Give me your lips, and with one kiss we begin.

di FeelingWeird
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I'm ripe with things to say, the words rot and fall away. ***
Capitolo 3: *** Let's make this last forever. ***
Capitolo 4: *** He's a fuckin' weasel, his issues make my mind ache! ***
Capitolo 5: *** We’ll stagger home after midnight! ***
Capitolo 6: *** Did you hear? He fucked her! ***
Capitolo 7: *** This can't be the end. ***
Capitolo 8: *** Everything's gonna be fine. ***
Capitolo 9: *** Even if she falls in love. ***
Capitolo 10: *** Better run. ***
Capitolo 11: *** Full moon, rotten nights. ***
Capitolo 12: *** I need some intervention. ***
Capitolo 13: *** Because when i'm with you, there's nothing i wouldn't do. ***
Capitolo 14: *** The start was something good, but some good things must end. ***
Capitolo 15: *** Stop this pain tonight. ***
Capitolo 16: *** I'm lost without you. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Non fidatevi di quello che dicono in giro sull'amore.
Non è affatto bello, piacevole. Visto da fuori può sembrarlo:
"Oh, guarda che carini quei due. Sicuramente si amano."
dicono, e magari si riempiono di corna.
Il "per sempre felici e contenti" è una gran stronzata.
Non esiste, nessuno può essere veramente felice, in questo mondo.
I problemi devono sempre rovinare tutto.
Arrivano, si mettono comodi e ti sconvolgono la vita.
Spesso la gente si innamora delle persone sbagliate.
E allora si soffre, la persona che tu ami non sa niente. Tu non vuoi dirglielo, non puoi dirglielo.
Per vari motivi:
 
1. Non vuoi rovinare l'amicizia che c'è tra voi.

2. Hai paura che lui smetta di parlarti.

3. Lui vuole un'altra, quindi sicuramente tra voi non potrà mai funzionare.


Nel mio caso, tutti i motivi elencati qua sopra.
E un altro in particolare...quello che azzera veramente tutte le possibilità di stare insieme.
Io e lui siamo parenti.
Sembra uno stupido telefilm di serie B. Eppure è la verità.
Io e Tom siamo cugini. Tom, sì. Thomas Matthew DeLonge.
Il chitarrista dei Blink-182 è mio cugino di terzo grado.
Incredibile no? E' il sogno di parecchi fan. 
Io questo sogno lo vivo. Ma sinceramente, è un incubo.
Siamo parecchio legati, più che cugini ci consideriamo fratelli.
Questo rende il tutto più difficile e doloroso.
Con me parla di qualunque cosa, non abbiamo segreti. 
Quando è giù di morale viene da me, io gli faccio un panino e lui inizia a spiegarmi perché sta male.
Non fraintendetemi, adoro mio cugino. Ma... è proprio questo il problema, è mio cugino.
Mesi fa i suoi abbracci hanno iniziato a fare male. Un dolore atroce.
Come un proiettile, non nel cuore. Quello ti ucciderebbe subito, quindi non soffriresti.
Un punto non letale. La gamba! Ecco, lui ogni volta che mi viene vicino e mi stringe mi spara con una pistola un colpo alla gamba.
Fa' male, la mia gamba sanguina. Ma nessuno fa' qualcosa. Nessuno sa' della mia povera gamba.
Soffro, ma in silenzio. Non posso parlarne.
Sicuramente gli altri scoppierebbero a ridere e andrebbero a spettegolare in giro.
E' così che sono le ragazze qua, a Poway.
La maggior parte sono stronze, oppure le peggiori sono quelle che fingono di essere buone.
E appena ne hanno l'occasione ti pugnalano alle spalle. 
Per questo preferisco parlare con i ragazzi. 
Con Mark e Scott soprattutto. Gli amici di Tom.
Ma questa è un'altra storia.
Non so come fare, non so cosa fare.
Se Cupido esiste allora che si fotta.
Perché diavolo ha colpito me?!
Io sono Helen.
Una ragazza particolare, strana. 
Una ragazza con i capelli blu, un piercing al labbro inferiore sinistro e uno sul naso. Pure i lobi dilatati.
Un maschiaccio, in sostanza. Mi fa schifo tutto quello che in qualche modo possa sembrare femminile.
Vestiti, ballerine, gonne...ma soprattutto tutte le cose rosa, a meno che non siano chitarre o bassi.
Io sono Helen, e l'amore mi ha rovinato la vita.
 
 

Angolo di giulss: 
Questo è un prologo, quindi ovviamente i capitoli saranno più lunghi.
Fatemi sapere che cosa ne pensate, così se vi fa schifo evito di continuarla. c:

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Capitolo 2
*** I'm ripe with things to say, the words rot and fall away. ***


Da quando scappai di casa la mia vita cominciò a fare schifo.
Per quanto adorassi la solitudine mi mancava svegliarmi la mattina con mia sorella che urlava contro mia madre, come una pazza.
La casa in cui abito adesso è lugubre. Sembra quasi che non ci abiti nessuno.
Tranne quando accendo lo stereo e inizio a cantare a squarciagola, fregandomene dei vicini.
Loro iniziano ad urlare, a bestemmiare perché li ho svegliati o robe simili.
Dovrebbero solo ringraziarmi, almeno gli faccio sentire buona musica. Quella mattina mi ero svegliata particolarmente presto.
In realtà ero sempre stata sveglia. I miei pensieri mi tormentavano. Anche se ce n'erano di peggiori il principale era sempre lo stesso: mio cugino.
I ricordi mi tartassavano..Con lui avevo fatto le più grandi stronzate della mia vita.
Mi rimisi a letto e cercai di dormire, scacciando dalla testa i miei pensieri. Mi risvegliai qualche ora dopo.
Aprii leggermente gli occhi e scrutai una figura davanti a me. Ero ancora parecchio stanca, quindi non ci feci tanto caso e mi girai dall'altra parte.
Improvvisamente sentii qualcosa che giocherellava con il mio orecchio. Alzai la mano e alla cieca diedi dei colpetti a quella "cosa" che riconoscei come una mano.
Misi la testa sotto il cuscino. Sentii una risata, che riconobbi subito. Era la risata di Tom.
"Alza quel culo, Hel!"
mi disse prendendo il cuscino che avevo sopra la testa e iniziando a tirarmelo in faccia.
"Vaffanculo Tom, lasciami dormire."
"Non se ne parla."
Aprì la persiana di camera mia, il sole quasi mi accecava. Strizzai gli occhi.
Dopo di che mugugnai mettendomi l'ultimo cuscino rimasto sopra la testa.
Credevo che finalmente mi avesse lasciato in pace. Ma dopo pochi minuti sentii la sua risata, di nuovo.
"Si può sapere che hai da rid..."
Percepii una strana sensazione, di bagnato... e freddo. Mi alzai di colpo e iniziai ad urlare contro Tom, avevo tutti i capelli bagnati. Il pigiama pure.
"Cretino!"
mi incamminai verso il bagno facendo finta di niente.
"Tom! Puoi venire un attimo?"
dissi dopo alcuni minuti. Aprì la porta e con la sistola della doccia lo bagnai, come aveva fatto precedentemente con me.
Cominciò a correre, chiusi l'acqua e lo seguii.
"Torna qui, stronzo!"
lui intanto continuava a ridere. Si avvicinò al frigorifero e prese della coca cola.
"No, Thomas no! La coca cola no!"
la situazione si ribaltò. Ora ero io quella che correva ridendo e lui quello che mi seguiva.
Scivolai su dell'acqua cadendo a terra. A quel punto Tom mi raggiunse.
"Non farlo! No Tom! No!"
Urlavo ridendo, mentre cercavo di scappare. Ma lui mi teneva per una gamba, trascinandomi.
Era una situazione ridicola. Continuavo a ridere, e lui a versarmi il contenuto della bottiglia.
Col passare delle ore la mia casa sembrava essere sotto assedio. Avete presente il casino dopo una festa?
Ecco, la mia casa era in quelle condizioni. C'erano bevande di tutti i generi sul pavimento.
E bottiglie vuote sparse ovunque. Ci ritrovvamo sdraiati per terra. Non ce ne fregava niente dello sporco che c'era, eravamo sfiniti.
Mi girai verso di lui, era così carino. Con quei capelli biondo platino, quasi ridicoli. Ma gli stavano bene, gli davano un certo fascino.
Scossi la testa distogliendo lo sguardo da lui. Mi guardò perplesso, inarcò un sopraciglio e scoppiò a ridere.
"Che c'è?!"
si alzò ed allungò la sua mano verso di me. Mi aggrappai.
"Se mi fai cadere sei morto."
"Sfida accettata."
stavo per alzarmi ma mollò la presa, e così io caddi a terra. La scena tornò quella precendente,
io lo seguivo urlandogli contro le peggio cose mentre lui continuava a ridere sempre più forte.
Era così che ci divertivamo, facendo i cretini.
"Hel, ti dispiace se mi faccio una doccia? Sono tutto appiccicoso!"
disse toccandosi in vari punti del corpo.
"Fai pure."
sorrisi. Intanto andai a lavarmi pure io, nell'altro bagno. Appena ebbi finito Tom era ancora sotto la doccia, così decisi di mettermi a pulire.
Mentre stavo raccogliendo le bottiglie suonò il campanello. Andai immediatamente ad aprire. Erano Scott e Mark, gli amici di Tom.
"Ciao Hel!"
dissero in coro. Li abbracciai strizzandoli con tutta la forza che avevo.
"Ciao cazzoni!"
aggiunsi poi. La finezza non era il mio forte, ma a loro divertiva.
Si affacciarono leggermente e videro tutto il casino che c'era per terra.
"Ma che hai combinato?"
chiese Mark. Risi. Li feci entrare e decisero di darmi una mano a mettere a posto. Nel frattempo arrivò Tom. 
"Oooh, chi si rivede!"
disse Mark.
"Stronzoni! Che ci fate qui?"
si limitò a dire Tom.
"Eravamo andati a casa tua per sapere che fine avessi fatto. Dovevamo vederci un ora fa Tom! E tua madre ci ha detto che eri qui, da Hel."
rivolse lo sguardo verso di me e sorrise.
"Sì, dovevo venire con lei ma... la situazione è degenerata un po'."
disse mettendosi la mano destra dietro la testa. Minuti di silenzio resero quella scena imbarazzante. Ci sedemmo sul divano.
Ci guardavamo, aspettando che qualcuno dicesse qualcosa. Ogni tanto il silenzio era intervallato dalle risate basse di Mark per colpa dei versi che gli faceva
Tom. Le sue solite cretinate.
"Vabbè, allora... usciamo?"
ruppi il silenzio. Tutti annuirono, così ci incamminammo verso l'auto di Scott. Tom e Mark si sedettero nei sedili posteriori, mentre io ero davanti, vicino a Scott.
"Dove andiamo, Scott?"
chiesi.
"Skatepark?"
disse rivolgendosi ai due dietro.
"Sì!"
dissero entusiasti. Mi sarebbe piaciuto un sacco andare in skate, però non ne ero capace. Nessuno lo sapeva, trovavo sempre qualche scusa.
Mentre Scott guidava i due dietro urlavano fuori dal finestrino cose che gli passavano per la testa.
"Sono gaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaay!"
urlò Tom.
"Sto avendo un erezioneeeeeeeee!"
diceva invece Mark. Questo faceva sì che l'attenzione dei passanti fosse rivolta solo su di loro, mentre si giravano per vedere da quale auto provenissero quelle frasi stupide,
alcuni ridevano, altri invece rimanevano seri, e dopo di che continuavano il loro cammino senza dare soddisfazione ai due.
Improvvisamente mi aggiunsi anch'io, ed iniziai ad urlare frasi senza senso. Scott rideva rumorosamente, e con lui anche io.
Finalmente arrivammo a destinazione. I tre scesero con le loro tavole da skate in mano, dirigendosi verso la pista. Io invece, senza farmi notare, rimasi seduta su un muretto, poco distante da essa.
Tom se ne accorse, si fermò e cambiò direzione. Mi stava venendo incontro.
"Fai l'asociale?"
sborbottai qualcosa:
"Non so andare sullo skate."
era questo che ripetevo a Tom, ma lui non capiva. O forse fingeva di non capire.
"Non so andare sullo skate!"
finalmente mi decisi a dire quella frase in modo chiaro. Alzò le spalle.
"Ti insegno io."
Scossi la testa. Lui mi prese per un braccio e cercò di trascinarmi. Io mi tenevo al muretto, e facevo i capricci, come una bimba:
"Nooooo, non voglioooo!"
la sua presa era di gran lunga più forte della mia, così dopo pochi minuti, riuscì a trascinarmi fino alla pista. Questa era a forma di arco.
Era incredibile come i ragazzi oscillavano su quella struttura di cemento come se fosse una cosa semplicissima. Deglutii. Tom mi guardò, e vedendo la mia faccia terrorizzata disse:
"Non preoccuparti, non ti ci mando lassù."
tirai un sospiro di sollievo. Mise la sua tavola per terra e mi fece cenno di salire. Dopo qualche secondo lo feci.
"Tieniti a me, così eviti di sbucciarti le ginocchia e rompere le palle."
"Non preoccuparti."
detta questa frase, partii. Tutto andava bene, sapevo spingermi su una tavola da skate. Ora però sorgeva un problema: c'era un ostacolo davanti a me, quindi avrei dovuto girare.
Il problema era che non sapevo come si facesse:
"Toooom, come cazzo si gira su questo affare?!"
urlai. Lui rise, senza rispondere alla mia domanda. A quel punto persi l'equilibrio e caddi per terra, sbucciandomi così le ginocchia.
Mi rialzai come se niente fosse, ritrovandomi davanti una sagoma che mi squadrò dalla testa ai piedi. Era un ragazzo. Biondo, con gli occhi azzurri. Sembrava Ken, uscito dal mondo delle Barbie.
"Ti sei fatta male?"
mi chiese.
"No."
risposi fredda, cercando di levarmi dai piedi quel ragazzo.
"Devi disinfettarti quelle ferite, sono piuttosto profonde."
Alzai le spalle.
"Vieni."
rimasi ferma.
"Non ne ho bisogno."
dissi scocciata.
"Pff."
disse, e a quel punto mi prese per un braccio portandomi dentro un edificio.
"Siediti lì."
così feci e mi guardai attorno. Mentre lui cercava dell'alcool in uno scaffale.
"Dove siamo?"
chiesi.
"Mio padre è il proprietario della pista da skate, se qualcuno si fa male lo portiamo qui. E' come una specie di infermeria."
Sorrise, girandosi verso di me con la bottiglia dell'alcool in mano.
"Scordatelo, io quello non me lo metto, brucia."
senza nemmeno ascoltarmi prese prima un pezzo di carta per togliere un po' di sangue dalle ferite,
dopo di che un pezzo di cotone dove aggiunse quella roba rosastra e poi lo poggiò prima su un ginocchio e poi sull'altro. Iniziai ad urlare come una pazza, bruciava tantissimo.
"Fai tanto la dura e poi ti disperi per un po' di alcool?"
solo allora stetti zitta. In quel momento entrò Tom nella stanza. Mi guardò perplesso, dopo ciò rivolse lo sguardo al ragazzo davanti a me.
Sembrava che lo conoscesse, quasi che lo odiasse.
"Richard."
aggiunse.
"Thomas."
rispose lui rivolgendo lo sguardo verso mio cugino.
"Che ci fa mia cugina qui?"
"Si era fatta male, così mi sono sentito in dovere di aiutarla."
continuò a medicarmi, nel frattempo discuteva con Tom.
"Lei non te la porterai mai a letto, non gli piacciono le checche come te."
il ragazzo che classificai come Richard scoppiò a ridere.
"Helen, andiamo."
aggiunse Tom. Scesi dal lettino su cui ero seduta e ringraziai Richard, un po' in imbarazzo. Prima di uscire dalla porta lui e Tom si fissarono.
Mio cugino aveva le sopraciglia aggrottate, l'altro invece continuava a ridere. Appena uscimmo Mark e Scott ci vennero incontro:
"Che ci facevi lì dentro, Tom?!"
chiesero perplessi. Lui continuò a camminare velocemente, senza rispondere alla loro domanda. Io indicai le mie ginocchia per far capire cosa fosse successo.
Tom salì sulla pista e cominciò ad oscillare velocemente. Io mi sedetti nuovamente sul muretto, però stavolta non ero sola: Mark e Scott erano seduti vicino a me.
Mark alla mia destra e Scott alla mia sinistra. Mentre con lo sguardo fissavo Tom, parlavo con i due.
"Perché ce l'ha così tanto con quello, Richard? E' successo qualcosa in passato?"
"Ricordi Holly?"
un brivido mi percosse tutto il corpo. Holly era la ex di Tom. Misi le mani in tasca e strinsi i pugni, cercando di non far notare niente. Un sì strozzato uscì dalla mia bocca.
"Ricordi anche che ha tradito Tom, vero?"
girai lo sguardo e mi morsi il labbro talmente forte quasi da farmi male. Odiavo quella ragazza, avrei voluto ucciderla.
Stavolta annuii con la testa, le parole non sarebbero uscite dalla mia bocca.
"Ecco, quello con cui l'ha tradito è lui, Richard."
stetti zitta, per qualche minuto. Ero immersa nei miei pensieri. Pensavo a quanto fosse stupida quella ragazza, per essersi fatta scappare uno come Tom.
Un ragazzo così stupido, ma allo stesso tempo così intelligente. Un ragazzo bello, con un sorriso invidiabile. Un ragazzo perfetto, così, con i suoi difetti.
Non sono mai stata brava con le parole, ma era questo quello che pensavo. Quello che provavo per Tom. Amore? Affetto? Non so, qualcosa di intenso.
Scossi la testa, come ero solita a fare quando i miei pensieri prendevano il sopravvento. Intanto Tom stava tornando verso di noi.
Gli sorrisi, lui nemmeno mi guardò e salì in macchina, con la sua tavola da skate in mano. Ero perplessa. Avevo fatto qualcosa di sbagliato? Scott e Mark risalirono in auto, seguiti da me.
Stavolta c'era silenzio. Nessuno scherzava, nessuno urlava frasi senza senso, nessuno rideva. Era tutto incredibilmente serio. Arrivammo a casa in fretta, Scott e Mark ci salutarono.
Io e Tom entrammo in casa. Lo presi per un braccio:
"Tom, che c'è?!"
"Niente!"
"Ma chi vuoi prendere per il culo. Spiegami perché ce l'hai con me!"
"Io non ce l'ho con te!"
il nostro tono di voce si alzava sempre di più.
"Non dovevi farti aiutare da quel tipo."
la sua voce si fece più bassa. La mia invece si alzava:
"Scusa? Non volevo farmi aiutare. Mi ha portato lì dentro e mi sono fatta medicale. Non perché volessi. Per lui forse. Perché è stato...gentile."
Al suono di quella parola Tom si irrigidì.
"Gentile?! L'ha fatto solo per scoparti!"
"Forse. Ma non importa, è stato gentile! Non devi odiarlo solo perché la tua ex ragazza ci è andata a letto! E' una troia! Che ci vuoi fare?!"
"Smettila. Lei non è una troia."
"Continui a difenderla?! Tom, ti prego. Dimmi che stai scherzando!"
"Io la amo Helen! La amo! La amo da morire! Per me potrebbe riempirmi di corna, una...due...tre volte, che continuerei a fare lo stesso errore! Continuerei ad amarla. A farmi usare, come un giocattolo!"
A quel punto non riuscii più a rispondere. Ero immobile. Sentii solo il suono della porta che sbatte, lui se n'era andato.
Una lacrima scese dal mio viso. Lui l'amava. Quella frase rimbombava nella mia testa. Era la prima volta che io e Tom litigavamo in quel modo, e speravo che sarebbe stata anche l'ultima.
In quel momento sarebbe potuto cadere il mondo. Io sarei rimasta immobile.
Quasi come se quella frase fosse stato un incantesimo, mi avesse paralizzato tutto il corpo. Le lacrime scendevano velocemente.
Aveva premuto un tasto dolente, che mi aveva fatto scoppiare. Il mio respiro si faceva sempre più veloce, e affannato. Non volevo perderlo, non per una cosa simile.
Avrei voluto andare a cercarlo, chiedergli scusa. Ma una cosa, chiamata orgoglio forse, mi teneva per un braccio.
Era molto più potente di me, ed io non riuscivo a vincere contro di lui. Gli avevo detto tutto quello che pensavo, in preda alla rabbia.
La ragazza che ama non sono io. E cosa più importante lo fa soffrire. Era questa la mia rabbia. Andai in camera e accesi lo stereo.
In quel momento mi sentii debole, così debole da non riuscire a reggermi in piedi. Mi lasciai cadere a terra e continuai a piangere. Faceva male, un dolore atroce

 

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Capitolo 3
*** Let's make this last forever. ***


La mattina dopo mi alzai, più stanca del solito.
Anche quella notte non avevo chiuso occhio. Era lunedì, questo voleva significare solo una cosa: dovevo andare a scuola.
Non mi preoccupava tanto il fatto di dover rientrare in quell'edificio, affrontando tutte quelle pettegole delle cheerleaders, le professoresse, la preside.
Quello che mi preoccupava era dover affrontare Tom. Mi vestii velocemente, presi il mio ipod e partii, un po' titubante. Appena arrivata l'intenzione era quella di girarmi e tornare a casa, ma non lo feci.
Entrai dentro. Mi guardai attorno, per vedere se riconoscessi qualche testa bionda, niente. Via libera.
"Stai cercando qualcuno?"
una voce familiare mi fece sobbalzare. Mi girai: era Richard. La checca.
"No, nessuno."
tagliai corto e mi incamminai velocemente verso la mia aula. Lui continuava a seguirmi.
"Potresti smetterla?"
"Perché ce l'hai con me? Non mi sembra di averti fatto niente di male!"
a quel punto sbottai:
"Per colpa tua, carissimo Ken, ho litigato con MIO cugino. La persona più importante della mia vita!"
"Mi chiamo Richard, non Ken."
"Fa lo stesso."
"Potrei sapere che c'entro io con la litigata con il tuo importantissimo cugino?"
a quel punto stetti zitta. In effetti, lui non c'entrava nulla. Era Holly la bastarda. Lui solo il belloccio che voleva divertirsi.
Non sapendo che dire mi voltai, dandogli le spalle e continuai a camminare, sempre più velocemente.
"Vorrei una risposta."
me lo ritrovai di fianco.
"Hai ragione. Non c'entri niente. Adesso lasciami in pace, non voglio fare tardi a lezione."
ma chi volevo prendere in giro? Non me ne fregava assolutamente niente della lezione, volevo solo evitare di parlare con quel "Richard", non lo sopportavo.
Finalmente entrai in classe, mi sedetti al mio solito banco, in fondo a destra, vicino al termosifone, aspettando che la tortura finisse.
Improvvisamente vidi Tom entrare nell'aula, ed avvicinarsi a me. Era ricreazione, la professoressa di inglese probabilmente era andata a prendersi un caffè, quindi la classe era scoperta.
Tutti lo bloccavano per salutarlo, abbracciarlo, fargli i complimenti, come al solito. Oggi però, sembrava di fretta, come se sentisse il bisogno di dirmi qualcosa.
Continuavo a fissarlo, sembravano ore ormai. Eppure non era passato nemmeno un minuto.
"Devo parlarti."
dal tono della sua voce capii che qualcosa non andava. Gli indicai la sedia vicino a me, facendogli cenno di sedersi. Scosse la testa:
"Non qui."
a quel punto mi alzaii, e lo seguii. Mi portò fuori, sul retro del giardino della scuola. Accesi una sigaretta.
Ogni volta che ero nervosa lo facevo. Aiutava. O forse, era solo uno stupido vizio.
"Dimmi."
feci finta di essere tranquilla, ma in realtà non lo ero affatto. Per mia fortuna sapevo fingere piuttosto bene.
Nella mia testa continuavo a pensare a che cosa volesse dirmi, dopo un bel respiro profondo, mi tolse i dubbi:
"So tutto. So che hai una cotta per me. Ma... questa cosa non va bene."
chinai la testa. Ero in imbarazzo. Provai a formulare una frase sensata, ma niente:
"Io...sì, hai ragione. Non volevo...scusa, non..."
non riuscivo a guardarlo in faccia.
"Scusa un cazzo. Credo che sia meglio smettere di vederci."
sbarrai gli occhi. A quel punto alzai lo sguardo, fissandolo dritto negli occhi. Era serio, sembrava quasi deluso. Nel mio sguardo c'era disperazione. Ma a lui non faceva effetto. Non provava pena.
"No, perché?"
"Perché sì..."
stava per andarsene, ma mi aggrappai al suo braccio, non volevo lasciarlo andare, era troppo importante per me:
"Tom! Io ti voglio bene! Sono affezionata a te! Non ce la faccio a..."
mi interruppe:
"E' proprio questo il problema, Helen. Tu sei fin troppo affezionata a me."
Aprii gli occhi, grazie alle risate della mia classe. Tirai un sospiro di sollievo. Era solo un incubo. Non feci in tempo a guardare l'orologio che suonò la campanella. Era l'una.
Questo significava solo una cosa: il pranzo. Mi alzai, dirigendomi verso quel postaccio. Il problema non era solamente la scarsità del cibo.
Ma la confusione, le voci stridule di quelle stupide oche bionde, e soprattutto il fatto che forse -sicuramente- avrei incontrato Tom.
In quell'enorme stanza si poteva notare lo schifo di quella scuola, in tutta la sua bellezza.
C'era il tavolo degli sfigati, quelli che non si caga nessuno, i nerd che non conoscono il significato di "vita sociale", e beati loro.
Almeno se soffrono è per la morte del loro personaggio in Call of Duty, e non per i problemi che si creano con una "vita sociale".
C'era il tavolo dei fighetti, o meglio...le checche, come li definisco io. Stranamente non riconobbi Richard tra le varie teste.
Vestono firmato, portano i capelli come se glieli avessero leccati una mucca, e ti squadrano dalla testa ai piedi se per caso indossi qualcosa proveniente dal mercato del giovedì.
C'era il tavolo delle cheerleaders. Quanto le odiavo. Con quelle gonne. Se non le indossassero sarebbe uguale. Magliette cortissime con il collo a "v" per mettere in mostra il seno, e il fisico.
Le loro risatine stupide. Schifo. E per ultimo, ma non meno importante, c'era il loro tavolo. Il tavolo degli skater, dei punk. Insomma, il tavolo di Tom, e i suoi amici.
Riconobbi subito i capelli viola di Mark, li avrei riconosciuti tra mille. Quelli biondo platino di Tom non li trovavo. Presi un vassoio, dove avrei dovuto mettere da mangiare.
Ma vedendo lo schifo di cibo che davano quel giorno lo rimisi al suo posto. Mi sedetti il più lontano possibile da tutti. Intanto, poco più distante da me, al tavolo delle cheerleaders, continuavano a spettegolare.
Davanti a me, la stupidità fatta in persona si stava dirigendo verso le sue ocamiche. Lei: Holly. Capelli biondi, lunghi e riccioli. Era per questo che si differenziava. Per il resto era uguale a tutte le altre.
Con quello stupido completino da prostituta. Le altre appena la videro urlarono il suo nome in coro. Quelle voci erano fin troppo irritanti. Si sedette e cominciarono a parlare, di discorsi stupidi.
"Holly, ma non te lo fai più quel figo di Richard?!"
la curiosità mi assalì, così continuai ad ascoltare. Avrei dovuto farlo comunque, visto che urlavano, quasi come se a qualcuno interessasse dei loro discorsetti demenziali.
La ricciola incrociò le gambe, dopo di che parlò:
"Ahahahah, Richard!"
detto ciò si avvicinò alle ragazze, e cominciò a parlare più piano, quasi bisbigliando. Riuscii a capire lo stesso quello che disse:
"Mi sono rimessa con Tom!"
"Quel figo di DeLonge? Cosa non mi farei fare da quello!"
queste parole mi irritavano. Avrei voluto andare lì e prenderle a schiaffi, tutte quante.
"Sì, DeLonge! Gli ho detto che è stato Richard a fare tutto, che io non volevo. E c'è cascato, come un cretino! E' pazzo di me."
fece con aria vanitosa. Mentre le altre ochette scoppiarono a ridere. Mi alzai, stavolta l'avrei fatto. Avrei picchiato tutte quelle stupide. Nessuno può sfottere Tom DeLonge in questo modo.
Stavo per farle pentire di quella frase, ma qualcuno mi fermò.
Alzai lo sguardo: Mark. Feci finta di niente:
"Ehy Hoppus, che c'è?"
scoppiò a ridere.
"Non ne vale la pena."
"Mh? Non capisco."
"Andiamo Hel, ho visto come guardavi Holly. Vieni, parliamo un po'."
Lo seguii, avevo bisogno di parlare. Uscì dall'edificio e accese una sigaretta, poi  mi porse il pacchetto:
"Vuoi?"
disse. Ne presi una e lo ringraziai. Mi passò l'accendino e l'accesi, dopo di che incominciammo a parlare.
"La odio quella. Io e Tom abbiamo litigato, per colpa sua."
l'Hoppus fece uscire del fumo dalla sua bocca:
"Lo so."
aggiunse poi.
"Si sono rimessi insieme."
"So anche questo."
rispose prontamente.
"La gallina bionda ha dato la colpa a Richard. Dicendo che lei non voleva. Come ha fatto quel cretino di mio cugino a cascarci?!"
"E' innamorato Hel! Dai, non ti è mai successo?"
chinai la testa, e continuai a fumare.
"No, mai."
dissi. Mi guardò, senza dire niente. Sembrava che sapesse che stessi mentendo, ma non gli desse tanto peso.
"Secondo me dovreste chiarire."
disse dopo poco.
"Vorrei. Ma come?"
"Va' da lui. Chiedigli scusa. Vedrai che ti ascolterà."
"Ci provo."
buttai la sigaretta per terra, e tornai dentro, per cercare Tom. Mi imbattei in Holly, ma non era da sola. Tom era con lei. Si tenevano per mano, come se non fosse successo nulla.
La rabbia mi assaliva. Dallo sguardo di mio cugino capii che non aveva voglia di parlare, non con me. Così li sorpassai ed uscii da quell'edificio, non ce la facevo più a stare lì dentro.
Mi sedetti all'entrata con un nodo allo stomaco. E il rimorso di non aver detto una parola. Intanto arrivò Richard, l'ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento.
"Ehy."
disse.
"Che vuoi?"
"Ancora non hai chiarito con tuo cugino?"
"No. E quella che ti sei portato a letto non fa che peggiorare le cose."
rise.
"So che sono tornati insieme."
"Che culo."
"Non mi interessa, che faccia quello che vuole. Quando me la sono scopata l'ho fatto solo per una scommessa. Non mi potrebbe mai interessare una come lei."
inarcai un sopraciglio, fissandolo, perplessa.
"Forse mi ero fatta delle idee sbagliate su di lui. Infondo sembra una brava persona.
Oh, andiamo Helen! RIcorda quello che ha detto Tom:"Vuole solo portarti a letto!". Giusto, vuole solo portarmi a letto.
Al diavolo Tom! La sua è solo gelosia. E non è nemmeno verso di me. Quindi, fanculo!"
pensavo. 
Almeno una cosa in comune io e Richard l'avevamo: il disgusto verso Holly e le sue amiche.
"A me invece interessa, voglio bene a Tom. E non mi va' giù che un'ochetta come Holly lo usi come un burattino solo quando le fa comodo."
A quel punto qualcuno interruppe la nostra discussione. Di nuovo quei due. Tom mi guardò con le sopraciglia aggrottate, sicuramente perché ero con Richard.
Mi alzai, chiedendo scusa al ragazzo seduto vicino a me ed andai incontro ai due fidanzatini felici.
"Tom! Ti devo parlare!"
si girò Holly, che mi venne incontro:
"Beh, amore, lui non vuole parlarti. Mi dispiace tanto."
disse con quella voce da gallina strozzata. E un sorrisetto compiaciuto sul volto. Stavolta nessuno mi avrebbe fermato. Mark, Richard, n'è tanto meno Tom. L'avrei distrutta quella stupida.
"Ascoltami, oca senza cervello. Non devi fare da portavoce a Tom, deve essere lui a parlarmi. E finché queste parole non usciranno dalla sua bocca, non crederò ad una tua sola sillaba."
Aprì la bocca, come se fosse sorpresa.
"Oca a chi?"
"A te!"
Nel frattempo arrivarono Tom e Richard. E poco dopo tutta la scuola, per vedere che cosa stesse succendendo. Holly mi prese per i capelli, e io cominciai a schiaffeggiarla.
Mentre la folla rideva, urlava il mio nome, e quello di Holly ad intermittenza, come se stessero assistendo ad un incontro di box, Tom e Richard intervennero solo allora, portandoci in posti opposti.
Mentre io e quell' oca continuavamo ad urlarci gli insulti peggiori. Dopo circa cinque minuti Richard mi lasciò.
"La odio! La odio! La odio!"
cominciai a dare calci a tutto quello che mi trovavo davanti.
"Calmati!"
urlò Richard, tenendomi per un braccio.
"Calmarmi?! Come posso calmarmi?!"
a quel punto si avvicinò e mi abbracciò. Rimasi immobile, perché questo gesto?! Era strano, non sapevo esattamente quello che stavo provando. Ero sorpresa, e speravo che quella situazione finisse presto.
Era imbarazzante. Dopo pochi minuti mi lasciò, e vedendo la mia faccia scoppio a ridere.
"Perché mi hai abbracciato?"
chiesi, ancora immobile con gli occhi sbarrati. 
"Per farti calmare, sapevo che ti avrebbe fatto uno strano effetto."
"Non farti strane idee, Ken!"
continuò a ridere.
"Hel, vieni!"
era Mark a parlare. Salutai Richard e andai incontro all'Hoppus, che era insieme a Scott.
"Stavo per andare a prendere i pop corn! Peccato sia finita così, avrei voluto vederti dare una bella lezione a quella!"
Sembrava quasi dispiaciuto. Risi. La mia risata non era del tutto vera, sotto c'era anche un po' di dolore. E la paura che Tom non mi avrebbe perdonato. Mark l'aveva notato, era incredibile come riuscisse a capirmi.
"Tom non è stupido, vedrai che riuscirete a chiarirvi."
era questo che mi stava sussurrando all'orecchio.
"Vuoi un passaggio, Hel?"
intervenne Scott. Annuii con la testa. Entrammo in auto. Arrivammo velocemente a casa mia. Salutai i ragazzi, e appena entrai in casa mi sdraiai sul letto. Dopo pochi minuti mi addormentai.
La pioggia mi svegliò, ormai era notte.
Stavo per accendere lo stereo, quando il suono di una chitarra acustica mi bloccò. Proveniva da fuori. Non ci feci tanto caso, fin quando qualcuno non suonò il campanello. Andai di sotto ad aprire.
Scoppiai a ridere:
"Tom! Ma che ci fai qui!"
improvvisò qualche accordo e cominciò a cantare a squarciagola.


