Take me home cause I was up all night

di Just a dreamer_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Forever young ***
Capitolo 2: *** Live while we're young ***
Capitolo 3: *** Stole my heart ***
Capitolo 4: *** One thing ***
Capitolo 5: *** Summer love ***
Capitolo 6: *** C'mon c'mon -I parte- ***



Capitolo 1
*** Forever young ***


ATTENZIONE! Come ho spiegato nell'introduzione, questa storia è particolare, ovvero che si basa sulle canzoni di 'Up all night' e 'Take me home'. Una canzone è un capitolo. Non riuscirò ad 'utilizzare' proprio tutte le canzoni però. Se avete la pazienza di leggerla, vi ringrazio infinitamente! Un'ultima cosa: lasciate una piccola recensione, magari con scritto secondo voi quale sarà la prossima canzone che userò per il secondo capitolo :)
Enjoy!
P.s. Se volete contattarmi su twitter sono @hi_Ilovethem


FOREVER YOUNG
 

Let’s dance in style, let’s dance for a while
Heaven can wait, we’re only watching the skies
Hoping for the best but expecting the worst
Are you gonna drop the bomb or not?

Ero seduto sulla veranda nella casa al mare dei miei. Mi avevano trascinato con loro, nonostante le continue discussioni sul fatto che non avevo la minima voglia di passare due settimane bloccato in uno stupido e noioso posto isolato dal mondo. Beh, non proprio isolato. Ero riuscito a farmi qualche amico (tendevo ad essere molto socievole e aperto) e quel pomeriggio ci eravamo dati appuntamento alla spiaggia, poco lontano da dove abitavo. Non che mi dispiacesse, ero un tipo che amava andarsene in giro, l’ho sempre preferito allo stare in camera steso sul letto a leggere qualche libro.
Osservai l’orologio. Era quasi ora di andare.
Misi una maglietta grigio chiaro e un paio di jeans, i più rovinati che avevo, dato che in spiaggia si sarebbero sporcati ancora di più. per precauzione al posto dei boxer indossai il costume, nel caso avessimo fatto il bagno. Le mie all-star nere mi aspettavano sullo zerbino. Non persi tempo a controllarmi i capelli, tanto era impossibile sistemarli. Avvertii i miei che sarei uscito, presi il cellulare e mi diressi in spiaggia.
 
Il vento fresco soffiava leggero, alzando di tanto in tanto un po’ di sabbia qua e la. Erano le cinque e ormai anche i ritardatari si erano fatti vedere. Conoscevo meno della metà di loro, ma non m’importava molto, li avrei conosciuti quella sera.
Uno di loro propose di giocare a calcio per passare il tempo e accettarono tutti quanti.
«E le ragazze?» chiese un tipo alto e moro. Non avevo idea di chi fosse, ma almeno stava pensando la mia stessa cosa.
«Arriveranno, sono sempre in ritardo. A loro piace farsi aspettare, sapete come sono, no?».
«Già, è sempre così. Allora, le porte sono pronte, le squadre pure. Si gioca!».
 
E giocammo per non seppi quanto tempo. La mia squadra perse 4 a 3 e come penitenza ci toccò immergerci nell’acqua gelata. Amavo le sfide e tendevo anche a cercarmele di tanto in tanto. Io e altri sette ragazzi ci buttammo senza esitazione, urlando per il freddo, che in pochi istanti ci fece tremare da capo a piedi. Quando passò il tempo stabilito per la punizione, uscimmo velocemente dal mare e prendemmo uno dei tanti asciugamani portati apposta per ciascuno.
La sera si stava avvicinando e il piccolo falò preparato pochi minuti fa era una perfetta fonte di calore.
Cominciavo a dubitare che le…
«Siamo arrivate a dare un po’ di vita!». Come non detto.
Dietro di me vidi dodici ragazze camminare tranquille dalla nostra parte. Due o tre le conoscevo già, ma altre mi erano del tutto nuove. E non erano niente male.
«Finalmente!» sospirò Tommy: «Avete battuto il vostro record di ritardo! Cos’avete fatto tutto il pomeriggio?».
«Cose da ragazze» rispose semplicemente Tessy mentre lo raggiungeva per salutarlo in un modo non proprio casto. Da quel che avevo capito non erano proprio fidanzati, si sentivano da tempo, ma non avevano mai ufficializzato il rapporto. Più che altro avrei detto che si divertivano. Ma in fondo non erano affari miei.
Osservai le altre ragazze. Ce n’erano davvero di tutti i tipi. Una di loro mi si avvicinò: «Ciao, posso sedermi?».
«Certo». Le feci spazio sull’asciugamano che nel frattempo si era asciugato.
La guardai per bene: sembrava alta (dal mio punto di vista), i capelli biondo scuro le arrivavano poco sotto le spalle, la pelle abbronzata lasciava intravedere una piccola voglia sulla gamba sinistra, non era particolarmente magra, occhi chiari, labbra sottili. Non era esattamente una fotomodella, ma era davvero una bella ragazza.
«Io sono Evie».
«Piacere, Harry».
 
EVIE
Non vedevo l’ora di andare alla spiaggia! Ci eravamo dati appuntamento con i ragazzi nel pomeriggio, ma per alcune ragioni io e le altre eravamo riuscite a raggiungere il gruppo solo verso sera.
Per l’occasione non avevo messo niente di speciale, solo i pantaloncini neri e una canottiera rossa; per precauzione indossavo anche una felpa perché in quei giorni il clima non era troppo estivo.
Mi ero unita alle ragazze mezz’ora fa e avevamo deciso di arrivare in ritardo, sembravamo delle bambine.
«Così mancheremo ai ragazzi» aveva spiegato Coline, la mia migliore amica. Lei si che sapeva come comportarsi con i ragazzi. Sembrava capace di leggere nelle loro menti. Non che fossero complicati, ma lei faceva quasi sempre la mossa giusta nel momento giusto. Ed io volevo imparare da lei, che ormai era una specie di maestra. Aveva addirittura il suo CCR, che sarebbe il Codice di Comportamento con i Ragazzi. Poche regole, che a quanto pare funzionavano. «Li abbiamo fatti aspettare abbastanza, direi che possiamo andare».
Percorsi ansiosa la breve stradina che conduceva alla spiaggia, piena di orme. Poco lontano c’era un fuoco acceso che illuminava quattordici ragazzi.
«Siamo arrivate a dare un po’ di vita!» urlò Ellen, la ragazza più festaiola che abbia mai conosciuto.
«Finalmente! Avete battuto il vostro record di ritardo! Cos’avete fatto tutto il pomeriggio?».
«Cose da ragazze» disse Tessy. Raggiunse Tommy e lo baciò.
Le altre si sistemarono intorno al fuoco, chi per conto suo e chi vicino a qualcuno. Notai un ragazzo poco lontano da me. era riccio (se quei suoi capelli potevano avere una definizione), con un bel fisico. Non l’avevo mai visto da quelle parti. In effetti, conoscevo più o meno tutti tranne lui. E quella era ‘un’ottima occasione per fare amicizia’, come aveva detto Coline.
«Ciao, posso sedermi?».
Lui non esitò: «Certo».
Gli sorrisi, sistemandomi vicino a lui sul telo: «Io sono Evie».
«Piacere, Harry».

Let us die young or let us live forever
We don’t have the power but we never say never
Sitting in a sandpit life is a short trip
The music’s for the sad men

«È la prima volta che vieni qua?» chiesi. Mi incuriosiva. Era come la novità del momento.
«Si, sono con i miei. Hanno comprato da poco una casa qua vicino che usano per le vacanze e mi hanno obbligato a venire qua» disse volgendosi verso di me. e notai subito i suoi occhi verdi, illuminati dalle fiamme.
«Non ti piace il posto?».
«Ma non è quello, mi piace ma, sai com’è, avrei preferito stare con i miei amici, anche se qualcuno adesso lo conosco».
«Si, ti capisco, nemmeno io vorrei allontanarmi dagli amici. Però ho imparato una cosa: devi sempre fare nuove esperienze, perché non si sa mai che succeda qualcosa di inaspettato. E no, non è una frase fatta che ho letto da qualche parte se è questo che stai pensando» aggiunsi.
Lui rise, scuotendo i capelli con le mani un paio di volte: «E come fai a dirlo?».
«I miei viaggiano molto e da piccola mi sono sempre lamentata in ogni posto che visitavamo. Con il tempo però ho imparato ad apprezzare ciò che facevano per me, ovvero tentare di infilarmi nella testa un po’ di cultura. Da quando ho capito quant’è importante non tirarsi indietro, sono un po’ più sicura di me stessa. O meglio, non è che mi butto nella prima esperienza che mi capita a tiro, ma ho meno paura in generale». Mi accorsi un secondo dopo del discorso da filosofa decaduta che avevo appena fatto. «Oddio scusa, non volevo essere così invadente, è che certe volte parto per la tangente e dico quello che mi passa per la testa» mi affrettai a dire.
«Tranquilla, non fa niente. Almeno mi hai raccontato qualcosa di te».
«Dopo due secondi che ci conosciamo» aggiunsi.
«Si, in effetti. Quindi adesso tocca a me, no? Se ti annoio dimmelo».
Annuii: «Per me va bene, tanto l’alternativa sarebbe ascoltare le cazzate che sparano Martin e Kevin».

Some are like wather, some are like the heat
Some are the melody and some are the beat
Sooner or later they all will be gone
Why don’t they stay young?

HARRY
Parlammo per non so quanto tempo, due ore, forse tre. C’eravamo detti praticamente l’uno la vita dell’altro. Sembravamo quasi amici da sempre. Era una ragazza simpatica, amava scherzare e questo mi piaceva. Però era anche timida. Ricordo di averle detto che i suoi pantaloni le stavano davvero bene ed è arrossita all’istante. Mi sembrò una bambina, in senso buono. Quando parlava dei libri che le piacevano le si illuminavano gli occhi, poi sorrideva imbarazzata e si scusava per parlare così tanto. Ma non ci davo molto peso, era piacevole guardarla.
«Chi ha voglia di farsi un bagno?» esordì Ellen.
Dei mormorii di assenso furono zittiti da Jionny: «Va bene per tutti. Soprattutto alla squadra perdente che ha già sentito com’è l’acqua per noi» disse ridendo.
Alzai le mani in segno di resa: «Io vi avverto che non sarà piacevole».
Evie mi guardò sorpresa: «Sei andato nel mare?».
«Era la punizione».
«Non pensavo fossi così scarso a calcio» scherzò.
«Non ero io quello scarso!».
«Si, tutte scuse». Le diedi una leggera spinta.
«Vediamo come te la cavi con il nuoto allora, signorina sotuttoio!».
Lei sembrò irrigidirsi: «No, io non vengo, andate voi» cambiò espressione tutto d’un tratto.
«Cosa c’è?» chiesi alzandomi. Metà delle persone erano già in acqua e gridavano come se avessero visto uno squalo, schizzandosi a vicenda. E io non vedevo l’ora di raggiungerli. «Evie, tutto ok?» ripetei.
Lei si strinse nella felpa e si portò le gambe al petto: «Fa freddo, non voglio prendermi un accidente».
«Oh andiamo, sembri mia madre! Non fare la fifona, al massimo ti verrà un po’ di raffreddore».
«E ti sembra poco?».
Scoppiai a ridere: «Ma ti senti? Sbaglio o sei tu quella che mi ha detto di fare nuove esperienze?». Annuì. «E allora vieni con me! non costringermi a portarti la di peso».
«Tanto non riesci a prendermi in braccio» ribatté secca.
«Vuoi vedere?» la presi da dietro sotto le ascelle facendola alzare; posai le mani sui suoi fianchi, pronto per prenderla sulle spalle, mi bloccò divincolandosi.
«No Harry, non ci provare nemmeno!». Mi avvicinai e portò le mani in avanti: «No, non ti azzardare!». Sorrisi maligno. Lei indietreggiò ancora e ancora. Non si era accorta che si stava allontanando dal falò, troppo occupata a minacciarmi.
«Dai Evie, non fare la difficile». Mi bastavano ancora pochi metri. Quando si accorse dov’era sbarrò gli occhi. «Trattieni il respiro, mi raccomando» dissi prima di prenderla in braccio e buttarmi in acqua tenendola stretta.
«Harry qualunque sia il tuo cognome, sarà meglio che ti guardi le spalle d’ora in poi!» gridò riemergendo.
«Styles» dissi ridendo.
«Bene, Harry Styles, prima o poi mi vendicherò».
«Mamma mia, che paura!». Prendendomi alla sprovvista, mise le mani sopra la mia testa e mi spinse sott’acqua. «Vuoi la guerra?».
«No! Siamo pari adesso».
Passò qualche secondo di silenzio, dove mi accorsi di stare a guardarla troppo  da vicino solo quando le sue guance divennero rosse e mormorò: «Puoi anche lasciarmi adesso».
La liberai dalla presa. Era come se fossimo rimasti solo io e lei, intenti a fissarci e abbassare lo sguardo subito dopo, un po’ per imbarazzo, un po’ per diffidenza. La conoscevo da poche ore e la trattavo come se fosse la mia migliore amica. Forse era meglio prendere le distanze. E lei me lo stava facendo capire. Oppure era solo a disagio per la troppa confidenza? Non osavo chiederglielo, sarei passato per un completo idiota.
«Harry, hai visto uno squalo?» scherzò Daniel a qualche metro da me. Stava ‘lottando’ con uno parecchio robusto che conoscevo solo di vista. E, nonostante la sua corporatura, Daniel lo teneva bloccato senza troppi sforzi.
Agitai la mano in aria: «Non ancora». Mi girai di nuovo verso Evie, ma nel frattempo era sgattaiolata via e ora stava chiacchierando animatamente con Amie, Beckah e altre ragazze. Chissà di cosa stavano parlando, forse di me. Scossi la testa. Chi diavolo stavo pensando? Dovevo smetterla, mi stavo facendo troppe paranoie. Probabilmente non le interessavo neanche. Anzi, ne ero quasi certo.
 
