Danelaw: Oh, just maybe

di Prof
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La mia parte intollerante ***
Capitolo 2: *** Questione di gusti ***
Capitolo 3: *** Illusion ***
Capitolo 4: *** Strange Neighbors ***
Capitolo 5: *** E adesso dove andiamo? ***
Capitolo 6: *** Undisclosed Desires ***
Capitolo 7: *** If I lose myself ***



Capitolo 1
*** La mia parte intollerante ***


Hetalia - La mia parte intollerante - inghilterra, danimarca Titolo raccolta: Danelaw: Oh, just maybe
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Danimarca, Inghilterra
Genere: generale
Rating: dal verde all’arancione
Avvertimenti: shonen ai, raccolta, drabble, flashfic
Disclaimer: Hetalia appartiene a Hideakaz Himaruya
Note: Serie di 10 fanfiction ispirata alla coppia Danimarca/Inghilterra. Ogni fan fiction sarà ispirata a una canzone scelta a caso dal mio ipod (sì, il solito giochino). La pubblicazione sarà giornaliera (in linea di massima).
Titolo della raccolta dalla drabble n.86 di "Danelaw".

Dedicata a quella donnina fissata con le coppie “strane”,
                        alla stessa donnina che non si fa chiamare con il nome con la quale l’ho conosciuta,
        e che non vuole nemmeno gli auguri per il compleanno.

Be’, caro fuco, sappi che io nemmeno mi ricordo quando è questo tuo compleanno, e non me ne importa nulla. Questa raccolta è solo per… festeggiare l’inizio di settembre. Ecco.




Titolo: La mia parte intollerante
Personaggi:
Inghilterra, Danimarca, OC!Europa
Genere: generale, slice of life, comico
Rating: giallo per linguaggio colorito.
Note: Titolo dall’omonima canzone di Caparezza. [song] [testo]
Informazioni su Danimarca e Inghilterra e il loro rapporto con l’Unione Europea. [wikipedia]
La Danimarca e il Regno Unito non hanno aderito alla Unione Monetaria Europea. In pratica, non possiedono l’Euro, come invece Francia, Italia o Spagna.





La mia parte intollerante

Trovo molto interessante la mia parte intollerante che mi rende rivoltante tutta questa bella gente


