This is my life!

di Berry Depp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una sana litigata padre-figlio ***
Capitolo 2: *** Zio Jimmy ***
Capitolo 3: *** Quel Wasowsky? ***
Capitolo 4: *** Party di inizio anno ***
Capitolo 5: *** Apocalisse ***
Capitolo 6: *** Scommessa vinta ***
Capitolo 7: *** Vacanze natalizie ***
Capitolo 8: *** Arrabbiature e nomi interi... ***
Capitolo 9: *** Pranzo di Natale ***



Capitolo 1
*** Una sana litigata padre-figlio ***


  -No, papà! Ho detto no!
  -E io ho detto si! Non si discute!
  -Oh, si discute eccome! Io non ci voglio andare in quella gabbia di matti!
  -Non provare a chiamarla in quel modo! Ti rendi conto che hai la fortuna di avere due genitori che possono permettersi di mandarti a studiare in quella scuola?
  -Si, beh, questa fortuna potrebbe essere spesa in un altro modo, magari in una scuola di recitazione!
No, non di nuovo!, si ritrovò a pensare Celia. Fin da quando Gale era solo un mostriciattolo, suo marito Mike gli parlava della Monsters University come qualcosa di meraviglioso. Il figlioletto, però, non la pensava allo stesso modo e i due si ritrovavano a litigare non appena Mike apriva bocca. Il punto era che Gale voleva diventare un grande attore, famoso in tutta Mostropoli e dintorni, invece Mike voleva per suo figlio il meglio. E quindi che diventasse un esperto “spaventatore”.
Anche se non si spaventavano i bambini ormai da anni, il termine “spaventatore” era rimasto, purché, se scritto, fosse contenuto tra le due virgolette e, se pronunciato, tra le virgolette fatte con le dita. Poi, se c’erano mostri senza dita, era un altro discorso.
Celia andò in camera del figlio, dove la discussione si era spostata partendo dal salone per poi passare in cucina e anche in bagno e spalancò la porta.
Come se i due non avessero sentito il botto, continuarono a litigare e ad urlare come matti.
Gale ora aveva diciassette anni. Aveva un grosso testone tondo che ricordava molto il corpo stesso di Mike, corti serpenti in testa ingarbugliati fra di loro, come quelli di sua madre che però teneva ben in ordine, da cui si vedevano due corte corna ereditate da Mike, un corpo lungo e magro, come quello di Celia, che però presentava lunghi arti che terminavano in mani mostruose che presentavano corti artigli, come quelli di Mike e dietro le gambe cinque tentacoli viola scuro. Infine era completamente verde, poco più chiaro di Mike e i serpenti della testa erano di un viola scurissimo, quasi nero e un dentino, ereditato da nessuno, che gli spuntava dall’angolo sinistro della bocca e andava all’in su. Ed era sicuramente molto più alto di Mike, che per poco non gli arrivava alle ginocchia.
  -Basta, voi due!- sbraitò Celia, attirando l’attenzione dei due mostri della sua vita, che smisero di litigare e che, con gli indici puntati ancora contro, si voltarono e rimasero a fissarla perplessi.
  -Levatevi dalla faccia quello sguardo da ebeti, sapete che sono arrabbiata per un solo motivo!- continuò Celia urlando.
  -Scusa ma’...- disse Gale a testa bassa.
  -Scusa, amore- fece a sua volta Mike.
Celia alzò un sopracciglio verso Gale, che capì al volo cosa voleva la madre. Sbuffò.
  -Scusami, papà...- sussurrò, senza guardare il padre in faccia.
Mike, col suo solito modo di fare altezzoso, girò i tacchi e uscì dalla stanza. Celia, invece, si avvicinò al figlio, seduto su letto con la testa incassata tra le spalle.
  -Oh, tesoro- disse in un filo di voce –sai che tuo padre fa tutto questo per il tuo bene.
  -Quel poco affetto che vedo è verso i suoi sogni di “spaventatore”. In tutti questi anni non ha mai accolto le mie idee, i miei sogni, me stesso!- fece Gale.
  -Sai che non è così. E che fa così perché vorrebbe vedere in te quello che lui non è mai stato. Uno spaventatore- disse Celia, in tono apprensivo.
  -Non è mai stato uno spaventatore, ma ora è uno “spaventatore”!- quasi gridò Gale, facendo le virgolette con le dita solo la seconda volta –E io non voglio esserlo. Io voglio diventare un attore, mamma!
  -E questo lo so. Ma perché non diventi “spaventatore” come attore, intrattenendo i bambini con... tutto quello che fanno gli attori? Potresti diventare uno... “spaventattore”!
Gale assunse un’espressione corrucciata e incrociò le lunghe braccia, facendo capire alla madre che non solo la sua battuta era stata davvero pessima, ma anche che non aveva proprio intenzione di passare attraverso una di quelle stupide porte per intrattenere altrettanto stupidi bambini con barzellette, balletti e canzoncine.
Celia abbassò lo sguardo, disperata e rassegnata ed uscì dalla camera, non prima di aver dato un bacio in fronte al figlio che, non appena fu uscita, si sdraiò a pancia in su sul letto e portò le braccia dietro il testone, guardando il soffitto.
Passarono così circa dieci minuti, poi prese una decisione. Si alzò di scatto, afferrò la sua felpa verde scuro che appoggiò alla spalla e uscì dalla camera sbattendo la porta. Passò davanti la porta del salotto, facendosi notare da Mike che guardava un programma su come educare i mostriciattoli da compagnia a non fare la cacca incandescente.
  -Ehi- disse il padre, alzando quanto bastava la testa –dove vai?
  -Esco- fece Gale con voce atona e partì avviandosi per la strada.
Camminò per almeno un quarto d’ora e raggiunse una casetta azzurra. Andò a bussare alla porta che dopo pochi secondi si aprì facendogli ritrovare davanti un grosso mostro peloso, verde a macchie viola, che gli sorrise vedendolo.
  -Gale!- disse, allargando le braccia.
  -Ciao, zio Jimmy!- lo salutò con un cenno della mano e precipitandosi ad abbracciare quell’enorme armadio peloso.

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Capitolo 2
*** Zio Jimmy ***


 Solo lui lo chiamava Jimmy. Zio Jimmy. E solo in lui poteva trovare un vero confidente, un amico che non avrebbe mai trovato in nessun altro.
 -E così... tu non vuoi andare alla MU- concluse in parole povere Sulley.
  -Esatto, ma mio padre non ne vuole sapere! Per lui quella è l’unica strada per me- ripeté per l’ennesima volta il ragazzo.
  -Oh, tuo padre... quello si che è uno che si fa rispettare. Ricordo ancora quando eravamo al’università. Sai, anche io lo odiavo tanto. Ci odiavamo a vicenda.
Gale sollevò un sopracciglio. Loro due. Mike Wasowsky e James P. Sulleyvan, che si odiavano ai tempi dell’università? Assurdo!
  -Non fare quella faccia da ebete- disse Sulley scherzando e Gale si rese conto che era la seconda volta in una sola giornata che gli dicevano di non fare quella faccia –è così, non sto scherzando. Magari è solo l’età.
  -Età o non età, prima o poi lui mi iscriverà alla MU a mia insaputa e poi non potrò più tirarmi indietro- anche questa frase Sulley l’aveva sentita miliardi di volte in quel pomeriggio.
Sospirarono entrambi.
Sulley sapeva con chi aveva a che fare. Un Wasowsky era già un’impresa, ma due! Due Wasowsky era come dire otto Tritamarmo più sei Waternoose! Non sapeva cosa fare, voleva bene entrambi. E anche Celia la pensava come lui. Nessuno dei due poteva appoggiare uno solo, avrebbero finito per litigare senza sapere come avevano cominciato.
Ad un tratto suonarono alla porta e Sulley fu costretto ad alzarsi dal comodo divano dove aveva lasciato l’impronta del suo didietro per il peso.
  -No, aspetta, zio Jimmy!- disse Gale –E se fosse mio padre?
  -Mi spiace, ragazzo, non potrei comunque lasciarlo fuori!- si giustifico il mostro.
Gale sentì la porta aprirsi, una battutina di Sulley, la sua risata, suo padre che gli diceva di smetterla ridendo e dei passi che si dirigevano verso il salotto dove lui sostava comodo su una poltrona.
  -Gale...- disse Mike –Devi venire con me.
  -A-ah... perché?- chiese il ragazzo.
Mike prese un foglio azzurro e glielo mostrò.
  -Monsters University- bisbigliò abbattuto Gale.
  -Ti ho iscritto- disse secco il padre.
 Gale abbassò la testa. Non c’era altro da fare, sapeva che sarebbe successo e non era riuscito a convincere suo padre, ma cavolo! Erano diciassette anni che ci provava!
Prese la felpa e fece per seguirlo.
  -Mike- li fermò Sulley –forse... dovresti veramente lasciare scegliere al ragazzo.
  -Basta così, zio Jimmy. È fatta. Ci vediamo a fine semestre- disse Gale e passò davanti al padre, uscendo dalla porta.
Mike si voltò di nuovo verso Sulley e notò che lo guardava storto.
  -Che c’è?- chiese perplesso, per poi seguire il figlio. __________________________________

