Go ask Alice

di MoreUmmagumma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Leeds, 1970

L’aria frizzante di quel Gennaio del 1970 era ancora satura della pioggia del giorno precendente. Il cielo era grigio e ovunque si respirava odore di umidità. L’asfalto era coperto di pozzanghere e bisognava fare attenzione alle automobili che ci passavano sopra, per non rischiare di essere bagnati.
Due esili figure camminavano sul freddo marciapiede tenendosi saldamente per mano. Il vento gelido colpiva i loro volti, l’unica parte del corpo a non essere protetta da vari cappelli, sciarpe e indumenti pesanti. Si fermarono improvvisamente e la più alta si chinò verso quella più piccola per chiuderle meglio il cappottino beige di lana e per avvolgerla nella sciarpa più che poteva.
-Perché piangi, mamma?- domandò la bambina notando una lacrima che scendeva sul viso della ragazza.
-Ma no, non piango- la consolò l’altra asciugandosi la guancia. –È colpa del vento-
Le accarezzò il viso dolcemente accennando un lieve sorriso, per poi riprenderla per mano e rimettersi in cammino.
-Quanto manca?- chiese con voce flebile la piccola.
-Poco, tesoro. Siamo quasi arrivate-
Continuarono a camminare su un tappeto di foglie bagnate, circondate da alberi spogli e vecchie case rosse in stile vittoriano, con le imposte bianche, tutte uguali, fino a che non raggiunsero la loro meta.
L’hotel si stagliava maestoso e imponente di fronte a loro. Alzarono la testa verso l’alto, spalancando leggermente la bocca e si decisero ad avvicinarsi all’entrata. Non appena varcarono la soglia furono accolte dal lusso più sfrenato: lampadari in cristallo, divani che troneggiavano in qualche angolo, colonne in marmo, vasi che contenevano piante altissime... niente per la loro portata. Con riluttanza si avvicinarono alla reception, dove una donna dai biondi capelli legati in una strana acconciatura le salutò squadrandole da capo a piedi.
-Buongiorno-
-Buongiorno- replicò timidamente la ragazza che teneva ancora per mano la bambina. –Il signor James Page... alloggia qui?-


Finalmente l’ultima data del tour britannico era quasi vicina. Mancava quasi un mese e si sarebbero esibiti ad Edimburgo, poi qualche data in Europa e infine sarebbero volati dritti verso gli Stati Uniti. Ma fino ad allora avrebbero avuto tre settimane di libertà e svago.
Quella mattina sedevano tutti e quattro attorno a un tavolo, con la colazione ormai consumata e una sigaretta tra le dita, mentre ridevano e scherzavano di gusto insieme ad altre persone in loro compagnia.
Un uomo alto, robusto, con una folta barba nera entrò nella sala, accompagnati da vari versi, fischi e applausi dei presenti.
-Finalmente, Cole!- esclamò uno di loro. –Quanto tempo ti ci vuole per pisciare?-
-Ci vuole il tempo che ci vuole- rispose quasi seccato. –E comunque, Pagey, c’è una ragazza qui fuori che dice di conoscerti-
-Ah sì?- sghignazzò il ragazzo dai lunghi riccioli corvini, sporgendosi in avanti per scrollare la cenere della sigaretta nel posacenere.
-Sai quante ragazze affermano di conoscermi per poter passare una notte di fuoco con me?-
-Ehi, io ti sto solo riferendo quello che mi ha detto lei. Dice che la conosci anche tu e che deve parlarti di una cosa molto urgente-
-Falla entrare allora-
Richard si avvicinò alla porta e fece entrare la ragazza.
-Ciao Jim!-
Il ragazzo si girò ridacchiando per vedere chi fosse fino a che i loro occhi si incontrarono. Per un momento rimase attonito ma alla fine la riconobbe. Certo, era cambiata dall’ultima volta che l’aveva vista, ma l’espressione dei suoi occhi era rimasta sempre la stessa.
-Rachel?!- esclamò aggrottando la fronte.
La ragazza annuì sorridendo, stringendo la sciarpa tra le mani e si avvicinò a lui, che si alzò in piedi andandole incontro.
-Quanto tempo! Ti trovo...-
Sciupata? Stanca? Deperita? E perché no... magari anche invecchiata di dieci anni. Di certo non dimostrava i vent’anni che aveva.
-... cambiata-
-Anche tu sei cambiato, James-
-Che ci fai qui?- domandò, prima di girarsi e notare che tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di lui e sulla strana ragazza.
-C’è un posto tranquillo dove parlare?-
Ma improvvisamente uno di loro si alzò, un tipo alto, dai boccoli biondi, ed esclamò: -Ehi, gente, perché non spostiamo questo salotto da un’altra parte?-
E così tutti i presenti si alzarono e uscirono dalla stanza, lasciando i due ragazzi in un silenzio imbarazzante.
-Allora...- esordì lui. –Di cosa dovevi parlarmi?-
-Da quant’è che non ci vediamo Jimmy?-
Il ragazzo sospirò cercando di ricordare bene quando fosse stata l’ultima volta che si erano visti. –Quattro anni?-
-Già... quattro anni-


-Ehi Robert, ma tu sai chi è quella ragazza?-
-No, Jonesy, non lo so-
-E che vorrà da Jimmy?-
-Ma dai, Bonzo, è chiaro!- rispose il biondo, con fare saccente. –È ovvio che è l’ennesima ragazza a cui non è andato a genio il fatto di essere stata mollata-
-No, secondo me c’è qualcos’altro- rispose Jonesy.
-E come fai ad esserne sicuro?-
-Beh, per prima cosa, una ragazza che cerca di riconquistarti non si presenta vestita in quel modo trasandato. E poi scusate, ma non notate niente laggiù...?-
I due ragazzi alzarono lo sguardo cercando di capire a cosa si stesse riferendo l’amico e notarono una bambina che sedeva sola soletta su una poltrona davanti alla porta della sala in cui stavano mangiando. Aveva i capelli lunghi e neri che le ricadevano lungo le spalle, alle quali era appeso uno zainetto colorato, stringeva tra le braccia un coniglietto bianco di peluche e dondolava i piedi avanti e indietro mentre con i denti si mordicchiava il labbro inferiore.
-Dici che potrebbe essere...-
Jonesy annuì, continuando a guardare quell’esserino così apparentemente fragile.
-Ma no!-
-Oh sì!-
-Secondo te è...-


-Mia figlia?- ripeté quelle parole in modo da farsele scivolare dentro. Si accasciò su una sedia, mandando giù tutto d’un fiato un bicchiere di whiskey.
-Sì, Jimmy. È qui fuori... e non vede l’ora di conoscerti-
-Ma sei sicura che sia mia figlia?-
Il viso della ragazza si rabbuiò mentre le lacrime cominciarono a inondarle gli occhi.
-Sono rimasta incinta a sedici anni, James! Sono stata sola per quattro anni. I miei genitori mi hanno praticamente ripudiata e i miei amici più intimi non vivono più qui. Non ho uno straccio di lavoro decente e mi hanno appena sfrattata di casa. Vengo qui e tu mi chiedi se sia davvero figlia tua?!- esclamò con voce rotta e severa.
Jimmy sospirò prima di trovare il coraggio di guardarla negli occhi.
-Sì, è figlia tua. Non sono mai stata con nessun altro. Non sono venuta qui a chiederti dei soldi. E nemmeno di riconoscerla ufficialmente. Voglio solo che tu la conosca e che la tenga un po’ con te fino a che io non trovo un lavoro e un tetto sotto il quale farla dormire. E poi ha diritto di stare un po’ anche con suo padre-
-Sa che sono io?-
Rachel annuì. –Sono mesi che non fa altro che chiedere di te. Mi chiede che faccia abbia suo padre, dove si trova e quello che fa nella vita-
Jimmy continuava a guardare fisso verso un punto imprecisato della stanza. Ancora non riusciva a concepire l’idea di avere una figlia, proprio come gli altri.
Un pugno allo stomaco. Ecco cosa provò in quel momento. E si sentì come se d'un tratto gli fosse stata negata l'aria.
-Come si chiama?- quasi sospirò per quanto lievemente pronunciò quella domanda.
-Alice... si chiama Alice. E ti assomiglia tanto-
Accennò un sorriso imbarazzato, con le mani poggiate sui fianchi per decidersi sul da farsi.
-Quanto tempo ti serve?- domandò infine.
-Io... non so...-
-Una settimana-
No, non era una domanda.
-Ti do una settimana... e poi vieni a riprendertela. Credimi, la vita che faccio non è adatta ad una bambina di quattro anni-
La ragazzà tirò un sospiro di sollievo e gli gettò le braccia al collo.
-Oddio, grazie! Grazie davvero! Vedrai, non te ne pentirai. È buona e si affeziona subito-
Aprirono la porta della sala mentre Rachel uscì di fuori per richiamre la figlia.
-Alice?-
Ma della bambina non c’era più traccia.
-Alice?-
Il cuore cominciò a batterle all’impazzata e la voce le diventò sempre più acuta e preoccupata. Continuò a chiamarla, fino a che non la trovò in una stanza, cirocondata da quei ragazzi che pochi minuti prima si trovavano insieme a Jimmy e che le mostravano dei giochetti di illusione con le mani.
-Alice!-
-Mamma, guarda- la esortò la piccola con un sorriso, indicando con il dito le mani del bassista della band.
-Oh, Alice- disse avvicinandosi alla bambina per stringerla in un abbraccio. -Mi hai fatta spaventare. Non ti allontanare più-
Jimmy le guardava dall’uscio, quasi aspettando di essere notato. Subito dopo Rachel alzò lo sguardò e si avvicinò a lui, tenendo la bambina in braccio.
-Alice, lui è il signore di cui ti parlavo questa mattina, ti ricordi?-
La piccola annuì, senza staccare gli occhi dall’uomo che la osservava imbarazzato.
-Lui è il tuo papà-
Al suono di quelle parole Jimmy rabbrividì, ma senza darlo a vedere.
-Adesso mi devi promettere una cosa. Mi devi promettere che ti comporterai bene, che non farai i capricci, e non farai arrabbiare nessuno. Io ti chiamerò ogni giorno per sapere come stai... va bene?-
La bambina annuì di nuovo, mentre la madre la metteva a terra, prima di rivolgersi a Jimmy.
-Va a letto alle otto e mezza, in genere dopo aver visto un cartone animato, e se non è stanca si addormenta con una fiaba. Mangia tutto, non è una bambina capricciosa e se rifiuta qualcosa ci deve essere per forza un motivo. Se ha male alla pancia la sera le do latte e miele. Fa il bagnetto tutti i giorni e le lavo i capelli un giorno sì e un giorno no. E... qui ho una lista- aggiunse frugando tra le tasche del cappotto. –Nel caso mi sia dimenticata qualcosa, sta scritto tutto qui-
Jimmy annuì, prendendo il foglietto e rigirandoselo tra le mani, mentre osservava la giovane salutare la sua bambina. Il tutto sotto gli sguardi degli altri membri della band.
-Fai la brava, ok?-
Si abbracciarono un’ultima volta prima che Rachel si incamminasse verso l’uscita, piangendo, per poi sparire dalla loro vista.
Jimmy posò lo sguardo sulla bambina che lo osservava incuriosita, prima di sentire la mano di Bonzo afferrargli saldamente la spalla. –Beh... benvenuto nel club!-

Note dell'autrice: è da un po' di tempo che avevo in mente questa storia... l'ho concepita insieme a Why don't your eyes see me?, e finalmente la pubblico. Il titolo deriva dalla canzone White Rabbit dei Jefferson Airplaine, ed è anche il titolo di un libro (mi scuso per il plagio ma non sapevo che titolo dare). E poi io amo Alice nel Paese delle meraviglie.
Ho scelto Jimmy Page perché mi sembra il più impacciato dei quattro per quanto riguarda i bambini. E infatti ho ambientato la storia prima che nascesse Scarlet, così abbiamo un Jimmy che di bambini non sa assolutamente nulla :3

Bene, dal momento che non so assolutamente cosa scrivere nel prossimo capitolo, non ho idea di quando possa aggiornare D: Mi scusino.
Vabbè... al prossimo capitolo gente *O*

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-Beh... benvenuto nel club! Ormai mancavi solo tu!- sghignazzò Bonzo sotto lo sguardo stralunato di Jimmy, che non riusciva a spiccicare una risposta decente.
La bambina aveva ancora quello sguardo inespressivo rivolto verso i suoi occhi, come se stesse aspettando qualcosa da parte sua.
-Jimmy?- lo chiamò Jonesy. –Forse è meglio se la portassi in camera-
-Eh? Sì...- rispose distrattamente. –Vieni- le disse porgendole la mano.
Lei gliel’afferrò timidamente e lo seguì fino alla sua stanza.
-Eccoci qui! Ti piace?- domandò chiudendosi la porta alle spalle.
Alice gli lasciò la mano, senza dire niente, ed annuì. Quella camera sembrava uscita da un castello delle fiabe. Una di quelle che la sua mamma le raccontava prima di dormire. Il letto era gigante e sembrava anche molto comodo. C’erano tappeti, quadri appesi, lampadari, mobili, un divano, un balcone che dava sulla città, ma soprattutto, c’era la tv. Rimase a fissarla incantata, sperando di poterla accendere ogni tanto, quando Jimmy la interruppe prendendole lo zainetto.
-Che hai portato qui?- le domandò sedendosi sul letto.
Senza rispondere lei lo seguì, si tolse la sciarpa e il cappottino e si accomodò accanto a lui, che aprì lo zaino.
-Un pigiama... e qualche vestito di ricambio...- disse frugandoci dentro.
Notò le scarpine e vide che erano parecchio logore e quasi consumate. Da quant’è che non le compravano un paio di scarpe nuove?
-Direi che sarebbe meglio se oggi andassimo a comprare qualcosa di nuovo, ti va?-
Alice annuì mordendosi il labbro e guardandosi i piedi, quando qualcuno bussò alla porta. Jimmy si alzò e andò ad aprire, lieto di trovare Jonesy.
-Come va?-
-Bene, a parte il fatto che non parla-
-Magari è solo timida... e sicuramente è spaventata. Dalle tempo!- esclamò guardandola. –Che le farai fare oggi?-
-Emh... la porto con me in qualche negozio e le prendo qualcosa di nuovo. Non ha un paio di scarpe di ricambio e i vestiti sono pochi e di seconda mano-
-Ah, bene!-
-Senti... volevo chiederti se...- disse Jimmy portandosi una mano sulla nuca. –Ti va di accompagnarmi? Così mi dai una mano e...-
-Ma certo! Magari andiamo adesso visto che è quasi ora di pranzo, così la portiamo a mangiare qualcosa. Hai fame?- domandò rivolgendosi ad Alice, la quale annuì sgranando gli occhi.
-Ci vediamo qui fuori tra... cinque minuti, allora-
-D’accordo-
-Coprila bene, mi raccomando, che fuori fa freddo-
Jimmy assentì, richiudendo la porta e si rigirò verso Alice.
-Allora... cosa vuoi mangiare?-
Ma lei non rispose e il suo silenzio non fece altro che metterlo ancora di più imbarazzo.
-D’accordo. Ci... ci penseremo lungo la strada-
Si avvicinò a lei e le rimise addosso il cappottino e la sciarpa, curandosi di coprirla per bene, per quanto riuscisse a fare. Dopodiché andò verso l’attaccapanni, prese il suo cappotto marrone di tweed e se lo infilò, e insieme uscirono dalla camera, mano nella mano.
Jonesy li aspettava proprio davanti all’ascensore
-Senti- esordì Jimmy non appena lo raggiunsero. -Dove la portiamo a mangiare? Cosa piace ai bambini di quattro anni?-
Jonesy osservò bene Alice, che lo guardava quasi ammirata, e infine le disse: –Fish and chips?-