EVIE
 Parlavo con Amie, Beckah, Daphne e Alexia seduta sulla riva. In realtà avevo solo una vaga idea di quello che stavano dicendo, non riuscivo a togliermi dalla testa quel ragazzo. Da quanto lo conoscevo? Metà pomeriggio, forse meno, se non poche ore. Escludendo il fatto che da quando ci eravamo presentati avevamo raccontato più o meno dalla nostra nascita, tutti i diciassette anni di vita di ognuno. E non sapevo nemmeno cosa mi avevo spinto a farlo. Fin dal primo momento che l’avevo visto, sembrò avere un’aria vagamente familiare, e forse era quello il motivo per cui gli avevo parlato così facilmente. Mi ero sforzata di ricordare dove l’avevo già visto, ma con scarsi risultati. Probabilmente l’avevo scambiato per qualcun altro, anche se il presentimento non se ne andava.
Coline ci raggiunse e mi abbracciò, bagnata dalla testa ai piedi. «Coline!» la sgridai, ma non mi diede retta.
«Evie, sai chi è quel ragazzo? Siete stati insieme per tutto il tempo» cambiò discorso Alexia.
«Si chiama Harry Styles» risposi senza pensare, ancora assorta nei miei pensieri.
«Di che cosa avete parlato? Vi sarete detti qualsiasi cosa».
«Niente di specifico, solo…» iniziai, mettendo dei sassolini l’uno sopra l’altro per formare una piccola piramide.
«Un momento» m’interruppe Coline con lo sguardo fisso su Harry, che nel frattempo s’immergeva senza sosta: «Come hai detto che si chiama?».
«Harry Styles, perché?». la pila di sassolini crollò rovinosamente dopo il quinto. Sbuffai per poi ricominciare.
«L’ho già sentito» allora avevo ragione. A meno che la mia migliore amica non avesse le allucinazione ero contenta di non essermi sbagliata. «Ma dove?» socchiuse gli occhi senza staccare lo sguardo dal ragazzo in questione, che per fortuna non si era accorto di niente.
«Smettila di guardarlo così, sembri una maniaca omicida» la avvertii. Certe volte faceva proprio paura.
«Ci sono! È nella nostra stessa scuola!» esclamò.
La guardai confusa: «Mi sembra strano, me lo ricorderei se fosse così».
«Evidentemente hai la memoria corta. Sono sicura di quello che ho detto. Forse non ti sembra possibile perché viviamo praticamente solo nel nostro gruppo e conosciamo a mala pena i ragazzi al di fuori della nostra classe. O meglio, io li conosco a mala pena, tu fai fatica anche a sapere i nomi delle cheerleader e i giocatori della squadra di football». Non avevo tutti i torti. Non eravamo delle emarginate sociali, semplicemente preferivamo starcene per conto nostro.
Poi, mi venne in mente dove l’avevo già visto: nell’aula di chimica. Era andato storto un piccolo esperimento e avevano fatto evacuare la classe. Io ero nel corridoio, stavo andando in bagno e notai un gruppo di ragazzi seguiti dal professore uscire di fretta. E fu allora che lo vidi, mentre si copriva la bocca con la maglia e correva lontano da quella puzza insopportabile.
«Ora ricordo! Te ne avevo parlato il giorno del ‘disastro chimico’».
«Appunto! Vedi che ho sempre ragione?».
«Si, come no» dissi dandole una pacca sulla spalla.
«Hai intenzione di dirglielo che siete nella stessa scuola?».
«Deve accorgersene da solo e se non lo farà, pazienza. Tanto si dimenticherà di me nel giro di qualche minuto quando torneremo a casa».
Le altre ragazze ci avevano abbandonato da poco, stufe dei nostri ragionamenti inutili, erano tornate dagli asciugamani. «Sarà meglio che le raggiungiamo e mettiamo i vestiti ad asciugare» disse Coline alzandosi e pulendosi i pantaloni. Ci avviammo verso il fuoco che ardeva ancora e prendemmo i teli. Poi, chiamammo il resto del gruppo che se la spassava ancora in acqua.

It’s so hard to get old without a cause
I don’t want to perish like a fading rose
Youth like diamonds in the sun
And diamonds are forever

HARRY
I vestiti ormai si erano asciugati ed eravamo riuniti tutti davanti al falò, ancora più vivo grazie alla poca legna aggiunta; il freddo si sentiva a mala pena, coperti dagli strati di giacche e teli.
Senza farlo apposta, mi ero ritrovato seduto vicino a Evie, che non sembrava turbata dalla mia presenza. Perché avrebbe dovuto esserlo poi? L’imbarazzante momento in mare era passato e se l’era già dimenticato.
Tessy e Tommy si erano appartati da un pezzo e Daphne si divertiva a fantasticare su cosa stessero facendo con Alexia e una che si chiamava Stephanie. Il resto del gruppo era intento a raccontarsi storie dell’orrore. Daniel ne sapeva parecchie ed era bravo a immedesimarsi nei personaggi, cambiando espressione e tonalità della voce. evie, Amie e Coline lo ascoltavano rapite e sobbalzavano ad ogni minimo accenno ad una morte crudele.
 «Il killer si stava avvicinando, la pioggia batteva sul terreno freddo. La povera ragazza si trascinava con tutte le sue forze verso la salvezza, la quale era troppo lontana, al contrario dello spietato assassino che brandiva un coltello, sottile e affilato. Lei urlava, non sapeva più cosa fare, la sua mente era confusa…».
Sentii la mano di Evie stringere la mia. Rimasi spiazzato da quel contatto. E lo fu anche lei, perché si voltò verso di me con un’espressione confusa.
«Scusa… la storia…» balbettò. Cercava solo un appiglio di sicurezza per non iniziare a tremare. Era un po’ esagerato secondo me, in fondo era la classica storia dove la povera vittima muore sotto le mani di un uomo pazzo.
«Il killer la prese per i piedi e la fece scivolare sul terreno fino a portarla sotto di lui. Lo sguardo assetato di sangue di lui incontrò quello in lacrime di lei…».
La mano che Evie aveva tolto tornò. Non sapevo cosa fare, non si era ancora girata a chiedermi scusa come prima. E sinceramente non volevo che lo facesse. Dopo tre secondi si aggrappò al mio braccio.
«Il killer si passò la lingua sulle labbra, come per gustarsi letteralmente la sua paura. Lei lanciò un ultimo grido di terrore, prima che il coltello del killer si conficcasse nel suo collo. Aaaah!!» urlò Daniel alla fine del racconto, facendo fare dei salti di due metri al pubblico. Evie mi venne addosso e cademmo tutti e due. Scoppiai a ridere.
«Oddio, scusa Harry! Ti ho fatto male?» mi chiese preoccupata.
«No, tranquilla» risposi continuando a ridere.
«Non sapevo di essere così portato per gli horror» intervenne Daniel: «dovevate vedere le vostre facce!».
«Smettila, non è divertente!» Amie aveva abbracciato Coline con il probabile rischio di soffocarla.
«Si invece! Ho un talento innato».
«Per spaventare la gente!».
Daniel alzò le spalle: «È pur sempre qualcosa».
«Se non fossi così scossa ti strozzerei» sibilò Coline. Lei e Amie si alzarono indignate e se ne andarono a fare quattro passi. Daniel guardò prima me, poi Evie e con una scusa ci lasciò anche lui.
«Allora…» cominciò lei fissando la sabbia.
«Allora» ripetei.
«Scusa ancora per prima, non volevo».
«Tranquilla, non mi sono fatto niente».
C’era un clima strano e non ne trovavo il motivo. Fino a poco tempo fa parlavamo senza fermarci, come vecchi amici, ora era come se niente di tutto ciò fosse successo, come se si fosse cancellato tutto ed eravamo dal punto di partenza.
«Tutto bene?» mi decisi a chiedere.
«Certo, perché?».
«Sembri strana, ma forse era solo una mia impressione».
«No, che pensi?».
«Allora perché prima eri così socievole, poi mi hai ignorato, poi mi sei venuta addosso e ora non mi parli? Qual è il problema?».
«Nessuno… scusa, mi sono comportata come una bambina».
«Ehi tranquilla, volevo solo accertarmi che fosse tutto a posto». le sorrisi per rassicurarla e lei ricambiò.
Un ragazzo biondo ci chiamò: «Ragazzi, spegnete il fuoco e prendete gli asciugamani, andiamo a guardare le stelle!».

So many adventures couldn’t happened today
So many songs we forgot to play
So many dreams are swinging out of the blue
We let ‘em come true

EVIE
Stesi sulla spiaggia a guardare le stele, cosa potevo chiedere di meglio? Tessy e Tommy sbucarono da un cespuglio a una trentina di metri da noi. si sistemarono i vestiti alla bell’è meglio e ci raggiunsero.
«Spero abbiate usato la precauzione» rise Matty. Tommy lo mandò gentilmente a quel paese.
Coline mi scrollò: «C’è Harry che continua a lanciarti occhiate. Che ne dici se me ne vado e gli cedo il posto?» sussurrò.
La guardai storto: «Non ci provare».
«Bene Evie, io vado a cercare conchiglie, a dopo!» disse ad alta voce, in modo da farsi sentire almeno da Harry, che non perse l’occasione e si sistemò vicino a me.
«Così la tua amica è andata a cercare conchiglie eh?» disse sogghignando.
«Si, è diventato il suo hobby da circa trenta secondi».
«Diciamo che poteva inventarsi una scusa migliore».
«Doveva essere la prima che le è venuta in mente».
«Capisco».
Il cielo era limpido e si vedevano chiaramente anche stelle molto lontane. Lanciai un’occhiata a Harry: i ricci scompigliati gli ricadevano sulla fronte, rendendolo quasi buffo; i suoi occhi, così vivaci, erano un misto tra il verde e il marrone.
«Cosa c’è?» mi chiese di punto in bianco. Merda, se ne era accorto.
«Io… niente, mi era sembrato di vedere qualcosa». Ero un’idiota.
«Ci pensi mai al futuro?» mi chiese dopo qualche minuto di silenzio.
Girai la testa verso di lui: «Spesso».
«E cosa ti viene in mente?».
«Penso che non voglio invecchiare, voglio rimanere giovane per sempre. Non riesco a vedermi vecchia».
«Perché?».
«Non c’è un vero motivo. Perché dobbiamo invecchiare? La vita è troppo breve per essere vissuta in così poco tempo, non è giusto». Poi realizzai: «Scusa, ho fatto un altro dei miei discorsi noiosi».
Harry si mise su un fianco per guardarmi: «Mi piace ascoltarti, soprattutto quando fai questo tipo di discorsi».
Arrossii all’istante. Perché mi faceva quell’effetto? O meglio, da quando in qua legavo così tanto con uno conosciuto quello stesso giorno?

Forever young, I want to be forever young
Do you really want to live forever
Forever, or never young?

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Capitolo 2
*** Live while we're young ***


LIVE WHILE WE’RE YOUNG


Erano passati cinque giorni da quel falò, ed era stato un tale successo che ne avevamo programmato un altro, che si sarebbe tenuto quella sera. Ci eravamo anche organizzati meglio, con tanto di radio, tende, torce, cibo e bevande. Ero elettrizzata all’idea di ritornare sulla spiaggia a fare i cretini. O forse ero solo contenta di rivederlo. In quei giorni avevo pensato spesso a lui. Mi sentivo come una bambina alla sua prima cotta, il che era parecchio stupido, la mia prima cotta era passata da un pezzo. Ero abbastanza convinta che nel giro di poco tempo mi sarebbe passata, in fondo Harry mi piaceva, era normale che ci pensassi, come mi potevano piacere Daniel o Jionny. O forse di più? Non ne ero sicura, ma probabilmente lui si era già dimenticato di me.
«Evie, muoviti o facciamo tardi!» gridò Coline, che si era appostata sotto casa da un quarto d’ora, aspettando che finissi di prepararmi. Perché, come al solito, ero in ritardo. «Harry si starà chiedendo dove sei finita, non farlo aspettare!». Risi. Coline non si smentiva mai.
Aprii la porta e raggiunsi la mia migliore amica.
«Era ora! Dai andiamo che il tuo bel principe dai ricci biondi e gli occhi azzurri ti aspetta per darti il bacio della buonanotte».
«Harry non ha i ricci biondi e gli occhi azzurri».
Lei fece spallucce: «Si beh, era per rendere l’idea».


