Angel

di Youngness_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 -Hi, I'm an angel ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 -See you, Levis ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 -Smile, you're beautiful ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 -Ecstasy- ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 -I will love you always- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 -He's my angel- ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 -Please, kiss me again- ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 -Jump- ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 -I swear- ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 -Take care of her- ***
Capitolo 12: *** Epilogo -Sunrise- ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

                                                                                    



 -PROLOGO

 
                                                                                                                          'Red roses'

 
-Desidera, signore?-

-Mmm… quel bel mazzo di rose rosse, per favore-

La commessa prese una scaletta per arrivare a prendere il mazzo di rose che avevo appena indicato.

-Le faccio una confezione?-

-Sì, grazie. Sa, è per la mia ragazza-

La signora sorrise ed iniziò a maneggiare nastri e forbici per poi consegnarmi il mazzo di rose.

Pagai ed uscii, mentre sorridevo come un bambino.

Mi incamminai lungo il marciapiede nella fredda ed umida sera, con il sorriso sulle labbra. Man mano che camminavo mi avvicinavo sempre di più al centro della città e, di conseguenza, la strada si faceva sempre più trafficata.

Poco più avanti, un ristorante faceva angolo e sotto la sua insegna luminosa c’era lei. Ogni volta che la vedevo, il mio cuore perdeva un colpo e le farfalle iniziavano a solleticarmi lo stomaco.

Era avvolta nel suo cappotto rosso che adoravo tanto ed i suoi lunghi capelli biondo cenere, le cadevano fino a metà schiena.

Il telefono mi squillò in tasca; era lei.

-Hey, Jen!- risposi.

-Harry, sto congelando! Dove sei?-

-Ti vedo già- risposi riagganciando.

La vidi guardarsi attorno, cercandomi con lo sguardo e quando mi vide, le sue labbra sottili si aprirono in un bellissimo sorriso, mostrando due file di denti bianchi.

Lei si avvicinò, scendendo dal marciapiede e restando sul bordo della strada, continuando a sorridere.

Anche io scesi il gradino del marciapiede e superai la fila di macchine parcheggiate di lato. Le mostrai il mazzo di rose che tenevo in mano ed il suo sorriso divenne ancora più bello ed i suoi grandi occhi di un verde pallido, iniziarono a brillare.

Quel giorno, il 14 febbraio 2011, oltre ad essere San Valentino, era anche il nostro primo anniversario.

Con un movimento della mano, mi fece segno di attraversare la strada e raggiungerla.

Guardai veloce a sinistra e a destra e quando la strada sembrò libera, iniziai ad attraversarla, con le labbra che già pregustavano il tocco con quelle di Jennifer.

Alternavo gli sguardi tra lei e le rose che le avevo comprato, tra il suo sorriso ed i suoi dolci occhi e tra quelle rose piene, grosse e scarlatte.

Ma quando rivolsi l’ultimo sguardo a Jennifer, il suo volto rilassato e felice, aveva lasciato posto ad un’espressione preoccupata ed allarmata.

-Harry, attento!- gridò, portandosi le mani ai capelli.

Mi voltai di scatto e mi vidi a pochissima distanza un’auto che aveva appena svoltato l’angolo. Non ebbi tempo di reagire, di mettermi in salvo. Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare ciò che stava accadendo. Quella macchina scura fu  l’ultima cosa che vidi prima di sentirmi l’asfalto addosso. Un dolore lancinante mi correva su tutto il corpo, ma non riuscii a capire dove si concentrasse. Uno stridìo di freni, voci sconosciute che, allarmate, gridavano di chiamare un’ambulanza.

-Harry! Harry!- gridava la voce di Jennifer. Avrei voluto risponderle, dirle che stavo bene anche se non era vero, solo per rassicurarla, ma ogni singola forza mi aveva abbandonato.

Non ero più padrone del mio corpo, non riuscivo a muovermi. Sentivo una specie di formicolio penetrante, iniziare a prendermi. Era una sensazione totalmente sconosciuta, ma faceva paura.

La voce di Jennifer fu l’ultima cosa che mi ricordo del mondo, della mia vita, prima che quel formicolio mi strappasse definitivamente ogni volontà ed ogni coscienza.




-Spazio autrice:

Salve a tutti,

questo è il prologo della mia fan fiction.

E' una storia un po' diversa e per questo non voglio anticipare niente.

Spero che sia valsa la pena di pubblicarla, perchè ci tengo veramente tanto.

Un bacio,
Annalisa.


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Twitter autrice: @youngness_
Ashtag storia: #FanFictionAngel

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 -Hi, I'm an angel ***



                                                         
                                                                       


-CAPITOLO  1



 
                                                                                                                                   ‘Hi, I’m an angel’


 
14 Febbraio 2012

 
Mi ritrovai seduto sull’asfalto di una strada e mi alzai in piedi, sentendomi come se mi fossi appena svegliato da un lungo sonno.

Le auto mi sfrecciavano accanto, incuranti della mia presenza. D’istinto cercai di scansarle, ma poi mi ricordai che non mi sarebbe successo niente, non più. Mi avrebbero urtato, sarei caduto, ma non avrei sentito alcun dolore e nessuno si sarebbe accorto della mia presenza. Ormai il mondo era una cosa estranea per me. Non potevo più interagire con esso: il mio corpo era evanescente e le persone non potevano né vedermi, né sentirmi.

Tutte tranne una.

Tutte tranne la persona che stavo cercando.

Così attraversai la strada tranquillamente, senza preoccuparmi di niente e di nessuno ed arrivai sul marciapiede. Mi guardai attorno, cercando di capire dove dovessi andare.

Alzai gli occhi e non vidi altro che un cielo grigio, mentre piccole gocce d’acqua mi trapassavano il corpo, schiantandosi a terra.

Mi avevano detto che il Cielo mi avrebbe mostrato dove dirigermi.

In quell’istante un raggio dorato di sole squarciò quella coperta grigia e si fece strada tra le gocce d’acqua che cadevano su tutta la cittadina.

-Guarda, mamma! Un arcobaleno!- esclamò la voce innocente e meravigliata di un bambino, poco distante da me, indicando in un punto vuoto del cielo. Mi voltai ed uno sgargiante arcobaleno andava a cadere a qualche isolato più in là, tra i tetti di quei piccoli edifici inglesi.

Mi incamminai verso la fine dell’arcobaleno imboccando le strade di quella cittadina tanto tranquilla. L’arcobaleno terminava nel giardinetto verde di una piccola villetta in mattoncini rossi, con il tetto spiovente in tegole scure. Mi avvicinai alla casa, scorrendo e sorpassando le altre villette a schiera, mentre l’arcobaleno si stava dissolvendo.

-Mamma, sono arrivato!- esclamò un ragazzo più o meno della mia età, mentre saliva i gradini che conducevano alla porta di entrata della villetta e bussando. Mi avvicinai di corsa per entrare, ma quando arrivai sulla soglia della porta, questa mi si chiuse in faccia.

Dovevo trovare un modo per entrare.

Non soffrivo più le vertigini, così iniziai ad arrampicarmi sul tettino della veranda sopra la porta ed entrai nella casa attraverso la finestra. Mi ritrovai in una camera da letto: non era molto grande ed abiti e libri erano sparsi un po’ ovunque. A giudicare dall’arredamento spoglio e dagli abiti, doveva essere di un ragazzo.

Probabilmente il ragazzo che stavo cercando.

Dei passi sulle scale che poi si avvicinavano, mi fecero capire che qualcuno stava per entrare nella camera. Infatti, la porta si spalancò ed un ragazzo di media statura, dai capelli castani ne fece capolino. Parlava per sé, a voce alta e non si accorse che lo stavo osservando da tanto che era immerso nella sua conversazione.

-…che poi la scuola non sarebbe brutta, cioè, preferirei andare per i cavoli miei, però non sarebbe male. Sono i professori che la rovinano. Insomma, cosa mi serve sapere ogni singola data di ogni singola riforma di Ottaviano? Insomma, non mi cambia la vita! E non capisco perché mi devo rovinare la media per una stupida, insignificante data. Io… Io non lo capisco!- continuava a parlare a raffica.

Mi schiarii la voce, continuando ad osservarlo.

Si voltò di scatto e, dopo avermi visto, tirò un urlo.

Facevo quell’effetto? Insomma, dopotutto, il mio aspetto era rimasto quello di quando ero vivo e non ero un brutto ragazzo.

-Chi sei?- mi chiese gridando. –Cosa ci fai qui?- continuò, senza darmi il tempo di rispondere. - Non ho soldi! L’unica cosa che puoi prendermi è il mio criceto, ma gli voglio bene, perciò non te lo permetterò!- terminò con fare eroico, arretrando verso la porta, continuando a guardarmi spaventato, mentre cercavo di avvicinarmi a lui e tranquillizzarlo.

-Tranquillo, non voglio il tuo criceto- cercai di dirgli nel modo più tranquillizzante possibile.

-Ti prego, sono troppo giovane per morire!- continuò a gridare.

-Anche io ero troppo giovane per morire- sussurrai.

-Cosa?- chiese, non avendo capito ciò che avevo detto.

-Se la smetti di urlare, posso spiegarti tutto-

Sembrò tornare in sé, pur restando sospettoso nei miei confronti.

-Mi servirebbero delle spiegazioni, perché sai, uno sconosciuto vestito di bianco è seduto sul davanzale della finestra della mia camera-

-Ma quanto parli?- dissi con un tono misto tra il rimprovero e l’ironia.

-Allora parla tu, visto che hai così tanto da dire- disse, lasciandomi finalmente la parola.

-Okay, però siediti sul letto, non vorrei che cadessi per terra quando avrò finito di raccontare-

MI guardò interrogativo e si sedette sulla trapunta azzurra del suo letto.

-Okay, ma intanto dimmi chi sei e che cosa vuoi-

-Mi chiamo Harry-

-Bhè, allora, piacere Harry, io sono Louis- disse porgendomi la mano. La osservai per qualche secondo.

-Non credo possa stringertela-

-Cosa significa che non puoi stringermi la mano? Come fate nella tua città, vi sputate in un occhio?- sbottò perplesso.

-Prova a stringerla- dissi con un mezzo sorriso. Louis allungò la mano verso la mia e provò a stringermela, ma finì per fendere l’aria, mentre io sentivo solo un lieve solletichio.

Sgranò gli occhi azzurri osservando la propria mano stretta a pugno, per poi rivolgere quello sguardo sbalordito e spaventato verso di me.

-Sono un angelo- spiegai.

-Ferma, ferma, ferma!- mi interruppe, portando le mani avanti. –Tu non esisti. Oh, mio Dio, sto parlando da solo, o almeno con un ragazzo frutto della mia immaginazione. E’ colpa della scuola, lo so!- ricominciò a parlare per conto suo con quel tono di voce squillante.

-Louis, ti prego, credimi. Io ero esattamente come te un anno fa. Io sono reale- cercai di spiegare più a me stesso che a lui.

-Sto diventando pazzo- continuò lui.

-Louis! Ti prego- lo implorai, pregandolo con gli occhi.

-E va bene, tanto al massimo potrei parlare da solo- si rassegnò. –Allora, Harry o angelo, come preferisci essere chiamato?-

-Harry. Chiamami Harry e basta-

-Okay, Harry-E-Basta-  cercò di alleggerire la situazione –parlami di te-

-Esattamente un anno fa, sono morto. Sono stato investito da un’auto pirata all’età di diciassette anni mentre stavo andando all’appuntamento con la mia ragazza, Jennifer- cercai di spiegare.

