Combattimenti, due cuori e una storia

di sofcwrites
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Outing ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Fuga ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***



Capitolo 1
*** 1. Introduzione ***


PREMESSA=Ho usato alcuni termini giapponesi tipici del karate, quindi, se non li conoscete(chi vuoi che li conosca, poi?):
Mawashigheri: Tipo di calcio
Giakuzuki: Tipo di pugno
Yemen: Fine del combattimento
Per favore recensite, mi farebbe piacere, spero vi piaccia!





Il cuore gli batteva a mille, sembrava volesse uscire dal petto, liberarsi. Le gambe tremavano dall’agitazione, il viso si colorava di rosso. Tutto improvvisamente divenne caldo, gli venne voglia di togliere la maglia e rinfrescarsi ma se ne stette in piedi, ritto come un giunco. All’improvviso arriva il segnale: un fischio e qualche parola in giapponese che non si era mai sforzato di comprendere. Di lì in avanti sarebbero stati tre minuti di kumitè: combattimento libero.  L’adrenalina che gli scorreva nel sangue gli permise di focalizzare il suo avversario, ogni movimento, ogni respiro. Le gambe si muovevano veloci intorno, accerchiavano il ragazzo biondo che gli stava davanti; erano le finale, non si sarebbe permesso di sbagliare. Improvvisamente un mawashigheri gli si piazza in viso. L’arbitro fischia. Gli bastò una piccola recita per fingere dolore per guadagnare un altro punto. Mentre l’arbitro lo visitava, si accorse di essere in vantaggio. Si era estromesso a tal punto dal mondo esterno da non capacitarsi delle urla di incitamento del maestro e dei conoscenti, dei punti “segnati”, dei fischi dell’arbitro ad ogni punto, dei confabuli dei giudici. Dopo alcuni giakuzuki ben piazzati sentì l’urlo dell’arbitro estendersi per l’intera palestra, “yemen”: fine dell’incontro.

Fece il saluto e si diresse dal suo maestro che gli porgeva un asciugamano; solo a quel punto si rese conto di aver effettivamente vinto.

"Bravo Marco, sono fiero di te!"

La grande mano del maestro andò posandosi sulla schiena appiccicata e bagnata dal sudore. Il maestro la ritrasse con una stizza di disgusto, per ritrovarsi con una mano che avrebbe potuto attirare le mosche.   

A quel punto famigliari e amici lo circondarono complimentandosi. Ebbe un capogiro e si portò la mano alla testa, con una nota di nausea in viso: un’altra delle sue recite. Sua madre doveva aver capito che non si trovava a suo agio in quella situazione ed intervenne.


"Non è meglio che vai nello spogliatoio, a farti una doccia magari…"


Gli passò una mano sulla pelle sottolineando quanto sudore si era posato sulla sua pelle e facendo una faccia appena disgustata. Nessuno tranne Marco si accorse dell’occhiolino; recitare era un dono di famiglia.

---
 
Girò la manopola, se così si poteva chiamare, della doccia e afferrò l’asciugamano posato appena fuori, sulla panchina che antecedeva l’ingresso nel box della doccia. Se lo legò frettolosamente alla vita e ne prese un altro con cui asciugare i capelli. Uscì dalla stanza delle docce e si diresse nella camera principale dello spogliatoio, senza nemmeno vedere dove stesse andando. Alzò gli occhi appena in tempo per vedere Fabio. Un sorriso si dipinse tenue sul volto di entrambi, seguito subito da un abbraccio virile.

"Ce l'hai fatta, campione!"

"Sembra che stai parlando ad un cane"

Una risata fragorosa li avvolse. La mano di Fabio salì piano verso la chioma scura di Marco, il sorriso che si allargava. Prese ad accarezzargli leggermente i capelli.


"Mi sei mancato."

La mano che prima accarezzava i capelli si spostò sui pettorali, soffermandosi ostinatamente sui capezzoli. I volti dei due si avvicinarono, sempre più piano, sempre più vicini. Un bacio lieve a fior di labbra li fuse insieme. Erano uno la metà dell’altro, non potevano fare a meno di quel contatto così appassionato e, nonostante tutto, virile.

"Anche tu."

La stanza era vuota, tutti erano ormai casa, rimanevano solo loro due in un silenzio che sembrava infinito. Non era un silenzio imbarazzato ne un silenzio di chi non ha nulla da dire. Era il silenzio di chi si è detto tutto, le parole che non dicevano riempivano quel silenzio che tanto li metteva a loro agio. Un silenzio tanto netto che a loro sembrava assordante.

La porta si aprì all’improvviso e loro si staccarono prontamente. La madre di Marco fece irruzione.


"Neanche un grazie a chi ti ha salvato dagli altri, eh?"

"Grazie ma
’"

Lei si girò improvvisamente, e solo allora vide Fabio.


"Che ci fai qui? Un minuto fa eri dentro."

"Ero solo venuto a congratularmi col mio compagno…"

Non fece in tempo a finire la frase che Marco intervenne. "..di squadra! Compagno di squadra! Siamo un team!"