Ehy girl I’m waiting on ya, I’m waiting on ya
C’mon and let me sneak you out
And have a celebration, a celebration
The music up the windows down

HARRY
Eccola li, che ci raggiungeva con la sua amica, Coline mi sembrava si chiamasse. Indossava dei leggins neri, una felpa e un paio di infradito. Non la guardai a lungo per non fare la figura del maniaco, giusto il tempo di salutarla e vedere che si sedeva vicino a Ellen e Tessy, che stranamente non era avvinghiata a Tommy.
«Allora ragazzi, che si fa? Storie dell’orrore?» propose Daniel, che non vedeva l’ora di spaventare le ragazze, ma quest’ultime gli lanciarono un’occhiata torva. Ripensai a come Evie mi aveva buttato per terra facendo un salto e sorrisi inconsciamente. In effetti, non sarebbe stato male stringerla con la scusa di consolarla.
«Che ne dite invece se accendiamo la radio con un po’ di musica?» propose Jionny. Furono tutti d’accordo e si misero a ballare a ritmo di una canzone di cui conoscevo giusto il ritmo. Evie, Coline e Amie preferirono prendere in giro Fred e le sue buffe mosse. Non ballava male in fondo, gli serviva solo un po’ di contegno in più.
Non aspettai un secondo di più e mi avvicinai a lei, che alzò la testa guardandomi dal basso, arrossendo leggermente. Allungai la mano: «Vuoi ballare?». Avrei potuto credere che fosse morta, immobile com’era, non riuscivo nemmeno a capire se respirasse ancora, se solo Coline non le avesse dato una leggera spinta. Sbattè gli occhi un paio di volte e prese la mia mano. Vidi di sfuggita Amie che le faceva l’occhiolino.
La timidezza di Evie sparì pian piano e si lasciò andare. Ballava molto bene, al contrario di me che passavo più il tempo a fare una mossa giusta che altro. La osservavo muoversi con naturalezza, muovendo i fianchi, le braccia e scuotendo i capelli che ogni tanto le coprivano il viso e non mi permettevano di vedere il suo sorriso insicuro che le si formava quando i suoi occhi chiari incontravano i miei.
Ogni tanto ci scambiavamo il partner. Era divertente ballare con le altre ragazze, specialmente una che non conoscevo, alta e mora, che evidentemente era portata per il ballo ravvicinato co i ragazzi; diciamo pure che aveva una preferenza nello strusciarsi addosso agli altri.
Com’era prevedibile, Tessy e Tommy, dopo lunghi minuti di effusioni in pubblico, si appartarono poco lontano.
Cercai Evie e non mi ci volle molto per trovarla: stava ballando con Daniel, ma non sembrava molto interessata, al contrario di lui, che non le staccava ne gli occhi, ne le mani di dosso.
Vederla lì con un altro mi diede un leggero senso di fastidio e lentamente realizzai che volevo essere al posto di Daniel, ma non sapevo se per lei era la stessa cosa. Anche se non aveva l’aria di chi si stava divertendo, non voleva necessariamente dire che stesse pensando a me. Forse era meglio lasciar perdere.

Ehy girl it’s now or never, it’s now or never,
Don’t over think just let it go
And if we get together, yeah get together
Don’t let the pictures leave your phone

Era passato qualche minute, la canzone era cambiata, ma loro due stavano ancora ballando insieme. Continuavo a guardarli di sfuggita mentre mi muovevo distrattamente con Ellen. Mi sentivo uno stupido e molto probabilmente dovevo anche sembrarlo. Ogni volta che li vedevo più vicini, anche se di poco, la voglia di allontanarli diventava sempre più forte.
«Va da lei» mi disse all’improvviso Ellen nell’orecchio per farsi sentire bene. Mi mise le braccia al collo, ma non era intenzionata a baciarmi. «Va da lei!» ripetè: «è tutto il tempo che te la stai mangiando con gli occhi» continuò ridendo. Possibile che fosse così evidente?
«Ma è con Daniel».
«E si vede che si sta divertendo da morire, no?». Non aveva tutti i torti. «Senti, anche lei ti guarda da tutta la sera, possibile che siate così ciechi? O forse non lo volete ammettere e basta».
«Ma lei mi piace!» ribattei, senza sapere bene in cosa stava andando a parare.
«E allora si può sapere che stai aspettando? Lei non ha il coraggio di mandare via Daniel».
«Non voglio farlo io» ammisi un po’ imbarazzato. Non avevo intenzione di farmi odiare da lui per avergli portato via la compagna di ballo.
Ellen alzò gli occhi al cielo: «Mio Dio, sembrate due bambini! Vorrà dire che ti darò una mano». Si staccò da me e, prima di attuare il suo piano mi diede un veloce bacio a stampo: «Adesso siamo pari. Io te lo levo di torno, poi ti arrangi». Mi fece l’occhiolino e se ne andò. Rimasi fermo giusto il tempo di assimilare cos’era appena successo.
Vidi Ellen prendere Daniel per un braccio chiedendogli di ballare e lui non resistette ai suoi occhi dolci e al modo visibile con cui ci stava provando. Avrei dovuto ringraziarla poi. Anche se avevo i miei dubbi sul fatto che le dispiacesse stare per un po’ con un ragazzo come lui, che non si faceva problemi a toccare.
Così Evie si ritrovò sola. Mi avvicinai a lei alla svelta, prima che se ne andasse. «Ti va di ballare?» le chiesi.
«Certo». Ok, ero decisamente negato come ballerino, ma non era quello che volevo fare.
Notai che, poco alla volta, ci eravamo avvicinati l’uno all’altro, fin quasi a sfiorarci. Che fare? Aspettai che parlasse o almeno che facesse qualcosa, ma niente. Così mi decisi.

Yeah we’ll be doing what we do
Let’s pretending that we’re cool and we know it too
Yeah we’ll keep doing what we od
Just pretending that we’re cool so tonight

Le circondai i fianchi con le braccia lentamente, in modo da lasciarle il tempo di indietreggiare nel caso non volesse, ma non si mosse ne protestò. Dopo il via libera silenzioso, mi abbassai di qualche centimetro e senza esitare posai le mie labbra sulle sue. Non tardò a ricambiare il bacio, ad approfondirlo. Sentii le sue braccia posarsi sulle mie spalle e le sue mani intrecciarsi nel miei capelli. Non ballavamo più, eravamo immobili in mezzo agli altri, che fortunatamente non facevano caso a noi. Evie fece combaciare i nostri corpi, alzandosi sulla punta dei piedi e mi baciò con più passione. E sembrò che il tempo si fosse fermato. Le sue labbra sapevano di… more. Si, di more. Quel gusto mi pervase la bocca. La stringevo a me, ma non mi bastava.
«La tenda è pronta se volete!» urlò Jionny, facendoci staccare di colpo.
Mi sentivo quasi intontito. Sulle mie labbra avevo ancora il suo sapore e non volevo di certo privarmene così presto. I nostri sguardi si incrociarono, un po’ preoccupati, un po’ intimiditi, un po’ indecisi. Ci conoscevamo si e no da due giorni e non ero quel genere di ragazzo che andava in fondo alle questioni così velocemente. E nei suoi occhi leggevo i miei stessi pensieri. Cos’avrebbe pensato di me se fosse successo quello a cui stavo pensando? Che ero un donnaiolo, niente di più. E non volevo questo. O si? e se lei volesse solo quello? Da come si era attaccata a me dopo che l’avevo baciata mi era sembrato di capire che si aspettava dell’altro e le sarei sembrato un vigliacco che mi fossi tirato indietro. Ma ero sicuro che fosse il tipo di ragazza da storia seria, non una che va con il primo che capitava. E io non volevo di certo essere ‘il primo che capitava’. No, era troppo presto.
La presi per mano e andai verso la tenda. La sua mano lasciò la mia e si irrigidì, fermandosi: «Harry, io…».
«Tranquilla, non voglio fare niente. Solo chiacchierare, ti va?» le dissi sorridendo.
Sospirò rilassata: «Certo che mi va».
 
EVIE
Entrammo nel piccolo spazio coperto e si sedette, facendomi segno di sistemarmi accanto a lui. Osservavo gli altri che non si erano ancora fermati e non avevano intenzione di farlo. Conoscendoli, sarebbero andati avanti ancora per un bel po’, il che significava che io e Harry avevamo parecchio tempo a disposizione. Ma non mi preoccupavo, sentivo che di lui potevo fidarmi. Di sicuro non lo conoscevo così bene da poter dire che il suo scopo della serata fosse diverso, ma almeno non mi aveva scaricata sulla spiaggia in cerca di una ragazza più facile. E il fatto che mi avesse portato nella tenda solo per parlare, significava molto per me. Non che pensassi fosse ‘il principe azzurro’ o il ragazzo perfetto, ma mi piaceva e anche tanto.
«Di cosa vuoi parlare?» mi chiese.
«Di quello che vuoi».
Ci penso su per qualche secondo, poi disse: «Qual è stata la tua prima impressione su di me?». Bella domanda. Ripensai a cinque giorni fa, a come lo notai tra i ragazzi, classificandolo come ‘il nuovo arrivato’, a come mi incuriosì, a come legai subito con lui dopo esserci presentati…
«Direi positiva». Non volevo dire tutto quello che mi passava per la testa, sarei sembrata una fissata o qualcosa del genere.
«In che senso?» insistette.
Scrollai le spalle: «In senso buono, non so come spiegare». Oh si che lo sapevo. ‘nel senso che mi piaci tu, idiota’.
«Provaci, mi aspettavo i tuoi lunghi discorsi».
«Non ho mica discorsi per qualsiasi cosa».
«E mi vuoi deludere così?» disse sporgendo il labbro inferiore in un’espressione afflitta.
«Mi scusi se non sono alla sua altezza!» replicai fingendomi indignata e voltandomi in modo da dargli la schiena.
Sentii un fruscio dietro di me e poco dopo capii che si era avvicinato. Di lato riuscivo a vedere spuntare i suoi riccioli più lunghi, niente di più. Solo quando la sua testa si appoggiò sulla mia spalla e disse: «Dai, stavo scherzando! Non sarai così permalosa, vero?», capii che era fin troppo vicino. Girai la testa di colpo e mi ritrovai le sue iridi verdi a pochi centimetri di distanza. Sapevo che le guance mi erano andate a fuoco e potevo quasi sentire il mio cuore aumentare i battiti. Per fortuna diedi un’occhiata alla buffa posizione a gattoni che aveva Harry per essere alla mia altezza e il rossore sparì per qualche secondo, per poi tornare ad avvamparmi il volto.
Deglutii e mi decisi a rispondere: «Certo che no. E tu, mai sentito dire la parola ironia?».
Scosse la testa mordendosi il labbro. E in quel preciso istante, realizzai non volevo altro che la sua bocca. Continuavo a guardare prima i suoi occhi, poi le sue labbra, alternavo ogni secondo ed ero sul punto di impazzire se non avesse fatto qualcosa lui.
«In questo momento non ho ben presente cos’hai detto, me lo ripeterai dopo» sussurrò, per poi annullare la distanza.
E fu beato oblio. Mi girai con il busto verso quello di Harry, ancora messo a quattro zampe, così ci ritrovammo finalmente l’uno di fronte all’altra. Sentii una leggera pressione sul fianco e capii che era la sua mano. Voleva che mi sdraiassi e così feci. Affondai le mani nel suoi ricci, dimenticandomi di tutto il resto. Solo io e lui. Con un po’ di fatica si spostò su di me per mettersi a cavalcioni mentre si reggeva con le mani. Poi, lentamente, si sdraiò sopra di me, senza pesarmi. Sentivo il suo corpo contro il mio, le sue mani, una ancora intenta a reggersi e l’altra che scivolava piano piano giù, verso l’orlo della maglietta. Un brivido mi percorse al contatto con la sua pelle.
Sapevo benissimo come sarebbe andata a finire, a meno che non l’avessi fermato. E io, cosa volevo in quel momento?

Let’s go!
Crazy crazy crazy ‘till we see the sun
I know we only met but let’s pretend it’s love
And never never never stop for anyone
Tonight let’s get some
and live while we’re young!