"Scusamiiiiiii. Sono stato un idiotaaaa!"



dalla sua voce capii che era ubriaco. Parecchio anche. Continuai a ridere. Ero felice del suo gesto. Si stava ridicolizzando, e non per Holly. Lo stava facendo solo per me!


"Ti voglio troppo beneeeeeee! Sei come una sorella per meeee! Non voglio litigare per una cosa simileeee! Noooo, maaaai! Oooh Heeelen! Le nostre stronzate non finirannoooo, non ancoraaaa!"



intanto i vicini gli urlavano dietro gli insulti peggiori, ma a lui non importava.
Smise di suonare, e il suo tono di voce calò.


"Perdonami, cugina."



solo allora gli corsi incontro, abbracciandolo più forte che potevo. Le ore successive le passammo a cantare sotto la pioggia canzoncine idiote. Insieme a noi cominciarono a cantare anche i galli, la pioggia si placò.
Solo allora decidemmo di tornare dentro, esausti e bagnati. Tom cominciava a sentire la stanchezza.
"Ti voglio bene, Helen. Davvero."
Furono queste le sue ultime parole, dopo di che mi cadde addosso, con tutto il suo peso. Io cercavo di non ridere, ma era inutile. Era una situazione ridicola.
Gli misi un accappatoio addosso e lo appoggiai delicatamente sul mio letto, come se fosse un bambino.
"Dove vai? Resta qui."
disse tenendomi per un braccio. Mi sdraiai nel letto con lui.
Misi la testa sul suo petto. Da lì potevo sentire i battiti del suo cuore, non so il motivo, ma la cosa mi rilassava.
Avere il suo respiro addosso invece mi causava dei brividi. Intanto mi stringeva a sè con il suo braccio destro.
Per tutto il tempo stetti sveglia, mentre assaporavo quel momento, che sarebbe finito presto.
Forse, non avrei dovuto essere tanto contenta. Lui mi considerava come una sorella, nient'altro. Eppure continuavo a sorridere, come un'idiota.
Non mi importava di quello che sarebbe accaduto dopo, per adesso c'eravamo solo noi due: io e lui. Insieme. Più uniti che mai. Legati da un abbraccio.
Nessuno sarebbe riuscito a separarci.
N'è tanto meno un'ochetta dalle tette grosse.
Ed era questo l'importante.




Angolo di giulss:
Ci tenevo a dirvi che questa storia verrà aggiornata due volte alla settimana, quindi ogni 3-4 giorni. 
Inoltre: grazie! Grazie! Grazie e ancora grazie! Grazie per le visualizzazioni, e per le recensioni. 
Spero che continuerete a seguire questa storia, e che il capitolo vi piaccia! Fatemi sapere! :)

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Capitolo 4
*** He's a fuckin' weasel, his issues make my mind ache! ***


Avete presente quando nei telefilm un ragazzo ed una ragazza dormono insieme?
Avete presente il risveglio?
Tenero, con i due ancora abbracciati. Lui che dice:
"Buongiorno."
e le sorride. Ecco, quello mio e di Tom non è stato così, affatto. Forse perché lui era diverso.
O forse perché non eravamo fidanzati. Comunque mi svegliai. Quello che stavo abbracciando non era più Tom, bensì un cuscino. Aprii gli occhi.
Mi alzai velocemente e lo cercai ovunque. Niente, era sparito. Improvvisamente un senso di vuoto mi pervase. Avrei voluto davvero svegliarmi di fianco a lui.
Scossi la testa, ancora una volta i miei sentimenti per Tom mi stavano assalendo.
Anche quel giorno andai a scuola. Le ore, come al solito, passarono fin troppo lentamente. Non c'era ombra n'è di Tom, n'è di Mark, n'è di Scott. Sembravano essere spariti.
Dopo scuola decisi di andarli a cercare.
Provai allo skate park, a casa di Mark e di Tom, ma niente. Loro non c'erano. Ero preoccupata, provavo a rassicurarmi ma era inutile.
L'ansia mi perseguitava, avevo paura che fosse successo qualcosa alle uniche persone che veramente erano importanti nella mia vita. Mi diressi a casa di Holly.
Ero un po' titubante, odiavo Holly, ma dovevo farlo.
Dovevo sapere se almeno lei sapesse che fine avesse fatto Tom. Appena arrivata esitai prima di suonare il campanello, presi un bel respiro e alla fine lo feci.
Dopo qualche minuto venne ad aprirmi.
"Tu che ci fai qui?"
la sua voce irritante mi fece tirare un altro sospiro.
"Coraggio Helen, lo stai facendo solo per Tom."
continuavo a ripetermi nella testa.
"Sai per caso dov'è Tom?"
cercai di sembrare il più calma ed allo stesso tempo il meno irritata possibile.
"Non so dov'è quello sfigato, e nemmeno mi interessa."
lo disse con così convinzione che a stento riuscii a crederci. Davvero stavamo parlando dello stesso Tom? Credevo si fossero rimessi insieme.
"Non è il momento di riflettere, Helen!"
ogni volta il mio cervello riusciva a svegliarmi da quello stato. Improvvisamente scrutai una figura dietro di lei, era piuttosto alta e grande. Un uomo. Ma che mi importava.
"Oh, va bene."
risposi quasi delusa. Un grazie strozzato uscì dalla mia bocca, dopo di che me ne andai in silenzio. Ero sempre più preoccupata, a stento riuscivo a guidare.
Dove diavolo era finito Tom?!
Andai a casa, con l'intento di sdraiarmi sul letto e accendere lo stereo talmente alto da farmi sanguinare i timpanI. Era così che mi piaceva ascoltare la musica, soprattutto se ero piena di angoscia.
Il campanello suonò, così non potei fare altro che andare ad aprire. Non avevo voglia di vedere nessuno, l'intento di uccidere la persona davanti alla mia porta di ingresso era molto alto. Aprii: Richard. Ero perplessa.
Lui non sapeva dove abitassi, così credevo almeno.
"Oh, ciao! Che ci fai qui?"
sul suo volto si poteva vedere benissimo la tristezza, inarcai un sopraciglio e lo guardai con la testa inclinata:
"Ehy! Che c'è?"
Solo allora si decise a parlare, o meglio a balbettare:
"Sì...emh, ecco...io..."
"Oh andiamo! Sii uomo per una volta."
Prese fiato, e mi guardò:
"Io me ne vado Helen. Questo non è un posto adatto a me. Mi trasferisco in Europa."
Ero sempre più perplessa:
"Cosa?!"
gli domandai.
"Hai capito bene, lascio Poway. Lascio la California. Lascio l'America!"
Non stavo capendo assolutamente nulla, mi sentivo un'idiota. Forse stavano succedendo troppe cose strane:
"Ma perché?"
"Non mi trovo più bene. Volevo salutarti, in fondo anche se ci conosciamo da pochissimo tempo mi sono affezionato a te."
sorrise. Lo abbracciai. Non riuscivo a parlare così speravo di colmare le frasi non dette con quell'abbraccio.
"Beh, se te ne vai...bisogna uscire! Fare un addio un po' figo, insomma! Non possiamo salutarci così. Dobbiamo passare un'ultima serata insieme, non credi?"
dissi poi. Per tutta risposta annuì, convinto.
"Bene, allora...stasera usciamo. Mi vieni a prendere prima di cena? Almeno mi porti al fast food, però paghi tu."
rise:
"Sei una scroccona! Ma va bene così."
detto ciò ci salutammo ed andai un po' a dormire, non perché avessi sonno ma per il semplice motivo che se fossi stata sveglia avrei sicuramente pensato a Tom e non volevo che ciò accadesse.
Mi risvagliai parecchie ore dopo. Era impressionante quanto riuscissi a dormire. Dovevo prepararmi, e in fretta anche. Presto sarebbe arrivato Richard.
Poco dopo suonò il campanello, fortunatamente io ero veloce nel vestirmi quindi appena arrivò ero pronta, pronta per una serata di addio per...un amico. Sì esatto, perché lui in fondo era un amico.
Lo salutai ed andammo al fast food. Appena entrati ci sedemmo in uno dei pochi tavoli liberi e aspettammo che qualcuno venisse a chiederci le ordinazioni.
"Cosa volete?"
"Io un hot dog, con ketchup e maionese!"
risposi.
"Due."
disse subito dopo Richard, sorridendo alla ragazza.
"Da bere?"
"Coca Cola."
dissi io.
"Acqua."
rispose lui.
"Fai schifo, Ken."
"Voglio rimanere leggero."
a quel punto scoppiai a ridere. In fondo non ero scocciata di essere a cena con lui, forse l'avevo veramente giudicato male. Sembrava una brava persona.
Avevo voglia di scusarmi per come mi ero comportata, ma non lo feci. Forse perché ci tenevo ad avere un atteggiamento da "dura", o forse semplicemente perché iniziò lui a parlare.
"Ma...tuo cugino?"
merda. Aveva toccato il mio punto debole, quello a cui cercavo di pensare il meno possibile. Deglutii e feci finta di niente:
"Non so, non l'ho visto oggi."
per fortuna arrivarono gli hot dog che fecero finire quel momento imbarazzante. Mangiammo sporcandoci di maionese e anche di ketchup. Adoravo scherzare come se fossi ancora una bambina.
Anche se questo mi ricordava Tom.
"Basta Helen!"
continuava a ripetermi il cervello.
"Perché così tanta attrazione verso quel ragazzo? E' uno come un altro."
in realtà non era così, lui non era come gli altri. Era diverso, speciale.
Ed era anche mio cugino!
Questo pensiero mi fece immediatamente smettere di pensare a Tom, più o meno. Dovevo solo a divertirmi, con Richard.
Dopo aver pagato uscimmo dal fast food e camminammo per un po' sempre scherzando e parlando di stronzate. Ad un certo punto vidi un parco, incuteva terrore ma c'erano delle altalene.
Il mio sguardo si fissò su quelle due altalene che oscillavano leggermente a causa del vento di quella sera. Richard rivolse lo sguardo alle altalene, dopo di che scosse la testa:
"Non pensarci nemmeno. Quel posto è pieno di drogati."
"Che hai paura?"
lo provocai io. Non rispose, si limitò ad un:
"pff."
Mi aggrappai al suo braccio ed iniziare a piagnucolare, facendo il labbruccio.
"Daiii, daiii!"
dicevo. Dopo qualche minuto cedette e sbuffando si incamminò verso le altalene. Il mio broncio si era trasformato in un sorriso enorme. Salimmo su di esse e iniziammo a dondolare.
Adoravo avere il vento tra i capelli, chiudere gli occhi e immaginare. Immaginare di essere altrove. Mi dava spensieratezza, in quei pochi minuti non pensavo a niente, solo al vento.
Sembrava che parlasse, che tentava di dirmi qualcosa. In realtà c'era qualcun'altro a parlare, oltre al vento. Non era Richard. Aprii gli occhi:
"Hai sentito anche tu?"
a rispondermi fu il suo sguardo, mi guardava perplesso come se avessi detto una stronzata. Mi alzai dall'altalena, dirigendomi verso il luogo da dove proveniva quella voce, o meglio quei versi.
Richard mi seguiva, un po' spaesato. Vidi una casetta, una di quelle dove giocano i bambini. Ero sicura che il rumore provenisse da lì dentro. Mi avvicinai piano piano, facendo il minor rumore possibile.
Dopo di che appoggiai l'orecchio alla porta. Sentii dei gemiti familiari. Il primo sembrava di una ragazza, della mia età circa. L'altro invece era più cupo, di un uomo adulto.
Richard tentò di portarmi via di lì per evitare di fare danni, ma io non gli diedi ascolto. Inizialmente sembrava essere riuscito a convincermi, ma la curiosità era troppo fitta.
Sapevo che lì dentro stava succedendo qualcosa di sbagliato, era un presentimento. Decisi di aprire. Sbarrai gli occhi, lo spettacolo era orribile. Due figure erano una sopra l'altra completamente nude.
Non era questo che mi aveva perplesso, visto che dai gemiti avevo compreso benissimo che cosa stessero facendo. La ragazza sopra a quell'uomo alzò lo sguardo e mi guardò, quasi imbarazzata. Era Holly.
Cercai di scrutare meglio la figura maschile. No, non poteva essere vero.
"Zio?!"
la figura si alzò di scatto e si vestì. Poi cominciò a balbettare, anche lui era in imbarazzo.
"H-Helen?"
"Tu che ci fai qui? Con un adolescente?"
"Non dirlo a Tom, ti prego."
Richard, che era più perplesso di me, vedendo che mi stavo alterando mi prese per un braccio dicendo:
"Dai Hel, andiamo."
lo guardai, dopo ciò mi lasciò. Aveva capito benissimo che non me ne sarei andata. Continuai a guardare il padre di mio cugino, quello che lo aveva lasciato solo per tutti questi anni.
"Mi fai schifo! Ti scopi la ragazza di tuo figlio?!"
abbassò lo sguardo, sembrava dispiaciuto ma io sapevo quanto bene sapesse fingere, così non ci cascai.
"Vergognati! Non osare farti vedere da Tom. Vattene di qui! Fai la cosa giusta, per una buona volta."
Nel frattempo Holly se ne stava andando, ma Richard la seguì. A quel punto il mio presunto zio si avvicinò, sembrava incazzato.
"Non osare dirmi quello che devo fare, stupida ragazzina!"
urlò.
"Io stupida? Qui l'unico stupido sei tu! Sei un cretino. Un bastardo."
stavo per continuare, ma un colpò mi fermò. Era stato lui, il padre di mio cugino mi aveva dato uno schiaffo in faccia. Il dolore era fittissimo. Portava un anello all'indice, quindi anch'esso mi aveva colpito.
Mi misi una mano su una guancia, sconcertata. Stavo per ribattere, per dire qualcosa. Per fare qualcosa. Ma ci pensò Richard. Si mise davanti a me e cominciò a discutere con mio zio:
"Ma come ti permetti?!"
l'altro chinò di nuovo la testa e dopo di che se ne andò. Stavo per corrergli incontro, non avevo ancora finito di liberare tutto il mio odio verso di lui, ma Richard mi fermò. E stavolta gli diedi retta.
Cominciò a guardarmi e ad accarezzarmi la guancia:
"Ti fa tanto male?"
"Nono."
bugia. In realtà faceva malissimo, ma non volevo fare la vittima.
"Richard, scusa...devo parlare con mia zia."
dissi dopo pochi minuti. Lui sorrise:
"Ti ci porto io."
aggiunse. Entrammo nella sua auto e partimmo per casa DeLonge. C'era silenzio, nessuno aveva niente da dire. E nemmeno il coraggio di dire qualcosa.
Quella serata che doveva essere tranquilla e serena stava diventando tormentata. Appena arrivati dissi a Richard di aspettarmi in auto e mi avvicinai al portone di entrata della casa di Tom.
Era semiaperto, così decisi di entrare. Appena dentro stavo per urlare:
"Zia, sono io. Hel!"
ma non lo feci, perché sentii che la madre di Tom stava parlando al telefono con qualcuno.
Odiavo origliare, così decisi di girarmi ed uscire, avrei aspettato fuori qualche minuto e poi sarei rientrata. Ero sul varco della porta, quando la mia attenzione fu richiamata da una frase.
"Si, lo so. Lo so! Lo so, sono stata un'idiota. Ma non possiamo dirlo a Tom, non adesso!"
finalmente uscii. Qualcosa non mi tornava.
Di che cosa stava parlando mia zia? Cos'era che Tom non doveva sapere? Perché era stata un'idiota? Ancora una volta la mia testa era tempestata di domande a cui non sapevo rispondere.
Tornai in auto ancora più confusa.
"Che è successo?"
chiese il guidatore.
"No niente. Non c'è."
"Ti porto a casa."
annunciò. Non aprii bocca. Avevo bisogno di dormire un po' e per quanto mi dispiacesse che la serata si concludesse in quel modo era la cosa giusta.
"E' stato...bello."
finsi un sorriso.
"Grazie, Ken."
"Mi mancherai Helen."
odiavo le scene di addio. L'abbracciai:
"Odio dirlo, ma anche tu mi mancherai idiota."
questa cosa ormai accadeva troppo spesso, ma in fondo non mi dispiaceva. Dovevamo salutarci e sta volta per sempre. Un semplice "Ciao" non sarebbe bastato.
"Stammi bene."
fu così che ci lasciammo. Appena entrata in casa mi sdraiai nel letto, ultimamente io e il mio letto eravamo come due fidanzati. Passavamo la maggior parte del nostro tempo insieme.
Era l'unico che riusciva a capirmi, mi faceva sdraiare su di lui e cadere in un sonno profondo. Mi aiutava. Quella sera però qualcosa non andava. Non era solo colpa del dolore fisico alla guancia.
Rivivevo tutto quello che mi era accaduto quella notte, i ricordi affioravano la mente. Mi tartassavano. Mi uccidevano il sonno, gli sparavano e poi cominciavano ad urlare nella mia testa.
Ad urlare vittoria, erano riusciti ad abbattere il nemico. Continuai a rigirarmi nel letto, fin quando il mio telefono squillò. Appena lessi il nome sobbalzai. Era Tom. Risposi il più velocemente possibile:
"Tom?!"
quasi urlai.
"Sì Hel, sono io. Scusa se sono sparito, io e la band avevamo da fare un concerto fuori città."
tirai un sospiro di sollievo.
"Non preoccuparti."
"Puoi venire a prendermi?"
esitai un po' prima di rispondere.
" S-sì. Certo. Dimmi dove sei."
"Sono sulla spiaggia, tu sai di che spiaggia sto parlando. Devo parlarti urgentemente, è importante."
stavano accadendo troppe cose in troppo poco tempo, avevo paura. Paura che mio zio avesse parlato con mio cugino, che gli avesse detto qualcosa di quello che era successo. Speravo solo di sbagliami.



Angolo di Giuls:
Scusate il ritardo! Non sapevo proprio che scrivere. Spero che questo capitolo vi piaccia, ci ho messo impegno per farlo! :')
Fatemi sapere! 

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Capitolo 5
*** We’ll stagger home after midnight! ***


Mi vestii il più velocemente possibile, dopo di che mi incamminai verso "la spiaggia".
Tom ed io adoravamo quella spiaggia. Era sempre isolata, per chissà quale motivo nessuno ci andava, noi la trovavamo bellissima.
Quella spiaggia ci aveva accompagnato nella nostra infanzia, ogni volta ci ritrovavamo lì. A passaggiare, mentre lasciavamo che la sabbia avvolgesse i nostri piedi.
Arrivai, subito vidi Tom, seduto su un muretto. I suoi soliti pantaloni da skater e un cappellino in testa. Scesi dall'auto e mi diressi verso di lui.
Mi guardò, scrutandomi attentamente. Mi sfiorò una guancia con la sua mano.
"Chi ti ha fatto questo?"
avevo alcuni graffi.
Sapevo chi me li aveva provocati, ma inventai una scusa:
"Sono caduta dallo skate!"
finsi una risata.
"Non ti credo."
disse lui, guardandomi serio.
"Fidati, Tom!"
non rispose. Si incamminò verso la spiaggia, io lo seguii. Iniziammo a camminare per quell'immensa distesa di sabbia, con il vento che mi scompigliava i capelli.
Dopo interminabili minuti di silenzio si decise ad aprire bocca:
"Ti ho fatto venire qui perché ho scoperto una cosa..."
chinò la testa. Distolsi lo sguardo dalla sabbia e guardai lui:
"Tom, qualcosa non va?"
continuava ad avere lo sguardo fisso a terra, la sua voce però sembrava tranquilla. Improvvisamente si fermò, e mi guardò dritto negli occhi:
"Ricordi mio padre?"
Nonostante avessi una tremenda paura che sapesse tutto cercai di nasconderlo.
"Sì."
non riuscii a dire altro.
"Oggi ho parlato con mia madre. Pare che non sia lui il mio vero padre. Dio, Helen. Sto per esplodere, non capisco più un cazzo!"
sbarrai gli occhi. Non sapevo che dire. Dopo una serie di:"oh, uhm, emh, beh", decisamente inappropriati, dalla mia bocca uscì qualcosa di sensato:
"Vuoi provare a cercarlo?"
annuì con la testa.
"Ti aiuto io."
a quel punto mi abbracciò. Merda, quegli abbracci continuavano a farmi uno strano effetto. Un effetto sbagliato.
"Grazie." non risposi, forse perché non riuscivo a parlare, o forse semplicemente perché non avevo niente da dire.
Odiavo essere così cotta di Tom da non riuscire nemmeno a reagire, mi faceva sentire una stupida.
Eppure ogni volta che provavo a sopprimere tutto questo non risolvevo niente. In quel momento qualcuno chiamò Tom: Mark.
"Hoooppus!"
rispose sorridente mio cugino.
"Sìsì, Helen è qui con me. Le ho detto tutto, iniziamo domani."
dopo alcuni secondi continuò:
"Va bene, vieni tu a prenderci allora. A domani!"
Era incredibile quanto l'Hoppus riuscisse a far cambiare umore a mio cugino, si vedeva che quei due erano davvero molto uniti.
In un certo senso li invidiavo, desideravo avere qualcuno a cui dire tutto. Qualcuno che mi desse consigli e che scherzasse con me.
Qualcuno che, però, non fosse mio cugino. Mi guardò in faccia, vedendo che la mia espressione era cambiata:
"Ehy, che c'è?"
Quella voce mi faceva impazzire, avrei voluto dirgli tutto. Tutto quello che provavo. Avrei potuto farlo, avrei dovuto, forse.
Ma non lo feci, avevo paura di perdere l'unica persona importante. Non me lo sarei potuto perdonare.
"Niente Tom, è tutto a posto."
finsi un altro sorriso. L'unica cosa che realmente sapevo fare. Fingere. Fingere di stare bene, fingere di non amare.
"Bene. Allora, domani penseremo a cosa fare. Ora freghiamocene."
annuii. Mi avvicinai al mare, facendo sì che l'acqua mi sfiorasse i piedi, chiusi gli occhi. Respirai profondamente.
Ad un certo punto sentii qualcosa sollevarmi da terra e prendermi come facevano quegli stupidi cavalieri con quelle fighette bionde che chiamavano "principesse".
"CHE CAZZO?!"
urlai. La risata di Tom fece calmare il mio cuore, credo.
In realtà lo fece andare in panico, insieme al mio cervello che, non sapendo come reagire, cominciò anch'esso ad impazzire.
Davanti a me avevo il suo splendido sorriso che illuminava quella tetra notte. I suoi occhi fissi sui miei, anch'essi divertiti.
Essere così stretta a lui mi faceva uno strano effetto, come al solito. Tom cominciò a camminare nell'acqua. Diventò serio:
"Non capisco cos'hai Hel, e nemmeno il perché continui a fingere. Questa cosa mi fa abbastanza incazzare."
intanto sentivo il rumore dell'acqua che toccava le sue caviglie. Continuò dicendo:
"Perciò adesso ti butterò in acqua."
Non feci in tempo a ribattere che mi lanciò, con molta naturalezza. Caddi in acqua. Appena uscii da essa con la testa iniziai ad urlare:
"THOMAS MATTHEW DELONGE. SEI UNA GRAN TESTA DI CAZZO!"
Lui nel frattempo si tuffò e me lo ritrovai davanti.
"Sei proprio un cretino."
mi spruzzò dell'acqua sulla faccia con le mani. Io feci lo stesso. Iniziammo a giocare con l'acqua come dei bambini e dopo un po' di tempo uscimmo.
Tom riprese il suo discorso:
"Sul serio. Voglio che tu mi spieghi, adesso."
feci finta di niente e cominciai a camminare.
"Helen!"
mi ritrovai Tom davanti. Vicino. Talmente vicino da far toccare i nostri nasi. Indietreggiai un pochino, ma lui continuò ad avanzare.
Ad un certo punto dietro di me mi ritrovai l'acqua, quindi mi fermai. Ancora una volta i suoi occhi erano fissi su di me:
"Cosa ti succede?"
ero in panico. Stavolta non sapevo proprio cosa inventarmi, e dirgli tutta la verità era escluso. Aveva già abbastanza problemi per conto suo.
Stetti zitta per qualche minuto, mentre lui continuava a guardarmi con un'aria incredibilmente seria.
"Non c'è niente da spiegare. E' che... mi manca la mia famiglia Tom, tutto qui."
In realtà non era del tutto una bugia, i miei mi mancavano veramente, però diciamo che cercavo solo di pensarci il meno possibile, per non rattristarmi.
Per non ricordarmi che mia madre mi sbattè fuori di casa, la notte del 5 Gennaio.
Ripensandoci mi venivano i brividi, nella mia testa le parole di mia madre rimbombavano come un rumore assordante.
"Tu non sei la figlia che volevo! Non lo sei mai stata! Ho provato ad insegnarti, a farti cambiare, ma ho fallito. Adesso vattene via di qui!"
Faceva sempre male, nonostante fossero passati degli anni. Tom mi abbracciò. Stavolta non mi sentii soffocata, tutt'altro. Mi sentii quasi liberata, al sicuro.
Come se lui potesse proteggermi, aiutarmi. Rendermi felice. Ed in realtà era vero, lui riusciva a fare tutto questo, era inutile continuare a starci male.
Lui teneva a me, ed io a lui. Forse io in modo diverso, ma non era importante.
"Sono qui Helen, non ti lascerò sola."
"Sì...Tom. Nemmeno io."
Quando ci staccammo, nessuno dei due aveva voglia di parlare, o pensare a quanto faccia schifo la vita, volevamo rilassarci, e finire la serata in bellezza.
Mi sedetti per terra, mentre Tom vaneggiava dicendo di aver visto un ufo. Indicava un punto preciso del cielo con il dito indice, mentre diceva:
"Era lì! Era un ufo, ne sono sicuro!"
"Andiamo Tom, non esistono quei cosi."
si girò verso di me, puntandomi il dito contro:
"Un giorno dirai che avevo ragione!"
Era incredibile quanto fosse ossessionato e allo stesso tempo affascinato da quelle strane creature.
"Questi vestiti sono fradici."
disse poi strizzandosi la maglietta.
"Togliteli."
replicai senza nemmeno pensare a quello che stavo dicendo. Non rispose.
"Che c'è DeLonge, per caso ti vergogni?"
lo provocai io.
"Io no Hel, e tu?"
"Nemmeno."
questo non era del tutto vero, in realtà un po' di vergogna l'avevo, ma non potevo di certo dargliela vinta.
"Perfetto."
detto questo, Tom iniziò a spogliarsi, il più velocemente possibile. Nel frattempo scoppiai a ridere come un'idiota. Quando ebbe finito ricominciò:
"Su, adesso sta a te."
esitai un pochino, ma alla fine me ne fregai e cominciai anche io a spogliarmi. Lui mi guardava perplesso, con la testa leggermente inclinata a destra.
"Che c'è?"
gli chiesi, un po' in imbarazzo.
"No, niente. A parte che, beh...hai una tetta più grossa dell'altra."
chinai la testa per guardare meglio il mio seno:
"No, non è vero."
risposi, imbarazzata. La sua risata mi fece alzare gli occhi, si stava incamminando verso di me.
"Sei pronta?"
mi chiese.
"Per fare cosa?"
fu allora che si mise a correre, fino ad uscire dalla spiaggia e tornare in strada.
"Andiamo, muovi quel culo!"
mi urlò. Gli corsi incontro, dopo di che continuammo così fino ad arrivare a casa.
Urlavamo cose stupide mentre correvamo completamente nudi, era così che ci divertivamo. Facendo gli idioti.
La poca gente che trovammo ci squadrò dalla testa ai piedi, ci guardavano come se fossimo dei pazzi. Ma a noi non importava.
Arrivammo a casa mia, decisi di farmi una doccia calda. Appena ebbi finito mi ritrovai Tom sul mio letto.
"Tom, sei ancora nudo."
"Sì, lo so."
rispose con tranquillità, continuando a guardare la tv. Mi vestii, facendo finta di niente. Dopo di che mi misi nel letto, sotto le coperte.
Dopo un ora, almeno credo, sentii mio cugino spegnere la tv. Dopo di che, alcuni passi, ed infine, le sue labbra calde sulla mia fronte.
Aprii gli occhi e sfoggiai un enorme sorriso, senza farmi vedere. Non sapevo il perché di quel gesto, ma mi aveva rallegrato. Poi li richiusi.
La mattina dopo tutto sembrava filare liscio, io e il mio cugino biondo ossigenato stavamo facendo colazione, felici e vestiti. Per mia fortuna.
All'improvviso qualcuno suonò alla porta, eravamo sicuri di sapere chi fosse: Mark. Tom andò ad aprire.
Riconobbi la voce soave dell'Hoppus, così mi alzai e lo salutai anche io.
"Allora, pronti per partire?"
chiese. Io e Tom annuimmo, dopo di che uscimmo.
"Mark ma...la tua auto?"
dissi, perplessa.
"Auto? Pfff! Helen, saluta James."
disse accarezzando un furgone. Un po' più grosso di un auto, ma non eccessivamente. Sopra c'era scritto:"Blink-182", il nome della loro band, con una bomboletta.
"Quanto sei bello, Jimmy!"
urlò Tom andando incontro al furgone con le braccia aperte. Scoppiai a ridere:
"E' solo un furgone!"
dissi poi. Entrambi si girarono di colpo, e mi guardarono con uno sguardo omicida. Sbarrai gli occhi e correndo salii su quel coso che tanto amavano.
Dopo poco loro fecero lo stesso. "Bene, prima tappa?" chiese Mark, seduto al posto di guida.
"Proviamo ad andare a casa mia, magari riusciamo a trovare qualcosa su mio padre."
disse Tom. Mi sentivo come dentro un film, Tom, Mark ed io eravamo degli investigatori fighi che dovevano risolvere un caso.
Mi immaginai una nostra sigla personale, altrettanto figa. Arrivammo dopo poco, così smisi di navigare con la fantasia e tornai alla realtà. Il piano era questo:
io avrei distratto mia zia, mentre Tom e Mark, infiltrandosi da una porta sul retro, avrebbero cercato qualcosa che potesse essere in qualche modo utile.
Suonai, dopo poco tempo mi aprì la porta mamma DeLonge.
"Ciao zia!"
le dissi sorridente.
"Heeeeeel!"
rispose lei, abbracciandomi. Nel frattempo Tom e Mark erano dietro che facevano gli idioti, nascondendosi dietro ogni oggetto e rotolando per terra.
Fortunatamente riuscii a trattenermi e non risi.
"Che ci fai qui?"
mi chiese mia zia.
"Uhm, sono venuta a....preeendere dei vest..."
stavo per finire la frase, ma Tom e Mark continuarono a fare cenno di no, sia con la testa che con il dito indice. Mi indicarono la cucina.
"Prendere dei biscotti!"
dissi alla fine. Tom si poggiò una mano sul viso, e scosse la testa. Credo stesse a significare che la mia richiesta non era molto azzeccata,
almeno avevo capito che non ero brava ad inventarmi delle scuse. Intanto loro iniziarono a cercare. Mia zia mi guardò un po' perplessa:
"Biscotti?"
"Sì zia, Tom è rimasto da me ieri e rompe le palle perché vuole i biscotti che hai tu, i miei non gli piacciono."
mi chiedevo che cosa stessi dicendo. Non riuscivo a convincere me stessa, figuriamoci una persona molto più intelligente. Mia zia rise, dopo di che mi accompagnò in cucina.
Aprì la dispensa e disse:
"Ecco, scegli quelli che vuoi."
Un ombra mi fece distogliere lo sguardo dai biscotti: Mark. Tentava di dirmi qualcosa, ma non capivo. Faceva gesti strani, si toccava la pancia, poi faceva smorfie.
Apriva la bocca e la indicava. Lo guardai con le sopracciglia aggrottate, così mi indicò la dispensa. Solo allora capii. Presi un pacco di biscotti, ma Mark mi guardò schifato.
Dopo vari tentavi riuscii ad azzeccare i suoi gusti, poi sparì di nuovo.
"Zia, ho bisogno di un consiglio."
dissi, cercando di prendere tempo.
"Dimmi tutto cara."
"Mi vedi più per il nuoto o la pallavolo?"
furono le prime due cose che mi vennero in mente.
"Pallavolo, decisamente!"
A quel punto spuntò Tom da dietro, che mi guardò perplesso, fece una risata muta e poi mi fece cenno di andare via.
"Perfetto, grazie mille. Allora ci vediamo poi!"
"Va bene Hel, vieni quando vuoi!"
uscii dalla porta. Vidi Tom e Mark venirmi incontro.
"Zia, ma...mi vedi più per il nuoto o la pallavolo?"
disse Tom con una vocina che doveva assomigliare alla mia, facendo dei gesti stupidi con le mani, Mark intanto rideva.
"Smettetela di prendermi per il culo, stronzi!"
dissi, anch'io ridendo.
"Cos'avete trovato?"
chiesi, mentre ci incamminavamo verso il furgone.
"Lettere, dovremmo farci dei bei giretti. Ci sono diversi posti. Dove vogliamo andare per primo?"
disse Mark.
"Las Vegas! Ragazze, alcool e poker!"
rispose entusiasmo Tom.
"LAS VEGAS ARRIVIAMO!"
ripetè Mark. Io mi limitai a ridere, e prendendo a braccetto sia Tom che Mark dissi:
"Ci sarà da divertirsi."


