Congratulazioni! Sono due Gemelli...

di BetelgeuseIV
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fine ***
Capitolo 2: *** Infanzia: Rinascita ***



Capitolo 1
*** Fine ***


Quella era una mattina come le altre, l'odore di caffè della signora del piano sottostante saliva allegro attraverso la finestra e le api ronzavano assopite di fiore in fiore, il cane della portinaia, puntuale come un orologio svizzero, abbaiava svegliando i più sonnolenti dai loro letti, stanchi a loro volta di portare il loro peso tanto a lungo. Tutti erano improvvisamente pronti ad alzarsi per condurre la loro noiosa routine, masticando come ruminanti un cornetto vuoto e bevendo di inerzia un cappuccino insipido e di corsa (si fa per dire) a muovere su e giu, a destra e a sinistra uno striminzito spazzolino e per chi se lo poteva permettere uno di quelli elettronici che con il loro ronzio contribuivano a svegliarti definitivamente. Tutti a quel punto si vestivano e i più ricchi con le loro giacche armani scendevano, per sedersi nelle loro bmw, seguendo un gps che li avrebbe portati nel loro ufficio, mentri i borghesi vestiti di abiti da lavoro attendevano un rumoroso e antico autobus che li avrebbe portati nelle loro fabbriche di scarpe o di automobili o di qualsivoglia prodotto utile e inutile alla nostra società.
Tutti tranne John, che rigirandosi sul letto si prometteva di restarci più a lungo possibile, il tutto concesso splendidamente dal silenzio di quelle ore; come se il mondo intero avesse donato ai dormiglioni una ragione in più per non svegliarsi.
L'attenzione del mondo intero sembrava ora cadere improvvisamente su John che incurante di tutto ciò, rincorreva nervoso la possibilità di riaddormentarsi per recuperare quel sogno lasciato a metà, che così come lo ricordava risultava irremediabilmente vuoto e incompleto; dopo svariati e inutili tentativi si alzò nervoso dal letto poggiando per terra il piede sinistro per primo. Così, come l'intero quartiere appena trenta minuti fa, anche John ora avrebbe intrapreso la sua noiosa routine, ma nel suo caso era tutto incredibilmente rallentato.
La ragione per cui se lo poteva permettere? Semplice! Era il suo giorno libero, richiesto per di più; le cause furono indicate sul modulo da lui stesso compilato con un pigro quanto poco originale "di salute". Peccato però che appena 12 ore prima che tutto il tram tram dei vicini incominciasse, dovesse partecipare ad una spedizione importantissima ai margini del sistema solare, evento che come si nota da queste poche righe John aveva completamente evitato. La ragione sicuramente non risiedeva nelle due parole da lui scritte nel modulo di assenza giustificato, si trattava semplicemente di svogliatezza, per quanto lui stesso tre giorni prima spingeva come un matto per conseguire questo traguardo; ora però sembrava improvvisamente stanco di tutta l'impresa. L'intero spazioporto ovviamente la pensava in modo diverso e certo John, per quanto fosse geniale, non valeva i 100 miliardi serviti al progetto e così il suo telefono squillava come se a chiamarlo ci fossero la metà dei call center di New York; cellulare che come potete immaginare fu completamente ignorato, anzi la stessa coscienza di avere un cellulare era stata caldamente spostata in un cestino virtuale nei meandri del suo cervello. Quindi così come gli altri anche John riprese la sua noiosa routine, ancora più stanco dei suoi vicini, ma a differenza di tutti gli altri si spogliò e si fece una doccia assaporando ogni millilitro di acqua scrosciare sul suo corpo modestamente tonico e muscoloso, una volta uscito indossò un accappatoio col quale si asciugò alla meglio e indossando poi solo un paio di mutande si affacciò al suo balconcino incurante di chi potesse guardare e di conseguenza giudicare. Appena 15 metri più in basso un bambino tirava la madre nella direzione opposta, convinto che oggi non fosse proprio giornata per andare a scuola, appena 2 piani più in basso invece, nel palazzo di fronte una signora stendeva i panni sulle note, malamente fischiettate, di "Here Comes Your Man" dei Pixies, dall'altra