 
“Sai cosa ti dico?”
Danimarca sorride, mostrando tutti i denti, per poi portare il quarto boccale di birra alle labbra. No, non sa cosa gli dirà Inghilterra, ma più o meno se lo aspetta. Insomma, Inghilterra dice sempre le stesse cose, dopo le loro riunioni a Bruxelles, e dopo che l’ebbrezza dell’alcol gli ha sciolto la lingua per benino.
Ed è sempre spassossimo, quando si lancia nelle sue ubriache rimostranze!
Cala il boccale, oramai vuoto, sul legno scuro del tavolo unticcio, ridendo di già.
“Cosa?” lo esorta, soffocando in uno sbuffo una grossa risata già pronta a scoppiare.
Inghilterra allora cala a sua volta il bicchiere sul tavolo, in mezzo a loro, per poi farlo scivolare sul legno scuro, di lato, per far spazio al suo busto che si protende in avanti.
“Ti dico” e una zaffata di alito puzzolente d’alcol si schianta sulla faccia di Danimarca. “che non me ne frega esattamente niente di quello che vogliono quei bellimbusti con una scopa su per il culo.”
Danimarca allora non ce la fa più, e scoppia a ridere, di gusto, indietreggiando con tutto il corpo e schiantandosi con la schiena sul divanetto rosso  di finta pelle. Nella sua mente ubriaca vede tutte le altre Nazioni europee saltellare come buffi pinguini, strette in rigidi smoking blu scuri.
Non sa bene cosa c’entri con quanto detto dall’inglese, ma è incredibilmente spassoso lo stesso!
Sta ancora ridendo di gusto,  spalmato praticamente sul divanetto schifido di quel piccolo pub dimenticato da dio, quando per puro caso un occhio gli si apre per andare a cercare la figura di Inghilterra di fronte.
Adesso anche l’altro sta ridendo come un pazzo – e magari le sta immaginando pure lui le Nazioni-pinguini con un palo della scopa su per il culo.  
“Anzi!” urla all’improvviso Inghilterra, tanto da parere rivolto a tutto il pub, alzando lo stesso boccale di prima come un trofeo. Un altro moto di insensata ilarità pervade Danimarca da capo a piedi.
“Te ne dico un’altra di cosa su quella bella gente!”
“Dimmi, dimmi!” lo esorta il danese, portandosi di nuovo la birra alla bocca. Ed è mentre beve come un assetato che l’occhio gli si ferma su una figura che a passo deciso si avvicina alle spalle di Inghilterra. I due secondi di troppo per decifrare chi/cosa sia suddetta figura  gli sono fatali.
La birra gli va di traverso, ritrovandosela ad un certo punto su per il naso, ed è costretto sputacchiarla qua e là se non vuole finire soffocato.
Inghilterra, dal canto suo, sembra essere troppo brillo per essersi accorto del suo mancato soffocamento,  della figura che ormai gli sta alle spalle con le braccia strette al petto, e del grave pericolo che sta correndo.
Dio mio, fa che non dica nulla di compromettente, fa che non dica nulla di compromettente, fa-
“Che se le possono mettere anche nel culo le loro preziose monetine!”
L’ha detto. Sono fottuti. Sono fottutamente fottuti.
“Bene. Allora sa anche avanzare delle ‘proposte’, Mister England, oltre a gracchiare sempre dei ‘no’.”
Danimarca si spalma una manata sulla faccia, facendo balzare lo sguardo dal viso che minaccia le peggiori ritorsioni della nuova venuta, all’espressione di puro sbigottimento che adesso alberga sul viso del suo compagno di bevute.
Nessuno osa parlare. Inghilterra manco osa voltarsi per fronteggiare l’arpia.
Tocca a Danimarca dire/fare qualcosa. Tocca sempre a lui, a dire il vero.
“Europa!” urla, come se l’avesse vista comparire solo in quel momento. “Ma che piacere averti qui! Ti posso offrire una birra?”
Inghilterra gli lancia un’occhiata stralunata, come se gli fosse appena spuntata una seconda testa. Europa fa lo stesso.
Poi, entrambi, all’unisono, sospirano.
E Danimarca riprende a ridere.





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Capitolo 2
*** Questione di gusti ***


Hetalia - questione di gusti - danelaw Titolo: Questione di gusti
Genere: comico, slice of life
Rating: verde
Note: un po' (?) in ritardo, ma alla fine sono giunta, e questo è l'importante, giusto? ^^' Altra fanfic leggera leggera (oh, questo mi ha passato l'ipod! xD); questa volta c'entrano le muse, direttamente dal film di Hercules.




Questione di gusti





“Noi siamo le muse…”

Poche note accattivanti e quelle prime parole cantate soavemente ebbero il potere di congelare Inghilterra sulla soglia del salotto, in mano la sua tazza di tè bollente.
Allungò lo sguardo oltre il divano dove Danimarca si era appena spaparanzato, fino a focalizzarlo su cinque figurette bianche che si muovevano sullo sfondo nero della televisione.
Strizzò gli occhi una, due, tre, volte. Senza nemmeno rendersene conto, sul suo volto era comparso il tipico mezzo sorrisetto da ‘mi stai prendendo per il culo, vero?’.
No, non ci poteva proprio credere. No, non era umanamente concepibile.

Danimarca intanto, ignaro del turbamento dell’inglese, dondolava allegramente la testa al ritmo della canzone.

Inghilterra represse a fatica un basso ringhio di irritazione pura.
Non era mai stato tipo da film e, a parte i più importanti, si poteva dire che fosse completamente ignorante in tal campo. Non era mai stato neppure tipo da vedere un film, un qualsiasi film, in mattinata – lui aveva cose ben più importanti da fare, invece che perdere tempo con simili scempiaggini.
Ma quando quel mattino, poco prima che la sveglia potesse suonare, Danimarca si era fiondato in camera sbraitando la buona novella che ‘non avrebbero dovuto presenziare alla riunione delle dieci’ e che quindi ‘potevano pure vedersi un film, che tanto lui ne aveva un mucchio, visto che erano già svegli’, nel suo stato di semi-incoscienza (dato che lui, a differenza di altri, fino a cinque secondi prima era stato tutto tranne che sveglio) era stato quasi felice di racimolare un ‘okey’ per il danese.

