchia entusiasta Pamela, il volto
incorniciato da una
serie di riccioli rossi pieno di felicità.
“Sì,
ci sei mancata!” concorda
Gina, abbracciandomi ancora.
Obbedisco,
ritrovandomi dall’altra
parte del bancone dopo secoli e ricordando quanto fosse diverso il
resto del
mondo visto da quella prospettiva.
Noto che anche
Leo si è seduto su
uno degli sgabelli vicino al bancone, e mima
“Birra!”.
Scuoto il capo,
senza sapere cosa
dire per l’assurdità di quella situazione, per poi
annuire.
“Che
combinate senza di me,
comunque?” chiedo allegramente.
“Solite
cose...” replica Gina,
mentre prepara un cocktail.
“Io mi
laureo il prossimo mese!”
dice invece Pamela, fiera. “Spero di trovare subito lavoro,
altrimenti marcirò
qui”.
“Ma
sì, dai! Lavorare qui porta
fortuna alle neo laureate!”.
“Eh,
così mi abbandoni anche tu,
Pam” brontola Gina, per poi servire un drink.
“Comunque
il mio ragazzo prende una
birra” dico.
“E tu
che prendi?”.
“Un
Martini Rosato... Magari con
delle patatine, grazie”.
“Solo
che devi aspettare il tuo
turno, ragazza” mi rimbrotta scherzosamente Pamela.
“Lo so
che è una scusa per avermi
di nuovo qui con voi!”.
Non so per
quanto tempo
chiacchieriamo mentre sono impegnate nel svolgere il loro lavoro, ma
dopo circa
mezz’ora giunge il turno del mio drink, mentre la folla
dietro al bancone è
corposamente diminuita grazie allo spostarsi di quasi tutti nella pista
da
ballo.
“La
tua birra, scemo” esclamo, poggiando
l’Heineken sul bancone e stappandola con una finta aria
professionale, frutto
di circa sei anni di lavoro in questo locale.
“Thanks,
love” risponde.
Quando fa
l’americano non riesce a
non farsi amare sempre di più, perché mi ricorda
l’inizio della nostra
relazione, quando non riusciva a ficcare almeno una parola in inglese
in un
discorso e la sua pronuncia era differente.
Ora di tutto
ciò è rimasto solo un
lieve accento americano che spero non sparisca mai, anche se spesso
iniziamo a
parlare in inglese senza un motivo preciso.
“You’re
welcome, honey” replico,
facendogli l’occhiolino.
“Ed
ecco il tuo drink” aggiunge
Pamela, porgendomi un bel calice di liquido rossastro con due cannucce
nere.
“Grazie,
cara” replico, per poi
vederla allontanarsi in direzione di un altro cliente.
Leo sorseggia la
sua birra, ed io
inizio a bere il Martini, pensando da quanto tempo non ne beva uno
vista la
vita piuttosto economica che sono costretta a condurre visti il poco
guadagno
che mi spetta dopo aver pagato l’affitto ogni mese.
“Guardaci...
In questo locale, io
che ordino una birra e tu dall’altra parte che me la porti...
Esattamente
cinque anni dopo il nostro primo incontro...” replica il mio
ragazzo, parlando
lentamente e quasi facendomi strozzare mentre bevo, parola dopo parola.
“Accipicchia!
Sì! E’ il dodici
marzo, il giorno in cui prendesti due birre, i cornetti e... Oh, sono
una
fidanzata orribile!” esclamo, mortificata.
Di solito, in
una relazione, è la
donna che tende a ricordare ogni avversario, ogni avvenimento
importante,
mentre io, quest’anno l’ho totalmente rimosso.
“Scusami,
non sapevo che giorno
fosse e... Ed è una cosa assurda, visto che ieri ho scritto
la data sul
registro e... Oh, dove ho la testa?!”.
Presa dalla
frustrazione, colpisco
il bancone con un pugno, colpendo anche il bicchiere a tal punto da
farlo
cadere.
Per fortuna
è di plastica, quindi
non si rompe, ma quasi tutto il contenuto scivola sul bancone.
Quasi
tutto.
“Ecco,
lo sapevo, sono un’imbranata
cronica e... Eh?!”.