Cabina del Capitano Eeeeee... rieccomi qui con una nuova storia, Ciurma! voi: Yeeeeh!!! Ma anche no -.- Si, grazie. Comunque, questa è una storia che sinceramente mi piace molto (e che di conseguenza a voi non piacerà). Vi chiedo solo una cosa. Recensioni a volontà! Critiche, consigli, complimenti, critiche, consigli...(?) di tutto e di più, insomma *-* Che altro dire? voi: nulla, ci hai scocciato! Ok, ok, non fate così! Me ne vado... Ossequi, BD

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Capitolo 3
*** Quel Wasowsky? ***


Una mattina di schifo. Esatto. Una mattina orrenda.
Gale si alzò di malavoglia, afferrò la cartella, mise i libri di testo del primo anno e andò a fare colazione. Sua madre era serena e stava preparando una caffettiera di acqua sporca e Mike leggeva il giornale. Gale riuscì a vedere che in prima pagina c’era la notizia di Angelina Mostrie che rimproverava Brad Schiff perché aveva lasciato i calzini in salone durante l’intervista per il loro nuovo film: L’Amore Mostruoso che Provo per Te.
Andò a sedersi al tavolo e cominciò a bere il suo latte acido con i croccantini per cani.  Silenziosamente, non appena ebbe finito, si alzò e andò a lavarsi i denti con un dentifricio al letame e si spruzzò di deodorante al cane bagnato, senza lavarsi.
Prese la sua cartella e andò verso la porta di casa, dove sua madre lo attendeva con due valigie e un borsone.
  -Buon viaggio, tesoro- gli disse, sorridendo. Gale sapeva che era un sorriso finto, per fare contento Mike e convincere lui che non era proprio una tragedia.
  -Ciao,ma’- fece lui con voce atona e dandole un bacio sulla guancia.
  -Gale- lo chiamo suo padre.
  -Che c’è?- chiese quasi bruscamente.
  -Io... tu... tu dovrai iscriverti al corso di “spaventologia”. Non fare il furbo. “Spaventologia”.
Gale continuò a guardarlo con uno sguardo omicida, poi si voltò di scatto, mise in spalla il borsone, a tracolla la cartella e prese una valigia per mano.
  -Ci vediamo a marzo- disse secco, senza voltarsi e uscendo di casa, per raggiungere il bus. La porta si aprì cigolando e lui entrò facendosi spazio tra i mostri che parlavano di genitori troppo appiccicosi che non li lasciavano uscire la sera, di partite di football e cose varie.
Andò a sedersi vicino ad un finestrino, ma non si girò nemmeno per salutare i suoi genitori che lo guardavano sparire dietro l’angolo.
La confusione in quel pullman era paragonabile a quella che faceva Sulley quando la sua squadra di baseball vinceva.
Gale non spiccicò una parola per tutto il viaggio e quando arrivarono gli sembrò fosse passata una giornata intera, non due ore e mezza.
Scese dal pullman con una silenziosità eccessiva ed entrò nel campus senza quasi farci caso. Non ascoltò una parola della ragazza che mostrava al gruppo delle matricole il campus in tutto il suo “splendore” e si allontanò quasi subito per andarsi a registrare e iscriversi al corso di “spaventologia”.
  -Nome prego- disse il segretario addetto alle registrazioni, con voce lenta e noiosa.
  -Gale Wasowsky- disse Gale.
  -Gale Wasowsky? Quel Wasowsky?- esclamò il segretario, questa volta saltato dalla sedia sorpreso ed entusiasta.
  -Credo... credo di si... ci sono altri Wasowsky?- chiese stranito Gale.
  -Beh, suo padre, credo! Ehi, gente, guardate chi c’è! Gale Wasowsky, figlio di Mike Wasowsky!- urlò l’altro, alzando una mano per attirare l’attenzione.
Tutti si voltarono verso quello stand, sorridenti e sorpresi.
  -Quel Wasowsky?- chiesero tutti quanti.
  -Oh, insomma!- sbottò Gale –Che c’è di speciale nell’essere un Wasowsky?
Un mostro piccolo e grassoccio si avvicinò: -Quel Wasows...
  -Zitto tu!- lo precedette Gale - Si, Quel Wasowsky! E personalmente non ci trovo niente di speciale. Mi fa schifo, anzi! Dammi qua.
Afferrò la scheda della registrazione e andò a scattarsi la foto con passi pesanti.
Tutti rimasero allibiti. Gli faceva schifo? In quella scuola Mike era considerato un eroe. Certo, espulso al primo anno, ma un eroe!
  -Sorrida!- disse il fotografo.
Si, come no, gran bel sorriso. Gale guardò la sua foto sulla scheda. Imbronciato. Con il suo caratteristico dente che fuoriusciva dalla bocca più del solito.
Tornò a prendere i bagagli e gironzolò per gli stand alla ricerca di quello di “spaventologia”, ma qualcos’altro la sua attenzione. Uno stand dedicato completamente alla recitazione. Dietro al bancone c’erano due mostri: uno era alto e muscoloso e l’altro di statura media e robusto. Sventolavano volantini del corso e una voglia irrefrenabile di iscriversi lì pervase completamente il corpo di Gale. Poi, però, gli vennero in mente le parole del padre: “Non fare il furbo”. Scrollò la testa e raggiunse il temuto stand.
Si fece dare un volantino e si iscrisse. Non mancarono i mostri che esclamavano “Quel Wasowsky?” e le sue occhiatacce, ma non appena fu iscritto, andò nella piazzetta dove c’erano le confraternite che cercavano nuovi iscritti. Le guardò molto attentamente. C’erano quelle vecchie, di cui suo padre parlava come i RΩR o le PNK, ma ce n’erano anche di nuove. C’erano le Mostre, i MB (Monstbest) e i Blob, una confraternita di mostri viscidi e appiccicosi. Decise di iscriversi nei Montbest, anche se non lo convincevano granché, ma non aveva molta scelta. Tutti quei mostri gli facevano antipatia.
  -Ciao, noi siamo i Monstbest- disse quello che doveva essere il capo, un mostro mingherlino con degli occhiali enormi sulla faccia e delle corna lunghissime cha finivano per arrotolarsi tra loro –Io sono Jem e loro sono Moldy, Torche, Sank e Kirk- esclamò indicando rispettivamente un mostriciattolo bassino con una scia di bava che si lasciava alle spalle... se solo avesse avuto le spalle. Poi c’era l’altro che era ricoperto di pelo solo in parte, a ciocche, l’altro aveva una massa di capelli che gli ricopriva la faccia, facendo vedere solo la bocca che non apriva mai e l’ultimo aveva una massa di aculei che gli ricopriva la schiena.
  -Io invece sono Gale Wasowsky- disse lui annoiato e convinto di aver scelto la peggior confraternita che potesse capitargli.
  -Quel Wasowsky?- esclamò Moldy.
  -Si, quel Wasowsky!- sbraitò Gale per l’ennesima volta in pochi minuti. Afferrò di nuovo la sua roba e si diresse verso la casetta della confraternita, sotto gli occhi straniti dei suoi nuovi compagni.

