Le Parole non Servono

di Gio_Snower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le Parole Non Servono ***
Capitolo 2: *** Le Parole Non Servono - Lo Spazio Fra Le Nostra Labbra ***



Capitolo 1
*** Le Parole Non Servono ***


LE PAROLE NON SERVONO





Zoro era seduto. La testa appoggiata al petto, le gambe leggermente rialzate ed aperte. Due spade al suo fianco, una in grembo.
Il lento scorrere del vento passava sul suo volto, rilassandolo, l’odore di sale arrivava alle sue narici come un familiare e ben accetto profumo, i gabbiani stridevano e il loro verso era come un inno alla pace per lui.
Tutto dava segno di pace e tranquillità.
Nami, Rufy e perfino quel donnaiolo di Sanji erano calmi e Chopper era seduto tranquillo non molto più in là di lui; Zoro poteva sentire il suo sguardo sondarlo, in cerca di un segno, di una parola, anche se di parole non ne servivano.
Zoro alzò la testa ed aprì un occhio. Chopper non si mosse, però lo fissò con i suoi grandi occhi neri, occhi intelligenti di Renna divenuta umana.
Zoro però sapeva che Chopper nel suo profondo era ancora piccolo. Gli sorrise, un sorriso che come suo solito assomigliava ad una smorfia, la cicatrice sul suo viso veniva contratta. In molti l’avrebbero definito un ghigno.
Chopper gli sorrise, un ampio e caldo sorriso. «Oggi il tempo è bellissimo.» osservò con quella sua vocetta acuta. Si avvicinò a lui zampettando sul legno del molo. «I gabbiani, la brezza, il mare…oggi tutti sembrano felici.» disse. Zoro non rispose. Gli appoggiò solo una mano sul capello e la mosse su e giù, in una carezza impacciata che però Chopper apprezzò.
«Chopper! Vieni qui!» lo chiamò Rufy.
Chopper guardò Zoro, abbassò la testa e zampettò verso Rufy.
Zoro richiuse gli occhi, e si appoggiò le mani dietro la testa, quasi a far da cuscino.
Dopo qualche secondo, alle sue spalle, sentì dei passi.
Erano passi silenziosi, che orecchie non ben allenate non avrebbero mai sentito. E solo una persona in quella ciurma aveva un passo così silenzioso, solo una.
Nico Robin gli di avvicinò e come suo solito, non disse niente. Né Zoro aprì gli occhi o la bocca.
Solo, gli si avvicinò e gli si sedette vicino. Non troppo vicino, ma nemmeno troppo lontano.
E in silenzio sentirono la brezza del mare, il garrire dei gabbiani, l’odore del sale che il vento portava e che, poi, insaporiva la pelle abbronzata dal sole.
Zoro pensò al loro primo incontro. Lei non gli era piaciuta.
Nico Robin gli era sembrata troppo misteriosa, troppo imperscrutabile, troppo distaccata.
Il suo viso era stato una maschera e a Zoro non era piaciuta.
Aveva sospettato di lei, e aveva fatto bene. Non se ne pentiva. Nico Robin era abituata alla menzogna, seppur per questione di sopravvivenza.
Poi però aveva rivelato una parte di sé, e Zoro aveva iniziato a fidarsi di lei. Lei era entrata nella ciurma.
In poco tempo Zoro aveva notato le somiglianze fra lui e lei, così come aveva notato le disuguaglianze.
I loro caratteri erano simili, i loro modi di fare erano simili.
Lei però era una donna, era più grande di lui, era più alta di lui.
Lui era un uomo, più forte di lei, più piccolo d’età e un po’ più basso di lei.
Eppure, quelle disuguaglianze gli sembravano niente.
Ai suoi occhi Nico Robin era ormai una compagna di ciurma.
Inoltre avevano affrontato varie avventure, vari personaggi noti per la loro forza o per la loro malvagità. Avevano passato Enies Lobby, Thriller Bark e le Sabaody.
E l’aveva visto il suo sguardo, aveva visto lo sguardo di lei mentre Kizaru lo attaccava.
Sì, di Nico Robin ci si poteva fidare, ora.
Era cambiata molto e Zoro si chiese se lei stessa avesse notato il suo cambiamento.
Aprì gli occhi e la fissò.
Nico Robin guardava il mare con espressione serene e rilassata. Il suo naso dalla forma aristocratica, i suoi occhi tranquilli e profondi, la sua bocca sensuale.
Era una bellissima donna e sembrava più giovane della sua stessa età.
Zoro per un secondo rimase interdetto. Non era di certo da lui lasciarsi conquistare dalla bellezza, ma più osservava Robin, più passavano tempo insieme, più lui ne era attratto.
Era un’attrazione fisica? La voleva? Non lo sapeva.
Zoro riprese il controllo dei suoi pensieri.
Semplicemente, non c’era bisogno di pensarci finché passavano quei momenti così.
Zoro richiuse gli occhi. Sì, per ora era meglio godersi quella pace.
Non servivano parole.
 
