Sotto una cattiva stella

di Splendente come il sole
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Via di casa ***
Capitolo 2: *** In giro ***
Capitolo 3: *** Furti ***
Capitolo 4: *** feste, complotti e frustate ***
Capitolo 5: *** Risvegli gelidi ***
Capitolo 6: *** Decisioni e domande ***
Capitolo 7: *** Eleà ***
Capitolo 8: *** Arrivo ***
Capitolo 9: *** Piani ***
Capitolo 10: *** Azzardo ***
Capitolo 11: *** Paura ***
Capitolo 12: *** Intrusi ***
Capitolo 13: *** Disperazione ***
Capitolo 14: *** Sorprese ***
Capitolo 15: *** Pensieri e rivelazioni ***
Capitolo 16: *** Spie ***
Capitolo 17: *** Giorni di pioggia ***
Capitolo 18: *** Per le vie della città ***
Capitolo 19: *** Nel frattempo... ***
Capitolo 20: *** Incontri ***
Capitolo 21: *** Lacrime ***
Capitolo 22: *** Morte ***
Capitolo 23: *** Oscurità ***
Capitolo 24: *** Via da tutto ***
Capitolo 25: *** Nebbia ***
Capitolo 26: *** Confessioni ***
Capitolo 27: *** Ingresso ***
Capitolo 28: *** Paura ***
Capitolo 29: *** Ritrovi ***
Capitolo 30: *** Confidenze ; decisioni ***
Capitolo 31: *** Parole per confondermi ***
Capitolo 32: *** Vieni con me/ Scontri ***
Capitolo 33: *** Io cammino nel buio ***
Capitolo 34: *** Epilogo. Dieci anni dopo. ***



Capitolo 1
*** Via di casa ***


Elora era una ragazza di quindici anni.
Bella, vanitosa, che odiava lavorare.
E' questo era un grosso problema dato che la sua famiglia era molto povera.
Quando un giorno tornò a casa, trovò come al solito sua madre che stirava e sua sorella Eleà, di tredici anni, che cuciva a maglia in un angolino, su una vecchia sedia di legno davvero malandata.
"Cos'hai fatto tutto questo tempo? Hai comprato le patate ? ".  
"Sì, madre" rispose lei in tono asciutto e gliele porse.
Sua madre afferrò il pacchetto e lo ripose nella piccola dispensa.
Elora si guardò attorno, con malcelato disgusto.
Davvero avrebbe vissuto per sempre in quella maledetta catapecchia ?
In quella casa così piccola, vecchia, quasi priva del necessario.
Rabbrividì, e chiuse gli occhi.
Si diresse verso lo specchio, l'unico che c'era in casa, e che aveva avuto in cambio di un vestito da un'altra ragazza, povera come lei, più di un anno addietro.
Come al solito, vide una bella fanciulla dai lunghi capelli neri, il viso ovale, i grandi occhi viola, le lebbra piene e rosee e dal sorriso furbo.
Ma vide anche il suo vecchio, malandato abito, o più che abito un mucchio di stracci messi insieme.
Si voltò verso la madre. "Maman, io non ce la faccio più" esclamò in tono frustrato e lamentoso.
"Insomma, guarda come stiamo. Invece ho visto donne in giro con abiti di seta, pellicce, ombrelli colorati e guanti di velluto ! ". 
" Elora devi smetterla con questo argomento ! Quella è gente molto più fortunata, e che possiamo farci ? ".
Ma la figlia la ignorò. "E, l'hai detto pure tu, c'è chi non fa che mangiare caviale , briosce e bere i vini migliori ! E invece guarda come stiamo noi ! ".
Eleà, messo da parte il suo lavoro di cucito, si alzò. "Elora..." mormorò con voce incerta.
Ma Elora ignorò anche lei.  "Non mangiamo mai il pane, l'unica cosa che mangiamo è la solita zuppa di patate! ". Sua madre le diede un forte ceffone e la fanciulla crollò a terra con un tonfo sordo.
Eleà si portò una mano alla bocca.
"Ma...madre..." mormorò Elora. Poi si rialzò a fatica e si rassettò l'abito.
"Non fai altro che lamentarti ! " urlò sua madre con voce strozzata. "Lamentarti e stare davanti allo specchio ! Se invece ti mettessi a lavorare come tua sorella o, vista la tua età, presso qualche signora, potresti anche tu portare a casa del denaro ! ".  
Lei la guardò di sbieco.
"Se non fossi così cagionevole di salute sarei anche disposta a lavorare di più per farti mangiare meglio e per comprarti vestiti migliori, ma io non posso...".
Un attacco di tosse la fece piegare in due sul tavolo.
Eleà corse da lei . "Maman!" urlò terrorizzata.
"Va tutto bene, tesoro..."rispose al suo appello la donna con voce roca. 
Eleà si voltò verso la sorella maggiore. "Elora..." mormorò, stavolta in tono di supplica.
"Non ne posso più di stare in questa casa! Me ne vado! Tanto starete meglio senza di me!" urlò lei di rimando e si diresse alla porta. L'aprì con uno scatto.
"Vedrete che riuscirò a diventare una signora, mangerò a dei banchetti e indosserò abiti di seta."
E se ne andò, forse per non tornare mai più.
Forse.

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Capitolo 2
*** In giro ***


Elora camminava .
Camminava, camminava senza un'idea su dove andare, senza alcuna meta .
C'era ancora il sole, ma prima o poi se ne sarebbe andato...e lei non aveva un posto dove dormire .
"Di tornare a casa non se ne parla proprio" pensò con falsa decisione .
Alla fine si fermò e si appoggiò ad un muro, vecchio e corroso, e chiuse gli occhi . Non poteva mentire a sè stessa .
Sua madre sapeva che sarebbe tornata . Poteva quasi sentirla dire a Eleà : "Vedrai che tornarà quando avrà fame."
Riaprì gli occhi . " No ! " pensò . "Non tornerò, invece ! Piuttosto morirò di fame ! ".
Riprese a camminare .
La stanchezza cominciava a farsi sentire . Quella notte non aveva neanche dormito bene .
"Questa sarà molto peggio" pensò più con amarezza che con paura .

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Capitolo 3
*** Furti ***


Ormai era quasi il tramonto .
Elora era così stanca, la notte prima non aveva chiuso occhio, e quella giornata era stata così faticosa...
Stava quasi per accasciarsi al suolo quando vide una scena davanti a sè che la bloccò : Un uomo, fuori di testa per la fame e la tentazione, aveva spaccato il vetro di una bottega e aveva rubato due grossi pani .
Elora lo guardò impietrita correre via, più veloce del vento .
Il venditore uscì di corsa dalla bottega e rincorse l'uomo, gridando : "A ladro ! Fermate quel ladro ! ".
Tutti gli altri uomini intorno si affrettarono intorno alla bottega per rubare anche loro il pane .
Elora si guardò intorno : niente guardie .
Si affrettò a condividere anche lei il bottino .
Strisciò sotte le gambe degli altri, beccandosi qualche calcio e prese un pane .
Poi, col sorriso sulle labbra, corse via, lontano da lì . Quella sera, fu quel pane la sua cena .

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Capitolo 4
*** feste, complotti e frustate ***


Era notte .
Elora non aveva idea di che ora fosse però .
Stava seduta davanti al fiume, la Senna, a lanciare sassolini .
Le luci delle torce illuminavano le stradine nei dintorni e da un lussuoso locale provenivano musica e risate .
"Feste da ricchi" pensò la ragazza, indispettita .
Poco dopo, due uomini uscirono dal locale e si sedettero ad un tavolo, fuori .
Sembravano molto seri...cupi .
Elora non riusciva a sentire cosa dicessero, ma sembrava un "complotto" . Distolse prudentemente lo sguardo . Poi, l'uomo più adulto, con una barba ingrigita ben curata lasciò il compagno e si avviò alla carrozza che nel frattempo era venuta a prenderlo .
Elora si alzò di scatto e gli andò incontro . "Signore, aspettate!".
Lui si voltò a guardarla. "Potreste darmi..." quello afferrò la frusta che teneva nascosta e le sferrò un colpo alla gamba .
Lei urlò di dolore e crollò a terra .
" Via, sporca mocciosa !".
Poi, salì sulla sua carrozza che subito partì .
"Maledetti ricchi, voi siete tutti uguali ! " urlò Elora, il viso rigato si lacrime .
Cercò di rialzarsi ma con un gemito di dolore ci rinunciò.
"Maledetti...mi trattano come un animale solo perchè sono nata sotto una cattiva stella."

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Capitolo 5
*** Risvegli gelidi ***


Al risveglio, Elora si ritrovò stesa per terra, accovacciata con una grezza coperta trovata chissà come .
"Che freddo" pensò alzandosi .
Provò un intenso bruciore alla gamba, ma prese un respiro profondo e si mise i piedi, cercando di scrollarsi la sporcizia di dosso .
Era dalla mattina precedente che non si lavava . Si sentiva così sporca dopo una nottata passata fuori .
Ricominciò a vagare per le strade, come il giorno prima, la coperta stretta addosso .
Passò davanti ad alcune botteghe, l'acquolina in bocca .
Aveva di nuovo fame .
Allontanò certi pensieri, scuotendo la testa .
Si passò una mano fra i capelli corvini : erano tutti arruffati e pieni di sporcizia . Prima o poi avrebbe preso i pidocchi .
Sospirò : quanto ancora sarebbe resistita, lì fuori, tutta sola, sempre più lontana da casa ?
Per quanto piccola e terribilmente modesta, era casa .
E dentro c'erano le uniche due persone che l'amavano .
Che amava .

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Capitolo 6
*** Decisioni e domande ***


Elora aveva preso una decisione : avrebbe cominciato a lavorare .
Per quanto la prospettiva fosse brutta, non aveva scelta .
Un uomo sui cinquant'anni le permise di viaggiare sul suo carro .
Elora salì, sedendosi sul fieno e il carro partì, trainato da un mulo .
Da Avignon stavano andando a Marseille .
Non era molto lontano, l'indomani sarebbero arrivati .
Elora si posò una mano sullo stomaco : aveva fame .
"Ancora non molta, però" pensò .
Si prese la testa fra le mani . "cosa sto facendo ? Fino a quando potrò tornare indietro?".
Radrizzò le esili spalle . "Non tornerò indietro" .
Guardò il cielo, il sole : "devono essere le dieci e mezzo" pensò distrattamente .
"Come ti chiami, ragazza ? " chiese il vecchio .
Lei non si voltò a guardarlo . "Elora."
"Sei scappata di casa ? ".
Stavolta lo fissò " Perchè me lo chiedete ? ".
L'altro si strinse nelle spalle "bè, sei molto giovane e hai l'aria di una fuggitiva."
Poi tornò a guardare la strada, senza aspettarsi una replica .
Elora si prese nuovamente la testa sporca tra le mani, sospirando . Le sfuggì un sussurro .
"Mamma."

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Capitolo 7
*** Eleà ***


Eleà camminava verso casa .
Era appena stata in bottega, dove la venditrice le aveva detto che il pane era di nuovo aumentato . "Di questi tempi non fa che aumentare tutto" .
La ragazza sospirò. "Elora, se solo tornassi qui e ci aiutassi " pensò con grande amarezza ; un soffio al cuore.
"Ho comprato il pane, ma non ho potuto comprare le medicine per la mamma. Che tristezza ! Perchè dobbiamo vivere così ?" .
La ruota di una carrozza la colpì ad una gamba, facendola urlare e crollare a terra .
Il cocchiere non si fermò, nè nessuno, all'interno della carrozza, gli ordinò di farlo.
Poco dopo, il veicolo sparì dalla visuale della tredicenne, che cercò di rialzarsi, malgrado il dolore terribile e la ferita alla gamba.
Si morse il labbro e rinunciò ad alzarsi.
Un ragazzo le si avvicinò da dietro e, presola sotto le ascelle, la sollevò, con grande stupore della fanciulla.
"Che colpo. Dovresti stare più attenta."
Eleà lo fissò, mentre la prendeva in braccio .
Poteva avere sedici anni, e aveva corti capelli d'un castano intenso, gli occhi dell'azzurro più intenso che avesse mai visto.
"Dove abiti ? Ti riaccompagno a casa."

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Capitolo 8
*** Arrivo ***


Finalmente erano arrivati.
Elora scese dal carro con un balzo e si posò una mano sul ventre. "Accidenti, ho fame" pensò .
La sera prima, l'uomo, che le aveva detto di chiamarsi Antòn, le aveva offerto un po' di pane secco e persino un po' di formaggio, e lei l'aveva ringraziato di cuore per questo.
Ma non poteva certo bastare a lungo, anche se si era abituati.
Il vecchio scese a sua volta e sospirò. "Eccoci qua."
"Già" mormorò Elora . Poi, si salutarono e la fanciulla continuò per la sua strada da sola .
Come ad Avignon, anche qui non aveva intorno che miseria .
Mendicanti e bambini affamati giacevano per terra, nella strada . Elora si chinò su uno di loro e lo fissò attentamente : non poteva avere più di cinque anni . Lo stringeva tra le braccia un altro bambino più grande, sui nove anni.
Sembravano ancor più piccoli, ma Elora era brava a distinguere le varie età.
La fanciulla prese quel poco di pane e formaggio che le aveva lasciato il buon Antòn e lo porse ai bimbi .
"Vi consiglio di mangiare in fretta o dei ladri cattivi potrebbero rubarvelo" disse con un sorriso .
Poi si voltò, pronta ad andarsene .
Mentre camminava, udì un forte "grazie" alle sue spalle da parte di entrambi i fratelli .
Si voltò verso di loro e annuì con il suo dolce sorriso.

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Capitolo 9
*** Piani ***


" Dannazione, ma dove sono ! " pensò Elora, scoraggiata.
Non conosceva niente di quella città, non c'era mai stata, come doveva fare per orientarsi ?
"Intanto devo trovare un luogo dove passare la notte" pensò .
Ovviamente, intrufolandosi in qualche modo, di nascosto, dato che non aveva un soldo in tasca.
"Devo trovare una locanda. "
Si posò una mano, lunga e bianca, sullo stomaco che non faceva che brontolare .
"Accidenti che fame ! ".
Non si era pentita di aver dato quel poco di cibo che aveva a quei bimbi, ma adesso doveva trovare una soluzione per mangiare .
Guardò il campanile : erano le sei e mezzo .
Aveva tempo per trovare una locanda adatta e studiare il suo piano .
"Passare una notte tranquilla, dormendo al caldo... e spero mangiare qualcosa. "
Non che ci credesse più di tanto nella riuscita di quel piano pazzesco...ma doveva provare.