Angolo di giulss:
Sì, lo so. Sono una brutta persona. Vi chiedo scusa, per l'ennesima volta, per aver messo il capitolo in ritardo. 
E' stato un periodo difficile, e ho preso anche parecchie volte l'influenza. Ma fa niente, sono tornata(?)
E che culo, direte voi. Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono le mie stronzate e quelli che recensiscono.
Grazie mille. Spero che il capitolo vi piaccia! :3

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Capitolo 6
*** Did you hear? He fucked her! ***


Stranamente riuscii ad addormentarmi in quello scomodissimo furgone. Trovare una posizione comoda, far finta di non sentire gli sghignazzi di Tom e Mark e non svegliarsi ad ogni solco in cui cadeva quel "veicolo" fu un'impresa. Ricordo che sbattei parecchie volte contro oggetti e pareti, per via delle curve. Almeno avevo capito che l'Hoppus non sapeva guidare. Dormii un bel po' di ore, almeno credo, dopo di che la voce di Tom mi svegliò. Sembravano tutti e due entusiasti. Mi stiracchiai sbadigliando e dopo di che chiesi:
"Che ore sono?"
Mark guardò il suo orologio:
"Sono le otto e mezza!"
rispose poi.
"Ho fame."
disse Tom massaggiandosi la pancia. Non era una novità, nonostante fosse magro quel ragazzo era un pozzo senza fondo, mangiava sempre, e non prendeva un etto. Scendemmo dal furgone, mi guardai attorno, potevo già osservare la grandezza e la maestosità di quella città. Il conosciutissimo cartello lampeggiava ad intermittenza.
 
"Welcome to Fabulous LAS VEGAS."
 
 pur non avendo ancora visto niente, concordavo con quella scritta. Sembrava davvero favolosa. Essendo già sera la città era molto illuminata dalle varie luci dei palazzi e dei locali. Grida e risate provenivano da tutte le parti. Le strade erano molto trafficate e spesso il rumore dei clacson delle auto si univa al tremendo casino che già c'era. Rimasi a bocca aperta e con gli occhi spalancati:
"A-allora, dove vogliamo andare a mangiare?"
dissi, alzando un po' la voce per farmi sentire.
"Nooon ne ho idea..."
dissero in coro i due, sempre colpiti dalla bellezza di quella città. Iniziammo a camminare, alla ricerca di un posto che non fosse troppo affollato. Le nostre teste continuavano a muoversi a destra e a sinistra, dopo vari minuti spesi in questo modo, scrutai un locale piuttosto piccolo, dalle finestre si poteva vedere che non era affollato, così decidemmo di entrarci.
"Buonasera!"
disse sorridente la ragazza che stava dietro al balcone. Tom le fece l'occhiolino, subito dopo questa diventò rossa come un pomodoro. Pff, mio cugino. Faceva questo effetto a tutte le ragazze, e in realtà...perfino a me.
"Salve!"
rispose Mark, sfoggiando un enorme sorriso.
"Prego, accomodatevi pure lì!"
disse la ragazza indicando un tavolo vuoto, alternando lo sguardo su Tom e Mark. Ridicola. Forse questa potrebbe sembrare gelosia, ma in realtà odiavo solo non essere presa in considerazione. E magari un po' di gelosia c'era anche. Sì, sicuramente. Mi sedetti, Mark e Tom scoppiarono a ridere, credo che avessero notato che ero scocciata. Dopo nemmeno un minuto la solita ragazza arrivò a prendere le ordinazioni:
"Cosa volete ordinare?"
disse, continuando a guardare i due con il sorriso stampato in faccia.
"Ci sono anche io!"
le dissi alzando le leggermente la voce. Tom e Mark continuarono a ridere.
"Oh, scusa."
mi disse con tanta naturalezza.
"Io voglio un hot dog."
risposi poi, sempre scocciata.
"due hot dog!"
continuò Mark.
"Tre!"
finì Tom.
"Okay, e da bere?"
"Birra!"
risposimo in coro io e mio cugino, Mark scosse la testa, quasi schifato.
"Io prendo del vino!"
concluse. La ragazza finì di scrivere le ordinazioni e tornò alla sua postazione iniziale.
"Carina quella!"
disse subito dopo Mark al suo amicone, che non sembrava molto d'accordo e alzando le spalle disse:
"Niente di che, giusto una botta e via."
All'inizio feci finta di niente, poi replicai:
"Troppo moscia! Sembrava che non vedesse un uomo da almeno due anni."
Mark sghignazzò:
"Te la sei presa perché non ti ha cagato per quasi tutto il tempo?"
"E' comprensibile, siamo così belli Hoppus."
rispose mio cugino. Non dissi niente, mi limitai a sorridere. Dopo poco arrivarono i nostri hot dog, e senza parlare molto li mangiammo. Appena finimmo, Tom disse di volerne un altro, e ovviamente la ragazza disse
"Certo!"
come si fa a non dire di no a Tom DeLonge. Dopo che ebbe finito pagammo, e finalmente uscimmo da quel locale. Non era male, ma il fatto che quella ragazza continuasse a mangiare con gli occhi mio cugino mi dava parecchio fastidio. Ci incamminammo alla ricerca di un hotel econimico dove passare la notte. Trovarlo a Las Vegas fu piuttosto complicato, ma alla fine ci riuscimmo. La nostra stanza non era spaziosa, n'è tantomeno molto accogliente, ma ci adattammo. Dopo aver posato la nostra roba decidemmo di andare al casinò, dopotutto eravamo a Las Vegas, non potevamo non visitare il suo casinò. Dopo aver chiesto varie indicazioni lo trovammo. Un enorme edificio a chissà quanti piani si estendeva davanti a noi. Come tutti gli altri era illuminato dalle luci interne al palazzo, e anche da altre fonti di luce in più, che provenivano dall'esterno. Entrammo il più velocemente possibile. Tantissimi tavoli da poker e roulette ci circondavano. Una in particolare attirò l'attenzione di Tom:"la roulette alcolica." Come al solito. Tom e la sua "passione" per gli alcolici. Con gli occhi che quasi luccicavano si diresse verso di essa. Questo non prometteva nulla di buono, solitamente quando Tom si ubriacava alla fine succedevano dei danni, ma non volevo fare la guasta feste e Mark nemmeno. Mi girai verso di lui e sorrisi, pensando che nemmeno lui volesse fare quello stupido gioco. Non appena rigirai la testa, lo vidi andare incontro a Tom, mi scappò una risata. Magari stavolta non sarebbe successo nulla, lo speravo. Mark mi fece cenno di andare verso di loro, ma scossi la testa. Mi sedetti in un posto poco lontano dalla roulette dove potevo osservare benissimo quello che stavano facendo i due. Per più di venti minuti non successe nulla di interessante, Tom prendeva il bicchierino, se lo portava alla bocca e buttava giù il contenuto, come se fosse acqua. Mark faceva lo stesso. Improvvisamente una voce mi fece distogliere lo sguardo dai due.
"Non stanno facendo niente di straordinario."
quella voce... sapevo di chi fosse: Richard! Lo guardai perplesso, sorridendo:
"Che ci fai qui?!"
"Ci lavoro."
rispose con un altrettanto sorriso.
"Tu piuttosto che ci fai qui?"
continuò. Indicai Tom e Mark:
"Mi hanno costretta."
aggiunsi poi. Odiavo mentire, ma non credevo che Tom sarebbe stato tanto d'accordo se avessi detto a Richard la verità, anzi ne ero sicura. Rise.
"Come te la passi?"
gli chiesi. Non fece in tempo a rispondermi che arrivò Tom.
"Cosa ci fai qui?"
chiese, indicando Richard. La serata avrebbe già dovuto concludersi lì, Tom era ubriaco. Cercai di portarlo via, ma mi diede una spinta. Fortuna che Mark arrivò in tempo, ed evitò di farmi cadere per terra. Alzai la testa per guardarlo, lo ringraziai. Sfoggiò un leggero sorriso. Certe volte, come in quel momento, mi veniva da pensare:
"Helen, perché non Mark? Perché Tom?!"
domande a cui non sapevo dare risposta. Certo Mark era un bel ragazzo, gentile, dolce...ma non era Tom. Credo che Tom fosse decisamente l'opposto di Mark, ma solo in pubblico. Sapevo perfettamente che in intimità fosse una brava persona.
"Ma che cazzo fai?"
disse Richard. Tom non rispose, si girò verso di me e simulò uno:
"Scusa"
con le labbra. Per tutta risposta gli sorrisi, mi avvicinai a lui e gli sussurrai nell'orecchio:
"Andiamo via, Tom."
annuì con la testa, fece cenno a Mark di andare via e si diressero verso la porta. Io rimasi un paio di minuti con Richard:
"E' stato bello vederti!"
sorrisi e quando stavo per andarmene mi abbracciò. Ricambiai, anche se mi sentivo leggermente strana. Non sapevo esattamente quello che stavo provando, solo che non era spiacevole. Con la coda nell'occhio vidi Tom che ci stava guardando, pur non vedendo la sua espressione sapevo che non era molto felice. Mi staccai, e dopo averlo salutato un'ennesima volta, andai incontro a Tom che, come immaginavo, non era affatto contento.
"Odio quel tizio, ti mangia con gli occhi."
mi disse con le sopracciglia aggrottate, mentre ci dirigevamo fuori dal casinò. Ero abbastanza perplessa, cosa gliene fregava a lui se piacevo a Richard? Per caso mi aveva scambiato per Holly? E poi...non potevo piacere a Richard! Scossi la testa:
"Non mi mangia con gli occhi Tom, è solo un amico."
Mark nel frattempo si avvicinò a me:
"E' la sera giusta, Helen. Stasera accadrà."
mi sussurò nell'orecchio. Lo guardai con un sopracciglio inarcato, lui come risposta mi fece l'occhiolino e un altro dei suoi sorrisoni. Continuammo a camminare per un po' di minuti, fin quando Mark e Tom si fermarono e fissarono qualcosa con gli occhi che luccivano. Mi girai per guardare che cosa fosse giunto alla loro attenzione. La scritta "Strip Club" davanti a noi era piuttosto evidente. No, che schifo. Non sarei mai entrata in un locale del genere. Scossi la testa:
"Potete anche scordarvelo."
nemmeno dieci minuti dopo riuscirono a trascinarmi dentro quell'orrido posto. Musica altrettanto orribile e incredibilmente alta rimbombava nella mia testa. Ragazze seminude ovunque, due si stavano avvicinando a noi. Indietreggiai di qualche passo per tentare di sgattaiolare via da lì, ma Mark e Tom mi videro e mi ritrascinarono vicino a loro. Perché dovevo assistere anche io? Inventai una scusa e mi diressi verso il bagno. Mi guardai un po' allo specchio, non era una cosa che facevo spesso. Una stupida ragazza che cercava di farsi vedere dura, semplicemente avendo piercing e capelli blu, ecco quello che vedevo. Tutta scena. Un rumore mi fece distogliere lo sguardo dallo specchio, Tom. Barcollava a destra e a sinistra con un ghigno sul viso. Mi scoppiò una risata, dopo di che andai incontro ad aiutarlo:
"Tom! Che ci fai qui? E' il bagno delle donne."
continuò a sorridere:
"Ho sbagliato."
era evidente che avesse bevuto ancora. Si girò e fece qualche passo, poi dopo essersi fermato tornò indietro.
"Anzi no, cercavo te."
"Beh? Dimmi."  
"Uh? Ah, sì."
balbettò.
"Volevo...volevo dirti che...Volevo dirti che non riesco a staccare Mark da una donna, ma è brutta. Quindi lui non la vuole."
continuai a ridere:
"Ho capito. Arrivo ad aiutarti."
mi guardai un'ultima volta allo specchio, pensando che forse era giunto il momento di cambiare qualcosa. Alla fine scossi la testa e andai ad aiutare mio cugino. Tom mi indicò il punto dov'era Mark e in effetti non sembrava molto contento che quella donna lo stesse..."seducendo". Continuava a fare cenno di no con la testa, ogni volta che la donna si girava la guardava schifata e quando si ritrovava il suo viso, e non qualcos'altro, davanti smorzava un sorriso. Era una scena abbastanza ridicola; andai incontro ai due. Ad ogni passo la donna mi sembrava sempre più familiare. Continuai ad avanzare lentamente, fin quando non riuscii a riconoscerla. Rimasi bloccata, con gli occhi spalancati. Non riuscivo a muovermi, non era possibile. Non poteva essere lei. Il cuore incominciò a battermi all'impazzata, il respiro si faceva più veloce, le lacrime imprecavano di uscire. La stessa donna che mi sbattè fuori di casa anni fa, era la stessa donna che stava seducendo il mio amico: era mia madre. Non feci niente fin quando non mi vide, la sua espressione cambiò. Allora non riuscii più a trattenermi, corsi via da quel posto. Appena trovai una panchina non troppo lontana mi sedetti, una strana sensazione mi stava assalendo. Ansia, terribile ansia. Giramenti di testa, freddo. Mi sentivo oppressa, rinchiusa dentro una stanza minuscola al buio. Una stanza fredda. Continuavo a rivedere la stessa scena, per minuti interi. Finiva e ripartiva. Non sapevo come fermarla, nessun tasto riusciva a fermarla.
"Helen! Helen!"
la voce di Tom arrivava al mio orecchio quasi perfettamente, ma non riuscivo a rispondere. Mi trovò piuttosto facilmente, nonostante le sue condizioni. Mi strinse forte in un abbraccio, un abbraccio che riuscì a farmi reagire. Piansi, continuandolo a stringere il più forte che potevo. Passarono i minuti, riuscii a calmarmi. Feci un bel respiro profondo e solo allora sentii il suo profumo, un profumo che non avevo mai notato, mi rilassava.
"Torniamo in hotel."
disse, staccandosi da me. Annuii con la testa. Ci incamminammo verso l'hotel che non era molto distante.
"Mark?"
chiesi dopo vari minuti di silenzio decisamente imbarazzante. Sghignazzò:
"Ha conosciuto una bionda, stasera non torna."
Per tutto il resto del tempo Tom parlò a vanvera, io lo ascoltai poco, ero ancora immersa nei miei pensieri. E poi era ubriaco, stava dicendo solo stronzate. Arrivammo in hotel, decisi di sdraiarmi su uno dei due letti, scelsi quello più grande, da una piazza e mezzo. Poco dopo Tom mi seguì. Incominciò ad accarezzarmi i capelli, improvvisamente mi alzai di scatto, lui fece lo stesso e mi venne incontro. Vicino. Vicino. Sempre più vicino, tanto da ritrovarmi con la schiena appoggiata al muro.
"Non posso accarezzarti i capelli?"
la sua voce era diversa, mi sembrava più sexy del solito. Il suo respiro addosso mi faceva venire i brividi. Ci stavamo guardando negli occhi, quei suoi bellissimi occhi marroni mi fissavano, anche loro sembravano più belli. Posò le sue mani sul muro, di modo che fossi bloccata, poi iniziò a baciarmi sul collo. Stavo già provando un enorme piacere e credo che Tom lo sapesse. Tantissimi brividi correvano su e giù per la mia schiena, veloci come saette. Non sapevo esattamente perché stava accadendo questo, in realtà non sapevo che cosa stesse accadendo, ma non opposi resistenza. Passò alla bocca, e solo allora capii cosa mi ero persa in tutti quei mesi. Le sue labbra, avevano un sapore così buono, nonostante fosse mischiato a tutto l'alcol che si era bevuto quella sera. Non mi dava fastidio, tutt'altro. In quel momento la mia mente si liberò completamente, non riuscivo a pensare a niente. Ci buttammo sul letto, lui era sopra di me. Mi guardò con un altro dei suoi sorrisi. Sapevo cosa stava aspettando. Cominciai a levargli i pantaloni, velocemente passai alla maglia. Lui fece lo stesso con me. Lanciammo i vestiti con molta naturalezza. Alzai leggermente la schiena per far sì che Tom riuscisse a slacciarmi il reggiseno. Essere toccata così intimamente mi dava uno strano effetto, non di certo negativo. Solo strano. Sapevo perfettamente che la mattina dopo me ne sarei pentita, ma non mi importava. Il suo corpo nudo sul mio continuava a farmi venire i brividi, adoravo quella sensazione. Senza pensarci troppo Tom entrò dentro di me con un colpo secco e deciso. Un dolore atroce mi stava assalendo, continuò a spingere, senza farci troppo caso. Dopo varie volte iniziava a diventare piacevole, molto piacevole. Iniziavano a volare i gemiti, riempivano quella stanza che fino a poco tempo fa era totalmente vuota e noiosa. Si fecero più forti, Tom continuava a baciarmi ovunque, io ad urlare il suo nome. I nostri respiri si mischiavano a tutti gli altri rumori, ero eccitata. Spinsi Tom nell'altro lato del letto e gli salii sopra. Sorrise. Continuai a baciarlo, avrei voluto non smettere più. I nostri corpi si muovevano come vermi. Incominciai ad accarezzargli i capelli, quasi tirandoglieli. Il suo respiro era vicinissimo al mio orecchio, sentii l'ennesimo brivido. Iniziò ad accarezzarmi, arrivò fino ai fianchi, dopo di che si fermò e strinse leggermente. Il mio respiro era sempre più affannato. Un ultimo gemito più alto si fece sentire, avevamo finito. Appoggiai la testa sul suo petto, sentivo il suo cuore battere fortissimo. I nostri respiri erano in sincronia, ancora agitati. Scesi dal petto di Tom e mi sdraiai vicino a lui, entrambi eravamo sotto le coperte. Lo guardai per un paio di minuti, aveva gli occhi chiusi e il respiro piano piano cominciava a regolarizzarsi. Appoggiò la sua mano sulla mia spalla e mi fece aderire ancora di più al suo corpo. Quando ormai credevo che dormisse chiusi gli occhi.
"Finalmente sei mia."
una frase sussurrata che riuscii a percepire benissimo. Ci addormentammo così, abbracciati.

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Capitolo 7
*** This can't be the end. ***


Risvegli improbabili? Tutto normalissimo se la sera prima sei stata con Tom DeLonge. Aprii gli occhi, e dopo aver realizzato che quello che era successo non era un sogno, girai la testa verso la mia destra. La larga figura di Tom era sparita. Dopo essermi levata le coperte di dosso mi alzai, sempre un po' addormentata. Cercai alla cieca una maglietta da infilarmi, forse non tanto alla cieca. Sul pavimento mi balzò agli occhi una larga ed arancione maglia della Hurley. Senza pensarci due volte la presi e me la infilai. Il suo profumo poteva sentirsi benissimo. Un odore strano, non saprei definirlo. L'odore di Tom, quell'odore che riusciva a tranquillizzarmi in ogni circostanza. Scesi giù in cucina, con il sorriso stampato in faccia per affrontare quella che credevo sarebbe stata una magnifica giornata.
"Il buongiorno si vede dal mattino."
dicevano. Un Tom ancora in boxer era davanti a me che fissava chissa cosa.
"Russi parecchio, Helen. Non mi hai fatto chiudere occhio."
si girò di scatto. La sua voce era strana, e dopo questa frase non riuscii a trattenermi dall'arrossire. Balbettai qualcosa di incomprensibile, e uno:
"Scusa"
ancora in imbarazzo. Tom abbozzò un sorriso che, non so per quale motivo, mi fece arrossire ancora di più.
"Ti sta bene la mia maglietta, comunque."
"Sta molto meglio a me che a te!"
"Vero. Vuoi la colazione, Hel?"
annuii con la testa e mi sedetti sulla prima sedia che trovai. Tutto sembrava procedere per il meglio. Avevo fatto sesso con mio cugino, sicuramente avrei dovuto avere i sensi di colpa, eppure provavo tutto il contrario. Immensa gioia. Lo guardavo intensamente, mentre mi preparava la colazione. Sembrava un po' rigido, ma credevo che un po' di imbarazzo fosse normale. Insomma, l'avevo anch'io. I miei pensieri stavano per prendere il sopravvento ma qualcosa mi fermò: la mia colazione. Uova con bacon, il tutto un po' bruciacchiato ma non mi importava. Assaggiai il primo boccone. Era qualcosa di rivoltante, lo stesso Tom davanti a me sputò quello che aveva in bocca:
"Fa schifo."
e si allontanò il piatto da davanti. Feci finta di niente e continuai a mangiare quell'orrido pasto, un po' perché non volevo farlo rimanere male e un po' anche perché non avevo assolutamente voglia di cucinare. Finii il pasto e mi diressi verso Tom, schioccandogli un bacio sulla guancia:
"Grazie per la colazione."
abbozzai un sorriso, dopo di che presi i piatti sporchi e, dopo aver buttato i resti di Tom, li misi nell'acquaio. Lui nel frattempo si era seduto sul divano in salotto a vedere la televisione, cosa che avevo intuito dai rumori. Mi sedetti vicino a lui. Stava guardando un programma che parlava di alieni, quindi ovviamente era come se io non esistessi, in quel momento c'erano solo quelle creature verdoline. Evitai i commenti, solo dopo una buona mezz'ora cercai sue attenzioni. Mi avvicinai di più a lui e poggiai la mia testa sul suo petto. Notai che subito Tom si irrigidì.
"Ho freddo, Tom..."
sussurrai. Si alzò di scatto:
"Vado a prenderti una coperta."
Tornò dopo poco con essa e me la porse, ancora piegata. La presi, e me la misi, facendo finta di niente. Qualcosa non mi tornava, Tom stava ignorando qualunque contatto fisico con me, mi sembrava incredibile che uno come lui provasse tanto imbarazzo. Dopo l'ennesima prova rinunciai.
"Io vado a farmi una doccia, magari mi rinfresco un po' le idee."
fece uno scarso cenno con la testa. Mentre ero sotto la doccia le miei paranoie presero il sopravvento: avevo paura. Paura che lui se ne fosse pentito, che non volesse più vedermi. Paranoie che quando uscii dal bagno ritenni stupide, magari aveva bisogno di tempo ed io gliel'avrei dato. Mentre mi stavo vestendo sentii entrare qualcuno in casa.
"Ehy Tom!"
"Mark."
la sua voce, al contrario di quella dell'amico, era seria, quasi delusa.
"Allora, com'è andata ieri sera?"
"Tu, lo sapevi. Sei un coglione Mark, sei un coglione!"
il tono della sua voce si fece più alto.
"Eh? Dovresti solo ringraziarmi, Tom!"
"Ringraziarti? Oh, certo. Grazie Mark per avermi fatto scopare con mia cugina!"
"Oh, andiamo, lei ti piace."
"Non mi piace, avevo semplicemente voglia. Ed è mia cugina, cazzo! Mia cugina!"
quella parola continuava a rimbombare nella mia testa, ogni volta che la ripeteva la sottolineava. Il mio cuore cominciava a battere più forte, le lacrime imprecavano, mi sentivo debole. Avevo bisogno del suo odore, dovevo tranquillizzarmi. Presi al volo la sua maglia, la solita, me la infilai velocemente ed aspettai. Aspettai che il dolore finisse, che mi tranquillizzassi.
"Non mentire a me, Tom DeLonge! Io ti conosco! Lei ti piace, ti piace da morire!"
"No! Lei non mi piace! A me piace ancora Holly, io la voglio ancora!"
"Bugiardo."
"Non credo proprio, a Helen voglio bene, nient'altro. Quello che è accaduto è stato uno sbaglio, non succederà mai più!"
"Non pensi ai suoi sentimenti?"
"C-cosa..?"
A quel punto non riuscivo più a starmene zitta e ferma, scesi velocemente le scale.
"Oh Tom, davvero sei così stupido?!"
Lui non doveva sapere niente.
"Svegliati Thomas, capiscilo."
"Capire....cosa?"
riuscii ad arrivare in tempo.
"Niente, non c'è assolutamente niente da capire."
"Tom. Lei era di sopra?! Sei proprio un coglione!"
Tom si girò e mi guardò.
"Solo una cosa, Thomas DeLonge. Se davvero quelle che ho visto ieri notte erano palle vere e non di gomma, allora la prossima volta sii uomo. Dille in faccia le cose, senza evitare le persone. Parlaci, dì come la pensi. Non io forse, ma qualcun'altro potrebbe rimanerci male. E' stato uno sbaglio, concordo pienamente. Adesso ho bisogno di starmene un po' da sola, ci sentiamo."
feci in tempo ad uscire dall'albergo che scoppiai a piangere. Corsi via, evitando che lui mi seguisse. Ogni tanto mi giravo, per vedere se era dietro di me. Una piccola parte di me l'avrebbe voluto, sarebbe significato che gli importava, che Mark aveva ragione, ma evidentemente non era così. Un enorme giramento di testa mi prese, la gente davanti a me mi guardava, come se fossi un alieno. Gli alieni, lui amava gli alieni. Il mio respiro si fece più affannato, dovevo trovare un posto isolato e al più presto. Le voci delle persone stavano diventando irritanti, mi rimbombavano nel cervello. Le loro risate, per niente contagiose, sembravano quasi prese in giro. Continuai a correre, davanti a me si estendeva un enorme parco, privo di persone. Riuscii ad entrarci ed a sedermi su una delle altalene. Questa cigolava, ma non ci feci molto caso. Continuavo a f
are su e giù, cercando di calmarmi. Feci un bel respiro profondo. Uno strano odore alimentò le pulsazioni del mio cuore. Il suo odore, la maglietta che avevo addosso. Stavolta non mi stava tranquillizzando, tutt'altro. Mi ritornarono in mente i ricordi della sera prima.
"Finalmente sei mia."
questa frase rimbombava nella mia testa, faceva male ma non riuscivo a pensare ad altro. Ogni volta che chiudevo gli occhi la sua figura mi appariva davanti.
"Ehy, che ci fa una ragazza bella come te qui tutta sola?"
una voce sconosciuta proveniva da vicino, ma non ci feci caso, continuai a guardare il vuoto.
"Non è sola amico, è con me."
mi voltai, Mark. Si avvicinò:
"Scusa amore se sono venuto in ritardo, non mi ero dimenticato di te."
mi asciugò le lacrime con il pollice della sua mano destra, quasi accarezzandomi.
"Andiamo."
disse porgendomi la mano. Guardai prima la sua mano, e dopo il suo volto. Un enorme sorriso lo copriva. La afferrai. Uscimmo da quel parco, dopo di che lo ringraziai. Mi fece sedere poco più in là, sempre piuttosto lontano da tutti. Si sedette vicino a me.
"Come stai, Hel?"
girai la testa verso di lui, le lacrime volevano uscire di nuovo. Lo abbracciai. Incominciò ad accarezzarmi la testa e a canticchiare qualcosa, come si fa di solito con i bambini per farli addormentare. Inizialmente sembrava non avere molto effetto, continuavo a stringerlo forte buttando giù tantissime lacrime. Piano piano mi accorsi che stavano diminuendo, le sua braccia continuavano a stringermi, la sua voce soave stava riuscendo a tranquillizzarmi, come credevo che solo una persona sapesse fare. Solo allora mi accorsi che Mark era speciale, lo adoravo. Solo allora mi accorsi che Mark era la persona più importante, insieme a Tom. Lui, era il mio migliore amico.
"Mark."
sibilai. Smise di cantare, alcuni secondi di silenzio presero il sopravvento.
"Ti voglio bene."
Mi strinse più forte:
"Anche io Helen, tantissimo."
Mi staccai da lui:
"Sei forse l'unico vero amico che ho. Sei l'unico coglione che ancora mi sopporta."
sghignazzò.
"Dico sul serio! Ormai credevo di essere sola, tu sei il migliore amico di Tom quindi credevo ch-"
"Anche tu sei la mia migliore amica, no? Tengo tantissimo a tutti e due, ma Tom è stato un coglione, io gli voglio bene. Prima ho aiutato lui, poi mi sono sentito in dovere di venirti a cercare. Non voglio lasciarti sola Hel, non lo farò mai!"
Lo abbracciai di nuovo, ero davvero fortunata ad avere un amico come lui.
"Adesso smettiamola, non vorrai consumarmi! Ho ancora molte femmine da cacciare!"
Ancora una volta soppressi quell'abbraccio.
"Solo quelle che approvo, vero?"
"Ovvio!"
"Sono sollevata, non vorrei che anche tu ti innamorassi di un'ochetta bionda."
mi guardò con le braccia incrociate.
"Che c'è?"
"Nulla Helen, levati dalla testa DeLonge, tutto finirà per il meglio."
"Oh, sì...scusa."
Ci incamminammo senza una meta specifica, tanto per passeggiare un po'.
"Sai Mark, vorrei cambiare colore di capelli."
mi guardò perplesso.
"Tu adori il blu!"
"Lo so, ma da quando ho questo colore in testa la mia vita sta andando a puttane. Sai che sono superstiziosa."
"E come vorresti farteli? Verde vom- emh, speranza?"
gli diedi un pugno sulla spalla.
"Smettila di prendermi per il culo!"
sogghignò piano.
"Perché non te li fai viola come i miei?"
sorrise, rivolgendo lo sguardo verso di me.
"Sarebbe...figo!"
"Abbiamo solo un piccolo problema. Ieri..."
tossì:
"Ci siamo sputtanati gran parte dei soldi."
"Cosa? Non ho capito Mark, ripeti."
"Ho detto che ieri..."
sibilò:
"Ci siamo sputtanati tutti i soldi."
"Smettila di fare il cretino, parla!"
"IERI CI SIAMO SPUTTANATI TUTTI I SOLDI!"
"Ah. Questo si che è un problema."
"Già. Ma la mia mente geniale ha avuto un'idea, altrettanto geniale."
"Sentiamo questa tua "idea geniale", mente geniale."
Si tolse il cappello che aveva in testa.
"Questo cappello ci salverà il culo."
lo accarezzò. Alzai un sopracciglio. Si mise sul marciapiede con quel cappello in mano e cominciò a cantare e a muoversi in modo ridicolo. Lo guardai, ridendo.
"Che cosa stai facendo?"
"Dai Helen, così non sei d'aiuto. Togliti la maglietta, magari vedendo delle tette questi cretini si addolciranno."
"Scordatelo."
"Allora almeno canta con me!"
mi prese per un braccio, trascinandomi nella sua postazione precedente.
"Che cosa devo dire?"
"Non so, improvvisa!"
"Sono stonata, Mark!"
"Allora improvvisa il suono di qualche strumento."
Simulai una batteria, un po' strana in realtà, con la bocca. Si fermò di colpo, guardandomi sconcertato.
"Cos'è quel coso?"
"Emh, una....batteria?"
"Una batteria."
"Sì, una batteria! E' diversa, è più figa!"
"Helen, è penosa."
Aggrottai le sopracciglia:
"Non è vero!"
"Mamma, mamma! Guarda che carina quella ragazza!"
sentii la voce di un bambino, mi girai verso di esso. Stava indicando me.
"Hai un ammiratore, Helen."
mi sussurrò Mark nell'orecchio, mentre il piccolo stava trascinando sua madre verso di me.
"Sai cantare, ragazza dai capelli blu?"
aveva una vocina adorabile, due enormi occhioni verdi mi stavano fissando, sua madre sorrideva.
"Emh, veramente io..."
"Certo che sa cantare!"
mi interruppe Mark. Il bambino incominciò a saltare.
"Mi canti una canzone? Ti prego! TI pregooo!"
continuò a guardarmi, mise il broncio. Non riuscivo a dirgli di no, annuii con la testa. Sapevo perfettamente che canzone avrei potuto cantargli, una canzone che Mark mi fece sentire un po' di tempo fa, non era ancora uscita, ma io la sapevo già a memoria. L'unico motivo era che l'adoravo, ed era il momento adatto per cantarla. Ero sicura che a Mark avrebbe fatto piacere. Decisi di cantare Dammit, ovviamente dei Blink-182. Appena iniziai a Mark luccicavano gli occhi, ero sicura che gli avrebbe fatto quest'effetto. 
 