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Cabina del Capitano
Ciurma, come va? Io sono annoiata e anche un po' delusa, perchè pensavo che questa storia, anche se solo all'inizio, avrebbe ricevuto delle recensioni, ma forse pensavo male...
Bene, allora... recensite <:D
Ossequi,
BD
 

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Capitolo 4
*** Party di inizio anno ***


  -Questa è la tua camera. Dormirai con Sank, il che non dovrebbe recarti molti problemi, visto che non parla mai- Jem era fin troppo emozionato mentre faceva fare il giro turistico della casa a Gale, contento solo dell’ultima informazione: non avrebbe dovuto parlare per forza col suo compagno di stanza.
  -Okay...- sussurrò stanco.
  -Ma sarai distrutto, scusami- esclamò Jem –vieni, sistema le tue cose in camera e riposati, domani iniziano le lezioni. Oh, e stasera ci sarebbe una festa di apertura dell’anno scolastico, ci hanno invitati.
  -A-ah, non so se verrò- affermò Gale aprendo le valigie.
  -Ma tu devi venire!- continuò Jem.
  -Scusa?
  -Sai, non ci invitano molto spesso, anzi, non ci invitano proprio alle feste del campus, questa volta l’hanno fatto solo perché tu sei dei nostri.
  -Cioè vi hanno invitati solo perché ci sono io?
  -Esatto!- sorrise innocente il mostro.
  -L’avranno fatto solo perché sono il figlio di Mike, ma perché rinunciare all’essere desiderato? D’accordo, verrò.
Jem uscì dalla stanza tutto contento e dopo qualche secondo entrò Sank.
  -Tu non mi piaci- disse il mostro con voce profonda e spaventosa.
  -Come?- chiese Gale convinto di non aver sentito bene. L’altro non disse altro ed andò a sdraiarsi sul letto di sopra del letto a castello.
  -Si... va bene...- sussurrò Gale, per finire di sistemare le sue cose ed uscire dalla stanza per fare una passeggiata prima della festa.
Prima di mettere piede fuori dalla casa, si ritrovò davanti uno scarafaggio. Non sembrava spaventoso, così Gale si abbassò fino a tenere l’occhio sinistro ad una distanza di pochi centimetri dall’animaletto.
  -Cosa hai di mostruoso, tu?- chiese in un soffio. Notò che l’insetto aveva un terzo occhietto che gli spuntava tra i due normali –Ah. Bene.
Passeggiò per un po’, finché non incontrò un mostro che somigliava molto ad un coccodrillo che gli sorrideva.
  -Wasowsky!- disse, come se si conoscessero da una vita.
  -Ehm... ciao- balbettò Gale alzando una mano.
L’interlocutore si avvicinò sempre più fino ad abbracciarlo alzandolo da terra e stritolandolo.
  -Ciao, amico, sono Tayler. Come butta?- continuò il coccodrillo.
  -Dipende se tu vuoi buttarmi giù- disse soffocando Gale.
Tayler rise di gusto: -Hai il senso dell’umorismo, Cobra!
  -Come mi hai chiamato?- chiese il poveretto tossendo e riprendendo fiato.
  -Cobra! Fichissimi quei serpenti che hai in testa! Così il soprannome ti calza a pennello! Senti, ci sei oggi alla festa, vero? Sai, la organizziamo ogni anno noi RΩR e quest’anno abbiamo invitato anche voi MB perché vorremmo passare un po’ di tempo con te. Ci stai?
  -E me lo chiedi? Certamente, grazie!- sorrise Gale, che tornò subito serio. Ma che stava facendo? Si stava facendo degli amici? Lì? Alla MU?
  -Allora ti aspettiamo, Cobra. A dopo!
Gale fece per tornare sui suoi passi, ma appena in tempo si accorse che lo scarafaggio di prima era proprio sotto il suo piede e se avesse compiuto quel passo, se lo sarebbe ritrovato spiaccicato tra le dita.
  -Ma che vuoi?- chiese brusco Gale. Lo scarafaggio si limitò a continuare a guardarlo. Gale sbuffò e tornò alla casetta rassegnato.
L’ora della festa arrivò in fretta. I MB erano emozionatissimi e correvano per casa cercando cose “forti” da far vedere ai ragazzi.
Gale si limitò a coprirsi con la sua felpa verde scuro e aspettò che anche gli altri fossero pronti. Quando lo furono tutti uscirono insieme e si avviarono verso la casa dei RΩR, tutti emozionati per la prima festa a cui avrebbero partecipato, tranne Gale, che sembrava molto tranquillo, quasi annoiato.
Si ritrovarono nella stradina che portava alla porta d’entrata e già da lì si poteva sentire la musica ad un volume altissimo. Suonarono alla porta e venne ad aprire proprio Tayler.
  -Cobra!- esclamò contento– Sono felice che tu sia venuto. Fai entrare anche i tuoi amici.
  -Loro non sono... miei amici...- disse Gale, anche se ormai era troppo tardi, visto che Tayler era entrato seguito dai suoi compagni.
La musica era assordante e c’erano mostri che si scatenavano e bevevano senza sosta. Gale andò a sedersi in un angolino e non si mosse da lì rimanendo a guardare quei mostri che gli stavano tanto antipatici.
  -Tu dovresti essere Gale, cioè... Cobra!- sorrise un altro RΩR avvicinandosi.
  -E tu sei...?- fece Gale.
  -Scusa, sono Marx- aveva tre grosse antenne, due sulla fronte e una sul naso –Come mai non balli?
  -Io? Non... non so ballare...
  -Andiamo, è la scusa più vecchia che abbia mai sentito! Non dirmi anche che non hai mai bevuto!- continuò porgendogli un bicchiere di ponch.
  -Ehm... No, no! Io amo bere!- il sorriso finto sembrò convincere Marx, che gli lasciò il bicchiere a andò a ballare con una mostriciattola molto sexy.
Gale versò il ponch nel vaso di una pianta e si alzò con l’intenzione di andarsene a dormire, ma qualcuno lo tirò per il cappuccio della felpa e lo fece arrivare al centro della pista. All’inizio non si rese conto di nulla, poi si accorse che a tirarlo era stata la mostriciattola sexy con cui ballava Marx e ora tutti lo incitavano a ballare. Erano tutti disposti a cerchio che battevano le mani e urlavano il suo nome.
  -No, io non ballo!- cercò di convincerli, ma tutti continuavano ad incitarlo.
Si sentiva in imbarazzo, davanti a tutta quella gente. La mostriciattola di prima si fece avanti e lo guardò maliziosa. Faceva parte delle PNK. Gli prese una mano e fece una giravolta arrotolandosi nel suo lungo braccio. Si ritrovarono con le facce a pochissimi centimetri di distanza. Gale non era un tipo che arrossiva facilmente e non successe nemmeno quella volta, ma si ritrovò a guardarla sorpreso e incredibilmente attratto da quegli occhi rosa. Ad un tratto lei si allontanò di colpo mantenendo quell’espressione e cominciò a ballare. Gale le stette dietro e non si rese conto di star ballando sotto gli occhi di tutta quella gente. Le piroette della ragazza lo mandavano su di giri e continuarono così per quasi tutta la nottata.
Durante l’ennesima piroetta il suo sguardo finì sul grande orologio appeso al muro. Le quattro di notte.
  -Oh, cacchio!- mollò la ragazza che volò via in mezzo ad un gruppo di gente che ballava qualche metro più lontano –Ehm... scusa! Ti ripago i danni- si scusò vedendo che quella si rialzava tenendo una mano sulla fronte per la botta.
Corse a casa, dove i suoi compagni erano tornati a mezzanotte perché avevano sonno ed entrò facendo attenzione a non fare rumore.
Salì le scale, aprì la porta che scricchiolò leggermente e poggiò la preziosa felpa che Sulley gli aveva regalato sulla sedia accanto al letto. Notò che Sank non faceva alcun rumore nemmeno mentre dormiva, poteva vedere appena la sua pancia alzarsi e abbassarsi lentamente. Si sdraiò nel letto di sotto e chiuse gli occhi, pensando a come l’anno fosse iniziato male. Sperò che tutto quello che gli stava capitando finisse in fretta e si addormentò con quei pensieri per la testa, non prima di accorgersi che il famoso scarafaggio si era appollaiato sul comodino accanto al suo letto.

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Cabina del Capitano: e rieccomi qui a rompervi i maroon 5 (espressione inventata da me e una mia amica, se la volete usare c'è il copyright u.u )! Bene, volevo informarvi che ho cancellato la storia che stavo scrivendo (solo il primo capitolo, sai che roba!) su Phineas e Ferb. Il fatto è che non mi convinceva e prefersico guardare quel cartone che amo in tv, invece di rovinarlo conle mie pessime idee. Poi, volevo ringraziare di cuore Leyna_ per aver recensito e inserito tra le seguite e preferite la storia, se non fosse stato per lei, probabilmente avrei smesso di pubblicarla, pensando che non interessasse a nessuno, grazie mille, spero che gli altri lettori prendano esempio da te, Leyna_!
A questo punto... la messa è finita, andate in pace.
BD

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Capitolo 5
*** Apocalisse ***