Quando rialzo il
bicchiere, vedo
che c’è una cosa dentro, che prima non avevo avuto
modo di vedere viste le luci
scure del locale e la presenza della bibita.
Sicura di non
aver visto bene, lo
afferro, portandolo vicino a me e scoprendo di aver visto bene
precedentemente.
“Ma
cos...? Deve essere caduto
a Pamela, non
c’è altra spiegazione...”
biascico, deglutendo.
“No,
non le è caduto niente. Le ho
chiesto io di fare questo”
risponde
Leo, con la voce leggermente mozzata dall’emozione, mentre
estrae un anello dal
fondo del bicchiere e me lo porge.
In uno stato
decisamente
confusionale, batto numerose volte le palpebre, sentendo
improvvisamente la
gola arida e le gambe tremarmi.
Non so come
nè perché, ma davanti
ai miei occhi inizio a vedere una serie di spezzoni di numerosi momenti
trascorsi
insieme.
Lui che mi
chiede di portargli un
“woo-woo” ed io che ammetto di non conoscerlo, lui
che si presenta alle quattro
del mattino con cornetti e birre dopo aver aspettato la fine del mio
turno per
cinque ore, i fraintendimenti tramite sms prima del nostro
appuntamento, il
“non-ho-mai” che ha condotto al nostro primo bacio,
il suo farmi sentire più
sicura, l’esame di letteratura inglese che ha smascherato le
mie bugie, il
viaggio a Londra...
Cinque anni in
un secondo, che mi
portano qui, in questo bar, dietro un bancone, come
all’inizio di tutto, ma
questa volta con un anello a pochi centimetri da me.
“Leo...?”
chiedo semplicemente.
“Ho
iniziato a pensare a questo
momento da quando ti sei trasferita a Roma, quando la tua mancanza ha
iniziato
a farsi sentire sempre di più. Ho capito che voglio vivere
sempre con te,
qualunque cosa accada, perché gli ultimi cinque anni mi
hanno reso un uomo
migliore. Io... Damn! Avevo
preparato
un discorso perfetto ma non ricordo nulla!”.
Entrambi ci
lasciamo scappare una
risatina nervosa, in sintonia anche in un momento del genere.
“E
poi... Sarà l’età a parlare, non
lo so, ho quasi trentacinque anni, baby,
e temo che se non mi muovo in fretta, mano a mano che si avvicineranno
i miei
quarant’anni non mi vorrai più. Quindi... Lena
Inverno, will you marry me?”
chiede, inginocchiandosi in modo da scomparire
alla mia vista.
Io dietro quel
famoso bancone e lui
inginocchiato dall’altra parte, con un anello in mano, mentre
cinque fa faceva
di tutto pur di convincermi a dargli il suo numero.
Senza capirci
più nulla, così,
sento la mia voce interiore che mi intima di andarmene da quel bancone,
così
esco da lì dietro per poi trovarmi di fronte a lui, che mi
sorride speranzoso.
Lo fisso,
scombussolata,
enigmatica, e vedo una lieve paura farsi strada nel suo sguardo, quello
sguardo
che tanto amo e che sa come consolarmi nei momenti più
tristi.
Alla fine,
stentando a credere che
tutto ciò sia vero – perché,
sì, per me Leo non avrebbe mai fatto un gesto
così
romantico in un posto super affollato – annuisco, vedendo
finalmente il suo
volto rilassarsi.
“Yes, I will” rispondo, con la
voce tremante.
Gli attimi che
si susseguono sono
super caotici, tanto da non farmi comprendere molto: lui che,
felicissimo ed
emozionato, impiega qualche secondo in più per infilarmi
l’anello al dito, per
poi abbracciarmi, quasi sollevandomi dal pavimento, e baciarmi.
“Olèè!
Siamo delle Cupido
fenomenali, missione compiuta!” urlano le mie ex colleghe,
mandandomi dei baci
da lontano.
Un coro di
“Auguri!” e
“Congratulazioni!” si leva attorno alle nostre
figure ancora abbracciate,
simbolo del fatto che il piano di Leo non sia passato inosservato.
“E’...