 
"And it's happened once again
I'll turn to a friend
Someone that understands
Sees through the master plan!"
 
In quel momento guardai Mark e sorrisi. Era un modo per ringraziarlo per essermi stato accanto ogni volta che ne avevo bisogno. Non mi accorsi che le persone stavano aumentando, erano tutte intorno a me ma io non vedevo nessuno. Riuscivo a cantare tranquillamente, come se nessuno fosse vicino a me. Per una volta il sentirmi sola mi stava aiutando.
 
"And it's happened once again
Yoùll turn to a friend
Someone that understands
Sees through the master plan
But everybody's gone
And yoùve been here for too long
To face this on your own
Well I guess this is growing up!
Well I guess this is growing up!
Well I guess this is growing up!
Well I guess this is growing up!
Well I guess this is growing up!
Well I guess this is growing up!"
 
Presto la canzone finì e tutti mi applaudirono. Non credevo che avrei attirato così tanto l'attenzione. Il bambino che tanto aveva desiderato che gli cantassi una canzone mi saltò in braccio.
"Sei bravissima! Grazie! Grazie! Grazie!"
sua madre lasciò un po' di soldi nel cappellino di Mark e così fecero tutte le altre persone. Riuscii a staccarmi di collo quel ragazzino e gli schioccai un bacio sulla guancia. Subito diventò rossissimo. Mark si avvicinò a me e mi strinse fortissimo:
"Sei fantastica, davvero!"
sorrisi, ma dopo poco notai un cappellino familiare tra la folla, quello di Tom. Improvvisamente tutte le persone intorno a me sparirono, vedevo solo lui. Stava accadendo di nuovo, stavo riandando in panico. Non appena Mark si staccò balbettai:
"D-devo...devo andare, un attimo."
corsi verso un bar non molto lontano e ci entrai. Mi intrufolai nei bagni femminili e tirai un sospiro di sollievo.
"Perché scappi?"
mi girai di scatto, Tom.
"Non voglio parlarti."
la mia voce tremolava.
"Ti piace Mark?"
"Cosa? Cosa stai dicendo?"
"Rispondimi. Ti piace Mark?"
"Dio Tom! Quanto sei stupido! Davvero non lo capisci?!"
una lacrima scese dal mio viso.
"Non capisco cosa debba capire."
Alzai il tono di voce:
"Sei un idiota Thomas Matthew DeLonge! Un coglione!"
Iniziai a tirargli dei pugni sullo stomaco.
"Mi piaci tu! Possibile che non l'avevi capito? Forse non ti ricordi cosa è successo ieri notte, ma io sì, perfettamente! Ricordo quant'ero felice, e questo solo perché ero con te!"
Mi strinse più vicino a lui di modo che aderii al suo petto.
"Lasciami! Non mi toccare!"
cercai di liberarmi, ma era inutile. Provai, provai e riprovai ma stavo solo esaurendo le forze. Iniziò a girarmi la testa.
 
 
"Mi piaci tu Tom."
"Mi piaci tu Tom."
"Mi piaci tu Tom."
"Mi piaci tu Tom."
"Mi piaci tu Tom."
"Mi piaci tu Tom."
 
Continuai a ripeterlo, piangendo. Iniziavo a sentire freddo, a tremare come una foglia durante il vento autunnale. Io come lei non volevo lasciare il mio albero, non volevo lasciare Tom. Ma questo sarebbe accaduto molto presto. Gli occhi cominciavano a farsi pesanti, non riuscivo a tenerli aperti. Li sentivo gonfi. Il mio cuore stava per esplodere, continuava a battere veloce, non riuscivo a calmarlo. Sono allora persi completamente il contatto con la realtà, svenni.


Angolo di giulss:
Nuovo capitolo! Ho capito che non riesco a pubblicare un capitolo regolarmente -credo l'avrete capito anche voi..emh D: - quindi li pubblicherò un po' quando mi pare(??) Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono e che recensiscono. Mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate di questo capitolo, perciò se volete lasciate una critica, e anche consigli perché no! :)

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Capitolo 8
*** Everything's gonna be fine. ***


Mi svegliai. Quello che avevo intorno non era di certo la stanza dell'albergo dove alloggiavo, bensì la stanza di un ospedale. Ero sdraiata su uno dei classici lettini, ma non ero sola. Di fianco a me c'era una ragazza, apparentemente sembrava non essersi fatta nulla.
"Sei fortunata, sai."
continuai a guardarla:
"Mh?"
 "E' tutto il giorno che due ragazzi con dei cappellini in testa escono ed entrano in questa stanza preoccupati. Tengono molto a te."
 Avevo capito che quella sconosciuta era stata sveglia per tutto il tempo e che i ragazzi di cui parlava erano sicuramente Tom e Mark.
 "Come ti chiami?"
 continuò guardandomi sorridendo.
 "Helen, tu?"
 "Josie."
 "Come mai sei qui?"
 le chiesi giusto per parlare di qualcosa.
  "Ho bevuto troppo e sono svenuta...tu?"
 Ennesima dimostrazione che l'apparenza inganna. A primo impatto mi era sembrata la classica ragazza che prende dei bei voti a scuola e che non berrebbe nemmeno un sorso di birra. Una ragazza bellissima con i capelli lunghi castani ed un viso perfetto.
 "Emh, anche io sono svenuta, ma non so ancora il motivo."
 In quel momento entrò un dottore nella stanza, insieme a Tom. Fissai il medico, cercando di non guardare minimamente mio cugino.
 "Questo ragazzo ha detto che è suo cugino, e l'abbiamo fatto entrare. E' vero?"
 pensai qualche secondo alla risposta che dovevo dare al dottore, tutti nella stanza mi fissarono.
 "No, io non so chi sia."
 Subito Tom con gli occhi che bruciavano dalla rabbia si diresse verso la porta d'uscita e la sbattè violentemente. Solo dopo mi accorsi dell'errore madornale che avevo appena fatto. Il dottore non fece in tempo ad aprire bocca che subito entrò Mark nella stanza.
 "Questo invece è un suo parente, signorina?"
 La faccia di Mark era piuttosto sconvolta, mi guardava. Sorrisi annuendo:
 "Sì dottore, è lui mio cugino."
 "Bene, allora è opportuno che ascolti anche lei cos'ho da dire a sua cugina."
 Mark annuì, ancora un po' spaesato.
 "La ragazza è svenuta per un semplice calo di zuccheri, così sembra. Soffre per caso di attacchi di panico?"
 rivolse lo sguardo verso di me.
 "Ieri avevo molta ansia e ho pianto parecchio. Mi succede a volte, ma in precedenza non ero mai svenuta."
 scrisse qualcosa sul blocco appunti che aveva davanti e continuò:
 "Mh. Non si deve preoccupare, può succedere. Se se la sente può pure tornare a casa."
 lasciò la stanza. Pensai che quel medico fosse un incompetente, e sperai di non dover rientrare di nuovo in quel posto orribile. Mark si avvicinò a me.
 "Cos'hai detto a Tom? Se n'è andato piuttosto incazzato."
 chinai la testa:
 "Non voglio parlarci Mark, non adesso. Non me la sento..."
 il silenzio prevalse nella stanza. Nel frattempo rientrò il dottore:
 "Lei ha già pagato, vero?"
 "Sìsì dottore, gli ho dato i soldi qualche minuto fa."
 rispose Mark.
 "Quel tizio è un po' rincoglionito..."
 mi scappò una risata.
 "Hel, vado un attimo a sbrigare delle cose, torno tra poco. Tu intanto preparati."
 "Va bene, Mark."
 Guardò per qualche secondo la ragazza sdraiata di fianco a me, poi se ne andò.
 "Wow."
 continuò Josie ridendo.
 "Sembra di essere dentro un telefilm, eh Helen?"
 sospirai:
 "Decisamente... Quando ti rimettono?"
 "Oggi."
 "Che coincidenza."
 finalmente decisi di alzarmi, tra poco Mark sarebbe tornato, mi vestii, mi infilai le scarpe ed aspettai. Poco dopo la porta si aprì di nuovo ed infatti era lui.
 "Pronta?"
 "Pronta!"
 Rivolsi lo sguardo a Josie e la salutai, Mark fece lo stesso, dopo di che uscimmo da quell'ospedale.
 "Chi è quella?"
 "Uhm? Ah! L'ho conosciuta prima, sembra simpatica."
 "Ed anche bona."
 risi.
 "Chissà dov'è andato Tom..."
 Mark mi guardò sospirando:
 "Vuoi cercarlo?"
 "Sì Mark, sono le 11 di sera ormai e sappiamo com'è quel cretino, non vorrei che facesse danni..."
 "Sì, hai ragione."
 Dedidemmo di controllare prima in hotel. Dopo essere corsi velocemente alla nostra camera iniziammo a chiamarlo ma, come immaginavamo, non rispose. Controllammo per bene, ma niente da fare: Tom non c'era. Stavamo per uscire dalla stanza quando una delle receptionist ci fermò:
 "Non avete pagato."
 subito io e Mark sbarrammo gli occhi. Lui spalancò la bocca:
 "Aspetti! Guardi laggiù!"
 la ragazza si girò e subito Mark iniziò a correre:
 "Muoviti cazzo, Helen!"
 lo seguii e dopo una corsa stancante di qualche minuto riuscimmo ad uscire dall'hotel ed andare lontano. Mi chinai un attimo per riprendere fiato.
 "Ci mancava solo questa! Bella sfiga che abbiamo!"
 Mark non sembrava per niente scosso, nè tantomeno stanco:
 "Non disperare Helen! Ci rimane sempre il nostro caro furgone!"
 Gli tirai un'occhiataccia e subito si mise a ridere.
 "Continuiamo a cercare Tom."
 dissi poi. Camminando ci scontrammo con un ragazzo piuttosto giovane che andava incontro ad alcuni dei suoi amici:
 "Oh! I Descendents stanno suonando in quel pub laggiù!"
 aggiunse entusiasto. Subito mi bloccai, Tom adorava i Descendents. Mi diressi velocemente verso di loro:
 "Dov'è che suonano i Descendents?!"
 chiese Mark sorridendo. I ragazzi lo guardarono con gli occhi sbarrati:
 "Oddio, ma tu sei Mark Hoppus!"
 Subito lui sorrise.
 "Oddiooooo, ti amo Mark! Sei il mio idolo! Sei simpaticissimo!"
 Inizialmente feci finta di niente, poi la preoccupazione per Tom prevalse e mi intromisi:
 "Si va bene, lui è Mark Hoppus. Wow, cazzo. Mark. Oddio. Insomma. E tante cazzate varie. Poche chiacchiere e più risposte, dove suonano i Descendents?!"
 Non mi considerarono neanche, continuavano a guardare l'Hoppus quasi con la bavetta alla bocca.
 "Cagatemi cazzo!"
 urlai. Uno di loro si girò verso di me:
 "Oh, che cazzo vuoi? Ho Mark Hoppus davanti a me, lasciamici parlare."
 Mi avvicinai a questo tizio e lo guardai:
 "Ascoltami. Io sinceramente da te non voglio proprio niente. Dimmi solo dove suonano i Descendents, sto cercando una persona."
 mi diede una spinta:
 "Ma levati dalle palle!"
 A quel punto una rabbia incredibile percorse tutto il mio corpo.
 "Oh, deficiente. Non azzardarti più a spingermi! Chi ti credi di essere?"
 Mark si avvicinò a me prendendomi per un polso:
 "Dai Hel, non prendertela."
 Mossi velocemente il braccio per far staccare la mano di Mark.
 "Credi seriamente che abbia paura di una ragazza e addirittura bassa che vuole fare la ribelle con i capelli blu? Aaahhahahah!"
 Alzai il ginocchio e presi violentemente i suoi testicoli. Subito si chinò per il dolore.
 "Dicevi?"
 Mark scoppiò con una delle sue risate isteriche.
 "Adesso, gentilmente, vorreste dirmi dov'è che suonano i Descendents?"
 sorrisi, mentre i ragazzi rimasti erano ancora scioccati. Alzarono il dito ed indicarono un pub davanti a noi.
 "Grazie mille!"
 continuai sorridendo:
 "Mark, saluta i tuoi piccoli fan arrapati!"
 Lui riprese a ridere e li salutò con la mano. Ci incamminammo velocemente verso il pub, il concerto stava per finire. Appena entrai subito mi sentii a casa. Anche io, come Tom, ero fissata con i Descendents ed in live erano molto meglio che in studio. Purtroppo non avevo tempo per godermi lo spettacolo. Mi avvicinai alla folla e cercai di andare dal lato opposto del pub dove vendevano da bere. Dopo qualche minuto ci riuscii ma di Tom non c'era l'ombra. Mi guardai attorno:
 "Ehy Helen! Ci si vede di nuovo!"
 la voce apparteneva a Josie che aveva già un bicchiere in mano.
 "Josie! Ancora alcool? Ahahahahah, sei assurda!"
 sorrise:
 "Solo un bicchiere!"
 rivolse lo sguardo verso Mark:
 "Che hai da fissare?"
 si sedette vicino a lei:
 "Ti fisso perché sei bella."
 il tono di quella frase era piuttosto provocante, conoscevo Mark. Ogni volta che usava quel tono era perché gli interessava una ragazza, e di solito loro cadevano nella sua trappola molto facilmente. Bastava un sorriso e qualche occhiatina che, come direi io: sbem, riusciva a portarsele a letto. E con quelle più "difficili" riusciva comunque a farsi fare qualcosa.
 "Sei patetico."
 rispose Josie ridendo e continuando a bere. Mark le rubò il bicchiere d'in mano:
 "Tu dici? Io credo che sia solo un modo per autoconvincerti."
 e bevve il contenuto del bicchiere. Josie lo fissò sorridendo. Io nel frattempo continuai a guardarmi ovunque per cercare Tom.
 "Chi stai cercando?" disse la mia ex compagna di stanza.
 "Hai presente il ragazzo idiota che era insieme a questo altrettanto idiota?"
 "Uhm, sì. L'ho visto prima."
 La guardai:
 "Dove?!"
 "Si stava dirigendo verso il bagno, credo avesse bevuto parecchio."
 "Mark, io vado a cercarlo, tu resta qui!"
 annuì con la testa. Entrai velocemente nei bagni maschili, sempre più preoccupata. La gente dentro mi guardò male, ma continuò comunque a fare quello che stavano facendo, senza preoccuparsi troppo di quello che "potevo vedere". Tom non era nemmeno lì. Decisi di controllare nei bagni femminili per scaramanzia. Mi chinai per vedere scarpe familiari. Primo bagno: niente. Secondo: nemmeno. Terzo: no. Quarto: dei pantaloni da skater mi saltarono agli occhi, aprii subito la porta.
 "Ehy scusa, è occupato!"
 quello che mi rispose era, appunto, Tom e come immaginavo non era molto sobrio. Chiusi la porta rimanendo dentro con lui.
 "Tom, che ci fai qui?"
 "Devo cagare!"
 rispose. Mi scoppiò una risata e subito si mise a ridere anche lui.
 "Non ci riesco."
 fece il broncio.
 "Dai, tirati su."
 Così fece, ma rimanendo senza mutande.
 "Emh, Tom. Vestiti."
 "Non ci riescoooo!"
 Sbuffai chinandomi. Ancora non riuscivo a credere a quello che stavo facendo.
 "Non sai quanto avevo bisogno di te, Helen."
 disse con una voce soave. Un enorme voglia di lui mi prese, ma cercai di trattenerla tirandogli su i boxer e subito dopo i pantaloni. Feci il più velocemente possibile e poi mi alzai.
 "Ma come! Io credevo che mi avresti fatto qualcosa! Sei una delusione Helen."
 sorrisi sforzatamente.
 "Me lo dai un bacino?"
 disse mostrandomi tutta la bellezza delle sue labbra. Mi avvicinai dandogli un bacio a stampo. Mentre ci stavamo baciando sorrise e così feci anche io.
 "Sei...Se-"
 Stava per concludere la frase ma si girò verso il gabinetto velocemente e vomitò. Era una scena orribile, ma non potevo lasciarlo da solo.
 "Tom...perché continui a fare questo?"
 "E' divertente!"
 disse sorridendo.
 "Smettila, non lo è affatto."
 "Che palle che sei."
 richinò la testa verso il gabinetto.
 "Che palle? Ti rompo le palle se mi preoccupo?! Sei proprio uno stupido Thomas! Non capisci niente!"
 sbuffai. Alzò la testa sorridendo.
 "Cosa vuoi?"
 dissi scocciata.
 "Niente, mi ecciti tantissimo quando ti incazzi."
 Sbarrai gli occhi e arrossii di colpo. Continuò a sorridere, dopo di che si alzò in piedi.
 "Ho finito."
 "Bene."
 "Me lo dai un bacino?"
 "Scordatelo, hai appena vomitato."
 "Sei una merda Helen!"
 "Andiamo."
 risposi ridendo. Dopo essersi lavato la bocca mi prese per mano e ci dirigemmo fuori dai bagni. Subito un uomo preoccupato ci venne incontro:
 "Come stai Thomas?!"
 alzai un sopracciglio:
 "Chi è questo, Tom?"
 bisbigliai.
 "Diceva di essere un mio parente!"
 "Oh, ma tu sei Helen!"
 lo guardai con gli occhi sbarrati ridendo, sempre con un sopracciglio inarcato.
 "E tu saresti?"
 Porse la mano:
 "Piacere, mi chiamo Michael. Sono vostro zio."
 "Un altro zio...?"
 risposi sempre più confusa. Lui scoppiò a ridere:
 "So che siete un po' confusi. In questo periodo ho riaperto i contatti con le vostri madri e-"
 "Oh, wow. Non voglio sentire parlare di mia madre."
 lo interruppi, mia madre mi aveva deluso abbastanza. Non avevo voglia di rovinarmi di nuovo la serata.
 "Nono, tranquilla. Cercavo semplicemente di dire che io so dov'è il padre di Tom."
 continuai a guardarlo, non credevo fosse possibile. Eravamo veramente riusciti a trovare qualcuno che avrebbe potuto portarci dal padre di Tom?!
 "D-davvero?"
 Tom non stava capendo niente, continuava a sorridere come un deficiente.
 "Sì! Posso portavici!"
 indietreggiai di qualche passo:
 "Un momento, come faccio a sapere che sei veramente nostro zio?"
 Lui continuò a ridere:
 "Un po' di fiducia Helen! So un po' troppe cose per essere uno semplice sconosciuto."
 Sorrisi:
 "Sì, anche questo è vero..."
 Andammo velocemente verso Mark:
 "Oh coglione! Ma che cazzo hai fatto? Come stai?"
 disse appena vide Tom. Questo non rispose, fece solo cenno con la mano come per dire:"tutto okay!"
 "Mark, ti presento mio zio!"
 indicai Michael. Lui rimase un po' perplesso, poi scoppiò a ridere.
 "Mi sono perso qualcosa?"
 "Ho scoperto adesso di avere un altro zio. Ma la cosa incredibile è che sa dov'è il padre di Tom!"
 Mark iniziò ad urlare:
 "Wowowowowowoooooh! Qui bisogna festeggiare! Ehy amico, passa un bicchiere di qualcosa di potente per tutti!"
 si rivolse al barman.
 Adoravo Mark, riusciva sempre a rendere ogni cosa più... divertente!
 "Tutti tranne a te."
 disse indicando Tom che subito si rattristì.
 "Povero Tommasino."
 lo accarezzai.
 "Come mi hai chiamato?"
 "Tommasiiiino!"
 "Helen, per piacere."
 adoravo stuzzicarlo e adesso che avevo trovato un nomignolo che odiava mi sarei sicuramente divertita:
 "E' così carino il nome Tommasino!"
 "E' orribile."
 "Tommasinooooo!"
 dissi toccandogli la pancia con l'indice della mano. Dopo qualche minuto di silenzio intervenni:
 "Devo andare un attimo in bagno, arrivo subito."
 mi incamminai verso di esso. Appenai entrai notai che Josie mi aveva seguito:
 "Sicchè...ve ne andate."
 "Uhm?"
 mi girai guardandola.
 "Vuoi venire con noi?"
 le proposi sorridendo. Lei fece lo stesso e subito annuì:
 "So che ci conosciamo da pochissimo, ma sono convinta che io e te siamo uguali, mi stai simpatica!"
 "Oooh, vieni qui!"
 dissi allargando le braccia e invitandola ad abbracciarmi. Ero sicura che fosse una ragazza bravissima, mi avrebbe fatto piacere averla con noi.
 "Per me non c'è problema, e nemmeno per gli altri coglioni!"
 "Perfetto allora, grazie!"
 "E figurati, è un piacere!"
 Presto uscimmo dal bagno e subito diedi la notizia:
 "Josie è con noi per l'avventura!"
 Mark si alzò:
 "Fantastico! La forza possente è in noi ragazzi!"
 scoppiai a ridere. Mi ero quasi dimenticata della fissazione che aveva Mark per Star Wars.
 "Tu rimarrai sempre il prescelto Hoppus!"
 "Ti ringrazio, mia giovane padawan!"
 Tutti scoppiammo a ridere.
 "Dai Tommasino, dobbiamo andare."
 sospirò:
 "Smettila di chiamarmi Tommasino!"
 "Tooommasinooooooooooooooooo!"
 Mi venne incontro velocemente, io cercai di scappare ma riuscì a prendermi in braccio come se fossi un sacco di patate. Iniziai a tirargli i pugni sulla schiena e a scalciare:
 "Lasciami!"
 "Te la sei cercata, amore."
 Subito mi azzittii e rimasi immobile. Ancora una volta ero arrossita. Una semplice parola detta da lui riusciva ad impedirmi di reagire, odiavo questa senzazione. Lui sogghignò.
 "Che hai da ridere?"
 "Niente, sapevo che sarei riuscito a farti stare zitta."
 Gli diedi un ennesimo pugno. Nel frattempo i nostri amici ci seguivano ridendo.
 "Sono sempre così?"
 chiese Josie a Mark.
 "Più o meno!"
 Non sapevo che cosa stesse succedendo, il feeling con me e Tom era diverso. Forse qualcosa stava cambiando, forse finalmente saremmo riusciti a stare bene insieme, fregandocene del "piccolo" problema che avevamo. Non lo sapevo, in quel momento cercavo di pensare il meno possibile, cercavo di assaporare per bene il profumo di Tom e di stringerlo a me il più forte possibile. Lui era strano, un po' lunatico, non sapeva veramente quello che voleva, ma io volevo stare con lui e renderlo felice. Io l'amavo.
 
 Angolo di giulss:
 Sinceramente questo capitolo non mi convince molto, ma non so per quale motivo l'ho pubblicato lo stesso(?)
 Ringrazio in particolare: Kaleidoscope_ , Layla e Waves of joy che hanno recensito lo scorso capitolo. E ovviamente tutti gli altri che leggono la mia storia, grazie! :3

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Capitolo 9
*** Even if she falls in love. ***