-Jimmy?-
-Mmh?-
-Perché hai chiesto proprio a me di accompagnarti? Non che mi dispiaccia... sono solo curioso- domandò Jonesy accendendosi una sigaretta, dopo aver finito di pranzare.
-Beh... sai come sono Robert e Bonzo, no?-
-Inaffidabili?-
-No, non è quello... probabilmente me l’avrebbero portata in un pub a bere birra e ad osservare le spogliarelliste che si denudano per quattro soldi-
Jonesy scoppiò in una fragorosa risata, sputando fuori il fumo della sigaretta. Jimmy lo imitò e si accese una sigaretta anche lui mentre Alice finiva di mangiare le sue patatine.
-Ma non le fa male questa roba?- domandò, accavallando le gambe.
-No, ai bambini piace. Fa male se la mangiano ogni giorno ad ogni ora-
Rimasero in silenzio per qualche minuto finché la piccola non finì il suo pranzo. Quando ebbe finito si alzarono, pagarono alla cassa e uscirono per strada.
-Come ti senti?- domandò Jonesy mentre passeggiavano tutti e tre lungo il marciapiede, sotto il cielo grigio di Leeds.
-Sinceramente? Ancora non me ne capacito. E mi sento come se fossi inadeguato-
-Nessuno ha detto che sarebbe stato facile- lo consolò Jonesy.
-A me sembra quasi impossibile. E se poi a lungo andare non le piacessi?-
-Ma dài, sì che le piacerai. Devi solo imparare a conquistarla, tutto qui!-
-E come?- domandò aggrottando la fronte.
-Beh... devi farle fare qualcosa che le piaccia e che la stimoli-
-E sarebbe?-
-Questo lo devi scoprire tu. Giocaci insieme, non la trascurare, qualcosa salterà fuori senz’altro. A te cosa piaceva fare da bambino, a parte suonare la chitarra?-
Jimmy prese un respiro profondo e ci pensò su, cercando di trovare una risposta. La sua adolescenza la ricordava benissimo. Ma l’infanzia... di quella non aveva moltissimi ricordi.
-Io... io non lo so- rispose.
Jonesy sgranò gli occhi, stupito. –Dì un po’, hai mai avuto quattro anni o sei nato già così?-
Jimmy fece una risatina nervosa, tenendo ben salda la mano di Alice che li seguiva a passo svelto per non rimanere indietro.
-Qui c’è un negozio di scarpe!- esclamò Jonesy. –Vieni entriamo, così compriamo delle belle scarpine a questa bambina- aggiunse accarezzandole la guancia paffuta.

-Che dici? Sono meglio queste bianche o queste rosse?- domandò Jimmy tenendo in mano due paia di scarpette.
-Quelle rosse- rispose Jonesy mettendo a sedere Alice su un cubo di cuoio.
-Perché non quelle bianche?-
-Perché sono troppo semplici. Chiediamolo a lei! Quali ti piacciono di più?- domandò alla bambina che continuava a fissarli imperterrita. –Quelle bianche o quelle rosse?-
-Quelle rosse- rispose biascicando le parole.
-Ecco!- esclamò Jimmy, rassegnato. –Vedi? Già le sei più simpatico tu!-
-Dalle tempo!- rispose l’amico prendendo in mano le scarpine rosse. –Come te le senti?- le domandò dopo avergliele infilate. –Sono comode?-
Alice annuì, agitando i piedini.
Dopo che ebbero comprato due paia di scarpe nuove entrarono in un negozio di vestiti per bambini.
Tutto ciò non faceva che mettere Jimmy ancora di più a disagio. Non sapeva niente di niente. Non sapeva neanche indovinare che tipo di scarpe potesse piacere ad una bambina, figuriamoci comprarle anche i vestiti o fare qualcosa con lei. E il fatto che lei quasi non parlasse non lo aiutava di certo, anzi, lo faceva sentire ancora più inadatto. Non era tagliato a fare il padre. Questa è una cosa che aveva sempre saputo. Jonesy invece sembrava non farsi tutti quei problemi. Era tranquillo. Ma lui una figlia ce l’aveva, era normale che sapesse ciò che faceva. E per un momento si sentì anche di troppo, mentre il suo amico cercava di tirar fuori dei “sì” o dei “no” dalla bocca della bambina, mostrandole qualche capo d’abbigliamento.
-Come hai imparato?- gli domandò Jimmy.
-A fare cosa?-
-Ad essere così... sciolto-
-Ti viene naturale- spiegò. –E vedrai che verrà anche a te-
Uscirono dal negozio decidendo cosa fare, se fare un altro giro o ritornare in albergo.
-Potremmo portarla in un parco- suggerì Jimmy, sperando di aver pensato a qualcosa di buono.
-No- rispose Jonesy. –Tra un po’ pioverà. Magari domani se farà bel tempo-
E così decisero di tornare in hotel. Giusto in tempo poiché non appena misero i piedi nella hall cominciò a diluviare. Si recarono nelle proprie stanze e quando Jimmy fece per aprire la porta, qualcuno apparì dietro di lui.
-Ah, sei qui!-
-Robert! Mi hai spaventato-
-Dov’eravate finiti? È arrivata Pamela un’ora fa e ti cercava-
-Pamela? Ma non era a Londra?-
-Beh, a quanto pare è tornata per te, Dongiovanni!- sghignazzò. –Ciao, principessa!- salutò Alice con uno di quei sorrisi che facevano cadere le donne ai suoi piedi. Ma non lei, la quale nascose il viso sotto il cappotto di Jimmy, guardando Robert di sottecchi.
-Me la spaventi così!- lo rimproverò il chitarrista aprendo la porta della sua stanza.
-Ahh siete andati a fare compere oggi!- cantilenò Robert entrando insieme a loro e chiudendosi la porta alle spalle. –Ti sei divertita con paparino?- domandò alla piccola posando le mani sulle ginocchia, così da poter essere alla sua stessa altezza. Ma lei si limitò a fissargli quegli intensi occhi azzurri, senza proferir parola. –Dì un po’ Pagey, ma parla?- domandò a Jimmy, il quale aprì il frigo bar, tirando fuori un liquore e versandoselo in un bicchiere. –Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?- si rivolse nuovamente alla piccola.
-No, non parla quasi mai-
-Nemmeno la mia-
-Robert, tua figlia ha un anno!- puntalizzò Jimmy.
Robert rispose con un cenno della mano ed uscì nella stanza. –Non bere troppo!- esclamò indicando il bicchiere che Jimmy teneva in mano.
Il ragazzo sì rigirò per l’ultima volta il bicchiere tra le mani e lo posò sul tavolo.
-Allora?- esordì poi chinandosi verso la bambina. –Che vuoi fare?-
Di tutta risposta Alice diede uno sguardo alla televisione alla sua destra, prima di riposare gli occhi sul viso di Jimmy.

Dopo cena, rigorosamente consumata in camera, Alice era ancora attaccata alla tv seduta per terra, a guardare un cartone animato. Jimmy sedeva su una sedia e la osservava, mentre rideva stringendo a sé il suo coniglietto bianco di peluche e gli occhi puntati sul televisore.
-Alice? Sono le 8:15. Lo mettiamo il pigiama?-
La bambina si alzò e si sedette sul letto, tirando fuori dallo zainetto il suo pigiamino bianco con le fragoline disegnate sopra. Jimmy la aiutò a infilarselo, morendo dall’imbarazzo. Grazie al cielo in quel momento squillò il telefono, che lo salvò.
-Pronto?- disse alzando la cornetta. –Rachel!... Sì, ora te la passo... c’è mamma al telefono- aggiunse porgendo il ricevitore alla piccola.
-Mammina!- esclamò portandosi la cornetta all’orecchio.
-Ciao amore! Come stai?-
-Bene-
-Che hai fatto oggi?-
-Ho comprato le scarpe nuove-
-Davvero?! Allora poi me le farai vedere!-
-Mh-mh-
-Mi manchi tanto!-
-Anche tu-
-Ci sentiamo domani... fai la brava, eh?-
-Sì-
Ridiede il telefono a Jimmy che finì la conversazione con Rachel, la quale si raccomandò di metterla a letto qualche minuto dopo.
-Hai dieci minuti per vedere i cartoni- dissi Jimmy dopo aver attaccato il telefono. –Poi a nanna-
In quell’istante si sentì qualcuno che bussava alla porta. Jimmy andò ad aprire e con sua grande sorpresa trovò Pamela, la ragazza che frequentava ormai da quasi un anno.
-Ciao Jimmy!- esclamò con un sorriso raggiante.
-Pamela!-
-Mi sei mancato!- sussurrò cercando di entrare nella stanza ma Jimmy bloccò la porta impedendole di entrare. -Che c’è?  Non ti sono mancata?- domandò avvicinando la sua bocca a quella di Jimmy.
-Pamela, ti prego, non è il momento-
La giovane si ritrasse, intuendo che ci fosse qualcosa che non andava.
-C’è un’altra lì con te?- chiese prima di aprire violentemente la porta.
-Più o meno...-
E quando entrò nella stanza trovò l’inimmaginabile: una bambina seduta sulla moquette che guardava un cartone animato alla tv.
-Jimmy, che ci fa una bambina così piccola nella tua stanza?-
-Ti posso spiegare, ma non adesso, ti prego- le disse prendendola per un braccio.
-Perché no? Chi è?-
-Non te lo posso spiegare ora, scusami- le disse chiudendo la porta.
Fece un grosso respiro prima di rivolgersi alla bambina, che aveva guardato tutta la scena. –Alice è ora di andare a letto-
Ma la piccola non lo ascoltò e rivolse lo sguardo verso la tv.
C’era solo una cosa da fare.
Uscì dalla camera da letto e bussò alla porta di Jonesy.
-Avanti!-
Jimmy aprì la porta, trovando l’amico al telefono. –Devi aiutarmi!-
-Ti richiamo dopo... ti amo anche io...- disse attaccando la cornetta. –Che è successo?-
-Non vuole andare a dormire, non mi vuole ascoltare-
-Dai, vieni-
Rientrarono nella stanza di Jimmy e la trovarono ancora lì, attaccata al televisore. Jonesy si avvicinò a lei e le si sedette accanto.
-Che guardi?- le domandò.
-Tom e Jerry- rispose lei con voce flebile.
Jonesy la guardò per un momento e le chiese: -Senti Alice... non credi sia ora di andare a dormire?-
La bambina scosse la testa, senza voltarsi.
Jonesy sosprirò e lanciò un’occhiata a Jimmy che, in piedi davanti alla porta, osservava la scena.
-E lui chi è?- le domandò il bassista indicando il suo peluche.
-Il mio coniglietto-
-E come si chiama?-
-Sammy-
-Sammy...- ripeté. –Ma lui non è stanco?-
La bimba lo guardò senza rispondere.
-Posso?- le chiese sfilandoglielo di mano e portandosi il muso sull’orecchio, come se gli stesse riferendo qualcosa. Annuì un paio di volte, facendole credere che il peluche gli stesse parlando sul serio e infine disse: -Sammy dice che è molto stanco. Che ne dici se lo mettiamo a dormire?-
Alice annuì e si alzò in piedi, e Jonesy la seguì spengendo il televisore. Si voltò verso Jimmy che lo guardava a bocca aperta.
-Come... come hai fatto?-
-Devi imparare a parlare la loro lingua, Jimmy. Così forse hai buone probabilità che ti ascoltino-
Jimmy prese il pupazzo che Jonesy gli porgeva e lo ridiede ad Alice che si era già infilata sotto le coperte.
-Me la racconti una storia?- gli domandò guardandolo negli occhi.
-Emh... io...- di certo non si sarebbe mai aspettato una richiesta del genere. –Io non le conosco- disse torturandosi le dita e voltandosi poi verso Jonesy che stava per uscire dalla porta.
-D’accordo, ci penso io!- esclamò l’amico sedendosi sul letto. –Allora...- esordì poi rivolgendosi alla bambina. -La conosci quella di Jack e il fagiolo magico?-
Alice scosse la testa.
-Non la conosci?! Dobbiamo rimediare subito! Dunque... “C’era una volta una povera vedova che aveva avuto un solo figlio di nome Jack...”-
E così raccontò quella storia che piaceva tanto anche alla sua bambina, e per un momento sentì come se ci fosse stata anche lei in quella stanza... in quel letto. Raccontò fino a che gli occhi di Alice non si chiusero, facendola scivolare in un sonno profondo. Jimmy lo accompagnò alla porta, ringraziandolo.
-Magari domani compri un libro di fiabe, così le leggi ed è più facile-
-Va bene- sorrise Jimmy. –Buonanotte-
-Buonanotte-
Chiuse la porta e sospirò, guardando per un’ultima volta Alice dormire abbracciata al suo coniglietto. Prese una coperta dall’armadio e si sdraiò sul divano cominciando a pensare, pensare, pensare... pensò a come piano piano la sua vita stava venendo stravolta, e di come avrebbe affrontato la cosa e se l’avrebbe fatto nel modo giusto. Pensò fino a che le palpebre non si fecero più pesanti e piano piano si addormentò anche lui.