E’ stato dolcissimo, non ho
parole!” esclamo, emozionatissima, sforzandomi di non far
sì che le lacrime prendano
il sopravvento.
“Non
per vantarmi, ma non ho speso
molto tempo ad architettare tutto... Ci sposiamo!” urla lui,
stringendomi di
nuovo a sè.
Annuisco, per
poi prenderlo per
mano e conducendolo in una zona più riservata, nel corridoio
che conduce ai bagni.
“Ci
sposiamo, sì!” ripeto. “Ma...
Leo, come faremo? Tu insegni qui, io non so se verrò
richiamata a Roma, non
sono ancora di ruolo, dove prenderemo casa...?”.
“Ci ho
pensato, amore. Troveremo
una soluzione, come abbiamo sempre fatto sin dall’inizio.
Voglio dire,
all’inizio la nostra relazione era proibita, ricordi? Eppure
ce l’abbiamo
fatta, ho ottenuto il lavoro in un’altra
università e siamo arrivati fin qui...
Mi basta sapere che vuoi sposarmi, il resto lo organizziamo mano a
mano. Ma
deve succedere entro un anno, eh, prima che io inizi la corsa verso la
seconda
metà dei trenta che mi porterà ai
quaranta!” ironizza, stringendo la mia mano
nella sua.
“Che
vecchiaccio autoritario e
antipatico!” commento.
Guardo
l’anello sul mio anulare,
incredula, per poi alzare lo sguardo su colui che da anni per me
è l’amore
della mia vita, quello che arriva quando la tua vita va a rotoli e
riesce a
renderti una persona migliore nonostante i tuoi errori.
“Dimmi,
Trudy e company lo sanno?”
chiedo, sospettosa.
“Beh,
sì. Trudy l’ha intutito
subito, perché si è insospettita quando ho
iniziato a uscire spesso con Davide
e... E quella pazza ci ha seguiti! Quando ha visto che siamo entrati in
una
gioielleria è entrata a sua volta e ha iniziato a sclerare,
dicendo che era ora
e... E ha incolpato gli ormoni della gravidanza...E nel giro di poco
l’ha
spifferato a Dario e anche a Germana...”.
Inizio a ridere
come una scena
immaginando la scena, ma chiedendomi allo stesso tempo come diavolo
abbia fatto
la mia amica a tenere la bocca chiusa.
“Allora
facciamoglielo sapere, che
dici?” propongo.
Annuisce.
“Li chiamiamo?”.
Scuoto il capo,
estraendo il
cellulare dalla tasca e fotografando le nostre mani unite, in modo da
far
risaltare l’anello. Invio la foto a Trudy e a Lisa, felice, e
poi guardo il mio
futuro marito con aria ammiccante.
“Sbaglio
o eravamo venuti qui per
riscaldarci...?” chiedo.
Lui sgrana gli
occhi, stupito.
“Davvero
vuoi... Nei bagni?!”
domanda, esterrefatto.
“Ma
no, scemo! Non ho lavorato qui
sei anni per nulla, conosco anche i luoghi più
reconditi...” sussurro contro il
suo orecchio, trascinandolo poi in uno sgabuzzino popolato dai vecchi
divanetti
che il padrone del locale non ha ancora buttato, insieme ad alcune
sedie e
tavolini.
“Se
è questo l’effetto, avrei preferito
regalarti un anello tanto tempo fa...!” esclama Leo,
compiaciuto, mentre si
guarda attorno stupefatto.
Non lo ascolto,
gettandogli le
braccia al collo. “Ti amo” dico seriamente.
“Ti
amo anche io, Lena, non sai
quanto. E se vorrai farmi sorprese del genere” –
qui indica la stanza che ci
circonda –“ Durante il resto del tempo che
passeremo insieme, beh, sappi che mi
troverai sempre d’accordo!”.
“Sbruffone!”.
“Sì,
ma uno sbruffone con cui
passerai il resto della tua vita...”.
“Amo
queste minacce...”.
“Ricorda
che ce la faremo, amore,
troveremo una soluzione a tutto... E, dopotutto, domani è un
altro giorno”.
“Quando
ci siamo messi insieme hai
citato i Coldplay, ora Rossella O’Hara...”.