Prima lezione. Dopo aver mangiato un biscotto che non sapeva di niente, Gale si diresse alla classe di “spaventologia”. C’erano tanti mostri seduti ai banchi disposti in semicerchio nella sala e tutti loro avevano aspetti molto strani: c’era chi aveva un ciuffo alla Elvis Preasley, che un grosso naso rosso che ricordava tanto quello dei clown che spaventavano Gale sin da quando era piccolo e altri con la faccia bianca, forse mimi.
  -Silenzio, per piacere- disse un mostro altissimo, forse due metri e mezzo e magro. In testa aveva una chioma di capelli corti e ricci, rossi. Tutti si zittirono e il prof riprese la parola.
  -Allora, ragazzi, benvenuti al corso di “spavento”, io sono il professor Smile A. Laugh e sarò io il vostro insegnante. Per prima cosa vorrei fare una domanda: quanti di voi sanno almeno in parte di cosa tratta il lavoro di uno “spaventatore”.
Ovviamente, tutti alzarono mani, tentacoli, zampe e chi più ne ha più ne metta. Tutti tranne Gale.
Il prof sorrise compiaciuto, ma tornò serio posando gli occhi su Gale, che aveva uno sguardo annoiato.
  -Signor... Wasowsky, giusto?- fece.
  -Quel W...- esclamò un mostro dietro Gale, che si voltò subito con uno sguardo omicida in volto che lo fece subito zittire.
  -Lei non lo sa?- continuò Laugh.
  -Cosa? Io non so cosa?- chiese innocente Gale.
  -Ho fatto una domanda. Lei non sa in cosa consiste il lavoro di uno “spaventatore”?
  -Si, ma... non volevo rispondere, tutto qua.
  -Bene. Risponda!- disse fermo il prof.
  -Ma io non...
  -Ho detto di rispondere.
Gale sbuffò quasi impercettibilmente, prese una posizione più adatta da tenere in classe, visto che prima era accasciato sul banco e parlò: -Il lavoro di uno “spaventatore” è molto importante per Mostropoli, dato il fatto che le risate dei bambini servono da carburante. Ora, uno “spaventatore” deve saper bene come far ridere un bambino. Spesso, se sono piccoli, potrebbero non capire le battute e quindi ci vogliono dei balletti e delle canzoni per divertirli, mentre se sono più grandi, questi ultimi potrebbero annoiarli e quindi servirebbero battute e barzellette adatte a bambini di quell’età. In conclusione... divertire i bambini è molto difficile, ma importante per la città e rilassante per chi lo fa, potrebbe essere quasi definita un’arte- alle ultime parole gli scappò un leggero risolino, ripensando alle demenzialità che aveva appena detto e che suo padre gli aveva sempre ripetuto.
  -Molto bene, signor Wasowsky, mi chiedo perché non abbia voluto rispondere- concluse il prof. Poi cominciò con la lezione che Gale, ovviamente, non seguì.
Tornato a casa, Gale ritrovò lo scarafaggio ad aspettarlo.
  -Ah, sei tu. Ciao. Dovrò trovarti un nome! Che ne dici di Oscar? Nah, è scontato per uno scarafaggio, ci penserò.
Aprì la porta e trovò i suoi compagni seduti al tavolo a studiare.
  -Ma che state facendo?- chiese allibito, con lo scarafaggio in spalla.
  -Studiamo- rispose naturalmente Torche.
Gale pensò alle facoltà a cui erano iscritti. Tutti a Costruzione di Porte.
  -Ma che ca...? Studiare? Per costruire delle stupide porte?- continuò, sempre più basito.
  -Sveglia, siamo in un’università, qui si viene per studiare- lo riprese Kirk –tu che ci sei venuto a fare qui, allora?
Gale corrugò la fronte e abbassò lo sguardo.
  -Credimi, me lo chiedo anch’io...- borbottò e uscì di nuovo, lasciando i compagni straniti da quella risposta.
Mentre camminava a testa bassa, Gale mugugnava tra sé e sé. Idioti che trovavano fantastico il fatto di essere figli di Mike Wasowsky, confratelli che amavano studiare inutilmente, stupide feste quasi ogni sera, prof antipatici malgrado il nome... non c’erano nemmeno ragazze carine, quelle delle confraternite femminili non lo attiravano per niente.
Mentre pensava ciò, si accorse che lo scarafaggio era sceso dalla sua spalla e si stava dirigendo ad una pattumiera, forse perché aveva sentito l’odore di qualcosa di appetitoso. Mentre le sue sottili gambette correvano verso l’oggetto, con una forza straordinaria per uno scarafaggio, colpì un pattino lasciato in mezzo al marciapiede da un qualche incosciente, che andò a colpire una serie di biciclette. Queste, con effetto domino, spinsero l’ultima a cadere su un pallone da football che schizzò in aria colpendo un lampione che si fulminò non appena la lampadina cadde per la botta sul panino di un grasso mostro che morse il pranzetto senza accorgersi dell’accaduto. Dopo pochi secondi sentì il dolore e cominciò ad urlare facendo passi indietro e arrivando a colpire con la schiena un muretto su cui era poggiato un borsone semiaperto che cadde sottosopra e fece uscire tutto il contenuto.
  -Oh, merde!- la delicata esclamazione in francese provenne da una mostriciattola che si voltò di scatto vedendo il suo borsone cadere e lasciare uscire tutti i suoi effetti.
  -Cavolo, scusa! È stato quello stupido...- Gale corse in aiuto della sfortunata, ma si bloccò di colpo non appena vide in faccia la ragazza. Poi si riprese e disse sinceramente in un soffio: -Sei la fine del mondo!...
  -Come?- domandò la ragazza guardandolo. Il suo copro aveva la forma di un vero e proprio abitino corto ed era completamente ricoperta di pelo viola chiaro con pois verde acqua. In testa aveva un enorme chioma di capelli dello stesso colore dei pois e due grandi occhi, verdi anche quelli.
  -Cio... cioè...- per quanto fosse difficile, Gale arrossì di botto –sono Gale... Wasowsky- porgendole la mano esitò un poco prima di dire il cognome, aspettando una reazione che non arrivò mai.
  -Oh, ciao!- sorrise contenta lei –Io sono Sunny Moritz- e gli strinse la mano.
Gale non le aveva staccato gli occhi di dosso. Appena si riprese la aiutò a rimettere le cose al loro posto.
  -Allora, sei... sei nuova?- chiese il verde.
  -Si, abito lontanissimo e sono arrivata qui in aereo. Purtroppo non ho trovato voli prima di ieri e sono potuta venire solo oggi, dopo otto ore di aereo.
  -E fai già parte di una confraternita?- chiese ancora Gale, mettendo il borsone di Sunny in spalla aiutandola a portare le valigie.
  -Mi sono appena iscritta dalle Mostre. Tu, invece?
  -Io sono dei MonstBest- spiegò Gale –dimmi, quale corso frequenti?
  -“Spaventologia”- rispose ancora sorridente la ragazza.
  -No!- esclamò incredulo Gale –Anche tu?
  -Si, lo frequenti pure tu?- chiese entusiasta Sunny.
  -Già!
  -Devo ancora scattare la foto per il tesserino universitario, ti spiacerebbe accompagnarmi?
Gale non se lo fece ripetere e andarono all’ufficio fotografico insieme.
Mentre aspettavano che la tessera fosse completa, lo scarafaggio tornò ad arrampicarsi sulla spalla di Gale.
  -Ciao, mostro- lo apostrofò lui.
  -Che carino, come si chiama?- chiese Sunny.
  -Lui?- lo indicò l’altro. Pensò che in effetti ancora non gli aveva trovato un nome. Poi pensò a ciò che aveva causato un’ora prima e al fatto che gli aveva fatto incontrare “la fine del mondo” alias Sunny –Il suo nome è Apocalisse.

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Cabina del Capitano: esatto, vi ho preso per i fondelli! Non fate quella faccia, mi divertono i colpi di scena! Nella recensione che ho ricevuto nello scorso capitolo (l'unica -.-" ) Leyna mi ha chiesto se tra Gale e la PNK ci fosse veramente qualcosa e io me ne esco con una nuova arrivata. Allora, vi piace Sunny? Lo so la conoscete appena e nemmeno io la conosco bene, ma in questa testa di cappero che mi ritrovo le idee vanno e vengono, così...
Volevo dirvi che per il nome del prof Laugh A. Smile mi sono ispirata ad una mia carissima amica: il suo nickname su efp è LaughAndSmile e l'idea mi è balzata in testa quando cercavo un nome simpatico per un prof di "spaventologia".
Infine saluto e ringrazio ancora Leyna_s_heart e Unicornsdream per aver inserito la storia tra le preferite x)
Muy bien, equipo, vi saluto!
BD

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Capitolo 6
*** Scommessa vinta ***