Note dell'autrice: Zan zan! Wow, ho pubblicato prima di quanto pensassi. Non so se posso assicurarvi lo stesso per il prossimo D:
Vabbè.
Ma quanto è tenero il Jimmy impacciato? *w* E il Jonesy?! asdfghjkl
A proposito, io non so nel '70 quante figlie avesse John Paul Jones. Io ho ipotizzato ne avesse solo due e la seconda fosse poco più che una neonata D: Nel caso voi sapeste DITEMELO! D: Fatelo anche per la mia cultura personale ù_ù
Ah sì, ho scelto Jack e il fagiolo magico perché in The Song Remains The Same il buon Baldwin racconta proprio quella storia alle sue pargolette :3
E niente... spero sia stato di vostro gradimento.
Alla prossimaaaaaa

Ps: Ringrazio tanto Frà che mi ha aiutato a trovare qualche idea per questo capitolo

Ciaooooooooo :*

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


-Mi prendi in giro?- domandò Pamela sgranando gli occhi.
-No- rispose Jimmy, impassibile, guardando Alice che si portava il bicchiere di succo di frutta della colazione alla bocca.
-È davvero tua figlia?-
Jimmy annuì, sfregandosi il naso con l’indice, senza distogliere lo sguardo dalla bambina.
-Wow...- disse la giovane groupie, chiaramente spiazzata da quella notizia. –E io che per un attimo avevo pens...-
-Non dirlo nemmeno!- esclamò Jimmy voltandosi d’un tratto verso di lei, per poi riposare lo sguardo sulla piccola che sedeva di fronte a lui, ignorando completamente il discorso dei due, mentre mangiava i suoi pancakes.
-Scusami- sussurrò Pamela abbassando la testa.
Lui non rispose. Accavallò le gambe, si portò una sigaretta tra le labbra e la accese. E mentre osservava insistentemente Alice che finiva la sua colazione, la sua mente volò agli anni passati, a quando faceva ancora parte degli Yardbirds e a quella sera in cui incontrò Rachel...

1966.
Come ogni sera il Planet Bar era sempre affollato. La musica rock ‘n’ roll proveniente dal juke box riecheggiava per quasi tutta la via e nel locale si sprigionava odore di fumo ed alcool. In un angolo, seduti ad un tavolino, cinque ragazzi parlottavano tra di loro, con una sigaretta tra le dita e un drink sotto il naso.
-Allora va bene?!- esclamò uno di loro. –Usiamo la canzone di Keith?-
Gli altri assentirono e cominciarono a parlare di altri argomenti che non fossero la band.
-Page, ci sei?- domandò un altro dei cinque, tale Jeff Beck, richiamando l’attenzione dell’amico, il quale sembrava non essere partecipe al discorso poiché attratto da altro.
-Eh? Sì sì...- rispose prima di riposare lo sguardo su una ragazzina che sedeva da sola al bancone e che ogni tanto si girava verso di lui, sorridendogli.
-Carina!- commentò Jeff. –Ti consiglio di andare a parlarle prima che lo faccia io!-
Jimmy gli lanciò un’occhiata torva ma al contempo divertita, si alzò, sistemandosi la giacca, e si diresse verso la ragazza.
-Un Jack Daniel’s per me e per la signorina invece...?-
-Una birra, grazie!- rispose la ragazza al barista che annuì anndando a preparare i bicchieri.
-Sei sola o in compagnia?- domandò Jimmy.
-Beh...- disse la ragazza, lanciando un’occhiata alla sua amica che ballava in pista, con le braccia avvolte intorno al collo di un ragazzo. -...sono sola-
Il barista tornò con i bicchieri pieni e Jimmy prese un sorso dal suo whiskey.
-Che maleducato, non mi sono nemmeno presentato. Io sono Jimmy- disse tendendole la mano.
-Sì, lo so chi sei- rispose ridendo la ragazza. –Ti ho visto più volte in Tv. Comunque io sono Rachel-
-Incantato- sussurrò lui avvicinando la mano di lei alle sue labbra per stamparle un lieve bacio sul dorso di essa, senza smettere un momento di guardarla negli occhi.
La ragazza arrossì visibilmente e gli sorrise. Nessuno le aveva mai fatto il baciamano prima di allora.
-E che ci fa una ragazza così carina tutta sola in bar così affollato?-
-Aspettavo che
qualcuno si avvicinasse-
-Spero che l’attesa non sia stata vana-
-No, affatto!- rispose lei in un sorriso.
Ci fu qualche secondo di silenzio che venne impiegato da entrambi nel prendere un sorso dal proprio bicchiere.
Ripresero a parlare, raccontando all’altro qualcosa di se stessi, dei propri interessi, dei propri sogni...
Fin quando non furono interrotti dall’amica di Rachel.
-Ti dispiace se vado via adesso?- le domandò l’amica. –Sai, Mark si è offerto di accompagnarmi a casa e...-
-No, vai pure- rispose rassegnata Rachel.
-Grazie! Allora ci vediamo domani!-
-A domani!-
Guardarono la ragazzina uscire dal locale, dopodiché Jimmy osservò: -Non eri del tutto sola, allora-
-In teoria no... ma in pratica sì-
-Hai da fare stasera?- domandò Jimmy di punto in bianco, senza preamboli.
-No- replicò Rachel senza esitazione.
-Aspetta qui- disse lui alzandosi, per andare verso il tavolo dei suoi amici dicendo loro che sarebbe tornato subito in albergo. Dopodiché la prese per mano e una volta usciti dal pub, chiamarono un taxi che li condusse all’hotel. Entrarono in camera da letto, trafelati ed eccitati,quando Jimmy poggiò le sue labbra su quelle di Rachel, rendendo il bacio sempre più appassionato, prima di farla stendere sul letto sotto di sé. Allungò una mano sull’abat-jour poggiata sul comodino e spense la luce lasciando entrambi  circondati dal buio.

-Buongiorno!- esclamò Robert entrando nella sala da pranzo. –Sono il primo oltre a voi?-
-No, sei l’ultimo: gli altri se ne sono già andati- rispose Jimmy.
-Ah... capisco- disse deluso il cantante. –Comunque non puoi immaginare cosa sia quella Judy a letto. Dio santo! È qualcosa di davvero...-
-Robert!- lo riproverò l’amico, facendo cenno con la testa verso la bambina.
-Scusami!- esclamò, mettendosi seduto su una sedia. -Allora mio oscuro amico, ti stai divertendo con la tua nuova occupazione? Magari chiamami quando giocherai con lei con le bambole, quelle di plastica ovviamente, sono proprio curioso di vedere come te la cavi- aggiunse sghignazzando.
Jimmy roteò gli occhi, sospirando, e lo ignorò completamente. -Hai finito tutto?- domandò ad Alice, voltandosi verso di lei.
La bambina lo guardò ed annuì soddisfatta. Evidentemente non aveva mai fatto una colazione così abbondante in vita sua. Ne ebbe la conferma quando vide il suo infantile stupore davanti alla tavola imbandita per la colazione. Era strano, quello che per lui era solo quotidianità per lei era così meraviglioso.
La aiutò a pulirsi la bocca con il tovagliolo e si alzò, facendola scendere dalla sedia.
-Aspetta! Dove vai?- gli domandò Robert. –Sono arrivato adesso nel caso non te ne fossi accorto!-
-In camera, dove vuoi che vada?!-
-D’accordo, senti, vengo subito al sodo: e se questo pomeriggio io e te ce ne andiamo in uno di quei locali di cui ci ha parlato quella bambola alla reception?  Dicono che sia frequentato da...-
-No, non posso, ho altro da fare- lo interruppe Jimmy. –Portaci Bonzo, vedrai che non ti dirà di no-
E così uscì dalla sala, mano nella mano con Alice, la quale voltò la testa per osservare Robert, rimasto a bocca aperta e con un’espressione di incredulità sul volto.
-È diventato matto!- esclamò, rivolgendosi a Pamela, che non si era persa nemmeno una battuta di quel discorso.

Il campanello della porta del negozio tintinnò al loro arrivo. La commessa di mezz’età sedeva dietro il bancone con un libro in mano, poiché il negozio era vuoto.
-Salve!- esclamò Jimmy.
-Buongiorno!- rispose lei prima di ritornare alla sua lettura.
Si avvicinarono al coloratissimo scaffale dei libri per bambini, in cerca di un libro di fiabe che potesse piacere ad Alice.
-Quale prendiamo?- le domandò Jimmy, chinandosi sulle ginocchia.
Alice scrutò l’intero scaffale, sormontato da libri di fiabe, fumetti, album da colorare, scatole di pennarelli, pastelli e tempere.
-Questo- disse indicando col dito indice un grosso libro con una principessa in copertina.
-Questo qui?- chiese Jimmy prendendolo.
-Sì-
Fece per andare alla cassa ma Alice rimase lì davanti, guardando con insistenza le matite colorate.
-Prendiamo anche queste?- le domandò dolcemente Jimmy.
Lei annuì, afferrandone una scatola.
-Magari prendiamo anche qualche foglio bianco, eh!- disse lui prendendo una confezione di fogli da colorare.
Si diressero al bancone, dove la signora sorrise non appena li vide arrivare.
-La vuoi una caramellina?- chiese ad Alice mettendo i soldi in cassa.
Alice annuì, allungando la manina per prendere la caramella che la signora le stava offrendo.
-Grazie- disse flebilmente tentando di aprire la caramella.
-Che tesoro!- esclamò la signora. –Com’è beneducata! Complimenti!- aggiunse, rivolgendosi a Jimmy, il quale balbettò un banale –Grazie-
Uscirono dal negozio, tenendosi per mano, andando incontro al freddo vento invernale. Jimmy si inginocchiò, arrivando all’altezza di Alice e istintivamente le sistemò meglio la sciarpa attorno al collo.
-Ti va una cioccolata calda?- le domandò prima di rialzarsi.
Alice alzò la testa per guardarlo ed annuì, mordicchiandosi il labbro inferiore.
Camminarono lungo il marciapiede ed arrivarono al Cafè in dieci minuti. Si sistemarono ad un tavolino accanto ad una finestra e Jimmy ordinò una cioccolata calda per lei e un the al limone per lui. Alice sgranò gli occhi e aprì la bocca dallo stupore quando vide la quantità di biscotti e pasticcini che portarono insieme alle due tazze di porcellana bianca. Allungò il braccio per prenderne uno e se lo avvicinò alla bocca. Per un attimo ne restò intimorita, pensando di non poterlo prendere, ma Jimmy la incitò a mangiare.
Tentò più volte di instaurare una conversazione con lei ma fu del tutto inutile. Rispondeva facendo un cenno con la testa a domande che richiedevano un “sì” o un “no” come risposta. Perché non parlava? Faceva così anche con la madre o solo con gli estranei? Forse aveva ragione Jonesy: forse era solo timida e aveva bisogno di un po’ di tempo per adattarsi. Si chiese se una settimana sarebbe stata sufficiente ma ovviamente le sue erano tutte domande senza risposta. Il fatto che lei quasi non parlasse la rendeva ai suoi occhi ancora più fragile di quanto non fosse già. All’improvviso, mentre la guardava mangiare, sentì una strana sensazione in petto. Una sensazione che non aveva mai provato nei confronti di nessun altro e che all’inizio lo spaventò. “È normale” pensò. Forse era proprio quella la bella sensazione di cui parlava Jonesy. Perché di sicuro era una sensazione meravigliosa. Cercò di non pensarci troppo mentre guardava l’orologio che teneva al polso.
-Sono le sei e mezza- disse, voltando lo sguardo verso la tazza vuota della piccola, che non aveva lasciato nemmeno una briciola di quei deliziosi pasticcini. –Torniamo in albergo prima che faccia buio-
Verso le sette varcarono la hall dell’hotel e si diressero verso la stanza e proprio in quel momento squillò il telefono.
-Pronto?-
-Jimmy? Sono Rachel-
-Ciao!-
-Come va?-
-Bene. Siamo appena tornati da un Cafè... le ho preso una cioccolata calda con dei pasticcini-
-Hai fatto bene. Grazie! Spero non abbia esagerato-
-Emh... no no! Tranquilla!-
-Dov’è adesso?-
-Ha appena acceso la tv-
-Me la passi per favore?-
-Certo... Alice?-
La bambina voltò la testa, incuriosita.
-C’è una persona che vuole parlare con te-
Alice si alzò di scatto e prese il ricevitore.
-Mamma!-
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Jimmy andò ad aprire tenendo d’occhio Alice.
-Come è andata?- domandò Jonesy entrando.
-Bene. Le ho comprato un libro di fiabe come avevi suggerito tu, poi le ho preso dei fogli da disegno e dei colori così se si annoia so cosa farle fare e poi l’ho portata a prendere una cioccolata calda-
-E come è andata? Ti ha parlato?-
-Non più di ieri-
Jimmy si girò e vide che Alice lo guardava, tendendogli la cornetta. Si avvicinò a lei e la prese. Nel frattempo Alice si avvicinò a Jonesy che la abbracciò calorosamente.
-Rachel?-
-Senti, l’ha già fatto il bagnetto oggi?-
-Emh...- in realtà non ci aveva proprio pensato. –No, non ancora...-
-Faglielo adesso per cortesia... Ci sentiamo domani. Ciao, Jimmy-
-Ciao...-
Attaccò il ricevitore e si voltò verso Jonesy.
-Diavolo, il bagnetto! Come ho fatto a non pensarci?-
-Beh, faglielo adesso!-
-Io?-
-Sei tu il padre, quindi sì-
-Ma non ho mai fatto il bagnetto ad una bambina!-
-Non è difficile. La spogli, la metti nella vasca e la lavi-
Jimmy lo guardava con aria preoccupata al che l’amico disse: -D’accordo, ti do una mano io. Ma questa è la prima e l’ultima volta. Devi imparare da solo-
La portarono in bagno, Jonesy aprì l’acqua calda e riempì la vasca. Jimmy stava in piedi impalato senza sapere cosa fare.
-Avanti, spogliala!- lo esortò Jonesy.
-Devo proprio?-
-Tu fai la doccia vestito?-
-No...- rispose avvicinandosi ad Alice che lo osservava insistentemente.
“Ma non sa togliersi i vestiti da sola?” si domandò.
Jimmy le tirò giù la lampo del vestito, muovendo nervosamente le mani che tremavano visibilmente. Prese un respiro profondo e le tolse il vestitino quando lei alzò le braccia. Le sfilò le scarpe nuove che le aveva comprato e le calze di lana e dovette chiudere gli occhi quando la svestì delle mutandine e della canottiera.
Non si era mai sentito così in imbarazzo in vita sua. Di donne ne aveva spogliate tantissime. Ma mai così piccole.
Per fortuna Jonesy arrivò in suo soccorso, prese in braccio la bambina e la mise nella vasca che riempì con della schiuma da bagno alla lavanda.
-Sai chi mi sembri?- le domandò cercando di cavarle fuori qualche parola. –Come si chiama quella che vive in fondo al mare e che ha tanti pesciolini come amici?-
-La sirenetta- rispose Alice.
-Brava! Proprio la sirenetta!-
-Perché a te risponde e a me no?- gli domandò Jimmy, quasi esasperato.
-Non ne ho idea. Piuttosto, vieni qui. Sciacquale i capelli, prendi lo shampoo e insaponaglieli-
-Co... come devo fare?- domandò Jimmy rimboccandosi le maniche della camicia.
-Esattamente come fai su te stesso- gli rispose Jonesy. –Uuh, guarda qui! C’è una paperella!- esclamò poi, prendendo la paperella di gomma che stava su un mobile e la porse ad Alice. Jimmy le sciacquò i capelli e glieli insaponò, per poi passare al resto del corpo, ovviamente con l’aiuto di Jonesy. La fecero giocare altri minuti nell’acqua, fino a che i polpastrelli non cominciarono a rattrappirsi. Dopodiché Jimmy la tirò fuori dall’acqua e la avvolse nell’asciugamano bianco che Jonesy gli porgeva. Le asciugò i capelli col phon e la aiutò a mettersi il pigiamino.
-Allora... io andrei se non servo più-
-Va bene e... grazie!- disse Jimmy accompagnandolo alla porta.
-Ma figurati! È un po’ come stare con le mie bambine... mi mancano davvero tanto. Un giorno lo capirai anche tu-
Jimmy annuì e lo salutò chiudendo la porta. Alice era già tra le coperte, pronta per ricevere la sua dose di fiaba quotidiana.
-Allora!- esclamò Jimmy. –Leggiamo il libro nuovo?-
Alice annuì e si sistemò meglio tra le coperte, mentre Jimmy tirava fuori il libro dalla busta, per poi sedersi accanto a lei.
-Quale leggiamo? Abbiamo “Biancaneve”, “Pollicina”, “Il brutto anatroccolo”, “Il gatto con gli stivali”, “La bella addormentata”...
-“La bella addormentata”-lo interruppe lei, abbracciando il suo coniglietto che non la lasciava mai sola quando era ora di dormire.
-Va bene!- assentì lui. –Vada per “La bella addormentata”. Dunque...- disse aprendo il libro e tirando un grosso respiro. –C’era una volta, in un grande castello in un paese lontano lontano, un re e una regina...-
Lesse per più di un’ora dovendo ricominciare la fiaba una seconda volta, poiché Alice non voleva sapere di addomentarsi. Infine cedette e gli occhi si chiusero, facendosi mano a mano più pesanti. Jimmy chiuse il libro quasi a metà storia e lo posò sul comodino. Si girò verso di lei, guardandola mentre dormiva, il suo volto così innocente. Le scostò con le dita una ciocca di capelli dagli occhi, portandogliela dietro l’orecchio e istintivamente le stampò un lungo bacio sulla fronte, continuando ad accarezzarle piano piano i capelli.
E pensò che in fondo, nonostante tutto, quella bambina fu il più bel regalo che la vita potesse donargli.



