I Principi e l'Assassino

di The Princess of Stars
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Prima della Tempesta ***
Capitolo 3: *** Il Ritorno dell'Angelo ***
Capitolo 4: *** Sulle Tracce di Leon e Sabeen ***
Capitolo 5: *** Verso la Gola ***
Capitolo 6: *** Uscendo dalla Gola ***
Capitolo 7: *** Ripartenza ***
Capitolo 8: *** A Palazzo ***
Capitolo 9: *** In Viaggio con il Nuovo Compagno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ciao ragazzi! Eccomi tornata con il sequel di ‘Il Principe e L’Assassina’! Spero vi piaccia e buona lettura!
 

Annabeth’s POV:
Sono passati 8anni da quando sconfiggemmo Crono.  Io e Percy ci eravamo sposati poco tempo dopo la vittoria e la mia incoronazione. Mi ricordo che sul momento avevo pensato che quella fosse la giornata più bella di tutta la mia vita, ma quel giorno è stato raggiunto a pari merito dalla venuta del frutto della prima notte di nozze. Ehi! Che vi aspettavate? Io appena uscita dall’adolescenza, Percy pure, sposini, alla prima notte di nozze, in luna di miele, seratina romantica, da  soli… con un po’ d’intuito potete arrivarci anche da soli. Fatto sta che adesso sto vivendo la mia favola. Ho finalmente una casa, ho un marito perfetto e la gioia di due figli.
Ufficialmente Principe Leonard Neal Jackson e Principessa Sabeen Hailey Jackson ma per noi, semplicemente Leon e Sabina. Leon ha 8 anni e già è bellissimo e non lo dico solo perché è mio figlio. E’ alto per la sua età, ha i capelli neri scompigliati, gli occhi azzurri come i miei e i lineamenti esattamente come quelli del padre. E’ un bambino vivace e curioso, affettuoso da morire e sempre in movimento. L’unico momento in cui sta fermo è quando dorme. Sabeen ha 5 anni, anche lei è una bambina bellissima ed è la mia fotocopia, altina, longilinea, capelli castani lisci, ma gli occhi verdi come Percy, ed è un altro petardo vivente come il fratello e sebbene abbia solo 5 anni è molto intelligente, ha praticamente la mente di una bambina coetanea di Leon. Ma sono anche costretta ad ammette che, in parte, ‘ogni scarrafone è bello a mamma sua’, quindi potevano anche assomigliare a un incrocio tra un ornitorinco e un carlino ed essere bellissimi per me. Mia madre, Atena, e i miei suoceri Sally e Poseidone erano i nonni più felici della Terra. Facevano a chi li viziava di più, tipico dei nonni.
Speravo solo che la nostra serenità potesse durare ancora a lungo…
 

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Capitolo 2
*** Prima della Tempesta ***


Annabeth’s POV:
Quella mattina mi svegliai ai primi raggi del sole. Affondai il viso nel cuscino, tentando di riaddormentarmi, ma senza successo. Saranno passati 8 anni, ma certe abitudini non si perdono mai. Sentii un braccio intorno alla vita stringermi verso di sé. Mi rigirai e mi trovai faccia a faccia con mio marito. Percy dormiva ancora. Il lato positivo di svegliarmi presto era che potevo vederlo dormire. Mi piaceva perché lo vedevo completamente rilassato e tranquillo. Da subito avevo trovato una soluzione al problema dello svegliarsi troppo presto, mi bastava accoccolarmi a lui, ascoltare i battiti del suo cuore e mi riaddormentavo.
Venni svegliata nuovamente, ma stavolta in un orario più decente, dalla mano di Percy tra i miei capelli.
“Buongiorno, Sapientona” disse Percy con un sorriso.
“Buongiorno, Testa d’Alghe” risposi con altrettanto sorriso.
“Dormito bene?” chiese.
“Sì, te?”
“Benissimo. Pensi che Leon e Sabina ci risparmieranno oggi?”
“Hm… non ne sono convinta” risposi. Al contrario della maggior parte di uomini che diventano padri a 19 anni, quando scoprii di essere incinta, Percy non stava più nella pelle. Era un padre attentissimo, premuroso, affettuoso e sempre presente nella vita di Leon e Sabeen. Io invece, alla scoperta, mi sentii molto a disagio. Già pensavo che non mi sarei mai sposata, figuriamoci avere figli! Ero completamente terrorizzata. Pensavo di non essere tagliata per fare la madre, che sarei stata un pessimo esempio. Ciò che mi terrorizzava di più era che prima o poi, avrei dovuto dire a Leon  e Sabeen del mio passato. Già mi immagino la conversazione con un Leon e una Sabeen adolescenti “Mamma, tu che facevi alla mia età?”
“Ammazzavo gente a sangue freddo per conto del primo Gran Maestro del Clan, che ho ucciso qualche anno fa”
“Wow! Che fico!”
Sono certa che Leon e Sabina la prenderanno bene a sapere che loro madre è un’assassina (da notare il sarcasmo). Percy mi aveva rassicurata molto quando vide la mia paura, era riuscito a tranquillizzarmi e mi è sempre stato vicino fino alla nascita di nostro figlio e lo stesso alla nascita di nostra figlia.
“Stai di nuovo pensando a come dovremmo dire a Leon e Sabina del tuo passato?” disse Percy svegliandomi dal mio trance.
“Come dovrò dirgli del mio passato. Se la prenderanno male, non voglio che si allontanino anche da te, o che facciano qualcosa di stupido non sapendo a chi rivolgersi per magari sfogarsi o che so io”
“E tu che dicevi di non essere tagliata per fare la madre. Guardati: ancora puoi stare tranquilla e già ti preoccupi che i tuoi figli facciano qualcosa di stupido perché vengono a sapere del tuo passato come sicario di Crono” disse Percy sorridendomi, mentre mi passava una mano tra i capelli.
“Quello era 8 anni fa e poi tu continuavi a sostenere il contrario” risposi con nonchalance.
“A quanto pare, avevo ragione” disse Percy chiudendo la piccola distanza tra noi, baciandomi. Gli strinsi le braccia intorno al collo e le dita gli andarono tra i capelli. Lui poi rotolò sopra di me e-
“MAMMA! PAPA’! SVEGLIATEVI! E’ GIORNO! FORZA! ALZATEVI!” gridò Leon arrivando nella stanza di corsa seguito da Sabeen. Percy ed io facemmo appena in tempo a separarci che i bambini saltarono sul letto per svegliarci.
“Sveglia dormiglioni!” disse Sabeen saltandomi in braccio
“Dai, mamma, alzati! Anche tu papà! Sveglia! Andiamo!” disse Leon saltando in braccio a Percy che era riuscito a sedersi “Papà, avevi detto che oggi andavamo a cavallo insieme!” disse Leon. Percy si voltò verso di me con un sorrisetto.
“Che ti avevo detto? E poi si dice ‘saremmo andati’, Leon” dissi sedendomi anch’io, correggendogli la grammatica. Lui annuì e ripeté la domanda correggendosi. Che bello avere due figli intelligenti!
“Certo, che andiamo a cavallo insieme, te l’ho promesso e le promesse si mantengono” rispose Percy scompigliandogli i capelli. Leon rise e lo abbracciò, poi si girò verso di me.
“Mamma, oggi fai lezione di tiro con l’arco a Sabi?” chiese Leon.
“Sì, perché?” chiesi anche se avevo in mente una mezza idea di risposta.
“Posso venirti a vedere?” chiese.
“Bhe…” Leon, da Percy saltò in braccio a me.
“Ti prego! Ti prego! Ti prego! Ti prego! Ti prego! Ti preeeegoooo!” disse Leon facendomi gli occhioni da cucciolo.
“Dai, mamma, voglio far vedere a Leo che so fare! Per favore?” disse Sabeen anche lei facendomi gli occhioni. Sapevano che erano il mio punto debole quei due paia di occhioni azzurri e verdi, infatti cedetti subito.
“Va bene”
“YU-HU!”
“MA” dissi catturando la loro attenzione “Leon, non devi andare nell’area dei bersagli, per nessun motivo e tu Sabeen non devi puntargli l’arco contro con la freccia incoccata, neanche per gioco” raccomandai.
“Sì, mamma” dissero i bambini in coro. Io gli diedi un bacio sulla guancia e loro ricambiarono con altrettanto gesto.
“Ehi! Perché non date mai bacini a papà?” disse Percy facendo il finto offeso.
“La mamma è più bella di te” rispose Sabina abbracciandomi più stretta.
“Ben detto, Sabi” disse Leo dando il cinque alla sorella.
“Ah, è così? Adesso come la mettiamo?” e non appena lo disse Percy ci saltò addosso a tutti e tre, poi con una mano acchiappò il suo cuscino e prese a cuscinate me e Sabina, con l’altra faceva il solletico a Leon. Il bambino era troppo impegnato a ridere, mentre io e Sabina tentavamo di difenderci dalle cuscinate. “Vi ho presi!” disse Percy senza darci tregua.
“Fermo papà!” disse Leon ridendo come un matto. Poi io riuscii a bloccare una cuscinata e Percy lasciò Leon e cominciò a fare il solletico a me, continuando a dare cuscinate a Sabina, dando tempo a nostro figlio di sgattaiolare via, ma nel frattempo io stavo soffrendo la pena del solletico. “All’attaccooooo!!!!” fece Leon e saltò sulla schiena del padre.
“Aiuto! Sono stato catturato da Eracle Junior!” fece Percy, mentre Leon gli si era avvinghiato sulla schiena e gli dava dei pugni che Percy neanche sentiva.
“Caricaaaaaa!” disse Sabeen saltando anche lei sulla schiena del padre.
“Ah!! Anche una piccola Atalanta!” fece Percy
“Aiuto! Leon, Sabeen!” feci io scherzando.
“Libera la mamma!” dissero i bambini ridendo.
“Ha! Eracle Junior non può nulla contro Eracle Senior e nemmeno la piccola Altalanta!” rispose Percy e con un braccio, acchiappò Leon, lo fece rotolare sulla spalla e atterrare sul letto affianco a me, lo stesso con Sabeen e ci intrappolò  tra le braccia. “Vi ho presi e adesso… solletico!” e riprese con la tortura, sia me che Leon che Sabeen in qualche modo. Se cera una cosa che metteva K.O. sia me che i bambini era quando Percy ci faceva il solletico. Ebbene sì! L’ex-assassina soffre il solletico soprattutto il- “Solletico spernachiato!” esclamò Percy e subito gonfiò le guance di aria e ci fece le pernacchie sul collo a tutti e tre a rotazione.
“No! Percy, questo non vale!” esclamai ridendo mentre lui ci massacrava
“Basta, papà!” fece anche Leon. Percy allora si placò.
“Papà, mi viene il singhiozzo!” disse Sabina tra una risata e l’altra
“Vi arrendete?” disse mio marito dandoci un momento di tregua. Mi facevano male i fianchi e mi lacrimavano gli occhi da quanto stavo ridendo.
“Mai!” rispose Leon.
“All’attacco!” fece Percy e ritornò a farci il solletico.
“Ehi, principi!” fece una voce familiare. Percy si placò rotolando sul fianco e vedemmo Sally che stava sorridendo sulla porta. “Mi spiace rovinare il momento di gioco familiare, ma avete un programma per oggi” disse la regina.
“Okay, arriviamo” rispose Percy. Leon era già saltato giù dal letto e corse verso Sally con Sabeen che lo seguiva.
“Nonna, lo sai che oggi papà mi porta a cavallo?” disse tutto emozionato Leon. Sally sorrise e gli scompigliò i capelli.
“Sei contento?” disse lei con un sorriso. Leon annuì con entusiasmo, abbracciando la nonna.
“E poi la mamma ha permesso a leon di venirmi a vedere al tiro con l’arco!” aggiunse la bambina.
“Allora adesso lasciamo che mamma e papà si preparino, okay? Così, prima si preparano, prima andrai a cavallo con papà e a tirare con l’arco con la mamma” disse Sally. Leon e Sabina annuirono, corsero da me, mi diedero un bacino sulla guancia, poi lo diedero al padre e uscirono dalla camera saltellando, seguiti dalla nonna che chiuse la porta una volta uscita. Percy ed io ci guardammo scuotendo la testa. Poi io guardai l’armadio, la porta del bagno e Percy che aveva fatto gli stessi movimenti…
“Il bagno è mio!” esclamai alzandomi.
“Non stavolta!” disse Percy dopo avermi acchiappata per la collottola del pigiama per farmi ricadere sul letto, si alzò subito anche lui andando verso l’armadio per prendere i vestiti per poi occupare il bagno prima che potesse farlo io. Feci appena in tempo ad acchiappare le mie cose che anche Percy si stava già dirigendo nel bagno. Subito mi parai davanti a lui e prima che potesse entrare nel bagno, gli allungai una mano dietro al collo e andando sulle punte lo baciai. Percy non esitò a rispondere al bacio, solo che io avevo altri piani, infatti, dopo aver fatto casualmente scivolare la mano che gli avevo portato al collo sul petto lo spinsi via, entrai in bagno e chiusi la porta.
“Ehi! Non vale!” Protestò Percy, fuori dal bagno.
“Perché mai non dovrebbe valere?”
“Mi hai baciato per distrarmi! Non vale!”
“Non mi sembra siamo state stabilite regole”
“Stia pronta, Signora Jackson… domani il bagno sarà mio”
“Sono sempre pronta, Signor Jackson, per questo il bagno lo prendo sempre io per prima” risposi. Percy borbottò qualcosa ma non lo sentii e iniziai a prepararmi. Quando fummo entrambi pronti (e Percy si era messo una camicia…che scatole!), mano nella mano uscimmo fuori dalla nostra stanza e percorremmo i corridoi del palazzo di Atene. Scendemmo le scale che portavano all’ingresso e uscimmo dal palazzo. Era una bellissima giornata. Il sole splendeva, non c’era una nuvola nel cielo e una leggerissima brezza primaverile, il clima perfetto per una cavalcata e tirare con l’arco. Percy ed io ci dirigemmo verso l’armeria che si trovava vicino alle scuderie, dove immagino lo stesse aspettando Leon con Sabeen. Molti soldati o servitori ci passavano vicino salutandoci e noi gli ricambiavamo il gesto. Al contrario di quello che mi aspettavo, ero ben vista dal popolo, o almeno dalla maggior parte. Tutti mi trattavano con rispetto, come se non fossi mai stata l’assassina più temuta del Clan.
Camminavamo mano nella mano, chiacchierando tranquilli su Sabina e Leon, flirtando, avendo i nostri soliti piccoli battibecchi o cose del genere, o nei momenti di silenzio ci scambiavamo qualche occhiata o Percy tendeva a darmi baci sulla tempia. Sì… eravamo davvero innamoratissimi. Finalmente arrivammo all’armeria e i bambini, infatti, ci stavano aspettando con nonna Sally. Fecero un sorriso da un orecchio all’altro e ci corsero incontro, Leon dal papà e Sabina da me abbracciandoci dove potevano.
“Sono più iperattivi di voi, questi due! Non stavano nella pelle” commentò Sally venendoci incontro con un sorriso.
“Lo immagino, ma adesso siamo qui, no?” dissi accarezzando la testa di Sabina.
“Mapmamapà andiamo a ctaivaralrleo con l’arco?” dissero i bambini. Traduzione: Leon dice: ‘Papà, andiamo a cavallo?’, Sabina dice: ‘Mamma andiamo a tirare con l’arco?’ contemporaneamente. Io e Percy ci lanciammo uno sguardo per poi dirigerci con i bambini alle nostre attività. In realtà, li stavamo addestrando, preparandoli ad affrontare possibili minacce in futuro, mascherando l’allenamento con dei passatempi che ai bambini piacevano. Ancora per alcune cose erano piccoli e non potevano metterle in pratica, ma altre sì, ad esempio come forzare una serratura con un fermaglio, come ho insegnato a Sabeen, mentre Leon era un ottimo cavaliere, come gli ha insegnato Percy. Sabeen era brava a tirare con l’arco, ma era più propensa ad imparare ad usare il pugnale… come me. Infatti le insegnavo volentieri a maneggiarlo e Sabina era molto dotata, ma mai e poi  MAI le avrei insegnato come ho imparato io, mi rifiuto a usare quel metodo. Mi ricordo quando mi era stato proposto per Leon…
 

3 anni prima…
Ero in una delle solite assemblee mensili. Erano presenti i miei suoceri, mio marito e il consiglio Ateniese. Stavamo discutendo su i soliti argomenti, l’economia della città, le tasse, come aiutare i nullatenenti e del solito problema dei predoni fuori dalla città, ma ormai stavano diventando un problema minore. Come Gran Maestra avevo ordinato al Clan di dividersi e appostarsi lungo le zone più trafficate dai commercianti affinché li proteggessero da possibili assalti. Parlando appunto del Clan, arrivò l’argomento X.
“Principessa Annabeth, Principe Perseus” iniziò uno dei consiglieri “Parlando appunto di questo, noi membri del consiglio abbiamo pensato molte volte a voi, principessa, alla vostra storia e a come ci avete aiutato a sconfiggere Il Titano, il che ci ha fatto venire un’idea” fece una pausa “Tutti voi sapete che un lontano domani, il Principe Leonard diventerà re. Ha già cominciato gli addestramenti, è un bambino intelligente, un po’ magrolino ma si farà crescendo, è sano, forte, ma forse questo non può bastare per renderlo un futuro monarca che dia sicurezza al popolo e ai suoi soldati” Qualcosa già mi diceva che la conversazione stava per prendere una brutta piega.
“Siate diretto, per favore. Dove volete arrivare?” chiese Percy guardandoli sospettoso. Il sacerdote e gli altri membri del consiglio sembrarono turbati.
“Oltre al fatto che la Principessa Annabeth ci abbia salvati tutti” riprese l’uomo "un fattore che da sicurezza al popolo è il fatto che la sua futura Regina sia quasi immune al dolore fisico. Un monarca resistente da più sicurezza al popolo; tutti i membri del Clan sono così e voi, Principessa, siete l’unica reale che conosce a fondo quel tipo di addestramento quindi…” Non ebbe bisogno di finire la frase.
“Voi volete che io sottoponga mio figlio ad un addestramento simile?!” dissi completamente sotto shock. Sally e Poseidone stessi si guardarono stupefatti.
“Principessa-”
“Vi aspettate che io prenda mio figlio e  sottoponga il suo corpo a percussioni, a temperature che passano dal gelo del Cocito a fiamme dell’Inferno in un minuto, a patire la fame e la sete e tanto altro… per un’ idea di sicurezza?” dissi il mio tono sempre più minaccioso.
“Mia signora-”
“SIETE COMPLETAMENTE IMPAZZITI?!” Percy mise la mano sulla mia per tranquillizzarmi “Percy, non toccarmi, non voglio farti male” dissi senza guardarlo. I Consiglieri impallidirono.
“Principessa, vi prego rifletteteci-”
“NON CI PENSO NEMMENO A SOTTOPORRE MIO FIGLIO A UNA TORTURA DEL GENERE!” sbottai.
“Vi prego, almeno ascoltate cosa ne pensa vostro marito!” disse un consigliere. Mi voltai verso Percy e lo vidi in difficoltà.
“L’idea di sottoporre Leonard ad una cosa del genere non mi piace, però forse potrebbe essergli utile in futuro. Se dovrà andare in guerra o ci saranno inconvenienti in qualche viaggio, sarà più preparato ad affrontare il pericolo” disse Percy. Lo guardai esterrefatta.
“Che cosa?!” non credevo alle mie orecchie. Non aspettai la risposta, mi alzai e me ne andai dalla sala delle assemblee, infuriata come una iena e soprattutto ferita. Percy avrebbe acconsentito. Me ne andai nei giardini del palazzo e una volta accertatami di essere sola lasciai cadere le lacrime che per tutto il tempo stavo trattenendo. Erano un misto di rabbia, dolore e i ricordi della mia infanzia distrutta che riaffioravano. Ad un tratto sentii dei passi dietro di me, non ebbi bisogno di voltarmi per sapere chi fosse.
“Lasciami stare Perseus!” dissi acida. Lui però non se ne andò, si avvicinò prendendomi per mano.
“Annabeth” disse con un tono delicato.
“Tu non ti rendi conto di cosa mi hanno chiesto! Non tutti quelli che sono stati sottoposti a quell’addestramento sono sopravvissuti e tu consentiresti di sottoporre nostro figlio ad una cosa del genere!”
“Annabeth mi dispiace” disse lui.
“Tu non sai cosa ho passato, gli orrori che ho vissuto! Non mi puoi chiedere di riproporlo a Leon” ad ogni parola i ricordi mi riaffioravano più vivi. Percy mi voltò e mi strinse forte a sé.
“Annabeth, scusami! Hai ragione, è una idea stupida! Nemmeno io voglio che Leon passi quello che ti ha fatto passare Luke. Leon sarà un grande re anche senza quell’addestramento” finalmente mi calmai, alzai la testa per incontrare gli occhi verdi di Percy. Lui mi asciugò le lacrime con in pollici prendendomi il viso tra le mani “Continueremo noi ad allenare Leon, ma a modo nostro, come abbiamo sempre fatto… e lo stesso vale per Ryan” disse mettendomi una mano sulla pancione appena visibile. Feci un sorriso.
“E se Ryan è una lei?” dissi alzando un sopracciglio.
“E se ‘Ryan’ è una lei come la vuoi chiamare?” disse Percy. Mi vennero subito in mente le mie origine mezze Siriane e mi ricordai un nome Siriano che mi era piaciuto molto. Guardai Percy con un sorrisetto.
“Sabeen”
“Si può fare” disse lui sorridendomi, mi diede un bacio e mi riabbracciò.
 
