4ever Love

di Drew Bieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Come al solito ero alle prese con le mie lezioni private con Noah e Jake, i miei due fratelli maggiori ed era una vera noia. Non uscivo mai di casa solo se dovevo andare a qualche party elegante per le persone d’alta classe. Quella non è mai stata la vita che mi sarebbe piaciuto l’avrei sempre voluta più semplice. Ero davvero stanca di tutte persone false che ti sfruttano per i proprio comodi e che si credono importanti e meglio di tante altre solo perché cono ricche. Avvolte per sfuggire a questo mondo mi bastano un paio di cuffie ma è da un po’ che ho voglia di uscire e di vedere cosa c’è al di fuori di tutto questo. Sono poco più di due settimane che esco di casa senza dire niente a nessuno travestita da ragazzo per fare un giro, per capire come vivono le persone normali come chiunque ieri ad esempio quando sono uscita ho visto un gruppo di ragazze passeggiare e parlare di ragazzi, io non l’avevo mai fatto, io non ho amiche, perché quelle che potrei avere preferisco fare finta di non conoscerle perché conoscono solo la vanità e l’invidia allora con persone così meglio tenersele lontane. Ora  che la lezione è finita vado a farmi una doccia e vado da Noah a chiedergli se può prestarmi una maglia e un paio di jeans che non gli vanno più, loro hanno delle taglie troppo grandi per me, ma come al solito lui mi chiede a cosa mi servano, giustamente è strano che una ragazza chieda ai suoi fratelli i loro vestiti, ma non ho la minima intenzione di dirgli tutto, non mi lascerebbero più uscire. Dopo quello che è successo ai nostri genitori io sono tutto ciò che gli è rimasto. Comunque mi vesto ed esco. È sera e ci sono molti ragazzi e ragazze per le strade e negozi. Decido di andarmene al cinema ho voglia di film e pop corn. Mi siedo e mi metto gli occhiali 3D e la proiezione inizia. Il film è quasi finito, manca poco. Abbasso per qualche istante lo sguardo dallo schermo e noto un ragazzo e una ragazza seduti vicini, saranno sicuramente fidanzati. Io non so come è essere innamorati perché non ho mai amato nessuno. Deve essere bello avere qualcuno che darebbe la vita per te, che non ti abbandona mai e che c’è sempre. Esco dal cinema e cammino senza una meta, seguo solo i passi che faccio senza rendermi conto di dove stia andando, intanto penso e ripenso, tutto ciò che ho e tutto ciò che non ho. Dicono che i soldi rendono felici perché puoi avere tutto quello che vuoi, ma io non ho niente di quello che voglio. Non ho amici, non ho amore, non ho libertà, non ho persone vere che ti vogliano davvero bene o meglio ne ho tre, non ho un padre né una madre, non ho sogni, non ho la forza di vedere un nuovo giorno. Ho la solitudine, ho la tristezza, ho le lacrime, ho la prigionia, ho la falsità e ho la vita, cosa di cui farei davvero a meno perché non ho felicità. Tutto ciò che non ho non si può comprare e tutto ciò che ho non può essere dato perché nessuno lo vorrebbe. Mi fermo qualche secondo e delle lacrime mi rigano il viso e il vento freddo mi graffia le guance. Quanto volevo qualcuno con cui parlare e mi comprendesse era tutto ciò che volevo avere. Prendo il telefono che avevo spento prima di uscire. Come pensavo, ci sono chiamate perse e messaggi nella segreteria, ovviamente sono di Noah e Jake, loro sono gli unici a preoccuparsi di me, si perché nonostante mio zio mi voglia molto bene e io lo consideri come mio padre non c’è mai, non li richiamo, non voglio parlargli, mando solo un messaggio ad entrambi “per sta sera non voglio esistere” volevo far finta di non avere la mia vita e voglio stare sola per sta sera devono far finta che non esisto. Sono le 23.18, poso il telefono nella tasca nel giubbino e continuo a camminare ancora con le lacrime agli occhi che poi si asciugano dopo qualche lungo minuto. Inizia a piovere leggermente e mi riparo in un parcheggio al coperto poco distante. Resto alzata abbastanza lontana dalla pioggia per ammirarla, mi è sempre piaciuta questa cosa, mi conforta soprattutto quando piango perché è come se il cielo piangesse e penso che non sono l’unica che si sente triste avvolte penso che il cielo pianga quando piango anch’io proprio per confortarmi e mi sento meglio, lo so è una cosa strana, ma per me è così. Sento una voce alle mia spalle, mi giro per vedere a chi appartiene, è un ragazzo. Mi si avvicina e mi chiede cosa ci facevo lì e gli dissi che era per la pioggia. Si andò a sedere su una delle macchine che erano parcheggiate e mi chiese di avvicinarmi. Mi domandò come mi chiamassi, per fortuna che il mio nome era anche per ragazzi se no avrei dovuto inventarmene uno al momento facendo una figuraccia.  