Fabio abbassò lo sguardo imbarazzato, dopo essersi reso conto di quello che aveva quasi rivelato. Il suo volto si colorò di rosso. La madre nel frattempo fece uno sguardo perplesso, questi due sono sempre più strani , pensò. Si volse verso l’uscita e li lasciò nel loro silenzio. Loro ripresero a parlare e, occasionalmente, si scambiarono qualche bacio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Marco era distratto. Stava ripensando alla sera prima. Dopo mesi aveva rivisto Fabio, il suo Fabio. Erano passate esattamente quattordici settimane e due giorni: si, li aveva contati. Si perse nei suoi pensieri. Averlo rivisto comportava questo, non poteva fare a meno di pensare a lui. Le giornate venivano consumate dal suo pensiero, costante e indissolubile. La sua mente vagava e si perdeva in un limbo di pensieri senza uscita.

“Cordioli! Vuoi stare attento o no questa mattina?”

Marco ebbe una stizza e si girò nervosamente. Che c'era di così importante? D'altronde era solo scuola.

“Hai sentito quello che ti ha chiesto l'orientatrice?”

Già. C'era il piccolo dettaglio che, visto che si avvicinava la quinta superiore, avrebbe dovuto prendere una decisione sull'indirizzo universitario. 

“A dire il vero no”

La prof. cominciò a ticchettare nervosamente con il tacco, visibilmente irritata. L'orientatrice, invece, era tranquilla. Doveva aver capito in un primo momento che aveva ben altro a cui pensare.

“Hai già un'idea di cosa vuoi fare una volta uscito dall'università?”

Quella era un'ottima domanda. Ci aveva pensato a lungo l'estate prima, insieme a Fabio. Avevano pensato entrambi al loro futuro, nonostante il più incombente fosse quello di Marco. Fabio infatti, frequentava ancora il terzo anno del liceo scientifico. Proprio perché era al terzo anno, Marco non aveva potuto vederlo per le fantomatiche quattordici settimane circa, in cui lo aveva semplicemente sentito per telefono.

“Certo. Lo scrittore.”

“Lo scrittore? Ma se nei temi non riesci a prendere più di un sei tirato!”

Nella classe si fece un silenzio tombale. Non si  udì nemmeno il chiacchiericcio di Laura e Francesca, che ormai era divenuto un suono fisso nello sfondo della classe. Con quella risposta la professoressa Morella di italiano pretendeva di averlo spiazzato e, una volta per tutte, zittito.

“Sarà per le sue traccie, se proprio devo dirla tutta.”

Una risata si alzò fragorosa nella classe.

La campanella era suonata già da cinque minuti, ma Fabio ancora non si era mosso dalla classe. A scuola giravano le voci che lui fosse gay e, nonostante lo fosse veramente, non era pronto a fare outing. Attraversare la scuola per raggiungere il liceo classico con una camminata di dieci minuti solo per vedere un "amico", non era infatti la cosa che giovava di più alla situazione.
In classe non c’era più nessuno e lui aveva finto indifferenza per sgattaiolare fuori nel momento più opportuno, ed era quello. Prese una gran respiro e mise il muso fuori dall’aula. Cominciò a camminare senza pensare, sapeva la strada a memoria. Proseguì per due minuti buoni, ma poi sbattè contyro qualcosa. Portò gli occhi ad altezza visiva e si prospettò a ciò, chi, aveva davanti: Francesca.
Gli mise un braccio intorno al collo e si mise in cammino insieme a lui.
“Dove stai andando di bello? Alla zona del classico forse?”
“Piantala, è solo un mio amico!”
“Ti credo infatti”
Alzò la testa e la guardò bene negli occhi, forse diceva la verità. Erano proprio davanti alla classe di Fabio, che non aveva ancora notato la loro presenza. Francesca prese Marco per il colletto della camicia e lo portò a ridosso del muro. Che vuole fare?, pensò Marco. Lui si tirò indietro, mentre lei si faceva avanti, fino a raggiungere la sua bocca. Lo baciò. Lì per lì Marco rimase spiazzato, incapace persino di muoversi ed obbiettare. Fabio nel frattempo si era girato e li guardava, con una stizza di gelosia dipinta sul volto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


-Ehi, quello non è  il tuo amico? Quello che viene sempre qui a salutarti?-

Fabio voltò la testa e vide. Ecco perché era in ritardo. Stava ficcando la lingua nella bocca di qualcuno, o meglio, qualcun altro. Perchè lo faceva? Sicuramente c’era una spiegazione. Fabio si girò e tornò in classe con sguardo frustato.

-Sì, credo proprio che sia lui.-

Quando fu tornato in classe, i compagni notarono il suo volto.

-Cosa c’è che non va?-

-Ehm, niente…-

La sua faccia si colorò di rosso e divenne subito imbarazzato. Per non farlo notare troppo agli altri fece finta di cercare qualcosa nello zaino e alla fine prese il cellulare, notando una chiamata persa: Marco.
 
 
Fabio era steso sul letto a pensare agli ultimi eventi. Quella mattina non aveva più richiamato Marco e forse lui non aveva la benchè minima idea che li avesse visti. In realtà non sapeva bene come erano andate le cose, sapeva solo che aveva baciato una ragazza. Poteva anche essere diventato etero d’improvviso.
 C’è davvero bisogno di arrabbiarsi? Magari non è andata come penso, magari…
I suoi pensieri vennero interrotti da un suono acuto, il campanello. Sentì malapena la voce di sua madre che accoglieva l’ospite. Era difficile sentire bene ciò che si dicevano dal piano di sopra perciò ci rinunciò semplicemente;  quando sentì dei passi dirigersi verso la sua camera, la porta scricchiolare, girò lentamente la testa e…

-Marco!-

Cercò di coprire la gioia sul volto con un’espressione arrabbiata, ma gli fu difficile perché, sì, era davvero felice di vederlo.