  
Comunque, mi stavo riposando un po’ dopo l’allenamento di tiro con l’arco, Sabeen mi stava seduta addosso e si mangiava il suo spuntino di metà mattina mentre padre e figlio, tornati dalla loro passeggiata e venuti ad assistere al nostro allenamento, si dilettavano in, come li chiamano loro, ‘giochi da uomini’… ‘fare a botte con papà’, ecco cos’era. Diciamo che il nostro programma giornaliero, era addestramento dei principini e allenamento per me e Percy, ma ci piaceva come lo facevamo. Dopo la sosta poi, tutti e quattro ci saremmo esercitati in una cosa abbastanza complicata, ma utile. Era un contrattacco di gruppo se uno era bloccato e l’altro era tenuto sotto scacco in qualche modo. Leon si sarebbe messo davanti ad un bersaglio, io mi sarei messa ad una certa distanza da lì con l’arco, Octavian, che ci aiutava in questo allenamento ed era tutto imbacuccato con un’armatura speciale, si sarebbe messo da una certa distanza da me puntandomi contro una freccia e Percy o Sabeen avrebbero completato la formazione a quadrilatero, armati o di spada o di pugnale. Appena Octavian ci diede il via, io scoccai la freccia che si conficcò nel bersaglio dietro Leon, Octavian mi scoccò la sua freccia contro, Sabeen tirò il pugnale con precisione e bloccò la freccia e nel frattempo Leon tirò il suo pugnaletto addosso ad Octavian, che avendo l’armatura non si fece male. Andammo avanti così per un po’, alternandoci i ruoli.
“Okay, per oggi basta, principi” disse una voce familiare, mi voltai e feci un sorriso abbassando l’arco.
“Nonna!” fecero Leon e Sabeen andando incontro alla Regina.
“Ciao, mamma” dissi avvicinandomi ad Atena che era stata presa d’assalto dai bambini. Era un po’ che non la vedevo, lei era tornata in Scizia, io vivevo ad Atene con la mia famiglia.
“Atena” salutò Percy (che con mio sommo piacere si era tolto la camicia durante l’allenamento perché aveva caldo).
“Come state?” chiese mamma.
“Non c’è male” le risposi asciugandomi il sudore dell’allenamento, promemoria per me, spostare il campo d’addestramento in un posto all’ombra.
“Hai visto quanto siamo bravi?” fecero Leon e Sabeen alla nonna.
“Non siete bravi, siete bravissimi!” rispose lei sorridendogli, poi alzò lo sguardo verso di noi. “Voi due siete ancora belli arzilli per essere prossimi ai 30”
“ ‘Prossimi ai 30’ un par di ciufoli! Ne abbiamo 25” protestò Percy sorridendo.
“Tu sei più prossimo di me, comunque” dissi trattenendo un sorrisetto.
“Ho solo un anno più di te, taci” Io gli diedi una gomitata leggera sul braccio. Atena scosse la testa con un sorriso.
“La settimana prossima è l’anniversario della vittoria contro il Clan e della tua incoronazione, il Gran Consiglio ha deciso che quest’anno saranno Talia e Nico ad occuparsi della preparazione dell’evento” disse mia madre. Me ne ero totalmente dimenticata!
“Nico e Talia?!” disse Percy shockato, io non ero tanto diversa.
“O Dei, ma quei due-” protestai
“-faranno tutto nero!” completò Leon
“E con teschi! Non mi piacciono i teschi!” protestò Sabeen.
“Esattamente” conclusi. Atena rise.
“Potete tenerli sott’occhio? Almeno cercate di contenere la quantità di nero e di mascherare i teschi, vi aiuteranno anche gli altri”
In conclusione, per tutta la settimana io e Percy fummo impegnati a tenere sott’occhio i lavori di Nico e Talia. Quei due non hanno fatto altro che scannarsi a vicenda per tutto il tempo. Talia voleva una cosa Nico il contrario. Ma alla fine trovavamo sempre una via di mezzo e siamo riusciti a non usare troppo il nero e abbiamo camuffato i teschi che voleva Nico.
La serata della festa, tutti ci preparammo per le celebrazioni. Calipso e Silena mi rapirono, letteralmente, per prepararmi per i festeggiamenti. Erano già 8 anni che si faceva questa celebrazione, ero abituata alla routine.
Come al solito, Silena mi aiutò con gli abiti e Calipso con i capelli. Dopo parecchie proteste per il trucco e la scelta dell’abito, finalmente ero pronta. Indossavo un vestito celestino, quasi bianco, che arrivava fino al ginocchio, aderente fino alla vita e più lento sotto, con delle ballerine bianche. Al collo mi ero messa la collana d’argento raffigurante un gufo, che mi aveva regalato Percy per il nostro primo anniversario. Calipso mi aveva fatto una treccia laterale e come firma della sua mano ci intrecciò dei fiorellini bianchi… non male… mi piacevo. Stavo chiacchierando un po’ con le ragazze e prendendo un aperitivo ‘Just for Women’, quando entrarono nella stanza Sabeen con Sally. Mia figlia aveva un vestitino tutto bianco con dei fiocchi uno dietro la schiena e l’altro davanti e altri due più piccoli sulle maniche corte e come se non bastasse, altri due bianchi sui capelli…quello non gliel’ho regalato io e nemmeno Percy… Poseidone…
“Houston, abbiamo un problema” disse Sally chiudendo la porta dietro di sé.
“Ciao, mamma” fece Sabeen con un po’ di broncio.
“Amore, sembri una meringa!” dissi scherzosa appena vidi il vestito.
“Ho avuto la stessa reazione” disse Sally.
“Me lo ha regalato nonno Poseidone” disse Sabina indicando  il vestito “Mi ha chiesto di metterlo”
“Ma sei carina, perché quel broncio?” dissi un po’ con ‘l’ipocrisia del genitore’. Sinceramente, sapevo che gatta ci cova.
“Non voglio far dispiacere al nonno…” disse Sabeen “…ma non mi piace questo vestito!”
“Bheee…” guardai verso Sally che mi lanciò un’occhiata che diceva con chiarezza ‘Il vestito non piace neanche a me’ e in tutta sincerità, non lo avrei mai messo a Sabeen. “Forse nonna Sally può aiutarci a risolvere la cosa” dissi. Sally sembrò subito illuminarsi, si avvicinò al tavolo e prese il mio bicchiere di vino rosso.
“Sabeen, avvicinati” disse, la bambina si avvicinò e “Ops!” rovesciò un po’ di vino sul vestito della nipotina. “Accidenti! Che danno!” disse con sarcasmo.
“Mannaggia! Il vino rosso sul bianco non va proprio via! Dovrai cambiarti, Sabina” dissi con altrettanto sarcasmo.
“Vabbè, non importa, mi scuso io con il nonno” disse Sally. Sabeen sorrideva da un orecchio all’altro.
“Grazie” fece Sabeen tutta contenta.
“Vai a cambiarti ti raggiungo tra un attimo e poi andiamo da Leon e papà, okay?” dissi accarezzandola. Sabeen sorrise e uscì seguita dalla nonna. Scossi la testa. Tale madre tale figlia, anche Sabeen odia i vestiti e le gonne.
“Wow” disse Calipso. Io la guardai con uno sguardo inquisitore “Sei la principessa più giovane, ma sei stata la prima a sposarsi e ad avere figli. Chi lo avrebbe mai detto?”
“Ma è stata l’ultima a fidanzarsi” disse Silena.
“Riesci sempre a rovinare l’atmosfera” borbottò Calipso.
“Percy però è anche il mio primo amore” dissi io
“No, Percy è la tua anima gemella!” disse Silena passata in modalità romanticismo. Da quando si è sposata con Beckendorf  7 anni fa è diventata ancora più romanticona. “E già che siamo in tema… io avrei qualcosa da dirvi” disse Silena. Io e Calipso fummo tutt’orecchie. “Indizio: io e Charlie abbiamo finalmente preso una decisione e la cosa decisa è stata conseguita”. Io e Calipso ci guardammo un attimo. Mi misi un momento a pensare a loro due ma non mi venne in mente niente, poi l’illuminazione.
“Lo hai convinto!” Silena annuì sorridente.
“Quindi…”fece Calipso illuminandosi.
“Sono incinta!” disse contenta.
“DAVVERO?!- E’ FANTASTICO!- DA QUANTO?!- CHE BELLO!- YUHUUU!” questa fu la reazione in un attimo di caos di felicità per la nostra amica. “Come lo hai convinto? Pensavo che lui non si sentisse pronto ad avere figli” dissi.
“Tu l’hai convinto” disse Silena.
“IO?!”
“Bhe, Sabeen e Leon” specificò Silena “Tutte le volte che gli ha dovuto fare da babysitter, lo hanno fatto pensare e ha capito che aveva tutto: amore, famiglia, rispetto, ma che gli mancava un figlio e quindi alla fine è venuto da me e mi ha detto ‘Silena, ho capito che sono un uomo adulto e sono in grado di gestire le mie responsabilità e so che tu desideri avere una famiglia tua ed è quello che voglio anch’io, sono pronto per fare il padre’ non sapete quanto sono stata contenta” disse con un gran sorriso.
“Awww! Che romantico Charlie!” fece Calipso con aria sognante.
“Sono felice per te Silena” dissi sincera. Poi il dovere ci chiamò, tutte e tre uscimmo dalla sala e ognuna andò per la sua strada. Andai come promesso a prendere Sabeen nella sua stanza e per fortuna la bambina si era cambiata, adesso aveva un vestitino bianco con un fiocco azzurro che si legava dietro la schiena e i capelli li aveva liberati da quei due fiocchetti bianchi e al loro posto ci aveva messo solo una molletta con un fiorellino bianco e dei mocassini bianchi. Un amore! Le aggiustai il fiocco  e la molletta che erano un po’ storti e poi raggiungemmo i nostri ‘uomini’…Percy e Leon. Entrambi indossavano la loro uniforme reale.  L’uniforme di Percy era bianca con gli alamari d’oro e una fascia bianca con i bordi d’oro, con una spilla sempre d’oro che raffigurava il tridente di Atene, i pantaloni aderenti grigi con una riga bianca sul lato e gli stivali neri e Vortice sempre attaccata alla cintura. I suoi capelli erano sempre scompigliati come se fosse appena stato in spiaggia e i suoi occhi verdi brillarono quando ci vide. Leon aveva l’uniforme uguale solo che era rossa con gli alamari d’oro, senza fascia e i pantaloni e gli stivali neri, anche Leon aveva la sua cintura con il suo pugnalino personale. I suoi occhi azzurri cangianti svegli e vispi come sempre. Che belli… Poi prendendo a braccetto, io Percy e Sabeen il fratello, andammo alla cerimonia pronti a divertirci come abbiamo sempre fatto. E’ vero all’inizio è un po’ pallosa ma dopo la cerimonia di memoria comincia la vera festa, piena di luci, musica, e gente che balla, canta e si diverte.
Alcuni dicono che quando le cose vanno bene a lungo, quando si è circondati da persone che ti vogliono bene e sai che puoi contare sempre su di loro, nulla potrà mai più andare storto, soprattutto se si è già stati colpiti dalle ingiustizie della vita in passato e si è finalmente riusciti a trovare pace… GRANDISSIMA CAZZATA!
 

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Capitolo 3
*** Il Ritorno dell'Angelo ***


Annabeth's POV:

Dopo la cerimonia iniziale tutti si diressero verso i vari buffet situati in città o andava a ballare nelle piazze della città o semplicemente si metteva a cantare tutte le canzoni che conosceva, fatto sta che era una bella situazione, luci, allegria, una bella festa. Mi trovavo a un buffet nella piazza principale. Leon e Sabeen erano in giro per la piazza. Non li avevo esattamente sott’occhio ma mi ero raccomandata di restare nella piazza principale e sapevo che nonostante fossero due petardi erano affidabili. Percy stava vicino a me con un braccio intorno alla vita e chiacchieravamo con in nostri amici. Ad un tratto la musica si affievolì e vidi Poseidone salire sul palco dove si trovavano i musicisti.
“Buonasera a tutti voi!” cominciò il re “Volevo solo dire due parole prima di continuare i festeggiamenti” fece una pausa “Come tutti ben ricordate, con oggi sono passati ben 8 anni dalla nascita della nostra alleanza e della sconfitta contro Crono e penso che sia finalmente ora di fare un solenne ringraziamento ai principi a cui va parte del merito di questo gran risultato. Se non fosse stato per loro e il loro veto, sarebbe stato compiuto un grande errore, e al satiro Grover che ha contribuito al recupero dello Scudo Olimpico” si levò un applauso per i miei amici. Non vedevo Grover, ma immagino che anche lui fosse stato colto di sorpresa come gli altri, Silena per prima non se lo aspettava. Pensandoci bene, buona parte del merito era di Silena. Se lei non mi avesse liberata, io non sarei potuta andare a convincere mia madre a fermare la secessione, le Amazzoni non avrebbero combattuto e forse Crono sarebbe riuscito a vincere. “E poi vorrei fare un altro ringraziamento ai nostri principi Perseus e Annabeth, per grande coraggio che hanno mostrato, e per essere i nostri eroi di cui sono fiero di essere imparentato” un altro applauso si levò per noi ma quando Poseidone stette per continuare venne interrotto.
“Sì, sì, il tutto è molto interessante!” disse una voce sconosciuta. “Ma questi discorsi fanno venire il latte alle ginocchia” Un brivido mi percorse la schiena… pensandoci bene… conoscevo quella voce! Mi voltai e vidi lui: coetaneo di mia madre, bruno, con la barba, occhi neri, alto, robusto, con un’armatura leggera sugli avambracci e un mantello che lo copriva fino agli stivali con gli schinieri di bronzo, la cicatrice sul suo volto me la ricordavo bene come quella che sapevo essere sulla mano, il polso, con esattezza. La folla gli fece largo, il popolo spaventato dal suo aspetto. “Quanto tempo che non ci si vede, vero Annabeth?” disse “E Atena! Vostra Maestà!” disse volgendosi verso mia madre “Chiedo scusa se non mi inchino, ma ci tengo alla mia testa” Eh?Cosa?!
“Pallante” disse mia madre “Pensavo di averti dato una lezione”
“Mamma, tu come lo conosci?” le chiesi.
“Ha tentato di usurpare il trono di Scizia quando sono morti Ippolita e tuo padre, lui era lì la notte dell’assalto” spiegò brevemente Atena.
“E tua figlia ha usurpato il mio posto di Gran Maestro!” disse Pallante velenoso. Pallante era uno del Clan. Luke era un allievo di Crono, Pallante era l’altro, il favorito. La mente astuta di Luke era limitata, Pallante era  La Volpe, in quanto strategie, lui non aveva mai fallito. Crono sapeva a chi avrebbe lasciato il comando ma con il mio arrivo la cosa fu molto compromessa e quando ho ucciso Crono, ho preso il suo posto come diceva la legge del Clan. Octavian mi aveva raccontato che Pallante aveva tentato di far insorgere il Clan nuovamente contro di noi, ma pochi gli diedero ascolto e venne cacciato prima che il Clan venisse a proclamarmi Gran Maestra.
“Essere Gran Maestra del Clan mi spetta per legge e tu lo sai!” gli dissi avanzando. Percy era rimasto dietro di me ad osservare la scena attentamente e allarmato.
“Facciamola breve. Non mi va di parlare dei fatti nostri in pubblico, preferisco invitarti a fare due chiacchiere in privato nel mio nascondiglio”
“Per poi provare ad accopparmi? Grazie, ma no grazie” risposi. Pallante mi scrutò. Sentivo i suoi occhi neri analizzarmi.
“Allora mi toccherà farti venire con le maniere forti” disse con finto dispiacere. Un ghigno apparve sul suo volto. Analizzai la situazione e feci bene perché con la coda dell’occhio vidi una freccia arrivarmi addosso, ma mi scansai appena in tempo. Ci fu un momento di panico generale. I soldati subito fecero per accorrere ma Poseidone li fermò.
“FERMI! Puntano tutti sulla principessa!” disse. Infatti gli arcieri puntavano tutti su di me. Pallante mi scrutò di nuovo.
“Quante cose che ti tiene in serbo la vita, eh?” disse Pallante “Chi lo avrebbe mai detto? Non avrei mai pensato di vederti con un vestito, con la fede al dito… e un figlio” in quel momento spostò il mantello e vidi che teneva Leon con un pugnale sotto la gola e con una mano sulla bocca. Ci fu un gemito di terrore tra la folla.
“LEON!” gridammo io e Percy, facemmo per corrergli incontro, Percy sfoderò Vortice, ma poi ci bloccammo subito quando Pallante premette ancora di più la lama contro il collo di mio figlio.
“Ti stai chiedendo come faccia a sapere che si tratta di tuo figlio?” provocò Pallante “Guardalo! Ha i tuoi occhi; lo stesso azzurro cangiante. Un colore così non è facile da dimenticare, soprattutto quando sono gli occhi di qualcuno che ha tentato di ucciderti, vero Atena?” disse volgendosi verso mia madre, a fine frase. Non mi voltai a seguire il suo sguardo, avevo gli occhi puntati su Leon.
“Lascialo andare, Pallante” dissi tra i denti. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. Erano anni che non mi sentivo più così… arrabbiata.
“O cosa?” provocò lui. Non gli risposi tanto ero concentrata su come riprendermi Leon, ma non potevo fare più di tanto, gli arcieri puntavano su di me e avevano ottima mira e se mi fossi avvicinata avrebbe ucciso leon sicuramente. “Hai una settimana per farti viva. Ti porti dietro l’esercito e tuo figlio muore, non ti fai vedere, muore lo stesso”
“Torcigli un capello e rimpiangerai di essere nato” dissi infuriata.
“Allora credo che non abbiamo altro da dirci” disse Pallante. In quel momento gli arcieri appostati scoccarono le frecce. Faci appena in tempo a spostarmi che una si conficcò ai miei piedi.
“SOLDATI!” Gridò re Poseidone e subito i guerrieri si lanciarono alla difesa della città. Pallante si portò dietro Leon che mi chiamava e scalciava. Percy fece per corrergli dietro, ma io lo bloccai subito acchiappandolo per un braccio.
“Trova Sabeen, io prendo Leon” dissi lui annuì e subito corse alla ricerca di nostra figlia mentre io mi lanciai nel caos per recuperare Leon e suonarle a Pallante. Un suo soldato mi venne addosso e subito i miei vecchi istinti di assassina ritornarono. Gli andai sotto, invece di aspettarlo, quando scagliò il colpo gli presi il polso, mi rigirai e gli diedi una gomitata sulla tempia, gli rubai la spada e lo colpì (senza sporcarmi il vestito, tra l’altro, 2 punti in più per me). Con l’adrenalina a mille, corsi dietro alla figura sempre più lontana di Pallante. Lo rincorsi fino ai cancelli più vicini, ma con la scomodità del vestito non potei fare acrobazie e mi dovetti limitare a correre… a correre come non ho mai fatto prima, ma per la prima volta non fui abbastanza veloce. Pallante caricò Leon su un cavallo, salì e si allontanò chiamando la ritirata dei suoi. Avevo fallito e mio figlio era in pericolo.
“Annabeth!” chiamò Beckendorf allarmato arrivando insieme ad un Percy furioso, ma che subito venne and abbracciarmi.
“Stai bene?” chiese Percy.
“Hanno preso Leon” dissi infuriata.
“Annabeth, quei bastardi hanno preso anche Sabeen, sono arrivato che era appena stata caricata su un cavallo, non sono riuscito a prenderla” disse mio marito abbassando lo sguardo. E allora non ci vidi più, sentivo il sangue ribollirmi di rabbia nelle vene.
“Raduneremo il consiglio e ci metteremo d’accordo sul da farsi” disse Beckendorf.  Ecco bravo, raduna il consiglio…pensai Pallante rimpiangerà il giorno in cui ha deciso di sfidarmi, fosse l’ultima cosa che faccio! Non permetterò a nessuno di fare del male alla mia famiglia!
Quella notte, mi preparai per bene. Avevo una settimana di tempo per trovare i miei bambini. Se c’è una cosa che è sempre riuscita a farmi trattenere da scatti impulsivi è l’autocontrollo di Percy. Sapevo che anche lui era preoccupato, ma riuscì, nonostante la situazione a rimanere calmo e non dare i numeri, ma per una volta questa sua tranquillità apparente, non riuscì a trattenermi. Nel cuore della notte, mi alzai dal letto, cercando di non svegliare Percy, e facendo il minimo rumore, andai cambiarmi. Mi misi dei pantaloni attillati blu scuri, una maglia nera, gli stivali neri e la mia cintura di cuoio in cui ancora tenevo l’anello del Clan. Dopo essermi cambiata, andai nell’armeria dove sapevo che avrei trovato un baule con le mie armi e armature. Mi misi gli schinieri sugli stivali, poi la protezione per una spalla e in fine le mie polsiere corazzate che contenevano le mie lame nascoste. Poi, attaccati i foderi alla cintura, presi la mia spada e il pugnale. Prima di prepararmi ad andarmene, mi ero preparata una borsa a tracolla con il necessario per il viaggio. Ero pronta, ma mancava solo una cosa. Aprii il porta oggetti che non toccavo da 8 anni e presi l’anello del Clan. Lo osservai un momento, ma poi mi decisi e lo misi al medio della mano sinistra, vicino alla fede. Pallante non se la sarebbe vista con Annabeth ma con L’Angelo della Morte.
Ero talmente concentrata sul da farsi che a malapena mi accorsi che stava piovendo, molto. Sentivo i lampi ma questo non mi fermò dal prepararmi ad andarmene. Andai subito nelle stalle a sellare Starlight, mentre  la pioggia cadeva e i tuoni rimbombavano. Il rumore era così forte che non sentii qualcuno avvicinarsi a me finché non sentii una mano sulla spalla, ma quella era una mano che conoscevo e non mi voltai a colpire il possibile assalitore. Mi voltai e mi ritrovai faccia a faccia con Percy. Indossava gli stessi abiti che aveva quando ci siamo conosciuti e anche lui si era preparato mettendosi un’armatura leggera simile alla mia, e anche lui aveva una tracolla.
“Se tu vai a prenderli” disse Percy guardandomi deciso negli occhi “Io vengo con te”. Non risposi, sapevo che sarebbe venuti nonostante possibili proteste, ma gliene ero grata. “Dobbiamo restare insieme”
“Insieme” ripetei.
Così partimmo di nuovo, come la prima volta. Percy ed io, il Principe e l’Assassina; ma questa volta non era solo per salvare il regno, questa volta era per salvare la nostra famiglia.
 