Louis mi guardava pensieroso. Chissà cosa stava pensando. Avrei tanto voluto che la morte mi avesse dato il dono della lettura del pensiero.

-Ed io cosa c’entro? Devo vendicare la tua morte? Devo cercare chi ti ha ucciso e fargli passare le pene dell’inferno?- mi chiese d’un tratto.

-No, Louis, niente di tutto ciò-

-Allora cosa posso fare per te?-

-Devi aiutarmi. Sono bloccato qui sulla Terra perché c’è qualcosa che mi blocca qui-

-E cosa?-

-Non potrò salire in Paradiso finche la mia ragazza sarà così. Da quando sono morto, lei è cambiata-

-Ed io cosa dovrei fare?-

-Devi renderla felice, Louis-

-E come?-

-In qualsiasi modo, ma devi renderla felice, devi farla tornare la vecchia Jen-

-E perché proprio io?-

-C’è un motivo se Qualcuno mi ha mandato qui. C’è un motivo se solo tu riesci a vedermi. C’è un motivo se solo tu puoi parlare con me. C’è una spiegazione a tutto, Louis-

Mi guardò un po’ insicuro e titubante.

-E.. E dove dovrei cercarla?- mi chiese sospirando.

Evvai! Lo stavo convincendo.

Mi voltai verso la finestra che dava sulla strada e guardai la casa di fronte, dove un camion dei traslochi aveva parcheggiato.


-Si è appena trasferita nella casa qui di fronte-

Intanto Louis mi aveva raggiunto e stava anche lui guardando quegli uomini che portavano divani ed armadi all’interno della casa. Nel frattempo, un’auto scura parcheggiò poco più avanti e scesero i signori Helson, seguiti da una ragazza. Quando la vidi, ebbi un tuffo al cuore.

Indossava un paio di jeans scuri strappati sulle cosce e una larga felpa malandata e camminava strascicando i piedi su quegli scarponi grossolani.

Era cambiata, certo, ma era comunque la mia Jen.

-E quella sarebbe la tanto amata ragazza?- chiese Louis allontanandosi dalla finestra ed iniziando a camminare in cerchio.

-Ti prego Louis, sei l’unico che può aiutare me. Sei l’unico che può aiutare Jen- dissi in tono supplichevole.

Si soffermò un attimo, guardandosi la punta delle scarpe, per poi alzare lo sguardo verso di me e sospirare.

-Ho come l’impressione che non mi sbarazzerò di te tanto facilmente- disse accennando un sorriso.

-Ti chiedo solo di farle tornare il sorriso, Louis-


-Spazio autrice:

Salve a tutte,

ecco il primo capitolo della storia. Vi piace? Cosa ne pensate?

Molte di voi mi hanno fatto due domande ricorrenti a cui rispondo adesso per tutti:

No, la fan fiction non è una larry;

Sì, la fan fiction fa piangere. O almeno, io ho pianto mentre la scrivevo.

Vi dico anche che nei prossimi capitoli verranno trattate tematiche forti.

Per quanto riguarda il prossimo capitolo, non so quando riuscirò a pubblicarlo, perchè sabato mattina parto per l'Irlanda per una specie vacanza studio di un mese. Spero di poter pubblicare almeno 2/3 capitoli durante questo mese, ma non assicuro niente.

Detto ciò vorrei ringraziare:

-le 34 e dico T R E N T A Q U A T T R O persone che hanno recensito il prologo.

-le 115 che hanno letto in silenzio (spero, però, che mi lascerete presto una recensione)

-le 12 che l'hanno inserita nelle seguite;


-le 4 che l'hanno inserita nelle ricordate;

-le 6 che l'hanno già inserita nelle preferite;

-le 9 persone che hanno commentato l'ashtag su twitter.

VI ADORO TUTTE.

Detto ciò, vi saluto.

Un bacio,
Annalisa.

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Ashtag storia: #FanFictionAngel

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 -See you, Levis ***





                                       


-CAPITOLO 2

 

                                                                                                ‘See you, Levis’
 

-Okay, Harry, parlami un po’ di lei- mi disse Louis quella mattina mentre camminava lungo il marciapiede umido, con un’espressione pensierosa.

-Lei è bellissima- sospirai.

-E questo me l’hai detto migliaia di volte in dodici ore che ci conosciamo- mi fece osservare sorridendo. –Dimmi quali sono i suoi interessi, cosa fa nel tempo libero-

-Lei era molto brava a scuola. Oh, sì. Aveva vinto una borsa di studio per passare un’estate in Francia, ma evidentemente non l’ha accettata- sospirai, capendo che era a causa mia, a causa della mia morte se stava rinunciando al proprio futuro. –Non era la classica adolescente del ventunesimo secolo. Infatti, le dicevo spesso che era nata nell’epoca sbagliata-

Sorrisi a quel ricordo. Mi mancavano quei giorni. Mi mancava la mia vita.

-Perché?- mi chiese Louis.

-Lei adorava suonare il pianoforte e passava intere giornate a leggere i suoi adorati libri. Adorava i grandi classici della letteratura francese. Mi ricordo che una volta, per il suo compleanno, le regalai un volume molto prestigioso de ‘lesMiserables’. Era il suo preferito. Jen era molto timida ed impacciata, arrossiva facilmente. Forse fu tutto questo, ciò che mi ha spinto a parlare con lei quel giorno alla mensa scolastica: non era come tutte le altre, lei era speciale- continuai a ricordare, mentre mille ricordi di lei mi affioravano alla mente, facendomi sorridere e sospirare.

-Da quanto stavate insieme quando…- iniziò a chiedermi Louis, indugiando sul finale della domanda.

-Da quando sono morto- continuai. –Puoi dirlo, Louis. Non ci rimango male se dici la verità-

-Va bene, Harry, ma mi torna male dirlo. Insomma… non capita tutti i giorni di parlare con un angelo-

Sorrisi.

-Il giorno in cui sono morto era esattamente un anno che stavamo insieme-

-Capisco. Quindi eravate molto legati-

Annuii.

Arrivammo davanti alla scuola. Non rivolsi più parola a Louis, per non farlo sembrare matto a parlare da solo e mi limitai a seguirlo, tra la calca di ragazzi.

Se c’era una cosa utile nell’essere un angelo, era che non dovevi chiedere il permesso a destra e manca per passare. Passavi e basta. Per il mondo non esistevi.

Seguii Louis nella classe di letteratura, dopo che era uscito dalla segreteria per chiedere di essere messo, più o meno, negli stessi corsi di Jennifer.

-Eccola là- sussurrai all’orecchio di Louis, indicando una ragazza nell’ultima fila. Louis si avvicinò alla coppia di banchi e si fermò di fronte a lei, che non lo degnò di uno sguardo, continuando a scarabocchiare con la penna sul banco.

-Ciao, tu devi essere la nuova arrivata- disse amichevole Louis, sorridendole.

Lei alzò appena lo sguardo, per poi riabbassarlo e ritornare ad imbrattare il banco.

Era cambiata tanto, troppo. La sua carnagione di porcellana aveva lasciato il posto ad un colorito di pelle pallido, i suoi bellissimi occhi verdi erano circondati da uno spesso strato di matita nera che li rendeva pesanti e le sue morbide labbra che fino ad un anno prima erano solo per me, erano gonfie e screpolate. Lei che era sempre stata disponibile e gentile con le persone, adesso era scontrosa e ritrosa.

Evidentemente, la mia assenza l’aveva segnata profondamente.

-Ehm… Posso sedermi qui?- riprovò gentilmente Louis, indicando il banco vuoto accanto al suo. Continuando a non guardarlo, tolse lo zaino dalla sedia, scaraventandolo per terra.

La vecchia Jennifer aveva sempre avuto un’estrema cura delle sue cose.

Louis si sedette e mi rivolse un’occhiata esasperata.

-Prova a parlarle- lo incoraggiai.

-Piacere, io sono Louis- continuò sorridente. Jennifer lo squadrò e ritornò con la testa bassa.

-Sai, dovresti dire il tuo nome- le suggerì gentilmente.

-Jennifer. E adesso lasciami in pace- sbottò lei.

-E-Adesso-lasciami-In-Pace è il cognome?- cercò di scherzare Louis, ma Jennifer lo guardò sprezzante e si voltò dall’altra parte.

 
 
-Sì, Louis, Jennifer è sociale e sorridente- sbottò Louis una volta usciti da scuola, imitando la mia voce.

-Devi avere pazienza, Louis: pensa a ciò che ha passato-

Louis annuì comprensivo, incamminandosi verso casa.

-Eccola là. Dai, va’ da lei- dissi indicando una figura femminile poco più avanti.

-Ciao, Jennifer!- esclamò Louis, raggiungendola.

-Ciao – tagliò corto lei.

-Abiti da queste parti?-

-A due isolati da qui. Vuoi pedinarmi pure lì?- sbuffò.

-Anche io! Allora abitiamo nello stesso quartiere!- esclamò Louis con un entusiasmo represso, ignorando la domanda.

Camminarono per qualche minuto in silenzio e Louis non sapeva cosa dire.

-Prova a chiederle del suo trasferimento- suggerii a Louis.

-Ehm… Perché ti sei trasferita qui? Insomma, no è una cittadina molto conosciuta-

-Tu te li fai mai i cavoli tuoi?-

-Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda-

Jennifer sbuffò per l’ennesima volta.

-Mi sono trasferita qui e basta-

-Ma ci sarà una ragione di fondo. Insomma, non è che ti svegli la mattina e decidi di cambiare casa-

Vidi Jennifer abbassare il suo sguardo fiero e mi sembrò vedere i suoi occhi impregnarsi di lacrime.

-Sì, c’è una ragione e quando mi andrà di dirtela, te la dirò-

-A quanto pare adesso non hai voglia di dirmela-

-Che intuito- lo freddò. –Ci vediamo, Levis- disse poi, allontanandosi.

-Mi chiamo Louis- la corresse.

-Sì insomma, tu che non ti fai gli affari tuoi- disse continuando a camminare verso la sua casa, dall’altra parte della strada.

Louis rimase impalato sul marciapiede, osservando Jennifer entrare in casa, per poi rivolgermi uno sguardo di rimprovero ed esasperato.


-Spazio autrice:

Salve a tutte,

ecco a voi il capitolo numero due. Vi piace? E' leggermente piu' corto del precedente e mi scuso per questo.

Allora, vorrei tanto ringraziarvi per tutti i vostri complimenti. Non sapete quanto mi fate felice, perche' questa e' una storia a cui tengo moltissimo.

Mi scuso con quelle a cui ho appena risposto alle recensioni per il ritardo e per essere stat un po' lavativa, ma come sapete, somo im Irlanda. La mia famiglia ospitante non ha un computer, quindi adesso sono nella biblioteca della citta' e mi rimangono esattamente trentanove minuti.

Faro' i dovuti ringraziamenti quando tornero' in Italia, tramquille.Se ci tornero'. 

L'irlanda e' bellissima, la gente e' cordiale, il posto e' magnifico. Non sapete quanto sono felice di essere qua. E' qualcosa di indescrivibile.
Comunque, adesso devo staccare. Spero di poter pubblicare il prossimo capitolo la prossima settimana.

Grazie mille ancora a TUTTI quanti.

Un bacio,
Annalisa.


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 -Smile, you're beautiful ***





                                                                                 



-CAPITOLO 3


 
                                                                                                                                ‘Smile, you’re beautiful’


 
Seguii Louis verso l’aula di informatica e, una volta entrati, guardai attentamente tra i banchi, cercando il volto di Jennifer, invano.