-Smettila di cercare di sembrare arrabbiato, non puoi negare la tua felicità nel vedermi-

Fabio sorrise. Non era riuscito a imbrogliarlo, a fingere. Lui era ancora la persona che lo capiva di più al mondo. Marco gli si avvicinò, chiudendo la porta dietro di sé, mentre Fabio si alzava dal letto, sedendosi sul suo estremo. Ora i loro visi erano a un palmo di distanza, quando Fabio si staccò leggermente.

-Mi avevi quasi ingannato!-

Si allontanò e incrociò le braccia, assumendo la tipica espressioni che fanno i bambini quando togli loro un giocattolo.

-Chi era?-

-Chi?-

-Sai di cosa sto parlando-

-No, invece-

-Stamattina. Davanti alla mia classe. Lingua, ovunque-

Queste ultime parole le scandì bene, facendo notare la sua frustrazione.
Marco sbuffò e si sedette accanto a Fabio.

-Una cretina chiamata Francesca che mi ha baciato senza scuse, sarà per il mio fascino- ironizzò su quelle ragazze vanitose e saccenti, scuotendo la testa – e non c’era assolutamente traccia di lingua!-

-Io un po’ ne ho vista-

Si misero entrambi a ridere per qualche secondo, dopodiché Marco riprese a parlare.

-Io ti amo e quando dico ciò sai che non sto mentendo. Sei l’unica persona con cui voglio stare e passare il resto della mia vita e che voglio, qualche giorno, e se lo Stato ce lo permetterà, sposare. Te lo ripeto e te lo ripeterà mille altre volte ancora: io ti amo Fabio!-

Entrambi sorrisero e Fabio capì finalmente che poteva fidarsi di lui, che stare con lui non era un errore, che lo amava.
Si avvicinarono lentamente e si scambiarono quel bacio che entrambi attendevano frementi.
  


A/N
Ok, questa cosa mi è venuta in mente tornavo a casa da scuola e ascoltavo November Rain....strano. Mentre questa dolciosità finale non ho idea come abbia fatto a tirarle fuori, comunque spero gradiate! Ciao!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


ATTENZIONE
Un grazie speciale a 
KuroiYumi per aver recensito ogni volta, dandomi un motivo per continuare a scrivere questa storia.


Marco passeggiava tranquillo quando vide il cartello sgargiante invitarlo a saltare di gioia. Se c'era una cosa che adorava - non per citare un cliché - era vestirsi per halloween, e quella assurda tradizione pagana con l'unico scopo di procurargli caramelle lo attraeva incredibilmente. In più, l'anno prima, lui e Fabio stavano passando una 'leggera' fase d'imbarazzo dopo che si erano baciati per la prima volta e uscire insieme, anche solo come amici, non sembrava opportuno al tempo. Fu così che, per la prima volta da settimane di monotonia totale, Marco e Fabio uscirono insieme.


Per quella sera ogni cosa era pronta, Fabio e Marco si stavano preparando nella stanza di quest'ultimo; il primo mascherato da clown dell'orrore, l'altro da scienziato pazzo, e per giunta zombie. All'improvviso irruppe la sorellina di Marco, Sonia, a impicciarsi e rompere le scatole, come usava dire il fratello più grande.
-Mamma ha detto che posso venire con voi!-
Ai due amanti prese un'ondata di sconforto che almeno Fabio cercò di nascondere con un sorrisetto tirato. Marco restava lì, in piedi, la faccia ammusonita, gli occhi sbuffanti.
-Lei ha detto così, non noi. E siamo noi quelli che vanno via, perciò...-
Solo a quel punto entrambi notarono che era già vestita con l'immancabile costume da principessa che usava fin da piccola, con qualche modifica per farla sembrare una ragazzina orripilante, quale non era, e seguire la tradizione della festività. Senza che nessuno se ne accorgesse loro madre colse ogni parola detta fin a quel punto ed esordì con una predica a entrambi.
-Sonia, non essere insistente. Marco, portala con te, è un ordine.-
Rammentando ciò che era stata capace di fare, oltre al divorzio, che forse era ciò che aveva inacidito la sorellina, Marco non si permise di obiettare e sbuffò un <> soffocato.
Il gruppetto si diresse subito in piazza, dove ogni anno si svolgeva una gran festa. Quando Marco e Fabio videro le decorazioni di quell'anno non poterono che rimanere basiti. C'era un gran capannone e all'interno sembrava una vera e propria casa stregata, con tanto di musica inquietante. Fuori c'erano banchetti di dolci ovunque, che rendevano l'annuale ricerca dei dolci per le case, del tutto inutile. Tutto lo scenario era accompagnato da una nebbia sottile. Era perfetto. Fabio si avvicinò a Marco.
-Sai, è un peccato che l'anno scorso non siamo voluti venire insieme...ci saremmo 'divertiti'-
Marco sorrise, ma poi si ricordò della sorellina al fianco, che quando voleva sapeva essere sveglia e intuitiva; Fabio annuì, segno che aveva capito cosa voleva dire. Nel frattempo la sorellina perplessa non riuscì a spiegarsi ciò che si erano appena detti.
-Non siete voluti venire insieme? Ma se Marco si sentiva anche da una miglio di distanza, mentre si chiedeva da solo se chiamarti! Sembrava quasi che stesse per chiedere a una ragazza un appuntamento!-
Fabio sorrise. Aveva davvero pensato a me? Si era innervosito così tanto per chiedermi un appuntamento?  Doveva amarmi già allora...come io amavo lui, d'altronde...
-Ma che stai dicendo?! Sta' zitta!-
Marco si era arrossito molto e la sorella si rimpiccioliva per la paura che a volte le incuteva il fratello. Fabio, nel frattempo, rideva visibilmente divertito. 