Ecco il nuovo capitolo! Spero vi sia piaciuto ;)
Commentate e ditemi che ne pensate di questa storia, commenti costruttivi sempre ben accetti, e ci vediamo al prossimo capitolo!
Ciao, ciao!
The Princess of Stars


 

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Capitolo 4
*** Sulle Tracce di Leon e Sabeen ***


Annabeth’s POV:

Mi trovavo nella foresta con Percy, sapevo dove avrei trovato Pallante, in uno dei nascondigli del Clan qui nell’Attica, ma la domanda era: quale nascondiglio? La pioggia aveva cancellato le impronte e non avevamo più una traccia. In questa zona ci sono due nascondigli vicino ad Atene, uno a Nord e uno ad Ovest. Solo una volta che ci fermammo per la mancanza di impronte capii che Pallante aveva previsto la mia mossa e stava cercando di farci perdere tempo. Guardando la mia ombra e la posizione del sole mattutino, capii che ci trovavamo perfettamente a Nord-Ovest. Pallante lo aveva fatto apposta. O aveva allungato la strada o aveva fatto allungare il percorso ai suoi e mandato qualcuno al nascondiglio con Leon e Sabeen, oppure lui è con loro.
Ero scesa da cavallo andando a cercare tracce nella zona, ma non ebbi tanta fortuna. Percy era rimasto con i cavalli e si guardava intorno nella speranza di trovare tracce anche lui.
“Trovato niente?” disse Percy.
“No, la pioggia ha cancellato tutte le impronte di zoccoli” dissi, rialzandomi dalla mia posizione accovacciata.
“E adesso che facciamo? Tu mi hai detto che i nascondigli sono due, noi siamo due, potremmo separarci, ma rischiamo troppo”
“Pallante potrebbe anche aver diviso Leon e Sabeen”
“Spero di no… non faremmo in tempo a prenderli tutti e due e- Annabeth guarda!” indicò Percy. Alzai lo sguardo e vidi dove puntava, un punto dove i rami degli alberelli si infittivano un po’. Su un ramo era incagliato un piccolo pezzo di stoffa blu. Mi avvicinai subito ad esaminarlo. Lo presi tra le mani e al tatto riconobbi il materiale.
“E’ un pezzo del fiocco di Sabeen” dissi a Percy. Lui si avvicinò al ramo con il cavallo. Io rialzai il braccio all’altezza del ramo dove era incagliato il pezzo di stoffa e vidi che combaciava con l’altezza di una persona su un cavallo. “Sabeen è passata di qui” dissi
“E la trasportavano su un cavallo” disse Percy. Non salii ancora su Starlight, ma proseguii verso la direzione dove era passato il cavallo con Sabeen. Ad un certo punto vidi qualcosa, orme. Erano appena visibili.
“Percy, qui c’è solo fanghiglia, di orme ce ne sono ancora alcune!” Lui mi parve subito illuminarsi. Io proseguii e poi vidi un oggetto familiare a terra. Mi accovacciai e presi l’oggetto: lil fodero con ancora dentro lo spadino di Leon. Capii subito cos’era successo.
“Bravo, Leon” dissi tra me e me.
“Annabeth?” chiamò Percy.
“Sono passati di qui” dissi incominciando a ricostruire la scena “erano due o tre cavalli che si sono separati dal gruppo. Camminavano distanziati di poco. Sono passati qui e il ramo ha agganciato il nastro del vestito di Sabeen. Leon doveva stare sul cavallo dietro e ha pensato bene di lasciarci una traccia” dissi mostrando lo spadino a Percy. Lui lo guardò in fretta, preoccupato.
“E’ riuscito a sciogliersi la cintura con lo spadino” disse Percy capendo.   
 “Abbiamo tutte le informazioni che ci servono” dissi rimontando a cavallo. “Primo, Pallante ha tentato di fregarci; secondo, Leon ci ha lasciato una traccia per farsi trovare ma adesso i bambini sono disarmati; terzo, sappiamo dove dobbiamo andare”
“All’accampamento a ovest” disse Percy.
“Non l’accampamento, la fortezza. Pallante non è stupido. Ha scelto il nascondiglio meglio difeso. Percy, lui  sta aspettando me, non sa che ci sei anche tu. Dobbiamo usare questa cosa a nostro vantaggio”
“Dove sta la fortezza?” chiese Percy
“A due giorni da qui” dissi “La strada più corta ci farà risparmiare mezza giornata di viaggio, ma passa per…” mi bloccai, ricordandomi l’ultima volta che sono stata in quel luogo.
“Per…?”
“Per la gola che porta a Livada. La fortezza  sta ben nascosta a pochi chilometri fuori dai Cheronea”
“La Gola di Livada non è solo zona di banditi, lo sai vero?” disse Percy.
“Lo so… Luke e Crono mi hanno addestrata lì per due mesi quando avevo 10 anni” dissi non guardandolo. Percy si allungò dalla sella e mi mise una mano sul ginocchio. Gli feci un mezzo sorriso e lui ritrasse la mano.
“Possiamo aggirarla, ma così ci vorranno due giorni pieni” dissi.
“Passiamo per la gola. E’ rischioso, ma è la strada più corta e se ne avremo bisogno possiamo fermarci un paio d’ore a Livada” disse Percy.
“Allora andiamo a prenderli” dissi decisa. Sentivo un fuoco dentro di me al solo pensiero di Pallante che aveva tra le mani i miei bambini e che poteva fargli del male senza che io potessi fare nulla o peggio... rivelargli il mio passato.
“Annabeth” disse Percy con tono calmo. Io mi voltai e lo guardai “Cerca di restare lucida” aggrottai un po’ le sopracciglia
“Che vuoi dire?”
“Pallante ha rapito i nostri figli e tu sei preoccupata e arrabbiata quanto me, forse di più. Ed è questo ‘forse’ che mi preoccupa. Tu sai che probabilmente dovremmo combattere: non farti prendere troppo la mano” disse Percy capii che intendeva e aveva ragione. Al momento avevo una cosa sola in mente: riprendere i miei bambini a qualunque costo e farla pagare a quel mostro di Pallante.
Con un colpo di talloni i nostri cavalli partirono al galoppo. Io facevo strada e Percy mi stava dietro. Galoppammo parecchio almeno una giornata con due pause di un’ora per far riprendere fiato ai cavalli, ma poi fummo costretti a fermarci per accamparci per la notte. Trovammo un posticino riparato nella foresta. Legammo i cavalli ad un ramo e cominciammo a sistemarci per la notte. Percy andò a cercare un po’ d’acqua per i cavalli e mentre io preparavo il fuoco. La notte era fredda e umida, con la pioggia della sera prima fu difficile trovare legna buona per accendere il fuoco. Una volta sistemati per la notte, Percy ed io mangiammo qualcosa . Ci eravamo fatti una scorta prima di partire, ma entrami mangiammo poco, non solo per non finire ma perché non avevamo fame. Mangiavamo solo perché ne avevamo bisogno ma eravamo così nervosi e preoccupati che se ne era andato anche il nostro appetito. Restammo in silenzio, accoccolati davanti al fuoco, lui seduto a terra appoggiato su un tronco e io seduta in mezzo alle sue gambe appoggiando la schiena al suo petto, mentre Percy mi cinse la vita con un braccio appoggiando il mento sulla mia spalla.
“Secondo te come stanno?” chiesi a un tratto.
“Spero bene, Sapientona…” disse Percy con un sospiro “Spero bene”
“Anch’io…” dissi e ricadde nuovamente il silenzio. “Se Pallante gli ha fatto qualcosa, giuro che lo-”
“Annabeth, calmati” disse Percy stringendomi a lui “Non lasciarti prendere dal desiderio di ucciderlo. Pensa a Leon e Sabeen. Cosa penseranno se vedranno la loro mamma uccidere un uomo a sangue freddo?” Percy aveva ragione.
“Questo non significa che non possa rompergli il naso con un pugno”
“Io penserò ai denti” Lo guardai con un sorriso. Anche in questa situazione era in grado di farmi sorridere. Ma il sorriso durò poco non appena il pensiero dei miei bambini in pericolo mi tornò in mente. Percy mi diede un bacio sulla testa e riappoggiò il mento sulla mia spalla. “Dovremmo provare a dormire” disse
“E chi fa la guardia?” dissi con gli occhi già socchiusi.
“Starlight e Blackjack, i cavalli fiutano il pericolo prima dell’uomo, ti sveglieranno loro se siamo nei guai” disse Percy
“Perché ‘ti’?”
“Perché a me neanche la grancassa sveglia, figurati due cavalli”
“Giusto, non ci avevo pensato” Percy riddacchiò. Io chiusi gli occhi per dormire.
“Domani ci muoviamo all’alba”
“Come la signora desidera” e poi ci addormentammo al calore del fuoco. Quella notte non sognai niente. Ero talmente preoccupata che la mia mente non aveva spazio per i sogni.
L’alba arrivò presto. Ai primi raggi del sole aprii gli occhi. Mi guardai intorno e vidi che il fuoco si era ormai spento, Starlight e Blackjack se ne stavano tranquilli legati al loro ramo. Percy aveva ancora il mento appoggiato sulla mia spalla e mi teneva il braccio attorno alla vita. Sarei voluta restare così, ma dovevamo andare, Leon e Sabeen erano nei guai e noi dovevamo salvarli. Subito cominciai a svegliare Percy con un’arma migliore della grancassa: le coccole. Ebbene sì, funzionano. Gli misi una mano sulla guancia accarezzandola e chiamandolo.
“Percy” chiamai lui si mosse appena. Dalla guancia gli portai la mano tra i capelli ebano facendogli i grattini dietro la nuca, era la mia arma segreta, funzionava sempre. “Percy” chiamai nuovamente e lui si svegliò. Strizzò un po’ gli occhi e mi guardò e capì subito perché lo avevo chiamato.
“E’ ora di andare” disse e non era una domanda. Io annuì, lui mi diede un bacio sulla tempia e mi lasciò per farmi alzare. Mi tirai su da terra e lui si alzò subito dopo.
“Ow… il mio sedere” brontolò Percy.
“Se ti può consolare, quando stavo nel Clan spesso ho dormito seduta per terra” dissi “ma ormai ho perso l’abitudine” brontolai anch’io. Il mio fondoschiena non era più abituato a dormire per terra o su brande dure. Diciamo che la vita di palazzo ha i suoi vantaggi e uno di questi era il letto morbido.
“Andiamo, prima ci muoviamo prima salviamo i bambini” dissi Percy non rispose, ma mi seguì, sciogliemmo il cavalli e montati a cavallo subito ripartimmo. Galoppammo a lungo, io non vedevo altro che davanti a me. Continuavo a pensare a Leon e Sabeen. Come stavano? Erano feriti? Erano insieme? Erano separati? Pallante gli ha fatto qualcosa? Tutti questi pensieri mi offuscavano la mente. Non appena avrei messo le mani su Pallante lo avrei-
“ANNABETH FERMA!” gridò Percy, risvegliandomi dal trance. Subito notai il ramo basso a cui stavo per schiantarmi e fermai Starlight di colpo. Feci appena in tempo a fermarmi. Percy mi raggiunse subito.
“Tutto a posto?” chiese preoccupato. Deglutii riprendendomi un momento.
“Sì” risposi.
“So che sei preoccupata per Leon e Sabeen, ma se non ti concentri su quello che stai facendo, non ci arriviamo da Leon e Sabeen” disse lui con un po' di sarcasmo alla fine.
“Lo so, scusa. Sono preoccupata. Non riesco a pensare ad altro. Tu non sai quanto possa essere crudele Pallante… e se gli ha fatto del male?” dissi.
“Annabeth, devi restare lucida. Devi rimanere calma e concentrarti su quello che facciamo adesso. Immagino che tu voglia fargliela pagare a Pallante, ma devi controllarti. Non lasciare che lui ti faccia tornare a quello che ti ha resa Crono. Leon e Sabeen hanno bisogno della loro mamma… non permettere a Pallante di trasformarla in assassina” Io guardai riflettendo sulle sue parole. Percy aveva ragione… il che stava accadendo molto spesso.
“Da quando sei diventato tu quello saggio?” dissi.
“Da quando ho sposato una Sapientona che mi ha influenzato” disse scambiandoci un sorriso. Mi guardai nuovamente intorno.
“La foresta si infittisce, non possiamo galoppare” dissi.
“Possiamo aggirare questo punto” suggerì Percy.
“No, così perdiamo tempo e se galoppiamo stancheremo solo i cavalli” dissi.
“Allora passiamo di qui”
“E appena usciti dirigiamoci verso la Gola” conclusi. Percy ed io ci scambiammo uno sguardo e ci addentrammo nella foresta. La foresta era cupa e fitta i rami e le foglie erano talmente intricati che bloccavano quasi interamente i raggi del sole mattutino. Si sentiva solo il rumore degli zoccoli dei cavalli che camminava avanti con le orecchie tese in avanti. Anche Percy sapeva che adesso no ci dovevamo parlare. I cavalli hanno un udito fino e in caso di pericolo ci sarebbe bastato vedere dove spostavano le orecchie. Per buona parte del cammino, tutto tacque. Non si mosse una foglia. Percy ed io ci scambiavamo occhiate occasionalmente, come per dirci che andava tutto bene. Continuammo a camminare quando all’improvviso Starlight e Blackjack si fermarono di botto. Starlight era irrequieto e aveva voltato l’orecchio a destra. Sguainai la spada pronta e sentii Percy sguainare Vortice. Più stavamo fermi, più  i cavalli si agitavano guardando a destra e a sinistra. Poi il ruggito che oramai sapevo riconoscere: manticora. Ma quando ne sentii un altro, capii che eravamo nei guai… erano due. Percy ed io ci guardammo, ormai mancava poco all’uscita. Una manticora era già molto difficile da uccidere in due, due manticore era altamente rischioso e io una manticora da sola l’ho uccisa quando ero sicario di Crono, ma non potevamo rischiare così. Percy ed io ci guardammo e partimmo al galoppo pronti a tagliare i rami che ci avrebbero intralciato con le spade, appena in tempo che le manticore ci furono presto alle calcagna.
 