-Lei non c’è- dissi dopo aver ricontrollato attentamente.

-Magari è malata- disse a bassa voce Louis.

-Ma io l’ho vista uscire dalla sua casa stamattina- ribattei.

-Potrebbe entrare alla seconda ora- rispose Louis troppo forte perché nessuno lo sentisse. Le due ragazze della fila di fronte si voltarono guardandolo e lui rispose con un sorriso.

-Mi fai sembrare pazzo- digrignò piano.

Non so di preciso, quanto tempo passò, ma per ogni minuto che scorreva sentivo una strana sensazione crescere dentro di me.

-Louis, non è ancora arrivata- insistetti.

-Harry, non fare il paranoico- si lamentò. Possibile che non voleva darmi ascolto? Insomma, ero un angelo e degli angeli ci si dovrebbe fidare.

-Louis, ti prego, ascoltami- lo pregai. Louis alzò lo sguardo verso di me, osservandomi in attesa che dicessi qualcosa.

-C’è qualcosa che non va, me lo sento dentro-

-E cosa dovrei fare io?-

-Dobbiamo cercarla-

Louis sbuffò leggermente, per poi alzare la mano per attirare l’attenzione del professore.

-Posso uscire? Non sto molto bene- disse. L’uomo mimò un ‘sì’ tra i baffi e Louis si alzò, andando verso la porta.

-Ma guarda cosa mi tocca fare- protestò una volt uscito nel corridoio.

-Louis, smettila. Fosse per me sarei altrove, lo sai, ma è Jennifer che devi aiutare-

Louis si zittì, seguendomi nel corridoio silenzioso.

Sentii un singhiozzo in lontananza. Mi bloccai, cercando di capire da dove venisse.

-Vuoi muoverti o no?- mi incitò Louis, qualche passo più avanti di me, ma lo zittii con un gesto della mano.

-Vieni- dissi semplicemente quando sentii un altro singhiozzo proveniente dal bagno delle ragazze, poco più indietro. Entrammo nel bagno e l’unica porta chiusa era quella in fondo, dalla quale provenivano i gemiti di un pianto.

Louis mi superò e avvicinandosi alla porta di plastica, bussò. Chi era dentro cessò immediatamente di piangere, facendo circolare un profondo silenzio.

-Jennifer, apri la porta- disse Louis avvicinando l’orecchio destro alla porta rovinata dalle scritte.

Nessuno rispose.

-Jennifer, apri la porta- ripetè, questa volta più deciso.

-Vattene- disse la voce melodica della mia Jen.

-Okay, vorrà dire che andrò a chiamare la custode- disse Louis allontanandosi e dirigendosi verso l’uscita.

-Aspetta- disse fiebilmente Jennifer, facendo scattare il chiavistello interno del bagno, permettendo a Louis di aprire la porta. Louis entrò e, dopo avermi fatto entrare, richiuse la porta.

La scena che mi si parò davanti mi fece cadere un masso addosso: Jennifer era rannicchiata per terra, accanto al gabinetto, con le ginocchia strette al petto circondate dalle sue piccole braccia e la testa bassa, con i capelli che le coprivano il viso.

-Ehi, ehi, ehi, cosa succede?- si allarmò Louis abbassandosi e poggiandole una mano sulla spalla. Jennifer tirò un sospiro pesante.

-Avanti, ti porto in infermeria- disse Louis cercando di tirala su per un braccio.

-No, ti prego- piagnucolò Jennifer svincolandosi dalla presa, tornando nella sua posizione.

Louis si abbassò di nuovo, osservandola, cercando di incrociare i suoi occhi. Allungò una mano verso il suo mento, alzandogli il viso.
I suoi occhi, una volta verde smeraldo e pieni di vita, adesso erano spenti e rossi dal pianto ed erano circondati dalla matita colata insieme alle lacrime che le rendevano lo sguardo ancora più pesante.

-Cosa succede, Jen?- le chiese Louis. A quelle parole lei alzò di scatto lo sguardo del ragazzo.

-Come mi hai chiamata, scusa?-

-Jen- rispose semplicemente Louis. Solo io la chiamavo così e nessun altro. Un sorriso amaro comparve sulle sue labbra sottili.

-Solo una persona mi chiamava così- ammise con difficoltà.

-Harry?-

Jennifer si sorprese della domanda retorica di Louis, ma si limitò ad annuire. Louis la circondò con le sue braccia, poggiando la testa su quella di Jennifer.

-Il fatto è che mi manca tantissimo, Louis. Mi manca terribilmente. Non sopporto il fatto di alzarmi la mattina e sapere che non avrò il suo messaggio del buongiorno, che non mi darà un bacio fugace per i corridoi della scuola, che non mi rivolgerà il suo splendido sorriso per rassicurarmi e farmi stare bene- disse tutto d’un fiato Jennifer, scoppiando in lacrime.

-Ma lui ti vuole bene, Jen. Lui continua ad essere insieme a te- disse Louis staccandosi da lei, cercando di guardarla negli occhi e prendendole le mani.

-Ma io lo vorrei qui con me, come c’è stato fino ad un anno fa-

Louis la guardò affranto, sapendo di non poter fare più di tanto in quella situazione, se non rassicurarla con qualche carezza, mentre lei piangeva a dirotto.

-Cosa sono questi?- chiese d’un tratto Louis, soffermando lo sguardo sui polsi scoperti dalla felpa.

-Il mio gatto graffia- cercò di chiudere il discorso, tirandosi giù le maniche, ma Louis la bloccò.

-Non mi sembra che tu abbia un gatto- disse Louis inchiodandola con lo sguardo. –Tu ti tagli-

A quell’affermazione il sangue mi si gelò nelle vene.

Jennifer abbassò lo sguardo, colpevole.

-Harry non vorrebbe mai vederti così. Harry vorrebbe vederti sorridere, essere felice-

Jennifer sospirò ancora.

Louis si alzò in piedi, porgendole la mano. Inizialmente Jennifer la guardò titubante, ma poi vi si aggrappò come ci si può aggrappare ad un ancora di salvezza.

Louis la condusse al lavandino, facendole sciacquare il viso.

-Se vuoi possiamo vederci in questi giorni. Posso darti una mano a rimetterti in pari con il programma di biologia o quello che vuoi- cercò di alleggerire la situazione Louis, ma Jennifer non rispose.

Louis sospirò e voltandosi si diresse verso la porta d’uscita.

-Ah, dimenticavo- disse voltandosi verso Jennifer, che aveva alzato lo sguardo verso di lui. –E da più di una settimana che ci conosciamo e ancora non ti ho vista sorridere. Prova a farlo, secondo me saresti molto più bella di quello che sei- le disse, facendole comparire un lieve rossore sulle guance per poi uscire nel corridoio.

Una volta solo io la facevo arrossire in quel modo, quando le ricordavo di essere bellissima, quando le dicevo che la amavo. E mi dispiacque vedere che quella volta non fui io la causa delle sue guance arrossate.

-Louis!- lo chiamò Jennifer, correndo a sua volta verso la porta. Louis si voltò verso di lei, sorridendo. –Ehm, mi chiedevo se potevi darmi i tuoi appunti di biologia, non ci capisco niente-

Arrossì ancora una volta.

Il sorriso di Louis si spalancò ancora di più, mettendo in mostra i denti bianchissimi.

-Certo! Passo da te domani pomeriggio- le disse gentilmente, per poi continuare a camminare a camminare verso la classe.

-Louis!- lo richiamò ancora una volta Jennifer, accennando qualche passo. Louis si voltò ancora una volta sorridendo.

-Grazie- sospirò Jennifer, sorridendo per la prima volta dopo mesi.


-Spazio autrice:

Ciao a tutte,

ecco a voi il capitolo numero 3. Cosa ne pensate?

E' piuttosto forte, spero che nessuna di voi si sia impressionata.

Per rimanere in tema, vorrei fare un appello e tutte voi:

NON TAGLIAEVI.

I vostri polsi non sono foglietti di carta. 
Voi non siete disagiate mentali.
Voi non siete tutto quello che credete di essere.
Voi siete perfette.
Ognuno di noi e' perfetto a modo proprio.
Se un capitolo di un libro e' brutto, non vuol dire che lo sia tutto il libro.

Okay, detto questo, rallegriamoci.
Adesso scusate, ma come sapete, sono in Irlanda e uso internet dalla biblioteca e mi rimane poco tempo, quindi devo lasciarvi.

In questi minuti che mi restano cerchero' di rispondere a piu' recensioni possibili.

Grazie a tutte.

Un bacio,
Annalisa.


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Ashtag storia: #FanFictionAngel

 
 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 -Ecstasy- ***




                                                          



-CAPITOLO 4
 
 
                                                                                                                     'Ecstasy'

 
 
Louis suonò il campanello di quella casa quasi identica alla sua, per poi iniziare a battere la punta della scarpa sul pianerottolo, nervosamente.
 
-Ciao- pronunciò in imbarazzo, guardandosi le punte dei piedi, quando Jennifer aprì la porta con un timido sorriso sul viso.
 
Sembrava quasi lei. Nel senso, sapevo che era lei, ma sembrava la Jennifer che conoscevo e mi sembrò di arrossire come quando l'andavo a prendere a casa. Ogni volta era come la prima: batticuore, mani sudate, piedi che battevano nervosamente.
 
-Sei in anticipo- disse lei, abbassando gli occhi timidamente.
 
-Avevo paura di fare tardi- arrossì Louis, grattandosi la nuca.
 
-Ma se abiti qua di fronte!- rispose quasi ridendo. -Dai, entra- concluse poi, scostandosi dalla porta  e facendo passare Louis, che indugiò un po' sulla soglia per permettermi di passare.
 
Jennifer lo condusse nella grande cucina, sedendosi al tavolo.
 
-Non fare caso al disordine; è colpa del trasloco- spiegò Jen, guardandosi attorno.
 
-Se per te, questo è disordine, non dovrei mai invitarti a casa mia. E' dieci volte peggio, credimi-
 
Jen accennò una lieve risata.
 
-Allora con cosa vuoi iniziare? Storia, chimica, biologia, letteratura. Hai l'imbarazzo della scelta- disse Louis, sedendosi a sua volta ed appoggiando lo zaino accanto alla sedia.
 
-Letteratura la scarterei-
 
-Perché?- disse in tono interrogativo Louis, ma si vedeva che ne sapeva qualcosa.
 
-La letteratura francese la so tutta. Non c'è libro che non abbia- rispose fieramente.
 
-Davvero? Qual è il tuo preferito?-
 
Jennifer abbassò lo sguardo, facendo scomparire il sorriso.
 
-'LesMiserables', me lo regalò una persona speciale-
A quelle parole, la nostalgia mi invase.
 
-Harry?-
 
Jennifer annuì, con gli occhi lucidi, rimanendo in silenzio per qualche secondo.
 
-Dai, iniziamo con chimica. Non ci ho mai capito niente- cambiò veloce argomento.
 
Era vero. La aiutavo sempre io per chimica e quando lo facevo, mi sembrava quasi di essere più intelligente di lei.
 