E gli risposi improvvisando una voce da maschio che potesse essere credibile. Lui si chiamava Justin, che bel nome. Gli chiesi se anche lui era lì per la pioggia ma lui mi risposi che lì ci abitava. Chissà perché non aveva una cosa e una famiglia? E se invece era scappato di casa come ho in mente di fare anch’io? Può darsi. Poi mi chiese perché ero fuori per la strada a quell’ora invece di stare a casa. Io ovviamente non potevo dirgli tutta la verità e gli dissi “per sta sera non voglio esistere”, lui si mise a ridere e mi chiese cosa volevo dire, semplicemente che non volevo esistere per la mia famiglia. Parlammo per un po’, è un tipo davvero simpatico. Poi smette di piovere. Sono le 24.55 forse dovevo tornare. Salutai Justin e tornai a casa. Aprii la porta senza farmi sentire, le luci erano spente e feci un respiro di sollievo perché Noah e Jake erano a dormire o almeno così credevo erano entrambi nella mia stanza ad aspettarmi ovviamente furiosi e pronti a farmi la ramanzina non li ascoltai neanche per mezzo minuto e li cacciai fuori e mi misi a dormire.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sto ancora pensando a quello che era successo ieri sera: l’incontro con quel ragazzo, Justin. È da sta mattina che ci sto pensando, anzi da ieri notte, sono rimasta sveglia tutto il tempo perché la mia testa non riusciva a cancellarlo, e se ci riusciva lo ridisegnava, è proprio una tortura. Non posso uscire, Noah e Jake non vogliono farmi uscire, ieri si sono preoccupati sul serio. Ma me lo merito sapevo a cosa sarei andata in contro e ho affrontato le conseguenze. Ma tutto questo non mi fermerà se voglio una cosa l’ottengo in un modo o nell’altro. Ora devo solo pensare a come uscire senza che quei due dei miei fratelli se ne accorgano. Ecco ho avuto un idea. Saranno loro a farmi uscire di casa e io non dovrò neanche chiederglielo. E tutto grazie alla mia grande bravura nel recitare. Noah e Jake sono in salotto sul divano, sono all’inizio delle scale e faccio finta di cadere, loro subito corrono da me completamente spaventati, il mio piano sta riuscendo, ovviamente perché sono una grande attrice e andiamo in ospedale. Mentre Noah e Jake non a parlare col dottore, io ne approfitto per scappare. Devo sbrigarmi sto correndo al parcheggio dove ho incontrato Justin, sono quasi arrivata, eccolo lo vedo in lontananza, tra di noi c’è più o meno un metro e mezzo di distanza, mi volto verso di lui che ha lo sguardo basso,  gli occhi socchiusi e vedo che gli sta scendendo una lacrima. Capisco che forse è meglio se me ne vado e mi avvio verso casa, so che Noah e Jake non sono più in ospedale, ma neanche a casa, lungo la strada li incontro e salgo in macchina con loro. Non dico una parola e lo stesso sguardo di Justin ora ce l’ho anch’io. Avevo fatto tutto quel casino inutilmente, solo per vedere che quel ragazzo era triste, ma non sto male per questo, sto male perché Justin era giù, e non sapevo il perché, volevo aiutarlo. Ma non potevo. Quando tornammo a casa andai in camera mia e scesi in giardino per stare un po’ in piscina, solo così riesco a dimenticare i miei pensieri, rilassandomi, e l’apnea è uno dei modi migliori per farlo. Dopo qualche ora mi misi sul divano per vedere la tv. Otto e mezzo. Ero sola in casa. Lo zio era a loro come al solito, Noah era in discoteca e Jake ad una festa. Non avevo nulla da fare. Mi travestii per uscire e fare una passeggiata. Mi tenevo lontana da quel posto, dove sicuramente avrei incontrato Justin, quindi andai al parco. Ero immersa nei miei pensieri quando mi arrivarono addosso delle gocce d’acqua dalla fontana su cui ero seduta. Mi girai ed era lui. Mi aveva riconosciuto. Justin. Si mise vicino a me e iniziammo a parlare.
