La Maledizione

di fanniex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** THIS CHARMING MAN ***
Capitolo 2: *** ASHES TO ASHES ***
Capitolo 3: *** GOOD TIMES, BAD TIMES! ***
Capitolo 4: *** THE SCIENTIST! ***
Capitolo 5: *** TIME IS RUNNING OUT! ***
Capitolo 6: *** ONE WAY TICKET TO HELL ... AND BACK! ***
Capitolo 7: *** THE KIDS ARE ALRIGHT! ***



Capitolo 1
*** THIS CHARMING MAN ***


1. THIS CHARMING MAN!
 

Guardavo fissa il signor Elias, intento come ogni mattina a consumare la sua abbondante colazione.

Era sempre uno spettacolo! Sorprendente come riuscisse ad ingurgitare ogni genere di ben di dio. Cominciava con una generosa porzione di macedonia di frutta, irrorata da succo d’arancia, poi pane tostato imburrato con aringhe, uova strapazzate con bacon o salsiccia, sottaceti, ciambelline o croissant con marmellata, biscotti e cereali e svariate tazze di caffè nero. Non ero riuscita ancora a ricostruire le origini del mio capo, ma era certo che tutte le tradizioni culinarie del vecchio continente si sarebbero potute trovare sul suo tavolo da pranzo.

John Elias era un uomo sulla cinquantina, piuttosto ben portati, a discapito della sua apparenza trasandata. Non molto alto ma con un fisico ancora discretamente agile. Folti capelli neri, qua e là appena striati di grigio, e due guizzanti occhi neri come la notte, ai quali pareva che nulla potesse sfuggire. Non sapevo quasi nulla del suo passato. Non amava mai parlarne. Poteva essere stato un poliziotto. O un giornalista. Persino un membro della camera dei Pari, per quanto avrei potuto saperne. In realtà, non erano poi molte le cose di cui discorreva. Aveva aperto la sua agenzia investigativa a Londra circa sette anni fa, nello stesso appartamento dove risiedeva. Io lavoravo per lui da quasi due anni, come segretaria e assistente, ed ero stata più volte testimone della sua grande abilità nel dipanare anche le matasse più complicate. Scotland Yard non lo aveva molto in simpatia, sentimento peraltro ricambiato da John, che non perdeva occasione per far fare loro la figura degli stupidi.

Aveva appena ingoiato l’ultimo pezzo di crostino imburrato quando il campanello della porta suonò.

E una donna sui trentacinque anni, alta e bruna, elegante nell’aspetto ma piuttosto grezza nei modi, poco dopo fece il suo ingresso in ufficio. Si presentò come Lady Corinne Donager, moglie del 17° visconte di Castlemaine.

“Mi sono informata molto scrupolosamente, signor Elias. E pare proprio che sia lei il miglior detective in circolazione.” - Disse la donna, sedendosi sulla sedia che le avevo prontamente sistemato, nell’ufficio di John, dove ci eravamo accomodati. Era visibilmente nervosa e scrutava il signor Elias un po’ demoralizzata. John aveva ancora il tovagliolo della colazione, macchiato e unto, legato al collo e residui di cibo agli angoli della bocca. - “Lei è John Elias? O sbaglio?”

Elias si diede una rapida sistemata davanti allo specchio e si piazzò sulla sua poltrona.

“Cosa posso fare per lei, Lady Donager?” - La sua voce era asciutta e ferma, come al solito. Il suo sguardo aveva sicuramente già scannerizzato la povera signora, traendone ovviamente le dovute conclusioni.

“Ho paura per la vita dei miei figli! Mio marito è convinto che una maledizione gravi sulle loro teste!”

***

n.d.a.:  Questo è un vecchissimo tentativo di scrivere una storiella gialla semiseria. Non ricordo più nemmeno che cosa in particolare me l'abbia ispirata, comunque ... nulla di impegnativo ... solo un piccolo esercizio narrativo. Il primo capitolo è cortino. I seguenti, che non saranno molti, saranno di poco più elaborati.
Se vi va, leggete e commentate ... è sempre un piacere!!!

Fannie

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Capitolo 2
*** ASHES TO ASHES ***


2. ASHES TO ASHES!

La famiglia Donager era sicuramente una delle più antiche del paese. Una vecchia storia popolare narrava che Harry Donager, il primo visconte di Castlemaine, valoroso cavaliere del re di stirpe scozzese, fosse talmente geloso della bellissima moglie da tenerla sempre sotto chiave. Un giorno, di ritorno da una battaglia nelle aspre terre nel nord, il visconte si era fermato in una taverna per ristorarsi e gli era capitato di ascoltare casualmente alcuni avventori inconsapevoli fare pesanti allusioni sulla fedeltà della viscontessa e sulla vera paternità del piccolo figlio del visconte, la cui somiglianza con il maniscalco che si occupava dei cavalli del castello destava più di un sospetto. Donager non rivelò la sua presenza a quei poveracci, ma balzò subito a cavallo e furibondo corse verso casa. La viscontessa non ebbe nemmeno il tempo di sapere che cosa sconvolgesse tanto il marito. Donager la afferrò con violenza e la rinchiuse in una delle segrete, insieme al figlioletto di tre anni. Il giorno seguente, insensibile alle professioni di innocenza della moglie e ai pianti del figlio, fece murare la cella, lasciando i due a morire d’inedia. Ma la viscontessa, che proveniva da una stirpe di stregoni, con le sue ultime forze, scagliò contro Donager e la sua discendenza una terribile maledizione: nessun primogenito sarebbe mai vissuto abbastanza per ereditare il titolo e le sostanze dei Donager.

Ci vollero diversi giorni perché la mente di sir Harry tornasse lucida. Si rese conto della follia del gesto che aveva commesso e si precipitò alle segrete per liberare la moglie e il figlio. Purtroppo troppo tardi. Il loro destino si era già compiuto. Disperato, abbandonò il castello e prese a vagare solitario per le campagne in cerca di un po’ di pace per il suo animo inquieto.

“Molto suggestivo!” - Commentò Elias, dopo che ebbi finito di narrargli la leggenda del primo visconte di Castlemaine.

“Non sono portata a credere alle maledizioni, … ” - dissi, - “... ma devo ammettere che questi Donager sono davvero sfortunati!”

“Ti riferisci allo strano incidente accaduto al sedicesimo visconte, qualche anno fa?”