I giorni trascorsero tranquilli, a parte la solita storia dello studio e della scuola e dei compagni e di tutto. L’unica cosa buona che era capitata a Gale era stata l’incontro con Sunny.
Quella mostriciattola lo affascinava e lui era convinto di amarla come non mai. Lei non sembrava avere le stesse idee nei suoi confronti, ma era la sua unica vera amica da quando era iniziato l’anno scolastico. In classe e in mensa sedevano vicini, camminavano per il campus l’uno accanto all’altra, parlavano tantissimo di loro stessi...
 Come quel pomeriggio.
Sunny aveva finito i suoi compiti in fretta e Gale fingeva di averli fatti tutti e adesso erano sdraiati sull’erba all’ombra di un grande albero e chiacchieravano.
  -Perciò tuo padre ha voluto che tu frequentassi la MU?- domandò la mostriciattola allibita, accarezzando con un dito peloso il dorso di Apocalisse.
  -Già... io voglio diventare un attore, non mi interessa lavorare per la Monsters & Co. Ma mia madre ha capito che quando si parla di queste cose con mio padre non si discute e allora eccomi qui- rispose sbuffando  Gale, le braccia incrociate dietro la testa.
  -Io invece ho lottato tantissimo per poter entrare all’università. Mia madre non aveva abbastanza soldi per potermi mandare, così ha contattato mio padre che le ha spedito i soldi.
  -Contattato?- ripeté Gale, non capendo.
  -Io non ho mai conosciuto mio padre. Mia madre non era sposata e rimase incinta una sera. A quanto pare, però, deve aver ritrovato il mostro con cui era stata e lui, sapendo di avere una figlia, non ha potuto fare a meno di aiutarla, anche se senza farsi vedere ne’ rintracciare, forse perché ora ha una sua famiglia e non voleva si sapesse una cosa del genere- spiegò Sunny con tranquillità, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
Ora si sentiva a disagio. Lui, che detestava quel posto con tutto sé stesso, accanto a una ragazza che aveva fatto di tutto per entrarvi. Si diede mentalmente dello stupido, ripensando a tutti quei mostri lì dentro che amavano ciò che facevano, mentre lui andava avanti a mala pena con quei voti appena sopra la sufficienza solo perché Sunny lo esortava con quei suoi enormi occhioni da cucciolo che amava tanto.
  -Sunny?- la chiamò. Lei si girò e sbatté velocemente le ciglia sorridendo. Com’era dolce! –Vorrei dirti una cosa- perché no? Se le avesse detto di essere innamorato di lei avrebbero potuto mettersi insieme e magari, crescendo, si sarebbero potuti sposare. L’idea non gli dispiaceva.
  -Spara!- esclamò sorridente lei.
  -Io...- ma non riuscì a terminare che arrivò Marx.
  -Salve, Cobra! Sunny- salutò con un cenno del capo. Lei si alzò e sorrise al nuovo arrivato.
  -Ti ho cercato per tutto il campo, dolcezza! Facevi la piccioncina con Cobra?- sorrise malizioso Marx.
Gale, tiratosi su e restando seduto, guardò l’amica, che ora teneva la mano dell’altro.
  -Scusa, Gale, io e Marx dovevamo uscire insieme, oggi. Mi spiace di non avertelo detto, non ci ho pensato. Non ti dà fastidio, se vado, vero?- chiese col suo solito sguardo da cucciolo.
“Che cosa?” pensò Gale, infastidito dalla presenza del mostro “Non ci aveva pensato? Ma soprattutto, escono insieme?” ma come faceva ad arrabbiarsi con quei due occhioni che lo fissavano senza sosta, tal volta fino a costringerlo a distogliere lo sguardo?
  -Ma no, no! Figurati!- si ritrovò a dire, con un pessimo sorriso finto tirato sulle guance. Sapeva che avrebbe potuto fare di meglio, era o non era un attore? -Allora... voi uscite insieme, eh?
  -Già, Cobra, da due settimane- sorrise soddisfatto Marx.
Gale si sentì avvampare di rabbia. E Sunny non aveva pensato di dirgli una cosa del genere dopo due settimane?
  -Bene, allora ci si vede, eh, ragazzi?- continuò Gale col sorriso finto stampato sulle labbra,ora meno inquietante –E non combinate guai, mi raccomando!
Marx rise di gusto a quelle parole, Sunny arrossì un po’, ma non lo diede a vedere. Si salutarono e Gale tornò a casa.
Sbatté la porta della camera e si sedette alla scrivania, mettendosi a studiare.
Stavano per arrivare le vacanze natalizie e la casa era addobbata a dovere, ma lui non aveva contribuito agli addobbi.
Studiò e studiò tutto il pomeriggio, furente di rabbia, fino a imparare le venticinque pagine da studiare a memoria e continuò studiando quelle successive. Non gli bastò, ma quando furono le otto e mezza non si recò a cena quando lo chiamarono e rimase a letto, con la faccia affondata nel cuscino. Si sentiva una femminuccia a comportarsi così, ma quello che gli aveva fatto Sunny non era affatto giusto.
Verso le dieci, quando tutti andarono a letto, uscì e fece due passi.
Fu in quel momento che li vide.
Marx e Sunny erano sull’uscio di casa delle Mostre e si stavano salutando. Quando lui si avvicinò per baciarla, però, lei si tirò indietro e lui sembrò infastidito dal suo comportamento.
Gale andò a nascondersi dietro un muretto e rimase a guardarli.
Marx sembrò dirle delle parole di conforto, poi le prese il volto tra le grosse mani e fece per avvicinarsi di nuovo, ma lei si sottrasse con uno strattone e lui la afferrò per un braccio. Sunny cercò di dileguarsi, ma Marx non la lasciava. A un certo punto lei gli disse qualcosa e lui si convinse a lasciarla. Gale pensò che gli avesse detto che si sarebbe messa a urlare, se non l’avesse lasciata, così lui si limitò a continuare a fissarla, per poi girare i tacchi e andarsene a lunghi passi pesanti, che Gale poté sentire nonostante la lontananza.
Pensò di poter andare da Sunny, ma lei era già entrata in casa, così lui si voltò, notò che Apocalisse era venuto con lui e lo invitò a salire sulla sua spalla, per tornare in casa.
Aveva la testa che gli scoppiava per le tante emozioni provate quella giornata e per lo studio incessante, ma almeno sapeva che avrebbe preso un buon voto e che Sunny non sarebbe più uscita con Marx.
Dopotutto non era stato un male sapere quella cosa. Non gli sarebbe piaciuto continuare a vedere la mostriciattola senza sapere che usciva con qualcun altro. E che quel qualcun altro era chi faceva tanto il gentile con lui perché lo voleva in squarda.
 
La mattina dopo Gale si sedette lontano da Sunny e fece un’interrogazione perfetta, usando le stesse, identiche parole del libro.
In mensa, andò a sedersi a un altro tavolo, distante da quello di Sunny e fece la stessa cosa a cena, quando lei si decise ad avvicinarsi. Questa volta in quegli occhioni c’era voglia di sapere cosa stesse succedendo.
  -Voglio sapere cosa sta succedendo!- appunto.
Gale continuò a rigirare la zuppa nella scodella con cucchiaio, con aria poco interessata, senza rivolgerle lo sguardo.
  -Allora?- insisté Sunny – È per ieri sera? Perché ti ho lasciato in tredici in quel modo? Bé, sappi che è finita, io e Marx non usciamo più insieme. E se proprio vuoi saperlo, non lo facevo per interesse.
Questa volta Gale sembrò interessato.
  -Come hai detto?- chiese –E perché, allora?
  -Era una scommessa- spiegò l’altra –le mie compagne mi hanno fatto promettere che sarei uscita con uno dei RΩR e in cambio ti avrebbero lasciato stare.
  -In che senso?- domandò ancora Gale, senza capire.
  -Vogliono fare tutti uno scherzo ai MonstBest, ma io ho chiesto di non farlo anche a te, visto che non sono riuscita a convincerli di non fare nessuno scherzo a nessuno, così loro mi hanno detto di uscire con un RΩR per due settimane. Scommessa vinta. Sei salvo.
Si accasciò su una sedia e sbatté il vassoio sul tavolo, facendo uscire un po’ di latte dal bricco.
E riecco la sensazione di immensa stupidità che colpiva Gale ogni volta che Sunny apriva bocca.
  -Di preciso- disse lui spezzando il silenzio –che tipo di scherzo è quello che riserveranno ai miei compagni?
Sunny si avvicinò al suo orecchio e gli bisbigliò qualcosa. Lui spalancò gli occhi: -Oh, mio Dio! Tremendo! Grazie, Sunny, mi spiace essermi comportato così.
  -Tranquillo. È stata un po’ anche colpa mia. Avrei potuto dirti tutto.
  -Nah! Non te l’avrei permesso. Ora che ne dici di mangiare con me? Questa giornata senza te accanto è stata terribile!
Sunny rise e si sedette accanto a lui, prendendo un suo braccio e poggiando la testolina sulla sua spalla esile, cosa che fece arrossire Gale non poco.
Le era mancata.

