Auburn hair.

di Chanel7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Chapter one. ***
Capitolo 3: *** Chapter two. ***
Capitolo 4: *** Chapter three. ***
Capitolo 5: *** Chapter four. ***
Capitolo 6: *** Chapter five. ***
Capitolo 7: *** Chapter six. ***
Capitolo 8: *** Chapter seven. ***
Capitolo 9: *** Chapter eight. ***
Capitolo 10: *** Chapter nine. ***
Capitolo 11: *** Chapter ten. ***
Capitolo 12: *** Chapter eleven. ***
Capitolo 13: *** Epilogue. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


                            
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Prologue.
 
 







“No Louis, non ho intenzione di accettare” ripeté per l’ennesima volta all’uomo davanti a sé.
“Ma perché amore? È una cosa bellissima e l’hanno chiesta proprio a noi!” disse con tono quasi supplichevole.
Georgia sbuffò guardandolo annoiata “Dobbiamo continuare ancora a lungo questa discussione? Ho voglia di un bagno, oggi è stata una giornata stressante all’azienda”.
Louis seguì la moglie che si dirigeva nella cabina armadio.
“E non fare quella faccia, neanche con i tuoi occhioni puoi convincermi questa volta” disse abbassandosi per prendere il pigiama tra i cassetti.
“Eppure in passato hanno funzionato..” maliziò di rimando.
“È vero! Potranno funzionare quando vuoi convincermi a dare Logan i biscotti al cioccolato, o quando vuoi portare Lizzie a giocare in giardino e anche quando io non ho voglia di fare sesso, ma questa volta no”.
Urlò quasi, andando verso il bagno della loro camera da letto.
“Odio quando sei così testarda! Puoi farmi contento per una volta?” la donna scosse la testa iniziando a riempire la vasca.
“Sai cosa mi fa innervosire di questa cosa? Che tutti verranno a sapere la nostra storia! Ci faranno un film, non ti dà fastidio che un attore qualunque interpreti te stesso nei momenti più belli della tua vita, mh?”
“No! È questo il bello, io voglio che accada! Anche i ragazzi sono emozionati, perché sicuramente ci saranno anche loro”.
Disse con lo sguardo sognante “Vi odio” borbottò togliendosi il vestito.
“Amore hanno chiesto a noi una cosa del genere! Neanche a lady Diana era stata chiesta una cosa del genere, forse perché è morta prima, ma non centra! Insomma la nostra storia potrebbe arrivare ai livelli di..che so di Harry Potter o di Twilight”.
“Sì, continua a sognare Lou che non fa mai male sognare”
“Poi non capisco perché ti scaldi tanto, l’unica cosa che dobbiamo fare è raccontare come ci siamo conosciuti e come si sono evolute le cose tra noi fino al matrimonio. Che poi l’intera storia è già conosciuta, per un periodo di tempo i giornali non facevano che parlare di noi”
“Certo perché tu sei un famoso cantante e io..ah!” si bloccò appoggiando la testa sul bordo della vasca per rilassarsi.
Aprì gli occhi e si ritrovò il marito seduto a terra con le gambe incrociate che continuava ad osservarla, sembrava un bambino.
“La smetti?” quello scosse la testa sorridendo.
Georgia chiuse gli occhi riappoggiandosi sul bordo.
Per un attimo Louis si dimenticò del perché fosse lì seduto, si perse nel contemplare la moglie con un’espressione così rilassata.
I capelli ramati legati in uno chignon azzardato, la pelle nivea delle braccia appoggiate alla vasca bianca; quando rialzò lo sguardo dalle braccia si ritrovo i suoi enormi occhi azzurri che lo scrutavano “Che stai facendo?” chiese rialzando leggermente la testa. “Niente, ti guardo” rispose con non-chalance. “Perché?
” “Perché sei bella” Georgia sorrise
“Smettila di fare il ruffiano, non è così che mi farai cambiare idea”
“Infatti io non lo sto dicendo per quello. Penso davvero che tu sia bella”
“Questo lo so altrimenti non mi avresti sposato, no?”
“L’ho sempre pensato” esordì alzandosi da terra e avvicinandosi alla vasca.
“Cosa?” chiese la donna senza staccare gli occhi dai suoi.
“Che sei bella. Anche quella volta all’aeroporto, con quel vestito ‘stravagante’, ho pensato a quanto fossi bella. La prima cosa che mi colpì di te furono i tuoi capelli. Quando ci ritrovammo chiusi lì dentro a fatica te li sciogliesti e una cascata di lucenti capelli ramati ricadde sulle tue spalle. Quando dovevo parlare di te ad Harry ti chiamavo ‘capelli ramati’. Lo sapevi?” Quella scosse la testa arrossendo leggermente, dopo tanti anni le facevano ancora un certo effetto i complimenti del marito.
“E quando arrossisci sei ancora più bella!” disse accarezzandole la guancia.
“Se questa è una tua tattica per convincermi, devi sapere che ci stai riuscendo” disse quasi sussurrando.
Se possibile il sorriso di Louis si allargò maggiormente.
“Quindi devo continuare ad elencare le cose che amo di te?” lei scosse la testa
“Potrei rivalutare la mia posizione se venissi nella vasca con me”
“Proposta allettante” disse Lou avvicinandosi alle sue labbra per lasciarle un casto bacio.
Si sollevò e inizio a sfilarsi la camicia finché una vocina lo costrinse a fermarsi.
“Papi non riesco a dormire” disse la piccola Lizzie con la voce leggermente impastata.
Georgia sollevò di colpo la testa. Louis guardò la moglie con sguardo rassegnato, quest’ultima si limitò a fare spallucce.
“Andiamo principessa, papà ti racconta una storia” disse prendendo in braccio la bambina di quattro anni.
 
 
Stanco si mise nel letto accanto alla moglie che lo aveva aspettato sveglia distraendosi con il libro. “Si è addormentata?”
“Sì, dopo ben due storie!”. Quella ridacchiò “Che hai da ridere? Potevi andare tu a raccontarle qualche storia” disse fingendosi offeso.
“Lo sai che sei tu quello bravo in queste cose”. Ripose il libro sul comodino.
“Risparmia di dire che ora sei stanca per fare quello che stavamo per fare nella vasca, lo sono anche io”
“Veramente io non sono stanca”
“Davvero?” chiese sgranando gli occhi. Di risposta Georgia iniziò a ridere “Dovresti vedere la tua faccia!”
“Tu mi dici una cosa del genere è logico che io sono sbalordito! Insomma siamo sposati e sono due settimane, dico due settimane che non facciamo sesso. Si chiama vita matrimoniale questa?”
“Sì, si chiama vita matrimoniale con due figli e un lavoro!”. Louis sospirò “Comunque hai cambiato idea riguardo al film?” chiese cingendole la vita con un braccio e avvicinandola a sé. “Solo se posso scegliere io l’attrice che mi interpreterà” disse affondando la testa nell’incavo del suo collo.
Quest’ultimo le lasciò in bacio tra i capelli sorridendo.
“Sarà un gran bel film; la storia d’amore tra Louis William Tomlinson famoso cantante della boy band One Direction e Georgia Elisabeth Lewis duchessa di Endmon, piccolo paesino dell’Inghilterra settentrionale. Vinceremo sicuramente un oscar!” disse con aria sognante.
La moglie rise per l’apparente ingenuità del marito. “Chiamerò domani stesso i produttori!”.
Sbuffando Georgia si mise a cavalcioni su di lui “Ne hai ancora per molto?”.
Come stregato da quegli occhi azzurri scosse la testa.
 


“Allora signori Tomlinson voglio che voi mi raccontiate la vostra storia dal momento in cui vi siete conosciuti, senza tralasciare nulla intesi? Se necessario potete partire anche da prima che vi conoscevate, servirà per creare maggiore suspense nel film ok?”
chiarì Micheal Moore il produttore del film.
I due coniugi seduti di fronti a lui annuirono.
“Allora chi inizia?” chiese puntando la telecamera inquadrando entrambi.
“Inizio io” disse Georgia. 











È tardi e io invece di dormire sono qui a pubblicare il prologo di questa mia nuova 'pazzia' ! Ancora ora non sono sicura se pubblicarla o meno! xD
Devo ancora terminare l'altra mia storia, The Professor, anche se manca solo un capitolo! (:
Sinceramente non so che dire, logicamente il nome del paesino di cui la protagonista è la duchessa è inventato! Come anche la casata a cui appartiene! :D
Spero di riuscire a coinvolgere i lettori come ho fatto con la storia precedente che mi ha dato TANTE soddisfazioni! ;)
Vi lascio il mio Twitter ! c: 
Alla prossima! ;D 




Ciao Louis! :)))




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Capitolo 2
*** Chapter one. ***


                            
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Chapter one.
 
 









Era un giovedì di giugno, precisamente l’undici, non credo dimenticherò mai quel giorno. Avevo ventiquattro anni, una laurea e tanti sogni. Avevo assecondato i desideri dei miei genitori in tutto: mi ero laureata in economia per poter lavorare nell’azienda di famiglia e ,nonostante io volessi andare in una delle sedi americane, per volontà di mio padre rimasi ad Endmon.
Ogni cosa procedeva per il meglio finché non mi chiesero qualcosa di più importante, di più difficile e duro da affrontare.
Tutto cominciò quando mia madre alla fine dell’estate organizzò uno dei suoi soliti party dove mi aveva costretto ad indossare il mio vestito migliore raccomandandosi più volte che io sorridessi sempre e che io fossi sempre gentile con tutti, cosa alquanto strana.
Quella sera c’era una festa sulla spiaggia a cui io avrei voluto partecipare, c’era anche il mio ragazzo dell’epoca Travis, ma come sempre misi da parte le mie volontà e con un sorriso tirato mi presentai a quello stupido party.
A metà serata realizzai il perché di tutta quella preparazione da parte di mia madre, quest’ultima aveva invitato Archibald Davinson II.
Lo conoscevo bene, anzi conoscevo bene la sua ricca famiglia che più volte aveva tentato di comprare l’azienda di famiglia con scarsi risultati.
Fu quel giorno che capì cosa volevano ancora i miei genitori da me, volevano che io mi sposassi e non per amore ma per affari; se io avessi sposato quel troglodita di Archibald non avrebbero più tentato di portarci via l’azienda. Cose da pazzi!
Perché dovevo essere io quella che doveva sacrificarsi? Non poteva farlo mia sorella Janet?
Comunque a partire da quella sera di fine estate regolarmente a casa arrivavano fiori e regali che io puntualmente rifiutavo.
L’atmosfera a casa era gelida se non peggio. Vana era l’indifferenza di mio padre e vane erano anche le parole di mia madre.
Non avrei mai sposato quell’essere.


“Scusi se interrompo il suo racconto, signora Tomlinson ma non riesco a seguirla bene a causa delle risate di suo marito” disse il produttore rivolgendo uno sguardo all’uomo seduto di fronte a lui. Louis sentendosi osservato si dirizzò sulla sedia, Georgia lo fulminò con lo sguardo “Vuoi spiegarmi perché stai ridendo?” e senza ricevere risposta quello ricominciò a ridere “Sto pensando a..ad Archi e al fatto che continui a chiamarlo troglodita e altri nomignoli divertenti! Niall lo chiamava E.T.!” e ricominciò a ridere.
La moglie lo seguì a ruota contagiata dalle sue risa.
Un colpo di tosse li fece voltare verso Moore che li guardava seccato
“Se avete finito, può continuare; gliene sarei davvero grato”.
Imbarazzata si ricompose e ricominciò il suo racconto.



La situazione cambiò a novembre quando al mio compleanno Archibald si presentò alla mia festa. Ero sul punto di cacciarlo via ma mia sorella Janet me lo impedì, purtroppo. Non era di certo venuto lì per farmi gli auguri. Questo lo capii già per il suo vano tentativo di baciarmi più volte e dal fatto che non si staccava mai da me. A metà serata poi accadde. Mi ritrovai al centro della sala trascinata da mia madre, le luci si abbassarono e il DJ fece partire una musica lenta: cosa che io avevo categoricamente vietato.
Tutti gli occhi erano puntati su di me e non riuscivo a capire il perché. Mi guardavano tutti con sguardo felice,  intenerito tranne mia sorella che mi guardava rassegnata. Quando vidi Archibald avvicinarsi iniziai a preoccuparmi.
Quando lui si inginocchiò e mi mostrò un anello con un diamante enorme sarei voluta scappare.
Alzai lo sguardo e incrociai quello di mia madre. La guardai con disprezzo, quasi. Come aveva potuto farmi questo? Il giorno del mio compleanno! Senza degnare di uno sguardo il ragazzo inginocchiato mi voltai con l’intenzione di scappare.
Fui fermata da mio padre che con sguardo gelido mi disse “Accetta, almeno questa volta ascoltaci”
“Almeno questa volta? Papà ma se vi assecondo in ogni cosa! Non puoi costring-“
“Smettila di fare la bambina, stai dando solo spettacolo”.
Amavo mio padre ma in quel momento non sembrava neanche lui.
Mi guardai attorno e vidi le persone che iniziavano a mormorare fra di loro.
Mi voltai verso Archibald nella stessa ed identica posizione di prima.
“Per favore Georgia, ne abbiamo bisogno” mi chiese la donna che mi aveva messo al mondo.
Sospirai frustrata e mi voltai verso il ragazzo. Annuì semplicemente. Quello sorrise.
Il sorriso forse era l’unica cosa buona che aveva, probabilmente grazie ad anni di apparecchio.
Quel bel sorriso però era in contrasto con il nasone, le labbra troppo larghe e la calvizia che iniziava ad essere notata.
Mi si avvicinò, molto probabilmente per baciarmi, io scostai il viso e fui costretta a ricevere un orribile e troppo bagnato bacio sulla guancia. Frenai l’istinto di pulirmi con la mano. Ballammo un lento. Non sapeva neanche ballare tanto che persi il conto di quante volte mi pestò i piedi. Cercai di limitare il più possibile il contatto per il resto della serata. Fu il compleanno più brutto della mia vita.
Quando gli ospiti lasciarono la casa salì in camera e scoppiai a piangere.
Janet mi raggiunse e passammo insieme una notte insonne.
Per i mesi successivi continuai a ricevere regali di ogni genere, non li aprivo neanche, mi limitavo a buttarli.
Poi arrivava mia madre che tirava fuori il pacchetto, lo apriva e tentava di farmi piacere l’ennesima collana, l’ennesimo paio di scarpe o l’ennesima borsa. Non che non fossero cose belle, anzi se non fossero stati regali di quell’ alieno li avrei accettati senza pensarci due volte.
Almeno una volta a settimana veniva a cena a casa nostra, spesso veniva anche Archibald Hector Senior.
Non restavo mai sola con Archi o almeno ci provavo.
Ad ogni sua domanda rispondevo a monosillabi o in modo acido. Speravo che in questo modo si ritirasse ma così non fu.
La data del matrimonio fu scelta dai nostri genitori, l’undici giugno. Non partecipai direttamente ai vari preparativi, pensò a tutto mia madre. Non furono neanche prese le misure del vestito a cui io mi rifiutai. Anzi usarono le taglie di un altro mio abito.
Ogni mio tentativo di sabotaggio o di scappare fu inutile.
I miei sembravano non curarsi del mio stato d’animo, del fatto che fossi infelice, triste completamente indifferente a loro e a quel matrimonio. La sera del dieci luglio presi la mia decisione: avrei cercato di scappare.
Non sapevo se direttamente da casa, dalla chiesa o dall’auto e non sapevo dove sarei andata ma l’avrei fatto.
E lo feci.
 



Ed ecco che arrivò il fatidico giorno. Fin da quando la data era stata stabilita pensai che sarebbe stato il giorno più brutto della mia vita, invece diventò uno dei migliori. Quel giorno c’era il sole anche se l’aria era leggermente fredda. Fui svegliata alle sette.
Non mi opposi quando mi truccarono, mi acconciarono i capelli e neanche quando fui aiutata a svestirmi per poi indossare l’abito.
Era un vestito con un corpetto stretto che scendeva poi largo. Troppo pomposo per i miei gusti, sembravo una bambola
“Me lo fai almeno un sorriso?” mi chiese mia madre; mi faceva leggermente pena per il tono che aveva usato ma non era colpa sua se ero in quella situazione? Non le risposi.
Salì nella limousine che mi avrebbe portato in Chiesa, non degnai mio padre né di uno sguardo né di una parola.
Lui non si oppose alla mia indifferenza come la mamma. Quando la limousine si fermò presi un enorme respiro e scesi dall’auto.
C’era qualche fotografo che avrebbe dovuto mettere la notizia del mio matrimonio nella sezione ‘eventi’ del giornale locale.
Mi ritrovai a pensare che probabilmente quella sarebbe diventata notizia da prima pagina.
La marcia nuziale partì, la navata era lunga e gli ospiti erano tanti, tutta la migliore nobiltà inglese.
Archibald II era lì, chi poteva essere così brutto anche il giorno del suo matrimonio? Beh lui sicuramente o forse era l’odio che provavo nei suoi confronti a farmelo vedere così. A metà navata decisi di agire, non avevo intenzione di ripercorrerla tutta correndo.
Spinsi con forza il braccio di mio padre via, lo guardai per un attimo negli occhi e poi iniziai a correre verso l’uscita senza voltarmi indietro. Sentivo la voce di mio padre che mi richiamava e dei passi dietro di me. Non sapevo chi mi stava correndo dietro e non mi voltai per vederlo. Stupendo ulteriormente tutti invece di precipitarmi all’uscita principale passai per la sacrestia e uscì dalla porta secondaria.
Mia sorella mi aveva procurato un taxi. Vi salì con un po’ di difficoltà per il vestito. “All’aeroporto!” urlai ancora con il fiatone.
Mi voltai giusto in tempo per vedere mio padre che continuava a chiamarmi e per essere accecata da qualche flash.
Non mi sono mai pentita di quel gesto.
 
“Tesoro credo che tu abbia parlato troppo! Posso farlo io ora? Ti prego!” Georgia sbuffò
“Ok, Louis. Quando fai così sei proprio un bambino!” “Lo so” disse con disinvoltura.
Il produttore non fiatò e attese che anche Louis iniziasse a raccontare.