Justin: ehi, ci incontriamo di nuovo
Io: a quanto pare
Justin: come mai da queste parti?
Io: così per fare un giro tu?
Justin: volevo cambiare aria
Io: come va?
Justin: non mi lamento,  a te?
Io: abbastanza bene
Justin: ti ho visto questo pomeriggio
Io: davvero dove?
Justin: eri uscito dall’ospedale
Mi aveva sicuramente scambiata per uno di quei due dei miei fratelli. Gli assomiglio molto vestita da ragazzo.
Io: ah si
Justin: come mai eri lì? qualche tuo parente non si sentiva bene?
Io: mia sorella
Justin: tua sorella?
Io: si perché ti sembra strano che ne abbia una?
Justin: no è che non immaginavo che avevi una sorella
Io: invece ce l’ho ed è davvero insopportabile
Sapevo che era questo quello che pensavano quei due, quindi meglio dire la verità. Dovevo auto criticarmi
Justin: almeno tu hai qualcuno.
Io: ... già …
Justin: comunque com’è lei?
Io: cosa?
A quella domanda rimasi davvero stupefatta, lui aveva chiesto di me o mio Dio, non potevo crederci
Justin: non ti preoccupare voglio solo sapere qualcosa di lei, così, per curiosità
Io: e cosa devo dirti?
Justin: come si chiama?
Io: … beh … allora lei si chiama … si … il suo nome è … no è … em … allora
Justin: sai si o no come si chiama tua sorella?
Non sapevo cosa dire, non potevo rispondergli “mia sorella si chiama Jaydan come me”, dovevo inventarmi un altro nome, stavo facendo una figuraccia, perché ho una sorella?
Io: mia sorella si chiama … Angel
Justin: bel nome, proprio carino, allora deve essere davvero un angelo per avere un nome così
O mio Dio, gli piaceva il mio nome e aveva detto che sono un angelo, appena vado a casa devo cambiarmi nome, così mi chiamerò Angel, ah, amo questo nome e detto da lui è ancora più bello
Io: come no un vero e proprio angelo
Justin: e quanti anni ha?
Io: 16
Justin: però abbiamo la stessa età, quando è nata precisamente?
Io: 1 marzo
Justin: anch’io che bella coincidenza e poi com’è descrivimela
Io: alta, magra, bionda, occhi azzurri
Justin: dimmi qualcos’altro che le piace?
Io: non è che sei troppo curioso su mia sorella?
Justin: e dai voglio sapere solo qualcosa in più
Io: ok allora vediamo, le piace cantare …
Justin: è brava?
Io: … si e molto, anche a ballare e a recitare, è molto brava anche a suonare la chitarra, pianoforte e il violino
Justin: mi piacerebbe sentirla cantare tu che dici?
Io: quando vuoi
Guardai il telefono ed erano le 9.52 e la mia pancia faceva i capricci, stavo morendo dalla fame e a giudicare dal suo stomaco anche Justin. Lì vicino c’era una pizzeria e andammo a mangiare. Era bello stare con lui. Parlare. Potevo dirgli qualunque cosa senza essere giudicata, ma avrei voluto dirgli chi ero davvero. Chissà se gli piacerei. Se mi tratterebbe come mi sta trattando ora. Io sarei molto imbarazzata, però vorrei conoscerlo davvero, vorrei essere davvero sua amica. C’erano tante cose che avrei voluto dirgli, ma era meglio stare zitta. Controllai l’ora: 24.47. Era meglio tornare a casa, anche se era inutile, Noah e Jake non erano sicuramente tornati, quindi sarei dovuta restare da sola. Justin mi accompagnò fino a casa e lì ci salutammo. Quando entrai le luci erano spente. Mi sdraiai sul divano chiudendo gli occhi, rivedevo nella mia mente il suo sorriso. Arrossii di colpo, e mi venne da ridere senza motivo. Ero davvero felice, per la prima volta, lo ero realmente, e tutto grazie a lui, a quel ragazzo, a Justin.