Note dell'autrice: Questo capitolo mi ha fatto dannare parecchio, quindi prendetelo per quello che è ù.ù
Ringrazio tantissimo Fra, Cerys, Ramble On e Valentina per aver recensito il capitolo precedente. Davvero, grazie! :3
Al prossimo capitolo!!! (Sperando che mi venga in mente qualcosa di decente)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


-Forza, Alice!- la incitò Bonzo, seduto al tavolo della camera da letto di Jimmy. –Se trovi la regina di cuori tra queste tre carte...- disse prima di tastarsi le tasche dei pantaloni. –Vinci questa caramella che ho trovato alla reception-
Mischiò lentamente le tre carte, davanti agli occhi di Alice, seduta di fronte a lui su una pila di riviste posizionate su una sedia, per farla arrivare meglio al tavolo. Bonzo sistemò le carte davanti a sé, posizionandole in fila una accanto all’altra.
-Allora... dov’è la regina di cuori?-
Alice si mordicchiò il labbro inferiore, osservando attentamente le carte. Alzò lo sguardo e vide che, dietro Bonzo, Jonesy la intimava a scegliere quella a destra. Guardò di nuovo sul tavolo, mettendosi un indice in bocca per poi puntarlo sulla carta alla sua destra.
-Questa qui?- le domandò Bonzo.
Lei annuì, curiosa di sapere se avesse vinto o no. Bonzo scoprì la carta, rimanendo attonito quando si accorse che era la carta giusta. –Hai indovinato subito. Botta di fortuna. Facciamolo ancora!-
Andarono avanti così per altre tre o quattro volte, in cui Alice vinceva spudoratamente grazie all’aiuto di Jonesy.
-Ma come hai fatto?- le chiese Bonzo porgendole infine la caramellina.
Alice rideva di cuore premendosi la mano sulla bocca, quando vide la faccia stupita di Bonzo, e alzò lo sguardo verso Jonesy, mentre con la manina destra afferrava la caramella.
-Me l’ha detto lui- confessò, prima di aprirla e mettersela in bocca.
-Che cos... gliel’hai suggerito tu?- esclamò Bonzo alzandosi dalla sedia.
-Chi? Io? Assolutamente no! Non mi permetterei mai...- si difese l’altro, facendo l’occhiolino alla bambina.
Jimmy rientrò dal balcone dove stava fumando, dopo aver visto tutta la scena.
-Che mangi?-  le domandò aggrottando la fronte.
Alice gli mostrò fieramente la carta della caramella, cercando di masticarla per quanto fosse grande.
-Mi ha battuto al gioco delle tre carte- disse Bonzo.
-Ah... non devi accettare caramelle dagli sconosciuti- finse di rimproverarla Jimmy, il che fece sbuffare il povero Bonzo che si diresse verso la porta.
-Va bene, ho capito... Vado a telefonare a mia moglie!- esclamò chiudendosi la porta dietro di sé.
-Che gli è preso?- domandò Jimmy volgendosi verso Jonesy, il quale scosse la testa, ridendo sotto i baffi.
-L’hai mai portata al parco qui dietro l’angolo?- gli chiese poi, dopo aver smesso di ridacchiare. –C’è un laghetto lì, ci sono altalene, scivoli e vari giochi da giardino. Potrebbe divertirsi. E poi ci sono gli scoiattoli!- disse infine rivolgendosi ad Alice. –Ti piacciono gli scoiattoli?-
Alice annuì, gli occhi che le brillavano dall’emozione, e cominciò a strattonare Jimmy per una manica. –Mi ci porti?-
-Emh... va bene! Oggi pomeriggio ci andiamo allora-
Gli rivolse un ultimo ed innocente sorriso quando qualcuno bussò violentemente alla porta.
-Sì, avanti!- disse Jimmy.
La porta si aprì ed entrò un omaccione grosso come una casa, che aveva tutta l’aria di non essere particolarmente contento.
-Peter!- esclamò Jimmy.
-Ti devo parlare- tuonò con la sua voce profonda, lanciando uno sguardo furtivo verso Alice.
Jonesy si alzò di scatto e prese in braccio la bambina. –Vieni Alice andiamo di là, zio John ti fa vedere una cosa bellissima!- disse avvicinandosi verso la porta. –La conosci All Together Now?-
-No- Alice scosse la testa, sorridendo.
-Allora andiamo, così te la suono con la chitarra!-
Uscirono dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
-Che devi dirmi?- domandò Jimmy, posandosi le mani sui fianchi.
-Non puoi tenerla qui- quasi lo interruppe Peter. -Lo sai, vero?-
-È solo per qualche giorno. Poi tornerà dalla madre...-
Peter sospirò per un breve istante, guardandolo negli occhi, nei quali vide un’espressione insolita, mai vista prima in quel ragazzo. Dopodiché riprese a parlare. –Tienila il più lontano possibile da quei lupi affamati. Non è un bell’ambiente questo per una creaturina così piccola come lei-
-Lo so...-
-E sta attento anche a quelle carogne infami dei giornalisti in cerca di scoop! Non rovinerebbero l’immagine solo a te, ma anche a tua figlia e a sua madre-
Jimmy annuì e guardò il suo manager uscire definitivamente dalla sua stanza, tirando un respiro profondo. Il suo sguardo si posò sul coniglietto di peluche di Alice, posto con cura sotto le coperte. Lo prese tra le mani e lo avvicinò al viso, inebriandosi ad occhi chiusi del suo odore. L’odore di Alice. L’odore dell’innocenza. Lo guardò per qualche secondo e lo rimise al suo posto, prima di uscire anche lui dalla camera da letto.


Mano nella mano camminavano lentamente nel grigiore della città, attraverso viali alberati e marciapiedi. Attraversarono il cancello mezzo diroccato all’entrata del parco, camminando sulla ghiaia. Alice si staccò dalla mano di Jimmy e corse verso un altalena, cercando di arrampicarcisi.
-Ti aiuto?- le domandò lui dopo averla raggiunta.
Alice annuì e Jimmy la prese in braccio, facendola sedere sul sedile.
-Mi spingi?- chiese lei aggrappandosi saldamente alle catene ai suoi lati.
-Sì... Tieniti forte!-
Si mise dietro di lei e cominciò a spingerla, afferrando il sedile dell’altalena. Una volta. Due volte. Dopo qualche minuto Alice si stufò e scese, correndo verso lo scivolo alla sua destra. Si fermò davanti alla scala e guardò verso l’alto, considerando che forse era troppo alto per lei. Si voltò verso Jimmy, chiedendogli con lo sguardo di raggiungerla. E mentre mise le mani sulla scaletta, un ragazzino poco più grande di lei, la spintonò facendola cadere a terra.
-Levati! Tocca a me!-
Jimmy corse verso di loro, per accertarsi che la piccola stesse bene.
-Tutto ok?- le domandò accovacciandosi sulle ginocchia per farla rialzare, prendendole le manine. –Ti sei fatta male?-
Alice scosse la testa, gli occhi fissi verso il basso.
-Che fai, ti metti contro una bambina più piccola di te?- Jimmy si alzò in piedi, rimproverando il ragazzino che cominciò a balbettare -Mi... mi scusi!- prima di correre via.
-Ti aiuto a salire- disse poi prendendo Alice per una mano. Salì piano piano, tenendosi con l’altra mano e quando fu in cima, si mise seduta, guardando Jimmy negli occhi.
-Ti aspetto giù- le disse lui, prima di avvicinarsi all’altra parte dello scivolo, inginocchiandosi di fronte ad esso. –Dai vieni!-
Alice esitò per un momento, tenendo le mani ben strette ai lati.
-Dai! Ti prendo io!-
La bambina si fece avanti poco a poco, fino a che non acquistò velocità finendo tra le braccia di Jimmy che la sollevò e le domandò –Ancora?-
Alice annuì un sorriso e piano piano si riarrampicò da sola sulla scala. Scivolò di nuovo verso Jimmy, che la prese di nuovo in braccio. Al quarto giro Jimmy si andò a sedere su una panchina mentre Alice si unì a dei bambini che giocavano su un girello. La guardò da lontano, mentre cercava di salire sul seggiolino, per poi aiutare gli altri a spingere, quando un’anziana signora si avvicinò con passo lento alla panchina dov’era lui, sedendoglisi accanto, emettendo un gemito di dolore quando piegò le ginocchia. Indossava un pesante cappotto bordeaux, e un delizioso cappellino del medesimo colore che donava vitalità ai suoi capelli bianchi. In una mano teneva un bastone in legno da passeggio e nell’altra impugnava un sacchettino bianco che poggiò sulle gambe. Dopo essersi seduta cominciò ad osservare in silenzio il laghetto davanti a sé.
Qualche minuto dopo, Alice corse tutta trafelata verso Jimmy, facendo per togliersi il cappottino.
-No, Alice, non te lo togliere, fa troppo freddo!- le disse calmamente Jimmy.
-Oh, ma che bella bambina!- commentò la vecchietta, guardando Alice, mentre Jimmy le riabbottonava il cappotto. –Hai visto che belle paperelle ci sono laggiù?-
Alice scosse la testa, prima di voltare lo sguardo verso il laghetto.
-Ti piacerebbe dar loro da mangiare?-
-Sì- i suoi occhi si illuminarono mentre la vecchietta le porgeva il sacchetto pieno di pane che aveva sulle gambe. Alice lo prese, ringraziandola, e corse verso la staccionata, aprì il sacchetto, afferrò qualche pezzetto di pane e lo lanciò in acqua.
-Che belli i bimbi!- esclamò di nuovo la signora. –Quando si ha la mia età fa sempre piacere averli in giro per casa. Eh, i miei nipotini vivono lontano e non vengono a trovarmi molto spesso. Per questo vengo spesso qui: i bambini che giocano in questo parco compensano l’assenza e il vuoto che lasciano i miei nipotini. Oh, ma lei è così giovane e io sto qui ad annoiarla con questi discorsi per vecchi!-
-Si figuri...- disse Jimmy. –E poi lei è un fiore-
La signora arrossì visibilmente e girò il capo dall’altra parte, facendo un cenno con la mano. Alice ritornò poco dopo, con il sacchetto ormai vuoto.
-Se lo sono mangiato tutto- disse.
-Vedo se ho qualcos’altro da darti- disse la vecchietta frugando nella borsa. –Ecco qui! Sapevo di averne qualcuno di riserva!- esclamò dandole un pacchetto di crackers.
-Ringrazia la signora, Alice- disse Jimmy alzandosi.
-Grazie- rispose lei correndo verso il laghetto.
-Buona giornata!- esclamò Jimmy.
-Anche a lei!- sorrise la signora.
Jimmy raggiunse Alice, che lanciava i pezzettini di crackers dentro l’acqua, mentre le paperelle, anatre e anche qualche pesce, correvano a mangiarseli. Si appoggiò alla staccionata che divideva la terra ferma dall’acqua e domandò alla bambina: -Ti piacciono gli animali?-
Lei annuì, senza staccare gli occhi dalle paperelle.
-E qual è il tuo animale preferito?-
-Il coniglietto-
-Ne hai mai avuto uno?-
Domanda inutile. Si sarebbe morso la lingua dopo averla pronunciata. Alice scosse la testa tristemente e si voltò a guardarlo, senza dirgli niente. Gli afferrò la mano e si rimise ad osservare il laghetto, mentre uno stormo di anatre si alzò in volo, facendo sbattere le ali sull’acqua. In quel momento, dietro di loro, passò un carretto stracolmo di dolciumi, e una musichetta che attirò i bambini che smisero subito di giocare, pregando i genitori di comprargli qualcosa da mangiare.
-Vuoi fare merenda?- domandò Jimmy.
Alice annuì, mordendosi il labbro, e con passo svelto si avvicinarono al carretto, prima che qualcuno li superasse.
-Che prendi?- le domandò tirando fuori il portafoglio.
La bambina spalancò la bocca quando vide la quantità di dolci presenti su quel carretto: caramelle, crepes, ciambelle, mele caramellate e muffin... alla fine optò per una crepes al cioccolato, afferrandola quasi con avidità quando il venditore gliela porse. Dopo che Jimmy ebbe pagato, si diressero verso l’uscita, pronti per ritornare in albergo. Il cielo era totalmente bianco e faceva sempre più freddo. Lungo la strada Jimmy si chinò verso di lei, per controllare che fosse coperta fino alla punta dei capelli. Tirò fuori un fazzoletto quando vide la sua bocca completamente imbrattata di cioccolata. La aiutò a pulirsi e quando si rimise il fazzoletto in tasca, improvvisamente Alice gli sorrise. Di colpo tutto il freddo che faceva era come se non lo sentisse più, e un calore gli pervase il cuore e l’anima. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla a sé ma c’era qualcosa che lo fermava. E non sapeva cosa fosse. Di scatto si rialzò in piedi, prendendola per mano, quando qualcosa di freddo toccò la sua. E un altro. E un altro ancora. Gli occhi di Alice si illuminarono mentre alzò lo sguardo per vederli cadere tutti assieme: piccoli e leggeri fiocchi di neve danzavano intorno a lei come ballerine in tutù, finendo poi ad attecchirsi sull’asfalto grigio.
-Dai, andiamo!-  Jimmy strinse la presa e ricominciarono a camminare in direzione dell’albergo, nel biancore della luce che filtrava tra le nubi sempre più spesse e fitte.