Il sedicesimo visconte di Castlemaine, Alexander Donager, era divenuto tale a soli diciassette anni, dopo la prematura dipartita di suo padre Thomas, fratello maggiore dell’attuale visconte. Thomas era deceduto, a soli quarantacinque anni, a causa di uno shock anafilattico, dovuto all’ingestione accidentale di arachidi, alle quali era fortemente allergico. Il giovane Alexander era un ragazzetto vivace ed esuberante che studiava a Eton con risultati non troppo brillanti. Ma era un Donager, e questo comunque faceva di lui un vincente. Il club studentesco del quale era presidente onorario aveva organizzato un sontuoso ricevimento per commemorare il defunto Thomas Donager, e nel contempo celebrare il nuovo visconte. In quell’occasione, ad Alexander fu fatto dono di un’antica pistola a tamburo, una preziosa rarità. Da quella pistola, soltanto due giorni dopo, partì il colpo che ferì mortalmente il giovane. Le indagini stabilirono che Alexander stava ripulendo l’arma e che, non accortosi che fosse carica, aveva inavvertitamente fatto partire un colpo. Un solo colpo che gli aveva fatto esplodere quasi metà del viso. La tesi dell’omicidio logicamente non venne neanche presa in considerazione, poiché le uniche impronte sull’arma erano quelle del ragazzo. E anche l’ipotesi di suicidio fu abbandonata con la stessa celerità. Alexander Donager era un ragazzo ricco e felice, a detta di tutti, l’ultima persona al mondo che potesse avere propositi suicidi. E poi era noto a tutti che i Donager avessero una congenita propensione alle sciagure!

Io e Elias stavamo viaggiando a bordo del treno diretto a Bidnold, nelle cui vicinanze si trovava la tenuta di Castlemaine. Lady Donager aveva richiesto la presenza di Elias, in seguito all’ennesimo incidente occorso a suo figlio Terrence.

“Vivien, ripetimi che cosa ti ha detto Lady Donager a proposito dell’accaduto!” - Mi chiese il detective, mentre pranzavamo nella carrozza ristorante.

“Pare che il bambino stesse giocando nel giardino con il fratellino,” - gli risposi, mentre lui continuava placidamente ad abbuffarsi di arrosto di maiale, - “quando da una delle terrazze dell’ultimo piano si è staccato un blocco di marmo da una delle statue … ”

“Da una delle statue?” - M’interruppe.

“… Sì! Sa, una di quelle statue classiche decorative … beh, comunque, questo blocco è caduto e ha mancato il piccolo per pochi centimetri.”

“Sono incidenti che possono capitare … Soprattutto se si vive in magioni provviste di statue che rischiano di cadere in ogni momento!” - Ridacchiò sarcasticamente.

Anche se ci teneva molto al suo atteggiamento scostante, Elias si credeva un tipo davvero spiritoso.

“Tendenzialmente sarei portata a darle ragione! Ma il bambino è scampato ad almeno altre due disgrazie simili nell’arco di poche settimane.”

Non era affatto mia intenzione cercare di convincerlo a prendere la maledizione più seriamente. Volevo solo intaccare la sua tracotanza almeno un po'. Così gli descrissi i due precedenti sinistri, come me li aveva narrati Lady Corinne, durante l’angosciosa telefonata che ci aveva convocati a Castlemaine.

Il primo episodio era capitato verso la fine dell’estate. I bambini erano stati abituati sin da piccolissimi a vivere a stretto con la natura e a praticare sport. In particolare Terrence, che aveva solo otto anni, era molto portato per il nuoto. Era stato Anthony Rivers , un lontano cugino con il quale avevano rapporti molto stretti, ad insegnargli a nuotare nel laghetto della proprietà. Il laghetto era circondato da alberi e fusti dai quali pendevano delle robuste liane e i bambini erano soliti arrampicarsi sulle liane per poi lasciarsi cadere nell’acqua sottostante. La mattina dell’incidente però Terrence era andato da solo a nuotare al laghetto. Qualche ora più tardi, Paulette Casey, la governante dei piccoli Donager, mentre passeggiava nei giardini della tenuta, aveva sentito delle urla provenire dal lago. Precipitatasi per soccorrere il malcapitato, trovò il bambino che stava per affogare. Paulette non ebbe esitazioni. Pur non sapendo nuotare, si buttò in acqua e riuscì a trarre in salvo Terrence. Più tardi, il piccolo raccontò di come si fosse arrampicato, come d’abitudine, sulle liane. Quando, d’improvviso, una delle piante aveva ceduto di schianto facendolo precipitare in acqua. Lo spavento lo aveva destabilizzato, facendolo annaspare e bere parecchia acqua, rischiando così l'annegamento.

Un paio di settimane dopo, Terrence e il fratellino, Avery, erano in giro per la tenuta in compagnia del fattore, quando il gancio che trainava uno dei rimorchi si era improvvisamente staccato, rischiando di piombare a tutta velocità proprio su Terrence, che, casualmente, si trovava nella traiettoria del veicolo. Fortunatamente il vecchio fattore aveva ancora i riflessi molto pronti ed era riuscito a scansare il bambino un attimo prima dell’impatto.

“Lei crede che ci sia qualcosa di strano dietro questi incidenti?” - Gli domandai, terminato il mio racconto. - “O il piccolo Terrence è soltanto un bambino molto sfortunato?”

“Oppure molto fortunato!”

Gli chiesi spiegazioni per quell’affermazione. Fare del cinismo sulla vita di un bambino di otto anni era un po’ troppo. Persino per John Elias.

“Andiamo Vivien, non fare quello sguardo inferocito! Non ti si addice! Sto dicendo solo che altri Donager non sono stati altrettanto favoriti dalla buona sorte.”

***
n.d.a. 
I TITOLI DEI CAPITOLI, COME PROBABILMENTE AVRETE GIà INTUITO, SONO CELEBRI CANZONI INGLESI. NON HANNO ATTINENZA DIRETTA CON LA TRAMA. MA, A MIO PARERE, CALZANO COME PICCOLI RIFERIMENTI.
QUESTA è "ASHES TO ASHES" di DAVID BOWIE. X IL PRIMO CAPITOLO AVEVO USATO "THIS CHARMING MAN" degli SMITHS.

A presto,
Fannie

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Capitolo 3
*** GOOD TIMES, BAD TIMES! ***


3. GOOD TIMES, BAD TIMES!

A Castlemaine fummo ricevuti dal visconte e dalla viscontessa. Harry Donager, il diciassettesimo visconte, era un uomo sulla quarantina, dall’aria stanca e inquieta. Era l’ultimo di cinque fratelli, e aveva, suo malgrado, ereditato la proprietà dopo la scomparsa di tutti i suoi fratelli e nipoti.

Suo malgrado perché le più grandi passioni della sua vita erano state da sempre la chimica e la biologia, e per gestire la tenuta era stato costretto ad abbandonare una prestigiosa cattedra a Cambridge.

