Don't cry

di _Girella_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bereavement ***
Capitolo 2: *** Promise ***



Capitolo 1
*** Bereavement ***


Don’t cry
 
 
Sei stanco. Stanco delle telefonate, delle domande, della compassione.
-Ryuuji-kun, mi hanno appena chiamato. Cosa è successo?-.
Stringi forte la cornetta.
-E’ morto- sibili, e butti giù.

 
Tell me how have you been
We all have missed you....
And the way you grin.
-Life Without You-
 
 

Il telefono squilla, di nuovo, per quella che probabilmente sarà la trentesima volta.
Sei quasi tentato di non rispondere, ma non puoi. Lo sai, li conosci troppo bene. Sai che entro pochi minuti sarebbero a casa tua, preoccupati di “dover fare qualcosa per aiutarti, perché così non puoi andare avanti”.
Mentre attraversi il corridoio per raggiungere il telefono, eviti accuratamente di alzare lo sguardo sul grande specchio sopra al comò.
Sai già cosa troveresti: il tuo riflesso strisciante, le occhiaie, i capelli arruffati e sporchi. Il guscio vuoto del tuo corpo, costretto lì senza una ragione precisa.
Alzi il telefono senza dire nulla.
 
-Il signor Midorikawa Ryuuji?-
-Sono io.-
E’ davvero quella la tua voce?
-Riguarda il signor Kiyama.-
Stringi i denti.
-Cosa?-
-Il testamento…-
 
Anche il testamento aveva scritto, quel bastardo.
Scivoli a terra, le tue orecchie captano a malapena il –Le mie condoglianze, signore- gracchiato dall’altro capo del filo che ti fa sentire solo peggio.
Riattacchi, gemi, ti stringi lo stomaco, stravolto dai conati.
 
-Anche il testamento, Hiroto?- gridi, senza preoccuparti dei vicini. Sono abituati, ormai. –Anche a questo avevi pensato, stronzo? Lo sapevi, lo sapevi che stavi morendo! Perché non mi hai detto niente?
Perché, nonostante tutto, continuavi a sorridere?
 
Il tuo pugno incontra quasi distrattamente la superficie del tavolo di cristallo accanto al telefono, con forza, ti ferisci, il tavolo pare accartocciarsi su se stesso.
Fa male, il sangue che scorre lungo il braccio, fa male, ma non è niente in confronto a quello che ti ha fatto lui.
Rimani li, gridando, piangendo, per un tempo che pare allungarsi e restringersi, finchè un paio di braccia gentili non ti sollevano e ti riportano in camera.
Non guardi nemmeno, sarà Kazemaru.
 
E’ sempre Kazemaru, durante le tue crisi.
 
Ti adagia sul letto, ti rimbocca le coperte, ti medica le ferite per l’ennesima volta.
Ma con le ferite che più fanno male, nel tuo cuore, non ci può fare niente.
-Lo sapeva- riesci solo a mormorare, fingendoti cieco alle sue lacrime. –Stava morendo, e ha voluto farlo da solo-.
 
°°°
 
-Penso che sia sciocco-.
-Endou, ha lasciato un testamento. Dobbiamo andare-.
Il ragazzo distoglie lo sguardo, si morde il labbro, non ha più nulla dell’ingenuo bambino di cui Kazemaru si era innamorato.
Erano stati tutti costretti a crescere, troppo in fretta.
-Ma perché portare anche lui?-. Rivolge un’occhiata a Midorikawa che, a pochi passi da loro, osserva le crepe nel pavimento, le mani in tasca. –Lo farà solo soffrire di più-.
“Più di così?”
Kazemaru scuote la testa, lo afferra per la mano, stringe le labbra. –Deve farlo. Hiroto non avrebbe voluto che reagisse così-.
“Come altro avrebbe dovuto reagire?” si domanda Endou, mentre si avvicinano all’amico. Ma tace.
 