Leon’s POV:

“Lasciami! Mettimi giù!” strillai scalciando e tirando pugni mentre il brutto ceffo mi portava di peso da qualche parte.
“E sta fermo, moccioso!” ringhiò lui. Non mi piace questo posto. E’ una specie di fortezza di legno come quelle dei soldati di Mamma e Papà che stanno fuori dalla città e controllano le strade dove passano quei signori con gli asinelli che portano un sacco di cose buone al palazzo. Qui però è buio e pieno di tizi ancora più brutti di questo. Eravamo arrivati da poco e durante la notte mi hanno messo una cinghia in bocca e mi hanno legato a un albero. Mi hanno svegliato con una secchiata d’acqua fredda e poi mi hanno ricaricato sul cavallo e mi hanno portato qui. Ma quello che mi preoccupava era che arrivati davanti una gola il tizio che portava Sabi era andato in un'altra direzione. Qualcosa riguardo a un diversivo.
“Ho detto mettimi giù! Te lo ordina il Principe Leonard!”
“E chi se ne frega?!”
“Mettimi giù brutto-” non feci in tempo a finire la frase che mi buttò in una cella buia e fredda. Stavamo sottoterra, lo sapevo. Avevamo disceso una scala per arrivare qui e mentre sopra era quasi tutto in legno, qui era tutto di pietra. L’aria era fredda e umida, le mattonelle del pavimento erano fredde, bagnaticce e soprattutto dure. “Ahio!” esclamai massaggiandomi il gomito che aveva sbattuto sul pavimento.
“Così ti impari a stare zitto, marmocchio” disse quello prima di chiudendo la cella. Stavo per rispondergli male quando sentii altro strillare. Un altro bruto arrivò e appena l’altro gli aprì la porta lanciò dentro chi portava sulla spalla.
“Sabeen!” esclamai.
“Leon!” esclamò appena abbracciai la mia sorellina. La strinsi forte a me mentre quei due se ne andarono.
“Ti hanno fatto male?” chiesi preoccupato.
“No. Ho paura, Leo! Chi sono questi? Perché ci hanno portato qui?” disse Sabeen con le lacrime agli occhi. Era questo uno di quei momenti dove la mente da mia coetanea di Sabi lasciava spazio alla effettiva bambina di 5 anni che era. Mi stringeva forte e tremava dalla paura.
“Aw… che scenetta tenera! Potrei vomitare…” disse la voce del bruto che la mamma aveva chiamato Pallante.
“Che cosa vuoi da noi?” dissi a quell’omone mentre Sabeen cercava di stringersi ancora di più a me.
“Da voi niente, ragazzino. Voi siete solo un’esca” disse avvicinandosi ed esaminandoci. Poi entrò nella cella e si avvicinò a noi. Io subito mi alzai in piedi nascondendo Sabi dietro di me. Mentre lei mi strinse le maniche della camicia nei pugni. Pallante fece un sorriso pauroso. Ma tentai di non farmi spaventare.
“Non la toccare!” dissi avendo paura che volesse avvicinarsi a mia sorella. Ma lui invece si chinò e mi prese il volto con una mano ruvida e callosa avvicinando il volto al mio per esaminarmi.
“Toglimi le zampacce di dosso, brutto verme puzzone!” Ma lui non mi tolse la mano di dosso allora tentai di tirargli un pugno e ribellarmi ma lui mi immobilizzò bloccandomi a terra. Incontrai lo sguardo terrorizzato di Sabi e continuai a dimenarmi.
"Lasciami! Lasciami sottospecie di cavernicolo decelebrato!"
“Sì, sei proprio figlio di tua madre.  Stessi occhi, stesso vocabolario, stessa audacia e soprattutto stessa tendenza a insultare l’avversario. Peccato che Annabeth sappia fare di meglio” disse dandomi dei buffetti sulla guancia e poi guardò Sabeen e fece un altro ghigno lasciandomi la faccia. “E la tua sorellina è l’esatta copia del Principe Perseus” commentò lasciandomi andaare e allontanandosi. Sabeen tornò subito al mio fianco stringendomi un braccio aiutandomi ad alzarmi mentre Pallante usciva. Pensai che se ne stesse per andare e mi sedetti nuovamente a terra coccolando la mia sorellina spaventata cercando di confortarla.
“Chi lo avrebbe mai detto? Un principe che si sposa un’assassina e ha pure due figli con lei” disse Pallante
“Un’assassina?! La mamma non è un’assassina è una principessa!” ribattei.
“Pensavo che non ci fossero segreti nella vostra famiglia. Allora non dirò nulla, meglio che le cose restino così come sono. Ammettiamolo… nessuno vorrebbe sapere che la sua mamma amorevole e attenta in realtà sia un’assassina che ha fatto parte del Clan quando era un’organizzazione fuorilegge che la mandava a uccidere persone a sangue freddo, prima di diventarne la Gran Maestra… OPS!” fece fingendo di non averlo fatto apposta. La mamma?! Un’assassina? No! Non è vero! Non è possibile!
“No! Non è vero!” dissi shockato.
“Oh che stupido ho parlato troppo, non si doveva sapere! Ma d’altronde prima o poi lo avresti scoperto…” disse con quel sorriso malefico.
“La mamma non è un’assassina!”
“La mamma non è cattiva! Tu lo sei!” aggiunse Sabeen stringndomi il braccio.
“E invece no! La vostra cara mamma, dovete sapere, prima di diventare Gran Maestra del Clan e che il Clan entrasse nell’esercito di Scizia era un’assassina. Lavorava per Crono, sicuramente avrete sentito storie su di lui, era lui il Gran Maestro e io ero il suo degno erede. Poi è arrivata Annabeth, che un mio vecchio compagno aveva rapito quando era una marmocchia ancora più piccola di voi, e sapete che è successo? In 10 anni di addestramento, Crono ha preferito lei a me. Finita la sua prova, ha preferito una mocciosa di 14 anni che non aveva ancora riportato successi in missione, a me! Ma la storia non è finita. Mesi prima che nascesti tu, Leonard, lei ha tradito il Clan perché? Perché si era innamorata!  Puah! Amore… è un sentimento per i deboli… comunque, il Clan entrò in guerra con i 12 regni e sapete che successe alla terza battaglia. Annabeth uccise Crono e divenne Gran Maestra, come dice la legge del Clan”
“NON E’ VERO! SEI UN BUGIARDO!” urlai.
“E invece sì, chiedetelo alla vostra cara mamma e al vostro paparino se mento” disse Pallante. Ero shockato… la mia mamma un’assassina. “E’ stato piacevole chiacchierare con voi ma ora devo andare. Devo preparare il benvenuto per i vostri amati genitori” disse. Le rotelle nel mio cervello iniziarono a girare analizzando ogni parola di Pallante, ma poi misi i pezzi insieme e mi accorsi che Pallante si era tradito da solo. La mamma sarà anche stata cattiva in passato, ma adesso è buona e ci vuole bene, non è cattiva non lo è mai stata e non lo sarà mai! E’ stato Crono a farle fare quelle brutte cose. Ma poi un altro pensiero mi venne in mente. Pallante voleva diventare il Gran Maestro del Clan e per farlo avrebbe dovuto fare alla mamma quello che lei ha dovuto fare a Crono…
“Mia madre ti prenderà a calci nel culo” dissi guardandolo negli occhi. Lui rise con quello sguardo malvagio che mi spaventava.
“Lo vedremo” disse e se ne andò.
“Leon…” disse Sabeen abbracciandomi e guardandomi con i suoi occhioni verdi “La mamma ci salverà e papà la aiuterà” disse.
“Sì, Sabi… verranno a prenderci e daranno a Pallante una lezione” dissi sicuro. Avevo paura come Sabeen ma entrambi sapevamo che mamma e papà non si sarebbero fermati davanti a niente per venirci a salvare. Spero solo che il mio spadino e il fiocco strappato di Sabeen siano bastati come tracce.
 
HOLA CHICOS Y CHICAS! Scusate il ritardo nell'aggiornamento, ma sono stata un po' impegnata con scuola. Allooooora.... come vi è sembrato questo capitolo? Le critiche costruttive sono ben accette e il prossimo capitolo arriverà quando la storia avrà 15 COMMENTI!
Un bacio e al prossimo capitolo! ;)

 

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Capitolo 5
*** Verso la Gola ***


Ehm... ciao! Come va? Lo so! Scusate la lunghissima attesa ma... no, non ho scuse. Mi è finita l'ispirazione. Scusate se troverete errori di grammatica, ma vado di fretta e dovevo pubblicare il capitolo. Vabbè... scusate ancora e buona lettura!
 




Annabeth's POV:

“PERCY ATTENTO!!” gridai vedendo la manticora scagliare un colpo con la coda. Percy alzò la spada e deviò il colpo mentre Blackjack accelerò ancora di più la sua corsa. Una manticora seguiva me, l’altra Percy. Non appena Blackjack aumentò la velocità anche Starlight fece lo stesso. Mi voltai un momento appena in tempo per vedere la manticora tentare di colpirmi con il pungiglione. Come Percy subito lo deviai con la spada ma appena mi voltai vidi buio e un gran dolore in faccia. Presi in pieno un ramo basso e caddi da cavallo, Starlight non si fermò. Sentii Percy gridare il mio nome. La manticora si era fermata e voltata per attaccarmi. Nella confusione del momento mi misi una mano sul viso e oltre che sentire un po’ di bruciore, vidi sangue, ma in quel momento, sentii ringhiare. Alzai lo sguardo e vidi la manticora prepararsi all’attacco. Il mostro caricò e mi saltò addosso, ma riuscii a rotolare e riprendere la spada che mi era caduta a terra. La manticora tentò di scagliarmi un altro colpo che deviai e tentai di contrattaccare ma il mostro parò il colpo con la coda. Quando il mostro mi diede una zampata, spostandomi invertimmo le posizioni e vidi Percy. Era sceso da cavallo anche lui e stava combattendo con l’altro mostro per arrivare a me. La manticora alzò una zampa per colpirmi e questa volta fu più veloce di me, mi prese in pieno e mi scaraventò sul tronco di un albero, non perse tempo e mi saltò addosso, ma questa volta riuscì a spostarmi e la manticora prese in pieno il tronco da spezzarlo. Il mostro non si mosse, non era morto ma almeno era stordito. Corsi subito in aiuto di Percy che era stato messo a terra dall’altro mostro. La manticora spingeva su di lui con il pungiglione e Percy faceva opposizione con la spada. Ne approfittai subito, corsi vicino ai due e tagliai il pungiglione del mostro che subito si allontanò da Percy. La manticora questa volta caricò su di me, infuriata, io mi scansai e le colpì una zampa, mentre Percy la infilzò nel fianco uccidendola. Percy mi corse subito a fianco.

“Stai bene?” mi chiese controllandomi il viso

“Sì, solo un paio di graffi” risposi. Non feci in tempo a vedere se lui stava bene, che  vidi l’altra manticora rimettersi in piedi. “Percy, l’altra manticora!” avvisai, lui si voltò e caricammo per primi. Il mostro colpì Percy con la coda e me con la zampa, ma entrambi riuscimmo ad evitare il colpo. Il mostro tentò di colpire Percy che gli era più vicino e io ne approfittai per tentare di colpire, rotolai sotto la pancia del mostro e alzai la spada al momento giusto per colpirlo da sotto. La manticora si alzò sulle zampe posteriori ruggendo per il dolore e fu in quell’istante che Percy affondò Vortice nella manticora, uccidendo anche quella. Eravamo riusciti a uccidere entrambe le manticore, ora dovevamo dileguarci.

“Ce l’abbiamo-”

“-No, non ancora. Dobbiamo andarcene da qui, se ci sono altre creature sicuramente verranno qui” dissi. Non attesi la risposta, lo presi per mano ed iniziammo a correre nella direzione che stavamo seguendo prima della mia caduta. Corremmo per parecchio tempo finché vidi la fine della foresta. I rami che da fittissimi si sfoltivano sempre di più mi dicevano che stavamo per uscire. Un passo dopo l’altro e saremmo usciti di lì e ci riuscimmo. Fummo finalmente fuori dalla foresta. Ci fermammo un momento per riprendere fiato dalla corsa e finalmente notai in che condizioni stava Percy. Non stava messo male, ma mi stavo preoccupando per la macchia di sangue che si intravedeva dal gilet di pelle perforato appena sopra al bacino.

“Che ti è successo?” chiesi allarmata.

“Tranquilla, mi sono spostato subito. E’ solo un graffio” disse lui.

“No, Percy. Se fosse un graffio sarebbe strappato, il gilet è perforato. Lascia che te lo guardi! Le manticore hanno un veleno pericolosissimo”

“Annabeth, sto bene. Se fosse riuscita a iniettarmi il veleno non pensi che come minimo sarei svenuto poco fa?”

“Percy-”

“-io sto bene. Dobbiamo andare. Blackjack e Starlight non devono essere troppo lontani, sono addestrati per non lasciare il loro cavaliere” disse Percy allontanandosi e guardandosi intorno. Si portò due dita alla bocca e fischiò. Inizialmente non sentimmo niente, allora ci provai io. Niente.

“Se sono scappati posso anche capirli” dissi. Percy roteò gli occhi e provò una terza volta e sentimmo nitrire. Poco dopo si avvicinarono a noi due stalloni, uno nero e uno bianco, Blackjack e Starlight.

“Dopo 8 anni hai poca fede nel tuo destriero” disse Percy con un sorriso. Scossi la testa e mi avvicinai a Starlight appena trottò vicino a noi con il suo compare. Salimmo di nuovo a cavallo e ci guardammo intorno per orientarci.

“Riesci ad orientarti?” mi chiese Percy. Guardai la mia ombra, quel poco che si vedeva, e i dintorni per orientarmi.

“Stavamo andando a Ovest, abbiamo corso in linea retta quindi… da quella parte” dissi indicando la direzione. Percy annuì e ci dirigemmo al galoppo verso la Gola che ci avrebbe abbreviato la strada, ma era una manovra rischiosa. La Gola di Livada non brulicava solo di banditi, ma anche di mostri come le manticore, che trovavano rifugio in essa. Poco dopo fummo finalmente fuori dalla foresta e Percy ed io fermammo i cavalli per guardarci intorno. In lontananza si riusciva a vedere la Gola che ci avrebbe portato a Livada nel tempo più breve. Guardai in alto e notai che il sole si era spostato più di quanto pensassi, eravamo già nel primo pomeriggio, sicuramente ci avremmo messo minimo un paio d’ore a raggiungere la gola. Dovevamo muoverci e non perdere nemmeno un secondo.

“Vedo la Gola” disse Percy puntandola col dito

“Dobbiamo muoverci, se ci sbrighiamo forse possiamo raggiungere la Gola e superarla. Se cala la notte e ci addentriamo…”

“Potremmo direttamente scriverci in fronte ‘pappa buona’ o ‘venite a derubarci’ o ‘vogliamo morire’. Tu quale preferisci?” concluse Percy.

“Io preferisco: ‘Smettila di fare il cretino e andiamo’.” dissi io spronando Starlight che subito ripartì al galoppo seguito da Blackjack.

“Sei troppo tesa, Annie. Cerco solo di distrarti”

“Perseus, vuoi le parolacce?” dissi irritata

“Risparmiale per Pallante”

“Per lui ne ho anche in Macedone e Siriano”

“Ottimo” A seguire questa breve chiacchierata, non dicemmo più niente, continuammo a galoppare e galoppare. Davanti a me vedevo solo la Gola di Livada. Per superarla ci voleva parecchio. Era grande, con le pareti ripide, una volta entrati c’era solo una via d’uscita, era il posto perfetto per agguati e imboscate. Mentre galoppavamo verso la Gola non riuscivo a fare altro che a pensare ai miei bambini e a come l’avrei fatta pagare a Pallante e cosa stavano pensando di fare a casa, riguardo alla situazione. Se conosco bene mia madre e Sally come penso, avranno capito che siamo andati a riprenderci Leon e Sabeen e sicuramente avranno trovato un modo per temporeggiare o per evitare che venissero mandate squadre di ricerca. Pallante non si sarebbe arreso facilmente, di questo ne ero sicura. Anche se Percy ed io saremmo riusciti a recuperare i nostri figli, Pallante sarebbe tornato alla carica più infuriato di prima. Dovevamo essere veloci, non dovevamo farci scoprire e dovevamo tornare a casa tutti e quattro interi. Poi Percy ed io penseremo a preparare la città. Ero talmente concentrata che non mi ero accorta di quanto tempo fosse passato, il sole era basso… troppo.

“No! No! NO!” borbottai “Coraggio, Starlight! Più veloce! Più veloce!” dissi spronando il cavallo che già correva a più non posso.

“Annabeth, è inutile! Rallenta!” diceva Percy

“Percy, sbrigati! Possiamo farcela!” risposi io.

“Annabeth! Ferma!” Io non gli risposi ma colpii coi talloni i fianchi dei Starlight che aumentò ancora la velocità. Sentii Percy spronare Blackjack, ma invece di trovarmelo a fianco, Percy di colpo si mise di trasversale, fermandosi davanti a me. Starlight si inchiodò alzandosi sulle zampe posteriori e nitrendo per poi tornare giù.

“Ma sei impazzito?! Che stai facendo?!” gridai incredula dando delle pacche sul collo di Starlight per calmarlo.

“Ti sto fermando dal fare una stupidaggine” disse Percy guardandomi severo

“Possiamo farcela! Possiamo superarla! Stiamo perdendo tempo”

“Annabeth, non ce la facciamo! E’ tardi! Ci troveremmo bloccati nella Gola per la notte” disse mio marito, allungandosi e prendendo Starlight per le briglie. Sapevo che Percy aveva ragione, ma al momento volevo solo andare a riprendermi Leon e Sabeen.

“Perseus, spostati e andiamo. Ce la possiamo fare”

“Non ce la faremo e tu lo sai”

“Togliti!” dissi acida, ordinando a Starlight di spostarsi, ma Percy tirò il muso del cavallo verso di sé

“Annabeth, sii ragionevole. Guarda che ore sono. Lo sai che non ce la faremo come sai che anch’io voglio riprendermi Leon e Sabeen. Possiamo combattere contro tutto ma non contro il tempo e tu sai
meglio di me che chi passa la notte nella Gola di Livada non ne esce vivo” Questo era vero. Quando Luke e Crono mi portarono ad allenarmi qui anche loro mi portavano via per la notte, almeno ad un paio d’ore di cavalcata dalla gola. L’allenamento si svolgeva in un’area vicino a una delle due uscite e durava fino al tramonto. Quando il sole era basso allora, Luke mi caricava su un cavallo e galoppavamo fuori, prima che il sole calasse del tutto e nonostante la distanza, non eravamo al sicuro. La città di Livada, infatti era molto lontano da essa. Feci un sospiro, sconfitta.

“Muoviamoci, facciamo un’altra oretta e poi ci accampiamo” dissi. Percy lasciò le briglie di Starlight e si spostò accanto a me, allungò una mano accarezzandomi il viso, poi partimmo al galoppo. Come avevo detto, galoppammo per un’ora e poi ci accampammo. Mentre Percy sistemava la legna che avevo trovato per fare un fuoco, non potei fare a meno che notare il contrarsi del suo volto ogni volta che si abbassava e guardai il gilet di pelle perforato e sporco di sangue. Ordinai a Blackjack e Starlight di stare fermi e mi avvicinai a lui.
“Percy, via la camicia e il gilet e fammi vedere quella ferita” dissi autoritaria.

“Annabeth…” protestò lui.

“No, Percy. Lo vedo che ti fa male. Ti ha colpito un pungiglione di manticora, profondo o no, tanto o poco veleno è da medicare” dissi.

“Annabeth. Stai tranquilla. Non ce ne è bisogno. E’ solo un graffio e sì, mi fa male, ma non è letale”

“Questo sta a me deciderlo”

“Annabeth, sto bene. Adesso siediti, mangia qualcosa e dormiamo. Domani ripartiamo” Io rimasi in silenzio per un momento, mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla guancia.

“Non devi sempre fare l’eroe. So che anche tu vuoi riprenderti Leo e Sabi tanto quanto me, ma non per questo devi metterti in secondo piano. Tu per me sei importante quanto loro” gli dissi con tono delicato. Non volevo che Percy pensasse di dover soffrire per non farmi preoccupare di più. Percy mi fece un mezzo sorriso, mi portò una mano dietro la nuca e mi baciò la fronte.

“Se sto male ti avviso. Stai tranquilla” disse e andò ad accendere il fuoco. Io rimasi lì immobile per un momento. Sapevo che cosa stava facendo Percy. Cercava di mostrarsi forte, non voleva che io mi preoccupassi anche per lui. Ma come potevo non farlo? Feci un respiro profondo e scossi la testa… Stai tranquilla? I miei figli rapiti da uno psicopatico e mio marito ferito dal pungiglione di una manticora… come faccio a stare tranquilla?


