Ad Elle, con tutto il mio cuore

di Glory and Love
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Soldato che vai via, con in tasca una fotografia..." ***
Capitolo 2: *** "Che nel profondo di ogni cuore c'è qualche cosa che fa male, il tempo che non passa mai..." ***
Capitolo 3: *** "E per ognuno c'è una strada, c'è una donna, c'è una casa e c'è chi non li scorda mai..." ***
Capitolo 4: *** "Tu che vai via... senza saperne la ragione. Sul treno della nostalgia ogni minuto sembra già uguale a mille settimane." ***
Capitolo 5: *** "Soldati presi ad ogni età, soldati nell'oscurità. Ragazzi solo da capire. Un fiore in bocca ed un fucile e il tempo che non passa mai..." ***
Capitolo 6: *** "Tu che vai via... per quale guerra e quale idea? E quante penserai ad una risposta che non hai, ad una risposta che non hai." ***
Capitolo 7: *** "Il tempo vola, nessuno lo sa. Gli anni passano. Dove andiamo da soli, lontano da qui?" ***



Capitolo 1
*** "Soldato che vai via, con in tasca una fotografia..." ***


"Soldato che vai via, con in tasca una fotografia."
Aria pulita finalmente. Dopo aver passato dei giorni nella puzza di veleno e sangue, finalmente, respirava aria pura e pulita. Il lago Toluca non gli era mai sembrato così calmo e limpido. A quell’ora riusciva a vedere il faro in lontananza e la nebbia perdersi tra i lontani orizzonti. Orizzonti che, in quel momento, non gli sono sembrati così lontani. Le strade erano rotte ma per fortuna c’era, ancora intatta, quella che conduceva nello South Vale, nei pressi di Silent Hill. Ora che tutto era finito varcare la soglia di quella città era strano. Sembrava davvero una collina silenziosa. Il vicesceriffo Wheeler, divenuto suo amico, lo stava aspettando nella macchina della polizia. Alex aveva chiesto un desiderio prima di partire. Vedere Sheperd’s Gleen finalmente tranquilla. Ora lo era, una cittadina condannata all’inferno. Doveva andare via da lì.
Diede un ultimo sguardo alla valle ambrata della città e si voltò, con lo zaino in spalla, verso la vettura della polizia. Wheeler mise in moto, accelerando lentamente, uscendo dal parcheggio. Attraversarono Wichery Street e il cimitero di Rose’s Haigheits. Dal finestrino riusciva a vedere poche e niente, solo la strada e le strisce bianche grazie ai fari della macchina. Il viaggio proseguì in silenzio. Un insopportabile silenzio.
-Sei sicuro di ciò che stai per fare, Alex?-
Chiese il vicesceriffo, continuando a guardare la strada. Il neo soldato si limitò ad annuire, strofinandosi gli occhi con le mani, come un bambino assonato. Il viso maturo ma gli occhi limpidi lo facevano assomigliare davvero ad un bambino triste e spaventato. Era passato meno di un’ora da quando tutto era finito eppure qualcosa lo tormentava. Il senso di colpa. Furono questi i suoi pensieri mentre vedeva il cartello verde sulla strada menzionare il nome della città che stavano abbandonando. Una città condannata, ormai.
-Tu dove andrai?-
Chiese, infine, il soldato. Il vicesceriffo esitò un momento prima di rispondere. Neanche lui sapeva dove sarebbe andato. Ma aveva un amico di fiducia sul quale contare. Frank gli aveva rivelato che lo South Vale aveva bisogno di uno sceriffo in gamba e che lui sarebbe stato in grado di portare una divisa superiore a quella che indossava attualmente. La stessa divisa che Adam Sheperd aveva disonorato.
-Nello South Vale. Ho un amico che mi ha detto che stanno cercando un nuovo sceriffo. Pare una cittadina tranquilla. Pensa… mi ha anche cercato un appartamento.-
Rispose Wheeler, cercando di sdrammatizzare. Osservando l’espressione da funerale che aveva il suo amico capì che doveva piantarla. Continuò a guidare, senza porre altre domande.
-Ti scriverò.-
Disse il soldato, arrivando quasi a destinazione. Wheeler fece un piccolo sorriso, annuendo.
-Ci conto, Sheperd.-
Alex rimase con la sua espressione seria e distaccata. Il vicesceriffo sapeva bene a cosa stava pensando ma decise di non fare domande, neanche di informarlo che Elle sarebbe andata a vivere nell’appartamento accanto al suo, nella palazzina dei South Ashfield Heighets.
La macchina parcheggiò appena arrivata nel parcheggio della stazione dello South Vale e Wheeler notò che c’era una persona vicino alle scale che conducevano al centro della stazione. Sorrise appena, notando che Alex non aveva notato quella persona.
-Siamo arrivati.-
All’udire quelle parole, il soldato non alzò nemmeno lo sguardo e scese dalla macchina. A sguardo basso, raggiunse le scale della stazione e solo ad allora sentì la voce di Elle, chiamarlo.
-Alex?-
Lui alzò lo sguardo, visibilmente sorpreso di trovarla lì. La sportiva tuta celeste era ancora sporca di sangue e i capelli arruffati in una storta cipollina legata sul capo. Se fosse stato un giorno normale, come quelli che passava anni fa, avrebbe riso. Ora la osservava con indifferenza.
-Che cosa fai qui?-
Elle esitò un attimo prima di parlare e per farsi coraggio, si torturò un dito, massaggiandolo.
-Wheeler mi ha detto che partivi e volevo salutarti.-
Che gentile! Hai visto, faccia da schiaffi? E’ venuta a salutarti. Avanti, che aspetti? Dille che ricambi.
Ah, zitto tu! So fare da me, grazie.
Ed era così partita una guerra tra le vocine interiori del giovane neo soldato. Non sapeva a chi dare retta. Vederla così buffa e gentile le faceva venire voglia di stringerla e portarla con se via da tutto quel dolore che avevano provato negli ultimi giorni.
-Grazie, Elle.-
Ricambiò serio, non riusciva neanche a farle un sorriso. Alex non sorrideva da un po’ di tempo, troppo tempo. Vide le sue sottile mani in tasca, alla ricerca di qualcosa. Ciò che tirò fuori era una fotografia. La porse ad Alex, che accettò quasi subito. Una foto che ritraeva loro due alla parata del cinquantesimo anniversario della città, avvenuto lo scorso Settembre. Ritraeva il parco giochi e davanti al dondolo c’erano loro due che sorridevano all’obbiettivo. Solo quella fotografia riuscì a curvargli le labbra in un flebile sorriso. Girò la fotografia per curiosità e vide qualcosa inciso con la penna nera. Un indirizzo. Forse il nuovo indirizzo di Elle, non sapeva che si trasferiva ma avrebbe dovuto immaginarlo. Chi sarebbe rimasto in un luogo spettrale come Sheperd’s Gleen? Wheeler, intanto, era sceso nella stazione per lasciare soli i due amici.
-Mi scriverai?-
Chiese lei con una nota di imbarazzo nella voce.
-Forse, se potrò.-
Elle annuì, quasi consapevole che stava dicendo la verità. Lui si chinò e le diede un bacio sulla guancia, come due buoni amici.
-A presto.-
-A presto, Alex.-
Detto ciò, il neo soldato si avviò verso la stazione. Elle osservò la figura di Alex perdersi nei corridoi della stazione e sorrise, pensando che l’avrebbe rivisto presto.
"Tornerai, Sheperd. Lo so."
Pensò questo, mentre si avviava alla palazzina dei South Ashfield Heighets, diretta al suo nuovo appartamento. Il 303.


Note d'Autrice:
Non c'è molto da dire.. apparte il fatto di essere contenta di essere tornata qui sul foro.:)
Mi sono appassionata a questa coppia dopo aver rifatto il gioco per l'ennesima volta. Sarà una raccolta di One-Shots su prima, durante e dopo la partenza di Alex per la nuova accademia militare. I pensieri e le vicende che legheranno i due. Non è proprio un horror ma è più un malinconico/sentimentale.=)
Poi vorrei porgervi una domanda: Il modo di scrivere del testo fatto nel "special conteiner"... qualcuno sa dirmi come faccio a metterci un immagine dentro e che le parole si vedano? Grazie a voi per l'attenzione. Alla prossima,
Glory and Love.