parte del palazzo invece un martello pneumatico tentava pigramente di abortire quel suono insopportabile e infine di tutta risposta la signora abbandonò il fischiettio e prese a cantare rendendo il tutto improvvisamente insostenibile. John di tutto questo sembrava infischiarsene, anzi il teatrino metropolitano a cui si poteva assistere rendeva i suoi pensieri più intensi e vividi; improvvisamente però entrò all'interno dell'appartamento a prendere il suo vecchio diario, che oramai della forma originale aveva forse la copertina, dato che all'interno, come infiniti segnalibro e appunti, vi erano almeno mezzo chilo di materiale cartaceo. John ignorò anche questo aspetto e alzando lentamente il laccetto prese ad aprire il diario, ma lo incominciò a leggere solo una volta uscito nuovamente sul balconcino, dove lo accolse il secondo atto del teatrino; (la trama si era fatta interessante: la signora era addirittura scesa per chiedere al muratore di fare più piano) ma John era conscio che avrebbe saltato candidamente gli atti di quello spettacolo da ora a venire e si sarebbe prontamente immerso nella lettura del suo stesso manuale che come una macchina del tempo lo avrebbe portato nel passato dei suoi ricordi. Prima di posare l'occhio su quello che lui stesso aveva intitolato come "Congratulazioni! Sono due Gemelli..." diede un'occhiata al bambino che come un ipocondriaco cronico si appellava a patologie inesistenti pur di non andare a scuola. John sorrise e guardò l'orologio: erano le 8:33, poi sorrise nuovamente e pensò che era meglio che la mamma lo accontentasse per una volta, dato che tra un minuto mancavano esattamente 6 ore prima che il mondo finisse...

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Capitolo 2
*** Infanzia: Rinascita ***


Erano le 11:35 del 7 novembre del 2015, se provate a chiedermi cosa feci quel giorno prima di questa ora oppure cosa mangiai per cena, per quanto mi impegni non riesco a ricordarlo, al contrario tutto ciò che accade dopo è come se fosse luce nel buio, ricordo ogni passo che feci e ogni respiro che strozzai per l'emozione: qualsiasi cosa. Questo diario è la raccolta di vari appunti che riguardano la mia vita scritti e riscritti innumerevoli volte, non so a quanto possano servire ai posteri, ma è giusto che sappiate cosa ho vissuto negli ultimi 43 anni della mia esistenza, magari quello che per me è stata paura, disperazione e odio per voi potrà essere intrattenimento, emozione e stupore.
Buona lettura
John Riemann

La nostra stanza puzzava perennemente di calzini sporchi, per quanto si potessero lavare pavimenti e spolverare mensole non si riusciva mai a debellare definitivamente quel puzzo terrificante. D'altro canto però ci eravamo abituati e senza non riuscivamo più ad addormentarci. Quella sera l'odore era particolarmente distinguibile, ma come avrete capito non fu certo questo aspetto che rese unica quella notte. Sulla parete di fianco ai letti a pochi centimetri dall'armadio apparve una proiezione di un rosso sfocato che portava su scritto:
11.35
7 nov 15
nuv

e sul fianco vi era una piccola icona che indicava che il tempo fosse nuvoloso, lasciai il pulsante della sveglia e la proiezione sparì.
"Psss ehi Ryan... ehi! Sei sveglio?"
"No!"
"Dai fai meno il cretino..."
Ryan è sempre stato ai miei occhi il tipo più energico che abbia mai visto, bastava però che si appoggiasse su un letto che ormai lo avevi perso; quella sera qualcosa teneva svegli entrambi, ma non sapevamo cosa. Così insistetti:
"Dai Ry almeno girati!"
Mio fratello di risposta accolse dentro di se tutta la rabbia repressa e si girò il più lentamente possibile (doveva almeno farmela pagare in quelche modo) così dopo che si fu girato completamente e io potessi vederlo bene in faccia disse in modo secco:
"Che c'è?"
Fu strano, ma mi accorsi solo allora quanto fosse identico a me; siamo gemelli omozigoti, ma se c'era una possibilità di essere ancora più identici noi eravamo quella possibilità, eravamo come due anime in un unico corpo sdoppiato, neanche noi trovavamo le differenze.
"Hai fatto anche tu lo stesso incubo?"