HARRY:
Perchè l’avevo fatto? Avevo deciso, avevamo deciso che era troppo presto. Allora perché l’avevo baciata? Quando si era girata ed ero andato vicino a lei per vedere se si era offesa, non immaginavo che finisse in questo modo la situazione. Non che mi dispiacesse, ma non era così che volevo passare la serata. In quei giorni ero riuscito a convincermi che sarebbe stata una cosa lenta, graduale. In fondo, era solo una vacanza estiva, no? Niente impegni, mi ero detto, solo divertimento, giusto?
Ma dopo quel bacio, in fondo in fondo sapevo che la mia convinzione aveva iniziato a vacillare e si infranse nel momento in cui le chiesi se era permalosa fino a quel punto. E, quanto mi resi conto della situazione in cui mi ero cacciato, non potevo più tornare indietro, non volevo. Ormai ero lì, sopra di lei; mi ero sistemato con lentezza, in modo da darle il tempo di ripensarci, perché io non ne avevo intenzione. Non c’era via di scampo ormai e il limite l’avevo superato da quando avevo fatto scorrere la mia mano sotto la sua maglia e lei si era aggrappata a me con le gambe.
La volevo. Ero deciso, lei consapevole.
Sentivo il suo cuore aumentare i battiti, il calore si fece più intenso e i vestiti sembravano solo d’intralcio…
Era fatta, ora o mai più. un’ultima occhiata al suo viso per rintracciare un qualsiasi dubbio o esitazione. Niente. L’unico problema era…
Qualcosa cadde alla mia destra. Spostai lo sguardo e sorrisi.
«Mi ringrazierete dopo, non fatevi problemi, ho le scorte!» urlò Danny qualche metro fuori dalla tenda. «Ah, tranquilli, non ho visto niente» e se ne andò sogghignando.
Evie ridacchiò, poi tossì leggermente per attirare la mia attenzione: «Allora, eccoci qua…». lanciò un’occhiata alla scatoletta aperta: «Ci avresti mai pensato?».
«Sinceramente no, tu?».
Scosse la testa: «Cosa vuoi fare?» mi domandò mordendosi il labbro.
Un lampo di preoccupazione mi balenò nella mente. E se stavamo sbagliando tutto? Poi, ripensai alle sue parole di qualche giorno prima. ‘…quant’è importante non tirarsi indietro…’.
«Voglio vivere» le risposi.
Lei mi sorrise soddisfatta: «Viviamo finchè siamo giovani, no? Non perdiamoci in esperienze che potremmo rimpiangere per sempre, non dobbiamo farci ostacolare da ness…» non riuscì a finire la frase, perché la zittii con un bacio.
«So di aver detto che mi piace ascoltarti, ma in questo momento non mi sembra la cosa più adatta».
Arrossì violentemente. Per sdrammatizzare presi la scatoletta vicino a noi e la scossi: «Sarebbe un peccato non usarla, non trovi?».
Lei rise di gusto: «Dispiacerebbe anche a me».
 
Quella notte era per noi. non m’importava di niente, al diavolo ai ragazzi la fuori che chissà cosa stavano facendo, al diavolo alle raccomandazioni, al diavolo all’accidente che mi sarei preso il giorno dopo per il freddo, al diavolo quello che la gente avrebbe pensato.
Si è giovani una volta sola, la volta per vivere.

And girl, you and I,
We’re about to make some memories tonight

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Capitolo 3
*** Stole my heart ***


THAT'S ME: Mi scuso per l'immenso ritardo! Godetevi il capitolo :) Mi scuso anche per eventuali errori, non ho avuto tempo di ricontrollare....


STOLE MY HEART
 

The light shine shines
 It’s getting hot on my shoulder
I don’t mind this time it doesn’t matter
Cause your friends, they look good but you look better

HARRY:
Calore, attorno a me sentivo solo calore. E i gemiti di entrambi. Le sue mani scorrevano sulla mia schiena, le mie erano ben piantate sulla stoffa della tenda a reggere il mio peso. Abbassai la testa per l’ennesima volta, catturando le sue labbra socchiuse in un bacio, che si aprirono per lasciar passare la lingua. Poi giù, verso la mandibola, seguita dal collo. Gettò la testa all’indietro quando aumentai le spinte. I nostri respiri accelerarono, potevo vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente.
Fuori era ancora illuminato, segno che il resto della combriccola si stava dando ancora alla pazza gioia. Erano tutti molto simpatici, sapevano godersi la vita. Grazie a loro questa vacanza non si era rivelata così noiosa come mi sarei aspettato. Naturalmente i miei amici mi mancavano, ma potevo resistere un’altra settimana in compagnia di questi ragazzi.
Non avevo idea di che ore fossero e sinceramente non m’importava. Tutto ciò che volevo si stava concedendo a me con una facilità inaspettata. Non che pensassi fosse una ragazza di quel genere, dal racconto della sua vita e da come l’avevo vista comportarsi in questi due giorni, era abbastanza semplice intuire che tipo di persona era. Se non altro, lo stesso si poteva dire di me. Non ero uno che ci andava con chiunque, non lo ero mai stato e non avevo intenzione di diventarlo. Non ero come mi descrivevano le voci che correvano sempre a scuola, ma si sa, gli scoop dovevano girare per forza tra gli adolescenti, che siano inventati o veri. In effetti, avrei fatto meglio a tenere la bocca chiusa di questa… questa… come la potevo chiamare? Scappatella? No, mi rifiutavo di pensare che dopo quello che stava succedendo saremmo tornati due semplici amici appena conosciuti. Perché è questo che eravamo, giusto? Solo amici…
Scacciai dalla testa questi pensieri nel momento in cui notai l’espressione di Evie. «Qualcosa non va?» mi chiese preoccupata, ansimante e sudata. E nonostante i capelli bagnati e spettinati sulla fronte, la trovai comunque bella. Spalancò gli occhi all’improvviso: «Non dirmi che si è rotto…».
Scossi la testa: «No no, stai tranquilla». Annuì. Si morse il labbro, alzò leggermente il viso in attesa di un bacio che non aspettai a dare.

I’m weak now,
My words fall till they hit the ground
Oh life, come ahead,
Don’t you fail me now

Che senso aveva pensare ai pro e ai contro ora che era successo? Era successo, con il consenso di entrambi. Rimorsi? Da parte mia no.
«Te ne sei pentita?» domandai di punto in bianco. Eravamo stesi da qualche minuto, distanti pochi centimetri. Ogni tanto sfioravo il suo braccio, l’unica cosa che mi permettevo di fare, dato che osavo comportarmi come se fosse abitudinario tutto ciò.
Lei voltò la testa verso di me, sorrise timidamente chiudendo gli occhi, poi rispose: «No. Sono stata bene».
«Anch’io» mormorai.
Eravamo visibilmente stremati, le nostre parole sembravano quasi trascinate, facevano fatica ad uscire dalla bocca, ancora aperta per respirare più profondamente. Volevo dire qualcosa che la facesse sentire felice, non solo fisicamente. Volevo dirle una frase da film, di quelle che fanno sciogliere le ragazze senza sembrare troppo smielato. Ma non mi veniva in mente niente. Non ero mai stato bravo a parole, con nessuno. Chi mi conosceva da tempo lo sapeva e non si faceva troppi problemi. Ma per lei ero una nuova scoperta e non avevo intenzione di fare la figura dello stronzo insensibile. Ma, anche riflettendoci bene, cos’avrei potuto dirle senza sembrare ne troppo appiccicoso ne troppo distaccato? Era fottutamente difficile!
Mentre ero occupato a formulare una frase decente, non mi accorsi che si stava rivestendo lentamente. Mi alzai a mia volta per prendere i boxer e li infilai. Tra di noi aleggiava un silenzio imbarazzante.
Fin quando lei, grazie a Dio, non ruppe quel vuoto: «Non voglio che tu pensi che sia una troia, ma nemmeno che mi dispiaccia. Sinceramente non so com’è potuto succedere, davvero…» sospirò, gli occhi fissi per terra. «Dimmi cosa dovremmo fare, perché io non lo so».
Ed ecco, lasciava la decisione a me. perché? evidentemente non era la classica persona che prendeva l’iniziativa, ma io non me la cavavo tanto meglio.
Mi sedetti vestito per riflettere. Mi piaceva, su questo non c’erano dubbi. Avevo ancora una settimana da passare in quel posto e di considerarla solo un’amica non era nei miei desideri. Insomma, non sarebbe stato coerente per entrambi.
«Tu mi piaci, Evie, tanto» cominciai, misurando ogni parola: «Non avrebbe senso far finta di niente dopo questo. Quindi, la mia proposta è questa: possiamo provare ad essere… una coppia… lo so, è abbastanza assurda come idea e se preferisci tornare com’eravamo prima ti capisco…». Si così, doveva andare bene.

I start to say ‘I think I love you’
But, I make no sound

EVIE:
«Tu mi piaci Evie, tanto… una coppia».
Mi ripetei quella frase nella mente più volte. Harry voleva che fossi la sua ragazza? Avevo valutato la possibilità anch’io per tutto quel tempo. E, anche se poteva sembrare un’assurdità, tanto valeva provare. Al massimo, ci saremmo dimenticati l’uno dell’altro nel giro di poco e una volta tornata a scuola sarei ridiventata invisibile per lui.
 «Si» dissi.
«Si?».
«Si, siamo una coppia».
I suoi occhi si illuminarono per un breve istante, poi si chiusero, il suo viso si avvicinò e le nostre labbra si incontrarono. Non era un bacio con altri fini, era un bacio innocente. Era il nostro primo vero bacio, in un certo senso, come quelli che si danno i bambini, impacciato, affettuoso, lento. Ed era bellissimo. Probabilmente, il bacio più bello che avevo mai dato. Anche se era davvero troppo presto, cominciai a pensare che non fosse solo una cotta come le altre. Forse era la stanchezza a non far lavorare bene il mio cervello, ma ero alquanto convinta di star pensando logicamente e con cautela.
Mi prese il viso tra le mani, sforzando un breve distacco. Sprofondai nei suoi occhi non appena riaprii i miei. Erano bellissimi, come tutto di lui, d’altronde.
«Sei bellissima, lo sai questo?» sussurrò senza interrompere il contatto visivo.
Arrossii immediatamente non appena udii quelle parole. «Ci siamo praticamente appena conosciuti, non puoi dirlo veramente…».
Lui scosse la testa: «Evie, ci siamo appena conosciuti, e guarda a che punto siamo già!» disse ridendo. «Forse stiamo correndo, non lo so sinceramente. Ma sai una cosa? Non m’importa!» continuò, alzando le sopracciglia e sfoderando le fosse in un sorriso stupendo. «Può anche essere uno sbaglio, oppure la cosa più bella che ci potesse capitare, chi lo sa? Tentiamo! Non costa nulla, no?». Era visibilmente euforico, il che mi divertiva. Mi prese le mani tra le sue: «Una possibilità, diamoci almeno questo. Una possibilità» concluse ritornando serio.
Fui leggermente colpita dal suo discorso, me lo sarei aspettato uscire dalla mia bocca. E invece, mi aveva anticipata, ed ero grata per questo. Avevo paura di mostrare quando fossi felice di questa nuova esperienza. Aveva perfettamente ragione. In fondo, sarebbe stato tutto soltanto un ricordo finite le vacanze, tanto valeva buttarsi. O la va o la spacca, giusto?
«Proviamo, assolutamente» dissi, più convinta che mai.

There is no other place, that I would rather be
Than right here with you tonight
As we lay on the ground I put my arms around you
And we can stay here tonight

Mi accoccolai vicino ad Harry, con la testa posata sulla sua spalla, le mani intrecciate sulle sue. La sabbia scorreva tra le dita dei piedi. I ragazzi avevano smesso di ballare e scatenarsi e si erano seduti tutti intorno al fuoco. Io e Harry li avevamo raggiunti poco dopo, guadagnandoci parecchie occhiate e qualche commento scherzoso.
Un impercettibile venticello soffiò per qualche secondo, facendomi rabbrividire. Harry, sentendo il mio tremore, mise un braccio intorno alle mie spalle, arrivando con la mano sull’altro mio braccio, fece scorrere la sua mano su e giù nel tentativo di riscaldarmi. Sorrisi inconsciamente e mi strinsi di più al suo corpo.
«Sono felice di essere qua con te» sussurrò al mio orecchio. «E non è troppo presto per dirti che secondo me sei bellissima. Ognuno la pensa a modo suo, per me è così».
«Non so per quanto la penserai così» ribattei, sperando in una risposta come la precedente. In fondo, volevo solo sentirmi rassicurata dalle sue parole
«Non vorrei essere da nessun’altra parte. Se prima avevo qualche dubbio, ora sono sicuro che i miei abbiano fatto bene a trascinarmi in questo posto».
«Saresti potuto venire anche l’anno scorso» dissi dando voce ai miei pensieri.
Mi diede un bacio sulla fronte. «Scusa, la prossima volta proverò a prevedere il futuro».