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Capitolo 2
*** "Che nel profondo di ogni cuore c'è qualche cosa che fa male, il tempo che non passa mai..." ***


Pare che il tempo non passi veramente mai, invece sono già passati due mesi da quando Alex Sheperd partì per arruolarsi nell’esercito Americano.
Erano già passati due mesi da quando aveva scoperto che aveva ucciso il fratello.
Dodici settimane da quando Elle gli aveva dato quella foto.
Lui non le aveva mai scritto e neanche lei lo faceva. La giovane non faceva che pensare allo sguardo freddo del soldato, prima di partire. Seduta alla scrivania con davanti un foglio e una penna non riusciva a muovere muscolo, incapace di trovare le parole. Ma forse sapeva cosa doveva dirgli: “mi dispiace.” Per cosa? Avrebbe chiesto lui. “Per essere la figlia di un’assassina.” Anche lei sapeva che sua sorella Nora era stata uccisa, soffocata, da sua madre. La dolce e gentile giudice della città. Si era rivelata la peggiore di tutte. Almeno il sindaco Bartlett e il dottor Fitch erano pentiti di ciò che avevano fatto. Lei no. Quella notte, anzi… quel giorno, di ben due mesi fa, aveva ordinato a Curtis di uccidere sua figlia. Lei, si. Margaret Holloway. Per Elle era una madre amorevole e gentile col prossimo. Ma forse  non riusciva a vedere veramente ciò che era. Un’assassina spietata, fanatica religiosa della setta. Elle capì perché Alex non le scriveva. La odiava.
La giovane rigettò indietro le lacrime e si alzò dalla scrivania, uscendo dalla camera da letto, diretta nella sua piccola ma accogliente cucina. L’appartamento 303 a South Ashfield Hagheits era tranquillo, fin troppo. L’affitto era basso e con l’aiuto di Frank Sunderland, il custode della palazzina, aveva ottenuto un lavoro in un pronto soccorso come infermiera. Dopo la sua disavventura a Sheperd’s Gleen sentì che doveva fare qualcosa per realizzarsi. Un attestato da infermiera era più che sufficiente per pagare affitto, bollette e andare avanti con la sua vita. La sua nuova vita. Versò il caffè caldo nella tazza, portandola alle labbra e mandandola giù per la gola. Si riscaldò, stava iniziando l’inverno. Era Novembre. Andò alla finestra del salottino, da dove vedeva l’entrata della metropolitana e l’altra palazzina di South Ashfield. Le macchine camminavano tranquille, frenavano e indietreggiavano. A seconda di dove dovevano andare. Elle portò il suo sguardo, distrattamente, alla scatola su una mensola. Quella scatola. C’erano le foto della sua infanzia e in molte c’era anche Alex. Aveva chiesto a Wheeler di darle un’occhiata, magari quando tornava la sera, ma lui aveva detto chiaramente che “era una questione che doveva risolvere da sola”.
Mandò mentalmente al diavolo il neo sceriffo e prese la giacca, uscendo dalla palazzina. Percorse il corridoio, sempre silenzioso a quell’ora del pomeriggio, e scese le scale. Rachel, una sua collega, era impegnata a registrare alcuni conti della palazzina per conto di Frank. Gli dava sempre una mano quando poteva ma Elle sapeva che era una scusa per ritardare al lavoro e saltare il suo turno. Rachel salutò Elle con il cenno della mano e la giovane ricambiò. Con lei aveva stretto subito amicizia anche perché le altre infermiere non riuscivano a vederla di buon occhio. Prima di uscire dalla palazzina, Elle tornò da Rachel. Doveva sapere una cosa fondamentale.
-Buon pomeriggio, Rachel. C’è posta oggi?-
La mora guardò l’amica, ben capendo cosa volesse sapere e decise di andare subito al sodo.
-No, mi dispiace.-
Elle annuì, sforzandosi di sorridere. Non disse niente e a passo spedito, uscì dalla palazzina, lasciando sola Rachel a guardarla andare via. Le piaceva passeggiare. Le dava un senso di sicurezza, specie in una cittadina come quella. Decise di farsi un giro in metropolitana per raggiungere l’ospedale in breve tempo. Pagò il biglietto, diretta al suo binario.
Arrivata non trovò tanto accalcamento delle persone come negli altri giorni. Entrò senza troppi sforzi e cercò un posto libero. Lo trovò non troppo lontano da dove era entrata. Sospirò, sedendosi e osservando fuori dal finestrino. Aveva il turno pomeridiano, quel giorno e non voleva arrivare in ritardo. Erano solo due mesi che era entrata nel corpo sanitario.
-Stai ferma un po’, Laura.-
-Si, papà.-
Aveva distrattamente sentito un piccolo dialogo tra padre e figlia. Girò lentamente la testa e vide una bambina di circa dieci o undici anni sedersi di fronte a lei. I capelli biondi lunghi sulle spalle e una maglietta a righe, con una gonna di jeans e ballerine ai piedi. Elle ritrovò in quel viso sua sorella Nora, era molto simile a lei.
-Chiedi prima il permesso alla signorina. Non puoi sederti così all’improvviso.-
La bambina si sentì dispiaciuta e imbarazzata. Elle sorrise di fronte a quella scena.
-Puoi stare.-
Acconsentì lei, meritandosi un sorriso dalla bambina che si mise comoda. Elle sentì, infine, il padre della bambina sedersi al suo fianco ed allora si voltò. Sembrava di averlo già visto. Ma certo! Era venuto qualche volta alla palazzina di Frank e lui stesso le parlava di suo figlio, doveva essere il famoso James.
-Voi siete James Sunderland, vero?-
Il biondo si accigliò, guardandola incuriosito.
-Ci conosciamo?-
-Abito nella palazzina dove vostro padre ne è il custode. Mi chiamo Elle Holloway.-
I due si strinsero una mano e dopo una lunga riflessione, James si ricordò che il padre gli aveva già parlato di lei. Durante il viaggio parlarono molto mentre Laura disegnava sul suo blocco dei disegni. Elle gli disse di Sheperd’s Gleen e lui gli raccontò di Mary, della sua malattia e del suo brutto “incubo” avvenuto a Silent Hill un po’ d’anni fa. James lavorava come aiutante fotografico in uno studio molto famoso lì a South Ashfield e Laura frequentava il primo anno di medie. Elle gli raccontò del suo lavoro e del fatto che era stato proprio Frank a raccomandarla in quell’ospedale. Dopo un’ora a chiacchierare, il treno arrivò a destinazione. Elle si alzò, salutando James.
-E’ stato un piacere, conoscerla.-
-Anche per me, signorina Holloway. Appena passerò da mio padre vorrei venirle a farle visita.-
Elle rimase sorpresa. Non era abituata ad avere uomini dentro casa sua perché così la madre gli aveva insegnato. Ma lei ora era all’inferno e non era lì per commentare.
-Con molto piacere.-
-Arrivederci allora. Saluta Elle, Laura.-
-Ciao.-
Elle fece “ciao” con la manina a Laura e sorrise. La trovava simpatica quella bambina, forse perché era la “copia” di sua sorella Nora. Dopo parecchi secondi in silenzio, Elle trovò finalmente il coraggio di scendere da quel treno, diretta all’ospedale.
Dopo tutto, poteva ancora sperare in qualcosa.



Note d'Autrice:
Rieccomi con il secondo capitolo... con la seconda One-Shots. Cercherò di pubblicarne una al giorno.
La prossima sarà incentrata su Alex.
Alla prossima,
Glory and Love.

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Capitolo 3
*** "E per ognuno c'è una strada, c'è una donna, c'è una casa e c'è chi non li scorda mai..." ***