  Justin: ehi, ci incontriamo di nuovo Io: a quanto pare Justin: come mai da queste parti? Io: così per fare un giro tu? Justin: volevo cambiare aria Io: come va? Justin: non mi lamento, a te? Io: abbastanza bene Justin: ti ho visto questo pomeriggio Io: davvero dove? Justin: eri uscito dall’ospedale Mi aveva sicuramente scambiata per uno di quei due dei miei fratelli. Gli assomiglio molto vestita da ragazzo. Io: ah si Justin: come mai eri lì? qualche tuo parente non si sentiva bene? Io: mia sorella Justin: tua sorella? Io: si perché ti sembra strano che ne abbia una? Justin: no è che non immaginavo che avevi una sorella Io: invece ce l’ho ed è davvero insopportabile Sapevo che era questo quello che pensavano quei due, quindi meglio dire la verità. Dovevo auto criticarmi Justin: almeno tu hai qualcuno. Io: ... già … Justin: comunque com’è lei? Io: cosa? A quella domanda rimasi davvero stupefatta, lui aveva chiesto di me o mio Dio, non potevo crederci Justin: non ti preoccupare voglio solo sapere qualcosa di lei, così, per curiosità Io: e cosa devo dirti? Justin: come si chiama? Io: … beh … allora lei si chiama … si … il suo nome è … no è … em … allora Justin: sai si o no come si chiama tua sorella? Non sapevo cosa dire, non potevo rispondergli “mia sorella si chiama Jaydan come me”, dovevo inventarmi un altro nome, stavo facendo una figuraccia, perché ho una sorella? Io: mia sorella si chiama … Angel Justin: bel nome, proprio carino, allora deve essere davvero un angelo per avere un nome così O mio Dio, gli piaceva il mio nome e aveva detto che sono un angelo, appena vado a casa devo cambiarmi nome, così mi chiamerò Angel, ah, amo questo nome e detto da lui è ancora più bello Io: come no un vero e proprio angelo Justin: e quanti anni ha? Io: 16 Justin: però abbiamo la stessa età, quando è nata precisamente? Io: 1 marzo Justin: anch’io che bella coincidenza e poi com’è descrivimela Io: alta, magra, bionda, occhi azzurri Justin: dimmi qualcos’altro che le piace? Io: non è che sei troppo curioso su mia sorella? Justin: e dai voglio sapere solo qualcosa in più Io: ok allora vediamo, le piace cantare … Justin: è brava? Io: … si e molto, anche a ballare e a recitare, è molto brava anche a suonare la chitarra, pianoforte e il violino Justin: mi piacerebbe sentirla cantare tu che dici? Io: quando vuoi Guardai il telefono ed erano le 9.52 e la mia pancia faceva i capricci, stavo morendo dalla fame e a giudicare dal suo stomaco anche Justin. Lì vicino c’era una pizzeria e andammo a mangiare. Era bello stare con lui. Parlare. Potevo dirgli qualunque cosa senza essere giudicata, ma avrei voluto dirgli chi ero davvero. Chissà se gli piacerei. Se mi tratterebbe come mi sta trattando ora. Io sarei molto imbarazzata, però vorrei conoscerlo davvero, vorrei essere davvero sua amica. C’erano tante cose che avrei voluto dirgli, ma era meglio stare zitta. Controllai l’ora: 24.47. Era meglio tornare a casa, anche se era inutile, Noah e Jake non erano sicuramente tornati, quindi sarei dovuta restare da sola. Justin mi accompagnò fino a casa e lì ci salutammo. Quando entrai le luci erano spente. Mi sdraiai sul divano chiudendo gli occhi, rivedevo nella mia mente il suo sorriso. Arrossii di colpo, e mi venne da ridere senza motivo. Ero davvero felice, per la prima volta, lo ero realmente, e tutto grazie a lui, a quel ragazzo, a Justin.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


È un mese ormai che esco di nascosto per andare da Justin. Inizialmente uscivo per conoscere il mondo fuori le porte di casa mia, ora esco solo per conoscere il suo di mondo. Lui è il mio migliore amico, gli dico tutto, tranne della mia vera identità, vorrei tanto dirglielo e sto iniziando a pensare di farlo. Sto andando di nuovo da lui, oggi dovrò dirglielo, ma quando lo vedo che mi sorride, mi faccio indietro, non voglio da quelle labbra esca un addio, quindi non dico nulla. Parliamo per po’ come al solito, lui capisce che c’è qualcosa che non va e cerca di capire. Cerco in tutti i modi di girarci intorno, ho paura di quella verità che gli ho tenuto nascosto. Appena prendo il giusto coraggio e mi escono le prime parole di un discorso che aveva preso possesso della mia mente, sfoggia un sorriso che annulla ogni mio pensiero, non voglio trasformare quel sorriso in uno sguardo freddo dalla delusione, aspetta un po’ e poi si ricorda di avere un impegno e se ne va dandoci appuntamento alle 7.00 lì, da lui. Lo vedo allontanarsi, mi sembra quasi che se ne stia andando per sempre, con un addio e mi scende qualche lacrima, le ore senza di lui mi sembrano inutili da contare perché mi sembrano una presa in giro, perché Justin non tornerà, non tornerà più. Faccio