 


Eravamo nel pieno del tour, avevamo terminato le tappe europee con alcune città dell’Inghilterra settentrionale.
Eravamo stanchi ma felici per come fossero andate le cose, e soprattutto emozionati per la settimana di vacanze che ci attendeva in America prima di ricominciare il tour lì. La brutta notizia però ci arrivò due giorni prima di partire: il nostro jet privato aveva dei problemi tecnici di conseguenza avremmo dovuto prendere un normale aereo. A noi non dispiaceva per il fatto che non avremmo avuto tutti i comfort a cui eravamo abituati ma perché a causa di ciò saremmo dovuti andare all’aeroporto pubblico e le fan ci avrebbero assaliti. Ci piaceva ricevere le loro attenzioni ma eravamo troppo stanchi e volevamo semplicemente fare un viaggio rilassante.
Titubanti ci ritrovammo nell’auto che ci avrebbe portati lì. C’era traffico questo ci fece capire la quantità delle fan che ci avrebbero atteso. Quando iniziammo ad avvicinarsi a destinazione cominciai a sentire le urla.
Credo di essere fortunato se dopo tutti questi anni ho ancora l’udito!
Ognuno di noi aveva la propria guardia personale per non contare le altre che dovevano assicurarsi che arrivassimo sani e salvi sull’aereo.
Peter fu affidato a me; era un ragazzo simpatico solo che erano pochi mesi che lavorava come guardia del corpo e non mi sentivo del tutto al sicuro. Infatti non abituato all’assalto di tutte quelle ragazze urlanti andò nel panico. Ricordo ancora la sua faccia: non sapeva che fare, era diventato pallido.  Quando mi sentii tirare per la felpa da una delle tante fan decisi di agire.
Infilai il cappuccio della felpa e mi feci spazio tra la folla cercando di non farmi riconoscere.
Tentativo vano perché quando superai la folla una ragazza mi riconobbe e cominciò ad urlare il mio nome urlando ed indicandomi.
Imprecai mentalmente e iniziai a correre rincorso dalle ragazze.
Correvo più forte che potevo finché non sentii dei passi vicini, mi voltai alla mia destra e notai una ragazza che correva  nella mia stessa direzione, la cosa buffa era che indossava un pomposo abito da sposa. Sembrava spaventata, continuava a voltarsi indietro.
Lo feci anche io e notai alcuni uomini vestiti eleganti che le correvano dietro.
Quindi anche lei stava scappando come me?
Notai una porta sulla sinistra con su scritto ‘solo personale’.
Afferrai la ragazza per il vestito e la portai in quello stanzino.
Fu lì che io e la mia Georgia ci incontrammo per la prima volta.
Bizzarro vero?
 











Ed ecco che ho aggiornato! Ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo perchè volevo scriverlo al meglio! Spero di esserci riuscita! xD
Grazie mille a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un mega grazie a chi ha recensito il prologo! <3
Voglio ringraziare le ragazze che mi hanno scritto su twitter, siete fantastiche! :D

Twitter   
Moments~ on facebook
Alcune ragazze mi hanno chiesto una foto della protagonista, beh io me la immagino così! ;)
Alla prossimaaa! ;D
Bella vero?? *.* 
 
 Louis sempre il solito! ahaha cucciolo! :3
    

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Capitolo 3
*** Chapter two. ***


                            
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Chapter two.
 
 

 







Continuavo a scrutare la ragazza davanti a me mentre cercavo di riprendere fiato, quella corsa mi aveva distrutto. Lo stesso doveva valere per lei che continuava a guardarmi con gli occhi sgranati. Era sudata e senza rivolgermi ancora la parola iniziò ad armeggiare con le forcine nei suoi capelli. Erano molto tirati all’indietro, probabilmente le davano fastidio. Capì che la mia teoria era giusta quando se li sciolse tirando un sospiro di sollievo. Ed ecco che una cascata di capelli le contornarono il viso e si posarono sulle sue esili spalle.
Non erano rossi semplicemente, erano ramati e bellissimi. Erano in completa armonia con il resto del suo corpo e soprattutto con i suoi occhi verdi, di un verde piuttosto scuro. Con lo sguardo scrutai il resto del suo corpo finché una voce non mi svegliò dalla mia contemplazione di quel corpo a me di fronte.
“Finita la radiografia?” disse con tono acido.
Inarcai le sopracciglia guardandola in viso “Dovresti essere più riconoscente per colui che ti ha salvato da quei tipi che ti inseguivano, no?”  risposi con tono ovvio. La ragazza abbassò lo sguardo, probabilmente valutando vere le mie parole.
“Credo che abbiamo cominciato con il piede sbagliato, io sono Louis” cercai di essere cordiale, porgendole anche la mano.
“Georgia, e poi so chi sei” mi strinse la mano, e il contatto con la sua pelle mi provocò un brivido che mi costrinse a lasciare subito la presa.
“Ah sì?” Georgia annuì semplicemente.
Seguirono dei minuti di silenzio in cui quella, ancora appoggiata al muro, si sedette a terra non preoccupandosi minimamente di rovinare il vestito. “Perché fuggivi?” la mia domanda era lecita e mi doveva una risposta, in fondo l’avevo salvata.
“Beh di certo non perché delle ragazzine urlanti mi seguivano” ed ecco che era tornato il suo tono acido.
“Simpatica” e il mio tono sarcastico mi fece guadagnare un’occhiataccia.
Seguirono altri minuti di silenzio interrotto, questa volta, dal mio cellulare. Lo afferrai leggendo il nome di Harry sul display
“Dove diavolo sei finito stupido?” fui costretto ad allontanare il telefono dall’orecchio per quanto aveva urlato.
Cercai di rassicurarlo spiegandogli di essermi rifugiato in uno stanzino dell’aeroporto, non gli parlai della ragazza.
Omisi la questione dell’inesperienza di Peter, non volevo metterlo nei guai con i suoi superiori.
“Beh resti un irresponsabile che si è allontanato dalla guardia. L’aereo parte tra mezz’ora quindi sbrigati.”
Lo liquidai con un “Arrivo subito” e riposi il cellulare in tasca. Georgia era ancora lì che mi guardava dal basso con i suoi occhioni.
“Te ne vai?” mi chiese quasi in un sussurro. Sbalordito leggermente dal tono di voce triste che aveva usato, mi ritrovai a dubitare che avesse disturbi bipolari, aveva cambiato di nuovo umore!
“Sì, non posso restare qui in eterno e poi ho un aereo” la ragazza annuì abbassando lo sguardo.
Mi faceva quasi pena in un certo senso. “Tu..tu cosa farai?” azzardai a farle quella domanda.
“Non lo so, io..” e scoppiò a piangere.
Non me lo sarei mai aspettato, cosa avrei dovuto fare? Non ero bravo in questo genere di cose; nonostante ciò mi abbassai alla sua altezza e le misi una mano sulla spalla scoperta dal vestito senza spalline. A quel contatto la vidi sussultare.
“Ehi non piangere, su..” e invece di smetterla la sentì singhiozzare più forte.
Imprecai mentalmente per essermi ritrovato in quella situazione. “Io..io sono scappata dal mi-mio matrimonio.” Finalmente si era decisa a dirmi perché era in quella situazione.  
“Questo l’avevo capito, dolcezza” non so perché ma volevo sembrare il più indifferente possibile, non volevo farle capire quanto in realtà lei mi avesse colpito e quanto fossi interessato alla sua storia.
“Non chiamarmi dolcezza” Ed ecco che era di nuovo sgarbata.
Sbuffai rumorosamente e mi alzai pronto a lasciare quello stanzino, non potevo perdere altro tempo.
“No, aspetta!” e mi sentii trattenere per il braccio.
“Cosa vuoi?” suonai forse fin troppo scocciato.
“Mi pu-puoi aiutare? Per favore! Io non posso tornare a casa” ed ecco che ricominciava con le lacrime.
 



“Ok, mi dispiace interrompere Mr Moore ma mi sta facendo apparire come una pazza!” cercò di obiettare Georgia fulminando il marito con lo sguardo.
Louis sghignazzò.
“Vuole dire che suo marito sta dicendo bugie?”
“No, assolutamente. È davvero successo tutto questo, ma mi permetta di descrivere come appariva Louis ai miei di occhi”

 
 


Era arrogante, sfrontato, altezzoso e insolente ma era la mia unica ancora di salvezza. L’avevo riconosciuto subito. Forse avrei dovuto ringraziarlo per avermi aiutato a fuggire da mio padre e le guardie che mi seguivano che sinceramente non mi aspettavano che lo facessero.
Non potevo andare in giro soprattutto vestita in quel modo e inoltre ero sicura che mi stessero ancora cercando nei meandri dell’aeroporto. L’unica soluzione era chiedere aiuto al ragazzo in piedi di fronte a me. Gli avevo chiesto di aiutarmi e non ero riuscita a trattenere le lacrime. Avevo paura, tanta. Cosa avrei fatto? Dove sarei andata? Ero sola, non avevo portato il cellulare per impedire di essere rintracciata.
In realtà contavo di andare in Spagna dove avrei trovato mio cugino Luke, figlio di zia Clarine, lei sì che era riuscita a lasciare Endmon e a ribellarsi al padre. Mia madre non l’aveva fatto, probabilmente non l’aveva mai voluto.
Sapevo che lì sarei stata capita e magari sarei riuscita a ricostruirmi una vita lontano dall’Inghilterra.
Alla mia richiesta il ragazzo scoppiò a ridere. “E come dovrei aiutarti? Io ho un aereo fra poco” nonostante fossi irritata per la sua faccia tosta, dissi la prima cosa che mi venne in mente
“Portami con te!” dissi alzandomi, forse con troppa enfasi. Louis mi guardò stralunato, sorpreso da quella richiesta.
“Voglio dire, aiutami per favore! Lo so che non mi conosci ma..sono disposta a pagarti! La mia famiglia è ricca e una volta finito tutto ti pago, faccio tutto quello che vuoi ma..per favore” sarei stata capace di mettermi in ginocchio pur di far sì che lui accettasse.
“Non ho bisogno di denaro, né di nient’altro. Facciamo così prenderai l’aereo con me e la mia band. L’aereo ci porterà a Los Angeles, una volta lì te la caverai da sola. Ti servirebbe un biglietto ma chiederò a Robert il manager che è con noi di risolvere il problema.”
Alla fine del discorso mi sorrise, forse per rassicurarmi.
Poi il suo sguardo scrutò silenziosamente il mio corpo finché sul suo volto non comparve un ghigno
“Abbiamo un problema più grande a mio parere, come farai a non essere notata vestita così?” e indicò con la mano sinistra il mio pomposo abito da sposa. Solo in quel momento realizzai che sarebbe stato un enorme problema.
Guardai lo stanzino in cui eravamo chiusi per poi rendermi conto che non era altro che la lavanderia degli abiti dei dipendenti.
Sorrisi per aver trovato, forse, una soluzione.
“Potrei indossare uno di questi vestiti” e mi avvicinai all’enorme contenitore bianco, alzai il telo che lo copriva e mi ritrassi istintivamente.
Quei vestiti erano usati e sporchi e l’odore che emanavano non era dei migliori. Anche Louis si era avvicinato e storse il naso per poi ridere.
“Che ti ridi?” Non solo la situazione non era delle migliori, ma lui si divertiva per la mia sventura; lo odiavo per questo.
Sbuffai ricoprendo il contenitore con il telo e mi voltai verso di lui.
“Allora? Non puoi di certo camminare in biancheria, anche se a me non dispiacerebbe”. Maliziò guardandomi.
Sbuffai rumorosamente. “Ma tu non eri fidanzato?”
“Certo, ma fidanzato non significa che io non sia un uomo. Ora basta con queste frugalità, che vuoi fare? Io ti consiglierei di metterti uno di quelli almeno finchè non saliremo sull’aereo”. Sospirando e rivolgendo uno sguardo disgustata a quei vestiti, afferrai una t-shirt, che sembrava meno bagnata di sudore delle altre, e un paio di pantaloni, che di certo non erano la mia taglia.
“Girati” Sbuffando esaudì il mio desiderio.
“Ma sbrigati che già siamo in ritardo”. Tentai di abbassare la zip che racchiudeva il vestito, e saltellando qua e là ci riuscì.
Rifiutai la sua richiesta d’aiuto , sicura che non voleva davvero solo aiutarmi. Con riluttanza infilai quegli abiti. Feci voltare Louis pronta ad uscire, ma quest’ultimo mi bloccò. “Che c’è?”
“Se esci così potrebbero riconoscerti. Tieni mettiti la mia felpa, ha il cappuccio” e mi porse la felpa azzurra.
L’accettai senza obiettare; lui indossò un paio di occhiali da sole e insieme uscimmo da quel nascondiglio.
Lo seguì in silenzio, ricevette un’altra chiamata forse da un membro della band. “Andiamo, dobbiamo sbrigarci” e mi afferrò la mano.
Era bellissimo il contatto con la sua pelle. La sua mano era calda e mi dava un senso di sicurezza.
Con l’altra si scompigliò i capelli e osservò il tabellone per capire dove era il nostro aereo.
“Parte fra cinque minuti, svelta!” urlò e iniziò a correre trascinandomi con sé.
Guardava in giro per trovare il luogo di partenza e quando sembrò averlo trovato corse ancora più forte.
Stavamo per entrare finché l’hostess che ritirava i biglietti per quell’aereo ci fermò chiedendoci i biglietti. Fu a quel punto che Louis si tolse gli occhiali da sole e le rivolse un meraviglioso quanto finto sorriso. La donna lo riconobbe, lo capii dagli occhi che le brillavano
“Mi scusi non ho il biglietto con me, è il mio manager che è già dentro ad avercelo. Io ho avuto qualche..contrattempo e quindi sono un po’ in ritardo ma le assicuro che gli altri membri sono dentro. Può farci entrare?” aveva usato un tono da seduttore, l’aveva completamente ammaliata con i suoi occhi, le sue parole e il suo sorriso.
La donna annuì e ci lasciò entrare. Ancora sconvolta per ciò a cui avevo assistito rimasi immobile finché Louis non mi strattonò il braccio e mi indusse a correre di nuovo insieme a lui.
Attraversammo il lungo corridoio che affacciava sulla pista.
Non aveva esitazioni su quale strada avremmo dovuto prendere, probabilmente perché era abituato a viaggiare a differenza mia. In lontananza vide che un uomo stava spostando la scala che ci avrebbe dovuto far salire sull’aereo per chiudere lo sportello, Louis lo bloccò urlando di fermarsi. L’uomo lo ascoltò e riuscimmo a salire.
Mentre salivo vidi in lontananza un altro aereo che decollava.
Louis fece un sospiro di sollievo una volta entrati.
Iniziò a camminare tra i sedili, mi guardai in giro e notai che tutti ci guardavano in modo strano. Cercai di non pensarci finché il ragazzo davanti a me si bloccò di colpo facendomi urtare con la sua schiena.
“Dobbiamo sederci, dopo il decollo chiamerò i ragazzi e vedrò dove sono seduti”.
Trovammo due posti vuoti verso la fine dei sedili.
Come sempre avevo un po’ paura di decollare, il solito fastidio alle orecchie non tardò a farsi sentire.
Quando l’hostess ci informò che potevamo anche slacciare le cinture, capì di essere finalmente in salvo.
Louis iniziò ad armeggiare con il suo cellulare “Io sono salito, voi dove siete?” lo vidi ascoltare attentamente le parole del suo interlocutore
“Che significa che siete partiti senza di me? Io sono su un aereo!” che senso avevano le sue parole?
Cosa stava cercando di dire? Iniziai ad essere preoccupata. Spazientito staccò la chiamata e chiamò una hostess.
“Mi scusi può dirmi dov’è diretto questo aereo?” aveva mascherato la sua preoccupazione con il suo solito sorriso accattivante.
“Certo, all’isola di Koh Samui” rispose la donna leggermente sbalordita da quella domanda. Entrambi sgranammo gli occhi.
“Ab-abbiamo sbagliato a prendere aereo, io..”
“Abbiamo?! Hai! Hai fatto tutto tu, tu hai chiamato i tuoi amici, tu hai visto quale aereo prendere. E ora? Chi l’ha mai sentita un’isola del genere brutto idiota!”ero fuori di me, era tutta colpa sua.
“Senti, smettila. In fondo nessuno ti ha costretto a seguirmi. Devo ricordarti che mi hai pregato di portarti con me? Di salvarti? Ora andiamo su questa stupida isola e poi troveremo una soluzione” il suo tono non ammetteva repliche.
Mi accasciai al sedile iniziando a guardare le nuvole che ci circondavano dal finestrino.
Andavamo verso l’ignoto, entrambi eravamo spaventati, perché si sa in fondo che l’ignoto fa sempre un po’ paura.










Mi scuso per l'imperdonabile ritardo, ma sono stata impegnata! Prometto che non cercherò di non farlo più e anzi cercherò di aggiornare prima! :)
Grazie mille per chi ha recensito i capitoli precedenti! 12 recensioni per una nuova storia per me significano tanto! :D
Grazie anche a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! <3
Cosa ne pensate della storia? Vi piace come si sta "evolvendo"? Anche se ancora dobbiamo entrare nel vivo! xD
L'isola di 
Koh Samui esiste davvero! è un isola della Thailandia ed è bellissima! ;)
Questo è il mio Twitter ! (:
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Alla prossima! ;D




Louis vi manda un bacino! <3

 






 

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Capitolo 4
*** Chapter three. ***


Chapter three.
 