"Ma che domande sono?! Che ne so che incubo hai fatto tu, ma poi che vuoi fare, vogliamo chiamare la mamma?"
Per quanto fosse paradossale l'idea che avevo in testa ero convinto che l'incubo di quella sera aveva qualcosa di più ed ero certo che Ryan avesse sognato la stessa cosa, così ignorando il suo sarcasmo continuai:
"Hai praticamente detto che hai fatto un incubo, dai parlamente..."
Ryan apparve sorpreso e per un attimo rimase interdetto, solo alla fine con un espressione che gli vidi fare sole poche volte in tutta la mia vita disse:
"C'era una donna coi capelli rossi, si avvicinava a me e io restavo perfettamente immobile poi dalla borsetta tira fuori un biglietto con su scritto semplicemente "viaggio", abbiamo chiacchierato e infine scompare improvvisamente come se fosse trascinata da qualcosa... Da allora non riesco più a dormire"
Si possono contare sulle punta delle dita le volte che sono riuscito a vedere un po' di sensibilità da parte di mio fratello, ma come in ognuna di quelle volte anche allora la magia svanì tanto rapidamente che non ebbi nemmeno modo di sorprendermi dall'incredibile somiglianza del suo incubo col mio.
"Magari se ti stai zitto ci riesco" e detto ciò sparì dietro le coperte dandomi nuovamente le spalle.
Ricordo chiaramente che quello che stava accadendo mi stava oltremodo eccitando, era tutto così misterioso e il mistero è un arma potente per la fantasia di un bambino; così mi fu facile cimentarmi in avventure mozzafiato con mio fratello alla ricerca di una spiegazione per questi fenomeni. Mentre guardavo il soffitto stellato della mia stanza mi tornò in mente il nostro incubo e per un attimo chiudendo gli occhi tornai nuovamente in quel che ora sembrava più un ricordo che una realtà frutto della mia immaginazione.  Mi trovai quindi in quel luogo completamente bianco, illuminato da una luce soffusa che rendeva tutti i contorni meno chiari in lontananza, ed eccola di nuovo la donna dai capelli rossi che si avvicina a me con un passo allegro, come se invece di camminare compiesse piccoli balzi e come le ciocche ondulanti ad ogni balzo si nascondessero timidamente dietro le sue spalle esili. Tenendo ancora gli occhi chiusi, sorrisi improvvisamente ricordando il tintinnio che provocava in quel luogo la sua risata e, una volta abbastanza vicina per vederla, mi accorsi che era semplicemente splendida. Poi la parte dell'incubo più enigmatica dove la donna ci consegnava quel biglietto con su scritto con finissimo corsivo italico la parola "Viaggio"; e infine quella che più detestavo, la detestavo a tal punto che volevo improvvisamente smettere di ricordare, ma le immagini rimasero stampate nella retina, le immagini di quella donna che con un espressione spaventata spariva nei meandri di quel luogo, che nel frattempo si era impregnato di un nero pece rendendo anche i capelli della giovane meno rossi di quanto essi apparivano. Poi aprii gli occhi, sbarrandoli almeno per qualche secondo, come se mi fossi svegliato di nuovo da quell'incubo, ma qualcosa mi distrasse: una farfalla entrò improvvisamente nella stanza compiendo le sue traiettorie improbabili attorno alla lampada e per calmarmi contai quanti giri compiva, poi convinto che anche Ry non stesse dormendo dissi:
"Ehi Ry che facciamo la cacciamo fuori?"