Per una tredicenne sembrava strano che dei maschi uscissero solo in due e non in gruppo, quella era più una cosa da ragazze. Nella mente della ragazzina, e in quella di molti altri, questa situazione puzzava. I primi sospetti avvennero quando notò , un giorno, che ogni volta che Fabio veniva a casa loro, chiudevano la porta a chiave. Poi in ogni momento cercavano un'occasione per scaricarla da qualche parte e stare da soli, che poi, con la confusione che c'è in piazza con halloween, cosa vogliono stare soli a fare?, pensò, innocente.
Mentre per la sorella era una serata di indagine, Marco aveva un paio di cose che gli passavano per la testa, e una di esse era il sesso, da bravo adolescente quale era. Mentre la seconda cosa, perfino più importante della sua prima volta, era fare outing. Voleva discuterne con Fabio e, per colpa della sorella impicciona, già sapeva che non era la serata adatta per fare nessuna delle due cose. 
-Marco, Fabio, mi nascondete qualcosa vero?-
Fabio sputò l'acqua che gli stava scorrendo per la gola e rischiò così che gli andasse di traverso. Sonia notò questa reazione, ovviamente, difficile non notarlo.
-Lo sapevo!-
Fece lei con un appunto di vittoria nel tono. Ci aveva azzeccato. Marco, che era rimasto serio per tutto il tempo, non battendo ciglio, guardò serio la sorella.
-Vieni, dobbiamo parlare-
Detto questo la prese per il braccio, conducendola in un luogo deserto e silenzioso, vicino alla vecchia cabina telefonica della città. Fabio, nel frattempo era tornato più che serio, pur nascondendo una smorfia preoccupata.

-Allora, che succede?-
Sbottava la piccola Sonia, cercando di liberarsi dalla stretta del fratello sul braccio. Era davvero forte.
-Ti dobbiamo parlare di una cosa, riguardo noi due-
Fabio annuì deciso, imitando l'espressione del compagno.
-Ma devi promettere di tenere quella boccaccia chiusa, per una volta! È una cosa seria.-
Per una volta? Non c'è mica il rischio che questa vada a raccontare tutto a tutti, vero?, pensò Fabio, quando si rese conto quanto poco conosceva quella ragazzina. Forse non doveva fidarsi di lei. Nel frattempo lei annuì alla richiesta -o ordine- del fratello e si preparò a sapere tutto.
-Noi due...- Marco esitò e non fece in tempo a finire la frase che Fabio corse in aiuto -...siamo gay- 
I due socchiusero gli occhi, esitanti della reazione della ragazzina. Una del genere, che probabilmente si abbuffava di fanfiction slash su Internet, come ogni ragazzina di quell'età e oltre, avrebbe potuto dire qualunque cosa dopo quella sconcertante rivelazione. Entrambi si aspettavano di tutto.
Che sfigati! 

Perché non me l'avete detto prima?
MIO FRATELLO È GAAAAY, GENTE!

Si aspettavano proprio di tutto.
-Ah...forte!-
Marco e Fabio si guardarono basiti. Tutto qui? Loro che si erano preoccupati per mesi su come dire alle persone che erano gay e stavano insieme, si sarebbero aspettati almeno qualche parola in più, qualche domanda. Neanche a dirlo, la ragazzina sapeva sempre come rovinare la situazione.
-Ma fate anche sesso?-
Sussurrò con l'innocenza di chi sa perfettamente cosa sia, ma sia ancora giovane per sperimentarlo, o pensarci troppo come faceva Marco in quei giorni.
-Per favore, non fare certe domande! Lo sapevo che non dovevo dirtelo!-
Marco si girò con aria offesa, che la sorella aveva in realtà coniato, e lei gli fece mille scuse, per farsi perdonare.
-Ma, perché non lo dite a tutti? Insomma, mica vi mangiano!-
Finalmente intervenne Fabio, che era stato zitto lungo tutta la durata della conversazione, che si evolveva spesso in un battibecco dei fratelli.
-Non è così semplice. Le persone non reagiscono tutte come te. Ma in passato ci abbiamo già pensato-
-Passato? Quant'è che state insieme, scusa?-
-Ehm, un po' di settimane..-
-Sette mesi. Di cui tre 'a distanza'. Sai, quand'ero via con la scuola.-
La sorellina era basita. Tutto ciò che le usciva dalle labbra era un 'wow'. Passarono dei secondi interminabili prima che ricominciò a parlare.
-Voi volete fare outing?-
-Certo- Risposero all'unisolo. Se non sopportavano qualcosa era proprio tenere il dente e il dolore, al posto di toglierlo e star bene.
-Allora cercherò di aiutarvi-
Concluse con un gran sorriso che non fece pentire ai due ragazzi di essersela portata dietro.