________________________________

Cabina del Capitano: 
Eeeeehhhh... SALVE, CIURMA! Ok, non vorrei perdermi in troppe parole per trovare scuse così vi dico solo ciò che è veramente successo con il minimo indispensabile: inizio della scuola. Terza media. Troppi compiti. Ma soprattutto ispirazione e umore sottoterra.Tutto qua. Perciò chiedo umilmente perdono visto che non pubblico da quasi due mesi. 
come capitolo mi sembra abbastanza inutile, ma anche se il ponte per tutti i santi mi ha portato un po' di tempo, non ha fatto la stessa cosa con la mia cara amica ispirazione.
Non so dirvi quand'è  che potrete leggere il settimo capitolo, vi chiedo solo abbondante pazienza e comprensione per una povera testa bacata come la mia.
Ringrazio ancora chi recensisce o legge semplicemente e vi saluto, non sapendo quando ci sentiremo di nuovo.
Ce se vede!
BD

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Capitolo 7
*** Vacanze natalizie ***


 
Il natale si respirava nell’aria. Tutti i mostri avevano abbellito l’intero campus con lucine e festoni e addobbi di ogni tipo.
Gale era felice. E questa volta Sunny non era accanto a lui. Era dovuta andare a casa delle Mostre perché le era arrivata una lettera e ora lui era solo a passeggiare per le strade del campus col sorriso sulle labbra e le mani dietro la schiena, al collo una sciarpa verde e azzurra.
Quello era l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze e non desiderava altro che tornare a casa per un po’, per stare con la sua famiglia. L’unica cosa che lo preoccupava era il fatto di dover salutare Sunny e non rivederla fino a inizio gennaio. Dopo l’episodio dell’uscita con Marx non aveva più trovato il coraggio di chiederle di stare con lui. Stupido.
Apocalisse era appollaiato sulla sua spalla, anche lui aveva una piccola sciarpa gialla che lo copriva e giocava con i serpenti sulla testa del padrone.
Gale sentì le urla di Sunny che si dirigeva verso di lui. Si voltò e vide che la mostriciattola si sbracciava per dirgli qualcosa che non capiva. Quando arrivò cominciò a dire parole su parole, senza far capire a Gale un accidenti, così lui la fermò e le fece prendere fiato.
  -Okay, okay, sto bene- si riprese Sunny –leggi questa- e gli porse la lettera che aveva ricevuto.
Gale lesse ad alta voce: -“Cara Sunny, tu non mi conosci e io non conosco te, ma l’altro giorno tua madre mi ha chiesto di ospitarti a casa mia per le vacanze natalizie, visto che lei non potrà essere a casa per problemi di lavoro. Non vorrei che tu ti senta in imbarazzo come mi sento io, perciò ti tranquillizzo dicendoti che io passerò le vacanze con degli amici che hanno un figlio della tua età, magari potreste fare amicizia. Vivo a Mostropoli, quindi prendi il bus per la città. Ti aspetto. Tuo, papà.”
Gale inarcò le sopracciglia: -Wow...
  -Lo so. Non è fantastico? Conoscerò finalmente mio padre!- esultò Sunny al settimo cielo –Ma non so se essere arrabbiata con lui perché non si è mai fato vedere o contenta perché mi ha pagato l’università e mi sta ospitando a Natale. Beh, due batte uno. Sono felicissima!
  -Mostropoli, eh?- fece Gale -È dove sto io. Potremo prendere il bus insieme e continuare a vederci, se tuo padre non abita lontano da casa mia.
  -Già. Oh, Gale! Io vedrò mio padre! L’ho sempre voluto, mamma parla sempre bene di lui e le dispiace non averlo sposato.
Gale continuò a guardarla, felice anche lui di vederla così esuberante. Saltellava ovunque, con quel sorriso sulle labbra e gli occhi pieni di allegria. Si rese conto che era lei l’unica persona che lo faceva stare bene in quel posto. E che frequentare l’università non era stata poi una cattiva idea. Ringraziò in silenzio suo padre.
 
Ventidue dicembre. Le valigie sembravano più piene di quando Gale era arrivato. Indossò la sua felpa blu e la sciarpa e tirò i suoi bagagli fuori, respirando affondo l’aria frizzante di quella mattina d’inverno. La neve scendeva lentamente dai nuvoloni grigi che oscuravano un pigro sole chiaro che usciva allo scoperto solo quando voleva. I bus erano stracolmi e partivano ogni cinque minuti l’uno dall’altro.
C’era chi andava a Mostrolandia, chi a Mostrotown, chi a Mostrocity, chi a Mostromostro... Gale pensò che chi aveva fondato quelle città non aveva avuto un gran fantasia.
Ecco il bus per Mostropoli. Si guardò intorno e vide Sunny che si dirigeva sorridente verso di lui, con un trolley stracolmo di vestiti, libri e tutto ciò di cui aveva bisogno. Si salutarono e salirono sul pullman, Sunny frizzante come l’aria di quella mattina, Gale felice di tornare a casa.
Dopo alcune fermate, finalmente arrivarono a quella del loro quartiere. Ad aspettare Gale c’erano i suoi genitori e Sulley.
Quando Gale scese dal pullman, tese la mano all’amica che l’afferrò e si ritrovarono davanti alla famiglia del mostro.
  -Mamma, papà, zio Jimmy. Lei è...- ma Gale non fece in tempo a completare la frase, che Sulley lo interruppe.
  -Sunny- fece –Sunny Moritz. È esatto?
  -S... si. Io mi chiamo Sunny Moritz- si presentò lei guardandosi intorno, per cercare suo padre.
  -Già- disse in un soffio Sulley. Poi si rivolse agli altri tre: -Mike, Celia, Gale... vi presento mia figlia.
 
 
Prima non capirono. Poi rimasero stupiti. Infine si imbestialirono.
  -Che cosa?- sbraitò Gale per primo. Si sentiva imbrogliato, umiliato e anche uno stupido: Sunny assomigliava parecchio a Sulley, ma non ci aveva mai fatto caso –Che significa?
  -Sai, Gale, quando due mostri si vogliono tanto bene...- cominciò Mike, che si zittì notando l’occhiataccia che Celia gli aveva lanciato.
Sulley sbuffò, rivolgendo un’occhiata a Sunny, che non sapeva quali emozioni provare. Era rimasta in silenzio a bocca aperta, a formare una sorta di mezzo sorriso soddisfatto e una smorfia isterica.
  -Qualche giorno fa tua madre mi ha chiamato e mi ha chiesto se potevo ospitarti durante le vacanze natalizie. Io non sapevo cosa dirle, non ti ho mai vista di persona, tua madre mi ha mandato una fotografia per riconoscerti quando saresti arrivata, ma questa è la prima volta in cui ti vedo in carne e ossa e...- smise di parlare e portò entrambe le mani a coprirsi la faccia, con un sospiro.
Celia capì che non era il posto giusto per parlare di certe cose e decise di tornare a casa. Così fecero, nessuno aprì bocca durante la strada per il ritorno. Quando arrivarono a casa Wasowsky fece accomodare Gale, Sunny e Sulley sul divano del salotto e andò a preparare loro qualcosa. Solo Mike rimase con loro e dall’occhiata che lanciò a Sulley, questi capì che doveva raccontare tutto, per filo e per segno. Così fece: -Diciotto anni fa fui invitato ad una festa organizzata da un mio collega della Monsters & Co. per festeggiare il suo nuovo incarico. Dovetti andarci da solo, perché Mike si era ammalato e Celia lo aveva costretto a restare in casa. Andai alla festa, mi divertii, fino a ciò tutto  normale. Poi vidi una mostriciattola assai carina che attirò la mia attenzione. Con una scusa le offrii da bere e parlammo tutta la serata finché... si, beh... credo si possa intuire... Quando la festa finì ci salutammo e Celia mi chiamò dicendomi che Mike era finito in ospedale perché stava davvero male. Allora dovetti scappare e dimenticai di darle il mio numero e chiederle il suo. Il giorno dopo, quando Mike fu dimesso dall’ospedale, andai a lavoro e cercai il collega che aveva dato la festa per chiedergli di aiutarmi a contattare la ragazza, ma scoprii che il giorno dopo la sua promozione era stato licenziato e andò via dalla città senza più farsi sentire. Davvero, cambiò numero di telefono, nome e tutto quello che sarebbe potuto servire per trovarlo. Per questo non trovai più tua madre. Lei però, in qualche modo, riuscì a farsi dare il mio numero e l’unica volta che mi chiamò fu per chiedermi questa cortesia. Sinceramente, dopo tutto questo tempo non me la sento di richiamarla. Mi dispiace, Sunny, davvero. Ma non sai quanto è difficile.
  -Papà- disse Sunny in un soffio –pa... pà- scandì di nuovo –suona bene!
Sulley inarcò le sopracciglia, Gale le corrugò, Mike rimase impassibile. Il ragazzo si alzò dal divano e andò in camera sua, senza dire una parola mentre Celia tornava con un vassoio dove trasportava le tazze del tè e i biscotti.
  -Quel ragazzo è impossibile- disse Celia scrollando le spalle.
  -No, Celia, ha ragione- sospirò Sulley –devo chiedergli scusa, devo chiedere scusa a Sunny per non essermi fatto vivo.
  -Tranquillo, papà, io ti perdono.- fece Sunny sorridente -Dovremmo passare del tempo insieme, magari andando all’anagrafe per cambiare il mio cognome in Sullyvan.