“Sono un uomo votato alla scienza, signor Elias,” - esordì il visconte, dopo averci fatto accomodare in un salottino, - “… non ho mai creduto nelle superstizioni. Nemmeno nella maledizione dei Donager. … Ma questi incidenti non hanno nulla di naturale. E non mi riferisco solo a quello che è successo a mio figlio. I Donager sono segnati dal male … e non c’è più nulla che si possa fare.”

Donager si lasciò cadere inerte su una poltrona, premendosi le mani contro le tempie, sconsolato.

“Sarebbe così gentile da parlarmi della sua famiglia, signor visconte?” - Domandò cortesemente Elias.

Il visconte parve risvegliarsi di colpo a quella richiesta. - “Sono tutti morti! Che altro c’è da dire?”

Lady Donager ci raggiunse qualche minuto più tardi, accompagnata da un ragazzo che ci presentò come Anthony Rivers, il lontano cugino. Il visconte si alzò dalla poltrona e, scusandosi per la scortesia, si ritirò in camera per riposarsi. Non era molto in forma quel giorno, e questo era perfettamente evidente.

Così fu il giovane Anthony ad offrirsi di farci fare un giro della tenuta. - “Ottima idea!” - Esclamò Elias con entusiasmo. - “Vivien, perché non ti fai accompagnare dal signor Rivers? Mentre io scambio due parole con Lady Donager.”

Era palese che il detective fosse convinto di ottenere di più dalla donna parlandogli da solo. Generalmente i suoi metodi non fallivano mai. Mi stupivo ogni volta che un uomo dal carattere tanto ostico riuscisse ad ammaestrare le menti di chi gli stava davanti con tanta facilità come faceva lui.

Il ragazzo mi fece strada attraverso gli splendidi giardini della villa. Non era una bella giornata. Il cielo era nuvoloso, ma ancora non si era deciso a piovere. Eravamo in autunno inoltrato ormai, ma con temperature insolitamente alte per la stagione, che rendevano davvero piacevole passeggiare in campagna.

“E’ davvero un tipo curioso, il signor Elias!” - Affermò Anthony, mentre costeggiavamo il bel roseto di Lady Corinne. - “Da quanto tempo lavora per lui?”

“Circa due anni!”

Mi indispose non poco sentirmi dare del lei. Sapevo che era prassi corrente, soprattutto in certi ambienti. Ma non ero ancora abituata a quel tipo di formalità. Avevo solo ventisei anni, dopotutto! Troppo pochi per sentirmi già un rudere. - “… Puoi darmi del tu, se vuoi. … Il mio nome è Vivien!”

Lui si fermò un istante a scansare delle frasche che intralciavano il sentiero. Stava sorridendo.

“Sì, forse è meglio! … Tra coetanei ...” - Quasi arrossì. - “Io ho ventitré anni! Cioè, li avrò fra poco! … Comunque dicono tutti che sembro più maturo della mia età.”

Non era del tutto vero. Era un ragazzino e si vedeva. Piuttosto bello, ad essere sincera. Aveva un’aria innocente, anche se i suoi occhi, di un colore indefinito che virava dal blu all'indaco, avevano un ché di conturbante.

“Sir Donager ha accennato ad altri incidenti capitati ad altri membri della famiglia. Sai a che cose potrebbe riferirsi?”

“Stai parlando della maledizione dei Donager? … Avrai sentito quello che è successo a mio cugino Alexander? I giornali ne hanno parlato per settimane. …” - Io annuii. “… Diciamo che il ramo ereditario dei Donager è stato vittima di una serie di sciagure a dir poco crudeli.”

E mi rivelò dettagliatamente la tragica storia recente della famiglia Donager.

Il dodicesimo visconte di Castlemaine, il padre dell’attuale visconte e prozio di Anthony, ebbe cinque figli. Il primogenito, Paul, morì a causa di una meningite fulminante a soli sette anni. Il diritto al titolo, perciò, passò al secondogenito, Peter, il quale in effetti riuscì ad ereditare, diventando il tredicesimo visconte. Peter amministrò la proprietà per vent’anni, fino a quando, circa sei anni fa, rimase vittima di un terribile incidente d’auto. Una sera, mentre stava percorrendo la strada che da Bidnold portava alla villa, perse il controllo della vettura andandosi a schiantare contro un camion che giungeva dalla direzione opposta. Gli inquirenti attribuirono le cause dell’incidente alla poca visibilità e alla stanchezza di Sir Donager. Il visconte rimase in coma per dieci giorni, prima di smettere definitivamente di respirare. Aveva da poco compiuto cinquant’anni.

Il figlio di Peter, William, ventidue anni, abitava a Londra a quel tempo. Fu avvertito dell’incidente occorso al padre la notte stessa e si precipitò alla stazione per prendere il primo treno disponibile per Bidnold. Il treno aveva già percorso circa metà del tragitto, quando fu fermato da un guasto meccanico, alla fermata di Warton, una piccola stazione di campagna. Molti dei passeggeri scesero per sgranchirsi le gambe, compreso William. Il ragazzo stava passeggiando lungo la piccola banchina, confuso e in preda all'angoscia per la salute del padre. Era buio pesto, e tra ferrovieri e passeggeri, il marciapiedi era molto affollato. Poi, in un istante infinitesimale, William scivolò giù dalla banchina proprio mentre il treno aveva ripreso a camminare. Il suo corpo fu smembrato dall’impatto con il convoglio e di lui non rimase un granché.

“Avevamo cenato insieme, proprio quella sera.” - Mi riferì Anthony, ancora visibilmente commosso. - “Studiavo ancora al Moreton College all’epoca, ma ero andato a trovarlo a Londra per il weekend. Billy aveva comprato i biglietti per la finale di cricket. …” - Tirò un respiro profondo.

“Eravate molto uniti?” - Gli domandai.

“Era il mio eroe! Avevamo sei anni di differenza … però per me era come un fratello. Era un ragazzo eccezionale!”

“Mi dispiace molto per la perdita.” - Anthony annuì. - “Però tu non credi nella maledizione, vero?” - Anthony scosse la testa. - “E William, ci credeva?”

Il ragazzo ci pensò un po’ su. - “In principio no! Sapeva della storia di suo zio Paul, ma era successo più di vent’anni prima della sua nascita. Non gli aveva mai dato peso. Non fino alla morte di Robert e Charlie!”

“Robert e Charlie?” - Gli chiesi. Era la prima volta che li sentivo nominare.