Tutto filava per il meglio, eravamo sul famoso furgone dei Blink. Mark continuava a provarci spudoratamente con Josie ma lei sembrava molto disinteressata, si guardava attorno quasi affascinata. Tom stava parlando con il suo "nuovo" zio, ridevano di gusto. Li guardavo, pensando che Tom avesse il sorriso più bello che avessi mai visto, ma altre domande mi vagavano per la testa:
"Cos'eravamo diventati io e Tom? "
Cos'era Holly adesso per lui?"
"E se non gli interessava più, allora perché a Mark aveva urlato il contrario?"
Non credevo potessimo definirci una coppia, forse solo due che si frequentavano, ma nemmeno quello. Nessuno sapeva cosa passava nella testa di Tom DeLonge, a volte nemmeno lui stesso. Ragionai qualche istante e decisi molto velocemente che dovevamo parlare. Mi diressi verso i due, subito si girarono rimanendo immobili a fissarmi.
"Che c'è, amore?"
disse mio cugino sfoggiando un enorme sorriso. Ancora una volta balbettai. Non capivo perché continuava a farmi lo stesso effetto. Era imbarazzante, ridicolo. Lo guardai negli occhi e dopo qualche secondo -non so come- riuscii a parlare:
"Dobbiamo parlare, Tom."
Alzò un sopracciglio:
"E' una cosa seria?"
"Abbastanza. No, forse no. Dai, non tanto. Un pochino."
Nel frattempo si avvicinò a me, mi prese per un fianco portandomi a sedere e continuando a ridere. Era seduto davanti a me, apettava che gli esponessi il problema con molta tranquillità.
"Mi vergogno un po', sinceramente..."
Sospirò, subito dopo un sorriso malizioso apparve sul suo volto. Sbarrai gli occhi:
"Che è quella faccia da maniaco Thomas? Stai solo peggiorando la situazione!"
Ci fu qualche minuto di silenzio e dopo riprese:
"Ho un'idea per far svanire un po' la vergogna..."
La cosa non era per niente positiva. Il mio cervello non voleva nemmeno provare ad immaginare cos'avesse in testa quel pervertito. Improvvisamente sentii uno strano rumore, avevo una mezza idea di dove provenisse, speravo solo di sbagliarmi. Il bisbiglio che c'era prima nel furgone fu interrotto da una fragorosa risata contagiosa. Purtroppo il mio intuito non sbagliava.
"Complimenti Thoomas! Bel tuono!"
disse Mark quasi con le lacrime agli occhi.
"Oh, scusate. La tenevo lì da troppo tempo ormai. Dovevo liberarmi!"
Dopo parecchi minuti finalmente riuscimmo a tornare seri:
"Sparita un po' di vergogna?"
"Eh, certo Thomas!"
Mi fece l'occhiolino:
"Dai, però adesso dimmi che sono curioso."
In quel momento un po' di paura mi assalì ma non potevo di certo tirarmi indietro:
"Beh...volevo sapere...ti interessa ancora Holly?"
Sapevo di stare toccando un tasto dolente ma avevo bisogno di sapere la verità.
"Secondo te?"
Per un secondo il mio cervello non sapeva come rispondere, ero in una sorta di panico.
"No Helen, non mi interessa più Holly!"
disse ridendo. Mi sdraiai sul materasso su cui ero seduta tirando un sospiro di sollievo e chiudendo gli occhi. Sentii una pressione di fianco alle mie braccia che faceva scendere il materasso. Di colpo aprii gli occhi:
"Io voglio te Helen."
sussurrò Tom, il quale mi era praticamente saltato addosso. Per un momento stetti zitta, le parole non riuscivano ad uscire dalla mia bocca.
"Ma...allora perché hai detto il contrario a Mark, l'altro giorno?"
Improvvisamente si bloccò anche lui.
"Perché...in un certo senso questa cosa non è giusta. Io e te non dovremmo assolutamente stare insieme Helen. E lo sai."
Quello che stava dicendo era verissimo, ma il mio cervello non voleva metterselo in testa, o meglio, il mio cuore. Continuò:
"Cercavo semplicemente di autoconvincermi che tu non m'interessavi. Però sono riuscito a capire che non m'importa, non m'importa di niente perché quando sono con te mi sento vivo, a mio agio. Posso fare quello che voglio che a te non importa. Almeno per adesso io voglio stare con te, sei tu quella che mi piace."
Un ingenuo sorriso apparve sul mio volto, quello che ormai potevo definire il mio Tom ricambiava. Ci guardavamo intensamente senza dire una parola. Si avvicinò sempre di più.
"T-Tom, ti prego. Non davanti a loro."
Ero parecchio imbarazzata, ma il vero motivo non lo sapevo. Forse lo ero solo perché non ero abituata a queste cose, o forse perché lui non era un ragazzo qualunque. O magari perché non eravamo soli.
"Hai per caso vergogna di me, Helen?"
Non sapevo cosa dire, continuavo a pensare che aveva una voce bellissima, che lui era bellissimo. Mi fissò per qualche secondo, dopo di che continuò a parlare:
"Va bene, ho capito."
Tentò di alzarsi ma glielo impedii. Mi aggrappai con le braccia al suo collo, alzai leggermente la testa e lo baciai con più amore che mai. Scese un po' con la testa, facendo sì che potessi appoggiarmi sul materasso rimanendo comunque attaccata a lui. Restammo lì a baciarci per qualche minuto e dopo esserci staccati si sdraiò accanto a me. Continuammo a parlare e a scherzare. Era tutto così perfetto. Quel bacio era stato diverso da quelli che mi aveva dato la notte in cui avevamo fatto sesso, lo sentivo preso, come se interessasse veramente anche a lui. L'aveva detto pochi minuti prima, e in quel momento me lo stava dimostrando. Anche se era Tom DeLonge, quello che ne cambia una alla settimana, volevo credere che stavolta non l'avrebbe fatto. Tirò un enorme sospiro, sembrava distrutto, probabilmente per colpa di tutto quello che aveva bevuto.
"Abita qua vicino."
disse lo zio sorridendo. C'era qualcosa che non mi quadrava, mi sembrava troppo strano che il padre di Tom abitasse qua vicino. Ben presto arrivammo, la casa era abbastanza grande; una delle classiche case americane. Mi staccai da Tom e nel frattempo il furgone si fermò.
"Lui non sa ancora niente, credo che far venire immediatamente Tom sia un passo troppo grande...prima bisogna parlargli un po'."
In effetti aveva ragione, così mi ofrrii di andare con lui:
"Vengo io!"
Un sorriso apparve sul suo volto:
"Bene, andiamo."
Mark e Josie erano d'accordo, mentre DeLonge si era addormentato, così evitai di svegliarlo. Scesi dal furgone e lo zio aprii il portone della casa.
"Abiti anche tu con lui?"
Inizialmente sembrava sconvolto:
"Eh? Ah, sìsì!"
Aggrottai le sopracciglia, ero sempre più confusa. Entrai guardandomi attorno. Una casa normale, niente di speciale...molto ordinata, a due piani. Una cosa che notai subito fu una sagoma seduta sul divano, mi sembrava quasi familiare. La scrutai a fondo, fin quando non si alzò. Iniziavo davvero a non capire più niente:
"Richard? Tu che ci fai qui?"
Mi girai verso quello che doveva essere mio zio, guardandolo sbalordita. Lui si limitava a sorridere, malignamente. Richard continuava ad avvicinarsi, mi guardava con molta naturalezza.
"Eehy.."
disse accarezzandomi il volto. Subito gli levai la mano:
"Che cazzo ci fai qui?"
"Sei tu in casa mia, non il contrario piccola..."
"Cosa?!"
Più infuriata che mai guardai il tizio che mi aveva portato lì, che di certo non era mio zio:
"Tu! Ci hai mentito! Sei stato uno stronzo, come hai potuto mentire su una cosa così delicata?!"
Ero stata una stupida a fidarmi di quel tizio, in fondo era uno sconosciuto avrei dovuto semplicemente lasciarlo perdere.
"Io ho svolto gli ordini che mi erano stati assegnati."
guardò Richard.
"Ah, così è tua quest'idea geniale?! E sentiamo, perché l'avresti fatto?"
"Perché volevo passare del tempo con te, Helen..."
Questa cosa mi fece tornare in mente che lui non doveva essere qui, bensì in Europa! Ma allora...cosa diavolo stava accadendo? Ero riuscita a fidarmi, e invece mi aveva semplicemente presa per il culo.
"Voglio andarmene!"
dissi voltandomi ma purtroppo la porta era chiusa a chiave.
"Fammi uscire."
mi rivolsi a Richard.
"Oh no, tu adesso resti qui con me."
la sua voce era irritante, avrei voluto prenderlo a schiaffi.
"Guardiamo un film!"
si incamminò verso il divano:
"Passiamo un po' di tempo insieme e poi ti lascio andare."
"Stai scherzando, vero? Là fuori c'è il mio ragazzo, il mio migliore amico e un'altra amica che mi stanno aspettando, non voglio di certo perdere tempo con te!"
Mi diressi verso una finestra, per tentare di aprirla ma lui mi venne incontro prendendomi per un polso:"
No, Helen. Tu adesso rimani qui con me."
Mi trascinò sul divano facendomi sedere.
"Allora, che film vuoi vedere?"
La cosa che mi faceva ancora più incazzare era la naturalezza con cui mi parlava, possibile che non si stesse accorgendo della stronzata che stava facendo?
"Ti ripeto, non voglio vedere nessun cazzo di film. Voglio andarmene."
Sogghignò:
"Sai, quando ti arrabbi mi piaci ancora di più."
si avvicinò un po' di più a me, ma io mi allontanai.
"Ma cos'hai per la testa? Che ti prende? Una volta non eri così."
"Sai, si fa di tutto pur di piacere ad una persona. Sapevo che mi avresti rifiutato, così ti ho fatto portare qui con una scusa."
Allora gli tirai uno schiaffo:
"Sei uno stronzo."
Improvvisamente mi accorsi che quel tipo non aveva tutte le rotelle a posto. Sorrise:
"Bene, guardiamo...The Ring, ti va?"
Incrociai le braccia:
"Mi pare di avertelo già detto.."
Si alzò nuovamente dal divano e si diresse in cucina. Tornò con due bicchieri pieni di non so quale bibita.
"Vuoi?"
mi porse il bicchiere.
"No, non mi fido."
Sbuffò:
"Fai come cazzo ti pare."
Si infilò qualche pasticca in bocca e bevve tutto il contenuto. Cercai di fermarlo, ma me lo impedì.
"Oh, ma sei deficiente?"
sbarrai gli occhi.
"Voglio solo divertirmi un po'."
Mi stava deludendo sempre di più:
"Non c'è bisogno di quella roba per divertirsi."
"Se ci sei tu mi pare proprio di sì."
scoppiò a ridere. Gli tirai un altro schiaffo.
"Fallo ancora.."
sibilò.
"Tu hai dei seri problemi!"
Mi alzai frettolosamente dal divano, convinta di volermene andare. Lui, come mi aspettavo, mi fermò di nuovo. A quel punto sbraitai:
"Basta! Sei pesante! Credevo fossi una brava persona, invece sei solo un cretino, pervertito più di una cagna in calore! Mi fai schifo!"
Mi prese nuovamente per il polso, stavolta più forte. Iniziava quasi a farmi male, in più odiavo essere toccata, perciò questo scaturiva in me ancora più rabbia.
"Lo faccio solo con te, perché ti voglio!"
Iniziai a muovere il braccio velocemente, cercando di farlo staccare:
"Ma io non voglio te!"
Improvvisamente alzò la voce:
"Perché cazzo? Cos'ho di sbagliato? Non sono bello quanto Tom, per caso? O non sono dotato quanto lui?"
Strinse ancora di più. Il dolore stavolta si fece sentire, allora gli tirai un calcio nelle palle:
"Semplicemente perché tu NON sei lui!"
urlai alla fine. Era dolorante a terra. Ormai era passato un po' di tempo e infatti qualcuno si fece sentire: bussava alla porta in maniera brusca.
"Helen, è tutto okay?"
riconobbi la voce, era Tom.
"Tom, secondo me se lo sta scopando tuo padre!"
sghignazzò Mark. Feci qualche passo, lentamente, cercando di andare ad aprirgli ma Richard mi prese per un piede facendomi cadere a terra.
"Resta!"
disse in maniera decisa. Evidentemente gli altri sentirono il colpo, perché iniziarono ad agitarsi bussando sempre più forte alla porta.
"Oh! Helen! Che cazzo succede?"
Dopo poco riuscii ad alzare la testa, sentivo qualcosa scendermi giù dal naso. Lo toccai con il dito indice, e quello che usciva era sangue. Fortunatamente non ero una di quelle ragazze a cui faceva senso il sangue, così...iniziai a sbraitare, di nuovo:
"Vuoi piantarla, cazzo?! Lasciami andare!"
Un'altra cosa che odiavo era sentirmi impotente, avere bisogna per forza di qualcuno per "uscire viva" da una situazione; in sostanza quello che stava accadendo in quel momento. A quel punto non si sentì più nessun rumore, ma con la coda nell'occhio vidi un'ombra avvicinarsi alla finestra, siccome c'erano le tende non riuscivo a capire chi fosse, ma ero sicura che fosse DeLonge. Mentre continuavo a discutere, o meglio, urlare, con Richard Tom riuscì a rompere la finestra. Era parecchio confuso, sbalordito, ma soprattutto deluso. Anche incazzato:
"Tu. Che cosa ci fai qui?"
Non appena ebbe concluso la domanda notò che ero intrappolata e che avevo del sangue al naso. La sua rabbia si poteva percepire benissimo. Si avvicinò velocemente, io iniziavo a calmarmi. Solo grazie a lui.
"Lasciala andare, immediatamente."
Richard si alzò, finalmente lasciandomi. Tom mi prese per mano facendomi alzare:
"Potevo farcela anche da sola..."
dissi, anche se non era affatto vero. Il problema era che non volevo perdere la mia reputazione di persona "forte". Tom mi scrutò meglio il naso, lo toccò con il dito indice e subito dopo rivolse a Richard.
"Non dovevi toccarla.  Non dovevi assolutamente toccarla."
Iniziarono a volare gli insulti, la cosa che mi incuriosiva era il fatto che vicino a me c'era un ragazzo che sembrava stesse per diventare un Super Sayan, e dall'altra parte un altro molto tranquillo, sembrava si stesse quasi per addormentare. Mentre annegavo nei miei pensieri sentii Josie:
"Ma perché non li vai ad aiutare?! Infondo sono i tuoi migliori amici!"
Non avendo avuto una risposta stava per incamminarsi verso di noi, ma Mark la fermò.
"Possono farcela anche da soli, noi saremmo solo d'intralcio. Resta qui con me, dai."
Lei sbuffò. Stava nascendo qualcosa tra quei due, nonostante Josie fingesse, un pochino le interessava anche a lei Mark...come biasimarla. Le voci si fecero sempre più alte, allora decisi di uscire dal mio mondo ed agire.
"Basta!"
urlai. Qualche attimo di silenzio travolse la stanza. Un sorriso maligno apparve sul volto di Richard, il quale continuava a fissarmi. Tom bolliva di rabbia, e in pochissimo tempo tirò un pugno a quel pervertito che cadde a terra.
"Amor mio, vuole darmi l'onore di finire questa battaglia in bellezza?"
dissi porgendogli la mano, recitando. Adoravamo fare gli stupidi nelle situazioni serie, era un modo per allentare la tensione e ci divertiva un sacco.
"Con piacere, mia signora."
mi baciò la mano, ed ancora una volta il suo sguardo era fisso su di me. Una sensazione di enorme feeling attraversò tutto il mio corpo, e anche il suo. Non solo perché le nostri mani erano legate, ma perché lo erano anche i nostri cuori. Tirai un ennesimo calcio a Richard, ancora steso a terra. Dopo di che mi girai, andandomene insieme a Tom. Mark aveva le braccia incrociate e sogghignava. Josie incominciò ad applaudire:
"Braviiii, braviiii!"
Facemmo un inchino veloce, e poi uscimmo da quell'orribile edificio. Ancora una volta la sfiga ci aveva perseguitato ma noi eravamo riusciti a sconfiggerla, di nuovo! Un po' come i mostri in The Walking Dead, come direbbe Mark.

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Capitolo 10
*** Better run. ***


Qualcosa sembrava essere cambiato sul volto di Tom, forse era deluso. Sì, probabilmente lo era. Se ne stava seduto sul furgone fermo, guardando fuori dalla finestra, magari aspettando qualcosa; che un ufo passasse o che succedesse qualcosa di interessante. Ma quella stradina era vuota, cosa che credo fosse anche il suo cuore in quel momento. Cercava di negarlo in tutti i modi, non voleva far vedere che soffriva, ma in realtà lo faceva, eccome. In questo mi ci rivedevo molto, ma comunque è un difetto, o qualità, non saprei, di quasi tutte le persone. Abbiamo paura di aprirci con gli altri, soprattutto per i loro giudizi. Lui però poteva fidarsi di me, e lo sapeva. Lo aveva detto anche lui: con me poteva essere se stesso, ed io non potevo di certo stare a guardare, faceva troppo male. Mi avvicinai a lui che non sembrava per niente fare caso a me.
"Ehy...dai, lascia perdere tutta questa situazione di merda. Hai ancora un amico rincoglionito..."
indicai Mark, che aprì la bocca sorridendo e mise in mostra i pollici delle sue mani.
"Una ragazza conosciuta da qualche giorno, ma che alla fine è già una di casa..."
guardai Josie, che si mise nella stessa posizione di Mark. Lui la guardò, quasi snobbandola:
"Non imitarmi!"
e fece una faccia strana, altrettanto snob. Josie continuò a rimanere nella sua posizione, ma gli saltò su un piede. Mark iniziò a ciondolare dolorante, lamentandosi, mentre si dirigeva nella parte opposta del furgone. Dopo poco anche la ragazza lo seguì, ridendo.
"E poi...beh, hai me! Sarò anche isterica, lunatica, logorroica...ma ci tengo a te Tom."
gli accarezzai le spalle. Lui si girò e mi schioccò un bacio a fior di labbra, cosa che mi fece sorridere.
"Dimentichiamoci di tutto questo schifo Tom. Freghiamocene. Mandiamo a fanculo tutti, divertiamoci!"
Sembrava quasi divertito.
"Ma io sto bene."
Lo guardai, con una faccia per niente intelligente che lo fece ridere. Chinai la testa, ma la rialzai quasi immediatamente.
"L'unica cosa...voglio tornare a casa."
Dopo questa affermazione il furgone si mise subito in modo, come se Mark l'avesse sentito, cosa molto probabile.
 


Poway, Poway, Poway...una cittadina tranquilla, sembrerebbe. Eppure...nasconde tanti di quei segreti, notti in litigio, notti d'amore, alcol, droga...in realtà non mi era mancata per niente, avevo tutto quello che potevo desiderare con me.
"La sconosciuta ma mitica Poway ti da' il benvenuto, Josie!"
urlò Mark con fare entusiasto.
"Bella..."
risposte lei.
"Mai quanto i suoi abitanti!"
urlò Tom dall'altra parte.
"Ne sei così convinto...DeLonge?"
lo guardai sorridendo.
"Sì, Helen. Tu non credi?"
disse con fare quasi da maniaco.
"Mh...non saprei, è vero che c'è molta gente bella. Guarda quel ragazzo ad esempio! Non lo conosco nemmeno, eppure sicuramente me lo farei."
Si avvicinò a me sbattendomi al muro:
"Chi ti faresti te, scusa?"
la sua voce era calma e sensuale, quasi avrei voluto farci l'amore, subito.
"Quel ragazzo là, perché...non posso?"
risposi con altrettanta voce calma.
"Tu sei mia. Nessuno potrà toccarti, finché sarò qui."
Mi strinse le mani ai fianchi, e ci baciammo, di nuovo. E poi di nuovo. E di nuovo ancora. Certo, eravamo tornati alla vita reale, la scuola sarebbe riiniziata per noi, e tutt'altra merda insieme a lei, ma andava bene così. Era già mattina, infatti il nostro furgone si fermò davanti a quell'edificio pieno di studenti diversi tra loro. Tutti i volti erano rivolti verso di noi, o meglio...verso di loro. Sì, perché tutti amavano i Blink-182,  in particolare tutti amavano Tom e Mark. Ragazzine molto poco simpatiche iniziavano già a mangiarsi il mio ragazzo con gli occhi. Qualcuno continuava a guardarli, con i loro skateboard in mano, pronti per ridargli il benvenuto. Scendemmo velocemente, e subito una massa andò addosso ai due. Io mi scostai, mentre Josie rimase con Mark.
"Ehy ehy Hoppus! Nuova fiamma?"
Lei continuava a fingere - a parer mio -:
"Io e lui non siamo fidanzati, anzi, mi fa schifo."
Mark sorrise, e la strinse per le spalle:
"In realtà mi ama già!"
Inizialmente sembrò arrossire, ma poi ridivenne seria:
"Levami quelle manacce di dosso!"
Osservavo la scena divertita. Dall'altra parte, c'era Tom, insieme alle sue amate e amati fan.
"Tooom, mi sei mancato da morire!"
alcune ragazze si accollarono al suo collo, ed altre lo stritolarono. Iniziavo davvero ad essere gelosa, ma feci finta di niente.
"Ma ciao Helenuccia!"
quella voce. Quell'iritantissima voce, di nuovo. Ero tornata a Poway, ero tornata da lei: Holly.
"Ciao."
risposi freddamente. Mi mise una mano sulla spalla e sussurrò:
"Mi pare che il tuo amore bello sia un po' troppo attaccato a quelle due ragazzine!"
Le levai la mano, girandomi:
"Ah, tu dici?! Non mi importa di quello che pensi."
Un sorriso maligno apparve sul suo viso:
"Oh, andiamo Helen. E' durato finché è durato, lui è fatto così. Ne cambia una ogni tre giorni, lo sai anche te. Ormai sei durata abbastanza...mi chiedo solo come abbia fatto ad andare con una come te."
Un enorme senso di tristezza mi avvolse:
"No, lui...lui è diverso con me."
Rise:
"Ah, davvero? Per esempio? Ti dice che sta bene con te? Finge di baciarti come non aveva mai fatto con nessuna? Andiamo, credi veramente a queste stronzate?"
"Torna a fare pompini, Holly."
detto ciò, mi voltai andandomene. Lei stranamente non reagì, almeno, io non vidi la sua reazione. Mi diressi verso l'entrata della scuola. Ogni tanto mi giravo per guardare Tom, ma lui continuava a stare lì, a farsi amare da quelle oche. Mi rinchiusi in bagno. Non credevo del tutto alle parole di Holly, ma mi avevano ferito. Forse aveva ragione...dopotutto non mi era nemmeno venuto a cercare. Forse lui non mi amava. Beh, ma io lo amavo, lo amavo da morire. Passai quasi tre ore a pensare, fin quando la porta si aprì.
"Non ti hanno insegnato a bussare?"
fu la mia prima risposta, ma poi notai che era Josie, e subito cambiai espressione.
"Oh, scusa Josie."
"Non fa niente Helen, ma dimmi...che ti è successo? Sei scappata via."
Tirai un enorme sospiro:
"Niente..."
Lei si avvicinò a me, e le feci posto sul gabinetto dov'ero seduta.
"Tom?"
La guardai, semplicemente annuendo.
"Ci sei rimasta male perché non ti ha considerato per niente?"
rifeci la stessa mossa.
"Sembra stupido detto così, lo so. Ma la cosa mi ha dato noia; vedere quelle stupide che si strusciavano a lui, e Tom che rideva! Rideva. Non faceva assolutamente niente."
Lei sorrise:
"Non è stupido, affatto. Anzi, è normale. Ma magari lui non l'ha fatto volontariamente. Ricordati che è la prima volta che ha una storia veramente seria, e quindi...devi dargli tempo."
Abbassai la voce:
"Lo so, però fa lo stesso male..."
Lei per tutta risposta mi diede un abbraccio, e lo apprezzai. Era una ragazza d'oro, nonostante volesse sembrare il contrario. Tirò fuori dalla tasca uno spinello e lo accese:
"Vuoi?"
disse, con esso ancora in bocca. Alzai le spalle:
"Perché no. Un po' di relax mi ci vuole."
ed aspirai. Subito una strana sensazione mi percorse tutto il corpo, piacevole...ma comunque strana.
"Dimmi una cosa, Josie...ma sii sincera."
Lei mi guardò un attimo sbalordita. E poi rispose:
"Ah. Se ti riferisci a Mark...è un sì. Ma non mi fido ancora del tutto, quindi non dirglielo!"
Subito tirai un urlo di liberazione:
"Woooaah! Lo sapevo! Lo sapevo! Beh, comunque Mark è un bravissimo ragazzo, davvero. Presto lo scoprirai."
"Mi affascina."
rise.
"E' bello."
"E stupido."
"E anche incredibilmente sexy!"
Scoppiai a ridere:
"Indubbiamente è vero, però...preferisco non vederlo in questo modo, mi farebbe un po' strano...ahahahah!"
Qualcuno bussò alla porta e subito ci zittimmo:
"Occupato!"
urlai. Subito quel qualcuno aprì la porta, ed era lui: Tom. Josie sbarrò gli occhi:
"Vi lascio soli!"
Non feci in tempo a ribattere che era già sparita. Mi alzai.
"Ma dov'eri finita?! Ti ho cercato dappertutto."
sorrise.
"Ah, quindi te ne sei accorto alla fine..."
Continuò.
"Smettila con quel sorriso di merda! Sono seria!"
Per l'ennesima volta mi buttò al muro:
"Perché ti scaldi tanto, eh amore?"
Arrossii come un pomodoro, ma feci finta di niente:
"Smettila."
"Basta così poco per farti abbassare il tono e arrossire? Dovrei farlo più spesso allora..."
la sua voce. DI nuovo quella voce. La cosa era così eccitante, ma non mi feci prendere dalla tentazione. Cercai di spingerlo, ma era abbastanza inutile:
"Ma perché non te ne torni da quelle ochette?"
dissi sforzando. Lui sfoggiò un'altra risata:
"Qualcuno è geloso?"
"Che novità..."
dissi chinando la testa. Lui l'alzò con il pollice della sua mano destra, e mi guardò. Quella faccia, quel sorriso. Ogni volta mi mandava in panico. E ogni volta lo ripetevo. Sapevo cosa stava per accadere, e non mi tirai indietro, inizialmente. Mi baciò sulla bocca, per poi scendere sul collo.
"Tom...."
la mia voce era un misto di sentimenti: tristezza, odio, amore e eccitazione.
"Helen, ti voglio. Smettila di fare i capricci."
Mi prese in braccio, e riprese a baciarmi sulla bocca. Allora mi lasciai andare. Iniziai a sbottonargli i pantaloni, velocemente. Lui continuava, sempre con più passione. Mi infilò una mano sotto alla maglietta, ed iniziò ad accarezzarmi, alternando stringendomi i fianchi. Le sue mani emanevano un calore quasi eccessivo, ma piacevole. Scese giù piano piano, arrivando dentro le mie mutande, ancora una volta.
"No Tom!"
finalmente mi svegliai. Lui si fermò di colpo:
"Che c'è?"
"Non ci riesco..."
risposi tristemente. Lui alzò la testa, sospirando:
"Cazzo, Helen. Potevi avvertirmi prima."
mi lasciò e si riabbotonò i pantaloni. Non risposi, mi limitai semplicemente a guardare per terra:
"Scusa.."
mormorai. Si mise una mano nei capelli:
"Cosa devo fare? Spiegamelo. Non capisci che ti amo, ti amo da morire. E stavolta non sto scherzando, lo urlerei al mondo. Non mi importa delle altre ragazze. Non le mando a fanculo perché certe volte mi fanno comodo, per copiare un compito o cose del genere, ma per il resto non esistono. Per me esisti solo tu. Sei sempre esistita solo tu..."
Non risposi, non riuscivo nemmno a guardarlo in faccia.  Lui uscì, sbattendo la porta del gabinetto. A quel punto una lacrima scese dal mio viso, ma non era di certo il momento adatto per piangere. L'asciugai frettolosamente, e mi diressi nella mia classe. Josie si era infiltrata con me, il nostro professore era così idiota che non si sarebbe di certo accorto di lei. Quell'ora fu interminabile, continuavo a pensare a quello che avrei fatto in quel momento, se avrei dovuto fare qualcosa. Era un rebus, la mia vita lo era! Non riuscivo a stare un attimo tranquilla, qualcuno, qualcosa, io doveva rovinare tutto.
"E lei, signorina...cosa ne pensa di Giulietta e Romeo?"
Il professore si rivolse a Josie:
"Professore, io credo che Romeo sia un cretino, e Giulietta ancora di più. Un amore non dovrebbe essere tragico. Dovremmo essere felici di amare. Eliminare i problemi di coppia, essere felici. Se la cosa andrà bene, perfetto, e se andrà male, qualcun'altro colmerà il nostro vuoto. Uccidersi non ha senso, è come dire game over. E se dai game over, allora non sei degno di essere un giocatore."
E aveva ragione. Non bisognava piangersi addosso per una cosa del genere, reagire. Ecco cosa dovevo fare, reagire. Avevo sbagliato, ancora una volta. Avevo visto un lato di Tom che insieme a me non esisteva, stupida Holly. Suonò la campanella: ora di pranzo. Subito mi precipitai in mensa, per cercare Tom. Teste bionde, teste bionde, teste biondeeeee! Nemmeno l'ombra. Merda. Odiavo essere così bassa, non aiutava mai.
"Scusate, posso avere un attimo d'attenzione?"
la sua voce. Finalmente lo vidi, era salito su uno dei tavoli della mensa. Cercai di non farmi vedere, ero in imbarazzo.
"Volevo dirvi che...il vostro caro DeLonge, è stato fottuto! Già, fottuto. Incredibile vero?! Faccio fatica pure io a crederci. Ma una ragazza è riuscita a fottermi. Mi ha fatto innamorare!"
Un incredbile urlo di stupore assalì la stanza. Io iniziavo a non capire veramente nulla.
"Sì, lo so! Ma ragazzi, è vero!"
"Torna a fottere cani, DeLonge!"
la voce di un ragazzo si fece sentire, e tutto il pubblico rise.
"Ehy tu! Chiunque tu sia, lei è meglio dei cani! E se dico questo...diamine, credetemi. La preferirei agli alieni. E sapete quanto amo quelle creature! Ma lei la amo di più. Forse, proprio perché è un po' un'alieno..."
sorrise, e io automaticamente feci lo stesso. Sentivo che nonostante tutte le facce che avesse intorno, stesse guardando me.
"E' strana. Lunatica. Fin troppo lunatica. E' diversa dalle altre ragazze. Con lei posso essere me stesso, normale. Non mi ama perché sono popolare, mi ama proprio perché sono uno sfigato. Sì, esatto! Sono uno sfigato ragazzi! E lo siete anche tutti voi."
rivolse il dito medio, facendo una delle sue facce strane, ma comunque adorabili.
"Beh, avrete capito che non sono buono a fare i discorsi, quindi...inviterei il mio alieno a venire qua sopra, con me. Come se fossimo una band, la più bella del mondo. Questo sarà il nostro palco, e potremmo scatenarci, cantare ed essere stupidi...perché quello che veramente importa, è che noi due rimarremo insieme. Non dico per sempre, quello mi spaventa. Lascio indeterminato il tempo..."
io stavo per mettermi a piangere dalla commozione, ma non osavo farmi vedere.
"Allora, Helen. Vuoi muovere quel tuo...bellissimo culo e venire qua con me?"
una splendida risata avvolse il suo volto. Tutti si girarono verso di me, e mi fecero passare. Ero imbarazzatissima, sembrava di essere dentro un telefilm. Fanculo a Holly, aveva sbagliato, di nuovo. Mark nel frattempo salì sul palco:
"Okay, okay! E' stato bellissimo il tuo discorso, mio caro Matthew."
Tom si girò verso di lui:
"Non chiamarmi mai più in quel modo."
"Sisi, tanto sai che continuerò a farlo."
disse Mark senza dargli corda. Io nel frattempo ero riuscita a salire sul palco, e Tom mi teneva per mano.
"Vorrei solamente aggiungere..."
iniziò Mark:
"Che questi due sono i miei migliori amici, e sono fiero, contento, e robe varie di loro. Quasi mi commuovo!" f
ece finta di asciugarsi una lacrima sul viso. Poi iniziai anche io:
"Bene, adesso che sono...un vip anche io, ci tengo a chiamare sul palco una ragazza che ho conosciuto da poco, ma a cui mi sono già affezionata!"
Questa cosa diventava sempre più ridicola, ma il pubblico sembrava essere sempre più interessato. Adoravo fare queste cose. Il mio sogno sarebbe stato quello di avere una band, e fare cazzate sul palco, come fanno i Blink-182.
"Josie, Josie, Josieeeee!"
Salì quasi immediatamente sul palco:
"Lei è la mia ragazza!"
urlò Mark, che subito ricevette un pugno sulle palle.
"In realtà mi ama!"
disse cercando di trattenere il dolore.
"Beh, okay. Adesso che abbiamo presentato la nostra famigliola, potete tornare a mangiare. Grazie a tutti, siete fantastici!"
detto questo leccò una forchetta e la lanciò in aria, subito le ragazze si avvinchiarono per prenderla. Tutti applaudirono e urlarono. Ma che cazzo stava succedendo. Iniziavo a ridere come una scema. Scendetti dal tavolino e subito una massa mi venne incontro:
"Quindi...vai con Tom. Dicono che con le mani sia bravissimo, sei fortunata."
continuavano a ripetere le ragazzine.
"ah, ah, okay. Sì, certo."
rispondevo a monosillabi, cercando di andarmene fuori il più velocemente possibile. Incontrai Scott:
"Ehy!" lui non sembrava molto contento, anzi. Era strano quel ragazzo, in realtà non mi piaceva molto. Mi sembrava troppo diverso per stare in una band con Mark e Tom, erano incompatibili. Dopo poco arrivarono anche loro e subito iniziarono una discussione con il batterista:
"Certo che siete dei bastardi."
Rimasero a bocca aperta. Volavano insulti e robe varie, fin quando tutti e tre presero strade diverse ed io e Josie rimanemmo da sole. Ci scappò una risata. Credo che tutto questo fosse successo perché Scott si sentiva un po' abbandonato dagli altri componenti, ma in realtà non sapevo bene come andassero le cose.
"Vieni, ti faccio vedere dove abito. Se per te va bene, da ora in avanti abiteremo insieme!"
Ne sembrava quasi entusiasta. Lungo il tragitto parlammo a lungo, avevamo in comune tante cose. A lei piaceva suonare il basso, come a Mark. Sognava di creare una band, come me. Forse un sogno comune, quest'ultimo. Ma ero contenta di aver trovato finalmente qualcuno che la pensava al mio stesso modo. Appena arrivate a casa le feci sistemare le sue cose nella stanza per gli ospiti, le feci vedere le altre stanze e poi ci sedemmo sul divano. Dopo varie ore passate a fumare e scherzare suonò il suo cellulare:
"Pronto?"
il suo tono cambiò di colpo, avevo un leggero intuito che fosse Mark.
"Uscire? Io e te? Stai andando un po' troppo in là Hoppus!"
"Ah, come amici. Certo. Helen? E' qui con me."
"Riferirò. Ciao cretino!"
Aggrottai le sopracciglia:
"Per prima cosa: quando avrai intenzione di dirgli che in realtà ci vai matta e che ti attizza come la pizza per gli americani?"
mi diede uno spintone:
"Smettila!"
subito scoppiò a ridere. Vidi che la risata iniziava a prolungarsi, allora mi fermai quasi preoccupata:
"Perché stai ancora ridendo?"
"Ti attizza come la pizza per gli americani. Ma come cazzo parli!"
A quel punto scoppiai a ridere anche io:
"Non lo so. E' che ho fame. Forse. Non so. Sono strana, forse."
Continuò a ridere:
"Beh, comunque ci vengono a prendere tra 2 ore per andare a cena fuori."
Per un attimo il mio cuore si fermò. Cena fuori, voleva per caso dire...un appuntamento? UN PRIMO APPUNTAMENTO? No, aspetta. Io non avevo robe carine da mettermi, mi vestivo solo di maglie larghe e pantaloncini. Non avevo tacchi. Non avevo vestitini. Non avevo niente. Corsi in camera mia e mandai all'aria tutto il mio guardaroba:
"No."
"Questo no:"
"Nemmeno."
Josie arrivò e mi guardò perplessa:
"Ma cosa stai facendo?"
"Non ho...non ho vestiti!"
la guardai scioccata. Sapevo che le mie facce erano buffe, ma stava ridendo un po' troppo.
"Fortunatamente io ho qualcosa in più, vieni ti faccio vedere."
Tirò fuori qualche vestito, strano. Per me, ovviamente. Erano troppo corti per i miei gusti. Troppo strani, troppo...troppo, insomma. Uno mi saltò all'occhio, semplicemente perché era del mio colore preferito:
"Okay, questo è perfetto."
dissi frettolosamente.
"Aspetta, ma ne ho altri!"
Intanto cercai di infilarmi quel coso il più velocemente possibile.
"Come cazzo si infila Josieee?! Qual'è la testa?!"
chiesi disperatamente, girando il vestito velocemente.
"Stai calmaaaaa!"
sbottò lei.
"Okay, calmissima."
tirai un sospiro profondo.
"E' che io non sono molto pratica in queste cose."
Lei sorrise:
"Fatto."
La guardai perplessa:
"Ah."
Andai a guardarmi allo specchio, era un vestito semplice, adatto a me. Mi fissai per qualche minuto, un po' stranita:
"Come si chiama questo...?"
"Chiffon!"
"Chi...che? Sembra una roba da mangiare."
Mi infilai delle scarpe che, ovviamente, mi diede Josie. Erano dei tacchi, alti. Troppo alti. Mi sentivo ridicola a camminarci sopra, però erano d'obbligo. Così dicevano. Lei poi si preparò velocemente e mi truccò. Dopo di che andai in bagno e nel frattempo suonarono al campanello:
"Vado ioooo!"
urlò Josie. Sentii le voci dei due amici parlare e sghignazzare di sotto. Ora veniva il problema: sicuramente scendendo le scale sarei caduta e avrei fatto una figura di merda. Esitai qualche minuto, poi sentii la voce di Tom:
"Ci sei caduta dentro il cesso, o ti stai masturbando?! Se è la seconda fammi un fischio che ti do' una mano!"
scoppiai a ridere. Che cretino. Decisi di uscire, molto lentamente. Appena mi vide rimase a bocca aperta, Mark era girato verso di lui e rideva:
"Che è quella faccia a pesce lesso Tom? Hai visto un alieno?"
"Ho visto di meglio, credimi...guarda tu stesso."
disse indicandomi.
"Cooosa! Quella non è la mia Helen."
mi avvicinai a loro, molto imbarazzata.
"Sei bellissima!"
urlarono i due insieme.
"Ringraziate lei."
Tom si alzò e si chinò di fronte a Josie:
"Grazie Josie, grazie! Grazie! Grazie!"
Io scoppiai a ridere. DeLonge a quel punto mi prese per un braccio e mi portò in un angolo:
"Aaaah, vai piano! Rischio di cadere per terra con questi cosi!"
Mi baciò e subito cambiai espressione. Finalmente ero riuscita a vederlo meglio: indossava una camicia, era un po' strano in effetti ma mi piaceva da morire. Non era una novità.
"Dimmi."
"Ho una sorpresa."
"Mi fai paura."
Sorrise:
"Come al solito. No, è una bella sorpresa, quando andremo al ristorante la vedrai."
Lo presi per mano e gli diedi un altro bacio:
"Andiamo."
 