_______________________________________________

Cabina del Capitano:
Al solito chiedo umilmente perdono, vi prego di scusarmi, bla bla bla... mi sembra inutile raccontarvi le solite cose noiose che faccio durante le mie settimane, ma mi sento una troglodita per averci messo tutto questo tempo per completare due pagine di storia, per giunta manco venute bene, secondo me.
Comunque, mi basta sapere che c'è chi continua a seguirmi e che recensisce, così la mia autostima non è esattamente sottoterra ma un po' più su.
Detto questo, chiedo nuovamente venia.
Andate e moltiplicatevi (nel senso che mi piacerebbe ricevere più recensioni, non fraintendetemi, pervertiti!)
BD
 

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Capitolo 8
*** Arrabbiature e nomi interi... ***


Sunny bussò alla porta dell’amico. Dall’altra parte di questa sentì solo un grugnito che doveva significare “Chiunque tu sia va a quel paese e restaci”. La ragazza buttò gli occhi al cielo.
  -Gale, sono io- disse, avvicinando la bocca alla porta.
Nessuno rispose, ma dopo qualche secondo la serratura fece un clack e la porta si aprì di qualche centimetro, in modo da far intravedere solo l’occhio del mostro.
  -Che c’è?- bofonchiò lui.
  -Non vorresti farmi entrare?- chiese lei, sbattendo velocemente le ciglia. Gale adorava quando lo faceva!
  -Ti mandano quelli là?- chiese ancora lui.
  -Con “quelli là” ti riferisci agli adulti che ignorano i nostri problemi adolescenziali e le nostre grandi domande sulla vita e sul nostro futuro?
Gale continuò a guardarla, senza accennare a un sorriso.
  -E comunque- continuò Sunny –c’è bisogno che “quelli là” mi mandino? Non posso essere interessata all’umore del mio migliore amico?
Il ragazzo aprì poco la porta per far vedere tutta la sua faccia. Poi sbuffò e la aprì del tutto, facendo entrare l’amica. Lei si guardò intorno. Le tapparelle erano abbassate quasi completamente facendo entrare pochissima luce e lasciando la stanza in penombra. Nonostante questo Sunny poté vedere il letto ordinato contro il muro con la felpa verde appesa sulla ringhiera ai piedi di questo, accanto un comodino con una lampada e un libro e subito dopo una enorme libreria piena di libri, anche vecchi, che dovevano essere stati letti e riletti migliaia di volte.
  -Ti piace leggere, vedo- disse Sunny, per provare a rompere il silenzio, ma come risposta ricevette solo un altro grugnito.
Sulla parte di fronte c’era la scrivania con una lampada e un computer fisso.
Gale decise di parlare: -La vedi ordinata solo perchè sono stato via per questi mesi e ci ha messo mano mia madre, altrimenti qui ci trovavi un casino.
Sunny sorrise e continuò a osservare la stanza e quello che la colpì di più erano le pareti tappezzate di disegni che Gale doveva aver fatto quando era bambino e tantissimi poster dell’attrice Jessica Lane in tutti i suoi ruoli, una famosissima nel mondo dei mostri vincitrice di almeno otto premi Mostrar.
  -Non è solo perché mi piace lei- continuò Gale notando che Sunny stava guardando stupita i poster di quella bellissima attrice –anche perché, come già sai, amo recitare e vorrei diventare bravo come Jessica.
  -Sono sicura che lo diventerai- sorrise lei. Gale si sedette con un tonfo sul letto sbuffando.
  -Vorrei che anche mio padre la pensasse come te- sospirò lui.
  -Non dovrei essere io quella in crisi esistenziale?- sbottò sorridendo Sunny –Sono io quella che ha scoperto che quello che tu chiami zio è mio padre.
  -Non è veramente mio zio. E non so come tu faccia a mantenere quel sorriso. Non si è mai fatto vedere né sentire e tu lo vuoi già bene.
  -So che non è tuo zio. E comunque sono contenta di averlo conosciuto. Ha raccontato quello che è accaduto, si è scusato e vorrebbe farlo anche con te- Sunny sospirò e si sedette accanto all’amico –E onestamente, come tu non capisci come faccio ad essere sempre sorridente, io non capisco come faccia tu ad arrabbiarti per ogni cosa.
  -Non lo so nemmeno io. Credo di essere fatto così. Mi arrabbio per qualcosa che non mi va giù, odio discuterne e mi chiudo in me stesso. Trovi che sia preoccupante?
  -Ne stai parlando con me, no? E allora credo che non sia così preoccupante. E poi non è vero che non i arrabbio mai.
Gale si rialzò e inarcò un sopracciglio, fissando Sunny.
  -Dimmi una sola volta in cui ti sei arrabbiata- disse lui, continuando a mantenere quella espressione.
  -Mi sono arrabbiata quando ho scoperto che non sarei potuta andare alla MU, ma poi mio padre mi ha pagato la scuola e sono stata contentissima. Mi sono arrabbiata quando quel tizio dei RΩR voleva baciarmi, ma sono stata meglio quando ti ho spiegato tutto. Mi arrabbiavo spesso con mia madre perché volevo conoscere mio padre e ora è successo. Vedi, Gale, è normale arrabbiarsi, ma poi succede qualcosa di splendido e inaspettato che ti fa dimenticare tutto e allora torni a sorridere.
  -Sembra che a me capitino solo cose che fanno arrabbiare- esclamò Gale a occhi bassi.
  -Ah, si?- fece Sunny carezzandogli la guancia e avvicinandosi a lui.
  - G-già...- balbettò Gale notando la poca distanza che li separava.
  -E io ti farei arrabbiare, allora?- Sunny si avvicinava ancora di più.
  -No, ma...- continuò lui ormai rosso come un peperone.
  -Ssh!- lo zittì lei e par farlo poggiò le sue labbra su quelle di lui.
 
Quando scesero le scale per raggiungere i tre adulti che erano rimasti sotto a preparare il pranzo i due si tenevano per mano. Gale era sorridente e si scusò con i genitori e con Sulley, che fece le sue scuse a sua volta. Si sedettero per mangiare e Apocalisse arrivò proprio in quel momento, per far sue alcune briciole che cadevano dal tavolo della cucina.
Salutatisi Sulley decise davvero di andare all’anagrafe per Sunny e furono accompagnati da Gale.
Fatto tutto andarono a casa Sullivan e Sulley offrì loro il tè.
  -Allora, signorina Sunny Charlotte Sullivan Moritz, le piace il suo nuovo cognome?- chiese Sulley, sprofondando nel divano.
  -Certo! Grazie, papà, sono davvero contenta- esclamò Sunny.
  -Il tuo secondo nome è Charlotte?- chiese allibito Gale, poggiando la sua tazza sul piattino.
  -Che, c’è, Gale Alexander Susan Wasowsky, non ti piace?- fece Sunny con un’espressione furbetta stampata sulla faccia.
  -Chi ti ha detto il mio nome intero?- sbottò l’altro.
Sulley roteò gli occhi con aria indifferente e Gale capì che era stato lui.
  -Bene, visto che siamo in vena di nomi interi, cosa mi racconti, James Pamela Sullivan?- chiese allora il ragazzo.
  -Io non mi chiamo Pamela!- esclamò Sulley.
  -Si, beh, allora... bah, io ci rinuncio- fece Gale incassando la testa tra le spalle e tenendo le braccia conserte con un broncio.
  -Andiamo, Gale non ti sarai arrabbiato di nuovo?- sbuffò Sunny, avvicinandosi a lui.
  -Dipende- esclamò lui –faresti come poco fa?
I due risero e Sulley li guardò senza capire: -Cosa? Aspetta, aspetta una attimo. Poco fa? Che avete fatto poco fa?
I ragazzi, pensando a quel piccolo bacio innocente che si erano scambiati poco prima e a quello che poteva stare pensando Sulley, risero ancora di più.