Corsa, salita e scivola nel fango.
Corsa, salita e scivola nel fango.
A ripetizione, i neo soldati della American Army Accademy, ripetevano l’esercizio. Vestiti con pantaloni stracciati ed infangati, scarponi da ginnastica e maglietta sportiva.
L’American Army Accademy era un’accademia per soldati che, alla fine del loro addestramento, venivano mandati alla base di Londra. Usavano quell’edificio solo per l’addestramento. Cinque anni. Cinque lunghi anni, era questo il tempo che Alex Sheperd doveva trascorrere lì dentro. I neo soldati dell’accademia venivano addestrati dalle sei di mattina fino alle otto di sera. Rientravano, facevano una doccia, cenavano alla mensa e tornavano nella loro camera. Ogni camera era composta da un massimo di quattro persone. Alex divideva la camera con William Goldsmith, di origine Britannica, Arthur Peter, di origine Americana, e con Philips Orsglove, di origini Svedesi. Aveva stretto subito amicizia con loro e in breve tempo erano diventati una squadra formidabile. Qualche volta, nella notte, dopo che i neo soldati avevano finito di chiacchierare e si mettevano a letto, Alex osservava il soffitto e pensava. Pensava alla sua vita e a ciò che sarebbe successo se… Joshua non fosse morto in quel terribile incidente avvenuto per colpa della sua assurda gelosia. Una normale gelosia, si, ma assurda. Josh era sempre stato il preferito di casa, certo, e di Adam. Lilian vedeva Alex con malinconia e compassione ma non aveva mai alzato la voce con lui. Mentre Adam… per lui era un soldato e non un figlio. A lui non parlava con quel tono placato che usava sempre quando parlava con Josh. A lui non aveva dato l’anello di famiglia. Ora che il suo incubo a Silent Hill era finito, sapeva perché suo padre si comportava così con lui.
Alex si passò una mano sul viso stanco, sforzandosi di non pensare a niente e dormire ma non ci riusciva.
Adam Sheperd si comportava così con lui perché lo sapeva. Sapeva che non molto lontano, avrebbe sacrificato Alex e non Joshua. Quindi, meglio non affezionarsi troppo a qualcuno che, si sa, un giorno non ci sarà più. Forse erano queste le ragioni che spingevano Adam a comportarsi così con il suo primo figlio.
Perché, però, non riusciva a dimenticare il passato? Ogni giorno rispuntava sempre un ricordo che lui non voleva rivivere. Quando era arrivato all’accademia, quattro mesi fa, mentre sistemava il suo zaino, in fondo ci trovò un diario. Il suo diario. L’aveva scritto quando abitava ancora a Sheperd’s Gleen e suo fratello era ancora vivo. Certo, l’American Army Accademy, non era come essere nella PFC, Private First Class. Lì ti ritrovavi un colpo in testa se facevi un passo falso. Lì era la guerra, ora era solo addestramento. Nel suo diario l’aveva scritto. Ora sfogliava quelle pagine e vide che l’ultima nota risaliva al 10 Ottobre, poco prima di tornare a Sheperd’s Gleen. Aveva iniziato già a fare incubi su Josh ed era stato rimesso dall’ospedale. Senza svegliare i suoi compagni prese una penna dallo zaino e iniziò ad aggiornare il suo diario.
“3 Febbraio
Sono passati ben quattro mesi da quando sono fuggito da Sheperd’s Gleen e non riesco ancora a ritrovare il sonno. Joshua è morto, mio padre è morto, mia madre è morta e con loro ogni pezzo del mio cuore che conservava i ricordi con loro. Ma la cosa che mi tormenta è che Josh è morto a causa mia. Io tiravo la catena di quell’anello e lui per riprenderlo è caduto in acqua, affogando. Tutto ciò che feci non fu mai abbastanza. Sento di aver fallito come fratello maggiore, sento di aver fallito come figlio. L’unica cosa che sono riuscito a fare è stato allontanare anche le poche persone che mi volevano bene. Elle, Wheeler. Anche se qui all’accademia ho trovato nuovi amici nessuno sostituirà coloro che mi hanno sostenuto nel corso di quell’incubo. Wheeler ed io ci sentiamo telefonicamente da un mese e non l’ha mai raccontato ad Elle. Ha paura che possa rimanerci male perché io ancora non le ho scritto. Non trovo il coraggio e ogni foglio iniziato è stato un foglio mai finito. Mi chiedo come sta. Il suo nome è sempre citato nelle telefonate con Wheeler e lui mi risponde sempre ‘bene’. Anche a lei hanno ucciso una sorella ed è quindi l’unica che comprende il mio dolore e le mie colpe. Una volta le dissi che ero felice di sapere che alcune cose non erano cambiate a Shepherd’s Gleen e in effetti lei era sempre bellissima. Ma allora perché non riuscivo a scriverle? Sono quattro mesi che sono partito, dannazione! Wheeler mi ha detto che si vede con un certo James da due mesi, il figlio del custode della palazzina dove abitano. E’ un bravo uomo ed un bravo padre. Non mi resta, quindi, che aspettare. Di scriverle ora non se ne parla. Non trovo il coraggio dopo quattro mesi di silenzio. Devo arrendermi e restare a terminare l’addestramento qui. Ognuno ha il suo destino ed io ho scelto il mio, lontano da Elle…"
-Shepherd?-
Alex alzò lo sguardo e vide Philips guardarlo dall’alto dell’altro letto a castello.
-Scrivi a quella ragazza?-
Lui lo sapeva. Glielo aveva detto due mesi fa. Gli aveva descritto Elle in tutta la sua gentilezza e dolcezza, facendogli vedere anche la foto che lei gli aveva dato.
-No.-
-Dovresti, però. Di cosa hai paura?-
Che non sia più la Elle che conosceva, dopo quattro lunghi mesi in silenzio. Non osava rispondere e teneva lo sguardo fisso sulla pagina del diario.
-E’ passato troppo tempo.-
-Io dico che sta ancora aspettando tue notizie.-
-Cosa te lo fa credere?-
Chiede il neo soldato Americano, voltandosi verso di lui.
-Perché le donne sono fatte così. Se sono veramente innamorate aspettano in eterno. Scrivile, vedrai che ti risponderà.-
Forse aveva ragione Philips ma Alex non ne era ancora convinto. Si, conosceva Elle Holloway meglio di chiunque altro e sapeva che, molto probabilmente, avrebbe risposto alla lettera ma non sapeva come. Philips aveva ragione. Doveva tentare. Annuì e mentre l’amico tornò al suo sonno, lui continuò a scrivere sul suo diario.
"Forse sono stato uno stupido ed un egoista ma ora so cosa devo fare. Domani le scriverò. Dovrebbe volerci una settimana prima che la riceva ma non conta. Io l’aspetterò quella lettera di risposta, come molto probabilmente lei sta aspettando la mia. Non sono poi così sicuro di riuscire a stare lontano da quella donna.
A. A. A. (American Army Accademy), Alex Shepherd.”






Note d'Autrice:
Ecco il terzo capitolo della raccolta di One Shots su Elle/Alex di Silent Hill Homecoming.
Ogni giorno riesco a trovare una nuova ispirazione per una One-Shots.
Domani, però, non sarò a casa quindi rinvio a Lunedì la quarta Shots e ritorneremo nuovamente a South Ashfield per vedere cosa combina Elle se Alex seguirà il consiglio del suo compagno d'armi Svedese. =)
Nel capitolo scrivo che l'ultima nota, che Alex scrive nel diario, e del 10 Agosto. Ho trovato il suo diario sulla wiki in Inglese di Silent Hill e ho cercato di tradurlo per vedere cosa c'era scritto.
Alla prossima,
Glory and Love.

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Capitolo 4