Nessuno dice nulla, ma Shirou ha come l’impressione che, se anche parlassero, Midorikawa non li sentirebbe.
Lui lo sa, sa cosa prova, tutto ciò non fa che ricordargli un antico dolore che credeva sepolto e che adesso minaccia di sopraffarlo.
E’ sopravvissuto al fratello, e non è sicuro di riuscire a sopravvivere anche alla morte del suo migliore amico.
 
Midorikawa lo odia.
Odia che qualunque cosa faccia, uno scatto sulla sedia troppo dura, un bisogno fisiologico, persino la perenne voglia di piangere, gli ricordi che lui è l’ultima cosa che vorrebbe essere, vivo.
Perché? Che diritto ne ha?
E che diritto aveva Dio di prenderselo? Perché proprio lui??
Per la sua generosità? Per il suo sorriso? Per il suo cuore, sempre troppo grande?
Per quale delle cose che amava in lui Hiroto gli era stato portato via?
 
 
L’uomo seduto davanti a loro ha un tono di voce atono, un completo nero, uno sguardo spento negli occhi.
Anonimo. Ne avrà viste a centinaia, di persone in preda al loro stesso dolore.
Ma chissà perché questo pensiero non è per niente confortante…
 
Legge in fretta, Hiroto non aveva avuto molto tempo, ma non aveva nemmeno molto da lasciare.
La casa che condivideva con Midorikawa, i fondi che voleva fossero destinati al Sun Garden –chissà come avrebbe reagito il piccolo Masaki alla notizia che non lo avrebbero più adottato. Forse li avrebbe odiati- , pochi, modesti regali d’addio che i ragazzi accolgono tra le mani come fossero oro.
 
“Tutto qui?” pensa Kidou mentre si alza e stringe la mano all’uomo in nero, riservandogli un’occhiataccia. “Hanno fatto venire fin qui Midorikawa e a lui non ha lasciato niente?”.
 
Impossibile.
 
 
Il notaio attende che tutti siano usciti dalla stanza, poi richiama indietro il ragazzo dai capelli verdi che si era attardato.
-Midorikawa Ryuuji-.
Gli porge una lettera. –Questa era tra gli effetti personali del signor Kiyama. Non avevamo l’autorizzazione per leggerla, mi dispiace, non possiamo anticiparle il contenuto-.
 
Lo vede prenderla tra le mani con estrema delicatezza, e gli fa una pena infinita, quel ragazzo che sembra così triste, così rassegnato, così fragile.
Si arrischia a sfiorargli la spalla, lievemente, come per paura che si rompa. –Mi dispiace. Com’è successo?-.
-Leucemia. Ne soffriva da mesi.
E a noi non ha mai detto niente-.
 
°°°
 
Passano tre giorni prima che Kazemaru trovi la lettera dentro al comodino di Midorikawa, ancora sigillata, intatta.
Rivolge uno sguardo all’amico, vorrebbe chiedergli perché non l’ha letta, ma poi lascia perdere.
In ogni caso, in quel momento Midorikawa non potrebbe rispondergli, è nel pieno di una delle sue crisi.
Si è quasi tagliato una vena con il vetro dello specchio, questa volta.
Lo ha trovato per terra, urlante, mentre faceva a pezzi la sua foto imbrattata di sangue. Ha capito di non poterlo più lasciare solo.
Kazemaru sa di avergli salvato la vita.
Ma non è sicuro di avergli fatto un favore







 
 
Ok, lo so. Lo so. Ci sono cascata di nuovo. Ho di nuovo pensato alla HiroMido, mi sono depressa, ho aperto word. Tre azioni che non dovrei mai compiere assieme çwç
Ci sarà un secondo e ultimo capitolo per la vostra gioia disperazione.
Midorikawa troverà il coraggio di leggere quella lettera :’)
Una sola cosa: la persona che all’inizio telefona a Midorikawa è Kazemaru. So che dal testo non è intuibile, ma volevo specificarlo. Volevo inserire qualcosa anche sulla loro amicizia.
Vado a piangere. Ho qualcosa che non va, io çwç
Saluti lacrimosi a tutti (?)
 