 
 







Ero diretta in un’isola sconosciuta con uno sconosciuto, sarei dovuta essere spaventata? Forse.  
Non lo ero perché l’unica cosa che desideravo era scappare e ci ero riuscita, tralasciando le dinamiche dei fatti. Il mio compagno di disavventura dormiva comodamente spaparanzato sulla poltrona dell’aereo. Lui era del tutto tranquillo per quella situazione, o almeno così dava a vedere. Quando la voce dell’hostess ci disse di allacciare le cinture per l’imminente atterraggio Louis continuava a ronfare liberamente; cercai di svegliarlo scuotendolo leggermente ma sembrava come entrato in coma.
L’unica alternativa era fare ciò che facevo sempre per svegliare mia sorella Janet. Avvicinai le mie labbra al suo orecchio destro e iniziai a soffiarci dentro: iniziò a muoversi leggermente; iniziai a chiamarlo a bassa voce, ma invece di svegliarsi sembrava che la mia voce lo rilassasse ulteriormente tanto che un sorrisino gli spuntò dalle labbra e si accomodò meglio sulla poltrona. Non volevo assolutamente ricorrere a quel metodo, ma fui costretta. Urlai un “Sveglia!” forse un po’ troppo forte perché tutte i passeggeri si voltarono verso di me, ma in compenso ottenni l’effetto desiderato: Louis era balzato dalla sua postazione.
Si guardò intorno e solo quando ebbe realizzato la situazione si girò guardandomi male.
“Ma sei impazzita?!” ah..se gli sguardi potessero uccidere.
“Stiamo per atterrare, metti la cintura” mi mostrai calma e pacata pur non nascondendo un leggero risolino.
Sbuffando fece ciò che gli avevo detto e non fiatammo finché non uscimmo da quell’aereo.
L’aeroporto non era di certo dei migliori, alquanto arretrato. “Beh non siamo di certo a Singapore o Tokyo” borbottò Louis alla mia osservazione. Ancora intenta ad osservare quel posto non mi resi conto che lui si stava allontanando, stava andando alla reception. Mi avvicinai anche io.
Una donna sulla cinquantina e leggermente paffuta ci accolse con un enorme sorriso. Louis le disse che eravamo inglesi e chiese qual’era l’orario del prossimo volo. La signora ci informò del fatto che in quella stagione i turisti erano pochi e che di conseguenza erano pochi i voli disponibili; per Heathrow il prossimo sarebbe stato disponibile una settimana dopo. Eravamo sbalorditi.
Cosa avremmo fatto? Non valsero le richieste di Louis di altre possibilità. Certo avremmo dovuto prendere la nave ma i giorni d’attesa sarebbero stati più lunghi. Affranto Louis andò via.
Lo rincorsi chiamandolo. “Che vuoi?” in modo molto scorbutico mi fece intendere quanto fosse grato della mia presenza lì.
Cercai di ignorare la cosa. “Siamo soli su quest’isola dobbiamo stare insieme” la sua risata cristallina si fece sentire distintamente.
“Dobbiamo?! Bella già è tanto se ti ho aiutato ad arrivare fin qui” il suo carattere sfrontato mi faceva impazzire.
“Tu devi aiutarmi! Per favore, in due questa settimana potrà passare più in fretta”
“È un invito a fare sesso per l’intera settimana” disse in modo malizioso.
Lo trucidai con lo sguardo scuotendo la testa e incrociando le braccia al petto.
“Beh se non è così, ci si vede!” mi salutò alzando la mano e voltandosi di nuovo.
Lo rincorsi di nuovo. “Per favore non farlo!”
“Dammi un solo motivo per il quale io dovrei aiutarti”
 “Beh mi chiamo Georgia Elisabeth Lewis e mia madre è la duchessa di Endmon; la mia famiglia possiede un’azienda d’imballaggio e..”
“Aspetta! Quindi tuo padre è Keaton Marc Lewis?” c’era stupore e forse anche sbalordimento nella sua voce. Annuì semplicemente.
“Beh e ci credo che sei ricca” e si grattò la nuca.
“Quindi mi aiuterai?” scoppiò a ridere, di nuovo.
“Credi davvero che solo perché tuo padre è un pezzo grosso e tu sei una specie di reale io dovrei aiutarti? Non mi hai convinto per niente, bambolina!” mi innervosii ancora di più all’udire quel nomignolo.
Sbuffai rumorosamente per poi girare i tacchi e andare via. Mi ritrovai da sola a girovagare per le strade di un paese mai visto, tra gente sconosciuta e che per giunta mi guardava in modo strano; il mio abbigliamento non era dei migliori infatti: indossavo ancora quell’uniforme sporca e ai piedi indossavo i sandali del mio abito da sposa. Non ce la facevo più così mi sfilai quelle scarpe e iniziai a camminare a piedi nudi. Mi ritrovai a piangere come un’idiota.
Perché piangevo? Non era quello che volevo? Ero fuggita senza un vero e proprio piano e questi erano i risultati.
Non avevo soldi né nient’altro. Mi strinsi ancora di più nella felpa di Louis e inspirai il suo profumo: non avevo fatto altro da quando me l’aveva fatta indossare. Ancora un po’ scossa mi recai al bar di fronte all’aeroporto per chiamare mia sorella e avvertirla della situazione e soprattutto per sapere come stavano andando le cose a casa. Il ragazzo dietro al bancone mi informò che il telefono era a gettoni.
La fortuna non era proprio dalla mia parte. “Se vuoi ti posso prestare i soldi per la chiamata che devi fare” mi voltai al sentire quella voce. Louis. Era lì che beveva tranquillamente un tè freddo. “No, grazie.” L’orgoglio questa volta ebbe la meglio.
Stanca mi sedetti in una delle sedie di quel bar che di moderno non aveva nulla. Cercavo di pensare ad un piano per racimolare qualcosa di soldi, potevo trovarmi un lavoro o qualcosa, ma cosa poteva esserci lì su quell’isola?! Senza accorgermene mi ritrovai di nuovo a piangere. Il cameriere mi lasciò un bicchiere d’acqua sorridendomi. Ecco ora facevo anche pena. Bevvi in un sorso il contenuto. Louis era ancora lì, non potevo vederlo perché mi dava le spalle ma sentivo chiaramente la sua voce che parlava al cellulare.
Sempre più scoraggiata mi alzai e uscì fuori. Mi stavo guardando intorno probabilmente alla ricerca di qualche segno divino e arrivò, se così si può definire.
Sentì una mano appoggiarsi sulla mia spalla, mi voltai e incontrai un paio di occhi azzurri
“Al contrario di cosa ti ho dimostrato di me da quando mi hai conosciuto, sono molto generoso. Ora ti propongo un patto: io ti aiuto a mantenerti qui senza chiederti nulla in cambio di soldi quanto torneremo; ma tu devi fare una cosa per me”
“Cosa?”
“Voglio conoscere tuo padre” chiunque a quella risposta si sarebbe insospettito e io non ero da meno.
“Mio padre? Perché?”
“Niente domande, fa parte del patto. Allora ci stai?” era così sicuro di sé, mi penetrava con gli occhi in attesa di una risposta.
Ero disperata e inoltre che mi costava fargli conoscere mio padre? Anche se non avevo la più pallida idea del perché ed ero ansiosa di scoprirlo. “Ok, accetto” e con un enorme sospiro abbassai lo sguardo rimuginando sulla mia scelta.
“Bene! Andiamo a cercare un albergo” mormorò entusiasta.

Chiedemmo informazioni al ragazzo del bar che ci mise al corrente, come già sapevamo, che quella non era stagione turistica e che molti hotel erano chiusi. Suo cugino però aveva un piccolo bed&breakfast e avrebbe avuto sicuramente delle camere libere.
Grazie alle sue indicazioni raggiungemmo il b&b.
Un uomo basso sulla quarantina ci raggiunse. Louis gli disse che era stato suo cugino a mandarci.
Con un gesto secco della mano bloccò la fluente parlantina del ragazzo
“Allora si paga prima di prendere possesso della stanza, non fate rumori molesti dopo le undici di sera che mia madre è anziana e le danno fastidio, le lenzuola vengono cambiate ogni due giorni e se avete bisogno della lavanderia dovete pagare di più. Ci siamo intesi?” era un tipo scorbutico, l’opposto del cugino. “Bene, un’ultima cosa il bagno lo desiderate in camera o vi va bene usare quello comune?” eravamo rimasti entrambi senza parole. “Io..beh non pensavo esistessero ancora cose del genere Ma comunque preferiremmo avere un bagno per ogni stanza” questa volta parlai io, non potevo lasciar fare tutto a lui. 
“Per ogni stanza? Ma perché quante stanze volete?”
“Due!” urlammo all’unisono.
“Oh, beh mi dispiace ma io dispongo di cinque stanze: una è occupata da uno scrittore fallito venuto qui in cerca di ispirazione, un’altra è occupata da un fotogrago di una rivista importante di cui mi sfugge il nome, una è occupata da mia madre e poi ne ho una con bagno interno e una con quello esterno. Quindi dovreste decidere chi dei due avrà il bagno in comune”
“Beh ovviamente pago io, io avrò la stanza col bagno” brutto screanzato, l’avrei ucciso in quel momento.
“Ah sì? Devo ricordarti il patto? Quella stanza è mia!” non rispose alla mia obiezione riconoscendo che era giusta.
“Ok, prendiamo una stanza quella col bagno”
“Ma sei pazzo?” avremmo dovuto condividere la stanza?
“Senti è meglio che condividi il bagno solo con me che con degli sconosciuti”
Aveva ragione per questo mi limitai ad annuire.
Si prospettava una lunga settimana. 








Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ce la sto mettendo tutta per questa storia! :)
Grazie mille a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito! <3
Ho scritto una OS , se vi va passate! c:

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Ciao Louis! ;)) 






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Capitolo 5
*** Chapter four. ***


                            
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Chapter four.
 
 
 






Eravamo appena entrati in quella stanza. Puzzava di muffa e non era di certo il massimo della modernità.
C’era un’unica finestra che affacciava sulla strada; il letto padroneggiava e le coperte marroncine stonavano con le tende di colore verde.
Sulla destra c’era un’altra porta che sicuramente avrebbe portato al bagno invece al lato del letto c’era un armadio abbastanza grande, invece proprio sotto la finestra notai una scrivania. Louis scrutò con lo sguardo l’intera stanza per poi iniziare a girarci intorno per osservare tutti i particolari senza perdere l’espressione infastidita per quella situazione.
“Peggio di quanto mi aspettassi” borbottò continuando la sua perlustrazione.
“Beh non potevi aspettarti una stanza del Caesar palace!” ignorò palesemente il mio commento.
“Bene se hai finito, dammi dei soldi, ho bisogno di vestiti puliti” se lui aveva intenzione di fare il duro ed ignorarmi io avrei fatto altrettanto. Inarcò il sopracciglio destro e scocciato prese il portafogli dalla tasca posteriore dei pantaloni e mi diede una carta di credito.
La afferrai senza indugi e uscì da quella stanza.
Ma quanto poteva essere irritante?

L’unico negozio accettabile che non vendesse solo souvenir lo trovai  a venti minuti di distanza dal bed&breakfast.
Il commesso era un ragazzo niente male, pelle abbronzata, capelli neri tirati a lucido e occhi azzurri ma sicuramente gay.
L’avevo capito dal momento in cui mi si era avvicinato e mi aveva chiesto in cosa poteva essermi utile.
Il suo aiuto fu prezioso: comprai un paio di vestitini, un pantalone con una t-shirt, un paio di infradito, biancheria intima e sotto suo consiglio un bikini: ero pur sempre su un’isola! Indossai uno dei miei acquisti ovvero il vestito viola tenendo il bikini sotto.
Non avevo voglia di tornare in albergo e subirmi il suo caratteraccio quindi preferì andarmene in spiaggia.
Appoggiai le buste sulla sabbia e spiegai il telo preso nel negozio di souvenir di fronte, c’era scritto ‘I love Koh Samui’.
Ma chi diavolo l’aveva mai sentita quell’isola?
Feci un bagno, l’acqua era cristallina.
Se non era per quella strana situazione sarebbe stata la vacanza ideale.
Mi distesi sul telo e mi addormentai.


“Lo Ammetta Mr Moore, si sta appassionando alla nostra storia! Ha la fronte aggrottata, così attento” Louis non aveva resistito dal fare quel commento, sebbene non del tutto appropriato. “Signor Tomlinson sono costretto a stare attento, devo capire a fondo questa storia. Magari è la sua compagna che riesce a..come dire ad attrarmi così tanto e a farmi immergere nella storia così bene” la provocazione non fu ben accetta da Louis che fulminando con lo sguardo l’uomo disse: “Continuo io! Mia MOGLIE ha già parlato abbastanza”. Mr Moore ridacchiò.
 

Quella stanza era orribile.
Quella specie di bed&breakfast era orribile.
Quell’isola era orribile.
Quella situazione anche peggio.
Potevo essere a Long Beach a prendere il sole e a godermi il mio meritato riposo invece ero bloccato lì.
Come se non bastasse il mio amato i-phone mi stava abbandonando e io non avevo con me alcun caricabatterie.
Scesi alla reception, se così poteva essere definito un bancone all’entrata. Trovai un’anziana signora intenta a fare l’uncinetto.
“Mi scusi io cercavo un caricabatterie” e le sorrisi ammiccante.
Quella mi squadrò per bene e poi urlò qualcosa in una lingua incomprensibile.
Istintivamente mi ritrassi indietro. Dalla porta di fronte uscì l’uomo che ci aveva accolti.
“Cosa ti serve” dove era finito il detto secondo cui bisogna trattare bene l’ospite?
“Come ho già detto alla signora, vorrei sapere se avete un caricabatterie per il mio cellulare” quello mi guardò annoiato
“La signora è mia madre e non capisce la vostra lingua; comunque io non ho un aggeggio del genere, prova da mio cugino al bar, mi pare lui ne abbia uno di questi..cosi” sempre più impressionato dal suo comportamento e dal fatto che non  avesse un cellulare, uscì salutando con un cenno della testa; saluto che non venne ricambiato.

Non fu difficile tornare a quel bar, era un’unica via diritta.
“Amico! Allora com’è andata da mio cugino Devang?” l’uomo mi accolse con un sorrisone.
“Oh diciamo..bene. Ci ha dato una stanza” se possibile il suo sorriso si allargò ancora di più.
“Sono contento! E non lasciarti impressionare dal suo carattere burbero, in fondo ha un cuore d’oro!” annuì semplicemente.
“In realtà è stato lui a mandarmi qui. Cercavo un caricabatterie”
“Oh..capisco! Io ne ho uno ma non so se vada bene per il tuo” velocemente andò nel retro del locale e se ne uscì con un caricabatterie. Non ne vedevo uno simile da quando avevo dieci anni? Era per i classici nokia. Storsi il naso
“Non è questo giusto? Beh certamente tu ne hai uno migliore. Ma se può esserti d’aiuto una volta un cliente mise a caricare il suo cellulare qui e dimenticò qui il caricabatterie. Aspetta, vado a prendertelo.”
Dopo un paio di minuti tornò con un altro, ed era proprio il tipico caricabatterie dell’i-phone!
Gli sorrisi riconoscente e lo ringraziai. Mi offrì qualcosa da bere e rimasi lì per una ventina di minuti. Appena uscito mi balenò in mente il pensiero di Georgia. Chissà se aveva trovato un negozio d’abbigliamento.
La batteria era al dieci per cento, così decisi di fare un giro e di chiamare Harry intanto.
Gli spiegai brevemente la situazione e questa volta non omisi Georgia. “Ma almeno è carina?” ammiccò il mio amico.
Gli ricordai di essere felicemente fidanzato. Lui rispose semplicemente che se era carina l’avrebbe voluta per lui, non di certo per me.
Gliela descrissi. “Ha i capelli ramati”
“wow particolare la ragazza!”.
Gli raccontai ogni dettaglio; poi mi venne in mente il fatto che in un certo senso anche lei era ‘famosa’. Gli consigliai di cercarla su google, la conversazione finì nel momento in cui arrivai in spiaggia e notai una ragazza in bikini che prendeva il sole o meglio che si era addormentata al sole. Salutai frettolosamente Harry e mi avvicinai.
Dormiva, almeno era tranquilla. Aveva decisamente fatto acquisti, le buste accanto lei lo dimostravano.
Mi tolsi la maglietta e mi sedetti anche io sulla sabbia. Il panorama era spettacolare; mi ritrovai come un idiota a guardare la ragazza al mio lato. Era con la testa appoggiata di lato, i capelli le ricadevano copiosi sulla schiena, aveva fatto il bagno di sicuro: si erano arricciati.
Il bikini le fasciava il seno piccolo ma non troppo, stavo per scendere con lo sguardo più giù quando sentì un colpo di tosse: si era svegliata. “Finito di guardarmi come un assatanato?” era meglio quando non parlava. Colto in fragrante spostai lo sguardo.
“Stavo solo notando il fatto che hai fatto acquisti” “Beh mi hai dato la tua carta di credito per questo”.
Si alzò anche lei e ci ritrovammo a guardare il mare. “Niente male, eh?” se ne uscì guardando il panorama. “È mozzafiato”
“Sembra una cartolina” ridacchiai a quella sua osservazione.
“Hai avvertito la tua ragazza?”
“In realtà ho chiesto a Harry di farlo, ho poca batteria”
“Se non ti dispiace quando sarà carico vorrei chiamare mia sorella”
“Certo” risposi spostando lo sguardo verso di lei. Eravamo più vicini di quanto mi aspettassi.
Guardai i suoi occhi, sarei rimasto lì per ore a farlo. Li osservai e poi abbassai gli occhi e guardai la sua bocca.
Mi ritrovai a pensare a come sarebbe stato se l’avessi baciata. Istintivamente mi avvicinai di più.
Georgia non smetteva di guardarmi, cercava di capire le mie intenzioni. Il problema era che neanche io le sapevo.
Le nostre labbra erano vicine, potevo sentire il suo respiro.
In quel momento realizzai.
Che diavolo stavo facendo? Mi alzai lasciandola spiazzata.
Mi avvicinai alla riva e iniziai a camminare, diretto chissà dove. 






Eccooo! Scusate l'enorme ed imperdonabile ritardo ma la pigrizia ha avuto la meglio su di me! e anche la poca ispirazione! xD
Infatto non mi piace molto il capitolo, ma non volevo aggiornare ancora più tardi! Fatemi sapere che ne pensate! :)
Grazie a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito il capitolo precedente! <3
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Ciao Louis! :D 

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Capitolo 6
*** Chapter five. ***


                            
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Chapter five.
 