Iniziarono a ripassare il programma, parlando di cosa che ormai non ricordavo più, così iniziai a girovagare per la casa. Salii le scale ed andai in camera sua. La sua vecchia camera, quella di Holmes Chapel, era ben diversa da quella che avevo davanti. Aveva i muri di un rosa color carne, con appese cornici con foto di ogni genere, da quando era piccola a noi due, l'armadio, il letto e il cassettone in legno chiaro intagliato, decorati con delle roselline. Accanto al lettoc'era uno scaffale con tutti i suoi adorati libri e sulle coperte colorate, c'era l'orsacchiotto di peluche che avevo vinto al luna park una sera d'agosto e che le avevo regalato. Lo chiamò Harold, il mio nome di battesimo. Quella camera, invece, era diversa: era spoglia e senza niente di particolare. Un letto, un armadio, una scrivania e una montagna di vestiti su una sedia. Non mi sembrava nemmeno potesse appartenere a Jennifer. Mi sedetti sul letto, continuando a guardarmi attorno, per poi buttarmi all'indietro, con la testa sul cuscino.
 
Se solo quella sera, avessi ritardato anche di pochi secondi, le cose sarebbero potute andare diversamente e potevo essere vivo, a casa mia con la mia famiglia e Jennifer. Ma evidentemente non ero adatto per  appartenere a quel mondo che tanto mi piaceva e rimanere accanto alle persone che amavo, lei per prima.
 
Una goccia d'acqua salata mi scese dagli occhi, percorrendomi il profilo del viso e cadendo sul cuscino. Mi voltai verso di esso e ne aspirai il profumo. Jennifer poteva essere cambiata tantissimo da quel fottuto giorno, ma il suo inebriante profumo era rimasto identico.
 
Dopo qualche minuto, mi alzai e, uscendo dalla stanza, sentii che di sotto erano ancora immersi nella chimica, così continuai a curiosare, capitando in bagno. 
 
Feci per guardarmi allo specchio, ma ovviamente il mio riflesso non c'era.
 
Aprii l'armadietto accanto ad esso: sonniferi, aspirine, creme idratanti e dietro tutto ciò, nascosto in fondo alla mensolina, uno strano barattolino. Lo presi, interrogandomi sul contenuto. Lo aprii ed astrassi una piccola pastiglia, guardandola attentamente.
 
Anche se ero morto, non ero scemo.
 
Scesi di corsa al piano di sotto.
 
-Louis, Louis, vieni con me!- gridai, spalancando la porta della cucina, socchiusa.. Louis si voltò allarmato.
 
-Perché la porta si è spalancata così?- chiese perplessa Jen.
 
-Ehm… dev'essere il vento- improvvisò Louis.
 
-Ma non c'è vento-
 
-Si è creata una piccola corrente d'aria in casa. Paragrafo 3, pagina 315, libro di chimica- cercò di convincerla. -Potrei andare in bagno?- chiese poi.
 
-Certo, è al piano di sopra, prima porta a sinistra- gli indicò, continuando a guardarlo confusamente.
 
-Intanto continua- disse Louis, uscendo dalla cucina.
 
-Vieni, sbrigati!- lo incitai, guidandolo sulle scale.
 
-Ma che ti salta in mente, me lo spieghi?- mi rimproverò Louis, una volta chiusa la porta del bagno.
 
-Non è il momento delle domande- lo zittii.
 
-Certo, per te non è mai il…- continuò a borbottare, ma lo interruppi, mostrandogli il barattolino bianco.
 
Louis alternò una serie di sguardi tra me ed il barattolo.
 
-Forse dovresti spiegarmi cos'è-
 
-Guarda tu stesso- dissi, porgendoglielo. Louis lo aprì, inizialmente guardandone confuso il contenuto, per poi guardarmi allarmato.
 
-Dimmi che mi sto sbagliando- lo pregai.
 
-Sono pasticche di ecstasy- pronunciò, corrugando la fronte, con gli occhi lucidi.
 
-Louis! Muoviti, non ci sto capendo niente!- chiamò Jennifer dalla cucina.
 
Louis uscì dal bagno, arrabbiato. Scese le scale, col barattolo in mano, per poi nasconderlo nella tasca della felpa quando si fermò sulla soglia della porta della cucina.
 
-Che c'è? Non ti è venuta?- scherzò Jennifer, ridendo. Louis la guardò serio, senza muoversi.
 
-Cosa è successo?- chiese confusa, notando il suo viso cupo.
 
Louis tirò fuori il barattolo, mostrandoglielo. Gli occhi di Jennifer si colmarono di paura.
 
-Chi ti ha dato il permesso di…- iniziò Jennifer, con le lacrime che le salivano agli occhi, ma Louis la interruppe.
 
-Sono tue?- le chiese fermo.
 
-Io… No… Cioè…- iniziò a balbettare.
 
-Devi solo dire sì o no, niente io, cioè ed altre cazzate. Sono tue?-
 
Jennifer iniziò a sbattere le palpebre velocemente, mordendosi il labbro inferiore, mentre le lacrime continuavano a salire.
 
-Cazzo, Jennifer, rispondi!- gridò Louis.
 
Jennifer annuì, con le lacrime che le colavano sul viso, mischiate al mascara.
 
-Bene, non abbiamo più niente da dirci, allora- disse Louis freddamente, radunando i libri sul tavolo ed infilandoli nello zaino.
 
-Louis, cosa vuol dire che non abbiamo più niente da dirci?- gridò piangendo Jennifer dalla soglia della porta, mentre Louis attraversava il giardinetto davanti la casa.
 
-Vuol dire che potrai rivolgermi parola solo quando avrai smesso. So che stai male per tutto quello che ti è successo, ma ti reputavo più intelligente. Non ci si cura con la droga, Jen. La droga ti porta ancora più giù. Se non vuoi farlo per te, fallo almeno per le persone che ti vogliono bene- disse Louis, tornando indietro e pronunciando quelle parole a pochi centimetri dal viso in lacrime della ragazza.
 
-Io non ho nessuno che mi vuole bene-
 
-Cazzate! I tuoi genitori? La tua famiglia? Harry? Perché anche se lui non c'è più, ti sta vedendo, Jennifer. Lui ti sta vedendo mentre ti stai distruggendo. Ed io? Pensi che ti dica queste cose perché? Perché ti voglio bene, ecco perché. Perché anche se sei acida, scontrosa, depressa e drogata, io ci tengo a te-
 
-Io non sono così-
 
-Allora dimostramelo, Jennifer, perché per ora vedo solo questo, e finchè terrai quella merda nello scaffaletto del bagno mi dimostrerai di essere quello che dici di non essere-
 
Detto ciò Louis si voltò, raggiungendomi, e dirigendosi nella casa di fronte, mentre Jennifer rimase in lacrime, sulla soglia della porta.
 
 
 
-Spazio autrice:
 
Ciao  tutte,
 
scusate per il ritardo, ma in questi giorni non ho avuto il tempo di venire in biblioteca per aggiornare. Perdonatemi.
 
Sabato prossimo tornero' in Italia, quindi credo di aggiornare quando ormai saro' a casa.
 
Sono tristissima di partire!
 
Comunuqe, cosa ne dite di questo capitolo?
 
Io lo sento molto, nel senso che mi son quasi messa a piangere mentre lo rileggevo.
 
Spero che questo non riguardi nessuno di voi, ma voglio comunque dire che la droga non porta da nessuna parte. Ci possono essere milioni di ragioni per sentirsi una merda, per sentirsi nulla, per provare dolore, ma la droga non aiuta. MAI.
 
Detto questo, devo lasciarvi.
 
Grazie per le recensioni che lasciate, siete la mia felicita'.
 
Un bacio,
Annalisa.
 
 
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Capitolo 6
*** Capitolo 5 -I will love you always- ***


                                                         



-CAPITOLO 5


 
                                                                                    ‘I will love you always’





 
-Io spero di averle fatto capire che sta sbagliando- mi disse Louis, infilandosi la maglietta del pigiama e sedendosi sul letto, fissando un punto indefinito del parquet.

-Anche se adesso sta seguendo chissà cosa, so che ha capito, è intelligente- risposi, sedendomi sulla poltroncina vicino alla finestra. –Ma dimmi un po’, Louis, cosa provi per lei?-

-Mi ci hai trascinato troppo dentro, Harry. Adesso mi sento in dovere di ridarle una vita-

-Solo questo?-

-Certo. Che altro, sennò?-

-Ammettilo, Louis, ti piace-

Louis mi guardò sgranando i suoi grandi occhi azzurri.

-Nemmeno morto-

Lo fissai con le braccia incrociate sul petto.

-Harry, no!-

-Louis, non prenderti gioco di un angelo, sai che non si fa- scherzai.

-Io non mi sto prendendo gioco di nessuno! Sto solo dicendo la verità-

-Ti ricordo che ho tutta l’eternità- dissi con un sorrisino.

-E va bene, potrebbe piacermi-

Continuai a guardarlo, insoddisfatto.

-Ok, mi piace- alzò le mani al cielo.

-Tranquillo, anche se volessi prenderti a pugni, non lo potrei fare- scherzai.

-Vorresti prendermi a pugni?-

-Io la amo più di me stesso, ma se mi prometti che la renderai felice tu al mio posto, non potrò altro che esserti in debito- dissi dopo un profondo respiro, sedendomi al suo fianco e provando a mettergli una mano sulla spalla, ma questa trapassò sul suo corpo, cadendo sulla trapunta azzurra.

 
 
La notte era tranquilla e, per non essere nemmeno marzo, piuttosto tiepida. Tutto taceva, se non il profondo russare di Louis e i suoi scalci nel sonno.

Guardavo fuori dalla finestra, verso la finestra della casa sulla parte opposta della strada, pensando alla mia Jennifer. Mi chiedevo se anche allora mi sognava, come mi diceva di fare prima che… PRIMA.

Ero assorto nei miei pensieri, quando sentii un lieve rumore fuori, così mi affacciai. Strizzai gli occhi, per cercare di vedere meglio e vidi la sua figura esile uscire furtivamente dalla casa. Mi precipitai al piano di sotto ed uscii veloce, raggiungendola di corsa. Camminava con la testa rivolta verso il basso, il cappuccio della felpa nera che le copriva i capelli biondi e le mani nascoste nelle tasche. Camminando normalmente, al suo fianco, mi sembrò di non essere mai morto e che fosse stato tutto un brutto sogno, ma quando cercai di cingerle il fianco, la realtà mi sputò in faccia.

La seguii, senza pensare dove mi stesse conducendo, finchè non si fermò e si sedette su un’altalena di un piccolo parco giochi. Mi sedetti sull’altalena di fianco alla sua, mentre lei iniziava a dondolarsi lentamente.

-Dimmi cosa devo fare- parlò d’un tratto.

Diceva a me?

-Dimmi cosa devo fare, Harry- continuò subito dopo. Sì, diceva a me, ma naturalmente non sapeva che le ero più vicino di quanto lei credesse.

-Da quando te ne sei andato, mi sono ridotta ad un ammasso di ossa vaganti e le mie vene sono lacerate e piene di droga. Mi vergogno di quello che sono diventata, mi faccio schifo da sola. A volte vorrei farla finita, concluderla qui e smettere di far soffrire me stessa e le persone che mi vedono, per venire da te-continuò con la voce strozzata dall’imminente pianto.

-Jen, non lo dire nemmeno per scherzo- le sussurrai una volta sentito quelle parole.

Non poteva.

Non doveva.

-Allora cosa dovrei fare?- domandò asciugandosi una lacrima che le rigava una guancia, come se mi stesse rispondendo. Gli umani non potevano né vedere, né sentire noi angeli, ma nel profondo della loro anima, senza che lo sapessero, ci sentivano e sentivano la nostra presenza ed evidentemente Jennifer, nel profondo del suo cuore, sapeva che ero lì.

