After COLS

di Angelic_Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rovinare tutto ***
Capitolo 2: *** Dimenticare ***
Capitolo 3: *** "Non posso vivere in questo modo" ***
Capitolo 4: *** Questo lo faccio per te ***
Capitolo 5: *** Un pezzo del mio cuore ***



Capitolo 1
*** Rovinare tutto ***


Alec inserì le chiavi nella serratura e dopo qualche giro la porta si aprì silenziosamente verso l'interno. Sperò di trovare Magnus lì in piedi ad aspettarlo con quel suo ridicolo pigiama giallo, che gli dicesse qualcosa del tipo “è tutto il giorno che ti aspetto” e lo invitasse ad entrare dopo un abbraccio affettuoso. Sperò che tutto quello che era successo fosse stato solo un brutto sogno, ma la porta rivelò un ingresso deserto. La casa era così vuota, così buia senza Magnus a colorare tutto con la sua presenza stravagante, pensò. S'immerse nel profumo caramellato della magia che riempiva l'appartamento e chiuse la porta alle sue spalle.
Aku cinta kamu” gli aveva detto.
Cosa significa?”
Significa ti amo. Non che cambi qualcosa.”
Alec aveva desiderato abbandonarsi tra le sue braccia e piangere, sfogarsi, ma non se lo meritava. Non meritava l'amore di una persona a cui aveva mentito, e Magnus aveva ragione: non gli aveva dato ascolto, si era fidato di una persona di cui non doveva, ed ora era giusto che ne pagasse le conseguenze.
«Ma, per l'Angelo, l'ho fatto senza pensare!» sussurrò tra sé mentre lanciava le chiavi sul tavolo e si avviava nella camera da letto.
«L'ho fatto perché ti amo, maledizione!» Le mani erano strette a pugni, tanto forte da far sbiancare le nocche, e il respiro era quasi affannoso. Chairman Meow lo osservava curioso da uno dei braccioli della poltrona e, quando Alec lo notò, salutò il ragazzo con un miagolio.
Alec gli sorrise malinconico. «Secondo te sono matto, vero?» disse «Parlo da solo... Be', probabilmente se va avanti così impazzirò sul serio.» Accarezzò dolcemente Chairman, poi con un sospiro si diresse nell'altra stanza. Si fermò sulla porta ad osservare l'ambiente che lo circondava. Quella sarebbe stata l'ultima volta che entrava in casa di Magnus, pensò. Aprì l'armadio e tirò fuori un borsone, che poggiò sul letto, per riempirlo di tutte le sue cose. Cominciò a svuotare i cassetti sempre più bruscamente. Non dovrei essere io quello arrabbiato, pensò. Non ne ho il motivo.
Forse ce l'ho con me stesso per essere stato tanto...
Si bloccò quando la sua mano fece emergere dal cassetto una sciarpa azzurra. Una voce gli riecheggiò nella mente. “Si abbina ai tuoi occhi” diceva con tono dolce e leggermente divertito.
Afferrò la sciarpa con entrambe le mani, e la avvicinò al suo viso. Riconobbe un profumo tanto familiare di sandalo e magia. Senza accorgersene spinse il tessuto sulla bocca, come per impedirsi di piangere, ma le lacrime insistenti gli solcarono le guance non appena chiuse gli occhi.
Si abbandonò sul letto ripensando a tutti i bei momenti passati insieme a Magnus. Gli scorsero nella mente mille immagini, come tante diapositive. La sera della festa, quando si erano conosciuti; la collina dove erano stati attaccati dai demoni e Magnus gli aveva detto di amarlo, la Sala degli Accordi, dove Alec si era fatto forza e lo aveva baciato di fronte a tutti.
Ricordava quel momento come fosse ieri. Le sue labbra su quelle di Magnus, così morbide. E ricordava la faccia sconvolta dello stregone qualche secondo prima che anche lui si lasciasse andare tra le sue braccia.
La cosa che non ricordava affatto era l'espressione dei presenti. Perché in quel momento aveva potuto solo pensare alla scelleratezza del suo gesto, non poteva credere di aver trovato la forza interiore di farlo. Era stato felice di averne avuto il coraggio. Aveva agito d'istinto, senza pensarci due volte, e si era convinto che ciò fosse la cosa più giusta da fare in qualsiasi situazione, mettere da parte la logica. Però si era sbagliato ed ora aveva rovinato tutto.
Aveva perso la persona che amava, che gli faceva toccare il cielo con un dito, l'unico per il quale avesse mai provato sentimenti tanto forti. Neanche Jace era stato così importante per lui.
Ripensò a tutto quello che gli aveva detto Magnus giù alla metro. Ripensò al suo tono di voce, alla sua espressione: non lo aveva mai visto più furioso.
Ma c'era soprattutto tristezza nei suoi occhi da gatto, la delusione che prova qualcuno ferito nel profondo dell'anima. Sono stato capace di distruggere la persona che amo, pensò.
Fece un profondo respiro e riaprì gli occhi. Fissò per alcuni secondi i cerchi bagnati che erano comparsi sulla sciarpa, poi la lasciò sul letto e continuò nel suo intento.
Dopo aver tolto tutta la sua roba dai cassetti e riempito la borsa, si accorse di aver lasciato fuori la sciarpa. Non sapeva se portarla con sé o abbandonarla lì.
Era un regalo di Magnus, del suo primo ragazzo. Ma non avrebbe fatto altro che ricordargli che era finita, e che era stato un perfetto idiota, pensò, perciò non se la sarebbe portata dietro per niente al mondo.
Col pesante borsone su una spalla, uscì senza nemmeno lanciare un'ultima occhiata alla stanza; si avviò verso l'ingresso salutando Chairman con un gesto veloce della mano e questi si limitò a fissarlo. Aprì la porta, tenendo lo sguardo fermo sulla maniglia, finché non andò a sbattere su qualcosa di duro e caldo.