una passeggiata nei dintorni, ho un brutto presentimento, e riguarda Justin. Ritorno al parcheggio sono quasi le 7 e inizio ad avviarmi, più mi avvicino e più corro, vedo Justin che sta correndo inseguito da altri tre ragazzi, mi viene incontro mi afferra per un braccio e corro con lui, stanno per raggiungerci, mi dice di scappare, ma non lo faccio. Quei tre ragazzi si avventano su di noi, Justin cerca di proteggermi, ma riceve così tanti colpi che sta per cadere, allora lo difendo e non so come riesco a colpire molto forte due di quei ragazzi, così forte che cadono a terra stremati. Il terzo mi dà un pugno sulla faccia e sanguino, mi cade il cappello e i miei capelli mi scendono sulle spalle, Justin vede tutto, ma non ci penso molto, sferro un pugno nello stomaco di quel ragazzo e cade anche lui a terra. Vado verso Justin e senza fare caso al suo sguardo confuso lo aiuto ad alzarsi e lo porto in ospedale. Ora dorme e io sono fuori la sua camera, non ho idea se stia ancora dormendo o se è sveglio, vorrei entrare ma ho troppa paura, paura della sua reazione, paura di quello che farà, paura di quello che potrebbe dirmi. Poi però mi faccio coraggio e apro la porta e entro. Si è svegliato, lo vedo di spalle su un fianco, avanzo verso la finestra e guardo quello che sta guardando anche lui. Gli sono di spalle e non può vedermi bene, se non i miei lunghi capelli, che possono solo far capire la verità su di me, o meglio una metà della verità. Sento la sua voce: “allora, sei una ragazza”. Mi giro timidamente verso di lui appoggiandomi sul davanzale della finestra con lo sguardo basso, non ho il coraggio di guardarlo negli occhi e con un filo di voce gli rispondo: “ah … si …”. Dopo la mia risposta regna il silenzio, mi dà così fastidio, sembra che in quel momento non respiravo, l’aria era assente, perché anche la sua voce lo era. Non so come mi è venuta da dirgli una cosa così demenziale ma gli ho chiesto: “sei arrabbiato?”. Dio mi sentivo così stupida ad averglielo chiesto. “perché dovrei?”, non sapevo che rispondergli “perché ti ho mentito su chi sono davvero”, “avrai avuto sicuramente avuto le tue ragioni per tenermelo nascosto, certo mi dispiace perché pensavo che eri sincera con me, ma tu devi sentirti libera di fare quello che vuoi”, mi sentivo come una bambina che era appena stata rimproverata, ora mi sentivo in colpa, non ci posso credere, io gli ho mentito per tanto tempo e lui mi dice che devo sentirmi libera di fare quello che voglio. “io volevo dirtelo … ma avevo paura che poi … tu ti saresti arrabbiato”, “la paura limita tante cose”, “lo so di averti deluso e mi dispiace … mi dispiace davvero tanto … mi sento male … mi sento in colpa … ti giuro che alcune volte … … … alcune volte avrei voluto dirti tutto … avrei voluto dirti che ero una ragazza … che in realtà io ho una famiglia … ma da cui cerco sempre di scappare … che la sorella di cui ti avevo parlato ero io … ma avevo paura di perderti … perché … tu-tu … sei il primo vero amico che abbia mai avuto … e non volevo rimanere sola … non volevo perderti … scusami … ti-ti prego … scusami” la voce mi si spezzava continuamente, ad ogni parola piangevo sempre più forte, ormai ero fuori controllo, piangevo, piangevo e piangevo sempre più forte, sotto i suoi occhi. Mentre continuavo a piangere sentivo che mi stava abbracciando, mi stava asciugando le lacrime, mi stava consolando. “Non devi sentirti così, non mi importa, lo so che ti dispiace e non perché stai piangendo, ma perché lo si capisce da quello che hai detto, lo so che mi vuoi bene, me ne sono sempre accorto che a me ci tieni, e anch’io ti voglio bene, quindi ora smettila di piangere”. Non so se mi facevano sentire meglio le sue parole e il suo abbraccio, ma appena me lo disse, smisi di piangere. Mi teneva ancora stretta a se, ma il telefono interruppe quegli istanti che erano diventati i più belli di tutta la mia vita. Dovevo tornare a casa, era tardi, e anche se non volevo dovevo lasciare Justin da solo. Avevo ancora il segno dei pugni che mi sono procurata prima e non sapevo proprio come spiegarlo a Noah e Jake. Infatti, non me la cavai nel migliore dei modi, gli dissi che ero sbattuta per le scale, ma non se l’erano creduta molto. In ogni caso sono passata. Il giorno dopo era domenica e mi sono svegliata di ottimo umore, sono subito scesa in cucina e ho preparato dei biscotti. Ovviamente erano per un ragazzo che aveva bisogno che ora più che mai, aveva bisogno di attenzioni. Li misi tutti in una scatola e andai in ospedale. Justin si stava annoiando a morte e io avrei rimediato. Appena gli diedi quello che gli avevo portato mangiò tutto, a saperlo gliene avrei fatti di più. Restai lì per un po’ a parlare.