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Capitolo 10
*** Azzardo ***


Ormai erano quasi tre ore che stava appostata vicino alla locanda.
Un po' era entrata, cercando di sembrare neutrale e non sospetta, ma non sapeva quanto le fosse riuscito .
Si era guardata con apparente disinteresse intorno e aveva concluso che poteva farcela.
Non appena la locanda si fosse affollata nessuno, o almeno così sperava, si sarebbe accorto di lei, ne tanto meno il locandiere o le ragazze al banco .
Doveva solo essere cauta e cercare di mescolarsi agli altri .
Ormai era sceso il buio già da un pezzo e quindi non poteva più vedere dal campanile che ore fossero ma sapeva che era tardi.
Alla fine, quando le parve che ci fosse abbastanza gente, trovò il modo di salire inosservata le scale, senza guardare nessuno .
Il locandiere non sembrava esserci affatto e le ragazze non si erano accorte di niente, indaffarate com'erano .
Nessuno le era venuto dietro .
Cominciò a camminare per il piano di sopra, con passi incerti e silenziosi, più serena ma sempre in allerta .

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Capitolo 11
*** Paura ***


Elora si intrufolò in una stanza. Era piccola e modesta, ma sempre migliore di quelle di casa sua.    
Casa sua...
Elora emise un sospiro amareggiato.
"Non devo pensare a casa... non devo pensare alla mamma, nè a Eleà" si disse per l'ennesima volta in qualche giorno .
Giorni di fuga di cui aveva poca coscienza . 
Come di quello che faceva, del resto . 
"Devo solo cominciare a lavorare... poi tutto migliorerà . Non avrò bisogno di fare cose simili, nè di correre rischi simili" si disse . 
Cosa sarebbe accaduto se qualcuno l'avesse scoperta ? Se qualcuno fosse entrato in quella camera da letto semplicemente perchè aveva pagato per riposare in un letto ?
Proprio ciò che lei non aveva fatto...
"Chiameranno le guardie" pensò, ed un'improvvisa paura si impossessò di lei.  
"Non devo avere paura, la paura uccide la mente." 
Così le aveva detto sua madre ed era vero. 
Prese un respiro profondo, cercando di calmarsi . 
Si avvicinò al letto, titubante. 
"Ho fame . Ho bisogno di mangiare." 
Sospirò . "Devo resistere." 
E si sdraiò sul letto . 
Non era propriamente comodo ma almeno era un letto . 
Un toccasana per i suoi poveri muscoli . 
"Non so cosa accadrà : ma pazienza . Sono forte : posso affrontare qualsiasi cosa ."

 

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Capitolo 12
*** Intrusi ***


Elora si svegliò lentamente, sentendo qualcosa poggiato accanto a sè .  
Cercò di scacciar via la pesante coltre di sonno e si guardò accanto, nel letto . 
E...cacciò un urlo . 
Accanto a lei c'era un giovane uomo dormiente che si svegliò di soprassalto . 
Elora gli diede uno schiaffo . "Fuori dal mio letto, mascalzone!" urlò quando si rese conto che era completamente nudo . 
Indietreggiò nel letto fino a scendere . 
"Aspettate ! Chi siete ?" domandò il giovane, ancora stordito, coprendosi con il lenzuolo bianco . 
"Potrei farvi la stessa domanda, non credete ? Questo è il mio letto ! " urlò la fanciulla, tremante di rabbia e d'imbarazzo . 
"Ah sì ? Non credo proprio dato che sono stato io a prenotare !" ribattè lui . 
Elora sbarrò i profondi occhi viola . 
Improvvisamente la realtà gli venne sbattuta violentemente in faccia .   
Lei
non aveva pagato . Lei era entrata di nascosto . Lei era l'intrusa lì, non quel giovane . 
"In ogni caso non sareste dovuto infilarvi nel letto con anche me dentro !" replicò, sempre infuriata . 
"Vi chiedo scusa, ma, credetemi, non mi ero proprio accorto di voi. Qui i letti sono così grandi ed io ero molto stanco . Mi sono infilato nel letto e basta . " Sembrava sinceramente dispiaciuto . "C'era così tanta gente, le ragazze devono essersi confuse."
 "Va bene" mormorò Elora, ansiosa di andarsene di lì .  
 "Accetto le vostre scuse." 
Poi, sospirando, fece per andarsene, il volto di quel ragazzo di al massimo diciassette anni ancora impresso nella mente . 
"Era così bello." Pensò . Occhi azzurro cielo, capelli neri, morbidi e lisci e un fisico da soldato. 
"Forse lo era davvero..." Pensò improvvisamente . 
Accanto al letto c'era una spada . 
Scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri . 
"Ora devo solo uscire di qui."


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Capitolo 13
*** Disperazione ***


"Giuro che non ce la faccio più" pensò Elora, tenendosi entrambe le mani sullo stomaco .  
"Da quand'è che non mangio?". 
Cominciava ad avere paura sul serio : quanto ancora sarebbe resistita così ? 
Terribilmente affamata, assetata, infreddolita, terribilmente sporca . 
Rabbrividì al pensiero di come doveva essere apparsa a quel giovane...
 Ma poi scosse la testa . "Che me ne importa ? ". 
Sospirò . Era uscita da quella locanda per miracolo . Nessuno l'aveva notata . 
"Almeno un po' di fortuna..." pensò risentita.  
"Ho troppa fame."  
Una lacrima ribelle le scivolò lungo la guancia troppo pallida. 
Ed era diventata anche troppo magra.
Quanto avrebbe resistito ?
"Mamma, voglio tornare da te..." sussurrò una parte di lei . Ma ce n'era un'altra che era troppo orgogliosa, troppo cocciuta per tornare indietro . Troppo bisognosa di libertà.
"Sono solo una sciocca ! " colpì con un pugno il freddo muro che si trovava accanto.  
Era così buio, non c'era quasi nessuno in giro. 
"Sono solo una stupida ragazzina !". 
Si accasciò al suolo, tremante di freddo, di rabbia, di disperazione . 
Di sdegno e delusione verso sè stessa .
 Chiuse gli occhi, il viso inondato di lacrime gelide . 
Si sforzò di calmare il respiro. 
Poi, si rialzò . 
Un capogiro la fece pentire di quell'azione . 
Ricadde a terra in malomodo . 
"Sono troppo debole" pensò, poi si guardò intorno, la vista che si offuscava.
"State bene ?".  
Ebbe solo il tempo d'udire una voce vicino a lei ; poi svenne .

 

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Capitolo 14
*** Sorprese ***


Quando Elora riprese conoscenza era ormai l'alba.  
Si stropicciò gli occhi, cercando di mettere a fuoco le immagini. 
Rinunciò a sollevarsi quando un uomo barbuto entrò nel suo campo visivo. 
"Buon giorno, piccola. Non preoccuparti, hai solo avuto un collasso" disse l'uomo con voce paterna. 
Elora decise di sollevarsi a sedere e ci riuscì senza troppa difficoltà.
 Fissò l'uomo di mezza età dritto negli occhi. "Chi siete ?"  il tono era duro.  
L'uomo sorrise. "Sono un medico, mademoiselle."
 Elora si toccò la testa corvina, terribilmente confusa.
 Si rese conto che era pulita, persino profumata.
"Mia moglie." Mormorò il dottore . "Ci siamo presi cura di te, in queste poche ore."   
Elora era sinceramente colpita . "Grazie." Mormorò . 
"Non c'è di che." Rispose l'uomo . 
Elora si guardò intorno : sì, quel posto doveva essere uno studio medico. 
C'erano erbe e infusi ben sistemati, qualche apparecchio...
"Hai fame ?" chiese il dottore, conoscendo già la risposta. 
Elora deglutì, ma non rispose. 
"Chi mi ha portato qui ?" chiese invece. Doveva saperlo . 
"Non so che sia, veramente" fu la risposta del dottore, mentre gli porgeva un vassoio con della zuppa, del pane caldo e della frutta. 
La fanciulla gli rivolse un sorriso radioso, ma, mentre cominciava a mangiare, riprese il discorso . 
"Che aspetto aveva ?".
"Uhm... direi che era un giovane di diciassette anni. Era alto, con capelli neri...vi ricorda qualcuno, per caso?"
Elora smise di mangiare e fece perdere lo sguardo nel vuoto.
"Temo di sì." 
Poi riprese a mangiare con più foga di prima. 
"Ma è ancora qui ?" chiese poi con enfasi . 
Il dottore sembrò sorpreso da quella reazione. "Mi dispiace, cara, ma se n'è andato da un po'." 
Era assurdo, ma quella risposta le fece male .
 

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Capitolo 15
*** Pensieri e rivelazioni ***


"Sicura di non voler rimanere ancora un po'?" le chiese la moglie del dottore.
 Era una donna di media statura, di mezza età, dai lunghi capelli argentei con ancora qualche filo castano e gli occhi porcini.
 Ed era gentile quanto il marito.
 Elora scosse la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri come la notte.
"No, davvero . Ho già disturbato abbastanza" disse risoluta.
"Ma no, davvero . Anzi, mi fa piacere averti qui " replicò la donna.
Elora sorrise. "Ne sono contenta, Angelique. Ma davvero : preferisco andare via, nonostante la vostra gentilezza. " 
Angelique rinunciò ad insistere. Le voltò le spalle e si diresse alla dispensa.
 Elora la seguì con lo sguardo, persa nei suoi pensieri . 
Non riusciva a non pensare a quel giovane dai capelli neri di cui non conosceva nemmeno il nome. 
"Perchè mi ha seguita? Perchè ha deciso di aiutarmi e mi ha portata da un medico, anzichè starsene tranquillo a dormire nella locanda?" pensò, sempre più confusa. 
"E poi perchè se n'è andato, senza neanche aspettare che mi riprendessi. "
 Si posò una mano sul cuore e chiuse gli occhi . 
Angelique tornò con una borsa a tracolla, piena di cibo. 
"Grazie" mormorò la fanciulla, prendendo la borsa di pelle . 
Dentro c'erano pane e formaggio in abbondanza, oltre che un po' di frutta. 
Non c'era bisogno dell'acqua, non con tutte le fontane e i pozzi in giro che c'erano.
 "Almeno qualcosa" pensò Elora.
 Poi il suo sguardo si perse nuovamente nel vuoto. 
Angelique lo notò . 
" Sai cara, era molto preoccupato per te " mormorò la donna .
 Elora la fissò sbalordita, l'altra sorrise. 
"E allora perchè se nè andato ?" ribattè in tono brusco . 
"Non lo so . Ma quando ha bussato alla nostra porta, ti teneva tra le braccia ed era molto spaventato . é rimasto un pò, il tempo di sapere che non era nulla di grave e di...osservarti . " 
"E poi se nè andato ." Terminò per lei Elora . 
"Si, ma era evidente che aveva paura per qualcosa...forse, semplicemente, non voleva metterti in pericolo..." 
"Pericolo?" Mormorò la fanciulla, incredula .
 

 

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Capitolo 16
*** Spie ***


"Perchè c'hai messo tanto ?" chiese l'uomo di fronte a lui, non appena Damien varcò la soglia.  
Il ragazzo si tolse gli indumenti fradici di pioggia e si rivestì con quelli che i suoi compagni gli porgevano.  
"Mi stavano inseguendo." Rispose poi.  
"Ti sei fermato alla locanda ?" chiese ancora l'uomo. 
"Sì, io c'ho provato a convincerli... con scarsi risultati, purtroppo." 
"Non li avrai mica condotti qui ?" chiese un ragazzo ancor più giovane di lui, allarmato.  
"No, dannazione ! Pensi che sia così stupido ?" ribattè Damien, sempre più nervoso.  
Cercò di asciugarsi alla meglio i capelli, neri come la notte, che brillavano alla luce delle torce. 
"Il sole è sorto, ormai : perchè non le spegnete, le torce ?" . 
Gli altri se n'erano dimenticati, nell'attesa, preoccupati per lui e per la loro missione. 
"Damien, cerca di non dimenticare il motivo per cui siamo qui... questa gente è nostra nemica."  Mormorò un suo compagno, un suo amico.  
Damien si avvicinò alla finestra, guardando il cielo cupo, il sole nascosto tra le nubi temporalesche . Presto avrebbe ricominciato a piovere. 
"Nostri nemici." Pensò con improvvisa amarezza. 
 
 All'improvviso si sentirono alcuni nitriti e dei cavalli in avvicinamento.  
Damien si affacciò alla finestra : il loro compagno, il nobile Walter Thomas Avery, era tornato.  
Il ragazzo notò che alla cintola portava una frusta.  
L'uomo in nero, con folti capelli argentei, bussò alla porta.  
Damien gli apri.  "Le pistole e i pugnali non vi bastano ? Cosa credete di fare con quella ?". Indicò la frusta e si rese conto che era sporca di sangue, ormai asciutto da tempo.  
Il vecchio sorrise. "Anch'io sono felice di vederti ancora incolume, ragazzo."  E con una spallata lo scostò. 
Damien richiuse la porta con violenza, guadagnandosi parecchie occhiatacce.  
Sospirò : proprio non sopportava la presenza di quel vecchio... era subdolo, maligno e odioso... ed era un vigliacco. Non si faceva scrupoli a fare del male a persone innocenti e indifese... come i bambini o le donne. Anzi, pareva proprio trarne piacere.  
Capiva fin troppo bene che erano nemici... ma perchè accanirsi con la gente comune ? Loro non c'entravano nulla con i soldati contro cui erano soliti combattere.  
 
E mentre i suoi compagni discutevano con il nuovo arrivato, la sua mente si estraniò completamente. 
Il suo pensiero tornò a quella splendida fanciulla, alla meravigliosa sensazione di avere quel piccolo, morbido corpo premuto contro il suo. Quel corpo inerme, quel viso innocente. 
"Spero solo che si sia risvegliata... che stia meglio." Pensò .