Ryan ed io eravamo del Missouri, la nostra famiglia di origine tedesca si trasferì qui seguendo la fortuna lasciata da un lontano parente di mio padre: un terreno, non più grande di un campo di football, dove coltivavano grano e frumento. Dato che il denaro non bastava mia madre sfruttò la sua laurea in matematica per trovare lavoro come maestra in una scuola in paese, dove col suo stipendio manteneva l'intera fattoria; detto ciò non appare un mistero che una farfalla potesse entrare nella nostra stanza e per la stessa ragione conoscevo già la sprezzante e colma d'odio risposta di mio fratello:
"Sì! Magari... Però mi prometti che caccerai questa e le prossime centocinquata"
Ignoravo la sua risposta, mi bastava sapere che come me era ancora sveglio. Intanto la farfalla aveva appena compiuto quattro giri in senso orario e tre in antiorario, a quel punto mio fratello si girò guardando anche'egli l'insetto e rassegnato dall'idea di non riuscire a dormire alzò le mani verso il soffitto come per sgranchirsi, fu in quel momento che accadde l'impossibile... Il piccolo insetto fu improvvisamente avvolto in una bolla fluorescente, di un colore simile a quello del mare nei pomeriggi primaverili, poi si mosse all'indietro compiendo prima i tre giri in senso anti orario, quindi in senso orario, e poi quelli in senso orario, che come si è capito furono compiuti in senso anti orario, una volta finito svolazzò al contrario e sparì dalla finestra. Dalla fessura ancora pulsava la luce azzurrina che poco prima aveva illuminato la nostra stanza, quando si spense restammo lì a fissare la finestra per un altro paio di secondi quando eccola arrivare nuovamente, la stessa farfalla che entrò e fece esattamente lo stesso movimento di poco fa. Non ci voleva un genio, ma mio fratello Ryan aveva appena fatto tornare indietro nel tempo quella farfalla, o meglio quasiasi cosa fosse presente in quella bolla azzurra. La situazione ai miei occhi era al limite del paradossale, non era naturalmente possibile far tornare indietro le lancette dell'orologio anche solo per uno spazio infinitesimo, ma allora ero solo un bambino e ricordo che provai improvvisamente un moto di collera verso di lui, ero geloso, invidioso che lui potesse avere un "potere" che io non possedevo.
Se solo avessi saputo cosa ci riservava il futuro, avrei smesso improvvisamente di provare ciò che stavo provando e mi sarei allontanato tanto velocemente quanto le gambe me lo potevano permettere, ma ero solo un bambino e per me Ryan era come Superman, mentre io un frustrante Lex Luthor; così tolsi le coperte e gli saltai addosso, lui di risposta rimase ancora inebito da quello che era successo così gli afferrai il colletto e incominciai a scuoterlo:
"perché me lo hai tenuto nascosto? ... Cazzo Ry da quando sei capace di... di..."
Mi mancavano le parole, inoltre avvertivo che il sangue mi stava salendo al cervello annebbiandomi improvvisamente la vista:
"... Di questo, come riesci a farlo? Spiegamelo!... Dimmi come fai..."
Ma lui non riusciva a proferir parola, si limitava a fissare un punto vuoto con la bocca aperta, come se avesse visto un fantasma; girai lo sguardo, ma come si poteva immaginare non vi era nulla che potesse attrarre l'attenzione: era chiaramente sotto shock e alzare la voce non aiutava:
"... Cosa guardi?! Ehi! Mi rispondi si o no?... Vaffanculo Ryan..."
E così gli sferrai un pugno in pieno volto; ricordo che il dolore alla mano fu terribile, ma il suo volto era conciato peggio e la cosa per un attimo mi fece riflettere, il tempo necessario a mio fratello di risvegliarsi e rispondermi:
"Non lo so, OK?!... Che diavolo ti prende, fanculo a te..."
Poi mi prese alla gola col tentativo di strozzarmi, tutto il sudore e il sangue sul volto non riuscivano a nascondere la sua espressione e per un attimo ebbi paura di morire: non sembrava intenzionato a fermarsi. I contorni di mio fratello, già annebbiati per il furore, presero a scomparire in mancanza di ossigeno, avvertivo che stavo per svenire, così in preda al panico incominciai a lanciare pugni alla ceca, ma Ryan riusciva ad inglobarli in sfere fluorescenti in modo che tutti i miei attacchi tornassero indietro nel tempo, non arrivando mai a colpire il bersaglio:
"Smettila caz.. pfff"
Un suono indistinto di passi si avvertiva salire su per le scale: qualcuno si stava avvicinando, probabilmente mia madre; avvertii improvvisamente la necessità di nascondere tutto questo: la nostra lite, il potere di mio fratello, nessuno doveva vedere e nessuno doveva sospettare; ma mio fratello non mollava la presa, un altro passo e mia madre avrebbe saputo tutto, dovevo impedirlo a tutti i costi.