 
 








Non sono mai stato particolarmente amante del silenzio perché non è mai vero e proprio, i pensieri fanno più rumore di una canzone, di una voce, di un respiro. Ma in quel momento mi ritrovavo da solo, immerso nella pace assoluta, a camminare sulla riva della spiaggia dell’isola.
Sentivo la necessità di restare solo per capire il perché stava per accadere l’inevitabile, perché io Louis Tomlinson per la prima volta in vita mia ero sul punto di tradire una persona a cui tenevo.
Ero fidanzato con Janice da un anno e mezzo e nonostante i periodi di distanza dovuti al lavoro non mi ero mai lamentato, stavamo bene. Lei lavorava come apprendista presso lo studio di un avvocato e avevamo la nostra routine, ci amavamo.
Ma un desiderio strano, qualcosa che non avevo mai provato in realtà, mi aveva spinto ad avvicinarmi a Georgia. Perché?
Non potevo negare che era una bella ragazza, ma io ero innamorato di Janice.
Ero confuso e non potevo chiamare Harry per aiutarmi a schiarirmi le idee: il cellulare mi aveva definitivamente abbandonato.
Avevo perso ormai la cognizione del tempo, mi fermai e mi resi conto di non avere la più pallida idea di dove fossi.
C’era soltanto sabbia, mare e piante. Avevo camminato troppo probabilmente.
Saggiamente decisi di tornare indietro, in fondo era un’unica strada o almeno speravo.
Vagavo guardandomi intorno cercando di cogliere dettagli già visti all’andata ma era tutto uguale, non cambiava nulla: sabbia, mare, piante. Il sole stava calando e temevo l’incombere della notte. Dopo altri interminabili minuti vidi la stradina da cui ero entrato prima, quindi la spiaggia dove l’avevo vista.
Lei non c’era più e questo era comprensibile, chissà quante ore erano passate.
Alla svelta uscii da quella spiaggia e tirai un sospiro di sollievo quando vidi che ero al punto di partenza.
Con calma mi diressi all’albergo, se così si poteva definire, pensando a come comportarmi con Georgia.
Appena varcato l’ingresso decisi quale arma avrei usato: l’indifferenza. Quale arma migliore?
Salutai l’anziana signora seduta che mi ignorò. Arrivato davanti alla porta della stanza bussai.
Dopo pochissimo tempo ad aprire la porta fu la ragazza con sguardo di fuoco.
“Si può sapere dove diavolo eri finito? Sono cinque ore, dico cinque ore che ti aspetto! Pensavo ti fosse successo qualcosa! Siamo da soli, su un’isola sconosciuta e tu sparisci senza dire niente per tutto questo tempo?!” prese un enorme respiro e continuò a guardarmi con gli occhi sgranati.
“Io..non mi sono reso conto del tempo” perché dovevo giustificarmi? A lei che importava?
“Sei un idiota! Non hai pensato che io potevo essere preoccupata”
“No” dissi sincero “non hai mai mostrato interesse o preoccupazione per me, perché avrei dovuto pensarlo?” la vidi irrigidirsi, probabilmente perché avevo ragione.
“Mi fai passare?” in tutto ciò eravamo nel bel mezzo del corridoio.
Annuì e si spostò di lato. Notai che probabilmente si era fatta la doccia.
Sul letto giaceva inerme una busta, ancora non aveva tirato fuori tutti i suoi acquisti?
“E quella perché è ancora lì?”
“In realtà è la tua” inarcai le sopracciglia “Come?”
“Beh anche tu sei senza bagaglio, ti ho preso un paio di pantaloni, qualche t-shirt, e qualche boxer; spero tu porta i boxer, altrimenti ti arrangi”. Io rimasi allibito dalla sua gentilezza, io l’avevo tratta pure male.
In fondo i soldi erano sempre i miei ma lei aveva pensato a me.
“Grazie” disse, mostrandole forse per la prima volta un sorriso sincero.
Dalla tasca anteriore dei jeans presi il carica batterie e misi l’i-phone in carica.
“Quando avrà abbastanza batteria, puoi usarlo. Io vado a farmi una doccia”.
Afferrai la busta con le mie cose e mi chiusi nel bagno.
 
 

“Signora Tomlinson può continuare lei a questo punto?” e a quel punto Micheal Moore ricevette un’occhiatacce da parte di Louis.
“Perché non le vado bene io?”
“Certo, ma vorrei conoscere le emozioni di sua moglie in questa parte della storia” disse sornione.
“Louis, non ti preoccupare continuo io” tentò di rassicurarlo sorridendogli.

 


Ero arrabbiata ma non con Louis ma con me stessa. Mi ero preoccupata di procurargli degli abiti, avevo anche comprato la cena che giaceva sulla scrivania; lo avevo aspettato e ho seriamente temuto che gli fosse accaduto qualcosa.
La sua indifferenza nei miei confronti mi uccideva, non ero abituata ad essere trattata così.
Però quando mi aveva rivolto quel sorriso, lì sarei potuta morire. Che mi piacesse Louis Tomlinson?
In quel momento credevo e speravo di no. Mi sedetti sul letto e controllavo ogni secondo il livello di batteria del cellulare, quando lo vidi arrivare al quindici percento lo afferrai. Composi il numero di Jane e sperai vivamente che rispondesse.
–Pronto?-
-Jane!-
-Oh cavolo Georgia! Ero così in pensiero per te! Dove sei? Perché non mi hai chiamata prima?-
le raccontai tutto: dall’episodio in aeroporto fino alla scomparsa di Louis.
-Però è stato gentile-
-Seh vuole solo conoscere nostro padre e io ancora devo capire il perché!-
-L’importante è che te ne vai sana e salva da quell’isola, quindi assecondalo per il momento. Poi per giocare all’ispettore Gadget c’è tempo!-
mi era mancata la sua ironia.
Mi voltai appena in tempo per vedere Louis che usciva dal bagno con addosso i pantaloncini che gli avevo comprato e a petto nudo.
Non era la prima volta che lo vedevo così, anche in spiaggia era senza maglietta, ma appena uscito dalla doccia, con i capelli ancora umidi, era qualcosa di estremamente sexy. Mi maledì per quei pensieri e mi riscossi grazie alla voce di mia sorella che mi chiamava
–Scusa Jane, dicevamo?-
- perché ti sei distratta?- non potevo nasconderle niente, e poi chiamava me ispettore Gadget.
–ni..niente-
-ti conosco Georgia, non dirmi che lui è lì-
-forse- un urlo isterico mi perforò l’orecchio
–ti piace? Cioè è Louis Tomlinson, è bello, ricco, famoso-
-No e smettila-
-oh invece ti piace, ti conosco troppo bene sorella- sbuffai, quando si metteva in testa una cosa era impossibile distoglierla
–quindi arriverete a Heathrow
?-
-sì fra sei giorni-
-ok, mi farò tornare lì. E fai la brava, anzi non farlo e lasciati andare; altre ragazze pagherebbero per essere al tuo posto-
-certo, certo- la snobbai definitivamente e attaccai il telefono.
“Tutto ok?” mi voltai verso Louis che cercava di asciugarsi i capelli con un asciugamano
“Sì, era mia sorella. Non mi stanno più cercando per il momento, ma i miei sono furiosi con me” mormorai abbassando lo sguardo.
“Beh dovevano pensarci prima di costringerti a fare qualcosa contro la tua volontà”.
“Infatti io non mi sento in colpa, sono amareggiata per il fatto che neanche ora che sono scappata cercano di capirmi” mi distesi sul letto iniziando a guardare il soffitto mentre i pensieri mi affollavano la mente.
“Tu continua a farti valere, vedrai che prima o poi capiranno”
“Se hai fame ho preso qualche panino, sono sulla scrivania. Io ho già mangiato” Mormorando un ringraziamento prese la busta e afferrò un panino. Ne mangiò due, doveva essere affamato.
Quando terminò, venne a distendersi al lato sinistro del letto.
“Grazie” mi voltai verso di lui e gli sorrisi. Lui mi concesse un sorriso da far diventare le gambe molli.
Mi ritrovai a pensare che non avevo mai visto un sorriso così bello.
Quando sulla spiaggia ci eravamo avvicinati avevo potuto sentire il suo respiro, ero riuscita a cogliere tutte le sfumature delle sue pupille, ogni particolare del viso e l’unica cosa che sapevo era che avrei voluto risentire e rivedere tutto ciò.
Mi avvicinai, lui rimase immobile. Mi voltai su un fianco e mi fermai guardandolo. Lui fece lo stesso, ora eravamo uno di fronte all’altro. Mi poggiò una mano sulla guancia e prese ad accarezzarla lentamente. Una miriade di brividi mi percorsero la schiena; mi portai più avanti, ora i nostri respiri si confondevano. Le labbra quasi si sfioravano, e poi tutto si annullò.
C’erano solo le nostre labbra unite in un dolce contatto. Quando, forse troppo presto, quel contatto terminò; le nostre labbra si cercarono di nuovo in un contatto più approfondito. Era un bacio meno dolce del primo, ma più passionale.
Credevo di morire, anzi sarei morta di sicuro per le troppe emozioni. Lo avvicinai di più a me mettendogli le mani dietro la nuca, lui di rimando mise le mani sui miei fianchi.
Stavo baciando Louis Tomlinson.
Stavo baciando un ragazzo che credevo di non sopportare.
Stavo baciando un ragazzo fidanzato.
Mi staccai all’improvviso.
Aprii la bocca per dire qualcosa ma non vi uscì nulla.
“Io..mi dispiace” dissi, prendendomi le mie colpe; ero stata io ad avvicinarmi.
“Non è colpa tua, almeno non solo. Georgia io amo Janice, la mia ragazza” 
“Ce-certo! È normale, voglio dire tu se-sei fidanzato e noi non dovremmo affatto fare quello che abbiamo fatto po-poco fa, è che..” il mio discorso fu interrotto di nuovo dalle sue labbra, sgranai gli occhi, ma dopo pochi istanti mi lasciai trasportare.
Quando ci dividemmo i suoi occhi erano seri “Non deve accadere più, è sbagliato. Ok?” io annuì
“Ma sei stato tu a baciarmi la seconda volta”
“Era per diciamo evitare che dicessi altre cavolate inutili. Ora a dormire, il più lontani possibile” si allontanò da me e si voltò dall’altro lato. Spense la luce con l’interruttore a fianco al letto “Buonanotte” mormorò.
Io sospirai e mi voltai anche io dall’altro lato.
Ero confusa, ancora di più.
















Questo capitolo è arrivato presto! Non vi ho fatte aspettare tantissimo, sono fiera di me! u.u
Si sono baciati! aww li adoro! e poi la protagonista si chiama Georgia come la ragazza di Best song ever! aha xD
Grazie, thank you, merci a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito! <3
Vi lascio il mio Twitter !
Questa è la mia pagina di facebook sui One Direction Moments ~
Oggi io e la mia amica (la stessa con cui gestisco la pagina sui One Direction) abbiamo aperto un'altra pagina sui 5 seconds of sumemer!
Ci siamo innamorate di quei ragazzi! :') questo è il link Out of My Limit -5sos , passate se vi va! ;)
Alla prossima!! ;D




Morirei per i suoi occhi! <3 

 

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Capitolo 7
*** Chapter six. ***


                            
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Chapter six.
 









Il giorno dopo quel fatidico bacio Louis mi ignorò. Di certo non avevamo un rapporto stretto, ma ora era anche peggio.
Insomma a stento mi guardava! Ero furiosa con lui, mi evitava come la peste, come chissà quale orrendo omicidio avessi commesso, senza pensare che la colpa era anche sua e che inoltre non ero io quella fidanzata.
Eravamo rinchiusi nella stanza perché pioveva, non a caso quella non era la stagione per i turisti.
Sospirai guardando fuori la finestra, ero seduta sul davanzale da circa un’ora mentre lui era a letto che dormiva ancora. Ancora con i pantaloncini e la canotta decisi di fare un giro per il b&b giusto per passare il tempo. Oltre la nostra stanza in quel corridoio ce ne erano almeno altre due, almeno tante erano le porte. Prima di scendere le scale invece c’era un’enorme finestra, non si poteva ammirare un bel panorama di solito e ora con la pioggia non si vedeva completamente nulla. Mi avvicinai e appoggiai una mano sul vetro sospirando.
“Salve!” sussultai a quella voce.
Mi voltai e mi ritrovai davanti un paio di occhi castani scrutarmi attentamente. Era un uomo, forse uno degli altri ospiti; sapevo che c’erano perché il proprietario ce ne aveva parlato ma in quei pochi giorni non li avevo mai incrociati. 
“Salve” risposi rivolgendogli un sorriso tirato.
“Brutto tempo eh?” il suo sguardo era diretto alla pioggia che scorreva sulla grande finestra. Anche io mi voltai in quella direzione annuendo.
“Di certo non è l’ideale per una vacanza! Non l’ho mai vista, è da poco qui?” non avevo per niente voglia di socializzare in quel momento, ma sempre meglio che tornare in stanza a far niente.
“Sì sono qui da un paio di giorni, ma fra due giorni riparto sono di passaggio”
“Oh..ed è qui da sola?” cos’era un interrogatorio? A vedere la mia faccia si scusò
“Mi scusi non voglio sembrarle invadente, e che qui in questo periodo non c’è mai nessuno, era per fare conversazione” era imbarazzato, lo potei notare dal modo in cui si mordeva il labbro. Sorrisi alla sua reazione.
“Io..beh innanzitutto dire di darci del tu, non credo di essere così tanto vecchia; e poi non preoccuparti” gli dissi cercando di rassicurarlo. “Comunque sono qui con un..un amico. E tu? Sei qui da molto?”
“Un anno e due mesi” sgranai gli occhi per lo sbalordimento.
“Davvero? Quindi non sei in vacanza?”
“Beh diciamo che volevo staccare la spina. Vengo da Edimburgo e la famiglia, il lavoro erano diventati opprimenti così ho deciso di andarmene. Può sembrare una scelta da codardo ma in quel momento mi è sembrata la più giusta”
“Oh ti capisco” risposi annuendo.
“Comunque piacere mi chiamo Leonard” disse porgendomi la mano, io ricambiai la stretta “Georgia”.
“E tu da dove vieni?”
“Io..beh vengo da Endmon”
“Oh ci sono stato! Per scrivere un articolo sul duca del posto, aspetta qual’era il suo nome..” si mise un dito sotto al mento cercando di ricordare il nome. “Keaton Marc Lewis” conclusi io per lui.
“Certo! L’hai mai conosciuto? Un uomo molto risoluto, devo dire”
“Sì, diciamo che lu-lui è mio..padre” e sforzai un sorriso di fronte all’espressione leggermente scioccata del ragazzo.
“Quindi..tu saresti una duchessa?” annuì semplicemente.
“Questo non me l’aspettavo” disse accennando un risolino.
Pensai che avrei fatto meglio a non dirglielo, odiavo anzi odio quando le persone appena scoprono chi sono cambiano atteggiamento nei miei confronti. “Quindi sei un giornalista?” chiesi per sdrammatizzare la situazione.
“Sì, ma aspiro a diventare scrittore. È per questo che sono qui, ho bisogno di stare solo per trovare la giusta ispirazione e terminare il mio libro.” “E l’hai trovata?” lui sorrise sforzatamente
“La sto ancora cercando”.
Restammo lì a parlare del più e del meno per non so quanto tempo.
 

La nostra conversazione fu interrotta quando mi sentii chiamare da in fondo al corridoio. Era Louis che veniva verso di noi.
“Ehi non sapevo dov’eri e fuori c’è una tempesta agghiacciante”.
Da quando Tomlinson era così premuroso nei miei confronti? Il giorno prima non mi aveva rivolto la parola! Inarcai le sopracciglia.
“Sarei anche potuta essere fuori, ma a te non deve importare” dissi risoluta. Louis incassò il colpo optando per il silenzio. Ad un certo punto il suo sguardo si voltò verso Leonard che lo guardava con occhi sgranati
“wow una duchessa e un cantante famoso. Cos’è oggi? Il mio compleanno?” disse ridendo.
Ricambiai il sorriso, invece l’espressione di Louis era impassibile.
“A quanto pare tu sai chi sono io ma io non so chi sei tu” e gli sorrise leggermente.
“Oh scusami. Piacere sono Leonard” e gli porse la mano, la stretta non venne ricambiata così un po’ deluso il giornalista l’abbassò.
Odiavo quando assumeva quell’aria altezzosa da superstar. Nei minuti che seguirono nessuno parlò, finchè fui io a prendere la parola.
“Vuoi qualcosa? Perché mi cercavi?” Il mio essere spavalda lo irritava? Perché dalla sua espressione così sembrava. Boccheggiò per qualche secondo e se ne andò senza proferir parola, borbottando imprecazioni. “Quello sarebbe l’amico che è con te in vacanza?” annuì.
“Ma non è proprio una vacanza, diciamo. Siamo costretti in un certo senso ad essere qui insieme”.
Mi guardò, in effetti non aveva senso la mia spiegazione. “È una storia lunga” liquidai così l’argomento lasciandogli intendere che non avevo voglia di parlarne. Con l’arrivo di Louis l’atmosfera si era ormai rotta, così Leonard mi annunciò di voler tornare in camera sua.
Io annuì restando sola. La pioggia era aumentata, se possibile. Il vento spazzava via ogni cosa, anche gli alberi quasi.