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Capitolo 17
*** Giorni di pioggia ***


Elora si affacciò alla finestra e sospirò.  
Aveva ricominciato a piovere. 
Abbandonò sul tavolo in legno la bisaccia col cibo. 
"Mi spiace, cara... forse qualcuno non vuole che tu te ne vada, fuori, chissà dove..." disse la moglie del medico.
La fanciulla sorrise. "Già, forse è così, Angelique."  Distolse lo sguardo. 
Angelique le si avvicinò e le accarezzò una guancia pallida.
"Sei così bella..." mormorò, ammirandola.  
"Grazie" rispose Elora con un altro, dolce sorriso.  
"E così giovane...quanti anni hai ?" chiese, curiosa. 
"Quindici" rispose la ragazza, leggermente imbarazzata.
La donna le prese la mano. "Perchè sei scappata di casa ?" 
Elora sospirò, affranta.
Prese un respiro profondo, poi cominciò a piangere. 
Angelique la prese tra le braccia e la cullò. 
"Ssh... va tutto bene. Sei solo una ragazzina... e tutti facciamo i nostri errori, tutti abbiamo qualcosa di cui pentirci." 
Le asciugò le lacrime e la guardò negli splendidi occhi viola. "Soprattutto in gioventù . Quante sciocchezze si fanno." 
Non la stava più guardando, gli occhi castani erano persi nel vuoto. 
Elora si asciugò bene il viso, bellissimo ma altrettanto pallido, e pensò che Angelique stesse parlando anche di sé. 
La donna le prese le mani nelle sue. "Perchè non mi racconti ?".
 

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Capitolo 18
*** Per le vie della città ***


Elora passeggiava per la grande quanto povera città.  
"Povera almeno nei quartieri dei poveri" pensò distrattamente. 
 
Si avvicinò ad un pozzo e con il secchio che teneva in mano prese dell'acqua da portare al medico, Alfred. 
Lo posò a terra e riempì il secondo. 
Alfred era impegnato con i pazienti e sua moglie era andata al mercato. 
Ed era giusto che lei si rendesse utile, anche solo minimamente. 
"Sono davvero felice di averli conosciuti... sono stata fortunata" pensò. 
Riempito l'altro grosso secchio, li prese entrambi, ognuno in una mano, pronta a tornare in quella modesta casa. 
"Volete una mano ? Sembrano pesanti..." disse una voce maschile alle sue spalle.
Elora si voltò di scatto, riconoscendo quella voce. 
Per un istante si perse nell'azzurro intenso di quegli occhi. 
"Salve" mormorò poi, posando i pesanti secchi a terra. 
"Salve" rispose lui, porgendole la mano. 
"La volta scorsa non ci siamo presentati... Io sono Damien." 
"Elora" rispose lei, lasciandogli la mano, le guance in fiamme. 
Lui afferrò i secchi. "Permettetemi di accompagnarvi." 
"Se non avete altro da fare..." 
"Sono tutto per voi." 
Lei sorrise, divertita.  
"Grazie... anche per... l'altro giorno, anzi l'altra notte. Credo proprio che mi abbiate salvata." 
"Non c'è bisogno che mi ringraziate... ho fatto solo ciò che dovevo"  rispose lui, senza guardarla, improvvisamente cupo.





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Capitolo 19
*** Nel frattempo... ***


Alfred terminò le sue visite ad un' ora troppo tarda per uscire a rifornirsi di medicinali .  
Il vecchio medico sistemò le monete incassate quel giorno e si diresse alla finestra . 
Sua moglie Angelique e la giovane Elora non erano ancora tornate . 
"Quanto ci vuole per andare e tornare da un pozzo ?"  si chiese sempre più inquieto .
 Quella ragazza...avrebbe dato certamente problemi . 
Angelique rientrò in quel momento . 
"Ciao caro . Tutto a posto ?"  gli chiese con il suo sorriso gentile . 
"Si, certo ."  Rispose il marito, ancora sovrappensiero . 
La moglie gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla . 
"Elora non è ancora tornata ?"  chiese preoccupata, guardando a sua volta oltre la piccola finestra .
 "No."  Rispose il medico, l'aria assente .
 Angelique scosse la testa . "Cosa c'è che non và ?".  Ora era più insistente . 
L'uomo sospirò e si allontanò dalla finestra . Da lei .
La moglie lo fissò sconcertata .
 Ma anche i suoi pensieri erano lontani...ad Elora . 
Si mise una mano sul cuore, preoccupata .  "Perchè non torna ?" pensò ad alta voce . 
Alfred si voltò verso di lei, tornando a guardarla negli occhi .
 "Angelique...quella fanciulla non è nostra figlia . Non è Catherine !" . 
L'espressione della vecchia cambiò radicalmente . Lo fissò, distrutta, sconcertata, mentre un dolore terribile tornava a galla . 
Il marito la fissò, dispiaciuto, poi le voltò le spalle ed uscì di casa . 
 
Angelique si sedette su una sedia, il respiro affannato .
 Si prese la testa fra le mani e scoppiò a piangere .
 Catherine...la sua unica figlia...
Si alzò si scatto .
 Catherine aveva la stessa età di Elora quando era stata uccisa .

 

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Capitolo 20
*** Incontri ***


 "Bè, siete stato un vero gentiluomo." Mormorò Elora .
Erano ormai vicini alla casa del medico .
 
"Già, lui non può farne a meno."  Esclamò una voce maschile alle loro spalle .
Entrambi i ragazzi rabbrividirono, riconoscendola . 
 
"Voi..." sussurrò Elora, spaventata, riconoscendo il vecchio gentiluomo che l'aveva frustata meno di  due settimane prima .
La gamba non le doleva più già da un pò, ma era rimasto un segno evidente .
 
"Si, io, mademoiselle."  Il vecchio nobiluomo le rivolse il sorriso più falso che avesse mai visto .
 
"E voi cosa ci fate qui ?"  chiese Damien, facendo saettare lo sguardo tra l'uomo e la fanciulla .
 
"Voi vi conoscete ?" chiese Elora fissando Damien .
Il ragazzo non rispose .
Continuava a fissare il vecchio con aria di sfida .  
 
"Bè, vi auguro una buona serata."  Concluse il vecchio facendo l'occhiolino a entrambi, poi gli voltò le spalle e tornò al suo cavallo, spoderando la frusta .
 
"Ma chi è ?" sbottò Elora non appena si fu allontanato .
Damien sospirò .
"Vi spiegherò tutto, promesso."
Fece un cenno verso i secchi abbandonati a terra .
"Lasciate stare e venite con me."
"E dove ?" chiese la fanciulla, curiosa ma titubante .
"In una locanda...offro io, naturalmente."
La ragazza fissò i secchi, pensando ad Alfred e ad Angelique...poi lui .
 
"Perfetto...andiamo."








 

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Capitolo 21
*** Lacrime ***


"Vi spiegherò tutto ? Devo essere impazzito !" pensò Damien, fissando la giovane francese al suo fianco .
La fanciulla non lo guardava, sembrava non accorgersi del suo nervosismo .
Fissava dritto davanti a sè e camminava spedita verso la modesta locanda .
"Se solo sapesse chi sono...non si fiderebbe di certo..."
"Eccoci arrivati." Mormorò Elora, voltandosi verso di lui, e sorrise .
Il ragazzo sentì una scarica elettrica attraversargli il corpo .
"Dio, è bellissima." pensò, poi entrò con lei .
Era uno spazio piuttosto modesto, c'era un grande bancone con un vecchio, e la sua giovane moglie, e parecchi tavolini con qualche sedia .
I due si sedettero .
"Allora" cominciò Elora " come fai a conoscere quell'uomo ?"
Damien fece un respiro profondo, e invece di rispondere chiamò il vecchio dietro al bancone per ordinare .
Elora strinse i denti, ma non protestò .
L'uomo si avvicinò lentamente . "Allora ?" li incitò .
Damien si voltò verso Elora .
La ragazza ci pensò qualche istante . "Acqua."
Damien sorrise .  "Wishy."
L'uomo annuì e tornò al bancone per portare le bevande .
"Dunque...perchè intanto non mi dici come fai a conoscerlo tu ?"
Elora si rabbuiò, ma rispose senza esitazioni . "Mi ha frustata."
Il giovane sobbalzò . La frusta...il sangue...
La ragazza sorrise, mentre il vecchio tornava .
"A voi."  E posò acqua e wishy sul tavolino in legno .
Elora prese un sorso d'acqua e lo mandò giù a fatica, lo sguardo perso nel vuoto .
Damien strinse i pugni . "Ti giuro che la pagherà." Ringhiò .
"No." Sono stata proprio io a rispondere ?
Elora si schiarì la voce . "Nessuno deve lottare per me...o difendermi...non lo merito."
Una lacrima ribelle le scivolò lungo la guancia, mentre pensava a quello che aveva fatto . 
Sua madre, sua sorella...
le aveva abbandonate .
Le mancavano da impazzire .
Scoppiò in singhiozzi .
"Elora..." sussurrò Damien incerto .
Non sapeva cosa avesse mai fatto per parlare così, ma doveva aiutarla .
"Io..."
Alla fine si sporse in avanti, le prese il viso tra le mani, e la baciò .




 

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Capitolo 22
*** Morte ***


"Siete sicura ?" mormorò Damien, incerto .
"Si si, non preoccupatevi."  Rispose  Elora, decisa .
Si era offerto di accompagnarla a casa, ma lei aveva declinato la cortesia .
"Spero di rivedervi presto...Elora."  Disse il ragazzo, fissandola intensamente .
Lei non rispose, ma sorrise .  Poi gli voltò le spalle, e si diresse verso la casa del medico . 
 
Damien la seguì a distanza...temeva per lei . 
 
La ragazza passò davanti al pozzo, e afferrò i secchi : c'erano ancora .
Alla fine, rientrò a casa .
"Elora !" .
Angelique le corse incontro e l'abbracciò, quasi soffocandola .
La ragazza ricambiò la stretta con calore, dopo aver posato i secchi per terra .
"Mi dispiace di avervi fatta preoccupare..." mormorò sentendosi in colpa come non mai .
"L'importante è che tu stia bene." Ribattè l'altra annuendo .
La guidò verso la sedia e si accomodarono entrambe .
"Ora vuoi dirmi cos'è successo ?" disse la donna fissandola intensamente .
Si aspettava una risposta che Elora non riusciva a dargli .
Se ne vergognava .
Abbassò lo sguardo .
Angelique le prese le mani .  "Elora, devi dirmelo...almeno questo...ho passato due ore terribili."
"Mi dispiace tanto" sussurrò l'altra .
Con una manica del grezzo abito lillà si asciugò una lacrima ribelle, poi fissò la donna con decisione  .
"Perchè voi e vostro marito fate questo per me ? Perchè voi tenete a me così tanto ?" .
Angelique abbassò lo sguardo .
Prese un respiro profondo e cominciò a parlare, quasi senza rendersene conto...
 
"Io, di certo più di mio marito, mi sento profondamente legata a te, Elora..."
Deglutii, poi alzò lo sguardo e la fissò .
"Fino a qualche anno fa, tre precisamente, io e Alfred avevamo una figlia...il suo nome era Catherine, e aveva la tua stessa età, Elora . Quindici anni . "
La fanciulla s'irriggidì .
Avevamo...
Angelique si mise una mano sotto al mento, come se potesse cadere da un momento all'altro .
Elora le prese le mani tra le sue, dispiaciuta .
Non era difficile capire il resto...
"Cos'è successo ?" chiese senza pensare .
"é stata uccisa..." sussurrò Angelique, poi scoppiò a piangere, annientata dai ricordi e dal dolore, e Elora la prese tra le braccia .
Poco dopo, la donna si addormentò, mentre Elora la cullava come se fosse una bambina .
Ma prima, un sussurro le sfuggi dalle labbra .
"Da dei fanatici...della Chiesa cattolica..."











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Capitolo 23
*** Oscurità ***


Fanatici della chiesa cattolica 
 

"Dunque" pensò Elora "Monsieur e Madame sono degli ugonotti" .
Rabbrividì .
Sua madre le aveva sempre detto di essere fedele solo alla Chiesa Cattolica, di star lontana da quell'altra gente .
Proprio come faceva lei .
Ma adesso aveva scoperto che le persone tanto gentili e premurose non solo erano tra quelli che sua madre disprezzava e teneva a distanza...ma avevano avuto una figlia, una fanciulla assassinata da...da chi ?
Elora non lo sapeva .
Da qualcuno del clero ?
Da soldati della croce ?
Dalle persone che aveva visto quando si recava a messa alla cappella della sua città natale, la domenica ?
Elora non sapeva più cosa pensare, a cosa credere, di chi fidarsi .
Si sollevò a sedere sul lettino e sbadigliò . Poi fissò la finestra : il sole era sorto da tempo .
Si alzò controvoglia, e si stiracchiò .
Angelique entrò nella piccola, modesta camera .
"Buongiorno, cara." La salutò con un sorriso forzato e posò sul letto il vassoio con la colazione : un pezzo di pane e una mela matura .
"Buongiorno a voi, Angelique." E le scoccò un bacio sulla guancia .
La donna non ricambiò, ma uscì frettolosamente dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle .
La ragazza sospirò, affranta .
Dopo la terribile discussione del giorno precedente, sentiva che Angelique si stava allontanando...e questo la faceva soffrire terribilmente .
Si sedette sul letto e cominciò a mangiare, nonostante non avesse alcun appetito .
E in quel momento si rese conto...
La verità le si sbattè in faccia come una secchiata d'acqua gelida .
Si alzò, e andò alla finestra, un nuovo, vivido fuoco ardente negli occhi violetti .
"Devo cominciare a guadagnarmi da vivere da me..." mormorò .  "Basta stare sempre alle dipendenze degli altri...e poi, quando sono andata via di casa ho promesso a me stessa che avrei cambiato completamente vita."
Le venne un'idea...che all'inizio la disgustò .
Ma poi quest'idea cominciò a prendere forma .
Si sollevò la sottoveste e osservò il suo piccolo, delicato corpo di fanciulla .
"Devo scegliere...la via più facile...forse l'unica."

















 

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Capitolo 24
*** Via da tutto ***


Elora uscì dalla stanza, dopo essersi lavata con l'aiuto del catino e aver indossato un grezzo abito color pesca, uno dei tre che le aveva generosamente regalato il medico che la ospitava .
"Prima o poi, in qualche modo, riuscirò a ricambiare."  Pensò risentita .
Era arrabbiata con sè stessa, poichè non provava più tanta gratitudine...
 
Angelique si trovava a lavoro di fronte ai banchi in legno colmi di medicinali, veleni, e cose simili .
Dopo tanti anni di matrimonio con un medico di fama era logico che anche lei avesse appreso molto .
"E questa è pronta." Mormorò la donna agitando un liquido violaceo contenuto in un barattolino .
 