*** "Tu che vai via... senza saperne la ragione. Sul treno della nostalgia ogni minuto sembra già uguale a mille settimane." ***


“La polizia di Shepherd’s Gleen ha rinvenuto circa trentadue morti negli ultimi mesi e il medico legale sta cercando di stabilire l’ora del decesso e di riconoscere chi sono. Nello studio del dottore della città, tale Martin Fitch, è stato trovato un cadavere completamente dissanguato. Si presume che sia morto per emorragia. Questa notte, intorno alle 2:06, il gran Hotel di Silent Hill è crollato. Tra le macerie, la polizia, ha rinvenuto un altro cadavere, quello del sindaco della città, Sam Bartlett. In una casa, in via Craven Avenue, è stato ritrovato il corpo di una donna tagliata a metà, le condizioni di sangue sulla pelle e le cicatrici non permettono di identificare la vittima, così come una donna trovata morta con un trapano e un uomo nella chiesa è stato tagliato a metà. Ora si attendono le analisi del reparto poliziesco della città di Silent Hill e South Ashfield. Non da escludere che le due vittime, che sono state già identificate come il dottore e il sindaco, siano appartenenti alle famiglie fondatrici di Shepherd’s Gleen. Semplice coincidenza o scherzo di cattivo gusto? Giusto l’anno scorso le vittime uccise da uno sconosciuto e brutale serial killer furono più di trenta. Il caso Sullivan è stato, infatti, archiviato per mancanza di prove. Ma ora passiamo alla cronaca rosa…”
Elle spense la televisione con un gesto secco del telecomando. La cronista continuava a parlare di ciò che è successo negli ultimi quattro mesi a Shepherd’s Gleen. Avevano trovato il cadavere del dottor Fitch e quello del sindaco Bartlett. A giudicare da come parlava degli altri, avevano trovato anche quello dei coniugi Shepherd e quello di sua madre, Margaret Holloway. Erano passati altri due mesi da quando aveva conosciuto James Sunderland. Da quel giorno lui la viene a trovare spesso, con la scusa che viene a trovare Frank, suo padre, non riesce a trattenersi da suonare al suo campanello per vederla. Wheeler aveva avuto molto lavoro con la polizia locale a South Ashfield in quel periodo e le sue visite si erano ridotte ad un paio di telefonate alla settimana. Sdraiata sul divano, Elle osservava fuori dalla finestra. Il cielo pienamente azzurro non lasciava neanche lo spazio ad alcune nuvole. Uno stormo di piccioni passò lì davanti in quel momento, dipingendo l’azzurro di un breve nero veloce. Abitava a South Ashfield da quattro mesi, eppure non era mai uscita dal suo appartamento per visitare quella cittadina. Capodanno lo passò con Wheeler e Rachel, nel suo appartamento. Ed anche quando non ricevette nessuna lettera neanche in quel evento, le sue speranze erano crollate come un castello di carte. Neanche Wheeler aveva avuto notizie di Alex e le sembrò strano anche a se stessa, perché non ci credeva. Approfittò dell’inizio della primavera per fare un po’ d’ordine nel piccolo stanzino. Tirò fuori delle scatole chiuse e notò che erano album di fotografie. Ogni album aveva il nome rilegato sulla copertina di chi apparteneva. C’era quello di sua madre, il suo e quello di sua sorella. Si fermò ad osservare quello di Nora. Il nome composto da quattro lettere era grande ed era stato fatto con un’elegante calligrafia. Appena lo aprì notò le foto di quando era neonata, quando sua madre era rientrata dall’ospedale, in alcune c’era anche suo padre. L’ultima foto ritrae Nora che legge, sulle scale del municipio. Elle sorrise con le lacrime agli occhi a quella immagine. Sua sorella le somigliava molto. Durante la notte pensava sempre a lei e a come sarebbe andata se fosse stata ancora viva. Lanciò uno sguardo allo scatolone sulla mensola. Lì c’erano le foto sfuse. Posò l’album di Nora e andò a prenderlo, lo aprì e ne vide il contenuto. Un sacco di foto sfuse, tutte della sua infanzia e adolescenza. In una delle tante ne notò una in particolare. Il giorno del diploma. Lei e Alex abbracciati che sorridevano all’obbiettivo della macchinetta fotografica. Lui aveva un’espressione felice e lei aveva le guance rosse per l’imbarazzo. Il suono del campanello fece terminare i suoi ricordi su quella splendida giornata di tanti anni fa.
-Elle, sei in casa?-
La voce di Rachel era inconfondibile. Quel giorno faceva la postina nel palazzo condominiale. Forse doveva riferirgli un messaggio da parte di James, ormai per quell’uomo era diventata un’abitudine mandarle fiori e cioccolatini. Posò la foto nella scatola e andò alla porta, aprendola.
-Ciao, Rachel. Come mai qui?-
L’amica tirò fuori dalla sacca delle lettere una busta. In rilievo notò subito il francobollo americano dell’accademia dove stava Alex. Glielo aveva rivelato Wheeler in gran segreto. Il suo cuore perse un battito alla vista di quella busta bianca. Si morse un labbro incapace di parlare.
-E’ arrivata questa mattina dall’American Army Accademy.-
Proprio come sospettava.
Con mani tremanti prese la lettera, ringraziando con un cenno di testa Rachel, che la lasciò sola tornando alla sua mansione.
Appena rientrata in casa, Elle andò a sedersi sul divano del salottino. Osservava il francobollo e quelle tre lettere. “A. A. A.”. Subito dopo le iniziali dell’accademia, in una calligrafia elegante, c’era scritto: “Per Elle Holloway.”
Fece un lungo respiro e decise di aprire la busta. La lettera era un po’ lunga e questo la fece risollevare. Se gli aveva scritto che non voleva più vederla sarebbero bastate poche righe. Presa da questo verso positivo, iniziò a leggere.
“Cara Elle,
So che probabilmente sarai arrabbiata e delusa del fatto che solo ora riesco a scriverti. Anche se in ritardo vorrei augurarti buon anno. Qui è molto simile ad una prigione ma è molto più sicuro di quando mi trovavo alla Private First Class, dove un giorno c’ero e l’altro non lo sapevo. Spero che tu stia bene ed anche Wheeler. Non lo sento da circa qualche mese e non prendertela con lui perché non te l’ha detto. Glielo avevo chiesto io. Se avessi saputo che avevo dei contatti con Wheeler ti saresti chiesta perché ancora non ti scrivevo. Avevo bisogno solo di tempo, Elle. Ed io vorrei tanto tornare indietro e cancellare ciò che ho fatto a mio fratello, a te che ti ho lasciato da un giorno all’altro senza dirti niente, a mia madre e a mio padre. Ora capisco perché era così duro con me. Ad Aprile prenderò una licenza e tornerò a South Ashfield da Wheeler e da te. Voglio rivederti. Dobbiamo chiarire ancora tante cose e dobbiamo recuperare un po’ di tempo perso. Io e te… tanto tempo fa ci volevamo davvero bene. E’ ancora così Elle? Mi darai tempo per tornare indietro e dirti che mi sei mancata? Non vedo l’ora che passi anche questo mese per poterti riabbracciare, mia cara capelli arruffati. Mi viene da ridere mentre scrivo quel buffo nomignolo che ti ho dato. La licenza durerà massimo tre settimane. Ci basteranno? Spero di si, anche se dopo tornerò ad Agosto. Ora devo lasciarti, tra poco sarà l’alba. Ti auguro tanta serenità, Elle.
Con affetto,
Alex Shepherd. (American Army Accademy).”
Rilesse più e più volte quella lettera. La lettera che aspettava da tanto. Certo, Wheeler doveva darle un po’ di spiegazioni a proposito delle chiamate con Alex ma ora che sapeva che lui non era arrabbiato con lei riusciva a mandarla al settimo cielo. Sorrise, mandando la testa in giù al divano. Gli avrebbe risposto, altro che.
-Ti aspetterò, Alex. Ti aspetterò.-