Under the lights tonight, I turned around
And you stole my heart, with just one look
When I saw your face, I fell in love

Osservai gli altri. Si erano addormentati quasi tutti, alcuni erano tornati nelle tende, altri avevano preferito rimanere stesi sulla spiaggia, come me ed Evie. Le accarezzavo i capelli che sotto la luce della luna erano più bruni che biondi. Si era addormentata per penultima, cullata dal mio respiro tranquillo, con la testa sul mio petto e una mano ancora stretta nella mia, non l’aveva mai lasciata.  Io ero l’unico ancora sveglio, troppo eccitato, troppo agitato, troppo esaltato per chiudere occhio.
Il suono delle onde del mare avevano un effetto rilassante, il clima mite era pressocché perfetto quasi da dare fastidio, il fuoco si era ormai spendo e una leggera scia di fumo saliva verso l’alto, il cielo stellato era uno spettacolo e la luna era abbastanza visibile, coperta in parte dalle nuvole.
Non avendo più una fonte di luce, decisi di chiudere gli occhi, ripensando ai nostri momenti, che sperai vivamente sarebbero aumentati nei prossimi giorni. Fin da quando l’avevo vista per la prima volta, mi era sembrata subito bella, non di quella bellezza che ti lascia senza fiato o che ti rimane impressa nella mente perché ha le curve al posto giusto, capelli perfetti e canoni del genere, ma quella bellezza che rimane impressa nella mente di chi sa guardare attentamente, quella bellezza naturale, non esagerata ma nemmeno sbiadita. Poi, il suo spirito aperto verso tutti, amichevole, impacciata e timida quando capisce di aver esagerato in qualcosa; parlava un po’ troppo, quello si, ma non era un’oca giuliva che sapeva parlare per ore solo di trucchi e vestiti, lei era intelligente.

Took a minute girl, to steal my heart tonight
With just one look, yeah

Ci misi parecchio ad addormentarmi, non avevo idea di quanto tempo fossi rimasto sveglio. Ma almeno, ero in compagnia sua, in compagnia di Evie. E, chi lo sa, ne sarebbe valsa la pena, probabilmente.

I waited for a girl like you
 

SECONDO VOI QUALE SARA' LA PROSSIMA CANZONE? FATEMI SAPERE IN UNA RECENSIONE.

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Capitolo 4
*** One thing ***


THAT'S ME: scusate il ritardo, come sempre! Ecco il nuovo capitolo, avevate capito che la canzone sarebbe stata 'one thing'? fatemi sapere in una recensione per favore!

ONE THING

 

I’ve tried playing it cool
But when I’m looking at you
I can’t ever be brave
Cause you make my heart race

Erano passati quattro giorni dalla seconda nottata al falò. Quattro giorni bellissimi. Ero sempre uscito in compagnia dei ragazzi, avevamo girato lungo il mare e nei paesini vicini fino a notte fonda. Dato che i miei genitori avevano deciso di prolungare la vacanza di un’altra settimana, me l’ero presa più comoda in tutti i sensi. E spesso io ed Evie ci eravamo appartati, anche solo per parlare. Di cosa parlavamo? Di tutto, tutto quello che ci passava per la testa.
«I tuoi genitori non ti dicono niente del fatto che stai fuori tutto il giorno?» mi chiese lei appoggiandosi al muro del vicolo dove ci eravamo infilati pochi minuti prima.
«Non se ne accorgono neanche, sono in vacanza, non gli importa dove vado io, il che è vantaggioso» le diedi un piccolo bacio sul naso facendola sorridere.
«Ma se ti hanno portato evidentemente è perché vogliono passare del tempo con te».
«Non credo, vorranno che stia un po’ lontano dai miei amici per evitare di combinare qualche casino».
«Non dire così! Magari volevano solo farti cambiare un po’ aria».
Incrociai le mie dita con le sue. «Perché cerchi sempre il lato positivo anche quando non c’è?».
«Perché i tuoi genitori ti vogliono bene e hanno faticato per avere i soldi per questa vacanza, altrimenti ti avrebbero lasciato a casa» rispose con tono ovvio.
«Sei troppo ragionevole per i miei gusti» dissi cingendole i fianchi.
«Dico quello che penso» replicò circondandomi il collo con le braccia.
«Comunque io il mio lato positivo l’ho trovato: sei tu».
La baciai, cercai la sua lingua e la strinsi più forte a me. Era impossibile non sentirmi bene quand’ero con lei. Era così facile essere me stesso in sua compagnia, senza sorrisi finti o baci sforzati. Avevo ringraziato Ellen per avermi dato la spinta necessaria tante di quelle volte che aveva finito con il mandarmi al diavolo.
«Come mai siamo così romantici oggi?».
«Ho i miei momenti anch’io». In realtà avevo bisogno di dirglielo, dovevo essere sicuro che sapesse quanto tenevo a lei. Quando tornavo a casa pensavo sempre alla giornata passata. Pensavo a quando si imbarazzava se la prendevo per mano davanti agli altri o se le sussurravo frasi dolci, a quando iniziava a fare i suoi discorsi filosofici e dovevo bloccarla, altrimenti avrebbe parlato all’infinito, a quando si metteva a ridere senza apparente motivo, a quando si chiudeva in se stessa all’improvviso perché facevo battute sui suoi fianchi.
«Questa si che è una novità».
«Non prendermi in giro» dissi solleticandole i fianchi. Cominciò a muoversi freneticamente, balbettando un ‘smettila’ ogni tanto. Da quando avevo scoperto che soffriva terribilmente il solletico, avevo usato quell’arma a mio favore.

Shot me outta the sky
You’re my kryptonite
You keep making me weak
Frozen and can’t breathe

«Ritorna al tuo momento dolce, dai» mi supplicò mettendo il broncio.
«Devo proprio? È divertente vederti patire così».
Mi diede un pugno sul petto per farmi capire che dovevo finirla.
«Va bene. Vuoi qualcosa di dolce?». Lei annuì. Mi avvicinai a lei e inclinai la testa di lato. Lasciai tre, quattro baci lungo la spalla, per poi salire sul collo e arrivare all’orecchio. Feci scorrere le dita lungo il suo braccio, lentamente, facendole venire un piccolo brivido. «Quando sto con te mi sento debole, congelato, non riesco a respirare al pensiero di non vederti un solo giorno di questa vacanza. È questo l’effetto che mi fai. Tu fai correre il mio cuore, Evie» le sussurrai.
Per qualche secondo rimase immobile e in silenzio, tanto che riuscivo a sentire sia il mio che il suo respiro.
«E questo è l’effetto che mi fai tu, Harry» disse infine, stringendo il bordo della mia maglietta, tirandola leggermente su e posando le mani sulla mia pelle. Erano calde, le sentivo muoversi vero il mio petto, per poi passare alla schiena, avanti e indietro. La osservai chiudere gli occhi, tenendo la bocca socchiusa. Io rimasi fermo, memorizzando il suo tocco. poi, abbassò la maglia e fece scorrere le mani ai miei ricci. Appoggiò la testa sulla mia spalla. «Il tuo profumo» mormorò: «Mi piace il tuo profumo. Oltre a tutto il resto ovviamente».
La abbracciai. «Devo dire che a gesti ti esprimi benissimo. Ma a parole per quanto riguarda dolcezza sono più bravo».
Rise: «Sono più portata per i discorsi saggi».
«Su quello non c’è dubbio».
Si staccò leggermente per darmi un bacio a fior di labbra. «Sarà meglio che torniamo dagli altri».

Now I’m climbing the walls
But you don’t notice at all
That I’m going out of my mind
All day and all night

«Harry, tu cosa prendi?» mi chiese Tommy.
«Un esta the e una focaccia».
Eravamo nel bar preferito del gruppo, nonché l’unico del paese a dare alcolici ai minorenni.
«Ok ho ordinato tutto, due minuti e ce lo porta».
«Benissimo! Allora, questo pomeriggio che si fa?».
«C’è il mercato in piazza, facciamo un giro li?» propose Coline. Le ragazze furono subito d’accordo e molte di loro si assicurarono di avere dei soldi da spendere in vestiti e quant’altro.
Nel frattempo che chiacchieravano allegramente, il barista ci portò gli aperitivi con tanto di ombrellini. Ormai eravamo dei clienti abituali e ogni tanto ci faceva lo sconto.
«Ieri mia madre si è lamentata tutta la sera con me» sentii Daphne.
«»Ci credo, hai rotto le sue zeppe!» ribatté Amie con ovvietà mangiando un’oliva.
«Non è stata colpa mia… ma degli scalini di casa mia».
«SI certo, sono gli scalini che hanno fatto tutto» sogghignò Alexia.
«Ero distratta, può capitare» si giustificò con un’alzata di spalle.
«La punizione?».
«Una settimana di pulizie» sbuffò.
«Poteva andarti peggio» la consolò Evie.
Ridacchiai sommessamente e per poco non mi andò di traverso il the. Era una delle ragazze più testarde che avessi mai incontrato. Non che fosse sempre solare e allegra, ma era la persona giusta se dovevi sfogarti. E, come sempre, sapeva trovare il lato positivo. Era un po’ come una psicologa personale.
«Si, ma io odio fare le pulizie!».
«Tu odi qualsiasi cosa che includa fatica».
«Lavorerò quando avrò finito di studiare» concluse Daphne sicura.
Era divertente ascoltare i discorsi delle ragazze. La maggior parte riguardavano i ragazzi , i film e i fatti quotidiani, ma quando parlavano di cose serie, sembravano quasi sorelle, si consolavano e davano consigli a vicenda. Era strano vedere una ragazza che credevo superficiale come Tessy diventare di colpo seria.
Rimanemmo un altro quarto d’ora a parlare di quanto fossero noiosi i genitori, finché Amie ci costrinse ad andare a pagare per andare a svaligiare il mercato.
«Pago io» dissi ad Evie prendendo il portafoglio prima di lei.
«No, figurati».
«Insisto».
«Guarda che ce li ho i soldi» disse sorridendomi. Mi precedette e andò alla cassa. Ogni volta mi stupivo del fatto che non mi lasciasse mai fare niente di carino, anche solo offrirle da mangiare. Facevo di tutto per provare ad essere disponibile, ma voleva affermare sempre la sua indipendenza. Potevo anche scalare i muri che non avrebbe fatto una piega.

Something’s gotta give now
Cause I’m dying just to make you see
That I need you here with me now

Com’era prevedibile le ragazze corsero  verso le bancarelle di vestiti e noi le seguivamo a passo di bradipo, no molto interessati dai prodotti in vendita.
«Harry!». Una mano si posò sulla mia spalla. Voltai la testa di lato e vidi Daniel sorridermi.
«Ehi, come va?» risposi.
Non se l’era presa la sera del falò, quando aveva visto me ed Evie andare nella tenda, non aveva nessun rancore nei miei confronti e ne ero felice. Non eravamo amici per la pelle e non ci parlavamo spesso, ma tutto sommato era un rapporto normale.
«Non c’è male dai» lanciò un’occhiata ad Evie, pensando probabilmente che non me ne accorgessi. «Con la tua ragazza, tutto bene?».
«Si, direi di si».
«Ottimo».
Mi sentivo leggermente a disagio, non avevo argomenti su cui parlare. Ma per fortuna Alexia lo trascinò via per convincerlo a comprarle un anello. Fu allora che vidi un tavolino che attirò la mia attenzione: era pieno di gioielli fatti a mano, cornici decorate e delle piccole bambole. Ma un oggetto in particolare mi colpì.  E di conseguenza, un pensiero si fissò nella mia mente.
«Mi scusi» chiamai il venditore, che mi stava già osservando ed era pronto a guadagnare soldi. «Quanto costa?».
«8 sterline».
«Va bene, la compro».
 
EVIE
Alla sera indossai dei pantaloncini a vita alta e una maglia arancione scollata dietro che avevo comprato quel pomeriggio. Finito di cercare uscii immediatamente per raggiungere gli altri. Ci eravamo dati appuntamento dal molo intorno alle 8 ed io come al solito ero in ritardo.
«Evie, stai bene? Sembra che tu abbia corso la maratona».
«In un certo senso» risposi ansimante reggendomi al muretto. «Ho dovuto correre da casa mia fin qua».
«Se ti viene un infarto nel bel mezzo della strada, sappi che non farò niente per salvarti» scherzò Coline. «Anzi, potrei filmarti e mettere il video su youtube».
«Si ma se muoio non mi avrai sulla coscienza?».
«Forse un pochino... mi dispiace, opto per il video».
«Allora il mio fantasma ti perseguiterà in eterno».
«Se il tuo fantasma ha il tuo stesso tempismo non ce la farà mai!» ribatté, scatenando le risate generali.
«Te la farò pagare comunque» dissi mostrandole il dito medio.
«Anch'io ti voglio bene».
Quando mi fui totalmente ripresa salutai Harry con un bacio e gli presi la mano  che mi porse subito dopo, per poi incamminarci tranquillamente lungo il molo. La brezza di mare rendeva la serata particolarmente piacevole, con la temperatura giusta, il suono delle onde che infrangevano la riva, l'odore marino inconfondibile e il cielo  con qualche stella. L'atmosfera? Non avrei potuto chiedere di meglio.
«Qual'è la scusa stavolta?» mi chiese Harry dopo minuti di silenzio.
«Mia madre ha preparato la cena troppo tardi e mi sono accorta dell'orario a fine pasto, quindi dai la colpa a lei!» tentai di giustificarmi.
«è inutile far ricadere la colpa sugli altri».
«Non iniziare a farmi la predica per favore! è una bella serata, non rovinarla».
Harry si bloccò all'istate. «Vuoi che sia ancora più bella?».
Gli rivolsi uno sguardo piuttosto confuso e in tutta risposta mostrò il suo sorriso perfetto e le sue immancabili fossette. «Girati» disse piano.
Feci come mi aveva detto. Percepii le sue mani girare intorno al mio collo e due secondo dopo sentii qualcosa di freddo sul petto. Portai la mano su quel punto e abbassai la testa: era una collana, con una piccola fiamma come ciondolo.
«Rappresenta il falò, il nostro incontro e, beh, tutto il resto» spiegò un imbarazzato.
Mi girai in modo da trovarmi faccia a faccia con quel meraviglioso ragazzo. «Hrry, è... è bellissima... davvero, non me l'aspettavo! oh mio dio, non so cosa dire...».
«Semplice: sei il ragazzo più fantastico del mondo».
«Hary Styles, sei il ragazzo più fantastico, dolce e premuroso del mondo».
«Così è ancora meglio».
Non riuscivo a controllare tutta quell'emozione. Il fatto quasi assurdo di stare con lui, tutti quei momenti indimenticabili, ed ora quella collana. Era stata una vera sorpresa e non sapevo come avrei dovuto reagire. Avevo tanti sentimenti sovrapposti che mi spinsero a dire una frase improbabile in quella situazione momentanea: «Ti amo» sussurrai, più a me stessa che a lui. Mi morsi immediatamente il labbro maledicendomi e sperando che non mi avesse sentito.