Nico Robin fissò l’uomo vicino a lei.
Una profonda cicatrice gli solcava il volto, ma il suo fascino restava immutato. Anzi, forse lo rendeva ancor più affascinante.
Zoro era un temibile spadaccino, specialmente dopo l’allenamento con Mihawk.
I capelli erano corti, simili a erba sia per colore che per forma. Robin si chiese se anche al tocco fossero simili.
Robin sapeva d’aver un carattere simile a quello di Zoro, e forse era per questa loro somiglianza, che lei gli si avvicinava.
Robin si fidava di Zoro, era un suo compagno della ciurma, ma soprattutto sapeva che Zoro era tanto testardo e che avrebbe sempre cercato di mantenere le sue promesse.
Distolse lo sguardo da lui, catturata da ogni altro pensiero su di lui, sulla ciurma, sul suo passato, sul suo cambiamento.
Il sole si abbassava con lo scorrere del tempo, e il cielo assumeva un azzurro roseo più cupo, ma anche più tenero e delicato del vivace azzurro del giorno.
Era cambiata. Se n’era accorta.
Ora della gente si fidava (in certi termini, almeno), ora mostrava un po’ di quelle emozioni che un tempo per lei, non erano altro che debolezze.
Ora era una Robin quasi sincera.
Spostò di nuovo lo sguardo su Zoro, e gli sembrò di aver visto i suoi occhi aperti, intenti a fissarla.
Sorrise e scosse leggermente e impercettibilmente la testa.
«Ehi, Zoro.» disse.
Lui aprì gli occhi e la fissò con il suo sguardo profondo e forte. Uno sguardo da cui traspariva la sua maturità e la sua forte personalità. Lui non fece parola. Lei si rimise a guardar il tramonto che Zoro stesso, adesso, stava osservando.
«Ragazzi! Smettetela di fare i piccioncini! E’ pronta la cena!» urlò Nami. Zoro si mosse velocemente e così fece anche Robin, e per un secondo si scontrarono.
Per un secondo le labbra, le fronti, i volti, i corpi, si toccarono.
I due non dissero niente. Lo sguardo fisso negli occhi dell’altro.
Poi si staccarono, semplicemente, e andarono verso i loro compagni, senza chiedere o pensare niente.
Le parole non servivano. 

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Capitolo 2
*** Le Parole Non Servono - Lo Spazio Fra Le Nostra Labbra ***


LE PAROLE NON SERVONO
Lo spazio fra le nostre labbra
 




Nico Robin camminava sul ponte. Il passo silenzioso, le movenze di natura seducenti, i lunghi capelli del colore delle ali di un corvo che splendevano alla luce del sole.
La vita della ciurma era movimentata.
C’era tanto tempo per riflettere tra un’avventura e l’altra, eppure qualcosa cambiava ogni volta.
Ognuno maturava, cambiava, si trasformava in qualcuno che non avrebbero mai pensato di poter diventare.
Anche lei era cambiata. Robin se ne rendeva conto.
E pensava di essere cambiata solo come persona.
Invece, non si era resa conto, di essere cambiata anche come donna.
Poi però…sì, quell’incidente. E’ strano che un piccolo scherzo del destino, ti faccia rendere conto di tante cose tutte su una piccola frazione di tempo, vero?
Un piccolo bacio. Un bacio rubato, un bacio dato per caso, e sempre per caso dato a Zoro.
Perché lui fra tutti? Robin l’aveva evitato. Non c’erano state bisogno di parole dopo quel bacio. Perché? Perché fra tutti, loro due erano i più simili, eppure, ora Robin notava anche la loro diversità.
E non solo dal punto di vista fisico, ma anche dal punto di vista psicologico.
Zoro non sembrava imbarazzato. Lei invece si sentiva…strana?
Era per questo che in questi giorni aveva cercato di non trovarsi vicino a lui?
Quelle labbra sulle sue. Era sembrato così perfetto…per un secondo. Come se non ci fosse niente di sbagliato.
E forse non c’era davvero niente di sbagliato in questo.
Robin lo vide. Zoro. Disteso come suo solito, le mani usate a cuscinetto per la testa, una spada in grembo, due affianco. Gli occhi chiusi.
Robin sapeva però che la percepiva.
Tum Tum.
Possibile? Il batticuore a trent’anni?
Sorrise di sé stessa. Qualunque cosa fosse, l’avrebbe affrontata.
Si avvicinò a Zoro. Le parole fra loro non servivano, lo aveva capito. Lui non aprì gli occhi né aprì bocca.
«Zoro.» due sillabe. Una sola parola. Lui aprì gli occhi.
Lei lo fissò, i suoi occhi pieni di volontà e forza in quelli profondi e sfuggenti di lei.
Si guardarono per un secondo, dicendosi tutto e niente con uno sguardo.
Poi lei sorrise e lui si rilassò.
Avevano detto tutto.
Le parole fra loro, come al solito, non servivano.
Robin si sedette vicino a lui e lui richiuse gli occhi. A loro bastava star lì; fermi, senza parlare ad ascoltare le parole del mare portate dal vento, in una pace assoluta.
Trascorrevano quei momenti insieme, perché da soli era piacevole, insieme era un unico spazio, che si ritagliavano loro dal mondo.
Robin osservò la distanza fra lei e Zoro.
Lo spazio fra le nostre labbra. Pensò.
Era tanto ed era poco allo stesso tempo.
Forse, quello spazio fra i loro due corpi, fra le loro due labbra, rappresentava la strada che dovevano ancora fare.
Zoro aprì gli occhi, sorprendendola.
La osservò, senza emettere suono, poi, sorrise.
Il suo sorriso che poteva apparire un ghigno. Robin lo apprezzò dal profondo e sentì un calore familiare nel cuore. Ricambiò il sorriso.
Le parole non servivano ed un giorno, lo spazio fra le loro labbra, sarebbe stato colmato.
Era solo una questione di tempo.
 