Note d'Autrice:
Ed ecco il quarto capitolo. Nel prossimo ci sarà un salto indietro nel tempo.
Ringrazio chi legge e recensisce. A domani con il prossimo, grazie.
Glory and Love.

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Capitolo 5
*** "Soldati presi ad ogni età, soldati nell'oscurità. Ragazzi solo da capire. Un fiore in bocca ed un fucile e il tempo che non passa mai..." ***


Il giradischi appena avviato lasciava vibrare nell’aria una musica dolce e soave. Melodiosa anche. Quel giorno sua madre non era venuta a pranzo, come da un po’ di tempo. Preferiva riunirsi in municipio con il sindaco Bartlett e lo sceriffo Adam Shepherd. Okay, magari detto così può sembrare strano o addirittura suonare male, stonando, e rendendo Margaret Holloway una poco di buono. Niente di tutto ciò ed Elle, come figlia maggiore dell’omonima giudice della città, ne era sicura. Allora che diavolo avevano da dirsi tutti i santi giorni in quelle stanze che puzzavano di chiuso? Aveva provato a domandarlo a suo padre e lui ne era uscito rispondendo: “Tua madre è adulta e vaccinata. Fa quel che è giusto per la città”. La città, certo. La piccola e curiosa Shepherd’s Gleen. Suo padre era l’unico che riusciva a capirla sul serio e ogni giorno, Elle, ringraziava il Signore per avergli dato un padre come lui. Judge Holloway non era la persona più spassosa della terra ma riusciva a mettere le sue figlie prima del lavoro, una cosa che lo rendeva, ai loro occhi, il padre più attento e premuroso del mondo. Era una primavera strana quella che si presentò il 16 Marzo del 2008. Era da più di mezz’ora che Elle si trovava di fronte allo specchio della sua stanza a provare qualsiasi sorta di vestito. Alla fine optò per uno semplice, bianco con fiori gialli e rossi. Lasciò liberi i capelli biondi sulle spalle e sorrise, mentre dallo specchio riuscì a vedere una testolina bionda sbucare dalla porta della sua stanza.
-Nora, entra. Che fai lì sulla porta? Non c’è bisogno di formalità, non con me.-
Le disse con un sorriso, voltandosi. Nora, una simpatica bambina di appena otto anni. Si trattava della sorella minore di Elle, la sua fotocopia da bambina, soltanto che lei non aveva tutti quei brufoli. La piccola le si avvicinò esitante e l’abbracciò. Elle le baciò le tempie, stritolandola tra le braccia.
-Esci?-
Le chiese la piccola con voce flebile e dolce. Talmente dolce che Elle si ritrovò a sorridere di fronte a quel faccino tempestato di brufoli in un campo di pelle bianca, quasi diafana.
-Si. Tu fai la brava, mi raccomando.-
Nora non rispose, si limitò a sorriderle e annuire. Mentre Elle si passava un altro filo di fard sulle guance, dal vetro dello specchio poteva vedere sua sorella rannicchiata sul suo letto, con un’espressione visibilmente triste. Elle posò la spugnetta del fard sul mobile e andò a sedersi sul bordo del suo letto. Scosse delicatamente il corpo della sorella ma lei non si volse. La maggiore sospirò.
-Cosa c’è?-
In un primo momento, Nora non seppe che dire. Era si triste, ma non le andava di dirlo ad Elle. Non gli aveva mai confidato un segreto e aveva paura che lo riandasse a ridire alla madre. Con lei, Margaret, non era mai stata severa, anzi la trattava meglio della figlia maggiore quasi, ma qualcosa le diceva che non si sentiva al sicuro con lei.
-Norina, tutto bene?-
Insistette Elle, posando le labbra sul suo capo.
-Ho… fatto un brutto sogno, stanotte.-
La maggiore sorrise appena. Non era contenta per niente che la sorella avesse dei brutti sogni ma alla sua età accadeva. Sorrideva più che altro perché non era nulla di grave. All’epoca pensava sul serio questo.
-Ah si? E cosa hai sognato?-
-Qualcuno che mi soffocava.-
Che sogno assurdo! Elle pensò che, a volte, i bambini avevano una perfida immaginazione ma faceva parte della loro età.
-E chi era questo uomo cattivo?-
Chiese ancora lei, ben sapendo che la sorella non si sarebbe trattenuta dal rivelargli chi era. Si sarebbe messa a ridere se avesse scoperto che una riproduzione gigantesca di Robbie il coniglio era l’antagonista del brutto sogno di Nora. Non si sarebbe meravigliata di certo. Non gli era mai piaciuto Robbie, neanche da piccola. Lo odiava. Quegli occhi spettrali e quell’espressione… da incubo!
-Non era un uomo.-
-Allora era una donna? Chi era?-
Nora esitò prima di dirlo alla sorella, ancora insicura. Ma alla fine doveva liberarsi di quel pensiero che pesava come un macigno.
-La mamma.-
Elle rimase ferma in mobile sul letto, incapace di dire niente. Alla fine, però, ridacchiò.
-Ma Norina, è impossibile. La mamma ti vuole bene e non ti soffocherebbe mai. Più che altro ucciderebbe me.-
La maggiore baciò il capo della minore e le scompigliò i capelli.
-Sono in ritardo all’appuntamento, farò meglio ad andare.-
Nora annuì, sorridente e felice di essersi tolta quel peso. Si mise a sedere sul letto e dal cassetto del comò della sorella estrasse un foglio e dei colori. Amava leggere e disegnare. Elle aveva sempre riconosciuto che nel recitare versi di Oscar Wilde la sorella aveva una bellissima voce. La invidiava quasi.
-Esci con Juliene?-
-No, Alex. Mi aspetta al parco e farei meglio ad andare.-
Nora annuì con un sorriso. Vedeva Alex a casa sua molto spesso, quando sua madre era assente per lavoro. A volte succedeva che si fermava a pranzo e addirittura anche a cena. Gli piaceva molto a Nora, specialmente la gradevole compagnia di suo fratello, Joshua Shepherd. Era capitato che Alex lo portasse a casa sua, quando Elle lo invitava.
-Divertiti allora.-
-Anche tu, Norina. Ci vediamo stasera.-
Elle si diede un’ultima sistemata allo specchio e baciò le guancie della sorella, uscendo dalla stanza. Salutò il padre, intento a leggere il giornale in salotto, e andò a prendere la sua giacca sull’appendiabiti, uscendo in cortile. Era poco il tratto di strada da percorrere da casa sua al parco giochi di Shepherd’s Gleen, per questo aveva detto ad Alex che non c’era bisogno che la venisse a prendere con l’auto. Conosceva il vecchio Adam e sapeva quanto teneva alla sua vettura. Un solo graffio ed Alex si sarebbe ritrovato nei casini per colpa sua. Arrivata al parco lo vide seduto ad una panchina, non aveva poi fatto così tanta strada visto che casa sua era attaccata al lotto comunitario. Era vestito semplice. Jeans e maglietta nera. Gli si avvicinò e lui la notò solo quando gli era talmente vicino da sedersi affianco a lui.
-Caspita. Temo di sfigurare vestito così.-
Ad Elle scappò una risata, mentre lui la baciava sulla guancia.
-Sta tranquillo, sei un figurino.-
Si sedettero sulla panchina. Una scena da film. Si, un film fatto male. Entrambi non dicevano niente da tre o quattro minuti. L’unica cosa che passava tra le loro orecchie erano le grida gioiose dei bambini sullo scivolo e sul dondolo.
-Come sta Nora?-
Improvvisamente, Alex ruppe il silenzio.
-Bene, grazie. E Josh?-
-Oh lui sta come un re. Mia madre lo sta rimpinzando con le sue torte al cioccolato. A proposito…-
Frugò nella sacca che aveva portato e tirò fuori un contenitore che conteneva due pezzi di torta.
-Piccolo regalino per te.-
-Oh, sei un tesoro. Grazie.-
Elle fece per prendere il contenitore ma lui lo tirò lontano. Lei lo guardò con un sopracciglio alzato e lui con un sorriso divertito sul volto. Si voltò a guardarla e vide che non stava più nella pelle di assaggiare quel dolce. Poteva avere mille difetti ma Lilian Shepherd sapeva fare dei dolci che mandano letteralmente in paradiso.
-E cosa mi dai se ti do il dolce?-
-Non pretenderai che io ti paghi, vero?!-
-No ma vorrei una ricompensa.-
-Tipo?-
Un momento di silenzio. Alex si gira verso di lei, avvicinandosi al suo viso. Ora, da quella posizione, Elle poteva ammirare il suo viso. I suoi occhi erano bellissimi. Verdi, di un verde scuro semplice.
-Un bacio al migliore amico che ha pensato anche alla merenda di oggi?-
Non serviva che Elle chiedesse dove lo volesse il bacio. Sapeva che cosa intendeva. Più volte aveva provato a fare quel giochetto con lei e tutte le volte Elle sapeva come rispondergli.
-Certo.-
Rispose con un sorriso, avvicinandosi al suo viso. Appena fu abbastanza vicina, prese una manciata di sabbia dal terreno del parco e gliela lanciò in faccia. Vedendo la sua espressione le venne solo da ridere. Lui tossì, pulendosi la maglietta nera da i granelli di sabbia.
-Lo sapevo.-
Disse un po’ deluso il ragazzo, continuando a tossire. Elle gli diede dei colpi dietro la schiena, ridendo ancora.
-Me la paghi, questa. Per punizione niente dolce.-
-He no, il dolce no. Torna qui, Alex!-
Il ragazzo si era alzato con il contenitore in mano e cominciava a correre per tutti i giochi del parco, facendosi rincorrere dalla sua amica, proprio come due bambini. Due bambini spensierati e forse un po’ infatuati l’uno dell’altra.
Elle si svegliò all’udire il suono della sveglia del telefono. Allungò il braccio, prendendolo dal comodino. Le 6 e 20. Aveva giusto il tempo per bere il caffè, lavarsi, cambiarsi e prendere la metropolitana per andare al lavoro. Si mise seduta sul singolo materasso, voltando lo sguardo fuori dalla finestra. I sentivano gli uccellini canticchiare e bastò guardare le nuvole nel cielo per capire che doveva esserci un sole che picchiava forte. Un sole tremendamente forte, che l’avrebbe accompagnata per tutta la sua giornata lavorativa. Un ticchettio improvviso provenì dal corridoio.
“Sono Elle Holloway e al momento non sono in casa. Lasciate un messaggio e appena torno vi risponderò. Grazie.”
Bip!
“Ciao, Elle. Sono James. E’ da molto che non ci sentiamo. Stasera Laura dorme da mio padre, che ne diresti di una cena noi due soli? Richiamami appena torni dal lavoro, grazie e buona giornata.”
La voce di James era a metà della sua proposta quando raggiunse la segreteria telefonica in corridoio. Non rispose, rimanendo lì a pensare. Certo, uscire con James forse le avrebbe fatto bene e forse avrebbe accantonato Alex, anche nei suoi sogni. Sbadigliò, dirigendosi in cucina, versandosi una tazza di caffè.
Sorrise amaramente, annuendo in se. Si, stava cominciando un’altra giornata da dimenticare.