So get out, get out of my mind
and come into my life
I do't know what it is
but I need that one thing

HARRY
Avevo sentito bene o era stata solo frutto della mia immaginazione?
«Ti amo».
No, non potevo essermi sbagliato. Era innamorata di me. Aveva appena pronunciato le due parole. Ed ora stava evitando il mio sguardo, rossa in viso, rivolgeva la sua attenzione altrove. Ma provava quel sentimento che ci aveva legati fin da subito ed evidentemente era cresciuto. Ed io? Forse se la sua presenza mi faceva automaticamente star bene, non era una sempice cotta. No, non mi avrebbe spinto a farle quel regalo. Non mi avrebbe spinto a comportarmi come un idiota pur di farmi notare. No, quello era certamente qualcosa di più.
«Ti amo anch'io» mormorai. Aspettai la sua reazione ma rimase immobile com'era e per un attimo ebbi paura che si fosse pentita di averlo detto. Le sollevai il mento con una mano e scorsi una lacrima scorrere sulla guancia, che asciugai immediatamente.
«Cosa c'è, piccola?» chiesi preoccupato.
«è solo che...» iniziò trattendo e lacrime: «Non avrei mai pensato di tenere a te in questo modo... è successo in fretta... oh, Harry!». La abbracciai, stringendola a me, cercando di alleviare quel dolore e quella confusione che si erano impadroniti di lei. Affodai il viso nei suoi capelli, accarezzandole dolcemente la schiena. «Ma ti amo e non posso farci niente» concluse.
Ed ecco, un'altra ventata d'aria fresca per i miei polmoni e musica per le mie orecchie. «Evie, io ti amo, e non me ne pento, non mi sento in colpa di niente».
«Nemmeno io, non volevo dire questo. è solo che...» ma nemmeno lei sapeva cosa dire.
«Tutto insieme troppo presto, vero?» tentai.
Annuì: «Ma rifarei tutto comunque».
Mi avventai sulle sue labbra e la sentii sorridere contro di esse. Evie era la prima persona a cui mi ero dichiarato quasi subito. Forse l'avevo amata dal primo momento... non credevo al colpo di fulmine, ma prima o poi si doveva provare tutto, no? E se ci trovavamo in quell situazione era solo per le nostre scelte.
«Amore, vuoi andare?» le chiesi dopo un'infinità di tempo.
I suoi occhi brillavano dalla gioia e non la smetteva di sorridere, come me d'altronde. Ero grato ai miei genitori per avermi costretto a venire in quel posto, ero grato che avessero insistito. E, anche se li avrei dovuti odiare, Evie aveva ragione a dire che mi volevano bene. Ed ero grato a Daniel per averci provato con lei (senza di lui molto probabilmente non sarei andato a baciarla), a Coline che aveva già capito tutto. E per finire a lei.
«Sai, se non ti fossi seduta vicino a me, non so se sarebbe successo tutto».
«L'avrei fatto succedere comunque» rispose con un sorriso malizioso.
Era ufficiale. Eravamo fidanzati, ci amavamo, dentro di me volevo gridarlo a tutti.
«è bello sentirtelo dire» riprese camminando.
«Cosa?».
«'Ti amo'. L'avevi mai detto a qualcuna?».
Dovevo essere sincero. «Una volta» ammisi. «Ma non provavo qualcosa di così forte».
«Capisco. Beh, sarà meglio che me lo dica spesso, signor Styles».
«Te lo dirò tutte le volte che vorrai e anche di più. Te lo dirò finché non mi dirai di smettere».
«Non te lo potrei mai dire».
Sogghignai: «Sei cocciuta».
«Sono solo me stessa».
«Ed è per questo che ti amo».
Lei si morse il labbro: «Si, è proprio bello» disse dondolando le nostre mani. Poi si fermò davanti a me, iniziando a fare dei piccoli cerchi sul mio braccio. «Dopo tutto questo, ti meriti una ricompensa...» sussurrò al mio orecchio.
Immediatamente le presi le ginocchia, mettendola sulle spalle come un sacco di patate. Lei rise: «Hai capito tutto, signor Styles».
Le diedi un pizzicotto per scherzare.
Mi sentivo completo, veramente.

And you've got that one thing!
 

SONDAGGIO: quale sarà la prossima canzone secondo voi?

 

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Capitolo 5
*** Summer love ***


THAT'S ME: Mi scuso tantissimo per il ritardo, ecco il capitolo! Enjoy :3


SUMMER LOVE
 

Can't believe you're packing your bags
Trying so hard not to cry
Had the best time and now it's the worst time
But we have to say goodbye

Bussai piano alla sua porta, sperando quasi che non sentisse. Non sapevo se ero pronta o no ad affrontarlo. Dopo parecchi secondi passati trattenendo il respiro, ero sul punto di andarmene (in parte sollevata), ma sentii dei passi lenti sempre più vicini, la maniglia si abbassò e la porta si aprì. Lui era li, in piedi. Mi sentivo la bocca asciutta e non mi veniva nemmeno una parola da dire.
Alla fine, si decise lui: «Ciao. Entra».
Feci qualche passo dentro la sua camera e mi si formò un groppo in gola alla vista della valigia sul letto, già mezza piena. Giocherellavo con le dita, dandomi un'occhiata intorno. La stanza vuota mi diede una specie di senso di claustrofobia. Ero stata abituata a vedere l'armadio aperto pieno di vestiti sparsi, sul comodino i fumetti, la sveglia e la lampada. Ora, più niente.
Visto il silenzio prolungato, indicai una pila di vestiti. «Vuoi una mano?» mi offrii, anche se in realtà avrei voluto rimetterli tutti nell'armadio.
«Non ti preoccupare».
Indecisa sul da farsi, mi sedetti sulla sponda del letto, dandogli le spalle. Non riuscivo a guardarlo mentre metteva via la roba.
Un rumore di cerniera mi fece capire che aveva finito. Chiusi gli occhi e strinsi le mani a pugno, cacciando indietro le lacrime. Poi, il materasso sprofondò alla mia sinistra e sentii la sua mano calda posarsi sulla mia. Immediatamente, incrociai le nostre dita, stringendo la presa.
«Amore...» sentii le sue parole come se fossero lontane decine di metri. «Guardami». Mi sforzai di alzare la testa e mi ci volle uno sforzo ancora più grande per guardarlo negli occhi, tristi come i miei. E mi accorsi che in realtà nemmeno lui sapeva cosa dire.
«I tuoi dove sono?» chiesi cercando di mantenere un tono di voce calmo.
«Sono usciti stamattina a fare un ultimo giro e a comprare dei panini per il viaggio». Annuii, anche se mi importava poco.
«Fa freddo fuori, meglio se prima di... andare ti metti anche una felpa» dissi guardando la sua maglietta rossa.
«Oh... si, grazie».
Ed ecco, un altro silenzio. Ma non di quelli imbarazzanti, da evitare con una battuta, no. Quello era un silenzio sofferto, in realtà sapevo benissimocosa dire. "Non lasciarmi", ecco quello che avrei voluto dire. Il mio cuore urlava, batteva ed il mio cervello si spremeva per trovare una qualsiasi scusa per trattenerlo, sapendo benissimo che nulla sarebbe servito. E ancora una volta, non riuscivo a capacitarmi del fatto che ci dovevamo lasciare. Ero stata consapevole sin dal primo istante in cui avevo accettato la sua assurda ma piacevole proposta di essere la sua ragazza. Ero stata consapevole di tutte le cose che avremmo condiviso. Non mi aspettavo però, di condividere anche l'amore.
Non badavo al pollice di Harry che accarezzava la mia mano, o ai suoi occhi spenti, o alle sue labbra socchiuse, che sembravano voler pronunciare qualcosa, ma rimanevano immobili, lasciando in sospeso parole che non sarebbero state di aiuto in nessun modo. Come possono dei semplici suoni spiegare il dolore, non solo morale ma anche fisico, dell'allontanamento di una persona amata? Forse urlando. Come possono le pacche sulla spalle o gli sguardi consolare a distanza?
La semplice verità era che ci eravamo messi in un piacevole casino. Se non altro, l'amara consolazione delle sue braccia sarebbe temporaneamente bastata come tranquillante.
Senza dire niente, mi buttai tra le sue braccia, sistemando la testa nell'incavo del suo collo. Dopo qualche secondo mi sentii sollevare e mi ritrovai tra le sue gambe, stretta in un amorevole abbraccio. Perchè era così che mi sentivo con lui, protetta. Sarei rimasta volentieri in quella posizione per un tempo infinito, purché fosse ancora li con me. Il suo respiro sulla mia pelle era inebriante, un profumo che avevo già imparato a riconoscere.
La sua morsa affettiva si strinse ancora di più e iniziò a depositare piccoli baci sulle spalle, come per alleviare la sofferenz, una medicina per me. E in parte funzionò, perché percepii i miei muscoli rilassarsi.
No, non dovevo essere così triste, non l'ultimo giorno insieme! Non era un funerale, dovevo costringermi a sorridere.
Peccato però che lui era stata la causa del mio sorriso per tutto quel tempo.

Don't promise that you're gonna write
Don't promise that you'll call
Just promise that you won't forget we had it all

Quel silenzio era diventato decisamente insostenibile. Anche l'addio sarebbe stato così? Senza nemmeno un 'ciao'? No, assolutamente no!
«A cosa stai pensando?».
«A quanto mi mancherai». Eh no, così però no migliorava di certo l'alone di tristezza intorno a noi.
«Amore mio...». Faceva male, ma non volevo rinunciare alle sue fossette e ai suoi denti perfetti, non le ultime ore. «Pensa positivo, ti prego! Tornerai dai tuoi amici! Finalmente li vedrai. In fondo, non è quello che volevi?». Non rispose. «Harry, te lo chiedo per favore, non fare il muso, non voglio passare gli ultimi momenti con te che sembri in lutto».
«Sai come mi sento?». Due pugnalate, dritte nel petto. Lui chiedeva a me come mi sentivo io? Mi sentivo uno straccio, senza più la voglia nemmeno di alzarmi, ecco come mi sentivo! Ogni minuto trascorso era del tempo che scorreva inesorabile verso la nostra netta separazione.
«Non fare domande stupide, Harry! Sto come te e lo sai, ma almeno dammi un segno di vita».
E, detto questo, si avvicinò lentamente alle mie labbra, chiedendo accesso con la lingua. Chiusi gli occhi e misi le braccia intorno al suo collo, stringendo i suoi capelli e premetti il mio busto contro il suo. Non era un bacio famelico, bensì uno consolatore, una silenziosa dimostrazione di amore e abbandono a noi.
«Non pretendo che tu mi scriva» mormorò a pochi centimetri dal mio viso. «Non pretendo che mi chiami, credo che ci farebbe solo del male...». Inutile negarlo. Per quanto poteva essere crudele era vero, dovevamo piano piano tornare due sconosciuti, perché rimanere amici a distanza sarebbe stato un vano tentativo di mantenere i contatti. «Però, promettimi una cosa». Annuii.
Mi prese il viso tra le mani, inchiodandomi con il suo sguardo di smeraldo.
«Promettimi che non dimenticherai quest'estate. Promettimi che non scorderai quello che abbiamo passato. Promettimi che ti ricorderai di me. Promettimi... di non classificarmi come 'uno dei tanti'» e la sua voce gli morì in gola. Si spezzò il respiro anche a me. Non doveva nemmeno azzardari a pensare una simile cazzata!
«Non potrei mai dimenticarmi di te. Non sei mai stato uno dei tanti, dovresti già saperlo».
«Sono contento. Perchè io non ti considererò mai solo un passatempo, nemmeno se lo volessi. Sei troppo importante».