Sussultò e alzò velocemente gli occhi, trovandosi a pochi millimetri di distanza dalla faccia di Magnus. Le loro labbra si toccavano, quelle dello stregone esitanti sulla bocca semiaperta di Alec. Nessuno dei due si mosse, ma era evidente che entrambi fremevano dalla voglia di avvicinarsi e stringersi a vicenda. Lo sguardo di Magnus passava dagli occhi di Alec alle loro labbra, poi di nuovo al ragazzo, mentre il suo respiro si faceva affannoso.
«Magnus...» cercò di dire l'altro, ma non riuscì ad arrivare a metà parola che il lieve tocco delle loro labbra divenne una forte pressione. Rivolse un ultimo sguardo ai malinconici occhi da gatto che gli erano di fronte, poi abbassò le palpebre e sentì che una mano gli saliva lentamente su per la schiena, il collo, arrivando ad accarezzargli i capelli, ed aggrovigliarli tra le dita. Le labbra di Magnus si schiusero ed Alec percepì delle piccole scintille che passavano da una bocca all'altra, senza distinguerne la direzione. Il ragazzo si ritrovò a premere forte contro la porta, sotto la spinta di Magnus, come se potesse oltrepassarla per entrare in casa senza interrompere quel contatto. Alec abbracciò a sua volta lo stregone, che trasformò quel bacio in una miriade di piccoli morsi frenetici, quasi volesse sfamarsi con le labbra di Alec. La mano di Magnus arrivò a toccare la guancia del ragazzo e divenne bagnata. Con il pollice gli asciugò le lacrime e staccò le labbra dalle sue.
«Perché...» disse mentre ricominciava a baciarlo, tra un bacio e l'altro «perché... mi fai questo? ..perché?»
«Cosa...» provò a ribattere l'altro «...sto facendo? ...Sei tu che...» fu interrotto da un singulto, segno che stava per ricominciare a piangere. Non voleva farlo di nuovo, ma la disperazione decise per lui. Riprese a singhiozzare in silenzio, il suono smorzato dalla bocca di Magnus ancora sulla sua, mentre l'altro lo stringeva affettuosamente. Poi però lo stregone di bloccò e si allontanò da Alec, che cercò le sue labbra per qualche centimetro, per poi arrendersi. Ansimante, Magnus si guardò la punta delle scarpe, poi posò lo sguardo su Alec.
Il ragazzo aveva gli occhi rossi e lucidi, come le guance, rigate da decine di solchi bagnati. Sembrava avesse pianto per un giorno intero senza fermarsi. Le labbra, anch'esse rosse come sangue, tremavano leggermente.
Lo fissava con espressione interrogativa e implorante, e Magnus trovava insopportabile l'idea di non poterlo abbracciare di nuovo, sussurrandogli che andava tutto bene. Ogni tanto il ragazzo sussultava impercettibilmente, le ultime tracce del pianto di poco prima.
Magnus distolse lo sguardo, incapace di sostenere ancora la vista di Alec in quello stato.
«Scusami, io...» cercò di dire imbarazzato, gli occhi puntati sul pavimento, ma Alec lo interruppe.
«Ma scusami cosa?» il suo tono di voce era troppo alto e i suoi occhi color ghiaccio erano velati e gonfi «Magnus, prima di dici di andarmene, che non vuoi più vedermi e poi...»
Il ragazzo strizzò gli occhi, come se avesse avuto una dolorosa fitta e si portò una mano al viso, quasi volesse usarla per diventare invisibile.
«Non ti sto facendo niente!» continuò Alec, che riusciva a stento a parlare «E' colpa tua se ora siamo qui, sono qui, a piangere come una fontana. Non ho colpa del fatto che ti amo e volevo stare con te...» esitò, come se non potesse continuare la frase «...per sempre.» Alla parola “sempre” la voce, ridotta ad un sussurro, gli si incrinò. Sembrava un vampiro che provava a nominare Dio.
Alec si nascose il viso tra le mani, appoggiato alla porta, mentre Magnus non poté far altro che insultarsi mentalmente.
Rimani con me. Voleva dirgli Sono stato uno stupido ad aggredirti a quel modo. Perdonami, ti prego. Ti renderò immortale. Farò di tutto per stare con te per sempre, sempre sempre. Ti amo, Alec, per favore, scusami.
«Vattene.» La parola gli uscì dalla bocca senza preavviso, sorprendendo se stesso per primo. Le mani di Alec gli ricaddero lungo i fianchi, mentre sul suo viso emergeva un'espressione incredula. «Vattene e non farti più vedere. Sparisci!» Magnus non poteva credere a quello che stava dicendo... e facendo. Raccolse il manico del borsone di Alec, che era buttato lì per terra, e glielo porse. Con l'altra mano indicava la strada.
Il ragazzo deglutì e si guardò intorno come se si fosse appena svegliato. Poi i suoi occhi si posarono confusi su Magnus, che però lo guardava impassibile. Si stropicciò un occhio, poi afferrò bruscamente il manico della borsa e si avviò in silenzio verso il marciapiede. Non degnò neanche di uno sguardo o di un saluto lo stregone, che aspettò che Alec avesse varcato il cancello per entrare in casa e sbattersi furioso la porta alle spalle.
«Che cosa ho fatto?!» chiese quasi urlando a Chairman, che lo guardò interrogativo. Non era neanche tanto una domanda.
Si accasciò sul divano, esausto, con una mano sulla fronte, mentre il gattino gli si acciambellava sulle gambe.
«Scusa.» gli disse Magnus accarezzandolo «Non volevo urlarti contro. E' solo che...» lo stregone scosse la testa «Ecco. Mi sono rovinato i prossimi ottant'anni di vita.» Sorrise tristemente, ma poi il viso gli si rabbuiò «Ottant'anni che potevano essere il nostro “per sempre felici e contenti”. Finché non è arrivato il qui presente intelligente che ha trasformato il “per sempre” in “mai più”.»