Robert e Charlie erano i fratelli minori di William. Gemelli. Erano di due anni più piccoli, e, all’età di undici anni avevano perso la vita nell’esplosione del cinema di Bidnold. Fu un caso alquanto eclatante all’epoca. Un pazzo con idee secessioniste aveva fabbricato un ordigno rudimentale molto potente, e lo aveva piazzato nel retro della locale agenzia delle entrate. Purtroppo l’ufficio confinava con il cinema e la deflagrazione distrusse molto più gravemente la sala cinematografica piuttosto che l’obiettivo scelto. Morirono sedici persone, tre impiegati del cinema e tredici spettatori. Tra loro, i due gemelli Donager.

Io e Anthony eravamo, nel frattempo, giunti al laghetto della tenuta e mi venne quasi l’impressione che, forse, il giovane Rivers mi avesse portato lì di proposito.

“E’ successo qui?” - Gli domandai, assecondandolo. - “L’incidente al piccolo Terrence, intendo?”

Lui mi indicò un gruppo di liane ammassate in punto, vicino alla riva. - “Harry le ha fatte tagliare tutte, dopo l’incidente. … Così i bambini non si potranno più arrampicare.”

Mi avvicinai al groviglio di liane per esaminarle. Erano cinque o sei funi nodose, molto resistenti, di lunghezza variabile tra il metro e il metro e mezzo. Una di esse, quella che aveva ceduto, era spezzata circa ad un terzo della sua altezza. Mi rialzai. Anthony si era seduto sulla ghiaia e fissava il lago.

“E’ vero che sei stato tu ad insegnare a Terrence a nuotare?” - Lui annuì. - “E’ molto portato per l’attività fisica. Lo portavo qui sin da piccolissimo. Ho sempre cercato di essere per lui ciò che William è stato per me. Siamo rimasti in pochi … dobbiamo contare uno sull’altro.”

Ricordai improvvisamente che il visconte era in carica da poco più di un anno. - “Da quanto tempo sir Harry e la sua famiglia vivono ad Castlemaine?”

“Dalla morte di suo fratello Terrence, circa sei anni fa. Era il padrino del figlio di Harry. Lui e Corinne aspettavano il secondo figlio, mentre il piccolo Terry aveva solo un paio d’anni.” - Si diede una lunga occhiata intorno. - “Dopotutto, questo è un ottimo posto per crescere una famiglia! Non credi? Lo zio Thomas, che era il visconte in carica dopo la morte di Terrence, non ha mai amato Castlemaine …”

***
n.d.a
La canzone scelta per il titolo è ovviamente il grande classico dei Led Zeppelin! <3 <3 <3

A presto,
Fannie

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Capitolo 4
*** THE SCIENTIST! ***


4. THE SCIENTIST!

“Allora, saputo qualcosa d’interessante dal giovane Rivers?” - Mi interrogò Elias con la sua consueta delicatezza, non appena tornai alla villa. Gli riferii ciò che Anthony mi aveva raccontato e della nostra visita al lago. Il detective apparve perplesso quando finii il mio resoconto.

“Che c’è che non va?” - Gli domandai.

“La morte di William Donager! Non quadra!”

Gli feci notare che rientrava perfettamente nella logica della maledizione.

“Avresti ragione se William fosse stato biologicamente un Donager. E lui non lo era!”

Glielo aveva svelato la bella Corinne, dopo soltanto un paio di lusinghe. Il tocco magico di John Elias non aveva fallito nemmeno stavolta, a quanto pare. Quello dunque era uno dei piccanti segreti di famiglia. Uno di quelli ai quali una donna come la attuale viscontessa non avrebbe proprio saputo resistere. Stando ai pettegolezzi, la moglie di Peter era già incinta quando sposò l’erede dei Donager, ovviamente all’insaputa di tutti. E di certo non del futuro marito. Il segreto era rimasto tale fino alla morte dei due gemelli, in quell’esplosione. L’allora lady Donager non resse il colpo e, in preda ad un tremendo crollo psichico, rivelò al visconte la verità sulla paternità di William. La maledizione aveva centrato il bersaglio giusto, puntando agli effettivi primogeniti del visconte. Per questo la morte di William non aveva senso.

“Ero convinta che lei non credesse alla maledizione!” - Feci notare a Elias.

“Infatti non ci credo!” - Mi disse, serio in volto. - “Ma non credo nemmeno alle coincidenze!”

Il visconte ci raggiunse poco prima del tramonto. Sembrava essersi ripreso un po’. Il colorito era più vivace. E anche l'occhio era più brillante.

“Sono lieto che si senta meglio, signor visconte!” - Lo accolse Elias, con insolita cortesia.

“Grazie! Ero solo un po’ stanco … non dormo molto ultimamente. Con tutte queste preoccupazioni per i bambini.”

“Sua moglie dubita dell’esistenza della maledizione sul suo antenato!” - Gli sottolineò il detective.

“Corinne è americana!” - Bofonchiò sir Harry. - “In cosa credono loro? In Mickey Mouse?”

“Mi pare di capire che lei invece ci crede?”

“Ho seppellito quattro fratelli e quattro nipoti! Nessuno di loro a vissuto più di cinquant’anni. Come faccio a non crederci?”

“Ora se la sente di parlarci della sua famiglia?” - Lo invitò Elias.

Il visconte si versò un dito di whisky e si abbandonò placidamente sulla sua poltrona.

“Converrà anche lei che sarà opportuno partire da mio padre …”

Il vecchio Donager, che sorprendentemente per un Donager era morto di vecchiaia, alla veneranda età di ottantasette anni, per sfuggire all’atavico castigo aveva rinunciato a sposarsi e ad avere figli. Il nome dei Donager sarebbe morto con lui, ma con lui sarebbe cessata anche la maledizione. Purtroppo, come spesso accade, l’amore si manifesta più forte di ogni ferrea convinzione. Conobbe la madre di sir Harry già in tarda età, quando la ragazza aveva invece solo poco più di vent’anni. Si sposarono in fretta e furia. Il visconte pensava di aver sprecato troppo della sua vita per colpa di quella maledizione.

Per qualche anno i Donager furono una famiglia davvero felice. Erano appena stati allietati dalla nascita del terzo figlio, quando il primogenito morì per una meningite. Poco dopo, all’ultimo nato, Terrence, fu diagnosticata una grave affezione al sistema nervoso che non gli avrebbe lasciato scampo. I due coniugi furono prostrati da quel doppio tragico colpo e il pensiero della maledizione ricominciò a riprendere possesso della mente del visconte, appesantita dai forti sensi di colpa. Aveva voluto sfidare la sorte e lei ora gliela stava facendo pagare a carissimo prezzo.