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Cabina del Capitano:

Ehiehiehi, questa volta ho aggiornato presto, eh, non potete dirmi niente!
voi: veramente era meglio se te ne stavi zitta e non pubblicavi nulla!
-_-" COMUNQUE! Questa volta ispirazione e tempo sembrano essere stati dalla mia parte ma non so dirvi quando pubblicherò il prossimo capitolo... RIngrazio ancora ci continua a seguirmi, chi recensisce e chi ha inserito la storia tra seguite/ricordate/preferite/da-non-ricordare-mai-altrimenti-me-la-sogno-la-notte.
Bene, detto questo vi saluto.
Possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
Ok, basta, lol
BD
 
 

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Capitolo 9
*** Pranzo di Natale ***


Il Natale arrivò prima di quanto si potesse immaginare. Un grande pino ingombrante occupava il centro del salone di casa Wasowsky. Accanto a questo c’era un tavolo imbandito per il pranzo di Natale.
  -Allora, devono arrivare la madre di Mike, i miei nonni, mia sorella e i miei genitori- disse Celia –bastano, i posti?
  -...nove, dieci, undici. Si, siamo apposto- disse Sulley finendo di trasportare le sedie.
In giardino Gale e Sunny avrebbero dovuto aspettare l’arrivo degli invitati, ma erano più intenti a sbaciucchiarsi sdraiati sul prato.
  -Dai, dimmelo- diceva Gale.
  -No che non te lo dico!- esclamò Sunny ridendo –Lo scoprirai scartandolo.
Si riferivano ai loro regali. Qualche giorno prima erano usciti insieme ed erano entrati in negozi diversi per comprare i loro regali e Gale moriva dalla curiosità.
  -Cosa stareste facendo avvinghiati in quel modo?
I due guardarono verso la direzione da cui era arrivata la voce. Videro un mostro di un paio d’anni più piccolo di loro, basso e grassottello. Aveva due corna sulla fronte e una coda che terminava con un batuffolo giallognolo.
  -Jolly!- esclamò Gale alzandosi e aiutando Sunny a fare lo stesso per poi dirigersi verso il mostro.
  -Ciao, Gale- lo salutò l’altro mostro.
  -Sunny, lui è Jolly, Jolly, lei è Sunny- li presentò Gale.
  -Te le scegli proprio bene, eh, amico?- lo schernì Jolly.
Gale gli fece una linguaccia e spiegò a Sunny che Jolly era un suo vecchio amico d’infanzia e che ne avevano combinate di tutti i colori quando erano piccoli, ricordando una volta in cui avevano provato a rubare i biscotti di Celia da un barattolo troppo in alto per loro e avevano distrutto una cucina.
  -Oh, ma erano tutte idee sue- disse Gale sulla difensiva –anche se è più piccolo di me mi facevo sempre mettere i piedi in testa.
  -Credo che se l’avessi fatto veramente quei cosi che ti ritrovi lassù mi avrebbero spolpato le dita dei piedi- esclamò Jolly riferendosi ai serpenti sulla testa di Gale.
Jolly raccontò che mentre Gale era andato all’università i suoi genitori l’avevano iscritto ad un corso di recitazione professionale. Fin da piccoli i due presentavano ad amici e parenti le loro scenette inventate in pomeriggi interi. Quella era una passione che avevano in comune da sempre e Jolly era riuscito a mandarla avanti, cosa che Gale non aveva ancora fatto.
Gale invitò Jolly a restare, ma lui disse che era già organizzato, così si salutarono e i piccioncini rientrarono in casa. L’odore della pasta cruda con il ragù avariato e il formaggio ammuffito aveva riempito la sala da pranzo. Gale inspirò a pieni polmoni quel fetore che gli ricordava tanto i giorni di festa in casa. Nel frattempo entrarono anche gli altri invitati e si sedettero tutti per mangiare.
  -Allora, Gale- cominciò sua nonna –cosa ti hanno regalato quel mascalzone di mio figlio e la sua colombella, per Natale?
Tutti risero, mentre Mike e Celia si guardavano imbarazzati.
  -Ancora nulla. Mi hanno detto che il regalo non è pronto e che dovrò aspettare ancora- rispose Gale sorridendo leggermente.
  -Ah, certo- riprese la vecchia mostriciattola –anche a me mio figlio ha sempre detto che mi avrebbe fatto dei regali, ma non arrivavano mai!
  -Mamma, per favore!- esclamò Mike esasperato.
E tutti risero ancora. La giornata andò avanti così fino al tardo pomeriggio, quando tutti dovettero andare via.
Mentre Celia chiudeva la porta e Mike, Sulley, Gale e Sunny riposavano dopo il pranzo abbondante, squillò il telefono.
  -Vado io- disse Mike, alzandosi e tenendo la pancia con una mano. Si allontanò e tornò dopo poco –Sulley, è per te. Credo sia urgente.
Sulley guardò gli altri e si alzò dirigendosi nell’altra stanza. Gale si incuriosì e andò a sbirciare da dietro la porta. Sunny lo seguì e fece come lui.
  -Ah, sei tu- disse Sulley –Come? Sul serio? Io non... non credo... Si, va bene. No, nessun problema. Non dirlo a me! D’accordo, partirò il prima possibile. Si, non preoccuparti. Domani sarò da te. Certo. Okay. Ciao.
I due ragazzi si allontanarono in fretta per non farsi scoprire e Sulley sbucò dall’altra stanza con un’espressione sconsolata sul volto.
  -Devo partire- disse.
  -Come sarebbe a dire?- sbottò Sunny.
  -Chi era al telefono, Sulley?- chiese Mike.
  -Un... vecchio collega... mi ha detto che dovrò essere da lui domani mattina. Il posto è lontano, quindi partirò adesso.
  -Ma non puoi!- esclamò Sunny, alzandosi dalla poltrona dove era sprofondata –Non puoi andare via proprio adesso!
Sulley la guardò tristemente: -Mi dispiace, bambina, è davvero urgente, non posso non andare.
Sunny rimase a fissare il padre distrutta mentre lui sistemava le sue cose per partire. Gale si avvicinò e le cinse le spalle con un braccio.
Sulley si avvicinò di nuovo poggiando una mano sulla spalla della figlia: -Tranquilla, vedrò di tornare il prima possibile, forse ce la faccio anche per Capodanno.
Sunny lo guardò ancora con gli occhi lucidi, ma scosse la testa e passò un braccio sugli occhi, tornando a sorridere: -Va bene, papà. Ti aspetterò. Ti voglio bene.
  -Anche io te ne voglio, piccolo mia- disse Sulley sollevato, abbracciandola.
Tutti salutarono Sulley che prese l’autobus per l’aeroporto. Sarebbe partito col primo aereo, aveva detto.
Nel frattempo Celia sistemò il letto di Gale per ospitare Sunny. Lei avrebbe dormito nella camera del fidanzato e Gale nel salotto.
Dopo cena, prima di andare a dormire, i due andarono nella camera di Gale.
  -Credi davvero che riuscirà a tornare prima di Capodanno?- chiese Sunny, con la testa poggiata sulla spalla dell’altro.
  -Zio Jimmy mantiene sempre le sue promesse- disse Gale, carezzandole la testa –non preoccuparti, lo conosco.
Sunny rise piano: -Vorrei poter dire la stessa cosa...
  -Ehi, ehi! Sunny, tranquilla, andrà tutto bene! Sai, una volta qualcuno mi ha detto che quando accade qualcosa di brutto che ti scoraggia, qualcos’altro di meraviglioso ti sorprende di colpo e ti rende felice.
Sunny sorrise e guardò Gale negli occhi. Il ragazzo prese il suo mento con due dita e avvicinò le sue labbra a quelle di lei, che però si scansò dolcemente.
  -Buonanotte, mister ottimismo- lo accentò Sunny facendogli l’occhiolino.
La mostriciattola lo spinse fuori dalla stanza e andò a dormire. La stessa cosa la fece Gale e il silenzio calò in quella casa insieme al buio della notte.

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Cabina del Capitano:

E rieccomi qua! Ditelo che vi sono mancata, ditelo! No eh? Ok, va bene... allora, passiamo al capitolo. Sinceramente non mi sembra granchè, così come tutti gli altri, ma questo in particolare mi sembra davvero più che inutile. Comunque sia, credo proprio che dal prossimo capitolo si sistemeranno un po' le cose, tutto sarà più chiaro e concreto. Volevo informarvi che penso che scriverò altri due-tre capitoli, poi la storia sarà finita. Non so, non mi convince, almeno non come l'altra che ho scirtto, quella su Pirati dei Caraibi, ma così mi faccio solo pubblicità e vi starò annoiando con tutte le mie ciance. In realtà sto solo allungando il brodo proprio per farvi innervosire, perchè so che vi sta dando fastidio contiuare a leggere tutto quello che sto scrivendo in questo momento ma che non riucite a smettere perchè ormai volete sapere come finirò di rompervi le scatole. O forse ve ne siete già andati e io sto parlando da sola. In qualunque modo vi auguro sentitamente buon Natale, ora vado a scrivere il prossimo capitolo visto che tra Natale e Capodanno sarò al campo invernale con gli scout ma questo non vi interessa, ovviamente. 
Ok, ora la smetto, non guardatemi in quel modo...
Buon Natale, Merry Christmas, Feliz Navidad, Kala Christougenna (non ho idea di che razza di lingua sia)
BD
 
 
 

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