Ritornai in camera e mi ritrovai Louis sul letto a giocare col suo cellulare da cui non spostò lo sguardo.
Io mi sedetti dal mio alto del letto. “Pensavo durassi di più” mi disse con la sua sfacciataggine.
Mi voltai verso di lui “Come?” finalmente si tolse quel maledetto cellulare dalle mani e mi guardò anche lui.
“Dico pensavo durassi di più, a mio parere dovresti essere una tigre a letto” continuavo a non capire, lo guardai confusa.
“Andiamo! Il modo in cui mi hai mandato via. Era palese che volevi restare sola con ‘Leonard’.”
E in quel momento capì e scoppiai in una rumorosa risata. Non si aspettava una reazione del genere, per la prima volta forse l’avevo spiazzato. Poi d’un tratto smisi di ridere e tornai seria.
“L’unico motivo per il quale ti ho mandato via era perché la tua presenza non era necessaria, inutile direi”
“E chi sei tu per decidere dove io debba stare?” si era messo seduto anche lui per potermi guardare meglio negli occhi.
“Preferirei che tu stessi lontano da dove sono io, purtroppo non è possibile.”
Cercavo di essere impassibile, di non far trasparire nessuna emozione.
“Eppure non ero io quello che supplicava per essere aiutato” ghignò.
“Tu hai accettato solo perché vuoi conoscere mio padre”
“Forse sì, forse no. Magari sono solo un filantropo, un uomo generoso no?”
“Sì certo e io sono Beyoncè. Idiota”
“Se non fosse stato per questo idiota tu ora saresti intrappolata in un matrimonio!” incassai le sue parole. Aveva ragione, pienamente ragione. “Ok, ci stiamo comportando da immaturi. Mi dispiace di essere stata così..ostile nei tuoi confronti. Ma è un atteggiamento di difesa, insomma tu mi ignori!”
“Io no-non ti ignoro.”
“Louis ieri non mi hai né guardata né rivolto la parola. E poi vieni a cercarmi, insomma!” sospirò abbassando lo sguardo.
“Io..non ti ho parlato perché non volevo parlare di quello che era successo, ecco.” Sorrisi amaramente.
“Codardo. Non ti avrei chiesto nulla comunque.”
“Chi me lo assicurava?” disse puntando i suoi occhi nei miei.
“Nella vita non ci sono solo certezze, avresti dovuto rischiare.”
“Perché è così importante per te, scusa?”
“Perché..beh perché sei l’unico che conosco qui” si avvicinò di più
“Anche tu sei l’unica che conosco qui, e inoltre proprio oggi abbiamo constatato che non ti ci vuole molto per fare nuove amicizie” disse maliziosamente.
“Quindi dimmi Georgia perché è così importante che io non ti ignori, mh?” non risposi, ero pietrificata dal fatto che mi stava accarezzando lentamente la guancia. “Non è che forse ti piaccio?” chiese sorridendo. Mi riscossi all’improvviso.
“Cosa?! No! Certo che no! Non sei per niente il mio tipo!” si allontanò da me e scoppiò in una fragorosa risata.
“Sei arrossita” ho sempre odiato il fatto di avere la pelle chiara, è impossibile nascondere la rabbia o l’imbarazzo perché puntualmente le mie guance si colorano di rosso.
Mi alzai dal letto e sbattei i piedi sul pavimento come una bambina capricciosa e urlando un “Ti odio” uscì fuori da quella stanza.
In quel momento non capì perché reagì in quel modo, fu una cosa istintiva. Ora posso dire che le sue parole mi colpirono, forse perché era la verità. Scesi le scale e attraversai l’ingresso.
Mi ritrovai catapultata nel mezzo della tempesta. Iniziai a camminare sul marciapiede stando vicino al muro cercando di non bagnarmi.
Ero giovane e sconsiderata e proprio per questo forse mi buttai sotto la pioggia e mi diressi alla spiaggia.
Non avevo mai visto, se non in foto o in qualche quadro, il mare così agitato. Rimasi spaventata da quella visione, le onde erano altissime.
Si ergevano alte e poi ricadevano giù con un tonfo, l’acqua aveva ormai occupato quasi l’intera spiaggia.
Mi sarebbe bastato qualche passo e anche io sarei stata bagnata da una delle onde.
Sentii una voce ma non riuscii a capire cosa diceva, il suono era troppo ovattato a causa del mare e della pioggia.
Quando la voce divenne più chiara, capì che qualcuno stava chiamando il mio nome: era Louis.
Mi aveva seguita? Cosa avevo fatto? Insomma ero scesa nel bel mezzo di una tempesta perché uno stupido, egocentrico ragazzino aveva fatto insinuazioni su di me e sui miei sentimenti? Ero impazzita.
Mi voltai e aveva l’aspetto di un pulcino bagnato. I capelli si erano ormai del tutto appiattiti e la maglietta bianca era quasi trasparente.
Era bello, non potevo negarlo.
Si stava avvicinando e mi avrebbe sicuramente chiesto perché ero scappata in quel modo, mi avrebbe considerato una stupida; anzi sicuramente già mi considerava un’incosciente.
Ero ancora voltata verso di lui e feci qualche passo indietro, giusto in tempo per essere presa da un’onda. 










Ecco il capitolo, finalmente! È stato un parto! xD
Di nuovo in ritardo, lo so. Mi dispiace :c
Ma l'importante è che ho aggiornato, no?
Sono contentissima! Qualche giorno fa ho scoperto che "The Professor" è fra le popolari! woow! :D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! :3
Grazie mille a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito! <3 
Grazie per il vostro supporto, davvero! :))
Vi lascio il mio Twitter ! Se mi seguite, ricambio ;)
Questo invece è il link della mia pagina di facebook sui One Direction  Moments ~ !
Domani vado a Roma per una settimana, torno l'11 poi riparto il 17 per la Calabria! Spero di aggiornare prima di andare al mare, ma 
non vi assicuro nulla..! 
Alla prossimaa! ;D



Ciao amore! *.* 

                                                            

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Capitolo 8
*** Chapter seven. ***


                 
È la prima volta che metto il banner in una storia! E questo è fantastico!

Chapter seven.
 
 Alla mia Rob! a cui voglio un mondo di bene!
Grazie per il bellissimo banner! ;) ♥
                  


La vita è frenetica e spesso e volentieri l’unica cose che desideriamo è un cosiddetto ‘attimo di pace’; bene io c’ero riuscita.
Ero nella pace più assoluta: non sentivo nulla, non capivo nulla di ciò che mi succedeva intorno l’unica cosa che sapevo era che volevo restare lì per sempre senza pensieri o problemi. Questo senso di stabilità svanì all’improvviso nel preciso instante in cui aprii gli occhi. Mi trovai davanti un uomo baffuto con degli occhiali enormi alla mia sinistra e alla mia destra c’era Louis, gli sorrisi cercando di alzarmi. I suoni e la vista erano ancora leggermente ovattati poi pian piano divennero più distinti.
“Cosa è successo?” chiesi al ragazzo alla mia destra. Questo accigliò lo sguardo “È successo che sei una stupida. Andare sulla spiaggia con una simile tempesta e con onde del genere!” urlò.
Le sue parole mi riportarono alla mente i fatti successi, ero furiosa con Louis e per questo ero scappata dalla stanza. Improvvisamente mi pentii del sorriso che gli avevo rivolto qualche secondo prima, e mi voltai verso l’uomo al mio lato. “E tu chi sei?” quello mi guardo stranito per poi alzarsi e sedersi dietro ad un enorme scrivania.
Solo ora iniziai a guardare la stanza in cui ero. Io ero distesa su un lettino, sul pavimento c’era dell’acqua probabilmente a causa mia che ero completamente zuppa, un separé blu era a lato: ero decisamente in uno studio medico.
“È inutile che ci provi, non parla la nostra lingua. Devang, il proprietario dell’albergo, mi ha consigliato di venire qui. Ora credo sia meglio andare.”
Poggiò la mano sotto la mia spalla per cercare di aiutarmi ma io mi scostai guardandolo male e alzandomi da sola.
Un leggero capogiro mi colse appena in piedi “Sto bene” dissi glaciale avviandomi alla porta. Il dottore ci guardò con i suoi occhietti piccoli e ci rivolse un cenno di saluto con la testa. Pioveva ancora e riuscimmo ad arrivare alla stanza solo grazie alle tettoie delle case. Non rivolsi la parola a Louis, mi limitai a raccattare le mie cose e ad andarmene in bagno.
Io ero confusa a causa delle situazione con i miei genitori e come se non bastasse ora ci si metteva anche questa storia. Non ero sicura di provare dei veri sentimenti nei suoi confronti, non che avessi molti termini di paragone. Avevo avuto una storia stabile durata circa un anno e mezzo ma era successo quando avevo diciotto anni e in quel periodo era tutto completamente diverso. Sospirando uscii dal bagno asciutta e vestita.
Lo trovai seduto sul davanzale della finestra dove io ero solita sedermi. “Ho una buona notizia“ mi disse con voce entusiasta, non risposi aspettando che continuasse.
“Ho chiamato Harry e mi ha detto di aver parlato con Robert uno dei nostri manager spiegandogli la mia situazione e beh a quanto pare un jet verrà a prenderci all’aeroporto di Koh Samui domani alle dieci. Torneremo a casa!” feci un lungo respiro: sarei tornata a casa dove avrei dovuto affrontare tutto. I miei genitori, Archibald, la mia vita. “Non sei contenta?”
“Certo che lo sono.”
“Dovresti almeno ringraziarmi” ed ecco che il momento gentile era terminato, stava diventando di nuovo scorbutico!
“Quante volte dovrei ringraziarti? E poi se proprio non vuoi che venga con te posso prendere l’aereo normale fra due giorni” dissi sicura.
“Ah sì? E chi te lo pagherebbe?”   Aveva ragione.
“Non lo so. So solo che non mi va di essere trattata così da te”
“Così come?”
“Come se non mi volessi intorno” dissi sedendomi sul bordo del letto.
“Non è così” sussurrò quasi.
“E allora perché sembra che tu ce l’abbia con me?”
 “Io non ce l’ho con te” rispose alzandosi “È questa situazione che mi rende nervoso e tu sei l’unica persona con cui potrei prendermela” annuì alle sue parole.
“Ma questo non ti dà il diritto di..“
“Georgia ho capito, ok? Mi dispiace! Non preoccuparti domani tutto sarà finito, ognuno ritornerà alla sua vita e dimenticheremo questa esperienza traumatica.” urlò agitando le braccia.
A quelle urla mi feci piccola piccola portando le ginocchia al petto e fissandomi le dita dei piedi. Ero a disagio. Lo sentii sbuffare e sedersi accanto a me “Scusa non avrei dovuto alzare così tanto la voce e non avrei dovuto prendermela con te. Il fatto è che ho saputo che Janet sarà all’aeroporto ad aspettarmi e non sono dell’umore adatto per vederla”
“Perché?” ero interessata al rapporto con la sua ragazza.
“Io..non lo so. Ma spesso può diventare irritante, appiccicosa e inoltre ho un pensiero che mi perseguita da un po’. È come se stesse per me per la popolarità, i soldi.” 
“Cosa te lo fa pensare?” 
“Vuole partecipare a tutti gli eventi pubblici o televisivi, vuole andare a fare shopping nei posti più in dove possono esserci più paparazzi. Sai cose così”
“Oh..penso che le persone famose debbano fare i conti con cose del genere” un sorriso amaro si fece spazio sulle sue labbra
“E come faccio a capire che qualcuno vuole davvero stare con me?”
“Mettila alla prova. Proponigli di andare in qualche luogo dove..che so dove è difficile essere visti.”
“Forse” mormorò tenendo lo sguardo basso.
”Ehi non sai se è davvero così e anche se fosse puoi sempre lasciarla e trovartene un’altra. Non ti mancano le ammiratrici.” dissi ridendo appena e poggiandogli una mano sulla spalla. A quel contatto Louis spostò lo sguardo sul mio viso, occhi negli occhi, verde nell’azzurro. Potei ben notare come i suoi si spostarono più volte sulle mie labbra, io feci lo stesso. Inconsciamente ci avvicinammo, talmente tanto da poter sentire il suo respiro finchè superai quei pochi centimetri che ci separavano e lo baciai. Non era la prima volta che accadeva. Louis portò le mani sul mio viso e mi accarezzò dolcemente continuando il bacio.
Ci spostammo più su ritrovandoci al centro del letto.
L’intensità del bacio era aumentata, l’unica cosa che riuscivo a pensare era quanto desideravo che quel momento non finisse più. Per lui doveva essere lo stesso, almeno speravo. Dal mio viso le sue mani scesero sulle mie gambe nude scoperte dal vestitino a pois che portavo. Sussultai a quel contatto e lo strinsi ancora di più a me stringendo la sua t-shirt tra le mani.
Nell’istante in cui mi ritrovai ad alzare le braccia per togliermi il vestito capii cosa stava davvero accadendo. Quel movimento ci fece separare per qualche secondo, avevo paura che se l’avessi baciato di nuovo si sarebbe tirato indietro e lì sì che mi sarei sentita umiliata. Ero in biancheria intima in un letto con un ragazzo fidanzato.
A interrompere i miei pensieri furono le labbra di Louis che mi stavano portando di nuovo in paradiso.
Le sue mani, il suo corpo, le sue braccia che si tendevano, la sua eccitazione, tutto di lui mi faceva impazzire.
Ricordo ancora ogni dettaglio di quel giorno, non fu la mia prima volta, ma da allora il mio mondo cambiò perché capii di provare qualcosa per Louis Tomlinson, capii che non c’era niente di più bello al mondo che sentire le sue mani sui miei fianchi, le sue labbra sui miei seni e i suoi occhi sul mio corpo.
 

“Credo che tu abbia dato abbastanza dettagli, amore” borbottò Louis arrossendo leggermente.
Georgia sorrise “Scusa mi sono lasciata andare dalla storia” e gli lasciò un dolce bacio sulla guancia.
“A questo punto continui lei” disse Moore sghignazzando.
Louis prese un profondo respiro e cominciò.

 


Sono sempre stato il tipo a cui piace coccolare, venerare e vezzeggiare la propria ragazza soprattutto dopo aver fatto l’amore, ma in quel momento l’unica cosa che feci fu fuggire. Mi alzai svogliatamente dal letto, indossai velocemente i boxer e mi chiusi in bagno. Sbuffai passandomi una mano fra i capelli e mi imbattei nel mio riflesso nello specchio.
Che razza di uomo ero? Ho sempre biasimato i traditori e ora ero uno di loro. Il problema più grande era che mi era piaciuto e anche troppo. Il giorno dopo sarei tornato a casa e la mia ragazza mi stava aspettando.
Sarei riuscito a guardarla negli occhi? Avevo seri dubbi, non riuscivo neanche a guardare me stesso nello specchio senza provare disgusto. Non so quanto tempo rimasi lì dentro, ma un bel po’ considerando che quando uscì trovai Georgia completamente vestita seduta a gambe incrociate sul letto che si torturava le unghie e piangeva.
Alzò lo sguardo quando entrai nella stanza “ehi” e mi avvicinai sedendomi sul bordo del letto. “Senti io credo che..”
“Per favore non dirlo. So che sei fidanzato nonostante i dubbi che tu hai su di lei, è st-stato un momento di debolezza. Inoltre io non sto assolutamente piangendo per te, sono solo stanca di tutta questa situazione e in questo momento vorrei soltanto tornare a casa” il suo discorso veniva interrotto da qualche singhiozzo di tanto in tanto.
Mi avvicinai e l’abbracciai cercando di confortarla. Continuava a bagnarmi il petto con le sue lacrime ma no la lasciai andare finchè fu lei a smetterla di piangere sopraffatta dal sonno.
La adagiai fra le lenzuola e mi addormentai insieme a lei.
Il giorno dopo fu Georgia a svegliarmi “Sono le nove e fra un’ora dovrebbe arrivare il jet”.
Non parlammo di quello che era successo il giorno prima e non parlammo del fatto che stavamo per lasciarci probabilmente per sempre. Prima di dirigerci all’aeroporto Georgia insistette per andare a salutare Leonard, io non ne ero molto contento: non mi piaceva affatto quel tipo. Dopo quel saluto, che per me durò fin troppo, andammo a salutare anche Devang e suo cugino promettendo di tornare lì un giorno.
“Sbrighiamoci, il jet dovrebbe arrivare a momenti”.
Incalzai il passo seguito dalla ragazza, l’hostess dell’aeroporto ci diede le istruzioni per raggiungere il luogo dove sarebbe atterrato.
 

Il jet ritardò di quindici minuti il che mi fece temere seriamente che non sarebbe più venuto.
“Non sei contenta di tornare a casa? So che la situazione lì non è delle migliori, ma almeno vedrai tua sorella!” dissi facendo riferimento alla sua faccia imbronciata.
“Certo che sono contenta.” Si limitò a rispondere, e in quel momento iniziai a temere che il suo malumore fosse causa mia.
Il jet arrivò con un rumore assordante, fu buttata giù la scala per farci salire ed ero pronto a farlo se non fosse uscito qualcuno da lì. Harry Styles con un cappellino di paglia e una camicia bianca aperta sul petto che lasciava intravedere i tatuaggi stava scendendo dal jet col suo solito sorriso smagliante. “Louis!” urlò quasi. “Che ci fai tu qui?”
“Mi mancavi! E mi annoiavo ad aspettarti a Los Angeles, quindi..” lo abbracciai davvero contento che avesse fatto tutta quella strada per me. Quando ci staccammo guardò verso la ragazza alla mia destra che teneva lo sguardo altrove.
“E tu devi essere Georgia! Io sono Harry, ma immagino tu sappia chi sono” e le fece l’occhiolino ammiccante come sempre. Quella annuì stringendogli la mano.
“Spero che Louis si sia comportato bene anche se sono io quello che sa prendersi..diciamo ‘cura’ di una ragazza al meglio” sempre il solito sfacciato. Scossi la testa attendendo la sua reazione che non tardò ad arrivare.
“Oh non preoccuparti, se l’è saputa cavare!” disse sforzando un sorriso.
“Si può salire sul jet?” gli chiese ansiosa. “mh certo..il tempo che l’autista lo prepari e poi partiamo” ripose colto alla sprovvista. A quelle parole Georgia si fiondò letteralmente sulle scale sparendo dalla mia vista.
“Ma che le hai fatto?”
“Io?! Niente. È a lei che girano oggi” e distolsi lo sguardo dal suo.
“Louis Tomlinson che diavolo hai fatto?” sbuffai spostando lo sguardo su di lui
“È stato un errore. Un terribile errore, Harry. Ho sbagliato, lo so e..”
“Ci sei andato a letto?” annuì abbassando lo sguardo. all’improvviso una forte pacca sulla spalla mi fece sussultare
“E bravo il mio Lou! Non ti biasimo, neanche io avrei resistito.  È una bella ragazza. Quindi ora lascerai Janice?”
“Cosa?! No!” Harry sbuffò rumorosamente.
“Non capisco cosa ci trovi in quella, Georgia l’ho vista per pochi secondi ma mi ispira più simpatia. Saliamo va, idiota” e con un cenno mi invitò a salire sul jet. Georgia era già seduta, aveva scelto il posto accanto al finestrino.
“Pochi minuti e partiamo dolcezza” la informò Harry sedendosi di fronte a lei.
“E così sei una specie di reale insomma? Una duchessa?”
  “Sì, mio padre è il duca di Endmon”
“Bel paese! Ci sono stato da bambino” quella si limitò ad annuire, poi spostò lo sguardo fuori dal finestrino. Dopo il decollo Harry tentò di nuovo di avviare una conversazione.
“Dov’è che andrai dopo che siamo atterrati a Heathrow?”
“Non lo so, ma mia sorella è lì” rispose annoiata.
“Hai una sorella? Louis non me l’avevi detto” mi rimproverò rivolgendomi uno sguardo severo.
Io mi limitai a fare spallucce. “È single?” ammiccò avvicinandosi a lei. Quest’ultima lo guardò torva,
“Non deve interessarti perché  non sei per niente il suo tipo”
“Io sono il tipo di tutte” rispose fiero.
“Invece no. Sei troppo schietto, sicuro di te e anche narcisista. Ora se non ti dispiace vorrei godermi il viaggio. Non ce l’ho con te Styles è solo che non mi va di fare conversazione.”
Detto questo appoggiò la testa al finestrino. 