Trascorse qualche anno e la salute di Terrence parve migliorare. Non c’erano cure che potessero aiutarlo, ma la malattia non progredì rapidamente così come i medici avevano previsto. Con i trattamenti adeguati e il giusto esercizio fisico che gli facesse mantenere attiva la muscolatura, probabilmente avrebbero potuto tenerlo in vita per il tempo necessario per mettere a punto una terapia efficace. I Donager erano talmente felici per la bella notizia che pensarono di festeggiare con un altro bambino, Thomas e, poco dopo, allargarono nuovamente la famiglia con l’arrivo di Harry. Il vecchio Donager morì qualche anno dopo la moglie, lasciando il secondo figlio Peter erede universale.

Come già sapevamo, Peter sopravvisse ai suoi figli, e alla sua morte il titolo di conseguenza passò a Terrence. Il terzo fratello, per quanto infermo e dalla salute cagionevole, era una vera forza della natura. Compensava in spirito tutto ciò che il suo corpo gli negava. Era sempre allegro e gioviale con tutti, per questo nessuno si era accorto di quanto, con gli anni, le sue condizioni fossero peggiorate. Ebbe un attacco terribile che gli provocò un arresto respiratorio, soltanto pochi mesi dopo aver ereditato. Ovviamente morì senza figli e il titolo passò in mano al fratello successivo.

Thomas Donager era tutto l’opposto del fratello. Forte e atletico nel corpo, ma dal carattere dispotico e tremendamente ambizioso. Amava sfrenatamente la bella vita e gli agi che la sua posizione gli consentiva. Malauguratamente, anche la vita del quindicesimo visconte era destinata a finire presto. Cinque anni dopo, ad un party in suo onore assaggiò una porzione di pasticcio di granchio e diventò improvvisamente gonfio e paonazzo. Cominciò a boccheggiare e in pochi secondi cadde in terra esanime. I soccorsi non arrivarono in tempo. Il medico legale accertò che il visconte aveva sviluppato nel tempo una forma di allergia a diverse sostanze, tra cui le arachidi, di cui ne furono trovate tracce nel pasticcio. L’ingestione accidentale gli aveva provocato uno shock anafilattico fatale. Poi, soltanto pochi giorni più tardi, Alexander, il figlio di Thomas, rimase vittima di quella disgrazia con la pistola.

E ora sarebbe toccato a sir Harry!

***
n.d.a.
THE SCIENTIST! dei Coldplay. In riferimento a Sir Harry.
A presto

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Capitolo 5
*** TIME IS RUNNING OUT! ***


5. TIME IS RUNNING OUT!

Al nostro ritorno a Londra chiesi a Elias che idea si fosse fatto della storia dei Donager.

“Se c’è un intento criminale dietro questi incidenti,” - dichiarò, masticando con poca raffinatezza un enorme tramezzino, pollo e salsa rosa, come spezza fame, - “il primo sospettabile dovrebbe essere il prossimo sulla linea ereditaria.”

Mi tornò alla mente l’immagine del piccolo Avery, così come l’avevo visto quel giorno alla villa, intento a giocare col fratello nel giardino. - “Ma ha solo sei anni! Come può pensare che sia capace …”

“Escluso il bambino, è logico!” - M’interruppe lui. - “L’unico altro parente è il cugino Anthony, sbaglio?”

Anthony non apparteneva al ramo ereditario dei Donager, ma se quella discendenza si fosse esaurita, senza dubbio, la proprietà sarebbe passata alla linea secondaria. Oltre tutto Anthony conosceva bene la tenuta e aveva molta confidenza con i figli del visconte. In effetti, a rigor di logica, sarebbe potuto essere facile per lui …

Passarono i giorni, senza alcuna novità. Elias li trascorse impegnato in qualche ricerca che lo tratteneva lontano dall'ufficio, mentre io sbrigavo delle pratiche in arretrato. Data la poca propensione del mio capo per la burocrazia, ce ne erano sempre in abbondanza. Poi una mattina ricevetti un’altra telefonata da lady Donager. Terrence era stato punto da una vespa ed era svenuto. Fortunatamente il visconte era riuscito a estrarre prontamente il pungiglione e il signor Finch, l’assistente di sir Donager, aveva portato il bambino di corsa all’ospedale.

“Una vespa?” - Mi chiese Elias, quando gli riferii della telefonata. - “La puntura di una vespa. … Veramente ingegnoso!” - Borbottò fra sé. - “Crudele, ma ingegnoso.”

Aveva l’aria che assumeva di solito quando, risolto brillantemente un caso difficile, si preparava a ricevere elogi e ovazioni.

“Mi vuol far capire che ha già concluso la sua indagine, per caso?”

Mi squadrò, sorridendo sarcasticamente. - “Bambina, ma con chi credi di avere a che fare?” - Sembrò dirmi con quello sguardo. - “Hai trovato le informazioni che ti avevo chiesto?” - Mi chiese invece.

Si riferiva ad compito un po' spiacevole che mi aveva affidato il giorno prima. Voleva che gli recuperassi tutte le cartelle cliniche della famiglia Donager, vivente o già estinta. Elias aveva diversi contatti in molte cliniche del paese e, grazie al suo nome, non mi fu troppo difficile ottenerle. Gliele fornii e lui, leggendole, parve piuttosto soddisfatto.

Mi fece prenotare due posti sul treno per Bidnold dell’indomani. Per il momento il piccolo Terry non correva più pericoli, ma i tempi si stavano stringendo e dovevamo fare in fretta. Se volevamo salvare la vita del ragazzino. Quando arrivammo alla villa trovammo l’intera famiglia Donager riunita. Terrence era stato dimesso la stessa mattina e giocava tranquillo con il fratellino, come se nulla fosse accaduto, sotto lo sguardo vigile di miss Casey. Fissai attentamente i due bimbi e mi accorsi, per la prima volta, di quanto fossero diversi. Il piccolo Avery aveva ereditato i capelli rossi e la pelle lentigginosa dei Donager, mentre Terry aveva i tratti bruni e volitivi della madre. Anche i loro caratteri erano abbastanza lontani. Il maggiore era esuberante ed espansivo, il piccolo sembrava distaccato e remissivo. Forse era semplicemente per questo motivo che era sempre Terrence a farsi male. Era il più portato a mettersi nei guai.

Il visconte, in quel momento, era indaffarato a sbrigare alcune pratiche in compagnia del signor Finch, mentre lady Corinne dava disposizioni a tutto il personale della villa di non perdere mai di vista i bambini. C’era anche Anthony. Appariva diverso dalla volta in cui l'avevo conosciuto. Quell'aura di fascino e vitalità che lo circondava era inspiegabilmente scomparsa. Sembrava soltanto scioccato, anzi frastornato dai recenti avvenimenti, e benché Corinne richiedesse ripetutamente il suo aiuto, lui rimaneva inerte, con lo sguardo perso nel vuoto.