Ora, sparita la gran parte dei fumi del sonno, Inghilterra si poteva rendere conto in che diavolo di situazione si era cacciato.
Avanzò fino a raggiungere il fianco del divano, per poi guardare di sbieco il suo ospite.
Danimarca  non lo notò manco per caso, troppo preso nel seguire il ritmo di quella stupida canzoncina.
La cosa non giovò per nulla all’umore appena incrinato dell’inglese, che infatti sbottò: “Che diavolo di roba è quella?” aggiungendo con zelo massicce dosi di veleno in ogni singola sillaba.

Oh, a Inghilterra non piacevano neppure troppo i film. Anzi, Inghilterra detestava cordialmente quelle cose chiamate cartoni animati. Ma proprio li detestava, dal cuore (forse perché il signor Disney non recava sul passaporto una nazionalità a lui gradita).
 
Danimarca non diede segno di aver ben interpretato il tono della domanda. Anzi, non si voltò neppure verso Inghilterra, rispondendogli distrattamente, gli occhi incollati allo schermo.
“E’ Hercules! Me l’ha prestato Europa. Dice che è l’unico modo per farmi entrare in testa  i miti greci!”
Si ferma un attimo, le parole in sottofondo che scivolano veloci dal televisore.
“Non credo che fosse un complimento.” Conclude, senza per altro variare la sua faccia serena.
 “Nemmeno io.” Inghilterra sospira, rassegnato. “Che ne dici allora se guardassimo qualcosa di più intelligente?” Tipo, non so, qualche cosa che preveda il prendere a calci certi francesi. Oh, quei film si che gli piacevano!

Finalmente Danimarca si degnò di dargli un’occhiata – anche se veloce; il film stava scorrendo, non poteva perdersi pezzi importanti!
“Oh, suvvia! Non essere noioso! E’ simpatico!” E senza aspettare le rimostranze piccate che sarebbero sicuramente giunte, catturò Inghilterra per l’avambraccio per poi trascinarlo, privo di ogni scrupolo, di fianco a lui, sul divano.
Completò l’opera ancorandolo a sé passandogli il braccio attorno alle spalle, come a dire ‘prova adesso a schiodarti da qui’.

Inghilterra provò, davvero ci provò, a lagnarsi – soprattutto perché fu un miracolo se il tè non si rovesciò, ma fu prontamente zittito.  
Alla fine, fu costretto a vedersi tutto il film. E non gli dispiacque nemmeno tanto.


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Capitolo 3
*** Illusion ***


Hetalia - Illusion - danelaw Titolo: Illusion
Genere: introspettivo, malinconico
Rating: verde
Avvertimenti: hurt/comfort, ma credo che sia meglio definirlo semplicemente “peso”
Note: [canzone] [testo]
Titolo dall’omonima canzone dei VNV Nation. Vagamente legata a Solnedgang
Decisamente delirante, neanche mi fossi ubriacata al posto di Dani. E devo smetterla di mettere in mezzo della birra. Se nella prossima fanfic ce ne metto ancora, vi autorizzo a denunciarmi.   
Per Aethelflaed: ovvio che la Carlsberg “è troppo danelaw”, ma non ho mica voglia di andare a vedere tutti i tipi di birra a questo mondo, quindi mi dovrò accontentare. A me nemmeno piace la birra!



Illusion

I know it's hard to tell how mixed up you feel
Hoping what you need is behind every door



Ogni tanto – non troppo spesso però, Danimarca cadeva in quello stato d’animo, molto poco divertente, che guidava i suoi piedi ubriachi fino al porticciolo più vicino, invitandolo con dolce mestizia a sedersi lì, per terra, su un’umida banchina lercia, lasciando le gambe penzoloni sulla superficie grigia dell’acqua, a guardare l’orizzonte del mare, fino a farsi male gli occhi.

Capitava anche, quando la sbornia allegra gli dava clamorosa buca, che Danimarca, lì, su quella solitaria banchina triste come una bottiglia di birra vuota, cominciasse a… dedicare un pensiero – riflettere no, parola troppo grossa - alle sue conoscenze. Per la precisione, gli capitava di pensare – così, gli veniva alla mente quasi per caso – a cosa mai potesse legarlo a tutto quel mucchio di gente così puntualmente presente nella sua vita.