I'm back! Sono tornata ieri dalle vacanze e ora sto pubblicando! A voi come sono andate le vacanze? c:
Io sono troppo emozionata perchè la settimana prossima This Is Us sarà in Italiaa! :D
Spero che il capitolo vi piaccia! Ho cercato di farlo più lungo a causa di alcune lamentele sulla lunghezza..! xD
Sto scrivendo una nuova storiaa! Sono pazza, lo so. Ma mi è venuta l'idea e ho iniziato a scrivere; magari dopo pubblico il primo capitolo! :)
Grazie mille a chi ha messo la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito! ♥
Il banner è stato fatto dalla mia amica Roberta! È uno dei primi banner che fa e io lo adoro! Anche lei scrive qui su efp, questo è il link delle sua storia  3o giorni per farla innamorare ! Ve la consiglio! :))
Vi lascio il mio Twitter!  :) 
E il link della mia pagina sui One Direction Moments~ :D
Alla prossima! ;D


Vi lascio una gif Larry dato che erano entrambi nel capitolo! :D 
Che amori! ☺


 

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Capitolo 9
*** Chapter eight. ***


                 
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Chapter eight.
 
 



“Oh cavolo mi sono ribaltato di nuovo” sbuffai all’ennesima imprecazione di Harry.
Eravamo in viaggio da sole due ore e ne mancavano ancora molte per arrivare a destinazione, speravo di dormire se non fosse stato per le urla del mio amico intento a giocare con il cellulare.
“Che gioco è?”.
Georgia dopo aver mandato a quel paese Harry si era chiusa, come l’avevo vista fare spesso in quella settimana, in un mondo tutto suo; ma finalmente si era decisa a uscirne.
“Hi-hill clim r-racing” Colto alla sprovvista, le rispose balbettando. “mmh ne ho sentito parlare. Posso provare?” e gli sorrise. Quanto desideravo che rivolgesse a me quel sorriso. Come quando si era appena svegliata dopo essere stata travolta dall’onda, mi aveva visto e mi aveva sorriso: uno dei migliori che io avessi mai ricevuto fino ad allora.
“Vai così, brava!” il loro gioco continuava e nel guardarli mi sentivo un po’ strano.
Non che fossi geloso, perché mi fidavo di Harry; più che altro era la consapevolezza di non potermi comportarmi così con lei dopo quello che era successo.
“Styles è tutta questione di concentrazione, tu sei troppo frettoloso: bisogna avere pazienza!”.
Aveva gli occhi puntati sull’i-phone, si stava mordendo il labbro ma non perdeva quella grazia tipica della sua persona. Perché Georgia era aggraziata, forse per l’educazione che aveva ricevuto o forse erano i miei occhi a vederla così; era testarda e cercava di tenere le cose sotto controllo ma quando le sfuggivano di mano andava di matto.
“Vuoi delle patatine? Prima di partire ho rifornito il jet” disse fiero alla ragazza al suo fianco.
Quest’ultima alzò lo sguardo dal cellulare e annuì sorridendogli. Prima di riportare gli occhi su quell’aggeggio mi guardò di sfuggita e un brivido mi percorse la schiena. Il suo sguardo era arrabbiato? Deluso? Speranzoso? Non lo seppi decifrare.
“Louis ne vuoi una anche tu?” chiese Harry aprendo la busta, scossi la testa rifiutando. Lui fece spallucce e tornò al suo posto accanto a Georgia e offrendole la busta. “Era un po’ che non le mangiavo” mormorò entusiasta senza staccare gli occhi dal cellulare.
“Oh no ho finito la benzina!”
“Riproviamoci” e continuarono il loro stupido gioco.
Non so per quanto tempo perché ad un certo punto caddi in un sonno agitato.
Feci un sogno abbastanza strano, lo ricordo ancora oggi perché fu la prima volta che lo feci
. Sognai di quando avevo sette anni e mio padre andò via di casa, io lo rincorrevo chiamandolo ma lui non si voltava.
“Louis svegliati! Svegliati!” aprì immediatamente gli occhi ritrovandomi la faccia preoccupata di Harry.
“Ti stavi agitando, tutto ok?” annuì sistemandomi meglio sulla sedia. Notai Georgia alla mia destra con lo stesso sguardo che avevo visto sul volto di Harry.
“Brutto sogno?” chiese con una smorfia.
“Sì, scusate ma ho bisogno del bagno” li liquidai entrambi chiudendo la porta alle mie spalle.
Mi bagnai il viso con acqua fredda e in quel momento realizzai il motivo di quel sogno.
 
 
“Tomlinson, ha intenzione di tenermi sulle spine ancora per molto?”
“A cosa si riferisce Moore?” ammiccò mettendosi una mano sotto al mento con aria saccente.
“Sa benissimo a cosa mi riferisco. Entrambi mi state raccontando la storia in modo alquanto dettagliato, ma lei signor Tomlinson ha omesso un particolare.” Louis ridacchiò “Voglio lasciarla sulle spine, Micheal. Per farmi questa domanda vuol dire che si sta interessando, vero?”
“Se non fossi stato interessato noi non saremmo qui, non crede?”
“Touchè”
“Anche se devo dire che preferisco di gran lunga come sua moglie racconta la sua versione dei fatti, Georgia vuole continuare?” la donna annuì guardando di sottecchi la faccia irritata del marito.
Se avesse potuto avrebbe staccato con le mani quel sorrisetto dalla faccia del produttore.

 

Dovevo ammettere che Harry Styles era un tipo abbastanza simpatico, carino, sfacciato e anche un po’ logorroico.
Mi pentii di essermi comportata un po’ male all’inizio, ma non ce l’avevo con lui. Il viaggio in sua compagnia stava diventando piacevole, apprezzavo soprattutto il fatto che non mi avesse più fatto domande sulla mia vita privata e che non ci avesse provato con me.
Quest’ultimo punto mi fece riflettere, che Louis gli avesse detto qualcosa? Ma quando se eravamo stati sempre insieme?
Nel momento in cui vidi Harry alzarsi immediatamente dal sediolino e correre da Louis che si stava agitando, mi alzai anch’io. Ero abituata a vedere qualcuno agitarsi nel sonno, mia sorella Jane aveva il terrore dei pagliacci e da quando mio padre gliene regalò uno per il suo decimo compleanno ebbe incubi fino ai quindici anni.
Ennesima dimostrazione dell’attenzione dei nostri genitori verso me e Jane.
Turbato Louis corse in bagno mentre io e Harry ritornammo ai nostri posti
. “Gli capita spesso? Dico, di avere incubi”
“No, almeno quando siamo stati in tour o quando qualche volta dormiamo insieme non gli è mai capitato. Probabilmente sarà un po’ agitato per il..ritorno”
“Io credo che sia tutt’altro che agitato. Dovrebbe essere contento, torna dalla sua ragazza, torna alla sua vita” sul volto del ragazzo al mio fianco si dipinse un sorriso amaro. “Hai detto bene, dovrebbe”.
“Perché dici così?” ero curiosa di saperlo.
“Beh personalmente Janice non mi va molto a genio, credo che Louis meriti di meglio, non ho mai capito perché stanno insieme. L’ho visto solo una volta innamorato davvero, con la sua ex Veronica e beh con Janice non lo è.”
“E allora perché ci sta insieme?”
“Perché ti interessa tanto?” incalzò lui.
“Sc-scusa non volevo sembrare invadente” sprofondai letteralmente nella poltroncina.
“Oh non preoccuparti non sei invadente, anzi! Volevo solo stuzzicarti, sai sono il suo migliore amico e a me dice tutto” disse calcando l’ultima parola.  “Proprio tutto?” chiesi imbarazzata.
Lui annuì sorridendomi e facendomi capire che lui sapeva, eccome se sapeva. “Bene” mormorai spostando lo sguardo fuori dal finestrino.
“Non essere imbarazzata! E non avercela con lui, non è stupido ma gli piace riflettere sulle cose e..” bloccò il discorso nel momento in cui Louis tornò. “Tutto ok amico?”
“Sì, solo uno stupido incubo” borbottò lasciandosi cadere sulla poltrona.
“Ammettilo mi stavi sognando nudo ed eri troppo esaltato” ammiccò. Scoppiai a ridere seguita dallo stesso Harry.
“Sempre divertente Harold, mi eri mancato” borbottò non riuscendo a nascondere una risata.
Dopo un paio di minuti Harry si alzò per andare a chiedere al pilota quanto mancava.
“Sei sicuro di stare bene?” chiesi a Louis che sembrava ancora scosso.
“Sì, sto bene. Quando avrai intenzione di farmi conoscere tuo padre dopo che saremo arrivati?” chiese autoritario.
“Non  ho idea di cosa troverò appena torno a casa, sinceramente farti conoscere mio padre è l’ultimo dei miei pensieri”
“Stai venendo meno al patto?” era irritato.
“No, assolutamente. Io sono scappata, ricordi? Credi davvero che sarà così facile avvicinarmi a mio padre dopo tutto quello che è successo?”
“Fa come vuoi, ma ricorda che devi mantenere la parola data.”
Passò qualche secondo, poi decisi di continuare il discorso.
“Non ne avevamo parlato più, perché all’improvviso me lo chiedi?”
“Perché stiamo per tornare e io non ho voglia di aspettare” e con un gesto secco della mano dichiarò la conversazione terminata. Perché tutto ad un tratto ce l’aveva con me?
“Tra un paio d’ora arriviamo!” ci informò entusiasta Harry.
Guardò l’espressione corrucciata di Louis e il mio sguardo basso “Cosa è successo?”
“Niente” rispose secco l’amico.
 
Harry si addormentò durante le ultime ore di viaggio e anche io mi appisolai un po’.
Louis continuava ad essere perso nei suoi pensieri, più cercavo di decifrare quel ragazzo più non lo capivo.
Il co-pilota ci annunciò l’imminente atterraggio a Heathrow e ci disse di allacciare le cinture.
Il jet, logicamente, era atterrato su una pista privata e non c’erano altri aerei in vista.
Erano le cinque del pomeriggio in Inghilterra e faceva abbastanza freddo così accettai volentieri una delle felpe che Harry aveva portato con sé. Si offrì di portarmi una delle mie buste, usate come valigie e mi indicò la strada da seguire dato che Louis scontroso camminava davanti da solo senza degnarci della sua attenzione.
Entrambi si erano camuffati per non essere riconosciuti, infatti quasi nessuno si fermava.
Quando tra la gente riconobbi i capelli biondi di mia sorella le corsi incontro.
Era di spalle e quindi lei non mi aveva ancora notato, ma si stava guardando intorno.
“Jane!” urlai abbracciandola. “Georgia! Come stai? Tutto bene?” annuì contenta di rivederla.
“Salve” disse Harry porgendole la mano. Jane arrossì stringendola. Ecco che l'Harry 'predatore' faceva colpo.
“Ma tu non eri con l’altro membro, Louis?”
“Sì, ero con lui. Harry ci è venuti a prendere col jet”
“Oh, ora capisco”.
Il suono rumoroso di tacchi  ci costrinse a spostare lo sguardo diritto davanti a noi dove una ragazza alta probabilmente grazie alle scarpe, con i capelli neri tirati su da una stretta coda stava venendo nella nostra direzione.
Louis armeggiava con l’i-phone in mano poco distante da noi, ma anche lui ad un certo punto alzò lo sguardo.
La ragazza gli andò incontro e urlando il suo nome lo baciò in modo anche fin troppo teatrale.
In quel momento sentii il mio cuore sprofondare.
In quel momento capii che quella era Janice.
In quel momento desiderai ardentemente di essere al suo posto.





Ecco il capitoloo! Ho aggiornato in perfetto orario, sono contenta di esserci riuscita! :) 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. (:
Sono emozionatissima perchè domani andrò a vedere This Is Us! awwww! ♥ 
Grazie, Thank you, Mercì a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito! ♥
Come ho accennato nello scorso capitolo, sto scrivendo una nuova storia e qualche giorno fa ho pubblicato il primo capitolo. 
Mi farebbe piacere se passaste! Locked out heaven.  :D
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E il link della mia pagina facebook sui One Direction  Moments ~ ! c:
Alla prossimaa! ;D


Ha un sorriso meraviglioso! ♥ 


 
 
 

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Capitolo 10
*** Chapter nine. ***


                           
 
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Chapter nine.
 
 


“Sei un’idiota.”
“Perché?” chiesi sgranando gli occhi. Eravamo ella stanza di un albergo vicino all’aeroporto che Jane aveva prenotato.
“Ti sei lasciata abbindolare come una stupida. Sapevi che lui era fidanzato, cosa ti è saltato in mente?” ci mancava solo la sua ramanzina ora.
“Jane in quel momento non pensavo, ok? Certo che sapevo che era fidanzato e anche lui lo sapeva!”
“Beh ma non ci ha pensato due volte per portarti a letto.”
“Non è andata così. Lui ha..dei problemi con la sua ragazza forse sarà stato questo.”
“Ok, ma ora tu ci stai male.”
“Non è vero!”
“Oh andiamo ti conosco da ventiquattro anni e i tuoi occhi sono spenti. Certo c’è anche tutta la situazione di mamma e papà, ma boh mi dai questa impressione.”
“Beh il tuo fiuto da sorellona stavolta fallisce perché Louis non c’entra niente.” Dissi convinta.
“Sai che sei arrossita dicendo il suo nome?” chiese dopo qualche minuto di silenzio.
Afferrai il cuscino del mio letto e glielo lanciai contro colpendola in pieno.
Iniziammo una battaglia di cuscinate, fortuna che eravamo grandi.
Spesso però è bello tornare bambini e beh fu fantastico giocare con mia sorella come se avessimo dieci anni.
“Time out, time out!” avevamo il fiatone e ci ritrovammo distese l’uno accanto all’altra sul letto.
“Credi che andrà tutto bene?” chiesi spostando lo sguardo su di lei.
“Certo Georgia e poi ci sono io ad aiutarti.” Mi strinse la mano per incoraggiarmi e quel piccolo gesto significò tanto per me.
“Ora però ti fai una bella dormita che domani abbiamo da fare. Cerca di non sognare i begli occhioni di Tomlinson.”
E mi fece l’occhiolino.
In quel momento le tirai un’altra cuscinata consapevole di non poter evitare di sognarlo.

Avevo dormito su un letto decente e soprattutto comodo, avevo fatto la doccia più bella della mia vita, una colazione più che abbondante e finalmente indossavo dei vestiti miei. Mi sentivo bene, eppure avevo un peso sulla bocca dello stomaco, decisi di ignorarlo e di seguire mia sorella. “Quindi quel’è il piano?” chiesi mentre attraversavamo la hall di un albergo.
“Andiamo da zio Hugo.” E afferrò le chiavi dell’auto dalle mani del parcheggiatore. “Davvero?” chiesi sorpresa.
“Sì, ora sali in macchina.”
“Perché da lui?” chiesi mentre allacciavo la cintura.
“Abbiamo bisogno di qualche alleato in famiglia per affrontare mamma e papà, spero che zio Hugo ci dia una mano.”
Annuì soppesando le sue parole, non aveva tutti i torti.
“Credi ci sarà anche Nikki?”
“Non ne ho idea. Hai paura di un altro scontro frontale con tua cugina?” chiese ridacchiando.
Io e Nikki eravamo conosciute come quelle che litigavano spesso, il problema era che avevamo caratteri troppo simili ma le volevo bene, in fondo eravamo cresciute insieme. La Lamborghini sfrecciava veloce tra le strade. Zio Hugo era il fratello di mia madre e viveva a venti minuti da Londra, si era trasferito per le insistenze di sua moglie Bernadette a cui non stava molto  a genio il fatto di vivere vicino a sua suocera.
Durante il viaggio mi addormentai, avevo molto sonno arretrato, e almeno così non sentii il peso del lungo viaggio.
“Bella addormentata siamo arrivate.”
Aprii gli occhi e l’enorme villa dello zio si mostrò ai miei occhi, era proprio come la ricordavo, sorrisi a quel pensiero.
“Salve signorine Lewis, il signor Hugo vi sta aspettando. Lasciate a me le chiavi dell’auto.”
Il maggiordomo ci accolse cortesemente, mi erano mancate quel genere di attenzioni.
“Jane! Da quanto tempo!”
Zia Bernadette ci accolse con un caloroso sorriso, i capelli biondo cenere raccolti in uno chignon elegante, la camicetta azzurra le evidenziava il corpo formoso nonostante la sua età.
“Georgia sei sempre più bella.” C’era anche zio Hugo che però ci salutò un po’ più freddamente.
Nikki era bellissima come sempre, avevo sempre invidiato il fatto che fosse così perfetta. Aveva i capelli biondi e leggermente mossi, gli occhi chiari, la pelle chiara quasi quanto la mia e un fisico da far invidia alle più grandi modelle.
“Vogliamo spostarci in salone?” chiese mia cugina invitandoci con un cenno della mano.
Io e Jane ci sedemmo sul divanetto più piccolo, lo zio sulla poltrona e Nikki e sua madre sul divano più grande.
“Zio credo tu sappia perché siamo qui.” Iniziò mia sorella, aveva iniziato a sudare le mani simbolo di nervosismo.
Zio annuì accendendosi una sigaretta e invitandola a continuare.
“Sono andata via da Endmon circa tre giorni fa, Georgia era scappata e..” fu interrotta dallo zio.
“So dov’era tua sorella, tutto il mondo lo sa.” Quelle parole mi bloccarono all’istante.
“Ch-che intendi dire?” Nikki di fronte a me sospirò avvicinandosi con un i-pad fra le mani.
Mi mostrò delle foto di un giornale, il The Mirror, il titolo era ben chiaro.
LA DUCHESSA DI ENDMON SCAPPA DALL’ALTARE E SI RIFUGIA TRA LE BRACCIA DI LOUIS TOMLINSON IN UN’ISOLA SCONOSCIUTA.
Ero senza parole.
Le foto erano state scattate all’aeroporto: io, Harry e Louis, quest’ultimo distante da noi due; Harry, Jane ed io; e le restanti foto comprendevano Janice avvinghiata a lui. Jane si avvicinò per guardare con me.
Iniziai a leggere l’articolo e c’era scritto tutto ma in modo molto stilizzato, quasi quanto un film.
Secondo il giornale io e Louis ci saremmo conosciuti ad una sfilata di moda dove tra noi sarebbe scoppiata la passione, ci saremmo amati di nascosto per circa tre mesi nonostante entrambi fossimo impegnati e  poi il giorno del mio matrimonio saremmo scappati insieme. C’erano addirittura dfelle dichiarazioni di Janice Gray che affermava di essere profondamente offesa dal proprio ragazzo, che sospettava qualcosa da un po’ ma non aveva il coraggio di lasciarlo perché ‘lo amava troppo’ e che stava soffrendo molto. A fine lettura avevo le lacrime agli occhi, guardai mio zio che aveva gli occhi puntati su di me.
“Non è andata così.”
“Vuoi negare di essere stata via con  quel cantante?”
“No, ci sono stata. Ma è stato tutto..un equivoco. Io l’ho conosciuto in aeroporto.” Sbuffò spazientito.
“E io dovrei crederti? Da quello che abbiamo visto quel giorno non puoi essere affidabile. Hai idea di che danno hai provocato ai tuoi genitori? Hai disonorato il nome della famiglia! I Davinson sono sul punto di chiudere le trattative e comprare l’azienda, tutti i sacrifici di tuo padre andranno in fumo! Sei una sconsiderata.”
Oramai le lacrime scorrevano copiose sul mio viso, sentirsi dire quelle cose non era per niente confortante.
“Papà credo tu stia esagerando.” Sbottò Nikki guadagnandosi un’occhiataccia dal padre.
“E non guardarmi così, anche io avrei reagito allo stesso modo di Georgia. Siamo nel ventiduesimo secolo non nel medioevo!” Jane era stata in silenzio fino ad allora. “Suppongo che non ci aiuterete quindi è meglio che togliamo il disturbo.”
Si alzò tendendomi la mano, la afferrai seguendola.
“Aspettate! Vengo con voi.” Urlò Nikki raggiungendoci.
Sentii chiaramente le urla degli zii che la richiamavano indietro, ma lei ci seguì impassibile.
“Smettila di piagnucolare e sistemiamo questa situazione.” Mi suggerì passandomi un fazzoletto. “Grazie.”
“Dove si va ora?” chiese pimpante mia cugina, evidentemente tutta quella storia la eccitava.
“A urlare contro allo stronzo di Tomlinson dobbiamo scoprire chi c’entra con quell’articolo.”
Sgranai gli occhi guardando mia sorella alla guida e riuscivo a pensare ad un’unica cosa: l’avrei rivisto.
 