-Sto rinunciando al Paradiso solo per te, Jen. Louis può aiutarti, può farti tornare il sorriso. In così poco tempo, ha già imparato a volerti bene, solo perché è destinato a volerti bene. Se mi hanno mandato da lui, vuol dire che lui può essere la chiave della tua felicità-

Ci furono diversi minuti di silenzio, come se stesse pensando a quello che le avevo detto.

-Forse dovrei affidarmi a Louis. Mi sembra un ragazzo in gamba e sembra mi stia capendo o almeno, sta cercando di capirmi. Lui ha ragione: devo liberarmi dalla droga, perché non ti farà tornare da me- iniziò a parlare, fissando un punto vuoto davanti a sé. –E poi, non lo so, ma c’è qualcosa che mi spinge verso di lui, qualcosa che sento di non poter controllare-

Sentiva che c’ero, ma allo stesso tempo non lo sapeva.

-Sai, Harry, Louis potrebbe piacermi. Voglio provare a fidarmi. Non so cosa succederà, ma sappi che il mio primo, unico e vero amore sarai sempre te- continuò poi, tirando su colo naso ed asciugandosi le guance bagnate dalle lacrime, che intanto avevano cessato di scendere.


Iniziai a pensare a lei e Louis insieme, come lo eravamo noi due. Qualcosa dentro di me tremava, ma era più grande la voglia di vederla felice della mia gelosia, decisamente. Anche se avrei tanto voluto essere lì, in carne ed ossa, a consolarla e a dirle che ci sarei sempre stato, Louis mi piaceva e non avrei voluto vedere nessun altro al fianco di Jennifer, se non lui.

Potevo essere geloso quanto volevo, ma d’altronde ero io che me n’ero andato e lei aveva tutto il diritto di amare qualcun altro che non fossi io.

-Anche io ti amerò sempre, Jen-

Sentii un piccolo bruciore agli occhi, poi una coppia di lacrime iniziarono a scendere passando di fianco al naso, vicino agli angoli della bocca. Si arrestarono pochi istanti sul profilo della mia mascella, in bilico, per poi cadere giù e schiantarsi sull’asfalto.

-Oh, sta iniziando a piovere- osservò Jennifer abbassando lo sguardo e notando le piccole gocce sul suolo, scambiandole per gocce di pioggia. Si alzò dall’altalena, infilandosi le mani fredde nelle tasche e ripercorrendo la strada del ritorno.

 
-Spazio autrice:

Salve a tutte!

Innanzi tutto, scusatemi per l'enorme ritardo, ma come sapete dal capitolo precedente sono tornata sabato dall'Irlanda e ho avuto il tempo e la forza di aggiornare soltanto adesso.

Cosa ne pensate di questo nuovo capitolo?

Io non credo sia un gran che, ma serve a capire definitivamente i sentimenti di Louis e Jennifer.

Comunque, vorrei ringraziare ognuna di voi per le stupende recensioni lasciate agli scorsi capitoli e chi ha letto anche solo 'silenziosamente'.

Grazie di cuore, seriamente.

L'unica cosa che mi preoccupa è che man mano che la storia va avanti, le recensioni diminuiscono.

Comuqnue, adesso devo lasciarvi.

Grazie ancora.

Un bacio,
Annalisa.


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Capitolo 7
*** Capitolo 6 -He's my angel- ***



                                                                          

-CAPITOLO 6
 



                                                                                       ‘He’s my angel’

 
-Louis, devi andare a quella festa- dissi per l’ennesima volta guardando il ragazzo con i pantaloni della tuta steso sul letto con le mani sotto la nuca.

-Ti ho già detto di no, Harry. E’ una settimana che non ci vediamo, che non parliamo. Mi sembra ovvio che non gradirebbe la mia compagnia- spiegò Louis, sbuffando.

-Louis, ti prego. Ho paura che faccia qualche altra stupidaggine a quella festa- lo implorai, cercando il suo sguardo, ma lui teneva gli occhi al soffitto, sapendo che se mi avesse guardato, avrebbe ceduto.

Non mi dette alcuna risposta.

-Louis, devi salvarla da sé stessa- dissi scandendo bene le parole, senza alterare il tono di voce. Louis mi rivolse una fugace occhiata, per poi sospirare e stropicciarsi gli occhi con i palmi delle mani.

-Perché devo fare da baby sitter ad una ragazza depressa?  Perché?- sbuffò alzandosi dal letto e rovistando nell'armadio di legno chiaro. Bene, aveva ceduto.

 
Dopo un’ora eravamo nella villa di Tom Hackins, il ragazzo che aveva dato la festa. Fuori, molte auto continuavano ad arrivare e ne scendevano ragazzi della scuola, che attraversavano il giardino ed entravano in casa, affollando sempre di più l’enorme salone. La musica era alta e martellante e rendeva ancora più confusa l’atmosfera.

-Secondo me non è venuta- disse Louis, mentre si versava un bicchiere di fanta.

-Ma ieri mattina l’avevo sentita dire che sarebbe sicuramente venuta-

-Magari ha cambiato idea-

-Nah, non è da Jennifer. Lei non cambia mai idea- Ma ero sicuro di conoscere così bene la ‘nuova’ Jennifer? D’altronde era cambiata tantissimo dall’ultima volta che l’avevo vista di persona. E solo il pensiero che lei non fosse più la Jennifer che amavo, mi dava alla testa.

-Hey, eccola là- disse Louis, indicando con un cenno del viso la ragazza al centro della sala adiacente. Aveva i capelli sciolti che le cadevano in morbidi boccoli color grano sulle spalle ed un vestito nero corto, troppo corto, abbinato con dei vertiginosi tacchi dello stesso colore.

La Jennifer che conoscevo si sarebbe mai vestita in quel modo.

-Ti prego, Louis, va’ da lei-

-Mi caccerebbe. Guarda come si diverte senza di me- disse con un retrogusto amaro Louis. Mi voltai ancora una volta verso la ragazza, per vederla ballare in ogni modo che non fosse casto  con avvinghiato un ragazzo.

-Louis, vai là. Mi sto arrabbiando. Veramente- digrignai alla vista di quella scena disgustosa.

-Sei un angelo, non potresti fare niente. Perciò rilassati, amico- continuò Louis, versandosi dell’altra fanta, ma sapevo che nemmeno lui gradiva quello che stava vedendo.

-Louis, non vorresti mai vedere un angelo arrabbiato-

-Perché? Cosa succederebbe?-

Uragani, tsunami, terremoti non erano altro che le conseguenze di angeli che avevano perso il controllo di sé.

-Meglio che tu non lo sappia-

Louis mi fissò un attimo, per poi sorpassare con lo sguardo la mia spalla e guardare dietro di me. Tirò un sospiro e si fece spazio tra la folla, camminando verso Jennifer.

-Hey, spostati- disse con un tono che non ammetteva repliche, togliendo le mani del ragazzo sconosciuto dai fianchi di Jennifer.

-Altrimenti cosa fai, stronzetto?-

-Mi basta premere tre numeri sulla tastiera del cellulare. La polizia avrebbe qualcosa da fare stasera se entrasse qua dentro-

Il ragazzo si allontanò velocemente.

-Vieni, usciamo di qui- disse poi, prendendo Jennifer per un polso.

-Hey, rilassati Louis. Divertiti un po’anche tu, dai!- esclamò lei, alzando le mani in aria e muovendo il bacino al ritmo della musica.

-Jen, sei ubriaca- sbuffò Louis, cercando di trascinarla verso l’uscita.

-Non ci vengo con te!- protestò lei, piantando i piedi per terra. Liberò la propria mano dalla stretta di Louis, per massaggiarsi il polso e prendere una bottiglia di spumante dal tavolo lì vicino.

-Jen, non bere-

-Altrimenti?- lo provocò in tono di sfida, attaccandosi alla bottiglia e ingurgitando parte dell’alcolico. Vidi la rabbia salire sul volto di Louis.

Si avvicinò a lei a passo deciso e dopo averle tolto la bottiglia di mano, la trascinò fuori.

-Lasciami andare! Lasciami!- gridava Jennifer, cercando di divincolarsi dalla stretta del ragazzo, senza riuscirci. –Lasciami!-

-Vuoi andare? Allora vai. Vai e ti risveglierai domattina con lo stomaco sotto sopra, un mal di testa terribile e probabilmente senza vestiti con gente che nemmeno conosci. Io me ne vado a casa- disse duro Louis lasciandola ed incamminandosi attraverso il giardino.  Quelle parole la colpirono, lo notai dal cambiamento improvviso della sua espressione.

-Louis- chiamò debolmente Jennifer, ma forte abbastanza da farsi sentire dal ragazzo. Louis si voltò, guardandola. –Aspettami- sussurrò ancora, abbassando la testa per poi avvicinarsi al ragazzo dopo essersi tolta quegli scomodi tacchi.

-Vieni, andiamo a casa- disse dolcemente Louis, allungando una mano verso quella di Jennifer, stringendola forte.

 
-Mi fanno male i piedi- si lamentò Jennifer dopo un po’. –Ho sonno- continuò. –E ho un terribile bisogno di vomitare- concluse.

-Dai, Jen, manca poco- la incoraggiò Louis, continuando a camminare.

-Non ce la faccio-

Louis sospirò , tornando indietro.

-Avanti, sali su- la incoraggiò abbassandosi un po’, dandole le spalle. Jennifer ebbe un attimo di esitazione, ma poi incrociò le braccia attorno al collo di Louis e le gambe attorno al suo bacino, mentre lui la sosteneva sulla propria schiena con le mani sotto le sue cosce.

Mi ricordo che prendevo Jennifer in quel modo quando andavamo al mare. Si aggrappava a me perché non sapeva nuotare ed io mi sentivo il ragazzo più potente del mondo in quei momenti, perché sapevo che si stava affidando totalmente a me. Li osservai un attimo, mentre Louis avanzava sulla strada illuminata dai lampioni. Cosa avrei dato per essere al suo posto e poter sfiorare la morbida pelle di Jennifer, ma evidentemente, le cose dovevano andare così.

 
Louis si liberò dal peso di Jennifer sulla propria schiena, lasciandola cadere delicatamente sul suo letto, per poi stirarsi, dolorante.

-Dai, Jen, entra sotto le coperte- la incitò lui, cercando di aiutarla. Jen emise una sorta di lamento. Si era addormentata sulle spalle di Louis prima di arrivare a casa, rendendo ancora più difficile il lavoro del ragazzo. –Dormi, piccola Jen- le sussurrò dolcemente all’orecchio dopo averla fatta entrare sotto le coperte, carezzandole i lunghi capelli biondi. Louis si alzò dal letto si diresse verso la porta per tornarsene a casa sua, ma si fermò non appena Jennifer fece il suo nome.

-Louis- lo chiamò assonnata.

Louis si riavvicinò al letto.

-Mi dispiace per stasera-

Louis le accarezzò di nuovo i capelli, come per rassicurarla.

-Sono una cretina-

-Non dire così, Jen-

-Sono stanca di tutto questo, Louis. Sono stanca di quello che sono diventata. Voglio tornare come ero prima. Ci voglio riuscire- lo interruppe subito lei, con la voce smorzata dal pianto.

-Ehi, ehi, ehi. Non piangere- sussurrò Louis, stringendola al proprio petto, mentre la sua maglia si impregnava di lacrime. –Ci riuscirai, Jen. Io ti aiuterò-

-Sai, Lou, a volte mi sembra di vederlo-

-Chi?- fece finta di non capire Louis.