Mi fissa, per
poi ridere, mentre si
toglie a sua volta la giacca e, non so con quale movimento, riesce a
farmi
trovare stesa su uno dei divanetti con la camicetta semi sbottonata.
“Francamente,
me ne infischio!”.
Sì,
ce ne infischieremo di tutto e
di tutti, della distanza, dei problemi, perché sappiamo che
ce la caveremo, insieme,
come abbiamo sempre fatto.
Nel frattempo, a
circa due chilometri di distanza...
“Grazie
per aver portato i dolci,
Lisa, non ho avuto il tempo di prepararne uno”.
“Scherzi?
E’ già molto che tu ci
abbia invitati qui, stasera, dopo ti aiutiamo a sistemare...”.
“L’aiuterai,
semmai, io e Dario
abbiamo da fare”.
Lisa si volta
verso Germana,
guardandola con uno sguardo di sufficienza che rasenta il biasimo.
“Che
amica d’oro. Mi hanno sempre
detto quanto fossi antipatica, ma non credevo fino a questo
punto”.
Prima che
Germana possa ribattere,
Trudy si intromette, frapponendosi tra le due.
“Lisa,
Germana dimostra così il suo
affetto, lo imparerai” sentenzia. “E tu, Germana...
Giuro che quando capiterà a
te di essere così grossa come una balena, io... Io
verrò di nascosto a casa
tua, metterò tutto in disordine e poi toccherà a
te capire quando sia difficile
sistemare in queste condizioni”.
“Ma
lei è già grossa come una
balena” osserva Lisa, con tanto di linguaccia impertinente.
“No,
sei tu che sei un grissino senza
tette e...”.
“Ragazze,
basta, per favore” si
intromette Dario, che fino a qualche istante prima stava mostrando a
Davide le
mille funzioni del suo nuovo cellulare.
“Dario
ha ragione! Siamo qui per un
motivo ben preciso, ricordate?” lo supporta Davide.
“Sì.
Scoprire chi di noi ha vinto
la scommessa! Preparate la mia banconota da cinquanta euro!”
esclama Germana,
battendo le mani.
Tutti la
fissano, increduli.
“Tu
credi di aver vinto la
scommessa?” domanda il suo ragazzo, senza parole.
“Certo!”.
“Tesoro,
dovrei forse ricordarti
che hai scommesso...”.
“...Che
Lena ha rischiato di bere
l’anello insieme al resto del drink e di conseguenza la magia
della proposta è
scomparsa? Lo ricordo perfettamente. Sono realista, gente, e
vincerò la
scommessa” dichiara, levando un braccio in aria per indicare
un segno di
vittoria.
“Io mi
sento un po’ in colpa.
Voglio dire, organizzare una cena mentre aspettiamo l’esito
mi sembra una cosa
un po’ meschina” mormora Trudy.
“Ma
dai! Rideranno quando lo
sapranno, fidati” dichiara Lisa.
“Sì,
hai ragione, Lisa... E poi
saranno così felici da fregarsene di tutto il
resto” l’appoggia Dario.
“Giuro
che quando ci siamo messi
insieme non era così scemo” dice Germana, tuttavia
mandando un bacio in
risposta all’occhiata di rimprovero del suo ragazzo.
La
conversazione, però, viene
interrotta da due suonerie differenti: un “Biiip” e
una sorta di fischio che
indicano l’arrivo di un sms.
Trudy e Lisa
spalancano gli occhi,
comprendendo già di cosa possa trattarsi visto che hanno
ricevuto contemporaneamente
lo stesso messaggio, e iniziano una goffa corsa per riuscire a
recuperare i
loro telefoni.
“La
borsaaa!” urla trepidante Lisa,
rischiando di cadere a causa dei tacchi che fanno parte del suo
tailleur da
avvocato, che non ha avuto modo di togliere visto che ha fatto tardi in
ufficio.
Trudy, invece,
si avvia a passo
svelto verso il davanzale della finestra, dove ha appoggiato il suo
Samsung per
avere una ricezione migliore.