E allora pensava a Finlandia, pensava al botolo di pelo bianco di Finlandia, pensava a Svezia, al mutismo e alla parole incomprensibili di Svezia, e pensava a Norvegia, oh! a lui pensava tanto, pensava a tutte quelle volte in cui non riusciva a decifrare quel suo sempiterno cipiglio, e pensava che davvero non era giusto che non capisse mai cosa gli passasse per la testa, e dannazione, ogni tanto poteva fargli una telefonata, che pure di secoli ne avevano passati parecchi l’uno di fianco all’altro.

Danimarca pensava… troppo. E, gli occhi fissi su un evanescente orizzonte, pericolosamente scivolava nel turbine di ricordi edulcorati dai fumi dell’alcol, dannosi, letali, perché non aveva senso soffermarsi su quanto di già accaduto, e la storia era già stata scritta, e quanto aveva perduto ormai non sarebbe più tornato, e lui si era rassegnato da decenni, quindi, per piacere, non era affatto giusto che i rimpianti venissero a bussare alla sua porta…

Il tocco gentile di una mano sulla spalla, e Danimarca si ricordò di non essere solo, su quella banchina puzzolente e umida e grigia, in quella serata mesta e noiosa a cui nemmeno l’alcol era riuscito a porre rimedio.

Portò due dita a stropicciarsi gli occhi, prima di voltarsi verso Inghilterra, che stava lì, seduto al suo fianco, una mano a reggere una mezza bottiglia di Carlsberg, l’altra ancora benevolmente sulla sua spalla.

A Danimarca non rimase che regalargli un mezzo sorrisetto, intimamente grato di averlo riportato al presente.
Distrattamente, si chiese se anche il suo compagno di bevute preferito ogni tanto scivolasse anche lui in quel cupo stato d’animo; se, come lui, pensasse a cosa lo legava ai suoi fratelli petulanti, a quell’esaltato di America, a quel borioso di Francia; se, come lui, non avesse sperato, qualche volta, che le cose potessero andare, semplicemente, bene, con tutti loro.
Magari, glielo avrebbe pure chiesto, che, chissà, forse lui una buona soluzione l’aveva. Perché quel testardo dell'inglese aveva sempre buone soluzioni, no?

Poi, Inghilterra starnutì, rompendo definitivamente il sortilegio nostalgico in cui Danimarca era caduto vittima.
Borbottando una buona dose di imprecazioni al proposito della 'geniale idea di prendere freddo su una schifosa banchina dimenticata da dio', si strofinò il naso con il dorso della mano, per poi alzarsi in piedi a fatica – e da come barcollò, c’era da temere che potesse cadere in acqua da un momento all’altro.

Colpì per una seconda volta la spalla del danese, questa volta con un’energica pacca, probabilmente con l’intento di riscuoterlo un po’ da quell’umido torpore.

“Forza, andiamo.” Biascicò. “Qui si crepa dal freddo.”
“E dove?”
Inghilterra si strinse nelle spalle.
“È importante?”
 

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Capitolo 4
*** Strange Neighbors ***


Titolo: Strange Neighbors
Genere: generale, slice of life
Rating: verde
Avvertimenti: crossover, missing moments
Note: questa volta l’ipod ci ha offerto la soundtrack n. 21 di Harry Potter e i doni della morte. Indovinate un po’ chi sono i vicini un po’ strani del nostro vecchio Arthur?
Citazione da “Harry Potter e l’Ordine della Fenice




Strange Neighbors





Danimarca si bloccò sulla soglia d’ingresso, il piede sinistro a mezz’aria e la mano destra sul legno liscio della porta. Inghilterra, senza minimamente preoccuparsi dell’ospite, si era già addentrato nello stretto corridoio, sparendo nella cucina una volta girato l’angolo.
Il danese poggiò con una delicatezza quasi esasperata il piede a terra, come avendo puara di far troppo rumore ed essere scoperto, guardando di sbieco chi stava entrando nello sgraziato cortiletto della villetta a fianco.

Nella casetta lì alla sinistra dell’abitazione di Inghilterra, vivevano un uomo e sua figlia. E fin qui, nulla di particolare.
Il fatto era che a Danimarca davano proprio l’idea di… non essere mica tanto a posto.