Reilly Finch ci raggiunse in breve tempo, pregandoci di attendere il visconte nel salotto. Vedevamo Finch per la prima volta. Era un uomo notevole. Poteva avere tra i trentacinque e i quarant’anni. Alto e prestante, occhi scuri, folti capelli castani. Sembrava un atleta olimpico, ma con lo sguardo intelligente.

“E’ molto che lavora con il visconte?” - Gli domandò Elias, intercettando i miei pensieri.

“Più o meno dieci anni!” - Rispose l’uomo, in tono secco e perentorio. - “Ero suo assistente a Cambridge!”

“Una fedeltà degna di nota!” - Mi sussurrò il detective, mentre lo seguivamo nel salotto.

“Quindi è anche lei uno scienziato?”

“Sono un biologo!”

“E non le mancano i suoi studi?” - Continuò Elias.

“Certo! Come mancano al visconte, d'altronde! Ma il lavoro che stiamo facendo qui, per la tenuta, è altrettanto importante!”

Ci lasciò ad aspettare da soli nel salotto.

“Non ha intenzione di mettermi al corrente di quello che ha scoperto, vero?” - Chiesi a Elias, sottovoce.

“Non ti avvilire, Vivien! … Saprai tutto a tempo debito!” - Lo odiavo quando faceva così.

Poco più tardi, tutti i presenti erano radunati nel salotto.

“Miss Casey, lei c’era quando la vespa ha punto Terrence, ieri?” - Chiese Elias, scimmiottando un tono inquisitorio che non gli era proprio.

La donna, una quarantenne dall’aria poco estroversa, con la voce ancora carica di preoccupazione, descrisse quello a cui aveva assistito la mattina precedente. Il visconte aveva accompagnato i bambini nella serra per istruirli sulle meraviglie di piante e fiori . Miss Casey li seguiva un po’ in disparte, facendo attenzione che Avery non inciampasse nelle preziose radici del padre, mentre Terrence era chino, insieme al visconte, su alcuni terrari. All’improvviso sir Harry colpì il bambino sul collo, urlando “Attento, Terry! Una vespa!”

Terrence rimase immobile, terrorizzato, mentre il padre intimava alla governante di correre a chiamare aiuto perché il bambino era stato punto. Paulette Casey corse in casa con il piccolo Avery e s’imbatté immediatamente in lady Corinne e nel signor Finch. Spiegò loro che cosa era accaduto e tornò di corsa alla serra insieme a Finch. Il bambino aveva perso i sensi e il visconte l’aveva disteso sul bancone cercando di rianimarlo.

“Ho già estratto il pungiglione.” - Urlava sir Harry, con la voce rotta dalle lacrime. - “Ma non si sveglia, non si sveglia …”

Reilly Finch dimostrò un’incredibile forza d’animo in quel frangente. In un attimo prese il bambino in braccio e lo caricò in auto. Aiutò il visconte, fortemente sconvolto, a salire in macchina e partì a tutta velocità verso l’ospedale di Bidnold.

“Mi scusi, Lady Donager …” - esclamò Elias, ad un tratto, distogliendo l’attenzione di tutti dalla governante, - “… lei che faceva nel frattempo? … Sì! Perché non corse anche lei alla serra?”

“Avery piangeva a dirotto. Si era spaventato a morte. Che cosa avrei dovuto fare, secondo lei? Abbandonarlo?” - La sua risposta fu molto dura, quasi priva di emozioni.

Il detective le sorrise bonariamente. “Certamente no!”

“Signor Elias!” - Sbottò sir Harry, a quel punto. - “Mia moglie la sta pagando perché scopra se qualcuno sta attentando alla vita dei nostri figli. Non certo per essere insultata.” - Era livido in volto e schiumava di rabbia. - “Sono giorni che ci tortura con le sue stupide domande … e ancora non ha concluso nulla! Sa cosa penso? Che lei stia rubando i nostri soldi!”

John Elias diventò serio e arcigno. - “E’ proprio sicuro, signor visconte, di volere che riveli a tutti a quali conclusioni sono arrivato? Crede che sua moglie sarà lieta di scoprire se ho meritato o meno il mio onorario?”

Harry Donager si fiaccò in un attimo, e il suo viso si trasfigurò in una maschera di cera.

“Che cosa intende dire, Elias?” - Lady Donager si era alzata di scatto,parandosi tra il detective e il visconte.

“Sto dicendo che è chiaro che la persona che si cela dietro a questa serie di sfortunati incidenti non è altri che suo marito. Sir Harry Donager! E sono convinto che non siano stati gli unici crimini che ha commesso in questi anni. Sbaglio, sir Harry?”

Il visconte non rispose. Si era accasciato a terra, abbracciandosi le ginocchia. Era invecchiato di colpo di almeno vent’anni.

“Nessun primogenito erediterà …” - Continuava a blaterare, senza senso.


***
n.d.a.
Innanzitutto, un grazie enorme a chi ha letto è commentato! <3
Il titolo del brano è TIME IS RUNNING OUT dei Muse!

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Capitolo 6
*** ONE WAY TICKET TO HELL ... AND BACK! ***


6. ONE WAY TICKET … TO HELL AND BACK!

Nella salotto di villa Donager era sceso un gelo inquietante e insidioso. Sir Harry era ancora a terra, inerme, che vaneggiava sommessamente, mormorando monosillabi incomprensibili. Gli altri, me compresa, erano seduti muti e sbigottiti. Elias si stagliava davanti a tutti, dando le spalle alla porta-finestra da cui filtrava la ormai poca luce del sole al tramonto.

“Devo presumere, lady Donager, ...” - cominciò Elias, nel pieno del suo momento di gloria, - “... che lei non sia a conoscenza delle condizioni di salute di suo marito. Ho ragione?”

Corinne scuoteva la testa allibita. - “Salute?” - Riuscì solo a pronunciare.

“Sir Harry ha un tumore al cervello!” - Rivelò l'investigatore, tra lo stupore generale. - “Gli è stato diagnosticato circa cinque mesi fa … e, purtroppo, non lascia speranze. È inoperabile.”