 



(N/A: Scusate il mio pc fa lo spiritoso)
SABEEN'S POV:

Era passata almeno una giornata da quando rinchiusero me e il mio fratellone in questa cella puzzolente fredda e umida. Avevamo due brande, ma io e Leon dormivamo insieme su una, sia per il freddo sia per farci un po’ di coraggio. Avevo paura, tanta. Vorrei tanto essere come il mio fratellone, lui sì che è coraggioso. Solo lui riesce a insultare quel… uhm… Pallone?... Padellone?... Padella?... Paella? Pallante?- Pallante! Giusto! – Ecco, solo lui era riuscito ad insultare Pallante, anche se non sembra essere servito a qualcosa. Beh… almeno quel bruto desce… decelle… quello che è, sa che cosa pensa di lui Leon.
Leo era stato tutto il giorno seduto sul pavimento duro a fissare la porta e a guardare male la guardia, giocherellando i ramoscelli di paglia sparsi qui e là sul pavimento. Stava pensando, lo sapevo. Sia lui che la mamma avevano lo stesso sguardo quando pensavano e i loro occhi da azzurri diventavano quasi grigi. Io invece è tutto il giorno che giro per la cella. Non riesco a stare ferma è più forte di me. Leon è stato silenzioso tutto il tempo, quando gli parlavo rispondeva a grugniti. Mamma e Papà saranno in viaggio per venirci  a prendere. Ne sono sicura, come sono sicura che la mamma è buona adesso e ci vuole bene. Forse sarà stata cattiva prima ma adesso sono sicura che non lo è più. Poi, se papà è sempre stato buono e si è innamorato di lei come nelle favole che ci leggono i nonni, come dice nonna Atena ‘un motivo logico c’è’; e come se non bastasse, Mamma e Papà sono considerati eroi ad Atene e gli eroi sono buoni. Tutti in città e nel regno li ammirano. Se la mamma ha fatto delle cose brutte in passato ma tutti la rispettano significa che è stata perdonata. Sempre come dice nonna Atena, ‘è logico’.
Cominciavo ad avere sonno, dalla piccola finestra in alto entrava poca luce, ma spostandomi nel punto giusto avrei potuto vedere un po’ di cielo, che infatti era buio. L’unica luce che entrava era quella della luna. Guardai il mio fratellone che fissava le sbarre della cella, seduto a terra a gambe incrociate e le spalle al muro. Mi avvicinai a lui. Leon alzò la testa, i suoi occhi azzurri cangianti incontrarono i miei verde marino, poi aprì le braccia. Io non me lo feci ripetere due volte e mi sedetti affianco a lui stringendogli le braccia alla vita mentre lui mi cinse le spalle.

“Non so come possiamo uscire” disse lui “Sto pensando” fece una pausa guardando verso di me, mentre io gli poggiai la testa alla spalla alzando lo sguardo “Stai tranquilla, Sabi, usciremo di qui. Mamma e Papà verranno a prenderci” disse lui per rassicurarmi.

“Lo so” dissi abbassando lo sguardo. Ci fu un momento di silenzio.

“Leo”

“Hm?”

“Ho paura” confessai

“Lo so. Tranquilla ci sono io-”

“-no, intendo… per Mamma e Papà. Loro sono in due e questi sono tanti, come faranno?” Leon mi fece un sorriso.

“Sono eroi, Sabi e sono una squadra, come me e te. Quando sono insieme non li ferma niente”

“Leo… ci hanno sbattuto qui dentro come sacchi patate” borbottai

“Ma noi non siamo eroi” disse Leon, ci guardammo “Almeno non ancora” Ci scappò una risatina, ma poi i nostri sorrisi svanirono quando ci ripiombò addosso la gravità della situazione. Leon mi schioccò un bacio sulla fronte stringendomi a sé.

“Ma che carini… vomitevole” disse un vocione che riconobbi subito “Non fatevi false speranze, mocciosi. I vostri genitori arriveranno, ma io sono pronto” disse Pallante con un ghigno maligno, guardandoci da fuori della cella.

“Loro ti sconfiggeranno!” disse Leon guardandolo male.

“Ha!” fece Pallante sfottendolo “Conosco Annabeth come le mie tasche. Va sempre dritta all’obiettivo e sa che non conosco vostro padre. So già che farà” disse lui estraendo dal fodero un pugnale ed esaminandolo “Annabeth userà subito il ‘vantaggio’, un vantaggio che sarà la sua rovina. Sempre che riesca ad arrivare qui, come dicevo, conosco Annabeth. E’ scaltra, sicuro, ma è abbastanza pazza da fare mosse fin troppo azzardate per arrivare all’obiettivo, come passare per la Gola di Livada, magari farlo di notte… hm… no, così suicida non è… ma chi lo sa? Secondo voi fin dove può spingersi una madre per salvare i suoi figli? Non so più se mi sorprenderei a venire a sapere che ha tentato di superare la Gola di notte…” Pallante fece una pausa fingendo di essere pensieroso “Ma ora sto andando fuori tema. Dicevo, conosco bene Annabeth. Penserà sicuramente che io pensi sia venuta da sola. Sicuramente tenterà di usare il principe Perseus a suo vantaggio” disse esaminando il suo pugnale e facendolo passare tra le dita come per assicurarsi che fosse affilato, poi guardò noi “Quando Annabeth verrà qui per distrarci, Perseus verrà a prendervi. Lui vi troverà e io lo catturerò… e quando Annabeth verrà qui per raggiungerlo…” e conficcò con forza il pugnale su una trave di supporto delle pareti, al suo fianco. Lo fece con una tale violenza e in modo così improvviso che anche Leon fece un salto e io mi strinsi a lui. Pallante ci guardò soddisfatto e con un ghigno malvagio estrasse il pugnale.

“Ben detto, capo!” disse un bruto che ci faceva la guardia alla porta. Pallante lo guardò male e gli tirò un pugno in faccia con l’elsa del pugnale. Leon ed io facemmo un salto stringendoci l’un l’altra

“Non ho chiesto la tua approvazione! Taci e fai il tuo lavoro” disse alla guardia. Poi guardò noi con sguardo soddisfatto e rimise il pugnale nel fodero.

“Annabeth è spacciata e dopo di lei, voi e vostro padre potrete assistere alla distruzione lenta dei dodici regni” Nonostante fossi terrorizzata da quel gorilla barbuto, brutto e bruno, mi arrabbiai per come parlò di loro.

“I nostri genitori te la faranno pagare!” dissi io, non so con quale coraggio.

“Non riuscirai a farla franca, Pallante” disse Leon guardandolo con rabbia.

“Oh… poveri mocciosi illusi. Io sono La Volpe… ci sono già riuscito” disse e se ne andò.
Sapevo che quello che diceva quel bruto non mi sarebbe dovuto importare. Ma avevo paura, la mia mente si stava affollando di dubbi. Il suo piano sembrava perfetto. Aveva pianificato tutto e sinceramente… io avrei fatto la stessa cosa. Se io e Leon ci fossimo trovati contro uno come Pallante che aspettava me da sola, avrei fatto da distrazione e avrei mandato Leon a fare il lavoro principale. E se Mamma e Papà cascheranno nella trappola? E se sono passati per la Gola di Livada? Pallante già li aspetta!

“Sabeen” mi chiamò Leon.

“Leon…”

“Mamma e Papà ce la faranno. Non gli credere” disse lui “Ce la faranno, verranno a prenderci e torneremo a casa. Okay?” disse accarezzandomi la testa. Io annuì, ma in fondo capii che anche Leon stava cercando di convincersene lui stesso.

“Okay… sì. Andremo a casa. Mamma e Papà verranno a prenderci” dissi io nel suo medesimo tentativo.

“Andiamo a dormire” disse Leon. Ci alzammo tutti e due, poi Leon si stese sulla branda e io mi stesi accanto a lui, appoggiandogli la testa sul petto e cingendogli la vita con un braccio mente lui stesso mi abbracciava. “Usciremo di qui, Sabi” disse il mio fratellone.

“Lo so” risposi “Mamma e Papà ci riporteranno presto a casa”

“Ti voglio bene, Sabi”

“Anch’io ti voglio bene, Leo” poi dopo qualche minuto ci addormentammo,  sperando di uscire presto di lì.

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Capitolo 6
*** Uscendo dalla Gola ***


Annabeth’s POV:
Ormai eravamo davanti l’entrata della Gola. Erano quasi le 9 della mattina, ma nonostante il sole con cui ci eravamo svegliati, appena ci avvicinammo all’entrata ci trovammo in una coltre di nebbia fitta. Si vedeva molto poco e dall’interno della gola non usciva un suono… un invito al suicidio. Starlight e Blackjack erano irrequieti, continuavano a battere gli zoccoli a terra, Starlight si alzò sulle appena zampe posteriori un paio di volte.

“Sei pronto?” chiesi a Percy, lui si voltò verso di me con sguardo deciso.

“Andiamo” disse lui e con un colpo di talloni ci addentrammo nella Gola. Andavamo al passo, sia per non stancare i cavalli che per non perderci a causa della nebbia. Tutto era silenzioso, Percy mi stava accanto cosicché ci potessimo vedere l’un l’altra. Non so per quanto tempo camminammo, so solo che entrambi stavamo con le orecchie tese e continuavamo a guardarci intorno per possibili minacce. La Gola di Livada era grande, ma era la strada più corta. Il tempo, nonostante fosse già passata qualche ora, sembrava essere fermo, come i dintorni, sembrava di camminare sempre nello stesso punto, con l’umidità che si faceva sentire sempre di più.

“E’ un po’ troppo calmo, non credi?” mi disse Percy mantenendo l’attenzione sulla strada.

“Fin troppo” confermai e in quel momento mi parve di vedere un’ombra con la coda dell’occhio. Fermai Starlight voltandomi di scatto. Percy non disse niente, ma anche lui fermò Blackjack e puntò lo sguardo nella direzione in cui guardavo io. Starlight cominciò a battere lo zoccolo a terra irrequieto, come Blackjack, ballando sul posto, mentre io e Percy tentavamo di tranquillizzarli e stare fermi. Poi con la coda dell’occhio, vidi qualcos’altro muoversi e stavolta ero certa di averla vista e quando un sasso rotolò giù per il pendio della gola fermandosi ai nostri piedi, capimmo di non essere soli.

“Percy” dissi guardando dietro di noi, e lì intravidi una sagoma, un’ombra che non sembrava affatto amichevole “Corri” e ci lanciammo al galoppo correndo a più non posso. Dietro di noi la losca figura partì all’attacco inseguendoci, mi voltai un istante per vedere cosa fosse la creatura, ma vidi solo che si trattava di un grosso rettile che stava per scagliarci un’attacco.

“Percy, spostati!” gli gridai e ci separammo appena in tempo che il mostro morse l’aria tra noi due “Un Drago di Aeonia!”

“Che cosa?! Ma non lo aveva fatto fuori Cadmo?!” esclamò Percy riallontanandosi da me quando il mostro partì con un altro morso che ci mancò.

“Sì, ma esiste la ‘riproduzione’, sai?” risposi tirando fuori la spada mentre Percy fece lo stesso, schivando un altro morso del drago, guardando avanti, Percy ed io vedemmo che alla parete della gola, davanti a me c’era una salita che portava ad una sporgenza del pendio della gola.

“Io faccio da esca, tu colpiscilo!” disse Percy, io annuì e aumentai la velocità salendo su per quel pendio che anche lui aveva visto, mentre Percy rimase giù, correndo dritto per diritto con il drago alle calcagna, colpendolo con vortice ogni volta che il mostro si avvicinava. Io invece galoppavo sulla sporgenza, preparandomi al salto. Doveva essere una mossa perfetta, o la va o la spacca. Aumentai la velocità finché non mi trovai ad una distanza tale da poter cadere sulla testa dell’enorme rettile, ora dovevo solo riuscire ad avvicinarmi abbastanza. La mia occasione si presentò quando più avanti la sporgenza si allargò verso l’interno. Tolsi i piedi dalle staffe e mi misi accovacciata sulla sella, mentre Starlight correva e al momento esatto saltai giù da cavallo atterrando sulla testa del mostro conficcandoci la spada. Il rettile emise un ruggito stridulo di dolore, ma non morì subito. Scosse la testa nel tentativo di buttarmi giù, ma io non mollai la presa, anzi in quel momento, Percy si era avvicinato al mostro ed era pronto a colpire. Gli tolsi la spada dalla testa e alzata la lama colpimmo insieme, lui sotto la gola, io trafiggendogli ancora la testa. Il mostro levò un altro grido di dolore e cadde a terra morto, mentre io saltai giù dalla testa ritraendo la spada.

“Stai bene?” ci chiedemmo l’uno all’altro.

“Sì, sto bene” risposi a mio marito “Tu?”

“Non mi ha sfiorato” rispose, poi guardò la carcassa del mostro “Odio i serpenti…” borbottò. Io scossi la testa e in quel momento Starlight riapparve venendoci incontro. Era sceso dal pendio ed era tornato indietro a prendermi. Arrivato mi annusò come per controllare che stessi bene, mentre io gli accarezzai il muso per poi risalirgli in sella. Stavo per dire a Percy di ricominciare a muoverci, quando entrambi sentimmo dei passi dietro di noi, passi animali e un ringhiare. Blackjack e Starlight erano già irrequieti. Poi dalla nebbia apparve la sagoma di un cane, un cane a due teste.

“Ortro” dissi riconoscendo la creatura. L’enorme cane a due teste dal manto grigio cenere rimase fermo immobile ringhiandoci contro.

“Annabeth, scappiamo subito, non abbiamo tempo da perdere” disse Percy.

“Aspetta, non muoverti. Se scappiamo attaccherà di sicuro ma se restiamo fermi potrebbe non farlo” risposi.

“Annabeth, questo posto pullula di mostri. Andiamo subito, non possiamo fermarci a combattere”

“Era il cane di Gerione e, al contrario del suo padrone, a lui ero simpatica. Credevo fosse morto in battaglia 8 anni fa” dissi “Vedi, ci sta annusando” gli feci notare, mentre le teste di Ortro annusavano verso di noi “Se mi riconosce non attaccherà, se scappiamo ci etichetterà come ‘preda’, è stato addestrato così” spiegai. Il cane ringhiava, i suoi occhi gialli erano l’unico punto brillante nella densa foschia. Poi Ortro fece qualcosa di inaspettato, invece di voltare entrambe le teste verso di me, le voltò contro Percy e iniziò a ringhiare di più. Mi voltai verso Percy e vidi che cosa stava attirando Ortro: la ferita di Percy, quella che gli aveva procurato la manticora, che Testa d’Alghe non mi aveva permesso di controllare. C’era sangue su camicia e gilet, e stava attirando il cane a due teste.

“Annabeth, giriamo i tacchi e andiamo” disse Percy, invece io feci qualcosa di ancora più folle, Ortro ci sarebbe potuto tornare utile se mi avesse riconosciuta. Feci una follia: scesi da cavallo e mi avvicinai al cane che voltò una testa verso di me.
“Annabeth! Che stai facendo?! Monta subito a cavallo e filiamocela!” disse Percy allarmato.

“Potrebbe aiutarci” dissi mentre Ortro mi ringhiò contro minaccioso “Ortro, sono io, Annabeth” dissi fischiettando un po’ per farmi riconoscere, ma lui mi ringhiò ancora di più contro annusando l’aria.

“Quel cane ci attaccherà da un momento all’altro. Annabeth, monta a cavallo e usciamo di qui prima che sia troppo tardi” disse Percy.

“Buono, bello. Ortro, sono Annabeth. Cuccia” dissi, ma una testa ringhiò e l’altra mi abbaiò contro, entrambe mostrandomi le zanne aguzze come rasoi, continuando ad annusare l’aria.

“Annabeth, è un'altra bestia mostruosa assetata di sangue! Andiamocene. Leon e Sabeen hanno bisogno di no- ANNABETH!” in quel momento Ortro mi saltò addosso inchiodandomi a terra, ma invece di mordermi, entrambe le teste cominciarono a leccarmi tutta la faccia, annusandomi il volto.

“Ehi! Ciao! Buono, bello! Sì, è bello rivederti! Fermo! Fermo! Basta con i baci!” dissi mentre l’enorme cane a due teste mi leccava tutta. Riuscì a tirarmi su, grattando entrambe le teste dietro ad un orecchio, poi mi voltai verso Percy che aveva già sguainato la spada, ma rimase fermo a guardare la scena incredulo. “ ‘Bestia mostruosa e assetata di sangue’ dicevi?” dissi sfottendolo “Chiudi la bocca e rinfodera la spada, Testa d’Alghe, abbiamo un nuovo amico con noi, non è vero Ortro? Ma chi è un bravo cagnolone, eh?” dissi io mentre Ortro si buttò per terra facendosi grattare la pancia, scodinzolando allegramente.

“Non ci posso credere!” fece Percy ancora sotto shock.

“Con Ortro al nostro fianco avremo un bel vantaggio su Pallante. Diciamo che non è mai stato molto simpatico” dissi io grattando la pancia al cane, grosso almeno quanto Blackjack e Starlight messi insieme.

“Mi stai prendendo in giro? Siamo nella Gola di Livada, abbiamo appena ucciso un drago di 8m e tu ti metti a giocare con bavoso e puzzolente Rottweiler a tue teste?!” disse Percy, subito mettendo la mano sulla spada quando le teste di Ortro gli ringhiarono contro offese.

“Non dirgli così” dissi io calmando Ortro “Sembra cattivo, ma in realtà è un gran coccolone ed è estremamente fedele. Non è vero, bello? Oh, sì, sì… bello cucciolone!” feci io grattando le teste del cane sotto al mento.

“Beh, allora, già che ci siamo, vedi se riesce seguire una pista e guidarci verso Sabeen e Leon” disse Percy dandomi lo spadino di Leon e il fiocco strappato di Sabeen. Io li presi e li avvicinai ad Ortro.

“Ortro, devi aiutarci a ritrovare i nostri bambini. Annusa e guidaci” dissi io mentre le due teste annusavano spadino e fiocco. Poi Ortro cominciò ad annusare l’aria e puntò dritto verso dove stavamo andando.

“Ha trovato una pista! Seguiamolo” dissi io ridando gli oggetti a Percy e montando nuovamente a cavallo. Ortro ci precedeva annusando l’aria e il suolo, con le due teste intente a seguire le tracce. La nebbia era sempre densa e l’aria ancora umida, camminammo avanti seguendo l’enorme cane. Mentre camminammo sentii Percy gemere dietro di me. Mi voltai e vidi che si stava tenendo una mano sulla ferita, ma lui accorgendosi mi disse di stare bene, che gli stava solo bruciando un po’. Poi ad un certo punto Ortro alzò le due teste ed annusò l’aria, improvvisamente il cane sembrò agitarsi, mise la coda tra le gambe e cominciò a guaire.

“Ortro, che c’è? Che ti succede?” dissi io, ma il cane si voltò verso di me, mi guardò spaventato e poi scappò via di corsa. “Ortro! Aspetta! Dove vai?!” lo chiamai, ma con la fitta nebbia non lo vedevo già più.

“Annabeth” sentii Percy chiamare

“Percy, non fare battute sulla fedeltà di quel cane” ammonii.

“Guarda!” disse Percy. Io mi voltai e vidi che stava guardando in alto dietro di noi. Erano uccelli, ma non semplici uccelli. Le loro zampe erano dotate di artigli acuminati affilati come rasoi, il becco nero e appuntito sembrava fatto di metallo e le piume di un grigio spento sembravano fatte di pietra.
“Gli Stinfalidi” disse Percy riconoscendoli.

“CORRI!!” gridai e ci lanciammo al galoppo mentre i temibili uccelli antropofagi ci inseguivano. Blackjack e Starlight si lanciarono in un galoppo sfrenato mentre sentivamo gli striduli versi degli Stinfalidi che si avvicinavano. Ecco di cosa aveva paura Ortro. Cosa poteva fare un povero cane anche se enorme e a due teste contro quei mostri? Sguainammo le spade per provare a difenderci da quei mostri. In quel momento mi vidi arrivare contro una piuma tagliente come una lama e usando la spada riuscii a pararla, lo stesso accadde a Percy. Ma quello era solo un piccolo assaggio, infatti subito dopo una pioggia di piume taglienti si scatenò contro di noi. Blackjack e Starlight accelerarono ancora di più, schivando le piume per un soffio.

“Annabeth! Eracle come sconfisse questi cosi?!” Percy mi chiese colpendo un uccellaccio che gli si era avvicinato. Io feci lo stesso con uno che si era avvicinato a me e poi gli risposi.

“Non possiamo combatterli! Non abbiamo né i sonagli di bronzo né i dardi avvelenati col sangue dell’Idra!” colpii un altro mostro “L’unica possibilità che abbiamo è uscire di qui!” dissi. Spronammo ancora di più i cavalli che galoppavano già al limite delle loro forze, mentre gli Stinfalidi gracidavano dietro di noi lanciandoci piogge di piume taglienti che andavano a conficcarsi a pochi centimetri dagli zoccoli dei cavalli. Poi il miracolo, vedemmo finalmente  l’uscita. Senza colpirli coi talloni, Blackjack e Starlight accelerarono ancora di più in un disperato tentativo di salvarsi. Gli Stinfalidi ci erano alle calcagna, eravamo certi che questa volta ci avrebbero preso, ma si arrestarono improvvisamente, quando la luce del sole che penetrava la Gola all’uscita li colpì. Percy ed io uscimmo dalla gola sani e salvi. Una volta fuori, tuttavia, continuammo a galoppare per un po’ allontanandoci il più possibile dalla Gola, addentrandoci nel boschetto che avrebbe portato a Livada. Una volta dentro, finalmente arrestammo i cavalli. Blackjack e Starlight erano stremati e dai loro respiri affannati capimmo che stavano tentando di riprendere fiato.