-... e così, il cuore del brutto anatroccolo fu finalmente pieno di felicità e gratitudine e il suo triste passato fu per sempre dimenticato.-
Jimmy chiuse l’enorme libro di fiabe e lo posò sul comodino. Alice dormiva già, avvolta tra le coperte, il suo Sammy stretto tra le braccia. Le accarezzò i capelli e le guance rosee, guardandola dormire e le stampò un lieve bacio sulla fronte, stando attento a non svegliarla. Dopodiché si alzò e andò verso l’armadio, dal quale estrasse una coperta e un cuscino e si sistemò sul divano, come sempre, dopo aver spento l’abat-jour.

Alice si svegliò qualche ora dopo. La stanza era completamente buia, a parte qualche raggio lunare che filtrava dalle imposte. Si mise a sedere sul materasso, stropicciandosi gli occhi. Di fronte a sé, dall’altra parte della stanza, Jimmy dormiva a pancia in su sul divano, con un braccio che pendolava verso l’esterno. Scostò le coperte e si alzò dal letto, correndo verso di lui. Lo guardò qualche secondo prima di arrampicarsi sul divano, senza svegliarlo, per poi accoccolarglisi accanto, poggiando la testa sul suo braccio. Jimmy si mosse, senza rendersi conto di quanto stava accadendo: avvolse l’altro braccio e lo mise attorno ad Alice che si addormentò dopo qualche minuto. E nel sonno sorrise.


Note dell'autrice: più di una settimana di ritardo e questo è tutto ciò che scrivo. Boh, spero che vi sia piaciuto almeno un minimo.
È che ho avuto un blocco e tutto ciò che mi veniva in mente non mi soddisfaceva.
Vabbè, al prossimo capitolo! :*

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Un intenso odore di shampoo all’albicocca gli pervase le narici, facendolo svegliare dolcemente. Aprì gli occhi lentamente, il braccio destro diventato ormai insensibile a causa di Alice che, con sua grande sorpresa, dormiva proprio accanto a lui. I primi raggi solari illuminavano la stanza di una delicata luce soffusa. Jimmy alzò lo sguardo verso la finestra: fuori era tutto completamente bianco; la neve aveva reso candido ogni angolo della città, ricoprendo strade, marciapiedi, alberi e tetti... proprio come in una fiaba.
Mosse lentamente il braccio, facendo attenzione a non svegliare la bambina, quando lei d’improvviso si girò verso la sua parte, accoccolandosi al suo petto, in cerca di calore. Per un momento restò impietrito, senza sapere cosa fare, ma poi si sentì invaso da un tale calore che lo spinse ad abbracciarla a sé, a stringerla forte. Avvicinò il viso ai suoi capelli, inspirandone il dolce profumo; con le dita le spostò una ciocca di capelli dal viso, portandogliela dietro l’orecchio e la guardò, accarezzandole una guancia. Le piccole e sottili labbra color pesca erano leggermente dischiuse, facendo intravedere i dentini bianchi. E il petto si alzava e si abbassava ritmicamente, assecondando i suoi respiri. Tirò un grande sospiro prima di portarsi le manine sugli occhi di smeraldo splendente, proprio come lo erano i suoi, se li stropicciò e li aprì.
-Buongiorno- la salutò dolcemente lui.
Lei gli sorrise, sciogliendogli il cuore, mentre due deliziose fossette si facevano strada sulle sue guance di bambina.
-Hai dormito bene?- le domandò.
Alice di tutta risposta annuì, mettendosi a sedere dopo aver scalciato via la coperta.
-Andiamo a fare colazione? E dopo se vuoi usciamo di fuori sulla neve-
Alice annuì di nuovo dalla contentezza e sì alzò di scatto dal divano.
In pochi minuti entrambi si prepararono e scesero al piano terra, quando tutti gli altri erano già arrivati. Si sedettero uno di fianco all’altro e Jimmy iniziò a riempirle il piatto di prelibatezze.
-Certo che le mancherà anche la parola ma non l’appetito!- ridacchiò Bonzo, mentre fumava una sigaretta. –Sicuro che sia figlia tua?-
Jimmy scosse la testa in segno di esasperazione e non gli rispose.
-Ehi, Alice, hai visto quanta neve fuori?- le domandò Jonesy, spengendo la sigaretta nel posacenere. –Ti va di andarci a giocare dopo?-
Alice fece segno di sì con la testa, mentre si portava alla bocca un pezzo di pancake con la forchetta.
-Prima finisci la colazione, però- le disse Jimmy, voltandosi verso di lei.
Quando finì di mangiare tutto ciò che aveva nel piatto, Alice si alzò dal tavolo, afferrando la mano che Jonesy le porgeva, mentre tutti gli altri li seguirono. Jimmy si alzò qualche secondo dopo, ma fu fermato da Pamela, che aveva tutta l’aria di essere un po’ giù di morale.
-Ti va se stiamo un po’ insieme oggi?- gli domandò circondandogli la vita con le braccia.
-Pamela, non... non posso-
-Perché no? La lasci a qualcuno... a John, visto che stanno così bene insieme! Mi manchi così tanto in questi giorni... specialmente di notte- sussurrò cercando di baciargli le labbra.
-Pamela, dico sul serio- disse, levandosi le braccia della ragazza di dosso. –Ho delle responsabilità, lo capisci?-
-Responsabilità? Fino a qualche giorno fa te ne fregavi delle responsabilità. E ora all’improvviso giochi a fare il padre modello-
-Senti, io passerò la giornata con Alice, che ti piaccia o no!- esclamò alzando la voce.
Il volto di Pamela si rabbuiò e Jimmy, dopo averlo notato, le disse: -Senti... puoi venire con noi se vuoi... ma non chiedermi di lasciarla a qualcun altro-
-Hai ragione, scusami...-
Si incamminarono in silenzio verso l’uscita, raggiungendo gli altri nel giardino sul retro. Alice era inginocchiata a terra, mentre Jonesy le faceva vedere come fare un pupazzo di neve, raccogliendo tutta la neve che avevano intorno.  Robert e Bonzo erano appoggiati a una staccionata, fumando e godendosi la scena come se fossero a teatro a vedere uno spettacolo comico.
-Che fate?- domandò Jimmy, chinandosi verso di lei per controllare che fosse coperta a dovere.
-Un pupazzo- rispose lei, sorridendo.
-Già, e sarà il più bello che sia mai stato creato!- aggiunse Jonesy, formando un'enorme palla di neve. –Ci vuoi aiutare?- domandò poi alzando lo sguardo verso Jimmy.
Il chitarrista prese il pacchetto di sigarette dalla tasca del cappotto e rispose -Dopo sì- prima di raggiungere Bonzo e Robert, che continuavano a sghignazzare.
-Che c’è di tanto divertente?- domandò Jimmy accendendosi la sigaretta.
-Jimmy Page che fa pupazzi di neve... questa non me la voglio proprio perdere!- esclamò Bonzo, aumentando le sue risate e quelle di Robert.
-E vi fa tanto ridere?-
-Da morire!-
I due continuarono a sghignazzare mentre Jimmy prese ad osservare Alice che giocava tranquilla insieme a Jonesy. Dopo aver finito la sigaretta si avvicinò ai due e sì unì a loro, raggruppando più neve possibile. In poco più di un’ora realizzarono un bellissimo pupazzo, con tanto di sciarpa, cappello e naso ricavato con una carota. Alice lo guardò entusiasta, morendosi le labbra, mentre Jimmy le afferrava le spalle con le mani, invitandola a rientrare in albergo insieme a tutti gli altri.
Dopo pranzo Jimmy propose alla bambina di andare a fare una passeggiata in giro per la città, quando Pamela si offrì per unirsi a loro.
-Senti, mi dispace per prima- gli disse, quando varcarono la soglia dell’albergo.
-Lo so, stai tranquilla, me l’hai già detto- rispose dolcemente lui, prendendole il viso fra le mani.
-Posso... posso unirmi a voi?-
Jimmy spostò lo sguardo verso Alice, che li scrutava dai suoi ottanta centimetri di altezza.
-Va... va bene- rispose infine Jimmy, strappando un sorriso dal volto della ragazza.
-Ehi Alice!- esclamò d’un tratto Bonzo, arrivando da dietro di loro e chinandosi verso la piccola. –Se ti do queste monetine, gliela lanci una palla di neve a quell’uomo brutto e cattivo laggiù?- le domandò indicando Richard, intento a parlottare insieme a Robert e a un paio di groupies. Alice scosse la testa, sorridendo, e prese la mano di Jimmy, nascondendosi nel suo cappotto.
-No? Come vuoi!-
-Che fai, tenti di corromperla con 50 penny?- gli chiese Jimmy.
-No, non fa niente! Troverò qualcos’altro con cui vendicarmi- disse Bonzo, fingendosi offeso.
-Vieni, Alice, non dare retta a questi svitati!- sorrise Jimmy tirandola verso di sé.
Camminarono lungo i marciapiedi innevati, mano nella mano, con Alice in mezzo a loro. Sembrava che l’aria natalizia di un mese prima non fosse ancora svanita del tutto. La gente che camminava frenetica per la strada dava l’idea di doversi sbrigare a fare i regali, con il rischio che i negozi chiudessero prima. Eppure lui il suo regalo lo aveva ricevuto qualche giorno prima. E in quel momento lo teneva per mano, cercando di mantenere il passo per non restare indietro.
Mentre passavano davanti alle vetrine immacolate dei negozi, Alice si staccò, correndo verso una di esse, poggiandoci sopra i palmi aperti. Incastonato in un delicato tessuto di raso rosso si ergeva un elegante carillon di legno, nel quale una piccolissima ballerina in tutù bianco, girava su se stessa, tenendosi in equilibrio con la punta di un piede, mentre le braccia formavano una “O” sopra la sua testa. Alice la guardò incantata, con la bocca semi aperta e gli occhi luccicanti.
-Lo vuoi?- le domandò Jimmy, dopo averla raggiunta.
Alice annuì sorridente, senza staccare gli occhi dalla ballerina che volteggiava delicatamente.
Entrarono nel negozio di antiquariato, facendo tintinnare il campanello all’entrata. L’anziano commesso alzò gli occhi dal giornale, tirando una boccata di fumo dalla pipa che aveva in bocca.
-Salve!- esclamò Jimmy mentre Pamela richiuse la porta dietro di sé.
-Buongiorno!- rispose lui.
 Alice corse verso il carillon esposto in vetrina e lo indicò, mentre l’anziano signore si avvicinava per prenderglielo.
-Questo qui?- le domandò.
-Sì-
-Ah, che brava! Hai scelto proprio quello più bello!- esclamò afferrandolo, prima di avvicinarsi al bancone, dove Jimmy ne osservava il contenuto esposto sotto il piano in vetro.
-Quanto viene quello?- domandò indicando un orologio da taschino in bronzo.
-50 sterline-
-E il carillon?-
-Il carillon 20-
-Li prendo tutti e due- disse estraendo il portafoglio dalla tasca. –Ah e anche quel bracciale di turchesi-
Rivolse poi un sorriso a Pamela che lo guardava sbalordita.
-Si abbina all’anello che ti ho regalato quella prima volta- spiegò lui.
Uscirono dal negozio e ripresero a camminare lungo il marciapiede, diretti verso il Café più vicino.
-Grazie Jim, è bellissimo!- esclamò Pamela dandogli un bacio sulla guancia, mentre si infilava il bracciale al polso.
 D’improvviso Alice si fermò un’altra volta quando in un angolo notò un piccolo teatrino colorato, dove un paio di marionette tentavano di attirare l’attenzione dei pù piccini.
-Venite, bambini, venite! Accorrete tutti allo spettacolo delle marionette!- esclamò una di loro con voce nasale.
Due bambini si avvicinarono lentamente e si sedettero sulle seggioline poste davanti al teatrino e ben presto anche altri bambini si unirono a loro. Alice lasciò le mani di Jimmy e Pamela e avanzò lentamente verso una seggiolina posta di lato, mentre lo spettacolino cominciava. I due ragazzi rimasero in disparte, tenendosi per mano, Jimmy che osservava Alice incantata dalle marionette, senza perderla di vista.
-Ti piace?- gli domandò tutt’a un tratto Pamela, distraendolo dai suoi pensieri.
-Cosa?-
-Fare il padre-
-Mi ci sto abituando- rispose dopo qualche secondo di silenzio.  
Pamela annuì silenziosamente, sorridendo ogni tanto alle battute delle marionette, che provocavano le risate generali da parte dei bambini, Alice compresa.
-Io... le voglio molto bene...- esordì Jimmy, con la voce che tremava.
-Lo so, è normale... ogni padre vuo...-
-No- la interruppe, voltandosi verso di lei. -Io le voglio... tanto bene-
-Che vuoi dire?- domandò Pamela, forzando un sorriso nervoso.
-Niente, lascia perdere, non so quello che dico!- esclamò Jimmy, lasciando la presa della mano della ragazza, incrociando le braccia al petto.
Rimasero in silenzio per tutta la durata dello spettacolino, Pamela che cercava di capire cosa intendesse dire Jimmy con quelle parole, e Jimmy che non aveva occhi che per Alice, la quale rideva, gli occhi vispi fissi sulle marionette, le fossette sulle guance rosee quando sorrideva e i lunghi capelli che le ricadevano sulle spalle come una cascata.
Passarono il resto del pomeriggio nel Cafè, con una tazza fumante di tè sotto il naso. Alice aprì il carillon, attivando la leggera danza della piccola ballerina, che si muoveva armoniosamente sulle note de Lo Schiaccianoci di Tchaikovsky, osservandola incantata, con le braccia e la testa appoggiate al tavolo.
Le note della canzone andarono avanti a lungo, anche perché Alice riapriva e richiudeva il carillion per dar nuovamente vita a quella magia. Quando infine il cielo si tinse di rosa, e il sole decise che era ora di riposare, tutti e tre si alzarono dal tavolo e si incamminarono mano nella mano verso l'albergo.
Accompagnati mentalmente dalle note della canzone.