Justin: quindi ora come ti devo chiamare?
Io: che intendi dire?
Justin: tu hai detto che quando ho chiesto di tua sorella in realtà ti riferivi a te, e mi hai detto che ti chiami Angel, quindi devo chiamarti così?
Io: no, in realtà il mio nome è sempre Jaydan   
Justin: bene, almeno così non dovrò imparare altri nomi
Io: ahahahah, già è vero. Senti ma chi erano quei ragazzi? Quelli di ieri?
Justin: oh, nessuno, lascia perdere
Io: dai dimmelo
Justin: dei ragazzi che c’e l’avevano con me. E tu come hai fatto a mettere tutti e tre al tappeto
Io: beh, ho studiato varie arti di difesa, come karate, judo e box
Justin: allora devo stare attento a quello che dico o potresti uccidermi ahahahah
Io: si potrei ahahahah
Justin: perché fai tutto questo per me?
Io: che vuoi dire?
Justin: insomma, io e te non ci conosciamo da molto, eppure mi tatti come qualcuno di davvero importante per te, perché?
Io: perché ti voglio bene
Justin: lo so che mi vuoi bene, però io voglio sapere proprio il perché?
Io: beh, io, non ho mai avuto un amico vero, una persona di cui possa fidarmi e dire tutto, qualcuno che mi consoli, che mi consideri importante per lui, e vedi, tu, tu sei, l’unico amico che ho, certo ci conosciamo da poco è vero, però ti voglio bene, come tu ne vuoi a me
Justin: già è vero, anche tu sei la mia vera prima amica e ne sono molto felice
Ci guardammo negli occhi, e ci abbracciammo, sentivo che lui mi avrebbe resa felice, che mi sarebbe stato accanto, che mi avrebbe voluto bene. Con quell’abbraccio eravamo uno parte dell’altra. Justin: quindi ora come ti devo chiamare? Io: che intendi dire? Justin: tu hai detto che quando ho chiesto di tua sorella in realtà ti riferivi a te, e mi hai detto che ti chiami Angel, quindi devo chiamarti così? Io: no, in realtà il mio nome è sempre Jaydan Justin: bene, almeno così non dovrò imparare altri nomi Io: ahahahah, già è vero. Senti ma chi erano quei ragazzi? Quelli di ieri? Justin: oh, nessuno, lascia perdere Io: dai dimmelo Justin: dei ragazzi che c’e l’avevano con me. E tu come hai fatto a mettere tutti e tre al tappeto Io: beh, ho studiato varie arti di difesa, come karate, judo e box Justin: allora devo stare attento a quello che dico o potresti uccidermi ahahahah Io: si potrei ahahahah Justin: perché fai tutto questo per me? Io: che vuoi dire? Justin: insomma, io e te non ci conosciamo da molto, eppure mi tatti come qualcuno di davvero importante per te, perché? Io: perché ti voglio bene Justin: lo so che mi vuoi bene, però io voglio sapere proprio il perché? Io: beh, io, non ho mai avuto un amico vero, una persona di cui possa fidarmi e dire tutto, qualcuno che mi consoli, che mi consideri importante per lui, e vedi, tu, tu sei, l’unico amico che ho, certo ci conosciamo da poco è vero, però ti voglio bene, come tu ne vuoi a me Justin: già è vero, anche tu sei la mia vera prima amica e ne sono molto felice Ci guardammo negli occhi, e ci abbracciammo, sentivo che lui mi avrebbe resa felice, che mi sarebbe stato accanto, che mi avrebbe voluto bene. Con quell’abbraccio eravamo uno parte dell’altra.

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