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Capitolo 2
*** Dimenticare ***


Alec camminava velocemente, il borsone che sobbalzava sulla spalla ad ogni passo. Col dorso della mano cercava di eliminare le lacrime dalle guance, ma era come voler mantenere asciutto un ombrello sotto la pioggia. Teneva lo sguardo basso, fisso nel vuoto. Grazie alla sua andatura veloce arrivò in un batter d'occhio all'Istituto, ma non sapeva se voleva entrare davvero. Se l'avessero visto in quello stato l'avrebbero tartassato di domande, e lui non voleva parlarne. Ma non poteva continuare ad andarsene in giro a vuoto, così sperò che non ci fosse nessuno nei paraggi all'interno dell'edificio. Clary e Simon erano fuori, occupati a dare una mano a Luke e Jocelyn per il matrimonio, i suoi genitori erano a Idris e Jace avrebbe dovuto essere ancora in infermeria. L'unica a piede libero era Izzy. Esitò un secondo prima di spingere il portone, che si aprì senza emettere un suono, ed entrare. Si guardò intorno. Aveva la vista un po' appannata, ma riuscì a focalizzare l'atrio fresco e fortunatamente vuoto. Percorse in fretta il corridoio e arrivò all'ascensore. Ci si infilò dentro e premette il tasto per l'ultimo piano. Non ci mise molto ad arrivare, ma temette che qualcuno potesse comunque andargli incontro per tutto il rumore che aveva fatto il cancello aprendosi. Sfrecciò verso la porta della sua camera, rimpiangendo di non avere una runa del silenzio, ed avvicinò la chiave alla serratura. Poi sentì dei passi. Il tipico ticchettio di tacchi che associava alla sorella.
«Alec? Sei tu?» chiese Isabelle, che si avvicinava velocemente. Lui fece finta di non averla sentita, muovendo la chiave frettolosamente, con le mani tremanti. Perse la presa e l'oggetto gli cadde sul pavimento. Il ragazzo si accovacciò per raccoglierlo, mentre Isabelle si fermava dritta dietro di lui.
«Vai via Iz.» disse lui in tono neutro, rimanendo piegato per nascondere le lacrime.
«Alec? Che hai?» chiese Isabelle intuendo che qualcosa non andava. Si abbassò all'altezza del fratello per guardarlo in faccia, ma lui girò la testa.
«Ehi! Mi dici che cosa succede?»
«T..ti ho detto di andartene» rispose lui con la voce tremante, ridotta ad un sussurro «Per favore, Izzy.»
La ragazza, invece, gli prese il viso tra le mani e lo girò verso di lei. Quasi sussultò quando vide il fratello in lacrime, con i denti stretti e gli occhi imploranti.
«Lasciami solo. Ti prego.»
«Oh Dio, Alec...» Isabelle era scioccata, non ricordava di aver mai visto il fratello piangere «Alec, cos'è successo?»
Poi la ragazza spostò lo sguardo oltre Alec, sul borsone, e capì. Non potette aggiungere altro, perché l'altro le affondò tra le braccia singhiozzando.
Rimasero lì a lungo, l'uno aggrappato all'altra sul pavimento del corridoio, finché una voce ruppe il silenzio.
«Ehi! Cosa fate per terra?» Alec riconobbe la voce di Jace che avanzava verso di loro, e si strinse ancora più forte alla sorella, nascondendosi sotto i suoi capelli neri. Isabelle guardò Jace e mosse le labbra per formare il nome di Magnus, senza emettere alcun suono. L'espressione del ragazzo si rabbuiò e lui si bloccò per un momento, poi si sedette affianco al parabatai accarezzandogli la schiena.
«Alec» lo chiamò «Alec, guardami.»
L'altro si voltò lentamente, strofinandosi gli occhi rossi. Le lacrime gli avevano otturato il naso e ora respirava con la bocca, le labbra semiaperte.
«Cavolo, piangere fa bene ma così rischi di prosciugare tutta l'acqua che hai nel corpo!» cercò di scherzare Jace per tirarlo un po' su, ma Alec si passò una mano sulla fronte con fare esasperato.
«Okay, a parte gli scherzi» Jace tornò serio e nella voce, notò Isabelle, aveva un velo di tristezza e comprensione «ti va di parlarne con m...» cercò di dire, ma Alec lo interruppe bruscamente.
«No, non voglio parlare con nessuno.» il ragazzo si scrollò di dosso le mani della sorella e si alzò in piedi con la chiave in mano. Jace e Isabelle rimasero a guardarlo immobili mentre lui apriva la serratura.
Alec prese la borsa e spinse la porta «Lasciatemi in pace. Per favore.» disse quasi sofferente, poi si infilò all'interno e chiudendosi l'uscio alle spalle. Nel corridoio risuonò il rumore della chiave che girava nella serratura.
Alec buttò con violenza la borsa sul pavimento e si accasciò sul letto, gli occhi fissi nel vuoto, sperando che nessuno venisse a disturbarlo. Ora voleva spegnere la mente, non pensare a niente e dimenticarsi di tutto, soprattutto di Magnus. Chiuse gli occhi, aspettando di addormentarsi.