Elora si avvicinò cautamente .
"Angelique ?" sussurrò incerta .
"Si ?" .  La vecchia si voltò lentamente nella sua direzione .
La fanciulla si schiarì la voce e prese coraggio .
"Ho deciso di andarmene."
"Come ?" sussurrò Angelique sorpresa, e posò la pozione sul bancone .
"Si..." sussurrò la ragazza . "Penso sia la cosa migliore."
Dopo qualche attimo di smarrimento, Angelique annuì lentamente .
"Si, hai ragione."  Disse in tono freddo .
Elora annuì, gli occhi che le bruciavano .
Sorrise alla donna, uno dei  sorrisi più tristi che avesse mai fatto, poi si diresse verso la porta .
"Elora."  La richiamò la donna con voce dura .
Dopo qualche attimo di esitazione, la ragazza si voltò a guardarla, incerta .
Si sentiva fragile come una bambina piccola, e impacciata come una stupida .
"Cosa farai ?" chiese solo Angelique .
Elora scosse la testa .  "Non lo so."  Mentii .
"Lo so io." Sospirò la moglie del medico, poi la fissò intensamente . "Senti, puoi restare ancora qui, possiamo aiutarti a trovare un lavoro..." .
"No."  Ribattè Elora, e per una volta la sua voce era forte e decisa .
"No..." ripetè, "ho già dato abbastanza fastidio...e problemi . Basta, adesso . Me ne sono andata dalla casa di mia madre...da casa mia . Volevo cambiare vita, cambiare io stessa..." .
Si schiarì la voce .  "A questo punto, restare qui non avrebbe alcun senso."  Sussurrò infine .
Era triste, ma decisa .
Doveva andarsene e basta .
 
Angelique le riempì una sacca di cibo .
"Buona fortuna" sussurrò, e ad Elora parve, per un istante, di vedere il luccichio delle lacrime dietro il viso girato e i capelli spettinati .
La afferrò, e, con sguardo colmo d'amarezza, andò via .
 
Angelique la guardò andare via .
Infondo la capiva, ma...
"Non ha idea di cosa c'è la fuori...le finirà male."
E mentre l'oscurità invadeva la stanza, si sedette, annientata dai sensi di colpa . In qualche modo si sentiva responsabile per quella creatura .

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Capitolo 25
*** Nebbia ***


Elora si strinse nel suo scialle di lana, lo sguardo perso nal vuoto, il passo lento e regolare .
Si avvicinò ad un pozzo e si bagnò il viso con l'acqua fresca .
"E adesso che faccio ?" pensò desolata .
Una donna, snella e mal vestita, le sbattè in faccia il suo secchio pieno d'acqua .
"Ahi !" urlò la fanciulla, portandosi le mani al viso .
"Oh" la donna con il secchio si portò una mano alla bocca . "Excuse."
Elora non rispose, ma prese un pò d'acqua tra le mani, e tornò a bagnarsi il viso .
Poi se ne andò alla svelta, senza dire una parola .
"Ehi, aspetta !" urlò la giovane dal pozzo .
Elora si voltò, sospirando, il viso bagnato, il naso rosso e dolorante .
"Cosa vuoi ?" chiese acida .
La donna si avvicinò, un sorriso provocante stampato sulle piene labbra color ciliegia .
Elora la osservò . Era poco curata, ma molto affascinante, con quei corti capelli biondi, e quegli occhi neri come la notte, il seno prosperoso .
"Aiutarti, magari." Sussurrò vicino al suo orecchio .
"Chi sei ?" sussurrò Elora con voce leggermente tremante .
Quella ragazza era così strana...
"Il mio nome è Aglaè."  Le porse una mano candida, le unghia lunghe e leggermente sporche .
Un pò esitante, Elora la strinse .
"Elora."
Aglaè sorrise, un sorriso dolce che a Elora ricordò tanto Eleà, sua sorella minore .
"Ho diciotto anni . E tu ?" .
La fanciulla era indecisa .
Perchè dovrei dirle la mia età, oltre al mio nome ?
Si schiarì la voce . "Quindici."  Dove voleva arrivare quella ragazza ?
Aglaè si guardò intorno, come alla ricerca di qualcosa...
"Uhm..." .
Si allontanò di qualche passo, un sorrisetto non più dolce ma  scaltro e gli occhi neri che luccicavano .
Le si avvicinò nuovamente e le riprese la mano .
"Io ultimamente lavoro qui in giro." Disse enigmatica .
"L-lavori ?" .
Aveva già capito cosa intendeva...
"Già, e mi sono anche fatta degli amici . Se vuoi posso aiutarti..." .
"Non sono una puttana !" sbottò Elora agitata, attirando parecchi sguardi .
"Calma, calma." Sussurrò Aglaè e alzò le mani in un gesto pacifico .
"E che sembri tanto un' anima in pena..." sussurrò poi, come a giustificarsi .
Elora sospirò . "Lo sono." La voce era quasi impercettibile ma l'altra la sentì lo stesso .
"Sei sola ?" chiese in un sussurro anche lei .
Elora alzò il capo, gli occhi viola che luccicavano .
Era sola ?
"Si."
"E non hai soldi con te..." concluse per lei Aglaè, pensierosa . "E allora qual è il problema ?" chiese leggermente scioccata . "Hai pur bisogno di..."
"Qual è il tuo problema." Ribattè Elora .
La fanciulla alzò le spalle con un sorriso soddisfatto . "Per me va bene così."
"Per me no."
"Ma perchè ?" insistette Aglaè .
"Cosa vuoi, Aglaè ?" .  Elora pensò di averne ormai abbastanza di quella puttana e di quella stupida discussione .
"Ci chiamano puttane..." sospirò la ragazza con voce angosciata .
Elora la fissò scioccata per quella improvvisa menifestazione di sofferenza .
"Come se fosse la cosa più disgustosa del mondo...forse è così."
La fissò con sguardo duro, gli occhi neri brucianti di lacrime . "Ma dobbiamo pur sopravvivere."
Elora si allontanò di qualche passo, tremante per il freddo e sconvolta da quella disussione assurda .
Poi tornò indietro, tornò da Aglaè .
"Hai ragione." Sussurrò .
"Voglio venire con te." Aggiunse poi, quasi d'istinto .





 

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Capitolo 26
*** Confessioni ***


"Dov'è che lavori ?" chiese Elora titubante, mentre seguiva docilmente la sua nuova amica, Aglaè .
Si muoveva con tale grazia, facendo ondeggiare i fianchi in maniera così sensuale...Elora scoprì di invidiarla, senza un'apparente ragione .
"Una volta lavoravo in strada" rispose Aglaè senza fermarsi . "Ora non più."
Si persero nella folla urlante vicino al mercato, e Aglaè afferrò Elora per un braccio, per non perderla, finchè uscirono dalla calca .
"Ora lavoro in un famoso bordello . La casa di Isabelle . Mai sentita ?" le scoccò una lunga occhiata .
"No, io...non sono di questa città." Rispose Elora con semplicità .
"Oh...capisco."  Aglaè la prese ancora sottobraccio, e la guidò lungo le stradine strette e buie, piene di malviventi .
Un ragazzo dagli intensi occhi verdi e dai capelli castani,  le passò accanto e le sfiorò un braccio . 
"Ciao."
"Ciao" sussurrò lei di rimandò e sorrise,  poi passò tranquillamente avanti .
Elora notò che era arrossita . "Ehi...chi era quello ?" chiese .
"Oh...un amico." Rispose lei, ma i suoi occhi neri brillavano troppo .
Elora scosse la testa, ma rinunciò ad insistere .
 
"Ti sei allontanata molto da casa tua" disse invece, incerta .
"Eh si . Ero andata a trovare mia sorella Toniette, che vive dall'altra parte della città." Confessò . 
Le ragazze si fermarono e Aglaè si appoggiò al muro freddo e scrostato, nei pressi di una rumorosa bottega, le mani intrecciate in grembo "E, s'il vous plait, non chiamare mai più quel posto casa. Non lo è affatto."
Elora la fissò per un lungo istante, perplessa, poi annuì lentamente, e la affiancò sul muro .
Aglaè, quasi senza rendersene conto, cominciò a parlarle di sè .
"Sai, un tempo c'è l'avevo, una casa . Era modesta, ma l'amavo...ora la amo molto di più, poichè l'ho persa." Deglutì .  "Mio padre faceva il falegname, mia madre la sarta . Erano entrambi molto abili nei loro mestieri . E io li amavo" sorrise "di certo più della casa."
La voce della giovane era inespressiva, la mente lontana .
"Cos'è accaduto ?" sussurrò Elora, con un groppo in gola .
Aglaè chinò il capo, e i capelli d'oro le ricoprirono il volto pallido dai lineamenti marcati, decisi .  "Sono morti cinque anni fa, di colera . Avevo solo tredici anni, ma ero la maggiore di cinque fratelli . Restammo soli e abbandonati..." una lacrima solcò il volto della donna, e Elora le strinse una mano tra le sue, dispiaciuta .
Aglaè continuò .  "Dal nulla, nella nostra vita entrò uno zio, il fratello minore della nostra defunta madre...e chiese la mia mano, e non in maniera gentile."
Elora si portò una mano alla bocca . "Ma...non è possibile...eravate parenti..." .
"Lui l'ha reso possibile." Disse, solo, lei .
Elora si coprì gli occhi con una mano . Cosa poteva mai dire ? Le fece cenno di continuare .
"Aveva sedici anni più di me, ma appariva più giovane . Non fosse stato per quegli occhi tanto gelidi, e per quei modi rozzi, sarebbe stato davvero un bell'uomo." La fanciulla si perse nei ricordi . "Mi disse che se l'avessi sposato, si sarebbe fatto carico, oltre che di me, anche dei miei tre fratelli e della mia unica sorella, suoi nipoti, ed io, ovviamente, accettai."
"Davvero l'hai sposato ? Avevi solo tredici anni..." mormorò Elora, affranta .
Aglaè scrollò le spalle . "Di certo non ero una donna, ma non ero più neanche una bambina...e poi dovevo salvare i miei fratelli . Questo contava più di ogni altra cosa." Ribattè la donna dagli occhi neri, decisa .
Elora sentì un tuffo al cuore . "Povera ragazza" pensò "mentre io ho lasciato la mia casa e la mia famiglia solo per dei capricci da bimba viziata !" .
"Non durai neanche un anno, in mano sua..." continuò Aglaè, con rinnovato distacco "non ti dirò quel che mi faceva...ma alla fine decisi di scappare, e portai mia sorella Antoniette con me. I miei fratelli, invece, li lasciai lì . Non c'era tempo..." deglutì . "Non poteva prendersela con loro tanto...e poi, prima o poi, sarebbero riusciti a scappare anche loro."
Fece una pausa e fissò le nuvole in tempesta . Elora seguì il suo sguardo . Presto avrebbe cominciato a piovere .
"Lasciai mia sorella in buone mani e da quel momento...cominciai a vivere per strada...e anche a lavorare, per strada..." .
Elora le prese le mani .   "Ti capisco, Aglaè . E ho pietà di te."
La fanciulla si rese improvvisamente conto di quanto fossero vere quelle parole .
Aveva pietà di lei e, soprattutto, la capiva .
Si schiarì la voce . "E poi ? Quando hai tentato il bordello ?" chiese con curiosità .
Aglaè si strinse nelle spalle . "Due anni fa . Eh si, ho fatto la sgualdrina per quattro anni, due per la strada, due in un bordello . Davvero eccitante" sbuffò in maniera teatrale "in realtà...è sempre la stessa storia !" .
"Ma smettila !" la rimproverò Elora dandole uno spintone, ma i suoi occhi ridevano, proprio come quelli dell'amica .
Ci fu un tuono in lontananza e grosse gocce d'acqua cominciarono a cadere al suolo, e sulle loro teste .
"Ahhhhhhhh !" urlò Aglaè, poi afferrò la sua nuova amica per un braccio, ed insieme cominciarono a correre verso la casa di Isabelle Becù .
"Allora" esclamò Aglaè, ansimando per la corsa "pensi che riuscirai a conoscere dei tizi interessanti ? Non sembri una ragazza ambiziosa, però..." .
"Oh" la interruppe Elora "su questo ti sbagli."
"Altrimenti non avrei mai lasciato la mia casa, no ?" aggiunse tra sè e sè .

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Capitolo 27
*** Ingresso ***


"Dunque, Elora : ecco la mia casa."  Aglaè la teneva ancora per mano quando si trovarono all'entrata del bordello .
Il portone d' ingresso era socchiuso, in alto a sinistra c'era un insegna colorata, e due lampade di vetro rosso erano accese...
Elora deglutì, titubante, ma poi si stampò in faccia un sorrisetto, e si voltò verso l'amica .
"Entriamo ?" fece senza preamboli .
"Ma certo."  Aglaè la condusse all'interno del palazzotto . 
 
Le due fanciulle, fradice di pioggia, varcarono un'angusta anticamera e raggiunsero un salone circondato da pareti rosse .
L'odore del vino si mescolava ai profumi delle putte intente a sollazzare patrizi e notabili seduti ai tavoli o sdraiati su lettini .
Elora sentì la tensione crescere sempre più, e lo stomaco contorcersi .
Aglaè le strinse una mano, nel tentativo di rassicurarla .  "Non preoccuparti ; per stanotte puoi dormire tranquilla in un comodo letto, e non dovrai preoccuparti di nulla . Tanto Isabelle è occupata come tutte le altre, e non si accorgerà di te fino a domani mattina."
Elora annuì, più serana . "Davvero posso dormire in un letto ?" chiese sollevata . L'unica volta in cui aveva riposato lì era da quando era andata via di casa era stato in quella locanda, e solo per qualche ora...
Prima che conoscesse Damien...
Sospirò, ripensando a quel bel giovane così gentile...che l'aveva baciata .
Al ricordo, si portò una mano pallida alle labbra .
"Ma certo . Cosa credi, che qui si dorma per terra ? Dai, vieni."
Attraversarono la sala con crescente disinvoltura, e Aglaè riconobbe diverse facce, e, chinandosi, sussurrò a Elora i loro nomi, e qualche informazione rubata . 
"Guarda, quello è il nipote del doge di Venezia, e l'altro un ricco mansionario di Marseille."  Le indicò due uomini adulti intenti a danzare con un drappello di ragazze seminude . Li salutò con un cenno della mano, mentre voltava la testa dall'altra parte, e i due sorrisero .