Note d'Autrice:
E rieccomi con il quinto capitolo... la quinta One-Shot della raccolta "Ad Elle, con tutto il mio cuore". Qui si rivive una sorta di Missing Moments o meglio... qualcosa che, forse, è successa in passato, quindi prima degli avvenimenti di Silent Hill Homecoming ma ecco che si ritorna, poi, alla realtà.
Al prossimo capitolo ci sarà un salto temporale di qualche mese avanti.
Ringrazio chi legge e recensisce, un bacio.

Glory and Love.

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Capitolo 6
*** "Tu che vai via... per quale guerra e quale idea? E quante penserai ad una risposta che non hai, ad una risposta che non hai." ***


Il treno fischiò e dalla sua postazione, Elle riuscì a sentirlo.
Il treno fischiava, simbolo che stava arrivando.
Alex stava tornando.
Nell’ultimo mese, Elle ha pensato a tutti i modi migliori per salutarlo in modo più amichevole possibile. Bacio sulla guancia e abbraccio, abbraccio o stretta di mano oppure solo abbraccio. La bionda era molto confusa, specie se nell’ultimo mese James l’aveva tartassata di telefonate, dalla mattina alla sera. Quando gli arrivò la lettera di Alex, un mese fa, lei aveva accettato l’invito a cena di James. L’aveva portata al Lakewiew Hotel, che ospitava un ristorantino niente male. Per James rappresentava un ricordo molto bello. Gli aveva raccontato che, ogni sera, lui e Mary scendevano giù a mangiare in quel ristorante, prima di risalire in camera. A volte, Mary, attendeva che l’addetto alla reception accendesse il carillon dell’atrio del Hotel. Una musica bellissima che esprimeva tanto amore e malinconia allo stesso tempo. Il Lakewiew Hotel si trovava dall’altra parte del lago Toluca, infatti, dal porto dell’Hotel, Elle riusciva a vedere l’orfanotrofio, ormai chiuso, di Silent Hill, la Wish House. James gli aveva raccontato che lì aveva vissuto un bambino e che veniva sempre maltrattato. I genitori l’avevano abbandonato nell’appartamento 302, dove attualmente risiedeva Wheeler, quando era ancora molto piccolo. Suo padre l’aveva portato all’ospedale e successivamente l’avevano trasferito alla Wish House. Una storia molto triste, specie se il bambino, crescendo, diventò un serial Killer, impiccandosi in prigione. Elle restò sconvolta da tale racconto, a volte gli adulti non erano responsabili delle loro azioni.
Proprio come Margaret ha fatto con Nora, anche se i luoghi e le ingiustificabili giustificazioni di sua madre erano diversi. Da quando ha scoperto che è morta non è mai andata a trovarla. Lei, Joey, Scarlett e Joshua erano stati sepolti al Rose’s Haigheits Cimitery di Shepherd’s Glen. Tornarci voleva dire fare i conti con il passato e con ricordi dolorosi. Ma doveva andarla a trovare.
Dopo quel primo “appuntamento” con James, era tornata a casa, si era fatta una doccia fretta e si era schiarita le idee. Non sapeva ancora come chiamarlo il rapporto che c’era tra lei e James. Si, venivano spesso sul posto di lavoro durante l’ora di pausa per portarmi qualcosa da mangiare. Laura era sempre gentile, mi portava sempre dei tulipani rossi bellissimi. Un po’ mi faceva pena. Non aveva una madre, aveva solo un padre premuroso qual’era James Sunderland.
Ma ben presto quel mese finì ed arrivò il fatidico giorno dell’arrivo di Alex. Il treno fischiava per la seconda volta, fino a rallentare. Elle e Wheeler erano in piedi, in attesa che le porte del treno si aprirono. Poco dopo uscirono molte persone, chi era appena tornato da un viaggio, chi dalla guerra e chi da i suoi famigliari. Elle aveva indossato un vestito particolare per quel giorno. Celeste con fiori bianchi, gli ricordava tanto il vestito che aveva indossato al primo appuntamento con Alex. Quello sì che era un vero appuntamento. Certo, ora non erano più due ragazzini e francamente le possibilità che Alex si sarebbe ricordato di un così sciocco particolare erano 1 su 100. Ma valeva la pena tentare. Appena lo vide non le fu difficile riconoscerlo. I capelli castani erano sempre uguali, il viso molto più maturo ma sempre identico a quello di cinque mesi fa. Il mento perfettamente rasato anche se c’erano ancora dei fili di barba. Wheeler fece la prima mossa, avvicinandosi all’amico con lo zaino in spalla e abbracciandolo, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla. Elle notò uno stupido particolare. Aveva lo zaino in spalla… proprio come quando l’aveva salutato l’ultima volta. Mentre si avvicinavano, Elle poté sentire Wheeler scherzare con Alex.
-E poi ti avevo promesso che quando tutto sarebbe finito ti avrei offerto due birre, non scordartelo.-
-Va bene, Wheeler.-
La sua voce era molto più alta, rispetto a quella di cinque mesi fa. Era maturato ma in fondo era sempre lo stesso Alex Shepherd che viveva sulla strada di Cavon Street, nella cittadina di Shepherd’s Glen.
Appena riportò lo sguardo di fronte a sé, Alex vide Elle attenderlo in piedi, sull’attenti, come se il soldato fosse lei. Wheeler osservò un attimo i due e decise di andare a prendere i bagagli di Alex, lasciandoli soli.
-Ciao, ti trovo bene.-
L’aveva detto così veloce che non si sarebbe meravigliata se il soldato non l’avesse capita.
-Anche io ti trovo bene.-
Wheeler tornò subito dopo e fino alla macchina dello sceriffo, riuscirono a dirsi solo quello. Per l’occasione, Wheeler decise di portare Alex a cena fuori, stasera. Ora che era giorno, era impaziente di fargli vedere come aveva sistemato la sua nuova abitazione e imboccarono per il parcheggio dei South Ashfield Haigheits. Sceso dall’auto, Wheeler prese i bagagli di Alex, aiutandolo a portarli dentro. Elle li fissava da dietro, incapace di iniziare un discorso. Si limitò a seguirli fino all’appartamento 302, quello di Wheeler. Certo, l’aveva sistemato proprio bene. Aveva deciso di dare un’imbiancata di fresco e ridipingere il salottino di giallo, mentre la stanza la dipinse di azzurro. Wheeler tirò fuori dal frigorifero tre birre e le passò due ad Alex e ad Elle, accomodandosi sul divano, di fronte a loro.
-Allora Alex, com’è questa nuova accademia?-
Il soldato stappò la birra, bevendone un sorso.
-Molto più sicura di quella dove stavo prima.-
Elle decise di bere anche lei dalla bottiglia, mandando giù lunghi sorsi di birra per il nervoso e questo Wheeler lo notò.
-E dimmi… le ragazze come sono?-
-E’ un’accademia maschile, Wheeler. L’unica donna che vedi girare è l’infermiera.-
Elle fulminò Wheeler con lo sguardo e quando colse il bagliore di nervosismo nei suoi occhi, lo sceriffo tacque, iniziando a bere la sua.
-Mi fa piacere averti qui, di nuovo.-
Sputò fuori all’improvviso Elle, forse a causa di alcuni sorsi che anche se erano minuscoli riuscivano a mandarla subito su di giri. Alex sorrise, voltandosi verso di lei.
-Fammi indovinare… perché ti senti più al sicuro, vero?-
Lei annuì, incapace di non dire “si” a parole. Alex ridacchiò, decidendo di cambiare discorso.
-Siete andati a trovare mio fratello?-
Elle e Wheeler si irrigidirono. Da quando tutto si era placato non parlavano mai di Josh, neanche lei parlava mai di Nora.
-No. Volevo andare a trovare Nora ma… non c’è l’ho fatta. Mi sento uno schifo se penso che tutto si poteva evitare se solo me ne fossi accorta prima.-
Alex si alzò, con ancora stretta tra le dita la bottiglia di birra, e si avvicinò alla finestra, da dove poteva ammirare l’altra parte della palazzina e la gente che camminava tranquillamente per le vie di South Ashfield.
-A cosa sarebbe servito? Conosci come funzionavano le cose. Dovevano sceglierne uno solo. Magari Nora e Josh sarebbero sopravvissuti ma noi? Certo… avrei dato la mia vita per salvare mio fratello, ma poi? E’ meglio che sia andata così.-
Parlò con una sorta di malinconia nella voce e questo lo notò Elle e lo notò anche Wheeler. Lo sceriffo voleva cambiare discorso ma non riusciva a trovare uno spunto serio. Elle guardò nervosamente l’ora. Il suo turno sarebbe iniziato tra non molto. Doveva muoversi. Si alzò, posando la bottiglia di birra, quasi vuota, sul tavolino.
-Tra poco inizia il mio turno all’ospedale ma sono riuscita a farmi dare il permesso d’uscita prima. Torno verso le sette per poter andare a cena tutti insieme.-
-Bene. Buon lavoro, Elle.-
La bionda sorrise in direzione dello sceriffo.
-Grazie, Wheeler.-
Posò lo sguardo su Alex, intento a guardare fuori. Si maledì mentalmente di aver tirato fuori un discorso del genere.
-Ciao, Alex.-
Lo salutò, diretta alla porta d’uscita. Quando mise una mano sulla maniglia, riuscì a sentire la risposta del soldato.
-Buon lavoro.-
Annuì, uscendo.
-Grazie.-
Richiuse la porta, avviandosi verso il suo appartamento, che era vicino a quello di Wheeler. Mise le chiavi nella toppa e girò, aprendo la porta. Entrò e la richiuse, sospirando. Era iniziata proprio male questa bella rimpatriata tra amici. Le era sembrato freddo quando aveva parlato del fratello ma chi non lo sarebbe?
Mentre rimetteva apposto le riviste sul tavolino, sentii bussare alla porta. Sicuramente era Rachel.
-Rachel, quante volte devo dirti di non bussare e di entrare e basta?-
-Non sono Rachel.-
Il cuore di Elle perse un battito, andando verso la porta. L'aprì e vide il volto del soldato.
-Hey.-
Lo risalutò lei, mettendo sulle labbra un piccolo sorriso che lui colse al volo come un "che bello che sei venuto".
-Hai due minuti prima di andare al lavoro?-
-Si, vieni.-
Elle si spostò, lasciando che Alex entrasse nel suo appartamento. Richiuse la porta e lo raggiunse nel salottino. Aprì la bocca per dire qualcosa che abbia senso ma con tutti i discorsi nella testa, ciò che riuscì a dire fu solo:
-Vuoi qualcosa da bere? Caffè?-
-Si, grazie.-
Risponde lui, voltandosi verso di lei.
-Mettiti comodo.-
E la giovane gli indicò il divano che lui accettò subito. Alex sembrò più rilassato seduto sul sofà dell'appartamento di Elle. Approfittò delle spalle della ragazza in cucina per curiosare con lo sguardo. Da i muri intuì che anche quel appartamento era stato rivercinaciato. Di un celeste pallido, come il vestito che portava. Appena sotto il soffitto, disegnato, c'era un ramo di un albero dove c'erano dei fiori bianchi, proprio come quelli che aveva sul vestito. Il ramo proseguiva lungo il corridoio e si fermava di fronte due porte. Una a destra e una a sinistra. Immaginò che in una doveva trovarsi il bagno e in un'altra la camera da letto. Elle tornò da lui, porgendogli la tazza di caffè. Alex riconobbe che birra prima e caffè ora non era una buona combinazione ma aveva bisogno di qualcosa che lo rilassasse e caricasse allo stesso tempo. La ragazza si sedette sulla poltrona, osservandolo.
-Ti trovi bene lì?-
Alex alzò le spalle, continuando a vedere il colore marrone scuro del liquido nella tazza e decise di mandarlo giù. Era amaro. Ora solo riusciva a ricordare che ad Elle il caffè piaceva amaro.
-Diciamo. Mi mancate tu e Wheeler.-
Elle contrasse la mascella, incapace quasi di respirare. Ma alla fine non gli aveva detto poi così tanto... il "mi mancate", in amicizia, può significare anche "mi manca farmi due risate con voi".
-Anche tu ci manchi, Alex.-
Lo disse senza esitazioni e senza balbettamenti. Passarono alcuni secondi a guardarsi negli occhi. Stavolta non c'era nessuno che potesse disturbarli. Erano soli, in un appartamento e avevano tutto il tempo che volevano. Alex posò la tazza, ormai vuota, sul tavolino e mise una mano in tasca, estraendo qualcosa. Lo esaminò prima di porgerlo ad Elle. Lei lo riconobbe subito, era il medaglione che aveva dato ad Alex sulla nave, prima che i seguaci dell'Ordine rapissero lei e Wheeler.
-Credevo di averlo perso.-
Sussurrò lei, più a se stessa che al soldato.
-L'avevo dato a tua madre prima che... prima che sapessi che c'era lei dietro tutto questo. Quando l'ho... l'ho uccisa, lo ritrovato nella tasca del suo maglione.-
Non la guardò mentre diceva quelle cose. Non la guardò mentre diceva "l'ho uccisa". Elle strinse il medaglione. C'era una sua foto ad un lato, mentre dall'altro c'era Nora. Si morse un labbro, maledicendosi in trencento lingue. Tutti i suoi sforzi per non piangere, non di fronte ad Alex almeno, si risultarono un fallimento. Crollò pochi minuti dopo, in preda ad un pianto isterico.
-Elle?-
La chiamò lui. Lei alzò il viso, da dove uscivano lacrime a fiumi.
-Mi manca tanto, Alex. Nora...-
Singhiozzò e pianse forte quella mattina. Alex si alzò, andandole vicino, e iniziò a tranquillizzarla, circondando le sue spalle con un braccio.
La cosa che gli faceva più male di tutta questa storia era che aveva pagato un innocente. Aveva pagato una bambina di appena otto anni, che non aveva colpe se non quella di essere stata scelta dalla madre come vittima sacrificale.




Note d'Autrice:
Eccomi con il sesto capitolo della raccolta di One-Shots.
Qui sono stata tenere e sentimentale, lo ammetto. E solo che Nora... oddio, la sua storia... ma anche il sacrificio che le famiglie fondatrici hanno fatto con Joey, Scarlett... dio, è così triste.ç__ç
Okay, si ritorna alla realtà. Sù... nel prossimo capitolo ci ritroveremo sempre nel presente. Piccola anticipazione:
"-Sei diverso.-
-Come diverso?-
-Anni fa non mi avresti mai portata in un luogo simile.-"

Come anticipazione è pessima lo so..:P
Ringrazio chi legge e recensisce. Goodbye.
Glory and Love.