Angolo Autrice
Ok, diciamo che è una specie di articolo di stallo (forse non sarà l'unico) per introdurre i due temi che preoccupano Marco. Riguardo alla parentesi che ho appena scritto, pensavo di fare un capitolo dedicato all'esordio della loro storia, che qui non si capisce un gran che, ma io me la sono già pensata tutta. Alzi la mano chi vuole un rating rosso per la loro prima volta! 
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Outing ***


-Ho paura, Fabio-
Fabio gli strinse le mani con le sue, alzò lo sguardo rassicurante verso l'amante e sorrise. 
-Andrà tutto bene, vedrai-
I genitori di entrambi seduti, appena fuori dalla stanza, che aspettavano impazienti.
-Come fai ad esserne sicuro? Forse dovremmo solo scappare prima che la situazione degeneri...-
Marco abbassò lo sguardo, un velo di preoccupazione sul volto. Fabio cercò con gli occhi il suo sguardo, ostinatamente. 
-Guardami bene, Marco-
Subito Marco se ne stette immobile, ma Fabio aumentò la stretta delle mani, ci mise più vigore, e Marco capì di dover assecondarlo. Alzò lo sguardo attentamente, gli occhi sembravano urlare al mondo che cercavano un'ancora cui aggrapparsi per la tensione del momento, ma non si accorgeva che l’ancora di cui disperava ce l’aveva davanti.
-Nulla andrà storto, basterà dire: mamma, papà, sono gay. Non è difficile-
Marco scoppiò in mille lacrime e si tuffò nell'incavo della spalla di Fabio, bagnando la sua felpa. La mano del partner cominciò a carezzargli dolcemente la schiena.
-Avanti, va tutto bene-
Ma Marco continuava a piangere disperato.
-E se invece non andasse tutto bene? Se mi ripudiassero come loro figlio? Se ci obbligassero a smettere di vederci?-
Per un secondo negli occhi di Fabio si potè cogliere la disperazione più totale, non poteva nascondere di essere preoccupato, conosceva i rischi di ciò che stavano per fare. Ma si convinse più volte che doveva essere forte per entrambi.
Per un attimo si distrasse da quella conversazione. Un raggio di sole, riflesso sulla gamba in metallo della sedia, colse la sua attenzione. La luce che sbatteva sul materiale lucido del mobile gli trasmetteva sicurezza e al contempo timore. Come poteva, quel semplice raggio di sole, essere tanto luminoso, puro e vitale, ma allo stesso tempo distruttivo? Era un'arma a doppio taglio. Se ce n'era troppo o troppo poco portava alla morte. 
-Ascolta Marco, anch'io temo questo momento e  va bene aver paura, ma proprio come la luce del sole, la sicurezza non dev'essere né troppa né troppo poca, altrimenti è dannosa. Perciò prendi un bel respiro e fatti coraggio-
Lo baciò lievemente sulle labbra e aprì la porta. Marco si era rassicurato abbastanza da affrontare quella situazione.
-Sei proprio pessimo con gli esempi!-
Mentre Marco sussurrava quest'ultima frase ,gli scappò un risolino al ricordo di qualche sera prima.

Tic, tic, tic.
Fabio si svegliò improvvisamente, scosso da un rumore sospetto che proveniva dalla finestra. Potrebbero essere ladri.
A un certo punto si rese conto che il rumore proveniva dalla finestra, un ticchettio contro il vetro probabilmente. Si alzò di scatto dal comodo letto e si diresse velocemente alla finestra. Quando l'aprì rimase basito nel scoprire che Marco era qualche metro sotto di lui, barcollante, che lo chiamava incessamente dal giardino. Diamine, l'ultima volta che l'aveva visto così ubriaco i due si erano baciati per la seconda volta. E ora stavano insieme.
-Marco, che cavolo ci fai qui?-
-Ti volevo...-
-Mi volevi cosa?-
-Ti volevo!-
Fabio chiuse le finestre e andò più rapido che potè verso il corridoio. Scese le scale e si ritrovò in un lampo in giardino, al fianco del suo ragazzo, il quale fraintese la corsa di Fabio e si avvicinò di più.
-Ti voglio, Fabio-
Fabio lo squadrò con un'occhiata furiosa.
-Sei ubriaco-
Marco ignorò completamente quest'ultima sentenza e fece un sorrisetto grottesco.
Poi portò la mano verso la cerniera di Fabio e si affrettò ad aprirgli i pantaloni: non poteva più aspettare. Mentre l'altro lo guardava perplesso e ingenuo, Marco si inginocchiò e fece scendere i pantaloni a Fabio.
-Marco, che fai?!-

 
-Allora, che c’è di tanto importante da dirci?-
Marco e Fabio si guardarono per un attimo. Avevano ancora la possibilità di scappare e pretendere che non fosse mai successo nulla, la porta era a pochi metri da loro. Fu Fabio a parlare per primo.
-Ma’, Pa’, Lucia, Franco…c’è una cosa molto importante che devo, anzi dobbiamo, dirvi…-
-Siamo gay!-
Marco strizzò gli occhi, in attesa di una reazione. Faceva sempre così quando aveva paura, cercava di non guardare strizzando gli occhi e portandosi le dita davanti al viso, squarciando appena la vista con due dita allontanate l’una dall’altra.  Fabio lo vide e sorrise. Quando faceva così era tenerissimo.
-Siete…gay?-
Il padre di Fabio, Michele, si alzò dal tavolo sbattendo i pugni. Sofia, la moglie, si alzò e lo seguì cercando di farlo ragionare. Fabio tuffò il volto tra le mani, sperando di sparire dalla faccia della Terra in quell’esatto istante. Marco voltò lo sguardo e vide in che stato era l’amante. Gli poggiò una mano sulla schiena, carezzandolo lievemente. Sapeva quanto questo lo rilassasse.
 