“Lei come lo sa?” - Intervenne Finch. - “Nessuno di noi ha mai sospettato …”

“L’altro giorno, nello studio del visconte, ho notato un vecchio estratto conto della sua carta di credito … era accartocciata nel cestino dei rifiuti … non vi sconcertate, frugare è mio preciso dovere. Comunque, il conto presentava due voci interessanti. La prima era l’acquisto di un biglietto ferroviario di andata e ritorno per Bath. La seconda era il pagamento di un conto di una clinica di Bath, per una lunga serie di analisi ordinate dal dottor Ted Loder. Il dottor Loder è primario del reparto di oncologia dell’ospedale. È un uomo dalla ferrea deontologia professionale, ma io ho i miei metodi … ”

“Harry sta morendo? …” - Biascicò Corinne, senza riuscire a guardare suo marito negli occhi. Poi, improvvisamente, riacquistò il vigore che le avevamo riconosciuto sin dal primo incontro. - “Ma perché mai avrebbe dovuto voler uccidere Terry? È nostro figlio!”

Elias se la prese comoda. Si avvicinò al bar per versarsi due dita di whisky, si accomodò su una poltrona, e cominciò il suo show.

“Innanzitutto, sono persuaso che la mente di sir Harry avesse già cominciato a vacillare da molto tempo. Credo che la leggenda sulla maledizione dei Donager l’abbia segnato fortemente, sin da piccolo. Si era profondamente convinto che la maledizione fosse destinata a compiersi. In un modo o nell'altro. Anche a costo di dargli una mano.”

“Nessuno … nessuno erediterà …” - Seguitava intanto a ripetere il visconte, nell’angolo in cui si era rintanato.

John Elias si avvicinò piano all’uomo e si accovacciò al suo fianco, posandogli una mano sulla spalla.

Il visconte lo guardò fisso negli occhi. “Morirò!” - Sentenziò in un barlume di lucidità.

“Ci racconti come è cominciata.”

L’esistenza di sir Harry era realmente trascorsa per anni, placidamente, tra gli studi e l’amata famiglia. Coltivava la celata ambizione di ottenere dall’università dei fondi per il progetto a cui lavorava da tutta la vita: la creazione in laboratorio di rizomi con caratteristiche genetiche paleolitiche che potessero crescere anche in terre libere. Avrebbe potuto aspirare al premio Linneo, forse, chissà, al Nobel. Ma l’università bocciò la sua richiesta di fondi. Anzi, ad aggravare la situazione, assegnò un cospicuo assegna di ricerca ad un collega che compiva studi approfonditi sulle preferenze cromatiche delle formiche delle isole.

Per sir Harry fu una botta tremenda. Non solo era stato pubblicamente offeso, ma avrebbe dovuto rinunciare a continuare le sue ricerche, per mancanza di denaro. I soldi cominciarono ad essere un vero e proprio chiodo fisso. Cosa alquanto dannosa per una persona dall'indole altrimenti mite e di poche pretese come il professor Donager. Con grande sacrificio, si decise a chiedere aiuto ai suoi fratelli, ma i Donager, poco propensi per natura all’esercizio intellettuale, consideravano gli studi Harry un mero passatempo. Con le banche non ci si provò neanche. Eppure i soldi dei Donager erano anche suoi, e sarebbero potuti essere tutti suoi, se la maledizione avesse colpito davvero.

Come in un macabro gioco di ruolo, cominciò a progettare nella sua testa il modo in cui la maledizione avrebbe potuto realizzarsi. In principio fu davvero unicamente per gioco. Un folle sogno che lo aiutava a sopportare la frustrazione. Poi, un pomeriggio, mentre era ospite di Peter, allora visconte di Castlemaine, accompagnò il fratello a Bidnold, avendo l’occasione di guidare la preziosa Aston Martin del visconte. Tornando alla villa, prese una curva a velocità sostenuta e per poco non finirono fuori strada. Questa quasi disgrazia accese una lampadina nella mente di Harry. Sir Peter guidava spesso in quelle strade isolate e, se non avesse avuto il pieno controllo della macchina, sarebbe potuto facilmente incappare in un brutto incidente.

Impiegò un paio di settimane per mettere a punto il suo piano. L’occasione perfetta si presentò mentre Peter si trovava a Londra per qualche giorno, in visita al figlio William. Harry si recò di nascosto a Castlemaine e, grazie ad un attrezzo di laboratorio particolarmente adatto allo scopo, usurò il cavo del freno quel tanto che bastava per farlo spezzare al momento giusto. Sapeva che una delle prime cose che Peter avrebbe fatto, una volta tornato a casa, sarebbe stata una puntatina a Bidnold con la sua Aston Martin. E Peter non lo aveva deluso.

Ma, tornando in macchina verso casa, a Cambridge, gli balenò improvvisamente il pensiero che, morto il padre, sarebbe stato William ad ereditare tutto. E William era giovane e forte. Così, senza pensarci troppo, virò verso Londra, scervellandosi in congetture su come anche la vita del nipote potesse accorciarsi. Seguì il fratello maggiore, in modo discreto, finché Peter non ripartì per Castlemaine. A quel punto si concentrò sul ragazzo. William aveva trascorso la giornata al centro di sostegno, dove lavorava come consulente legale, e poi si era incontrato con il cugino Anthony, per cenare in un pub. Mentre cenavano, fu raggiunto da una telefonata che lo informava dell’incidente occorso al padre. William accompagnò Anthony al suo appartamento e si diresse di corsa alla stazione a prendere l’ultimo treno della sera per Bidnold. Harry salì sullo stesso treno e continuò a tenerlo d’occhio da lontano. Poi, nel mezzo della campagna, il treno si era fermato e i passeggeri erano scesi sulla banchina. Occasione quanto mai propizia! Il resto successe in una frazione di secondo. Il convoglio che riprese a muoversi all’improvviso e la mano di Harry che spinse il ragazzo sui binari. Si mise a gridare aiuto come gli altri e poi si dileguò, tranquillamente. Nessuno aveva visto niente. Poteva essere più fortunato di così!

Il La era stato dato, e non si poteva più tornare indietro.


***
Lo so! E' banalotta ... e un po' approssimativa! Purtroppo non posso restituirvi i due minuti che avete perso a leggerla! Sorry!!!

La canzone è ONE WAY TICKET TO HELL dei The Darkness! <3 <3 <3

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Capitolo 7
*** THE KIDS ARE ALRIGHT! ***


7. THE KIDS ARE ALRIGHT!

Con suo fratello Terrence fu molto più semplice, e decisamente meno cruento. Harry si era già trasferito a Castlemaine con la moglie incinta e il figlioletto. Considerò a fondo il fatto che, questa volta, avrebbe potuto utilizzare le sue capacità scientifiche per ottenere i suoi scopi. Da una delle sue piante sintetizzò una sostanza simile alla digitale e la sciolse nel tè di Terrence, provocandogli l’attacco cardiaco che l’uccise. Dopo la dipartita del fratello, Harry si era assicurato, in pratica, perlomeno la gestione della tenuta di famiglia, dato che Thomas, il visconte in carica, detestava formalmente la vita di campagna. Così il fratello minore si occupava della proprietà e delle relative fonti di guadagno, mentre il fratello maggiore sperperava quasi tutto in città.