Aprii la porta: "No mamma, tutto ok! Stavamo solo litigando su chi fosse il migliore tra Batman e Superman... Continua a guardare la televisione" dissi richiudendola dietro le sue spalle, poi quando mia madre non potesse guardarmi presi a respirare profondamente mantenendomi sulle ginocchia, in quel momento mio fratello era sceso dal letto e mi guardava nuovamente inebetito, io lo ignorai e dissi:
"Stammi lontano... Non so come hai ottenuto questo tuo potere, ma è meglio che lo teniamo nascosto"
Avvertivo che entrambi avevamo perso le staffe, ma un altro minuto e mio fratello mi avrebbe ucciso, sapevo quindi che era necessario dormirici su prima di ragionare sull'accaduto:
"Ti sei almeno accorto di cosa hai fatto imbecille?"
Era mio fratello Ryan, ma non sapevo a cosa si riferisse così lo guardai con un espressione interrogativa e lui di risposta rimase sbalordito, aprendo la bocca più e più volte, come se non riuscisse a trovare le parole:
"Cioè... Scusa, non te ne sei proprio reso conto?"
"Reso conto di cosa?"
"John ti sei teletrasportato... Un attimo ti stavo strozzando, un attimo dopo stringevo l'aria mentre tu rassicuravi la mamma, è stato incredibile John dico sul ser..."
Non lo ascoltavo più, questa volta per davvero; non lo ascoltavo perché pensavo a come fossi riuscito a coprire appena tre metri in un attimo. All'inizio non ci avevo pensato, come se fosse normale, come se fossi improvvisamente riuscito a divincolarmi dalla presa di mio fratello e a rassicurare la mamma, ma non era così. Avevo viaggiato nello spazio, per di più inconsapevolmente, come se lo sapessi fare da sempre. Così dimenticai tutto: il rancore e le invidie provate verso mio fratello, improvvisamente nulla importava, anche io avevo il mio potere e dovevo provarlo di nuovo. Mio fratello nel frattempo continuava ripetere "incredibile" oppure "eccezionale" mentre cercava un qualcosa per potersi togliere il sangue dalla faccia, così sorridendo tra me e me incominciai a concentrarmi su un luogo in cui potessi trasportarmi; allora ovviamente ignoravo tutte le leggi che vi erano dietro il moto di un corpo nel vuoto o in qualsiasi altro materiale, per me era facile come respirare, era come una mia seconda natura che non avevo mai esplorato, come se un uccello avesse improvvisamente imparato a volare.
La sensazione che però provavo nel "viaggiare" era difficile da descrivere: avvertivo come ogni molecola del mio corpo si stesse staccando dalle altre, per poi scomparire da un luogo e trovarsi in un altro, infine queste si ricompenevano proiettando i miei sensi nel nuovo ambiente e dandomi quindi la coscienza di essermi trasportato nello spazio, inoltre più lontano mi trasportavo maggiore era il senso di smarrimento, ma era momentaneo e in ogni caso non temevo alcuna conseguenza.
Così mi concentrai per potermi trasportare in giardino e un attimo dopo avvertii dapprima l'odore di grano, poi la sensazione di vento novembrino sulla pelle nuda delle braccia e infine la possibilità di poter vedere la nostra casa dall'esterno, ma soprattutto la capacità di sentire i latrati di Baxter, un Rottwailer che ci faceva da guardia:
"Baxt sono io John" ma non riuscivo comunque a calmarlo e per la stessa ragione mio padre stava per uscire con un fucile imbracciato,
"Al diavolo!" così mi teletrasportai nuovamente nella stanza, con la stessa procedura di prima.
"Sei stato a fare tu tutto quel casino eh?!"
"Sì" ci guardammo seriamente in faccia prima di scoppiare a ridere.
Quella notte non riuscimmo comunque a dormire perché restammo tutto il tempo a parlare sui nostri poteri, ma soprattutto sulle conseguenze che ne comportavano; ma come da manuale ignoravamo il nostro futuro, ignoravamo che la possibilità di viaggiare nel tempo e nello spazio non ci rendeva dei supereroi, ma dei condannati... Condannati alla peggiore delle esistenze; non sapevamo che sopra le nostre teste pendesse il più terribile degli orologi, che secondo dopo secondo decretava la nostra fine...

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