Un urlo squarciò il silenzio di tomba che regnava nella stanza. L’orologio sul comodino segnava le 3:30 di notte. Jimmy si alzò di scatto dal divano e corse verso il letto, dove Alice sedeva stringendo la coperta sotto di sé, con gli occhi sbarrati che fissavano il vuoto e il respiro affannoso.
-Che è successo?- le domandò con aria preoccupata, sedendosi accanto a lei, che non rispose. –Un incubo?-
Alice annuì, ansimante, e deglutì fortemente.
-Stai tranquilla- la rassicurò Jimmy stringendola in un abbraccio. –Ci sono io con te-
Lentamente iniziò a cullarla, tenendola stretta al suo petto, mentre lei piangeva disperata, le sue lacrime che gli bagnavano la camicia con la quale dormiva.
-Va tutto bene- sussurrò, prima di baciarle i capelli. –Va tutto bene...-
Istintivamente una canzone si fece strada nella sua testa, costringendolo a canticchiarne il testo.

I awoke today and found the frost perched on the town
It hovered in a frozen sky, then it gobbled summer down
When the sun turns traitor cold
and all the trees are shivering in a naked row
I get the urge for going but I never seem to go
I get the urge for going

When the meadow grass is turning brown
Summertime is falling down and winter is closing in.

Cantò fino a che il respiro di Alice non ritornò alla normalità e quando si addormentò dolcemente fra le sue braccia, la fece sdraiare di nuovo sulle lenzuola, rimboccandole per bene le coperte. Le accarezzò il viso, asciugandole con il pollice le lacrime prosciugatesi sulle sue guance. E infine si distese accanto a lei e la guardò dormire prima che il sonno prendesse il sopravvento anche su di lui.


Note dell'autrice: SONO VIVA. Finalmente ho finito questo stra-maledetto capitolo! Non immaginate nemmeno quanto mi ha fatto dannare :O Se pensate che sia un po' privo di fantasia, dettagli, ecc... purtroppo questo è. Comunque spero che non vi sia dispiaciuto, anche perché ho cercato di rimediare con l'ultima parte che avevo già in mente da tempo ^^"
Ah, io spero che l'ultimo dialogo con Pamela sia chiaro... è che mi sono fatta influenzare troppo da un film con Vittorio Gassman che vidi tempo fa, e quindi ho voluto ricreare un po' quella situazione anche qui. Io non vi spiego di che si tratta, mi piacerebbe sapere cosa ne avete dedotto voi. Tranne Franny che lo sa già ù.ù
Va bene, detto questo, al prossimo capitolo!!! :*


Ps: nessuno scopo di lucro per Urge for going di Joni Mitchell (Grazie mille a Cerys Petrichor per avermi aiutata a trovare la canzone adatta ♥)

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


-Grazie per essere venuti anche voi- disse Jimmy mentre camminava nella neve tenendo per mano Alice, la quale aveva insistito per portarsi dietro il suo Sammy.  
-Dovere- sorrise Jonesy. –E poi ogni tanto fa bene passare una serata diversa. Anche se Bonzo avrebbe preferito un pub, vero John?-
Quest’ultimo lasciò scappare un grugnito seccato, facendo un gesto con la mano verso il bassista, mentre osservava le mille luci colorate del Luna Park.
-Non vengo in un posto del genere da non so quanto tempo!- esclamò incantata Pamela, unitasi a loro all’ultimo momento.
-Adesso preferisci altre giostre, vero?- sghignazzò Robert.
Pamela abbozzò un sorriso malizioso, mentre Jimmy lanciò un’occhiata severa all’amico che si ricompose subito dopo. Continuarono a camminare, attraverso le innumerevoli bancarelle di dolci, banchi del tirassegno e giostre di vario genere, tra cui le montagne russe e un’enorme ruota panoramica.
-Bonzo, guarda lì!- esclamò tutt’a un tratto Robert, avvicinandosi al gioco della prova di forza col martello. –Vediamo cosa riesci a fare!-
-Vuoi sfidarmi?- domandò John, raggiungendolo. –Prego, prima le signore- lo schernì, mentre il giostraio con dei buffi baffi sotto il naso gli porgeva il martello. Robert lo afferrò, si posizionò davanti alla pedana con un piede davanti l’altro, e dopo essersi preso qualche secondo di tempo, battè il martello sul piedistallo, con la speranza di riuscire a far suonare il gong in cima.
-Sei una schiappa!- esclamò Bonzo, quando il peso si fermò proprio a metà, per poi ritornare giù. –Ora ti faccio vedere io come si fa. Guarda e impara- disse poi, prendendo il martello, colpendolo sul piedistallo più forte che poté. Il peso arrivò fino al gong, facendolo risuonare con successo. Bonzo lasciò cadere il martello a terra, allargando le braccia in segno di vittoria, prima che il giostraio gli mostrasse qualche premio. Erano perlopiù giocattoli per bambini, così decise di prendere un tamburo di plastica da riportare al figlioletto Jason, una volta finito il tour.
-Finalmente uno strumento che ti si addice!- lo punzecchiò Robert, arrivandogli da dietro le spalle. -Non vedo l’ora di sentirti suonare Moby Dick con questo-
-Dici così solo perché ti ho battuto. Quella della prova di forza è un’arte, che le femminucce come te non possono comprendere- si vantò Bonzo, orgoglioso della sua vittoria.
Si unirono di nuovo agli altri, che avevano visto la scena da lontano, parlottando fra loro.
Alice tirò una manica del cappotto di Jimmy, richiamando la sua attenzione, puntando poi il dito verso il banchetto dello zucchero filato, davanti alla quale si era già formata una fila di bambini impazienti. Jimmy strinse la presa che legava la sua mano a quella della bambina e insieme si avvicinarono al carretto, dove l’intenso odore dolciastro dello zucchero gli pervase le narici. Dopo qualche minuto di attesa Alice ricevette il suo dolce, addentandolo non appena prese in mano il bastoncino al quale era arrotolato.
Il sole era tramontato da poco e il cielo era ancora carico della sua luce crepuscolare. Il Luna Park era gremito di gente, bambini con i dolci in mano, che osservavano le luci intorno a loro e i genitori che li tenevano per mano per paura di perderli di vista da un momento all’altro, tanta era la gente; e ovunque si udiva la musica delle giostre e le urla dei giostrai che incitavano le persone ad avvicinarsi.
Robert e Bonzo stavano ancora discutendo sulla loro sfida, quando Alice si fermò di colpo, guardando alla sua destra, dove un banco del tirassegno era ricoperto per quasi una metà da un’infinità di peluches.
-Ne vuoi uno?- le domandò Jimmy.
Lei annuì, sorridendogli, per poi tirarlo dietro di sé verso il banco, seguiti dagli altri. Il giostraio gli fece segno di approssimarsi e a prendere in braccio il fucile a pallini per abbattere almeno otto delle dieci bottiglie di vetro poste sulle mensole, nella parte posteriore del banco.
-Quale ti piace di più?- domandò Jimmy ad Alice.
Lei alzò lo sguardo verso i peluches ed indicò un piccolo orsetto marrone di pezza.
D’improvviso Robert si fece largo tra di loro, imbracciando il fucile che il giostraio stava porgendo.
-Tranquilla principessa, ci pensa zio Robert a vincerlo per te-
Detto ciò, prese la mira e premette il grilletto, rompendo la prima bottiglia, seguito tra le varie esclamazioni degli altri. Successivamente le ruppe tutte quante, vincendo il premio per la bambina e conquistandosi una rivincita in merito alla sfida predente con Bonzo.
Alice prese in mano l’orsetto e lo guardò, mentre un sorriso di contentezza si fece strada sul suo volto.
-Se vuoi te lo tengo io, visto che in mano hai già Sammy- le disse dolcemente Pamela, inginocchiandosi verso di lei. –Poi quando torniamo in albergo te lo ridò-
Alice la guardò negli occhi e alla fine accettò, mentre la ragazza infilava l’orso nella sua borsetta a tracolla.
-Forse sarebbe ora di comprarle qualcosa da mangiare- osservò Jonesy. –Anche perché non può cenare con lo zucchero filato-
Jimmy assentì, rivolgendo un’occhiata ad Alice e tutti insieme si incamminarono verso una bancarella di hot dog, panini e toast. La fila era infinita, una lunga odissea di dolori ai piedi, con annessi lamenti, ma con un premio decisamente ambito.
-Da quant'è che tiri con il fucile, Robert?- chiese Bonzo picchettando le dita sul tamburello. -Le verginelle come te dovrebbero fare la maglia, non sparare!-
-Non ti è andata giù vero? Secondo me sarebbe stata la volta buona che avresti fatto cilecca. Senza contare le tue performance con le...-
Jimmy gli rifilò una gomitata, e sia lui che Robert sorrisero ad Alice che li guardava senza capire di cosa stessero parlando. Piano piano arrivò il loro turno, il tempo passato a chiacchierare di ricordi d’infanzia e aneddoti divertenti. Jimmy ordinò per primo, prendendo un hot dog ad Alice e un toast al formaggio per sé. Quando si girò per porgere il panino ad Alice si rese conto che la piccola era sparita.
-Alice?-
Guardò Pamela, che lo osservava interrogativa prima di domandargli: -Che è successo?-
-Dov’è Alice?-
-Era accanto a te- disse abbassando lo sguardo per controllare.
Sparita. 
Nel nulla.
In un attimo.
Neanche il tempo di girarsi per un momento.
-Alice?- la richiamò, controllando se fosse accanto a uno dei suoi compagni.
-Che c’è?- gli domandò Jonesy, mentre pagava il suo conto. Robert e Bonzo si voltarono verso di lui, cercando di capire cosa stesse succedendo.
-È sparita Alice. Era... era qui un momento fa!- esclamò Jimmy, in preda al panico.
-Calmati. Non può essere andata tanto lontano. Dai ragazzi, andiamo a cercarla- disse Jonesy, facendo per allontanarsi insieme agli altri dal chioschetto.
Si divisero, Robert e Bonzo da una parte diretti verso l’entrata, mentre Jonesy, Jimmy e Pamela dall’altra, verso il centro del Luna Park.
Fermarono diverse persone, domandando loro se avessero visto una bambina piccola, sui quattro anni, con un cappotto beige addosso e un fermaglio colorato che legava la parte davanti dei suoi lunghi capelli neri e un coniglietto bianco di peluche in mano.
Ricevettero vari “no” come risposta. Le persone troppo occupate a soddisfare le richieste dei figli o dei nipotini, per preoccuparsene.
Il cuore di Jimmy batteva come impazzito.
Cosa era successo ad Alice?
Alla sua Alice.
Era da sola?
O in compagnia di un maniaco?
Stava piangendo disperata?
Si era fatta male?
Cercò di calmarsi, tentando di riprendere fiato.
Dove poteva essere andata?
Forse davanti al tirassegno, quello con tanti peluches.
Si divise dagli altri e si diresse verso la bancarella, con la speranza di trovarla lì, ad ammirare i peluches.
Ma niente.
Alice non era nemmeno lì.
Raggiunse di nuovo gli altri, che nel frattempo si erano ritrovati, senza successo.
-L’avete trovata?- domandò, la voce disperata.
-No- risposero gli altri con rammarico.
Jonesy posò le mani sui suoi fianchi, cercando un’altra soluzione, quando, puntando lo sguardo verso la ruota panoramica, la vide.
-Eccola là!- esclamò, indicandola.
Alice guardava verso l’alto, le manine che stringevano il suo Sammy, quando un tipo le si avvicinò, togliendosi il cappello dalla testa e inginocchiandosi per arrivare la sua altezza. Le disse qualcosa, prima che lei gli prendesse la mano che le stava porgendo per portarla poi solo Dio sa dove.
Jimmy corse verso di lei, raggiungendola, per poi staccare con forza la sua manina da quella dell’uomo.
-Levale le mani di dosso, prima che te le rompa!-  
-Mi scusi... stavo solo... ecco... pensavo di portarla da qualcuno che l'aiutasse-
-Non le serve, lei ha me!- esclamò, prendendola in braccio, avvicinandosi al resto del gruppo.
-Non scappare più- le disse poi, poggiandola a terra.
Alice lo guardò in silenzio, con sguardo dispiaciuto, mentre Jimmy, inginocchiato davanti a lei, le teneva le mani.
-Mi hai fatto spaventare... prometti che non lo farai più?-
Lei annuì, volgendo poi gli occhi verso la ruota panoramica.

Le mille luci danzavano davanti ai suoi occhi in un turbinio di colori. Da quell’altezza riusciva a vedere tutto il Luna Park sotto i suoi piedi, come in un sogno. Jimmy la prese in braccio, le gambe avvinghiate attorno alla sua vita e le piccole braccia allacciate al suo collo.
Il giro sulla ruota durò mezz’ora, la notte si era già inoltrata ed Alice era eccitata all’idea che quella sera sarebbe andata a letto più tardi del solito. Ma allo stesso tempo era stanca, le palpebre che si facevano sempre più pesanti e le gambe che a stento riuscivano a tenerla in piedi.
Jimmy ed Alice scesero dalla cabina per ultimi, mentre gli altri si erano già portati avanti, quando all’improvviso dopo qualche minuto, la bambina cominciò ad agitarsi, guardandosi intorno.
-Sammy!- gridò.
Jimmy la guardò e notò che effettivamente non aveva più con sé il suo coniglietto.
-Tranquilla, lo ritroviamo- la rassicurò dolcemente, tornando indietro verso la ruota. -Mi scusi- disse al giostraio, posto in una cabina dotata di vari macchinari. –Mia figlia deve aver lasciato il suo pupazzo in una delle cabine-
-Mi spiace ma non posso farci niente- rispose l’uomo, senza nemmeno voltarsi per guardarlo.
-Senta... nel caso dovesse ritrovarlo può mandarlo a quest’albergo? È importante- disse, lasciandogli l’indirizzo dell’hotel.
L’uomo gli rivolse un’occhiata al di sopra degli occhiali, sospirò e ad annuì.
Jimmy ritornò indietro, con la consapevolezza che molto probabilmente non avrebbero mai più rivisto quel coniglietto. Si sentì un fallimento. Una delusione. Alice aveva gli occhi gonfi ed arrossati, mentre due grosse lacrime le rigarono le guance rosee.
Jimmy decise di comprargliene un altro, sperando che potesse rimpiazzare quello appena perso.
-Non sarà bello come Sammy...- cercò di dirle, porgendoglielo. –Però guarda, ti vuole già bene-
Alice lo prese tra le braccia mentre Jimmy le asciugò le guance con un fazzoletto, che ripose subito dopo nella tasca del suo cappotto. La riprese per mano, raggiungendo gli altri, incamminandosi verso l’albergo.
Per tutto il tragitto gli altri cercarono di intrattenere la piccola, ma senza ottenere grandi successi. Attraverso i suoi silenzi era possibile vedere la tristezza per il compagno di giochi perduto. E Jimmy non riusciva a darsi pace: qualcuno avrebbe pensato che era solo un banale pupazzo di peluche a forma di coniglio, ma non lui. Quello non era un giocattolo qualunque, ma il giocattolo di sua figlia. L'aveva delusa, nonostante Pamela gli avesse ripetuto più volte che non era colpa sua, Jimmy sapeva di essere venuto meno a un grande dovere da genitore. E scoprì ben presto che quello che la piccola pensava di lui era divenuta la cosa più importante del mondo.