Marty

 

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Capitolo 2
*** Promise ***


Promise
 
Un volo breve ma bello questa vita mia
Ma nessun rimpianto si porta via.
Ma sono triste perché, perché io non ci sarò con te.
Tu mi cercherai, ma io non ci sarò per te.
-Canto di Kengah-.
 
 
Caro Ryuuji,
ricordi quel periodo, all’orfanotrofio, durante il quale scrivevi al tuo amico di penna italiano? Ricordi le mie prese in giro per quell’obsoleto modo di comunicare, le mie risate leggendo le parole in quella strana lingua, il tuo volto arrossato mentre cercavi di strapparmi la lettera di mano per impedirmi di leggerla davanti a tutti?
E adesso è il mio turno, Ryuuji, è stato il mio turno di afferrare carta e penna e sedermi al tavolo silenzioso nella nostra cucina. Ho deciso di lasciarti qualcosa, qualcosa che ti ricorderà che ti amo anche quando io non ci sarò più. Voglio riuscire a chiederti scusa, per essere stato egoista al punto da nasconderti la verità, pur di non privarmi della vista del tuo sorriso.
E così ho detto tutto. Mi dispiace, ti amo, sto per morire.
Sto per morire, Ryuuji, e nonostante ormai siano cinque mesi che lo so, queste parole non cessano di suonarmi strane.
Si, dolorose, tristi, ingiuste, ma soprattutto strane. Insomma, non avrei mai pensato di ritrovarmi a pronunciarle, ecco.
Ho finto per così tanto tempo con te, Ryuuji, che è quasi un sollievo dare sfogo al mio dolore. Ma non preoccuparti, non è colpa tua. Ero io che non volevo che questo fardello divenisse più leggero solo perché poggiato anche sulle tue spalle. Forse ci avrebbe schiacciati entrambi.
No, molto meglio così. Hai continuato a sorridere, ad amarmi, e questo mi ha fatto bene,più di qualsiasi cosa i medici potessero darmi. E adesso so che se sto piangendo, non è perché la mia vita sta per finire –suonerà strano, ma si fa l’abitudine anche a questo, col tempo- ma perché so che mi odierai.
Cosa penserai? Che non abbia avuto fiducia in te, che non ti abbia amato abbastanza? E’ tutto il contrario, e vorrei che riuscissi a capirlo. I tuoi baci, le tue premure, il tempo passato con te, mi hanno aiutato a non rinchiudermi in me stesso e nel mio dolore. Ma rendono anche tanto, tanto più difficile separami da te.
Fa così male tutto questo, Ryuuji. Ho deciso di scriverti oggi perché probabilmente presto non avrò più la forza di tenere in mano la penna. Ho negato, mi sono rifiutato di accettare la verità, ma alla fine mi sono dovuto sedere perché restare in piedi era diventato troppo faticoso. E ho dovuto arrendermi.
Smetterà tutto questo, amore mio? Starò di nuovo bene? Quando l’ho chiesto ai dottori, l’unica risposta che ho letto nel loro sguardo è stata “Povero bambino, è troppo giovane per accettare la verità”. Ma io lo sapevo, l’ho saputo fin da subito che sarei morto.
Lo dirai agli altri, Ryuuji? Puoi fare questo per me? Non voglio che nessuno di loro mi odi, Endou e gli altri sono stati la cosa più bella che mi potesse capitare, gli amici migliori che avrei potuto desiderare. Aiuta Gouenji a tamponare la sofferenza di Shirou, sappi che Kazemaru ti starà sempre accanto, scusati con Kidou e Fudou se non mi presenterò al loro matrimonio. E dì a Nagumo di sbrigarsi, che Suzuno non lo aspetterà in eterno.
Ma c’è qualcosa di ancora più importante che vorrei chiederti.
Ryuuji, non sentirti in colpa. Ti conosco, e so che odierai te stesso forse più di quanto odierai me. Ma non farlo, ti prego. Se potessi, te lo chiederei guardandoti negli occhi, reggendoti il polso come facevo spesso. Ma non posso,  e temo che entrambi dovremo accontentarci dei ricordi.
Ryuuji, perdonami. Non passa giorno senza che io desideri lasciarmi andare tra le tue braccia e piangere, abbracciarti e tenerti stretto finchè la morte non mi porterà via. Ma non posso, non me lo perdonerei mai se ti macchiassi col mio sangue.
E se non puoi fare tutto questo, almeno promettimi una cosa. Non piangere, Ryuuji. Non piangere, perché le tue lacrime sarebbero per me forse più dolorose della mia stessa morte. E io non riesco a sopportare di esserne la causa, questa prospettiva mi fa sentire un profondo dolore al petto, e la leucemia non centra.
Non piangere. Ti prego, almeno questo, fallo per me.
Se mi hai mai amato, e so che è così, getta questa lettera, falla a pezzi, riducila in cenere.
Dimenticami. Scorda il mio volto, i miei occhi, il suono della mia voce.
Fallo. Così non soffrirai.
Ma te ne prego, se qualche volta guarderai il cielo, dentro di te sappi che io sono esistito. Che c’è stato qualcuno che ti amava, qualcuno che avrebbe voluto essere una persona migliore per te, e che non c’è riuscito.
Sappi, semplicemente, e ricorda, che Hiroto Kiyama un tempo ti ha amato.
E questo basterà. Voltati e lasciati le stelle alle spalle.
Stai tranquillo, questo non mi impedirà di seguirti con lo sguardo ovunque andrai.
Ma forse, ed è l’ultima cosa in cui mi è dato di sperare, almeno tu sarai felice.
Ti amo
Hiroto Kiyama
 