Non ricordava quanto tempo avesse dormito, ma fu svegliato da un lieve rumore alla porta. Qualcuno bussava.
«Ehi, mi apri?» stava dicendo Jace e dal suo tono di voce Alec dedusse che stava parlando lì da solo con la porta da un po' di tempo.
«Ti preeeeeego fratellone, si raffredda la cena!» insistette Jace mimando la voce di un bambino. Be', se sperava di farlo sorridere si sbagliava, perché quel suono ricordò ad Alec la voce di Max.
Il ragazzo si alzò pigramente dal letto e aprì la porta, rivelando un Jace con un vassoio pieno di cibo ormai freddo, pensò Alec.
Jace entrò e posò il vassoio sul letto, sedendocisi vicino «Ti sei deciso finalmente» disse.
Alec chiuse la porta e si sedette a sua volta, guardando il suo pranzo con occhi assenti.
«Forza, mangia qualcosa.» Jace gli mise sotto il naso un pezzo di pane, che il fratello prese in mano sempre mantenendo il cervello in stand by.
«Ecco, bravo. Ora dovresti metterlo in bocca, masticare e ingoiare e di nuovo mettere in bocca, masticare e...» stava dicendo Jace, ma Alec lo interruppe freddamente per la seconda volta da quando era tornato all'istituto.
«Piantala. Vuoi dirmi cosa vuoi? Vi avevo chiesto di starmi lontano.»
«Vorrei che tu mi raccontassi cos'è successo e mangiassi quello almeno.» rispose l'altro indicando il pane che Alec aveva rimesso sul vassoio.
«Per favore Jace, io...»
«Sono il tuo parabatai e tuo fratello. Puoi dirmi tutto.»
Alec lo guardò, incontrando lo guardo fermo e convinto dell'altro.
«M...Magnus mi ha cacciato di casa.» disse a fatica.
«Questo l'avevo capito, ma perché?»
«Ecco, Camille mi disse che sapeva come rendere Magnus mortale.» cominciò Alec, ignorando lo sguardo sbalordito di Jace e sputando fuori tutta la storia in una volta sola. «Io...io amavo Magnus e non desideravo altro che vivere con lui per sempre, fino alla fine. Non che ora non lo ami più, certo. Camille allora mi propose un accordo: lei avrebbe reso Magnus mortale e in cambio io avrei ucciso Raphael.» Alec aveva le guance in fiamme «Io ci pensai su, ma mi è parsa una richiesta assurda, quindi le dissi di no. Ma io dovevo sapere di più. Di Magnus e del suo passato. Perciò stamattina sono sceso di nuovo per incontrare Camille ma...» si bloccò per prendere fiato. O forse era solo una scusa per prendere tempo «Magnus mi ha raggiunto e mi ha detto che Camille gli aveva raccontato tutto. Poi lui...» Alec non finì la frase, che rimase sospesa a mezz'aria. Jace gli mise un braccio sulle spalle, tirando il fratello a sé. Alec si irrigidì un momento, ma poi lasciò che la sua testa poggiasse sul petto di Jace. Il ragazzo deglutì forte, gli occhi che gli bruciavano, e continuò spezzando le parole con sospiri continui.
«Ha detto che non voleva più vedere né me né voi altri. Che era stanco di essere il nostro stregone da compagnia.» Jace continuava ad ascoltare in silenzio «Ma poi quando sono tornato a casa... casa sua l'ho trovato lì e mi ha... e ci siamo...» Alec non riusciva a parlare a Jace di lui e Magnus e lasciò che il ragazzo capisse da solo «Jace, mi fa male. Io non... perché mi fa questo?»
L'altro si limitò a strofinargli forte le spalle e Alec si aggrappò alla sua maglia.
«Non è giusto, Jace. Non è giusto.» disse in un sussurro «Io ho cambiato la mia vita per lui... e lui non fa niente per me. Mi fa stare solo più male facendo così. Perché?»
«Alec, io... io non lo so.» disse alla fine Jace. Aveva cercato qualcosa di conforto per suo fratello, ma gli affari di cuore non erano mai stati il suo forte.

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Capitolo 3
*** "Non posso vivere in questo modo" ***