Wish that we could be alone now
If we could find some place to hide
Make the last time just like the first time
Push a button and rewind

«Scappiamo».
«Harry, hai assunto droghe ultimamente?».
«Sei tu la mia droga»mi sussurrò, accarezzandomi i capelli. Il mio cuore prese a battere più velocemente e un brivido mi scosse.
«Perchè ti è venuta quest'idea?» domandai, continuando a disegnare cerchi invisibili sulla sua maglia, sdraiata sul letto, completamente accoccolata su di lui, persino le nostre gambe erano incrociate.
«Non lo so... vorrei solo che il tempo si fermasse» sospirò. Aveva il coraggio di dire tutto ciò che osavo solo pensare.
«Già, peccato che siamo solo due ragazzi che si amano, impotenti contro la loro vita».
Lo sentii sorridere: «Mi ci voleva una tua frase ad effetto per tirarmi su di morale, amore».
Ero un pochino sollevata, almeno l'avevo distratto.
«Comunque scapperei davvero con te se ne avessi l'opportunità».
«Non farti viaggi mentali esagerati, siamo ancora adolescenti e incoscenti».
«Non essere così razionale proprio adesso, Evie» mi rimprover in modo abbastanza ironico. «In effetti mi basterebbe nascondermi per un po', solo io e te, in un posto tutto nostro».
«Qualsiasi posto può essere nostro, basta chiudere gli occhi, desiderarlo intensamente e avere fantasia» spiegai mettendo in moto il cervello. «Dove vuoi andare?».
Ci rifletté un po', poi parlò: «Al mare, accendere un fuoco, accampare le tende, fare il bagno e ballare».
Stava riassumendo le nostre giornate. Quanto poteva essere dolce inconsciamente dolce?
Un altro degli innumerevoli motivi per cui mi sarebbe mancato. E in quel momento l'avrei seriamente preso per il colletto e trascinato fuori di casa, portandolo nel posto più isolato che conoscevo. Mi ritrovai a pensare alle sue mani, che delicatamente seguivano il profilo del mio braccio e ai suoi piccoli baci sulla fronte.
«Chiudi gli occhi, tesoro».
Feci come aveva detto e sentii lentamente il suo palmo sgusciare sotto la mia maglietta, disegnando forme a caso. Il mio respiro aumentò impercettibilmente e, dopo un momento di rigidità, mi lasciai andare al suo tocco così rilassante.
«Siamo nella tenda, solo noi due, fuori solo il mare e qualche ragazzo che fa una passeggiata... ci siamo appena conosciuti, ma ci fidiamo l'uno dell'altra. Siamo nudi e la tensione è alle stelle...» la sua mano era salita più in alto, il mio petto si alzava ed abbassava ad una velocità doppia del normale e lui lo percepiva, gli piaceva farmi star bene anche in quel senso ed era soddisfacente anche per lui. «è quasi finito, siamo al limite, urli il mio nome e catturo la tua voce in un bacio...». Quando disse la parola 'limite', mi strinse il seno, facendomi sospirare pesantemente, poi cominciò un movimento circolare su di esso. Mossi il busto e le gambe per il piacere.
«Harry...». Aveva superato il reggiseno, scostandolo.
«CI guardiamo negli occhi, siamo sudati, siamo stanchi, siamo soddisfatti, siamo innamorati».
Le mie dita raggiunsero i suoi ricci, mi feci forza sul gomito, arrivando alle sue labbra, che sembravano non aspettare altro che i miei baci, e non lo delusi. Corpo contro corpo, sintonia quasi perfetta.
«Quasi come la prima volta...».
«Zitto e baciami».

Don't say the word that's on your lips
Don't look at me that way
Just promise you'll remember
When the tide is grey

Respiro corto di entrambi. Un misto di rimpianto e voglia l'uno dell'altra.
Una porta che si apriva, il tonfo di buste della spesa sul tavolo, dei passi.
«Harry, siamo a casa! Hai fatto le valigie?». La voce della signora Styles ci fece staccare di colpo. Mi ricomposi il più decentemente possibile e mi alzai dal letto.
«Mamma, c'è Evie con me!» urlò Harry di rimando.
«Oh... io e tuo padre siamo in veranda se avete bisogno!».
L'unica volta che avevo visto  la madre di Harry si era dimostrata gentile e disponibile, davvero una bella persona. Ed Harry doveva aver preso la maggior parte del carattere da lei.
«A che ora partite?» chiesi mettendomi a sedere con la schiena contro la spalliera.
«Non lo so, penso che decideranno sul momento» spiegò raggiungendomi.
In poche parole potevano andarsene da un momento all'altro, non sapevo quanto ci rimaneva e l'ansia aumentò.
«Ci pensi se ci incontreremo di nuovo, in futuro?».
«Il mondo non è così piccolo».
«Io intendevo la prossima estate».
Non avevo mai preso in considerazione quell'opzione. «Ma ho paura che non sarebbe comunque come adesso. Non saremmo completi sconosciuti che si incontrano per caso».
«Potrebbe anche essere un vantaggio. Non ci servirebbe ricominciare, prendila come una lunga vacanza».
«Potremmo essere impegnati...». O meglio, lui potrebbe essere impegnato, io non ero così popolare a scuola e di certo non avevo nessun ragazzo che si sbattesse per me.
«Amore non prevedo il futuro».
«Si scusa, cerco solo di vederla da tutti i punti di vista».
«Questo è pessimismo».
Sbuffai: «Come vuoi». Non volevo diventare acida così di punto in bianco, infatti il suo viso cupo mi costrinse a scusarmi. «Hai ragione, non devo pensare  a queste cose, è solo che... non ce la faccio...» dissi con gli occhi umidi.
«Ehi ehi ehi, non è la fine del mondo, tesoro, supereremo anche questa, non ti preoccupare».
Lo ringraziai con lo sguardo. «D'accordo».
Passammo altro tempo a parlare di qualsiasi cosa, cercando di distrarci a vicenda, finché la voce del padre di Harry annunciò ciò che avrei voluto evitare fin dall'inizio: «Harry, partiamo!».

So please don't make this any harder
We can't take this any farther
And I know there's nothing that I wanna change

Osservavo il mio ragazzo prendere la pesante valigia e trascinarla fuori dalla stanza, con una lentezza esasperante. Ed io stavo lì, impotente, a seguire ogni suo movimento che lo portava lontano da me.
Anche il resto era vuoto, vuoto come la mia mente. La porta d'ingresso era aperta, sentivo i genitori di Harry chiacchierare sottovce, probabilmente cercando di non disturbarci. La loro attenzione rendava tutto più solenne e quindi più difficile.
Un passo fuori, un'ultima occhiata all'interno dell'abitazione, prima di prendere la maniglia e chiuderla definitivamente.
Mi immobilizzai, non riuscivo più a muovere un muscolo.
Harry portò la valigia fino alla macchina, la mise nel bagagliaio e scambiò un'occhiata cno i suoi, forse a chiedergli qualche minuto in più. Loro annuirono e senza aggiungere altro (eccetto un saluto per me) entrarono in macchina.
A passi pensanti mi raggiunse, posizionandosi di fronte a me. Chinai il capo, presi la collana tra le mani e ripensai a tutto. Me l'aveva regalata lui, al molo, dove ci eravamo dichiarati.
Portai le mani dietro il collo. «Forse è meglio se...».
Harry capì le mie intenzioni e mi fermò subito. «No, non toglierla! Tienila come un mio ricordo».
«Non... non la toglierò mai...».
«Grazie...».
Cos'altro potevo dire? Non avevo più il coraggio di chiamarlo 'amore' o 'tesoro', non avevo il coraggio di comportarmi come se niente fosse.
«Ti amo, Evie» sussurrò lui.
Non riuscii più a trattenere le lacrime, che sgorgarono, rigandomi le guance, inesorabili. Allacciai immediatamente e braccia al suo collo, gli occhi chiusi, il viso nell'incavo. Non mi aspettavo che Harry dicesse qualcosa, non mi aspettavo che facesse niente. Ma non poteva dirmelo, non adesso, non quando l'ultimo briciolo di coraggio che mi era rimasto si era frantumato all'istante al suono delle sue parole.
HARRY
«Ti amo, Evie» sussurrai.
Lei si aggrappò a me, cominciando a piangere. Non sopportavo di vederla così, soprattutto se la causa ero io. La strinsi forte a me, inspirando il suo profumo, cercando di attutire i singhiozzi che la scuotevano. Quell'abbraccio che avrei voluto non dover mai dare, l'abbraccio di un addio.
Era inutile farmi paranoie su cosa dirle, perché non riuscivo a dirle niente di rassicurante. Perchè non c'era niente. Noi eravamo niente ormai.

Cause you were minefor the summer,
now we now it's nearly over,
feels like snow in septemvber
But I always will remember

Un muro invisibile si stava mettendo tra di noi, lo sentivo. Piano piano non eravamo più 'noi', bensì Harry e Evie. Due ragazzi indifferenti ma tristi dentro.
Il problema era che quel muro avrebbe fatto bene ad entrambi, se solo avessimo avuto il coraggio di alzarlo completamente e non abbassarlo di continuo. Non riuscivo a lasciarla andare e nemmeno lei ne aveva intenzione.
Lentamente, con dolcezza ma decisione, mi allontanai poco per volta, per lasciarle il tempo di assimilare la separazione. In realtà avrei preferito che avesse preso lei il comando, ma dentro di me sapevo che sarebbe stato impossibile.
Il filo invisibile che ci univa si allungava man mano che la lontanaza aumentava e una stretta allo stomaco mi diede la conferma che stavo per crollare anch'io, ma non doveva vedermi piangere, sarebbe stato peggio di quanto già non fosse.
Ed ora? Faccia a faccia, braccia lungo i fianchi, occhi fissi (i suoi arrossati).
Addio? No, mai e poi mai l'avrei detto. Ma non potevo andarmene e lasciarla lì, con una frase non pronunciata in sospeso.
«Ciao».
Fu tutto quello che uscì dalla mia bocca. Tutto.
Le posai un bacio a fior di labbra, indugiando più del dovuto, con una mano sulla  sua guancia bagnata, anche se mi ero deciso di non toccarla più per il bene di entrambi.
Mi voltai, imponendomi di non girarmi rischiando di correrle incontro. Aprii la portiera della macchina e la richiusi, non prima di averla guardata un'ultima volta.
Aveva detto 'ti amo' muovendo solo la bocca, ma mi sarebbe bastato.

Cause you were my summer love...

Il rombo del motore, la cintura allacciata, il finestrino abbassato per sentire il vento, la macchina che partiva. Il filo invisibile si era staccato, sparendo, lasciando solo una scia di ricordi.
Lei sarebbe stata il mio amore estivo. Non un amore da quattro soldi, fatto solo per il sesso. Non un amore forzato o di convenzione. Non un amore falso, fatto per compiacere gli altri. Un amore vero, nostro. Un amore che non avrei dimenticato.
Era stata mia per poco, ma era stata davvero la mia Evie.
EVIE:
Osservai la macchina andarsene.
Osservai lui andare via.
Osservai il mio ragazzo andare via.
Osservai tutto, svanire in una nuvola di fumo.
E il pianto, interrotto solo per quell'ultimo addio a distanza, tornò, ma lui era più lì a consolarmi.

QUALE SARA' SECONDO VOI LA PROSSIMA CANZONE? RECENSITE :)

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Capitolo 6
*** C'mon c'mon -I parte- ***


NON SONO MORTA! Eh già, sono ancora qua! Vi spiego subito perchè non ho postato prima: ho avuto un'estate abbastanza impegnata e per due mesi mi è mancata l'ispirazione..
Ora però sono riuscita a concludere questo capitolo!
Vi premetto che è diviso in due parti, questa è l'anticipazione di quello che avverrà nel prossimo capitolo, sarà un po' noiosa ma dovete leggerla per capire quello che poi succederà :)

 


C'MON C'MON -I parte-

La sveglia suonò fastidiosa, troppo presto per i miei gusti. Allungai una mano per spegnerla, ma feci cadere il cellulare e anche la lampada, era evidente che stavo andando alla cieca sul comodino.

«Harry alzati, non arrivare in ritardo il primo giorno!».

«Ancora cinque miunti» borbottai infilandomi di nuovo sotto le coperte.

«Harold Edward Styles, se non scendi da quel letto entro tre secondi mando su tuo padre!».

«Sto arrivando, sto arrivando!» dissi alzandomi dal letto con la velocità di un bradipo.

Aprii l'armadio, analizzando il vestiario e facendo mente locale sul luogo e il tempo: optai per dei jeans chiari, una maglietta bianca con una scritta nera a cui non feci caso e delle supra. Mi rinfrescai velocemente il viso, giusto per darmi un'aria più sveglia e diedi una scrollata ai capelli. In cucina, trovai mio padre e mia madre già intenti a fare colazione.