Ma col passare degli anni il tarlo del pieno possesso dell’eredità Donager tornò a farsi strada nella mente di Harry. Finora era stato tutto anche troppo semplice. Gli sarebbe andata bene anche per l’ennesima volta? Si decise a scoprirlo presto.

Thomas era sempre stato senz'altro il più sgradevole tra tutti i suoi famigliari. Tronfio, arrogante e pieno di sé, non amava mai mostrare debolezze. Infatti, nessuno nella cerchia delle sue frequentazioni, ad esclusione dei parenti più stretti, era a conoscenza dei suoi problemi di allergia. In genere, le sue intolleranze non erano molto pericolose, perciò era necessario potenziare la percentuale di rischio. Thomas pranzava spesso al suo club, così Harry ispezionò con cura il catering di cui il circolo si serviva. Nelle loro preparazioni c’erano diversi componenti ai quali il fratello era allergico. Sarebbe bastato aspettare il momento più opportuno per fargli ingerire un preparato che aveva messo appunto, il quale reagendo con una minima dose sostanza allergica, avrebbe causato effetti letali. Quel pasticcio di granchio al party del club arrivò, per Harry, come la manna dal cielo.

Non finse neanche di piangere per la morte di Thomas, quando invece era, paradossalmente ma sinceramente, affranto per la perdita degli altri famigliari che aveva eliminato. E adesso era così vicino alla meta. C’era soltanto un’ultima pedina tra lui e l’eredità dei Donager.

Liberarsi del giovane e sprovveduto Alexander fu un gioco da ragazzi. Fece recapitare, in forma anonima, una antica pistola da collezione agli amici del ragazzo, confidando nella sua ben nota a tutti passione per le armi di pregio. I compagni di Eton non lo delusero. Colsero al volo l’occasione di regalare la pistola al giovane visconte per celebrare la sua nuova carica. E Alexander ne fu talmente entusiasta da non resistere alla tentazione di giocarci. La rimirò con cura per giorni. La soppesò. Ne annuso l’intenso profumo denso di storia e metallo. Poi, una sera, si decise a provare il grilletto. Al primo tentativo la pistola s’inceppò, così, istintivamente, girò la canna verso di sé per verificare se ci fosse qualche intoppo e premette nuovamente il grilletto. La pistola avrebbe dovuto essere scarica, ma un colpo partì, centrando in pieno il viso di Alexander che rimase ucciso all’istante.

Harry aveva raggiunto finalmente il suo scopo. Il titolo era ormai saldamente nelle sue mani e lì sarebbe rimasto a lungo. Almeno nei suoi piani. Dopotutto lui era Harry Donager. L’unico Harry Donager dopo il capostipite. L’unico realmente degno di ereditare il titolo.

Per un po’ si crogiolò nell’illusione di aver sconfitto la maledizione. Ma la perfida dea si fece viva presto a reclamare il suo dazio. Un ozioso pomeriggio, mentre come d’abitudine trafficava nella sua serra, il suo cervello subì il primo black out. Donager si era risvegliato pochi minuti dopo, steso sul pavimento della serra, con la faccia affondata nel terriccio dei vasi a cui stava lavorando. Nessuno si era accorto di niente, e il visconte si convinse che non ci fosse nulla di cui allarmarsi. Ma gli attacchi cominciarono a moltiplicarsi, accompagnati da frequenti disturbi alla vista e da un costante senso di spossatezza. Essendo uno scienziato piuttosto scrupoloso comprese subito la criticità della sua situazione e contattò il dottor Loder di Bath, oncologo di fama internazionale. E la sua diagnosi fu inesorabile.

Donager non poteva crederci. Aveva trascorso tutti questi anni nella certezza di essere l’unica possibilità di salvezza per la sua stirpe. Aveva causato la morte di cinque innocenti. E non era servito a nulla. Ma non sarebbe stata la maledizione a prendersi la sua vita. E nemmeno quella dei suoi figli. Se era ormai inevitabile che il crudele destino si compisse, sarebbe stata la sua mano a porre fine alla gloriosa dinastia dei Donager.

Poche ore più tardi un’ambulanza portò via il visconte. La drammatica confessione gli aveva inflitto un colpo tremendo, dal quale, nelle già gravi condizioni in cui versava, difficilmente si sarebbe ripreso. Aveva commesso cinque omicidi e attentato per ben quattro volte alla vita di suo figlio, ma non avrebbe pagato per i suoi crimini.

“Non riesco a capire come si possa tentare di uccidere il proprio figlio.” - Commentai una volta rimasta sola con Elias. - “Anche se in preda alle sue ossessioni, il visconte appariva, tutto sommato, una persona piuttosto lucida!”

“Apparenza è proprio la parola giusta, mia cara ragazza.” - Rispose sorridendo il detective. - “Questo caso è stato un mirabile gioco di specchi. Ciascuno degli attori in scena era convinto di conoscere la verità o di saperla nascondere agli altri, ignorando di essere a sua volta vittima di un inganno.”

Elias si fermò davanti alla finestra che dava sul giardino d’ingresso della villa. Reilly Finch stava aiutando i bambini a salire sull’auto che avrebbe seguito l’ambulanza fino all’ospedale della contea. Lady Corinne gli stringeva la mano. Elias ghignò soddisfatto.

“A quali inganni si riferisce?” - Gli domandai incuriosita.

“Andiamo, Vivien!... Non mi dire che non ti sei accorta che il piccolo Terrence non è affatto un Donager a tutti gli effetti.”

Fissai per un attimo il bambino e subito dopo l’uomo seduto in macchina davanti a lui. Si somigliavano, non c’erano dubbi in proposito. - “Terrence è figlio di Finch?”

“Non ti meravigliare, piccola cara! È l'estremo compimento della maledizione dei Donager! Il primo visconte ha ucciso il suo legittimo figlio convinto che non fosse sangue del suo sangue. L’ultimo visconte, invece, ha sterminato l'intera famiglia per proteggere un figlio che non era neanche biologicamente suo!”

***
n.d.a.
That's all! ... Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere ... e un abbraccio forte a CloserToTheEdge (<3)!!!
L'ultima canzone è degli WHO! ... Che ve lo dico a fare???
Baci ... e a presto!

Fannie

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