Elora si teneva stretta all'amica, il respiro affrettato, sperando che di uscire presto di lì .
Una donna, sui vent'anni, le passò davanti con disinvoltura, in mano una coppa di vino .
Il portamento era raffinato, quasi aristocratico .  Ma gli occhi neri, le labbra carnose, e il sorriso provocante parlavano fin troppo dei suoi veri talenti .
"Aglaè." Disse in tono fermo, ma Elora riconobbe subito quanto fosse infastidita dalla presenza della compagna .
"Elizabeth." Replicò l'altra, le guance arrossate per l'imbarazzo .
Mentre lei era terribilmente stanca per il giro in città e la corsa, e aveva l'abito tutto sgualcito e inzuppato d'acqua, l'altra portava con estrama disinvoltura un abito elegante color porpora, aderente ai fianchi e lungo fino ai piedi . Una generosa scollatura esibiva la rotondità dei seni .  Sulla spalla aveva una scimmietta nera, omaggio di un mercante di Alessandria di Egitto . Un dono esotico per una maestra d'amore .
"Ti consiglio di andarti a dare una bella sistemata, prima di cominciare . O dubito fortemente che stanotte avrai lo stesso successo di ieri." E la superò a grandi falcate .
Aglaè si morse le labbra con rabbia . "Quella brutta megera." Ringhiò .
Elora sorrise . "Megera sicuro, ma brutta..." .
Le ragazze risero . "Va bene, adesso però vieni, sarai esausta."
Si diressero al piano superiore . Oltrepassarono porte chiuse da cui provenivano sospiri, sussurri, e gemiti di piacere, ed entrarono in una stanza poco illuminata, intrisa di essenze inebrianti .
Elora cominciò a togliersi l'abito zuppo d'acqua .
"Ecco la chiave della stanza."  Aglaè gliela porse, e la fissò intensamente . "Mi raccomando, chiuditi."
"Certo." Ribattà la fanciulla, e abbassò lo sguardo . "E tu ?" .
"Io ho da fare." Sorrise, e si diresse verso la porta .
"Ma...devi proprio ? Sei così stanca..." .
"Eh si . Ma se non guadagno, non mangio...e poi, Isabelle pretende che si lavori tutte le notti, sennò ci sbatte fuori."
"Certo, capisco."
Aglaè grugnii . "Oh, non preoccuparti per me . Tu dormi tranquilla."  E se ne andò .
Elora si affrettò a chiudere a chiave .
E, contro ogni previsione, quella notte il suo sonno fu lungo e sereno .

 

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Capitolo 28
*** Paura ***


"Elora . Elora, svegliati."
La voce monocorde di Aglaè penetrò gradualmente la spessa coltre di sonno che l'avvolgeva, e  aprì gli occhi .
Per un momento Elora non capì dove si trovasse, ma appena la vide alla finestra i ricordi riaffiorarono nitidi e dissiparono ogni residuo di sonnolenza .
Cominciò a sentire una sensazione sgradevole all'altezza dello stomaco, tuttavia sorrise all'amica .
"Buongiorno, Aglaè."
"Buongiorno" ribattè l'altra, poi chiuse gli occhi e scivolò sul pavimento .
Elora saltò su dal letto e le venne incontro, visibilmente preoccupata .
"Sono solo stanca" sussurrò Aglaè, poi sorrise .
Un sorriso sincero, notò Elora sorpresa .
Si sedette accanto a lei sul pavimento . "Beh...com'è andata ?" chiese timidamente,  curiosa suo malgrado .
Aglaè sospirò, poi uscì i soldi guadagnati nelle ore precedenti, e glieli porse .
"Bene, direi."
Elora li prese, e qualcuno le scivolò dalle mani tremanti .
Aglaè se li riprese .  "Tutto bene ?" .
"Si, certo . Ma..." .
"Sei preoccupata per la reazione di Isabelle ?" la interruppe la putta, alzando un elegante sopracciglio biondo .
"In effetti..." sussurrò in risposta l'altra .  "Anche se non è la mia preoccupazione principale..." aggiunse poi tra sè e sè .
"Le ho già parlato di te" continuò la giovane "ha detto che vuole incontrarti . Il prima possibile."
"D'accordo..." .
                                                                                             §
Titubante, Elora uscì dalla stanza e si guardò attorno .
Aglaè si era rifiutata di accompagnarla .  "Ho bisogno di riposare, Elora . Non preoccuparti comunque, sarà anche un po' severa, ma non morde."
"Perchè ho dubbi ?" pensò poi la fanciulla .
Elora salì su per diverse scale, alla fine si fermò davanti la porta della stanza .
La stanza della padrona del bordella, la famosa Isabelle Becù .
"Ma perchè proprio a me ?" sussurrò la fanciulla chiudendo gli occhi .
Alla fine, bussò timidamente .
"Avanti" la invitò una voce, femminile e roca .
Elora entrò .
La camera da letto era piuttosto accogliente, anche più di quella in cui aveva dormito quella notte .
Le pareti erano di un bordeaux  scuro e intenso, le tende, sia quelle alla finestra, sia quelle che attaccate al grande letto a baldacchino, erano di pizzo, d'un dorato puro, nel comodino accanto al letto c'erano delle caraffe vuote ed una bottiglia di vino, l'aria era intrisa di profumo .
Elora fece una smorfia -tutti quegli odori tanto intensi ormai le davano la nausea-  e si concentrò sulla figura leggiadra di fronte a lei .
Isabelle Becù era famosa anche e soprattutto per la sua bellezza intensa e selvaggia . Aveva capelli lunghi e ribelli, d'un rosso intenso, che le incorniciavano il viso di porcellana come fiamme ardenti . E in quello splendido viso spiccavano due magnifici occhi viola, identici a quelli di Elora .
Portava un abito dal tessuto prezioso, e aveva i capelli in disordine, che le scendevano selvaggiamente sulla schiena .
Non poteva avere più di ventisei anni .
"Tu devi essere Elora" disse con la sua bella voce roca, calda, che, stranamente, riscaldò il cuore della fanciulla .
"Si, madame."
La donna esplose in una risata cristallina, per nulla derisoria .
"Chiamami pure Isabelle ragazza, dobbiamo essere amiche tra di noi, no ?" .
"Ne dubito" pensò Elora, ma non osò dirlo .
Rimase in silenzio, le mani intrecciate in grembo, in attesa .
"Silenziosa" mormorò Isabelle pensando ad alta voce, come se lei non fosse presente .
La donna si diresse verso il comodino e afferrò caraffa e bottiglia, versandosi un po' di vino .
"Davvero vorresti lavorare qui ?" indagò senza guardarla .
Elora si schiarì la gola .  "Non lo voglio..." ammise d'impulso "ma non ho altra scelta."  Fissò la donna di fronte a lei con tristezza .
"C'è sempre un'altra scelta."
Furono parole dirette e prive di compassione, e mentre l'accompagnava alla porta Elora la guardò, incapace di dare il minimo senso a quell'incontro .
O forse...
Forse, o probabilmente, era stata respinta .
"Cominci stanotte" annunciò invece la putta, sorprendendola .
Le aprì la porta, e Elora uscì, sul volto un'espressione scioccata .
"Elora" la richiamò la donna .
Lei si voltò solo per metà .
Isabelle si appoggiò alla porta con tutto il peso, sporgendo in avanti la scollatura vertiginosa .
Quell'abito lasciava decisamente poco spazio all'immagginazione .
"Dimmi solo due cose" mormorò dall'altro capo del corridoio .
Elora sospirò, poi la fissò intensamente, in attesa .
"Sei vergine ?" chiese la donna senza preamboli .
Elora deglutì .  "Si" sussurrò, troppo piano perchè la putta potesse sentire .
"Non ho sentito" borbotto Isabelle avvicinandosi .
Elora si raddrizzò, terribilmente a disagio . "Si, lo sono" ripetè .
"Bene." La putta sorrise compiaciuta .
"E hai paura ?".
A quella domanda, qualcosa scattò dentro Elora .
Una sensazione che non conosceva, ma che le diede forza .
"Non so cosa sia."
Poi le voltò le spalle, sbattendole quasi in faccia i lunghi capelli neri, e tornò nella sua stanza .





 

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Capitolo 29
*** Ritrovi ***


Ormai aveva deciso : quella notte avrebbe cominciato a lavorare .
"E finalmente guadagnerò qualcosa" pensò Elora con un sospiro rassegnato .
Quel giorno aveva mangiato grazie ai pochi soldi e alla generosità di Aglaè, ma di certo non poteva continuare ad approfittarsi di lei, nè tanto meno vivere sotto quel tetto senza alcun motivo .
Uscì fuori dal bordello, richiudendosi la porta alle spalle, ansiosa di sentire un po' d'aria fresca sul viso .
Si accasciò al muro, accanto al portone d'ingresso, e, rabbrividendo di freddo, si strinse nel mantello di lana grezza, regalatole dal generoso medico ugonotto che si era preso cura di lei, fino a... a quando ? A ieri ? Davvero era passato così poco tempo .
Elora chiuse gli occhi, confusa .  Passava così lentamente, il tempo, eppure succedevano tante cose...
Si lasciò scivolare per terra, stringendosi ancor più il mantello addosso, confortata da quella ruvida stoffa strofinata contro il viso gelato .

Damien .
Elora spalancò i grandi occhi viola, ridestandosi dal torpore in cui era caduta .
Si guardò intorno .
Era il crupuscolo, oramai . Si era addormentata lì per terra . E aveva sognato Damien .
Si alzò, cercando di togliersi di dosso tutta quella polvere dal mantello .
Damien... Assaporò quel nome sulle labbra, e chiuse gli occhi .
Non l'aveva più visto...
"E' meglio così" pensò improvvisamente . "Quell'uomo è così misterioso...E poi è amico di quel batard" concluse con rabbia repressa, pensando al vecchio che l'aveva frustata, e che, suo malgrado, la terrorizzava .
"Elora !" urlò Aglaè dall'interno del bordello . Poi uscì, e la ragazza si voltò verso di lei .
"Che c'è ?" .
"Ma hai visto che ore sono ? Dai, vieni ! Questa è la tua prima notte, hai bisogno di consigli !" .
Elora spalancò gli occhi, scioccata, mentre l'amica la tirava dentro con enthousiasme."
                                                                         ***

"Sei perfetta !" esclamò Aglaè fissandola .
Elora si guardò allo specchio della toelette .
Aveva i lunghi capelli neri liberi e profumati di zibetto, ed era leggermente truccata, che  rendere la sua pelle pallida più lucente e faceva risaltare più del dovuto i suoi occhi viola .
Il problema era ciò che indossava... Praticamente quasi nulla, era mezzanuda !
"Oh Aglaè..." si lamentò voltandosi verso l'amica "proprio non posso uscire da questa stanza così !" .
"Ma dai, Elora..." sussurrò l'altra di rimando .
Poi nella stanza entrò Elizabeth, la rivale più accanita di Aglaè, viste le apparenze .
"Ah, la nostra piccolina è pronta, dunque..." disse con una voce al tempo stesso maliziosa e derisoria . 
La ragazza dagli occhi viola cambiò subito atteggiamento .
Si mise le mani sui fianchi snelli e rotondi, e le si avvicinò, fin quasi a sfiorarla .
"Sì, sono pronta quanto te."  Sorrise con malizia, poi uscì fuori dalla stanza, sotto lo sguardo meravigliato di Aglaè e quello intimidatorio di Elizabeth .
                                                                                ***
Elora cominciò a camminare per la sala d'ingresso, guardandosi intorno con curiosità . 
La sala era giò piena di gente .
Ben presto individuò il ragazzo che aveva salutato Aglaè per strada .
"Temo che Aglaè si arrabbierà se mi avvicino proprio a lui" pensò Elora, e quel pensiero le fece piegare gli angoli della bocca in un sorrisetto .
Stava per avvicinarglisi davvero, quando Aglaè la raggiunse da dietro, e la afferrò per il gomito .
Il cuore della ragazza accellerò i battiti mentre cercava di divincolarsi, ma l'altra sorrise .
"Buona fortuna" sussurrò con malizia e dolcezza al tempo stesso .
Poi la lasciò, dirigendosi con passo deciso verso il ragazzo in fondo alla sala, che sorrise e la prese tra le braccia .
Elora li fissava attonita, poi qualcuno le sfiorò il braccio, e il suo cuore prese a tambureggiare .
"Ehi, ti va di bere qualcosa, piccola ?" sussurrò una voce nel suo orecchio .
Elora si voltò verso di lui, raggelata dalla paura . Il vecchio batard .
"Non ci posso crede..." sibilò la fanciulla, portandosi una mano al cuore ed incespicando nel tentativo di allontanarsi, ma lui la afferrò per un braccio, e l'attirò a sè . 
"Ero sicuro che prima o poi ti avrei ritrovato in un posto simile, piccola sgualdrina."
"Lasciatemi !" strillò Elora, cercando di non alzare troppo la voce .
Sarebbe stato troppo ridicolo, in un posto simile .
"Ma certo... a tempo debito" ribattè lui con un ghigno orribile .
"Lasciala in pace, vecchio" ordinò qualcuno alle sue spalle .
Entrambi si voltarono verso il ragazzo che aveva parlato .
Il vecchio sogghignò, Elora lo fissò incredula . 
 Si sentiva così debole, in quel momento...
Cercò di concentrarsi su quei capelli dorati, quei bellissimi occhi azzurri... Finchè non notò la fanciulla che gli stava accanto .
Spalancò la bocca, mentre un tumulto di emozioni le si agitava dentro .
"Elora !" strillò la fanciulla dai capelli scuri, che tanto le somigliava, poi si gettà tra le sue braccia .
"Oh, Eleà ! Mi hai trovata !" esclamò l'altra, stringendo forte la sorella, e scoppiando a piangere.
 