“Stai bene?” chiesi a Percy, che come me e i cavalli cercava di riprendere fiato.

“Sì…” disse lui, poi guardò me “Annabeth…?” fece indicandomi il braccio, e fu allora che mi accorsi di avere una piuma conficcata di taglio sul braccio. La vidi, la tolsi e la buttai a terra con nonchalance.

“Sai che questa cosa ancora la trovo inquietante?” disse lui.

“Ma almeno è utile. Non me ne sono neanche accorta” risposi io. Poi accarezzammo i cavalli, incoraggiandoli. Erano stati bravi. Ma tuttavia dovevamo muoverci, non spingemmo Blackjack e Starlight a galoppare, ma andammo ad un passo veloce, cosicché potessero riprendersi dalla corsa. Percy ed io rimanemmo in silenzio confortevole, immersi nei nostri pensieri. Un paio di volte Percy si era avvicinato a me posandomi una mano sul ginocchio, o accarezzandomi il viso. Tuttavia, io cominciavo a preoccuparmi per lui, sembrava pallido e non stava più ben dritto sulla sella. Gli chiesi un paio di volte come stava, lui rispose ‘bene’, ma in fondo sapevo che mentiva e lo diceva per farmi stare tranquilla.
Piano piano il cielo cominciò ad oscurarsi. Grosse nubi nere stavano oscurando il sole e a breve avrebbe piovuto. Percy ed io cominciammo a cercare un riparo, ma poi sentii dietro di me un tonfo e Blackjack nitrire. Mi voltai allarmata e il mio cuore si fermò, quando vidi Percy caduto a terra. Subito scesi da Starlight e mi fiondai al suo fianco. Era bianco cadaverico e le labbra stavano diventando viola, ma respirava anche se a fatica. Senza che lui mi dicesse niente, aprii il farsetto perforato e vidi quello che temevo. La manticora che lo aveva colpito era riuscita ad iniettare il veleno. La ferita sanguinava volontariamente  e si stava infettando.

“Testa d’Alghe, sei un idiota! Perché non mi hai detto niente?!” feci io, arrabbiata ma fuori di testa per la preoccupazione. Lui non riuscì neanche a rispondere, ma era vigile “Resta sveglio, adesso cerchiamo un rifugio e aiuto” non feci in tempo a finire la frase che un lampo e la pioggia fecero fuggire i cavalli spaventati. Tentai di chiamarli, ma erano andati. Misi il braccio di Percy intorno alle mie spalle, e facendolo appoggiare a me ci avviammo alla ricerca di aiuti.
Camminammo nella fanghiglia che si veniva a formare con la pioggia, Percy lottava con tutte le sue forze per restare sveglio, ma sentivo il suo corpo appesantirsi sempre di più.

“Percy resisti! Possiamo farcela! Non ho alcuna intenzione di rimanere vedova quindi ti consiglio di resistere! Fallo per Leon e Sabeen” lo implorai.

“Non ho alcuna intenzione… di lasciarvi…” disse lui a fatica. Camminammo ancora, poi vidi in lontananza delle luci. Una casa!

“Percy, ci siamo quasi, andiamo!” dissi e riprendemmo il passo, ma poi accadde quello che temevo. Percy si fermò e mi cadde addosso, perdendo i sensi. Non mi schiacciò, ma ci mancò poco. “Percy! Percy, rispondimi!” dissi tendendogli il busto con un braccio e portandogli una mano al viso per avere cenni di vita, ma lui scottava e le forze lo stavano abbandonando. Misi l’altro braccio intorno al busto, e con tutta la mia forza, tentai di sollevarlo abbastanza da poterlo trascinare verso quelle luci, ma eravamo troppo lenti e zuppi per la pioggia. Feci l’ultima cosa che ci restava da fare, se non riuscivamo noi a raggiungere gli aiuti, avremmo dovuto chiamarli.

“AIUTO!” cominciai a urlare “AIUTATECI! VI PREGO!” tentai disperata. Mio marito stava morendo io non potevo fare NIENTE! “AIUTO!” chiamai ancora, ma niente, non arrivò nessuno. Io intanto continuavo a trasportare Percy per quanto possibile e a chiamare aiuto. Ma niente non veniva nessuno. Stavo cominciando a perdere la speranza. Caddi a terra tentando di riprendere fiato, con Percy tra le mie braccia, appoggiandogli la testa sulla mia spalla e accarezzandogli il viso bagnato dalla pioggia. Sentivo le mie lacrime mischiarsi alla pioggia che cadeva sul mio volto. Lo baciai come in un disperato tentativo di poterlo magicamente curare. Poi sentii un rumore, mi voltai e vidi Ortro, correre d noi.

“Ortro? Ortro cerva aiuto!” dissi io, ma il cane non si mosse, ma le sue due teste si misero ad abbaiare, poi sentii delle voci. Mi voltai e vidi la luce di lanterne.

“Vedo qualcosa! Laggiù!” disse una voce maschile poco dopo, un ragazzo mio coetaneo si accostò a noi in sella a Blackjack “Papà! Li ho trovati!” disse il ragazzo e un uomo in sella a Starlight lo raggiunse.

“Oh miei Dei! La Principessa Annabeth e il Principe Perseus!” disse l’uomo.

“Aiutateci vi prego! Mio marito è ferito!” li supplicai. L’uomo e il ragazzo scesero subito dai nostri cavalli e mi aiutarono a sollevare Percy mettendolo sopra Blackjack. L’uomo salì dietro a Percy, mentre il ragazzo salì sul mio cavallo e mi fece salire dietro di lui. Subito ci dirigemmo verso la casa, con Ortro dietro di noi. Appena giunti scendemmo dai cavalli e tirammo giù Percy.

“Grazie” dissi ai cavalli e Ortro, prima di gettarmi al fianco di Percy.

“Glenn, metti i cavalli nella scuderia e portaci anche il cane” disse l’uomo al ragazzo, che subito ubbidì, mentre io aiutai il padre a trasportare Percy dentro la casa, la cui porta venne subito aperta da una donna.

“Principessa Annabeth?!” fece lei stupita, non appena mi vide e vide Percy “Che cosa è successo?!” disse facendoci entrare.

“E’ stato ferito da una manticora” spiegai in breve “Vi prego aiutateci” L’uomo mise Percy su una branda. Era una dimora molto umile. C’erano un caminetto, un tavolo con qualche sedia e delle brande su cui dormire.
Appena Percy fu sulla branda, la donna si avvicinò esaminandogli il volto. Poi mi disse di togliergli la camicia. Io feci come disse, cosicché potesse vedere meglio la ferita.

“Non va bene…” disse lei, poi si voltò verso quello che doveva essere il marito “Alexander! Prendi dell’acqua e mettila sul fuoco, subito!” L’uomo annuì e uscì. La donna poi si alzò e la vidi andare a prendere delle erbe. Non appena rientrò il ragazzo, lei lo mandò subito a prendere altra acqua. Il ragazzo ubbidì e quando l’uomo fu rientrato con l’acqua da mettere sul fuoco, la donna cominciò a triturare delle erbe in un mortaio, e il ragazzo rientrò con l’acqua che la donna versò in una bacinella mettendoci dentro una pezzetta e portandola accanto a me, che tenevo la mano a Percy che sembrava aver a malapena ripreso conoscenza.

“Altezza, il principe ha la febbre, bagnategli la fronte” disse lei, io feci subito come disse. Presi lo straccio e bagnai la fronte bollente di Percy. Poi la donna prese l’acqua che aveva fatto scaldare sul fuoco e versata un po’ in un bicchiere ci mise parte delle erbe che aveva macinato, poi mischiò velocemente e si avvicinò a me. “Tappategli il naso” mi disse, e dall’odore capì subito perché e feci come disse cosicché lei potesse fargli bere l’intruglio, alzandogli leggermente la testa affinché non si strozzasse. Poi tornò al tavolo e versò altra acqua calda in un altro bicchiere e mettendoci dentro il resto delle erbe, ne macinò altre insieme a delle bacche, che poi mise nel bicchiere, mischiò il tutto che risultò essere molto più denso, come una crema. La donna poi, sotto lo sguardo mio, dell’uomo e del ragazzo,  spalmò la crema sulla ferita di Percy, che gemette per il probabile bruciore. Io gli accarezzai i capelli ancora bagnati per la pioggia, per tranquillizzarlo.

“Glenn, prendi delle bende” disse la donna, il ragazzo subito ubbidì e tornò con delle bende. Subito aiutai la donna a tirare su Percy, cosicché lei potesse fasciarlo, una volta finito lo rimettemmo giù “Ho fatto il possibile, se riesce a superare la notte, allora si riprenderà” disse lei.

“Grazie…” dissi grata

“Jane” disse la donna “Lui è mio marito Alexander” disse puntando verso l’uomo “E questo è nostro figlio Glenn”

“Grazie mille, davvero” dissi.

“Non c’è di che, Principessa” disse Alexander.

“Tuttavia, dovreste ringraziare i cavalli e il vostro cane” disse Glenn “Ammetto che ci siamo spaventati, ma se non fosse stato per loro, non vi avremmo mai trovato, con questo chiasso per l’acquazzone non si sentiva niente”

“Lo so…” dissi con un mezzo sorriso.

“Vi possiamo offrire del cibo? Abbiamo del formaggio e del pane, non è molto ma è tutto quello che abbiamo” disse Alexander.

“No, grazie. Avete fatto già molto” dissi io. In quel momento Jane andò a prendere delle coperte, una mettendola intorno alle mie spalle, e l’altra sopra Percy.

“Mettetevi accanto al fuoco, siete fradicia, Principessa, rischiate di prendervi una polmonite” disse lei.

“Annabeth” dissi io “Chiamatemi Annabeth” e mi sedetti davanti al fuoco. La famigliola, subito si sedette accanto a me chiedendomi cosa fosse successo. Gli dissi la verità, non avevo nulla da nascondere. Gli raccontai del rapimento di Leon e Sabeen e di come io Percy dovevamo andare a prenderli prima dello scadere della settimana. Gli dissi delle manticore, degli Stinfalidi, e di quell’enorme drago di 8m. Quando su il mio di turno a fare domande scoprì che Alexander e Glenn gestivano il loro piccolo allevamento di cavalli e che Jane esercitava come medico, in paese. Fu in quel momento che Jane si accorse anche del mio braccio e me lo medicò, mentre il marito e il figlio andarono a coricarsi.

“So che forse te lo avranno detto molte volte, Annabeth” cominciò Jane “Ma sei molto coraggiosa ad affrontare Pallante da sola per la tua famiglia… il principe è molto fortunato ad averti, vedrai che se la caverà, lo farà per te e i vostri bambini”

“Sono io che sono fortunata ad avere lui” dissi io mentre lei mi fasciava il braccio “Percy mi ha salvato la vita e non solo durante il processo. Mi ha aperto gli occhi su quanto il Clan mi aveva reso cieca… con lui ho trovato una famiglia… se lo perdessi… non voglio neanche pensarci”

“Ce la farà, Annabeth. Siete una coppia forte, una famiglia unita. Ce la farà” disse Jane rassicurandomi con una mano sulla spalla “Qualunque cosa succeda, non esitare a svegliarmi. Buonanotte” disse.

“Buonanotte e grazie” dissi. Lei sorrise, mi fece una carezza materna sul viso e andò a dormire sulla sua branda. Io invece andai da Percy e mi sdraiai accanto a lui, posandogli la testa sul petto e accarezzandogli il viso ancora pallido.

“Ti prego, amore mio… non lasciarci…” dissi sottovoce, poi gli diedi un bacio e mi accoccolai a lui, accarezzandogli i capelli. Mi addormentai ascoltando il battito del suo cuore, sperando, la mattina successiva, di sentirlo ancora.  
Ehilà! Ehm... no, non ho scuse, o meglio, forse sì e no. Ho avuto il blocco dello scrittore E ho appena avuto l'esame di maturità. Ora sono finalmente una donna libera!
Spero che il capito vi sia piaciuto e che ripaghi almeno un pochino la lunchissima attesa.
Ditemi che ne pensate!
Al prossimo capitolo!
Baci
Stella

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Capitolo 7
*** Ripartenza ***


Annabeth’s POV:

Quando Percy si riprese brevemente, io ero già sveglia da un pezzo. Quei pochi minuti in cui fu semi-cosciente furono essenziali. Svegliai Jane che si apprestò a visitarlo subito e a dargli un’altra dose dell’intruglio medico della sera precedente. In 8 anni non avevo mai visto mio marito avere una cera peggiore; stava male, soffriva e si vedeva, ma quando Jane mi disse che il peggio era passato mi sentì sollevare un enorme macigno dal petto.
Quella mattina, mentre Jane, Alexander e Glenn facevano le loro faccende, io rimasi accanto a Percy, ma più stavo lì seduta, meno tempo avevo per salvare i nostri figli. Non farsi medicare era stata una cosa stupida da parte sua. Alla fine il veleno c’era e aveva impiegato più tempo a fare il suo effetto comunque letale, inoltre, la febbre gli si era abbassata, ma non passata. Aveva fatto l’eroe inutilmente e ora ne soffriva le conseguenze, ma io non potevo fare a meno che sentirmi in colpa. Lo aveva fatto per me, perché sapeva quanto fossi preoccupata e arrabbiata che non voleva mi agitassi anche per lui. Percy non si sarebbe ripreso subito, questo era chiaro. Non avevo scelta: dovevo lasciare Percy alle cure di Jane e salvare Leon e Sabeen da sola.
Mentre Percy dormiva mi allontanai qualche minuto dal suo giaciglio e andai nella stalla dove Jane stava dando da mangiare a Starlight e Blackjack. Quando la donna mi vide subito mi chiese se Percy si stesse sentendo male. Tirò un sospiro di sollievo non appena la tranquillizzai, ma vide il mio volto e capì subito che qualunque cosa le dovessi dire era importante, anzi, mi metteva in difficoltà. Jane mi accarezzò il braccio e mi invitò a parlare. Quella piccola famiglia aveva già fatto molto per me, ma avevo ancora bisogno di loro.

“Jane” dissi guardando a terra “So che sto per chiederti molto, ma… ho bisogno che tu e la tua famiglia ospitiate Percy almeno finché non si rimette in piedi e sia in forze per raggiungermi”

“Vuoi affrontare i rinnegati del Clan da sola?!” fece Jane incredula.

“Li ho già affrontati in passato. Li conosco e so come operano… e i miei figli non hanno molto tempo” risposi guardandola in faccia “Jane, non voglio e che ti senta obbligata perché sono la principessa di Scizia, io te lo sto chiedendo come Annabeth… Ti prego, aiutami” Jane mi guardò comprensiva e forse intenerita. Mi fece una carezza materna sul viso per rassicurarmi.

“Tuo marito starà al sicuro qui. Ci prenderemo cura di lui, hai la mia parola” rispose, tenendomi la mano sulla guancia. Un peso infinito mi si levò dal petto. La abbracciai. Mi venne d’istinto e non provai imbarazzo nel farlo. Jane era rimasta sorpresa, ma poi timidamente ricambiò il mio abbraccio.

“Grazie. Mille volte grazie” le dissi lasciandola. Jane sorrise e poi guardò dietro le mie spalle.

“Glenn” chiamò. Mi voltai e pochi istanti dopo entrò nella stalla il figlio di Jane, a torso nudo con la camicia da lavoro raggomitolata in mano.

“Sì, Mamma? Ti serve una mano?” chiese lui asciugandosi il sudore con la camicia.

“Prepara il cavallo di Annabeth, deve partire il prima possibile”

“E il Principe Perseus?”  chiese il ragazzo sorpreso dall’ordine, poggiandosi la camicia sulla spalla.

“Il Principe resterà con noi finché non si rimetterà in piedi. Ti ricordi cosa ci ha detto ieri la principessa, non può trattenersi ancora” spiegò la madre. Glenn annuì, mi guardò un istante e poi si mise subito a lavoro, rapido e silenzioso. “Vai a salutare tuo marito” mi disse Jane posandomi una mano sulla spalla. Non me lo feci ripetere due volte e subito ritornai nella casa, risistemai la mia borsa e mi sedetti accanto a Percy, non appena lo sentii riprendere coscienza.  Lo chiamai dolcemente, facendogli una carezza sul viso ancora pallido. Gli ci volle qualche istante per mettere a fuoco la situazione, poi i suoi stanchi occhi verdi incontrarono i miei.

“Sapientona…” fece lui con voce roca.

“Ehi, Testa d’Alghe” risposi con un picco sorriso sollevato “Come ti senti?”

“Sono stato meglio” rispose, prima di fare un colpo di tosse “Molto meglio” aggiunse. Voltai lo sguardo sul piccolo tavolo in mezzo alla stanza e vidi una brocca d’acqua con un bicchiere. Non persi tempo e mi avvicinai riempiendo il bicchiere d’acqua e portandola a Percy. Gentilmente gli misi una mano dietro al collo e lo aiutai ad alzare la testa, cosicché potesse bere finché non mi fece cenno che l’acqua gli bastava e riappoggiai il bicchiere per tornare da lui. Rimasi in silenzio per qualche secondo, tendendogli la mano e strofinando il pollice sulle sue nocche, preparandomi ad annunciargli la mia decisione.

“Ehi” mi chiamò Percy stringendomi leggermente la mano “Che succede?” chiese guardandomi negli occhi. Io rimasi ancora in silenzio e gli accarezzai il viso arso ancora dalla febbre.

“Dobbiamo salvare Leon e Sabeen” cominciai. Dallo sguardo di Percy seppi subito che aveva già capito le mie intenzioni, ma non parlò, mi lasciò finire, forse nella speranza di essersi sbagliato “Jane e la sua famiglia si prenderanno cura di te… io vado a prenderli” gli dissi.

“No. Io vengo con te” disse e subito fece per alzarsi, ma io lo spinsi giù.

“Percy, tu sei ferito” dissi con cercando di stare calma.

“Sono un guerriero e ho un’abilità, posso sopportare” rispose, facendo per alzarsi.

“Pallante è nel pieno delle sue forze, ha un’abilità e gioca sporco, così sei un bersaglio facile” dissi cercando di farlo ragionare, ma inutilmente.

“Non ti permetto di affrontare quello psicopatico e i suoi tirapiedi da sola. Abbiamo detto ‘insieme’ e io vengo con te” disse lui più deciso agitandosi, cercando nuovamente di tirarsi su con un colpo di tosse.

“Percy, calmati-” feci io cercando di rimetterlo giù.

“Dei Santissimi, Annabeth! Sono anche i miei figli! Non ho intenzione di-Aah!” gemette ricadendo sul giaciglio dolorante, avendo fatto un movimento troppo brusco. Rimase in silenzio per qualche secondo, ma poi i suoi occhi pieni di apprensione incontrarono ancora una volta i miei con le lacrime minacciavano di cadere in ogni momento “Non vi voglio perdere… lasciami venire con te… ti prego, posso farcela” supplicò con un tono e uno sguardo che non avevo mai visto nei suoi occhi: la sconfitta. Non era nemmeno riuscito ad alzarsi dal giaciglio, nonostante quanto lui volesse mostrarsi forte, gli era chiaro che stavolta non avrebbe potuto seguirmi a causa di un suo errore.