“Non
lo trovo... Trudy, non osare
leggere prima di meee!” continua ad urlare Lisa, rossa in
volto, con i capelli
biondi svolazzanti che sembrano più voluminosi che mai.
Il resto del
gruppo le guarda tra
l’ansioso e il divertito, tuttavia senza dire nulla.
“Ecco,
ecco, l’ho trovato!”.
“Finalmente!”.
“Al
mio tre...!”.
“Uno,
due...”.
“Treee!”.
Si precipitano a
cliccare sulla
notifica di Whatsapp, con gli altri tre che sbirciano anziosi alle loro
spalle.
C’è
un’immagine, che però impiega
dei secondi per caricare e mostrarsi.
“Idiota,
muoviti!” sbraita Trudy.
Il primo a
mostrare la foto delle
due mani di cui una indossa l’anello è quello di
Lisa, e ciò ovviamente scatena
la gioia di tutti.
Poi, spunta
anche un vero e proprio
messaggio:
Lo
so che sapete tutto!
Ho
rovesciato il drink senza volerlo e ho visto l’anello...
E
Leo ha dimenticato il discorso e ne ha improvvisato un altro ma
l’importante è
che...
CI
SPOSIAMO!
“Ho
vinto io, ho vinto io!” esclama
Davide, vittorioso. “Lo sapevo, ha! Un’imbranata
come Lena non poteva smentirsi
in un’occasione del genere, e sapevo che Leo non avrebbe
ricordato un’acca del
discorso!”.
Agita le braccia
in aria, come se
l’Italia avesse appena vinto i mondiali, mentre la moglie lo
guarda male.
“Dovevo
vincere io! Voglio dire,
vedere l’anello prima di bere era la cosa più
probabile...”.
“Ma
parliamo di quell’imbranata di
Lena, dai. Io credevo che se ne sarebbe accorta solo verso la
fine...” dice
dispiaciuta Lisa, sospirando.
“Sì,
ma la mia era la più
probabile! Non accorgersene proprio dopo aver bevuto tutto il drink,
visto che
non beve da secoli e non è più brava nel reggere
l’alcool” sbuffa Dario,
incrociando le braccia.
“Gente,
posate i cinquanta, anche
un assegno va bene, ahah!” esclama Davide, questa volta
improvvisando una
specie di balletto.
“Dai,
l’importante è che si
sposino” ricorda Lisa, scrollando le spalle.
“Ho
una nuova scommessa: chi
sceglieranno come testimoni?” domanda Germana, con aria furba.
Ovviamente, la
domanda solleva un
polverone tale da generare un’allegra discussione, che
avrà la sua fine solo
cinque mesi dopo, quando Lena rivelerà di aver scelto Trudy
e Dario, delegando
Lisa e Germana come damigelle, e Leo di aver scelto sua sorella e il
marito.
Sanno bene che
alla fine la vita
non può essere programmata e calcolata con una scommessa, ma
finchè saranno
tutti insieme, questo sarà il loro modo per scherzare su
un’unione un po’ fuori
dal comune, su cui nessuno, all’inizio, avrebbe mai scommesso.
*°*°*
Milly’s
Corner
E dopo quasi
cinque mesi eccomi qui,
decisa a fornire un’ulteriore finale a “Fingi fino
a crederci”, la fanfiction
che mi ha accompagnato durante un periodo particolare, di crescita, e a
cui
devo molto.
Sono felice di
aver avuto finalmente
del tempo per concludere questa OS, che avevo iniziato già
alcune settimane fa,
e spero che tutti coloro che hanno seguito la storia abbiano voglia di
dare
anche solo un’occhiata.
E’ una
gioia per me essere qui dopo
mesi e mesi, visto che purtroppo la vita”reale” ha
avuto il sopravvento a causa
di mille cose da fare e studiare, ma sono felice di constatare che,
alla fine,
Efp rappresenterà sempre un po’ la mia seconda
casa.
Per ora mi tocca
tornare al “silenzio
tombale” degli ultimi mesi visto la mia laurea imminente, ma
se riuscirò
tornerò verso marzo con una nuova storia, nel caso
interessasse a qualcuno.
Spero vi sia
piaciuta questa piccola
OS, fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando!
Un bacione,
milly92.
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