Arrivati al ristorante mi sentii decisamente diversa dagli altri. Sembravano dei borghesi a prendere il tè, e tutti osservavano i miei capelli blu, un po' troppo appariscenti forse. Ci sedemmo ad un tavolo, che però era già occupato da una persona, cosa che mi accorsi solo dopo. Guardai Tom, che sorrise. Scrutai meglio la figura, e mi avvicinai per vederla. Oddio, di nuovo. Non era possibile, era questa la sorpresa? No, lui non poteva avermi fatto questo. Si girò, mostrandomi il suo volto: era lei, mia madre. La guardai con la bocca aperta:
"Ciao"
disse sorridente. Un sorriso che mi parve maligno, un sorriso falso. Un sorriso che non avrei voluto più vedere in vita mia. Subito mi rivolsi a Tom. Tutto questo era ridicolo, orribile e anche meschino. Le lacrime imprecavano per uscire, ma cercavo di trattenermi
"Ma come hai potuto farmi una cosa simile?"
Lui rimase scioccato:
"Cosa?"
"Hai capito benissimo."
risposi fredda.
"Ma amore, lei vuole ricominciare. Vuole riavere una vita insieme a te."
Sogghignai:
"Oh, certo. Io..."
chinai la testa e subito la rialzai
"Questo non dovevi farlo Thomas."
Non ero riuscita a tenere dentro quello che provavo: lacrime amare mi rigavano il volto. Subito me ne andai velocemente. Perché l'aveva fatto? Sapeva di certo che non la volevo vedere, che la odiavo e che era stata una stronza con me. Eppure adesso la difendeva, che cosa ridicola. Cominciò a piovere, mi tolsi quelle stupide scarpe e chiamai un taxi il più in fretta possibile. Fortunatamente si fermò prima che gli altri uscissero dal ristorante, salii velocemente.
"Dove la porto?"
"Il più lontano possibile da qui."
"Prego?"


Angolo di giulss:
Capitolo piuttosto tranquillo, giusto per prepararvi un po' a quello che succederà dopo! Beh, che dire...continuo a ringraziarvi tutti per leggere questa robaccia qui. Ringrazio chi recensisce, chi la legge prima di andare a letto e chi lo fa mentre è al cesso perché magari...che ne so, lo stimola(?)
Se volete come al solito fatemi sapere se vi piace, o vi fa schifo, oppure che non sono affatto simpa. Però fatelo, sempre se volete. Per me è piuttosto importante!
Ci tengo anche a dirvi che tra poco questa cosa finirà...e siccome ho già delle idee per il seguito nell'ultimo capitolo vi chiederò se volete che la continui o no.

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Capitolo 11
*** Full moon, rotten nights. ***


Alla fine decisi di tornare a casa. Passarono i giorni, a volte sentivo Tom bussare alla porta, e continuare per troppo tempo; iniziava sempre alla stessa ora. Diventava quasi una sveglia mattutina e una buonanotte non molto piacevole. Non volevo vederlo, non volevo assolutamente farlo. Era stato perfido, non avrebbe dovuto rifarmi vedere lei: quella che mi aveva rovinato la vita e che sicuramente era tornata solo per farsi i suoi comodi. Non volevo vederlo...anche se iniziava a mancarmi non me la sentivo, non potevo. Quel giorno suonò qualcuno alla porta, di nuovo:
"Tom! Basta, cazzo! Non voglio vederti, vattene!"
rispose la voce di Mark:
"Non sono Tom...sono io Helen, e sono qui con Josie. Non c'è Tom, aprici. Dai."
Mi alzai svogliatamente dal divano e gli aprii:
"Entrate..."
Appena entrarono rimasero un po' scioccati:
"Ma questa...ma è un porcile, Helen!"
In effetti erano un paio di giorni che non pulivo, non ne avevo voglia. A volte bevevo qualcosa di alcolico, cosa che non facevo mai di solito e poi lasciavo lì i bicchieri. A volte fumavo, fin troppo forse. Beh, ero fatta così...mi sfogavo semplicemente. La mia casa in un certo senso rappresentava quello che avevo in testa, come l'avevano definita i due: la mia testa era un porcile, un enorme porcile. Li feci sedere sul divano vicino a me ed accesi la tv facendo finta di niente.
"Vogliamo parlarne?"
Continuai a fingere:
"Uhm? Di cosa?"
Stavano per risponde ma li bloccai:
"E comunque dopo, questo programma mi interessa."
Okay Helen, fai schifo con le scuse visto che il programma in questione era su un matrimonio... Mark sghignazzò:
"Ti piacerebbe sposarti?"
"Sì, certo."
risposi velocemente.
"Con chi?"
Mi cadde il telecomando di mano esubito mi alzai per andare in cucina cercando di fare altro. Lui però non demorse, si alzò e mi venne incontro insieme a Josie:
"Con chi vorresti sposarti, Helen?"
"Non lo so...non saprei."
balbettavo nervosamente.
"Con Tom?"
continuò. Scoppiai a ridere, una risata altrettanto nervosa:
"Tom odia i matrimoni."
"Però ama te."
rispose Josie. Chinai la testa:
"Lo amo anch'io, ma..."
Mi fecero uno sguardo che significava:
"Continua, su!"
e così feci:
"Ma...lui sapeva che non volevo vederla, lo sapeva. E allora perché l'ha fatto?!"
Mark mi abbracciò vedendo che ero sul punto di piangere:
"Hel, lo conosci Tom...lui non ne combina una giusta! Ma non la fa a posta, ci mette tutta la buona volontà. Pensaci su, non voleva farti soffrire. No di certo."
Mi staccai:
"Ci penserò.."
Josie e Mark si scambiarono un'occhiata strana:
"Che ne dici di andare a fare un giro?"
si rivolse poi lei a me. Speravo solo che non avessero in mente robe strane:
"Uhm, sì..okay. Dove?"
"Beh, io non conosco niente qua. Portami da qualche parte."
Anche questo era vero, quant'era stata stupida la mia domanda.
"Va bene."
Presi le chiavi della macchina e mi diressi verso la porta d'uscita:
"Mark tu non...?"
Sorrise:
"Nono. Ora me ne vado tanto, prendo qualcosa da bere e poi corro via."
Aggrottai le sopracciglia:
"Okay...a dopo!"
e chiusi la porta di colpo. Salii sull'auto, non sapevo proprio dove avrei potuto portarla...infilai le chiavi e accesi il motore: meta sconosciuta. Dopo un po' di tempo mi fermai. L'avevo portata in una spiaggia, ma non una spiaggia qualunque...l'avevo portata in quella spiaggia, quella "mia" e di Tom.
"Oh, cazzo..."
Bisbigliai. Avevo capito di che cosa avesse voglia il mio cuore, corsi sulla spiaggia e mi sedetti in un punto ben preciso. Non era sicuramente il punto dov'eravamo seduti tempo fa io e lui, ma in quel momento mi sembrava. Sentivo la stessa aria di quella sera, la sabbia era la stessa. Io ero la stessa, o quasi. Mi alzai velocemente e mi misi in mutande e reggiseno:
"Vieni Josie!"
urlai scontrandomi contro l'acqua. Era fresca e pulita. Lei entrò subito ed iniziammo a schizzarci; mi tornarono in mente le stesse scene di quella sera. Anche io e lui ci schizzavamo e ridevamo. Vidi per un attimo la sua faccia, ma subito la cancellai dalla mia mente ed uscii dall'acqua. Josie mi seguì, ed immediatamente si accorse che il mio umore era cambiato. Mi abbracciò:
"Sono qui Helen, non ti lascerò sola."
Sbarrai gli occhi, di nuovo risentii la voce di Tom. Mi aveva detto la stessa cosa, la stessa identica cosa. Questa cosa iniziava a darmi veramente fastidio. Si staccò da me:
"Mamma mia, questi vestiti sono fradici."
Ancora una volta ripetè una frase che aveva detto lui. Ancora una volta sentii quella stranissima sensazione, per niente piacevole. Mi bastava chiudere gli occhi per teletrasportarmi a quella sera ed improvvisamente ritrovarmi davanti un Tom nudo, perché io l'avevo provocato; e a quando subito mi ritrovai nuda anche io e cominciammo a correre, fregandocene del resto. Dopo vari minuti tornai alla realtà, Josie mi guardava quasi sconvolta, cercava di trattenersi dal ridere.
"No, niente! Ero flippata in un'altra data, scusa!"
"Continuo a chiedermi come cazzo parli!"
Sbuffai ed incrociai le braccia:
"Parlo benissimo."
girai la testa dal lato opposto in cui era lei. Continuò a ridere:
"Sono fortunata ad avere trovato una come te. E lo è anche quel coglione di Tom!"
Immediatamente mi rigirai per guardarla e sorrisi; dopo di che le saltai addosso abbracciandola di nuovo:
"Ti voglio bene! Mi ci trovo troppo con te, siamo simili. Ti porterò con me dovunque andrò!"
Sentii tirare su col naso:
"Raffreddore?"
"No..."
rispose, con voce nasale. Sbarrai gli occhi e mi staccai:
"Che hai adesso?!"
Lei rise con le lacrime agli occhi:
"E' che...non ho mai avuto un'amica come te. Insomma, ci conosciamo da pochissimo e già ti voglio fin troppo bene. E in realtà non sono stronza, sono sensibile a queste cose!"
"Ooooooh, Josiieeeee! Piangiamo insiemeee!"
feci drammatica ed iniziai a far finta di piangere. Mi diede una spinta:
"Mi pigli per il culo!"
Iniziai a ridere:
"Dai, sono stufa di stare qui, andiamo a casa."
aggiunsi poi. Lei sembrava un po' sorpresa:
"Oh, uhm, emh, okay!"
La guardai perplessa ma non dissi nulla, mi diressi solo verso l'auto. Tornammo a casa e vidi che c'era ancora il furgone di Mark; aprii la porta:
"Ma scusa, tu che ci fa... WOOW!"
Non feci in tempo a finire la frase che venni travolta da un'incredibile sorpresa: Mark aveva messo a posto tutta la mia casa. Controllai ogni angolo ed iniziai a ridere istericamente:
"Ma tu sei matto!"
Lui sbuffò stanco:
"Sì, decisamente.."
disse poi sdraiandosi sul divano. Josie si sedette vicino a lui e cominciarono a scherzare, come loro solito. Dopo vari minuti però trovai una scusa e li feci uscire, volevo rimanere un po' da sola.
"Allora torno stasera Helen!"
disse prima che chiudessi la porta. Annuii con la testa fingendo un sorriso. Subito mi precipitai in camera mia e accesi lo stereo. Presi Cheshire Cat, album dei Blink e lo feci partire. Alzai il volume, e subito l'incredibile voce di Tom inondò la stanza riempiendola. Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi. Non era lì, ma potevo immaginarlo accanto a me. Eccolo: cantava a squarciagola e rideva. Era felice, ed essendo insieme a lui come potevo non esserlo anche io? Improvvisamente partii Strings, che mi fece svegliare: Tom non era lì. Mi alzai frettolosamente e spensi lo stereo. Tornai a letto e chiusi gli occhi di nuovo, stavolta cercando di addormentarmi. Il sole era ancora alto nel cielo, ma non volevo pensare a niente e dormire era l'unica soluzione. Mi rigirai nel letto parecchie volte, fin quando finalmente mi addormentai.
Aprii gli occhi: vidi Tom. Oh, com'era bello. Richiusi gli occhi sorridendo. Sentii una risata. Aprii gli occhi di scatto e lo vidi di nuovo. Subito rimasi sbalordita credendo che fosse solo un sogno.
"Ciao!"
disse sottovoce avvicinandosi a me. Sbarrai gli occhi e cercai di allontanarmi il più possibile finendo per cadere per terra. Si sentii un incredibile tonfo e mi svegliai tutta d'un colpo.
"Ahia.."
bisbigliò ridendo. Nel frattempo diventai rossa, estremamente rossa.
"Che figura di merda!"
continuavo a pensare.
"Già, tutto questo per colpa tua. Se tu non agissi furtivamente nelle case altrui credendoti Lupin o chissà quale altro ladro io adesso non mi sarei rotta il culo in due!"
Questa fu la frase isterica della giornata. Lui si alzò dal letto continuando a ridere e mi aiutò ad alzarmi:
"Posso fare anche da sola."
aggiunsi poi.
"Ma quanto sei acida oggi."
"Non ti sei fatto sentire per un sacco di giorni, dovrei saltarti in collo e baciarti?"
"Beh, a regola sì..."
A quel punto non sapevo che rispondere, mi ero accorta della stronzata che avevo sparato, ma non potevo dargliela vinta. Passarono dei minuti dove lui continuava a fissarmi e io cercavo di guardare altrove per non farmi incantare da quello sguardo. Qualcosa finalmente ruppe quel silenzio. Si sentii bussare violentemente alla porta:
"Ma chi è?"
chiese Tom turbato.
"Che ne so, io dormivo."
Scese velocemente le scale:
"Helen. Cazzo, Helen aprimi!"
Era Josie.
"Ma che ore sono?"
"Le undici e mezza."
Merda, mi ero scordata di Josie. Tom aprì la porta. Era leggermente incazzata e continuava a sbuffare pesantemente, Tom vedendola in quello stato fece una faccia strana:
"Ssssì, ecco...Josie, ho bisogno di stare con Helen da solo. Se non sai cosa fare vai da Mark e dagliela."
detto ciò chiuse la porta.
"Thomas. Che cazzo hai detto? Ti spacco il culo appena ti rivedo!"
Piano piano gli insulti cominciarono a dissolversi e con un ultimo:
"Fanculo!"
cessarono del tutto.
"Dicevamo?"
sorrise. Sbarrai gli occhi:
"Cosa vuoi dirmi?"
"Vorrei parlarti di tua madre."
Un nodo mi si formò in gola:
"Oh, certo. Immaginavo."
Mi diressi in cucina e presi qualcosa alcolico da bere, Tom nel frattempo mi aveva seguito:
"Vuoi?"
"Me lo chiedi anche?"
rispose con semplicità. Ci sedemmo sul divano:
"Dimmi."
annunciai dopo aver bevuto il contenuto del mio bicchiere.
"Dagli un'altra possibilità."
"A che scopo?"
Mi guardò sbalordito:
"Non so...forse, creare un rapporto?!"
Sapevo che aveva ragione, ma una parte di me non voleva crederci. Avevo paura che potessi soffrire un'altra volta.
"Tu non la conosci."
"Nemmeno tu la conosci, Helen."
Non risposi, mi limitai a bere.
"So che ti manca, che ti è mancata. E che vorresti che fosse andata diversamente...ma adesso hai una possibilità, coglila!"
"E se finirà male? E se cadrò in depressione?"
"Io sarò qui. E ti aiuterò a rialzarti. Non ti permetterò di stare male, non te lo meriti. Il tuo sorriso è troppo bello per impedirgli di splendere."
Sentirgli dire quelle parole in effetti mi faceva uno strano effetto. Tom non era così, non lo era mai stato. Le frasi dolci non erano da lui, ma la cosa mi faceva sentire incredibilmente felice, perché era quello che avevo sempre sognato e adesso lo avevo. Lo baciai:
"Grazie. E scusa per la scenata di prima..."
Lui alzò le spalle e sorrise:
"Ti va di vedere un film?"
annuii con la testa. Passammo la serata così: guardando film stupidi, ridendo e mangiando. Il giorno dopo mi alzai rilassatissima, io e Tom eravamo abbracciati e non potevo desiderare di meglio. Qualcuno suonò alla porta e dovetti alzarmi per andare ad aprire: Mark e Josie. Ero un po' in imbarazzo visto che la sera prima l'avevo lasciata fuori casa, ma lei non sembrava frustrata, tutt'altro: incredibilmente felice. Li salutai e li feci entrare.
"Allora..."
dissi sempre in imbarazzo:
"Com'è andata ieri sera?"
Lei iniziò a balbettare:
"Uhm, sì."
"Bene."
concluse Mark. Io ero leggermente confusa, ma credevo di aver capito.
"Su Josie, non fare la finta tonta, si sentivano le urla da qui!"
Si era alzato. Il soggetto era scontato, si capiva perfettamente dalle frasi che era lui. Mark fece il serio:
"Te l'avevo detto che dovevi abbassare la voce..."
ma poi scoppiò a ridere vedendo la faccia di Josie. DeLonge si sedette vicino a me ed iniziò a parlarmi di mia madre, di nuovo. Era un po' irritante ma sapevo che era un argomento da affrontare. Improvvisamente mi prese e mi portò in un angolino:
"Non fare quella faccia, tu non devi preoccuparti. Devi solo rilassarti."
mi accarezzava il viso con fare amorevole.
"E con mia madre?"
"Lascia fare a me."
Rimasi un attimo zitta, ogni volta che provava a farsi valere succedevano casini, ma non era colpa sua, anzi. Lui faceva fin troppo.
"Ti fidi di me?"
disse sorridendo.
"Certo che mi fido."
ricambiai il sorriso. Avevo quasi paura di quello che aveva in mente quell'uomo. Ci scambiammo un lungo bacio e poi tornammo alla postazione precedente.
"Alloora...io e Tom oggi dobbiamo sbrigare delle cose, quindi voi vedete di uscire e divertirvi."
Josie annuì con la testa.
 
Ancora una volta passammo una giornata fantastica insieme e quando tornammo a casa erano ormai le otto e mezza di sera. Immediatamente notai che c'era qualche auto di troppo nel parcheggio davanti a casa mia. Aprii delicatamente la porta e vidi una tavola tutta apparecchiata con tanto di candele.
"Wow."
dissi ridendo subito dopo.
"Ciao Helen..."
eccola. Un brivido percorse tutta la mia schiena, era lei, ed era davanti a me. Era giunto il momento di parlare seriamente.
"Ciao!"
Ci sedemmo sul divano:
"Beh, allora...come stai?"
iniziai così, cercando di avere una conversazione con quella che avrei dovuto chiamare "mamma".
"Io bene! Ho lasciato il mio vecchio lavoro, sto cercando di ricominciare..."
Vecchio lavoro, quello che faceva davvero lo considerava un lavoro? Questo si che era ridicolo.
"Tu, con Thomas?"
"Oh, bene, benissimo. Io lo amo."
Ci fu qualche minuto di silenzio, dopo di che riprese a parlare:
"Non mi piace quel ragazzo."
Rimasi allibita. Forse non aveva capito che io stavo parlando con lei solo grazie a Tom, e se non fosse stato per lui lei non mi avrebbe più rivista.
"E' un'ottima persona."
"Non è adatto a te." ribattè subito. Ma che cosa ne sapeva lei? In fondo non mi conosceva nemmeno, non sapeva chi fossi veramente e quindi non sapeva nemmeno chi potesse essere adatto a me.
"Perché?!"
"E' volgare."
Non sapevo se ridere o piangere.
"Parla quella che faceva la puttana..."
bisbigliai, ma a quanto pare lei qualcosa aveva sentito. Stava per iniziare quella che chiamavano "litigata pesante" ma Josie irruppe nella stanza insieme agli altri due. Subito andai incontro a Tom:
"Ciao amore."
e lo baciai. Sì, in effetti lo stavo un po' facendo per far rosicare mia madre, ma a lui ovviamente non dispiaceva affatto.
"Hai fatto tutto te?"
gli chiesi sorridendo tenendo le mie braccia sul suo collo.
"Qualcuno ha aiutato."
rivolse lo sguardo verso Mark; così abbracciai anche lui.
"Un momento...ma avete cucinato voi?!"
sbarrai gli occhi.
"Eeeh va beh! Vuoi troppo!"
subito sbottò Tom.
"Abbiamo ordinato la pizza!"
continuò Mark.
"Meglio così..."
annunciai ridendo. Ci sedemmo tutti a tavola e cominciammo a mangiare. Ogni scusa era buona per far girare Tom e fregargli un pezzo di pizza; cosa che faceva anche Mark, e certe volte anche Josie. Lui cominciò a parlare con mia madre, e la cosa che mi faceva incazzare era che lei faceva come se niente fosse. Come se lui le stesse simpatico. Allora decisi di entrare in gioco:
"Che ne diresti se mi sposassi Tom? In fondo è un bravo ragazzo, è bellissimo, e poi lo amo."
Lui mi guardò un po' perplesso:
"Amore...ti amo anche io ma, matrimonio?"
Continuai a guardare mia madre fissa negli occhi, mentre Mark faceva delle facce strane e Josie continuava a mangiare facendo finta di niente. Sembrava volesse quasi darmi un pugno in faccia, ed io sinceramente non aspettavo altro. La scena era del tutto ferma, nessuno si muoveva e nessuno parlava, lei continuava a fissarmi.
"E' un po' presto per pensare al matrimonio, non credi?"
mia madre finì il tutto con una risata molto irritata. Credo che Tom avesse capito cosa stessi cercando di fare:
"Dai su, Helen. Smettila con queste stronzate."
Perché non mi stava aiutando?
"Il matrimonio non è una stronzata!"
Mi guardò incredibilmente serio, allora stetti zitta finendo di mangiare. La serata era iniziata malissimo; appena ebbi finito di mangiare salii in camera, e dopo poco arrivò Tom.
"Ehy..."
voltai lo sguardo per non guardarlo in faccia. Si sedette vicino a me:
"Perché gli hai fatto quella scenata?"
disse accarezzandomi i capelli.
"Lei non ti adora Tom..."
"E allora? Io voglio che tu adori me."
Non mi sarei mai aspettata una risposta del genere, ma mi fece sorridere.
"Ed io infatti adoro te."
Mi schioccò un bacio sulla fronte:
"Io torno giù, vieni anche te? Dobbiamo ancora dare il via alla festa!"
Continuai a sorridere:
"Adesso arrivo."
Nel frattempo entrò mia madre nella stanza ed anche lei si sedette vicino a me:
"Mi sta bene."
Aggrottai le sopracciglia:
"Tu e lui. Lo ami. Mi sta bene che stiate insieme."
Stavolta la sua voce mi sembrava diversa, sincera. Le sorrisi e l'abbracciai: una cosa avvenuta spontaneamente. Era strano, ma non mi dispiaceva. Finalmente scendemmo e l'aria era totalmente diversa. Anche il mio umore era cambiato; stavolta ero tranquilla e felice delle persone che avevo attorno a me . Cominciavamo a parlare di discorsi seri, ma finivamo sempre con delle cose totalmente stupide. Ad un certo punto decidemmo pure di giocare a Monopoli, ma non andò bene: ci stavamo annoiando fin troppo, così Tom si alzò e decise di "dare il via alla festa"...ovvero prese dell'alcol.
"Che festa è senza un migliore amico come luii?!"
Riempii tutti i bicchieri, e mentre gli altri bevevano io continuavo a guardare il contenuto senza far niente. Thomas, che era seduto vicino a me, mi guardò perplesso:
"Perché non hai ancora bevuto?"
Scrollai le spalle:
"Non mi va. Sono felice anche senza questa roba."
continuai sorridendo. Mi rubò il bicchiere di mano:
"Assaggia almeno, è uno dei miei preferiti!"
e mi appoggiò il bicchiere sulle labbra facendomi assaggiare.
"Uhm, sì. In effetti è ottimo!"
Mi fece l'occhiolino e continuò a bere. La nottata si sviluppò così: bevendo e ridendo. Quello che doveva essere un bicchiere, diventò una bottiglia, e poi due, e tre, fino a quando non eravamo tutti allegramente ubriachi: tranne mia madre. In un certo senso la cosa mi rassicurava, almeno quel problema l'aveva eliminato! Dopo svariato tempo andai in bagno, e subito un Tom barcollante aprì la porta e mi venne incontro dandomi un bacio a stampo.
"Amore ma che fai?"
Ridevo, continuavo a ridere, sicuramente era la sbornia.
"Ti vooglio..."
disse baciandomi di nuovo.
"Andiamo."
gli sussurai sottovoce. Da lì iniziò un barcollamento pieno di baci fino alla stanza da letto. Ci arrivammo velocemente e lo sbattei sul materasso; mi tolsi la maglietta e lui fece lo stesso. Mi buttai sul suo petto caldo. Iniziai a baciarlo, partendo dalla bocca e piano piano arrivando fino all'ombelico; nel frattempo i suoi gemiti di piacere mi stordivano le orecchie. Stavo per sganciargli i pantaloni, quando sentii un boato. Mi bloccai, e la mia testa fu annebbiata per qualche secondo.
"Oh ma che cazzo! Ogni volta eh! Succede ogni fottutissima volta!"
sbottò Tom. Scoppiai a ridere per un secondo, ma poi tornai seria. In punta di piedi mi avvicinai alla stanza di fianco ed aprii la porta; Tom era dietro di me sempre barcollante. Appena vide la scena iniziò a ridere:
"Lo sapevo che trombavano questi due!"
La delicatezza di Tom DeLonge era qualcosa di inesistente. Josie e Mark voltarono lo sguardo su di noi sorpresi. Dopo di che scoppiarono a rideree noi facemmo lo stesso.
"Siete carinissimi! Però siete stati voi a dare quel botto?"
"Quale botto?"
Continuò Mark.
"Ma tua madre dov'è?"
la frase di Josie mi fece sbarrare gli occhi:
"Merda!"

Angolo di giulss:
Finalmente ho aggiornato, già! Siamo in fondo ormai eh, ancora qualche capitolo e poi tutto questo finirà...sempre che non cambi idea prima.
Beh, se volete fatemi sapere che ne pensate di quest'altro capitolo, o per i nuovi lettori anche della storia in generale!
Grazie, ci sentiamo! :)

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Capitolo 12
*** I need some intervention. ***