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Capitolo 30
*** Confidenze ; decisioni ***


"Ma come hai fatto a trovarmi ?" chiese Elora stringendo con ardore la mano della sorella minore.
Dopo essersi abbracciate, erano riuscite a liberarsi del vecchio e si erano rifugiate nella stanza in cui Elora aveva dormito anche la notte precedente.
Eleà si scostò i lunghi capelli mori dal viso, e ricambiò la stretta con calore.
"Abbiamo raccolto informazioni..." .
"Abbiamo ?" la interruppe Elora con un sorrisetto furbo.
Eleà chinò il capo, arrossendo. "L'ho conosciuto... due giorni dopo che te ne sei andata di casa."
Elora rabbrividì instintivamente.
"Mi ha aiutato dopo che una carrozza mi aveva investita..." .
"COSA ?" la interruppe nuovamente l'altra con voce strozzata.
La sorella le fece cenno di non preoccuparsi, in modo sbrigativo.
"Mi ha colpita ad una gamba..." . La fanciulla sollevò l'orlo dell'abito di cotone grezzo fin sopra le ginocchia, per mostrare i segni.  Elora li sfiorò con una smorfia. "Mi dispiace tanto..." .
"Nulla di che ; ma non riuscivo più ad alzarmi, lui mi ha visto e mi ha aiutato a tornare a casa."
"Ah" disse Elora per conclucere.
Poi disse : "E' perchè hai parlato proprio a lui di me ? Perchè ti ha aiutata a trovarmi ?" .
Eleà sospirò.  "Non ne sono sicura... ma credo si sia innamorato di me."  Sorrise con dolcezza.
"Oh, sorella."  Elora l'abbracciò.  "Sono così felice per te..." .
Eleà scoppiò a ridere.  "Grazie... ma non è ancora successo niente."
"Elora !" .
Aglaè entrò nella stanza come un tornado.
Le due sorelle si alzarono e le andarono incontro.  Aglaè fissò Eleà con curiosità.
"E tu chi sei ?" chiese con voce melodiosa.
Eleà sorrise, un po' inquieta, e fece per rispondere, ma Elora la precedette. 
"Aglaè, ti presento mia sorella minore : Eleà." Disse con orgoglio.
"Oh, cara ; che piacere."  Aglaè prese la tredicenne tra le braccia e la strinse a sè con calore. 
Eleà ricambiò.
"Mi ha appena trovata" continuò Elora, "lei e il suo compagno."
La fanciulla si voltò a guardarla, sbalordita, ma Elora le fece l'occhiolino.
"Ah, bene" disse Aglaè fissando prima l'una poi l'altra "ho avuto il piacere di conoscerlo, Andrè."
"Perfetto" fece Elora, e stavolta nella sua voce si avvertì una certa inquietudine.
Si avvicinò per sussurrarle all'orecchio .
"Ho deciso di andarmene."
Aglaè abbassò lo sguardo a terra, il volto celato dai lunghi capelli d'oro.
"Torno dalla mia famiglia" continuò la ragazza con decisione.  "Non avrei mai dovuto andarmene ; non avrei mai dovuto lasciarle..." fissò Eleà con tristezza.
Poi tornò a concentrarsi su Aglaè.  "Ma troverò il modo... per rimediare."
La donna sorrise.  "Bene, Elora. Sono felice per te."  E l'abbracciò, gli occhi che le bruciavano.
"Ti auguro il meglio. Buona fortuna."







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Capitolo 31
*** Parole per confondermi ***


Elora abbracciò sua sorella, ed insieme si diressero all'uscita del bordello, dove trovarono Andrè che conversava amabilmente con il nipote del doge di Venezia, chiaramente su di giri per il vino. 
Il ragazzo sorrise loro, e le affiancò, facendo un cenno di saluto all'uomo...
"Elora."
Una voce soave richiamò la fanciulla, che si voltò.  "Madame Becù."
Il suo tono di voce era già sulla difensiva.
"Ma come..." sibilò la donna, prendendola per un braccio, e camminando con lei per l'enorme salone illuminato da candele e candelabri, torce, e ricco di profumi di vari tipi.
La fanciulla non oppose resistenza.  "... Mi dicono che ci stai lasciando... Ma così presto ?".  Dalla sua voce non traspariva alcuna emozione particolare, e Elora si scoprì ad ammirarla, per questo.  C'era solo... falsità.
Elora prese un respiro profondo, mentre si appartavano in un angolo buio.  "Io... ho appena ritrovato mia sorella minore. Lei e il suo amico hanno fatto tanto per trovarmi... Devo andare con loro"  disse decisa.
"Capisco" mormorò madame Isabelle in tono ben poco convincente.
Le prese una mano tra le sue, in un gesto quasi materno.   "Andiamo, ragazza... e una volta tornata a casa tra i tuoi cari, cosa farai ?".
Elora scrollò le spalle.  "Andrò a lavorare..." .

La donna emise una risata cristallina che echeggiò nella sala, attirando l'attenzione di molti.
"Ah, certo.  E fammi indovinare... Come sarta ? Oh, scommetto che lo fanno già tua madre e tua sorella... Come sguattera ? Oh, andiamo, Elora...".  Madame Becù fece un gesto intorno a sè.  "Ma guardati intorno... potresti vivere qui per anni... guadagnare denaro e... beh... se saprai cavartela bene, chissà...".
Elora era scioccata dalla confidenza con cui quella donna le parlava, ma... ma in fondo sentiva che aveva ragione.
Perchè sarebbe dovuta tornare ? Ormai aveva fatto la sua scelta... La sua scelta era stata quella di andare via... Non poteva... e non voleva più tornare indietro.
Si guardò intorno, confusa come non mai.  Fissò la donna dagli occhi viola e la criniera di fuoco di fronte a lei, che a sua volta la fissò con un sorriso che... beh, rivelava tutte le sue emozioni.
Aveva vinto.
 
"E come farò a dirlo a mia sorella ? E ad Andrè...".
Isabelle la bloccò con un gesto impaziente.  "Oh, andiamo... Elora, non sei più una bambina. Devi solo prenderti le tue responsabilità... Vedrai che sarà tutto più facile, quando lo farai... senza avere più legami, magari."  Le fece l'occhiolino.  "Bene, ora ti lascio. Ho già fatto aspettare abbastanza mon seigneur vènetien..." , e si avviò verso il nipote del doge, che la prese tra le braccia e la mostrò agli amici vicini, mentre lei li osservava attraverso un bicchiere di vino.

 

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Capitolo 32
*** Vieni con me/ Scontri ***


"Cos'hai detto ?" esclamò Eleà, scioccata.
Non riusciva davvero a credere alle sue orecchie.  Come poteva sua sorella aver cambiato idea, ed in pochi minuti dopo la conversazione appartata con quella chienne ?

Elora chinò il capo, triste e sempre più a disagio.
Preferì non ripetere le sue parole.  Faceva male.
"Elora, ti prego. Almeno guardami."
La fanciulla fissò i suoi occhi, d'un viola scintillante, in quelli verdi e limpidi della sorella minore.
Eleà somigliava così tanto alla loro madre... Gli stessi capelli castani chiari, gli stessi occhi verdi, lo stesso carattere docile...
Elora rabbrividì.  "Mi spiace, sorella. Ma non ho intenzione di tornare a casa, davvero. Quando me ne sono andata... insomma, avevo già preso allora questa decisione, non tornerò indietro. Scusami, ti prego."
Eleà scosse la testa.  "Ma prima... eri così felice di vedermi... eri decisa, tu stavi per tornare a casa con me !".  La voce della dolce tredicenne trasudava rabbia, disperazione.  Non avrebbe lasciato andare di nuovo sua sorella... No.
"Mi spiace, Eleà."  Ripetè ancora una volta Elora.  "Ma ormai ho deciso. E non cambierò mai idea."
Detto questo, si voltò, dando le spalle a sua sorella e quasi sbattendole in faccia i lunghi capelli d'ebano.  Poi, rientrò a grandi passi nel bordello, nel grande salone in fermento, dritta alla stanza che ancora condivideva con Aglaè, il cuore gonfio di rimpianto. 
 
Eleà rimase sola nel gelo della notte, di fronte alla porta del bordello.
Non aveva più neanche la forza di piangere... Forse sua madre aveva ragione a dire di lasciar perdere, che per Elora ormai era troppo tardi...
Si prese la testa tra le mani, e lacrime di sconfitta le bagnarono il volto.
Tutto questo per niente ?
Sollevò il capo verso il cielo, rivolgendo una preghiera al Signore.
Perchè, in qualche modo, proteggesse sua sorella ; perchè consolasse sua madre.
Si asciugò gli occhi, e si passò una mano tra i capelli, in un gesto di nervosismo.
Quando sarebbe tornato Andrè ?
Era andato a cercare una locanda per la notte... per tutti e tre...
La fanciulla sospirò.  Si sarebbero riposati e poi sarebbero tornati ad Avignone... Quel pensiero era così doloroso, ma che altro potevano fare ? Non potevano certo costringere Elora a tornare, contro la sua volontà...
"Ma forse riusciremo a convincerla, con un po' di pazienza..."mormorò Eleà. 
Si passò una mano sul viso, e si resse il mento, come se potesse cadere da un momento all'altro. 
"Ma certo ! Resteremo qui per qualche giorno ancora...". 
 
Qualcuno le arrivò alle spalle e la spinse con tanta violenza da farla cadere.
"Ahhhh !" urlò la fanciulla, crollando al suolo, e attirando subito gente nelle vicinanze e da dentro il bordello.
Eleà si voltò di scatto, incrociando due luminosi occhi azzurri, accesi di una luce selvaggia.
Il giovane che le era finito addosso chissà come  si stava tenendo la mascella con una mano.
"Perdonatemi" mormorò con voce flebile, poi l'aiutò a mettersi in piedi, prendendola delicatamente per i fianchi.  Eleà non oppose resistenza.
Poi il giovane dagli occhi azzurri la lasciò e fece l'atto di  avventarsi contro un vecchio gentiluomo che in quel momento lo stava fissando con un sorriso crudele.
Il vecchio estrasse una pistola e sparò.  Damien si scansò appena in tempo, evitando per un pelo di essere colpito al fianco destro.
Eleà urlò di terrore e si accasciò al suolo, coprendosi il volto con le piccole mani gelide.

 

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Capitolo 33
*** Io cammino nel buio ***


Elora si riscosse di scatto dai suoi pensieri.
“Cos’è stato ?” si chiese inquieta.
Quello sparo che aveva sentito, urla sommesse, il trambusto oltre la porta … L’aprì ed uscì in corridoio, cominciando a correre per le scale.
Eleà doveva essere ancora lì …
Piombò nella sala e subito notò madame Becù, che come tutti osservava fuori dalla porta del bordello.
Elora si fece largo a spintoni, ed arrivò sulla soglia, agitata come non mai.
La scena che le si parò davanti era a dir poco raccapricciante.
Il vecchio maledetto era a terra, carponi, sanguinante, con un’espressione omicida ; Damien, a pochi passi da lui, gli puntava contro la pistola con cui l’aveva ferito allo stomaco. La sua espressione era quasi impassibile. In fine, Eleà, ancora a terra, in un angolo, osservava i due, terrorizzata.
Elora le si avvicinò, rapida, e la prese tra le braccia. “Stai bene ?” mormorò al suo orecchio.
La sorella non rispose.
“Le guardie ! Stanno arrivando !” urlò improvvisamente qualcuno, un voce maschile che Elora non riconobbe.
Aiutò sua sorella ad alzarsi, ma i suoi occhi erano concentrati su qualcun altro.
Damien.
Sapeva cosa stava per fare, se lo sentiva.
Sparò nuovamente al vecchio suo collega, già gravemente ferito, stavolta al petto, uccidendolo quasi all'istante.
Poi i suoi occhi fissarono i suoi.
Solo per un istante.
Poi sparì.

“Stai bene ?” chiese nuovamente Elora a Eleà.
Cercò di farla sdraiare sul suo letto, all’interno della sua stanza nel bordello, ma la sorella le allontanò le mani e si limitò a mettersi seduta.
“Sì. Certo, sta’ tranquilla.”
“Va bene” mormorò Elora, ma le riempì comunque un calice d’acqua e glielo porse, poi si sedette accanto a lei sul letto.
Un sospirò le sfuggì dalle labbra, mentre si portava le ginocchia al petto.
Sua sorella vuotò il calice e glielo restituì. La sua espressione era vuota, assente.
“Tu sai chi erano quegli uomini ?” chiese in un sussurro sommesso. Fissava il pavimento.
Anche Elora evitava il suo sguardo.
“No” mentì, dopo qualche istante di esitazione.
“Non li conoscevo.”

Dopo aver lasciato sua sorella sola in quella camera da letto, sua e di Aglaè, Elora uscì dal bordello e cominciò a vagare per le stradine buie.
Finché non si scontrò con Andrè.
“Ehi” sussurrò la fanciulla, riconoscendolo.
“Che ci fai qua ? Perché non sei con mia sorella ?” lo rimproverò aspramente. “Hai forse intensione di abbandonarla ?”.
“Oh.” Il giovane si portò una mano al petto, osservandola con espressione corrucciata. “Non l’ho affatto abbandonata, Elora. Sono andato a cercare una locanda dove poter passare la notte. E se c’è qualcuno qui che l’ha abbandonata, quella sei proprio tu.”
Lentamente, distolse gli occhi, verdi e accusatori, da quelli di Elora, viola come le ametiste, e quasi increduli. Solo quasi, però.
“In fondo, dovevo aspettarmelo” pensò con rammarico.
Poi il giovane le passo accanto, senza sfiorarla, e s’incamminò nella direzione opposta, verso il bordello ed Eleà.
Elora lo fissò mentre scompariva nel buio. Poi, si voltò lentamente verso la stradina che aveva preso e s’incamminò anche lei, allontanandosi sempre più dal bordello e da tutto ciò che rappresentava.



Nota dell'autrice : Prima o poi, credo che pubblicherò un Epilogo. ;)

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Capitolo 34
*** Epilogo. Dieci anni dopo. ***


“Maman !” esclamò la bambina dai lunghi capelli castano dorati, correndo verso di lei veloce come un fulmine.
Elora la osservò mentre si avvicinava, in preda ad un tumulto di emozioni.
Sorrise, e la prese in braccio.
“Bene, bene … Che guaio abbiamo combinato stavolta ?” chiese fingendosi indignata.
La piccola arrossì, abbassando a terra i luminosi occhi verdi.
“Peter si è fatto male. Ma non è stata colpa mia stavolta!” .
Elora impallidì, posò a terra la figlia minore e corse a cercare il suo primogenito.

“Quante volte dovrò ripeterti di non immischiarti in faccende che non ti riguardano, Peter ?” borbottò Elora medicando pazientemente il figlio di sette anni appena, mentre erano comodamente seduti nel modesto ma caldo e accogliente salotto di casa, su un divano di finta pelliccia marrone scuro.
Il ragazzino fece una smorfia di dolore. “Scusa, madre. Ma dovevo aiutarlo … è il mio migliore amico !” protestò.
Elora fece un sospiro rassegnato. “Va bene … hai ragione tu.”
Gli accarezzò i morbidi capelli neri, fissando ammirata quegli splendidi occhi viola, identici ai suoi. “Come sei coraggioso, amor mio.”
Peter sorrise imbarazzato.
La piccola Valerie, di quasi cinque anni, si mise tra i due, e salì in braccio alla madre.
Elora scoppiò a ridere, e la strinse a sé.