“Percy” dissi accarezzandogli nuovamente il viso “Sei ferito, sei ammalato… non ce la fai a combattere e i nostri bambini non hanno molto tempo… io devo andare” Percy guardò via, cercando di nascondere il volto come se quelle mie parole anche se dette con dolcezza lo avessero colpito come uno schiaffo ben assestato al volo. “Ehi…” continuai voltandogli il viso verso di me “Non preoccuparti per me. Conosco Pallante e i suoi scagnozzi, posso farcela”

“La Principessa non sarà da sola, Principe Perseus” disse una voce maschile dietro di noi. Mi voltai e rimasi sorpresa nel vedere Glenn sulla porta con una tracolla e i vestiti cambiati. Al posto della camicia da lavoro a maniche lunghe rigirate sui gomiti che indossava ieri e che stamattina stava usando come asciugamano, ne indossava una grigia a maniche molto corte che mostrava le braccia muscolose per il lavoro nell’allevamento. Su di essa un’armatura di cuoio leggera, smanicata, modellata a farsetto, con sopra una cintura in cuoio dove teneva un coltello da caccia da un lato e due piccole sacche dall’altro. I pantaloni e stivali da lavoro erano stati sostituiti da dei pantaloni marrone scuro leggermente più attillati, e gli stivali in pelle, tenuti da dei lacci erano ora degli stivali in cuoio.Se quello che aveva detto e il cambio di abbigliamento non avessero reso chiare le sue intenzioni, il mantello sulle sue spalle e il bastone dalla punta intrecciata, risolvevano il problema.

“Ho già parlato con i miei mentre preparavo i cavalli. Inizialmente hanno rifiutato, ma li ho convinti a lasciarmi andare” continuò il ragazzo “Accompagnerò vostra moglie e l’aiuterò a salvare i vostri figli ad ogni costo"

“Glenn, non hai idea di chi devo affrontare. Io e Percy non possiamo chiederti questo” dissi io cercando di dissuaderlo. Ma i suoi occhi erano determinati, non l’avrei smosso in qualunque modo.

“Fidatevi Principessa, so benissimo contro chi andremo” rispose lui deciso avvicinandosi al giaciglio di Percy e inginocchiandosi “Principe, voi non potete seguire la Principessa in battaglia, al momento siete troppo debole. Io posso aiutarla” Percy mi guardò, ma io scossi la testa. Era combattuto, da un lato non voleva che andassi da sola, dall’altro non poteva a chiedere a Glenn di venire con me in una missione quasi suicida. Non gli permisi di rispondere e parlai io per entrambi.

“Glenn, ti ringrazio, ma non sei pronto ad una battaglia del genere” gli dissi. Glenn allora non rispose con le parole e ci sorprese. La sua risposta fu un gesto molto semplice: aprì il palmo e una fiamma iniziò a bruciare su di esso. Io e mio marito rimanemmo attoniti mentre Glenn mutò la fiamma sul palmo in una bolla di acqua fluttuante a pochi centimetri, per poi tramutarla in un blocco di terra che mutò nuovamente in un piccolo turbinio d’aria per trasformarsi un’ultima volta in una piccola scarica elettrica non appena ci mise l’altro palmo sopra, ad una spanna di distanza. Infine, chiuse il palmo e ci guardò aspettando.
Glenn aveva un’abilità: era come noi. Questo non mutò la mia decisione, ma bastò per far cambiare quella di Percy che con uno scatto agguantò la spalla del ragazzo.

“Proteggi la mia famiglia” gli disse deciso “E non permettere ad Annabeth di perdere di vista chi è veramente”

“Glenn, no” feci invece io.

“Principessa, voi avete bisogno di me” mi rispose Glenn “Avete ragione entrambi. Vostro marito è ferito e al momento non è in grado di continuare il viaggio, ma anche il Principe ha ragione. Non potete andare da sola con un cane a due teste come unico alleato. Io possiedo il dono della magia elementale, non necessito di un’arma per essere pericoloso. Per non parlare del fatto che questo Pallante si aspetta, oltre a voi, un uomo con il dono del controllo delle acque. Lui non mi conosce e non sa di cosa posso essere capace. Posso tornarvi più utile di quanto pensiate” Sospirai sconfitta. Aveva ragione su tutti i fronti, ma la mia avversione a farlo venire era diversa adesso.

“Glenn…” cominciai “La tua famiglia ha fatto già moltissimo per noi… non posso chiedergli di lasciare che il loro unico figlio venga con me in una missione suicida”

“Non siete voi che lo chiedete, è una mia scelta” rispose lui deciso. I sui occhi castani erano determinati, non si sarebbe smosso per nulla al mondo e fui costretta a cedere.

“D’accordo” gli dissi. Lo sguardo di Glenn si illuminò trionfante.

“Grazie, Principessa Annabeth” rispose. Mi voltai verso Percy, mentre Glenn si rialzò, allontanandosi di qualche passo per darci un po’ di privacy.

“Tornerò con i nostri bambini, te lo prometto. Tu rimettiti presto” gli dissi accarezzandogli il viso.

“Tornate presto” disse Percy accoccolando il viso bollente alla mia mano, posando i suoi occhi verdi su di me “Ti amo”

“Ti amo” e abbassandomi verso di lui lo baciai dolcemente, entrambi sperando che quel bacio non fosse un addio. Mi alzai dal letto e uscì dalla casa senza voltarmi indietro, sapendo che anche Percy si era girato dall’altra parte.
Jane e Alexander ci stavano aspettando fuori con i cavalli e Ortro, che se ne stava seduto in attesa. Ringraziai nuovamente la coppia per l’aiuto e non appena Glenn salutò i sui genitori, montati a cavallo ci dirigemmo al galoppo verso Cheronea.

 
EHILA'! Eccomi di nuovo qui! Non preoccupatevi, non sparirò! Ho un'altro capitolo e mezzo pronto che pubblicherò tra oggi e domani!
E putroppo Percy ha fatto una stupidaggine e adesso la sconta non potendo andare a prendere i suoi figli con il suo amore. Che ve ne pare del capitolo? Come sarà questo Glenn? Sarà d'aiuto? Ditemi cosa ne pensate e nei prossimi capitoli arriverà anche la descrizione di questo baldo giovine dai poteri magici!

Ci vediamo al prossimo capitolo!
Un abbraccio

 Stella




 

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Capitolo 8
*** A Palazzo ***


ATTENZIONE!
In caso non l'abbiate visto stamattina, ho pubblicato un capitolo prima di questo!


Sally’s POV:

“Dobbiamo mandare una squadra di ricerche! Subito!” tuonò Re Zeus, sbattendo la mano sul tavolo della sala del consiglio.

“Assolutamente no! Avete sentito quell’uomo! Se la Principessa si presenta con un esercito al seguito, ucciderà Leonard e Sabeen!” rispose mio marito, infuriato.

“Se vostra nuora non fosse così impulsiva e si fosse degnata di pensare ad una strategia con noi, a quest’ora avremmo già salvato i principini!” disse Re Ermes.

“Non potete accusarla di questo! Voi avreste fatto lo stesso per i vostri figli” disse la Regina Demetra.

“E vogliamo parlare del marito?! Il Principe Perseus è l’unico che sia in grado di farla ragionare quando è arrabbiata eppure invece di fermarla le è andato dietro come un cucciolo!” disse Re Ares.

“E grazie che le è andato dietro!” tuonò re Efesto “I principini sono anche i suoi figli! Sua moglie era L’Angelo della Morte, che cosa doveva fare?! Farla andare da sola e rischiare che tornasse ad essere un’assassina?!”

“La questione è diversa qui! Pallante sa che la Principessa Annabeth è l’unica che li conosce veramente. E’ una trappola! E lei e Principe Perseus ci sono caduti con tutte le scarpe! Dobbiamo ritrovarli e portarli qui, subito!” rispose la Regina Afrodite. Due giorni di riunione e non si era fatto niente, al contrario nessuno stava collaborando.

“I Principi Perseus e Annabeth non lasceranno mai morire i propri figli. Perderemmo solo uomini in caso di attacco! E anche se riuscissero a farli tornare, ci saranno solo ostili invece che d’aiuto” disse la Regina Artemide. Ecco in due giorni, questa è stata probabilmente la cosa più saggia detta fino ad ora. Mi voltai verso Atena, che era rimasta silenziosa, analizzando la situazione, e il suo leggero scuotere la testa mi fece capire che era della mia stessa opinione.

“Chi la fa l’aspetti, Regina Artemide. Alcuni di noi hanno perso dei figli a causa della Principessa, le sarà da lezione” disse cinico Re Ade.

“Padre!” fece il Principe Nico con gli occhi sgranati, attonito. Era passato un secondo di gelo, sentì Atena irrigidirsi accanto a me. Ade aveva appena superato il limite. In quel secondo ero certa che Atena gli sarebbe saltata addosso, pronta a difendere sua figlia e scatenando una guerra, come avrei fatto io per Percy. Invece Atena mantenne i nervi saldi e rimase ferma sul posto.

“QUESTO E’ TROPPO!” fu la Principessa Silena di Tessaglia a rispondere indignata, alzandosi in piedi e sbattendo il palmo sul tavolo, al re persiano “NON OSATE MAI PIU’ PARLARE COSI’ DI ANNABETH CHASE! Sì, è vero, è un dato di fatto che sappiamo e che lei stessa ci ha confessato. Alcuni di voi hanno perso dei figli e altri di noi principi dei fratelli e delle sorelle, tutti uccisi per mano sua. Ma Dei Santissimi! Sono passati ormai 8 anni da quando si è costituita e più di 10 da quando i nostri cari sono morti. Voi le avete concesso il perdono reale il giorno in cui l’avete vista cadere in battaglia dopo aver salvato l’Alleanza, salvato il Principe Perseus, dato la strategia vincente, svelato tutti i segreti del Clan di Crono e ucciso quest'ultimo! Per non parlare del fatto che ha integrato il Clan come esercito d’élite dell’Alleanza!”

“Silena, ti prego, calmati” le fece il marito, il Principe Charles Beckendorf cercando di tranquillizzarla.

“No, Charlie! Io non mi calmo!” le rispose lei

“Silena, non puoi permetterti di fare certe sfuriate nelle tue condizioni!” fece lui

“Sono incinta, non malata o muta!” lo zittì la giovane che riprese a parlare “Annabeth è nostra amica e nostra alleata e crescere con il Clan sotto il controllo di Crono non è stata una sua scelta! Non potete continuare a rinfacciarglielo soprattutto dopo tutto quello che ha fatto per noi. Voi l’avete accettata! L’avete perdonata! Non è ammissibile che a 8 anni di distanza al primo attacco di un pazzoide che caso vuole sia un ex membro del Clan, riprendiate ad accusala di cose di cui lei si è pentita e non ha fatto altro che cercare di rimediare” Re Ade si adombrò e non proferì più parola. Regnò il silenzio per qualche istante, che servì alla principessa per calmarsi.

“Annabeth ci ha aiutato” riprese Silena con più calma “Da quando si è unita a noi non ha fatto altro che lavorare per l’Alleanza e per proteggere i suoi cari. Il Principe Perseus non è da meno e non dimentichiamo che se Scizia ha la sua principessa è solo grazie a lui, che sempre è stato leale e devoto all’Alleanza. Entrambi ci sono stati quando l’Alleanza ha avuto più bisogno di aiuto. Perseus e Annabeth non ci abbandoneranno, perciò ora che hanno bisogno di noi, noi non possiamo abbandonare loro” Un grave silenzio seguì le parole della principessa che ancora non si era seduta al suo posto, aspettando forse una qualche risposta o almeno delle scuse per Annabeth. Nonostante mia nuora fosse l’assassina della sorella, Silena l’aveva perdonata e lei e Annabeth avevano legato molto. Ormai la principessa di Tessaglia era diventata la paladina della principessa amazzone e se qualcuno osava dirle contro lei era la prima a difenderla, oltre a Percy.

“La Principessa Silena non porta ancora il peso della corona e fino adesso è l’unica che abbia parlato da monarca” dissi io “Vogliamo smetterla di scontrarci come al solito e collaborare per una volta?! I sovrani siamo noi eppure sono sempre i nostri figli a dover riparare ai nostri danni o cercare di non far saltare l’alleanza perché non siamo in grado di metterci d’accordo”

“Grazie, Regina Sally” disse Silena, grata del mio appoggio. Re Zeus fece un sospiro sapendo di essere in torto, come tutti coloro che in questi giorni non hanno fatto altro che litigare e accusarsi a vicenda. Fu allora che Atena si alzò per parlare. I suoi occhi azzurri erano grigi e guardò tutti con freddezza palpabile. Nessuno fiatò per quei pochi istanti, nessuno osò provare a dire qualcosa per paura che la Regina Amazzone potesse rivoltarglisi contro. Da quando aveva ritrovato sua figlia, Atena si era umanamente ammorbidita, ma rimaneva sempre l’algida regina amazzone che era la forza militare e strategica principale dell’alleanza e nessuno osava sfidarla.
L’unica che rimase in piedi fu Silena che la guardava in attesa. Da quando aveva fatto amicizia con Annabeth, Silena aveva maturato una certa fiducia in sé stessa, tanto da riuscire a non abbassare la testa alla Regina Amazzone per un motivo solo. Se c’era una cosa in cui Atena e Annabeth erano uguali era che davanti ad una situazione difficile facevano quello che andava fatto, senza curarsi del prezzo da pagare. Silena non avrebbe permesso che la sua amica o i suoi figliocci andassero sacrificati. Con grande sollievo di entrambe, quando gli occhi di Atena si posarono su Silena, si addolcirono leggermente e le fece un piccolo cenno con la mano di sedersi. Silena obbedì, visibilmente sollevata.

“Mia figlia conosce bene il Clan, non avrebbe agito così senza un piano” cominciò Atena “Come ben sapete, mi sono scontrata con Pallante in passato. E’ un uomo crudele e senza scrupoli, se ha minacciato di uccidere il principini state certi che lo farà se Annabeth non si presenterà o si presenta con un esercito al seguito. Quello che ha detto la Regina Afrodite non è del tutto errato. Pallante sa quanto la presenza di Annabeth sia importante, è la Gran Maestra del Clan e loro per loro legge seguiranno solo lei e nessun altro. Senza di Annabeth il Clan non combatterà. Ma anche la Regina Artemide e Re Poseidone hanno ragione. Se li riportassimo qui contro la loro volontà, i principini moriranno e loro non ci aiuteranno. Annabeth ordinerà la secessione del Clan e fidatevi so che lo farà e nessuno di noi riuscirà a convincerla di combattere al nostro fianco” ci ammonì con sguardo severo. Un’ombra fredda aleggiò nell’assemblea. Tutti ricordavamo bene cosa rischiammo quando Atena ordinò la secessione alle sue Amazzoni. Nessuno dubitò delle sue parole. Dopotutto, Annabeth era sua figlia e se all’inizio ci poteva essere del dubbio, la giovane aveva dato prova più volte di essere sangue del suo sangue.

“Re, Regine” continuò Atena “Come ha giustamente detto Re Poseidone non dobbiamo mandare alcuna squadra di ricerca, poiché qualunque cosa abbia pianificato Annabeth, noi rischiamo di comprometterla e compromettere la salvezza dei principini. La Regina Afrodite potrebbe avere ragione, il rapimento dei miei nipoti potrebbe essere una tattica per allontanare Annabeth e proprio per questo dovremmo lasciarla fare e concentrare le nostre forze sulla difesa di Atene che come ben sappiamo, è il cuore dell’alleanza” disse Atena. Re Zeus si alzo in piedi e tutti gli occhi furono puntati su di lui.

“Regina Atena, voi vi siete già battuta con Pallante e anche se non avete l’esperienza e conoscenza del Clan che ha vostra figlia, sicuramente lo conoscete meglio di noi. Dateci la vostra strategia” disse Zeus. Atena si guardò attorno e vedendo gli altri monarchi e principi annuire si apprestò a dirci cosa avremmo dovuto fare, rifacendosi molto spesso alla strategia che sua figlia aveva adottato 8 anni fa.

Quando finalmente l’assemblea fu sciolta, Atena mi fece cenno di seguirla. Senza chiederle nulla le andai dietro finché non la vidi fare cenno anche alla Principessa Silena. Era chiaro che doveva parlarci e in privato.

“Sally, Silena” cominciò Atena con un tono molto più delicato rispetto a prima “Io vi devo chiedere un atto di grande collaborazione e state sicure che se non fossi impegnata con le strategie farei da me”

“Ti ascoltiamo, Atena” dissi io, posandole una mano sul braccio.

“Ho bisogno che parliate con la squadra del Clan ateniese e che vi facciate dire  tutto quello che sanno su Pallante e come funziona il suo gruppo di rinnegati del Clan. Pallante ha cercato di farsi dei proseliti prima di essere cacciato e alcuni l’hanno seguito. Il problema è che secondo le proprie leggi, ciò che riguarda nel Clan resta nel Clan. Tutto, persino le tecniche di addestramento. E’ una legge che ha fatto Crono e ha reso ancora più rigida Annabeth e poi… quando è morta Ippolita le Amazzoni hanno perseguitato il Clan. Io per prima… non mi ascolteranno mai, nonostante il fatto che sia la madre della loro leader”

“Cosa ti fa pensare che dicano tutto a noi?” chiesi io “A loro non importa se siamo reali. Sono uno stato in sé la cui unica leader è tua figlia”

“Esatto” disse Silena “Maestà, loro non tradiranno mai la loro Gran Maestra. Non romperanno la loro legge”

“Forse per voi due potrebbero fare un’eccezione” disse Atena “Sally, tu sei la madre di Percy. Percy è il marito di Annabeth e lei ha la più totale fiducia in lui”

“E io cosa c’entro?” chiese Silena “Io non sono parente di né di Annabeth, né di Percy”

“Sei la madrina di Leon e Sabeen” disse Atena “Annabeth si fida te o non ti avrebbe nominata tale. Se il Clan si fida di lei, allora potrebbero fidarsi anche di voi” Io e Silena ci guardammo un momento. Non sarà un’impresa facile farli parlare, o meglio, rompere una legge, ma quell’occhiata era chiara: ci avremmo provato e non ci saremmo arrese finché non avremmo ottenuto le informazioni che volevamo.

 
Doppio aggiormaneto in un giorno! YUHUUU!! Allora, che ve ne pare? Riusciranno Sally e Silena a spillare informazioni dal Clan? Se siete in vena di critiche costruttive sono ben accette!
Prossimo capitolo: inizio viaggio di Annabeth e Glenn.
Un abbraccio!
Stella

P.S.
Tranquilli, Percy starà un po' dietro le quinte, ma tranquilli. Tornerà alla carica! ;-)



 

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Capitolo 9
*** In Viaggio con il Nuovo Compagno ***


Annabeth’s POV:

Glenn non aveva fiatato da quando siamo partiti, se non per spronare i cavalli. Era serio, con un’espressione militare che contrastava la postura rilassata che aveva in sella, molto diversa da quella rigida ed elegante di un reale o di un soldato. Ogni tanto, in quel quarto d’ora di passo che facevamo per far riprendere fiato ai cavalli, mi voltavo a guardarlo. Mi fece una strana impressioni vedere che accanto a me non c’era mio marito, ma uno sconosciuto come compagno di viaggio. Non ebbi mai l’occasione di provare questa sensazione di conforto, ma allo stesso tempo di diffidenza. Quando lavoravo per Crono viaggiavo sempre da sola, oppure con Luke e i miei soliti compagni: Alecto, Tammy, Ethan, Gerione… al solo pensiero di loro provai come una strana sensazione di nostalgia. Non ero mai stata in buoni rapporti con loro, eccetto Luke, anzi noi ci odiavamo, ma in un qualche modo forse perverso eravamo legati. Eravamo compagni ed ora io ero l’unica superstite tra loro, ed ero la Gran Maestra.
Con Percy era stato diverso, lui era la mia preda. Io dovevo viaggiare con lui, non per vivere avventure insieme, ma per portarlo alla morte. La sua presenza era rassicurante per un motivo solo: stavo per portare a termine una missione, lui era la missione… e poi mi sono innamorata. Non so neanche come, ma Percy era riuscito a farmi vedere che la vita è altro. Io avevo imparato che la vita è sopravvivenza, è violenza, e che i sentimenti come l’amicizia e l’amore erano una debolezza. Percy mi ha fatto vedere quanto mi stessi sbagliando: l’amore è forza. Era proprio l’amore che mi stava guidando in questa missione: l’amore per i miei figli, che è stato anche ciò che ha spinto Percy a lasciarmi andare senza di lui.