«Dobbiamo fare qualcosa!» Isabelle camminava avanti e indietro davanti a Jace, che era seduto sul suo letto «Jace, sono tre giorni che non esce dalla sua camera, abbiamo il dovere di aiutarlo. Non può continuare così per sempre.»
«Ora non mi apre neanche più per mangiare. Cosa possiamo fare?» Jace aveva le mani sul viso, le braccia poggiate sulle ginocchia.
«Non lo so. Va' a parlarci!» insistette lei «Sfondiamo la porta se necessario.»
Jace le lanciò un'occhiataccia, ma Isabelle rimase impassibile «Dico sul serio. Andiamo.»
Un attimo dopo Jace si ritrovò a camminare per il corridoio con Isabelle che lo tirava per un gomito. Giunsero di fronte alla porta della camera di Alec.
«Alec, apri. Ti prego!» disse Izzy con voce gentile. Niente.
Ci avevano provato già mille volte pensò Jace, ma non erano arrivati mai agli estremi rimedi. Ora però era troppo. Jace tirò fuori dalla tasca il suo stilo e cominciò a farlo scorrere sul legno. La runa di apertura brillò e la porta si schiuse cigolando, ma sembrava ci fosse qualcosa a spingerla da dietro e ad impedirle di aprirsi del tutto. Jace guardò Isabelle, che gli fece segno di entrare. Lei sarebbe rimasta dov'era. Il ragazzo infilò la testa nella stanza ma non c'era nessuno per quello che riusciva a vedere.
«Alec? Dove sei?» chiese Jace spingendo la porta quel che bastava per entrare. Jace si addentrò lentamente nella camera e scoprì che a bloccare l'entrata era Alec, seduto per terra davanti alla porta con le gambe strette al petto.
«Ehi, cosa fai?» Jace notò che il fratello aveva un cellulare tra le mani e guardava lo schermo con aria assente. Aveva il pollice esitante sul tasto di chiamata.
«Alec, sei tra noi?» chiese Jace agitandogli una mano davanti alla faccia. Alec non la notò nemmeno e premette il tasto. Poggiò il telefono sull'orecchio e lasciò passare qualche secondo dopodiché lo rimise davanti agli occhi e spense la chiamata.
«Cosa diavolo fai?» Jace chiuse la porta di scatto e tolse il cellulare dalle mani del fratello.
Jace rimase di stucco quando lesse sullo schermo del telefono “Magnus: 27 chiamate effettuate. Durata 00:02.”
Il ragazzo guardò Alec che non aveva battuto ciglio, lo sguardo rivolto al pavimento. «Alec... sono tre giorni che non esci da qui. Per favore, vuoi...»
L'altro si voltò e Jace notò che aveva le pupille dilatate. I suoi occhi sembravano neri ed erano velati, come se fossero finti. «Non posso continuare così. Non posso... vivere in questo modo.» disse Alec «Io non ce la faccio.»
Jace si sedette affianco a lui, continuando a fissarlo come se fosse un alieno «Lo so. Pensavamo che tu non te ne rendessi conto... ma allora perché fai così?»
«Jace, più penso di convincermi che è finita...» disse Alec senza rispondere alla domanda «...più non riesco ad accettarlo. Impazzirò se continuo così. Impazzirò...» ripetette scuotendo leggermente la testa «Jace, fallo tornare. Ti supplico.»
Gli occhi di Alec erano immobili su quelli di Jace. Se si fosse scostato, pensò lui, avrebbe scommesso che Alec avrebbe continuato a fissare quel punto.
«Lo farò tornare.»
«Me lo prometti?» Alec sembrava essere tornato in sé. Un pochino.
«Te lo prometto.» disse Jace «Tu invece promettimi che uscirai di qui e ti farai una bella passeggiata.» continuò «Sembri un...» non finì la frase, ma lasciò intendere che non doveva essere un bello spettacolo vederlo così.
Alec spalancò gli occhi, che ora erano puntati sulla porta, e annuì. «Si. Okay... ma tu vai, va bene?»
Jace si rialzò in piedi trascinando anche Alec. «Vado. Ora, forza, mettiti qualcosa di decente e prenditi una boccata d'aria.» disse indicando la felpa dell'altro, che aveva degli enormi buchi, come se Alec avesse passato il tempo a girarci le dita dentro per allargare i fori già esistenti. Probabilmente era così pensò Jace tristemente. Si chiuse la porta alle spalle e appena fuori Isabelle gli si appiccicò addosso.
«Allora?» chiese una decina di volte «Che ha detto? Che sta facendo?»
Jace aspettò che finisse di ripetere le domande e rispose, camminando velocemente verso il portone «Sembra uno zombie. Ha passato tutto il tempo a chiamare e chiudere il telefono in faccia a Magnus quando rispondeva. Mi ha detto che si rende conto di stare impazzendo e che non può vivere così.»
«Oh Raziel, cosa dobbiamo far...» si interruppe quando si accorse di star seguendo Jace fuori dall'Istituto «Ehi, ma dove stai andando?»
Jace camminava con lo sguardo fisso davanti a sé «Alec mi ha chiesto di far tornare Magnus.» fece una pausa «Cioè, in pratica mi ha implorato.»
Isabelle si fermò e lo guardò.
«Ah, ecco gli ho detto di uscire un po' per prendere aria. Assicurati che non l'abbia detto solo per assecondarmi.» Jace si voltò, alzò la mano per salutare la sorella e riprese a camminare verso il portone, che si aprì lentamente e si richiuse al passaggio di Jace.

Angolo dell'autrice
Macciao! Questo capitolo è un po' più corto dei precedenti, ma solo perchè il prossimo... diciamo che prenderà più spazio :3 Vi sta piacendo la mia storia? Spero di sì, fatemelo sapere :)

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Capitolo 4
*** Questo lo faccio per te ***