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Capitolo 7
*** "Il tempo vola, nessuno lo sa. Gli anni passano. Dove andiamo da soli, lontano da qui?" ***


Era passata una settimana da che Alex era tornato a South Ashfield. Il giorno del suo rientro, Elle si era lasciata cullare dalle sue forti e muscolose braccia. Gli aveva ridato il medaglione che conteneva la sua foto e quella di Nora. Medaglione d’argento che suo padre aveva regalato a sua sorella, al suo ottavo compleanno. Dopo lei era andata a farsi una doccia, Alex era tornato da Wheeler e lei, dopo essersi vestita, prese la metro per l’ospedale Alchemilla. Quando era rientrata non ci mise poi tanto per vestirsi e uscire a cena con i suoi due amici. Per l’occasione, Wheeler aveva scelto un locale che aveva aperto da poco, il Down’s. Una struttura che ospitava due piani, con tanto di romantica terrazza e telescopio per chi volesse ammirare le stelle. Presero un tavolo da tre e iniziarono a chiacchierare del più e del meno e, visto che Elle conosceva da molto tempo Wheeler, sapeva quanto potesse essere chiacchierone. Tra mille chiacchiere, Wheeler riuscì a ricordarsi che l’indomani sarebbe dovuto andare fuori città per il trasporto di certi deportati nella prigione di sicurezza a Silent Hill, quindi non ci sarebbe stato per tutto il giorno. Elle, visto che aveva giornata libera l’indomani, si offrì volontaria per sistemare anche il suo di appartamento. Wheeler sembrò pensieroso all’inizio ma alla fine convenne che era una bella idea, se al suo ritorno non voleva ritrovarsi tazzine di caffè sparse per il salotto e il letto ancora da fare in camera.
Dopo cena, i tre tornarono agli appartamenti, visto che tra una chiacchiera e un’altra si era fatta 1 di notte. Arrivati di fronte alla stanza 302, Elle salutò i due e andò diretta al suo. Alex avrebbe dormito da Wheeler per tutto il tempo che avrebbe trascorso a South Ashfield. Diciamo che lo sceriffo non si fidava molto a lasciare un uomo nell’appartamento di una donna. Girò la chiave nella toppa ed Elle si trovò subito a casa. Gettò a malo modo la borsa sul sofà, togliendosi le scarpe. Andò diretta al frigorifero e prese del caffè freddo. Non riuscì a dormire molto quella notte, sapendo che Alex dormiva alla distanza di un muro da lei. Mentalmente Elle voleva che Alex la raggiungesse per parlarle. Nel corso della serata non si erano scambiati mezza parola, solo degli sguardi fuggenti. Era tentata di andare lei da lui ma restò lì a bere il caffè sul sofà. Decise di andare in camera da letto, doveva farsi una dormita, cosa un po’ difficile vista la quantità di caffeina che circolava nel suo corpo. Si buttò a peso morto sul materasso, poggiando la testa sul cuscino. Riuscì ad addormentarsi verso le 3 di notte.
Il mattino seguente, Wheeler uscì molto presto, quando ancora Alex ed Elle dormivano nelle rispettive stanze e appartamenti. Lasciò sotto la porta della ragazza un messaggio e uscì dalla palazzina.
La ragazza si svegliò grazie al suono della sveglia che aveva impostato per ogni giorno alla solita ora: le 8 di mattina. Sbadigliò, ripetendosi mentalmente che sarebbe stata una pessima giornata. Come da routine si lavò, si vestì con dei semplici jeans e una canotta bianca e andò a bere il solito caffè freddo, della sera precedente. Appena varcò la soglia della cucina, dalla porta d’ingresso, notò un biglietto. Curiosa, lo prese e lo lesse.
“Ricordati di aprire le finestre. D. W.”
Scosse la testa, sorridendo. Prese il caffè ed il mazzo di chiavi dell’appartamento di Wheeler. Gli aveva fatto una copia nei casi di emergenza. Aprì la porta e subito fu sommersa da una grande nuvola di fumo. Tossì più volte, raggiungendo rapidamente la finestra e aprendola. La soffocante aria di fumo provocato dalle sigarette che Alex e Wheeler avevano consumato la sera prima, si liberò nel giro di pochi minuti. Si levò le scarpe da ginnastica, rimanendo con i calzini bianchi sotto i jeans ed iniziò a lavare le tazzine di caffè. A quanto scoprì anche Alex e Wheeler avevano consumato in abbondanza del caffè e delle birre, da come notò dal secchio, ormai colmo, di spazzatura. Si legò i capelli in una cipollina sulla testa, rimettendo le tazzine pulite nella credenza. Finito di pulire piatti e tazzine, si dedicò al pavimento. Dal bagno prese un secchio con acqua e aromi profumanti e uno straccio, tornando in salotto. Pulì a fondo e bene. Era così immersa nel pulire il salotto dell’appartamento che non si accorse neanche che Alex la stava osservando, dal corridoio.
-Buongiorno, Elle.-
Lei si girò, quasi spaventandosi. Era come se si fosse dimenticata che nell’appartamento di Wheeler c’era Alex.
-Buongiorno.-
Posò il manico dello straccio al muro, tornando in cucina. Lui la seguì, quasi curioso di ciò che avrebbe fatto.
-Vuoi fare colazione?-
-Che cosa hai imparato a fare di buono in questi anni, oltre al caffè?-
La prese in giro lui. Lei gli fece la linguaccia, dandogli le spalle per prendere qualcosa dal frigo. Non vedeva mai Deputy fare la spesa, appunto per questo il suo frigorifero era pari al deserto dei tartari. Voltò lo sguardo al lato del frigo e notò delle uova e in una credenza trovò del bacon. Era abbastanza per due porzioni perchè ora che vedeva quel bacon il suo stomaco iniziò a reclamare qualcosa di diverso dal caffè. Di solito faceva colazione al bar vicino all'ospedale.
-Uova e bacon?-
Alex ridacchiò, alzando le spalle.
-Va bene. Solo per informazione: per caso Wheeler si è messo a dieta?-
Elle rise, prendendo due padelle. Una volta aver rotto le uova nelle padelle, le mise sul foco acceso della cucina a gas.
-Non credo. Sai quanto ami mangiare. La cosa più probabile è che sia innamorato.-
-Innamorato? Wheeler? Lo spietato vicesceriffo, ora sceriffo del dipartimento di polizia qui a South Ashfield, innamorato? Scusa ma trovo più plausibile che abbia iniziato a mettersi a dieta.-
Commentò ironicamente il soldato, prendendo due bicchieri da sotto uno stipo, vicino al frigorifero. Prese del latte e posò entrambe le cose sul tavolo al centro.
-Perchè scusa? Io trovo che chiunque possa innamorarsi. Anche uno sceriffo spietato come Deputy Wheeler.-
Rispose la bionda, aggiungendo due fette di bacon nelle due padelle. Una volta cotto il tutto, prese due piatti dalla credenza e mise le due porzioni di uova e bacon. Prese anche due forchette e portò tutto a tavola, dove Alex era già seduto. Gli porse il piatto, mentre lei si sedeva vicino a lui. Alex annusò il piatto che aveva davanti con un sorriso sul volto.
-Mi fa piacere vedere che alcune cose sono cambiate in meglio.-
Elle si fermò, osservandolo prendere la forchetta e iniziare a mangiare. Deglutì. Quelle parole le sembrava di averle già sentite. Ignorò, sorridendo solamente e iniziò anche lei a mangiare la sua porzione.
-Mi congratulo, Elle. Davvero buono.-
Disse il soldato, masticando gli ultimi desinare della sua colazione. Sorseggiò del latte, osservando il sole fuori alla finestra aperta.
-Oggi hai il giorno libero, vero?-
-Si. Perchè?-
Chiese lei, mandando giù un altro boccone di bacon.
-Volevo portarti in un posto.-
Lei lo guardò dapprima dubbiosa ma poi decise di accettare. Voleva vedere quanto fosse cambiato in fattore di idee per dove portare una ragazza. Da come ricordava, quando erano due semplici adolescenti, non aveva molta fantasia. L'estate che avevano trascorso insieme, l'avevano trascorsa a casa di lei. A vedere qualche film o a studiare per gli esami al diploma. Che Elle l'andasse a trovare a casa sua era fuori discussione. Non sapeva perchè ma Adam diventava un tantino sgorbutico con lei, quando la vedeva tra le mura di casa sua. Forse non gli era mai piaciuta davvero. Solo Lillian sembrava sempre felice di vederla. Quando Alex se ne era andato, da un giorno all'altro, era stata lei che si era presa cura di Lillian. Le preparava il bagno, i pasti e delle tazze di thè. Elle aveva sempre creduto che il suo ruolo, come moglie e madre, non fosse mai facile. Specialmente per lei. Non osava neanche immaginare come doveva sentirsi nel sapere che un giorno uno dei suoi due figli non ci sarebbe stato più. Chissà se tutto ciò si sarebbe potuto evitare.
-D'accordo, Alex. Stupiscimi. Vado a chiudere casa.-
Rispose lei, rimettendosi le scarpe da ginnastica e portando i piatti in lavandino. Uscì dall'appartamento di Wheeler, lasciando un Alex con un sorriso soddisfatto sul volto. Elle si fermò all'atrio del suo appartamento, dove c'era uno specchio e si ammirò. Mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio e diede una sistemata alla canotta bianca. Spense il gas e uscì di casa, chiudendo a chiave la serratura. Incontrò Alex in corridoio, vestito con jeans e maglietta nera. Elle non potè fare a meno di notare che, con quella maglietta, i muscoli erano bene in evidenza e la cosa la metteva in imbarazzo.