-Harry- rispose semplicemente lei. –Come prima, mi sembrava di vederlo in piedi, accanto a te, mentre mi guardava con i suoi grandi occhi verdi-

Louis mi tirò un’occhiata fugace, sospirando. Sicuramente l’effetto dell’alcool aveva assottigliato quell’enorme distanza che separava lei, essere umano, da me, un angelo.

-Sono sicuro che è sempre accanto a te per proteggerti- le disse Louis, cullandola al suo petto.

-Oh, sì. Lui è il mio angelo- concluse Jennifer accennando un sorriso, per poi assopirsi e cadere in un sonno profondo.



-Spazio autrice:

salve a tutte, come state?

Cosa ne pensate del capitolo? Non è uno dei più belli, ma a me piace, perchè si inizia a vedere Jennifer che si affida sempre di più a Louis, che si lascia salvare.

Come avete visto, ho aggiornato molto presto e l'ho fatto solo per voi.  Vorrei ringraziare tutte voi. Con le ultime recensioni mi avete fatto emozionare seriamente. Sono felicissima che vi piaccia la trama, intendiamoci, ma mi sento molto più soddisfatta e gratificata quando mi dite di apprezzare la mia scrittura e quando mi dite che vi sentite parte della storia, che riesce a trasmettervi emozioni, che vi sentite coinvolte. 

Credetemi, non c'è soddisfazione più bella del sentirsi dire ciò.

E apprezzo anche il fatto che stiate scrivendo anche su twitter all'ashtag della storia, perchè in quel modo altre persone vedono quello che scrivete e ciò mi aiuta a farla diffondere.

Perciò GRAZIE.

Adesso devo lasciarvi.

Aspetto con ansia tante vostre recensioni.

Un bacio,
Annalisa.


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Capitolo 8
*** Capitolo 7 -Please, kiss me again- ***



                                                                                   

-CAPITOLO 7
 

                                                                                  ‘Please, kiss me again’

 
Louis uscì dalla cucina della propria casa tenendo in una mano una ciotola colma di patatine e nell’altra una bottiglia di coca-cola e raggiunse Jennifer in salotto. Jennifer gli fece spazio sul divano, facendosi da parte, mentre Louis appoggiava le patatine accanto alle pizze fumanti sul tavolo basso di fronte a loro.

-Allora, sei pronta?- chiese conferma Louis, mostrandole la custodia di un dvd.

-Ce la posso fare- respirò a fondo Jennifer, per poi sorridere. Louis fece partire il film per poi correre a sedersi di fianco a Jen, incrociando le gambe e prendendosi una fetta di pizza.

 
Jennifer si stringeva forte al braccio di Louis, chiudendo stretti gli occhi gli occhi.

-Tu non eri quella che ce la poteva fare?- scherzò Louis, continuando a guardare il film, impassibile.

-Non ho mai sopportato i film horror, non ce la faccio proprio- si lamentò la ragazza, senza accennare ad aprire gli occhi.

-E va bene, ho capito. Blood Creek non fa per te- sbuffò Louis.

-Io te l’avevo detto che non ti avrei promesso niente-

Non era cambiata poi così tanto. Quella scena mi ricordò una delle prime sere che passammo insieme, quando ancora uscivamo. Eravamo andati a noleggiare un film da vedere ed avevamo scelto un horror.

‘Sono abbastanza coraggiosa per vedere un film di questa portata’ mi disse, gonfiando il petto, fiera.

Appena una mezz’ora dall’inizio del film e già mi si era rannicchiata addosso, stringendomi forte e con gli occhi serrati.

Quei ricordi indelebili che balenavano nella mia mente, mi fecero sorridere d’istinto.

Cosa avrei dato per non essere morto e trovarmi al posto di Louis, solo per sentirmi stringere da quelle braccia esili e candide.

Louis spense il televisore. Dopo qualche secondo, Jennifer aprì gli occhi, esitante.

-Bu!- gridò Louis, saltandole davanti.

-Cosa stai facendo?- gli chiese Jennifer, senza essersi scomposta di un millimetro.

-Credevo ti impressionassi facilmente- scherzò Louis, trattenendo una leggera risata.

-Non sei simpatico, Louis- rimase seria lei.

-Sono il conte Dracula!- gridò di nuovo, in modo grottesco, questa volta lanciandosi letteralmente su Jennifer.

-Louis, smettila!- implorava Jennifer, tra una risata e l’altra, mentre le mani di Louis le percorrevano freneticamente la pancia, facendole il solletico.

Jennifer rideva, rideva sommessamente. Sembrava una bambina. Era da tanto tempo che aspettavo di vederla così, spensierata e felice, ma purtroppo lo era senza di me.

-Louis, ti prego, smettila!- continuava a implorare, senza smettere di ridere.

Dopo un po’ Louis rallentò il ritmo del solletico e Jennifer iniziò a riprendere fiato, senza, però, smettere di sorridere.

I loro occhi si incrociarono e vidi le guance di Jennifer arrossarsi, mentre Louis continuava a guardarla, anche quando lei aveva ormai abbassato timidamente  lo sguardo. Louis allungò lentamente una mano verso il suo mento, alzandole il volto, per far sì che i loro sguardi si incrociassero di nuovo.  Il volto di Louis iniziò ad avvicinarsi a quello di Jennifer, che restava immobile, mentre il suo petto si alzava e abbassava più velocemente, finchè le distanze si colmarono definitivamente. Louis appoggiò dolcemente le sue labbra su quelle di Jennifer, lasciandole un leggero bacio per poi staccarsi. Jennifer rimase immobile, con le labbra leggermente dischiuse, fissando quelle di Louis.

-Ti prego. Baciami ancora.- sussurrò con difficoltà, come se avesse paura a parlare, come se tutto quello di cui aveva bisogno fossero le labbra di Louis sulle sue.

La bocca di Louis si aprì in un sorriso, prima di unirsi di nuovo a quella di Jennifer, questa volta con più decisione.

Ero diviso in due parti: una parte di me era felicissima, perché finalmente Jennifer stava provando l’amore al posto della tristezza, si stava sentendo di nuovo viva dopo tanto tempo, mentre l’altra parte di me voleva semplicemente morire. Morire ancora una volta e non vedere la ragione della propria vita nelle braccia di un altro.

Tutto stava andando come doveva andare, ma in quel momento mi sentii di troppo.

 
Ero seduto sotto l’albero del giardino della casa di Louis e guardavo le stelle che splendevano nel cielo nero, cercando di non pensare a niente, ma il mio pensiero ricorreva sempre a lei, a quanto sarebbe stata felice da allora in avanti senza di me.

Sentii la porta aprirsi e Louis e Jennifer uscirono, uno dietro all’altro, ridendo tra di loro. Guardai Jennifer e, nonostante la leggera distanza, vidi che i suoi grandi occhi verdi brillavano di una luce che avevano quando era felice.

Veramente felice.

La mia missione era terminata. Avrei potuto abbandonare definitivamente la Terra, il mondo umano, ed andare nel posto che mi spettava da tempo. Per Jennifer, adesso, sarei stato soltanto un ricordo.

Li osservavo, insieme, mentre Louis cercava di far toccare le loro mani, mentre camminavano fianco a fianco, attraversando la strada.

-Louis, hai la scarpa sciolta- osservò Jennifer.

Louis si guardò i piedi e si accovacciò per legarsi la scarpa.

-Lou, sei in mezzo alla strada- lo riprese Jennifer, una volta raggiunto il marciapiede opposto.

-A quest’ora non passa nessuno, Jen- rispose semplicemente. –Potrei anche sdraiarmi qua, fare le capriole o ballare la conga imitando una gallina- si mise a scherzare, camminando in cerchio imitando un pollo.

Jennifer iniziò a ridere sonoramente, ma smise subito non appena un’auto sbucò all’improvviso dall’angolo poco lontano e non accennò a rallentare.

Fu un attimo. Non mi resi nemmeno conto di ciò che era appena successo. Louis era stato spinto di lato da Jennifer che, invece, era stata presa in pieno dall’auto pirata e giaceva in mezzo alla strada, in una pozza di sangue.


-Spazio autrice:


Salve a tutte, come va?
Cosa ne dite? 


Adoro la prima parte del capitolo, ma la quella finale lascia di stucco pure me. Secondo voi cosa accadrà a Jen? Rimarrà in vita restando con Louis o morirà, per stare insieme ad Harry e questa volta per sempre?

Vorrei ringraziarvi tutte quante, per tutte le vostre recensioni che mi lasciate. Siete dolcissime. Vorrei abbracciarvi una ad una.
E anche voi che leggete in silenzio siete speciali.

GRAZIE DI CUORE A TUTTE.

Adesso devo lasciarvi.

Al prossimo capitolo.

Un bacio,
Annalisa.


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Capitolo 9
*** Capitolo 8 -Jump- ***



                                                         

-CAPITOLO 8


 
-Pov Jennifer-
 

Mi ritrovai in una stanza completamente bianca. O almeno credevo fosse una stanza, ma non aveva né pareti, né porte, né finestre e sembrava infinita. Mi guardai attorno, spaesata, per poi alzare la testa di scatto ed incrociare un paio di occhi. Degli occhi che avrei riconosciuto tra mille.

Provai a parlare, ma erano talmente tante le cose che avrei voluto dire, che rimasi con la bocca semiaperta, senza spiccicare parola.

-Jen- disse Harry, di fronte a me.

-H-harry- riuscii a dire. Harry era di fronte a me. Il mio Harry era di nuovo insieme a me. Una marea di emozioni mi attraversarono il corpo. Avrei voluto piangere, ridere, urlare dalla felicità contemporaneamente, ma riuscii solo a rimanere immobile, nella stessa posizione.

-Jen- disse di nuovo lui, questa volta mostrandomi un leggero sorriso. Le mie gambe iniziarono a tremare ed il mio cuore a battermi veloce nel petto. Non riuscii a rimanere immobile quella volta e non potei fare a meno di saltargli al collo, cercando di stringerlo a me il più possibile, come se più forte l’avessi stretto e più avrei colmato il vuoto che c’era stato tra di noi dopo la sera del 14 febbraio 2011.

-Harry, dove siamo?- gli chiesi dopo quell’abbraccio che mi parve interminabile.

-Sei nel limbo-

Cosa cavolo stava dicendo?

-Cosa?-

-Sei nel limbo, Jen. Sei nella via di mezzo-

-In mezzo a cosa?-

-Tra la vita e la morte, Jen-

Cosa stava dicendo? Era diventato pazzo? Cos’era tutto ciò, uno scherzo?

-Ma cosa stai dicendo, Harry?-

-Jen, guardati- disse, abbassando lo sguardo sulla mia pancia. Un’enorme chiazza scarlatta macchiava la lunga veste bianca che indossavo. Improvvisamente dei flash comparvero nella mia mente.

Louis, il film, il bacio, la scarpa sciolta, l’auto che era comparsa improvvisamente, io che mi ero buttata su Louis per non farlo investire ed una fitta lancinante che mi prendeva la testa ed il ventre, l’odore acre del sangue, Louis che chiamava aiuto, le luci dell’ambulanza, poi nient’altro. Solo il bianco.

-Harry, sono morta?-

-No, Jen, tu non sei morta. E non morirai. Tu devi vivere-

-Harry, io…- iniziai a piangere. Tutto ciò mi stava sconvolgendo.

-Sei forte, Jen, lo sei sempre stata-

-Harry, cos’è quello?- chiesi fermando le lacrime, vedendo una specie di finestra dietro le sue spalle. Harry mi prese per mano e mi ci portò vicino.