Come aveva fatto mia madre a fare tutto quel casino era rimasto un mistero, sta di fatto che aveva preso un brutto colpo alla testa cadendo da non so dove. Mentre la osservavo sdraiata sul mio letto che dormiva continuavo a torturarmi...dalla mia testa passavano pensieri di tutti i generi, anche leggermente maligni: credevo stesse cercando qualcosa e credevo anche che non mi stessi sbagliando. Si ma...cosa? Cosa avrebbe potuto volere? La mia mente continuava a non arrivarci e Tom continuava ad osservarmi, serio.
"Smettila di torturarti Helen."
Incredibile. Era incredibile come quel ragazzo percepisse ogni mia mossa, come riuscisse a capirmi semplicemente con uno sguardo. Era una cosa che avevo sempre sognato, e adesso che l'avevo non riuscivo a crederci. Mi voltai verso di lui:
"Forse hai ragione, ma..."
Immediatamente si avvicnò a me:
"Ssh."
disse posandomi il dito indice sulle labbra, azzittendomi.
"Tranquilla!"
sorrise. Feci lo stesso e a quel punto si svegliò mia madre.
"Ehy..."
le dissi immediatamente, sorpresa.
"Vi lascio sole.."
Tom mi diede un bacio sulla fronte ed uscì dalla stanza.
"Cos'è successo?"
chiese lei confusa.
"Questo dovresti dirmelo tu in realtà...hai preso un brutto colpo alla testa, ma non so per quale motivo."
Riflettè un secondo sull'accaduto, dopo di che continuò:
"Ah, sì! Stavo cercando uno dei nostri album di foto credendo che tu li avessi tenuti ma non ho trovato niente..."
Stetti qualche secondo in silenzio, e qualche ricordo mi traforò la mente. Alcuni erano piacevoli, altri un po' meno. Ad esempio a Natale. Le foto del Natale erano orribili, le avevo bruciate tutte, racchiudevano troppi ricordi, troppo dolore.
"Li ho persi."
risposi poi nettamente. Lei ci credette ben poco e cambiò discorso:
"Beh, comunque grazie per avermi messo a letto."
"E' stato Tom."
Ero parecchio fredda, il motivo non lo sapevo...c'era qualcosa che mi puzzava.
"Evidentemente mi sbagliavo su quel ragazzo Helen, lo vedo che state bene insieme e a me va bene così. Ci tengo veramente a ristabilire un rapporto con te!"
Quelle parole erano un misto di emozioni: dolore e piacere. Dolore non sapevo precisamente per quale motivo, forse avevo paura che potesse ferirmi di nuovo, e la cosa non mi sarebbe andata molto giù. Mi limitai a sorridere dicendo:
"Anche io."
perché in fondo era la verità. Insomma, era mia madre...ovviamente che avrei voluto ristabilire un rapporto con lei. E se ciò che diceva era la verità, perfetto. In quel momento volevo crederci, avevo bisogno di un attimo di libertà da qualsiasi problema o pensiero negativo. Improvvisamente sentii la soave voce di Tom chiamarmi:
"Heleeeen, scendi un attimo? E anche velocemente!"
Quasi scocciata mi diressi verso lui, tutt'altro che velocemente. Ero particolarmente stanca e non avevo voglia di far niente.
"Oi, dimmi."
dissi ancora a metà strada. Non appena arrivata un Tom particolarmente entusiasto affermò:
"Amore, ci siamo! Stiamo sbarcando!"
Continuavo a non capire, non dissi una parola, la mia faccia parlava da sè. Signazzò un attimo e poi riprese:
"I Blink-182 suoneranno al Poom!"
Per un attimo mi bloccai. Il Poom era uno dei locali più importanti della California, ciò significava che...sì, i Blink stavano sbarcando! Subito dopo tutta la mia stanca era praticamente volata via, un enorme sorriso avvolse il mio volto e gli saltai addosso:
"Woaaaah, Tom! E' fantastico!"
Mi aggrappai con le gambe ai suoi fianchi e lui mi guardò sorridendo:
"Sì, lo è. Come te."
Mille farfalle nello stomaco cominciarono a svolazzare, la stessa sensazione che sentivo ogni volta che lui si comportava in quel modo. Lo baciai intensamente, nel mentre lui mi fece scendere delicatamente. Appoggiai le punte per terra e mi tenei con le braccia attorciliate al suo collo. Piano piano smettemmo di baciarci e ci scappò un ennesimo sorriso. Più passava il tempo e più credevo di amarlo e che per lui fosse lo stesso. Ad un certo punto spuntò Mark insieme a Josie:
"Quindi verrai, vero?"
"C'è da chiederlo?!"
"Oooh, fatti abbracciare."
Si avvicinò e così fece.
"Occhio che...Josie potrebbe essere gelosa."
Fui immediatamente squadrata dalla mia amica e Mark prese a ridere:
"Anche DeLonge potrebbe esserlo."
Inziai a ridere anche io, fin quando Thomas non affermò:
"Chissà quante tette ci saranno al concerto!"
ed io mi staccai da Mark per dirigermi verso di lui e guardarlo in modo sconcertato:
"Tu sei mio."
"Così va meglio."
continuò ridacchiando. Improvvisamente mi ricordai di qualcosa, un problema:
"Tom..."
Lo vidi guardarmi leggermente preoccupato:
"Che c'è?"
Presi un bel respiro e continuai:
"Mia madre...non posso lasciarla sola. Lo sai."
"Oh...hai ragione. Mi mancherai un sacco, sarò tutto solo..."
Gli schioccai un bacio a fior di labbra e lui iniziò ad allungare le mani:
"E no, carissimo DeLonge. Non si tocca niente."
Mise su un broncio talmente carino che mi sarebbe venuta voglia di baciarlo tutto, ma puntai sul ridere che forse era meglio.
"Sei veramente crudele Helen."
Continuai a sorridere, e mi incamminai nella stanza di sopra:
"Su, vi aiuto a preparare la roba!"
In realtà furono solo parole buttate al vento, non appena fui di sopra iniziai a giocare con la chitarra di Tom, e Josie face lo stesso con il basso di Mark.
"Avete finito di giocare voi due?"
"No!"
risposimo entrambe in coro. Nessuna delle due sapeva suonare alcuno strumento, ci divertivamo solamente a fare del casino e a saltare.
"Pensa se Tom suonasse il basso e Mark la chitarra..."
dalla mia testa uscì questo pensiero, e non mi accorsi nemmeno che l'avevo detto a voce alta.
"Probabilmente la nostra band fallirebbe, Tom non è buono a suonare la chitarra, le sbaglia tutte. Figuriamoci il basso, sarebbe un disastro."
fu la risposta di Mark, ed in effetti era vero.
"Io sono bravo a fare altro, Mark!"
Per un attimo guardai Josie, lei guardò me, puoi guardai Mark che fece lo stesso e scoppiammo tutti e tre in una fragorosa risata.
"Helen, inutile che ridi adesso e poi magari quando torno..."
Continuai a giocare con la sua chitarra facendo finta di niente. Amavo quella chitarra, era meravigliosa. Per qualche strano motivo ogni volta che la prendevo in mano sentivo il piacevole odore di Tom, forse era per questo che l'amavo, forse semplicemente perché era una chitarra, o forse per entrambe le cose.
"Josie, devi preparare la tua roba, su!"
perciò il nostro "concerto" finì e lei prese qualche vestito a caso dall'armadio infilandolo nel borsone. Guardandoli pensavo che mi sarebbe veramente piaciuto andare con loro, se solo avessi potuto... Mi avvicinai a Tom:
"Ma Scott?"
"Arriva lui a prenderci tra poco."
disse mettendo a posto la sua chitarra.
"Oh..."
Mi guardò:
"Dai amore, non fare quel faccino."
Sorrisi, ma in realtà non ero molto contenta. Alla fine i miei erano solo capricci, però era anche vero che sarebbe stata una serata importante per Tom, per la band in generale e che io non avrei potuto esserci. Ben presto finirono di preparare le loro cose, ed io andai da mia madre. Non feci nemmeno in tempo a sedermi che suonò il campanello:
"Dev'essere Scott!"
sentii urlare Mark dall'altra stanza. I tre arrivarono tutti di corsa per salutare me e mia madre, e dopo aver dato un bacio a Tom li lasciai andare.
"Dove vanno?"
chiese lei curiosa. Io nel frattempo ero ancora persa nei miei pensieri:
"Eh? Ah, no niente...la band di Mark e Tom suonerà in un locale piuttosto famoso!"
Mi guardò sbalordita:
"E perché tu non vai con loro?"
"Ma...devo rimanere con te!"
Lei sorrise:
"Ma no Helen, tranquilla! Non puoi perderti un'occasione del genere! Io non scappo, vai pure...passeremo del tempo insieme quando tornerai."
Un'incredibile gioia mi attraversò tutto il corpo:
"Grazie mamma!"
dissi velocemente dandole un bacio sulla guancia e dirigendomi al piano di sotto:
"Ehy ragazzi, aspettatemi!"
urlai intanto. Loro di colpo si fermarono e mi guardarono perplessi, visto che mi tremavano quasi le mani:
"Vengo anche io!"
annunciai. Subito Tom si affacciò e fece cenno a Scott di aspettare un attimo e nel frattempo Mark e Josie fecero la così detta "danza della vittoria". Una cosa inventanta sul momento a quanto capii. Preparai velocemente le mie cose, ringraziai di nuovo mia madre e il quartetto al completo uscì da quella che era la mia casa. Salutai Scott con una stretta di mano e ci infilammo nel suo camper. Eravamo tutti molto elettrizzati, passammo il tempo cantando canzoncine idiote alternate a quelle dei blink. Oppure giocavamo con le carte, ma quando diventava incredibilmente noioso iniziavamo a fare discorsi stupidi come nostro solito. Eravamo una famiglia perfetta, e nonostante i litigi nessuno ci distruggeva. Mark probabilmente era quello che fantasticava di più sul concerto che stavano per dare, in pratica ci facevamo concorrenza. Entrambi continuavamo a parlare su quello che sarebbe potuto accadere. In più tutti nel camper adoravano i concerti, e per me e Josie stare nella folla sarebbe stato davvero un onore. Certe volte mi veniva da ridere al pensiero di conoscere veramente una band famosa in intimità ed emozionarmi ugualmente così tanto al solo pensiero di vedere un loro concerto. Mi sentivo tanto una ragazzina che stava per andare a vedere la sua band preferita, solo che i componenti erano: il mio ragazzo, il mio migliore amico, e un altro mio amico. Anche questa cosa mi faceva a ridere, o probabilmente erano tutte risate isteriche dovute all'adrenalina...Tom continuava a fissarmi come se fossi scema, ma si percepiva benissimo che anche lui era emozionato. Ben presto arrivammo e mentre Mark, Tom e Scott mettevano a posto gli strumenti io e Josie davamo un'occhiata al locale. Era abbastanza grosso, con un palchetto non molto alto ed un bar in fondo sulla destra. Non appena uscimmo Tom e Mark stavano parlando con un ragazzo, probabilmente il proprietaro del locale. Loro non ci avevano visti, quindi li aspettammo lì.
"Chi erano quelle due ragazze che sono scese dal vostro camper?"
Sì beh, purtropppo sentimmo qualcosa della loro conversazione. In quel momento mi aspettai una risposta memorabile, meravigliosa. Un sorriso enorme avvolse il mio volto.
"Due amiche..."
continuò Tom sorridendo. Il mio sorriso si trasformò in un'espressione di stupore, non molto piacevole.
"Amiche eeeh? DeLonge sei sempre il solito, non ti smentisci mai! Tu Mark che dici?"
Lui inizialmente guardò Tom un po' scocciato, dopo di che sorrise e si rivolse all'altro ragazzo:
"Una è la mia migliore amica, mentre l'altra...beh in realtà non so cosa sia, spero la mia ragazza perché mi piace veramente tanto!"
A quelle parole il mio cuore si sciolse, ma mi sentii anche un po' invidiosa. Mark aveva detto delle cose belle su Josie, mentre Tom mi aveva definito "un'amica", davvero non riuscivo a capire. Non ero un'amica, io e lui stavamo insieme! La conversazione continuò:
"Quindi...prima del concerto, insomma ragazzi, avete capito no?"
"Una bella trombatina prima del concerto! Ovviamente amico!"
Dire di chi era la risposta? Scontato. La cosa mi dava veramente sui nervi, tanto che dovetti cambiare aria. Non volevo essere "quella che si faceva Tom DeLonge", no. Avevo una mezza idea di quello che avrei potuto fare, e l'avrei fatto. Stavolta non avrei fatto la lagnosa, no. Sarei stata al gioco, e mi sarei anche divertita. Dopo poco arrivò Tom, dando il via a questo gioco. Iniziò baciandomi il collo e stringendomi per i fianchi, perfetto. Iniziai a baciarlo anche io. Non importava quanto sarebbe costato, avrei fatto di tutto, versetti, allusioni...di tutto. Non appena riuscii nel mio intendo lo bloccai:
"Nono, fermati. Non mi va di fare sesso."
Nella mia testa risuonava una musichetta vittoriosa, lui sembrava parecchio deluso e se ne andò sbuffando. Una risata isterica provenì da piuttosto vicino, Mark:
"Bell'alzabandiera DeLonge!"


Angolo di giulss:
Ecco il nuovo capitolo! Alla fine non succede niente di che, ma non preoccupatevi...le cose poi succederanno, sisi. 
Beh, fatemi sapere che ne pensate! :)

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Capitolo 13
*** Because when i'm with you, there's nothing i wouldn't do. ***


Dopo poco vidi tutti entrare nel locale: Josie accompagnata da Mark, Scott accompagnato da una mora e Tom invece, da una bionda. A quella vista mi salì un incredibile nervoso e dopo un urlo ben poco femminile entrai anche io nel locale. Cercai di calmarmi, anche se vedendo una bionda accanita provarci spudoratamente con il mio ragazzo non era poi così facile. Mi sedetti con Josie e Mark in un angolo del locale e mentre loro facevano i piccioncini io mi sentivo del tutto isolata e ridicola.
"Che stai guardando?"
disse Mark mentre accarezzava la mia amica. 


"Oh, Tom sei veramente carino lo sai?! Ahahahahah"
"Beh, grazie..." quello sguardo ammiccante che faceva a me, di solito.
La tizia poco sobria le fece cadere dell'alcool sui suoi pantaloni:
"Oddio scusa!" disse poi accarezzandogli molto delicatamente le parti intime, quelle che toccavo io, di solito.



Il mio sguardo era del tutto fulminante e da tanto ero incuriosita della loro "conversazione", non avevo nemmeno ascoltato la domanda di Mark.
"Guarda Tom, Mark...e risponditi da solo."
A quel punto tornai in me e scossi la testa:
"Eh? Nono, non stavo guardando Tom."
Entrambi scoppiarono a ridere. Io invece presi il tutto come una sfida:
"Perfetto, farò come sta facendo lui. A dopo ragazzi."
"Dacci dentro Helen!"
disse infine Mark. Mi accostai al bar nel lato opposto dove erano Tom e la bionda ordinando un cocktail:
"Dammi qualcosa di potente, ma veramente."
Il barman tornò con quello che gli avevo chiesto, e subito un ragazzo si girò verso di me sghignazzando:
"Coraggiosa..."
"Tu credi? Io reggo l'alcool."
replicai sorseggiando il contenuto del bicchiere.
"Non ti ho mai vista qua in giro...dove abiti?"
"Poway."
Lui sghignazzò di nuovo, ma non gli chiesi spiegazioni. Era un ragazzo davvero carino, perfetto per continuare la sfida con Tom. Era moro ed aveva gli occhi verdi. Continuammo a parlare per un po' e notai che era veramente simpatico e disponibile. Anche lui suonava in una band, il basso. Scoprii anche che si chiamava Jack, ma sicuramente non me lo sarei ricordata. Poco dopo arrivò mrs bionda insieme all'amore della mia vita e si presentò:
"Ciao Helen, sono Sam!"
Non le risposi subito, mi tempestai prima la testa di insulti rivolti a lei e domande, ad esempio: come faceva a sapere il mio nome? Ma per educazione, ugualmente un po' scocciata le risposi:
"Ciao!"
Tom nel frattempo non faceva altro che alternare lo sguardo su di me, e Jack. Ben presto ci ritrovvamo seduti su un divano a parlare. Jack e quella Sam per qualche strano motivo si conoscevano già, ma non mi importava. Dopo vari discorsi poco intelligenti si ritrovarono solo loro due a parlare, mentre io e Tom continuavamo a fissarci. Era una cosa del tutto imbarazzante, ma non riuscivo a smettere di guardarlo. Passata una buona mezz'ora così i due si stavano sbaciucchiando ed io e Tom eravamo seduti vicini, senza rivolgerci la parola.
"Stavolta nemmeno Tom DeLonge ha dato."
annunciai poi.
"Tanto mi stava anche sulle palle, mi ha sporcato i pantaloni. Cazzo guarda! Erano i miei preferiti..."
mise su un broncio e non potei fare a meno di sorridere.
"Vieni, ti aiuto io..."
Lo presi per mano e lo scortai fino al bagno; poco mi importava se era quello degli uomini. Lui senza dire una parola mi guardava, un po' sorpreso. Io nel frattempo presi un pezzo di carta e lo bagnai, poi chinandomi lo sfregai sui suoi pantaloni. Lui mi guardò con uno dei suoi soliti sguardi da pervertito e gli risposi dicendo:
"Non pensarci nemmeno, Thomas."
Subito sbuffò:
"Me lo devi..."
"E perché mai?"
continuai ridendo.
"Il mio pene ha sofferto molto prima. E se soffre lui, soffro anche io!"
"Se ti fossi comportato in un altro modo non sarebbe successo."
Mi alzai buttando via il pezzo di carta.
"Che ho fatto?"
"Non fare il finto tonto."
"Non capisco."
A quel punto mi sentii talmente presa per il culo che sbottai:
"Io non sono una tua "amica", almeno...non credo di esserlo! Perché continui a comportarti in questo modo? Dici di amarmi, e poi guarda cosa combini! Possibile che non te ne renda conto che mi fai del male?"
Una lacrima scese dal mio viso, dopo di che uscii dal bagno. La musica era iniziata, e Tom mi era venuto incontro, ma non appena uscii dal locale ed entrai nel camper rimasi sola. Iniziai a piangere, odiavo i suoi comportamenti, mi facevano salire la rabbia, sembrava che non gliene importasse niente di me e che mi stesso solo prendendo in giro. Dopo poco qualcuno aprì lo sportello del camper e, ovviamente, era lui. Si sedette davanti a me e mi diede un poster con lui stampato sopra:
"Tieni...se vuoi puoi strapparlo."
Lo presi, e dopo averlo ridotto in mille pezzi mi alzai con l'intento di uscire. Lui mi si mise davanti:
"Togliti."
ma non mi ascoltò e chiuse a chiave il camper, poi si scostò.
"Thomas, dammi quelle chiavi."
"No."
Non appena finì la risposta le lanciò fuori dal finestrino.
"Oh, ottimo. Adesso siamo chiusi qui."
"Già."
Si avvicinò di più a me, alzai la testa per guardarlo meglio negli occhi:
"Hai un concerto tu tra poco..."
"Non m'importa niente del concerto."
Posò le sue mani sul mio volto asciugandomi le lacrime e tentò di baciarmi ma chinai la testa facendo scendere un'altra lacrima. Sentii il suo pollice sul mio mento e lo lasciai alzare la mia testa:
"Non piangere, ti prego."
Mi strinse in un meraviglioso abbraccio. In quel momento quasi mi mancò il respiro, quell'abbraccio era qualcosa che lui non mi aveva mai dato.
"Ti amo."
sussurrò poi. Ed in quel momento capii che erano le scuse più sincere che lui mi avesse mai fatto. Mi staccai da quell'abbraccio e gli tirai la maglia come per dirgli di chinarsi. Così fece e quando le mie labbra furono abbastanza vicine al suo orecchio aprii la bocca:
"Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata. Ti amo, e scusa."
Subito mi baciò ed io gli saltai addosso. Continuammo così fin quando non mi appoggiò su un tavolino, o quello che era. Chiusi le tendine dietro di me:
"C'è tempo?"
dissi poi con un sorriso maligno.
"C'è sempre tempo."
Replicò lui facendo la stessa smorfia. Fu così che facemmo di nuovo l'amore ed anche quella volta fu una cosa magnifica. Non potevo desiderare di meglio. Quando guardavo Tom vedevo la mia vita, migliore. Senza di lui non sarei stata niente, c'era sempre stato fin quando ero piccola, anche se in modo diverso... E nonostante tutti i suoi difetti io l'amavo e lui amava me. Ero sicura che dopo poco tempo avrebbe rifatto qualche stronzata e così avrei fatto anche io...ma non m'importava perché niente avrebbe potuto separarci. 
Stavo per rivestirmi, quando sentii bussare:
"Tom?"
"Ehy Mark!"
continuò lui. Aveva un faccino tutto soddisfatto che mi fece sorridere.
"Siamo in ritardo per il concerto cazzo! Ti ho cercato dappertutto!"
Mi guardò con una faccia un po' sconvolta:
"Mi sa che abbiamo durato un po' troppo Hel..."
"Che hai detto?!"
Mark era sempre più incazzato.
"No, niente. Emh, ero...impegnato!"
Io quasi non riuscivo a trattenermi dal ridere.
"Okay, adesso Thomas Matthew DeLonge, esci da quel cazzo di camper!"
"Emh, ecco...sì, beh...abbiamo un problema."
A quel punto scoppiai in una fragorosa risata.
"COSA VUOL DIRE ABBIAMO UN PROBLEMA? Ciao Helen, comunque!"
"Ciao Mark!"
continuai io.
"Beh ecco, diciamo che Thomas ha voluto fare il figo e ha lanciato le chiavi del camper fuori dal finestrino..."
Per un attimo non si sentì nessun rumore, e dopo di che un bel respiro:
"Thomas, ti giuro...appena esci da quel fottutissimo camper io ti ammazzo! Dobbiamo suonare e tu fai il cazzone?! Non potevi farlo quand'eravamo a casa?! NO, sempre nei momenti inopportuni!"
DeLonge sbuffò:
"Invece di stare qui a lamentarti, vai a cercare le chiavi."
Mark fece lo stesso, dopo di non si sentì più nulla. Tom si avvicinò a me baciandomi:
"Secondo round?"
"Eh, no! Troppo facile!"
Mi rinfilai la maglia e lui fece una faccia delusa, dopo di che alzò le spalle:
"Va beh, ci ho provato almeno!"
Poco dopo un Mark molto poco tranquillo aprì la porta. La sua espressione era al quanto ridicola, tanto che io e Tom scoppiammo a ridergli in faccia. A quel punto lui sbottò come una ragazzina con le mestruazioni:
"Ridete?! RIDETE?! Questo concerto vale tantissimo per me! Non potevate fare la litigata di tutte le settimane più tardi? Tanto lo sapevate già che avreste fatto pace!"
questo lo disse rivolgendosi verso di me, dimenando le braccia. Poi guardò Tom, quasi lo fulminò:
"E tu. Tu. Thomas. Matthew. DELONGE."
"Sì, quello è il mio nome!"
disse Tom facendogli l'occhiolino.
"Perché l'hai stuzzicata?! Lo sai benissimo che te l'avrebbe data anche solo con un semplice: uuh, ti ammmmo ammmoore mmmio"
mise la bocca a bacio e da quel momento in poi il tutto diventò uno show comico.
"E lei ti avrebbe risposto: anche io Tooomm, ti ammmmo tantisssssssimo!"
sbattè le ciglia velocemente facendo una voce acuta.
"Oh baby, sei così sexyyy oggi!"
La ricambiò imitando Tom.
"Uuuuh, anche tuuuu hihihhiihi"
"Io non faccio ihihiihihi!"
Ribattei io.
"Oh sì, lo fai Helen."
Uscimmo dal camper ridendo e lui continuò ad insultarci e ad imitarci. Appena rientrati nel locale mi posizionai in prima fila ed aspettai l'entrata dei Blink, insieme a Josie che nel frattempo mi stava tartassando di domande. Così le risposi con un:
"Abbiamo fatto sesso."
deciso. Lei sorrise:
"LO SAPEVO."
Ben presto cominciò il concerto e fu il delirio. Li osservavo onorata di conoscere delle persone del genere e talvolta pensavo a quello che si chiedevano gli altri fan. Avrebbero mai immaginato che i Blink fossero così, come li conoscevo io? Mi rispondevo dicendo:
"Non credo proprio."
Sembravano senza problemi e invece non era affatto così. Ero orgogliosa di loro, di quello che stavano diventando. Ogni volta che finiva una canzone applaudivo e urlavo come una matta. Certe volte io e Tom ci guardavamo intensamente e tutto si fermava. C'eravamo solo io e lui e mi sembrava che stesse cantando solo per me. Una cosa stupida, vero...ma a cui volevo credere. Il corcerto passò velocemente, nonostante il ritardo era stato meraviglioso. Tutti li avevano apprezzati e loro erano felici. Lo si poteva vedere chiaramente. Alla fine avevamo passato una serata magnifica e dopo qualche bevuta tornammo a casa, felici e contenti. 


Angolo di giulss:
Stavolta sono stata brava dai! Ho aggiornato relativamente presto... Sono abbastanza contenta di questo capitolo, quindi spero piaccia anche a voi! 
Un ringraziamento particolare a quelli che recensiscono la mia ff, mamma mia...siete diventati in tanti! Sono davvero felicissima, siete fantastici...grazie mille ancora! :'D Ovviamente grazie anche a quelli che leggono, senza di voi sarei persa(?) c.c
GRAZIE. <3

 

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Capitolo 14
*** The start was something good, but some good things must end. ***


Tutto era piuttosto tranquillo, io passavo del tempo con mia madre mentre gli altri tre stavano facendo altro. Nemmeno sapevo cosa... In quel momento mi passò per la testa la storia del padre di Tom, così ebbi l'idea di chiedere aiuto a mia madre:
"Tu sai qualcosa del padre di Tom?"
Lei mi guardò seria per qualche secondo, fece un bel respiro e riprese:
"Beh...non molto in realtà. L'ho conosciuto anni fa. Ricordo che era veramente fuori di testa e che abitava in una roulotte...perché?"
Immediatamente mi si illuminò il volto, forse avremmo potuto finalmente trovarlo!
"Abbiamo provato a cercarlo una volta, ma fallendo miseramente...dove si trovava la roulotte?"
Lei mi fulminò con lo sguardo:
"E' pericoloso, Helen."
Sbuffai:
"Non ho due anni, so cosa c'è là fuori. Vorrei solo riuscire a trovare il padre del mio ragazzo, so che la cosa lo renderebbe felice."
Non sembrava molto convinta della cosa, ma dopo averla stressata per cinque minuti cedette, ero solita riuscire a stufare le persone...ed in questo caso il mio difetto mi aveva aiutato.
"Conosci Black Street?"
Al solo pensiero rabbrividii. Passai poche volte da quella strada, che come si poteva dedurre dal nome era veramente lugubre. Mi metteva molta tristezza e anche angoscia. Spesso anche di giorno i raggi del sole non riuscivano a penetrare in quella stradina e rimaneva del tutto morta, o quasi.
"S-sì..."
Risposi poi.
"Ecco, si trovava esattamente alla fine di quella strada, sulla sinistra."
Mi alzai di colpo cercando di dirigermi fuori dalla stanza ma lei mi bloccò:
"Non andarci da sola."
Sorrisi spontaneamente:
"Non devi preoccuparti!"
Era bello sentire che mia madre si preoccupava per me. Nonostante la mia risposta continuò a tenermi, guardandomi seria.
"Ci andrò con Josie!"
A quel punto mollò la presa e sorrise:
"Così va meglio, mi raccomando. Per qualsiasi cosa chiamami!"
Annuii con la testa e scesi le scale dirigendomi verso Tom, Mark e Josie. A mia madre avevo detto una bugia semplicemente per farla star tranquilla, a fin di bene insomma, quindi non mi sentivo affatto in colpa.
"Ho voglia di messicano..."
brontolava Mark.
"Dai, te lo prendo io quando esco!"
Subito i suoi occhi luccicarono:
"Dovrò dedicarti una canzone, Josie! Sei perfetta."
Continuarono a coccolarsi e nel mentre a Mark scappò una frase:
"Chi l'avrebbe mai detto.."
"Io." Dissi in coro insieme a Tom.
"Uh, guarda un po' chi c'è!"
Mi buttai tra le braccia del mio ragazzo e gli diedi un bacio.
"Ciao amore."
Facemmo incrociare i nostri nasi e li sfregammo delicatamente. Dopo qualche smanceria feci cenno a Josie di seguirmi in cucina e così fece.
"Dimmi."
"Forse so dov'è il padre di Tom."
Per un attimo rimase a bocca aperta:
"Cooosa?!"
Mi scappò una risata:
"Hai capito bene! Devo andare a cercarlo, dovrebbe abitare in una roulotte."
"Andiamo!"
Annunciò sorridendo. Scossi la testa:
"Non è un bel posto, vado da sola."
"Appunto per questo, senza di me non vai da nessuna parte. Almeno quando ci sono se qualcuno prova a toccarti lo picchio a sangue."
Di nuovo sorrisi e l'abbracciai senza dire nient'altro a riguardo approvando quindi il fatto che lei venisse con me. Uscimmo dalla cucina:
"Beh...noi usciamo!"
Entrambi i ragazzi ci guardarono perplessi.
"Dai su! E' un'uscita per solo donne, un po' di libertà. Andate allo skate park, fate qualcosa!"
Detto ciò li salutammo con un lungo bacio e uscimmo dalla casa. Non appena arrivate davanti a quella stradina deglutimmo. Era ancora peggio di quello che mi ricordavo. Tirava un po' di vento e c'era particolarmente silenzio. Io e Josie ci guardammo e, dopo aver preso un bel respiro attraversammo quell'orribile strada. Entrambe ce la stavamo facendo letteralmente addosso e nonostante non fosse così freddo io avevo i brividi, lo stesso Josie: aveva la pelle d'oca. L'ansia cominciava a salire, quella stradina sembrava non terminare più. Camminavamo velocemente, si sentivano solo i nostri passi insieme ai respiri, qualcosa di incredibilmente inquietante. Finalmente dopo minuti di angoscia arrivammo alla fine: subito riuscii a vedere la roulotte. Era ridotta piuttosto male, infatti mi chiedevo come una persona potesse abitare lì dentro. Non appena appoggiai la mano sulla porta come per bussare mi accorsi che era già aperta così, dopo aver esitato un po', entrammo cautamente. Anche dentro non era granché, aveva giusto un letto malmesso e un bagno. Dopo vari minuti sentii un rumore strano e presa dalla paura mi girai, ma non vidi niente. Stessa cosa che fece Josie. Finché ad un certo punto...:
"Di solito si bussa, prima di entrare nelle case altrui."
Sobbalzai e mi girai velocemente. Nonostante la brutta cera si poteva percepire benissimo che, quello, era il padre di Tom. Aveva i suoi stessi lineamenti.
"Emh, scusi."
Dicemmo io e Josie in coro. Sorrise e per un attimo mi sembrò di vedere il mio DeLonge. Era identico, il suo stesso sorriso, i suoi stessi denti, il suo stesso sguardo. Sembrava non dormisse da giorni, e visto il luogo in cui viveva era più che comprensibile.
"Che ci fanno due ragazze qui?"
Allungai la mano:
"Sono Helen, Helen Marrow."
Sghignazzò:
"Io non ti conosco."
"Io però conosco te, DeLonge."
continuai. Mi guardò sbalordito e si sedette sul letto facendosi una canna. Osservai attentamente ogni passaggio, anche se in realtà non mi importava molto. Ero come in ipnosi.
"Volete?"
Josie stava per allungare la mano ma glielo impedii.
"Ma..."
Sembrava quasi delusa e per tutta risposta scossi la testa seria. In fondo nemmeno lo conoscevamo, non potevamo fidarci.
"Peggio per voi. Beh, parlando di cose serie...come fai a conoscere il mio nome, ragazza alternativa?"
Sconcertata da quel soprannome conitnuai dicendo:
"Mi chiamo Helen."
Buttò fuori del fumo:
"Bene. Allora...Helen, vuoi dirmi come fai a co-..."
Più parlavamo e più mi sbalordivo, erano veramente identici. Aveva i suoi stessi atteggiamenti, quegli atteggiamenti che sanno farti incazzare per niente.
"Tuo figlio. Conosco tuo figlio."
A quel punto gli partì una risata isterica:
"Impossibile."
"Sono la ragazza di Tom."
Quasi sembrava emozionato ma cercava comunque di non farlo notare, come se non potesse farsi vedere così agli occhi di qualcun altro. Anche questo aspetto mi ricordava molto Tom. Si alzò e cominciò a gironzolare per la roulotte mettendosi una mano tra i capelli sempre più agitato. Stette zitto per qualche secondo, poi continuò:
"Lui come sta?"
"Bene..."
"So che sembro un padre orribile e che forse lo sono...ma io gli voglio bene, nonostante tutto. Me ne sono dovuto andare quando lui era più piccolo e adesso vorrei tanto vederlo anche solo per un attimo, vedere come sta."
Dal suo sguardo riuscii a percepire che era sincero e che avrebbe veramente voluto vederlo.
"Sì può fare, siamo qui per questo."
continuò Josie. Improvvisamente entrò un altro uomo nella roulotte che ci squadrò dalla testa ai piedi:
"Chi sono?"
"Helen e..?"
"Josie."
continuò lei sorridendo.
"Piacere, Kevin. Che si fa stasera Matthew?"
Kevin era molto più giovane del padre di Tom, che a quanto pare si chiamava "Matthew", come il figlio. Kevin sembrava un ventenne, e probabilmente lo era. Biondo occhi azzurri, il sogno di molte. Ma io personalmente preferivo il mio biondo ossigenato tinto con gli occhi marroni.
"Usciamo con mio figlio, ti va?"
Sghignazzò:
"Chissà com'è un mini DeLonge..."
Io e la mia amica ci guardammo e dopo di che scoppiammo a ridere:
"Un danno!"
Era il migliore danno che avessi mai incontrato.
"Uguale al padre allora."
l'amico diede un pugno amichevole sulla spalla del padre di Tom.
"Ci prepariamo e arriviamo allora."
"Perfetto, vi aspettiamo al pub qui all'angolo!"
Appena uscimmo da quella stradina tetra chiamai Tom mentre Josie inviò un messaggio a Mark spiegandogli la situazione.
"Amore vieni al pub vicino a Black Street? Abbiamo una sorpresa."
Lui subito si precipitò da noi da solo.
"Dov'è Mark?"
Rispose velocemente, voleva sapere altro:
"E' andato da sua sorella che aveva un problema, non ho capito bene cosa...ma la sorpresa?!"
Non feci in tempo a parlare che Matthew arrivò da dietro. Tom sgranò gli occhi e mi prese un'ansia terribile. Ci fu del silenzio imbarazzante per qualche minuto. Avevo paura di aver fatto un danno...ma non appena vidi un enorme sorriso avvolgere il volto di Tom mi tranquillizzai.
"Non ci posso credere..."
Si avvicinò di più a suo padre e lo scrutò attentamente:
"Ciao Thomas."
"C-ciao...papà."
Si strinsero le mani e tutto era molto tranquillo.
"Ma...a te chi ti ha detto..."
si bloccò immediatamente perché Matthew mi indicò e Tom mi schioccò un bacio a fior di labbra:
"Ti amo."
In quel momento arrossii e non risposi. Mi sembrava ovvio che lo amassi anche io ma non riuscii a spiccicare una parola. Il mio ragazzo strinse la mano all'amico di suo padre, dopo di che entrammo dentro il pub e ordinammo da bere. Tom e suo padre si stavano conoscendo mentre io e Josie aspettavamo Mark parlando con Kevin. Scherzavamo, ridevamo e bevevamo. In sostanza eravamo tutti un po' brilli, ma Josie lo era in particolare...fin troppo. Mark non si faceva vedere e quel Kevin di fronte ad una bella ragazza non si tirò indietro. Iniziò a provarci con la mia amica e non rendendosene conto lei ci stava. Ci eravamo divisi, io Tom e suo padre eravamo da una parte e Josie e Kevin dall'altra. Dopo vari minuti stavo per alzarmi per far capire alla mia amica che la cosa che stava facendo non era giusta nei confronti di Mark...ma Tom mi trattenne prendendomi per i fianchi.
"Resta qui con me dai."
fu più forte di me. Non seppi dirgli di no così rimasi insieme a loro. Inizialmente continuai a fissare la mia amica ma poi, vedendo che non stava succedendo niente di che, smisi di farlo. Ci stavamo svagando fin quando Mark irruppe nella stanza. Sembrava contento ma non appena vide Josie cambiò immediatamente espressione. Era incazzato, parecchio. Le sue sopracciglia si erano improvvisamente aggrottate. Corsi verso di lui mettendo le mani in avanti:
"Mark, fermo."
Strinse i pugni:
"Che cazzo sta facendo?"
"Ma niente! Che sta facendo? Niente. E' solo un amico andiamo!"
Non riuscii a fermarlo e si incamminò velocemente verso i due. Andai ad avvertire Tom ma lui non mi ascoltò.
"TOOOM!"
All'enesimo urlo finalmente si girò, quasi scocciato:
"Stavo parland-"
"Abbiamo un problema!"
lo bloccai indicando Mark che nel frattempo stava discutendo pesantemente con Josie. Il più velocemente possibile andammo da loro.
"Che cazzo fai?!"
"Che ho fatto scusa?!"
Josie ancora non riusciva a rendersi conto di quello che stava accadendo. Fu allora che Mark esagerò:
"Ma non ti vedi? Sei in condizioni penose, mi fai schifo!"
"MARK!"
gli urlammo io e Tom. Anche se lei aveva sbagliato non mi sembrava giusto trattarla in quel modo. Lui sbuffò e ci diede le spalle continuando a camminare. Feci cenno a Tom di andare da lui e rimasi con Josie. Lei si era messa a piangere, così la portai in bagno. A quel punto vidi che stava per vomitare, la scortai in un gabinetto libero tenendole i capelli. Rimase qualche minuto con la testa chinata e quando l'alzò era in condizioni veramente pessime. Un'altra lacrima rigò il suo viso e mi sentii logorare dentro, lei stava male e automaticamente stavo male anche io.
"N-non volevo fargli del male. Se ne fossi stata consapevole non l'avrei mai fatto. Io lo amo..."
La sua voce era talmente bassa che a stento riuscivo a sentirla.
"Tranquilla Jos, Mark non è stupido. Tom ci è andato a parlare e sicuramente le cose si risolveranno. Non devi preoccuparti, nel frattempo ci sono io qua con te."
L'abbracciai e dopo averla fatta sorridere le suggerii di sciacquarsi il viso. Dopo di che uscimmo dal bagno e vedemmo l'unica cosa che in quel momento non avremmo voluto vedere: rissa. Josie era rimasta come pietrificata. Il mio ragazzo cercava di divedere Mark e Kevin ma la cosa non stava riuscendo bene. Mi avvicinai a lui di corsa:
"Ti aiuto."
"No, piuttosto torna dov'eri, guarda che succede..."
Dalla parte dove ero arrivata c'era una ragazza che stava evidentemente dando noia a Josie, così senza nemmeno pensarci tornai da lei sapendo che Tom ce l'avrebbe fatta anche da solo. Mi sentivo ridicola, correvo da una parte all'altra come si fa quando stai facendo una staffetta...però non era una gara e tantomeno una cosa volontaria. Vidi volare uno schiaffo e mi precipitai addosso alla ragazza non molto delicatamente. Josie non stava ancora bene e avrebbe potuto farsi male. Persi di vista tutto il locale mentre mi stavo picchiando con quella. La cosa durò un po' ma dopo l'ennesimo schiaffo cedette, o almeno così credevo. Mi distrai un attimo e fu allora che mi colpì alle spalle. Caddi a terra, la testa cominciò a girarmi velocemente. Tutto improvvisamente era diventato così offuscato... anche le voci si percepivano malissimo. Riuscii a riconoscere quella di Tom, era di fianco a me e continuava a dirmi qualcosa che non riuscivo a capire.
Fu a quel punto che svenni, di nuovo