Quando scese la sera, Elora cenò con i bambini, preparando un’elaborata minestra di verdure, pane caldo, formaggio e frutta fresca.
Dopo aver sposato un orafo, aveva iniziato a mangiare decisamente meglio.
La giovane donna fissò l’orologio appeso al muro, in preda all’inquietudine.
Di solito suo marito tornava a casa nel tardo pomeriggio … Sperò che non si arrabbiasse del fatto che avevano cenato senza di lui, ma soprattutto che non gli fosse accaduto nulla di male.
Mise a letto Valerie, già assonnata, e le diede un tenero bacio sulla fronte.
“Sogni d’oro, piccolo angelo.” Ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Tornò in cucina, in cerca del figlio maggiore.
Non vedendolo, uscì fuori.
“Peter !” lo chiamò, vedendolo nel buio, lì sulla strada.
“Ci avrei scommesso” pensò con un sorriso.
Suo figlio amava sin troppo stare all’aria aperta … senz’altro aveva pensato di farsi una passeggiata, mentre lei era distratta.
Velocemente tornò da lei, con un sorrisetto timido, e rientrarono in casa.
“Forse è il caso che anche tu vada a letto, tesoro.”
“No …” mormorò Peter.
Cogliendo lo sguardo interrogativo della madre, il bambino aggiunse : “Voglio aspettare mio padre con te.”
“Come vuoi … “ mormorò Elora dubbiosa.

Madre e figlio decisero di ammazzare il tempo giocando a cavagnola*.
Andò avanti così quasi fino alla mezzanotte, poi il giovane orafo rientrò in casa, quasi spaventandoli.
Peter balzò in piedi, fissandolo, Elora si alzò con più calma, lisciandosi con una mano le morbide pieghe dell’abito rosa pallido.
L’uomo si sfiorò il cappello. “Buonasera a voi.” E con fare allegro prese in braccio il figlio, che scoppiò a ridere.
“Henry, ma dove sei stato fino a quest’ora ?” gli chiese la moglie, titubante.
“Prima sarà meglio che questo giovanotto vada a letto.” E rimise il bambino a terra.
“Ma voglio saperlo anch’io !” protestò vivacemente quest’ultimo.
“Domani ti racconterò tutto, d’accordo ? Ora forza, va’ in camera tua.”
Peter mise il broncio ma rinunciò a protestare ancora e filò in camera sua per dormire, terribilmente stanco suo malgrado.
“Buonanotte, tesoro !” urlò Elora prima di concentrarsi sul marito.
Il giovane, con soli due anni in più di lei, era uno degli uomini più belli e intelligente che avesse mai conosciuto in venticinque anni di vita.
L’aveva conosciuto un anno dopo la sua fuga avventata da casa, quando ormai aveva finalmente cominciato a lavorare, già da più di quattro mesi.
Alla fine aveva trovato impiego presso una famiglia di ricchi borghesi, come domestica.
Quando la prese tra le braccia e si chinò per baciarla con passione, non fece la minima resistenza, malgrado desiderasse, in quel momento, solo delle risposte.
Alla fine, Henry si staccò da lei e fu lui il primo a parlare. “Ma che è successo al ragazzo ? Cos’è quell’occhio nero e quei graffi lungo la guancia e il collo ?” mormorò preoccupato.
Elora sospirò, mentre il senso di colpa per non essere stata lì con lui e aver tentato di proteggerlo riaffiorava.
“Era con quel suo amichetto, Claude … sai, il figlio del soldato, e …” La voce le si spezzò.
“Certo, è chiaro” mormorò Henry dopo qualche istante.
Poi, si affrettò a posare mantello e cappello, e si sedette a capotavola.
“Preferirei che nostro figlio non lo frequentasse più, a questo punto” disse infine con sguardo torvo.
Elora preferì non rispondere. Invece disse : “E’ così tardi, e … non hai ancora mangiato ?” .
“Purtroppo no. E dato che, come ben sai, il mio ultimo pasto è stato poco dopo mezzogiorno, mi auguro che ci sia qualcosa da mangiare anche per me …”
“Oh, ma certo !” esclamò Elora con un sorrisetto, e si affrettò a servirgli pane e formaggio.
“Ho preparato una minestra di verdure, ma dopo tutto questo tempo è ormai gelata, te la riscaldo ?” chiese voltandosi verso di lui, la pentola in mano.
“Sì. Grazie, cara.” E addentò avidamente ciò che intanto la moglie gli aveva servito.
Elora gli sorrise, e si mise al lavoro.

Amava i suoi due figli più di ogni altra cosa al mondo, certamente più di quanto potesse amare se stessa e la sua vita.
E amava anche suo marito. Era un brav’uomo, era sempre stato fedele, paziente e affettuoso con lei, e amava i bambini.
Quando l’aveva conosciuto, pensava ancora a Damien.
L’ultima volta che l’aveva visto era stata la notte in cui aveva abbandonato per sempre la sua unica sorella, Eleà, e il bordello di madame Isabelle Bècu.
La notte in cui aveva ucciso quel vecchio suo compare.
Portava ancora il segno, sulla gamba destra, di quel colpo di frusta …
Quando, sei mesi dopo essersi conosciuti, aveva fatto l’amore con Henry per la prima volta, lui aveva naturalmente notato la cicatrice e l’aveva percorsa lentamente con le dita … Lei gli aveva raccontato tutto.
Aveva già accennato della sua fuga da casa, dalla sua famiglia … Quella notte, gli aveva detto il resto.
Lui le aveva baciato un fianco e aveva detto : “Sei davvero coraggiosa.”
“Io non mi sono mai sentita coraggiosa” aveva ribattuto lei con voce assente.
“Solo stupida.” E aveva distolto lo sguardo da lui.
“Forse solo giovane e ingenua.”
Poi aveva ripreso a baciarla e a quel punto si era preso la sua verginità.
Meno di due mesi dopo si erano sposati, ed Elora era andata a vivere in casa con lui.
Quando, un anno e mezzo dopo, il padre di Henry, Cesaire, era morto, lui, essendo l’erede maschio, aveva preso il controllo della bottega di famiglia.
Ad aiutarlo erano ancora la madre, Julie, e le sorelle maggiori, Roxanne e Suzette.
Anche lei, grazie a loro, aveva imparato il mestiere, e per i primi anni era stata d’aiuto, in bottega, ma dopo la nascita di Valerie, la loro secondogenita, suo marito aveva preteso che lei si occupasse solo dei bambini, oltre che della casa, cosa che non le era mai dispiaciuta.
Tutto il resto, col tempo, non aveva più avuto valore, per lei … il giovane e misterioso Damien, di cui aveva sempre provato una leggera attrazione, ma che non poteva certamente aver amato, come invece per un breve periodo aveva sospettato … e lo stesso era valso per sua sorella, sua madre, la sua città natale, la sua casa … la sua vita passata, la miseria sopportata, la fuga insensata …
Ma adesso … Adesso non voleva più lasciar perdere … Doveva tornare, una volta per tutte.
Immersa in questi cupi pensieri, servì suo marito, e si sedette accanto a lui.
Improvvisamente, le tornò in mente qualcos’altro.
“Allora … vuoi dirmi cos’hai fatto in queste ultime ore, Henry ?” chiese titubante.
Suo marito la fissò con i suoi luminosi occhi verdi, presenti anche sul volto della piccola Valerie.
Si scostò i capelli biondo ramato dal viso, evitando il suo sguardo. “Affari” rispose solo.
“Ah. Proficui ?” insistette la moglie.
“Senza dubbio.”
L’uomo tirò fuori un sacchettino di monete e glielo porse.
Elora lo aprì e versò i soldi sul tavolo un po’ consumato.
“Senza dubbio” ripeté a sua volta la donna.
Poi fece un sospiro profondo e lo guardò dritto negli occhi. “Sono lieta che ci stiamo risollevando sempre più, caro, dato che … “ Si bloccò e si portò una mano al ventre, respirando profondamente, in preda all’ansia.
Henry seguì il suo movimento con gli occhi e capì.
Tuttavia, la incalzò comunque : “Dato che ?” . “Aspetto un altro bambino” concluse lei, la voce rotta dall’emozione.

Appena nove mesi dopo, dopo un parto molto più breve e facile di com’erano stati quelli di Valerie, e, soprattutto, di Peter, nacque la piccola Lucie.
Elora, esausta ma felice, la prese in braccio il più delicatamente possibile e la osservò. “Oh, tesoro mio … sei stupenda.” Come lei e Peter, anche la nuova arrivata aveva grandi e splendidi occhi viola.
E, al contrario di Valerie, era il ritratto di sua madre.
La donna si aprì la vestaglia di seta color crema, e se la portò al florido seno.
Lucie si attaccò al capezzolo con avidità, reclamando con un espressione intensissima quello che le spettava, e si mise a succhiare con forza, decisa e calma.
La cosa più strana, fu il fatto che non le staccò mai gli occhi dal volto.
E Elora si saziò della sua immagine fino a quando le palpebre non le calarono pesantemente sugli occhi in un inevitabile, ma dolcissimo, assopimento, mentre suo marito ancora le parlava, accarezzandole i capelli.
“Dunque avevi già deciso il nome ...”

Lucie piangeva.
Peter era sparito chissà dove, con chissà chi …
Valerie si era punta con l’ago e si lamentava, seduta a terra e col vestitino nuovo sporco e spiegazzato.
Suo marito era al lavoro, in bottega.
Elora emise un profondo sospiro, cercando di stare calma il più possibile.
Non erano i bambini il problema, né tantomeno Henry.
Prese in braccio la piccola Lucie, si sedette sul divano del piccolo, modesto salotto e la allattò.
“Valerie, ehi, vieni, siediti accanto a noi.”
La bambina la raggiunse subito, si sedette ma non smise di piagnucolare.
“Oh, suvvia, dai che non è niente.” Lasciò la neonata con una mano e afferrò il polso della figlia più grande, osservando la piccola ferita sanguinante.
Anche il vestito di raso color pesca, il più costoso che suo marito avesse mai comprato alla figlia, si era macchiato di sangue, notò.
“Te l’avevo detto di non toccare i miei attrezzi da cucito, non puoi dire che non te l’avevo detto” borbottò, e il suo tentativo di mostrarsi calma e serena fallì.
“Dai, va’ a medicarlo. Non c’è bisogno di aspettare me, dai che ce la fai.”
“D’accordo” rispose la bambina, visibilmente contrariata, e sparì diretta in cucina.
Elora sospirò ancora una volta, e poco dopo si staccò Lucie dal seno e le pulì distrattamente il labbro.
Poco dopo la piccola si addormentò e lei poté metterla al letto. Probabilmente non si sarebbe svegliata per qualche ora, fino al prossimo pasto … Lo sperava, perché quel giorno con la mente non c’era neppure per i suoi figli.
Raccomandò a Valerie di sorvegliare la sorellina, e di non uscire di casa per nessun motivo, ma di aspettarla lì, con Lucie, poi uscì a cercare il figlio maggiore.
Dopo tanto girare per le povere strade di Parigi (la zona a cui apparteneva, piuttosto povera) alla fine si recò nella bottega del marito.
Appena entrata, fatto tintinnare il campanello appeso sulla porta, lo vide, seduto dietro al bancone accanto a sua nonna Julie.
La donna aveva da poco superato i cinquant’anni, e malgrado l’età era di aspetto molto piacente, proprio come il figlio maschio. L’accolse con un sorriso gentile, mentre Peter balzava in piedi. “Maman !”.
Elora lo osservò per un istante, ma prima si rivolse alla suocera.
“Buongiorno, Julie.” E si avvicinò per baciarla su una guancia.
“Buongiorno anche a te, Elora.”
La donna si voltò verso il figlio. “Ma si può sapere perché non mi hai detto che venivi qui ? Cosa ti è passato per la testa ? Ed io sono stata costretta a lasciare le tue sorelle a casa da sole per venirti a cercare !”urlò indignata.
Il bambino chinò il capo, pentito e tremò leggermente di fronte all’ira della madre.
Si affrettò a scusarsi e a spiegarsi, dolorosamente consapevole dello sguardo della nonna, oltre che di quello della madre : “Perdonami, madre. Volevo solo venire ad aiutare la nonna e mio padre … E non ti ho avvertito perché tu eri così occupata con Lucie … e pensavo di tornare presto … Ma è stato stupido. Per favore, scusami.”
Aveva tenuto gli occhi bassi per tutto il tempo.
In quel momento entrò una giovane cliente, riccamente vestita, seguita da un distinto gentiluomo.
Elora si voltò verso la porta dell’altra stanza, dove suo marito era intento a lavorare, e sospirò.
“Intanto torniamo a casa. Ne riparliamo lì” disse con voce severa, fissando il figlio maggiore, poi fece un cenno di saluto alla suocera ed uscì seguita dal bambino.
Peter avrebbe compiuto otto anni il mese seguente, a novembre, ma già ne dimostrava dieci, e aveva ereditato tutta la bellezza della madre, dai folti e spettinati capelli corvini all’incarnato diafano ma tendente ad avvampare, dagli intensi e singolari occhi del colore dell’ametista alle labbra piene, morbide e rosse come le migliori ciliegie.
“E mi sa che non mi somiglia tanto solo nell’aspetto esteriore” pensò con rammarico.

Durante il tragitto a piedi, nonostante avesse Peter quasi attaccato ad un fianco, Elora era completamente immersa nei suoi pensieri.
La notte prima, dopo aver dato e ricevuto piacere da suo marito per più di un’ora, a differenza di lui non era riuscita ad addormentarsi, malgrado il torpore che ancora l’avvolgeva e la stanchezza.
Non riusciva più a non pensare al passato, ai suoi antichi affetti.
Ma per tornare dalla vecchia famiglia avrebbe forse dovuto lasciare la nuova ? Ciò era fuori discussione.
Se ne avesse parlato con Henry, lui avrebbe forse lasciato la bottega a sua madre e alle sue sorelle maggiori, e l’avrebbe accompagnata insieme ai bambini ? Così sua madre ed Eleà, oltre che rivedere lei, avrebbero anche potuto conoscere il suo sposo ed i suoi figli …
“Devo tentare” si disse mentre varcava la soglia di casa.