«Ti ho preparato il bacon e le uova, li c'è il succo».

Mi sedetti al tavolo e mangiai tutto senza fiatare. Avevo davvero tanta fame e dovevo caricarmi visto che mi aspettava un giorno pieno di fatiche.

Salutai i miei, presi lo zaino e mi avviai a passo spedito.

Se c'era una cosa che odiavo del primo giorno di scuola era il caos che regnava all'interno. Chi cercava le aule, chi l'armadietto, chi gli amici, chi saltava da subito per farsi vedere, chi si nascondeva in bagno, chi già era davanti alla presidenza e via dicendo. Il primo giorno aveva tutti gli svantaggi possibili, compreso il posto in classe. I più veloci riuscivano ad aggiudicarsi i banchi in fondo, usati come ottima posizione strategica per messaggiare e dormire. Gli ultimi arrivati invece, si dovevano accontentare di sedersi davanti.

Ero quasi arrivato, lo capivo dal brusio delle voci sempre più vicino. Sbuffai osservando la marea di gente appostata davanti al portone, pronta per fare a gara a prendersi i posti migliori.

Ero pronto per inoltrarmi nella foresta di persone alla ricerca di quattro deficienti, ma non ce ne fu bisogno, dato che riconobbi immediatamente una voce squillante lamentarsi con qualcuno: «Se spingi ancora un po' ti butto per terra!».

«Louis!» urlai, sperando che mi sentisse.

«Harry? Dove cazzo sei?».

«Nel giardino, muovetevi!».

Risi nel vedere i miei migliori amici farsi largo tra la folla (prendendosi anche qualche insulto), corrermi incontro e abbracciarmi fino a farmi quasi cadere. Mi erano veramente mancati, anche se non l'avrei mai ammesso davanti a loro, ma ricambiai la stretta con tutto l'affetto possibile.

«Com'è andata la vacanza? Cos'hai fatto? Raccontaci tutto!» esclamò Liam, il primo a staccarsi. Quando riuscii a respirare di nuovo, notai che stavano aspettando il resoconto estivo.

«Il posto non era male, i miei hanno preso la casa proprio vicino al mare».

«Sei andato in spiaggia tutti i giorni? hai visto qualche bella ragazza in bikini eh?» intervenne Niall sorridendo.

«In effetti si, ce n'erano alcune...».

«Hai fatto colpo?».

Volsi il mio sguardo altrove, con a bocca aperta in un mezzo sorriso pieno di malinconia, era palese che stessi pensando a lei.

«Vogliamo sapere il nome, Styles!» disse Zayn ammiccando.

«Si chiama Evie».

«E com'è?». Erano tutti eccitati e mi fissavano qualsi come se mi stessero leggendo nella mente. E non mi sarei stupito se ci fossero riusciti, mi conoscevano quasi meglio dei miei genitori.

«Beh, lei è...» ma non feci in tempo a dire niente perchè la campanella suonò e il piazzale si svuotò in pochi secondi. Ci affrettammo tutti e l'ultima frase che sentii fu di Niall: «Dopo mi racconti tutto» prima di essere catapultato dentro l'edificio.

Riuscii a sistemarmi a metà nelle file, non un'ottima posizione ma nemmeno la peggiore. In base ai professori o passavi tutta l'ora a non far niente o eri fottuto. La mia prima ora del mio primo giorno di scuola sarebbe stata una passeggiata dato che avevo scienze e la mia professoressa era avanti con l'età e iniziava a perdere i colpi, sapevano tutti che era vicina alla pensione.

Così mi sistemai il più comodamente possibile e, facendo finta di ascoltare, mi preparai psicologicamente all'interrogatorio che avrei avuto fra qualche ora.


 

Presi un vassoio, iniziano a scorrere le gustosissime opzioni che la mensa scolastica offriva.

«Allora, che aspetto ha questa Annie?» domandò Zayn dietro di me, in fila.

«Evie, non Annie».

«Si, quello che è. Avanti parla!».

«Se mi dessi il tempo!».

Ci sedemmo al solito tavolo, tra quello delle cheerleader e la banda. Non avevamo una vera e propria posizione nel grado sociale della scuola e non ci interessava diventarne parte, eravamo semplicemente Harry, Zayn, Louis, Liam e Niall. Non passavamo inosservati a causa delle feste organizzate da Horan e Tomlinson, ma non ci consideravamo i più popolari. Ed era quello che mi piaceva, non avere un'etichetta.

«Sono cinque ore che aspetto , o parli adesso o ti rovescio il piatto in testa» esordì Niall.

«Non sprecheresti mai del cibo» ribattei.

«Non cambiare argomento».

«Ok... ha i capelli castano molto chiari, quasi biondo, gli occhi marroni anch'essi chiari...».

«E a fisico com'è messa?».

«Non male, belle curve». Non avevo per niente voglia di scendere nei particolari, avevo ancora quel senso di possessione e mi dava fastidio che gli altri sapessero le sue cose più intime.

«Cos'avete combinato?» chiese Louis sogghignando.

«Quello che fanno le altre coppie».

«E ci lasci così? niente dettagli?».

«Sono cose private!».

«Dicci solo se era brava».

Sbuffai e annuii: «In tutti i sensi, non solo a quello che pensate».

Non parlai più di lei e ormai avevano capito tutti che ci stavo ancora male. In fondo erano passate pochissime settimane e non era quel tipo di ragazzo che dimenticava una storia così importante. Mi svegliavo ancora con la vaga sensazione di incontrarla, che spariva appena mi rendevo conto di essere in camera mia. Non ero sicuro di esserne innamorato tutt'ora, ma alla fine era meglio così, prima me ne facevo una ragione, meglio era.


 

EVIE

La prima che avevo incontrato era stata Coline. Era impossibile non farlo, d'altronde abitavamo nello stesso isolato e andavamo insieme sin dalle medie. Come sempre ci eravamo incontrate a metà strada e avevamo raggiunto le altre ragazze.

Kate era quella più entusiasta, e non appena finimmo di salutarci, mi comunicò la grande notizia: «Sono fidanzata!» quasi urlò dalla gioia. Lei, proprio la più timida del gruppo, si era trovata un nuovo amore. Forse era proprio quella sua dolcezza a renderla desiderabile. Non che non avesse mai avuto un ragazzo, ma non era mai durata tanto, perchè lei si vergognava quasi di tutto. Ma ero davvero contenta per lei, almeno aveva trovato qualcuno della scuola e non si era incasinata sentimentalmente come la sottoscritta.

«Raccontami! Com'è successo?».

«Beh, ci siamo incontrati al barbeque di fine vacanze...». Ogni anno, a metà agosto la nostra città orgaizzava un mega barbeque che durava cinque giorni. I cuochi erano gli abitanti, chiunque si offrisse e se la cavasse ai fornelli. «Mi ha chiesto il numero, ci siamo visti per un po' e poi ci siamo messi insieme...».

«Ma è fantastico! ce lo fai conoscere, vero?».

«Non adesso. Sabato c'è la festa in maschera organizzata dalla scuola, ognuno si veste come vuole».

«E tu come fai a saperlo?».

«Mi ha invitato» spiegò lievemente in imbarazzo.

«E' una cosa seria!».

«A quanto pare...».

Sperai per lei che fosse un ragazzo a posto, se lo meritava.


 

HARRY

«Avete sentito del ballo in maschera?» cominciò Zayn all'uscita da scuola.

«Si, oggi la preside ha fatto l'annuncio nell'interphono all'ultima ora raccomandandoci di non rompere niente, non te ne sei accordo?».

«Probabilmente stavo dormendo» spiegò con nonchalance. «Comunque, voi invitate qualcuna?».

«Io stavo pensando a una del mio corso di inglese» disse Liam.

«Io ho già chiesto a Hannah alla terza ora». Continuò Louis. «Niall, tu?».

«Io ho una ragazza».

«E quando pensavi di dircelo?» osservò Liam quasi indignato.

«Ma stiamo insieme da poco, volevo presentarvela alla festa».

«E ci fai stare sulle spine per quasi una settimana? Perchè ci odi così tanto?» piagnucolai.

«Si, a meno che non vogliate mai conoscerla».

«Come sei permaloso, Horan».

«Ma smettila! è solo che mi piace parecchio e voglio che sia una cosa davvero seria».

«Abbiamo capito, ogni cosa a suo tempo».

«Oggi venite da me? Così decidiamo già i costumi e non ci pensiamo più» propose Zayn. Fummo tutti d'accordo.

«Te non hai un'accompagnatrice?».

«La troverò quel giorno» rispose con una scrollata di spalle.

A me non lo chiesero avevano capito che non ero pronto per un'altra storia o botta e via in generale. Sinceramente, non sapevo nemmeno io se me la sentivo o no. Tentar non nuoce, ma i sensi di colpa nei confronti di Evie che avrei avuto dopo non sarebbero spariti tanto facilmente.

A causa di tutti quei pensieri e preoccupazioni, non mi presi nemmeno la briga di aprire il diario per guardare i compiti. Poco importava, avrei copiato il mattino dopo da qualcuno. E, prima di addormentarmi, l'ultima persona che vidi impressa nella mia mente, sorridente verso di me, fu lei. Cazzo, dovevo voltare pagina. Non era esattamente parte del mio passato, era parte di un qualcosa di più grande e sperai con tutto il cuore che sarebbe durato anche la prossima estate, perchè la meta estiva sapevo già quale sarebbe stata.

Sbuffai, rigirandomi nel letto. Non potevo farmi delle paranoie per una ragazza che non avrei visto per parecchi mesi. E magari anche lei nel frattempo era cambiata, era andata avanti e l'avrei trovata a baciare un altro, magari Daniel... no, non poteva abbassarsi a quei livelli. Poi mi venne in mente Coline e mi rassicurò il fatto pensiero che almeno lei l'avrebbe fatta ragionare e l'avrebbe tenuta d'occhio. Ora che ci pensavo, sarebbe stata un'idea carina se avessi mantenuto i contatti con lei all'oscuro di Evie, ma probabilmente (anche se ero abbastanza sicuro che avrebbe accettato) sarei passato per l'ex troppo geloso o uno stalker.

Ciò di cui avevo bisogno adesso era una bella dormita.


 

EVIE

«Lumaca, sei pronta?» mi chiamò Kate per la quarta volta.

Misi i tacchi e scesi le scale alla veloce, rischiando di rompermi il collo e indossai in fretta la giacca.

«Finalmente! è da mezz'ora che ti aspettiamo!».

«Per favore, già sono agitata di mio senza che mi facciate presente la festa ogni minuto. E poi Kate, dovresti essere tu quella che sclera visto che fra poco ci presenterai il tuo ragazzo».

«Grazie per avermelo ricordato» replicò.

«Di niente cara. Allora, dove vi incontrate? Ti passa a prendere?».

«No, ci vediamo direttamente la».

«Che maleducato, poteva fare il gentiluomo!» commentò Coline.

«Non siamo ancora a quei livelli».

Coline sbuffò ma non replicò. Sapeva di avere torto e odiava ammetterlo, così rinunciò.

«Signore, siete tutte pronte?». Nessuno obiettò. «Benissimo, si parte!».

Quelle due si lamentarono per tutto il tragitto a causa dei tacchi. Kate aveva deciso di vestirsi da 'panda sexy', così l'aveva definito lei. In pratica erano dei pantaloni neri lucidi aderenti, una maglietta bianca e nera scollata, un cerchietto con delle finte orecchie di cartone fatto da lei e una piccola maschera altrettanto nera. Se avesse aggiunto i baffi sulle guance sarebbe stata più che altro una gattina, ma conoscendola si sarebbe ritenuta esagerata, così aveva trovato la scappatoia del panda anoressico.

Coline invece, dopo aver scartato un mini completino da coniglietta di play boy, aveva optato per una pippi calzelunghe piena di colori, con tanto di parrucca arancione e mascherina arcobaleno. Un travestimento esuberante, proprio come lei.

Non eravamo i tipi da travestirsi in modo da attirare l'attenzione dei ragazzi, ma dato che una di noi era fidanzata, dovevamo anche dimostrare di essere intraprendenti sotto certi aspetti. Ovviamente Coline si era impegnata affinchè riuscisse nel risultato.

Arrivammo miracolosamente in perfetto orario. C'erano già molti alunni ma quasi tutti matricole. Così ci sistemammo in un angolo vicino al banchetto e iniziai ad abbuffarmi. Ero rimasta a digiuno da pranzo per tutti i preparativi e il mio trucco aveva richiesto più tempo del solito. In effetti, tutto il mio vestito era stato impegnativo. Non mi ero mai sentita così a disagio in un costume, troppo appariscente per i miei gusti. Avevo già notato un paio di ragazzini del primo anno indicare dalla mia parte e sperai tanto che stessero parlando di una vicino a me. Per distrarmi ripresi a mangiare salatini e a bere aranciata.

COSA SUCCEDERA' ALLA FESTA? FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE :)

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