 

Note dell'autrice: rieccomi qui! Finalmente pubblico, dopo tanto tempo. Perdonatemi ma ho avuto da fare con altre mille cose da scrivere, tra cui un progetto con Dk in a Madow che se tutto va bene pubblicheremo da settembre :3 (l'ho scritto anche nella traduzione, ma nel caso leggeste solo questa...).
Vabbè, spero vi sia piaciuto :3
E qui ho una foto di quella che dovrebbe essere Alice :3



Anche se in teoria dovrebbe avere i capelli più lunghi e io me la immagino sempre con una codina che le raccoglie solo i capelli davanti, lasciando i restanti sciolti ^^
Al prossimo capitolooooo :*

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Nell’aria aleggiava un intenso odore di sigaretta, mista a birra e whiskey che piano piano sparivano dalle bottiglie. Erano chiusi in quel locale ormai da ore quel pomeriggio, intenti a riabbozzare la nuova scaletta da proporre non appena il tour fosse ricominciato.
-Secondo me non c’è neanche bisogno di riscriverla- osservò Jonesy mentre accordava il suo basso.
-Perché no?- domandò Jimmy, gli occhi puntati sul foglio e la penna in mano.
-Non mi sembra che il pubblico fino ad adesso sia rimasto deluso-
-Ha ragione John- grugnì Bonzo, prendendo un sorso di birra. –Ci stiamo fottendo il cervello da ore, abbiamo cambiato e spostato le canzoni in ogni modo possibile e non abbiamo ancora trovato una soluzione. Io dico che dovremmo lasciarla così com’era al principio-
Robert e Jimmy si scambiarono un’occhiata dubbiosa.
“Forse hanno ragione loro” penso Robert.
In fondo era stato Jimmy ad insistere.
Quest’ultimo sbuffò, lasciando carta e penna sul tavolo e si accese una sigaretta. Il suo sguardo volò alla sua sinistra, dove Alice, seduta a un altro tavolo insieme a Pamela, era concentrata su un foglio da disegno, i pastelli sparsi ovunque davanti a lei, qualcuno anche sul pavimento. Nemmeno si accorse che gli altri stavano tentando di riportarlo alla realtà.
-Jimmy?-
Si voltò, lo sguardo ancora perso, mentre Bonzo muoveva la mano aperta davanti al suo viso.
-Allora?-
-Allora cosa?- domandò Jimmy scrollando la testa.
-Proviamo o no?-
-Eh?... sì sì- rispose distrattamente, mentre una nuvola di fumo si librava sulla sua testa. Imbracciò la chitarra e si misero in posizione, iniziando a provare qualche canzone.
Alice nel frattempo alzò lo sguardo e li osservò incuriosita, con la matita colorata ancora puntata sul foglio. Pamela, accanto a lei, fumava una sigaretta, con le gambe accavallate, cercando di tenere il fumo lontano dalla piccola.
-E questi chi sono?- domandò avvicinandosi, puntando lo sguardo verso il disegno, cercando di fare conversazione con lei.
Alice la guardò per un secondo e afferrò una matita colorata, completando il disegno che doveva rappresentare due persone che si tenevano per mano, mentre un cuore gigante faceva da sfondo dietro di loro.
-Questa sono io...- disse, finendo di colorarsi il vestito, mandando il colore oltre i bordi del disegno.
Pamela rimase stupita dal fatto che la bambina le avesse risposto tranquillamente, ma se ne compiacque.
-... e questo è papà- aggiunse poi Alice, indicando l’altra figura sorridente che la teneva per mano, che effettivamente assomigliava a Jimmy.
Gli occhi della ragazza diventarono improvvisamente lucidi. Tirò su col naso, ricacciando una lacrima che aveva intenzione di scenderle lungo la guancia. Non capì per cosa stesse piangendo. Emozione? Felicità? Dolore perché non condivideva quella bambina insieme a Jimmy?
Si riprese subito quando si accorse che Alice la stava guardando, chiedendole con voce sottile di aiutarla a scrivere i nomi. Pamela prese in mano la manina destra di Alice che teneva una matita rossa, e la fece appoggiare sul foglio, sopra la testa di quella che doveva essere Alice stessa.
-M...- disse, cercando di insegnarle a distinguere qualche lettera dell’alfabeto. –...E!-
Alice disegnò poi una freccia, ricopiandola poi sopra la raffigurazione di Jimmy.
-E qui?- squittì, aspettando che Pamela le riprendesse la mano.
-D...- riprese quindi la ragazza, scandendo bene le lettere. –...A... D... D... Y!-
Alice rimase a guardarlo per qualche istante, mordicchiandosi il labbro inferiore, finché Pamela non le propose: -Perché non vai lì e glielo regali?!-
La bambina annuì sorridendo, poi piegò il foglio in quattro parti, schiacciando bene le piegature con le piccole manine e si alzò.
I ragazzi stavano facendo una piccola pausa dopo la prima canzone, ridendo e chiacchierando. Alice si avvicinò lentamente a Jimmy che le dava le spalle e richiamò la sua attenzione strattonandolo per una manica. Lui si girò incuriosito e prese il foglio che Alice gli stava porgendo, dicendo con la sua flebile voce: -Tieni, è per te- prima di scappare di nuovo al tavolo. La guardò allontanarsi per poi risedersi al tavolo per ricominciare un altro disegno, dopodiché si voltò verso gli altri che lo osservavano interessati e aprì il foglio.
Di colpo tutto ciò aveva intorno sparì completamente. I suoi occhi si spostavano lungo le linee imperfette delle due figure; le sue dita vi scivolarono sopra, tracciandone ogni contorno, dei loro sorrisi, delle mani una vicino all’altra, sulle scritte... e sull’enorme cuore rosso che occupava quasi metà foglio. Tirò un respiro profondo e uscì dal locale, lasciando attonito e confuso il resto del gruppo.
Fuori l’aria era fredda, la neve non si era ancora sciolta e il sole era coperto da nuvole grigie, che annunciavano l’imminente arrivo di neve o pioggia.
Jimmy piegò il disegno e se lo mise dentro la tasca del cappotto di tweed, poi iniziò a frugare tra quelle dei pantaloni, e quando infine trovò zippo e sigaretta, se l’accese nervosamente. Fece un paio di tiri, quando venne raggiunto da Jonesy, che uscì richiudendosi per bene la chiusura lampo della giacca.
-Che hai?- gli domandò.
Jimmy, senza rispondere, tirò fuori il disegno di Alice e glielo porse.
Jonesy abbozzò un sorriso quando lo vide e disse semplicemente: -So cosa provi-
Ma Jimmy non sembrava felice. In realtà lo era, John lo sapeva, ma lo ostentava tramite la rabbia e la tristezza.
-Mi ha chiamato Rachel stamattina- disse Jimmy dopo un po’. –Viene a riprendersela domani pomeriggio-
Jonesy abbassò lo sguardo e replicò: -Sapevi che prima o poi sarebbe successo-
-Sì, ma non così presto!-
-Le hai dato tu una settimana di tempo-
-Lo so, ma...-
-E hai fatto bene. Non può rimanere qui, non è l’ambiente per lei. Neanche io vorrei che le mie figlie vedessero il modo in cui viviamo-
Jimmy scosse la testa, guardando un punto lontano di fronte a lui. John non poteva capire. Nessuno poteva capire ciò che provava in quel momento... ciò che provava per Alice.
-Io... ho paura. Ho paura di non rivederla più-
-Sì, che la rivedrai...-
-E quando?! Quando finisce il tour?!-
Jonesy non rispose e sospirò. Alzò lo sguardo verso Jimmy e lo trovò con gli occhi lucidi.
-Che fai, piangi?-
-Ma no!- rispose Jimmy ricomponendosi. –È solo un po’ di fumo negli occhi- disse, prima di buttare il mozzicone della sigaretta a terra per poi rientrare nel locale.
Si diresse al tavolo dove Alice stava ancora disegnando, circondata dagli altri che parlavano tra di loro, e le si sedette accanto, raggiunto poi da Jonesy.
-Che bel disegno!- esclamò, guardando il nuovo ritratto disegnato dalla bambina: una vecchietta con i capelli bianchi, gli occhiali e un grembiule sopra un vestito a fiori. –Chi è?-
-La signora Brown- rispose Alice, senza smettere di colorare. –Viveva vicino a noi. Adesso è in cielo- aggiunse poi, alzando lo sguardo verso di lui.
Jimmy deglutì, facendole la prima domanda che gli venne in mente. –E le volevi bene?-
Alice annuì, riprendendo a colorare. –Mi faceva i biscotti... e aiutava la mamma-
Jimmy non disse niente, aspettò che fosse Alice a confidarsi con lui.
-Io la vedo...- disse quest’ultima.
-Che... che vuol dire che la vedi?- domandò Jimmy, prima di rivolgere agli altri uno sguardo scettico.
Ma lei non rispose.
-A me puoi dirlo...-
-Quando c’è la neve sta dando le molliche alle paperelle...- cominciò a dire, continuando a colorare imperterrita. -Quando ci sono i tuoni sta spostando i mobili...-
Gli altri smisero di parlare, rivolgendo la loro attenzione a ciò che stava dicendo Alice.
-Quando c’è la pioggia sta dando da bere ai fiori... e quando c’è il sole mi sta facendo i biscotti-
Ci fu un attimo di infinito silenzio.
Alice smise di disegnare e si voltò verso di Jimmy che non sapeva più cosa dire.
Pamela tirò fuori un fazzoletto dalla borsetta, per asciugarsi gli occhi ormai gonfi.
Fu Jimmy a interrompere il silenzio e, avvicinandosi ad Alice, le disse: -Sono sicuro che ti vuole ancora bene e ti pensa tanto- mentre lei lo guardava intensamente negli occhi.
All’improvviso Bonzo si alzò in piedi, interrompendo il momento, ed esclamò tentennando: -Sarebbe ora che ci rimettessimo al lavoro-
-Sì, hai... hai ragione- balbettò Robert, seguendolo verso gli strumenti.
-La disegni mai la mamma?- chiese poi Jimmy, quando anche Jonesy si alzò in piedi per raggiungere gli altri.
-No, lei la vedo sempre-
“Ecco” pensò, sapendo che molto probabilmente lo aveva disegnato perché sapeva che non si sarebbero visti più. Doveva escogitare qualcosa. Ma il resto del gruppo lo richiamò, invitandolo ad unirsi a loro per riprendere le prove. Così si alzò, lasciando la piccola di nuovo alle attenzioni di Pamela.


-Signor Page?- fece la signorina della reception non appena lo vide rientrare in albergo, tenendo Alice per mano.
Robert gli posò una mano sulla spalla, sorridendo maliziosamente  e gli sussurrò, prima di raggiungere l’ascensore: -Dopo me la presenti-
Jimmy alzò gli occhi al cielo e si avvicinò al bancone.
-È venuto un signore prima, ha detto di aver trovato una cosa che le appartiene- disse, prima di tirar fuori il coniglietto bianco di Alice.
La bimba sgranò gli occhi ed esclamò, allungando le braccia per prenderlo: -Sammy!-
Jimmy glielo porse dolcemente, chinandosi sulle ginocchia, mentre Alice lo stringeva forte a sé.
-Visto che alla fine è andato tutto bene?-
Alice annuì felice, dopodiché Jimmy la prese per mano e, dopo aver ringraziato la receptionist, si diressero verso la loro camera.
Nel corridoio c’era Robert ad aspettarli e non appena li vide arrivare, si avvicinò a Jimmy e gli domandò: -Allora? Che ti ha detto? Ti ha chiesto di me, vero?-
-No- rispose Jimmy, smorzando l’entusiasmo di Robert. –Ci ha ridato Sammy- aggiunse indicando il peluche tra le braccia di Alice.
-Ah... Sammy... senti, Pagey... più tardi andiamo in un locale. Tu... non vieni, suppongo-
-No, infatti. Devo... devo ancora prepararle la borsa per domani. Divertitevi- disse poi, aprendo la porta della sua stanza.
La cambiò e la mise a letto, il suo Sammy accanto a lei, ed aprì il libro di fiabe finché non si addormentò. L’espessione sul suo viso era serena e capì che per quella sera Alice avrebbe dormito tranquilla, a differenza sua.