Magnus era steso sul letto fissando il soffitto. Aveva spento il cellulare e l'aveva chiuso in un cassetto, per evitare di ricevere ancora chiamate da Alec. Non poteva credere di averlo ferito tanto, di averlo fatto arrivare fino a questo punto. Era una persona orribile pensò. Si accorse di avere le guance bagnate e le sfregò furiosamente con il palmo della mano, poi con un sospiro fece ricadere la mano sulla coperta. Dopo qualche minuto sentì il campanello della porta. Un grande sorriso gli comparve sul viso, gli si accese dentro una piccola lucina. La speranza che Alec fosse tornato da lui.
Si alzò in fretta e pieno di euforia, per poco non si aggrovigliò tra le coperte e cadde a terra. Corse alla porta pensando a tutto quello che avrebbe detto ad Alec, oppure prese in considerazione l'idea di risparmiare le parole e di baciarlo fino allo sfinimento. In questo modo si sarebbe spiegato meglio, pensò. Aprì la porta e il sorriso gli scivolò via dalle labbra, insieme a tutti quei pensieri di poco prima.
«Cosa ci fai qui?» disse fingendosi seccato ma con una punta di vera delusione nella voce.
Jace guardò i suoi occhi da gatto, poi fissò il pavimento «Magnus, devo parlarti.»
«Mi sembrava di aver detto che non voglio più avere a che fare con voi.» disse freddamente, mentre una fitta gli colpiva il cuore per ricordargli che stava sprecando forse l'ultima occasione di rivedere Alec.
«Tu non ti rendi conto di quello che hai fatto.» disse Jace che si avviò dentro ignorando Magnus. Lui lo guardò sbalordito mentre si sedeva sul divano. Lo stregone chiuse la porta e lo raggiunse, poggiandosi sul tavolino di fronte all'altro, gli occhi verdi ridotti a fessure.
«Ti introduci in casa mia senza permesso e ti metti ad urlare. Non dovrei cacciarti fuori a pedate?»
Jace spalancò gli occhi «E tu allora, che stai uccidendo mio fratello? Cosa dovrei farti?»
Magnus deglutì e distolse lo sguardo, non riuscendo a guardare Jace dritto negli occhi.
«Sta morendo di dolore, credimi.» continuò il ragazzo «Sono tre giorni che non esce dalla sua camera. Tre giorni che non mangia, non fa entrare nessuno.»
Magnus avrebbe voluto cucirgli la bocca per non sentire quello che aveva causato lui stesso.
«Oggi sono riuscito ad entrare. Magnus, sembra un... uno zombie. Sta impazzendo. Non reagisce, tiene gli occhi spalancati ma sembra che non ci veda. Era seduto per terra, immobile, davanti alla porta per bloccarla. Ti rendi conto di cos'hai fatto?»
L'altro stava in silenzio. Non riusciva ad immaginare un Alec in quello stato.
«Stai zitto. Basta.» supplicò in un sussurro, mentre si copriva il viso con le mani.
«Mi ha detto che non riesce a vivere così» aggiunse imperterrito Jace «Quando mi ha chiesto se avrei fatto in modo che tornassi e io ho detto di si, era tornato in sé per un attimo. Avrei giurato che quasi stesse sorridendo.»
«Smettila. Non voglio sentire queste stupidaggini.» disse Magnus alzando la voce.
«No, Magnus. Tu non vuoi sentire la verità.» lo aggredì Jace alzandosi di scatto. L'altro non si mosse, un labbro stretto tra i denti.
«Lui ti ama. Ti ama più di quanto ami Isabelle e Maryse e Robert messi insieme. Più di quanto amasse Max.» Magnus si nascondeva ancora tra le dita.
Jace tirò fuori delle verità che sicuramente l'avrebbero smosso «Ti ama più di quanto aveva amato me, una volta. Di più, Magnus. Lui sta morendo per te.»
A quel punto le mani dello stregone lasciarono scoperto il viso rigato dalle lacrime. Gli occhi erano aperti al massimo, puntati su Jace.
«Anche io.» sussurrò «Non ho mai provato niente del genere in ottocento anni. E' come se mi mancasse un pezzo del cuore quando non sono con lui, come se mi avessero tagliato le dita lasciando le mani. Non riesco a fare niente senza di lui. E' stranissimo, ma non posso farci niente. Viene da qui.» si batté sul petto, dov'era il cuore. «Credi che io stia bene? Be', non è così. Io lo amo come non ho mai amato nessuno, non sopporto l'idea di stargli lontano. Ma non posso tornare, Jace.» disse «Non posso.»
«Ma perché?» esplose Jace, incapace di capire perché la facesse così difficile.
«Lui vuole sapere il mio passato. Ma non posso. Mi ero ripromesso di non riesumare certe cose.»
«Ah è per questo? Quindi quella dell'immortalità era una scusa per sbarazzarti facilmente di Alec?» Jace era incredulo e infuriato «Non posso credere che tu sia una persona tanto orribile da fare questo! Il passato non è il presente, Magnus. Ma per te evidentemente i tuoi segreti sono più importanti dell'amore che una persona prova per te. Sei un mostro.» Jace non ci vedeva più dalla rabbia, si diresse verso la porta, mentre Magnus rimaneva immobile.
«Non è vero. Non è così.» disse in un tono appena udibile. Jace lo ignorò e si bloccò sulla porta.
«Ah dovrò inventare una ragione credibile da raccontare ad Alec per la quale non vuoi tornare. Se gli raccontassi tutto questo il suo cuore non reggerebbe.» disse, contento di stargli facendo male con quelle parole. Magnus sentì il rumore assordante della porta che sbatteva, attese qualche secondo e tirando su col naso si mise in piedi. Se stava facendo tutto questo era solo per Alec. Perché non voleva che soffrisse scoprendo tutte le sue precedenti avventure, tutto ciò che aveva fatto prima che arrivasse lui. Prima di Alec, pensò, era tutto diverso. Da quando l'aveva conosciuto provava qualcosa di nuovo, un sentimento forte e totalmente differente da quello che avvertiva quando vedeva un bel ragazzo o una bella ragazza. Quello era vero amore, che aveva sfiorato solo una volta in ottocento anni. Con Camille.
Magnus si era poggiato su i gomiti, sul tavolino, e quando quel nome risuonò nella sua mente si maledisse per aver pensato di nuovo a lei. Non voleva più pensarci. Aveva sempre evitato di parlarne con Alec, perché voleva che vedesse solo del buono in lui, ma era insistente. Troppo. E prima o poi sarebbe stato il ragazzo a lasciarlo, ma non voleva soffrire. Non si era reso conto che se fosse stato lui a rompere, avrebbe sofferto lo stesso. E ad Alec si sarebbe spezzato il cuore.
Gli venne a mente di aver detto ad Alec che l'immortalità ha un prezzo molto alto. Ed era vero, ma Alec desiderava così tanto vivere per sempre al suo fianco...
Non sai quanto lo voglia anch'io” pensò. Si era reso conto che avrebbe fatto di tutto per essere felice con il suo ragazzo e che essere immortali era una cosa a stento sopportabile. Vedere la gente che ami morire, una dopo l'altra... Ma poteva far in modo che lui perdesse la propria immortalità, come aveva pensato di fare Camille. Era una grande idea, ma prendersela in quel modo, come aveva fatto giù alla metro, era stato uno stratagemma per mollare facilmente Alec.
Mollare facilmente Alec. Mi faccio schifo da solo per aver ideato una cosa tanto cattiva...” Ma l'aveva fatto per lui! Oh, ma si sarebbe fatto perdonare. Non poteva perdere Alec. Lo amava come se non ci fosse un domani, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Anche morire.
Con un mezzo sorriso stampato in faccia, prese dalla libreria un grosso tomo bianco, che, una volta posato sul tavolo, si aprì circondato da fiammelle blu. Magnus schioccò le dita e in un angolo della stanza, sul pavimento, comparve un cerchio di cenere.
Lo stregone osservò il lavoro e si chinò a leggere qualche riga del libro. Ad un tratto sbarrò gli occhi e si morse un labbro. “Farà un po' male” si disse “Cavolo, ma ne varrà la pena”.
Con un altro schiocco di dita, la sua mano si ritrovò a stringere il fodero di un pugnale. Quando lo ebbe sfilato, si diresse al centro del cerchio e iniziò a cantilenare come faceva sempre per evocare un demone. Terminò la formula e osservò la cenere intorno a lui emanare scintille azzurre, che presto diedero vita al fuoco. Il rumore delle fiamme era assordante.
Questo lo faccio per te” pensò, prima di rivolgere la lama verso di sé e affondarla nel petto con uno scatto. All'altezza del cuore.