Fabio si alzò in fretta i pantaloni e si girò per andarsene, ma Marco lo seguì prendendolo per un braccio.
-Marco, non possiamo, non ora, ok?-
Marco aveva uno sguardo perplesso.
-Perché no?-
Marco sembrò quasi vedere la vena, che solitamente si gonfiava quando Fabio s’arrabbiava, esplodere.
-Perché…non lo so! Almeno, credo che mi prima di “svolgere questo grande passo” dovremmo dire ai nostri genitori come stanno le cose...E poi sei ubriaco!-
Marco arretrò di un passo.
-Vuoi dire fare outing? E’ questo che intendi?-
Fabio non sapeva bene cosa voleva. In realtà aveva cercato la prima scusa possibile per allontanare Marco dalle sue parti intime; ma adesso che ci pensava un secondo, prima o poi dovevano rivelarsi al mondo e non c’era momento migliore. Ritirò subito tutti i suoi pensieri: sapeva esattamente come sarebbe andata. Suo padre si sarebbe arrabbiato per alcuna ragione e la madre avrebbe cercato di calmarlo. I rapporti con suo padre non sarebbero poi stati più riallacciati.
-Sì intendo questo, ma…-
-Ma…?-
-Ho paura. Sai, per mio padre, conosci come è fatto…-
Marco comincio ad accarezzargli la schiena dolcemente per calmarlo, funzionava sempre quando era agitato.
-Andrà tutto bene, vedrai-                     
                                                                                                                       
-Ehi, va tutto bene?-
Fabio se ne stava seduto sul bordo della vasca da bagno, il viso che affondava tra le piccole mani e gli occhi che versavano barili di lacrime. Quando sollevò il viso rosso e gonfio, Marco si spaventò un poco.
-Secondo te? Mio padre è nell'altra stanza a rinnegarmi come figlio e tu mi chiedi se va tutto bene?-
La faccia di Marco esprimeva profonde scuse, ma al momento Fabio non era nello stato psico-fisico per accettarle. Singhiozzò ancora più forte, mentre una parte del suo cuore era convinta che suo padre di là pensasse che in quel momento stessero facendo quelle che lui avrebbe chiamato, zozzerie da finocchi.
-Perché Marco, perché?-
L'altro si lasciò andare un sospiro di compassione e si sedette velocemente vicino a Fabio, abbracciandolo. Quest'ultimo appoggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò cullare, calmandosi un poco.
Clack.
Il chiavistello della porta. La sorella di Marco.
-Ragazzi, di là c'è un pandemonio!-
Marco la fulminò con gli occhi per farle capire che non migliorava la situazione. 
-Ehi Fabio... Che hai?-
Marco persisteva con l'occhiataccia e Fabio invece perdeva piano piano la forza di starsene lì ad ascoltare Sonia. Che importava, tanto?
-Tua madre ha calmato tuo padre, non c'è motivo di preoccuparsi! Il pandemonio è perché vogliono sapere come è successo, no sono più minimamente arrabbiati-
La sorellina capì finalmente perché Fabio era tanto triste, non era stato aggiornato sulla situazione dell'altra stanza.
Marco si prese una forte testata a causa di Fabio, che alzò il viso veloce quanto una cane che sente parlare di cibo. I suoi occhi sembravano essersi asciugati per miracolo, sembrava improvvisamente rinato.
-Mio padre non è più arrabbiato?!-
-No. Da quello che ho capito, ha detto che gli ci vorrà un po' per accettarlo, ma sei pur sempre suo figlio e ti vorrà bene comunque, o qualche cosa del genere...-
Fabio si voltò verso Marco e gli stampò un bacio sulle labbra.
-Ti amo, ti amo, ti amo! Anzi vi amo entrambi!-
-Ehi!-
Marco lo guardò con una stizza di gelosia negli occhi. Fabio era suo, solo suo.
-Marco, non essere geloso-
Fabio saltellò da tutte le parti, fece un respiro, e annunciò di essere pronto a tornare in sala.
Il padre l'aveva accettato e questo significava che era la giornata più bella che potesse esistere.

-Ma se mio padre non mi acccettasse per quello che sono, se non lo facesse davvero?-
-Ti dico io quello che faremo. Scapperemo in una cittadina fra le Alpi e vivremo per sempre insieme.-
Fabio sorrise per il tentativo.
-Siamo minorenni, ma apprezzo il pensiero-
-In quel caso ce ne fregheremo e basta!-
-Adoro il tuo piano-
Si avvicinarono e si scambiarono un lungo bacio. In quel momento Fabio sapeva che nulla sarebbe potuto andare storto finché c'era Marco con lui.


Fabio era sul punto di uscire dalla stanza del bagno, ma approfittò dell'assenza di Sonia. Socchiuse la porta e si girò verso Marco, che sorpreso chiese perchè non uscivano, ora che era tutto a posto. 
-Prima di uscire, mi sento di dirti una cosa-
Marco piegò lievemente la testa come usava fare quando era curioso e assunse un'aria interrogativa.
-Hai presene l'altro giorno? Quando abbiamo deciso di uscire allo scoperto con i nostri genitori?-
Marco annuì, riportando alla mente la tenera scena del loro bacio, quando Fabio l'aveva fatto infiammare dentro per l'emozione che gli faceva provare, nonostante l'alcool che aveva in corpo.
-In quel momento ho capito che nulla poteva andare storto, anche se mio padre si fosse arrabbiato, perchè ci sei tu con me. Quando sto con te mi sento tra le nuvole, mi emozioni e mi rendi più felice ogni giorno che passa. Sono veramente felice di averti conosciuto, e...Ti amo!-
I denti di Marco si sentirono in bisogno di mostrare la loro approvazione al discorsetto improvvisato, sfornando il più bello dei sorrisi che la sua bocca avesse mai fatto. Come poteva non amare quel ragazzo?
-Anche io ti amo-
Si abbracciarono e si scambiarono un bacio prima di aprire una volta per tutte la porta che li separava dai genitori.