-Andiamo?-
Disse lui, superandola e iniziando a scendere le scale della palazzina. Elle lo seguì, ritrovandosi ben presto fuori al parcheggio.
-Dove andiamo?-
Chiese lei, iniziando a camminare in direzione della sua auto. Alex entrò al posto del guidatore, convincendo Elle a dargli le chiavi. Bastò un sorriso e la vittoria fu sua. Si mise comoda, e lasciò che Alex guidasse.
-E' una sorpresa.-
Si limitò a rispondere lui, spingendo sull'acceleratore. In poco tempo si ritrovarono sulle sfonde del lago Toluca, da dove si poteva ammirare il faro, in lontananza. Erano vicino alla Società Storica di Silent Hill. Vicino c'era un porto, dove vi era una canoa con dei remi.
-Vieni.-
Disse lui, scendendo dall'auto e dirigendosi al porto. Elle lo seguì nuovamente, ben chiara di cosa voleva fare. Un giro mattutino nel lago più famoso di tutta la città. Quando Alex salì a bordo, tese una mano ad Elle, per farla salire. Lei accettò un pò titubante ma un suo sorriso riuscì a farla rilassare. Una volta seduta di fronte a lui, vide Alex prendere i remi ed iniziare a remare in direzione opposta del faro. Elle si guardò attorno, quel posto senza la nebbia era fantastico. Riusciva a vedere gli alberi perfettamente verdi e l'intera vegetazione che circondava il lago. Sorrise, osservando le anatre dall'altra parte del lago.
-Ti piace?-
Chiese lui, continuando a remare. Lei annuì, visibilmente più rilassata di quanto non lo fosse inizialmente. Elle osservò con la coda dell'occhio Alex. Aveva lo sguardo perso nelle acque, probabilmente l'aveva portata lì perchè quel posto significava qualcosa per lui.
-Sei diverso.-
Commentò lei, con tono un pò malinconico. Lui si girò verso di lei, osservando il suo sorriso enigmatico. Riuscì a scorgerne la malinconia, così come nella sua voce.
-Come diverso?-
Lei alzò le spalle, guardandosi attorno.
-Anni fa non mi avresti mai portata in un luogo simile.-
Alex riflettè sulla risposta della ragazza. Aveva ragione. Anni fa non si sarebbe immaginato di certo tutto questo. Anni fa sognava il futuro come qualsiasi altro adolescente. Anni fa era diverso. Tutto. Persino lui, ora, era cambiato. Delle anatre si avvicinarono alla canoa, attratte da qualcosa. Alex diede lo sguardo ad una busta vicino ai suoi piedi. C'era del pane.
-Vuoi darle da mangiare?-
Elle si voltò verso di lui e annuì, prendendo la busta. Estrasse qualche mollica e la lanciò in acqua, vedendo come le due anatre acciuffavano con il loro becco il pane. Subito dopo ne arrivarono altre due, ancora dopo altre sei. Buttò ancora del pane in acqua, meravigliata da quante erano venute a mangiare.
-Che cosa fanno tutte qui?-
Chiese lei, voltando di poco la testa verso il "gondoliere". Alex alzò le spalle, non sapendo rispondere.
-Non lo so. Teoricamente dovrebbero andare verso Sud, per tornare il prossimo anno.-
Elle ascoltò ciò che disse Alex, continuando a buttare le ultime molliche rimaste. Le anatre gradirono. Poco dopo, in lontananza, si sentì un forte tuono. Meno male che da come diceva il meteo, quel giorno doveva essere soleggiato. Elle cercò qualcosa nella canoa che potesse aiutarla a ripararsi dalla pioggia, ma trovò solo un comunissimo lenzuolo bianco. Dal cielo iniziarono a cadere delle prime gocce di pioggia. Quando il lenzuolo iniziò a bagnarsi, automaticamente, si bagnarono anche i capelli di Elle. Alex iniziò a ridere e cerò riparo, continuando a remare.
-Alex!-
Protestò lei, vedendolo ridere a crepa pelle. Lo osservò seria per alcuni minuti, ma poco dopo iniziò a ridere anche lei, buttando la testa all'indietro. Sembrava che fossero tornati indietro nel tempo. All'epoca della loro prima estate insieme. Certo, anni fa Alex non l'avrebbe mai portata in giro in canoa, si limitava ad offrirgli un hamburgher da Steve's52. Riconobbe sul serio che si era fatto più tenero, più romantico, da quando era partito per la nuova accademia, nel centro dell'America. Tra le risa, Alex riuscì a vedere una capanna incentrata su una semi isoletta, vicino alla Whis House. Iniziò a tirare anche un forte vento. Alex riuscì ad attraccare lì, mentre Elle si alzò, ripoggiando i piedi sulla terra ferma.
-Perchè non mi hai scritto prima?-
Urlò lei, tra la pioggia che le offuscava la vista e riuscì a vedere a mala pena Alex venirle incontro.
-Non aveva nessun significato per te...-
-Cazzate! Ho provato a scriverti un miglione di volte, prima di decidere di trovare qualcosa che abbia un senso e spedirti quella dannata lettera, un mese fa. Ho provato un sacco di volte a scriverti...-
Urlò anche lui, stavolta. Solo per farsi sentire da lei, anche se c'è l'aveva vicino ma la pioggia e il vento facevano rumore e non permettevano di sentire bene. Oppure urlavano solo per il gusto di farlo. La pioggia continuava a cadere initerrottamente e i tuoni si facevano sempre più vicini. Ma Elle non si mosse da lì, troppo pensierosa su ciò che gli aveva appena detto Alex.
-Tu mi hai... scritto?-
-Da quando sono partito. Ma ogni cosa che scrivevo, ogni singola parola, ogni... riferimento o data mi sembrava una pugnalata al petto ed ecco che partiva l'automatico flashback di ricordi dal passato. La nascita di Josh, il fantastico giorno nella quale ti ho conosciuta, il giorno del diploma, la nostra estate e la morte di Josh. L'ultimo è stato il ricordo più doloroso da affrontare in questi mesi, Elle. Non c'è l'avevo con te, forse più con me stesso. Non riuscivo a non pensarti e ti giuro che in questi mesi ho fatto solo questo.-
Ora riusciva a capire tante cose. Quando Alex era tornato in superficie, prima di partire, dopo che il mostro gli ha ridato il corpo del fratello, lui gli aveva raccontato ogni singolo particolare. Anche come era morto suo fratello e sopratutto gli aveva detto di aver rivisto suo padre e sua madre, per l'ultima volta. Entrambi erano stati uccisi dall'Ordine. Elle sorrise amaramente, annuendo.
-Quindi è finita.-
-No. No che non lo è, neanche ora.-
Rispose Alex, decidendo di rompere le ultime barriere tra loro due. Si avvicinò ad Elle e la baciò sulle labbra, in un bacio romantico. Mentre nessuno dei due voleva staccarsi, raggiunsero la porta della capanna, almeno lì sarebbero stati al riparo dalla pioggia, tanto ormai erano zuppi fradici. Elle rimase stretta a lui per tutta la durata del temporale. Durante alcune pause riprendevano a baciarsi e a volersi nuovamente bene. Forse molto di più di quanto non se ne volevano prima o più di quanto non se ne erano accorti prima. Perchè in fondo Alex ha sempre saputo di voler bene a quella simpatica biondina che aveva concquistato il suo cuore, come nessun'altra aveva mai fatto. Da piccolo non avrebbe mai pensato ad una ragazza e di certo non avrebbe mai pensato ad Elle. Ma ora era diverso, era diventato un uomo e sapeva riconoscere certi valori. Elle Holloway aveva i valori che cercava in una donna. Amorevole, gioiosa, con il sorriso contagioso e sopratutto credeva nel bene e nel male. Valori che non si trovano facilmente e qualcosa nella sua testa gli diceva di tenersela stretta, che non era l'unico ad aspirare ad avere il suo amore, ma non diede retta a quella voce fastidiosa. Nel corso dei loro baci e delle loro carezze, si scambiarono anche qualche sorriso complice, mentre entrambi si levavano quei fastidiosi vestiti di dosso. Pronti per amarsi come mai avevano fatto finora.




Note d'autrice:
Scherzando scherzando siamo arrivati anche al settimo capitolo. Ovvia.*.*. Finalmente e dico... FINALMENTE ci è scappato il bacio tra questi due. E anche questa è andata su. ù.ù
Okay... devo dire una cosa, prima che mi dimentichi... il titolo di questo capitolo è diverso perchè ho cambiato anche musica. Da questo capitolo in poi segue la musica "Acceptance" da Silent Hill Shattered Memories, tradotto in Italiano. :)
Piccola anticipazione del prossimo capitolo:
"Sorrise. Di un sorriso pieno di gioia e speranza. Non aveva immaginato che potesse accaderle una cosa simile, non a lei almeno. Era felicissima ma allo stesso tempo confusa. Non aveva nessuno con la quale parlare. Non aveva un famigliare. Solo Rachel e Wheeler avrebbero potuto capirla o per lo meno essere felici per lei, anzi... per loro. Sorrise nuovamente, dirigendosi verso l'uscita del suo appartamento, diretta al 302. Quello di Wheeler."
Okay, dai... meglio dell'ultima anticipazione del precedente è meglio, no?!:) Ora vi lascio... ringrazio, ovviamente come sempre, chi recensisce e chi legge. ;)
Un bacio,
Glory and Love.

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