Angolo dell'autrice
Dunque, vorrei ringraziare di nuovo per tutti i complimenti (GRAZIEEEEE :DDDD) e prevedo che dopo aver letto vogliate uccidermi. Ammetto che questa ultima parte è stata un pochino esagerata ma si spiegherà tutto nel prossimo capitolo (forse l'ultimo...). Intanto voglio essere cattiva e metterò il seguente tra un po' (molto) :3

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Capitolo 5
*** Un pezzo del mio cuore ***


Era già da un po' che Alec era uscito per strada, per rinfrescarsi la mente. Ma non era servito a niente. Camminava rigidamente con le mani in tasca e lo sguardo puntato in basso. Ad un certo punto era arrivato quasi a Brooklyn, ma si era bloccato e per poco non aveva iniziato a piangere. Ora stava tornando all'Istituto, per oggi poteva bastare pensò. Mancava ancora gran parte della strada per arrivare a casa, quando sentì una voce familiare chiamarlo alle sue spalle, ma era flebile e Alec pensò di averla immaginata. Dopo qualche secondo ecco di nuovo qualcuno che gridava il suo nome. Quella voce era reale e sentirla gli provocò un tuffo al cuore. Si voltò lentamente, mentre Magnus lo raggiungeva in fretta. Alec era sbalordito e quando Magnus gli fu accanto, tendendo una mano verso di lui. Per qualche attimo né l'uno né l'altro si mosse. Stettero immobili fissandosi a vicenda negli occhi per assicurarsi di non stare immaginando tutto, per un brevissimo momento.
Poi Alec disegnò un gran sorriso sulle sue labbra e gli si lanciò tra le braccia. Tirando il viso di Magnus vicino al suo, iniziò a baciarlo euforicamente come se lo stregone fosse l'ossigeno e lui una persona rimasta per ore sott'acqua. Sentì l'altro sorridere contro la sua bocca, ma Alec fece di tutto per fargli chiudere le labbra sulle sue. Magnus gli fece scendere le mani dietro le gambe e lo sollevò in braccio, mantenendolo con una sola, mentre con l'altra mano spingeva la testa di Alec contro la sua. Alec cinse le gambe intorno allo stregone, che rise soffocato dai baci. Per poco non perse l'equilibrio e si appoggiò al muro di una casa, lasciando anche con l'altra mano la presa per accarezzare il viso di Alec, che si strinse più forte le gambe al corpo dell'altro. A quel punto il rumore della strada svanì e Alec avvertì che Magnus si stava inclinando all'indietro. Aprì gli occhi quasi spaventato: erano a casa di Magnus, in camera da letto. Si rilassò quando caddero sul morbido materasso, uno sull'altro incollati come un'ostrica al suo scoglio. Alec era accovacciato sullo stregone, gli afferrò i polsi e li bloccò sul letto come per dire “ora sei mio e ti farò tutto ciò che voglio”. Prese a baciarlo ferocemente, mentre lasciava la presa alle mani e cercava l'orlo della maglietta di Magnus. Quando lo trovò cercò in tutti i modi di togliergliela e Magnus lo aiutò facendola dissolvere nel nulla. Alec emise un gemito quando riuscì a far scorrere le dita sul corpo di Magnus, caldo e teso per la tensione, intanto lo stregone gli sfilò la vecchia felpa di dosso lanciandola chissà dove. Magnus aprì gli occhi di scatto e Alec lo guardò interrogativo.
«Cosa c'è che non...?» cercò di dire Alec, ma l'altro lo colse di sorpresa e lo girò sul letto, facendolo trovare sotto di lui. Il ragazzo sorrise e Magnus premette la bocca contro la sua, con una spinta enorme.
Alec aprì e chiuse un paio di volte le labbra su quelle dell'altro, poi mugolò come se si fosse appena ricordato di qualcosa e si issò sui gomiti.
«Mmm...Aspetta...» la voce suonò ovattata per la bocca di Magnus insistente sulla sua. Alec si infilò una mano nella tasca posteriore dei jeans e sfilò il cellulare, mentre l'altro si allontanava lentamente «Devo fare attenzione con questo.» disse «E' nuovo e non vorrei che si rompesse.»
Lo schermo si illuminò, mostrando cinque chiamate perse da Jace negli ultimi minuti. Alec guardò noncurante il telefono e fece spallucce, adagiandolo a terra. Si stese di nuovo sul letto e, tirando Magnus su di lui, ricominciò a baciarlo freneticamente. Si ritrovò stretto tra il letto e il corpo dello stregone, che lo affondava nel materasso per la pressione dei baci. Il ragazzo accarezzò il petto di Magnus, non sapendo dove mettere le mani, e avvertì qualcosa di ruvido a cui prima non aveva fatto caso, proprio dove doveva esserci il cuore. Spalancò gli occhi confuso e sussurrò sulle labbra dell'altro: «Magnus, fermati.» lo spinse per farlo alzare e Magnus emise un gemito di dolore che partiva dal punto giusto sotto la mano di Alec. Lo stregone si sollevò premendosi la ferita con i denti digrignati.