“Mr Moore continuo? Sto parlando io da un po’, magari mio marito vorrebbe proseguire lui.”
Il produttore alzò lo sguardo dal blocchetto che aveva davanti e dove scriveva gli appunti.
“Come desidera signora, per me può anche continuare lei se non si è stancata.”
“Continuo io.” Sbottò spazientito Louis.
Non sopportava i vani tentativi di flirtrare di Moore.


 
Il ritorno a casa era stato..traumatico. In un attimo ero stato catapultato nella realtà come se durante il mio soggiorno a
Koh Samui fossi vissuto in una bolla di vetro invalicabile, almeno fino a quando non avevo rivisto le enormi labbra coperte di rossetto di Janice. Quando non si vede la propria ragazza da un po’ si dovrebbe provare sollievo, felcità, gioia nel rivederla, ma non era così per me. Mi sentivo incatenato, chiuso in una scatola senza fori che mi impediva di respirare: sarei soffocato.
Ero tornato nel mio appartamento, avevo mangiato cibo commestibile, avevo usato il mio bagno!
La cosa negativa era che Janice si era impiantata a casa mia, non mi aveva lasciato libero un attimo.
Maledii Harry che mi aveva abbandonato per andare nel suo di appartamento.
Quella notte dormii profondamente, un sonno ristoratore e privo di sogni o..incubi.
“Che ne dici di andare a fare colazione da qualche parte?” non potei dire lo stesso del risveglio
. “Janice sono appena tornato. Non sarebbe meglio fare colazione qui a casa da soli?” la ragazza sbuffò.
“Ma perché? Uscendo faremmo sapere a tutti che sei tornato!”
“No, no e no! Tutti devono sapere, tutti devono parlare, tutti devono fare. La smetti? A me non interessa essere visto sempre in giro, preferisco di gran lunga stare a casa con te davanti alla tv a guardare un film. Perché non lo capisci?”
“E faremo anche quello! Perché non mi accontenti per una volta?” chiese con fare civettuolo.
“Per una volta? Janice siamo sempre a cena fuori, accetto per te tutti gli inviti agli eventi e alle sfilate, ti rendi conto che da quando stiamo insieme siamo rimasti insieme da soli a casa tre volte soltanto? Tre volte! Te ne rendi conto?!”
“È questo che buoi Louis? Stare a casa a fare la coppia monotona e pantofolaia?” sbottò.
“No, cioè sì! Di certo non voglio essere una coppia..così! Noi siamo una coppia felice solo davanti alle telecamere, e dopo la mia esperienza su quell’isola la mia prospettiva di vedere le cose è cambiata.” Dissi sedendomi sulla poltrona del soggiorno.
“Centra quella ragazza, vero? Quella coi capelli rossi che era con te e Harry all’aeroporto. L’ho vista come ci guardava, come ti guardava!” rimasi in silenzio non sapendo bene cosa rispondere. “E rispondi Louis!” mi urlò contro come un’assatanata.
“Lei era con me a
Koh Samui.” Sibilai in difficoltà. “Ci sei stato a letto?” il mio silenzio fu la risposta.
“Bravo, bravo! Tutti quei discorsi sul fatto che noi non siamo una ‘buona’ coppia. Tutte stronzate, Lou! Io non ti ho mai tradito!” “Se è per questo non mi hai mai amato.” Dissi irritato.
“Come osi dire una cosa del genere?” mi alzai spazientito.
“Ammettilo una buona volta. Ammettilo Janice!” ero fuori di me. Eravamo alla resa dei conti.
“Ma cosa ti ha fatto quella? Il lavaggio del cervello?”
“Tutto questo accadeva già prima di incontrare Georgia all’aeroporto.” Affermai abbassando il tono di voce.
“Non ci credo. Sei uno stronzo, addio Tomlinson.”
E afferrando la sua Vuitton regalatale da me uscì da quella casa e soprattutto uscì dalla mia vita, almeno speravo.
 

Durante la restante mattinata feci un’abbondante colazione, un lungo bagno, mi beai del mio wi-fi aggiornandomi su ciò che era successo mentro ero via, parlai con mia madre su skype e successivamente con Liam, Niall e Zayn; in quel momento realizzai quanto mi mancavano le piccole abitudini quotidiane.
-Finalmente l’hai lasciata quell’oca!-
-Ok, Harry ma ora smettila di esultare, ok? Mi dai sui nervi!-
Erano dieci minuti che eravamo a telefono e mi stava assillando.
-Scusa amico. Comunque quando rivedrai capelli ramati?- ammiccò.
-Chi?-
-Georgia! Capelli..i suoi sono ramati, sciocco!- annuì capendo il significato di quel soprannome.
-Comunque niente; non l’ho né vista né sentita.-
-Ma ne hai l’intenzione?-
-Perché ti interessa?-
-Beh perché tifo per lei.- rispose sincero.
–Idiota, ora stacco che altrimenti non la smetti di dire idiozie.-
 
Il suono del campanello mi fece sussultare e mi costrinse ad interrompere il film che stavo guardando davanti ad un enorme ciotola di patatine.
Aprii la porta senza preoccuparmi di chiedere chi fosse, ma quando mi trovai davanti la faccia infuriata della sorella di Georgia rimasi prietificato.
“Che cavolo?”
“Taci Tomlinson. Sei nei guai fino al collo e ora facci entrare.”
Mi spintonò entrando nell’appartamento, fu seguito da una ragazza bionda mentre Georgia era rimasta alla porta, abbassò lo sguardo entrando lentamente ed evidentemente a disagio.
Cosa era successo?
 






Sinceramente non so neanche se sono in orario o meno con l'aggiornamento! xD 
Ci tenevo ad aggiornare comunque! c:
Questo capitolo mi piace, spero sia piaciuto anche a voi e soprattutto spero di non annoiare con questa storia! (:
Grazie a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito! ♥
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Alla prossimaa! ;D 

awww Louis! ♥


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Capitolo 11
*** Chapter ten. ***


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Chapter ten.
 
 
 

Non sapevo se avere paura o esultare per avere tre donne nel mio salotto.
Ma dai loro sguardi iniziai a temere il motivo della loro visita, erano sedute sul mio divano.
“Volete qualcosa da bere?” Era meglio essere cordiali, no?
“Basta smancerie, Tomlinson. Siediti: dobbiamo parlare. Timoroso lo feci.
“Che succede?” “Sei per caso uscito di casa? Hai visto i giornali o che so..internet?”
Non avevo avuto per niente voglia di fare nessuna di quelle cose che la sorella di Georgia mi aveva elencato, insomma volevo solo rilassarmi. “No, perché?”
Mi voltai verso Georgia, aveva lo sguardo basso quasi triste, mi sentii male a vederla così.
La ragazza bionda, che tra l’altro non avevo idea di chi fosse, aprì la borsa tirando fuori un giornale.
Me lo mise davanti e in quel momento realizzai. Come avevo fatto a non pensarci? Dovevamo essere più cauti all’aeroporto. Quelle foto, quei titoli, quelle parole. Mentre leggevo c’era un silenzio tombale, tutte attendevano la mia reazione.
“Mi dispiace.” Furono le uniche parole che mi uscirono.
Da un lato io ero abituato a questo genere di cose, ora certamente la mia reputazione era stata infangata ma anche quella di Georgia, e io non avrei voluto accadesse. “Ti dispiace? È tutto ciò che riesci a dire?”
“Cosa dovrei dirti? Oramai il danno è fatto.” Avevano ragione ad essere furiose, ma non c’era motivo di prendersela con me. “Louis.” Mi voltai al suono di quella voce, la sua voce. Non mi aveva degnato di uno sguardo da quando era entrata nel mio appartamento. La guardai attendendo le sue parole.
“L’articolo è..troppo dettagliato. Dice l’isola in cui siamo stati, per quanto tempo siamo restati lì, che dormivamo nella stessa stanza; insomma, chi poteva saperle queste cose? Eravamo solo noi lì, e sicuramente io non sono stata a raccontare tutti questi dettagli. So che sei una celebrità, che hai bisogno di tenere i riflettori su di te, ma non mi sembra giusto che tutto ciò vada a discapito mio.” Allora era questo che pensavano? Credevano che io avessi spifferato tutti ai giornalisti per accrescere la mia fama? Se prima non ero infuriato, ora lo ero sicuramente.
“Ma davvero credete una cosa del genere? Non ho di certo bisogno di questi trucchetti! Non l’avrei mai fatto, Georgia.”
Ero deluso dal fatto che proprio lei pensasse questo di me. Era vero che non mi ero comportato da galantuomo nei suoi confronti, ma l’avevo aiutata in un momento difficile.
“E noi dovremmo crederti? Chi avrebbe potuto sapere tutti questi dettagli a parte voi?” era stata la bionda a parlare, con un tono fin troppo arrogante. “Ma chi sei tu? Non ti conosco neanche e ti permetti di esprimere giudizi su di me?”
In altre circostanze avrei riso per la sua faccia sbalordita.
“Sono Nikki, la cugina di Georgia. E li conosco quelli come te, fin troppo bene.”
“Che diamine significa ‘quelli come me’? Che sono una razza a parte?” si stava preparando a rispondermi per le rime, o almeno credo, ma fummo interrotti dal suono del campanello.
Non avevo mai avuto così tanti ospiti nel mio appartamento nel giro di venti minuti.
Sbuffando andai ad aprire, trovandomi davanti Harry con il fiatone e con la stessa copia del The Mirror.
“Sei in ritardo, amico.” Dissi lasciandolo entrare. Mi guardò confuso, ma quando guardò il mio salotto, il suo sguardo passò da sbalordito a eccitato e poi di nuovo a sbalordito.
“Oh bene, ora siamo al completo o vuoi chiamare anche il resto del gruppetto?”
L’acidità della sorella di Georgia cominciava a darmi sui nervi.
“Louis ti ho sempre detto che quando organizzi questi festini, devi invitarmi, io lo farei per te.”
“Ma quale festino! Sono qui per uccidermi per la storia del The Mirror. A quanto pare ci sono scritti troppi dettagli, che nessun altro conosceva e credono sia stato io a spifferare tutto.”
 
 
“Andiamo Tomlinson, come facevano i giornali a sapere tutto?” Louis sorrise alla curiosità del produttore.
“Moore, mi delude. Non è capace di aspettare?”
“Louis smettila di prenderti gioco di lui! Senza offesa Mr Moore.”
Disse Georgia al suo fianco, indignata dal comportamento del marito.
“Nessun offesa, signora. Vuole continuare lei?”
Quella annuì.

 
 

Quella situazione non mi piaceva affatto. Louis mi era sembrato sincero, o almeno troppo indignato, o magari offeso, dalle nostre insinuazioni. Avevo lasciato che fossero Janet o Nikki a parlare per la maggior parte del tempo, io non ne avevo il coraggio. Temevo di essermi presa un’enorme cotta per Louis Tomlinson, anzi ne ero consapevole, e rivederlo dopo la nostra ‘avventura’ non aveva di certo aiutato. Inoltre, c’era ancora la questione di mio padre che lui voleva conoscere, quindi non sarebbe stata quella l’ultima volta che ci saremmo visti; da un lato ciò non mi dispiaceva.
“Siete sicuri che non c’era nessun altro lì? O che non l’abbiate raccontato a nessuno? Anche tu..ehm non ricordo il nome?” ed ecco che Harry assumeva le sembianze di Sherlock Holmes e di Casanova contemporaneamente.
“Sono Janet e comunque non ho raccontato nulla a nessuno.”
Furono le parole di Harry ad accendere una lampadina nel mio cervello.
I miei sospetti si stavano materializzando nella mia mente, mi voltai verso Louis.
“Forse so chi ha raccontato la storia al The Mirror.”
“Di certo non Devang e suo fratello, non sanno neanche cos’è internet.”
Alle parole di Louis, ridacchiai; gli altri ci guardavano confusi non capendo di chi stessimo parlando.
“Era solo il proprietario del bed and breakfast.” Spiegai brevemente.
“Comunque al bed and breakfast non eravamo soli, e durante il nostro soggiorno abbiamo incontrato solo una persona, te lo ricordi?” Louis sbarrò gli occhi alzandosi di scatto.
“Lo sapevo che quel tipo non avrebbe portato a nulla di buono!”
“Ma chi?” chiese Janet, sempre più disorientata, al mio fianco.
“Un uomo, si chiamava Leonard. Lo incontrai un giorno nel corridoio e ci parlai. Era un giornalista aspirante scrittore e beh gli dissi chi ero e poi riconobbe Louis. Deve essere stato lui a vendere la storia al giornale.”
“E non solo.” Tutti, all’unisono, si voltarono verso Harry che aveva il cellulare fra le mani.
“Il tuo amico ha anche scattato delle foto.” Louis si fiondò sull’i-phone dell’amico e lo stesso feci io.
C’era una foto di quando eravamo in spiaggia, di quando tornammo al b&b bagnati dalla pioggia, di quando eravamo andati al bar del fratello di Devang. Insomma un book fotografico sulla nostra sfortunata vacanza.  
Non volevamo stare con le mani in mano.
Louis decise di chiamare i manager della band per raccontare la sua versione dei fatti e di chiamare un avvocato per intentare una causa contro quell’uomo che aveva violato la nostra libertà, in un certo senso.
I due ragazzi ci assicurarono che tutto si sarebbe risolto, purtroppo quell’articolo e quelle immagini non potevano essere cancellate ma avrebbero fatto di tutto per smentire la situazione.
Quando Louis si allontanò per andare in un’altra stanza, lo seguii, lasciando Nikki che guardava Harry con occhi sognanti e una Janet che li guardava seccata.
L’appartamento era bellissimo, semplice e pratico; ordinato e non esageratamente lussuoso, lo seguii fino in cucina.
Louis Tomlinson in tenuta casalinga era ancora meglio di quando indossava lo smoking.
entre parlava al telefono, era teso in volto. Un po’ mi dispiaceva di avergli provocato così tanti pasticci.
Staccò la chiamata per poi guardare malinconico fuori dalla finestra.
Avvertì in qualche modo la mia presenza, perché si voltò.
“Hai chiamato i manager?”
Quello annuì. “Devo andare nei loro uffici. Non sono molto contenti della cattiva pubblicità.” Era amareggiato.
“Mi dispiace.”
“Non è colpa tua, Georgia. Tutto si sistemerà.” Si era avvicinato e mi aveva messo le mani sulle spalle, prima di parlarmi. “Volevo sapere quando ti andava di incontrare mio padre. Ancora devo chiarire con lui, ma se posso comunque presentarmi improvvisamente nel suo ufficio portando te; sono ancora sua figlia dopotutto.”
Louis si allontanò da me, appoggiando le mani sul bancone della cucina.
“Non so a cosa stavo pensando quando te l’ho chiesto. Non avrei dovuto farlo.”
“Louis, non so il motivo che ti ha spinto a farmi questa richiesta. Ma abbiamo fatto un patto ed è giusto che io rispetti la mia parte; anche se non riesco proprio ad immaginare la tua motivazione.”
Prese un profondo respiro per poi girarsi verso di me.
“Tuo padre ha distrutto la mia famiglia, impedendo a me e a mia sorella di avere un’infanzia felice.”
Completamente sconvolta da quella rivelazione, mi appoggiai al tavolo guardando insistentemente il ragazzo di fronte a me che aveva pronunciato quelle parole con un tono tanto gelido quanto sofferente. 