ANGOLO AUTRICE

Ed eccomi qui con questa cosa azzardata che mi è venuta in mente mentre scrivevo il prequel (che ho quasi finito). In qualche modo dovevo introdurre l'argomento outing, con l'argomento perquel e l'argomento sesso. Risultato: Marco arrapato e ubriaco. Nel prossimo capitolo ci sarà quindi il prequel, quindi, alla prossima!



C'è una buona probabilità che ci metta ere per aggiornare, mi è venuto un blocco e nel frattempo ho anche iniziato una challenge, perciò mi scuso in anticipo!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Fuga ***


Dopo averlo detto ai genitori la voce si era sparsa in fretta. Nonostante dopo la loro chiacchierata Fabio avesse pregato la madre di non dirlo alle amiche, non ancora, la pettegola del quartiere si era affrettata ad alzare la cornetta del telefono. Così, mentre Marco camminava in giro per la scuola per raggiungere la classe di Fabio, tutte le persone intorno a loro gli lanciavano occhiate discriminatorie. Marco non poteva sopportare il modo in cui la gente lo guardava, ma poteva sopportarli facilmente. Fabio qualche mese prima l’aveva introdotto al karate, il che l’aveva calmato parecchio e gli aveva trasmesso molto autocontrollo. Ma quando vide ciò che stava accadendo davanti alla classe di Fabio non seppe controllarsi. Due ragazzi tenevano Fabio per le braccia, immobilizzandolo. Un terzo ragazzo si divertiva prendendolo a pugni nello stomaco e gridando “Finocchio” “Frocio” “Checca”, insultandolo senza mai smettere. Quando Marco li vide corse verso la loro direzione e senza fare una piega gridò loro di smettere. Non voleva far loro del male, voleva dimostrare di essere meglio.
-Oh! La cavalleria è arrivata in soccorso?-
Fabio guardò Marco con un’occhiata decisa che sembrava implorarlo a gran voce di non intervenire. Nel frattempo i tre ragazzi si misero a ridere e il gruppetto che si era formato intorno alla scena cominciò a chiedere una rissa. Marco si avventò da solo sui ragazzi che tenevano Fabio per le braccia e sferrò un paio di pugni sul loro petto, per poi farli cadere con un colpo alle gambe di entrambi. All’improvviso sentì un dolore sul fianco sinistro, si girò e vide il terzo ragazzo. Un grande amico di Fabio si unì alla buona causa e lo immobilizzò, mentre Marco gil sferrava dei pugni ripetuti sulle guancia. Smise una volta raggiunto il terzo. Si ricordò improvvisamente che Fabio era ancora a terra, così gli porse una mano per aiutarlo.
-Stai bene?-
Quando Marco glielo chiese Fabio non esitò ancora e lo abbracciò, sussurrandogli nell’orecchio che tutto questo non era necessario. Marco cercò di nascondere la lacrima che gli era scesa nel vedere Fabio rialzarsi. Senza pensare a ciò che stava dicendo la gente si strinsero ancora più forte e si staccarono dopo una decina di secondi, poiché sentirono una voce adulta.
-Cosa è successo qui?-
La storica professoressa di lingue antiche, latino e greco, stava urlando facendosi spazio tra la folla per capire cosa fosse accaduto. Quando riuscì a vedere qualcosa, ciò che vide furono due studenti ammaccati ma in piedi e altri tre stesi e con dei lividi.
 
Mezz’ora dopo Marco, Fabio e i tre ragazzi, che scoprirono si chiamavano Luca, Francesco e Nicola, si trovavano dal preside.
-Cosa è successo?-
Si poteva vedere perfettamente il solito nervo sporgente sulla fronte del preside Figgins che pulsava ininterrottamente, segno che era arrabbiato, molto arrabbiato.
-Mi hanno picchiato, chiamato “Finocchio”, “Frocio”, “Checca” e in altri spregevoli modi, i miei lividi ne sono la prova. Lui è solo venuto ad aiutarmi a uscirne.-
Fabio indicò Marco, che nel frattempo aveva abbassato la testa, sentendosi interpellato.
-E tu chi sei?-
Il preside guardava Marco in modo insistente, mentre si beveva un caffè per calmare i nervi. Stava per esplodere.
-Il suo ragazzo-
Il preside quasi si strozzò mandando giù il sorso di caffè che aveva in gola. Marco lo guardava con una certa aria di sfida, aspettando di sentire se avrebbe applicato le sue solite regole di tolleranza zero.
-I-Il suo.. ragazzo?-
Marco annuì fieramente e strinse la mano di Fabio. I due si guardarono dolcemente negli occhi per qualche secondo, per poi realizzare che essere così aperti avrebbe peggiorato le cose con i bulli.
-Beh,  in questo caso, temo che voi tre dovrete stare alla larga da i due signorini, altrimenti ve la vedrete con me. Nel frattempo farete un mese di punizioni, che vi assegnerà la vostra professoressa di sostegno. Ora potete andare.-
Andare dal preside sembra sempre una seduta in tribunale, pensò Marco.
 