Il basso cancelletto di ferro tutto storto si aprì con un lamentoso cigolio, aprendo la strada all’uomo dai lunghi capelli biondo sporco sul vialetto in ciottolato, tutto storto anch’esso, pieno di buche e dossi, rendendogli il cammino curiosamente buffo, un qualcosa che a Danimarca ricordava molto l’andamento di un fenicottero. Zoppo.
Subito dopo di lui, si palesò nel cortiletto dall’erba incolta quella che doveva essere la figlia, una ragazzina dai capelli pressoché uguali al padre, la pelle pallidissima e occhi grandi e sporgenti che le conferivano un'espressione di perenne sorpresa.
Fece tre saltelli, fino a giungere al centro esatto del cortile. Il padre, intanto, era già arrivato alla piccola e nera porta della loro casetta. Da come armeggiava – e parlava – con la maniglia, doveva avere qualche problema nell’accedere alla propria dimora.
Danimarca fissò perplesso quello strano ometto per qualche secondo. Ad un tratto lo vide sfilare una lunga e sottile asticella in legno da una busta marroncina per la spesa. L’afferrò per un’estremità, e la stava per puntare contro la maniglia incriminata quando:

Salve

Veloce portò gli occhi verso la ragazzina ancora al centro del cortile. Era abbastanza sicuro che fosse stata lei a salutarlo, ma, quando le rivolse lo sguardo, lei teneva gli occhi puntati in un angolino scuro del giardinetto. Sembrava totalmente assorbita da quello che stava osservando; di qualsiasi cosa si trattasse, dacché Danimarca non riuscì a vedere nulla, invece.

“Mi raccomando, signore

Di nuovo la voce un po’ stridula della ragazzina lo fece sussultare. Adesso lo stava fissando dritto negli occhi.

“Stia attento al  Ricciocorno Schiattoso. Dicono che sia molto permaloso.”

E senza dare tempo di replica ad uno sconcertato Danimarca, la ragazzina si voltò e, mani unite dietro la schiena, saltellò fino all’ingresso della propria storta casetta, scomparendo dietro la porta che finalmente il padre era riuscito ad aprire.
Danimarca fissò il vuoto ancora per qualche secondo. Deglutì. E poi schizzò in casa Kirkland, sbattendo la porta dietro di sé e urlando a squarciagola: “Inghilterraaaa! Cos’è un Ricciocorno Schiattoso?!



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Capitolo 5
*** E adesso dove andiamo? ***


Titolo: E adesso dove andiamo?
Prompt:
Possibilità illimitate
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Danimarca, Inghilterra
Genere: slice of life, romantico (?)
Rating: verde
Avvertimenti: shonen ai, flashfic
Disclaimer: di Hidekazu Himaruya
Note: piccolo inciso della raccolta, scritta a suo tempo per la challenge della community it100. Abbiate fede, sto lavorando per voi. E sì, questa raccolta la finirò. ù_ù




“E adesso... dove andiamo?”
Inghilterra ondeggia pericolosamente, come se lo sforzo di mettere una dietro all'altra una manciata di parole sia tale da fargli perdere l'equilibrio; per sicurezza, si aggrappa con più forza al fianco dell'altro. La testa gli gira come una trottola impazzita. E il bello è che non gliene potrebbe fregare di meno.
Danimarca rafforza la presa del braccio attorno le spalle dell'inglese, stringendolo a sé, mentre con passo altrettanto incerto continua a marciare per le vie notturne di Copenaghen, trascinandosi l'altro appresso.
Il loro equilibrio sfida le leggi della fisica, e della probabilità.
Ride sguaiato.
“Ma dove ci pare! A destra, a sinistra, avanti, indietro, sotto, sopra, fino alle stelle o in fondo all'Oceano!”
Sventola la bottiglia (vuota) di birra che regge in mano, con parsimonia di gesticolamenti insensati vari, simbolo della loro (ebbra) libertà.
“Abbiamo possibilità illimitate, noi!” ulula alla luna, sghignazzando poi come un disperato.
Inghilterra allora ride, anche lui, a pieni polmoni e fino a farsi male la gola, chiedendosi che gliene possa fregare alla luna, e dove cavolo siano tutte quelle decantate possibilità.
Inghilterra continua a ridere, e, per quella sera, decide che può anche evitare di cercare la strada giusta.