La presenza di Glenn mi era aliena. Avrebbe dovuto rassicurarmi, ma non lo conoscevo. Stavo per andare a rischiare la vita con uno sconosciuto che si è offerto volontario ad accompagnarmi, senza che io gli chiedessi niente. Glenn non aveva motivo di venire con me. Non glielo aveva chiesto o ordinato nessuno. Non era un soldato e non era suo dovere. Forse la devozione alla famiglia reale di Atene? Oppure sentito il mio racconto aveva provato compassione e con gesto da cavaliere aveva deciso di accompagnarmi. Avrebbe fatto lo stesso se Percy si fosse rimesso subito in piedi? Non sapevo e non potevo spiegarmelo.
Oltre a farmi tutte quelle domande, fu in quelle occhiate che notai finalmente quanto Glenn fosse diverso dai suoi genitori. Jane era minuta, con la pelle molto chiara, i capelli rossi e lisci striati da qualche ciocca bianca e grandi occhi verdi segnati ai lati da qualche ruga dell’età. Era più giovane del marito, ma anche lei era entrata nella mezz’età. Alexander invece era di altezza media e di corporatura esile ma leggermente irrobustita da una vita di lavoro da allevatore. La pelle era chiara e abbronzata sulle braccia dove non era coperto dalle maniche, gli occhi azzurri e i capelli lisci e biondi, anche lui con qualche ciocca bianca come la barba folta.

Glenn era bello, ma tutto il contrario dei genitori. Aveva la carnagione olivastra ed era alto quasi quanto Percy. Ripensai a quando quella mattina era entrato nelle stalle, sudato e con la camicia raggomitolata in mano per asciugarsi il sudore. Aveva le spalle larghe, il bacino stretto e un fisico disegnato, insomma, era statuario. I capelli erano neri e ondulati, lasciando gli occhi castani l’unico tratto un po’ più chiaro. Lì per lì avevo pensato avesse preso i tratti di qualche nonno, o i tratti migliori di Jane e Alexander, ma non notai niente di simile a loro. Un pensiero mi passò per la mente, ma prima di giungere a tale conclusione avrei dovuto parlargli.

“Sì, è come la state pensando” disse Glenn all’improvviso con un piccolo sorriso. Io lo guardai in faccia presa un momento di sorpresa. Glenn sembrò capire subito “Avete notato che non somiglio per niente ai miei genitori e vi stavate chiedendo come fosse possibile. Io vi dico che è come l’avete pensata”

“Vuoi dire che…?” disse io incerta.

“Sì, sono adottato” rispose lui come se niente fosse “Io li chiamo ‘mamma’ e ‘papa’, ma non sono figlio loro. I miei veri genitori sono morti quando avevo 11 anni. Alexander mi ha trovato e mi ha portato a casa. Da allora lui e Jane sono diventati la mia famiglia”

“Ah… mi dispiace per la tua perdita” gli dissi.

“Anche a me…” disse lui con un’ombra di tristezza nel suo sguardo “Ma sono fortunato, i miei genitori mi hanno cresciuto come se fossi davvero loro figlio. Non avrei potuto chiedere di meglio” Non dissi niente ma gli sorrisi. Glenn ricambiò con altrettanto sorriso. Ci fu un momento di silenzio, poi alzando lo sguardo vidi da lontano una città “Cheronea” disse Glenn “Principessa, possiamo fermarci lì e prendere delle provviste, inoltre dobbiamo far riposare i cavalli per un po’ o non arriveremo mai” Annuì e con un colpo di talloni galoppammo fino dentro alla città.
Fuori le mura di Cheronea, ordinai ad Ortro di aspettarci fuori e non allontanarsi troppo dalla città. Non potevamo portarlo con noi, avrebbe dato troppo nell’occhio. All’ingresso della città, camminammo fino ad una locanda dotata di stalla dove lasciammo i cavalli per farli riposare. Guardai il sole e vidi che non potevamo restare a lungo, ma dovevamo far riposare i cavalli per circa un paio d’ore. Così ci aggirammo per la città cercando di sembrare più normali possibile, una coppia di viaggiatori. Glenn mi stava dietro guardandosi intorno, ammirando le strutture come un bambino che vede una grande città per la prima volta. Gli occhi gli brillavano entusiasti, rubando la vista del tempio, della piazza e dei vari edifici.

“Non sei mai andato in una città, vero?” gli chiesi con un piccolo sorriso.

“Confermo. In quasi 22 anni di vita non sono mai entrato in una città. Io mi occupo dei lavori pesanti nell’allevamento.  Papà vende i cavalli lì e mamma va nel paesino a fare visite” rispose lui sorridente.

“Come ti sembra?”

“E’ bellissima! Le infrastrutture, le statue, la piazza, la gente. E’ fantastico!”  io guardai altrove ma non potei fare a meno che ridacchiare al suo entusiasmo. Gli occhi gli brillavano come quelli di un bambino, uno sguardo che avevo già visto. Glenn mi guardò quasi divertito “Che c’è?”

“Niente” risposi “E’ solo che… mio figlio ha avuto la stessa reazione quando è uscito dal palazzo per la prima volta… e mia figlia non è stata tanto diversa” confessai, ricordando con quale entusiasmo i miei bambini avevano visto l’agorà per la prima volta. Al solo pensiero subito la preoccupazione per loro mi ricadde addosso come un macigno. Non avevamo tempo da perdere, Pallante avrebbe mantenuto la sua parola e li avrebbe uccisi se non fossi arrivata in tempo. Improvvisamente sentì l’anello del Clan rovente e pesante sul mio dito, stringeva come una morsa.

“Principessa?” sentì Glenn chiamarmi a bassa voce per non farsi sentire, posando gentilmente una mano sul mio braccio.

“Andiamo, Glenn. Non abbiamo tempo da perdere” dissi io aumentando il passo.

“Principessa, per almeno un paio d’ore siamo bloccati qui, correre a fare quelle due commissioni non serve a niente” disse e io mi bloccai, sospirando. Mi stavo lasciando andare di nuovo.

“Giusto… ascolta, dobbiamo prendere delle provviste. Stiamo finendo l’acqua e a meno che tu non voglia diventare cibo per cani, dobbiamo prendere della carne per le due teste di Ortro, non abbiamo tempo per cacciare” gli dissi autoritaria. Sapevo che aveva notato il mio cambio d’umore, ma non disse niente, o meglio, la sua risposta fu del tutto diversa dalla mia aspettativa.

“Perché Ortro dovrebbe mangiare me? Le teste sono due” protestò lui.

“A parte il fatto che sei più grosso di me? Nessun cane mangia il proprio padrone” risposi “Pensavo che un contadino lo sapesse”

Allevatore” corresse Glenn con nonchalance “E perdonate la mia ignoranza, Principessa, ma non abbiamo mai avuto cani a casa”

“Sei perdonato. E, Glenn, chiamami Annabeth” gli dissi. Glenn mi fece un altro sorriso.

“Certo, Annabeth” Gli feci cenno di approvazione con la testa e poi camminammo verso la piazza del mercato. Fortunatamente per noi, nessuno mi riconobbe e i modi di fare amichevoli di Glenn ci permisero di fare i nostri acquisti senza problemi. Una volta presi i viveri, tuttavia, c’era un altro acquisto che dovevamo fare, o meglio, che avevo deciso di fare il momento in cui accettai veramente di avere un nuovo compagno di viaggio. Glenn e io ci aggirammo per ancora un po’ per la città, poi vidi il negozio che cercavo: l’armeria. Glenn era rimasto sorpreso quando mi vide dirigermi come un ariete verso l’armeria. Ero armata e lui aveva quel coltello e il suo bastone, senza contare la sua magia. Entrata nell’armeria, mi si ripropose la solita scena pietosa di quando una donna entra in un negozio di armi con un uomo, nonostante tutti sappiano che anche le donne possono essere esperte guerriere, e nonostante il mio essere armata: fui bypassata completamente e l’uomo si rivolse direttamente a Glenn che rimase per qualche secondo a boccheggiare come un pesce. Quando parlai io, l’uomo ovviamente tentò di fregarmi rifilandomi una spada decente a vedersi, ma decisamente squilibrata. Io me lo guardai alzando un sopracciglio, era evidente che quest’uomo non sapeva con chi stesse parlando, ossia, un ex-assassina esperta. Feci un paio di passi più lontano e sfoderai la lama, facendola volteggiare con giochi di polso eseguiti perfettamente, prima di puntarla a sorpresa sull’armaiolo, chiarendo che quella era una spada equilibrata. Rinfoderai la spada e l’armaiolo cambiò atteggiamento. In breve io e Glenn uscimmo dall’armeria con una spada bastarda, bella a vedersi e ben equilibrata, con tanto di fodero.

“Allora…” cominciò Glenn incerto “A cosa vi serve un’altra spada?”

“Non è per me. E’ per te” risposi io. Glenn rimase sorpreso.

“Eh? Ma io non ho bisogno di una spada! Ho i miei poteri e il mio bastone, bastano” protestò.

“Fidati Glenn, contro Pallante potrebbero non bastare. Tra assassini la propria spada diventa la tua migliore amica” risposi “E poi, abbiamo ancora un’ora. Ti insegno io ad usarla” Glenn mi sorrise soddisfatto ed entusiasta.

“Di bene in meglio!” commentò. Glenn ed io trovammo un giardinetto appartato e gli diedi la spada. Ci mettemmo subito all’opera e come mi aspettavo, Glenn finì per terra almeno sette volte, prima di ficcarsi in testa come doveva posizionarsi in guardia. L’ottava volta arrivò un po’ più tardi, fortunatamente. Una volta appuntata la guardia, gli insegnai delle parate base che gli avrebbero salvato la vita più volte in battaglia. Ovviamente non era abbastanza per una guerra, ma sicuramente lo avrebbero aiutato in una missione di infiltrazione. A seguire gli spiegai delle tecniche di attacco.
Glenn era un ottimo allievo, ascoltava e rubava con gli occhi tutti i miei movimenti quando gli mostravo la tecnica. Faceva domande precise e utili per l’apprendimento e ci prese la mano abbastanza rapidamente. Gli era quasi naturale, ma ovviamente, un’oretta di lezione non gli bastava. Avrei voluto chiederli di mostrarmi cosa sapesse fare, ma in città, usare la magia sarebbe stato veramente da incoscienti.

Finita la lezione andammo a riprenderci i cavalli. Glenn mi sembrava particolarmente entusiasta della lezione di scherma e orgoglioso di sfoggiare una spada nuova attaccata alla cintura. Camminava per la città lottando con sé stesso per nascondere il sorriso che minacciava di scappargli. In passato o in un’altra situazione mi avrebbe dato fastidio avere vicino uno che sorrideva per nulla, ma considerando la mia situazione, in fin dei conti era bello avere accanto qualcuno che sorrideva e riusciva a trovare del positivo nella situazione. Era di conforto.
Giunti alla locanda sellammo nuovamente i cavalli e uscimmo da Cheronea. Avevamo circa tre ore prima del tramonto e avremmo dovuto coprire più terreno possibile. Appena fummo qualche metro fuori dalla città, richiamai Ortro con un fischio. L’enorme can a due teste non si fece attendere più di tanto e arrivò di corsa, io  non persi tempo e tirato fuori dalla tracolla lo spadino di Leon glielo feci annusare. Ortro fiutò l’aria e cominciò a correre trovando una traccia; io e Glenn gli galoppammo dietro. Se avevo dedotto bene, Leon e Sabina erano nella fortezza a qualche kilometro da Cheronea. Sapevo dove si trovasse la fortezza, ma non potevo permettermi di sbagliare. L’ olfatto di Ortro era infallibile e il mio fido compagno mi avrebbe portata dritta dai miei bambini. Sfruttammo le poche ore di luce che avevamo a dovere, ma quando cominciò a fare buio, ordinai ad Ortro di fermarsi e cercammo un posto dove accamparci. Lungo la strada trovammo un piccolo spiazzo aperto, ma dove era caduto un alberello solitario a cui potevamo legare i cavalli. Ci fermammo e scendemmo da cavallo. C’era ancora luce, ma l’aria si faceva più gelida e si stava alzando il vento. Stanotte farà freddo. Improvvisamente mi venne un’idea. Mi avvicinai a Glenn e gli presi le briglie dalla mano. Lui mi guardò perplesso un momento.

“Fammi vedere cosa sai fare” gli dissi “Costruisci un rifugio” Glenn mi fece un sorrisetto compiaciuto capendomi perfettamente.

“Tieni forte i cavalli e dì al cucciolone di stare buono” rispose lui “Tuttavia, non aspettarti un lussuoso palazzo dalle bandiere fluttuanti, dobbiamo pur sempre non farci notare troppo” disse facendo passi avanti, mentre io dissi ad Ortro di stare buono. Guardai il mio compagno. Le mani di Glenn si illuminarono di un’ aura gialla che gli fluttuava fin tutti gli avambracci e con gesto deciso lanciò un getto magico davanti a pochi metri davanti a sé. Dal getto apparvero subito un grosso macigno di terra, ma Glenn non aveva finito. Con un gesto rapido dell’altra mano lanciò un altro raggio magico sul macigno che nel battito di un ciglio modellò la terra in modo tale da levigarla, formando un’apertura concava che ci avrebbe riparato dal vento e dalla possibilità di pioggia, oltre a levigarne l’esterno in modo tale che sembrassero i resti di una collina erosa nei millenni. Tuttavia Glenn non aveva finito, con un ultimo getto di magia, creò il posto per il focolare. Una volta completato il tutto, incrociò le braccia sul petto e mi guardò soddisfatto.

“Ottimo lavoro. Rapido, discreto, pulito…” commentai ridandogli le redini del suo cavallo.

“Mi assumi?” rispose lui con un sorrisetto.

“Lo sei da quando sei partito” gli dissi, Glenn mi rispose posandosi il pugno sul petto e facendomi un piccolo inchino col capo, a imitazione dei cavalieri. Sorrisi e andai a legare Starlight al tronco, seguita da Glenn. Ortro rimase seduto scodinzolando in attesa. Glenn ed io seguimmo ad andare a cercare della legna per il fuoco e poco dopo ci incontrammo nuovamente con ciò che avevamo trovato. Anche Ortro si era dato da fare e anche lui tornò all’accampamento, scodinzolando allegramente, con le sue due teste piene di pezzi di legno… forse anche troppi e pieni di bava. Mentre Glenn sistemava la legna extra e si toglieva l’armatura di cuoio, io pensai alla legna. Una volta messa su quel focolare che aveva fatto Glenn, mi apprestai ad accenderla, sfortunatamente, Ortro, per rendersi utile, aveva preso le pietre focaie accanto a me e me le aveva passate, bagnandole con la sua saliva. Esitando e un po’ schifata, presi le pietre focaie dal cane e tentai di accendere il fuoco. Il primo tentativo fu vano, il secondo pure, il terzo… arrivò una fiammata che accese il fuoco. Alzai lo sguardo e vidi Glenn con la mano ancora tesa verso il fuoco, che mi sorrideva compiaciuto.

“Stai cercando di fare colpo?”  gli dissi alzando un sopracciglio.

“Ti starò pur dando del ‘tu’, ma resti sempre la Principessa Amazzone. Devo essere all’altezza” disse ironico avvicinandosi a me offrendomi la mano per alzarmi.

“E io che dicendoti di darmi del ‘tu’ credevo mi vedessi come una persona comune” risposi io, prendendogli la mano ruvida, alzandomi.

“Fidati Annabeth, non sarai mai ‘comune’ ai miei occhi” rispose lui lasciandomi la mano.

“Ti stai già innamorando di me, Glenn?” dissi scherzando.

“Ahh… vedo che qualcuno ha un’alta considerazione di sé stessa!”

“Parlo solo per esperienza, non saresti il primo sedotto dal mio fascino nel giro di poche ore. E poi sei tu che hai usato una tipica frase da rimorchio!” dissi io dandogli un colpetto sul petto col dorso della mano.

“Beh, io mi riferivo esattamente al tuo curriculum. Non passa certo inosservato” rispose lui.

“Ah, sì? E tu cosa ne sai del mio curriculum?”

“Che le storie sulla tua bellezza sono vere, che eri il famigerato Angelo della Morte, assassina di molteplici reali e svariate altre persone, che ti sei costituita quando hai deciso di tradire il Clan e che sei celebrata come un’eroina per aver salvato l’alleanza dei dodici regni insieme a tuo marito” ripose lui sicuro, fissandomi negli occhi “Non sarò mai stato in città fino ad oggi, ma certe notizie raggiungono persino un piccolo allevamento di cavalli in campagna. Alcune cose poi non si dimenticano tanto facilmente” rimasi in silenzio un secondo.

“Già… non passa inosservato…” risposi abbassando la voce, guardando altrove, assorta nei miei pensieri. Non c’era malizia nella sua voce, forse aveva parlato così senza neanche pensare, ma il modo profondo in cui mi guardò mi fece bruciare l’anello del Clan che avevo al dito. Era quella la mia fama. Avevo salvato l’alleanza, ma era l’unica nota positiva che seguiva una vita da assassina, piena di tranelli e disseminata di omicidi. Era questo quello che la gente sapeva di me, eppure mi ero accorta di venir acclamata come un’eroina, ma forse lo facevano solo perché il popolo si fidava ciecamente di Percy. Come era successo anni fa durante la battaglia con il Clan, Silena non mi aveva liberata perché si fidasse di me, ma di Percy e perché sapeva che io ero l’unica che potesse convincere mia madre a combattere e cessare la secessione. Quando mi sono costituita, i principi e i monarchi di Atene, non hanno messo il veto in  io favore per me, ma per Percy, perché era lui a fidarsi di me e loro sapevano che non lo avrebbe fatto senza un motivo valido. Forse, nonostante il matrimonio e la nascita dei miei bambini, la cosa più bella che mi potesse mai capitare, io non sono mai stata la Principessa Annabeth di Scizia, o semplicemente Annabeth. Ero solo un’assassina vestita da principessa, L’Angelo della Morte nascosta sotto una veste istituzionale.  

“Annabeth?” La mano calda di Glenn sulla mia spalla mi svegliò dal mio trance e incontrai il suo sguardo gentile “Tutto bene?”

“Sì. Tutto bene, non preoccuparti” dissi.

“Non va tutto bene, avevi la stessa faccia mentre aspettavi che il principe si riprendesse. Ho detto qualcosa che non va?” disse lui. Ero davvero diventata così trasparente? Solo Percy riusciva a capire in un attimo come mi sentissi davvero e adesso arriva questo sconosciuto a cui improvvisamente bastava un’occhiata per capire come mi sentissi, o forse era semplicemente Glenn ad essere così percettivo e attento.

“No, hai solo detto come stanno le cose” risposi “E’ la reputazione che mi sono costruita” dissi con un sorriso amaro, per poi andare verso una delle sacche e tirare fuori due tranci di carne che avevamo comprato a Cheronea da dare Ortro che già si era messo a scodinzolare e le sue due teste ad abbaiare con l’acquolina in bocca. Sapendo quanto non fosse delicato quando si trattava di cibo, gli lanciai i due tranci e lui ci si abbuffò subito. Poi mi voltai verso Glenn e lo vidi estrarre la spada che gli avevo dato, lanciandomi un’occhiata di sfida.

“Lezione numero due?” propose. Io gli feci un piccolo sorriso ed estraendo la mia spada ci mettemmo a duellare, nel tentativo di preparare il più possibile il mio nuovo amico ad un’ardua battaglia.

 
Ed è così che inizia la seconda parte del viaggio di Annabeth con questo 'intrigante Glenn', per citare Qualcuno *ahem* AnnabethJackson22 *ahem*!
Che ve ne pare? Come vi sembra questo baldo giovine che ha deciso di aiutare la nostra Annabeth? Come andrà il loro viaggio? Che ne pensate dei pensieri di Annabeth? C'è qualcosa che non va? L'assenza di Percy già si fa sentire? Riuscirà Glenn a mantenere la sua promessa al principe? Ditemi cosa ne pensate di loro e del futuro dell'impresa con i vostri fantastici commenti!
Al prossimo capitolo!
  Un bacio!

Stella 

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