-Oh mio Dio! Voglio assolutamente andarmene da questo posto!-
Fabio se ne stava sdraiato sul letto, con un sacchetto di piselli sull'occhio e una bistecca sulla guancia, mentre Marco continuava a camminare in tondo attorno alla sua camera, urlando ai quattro venti tutta la sua rabbia. I genitori di Fabio rabbrividivano a sentire le sue grida dal piano di sotto.
-Tranquillo, non è successo nulla...-
Marco si girò stizzito verso il ragazzo.
-Tranquillo?! Quei ragazzi ti hanno picchiato, Fabio! E solo perché te la fai con uno del tuo stesso sesso!-
L'omofobico padre di Fabio si tappò le orecchie quando sentì quell'ultima frase. Non era mai troppo tardi per ricordare a quei due che le pareti non erano insonorizzate.
-Puoi abbassare la voce?! Ci sono i miei di sotto!-
Marco lo guardò comprensivo e si sdraiò affianco del suo ragazzo sul letto, entrambi guardavano un punto indefinito sul soffitto.
-Che vorresti fare con quei ragazzi?-
-Mi piacerebbe ignorarli, ma peggiorerebbe le cose. Ci servirebbe qualcosa di più radicale-
A Fabio scappò una risatina vedendo come Marco gesticolava mentre parlava, era proprio buffo.
-Potremo andarcene- Sussurrò Fabio nell'orecchio di Marco, che si alzò di scatto, guardando serio il ragazzo.
-Stai parlando sul serio? Non scherzi?-
Fabio abbassò un po' la testa, stranamente imbarazzato.
-Si, sono serio-

Erano le due di notte e Fabio se ne stava fuori dalla casa di Marco, con uno zaino enorme sulle spalle. Lanciò un sassolino sulla sua finestra. Dopo qualche secondo la luce della sua camera si accese a intermittenza,proprio come avevano stabilito.
-Dove stai andando?-
La sorellina di Marco se ne stava in piedi sullo stipite della porta, guardandolo assonnata, nel suo pigiama a righe azzurro.
-Che ci fai in piedi a quest'ora?-
-Che ci fai tu piuttosto?-
Marco si guardò intorno nervosamente, alla ricerca di una scusa da rifilarle. Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce ma sua sorella era furba e, sotto sotto, sapeva che non c'era ragione di ingannarla.
-Me ne vado da qui-



Sono passati secoli, vero? Beh, questo è il nuovo capitolo, anche se non sono del tutto convinta che una fuga sia la soluzione. Recensite e ditemi che ne pensate!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


-Te ne vai da qui? Che vuoi dire?-
Marco si guardò intorno con riguardo e fece segno alla sorella di abbassare la voce, poi la accompagnò nella sua stanza e chiuse la porta.
-Le cose non stanno andando bene a scuola per me e Fabio…-
-Spiegati meglio-
Perfino un completo sconosciuto avrebbe potuto leggere la preoccupazione nel volto di Sonia. Negli ultimi mesi si era davvero affezionata al fratello, che solitamente ignorava.
-Da quando gli altri hanno scoperto di noi due, non hanno smesso di tormentarci. E’ un inferno-
-Ma…-
Sonia non potè continuare. Entrambi sentirono un rumore provenire dall’esterno e Marco sapeva che cosa lo provocava. Si diresse verso la finestra e si affacciò di sotto.
-Quanto ci metti? Sto congelando!-
Fabio teneva  le braccia attorno al corpo e continuava a saltellare per scaldarsi. Le punte delle sue dita avevano uno strano colore.
-Vieni dentro!-
Senza farsi troppe domande su cosa fosse successo, Fabio ubbidì e si fiondò all’interno della casa. Appena arrivò nella stanza di Marco si sedette vicino a lui sul letto, con ancora le braccia avvolte attorno al busto. Marco lo guardò premuroso.
-Hai ancora freddo? Aspetta…-
Tirò fuori dall’armadio una coperta di Star Wars con la raffigurazione di Chewbecca. A Fabio scappò un risolino divertito.
-Non è il momento di giudicare le mie coperte-
Marco la avvolse attorno a Fabio e lo abbracciò forte, rimanendo fermo così un paio di minuti, per poi limitarsi a tenergli la mano.
-Ragazzi, non potete andarvene semplicemente via per colpa di qualche bulletto!-
Entrambi sbuffarono.
-Forse hai ragione, dopotutto…-
Rimasero a parlare tutta la notte, Sonia che cercava di convincerli a restare e gli altri due che le esponevano le loro motivazioni. La mattina si svegliarono per un urlo della madre che trovò Marco e Fabio abbracciati, più Sonia, tutti sdraiati sul letto a dormire profondamente. Alla signora Cordioli la visione del suo “piccolino” nello stesso letto con il suo ragazzo faceva venire i brividi alla schiena. 





Questo è un capitolino "giusto per"...Prometto di scrivere il seguito in poco tempo, ma ho un blocco assurdo. Mi si sono evaporate le idee. Inoltre, non ho ancora capito perfettamente come funziona il nuovo editor, perdonatemi! Vabbè, speriamo che l'inizio della scuola mi faccia bene (certo, come no).

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