 
 
 
Sessant’anni dopo…
 
 
 
Chiudi gli occhi, il vento primaverile ti accarezza i capelli grigi, il dondolo cigola sotto il tuo peso.
Sorridi, per l’ennesima volta, e sfiorì col naso la superficie della lettera ingiallita, quasi sbiadita, ma che ancora conserva un po’ del suo odore.
O forse è tutta una tua fantasia, chissà…
Passi le dita sul contorno delle chiazze che inconfondibilmente riconoscesti come lasciate dalle sue lacrime. Tra poco arriverà Kazemaru. Devi mettere su il tè.
Poggiandoti al bastone, ti sollevi e guardi in alto, il sole ormai tramontato dietro alle colline, le prime stelle timide che fanno capolino nel cielo ancora rosato.
Ti lasci andare a una risata, e ti volti per rientrare in casa.
 
“Mi dispiace, Hiroto. Mi dispiace, non sono riuscito a mantenere la mia promessa.
Mi sono odiato.
Non ti ho dimenticato.
Ho pianto.
Io l’ho fatto già tanto tempo fa. Adesso, amore mio, puoi essere tu a perdonarmi??”.
 
 
***
 
 
Alzò lo sguardo. Il sole splendeva.
Sole a un funerale. E’ strano. Stona.
Ma era giusto così.
Ryuuji non avrebbe voluto le sue lacrime, aveva già visto troppa tristezza nella sua vita.
Ma Kazemaru non era triste. Kazemaru sorrideva.
-Sei di nuovo accanto a lui, Ryuuji-kun- mormorò inginocchiato davanti alle due tombe vicine, quasi a contatto. –Finalmente. Non avrei potuto chiedere di meglio per te, amico mio. Da adesso, sii felice-.
 
 
Kazemaru Ichirouta non avrebbe mai raccontato a nessuno di essere stato per quanto possibile felice della dipartita di Ryuuji.
Né Endou Mamoru avrebbe mai raccontato di aver visto suo marito ridere, asciugandosi le lacrime e augurando buona fortuna alla lapide del suo migliore amico.
























La canzone iniziale è presa dal film "La Gabbianella e il Gatto".
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito o letto in silenzio (?) il primo capitolo.
E vi chiedo di perdonarmi se sono la personificazione della dea della tristezza (?) cwc
Dedico il capitolo alla mia gemella
Rae per dirle che le voglio tanto bene... e si, l'accenno alla KidoFudo è per lei
Saluti


Marty

 

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