Angolo di giulss:
E rieccomi qui!
Ormai siamo -veramente- in fondo, questo è il terzultimo capitolo! Fatemi sapere, come sempre, che ne pensate di questa roba! Premetto che personalmente non mi piace granché, ma è comunque un pezzo importante per la trama. Credo.
COMUNQUE, grazie di tutto!
A presto :)

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Capitolo 15
*** Stop this pain tonight. ***


Ancora una volta mi risvegliai in quel luogo orribile dall'odore nauseabondo: l'ospedale. Ancora una volta ero su un lettino di quel maledetto postaccio. Il mio ragazzo era di fianco a me e non appena vide che avevo riaperto gli occhi mi accarezzò il volto sorridendo:
"Come stai amore?"
Aveva un ematoma enorme sull'occhio destro.
"Come stai tu piuttosto.."
Immediatamente si coprì l'occhio e scoppiò a ridere:
"Non è niente, io sono un uomo!"
Sorrisi scuotendo la testa ma subito dopo mi rivolsi a lui preoccupata:
"Dov'è Josie? E Mark?"
Mi indicò la stanza davanti alla nostra così mi alzai velocemente per dirigermi da loro; evidentemente un po' troppo velocemente visto che mi prese un fitto giramento di testa. Barcollai per qualche istante, rischiai di cadere a terra ma Tom lo impedì avvolgendomi con le sue possenti braccia e stringendomi forte a sè:
"Stai attenta, cazzo."
Dopo poco mi lasciò e annuii con la testa sorridendo, gli presi la mano e ci dirigemmo verso la stanza dove c'erano i nostri due amici. Lì dentro l'aria non era delle migliori, era ovvio che quei due non avessero fatto pace. Alternavano gli sguardi tra di loro senza dire una parola.
"Come state?"
chiesi io cercando di rompere il ghiaccio. Entrambi fecero un accenno di voce, tanto per farmi capire che erano vivi. La cosa mi fece abbastanza irritare, non sapevo precisamente il motivo. Forse perché ero semplicemente preoccupata e volevo una risposta concreta, forse perché ero triste nel vedere quei due così distaccati. O forse entrambe le cose, sì decisamente.
"Che vitalità ragazzi miei."
disse Tom ma non ottenne risposta.
"Hoppus, vieni. Dobbiamo parlare."
continuò poi trascinandolo fuori dalla porta. Mi avvicinai a Josie e fu allora che iniziò a parlare veramente:
"Non so che fare. Sono stata un'idiota, lo so...ma non ero in me. Insomma, non è che mi interessasse quel tizio...appunto per questo non facevo caso a quello che diceva o faceva. Non tradirei mai Mark."
Era nervosa, mentre parlava si torturava le mani e ogni tanto scendeva qualche lacrima. Vederla così faceva estremamente male.
"Josie, lo so. So che non lo faresti mai, so che lo ami."
Quelle mie parole peggiorarono solo le cose, il suo volto iniziò ad essere rigato dalle lacrime. In quel momento mi sentii inutile e fuori luogo.
"Guarda Helen."
disse poi frugando nella sua borsa e tirando fuori una busta con scritto Mexican food:
"Gli avevo detto che gliel'avrei preso e così ho fatto. Ma adesso che me ne faccio? A me non piace il messicano...e lui di certo non lo vorrà più ormai. Oltrettutto è anche freddo."
A quel punto si sentii la voce del mio migliore amico irrompere nella stanza:
"Invece lo voglio."
Mi girai immediatamente e vidi Mark e Tom dietro che sorrideva. Feci lo stesso e mi scansai avvicinandomi al mio ragazzo.
"Scusa Mark..."
Lui l'azzittì asciungandole le lacrime:
"Ssh, è tutto a posto. E' solo che sono estremamente geloso di tutto ciò che mi appartiene."
"Scusa."
continuò lei e a quel punto Hoppus le diede un tenero e lungo bacio.
"Non sono carinissimi?!"
pensai a voce alta. Tom fece un accenno di voce e allora gli diedi un pugno:
"Insensibile!"
"Manesca."
Sapevo di esserlo giusto un poco, ma odiavo sentirmelo dire:
"Vuoi un altro pugno?"
Lui sghignazzò:
"Nah, dammi un bacino piuttosto."
Diventai ancora una volta estremamente rossa e per tutta risposta gli diedi una gomitata. Lui allora mi abbracciò spettinandomi i capelli. Adoravo stare tra le sue braccia, mi sentivo protetta. Era quasi il doppio di me, quando mi abbracciava riusciva ad avvolgermi tutta. Questo mi faceva stare bene, lui mi faceva stare bene. In quel momento un medico irruppe nella stanza:
"Ragazzi, dobbiamo avvertire i vostri genitori."
"Ma poi possiamo andare, vero?"
Quello rispose scocciatissimo:
"Fate un po' come vi pare, ma avvertite."
Dopo di che scrisse qualcosa sul suo taccuino. Noi rimanemmo un po' perplessi e dopo varie occhiate -anch'esse molto perplesse-, chiamiammo i nostri genitori. Provai un paio di volte ma mia madre non rispose.
"Fatto?"
continuò quel medico
"Non r-.."
Tom mi tappò la bocca:
"Sì, abbiamo fatto."
"Arrivederci."
disse chiudendosi la porta contro. Me ne fregai di quanto fosse ignorante quel tipo e continuai a pensare a mia madre:
"Non ha risposto."
guardai Tom preoccupata.
"Andiamo a vedere.."
Velocemente ci dirigemmo verso casa e non appena entrai iniziai a chiamare mia madre ma nessuno rispondeva. Controllai ovunque ma non c'era. L'ansia iniziò a salire, che se ne fosse andata di nuovo? Mi sedetti sul divano senza dire una parola. La mia testa era invasa da pensieri orribili che non riuscivo a scacciare. Tom vide che non ero affatto calma, così si sedette vicino a me:
"Stai tranquilla, magari è uscita a prendere qualcosa."
Avrei voluto rispondergli, chiedendogli perché allora non rispondeva al telefono ma non riuscii a farlo. Non avevo voglia di parlare. Mark e Josie si avvicinarono a noi:
"Aspettiamo insieme che torni."
Io ero ancora impassibile. Sembravo quasi una bambola: immobile con lo sguardo perso nel vuoto. Magari fossi stata una bambola in quel momento, almeno non avrei avuto la testa così incredibilmente piena. Pensavo decisamente troppo. Era sempre stato un mio difetto e, purtroppo, pensavo sempre al peggio. Ormai mi ero abituata alle cattive notizie, arrivavano da tutte le parti. Per fortuna questa volta non ero sola e un po' di speranza mi rimaneva. Improvvisamente il mio stomaco cominciò a brontolare, così Mark e Josie accorgendosene andarono subito in cucina a prepararmi qualcosa.
"Non voglio stare di nuovo male."
finalmente aprii bocca.
"Non lo permetterò."
disse Tom stringendomi forte a sè.
"Non voglio perderti..."
sentii la presa diventare più forte:
"Mai."
Una leggera lacrima rigò il mio viso e immediatamente lui se ne accorse, anche se avevo il volto completamente posato sul suo petto.
"Helen, io sono qui per te."
Alzai lo sguardo per guardarlo in faccia e riprese a parlare:
"Le cose andranno sempre bene se saremo insieme, giusto?"
un bellissimo sorriso accese il suo viso.
"E se non saremo insieme?"
"Io sarò sempre con te. Ho bisogno di te, sei diventata troppo importante per lasciarti andare. E quando non potremmo stare insieme fisicamente, ci penseremo. Sarà la stessa identica cosa. Ci saremo solo io e te, come adesso. Come sempre."
Grazie a quel gesto qualcosa cambiò, mi stava dando un motivo per non disperarmi. Quel motivo che anni prima non avevo avuto e che quasi mi aveva fatto impazzire. Avevo lui con me, non avevo bisogno di altro.
"T-ti amo Tom."
Furono le uniche parole che riuscii a tirar fuori.
"Anche io Helen, non sai quanto."
Era più tenero del solito e la cosa non mi dispiaceva affatto. Le persone che tengono a te si vedono nel momento del bisogno e Tom c'era. C'era sempre stato. Sentii un incredibile voglia di lui, l'unico che poteva farmi star meglio così iniziai a baciarlo, prima in maniera casta poi con sempre più passione. Lo feci sdraiare sul divano e poi mi misi sopra di lui.
"Sicura?"
"Sì."
risposi decisa per poi continuare a baciarlo. L'aiutai a sfilarsi la maglietta, dopo di che lui capovolse le posizioni. Gli accarezzai delicatamente il petto mentre lui sbottonò i miei jeans. Mi levai la maglia ed iniziò ad accarezzarmi, prima vicino al seno per poi arrivare dove l'inguine. Iniziavo già a sentire un lieve piacere e lo stava notando; tnto che riuscii a scrutare un sorriso maligno sul suo volto. La sua mano continuò a strisciare dentro le mie mutandine fin quando, purtroppo, Mark e Josie irruppero nella stanza.
"E' pront-"
Josie spalancò la bocca. Immediatamente mi coprii con i miei stracci, diventando rossa d'imbarazzo. Tom invece sbuffò rimanendo a petto nudo.
"Te l'avevo detto Josie che potevamo benissimo fare sesso e tanto non se ne sarebbero accorti."
"Toorniamo in cucina!"
continuò la mia amica prendendolo per un braccio.
"Questo significa che..."
"No Mark, non te la do!"
"Sei crudele."
Le voci continuarono a sentirsi nonostante se ne fossero andati. Mi rivestii imbarazzata:
"Mi ero completamente dimenticata che c'erano anche loro."
Tom alzò le spalle:
"E allora?"
Continuò rivestendosi, evidentemente deluso. Mi girai quasi sconvolta:
"Non voglio che Mark senta i miei gemiti! Conoscendolo potrebbe registrarli e metterli dentro un vostro album."
Tom sghignazzò:
"Forse l'ha già fatto..."
Lo guardai con gli occhi spalancati per poi scoppiare a ridere.
"Allora diventerò famosa..."
Una risata falsa in realtà perché sì, non riuscivo certo a sorridere pensando a quello che stava succedendo.
"Mark! Josie! Per colpa vostra non si scopa, tornate pure!"
Parlò la finezza fatta a persona. Decidemmo di guardare un film, tanto per far passare il tempo aspettando qualcosa, o meglio qualcuno, che forse non sarebbe tornato. Durante tutto il film non riuscii a fare altro che pensare a mia madre. Perché l'aveva fatto di nuovo? Che motivo ne aveva? La rabbia piano piano cominciava a salire sempre di più ma cercai di non farlo notare. Odiavo avere tutte le attenzioni su di me. Però sapevo fingere bene, questo andava ammesso; mentre il mio ragazzo mi avvolgeva con il suo enorme braccio facevo finta di niente. Nessuno si accorgeva di niente ed era meglio così. Improvvisamente suonò il telefono di Mark e quei pensieri costanti si annebbiarono per un po':
"Merda. E' di nuovo Anne!"
Era un messaggio, da quel che capii molto importante visto che si infilò velocemente il giubbotto e mi chiese scusa. Finsi un altro sorriso.
"Vai con lui!"
disse Tom rivolgendosi a Josie. Lo guardò e subito dopo guardò anche me.
"Ci penso io a lei."
continuò il mio ragazzo accarezzandomi i capelli. Fu così che io e lui ci ritrovammo da soli. E di nuovo il film continuava ad andare ma non ascoltavo una parola.
"Carino sto film, vero?"
Scoperta alla stra grande.
"Eh? Ah, sìsì."
Sghignazzò:
"So che non hai capito una parola."
Spense la tv e mi guardò intensamente:
"E so anche che in questo momento vorresti spaccare tutto."
Sbarrai gli occhi. Mi sa che non ero tanto brava a mentire.
"Non hai segreti per me. Ti conosco troppo bene."
Non sapevo davvero che dirgli. Insomma, quello che stava dicendo era vero ma mi trovavo completamente bloccata in un insieme di pensieri e parole senza senso. Feci finta di niente fin quando lui non si alzò:
"Va beh, devo andare. Ci sentiamo più tardi!"
Mi diede un bacio e se ne andò. Questa cosa mi confuse ancora di più. Perché mi aveva lasciato sola? Thomas Coglione DeLonge, non Matthew. La rabbia stava salendo ancora una volta, così decisi di mettere buona musica e rilassarmi. Quel tentativo fu abbastanza inutile, niente riusciva a calmarmi. Ancora più innervosita decisi di spegnere la radio e provare a dormire un po'. Mi rigirai nel letto fin quando non suonarono al campanello. Per un attimo pensai al meglio, ma ovviamente non era mia madre. Erano Mark e Josie e mi dissero che mia zia voleva vedermi.  Mi prese un'ansia incredibile, avevo paura che sapesse di me e Tom. Velocemente mi diressi verso casa DeLonge, più svogliata che mai. In più si era fatta ora di cena e avevo una fame incrediible. Suonai il campanello e mi aprì Tom:
"Ciao amore."
usò una voce soave. Arrossii:
"Ma sei matto! La zia potrebbe sentirti..."
Rise:
"Non c'è. Vieni."
Entrai un po' perplessa, non capivo che cosa stesse succedendo. Mi prese per mano e mi portò nella camera matrimoniale. Fu allora che tutto divenne più chiaro: sul letto c'erano due cartoni di pizza, tante candele accese intorno e qualche petalo di rosa sparso qua e là.
"Questo mi spaventa. Non è da te!"
Sorrise:
"Per amore si fa questo ed altro, no?"
Divorammo le nostre pizze e parlammo di stronzate cercando di non pensare a niente. Non appena ebbe finito si alzò e mise un vinile sul giradischi: qualcosa di lento. Si avvicinò a me inchinandosi e baciandomi la mano:
"Vuole concedermi questo ballo, madame?"
Lui era perfetto. Annuii con la testa mordendomi un labbro per poi legare le mie braccia intorno al suo collo. Lui mi strinse i fianchi e iniziammo a muoverci delicatamente. In quel momento stavo bene. Sapeva come non farmi pensare a niente: era fantastico. Mi guardò sorridendo.
"Che c'è?"
continuai. Scrollò la testa:
"Niente...è strano pensare a me in questo stato."
Scoppiai a ridere:
"Veramente!"
Si avvicinò con la testa di modo da far incrociare i nostri sguardi e sussurrò:
"Mi hai mandato fuori di testa."
Lo baciai con dolcezza mentre lui mi strinse di più a sè. Piano piano i nostri baci divennero sempre più passionali, finché non lo sbattei a letto saltandogli addosso.
"Stavolta nessuno ce lo impedirà."
fece malizioso.
"No."
continuai togliendomi la maglia. Si alzò mettendosi seduto e iniziò a lasciarmi una scia di baci sul collo facendomi provare dei brividi tutto tranne che spiacevoli. Fu in quel momento che la porta si aprì velocemente facendoci sobbalzare:

"Cosa cazzo succede qui?!"


Angolo di giulss:
Ecco il penultimo capitolo! Mi sono soffermata particolarmente sui loro sentimenti, sì.
In questo periodo mi piglia così! Graaaazie a tutta la bella gente che segue questa storia.
Spero che anche questa volta mi farete sapere cosa ne pensate!
A presto per l'ultimo capitolo :3

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Capitolo 16
*** I'm lost without you. ***


Inutile dire che, la persona che ci beccò quella sera, fu proprio la madre di Tom. Nonostante furono passati dei giorni mi risuonavano ancora le sue parole in testa:

"Cosa cazzo succede qui?
Helen?
Non posso crederci!
Fuori da casa mia, immediatamente. Voi due non vi vedrete mai più, mai!"

 

E come potevo biasimarla, io e Tom eravamo cugini...due cugini non potevano di certo stare insieme. Forse era giusto così, anche se faceva incredibilmente male. Non vederlo era come essere torturati. In quei giorni sembravo quasi morta, non volevo vedere nessuno. A volte Josie e Mark entravano nella mia stanza per chiedermi come stavo e io non rispondevo. Li lasciavo uscire poco dopo insoddisfatti. Non avevo voglia di parlare, avrei voluto parlare solo con lui. Passavo la maggior parte del mio tempo ad ascoltare la sua musica, solo per sentire la sua voce. Ascoltavo e piangevo. Non sapevo che fare senza di lui, ero persa. In quei giorni decisi che era arrivato il momento per me di lasciare Poway. Se fossi rimasta sicuramente prima o poi l'avrei rivisto e avrebbe fatto troppo male. Dovevo andarmene. Controllai gli arei, sarei andata in Inghilterra. Per fortuna mi ero messa da parte dei soldi tempo prima in caso di emergenza. Erano in una cassaforte, ero sicura che nessuno li avesse toccati. Iniziai a preparare la valigia cautamente, non avevo ancora detto niente a nessuno. Volevo evitare le classiche scenate sul fatto che sarei potuta benissimo rimanere, cosa che non era vera. Mark e Josie erano usciti, quindi nessuno avrebbe potuto vedermi. Mentre stavo mettendo la mia roba nella valigia trovai una sua maglietta. Una di quelle che preferivo e che avevo già usato in precedenza: quella della Hurley arancione. La presi delicatamente in mano, come se fosse qualcosa di fragile. E in quel momento in realtà la cosa fragile era il mio cuore. Come un flashback mi passarono davanti tutti i momenti felici che avevamo passato insieme. Iniziarono a pizzicarmi gli occhi, strinsi forte a me quella maglia. Era incredibile come una situazione quasi perfetta si fosse ribaltata in pochissimi giorni. Ciò mi faceva credere che avessi qualcosa di sbagliato, continuavo a stringere quella maglia e a pensare che senza di lui niente sarebbe andato nel verso giusto. 
"Le cose andranno sempre bene se saremo insieme, giusto?"
Ecco che i ricordi continuavano a traforare la mia mente, il dolore era assurdo ma non potevo continuare a logorarmi dentro, dovevo finire la mia valigia. Dovevo finire la mia vita a Poway, iniziarne una nuova, lontano. Girai la testa per caso e lo vidi sulla finestra della mia stanza. Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata, come le prime volte. Stavo seriamente andando in panico.
"Tom? Che ci fai qui?"
Immediatamente mi venne incontro baciandomi con voga:
"Quanto mi sei mancata."
terminò poi. Anche a me era mancato, e sicuramente mi sarebbe mancato nei giorni a venire... Non potevo sparire così. Dovevo dirglielo, ma come? Le parole mi si intrecciavano nella gola impedendomi di parlare. Per un attimo tolse lo sguardo da me:
"...una valigia?"
Pure il suo tono era maliconico: aveva già capito tutto. Chinai la testa e mormorai:
"Scusa.."
Spalancò gli occhi:
"Non puoi andartene!"
disse alzando leggermente la voce.
"Non posso rimanere Tom.."
"Perché no?!"
Mentre la mia voce si abbassava ad ogni battuta di un tono, la sua invece faceva l'esatto contrario.
"Non possiamo stare insieme. Tua madre ci ha scoperto, tu non dovresti essere qui. Non dovevamo metterci insieme, è sbagliato. Non possiamo!"
Notai che si stava un po' alterando:
"Ma io ti amo!"
Questa volta quelle due parole non mi fecero affatto bene. Furono come una pugnalata al cuore, sanguinavo dentro.
"Anche io ti amo..."
dissi facendo scendere infine una lacrima.
"No. Se mi amassi veramente rimarresti qui!"
Stetti zitta per qualche istante, fin quando lui non lanciò un oggetto per terra frantumandolo in mille pezzi.
"Fanculo!"
urlò poi uscendo dalla stanza. Allora cominciai a chiamarlo:
"Tom!"
ma lui non rispondeva e continuava a camminare velocemente verso la porta d'uscita. Lo seguii:
"Tom, ti prego. Non andartene."
Stava per aprire la porta d'entrata, quando improvvisamente si fermò e si girò verso di me. Per un attimo pensai che avesse capito, ma erano solo illusioni.
"Io sarei rimasto sempre perché ti amo più di qualsiasi altra cosa. Sei tu quella che se ne sta andando, Helen."
e dopo questo se ne andò. Fu allora che scoppiai sul serio. Possibile che non capiva? Lasciarlo era la decisione più dura che avessi mai preso, ma dovevo farlo. Ciò non significava che non lo amassi, anzi. Lo amavo, eccome se lo amavo. E per questo ci stavo morendo dentro. Ero persa senza di lui, e andarmene dopo una discussione avrebbe fatto ancora più male. Avrei voluto baciarlo un'ultima volta ma come al solito evidentemente mi ero spiegata male, lui non aveva capito e..se n'era andato. Ma solo fisicamente, dal mio cuore non andava via ed ero sicura che nessuno l'avrebbe mai mandato via. Nessuno sarebbe stato come lui, così speciale, così diverso. Decisi di andare fuori e fumarmi una sigaretta. Non lo facevo ormai da tempo, non ne avevo più bisogno, lui era diventato il mio sfogo ma..adesso? Lui non c'era più, e quindi forse il fumo sarebbe riuscito a calmarmi almeno un pochino, di certo non quanto sarebbe riuscito a farlo lui. Intanto le lacrime continuavano a scendere, non riuscivo a fermarmi o forse semplicemente non volevo. Il dolore almeno riusciva a farmi capire che tutto quello accaduto fosse reale, e non solo un sogno. In quel momento vidi una chioma bionda passarmi davanti, vedevo sfocato per colpa delle lacrime ma riuscii comunque a capire chi fosse, di nuovo lei, di nuovo Holly.
"Non esiste il per sempre felice e contenti, amore."
e detto ciò se ne andò, quasi soddisfatta. Mai avrei voluto dirlo ma effettivamente aveva ragione. Buttai la sigaretta a terra, mi asciugai le lacrime e tirando un bel respiro profondo tornai in casa. Fu allora che entrarono Mark e Josie:
"Come stai Helen?!"
subito mi chiesero. Feci un misero sorriso, uno di quelli falsi che stava a significare:"sto morendo dentro, ma non preoccuparti", loro evidentemente mi conoscevano troppo bene per crederci. Mi fecero sedere sul divano e Josie andò a prepararmi qualcosa di caldo, Mark invece rimase accanto a me.
"Abbiamo visto Tom nei paraggi..."
Solo al suono del suo nome ricominciai a piangere, sembrava quasi impossibile! La stessa persona con cui non potevo vivere mi stava uccidendo. A quel punto il mio amico aprì le braccia e mi strinse a sè.
"Sfogati Hel, io sono qua con te.."
disse accarezzandomi la testa. Come avrei fatto senza di lui? Gli volevo un bene dell'anima, mi aveva sempre aiutato in ogni situazione. Se c'era un problema, andavo da lui e parlavamo. Poi iniziava a fare il coglione e riusciva a farmi sorridere. Prima o poi avrei dovuto dirgli che avevo intenzione di lasciare tutto ma mi sembrava quasi di fargli un torto. Eravamo molto uniti, ci sarebbe rimasto male. Però ci sarebbe rimasto peggio se fossi sparita senza dirgli nulla...così dopo essermi ripresa mi staccai con l'intento di dirglielo. Sospirai, e prima che lui iniziasse a farmi uno dei suoi discorsi filosofici lo fermai:
"Mark. Io me ne vado.."
La sua reazione non fu delle migliori. Iniziò col sbarrare gli occhi, poi mugnugnò ed infine chinò la testa senza dire nulla.
"Perché?"
riprese poi.
"Perché...perché è giusto così. Non c'è più posto per me qua. E' giunto il momento per me di cambiare, andare via e farmi una vita nuova."
A quel punto Josie irruppe nella stanza e anche la sua faccia era parecchio sconvolta. Non disse nulla, si limitò a darmi la mia tazza di thè caldo, poi si sedette anche lei sul divano. Nessuno diceva niente, l'aria diventava sempre più triste ed io a stento riuscivo a non piangere. Pochi giorni prima ero piena d'amore e di gioia, adesso mi ritrovavo senza niente. Mi alzai ed andai in camera mia ancora standomene zitta. Fu allora che piansi di nuovo, ce l'avrei veramente fatta da sola? Ero una persona debole, avevo paura di stare sola. Avevo bisogno di qualcuno con me, ma non potevo di certo chiederlo! Sarebbe stato un gesto egoista ed io non lo ero. Continuavo a far cadere quelle lacrime amare sul mio cuscino, ma poi mi bloccai sentendo aprire la porta. Immediatamente feci finta di niente, ma era inutile: gli occhi gonfi, il viso rigato, il trucco sciolto...si capiva perfettamente che avevo pianto. Era Josie.
"Hey...io vengo con te."
Mi aveva letto nel pensiero per caso? Non potevo permetterglielo:
"Ma..Mark.."
"Tranquilla"
disse porgendomi un fazzoletto:
"Lui è d'accordo con me, non ti posso lasciare da sola in un momento così delicato. Io vengo con te Helen!"
La cosa mi tranquillizzava un pochino, avevo soldi a sufficienza per entrambe. Ormai la decisione era stata presa:
"Quando partiamo?"
"Anche adesso se vuoi."
Allora mi alzai un'altra volta ed andai a prendere i soldi, erano ben nascosti e tenuti al sicuro grazie ad un lucchetto. Aprii lo sportello e con grande stupore notai che non c'era più niente. Com'era possibile? Nessuno sapeva dove fossero, ma soprattutto nessuno sapeva che ci fossero. E allora come mai non c'era più niente? Josie mi mise una mano sulla spalla, chiuse lo sportello e mi riportò a sedere. Io continuavo ad interrogarmi: Dove diavolo erano finiti i soldi? Finché non mi venne in mente l'episodio di mia madre quando fu caduta, aveva detto che stava cercando delle foto di famiglia ma..stranamente cercava proprio vicino a dove tenevo i soldi. Possibile che la sua mente fosse stata così crudele? Tutto coincideva, il giorno dopo quell'accaduto era il giorno del concerto. Non avrebbe più avuto nessuno in casa, così avrebbe potuto cercare per bene i soldi e poi sparire: come ha fatto. Ma ancora non era risolto il fatto di come avesse saputo dove fossero i soldi. Passarono i minuti, ma niente. Non riuscivo proprio a spiegarmelo.
"Ho un'idea!"
disse Mark entusiasto.
"Qui vicino c'è un bar, hanno anche delle slot machine...so che è folle ma non si sa mai dove gira la fortuna! Potremmo provare."
Lo guardai perplessa e scoppiai a ridere: quella era sicuramente una risata isterica. Non avrebbe funzionato, non avevo mai avuto fortuna in niente figuriamoci nel gioco!
"Non avrebbe senso."
continuai poi.
"Provare non costa nulla."
E fu così che mi lasciai convincere da quell'idea stramba. Dopotutto non avevo niente da perdere, quindi prendemmo gli ultimi spiccioli che ci rimanevano e andammo in quel bar. Con molta poca voglia mi diressi verso le slot ed inserii i soldi. Tirai quella leva...ovviamente non uscii niente. Iniziavamo bene.
"Dai Hel, non mollare."
Mi incitavano i miei due amici, ma purtroppo io avevo già mollato molto tempo prima...senza di lui non aveva molto senso continuare. Il dolore mi assaliva ancora una volta, ma dovevo sembrare più forte anche se era evidente che non lo fossi. Continuai per due, tre, quattro volte...e via dicendo ma non vinsi nulla. Eccola, era l'ultima moneta che mi rimaneva. Tirai un bel respiro profondo rassegnata, non avrei di certo vinto. La mia vita non sarebbe cambiata, sarei rimasta lì a Poway. La inserii, appoggiai la mano sulla leva e la strinsi forte. Misi tutta la mia speranza su quella leva, avrei voluto che lui fosse lì con me. Insieme avremmo potuto farcela. Tirai un altro sospiro, era inutile perdere tempo. Chiusi gli occhi, e a quel punto sentii un'altra mano posarsi sulla mia. Aprii gli occhi di soprassalto, avevo riconosciuto quella mano: era lui. Non mi aveva lasciato, ancora una volta era lì con me per aiutarmi. "Scusami Helen. Hai ragione, tu devi andare...e io voglio che tu vada quindi tentiamo insieme un'ultima volta." Annuii sorridendo e finalmente tirammo giù quella leva. L'ansia iniziava a prendere il sopravvento, avrei vinto? O sarebbe stata un'ennesima delusione? Ero convinta fosse la seconda ma mi sbagliavo. Appena vidi accendersi tutte le luci della slot machine e iniziare a cadere i soldi sorrisi. Mi girai verso di Tom e anche se entrambi eravamo tristi perché avremmo dovuto lasciarci ricambiò il sorriso. Ci baciammo: un bacio tenero. Uno di quei baci d'addio che si sognano le ragazzine, quello dei film. Un bacio pieno di passione, d'amore...ma anche di tristezza e nostalgia. Non serviva uno stupido "ti amo", in quel momento quel bacio parlava al posto nostro.
Quel bacio ci unì più che mai.
Fu l'ultimo bacio che diedi all'amore della mia vita.

 
 

"Give me your lips and with one kiss we begin."




Angolo di giulss:
E' finita! A dirvi la verità mi dispiace un po'...mi mancherà questa storia! 
Adesso però tocca a voi dirmi se vorrete il seguito oppure no, quindi quando recensite scrivetemi anche se lo volete :3
Grazie mille a tutti, mi avete fatta sentire apprezzata per una volta. Può sembrare esagerato, ma ogni vostro commento mi riempiva di felicità!
Grazie grazie e ancora grazie! <3

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