“Elora sono passati quasi undici anni ormai ! Cosa ti fa credere che tua madre sia ancora viva ? Dopo tanto tempo … e tu hai detto che era persino malata ! La tua scomparsa può averla sconvolta … può essere …” Henry si bloccò, cogliendo l’espressione avvilita sul volto della moglie.
Sospirò ; si passo una mano tra i capelli.
“Mi dispiace” mormorò infine.
La fece sedere sul letto, e le prese una mano tra le sue. “D’accordo, Elora. Io ed i bambini ti accompagneremo ad Avignone, fino alla tua casa. Forse ci troveremo tua madre, forse solo tua sorella minore … Spero per te che siano entrambe ancora vive … e che possano accoglierti.”
Detto questo, la baciò in fronte e fece per uscire dalla stanza da letto.
“Henry !” lo bloccò immediatamente la moglie, e lui si voltò, lo sguardo interrogativo.
“Grazie” mormorò la giovane, gli occhi d’ametista fissi nei suoi, smeraldini, e lui sorrise.

“E se non mi riconoscessero più ?”mormorò la donna, affranta, stringendo la mano del giovane marito mentre saliva sul calesse, preceduta da Peter e Valerie.
Si sedette con in grembo la piccola Lucie, dormiente.
Quel giorno aveva deciso di vestirsi da cavallerizza : giacca blu con elaborate decorazioni bianche, ricami rossi e bottoni d’argento, un’ampia gonna rossa e lucidi stivali neri.
Henry si mise alla guida, e fece partire il calesse. Alla fine rispose : “Non credo proprio che ti abbiano dimenticata, Elora, malgrado il tempo. E’ quasi impossibile dimenticare davvero qualcuno, tantomeno una figlia o una sorella. E per quel che riguarda il tuo aspetto … Oh, cara, ti ho conosciuto che avevi sedici anni, e da quel tempo ad ora ti assicuro che sei cambiata davvero poco. Anche se …”, fece una pausa, e voltò leggermente la testa verso il retro del calesse, “gli anni sono stati davvero gentili con te, moglie. La splendida fanciulla che conoscevo si è trasformata in una bellissima giovane donna.”
Elora sorrise, grata.

*** Se la vita era stata senza dubbio generosa con Elora, lo stesso non si poteva certo dire per Eleà.
Vedova a soli ventitré anni, senza figli e con una madre vecchia e malata da accudire, vivendo nella miseria più totale.
Lavorava come cucitrice per mantenere sé stessa e la madre, ma riuscivano a malapena a comprare pane e patate, le medicine erano un lusso che potevano permettersi sempre più di rado.
“Madre, sta’ calma. Adesso ti riprendi” mormorò Eleà, ma in cuor suo sapeva che quella povera creatura era ormai prossima alla morte.
“Eleà … Sei tu, figliola ?” mormorò la vecchia morente.
La giovane le strinse una mano con forza prima di rispondere. “Sì, cara Maman. Sta’ tranquilla. Sono qui con te, e non me ne vado per nulla al mondo.”
Improvvisamente, le tornò in mente Elora, quella sua unica sorella fuggita, e che poi aveva ritrovato e perso nuovamente. E che non vedeva da dieci anni ormai, e non sperava più di rivedere.
Col tempo si era indurita sempre più, e aveva cominciato a giudicare sua sorella, ritenendola una ragazza stupida, e allo stesso tempo egoista e crudele, oltre che una figlia ingrata.
Quella notte di tanto tempo fa, André era riuscito a convincerla a lasciarla perdere, ed insieme erano tornati nella loro città natale, a casa.
Si erano fidanzati ufficialmente, lui aveva giurato più volte di amarla, e pochi mesi dopo si erano sposati.
In cinque anni di matrimonio non erano stranamente riusciti ad avere figli.
Intanto lui era diventato sempre più brusco e strano, aveva preso a frequentare brutte compagnie e con quelle i bordelli … E l’aveva tradita centinaia di volte.
E centinaia di volte l’aveva picchiata e messa in ridicolo davanti ai suoi amici. Eleà era sempre stata tremendamente infelice, passato neanche il primo anno di matrimonio, tuttavia non era mai scappata di casa, come invece avrebbe certamente fatto Elora.
Alla fine, poco dopo il suo diciottesimo compleanno, era miracolosamente diventata vedova.
André era morto, ucciso per mano dei suoi amici, senza ragione apparente.
Eleà si era sentita per la prima volta dopo anni di buio un essere libero e indipendente, era tornata a vivere davvero, ma non era mai più tornata quella di un tempo. Ciò era impossibile.
Era tornata a casa della madre, e da allora non l’aveva mai più lasciata, né aveva più avuto uomini.
Tiravano avanti come potevano, senza più la minima speranza per il futuro.

Quando Elora bussò alla sua porta, il cuore di Eleà quasi si fermò.
E lo stesso fu per la sorella maggiore.

*** Una volta giunti ad Avignone, si erano sistemati e fermati a riposare in una modesta locanda, poi, il mattino seguente, avevano cominciato le ricerche.
Elora era felice e quasi commossa nel vedere suo marito così coinvolto … Stava facendo tutto questo solo per lei.
Peter e Valerie, da parte loro, non smettevano di fare domande, solo che quelle di Peter erano un tantino più sensate e per questo era più difficile rispondere.
Elora non ricordava più dove si trovasse la sua casa, dopo quasi undici anni, ma ben presto la trovarono ugualmente.

*** “Tu …” sussurrò Eleà, sconvolta, senza riuscire a credere ai suoi occhi.
“Tu cosa ci fai qua ?” . La sua voce si era fatta improvvisamente dura, gli occhi castani chiari erano gelidi. L’incredulità era finita.
Per anni aveva sognato quella scena, piangendo disperata, ma adesso tutto ciò che sentiva era una furia gelida.
Elora tremava violentemente. Suo marito le posò una mano sulla spalla, ma si rivolse alla cognata che finalmente poteva conoscere : “Bonjour, madame. Il vostro nome è Eleà, se posso chiedere ?” chiese con voce pacata, sperando di riuscire, come per miracolo, a sciogliere il ghiaccio …
Eleà lo fissò, lo sguardo ancora gelido. “Sì, sono io. E voi chi siete, se posso chiedere ?”.
Henry drizzò le spalle, e le parlò con lo stesso tono : “Sono il marito della vostra qui presente sorella, Henry, e questi sono i nostri figli.”
Posò una mano sulla spalla del figlio, l’altra su quella della figlia, in piedi accanto a lui. “Peter e Valerie.”
Elora ritrovò improvvisamente la voce e le avvicinò la più piccola, addormentata tra le sue braccia. “E questa è la nostra piccola Lucie, la terzogenita.”
La fissò attentamente, ma davvero non riusciva a credere che la donna che aveva davanti, adulta, ossuta, smunta, rigida e con occhiaie scure attorno agli occhi gelidi e pieni di rabbia allo stesso tempo, fosse la ragazzina dolce, ingenua e vivace con cui aveva passato l’infanzia e quella breve, dura adolescenza.
Ma alla fine anche Eleà cedette, e li fece accomodare in casa.
“Sedete” disse con tono autoritario, e gli altri obbedirono.
Lei si sedette a sua volta, di fronte a Elora, che porse la figlia neonata al marito, e ricambiò il suo sguardo.
“Cosa ci fai qui ?” ripeté per la seconda volta in pochi minuti.
Stavolta Elora, dopo aver fatto una respiro profondo, rispose : “Mi dispiace, sorella, per tutto quello che è accaduto quasi undici anni fa. Mi dispiace tremendamente, credimi.”
Eleà scosse il capo, facendo ondeggiare i pochi capelli neri che le erano rimasti, e scoppiò in una risata fredda e derisoria.
Elora tremò.
“Ah sì, sorella ? Sai, non credo proprio che le cose stiano così …”. “E invece sì !” urlò Elora, avvilita.
Eleà tacque.
Elora si voltò verso il marito ed i bambini. “Henry … credo sia meglio che voi torniate alla locanda, adesso. Devo discutere con mia sorella da sola.”
Henry la fissò contrariato. “Elora …” cominciò, ma la donna lo interruppe.
“No, Henry … Per favore.”
Alla fine, l’uomo rinunciò a protestare, fece un cenno ai figli più grandi, ed uscirono dalla casa.
Ma restarono a portata d’orecchie.

“C’hai abbandonate ! Sapevi che avevamo bisogno di te, che nostra madre aveva bisogno di te e c’hai abbandonate ! Sei sempre stata egoista, ma col tempo non hai fatto che peggiorare !”.
“Questo non puoi dirlo !” urlò Elora, indignata e ferita. “Sei ingiusta ! Quando stavo qui con voi non ero egoista, ero solo me stessa, ma non pensavo di fare del male a qualcuno solo per questo ! E quel giorno maledetto feci una scelta, che forse per me è stata la migliore, dato che ora sto benissimo, ma per voi …”
“Per noi cosa ? Cosa ? Hai una vaga idea di quanto abbiamo sofferto per te ? Ed io che sono anche venuta a cercarti con quel maledetto di André !”. Eleà si coprì il volto con una mano, e scoppiò a piangere, mentre un’antica disperazione la travolgeva, straziandole anima e corpo.
Elora si portò una mano al cuore. “Cosa ti ha fatto ? Cos’è successo dopo ?”.
Eleà fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. “Quel bastardo … mi ha rovinato la vita … Mi ha distrutta … nel corpo ma soprattutto nello spirito … e mi ha impedito di avere i figli che tanto desideravo e che tu hai ottenuto con tanta facilità ! Tu ! Cos’hai fatto tu per meritarti ciò che hai, Elora ? Anche tu mi hai rovinato la vita ! E soprattutto hai rovinato quella di nostra madre ! Vattene, Elora !”. Eleà si avviò verso la porta e la spalancò, ritrovandosi davanti il cognato ed i nipoti. Si voltò verso la sorella. “Fuori da casa mia.”
Elora piangeva disperatamente. “Non puoi buttarmi fuori così … devo vedere mia madre …” .
Allungò una mano verso di lei, camminando a tentoni. “Eleà …”sussurrò in tono di supplica.
“No ! Te ne devi solo andare !”. Fece un respiro profondo, e con voce più calma e ancora più terribile aggiunse : “Lasciaci in pace una volta per tutte.”

Elora singhiozzava disperatamente contro il cuscino, nella camera da letto che occupavano alla locanda.
Peter e Valerie erano giù che mangiavano, mentre la piccola Lucie era lì tra le braccia di suo padre, che, però, in quel momento era concentrato solo sulla moglie disperata.
“Non sapevo cosa aspettarmi da lei …” sussurrò la giovane quando infine ritrovò la forza di parlare. Henry scosse da testa, desolato.
“Non mi aspettavo certo che, oramai, mi accogliesse a braccia aperte come di certo avrebbe fatto anni fa, ma … Speravo almeno … che prima o poi potesse perdonarmi, accettarmi di nuovo in quanto sorella, ma … temo proprio che ciò non sia più possibile !” Riappoggiò la testa al cuscino e pianse tutte le sue lacrime, seguita dalla figlia minore, che però fu subito portata fuori dal padre.

“Madre ?” sussurrò Eleà.
L’anziana donna la fissò. “Figlia …” .
Eleà le accarezzò una mano, grande, pallida e rugosa, poi gliela strinse. “Ti voglio bene, cara Maman.”
Una lacrima silenziosa le scese lungo la guancia.

Un’ora dopo, si presentò alla locanda dove alloggiavano dalla sera prima sua sorella con la sua nuova famiglia.
Quando entrò, vide suo cognato seduto ad un tavolo con i due bambini più grandi accanto e la piccola tra le braccia, intenti a gustare una piramide di leggerissimi bignè pieni di panna montata.
Non c’era traccia di Elora.
Fece un respiro profondo, e si diresse verso il tavolo del cognato e dei nipoti, fissando Henry, e qualche istante dopo ne incontrò lo sguardo.

“Elora ?” la chiamò Henry da fuori la porta, bussando tre volte.
La giovane scese rapidamente dal letto, si sistemò alla meglio la veste di seta color crema adorna di sottili nastri verde mela ed i capelli tutti scompigliati e schiacciati dal cuscino, ed aprì la porta.

Quando Eleà incontrò quegli occhi tanto arrossati dal pianto quanto luminosi per averla vista, qualcosa dentro di lei si spezzò.
Elora si portò una mano alla bocca. “Oh, mio Dio, sei tu !”.





Angolo Autrice
Ciao a tutti/e.
Alla fine, dopo circa nove mesi, eccoci arrivati alla fine di questa storia.
Mi rendo conto che molti capitoli sono stati davvero corti, e anche gli altri, “lunghi” sempre molto relativamente.
Ma come avrete ben visto, questo epilogo è davvero lungo, e spero che vi sia piaciuto.
Non sono certo una scrittrice, né intendo diventarlo, ma sono solo una ragazza che ama molto leggere, sia i romanzi fantasy sia quelli storici, come anche i libri di poesia che nutrono la mia anima. E, capirete, ho sempre sentito il bisogno di mettere a frutto anche delle idee MIE.
Ebbene, questa è la conclusione della storia. Che ne dite ? E’ “adeguata” ?
Ve l’aspettavate ?
La vita è forse stata TROPPO generosa con Elora ? Dite che non se lo meritava ?
E’ maturata, col tempo ? La ragazzina un po’ egoista, immatura e a volte persino sciocca si è infine trasformata in una donna ?
Approvate o no la sua fuga iniziale, il cuore di tutta la storia ? E’ stata la scelta migliore, per lei ? E’ stata egoista e crudele nei confronti della madre e della sorella minore ?
Cos’altro vi aspettavate da lei ? E da Eleà ? Come pensavate avrebbe reagito al ritorno della sorella perduta, tanto amata e MAI davvero odiata ?
Quelli che seguono questa storia, vi prego, è l’ultimo capitolo, è l’epilogo, vi prego, commentate tutti … Ditemi cosa ne pensate, di questo, del finale, dell’intera storia, dei personaggi (Elora, Eleà, la madre delle due sorelle, Cèline, Damien, il vecchio inglese, Walter Thomas Avery, Angelique, Alfred, Aglaè, Isabelle Bècu, André, Henry, Peter, Valerie, Lucie … ditemi se ne dimentico qualcuno … c’è quello secondario di Julie, la suocera di Elora, ma appare solo per pochissimo. :P)
Ringrazio tantissimo Diana924 che ha commentato quasi tutti i capitoli da che ha scoperto questa storia, e, ovviamente, Amelia Malory, che pian piano arriverà a questo. Grazie per il vostro PREZIOSO aiuto.
Ringrazio anche CathCarey, Marii, e Shi-Chan, e spero che vi farete sentire ! Ho bisogno anche di voi, ragazze !
E, naturalmente, la mia richiesta va anche a tutti i lettori che finora sono stati SILENZIOSI. Vi pregooooooooooooooo. :P
Un bacio e alla prossima
Alera di Hytanica



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