La mattina seguente Jimmy si svegliò ancora più stanco: quella notte, come aveva presupposto la sera prima, non aveva chiuso occhio. Si rigirò nel letto più e più volte, voltandosi ogni tanto verso Alice che dormiva. Si chiese se l’avrebbe più rivista, cosa avrebbe fatto senza di lei, senza il suo silenzio assordante e i piccoli sorrisi che ogni tanto gli concedeva. Una cosa era certa: si erano affezionati l’uno all’altra più di quanto si sarebbe aspettato, specialmente da parte sua. E guardandola ancora una volta si era accorto di essersi affezionato a lei più del dovuto.
Quella mattina la portò all’acquario di una città vicina, per farle vedere dal vivo tutti quegli animali che lei aveva visto solo sotto forma di pupazzi. Rimasero svariati minuti davanti la vasca dei delfini, le manine di Alice incollate al vetro, la bocca socchiusa e gli occhi che seguivano i delfini come in trance.
Ma quando tornarono in albergo, lungo il corridoio che portava alla loro stanza, trovarono una sorpresa che nessuno dei due si aspettava.
-Mammina!- gridò Alice, lasciando la presa della mano di Jimmy per correrle incontro quando la vide, ferma davanti la porta della camera, mentre parlava con Jonesy.
-Amore mio!- esclamò prendendola in braccio. –Mi sei mancata tanto!-
-Anche tu-
Rimasero abbracciate qualche secondo, finché Rachel non la rimise giù, per andare incontro a Jimmy, il quale le disse: -Sei già qui? Ti aspettavo nel pomeriggio-
-Lo so, ma... non ho resistito... Come sono andati questi giorni?-
-Benissimo. Ci siamo divertiti tanto, vero?- disse, rivolgendosi poi ad Alice, la quale annuì sorridendo.
-Mi fa piacere... allora... vorrei prendere le sue cose se non ti spiace...-
Jimmy si tastò le tasche dei pantaloni in cerca della chiave e aprì la stanza.
-Hai trovato poi una casa?- le domandò, chiudendo la porta.
-Non migliore di quella che avevo prima, purtroppo- rispose lei, raggruppando tutte le cose di Alice.
Jimmy portò una mano dietro la nuca, incerto se farle la proposta a cui aveva pensato quella notte e infine esclamò: -Vieni a Londra!-
-Cosa?- domandò lei scettica, voltandosi verso di lui.
-Vieni a vivere a Londra. Lì c’è più possibilità, per te, per Alice. E poi... quando finisce il tour posso rivederla-
-Sarebbe bellissimo- rispose lei, aggiustando il cappotto di Alice. –Ma non ho soldi, Jim-
Fu così che lui si mise le mani in una tasca, prendendo il portafoglio, dal quale tirò fuori un bel po’ di soldi.
-Tieni- le disse, porgendoglieli. –Compra due biglietti per il treno e vai a Londra. Te ne avanzeranno un po’ per ricominciare. Ah e poi...- aggiunse, avvicinandosi al comodino, scrivendo qualcosa su un pezzo di carta. –Questo è il numero di un mio conoscente. Chiamalo, ti aiuterà senz’altro-
-Non posso accet...-
-Ti prego!-
Rachel lo guardò, mentre Jimmy le metteva in mano sia i soldi che il foglietto, gli occhi ormai gonfi di pianto. Un lacrima le scivolò su una guancia e abbassò lo sguardo.
-Grazie, Jim!- esclamò poi abbracciandolo, mentre lui le cinse la vita con le braccia.
Rimasero così per qualche minuto, Alice che li osservava a un passo da loro, finché la ragazza non si staccò, asciugandosi il viso con le mani, dicendo: -Dobbiamo andare, altrimenti perdiamo l’autobus-
-Ti chiamo un taxi- disse Jimmy, avvicinandosi al telefono per poi alzare la cornetta e digitare il numero.
Quindici minuti dopo, il taxi era già di fronte alla hall. Robert, Bonzo e Jonesy salutarono Alice uno ad uno, un po’ tristi al pensiero che li avrebbe lasciati.
Jimmy accompagnò madre e figlia fuori l’albergo e dopo aver salutato Rachel con un abbraccio, si chinò verso Alice che lo guardava con aria abbattuta, evidentemente anche lei triste di dover andare via.
-Ehi... fai la brava, mi raccomando. Non far arrabbiare la mamma... e pensami. Io ti penserò tanto tanto e ti prometto che non appena sarà possibile ti chiamerò al telefono, ok?-
Alice annuì, continuando a sostenere il suo sguardo, dopodiché gli buttò improvvisamente le braccia al collo. Jimmy la strinse forte a sé come non aveva mai fatto, affondando il naso fra i suoi capelli, inspirandone l’odore più che potè per ricordarsi sempre del suo profumo, e prima che potesse aprir bocca per parlare, Alice gli sussurrò all’orecchio qualcosa che non si sarebbe mai aspettato: -Ti voglio bene, papà-
Il suo cuore cominciò a battere fortissimo, scalciando contro il suo petto. Non voleva lasciarla andare via, l’avrebbe tenuta stretta in quel modo anche all’infinito, se fosse stato possibile. Ma poi si staccarono, inevitabilmente, e le lasciò un morbido bacio su una guancia.
-Ciao, piccolina-
La fece salire sul taxi e chiuse lo sportello, fingendo un sorriso mentre lei lo salutava agitando la manina.
Quando il taxi sparì all’orizzonte Jimmy continuò a fissare in quella direzione, come ipnotizzato. Lei gli voleva bene, ora ne era sicuro, certo come che il cielo fosse azzurro.
E dopo aver tirato su con il naso, si voltò in direzione dell’albergo, pronto a riprendere in mano la solita vita di sempre.


Note dell'autrice: e niente, sì. Questo è il finale ^^"
In teoria doveva essere suddiviso in due capitoli, ma poi sarebbero stati troppo corti, visto che le idee erano purtroppo poche. Però ci sarà un epilogo finale, che pubblicherò a settembre dopo le vacanze, visto che domani parto.
Non sono molto brava con queste cose strappalacrime, spero che vi sia piaciuto comunque ^^
La cosa della vicina di casa all'inizio, l'ho spudoratamente scopiazzata da un racconto di un bambino a "Chi ha incastrato Peter Pan?" sulla sua bisnonna. Mi sembrava una cosa tenerissima e l'ho infilata nel capitolo. (Nessuno scopo di lucro)
E insomma, ci sentiamo a settembre per l'epilogo, prometto che mi darò da fare per scriverlo ù_ù
Ciaooooo :*

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Londra, 22 Dicembre 1986

Il Royal Albert Hall era ormai quasi pieno. Le ultime persone che entrarono presero rapidamente il proprio posto a sedere, prima che le luci si spensero definitivamente, lasciando accesi solo i fari proiettati verso il palcoscenico.
Non vedevano tanta gente come quella così riunita da tanto tempo.
Ma loro quella volta erano in prima fila, seduti sulle morbide poltrone di velluto rosso. Erano vestiti eleganti, in giacca e cravatta, come richiedeva un posto come quello per un evento come quello.
Jimmy sedeva esattamente al centro, sospirando ogni tanto, mentre la figlia Scarlet masticava un chewingum, arricciandosi una ciocca di capelli biondi attorno al dito.
Accanto a lei sedeva Rachel, coperta da un elegante vestito blu e i capelli scuri raccolti in uno chignon dietro la nuca.
Vicino a Jimmy c’erano Jonesy, che sorrideva guardando il palco ancora vuoto, le mani giunti sul grembo; Robert, che si guardava intorno, scrutando uomini intabarrati in smocking e mezzi tight, e donne imbellettate ed arricchite da scintillanti gioielli e pesanti pellicce; infine, accanto a Robert, sedeva un Jason Bonham particolarmente agitato, che muoveva nervosamente le ginocchia, aggiustandosi ogni tanto la cravatta intorno al collo, mentre stringeva in una mano un mazzo di rose rosse.
-Stai tranquillo!- lo rassicurò Robert, che negli ultimi sei anni fu come un padre per lui. –Tu segui i miei consigli e andrà tutto bene-
All’improvviso anche le ultime luci si spensero e le prime note de “Lo Schiaccianoci”di Tchaikovsky, cominciarono a riempire l’aria, satura dei brusii dei presenti.  E dopo qualche istante, Alice fece il suo ingresso sul palco, vestità con un tutù azzurrino lungo fino alle ginocchia e i capelli legati in uno chignon; e danzava leggiadra come una foglia spinta dalla brezza, nella bellezza dei suoi vent’anni.
Jimmy la guardava incantato, quando veniva sollevata da un partner o quando si alzava sulle punte, eseguendo qualche elegante piroette; e ripensò a quando era bambina, a quel giorno in cui la vide per la prima volta, alla sensazione di vuoto provata nel vederla andare via su quel taxi, a tutti i momenti passati insieme a lei in un parco o nel giardino di casa. Aprì l’orologio da taschino comprato tanti anni prima, e accarezzò delicatamente con le punte delle dita la foto del viso di Alice, affiancata da un foto di Scarlet. Gli venne in mente quando quest’ultima nacque e gli occhi di Alice illuminati di stupore nel vedere una bimba così piccola, la sua sorellina; e pensò che la vita non potesse dargli dei regali migliori.
Quando lo spettacolo si concluse, qualche ora dopo, il pubblico si alzò in piedi, esplodendo in un caloroso applauso, mentre il Royal Ballett si inchinava, tutti i ballerini che si tenevano per mano. Un uomo si avvicinò ad Alice, porgendole un ricco mazzo di fiori, che ogni prima ballerina riceve alla fine di ogni spettacolo.
Quando il palco fu sgomberato e il pubblico cominciò a farsi strada verso l’uscita, Jimmy e il resto del gruppo si diressero verso i camerini, dove trovarono Alice che si congratulava con le compagne per il grande esito dello spettacolo. Si chinò sul suo borsone, prima di accorgersi della loro presenza, rialzandosi in piedi.
-Papà!- gridò correndo incontro a Jimmy, buttandigli le braccia al collo.
Lui le strinse le sue attorno alla vita sottile, inspirando il profumo dei suoi capelli, lo stesso di tanti anni prima.
-Sei stata meravigliosa!- esclamò poi, sciogliendo l’abbraccio, così che Alice potesse ricevere vari complimenti, baci e abbracci da parte degli altri.
-Ti aspetto fuori- le disse poi Jimmy dandole un bacio sulla guancia.
-A dopo!- rispose lei, rientrando nel camerino.
L’ultimo a complimentarsi con lei fu Jason, rimasto di fuori con i fiori in mano, il cuore che batteva a mille. Solo quando Robert lo intimò a farsi avanti, una volta che tutti furono usciti, decise di fare il passo decisivo. Ma quando un tipo si avvicinò a lei cingendole le spalle e domandandole -Ci sei stasera?- si tirò indietro, sospirando.
Come poteva competere con quel bellimbusto?
E nel momento in cui ogni speranza sembrava perduta, vide che Alice scansò quel tipo da dosso, leggermente infastidita, rispondendogli in modo aspro: -No, non posso-
Robert si avvicinò nuovamente a Jason e gli disse deciso: -Ricorda, sei un musicista. Le donne adorano i musicisti. Ora vai!-
Jason tirò un profondo sospiro, si sistemò la giacca e si incamminò verso di lei, le gambe che sembravano essersi mosse da sole.
-Ciao!- esclamò quando la raggiunse.
-Ehi ciao!- sorrise lei raggiante, alzandosi dal suo borsone.
-Sei stata bravissima!-
-Ti ringrazio-
Jason tentennò di fronte al sorriso radioso di Alice, prima di ricordarsi di avere un mazzo di rose in mano.
-Emh... queste sono per te- disse porgendogliele.
Gli occhi di Alice si illuminarono e il suo sorriso si aprì sempre di più.
-Sono bellissime!- rispose, prendendo il mazzo tra le braccia. –Grazie- aggiunse poi lasciandogli un lieve bacio sulla guancia destra.
Jason rimase inebetito per qualche secondo, cercando di realizzare ciò che era appena successo, quando la voce cristallina di Alice lo riportò alla realtà.
-Stai bene?- gli domandò, ancora con il sorriso sulle labbra.
-Eh?... Sì, sì... senti, stavo pensando... ti va di uscire una di queste sere? Non so, magari andiamo a prenderci una pizza, o...-
-Mi piacerebbe molto!- lo interruppe lei annuendo.
-Perfetto! Allora... ci vediamo dopo-
-Va bene-
Lo vide uscire dal camerino e si lasciò scappare un sorriso. “Buffo”, pensò. In tutti questi anni era stato un amico, forse uno dei più stretti che abbia mai avuto. Chi avrebbe mai pensato che fosse innamorato di lei?!
Si rivestì in fretta, coprendosi bene con il suo cappotto pied de poule e la sciarpa e uscì. Fuori nevicava, i marciapiedi erano completamente bianchi così come le cime degli alberi. Il freddo era comunque sopportabile, specialmente perché era una bella serata in buona compagnia. C'erano tutti, chi più grande, chi più vecchio. C'era anche una grande assenza, ma era come se fosse lì con loro.
Jimmy osservò sua figlia venire verso di loro, scambiare una battuta con Robert, mentre Jason si intrometteva timidamente nel discorso.
 -È cresciuta- Jimmy riconobbe la voce di Rachel alle sue spalle.
-Vero, ed è divenuta bellissima. Mi ricorda un po' te quando ci siamo incontrati-
-Con l'unica differenza che tu trovasti me, mentre questa volta Alice ha trovato te- constatò Rachel.
Ci fu un attimo di silenzio, in cui tornarono ad osservare la ragazza.
-Mi assicuri che è un bravo ragazzo?- aggiunse poi.
-Jason? Certo che sì!-
Rachel rise, e lui la guardò interrogativo. -Non mi abituerò mai a vederti così protettivo, sebbene sia del tutto naturale. E' così...- ma Alice venne tra loro, interrompendo la madre. La neve vorticò attorno a loro tre, mentre gli altri formarono un gruppetto a parte.
-Io sono pronta!-
-Per cosa?- le domandò Rachel.
-Ti avevo detto che avrei passato il Natale insieme a papà-
-Ah sì- annuì la donna. –Va bene-
-Puoi venire anche tu se vuoi- le disse Jimmy, voltandosi verso di lei. –Ci saranno tutti-
-Io... ci penserò-
Si salutarono, dopodiché Jimmy prese le sue figlie sottobraccio e si incamminò verso casa. Durante il tragitto si accese una sigaretta, mentre le due ragazze parlavano e ridevano tra di loro, confidandosi e raccontandosi segreti fra sorelle. Pensava a loro, ma soprattutto pensava ad Alice: lei era piombata improvvisamente nella sua vita, stravolgendogliela e lui aveva cambiato la sua. Non solo le aveva dato l'affetto di un padre, ma le aveva dato anche la possibilità di aiutarla a realizzarsi in ciò che amava. C'erano stati anche momenti più grigi, alcuni di transizione come nell'adolescenza, ma l'affetto vero aveva sistemato tutte le cose.
Quanto a lui e Rachel non erano tornati assieme, per il bene di Alice. Sarebbe stato solo un sogno di cristallo davanti agli occhi di una bambina, una falsa farsa agli occhi di una giovane adulta. Ma andava bene così. Tirò una boccata, e in quel gesto ricordò infinite visite nel tempo, doni che le aveva portato da tour lontani, e i disegni o i pensierini scolastici che aveva ricevuto in cambio. Lei gli aveva pure affidato il suo Sammy e, sebbene non lo facesse sapere in giro, Jimmy lo custodiva come un oggetto prezioso, su una sedia accanto al suo letto. Ma cosa più importante lei gli aveva insegnato una forma d'affetto che gli mancava, e che ora l'aveva reso più completo e pronto per la figlia che era giunta dopo. Un'ultima boccata e spense la sigaretta. Non gli sarebbe servita per rientrare a casa, aveva già la sua fiamma a scaldargli il cuore. Così andò, pensando al suo tesoro, a sua figlia: ad Alice.

 
FINE.
 

Note dell'autrice: Gna gnà! :v
Sono di nuovo qui, come promesso.
Ecco a voi l'epilogo. Ebbene sì, siamo giunti alla fine fine della storia :O Oddio, dalle ultime righe sembra che Jimmy voglia più bene ad Alice che a Scarlet ^^" Ma non è così, è solo che la storia è su Alice :'D Vabbè, ringrazio tanto tutte voi che mi avete seguita e recensita. Davvero, 31 recensioni positive per soli 7 capitoli sono davvero tante, vi ringrazio di cuore.
Quella cosa di Jason ho voluto metterla perché mi sembrava una cosa dolcina, e io sono molto affezionata a lui, da quando ho visto Celebration Day. Vabbè, spero che anche l'epilogo vi sia piaciuto. E vi ricordo che io e quella pazza (♥) di Dk in a Madow abbiamo una sopresina per voi che pubblicheremo da domani (ALEEEEEEEEE').
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Un bacio a tutte, ciaooooo :*

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