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Capitolo 6
*** Undisclosed Desires ***


Titolo: Undisclosed Desires
Prompt: Undisclosed Desires [song] [testo]
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Danimarca, Inghilterra
Genere: introspettivo, (vagamente) nonsense, pensiero libero a tutto andare (?)
Rating: mmh... giallo per tematiche? ^^'
Avvertimenti: flashfic, discrezionalmente shonen ai
Disclaimer: APH di Hidekazu Himaruya. Undisclosed Desires dei Muse
Note dell'autore: questa maledetta flashfic proprio non si voleva far scrivere! è.è  La canzone - una tra le mie preferite - ispirava così tante cose che non sapevo da che parte cominciare; paradossalmente, non riuscivo a far coincidere quanto detto dal testo e quanto evocato dalla musica (perché, ammettiamolo, la musica ispira tanto p0rn, nevvero? xD) .
Alla fine è uscita questa cosa che io definirei "pensiero libero andate qualcuno lo fermi per piacere". La speranza è che sia gradevole. xD




Undisclosed Desires



I want to exorcise the demons from your past
 

I want to satisfy the undisclosed desires in your heart 





Dire che la loro relazione fosse basata solo sul sesso era senz’altro la cattiveria di una malalingua invidiosa.

Difatti, alla base di ciò che li legava insieme c’era senza alcun dubbio il buon sesso, accuratamente depurato da tutte quelle noiose particolarità, quei desunti riti, quelle dovute attenzioni che rendevano una classica relazione una vera e propria rottura.

Danimarca non chiamava ogni sera per aver il resoconto dettagliato di una noiosissima giornata? A Inghilterra non poteva importare di meno.

Inghilterra non si esibiva in profluvi di convenevoli sdolcinati e banali, in attenzioni posticce e artificiali, in false attenzioni atte solo a tenere una cortesia di facciata? Danimarca di certo non era tipo da offendersi per simili mancanze di “buone maniere”.

Il loro, fin da subito, altro non era stato che un contratto silente, siglato dalla reciproca complicità, dettato da consuetudine spicce e schiette, riguardante solo ed esclusivamente loro due con buona pace di occhi indiscreti, rafforzato dal muto divieto di varcare determinati confini – perché la loro ragione di essere non era certo la risoluzione di patetici e ingombranti problemi esistenziali, quanto quella di aiutarsi vicendevolmente ad offuscare, anche se per poco, quei dilemmi che non lasciavano dormire nelle notti solitarie.

Per Inghilterra, Danimarca rientrava alla perfezione nella sua personale definizione di “buon vicino” – quello che ha il buon senso di farsi vedere solo quando ce n’è voglia, che non si impiccia degli affari che non lo riguardano e che soprattutto non fa domande, di nessun genere; per Danimarca, Inghilterra era il perfetto compagno di bevute deprimenti e scopa-amico, e tanto bastava.

Bastava un’occhiata, un mezzo sorrisetto durante una riunione comunitaria particolarmente noiosa, e subito il loro gioco silente prendeva il via.
Non c’era nulla da nobilitare nel loro rapporto, e di questo entrambi erano perfettamente consapevoli.
E a entrambi andava bene così.

Solo, ogni tanto, capitava a Danimarca di fare qualche strano pensiero, decisamente non in linea con lo stato di cose che avevano creato di tacito accordo, che suppergiù suonava come una frase del genere:

se Inghilterra glielo avesse permesso, sarebbe diventato il suo sostegno.







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Capitolo 7
*** If I lose myself ***


Hetalia - If i lose myself - danelaw










~ If I lose myself  ~









You can feel the light start to tremble

Washing what you know out to sea
You can see your life out of the window





Freddo.
L’aria della notte che aggredisce la pelle nuda e umida, avvolge il torso spoglio in una morsa pungente, si infiltra subdola tra le membra addormentate. 
Inghilterra rabbrividisce, stringe i denti, e si rende conto per la prima volta in quella tetra alba di essere sveglio.

Il cielo è una coltre metallica, un grigio smorto e triste, monotono e apatico. A est, l’ombra pallida di quello che deve essere il sole fa capolino tra palazzi e tetti della città ancora addormentata.