-Affacciati, non aver paura- mi incoraggiò, indicando quella specie di finestra-specchio. Seguii il suo consiglio e vi guardai dentro.

C’ero io. Avevo gli occhi chiusi ed ero sdraiata in un letto di ospedale. L’ago di una flebo era conficcato nel mio polso ed un apparecchio che mi portava l’ossigeno era posizionato sul mio volto, pallido e debole.

Sentivo dei singhiozzi, come se qualcuno stesse piangendo. Detti un’occhiata più in là e vidi mia madre tra le braccia di mio padre, che cercava di consolarla, mentre lei affogava nelle sue stesse lacrime. Tornai a guardare il mio corpo, che non dava segni di vita. Le braccia correvano lungo i fianchi e la mia mano destra era stretta in una più grande. Mi affacciai di più e vidi Louis che, seduto su uno sgabello apparentemente scomodo, dormiva con la testa sul mio letto, stringendomi la mano, aspettando qualche segno di vita.

Mi tirai indietro, sconvolta.

-Devi andare, Jen. Devi tornare nel tuo mondo, vivere la tua vita, essere felice-

-E tu non vieni con me?-

-No, Jen- rispose abbassando lo sguardo tristemente.

-Il mio mondo è dove sei tu, Harry-

-Non più, Jennifer. Io sono morto, non ho più la possibilità di vivere, ma tu sì-

-Non posso lasciarti un’altra volta, Harry- piansi ancora, abbandonandomi tra le sue braccia che mi cullavano stretta a sé.

-Jen, ti prego, non rendere tutto più difficile-

-Allora vieni con me-

-Te l’ho detto, non posso. Credimi, desidero con tutto me stesso poter tornare e passare con te il resto dei miei giorni, ma non mi è permesso-

Le mie lacrime continuavano a scendermi dagli occhi.

-Ascoltami, Jen. Adesso può sembrarti difficile, ma non appena sarai saltata giù, non ricorderai più tutto ciò, sarà più facile- disse, riportandomi vicino alla finestra-specchio.

Volevo davvero dimenticare tutto ciò? Volevo davvero rassegnarmi ed accettare che Harry non aveva avuto un’altra possibilità?

-Salta- mi incitò. Mi avvicinai al bordo  e guardai di sotto il mio corpo inanimato. Mi voltai un’ultima volta verso Harry che mi stava guardando, con le lacrime agli occhi. Non ce la facevo a lasciarlo ancora una volta. Tornai indietro, abbracciandolo più forte possibile.

-Ti amo, Jen. Questo non lo dimenticare mai- mi sussurrò dolcemente per poi spingermi nella finestra-specchio.
 

-Spazio autrice:

Non odiatemi per il ritardo, vi supplico.

Ho avuto dei problemi con la chiavetta internet.

Comunque, ecco a voi il destino di Jennifer.

Cosa ne pensate?

Io ci piango troppo, mi immagino la scena e mi sembra di essere lì, al posto di uno di loro. 

Sinceramente mi ero preoccupata perchè una di voi aveva indovinato, ma non volevo cambiare il resto della storia.

E poi sono contentissima per le VENTICINQUE recensioni all'ultimo capitolo. 

Grazie di cuore a tutte voi.

Adesso vi annuncio che mancano ufficialmente tra capitoli alla fine. 

Se devo dirla tutta, mi dispiace un sacco che sia quasi finita.

Aspetto molte recensioni anche per questo capitolo. Per favore, non deludetemi.

Un bacione grande,
Annalisa.


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Capitolo 10
*** Capitolo 10 -I swear- ***


                                                                       




-CAPITOLO 9
 

Volevo vivere con lei, passare ogni momento con lei, ma l’avevo spinta giù, nel mondo a cui lei doveva appartenere.

E non mi pentivo della mia scelta.

Decidere di farla rimanere insieme a me sarebbe stata la cosa più egoista che avessi potuto fare.

Non si sarebbe ricordata di quel nostro incontro, non è permesso, ma nel profondo della sua anima, nel più totale inconscio, lo avrebbe per sempre ricordato.

Ero di nuovo lì, in quella stanza di ospedale immersa nel silenzio rotto dalle lacrime della madre di Jennifer. Mi avvicinai a Louis, seduto su una di quelle scomode poltrone, con la testa appoggiata sul letto e la mano che stringeva quella pallida di Jen.

Mi sentì arrivare e voltò lo sguardo verso di me.

-Dimmi che tornerà, ti prego- sussurrò piano, fissandomi con gli occhi azzurri, dai quali le lacrime minacciavano di cadere.

Non risposi. Mi limitai ad indicargli con lo sguardo la mano di Jennifer che stringeva forte. Louis la guardò, allentando leggermente la presa.

Aspettò diversi secondi ma non accadeva niente e si voltò di nuovo verso di me, cercando una risposta che arrivò poco dopo.

La mano fragile di Jennifer  strinse debolmente la sua.

Louis si voltò di scatto, osservando quelle dita candide e fragili stringersi tra le sue. Notai il suo respiro farsi più affannoso per l’emozione dall’irregolare alzarsi e abbassarsi delle spalle.

Jennifer spalancò gli occhi all’improvviso, sobbalzando nel letto, come quando si sogna di cadere durante il sonno.

E in effetti un po’era così.

-Oh, mio Dio- esclamò Louis, attirando l’attenzione dei genitori di Jennifer.

-Infermiera!- gridò forte il padre di Jennifer, affacciandosi alla porta, mentre la madre si era fiondata al fianco di sua figlia, stringendole la mano e accarezzandole i lunghi capelli color grano.

Jennifer non fece caso al trambusto che si era creato nella stanza, come se non vedesse tutto ciò che la circondava, ma guardò dritto davanti a sé, incrociando i miei occhi.

Al risveglio da un coma, gli umani riescono a vedere noi angeli, ma dopo pochi secondi, questa sottigliezza che si era creata, ritorna ad essere un muro alto e spesso, facendogli dimenticare tutto.

Le sue labbra si aprirono in un sorriso debole, ma comunque bellissimo.

Le sorrisi.

Una donna vestita di verde entrò velocemente nella stanza, seguita subito da un dottore.

Jennifer distolse lo sguardo, dimenticandosi della mia presenza, mentre veniva portata con la barella in un’altra stanza.


 
-Harry!- mi sentii chiamare alle spalle, mentre ero appoggiato al parapetto dell’enorme balcone della hall dell’ospedale.

Mi voltai, mentre Louis camminava verso di me, aggiustandosi la sciarpa per il pungente vento freddo.

Sorrisi quando mi raggiunse.

-Harry, grazie- disse dal nulla, mettendosi al mio fianco nella mia stessa posizione.

-E di cosa?-

-Non fare finta di niente, Harry.  Non so come e non lo voglio nemmeno sapere, ma so che la condizione di Jennifer era piuttosto disperata. I medici avevano previsto un lungo coma, ammesso che si fosse risvegliata, ma questo è durato solo cinque giorni- spiegò. –So che c’è il tuo zampino- aggiunse scherzando.

-Sai, Louis, avrei tanto voluto tenerla con me, per sempre, ma non potevo farle questo. Non potevo privarla della vita solo perché io lo voglio-

-Sai, ti ammiro tanto, Harry-

-Questo è il suo posto, è qui che deve passare il resto dei suoi giorni e tu…-

-Ed io le starò accanto. Promesso- disse interrompendomi.

Sorridemmo entrambi.

Passarono diversi minuti di silenzio, mentre noi guardavamo la vita notturna di quella piccola città.

Tutto ad un tratto Louis si tirò indietro e volse lo sguardo verso di me.

-Spara- dissi sorridendo quando capii che aspettava solo il mio assenso per farmi una domanda.

-Harry, ma tu…-si soffermò a metà frase, non sapendo come continuare.

-Ma io?- cercai di spronarlo a continuare.

-Si, insomma…- si fermò ancora ed alzò un dito verso l’alto.

Oh.

Voleva sapere perché ero ancora lì. Il problema è che non lo sapevo nemmeno io.

-Evidentemente manca ancora qualcosa- affermai per poi lasciare che il silenzio tornasse tra di noi.

-Louis, Jennifer vuole vederti- spezzò il silenzio Margaret, la madre di Jen.

-Arrivo subito- rispose Louis dirigendosi verso la grande porta a vetri. Lo seguii, ma rimasi fuori, guardando dalla finestra che dava nella stanza di Jennifer. Avrei sentito tutto comunque.

-Permesso- disse Louis chiudendo la porta dietro di sé ed avvicinandosi al lettino con cautela, come se un movimento brusco avrebbe rotto la calma della stanza.

Jennifer volse lo sguardo su di lui e le sue labbra si aprirono in un debole sorriso.

-Lou- riuscì a dire.

Louis prese la sedia che stava in un angolo e la avvicinò al fianco del letto. Si sedette e strinse la mano che Jennifer gli aveva allungato.

-Louis, mi dispiace- sussurrò Jen, con gli occhi che luccicavano per le lacrime.

-Cosa stai dicendo, Jen?- disse Louis, facendosi all’improvviso serio nel viso.

-Sono un disastro. Sono riuscita a rovinare tutto-

-Non hai rovinato niente-

-Ma rimango comunque un disastro-

-No, non sei un disastro. Sei solo la ragazza più bella del mondo, Jen-

Jennifer sorrise, tirando su col naso, mentre osservava le labbra di Louis che si avvicinavano sempre di più alle sue, fino a sfiorarle con un tenero bacio.

-Da adesso ti starò sempre accanto, Jen- sussurrò piano Louis sulle labbra umide di Jennifer.

-Me lo prometti?-

-Te lo giuro-


-Spazio autrice:

Salve a tutte!

Jennifer si è risvegliata, adesso sembra che possa vivere felice con Louis. Ma Harry? Perchè è ancora sulla terra? 

La risposta sarà nei prossimi ( e purtroppo) ultimi due capitoli.

Mi dispiace tantissimo che questa storia stia per finire.

Come ho già detto ad alcune di voi rispondendo alle recensioni dello scorso capitolo, è stata la mia prima vera e propria fan fiction e ci ho lavorato tantissimo prima di pubblicarla su questo sito. Ci tenevo e ci tengo troppo.

Ed inevitabilmente mi sono affezzionata anche ad ognuna di voi, sia quelle che mi lasciano delle stupende recensioni ai capitoli, sia quelle che per ora hanno letto in silenzio.

Spero che queste ultime mi facciano sapere come hanno trovato la storia prima che essa finisca, vorrei sapere tantissimo cosa ne pensate.

Vi ringrazio tutte quante.

L'unica cosa per cui sono rimasta un po' male è che allo scorso capitolo non ho ricevuto molte recensioni. C'è stato qualcosa che non andava?

Vi prego, se è così, ditemelo. E' importante che lo sappia.

Comunque sia, GRAZIE DI CUORE A TUTTE.

Un bacio,
Annalisa.


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Capitolo 11
*** Capitolo 11 -Take care of her- ***





                                                                                                           



-CAPITOLO 10
 

Louis parcheggiò la sua auto nel piccolo parcheggio sterrato.

Spense il motore e volse uno sguardo a Jennifer, che aveva lo sguardo basso e il respiro tirato.

-Jen, se non vuoi, non sei obbligata a farlo- le sussurrò delicatamente Louis, senza muoversi.

-No, Louis. Ce la faccio. DEVO farcela- disse subito lei, rispondendo più a sé stessa che a lui.