I'm back! Beh avevo comunque continuato ad aggiornare l'altra storia, sono tornata con questa!
Non avevo in programma di farlo, non so come ma mi sono ritrovata a scrivere questo capitolo!
Spero vi sia piaciuto! So che come "ritorno" era necessario qualcosa di più..eclatante, ma questo è tutto ciò che sono riuscita a fare per ora!
Grazie mille a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! e un grazie speciale a chi ha recensito!
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E se volete, passate all'altra mia storia! 
Alla prossima! ;D

Amore! :') 

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Capitolo 12
*** Chapter eleven. ***









                            
 
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Chapter eleven.
 
 


Il giorno dopo essere andata a casa di Louis, dopo essere diventata per i giornalisti l’amante del cantante dei One Direction, dopo aver scoperto una verità alquanto amara su mio padre, ero nel posto che avrei voluto evitare soprattutto in quei giorni.
Il cancello imponente della nostra residenza londinese si ergeva davanti a me, presi un sospiro e usando le mie chiavi, vi entrai. Sapevo che mio padre era a Londra per affari, il sole era alto in cielo e l’aria calda mi aveva permesso di indossare una semplice canotta quella mattina, che tra l’altro era di Janet.
Non le avevo detto nulla di ciò che avevo scoperto, volevo esserne sicura; non che non credessi a Louis, anche se una parte di me desiderava che avesse detto una bugia, ma volevo sentire la versione dei fatti di mio padre.
Sempre usando le chiavi, entrai in casa, ero consapevole di non trovare mia madre rimasta a Endmon.
“Si-signorina Georgia.” La domestica mi venne incontro guardandomi stralunata.
“Bett salve, mio padre è in ufficio?”
Prima di rispondermi continuò a guardarmi in modo strano, evidentemente non si aspettava di vedermi lì;
in realtà neanche io me l’aspettavo.
“Sì, ma credo per poco, aveva un impegno prima di pranzo.”
Mi aveva risposto cercando di darsi un tono formale, come suo solito, ma dalla voce era trapelato quel filo di incertezza quasi di timore per la reazione che avrebbe avuto mio padre nel rivedermi.
Annuì semplicemente dirigendomi all’ufficio di mio padre, prima di entrarvi presi un profondo respiro.
Keaton Marc Lewis indossava un completo grigio con la camicia bianca, era seduto su una sedie di pelle nera e guardava attento dei fogli che aveva tra le mani.
“Papà” dissi semplicemente avvicinandomi cautamente alla scrivania.
L’uomo sollevò lo sguardo e quando mi riconobbe, raggelò.
“Georgia, hai un bel coraggio a mostrarti qui dopo quello che hai fatto” sbuffando presi posto in una delle sedie davanti la scrivania. “Dopo quello che voi mi avete costretto a fare, davvero pensavate che avrei sposato un uomo che non amo?”
“Sì, lo credevamo, perché ti credevamo leale e disposta ad aiutare la tua famiglia” rispose lanciandomi uno sguardo di sfida. Scossi la testa affranta, i miei genitori non mi avrebbero mai capita.
“Non sono qui per essere rimproverata, papà. Ho una storia da raccontarti” lui annuì e con un cenno del capo mi invitò a continuare.
“Una famiglia, originaria di Winchester, viene a vivere ad Endmon quando l’uomo di casa viene assunto come direttore generale nella nostra azienda. L’uomo è soddisfatto del nuovo impiego e del salario recepito. Purtroppo un giorno uno scandalo colpisce l’azienda che a quanto pare era coinvolta in attività illegali. I sospetti cadono sull’amministratore delegato, Nathan Lewis, nipote del proprietario dell’azienda; ma una nuova prova fa ricadere le accuse su Bernard Tomlinson, padre di un bambino di quattro anni e di una bambina di quattro mesi. L’uomo viene licenziato e arrestato con l’accusa di essere complice di attività legali; riesce ad uscire grazie a una cauzione che la moglie paga prosciugando il loro intero conto in banca. Bernard, umiliato, lascia la moglie e i figli, andando chissà dove, senza tornare più”.
Mio padre mi guardava sconvolto, chiedendosi probabilmente come facessi a sapere quella storia.
“Chi te l’ha detto?”
“Louis Tomlinson, strano che quando hai visto il suo nome sui giornali tu non l’abbia associato a questa storia, senza realizzare che lui era il bambino di quattro anni a cui tu hai tolto il padre per salvare il culo a Nathan” ero andata da lui per confermare la storia di Louis e la sua reazione non aveva fatto altro che confermare la veridicità di quella storia.
“Non ti credevo un uomo così meschino, ma ora so di cosa sei capace pur di salvare la tua azienda. Come hai potuto papà?”
“Ho dovuto, Georgia! Sono stato costretto, all’epoca era ancora vivo tuo nonno e non avrebbe permesso che un tale scandalo rovinasse il nome della famiglia. Mi dispiace, davvero” scossa mi alzai, dirigendomi alla porta.
“Non è con me che dovresti scusarti”
 


“Signor Tomlinson, mi dispiace per suo padre” Mr Moore aveva ascoltato la storia molto attentamente, non immaginando che il motivo per cui il signor Tomlinson ce l’avesse con il padre di Georgia fosse una cosa così seria.
“È acqua passata ormai” mormorò Louis prendendo la mano della moglie tra le sue.
Quest’ultima gli sorrise rassicurante.
“Vuoi continuare tu, tesoro?” Louis annuì, iniziando a parlare.

 

Dopo aver detto la verità a Georgia, mi recai con Harry agli uffici della casa discografica sperando che loro conoscessero un modo per bloccare i giornalisti dall’inventare altre storie. Non erano affatto contenti di ciò che stava accadendo, mi incolparono di essere stato irresponsabile e che avevo servito la storia ai giornalisti su un piatto d’argento.
Io mi giustificai, insomma come potevo sapere che uno stupido giornalista che viveva su un’isola sconosciuta sarebbe riuscito a creare tutto quel caos?
Mi consigliarono di partecipare ad una conferenza stampa con Georgia e raccontare la nostra ufficiale versione dei fatti.
Il solo pensiero di rivederla mi rendeva ansioso e felice allo stesso tempo.
Il modo in cui era fuggita letteralmente da casa mia dopo che le avevo raccontato la mia storia mi portava a chiedermi se avrebbe voluto rivedermi. E quando afferrai il mio cellulare per chiamarla, realizzai di non avere il suo numero.
Mi battei una mano sulla fronte dandomi dello stupido da solo.
“Che succede?” chiese Harry sgranocchiando delle patatine.
“Non ho il numero di Georgia” risposi affranto.
“Oh, se riesci ad afferrare il mio cellulare dalla tasca, ho quello di Nikki, sua cugina. Non posso prendermelo da solo, ho le mani unte dalle patatine”spiegò con nonchalance
“Quando hai avuto il numero di sua cugina?” chiesi sghignazzando.
“A casa tua, è carina” mi disse facendo l’occhiolino, non sarebbe mai cambiato.  
Velocemente digitai un sms a Nikki, chiedendole il numero di Georgia, avvertendola che ne avevo bisogno per una questione urgente. La ragazza non esitò a rispondere, fortunatamente dandomi il numero senza fare storia.
–Pronto?- sussultai quando rispose al secondo squillo.
–Georgia, sono Louis- dissi titubante.
–Oh..ciao-
-Ascolta, ho parlato con i manager e loro mi hanno consigliato di organizzare una conferenza stampa in modo che noi, insieme, raccontiamo la nostra versione dei fatti- spiegai velocemente, sperando che avrebbe accettato.
–Ehm..ok. Se dici che questo impedirà loro di inventare altre storie, per me va bene- sorrisi sornione alle sue parole.
–Bene, ti mando l’indirizzo per sms. A tra poco, Georgia-
-A tra poco, Louis-
 

“Louis, posso raccontare io questa parte? Per favore!” chiese Georgia, guardando il marito con occhi dolci.
Louis sospirò, senza nascondere un sorriso, e la lasciò continuare.
Non poteva resisterle.

 
 

“Vuole che io partecipi ad una conferenza stampa” spiegai brevemente e Janet mentre prendevo la giacca e le chiavi della macchina.
“Sei sicura di voler parlare davanti a centinaia di giornalisti?” no, non lo ero.
“Se questo è l’unico modo per far sapere a tutti la verità, devo almeno provarci” dissi aprendo la porta e uscendo.
Le strade di Londra erano affollate e il traffico non fece altro che aumentare la mia ansia.
Non riuscivo a capire se ero più ansiosa di rivedere Louis o di parlare davanti a dei giornalisti.
Diedi il mio nome alla guardia degli uffici della casa discografica e entrai.
Dovevo raggiungere il terzo piano, è lì che si sarebbe dovuta tenere la conferenza.
Appena le porte dell’ascensore si aprirono vidi Louis appoggiato al muretto di fronte, come se mi stesse aspettando.
Mi sorrise appena mi vide ed era uno di quei sorrisi che adoravo e che mi facevano diventare le gambe molli come gelatina. “Ciao” dissi avvicinandomi mentre il cuore mi batteva all’impazzata.
“Ciao, vieni con me, stanno preparando la sala. Hai mai partecipato ad una conferenza stampa?” parlava velocemente e camminava, facevo fatica a stargli dietro.
“No, mai” risposi, continuando a seguirlo.
“Beh non farti prendere dall’ansia e sii semplicemente te stessa” mi disse sorridendomi e fermandosi davanti ad una porta.
“Ah e Georgia, io ometterei il fatto che noi..beh che-“
“Ho capito cosa intendi, non dirò nulla, non preoccuparti” non c’era bisogno che mi dicesse di non dire che eravamo stati a letto insieme.
La sala era piana di giornalisti, due videocamere puntate sul piccolo palco dove vi era un podio con due microfoni.
Louis poggiò una mano sulla parte bassa della mia schiena guidandomi, rabbrividì a quel contatto.
“Salve, io sono Louis Tomlinson e la donna al mio fianco è Georgia Lewis, siamo qui per raccontare la verità sulla nostra presunta relazione. È vero siamo stati insieme sull’isola di  Koh Samui, ma è stato un semplice caso. Ci siamo incontrati in aeroporto mentre lei fuggiva da una..particolare situazione familiare e io da un assalto delle fan. Abbiamo preso insieme l’aereo sbagliato che portava a Koh Samui e lì abbiamo passato del tempo insieme in quanto non conoscevamo nessun altro sull’isola” concluse il suo monologo per poi guardare me in modo intenso, sarei potuta svenire.
“Signorina lei cosa ha da dire su questa storia? Molti pensano che fra voi due ci sia qualcosa, non è scattata la scintilla sull’isola?” chiese un giornalista seduto sul fondo della sala.
Ero spiazzata dalla sua domanda, le mani mi tremavano, il tremolio fu fermato da un'altra mano quella di Louis che mi lanciò uno sguardo rassicurante.
“Quello che ha detto Lou-cioè il signor Tomlinson, è vero. E no, non è scattato nulla fra di noi. Come sarebbe potuto nascere qualcosa? Lui è fidanzato” risposi con ovvietà, adducendo il fidanzamento di Louis come scusa.
“Signorina, ma lui e la signorina Janice hanno rotto. È lei il motivo della rottura?” chiese un altro giornalista.
Mi voltai verso Louis incredula che avesse davvero lasciato la sua ragazza.
“Ehm..no! Non posso essere io il motivo della rottura, noi..”
“Ok, ora basta. La state mettendo in difficoltà. Sì, ho lasciato la mia ragazza perché semplicemente non l’amavo più, Georgia non c’entra niente, lei mi ha semplicemente aperto gli occhi. Mi ha fatto capire che posso avere una vita normale anche se sono famoso. I giorni passati con lei sono stati fantastici, non ero così..spensierato da molto tempo. E se vogliamo essere sinceri, la scintilla è scattata, almeno per me” ero sconvolta dalle sue parole, non potevo credere che l’avesse dette davvero. Improvvisamente si voltò verso di me e continuò il suo discorso.
“Georgia, dimmi che non sono l’unico che prova qualcosa, che non sono l’unico che non smette di pensare ai momenti passati insieme” io ero senza parole, l’unica cosa che feci fu scuotere la testa, per dire che no, non era l’unico! Anche io provavo qualcosa per lui e non riuscivo a smettere di pensare ai suoi sorrisi, ai suoi occhi, ai suoi baci.
E in quel momento Louis Tomlinson mi sorrise, i suoi occhi brillavano e in un attimo le sue labbra erano sulle mie. Immediatamente centinaia di flash iniziarono ad accecarci, ma a noi non importava, continuammo a baciarci finchè non fummo costretto a staccarci da un uomo, probabilmente uno dei manager di Louis.
Quest’ultimo ignorò i rimproveri dei suoi superiori prendendomi per mano e portandomi via di lì.
Quel giorno capii che non avrei voluto vivere un altro minuto lontana da lui. 







Sono riuscita ad aggiornare anche questa storia, finalmente! Mi scuso per l'enorme ritardo.
Questo è il penultimo capitolo, il prossimo sarà l'epilogo..eh già! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! :) 
Vi lascio il mio Twitter e il link dell'altra mia storia Locked out of heaven. 
Alla prossima! ;D 



Ciao Louisss! ☺

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Capitolo 13
*** Epilogue. ***



                          
Epilogue.
 



“Una trovata romantica, signor Tomlinson” constatò Micheal Moore sistemandosi gli occhiali.
“Guardi che fu una cosa improvvisa, non mi ero certo programmato un discorso! Lasciai che fosse il cuore a parlare con me, il quale non badò alla schiera di giornalisti accaniti che ci circondava” disse semplicemente per poi guardare la donna al suo fianco con adorazione. Quest’ultima si limitò a sorridere.
“Signori Tomlinson, credo ci abbiate dato abbastanza materiale per lo sviluppo della storia. Grazie di averci dedicato il vostro tempo” terminò lanciando uno sguardo ammiccante a Georgia.
“Si sa qualcosa sugli attori che faranno parte del cast per il film?” chiese Louis, cercando di spostare l’attenzione dell’uomo da sua moglie.
“No, dobbiamo prima sviluppare un copione e poi inizieremo i provini” rispose alzandosi dalla poltrona su cui era stato seduto nelle ultime ore.
“Arrividerci signori Tomlinson” disse  per poi lasciare la stanza.
“Sarà anche bravo nel suo lavoro, ma ho odiato il modo in cui ti ha guardata per tutto il tempo” detto questo si alzò porgendo la mano alla moglie, ancora seduta.
“Non essere il solito gelosone, sai che ho occhi solo per te” disse alzandosi; gli si avvicinò e sorridendogli appoggiò le labbra su quelle del marito.
“Ehi! Ci sono dei bambini qui” si voltarono entrambi al suono della voce di Harry che aveva tra le braccia Logan.
“Che ci fate voi qui?” chiese Georgia, avvicinandosi e prendendo il suo piccolo tra le braccia.
“Avete già finito di raccontare la storia?” chiese il riccio, ignorando la sua domanda.
“Sì, perché?” chiese di rimando Louis.
“No! Volevo raccontare anche la mia parte”
“E cosa avresti tu da raccontare?” questa volta fu Georgia a parlare, mentre Logan stava giocando con i suoi capelli.
“Beh le mie impressioni su voi due, il fatto che, nonostante tu fossi innamorata persa di Lou, avevi un debole per me e infine come ho conosciuto la mia consorte grazie a te. Insomma ci saremo anche Nikki e io nel film, no?”
Louis sbuffò dandogli un buffetto sulla spalla. “Smettila idiota. Georgia non ha mai avuto un debole per te e inoltre anche se tu e Nikki sarete nel film, sarete delle semplici comparse. Georgia e io siamo i protagonisti” concluse prendendo il figlio dalle braccia della moglie.
“E comunque dov’è Lizzie?” chiese Georgia avviandosi all’uscita.
“Con Nikki a prendere qualcosa da mangiare. A proposito di cibo, domenica venite a pranzo da noi? Vengono anche i genitori di Nikki”
“Domenica andiamo a pranzo dai miei” rispose distrattamente Georgia per poi spostare l’attenzione su sua cugina e sua figlia che camminavano verso la loro direzione.
Né lei né Louis avevano perdonato del tutto il padre, ma nelle occasioni in cui stavano insieme come festività, cene o pranzi si limitavano a comportarsi civilmente.
Keaton Marc Lewis non era più a capo della sua azienda, ma sua figlia Georgia l’aveva sostituito ed era riuscita a risollevare le sorti dell’azienda grazie anche all’aiuto di suo marito.
“Piccola! Mi sei mancata” disse abbracciando la piccola peste di casa Tomlinson.
“Finalmente avete finito, è difficile tenerli a bada entrambi considerando che con Harry sembra di badare a tre bambini e non due. La prossima volta che vi faccio da babysitter voglio essere pagata” disse Nikki dando un bacio sulla guancia suo marito. “Contaci. Se avessimo voluto pagare qualcuno, avremmo assunto una vera babysitter” disse Louis di rimando.
“Vogliamo andare? Voglio tornare a casa” Georgia ormai si stava già avvicinando all’uscita, non vedeva l'ora di tornare a casa e farsi un bel bagno caldo, era stata una giornata stancante.
“Allora moglie, è stato così terribile raccontare la nostra storia al produttore?” stavano camminando verso il parcheggio.
Harry e Nikki avevano preferito tornare a casa con il loro autista per questo ora si ritrovarono soli, Georgia aveva la piccola Lizzie per la mano e Louis aveva Logan tra le braccia.
“No, anzi mi sta piacendo l’idea che la gente sappia realmente com’è andata tra noi e poi i nostri figli potranno vedere sul grande schermo come mamma e papà si sono innamorati” rispose sorridendo al marito sinceramente.
“Non ci resta che aspettare la premiere, non vedo l’ora!”





E anche questa è finita! Spero che vi sia piaciuta la storia!
Grazie a chi ha recensito e a chi ha aggiunto la storia fra le seguite/preferite/ricordate! :D
Passate all'altra mia storia, se vi va, Locked out of heaven. 
Vi lascio il mio Twitter 
Ciao! ;D


 
 

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