La mano sinistra si alza, quasi che si fosse mossa da sola e indipendente, andando a stropicciare occhi ancora pieni sonno, stanchi da una notte fatta di risate deluse e bottiglie piene di birra dove affogare il proprio male di vivere.

Arthur Kirkland sospira e ricaccia indietro frammenti di memoria di sole poche ore fa che riemergono dalla mente appena sveglia, deciso, per una volta, a non chiedersi niente, né a cercare alcun motivo, alcun perché per quello che ha fatto e detto, che non ha fatto e non ha detto.  

Le mattonelle del balcone sono impregnate di gelida umidità, quasi da fargli perdere la sensibilità ai palmi dei piedi, considera distrattamente, come se una constazione del genere potesse allontanare pensieri più nefasti.

Concentrato solo sui gesti, la mente lasciata a navigare da sola nel nulla, sfila una sigaretta dal pacchetto che ha raccatato da dentro prima di chiudersi la porta-finestra alle spalle, e se la stringe tra le labbra secche e screpolate.

L’accendino produce una fiamma tremolante solo al terzo tentativo. Il fumo caldo e denso cola giù nella gola e penetra maligno nei polmoni. Espira, una nube grigia che si aggiunge al grigiore di un’alba nuvolosa.

È nel mentre in cui si abbevera della seconda boccata che uno scatto sommesso e il cigolare lamentoso della finestra lo avvertono dell’arrivo del suo compagno preferito di inquietudini.

Sbuffa una nuvola di fumo, ma non fa in tempo a girarsi che due braccia calde gli avvolgono la vita.

“Che ci fai sveglio a quest’ora?” mugugna Danimarca contro il suo orecchio, non premurandosi affatto di evitare anche di sbadigliargli sonoramente contro.

La Nazione inglese emette un verso stizzito.

“Mi era difficile continuare a dormire, visto che qualcuno ha deciso di occupare tutto il letto.” mente, mettendoci tutto l’acido di cui è capace.

In tutta risposta gli arriva una risata sommessa, un ridere muto che però sconquassa  tutto il corpo del danese, e insieme a lui, quello di Inghilterra.

“Ieri notte però non ti lamentavi!” ribatte sicuro Danimarca, uscito completamente illeso dalla colata di acidume inglese – di solito letale di primo mattino.

Arthur avvampa di fronte a tanta sfrontatezza, piccato, e fa per ribattere a tono, ma si trova d’improvviso senza alcuna parola. Ripiega dunque sull’ennesimo sbuffo stizzito, prima di decidere che è meglio tornare alla propria sigaretta.

Danimarca ha la decenza di star zitto tre secondi.

“Sai che il fumo fa male?”
Occhi inglesi salgono al cielo invocando pietà. Oppure un fulmine che cada sul capo danese.

“Ma non mi dire…” fa in tempo a dire, prima che labbra sgraziate gli premano contro la bocca, in un bacio scomposto e privo di perché.

Solo pochi attimi. Danimarca si separa con un sorriso sardonico. Inghilterra si ritrova le dita prive di sigaretta, ora stretta fra pollice e indice del danese, che gliela porta a un palmo di naso, tutto compiaciuto.

“Non vorrei farti montare la testa, ma senza questa hai un sapore migliore”

Inghilterra apre bocca pronto a spuntare i peggiori insulti, ma la parabola oltre la balaustra del balcone che Danimarca fa compiere alla sigaretta lo lascia del tutto interdetto.

Il mozzicone sparisce alla vista, giù, caduto in mezzo a una strada deserta.

Inghilterra sbatte un paio di volte le palpebre. Non fa in tempo a riprendersi da quello stato incredulo che Danimarca lo ha già sciolto dalla propria presa, ritirandosi nelle stanze calde dell’appartamento.  

“Io dico che è meglio ritornare dentro, a finire quello che abbiamo iniziato ieri sera!”

Improvvisamente, il freddo del balcone di quell'appartamento di Copenaghen diventa insostenibile.






If I lose myself tonight
It'll be by your side



If I lose myself tonight
It'll be you and I...












Note dell'autore: ci credete che questa cosa doveva risultare romantica? Mi perdoni il fuco, la persona a cui è dedicato questo piccolo, freddo e umido pensierino.
Buon Compleanno, Renji! ♥

If I lose myself - OneRepublic

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