«Cos'è?» chiese Alec allarmato «Che ti sei fatto? Fa' vedere!» il ragazzo sganciò le mani di Magnus e osservò. Era una cicatrice enorme e bruttissima, e sembrava recente. Non come quella procurata durante l'ultima battaglia, che era quasi sparita.
Alec fissò lo stregone, che lo guardava a sua volta con occhi incredibilmente teneri e un sorriso malinconico sulle labbra.
«E' un... promemoria, diciamo» disse dolcemente «Per ricordarmi di quello che ho fatto per te per sem....» si bloccò e il suo sorriso divenne più grande «No. Non per sempre. Per tutta la vita è meglio.»
Alec aveva l'impressione che Magnus stesse vaneggiando «Ehi, che cavolo stai dicendo?» chiese gentilmente facendo scorrere piano un dito sulla ferita «Cosa ti sei fatto? Che significa?»
«Sai,» continuò l'altro «quando si ama una persona si è disposti a tutto, anche a morire. E io ti amo.» fece una pausa per lasciar capire ad Alec quello che voleva dire.
Dopo qualche secondo il ragazzo comprese. Aprì gli occhi al massimo e spalancò la bocca, rimasto senza fiato. Sollevò lentamente la testa, per guardare in faccia Magnus, che sorrideva raggiante.
Alec deglutì e avrebbe urlato di gioia se Magnus non lo avesse preceduto «Ti amo come non ho mai amato nessuno in ottocento anni. Sei speciale, sei tutto per me. Non è stata vita quella durante questi tre giorni senza di te, figurati se avrei potuto sopportare la tua morte.» scosse la testa «Alexander... vivrò accanto a te per tutta la vita, te lo prometto. Invecchieremo io e te insieme, avremo il nostro “finché morte non ci separi”.» Guardò l'altro che lo fissava con gli occhi pieni di lacrime, la bocca tremante «Oh Alec, perché non dici niente?» Magnus aggrottò le sopracciglia, ma Alec scoppiò a piangere e lo abbracciò. Magnus lo prese in braccio e se lo poggiò sulle gambe come se fosse un bambino da consolare, cingendolo tra le sue braccia. Gli stampò un bacio sui capelli, mentre Alec cercava di parlare tra un singhiozzo e l'altro.
«Non posso crederci! L'hai fatto per me, Magnus...» Alec non trovava le parole per esprimere la sua felicità «Oh, ti amo!» gli prese il viso tra le mani e lo baciò piano, scosso da piccoli sobbalzi. Magnus gli scostò i capelli dalla fronte, poi prese ad accarezzarlo in testa, sul collo, scivolando fino ai fianchi. Lo stregone strinse un po' la presa e l'attirò a sé, come se non fossero già abbastanza incollati l'un l'altro. Alec gli cinse le spalle con un braccio, mentre con l'altra mano toccava piano la cicatrice, come per assicurarsi che rimanesse lì, il loro simbolo. Poi si scostò e, sempre facendo scorrere un dito sulla ferita, chiese «Ma questa... cioè, perché l'hai fatta? Avresti potuto morire, sembra che sia profonda» il suo sguardo era preoccupato.
Magnus scosse leggermente la testa «No, è solo un simbolo. Il dolore c'è stato, certo, ma non mi sono fatto quasi niente» fece una pausa «L'incantesimo era complesso. Non si concede mai qualcosa in cambio di niente. Volendo diventare mortale è come se non volessi essere più me stesso... Quindi diciamo che la mia vita immortale viene cancellata»
Alec sembrava confuso. Magnus notò che aveva una lacrima ferma sulla guancia e non poté fare a meno di asciugarla affettuosamente con un dito.
«In parole povere» continuò «nel rituale ho “dichiarato” che è per te che io divento mortale. Perciò metaforicamente la mia vita è cominciata quando ti ho incontrato per la prima volta. Il resto è stato rimosso dalla mia mente. Non ricordo niente. E questa» aggiunse indicando la ferita «sta a significare che con la mia vita precedente ho perso anche un pezzo del mio cuore, che le rimarrà per sempre legato.»
«Questa l'hai letta da qualche libro di incantesimi» scherzò Alec. Non sapeva cosa dire, come si poteva rispondere a una tale dichiarazione d'amore?


Angolo dell'autrice
Ecco l'ultimo capitolo! Avevo intenzione di aspettare ancora un pochino per postarlo ma non voglio essere uccisa -.-''' quindi se finisce leggermente appeso è per colpa di quelli che mi hanno minacciata di venire ad ammazzarmi se non lo mettevo presto... x'D Ahahahah no vabbè, mi fa piacere che siamo arrivati ai tentati omicidi, significa che la ff vi è piaciuta :333
Grazie per tutte le gradite recensioni :)

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