 
Zoro scese in cabina. Il passo fermo, il volontario martellare degli stivali neri sulle tavole di legno, le spalle all’infuori e la schiena dritta.
Robin aveva accettato quel bacio e lui ne era felice.
Non sapeva se dargli troppa importanza o troppo poca. Era così difficile…questioni con le donne? Lui non ne era il tipo. Sanji era un donnaiolo, non lui!
Certo, aveva avuto una o due ragazze con cui era uscito…e s’era baciato, ma questa gli sembrava una cosa diversa.
Era stato un secondo, un tocco di labbra (quelle di Robin erano così morbide…), e i suoi pensieri erano volati e la cosa gli era sembrata…naturale.
Sì, come bere dell’acqua o respirare. Una cosa del tutto naturale.
Eppure, sebbene quell’agitazione momentanea, ora si sentiva calmo e sereno.
La tranquillità era una delle parti che più gli piacevano del suo carattere.
Robin era in cabina e parlava con Nami, o meglio, più che parlare, ascoltava Nami ed annuiva in momenti strategici.
«Nami, Robin.» disse Zoro. Brusco e pragmatico come al solito.
La voce profonda di uomo.
«Zoro! Sei uscito dal tuo guscio?» gli chiese Nami. Quella piccola ragazza provava sempre a provocarlo.
«No, non ancora.» Zoro sorrise. Si sentiva un fratello maggiore nei suoi confronti e la piccola navigatrice, a volte, era una delle poche persone che riuscivano a regalargli un sorriso.
Robin lo stava guardando. Lo sentiva.
«Peccato. Bè, ora ho da fare. Scusa Robin.» disse Nami alzando una mano in segno di scusa. Poi se ne andò sul ponte. Probabilmente voleva raggiungere Rufy per parlare della rotta.
Zoro si sedette al tavolo, le gambe larghe, le spade al fianco.
Chiuse gli occhi e si rilassò.
Pensò a quel bacio dato casualmente, a quell’incontro di labbra che era durato solo qualche secondo ed alla vicinanza di Robin.
Quanto spazio c’era fra loro adesso?
Quanto spazio c’era fra le loro labbra?
Sentì la sedia strusciare sul pavimento.
Non aprì gli occhi.
Sentì Robin chinarsi.
Non aprì gli occhi.
Sentì le ciocche sul volto e sulle spalle.
Aprì gli occhi.
Robin era a pochi centimetri da lui e lo fissava. Una domanda in quello sguardo.
Oh, al diavolo.
Zoro le prese il mento e la baciò. Schiacciò le sue labbra dure contro quelle morbide di Robin.
Lei chiuse gli occhi. Zoro spinse la lingua nella sua bocca e Robin fece lo stesso, rendendolo un bacio più profondo.
Dopo qualche secondo si staccarono.
Robin sorrise, un sorriso largo e soddisfatto, mentre quello di Zoro era un sorrisetto soddisfatto. Era tutto come al solito, eppure era tutto diverso.
Quello spazio fra le loro labbra era stato colmato e le parole non servivano.
 

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