Scesero dall’auto dopo pochi istanti.

Jennifer tirò un lungo sospiro, aggiustandosi nervosamente i lunghi capelli color grano che sembravano ancora più brillanti alla luce del sole,  dietro le orecchie.

-Avanti, Jen- la incoraggiò Louis poco più avanti, senza comunque metterle fretta.

Era una cosa delicata quella e la doveva fare solo quando si sarebbe sentita pronta.

Tirò un secondo sospiro, più breve, e con qualche passo raggiunse Louis. Gli prese la mano e la strinse forte, come se quel gesto la potesse aiutare a varcare la soglia del grande cancello.

Sorpassò l’inferriata, ritrovandosi di fronte al vialetto principale costeggiato dalle tombe.

Percorse quel viale, con le gambe che quasi le tremavano, torturandosi le labbra con i denti.

-Dov’è?- le chiese Louis, guardandosi attorno.

-Da quella parte- rispose Jennifer, indicando in fondo al piccolo cimitero, vicino a un cespuglio di rose bianche.

Svoltarono l’ultima stradina a destra, ritrovandosi di fronte ad una lapide.

La mia lapide.

Non ci ero mai stato dopo la mia morte. Nella parte superiore della grigia lapide c’era una mia foto. Mi vennero dei brividi nel vedermi.

Non mi ero ricordato del mio aspetto, da quasi un anno e mezzo non mi ero più visto.

Certo, avrebbero potuto metterci una foto migliore.

Sotto di essa c’erano il mio nome e due date: 1 febbraio 1994, la mia data di nascita, e 14 febbraio 2011, la mia data di morte.  Seguiva  una  frase.

                  ‘If we could only have this life for one more day,


                  If we could only turn back time.’
 

-Non ci ero mai tornata dopo il giorno del funerale- sussurrò Jennifer con la voce tremante, dopo qualche minuto passato ad osservare la mia tomba in silenzio.

Louis non disse niente, si limitò a cingerle il fianco con un braccio, avvicinandola a sé.

Jennifer tirò su col naso, asciugandosi una lacrima che le era scivolata sulla guancia e si sciolse dall’abbraccio di Louis. Fece un passo avanti, chinandosi sulla tomba e guardando la mia foto.

Sorrise malinconicamente, allungando una mano verso la foto e sfiorandola con la punta delle dita.

-Ti amerò sempre, Harry- sussurrò accennando un sorriso e ritirando la mano. In quel momento, quando Jennifer pronunciò quelle semplici parole, provai una sensazione che non avevo mai provato, una sensazione impossibile da descrivere.

Mi guardai attorno per poi finire ad osservare le mie mani, che si stavano trasformando in una luce dorata, simile a quella del sole.

Mi sentii sollevare, tutto, sotto di me, si stava allontanando.

Era giunto il mio momento.

Adesso tutto aveva un senso ed il mondo non aveva più bisogno di me.

Guardai Jennifer, che intanto si era rialzata e si lasciava andare nella stretta delle braccia di Louis, che volse lo sguardo in altro, verso di me e sgranò i suoi grandi occhi azzurri.

-Abbi cura di lei- gli dissi, mentre venivo trasportato sempre più in alto.

Louis annuì con la testa, sorridendo, per poi lasciare un leggero bacio sulla fronte della sua Jennifer.

Loro due, felici, fu l’ultima cosa che vidi del mondo.


-Spazio autrice:

Eccoci qua con il penultimo capitolo.

E' cortissimo, lo so, e mi dispiace, ma è molto profondo.

Finalmente Jennifer ha accettato la morte di Harry ed è pronta ad essere di nuovo felice ed a ricominciare a vivere insieme a Louis, mentre Harry avrà finalmente la sua parte di Paradiso.

E' stranissimo, vero?

Come ho detto questo è il penultimo capitolo, la prossima settimana posterò il riepilogo.

Mi dispiace tantissimo, ci tengo troppo a questa storia.

E tengo troppo anche a voi.

Spero che questo capitolo abbia più recensioni dell'altro. perchè sono rimasta un po'male quando mi sono ritrovata da 25 a 11 recensioni.

C'è qualcosa che non va con la storia? Se è così vi prego di dirmelo, accetto tutte le critiche che avete, non c'è nessun problema.
Detto ciò,
vi lascio.

GRAZIE A TUTTE QUANTE.


Un bacio,
Annalisa.


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Capitolo 12
*** Epilogo -Sunrise- ***




                                                                                       



-RIEPILOGO
 


                                                               ‘Sunrise’


 
Now your pictures that you left behind
are just memories of a different life
some that made us laugh
some that made us cry
one that made you have to say goodbye
what I’d give to run
my fingers through your hair
to touch your lips, to hold you near
when you say your prayers try to understand
I’ve made mistakes, I’m just a man

When he holds you close
when he pulls you near
when he says the words
you’ve been needing to hear
I’ll wish I was him
’cause those words are mine
to say to you till the end of time

Yeah, I will love you baby, always
and I’ll be there forever
and a day, always

If you told me
to cry for you, I could
if you told me
to die for you, I would
take a look at my face
there’s no price I won’t pay
to say these words to you

Well, there ain’t no luck
in these loaded dice
but baby if you give me
just one more try
we can pack up our old dreams
and our old lives
we’ll find a place
where the sun still shines.



 
14 Febbraio 2014
 


L’odore del caffè appena fatto, proveniente dalla cucina, mi fece aprire gli occhi. Mi stiracchiai, stropicciandomeli.


Per la prima volta, dopo mesi e mesi, mi ero svegliata con il sorriso sulle labbra. Mi sentivo viva, felice.


E tutto questo grazie a Louis.


Louis.


Mi voltai, credendo di trovarlo di fianco a me, ma non c’era. C’era solo il letto sfatto e il cuscino che emanava il suo profumo.


Bussarono alla porta.


-Avanti- risposi sorridendo. Chi poteva essere se non lui?


-Buongiorno, Jen- disse sorridendo, chiudendo la porta dietro di sé mentre portava un vassoio. Lo appoggiò sul comodino al mio fianco.


Sorrisi.


Al centro del piccolo vassoio d’argento c’era una rosa bianca, circondata da due tazze di latte e cacao e da due pancake ripieni.


-Apetta, apro le tende per far entrare un po’di luce- disse Louis alzandosi ed avvicinandosi alla grande finestra. Spalancò le tende con un gesto secco, facendo entrare di colpo la luce del sole già sorto.


Un raggio di sole penetrò oltre il vetro della finestra, inondandomi il viso e facendomi tenere gli occhi, ormai abituati al buio, chiusi.


Mi riparai con la mano, per poi scostarla piano, lasciando che quella luce calda mi investisse.


Dei leggeri brividi mi corsero lungo la schiena e socchiusi gli occhi per cercare di vedere meglio.


Nel sole che brillava fuori avevo intravisto un paio di occhi ed un sorriso che non avrei mai dimenticato.


Harry era lì e ci sarebbe sempre stato, a sorvegliarmi ed a proteggermi come mi aveva sempre promesso.


Una volta mi aveva detto che avrebbe voluto essere il sole per scaldarmi, per accarezzarmi le guance.


E adesso lo era.


Chiusi gli occhi, sorridendo, godendomi quel tocco che mi scombussolava tutto dentro.


-Jen, non mangi?- mi richiamò alla realtà Louis.


-Certo- risposi con un sorriso afferrando un pancake. –Mmm, buoni. Li hai fatti tu?-


-Ehm, a dire il vero ci avevo provato, ma ti risparmio la descrizione di come erano venuti. Quindi sono andato a comprarli al bar in fondo alla strada- spiegò, grattandosi la nuca imbarazzato.


Scoppiai a ridere.


Ridevo di gusto. Risi per tutto il tempo passato a piangere. Risi anche per Harry, che anche se non lo vedevo, mi era vicino, lo sapevo.


-Sei bellissima quando ridi- disse dolcemente Louis sfiorandomi delicatamente i capelli che mi ricadevano liberi sulle spalle.


Mi avvicinai a lui, lasciandogli un leggero bacio a stampo sulla punta delle sue labbra, per poi allontanarmi di nuovo.


-No, adesso me ne dai un altro- disse Louis con tono di falsa minaccia.


Scossi la testa.


-Bene, allora inizia a scappare-


Non mi lasciò il tempo di reagire, che già si era buttato su di me, facendomi contorcere per il solletico.


Riuscì a mettermi supina, con le braccia sopra la mia testa, bloccate sul letto dalle sue mani.


-Dammene un altro- scherzò.


Scossi di nuovo la testa, ridendo.


-Bene, allora te ne do uno io- disse, annullando le distanze tra le nostre bocche, regalandomi un bacio che mi scaldò l’anima.


Tre anni prima avevo perso Harry.


Due anni prima era arrivato Louis.


E da quel giorno, mi sentii come se mi fossi svegliata da un lungo stato di apnea.


Louis mi aveva ridato il sorriso, la voglia di combattere e la vita, piano piano.


Adesso stava per darmi un figlio.


-Allora, hai deciso il nome da dare al nostro bambino?-


Alle parole ‘nostro bambino’ un fremito mi scosse il corpo.


-No- risposi abbassando lo sguardo.


Sarebbe stato felice della mia scelta? Sarebbe stato felice del fatto che non avessi ancora del tutto chiuso con il passato?


-Io un nome ce l’avrei- propose lui, tirandomi su il mento, per guardarmi negli occhi.


Lo guardai, in attesa che continuasse.


-Harry- sussurrò semplicemente –Sarà il nostro piccolo angelo-


A quelle parole le mie labbra si aprirono in un sorriso.


-Ti amo, Lou-


-Ti amo anche io, Jen- rispose, per poi baciarmi profondamente, mentre i raggi del sole si infrangevano sui nostri corpi, scaldandoci.




-Spazio autrice:


Eccoci all'ultimo capitolo.


Mi viene da piangere.


Non riesco a crederci.


Innanzitutto vorrei sapere cosa ne pensate. L'ho cambiato un po' prima di pubblicarlo, volevo fosse veramente bello.


Spero di esserci riuscita.


Il pezzo di canzone che trovate all'inizio è di 'Always' dei Bon Jovi. L'ho trovata idonea per la storia e ascoltatela, merita tantissimo.


Louis e Jen sono insieme e stanno aspettando un figlio, che chiameranno Harry. Perchè insomma, Harry ha cambiato le loro vite. Jennifer amerà Louis con tutta sè stessa, ma Harry sarà sempre con lei, e questo lo sanno entrambi.


Detto ciò, vorrei ringraziarvi tutte quante:


-le 34 che hanno inserita la storia tra le preferite;


-le 10 che l'hanno inserita nelle ricordate;


-le 33 che l'hanno inserita nelle seguite;


-le 227 che hanno recensito i capitoli;


-le 4 che hanno segnalato la storia per le 'scelte' del sito (se credete ne valga la pena potete farlo anche voi, ne sarei felicissima);


-tutte quelle che hanno letto in silenzio e che spero mi lascino un commento finale.


GRAZIE A TUTTE PER IL VOSTRO SOSTEGNO. 


Siete state speciali, mi avete sempre rallegrata e mi siete state d'aiuto capitolo dopo capitolo.


GRAZIE.


Tornerò presto ad intasare questo fandom con un'altra fan fiction e spero di ritrovarvi lì.


Se volete seguirmi su twitter sono @youngness_ e se volete aggiungermi su facebook chiedetemi il contatto nei messaggi privati.


Grazie ancora di cuore.


Un bacione a tutte,
Annalisa.




 

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